E sopratutto cosa ha fatto si che che abbiamo mancato la previsione?
Cosa ci ha sviato?
Ad esempio non avremmo dovuto aspettarci che l'osservatore influenzasse l'osservazione?
Oggi, col senno di poi, a chi facesse simile osservazione, in se lecita, chiederemmo l'onere della dimostrazione.
Gli chiederemmo cioè di dimostraci l'indipendenza dell'osservazione dall'osservatore.
Per ''simile osservazione'' intendo che, la conoscenza non dipenda dal conoscitore, e che l'osservazione più in generale non dipenda dall'osservatore.
Intendo , col senno di poi, che una tale osservazione non è la prima che dovrebbe venire in mente.
la prima che dovrebbe venire in mente, sempre col senno di poi, è che l'osservazione possa dipendere dall'osservatore, dovendosi diversamente assumere l'onere di dimostrare il contrario, o, in alternativa , dichiarare questa indipendenza come una verità in modo esplicito.
Posto che non l'abbiamo fatto (detto col beneficio della mia ignoranza) perchè non l'abbiamo fatto?
Secondo me le vere metafisiche, quelle di massimo livello, non sono quelle che balbettiamo, tipo ''la cosa in sè'', ma quelle che agiscono nostra insaputa.
E mi pare che questa opera di scavarle dovrebbero essere il compito del filosofo, che è quello di operare una continua rifondazione metafisica, posto che una volta scovata la metafisica che agisce a nostra insaputa, di fatto decade in favore di una nuova, lasciando ai politici il compito di fondare e rifondare la società sulle vecchie e nuove metafisiche di cui abbiamo più o meno coscienza.
Diversamente il compito del filosofo verrà inquinato dalle aspettative politiche che la metafisica và a creare, ponendo di fatto un ostacolo alla sua libera evoluzione.
Sarebbe infatti la stessa situazione in cui le aspettative dello scienziato falsano le sue misure.
Sarebbe più in generale una mancanza di onestà intellettuale.
il sistema di riferimento dipende dal punto di osservazione dell osservatore . Avevo fatto l'esperimento del giocatore di ping-pong che gioca a bordo di un treno e un osservatore che osserva sulla riva dei binari . il tempo, la distanza, la velocità cambiano a seconda che si sia in uno dei due sistemi di riferimento. E non c'è nessuna ragione per preferire l'osservazione di uno rispetto a quello dell altro. è la mancanza di un sistema di riferimento assoluto per lo stato di quiete che non ti permette di dire che due eventi che sono accaduti in momenti diversi hanno avuto luogo nella medesima posizione spaziale.
L'osservatore dunque deve tenere presente il relativismo della sua osservazione.
Citazione di: Alberto Knox il 13 Febbraio 2024, 15:06:09 PMil sistema di riferimento dipende dal punto di osservazione dell osservatore . Avevo fatto l'esperimento del giocatore di ping-pong che gioca a bordo di un treno e un osservatore che osserva sulla riva dei binari . il tempo, la distanza, la velocità cambiano a seconda che si sia in uno dei due sistemi di riferimento. E non c'è nessuna ragione per preferire l'osservazione di uno rispetto a quello dell altro. è la mancanza di un sistema di riferimento assoluto per lo stato di quiete che non ti permette di dire che due eventi che sono accaduti in momenti diversi hanno avuto luogo nella medesima posizione spaziale.
L'osservatore dunque deve tenere presente il relativismo della sua osservazione.
Tutti i nostri punti fermi sono destinati a cadere uno dopo l'altro, se perfino '' il punto fermo'' per antonomasia, lo stato di quiete, viene derubricato a fantasia metafisica, e con esso cambia l'idea di moto, venendo mancare il suo contrario, la sua assenza.
Ma smascherata questa metafisica , inconsapevolmente tale, in quanto lo stato di quiete era un punto fermo reale per tutti noi, puoi star certo che un attro ha preso il suo posto, perchè non si può sfuggire da questa necessità.
Adesso abbiamo capito che quando parlavamo di quiete parlavamo di noi, dell'osservatore, però non possiamo neanche esaurire la descrizione dell'osservatore con un punto di osservazione.
Si tratta in effetti di una parte della realtà che interagisce con un altra, e che di fatto viene esclusa dalla indagine della realtà, perchè da essa l'indagine parte, e in particolare dalle sue metafisiche non manifeste, finché tali restano, finché non vengono svelate, come è successo allo stato di quiete, e prima ancora al sopra e al sotto.
qual'è allora il nuovo punto fermo che magari domani sveleremo come metafisica a sua volta?
Sono ad esempio le leggi di trasformazione da un sistema di osservazione ad un altro.
Ma la sostanza è che fra le due parti della realtà che interagiscono, osservatore ed osservato, la parte metafisica siamo noi, perchè siamo noi che su qualcosa dobbiamo basare la conoscenza, conoscenza alla quale il resto della realtà resta indifferente.
Tutto ciò che ci appare concreto è destinato ad essere derubricato in metafisica col tempo, ma di' questo fantasma di concretezza non possiamo fare a meno, pena la sparizione definitiva del mondo in cui viviamo.
Esso non è la realtà, ma non possiamo vivere senza.
Possiamo cambiarne uno per un altro, e nella fase di cambiamento si griderà al nichilismo, ma non possiamo farne a meno.
Citazione di: iano il 13 Febbraio 2024, 16:42:38 PMTutti i nostri punti fermi sono destinati a cadere uno dopo l'altro, se perfino '' il punto fermo'' per antonomasia, lo stato di quiete, viene derubricato a fantasia metafisica, e con esso cambia l'idea di moto, venendo mancare il suo contrario, la sua assenza.
Ma smascherata questa metafisica , inconsapevolmente tale, in quanto lo stato di quiete era un punto fermo reale per tutti noi, puoi star certo che un attro ha preso il suo posto, perchè non si può sfuggire da questa necessità.
Adesso abbiamo capito che quando parlavamo di quiete parlavamo di noi, dell'osservatore, però non possiamo neanche esaurire la descrizione dell'osservatore con un punto di osservazione.
Si tratta in effetti di una parte della realtà che interagisce con un altra, e che di fatto viene esclusa dalla indagine della realtà, perchè da essa l'indagine parte, e in particolare dalle sue metafisiche non manifeste, finché tali restano, finché non vengono svelate, come è successo allo stato di quiete, e prima ancora al sopra e al sotto.
qual'è allora il nuovo punto fermo che magari domani sveleremo come metafisica a sua volta?
Sono ad esempio le leggi di trasformazione da un sistema di osservazione ad un altro.
Ma la sostanza è che fra le due parti della realtà che interagiscono, osservatore ed osservato, la parte metafisica siamo noi, perchè siamo noi che su qualcosa dobbiamo basare la conoscenza, conoscenza alla quale il resto della realtà resta indifferente.
Tutto ciò che ci appare concreto è destinato ad essere derubricato in metafisica col tempo, ma di' questo fantasma di concretezza non possiamo fare a meno, pena la sparizione definitiva del mondo in cui viviamo.
Esso non è la realtà, ma non possiamo vivere senza.
Possiamo cambiarne uno per un altro, e nella fase di cambiamento si griderà al nichilismo, ma non possiamo farne a meno.
Complimenti iano, storico! ... finalmente uno con cui si possa dialogare ... Ma le domande che poni sono retoriche, o veramente non ti rendi conto di come sia potuto accadere
Citazione di: iano il 13 Febbraio 2024, 16:42:38 PMSi tratta in effetti di una parte della realtà che interagisce con un altra, e che di fatto viene esclusa dalla indagine della realtà, perchè da essa l'indagine parte, e in particolare dalle sue metafisiche non manifeste, finché tali restano, finché non vengono svelate, come è successo allo stato di quiete, e prima ancora al sopra e al sotto.
qual'è allora il nuovo punto fermo che magari domani sveleremo come metafisica a sua volta?
Sono ad esempio le leggi di trasformazione da un sistema di osservazione ad un altro.
Ma la sostanza è che fra le due parti della realtà che interagiscono, osservatore ed osservato, la parte metafisica siamo noi, perchè siamo noi che su qualcosa dobbiamo basare la conoscenza, conoscenza alla quale il resto della realtà resta indifferente.
Tutto ciò che ci appare concreto è destinato ad essere derubricato in metafisica col tempo, ma di' questo fantasma di concretezza non possiamo fare a meno, pena la sparizione definitiva del mondo in cui viviamo.
Esso non è la realtà, ma non possiamo vivere senza.
Possiamo cambiarne uno per un altro, e nella fase di cambiamento si griderà al nichilismo, ma non possiamo farne a meno.
direi che stai andando forte , mi piace quando sbaragli fuori le tue capacità filosofiche. Pensavamo che l'esperimento riguardasse il fenomeno fisico, l'oggetto, il suo stato e che fosse isolato in un contesto ideale dove l osservatore che osserva è lui stesso isolato osservavamo la realtà e pensavamo che questa realtà è indipendente dall osservatore e nient altro . Non è così, se ci sono due oggetti che interagiscono e io che osservo la danza non ha due ma a tre. E poi Naturalmente lo scienziato parte da ipotesi concrete ma la scienza dice cose esatte non cose vere , sono esattezze ottenute dalle ipotesi anticipate come le teorie, il famoso esempio della particella di Dio di cui hai parlato prima. Se trovo la conferma come risultato sperimentale ecco che ho trovato un esattezza, non verità, se imposto la ricerca sperimentale sotto un altro punto di vista ottengo altri risultati che chiamerò esattezze. Ho pensate forse che la particella di Higgs è la spiegazione definitiva di come le particelle hanno assunto massa? no, è un esattezza riscontrata da esperimenti e da un ipotesi (teoria) che lo prevedeva.
Citazione di: daniele22 il 13 Febbraio 2024, 18:25:04 PMComplimenti iano, storico! ... finalmente uno con cui si possa dialogare ... Ma le domande che poni sono retoriche, o veramente non ti rendi conto di come sia potuto accadere
Io invece non so se sei ironico...o dici veramente. ;D
Ma io sostanzialmente credo che dalla storia delle interazioni dell'uomo con la realtà culminate oggi nel metodo scientifico, non si siano ancora tratte le conclusioni, facendone tesoro, e che lo spazio per fare pura filosofia si apra davanti a noi sterminato, ma siamo timidi ad occuparlo.
Ragionando su cosa abbiamo mancato di prevedere, e perché, ci permette di rimuovere gli ostacoli a future previsioni, possibilmente non inquinate dal timore nichilista, e sopratutto di trovare il coraggio di dire liberamente, di non aver paura delle parole, di non paventare dietro di esse ogni volta l'abisso.
Non si tratta propriamente qui di conoscere la storia per non ripetere gli stessi errori. Non è necessariamente di errori che parlo qui, ma di andamenti ciclici della storia umana che si ripete di fatto immutata nella sua trama essenziale, ma della quale continuiamo a sorprenderci, come cosa sempre paradossalmente inattesa.
Ho veramente la pressante sensazione che sia venuto il momento per l'umanità di divenire adulta prendendo coscienza della sua storia, prendendo in mano il suo destini, potendone modificare il solito svolgimento laddove appaia necessario, come mi pare oggi ci sia bisogno.
E non è da credere che sia un compito arduo, perchè il compito più difficile è solo quello iniziale, prendere coscienza, e poi il resto viene da sè.
Sono un pò stufo di questi uomini che, schiavi della famiglia da mantenere, accettino in cambio che il mondo vada a scatafascio.
Stufo di quanto questi uomini dalla vista corta, che no và oltre ''io, mammete e tu'' secondo una vecchia canzone, o ''babbut, figliut e mammut'' secondo una vecchia pubblicità, pretendano ancora di dirsi uomini.
Certe cose continueranno a venire da se , finché non se ne prende coscienza collettiva, e questa coscienza da sola vale un mettere il bastone fra i cicli di una storia che non sono in se sbagliati, ma che non stanno andando in una direzione da desiderare.
Non possiamo più abbandonarci ad essi, Dio, Patria e Famiglia, con la coscienza pulita, come se potessimo permettere ancora di ignorare tutto ciò che da questi tre cerchi sta fuori, senza conseguenze.
Citazione di: iano il 13 Febbraio 2024, 23:11:44 PMIo invece non so se sei ironico...o dici veramente. ;D
Ma io sostanzialmente credo che dalla storia delle interazioni dell'uomo con la realtà culminate oggi nel metodo scientifico, non si siano ancora tratte le conclusioni, facendone tesoro, e che lo spazio per fare pura filosofia si apra davanti a noi sterminato, ma siamo timidi ad occuparlo.
Ragionando su cosa abbiamo mancato di prevedere, e perché, ci permette di rimuovere gli ostacoli a future previsioni, possibilmente non inquinate dal timore nichilista, e sopratutto di trovare il coraggio di dire liberamente, di non aver paura delle parole, di non paventare dietro di esse ogni volta l'abisso.
Non si tratta propriamente qui di conoscere la storia per non ripetere gli stessi errori. Non è necessariamente di errori che parlo qui, ma di andamenti ciclici della storia umana che si ripete di fatto immutata nella sua trama essenziale, ma della quale continuiamo a sorprenderci, come cosa sempre paradossalmente inattesa.
Ho veramente la pressante sensazione che sia venuto il momento per l'umanità di divenire adulta prendendo coscienza della sua storia, prendendo in mano il suo destini, potendone modificare il solito svolgimento laddove appaia necessario, come mi pare oggi ci sia bisogno.
E non è da credere che sia un compito arduo, perchè il compito più difficile è solo quello iniziale, prendere coscienza, e poi il resto viene da sè.
Sono un pò stufo di questi uomini che, schiavi della famiglia da mantenere, accettino in cambio che il mondo vada a scatafascio.
Stufo di quanto questi uomini dalla vista corta, che no và oltre ''io, mammete e tu'' secondo una vecchia canzone, o ''babbut, figliut e mammut'' secondo una vecchia pubblicità, pretendano ancora di dirsi uomini.
Certe cose continueranno a venire da se , finché non se ne prende coscienza collettiva, e questa coscienza da sola vale un mettere il bastone fra i cicli di una storia che non sono in se sbagliati, ma che non stanno andando in una direzione da desiderare.
Non possiamo più abbandonarci ad essi, Dio, Patria e Famiglia, con la coscienza pulita, come se potessimo permettere ancora di ignorare tutto ciò che da questi tre cerchi sta fuori, senza conseguenze.
Dopo che un mesetto fa misi un like significativo su un tuo post, dirò che non ero certamente ironico. Tanto per prendere in mezzo pure Alberto Knox direi intanto che Dio non è certamente un problema essendo semmai un problema quello che Dio impone ai suoi devoti.
Che l'osservatore influisca sul sistema mi sembra ovvio, dato che se il mondo "osservasse" imponendo a Israele di accettare l'esistenza di uno stato palestinese si dovrebbe attendere la risposta di Israele, risposta appunto non certa dato pure che questi sarebbe quasi sicuramente dotato di arsenale nucleare.
Preso atto di tale influenza che si è manifestata pure un secolo fa nella fisica, alla filosofia teorica, attualmente, non resterebbero spazi sterminati che torneranno invece a ripresentarsi a fronte di speculazioni filosofiche sulle azioni che si attiveranno una volta che l'umanità si renda conto che non è possibile essere osservatori senza perturbare ... come dire che la filosofia si esplica osservando soprattutto la storia umana così come si presenta nel passato più recente ... è un trascinarsi filosofico verso il futuro.
Una volta dissi che ogni scoperta umana rappresenti una provocazione ... aggiungo ora, provocazione pericolosa, così come lo fu la bomba atomica a fronte della relatività di Einstein. Mi sento quindi responsabile della mia provocazione, ma la nausea che da molto tempo mi desta l'ingiustificata protervia umana e che addebito soprattutto a quelli che tra i colti sono falsi, mi ha indotto infine a scatenare questa giusta guerra, sia quel che sia e sarà
Citazione di: iano il 13 Febbraio 2024, 23:11:44 PMIo invece non so se sei ironico...o dici veramente. ;D
Ma io sostanzialmente credo che dalla storia delle interazioni dell'uomo con la realtà culminate oggi nel metodo scientifico, non si siano ancora tratte le conclusioni, facendone tesoro, e che lo spazio per fare pura filosofia si apra davanti a noi sterminato, ma siamo timidi ad occuparlo.
Ragionando su cosa abbiamo mancato di prevedere, e perché, ci permette di rimuovere gli ostacoli a future previsioni, possibilmente non inquinate dal timore nichilista, e sopratutto di trovare il coraggio di dire liberamente, di non aver paura delle parole, di non paventare dietro di esse ogni volta l'abisso.
Non si tratta propriamente qui di conoscere la storia per non ripetere gli stessi errori. Non è necessariamente di errori che parlo qui, ma di andamenti ciclici della storia umana che si ripete di fatto immutata nella sua trama essenziale, ma della quale continuiamo a sorprenderci, come cosa sempre paradossalmente inattesa.
Ho veramente la pressante sensazione che sia venuto il momento per l'umanità di divenire adulta prendendo coscienza della sua storia, prendendo in mano il suo destini, potendone modificare il solito svolgimento laddove appaia necessario, come mi pare oggi ci sia bisogno.
E non è da credere che sia un compito arduo, perchè il compito più difficile è solo quello iniziale, prendere coscienza, e poi il resto viene da sè.
Sono un pò stufo di questi uomini che, schiavi della famiglia da mantenere, accettino in cambio che il mondo vada a scatafascio.
Stufo di quanto questi uomini dalla vista corta, che no và oltre ''io, mammete e tu'' secondo una vecchia canzone, o ''babbut, figliut e mammut'' secondo una vecchia pubblicità, pretendano ancora di dirsi uomini.
Certe cose continueranno a venire da se , finché non se ne prende coscienza collettiva, e questa coscienza da sola vale un mettere il bastone fra i cicli di una storia che non sono in se sbagliati, ma che non stanno andando in una direzione da desiderare.
Non possiamo più abbandonarci ad essi, Dio, Patria e Famiglia, con la coscienza pulita, come se potessimo permettere ancora di ignorare tutto ciò che da questi tre cerchi sta fuori, senza conseguenze.
Quelli che sta venendo da se' è la "singlitudine", precipitato spontaneo di tutti i fallimenti sociali che ci portiamo sulle spalle.
Fallimenti, dal microcosmo familiare al macrocosmo politico, religioso, sociale, etnico: una Bisanzio "pitturata e vuota" che ha degradato anche il divertimento in sballo. E sostituito i partiti con le gang: dagli oligarchi globali ai pendagli da forca del disagio giovanile e metropolitano.
Inutile indignarsi. Come diceva un filosofo napoletano: adda passà 'a nuttata.
tu ipazia che sai la chimica....sai che un sistema vivente in entropia si disgrega e decompone in catene molecolari organiche e inorganiche fino ad atmozzarsi .
La specie umana ha testato l'organico vivente terrestre fino al massimo possibile e ora sta tramontando come fanno tutti i sistemi viventi prima o poi.
Mi sembra una cosa talmente evidente e normale,logica, perchè farne una tragedia cadendo nel ridicolo?
Citazione di: daniele22 il 14 Febbraio 2024, 09:27:57 AMdato che se il mondo "osservasse" imponendo a Israele di accettare l'esistenza di uno stato palestinese si dovrebbe attendere la risposta di Israele, risposta appunto non certa dato pure che questi sarebbe quasi sicuramente dotato di arsenale nucleare.
Israele e palestina è il triste esempio di quello che succede quando due differenti principi di verità assolute si scontrano. è subito guerra, è inevitabile . Possiamo trovare altri esempi nella storia? diteli voi.
è per questo che che mi batto quando sento dire "la verità assoluta" , tenetevi e trattate le vostre illusioni come verità, ma togliete di mezzo quell assoluto se no mi incazzo.
Citazione di: Pensarbene il 14 Febbraio 2024, 14:59:15 PMtu ipazia che sai la chimica....sai che un sistema vivente in entropia si disgrega e decompone in catene molecolari organiche e inorganiche fino ad atmozzarsi .
La specie umana ha testato l'organico vivente terrestre fino al massimo possibile e ora sta tramontando come fanno tutti i sistemi viventi prima o poi.
Mi sembra una cosa talmente evidente e normale,logica, perchè farne una tragedia cadendo nel ridicolo?
Ridicolo è assurgersi ad esecutore testamentario della specie umana, vendendo la pelle dell'orso prima di averlo cacciato.
Citazione di: Alberto Knox il 14 Febbraio 2024, 15:49:13 PMIsraele e palestina è il triste esempio di quello che succede quando due differenti principi di verità assolute si scontrano. è subito guerra, è inevitabile . Possiamo trovare altri esempi nella storia? diteli voi.
è per questo che che mi batto quando sento dire "la verità assoluta" , tenetevi e trattate le vostre illusioni come verità, ma togliete di mezzo quell assoluto se no mi incazzo.
Era solo un chiaro esempio di come si possa preparare un esperimento e interferire con esso facendolo collassare in un modo o in un altro con risultato ignoto. Da ateo, o agnostico, ti dirò che stranamente pure io possiedo un Dio, un assoluto, e mi riesce assai difficile pensare che voi tutti possiate sfuggire a questa regola, quindi, dato che tempo fa tu mi hai indicato dicendomi "voi atei...etc", mi piacerebbe sapere a quale Dio tu ti riferisca, o ti riferissi
Citazione di: daniele22 il 15 Febbraio 2024, 07:42:10 AM dato che tempo fa tu mi hai indicato dicendomi "voi atei...etc", mi piacerebbe sapere a quale Dio tu ti riferisca, o ti riferissi
Non mi ricordo di averti puntato il dito, anche perchè ho amici atei , non ho nessun problema che tu sia ateo. Che contesto era?
