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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: Eutidemo il 20 Marzo 2017, 13:05:11 PM

Titolo: Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 20 Marzo 2017, 13:05:11 PM
Come è noto, Aristotile individuava tre forme di governo, per così dire,  'sane':
- la monarchia;
- l'aristocrazia
- la  "politeia" (πολιτεία)
Mentre il primi due concetti sono abbastanza chiari ed univoci, quest'ultimo, invece, è stato interpretato in vari modi:  Isocrate, per esempio, la definì come "anima della città" (psychè poleos) che ha nei confronti dei cittadini "la stessa forza che ha l'intelletto sul corpo".
Sulla TRECCANI, si trova la seguente definizione: "POLITEIA: Nel linguaggio storico-politico, grecismo talvolta usato come equivalente del latino "res publica", per indicare l'organizzazione come bene comune di tutti i cittadini e, quindi, la costituzione politica ottimale, con particolare riferimento al mondo classico".
Torneremo su questo punto.
Comunque, secondo Aristotile, le tre forme di cui sopra (nelle quali i governanti mirano al bene comune) possono degenerare in tre forme 'deviate' (dove chi è al governo mira solamente al proprio vantaggio): 
- la tirannide, in cui un singolo esercita il potere a proprio esclusivo vantaggio, senza alcun limite costituzionale a tutela dei diritti di tutti gli altri cittadini;
- l'oligarchia, in cui un minoranza (determinata dal sangue, dal denaro o dall'etnia) esercita il potere a proprio esclusivo vantaggio, senza alcun limite costituzionale a tutela dei diritti della maggioranza gli altri cittadini;
- la "democrazia", che, per come la intende Aristotele,  si caratterizza come il governo delle "masse", esercitato, per il proprio interesse, dalla maggioranza dei cittadini, a proprio esclusivo vantaggio, senza alcun limite costituzionale a tutela dei diritti delle minoranze.
A ben vedere, in effetti, secondo la maggioranza degli studiosi, Aristotele usa in greco i termini "politeia" per indicare la democrazia e "democrazia" per indicare la "demagogia"; per cui  la "politeia" non è altro che una "democrazia" -governo della maggioranza dei cittadini-, ma "costituzionale" -cioè, che opera in ben definiti limiti costituzionali-.
Come pure esistono "monarchie costituzionali", ed "aristocrazie costituzionali", che operano in ben definiti limiti costituzionali.
***
Beninteso, l'illustrazione di cui sopra è del tutto PARADIGMATICA, perchè, nella realtà, i regimi politici sono SEMPRE "misti"; cioè, con la prevalenza di alcuni aspetti su altri (cosa che, peraltro, lo stesso Aristotile riconosce).
Peraltro, con riguardo alla "politeia", che, come sopra esposto, si può considerare un "sano" governo democratico-costituzionale, Aristotele nota come si possa sostenere che la sovranità della "massa" sia giustificata dal fatto che i molti, anche se non eccellenti singolarmente, presi nella loro totalità divengono come un uomo solo 'con molte eccellenti doti di carattere e d'intelligenza' (III 11, 1281b); con ragionamento analogo si può replicare ai critici che non è il singolo giudice o magistrato a prendere una decisione ma l'istituzione (l'assemblea, il tribunale, il consiglio) nel suo complesso e quindi è evidente che nella realtà la massa è a buon diritto sovrana degli affari più importanti (ibidem)
Per cui Aristotele riconosce l'esistenza di un governo della massa "non deviato", che definisce come una commistione di "democrazia" e "oligarchia".
In effetti, può apparire strano che l'unione di due forme degenerate costituisca un buon regime; ma Aristotele ritiene che la "politeia" prenda il meglio di queste due costituzioni degenerate, ricorrendo alle cariche elettive (indipendenti dal censo e dal sangue) per creare una oligarchia, che, però, è espressa col voto dalla maggioranza dei cittadini (IV 9, 1294b).
Il che rassomiglia molto alle attuali "democrazie liberali" dell'Occidente (per quanto esse siano MOLTO imperfettamente realizzate).
***
Premesso quanto sopra, secondo me, sia pure nelle forme moderne in cui adesso si prospetta, il cosidetto POPULISMO, non è altro che il nuovo "nome" della DEMAGOGIA aristotelica.
So benissimo, che, storicamente, il POPULISMO fu un movimento politico-culturale russo, che si sviluppò tra la fine del sec. XIX e l'inizio del XX, aspirante a una sorta di socialismo rurale, in opposizione al burocratismo zarista e all'industrialismo occidentale; ma, nell'accezione attuale, c'è ben poco del "populismo russo", se non qualche aspetto collaterale (come, in certo senso, l'avversione verso l'automazione, e l'ipotesi della "decrescita felice").
Più che altro, oggi come oggi, il "populismo" si manifesta come reazione spontaneista ad una degenerazione dei regimi democratico-liberali, in cui si sta verificando uno sbilanciamento sempre più accentuato tra la componente "democratica" e quella "oligarchica" del sistema, a seguito di un inquinamento "metapolitico" (cioè finanziario ed economico) delle istituzioni politiche.
Il pericolo delle reazioni e ribellioni spontaneiste, però, è, come sempre è stato, che esse possono essere manipolate in qualunque direzione (destra, sinistra, sopra, sotto), dall'abile e spregiudicato DEMAGOGO di turno; nel quale, come la storia ci insegna, c'è quasi sempre in incubazione un TIRANNO, il quale abbatterà, sì, le aristocrazie e le oligarchie che gli fanno ombra, ma solo per acquisire un potere personale assoluto.
ATTENZIONE, CITTADINI!!! ;)
***
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: cvc il 20 Marzo 2017, 13:24:30 PM
Secondo me il populismo è un fenomeno trasversale sia di destra che di sinistra che tendenzialmente annulla le ideologie di destra e di sinistra. Perché il populista non propone un'ideologia, propone delle riforme in vista dell'accoglienza che egli prevede che riceveranno. Il populista è un artista del consenso, non nel senso che lo attrae su di se, ma nel senso che egli legge l'umore delle masse e vi ci si adatta. Così la politica diventa una scatola vuota, perché non crea consenso con le proprie idee, ma si limita a rincorrerlo e a cavalcarlo
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Duc in altum! il 20 Marzo 2017, 13:55:43 PM
Quindi di chi sarebbe la colpa del populismo?
Del tiranno incubato, del popolo che reagisce spontaneamente ad una degenerazione, o di chi dovrebbe essere la giusta alternativa ma invece è un inganno?
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 20 Marzo 2017, 14:05:42 PM
Citazione di: cvc il 20 Marzo 2017, 13:24:30 PM
Secondo me il populismo è un fenomeno trasversale sia di destra che di sinistra che tendenzialmente annulla le ideologie di destra e di sinistra. Perché il populista non propone un'ideologia, propone delle riforme in vista dell'accoglienza che egli prevede che riceveranno. Il populista è un artista del consenso, non nel senso che lo attrae su di se, ma nel senso che egli legge l'umore delle masse e vi ci si adatta. Così la politica diventa una scatola vuota, perché non crea consenso con le proprie idee, ma si limita a rincorrerlo e a cavalcarlo

Condivido ;)
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 20 Marzo 2017, 14:13:00 PM
Citazione di: Duc in altum! il 20 Marzo 2017, 13:55:43 PM
Quindi di chi sarebbe la colpa del populismo?
Del tiranno incubato, del popolo che reagisce spontaneamente ad una degenerazione, o di chi dovrebbe essere la giusta alternativa ma invece è un inganno?


Diciamo che "chi dovrebbe essere la giusta alternativa ma invece è un inganno", è la causa della reazione "febbrile" del popolo che -giustamente- reagisce spontaneamente ad una degenerazione del sistema; mentre la demagogia-populistica (incubatrice dei tiranni) è solo la falsa panacea della detta "febbre", che, invece di curare il male, lo aggrava. ;)
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: sgiombo il 20 Marzo 2017, 19:16:16 PM
Per me la questione fondamentale sta sempre nel senso del limite (in generale; e in particolare nella consapevolezza dell' imperfezione umana).

Per dirlo volgarmente (populisticamente? Forse!) non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca.

La società perfetta non esisterà mai (con Domenico Losurdo colgo nella concezione del "comunismo pienamente realizzato" di  Marx ed Engels un "residuato -loro malgrado- di utopismo anarchicheggiante"). Può essere vagheggiata, predicata, sperata, auspicata, ma non sarà mai reale.

Inoltre per quel che mi riguarda ritengo (esattamente al contrario di Enrico Berlinguer; nel cui partito peraltro militavo allorchè proclamò che non può darsi socialismo senza democrazia) che non possa darsi democrazia senza socialismo (=abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione), in quanto stante la proprietà privata dei mezzi di produzione stessa e la divisione della società in classi (per vari motivi che non sto a illustrare) non é possibile libera espressione della volontà popolare.

E allora credo che, se si vuole effettivamente, realmente superare il miserabilissimo e in via di continuo ulteriore peggioramento stato di cose presente, la scelta dovrà sempre essere (da parte di tutti noi) quella per il "male minore"; e che dovrà comunque sempre inevitabilmente implicare il fatto di essere disposti a sopportare per tempi non brevi pesanti sacrifici (in termini economici, di benessere materiale disponibile, e in termini di limitazione del rispetto formale della libertà di espressione e della volontà popolare maggioritaria).
Ma ritengo che qualsiasi "salto nel buio" non possa essere peggiore dell' attuale "essere immersi nella merda": mal che vada si ricade nella stessa!

Per me: hic rhodus, hic salta!
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: doxa il 20 Marzo 2017, 19:29:06 PM
Il 7 novembre dello scorso anno nella sezione "Attualità" cominciai il topic titolato "Populismo – populisti". Nel primo ed unico post, il mio, lo ripropongo in questo topic se può essere utile all'approfondimento. 

Scrissi: "A favore del cosiddetto "populismo" influisce di più la crisi economica, il flusso record di immigrati o la paura del terrorismo ?

Per avere la risposta a queste domande, evitando la lente deformante dell'ideologia, il quotidiano "Il Sole 24 Ore" ha dato incarico alla Fondazione Hume di effettuare una ricerca sull'avanzata dei movimenti anti-sistema in Europa. La conclusione a cui lo studio giunge è che ad incidere è un mix dei fattori sopra elencati, ma in particolare la percezione della difficile realtà socioeconomica (e del rischio terrorismo)  che hanno i cittadini dell'unione europea. 

Per alcuni  studiosi la matrice del populismo sono le politiche di austerità (con conseguente aumento delle diseguaglianze), che le classi dirigenti europee avrebbero imposto ai loro popoli. Per altri, invece, l'elemento cruciale che ha favorito l'ascesa dei movimenti populisti è l'ingresso disordinato e illegale dei migranti in Europa, soprattutto a partire dal 2011, a seguito delle crisi  in Africa e in Medio Oriente. La prima spiegazione è la più congeniale alla sinistra, la seconda alla destra.
Ma cos'è il populismo ? Chi sono i populisti ?
Non è difficile evocare numerosi politici considerati populisti:  la francese Marine Le Pen; l'inglese Nigel Farage, simbolo della Brexit; il tedesco Frauke Petry, artefice della svolta xenofoba in Germania; l'olandese Geert Wilders, leader anti-Islam; Alexis Tsipras in Grecia; il leader di Podemos, Pablo Iglesias, in Spagna. E in Italia ? Beppe Grillo, Salvini ?"  
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Duc in altum! il 20 Marzo 2017, 19:34:08 PM
@Eutidemo

Quindi se il populismo è un effetto, perché invece di denunciare sempre e solamente la causa, si cerca di distogliere l'attenzione ponendola sulla probabilità che invece di curare, forse, chissà, esso aggraverà il male? Non sarà che la giusta alternativa non è altro che demagogia travestita, visto che non funziona mai, se non per ottenere gli stessi benefici del populismo?
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 21 Marzo 2017, 07:26:10 AM
Caro Sgiombo,
sono perfettamente d'accordo con te: la questione fondamentale sta sempre nel senso del limite, e, in particolare, nella consapevolezza dell' imperfezione umana.
Ed invero, se l'uomo fosse davvero "perfetto", la migliore soluzione politica non sarebbe nè la monarchia, nè l'aristocrazia, nè la democrazia, bensì l'ANARCHIA; per la quale, comunque, confesso di aver sempre nutrito forti simpatie.
Però, purtroppo, come dici tu, in effetti "la  società perfetta non esisterà mai"; il guaio è che ,quando qualcuno tenta di realizzarla, i risultati sono sempre molto deludenti.
Vedi 1984 di Orwell!!!
Anzi, se si parte dal presupposto che l'uomo sia migliore di quello che effettivamente è, di solito si ottiene un tipo di società in cui, anche gli uomini migliori, finiscono per dare il peggio di sè; detto più icasticamente, ogni "utopia" (anche religiosa) porta in sè il seme di una "distopia".
***
Non sono invece del tutto d'accordo nè con te nè con Berlinguer, perchè:
- un sistema "rigorosamente" democratico, presuppone la "libertà", e, in quanto, appunto, "liberale", non può non creare maggiori o minori disparità sociali
- un sistema "rigorosamente" socialista, invece, per perseguire una effettiva "eguaglianza", non solo giuridica, ma anche economica, deve necessariamente comprimere la "libertà" dei cittadini.
Per dirla alla francese, cioè: Liberté, Égalité, Fraternité ...NE vont pas bien ensemble!!!
***
In concreto, come appunto dici tu, si tratta di "misura"; cioè di riuscire a bilanciare nel miglior modo possibile le esigenze di "libertà" (limitando, però, gli eccessi "liberisti" del capitalismo), con le esigenze di "giustizia" (limitando, però, gli eccessi "dirigisti" del comunismo).
Sempre per citare un abusato luogo comune, infatti: "In medio stat Virtus"; ma, purtroppo, il problema sta proprio in quel "medium", perchè ciascuno lo interpeta a modo suo ("ton panton metron antropos estì").
A cominciare dal sottoscritto, ovviamente!
***
In base a tali premesse, quindi, secondo me scegliere tra un "male maggiore" (capitalismo) ed un "male minore" (comunismo), finisce per costuire una opzione "manichea", parimenti fallimentare, come la storia ci ha mostrato...e tutt'ora ci mostra!
Dissento, quindi, dalla tua conclusione, per la quale:  "...qualsiasi "salto nel buio" non possa essere peggiore dell' attuale "essere immersi nella merda": mal che vada si ricade nella stessa!"
Ed infatti, se la merda sta friggendo in una padella, se ne saltiamo fuori, c'è il rischio di finire sicuramente peggio di dove siamo ora! ;D  ;D  ;D
***
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 21 Marzo 2017, 07:29:55 AM
Citazione di: altamarea il 20 Marzo 2017, 19:29:06 PM
Il 7 novembre dello scorso anno nella sezione "Attualità" cominciai il topic titolato "Populismo – populisti". Nel primo ed unico post, il mio, lo ripropongo in questo topic se può essere utile all'approfondimento.

Scrissi: "A favore del cosiddetto "populismo" influisce di più la crisi economica, il flusso record di immigrati o la paura del terrorismo ?

Per avere la risposta a queste domande, evitando la lente deformante dell'ideologia, il quotidiano "Il Sole 24 Ore" ha dato incarico alla Fondazione Hume di effettuare una ricerca sull'avanzata dei movimenti anti-sistema in Europa. La conclusione a cui lo studio giunge è che ad incidere è un mix dei fattori sopra elencati, ma in particolare la percezione della difficile realtà socioeconomica (e del rischio terrorismo)  che hanno i cittadini dell'unione europea.

Per alcuni  studiosi la matrice del populismo sono le politiche di austerità (con conseguente aumento delle diseguaglianze), che le classi dirigenti europee avrebbero imposto ai loro popoli. Per altri, invece, l'elemento cruciale che ha favorito l'ascesa dei movimenti populisti è l'ingresso disordinato e illegale dei migranti in Europa, soprattutto a partire dal 2011, a seguito delle crisi  in Africa e in Medio Oriente. La prima spiegazione è la più congeniale alla sinistra, la seconda alla destra.
Ma cos'è il populismo ? Chi sono i populisti ?
Non è difficile evocare numerosi politici considerati populisti:  la francese Marine Le Pen; l'inglese Nigel Farage, simbolo della Brexit; il tedesco Frauke Petry, artefice della svolta xenofoba in Germania; l'olandese Geert Wilders, leader anti-Islam; Alexis Tsipras in Grecia; il leader di Podemos, Pablo Iglesias, in Spagna. E in Italia ? Beppe Grillo, Salvini ?"  


Secondo me il "populismo" attuale, ha una "eziologia multifattoriale"; cioè, come dici tu, è provocato da una svariata congerie di fattori.
Tra cui sicuramente quelli che dici tu...ma non solo quelli!
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 21 Marzo 2017, 07:31:00 AM
Citazione di: Duc in altum! il 20 Marzo 2017, 19:34:08 PM
@Eutidemo

Quindi se il populismo è un effetto, perché invece di denunciare sempre e solamente la causa, si cerca di distogliere l'attenzione ponendola sulla probabilità che invece di curare, forse, chissà, esso aggraverà il male? Non sarà che la giusta alternativa non è altro che demagogia travestita, visto che non funziona mai, se non per ottenere gli stessi benefici del populismo?

Se ho ben capito quello che intendi, sono d'accordo con te ;)
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Garbino il 21 Marzo 2017, 08:43:51 AM
Aristotele e il populismo.

Attualmente, come afferma giustamente Bookchin Murray in: L' Ecologia della Libertà, si è al cospetto di una forma politica che può essere definita oligarchia dei partiti. Nell' opera infatti egli sostiene che i partiti hanno soppiantato lo stato e troppo spesso il controllato è anche il controllore, da qui il vertiginoso aumento della corruzione che impoverendo ogni strato sociale a livello economico apre la strada ad un populismo molto pericoloso. Infatti non è lontana la possibilità di un restringimento ulteriore della libertà e dei diritti civili, anche se potrebbero essere mascherati in un contesto sociale che figurerebbe comunque come Democrazia.

Sono d' accordo con Eutidemo che la forma di stato migliore sarebbe l' anarchia, e cioè l' assenza completo dello stato. Anche se purtroppo ci vorrebbero altri uomini per poterla costruire. Non bisogna infatti dimenticare che l' attuale forma statale fornisce beni e servizi che una forma anarchica dovrebbe riuscire a fornirsi da sé, con tutti i problemi e difficoltà relativi alla nostra incapacità di essere autosufficienti. Di qualsiasi settore si stia parlando.

Ma al di là di questo, un' analisi più approfondita ci porta, a mio avviso, a renderci conto che il mondo finanziario stringe nelle sue mani i politici e ne fa quello che vuole. Non so se avete mai ascoltato un certo Serra che è legato a filo doppio con Renzi e con la ministra del referendum che avrebbe lasciato in caso di sconfitta ma che come Renzi tutto vuole fare meno che lasciare. Ministra figlia di una delle personalità più autorevoli del mondo finanziario e facente parte sempre della cordata Serra.

Ma torniamo ad Aristotele che è senz' altro meglio. Aristotele in fondo aveva ragione quando indicava che la forma migliore di governo era una democrazia diversa dalla Politeia, perché il rischio non era tanto demagogico, ma quello che la sua stessa determinazione poteva portare al soddisfacimento degli interessi di chi fosse al potere trascurando le esigenze delle minoranze. In pratica auspicava una democrazia dove fossero tutelati tutti gli interessi, compresi quelli delle minoranze.

Il populismo basa tutta la sua capacità di penetrazione sul grado di insoddisfazione e sulla diminuzione della tolleranza nei cittadini. E' soltanto allora infatti che ha sempre più possibilità e probabilità di successo. E se si pone l' accento sul fatto che, a mio avviso, il tessuto sociale nella sua complessità determina il tipo di società e o la forma di governo, ci si trova sempre di fronte ad una situazione storica determinata e che non può essere diversa da come essa è. Sono gli uomini che determinano il tipo di società che si costruisce ed ogni popolo, in fondo, merita il tipo di sistema socio-economico- politico in cui vive.

