Il termine coscienza, nel senso di distinguere il bene dal male o il giusto dall'ingiusto, rappresenta un concetto oggettivo o soggettivo?
Io penso che ognuno di noi, parlando di coscienza si riferisca ad un concetto assoluto, come se fosse qualcosa di innato, ma non sono certo che sia così è lo dimostrano le diverse opinioni che onestamente si contrappongono in molti problemi sociali.
Coscienza o anima ? Per pigrizia li considero sinonimi, anche se meritano la distinzione.
Non sono un credente, perciò quello che il nick Duc chiama "anima" io la chiamo "coscienza".
Come sai il sostantivo "coscienza" deriva dal latino "conscientia"; questo lemma è composto da "con" + "scientia", sematicamente collegato con "conoscenza" e "scienza" e significa "essere consapevole".
Consapevole di che cosa ? in generale s'intende la consapevolezza che il soggetto ha di sé e dei propri contenuti mentali, del complesso delle proprie attività interiori e degli oggetti cui queste attività si rivolgono. In questo senso, rientrano nella definizione di coscienza sia la semplice percezione sensibile di stati o condizioni interne ed esterne, sia la capacità dell'Io di organizzare e sintetizzare in un insieme organico percezioni, sentimenti e conoscenze. Perciò è limitativo relegare la coscienza a "distinguere il bene dal male o il giusto dall'ingiusto".
Questo tipo di coscienza viene denominata "coscienza morale", la quale ci permette di discernere il valore ed il significato del comportamento proprio e degli altri.
Per la scienza e la filosofia la coscienza è soggettiva, consiste di stati qualitativi di sensazione o di consapevolezza. Nel forum ci sono nick che hanno più conoscenza di me nelle due predette discipline e sono sicuro che approfondiranno il tema.
Anima è il principio vitale.
Coscienza è la consapevolezza.
Mente è il pensiero.
Sono nella fase in cui ritengo che vi debbano esservi queste tre distinzioni.
Essere animato, essere cosciente, avere mentalmente un pensiero, sono esplicazioni diverse.
Li ritengo ontologicamente divisi, perchè hanno funzioni diverse, ma dinamicamente e gerarchicamente dipendenti.
Nello specifico la coscienza non è solo morale è conoscenza che la mente,correlata al cervello fisico, gli consegna e quì avviene la riflessione del pensiero che si pensa, quindi lo specchio, la specula-zione filosofica.
La parola coscienza può avere molti significati ed io, prima di formulare il mio pensiero sono diligentemente andato ad esaminarli spero tutti.
Questo è il motivo per il quale ho parlato della cosiddetta coscienza morale ed è di questa che gradirei conoscere se si ritiene giusto considerarla con un significato assoluto o relativo a chi intende praticarla.
Citazione di: Mariano il 23 Settembre 2016, 17:15:26 PM
Il termine coscienza, nel senso di distinguere il bene dal male o il giusto dall'ingiusto, rappresenta un concetto oggettivo o soggettivo?
Io penso che ognuno di noi, parlando di coscienza si riferisca ad un concetto assoluto, come se fosse qualcosa di innato, ma non sono certo che sia così è lo dimostrano le diverse opinioni che onestamente si contrappongono in molti problemi sociali.
La coscienza intesa in questo modo non è un concetto oggettivo e assoluto ma nemmeno soggettivo, anche se nel nostro schizofrenico mondo era inteso come universale ed oggettivo sino a qualche secolo fa mentre adesso è a tutti gli effetti personale e soggettivo.
Esiste un particolare tipo di conoscenza che Aristotele chiamava sensazione comune, e san Tommaso
ratio particularis; è quella che a volte si definisce popolarmente buon senso, o senso della realtà, o senso comune, e che Giovanbattista Vico indicava come «
un giudizio senz'alcuna riflessione, comunemente sentito da tutto un ordine, da tutto un popolo, da tutta una nazione o da tutto il genere umano»
. Questo tipo di conoscenza era attribuita ai cosiddetti "sensi interni", e a volte identificata con la coscienza stessa intesa appunto nella sua accezione di organo del giudizio morale; questa è stata analizzata e tematizzata da un notevole numero di pensatori che in sostanza l'hanno definita come una facoltà intermedia fra i sensi e l'intelletto che svolge nell'uomo un compito analogo a quello svolto dall'istinto negli animali. Il senso comune istruisce la ragione, ad esempio, a non fidarsi talvolta dei sensi poiché li si percepisce ingannatori, e a riconoscere istintivamente, attraverso quella facoltà (a volte identificata con una parte dell'anima) chiamata
sinderesi, ciò che è bene e ciò che è male.
Per quanto questo tipo di sapere possa essere talmente radicato da apparire talvolta effettivamente
vero, universale e innato, ad una più attenta analisi non lo è affatto; se esiste una conoscenza soggettiva connaturata a tutti gli uomini (e anche agli animali), come ad esempio la capacità di digerire, di metabolizzare il cibo, di far circolare il sangue eccetera, esiste anche una conoscenza oggettiva
soggettivata, che pur non essendo innata potrebbe in qualche modo sembrarla e dar luogo a confusione. Un tipo di conoscenza che viene appreso gradualmente, istintivamente e inconsapevolmente, che quando viene condivisa con la totalità delle persone che si frequentano appare effettivamente
interna alla coscienza, così come appare
istintiva la conoscenza degli animali che, anche loro, in qualche modo
imparano quello che sanno, come ad esempio dove trovare il cibo, quali sono i loro predatori, come costruire un nido o una tana eccetera.
Se ci si recasse in un paese straniero e si tentasse di fare amicizia con un bambino che non ha mai visto prima un forestiero, costui ci si rivolgerà parlando naturalmente la propria lingua, e resterebbe sicuramente sorpreso del fatto che noi non riusciremmo a rispondergli coerentemente e comprensibilmente. Questo per la semplice ragione che il linguaggio, che ad un bambino appare una conoscenza naturale, istintiva, innata, è invece una conoscenza acquisita che poi è diventata patrimonio di ognuno fino a radicarsi nel profondo dell'inconscio, ed essere utilizzata con una disinvoltura tale da portare a credere che sia retaggio di ciascuno e che, fino a quando non ci si accorge che nel mondo si parlano tante lingue diverse, appare l'unica esistente. Lo stesso ragionamento si deve fare, a maggior ragione, per la percezione e la rappresentazione delle "cose" che stanno intorno a noi nonché per i giudizi morali che generalmente si danno dei fenomeni. Da piccoli si apprendono in via diretta, tramite l'osservazione non mediata da un esempio, un ragionamento o una istruzione specifica e razionale, ma solo facendo uso di codici fondamentali dell'apprendimento umano (ma anche animale) come il principio di non contraddizione, quello di causalità e quello di finalità, una innumerevole quantità di nozioni, che combinate poi con l'istruzione e l'educazione ricevuta, nonché con l'osservazione e l'imitazione del comportamento dei propri simili, contribuiscono alla formazione di quegli schemi mentali di base che, col tempo, si struttureranno in una più complessa morale che guiderà, una volta diventati adulti, il giudizio immediato e istintivo sulle cose e il conseguente adeguamento della prassi, e che verrà poi trasmessa ai discendenti; ma se determinati "codici" di base sono universali e comuni a chiunque, la maggior parte di essi non lo sono, soprattutto quando questi portano ad esprimere i giudizi sui fenomeni, che ogni cultura di ogni gruppo sociale elabora ed esprime in modo differente conformemente alla propria visione del mondo e del ruolo di ogni essere al suo interno.
Sappiamo bene che esiste nel mondo un ampio campionario di dottrine morali, diverse per ogni popolo, e nel nostro stesso mondo possiamo notare che la nostra morale è cambiata parecchio nel corso della storia. Se dunque la coscienza si ritiene convenzionalmente quella parte dell'uomo in cui si depositano gli schemi di base che consentono di esprimere i giudizi di "bene" e "male" sui fenomeni, questa si forma attraverso l'educazione e dipende dal contesto sociale in cui uno cresce, per cui la sua "oggettività" potrà essere condivisa ed affermata solo all'interno di una determinata cultura o di una determinata civiltà. Qualcuno potrà dire ad esempio che il famoso comandamento "non uccidere" è effettivamente universale poichè comune a tutti i popoli in ogni tempo per cui questo è un portato "oggettivo" della coscienza, ma se si va un pochino più a fondo si vede che nessun popolo in nessuna epoca lo prende così com'è, ma tutti fanno dei distinguo: la prima distinzione è quella fra l'uomo e l'animale, per cui il "non uccidere" vale solo per gli uomini e non per gli animali (che anch'essi sono vivi), e poi anche nell'ambito umano la quasi totalità delle culture affermano "non uccidere l'innocente"; ma siccome ogni dottrina morale ha un concetto diverso di "innocente" per cui qualcuno potrà essere innocente per un determinato tipo di cultura e colpevole per un'altra il tanto decantato "non uccidere" perde qualsiasi senso. La coscienza dunque si può considerare l'organo del giudizio morale solo all'interno di una comunità che condivide la medesima morale e la trasmette ai suoi componenti a partire dalla nascita. Nell'epoca attuale di eclissi della morale la coscienza diventa necessariamente soggettiva in quanto ognuno tende ad elaborare dei propri principi morali (almeno chi lo fa) e a fare i conti con quelli, che molto spesso confliggeranno con quelli altrui e daranno inevitabilmente luogo ad una inestricabile confusione.
La coscienza si potrebbe anche definire come il "senso interno" della mente. Come l'epidermide è necessaria al senso del tatto, l'occhio al senso della vista, l'orecchio a quello dell'udito, la lingua a quello del gusto e le narici a quello dell'olfatto, così la coscienza è l'elemento sensibile e necessario della mente che le permette di rivolgersi verso se stessa ( forse sarebbe più corretto dire che immagina di rivolgersi verso se stessa in quanto mi sembra più che contempli un'astrazione concettuale di sé...) e riflettere sul perchè è capace di "sentire" anche se stessa e non solo ciò che la circonda.
Secondo la concezione buddhista è più corretto definirla come "dimensione della coscienza" (vinnana), essendo paragonabile ad uno spazio che la mente (citta) abita e usa come "deposito". E' l'agente che opera nell'ambito del processo di ri-divenire, di ri-nascita ( che "discende nel grembo materno"). Si può anche intendere come nutrimento della mente (il quarto tipo di ahara, dopo cibo materiale, contatto, volizione). Questo nutrimento si basa sulla brama (tanha) e conduce come volontà di vivere o sete d'esistere al ridivenire ( punabbhava).Dal momento che c'è "fame di vita", il vinnana (coscienza) può fungere da trampolino di lancio verso una nuova esistenza nel cerchio del samsara. Il vinnana è anche il terzo anello della catena del paticcasamuppada, almeno nella sua versione più conosciuta, ed è condizionato, secondo i testi, dalle "attività" (sankhara) ed è esso stesso condizione base di "nome e forma" ( namarupa). E' pure uno dei cinque fattori della personalità (khandha). Insomma il suo significato è ricco e vario (come si conviene ad uno spazio immenso, non delimitato).
Distinguere il bene del male non è una funzione della coscienza. Direi che spetta alla mente ( citta) nella sua qualità pura di capacità di "comprensione" o "visione profonda" ( Prajna ) dei fattori costituenti il suo attaccamento all'esistenza e al ri-divenire.
Citazione di: donquixote il 23 Settembre 2016, 23:15:52 PMLa coscienza intesa in questo modo non è un concetto oggettivo e assoluto ma nemmeno soggettivo, anche se nel nostro schizofrenico mondo era inteso come universale ed oggettivo sino a qualche secolo fa mentre adesso è a tutti gli effetti personale e soggettivo.
Il tuo intervento è piacevole e condivisibile, ma resta il problema della relatività (non esistenza di un fatto assoluto) la cui certezza contrasta col suo stesso concetto.
Io preferisco pensare che esista un concetto assoluto, ad esempio del bene, e che consista nel l'insieme di tutti gli onesti giudizi di bene, anche se da una visione individualistica possano risultare contrastanti.
Lo psichiatra e neuroscienziato Giulio Tononi in un suo articolo pubblicato sul quotidiano "Il Sole 24 Ore" del 13 novembre 2016 col titolo "Come si misura la coscienza", ha fra l'altro scritto: "Sappiamo bene, ormai, che la coscienza dipende dal cervello, che è una macchina biologica complicata. È fatto di materia che non ha nulla di misterioso: come il cuore, il cervello è fatto di miliardi di cellule specializzate a condurre impulsi elettrici. Non solo. Ormai abbiamo apparecchi sempre più potenti per guardare dentro il cervello, scoprire come è organizzato, regione per regione, cellula per cellula, e stabilire come ogni neurone è collegato ad altri neuroni, sinapsi per sinapsi. E siamo sulla buona strada per capire come funziona – come può distinguere una faccia dall'altra, come può immagazzinare memorie, e come controlla il movimento. Si tratta di funzioni complicate, ma che non pongono problemi insuperabili, tanto che stiamo costruendo macchine capaci di eseguirle quanto o meglio di noi.
Eppure, come dai neuroni si sprigioni l'esperienza soggettiva – il colore del cielo e la felicità di un tramonto – come «l'acqua del cervello si trasformi nel vino della coscienza» sembra davvero un miracolo inspiegabile. Il filosofo David Chalmers lo ha chiamato «The hard problem» (il problema difficile) per antonomasia perché sembra impossibile anche solo immaginare una soluzione. Più studiamo, più la coscienza appare misteriosa. Per esempio, il cervelletto contiene più della metà degli 86 miliardi di neuroni del cervello, ma anche se si asporta chirurgicamente continuiamo ad essere coscienti come prima. Perché? E perché l'esperienza svanisce durante il sonno profondo, anche se i neuroni continuano ad essere attivi?
Nonostante lo scetticismo che per una volta accomuna filosofi e scienziati, rispondere a queste domande non è necessariamente fuori dalla portata della scienza. La teoria dell'informazione integrata (IIT) mira precisamente a spiegare che cos'è la coscienza, a caratterizzare i requisiti dei sistemi fisici che la rendono possibile e a misurarne la quantità e la qualità. L'approccio consueto - studiare le caratteristiche del cervello e cercare di derivarne in qualche modo l'esperienza soggettiva, ossia andare dalla fisica alla fenomenologia - si scontra inevitabilmente con l'hard problem.
IIT rovescia i termini della questione, andando dalla fenomenologia alla fisica: invece di partire da come è fatto il cervello o dalle funzioni che svolge, IIT comincia con l'identificare le proprietà essenziali della coscienza stessa per derivarne i requisiti necessari e sufficienti perché un substrato fisico renda possibile l'esperienza soggettiva. Le proprietà essenziali della coscienza – vere di ogni esperienza concepibile - sono cinque: l'esperienza esiste intrinsecamente (per il soggetto, non per un osservatore esterno); è strutturata (è composta di svariati contenuti e delle loro relazioni); informativa (ogni esperienza è specifica - quella che è, pertanto diversa da innumerevoli altre); integrata (una e irriducibile); definita (ha i contenuti che ha, nulla di meno e nulla di più).
Queste cinque proprietà essenziali della fenomenologia sono tradotte da IIT nei cinque requisiti fisici che devono essere necessariamente soddisfatti da qualsivoglia substrato fisico della coscienza. Dove per "fisico" si intende, in modo del tutto generale, qualunque substrato che abbia potere causale – ossia che possa essere manipolato od osservato, direttamente o indirettamente - dal cervello ai neuroni alle particelle elementari.