Citazione di: Alberto Knox il 15 Febbraio 2024, 19:20:54 PMNon mi ricordo di averti puntato il dito, anche perchè ho amici atei , non ho nessun problema che tu sia ateo. Che contesto era?
Non mi ricordo esattamente il contesto, ricordo solo che eri un po' stizzito, ma l'appunto di oggi si riferiva a sapere quale fosse il tuo Dio dato che inorridisci di fronte all'assoluto
Citazione di: daniele22 il 15 Febbraio 2024, 19:35:55 PMNon mi ricordo esattamente il contesto, ricordo solo che eri un po' stizzito, ma l'appunto di oggi si riferiva a sapere quale fosse il tuo Dio dato che inorridisci di fronte all'assoluto
Quello che conta non è Dio in quanto personificazione del Divino. è ciò che determina la tua vita che è importante, quello che conta non è quello che io posso pensare di Dio, o quello che tu pensi di Dio, non conta nemmeno il tuo lavoro o le tesi di laurea o le ideologie di questo o di quello. Quello che conta è la tua vita , cio che conta è existere e non semplicemente vivere. Ex-sistere significa "uscire fuori" e lo interpreto come uscire fuori dalla menzogna che ci portiamo appresso e dire e fare qualcosa di vero, di autentico e di sincero. Quanto tu fai questo allora tocchi la vita e chi ti legge lo sente. Prendi consistenza, sei autentico e non sei solo una presenza . Tutte le esperienze sono vere quando sono sincere. Quindi scrivete qualcosa di sincero cazzo.
la risposta alla tua domanda piu semplice e piu breve è:
non lo so.
Citazione di: Alberto Knox il 15 Febbraio 2024, 20:06:40 PMQuello che conta non è Dio in quanto personificazione del Divino. è ciò che determina la tua vita che è importante, quello che conta non è quello che io posso pensare di Dio, o quello che tu pensi di Dio, non conta nemmeno il tuo lavoro o le tesi di laurea o le ideologie di questo o di quello. Quello che conta è la tua vita , cio che conta è existere e non semplicemente vivere. Ex-sistere significa "uscire fuori" e lo interpreto come uscire fuori dalla menzogna che ci portiamo appresso e dire e fare qualcosa di vero, di autentico e di sincero. Quanto tu fai questo allora tocchi la vita e chi ti legge lo sente. Prendi consistenza, sei autentico e non sei solo una presenza . Tutte le esperienze sono vere quando sono sincere. Quindi scrivete qualcosa di sincero cazzo.
la risposta alla tua domanda piu semplice e piu breve è:
non lo so.
Scusa, hai ragione, d'altra parte anch'io mi affido ad un assoluto ... anzi, si può ben dire che un assoluto sia necessario per non scivolare in un relativismo pernicioso. Ed è vero pure che un credente in Dio, se sincero, è molto meno insidioso di molti atei, proprio perché puoi confrontare se il loro agire è conforme al credo a cui si affidano. Mi chiedo infatti come un cristiano possa sostenere l'attuale modello sociale ben sapendo che la ricchezza si ottiene costringendo alla povertà qualcun altro.
Resta inevasa la domanda di iano, quindi, per come la vedo io si trattò fino a un certo punto della storia (Kant) di inattualità del problema ... in seguito di disonestà intellettuale che oggi ha raggiunto livelli ormai insostenibili
Citazione di: iano il 13 Febbraio 2024, 13:49:20 PMPer ''simile osservazione'' intendo che, la conoscenza non dipenda dal conoscitore, e che l'osservazione più in generale non dipenda dall'osservatore.
Intendo , col senno di poi, che una tale osservazione non è la prima che dovrebbe venire in mente.
la prima che dovrebbe venire in mente, sempre col senno di poi, è che l'osservazione possa dipendere dall'osservatore, dovendosi diversamente assumere l'onere di dimostrare il contrario, o, in alternativa , dichiarare questa indipendenza come una verità in modo esplicito.
Posto che non l'abbiamo fatto (detto col beneficio della mia ignoranza) perchè non l'abbiamo fatto?
Secondo me le vere metafisiche, quelle di massimo livello, non sono quelle che balbettiamo, tipo ''la cosa in sè'', ma quelle che agiscono nostra insaputa.
E mi pare che questa opera di scavarle dovrebbero essere il compito del filosofo, che è quello di operare una continua rifondazione metafisica, posto che una volta scovata la metafisica che agisce a nostra insaputa, di fatto decade in favore di una nuova, lasciando ai politici il compito di fondare e rifondare la società sulle vecchie e nuove metafisiche di cui abbiamo più o meno coscienza.
Diversamente il compito del filosofo verrà inquinato dalle aspettative politiche che la metafisica và a creare, ponendo di fatto un ostacolo alla sua libera evoluzione.
Sarebbe infatti la stessa situazione in cui le aspettative dello scienziato falsano le sue misure.
Sarebbe più in generale una mancanza di onestà intellettuale.
Sia la domanda che il pensiero successivo sono di altissimo livello.
Concordo.
Per capire come mai siamo arrivati a questa incapacità di capire PRIMA, quale sia il problema, prima di addentrarci in qualsiasi problema è proprio come dici tu il PROBLEMA.
La risposte sono Hegel ed Adorno.
Naturalmente sono cose da filosofi, la società è invece impalata dai politici, che seguono esattamente quello che tu poni come problema, loro non lo vedono, e seguono modelli totalmente infondati e deliranti, fino alla soppressione dei fatti.
Il 2020 è l'anno orribilis, non solo perchè la Cina si è fatta "scappare" un virus potenzialmente dannoso, e di fatto. Ma sopratutto perchè l'uomo ha creduto di poterlo sfidare, cadendo nella trappola della disonestà.
Se in america o in europa è stato chiaro che l'uso dei vaccini e delle forme draconiane (avvenute solo in italia, canada e australia) non è stato di alcun aiuto, numeri alla mano, tutt'ora non dico in italia, dove la scienza si è trasformata in "fede", ma addirittura in america, si continuano a rinviare le spiegazioni.
Clamoroso (non tanto se uno sa qualcosa di poltica) come la commissione sulla gestione del coviddo in inghilterra sia stata temporaneamente sospesa (stavano facendo un lavoro egregio-mediocre, ma evidentemente fa paura pure quello) a data indefinita (causa? guerre.....??????).
(permettetimi un breve sorriso alla crisi di nervi perchè la camera ha approvato una commissione di indagine che negli altri stati, escluso immagino il canada :D, è stata già avviata già da un paio d'anni....l'italietta e suoi cavalier cortesi giornalisti, che meraviglia di disonestà intellettuale! Ogni volta che vedo Speranza andare in panico GODO)
La politica è andata in tilt perchè il suo preconcetto di dominare il mondo, essendo il mondo quello che lei si arroga di pensare in maniera esclusiva (come esclusivo è l'uso della violenza...qui la filosofia ha lavorato prima del novecento assai a fondo) non corrisponde più con la realtà (è questo il vero problema IANO!)
Ecco che la domanda che ti sei fatto caro iano, non va bene affatto, chiudiamo tutto, chiudiamo anche il forum. Non va bene farsi domande non lo sapevi? :D
Citazione di: Ipazia il 14 Febbraio 2024, 14:27:42 PMInutile indignarsi. Come diceva un filosofo napoletano: adda passà 'a nuttata.
Mi piace il tuo ottimismo. ;)
Ognuno di noi DEVE trovarlo o inventarselo come nel mio caso :D .
Come diceva Nietzche quello che conta è solo la morale ormai.
Da filosofi però dobbiamo dire chiaramente che è finita.
Citazione di: green demetr il 16 Febbraio 2024, 16:00:16 PMMi piace il tuo ottimismo. ;)
Ognuno di noi DEVE trovarlo o inventarselo come nel mio caso :D .
Come diceva Nietzche quello che conta è solo la morale ormai.
Da filosofi però dobbiamo dire chiaramente che è finita.
Non è neppura cominciata - la morale oltreumana - come filosofia della prassi. Possiamo però elaborarla dentro e presso di noi. Lasciando alla rodente, talvolta esplosiva, critica del tempo ciò che non collima.
Grazie a tutti per le vostre risposte, che mi sarei dovuto aspettare, col senno di poi :D , che avrebbero privilegiato il lato politico della questione.
In effetti il mio interesse era più di tipo filosofico in generale.
Forse il concetto non è facile da spiegare, ma ha a che fare in qualche modo con la mancata banalizzazione della filosofia, nel senso di una mancata presa di coscienza dei suoi meccanismi che si ripetono ciclicamente, piuttosto che assistere ogni volta a una drammatizzazione, come fosse sempre la prima volta che succedono le cose.
Bisognerebbe vedere ormai, dopo millenni che la filosofia è in ballo, il mestiere del filosofo più come quello di un operaio alla catena di montaggio, laddove apparentemente egli costruisce sempre modelli nuovi, ma ripetendo sempre le stesse operazioni, per cui le novità del modello non sono sostanziali, ma servono a ravvivare l'interesse dell'acquirente. Quindi in sostanza forse non c'è mai da aspettarsi grandi sorprese se non nei dettagli inessenziali.
Quali sono in sostanza vi chiedo , secondo voi, quei meccanismi che al di là delle apparenze si ripetono sempre uguali nei lavori dei filosofi, o se credete invece che l'attuale fase della filosofia viva un momento speciale, tanto che nessuno avrebbe potuto prevederlo, al netto della centralità che inconsciamente tendiamo ad attribuire ai tempi che viviamo, potendo ciò falsare il nostro giudizio.
Le ricette filosofiche elaborate 2500 anni fa sono ancora ottime e girandoci intorno si torna sempre lì. Almeno questo eterno ritorno è confermato.
Citazione di: Ipazia il 16 Febbraio 2024, 21:13:40 PMLe ricette filosofiche elaborate 2500 anni fa sono ancora ottime e girandoci intorno si torna sempre lì. Almeno questo eterno ritorno è confermato.
E' appunto un eterno ritorno, ma ad ogni ciclo aumenta la nostra consapevolezza.
Si può far partire la storia da un punto a piacere, e io scelgo, per farla breve, di farla partire da Aristotele, del quale in verità sò poco, ma quel poco forse è l'essenziale.
L'essenziale è la conferma che per millenni gli uomini hanno trovato dentro di sè della sua visione del mondo.
Seppur molti si attardano a cercare ancora dentro di sè quelle conferme, la storia prosegue con conferme che sono fuori da noi, e di cui dobbiamo fidarci, e sono gli esperimenti degli scienziati.
Il fil rouge sono le conseguenze della nostra interazione con la realtà, prima sedimentate dentro ognuno di noi e raccontate magistralmente da Aristotele, quindi da tutti confermate fino a ieri , ma ancora oggi molti si attardano a fare, perchè la lezione di Galilei non si è ancora del tutto sedimentata a quanto pare. Non è stata promossa ancora ad ovvietà.
Solo un apparente accumulo di ovvietà invece quelle di Aristotele, ma non per ciò opera non magistrale,
almeno per la sua imponenza ed esaustivtà.
Ovvietà che sconfinano nella verità, ma figlie solo della nostra abitudine, della nostra familiarità con esse, intimità a ciò che col tempo abbiamo interiorizzato della nostra interazione con la realtà, seppur non con metodo apparente, come non occorresse un metodico mediatore fra noi e la realtà, quello che invece oggi è il metodo scientifico, in sè quindi non una novità, se non per averne preso coscienza, per averlo esternalizzato.
Chi ancora cerca conferme dentro di sè alle cose del mondo, è fuori tempo massimo, ma allo stesso tempo viva testimonianza di quel che è stato.
E' il diverso grado di coscienza a far sembrare diversa la storia, che invece si ripete sempre uguale, e questa diversa coscienza ci si sarebbe potuti aspettare, appunto, che portasse innanzi, invertendone il senso, il senno di poi.
Se tutti fossimo scienziati forse concorderemmo sul fatto che Einstein è stato l'ultimo dei grandi uomini, dopo fra gli altri Aristotele, che furono, e la nuova nostra storia, ma ancora vecchia se qualcosa dalla storia abbiamo imparato, inizia con Niels Bohr.
Però non siamo tutti scienziati, ma uomini comuni che, senza bisogno di andare ad Einstein, ancora si arrabattano per entrare nella visione di Galilei, illudendosi solo di esserci riusciti. Forte è ancora l'istinto infatti di cercare dentro di noi conferme alla realtà.
Citazione di: iano il 16 Febbraio 2024, 23:07:47 PML'essenziale è la conferma che per millenni gli uomini hanno trovato dentro di sè della sua visione del mondo.
Seppur molti si attardano a cercare ancora dentro di sè quelle conferme, la storia prosegue con conferme che sono fuori da noi, e di cui dobbiamo fidarci, e sono gli esperimenti degli scienziati.
cadi nel platonismo già dalle premesse appena dici "essenziale" non facendo altro che contiuare a riformulare la definizione di realtà basata sull essenza . Idea e essenza sono le basi del nostro modo di ragionare . Fuori da questa logica se vuoi costruire qualcosa di nuovo ma quel qualcosa di nuovo sarà ancora una riformulazione della definizione di realtà. Dici , la realtà non trova conferme dentro di noi ma fuori di noi tramite gli esperimenti , ma sei ancora tu che la definisci , chi è che definisce la realtà ? l esperimento o l'esperimentatore ? se le leggi fisiche sono approssimazioni di quello che succede, noi vediamo i fenomeni non le leggi. Allora che diritto abbiamo di definire la realtà in un modo o nell altro? Di nuovo si ricade nella rappresentazione e quindi di nuovo si ricade ad un modello e il modello è astrazione della realtà . Di nuovo si arriva all uomo e alle sue idee. Interpretazioni, teorie, modelli, sono tutti artefici della mente dei fisici. Quindi che conferme fuori di noi?
Daltronde abbiamo contezza a malapena del 4% di tutto l'universo visibile. Esso è composto infatti per il 75% di energia oscura e il 90% della materia che compongono le galassie è definita anch essa oscura. Finora si sono fatte solo deboli congetture.
Poi siamo composti da una dozzina di tipi di atomi e quindi siamo costituiti dal 99,999999999 da vuoto. Sono gli atomi stessi che ci compongono che sono costituiti da vuoto . Basti pensare che che il 99,9% della massa atomica è concentrata in una regione di spazio il cui diametro è centomila volte inferiore a quello dell atomo. In altre parole ,se potessimo comprimere gli atomi all interno dei loro nuclei , il nostro corpo collasserebbe in un volume inferiore a quello di una capocchia di uno spillo. Fantasia? non propio, una compressione di questo tipo avviene realmente in natura per effetto della gravità che da luogo a stelle di neutroni, dove un cucchiaino di materia ha una massa concentrata che è pari a quella del monte Everest. Eppure , pur essendo noi stessi composti da vuoto e da pochi tipi di atomi , siamo in grado di capire molto della realtà che ci circonda. Non è incredibile? Quindi mi accontenterei di questa capacità di poter capire quello che ci circonda piuttosto che voler determinare (definire) la realtà che sta dietro a ciò che ci circonda . è filosofia da Alice voler arrivare oltre il conoscibile. Secondo me, se pur sono ben consapevole che prima o poi Alice dovrà uscire da quello specchio .
@iano
A dire il vero io una risposta te l'ho data, quindi potevi contestarla oppure assecondarla con qualche annotazione che potesse favorire l'avanzamento del dialogo. Procedo quindi parlando da solo così come si conviene ai solipsisti inconsapevoli, tenendo però conto che io sono un solipsista consapevole.
Da un punto di vista strettamente filosofico, cioè fondato su logica e ragione senza includere l'osservatore, l'eterno ripetersi (vedi pure il libro di Qoelet) non avrebbe ragion d'essere, nel senso che dovremmo esserci arrivati ben prima. Io so che Eraclito era chiamato l'oscuro, magari c'era già arrivato lui perché col 🔥 fuoco era proprio partito col piede giusto. Beh, se non c'è arrivato lui ci sono arrivato io dopo duemilacinquecento anni. Come mai tutto questo tempo? Non so dirlo per certo, comunque si tratterebbe di un processo di esercizio di prepotenza determinato da tre tipi di causa, o almeno io ne vedo tre: malattia mentale, disonestà e idiozia ... Guardando però ad un'eventuale pratica politica da attuarsi, giacché questo è il problema, sarebbe chiaro che le tre cause citate possano considerarsi senza distinzione ... ovvero, nessun portatore sarebbe adatto a governare e non ci vuole molto a capire chi, tra coloro che aspirano, ne sia affetto
Citazione di: iano il 16 Febbraio 2024, 21:02:49 PMGrazie a tutti per le vostre risposte, che mi sarei dovuto aspettare, col senno di poi :D , che avrebbero privilegiato il lato politico della questione.
In effetti il mio interesse era più di tipo filosofico in generale.
Forse il concetto non è facile da spiegare, ma ha a che fare in qualche modo con la mancata banalizzazione della filosofia, nel senso di una mancata presa di coscienza dei suoi meccanismi che si ripetono ciclicamente, piuttosto che assistere ogni volta a una drammatizzazione, come fosse sempre la prima volta che succedono le cose.
Bisognerebbe vedere ormai, dopo millenni che la filosofia è in ballo, il mestiere del filosofo più come quello di un operaio alla catena di montaggio, laddove apparentemente egli costruisce sempre modelli nuovi, ma ripetendo sempre le stesse operazioni, per cui le novità del modello non sono sostanziali, ma servono a ravvivare l'interesse dell'acquirente. Quindi in sostanza forse non c'è mai da aspettarsi grandi sorprese se non nei dettagli inessenziali.
Quali sono in sostanza vi chiedo , secondo voi, quei meccanismi che al di là delle apparenze si ripetono sempre uguali nei lavori dei filosofi, o se credete invece che l'attuale fase della filosofia viva un momento speciale, tanto che nessuno avrebbe potuto prevederlo, al netto della centralità che inconsciamente tendiamo ad attribuire ai tempi che viviamo, potendo ciò falsare il nostro giudizio.
In generale la filosofia contemporanea sembra influenzata da due tendenze:
1) spiegare la tradizione mostrando che ciò che è elevato potrebbe venire da ciò che sta in basso, che ciò che è nobile viene da ciò che è meschino (il che significa che più che una spiegazione si tratta di una distruzione);
2) sviluppare la critica alla nozione di verità.
Queste due tendenze, declinate in vari modi, mi sembra, impediscano che si possa continuamente tornare indietro agli stessi pensieri, come se fossimo destinati a ripetere cicli più o meno simili.
Per quanto riguarda la metafisica: l'ossessione odierna per l'immanentismo, la volontà (impossibile) di toccare con mano a tutti i costi la realtà, può far apparire filosoficamente importante criticare l'invenzione concettuale meta-fisica, che sta al di sopra delle cose del mondo e che usiamo per comprenderle. Non credo sia così. La filosofia, per quanto mi riguarda, serve essenzialmente a fare chiarezza, al singolo individuo, solo alla vita del singolo individuo anche se il suo discorso ha una forma universale (ingenuamente universale). Per me non è una cura (cura del linguaggio, dei concetti fondamentali di una civiltà, etc.), non è riforma dei rapporti di dominio.
Citazione di: Koba II il 17 Febbraio 2024, 11:14:23 AMIn generale la filosofia contemporanea sembra influenzata da due tendenze:
1) spiegare la tradizione mostrando che ciò che è elevato potrebbe venire da ciò che sta in basso, che ciò che è nobile viene da ciò che è meschino (il che significa che più che una spiegazione si tratta di una distruzione);
2) sviluppare la critica alla nozione di verità.
Queste due tendenze, declinate in vari modi, mi sembra, impediscano che si possa continuamente tornare indietro agli stessi pensieri, come se fossimo destinati a ripetere cicli più o meno simili.
Per quanto riguarda la metafisica: l'ossessione odierna per l'immanentismo, la volontà (impossibile) di toccare con mano a tutti i costi la realtà, può far apparire filosoficamente importante criticare l'invenzione concettuale meta-fisica, che sta al di sopra delle cose del mondo e che usiamo per comprenderle. Non credo sia così. La filosofia, per quanto mi riguarda, serve essenzialmente a fare chiarezza, al singolo individuo, solo alla vita del singolo individuo anche se il suo discorso ha una forma universale (ingenuamente universale). Per me non è una cura (cura del linguaggio, dei concetti fondamentali di una civiltà, etc.), non è riforma dei rapporti di dominio.
Non sono d'accordo. Tra le altre cose la filosofia si occupa pure della correttezza del pensiero. Di chi sarebbe quindi il compito di segnalare che il pensiero umano è radicalmente sbagliato?
Citazione di: daniele22 il 17 Febbraio 2024, 12:35:20 PMNon sono d'accordo. Tra le altre cose la filosofia si occupa pure della correttezza del pensiero. Di chi sarebbe quindi il compito di segnalare che il pensiero umano è radicalmente sbagliato?
Della correttezza del ragionamento si occupa la logica. Se ne può in generale occupare anche la filosofia, e sì, nell'ambito di un dibattito è utile segnalare gli errori nelle argomentazioni, ma se parliamo, in modo più strettamente personale, di ciò che ci spinge a studiare filosofia la mia risposta non potrà mai essere "la gioia di correggere i falsi sillogismi".
Diverso è il discorso quando ciò che si ritiene sbagliato sono i fondamenti di una certa tradizione. Non è che vengano sentiti come semplici errori, come fraintendimenti, anche se magari vengono presentati come tali. Vengono criticati nel loro complesso. Qui siamo ad un livello molto più profondo. È la differenza tra la critica alla metafisica di Nietzsche e quella dei neopositivisti ai concetti "inconsistenti" (per loro) di un certo testo filosofico, di un certo autore.