Grazie per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Sariputra il 21 Marzo 2017, 08:46:01 AM
Citazione di: Eutidemo il 21 Marzo 2017, 07:26:10 AMCaro Sgiombo, sono perfettamente d'accordo con te: la questione fondamentale sta sempre nel senso del limite, e, in particolare, nella consapevolezza dell' imperfezione umana. Ed invero, se l'uomo fosse davvero "perfetto", la migliore soluzione politica non sarebbe nè la monarchia, nè l'aristocrazia, nè la democrazia, bensì l'ANARCHIA; per la quale, comunque, confesso di aver sempre nutrito forti simpatie. Però, purtroppo, come dici tu, in effetti "la società perfetta non esisterà mai"; il guaio è che ,quando qualcuno tenta di realizzarla, i risultati sono sempre molto deludenti. Vedi 1984 di Orwell!!! Anzi, se si parte dal presupposto che l'uomo sia migliore di quello che effettivamente è, di solito si ottiene un tipo di società in cui, anche gli uomini migliori, finiscono per dare il peggio di sè; detto più icasticamente, ogni "utopia" (anche religiosa) porta in sè il seme di una "distopia". *** Non sono invece del tutto d'accordo nè con te nè con Berlinguer, perchè: - un sistema "rigorosamente" democratico, presuppone la "libertà", e, in quanto, appunto, "liberale", non può non creare maggiori o minori disparità sociali; - un sistema "rigorosamente" socialista, invece, per perseguire una effettiva "eguaglianza", non solo giuridica, ma anche economica, deve necessariamente comprimere la "libertà" dei cittadini. Per dirla alla francese, cioè: Liberté, Égalité, Fraternité ...NE vont pas bien ensemble!!! *** In concreto, come appunto dici tu, si tratta di "misura"; cioè di riuscire a bilanciare nel miglior modo possibile le esigenze di "libertà" (limitando, però, gli eccessi "liberisti" del capitalismo), con le esigenze di "giustizia" (limitando, però, gli eccessi "dirigisti" del comunismo). Sempre per citare un abusato luogo comune, infatti: "In medio stat Virtus"; ma, purtroppo, il problema sta proprio in quel "medium", perchè ciascuno lo interpeta a modo suo ("ton panton metron antropos estì"). A cominciare dal sottoscritto, ovviamente! *** In base a tali premesse, quindi, secondo me scegliere tra un "male maggiore" (capitalismo) ed un "male minore" (comunismo), finisce per costuire una opzione "manichea", parimenti fallimentare, come la storia ci ha mostrato...e tutt'ora ci mostra! Dissento, quindi, dalla tua conclusione, per la quale: "...qualsiasi "salto nel buio" non possa essere peggiore dell' attuale "essere immersi nella merda": mal che vada si ricade nella stessa!" Ed infatti, se la merda sta friggendo in una padella, se ne saltiamo fuori, c'è il rischio di finire sicuramente peggio di dove siamo ora! ;D ;D ;D ***

Se "In medio stat virtus" allora bisogna tentar di formulare un sistema sociale che vieti l'accumulazione di capitale ( capitalismo) e nello stesso tempo l'eccesso di dirigismo e di appiattimento dei sistemi "comunisti'.
Per questo ho esposto nella discussione "Mondi dell'utopia" la visione di un socialismo dhammico che risulterebbe un sistema , in un certo senso, 'ibrido'. Garantire una parte di proprietà privata, necessaria all'istinto belluino , rancoroso e pieno di desiderio dell'uomo e nello stesso tempo vietarne l'accomulazione, mettendo in comune tutto il resto ( ponendo fine , ovviamente, alla civiltà delle macchine con  ritorno ad una società di 'consapevolezza agricola e ambientale' ). Sicuramente si accorcerebbe la durata media della vita ( ma sarebbe compensata da una migliore qualità e godimento della stessa...)e si dovrebbe  perseguire un controllo delle capacità riproduttive umane ( la terra da coltivare non è illimitata , purtroppo...) mediante una costante opera di valorizzazione dell'autoconsapevolezza. Le uniche macchine da salvare sarebbero quelle necessarie negli ospedali ( ma non per accanirsi sui moribondi... ;) ) e l'utilitaria del Sari, necessaria agli spostamenti tra i suoi sconfinati poderi...e le macchine agricole, ovviamente...dimenticavo le macchine agricole... per alleviare la fatica del lavoro nei campi...
Sul discorso delle deiezioni...senza far della filosofia su di esse...direi che ci sono deiezioni e deiezioni. Per esempio quelle delle vacche sono molto utili ( ancora insuperabili come concime per le coltivazioni...), mentre quelle umane lo sono molto meno. Quindi tra "essere immersi nella merda" umana o viveversa cadere nel letame bovino è sicuramente preferibile la seconda opzione... basti osservare le facce disgustate delle persone, quando schiacciano inavvertitamente una deiezione che qualche umano ha pensato di liberare in luoghi non consoni, e invece l'ilarità della compagnia quando, in un'amena passeggiata tra i pascoli montani, si finisce sopra un segno del passaggio bovino...già questo fa capire molte cose sulla reale natura dell'uomo. Per non parlare poi dell'enorme difficoltà di togliere i resti delle deiezioni umane dalla suola della scarpa, tanto da doverla lasciare all'aria aperta per svariati giorni anche solo per mitigare l'orrendo fetore; mentre di quella bovina ci si libera facilmente strofinando la scarpa tra i cespuglietti di ranuncoli. Dall'odore nauseabondo delle sue deiezioni si capisce quanto sia un essere degenerato quello umano ( mentre dell'odore di quelle bovine si può parlare quasi di 'aroma bucolico' o di 'profumo agreste', tanto che solo gli umani ormai schiavi delle macchine lo trovano fastidioso, mentre gli esseri naturali lo trovano quasi piacevole tanto da portarlo spesso con sé)... ( tra il serio e il faceto, naturalmente... :D )
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: sgiombo il 21 Marzo 2017, 09:49:58 AM
Citazione di: Eutidemo il 21 Marzo 2017, 07:26:10 AM
Caro Sgiombo,
sono perfettamente d'accordo con te: la questione fondamentale sta sempre nel senso del limite, e, in particolare, nella consapevolezza dell' imperfezione umana.
Ed invero, se l'uomo fosse davvero "perfetto", la migliore soluzione politica non sarebbe nè la monarchia, nè l'aristocrazia, nè la democrazia, bensì l'ANARCHIA; per la quale, comunque, confesso di aver sempre nutrito forti simpatie.
Però, purtroppo, come dici tu, in effetti "la  società perfetta non esisterà mai"; il guaio è che ,quando qualcuno tenta di realizzarla, i risultati sono sempre molto deludenti.
Vedi 1984 di Orwell!!!
Anzi, se si parte dal presupposto che l'uomo sia migliore di quello che effettivamente è, di solito si ottiene un tipo di società in cui, anche gli uomini migliori, finiscono per dare il peggio di sè; detto più icasticamente, ogni "utopia" (anche religiosa) porta in sè il seme di una "distopia".
***
Non sono invece del tutto d'accordo nè con te nè con Berlinguer, perchè:
- un sistema "rigorosamente" democratico, presuppone la "libertà", e, in quanto, appunto, "liberale", non può non creare maggiori o minori disparità sociali;
- un sistema "rigorosamente" socialista, invece, per perseguire una effettiva "eguaglianza", non solo giuridica, ma anche economica, deve necessariamente comprimere la "libertà" dei cittadini.
Per dirla alla francese, cioè: Liberté, Égalité, Fraternité ...NE vont pas bien ensemble!!!
***
In concreto, come appunto dici tu, si tratta di "misura"; cioè di riuscire a bilanciare nel miglior modo possibile le esigenze di "libertà" (limitando, però, gli eccessi "liberisti" del capitalismo), con le esigenze di "giustizia" (limitando, però, gli eccessi "dirigisti" del comunismo).
Sempre per citare un abusato luogo comune, infatti: "In medio stat Virtus"; ma, purtroppo, il problema sta proprio in quel "medium", perchè ciascuno lo interpeta a modo suo ("ton panton metron antropos estì").
A cominciare dal sottoscritto, ovviamente!
***
In base a tali premesse, quindi, secondo me scegliere tra un "male maggiore" (capitalismo) ed un "male minore" (comunismo), finisce per costuire una opzione "manichea", parimenti fallimentare, come la storia ci ha mostrato...e tutt'ora ci mostra!
Dissento, quindi, dalla tua conclusione, per la quale:  "...qualsiasi "salto nel buio" non possa essere peggiore dell' attuale "essere immersi nella merda": mal che vada si ricade nella stessa!"
Ed infatti, se la merda sta friggendo in una padella, se ne saltiamo fuori, c'è il rischio di finire sicuramente peggio di dove siamo ora! ;D  ;D  ;D
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CitazioneIl mio dissenso sta nel fatto che ritengo che la "giusta misura" praticabile, il "male minore realistico", il meglio realizzabile sia la socializzazione dei mezzi di produzione; e che solo essa consenta, contrariamente a qualsiasi alternativa realistica, (per lo meno in linea teorica, di principio, anche se tutt' altro che facilmente in pratica) anche una "sostanziale" o comunque ottimale (ovviamente non perfetta, la perfezione semplicemente non esistendo) conciliazione di libertà, fraternità e uguaglianza.

Ma credo che ciò implichi necessariamente, come conditio sine qua non per giungervi "appresso" lotte dure, implacabili tenaci e grandissimi sacrifici.
E a questo proposto, circa la storia del '900 e in particolare del "socialismo reale", come ho già sostenuto in un' altra discussione nel forum, dissento profondissimamente da Orwell e da ogni atteggiamento utopistico - perfezionistico inesorabilmente destinato a scontrarsi con le inevitabili dure repliche della storia e a cadere nella delusione e nell' impotenza di fronte allo stato di cose presenti.
Rispetto al quale ultimo credo non sia possibile peggiorare: é invece esso stesso, secondo me, che tende inesorabilmente a imputridirsi sempre più (per restare nella brutta metafora, ma adeguata ai fatti reali, da me iniziata e da te sviluppata, la merda in cui siamo é già e sta diventando sempre più anche rovente; e acida; e soffocante, ecc., ecc., ecc.).
Infatti ritengo che se nel '900 le cose stessero meglio fosse solo per gli inevitabili condizionamenti reciproci fra capitalismo reale e socialismo reale: il primo influenzava negativamente il secondo imponendogli , per poter sopravvivere e cercare di svilupparsi, sforzi produttivi "quantitativi" cui non era "oggettivamente predisposto" (in campo civile e soprattutto militare) e restrizioni delle libertà democratiche formali che ne peggioravano le reali condizioni di realizzazione; mentre il secondo influenzava il primo imponendogli, per poter sopravvivere, la realizzazione (o il mantenimento e sviluppo nei rari casi -Germania- in cui i suoi germi erano già stati imposti comunque dalla lotta di classe "intrinseca" dei lavoratori) dello stato sociale e una redistribuzione dei redditi relativamente ugualitaria che fra l' altro ne impediva l' intrinseca tendenza alla concentrazione della ricchezza, al sottoconsumo e alla "crisi economica" (e infatti, nonappena é venuto meno il condizionamento del socialismo reale queste dinamiche intrinseche oggettivamente proprie del capitalismo reale si sono sviluppate senza freni portandoci alla penosissima e ingravescente situazione attuale).

Il problema é secondo me che cambiare é difficilissimo e richiede sacrifici inauditi; fra l' altro anche (ma non solo!) in termini di riduzione quantitativa di produzioni e consumi materiali in un modo dotato di limitate risorse naturali realisticamente -e non: fantascientificamente- disponibili la quale é indispensabile alla salvaguardia dell' umanità dall' estinzione "prematura e di sua propria mano"; cosa possibile (non necessariamente certa) unicamente alla condizione della socializzazione dei mezzi di produzione e della complessiva pianificazione oculata e prudente di produzioni e consumi stessi che il capitalismo oggettivamente non può consentire.
E non é detto (sono in proposito assai "pessimista della ragione") che l' umanità si dimostri effettivamente in grado di affrontare questi indispensabili sacrifici e che non finisca invece per autodistruggersi.

Certamente su molto di queste considerazioni non sarai d' accordo (immagino riterrai che ne verga confermata la tua orwelliana convinzione, derivante anche dal tuo ben diverso bilancio della storia del '900, che cercare di praticare l' utopia porti inevitabilmente a rimedi peggiori dei mali: le famose vie dell' inferno lastricate di buone intenzioni).
Per parte mia credo invece che, purtroppo, (per l' umanità intera):
Hic Rhodus, hic salta!

Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: paul11 il 21 Marzo 2017, 14:25:51 PM
.

Il populismo è sopratutto insito nella democrazia e se il suffragio è universale significa "una testa un voto" e questo determina la relazione fra potere e popolo.
La maggioranza del popolo è sempre povera, rispetto ad una media di ricchezza : questo determina la condizione del rapporto comunicativo fra potere e popolo.
Significa che potenzialmente la maggioranza del popolo è rivoluzionaria rispetto a qualunque forma di potere istituito.
Perchè il fondamento prima ancora della politica è il rapporto fra bene comune  e bene privato

Ma perchè il popolo non ribalta quasi mai il potere costituito e le forme? Un motivo è proprio il populismo, assecondare la "pancia" popolare che potenzialmente per condizione  economica è rivoluzionaria, ma per costruzione mentale è conformista come lo è la "massa", come lo è "la folla".

nei periodi di crisi si tende ad andare a destra, nei periodi floridi si tende ad andare a sinistra, la stessa cosa avviene sindacalmente e quest'ultimi sono "cinghie di trasmissione" del rapporto politico -sociale, come lo sono le miriadi di associazioni, club, rotary, ecc.

Alla massa alla folla, si comunica  alla  psiche, con formulazioni da messaggio pubblicitario: questo è il marketing politico ,la nuova forma di populismo.
Si assecondano le paure e i timori, si assecondano spinte corporative, si promette, insomma si fa populismo.

Forse mi sbaglio, ma se il populismo è la forma di comunicazione psichica, significa che la scelta è verso le spinte irrazionalistiche della pancia popolare.Il potere , i partiti promettono sapendo di mentire razionalmente.

Volete inchiodarli alle loro responsabilità? Allora ogni partito prima delle elezioni deve sancire per iscritto una promessa con il popolo, il loro manifesto elettorale
Dopo un certo periodo di tempo chi ha vinto le elezioni viene sottoposto dal popolo ad una verifica elettorale sui punti del patto con il popolo del manifesto politico elettorale, . Se non passa la verifica cade il Governo .

Allora signiifica che non sono più i poteri dei partiti, che giustamente ha indicato Garbino, a determinare le oligarchie nelle liste elettorali precostituite dalle segreterie attraverso un regime di cooptazione. L'atto d s fiducia lo da il popolo togliendo potere alle mafie partitiche  e ai populismi pre elettorali.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: baylham il 21 Marzo 2017, 16:07:33 PM
Ciò che caratterizza come populista un movimento o partito sono due elementi: il primo è il fatto di porre come fondamento che ci sia un interesse o un bene del popolo, di cui esso è portatore, coincidente con quello di tutti i cittadini.

Questo primo elemento è tuttavia condiviso e alimentato dalla maggior parte dei movimenti e partiti politici per raccogliere il consenso dei cittadini.

Da questo primo elemento deriva il secondo che costituisce la peculiarità del populismo: l'antipolitica. Chi si oppone al populista non viene più considerato un concorrente politico, una parte del popolo che esprime interessi o beni differenti, ma un criminale, un nemico del popolo, con cui non c'è un confronto politico ma giudiziario.

Questa stessa dinamica oltre che all'esterno è rivolta anche all'interno del movimento o partito populista.

Perciò il populismo e la democrazia sono antitetici: lo sbocco normale in caso di affermazione di un movimento o partito populista è la dittatura.

La democrazia si fonda sul presupposto opposto, che non ci sia un interesse o un bene comune di tutti i cittadini e che chi pretende di esserne il portatore deve continuamente verificarlo attraverso il voto accettando la sfida dei concorrenti politici in condizioni di reciprocità.

Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 21 Marzo 2017, 16:09:50 PM
Caro Sgiombo,
quanto alla "socializzazione dei mezzi di produzione", in effetti, nel '900 si è tentato di realizzarla in vari modi:
1) "Strictis verbis", il termine si riferisce specificamente all'esperimento attuato  (secondo me del tutto surretiziamente) nella Repubblica Sociale Italiana, di trasformazione sociale dell'economia nella quale la "proprietà" dei mezzi di produzione non sarebbe  più stata esclusiva del capitalista, bensì partecipata con i lavoratori impiegati nell'azienda (facendo infuriare Hitler). 
2) In senso lato, con tale termine ci si riferisce anche alla formula economica sovietica, che, però, più correttamente dovrebbe essere definita "Capitalismo di Stato", in quanto, in tale sistema, i mezzi di produzione vengono "nazionalizzati" e appartengono allo Stato, e non "socializzati", alla pari, tra gli attori della produzione. 
Tale sistema, ha funzionato molto bene sotto alcuni aspetti (industrializzazione della Russia negli anni '30), ma molto male sotto altri; non vorrei apparire "trotskysta", ma, la nozione di "Stato operaio degenerato" non è di Trotsky, bensì di Lenin che la formulò nel 1921, all'epoca della discussione sui Sindacati, allorchè lo stesso Lenin denunciò la crescita della gramigna soffocante burocratica nello Stato e nel partito (che poi avrebbe attecchito fino alle radici, avvelenando l'albero).
Ma qui non c'è lo spazio per allargare il discorso, che è molto complesso; ed infatti bisognerebbe parlare anche della NEP, e di molto altro ancora.
Non è che si può scegliere tra BIANCO e NERO: le cose non sono così semplici come possono apparire a prima vista!
Per cui, quando si parla di "socializzare l'economia", bisogna capire bene COME, si intende farlo, perchè non c'è un solo modo.
Ad ogni modo, volendo semplificare al massimo (con l'ovvia conseguenza della sommarietà), in un certo senso si può dire che, dopo la seconda guerra mondiale, sebbene con fasi alterne, sotto il profilo "socio-economico", il mondo, in effetti, era diviso in TRE, e non in DUE:
1) L'impero USA (ed in parte inglese), nel quale ha precipuamente prevalso il principio del "capitalismo"(quasi) puro , e di uno spinto e competitivo "laissez faire", in cui il WELFARE è sempre stato in secondo piano, e il distacco poveri/ricchi molto ampio (anche perchè i partiti "veramente" di sinistra erano al bando);
2) La "polinazionale" EUROPA OCCIDENTALE, nella quale il principio del "capitalismo" è stato mitigato (con diversa intensità a seconda dei singoli Stati) dall'interventismo e dal dirigismo statale, e di "laissez faire" molto meno spinto, in cui il WELFARE è sempre stato tenuto in notevole conto, e il distacco poveri/ricchi era molto meno ampio che in USA (anche perchè i partiti "veramente" di sinistra erano potenti, ed esistevano forti sindacati);
3) L'impero URSS (e satelliti), nel quale i vari esperimenti -più o meno positivi, della prima metà del secolo, sono infine approdati ad un CAPITALISMO DI STATO ingessato e degenerato, nel quale la proprietà dei mezzi di produzione non era nè dei borghesi nè degli operai, bensi di una classe di Boiardi burocratici, ma in cui in cui il WELFARE è sempre stato decisamente ottimo (almeno in rapporto alla povertà del sistema), e il distacco poveri/ricchi era praticamente inesistente tra i cittadini (ma enorme quello tra i cittadini ed i "funzionari di partito").
Ripeto, ho semplificato al MASSIMO (forse anche troppo), ma io, nelle sue grandi linee, la storia del '900 l'ho vista (e vissuta) così. :)
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: sgiombo il 21 Marzo 2017, 19:23:41 PM
CitazioneCaro Eutidemo,

Segnalo gli elementi di dissenso da parte mia (senza ingenue pretese di convincerti, ovviamente, ma per chiarire le mie convinzioni; e ovviamente semplificando al massimo pure io).


1 - Il fascismo, pur avendo fondato l' IRI (che nel periodo repubblicano secondo me ha avuto grandi meriti), non ha mai sottratto la proprietà delle imprese capitalistiche (che non fossero in evidente perdita) agli imprenditori privati; il corporativismo fascista presupponeva la collaborazione di classe fra padroni privati (non affatto espropriati) e lavoratori a tutto vantaggio dei primi (cosa ovviamente negata dalla propaganda del regime). Quando ormai era spacciato ne ha poi surrettiziamente prospettato la socializzazione nel disperato tentativo di disseminare di "mine sociali" l' Italia antifascista che si stava per ricostruire dopo che il fascismo stesso l' aveva portata alla rovina totale e completa.

2 – Secondo me non può esistere "capitalismo di Stato" se non come complemento del capitalismo privato (che in URSS dalla metà degli anni ' 30 era stato completamente eliminato).
Credo invece che in URSS, durante il periodo staliniano, dopo la reale espropriazione degli espropriatori, si sia realizzata una sostanziale socializzazione (e non solo una mera nazionalizzazione) dei mezzi di produzione; "sostanziale" nel senso di limitata, imperfetta, sia per l' irrealizzabilità della perfezione in generale, sia in particolare per i pesanti condizionamento imposti dal capitalismo imperialistico al potere nella parte più ricca e sviluppata del modo nonché per errori e limiti del gruppo dirigente staliniano stesso (concordo che non si può considerare manicheisticamente una realtà distinta in bianco e nero comprendendo essa invece di fatto infinite sfumature di grigio).

3 - Secondo me nel dopoguerra nel "capitalismo reale europeo" non vigeva il peggiore e più iniquo lassez faire per il fatto che esso era pesantemente condizionato dall' esistenza del campo socialista (non solo perchè i partiti "veramente" di sinistra erano potenti, ed esistevano forti sindacati, ma anche e soprattutto perché esistevano l' URSS e gli altri stati del "socialismo reale": fra i due fatti esisteva peraltro un evidente nesso oggettivo).
Questo spiega l' importante, benefico ruolo dirigistico del capitalismo di stato (evidentissimo in Italia con IRI, ENI, EFIM, ecc. e con le "partecipazioni statali"), nonché il notevole sviluppo dello "stato sociale", non a caso smantellati dopo la sconfitta dell' URSS, rapidissimamente il primo (capitalismo di stato), più gradualmente "per causa di forza maggiore" il secondo (welfare state), con pronto ripristino del peggiore e più iniquo lassez faire.
(Altri effetti del per me assolutamente benefico -per lavoratori e popoli- condizionamento del capitalismo da parte degli stati socialisti sono stati a mio parere quelli relativi al contenimento della forsennata aggressività bellica del capitalismo imperialistico stesso con, per esempio, 40 anni di pace in Europa: dopo la caduta del muro di Berlino, secondo me non affatto a caso, vi sono nuovamente scoppiate sanguinosissime guerre civili e aberrazioni di tipo nazista note come "pulizie etniche"; e inoltre, al di fuori dell' Europa, con la promozione e la tutela di esperienze indipendentistiche anticoloniali spesso caratterizzate da non trascurabili tentativi di sviluppo più o meno "socialsteggiante" potentemente favorite dalla collaborazione dei paesi del "socialismo reale", cui infatti sono conseguite dopo la caduta del muro innumerevoli criminali, aggressioni imperialistiche, belliche -spesso decisamente terroristiche- ed economiche, con il conseguente drastico peggioramento delle condizioni di vita di popolazioni sterminate che è sotto gli occhi di tutti e si ripercuote anche direttamente presso di noi con le inarrestabili -malgrado stragi varie, spesso malcelate dalla propaganda "pelosamente pseudoumanitaria"- migrazioni di massa).