A tutto questo, IIT dà una veste matematica, arrivando a una formulazione precisa: il substrato fisico della coscienza deve essere un massimo globale di potere causale intrinseco, composizionale, specifico e irriducibile. Non è possibile spiegare adeguatamente in poche righe cosa significhi quest'espressione convoluta, né come IIT ne deduca la qualità dell'esperienza (ha a che fare con la struttura del potere causale che compone l'informazione integrata).
Conviene sottolineare, peraltro, che IIT è l'antitesi del riduzionismo: persino l'unità di misura fondamentale di informazione integrata, Phi, è una misura di irriducibilità, che indica se e quanto il tutto non possa essere ridotto alle sue parti. Una delle conseguenze della teoria è proprio che la coscienza in linea di principio è misurabile: tanto più alto il valore di informazione integrata Phi, tanta più coscienza. La teoria si può quindi mettere alla prova dei fatti. Così è stato sviluppato un "coscienziometro", per quanto ancora primitivo, che utilizza uno stimolatore magnetico transcranico e un gran numero di elettrodi per leggere l'integrazione dell'informazione dalle risposte del cervello.
Per quanto grossolana, la stima di Phi così ottenuta funziona: come dimostrato dal gruppo di Marcello Massimini a Milano e altri collaboratori, è attualmente il miglior indice clinico per valutare il livello di coscienza in pazienti con gravi lesioni cerebrali, e funziona anche nell'anestesia generale e nel sonno. In alcuni casi, la stima di Phi suggerisce che pazienti apparentemente incoscienti perché rimangono immobili e non rispondono agli stimoli possono ciononostante essere coscienti, come succede a tutti noi quando sogniamo. In linea di principio, IIT può servire a stabilire se e quanto siano coscienti animali diversi da noi, a chiarire perché la coscienza si sia evoluta e a spiegare perché certe regioni della corteccia cerebrale siano essenziali per la coscienza e altre no. Ciò è già chiaro per il cervelletto: la ragione per cui non ha nulla a che fare con la coscienza è che, nonostante il grandissimo numero di neuroni, è organizzato in moduli separati che impediscono l'integrazione dell'informazione.
Per finire, la teoria ha implicazioni importanti per l'intelligenza artificiale, che sta creando sempre più freneticamente nuove macchine capaci di uguagliare e persino superare le nostre capacità cognitive. Eppure, secondo IIT, anche se un domani un calcolatore fosse in grado di replicare perfettamente tutte le funzioni cognitive di una persona cosciente, magari con una precisa e dettagliata simulazione di ogni neurone del suo cervello, non potrebbe essere cosciente - anche se citasse Dante e fischiettasse Verdi, sarebbe letteralmente solo una macchina che recita una parte, senza avere né esperienza soggettiva né libero arbitrio; una macchina che esiste per noi, osservatori esterni, ma non per sé stessa, dall'interno".
Citazione di: altamarea il 14 Novembre 2016, 11:44:48 AM
Lo psichiatra e neuroscienziato Giulio Tononi in un suo articolo pubblicato sul quotidiano "Il Sole 24 Ore" del 13 novembre 2016 col titolo "Come si misura la coscienza", ha fra l'altro scritto: "Sappiamo bene, ormai, che la coscienza dipende dal cervello, che è una macchina biologica complicata. È fatto di materia che non ha nulla di misterioso: come il cuore, il cervello è fatto di miliardi di cellule specializzate a condurre impulsi elettrici. Non solo. Ormai abbiamo apparecchi sempre più potenti per guardare dentro il cervello, scoprire come è organizzato, regione per regione, cellula per cellula, e stabilire come ogni neurone è collegato ad altri neuroni, sinapsi per sinapsi. E siamo sulla buona strada per capire come funziona – come può distinguere una faccia dall'altra, come può immagazzinare memorie, e come controlla il movimento. Si tratta di funzioni complicate, ma che non pongono problemi insuperabili, tanto che stiamo costruendo macchine capaci di eseguirle quanto o meglio di noi.
Mi sa che lo psichiatra e il neuroscienziato Giulio Tononi se pensa di poter chiarire definitivamente cosa sia l'autocoscienza studiando neurone per neurone e sinapsi per sinapsi non abbia nemmeno lontanamente capito cosa sia la coscienza e se è così non è nemmeno all'inizio della buona strada per poterlo capire, semplicemente ha preso la strada sbagliata, cosa che capita di frequente a psichiatri e neuroscienziati. Viene il sospetto che sia per il mestiere che fanno.
CitazioneIIT rovescia i termini della questione, andando dalla fenomenologia alla fisica: invece di partire da come è fatto il cervello o dalle funzioni che svolge, IIT comincia con l'identificare le proprietà essenziali della coscienza stessa per derivarne i requisiti necessari e sufficienti perché un substrato fisico renda possibile l'esperienza soggettiva. Le proprietà essenziali della coscienza – vere di ogni esperienza concepibile - sono cinque: l'esperienza esiste intrinsecamente (per il soggetto, non per un osservatore esterno); è strutturata (è composta di svariati contenuti e delle loro relazioni); informativa (ogni esperienza è specifica - quella che è, pertanto diversa da innumerevoli altre); integrata (una e irriducibile); definita (ha i contenuti che ha, nulla di meno e nulla di più).
Queste cinque proprietà essenziali della fenomenologia sono tradotte da IIT nei cinque requisiti fisici che devono essere necessariamente soddisfatti da qualsivoglia substrato fisico della coscienza. Dove per "fisico" si intende, in modo del tutto generale, qualunque substrato che abbia potere causale – ossia che possa essere manipolato od osservato, direttamente o indirettamente - dal cervello ai neuroni alle particelle elementari.
Ma dopotutto potrebbero anche essere sei, oppure sette, o forse solo tre. Mi chiedo poi perché tra ciò che può essere osservato e manipolato non si includano ad esempio le emozioni. Non sono forse osservabili (assai più facilmente dei neuroni) e manipolabili? Non sono forse molto strettamente correlate alla coscienza?
In ogni caso se proprio occorre tracciare mappe e formulare metafore credendo di tenere in pugno il fenomeno in sé preferisco mappe e metafore più comprensibili di questo IIT, quanto ai coscienzometri non è che necessariamente misurino il livello di coscienza, ma solo il livello di ciò in cui si è stabilito opportuno considerare come coscienza sulla base di un certo numero di pre assunzioni riguardanti componenti fisiche che con la coscienza hanno ben poco a che vedere o di proprietà da considerare essenziali a una certa mappatura definitoria.
Stavolta concordo pienamente con Maral (anche se quasi sicuramente in base a motivazioni diverse, che vado brevemente ad illustrare).
Anche se la scienza neurologica dimostra che vi è una necessaria corrispondenza biunivoca fra certi determinati eventi fenomenici coscienti nell' ambito di una certa determinata esperienza cosciente (di un "osservato": chiamiamola coscienza "A") e certi determinati eventi neurofisiologici in un certo determinato cervello (osservabile nell' ambito di esperienze fenomeniche coscienti di "osservatori", generalmente diverse da quella di cui sopra: chiamiamole coscienze "B", "C", "D", ecc.), ciò non significa affatto che l' esperienza cosciente ("A") si trovi in quel cervello (il quale si trova nell' ambito delle esperienze coscienti "B", "C", "D", ecc.): assurdità della pretesa esperienza cosciente interna ad un' altra (o più di una) esperienza cosciente!
Nel cervello osservato scientificamente, compreso nell' ambito delle esperienze coscienti degli osservatori (ovvero nel "mondo materiale – naturale" scientificamente studiabile che di esse fa parte) Tononi non potrà che trovare neuroni, assoni, potenziali d' azione, eccitazioni o inibizioni trans-sinaptiche, ecc. (roba macroscopicamente molliccia roseo-grigiastra) a loro volta costituiti microscopicamente da molecole, atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forza, ecc.: tutt' altra roba che l' esperienza cosciente cui necessariamente corrisponde in modo biunivoco (che potrebbe essere ad esempio costituita dalla visione di un coloratissimo fiore o un arcobaleno, dalla percezione di un piacere fisico, di un sentimento di amore, di un ricordo d' infanzia, di un ragionamento deduttivo, ecc.)!
Finché non compiranno la "rivoluzione copernicana" consistente nel rendersi conto che non è l' esperienza cosciente ad essere nel cervello (dove ci sono solo neuroni, assoni, ecc. e nient' altro), bensì sono i cervelli ad essere nelle esperienze coscienti di chi li osserva, i neurologi, "scienziati cognitivi", ecc. (compresi anche certi filosofi della mente) saranno inesorabilmente costretti a brancolare nel buio, un po' come i biologi evoluzionisti prima che Darwin e Wallace scoprissero la selezione naturale (ma per comprendere questo è necessario innanzitutto rendersi conto che "esse est percipi": ci vuole una certa attitudine e preparazione filosofica).
Un certo determinato cervello e una certa determinata esperienza cosciente non possono essere considerati "la stessa cosa in sé" (robe mollicce grigiastre fatte di neuroni e assoni non sono affatto la stessa cosa che fiori coloratissimi, sentimenti o ragionamenti!), ma casomai, in un certo senso, "la stessa cosa in sé" in quanto "si manifesta fenomenicamente" rispettivamente ad altri soggetti di sensazioni e a se stessa.
(Questa discussione è alquanto "deragliata dai binari iniziali", ma a questo punto mi sembra valga la pena proseguire anche in questa direzione).
Grazie Maral e Sgiombo per la vostra opinione. Però mi viene un dubbio: quanto il vostro sapere filosofico condiziona la vostra opinione sulla coscienza ?
Il neuroscienziato italiano Giulio Tononi lavora negli Stati Uniti, dirige il "Center for sleep and consciousness" nell'università del Wisconsin, perciò presumo che sappia quel che dice.
Anche se la coscienza non è il cervello, sostenere che non è nel cervello forse è in conflitto con il fatto che senza cervello non credo possa esserci coscienza (anche se non so se sono stati fatti esperimenti in merito, un cervello vivo non è la condizione necessaria e sufficiente per avere una coscienza?). Quindi il cervello plausibilmente "serve" alla coscienza (pur non identificandosi con essa) e in fondo è l'unico "aspetto" della coscienza che è possibile studiare in modo empirico-scientifico (a differenza delle emozioni).
Chiaramente, il dolore non è l'osso rotto, ma a partire dallo studio dell'osso rotto ("risalendo" lungo il sistema nervoso, etc.) possiamo capire e spiegare il dolore; suppongo lo stesso valga per la coscienza: partendo da ciò che sembra essere la "radice fisiologica" della coscienza, si può forse arrivare a comprenderla meglio...
Per quanto riguarda gli aspetti "esterni", comportamentali e manifesti della coscienza, la psicologia e "scienze" affini hanno già il loro bel da fare a cercare di sbrogliare la matassa: una collaborazione con le neuroscienze, affrontando la questione da due fronti complementari (esterno/interno, comportamento/fisiologia) potrebbe essere di reciproco giovamento...
Citazione di: altamarea il 15 Novembre 2016, 21:31:00 PM
Grazie Maral e Sgiombo per la vostra opinione. Però mi viene un dubbio: quanto il vostro sapere filosofico condiziona la vostra opinione sulla coscienza ?
Il neuroscienziato italiano Giulio Tononi lavora negli Stati Uniti, dirige il "Center for sleep and consciousness" nell'università del Wisconsin, perciò presumo che sappia quel che dice.
Per quanto mi riguarda la condiziona moltissimo, anzi la determina. Come l'opinione filosofica di Giulio Tononi condiziona ciò che dice il neuroscienziato Giulio Tononi, che peraltro crede di non aver alcuna opinione filosofica a monte del suo osservare le cose, di partire da un terreno libero e vergine da ogni preconcetto e semplicemente di vedere quello che accade in oggetto, di per se stesso, (i neuroni, le sinapsi ...) come se neuroni e sinapsi e il modo di considerarle non fossero il prodotto significante di una lunghissima storia filosofica, quella di cui appunto Tononi, come neuroscienziato, non si rende minimamente conto di quanto lo condizioni. Siamo tutti precondizionati (e tanto più quanto più ci sentiamo specialisti in materia), il pregiudizio è assolutamente necessario per poter pensare e dire qualcosa sviluppando ragionamenti, la differenza è tra chi se ne rende conto e considera il proprio immancabile pregiudizio come base necessaria per un'esplorazione interpretativa che possa anche dire altro e chi invece non si rende per nulla conto di averlo, perché lo considera come punto di arrivo finale (del tutto autogiustificato) dopo il quale non c'è proprio nient'altro da dire.
Grazie a te comunque per le tue considerazioni. Colgo l'occasione per ricordare, dato che c'è una sezione scientifica nel forum che langue (a differenza di questa filosofica), di utilizzare anche quella per argomentazioni di questo tipo (qui è ovvio che la preminenza vada data all'aspetto filosofico delle questioni e la filosofia degli scienziati, anche se neuroscienziati di elevatissimo profilo, è spesso tremendamente ingenua)
Citazione di: Phil il 15 Novembre 2016, 21:36:54 PM
Anche se la coscienza non è il cervello, sostenere che non è nel cervello forse è in conflitto con il fatto che senza cervello non credo possa esserci coscienza (anche se non so se sono stati fatti esperimenti in merito, un cervello vivo non è la condizione necessaria e sufficiente per avere una coscienza?). Quindi il cervello plausibilmente "serve" alla coscienza (pur non identificandosi con essa) e in fondo è l'unico "aspetto" della coscienza che è possibile studiare in modo empirico-scientifico (a differenza delle emozioni).
Chiaramente, il dolore non è l'osso rotto, ma a partire dallo studio dell'osso rotto ("risalendo" lungo il sistema nervoso, etc.) possiamo capire e spiegare il dolore; suppongo lo stesso valga per la coscienza: partendo da ciò che sembra essere la "radice fisiologica" della coscienza, si può forse arrivare a comprenderla meglio...
Per quanto riguarda gli aspetti "esterni", comportamentali e manifesti della coscienza, la psicologia e "scienze" affini hanno già il loro bel da fare a cercare di sbrogliare la matassa: una collaborazione con le neuroscienze, affrontando la questione da due fronti complementari (esterno/interno, comportamento/fisiologia) potrebbe essere di reciproco giovamento...
Citazione
Ma il fatto che senza cervello non possa esserci coscienza (concordo che un cervello vivo e con un minimo di funzionalità in atto -non in coma profondo- è la condizione necessaria e sufficiente per avere una coscienza; ma anche -allo stesso modo- che l' esistenza di una coscienza é la condizione necessaria perché ci sia un cervello vivo e con un minimo di funzionalità in atto) e quello che il cervello plausibilmente "serve" alla coscienza (pur non identificandosi con essa) non implicano una pretesa, impossibile presenza della coscienza (come sua parte o sua funzione) nel cervello (dove non si potrà trovare mai altro che materia ben diversa dalle esperienze coscienti del "titolare" del cervello: roba grigio-rossastra molliccia; che meglio analizzata appare costituita da neuroni, sinapsi, assoni in funzione, ecc.; che meglio ìnalizzata appare costituita da molecole, atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forza, ecc.; che meglio analizata potrà unicamente apparire essere costituita da eventuali altre entità ed eventi materiali del tutto simili a quelli della materia non pensante-cosciente e a quelli della materia non vivente; e non -ad esempio- visioni di fiori coloratissimi, audizioni di sublimi melodie, esperienze di sentmenti, fantasie, ricordi, ragionamenti, ecc., se questi ultimi sono i "contenuti fenomenici" che il "titolare del cercvello" sta esperendo).
