Personalmente credete che l'uomo è in qualche misura libero (al netto dei vari condizionamenti) oppure pensate che tutto è fatalisticamente determinato? Nella prospettiva deterministica ogni azione è il risultato di ciò che è accaduto nel passato in un meccanismo inesorabile di causa e di effetto: io stesso non sarei quindi libero di scrivere nemmeno in questo post, ma la mia decisione di scrivere sarebbe il risultato di forze che determinerebbero il mio agire, su cui non potrei esercitare nessun controllo.
Laplace infatti (teorico del determinismo) scriveva che se noi conoscessimo perfettamente tutte le forze che operano nella natura e le loro interazioni potremmo prevedere ogni movimento di tutti gli atomi, che sarebbero quindi prevedibili in quanto determinati: nella natura in una visione simile non c'è spazio per nulla di indeterminato, ed Einstein condivideva la stessa teoria perché usò l'espressione "Dio non gioca a dadi", ad intendere che ogni azione è il risultato di forze deterministiche.
Tuttavia la fisica quantistica sembra lasciare spazio anche al libero arbitrio. Infatti nel mondo quantistico la posizione di una particella quantica viene determinata dall'osservatore, prima dell'osservazione essa si trova in una condizione di indeterminazione, può trovarsi ad esempio sia nel punto A che in quello B: nel momento in cui noi la osserviamo essa assume una posizione ben precisa. Di conseguenza siamo NOI a decidere dove la particella deve trovarsi, e quindi ciò indica che siamo noi a controllare la natura stessa e non siamo semplicemente burattini!
Ora esaminiamo quali sono le conseguenze della negazione del libero arbitrio. Dal punto di vista etico, le conseguenze a mio avviso sono disastrose, poiché verrebbe negata qualsiasi responsabilità per le mie azioni, che sarebbero solo il frutto di condizionamenti e di forze che agiscono su di me e su cui non ho nessun potere: se ad esempio io sono destinato a diventare un assassino, non avrei nessuna responsabilità per i miei crimini, poiché sarei stato semplicemente programmato ad agire in una certa direzione.
Non avrebbe quindi senso parlare di colpa, di punizione, e la nozione stessa di diritto, basata sulla responsabilità individuale, perirebbe completamente.
Quindi è preferibile credere che ci sia lasciata una certa libertà di scelta, nonostante gli innegabili pregiudizi e condizionamenti culturali, sociali e mentali.
Voi tendete a negare il libero arbitrio oppure preferite crederci?
Salve Socrate78. Argomento già trattato qui dentro (ti giuro, le ho contate !) 381 volte.
Comunque, ascolta : Conoscevo Tizio, il quale ad un certo punto della propria vita si sposò per soddisfare il proprio (arbitrario) desiderio di avere una discendenza. D'accordo con la moglie, si mise a dargli dentro e, nel giro di qualche mese, la moglie restò gravida. La gravidanza andò bene, ed il bimbo nacque sano e paffuto.
Da quel giorno Tizio (che evidentemente era un povero di spirito) andò in giro a raccontare di aver avuto un figlio non perchè le circostanze gli avessero permesso di averlo, bensì perchè EGLI TIZIO aveva esercitato una liberissima facoltà di diventare padre.
Qualsiasi decisione prendiamo, qualsiasi scelta facciamo, è condizionata SIA NELLE SUE ORIGINI CHE NEI SUOI EFFETTI, dallo "stato del mondo" del momento in cui decidiamo (cioè dall'insieme concatenato di tutte le cause e di tutti gli effetti che hanno agito nel mondo prima che noi prendessimo una qualsiasi decisione). Saluti.
Che il libero arbitrio sia un'illusione è la conclusione a cui si giunge inevitabilmente, quando ci mettiamo ad analizzare la cosa senza pregiudizi.
Occorre però tener ferma la nostra fede nella Verità.
Anche a costo di affrontare l'orrore.
Un orrore, tuttavia, che deriva sempre da qualche pregiudizio che, consapevolmente o meno, non mettiamo in discussione.
L'orrore deriva infatti sempre da qualcosa che crediamo "vero" e che confligge con qualcos'altro che andiamo scoprendo.
Nella fattispecie, scoprire di non avere libero arbitrio è terrificante nel momento in cui credo ancora di essere "io".
Io non sono libero, allora sono una marionetta teleguidata da altri...
L'orrore deriva da quel "io" ancora creduto vero.
Ma se pure l'io viene messo in discussione... allora non vi è ragione per l'orrore.
Perché in realtà non vi è nessuno che è una marionetta! Per la semplice ragione che non vi è proprio nessuno.
Ma pure il discorso sulla responsabilità deve essere rifatto dalle fondamenta.
Perché se io sono un'illusione, cioè se come "io" non esisto, c'è però il male...
E il male, qualsiasi male, è assolutamente inaccettabile!
Di modo che, non è più tanto una questione di responsabilità personale, visto che io non esisto, ma di compassione per tutto il male del mondo. Perché il male mi riguarda, intimante, ancor di più adesso, che non sono più un io...
Riguardo al determinismo, cioè alla considerazione che ogni evento è determinato, anche qui abbiamo un pregiudizio che condiziona pesantemente la nostra visione.
Perché se è pur vero che ciò che accade nel mondo può avvenire o per necessità o per caso, non è affatto detto che questo mondo sia l'autentica realtà!
Sembrerebbe invece che la realtà sia ben altra.
E cioè che il tempo sia in verità anch'esso un'illusione.
Essendo la realtà un eterno presente, senza passato né futuro.
Tutto è nel presente, e nel presente si genera ogni storia passata e ogni aspettativa futura.
Ma la nostra autentica realtà prescinde dal tempo.
Tra i tanti elementi che lo fanno supporre a ragion veduta, vi è senz'altro la luce. Per la quale il tempo, così come lo spazio, non esistono.
Oppure il Big Bang.
Teoria secondo la quale nasce il tempo e lo spazio,
E visto che il tempo nasce... dove siamo noi se non ancora in quell'istante iniziale?
E' il tempo che nasce, non un qualcosa!
Partendo così da una considerazione tra le tante possibili, come l'inesistenza del libero arbitrio, la nostra visione della realtà può sciogliersi come neve al sole. E l'anima aprirsi a nuova vita...
Intendendo "libero arbitrio" come assoluta assenza di determinismo, cioè come assenza di una causa qualunque, immanente o trascendente che sia, che determina il nostro agire, il libero arbitrio non potrebbe essere qualcosa di reale, dato che la realtà consiste nel complesso di fattori causali che interagiscono fra loro. La negazione di una causa a rendere ragione della realtà di un fenomeno comporta il precluderci la possibilità di dare una spiegazione di questa realtà, cioè ammettere la nostra ignoranza a tal proposito. Considerando come sia del tutto evidente che l'ammissione di ignoranza circa una questione non possa mai essere la soluzione della questione, ma al contrario l'ammissione del fallimento nel trovare una risposta, allora il caso, l'assenza della riconduzione di un fenomeno a una causa o a un complesso di cause, esprime solo un nostro limite conoscitivo, non una mancanza nella realtà oggettiva, per definizione indipendente dall'essere adeguatamente o meno rappresentata dalla nostra mente. E dunque, ogni nostra azione è riconducibile, al netto dei limiti della nostra visione, a uno o più fattori causali, rendendo inaggirabile il determinismo. Intendendo invece diversamente il "libero arbitrio", non come assenza di cause determinanti, ma come condizione in cui ciò che determina è interiore al soggetto a cui il libero arbitrio è riferito, attiene all'essenza, all'identità in base a cui il soggetto è definibile, allora un certo margine di libero arbitrio è presente, anche se limitatamente considerando la finitezza ontologica dell'uomo, che non è Soggetto Assoluto, ma esistenza sempre in relazione con un'esteriorità che lo limita. Noi siamo tanto più liberi quanto più il nostro agire esprime la nostra personalità interiore e originaria, non lo siamo nella misura in cui l'agire è influenzato dall'esterno. Anche se deterministicamente necessitante, il contenuto della nostra libertà sarebbe pur sempre una necessità che l'Io stesso darebbe a sè, in quanto questo principio necessitante è se stesso, considerato indipendentemente dalle influenze esterne, per quanto poi queste sopraggiungano sempre sovrapponendosi a questo "nucleo originario". E solo in questo senso il libero arbitrio, o forse per meglio dire a questo punto "libertà", è ciò a partire da cui poter valutare in termini di giudizio di valore la persona, riconoscendola come soggetto responsabile: la persona è libera in quanto esprime il proprio sè autentico, solo che tutto ciò non implica affatto accantonare il determinismo, bensì affiancare a un determinismo esteriore, quello tramite cui il mondo influenza il soggetto, quello interiore con cui il soggetto realizza nel mondo una propria vocazione predefinita e necessaria.
La risposta dipende dal punto di vista gnoseo-logico con cui si pone la questione. Se la poniamo in termini metafisici, con assoluti al seguito, ed opzione sillogistica vero/falso obbligatoria, la risposta è no, perchè, anche a prescindere dai numi, la volontà umana è determinata da un'infinità di fattori inorganici, organici, genetici, educativi e psicologici.
Se invece riduciamo la questione alla libertà empirica di scegliere tra opzioni diverse la risposta è sì. In ciò sta il bello della diretta. Che il senno di poi confermerà o falsificherà. In tale significazione, il l.a. è estendibile a qualunque vivente debba prendere delle decisioni.
Posto che il l.a. può essere esercitato solo relativisticamente, è utile il concetto di "grado di libertà" mutuato dalla fisica, che in ambito antropologico coinvolge in maniera importante la dimensione etica, riconducendo la questione al momento, aleatorio come i dadi di Cesare sul Rubicone, della scelta.
La risposta di Ipazia è, come talvolta le accade, sintetica ed esplicativa e presuppone molte riflessioni sull'argomento. È anche vero quello che scrive Viator. La querelle sul libero arbitrio è un tormentone, paragonabile alla fiction "un posto al sole".
A fare un breve excursus di "storia della ideologia dominante" o se preferite, sui paradigmi relativi alla discussione in oggetto, è innegabile che lo spazio della libera volontà si è molto ridotto. E l'assassino della libera volontà è ovviamente la scienza moderna e il suo valletto metafisico, il protestantesimo. Ad essere pignoli è anche vero che ogni azione umana ha una causa, che sia nella società, o nel sistema neurale o nella casualità (che è comunque originata sempre da una causa: se casualmente passeggiavo ed un fulmine mi ha incenerito, la causa del mio incenerimento casuale dipende dalla mia scelta di essere geolocalizzato proprio nel punto in cui un fulmine, generato da precise leggi climatiche si è abbattuto su di me).
Ma nello stesso momento in cui ci interroghiamo sulla nostra libertà ci svincoliamo almeno parzialmente da quella legge del fato che ci incatena. In fondo questo dice la prima storia della Bibbia. L'uscita dal mondo naturale (l'eden) è la storia dell'uomo che scopre la sua libertà ed in questo modo mette in moto la storia ed eventualmente l'imputazione a sé stesso, se vuole restare in un edenico stato di minorità ( per dirla con le parole di una nota celebrità di Konigsberg).
Io, coerentemente con le mie posizioni agnostiche, non "credo" al libero arbitrio, lo constato, lo osservo e registro al pari di ogni altro oggetto della mia percezione.
Dal momento che distinguo azioni volontarie e involontarie, conflitti di coscienza che si risolvono dopo lunghe riflessioni, magari semplicemente lanciando una moneta, dico che ho capacità di scelta, di arbitrio, e tanto mi basta.
Affrontando invece la domanda dal punto di vista razionale-analitico, mi ritrovo con una di quelle questioni destinate in partenza a restare senza nessuna risposta sensata, come quale sia la "causa prima" o altre che danno luogo a circoli viziosi e ricorsioni infinite. E' chiaro che, qualunque decisione un qualunque "ente decisionale" possa prendere, sarà presa in base a una serie di fattori determinati al di fuori dell'ente stesso. D'altra parte, l'ente stesso ha una sua elaborazione specifica, individuale, delle informazioni che concorrono al risultato finale. In questo consiste il "libero arbitrio". Ma possiamo chiederci da cosa sia determinata questa peculiarità individuale, e possiamo rispondere che è stata determinata dalla storia dell'entità stessa, che a sua volta è in parte autodeterminata in parte eterodeterminata, e così per ogni peculiarità e ogni atto di autodeterminazione: se ci si chiede l'origine, si rimanda a qualcos'altro all'infinito, insensatamente.
Alla fine è la solita domanda sull'uovo e la gallina, o anche su soggetto e oggetto, e tutto alla fine rimanda a un'impossibile "causa prima".
In realtà tutte le nostre conoscenze derivano da sensazioni, percezioni che si condensano in intuizioni, insiemi di informazioni che ci arrivano già col loro significato incluso nel pacchetto. Dall'elaborazione dei significati percepiti possiamo trarre altri significati e ampliare l'ambito della conoscenza, ma qualunque "verità" si appoggia principalmente sull'intuizione che qualcosa è veritiero, che può anche essere il risultato di un processo mentale (ma anche no), ma sempre intuizione (ossia processo percettivo, ricettivo) rimane.
Quindi vedo che esiste l'intuizione della scelta libera, la percezione della differenza tra scelta libera e costrizione, e non mi serve altro.
"Io credo nel libero arbitrio"
" Io non credo nel libero arbitrio"
ma cosa significa "credere" e poi cosa significa libero arbitrio?
Nel momento in cui si cala una sentenza :Io credo (o NON credo) nel libero arbitrio, si è già compiuta una scelta. E la scelta da cosa è data? Il ragionamento è un'aporia oppure una contraddizione in termini, perché già il fatto di POTER credere oppure NON POTER credere, ha in premessa implicita la POSSIBILITA' di una scelta.