4 – Nei paesi del "socialismo reale" la proprietà dei mezzi di produzione non è mai stata di una inesistente classe di Boiardi burocratici (erano casomai uno strato sociale relativamente privilegiato ma non affatto proprietario: non  una "classe sociale" in senso marxista), tant' è vero che (a parte le inequivocabili, anche se in ultima analisi non dirimenti, statistiche sulla distribuzione della ricchezza prima e dopo Gorby: secondo me il distacco poveri/ricchi tra i cittadini ed i "funzionari di partito" era tutt' altro che "enorme", specie relativamente al "prima" e al "dopo" dell'esistenza dell' URSS) né i figli di Stalin, né quelli di Malenkov, di Molotov, di Krusciov, di Breznev, di Kossigin, di Podgorni, di Andropov, di Cernenko, ecc. hanno ereditato alcunché dai rispettivi genitori (sia in termini di potere politico, sia in termini di proprietà di capitale; anche se, in larga misura ovviamente e inevitabilmente, in parte come difetto, limite e negazione "colposi" del carattere comunque inequivocabilmente socialista dell' URSS, la vita per loro era più facile di quella della maggior parte degli altri cittadini sovietici); e che per sottrarre alla società la proprietà dei mezzi di produzione e riprivatizzarli ci sono voluti lo pseudo-golpe-farsa di Eltsin del '91 e quello reale e tragico del '93, sanguinosissimo (e applauditissimo da tutti i "fautori pelosi della democrazia e dei diritti umani") con bombardamento e incendio del Palazzo del Parlamento e strage di parlamentari (anche non affatto comunisti) da parte dello stesso Eltsin.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: maral il 21 Marzo 2017, 21:47:32 PM
I problemi sono molteplici. Distinguerei comunque il populismo dalla demagogia: nel primo caso il potere fa riferimento al popolo, nel secondo finisce dal popolo nelle mani di chi sa sedurlo facendo del popolo il mezzo del suo potere, il demagogo appunto. Se nel populismo il potere appartiene al popolo (nella sua totalità diversificata) la Costituzione Italiana dichiara esplicitamente di essere populista, anche se dice che il popolo esercita questo potere a mezzo delle sue istituzioni e associazioni e questo dovrebbe in qualche modo limitare il rischio della demagogia, ma mi sa che al di là dell'ottimo intento la cosa non funzioni, perché entra sempre in gioco la vecchia dialettica hegeliana tra fine e mezzo: prima o poi quelle istituzioni che dovrebbero essere mezzo per il fine del popolo, diventano il fine stesso facendo di ogni altro fine il loro mezzo e chi le gestisce finisce con il prendere il potere indirizzandolo interamente al poterlo mantenere nelle sue mani, dietro il guscio di una democrazia ridotta a puro slogan.
In genere il sistema che meglio consente questo risultato è, soprattutto oggi, la seduzione demagogica. In Italia Berlusconi è stato ed è un caso esemplare da manuale (sempre pronto peraltro a tornare in scena con le medesime seduzioni ripetute alla nausea) e in America, attualmente è Trump chiamato a incarnare la figura del demagogo fatto carne.
La situazione ideale per il demagogo si determina quando lo strumento legislativo si dimostra del tutto inadeguato alla realtà tragicamente insicura della situazione, quando l'esistenza stessa appare messa in dubbio dal significato immediato di ciò che accade generando angoscia, è allora che il demagogo di turno può mostrarsi alla maggioranza del popolo angosciato (in genere gli strati economicamente più compromessi e soprattutto culturalmente meno attrezzati della popolazione) come il solo che sa rimettere a posto le cose, ristabilire la giusta legalità sospendendo quella vigente così inefficace. Il demagogo sfrutta lo stato di eccezione della legge, per giustificare una nuova legge che fa perno solo su di lui. Maggiore è l'angoscia condivisa nel popolo, maggiore sarà la sua presa seduttiva: al momento propizio, che il suo fiuto gli fa cogliere e la sua enorme ambizione sfruttare, egli apparirà come il mezzo universale, l'uomo del destino, il legislatore supremo, almeno finché gli eventi non rimetteranno tutto in discussione, quando sarà l'accadere della catastrofe che lui stesso ha annunciato proponendosi come rimedio a liberare il popolo dall'angoscia della sua attesa. Il demagogo vive di questa angoscia del popolo e ne ha assoluto bisogno, la sollecita sempre per incarnarne il rimedio.
Ai tempi di Aristotele forse era ancora possibile pensare platonicamente a un governo retto dai migliori o da un sovrano illuminato poiché istruito dal suo precettore filosofo, è stato un vecchio sogno della filosofia questo, sempre andato fallito: la potenza vitale ha fatto sempre a pezzi ogni filosofia didattica, nei molti quanto nei singoli.
La rivoluzione bolscevica è risultata quanto di più tragicamente elitario sia stato possibile concepire in un'epoca necessariamente avviata verso le peggiori tragedie del nichilismo: per le avanguardie rivoluzionarie ogni cosa ed essere umano diventa mezzo di realizzazione dell'utopia, soprattutto quando l'utopia è quella del popolo. Il problema non è nel principio "Da ciascuno secondo le proprie capacità, a ciascuno secondo i propri bisogni", ma in chi vuole che tutto debba essere sacrificato a questo principio e quindi assume il ruolo strutturante di gestore assoluto della giusta distribuzione di mezzi e bisogni. E' il motivo per cui l'anelito rivoluzionario, una volta acquistato il potere, si chiuse per sempre nella sua posizione del tutto autogiustificatoria, rendendo necessario una sorta di stato rivoluzionario permanente destinato a soffocare la rivoluzione stessa nella gabbia di una struttura burocratica nefanda, il partito comunista sopra i soviet del popolo prima, il segretario di questo partito, Stalin, sopra il partito poi: l'orrendo Piccolo Padre indispensabile per il grande popolo russo mentre l'utopia era ridotta a slogan obbligatorio per mascherare la menzogna continua del demagogo seduttore.
Il problema sono i Piccoli Padri quando il popolo non vuole altro che essi, è allora che occorre avere il coraggio di difendere il populismo, ossia di riconquistare l'utopia di un popolo che impari da sé a governare se stesso, avendo per fine se stesso, vedendosi come uno nei molti diversi che ne fanno parte, in nome della imprescindibilità e irriducibile diversità di ciascun individuo. Occorre un grande sforzo culturale che sia prodotto da una matrice condivisa e non elitaria, proprio quello che il demagogo non vuole, quando afferma che "la cultura non ha mai dato da mangiare a nessuno", mentre lui sa e può dare da mangiare a tutti. Non c'è niente di peggio.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Phil il 21 Marzo 2017, 23:15:51 PM
Citazione di: Eutidemo il 21 Marzo 2017, 07:26:10 AM
Dissento, quindi, dalla tua conclusione, per la quale:  "...qualsiasi "salto nel buio" non possa essere peggiore dell' attuale "essere immersi nella merda": mal che vada si ricade nella stessa!"
Ed infatti, se la merda sta friggendo in una padella, se ne saltiamo fuori, c'è il rischio di finire sicuramente peggio di dove siamo ora! ;D  ;D  ;D
Mi hai fatto tornare in mente questa scena:
https://www.youtube.com/watch?v=DtIoOENzgyw
;D
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Jacopus il 21 Marzo 2017, 23:24:01 PM
Interessante discussione con sottodiscussione a proposito del socialiismo reale  :).
Credo che il populismo sia la malattia infantile della democrazia di massa, quella che evolve dalla democrazia liberale ottocentesca. La democrazia liberale ottocentesca era elitaria e fondata sul censo. Solo una minoranza agiata votava e solo quella minoranza agiata era in grado di governare la complessità del mondo di allora, assai meno complesso del mondo di oggi. Vi era una vaga speranza di migliorare la propria condizione e il potere borghese beneficiava di questo mutamento di paradigma rispetto all'immobile mondo feudale. Questo assetto ha governato il mondo per tutto il XIX secolo, assieme alla valvola di sfogo delle colonie, grazie alla quale un bandito in patria poteva ambire a divenire un governatore d'Oltremare.

L'espansione del diritto di voto, fin dalla fine dell'Ottocento, si collega a due processi. Da un lato all'esigenza di legittimare le istituzioni politiche di fronte all'emergere del socialismo, dall'altro alla necessità del sistema economico di ridurre ognuno di noi a consumatore, identico, con gli stessi diritti e con la stessa propensione a spendere denaro. La riduzione a consumatore presuppone la riduzione a elettore, fruitore di notizie preconfezionate, di vacanze intelligenti, di pensieri mediocri.
Contemporaneamente l'avvento della "velocità", di movimento, di calcolo, temporale (un filosofo tedesco, Koselleck, parlò in proposito di Vergangene Zukunft per dire che oggi il futuro è già passato, imprendibile), avrebbe richiesto maggiori capacità riflessive, rielaborative, predittive sul lungo periodo, da assegnare ad un maggior numero di persone possibili.
Un salto nei sistemi formativi dell'uomo che di fatto non è stato possibile attuare, sia perché il capitalismo non è un benefattore, sia perché allargare la pletora di persone che sanno gestire la conoscenza diventa un problema per qualsiasi tipo di potere.
Si è creata così una tensione, che in termini psicodinamici si potrebbe definire "double bind". La gestione del mondo sempre più complesso, richiederebbe un potenziamento delle doti intellettuali dell'umanità  in termini universalistici, proprio in virtù del diritto universale al voto. Non bastano più i voti di una elite illuminata, perché ora votano tutti e tutti dovrebbero essere coscienti delle conseguenze del loro voto e più in generale della loro partecipazione alla vita politica. Questo potenziamento però non può essere fatto alla leggera perché rischierebbe di rovesciare i detentori del potere, che si avvalgono in ogni luogo degli arcana Imperii. Con una conoscenza più accurata inoltre si accrescono le capacità critiche di visione del mondo, con possibili ripercussioni negative sul PIL del mondo.
L'elite che continua a governare il mondo allora indossa il simulacro della democrazia, elargendo a piene mani discorsi populistici e di questi discorsi si sono macchiati tutti i "poteri democratici di massa" proprio per la incapacità dell'elettorato medio ed universale a comprendere fino in fondo la complessità del mondo che ormai sfugge anche ai più sapienti.
In altre parole, per certi versi dovremmo essere tutti come Leonardo da Vinci per gestire il mondo, dall'altra dobbiamo contemporaneamente restare allo stato di Candido, ubbidienti automi eterodiretti convinti di vivere nel migliore dei mondi possibili.
Finchè il mondo viene percepito come più o meno effettivamente "migliore", nessun problema. Qualche bugia ce la lasciamo dire. Quando però le cose iniziano ad andar male non c'è più tempo per formare tanti piccoli Leonardo, che sappiano far fronte alle difficoltà. Il populismo è molto più semplice, separa il mondo in buoni e cattivi, parla di intuito, sentimento, azione, considera la cultura un inutile orpello e degenera sempre di più, esattamente come sta accadendo ai nostri giorni.
Ovviamente c'è populismo e populismo e possiamo sempre sperare in una sufficiente riserva di Leonardi, ma  la direzione mi sembra quella verso un aggravamento di forme maligne di populismo. 
In sintesi, il populismo è in qualche modo un ospite sempre presente nelle democrazie moderne, virus che si riacutizza, quando le contraddizioni del mondo moderno (leggi capitalismo) diventano sempre più instabili e violente.
L'unica cura mi sembra  quella che M. Yourcenair fa dire al suo Adriano: "Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro l'inverno dello spirito, che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire". Una soluzione molto più umana di qualsiasi palingenesi teocratica (Apocalisse) o politica (Comunismo), ma forse sono solo uno dei tanti ospiti dell'Hotel Abisso di cui parla G. Lukaks.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: paul11 il 22 Marzo 2017, 01:44:23 AM
Citazione di: Jacopus il 21 Marzo 2017, 23:24:01 PMInteressante discussione con sottodiscussione a proposito del socialiismo reale :). Credo che il populismo sia la malattia infantile della democrazia di massa, quella che evolve dalla democrazia liberale ottocentesca. La democrazia liberale ottocentesca era elitaria e fondata sul censo. Solo una minoranza agiata votava e solo quella minoranza agiata era in grado di governare la complessità del mondo di allora, assai meno complesso del mondo di oggi. Vi era una vaga speranza di migliorare la propria condizione e il potere borghese beneficiava di questo mutamento di paradigma rispetto all'immobile mondo feudale. Questo assetto ha governato il mondo per tutto il XIX secolo, assieme alla valvola di sfogo delle colonie, grazie alla quale un bandito in patria poteva ambire a divenire un governatore d'Oltremare. L'espansione del diritto di voto, fin dalla fine dell'Ottocento, si collega a due processi. Da un lato all'esigenza di legittimare le istituzioni politiche di fronte all'emergere del socialismo, dall'altro alla necessità del sistema economico di ridurre ognuno di noi a consumatore, identico, con gli stessi diritti e con la stessa propensione a spendere denaro. La riduzione a consumatore presuppone la riduzione a elettore, fruitore di notizie preconfezionate, di vacanze intelligenti, di pensieri mediocri. Contemporaneamente l'avvento della "velocità", di movimento, di calcolo, temporale (un filosofo tedesco, Koselleck, parlò in proposito di Vergangene Zukunft per dire che oggi il futuro è già passato, imprendibile), avrebbe richiesto maggiori capacità riflessive, rielaborative, predittive sul lungo periodo, da assegnare ad un maggior numero di persone possibili. Un salto nei sistemi formativi dell'uomo che di fatto non è stato possibile attuare, sia perché il capitalismo non è un benefattore, sia perché allargare la pletora di persone che sanno gestire la conoscenza diventa un problema per qualsiasi tipo di potere. Si è creata così una tensione, che in termini psicodinamici si potrebbe definire "double bind". La gestione del mondo sempre più complesso, richiederebbe un potenziamento delle doti intellettuali dell'umanità in termini universalistici, proprio in virtù del diritto universale al voto. Non bastano più i voti di una elite illuminata, perché ora votano tutti e tutti dovrebbero essere coscienti delle conseguenze del loro voto e più in generale della loro partecipazione alla vita politica. Questo potenziamento però non può essere fatto alla leggera perché rischierebbe di rovesciare i detentori del potere, che si avvalgono in ogni luogo degli arcana Imperii. Con una conoscenza più accurata inoltre si accrescono le capacità critiche di visione del mondo, con possibili ripercussioni negative sul PIL del mondo. L'elite che continua a governare il mondo allora indossa il simulacro della democrazia, elargendo a piene mani discorsi populistici e di questi discorsi si sono macchiati tutti i "poteri democratici di massa" proprio per la incapacità dell'elettorato medio ed universale a comprendere fino in fondo la complessità del mondo che ormai sfugge anche ai più sapienti. In altre parole, per certi versi dovremmo essere tutti come Leonardo da Vinci per gestire il mondo, dall'altra dobbiamo contemporaneamente restare allo stato di Candido, ubbidienti automi eterodiretti convinti di vivere nel migliore dei mondi possibili. Finchè il mondo viene percepito come più o meno effettivamente "migliore", nessun problema. Qualche bugia ce la lasciamo dire. Quando però le cose iniziano ad andar male non c'è più tempo per formare tanti piccoli Leonardo, che sappiano far fronte alle difficoltà. Il populismo è molto più semplice, separa il mondo in buoni e cattivi, parla di intuito, sentimento, azione, considera la cultura un inutile orpello e degenera sempre di più, esattamente come sta accadendo ai nostri giorni. Ovviamente c'è populismo e populismo e possiamo sempre sperare in una sufficiente riserva di Leonardi, ma la direzione mi sembra quella verso un aggravamento di forme maligne di populismo. In sintesi, il populismo è in qualche modo un ospite sempre presente nelle democrazie moderne, virus che si riacutizza, quando le contraddizioni del mondo moderno (leggi capitalismo) diventano sempre più instabili e violente. L'unica cura mi sembra quella che M. Yourcenair fa dire al suo Adriano: "Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro l'inverno dello spirito, che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire". Una soluzione molto più umana di qualsiasi palingenesi teocratica (Apocalisse) o politica (Comunismo), ma forse sono solo uno dei tanti ospiti dell'Hotel Abisso di cui parla G. Lukaks.


Se posso permettermi jacopus, prendo a pretesto il tuo scritto perchè a mio parere è ben fatto, ma ha una profonda lacuna: quello di pensare che  con l'erudizione sia possible debellare il populismo e migliorare in generale la società.
La storia ci sta dicendo altro di questi tempi. Che i figli degli operai sono diventati dottori e ingegneri e le cose sono peggiorate.Che molti hanno esercitato il potere politico, dai comuni, province ,regioni, parlamento e troppi da trent'anni a questa parte lo hanno interpretato come rendita di posizione facendo del proprio scranno interessi personali.
Manca in sede istituzionale e costituzionale , la possibilità che in una democrazia rappresentativa a suffragio universale chi promette,così come nelle pubblicità di prodotti, non menta.Vale a dire che non può promettere ciò che i conti dello Stato non possono dare .
Si  promettete ai figli una Ferrari , quando nelle  possibilità si può arrivare a regalare  una bicicletta ?
Allora o si fa politica o si fa  gli imbonitori e magari il mago Otelma.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: acquario69 il 22 Marzo 2017, 06:54:03 AM
CitazioneFinchè il mondo viene percepito come più o meno effettivamente "migliore", nessun problema. Qualche bugia ce la lasciamo dire. Quando però le cose iniziano ad andar male non c'è più tempo per formare tanti piccoli Leonardo, che sappiano far fronte alle difficoltà.


Quando si può star tranquilli nel proprio piccolo orticello,allora tutti se ne fregano, quando invece le cose cominciano ad intaccare i piccoli interessi personali allora tutti si incazzano e gridano all'ingiustizia...che e' l'effetto provocato dalla sua stessa causa e che si ritorce contro come un boomerang
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 22 Marzo 2017, 07:03:01 AM
Citazione di: maral il 21 Marzo 2017, 21:47:32 PM
I problemi sono molteplici. Distinguerei comunque il populismo dalla demagogia: nel primo caso il potere fa riferimento al popolo, nel secondo finisce dal popolo nelle mani di chi sa sedurlo facendo del popolo il mezzo del suo potere, il demagogo appunto. Se nel populismo il potere appartiene al popolo (nella sua totalità diversificata) la Costituzione Italiana dichiara esplicitamente di essere populista, anche se dice che il popolo esercita questo potere a mezzo delle sue istituzioni e associazioni e questo dovrebbe in qualche modo limitare il rischio della demagogia, ma mi sa che al di là dell'ottimo intento la cosa non funzioni, perché entra sempre in gioco la vecchia dialettica hegeliana tra fine e mezzo: prima o poi quelle istituzioni che dovrebbero essere mezzo per il fine del popolo, diventano il fine stesso facendo di ogni altro fine il loro mezzo e chi le gestisce finisce con il prendere il potere indirizzandolo interamente al poterlo mantenere nelle sue mani, dietro il guscio di una democrazia ridotta a puro slogan.
In genere il sistema che meglio consente questo risultato è, soprattutto oggi, la seduzione demagogica. In Italia Berlusconi è stato ed è un caso esemplare da manuale (sempre pronto peraltro a tornare in scena con le medesime seduzioni ripetute alla nausea) e in America, attualmente è Trump chiamato a incarnare la figura del demagogo fatto carne.
La situazione ideale per il demagogo si determina quando lo strumento legislativo si dimostra del tutto inadeguato alla realtà tragicamente insicura della situazione, quando l'esistenza stessa appare messa in dubbio dal significato immediato di ciò che accade generando angoscia, è allora che il demagogo di turno può mostrarsi alla maggioranza del popolo angosciato (in genere gli strati economicamente più compromessi e soprattutto culturalmente meno attrezzati della popolazione) come il solo che sa rimettere a posto le cose, ristabilire la giusta legalità sospendendo quella vigente così inefficace. Il demagogo sfrutta lo stato di eccezione della legge, per giustificare una nuova legge che fa perno solo su di lui. Maggiore è l'angoscia condivisa nel popolo, maggiore sarà la sua presa seduttiva: al momento propizio, che il suo fiuto gli fa cogliere e la sua enorme ambizione sfruttare, egli apparirà come il mezzo universale, l'uomo del destino, il legislatore supremo, almeno finché gli eventi non rimetteranno tutto in discussione, quando sarà l'accadere della catastrofe che lui stesso ha annunciato proponendosi come rimedio a liberare il popolo dall'angoscia della sua attesa. Il demagogo vive di questa angoscia del popolo e ne ha assoluto bisogno, la sollecita sempre per incarnarne il rimedio.
Ai tempi di Aristotele forse era ancora possibile pensare platonicamente a un governo retto dai migliori o da un sovrano illuminato poiché istruito dal suo precettore filosofo, è stato un vecchio sogno della filosofia questo, sempre andato fallito: la potenza vitale ha fatto sempre a pezzi ogni filosofia didattica, nei molti quanto nei singoli.
La rivoluzione bolscevica è risultata quanto di più tragicamente elitario sia stato possibile concepire in un'epoca necessariamente avviata verso le peggiori tragedie del nichilismo: per le avanguardie rivoluzionarie ogni cosa ed essere umano diventa mezzo di realizzazione dell'utopia, soprattutto quando l'utopia è quella del popolo. Il problema non è nel principio "Da ciascuno secondo le proprie capacità, a ciascuno secondo i propri bisogni", ma in chi vuole che tutto debba essere sacrificato a questo principio e quindi assume il ruolo strutturante di gestore assoluto della giusta distribuzione di mezzi e bisogni. E' il motivo per cui l'anelito rivoluzionario, una volta acquistato il potere, si chiuse per sempre nella sua posizione del tutto autogiustificatoria, rendendo necessario una sorta di stato rivoluzionario permanente destinato a soffocare la rivoluzione stessa nella gabbia di una struttura burocratica nefanda, il partito comunista sopra i soviet del popolo prima, il segretario di questo partito, Stalin, sopra il partito poi: l'orrendo Piccolo Padre indispensabile per il grande popolo russo mentre l'utopia era ridotta a slogan obbligatorio per mascherare la menzogna continua del demagogo seduttore.
Il problema sono i Piccoli Padri quando il popolo non vuole altro che essi, è allora che occorre avere il coraggio di difendere il populismo, ossia di riconquistare l'utopia di un popolo che impari da sé a governare se stesso, avendo per fine se stesso, vedendosi come uno nei molti diversi che ne fanno parte, in nome della imprescindibilità e irriducibile diversità di ciascun individuo. Occorre un grande sforzo culturale che sia prodotto da una matrice condivisa e non elitaria, proprio quello che il demagogo non vuole, quando afferma che "la cultura non ha mai dato da mangiare a nessuno", mentre lui sa e può dare da mangiare a tutti. Non c'è niente di peggio.

Secondo me occorre distinguere tra:
- democrazia "popolare", nella quale il potere fa riferimento al popolo, che elegge i suoi rappresentanti politici "sine ira ac studio";
-democrazia "populista", nella quale il potere fa riferimento, sì, al popolo, ma solo in quanto sedotto e trascinato emotivamente dalle utopiche promesse dell'istrionico demagogo di turno.
;)
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 22 Marzo 2017, 07:03:54 AM
Citazione di: acquario69 il 22 Marzo 2017, 06:54:03 AM
CitazioneFinchè il mondo viene percepito come più o meno effettivamente "migliore", nessun problema. Qualche bugia ce la lasciamo dire. Quando però le cose iniziano ad andar male non c'è più tempo per formare tanti piccoli Leonardo, che sappiano far fronte alle difficoltà.