Essere ossessionati dal platonismo (da una certa interpretazione del platonismo), come Alberto Knox, a mio giudizio, presuppone l'illusione che ripulito il proprio discorso da certe parole "vietate" si superino tutti i mali della civiltà occidentale, o si presenti un nuovo inizio.
Invece non solo non succede niente a livello di civiltà, ma non si è nemmeno iniziato a comprendere se stessi.
Ma è appunto, come dicevo, un discorso prettamente personale, qui veramente ogni forma è legittima, si tratta solo del proprio modo di intendere l'illusione della filosofia (perché di questo si tratta, di illusione).
Citazione di: Koba II il 17 Febbraio 2024, 13:35:44 PMMa è appunto, come dicevo, un discorso prettamente personale, qui veramente ogni forma è legittima, si tratta solo del proprio modo di intendere l'illusione della filosofia (perché di questo si tratta, di illusione).
Ma l'illusione è tale solo in quanto non conforme alla realtà.
E la realtà è la stessa Verità.
Di modo che l'illusione è falsità.
Ma è illusione, è falsità, aspirare alla Verità?
Perché la filosofia è proprio questa aspirazione, questo slancio verso il Vero.
Non vi è alcuna pretesa di affermare il Vero, nella autentica filosofia.
Di modo che non vi è neppure alcuna illusione.
È illusorio il convincimento quasi inconscio, nel momento in cui si costruisce o si segue un discorso filosofico, di essere un po' più nel vero.
Mentre invece si sta semplicemente esprimendo una preferenza che ha origine in altri luoghi rispetto al logos.
Si confonde il bisogno psicologico, per esempio, per conoscenza pura, reale, necessaria.
Così non è.
Citazione di: Koba II il 17 Febbraio 2024, 14:42:37 PMÈ illusorio il convincimento quasi inconscio, nel momento in cui si costruisce o si segue un discorso filosofico, di essere un po' più nel vero.
Mentre invece si sta semplicemente esprimendo una preferenza che ha origine in altri luoghi rispetto al logos.
Si confonde il bisogno psicologico, per esempio, per conoscenza pura, reale, necessaria.
Così non è.
Sì, ma il convincimento è necessario.
Perché per provare a salire, occorre fare affidamento alla solidità del prossimo scalino.
Lo stesso pensiero consiste nel convincimento nella "verità" di ciò che, appunto, si pensa.
Questa è la meraviglia della mente! Un dialogo tra sé e sé dove si tengono necessariamente fermi dei significati, per poter pensare.
Che in caso contrario... vi sarebbe solo non senso.
Senza però mai esagerare... Cioè senza cadere nella "illusione" di possedere allora la Verità!
La questione perciò non è il convincimento in sé, ma la sua assolutizzazione, che comporta inevitabilmente l'arresto del pensare!
Difatti, l'autentica filosofia è metafisica.
Ma la metafisica non può che essere uno sguardo sul Nulla.
In nome di che?
In nome del Bene, di Dio .
Citazione di: Koba II il 17 Febbraio 2024, 11:14:23 AMIn generale la filosofia contemporanea sembra influenzata da due tendenze:
1) spiegare la tradizione mostrando che ciò che è elevato potrebbe venire da ciò che sta in basso, che ciò che è nobile viene da ciò che è meschino (il che significa che più che una spiegazione si tratta di una distruzione);
Una bella sfilza di giudizi aprioristici di valore che meriterebbero un adeguato corrispettivo di argomentazione. In nome ...
Citazione2) sviluppare la critica alla nozione di verità.
... della verita, sua nozione e critica della nozione.
CitazioneQueste due tendenze, declinate in vari modi, mi sembra, impediscano che si possa continuamente tornare indietro agli stessi pensieri, come se fossimo destinati a ripetere cicli più o meno simili.
Forse l'impedimento nasce da una individuazione così deformata della questione filosofica. Che prosegue ulteriormente fino all'aporia solipsistica:
CitazionePer quanto riguarda la metafisica: l'ossessione odierna per l'immanentismo, la volontà (impossibile) di toccare con mano a tutti i costi la realtà, può far apparire filosoficamente importante criticare l'invenzione concettuale meta-fisica, che sta al di sopra delle cose del mondo e che usiamo per comprenderle. Non credo sia così. La filosofia, per quanto mi riguarda, serve essenzialmente a fare chiarezza, al singolo individuo, solo alla vita del singolo individuo anche se il suo discorso ha una forma universale (ingenuamente universale). Per me non è una cura (cura del linguaggio, dei concetti fondamentali di una civiltà, etc.), non è riforma dei rapporti di dominio.
L'unico dominio rivendicato dalla filosofia è a-letheia. Il cui discorso tende per sua natura ad avere una forma comunicabile e universale. La filosofia
à la carte è distruzione della filosofia. Anche in forma molto meschina.
Citazione di: Koba II il 17 Febbraio 2024, 14:42:37 PMÈ illusorio il convincimento quasi inconscio, nel momento in cui si costruisce o si segue un discorso filosofico, di essere un po' più nel vero.
Mentre invece si sta semplicemente esprimendo una preferenza che ha origine in altri luoghi rispetto al logos.
Si confonde il bisogno psicologico, per esempio, per conoscenza pura, reale, necessaria.
Così non è.
Questo tuo pensiero, come altri, è molto profondo, ma non sufficiente a cogliere un aspetto della realtà che sarebbe fondamentale. Non hai capito cioè quello che intendo. Se dico "radicalmente sbagliato" lo dico proprio nel senso letterale del termine. L'essere umano dà per cosa ovvia, scontata, mai se ne sarebbe occupato, che il processo che mette in moto l'apprendimento delle cose che accadono corrisponda ad un'indagine dei sensi. Non è così. Il processo conoscitivo parte invece dal provare piacere e dolore in cui i sensi servono solo a cercare di inquadrare ciò che procura tali sensazioni. La differenza tra queste due posizioni di pensiero è abissale. Tutta la filosofia patisce questo errore, eccezion fatta per qualche filosofo di cui però io non ho notizia e che comunque non avrebbe avuto successo. Il risultato di questo errore è, a conti fatti, la grande confusione che stiamo vivendo. Le motivazioni che portano a insistere in tale atteggiamento le ho già dette in precedenza: malattia mentale, mala fede e stupidità
CitazioneLa filosofia, per quanto mi riguarda, serve essenzialmente a fare chiarezza, al singolo individuo, solo alla vita del singolo individuo anche se il suo discorso ha una forma universale (ingenuamente universale). Per me non è una cura (cura del linguaggio, dei concetti fondamentali di una civiltà, etc.), non è riforma dei rapporti di dominio.
Rispettabile prospettiva ma appunto, trascendentale. La filosofia greca da Socrate in poi, ha insegnato la necessità di far incontrare la soggettività con l'etica collettiva, con ciò che è concepibile come giusto. Pur non risolvendosi solo in questo, questa è la mia personale interpretazione della filosofia: un metasapere in grado di riflettere su di sè e sugli altri saperi (che deve conoscere) al servizio non di sè stesso ma della giustizia umana.
Citazione di: iano il 16 Febbraio 2024, 21:02:49 PMGrazie a tutti per le vostre risposte, che mi sarei dovuto aspettare, col senno di poi :D , che avrebbero privilegiato il lato politico della questione.
In effetti il mio interesse era più di tipo filosofico in generale.
Forse il concetto non è facile da spiegare, ma ha a che fare in qualche modo con la mancata banalizzazione della filosofia, nel senso di una mancata presa di coscienza dei suoi meccanismi che si ripetono ciclicamente, piuttosto che assistere ogni volta a una drammatizzazione, come fosse sempre la prima volta che succedono le cose.
Bisognerebbe vedere ormai, dopo millenni che la filosofia è in ballo, il mestiere del filosofo più come quello di un operaio alla catena di montaggio, laddove apparentemente egli costruisce sempre modelli nuovi, ma ripetendo sempre le stesse operazioni, per cui le novità del modello non sono sostanziali, ma servono a ravvivare l'interesse dell'acquirente. Quindi in sostanza forse non c'è mai da aspettarsi grandi sorprese se non nei dettagli inessenziali.
Quali sono in sostanza vi chiedo , secondo voi, quei meccanismi che al di là delle apparenze si ripetono sempre uguali nei lavori dei filosofi, o se credete invece che l'attuale fase della filosofia viva un momento speciale, tanto che nessuno avrebbe potuto prevederlo, al netto della centralità che inconsciamente tendiamo ad attribuire ai tempi che viviamo, potendo ciò falsare il nostro giudizio.
Come ti ho già detto i modelli che operano affinchè vi sia una coercizione del pensiero intorno al niente, sono descritti in maniera definitiva dalla critica all'acido solforico di Adorno.
La filosofia finisce con Adorno.
Ma di cosa si occupava Adorno? Della filosofia di Hegel.
Anche a questa domanda ti avevo già risposto.
Sei tu che mi devi dire quale siano questi modelli che ripetono una "descrizione della realtà" senza addentrarsi nella politica, che li determina.
Parli inoltre di una maggior coscienza a ogni giro ciclico dell'eterno ritonro, ossia alla coazione a ripetere delle nevrosi del nostro tempo, il che è contradditorio.
Dopo il 2020 non solo la scienza, ma anche la logica è andata in ferie.
Oh signur! :D
Citazione di: green demetr il 17 Febbraio 2024, 22:14:57 PMSei tu che mi devi dire quale siano questi modelli che ripetono una "descrizione della realtà" senza addentrarsi nella politica, che li determina.
Parli inoltre di una maggior coscienza a ogni giro ciclico dell'eterno ritonro, ossia alla coazione a ripetere delle nevrosi del nostro tempo, il che è contradditorio.
Dopo il 2020 non solo la scienza, ma anche la logica è andata in ferie.
Oh signur! :D
Non è la descrizione della realtà che si ripete, ma i meccanismi che portano alle successive descrizioni, dove fisica e metafisica sono gli ingranaggi immancabili.
Ad ogni ciclo, cioè ad ogni nuova descrizione, cresce la coscienza dei meccanismi sottesi, sempre uguali.
C'è chi vede in ciò una progressione verso la verità.
Io, in alternativa , mi aspetto una banalizzazione di quei meccanismi a seguito di una loro progressiva esplicitazione.
Banalizzazione che rende quei meccanismi strumenti per costruire filosofie come si costruiscono automobili in una catena di montaggio (detto in modo provocatorio).
L'invito quindi è smettere di schierarsi per l'una o l'altra filosofia, tanto più se questo schieramento è suggerito da una posizione politica, e cercare la loro origine comune. Cercare di trasformare il senno di poi nel senno di ora togliendosi il paraocchi delle proprie aspettative.
Il politico non può non essere influenzato dalle diverse descrizioni della realtà, ma le diverse descrizioni della realtà non dovrebbero essere influenzate dalla politica.
Sarebbe come se le misure fossero falsate dalle aspettative dello sperimentatore.
Non prendere posizione non significa non avere posizione.
Significa lasciare che sia la metafisica che agisce in noi a nostra insaputa a determinare la nostra posizione.
La metafisica quindi non và fatta, ma va esplicitata, perchè la metafisica ''siamo noi''.
Ma nel momento in cui la metafisica viene esplicitata, prendendone coscienza, essa si ''degrada'' o viene ''promossa'', a strumento, con inevitabili allarmismi antinichilistici.
E' l'allarme di chi confonde la descrizione della realtà con la realtà, per cui quando cambia la descrizione si grida alla fine del mondo.
E' l'allarme di chi non sa che quando muore un mondo se ne fa un altro.
E' morto il mondo, viva il mondo.
Non è un caso filosofico se i greci usarono una forma negativa per definire la verità e gli orientali parlarono di illuminazione. Illuminare ciò che è nascosto è un processo infinito, l'essenza, se ve n'è una, della filosofia. Il significato del suo esistere.
Citazione di: Ipazia il 18 Febbraio 2024, 08:07:45 AMNon è un caso filosofico se i greci usarono una forma negativa per definire la verità e gli orientali parlarono di illuminazione. Illuminare ciò che è nascosto è un processo infinito, l'essenza, se ve n'è una, della filosofia. Il significato del suo esistere.
Brava.
Aletheia, come svelamento, dove invece illuminazione suggerisce più l'apparente immediatezza dello svelamento.
Infatti togliere un velo è un attimo.
Di tempo però ce ne vuole tanto in effetti, perchè il difficile è trovarlo.
E il perchè sia cosi difficile forse non è cosa banale.
Esso infatti è ben mimetizzato perché svolge una funzione vitale, essendo il telo in cui viene proiettata l'illusione della realtà, senza la quale non potremmo vivere.
Ma quel velo funziona anche come la pelle del serpente.
Se vuoi crescere te ne devi liberare , ma non puoi farlo finché non prendi coscienza che si tratta della tua pelle.
Velo che non è da intendere quindi come cosa negativa in se, ma come elemento essenziale della dinamica vitale.
Mentre, presa coscienza del velo, lo togliamo come in una illuminazione, un altro viene tessuto a nostra insaputa, garantendo la continuità della vita nel cambiamento.
Svelamento infine non dell'assoluto, ma del relativo sepolto in noi, come in una caccia al tesoro nascosto.
La filosofia dovrebbe avere più il carattere gioioso di un gatto che cerca di acchiapparsi la coda, o come quando cerchi i tuoi occhiali guardando in giro attraverso il loro vetri.
a meno che quello che è nascosto non sia per niente illuminante e luminoso,ma oscuro in tutti i sensi.
"Quanto siete imprudenti a volte voi esseri umani" sta scritto su molte lapidi....
Citazione di: Pensarbene il 18 Febbraio 2024, 09:34:20 AMa meno che quello che è nascosto non sia per niente illuminante e luminoso,ma oscuro in tutti i sensi.
"Quanto siete imprudenti a volte voi esseri umani" sta scritto su molte lapidi....
Non a caso invitavo preventivamente ad un atteggiamento di ricerca gioiosa, paventando il tuo post. :))
Completando infine il mio precedente post, l'assoluto può spiegarsi col relativo, perché il relativo nascosto, finché rimane tale, vale a tutti gli effetti un assoluto.
Citazione di: Koba II il 17 Febbraio 2024, 14:42:37 PMÈ illusorio il convincimento quasi inconscio, nel momento in cui si costruisce o si segue un discorso filosofico, di essere un po' più nel vero.
Vorrei aggiungere, che ciò che davvero conta della filosofia è il naufragio.
Cioè è proprio la caduta, lo svanire di ogni illusione, l'autentico scopo della filosofia.
Ma deve essere "vero" fallimento.
Ovvero il riconoscimento, anche doloroso e disperante, del limite insuperabile.
Può sembrare assurdo: la ricerca della Verità trova la sua ragion d'essere nel proprio fallimento...
Ma non vi è alcuna assurdità!
Infatti è proprio nel naufragio del pensiero, quando ogni "verità" si rivela incerta, forse illusoria, che il filosofo giunge al suo compimento.
Allora, forse, può iniziare la metamorfosi.
Citazione di: iano il 18 Febbraio 2024, 10:17:36 AMNon a caso invitavo preventivamente ad un atteggiamento di ricerca gioiosa, paventando il tuo post. :))
Completando infine il mio precedente post, l'assoluto può spiegarsi col relativo, perché il relativo nascosto, finché rimane tale, vale a tutti gli effetti un assoluto.
È la concezione di fröhliche Wissenschaft di Nietzsche. Il senso della ricerca è la ricerca e si intrecca col senso della vita che è la vita. La cui libido è intrufolarsi, illuminandolo, nell'oscurità dell'ignoto che effettivemente ha un sapore di assoluto, finché rimane tale. Attirando irresistibilmente la curiosità dell'animale senziente, il filosofo.
Citazione di: Jacopus il 17 Febbraio 2024, 17:23:26 PMRispettabile prospettiva ma appunto, trascendentale. La filosofia greca da Socrate in poi, ha insegnato la necessità di far incontrare la soggettività con l'etica collettiva, con ciò che è concepibile come giusto. Pur non risolvendosi solo in questo, questa è la mia personale interpretazione della filosofia: un metasapere in grado di riflettere su di sè e sugli altri saperi (che deve conoscere) al servizio non di sè stesso ma della giustizia umana.
Hai parlato di giustizia. Ma perché la pratica della giustizia, sia quando ci riguarda direttamente in questioni private che in quelle pubbliche, è sempre così deludente, modesta?
A causa di un deficit di conoscenza?
Se fossimo stati bravi nell'attività di questo meta-sapere che è, secondo te, la filosofia, tutto sarebbe andato diversamente?
Io non credo.
Socrate faceva il suo primo passo nella filosofia proclamando di "sapere di non sapere"?
Ripartiamo da lì. Ribaltiamo noi stessi, le nostre certezze. Non accontentiamoci di discorsi pseudo-scientifici che vorrebbero spiegare quello che in realtà presuppongono. Teniamo d'occhio il senso comune, perché la filosofia è tutt'altro.
Allora si prenderà atto che ciò che si sta facendo è un cammino in solitudine. È comprensione dolorosa di se stessi, dolorosa perché è una rinuncia a tutte le cose del mondo, che ormai appaiono per quello che sono, inconsistenti, illusorie.
Ma, come ho già spiegato, questo stesso cammino, è in parte illusorio, perché è alimentato da una speranza assurda, cioè quella di arrivare ad una meta, anche se si sa fin dall'inizio che la meta non esiste o non è raggiungibile. Senza questa serietà "sbagliata" tuttavia ci si fermerebbe subito, al primo ristoro. Per cui, sia benedetta nei secoli dei secoli!
Per rispondere anche a bobmax: si è capito da quello che ho scritto sopra che sono almeno in parte d'accordo con te. Il tuo discorso si addice anche alla conversione religiosa. La metamorfosi, preparata dal lavoro della rinuncia e della disillusione, potrebbe essere l'accoglimento dell'assurdo, cioè della possibilità di Dio, del Dio cristiano, non di un dio che se ne sta lontano al riparo dai paradossi che la sua presenza provoca nel credente. Ma noi siamo come Abramo, senza però l'udito per sentire chiaramente ciò che ci comanda. Con il sospetto che ci rode dentro che il comando che crediamo di avere sentito era solo l'eco del discorso di un prete, l'eco delle parole di un clown.
Citazione di: Koba II il 19 Febbraio 2024, 11:46:35 AMHai parlato di giustizia. Ma perché la pratica della giustizia, sia quando ci riguarda direttamente in questioni private che in quelle pubbliche, è sempre così deludente, modesta?
A causa di un deficit di conoscenza?
Se fossimo stati bravi nell'attività di questo meta-sapere che è, secondo te, la filosofia, tutto sarebbe andato diversamente?
Io non credo.
Socrate faceva il suo primo passo nella filosofia proclamando di "sapere di non sapere"?
Ripartiamo da lì. Ribaltiamo noi stessi, le nostre certezze. Non accontentiamoci di discorsi pseudo-scientifici che vorrebbero spiegare quello che in realtà presuppongono. Teniamo d'occhio il senso comune, perché la filosofia è tutt'altro.
Allora si prenderà atto che ciò che si sta facendo è un cammino in solitudine. È comprensione dolorosa di se stessi, dolorosa perché è una rinuncia a tutte le cose del mondo, che ormai appaiono per quello che sono, inconsistenti, illusorie.
Ma, come ho già spiegato, questo stesso cammino, è in parte illusorio, perché è alimentato da una speranza assurda, cioè quella di arrivare ad una meta, anche se si sa fin dall'inizio che la meta non esiste o non è raggiungibile. Senza questa serietà "sbagliata" tuttavia ci si fermerebbe subito, al primo ristoro. Per cui, sia benedetta nei secoli dei secoli!
Per rispondere anche a bobmax: si è capito da quello che ho scritto sopra che sono almeno in parte d'accordo con te. Il tuo discorso si addice anche alla conversione religiosa. La metamorfosi, preparata dal lavoro della rinuncia e della disillusione, potrebbe essere l'accoglimento dell'assurdo, cioè della possibilità di Dio, del Dio cristiano, non di un dio che se ne sta lontano al riparo dai paradossi che la sua presenza provoca nel credente. Ma noi siamo come Abramo, senza però l'udito per sentire chiaramente ciò che ci comanda. Con il sospetto che ci rode dentro che il comando che crediamo di avere sentito era solo l'eco del discorso di un prete, l'eco delle parole di un clown.
@ Koba
''So di non sapere quel che so'', inteso come ''so di non sapere tutto ciò che contengo'', con il conseguente invito a conoscere se stessi, potrebbe essere il continuo del percorso socratico che non è un cammino solitario, perchè condividiamo quel che sappiamo di non sapere.
Quel che sappiamo di sapere è la parte minoritaria di noi, quella che ci fa diversi in tale apparenza da crederci del tutto diversi, ma conoscere se stessi equivale invece a conoscere gli altri, che equivalgono alla parte nascosta di noi.
Il perdono che Papa Francesco invita a praticare senza eccezioni, quando è un perdono sincero, rende felici, perchè equivale ad una accettazione del grosso di se, il noi che ignoriamo.
Se continuiamo a proiettare il male quanto il bene fuori di noi, come altro da noi, questo ci porta dritti alla depressione derivante dall'impossibilità di conoscerci e quindi di accettarci.
La disillusione che si prova verso il mondo è rifiuto di de stessi.
Citazione di: Koba II il 19 Febbraio 2024, 11:46:35 AMPer rispondere anche a bobmax: si è capito da quello che ho scritto sopra che sono almeno in parte d'accordo con te. Il tuo discorso si addice anche alla conversione religiosa. La metamorfosi, preparata dal lavoro della rinuncia e della disillusione, potrebbe essere l'accoglimento dell'assurdo, cioè della possibilità di Dio, del Dio cristiano, non di un dio che se ne sta lontano al riparo dai paradossi che la sua presenza provoca nel credente. Ma noi siamo come Abramo, senza però l'udito per sentire chiaramente ciò che ci comanda. Con il sospetto che ci rode dentro che il comando che crediamo di avere sentito era solo l'eco del discorso di un prete, l'eco delle parole di un clown.