Ciò significa che il fatto di credere o non credere al libero arbitrio implicando la possibilità di una scelta in premessa. presuppone a sua volta la facoltà di esseri liberi di poter scegliere.
C'è qualche essere vivente che può scegliere e che in premessa abbia facoltà ,nelle possibilità di essere libero, di affermare io credo o io non credo?
Buon giorno Donalduck
Sono d'accordo con la tua analisi. Disponiamo di un libero arbitrio che possiamo definire come relativo (alla nostra struttura ), ma questo non significa che non esiste, come sarebbe assurdo affermare che non esiste la persona solo perché relativa ai suoi componenti e struttura.
Permettendomi una piccola eccezione al fatto che sul forum bisognerebbe argomentare e non fare chiacchiere generiche, non posso non rilevare come da quando sono iscritto questo tema del libero arbitrio venga fuori in continuazione, per davvero, con una frequenza che mi ha sorpreso...
-------------------------------------------------------
detto questo, io personalmente non credo nel libero arbitrio, al massimo intendo la liberta come indeterminazione e multi-causalità, quindi la libertà è difetto di conoscenza, e difetto di unità e unicità nella causa che determina o sembra determinare un fatto.
Siamo liberi in quanto agiti da cause sconosciute, che quindi ci possiamo permettere, almeno temporaneamente, di ignorare.
Cosa che per vivere e sopravvivere è molto importante, infatti il vivente aumentando troppo nella conoscenza, taglierebbe le radici stesse di libertà, e quindi di ignoranza, che lo fanno vivere... quindi è nell'ordine delle cose che ci tocchi anche l'illusione di essere liberi.
Beh, in effetti che esista il libero arbitrio è una credenza...
Che altro sarebbe mai?
Può sembrare di constatarlo, di osservarlo, ma soltanto perché a monte vi è una credenza a prescindere.
Perché per constatarne davvero l'esistenza, almeno per quel che ci riguarda personalmente, dovremmo verificare che una volta fatta una scelta avremmo potuto farne un'altra.
Ma ciò è impossibile da verificare!
Quindi solo lo si crede...
Viceversa, guardando il mondo fisico per quello che è, e non per quello che vorremmo fosse, non vi è alcuna traccia di libertà.
Libertà e natura sono reciprocamente incompatibili.
Su questo non dovrebbe esservi dubbio alcuno...
Il libero arbitrio per esistere davvero dovrebbe perciò avere una causa trascendente.
Di modo che, chi crede di possederlo, in realtà crede nella propria trascendenza. Ossia nel proprio io trascendente il mondo immanente.
Ma l'autentica fede, che è fede nella Verità, questa credenza non può che metterla in discussione.
E ne ha motivi a iosa.
Motivi che ho avuto modo di elencare già in altre occasioni.
Senza alcuna concreta confutazione, che non fosse "vi credo" piuttosto che "lo constato"...
La trascendenza c'è, ma è totalmente immanente, evolutiva. Inveratasi con l'avvento di autocoscienze capaci di intendere, agire e scegliere. Come osserva Paul11, già nel titolo della discussione si sottende la risposta.
Citazione di: bobmax il 02 Gennaio 2021, 16:06:18 PM
Beh, in effetti che esista il libero arbitrio è una credenza...
Che altro sarebbe mai?
Può sembrare di constatarlo, di osservarlo, ma soltanto perché a monte vi è una credenza a prescindere.
L'equivoco nasce dai diversi significati della parola "credere". Io constato la libertà di scelta come constato che davanti a me c'è un computer e sto battendo dei tasti su di esso. Se questo lo chiami "credere", cosa che secondo me serve solo a far confusione, libero di farlo. E' ovvio che a qualcosa dobbiamo pur prestar fede, non fosse altro che per motivi pratici.
Resta il fatto che tra questo credere e credere, ad esempio, nell'esistenza di un Dio creatore e dispensatore di comandamenti, premi e punizioni, c'è una bella differenza. Si tratta di azioni psichiche radicalmente differenti. La differenza che c'è tra credere ai propri sensi (esterni e interni), quello che chiamo "constatare", giusto per rimarcare la differenza, e credere a racconti e favole come se si trattasse di cose che abbiamo personalmente percepito. Quest'ultimo è un atto di mistificazione. E lo è anche, magari in misura minore, mettere sullo stesso piano i dati delle percezioni e i risultati di speculazioni mentali.
Citazione di: Ipazia il 02 Gennaio 2021, 16:28:44 PM
La trascendenza c'è, ma è totalmente immanente, evolutiva. Inveratasi con l'avvento di autocoscienze capaci di intendere, agire e scegliere. Come osserva Paul11, già nel titolo della discussione si sottende la risposta.
Ecco, qui è la conferma che si tratta solo di una credenza.
Trascendenza immanente.
Cioè, non può essere in alcun modo provata, perché trascendente, epperò... è immanente!
Cosa non ci si inventa pur di salvare il proprio io...
Buonasera Bobmax
In questo determinismo assoluto però rientrerebbe anche l'assoluta necessità di credere nel libero arbitrio da parte di alcuni. Il problema però, a mio avviso, è che questa visione non tiene in dovuto conto la volontà, che non è una forza che agisce in modo determinato assolutamente, in quanto forza non univoca, cioè indirizzata in un unica direzione. Se la volontà fosse costretta a seguire un' unica direzione, come la traiettoria ben definita di una freccia, si avrebbe un unico effetto ben determinato, ma così non è, perché la volontà contiene in sè più forze che combattono tra loro per determinare la traiettoria della freccia , con risultati non prevedibili. Forze spesso contrapposte l'una all'altra, così che l'effetto può dirsi in definitiva casuale, o più o meno determinato dal prevalere di una parte della volontà sull'altra. Il libero arbitrio non è dimostrabile, ma non lo è nemmeno l'assoluto determinismo. Ambedue appaiono dunque come pura immaginazione, in quanto non è dimostrabile che il passato sia più potente della volontà o risoluzione che possiamo applicare al presente.Esso dunque ci può più o meno influenzare, ma non determinare in senso assoluto.
Citazione di: Donalduck il 02 Gennaio 2021, 16:30:31 PM
Citazione di: bobmax il 02 Gennaio 2021, 16:06:18 PM
Beh, in effetti che esista il libero arbitrio è una credenza...
Che altro sarebbe mai?
Può sembrare di constatarlo, di osservarlo, ma soltanto perché a monte vi è una credenza a prescindere.
L'equivoco nasce dai diversi significati della parola "credere". Io constato la libertà di scelta come constato che davanti a me c'è un computer e sto battendo dei tasti su di esso. Se questo lo chiami "credere", cosa che secondo me serve solo a far confusione, libero di farlo. E' ovvio che a qualcosa dobbiamo pur prestar fede, non fosse altro che per motivi pratici.
Resta il fatto che tra questo credere e credere, ad esempio, nell'esistenza di un Dio creatore e dispensatore di comandamenti, premi e punizioni, c'è una bella differenza. Si tratta di azioni psichiche radicalmente differenti. La differenza che c'è tra credere ai propri sensi (esterni e interni), quello che chiamo "constatare", giusto per rimarcare la differenza, e credere a racconti e favole come se si trattasse di cose che abbiamo personalmente percepito. Quest'ultimo è un atto di mistificazione. E lo è anche, magari in misura minore, mettere sullo stesso piano i dati delle percezioni e i risultati di speculazioni mentali.
La libertà di scelta non la puoi constatare.
Basterebbe solo considerare cosa significa, per davvero, libero arbitrio, per avvertirne l'assurdità.
Ma l'io non vuole morire...
Ciao Alexander
Non vi è alcuna necessità di un determinismo assoluto per negare il libero arbitrio.
E' sufficiente osservare il mondo come funziona.
Tutto quello che avviene, capita per necessità o per caso. Non vi sono altre possibilità.
In entrambi i casi dove sarebbe il libero arbitrio?
Perché con libero arbitrio intendiamo la libertà di scegliere in funzione di noi stessi...
Magari anche solo una piccola frazione di scelta, ma pur sempre una componente che dipende da noi stessi.
Perché se la scelta non dipende per nulla da noi stessi, non vi è alcun libero arbitrio, nevvero?
Ma se la nostra volontà deriva dalla necessità o dal caso che c'entra con noi stessi?
Almeno che noi siamo il caso...
Beh, ma allora siamo pure il Caos!
Perché il caso, il puro caso che non potrà mai essere ricondotto alla necessità (come potrebbe esserlo il lancio dei dadi), non è nient'altro che la manifestazione del Caos.
Perciò inammissibile nel presente, pena il cadere nell'assurdo.
Eppure non è eliminabile del tutto.
Sia perché il caso è la negazione della necessità. Ed ogni negazione ha la sua ragion d'essere in ciò che nega.
E sia perché seppur lo rifiutiamo nel presente, perché inaccettabile, ce lo ritroviamo all'inizio del Tutto.
Non siamo forse qui per caso...?
Ma il libero arbitrio è sempre riferito alla libertà umana, e quindi una libertà condizionata, ma non determinata in modo assoluto. Per spiegarmi meglio: Voglio arrivare ad un casco di banane sull'albero e lo voglio fare saltando di ramo in ramo come una scimmia. Questa è una libertà che mi è evidentemente negata (dalle mie condizioni di essere umano). Però ho la libertà di scegliere se salire con una scala o abbattendo le banane con un'asta ( o in altro modo possibile per me come essere umano). Nel valutare la scelta entrano in gioco l'intelligenza, l'esperienza, la volontà, l'intuito, ecc.cioè le precondizioni. Molte volte non si sa cosa scegliere e allora si dice che si va "a caso" (che non è altro che il modo che la nostra volontà ha di decidere tra scelte diverse, ma ugualmente possibili). E' come avere davanti un mazzo di carte e sceglierne "a caso" una dal mazzo. Ovviamente l'effetto è diverso in base a quale "carta" la mia volontà ha scelto. Per dimostrare l'assoluto determinismo bisognerebbe poter dimostrare che la forza passata che mi condiziona nella scelta è più potente della mia volontà (forza presente) che applico nella risoluzione di scelta. L'universo non è quindi in preda al caos, ma alle cause passate che lo predeterminano + la volontà presente che ne determina altre imprevedibili.
Su un piano teologico, per chi interessa, il discorso si fa un pò diverso, ma non troppo. La libertà "assoluta", cioè svincolata totalmente da cause che la predeterminano, è unicamente di Dio. San Tommaso dice: «Radix libertatis est voluntas sicut subiectum, sed sicut causa est ratio - la radice della libertà è la volontà come luogo, ma come causa è la ragione». E il motivo di questa libertà sta nella «causa» che è la ratio-ragione, la quale è anche il luogo del libero arbitrio, dove ciascuno di noi spazia nell'essere e nel non-essere, e in questo spazio ogni individuo umano trae il senso e le determinazioni della sua vita. Lì non c'è Dio che possa intervenire, perché sarebbe l'annullamento dell'essere umano.
Citazione di: bobmax il 02 Gennaio 2021, 16:42:57 PM
La libertà di scelta non la puoi constatare.
Basterebbe solo considerare cosa significa, per davvero, libero arbitrio, per avvertirne l'assurdità.
Ma l'io non vuole morire...
Quello a cui mi riferisco è la volontà. La volontà esiste perché la percepisco. Il resto sono chiacchiere.
E, come ho già avuto modo molte altre volte di rimarcare, questo pretendere di portare qualunque asserzione alle sue estreme conseguenze, di discutere di un presunto "assoluto", questo ostinato voler usare la logica, il pensiero, il linguaggio, per qualcosa che è in maniera evidente al di là delle sue possibilità, lo trovo qualcosa di futile e velleitario.
Come anche rifugiarsi in frasi poetiche e sibilline, prive di reale referente.
Continui a parlare di Verità con la V maiuscola, di trascendenza, di "io che non vuole morire" (e perché mai dovrebbe morire?), eccetera, senza dare nessuna idea di cosa intendi, di quali siano i referenti
esperienziali (gli unici in grado di fornire significati) di queste parole che potrebbero significare qualunque cosa, e in definitiva di dove voglia andare a parare.
Se parlassi di "sbercucciare il bolicchio" le tue parole avrebbero lo stesso contenuto informativo e comunicativo.
Citazione di: Donalduck il 02 Gennaio 2021, 17:56:15 PM
Citazione di: bobmax il 02 Gennaio 2021, 16:42:57 PM
La libertà di scelta non la puoi constatare.
Basterebbe solo considerare cosa significa, per davvero, libero arbitrio, per avvertirne l'assurdità.
Ma l'io non vuole morire...
Quello a cui mi riferisco è la volontà. La volontà esiste perché la percepisco. Il resto sono chiacchiere.
E, come ho già avuto modo molte altre volte di rimarcare, questo pretendere di portare qualunque asserzione alle sue estreme conseguenze, di discutere di un presunto "assoluto", questo ostinato voler usare la logica, il pensiero, il linguaggio, per qualcosa che è in maniera evidente al di là delle sue possibilità, lo trovo qualcosa di futile e velleitario.
Come anche rifugiarsi in frasi poetiche e sibilline, prive di reale referente.
Continui a parlare di Verità con la V maiuscola, di trascendenza, di "io che non vuole morire" (e perché mai dovrebbe morire?), eccetera, senza dare nessuna idea di cosa intendi, di quali siano i referenti esperienziali (gli unici in grado di fornire significati) di queste parole che potrebbero significare qualunque cosa, e in definitiva di dove voglia andare a parare.