Dunque partendo da ciò che sembra essere la "radice fisiologica" della coscienza, si può certamente arrivare a comprendere meglio le funzioni cerebrali necessariamente corrispondenti biunivovocamente alle esperienze di coscienza: questo possono (e devono) le neuroscienze (e lo trovo estramente interessante), non pretendere di ridurre la coscienza ad eventi neurofisiologici cerebrali o che essa ne "emerga" o vi "sopravvenga" qualsiasi senso questi concetti possano avere nell' ambito delle scienze naturali, del divenire della materia, di cui la coscienza non fa parte, mentre invece esso sì (il divenire materiale) fa parte, essendo costituito fa "fenomeni", delle esperienze fenomeniche coscienti nell' ambito delle quali é percepito, id est: accade.
Devo correggere quanto affermato nel mio precedente intervento:
Un certo determinato cervello e una certa determinata esperienza cosciente mentale-interiore (determinati pensieri) non possono essere considerati "la stessa cosa in sé" (robe mollicce grigiastre fatte di neuroni e assoni non sono affatto la stessa cosa che "stati d' animo", sentimenti o ragionamenti!), ma casomai, in un certo senso, esperienze mentali-interiori ed eventi neurofisiologici cerebrali possono essere considerati "la stessa cosa in sé" in quanto "si manifesta fenomenicamente" rispettivamente ad altri soggetti di sensazioni e a se stessa (invece le esperienze coscienti materiali-esteriori non possono essere considerate in un certo senso "la stessa cosa in sé" che il soggetto di esse, il loro soggetto quale "si manifesta fenomenicamente a se stesso", bensì la "manifestazione fenomenica" ad esso di "altre cose in sé da esso diverse").
Concordo al 100 % (una volta tanto ...capita "nelle migliori famigle") con le considerazioni di Maral su scienza e filosofia.
Citazione di: Mariano il 23 Settembre 2016, 17:15:26 PM
Il termine coscienza, nel senso di distinguere il bene dal male o il giusto dall'ingiusto, rappresenta un concetto oggettivo o soggettivo?
Io penso che ognuno di noi, parlando di coscienza si riferisca ad un concetto assoluto, come se fosse qualcosa di innato, ma non sono certo che sia così è lo dimostrano le diverse opinioni che onestamente si contrappongono in molti problemi sociali.
Pare che la coscienza, sia quella sensazione, generata dal e nel cervello dovuta al susseguirsi delle percezioni illusoriamente continua di fotogrammi (fotoni al contatto con la retina), suoni, odori, tatto ecc... ecc... (ossia la discriminazione dei sensi). Tale percezione è ERRONEAMENTE sperimentata come un qualcosa di continuo, come fosse un flusso senza rotture, incrinature o divisioni. In realtà invece vi sono una enormità di spazi "vuoti" che non essendo percepiti, non entrano a far parte della sensazione di "coscienza"al momento del sonno, o del coma, o della morte ad esempio, la coscienza è sospesa e non ti accorgi di "essere".
Il concetto di anima, che sopravvive al corpo è qualcosa di necessario al cervello per non entrare in corto circuito quando deve far a meno di quella illusione di "sè" percepito come un qualcosa di "a se stante" dal resto degli eventi che "osserva".il concetto di Male o Bene... sono semplici concetti SOGGETTIVI. Nella realtà che sperimentiamo non esiste ne male, ne bene. Esiste solo il susseguirsi di eventi a cui NOI attribuiamo un "giudizio".La realtà di quel che pensiamo se ne strafrega... semplicemente accade.ciao :)
Citazione di: bluemax il 17 Novembre 2016, 11:37:11 AM
Citazione di: Mariano il 23 Settembre 2016, 17:15:26 PM
Il termine coscienza, nel senso di distinguere il bene dal male o il giusto dall'ingiusto, rappresenta un concetto oggettivo o soggettivo?
Io penso che ognuno di noi, parlando di coscienza si riferisca ad un concetto assoluto, come se fosse qualcosa di innato, ma non sono certo che sia così è lo dimostrano le diverse opinioni che onestamente si contrappongono in molti problemi sociali.
Pare che la coscienza, sia quella sensazione, generata dal e nel cervello dovuta al susseguirsi delle percezioni illusoriamente continua di fotogrammi (fotoni al contatto con la retina), suoni, odori, tatto ecc... ecc... (ossia la discriminazione dei sensi). Tale percezione è ERRONEAMENTE sperimentata come un qualcosa di continuo, come fosse un flusso senza rotture, incrinature o divisioni. In realtà invece vi sono una enormità di spazi "vuoti" che non essendo percepiti, non entrano a far parte della sensazione di "coscienza"al momento del sonno, o del coma, o della morte ad esempio, la coscienza è sospesa e non ti accorgi di "essere".
Il concetto di anima, che sopravvive al corpo è qualcosa di necessario al cervello per non entrare in corto circuito quando deve far a meno di quella illusione di "sè" percepito come un qualcosa di "a se stante" dal resto degli eventi che "osserva".
il concetto di Male o Bene... sono semplici concetti SOGGETTIVI. Nella realtà che sperimentiamo non esiste ne male, ne bene. Esiste solo il susseguirsi di eventi a cui NOI attribuiamo un "giudizio".
La realtà di quel che pensiamo se ne strafrega... semplicemente accade.
ciao :)
CitazioneNel cervello non accadono sensazioni.
Questo non lo dico io, ma le neuroscienze: si può considerare scientificamente provato (non é filosofia, contrariamente alle altre mie obiezioni); infatti fra l' altro si fanno operazioni chirurgiche "a cielo aperto" tagliando pezzi di cervello in anestesia locale -a livello del cranio: paziente sveglio!- perché il paziente stesso non sente alcun dolore o altra sensazione per i tagli che gli vengono fatti nel cervello).
Le percezioni di suoni, odori, quelle tattili, ecc., che avvengono nell' ambito dell' esperienza fenimenica cosciente (e non nel cervello, nel quale invece accadono solo trasmissioni di impulsi elettrici lungo vie nervose ed eccitazioni e inibizioni trans-sinaptiche; senza le quali non accadrebbero le sensazioni coscienti e vivecersa, ma sono ben altra cosa da esse), per lo meno in quanto tali (sensazioni, magari illusorie, ma allora realmente illusorie) sono quanto di più certo, o meglio di meno incerto, si dia all' esperienza (quelli sulla loro durata più o meno ininterrotta sono giudizi, sul cui essere veri o falsi ci sarebbe molto da discutere; così come sulla loro illusorietà o meno).
Il concetto di "anima immortale" può essere più o meno utile a persone singole e a comunità, ma non al cervello, che funziona benissimo sia che "il suo titolare" creda di avere un anima immortale sia che creda di non averla; e anche a livello personale e/o sociale non é certo indispensabile: si può benissimo farne a meno e vivere più che soddisfacientemente).
In inea di principio ritengo non sia superabile razionalmente lo scetticismo, dunque che il "sé distinto dagli oggetti percepiti" potrebbe anche essere un' illusione; ma se lo fosse, allora a maggior ragione illusoria serebbe la conoscenza scientifica con quanto ci dice del cervello, ecc.
I concetti di bene e male sono soggettivi ma di fatto universalmente diffusi nella specie umana in conseguenza dell' evoluzione biologica per mutazioni genteiche causali e selezione naturale (correttamente intesa e non "a la Dawkins") o "storia naturale"; anche se in parte importante diversamente "declinati culturalmente" nei diversi contesti sociali a causa dell' evoluzione culturale o "storia umana".
Concordo che "La realtà di quel che pensiamo se ne strafrega... semplicemente accade".
...Peccato (anzi: per fortuna!) cha a strafergarcene non siamo certo noi umani (di fatto tutti, più o meno tutti in varia misura, salvo forse casi decisamente patologici; e salvo eventualmete non rendercene esplicitamente conto, non "farci caso").
Ciao.
sgiombo... "Io" (notare le virgolette in questo caso NECESSARIE :D ) parlavo di "sensazione di avere una coscienza" che è diverso dal dire che la coscienza è una sensazione.
La "Sensazione" del sè in altre parole. Tale sensazione del sè è stata notevolmente studiata. E stanno cintinuando a studiarla visto che le neuroscienze sono una parte della scienza estremamente giovane.
Pare che alcune parti del cervello siano responsabili di questa, appunto, sensazione (anche se per taluni è la maggior parte del cervello ad assicurarsi A SE, questa sensazione) perchè in pazienti dove alcune parti del cervello erano state danneggiate da incidenti non capivano, o meglio non riuscivano a capire di chi fosse ad esempio quella mano che vedevano, essendo pero' la propria.
Quindi da distinguere la coscienza in senso lato e la sensazione che esista un qualcosa che vada oltre al cervello.
La cosa che ti dovrebbe far pensare, appunto :D , è che ti riferisci al CERVELLO come "quello" distinguendoti da lui come "il suo titolare" mentre in realtà è proprio lui che ti fa fare certi ragionamenti anche perchè, pare, che il cervello necessiti fortemente di creare l'illusione dell' IO.
Tale illusione che esista un qualcosa che definisca "quello" diverso dal "il suo titolare" è data, studi lo dimostrano, dalla necessità che ha il cervello, appunto (il cui unico ruolo, ricordiamoci, è quello di preservare la salute delle cellule del corpo cui fa parte e favorirne la propria diffusione nell'ambiente tramite riproduzione) di muoversi nello spazio. In altre parole quando il fascio di luci che la retina coglie e trasmette al cervello, serve un "qualcosa" per capire se le luci che si muovo sono dovute al fatto che è il mondo esterno a muoversi o l'occhio (la testa o il corpo). Tale sovrapposizione di "mappature" cerebrali è possibile solo tramite la costruzione di un' IO (che se poi andiamo a fondo ed analizziamo questo io, non lo roviamo mai, ma questo è altro discorso).
Tale concetto di "IO" che diventa sensazione di "essere" è talmente necessaria al cervello per "elaborare" informazioni che al momento in cui prova a pensare ad un qualcosa senza quell' IO generalmente va in corto (quando si pensa fortemente all'infinito, al nulla ecc... ecc...). Ecco quindi che ha come soluzione o quella di NON PENSARCI, oppure quella di sopravvivere al NULLA creandosi una religione.
Tale "sensazione" (notare le virgolette) è stata poi utlizzata dalle varie religioni e credenze in ogni parte del pianeta ed in ogni epoca storica, ma questa è ISTITUZIONE, molto diversa da spiritualità.
Per quanto concerne i concetti di BENE o MALE, forse fai confuzione con GIUSTO ed INGIUSTO.
Per farla breve, è BENE qualsiasi cosa che porta un beneficio a chi determina quel "bene".
è MALE qualsiasi cosa che porta un maleficio a chi determina quel "male".
è GIUSTO qualsiasi cosa che porta un bene (leggi sopra), senza fare male (leggi sopra).
è INGIUSTO qualsiasi cosa che porta un bene, ma facendo del male.
poi vi è la pazzia dove è qualsiasi cosa che porta male facendo del male... ma quelli sono casi patologici.
PS. Ti cerco qualche argomento sulla coscienza nei vari PDF che ho.. .potrebbe nascere una bella discussione neuroscientifica :D
ciao
per sgombo...
ho fatto un copia incolla di una parte di un libro di neuroscienze che piu' o meno riassume il concetto...
Per capire l'architettura della mente occore usare un metodo ' l'ingegneria
inversa', una specie di tecnica chee parte dai problemi adattativi dei nostri
antenati e cerca di dedurre gli adattamenti psicologici che si sarebbero evoluti
per risolverli. Non ci sono dentro di noi essenze magiche, spiriti, fantasmi,
siamo animali come gli altri.
La maggior parte delle cellule del nostro corpo discende dalla cellula uovo e
dallo spermatozoo la cui unione ha dato inizio alla nostra vita e, per dirla
francamente, nessuna di loro sa niente di noi. Non pensano a nulla, solo a
creare energia, metabolismo, crescita, respirazione, trasporto dell'ossigeno,
alla relazione con il mondo, ecc. Ogni cellula svolge il suo compito e,
tutt'insieme, fanno il vostro essere, con sensibilità e razionalità compresa.
Non c'è neppure alcun quartier generale che sovrintende a tutto. Nessun
capo, supervisore consapevole e necessario.
Non c'è un teatro dove si mette in scena quel che la coscienza deve vedere
e deve sapere, è stata l'evoluzione dell'insieme armonico del corpo che ci ha
reso un'unità. Siamo in realtà fatti di sottoinsiemi, moduli, pezzettini,
scomparti, distinti e con una certa autonomia. Tutti caricati con dosi di
conoscenza parziale via via sempre più elementare e che interagiscono fra loro
per realizzare il compito complessivo. Sempre più piccoli e più semplici fino al
neurone, e a quel punto sono stati, per così dire, 'scaricati ' (35).
Leibiniz sfidò la nostra immaginazione con una vivida pompa d'intuizione,
c'invitò ad entrare in un mulino e a notare che non c'è niente di speciale; solo
'pezzi che si spingono a vicenda'. Un antenato straordinario di tutte le stanze
cinesi (36), come quella descritta da Searle.
Alla gente non piace molto sentire dire che siamo soltanto delle macchine,
ma questo è causato dal fatto che essi si riferiscono ad un'idea di macchina
troppo semplicistica. Certo siamo macchine capaci di dire: io ho un cervello,
ma "il guaio con i cervelli è che, quando ci guardi dentro, scopri che non c'è
nessuno in casa." (37). Un robot opportunamente programmato, con un
cervello costitutito da un calcolatore a base di silicio, sarebbe cosciente,
avrebbe un sé. Raccontiamo storie con le idee.
da notare la similitudine con...
[font=Helvetica, Tahoma, "Trebuchet MS", Arial, sans-serif]...Poiché tutte le cose sono vuoto, non c'è forma, percezione, impulsi, coscienza; non esistono occhio, orecchio naso, lingua, corpo, intelletto; non esiste colore, voce, olfatto, gusto, tatto, legge; non c'è né il mondo che si vede né il mondo della coscienza, non ci sono tenebre né fine delle tenebre, né vecchiaia né morte, né inesistenza di vecchiaia e di morte...[/font]
CitazionePer capire l'architettura della mente occore usare un metodo ' l'ingegneria
inversa', una specie di tecnica chee parte dai problemi adattativi dei nostri
antenati e cerca di dedurre gli adattamenti psicologici che si sarebbero evoluti
per risolverli. Non ci sono dentro di noi essenze magiche, spiriti, fantasmi,
siamo animali come gli altri.
Già, ma questo significa che noi ci riteniamo di in grado di discernere "oggettivamente" i problemi adattativi dei nostri antenati dall'alto della nostra conoscenza e di possedere una visione panoramica che ci permette da questi di dedurre gli adattamenti psicologici che furono a loro necessari per risolverli, del tutto indipendentemente dai nostri contesti culturali che stabiliscono i "pre-giudizi" di questa grandiosa visione. In effetti la visione di come funzionano le cose al mondo, fuori e dentro di noi, la spiegazione della nostra coscienza come mera attività neuronica, non è che il prodotto della cultura in cui ci troviamo inscritti, con tutta la sua storia, la sua necessità, i suoi desideri, bisogni e aspettative. E tutto questo la scienza positiva rifiuto di considerarlo, ci passa sopra tranquilla, illudendosi di vedere come stanno davvero le cose come se il mondo nascesse adesso, per come è, nudo davanti al suo occhio oggettivo.