Non penso, Koba, che Abramo sentisse chiaramente ciò che ci comanda.
Perché nessuno può davvero udire.
Si può magari "percepire" qualcosa, può succedere di vivere esperienze che ci toccano profondamente, facendoci persino cambiare direzione, ma poi resta sempre un che indistinto, che necessita di essere investigato.
Insomma, sta sempre solo a noi decidere come deve essere interpretato ciò che pur abbiamo vissuto.
Perché è impossibile udire chiaramente?
Che sia impossibile lo richiede l'etica.
Proviamo a immaginare se invece fosse possibile...
Mi giunge una voce, chiara e inequivocabile, che mi dice cosa devo fare.
Non vi è più alcun dubbio su cosa sia giusto e cosa no.
Attenzione!
Sono di fronte all'assoluto.
Epperò io ci sono ancora... cioè continuo a esistere in quanto "io".
Ci sono io... e vi è l'assoluto.
Cioè da una parte ci sono io e dall'altra Dio.
Dio c'è e sta di fronte a me.
Essendoci, esistendo, io posso obbedire oppure rifiutare.
È proprio questa stessa separazione tra me e Dio a rendere possibile l'accettazione o il rifiuto.
In gioco è l'Assoluto!
Questa "possibilità" determina una scissione tra il Bene e il Male.
Il Male assoluto è possibile!
Lo è perché io posso rifiutare il Bene.
Quindi è l'etica che richiede che nessuna voce sia mai chiara, inequivocabile.
Se lo fosse io non potrei esserci.
Perciò, nella esistenza, il Giusto non può che scaturire da me stesso
Dio, ha bisogno di me.
Citazione di: Koba II il 19 Febbraio 2024, 11:46:35 AMHai parlato di giustizia. Ma perché la pratica della giustizia, sia quando ci riguarda direttamente in questioni private che in quelle pubbliche, è sempre così deludente, modesta?
A causa di un deficit di conoscenza?
Se fossimo stati bravi nell'attività di questo meta-sapere che è, secondo te, la filosofia, tutto sarebbe andato diversamente?
Io non credo.
Io credo di sì: "finora i filosofi hanno solo cercato di capire il mondo, mentre si tratta di cambiarlo" (cit). La filosofia della prassi cambia il mondo e lo fa a partire dalla conoscenza, che viene prima della giustizia, sua posteriore applicazione.
CitazioneSocrate faceva il suo primo passo nella filosofia proclamando di "sapere di non sapere"?
Ripartiamo da lì. Ribaltiamo noi stessi, le nostre certezze. Non accontentiamoci di discorsi pseudo-scientifici che vorrebbero spiegare quello che in realtà presuppongono. Teniamo d'occhio il senso comune, perché la filosofia è tutt'altro.
Certo, deve diventare prassi, incarnarsi nel mondo.
CitazioneAllora si prenderà atto che ciò che si sta facendo è un cammino in solitudine. È comprensione dolorosa di se stessi, dolorosa perché è una rinuncia a tutte le cose del mondo, che ormai appaiono per quello che sono, inconsistenti, illusorie.
Ma, come ho già spiegato, questo stesso cammino, è in parte illusorio, perché è alimentato da una speranza assurda, cioè quella di arrivare ad una meta, anche se si sa fin dall'inizio che la meta non esiste o non è raggiungibile. Senza questa serietà "sbagliata" tuttavia ci si fermerebbe subito, al primo ristoro. Per cui, sia benedetta nei secoli dei secoli!
Questa è la visione del teista che pone il senso del mondo e della vita dietro/sopra il mondo e la vita. Superata dalla visione atea che trae il senso del mondo e della vita dal mondo e dalla vita. Un senso
collettivo per forza di cose evolutive della nostra specie. Quindi un cammino ed un confronto continuo
insieme, diverso da quello del teista tutto preso dalla salvezza della sua anima individuale e dal suo rapporto col nume di riferimento che lo giudica, e premia o punisce, individualmente.
a),il mondo non si cambia,al massimo lo si aiuta ad autoequilibrarsi quel tanto che basta.
Dgtare: sistemi complessi,algoritmi di gestione dei sistemi complessi,tensori di sviluppo,ecc ...
b)gli atei assorbono metafisica,trascendenza e religioni in un unica cosa:la scienza.
Poi si stupiscono se il microcosmo e il macrocosmo si comportano in un modo strano e inaspettato, sorprendente, liberi da spazio tempo e dimensioni.
c)i credenti sani di mente godono il corpo e la mente in modo tale che l'Anima può dormire sonni tranquilli e godere anch'essa quando vuole e come vuole.
Dio si rilassa :)) perchè sanno fare da soli e non hanno bisogno di assistenza come molti atei, agnostici e credenti insani.
Citazione di: iano il 18 Febbraio 2024, 01:34:28 AMNon prendere posizione non significa non avere posizione.
Significa lasciare che sia la metafisica che agisce in noi a nostra insaputa a determinare la nostra posizione.
La metafisica quindi non và fatta, ma va esplicitata, perchè la metafisica ''siamo noi''.
Ma nel momento in cui la metafisica viene esplicitata, prendendone coscienza, essa si ''degrada'' o viene ''promossa'', a strumento, con inevitabili allarmismi antinichilistici.
E' l'allarme di chi confonde la descrizione della realtà con la realtà, per cui quando cambia la descrizione si grida alla fine del mondo.
E' l'allarme di chi non sa che quando muore un mondo se ne fa un altro.
E' morto il mondo, viva il mondo.
Ciò che l'individuo non dovrebbe esplicitare è proprio l'oscurità in cui si trova immerso, pena la sua vulnerabilità. L'oscurità che quindi dovrebbe esplicitare dovrebbe pertanto assumere una forma "oggettiva" riconoscibile dalla comunità degli individui senza che l'individuo si esponga personalmente aprendo la sua sfera interiore.
Quello che attualmente è drammatico sarebbe che Il potere, tramite i dati forniti dal nostro agire in rete, ha la capacità di intercettare la nostra sfera emotiva, sia a livello collettivo che individuale rendendoci in tal modo vulnerabili, manovrabili.
Io ho già esplicitato la mia tesi sulla condizione dell'essere umano (solipsista e/o irrazionale) e ho già proposto la mia prassi che si armonizza con tale condizione. Se si continua a pretendere di essere razionali il completo disorientamento è inevitabile. A fronte di questo, come dici, morto un mondo se ne fa un altro, ricorrendo però ad un particolare artificio, la prospettiva anarchica, la quale ci permetterebbe di mettere in atto politiche più razionali, più consone cioè alla nostra pretesa di essere razionali senza in realtà esserlo. Passato infatti il giorno in cui ci si troverebbe tutti d'accordo adottando tale prospettiva, si ritornerebbe ad esercitare la propria irrazionalità nelle stesse molteplici forme in cui la si esercita oggi, ma certamente in modo più contenuto
Citazione di: daniele22 il 20 Febbraio 2024, 09:09:24 AMCiò che l'individuo non dovrebbe esplicitare è proprio l'oscurità in cui si trova immerso, pena la sua vulnerabilità.
Non è a questa oscurità che mi riferivo, ma a quella metafisica nascosta in noi che ci fa scambiare il ''mondo in cui viviamo'' per la realtà. Quella metafisica che ci fa apparire ovvio ed evidente ciò che ovvio non è, perchè, o tutto è ovvio, oppure nulla lo è, e secondo me nulla è ovvio.
Il compito della filosofia quindi secondo me è di smascherare le ovvietà, scovando le metafisiche che le generano,
e ciò significa mettere in crisi il mondo in cui viviamo
sapendo però che altre metafisiche prenderanno il loro posto per generare un nuovo mondo.
Questo mondo è solo un interfaccia fra noi e la realtà, e ci dice della realtà tanto quando dice di noi, e cambia quando noi cambiamo.
Ma non siamo noi scambiare la realtà, è la realtà che ci cambia.
Noi possiamo solo fare più o meno resistenza al cambiamento, perchè il nuovo mondo quando si profila ci sembra sempre sbagliato, ma poi diventa giusto col senno di poi.
Il punto è se sarà possibile per noi, intesi come vecchia generazione, vivere nel nuovo mondo , perchè finora si è verificato che tale trasloco sia equivalso ad un cambio generazionale.
Considerando l'accelerazione dei cambiamenti mi chiedo se saremo capaci di vivere più mondi nell'arco di una sola generazione o se ci tocca morire conservatori indissolubilmente legati al mondo in cui siamo nati.
Se vogliamo restare seppelliti, ancora vivi, nei bei tempi andati.
L'oscurità di cui parli tu è forse quella che ci fa desiderare un mondo fatto su misura solo per ognuno di noi.
Per capire se viviamo in un mondo fatto così basta verificare se noi siamo buoni e gli atri tutti cattivi. :))
Cosa che, per quanto nuove ovvietà scalzino le vecchie, ovvia non dovrebbe mai essere considerata.
Se invece la consideriamo ovvia, allora vuol dire che viviamo in un mondo a parte, fatto solo per noi, e in parte ciò deve essere vero per ognuno di noi, nella misura in cui siamo portatori più o meno sani di individualità.
Ognuno di noi in qualche misura è un mondo a parte che solo quella strana cosa detta amore riesce ogni tanto ad unire.
Citazione di: Ipazia il 17 Febbraio 2024, 16:59:26 PMUna bella sfilza di giudizi aprioristici di valore che meriterebbero un adeguato corrispettivo di argomentazione.
La filosofia del Novecento ha senz'altro dedicato molta energia al tema della dissoluzione del soggetto. Ti richiami spesso a Nietzsche per la fedeltà alla terra e alla natura ma ti dimentichi che per lui la coscienza è un campo di battaglia di forze che l'individuo registra e subisce, e che quando pensa di poter controllare non può liberarsi dal sospetto che tale convinzione sia solo l'effetto superficiale di un'altra forza più profonda, ancora sconosciuta. Questo di fatto comporta l'impossibilità di ogni etica, presa come normativa (mentre resta la possibilità di descrizioni del comportamento umano, che del resto è sempre stato l'ambito dell'etica più credibile, più interessante).
Nel primo punto sulle tendenze contemporanee ("spiegare la tradizione mostrando che ciò che è elevato potrebbe venire da ciò che sta in basso etc.") avevo sintetizzato in modo estremo il primo aforisma di Umano troppo umano I, che può essere letto come l'anticipazione di un programma filosofico di tipo genealogico che verrà sviluppato nelle sue opere e in quelle di tanti altri filosofi dopo di lui.
Una conclusione inevitabile è che le idee principali dei pensatori più studiati nel secolo scorso hanno determinato una crisi profonda della riflessione etica.
La cui rifondazione può basarsi su alcuni progetti, che a me sembrano tutti fragili:
1) la ripresa della metafisica (da cui la possibilità della costruzione di un'etica oggettiva);
2) la socialità, la comunità, la comunicazione, secondo diverse declinazioni;
3) la natura e l'etologia;
4) una generale riflessione sulla fede, sui suoi paradossi e sul rapporto con l'altro.
Per cui il carattere pubblico della pratica filosofica, che comunque nella concretezza delle nostre vite non ha alcun riscontro reale, essendo da noi praticata con lettura e scrittura nella solitudine delle nostre abitazioni (per quanto sia bello ricordarsi dell'Atene classica e delle sue dispute di piazza), il carattere pubblico, dicevo, va argomentato, anzi rifondato, non è che basta ricordarsi di Socrate, e soprattutto è fuori luogo giudicare meschino chi prende atto di come di fatto viene vissuta oggi la pratica filosofica, chi ha l'onestà di ammettere che gli unici effetti sicuri sono una chiarificazione di se stessi.
Citazione di: Ipazia il 19 Febbraio 2024, 15:42:49 PMQuesta è la visione del teista che pone il senso del mondo e della vita dietro/sopra il mondo e la vita. Superata dalla visione atea che trae il senso del mondo e della vita dal mondo e dalla vita. Un senso collettivo per forza di cose evolutive della nostra specie. Quindi un cammino ed un confronto continuo insieme, diverso da quello del teista tutto preso dalla salvezza della sua anima individuale e dal suo rapporto col nume di riferimento che lo giudica, e premia o punisce, individualmente.
No, affatto, qui il teismo non c'entra niente. Ti invito a non utilizzare sempre gli stessi schemi interpretativi. Catalogare velocemente il pensiero dell'altro non dovrebbe essere sentito come la finalità principale del "gioco".
Guardando il mondo, il male, il dolore etc., proprio mantenendo l'assenza di ogni spiegazione teologica o metafisica, come fa per esempio Leopardi, si può (e qui c'è la mia personale reazione, che naturalmente è discutibile) provare un senso di inconsistenza delle cose della vita, di quelle che concretamente riempiono la vita, non perché manchino di un riferimento trascendente, non perché solo terrene, ma perché inevitabilmente troppo fragili di fronte al polo negativo dell'esistenza.
D'altra parte, le ho definite illusioni proprio perché sono comunque capaci di convincerci di possedere un surplus di senso che ce ne fa dimenticare la fragilità, l'inconsistenza.
Il fatto di essere ancora vivo è una prova che il soggetto (affine a queste idee) è interno ad una specie di dialettica disillusione-illusione, che se si concludesse nell'uno o nell'altro polo sarebbe la fine del suo essere un soggetto filosofico (melanconia totale nel primo polo, becero edonismo nel secondo).
Citazione di: iano il 20 Febbraio 2024, 09:24:56 AMNon è a questa oscurità che mi riferivo, ma a quella metafisica nascosta in noi che ci fa scambiare il ''mondo in cui viviamo'' per la realtà. Quella metafisica che ci fa apparire ovvio ed evidente ciò che ovvio non è, perchè, o tutto è ovvio, oppure nulla lo è, e secondo me nulla è ovvio......etc
L'oscurità di cui parlo è invece proprio la metafisica, quella oscura metafisica che ci fa desiderare un mondo fatto su misura per il proprio io invece che fatto su misura per tutti. Posso capire che l'individuo possa scambiare la mappa per il territorio, ma diventa per me problematico seguirti quando sostieni che l'individuo scambi "il mondo in cui viviamo" (non capisco perché l'hai messo tra virgolette) per la realtà. ¿Secondo te non è ovvio che se ti tagli una gamba recidendo magari un'arteria, oltre che a sentire il dolore (mondo reale) se non agisci in fretta te ne vai in un paio di minuti all'altro mondo?
Ti dirò allora che per me tutto questo è ovvio e ti invito a scendere coi piedi per terra. Tu dici inoltre che il compito della filosofia è smascherare le ovvietà. Beh, io l'ho fatto, ma sembra che tu non lo accetti senza tra l'altro contestare ... non lo accetti e basta. E allora ti chiedo: com'è possibile che tu ti renda conto che l'osservatore influenzi la realtà e non ti renda conto del motivo che regge infine tale evidenza?, cosa che per me invece sarebbe ovvia
Citazione di: daniele22 il 20 Febbraio 2024, 11:39:34 AML'oscurità di cui parlo è invece proprio la metafisica, quella oscura metafisica che ci fa desiderare un mondo fatto su misura per il proprio io invece che fatto su misura per tutti. Posso capire che l'individuo possa scambiare la mappa per il territorio, ma diventa per me problematico seguirti quando sostieni che l'individuo scambi "il mondo in cui viviamo" (non capisco perché l'hai messo tra virgolette) per la realtà. ¿Secondo te non è ovvio che se ti tagli una gamba recidendo magari un'arteria, oltre che a sentire il dolore (mondo reale) se non agisci in fretta te ne vai in un paio di minuti all'altro mondo?
Ti dirò allora che per me tutto questo è ovvio e ti invito a scendere coi piedi per terra. Tu dici inoltre che il compito della filosofia è smascherare le ovvietà. Beh, io l'ho fatto, ma sembra che tu non lo accetti senza tra l'altro contestare ... non lo accetti e basta. E allora ti chiedo: com'è possibile che tu ti renda conto che l'osservatore influenzi la realtà e non ti renda conto del motivo che regge infine tale evidenza?, cosa che per me invece sarebbe ovvia
Non sono io che decido coscientemente cosa è ovvio, perchè l'evidenza sembra venire da se, non è un fatto individuale , ma condiviso, e proprio queste sue caratteristiche ci inducono a scambiare il mondo in cui viviamo per la realtà, e perciò ho usato le virgolette perchè in ragione di ciò li usiamo come sinonimi.
L'evidenza delle cose deriva da una metafisica condivisa, ma mai assoluta, per cui succede che la si può cambiare, seppur con l'inerzia che deriva dal suo essere condivisa, negando qualcosa che a tutti sembra vera.
Però io non credo che siamo noi in modo diretto a decidere la nuova metafisica. noi possiamo solo dismettere la vecchia, o meglio provare a individuarla, e individuarla equivale a dismetterla perchè essa non regge alle critiche quando viene evidenziata.
Può agire solo in incognito, al riparo dal logos.
Noi al massimo riusciamo solo a percepire qualcosa di confuso che da essa si origina e che riusciamo solo a balbettare senza di fatto dire nulla, come quando parliamo della ''cosa in sè''.
La fonte delle cose ''che appaiono come sono'' in tutta la loro evidenza, non è per niente evidente.
Il lavoro dei filosofi è eccellente quando bisogna criticare la metafisica dei loro predecessori, ma è un pò come uccidere un uomo morto, perchè la metafisica una volta svelata ha i giorni contati, divenendo facile preda del logos.
Poi falliscono però miseramente quando devono proporre la loro metafisica alternativa, il che c'era da aspettarselo col senno di poi.
Non sono i filosofi in modo diretto a costruire le nostre metafisiche condivise, perchè non è con le parole che si costruiscono. Le parole servono solo a smontarle, e di più i filosofi non possono fare.
Allora recati a Gaza e vai a spiegare a qualcuno di loro che non se la prenda troppo perché questo non é un mondo reale. Non mi interessa discutere con chi nega certe cose. Saluti
Le nostre interazioni con la realtà più che creare conoscenza, creano i mondi in cui viviamo, e che perciò crediamo di conoscere, e se questa conoscenza pur ci sembra parziale, tanto da ridurla esagerando al sapere di non sapere, è perchè le interazioni non sono finite, perchè la costruzione dei nostri mondi non ha fine finché noi ci siamo. Da ciò, interpretando il sapere come qualcosa di indipendente da noi, data l'evidenza con cui le cose ci appaiono, si può trarre l'impressione di una progressione verso qualcosa che chiamiamo verità, una evidenza definitiva, non più attaccabile, che varrebbe di fatto però come la fine della nostra interazione con la realtà, e che non a caso ci immaginiamo, se abbiamo fatto i bravi in questo mondo, a contemplarla in una eterna immobilità in un altro .
Costruire questi mondi in sè non è difficile, tanto è vero che ognuno è capace di costruirsene uno a propria misura, col rischio però poi di restarvi intrappolato, perchè la parte difficile non è, appunto, costruirli, ma condividerli, e questo credo sia un tratto della nostra evoluzione che non può essere accelerato, come invece tutto il resto del nostro mondo sembra oggi fare.
La meccanica quantistica non creerà nessun mondo in cui potremo vivere nell'immediato., e non sappiamo semmai lo creerà, perchè potremmo trovarci di fronte ad una svolta evolutiva.
Di sicuro al momento non sappiamo che metafisica dovrebbe fare da base alla nuova fisica, ma i fisici, seppur sinceramente turbati non meno di noi che poco ci capiamo, non sembravano aver trovato ostacolo in ciò ad andare avanti.
Niels Bohr ha detto che chi crede di aver capito la meccanica quantistica allora vuol dire che non l'ha capita.
Quindi forse è proprio la metafisica che sta sotto al concetto di ''capire'' che è arrivato il momento di smascherare., e fatto ciò forse capiremo che non c'è niente da capire.
Citazione di: daniele22 il 20 Febbraio 2024, 12:34:07 PMAllora recati a Gaza e vai a spiegare a qualcuno di loro che non se la prenda troppo perché questo non é un mondo reale. Non mi interessa discutere con chi nega certe cose. Saluti
Rispetto la tua volontà, ma continuerò a leggere i tuoi post che tanti spunti di riflessione mi hanno dato.
Però hai ragione che tendo a sorvolare sulla cronaca.
Sono fatto così.
Mi piace vedere le cose da lontano in un quadro generale.
Non sò se è un bene o un male , ma mi aiuta nei momenti in cui ho l'impressione che il mondo ce l'abbia con me riuscire ad osservarlo in modo distaccato.
L'episteme non può che essere intersoggettiva e su questo mi pare concordi pure iano. Costringerla al solipsismo, e poi dire che non funziona, vuol dire voler vincere facile.
Iano ha dato molte risposte e non mi soffermerò su di esse. In particolare, la metafisica, come distillato transeunte di una riflessione filosofica, l'ha impostata bene.
Le nuove metafisiche tengono conto del superamento delle antiche e non sono poi così da buttar via, visto che sono riuscite a dare un'impostazione unitaria alla ricerca nel campo delle scienze naturali (ontologia) che, facendo la tara degli affaristi stregoni, continua a funzionare, anche senza illusionismi noumenici.
Resta alla filosofia il campo etico. Nietzsche incluso, il più moralista degli immoralisti, il nichilista per amore della verità, violentata da una moltitudine di dei falsi e bugiardi inventati da una casta parassitaria di tarantole velenose che egli denuncia invocando lo spirito della terra.