Se parlassi di "sbercucciare il bolicchio" le tue parole avrebbero lo stesso contenuto informativo e comunicativo.
La logica la si può
o snobbare, come qualcosa di opzionale di cui si può anche fare a meno,
oppure bisogna affrontarla tenendola stretta, fin quanto è possibile.
Nel primo caso diventa inutile discutere, attorno a qualsiasi argomento.
Nel secondo caso può iniziare un autentico confronto.
La questione sulla Verità è emblematico.
Pretendere di darne un significato, una definizione, significa averla già perduta.
Perché la Verità è ciò che dona significato a tutto il resto.
E' il Fondamento.
Ma si vorrebbe fondare il Fondamento...
Per evitare di guardare l'abisso.
Mi fermo qui.
Citazione di: bobmax il 02 Gennaio 2021, 18:08:23 PM
La questione sulla Verità è emblematico.
Pretendere di darne un significato, una definizione, significa averla già perduta.
Perché la Verità è ciò che dona significato a tutto il resto.
E' il Fondamento.
Ma si vorrebbe fondare il Fondamento...
Per evitare di guardare l'abisso.
Continui imperterrito con la tua comunicazione non comunicante, senza stare a sentire niente e nessuno. Con un tono da profeta o gran saggio inascoltato, per giunta...
Se guardi questo "abisso" e vedi qualcosa, perché non ne parli, anziché girarci intorno senza dir nulla?
Su cosa ci si dovrebbe confrontare, se continui a ripetere sempre le stesse cose come un mantra, senza dare a un eventuale interlocutore nessun possibile aggancio con la sua personale esperienza?
Salve donalduck. Citandoti : "Quello a cui mi riferisco è la volontà. La volontà esiste perché la percepisco".
A parte la sibillinità di bobmax, il quale si ostina ad usare un gergo spiritualistico tutto suo, mi piacerebbe conoscere attraverso quale senso (tradizionale o meno) tu riesca a percepire (=ricevere attraverso.......si sottointende "i sensi") la tua propria volontà.
Non è che per caso tu "senta" (sentire=essere destinatari di messaggi che possono essere SIA SENSORIALI CHE PSICHICI) per l'appunto in ambito psichico o mentale...............non la volontà (funzione secondo me e secondo gli psicologi ed i neurologi troppo complessa), bensì GLI EFFETTI DELLA VOLONTA' ?. Saluti.
Citazione di: bobmax il 02 Gennaio 2021, 16:37:34 PM
Citazione di: Ipazia il 02 Gennaio 2021, 16:28:44 PM
La trascendenza c'è, ma è totalmente immanente, evolutiva. Inveratasi con l'avvento di autocoscienze capaci di intendere, agire e scegliere. Come osserva Paul11, già nel titolo della discussione si sottende la risposta.
Ecco, qui è la conferma che si tratta solo di una credenza.
Trascendenza immanente.
Cioè, non può essere in alcun modo provata, perché trascendente, epperò... è immanente!
Cosa non ci si inventa pur di salvare il proprio io...
La scoperta della trascendenza immanente è il trascendentale kantiano. Il quale non è nient'altro che il salto che fa l'universo nel momento in cui diventa autocosciente in una parte di sè la quale comincia a viaggiare sul doppio binario della natura deterministica e della volontà autocosciente indeterministica. Con ciò si salva pure l'io del prolifico commentatore Bobmax. Ovvero si prende atto della sua libera volontà di commentare. Del suo libero arbitrio.
Citazione di: Alexander il 02 Gennaio 2021, 17:55:50 PM
L'universo non è quindi in preda al caos, ma alle cause passate che lo predeterminano + la volontà presente che ne determina altre imprevedibili.
Su quale base effettui la scelta di usare la scala oppure no?
Se non è in base a delle precondizioni, e l'intelligenza, le esperienze, altro non sono che precondizioni, la tua scelta dipende quindi dal caso?
E' questa la tua libertà? Il Caso?
Vi è sempre stato il Cosmo e proprio ora il Caos ha deciso finalmente di mostrarsi attraverso la volontà presente?
Quindi la volontà presente è il Caos che si manifesta?
Perché se non sono le precondizioni... l'unica possibilità è il caso.
Citazione di: Ipazia il 02 Gennaio 2021, 18:37:17 PM
Citazione di: bobmax il 02 Gennaio 2021, 16:37:34 PM
Citazione di: Ipazia il 02 Gennaio 2021, 16:28:44 PM
La trascendenza c'è, ma è totalmente immanente, evolutiva. Inveratasi con l'avvento di autocoscienze capaci di intendere, agire e scegliere. Come osserva Paul11, già nel titolo della discussione si sottende la risposta.
Ecco, qui è la conferma che si tratta solo di una credenza.
Trascendenza immanente.
Cioè, non può essere in alcun modo provata, perché trascendente, epperò... è immanente!
Cosa non ci si inventa pur di salvare il proprio io...
La scoperta della trascendenza immanente è il trascendentale kantiano. Il quale non è nient'altro che il salto che fa l'universo nel momento in cui diventa autocosciente in una parte di sè la quale comincia a viaggiare sul doppio binario della natura deterministica e della volontà autocosciente indeterministica. Con ciò si salva pure l'io del prolifico commentatore Bobmax. Ovvero si prende atto della sua libera volontà di commentare. Del suo libero arbitrio.
Il trascendentale kantiano è la resa della mente razionale di fronte al limite!
E' il riconoscimento del limite.
Non la sua riduzione a immanenza.
E questo lo possiamo ben vedere leggendo Kant. Laddove si avvita in tautologie nello sforzo, vano, di superare il limite.
Ma il libero arbitrio non è un limite. E' invece solo l'occassione, mettendolo in discussione, di avvertire la nullità dell'io.
Citazione di: Donalduck il 02 Gennaio 2021, 18:28:42 PM
Citazione di: bobmax il 02 Gennaio 2021, 18:08:23 PM
La questione sulla Verità è emblematico.
Pretendere di darne un significato, una definizione, significa averla già perduta.
Perché la Verità è ciò che dona significato a tutto il resto.
E' il Fondamento.
Ma si vorrebbe fondare il Fondamento...
Per evitare di guardare l'abisso.
Continui imperterrito con la tua comunicazione non comunicante, senza stare a sentire niente e nessuno. Con un tono da profeta o gran saggio inascoltato, per giunta...
Se guardi questo "abisso" e vedi qualcosa, perché non ne parli, anziché girarci intorno senza dir nulla?
Su cosa ci si dovrebbe confrontare, se continui a ripetere sempre le stesse cose come un mantra, senza dare a un eventuale interlocutore nessun possibile aggancio con la sua personale esperienza?
Caro Donalduck, tu mi sproni ad andare oltre me stesso...
E di ciò ti ringrazio.
Il fatto è che il pensiero determinato, e il pensiero o è determinato o non è, non mi è sufficiente.
Proverò a riflettere su una possibile strada diversa. Più che riflettere... proverò ad aprirmi.
Anche Dio, per i credenti, per esercitare la sua assoluta libertà deve avere per precondizione il suo esistere, la sua ragione e la sua volontà (divine e non umane , in questo caso), ma non per questo non è libero. Lo stesso , l'uomo per esercitare la sua volontà deve avere precondizioni, ma questo non vuol dire che ne è totalmente predeterminato. La libertà è infatti un esercizio della ragione e della volontà. In assenza di ragione e volontà non esiste libertà. Se devo dipingere un quadro devo avere delle precondizioni: i pennelli, i colori, la tela,l'esperienza, gli studi,ecc. ecc.ma è la mia volontà che decide come usarli. La libertà infatti è di scelta. Libero arbitrio significa questo: libertà di scegliere. Il problema forse sta nel termine "arbitrio", che dà l'idea di qualcosa di totalmente svincolato. Invece è la libertà di scegliere partendo da precondizioni , ma non essendone del tutto determinati da queste.Infatti, se non esistessero condizioni, non sarebbe possibile la scelta. Non ha senso parlare di libertà in assenza di possibilità di scelta. E' quindi la possibilità di scegliere la libertà. Possibilità anche solo teorica. Per esempio: se vivo in una paese soggetto a dittatura, non posso scegliere per chi votare, ma in democrazia posso scegliere "anche" di non votare. Infatti posso scegliere di non scegliere., voglio non scegliere.
Citazione di: viator il 02 Gennaio 2021, 18:30:56 PM
Salve donalduck. Citandoti : "Quello a cui mi riferisco è la volontà. La volontà esiste perché la percepisco".
A parte la sibillinità di bobmax, il quale si ostina ad usare un gergo spiritualistico tutto suo, mi piacerebbe conoscere attraverso quale senso (tradizionale o meno) tu riesca a percepire (=ricevere attraverso.......si sottointende "i sensi") la tua propria volontà.
Non è che per caso tu "senta" (sentire=essere destinatari di messaggi che possono essere SIA SENSORIALI CHE PSICHICI) per l'appunto in ambito psichico o mentale...............non la volontà (funzione secondo me e secondo gli psicologi ed i neurologi troppo complessa), bensì GLI EFFETTI DELLA VOLONTA' ?. Saluti.
Percepisco la volontà
e gli effetti della volontà, allo stesso modo in cui percepisco i pensieri e la loro concatenazione, le sensazioni, i sentimenti e tutti gli altri fenomeni psichici. Come dicevo, si tratta di "pacchetti d'informazione" che includono il loro significato, la loro interpretazione, così come le percezioni della realtà esterna (un'altra persona, un qualsiasi oggetto e le relative interazioni). Il concetto di volontà nasce dalla sensazione di volontà, non il contrario. Più in generale, tutti i concetti nascono dalle percezioni e le intuizioni, non il contrario.
Le percezioni, in generale, sono rappresentazioni
sintetiche di qualcosa, un qualcosa che, analizzato con gli strumenti del pensiero, e quindi dando luogo a
un altro tipo di rappresentazione, può apparire di qualunque complessità, senza per questo intaccare per nulla la rappresentazione sintetica data dalla percezione.
Bobmax ha scritto:
--------------------------------------------------------------------------------
[/color]Che il libero arbitrio sia un'illusione è la conclusione a cui si giunge inevitabilmente, quando ci mettiamo ad analizzare la cosa senza pregiudizi. Occorre però tener ferma la nostra fede nella Verità. Anche a costo di affrontare l'orrore. Un orrore, tuttavia, che deriva sempre da qualche pregiudizio che, consapevolmente o meno, non mettiamo in discussione. L'orrore deriva infatti sempre da qualcosa che crediamo "vero" e che confligge con qualcos'altro che andiamo scoprendo.Nella fattispecie, scoprire di non avere libero arbitrio è terrificante nel momento in cui credo ancora di essere "io". Io non sono libero, allora sono una marionetta teleguidata da altri...L'orrore deriva da quel "io" ancora creduto vero. Ma se pure l'io viene messo in discussione... allora non vi è ragione per l'orrore. Perché in realtà non vi è nessuno che è una marionetta! Per la semplice ragione che non vi è proprio nessuno. Ma pure il discorso sulla responsabilità deve essere rifatto dalle fondamenta. Perché se io sono un'illusione, cioè se come "io" non esisto, c'è però il male...E il male, qualsiasi male, è assolutamente inaccettabile! Di modo che, non è più tanto una questione di responsabilità personale, visto che io non esisto, ma di compassione per tutto il male del mondo. Perché il male mi riguarda, intimante, ancor di più adesso, che non sono più un io... [/color]
-----------------------------------------------------------------
Ciao Bobmax...
(mi scuso perché la cosa che di cui parlerò adesso riguarda il libero arbitrio solo molto secondariamente)
questo tuo passaggio che ho citato sopra è proprio il punto dove io personalmente non ti seguo più, perché il tuo ragionamento, che fai spesso anche in altri tread, non è più, almeno secondo me, conseguenziale, se non assumendo un significato molto relativo e mistico-metafisico del termine "male":(intendo che, proprio da un punto di vista logico e dando un significato comune e ordinario alle parole, dalla premessa A, anche accettato A, non segue più la conseguenza B)
voglio dire, se non c'è più nessuno nel mondo o nell'esistenza, non c'è più nessuno che soffre, se non c'è più nessuno che soffre, nel cosmo come sistema finzionale e puramente ipotetico che ne deriva, (lo si può immaginare come il sogno o il pensiero simulativo di qualche divnità, o un computer potentissimo in azione con un programma tipo matrix) non c'è più il male.
E quindi io personalmente, se anche accettassi la tua premessa, a questo punto ne dedurrei che ok, va bene così, il male non esiste e siamo tutti, se non felici, quanto meno indifferenti, salvi e protetti da ogni insidia, in quanto non esistenti e non sofferenti.
Se la nostra non-esistenza è opera mentale o gnoseologica o simulativa o immaginifica di qualcuno, fosse anche il Dio-Nulla al di sopra dell'esserci e dell'esistenza, quel qualcuno si assume anche tutta la responsabilità della nostra presunta, e non reale, sofferenza.
E non basta dire che il nulla non è nessuno e non può assumersi responsabilità, voglio dire, l'esistenza starebbe scorrendo come possibilità e virtualità tra le infinite possibilità e virtualità del nulla, e noi, da dentro il mondo, non possiamo dire se il mondo esista o no, trovando una prova o una smentita definitiva dell'esistenza del mondo interna al mondo, sicuramente il mondo "c'è" in senso sensoriale, ma potrebbe essere compositivo di una totalità nulla, ma se è compositivo di una totalità nulla, allora non esiste, e se non esiste, allora nessuno all'interno vi soffre.