Quando si può star tranquilli nel proprio piccolo orticello,allora tutti se ne fregano, quando invece le cose cominciano ad intaccare i piccoli interessi personali allora tutti si incazzano e gridano all'ingiustizia...che e' l'effetto provocato dalla sua stessa causa e che si ritorce contro come un boomerang

Guicciardini docet! :)
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 22 Marzo 2017, 07:07:23 AM
Citazione di: Phil il 21 Marzo 2017, 23:15:51 PM
Citazione di: Eutidemo il 21 Marzo 2017, 07:26:10 AM
Dissento, quindi, dalla tua conclusione, per la quale:  "...qualsiasi "salto nel buio" non possa essere peggiore dell' attuale "essere immersi nella merda": mal che vada si ricade nella stessa!"
Ed infatti, se la merda sta friggendo in una padella, se ne saltiamo fuori, c'è il rischio di finire sicuramente peggio di dove siamo ora! ;D  ;D  ;D
Mi hai fatto tornare in mente questa scena:
https://www.youtube.com/watch?v=DtIoOENzgyw
;D


Perfetto!!!! :D  :D  :D
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: acquario69 il 22 Marzo 2017, 07:35:27 AM
Citazione di: Eutidemo il 22 Marzo 2017, 07:03:01 AM
Secondo me occorre distinguere tra:
- democrazia "popolare", nella quale il potere fa riferimento al popolo, che elegge i suoi rappresentanti politici "sine ira ac studio";
-democrazia "populista", nella quale il potere fa riferimento, sì, al popolo, ma solo in quanto sedotto e trascinato emotivamente dalle utopiche promesse dell'istrionico demagogo di turno.
;)

E secondo te e' mai esistito un potere che fa riferimento al popolo "sine ira ac studio"?

secondo me già il termine potere potrebbe indicare una certa ambiguità di fondo..
E se e' il potere che fa comunque riferimento al popolo, allora come conseguenza si dovrebbe valutare meglio anche il termine stesso di popolo 
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 22 Marzo 2017, 08:21:19 AM
Caro Sgiombo,
ho letto con interessata attenzione le tue osservazioni.
1) 
Il "corporativismo fascista" del ventennio (a cui non ho mai fatto riferimento, in quanto costituiva semplicemente una diversa forma di capitalismo), non aveva niente a che vedere con lo (pseudo)tentativo di "socializzazione dei mezzi di produzione", della RSI, che voleva essere, almeno a chiacchiere, un vero tentativo di "socialismo"
Io avevo solo detto che "strictis verbis", il termine da te usato,  si riferiva storicamente a tale esperimento; che, come avevo scritto anche io, era, però, del tutto "surretizio" (sebbene all'ex comunista Bombacci piacque). 
Per cui, sul punto, non vedo disaccordo alcuno tra di noi, in quanto anche io ho sempre ritenuto che, Il Fascismo, quando si è visto spacciato ha solo "surrettiziamente" prospettato la socializzazione nel disperato tentativo:
- di "sopravvivere", riacquistando il favore delle masse operaie;
- di "avvelenare i pozzi" per l' Italia antifascista che si stava per ricostruire dopo che il fascismo stesso l' aveva portata alla rovina totale e completa.
2) 
Non ho ben capito la tua affermazione per la quale: "...non può esistere "Capitalismo di Stato" se non come complemento del capitalismo privato"; ed infatti, a me sembrano due sistemi ben distinti, in quanto, nel primo, la proprietà dei mezzi di produzione appartiene totalmente allo Stato, mentre nel secondo la proprietà dei mezzi di produzione appartiene totalmente ai privati.
Ovviamente, in concreto, quasi sempre si realizzano forme miste...accentuate più in un senso o più in un altro).
Quanto all'URSS, non cè dubbio che, almeno nelle sue caratteristiche principali, si sia trattato di un "Capitalismo di Stato", (quasi) allo stato puro!
In effetti, almeno stando a quello che ho letto (su libri storici non certo di destra) in URSS, durante il periodo staliniano, non si realizzò affatto una sostanziale "socializzazione",  bensì una una mera "nazionalizzazione"  dei mezzi di produzione; ed infatti, questi erano in mano allo STATO-APPARATO dei boiardi e degli "apparatniki", e non certo allo STATO-COMUNITA' costituito dai cittadini.
Per inciso, è da tenere presente che la distinzione tra STATO-APPARATO e STATO-COMUNITA', è una caratteristica comune a tutte le nazioni moderne; capitalistiche o comuniste che esse siano...o siano state.
Ed infatti, quando, ad esempio, formuliamo un'affermazione del tipo "...lo Stato italiano incoraggia l'acquisto della casa in cui si abita" adoperiamo il termine "Stato" nella, prima accezione, e quindi intendiamo riferirci allo STATO-APPARATO (il Presidente della Repubblica, i ministri, i giudici, gli agenti di polizia ecc.)
Se, invece, diciamo che "nello Stato italiano il 54% degli studenti provenienti da un liceo termina l'Università" ci stiamo riferendo allo STATO-COMUNITA', , cioè al popolo che vive in Italia.
Per dirla in breve:
- Lo Stato-apparato è l'insieme delle strutture che esercitano il potere.
- Lo Stato-comunità è invece la società, detta anche società civile, intesa come l'insieme dei rapporti che le donne e gli uomini instaurano in maniera autonoma e spontanea, indipendentemente dall'esistenza di un centro di potere (la famiglia, le associazioni, i sindacati, i partiti ecc.)
La confusione dei due concetti, è stata sempre foriera di tragici equivoci, e non solo in Russia; laddove, però, il primo aveva usurpato quasi del tutto le funzioni del secondo...ed ancora continua a farlo, pure a "babbo Stalin" morto.
3)
Anche su questo punto mi pare che siamo abbastanza d'accordo, in quanto anche io ritengo che, nel dopoguerra nel "capitalismo reale europeo" non vigeva il peggiore e più iniquo "lassez faire" stile USA, per il fatto che esso era fortemente condizionato dall' esistenza nel campo socialista di partiti "veramente" di sinistra, che erano molto potenti (anche a livello elettorale), ed esistevano anche forti sindacati.
Dissento invece sulla tua tesi che la "SPALLA" dell'URSS abbia favorito più di tanto l'influenza di tali partiti e sindacati (finanziamenti a parte); ed infatti, è mia opinione che, soprattutto dopo le traumatiche esperienze dell'Ungheria (1956) e della Cecoslovacchia (1968), lo SPAURACCHIO dell'Unione Sovietica abbia di gran lunga frenato le "chance" elettorali dei partiti di sinistra europei.
Come, peraltro, la maggior parte dei leader di tali partiti ammisero espressamente (comunisti francesi a parte), fino, spesso, ad arrivare a vere e proprie "incrinature"!
Però, in effetti, penso anche io che la caduta definitiva di tale SPAURACCHIO, abbia inciso alquanto negativamente, contribuendo a ridurre il benefico ruolo dirigistico del limitato "capitalismo di stato italiano" (evidentissimo in Italia con IRI, ENI, EFIM, ecc. e con le "partecipazioni statali"), nonché frenando lo sviluppo dello "stato sociale", non a caso smantellati dopo la sconfitta dell' URSS, rapidissimamente il primo (capitalismo di stato), più gradualmente "per causa di forza maggiore" il secondo (welfare state), con pronto ripristino del peggiore e più iniquo "lassez faire".
Sì, su questo penso di essere abbastanza d'accordo; sebbene sul benefico ruolo dirigistico del limitato "capitalismo di stato italiano" ci sarebbe anche un po' da discutere; complessivamente posso anche essere d'accordo, ma non erano tutte rose e fiori.
Ma sarebbe un discorso troppo lungo (e su una materia che non conosco molto a fondo).
4)
Quanto agli effetti del benefico condizionamento del capitalismo da parte degli stati socialisti, relativi al contenimento della forsennata aggressività bellica del capitalismo imperialistico stesso con, per esempio, 40 anni di pace in Europa, non sono minimamente d'accordo.
USA ed URSS, infatti, erano PARIMENTI AGGRESSIVE, e, i 40 anni di pace, sono dovuti esclusivamente alla spartizione di YALTA ed allo SPETTRO della GUERRA ATOMICA!
Soprattutto a quest'ultimo, cessato il quale, sono cominciate a scoppiare di nuovo sanguinosissime guerre "convenzionali"  e aberrazioni di tipo nazista note come "pulizie etniche ecc. ecc. .
La "pace della guerra fredda", era basata sull'EQUILIBRIO DELLA DISTRUZIONE RECIPROCA TOTALE, e non da altro.
https://www.youtube.com/watch?v=I98KeKV_F9g
4)
Quanto alla discussione sul "socialismo reale", ne abbiamo parlato a sufficienza sopra, per cui ritengo inutile tornare sul punto.
:)
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Duc in altum! il 22 Marzo 2017, 09:32:11 AM
**  scritto da Eutidemo:
CitazioneDissento, quindi, dalla tua conclusione, per la quale:  "...qualsiasi "salto nel buio" non possa essere peggiore dell' attuale "essere immersi nella merda": mal che vada si ricade nella stessa!"
Ed infatti, se la merda sta friggendo in una padella, se ne saltiamo fuori, c'è il rischio di finire sicuramente peggio di dove siamo ora!
Quel sicuramente è ponderabile solo per fede personale, mentre in realtà potrebbe essere proprio il contrario.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: sgiombo il 22 Marzo 2017, 10:03:45 AM
@ Maral
Per parte mia non credo che la tendenza all' imporsi di demagoghi che distorcono la democrazia a proprio vantaggio, secondo "la vecchia dialettica hegeliana tra fine e mezzo" per la quale il secondo si trasforma inevitabilmente nel primo, spieghi molto di quel che accade.
Demagoghi come Berlusconi o Trump (ma anche Renzi, per quanto decisamente meno "dotato", ancor più "scadente" sotto tutti i punti di vista degli altri due) sono in ultima analisi poco più che burattini nelle mani dei veri potenti (dell' "oligarchia dominante reale" cui comunque appartengono e di cui, con maggiore o minore autonomia a seconda dei casi, comunque sostanzialmente curano gli interessi a danno del popolo).
Credo piuttosto che il potere reale non si identifichi pari pari con le istituzioni politiche formali di volta in volta vigenti.
Tanto n USA quanto in Italia nel dopoguerra il potere reale stava e sta nelle mani di un' oligarchia possidente capitalistica che attraverso il controllo dei mezzi di comunicazione inganna il popolo, attraverso il controllo delle leve dell' economia lo ricatta imponendogli scelte coatte, attraverso leggi elettorali truffaldine gli impedisce di espimersi liberamente alle elezioni, eventualmente, come extrema ratio, attraverso il controllo delle forze armate ne "corregge" più o meno sanguinosamente con la violenza le scelte comunque risultate "sbagliate".
Secondo me quel tanto o poco di democrazia reale (comunque sempre estremamente limitata stante la proprietà privata dei mezzi di produzione) che può realizzare nei diversi casi dipende dalle lotte più o meno efficaci (anche in seguito alla situazione internazionale) che il popolo riesce a sviluppare per imporla a dispetto del, e come limitazione antagonisticamente forzata del, potere reale dell' oligarchia dominante; è per questo che in Italia nella prima repubblica ce n' è stata molto più che nella seconda repubblica, o che in tutto il dopoguerra negli USA.
 
 
Secondo me una sorta di stato rivoluzionario permanente nella storia sovietica è innanzitutto stato realmente imposto ai Bolscevichi dalle continue aggressioni militari, economiche demagogiche-propagandistiche cui è stato sottoposto il loro paese da parte del capitalismo imperialistico dominante della parte maggiore, più ricca e sviluppata e meglio armata del mondo; e questo, unitamente a errori e limiti soggettivi dei Bolscevichi stessi (in un processo nel quale condizionamenti oggettivi e carenze soggettive tendevano a potenziarsi a vicenda), e non invece una sorta di "fatale tendenza generale, universale, ineluttabile del potere a irrigidirsi e diventare necessariamente autoreferenziale, è stato all' origine delle, carenze, insufficienze e debolezze (secondo me decisamente relative, limitate in confronto a ciò che accadeva "accanto" ed è accaduto "successivamente") di tali esperienze, che hanno potentemente contribuito a portarle alla sconfitta.
 
 
@ Paul 11
I figli degli operai sono diventati dottori e ingegneri e le cose sono peggiorate, ma non è detto che post hoc, ergo propter hoc; ritengo che i motivi del peggioramento delle cose siano ben altri.
 
 
Siamo sicuri che oggi Si promettete ai figli una Ferrari , quando nelle possibilità si può arrivare a regalare una bicicletta ?
Se con questa metafora ti riferisci in generale al consumismo illimitato (e dunque produzione illimitata) in un modo dalle risorse naturali limitate sono d' accordo.
Invece se ti riferisci a ciò che continuamente i nemici del popolo ripetono e cioè che saremmo vissuti "al di sopra delle nostre possibilità" decisamente no!
Nessuno può vivere al di sopra delle proprie possibilità per oltre mezzo secolo!
E in questo secolo abbondante (fra l' altro a partire dalle distruzioni della seconda guerra mondiale) potevamo permetterci anche "pensioni baby", "falsi invalidi", "finti ciechi" e "furbetti del cartellino": ciò che si produceva e si consumava bastava per mantenere senza problemi per cinquant' anni perfino questi (relativamente piccolissimi) parassiti!
La verità secondo me è che, in seguito al drastico mutamento dei rapporti di forza dovuto soprattutto alla sconfitta del "socialismo reale", ben altri e ben più potenti e insaziabili parassiti e vampiri del sangue del popolo ci stanno sanguisugando senza ritegno: le infime minoranze di privilegiati al potere che prima erano costrette obtorto collo a fare concessioni al popolo lavoratore ora si stanno riprendendo voracissimamemente tutto (si stanno sempre più diffondendo contratti di lavoro che negano la stabilità dell' occupazione, senza limiti all' orario di lavoro, senza diritto alle ferie e alla retribuzione in caso di malattia, con la "buona scuola" si sta reintroducendo il lavoro minorile -oltre tutto gratuito- degli studenti presso le imprese private: ci manca solo lo ius primae noctis, ma credo soltanto per fatto che grazie agli anticoncezionali la verginità delle ragazze viene meno ben prima del matrimonio).
 
 
@ tutti:
Secondo me il populismo tende a imporsi con illusorie promesse di facili soluzioni per i problemi difficilissimi perché è arduo guardare in faccia la realtà e accettare che uscire dal pantano in cui ci hanno ridotti non è affatto possibile senza affrontare durissimi sacrifici.

 MI scuso per essere andato alquanto fuori tema.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Duc in altum! il 22 Marzo 2017, 11:07:55 AM
**  scritto da sgiombo:
CitazioneSecondo me il populismo tende a imporsi con illusorie promesse di facili soluzioni per i problemi difficilissimi perché è arduo guardare in faccia la realtà e accettare che uscire dal pantano in cui ci hanno ridotti non è affatto possibile senza affrontare durissimi sacrifici.
No, esso tende a imporsi perché chi c'era prima ha tradito le aspettative, è venuto meno al beneficio collettivo per gli interessi personali, quindi è stato peggio del populismo, ché almeno è coerente con la doppiezza delle sue illusorie promesse.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: sgiombo il 22 Marzo 2017, 12:04:43 PM
Citazione 
Caro Eutidemo,
come già era evidente su queste questioni abbiamo importanti motivi di forte consenso e probabilmente anche maggiori di fortissimo dissenso.
Cerco di precisarne alcuni da parte mia.
 
Circa il fascismo mi sembra che non ci sia disaccordo (in proposito devo dire che mi ha sempre lasciato fortemente perplesso la fine di Bombacci, dal momento che ho sempre considerato gli ex socialisti massimalisti e/o ex comunisti passati al fascismo -a cominciare dal fondatore del movimento stesso- degli abbietti traditori, ma è difficile pensare che si possa non essere sinceri in articulo mortis; eppure Bombacci aveva approvato tutte le orrende nefandezze reazionarie del fascismo, in politica interna ed estera).
 
Per "capitalismo di Stato" (non tanto contro Trotzky, che -secondo me più correttamente- parlava solo di "socialismo degenerato", quanto contro i suoi peggiori epigoni; peggiori ovviamente dal mio punto di vista) intendo una forma di capitalismo, quindi innanzitutto di proprietà privata capitalistica dei mezzi di produzione, nella quale è presente anche un' iniziativa economica imprenditoriale statale (variamente declinata nei fatti concreti a seconda dei rapporti di forza nella lotta di classe, ma comunque in ultima analisi a sostanziale vantaggio della classe capitalistica e della conservazione da parte di questa del potere politico e della proprietà dei suoi propri mezzi di produzione).
Un "capitalismo di stato senza capitalismo privato" è per me un quasi-sinonimo di "socialismo" per quanto imperfetto, limitato, eventualmente caratterizzato da carenze più o meno relativamente rilevanti nella socializzazione dei mezzi di produzione statalizzati a seconda dei casi (delle caratteristiche istituzionali e politiche dello Stato stesso e da quelle della società civile); credo che questo, a ben considerare la questione non dogmaticamente, non sia affatto in contraddizione con le critiche al capitalismo di Stato di Marx nelle Note al programma di Gotha, di Engels nell' Antiduhring e di Lenin in Stato e rivoluzione).
Lo so che queste considerazioni ti potranno sembrare alquanto "dottrinarie", ma semplicemente ne sono convinto.
Non comprendo bene la distinzione fra STATO-APPARATO e STATO-COMUNITA' (mi sembra più chiara quella fra Stato e società civile), ma per me decisivo in ultima istanza ai fini del discernimento della sostanza di un' ordinamento sociale (fatto salvo il fatto, su cui concordo, che in concreto, quasi sempre si realizzano forme miste...accentuate più in un senso o più in un altro) sono i rapporti di produzione, cioè di proprietà (di classe -e di quale/i classe/i- oppure comune, collettiva) dei mezzi di produzione.
 
Sulla valutazione degli effetti che il "socialismo reale" (nel '56 e oltre) ebbe sulla forza (in particolare elettorale) dei partiti comunisti e socialisti occidentali, e anche sulle valutazioni (per me molto diverse fra loro "nel tempo e nello spazio") che ne diedero gli stessi dirigenti di questi ultimi, il dissenso è decisamente profondo.
 
Ancor più "diametralmente opposta" alla tua è la mia valutazione della politica estera sovietica, a mio avviso in sostanza decisamente antiimperialstica (ovviamente non senza imperfezioni; fra l' altro anche con tendenze e aspetti egemonistici ingiustificabili; ma non propriamente "imperialstici in senso leninista") e pacifica: i fatti (qualitativi; e pure i "numeri") circa le guerre in Europa e nel resto del mondo e circa le condizioni di vita dei popoli vittime del colonialismo "classico" prima e dei vari neocolonialismi poi -antecedentemente e successivamente alla caduta del muro di Berlino- sono per me inequivocabili in questo senso (anche se certamente pure "lo spettro della guerra atomica" ha avuto la sua parte; ma é esistito ed esiste anche dopo; e infatti recentemente gli scienziati dell' Bulletin of the Atomic Scientists hanno ri-spostato le lancette dell' "orologio dell' apocalisse" molto vicino alla mezzanotte), allorché le guerre di aggressione imperialistiche si sono moltiplicate e inasprite ovunque.
 
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: sgiombo il 22 Marzo 2017, 12:12:38 PM
Citazione di: Duc in altum! il 22 Marzo 2017, 11:07:55 AM
**  scritto da sgiombo:
CitazioneSecondo me il populismo tende a imporsi con illusorie promesse di facili soluzioni per i problemi difficilissimi perché è arduo guardare in faccia la realtà e accettare che uscire dal pantano in cui ci hanno ridotti non è affatto possibile senza affrontare durissimi sacrifici.
No, esso tende a imporsi perché chi c'era prima ha tradito le aspettative, è venuto meno al beneficio collettivo per gli interessi personali, quindi è stato peggio del populismo, ché almeno è coerente con la doppiezza delle sue illusorie promesse.
CitazioneIntendevo dire che per questo motivo il populismo tende a imporsi presso i popoli in tendenziale, sacrosanta rivolta contro chi c'era prima e ha tradito le aspettative, è venuto meno al beneficio collettivo per gli interessi personali, quindi è stato peggio del populismo; e questo in alternativa a più autentiche ed efficaci politiche di radicale cambiamento del pessimo stato di cose presenti (mi guardo bene dall' equiparare Beppe Grillo a nemici del popolo del calibro di Renzi, D' Alema e compari, anche se credo che non veda le enormi difficoltà e gli enormi sacrifici che per cambiare veramente l' Italia e il mondo- sono necessari).
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 22 Marzo 2017, 13:32:36 PM
Caro Sgiombo,
quanto a Bombacci, secondo me, fu sicuramente in errore ad aderire sia al fascismo che alla RSI, ma penso anch'io che fosse in buona fede (a differenza di altri), per quello che può valere!
***
Quanto a  Trotzky, condivido il tuo giudizio negativo sui suoi tardivi epigoni; che stavano al loro archetipo, come gli "aristotelici" stavano ad Aristotele!
***
Quanto al fatto che, per "Capitalismo di Stato" tu intendi una forma di capitalismo, in cui permane la proprietà privata capitalistica dei mezzi di produzione, ma nella quale è presente anche un' iniziativa economica imprenditoriale statale, al riguardo penso che tra di noi sussista una dissidio precipuamente di natura nominalistica (o definitoria, che dir si voglia), ma non sostanziale.
Al riguardo, infatti, storicamente, il "capitalismo di stato" come lo intendeva Lenin, sarebbe dovuto essere "un sistema di alture dominanti" composto da grandi imprese e gruppi controllati dallo Stato in funzione degli interessi della classe operaia; secondo la maggior parte degli storici (ad es. Paul Roderick Gregory), però, quel modello, già utilizzato nel 1920 in Unione Sovietica, è venne poi soppiantato dall'"economia di comando" di Stalin, in cui la proprietà dei mezzi di produzione passò inegralmente nelle mani dello STATO-APPARATO (non STATO-SOCIALE) che era precipuamente nelle mani dei burocrati di partito. 
Ma le cose, in effetti, avvennero con complessità un po' maggiore di come ho appena descritto, perchè non bisogna neanche dimenticare che, contemporaneamente ma "parallasicamente" a detta trasformazione genetica, in Russia, per qualche anno, venne sperimentata anche la formula economica della NEP (Nuova politica economica), che fu un sistema di riforme economiche, in parte orientate al libero mercato, che Lenin istituì in Russia nel 1921 e che durò fino al 1929 (sebbene già nel 1924 ci fosse già stato un cambio di rotta).
In buona sostanza, cioè, la NEP era una combinazione di capitalismo di Stato e impresa privata.
*** 
Quanto al fatto che, per te, un "capitalismo di stato senza capitalismo privato" sarebbe un quasi-sinonimo di "socialismo" per quanto imperfetto (eventualmente caratterizzato da carenze più o meno relativamente rilevanti), non sono del tutto d'accordo; ed infatti, questo sarebbe (teoricamente) vero se i mezzi di produzione potessero veramente trovarsi nelle mani dello STATO-COMUNITA' (cosa molto difficile da realizzare), mentre, invece, di solito, se non restano nelle mani dei capitalisti, finiscono per diventare ostaggio del "gran leviatano" STATO-APPARATO, e, cioè, del potere burocratico..
Ed infatti,  
Quanto alla distinzione fra STATO-APPARATO e STATO-COMUNITA', che non è certo una mia invenzione, ma è comunemente recepita sia in campo sociologico che giuridico, più o meno corrisponde a quella che tu preferisci definire "distinzione fra Stato e società civile"; la quale definizione è pure senz'altro perfettamente accettabile, sebbene, a mio avviso, meno perspicua,  perchè può essere fonte di ambiguità (il termine STATO, senza qualificazione è ambivalente, potendo essere inteso in due sensi molto diversi).
Con conseguenze "pratiche" inenarrabilmente diverse
 ***
Quanto alla valutazione degli effetti che il "socialismo reale" (nel '56 e oltre) ebbe sulla forza dei partiti comunisti e socialisti occidentali, e anche sulle valutazioni che ne diedero gli stessi dirigenti di questi ultimi, in effetti, il dissenso tra di noi è decisamente profondo.
Ma, in questo caso, si tratta di "fatti storici", non di opinioni.
Ed infatti, Il 29 ottobre del 1956, pochi giorni dopo il primo intervento militare sovietico a Budapest, il dissenso all'interno del Partito comunista italiano si manifestò in maniera clamorosa, indebolendolo notevolmente nelle successive elezioni.
Superata l'"impasse", e riacquistata notevole forza, il Partito comunista italiano subì un ulteriore ben più grave "scossone" nel 1968, a seguito della brutale repressione della "Primavera di Praga" (a specifici tristissimi episodi della quale assistetti di persona); anche se poi, anche da tale scossone il PCI si riprese alla grande, almeno da come mi ricordo.
***
Circa la politica estera russa, al di là di polemiche politiche, è talmente palese il fatto che, storicamente, negli ultimi quattro secoli, la Russia sia SEMPRE stata una potenza imperialista, rivolta ad espandere il suo potere non solo ad EST, ma anche ad OVEST, PRIMA, DURANTE E DOPO IL REGIME SOVIETICO, è cosa talmente ovvia, che non mette neanche conto starne a discutere.
Basta aprire un libro di storia delle elementari! 
Semmai si può discutere se fosse più "aggressivamente imperialista" sotto gli zar, sotto Stalin, o sotto Putin; ma, a mio avviso, il "trend" di fondo è sempre rimasto più o meno lo stesso.
Il Comunismo, in quanto tale, non c'entra niente; o, comunque, molto poco.
Solo Trotsky cercò di opporsi al nazionalismo russo, mascherato da comunismo, auspicando una rivoluzione marxista globale...ma non ebbe successo!
Da notare che, crollato l'Impero Coloniale Inglese, ormai la Russia è rimasto L'ULTIMO IMPERO COLONIALE al mondo; non lasciatevi ingannare dal fatto della continuità territoriale, in quanto, oltre gli Urali, non ci sono russi, ma solo COLONIE russe (di altre religioni ed altre etnie).
Ma questo, come ho detto, col comunismo non c'entra niente; a meno che non si voglia sostenere che l'URSS fosse meno aggressiva della Russia Zarista o della Russia Putiniana...il che contrasta talmente con la realtà dei fatti storici, che non mette neanche conto discuterne.
;)
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: sgiombo il 22 Marzo 2017, 21:11:59 PM
Caro Eutidemo,
anche se sono ben consapevole che non è possibile in questo forum un' adeguata discussione circostanziata e documentata su questi argomenti (almeno da parte mia, poiché non sono certo uno storico di professione ma soltanto mi interesso "amatorialmente" di storia recente – contemporanea), non posso non negare alcune tue affermazioni.
 