Spirito che restituisce alla vita il senso della vita così come l'evoluzione l'ha generata, lasciando ai senzienti, se ne hanno la capacità e il merito, di portare avanti l'opera.
O fallire, come tante specie prima degli umani, che qualche marcia in più, nel bene e nel male, ce l'hanno.
Meritandosi forse un giorno l'al di là, del bene e del male.
Citazione di: F.Nietzsche - Umano troppo umanoParte prima Delle prime e ultime cose
1. Chimica dei concetti e dei sentimenti.
I problemi filosofici assumono, oggi, quasi sotto ogni aspetto, la stessa forma interrogativa di duemila anni fa: come può qualcosa nascere dal suo contrario, ad esempio il razionale dall'irrazionale, ciò che sente da ciò che è morto, la logica dall'illogicità, una contemplazione disinteressata da una volontà bramosa, un vivere altruistico dall'egoismo, la verità dall'errore? La filosofia metafisica ha cercato finora di superare questa difficoltà negando che l'una cosa potesse nascere dall'altra e supponendo, per le cose considerate superiori, un'origine magica, direttamente dal nucleo essenziale della «cosa in sé». Di contro la filosofia storica, che ormai non si può più pensare separata dalla scienza naturale ed è il più recente di tutti i metodi filosofici, ha stabilito in singoli casi (ed è da supporre che tale sarà la sua conclusione per tutti i casi) che non si tratta di opposti, se non nell'usuale esagerazione delle concezioni popolari o metafisiche, e che questa contrapposizione si fonda su un errore della ragione: stando ad essa non esiste, a rigor di termini, né un agire non egoistico, né una contemplazione affatto disinteressata; l'uno e l'altra sono soltanto sublimazioni, nelle quali l'elemento di base appare quasi volatilizzato, e rivela la sua presenza solo ad una osservazione più sottile. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno, e che allo stadio attuale delle singole scienze può esserci concesso, è una chimica delle idee e dei sentimenti, morali, religiosi, estetici, come pure di tutte quelle emozioni che sperimentiamo in noi nel grande e piccolo commercio con la cultura e la società e persino nella solitudine: ma che accadrebbe, se questa chimica finisse per concludere che anche in questo campo i colori più belli sono quelli che si ricavano da una materia umile, e persino spregiata? Quanti avranno voglia di seguire tali indagini? L'umanità ama fugare dalla propria mente gli interrogativi sull'origine e sugli inizi: non si deve forse essere quasi disumanizzati per sentire in sé l'inclinazione contraria?
L'osservazione sottile che inverte i parametri della vecchia metafisica iperuranica non può che partire dal suo contrario, la terra, fino a "disumanizzarsi" dalla sublimazione per trovare un umano "debunkizzato" seguendo l'inclinazione contraria, dalla terra al cielo.
Debunking "chimico" inteso come gaia scienza, la nuova episteme su cui operare la trasvalutazione (etica). Altro che nichilismo tout court: negazione del veneficio tarantolato della millenaria tradizione religiosa !
Ultime osservazioni. Poi chiudo.
L'episteme, intesa come verità incontrovertibile, come verità in senso forte, è proprio ciò di cui non disponiamo, come risultato della critica filosofica degli ultimi 150 anni.
Ovviamente non può essere fondata o rifondata sull'accordo intersoggettivo. È la doxa, intesa come opinione di valore, non come semplice punto di vista soggettivo, che può uscire da un dibattito pubblico.
L'episteme può essere fondata o sul realismo (ingenuo) della scienza, o sul ripristino di una metafisica. Nel primo caso la sua incontrovertibilità sarebbe garantita dal fatto che la scienza moderna esprime la realtà così come essa è. Ma un'attenta analisi mostra che questo punto di vista è insostenibile. Nel secondo caso si ritorna a un pensiero ancora meno sostenibile. Ma qui per metafisica si intende proprio un sistema, non l'uso di concetti che ingenuamente si pensano come rispecchianti la realtà ma che da un'attenta analisi risultano essere "costruzioni" umane.
Il tuo commento all'aforisma di Umano troppo umano è poco chiaro, ma pensare che la gaia scienza possa essere la nuova episteme è ridicolo, a meno di voler usare le parole in totale libertà, o meglio "alla cavolo", così per il gusto di battute lapidarie.
Non credo che Nietzsche intendesse la gaia scienza "alla cavolo" ma come sintesi tra una scienza naturale ormai padrona dell'ontologia, dopo aver constato la non necessità di una causa prima iperuranica e di una verità fondata sulla cosa in sé, ed un'etica riscritta secondo criteri immanenti che sappiano leggere e attuare la "chimica" dei comportamenti umani.
Questa è l'episteme di riferimento, il substrato metafisico della nuova oggettività scientifica, fondata sull'intersoggettività dei riscontri e dei ragionamenti.
Metodo che alla lunga prevale sulle dogmatiche metafisiche di ogni tipo, nonostante la loro prolificità, per lo più riesumativa. Ma pure innovativa, con la consueta aura scientista.
Citazione di: Koba II il 20 Febbraio 2024, 10:50:43 AMUna conclusione inevitabile è che le idee principali dei pensatori più studiati nel secolo scorso hanno determinato una crisi profonda della riflessione etica.
La cui rifondazione può basarsi su alcuni progetti, che a me sembrano tutti fragili:
1) la ripresa della metafisica (da cui la possibilità della costruzione di un'etica oggettiva);
Rifondare un'etica oggettiva su basi metafisiche è possibile solo riesumando la religione e più che fragile mi pare un progetto dogmatico fallito.
Citazione2) la socialità, la comunità, la comunicazione, secondo diverse declinazioni;
3) la natura e l'etologia;
Questa invece è la parte forte del progetto se non altro perchè è l'unica provvista di fondamenti "oggettivi" (ethos) che possa reggere un discorso etico dotato di senso.
Citazione4) una generale riflessione sulla fede, sui suoi paradossi e sul rapporto con l'altro.
Se si intende un'etica solipsistica all'insegna del fideismo, effettivamente è fragile e inconcludente.
Il ciclico pessimismo che accompagna la storia umana cosa dovrebbe insegnarci col senno di poi?
La difficolta a dare una risposta potrebbe risiedere nel fatto che parlare di storia umana è una semplificazione, perchè ad ogni ciclo abbiamo una nuova umanità.
Da questa semplificazione potrebbe derivare l'idea di un etica assoluta, e non invece relativa all'uomo nuovo, se è un etica che ha base naturale.
Ad ogni ciclo abbiamo un uomo nuovo perchè ha inglobato in se nuove tecnologie che sono la causa prima che scatena il pessimismo, che ha il valore di un rigetto da trapianto tecnologico.
Parliamo di un uomo che rigetta la nuova tecnologia, ma che è esso stesso una sedimentazione di tecnologie accumulate, e che non si sogna di rimettere in discussione queste vecchie tecnologie ormai parte integrante di se.
E' una storia che si ripete in modo banale e con una puntualità da credere che da essa nulla abbiamo imparato.
C'è da dire anche che il pessimismo in quanto reazione immunitaria ha una sua funzione vitale, per cui potrebbe essere fatale saltare questo passaggio, siccome istruiti dalla storia.
Poi ci sono anche gli ottimisti, quelli come me ad esempio, e pure quelli, si spera, avranno la loro utile funzione.
Alla fine comunque il sistema immunitario impara sempre a riconoscere la tecnologia nuova come parte , e il processo si ripeterà così, finché ci sarà un umanità.
Sembra strano che ogni volta lo trattiamo come cosa sempre nuova,( ...non c'è più mondo...non si è mai vista una cosa del genere...) come se lo volessimo ignorare a bella posta, e il sospetto è che questa ignoranza possa essere funzionale.
La febbre, il pessimismo, in fondo è il sintomo che il corpo sta reagendo a un problema di salute, ma succede pure che una reazione esagerata ottenga l'effetto opposto uccidendoci.
E' sempre una questione di equilibrio alla fine.
Basta non esagerare in pessimismo quanto in ottimismo.
Citazione di: Koba II il 20 Febbraio 2024, 10:50:43 AMUna conclusione inevitabile è che le idee principali dei pensatori più studiati nel secolo scorso hanno determinato una crisi profonda della riflessione etica.
La cui rifondazione può basarsi su alcuni progetti, che a me sembrano tutti fragili:
Citazione di: Koba II il 20 Febbraio 2024, 18:17:08 PML'episteme, intesa come verità incontrovertibile, come verità in senso forte, è proprio ciò di cui non disponiamo, come risultato della critica filosofica degli ultimi 150 anni.
Per me queste sono due considerazioni portanti e al contempo sintomatiche: portanti perché parlano di attualità, senza tuttavia recidere il filo con la storia occidentale, sintomatiche perché, proprio essendo ancora legate a quel filo, espongono il "nervo scoperto" su cui batte il disagio del passaggio al pensiero contemporaneo, ossia un'inconscia avversione per la fragilità delle relazioni umane (prima citazione) e per la debolezza della verità (seconda citazione). Questo duplice rifiuto è "semplicemente" alla base della proiezione tanto di divinità nel cielo quanto di velleità assolutistiche sulla terra (dal fascino dei "poteri forti" al transumanesimo per rendere l'uomo più "forte").
Qualunque meta-fisica che ci promette di ridurre fragilità e debolezza, siano sociali o individuali, copre quel nervo, ci fa sentire meglio, e allora ci sembra "ovvio" che una prospettiva auspicabile
debba avere un fondamento forte (ed essere a sua volta forte) e se non è disponibile sarà sufficiente cercarlo, o crearlo o concordarlo. Quando poi questa forza si rivela ancora una volta inadatta a coprire
totalmente fragilità e debolezza, ecco che il nervo scoperto si fa sentire e si parla di crisi, di "
mala tempora", etc. quando è "semplicemente" umanità al suo stato di disincanto attuale. E anche il parlare della "forza che deriva dal farsi consapevolmente carico della debolezza individuale e sociale" non fa altro che confermare l'istintiva avversione per la debolezza (che in fondo è un modo brutale e istintuale di leggere l'impermanenza).
Citazione di: iano il 18 Febbraio 2024, 00:40:45 AMSarebbe come se le misure fossero falsate dalle aspettative dello sperimentatore.
Che è quello che è avviene ogni santissimo giorno della scienziaaaaa.
te lo ripeto coazione a ripetere.
della tue filosofia generative alla AI, penso solo male.
io tifo hegel come ouverture, ma l'opera è quella di nietzche.
e non mi pare che lui parli delle cose che dici tu.
Citazione di: Ipazia il 20 Febbraio 2024, 17:16:44 PML'osservazione sottile che inverte i parametri della vecchia metafisica iperuranica non può che partire dal suo contrario, la terra, fino a "disumanizzarsi" dalla sublimazione per trovare un umano "debunkizzato" seguendo l'inclinazione contraria, dalla terra al cielo.
Debunking "chimico" inteso come gaia scienza, la nuova episteme su cui operare la trasvalutazione (etica). Altro che nichilismo tout court: negazione del veneficio tarantolato della millenaria tradizione religiosa !
Tu non sai nemmeno leggere i testi.
Temo che poche persone ci riescano, una di queste sono io.
Anzi sono l'unica che conosco.(pensa che festa!)
Tu stai facendo di una supposizione di nietzche, già ampiamente smentita dalla psichiatria, ma non dalla ideologia pixar :D , una scienza ??? , ti prego Ipazia!
A parte che non hai capito proprio come lavora Nietzche: con l'ironia all'acido solforico.
Nietzche parla prima dell'ironizzazione finale, di sublimazioni.
Magari un ripassino di Freud, anche da libro liceale va bene.
Ma perchè parlate di Nietzche? è troppo difficile per voi.
Rimanete alle quattro idee messe in croce da Marx, che almeno valgono qualcosa.
Citazione di: iano il 19 Febbraio 2024, 12:29:56 PMLa disillusione che si prova verso il mondo è rifiuto di de stessi.
Per questo parlo di Hegel, più che di kant.
Perchè se stessi non esiste.
Esiste solo il mondo, come esclusione dell'io.
Quale è la differenza (fondamentale!) tra sè stesso e io?
Per molti e per molte filosofie non esiste.
E peccato che nel frattempo c'è stato Hegel.
il sè stesso, è il medesimo che l'altro ritiene di sapere del mio io.
Ma questo "mio" io deve alla fine rendersi conto che di "suo" non c'è niente.
Noi siamo una continua divergenza.
Pensare che Bruno l'aveva capito prima di Hegel è incredibile.
Perchè Hegel lo conosce proprio all'apice della scienza.
Ed Hegel sa benissimo che la scienza diventerà a breve la scienziaaaaaa.
Solo lì (laddove l'io conosce per certo che non è un sè, perchè la tecnica è una espunzione del sè verso un medesimo che MAI SAREMO, in quanto MORTALI) può capire come mai la scienza non è la scienza, ma è SEMPRE una scienziaaaa.
Asgaràààààà
Fondare l'etica sull'impermanenza è missione impossibile per i troppo umani, il cui illusionismo coinvolgerebbe anche Nietzsche in restaurazioni metafisiche trascendenti, con che entusiasmo dell'annunciatore del "nichilismo" è facile immaginare.
Citazione di: Phil il 21 Febbraio 2024, 22:45:59 PMPer me queste sono due considerazioni portanti e al contempo sintomatiche: portanti perché parlano di attualità, senza tuttavia recidere il filo con la storia occidentale, sintomatiche perché, proprio essendo ancora legate a quel filo, espongono il "nervo scoperto" su cui batte il disagio del passaggio al pensiero contemporaneo, ossia un'inconscia avversione per la fragilità delle relazioni umane (prima citazione) e per la debolezza della verità (seconda citazione). Questo duplice rifiuto è "semplicemente" alla base della proiezione tanto di divinità nel cielo quanto di velleità assolutistiche sulla terra (dal fascino dei "poteri forti" al transumanesimo per rendere l'uomo più "forte").
Qualunque meta-fisica che ci promette di ridurre fragilità e debolezza, siano sociali o individuali, copre quel nervo, ci fa sentire meglio, e allora ci sembra "ovvio" che una prospettiva auspicabile debba avere un fondamento forte (ed essere a sua volta forte) e se non è disponibile sarà sufficiente cercarlo, o crearlo o concordarlo. Quando poi questa forza si rivela ancora una volta inadatta a coprire totalmente fragilità e debolezza, ecco che il nervo scoperto si fa sentire e si parla di crisi, di "mala tempora", etc. quando è "semplicemente" umanità al suo stato di disincanto attuale. E anche il parlare della "forza che deriva dal farsi consapevolmente carico della debolezza individuale e sociale" non fa altro che confermare l'istintiva avversione per la debolezza (che in fondo è un modo brutale e istintuale di leggere l'impermanenza).
Sì, ma per onestà occorre evidenziare anche il rischio di questo approccio: che la filosofia smetta di essere critica del reale e si specializzi nell'apprezzamento di ogni suo aspetto.
Cioè, così come la metafisica copre le cose incomprensibili e irrazionali e terribili con il suo sistema, così una filosofia che si limita a dire che l'orrore fa parte dell'umano rischia di essere totalmente ininfluente, un inutile invito a non concentrarsi troppo sul negativo perché tutto sommato il negativo è tale solo se confrontato con un positivo solo immaginato.
Il pessimismo è una prospettiva in fondo errata, basata solo sulle aspettative impossibili della metafisica? È una tonalità emotiva causata dal solo disincanto?
C'è il rischio reale che per non vedere l'orrido e l'impermanenza si volti lo sguardo da un'altra parte facendo finta di niente, di non vedere.
Citazione di: Ipazia il 22 Febbraio 2024, 09:25:00 AMFondare l'etica sull'impermanenza è missione impossibile per i troppo umani, il cui illusionismo coinvolgerebbe anche Nietzsche in restaurazioni metafisiche trascendenti, con che entusiasmo dell'annunciatore del "nichilismo" è facile immaginare.
infatti l'etica non si fonda, si impone.
Forse tu intedevi la morale.
Ma la moralità neppure si fonda.
La morale è dentro l'uomo e va ricercata al di là di esso.
Ossia al di là delle sue costruzioni metafisiche.
Che invece che liberare l'uomo lo rendono schiavo.
Basta vedere come la propaganda islamica si sia infiltrata nelle teste vuote occidentali.
In questo a mio modo il materialismo storico deve essere molto netto.
La storia racconta di come l'uomo faccia sempre gli stessi errori.
quando nietzche in umano troppo umano dice di aver visto il migliore degli uomini e di non aver trovato grande differenza rispetto ai primi uomini, intende dire proprio questa imponderabile ignoranza degli errori del passato.
Il comunista materialista storico, che pensi la democrazia come una gestione virtuosa della RES PUBBLICA, deve pensare assai più in grande.
A partire dalla giustizia, che deve farsi scienza che contiene TUTTE le altre scienze.
Prima del tracollo intellettuale dell'inizio anni 70 si scrivevano cose molto interessanti su tale tema.
La giustizia come meta-scienza, una rifondazione necessaria.
Meta scienza umana. Invece noi si va verso una metascienza artificiale.
(in cina già egregiamente sviluppata).
Dove la scienza è proprio intesa come umana, umanità cultura storica.
Il compito che si sobbarcò nietzche a mio parere è quello di aver messo per come dire i presupposti per una critica storica, ad una visione storica progressiva.
L'uomo deve buttare anzitutto il pensiero oltre la linea della sua storia ideale, fantastica, e nietzche aggiunge, ma il pensiero non è altro che un viscere del cuore.
Francamente io non ho quel tipo di coraggio.
Per me Nietzche è un monolite nero.
E sbaglio lo so.
Ma capisco benissimo di cosa sta parlando.
capire e agire sono cose diverse.
l'idealismo che preve ha utilizzato per aprire come una scatola il tempo moderno.
pensiero e azione.
comunità.
al tempo un allievo di Sini aveva aperto la discussione qui, ma poi se ne è andato.
Già oggi chi ha piu il tempo di stare a pensare CON gli altri.
aggiungo ultima cosa che il mio maestro ha aggiunto e che mi ha lasciato allucinato.
la volontà.
la volontà oggi è un termine che davo per scontato, ma in realtà è stata la filosofia a forgiarlo.
La volontà dell'individuo, del soggetto.
mi ha allucinato, perchè è proprio di questa assenza di volontà (pure mia sia chiaro) che la psicanalisi indaga da tempo.
anche la pscianalisi si è dimenticata che la volontà è un raggiungimento e a quanto pare, neppure cosi sicuro come si crede.
Le radici del male si spingono in fondo alla storia, degli eventi storici, e degli eventi del pensiero (cristiano, inutile negarlo).
bè a questo e altri mille pensieri in seguito.
marzo è vicino e gli angeli mi hanno lasciato via libera.
ps
e dunque per rientrare nel topic: ma il senno del poi, non lo conosciamo in fondo di già?
I sofismi contemporanei non li avevano visti gli antichi greci prima di colassare come civiltà?
Appunto. Topic assai ricco di aggiunte.
Citazione di: Koba II il 22 Febbraio 2024, 10:46:19 AMla metafisica copre le cose incomprensibili e irrazionali e terribili con il suo sistema
Non hai torto, ma io la racconto in un altro modo questa storia.
Io credo che senza metafisica non vi sia comprensione della fisica.
In particolare non vi è evidenza delle cose, cioè la comprensione immediata delle cose, anche se immediata propriamente non è, in quanto appunto è mediata dalla metafisica. la metafisica è un iceberg del quale noi balbettiamo solo ciò che confusamente emerge alla nostra coscienza., di modo che percepiamo qualcosa di cui non sappiamo dire, e non potendo dire non possiamo criticare.
La critica alla metafisica difficilmente può intaccare quindi la sua parte sommersa, se ciò può darti un pò di ottimismo.
Questo è il motivo per cui anche quando sgamiamo la natura illusiva di certe apparenti evidenze, ciò non intacca la loro natura di immediatezza, perchè la parte sommersa della metafisica non viene intaccata da una consapevolezza residuale.
La metafisica è la fonte della nostra comprensione, e funziona come tale finché non viene compresa, e può venire compresa solo se una nuova metafisica la sostituisce, a partire da essa.
Abbiamo esempi di ciò col senno di poi?
Chi conosce a fondo la storia della filosofia potrebbe provare a rispondere.
Io ne dubito, perchè associo la costruzione metafisica ai tempi evolutivi.
Anche se mai dire mai, viste le accelerazioni evolutive che viviamo.
Però non è da credere che assisteremo ad una evoluzione che seppellisce dentro di noi i cambiamenti evolutivi facendone carne della nostra carne, senza bisogno che ne siamo consapevoli.
Le nuove tecnologie resteranno fuori di noi, prestandosi in tal modo più che mai alle critiche, e l'unico modo per legarle a noi è un uso massiccio, mai sperimentato, di coscienza.
Non è un compito facile e facile è cadere invece nel pessimismo.
Uno sguardo a volo d'uccello, o di drone, sulla storia dell'uomo dovrebbe però rilevarci, che a parte i dettagli, non c'è niente di nuovo.
Basterebbe usare il senno di poi senza farsi prendere dall'emotività.
Non credo che stiamo vivendo tempi speciali, nonostante tutto, per quanto gli uomini tendano a dare un posto centrale al tempo che vivono.
Il senno di poi serve ad aggiustare, rifondandola, l'etica/morale, che sono la stessa se si vogliono evitare corto circuiti logici. A che altro dovrebbe servire il senno di poi ? La ricerca nella scienza naturale non prevede un senno di poi, ma un senno di prima, che si perfeziona in corso d'opera. Per questo è riservata a pochi che vi si dedicano con passione e onestà intellettuale ed etico/morale.