La continuazione in senso teologico di tutto questo discorso, sarebbe che siamo dunque stati creati malvagi, non c'è il libero arbitrio, ma in quanto creati malvagi, non c'è la colpa, e in quanto non c'è la colpa, non c'è nemmeno la condanna: il salario del peccato è la morte, la fredda morte, non l'inferno di cui parli spesso tu, fine, game over, morte del corpo e morte pure dell'anima, quindi tutta la vita, finché vive, non ha ancora peccato e si svolge nell'assoluta innocenza, e finché non vive, il problema non c'è più, se non al limite per chi rimane; ma se nel tuo sistema di pensiero non rimane nessuno, il problema non c'è mai in nessun caso.
Non è male che un personaggio di fantasia o di finzione soffra, almeno non in un mondo "adulto" e razionale, voglio dire io mi preoccupo e provo umanamente compassione se un profugo siriano affoga insieme al suo gommone, ma non mi straccio le vesti altrettanto se Mastro Geppetto è stato inghiottito dalla Balena, perché fino a prova contraria Mastro Geppetto non esiste, è il personaggio di un racconto di fantasia, e un individuo che non esiste non può soffrire, la sofferenza è condizionata all'esistenza, per quanto da bambino mi stracciavo le vesti anche per Mastro Geppetto, appunto perché non afferravo il concetto, quindi per me se nessuno soffre, il male non esiste e il mondo con tutti i suoi orrori è pienamente giustificato (o quanto meno moralmente neutro) in quanto grande simulazione a scopo a noi ignoto ma comunque non attualmente nocivo, e si può anche sperare che lo scopo della simulazione sia benevolo, nell'omniscenza di Dio esiste la coscienza del male e se Dio pensa in modo simulativo come l'uomo, da qualche parte nella sua mente scorre il film del mondo, e non ci possiamo fare niente, il male è il sogno del bene, l'intero mondo sarà sacrificato quando Dio preferirà il nulla e stabilirà che del progetto della creazione non se ne fa niente, o tutto il male sarà emendato in una creazione futura migliore, un po' come quando noi umani simuliamo col nostro cervello il percorso che ci farebbe sbattere la testa al muro mancando la soglia di una porta e prendiamo invece il percorso corretto che ci fa uscire dalla stanza, ma a noi che siamo nella simulazione e nel percorso scartato, non importa nulla di tutto ciò in nessuno dei due casi, soffriamo sì, ma come soffre Mastro Geppetto e della vita non si può che ridere, quindi io dalle tue premesse non dedurrei una profonda compassione di tipo cristiano o orientaleggiante, ma la risata di Democrito per come veniva rappresentato nel rinascimento, accanto a Eraclito che piangeva...
Citazione di: Donalduck il 02 Gennaio 2021, 17:56:15 PM
Quello a cui mi riferisco è la volontà. La volontà esiste perché la percepisco.
Se per libero arbitrio intendiamo libera volontà, c'è da chiedersi se (e come) ne "percepiamo" anche la libertà, e se una volontà possa essere
non libera (ipnosi e altre "stregonerie" a parte), ed eventualmente rispetto a cosa (se "liberi-da" vien tenuto distinto da "liberi-di"). Si rischia altrimenti di imbattersi in un falso problema (la volontà, intesa in un certo modo, non può che essere libera) oppure in un falso mito (una volontà solipsistica ed autonoma rispetto al mondo); il
tertium di una volontà condizionata in qualcosa e libera in qualcos'altro (oltre a "relativizzare" l'enfasi per tale libertà) raddoppia il campo d'indagine, forse senza poterlo nemmeno ancora ben discriminare.
Se
constatiamo che la volontà non ha potere su se stessa (non posso non volere ciò che di fatto voglio, come non posso
scegliere di credere a
x, se in realtà non ci credo), significa che la mia possibilità di scelta è apparente e potenziale, ma non radicalmente autentica. Non sono libero dalla mia volontà, o meglio, la volontà non è ovviamente libera da se stessa (la cui libertà resta da chiarire): quel che farò. fosse anche il non votare citato da
Alexander, sarà comunque una scelta della mia volontà ("libera"... da cosa?).
Persino
voler accettare un condizionamento, con gioia o a malincuore, è una scelta/atto della volontà (la volontà vuole, ma fino a che punto sceglie e non, ad esempio, reagisce?). Si tratterebbe piuttosto di capire (se possibile) perché ho compiuto tale scelta e se fosse (deterministicamente) inevitabile.
Esemplificando (pazientate se ripeto l'esempio che credo d'aver proposto altre volte): se sono entrato in gelateria perché voglio un gelato, è davvero una libera scelta della mia volontà? Con quel caldo, quella disidratazione, quella fame, avrei potuto scegliere di andare a comprare invece una granita? La risposta più intuitiva è «ovviamente sì», poiché c'erano magari tutte le potenzialità e le condizioni per andare altrove. Tuttavia, allora perché la mia volontà ha scelto proprio il gelato? Rispondere appellandosi alla "libertà di scelta" è in fondo una non-risposta, perché significherebbe confondere la causa efficiente di un evento (il perché) con il plausibile contesto in cui avviene un evento (la presunta libertà); sarebbe come, di fronte alla domanda «perché si è bucata la gomma dell'auto?», rispondere con «perché l'auto aveva 10 anni» (l'età della macchina, vera o falsa che sia, non è la causa efficiente del buco, soprattutto se consideriamo che l'età dell'auto non implica necessariamente la pari usura delle gomme; una causa efficiente potrebbe essere invece un corpo tagliante sulla strada, che rende irrilevante la verità o meno dalla dichiarata età dell'auto).
Una volta sorto quel desiderio di gelato, ho agito di conseguenza, tuttavia, facendo un passo (crono)logico indietro, cosa ha orientato la volontà verso la (libera?) scelta del gelato? Un "colpo di dadi" della coscienza (che sarebbe comunque, a suo modo, una forma di determinismo), o stimoli visivi e olfattivi che hanno condizionato il mio inconscio, o altro? «La volontà stessa» non è una risposta adeguata, poiché qui chiedo (domandone!) il perché delle
decisioni della volontà: che dalla volontà sgorghino le "scelte" è appurato, ma l'acqua che esce dalla sorgente-volontà, non nasce forse altrove, più nel profondo? E se non nasce altrove («ammesso e non concesso», direbbero alcuni psicologi, neuroscienziati e simili), che senso ha affermare che nasce "liberamente" alla fonte?
Per me resta difficile ragionare fuori da catene causa/effetto, poiché l'incausato-incondizionato è postulabile, ma non facilmente dimostrabile e attendibile; proprio come "il dio dei vuoti" di Drummond, la libertà forse funge da limite
esterno della attuale conoscenza circa le dinamiche della volontà: oltre tale limite potrebbe esserci l'anima, o l'inconscio, o un
software connesso in
wi-fi ad alieni
gamers, o altro. Intanto constatare che la volontà non deve alimentare necessariamente il mito "filosofico-populista" (non il parametro legislativo) della «libertà di volere» (che se non è mito, è almeno banalità in quanto condizione inevitabile), potrebbe essere, per quel che vale, un'emancipazione epistemica (
libera volontà permettendo, ovviamente...).
Se ho sete perchè fa caldo posso decidere di bere acqua, una bibita fredda oppure un gelato. Tra i gelati posso scegliere un gusto o un altro. Qui non si tratta di percepire, ma di scegliere, di decidere. Come Cesare sul Rubicone. Avvitarsi in tutto quello che è premessa della scelta implica una regressione infinita scontata, che nessuno contesta, ma che non inficia l'attimo autogeno della scelta quando vi siano più opzioni possibili.
La libertà assoluta la lascio ai metafisici perchè si crogiolino nella sua facile negazione. Nella realtà effettuale abbiamo a che fare con libertà condizionate dal contesto in cui la scelta si attua, ma di vera scelta si tratta. Come quella di chi nascondeva gli ebrei e di chi, al contrario, li denunciava ai nazisti.
Grazie Niko per questa tua critica puntuale.
Ciò che ho cercato di esporre, nel brano che riporti, aveva lo scopo di mostrare le implicazioni della non esistenza del libero arbitrio.
Per mostrare come le critiche che vengono mosse, a chi lo mette in discussione, riguardanti la deresponsabilizzazione fossero inconsistenti. In quanto non considerano che la inesistenza del libero arbitrio implica necessariamente la non esistenza dell'io.
Queste considerazioni seguono un processo logico, che tuttavia rimane sempre incompiuto. Perché sebbene mi ritrovi a constatare che il mio libero arbitrio è un'illusione, allo stesso tempo continuo a vivere "come se" fosse invece reale.
Solo in alcuni momenti particolari posso davvero essere cosciente di come stanno davvero le cose...
Così come il riuscire a sospendere il mio stesso considerarmi "io".
L'io è onnipresente. E qualsiasi tentativo di annullarlo non può che fallire. Per la semplice ragione che chi cerca di annullarlo sono ancora io...
Lo stesso linguaggio è fondato sull'io.
Tuttavia, può capitare che questo io scompaia, seppur momentaneamente.
Questo fatto non può evidentemente essere frutto di una volontà. Ma può avvenire.
Questi brevi e rari momenti lasciano però il segno.
E un interesse nasce e si accresce...
La motivazione che sospinge in avanti tutto il processo è il male.
Senza il male saremmo perduti.
Può sembrare paradossale che sia così, ma è proprio il male a farci progredire.
E' infatti la forza che costringe alla ricerca della Verità.
Che richiede la nostra fede.
E non vi è nulla, nessuna considerazione, che possa far desistere dalla richiesta perentoria di superare il male.
Anche la non esistenza dell'io, di ogni possibile io, non è sufficiente a placare l'angoscia del male nel mondo.
Questo sia perché la realizzazione che non vi sia nessuno è sempre in fieri, non è mai completata. Né potrebbe esserlo perché la comunicazione (esistenza) abbisogna dei poli (soggetto/oggetto) per manifestarsi.
Ma pure, e soprattutto, perché la logica, qualsiasi logica, anche la più perfetta, diventa di nessun valore rispetto all'amore.
Infatti la sofferenza, l'ingiustizia, il male insomma, prescindono da chi li soffre.
Lì c'è sofferenza!
Cosa m'importa se presumibilmente non vi è alcun "io" a soffrire?
E' il male ad essere inaccettabile!
E questo lo possiamo ben vedere quando ci coglie la compassione.
Che è amore che sa, e che soffre con il mondo. Mondo che è quello che deve essere.
Per causa mia.
Condivido l'ultimo intervento di Ipazia, che sottolinea gli aspetti etici e concreti della libera volontà. Ed aggiungo, nel merito, che il concetto di libera volontà è condizionato oltre che dai limiti oggettivi del mondo fisico, anche da quelli della società in cui si vive e delle teorie che circolano in quella società sulla libera volontà. Per quanto possa apparire contraddittorio, la libera volontà va esercitata ed allenata collettivamente. In una società fatalista, dove tutto viene spiegato come proveniente dalle leggi divine o da quelle scientifiche e dove già tutto viene considerato predeterminato, sarà più difficile esprimere la propria porzione di libertà, fino ad avverare la self-fullifilling prophecy. In una società che garantisce borse di studio, facilitazioni ai più meritevoli, la libera volontà avrà un campo di applicazione più vasto e non voglio con questo, ovviamente, sconfinare nel campo demagogico della "Land of Opportunity".
In realtà il principio della libera volontà è strettamente connesso con altri due principi, quello della responsabilità umana nei confronti di sè stessi e degli altri e quello della giustizia. Ci si può divertire con vari tipi di esperimenti sociali e formule logiche, ma il principio della libertà umana "pesa" quando si tratta di imbracciare le armi contro un nemico, di denunciare un estorsore, di decidere di diventare obiettore di coscienza, o al contrario, di fare una rapina, di indossare subito la casacca dei vincitori, o di gestire un servizio di caporalato e così via.
Questo che dico è confermato dalla estrema plasticità sinaptica del nostro cervello. Proprio grazie a questa plasticità siamo diventati così in gamba a sopravvivere ma anche capaci di sterminare i nostri simili e, un momento dopo, sacrificarci per loro.
Insomma la libera volontà, oltre a poter essere indagata filosoficamente, neuroscientificamente, religiosamente, è un progetto politico che si dovrebbe sviluppare eticamente. Non è un dato di fatto: "siamo liberi/non siamo liberi". E' una costruzione sociale che può ampliare o ridurre i margini delle nostre scelte, che non sono mai totalmente libere, ma neppure mai totalmente predeterminate.
Ovviamente questa prospettiva non chiude il discorso, che accompagna l'uomo da quando ha iniziato a pensare (a proposito, basta leggere Sofocle per farsi un'idea di cosa significa liberà volontà). E' solo un modo per vedere il problema anche da un'altra angolatura.
Citazione di: Phil il 02 Gennaio 2021, 21:55:28 PM
Se constatiamo che la volontà non ha potere su se stessa (non posso non volere ciò che di fatto voglio, come non posso scegliere di credere a x, se in realtà non ci credo), significa che la mia possibilità di scelta è apparente e potenziale, ma non radicalmente autentica. Non sono libero dalla mia volontà, o meglio, la volontà non è ovviamente libera da se stessa (la cui libertà resta da chiarire): quel che farò. fosse anche il non votare citato da Alexander, sarà comunque una scelta della mia volontà ("libera"... da cosa?).
Persino voler accettare un condizionamento, con gioia o a malincuore, è una scelta/atto della volontà (la volontà vuole, ma fino a che punto sceglie e non, ad esempio, reagisce?). Si tratterebbe piuttosto di capire (se possibile) perché ho compiuto tale scelta e se fosse (deterministicamente) inevitabile.