Noi siamo come qualsiasi altro essere vivente ed è vero, ma è anche vero che non è così, poiché ogni essere vivente è fondamentalmente diverso e l'essere vivente umano è diverso da qualsiasi altro essere vivente, infatti può immaginare un se stesso e parlare di sé con altri, vedere un sé negli altri e ancor di più può parlare di sé con se stesso. Non che questo valga di più del saper volare, del poter abitare nelle profondità oceaniche o digerire la cellulosa, ma vale, è una differenza fondamentale.
L'uomo può anche immaginarsi (se il contesto culturale glielo propone) di essere una macchina dopo aver pensato che tutto sia macchina. E' una favola, un mito questo, esattamente come quello di sentirsi una creatura modellata dall'argilla in cui un Demiurgo soffia dentro un'anima. I miti sono prodotti delle tecnologie in uso: un tempo c'erano i vasai, oggi gli ingegneri costruttori di macchine (meccaniche, elettroniche, in prospettiva biologiche), ciò che produciamo diventa il nostro mito, quello in cui ci identifichiamo nelle favole in cui ci raccontiamo la nostra origine per crederci: l'origine è sempre quello che siamo arrivati a fare. Infatti noi possiamo immaginarci di essere sempre stati macchine solo da quando abbiamo cominciato a costruire, cosicché tutto, da allora, è diventato pensabile come macchina.
Il problema delle macchine, il problema per cui l'idea suscita ancora una certa resistenza, è che non lavorano per se stesse: la macchina funziona (è stata fatta e progettata) per uno scopo che non è la propria autopoiesi, deve servire ad altro, altrimenti, è inutile, è inaffidabile e va rottamata.
Per questo anche se sia la visione animistica che meccanicistica del mondo intero con noi inclusi sono entrambe favole, dopotutto quella animistica è un po' meno angosciante anche se non ci conforta di quella "utilizzabilità" che la macchina garantisce in linea di principio senza sorprese, riproducibilmente in serie. Chissà, magari (in un'altra favola) anche le macchine hanno un'anima che gli ingegneri che le costruiscono (ancora troppo umanamente centrati) non riescono proprio a vedere.
Citazione di: maral il 17 Novembre 2016, 17:02:43 PMGià, ma questo significa che noi ci riteniamo di in grado di discernere "oggettivamente" i problemi adattativi dei nostri antenati dall'alto della nostra conoscenza e di possedere una visione panoramica che ci permette da questi di dedurre gli adattamenti psicologici che furono a loro necessari per risolverli, del tutto indipendentemente dai nostri contesti culturali che stabiliscono i "pre-giudizi" di questa grandiosa visione. In effetti la visione di come funzionano le cose al mondo, fuori e dentro di noi, la spiegazione della nostra coscienza come mera attività neuronica, non è che il prodotto della cultura in cui ci troviamo inscritti, con tutta la sua storia, la sua necessità, i suoi desideri, bisogni e aspettative. E tutto questo la scienza positiva rifiuto di considerarlo, ci passa sopra tranquilla, illudendosi di vedere come stanno davvero le cose come se il mondo nascesse adesso, per come è, nudo davanti al suo occhio oggettivo.
Noi siamo come qualsiasi altro essere vivente ed è vero, ma è anche vero che non è così, poiché ogni essere vivente è fondamentalmente diverso e l'essere vivente umano è diverso da qualsiasi altro essere vivente, infatti può immaginare un se stesso e parlare di sé con altri, vedere un sé negli altri e ancor di più può parlare di sé con se stesso. Non che questo valga di più del saper volare, del poter abitare nelle profondità oceaniche o digerire la cellulosa, ma vale, è una differenza fondamentale.
L'uomo può anche immaginarsi (se il contesto culturale glielo propone) di essere una macchina dopo aver pensato che tutto sia macchina. E' una favola, un mito questo, esattamente come quello di sentirsi una creatura modellata dall'argilla in cui un Demiurgo soffia dentro un'anima. I miti sono prodotti delle tecnologie in uso: un tempo c'erano i vasai, oggi gli ingegneri costruttori di macchine (meccaniche, elettroniche, in prospettiva biologiche), ciò che produciamo diventa il nostro mito, quello in cui ci identifichiamo nelle favole in cui ci raccontiamo la nostra origine per crederci: l'origine è sempre quello che siamo arrivati a fare. Infatti noi possiamo immaginarci di essere sempre stati macchine solo da quando abbiamo cominciato a costruire, cosicché tutto, da allora, è diventato pensabile come macchina.
Il problema delle macchine, il problema per cui l'idea suscita ancora una certa resistenza, è che non lavorano per se stesse: la macchina funziona (è stata fatta e progettata) per uno scopo che non è la propria autopoiesi, deve servire ad altro, altrimenti, è inutile, è inaffidabile e va rottamata.
Per questo anche se sia la visione animistica che meccanicistica del mondo intero con noi inclusi sono entrambe favole, dopotutto quella animistica è un po' meno angosciante anche se non ci conforta di quella "utilizzabilità" che la macchina garantisce in linea di principio senza sorprese, riproducibilmente in serie. Chissà, magari (in un'altra favola) anche le macchine hanno un'anima che gli ingegneri che le costruiscono (ancora troppo umanamente centrati) non riescono proprio a vedere.
Beh... credo che la scienza abbia come unico obbiettivo quello di spiegare o meglio, cercare di capire la realtà. Le stesse neuroscienze affermano che l'ego, questa sorta di illusione di cui il cervello non puo' far a meno, trova come ostacolo quello di essere "accettata" proprio per la riluttanza che ha il cervello a far a meno del proprio "sè". Eppure quel "sè" quando dormi non è presente, quando sei in coma, o quando cesserai di avere la forma di adesso (la morte) e sarai sparso tra oceani, terra, piante e animali non è presente. come non è presente durante la guida dell'auto mentre pensi ad altro (puoi fare km e km in modo automatico senza che quelle azioni abbiano un "sè" visto che il tuo "sè" è altrove).
Del resto, anche quando fu fatto notare che era la terra a girare attorno al sole vi fu la medesima riluttanza (tanto che gli invitati non volevano, per paura, guardare nel cannocchiale). O come quando fu scoperto che il cuore aveva l'unica funzione di pompare il sangue e non quella di contenere l'anima e così via fino agli albori dell'uomo prima scimmia.
Considera inoltre che questi concetti non sono ad opera delle moderne scoperte scientifiche. Tali "scoperte" sono avvenute 2500 anni or sono e prende il nome di vacuità in quella dottrina buddista inquinata poi da rituali religiosi da persone che non potevano comprendere.
Tu dici che
"la spiegazione della nostra coscienza come mera attività neuronica, non è che il prodotto della cultura in cui ci troviamo inscritti". Considera che puo' anche esser vero il contrario, ossia che siamo indotti ricercare e creare quello che inconsciamente sappiamo ma razionalmente non vogliamo accettare. cmq interessante il concetto secondo il quale sono le "scoperte" a determinare la società...
Citazione di: bluemax il 17 Novembre 2016, 14:23:50 PM
sgiombo... "Io" (notare le virgolette in questo caso NECESSARIE :D ) parlavo di "sensazione di avere una coscienza" che è diverso dal dire che la coscienza è una sensazione.
La "Sensazione" del sè in altre parole. Tale sensazione del sè è stata notevolmente studiata. E stanno cintinuando a studiarla visto che le neuroscienze sono una parte della scienza estremamente giovane.
Pare che alcune parti del cervello siano responsabili di questa, appunto, sensazione (anche se per taluni è la maggior parte del cervello ad assicurarsi A SE, questa sensazione) perchè in pazienti dove alcune parti del cervello erano state danneggiate da incidenti non capivano, o meglio non riuscivano a capire di chi fosse ad esempio quella mano che vedevano, essendo pero' la propria.
Quindi da distinguere la coscienza in senso lato e la sensazione che esista un qualcosa che vada oltre al cervello.
La cosa che ti dovrebbe far pensare, appunto :D , è che ti riferisci al CERVELLO come "quello" distinguendoti da lui come "il suo titolare" mentre in realtà è proprio lui che ti fa fare certi ragionamenti anche perchè, pare, che il cervello necessiti fortemente di creare l'illusione dell' IO.
Tale illusione che esista un qualcosa che definisca "quello" diverso dal "il suo titolare" è data, studi lo dimostrano, dalla necessità che ha il cervello, appunto (il cui unico ruolo, ricordiamoci, è quello di preservare la salute delle cellule del corpo cui fa parte e favorirne la propria diffusione nell'ambiente tramite riproduzione) di muoversi nello spazio. In altre parole quando il fascio di luci che la retina coglie e trasmette al cervello, serve un "qualcosa" per capire se le luci che si muovo sono dovute al fatto che è il mondo esterno a muoversi o l'occhio (la testa o il corpo). Tale sovrapposizione di "mappature" cerebrali è possibile solo tramite la costruzione di un' IO (che se poi andiamo a fondo ed analizziamo questo io, non lo roviamo mai, ma questo è altro discorso).
Tale concetto di "IO" che diventa sensazione di "essere" è talmente necessaria al cervello per "elaborare" informazioni che al momento in cui prova a pensare ad un qualcosa senza quell' IO generalmente va in corto (quando si pensa fortemente all'infinito, al nulla ecc... ecc...). Ecco quindi che ha come soluzione o quella di NON PENSARCI, oppure quella di sopravvivere al NULLA creandosi una religione.
Tale "sensazione" (notare le virgolette) è stata poi utlizzata dalle varie religioni e credenze in ogni parte del pianeta ed in ogni epoca storica, ma questa è ISTITUZIONE, molto diversa da spiritualità.
Per quanto concerne i concetti di BENE o MALE, forse fai confuzione con GIUSTO ed INGIUSTO.
Per farla breve, è BENE qualsiasi cosa che porta un beneficio a chi determina quel "bene".
è MALE qualsiasi cosa che porta un maleficio a chi determina quel "male".
è GIUSTO qualsiasi cosa che porta un bene (leggi sopra), senza fare male (leggi sopra).
è INGIUSTO qualsiasi cosa che porta un bene, ma facendo del male.
poi vi è la pazzia dove è qualsiasi cosa che porta male facendo del male... ma quelli sono casi patologici.
PS. Ti cerco qualche argomento sulla coscienza nei vari PDF che ho.. .potrebbe nascere una bella discussione neuroscientifica :D
ciao
Citazione"Sensazione del sé" non so precisamente che cosa possa voler dire, ma "sensazione" sì; e qualsiasi cosa sia questo "sé" non se ne può avere sensazione nel cervello, dal momento che nel cervello non accadono sensazioni di alcun genere (compresa quella "del sé").
Broca e Wernicke erano neuroscienziati e sono vissuti nell' 800 (va beh che tutto è relativo, e Archimede è vissuto oltre 2000 anni prima, ma considerare la loro "una scienza estremamente giovane" mi sembra per lo meno un po' "stiracchiato"...).
Che senza cervello funzionante in determinati modi non ci sia esperienza cosciente (compresa l' autocoscienza o "consapevolezza di se stessi" -e non: "sensazione di sé": casomai le sensazioni dei propri pensieri da cui si ricavano la nozione della propria esistenza e il concetto di sé), ma anche viceversa senza esperienza cosciente non ci sia cervello funzionante in tali determinati modi, non significa affatto che cervello e coscienza siano la stessa cosa (per esempio anche senza polo positivo di un magnete non può esistere il polo negativo di quello stesso magnete e viceversa, ma ciò non toglie che il polo positivo è una cosa, il polo negativo un' altra diversa cosa).
La coscienza "va ben oltre il cervello", nel senso (unico che riesca a dare a questa espressione) che è qualcosa di reale, da esso diversa e altrettanto reale di esso.
No, mi dispiace, ma io sono io e il mio cervello è un' altra cosa (che tu puoi vedere, mentre i miei pensieri che contribuiscono a formare la mia coscienza, la coscienza di "me", non li vedi manco per il cavolo: posso, se voglio, a mio piacimento, esporteli, comunicarteli o meno, ma tu, pur potendo benissimo -in teoria; e anche di fatto, ovviamente a certe condizioni- vedere il mio cervello, non le percepirai o "avvertirai" o esperirai mai: ovvio, son ben altra cosa che il mio cervello!.
Non so a quali "studi che lo dimostrerebbero" ti riferisca, ma sta storia dell' "illusione dell' io che sarebbe necessaria al cervello" non sta in piedi: il cervello non ha illusioni, il cervello ha solo neuroni (e altri tipi di cellule), fasci di assoni, connessioni sinaptiche; vi si svolgono trasmissioni di impulsi elettrici (potenziali d' azione) e stimolazioni o inibizioni trans-sinaptiche in seguito alla somma algebrica delle quali può accadere, a certe condizioni, cioé superata una certa soglia di potenziale elettrico transmembrana, che partano potenziali d' azione): nient' altro! Di illusioni non v' è traccia.
Invece le illusioni sono nelle esperienze coscienti di coloro che si illudono (esperienze coscienti nelle quali possono anche esserci cervelli, se vengono visti, ma non viceversa).
La fisiologia della percezione e del comportamento umano (e animale), ovviamente condizionato dalle percezioni intese come eventi fisiologici, sono ben altra cosa che la coscienza e l' autocoscienza: come ha notato David Chalmers, in teoria potremmo anche essere tutti degli zombi assolutamente privi di coscienza e ci comporteremmo esattamente allo stesso modo, essendo il nostro comportamento determinato dalle interazioni fra il nostro cervello (e non: la nostra coscienza) e l' ambiente (anche attraverso i meccanismi fisiologici delle percezioni; che non sono le percezioni coscienti, soggettive, i cosiddetti "qualia"; soggettive, ma non per questo meno reali del cervello e della fisiologia della percezione e del comportamento).
Il cervello non pensa, il cervello è un sistema di collegamenti nervosi percorsi da potenziali d' azione, che regola il comportamento del corpo a cui appartiene; il pensiero è tutt' altra cosa (anche se non si può dare l' uno senza l' altro), è una parte dell' esperienza fenomenica cosciente (nella quale si trovano fra l' altro uomini e animali con i loro cervelli, e non viceversa).
Per me Dio l' hanno inventato i profeti, ma l' io non può di certo averlo inventato un organo fatto in sostanza di neuroni (e altre cellule), connessioni sinaptiche fra neuroni e assoni percorsi da potenziali di azione la cui funzione biologica è semplicemente quella di guidare il comportamenti animali nell'ambiente naturale.
Non vedo proprio dove e come potrei aver fatto confusione fra "bene" e "male" da una parte e "giustizia" e ingiustizia" dall' altra!!!
Ma quando mai?!?!?!
Sono ben preparato in neuroscienze (fra l' altro essendo medico e radiologo e conoscendo bene la neurofisiologia), ma frequento questo forum essenzialmente perché mi interessa intavolare discussioni filosofiche (anche e soprattutto di filosofia della mente; che è ben altra cosa della neurofisiologia, anche sé non può permettersi di ignorarla; mentre la neurofisiologia può benissimo permettersi di ignorare la filosofia della mente, anche se le sarebbe certamente utile; e non di rado quando ne parla spara delle gran fesserie).
Ciao.
Ciao.
Citazione di: bluemax il 17 Novembre 2016, 15:00:46 PM
per sgombo...
ho fatto un copia incolla di una parte di un libro di neuroscienze che piu' o meno riassume il concetto...
Per capire l'architettura della mente occore usare un metodo ' l'ingegneria
inversa', una specie di tecnica chee parte dai problemi adattativi dei nostri
antenati e cerca di dedurre gli adattamenti psicologici che si sarebbero evoluti
per risolverli. Non ci sono dentro di noi essenze magiche, spiriti, fantasmi,
siamo animali come gli altri.