So bene che nel PCI nel '56 perse l' adesione di alcuni intellettuali, ma non gli venne significativamente meno il consenso popolare, tant' è vero che alle successive elezioni del giugno '58 i voti raccolti aumentarono, seppur di poco.
 
Quello che dici dell' imperialismo russo pre-sovietico, preteso sovietico e post-sovietico non è vero: questo è per me talmente ovvio che non è il caso di stare a discuterne (in parte è questione terminologica, se per te la limitazione della sovranità di altri paesi non soggetti a rapina o sfruttamento economico e anzi sottoposti a trattamento economico "di favore" -che io chiamo "egemonismo" e ritengo ben diversa cosa- è la stessa cosa dell' "imperialismo").
 
E il socialismo centra eccome, dal momento che è la causa della ben diversa politica estera dell' URSS (fra l' altro uno dei leitmotiv della propaganda controrivoluzionaria d Gorby e Eltsin era proprio costituito dalla generosità della Russia, della Bielorussia e delle altre repubbliche più sviluppate verso quella più povere nell' ambito dell' URSS e dell' URSS stessa verso altri paesi socialisti meno prosperi (soggetti a sovranità limitata, peraltro non più di noi della NATO; ma da marxista – leninista per "imperialismo" intendo ben altro!).
 
Quanto al capitalismo di stato, esso era inteso infatti da Lenin come tale (nella fase della NEP) in presenza anche del capitalismo privato (e se non ricordo male anche di altre tre o quattro forme di proprietà: sociale, cooperativa, privata a conduzione personale-familiare senza dipendenti salariati...); contrariamente a quanto solitamente accade, il potere statale nelle mani della classe del proletariato (secondo Lenin e secondo me, si parva licet; so bene che tu invece non sei d' accordo) avrebbe garantito il suo impiego a vantaggio delle masse lavoratrici non possidenti e non dei capitalisti privati nella transizione (allora prevista essere piuttosto lunga) al socialismo.
 
Restano inoltre ovviamente intatti i profondi dissensi circa la socializzazione o meno dei mezzi di produzione e ai rapporti fra Stato e società civile in URSS.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 23 Marzo 2017, 08:06:24 AM
Caro Sgiombo
***
Nel '56, il PCI perse un bel pezzo di "inteligencja"; ed infatti, il dissenso all'interno del Partito comunista italiano si manifestò in maniera clamorosa in un appello di solidarietà agli insorti ungheresi firmato da un centinaio di personalità, in gran parte intellettuali romani, fra cui 11 fra professori ordinari (tra i quali mio nonno, che era stato nelle carceri fasciste), incaricati e liberi docenti di università, dodici assistenti e numerosi studenti iscritti al circolo universitario della capitale. 
Quanto alle successive elezioni, è vero, nel giugno '58 i voti raccolti dal PCI  aumentarono di qualche centinaio di migliaia di voti "in senso assoluto" , ma, in rapporto all'aumento della popolazione votante, "in senso relativo" diminuirono nettamente, rispetto a quelli della DC.
Le cifre non mentono:
ELEZIONI 1953
DC 10.862.073 
PCI 6.120.809 
ELEZIONI 1958
DC 12.520.207 
PCI  6.704.454
***
Tu affermi che, quello che dico  dell' imperialismo russo pre-sovietico, sovietico e post-sovietico non è vero; invece io insisto nel ripetere che è un fenomeno storico (e di attualità) molto ben documentato...e che il comunismo c'entra ben poco, con tale fenomeno (perchè non è il comunismo aggressivo per sua "natura").
La Russia, infatti, tutt'oggi, secondo me, è MOLTO più pericolosa dello Stato Islamico (come anche dichiarato dal ministro degli Esteri della Polonia, Witold Waszczykowski, durante una visita in Slovacchia); è vero che essa ha anche una profonda anima europea -Cechov, Puskin e Dostoevskij sono lì a dimostrarlo- ed è una grandissima nazione.
Nessuno nega questo, nè che la stessa Russia abbia subito alcune aggressioni, tutte fallite (da parte di Svezia, Francia e Germania).
Ma non c'è dubbio che anche l'attuale regime politico russo -non certo comunista- sia  innegabilmente orientato all'espansionismo (Georgia e Ukraina insegnano); Putin ha appena inaugurasto il nuovo T-14, un mostro da 48 tonnellate propulso da un motore diesel a dodici cilindri da 1500 cavalli che gli conferisce una velocità massima di 90 km/h con autonomia di 500 km (sembra che ne siano stati progettati circa 5.000 oltre alla migliaia che già possiedono).
PER FARNE COSA?
Giro la domanda a quei due geni della geopolitica da "bar dello sport", che sono Grillo e Salvini!
Anche quanto al passato, comunque, come diceva Friedrich Nietzsche, invero, la Russia è "la bocca spalancata dell'Asia, che vorrebbe inghiottire la piccola Europa". 
- Nel 1714 la Russia conquista la Finlandia e si lancia sul Baltico. 
- Nel 1772 si prende la Polonia, e si annette la Bielorussia e l'Ucraina. 
- Nel 1877 entra nei Balcani orientali a favore della rivolta bulgara e contro l'Impero Ottomano. 
- Nel 1939 si allea con Hitler, e invade le tre repubbliche Baltiche e la Polonia ( e poi ci riprova pure con la Finlandia).
- Nel 1945, praticamente, afferma la sua supremazia su mezza Europa, sopprimendo nel sangue chi tenta di ribellarsi (Ungheria e Cecoslovacchia).
Carta canta: leggendo SUL SERIO la storia, si comprende che, nel tempo, sono cambiate solo le "scuse" dell'imperialismo russo (come quelle sovietiche che tu riporti), ma MAI LA SOSTANZA!
***
Quanto al "capitalismo di stato", tu ricordi benissimo quanto diceva Lenin al riguardo; ma, a ben vedere, non corrispose molto a quello che, poi, fece Stalin, il quale realizzò un capitalismo di Stato "apparatiale" (cioè burocratico), e non di Stato "comunitario" (cioè sociale).
Il tutto, appunto, glissando sul "predicato" del termine STATO, che veniva ignorato: lo STATO COMUNITA' infatti, è costituito dalla società civile, e dalle libere associazioni (sindacali, partitiche ecc.) che in esso liberamente si fondano.
In tal senso, quello stalinista non fu affatto un "capitalismo di stato" in senso leninista, bensì soltanto burocratico; per questo, alla fine, fallì miseramente.
Grande occasione mancata! :-[
Spesso mi chiedo cosa sarebbe accaduto se la rivoluzione socialista ci fosse stata in Inghilterra; potrebbe costituire materiale interessante per un romanzo "ucronico"! ???
***
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: sgiombo il 23 Marzo 2017, 09:39:35 AM
Caro Eutidemo,

Fino a prova contraria (e come volevasi dimostrare) 6.704.454 >6.120.809 (se la matematica non è un' opinione i voti guadagnati dalla DC dopo i fatti del '56 evidentemente non provenivano dal PCI, o se ve n' erano di persi dal PCI sono stati più che compensati da altri guadagnati).

Sul preteso imperialismo dell' URSS non sto ovviamente a ribadire il mio dissenso, che è più che chiaro.
Vorrei però precisare che, malgrado il ripristino del capitalismo, l' imperialismo della Russia attuale è molto ma molto meno aggressivo e nemico dell' umanità (probabilmente almeno in larga misura per meri motivi di rapporti di forza economico-politico-militari) di quelli occidentali che hanno distrutto sanguinosissimamente e terroristicissimamente Yugoslavia, Iraq, Libia, gran parte della Siria, che hanno promosso il golpe nazista di Kiev e i pogrom antirussi, antiebraici, anticomunisti, ecc. e la guerra civile che ne è seguita in Ucraina (e potrei dimenticare qualcosa); mentre la Russia molto lodevolmente difende i popoli del Donetsk e di Lugansk, così come quelli siriani (e magari avesse fatto lo stesso con quelli yugoslavi, iracheni e libici! Ma purtroppo per loro e per noi, che siamo giustissimamente e sacrosantissimamamente "invasi" -per dirlo scorrettamente e falsamente "alla Salvini-Meloni" dai loro profughi- non si trattava più della la Russia socialista e l' Unione Sovietica!).
(Carri armati ed aerei da guerra servono anche per difendersi (per fortuna), oltre ce per attaccare).
Questo per dare a Putin, quotidianamente demonizzato (anzi: "hitlerizzato") dai propagandisti di quegli autentici "nazisti in senso lato" (che vengono invece quotidianamente "santificati") che rispondono ai nomi di Obama, Sarkozy, Hollande, Renzi, Cameron e compagnia -si fa per dire!- bella, quel che é di Putin (il quale, purtroppo, non é certo Stalin e nemmeno Breznev).

Nella tua cronologia sulla Russia hai dimenticato un piccolo particolare.
Che nel 1918, dopo la sconfitta "intrinseca" della rivoluzione in quel paese, la Russia Sovietica le concesse l' indipendenza, rispettando il principio leninista e stalinista dell' autodeterminazione dei popoli (non dubito che opporrai una interpretazione opposta per la quale i finlandesi si sarebbero liberati con la guerra; che però è comunemente nota in Finlandia come "guerra civile" -fra rivoluzionari finlandesi e controrivoluzionari finlandesi- vinta da questi ultimi).
Non ripeto che quanto affermi del 1939 è una colossale balla (salvo la guerra contro la Finlandia –ancora!- che mi è difficile da valutare –forse fu un errore di Stalin; non sono sicuro- in quella temperie durissima e pericolosissima conseguente al cordialissimo accordo di Monaco fra "democrazie occidentali" e Hitler, con gentile regalo a questo da parte di quelle della Cecoslovacchia, e ai successivi ostinati rifiuti da parte di Francia Gran Bretagna e Polonia degli insistenti sforzi sovietici di giungere a un' alleanza antinazista).
Dimentichi inoltre che il il primo caso di limitazione della sovranità post-Yalta fu sanguinosissimamente perpetrato (ben prima del '56 e del '68!) contro la Grecia, liberatasi dal nazismo e avviata verso il socialismo senza alcun intervento sovietico, da Gran Bretagna e poi USA; e in una situazione nella quale il nemico ricorre a certi metodi abbietti per sconfiggerci non è ammissibile rifiutare moralisticamente di usare gli stessi metodi per difendersi.

(A proposito della NEP) Certo, Stalin, che per fortuna non era certo un ottuso dogmatico, non si limitò a continuare acriticamente le politiche di Lenin in un situazione in costante mutamento.

Non sto nemmeno a ribadire il totale dissenso circa la valutazione della "natura sociale" dell' URSS; e nego decisamente che -fra continue aggressioni militari sanguinosissime (compresa la pesantissima corsa gli armamenti del dopoguerra, malgrado le continue proposte di disarmo da essa avanzate alla controparte occidentale) economiche, propagandistiche- sia intrinsecamente "crollata": è invece stata sconfitta, con conseguenze pesantissime e drammatiche estese a tutto il mondo!) in una forsennata, violentissima lotta di classe nella quale sono stati usati, soprattutto da parte capitalistica-imperialistica, tutti i mezzi disponibili (bombe atomiche comprese, sia pure "a danno di terzi" soltanto perché non fu possibile fare di peggio e incenerire l' URSS stessa e come "effetto collaterale" sterminare con le radiazioni gran parte degli europei: questo era il nemico contro cui ha combattuto l' URSS e che la sconfisse; e per questo qualche eccesso ed errore veniale personalmente sono ben disposto a perdonargielo).

Non dubito che come hai già fatto altre volte, affermerai tesi completamente contrarie, anche in modo perentorio e pretendendo che siano incontrovertibili e storicamente provate.
Ma non ritengo sia il caso di imbarcarmi in una defatigante discussione a colpi di citazioni di documenti (ce ne sarebbero in abbondanza da considerare, sia pro che contro le tesi di ciascuno di noi) perché non sono uno storico di professione e non ho il tempo materiale (oltre ad avere solo limitate competenze meramente "amatoriali" in fatto di storia recente) per farlo.

Dunque preannuncio che non ti risponderò ulteriormente in questa discussione.

Mi limito a proclamare solennemente che in questo caso:

CHI TACE NON ACCONSENTE ! ! !
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: maral il 23 Marzo 2017, 11:38:36 AM
Citazione di: Eutidemo il 22 Marzo 2017, 07:03:01 AM
Citazione di: maral il 21 Marzo 2017, 21:47:32 PM
I problemi sono molteplici. Distinguerei comunque il populismo dalla demagogia: nel primo caso il potere fa riferimento al popolo, nel secondo finisce dal popolo nelle mani di chi sa sedurlo facendo del popolo il mezzo del suo potere, il demagogo appunto.
Secondo me occorre distinguere tra:
- democrazia "popolare", nella quale il potere fa riferimento al popolo, che elegge i suoi rappresentanti politici "sine ira ac studio";
-democrazia "populista", nella quale il potere fa riferimento, sì, al popolo, ma solo in quanto sedotto e trascinato emotivamente dalle utopiche promesse dell'istrionico demagogo di turno.
;)
Mi chiedo allora se non trovi alcuna differenza tra "populismo" e "demagogia" e quindi li consideri sinonimi perfetti ed entrambi connotati dalla medesima negatività.
Al di là comunque delle questioni di definizione facilmente superabili penso che ci siamo intesi, resta a mio avviso il fatto che (seguendo la terminologia che suggerisci) trovo inevitabile che ogni democrazia popolare presenti il seme della degenerazione populista, che è anche il seme che, determinandone la crisi, la trasforma. Se c'è una via per ridurre gli effetti tragici della fase trasformativa dirompente questa non può essere altro che una assunzione delle istanze populistiche che ne fanno da premessa, comprendendo la ragione profonda che ci sta sotto. La democrazia è sempre in uno stato di equilibrio instabile, le sue leggi non presentano in se stesse la loro legittimità, essa va sempre recuperata dai rapporti che si instaurano modificandosi tra i gruppi sociali e gli individui, è come rimanere in equilibrio su un filo mentre il filo balla.

Citazione di: sgiombo il 22 Marzo 2017, 10:03:45 AM
Demagoghi come Berlusconi o Trump (ma anche Renzi ...) sono in ultima analisi poco più che burattini nelle mani dei veri potenti (dell' "oligarchia dominante reale" cui comunque appartengono e di cui, con maggiore o minore autonomia a seconda dei casi, comunque sostanzialmente curano gli interessi a danno del popolo).  
A mio avviso il demagogo di turno, anche se appartiene alla "oligarchia dominante", ne rappresenta come una scheggia impazzita la cui utilità per quell'oligarchia dominante è quella di un mezzo del tutto contingente in una situazione che presenta rischi. Il demagogo dura finché il rischio dura e in questa situazione il popolo lo adora come suo unico salvatore e i "poteri forti" lo tollerano, perché è un mezzo che torna a loro utile. Ma sia il popolo che i poteri forti si disferanno di lui appena l'emergenza cesserà, dunque per il demagogo è indispensabile che l'emergenza duri quanto più possibile, letteralmente ne va della sua pelle.
Il problema del controllo privato dei mezzi di produzione può certamente venire risolto, soprattutto quando non appare più giustificabile, ma con cosa lo si sostituisce? Non certo con il popolo che non ha competenza e men che meno voglia di esercitare quel controllo. Il problema sta tutto qui e le rivoluzioni, nessuna esclusa, lo ha mai risolto se non finendo con il creare nuove oligarchie la cui capacità sta appunto nell'imporre l'evidenza di uno stato di emergenza quanto più durevole possibile. mentre "il popolo" diventa solo termine per la propaganda e mezzo da sacrificare nel suo stesso nome.
E' vero che la rivoluzione bolscevica era minacciata, avrebbe forse potuto non esserlo? E' vero che l'ideale Trotskista di una grande riscossa mondiale del proletariato che si sperava potesse partire dall'Italia e dalla Germania, fallì (e ci sarebbe da chiedersi come mai, come mai proprio dove più si sperava furono le destre populiste a prendere il potere ottenendolo con il pieno consenso popolare, non contro di esso) costringendo al ripiegamento rivoluzionario all'interno della grande patria russa isolata e con ciò contribuendo alla affermazione di potere assoluto di quel burocrate che era Stalin (burocrate fin dall'inizio della sua carriera politica, burocrate per perversa intima vocazione, con tutta la feroce volontà di potere che questa vocazione inspira: il potere della struttura che ingabbia verso l'interno). Il punto però è che a fronte di quello che l'esterno ha determinato sulla storia dell'URSS, la situazione esterna che rientra perfettamente nella dialettica delle cose non è utile a capire le cause profonde del fallimento. Il problema sta proprio nel non essere riusciti a risolvere il discorso concreto della gestione dei mezzi una volta che essi li si si era assunti come del popolo, il problema è stato nello scambiare il mezzo con il fine, facendo della struttura elitaria del partito (e poi in direzione ancora più elitaria e monocratica, del  capo di quella struttura) il fine portante di una pseudo rivoluzione permanente che si rivelava solo propaganda e menzogna. Fu colpa dei perfidi capitalisti (certamente perfidi)? Non credo che le cose siano così semplici, perché allora ci si potrebbe solo rimproverare di non essere stati abbastanza perfidi, nonostante tutte le perfidie commesse. Le ragioni di quel fallimento sono più profonde, stanno all'origine stessa di quella rivoluzione e del gruppo che se ne assunse la gestione.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 23 Marzo 2017, 13:11:39 PM
Caro Sgiombo :)
***
Fino a prova contraria (e come volevasi dimostrare) 6.120.809 > 6.704.454  (se la matematica non è un' opinione) danno un numero di voti guadagnati dal PC pari a 584.000, mentre 10.862.073 > 12.520.207  danno un numero di voti guadagnati dalla DC pari a 1.658.134, CIOE', TRA PCI E DC, TRA IL 1953 al 1958, LA DC EBBE UN INCREMENTO DI VOTI TRIPLO RISPETTO AL PCI!
Peraltro, la popolazione italiana, nel periodo esaminato, aveva avuto il seguente incremento:
1953: 47.792.434
1958: 49.310.541
Per cui, sempre se la matematica non è un'opinione, il recupero di voti persi dal PCI, non coprì affatto l'aumento della popolazione votante, ma, in senso relativo, configurò una perdita netta di consensi!
Peraltro, non ha alcuna rilevanza accertare se i voti guadagnati dalla DC dopo i fatti del '56 provenissero o meno dal PCI (io credo che ciò accadde solo in minima parte); bensì occorre prendere atto che, nel 1958, sia per perdita di vecchi elettori, sia per carente acquisizione dei due nuovi milioni di nuovi elettori, il PCI subì una brusca frenata d'arresto... che tutti gli osservatori dell'epoca (anche di sinistra) attribuirono all'occupazione "manu militari" dell'Ungheria.
***
Quanto al "preteso imperialismo dell' URSS", vedo che tu non hai ben compreso il mio assunto, in quanto io ho trattato del ben  "documentato imperialismo della Russia" negli ultimi secoli, e non, in particolare, di quello della fase URSS.
E, per la terza volta, avevo testualmente detto che, almeno secondo me: "... il comunismo c'entra ben poco, con tale fenomeno (l'imperialismo russo) perchè il comunismo non è aggressivo per sua "natura"".
***
Quanto all' imperialismo della Russia attuale è molto ma molto più "pericoloso" di quello dei Paesi Occidentali, il quale, sia pure aspramente deprecabile anch'esso, non è però rivolto alla conquista e all'"annessione" degli stati limitrofi.
Putin, come tutti i precedenti "zar" russi, è palesemente un AUTOCRATE, anche se, per fortuna non é certo Stalin e nemmeno Breznev; come è documentato, peraltro, a me sembra che carri armati ed aerei da guerra li ha usati NON per difendersi,  MA per attaccare.
Basta vedere una cartina geopolitica, per constatare che i "panzer" russi, ultimamente, hanno manovrato FUORI dai confini nazionali, e che nessun carro armato altrui è mai venuto a "sfrocoliare" la Russia.
Io non santifico  Obama, Sarkozy, Hollande, Renzi (meno di tutti), Cameron e compagnia, ma questo non mi impedisce di individuare in Putin un pericoloso bastardo (oltre che assassino dei suoi oppositori interni).
***
Quanto al fatto che, nel 1918 la Russia Sovietica  concesse alla Finlandia l' indipendenza, rispettando il principio leninista (non stalinista) dell' autodeterminazione dei popoli, non io, bensì è la storia stessa a raccontare che i Finlandesi si siano liberati con la guerra; la quale, appunto, fu una "guerra civile" sisällissota), condotta nel 17/18  tra bolscevichi e non bolscevichi.
Fu invece una "guerra" vera e propria, quella che combatterono nel 1939 per difendersi dalla invasione sovietica...che, evidentemente, non gradivano molto.
***
Quanto alla "guerra civile greca", si tratta di una guerra dimenticata, ma molto atroce.
Ed infatti, tra le altre atrocità, da entrambe le parti in lotta vennero deportati decine di migliaia di bambini, figli dei rispettivi avversari politici:
- circa 30.000 bambini vennero infatti deportati dalle forze comuniste del DSE in "campi di rieducazione socialista" situati nei vicini paesi dell'est del blocco sovietico;
- circa 25.000 bambini vennero forzatamente trasferiti dai monarchici nel sud del paese in 30 villaggi (chiamati "Città dei bambini") sotto il diretto controllo della regina Federica di Hannover e gestiti da organizzazioni religiose.
In questo caso, lo riconosco , obiettivamente LA CAROGNAGGINE FU ALLA PARI; che consolazione!
***
Sorvolo il mio giudizio su Stalin e la NEP, perchè, per quanto io possa cercare di attenuare i toni, temo che sarebbero un po' troppo forti per la tua sensibilità al riguardo. ;)
***
Quanto all'URSS, pensare che essa sia crollata per la "propaganda esterna", è semplicemente ridicolo, in quanto:
- la "propaganda esterna", in Russia, era proibita e punita con la morte (o la Siberia), mentre invece era attivissima la "propaganda interna"...la quale, però, alla fine, non ce la fece più a convincere i poveri russi di vivere "nel migliore dei mondi possibile";
- la "propaganda esterna", della Russia in Occidente,non era affatto proibita, e, per molti anni, molti abboccarono...ma nessuno (a parte mio zio) fu tanto fesso da trasferirsi oltre cortina.
***
Quanto alla "natura sociale" dell' URSS, con riguardo al concetto di "società civile", questa era pressochè inesistente, in quanto era proibito qualsiasi diritto di libertà di pensiero e di espressione, nonchè la libertà di associazione (non che adesso stiano molto meglio...solo un pochino).
Puoi negarlo fichè vuoi...ma la realtà era questa!
***
Quanto alle continue reciproche aggressioni militari sanguinosissime (compresa la pesantissima corsa gli armamenti del dopoguerra) su questo sono d'accordo.
Non c'è dubbio che anche da parte capitalistica-imperialistica, furono usati tutti i mezzi disponibili...e viceversa: alla pari (quasi).
Però in una cosa i capitalisti USA agirono decisamente in modo più nefando dell'URSS; e mi pare strano che tu non abbia rilevato la cosa.
Ed infatti, l'URSS può aver magari fomentato rivoluzioni comuniste in altri Paesi, ma, almeno a quanto mi risulta, non si è mai immischiata direttamente in veri e propri "GOLPE" (che sono una cosa ben diversa), come, invece, fecero spesso gli USA.
Tutto cominciò in Guatemala, quando la CIA, con un piccolo gruppo di delinquenti ed ex carcerati, rovesciò nel 1954 il governo democraticamente eletto presieduto da Jacobo Arbenz Guzmán, dopo che il governo aveva espropriato della terra incolta a grandi possedimenti fondiari dell'élite economica, per redistribuirla alle masse più povere ai quali la terra era stata tolta nei secoli precedenti.
Poi ci fu il Cile, il Nicaragua e via dicendo!
Non ti tedio!
***
Come vedi, non affermo affatto soltanto tesi contrarie alle tue, ma, anzi, ti soccorro persino con argomenti ai quali tu non avevi pensato...quando li trovo validi!
Ad ogni modo non pretendo affatto che i miei assunti siano incontrovertibili e storicamente provati, se non quando la cosa risulta positivamente dimostrata; sebbene, ovviamente, si possano dare diverse interpretazioni degli stessi fatti (ma MAI negarli).
Quanto al tuo motto conclusivo, rammento che, nel 2002, un Pietroburghese (a Mosca) mi disse che il loro motto, sotto il comunismo, era identico al tuo :"ТАХЭ КТО НЕ СОГЛАСЕН! ! !" (CHI TACE NON ACCONSENTE ! ! !) ;D  ;D  ;D
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 23 Marzo 2017, 13:16:08 PM
Citazione di: maral il 23 Marzo 2017, 11:38:36 AM
Citazione di: Eutidemo il 22 Marzo 2017, 07:03:01 AM
Citazione di: maral il 21 Marzo 2017, 21:47:32 PM
I problemi sono molteplici. Distinguerei comunque il populismo dalla demagogia: nel primo caso il potere fa riferimento al popolo, nel secondo finisce dal popolo nelle mani di chi sa sedurlo facendo del popolo il mezzo del suo potere, il demagogo appunto.
Secondo me occorre distinguere tra:
- democrazia "popolare", nella quale il potere fa riferimento al popolo, che elegge i suoi rappresentanti politici "sine ira ac studio";
-democrazia "populista", nella quale il potere fa riferimento, sì, al popolo, ma solo in quanto sedotto e trascinato emotivamente dalle utopiche promesse dell'istrionico demagogo di turno.
;)
Mi chiedo allora se non trovi alcuna differenza tra "populismo" e "demagogia" e quindi li consideri sinonimi perfetti ed entrambi connotati dalla medesima negatività.
Al di là comunque delle questioni di definizione facilmente superabili penso che ci siamo intesi, resta a mio avviso il fatto che (seguendo la terminologia che suggerisci) trovo inevitabile che ogni democrazia popolare presenti il seme della degenerazione populista, che è anche il seme che, determinandone la crisi, la trasforma. Se c'è una via per ridurre gli effetti tragici della fase trasformativa dirompente questa non può essere altro che una assunzione delle istanze populistiche che ne fanno da premessa, comprendendo la ragione profonda che ci sta sotto. La democrazia è sempre in uno stato di equilibrio instabile, le sue leggi non presentano in se stesse la loro legittimità, essa va sempre recuperata dai rapporti che si instaurano modificandosi tra i gruppi sociali e gli individui, è come rimanere in equilibrio su un filo mentre il filo balla.
Sono d'accordo: l'unica via per ridurre gli effetti tragici della fase trasformativa dirompente di una ribellione delle coscienze, è comprendere la ragione profonda che la sottende ;)
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: sgiombo il 23 Marzo 2017, 13:22:47 PM
Citazione di: maral il 23 Marzo 2017, 11:38:36 AM
CitazioneSgiombo:

Per cominciare dalla conclusione, dissento dalla tua impostazione del problema, che ritengo "utopistica" e non realistica.


Secondo me se si vuole superare l' orrendo e vieppiù ingravescente stato di cose presenti e far progredire l' umanità (ma anche solo salvarla dall' estinzione "prematura e di sua propria mano") non si può pretendere un' impossibile perfezione e ignorare gli enormi sacrifici, le durissime lotte, di fatto anche gli inevitabili (in larga misura) errori e perfino crimini che sono inevitabili all' uopo.
Se non si è disposti a soffrire terribilmente né -moralisticamente!- a "sporcarsi le mani" si possono fare solo "virtuose geremiadi da zitella inacidita che deplora l' intemperanza e la lussuria delle donne sposate o, per ben che vada, seminare illusioni di fatto utili alla conservazione dello stato di cose presenti stesso.
Se non si é disposti a sottoporsi a pesanti operazioni chirurgiche e dolorose chemioterapie non si può sperare di guarire da un tumore maligno!


So bene che tu, Eutidemo e forse anche tutti gli altri ottimi frequentatori di questo forum non sarete d' accordo, ma non posso autocensurarmi per aderire a convinzioni che non condivido per niente (per questo sono sempre stato molto restio a discutervi di questioni che hanno evidenti implicazioni politiche attuali, anche se poi il mio temperamento polemico e/o il debito di gratitudine che sento verso personalità che vi vengono ingiustamente denigrate mi fanno spesso brutti scherzi...).





Citazione di: sgiombo il 22 Marzo 2017, 10:03:45 AMMARAL:
Il problema del controllo privato dei mezzi di produzione può certamente venire risolto, soprattutto quando non appare più giustificabile, ma con cosa lo si sostituisce? Non certo con il popolo che non ha competenza e men che meno voglia di esercitare quel controllo. Il problema sta tutto qui e le rivoluzioni, nessuna esclusa, lo ha mai risolto se non finendo con il creare nuove oligarchie la cui capacità sta appunto nell'imporre l'evidenza di uno stato di emergenza quanto più durevole possibile. mentre "il popolo" diventa solo termine per la propaganda e mezzo da sacrificare nel suo stesso nome.

CitazioneSgiombo:

Per l' appunto!

Sono  infatti convinto che o si accettano realisticamente inevitabili compromessi e limitazioni "tattiche" degli obiettivi rivoluzionari, oppure, di fronte ai forsennati, violentissimi attacchi della reazione (prevedibilissimi, certo! E con ciò? Non è che il fatto che siano largamente previsti consenta di abbassare la guardia e di non ricorrere -eticamente, non moralisticamente!- a tutti i mezzi di difesa necessari!), si soccombe!




MARAL:
E' vero che la rivoluzione bolscevica era minacciata, avrebbe forse potuto non esserlo? E' vero che l'ideale Trotskista di una grande riscossa mondiale del proletariato che si sperava potesse partire dall'Italia e dalla Germania, fallì (e ci sarebbe da chiedersi come mai, come mai proprio dove più si sperava furono le destre populiste a prendere il potere ottenendolo con il pieno consenso popolare, non contro di esso) costringendo al ripiegamento rivoluzionario all'interno della grande patria russa isolata e con ciò contribuendo alla affermazione di potere assoluto di quel burocrate che era Stalin (burocrate fin dall'inizio della sua carriera politica, burocrate per perversa intima vocazione, con tutta la feroce volontà di potere che questa vocazione inspira: il potere della struttura che ingabbia verso l'interno).
CitazioneSgiombo:
Idem per quanto riguarda la questione utopismo - realismo.

Dissento completamente dalla pretesa che il fascismo sarebbe arrivato al potere in Italia "con il pieno consenso popolare"!
Vi giunse dopo un biennio di forsennate, sanguinose aggressioni terroristiche, coperte dalle "forze dell' ordine" dello Stato, alle Case del popolo, alle sedi Comuniste, Socialiste, della CGL, anche a gruppi ed esponenti cattolici democratici (il mio concittadino e lontano parente Guido Miglioli detto il "bolscevico bianco", don Minzoni, ecc). e liberali (Gobetti, Amendola, anche se uccisi successivamente alla "marcia su Roma") e dopo le violenze e i brogli elettorali coraggiosamente denunciati da Matteotti e che gli costarono la vita.



MARAL:
Il punto però è che a fronte di quello che l'esterno ha determinato sulla storia dell'URSS, la situazione esterna che rientra perfettamente nella dialettica delle cose non è utile a capire le cause profonde del fallimento. Il problema sta proprio nel non essere riusciti a risolvere il discorso concreto della gestione dei mezzi una volta che essi li si si era assunti come del popolo, il problema è stato nello scambiare il mezzo con il fine, facendo della struttura elitaria del partito (e poi in direzione ancora più elitaria e monocratica, del  capo di quella struttura) il fine portante di una pseudo rivoluzione permanente che si rivelava solo propaganda e menzogna. Fu colpa dei perfidi capitalisti (certamente perfidi)? Non credo che le cose siano così semplici, perché allora ci si potrebbe solo rimproverare di non essere stati abbastanza perfidi, nonostante tutte le perfidie commesse. Le ragioni di quel fallimento sono più profonde, stanno all'origine stessa di quella rivoluzione e del gruppo che se ne assunse la gestione.
CitazioneSgiombo:
"Fallimentare" mi sembra casomai il capitalismo reale che vi é succeduto dopo le "sconfitte dell' '89 e dintorni" (miseria, fame, criminalità, guerre civili, pulizie etniche, ecc.): non é realistico pretendere di paragonare le Mosca, Sofia o Budapest del "socialismo reale" a Londra, Parigi o Los Angeles ma casomai a Nuova Dehli, Kinshasa o Medellin, o meglio ancora alle Mosca, Sofia o Budapest di oggi: e il paragone -questo, corretto-  mi sembra francamente più che lusinghiero per il "S. R."!
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 23 Marzo 2017, 15:28:34 PM
Caro Sgiombo,
e invece, questa volta, sono d'accordo (quasi) su TUTTO quello che hai scritto. ;)  ;)  ;)
Ed infatti anche io  ritengo che la "giusta misura" sia praticabile (lo avevo già scritto); ed infatti, sono alquanto contrario alla moderna "spasmodica" moda delle "privatizzazioni", mentre ritengo molto più opportuno che alcuni servizi e produzioni essenziali, vengano "nazionalizzati".
Mi rendo conto che, qui in Italia, c'è molto poco da fidarsi delle "gestioni statalizzate", ma c'è ancora meno da fidarsi -secondo me- delle cosiddette "gestioni privatizzate"; però  questo è un problema culturale, non economico.
Per cui sono d'accordo con te che un po' più di (seria) "mano pubblica", non solo in linea teorica ma anche pratica, potrebbe, meglio di ora, sia pure molto imperfettamente, conciliare libertà, fraternità e uguaglianza; ma penso anche io che ciò implichi necessariamente, come "conditio sine qua non" lotte dure, tenaci e grandissimi sacrifici.
Peraltro, circa la storia del '900 e in particolare del "socialismo reale", anche io dissento profondissimamente da Orwell (o meglio, dalla "distopia" che lui prospetta, per deprecarla); nonchè dissento da ogni altro atteggiamento utopistico, il quale sarebbe inesorabilmente destinato a scontrarsi con le inevitabili dure repliche della storia e a cadere nella delusione e nell' impotenza di fronte allo stato di cose presenti.
Sottoscrivo le tue parole una per una!
A differenza di te, però, penso che sia possibilissimo peggiorare; come si suol dire "il peggio non è mai morto".
Bisogna solo stare un po' attenti, e ragionare con la "testa", e non con la "pancia".
Mai salti nel buio!
Sono anche abbastanza d'accordo sul fatto che, nel '900 le cose stessero (un po') meglio di adesso, almeno sotto certi aspetti; e ciò, come giustamente osservi, in buona parte proprio per gli inevitabili condizionamenti reciproci fra capitalismo reale e socialismo reale.
Ed infatti, più o meno come dici tu:
- il primo stimolava il secondo imponendogli , per poter sopravvivere e cercare di svilupparsi, sforzi produttivi "quantitativi" (ed anche "qualitativi") a cui non era "oggettivamente predisposto", nonchè allargamenti delle libertà democratiche, che, però, ne minavano il meccanismo;
- il secondo influenzava il primo imponendogli, per poter sopravvivere, la realizzazione dello stato sociale e una redistribuzione dei redditi relativamente ugualitaria che fra l' altro ne impediva l' intrinseca tendenza alla concentrazione della ricchezza, al sottoconsumo e alla "crisi economica". 
Per un po', la cosa -zoppicando- ha funzionato; ma poi, la troppo forte superiorità "tecnologica", economica e finanziaria dell'Occidente, invece di fungere da positivo stimolo per l'Oriente (come era stato nella "gara spaziale"), ha finito per "pressarlo" oltre le sue oggettive capacità produttive (specie con l'"escalation militare"), facendolo schiantare e portandolo al collasso!
Forse anche un po' "dolosamente", a dirla tutta!
Peraltro, per deleteria reazione, come scrivi tu, non appena é venuto meno il condizionamento del socialismo reale,  tutte le dinamiche intrinseche, oggettivamente proprie del capitalismo reale, si sono sviluppate senza nè freni nè remore, portandoci alla penosissima e ingravescente situazione attuale; ma tutto questo, se ben ricordi, lo avevo scritto pure io.
Peraltro penso che bisognerebbe:
- non solo e non tanto operare in termini di riduzionequantitativa di produzioni e consumi materiali in un modo dotato di limitate risorse naturali;
- ma, soprattutto, "ridirezionare" in modo più intelligente  le produzioni.
Per fare un solo esempio, dedicare le colture cerealicole soprattutto alla produzione di animali da allevamento, per saziare la fame di carne delle popolazioni ricche della terra, dirottandole dalla alimentazione prevalentemente cerealicola delle popolazioni più povere, è un CRIMINE.
E, nello stesso tempo, è un ERRORE, perchè alla fine si creerà un corto circuito alimentare, foriero di migrazioni, guerre e pestilenze!
Io non sono vegetariano, ma, oggettivamente, chi mangia animali consuma le risorse della Terra quattro volte più di chi non lo fa.
E, come te, anche io temo che non sia detto che l' umanità si dimostri effettivamente in grado di affrontare questi indispensabili sacrifici e che non finisca invece per autodistruggersi.
Non è questione di "pessimismo", secondo me; bensì solo di lucido "realismo".
Che Dio ci aiuti...perchè da soli non so se mai ci riusciremo! ::)
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: acquario69 il 23 Marzo 2017, 23:16:51 PM
CitazioneQuanto all' imperialismo della Russia attuale è molto ma molto più "pericoloso" di quello dei Paesi Occidentali, il quale, sia pure aspramente deprecabile anch'esso, non è però rivolto alla conquista e all'"annessione" degli stati limitrofi.

Secondo me sul presunto imperialismo della Russia attuale e' solo propaganda dei mass media occidentali per ribaltare biecamente le cose

E sul fatto che i paesi occidentali non hanno conquistato o "annesso" stati limitrofi e' un altrettanto colossale balla.
Sono secoli che l'occidente sia stato ed e' davvero l'unico aggressore  a volersi annettere il resto del mondo...e se prima lo faceva "fisicamente" oggi la colonizzazione riguarda (appunto) le coscienze
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: maral il 23 Marzo 2017, 23:33:58 PM
Citazione di: sgiombo il 23 Marzo 2017, 13:22:47 PM
Per cominciare dalla conclusione, dissento dalla tua impostazione del problema, che ritengo "utopistica" e non realistica.

Secondo me se si vuole superare l' orrendo e vieppiù ingravescente stato di cose presenti e far progredire l' umanità (ma anche solo salvarla dall' estinzione "prematura e di sua propria mano") non si può pretendere un' impossibile perfezione e ignorare gli enormi sacrifici, le durissime lotte, di fatto anche gli inevitabili (in larga misura) errori e perfino crimini che sono inevitabili all' uopo.
Se non si è disposti a soffrire terribilmente né -moralisticamente!- a "sporcarsi le mani" si possono fare solo "virtuose geremiadi da zitella inacidita che deplora l' intemperanza e la lussuria delle donne sposate o, per ben che vada, seminare illusioni di fatto utili alla conservazione dello stato di cose presenti stesso.
Se non si é disposti a sottoporsi a pesanti operazioni chirurgiche e dolorose chemioterapie non si può sperare di guarire da un tumore maligno!


So bene che tu, Eutidemo e forse anche tutti gli altri ottimi frequentatori di questo forum non sarete d' accordo, ma non posso autocensurarmi per aderire a convinzioni che non condivido per niente (per questo sono sempre stato molto restio a discutervi di questioni che hanno evidenti implicazioni politiche attuali, anche se poi il mio temperamento polemico e/o il debito di gratitudine che sento verso personalità che vi vengono ingiustamente denigrate mi fanno spesso brutti scherzi...).
Non si tratta di "virtuose geremiadi da zitella inacidita", ma del fatto che il comunismo made in URSS ha fallito miserabilmente e questo è un dato storico. Finché si continuerà a dare la colpa di questo fallimento alla malvagità delle potenze capitalistiche o a presunti tradimenti vari, come ai tempi delle purghe staliniane, non si capiranno mai le ragioni di questo enorme e tanto tragico fallimento. E la prima ragione sta a mio avviso, oltre che nelle obiettive enormi difficoltà che la Russia dovette affrontare nei tempi immediatamente seguenti alla rivoluzione di Ottobre, nell'aspetto degenerativo e assolutamente verticistico che nel giro di pochi anni assunse la struttura partito soppiantando i soviet, tale da tradire completamente ogni spinta ideale umanistica originaria. Il germe peraltro era già presente all'interno del movimento bolscevico anche prima della rivoluzione, da sempre estremamente elitario e tendenzialmente nichilista per quanto riguarda il rapporto tra fine e mezzi.  
In questo contesto la struttura burocratica di governo assunse un ruolo del tutto preponderante che soffocò ogni crescita evolutiva alla radice, in nome dell'appropriazione e della gestione assoluta di un potere del tutto autoreferenziale prima alla struttura, poi al capo struttura.
Le temporanee limitazioni tattiche non furono in realtà né temporanee né tattiche, divennero invece fondamentalmente strategiche con Stalin, il quale non rifiutò di allearsi con Hitler pur di spartirsi la Polonia e proseguì la sua politica imperialista dopo la seconda guerra mondiale nei confronti dei paesi europei centro orientali, ove favorì la scalata non certo democratica al potere dei partiti comunisti spesso minoritari per riprodurre con il massimo cinismo in quelle nazioni la medesima tragica struttura burocratica vigente in URSS. Il problema è che in nome di un preteso realismo non si può giustificare ogni nefandezza e occorre mantenere sempre i mezzi che si usano degni dei fini che si predicano, perché sono proprio i mezzi e le prassi a costituire il primo metro di giudizio morale, non le utopie. Di fatto il comunismo immaginato da Marx in URSS non fu mai nemmeno lontanamente raggiunto e nemmeno minimamente tentato, in nome di uno stato di difesa permanente della rivoluzione prolungato a forza ben oltre i necessari limiti a vantaggio esclusivo del gruppo di potere e cessato solo per l'implosione tecnico economica che venne a determinare.

CitazioneDissento completamente dalla pretesa che il fascismo sarebbe arrivato al potere in Italia "con il pieno consenso popolare"!
Vi giunse dopo un biennio di forsennate, sanguinose aggressioni terroristiche, coperte dalle "forze dell' ordine" dello Stato, alle Case del popolo, alle sedi Comuniste, Socialiste, della CGL, anche a gruppi ed esponenti cattolici democratici (il mio concittadino e lontano parente Guido Miglioli detto il "bolscevico bianco", don Minzoni, ecc). e liberali (Gobetti, Amendola, anche se uccisi successivamente alla "marcia su Roma") e dopo le violenze e i brogli elettorali coraggiosamente denunciati da Matteotti e che gli costarono la vita.
Resta il fatto che la presa del potere nel 1924, anche se vi furono brogli e violenze squadristo, non fu certo quella di un gruppo minoritario. Fino al 43 la stragrande maggioranza del popolo italiano fu fascista in modo quasi plebiscitario e il mondo della cultura lo stesso (basti pensare alla nefandezza delle leggi razziali approvate quasi all'unanimità dal corpo dei docenti universitari). Di fatto fino al 43 non vi fu opposizione. Certamente comunque ebbe notevole influenza anche il carattere servile e sempre pronto ad adeguarsi al potere di gran parte del popolo italiano. In Germania comunque Hitler conquistò il potere democraticamente e fu anche peggio e la Germania era stato il primo paese in cui si era sperato di veder scoppiare una rivoluzione socialista, dopotutto era la patria di Marx ed Engels e c'era un esteso proletariato operaio, elevata cultura sociale e una situazione economica dirompente, sembrava la situazione ideale per una rivoluzione socialista, ma furono invece i nazionalsocialisti a imporsi.    