Questo tipo di speculazioni rientrano nella categoria guidata da quello che considero uno dei vizi capitali del pensiero, e su cui ho avuto più volte occasione di esprimermi: il vizio di portare i concetti alle loro estreme conseguenze di proiettarle nell'"assoluto", pretendendo , così facendo, di descrivere la realtà sensibile (intendendo "sensibile" in un senso lato che include anche i "sensi psichici"). Il tentativo di usare il pensiero, la logica, il logos, per andare oltre i suoi evidenti confini senza esserne coscienti. Quello che porta alla ricerca di "cause prime", "fini ultimi", "teorie del tutto" e altre masturbazioni intellettuali. Intendiamoci, non ho nulla contro la masturbazione, né fisica né intellettuale, e penso che entrambe abbiano la loro ragion d'essere e la loro utilità, ma non bisogna confondere la masturbazione col rapporto sessuale: la masturbazione non genera un rapporto. Parimenti, la masturbazione intellettuale non genera un rapporto con la realtà, con l'esperienza, con la vita. In un certo senso, anche la matematica si può considerare come una monumentale masturbazione intellettuale, con i suoi spazi multidimensionali, dritti o curvi, i suoi infiniti e i suoi numeri immaginari, e non se ne può negare l'utilità e il fascino. Ma bisogna saper distinguere, capire i nessi e le mancanze di nessi. Altrimenti, come fanno certi fisici, si rischia di scambiare la matematica con la realtà sensibile, e parlare di "tempo che non esiste" o "inizio del tempo", di spaziotempo come se fosse una "cosa", un oggetto, e così via.
I ragionamenti che si ripiegano su sé stessi, e che generano cicli infiniti, sono una spia che si sta girando in tondo senza andare da nessuna parte. Come i famosi paradossi di Zenone, l'idea di "voler volere" genera un futile ciclo infinito (voler voler volere, voler voler voler volere) che non porta a nulla e non ha senso alcuno. Oppure, come i paradossi di Zenone, porta a negare l'evidenza.
L'idea di volontà, di "libero arbitrio", come
qualsiasi cosa e qualsiasi concetto, va per forza inserito in un contesto, ed è per forza
relativo a qualcosa, per il semplice fatto che non esiste nulla che non lo sia. L'assoluto, se mai possa avere qualche "senso", sta comunque al di là dei confini della logica, del pensiero razionale, continuare a cercare di farcelo entrar dentro è inutile ostinazione, a mio parere. L'assoluto è una proiezione del pensiero su ono schermo immaginario, non si può confonderlo con la realtà sensibile. Riusciamo a enunciarlo, a dargli un nome, ma non a rappresentarlo. Perché fa a pugni con l'esperienza e con la logica, che all'esperienza è intimamente legata.
La volontà, la scelta, l'arbitrio sono per forza vincolati, ossia fanno parte di quel grande insieme di nessi, di relazioni che costituisce la nostra realtà. Non c'è nulla di non correlato, di non connesso. Ma in questa rete di relazioni si possono distinguere dei
centri decisionali, che sono innanzitutto
centri di elaborazione. Centri in cui si elaborano grandi quantità di informazioni e queste elaborazioni danno luogo a esiti e azioni. Quando questi centri di elaborazione sono viventi i risultati dell'elaborazione si chiama
volontà. Quanto è libera questa volontà? Dipende; in ogni caso non può essere assoluta, perché l'assoluto non appartiene alla realtà.
Citazione di: Ipazia il 02 Gennaio 2021, 22:33:10 PM
Avvitarsi in tutto quello che è premessa della scelta implica una regressione infinita scontata, che nessuno contesta, ma che non inficia l'attimo autogeno della scelta quando vi siano più opzioni possibili.
Più che "avvitarsi", si tratta di "svitare" il giocattolo per vedere come funziona; la regressione infinita (anche
@Donalduck) non credo sia applicabile alla volontà (e alle sue scelte): sia perché non propongo di riflettere sul «voler voler volere...»(?), ma sul rapporto
meccanicistico fra volere e sua presunta libertà, sia perché, essendo la volontà individuale, non può andar oltre la nascita dell'individuo (ovunque decidiamo di metterla dopo la fecondazione, ma non prima, reincarnazioni a parte). L'autogenesi è invece espediente
teoretico autoconfutante (se applicato alla singolarità): una scelta non può generare se stessa, perché per farlo dovrebbe già esistere, né può nascere dal nulla, e se nasce dalla volontà, restano aperte tutte le domande che ho postato (soprattutto se la si vuole etichettare come «libera» scelta; salvo delimitare tale "libertà" all'ovvietà che ogni volontà spinge verso ciò che vuole e nessuna altra volontà può costringerla a volere ciò che non vuole, il che renderebbe, ancora una volta, «libertà» una parola magica, più retorica che "di contenuto").
Che una scelta presupponga necessariamente libertà (da ritagliare
ad hoc fra mille condizionamenti) è il nodo della questione pro/contro determismo, che chiama in causa la lettura classica dell'agire umano (un "
lock-in" della filosofia occidentale); sbrigare tale questione facendo appello a questioni morali o interpretazioni storiche, rovescia il rapporto fra il fondato e il suo fondamento (fra il
senso dell'interpretazione e il suo
referente esterno); sarebbe come sostenere che un dio deve esistere (e non solo come concetto) altrimenti non avremmo avuto le chiese e/o non sapremmo più come usarle. Parimenti, da un punto di vista logico, non dovrebbe essere la visione "libertaria" (culturalmente consolidata) della morale a fondare/dimostrare retroattivamente la necessità di scegliere liberamente (
@Jacopus), ma la possibilità di scegliere liberamente (qui in questione) a fondare il senso della morale comunemente intesa (tenendo comunque presente che il giudizio di
valore può prescindere dalla causa del
fatto: se la celeberrima gazzella sapesse che il leone, in quanto carnivoro, e non per sua
libera scelta, non può fare a meno di cacciarla, probabilmente continuerebbe a cercare di sfuggirgli e a considerarlo una minaccia; parimenti, se anche chi compie il male non potesse fare altrimenti, ciò non toglie che il suo operato verrebbe comunque giudicato come male e quindi avversato, condannato, etc. ovvero nonostante
la "difesa" di Gorgia, possiamo comunque biasimare Elena, sebbene, come detto, l'aspetto cruciale della questione non sia per me quello etico-giuridico che ne è, appunto, solo una conseguenza, per quanto rilevante).
Buongiorno Phil
Questo è un ragionamento che si basa solo su una visione totalmente meccanicistica della volontà. La libertà non è però essere svincolati dal fatto di dover agire necessariamente come gazzella o come carnivoro, ma è la libertà di compiere scelte entro i limiti di essere gazzella o leone. La gazzella può infatti decidere di fuggire, lasciando il suo cucciolo divorato dal leone, o affrontare il leone sacrificandosi per salvare il cucciolo, o tentare di fuggire e mettersi in salvo entrambi. Una gazzella legata come esca ad un palo non è libera di scegliere. Una gazzella non legata ad un palo, sì. La libertà è questa, la possibilità di scelta entro dati limiti, inutile andare all'indietro, di causa in causa, fino al Big bang, sono d'accordo con Donalduck.
Per libertà s'intende la condizione per cui un individuo può decidere di pensare, esprimersi e agire senza costrizioni, non senza condizioni. Il palo è la costrizione, il fatto di essere una gazzella è invece la condizione.
In teologia il libero arbitrio s'intende infatti come la possibilità di scelta tra il bene e il male, non come la mancanza di condizioni.
Ciao Donalduck,
secondo me giungi troppo presto a delle conclusioni.
E ho l'impressione, che ciò dipenda dall'irritazione che provi quando ti si propone un pensiero fondato sui concetti.
Come quello proposto da Phil.
L'irritazione, il fastidio, possono essere segnali utili per la salvaguardia di noi stessi.
Ma reagire ogni volta a questi segnali rifiutando la proposta, come se questi indicassero certamente una minaccia, ti preclude la possibilità di cogliere delle feconde occasioni.
Di certo così resti immune a rischi, ma non ne trai però neppure alcun miglioramento.
Anch'io soffro di un comportamento analogo, seppur mi sa speculare.
Perché nel mio caso provo violenta repulsione laddove la logica viene bistrattata, una sofferenza fisica, che mi fa immediatamente respingere idee in cui percepisco una noncuranza concettuale.
E qui, come ho avuto modo di sperimentare, ho a volte perso l'occasione che era sottesa in quella che a prima vista sembrava una palese contraddizione.
Il discorso che fa Phil sul "volere di volere" è importante. E la regressione all'infinito non c'entra nulla. La postuli tu perché non ti fermi su cosa davvero significhi.
Così come usi il termine "volontà" come fosse sinonimo di "libera volontà".
Mentre sono concetti ben distinti.
Perché certamente percepisci la tua propria volontà!
Ma la questione non riguarda la volontà, bensì il fatto che sia libera...
Lo stesso approccio avviene con i paradossi di Zenone.
Prima di affossarli come vana masturbazione intellettuale, si dovrebbe dare almeno un po' di credito alla possibilità, che magari proprio idiozie Parmenide e il suo discepolo forse non dicevano.
Ciò richiede però non di procedere fantasticando... Tutt'altro!
Occorre tener fermo ciò che si vuole indagare.
Magari sarò un ingegnere anomalo, ma qualcosa nella mia lunga professione ho combinato, e posso dichiarare serenamente che i paradossi di Zenone sono ancora irrisolti.
L'irritazione può essere un segnale di un effettivo pericolo, ma può anche essere semplicemente un istinto, utile in tante occasioni, ma non in altre.
Citazione di: Phil il 03 Gennaio 2021, 14:49:10 PM
Più che "avvitarsi", si tratta di "svitare" il giocattolo per vedere come funziona; la regressione infinita (anche @Donalduck) non credo sia applicabile alla volontà (e alle sue scelte): sia perché non propongo di riflettere sul «voler voler volere...»(?), ma sul rapporto meccanicistico fra volere e sua presunta libertà
una scelta non può generare se stessa, perché per farlo dovrebbe già esistere, né può nascere dal nulla....
Dici che non proponi regressioni infinite, ma
Citazione
constatiamo che la volontà non ha potere su se stessa (non posso non volere ciò che di fatto voglio...
l'hai scritto tu, e stai parlando di volere applicato al volere stesso, da cui deriva inevitabilmente una regressione infinita. Strano che non te ne sia accorto.
Il discorso sulla genesi, poi, è appunto uno di quelli privi di senso in partenza, la famosa inane, fallimentare ricerca della "causa prima". Non c'è e non ci può essere nessuna causa prima, perché ogni causa rimanda a un'altra causa all'infinito, e chiamarne una qualsiasi "prima" è solo un atto "battesimale" arbitrario che
non può avere alcun fondamento razionale.
Parallelamente, qualunque cosa deriva il suo senso, la sua stessa essenza concettuale, dalla relazione con qualcos'altro, e non ci sono eccezioni. Per questo motivo il concetto di
libertà assoluta è semplicemente privo di senso.
Citazione
se la celeberrima gazzella sapesse che il leone, in quanto carnivoro, e non per sua libera scelta, non può fare a meno di cacciarla, probabilmente continuerebbe a cercare di sfuggirgli e a considerarlo una minaccia; parimenti, se anche chi compie il male non potesse fare altrimenti, ciò non toglie che il suo operato verrebbe comunque giudicato come male e quindi avversato
Appunto. Questo non fa che evidenziare ulteriormente l'inutilità di domande che sollevano problemi inesistenti. Domande le cui risposte, qualunque esse siano, non hanno alcun impatto su nessun aspetto della realtà.
Ciao Alexander,
vedo che insisti nel cercare di spiegare cosa sia il libero arbitrio.
Ritengo che i partecipanti alla discussione ne siano ben consci. Ne abbiano cioè un'idea abbastanza chiara.
La questione verte sulla sua eventuale inesistenza.
In favore della quale sono state poste delle considerazioni, a cui sino ad ora si è contrapposto un "io credo", "io constato" o una ulteriore ennesima spiegazione di cosa sia il libero arbitrio...
Ciao Alexander,vedo che insisti nel cercare di spiegare cosa sia il libero arbitrio.Ritengo che i partecipanti alla discussione ne siano ben consci. Ne abbiano cioè un'idea abbastanza chiara.La questione verte sulla sua eventuale inesistenza.In favore della quale sono state poste delle considerazioni, a cui sino ad ora si è contrapposto un "io credo", "io constato" o una ulteriore ennesima spiegazione di cosa sia il libero arbitrio...
Buona domenica bobmax
Mi sembra che stiate discutendo più sul concetto di libertà assoluta e non su quello di libero arbitrio, che è altra cosa ( ed è la domanda iniziale del topic).
Non ho mai usato i termini "credo" o "constato".Ho solo cercato di spiegare , dal mio punto di vista, il concetto di libertà; cioè della semplice possibilità di compiere scelte entro le condizioni a cui soggiaciamo e le relazioni che viviamo.
Più scelte possiamo compiere, maggiore è la libertà. Meno scelte sono possibili, minore è la libertà. La libertà non è un concetto astratto o logico, con regresso all'infinito , ma semplicemente la maggiore o minore possibilità di compiere scelte. Quindi non può esserci una libertà "assoluta", come anche una totale mancanza di essa ( anche chiuso in una gabbia posso compiere scelte interiori).
la volontà può essere più o meno soggetta a costrizioni, quindi più o meno libera, in base alla quantità di scelte possibili.
Ciao Alexander,
non mi pare si stia parlando qui di libertà assoluta.
Personalmente non saprei neppure cosa dire...