Citazione di: iano il 22 Febbraio 2024, 20:31:33 PMNon hai torto, ma io la racconto in un altro modo questa storia.
Io credo che senza metafisica non vi sia comprensione della fisica.
In particolare non vi è evidenza delle cose, cioè la comprensione immediata delle cose, anche se immediata propriamente non è, in quanto appunto è mediata dalla metafisica. la metafisica è un iceberg del quale noi balbettiamo solo ciò che confusamente emerge alla nostra coscienza., di modo che percepiamo qualcosa di cui non sappiamo dire, e non potendo dire non possiamo criticare.
La critica alla metafisica difficilmente può intaccare quindi la sua parte sommersa, se ciò può darti un pò di ottimismo.
Questo è il motivo per cui anche quando sgamiamo la natura illusiva di certe apparenti evidenze, ciò non intacca la loro natura di immediatezza, perchè la parte sommersa della metafisica non viene intaccata da una consapevolezza residuale.
La metafisica è la fonte della nostra comprensione, e funziona come tale finché non viene compresa, e può venire compresa solo se una nuova metafisica la sostituisce, a partire da essa.
Abbiamo esempi di ciò col senno di poi?
Chi conosce a fondo la storia della filosofia potrebbe provare a rispondere.
Io ne dubito, perchè associo la costruzione metafisica ai tempi evolutivi.
Anche se mai dire mai, viste le accelerazioni evolutive che viviamo.
Però non è da credere che assisteremo ad una evoluzione che seppellisce dentro di noi i cambiamenti evolutivi facendone carne della nostra carne, senza bisogno che ne siamo consapevoli.
Le nuove tecnologie resteranno fuori di noi, prestandosi in tal modo più che mai alle critiche, e l'unico modo per legarle a noi è un uso massiccio, mai sperimentato, di coscienza.
Non è un compito facile e facile è cadere invece nel pessimismo.
Uno sguardo a volo d'uccello, o di drone, sulla storia dell'uomo dovrebbe però rilevarci, che a parte i dettagli, non c'è niente di nuovo.
Basterebbe usare il senno di poi senza farsi prendere dall'emotività.
Non credo che stiamo vivendo tempi speciali, nonostante tutto, per quanto gli uomini tendano a dare un posto centrale al tempo che vivono.
La tua nozione di metafisica, come di ciò che sta sopra la fisica e che ci permette di comprenderla, è talmente generica da coincidere con la conoscenza. Noi costruiamo immagini, concetti, modelli esplicativi per capire la natura: questa è conoscenza, conoscenza per sua natura astratta, generale, non vedo perché definirla metafisica, confondendola con ciò che storicamente è stata la metafisica, cioè dottrina dell'essere vero, di ciò che è principio, causa, fondamento della realtà.
Il fatto che una nozione come "materia" sia presa come naturale, scontata, come se non fosse problematica, come se non avesse una storia, indica un errore di natura epistemologica, ovvero tradisce un realismo inconsapevole, la convinzione cioè che quel concetto è tanto appropriato alla realtà che descrive da essere quasi tutt'uno con essa, e non rappresentazione astratta.
Ma ciò che fa la metafisica è altro e ha delle ripercussioni etiche importanti. La metafisica copre le "irregolarità" del reale, l'irrazionale e l'orrore, lo fa tramite spiegazioni dall'alto, onnicomprensive, etc.
D'altra parte, scrivevo nel post precedente, anche il pensiero debole, postmoderno, può finire per dimenticarsi del compito di critica del pensiero filosofico quando, disdegnando discorsi organici, se ne sta tranquillo nel suo cantuccio a osservare, con distacco fenomenologico, qualche porcheria pop.
La prima lezione di filosofia dovrebbe essere un tour tra carceri, ospedali, mattatoi.
Citazione di: Koba II il 22 Febbraio 2024, 10:46:19 AMtutto sommato il negativo è tale solo se confrontato con un positivo solo immaginato.
Mi pare inevitabile: la critica del reale è tale solo alla luce di un'ideale (per dirla in rima). Il punto nevralgico è di contestualizzare tale ideale: si critica il reale alla luce di un ideale assoluto, di una Verità, etc. o perlopiù all'ombra di desideri, interessi, ideologie, etc.? Una volta chiarita questa impostazione, le critiche non sono affatto inibite o appiattite in un grigio "una vale l'altra", proprio come rilevare la compresenza
problematica di orizzonti etici differenti non significa che scelgo di seguirne uno, ma in fondo potrei anche seguirne un altro con la stessa "spontaneità" (non siamo "tabule rase" o AI). Si tratta di capire su cosa è basata una determinata posizione filosofica e poi
magari (non è obbligatorio) decostruirla, che non significa affatto banalizzarla, così come smontare un giocattolo non significa renderlo uguale agli altri, anzi aiuta a capire quali sono le sue differenze strutturali, anche le più nascoste.
Facendo un esempio concreto: se ho un approccio pessimista, che mi porta a fare determinate critiche della realtà che mi circonda, posso comunque indagare
perché ho un approccio pessimista. Da non confondere con
quale è la mia lettura pessimista del mondo: non è l'assenza di giustizia o di bellezza in terra a rendermi pessimista, ciò è solo
come il mio pessimismo, una volta "applicato", mi fa
giudicare la realtà, non è il
fondamento del mio pessimismo (ovviamente uso la prima persona solo a scopo esemplificativo). La risposta al perché è su un altro livello fenomenologico, "prima" dell'applicazione del pessimismo.
Citazione di: Koba II il 22 Febbraio 2024, 10:46:19 AMIl pessimismo è una prospettiva in fondo errata, basata solo sulle aspettative impossibili della metafisica? È una tonalità emotiva causata dal solo disincanto?
Più che dal disincanto, il pessimismo è causato dalla frustrazione del capire l'inattuabilità di un ideale; il disincanto di per sé porta un'attitudine più pragmatica e non ha una "emotività negativa" essendo una forma di "comprensione positiva", una "chiarificazione" (se lo si percepisce come turbamento è solo perché c'è ancora della residua frustrazione del fallimento).
Citazione di: Koba II il 23 Febbraio 2024, 10:08:27 AMil pensiero debole, postmoderno, può finire per dimenticarsi del compito di critica del pensiero filosofico quando, disdegnando discorsi organici, se ne sta tranquillo nel suo cantuccio a osservare, con distacco fenomenologico, qualche porcheria pop.
Qui mi sembra ci sia un fraintendimento di fondo: il pensiero postmoderno è
essenzialmente critica, anzi quasi non ha senso se non letto come critica al pensiero moderno, metafisico, etc. non ha per oggetto «qualche porcheria pop», almeno se si va al sodo della sua teoretica, spesso di non facile fruizione proprio perché è divergente rispetto alle forme tradizionali, moderne. La mancanza di organicità da "sistemone omniesplicativo" è funzionale tanto alla dimensione critica quanto alla (tentata) aderenza alla suddetta impermanenza, fluidità, etc.
Sebbene attecchisca comunque in forme più o meno consapevoli (spesso anche fra i suoi ignari detrattori), la resistenza che si fa a "digerirlo" è sintomatica di quanto il disincanto non sia esperienza agevole e, visto dall'
esterno, può sembrare davvero "la notte in cui tutte le vacche sono nere" (tuttavia, se non si ha paura del buio, si può
verificare che non tutte le vacche sono ugualmente nere).
Citazione di: Koba II il 23 Febbraio 2024, 10:08:27 AMLa prima lezione di filosofia dovrebbe essere un tour tra carceri, ospedali, mattatoi.
Questa, ad esempio, è una proposta squisitamente postmoderna.
È utile pervenire ad un disincanto verso la realtà è la bolla di illusioni che forma la nostra vita è le nostre credenze. Il decostruire dovrebbe portare a questo. Quello che si nota è però la sterilità di questo processo. Posso cioè decostruire, per esempio, il mito del potere e della forza che da sempre avvinghia l'essere umano. Posso disporre davanti a me tutti i "mattoni" che lo compongono: l'avidità, la paura, il sadismo, ecc. Fatto questo però riprendo tutto come se il processo di decostruzione fosse stato solo un gioco intellettuale. Voglio dire, verificato il continuo e sostanziale ripetersi dei fenomeni umani : i mattoni sono più forti del disincanto. Il disincanto svanisce di fronte ai mattoni che formano le illusioni. Perché sono le illusioni il tessuto della nostra realtà e nemmeno la consapevolezza che può darci una decostruzione delle stesse, ci libera dal loro potere. Ma è una Verità già intuita da Shakespeare: "Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni".
Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 12:23:19 PMIl disincanto svanisce di fronte ai mattoni che formano le illusioni. Perché sono le illusioni il tessuto della nostra realtà e nemmeno la consapevolezza che può darci una decostruzione delle stesse, ci libera dal loro potere.
Riprendendo la tua metafora direi che maneggiare mattoni non è come maneggiare un muro, così come per rompere un muro bisogna iniziare a rompere mattoni, oppure per restaurare un muro è necessario disporre dei mattoni giusti, etc. comunque, senza lasciarci fuorviare dalle metafore, non sottovaluterei il ruolo
pragmatico del disincanto e della decostruzione.
Per fare alcuni esempi banali e lampanti: se hai decostruito il concetto di dio, nessuno può spingerti a muovere una piuma (o uccidere qualcuno) in "nome di dio" o perché «Dio lo vuole»; se hai una visione disincantata della politica, sarai diffidente quando qualcuno ti proporrà programmi elettorali "troppo belli per essere attuabili" o quando qualcuno propone di "esportare la democrazia" a sue spese; se hai decostruito con disincanto i proclami di chi si presenta come soluzione di tutti i tuoi problemi e angosce, ti sarai già evitato ulteriori problemi e angosce; etc.
Ciò ovviamente non sminuisce affatto le considerazioni sul "gioco di società" o sulla "natura umana" che ci caratterizza sin dalla notte dei tempi; tuttavia, stando anche solo agli esempi precedenti, non concluderei che decostruzione e disincanto siano solo uno sterile "gioco intellettuale"; o almeno, non sempre e non per tutti.
Il disincanto, per me, non significa appiattire tutto in valori indifferenziati, ma nemmeno credere che possano essere totalmente rivoluzionate la natura e la società umana; per decostruire questi due estremi "incantati" serve... disincanto.
Citazione di: Koba II il 23 Febbraio 2024, 10:08:27 AMLa tua nozione di metafisica, come di ciò che sta sopra la fisica e che ci permette di comprenderla, è talmente generica da coincidere con la conoscenza. Noi costruiamo immagini, concetti, modelli esplicativi per capire la natura: questa è conoscenza, conoscenza per sua natura astratta, generale, non vedo perché definirla metafisica, confondendola con ciò che storicamente è stata la metafisica, cioè dottrina dell'essere vero, di ciò che è principio, causa, fondamento della realtà.
Il fatto che una nozione come "materia" sia presa come naturale, scontata, come se non fosse problematica, come se non avesse una storia, indica un errore di natura epistemologica, ovvero tradisce un realismo inconsapevole, la convinzione cioè che quel concetto è tanto appropriato alla realtà che descrive da essere quasi tutt'uno con essa, e non rappresentazione astratta.
Secondo me il realismo non può che essere inconsapevole.
I modelli esplicativi della fisica, temo proprio in quanto ne abbiamo consapevolezza, non produrranno mai un nuovo realismo, sopratutto perchè non riescono ad intaccare il nostro senso attuale del reale, rinnovandolo. Non possiamo smantellare ciò che non sappiamo come è stato edificato.
Continueremo quindi a convivere con un senso del reale e una conoscenza della fisica che faranno sempre più a pugni.
Il senso del reale equivale all'idea del paradiso terrestre, che infatti non può essere immaginato diversamente che come una versione corretta e modificata della realtà come la viviamo in questo mondo.
La conoscenza è il motivo, il peccato, per cui siamo fuori dal paradiso, anche se in effetti non ne siamo proprio fuori, finché non perdiamo del tutto il senso di realtà.
Il seno di realtà infatti non è strettamente necessario come dimostrano i fisici quantistici, capaci di interagire con una realtà che pure non comprendono.
Tuttavia credo che ci porteremo dietro il vecchio senso di realtà, facendolo convivere con le conoscenze sempre più in contrasto con esso.
Questa convivenza potrà essere contraddittoria ma non perciò impossibile o priva di utilità, perchè se vediamo il senso di realtà come una protofisica, troviamo contraddizioni anche in teorie fisiche che non perciò non riusciamo a far convivere utilmente.
Un teoria fisica unificata fino prova contraria è solo utile, ma non necessaria, e credo che in modo non dichiarato sia il tentativo di recuperare un nuovo senso di realtà, in quanto la realtà è unica.
Questa visione però non fà i conti con l'influenza che lo sperimentatore introduce nei mondi che costruisce, e se non c'è un solo modo consapevole di porsi di fronte alla realtà, di interagire con essa, dovremmo aspettarci che questi mondi possano essere fra loro in collisone, o meglio a girare uno attorno all'altro in un equilibrio non necessariamente problematico di fatto.
L'unico problema è nella delusione delle nostre aspettative.
Il fatto di vivere in mondi fra loro contraddittori è oggi un problema della filosofia, non della fisica, e se i fisici vanno in cerca della teoria-mondo unica è perchè sono uomini, e quindi pure filosofi, e anzi secondo me fra i migliori.
In sostanza non è vero che dobbiamo conoscere la realtà per potervi interagire, perchè è dalla interazione con la realtà che deriva la conoscenza, e dalla conoscenza semmai un modo rinnovato di interagivi.
Il senso di realtà è nato dall'aver assimilato la conoscenza della realtà alla realtà.
Questa assimilazione andrebbe continuamente rinnovata quindi, al crescere della consapevolezza, ma è proprio questa consapevolezza che impedirà l'assimilazione.
la consapevolezza che non può essere confusa la realtà con una sua descrizione.
La realtà sarà fatta anche di parole, ma non coincide con le parole, e nella misura in cui sembra coincidervi non è verità, in quanto ciò che è fatti di parole può essere sempre smentito.
Se c'è una verità non e fatta di parole, e in genere non è conoscibile, perchè ciò che è conoscibile può essere sempre criticato e smentito.
Il potere della parola è stato sovrastimato, perchè noi ci sovrastimiamo.
Il filosofo dovrebbe ridimensionarsi ad artigiano del logos.
L'unica percezione diretta che abbiamo della realtà ha nome Dio, ciò che in teoria non potrebbe neanche essere nominato, perchè dargli un nome significa degradarlo.
Ma se abbiamo la percezione di Dio, ciò significa che percepiamo comunque ciò che sta dietro a tutto ciò cui possiamo avere accesso diretto.
Dio in effetti è un ipotesi necessaria quanto lo è la realtà, e per me in particolare sono la stessa cosa.
In altre parole, perchè più che scrivere parole non possiamo, ;)
Ciò che chiamiamo realtà non è la realtà, ma un mondo che nasce dalla nostra interazione con la realtà.
Siamo ben scusati di aver fatto questa confusione, perchè è come aver letto un giallo in cui dalla prima pagina era chiaro chi fosse l'assassino.
Nelle pagine di mezzo poi sembrava che gli indizi fossero ancora tutti contro di lui.
Ma nell'ultima pagina, quella che ancora stiamo leggendo, iniziamo a sospsettare che l'assassino non era quello, e abbiamo invece adesso buoni indizi per sospettare che il vero assassino non verrà mai trovato.
Si potrà essere delusi dal fatto di non conoscere l'assassino, ma alla fine dovremmo ammettere di aver letto un giallo magistralmente architettato.
Cosa dovremmo imparare da questa lettura col senno di poi?
Dovremmo imparare come si scrivono i gialli, o come si costruiscono mondi in modo consapevole, continuando comunque vivere in un mondo che non abbiamo costruito consapevolmente, ma che in qualche modo è stato edificato.
Costruire un mondo in se non è una novità, la novità è costruirlo in modo consapevole, ma dovremo rinunciare al senso di realtà, ma al massimo a un suo surrogato immaginario che dura il tempo di un videogioco, dentro una realtà virtuale.
E' dentro una realtà virtuale che abbiamo appunto sempre vissuto, ma solo oggi iniziamo a sospettarlo.
Però alla fine, anche se è così, non vedo dov'è il dramma, o meglio, se vuoi, inizio a farci l'abitudine, e l'abitudine è ciò che tramuta la più grande meraviglia nella normalità.
Quella normalità che ci appare appena apriamo gli occhi, come se ciò fosse ovvio, e non il risultato di una lunga evoluzione ancora in corso che sembra però trovarsi di fronte ad una svolta epocale, e questa è la vera novità...
...l'anno vecchio è passato e un nuovo anno arriverà.
La fisica strettamente è esperienza di realtà, ma la teoria fisica che và oltre quell'esperienza, è già metafisica. compreso il mondo in cui crediamo di vivere, scambiabile con la realtà solo nella misura in cui non abbiamo consapevolezza della sua costruzione.
Fisica e metafisica sono più strettamente intrecciate di quanto non si voglia credere.
però scordiamoci da ora in poi il senso di realtà, tenendoci caro quello vecchio, per quanto sempre più in contrasto con le teorie fisiche, contrasto che avremmo dovuto aspettarci col senno di poi.
Il limite della filosofia, almeno nei limiti della mia ignoranza e di ciò che osservo dentro questo forum, è di essere ancora intrappolata in un vecchio mondo, ancora strettamente legata al senso di realtà.
E questo è un peccato perchè i nuovi mondi che nascono hanno bisogno della metafisica come i mattoni della calce per stare insieme.
Citazione di: Phil il 23 Febbraio 2024, 13:48:42 PMRiprendendo la tua metafora direi che maneggiare mattoni non è come maneggiare un muro, così come per rompere un muro bisogna iniziare a rompere mattoni, oppure per restaurare un muro è necessario disporre dei mattoni giusti, etc. comunque, senza lasciarci fuorviare dalle metafore, non sottovaluterei il ruolo pragmatico del disincanto e della decostruzione.
Per fare alcuni esempi banali e lampanti: se hai decostruito il concetto di dio, nessuno può spingerti a muovere una piuma (o uccidere qualcuno) in "nome di dio" o perché «Dio lo vuole»; se hai una visione disincantata della politica, sarai diffidente quando qualcuno ti proporrà programmi elettorali "troppo belli per essere attuabili" o quando qualcuno propone di "esportare la democrazia" a sue spese; se hai decostruito con disincanto i proclami di chi si presenta come soluzione di tutti i tuoi problemi e angosce, ti sarai già evitato ulteriori problemi e angosce; etc.
Ciò ovviamente non sminuisce affatto le considerazioni sul "gioco di società" o sulla "natura umana" che ci caratterizza sin dalla notte dei tempi; tuttavia, stando anche solo agli esempi precedenti, non concluderei che decostruzione e disincanto siano solo uno sterile "gioco intellettuale"; o almeno, non sempre e non per tutti.
Il disincanto, per me, non significa appiattire tutto in valori indifferenziati, ma nemmeno credere che possano essere totalmente rivoluzionate la natura e la società umana; per decostruire questi due estremi "incantati" serve... disincanto.
Ma siccome siamo costruiti dalle illusioni, temo che anche il sopravvalutato "disincanto" non ne sia che l'ennesimo prodotto. Ancora più insidioso delle altre perché culla nell'illusione di "aver scovato le radici" dell'illusione. Così mi creo un sistema di pensiero che sveli l'incanto, e me ne incanto 😘 scusate il gioco di parole. In realtà magari nego a me stesso che decostruisco perché provo odio o avversione verso quel concetto. Naturalmente non ammettero' facilmente che è un'altra illusione che mi muove:magari è l'idea che sbarazzandomi di quel particolare concetto vivrò in un mondo migliore, più giusto, più libero ecc. Un' altra illusione, più nascosta, appare e mi muove.
Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 15:19:07 PMMa siccome siamo costruiti dalle illusioni, temo che anche il sopravvalutato "disincanto" non ne sia che l'ennesimo prodotto. Ancora più insidioso delle altre perché culla nell'illusione di "aver scovato le radici" dell'illusione. Così mi creo un sistema di pensiero che sveli l'incanto, e me ne incanto 😘 scusate il gioco di parole. In realtà magari nego a me stesso che decostruisco perché provo odio o avversione verso quel concetto. Naturalmente non ammettero' facilmente che è un'altra illusione che mi muove:magari è l'idea che sbarazzandomi di quel particolare concetto vivrò in un mondo migliore, più giusto, più libero ecc. Un' altra illusione, più nascosta, appare e mi muove.
Infatti non è il disincanto la soluzione.
Che è soltanto un malcelato cinismo.
Occorre invece proprio l'incanto!
Cioè ricercare il puro incanto.
Senza mai accontentarsi di ciò che non soddisfa del tutto, che non è ancora proprio il vero incanto.
E avanzare, incantati per la meraviglia.
Seguendo il nostro amore per il Vero.
Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 15:19:07 PMtemo che anche il sopravvalutato "disincanto" non ne sia che l'ennesimo prodotto. Ancora più insidioso delle altre perché culla nell'illusione di "aver scovato le radici" dell'illusione. Così mi creo un sistema di pensiero che sveli l'incanto, e me ne incanto
Nella citazione ho messo in grassetto due parole che tracciano un tipico travisamento del disincanto e della decostruzione: non sono un «prodotto» o un «sistema», ma sono anzi un
processo e un
metodo (basta metterle in
pratica per constatarlo).
Per questo ricordavo a
Koba la radice
critica del disincanto: se pensiamo che esso sia fatto di valori, confondiamo il come con il cosa (e il perché). Pensa al disincanto e alla decostruzione come a un setaccio: se non ci metti dentro qualcosa, non "produce" nulla. A differenza di prospettive
autonome ed
autoreferenziali, si ha "disincanto
da x" e "decostruzione
di x"; senza la x, disincanto e decostruzione non dicono nulla e non possono essere una prospettiva sul mondo, perché, come tutti i metodi e i processi
critici, vivono della loro applicazione ad
altro da loro.