Citazione
"Fallimentare" mi sembra casomai il capitalismo reale che vi é succeduto dopo le "sconfitte dell' '89 e dintorni" (miseria, fame, criminalità, guerre civili, pulizie etniche, ecc.): non é realistico pretendere di paragonare le Mosca, Sofia o Budapest del "socialismo reale" a Londra, Parigi o Los Angeles ma casomai a Nuova Dehli, Kinshasa o Medellin, o meglio ancora alle Mosca, Sofia o Budapest di oggi: e il paragone -questo, corretto-  mi sembra francamente più che lusinghiero per il "S. R."!
Che il capitalismo non funzioni è ormai sempre più evidente. In Russia poi il paese è nelle mani di un satrapo, ex agente del KGB, che prosegue sulla stessa linea staliniana di gestione del potere, con la variazione di essere passati dalla oligarchia dei boiardi di stato a quella economico mafiosa degli amici del satrapo. Il crollo del comunismo in quei paesi è stato per certi versi ancora più dirompente del crollo del potere zarista nel 17.
Se comunque c'è stato un aspetto positivo nell'URSS è stato quello di aver costituito il necessario polo alternativo all'imperialismo americano e un limite al dilagare della nefanda visione global capitalistica del mondo che seguì al 1989. Comunismo russo e capitalismo occidentale hanno potuto in qualche modo funzionare positivamente finché si sono trovati accoppiati, contrastandosi reciprocamente.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 24 Marzo 2017, 07:35:38 AM
Citazione di: acquario69 il 23 Marzo 2017, 23:16:51 PM
CitazioneQuanto all' imperialismo della Russia attuale è molto ma molto più "pericoloso" di quello dei Paesi Occidentali, il quale, sia pure aspramente deprecabile anch'esso, non è però rivolto alla conquista e all'"annessione" degli stati limitrofi.

Secondo me sul presunto imperialismo della Russia attuale e' solo propaganda dei mass media occidentali per ribaltare biecamente le cose

E sul fatto che i paesi occidentali non hanno conquistato o "annesso" stati limitrofi e' un altrettanto colossale balla.
Sono secoli che l'occidente sia stato ed e' davvero l'unico aggressore  a volersi annettere il resto del mondo...e se prima lo faceva "fisicamente" oggi la colonizzazione riguarda (appunto) le coscienze

Vallo a raccontare agli Ukraini e ai Georgiani...altro che propaganda! :)
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: acquario69 il 24 Marzo 2017, 08:01:14 AM
Citazione di: Eutidemo il 24 Marzo 2017, 07:35:38 AM
Citazione di: acquario69 il 23 Marzo 2017, 23:16:51 PM
CitazioneQuanto all' imperialismo della Russia attuale è molto ma molto più "pericoloso" di quello dei Paesi Occidentali, il quale, sia pure aspramente deprecabile anch'esso, non è però rivolto alla conquista e all'"annessione" degli stati limitrofi.

Secondo me sul presunto imperialismo della Russia attuale e' solo propaganda dei mass media occidentali per ribaltare biecamente le cose

E sul fatto che i paesi occidentali non hanno conquistato o "annesso" stati limitrofi e' un altrettanto colossale balla.
Sono secoli che l'occidente sia stato ed e' davvero l'unico aggressore  a volersi annettere il resto del mondo...e se prima lo faceva "fisicamente" oggi la colonizzazione riguarda (appunto) le coscienze

Vallo a raccontare agli Ukraini e ai Georgiani...altro che propaganda! :)

chi fomenta lo scontro e' l'occidente (USA-EUROPA-NATO...dietro il quale esiste un unica e sola regia che vuole dominare il mondo intero) aiutati dai suoi governi fantocci, - inclusa la stessa Unione Europea! -  di cui il colpo di stato della stessa ukraina ne e' la testimonanza.
Stesso copione di sempre, specie ultimamente dopo la caduta del muro di Berlino.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: sgiombo il 24 Marzo 2017, 08:11:58 AM
Citazione di: maral il 23 Marzo 2017, 23:33:58 PM
Citazione di: sgiombo il 23 Marzo 2017, 13:22:47 PM
Per cominciare dalla conclusione, dissento dalla tua impostazione del problema, che ritengo "utopistica" e non realistica.

Secondo me se si vuole superare l' orrendo e vieppiù ingravescente stato di cose presenti e far progredire l' umanità (ma anche solo salvarla dall' estinzione "prematura e di sua propria mano") non si può pretendere un' impossibile perfezione e ignorare gli enormi sacrifici, le durissime lotte, di fatto anche gli inevitabili (in larga misura) errori e perfino crimini che sono inevitabili all' uopo.
Se non si è disposti a soffrire terribilmente né -moralisticamente!- a "sporcarsi le mani" si possono fare solo "virtuose geremiadi da zitella inacidita che deplora l' intemperanza e la lussuria delle donne sposate o, per ben che vada, seminare illusioni di fatto utili alla conservazione dello stato di cose presenti stesso.
Se non si é disposti a sottoporsi a pesanti operazioni chirurgiche e dolorose chemioterapie non si può sperare di guarire da un tumore maligno!


So bene che tu, Eutidemo e forse anche tutti gli altri ottimi frequentatori di questo forum non sarete d' accordo, ma non posso autocensurarmi per aderire a convinzioni che non condivido per niente (per questo sono sempre stato molto restio a discutervi di questioni che hanno evidenti implicazioni politiche attuali, anche se poi il mio temperamento polemico e/o il debito di gratitudine che sento verso personalità che vi vengono ingiustamente denigrate mi fanno spesso brutti scherzi...).
Non si tratta di "virtuose geremiadi da zitella inacidita", ma del fatto che il comunismo made in URSS ha fallito miserabilmente e questo è un dato storico. Finché si continuerà a dare la colpa di questo fallimento alla malvagità delle potenze capitalistiche o a presunti tradimenti vari, come ai tempi delle purghe staliniane, non si capiranno mai le ragioni di questo enorme e tanto tragico fallimento. E la prima ragione sta a mio avviso, oltre che nelle obiettive enormi difficoltà che la Russia dovette affrontare nei tempi immediatamente seguenti alla rivoluzione di Ottobre, nell'aspetto degenerativo e assolutamente verticistico che nel giro di pochi anni assunse la struttura partito soppiantando i soviet, tale da tradire completamente ogni spinta ideale umanistica originaria. Il germe peraltro era già presente all'interno del movimento bolscevico anche prima della rivoluzione, da sempre estremamente elitario e tendenzialmente nichilista per quanto riguarda il rapporto tra fine e mezzi.  
In questo contesto la struttura burocratica di governo assunse un ruolo del tutto preponderante che soffocò ogni crescita evolutiva alla radice, in nome dell'appropriazione e della gestione assoluta di un potere del tutto autoreferenziale prima alla struttura, poi al capo struttura.
Le temporanee limitazioni tattiche non furono in realtà né temporanee né tattiche, divennero invece fondamentalmente strategiche con Stalin, il quale non rifiutò di allearsi con Hitler pur di spartirsi la Polonia e proseguì la sua politica imperialista dopo la seconda guerra mondiale nei confronti dei paesi europei centro orientali, ove favorì la scalata non certo democratica al potere dei partiti comunisti spesso minoritari per riprodurre con il massimo cinismo in quelle nazioni la medesima tragica struttura burocratica vigente in URSS. Il problema è che in nome di un preteso realismo non si può giustificare ogni nefandezza e occorre mantenere sempre i mezzi che si usano degni dei fini che si predicano, perché sono proprio i mezzi e le prassi a costituire il primo metro di giudizio morale, non le utopie. Di fatto il comunismo immaginato da Marx in URSS non fu mai nemmeno lontanamente raggiunto e nemmeno minimamente tentato, in nome di uno stato di difesa permanente della rivoluzione prolungato a forza ben oltre i necessari limiti a vantaggio esclusivo del gruppo di potere e cessato solo per l'implosione tecnico economica che venne a determinare.
CitazioneNon commento perché l' assoluta, totale inconsistenza di questa pretesa interpretazione e distorsione dei fatti si commenta da sola.

"pretendere di "usare sempre mezzi degni dei fini che si predicano [-???-]" contro un nemico che (per rammentare solo il peggio, dato che onde elencarne tutte le nefandezze sarebbero necessarie decine di pagine del forum) ha invaso la Grecia e sanguinosissimamente imposto con la guerra il mantenimento del capitalismo, che ha bombardato con le atomiche Hiroshima e Nagasaki a guerra vinta e -come é ampiamente documentato- non ha fatto lo stesso sulle dieci più grandi città sovietiche solo perché per fortuna l' URSS si é dotata per tempo delle stesse armi, che ha condotto guerre sanguinosissime e terroristicissime in totale dispregio delle convenzioni internazionali sugli eventi bellici e perpetrato cruenti colpi di stato in tutto il mondo per salvare il capitalismo dalla rivoluzione per me significa precisamente

fare delle virtuose geremiadi da zitella inacidita che deplora l' intemperanza e la lussuria delle donne sposate o, per ben che vada, seminare illusioni di fatto utili alla conservazione dello stato di cose presenti stesso.






CitazioneDissento completamente dalla pretesa che il fascismo sarebbe arrivato al potere in Italia "con il pieno consenso popolare"!
Vi giunse dopo un biennio di forsennate, sanguinose aggressioni terroristiche, coperte dalle "forze dell' ordine" dello Stato, alle Case del popolo, alle sedi Comuniste, Socialiste, della CGL, anche a gruppi ed esponenti cattolici democratici (il mio concittadino e lontano parente Guido Miglioli detto il "bolscevico bianco", don Minzoni, ecc). e liberali (Gobetti, Amendola, anche se uccisi successivamente alla "marcia su Roma") e dopo le violenze e i brogli elettorali coraggiosamente denunciati da Matteotti e che gli costarono la vita.
Resta il fatto che la presa del potere nel 1924, anche se vi furono brogli e violenze squadristo, non fu certo quella di un gruppo minoritario. Fino al 43 la stragrande maggioranza del popolo italiano fu fascista in modo quasi plebiscitario e il mondo della cultura lo stesso (basti pensare alla nefandezza delle leggi razziali approvate quasi all'unanimità dal corpo dei docenti universitari). Di fatto fino al 43 non vi fu opposizione. Certamente comunque ebbe notevole influenza anche il carattere servile e sempre pronto ad adeguarsi al potere di gran parte del popolo italiano. In Germania comunque Hitler conquistò il potere democraticamente e fu anche peggio e la Germania era stato il primo paese in cui si era sperato di veder scoppiare una rivoluzione socialista, dopotutto era la patria di Marx ed Engels e c'era un esteso proletariato operaio, elevata cultura sociale e una situazione economica dirompente, sembrava la situazione ideale per una rivoluzione socialista, ma furono invece i nazionalsocialisti a imporsi.    
CitazioneMolto comodo sostenere (infondatamente) che Fino al 43 la stragrande maggioranza del popolo italiano fosse fascista in modo quasi plebiscitario in assenza di qualsiasi possibilità legale di dissentire e invece che nelle stesse condizioni in URSS e negli altri paesi socialisti il potere ebbe un aspetto degenerativo e assolutamente verticistico che nel giro di pochi anni fu tale da tradire completamente ogni spinta ideale umanistica originaria. Il germe peraltro era già presente all'interno del movimento bolscevico anche prima della rivoluzione, da sempre estremamente elitario e tendenzialmente nichilista per quanto riguarda il rapporto tra fine e mezzi e che In questo contesto la struttura burocratica di governo assunse un ruolo del tutto preponderante che soffocò ogni crescita evolutiva alla radice, in nome dell'appropriazione e della gestione assoluta di un potere del tutto autoreferenziale prima alla struttura, poi al capo struttura:

Due pesi e due misure!








Citazione
"Fallimentare" mi sembra casomai il capitalismo reale che vi é succeduto dopo le "sconfitte dell' '89 e dintorni" (miseria, fame, criminalità, guerre civili, pulizie etniche, ecc.): non é realistico pretendere di paragonare le Mosca, Sofia o Budapest del "socialismo reale" a Londra, Parigi o Los Angeles ma casomai a Nuova Dehli, Kinshasa o Medellin, o meglio ancora alle Mosca, Sofia o Budapest di oggi: e il paragone -questo, corretto-  mi sembra francamente più che lusinghiero per il "S. R."!
Che il capitalismo non funzioni è ormai sempre più evidente. In Russia poi il paese è nelle mani di un satrapo, ex agente del KGB, che prosegue sulla stessa linea staliniana di gestione del potere, con la variazione di essere passati dalla oligarchia dei boiardi di stato a quella economico mafiosa degli amici del satrapo. Il crollo del comunismo in quei paesi è stato per certi versi ancora più dirompente del crollo del potere zarista nel 17.
Se comunque c'è stato un aspetto positivo nell'URSS è stato quello di aver costituito il necessario polo alternativo all'imperialismo americano e un limite al dilagare della nefanda visione global capitalistica del mondo che seguì al 1989. Comunismo russo e capitalismo occidentale hanno potuto in qualche modo funzionare positivamente finché si sono trovati accoppiati, contrastandosi reciprocamente.
Citazione"Satrapo a chi ? ? ?

Satrapi degli USA furono casomai Gorby e Eltsin ! ! !

Non immaginavo, caro Maral, che ti abbassassi al livello dei bufalari di stampa e TV che chiamano il sanguinario  dittatore golpista, il nazista al potere a Kiev "il presidente Poroshenko" e l' eletto in maniera formalmente democraticissima e inappuntabile anche secondo i discutibilissimi criteri occidentali Putin "dittatore" e il suo governo "regime".

A proposito della presunta prosecuzione della politica staliniana da parte di quest' ultimo per favore non confondiamo il cioccolato con un' altra cosa dal colore simile ma sapore e odore completamente diversi!

Quanto al preteso "crollo" vedi la risposta appena precedente.


@Eutidemo.

E' inutile che risponda, che tanto non ti leggo nemmeno.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: sgiombo il 24 Marzo 2017, 11:22:17 AM
Citazione di: acquario69 il 24 Marzo 2017, 08:01:14 AM
Citazione di: Eutidemo il 24 Marzo 2017, 07:35:38 AM
Vallo a raccontare agli Ukraini e ai Georgiani...altro che propaganda! :)

chi fomenta lo scontro e' l'occidente (USA-EUROPA-NATO...dietro il quale esiste un unica e sola regia che vuole dominare il mondo intero) aiutati dai suoi governi fantocci, - inclusa la stessa Unione Europea! -  di cui il colpo di stato della stessa ukraina ne e' la testimonanza.
Stesso copione di sempre, specie ultimamente dopo la caduta del muro di Berlino.
CitazioneFaccio ammenda per aver parlato di opinioni in proposito condivise da "Eutidemo e forse anche tutti gli altri ottimi frequentatori di questo forum" e mi compiaccio di trovare invece qualcuno che non segue le balle de "la repubblica" e il resto del pensiero unico politicamente corretto senza scadere nell' islamofobia e xenofobia alla Lepen-Salvini-Meloni (almeno così mi pare del tutto evidente; e comunque spero).
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 24 Marzo 2017, 12:25:26 PM
Citazione di: acquario69 il 24 Marzo 2017, 08:01:14 AM
Citazione di: Eutidemo il 24 Marzo 2017, 07:35:38 AM
Citazione di: acquario69 il 23 Marzo 2017, 23:16:51 PM
CitazioneQuanto all' imperialismo della Russia attuale è molto ma molto più "pericoloso" di quello dei Paesi Occidentali, il quale, sia pure aspramente deprecabile anch'esso, non è però rivolto alla conquista e all'"annessione" degli stati limitrofi.

Secondo me sul presunto imperialismo della Russia attuale e' solo propaganda dei mass media occidentali per ribaltare biecamente le cose

E sul fatto che i paesi occidentali non hanno conquistato o "annesso" stati limitrofi e' un altrettanto colossale balla.
Sono secoli che l'occidente sia stato ed e' davvero l'unico aggressore  a volersi annettere il resto del mondo...e se prima lo faceva "fisicamente" oggi la colonizzazione riguarda (appunto) le coscienze

Vallo a raccontare agli Ukraini e ai Georgiani...altro che propaganda! :)

Citazione di: acquario69 il 24 Marzo 2017, 08:01:14 AMVeramente è da circa 4 secoli che la Russia ha tendenze imperialiste ed annessionistiche (come ho già storicamente documentato nei miei precedenti interventi), ed allora non c'era mica il mostro "USA-EUROPA-NATO" a fomentare tali tendenze; nè c'era la fantomatica SPECTRE, che, con un'unica e sola regia, vuole dominare il mondo intero! 8)
Citazione di: acquario69 il 24 Marzo 2017, 08:01:14 AME della quale, ovviamente, anche io sono un subdolo agente propagandista. :D  :D  :D
Citazione di: acquario69 il 24 Marzo 2017, 08:01:14 AMDatemi retta: per capire bene il presente, studiatevi meglio il passato (cioè, leggetevi un po' più libri di storia), andando anche un po' più indietro del secolo scorso. ;)
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: acquario69 il 24 Marzo 2017, 14:16:38 PM
CitazioneDatemi retta: per capire bene il presente, studiatevi meglio il passato (cioè, leggetevi un po' più libri di storia), andando anche un po' più indietro del secolo scorso. ;)


a me sembra che se andiamo ancora più indietro e proviamo appunto a guardare le cose in senso più ampio e' sempre e solo l'occidente che ha avuto la tendenza a voler annettere e sopratutto a voler 'civilizzare' il resto del mondo e questa e' una tara che si e' rafforzata e radicalizzata a tal punto da diventare nell'immaginario di tutti l'unica possibile.
Quella che stiamo vivendo oggi non e' altro che la parte finale di questo percorso che dal vecchio continente e' poi passato al nuovo,rappresentato dagli Usa,fino ad arrivare ai nostri giorni e che ha portato all'appiattimento e alla omologazione pressoché totale,ed e' esattamente a questo che si sta puntando.
La Russia in questo frangente credo rappresenti ancora l'ultimo ostacolo rimasto

E sono pure convinto del fatto che non sono i libri a fare la storia o viceversa ma che questa segue un suo percorso a prescindere.

Un antico detto recita cosi;
"l'occidente e' il punto in cui il sole tramonta"

E a me sembra che le cose stanno coincidendo
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 24 Marzo 2017, 16:07:39 PM
Citazione di: acquario69 il 24 Marzo 2017, 14:16:38 PM
CitazioneDatemi retta: per capire bene il presente, studiatevi meglio il passato (cioè, leggetevi un po' più libri di storia), andando anche un po' più indietro del secolo scorso. ;)


a me sembra che se andiamo ancora più indietro e proviamo appunto a guardare le cose in senso più ampio e' sempre e solo l'occidente che ha avuto la tendenza a voler annettere e sopratutto a voler 'civilizzare' il resto del mondo e questa e' una tara che si e' rafforzata e radicalizzata a tal punto da diventare nell'immaginario di tutti l'unica possibile.
Quella che stiamo vivendo oggi non e' altro che la parte finale di questo percorso che dal vecchio continente e' poi passato al nuovo,rappresentato dagli Usa,fino ad arrivare ai nostri giorni e che ha portato all'appiattimento e alla omologazione pressoché totale,ed e' esattamente a questo che si sta puntando.
La Russia in questo frangente credo rappresenti ancora l'ultimo ostacolo rimasto

E sono pure convinto del fatto che non sono i libri a fare la storia o viceversa ma che questa segue un suo percorso a prescindere.