La maggior parte delle cellule del nostro corpo discende dalla cellula uovo e
dallo spermatozoo la cui unione ha dato inizio alla nostra vita e, per dirla
francamente, nessuna di loro sa niente di noi. Non pensano a nulla, solo a
creare energia, metabolismo, crescita, respirazione, trasporto dell'ossigeno,
alla relazione con il mondo, ecc. Ogni cellula svolge il suo compito e,
tutt'insieme, fanno il vostro essere, con sensibilità e razionalità compresa.
Non c'è neppure alcun quartier generale che sovrintende a tutto. Nessun
capo, supervisore consapevole e necessario.
Non c'è un teatro dove si mette in scena quel che la coscienza deve vedere
e deve sapere, è stata l'evoluzione dell'insieme armonico del corpo che ci ha
reso un'unità. Siamo in realtà fatti di sottoinsiemi, moduli, pezzettini,
scomparti, distinti e con una certa autonomia. Tutti caricati con dosi di
conoscenza parziale via via sempre più elementare e che interagiscono fra loro
per realizzare il compito complessivo. Sempre più piccoli e più semplici fino al
neurone, e a quel punto sono stati, per così dire, 'scaricati ' (35).
Leibiniz sfidò la nostra immaginazione con una vivida pompa d'intuizione,
c'invitò ad entrare in un mulino e a notare che non c'è niente di speciale; solo
'pezzi che si spingono a vicenda'. Un antenato straordinario di tutte le stanze
cinesi (36), come quella descritta da Searle.
Alla gente non piace molto sentire dire che siamo soltanto delle macchine,
ma questo è causato dal fatto che essi si riferiscono ad un'idea di macchina
troppo semplicistica. Certo siamo macchine capaci di dire: io ho un cervello,
ma "il guaio con i cervelli è che, quando ci guardi dentro, scopri che non c'è
nessuno in casa." (37). Un robot opportunamente programmato, con un
cervello costitutito da un calcolatore a base di silicio, sarebbe cosciente,
avrebbe un sé. Raccontiamo storie con le idee.
CitazioneQuesto neuroscienziato (come tanti altri) fa una colossale confusione fra "mente " e "cervello": ciò che afferma nel primo capoverso (un po' semplicisticamente e grossolanamente, secondo me) può essere riferito al cervello, non alla coscienza.
Ma quando mai avrei sostenuto che ci sarebbero dentro noi essenze magiche, spiriti, fantasmi, o che non saremmo animali come gli altri?!?!?!
Non c' è certo bisogno di confondere la mente col cervello per evitare simili sciocchezze!!!
No, non "la maggior parte" delle cellule del nostro corpo, bensì tutte (salvo trapianti ed infezioni; le quali ultime però sono sostenute da viventi estranei al nostro corpo)!
Nemmeno i neuroni pensano nulla, esattamente come tutte le altre cellule.
Si limitano a generare potenziali d' azione che, attraverso le sinapsi, eccitano oppure inibiscono altri neuroni (cosicchè talora anche questi ultimi generano potenziali d' azione, fino ai motoneuroni i cui potenziali d' azione determinano le contrazioni muscolari).
Ovvio che non c' è alcun "teatro cosciente" nel cervello: è infatti questo a essere nel "teatro cosciente" di chi lo osserva!
Nessun pezzettino del corpo umano (o animale) possiede conoscenza di alcunché: tutti, armonicamente correlati (salvo patologie), contribuiscono al metabolismo corporeo, alla vita dell' organismo.
Non so di che "gente" parli costui, ma personalmente non ho alcuna paura o reticenza a credere che il nostro corpo è una macchina e che noi non abbiamo un' anima immortale.
E ci mancherebbe altro!
Sono un epicureo!.
Ho invece moltissima reticenza a prestare fede a sciocchezze non neuroscientifiche sparate da neuroscienziati scarsamente o per nulla ferrati in filosofia.
Un robot opportunamente programmato, con un cervello costitutito da un calcolatore a base di silicio, si comporterebbe come se fosse cosciente e autocosciente (per dirlo grossolanamente alla maniera dei neurofisiologi "come se avesse un sé"); ma non sarebbe possibile stabilire se fosse effettivamente cosciente e autocosciente (la stessa realtà delle coscienze degli altri uomini e animali, fatti di "carne" e non di silicio, oltre alla "propria" direttamente esperita da ognuno, non può essere dimostrata né tantomeno mostrata ma solo creduta arbitrariamente).
Citazione di: sgiombo il 17 Novembre 2016, 17:38:01 PM
Citazione di: bluemax il 17 Novembre 2016, 14:23:50 PMCitazione"Sensazione del sé" non so precisamente che cosa possa voler dire, ma "sensazione" sì; e qualsiasi cosa sia questo "sé" non se ne può avere sensazione nel cervello, dal momento che nel cervello non accadono sensazioni di alcun genere (compresa quella "del sé").
Broca e Wernicke erano neuroscienziati e sono vissuti nell' 800 (va beh che tutto è relativo, e Archimede è vissuto oltre 2000 anni prima, ma considerare la loro "una scienza estremamente giovane" mi sembra per lo meno un po' "stiracchiato"...).
Che senza cervello funzionante in determinati modi non ci sia esperienza cosciente (compresa l' autocoscienza o "consapevolezza di se stessi" -e non: "sensazione di sé": casomai le sensazioni dei propri pensieri da cui si ricavano la nozione della propria esistenza e il concetto di sé), ma anche viceversa senza esperienza cosciente non ci sia cervello funzionante in tali determinati modi, non significa affatto che cervello e coscienza siano la stessa cosa (per esempio anche senza polo positivo di un magnete non può esistere il polo negativo di quello stesso magnete e viceversa, ma ciò non toglie che il polo positivo è una cosa, il polo negativo un' altra diversa cosa).
La coscienza "va ben oltre il cervello", nel senso (unico che riesca a dare a questa espressione) che è qualcosa di reale, da esso diversa e altrettanto reale di esso.
No, mi dispiace, ma io sono io e il mio cervello è un' altra cosa (che tu puoi vedere, mentre i miei pensieri che contribuiscono a formare la mia coscienza, la coscienza di "me", non li vedi manco per il cavolo: posso, se voglio, a mio piacimento, esporteli, comunicarteli o meno, ma tu, pur potendo benissimo -in teoria; e anche di fatto, ovviamente a certe condizioni- vedere il mio cervello, non le percepirai o "avvertirai" o esperirai mai: ovvio, son ben altra cosa che il mio cervello!.
Non so a quali "studi che lo dimostrerebbero" ti riferisca, ma sta storia dell' "illusione dell' io che sarebbe necessaria al cervello" non sta in piedi: il cervello non ha illusioni, il cervello ha solo neuroni (e altri tipi di cellule), fasci di assoni, connessioni sinaptiche; vi si svolgono trasmissioni di impulsi elettrici (potenziali d' azione) e stimolazioni o inibizioni trans-sinaptiche in seguito alla somma algebrica delle quali può accadere, a certe condizioni, cioé superata una certa soglia di potenziale elettrico transmembrana, che partano potenziali d' azione): nient' altro! Di illusioni non v' è traccia.
Invece le illusioni sono nelle esperienze coscienti di coloro che si illudono (esperienze coscienti nelle quali possono anche esserci cervelli, se vengono visti, ma non viceversa).
La fisiologia della percezione e del comportamento umano (e animale), ovviamente condizionato dalle percezioni intese come eventi fisiologici, sono ben altra cosa che la coscienza e l' autocoscienza: come ha notato David Chalmers, in teoria potremmo anche essere tutti degli zombi assolutamente privi di coscienza e ci comporteremmo esattamente allo stesso modo, essendo il nostro comportamento determinato dalle interazioni fra il nostro cervello (e non: la nostra coscienza) e l' ambiente (anche attraverso i meccanismi fisiologici delle percezioni; che non sono le percezioni coscienti, soggettive, i cosiddetti "qualia"; soggettive, ma non per questo meno reali del cervello e della fisiologia della percezione e del comportamento).
Il cervello non pensa, il cervello è un sistema di collegamenti nervosi percorsi da potenziali d' azione, che regola il comportamento del corpo a cui appartiene; il pensiero è tutt' altra cosa (anche se non si può dare l' uno senza l' altro), è una parte dell' esperienza fenomenica cosciente (nella quale si trovano fra l' altro uomini e animali con i loro cervelli, e non viceversa).
Per me Dio l' hanno inventato i profeti, ma l' io non può di certo averlo inventato un organo fatto in sostanza di neuroni (e altre cellule), connessioni sinaptiche fra neuroni e assoni percorsi da potenziali di azione la cui funzione biologica è semplicemente quella di guidare il comportamenti animali nell'ambiente naturale.
Non vedo proprio dove e come potrei aver fatto confusione fra "bene" e "male" da una parte e "giustizia" e ingiustizia" dall' altra!!!
Ma quando mai?!?!?!
Sono ben preparato in neuroscienze (fra l' altro essendo medico e radiologo e conoscendo bene la neurofisiologia), ma frequento questo forum essenzialmente perché mi interessa intavolare discussioni filosofiche (anche e soprattutto di filosofia della mente; che è ben altra cosa della neurofisiologia, anche sé non può permettersi di ignorarla; mentre la neurfisiologia può benissimo permettersi di farlo; e non di rado quando ne parla spara delle gran fesserie).
Ciao.
Ciao.
Beh... per sensazione del "sè" intendo quella sensazione che abbiamo di "essere" un qualcosa di unico, intrinseco, non dipendente. Quella sensazione o illusione se vogliamo (ricordo necessaria per il corretto funzionamento spaziale) che nasce intorno ad un anno di vita e cessa con il deperimento del cervello. (in molti casi la sensazione del sè svanice prima ancora della morte). Per neuroscienze intendo quelle sviluppatesi dagli anni 90' in poi. Prima erano teorie (molte giuste, altre sbagliate) in quanto mancava la possibilità di sperimentare, quindi verificare, certe situazioni tramite l'ausilio dell'elettronica.
Tu parli dei "tuoi" pensieri come fossero qualcosa di tuo (del resto MIO non è altro che l'illusione di ME + IO estesa all'oggetto. In altre parole si proietta il proprio IO su un oggetto estendendo la sensazione di "essere" anche agli oggetti che ci circondano, ma questo è altro ampio discorso). Volevo farti notare che i pensieri non sono i TUOI ma solo presi in prestito. Entrano nella tua testa, vengono presi in prestito, misurati e poi lasciati andare. Nessun pensiero è tuo :) ma è solo preso in prestito da altri e come entra cosi' poi se ne va. Al limte viene valutato. Il pensiero non puo' essere il tuo IO anche perchè questo significherebbe che il tuo "io" muore ogni momento e cambia in ogni momento visto che il pensiero è temporaneo, cambia continuamente, è un mero processo e non ti puoi identificare con esso. Non puoi identificarti neppure col tuo nome in quanto anche se cambiasse quella sensazione rimarrebbe. E Neppure col tuo corpo visto che cambia continuamente, e se parte del tuo corpo andasse perduta (avviene costantemente con capelli, unghie, orine, cellule ecc... ecc...) quella sensazione rimarrebbe inalterata. E' quella sensazione falsa che ti fa presumere che quell' IO è uguale identico a quello che avevi quando eri fanciullo... ma qui il discorso si ampia all'inverosimile.
Le neuroscienze spiegano, abbondantemente, (ormai è assodato) che anche il libero arbirtrio è mera illusione... :) (dove per libero arbitrio intendo l'avere la possibilità di compiere una scelta differente nella stessa situazione spazio-temporale).
Un appunto. Medico e Radiologo hanno poco a che fare con le neuroscienze... come del resto la disputa tra psicologica e neuroscienze. La prima teme di perdere il motivo di esistere a scapito della seconda.
Comunque ammetto che il campo neuroscientifico è stupendo :) (forse perchè sono già ampiamente preparato a questi concetti da anni di studi sulla mente buddisti che parlano appunto ti questo) e penso che nei prossimi anni, con le nuove scoperte, il modo di vedere le cose dovranno necessariamente cambiare di fronte all'evidenza :)
ciao :)
Citazione di: bluemax il 17 Novembre 2016, 17:35:52 PM
Beh... credo che la scienza abbia come unico obbiettivo quello di spiegare o meglio, cercare di capire la realtà. Le stesse neuroscienze affermano che l'ego, questa sorta di illusione di cui il cervello non puo' far a meno, trova come ostacolo quello di essere "accettata" proprio per la riluttanza che ha il cervello a far a meno del proprio "sè". Eppure quel "sè" quando dormi non è presente, quando sei in coma, o quando cesserai di avere la forma di adesso (la morte) e sarai sparso tra oceani, terra, piante e animali non è presente. come non è presente durante la guida dell'auto mentre pensi ad altro (puoi fare km e km in modo automatico senza che quelle azioni abbiano un "sè" visto che il tuo "sè" è altrove).
Del resto, anche quando fu fatto notare che era la terra a girare attorno al sole vi fu la medesima riluttanza (tanto che gli invitati non volevano, per paura, guardare nel cannocchiale). O come quando fu scoperto che il cuore aveva l'unica funzione di pompare il sangue e non quella di contenere l'anima e così via fino agli albori dell'uomo prima scimmia.
Considera inoltre che questi concetti non sono ad opera delle moderne scoperte scientifiche. Tali "scoperte" sono avvenute 2500 anni or sono e prende il nome di vacuità in quella dottrina buddista inquinata poi da rituali religiosi da persone che non potevano comprendere.
Tu dici che "la spiegazione della nostra coscienza come mera attività neuronica, non è che il prodotto della cultura in cui ci troviamo inscritti". Considera che puo' anche esser vero il contrario, ossia che siamo indotti ricercare e creare quello che inconsciamente sappiamo ma razionalmente non vogliamo accettare.
cmq interessante il concetto secondo il quale sono le "scoperte" a determinare la società...
La scienza ha senza dubbio come scopo quello di spiegare e capire come stanno le cose, ma lo fa sempre a partire da un modo di stare delle cose, descrive com'è la realtà da un modo di essere della realtà che è determinato da un modo (una prospettiva che non siamo noi a scegliere), di vederla, dalla nostra cultura, dalle nostre tecniche, prassi e pregiudizi. Non è e non può essere la realtà in sé quello che la scienza spiega, ma la sua attuale interpretazione di senso (e questo vale da sempre per tutti i tentativi di spiegare la realtà). E' su questo che penso occorra mantenere viva la consapevolezza, soprattutto da parte dello scienziato, ma poi di tutti.
Il sé può essere presente o meno: quando dormo un sonno profondo senza sogni non lo è, se faccio cose automaticamente senza pensare non lo è, ma questo non toglie che questo posso dirlo e vederlo solo quando io sono presente a me stesso e allora di nuovo interpreto, interpreto una situazione come mia momentanea assenza, ma è sempre a partire dalla mia presenza cosciente che lo faccio, sempre a partire dal significato che appare alla mia attuale coscienza interpretante e dalla sua a me necessaria continuità.
La scoperta che la terra gira attorno al sole fu anch'essa resa possibile dal determinarsi di una situazione storica e sociale e dall'affermarsi di una tecnologia che consentiva un nuovo modo di interpretare e vedere il mondo (non semplicemente il cannocchiale, perché non è che solo guardando con il cannocchiale che vedo la terra girare attorno al sole, occorre tutta una storia di interpretazioni e presupposti per intenderla così); anche l'idea del cuore che è solo una pompa per il sangue presuppone tutto un modo di considerare e interpretare, non è che chi riteneva il cuore anziché il cervello la sede dell'essenza di se stesso (dell'anima) stesse farneticando, semplicemente vedeva la realtà secondo il suo pre-giudizio, esattamente come noi che abbiamo un pre-giudizio diverso che ci presenta una visione diversa di ciò che viviamo nel suo significare, non nel suo essere.