La discussione verte sul libero arbitrio.
Il "credo" o il "constato" è stato espresso da altri.
Anche se mi sembrerebbe che pure questa sia la tua posizione...
Non ho colto infatti alcun ulteriore approfondimento.
Sono poprio le scelte interiori ad essere messe in discussione.
Su che base sono davvero libere?
Sulla base della possibilità di scegliere tra opzioni diverse, è evidente.
Citazione di: Alexander il 03 Gennaio 2021, 16:20:57 PM
Sulla base della possibilità di scegliere tra opzioni diverse, è evidente.
Certamente si percepisce di poter scegliere.
Ma questa possibilità è reale?
Forse non ti sei mai posto la questione, che ti assicuro non è banale.
@Alexander
Il libero arbitrio (oggetto del topic), se inteso come libera volontà, credo non vada confuso con la libertà in generale né con quella di movimento (essendo l'arbitrio non necessariamente applicabile, ma un "atto interiore" della volontà): se la "gazzella Ornella" (giusto per parlare di una gazzella specifica), decide di affrontare il leone, la sua volontà poteva spingerla a non affrontarlo, oppure era inevitabile che quella specifica volontà di quella specifica gazzella in quella specifica situazione la spingesse a quello specifico gesto (quindi senza libera scelta)? Questo è il terreno in cui si gioca la partita fra le ipotesi di determinismo, libero arbitrio, determinismo parziale, libero arbitrio determinato, etc.
Non capisco perché si tratterebbe di risalire al Big Bang: ho parlato di volontà in termini individuali che, come spiegato, non consentono un regresso all'infinito o simili; chiedersi il come decida la volontà, il perché sceglie x e non y (bene/male, gelato/granita, etc.), non ha a che vedere con infinite catene causali, piuttosto con meccanismi di "coscienza" (chiamiamola così) di cui si può ipotizzare o meno un coefficiente di libertà individuale (non cosmica), che andrebbe argomentato non a partire da un paradigma che già lo presuppone (come ad esempio quello teologico o quello etico classico).
Ovviamente non ho in tasca risposte definitive in merito, ma credo ci siano almeno gli estremi per sollecitare ed interrogare la prospettiva consueta (per quanto ciò possa risultare destabilizzante), chiedendosi quale sia l'effettiva libertà di cui parla il libero arbitrio (come già anticipato: se con ciò si intende solo che una volontà non è assoggettata da altre volontà, non si può non essere d'accordo, ma è tuttavia un modo per non affrontare la questione di cosa condizioni/costituisca ciò che chiamiamo «volontà», la cui risposta non è nel brodo primordiale, ma più verosimilmente nel liquido cerebrospinale individuale).
P.s.
@Donalduck
Affermare che «la volontà vuole» o che non può autocondizionarsi, non mi pare comporti un regresso all'infinito (quale?): uso il verbo «volere» semplicemente per individuare l'attività della volontà; se preferisci si può usare, ad esempio, la forma «io voglio», sebbene più che parlare di «io» mi sembra pertinente parlare nel dettaglio di «volontà» (anche se capisco risulti talvolta più ambiguo). Il chiedersi come funziona (v. sopra e post precedenti) credo sia, opinione mia, una questione sensata (seppur forse troppo ostica), tanto quanto chiedersi come funzionano la psiche o la libido o altri fattori "mentali" che condizionano le nostre azioni.
Salve. Ovviamente la libertà assoluta può esistere solo in mancanza della necessità (filosoficamente intesa), cioè dei vincoli imposti dall'esistenza di cause. Poichè tutto ciò nei cui confronti noi possiamo esercitare (in realtà : vorremmo esercitare, credendo falsamente di poterlo fare) la nostra "libera" volontà è invece soggetto a delle cause che l'hanno generato prima che noi si voglia esercitare tale presunto "lbero arbitrio"................ecco che la situazione che ne deriva vede assente un nostro reale "libero arbitro" (negato dalle deduzioni precedenti) ed invece presente la nostra "illusione di star possedendo un libero arbitrio".
La questione del "libero arbitrio" quindi si confonde completamente con quella relativa alla distinzione tra realtà ed illusione, ed ogni ulteriore considerazione su questo tema potrà venir proposta solo per riempire il proprio od altrui tempo o per mostrare le proprie abilità dialettiche. Saluti-
Buongiorno Phil
Se la "gazzella Ornella" (giusto per parlare di una gazzella specifica), decide di affrontare il leone, la sua volontà poteva spingerla a non affrontarlo, oppure era inevitabile che quella specifica volontà di quella specifica gazzella in quella specifica situazione la spingesse a quello specifico gesto (quindi senza libera scelta)? Questo è il terreno in cui si gioca la partita fra le ipotesi di determinismo, libero arbitrio, determinismo parziale, libero arbitrio determinato, etc.
E' la possibilità di scelta che determina il grado di libertà della gazzella Ornella. Se la gazzella ha un'unica scelta possibile non è libera, ma avendone altre lo è, nel limite delle condizioni di gazzella e non di tigre. Mi sembra che continui a equiparare condizione con costrizione. La gazzella non è costretta ad affrontarlo, perché ha altre scelte possibili, ma lo fa sulla base di condizioni (e in altro frangente magari agire in modo diverso).
Citazione di: bobmax il 03 Gennaio 2021, 15:51:25 PM
secondo me giungi troppo presto a delle conclusioni.
E ho l'impressione, che ciò dipenda dall'irritazione che provi quando ti si propone un pensiero fondato sui concetti.
L'irritazione non c'entra nulla, ma intuisco cosa te la fa supporre: il mio uso del termine "masturbazione". Eppure, se invece di dire a me che giungo troppo presto a conclusioni, semplicemente avessi considerato quello che hai letto e a cui hai risposto, e magari ci avessi riflettuto su, probabilmente ti saresti accorto che non ho usato il termine come sinonimo di inutile esercizio della mente (inutile è la pretesa di giungere a qualsivoglia conclusione, questo sì), infatti ho parlato della matematica come una sorta di grande masturbazione, intesa come il concetto che rinuncia a una aderenza alla realtà sensibile (ma diventa arbitrario e campato in aria se poi si scorda di questa rinuncia e pretende di applicare pari pari alla realtà i risultati delle sue peregrinazioni). Aggiungendo che, ovviamente, non intendo certo negare il valore della matematica.
Casomai l'irritazione può aver partecipato alla formazione di questa grande "area cieca" che ha eliminato la quasi totalità delle mie argomentazioni dal tuo "campo visivo" mentale.
Citazione
Così come usi il termine "volontà" come fosse sinonimo di "libera volontà".
Mentre sono concetti ben distinti.
Perché certamente percepisci la tua propria volontà!
Ma la questione non riguarda la volontà, bensì il fatto che sia libera...
Se la volontà non ha un grado di libertà non è volontà, è solo passiva esecuzione. Ovviamente si tratta di libertà relativa, ed è intrinseca al concetto di volontà. Mentre tu, necessariamente (anche se poi lo neghi), come Phil, ti rifai al concetto di libertà assoluta, l'unico che può essere considerato un "optional" applicabile alla libertà, dato che quella relativa è implicita. Ma il concetto di libertà assoluta, come ho già avuto modo di chiarire, lo considero privo di senso.
Citazione
Lo stesso approccio avviene con i paradossi di Zenone.
Prima di affossarli come vana masturbazione intellettuale, si dovrebbe dare almeno un po' di credito alla possibilità, che magari proprio idiozie Parmenide e il suo discepolo forse non dicevano.
Questa è la frase che, più di ogni altra, dimostra che non hai preso in considerazione neppure per un attimo il 90% di quello che ho scritto.
Solo così si può interpretare quello che ho scritto come la tesi che i paradossi di Zenone siano idiozie.
A coronamento della tua incomprensione (o vogliamo dire disattenzione?) arriva pure
Citazione
posso dichiarare serenamente che i paradossi di Zenone sono ancora irrisolti.
Se avessi cercato di capire qualcosa di quanto ho scritto ti saresti reso conto che per me tali paradossi sono semplicemente irrisolvibili, perché cercano di connettere indebitamente il pensiero astratto con quello riferito alla realtà sensibile, all'esperienza (connessione possibile ma non sempre e indiscriminatamente). La quale realtà, dal punto di vista razionale, è intrinsecamente paradossale (ho ripetuto questo pensiero ormai parecchie volte in varie discussioni a cui mi pare anche tu abbia partecipato) e non ha senso tentare di afferrarla per intero con gli strumenti della logica, della razionalità, che la possono "spiegare" solo entro certi limiti.
I paradossi di Zenone servono proprio a mostrare i limiti della razionalità e dell'applicabilità del pensiero astratto al mondo dell'esperienza.
Credo che la locuzione "libero arbitrio" contenga in sé una contraddizione che ha alimentato nei secoli innumerevoli (e inutili) discussioni senza venire a capo di nulla. Diverso è infatti dire "l'uomo possiede il libero arbitrio" (oppure non lo possiede) e dire "l'uomo è libero" (oppure non lo è). Il fatto che si usino entrambe le frasi alternativamente come se fossero equivalenti non fa altro che aumentare la confusione. Infatti si può ritenere (come io ritengo) che l'uomo è libero ma non possiede il libero arbitrio.
Gli esempi naturalistici, per quanto possono essere un ottimo spunto, perchè semplificano la visione, non danno l'esatta misura di cosa sia la libera volontà dell'uomo (la libera volontà, o free-willing, è il termine che secondo me, è corretto per affrontare la questione, il termine libero arbitrio, invece è già alquanto arbitrario e getta subito una cattiva luce sul concetto che vorrebbe rappresentare).
La gazzella che scappa, o che affronta il predatore o che si finge morta (freezing), opera azioni procedurali che sono molto "deterministiche", e che solo in parte vengono apprese attraverso l'esperienza. Se noi fossimo a quel livello non ci interrogheremo sul significato di libera volontà. Anche i quesiti di Zenone o quelli più recenti sul "lancio dell'uomo grasso", permettono una semplificazione del problema, che può essere utile, ma che non è la questione fondamentale della libera volontà.
Sul punto che la libera volontà sia una qualità (nel caso sia provata la sua esistenza) individuale, ho molte riserve. Come ho già scritto, la libera volontà è un margine di risposta più o meno largo a problemi sociali sempre più complessi, a causa della espansione della complessità nella vita associata umana. E le risposte individuali, anche per un popolo molto individualista come quello italiano, sono sempre condizionate dalle interazioni del soggetto con gli altri.
C'è un film famoso, American History X. Spero che la trama la conosciate, altrimenti guardate un riassunto su internet. Verso la fine il protagonista ha dei flash back sul suo passato, sulla costruzione dell'ideologia razzista che gli viene trasmessa dal padre, un "sovranista" lo potremmo definire oggi. Una ideologia che viene assorbita da quel ragazzo nell'infanzia e nell'adolescenza e che lo porterà a commettere un omicidio a sfondo razziale. Ovvero il rapporto emotivamente intenso con una figura genitoriale ha definito l'azione dell'omicidio, "liberamente" scelta dal protagonista (un Edward Norton a dir poco splendido).
Il famoso esperimento di Zimbardo, alla Stanford University è un altro esempio, di come la cosiddetta libera volontà sia condizionata dalle relazioni fra i soggetti. Zimbardo usò le cantine dell'Università per inscenare una prigione e scelse, su base volontaria, i secondini e i detenuti. L'esperimento fu interrotto dopo pochi giorni, perchè i secondini erano entrati così tanto nella parte, che avevano iniziato a picchiare i "detenuti" e i "detenuti" erano divenuti in breve dipendenti e paurosi, come se avessero davvero commesso dei crimini e meritassero di stare in "prigione".
Una équipe di psicologi e biologi, che insieme hanno sicuramente slatentizzato il loro lato sadico, hanno fatto un esperimento con i criceti. Hanno messo alcuni di loro in una gabbia priva di passatempi "cricetici", ruote, cibo vario, spazio ampio e diversificato e accanto al cibo una sostanza stupefacente, che i criceti potessero assumere senza subire danni. In un'altra gabbia i criceti sono stati messi in una gabbia spoglia, priva di qualsivoglia passatempo, tranne la sostanza. Non è una grande scoperta intuire che nella gabbia priva di altri passatempi, il consumo di sostanza era molto più elevato. Ma l'esperimento è servito a dimostrare come le nostre azioni, compresa quella di spingerci ad usare sostanze stupefacenti è anche legato alle possibili alternative, all'ambiente in cui l'assuntore vive.
Vi sono persone, che a causa di traumi spaventosi, sono determinati in modo rigoroso. Ad esempio alcuni serial killer o gli stupratori seriali. Non possono agire diversamente. Al lato opposto vi sono persone che sono e si sentono più libere e mettono in gioco questa libertà nelle loro scelte. La libera volontà in qualche modo è come una fisarmonica, che si può stringere o allargare e ciò dipende dal tipo di società e dalle esperienze sociali del singolo soggetto. Senza dimenticare che agiamo anche sulla base di altri presupposti, che in qualche modo influenzano la nostra libertà di agire. Vi sono ad esempio dei modelli operativi che vengono chiamati in gergo "patterns" che si ripetono. Una volta che un soggetto inizia un certo pattern e trova una sua ragione in quell'azione, sarà molto più probabile che la ripeta nel corso del tempo, poichè il nostro cervello è innovatore, ma è molto più conservatore e si consuma meno glucosio nel fare cose che già si conoscono.