Un antico detto recita cosi;
"l'occidente e' il punto in cui il sole tramonta"

E a me sembra che le cose stanno coincidendo

Caro acquario69,
tu scrivi che, se andiamo ancora più indietro e proviamo a guardare le cose in senso più ampio e' sempre e solo l'occidente che ha avuto la tendenza a voler annettere e sopratutto a voler 'civilizzare' il resto del mondo.
Mi dispiace, ma ti sbagli di grosso! :)
E, come al solito, non sono io a contraddirti, bensì la STORIA!
***
Ed infatti, fu l'ORIENTE, per primo, a tentare di invadere l'OCCIDENTE, quando l'Impero Persiano tracimò in Tracia, e cercò di conquistare la Grecia: ma fu fermato a Maratona e a Salamina (tanto per semplificare)
***
Poi, con Alessandro Magno, fu l'OCCIDENTE a cercare di invadere l'ORIENTE; e, per qualche tempo, il tentativo ebbe pieno successo.
***
Poi i Romani crearono un Impero "MEDITERRANEO", che, salvo l'abortito tentativo di Traiano, non riuscì (nè mai volle veramente) espandersi verso l'ORIENTE.
***
Per circa sei secoli, ORIENTE (Impero Partico, e, poi, Persiano) e OCCIDENTE (Impero Romano) si fronteggiarono sul  confine dell'Eufrate, invadendosi a vicenda per spazi e tempi limitati.
***
A metà del settimo secolo, però, gli ARABI, musulmanizzati, divorarono l'intero Impero Persiano e buona Parte di quello Romano...arrivando sino alle soglie della Francia, ed occupando buona parte dell'Europa Occidentale (dalla Sicilia alla Spagna).
Vicino roma, ci sono ancora paesini fondati dai Saraceni (ad es. Saracinesco).
***
Verso metà del successivo millenio, i TURCHI musulmanizzati diedero il colpo di grazia a quello che restava dell'Impero Romano d'Oriente, ed occuparono tutti Balcani, ed assediando per ben due volte la stessa Vienna; senza parlare dell'ORDA D'ORO che invase la Russia.
***
Fu solo nel 1800/1900 (a parte il limitato periodo delle Crociate) che l'Europa tornò alla riscossa, facendo retrocedere la Turchia, e liberando i terreni europei da essa occupati (oltre all'Africa ed al Medio Oriente).
***
In conclusione, se volessimo scendere più in analisi, furono di gran lunga più estese nello spazio e nel tempo le invasioni dell'Europa da parte dei popoli musulmani, che non viceversa.
Non ha senso starne a discutere: ed infatti, basta sfogliare un Atlante Storico, per verificare la cosa!
Anche se è vero che, nel 1500/1900 gli Europei si crearono un vasto impero coloniale nel resto del mondo; il quale, comunque, già da qualche decennio si è disciolto come neve al sole.
Basta guardare la cartina geopolitica del pianeta!
Quella che stiamo vivendo oggi, perciò,  non e' affatto la parte finale di un percorso omogeneo, il quale, invece, è stato (ed è tutt'ora) MOLTO DISOMOGENEO!
Quanto alla Russia, che è a cavallo di ORIENTE ed OCCIDENTE,  non capisco proprio quale ultimo ostacolo rimasto costituisca, ed a che cosa:
- al risorgente musulmanesimo orientale (che minaccia le sue colonie ultra-urali)?
- al declinante potere delle nazioni occidentali (che cercano solo di frenare i suoi appetiti di riconquista dei popoli da lei liberatisi nell'89)?
Quanto al fatto che "non sono i libri a fare la storia", mi sembra ovvio; così come non è il menu a costituire il pasto.
I libri, la Storia, si limitano semplicemente a raccontarla; e, chi non li legge in gran quantità, non solo ignora il passato, ma non può nemmeno capire a fondo il presente!
 Quanto al fatto che "l'occidente e' il punto in cui il sole tramonta", questo può essere senz'altro vero; ma se c'è un insegnamento basilare della storia, è che albe e tramonti, ad EST e ad OVEST si alternano DA MILLENNI! :)
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: acquario69 il 25 Marzo 2017, 08:43:07 AM
Citazione di: Eutidemo il 24 Marzo 2017, 16:07:39 PMCaro acquario69, scrivi che, se andiamo ancora più indietro e proviamo a guardare le cose in senso più ampio e' sempre e solo l'occidente che ha avuto la tendenza a voler annettere e sopratutto a voler 'civilizzare' il resto del mondo.
Mi dispiace, ma ti sbagli di grosso! :)
E, come al solito, non sono io a contraddirti, bensì la STORIA!
***
Ed infatti, fu l'ORIENTE, per primo, a tentare di invadere l'OCCIDENTE, quando l'Impero Persiano tracimò in Tracia, e cercò di conquistare la Grecia: ma fu fermato a Maratona e a Salamina (tanto per semplificare)
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Poi, con Alessandro Magno, fu l'OCCIDENTE a cercare di invadere l'ORIENTE; e, per qualche tempo, il tentativo ebbe pieno successo.
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Poi i Romani crearono un Impero "MEDITERRANEO", che, salvo l'abortito tentativo di Traiano, non riuscì (nè mai volle veramente) espandersi verso l'ORIENTE.
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Per circa sei secoli, ORIENTE (Impero Partico, e, poi, Persiano) e OCCIDENTE (Impero Romano) si fronteggiarono sul  confine dell'Eufrate, invadendosi a vicenda per spazi e tempi limitati.
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A metà del settimo secolo, però, gli ARABI, musulmanizzati, divorarono l'intero Impero Persiano e buona Parte di quello Romano...arrivando sino alle soglie della Francia, ed occupando buona parte dell'Europa Occidentale (dalla Sicilia alla Spagna).
Vicino roma, ci sono ancora paesini fondati dai Saraceni (ad es. Saracinesco).
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Verso metà del successivo millenio, i TURCHI musulmanizzati diedero il colpo di grazia a quello che restava dell'Impero Romano d'Oriente, ed occuparono tutti Balcani, ed assediando per ben due volte la stessa Vienna; senza parlare dell'ORDA D'ORO che invase la Russia.
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Fu solo nel 1800/1900 (a parte il limitato periodo delle Crociate) che l'Europa tornò alla riscossa, facendo retrocedere la Turchia, e liberando i terreni europei da essa occupati (oltre all'Africa ed al Medio Oriente).
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In conclusione, se volessimo scendere più in analisi, furono di gran lunga più estese nello spazio e nel tempo le invasioni dell'Europa da parte dei popoli musulmani, che non viceversa.
Non ha senso starne a discutere: ed infatti, basta sfogliare un Atlante Storico, per verificare la cosa!
Anche se è vero che, nel 1500/1900 gli Europei si crearono un vasto impero coloniale nel resto del mondo; il quale, comunque, già da qualche decennio si è disciolto come neve al sole.
Basta guardare la cartina geopolitica del pianeta!
Quella che stiamo vivendo oggi, perciò,  non e' affatto la parte finale di un percorso omogeneo, il quale, invece, è stato (ed è tutt'ora) MOLTO DISOMOGENEO!
Quanto alla Russia, che è a cavallo di ORIENTE ed OCCIDENTE,  non capisco proprio quale ultimo ostacolo rimasto costituisca, ed a che cosa:
- al risorgente musulmanesimo orientale (che minaccia le sue colonie ultra-urali)?
- al declinante potere delle nazioni occidentali (che cercano solo di frenare i suoi appetiti di riconquista dei popoli da lei liberatisi nell'89)?
Quanto al fatto che "non sono i libri a fare la storia", mi sembra ovvio; così come non è il menu a costituire il pasto.
I libri, la Storia, si limitano semplicemente a raccontarla; e, chi non li legge in gran quantità, non solo ignora il passato, ma non può nemmeno capire a fondo il presente!
Quanto al fatto che "l'occidente e' il punto in cui il sole tramonta", questo può essere senz'altro vero; ma se c'è un insegnamento basilare della storia, è che albe e tramonti, ad EST e ad OVEST si alternano DA MILLENNI! :)

Caro Eutidemo,la storia piace anche a me,e non avrò sicuramente il tuo bagaglio culturale (e per questo ti leggo sempre con piacere)
e un efficace modo di esprimermi pari al tuo,Ma su una cosa - ed e' l'ultima che mi va di dire - io credo che interpreti non correttamente riguardo alla colonizzazione occidentale e che secondo te si sarebbe liquefatta nell'arco di qualche decennio.
Io non penso affatto che sia cosi perché e' viva e vegeta e avrebbe solo cambiato forma,ma la sostanza e' rimasta la stessa,ed anzi si sarebbe rafforzata e in maniera esponenziale e allo stesso tempo,cosa ancora peggiore, pure nel modo più subdolo.

Tu dici che le cose sono molto disomogenee,io invece penso proprio che il mondo si sia appiattito e omologato proprio in virtu di un modello che si e' voluto 'esportare" e a partire dalle colonizzazioni e che se in un primo tempo erano di tipo militare "fisico" successivamente la colonizzazione ha riguardato l'immaginario collettivo di tipo "coscienziale" ed esteso a tutta l'umanita intera.

Non so se possa centrare qualcosa, (ad ogni modo per me si) pero mi va di aggiungerlo lo stesso,e nei racconti,diciamo post sovietici sarebbe venuto fuori che a parte l'enorme burocrazia dell'apparato,una delle cose che avrebbe veramente destabilizzato quel sistema,fosse tra altro il paragone con l'occidente diffuso dai mass media (occidentali) che in qualche modo arrivavano pure a loro...cosi hanno cominciato a pensare che dall'altra parte ci fosse l'eldorado..e invece hanno capito..dopo..di essere caduti dalla padella alla brace.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 25 Marzo 2017, 12:55:42 PM
Caro Acquario69,
Quando mi riferivo al fatto che la colonizzazione occidentale si è liquefatta nell'arco di qualche decennio, mi riferivo a quella "politica", non a quella "economica".
Ed invero, come giustamente osservi tu, quest'ultima è ancora viva e vegeta; e, a volte, perfino "a parti invertite".
Per esempio, non tutti sanno che anche noi Italiani (mi pare fino al 1947) avevamo persino un territorio in concessione in Cina, a Tientsin (una zona di 458.000 m²), presidiato dal Battaglione San Marco; adesso, invece, pur non ritrovandoci neanche un militare cinese in casa (per fortuna), siamo stati "colonizzati" economicamente da VENTI MILIARDI di investimenti cinesi.
E ci stanno provando pure con la Francia e l'Inghilterra...anche se, per ora, loro sembra che resistano.
Ma non si tratta solo della Cina.
Anche l'invasione "economico-finanziaria" araba è allegramente in atto: dal settore della moda, come quella di Valentino ad opera della qatariota Mayhoola, a quello energetico, con società del Kuwait che controllano, ad esempio, Q8 e Tamoil Italia, che da sole coprono il 28% del mercato nostrano.
E poi:
Unicredit: quota araba del 9,17%
Banca Ubae: soci da Libia e Marocco per il 76%
Banca Abc Milano: il 59% è della Banca centrale libica
E potrei continuare a lungo.
Solo lo "schermo protettivo" dell'Europa, per ora, sta (in parte) frenando tale tipo di "colonizzazione", perchè l'EURO, pur con tutti i suoi difetti, almeno è una moneta forte. 
Per questo dicevo e le cose sono molto più disomogenee e molto più complesse e più multidirezionali di come erano una volta; per cui è errato guardare il terzo millennio, con gli "occhiali mentali" con i quali guardavamo il secondo.
Quanto al fatto che una delle cose che ha destabilizzato il sistema sovietico, è stata (tra altro) il paragone con l'occidente diffuso dai mass media (occidentali) che in qualche modo arrivavano pure a loro, questo, in parte, è vero; sebbene le autorità cercassero di impedirlo, infatti, qualcosa indubbiamente filtrava.
E viceversa!
Ed infatti, il paragone con l'oriente sovietico,  si poteva fare anche ad occidente, captando le loro trasmissioni radio e TV; e, vedendo come andavano le cose lì, a nessun occidentale (sia pure comunista) sarebbe mai venuta voglia di fare a cambio.
Come, invece, è ovviamente venuto voglia a loro!
Io sono stato a Berlino nel 1990, e, quando ho visitato la parte orientale, mi è sembrato di fare un viaggio nel tempo di quaranta anni indietro; non ho mai visto tanto squallore e tanta desolazione in vita mia!
Non voglio essere provocatorio, bensì solo testimone di ciò che ho visto, dato che mi si accusa di essere troppo "libresco"; in un'altra occasione vi parlerò delle mie esperienze a Boulevard Saint-Michel (PARIGI) e a Novo Mesto (PRAGA), nella primavera e nell'estate del 1968, quando ancora non avevo 18 anni.
Furono esperienze molto "istruttive" (per non parlare di Valle Giulia, a Roma, nel 1969). ;)
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Eutidemo il 25 Marzo 2017, 13:07:01 PM
E.C.
A Valle Giulia nel 1968 (mi pare a marzo), non nel 1969.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: paul11 il 26 Marzo 2017, 01:49:26 AM
Citazione di: maral il 23 Marzo 2017, 11:38:36 AM


Al di là comunque delle questioni di definizione facilmente superabili penso che ci siamo intesi, resta a mio avviso il fatto che (seguendo la terminologia che suggerisci) trovo inevitabile che ogni democrazia popolare presenti il seme della degenerazione populista, che è anche il seme che, determinandone la crisi, la trasforma. Se c'è una via per ridurre gli effetti tragici della fase trasformativa dirompente questa non può essere altro che una assunzione delle istanze populistiche che ne fanno da premessa, comprendendo la ragione profonda che ci sta sotto. La democrazia è sempre in uno stato di equilibrio instabile, le sue leggi non presentano in se stesse la loro legittimità, essa va sempre recuperata dai rapporti che si instaurano modificandosi tra i gruppi sociali e gli individui, è come rimanere in equilibrio su un filo mentre il filo balla.

A mio  parere hai colto il nocciolo del problema populismo.
Non dimentichamoci che la forma democratica è quella rappresentativa e non diretta.
Se gli eletti vedono una forma di privilegio nell'avere il potere sul popolo, perchè questa democrazia non è VERA democrazia, nella sua rappresentazione, non è altro che una forma aristocratica priva delle qualità meritocratiche, avallate solo da false promesse per arrivare a detenere il potere.
La democrazia non limita in sè e per sè il potere, è la forma repubblicana e liberale che decide la divisione dei poteri, di limitare il potere assolutistico.
Con questa forma, la democrazia rappresentativa, il paradosso è che conviene mantenere nell'ignoranza il popolo per poterlo meglio manipolare, più della monarchia e aristocrazia o oligarchia.
E' ovvio quindi che una democrazia tenda alla deriva-

Assumersi la metodica populistica come necessaria alla democrazia , significa che la legittimazione sociale  passa avallando poteri forti, militari e finanziari, che garantiscono lo status quo. Il patto sociale tende quindi alle forme neocorporativistiche o neocontrattualistiche.
Non esiste il bene comune perchè il punto di equilibrio è assecondare i poteri forti e manipolare i poteri deboli della massa.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: maral il 27 Marzo 2017, 12:47:58 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Marzo 2017, 08:11:58 AM
"pretendere di "usare sempre mezzi degni dei fini che si predicano [-???-]" contro un nemico che (per rammentare solo il peggio, dato che onde elencarne tutte le nefandezze sarebbero necessarie decine di pagine del forum) ha invaso la Grecia e sanguinosissimamente imposto con la guerra il mantenimento del capitalismo, che ha bombardato con le atomiche Hiroshima e Nagasaki a guerra vinta e -come é ampiamente documentato- non ha fatto lo stesso sulle dieci più grandi città sovietiche solo perché per fortuna l' URSS si é dotata per tempo delle stesse armi, che ha condotto guerre sanguinosissime e terroristicissime in totale dispregio delle convenzioni internazionali sugli eventi bellici e perpetrato cruenti colpi di stato in tutto il mondo per salvare il capitalismo dalla rivoluzione per me significa precisamente

fare delle virtuose geremiadi da zitella inacidita che deplora l' intemperanza e la lussuria delle donne sposate o, per ben che vada, seminare illusioni di fatto utili alla conservazione dello stato di cose presenti stesso.

L'URSS ha fatto esattamente lo stesso in Europa centro orientale, ha voluto fare lo stesso in Afganistan, come gli USA in Vietnam, ma quello che è più grave ha trasformato l'iniziale ideale umanistico rivoluzionario universale nella più soffocante struttura di controllo burocratico che fosse concepibile a livello nazionale e "coloniale" a solo beneficio dei satrapi di partito determinando la falsificazione dell'ideale che aveva guidato la rivoluzione del popolo di Ottobre e, sull'altro versante, quel fallimento economico tecnologico che ha determinato poi il suo crollo dall'interno, per implosione. Per me Stalin, come i burocrati che gli sono succeduti alla guida del partito, è stato e resta un traditore assoluto della rivoluzione di Ottobre, in questo Trotsky (che paragonò lo stalinismo al bonapartismo, già affossatore della rivoluzione francese) aveva completamente ragione. Resta da vedere se, date le premesse elitarie e nichiliste dei bolscevichi, le cose sarebbero mai potute andare in modo diverso. E' indubbio che, soprattutto se si propugna il valore del riscatto del proletariato in senso umanitario, nessun mezzo può essere contraddittorio rispetto a questa istanza, nessun massacro o deportazione di massa decretata dalle alte sfere di partito poteva essere perpetrato contro il popolo russo stesso in nome di una rivoluzione permanente che era in realtà solo la più bieca restaurazione del potere in nuove mani, altrettanto rapaci e oligarchiche delle precedenti, se non ancora di più. A parte lo sterminio, voluto da Stalin, di milioni di contadini russi, milioni di persone del popolo russo finirono nei campi di rieducazione in Siberia, dove il ruolo di rieducatori era affidato, per regolamento, a criminali comuni (i nazisti presero poi ispirazione in questo proprio dai campi di lavoro russi per la successiva gestione dei loro).
Mi dispiace, ma trovo oggi Putin un personaggio comunque disgustoso (e il suo essere stato ufficiale del KGB raddoppia il mio disgusto per questo individuo protervamente malato di potere), in termini diversi né più né meno di Trump, con la sola differenza che Trump in qualche modo può ancora essere meglio frenato a casa sua.
Non c'è niente di peggio che proclamare grandi ideali umanitari usando mezzi e prassi che di fatto li contraddicono nel modo più atroce, magari avvalendosi di una propaganda sistematica per mascherarli, poiché il disvalore del mezzo utilizzato distrugge alla radice il valore del fine per il quale lo si usa e allora non resta altro che mentire propagandisticamente, perché è nella prassi e solo nella prassi che appare il valore del fine e non nelle pure enunciazioni utopistiche che, fuori dalle prassi, non arriveranno mai o al massimo arrivano come menzogne propagandistiche di mascheramento. Vale per tutte le chiese, i partiti, i movimenti e le istituzioni che devono essere serventi e non autoserventi di questo mondo.
Poi ovviamente si può comprendere la nostalgia che può onestamente legare chi ha creduto in quel mondo e che resta alla base irrinunciabile del proprio senso di identità, di sicuro anche guidato da spinte generose, ma questo non toglie nulla alla catastrofe dello stesso altissimo ideale comunista che si realizzò nella Unione Sovietica stalinista e burocratica in nome del partito e del suo reggente assoluto.
Per quanto riguarda le modalità di prese del potere del fascismo e dei bolcevichi furono per certi versi analoghe (e furono i primi a prendere ispirazione dai secondi), guidate dalla medesima visione avanguardista sulla rivoluzione di massa fiancheggiata poi da una propaganda sistematica e mendace per il mantenimento del potere. In Italia non vi fu comunque alcuna opposizione popolare, gli oppositori ci furono, ma estremamente pochi e subito isolati e neutralizzati. E' curioso come la sperata grande rivoluzione socialista del proletariato universale si sia di fatto storicamente realizzata nei paesi europei in rivoluzioni nazional socialiste. La cosa meriterebbe una profonda riflessione, soprattutto oggi, epoca in cui la demagogia propagandistica e populistica nel senso peggiore del termine sembra di nuovo crescere.
E qui concludo non pensando sia il caso di aggiungere altro, visto che l'argomento qui rischia di andare OT (se non lo è già andato).
 
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: Garbino il 27 Marzo 2017, 17:02:16 PM
Aristotele e il populismo.

X Maral

Non ti nascondo che la tua ricostruzione sia alquanto fondata ed attinente, anche se mi permetto di obiettare che il sistema capitalistico, che fino a qualche tempo fa doveva fare i conti con l' esistenza di un' alternativa politica ispirata dai modelli sovietico e cubano, soltanto adesso sta mostrando il suo vero aspetto e al di là di un maggiore controllo sul potere che negli USA è effettivo, in quasi tutto il resto del mondo sta determinando disastri economici inauditi. Dell' Italia poi non parliamo perché forse è la nazione che è messa nel modo peggiore.

I popoli, la gente vive sempre peggio e non sembra che ci sia la benché minima volontà di una presa di posizione di stampo intellettuale che possa fare da riferimento per il crescente malcontento. Una situazione che disegna nubi sempre più fosche all' orizzonte. Anche se penso che comunque tutto questo ti sia già chiaro ed evidente.

Mentre vorrei spezzare una lancia per quanto riguarda l' ascesa di Mussolini e del fascismo. Per avere un' idea delle condizioni in cui vertevano le campagne in quel periodo bisognerebbe leggere Fontamara di Silone, mio conterraneo marsicano, e che trovò un grande successo specialmente oltrefrontiera proprio perché fu usato come propaganda antifascista anche negli Stati Uniti.  Il libro ebbe la prima edizione nel 1933. Ma in Italia si dovette attendere per la prima edizione il 1945.

Mussolini fu molto abile nella strategia rischiosa di arrivare al potere in modo democratico. La situazione prevedeva un coinvolgimento del re, della Chiesa e delle altre forze politiche. Il problema è che la rivoluzione d' Ottobre determinò un grande timore ed angoscia che la cosa potesse ripetersi anche in Italia, e le diverse figure coinvolte videro in Mussolini il personaggio che avrebbe potuto scongiurare un tale evento.

Non nascondo che vi fosse anche una certa adesione popolare al fascismo, ma soprattutto dei ceti agiati e dei molti voltagabbana che al domani della sua caduta passarono automaticamente dall' altra parte della barricata. Cosa che naturalmente non avvenne in Germania col nazismo perché era veramente sostenuto dalla popolazione intera, per varie cause su cui è meglio sorvolare.

E anche le resistenze interne vi furono, ma il clima di terrore instaurato dalle forze squadriste e tollerate dalle forze dell' ordine, anche con aggressioni  ripetute e pesanti nei confronti degli ambienti di sinistra e delle case sociali distribuite soprattutto al nord, e poi denunciate da Matteotti, determinarono un ripiego su altre forme di lotta e che sfociarono in seguito nella resistenza partigiana.

Mi sembrava giusto mettere in risalto queste poche cose.

Garbino Vento di Tempesta.
Titolo: Re:Aristotile e il populismo.
Inserito da: sgiombo il 27 Marzo 2017, 19:18:10 PM
Citazione di: maral il 27 Marzo 2017, 12:47:58 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Marzo 2017, 08:11:58 AM
"pretendere di "usare sempre mezzi degni dei fini che si predicano [-???-]" contro un nemico che (per rammentare solo il peggio, dato che onde elencarne tutte le nefandezze sarebbero necessarie decine di pagine del forum) ha invaso la Grecia e sanguinosissimamente imposto con la guerra il mantenimento del capitalismo, che ha bombardato con le atomiche Hiroshima e Nagasaki a guerra vinta e -come é ampiamente documentato- non ha fatto lo stesso sulle dieci più grandi città sovietiche solo perché per fortuna l' URSS si é dotata per tempo delle stesse armi, che ha condotto guerre sanguinosissime e terroristicissime in totale dispregio delle convenzioni internazionali sugli eventi bellici e perpetrato cruenti colpi di stato in tutto il mondo per salvare il capitalismo dalla rivoluzione per me significa precisamente

fare delle virtuose geremiadi da zitella inacidita che deplora l' intemperanza e la lussuria delle donne sposate o, per ben che vada, seminare illusioni di fatto utili alla conservazione dello stato di cose presenti stesso.


Non c'è niente di peggio che proclamare grandi ideali umanitari usando mezzi e prassi che di fatto li contraddicono nel modo più atroce, magari avvalendosi di una propaganda sistematica per mascherarli, poiché il disvalore del mezzo utilizzato distrugge alla radice il valore del fine per il quale lo si usa e allora non resta altro che mentire propagandisticamente, perché è nella prassi e solo nella prassi che appare il valore del fine e non nelle pure enunciazioni utopistiche che, fuori dalle prassi, non arriveranno mai o al massimo arrivano come menzogne propagandistiche di mascheramento. Vale per tutte le chiese, i partiti, i movimenti e le istituzioni che devono essere serventi e non autoserventi di questo mondo.


CitazioneConcludo anch' io, senza entrare nei vari dettagli dei miei numerosissimi motivi di dissenso dalle tue affermazioni, rilevando che invece per me illudere gli oppressi circa fantasiose possibilità utopistiche (non realistiche) di cambiare profondamente lo stato di cose presenti senza "sporcarsi le mani" attraverso l' uso di mezzi adeguati a vincere in una lotta che il nemico di classe conduce senza scrupolo umanitario alcuno é molto peggio che lottare efficacemente usando tutti i mezzi necessari, anche a costo di commettere errori ed eventualmente crimini (che secondo il mio modesto parere nella storia di fatto non furono così atroci ed enormi come la propaganda controrivoluzionaria li dipinge; e comunque certamente lo furono molto meno di quelli del capitalismo imperialistico e della controrivoluzione; sempre a mio modesto parere, non essendo il caso di tentare in questo forum un serio confronto storico adeguatamente documentato in prtoposito).

Questa mi pare "la sostanza" dei nostri profondissimi dissensi.