E certamente vi includo anche questo che vengo dicendo e che non sarebbe probabilmente mai passato per la testa (o nel cuore) né di un Parmenide, né di un Newton, perché anche questo è prodotto culturale, è un pregiudizio dei tempi, ma è solo a partire dal pre-giudizio che qualcosa si può dire e che si può fare una scienza o intendere qualsiasi cosa, compresi noi stessi: il punto su cui ci innalziamo per tentare visioni panoramiche "oggettive" e verificabili sono sempre e solo i nostri pregiudizi che ci danno anche il senso delle nostre verifiche.
L'errore è mettersi nella prospettiva di pensarsi potenzialmente come Dei onniscienti ed è un errore comune sia al mito, che alla filosofia che alla tecno-scienza positiva, tutte pratiche umane, quindi è un errore umano che l'umano però può giungere a intendere a partire da se stesso. Chissà se una macchina può commettere lo stesso errore, se ci riuscirà allora la riconosceremo come umana (e non l'umano come una macchina).
Citazione di: bluemax il 17 Novembre 2016, 17:55:38 PM
Beh... per sensazione del "sè" intendo quella sensazione che abbiamo di "essere" un qualcosa di unico, intrinseco, non dipendente. Quella sensazione o illusione se vogliamo (ricordo necessaria per il corretto funzionamento spaziale) che nasce intorno ad un anno di vita e cessa con il deperimento del cervello. (in molti casi la sensazione del sè svanice prima ancora della morte). Per neuroscienze intendo quelle sviluppatesi dagli anni 90' in poi. Prima erano teorie (molte giuste, altre sbagliate) in quanto mancava la possibilità di sperimentare, quindi verificare, certe situazioni tramite l'ausilio dell'elettronica.
Tu parli dei "tuoi" pensieri come fossero qualcosa di tuo (del resto MIO non è altro che l'illusione di ME + IO estesa all'oggetto. In altre parole si proietta il proprio IO su un oggetto estendendo la sensazione di "essere" anche agli oggetti che ci circondano, ma questo è altro ampio discorso). Volevo farti notare che i pensieri non sono i TUOI ma solo presi in prestito. Entrano nella tua testa, vengono presi in prestito, misurati e poi lasciati andare. Nessun pensiero è tuo :) ma è solo preso in prestito da altri e come entra cosi' poi se ne va. Al limte viene valutato. Il pensiero non puo' essere il tuo IO anche perchè questo significherebbe che il tuo "io" muore ogni momento e cambia in ogni momento visto che il pensiero è temporaneo, cambia continuamente, è un mero processo e non ti puoi identificare con esso. Non puoi identificarti neppure col tuo nome in quanto anche se cambiasse quella sensazione rimarrebbe. E Neppure col tuo corpo visto che cambia continuamente, e se parte del tuo corpo andasse perduta (avviene costantemente con capelli, unghie, orine, cellule ecc... ecc...) quella sensazione rimarrebbe inalterata. E' quella sensazione falsa che ti fa presumere che quell' IO è uguale identico a quello che avevi quando eri fanciullo... ma qui il discorso si ampia all'inverosimile.
Le neuroscienze spiegano, abbondantemente, (ormai è assodato) che anche il libero arbirtrio è mera illusione... :) (dove per libero arbitrio intendo l'avere la possibilità di compiere una scelta differente nella stessa situazione spazio-temporale).
Un appunto. Medico e Radiologo hanno poco a che fare con le neuroscienze... come del resto la disputa tra psicologica e neuroscienze. La prima teme di perdere il motivo di esistere a scapito della seconda.
Comunque ammetto che il campo neuroscientifico è stupendo :) (forse perchè sono già ampiamente preparato a questi concetti da anni di studi sulla mente buddisti che parlano appunto ti questo) e penso che nei prossimi anni, con le nuove scoperte, il modo di vedere le cose dovranno necessariamente cambiare di fronte all'evidenza :)
ciao :)
Citazione
Quella dell' "essere qualcosa di unico, intrinseco, non dipendente" non è una sensazione ma una nozione ricavata da sensazioni (sensazioni sono quelle dei nostri pensieri, le sensazioni mentali, dalle quali possiamo inferirla; oltre che quelle del mondo "esterno", le sensazioni materiali).
Broca e Wernicke (e tanti altri) erano (e restano) neuroscienziati dalla fama inossidabile: le loro ricerche erano assolutamente corrette, metodologicamente irreprensibili (anche se ovviamente limitate e fallibili; come tutte le scoperte scientifiche, comprese quelle dei loro colleghi odierni, né più né meno).
Guarda che i miei pensieri sono reali e non affatto illusioni (illusioni potrebbero eventualmente essere i loro "contenuti", non essi stessi; tu non li puoi avvertire, non sono intersoggettivi, ma non per questo non sono reali: pretenderlo significherebbe cadere nel solipsismo!)
(E se tu lo credessi sarebbe inutile fingere di discutere).
Che in grandissima parte le mie convinzioni e le convinzioni di tutti sono apprese da altri è ovvio, ma del tutto irrilevante circa la questione della alterità (malgrado la loro necessaria coesistenza e corrispondenza biunivoca) di esperienza cosciente e cervello.
Ovviamente i miei pensieri non sono certo il mio "io", che ne è il soggetto (altra cosa)!
Ma men che meno sono il mio cervello o il prodotto del mio cervello con gli eventi neurofisiologici che vi accadono, -lo sono solo i miei comportamenti- anche se ad essi necessariamente coesistono e corrispondono biunivocamente, e viceversa).
La mia autocoscienza che rimane al variare delle mie esperienze percettive e del mio corpo non è una sensazione, ma una nozione, ricavata da molteplici sensazioni, soprattutto interiori o mentali; che non nasce in alcun modo nel mio cervello, ove accadono solo eventi neurofisiologici: ben altre "cose", ad essa corrispondenti. Sono i cervelli ad essere nelle esperienze coscienti (di chi li osserva), e non le esperienze coscienti nei cervelli).
Anch' io penso che il libero arbitrio sia un' illusione (lo penso essendo anche confortato dalle neuroscienze; e contrariamente ad alcuni neuroscienziati che le neuroscienze conoscono molto bene ma come filosofi sono scarsissimi; non è sic et simpliciter assodato dalle neuroscienze, ma lo si può desumere anche dalle neuroscienze, sebbene insigni filosofi lo sostenessero adeguatamente già parecchi secoli fa).
Ma ciò è irrilevante ai circa il problema dei rapporti mente/esperienza cosciente.
No, scusa, non per vantarmi (e non certo perché ritenga "autorevolezza" e competenza dirimenti nelle discussioni filosofiche, solo "per la cronaca") ma da medico e da radiologo ho superato brillantemente gli esami di anatomia macroscopica e microscopica, di fisiologia (anche del SNC), di neurologia, e conosco bene la fRM e la PET e le ricerche neurofisiologiche che con esse si compiono.
Mi permetterei di dire che in materia sono molto più competente di qualsiasi buddista che non sia anche esperto di scienze biologiche.
Non so la psicologia (che non mi attira) ma la filosofia è stata già dichiarata morta dozzine di volte (almeno a partire da quella vetusta e superata ...filosofia che era il positivismo ottocentesco), ed è più viva e vegeta che mai.
La prima evidenza che è necessario ammettere per evitare di brancolare nel buio è che non é l' esperienza cosciente a trovarsi nel cervello, ma sono i cervelli ad a trovarsi nelle esperienze coscienti (di chi li vede; di solito indirettamente, per il tramite dell' imaging funzionale neurologico; per la cronaca: inventato dai radiologi).
Citazione di: maral il 17 Novembre 2016, 19:36:29 PMLa scienza ha senza dubbio come scopo quello di spiegare e capire come stanno le cose, ma lo fa sempre a partire da un modo di stare delle cose, descrive com'è la realtà da un modo di essere della realtà che è determinato da un modo (una prospettiva che non siamo noi a scegliere), di vederla, dalla nostra cultura, dalle nostre tecniche, prassi e pregiudizi. Non è e non può essere la realtà in sé quello che la scienza spiega, ma la sua attuale interpretazione di senso (e questo vale da sempre per tutti i tentativi di spiegare la realtà). E' su questo che penso occorra mantenere viva la consapevolezza, soprattutto da parte dello scienziato, ma poi di tutti.
Il sé può essere presente o meno: quando dormo un sonno profondo senza sogni non lo è, se faccio cose automaticamente senza pensare non lo è, ma questo non toglie che questo posso dirlo e vederlo solo quando io sono presente a me stesso e allora di nuovo interpreto, interpreto una situazione come mia momentanea assenza, ma è sempre a partire dalla mia presenza cosciente che lo faccio, sempre a partire dal significato che appare alla mia attuale coscienza interpretante e dalla sua a me necessaria continuità.
su questo sono abbastanza in accordo con te. Quel che voglio dire è che non è che la scienza dice che la coscienza non esiste. Se provi tale sensazione è ovvio che esiste. (ed anche sul concetto di esistenza o meno di un qualcosa andrebbe aperto un nuovo capitolo ma sorvoliamo se no si va fuori tema). Qual che voglio dire e che la scienza dice è che la coscienza esiste ma non come viene percepita dal cervello, ossia come un qualcosa di esterno da tutti i fenomeni e non come qualcosa prodotto da fenomeni.
ciao :)
Citazione di: sgiombo il 17 Novembre 2016, 20:02:06 PM
Citazione di: bluemax il 17 Novembre 2016, 17:55:38 PM
Citazione
Guarda che i miei pensieri sono reali e non affatto illusioni (illusioni potrebbero eventualmente essere i loro "contenuti", non essi stessi; tu non li puoi avvertire, non sono intersoggettivi, ma non per questo non sono reali: pretenderlo significherebbe cadere nel solipsismo!)
(E se tu lo credessi sarebbe inutile fingere di discutere).
non ho detto questo. Se guardi i video lincati capiresti a cosa alludo.
Non intendo dire che la sensazione di coscienza è illusoria, in tal caso mi sono espresso male, se la proviamo è ovviamente vera. MA semplicemente non è per come noi tutti crediamo che sia... ossia qualcosa di indipendente, spettatrice dell'universo, intrinseca e unica che si preserva nel tempo.
I video lincati potrebbero spiegar meglio cosa intende oggi la scienza per illusione del sè, di libero arbitrio e di coscienza.
Unico appunto.
La dottrina buddista studia la mente da 2500 anni... probabilmente ne sa qualcosa molto piu' di te e me messi assieme e non a caso alle conferenze di studio della mente buddiste si accostano i piu' famosi scienziati di neuroscienze da cui hanno preso spunti per indirizzare le proprie ricerche.
Le due visioni (quella occidentale e quella orientale) non sono certo in conflitto ma complementari l'una all'altra. Non penserai mica che buddismo sia "solo" una sorta di religione... :) è una ricerca innanzi tutto... una ricerca continua del concetto di reale (il film matrix per intendersi è tutto buddismo).
se dai un'occhiata ai link che ti ho proposto forse capisci a cosa voglio alludere...
ciao :)
Anziché aggrovigliarsi sul Se e l'Io penso che sia opportuno cercare di spiegare ai "non addetti ai lavori" filosofici nel forum la differenza tra encefalo, cervello, mente e coscienza.
Alla mia nipotina direi che l'encefalo (= dentro la testa) contiene le strutture cerebrali all'interno della scatola cranica.
Una parte dell'encefalo si chiama cervello, che è l'organo principale del sistema nervoso centrale.
Nel cervello c'è la mente, dal cui funzionamento emerge il nostro essere, i pensieri, le idee, i sentimenti, il linguaggio, la coscienza: con questa s'intende la consapevolezza che il soggetto ha di sé e dei propri contenuti mentali.
Alla mia nipotina direi anche che il concetto di coscienza comprende sia la percezione di stati interni ed esterni all'organismo sia la capacità dell'Io di organizzare e sintetizzare percezioni, conoscenze, emozioni, sentimenti, ecc..
L'Io struttura la personalità dell'individuo tramite dei processi psichici come pensare, percepire, ricordare, ascoltare, ecc..
La scienza individua i centri e i meccanismi all'interno del cervello che creano mente e coscienza, ma non sa spiegare che cosa sia la coscienza.
La coscienza ha la capacità di porre se stessa ad oggetto della propria riflessione, e si ha l'autocoscienza.
Le neuroscienze, pur avendo fornito una mole enorme di conoscenze sul funzionamento del cervello, non hanno fatto alcun progresso circa la spiegazione della nascita della coscienza dalla materia del cervello. La mente è materializzata nel cervello, ma dove ?
Sappiamo che nell'encefalo sono in attività molecole, cellule e circuiti nervosi che elaborano le attività cerebrali della mente.
Il genetista Edoardo Boncinelli nel suo libro titolato "Quel che resta dell'anima" evidenzia che "Sono ormai poche le persone che parlano di anima al di fuori dell'ambito religioso, ma moltissime nominano la mente come istanza capace di dare un senso alle diverse funzioni nel cervello.
Si tratta del vecchio dilemma dualismo-monismo: se cioè nella testa esistono due piani, quello del cervello e quello della mente, oppure esclusivamente il secondo. Gli scienziati optano per il secondo (pag. 59)
Ancora Boncinelli: "Il termine mente è utilizzato per descrivere l'insieme delle funzioni superiori del cervello e, in particolare, quelle di cui si può avere soggettivamente coscienza in diverso grado, quali il pensiero, l'intuizione, la ragione, la memoria, la volontà, la sensazione, l'emozione.
Molte di queste facoltà nel complesso danno forma all'intelligenza.
L'espressione "funzioni superiori" non indica nulla di oggettivo, ma riflette un nostro giudizio di valore".
A molte persone, le neuroscienze, che riportano la vita spirituale ai meccanismi elettrochimici del cervello, procurano turbamento e scandalo, sembrano negare la dignità e la libertà umana, la responsabilità morale, tutto ciò che chiamiamo spirito, togliendo alla vita quel senso dato dalla metafisica e dalla fede. È antica tradizione condannare tutto ciò che è o sembra essere solo materiale.
Citazione di: altamarea il 18 Novembre 2016, 08:26:38 AMA molte persone, le neuroscienze, che riportano la vita spirituale ai meccanismi elettrochimici del cervello, procurano turbamento e scandalo, sembrano negare la dignità e la libertà umana, la responsabilità morale, tutto ciò che chiamiamo spirito, togliendo alla vita quel senso dato dalla metafisica e dalla fede. È antica tradizione condannare tutto ciò che è o sembra essere solo materiale.
bellissima :)
grazie :)
Citazione di: bluemax il 17 Novembre 2016, 22:32:58 PM
Citazione di: sgiombo il 17 Novembre 2016, 20:02:06 PM
Citazione di: bluemax il 17 Novembre 2016, 17:55:38 PM
Citazione
Guarda che i miei pensieri sono reali e non affatto illusioni (illusioni potrebbero eventualmente essere i loro "contenuti", non essi stessi; tu non li puoi avvertire, non sono intersoggettivi, ma non per questo non sono reali: pretenderlo significherebbe cadere nel solipsismo!)
(E se tu lo credessi sarebbe inutile fingere di discutere).
non ho detto questo. Se guardi i video lincati capiresti a cosa alludo.