Anche quando si tratta di parlarne in generale, come avrai notato, il modo migliore è fare esempi (anche se i miei sono stati decisamente scialbi), ma bisogna comunque guardarsi dal confondere il
risultato del disincanto con un punto di arrivo, pronto per essere considerato
definitivo e "sacro". Nulla vieta che se il "disincanto da x" produce y, si
possa (non è detto sia facile, né sia possibile farlo a comando)
praticare un successivo "disincanto da y".
(Si potrebbe anche modificare il metodo stesso del disincanto, con una sorta di meta-disincanto, ma non complichiamo troppo il discorso.)
Citazione di: Phil il 23 Febbraio 2024, 16:31:02 PMNella citazione ho messo in grassetto due parole che tracciano un tipico travisamento del disincanto e della decostruzione: non sono un «prodotto» o un «sistema», ma sono anzi un processo e un metodo (basta metterle in pratica per constatarlo).
Per questo ricordavo a Koba la radice critica del disincanto: se pensiamo che esso sia fatto di valori, confondiamo il come con il cosa (e il perché). Pensa al disincanto e alla decostruzione come a un setaccio: se non ci metti dentro qualcosa, non "produce" nulla. A differenza di prospettive autonome ed autoreferenziali, si ha "disincanto da x" e "decostruzione di x"; senza la x, disincanto e decostruzione non dicono nulla e non possono essere una prospettiva sul mondo, perché, come tutti i metodi e i processi critici, vivono della loro applicazione ad altro da loro.
Anche quando si tratta di parlarne in generale, come avrai notato, il modo migliore è fare esempi (anche se i miei sono stati decisamente scialbi), ma bisogna comunque guardarsi dal confondere il risultato del disincanto con un punto di arrivo, pronto per essere considerato definitivo e "sacro". Nulla vieta che se il "disincanto da x" produce y, si possa (non è detto sia facile, né sia possibile farlo a comando) praticare un successivo "disincanto da y".
(Si potrebbe anche modificare il metodo stesso del disincanto, con una sorta di meta-disincanto, ma non complichiamo troppo il discorso.)
Ok, avevo capito in parte quello che intendevi. Ma la mia considerazione era: per giungere a cosa? Se non serve a nulla, perché la decostruzione non può che richiamarne altra in un processo "a ritroso", che alla fine deve fissare punti che possono essere indimostrabili (cioè assunti indebitamente come veri. Decostruisco la casa è trovo mattoni. Ma i mattoni sono "veri")?
Citazione di: bobmax il 23 Febbraio 2024, 15:46:18 PMInfatti non è il disincanto la soluzione.
Che è soltanto un malcelato cinismo.
Occorre invece proprio l'incanto!
Cioè ricercare il puro incanto.
Senza mai accontentarsi di ciò che non soddisfa del tutto, che non è ancora proprio il vero incanto.
E avanzare, incantati per la meraviglia.
Seguendo il nostro amore per il Vero.
Trovo anch'io che il disincanto nasconda il cinismo. È un pericolo reale. Almeno lo considero tale, ma so che molti nel mondo attuale si fanno un vanto di essere "disincantati". Buon pro gli faccia. Forse è anche la reazione al fallimento di molti ideali politici o religiosi. Cioè delusione. Serpeggia in tutti. Quindi mettiamoci la corazza del disincanto. Magari non si soffre più.(ma non ci credo molto). In realtà sono anch'io disincantato verso le cose del mondo, mentre mi incanto ancora per qualcosa che non so dire.
Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 15:19:07 PMMa siccome siamo costruiti dalle illusioni, temo che anche il sopravvalutato "disincanto" non ne sia che l'ennesimo prodotto. Ancora più insidioso delle altre perché culla nell'illusione di "aver scovato le radici" dell'illusione. Così mi creo un sistema di pensiero che sveli l'incanto, e me ne incanto 😘 scusate il gioco di parole. In realtà magari nego a me stesso che decostruisco perché provo odio o avversione verso quel concetto. Naturalmente non ammettero' facilmente che è un'altra illusione che mi muove:magari è l'idea che sbarazzandomi di quel particolare concetto vivrò in un mondo migliore, più giusto, più libero ecc. Un' altra illusione, più nascosta, appare e mi muove.
Credo anch'io che il disincanto sia molto praticato oggi, ma credo anche che questa pratica non possa che portare al pessimismo se il risultato non è una rivalutazione della illusione, se cioè il risultato non è un ribaltamento dell'opinione negativa che finora ne abbiamo avuto.
Se il disincanto ci ha portato ad escludere che attraverso i sogni potessimo prevedere il futuro, dovremmo però concludere che ci porta a conoscere il nostro presente, quel che siamo, un accumulo di illusioni, appunto.
Se però poi rifiutiamo questa conoscenza, se la respingiamo perchè non ci piace, allora non ci resta che il pessimismo.
Non possiamo più opporre l'illusione alla realtà, perchè la realtà in se è inaccessibile.
Inaccessibile ma non inesperibile, e il risultato di questa esperienza è un illusione, ma è una illusione vitale, è letteralmente il mondo in cui viviamo e senza il quale non possiamo vivere.
Giunti a queste conclusioni, rifiutare l'illusione oggi significa rinunciare al mondo, rinunciare alla vita.
Può anche essere che questa minestra che ci siamo serviti da soli non ci piaccia, però bisogna anche considerare che il gusto non è un assoluto, ma un prodotto dell'abitudine.
Scoprire che ciò che abbiamo creduto essere reale sia una illusione, una costruzione, potrebbe farci sfuggire quanto meravigliosa sia questa costruzione, impedendoci di prendere norma da essa.
In particolare, stante l'opinione che abbiamo storicamente negativa dell'illusione, potrebbe sfuggirci che per quanto relativa, l'illusione in cui viviamo non è per nulla arbitraria.
Forse noi ci sentiremo adesso sperduti, come se avessimo perso il contatto diretto con la realtà, di non avere più i piedi per terra, ma l'illusione in cui viviamo i piedi per terra li ha invece ben piantati, cioè non è un arbitrio che nasce dal nulla.
Semplicemente in quanto relativa non è espressione unica possibile della realtà.
Altre espressioni sono possibili e noi le possiamo creare, e anzi lo abbiamo già fatto.
La lezione che ne dovremmo trarre è che la consapevolezza di ciò che facciamo non è necessaria al fare, e anzi spesso viene dopo, e quando viene rinnova i nostro fare, ma più nei modi che nella sostanza.
Citazione di: iano il 23 Febbraio 2024, 17:45:11 PMCredo che il disincanto sia molto praticato oggi, ma credo anche che questa pratica non possa che portare al pessimismo se il risultato non è una rivalutazione della illusione, se cioè il risultato non è un ribaltamento dell'opinione negativa che finora ne abbiamo avuto.
Se il disincanto ci ha portato ad escludere che attraverso i sogni potessimo prevedere il futuro, dovremmo però concludere che ci porta a conoscere il nostro presente, quel che siamo, un accumulo di illusioni, appunto.
Se però poi rifiutiamo questa conoscenza, se la respingiamo perchè non ci piace, allora non ci resta che il pessimismo.
Non possiamo più opporre l'illusione alla realtà, perchè la realtà in se è inaccessibile.
Inaccessibile ma non inesperibile, e il risultato dell'esperienza di realtà è un illusione, ma è una illusione vitale, è letteralmente il mondo in cui viviamo e senza il quale non possiamo vivere.
Giunti a queste conclusioni, rifiutare l'illusione oggi significa rinunciare al mondo, rinunciare alla vita.
Può anche essere che questa minestra che ci siamo serviti da soli non ci piaccia, però bisogna anche considerare che il gusto non è un assoluto, ma un prodotto dell'abitudine.
Penso anche che non bisogna dimenticare che siamo natura e cultura. E come scrivi giustamente alcune illusioni sono necessarie per sopravvivere. Io le chiamerei allora delle super-illusioni😀. Poi non è detto che dalle illusioni nascano necessariamente cose negative. Dall'ideale illusorio che abbiamo tutti diritto alla libertà è finito che è stata abolita la schiavitù, che era basata su altre illusioni, ecc. Nemmeno il più saggio conosce tutti gli esiti dice Gandalf .
Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 17:43:37 PMTrovo anch'io che il disincanto nasconda il cinismo. È un pericolo reale. Almeno lo considero tale, ma so che molti nel mondo attuale si fanno un vanto di essere "disincantati". Buon pro gli faccia. Forse è anche la reazione al fallimento di molti ideali politici o religiosi. Cioè delusione. Serpeggia in tutti. Quindi mettiamoci la corazza del disincanto. Magari non si soffre più.(ma non ci credo molto). In realtà sono anch'io disincantato verso le cose del mondo, mentre mi incanto ancora per qualcosa che non so dire.
Sì, un malessere che si esprime anche nella negazione della Verità.
Senza renderci conto che la disillusione è necessaria, ma solo per andare più avanti.
Invece, ah... Babbo Natale non esiste!
Mi hanno ingannato!
Non vi è alcuna Verità!!! :'(
Ci si ferma laddove bisognerebbe invece ripartire con ancor più determinazione.
Manca la fede in se stessi.
Che poi è fede nella Verità, essendo la Verità lo stesso Essere.
E noi siamo Essere...
Si vive benissimo anche dopo aver scoperto (disincanto) che Babbo Natale (incanto) non esiste e sono i genitori (realtà) a mettere i regali sotto l'albero.
Non necessariamente si passa da un incantesimo all'altro. Esiste pure la realtà, infinitamente più ricca e seducente di tutti gli incantesimi: nuda Veritas.
Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 17:32:04 PMla mia considerazione era: per giungere a cosa? Se non serve a nulla, perché la decostruzione non può che richiamarne altra in un processo "a ritroso", che alla fine deve fissare punti che possono essere indimostrabili [...]?
Evito metafore in modo da scongiurare che risultino fuorvianti, ma tengo la parola «decostruzione» perché (qui scopro le carte) fa
anche riferimento ad una corrente post-fenomenologica (v. Derrida ed altri). Chiedi: «[decostruire] per giungere a cosa?». La domanda è traducibile più semplicemente in «a che serve un'analisi
critica?». Un'analisi critica può poi comportarne un'altra, e così via; allora perché farla? Questione che mi sembra strettamente imparentata con «perché riflettere sulla realtà?».
La risposta, per me, è piuttosto "contestuale": siamo nella sezione tematiche
filosofiche.
Citazione di: Phil il 23 Febbraio 2024, 18:36:23 PMEvito metafore in modo da scongiurare che risultino fuorvianti, ma tengo la parola «decostruzione» perché (qui scopro le carte) fa anche riferimento ad una corrente post-fenomenologica (v. Derrida ed altri). Chiedi: «[decostruire] per giungere a cosa?». La domanda è traducibile più semplicemente in «a che serve un'analisi critica?». Un'analisi critica può poi comportarne un'altra, e così via; allora perché farla? Questione che mi sembra strettamente imparentata con «perché riflettere sulla realtà?».
La risposta, per me, è piuttosto "contestuale": siamo nella sezione tematiche filosofiche.
Credo finora si sia inteso criticare per costruire una alternativa a ciò che si è criticato, mentre una decostruzione vale solo percorrere una costruzione in senso inverso, per imparare a costruire se non la stessa cosa qualcosa di sostanzialmente simile, se si ritiene ciò possa servire, usando la consapevolezza acquisita.
Ma questo è in effetti ciò che abbiamo fatto e senza avere neanche tanta consapevolezza di starlo facendo.
Intendo dire che è l'aver costruito mondi virtuali a suggerirci che anche il nostro potesse esserlo, per cui non possiamo neanche distinguere fra loro questi mondi di fatto discriminando la loro virtualità.
Fatti e conoscenza si rincorrono nascendo gli uni dagli altri e viceversa.
il nostro senso di realtà, cioè la realtà come in modo diretto sembra apparirci, deriva in effetti da una semplificazione necessaria, ma sempre meno necessaria e sempre meno giustificabile.
Però si può intendere il tutto invece come una complicazione non necessaria e sopratutto non desiderabile, come se noi potessimo avere il controllo completo della nostra evoluzione, fino a poterla arrestare.
Si potrebbe davvero arrestare il progresso tecnologico anche se tutti fossimo d'accordo a farlo?
Non credo, anche perchè se potessimo farlo lo avremmo già fatto.
Il paradosso è invece che se potessimo tornare indietro, abolendo tutte le tecnologie che ormai sono divenute parte integrante di noi, nessuno sarebbe d'accordo a farlo , mentre invece a suo suo tempo se fosse stato possibile farlo le avremmo bloccate.
Fermarsi si, ma tronare indietro mai, come se ci fosse un punto preciso in cui doversi fermare, e questo punto guarda caso coincide sempre col tempo che viviamo.
Significa maledire oggi ciò a cui, col senno di poi, non siamo disposti a rinunciare.
Significa avere problemi ad accettarsi.
Diversamente la critica, non avendo mai arrestato il corso degli eventi, diventa un freno a quel corso non necessariamente in senso negativo, se l'accelerazione degli eventi non sia cosa in se positiva.
La critica quindi al minimo, come pratica di adattamento al nuovo, e come espressione dell'inevitabile disagio che l'adattamento comporta.
Un disagio che ci porta a dire, bene andare avanti, ma anche no, che è quello che diciamo sempre, in ogni tempo, col senno di poi.
Citazione di: Ipazia il 23 Febbraio 2024, 18:18:03 PMSi vive benissimo anche dopo aver scoperto (disincanto) che Babbo Natale (incanto) non esiste e sono i genitori (realtà) a mettere i regali sotto l'albero.
Non necessariamente si passa da un incantesimo all'altro. Esiste pure la realtà, infinitamente più ricca e seducente di tutti gli incantesimi: nuda Veritas.
Non so se hai figli, ma l'illusione dell'esistenza e dell'attesa di Babbo Natale è una gioia per i bambini. Magari non per tutti, ma per la stragrande maggioranza si. Perché privarli di questa gioia per la nuda verità , poco poetica, che sono i genitori ad andare in negozio? Perché andare vestiti da illusorio Spider-Man in ospedale per sollevare dalla sofferenza i bimbi oncologici e non dirgli invece la nuda verità, che soffriranno e probabilmente non usciranno vivi da lì? Voglio dire: cosa rimane pper molti della vita se togli ogni illusione? E cosi torniamo agli ospedali , ai macelli, agli ospizi (e ai cimiteri) di cui scriveva Koba2
Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 19:34:20 PMNon so se hai figli, ma l'illusione dell'esistenza e dell'attesa di Babbo Natale è una gioia per i bambini. Magari non per tutti, ma per la stragrande maggioranza si. Perché privarli di questa gioia per la nuda verità , poco poetica, che sono i genitori ad andare in negozio? Perché andare vestiti da illusorio Spider-Man in ospedale per sollevare dalla sofferenza i bimbi oncologici e non dirgli invece la nuda verità, che soffriranno e probabilmente non usciranno vivi da lì? Voglio dire: cosa rimane pper molti della vita se togli ogni illusione? E cosi torniamo agli ospedali , ai macelli, agli ospizi (e ai cimiteri) di cui scriveva Koba2
Il punto è che i bambini credono perchè hanno la capacità di farlo, e questa capacità non si perde crescendo come ci piace credere, e inoltre secondo me è una capacità vitale.
Se ciò che ci appare come realtà fosse ciò che è, e già cosi fosse ricca di meraviglie, come dice Ipazia, rimane il fatto che noi la consideriamo credibile non perchè non potrebbe apparirci diversamente pena la perdita di credibilità, ma perchè siamo capaci di credere ad ogni diversa realtà che ci appaia come tale.
La realtà come ci appare da adulti è il nostro babbo natale.
La differenza è che gli adulti...si illudono da professionisti.
Quella di non illudersi è propriamente l'illusione che ci fà apparire la realtà per quel che è.
Ma una realtà che ci appaia per quel che è presuppone una realtà che risponda alle nostre sollecitazioni senza restarne alterata.
Questa influenza in effetti può trascurarsi nel macroscopico, ma nel microscopico la presunta realtà ne viene ribaltata. Questo significa che la nostra sollecitazione muta la realtà che non potrà perciò davvero apparirci per quel che è. Micro e macro sono cosi di fatto due mondi a parte, che servono a negare questa verità, mentre la realtà è una sola, e l'unica spiegazione logica è che non è nessuno di quei due mondi.
Questo noi lo sappiamo bene, ma preferiamo rimandare la questione a una riunificazione di quei diversi mondi che non sappiamo se mai avverrà, in quanto in se non è una necessità. Così il mondo, comunque ci appaia, è una illusione che siamo capaci di difendere contro ogni evidenza logica, perchè istintivamente ad essa leghiamo la nostra esistenza, perchè la stessa immagine che abbiamo di noi, in quanto scambiata e confusa con quel che noi siamo, è da difendere ad ogni costo.
Se così stanno le cose, quella di babbo natale è una questione parecchio seria, su cui c'è poco da scherzare. :)) , anche se una bella risata non guasta mai.
E' una questione da considerare importante perchè se vogliamo vederci per quel che siamo non c'è niente di meglio che osservarci nella nostra fase più autentica, quella in cui non abbiamo ancora eretto tutte le nostre difese.
Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 19:34:20 PMNon so se hai figli, ma l'illusione dell'esistenza e dell'attesa di Babbo Natale è una gioia per i bambini. Magari non per tutti, ma per la stragrande maggioranza si. Perché privarli di questa gioia per la nuda verità , poco poetica, che sono i genitori ad andare in negozio? Perché andare vestiti da illusorio Spider-Man in ospedale per sollevare dalla sofferenza i bimbi oncologici e non dirgli invece la nuda verità, che soffriranno e probabilmente non usciranno vivi da lì? Voglio dire: cosa rimane pper molti della vita se togli ogni illusione? E cosi torniamo agli ospedali , ai macelli, agli ospizi (e ai cimiteri) di cui scriveva Koba2
Rimane la realtà. L'illusione più solida di tutte. Attiva piuttosto che passiva. Creativa piuttosto che consumista. Quando la messa in scena natalizia venne meno trovai tutto molto più semplice: da bambina.
Anche oggi trovo deprimente doversi mascherare per divertirsi, quando la realtà ci offre infinite possibilità di svago, stupore e gioia. Andandosela a prendere dove ancora non sia totalmente corrotta.
Prenderò uno dei punti cardini del postmodernismo, ovviamente scegliendolo in base a ciò che è pertinente alla discussione in corso .
Che differenza c'è fra l'oggetto che ci si presenta in quanto tale e che chiamerò X e quello che sappiamo sull oggetto X? innanzitutto stiamo allora parlando di ontologia (quello che c'è) e non dipende dagli schemi concettuali ed epistemolgia (quello che sappiamo dell 'oggetto X) che dipende dagli schemi concettuali.
A questo punto la filosofia postmoderna fa un ragionamento alquanto sottile; dal momento che il sapere dipende dagli schemi concettuali , allora la conoscenza è intrinsicamente costruzione (di idee, di concetti, di teorie, di formule) .
E se la conoscienza è costruzione allora non c'è differenza di principio tra il fatto che noi conosciamo l'oggetto X e il fatto che noi lo costruiamo. Esattamente per come avviene nella matematica in cui conoscere che 7+5 fa 12 equivale a costruire l addizione 7+5=12 . In questo maniera è facile giungere a nuove conclusioni , ovvero che la sfera dell essere coincide in larga misura con quella del conoscibile e che il conoscibile equivale essenzialmente al costruibile. A questo punto, con una piena realizzazione della fallacia dell essere/sapere si conclude che ; quello che c'è risulta determinato da quello che ne sappiamo. è una radicalizzazione all ennesima potenza di kant. Vorrei far notare che l argomento non è del tutto privo di forza anche se confonde l'ontologia con l'epistemologia. Le due cose non si equivalgono , cioè io posso anche sapere che una tale chiave mi apre la porta di casa ma se non ce l ho in tasca o la perdo non mi permetterà mai di aprirla.
da un punto di vista realista il fatto che ci siano montagne alte 4000 metri sulla luna non dipende dai nostri schemi concettuali (esse erano lì molto tempo prima che l'umo comparve sulla terra)
da un punto di vista ermeneutico o kantiano questa assunzione non è propio esatta. Davvero potremmo dire che ci sono montangne sulla luna se non possediamo i concetti o le parole montagne, luna , altezza , metri/kilometri come unità di misura? è da questa intuizione che, secondo me, nasce l'idea di costruzionismo nella conoscenza utilizzata (male) dal postmodernismo. Così anche l'esistenza di montagne alte più di 4000 metri sulla luna dipende dai nostri schemi concettuali (o dal nostro linguaggio) . La mia obiezione è semplice e breve; "non mi serve un concetto per scivolare su una lastra di ghiaccio". Ovviamente rimane valido l'assunto di kant secondo cui "le intuizioni senza concetto sono cieche" poichè sarebbe difficile agire sensatamente nella ricerca scientifica o nell interazione sociale se non si è muniti di concetti. Anche se kant intendeva che fossero necessari concetti per avere una qualsiasi esperienza.
Da questo punto che ho preso in considerazione è curioso il paradosso di come il postmodernismo volesse sancire la fine delle grandi ideologie o dei "grandi racconti" ovvero illuminismo , idealismo, Marxismo perchè logori ma che poi si riduce ad una estremizzazione , in questa particolare fallacia di essere/sapere, di un illuminismo kantiano radicale.