Ho fatto un gran guazzabuglio, probabilmente, ma quello che mi premeva sottolineare è che nella questione della libera volontà interagiscono i fattori più disparati (compresa la casualità) ma un aspetto importante è proprio quello della interazione sociale che costruisce le nostre scelte e soprattutto la nostra possibilità di avere scelte più o meno "ampie". Ed è per questo che la questione della libera volontà è collegata con quella etico/politica, fino a quella pedagogica e di Kultur (come avrebbe amato dire il mio simpatico amico cocainomane, Sigmund Freud).
Citazione di: Phil il 03 Gennaio 2021, 16:31:19 PM
Affermare che «la volontà vuole» o che non può autocondizionarsi, non mi pare comporti un regresso all'infinito (quale?): uso il verbo «volere» semplicemente per individuare l'attività della volontà; se preferisci si può usare, ad esempio, la forma «io voglio», sebbene più che parlare di «io» mi sembra pertinente parlare nel dettaglio di «volontà» (anche se capisco risulti talvolta più ambiguo). Il chiedersi come funziona (v. sopra e post precedenti) credo sia, opinione mia, una questione sensata (seppur forse troppo ostica), tanto quanto chiedersi come funzionano la psiche o la libido o altri fattori "mentali" che condizionano le nostre azioni.
Provo a spiegarmi in un altro modo. L'idea secondo me senza senso è quella di applicare il concetto di volontà alla volontà stessa. Un po' come il concetto di autocoscienza. Se si analizza da un certo punto di vista (del tutto sterile, a mio parere) si può considerare il fatto che l'autocoscienza implica la coscienza dell'autocoscienza, o autoautocoscienza, e così via all'infinito, senza aggiungere nulla al concetto stesso e senza dar nessun contributo alla comprensione di alcunché. Il che, secondo me, dimostra che certi sentieri del pensiero astratto non portano da nessuna parte.
Per quanto riguarda il "come funziona" ho già espresso il mio pensiero in un post precedente:
Citazione
La volontà, la scelta, l'arbitrio sono per forza vincolati, ossia fanno parte di quel grande insieme di nessi, di relazioni che costituisce la nostra realtà. Non c'è nulla di non correlato, di non connesso. Ma in questa rete di relazioni si possono distinguere dei centri decisionali, che sono innanzitutto centri di elaborazione. Centri in cui si elaborano grandi quantità di informazioni e queste elaborazioni danno luogo a esiti e azioni. Quando questi centri di elaborazione sono viventi i risultati dell'elaborazione si chiama volontà. Quanto è libera questa volontà? Dipende; in ogni caso non può essere assoluta, perché l'assoluto non appartiene alla realtà.
Ciao Donalduck
La libertà assoluta non c'entra nulla.
Perché coincide con il caso.
Ossia manifestazione del Caos.
E questo è l'abisso.
Qui stiamo parlando della libertà del volere.
Un conto è la libertà, un altro la volontà.
Perché io posso volere un'infinità di volte, ma in ognuna di queste, se ben osservo... questa mia volontà era condizionata da altro che non me stesso.
E se non trovo nulla... ebbene è stato il caso!
Ed è proprio qui che non si risponde in merito, se non "lo constato".
Far coincidere la libertà con lo stesso volere, come fai tu, può avere solo una giustificazione: trattasi di un fenomeno trascendente.
Perché se no bisognerebbe dire da dove si origina questa libera volontà.
E pure su questo punto non rispondi...
I paradossi di Zenone non sono elaborazioni concettuali astratte. Ma concrete!
Ho capito benissimo cosa vorresti intendere.
Il pensiero razionale non ha la pretesa di spiegare totalmente la realtà, ma di portarci al limite.
Limite che tu ti rifiuti di affrontare.
Infatti affermare che i paradossi "cercano di connettere indebitamente il pensiero astratto con quello riferito alla realtà sensibile, all'esperienza" in sostanza cosa significa? Che non sono in fin dei conti delle idiozie, se relative alla realtà sensibile?
Mentre è proprio la realtà che descrive Zenone.
Che non è un qualcosa da cui possiamo prescindere perché tanto è inarrivabile...
Perché ci scuote, nel profondo. Ci costringe a chiederci chi siamo. Ci dà una possibilità, pur remota, nell'affrontare il male!
Se però ragioniamo solo con l'esperienza empirica, allora potremmo ancora credere al Sole che gira attorno alla Terra...
Citazione di: donquixote il 03 Gennaio 2021, 17:24:10 PM
Credo che la locuzione "libero arbitrio" contenga in sé una contraddizione che ha alimentato nei secoli innumerevoli (e inutili) discussioni senza venire a capo di nulla. Diverso è infatti dire "l'uomo possiede il libero arbitrio" (oppure non lo possiede) e dire "l'uomo è libero" (oppure non lo è). Il fatto che si usino entrambe le frasi alternativamente come se fossero equivalenti non fa altro che aumentare la confusione. Infatti si può ritenere (come io ritengo) che l'uomo è libero ma non possiede il libero arbitrio.
In che senso è libero?
Forse un modo diverso per affrontare il problema è considerare la libera volontà come un processo evolutivo. Il suo esprimersi è correlato con la sempre maggiore incidenza degli spazi creativi dell'uomo grazie alla sua tecnè, che ben lungi da essere solo strumento, diventa anche modello per esprimere sè stessi e definire una propria impronta. Se si guarda alla storia naturale è evidente che un maggior repertorio di risposte è proprio delle specie che hanno acquisito delle tecniche, magari solo quella di mettere delle pietruzze su una bottiglia per bere (come fanno i corvi). Parlare di libera volontà a proposito di un batterio o di un alga mi sembrerebbe coraggioso. Già di fronte ad un cane qualche domandina me la farei, e ancor di più di fronte ad un maschio adulto di scimpanzè che uccide un suo competitore intraspecifico invece di limitarsi a vincerlo nella lotta. La libera volontà è insita nei trilioni di sinapsi che conserviamo nel cervello? Questa effettivamente è una caratteristica che ci distingue notevolemente da ogni altro essere vivente conosciuto.
Sull'assist "evolutivo" di Jacopus e parafrasando Galileo direi "se la natura si è presa la briga di realizzare sistemi nervosi centrali così complessi e multifunzionali è perchè ce ne servissimo, non per ridurre il tutto a quattro formulette metafisiche catechistiche".
La crescente complessità delle nostre funzioni neurologiche decisionali è in rapporto alla infinita variabilità di situazioni che un anima-le deve affrontare nella "res-extensa" in cui è immerso e si gioca la vita. I bit neuronici che si sono via via aggiunti durante l'evoluzione di specie sempre più multi-tasking hanno aumentato anche i gradi di libertà della loro esistenza fino al grande salto tecnologico nella specie umana che ha ampliato esponenzialmente il grado di libertà evolutiva naturale. Di concerto sono aumentate anche le resistenze ambientali a tale espansione specista, stimolando dialetticamente la ricerca di nuove soluzioni ai problemi - extra ed intra moenia - creati dagli umani .
In tale processo si attua una sempre maggiore importanza del momento decisionale tra opzioni che aumentano in numero e complessità. Crescendo il grado di libertà (lavoro, gelato, granita, politica, hobby, visioni del mondo,...) cresce anche la responsabilità di fronte alle posizioni assunte, ponderata in rapporto ai fondamenti et(olog)ici che vengono mobilitati. I quali introducono al mondo ancora meno deterministico, e più stimolante verso la libertà, dei valori. Inclusiva pure di aspetti autogeni, Phil, ad esempio nella ricerca. Esteriore, nella conoscenza dell'universo, ed interiore, nello spirito raccomandato dall'oracolo di Delfi.
Citazione di: Alexander il 03 Gennaio 2021, 16:47:00 PM
La gazzella non è costretta ad affrontarlo, perché ha altre scelte possibili, ma lo fa sulla base di condizioni (e in altro frangente magari agire in modo diverso).
Rispondere alle domande (gentilezza forse un po' fuori moda, ma che gradisco ancora) fa sempre bene alla discussione; questa tua risposta arriva infatti al nucleo del (mio) discorso: la gazzella non ha costrizioni
esterne che la spingano ad affrontare il leone ed ha contestualmente altre scelte possibili (la fuga, restare a guardare, emettere versi, etc.). Se consideriamo invece anche l'"interno" di Ornella, ovvero la sua volontà, possiamo ancora affermare che aveva realmente altre scelte? La sua volontà, connessa al suo "carattere", alla sua genetica, etc. avrebbe, in quella situazione specifica, potuto anche spingerla alla fuga o era inevitabile che la sua volontà (plausibilmente non una "
tabula rasa") la spingesse ad intervenire (in quella determinata occasione con tutti i dettagli del caso)? La domanda mira quindi adesso all'
interno di Ornella, alla sua volontà.
Certo, trattandosi di un evento singolo, non lo sapremo mai e potremmo concludere che non importa, è irrilevante, etc. tuttavia se allarghiamo la casistica può emergere una certa tendenza (i
patterns giustamente citati da
Jacopus) che forse rende sempre meno opportuno parlare di "libertà di volere" di Ornella e sempre più di comportamento come risultante deterministica di un condizionamento, sia esterno (del contesto) che interno (per noi umani: della
forma mentis, del carattere, dei meccanismi psicologici consolidati, etc.) senza per questo considerare la coscienza/mente/altro qualcosa di rigido o chiuso, piuttosto qualcosa di strutturato, ricettivo e non casuale. Il determinismo infatti, se applicato alle scelte umane, non prevede il reagire sempre allo stesso modo di fronte alla stessa situazione (ammesso e non concesso che possa essere esattamente identica), perché ciò che cambia, come minimo, è appunto la condizione del soggetto (livello di stress, parametri biologici, pensieri antecedenti l'evento, etc.), i suoi vissuti accumulati, l'elaborazione delle sue esperienze pregresse, etc. che condizioneranno la reazione quando l'individuo si troverà
nuovamente (in entrambi i sensi) in una situazione apparentemente simile. Questo dinamismo rende l'ipotesi del determinismo tendenzialmente inverificabile (il che non comporta però che la "libertà di volere" sia più verificabile o più attendibile).
Passiamo dunque (seguendo il diligente consiglio di
Jacopus) agli esseri umani (e ad uno che conosco un po'): se sono alla guida della mia auto, in ritardo per un appuntamento importante, il semaforo è appena diventato rosso, è di quelli che "dura un'eternità", di fronte a me (tanto per essere originali) una mamma con annessa carrozzina mi attraversa la strada...
esternamente, ho oggettivamente la possibilità di partire a razzo con l'auto, anticipando il verde delle altre corsie, rischiando di travolgere la carrozzina ed evitando di accrescere irrimediabilmente il ritardo. Nulla me lo impedisce: sono io l'unico alla guida dell'auto, non ci sono ostacoli fisici fra me e la carrozzina e sono certo che la mia auto può agevolmente spazzarla via. La mia volontà (non quella di un uomo in generale) potrebbe, in quella specifica situazione, contemplare la possibilità di compiere tale gesto? Rispettare il rosso, non travolgendo la carrozzina, è davvero una
libera scelta, oppure per come funziona/è la mia volontà (solitamente, da sobrio, etc.), è inevitabile che io
voglia restare fermo al semaforo (cioè non possa
volere altrimenti, quindi nessuna libertà, bensì "scelta obbligata", ovvero, in fondo, non-scelta)? Perché la mia volontà, fino a prova contraria, tende a scegliere di non arrotare passeggini? Perché è libera o perché è condizionata da altro più "a monte" (come dicevo qualche post fa)?
L'esempio è chiaramente estremo e non va preso troppo sul serio (o cavillato
ad hoc), ma forse può aiutare almeno a spiegare a cosa alludo quando chiedo se è scontato che Ornella abbia davvero compiuto una libera scelta, andando a sfidare il leone, oppure quando metto in discussione che la volontà produca scelte libere, ma piuttosto reazioni deterministicamente causate dalla specifica condizione mentale, situazionale, etc. che forse non potrebbero essere differenti da quelle che vengono di fatto compiute (per cui la libertà di scelta è magari solo esterna, apparente, funzionale per il funzionamento di alcuni paradigmi socialmente utili, ma non autentica).
P.s.
Se, per inciso, si parlasse antropologicamente della "evoluzione della
libera volontà umana", intendendo in generale l'elaborazione di riposte sempre più complesse, "tecniche" o altro, agli
input esterni, sarei, per quel che vale, fra quelli che non sentirebbero la nostalgia dell'aggettivo «libera» (la cui assenza lascerebbe un vuoto utile per iniziare a riflettere sul suo effettivo ruolo).
CitazionePassiamo dunque (seguendo il diligente consiglio di Jacopus agli esseri umani (e ad uno che conosco un po'): se sono alla guida della mia auto, in ritardo per un appuntamento importante, il semaforo è appena diventato rosso, è di quelli che "dura un'eternità", di fronte a me (tanto per essere originali) una mamma con annessa carrozzina mi attraversa la strada...esternamente ho oggettivamente la possibilità di partire a razzo con l'auto, anticipando il verde delle altre corsie, rischiando di travolgere la carrozzina ed evitando di accrescere irrimediabilmente il ritardo. Nulla me lo impedisce: sono io l'unico alla guida dell'auto, non ci sono ostacoli fisici fra me e la carrozzina e sono certo che la mia auto può agevolmente spazzarla via. La mia volontà (non quella di un uomo in generale) potrebbe, in quella specifica situazione, contemplare la possibilità di compiere tale gesto? Rispettare il rosso, non travolgendo la carrozzina, è davvero una liberascelta, oppure per come funziona/è la mia volontà (solitamente, da sobrio, etc.), è inevitabile che io vogl restare fermo al semaforo (cioè non possa volere altrimenti, quindi nessuna libertà, bensì "scelta obbligata", ovvero, in fondo, non-scelta)? Perché la mia volontà, fino a prova contraria, tende a scegliere di non arrotare passeggini? Perché è libera o perché è condizionata da altro più "a monte" (come dicevo qualche post fa)?L'esempio è chiaramente estremo e non va preso troppo sul serio (o cavillato ad hoc), ma forse può aiutare almeno a spiegare a cosa alludo quando chiedo se è scontato che Ornella abbia davvero compiuto una libera scelta, andando a sfidare il leone, oppure quando metto in discussione che la volontà produca scelte libere, ma piuttosto reazioni deterministicamente causate dalla specifica condizione mentale, situazionale, etc. che forse non potrebbero essere differenti da quelle che vengono di fatto compiute (per cui la libertà di scelta è magari solo esterna, apparente, funzionale per il funzionamento di alcuni paradigmi socialmente utili, ma non autentica).