Non intendo dire che la sensazione di coscienza è illusoria, in tal caso mi sono espresso male, se la proviamo è ovviamente vera. MA semplicemente non è per come noi tutti crediamo che sia... ossia qualcosa di indipendente, spettatrice dell'universo, intrinseca e unica che si preserva nel tempo.
I video lincati potrebbero spiegar meglio cosa intende oggi la scienza per illusione del sè, di libero arbitrio e di coscienza.
Unico appunto.
La dottrina buddista studia la mente da 2500 anni... probabilmente ne sa qualcosa molto piu' di te e me messi assieme e non a caso alle conferenze di studio della mente buddiste si accostano i piu' famosi scienziati di neuroscienze da cui hanno preso spunti per indirizzare le proprie ricerche.
Le due visioni (quella occidentale e quella orientale) non sono certo in conflitto ma complementari l'una all'altra. Non penserai mica che buddismo sia "solo" una sorta di religione... :) è una ricerca innanzi tutto... una ricerca continua del concetto di reale (il film matrix per intendersi è tutto buddismo).
se dai un'occhiata ai link che ti ho proposto forse capisci a cosa voglio alludere...
ciao :)
Citazione
Ovviamente la coscienza non é "qualcosa di indipendente (dal resto della realtà)", ma si può ammettere che comprenda una certa conoscenza del resto dell' universo (ovviamente limitata, parziale, relativa) e certamente si preserva nel tempo (anche se non eternamente, ma per una durata finita).
Ma soprattutto non é il cervello né alcun aspetto "algoritmico", "informazionale" o altro" del cervello (che non possa darsi senza determinati eventi neurofisiologici cerebrali, ma anche viceversa, quei determinati eventi neurofisiologici cerebrali non possono darsi senza coscienza, é tutt' altra cosa e non implica affatto una tale pretesa identità).
Del buddismo non penso nulla perché non lo conosco.
Ma certamente, senza presunzione ma nemmeno falsa modestia, come medico radiologo di neurofisiologia ne so e comprendo molto più di quialsiasi buddista che non abbia una analoga preparezione scientifica (e anche per questo non mi interessa discuterne nel forum con "profani", buddisti o meno che siano; ma casomai con colleghi).
Ciao.
Citazione di: sgiombo il 18 Novembre 2016, 11:20:43 AM
Citazione di: bluemax il 17 Novembre 2016, 22:32:58 PM
Citazione
Ma certamente, senza presunzione ma nemmeno falsa modestia, come medico radiologo di neurofisiologia ne so e comprendo molto più di quialsiasi buddista che non abbia una analoga preparezione scientifica (e anche per questo non mi interessa discuterne nel forum con "profani", buddisti o meno che siano; ma casomai con colleghi).
Ciao.
beh... personalmente sono laureato in ingegneria informatica, studio neuroscienze da 12 anni (senza praticare alcuna università vista la sua utilità (ma questa è personale opinione), e pratico e studio la scuola buddista di Pomaia (che si occupa dello studio della mente) da 11 anni (3 anni di introduzione + 4 anni di basic + 4 anni di master).
considera il fatto, che forse, (notare il forse) qua i profani son altri.
Anche a me piacerebbe discutere con colleghi... ma sai... sono molto interessato alle visioni "differenti" dalle mie, visto che quelle uguali alle mie non hanno nulla da insegnarmi.
ciao :)
PS. Il messaggio di cui sopra non è una gara a chi lo ha piu' lungo come fanno i fanciulli... (cosa che ormai presumo di aver superato da anni)
era un modo personale come possono esservene altri per farti notare come, dopo una tua probabile alterazione (che tu naturalmente negherai) leggendo il messaggio di cui sopra, abbia ben chiaro di cosa stiamo parlando quando si parla di EGO.
Personalmente sono abituato a pensare che non siamo quello che vogliamo far credere...
Io non SONO un ingegnere... FACCIO l'ingegnere...
come non SONO un buddista ma studio buddismo...
ecc... ecc...
l'associare un "mestiere" ad un "io" è uno degli inganni che la coscienza crea per "distinguere" quel sè dagli altri "sè"
riciao :)
Citazione di: altamarea il 18 Novembre 2016, 08:26:38 AM
Anziché aggrovigliarsi sul Se e l'Io penso che sia opportuno cercare di spiegare ai "non addetti ai lavori" filosofici nel forum la differenza tra encefalo, cervello, mente e coscienza.
Alla mia nipotina direi che l'encefalo (= dentro la testa) contiene le strutture cerebrali all'interno della scatola cranica.
Una parte dell'encefalo si chiama cervello, che è l'organo principale del sistema nervoso centrale.
Nel cervello c'è la mente, dal cui funzionamento emerge il nostro essere, i pensieri, le idee, i sentimenti, il linguaggio, la coscienza: con questa s'intende la consapevolezza che il soggetto ha di sé e dei propri contenuti mentali.
Alla mia nipotina direi anche che il concetto di coscienza comprende sia la percezione di stati interni ed esterni all'organismo sia la capacità dell'Io di organizzare e sintetizzare percezioni, conoscenze, emozioni, sentimenti, ecc..
L'Io struttura la personalità dell'individuo tramite dei processi psichici come pensare, percepire, ricordare, ascoltare, ecc..
La scienza individua i centri e i meccanismi all'interno del cervello che creano mente e coscienza, ma non sa spiegare che cosa sia la coscienza.
La coscienza ha la capacità di porre se stessa ad oggetto della propria riflessione, e si ha l'autocoscienza.
Le neuroscienze, pur avendo fornito una mole enorme di conoscenze sul funzionamento del cervello, non hanno fatto alcun progresso circa la spiegazione della nascita della coscienza dalla materia del cervello. La mente è materializzata nel cervello, ma dove ?
Sappiamo che nell'encefalo sono in attività molecole, cellule e circuiti nervosi che elaborano le attività cerebrali della mente.
Il genetista Edoardo Boncinelli nel suo libro titolato "Quel che resta dell'anima" evidenzia che "Sono ormai poche le persone che parlano di anima al di fuori dell'ambito religioso, ma moltissime nominano la mente come istanza capace di dare un senso alle diverse funzioni nel cervello.
Si tratta del vecchio dilemma dualismo-monismo: se cioè nella testa esistono due piani, quello del cervello e quello della mente, oppure esclusivamente il secondo. Gli scienziati optano per il secondo (pag. 59)
Ancora Boncinelli: "Il termine mente è utilizzato per descrivere l'insieme delle funzioni superiori del cervello e, in particolare, quelle di cui si può avere soggettivamente coscienza in diverso grado, quali il pensiero, l'intuizione, la ragione, la memoria, la volontà, la sensazione, l'emozione.
Molte di queste facoltà nel complesso danno forma all'intelligenza.
L'espressione "funzioni superiori" non indica nulla di oggettivo, ma riflette un nostro giudizio di valore".
A molte persone, le neuroscienze, che riportano la vita spirituale ai meccanismi elettrochimici del cervello, procurano turbamento e scandalo, sembrano negare la dignità e la libertà umana, la responsabilità morale, tutto ciò che chiamiamo spirito, togliendo alla vita quel senso dato dalla metafisica e dalla fede. È antica tradizione condannare tutto ciò che è o sembra essere solo materiale.
CitazioneDal funzionamento dell' encefalo non "emerge" la nostra mente (né in generale la nostra coscienza; con la quale é invece in necessaria corrispondenza biunivoca), bensì consegue causalmente soltanto il nostro comportamento (contrazioni muscolari; comprese quelle degli organi fonatori con i quali si comunicano resocont verbali di pensieri e di esperienze esteriori-materiali; i quali non sono le stesse cose che pensieri ed esperienze), e nient' altro!
Infatti la scienza individua i centri e i meccanismi all'interno del cervello che corrispondono a mente e coscienza, ma non può spiegare che cosa sia la coscienza (né la mente) limitandosi a indagare (scientificamente, com' é ovvio) il cervello.
Proprio perché la mente (e in generale la coscienza, mentale e materiale) non é materializzata da nessuna parte nel cervello (bensì i cervelli sono nelle esperienze coscienti di chi li osserva), le neuroscienze, pur avendo fornito una mole enorme di conoscenze sul funzionamento del cervello, non hanno fatto alcun progresso circa la spiegazione della nascita della coscienza dalla materia del cervello; nè mai ne faranno fintanto che continueranno a cercare nel posto sbagliato ciò che non vi si può trovare.
Sappiamo che nell'encefalo sono in attività molecole, cellule e circuiti nervosi che elaborano le attività cerebrali necessariamente in corrispondenza biunivoca con la coscienza (la quale non ne é affatto costituita).
Boncinelli nella citazione che ne fai a proposito dell' "anima" intesa in senso religioso o comunque "spiritualistico", per quanto mi riguarda, sfonda una porta più che straspalancatissima (licenza "poetica").
Ma che "nella testa esiste la mente" é una sciocchezza: nella testa esiete il cervello, costituito solo dalle molecole, le cellule e i circuiti nervosi di cui parli anche tu, e non alfatto la mente (e in generale l' esperienza cosciente): é invece il cervello ad essere nell' esperienza cosciente di chi lo vede od osserva.
Mente, pensiero, intuizione, ragione, memoria, volontà, sensazione, emozione, intelligenza, ecc. non sono "prodotte" dal cervello, che invece "produce" unicamente contrazioni muscolari o movimenti corporei (compresi quellli che comunicano verbalmente pensieri, intuizioni, ecc.: comunicazioni verbali che non sono le esperienze vissute dei pensieri, intuizioni, ecc.; non più del fatto che dire "sono il campione del modo di motociclismo" non fa certo di me il campione del mondo di motociclismo; sono solo un discreto motociclista sportivo dilettante).
A me le neuroscienze, che dimostrano che la vita spirituale necessariamente corrisponde a determinati meccanismi elettrochimici del cervello e viceversa, non procura propio nessun turbamento e scandalo, non mi sembra affatto negare manco per niente la dignità e la libertà umana, la responsabilità morale, e non toglie per niente alla vita alcun senso.
E' anche antica tradizione credere ciecamente e acriticamente ciò che persone ritenute autorevoli dicono anche su argomenti sui quali non hanno sufficienti competenze, come molti neuroscienziati quando parlano del problema filosofico dei rapporti coscienza/cervello.
Citazione di: bluemax il 18 Novembre 2016, 11:45:47 AM
PS. Il messaggio di cui sopra non è una gara a chi lo ha piu' lungo come fanno i fanciulli... (cosa che ormai presumo di aver superato da anni)
era un modo personale come possono esservene altri per farti notare come, dopo una tua probabile alterazione (che tu naturalmente negherai) leggendo il messaggio di cui sopra, abbia ben chiaro di cosa stiamo parlando quando si parla di EGO.
Personalmente sono abituato a pensare che non siamo quello che vogliamo far credere...
Io non SONO un ingegnere... FACCIO l'ingegnere...
come non SONO un buddista ma studio buddismo...
ecc... ecc...
l'associare un "mestiere" ad un "io" è uno degli inganni che la coscienza crea per "distinguere" quel sè dagli altri "sè"
riciao :)
CitazioneDi gare a chi ce l' ha più lungo non ne faccio più da un bel pezzo (purtroppo: sono vecchio!).
Non comprendo cosa potrebbe mai essere "la mia probabile alterazione" di cui parli, ma se davvero non vogliamo fare a gara a chi ce l' ha più lungo, allora per favore evitiamo di fare come i polticanti di mezza tacca nei talk show che per dare l' impressione dii aver messo in diffficoltà l' avversario ("di avercelo più lungo" di lui) gli attribuiscono fantasiose e inesistenti perdite della pazienza.
Ma a chi mi invitava a discutere nel forum di neurofisiologia dovevo pur giustificare il mio diniego: di neurofisiologia discuto con chi é competente di neurofisionìlogia (dunque non in questo forum), di filosofia con chi si interessa di filosofia (dunque anche in questo forum).
Non capisco bene le ultime paole, ma so di essere un (ovvero, per dirla più sciattamente, "di fare il") medico radiologo (non ho ancora l' Alzheimer).
Ariciao.
Citazione di: bluemax il 18 Novembre 2016, 11:45:47 AM
Citazione di: sgiombo il 18 Novembre 2016, 11:20:43 AM
Citazione di: bluemax il 17 Novembre 2016, 22:32:58 PM
Citazione
Ma certamente, senza presunzione ma nemmeno falsa modestia, come medico radiologo di neurofisiologia ne so e comprendo molto più di quialsiasi buddista che non abbia una analoga preparezione scientifica (e anche per questo non mi interessa discuterne nel forum con "profani", buddisti o meno che siano; ma casomai con colleghi).
Ciao.
beh... personalmente sono laureato in ingegneria informatica, studio neuroscienze da 12 anni (senza praticare alcuna università vista la sua utilità (ma questa è personale opinione), e pratico e studio la scuola buddista di Pomaia (che si occupa dello studio della mente) da 11 anni (3 anni di introduzione + 4 anni di basic + 4 anni di master).
considera il fatto, che forse, (notare il forse) qua i profani son altri.
Anche a me piacerebbe discutere con colleghi... ma sai... sono molto interessato alle visioni "differenti" dalle mie, visto che quelle uguali alle mie non hanno nulla da insegnarmi.
ciao :)
CitazioneConcordo solo sull' opinione circa l' università oggi (non solo italiana per parte mia).
Ovviamente anche a me interessa confrontarmi sulle opinioni altrui diverse dalle mie (soprattuto in fatto di filosofia; e non vedo da cosa si potrebbe dedurre il contrario), ma non con profani circa le mie conoscenze professionali (e fino a prova contraria il solo fatto di essere buddista non conferisce competenza in neurofisiologia).
Ciao.
Ho ritrovato su youtube un video che potrebbe aiutare a capire il concetto di coscienza e cosa si intende per "costruzione mentale di un IO virtuale".
Potete passare direttamente al minuto 14 per cominciare (i primi minuti sono presentazioni e convenevoli di rito)
e soffermarvi al minuto 28 (e dintorni).
Secondo me è bellissimo... :)
NEUROSCIENZE: IL MISTERO DELL'UNITA' DELL'IO
Citazione di: sgiombo il 18 Novembre 2016, 12:34:13 PM
Citazione di: bluemax il 18 Novembre 2016, 11:45:47 AMCitazionee fino a prova contraria il solo fatto di essere buddista non conferisce competenza in neurofisiologia.
ripeto che non SONO buddista ma STUDIO buddismo.
Come tu non SEI neurofisiologo ma FAI il neurofisiologo.
Sono come estremamente differenti.
Un piccolo appunto. Visto che il tuo EGO pare vantarsi del fatto di "essere" un neurofisiologo (in pratica deve creare una scatola dove mettere il tuo essere) volevo farti notare che puo' essere anche il contrario (non certo per la tua visione del "reale" :) )
ossia che "fino a prova contrario, il solo fatto di "essere" nerofisiologo non conferisce competenza buddista" ;)
Altrimenti si avverte una strana sensazione come se tu fossi nel giusto e gli altri nell'errore... ;)
ciao :)
Citazione di: bluemax il 18 Novembre 2016, 16:40:01 PM
Citazione di: sgiombo il 18 Novembre 2016, 12:34:13 PM
Citazione di: bluemax il 18 Novembre 2016, 11:45:47 AM
Citazionee fino a prova contraria il solo fatto di essere buddista non conferisce competenza in neurofisiologia.
ripeto che non SONO buddista ma STUDIO buddismo.
Come tu non SEI neurofisiologo ma FAI il neurofisiologo.