Citazione di: Phil il 23 Febbraio 2024, 11:34:50 AMMi pare inevitabile: la critica del reale è tale solo alla luce di un'ideale (per dirla in rima). Il punto nevralgico è di contestualizzare tale ideale: si critica il reale alla luce di un ideale assoluto, di una Verità, etc. o perlopiù all'ombra di desideri, interessi, ideologie, etc.? Una volta chiarita questa impostazione, le critiche non sono affatto inibite o appiattite in un grigio "una vale l'altra", proprio come rilevare la compresenza problematica di orizzonti etici differenti non significa che scelgo di seguirne uno, ma in fondo potrei anche seguirne un altro con la stessa "spontaneità" (non siamo "tabule rase" o AI). Si tratta di capire su cosa è basata una determinata posizione filosofica e poi magari (non è obbligatorio) decostruirla, che non significa affatto banalizzarla, così come smontare un giocattolo non significa renderlo uguale agli altri, anzi aiuta a capire quali sono le sue differenze strutturali, anche le più nascoste.
Facendo un esempio concreto: se ho un approccio pessimista, che mi porta a fare determinate critiche della realtà che mi circonda, posso comunque indagare perché ho un approccio pessimista. Da non confondere con quale è la mia lettura pessimista del mondo: non è l'assenza di giustizia o di bellezza in terra a rendermi pessimista, ciò è solo come il mio pessimismo, una volta "applicato", mi fa giudicare la realtà, non è il fondamento del mio pessimismo (ovviamente uso la prima persona solo a scopo esemplificativo). La risposta al perché è su un altro livello fenomenologico, "prima" dell'applicazione del pessimismo.Più che dal disincanto, il pessimismo è causato dalla frustrazione del capire l'inattuabilità di un ideale; il disincanto di per sé porta un'attitudine più pragmatica e non ha una "emotività negativa" essendo una forma di "comprensione positiva", una "chiarificazione" (se lo si percepisce come turbamento è solo perché c'è ancora della residua frustrazione del fallimento).
Qui mi sembra ci sia un fraintendimento di fondo: il pensiero postmoderno è essenzialmente critica, anzi quasi non ha senso se non letto come critica al pensiero moderno, metafisico, etc. non ha per oggetto «qualche porcheria pop», almeno se si va al sodo della sua teoretica, spesso di non facile fruizione proprio perché è divergente rispetto alle forme tradizionali, moderne. La mancanza di organicità da "sistemone omniesplicativo" è funzionale tanto alla dimensione critica quanto alla (tentata) aderenza alla suddetta impermanenza, fluidità, etc.
Sebbene attecchisca comunque in forme più o meno consapevoli (spesso anche fra i suoi ignari detrattori), la resistenza che si fa a "digerirlo" è sintomatica di quanto il disincanto non sia esperienza agevole e, visto dall'esterno, può sembrare davvero "la notte in cui tutte le vacche sono nere" (tuttavia, se non si ha paura del buio, si può verificare che non tutte le vacche sono ugualmente nere).Questa, ad esempio, è una proposta squisitamente postmoderna.
Il postmoderno non è un neo-pragmatismo che deriva da un disincanto.
Ma una espunzione del soggetto.
Il post-moderno non parla del problema del soggetto nella modalità del carcere e del manicomio.
Ma della macchina che li precede. Ossia la macchina del carcere e la macchina del manicomio. Pensa la sovrastruttura, dimenticando la struttura, ossia la lotta di classe.
Nel post moderno marx diventa un filosofo ballerino.
Ovvero si assume di nuovo una ideologia, tipicamente pop, perchè non esiste alcuna macchinazione, ma io direi proprio chiaramente filo-imperialista, come denunciava già Preve.
In poche parole il post-moderno non è nemmeno una ideologia, è un niente.
parla di niente, e crea concetti assurdi fino alla presa per i fondelli di una società liquida...e balle varie.
No direi di tornare ad un sano pragmatismo vetero-marxista.
marx si chiedeva quale è la condizione sanitaria nelle miniere? nei carceri? negli ospedali?
Bè andiamoci pure a vedere Ken Loach.
Citazione di: Alberto Knox il 24 Febbraio 2024, 01:21:10 AMPrenderò uno dei punti cardini del postmodernismo, ovviamente scegliendolo in base a ciò che è pertinente alla discussione in corso .
Che differenza c'è fra l'oggetto che ci si presenta in quanto tale e che chiamerò X e quello che sappiamo sull oggetto X? innanzitutto stiamo allora parlando di ontologia (quello che c'è) e non dipende dagli schemi concettuali ed epistemolgia (quello che sappiamo dell 'oggetto X) che dipende dagli schemi concettuali.
A questo punto la filosofia postmoderna fa un ragionamento alquanto sottile; dal momento che il sapere dipende dagli schemi concettuali , allora la conoscenza è intrinsicamente costruzione (di idee, di concetti, di teorie, di formule) .
E se la conoscienza è costruzione allora non c'è differenza di principio tra il fatto che noi conosciamo l'oggetto X e il fatto che noi lo costruiamo. Esattamente per come avviene nella matematica in cui conoscere che 7+5 fa 12 equivale a costruire l addizione 7+5=12 . In questo maniera è facile giungere a nuove conclusioni , ovvero che la sfera dell essere coincide in larga misura con quella del conoscibile e che il conoscibile equivale essenzialmente al costruibile. A questo punto, con una piena realizzazione della fallacia dell essere/sapere si conclude che ; quello che c'è risulta determinato da quello che ne sappiamo. è una radicalizzazione all ennesima potenza di kant. Vorrei far notare che l argomento non è del tutto privo di forza anche se confonde l'ontologia con l'epistemologia. Le due cose non si equivalgono , cioè io posso anche sapere che una tale chiave mi apre la porta di casa ma se non ce l ho in tasca o la perdo non mi permetterà mai di aprirla.
da un punto di vista realista il fatto che ci siano montagne alte 4000 metri sulla luna non dipende dai nostri schemi concettuali (esse erano lì molto tempo prima che l'umo comparve sulla terra)
da un punto di vista ermeneutico o kantiano questa assunzione non è propio esatta. Davvero potremmo dire che ci sono montangne sulla luna se non possediamo i concetti o le parole montagne, luna , altezza , metri/kilometri come unità di misura? è da questa intuizione che, secondo me, nasce l'idea di costruzionismo nella conoscenza utilizzata (male) dal postmodernismo. Così anche l'esistenza di montagne alte più di 4000 metri sulla luna dipende dai nostri schemi concettuali (o dal nostro linguaggio) . La mia obiezione è semplice e breve; "non mi serve un concetto per scivolare su una lastra di ghiaccio". Ovviamente rimane valido l'assunto di kant secondo cui "le intuizioni senza concetto sono cieche" poichè sarebbe difficile agire sensatamente nella ricerca scientifica o nell interazione sociale se non si è muniti di concetti. Anche se kant intendeva che fossero necessari concetti per avere una qualsiasi esperienza.
Da questo punto che ho preso in considerazione è curioso il paradosso di come il postmodernismo volesse sancire la fine delle grandi ideologie o dei "grandi racconti" ovvero illuminismo , idealismo, Marxismo perchè logori ma che poi si riduce ad una estremizzazione , in questa particolare fallacia di essere/sapere, di un illuminismo kantiano radicale.
bè ma confondere epistemologia con ontologia non mi pare un errore di poco conto.
Veramente gliela fai sfangare a questi radical chic della filosofia?
Più che fargli fare un tour, io li metterei direttamente per una settimana nelle miniere (vediamo se parlano ancora di società liquida :D ) . anzi andiamoci a vedere un film di VERBIER.
Lì si che si ride in maniera sana!
Tutti gli adulti sono stati bambini e restano tali per tutta la vita ma in un modo adulto.
Osservando il comportamento degli adulti, potete notare algoritmi verbali e non verbali tipicamente i o mimeticamente infantili/adolescenziali.
Nessun essere umano diventa veramente adulto perchè il diventarlo completamente significa morte.
Naturalmente nessun essere umano resta totalmente bambino perchè significherebbe follia .
Essere adulti significa vivere qui ed ora in base alle esperienze che si succedono l'una con l'altra senza seguire un copione proprio o altrui.
L'umanità migliore è questa.
Citazione di: green demetr il 24 Febbraio 2024, 01:55:36 AMbè ma confondere epistemologia con ontologia non mi pare un errore di poco conto.
Veramente gliela fai sfangare a questi radical chic della filosofia?
Più che fargli fare un tour, io li metterei direttamente per una settimana nelle miniere (vediamo se parlano ancora di società liquida :D ) . anzi andiamoci a vedere un film di VERBIER.
Lì si che si ride in maniera sana!
sono le conclusioni a cui arriva a confondere epistemologia con antologia ma le premesse erano buone. Il nostro rapporto con il mondo passa necessariamente attraverso gli schemi concettuali.
In un certo senso noi determiniamo il mondo attraverso nomen e res , attraverso i termini che usiamo, le misure che adottiamo (le montagne sulla luna sono alte 4000 metri) attraverso l'esperienza sensibile, ma come diceva kant , l'intuizione (sensibile) senza concetti sono cieche.
Il problema che ci si presenta è del tutto kantiano . Attraverso la mossa di kant che improntò tutta la filosofia successiva.
Qual'è questa mossa?
Se ogni conoscenza ha inizio con l'esperienza, dice kant, ma quest'ultima è strutturalmente incerta come sosteneva Cartesio , sarà necessario fondare l'esperienza attraverso la scienza , trovando delle strutture a priori che ne stabilizzino l'aleatorietà, parola difficile per dire "instabile", incerto" , "insicuro".
Per ottenere questo risultato, è necessario un capovolgimento di prospettiva : partire dai soggetti invece che dagli oggetti e chiedersi ( con quella che è la matrice del costruzionismo utilizzato dal postmoderno) non come siano le cose in se stesse ma come debbano essere fatte per essere conosciute da noi , seguendo il modello dei fisici che interrogano la natura non come degli scolari, ma come dei giudici, cioè avvalendosi di schemi e di teoremi. Quindi Kant adotta un epistemologia a priori ,la matematica, per fondare l ontologia: la possibilità di giudizi sintetici a priori permette di fissare una realtà altrimenti fluida attraverso una conoscenza certa. In tal modo, però ,la filosofia trascendentale trasferisce il costruzionismo dall ambito della matematica a quello dell ontologia . Le leggi della fisica sono matematica applicata alla realtà e, nell ipotesi di Kant , non rappresentano l'escogitazione di un gruppo di scienziati , ma sono il modo in cui funzionano la nostra mente e i nostri sensi. La nostra conoscenza , a questo punto, non sarà più minacciata dall inaffidabilità dei sensi e dalla incertezza dell induzione. Bellisimo no? qual'è il problema di questa prospettiva?
Citazione di: Alberto Knox il 24 Febbraio 2024, 01:21:10 AMPrenderò uno dei punti cardini del postmodernismo, ovviamente scegliendolo in base a ciò che è pertinente alla discussione in corso .
Che differenza c'è fra l'oggetto che ci si presenta in quanto tale e che chiamerò X e quello che sappiamo sull oggetto X? innanzitutto stiamo allora parlando di ontologia (quello che c'è) e non dipende dagli schemi concettuali ed epistemolgia (quello che sappiamo dell 'oggetto X) che dipende dagli schemi concettuali.
A questo punto la filosofia postmoderna fa un ragionamento alquanto sottile; dal momento che il sapere dipende dagli schemi concettuali , allora la conoscenza è intrinsicamente costruzione (di idee, di concetti, di teorie, di formule) .
E se la conoscienza è costruzione allora non c'è differenza di principio tra il fatto che noi conosciamo l'oggetto X e il fatto che noi lo costruiamo. Esattamente per come avviene nella matematica in cui conoscere che 7+5 fa 12 equivale a costruire l addizione 7+5=12 . In questo maniera è facile giungere a nuove conclusioni , ovvero che la sfera dell essere coincide in larga misura con quella del conoscibile e che il conoscibile equivale essenzialmente al costruibile. A questo punto, con una piena realizzazione della fallacia dell essere/sapere si conclude che ; quello che c'è risulta determinato da quello che ne sappiamo. è una radicalizzazione all ennesima potenza di kant. Vorrei far notare che l argomento non è del tutto privo di forza anche se confonde l'ontologia con l'epistemologia. Le due cose non si equivalgono , cioè io posso anche sapere che una tale chiave mi apre la porta di casa ma se non ce l ho in tasca o la perdo non mi permetterà mai di aprirla.
Puoi fare una descrizione della realtà (ontologia) solo se hai già stabilito cosa possiamo conoscere (gnoseologia), solo se hai già stabilito qual'è lo status del sapere contenuto nella tua descrizione (epistemologia).
Le correnti del postmoderno in generale fanno proprie, in ambito conoscitivo, un atteggiamento che si potrebbe definire (con un po' di parzialità...) come uno scetticismo consapevole degli studi sull'antropocentrismo e sull'etnocentrismo.
Facendo i conti con queste ricerche, ed estendendo in generale al sapere critiche che tradizionalmente sono sempre state indirizzate ai costumi (Montaigne, per esempio), si finisce per concludere in un approccio di "relativismo culturale".
Il quale va letto in questi termini: non io, soggetto, sono la misura di tutte le cose, ma è la mia cultura, la mia civiltà, che parla attraverso di me, in quei concetti che io sento come naturali, evidenti (democrazia, uguaglianza, etc.), ma che al di fuori di essa (della mia civiltà) non lo sono affatto.
Se è così (e basta confrontare l'Occidente con il Giappone, non con tribù esotiche) l'ontologia, per quanto io mi imponga di essere rigoroso, non può che risultare la descrizione della realtà di un soggetto appartenente ad una certa civiltà. Non posso mettere tra parentesi la mia appartenenza culturale, perché essa è troppo profonda, rischio di rimanere senza niente in mano, un soggetto puro talmente puro da essere un niente.
Il postmoderno non è un'opzione che si sceglie liberamente per affinità con la distruzione dei sistemi tradizionali, ma si presenta come una risposta possibile ad argomenti ineludibili (gli argomenti sono ineludibili, la risposta ad essi può essere diversa, naturalmente).
Kant rispondeva alle obiezioni scettiche, da una parte, e agli abusi del razionalismo moderno dall'altra, con la soluzione di un soggettivismo universale (cioè dipendente dalle strutture dell'intelletto umano, che per quanto portino a produrre una conoscenza solo per l'uomo, ineluttabilmente legata alla specie umana, garantisce che questa sia oggettiva per tutti gli uomini, qualunque fosse la cultura di appartenenza).
Ma basta mostrare che le rappresentazioni della realtà, le categorie attraverso cui viene organizzata, hanno avuto una loro storia nella civiltà d'appartenenza, hanno subito metamorfosi, sono state "lavorate" e trasformate dal potere, dalle ideologie, dalle metafisiche, e soprattutto sono inconciliabili, almeno parzialmente, tra di loro, per "confutare" la soluzione di Kant.
Citazione di: Koba II il 24 Febbraio 2024, 11:37:37 AMsi finisce per concludere in un approccio di "relativismo culturale"
si finisce col sostenere non che "dio è morto" ma piuttosto nella sentenza che "non esistono fatti, solo interpretazioni" e che non esiste il mondo ma i mondi. Diversamente dagli scettici antichi , i costruzionisti postmoderni non mettono in dubbio l'esistenza del mondo ; sostengono che è costruito dagli schemi concettuali , e che dunque è in se stesso amorfo e indeterminato. La mossa sembra molto meno impegnativa rispetto agli scettici antichi, ma, poichè il costruzionista, diversamente dallo scettico , ha identificato l'essere e il sapere, il risultato è altrettanto potente, sebbene con esisti sociologicamente diversi.
Lo scopo dello scettico è quello di denunciare la vanità dei saperi umani. Nel costruzionista la strategia è opposta ed asalta la funzione del conoscitore nella costruzione della realtà.
Citazione di: Alberto Knox il 24 Febbraio 2024, 11:17:21 AMsono le conclusioni a cui arriva a confondere epistemologia con antologia ma le premesse erano buone. Il nostro rapporto con il mondo passa necessariamente attraverso gli schemi concettuali.
In un certo senso noi determiniamo il mondo attraverso nomen e res , attraverso i termini che usiamo, le misure che adottiamo (le montagne sulla luna sono alte 4000 metri) attraverso l'esperienza sensibile, ma come diceva kant , l'intuizione (sensibile) senza concetti sono cieche.
Il problema che ci si presenta è del tutto kantiano . Attraverso la mossa di kant che improntò tutta la filosofia successiva.
Qual'è questa mossa?
Se ogni conoscenza ha inizio con l'esperienza, dice kant, ma quest'ultima è strutturalmente incerta come sosteneva Cartesio , sarà necessario fondare l'esperienza attraverso la scienza , trovando delle strutture a priori che ne stabilizzino l'aleatorietà, parola difficile per dire "instabile", incerto" , "insicuro".
Per ottenere questo risultato, è necessario un capovolgimento di prospettiva : partire dai soggetti invece che dagli oggetti e chiedersi ( con quella che è la matrice del costruzionismo utilizzato dal postmoderno) non come siano le cose in se stesse ma come debbano essere fatte per essere conosciute da noi , seguendo il modello dei fisici che interrogano la natura non come degli scolari, ma come dei giudici, cioè avvalendosi di schemi e di teoremi. Quindi Kant adotta un epistemologia a priori ,la matematica, per fondare l ontologia: la possibilità di giudizi sintetici a priori permette di fissare una realtà altrimenti fluida attraverso una conoscenza certa. In tal modo, però ,la filosofia trascendentale trasferisce il costruzionismo dall ambito della matematica a quello dell ontologia . Le leggi della fisica sono matematica applicata alla realtà e, nell ipotesi di Kant , non rappresentano l'escogitazione di un gruppo di scienziati , ma sono il modo in cui funzionano la nostra mente e i nostri sensi. La nostra conoscenza , a questo punto, non sarà più minacciata dall inaffidabilità dei sensi e dalla incertezza dell induzione. Bellisimo no? qual'è il problema di questa prospettiva?
Di Kant? non saprei da dove iniziare: che contava i passi come un pazzo.
Che aveva paura di ogni singola malattia.
Che ipotizzava che pace perpetua fosse un attributo del giudizio.
E poi che è sto giudizio?
E che questo giudizio fosse pre-esistente all'uomo. ???
Un pò come la matematica...nel frattempo sono arrivati lobacevsky e company.
Ma no dai esistono solo concetti a posteriori!
E quindi confonderli con l'ontologia...bè un grosso problema.
Un grosso problema che mischia scienza naturale e antropologia nella notte postmoderna in cui tutte le vacche sono nere. Illuminate dal buco nero della retorica ufficiale che modella l'ontologia secondo l'andamento degli indici di borsa. Buco nero che attira a sé tutte le gnoseologie possibili e i loro testimonial umani. E non.
La confusione tra ontologia ed epistemologia riguarda fenomenicamente chi vive reconditamente nel mondo illusionale della verità noumenica, del cui sentirsi orfano non se ne fa, metafisicamente, una ragione.
Chi sull'illusionale ha costruito il suo dominio del mondo gioca con tale fenomeno antropologico fin dentro le università e nei centri di culto religioso e politico-economico.
La conoscenza epistemica ha perseguito fin dalla notte dei tempi la verità fenomenica, ottenendo tutte le realizzazioni che hanno permesso alla nostra specie di raggiungere gli apici della catena alimentare evolutiva, fottendosene empiricamente di tutte le verità noumeniche.
Continua a farlo pure chi nei retrobottega del potere tratta i fenomeni antropologici a fine di dominio, anche attraverso l'infarcimento delle sue retoriche di scetticismo noumenico.
Ad usum vili.
Citazione di: Ipazia il 27 Febbraio 2024, 08:13:36 AMLa confusione tra ontologia ed epistemologia riguarda fenomenicamente chi vive reconditamente nel mondo illusionale della verità noumenica, del cui sentirsi orfano non se ne fa, metafisicamente, una ragione.
Chi sull'illusionale ha costruito il suo dominio del mondo gioca con tale fenomeno antropologico fin dentro le università e nei centri di culto religioso e politico-economico.
La conoscenza epistemica ha perseguito fin dalla notte dei tempi la verità fenomenica, ottenendo tutte le realizzazioni che hanno permesso alla nostra specie di raggiungere gli apici della catena alimentare evolutiva, fottendosene empiricamente di tutte le verità noumeniche.
Continua a farlo pure chi nei retrobottega del potere tratta i fenomeni antropologici a fine di dominio, anche attraverso l'infarcimento delle sue retoriche di scetticismo noumenico.
Ad usum vili.
In particolare in questo tempo, dove la scienza è una fede.
I think tank che si fanno mezzo a favore del dominio dell'uno (chi li paga) sull'altro (noi i pezzenti).
Dibattito zero, documenti zero, solo una infinita nenia di slogan, dal politico, che direi quasi che un motivo, quantomeno di sopravvivenza, ce l'ha, a quello più in voga oggi: il tifo da stadio, completo sbiellamento della "macchina uomo".
O beota Italia.
Magari fosse solo Italia. Se pensiamo allo sbiellamento di nordeuropei, tedeschi, baltici verso cui provavamo un timore revenziale noi sudici pigs. Cadendo dall'alto si sono fatti pure più male di noi. Tutti insieme acquattati dietro la stars&strips verso la fine. Fuck the EU dice il padrone. Ed EU prona.
(https://files.spazioweb.it/b3/37/b337ce79-31bf-42d9-8233-df7624d8a214.jpg)
Il senno non c'è mai stato, salvo qualche mente e cuore caldo e vivi oltreché intelligenti e creativi, l'umanità è sempre stata una fila di bruchi processionarie in cerca di una Terra inesistente.
Trasformatisi poi in effimere farfalle
sparite poi nel nulla