Sono come estremamente differenti.
Un piccolo appunto. Visto che il tuo EGO pare vantarsi del fatto di "essere" un neurofisiologo (in pratica deve creare una scatola dove mettere il tuo essere) volevo farti notare che puo' essere anche il contrario (non certo per la tua visione del "reale" :) )
ossia che "fino a prova contrario, il solo fatto di "essere" nerofisiologo non conferisce competenza buddista" ;)
Altrimenti si avverte una strana sensazione come se tu fossi nel giusto e gli altri nell'errore... ;)
ciao :)
CitazioneInnanzitutto ti sfido a trovare dove mai mi sarei "vantato" di essere medico radiologo (con ovvie competenze neurofisiologiche, ma non neurofisiologo): ho anzi scritto: "non per presunzione ma nemmeno per falsa modestia" o giù di lì (non ricordo le parole esatte e non ho tempo in questo momento per andare a cercrle, ma mi preme molto di smentire subito la pretesa che mi vanterei del mio lavoro).
L' ho sritto in tutta modestia per giustificare il fatto che non mi metto a discutere di cose di mia competenza professionale con "profani".
Tu perderesti il tuo tempo a discutere di ingegneria con me che sono medico radiologo?
Non lo so. Comunque sia, io non discuto di scienze biologiche con profani (a meno che non mi chiedano gentilmente segazioni e abbia il tempo di dargliele).
Secondariamente quando mai avrei rivendicato competenze in fatto di buddismo?
Ho anzi scritto a chiare lettere che non ne so nulla.
E anche per questo non mi interessa discuterne.
(Spero che il nostro confronto su questioni personalissime finisca qui, anche per non infastidiere gli altri frequentatori del forum).
Ciao.
Citazione di: altamarea il 18 Novembre 2016, 08:26:38 AM
Anziché aggrovigliarsi sul Se e l'Io penso che sia opportuno cercare di spiegare ai "non addetti ai lavori" filosofici nel forum la differenza tra encefalo, cervello, mente e coscienza.
Alla mia nipotina direi che l'encefalo (= dentro la testa) contiene le strutture cerebrali all'interno della scatola cranica.
Una parte dell'encefalo si chiama cervello, che è l'organo principale del sistema nervoso centrale.
Nel cervello c'è la mente, dal cui funzionamento emerge il nostro essere, i pensieri, le idee, i sentimenti, il linguaggio, la coscienza: con questa s'intende la consapevolezza che il soggetto ha di sé e dei propri contenuti mentali.
Localizzare la mente nel cervello mi pare improprio (e mi rifaccio a Bateson, anche se tra i neurologhi non pare sia più di moda, se mai lo è stato). Nel senso che la mente non è una cosa, ma un evento relazionale significante che coinvolge diverse cose tra le quali il cervello a cui è essa a dare significato. Ma mentre la mente può spiegare il cervello, il cervello da solo non esprime né può esprimere alcuna mente, occorre anche un corpo e un mondo. Separare il cervello dal corpo con la sua esperienza vissuta e dal mondo per cercare in esso l'attività mentale rende impossibile il trovarla. E trovo che proprio questa separazione istituisca una sorta di metafisica che non è capace di riconoscersi come tale e pertanto è molto pericolosa. Si ritiene di fare appello alla materia concreta e tangibile, mentre si fa appello a continue astrazioni che si interpretano non come mappature del reale fondate su strumenti ed esperienze in determinati ambiti di significati, ma come la realtà stessa, la realtà oggettiva e in sé del fenomeno: lì ci stanno i neuroni e le sinapsi con i loro segnali elettrochimici e questo basta, spiega tutto, mentre effettivamente non spiega niente.
L'oggetto fondamentale della mente è il significato, non i neuroni e le sinapsi (che a loro volta sono prodotti da una mente mentre si rappresenta in un determinato ambito di senso dettato da un certo modo di esistere presente). Nei termini del significato si potrà anche tentare di comprendere cosa si intende per stati interni ed esterni, cosa si intende per "esterno" e "interno", cosa tutt'altro che ovvia e banale, ma estremamente problematica. Il mio corpo è insieme esterno ed interno, contiene la mente e insieme ne è contenuto, le categorie del dentro e fuori qui perdono di senso.
Questo importantissimo aspetto le neuroscienze, tutte prese dalla mappatura del cervello anziché dalla domanda sul significato di quello che stanno indagando, paiono non occuparsene minimamente, come se la sfera del significato nella sua originarietà primaria fosse di competenza spiritualistica, non fosse questione materiale, mentre lo è eccome. La stessa concezione di materia andrebbe investigata: cos'è la materia, come la si interpreta e cosa vuol dire assumere posizioni materialiste? Se si intende che materia è le cose come stanno si sta facendo una metafisica spiritualista in cui la coscienza non "pone se stessa a oggetto della propria riflessione", ma intende far passare una pre assunzione come una conclusione per rendere superflua qualsiasi effettiva riflessione su di sé. Salvo che ovviamente in questo modo non riesce a concludere proprio nulla e allora, come sempre in campo metafisico, ci si puntella al principio di autorità, anche se non più riferito ad Aistotele, ma allo scienziato di fama specialistica al nome riconosciuto dal consesso dei suoi pari, custodi dell'Idea platonica del metodo.
Non vi è dubbio che
CitazioneL'espressione "funzioni superiori" non indica nulla di oggettivo, ma riflette un nostro giudizio di valore"
, da un punto di vista oggettivo tutto si equivale. proprio in quanto lo si vorrebbe poter osservare in sé, mentre il valore lo istituisce la differenza nell'ambito in cui emerge, dunque il valore è sempre un risultato di contesto e allora è chiaro che occorre capire il contesto che non siamo noi a scegliere per capire cosa in quel contesto ha coerentemente valore, ma sempre tenendo presente che esso non è un valore assoluto sia che si tratti dello spirito trascendente che della materia immanente, entrambi risultati di un modo di pensare il mondo che a volte ha valore, altre no. Allora si può anche capire che il motivo di un'opposizione a ciò che la scienza con il suo metodo presenta per verificabile e dunque vero non è solo un attaccamento nostalgico a vecchie tradizioni spiritual trascendenti ormai tramontate, ma esattamente il contrario, è la refrattarietà a ogni tentativo di riprenderne "l'anima" semplicemente cambiandone il nome: prima c'era il Grande Spirito, ora c'è la Grande Materia, ma in fondo nulla è cambiato, la pretesa è sempre la medesima, perché si è incapaci e non si vuole soffermarsi sui significati delle cose, sulla loro realtà effettiva, bastano le cose, spirituali o materiali che siano. Ed è così che la coscienza, che è relazione significante prodotta dal suo stesso significare e non una cosa osservabile fisicamente e quindi misurabile come un'attività elettrochimica neurone per neurone, diventa del tutto incomprensibile, perché non è quella
cosa lì.
La coscienza è soggettiva: si possono individuare diversi "soggetti" tali da avere una coscienza morale differente. I soggetti umani, essendo simili hanno in genere una "predisposizione innata a sviluppare la coscienza" simile, quindi, se vivono in condizioni(ambiente, cultura,...) simili, sviluppano idee simili. Ció è necessario per la sopravvivenza, essendo l'essere umano un "animale sociale", quindi non deve stupire, essendo noi sopravvissuti, che abbiamo idee simili che ci consentono di convivere. Una volta chiarito questo, credo che il cercare un ordine morale assoluto attraverso le proprie passioni individuali sia una forma di egoismo. Che esista o meno un bene ed un male assoluto (nella mia filosofia ad esempio lo identifico con il meglio per l'unico io), è umano e razionalmente immaturo il volerlo identificare con i sentimenti soltanto umani. Ció che a noi interessa non è il bene o il male, ma l'essere in pace con la propria coscienza individuale, e questa è la più grande forma di egoismo, che soltanto un saggio (disumano) puó essere disposto ad abbandonare, per il bene a costo della propria piace interiore.
Citazione di: pepe98 il 11 Dicembre 2016, 19:57:19 PM
Ció che a noi interessa non è il bene o il male, ma l'essere in pace con la propria coscienza individuale, e questa è la più grande forma di egoismo, che soltanto un saggio (disumano) puó essere disposto ad abbandonare, per il bene a costo della propria piace interiore.
CitazioneBeh dipende.
Se si é egoisti essere in pace con la propria coscienza vuol dire comportarsi egoisticamente, se si é altruisti comportarsi altruisticamente.
Soddisfazione (essere in pace con la propria coscienza) =/= essere egoisti.
Insoddisfazione (non essere in pace con la propria coscienza) =/= essere altruisti.
Sia l' egoista che l' altruista é soffisfatto, felice nella misura in cui le rispettive apsirazioni sono appagate, é insofddisfatto, infelice nella misura in cui non lo sono.
Ma le aspirazioni (soddisfatte o meno) egoistiche sono tutt' altra contraria cosa che le aspirazioni (soddisfatte o meno) altruistiche, e per soddisfare le une bisogna comportarsi ben diversamente, contrariamente che per soddisfare le altre.
Allora avrei dovuto formulate meglio: i cosiddetti egoisti sono egoisti in quanto favoriscono se stessi senza pensare agli altri. I cosiddetti altruisti sono in realtà anche egoisti in quanto favorendo gli altri favoriscono in realtà sé stessi. L'altruista vero(che nella mia filosofia è il saggio, se gli "altri" sono maggioranza rispetto al singolo) è tutt'altra cosa: favorisce gli altri anche a costo di andare contro la propria coscienza individuale.
Citazione di: pepe98 il 12 Dicembre 2016, 13:43:15 PM
Allora avrei dovuto formulate meglio: i cosiddetti egoisti sono egoisti in quanto favoriscono se stessi senza pensare agli altri. I cosiddetti altruisti sono in realtà anche egoisti in quanto favorendo gli altri favoriscono in realtà sé stessi. L'altruista vero(che nella mia filosofia è il saggio, se gli "altri" sono maggioranza rispetto al singolo) è tutt'altra cosa: favorisce gli altri anche a costo di andare contro la propria coscienza individuale.
CitazioneChiunque, egoista o altruista, cerca di soddisfare le proprie esigenze, e se le soddisfa é contento, se non le soddisfa scontento (questo per le semplici definizioni di "esigenza" o "aspirazione", "soddisfazione" o "insoddisfazione", "contentezza" o "scontentezza").
Ma quel che conta é che l' altruista ha l' esigenza di fare del bene agli altri (se ci riesce ovviamente é contento -e non: egoista!- altrimenti no), mentre l' egoista ha l' esigenza di fare solo il bene proprio anche attraverso il male altrui (e idem circa la soddisfazione o meno delle sue esigenze, opposte rispetto a quelle dell' altruista)
egoismo/altruismo =/= soddisfazione/insoddisfazione.
Giusto, quello che ho detto valeva se definiamo altruista chi fa bene agli altri e egoista chi fa bene a se stesso: in questo caso si può essere sia altruisti che egoisti. Forse è più comodo però definire altruista ci fa del bene agli altri, ed egoista chi fa del bene a se stesso e contemporaneamente male agli altri. Allora in questo caso non si può essere sia egoisti che altruisti. Mentre prima con la definizione precedente il saggio era altruista, e, se poteva farlo rimanendo altruista, essere anche egoista, in questa definizione più semplice invece, il saggio è altruista, e non egoista.
Citazione di: pepe98 il 13 Dicembre 2016, 13:29:39 PM
Giusto, quello che ho detto valeva se definiamo altruista chi fa bene agli altri e egoista chi fa bene a se stesso: in questo caso si può essere sia altruisti che egoisti. Forse è più comodo però definire altruista ci fa del bene agli altri, ed egoista chi fa del bene a se stesso e contemporaneamente male agli altri. Allora in questo caso non si può essere sia egoisti che altruisti. Mentre prima con la definizione precedente il saggio era altruista, e, se poteva farlo rimanendo altruista, essere anche egoista, in questa definizione più semplice invece, il saggio è altruista, e non egoista.
CitazioneAnche definendo altruista chi fa bene agli altri e egoista chi fa bene a se stesso non si può essere sia altruisti che egoisti: casomai si può essere sia altruisti che contenti.
L' altruismo o egoismo concerne ciò che si desidera, la contentezza o scontentezza invece concerne la soddisfazione o meno del desiderio, indipendentemente dal fatto che questo sia il bene proprio (egoismo) o il bene altrui (altruismo).
Si può benissimo essere altruisti e soddisfatti ed egoisti e insoddisfatti.
Dopo aver avuto occasione di ascoltare la descrizione di un esperimento condotto dal neuropsicologo Benjamin Libet che dimostra che la consapevolezza di un'azione precede l'azione stessa di alcuni microsecondi, desidero tornare al tema originale da me proposto.
Il risultato dell'esperimento mi induce a pensare che, mentre un'azione può essere causata dalla reazione ad uno stimolo, c'é un intervallo di tempo prima dell'azione stessa in cui, avendo consapevolezza dell'azione, possiamo portarla a compimento o fermarla : in questo intervallo può intervenire la nostra "coscienza morale".
In questo intervallo possiamo decidere se fare un qualcosa che consideriamo bene o male in funzione del nostro personale concetto di bene e male.
Il problema nasce quando ciò che è moralmente considerato bene da una persona viene considerato male da un'altra e quindi se esiste una morale assoluta e come la si può definire.
Caso pratico terra terra: un medico chiede ad un paziente una cifra per avergli risolto un problema, il paziente ritiene la cifra non giusta e non esistono tariffe; al di là di un aspetto legale è bene pagare quanto viene valutato da quale parte??
Citazione di: Mariano il 19 Dicembre 2016, 16:21:31 PM
Dopo aver avuto occasione di ascoltare la descrizione di un esperimento condotto dal neuropsicologo Benjamin Libet che dimostra che la consapevolezza di un'azione precede l'azione stessa di alcuni microsecondi, desidero tornare al tema originale da me proposto.
Il risultato dell'esperimento mi induce a pensare che, mentre un'azione può essere causata dalla reazione ad uno stimolo, c'é un intervallo di tempo prima dell'azione stessa in cui, avendo consapevolezza dell'azione, possiamo portarla a compimento o fermarla : in questo intervallo può intervenire la nostra "coscienza morale".
In questo intervallo possiamo decidere se fare un qualcosa che consideriamo bene o male in funzione del nostro personale concetto di bene e male.
Il problema nasce quando ciò che è moralmente considerato bene da una persona viene considerato male da un'altra e quindi se esiste una morale assoluta e come la si può definire.
Caso pratico terra terra: un medico chiede ad un paziente una cifra per avergli risolto un problema, il paziente ritiene la cifra non giusta e non esistono tariffe; al di là di un aspetto legale è bene pagare quanto viene valutato da quale parte??
......ci sono due strade, una delle scienze contemporanee e una trascendentale.
Quella cosiddetta scientifica poggia sulle teorie evolutive, del tipo l'uomo ha un dimorfismo sessuale ,maschio e femmina ,è un animale sociale. Quindi gli istinti dell egoismo e dell'altruismo vengono mediati razionalmente nella convenienza.Il passo è breve per arrivare a teorizzare l'"uomo economico", in cui idi morale non c'è proprio un bel niente perchè non c'è una categoria del bene e del male apriori.
Il trascendentale si pone oltre la teoria scientifica contemporanea per cui il bene e il male sono dentro la creazione.Le motivazioni e relative soddisfazioni sono all'interno delle azioni comportamentali e degli atteggiamenti.Comunque è sempre l'amor proprio a decidere l'altruismo o l'egoismo; se l'atto esteriore combacia con la coscienza interiore.