Restando fedeli al tuo esempio, il tuo automobilista in ritardo lo associ ad una situazione tipicamente digitale on/off. Nella fattispecie ON (investire la carrozzina), OFF (aspettare il verde). Nella realtà, e qui inevitabilmente mi associo a quanto scritto da Donalduck, siamo immersi in un continuum di decisioni e mezze decisioni, che a loro volta implicano decisioni successive. Potresti anche aspettare imprecando contro la signora, che si fermerebbe impaurita facendoti perdere altro tempo. Oppure potresti passare con il rosso, riuscendo ad evitare la carrozzina con una manovra acrobatica. Oppure aspettare ma dopo avresti talmente rosicato, che al lavoro saresti stato pieno di rabbia e di livore, finendo con litigare con un tuo collega che, casualmente si chiama Carrozzino. Oppure avresti potuto prendere tutto con calma, rassegnandoti al ritardo. Questa rassegnazione sarebbe rimasta a covare dentro di te, come una frustrazione, oppure avresti incolpato te stesso, come di un eterno ritardatario, finendo per scendere in uno stato depressivo che ti farà decidere di non andare a teatro. Questa è la vita quotidiana, concatenata da tanti fatti più o meno situazionali, connessi al livello di serotonina/andrenalina/gluttamato/dopamina che il nostro organismo rilascia nei vari tempi della giornata.
Ma se tu sei in ritardo magari dipende dal fatto che hai dovuto accompagnare i figli a scuola, perchè l'assessore ha tolto i pulmini, per via di un taglio al bilancio, e magari ha incassato una mazzetta da una ditta che fa un servizio peggiore.
Un altro automobilista in un paese meno corrotto, invece arriva in orario e non deve dibattere interiormente se investire un infante in carrozzina oppure no, a totale beneficio della sua salute mentale.
Tutto ciò per dire che la nostra libera volontà e i nostri pensieri sono correlati a quanto accade intorno a noi e a quanto fanno i nostri simili, ma nei limiti dei nostri poteri anche noi possiamo influenzare il nostro ambiente e così via. Insomma non abbiamo super-poteri. Siamo molto condizionati da una serie molto varia e complessa di fattori, ma siamo, nello stesso tempo un fattore delle decisioni altrui.
Ed è per questo, lo ripeto ancora, che la questione del libero arbitrio va sempre connessa con la questione etica, poichè una certa visione etica produrrà azioni di un certo tipo che influenzeranno l'ambiente circostante. Insomma, è un mondo di meme, dove vi è una lotta per la soppravvivenza del meme più forte. E fra i meme esiste anche quello della "libera volontà", a cui mi aggrego felicemente, consapevole che altri meme affermano altro o quasi-altro, o quasi-quasi-altro.
Citazione di: bobmax il 03 Gennaio 2021, 17:47:56 PM
Citazione di: donquixote il 03 Gennaio 2021, 17:24:10 PM
Credo che la locuzione "libero arbitrio" contenga in sé una contraddizione che ha alimentato nei secoli innumerevoli (e inutili) discussioni senza venire a capo di nulla. Diverso è infatti dire "l'uomo possiede il libero arbitrio" (oppure non lo possiede) e dire "l'uomo è libero" (oppure non lo è). Il fatto che si usino entrambe le frasi alternativamente come se fossero equivalenti non fa altro che aumentare la confusione. Infatti si può ritenere (come io ritengo) che l'uomo è libero ma non possiede il libero arbitrio.
In che senso è libero?
Nel senso che, al pari degli altri esseri, gode della libertà tipica della sua natura, che ovviamente non può essere assoluta dato che la sua natura è quella di un essere limitato, finito, e dunque la sua libertà sarà limitata appunto dalla sua natura umana come ad esempio la libertà di un leone sarà limitata dalla sua natura leonina. La libertà infatti altro non è, essenzialmente, che la possibilità di ogni ente di poter essere ciò che è, di poter esprimere la propria natura.
Se questo è il punto di partenza il passo successivo è affermare che l'uomo, che nasce libero, nel corso della vita diminuisce questa sua libertà, e in seguito che l'uomo occidentale moderno è il meno libero che sia apparso nella storia, anche se paradossalmente afferma il contrario. Se infatti l'uomo è, come è, un animale sociale, dovrà innanzitutto adattarsi alle regole vigenti nella società in cui vive, che sono a tutti gli effetti delle "gabbie" da cui non può uscire pena l'alienazione sociale, che ovviamente limitano ulteriormente la sua libertà. Se le regole sono poche e semplici la libertà degli individui è maggiore, ma se le regole sono tante e complicate allora anche la libertà individuale diminuirà proporzionalmente: nelle società cosiddette "complesse" le norme sono pressoché infinite e costantemente variabili, per cui è facile trarne le conseguenze. Se il primo aspetto riguarda l'ambiente sociale in cui si vive che condiziona e quindi limita la libertà degli individui, ovvero la famosa "libertà da" (e sia detto en passant a me pare assai ridicola la polemica "democrazia/dittatura", come se avere o meno la possibilità di criticare, o magari insultare, gli uomini di potere fosse chissà quale "libertà"), il secondo aspetto riguarda invece la cosiddetta "libertà di" ovvero quel che si intende con la locuzione "libero arbitrio".
La volontà razionale in questo caso, ovvero l'arbitrio, è sempre mossa da qualche condizionamento, e spinge l'uomo all'azione rispondendo ad una esigenza, un bisogno, un desiderio o una tentazione che proviene dall'interno dell'uomo stesso, oppure alla re-azione sollecitata da un condizionamento esterno al medesimo; in entrambi i casi la volontà si attiva sulla base di condizionamenti e quindi non certo per un mero anelito di libertà. Parlare di "libero arbitrio" è dunque contradditorio perché la volontà, l'arbitrio, non sarà mai "libero". La cosiddetta "libertà di scelta" non esiste per il semplice fatto che ogni scelta volontaria e consapevole, per il solo fatto di essere volontaria e consapevole, non sarà mai "libera" da condizionamenti. A maggior ragione poi se si aggiunge l'aggettivo "responsabile" alle decisioni che uno prende o alle scelte che uno fa: la responsabilità, mai disgiunta di questi tempi dalla libertà, inserisce ulteriori condizionamenti per cui la percentuale di libertà diminuirà ulteriormente.
Per questo Theodor Adorno diceva che "la libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta", ed è così perché ogni scelta, ovvero ogni affermazione della propria volontà, è dipendente da qualche condizionamento, esterno o interno all'uomo, mentre la libertà è semplicemente l'assenza di condizionamenti. Si tende di questi tempi a pensare che più opportunità, più possibilità vi siano fra cui scegliere e più aumenti la libertà, mentre invece è il contrario perché la libertà aumenta per sottrazione: ogni possibilità è un potenziale condizionamento, e quanto più queste saranno tanto meno libertà sarà disponibile, poiché nessuno sarà più in grado di resistere a tutti.
Citazione di: bobmax il 03 Gennaio 2021, 17:45:07 PM
La libertà assoluta non c'entra nulla.
Perché coincide con il caso.
Ossia manifestazione del Caos.
E questo è l'abisso.
Continui a inserire concetti non spiegati, e le maiuscole non aiutano. Dire che qualcosa è "dovuto al caso", in senso generale, coincide in tutto e per tutto col dire che qualcosa "è accaduto", non aggiunge nulla e non ha alcun contenuto informativo, se non riguardo alla incapacità di chi parla di risalire alle cause. Può avere maggior contenuto informativo solo se cisi riferisce a un determinato contesto. In un preciso contesto qualcosa è casuale perché le cause non appartengono a quel contesto. Quindi siamo sempre lì, se si parla in generale, in assoluto, niente ha senso, perché qualunque cosa perde ogni senso logico quando lo si proietta nell'immaginario "assoluto". E credo che enunciare vocaboli evocativi ma di significato oscuro, con o senza maiuscole, non risolva la situazione.
Citazione
Qui stiamo parlando della libertà del volere.
Un conto è la libertà, un altro la volontà.
Ho già affermato che non sono d'accordo. Quale sarebbe allora la differenza tra un atto volontario e un atto involontario, dal momento che entrambi sarebbero eterodeterminati? Quale sarebbe la peculiarità dell'atto volontario, se non la sua autodeterminazione, il suo essere il risultato di una elaborazione, di un vaglio di un certo numero di dati in vista di un fine? Non basta fare asserzioni , bisogna anche giustificarle.
Citazione
Perché io posso volere un'infinità di volte, ma in ognuna di queste, se ben osservo... questa mia volontà era condizionata da altro che non me stesso.
E se non trovo nulla... ebbene è stato il caso!
Ed è proprio qui che non si risponde in merito, se non "lo constato".
Certo che la volontà è condizionata, tutto è condizionato da qualcos'altro, proprio perché ogni cosa e interconnessa, e non può essere altrimenti. Ogni cosa, ogni fenomeno, riceve esistenza, senso e identità dalle sue relazioni con altre cose e altri fenomeni, ogni entità è definita da altre entità per mezzo delle sue relazioni. Qualunque cosa, isolata dal contesto (cosa in realtà impossibile) smetterebbe di esistere.
Citazione
Far coincidere la libertà con lo stesso volere, come fai tu, può avere solo una giustificazione: trattasi di un fenomeno trascendente.
Perché se no bisognerebbe dire da dove si origina questa libera volontà.
E pure su questo punto non rispondi...
Rispondere a cosa? Ho già detto e ripetuto che considero quello che tu chiami "fenomeno trascendente" come qualcosa che, qualunque sia la sua modalità di esistenza, si situa oltre i confini della razionalità. Con queste premesse, su di esso si possono solo fare domande senza senso a cui dare risposte senza senso.
Se tu invece pensi che su questi "fenomeni trascendenti" si possa indagare e trovare spiegazioni e risposte sensate a domande sensate, dovresti dimostralo, anzi mostrarlo praticamente. E non certo con frasi sibilline a cui ognuno può dare il significato che gli pare.
Citazione
I paradossi di Zenone non sono elaborazioni concettuali astratte. Ma concrete!
Ho capito benissimo cosa vorresti intendere.
Non si direbbe, se fai affermazioni del genere. Non credi che dovresti quantomeno spiegare in che senso sarebbero concrete, dal momento che si riferiscono a impossibili, inesperibili infinità e infinitesimi?
Citazione
Il pensiero razionale non ha la pretesa di spiegare totalmente la realtà, ma di portarci al limite.
Limite che tu ti rifiuti di affrontare.
E cosa ci sarebbe da affrontare? E soprattutto in che modo? Dal mio punto di vista l'unica cosa da affrontare qui è l'incapacità di accettare questi limiti, che portano a circoli viziosi, ermetismi lirici o quant'altro una coscienza che gira in folle possa escogitare.
Mi rifiuto di cercare spiegazioni razionali di qualcosa che non è razionalizzabile come mi rifiuto di tentare di spiccare il volo agitando le braccia o di cercare di scacciare le mosche urlando loro delle minacce.
Non escludo che possa esserci qualche modo di "affrontare" (qualunque cosa possa significare) questo "oltre i limiti", ma anche tu finisci con l'ammettere che non lo si potrebbe fare con strumenti razionali (quelli che si usano e sono pertinenti in una discussione filosofica come questa), che è appunto quello che continuo a ripetere.
Citazione
Infatti affermare che i paradossi "cercano di connettere indebitamente il pensiero astratto con quello riferito alla realtà sensibile, all'esperienza" in sostanza cosa significa? Che non sono in fin dei conti delle idiozie, se relative alla realtà sensibile?
Ma che ragionamento è? Che c'entra l'idiozia? I paradossi di Zenone mostrano che quando si ragiona in termini di infinito o infinitesimo e si tenta di considerarli come "reali", si cade inevitabilmente in contraddizione, perché si tratta di qualcosa che non appartiene all'esperienza, ossia alla nostra realtà "esterna", fisica, che contiene solo il finito, il limitato. L'errore consiste nel trasferire entità di un contesto (ideale) in un altro contesto (fisico) a cui non appartengono.
Non a caso gli "infiniti" sono la bestia nera che i fisici fanno di tutto per evitare. Perché quando si arriva a un'infinità in una formula matematica quella formula non risolve nulla e risulta inutile. Infinite soluzioni e nessuna soluzione finiscono col coincidere.
Citazione
Mentre è proprio la realtà che descrive Zenone.
Che non è un qualcosa da cui possiamo prescindere perché tanto è inarrivabile...
Non è questione di prescindere, ma di non attribuire indebite corrispondenze tra entità appartenenti, come ho già detto, a diversi contesti, a diversi piani di realtà.
Citazione
Perché ci scuote, nel profondo. Ci costringe a chiederci chi siamo. Ci dà una possibilità, pur remota, nell'affrontare il male!
Non ti accorgi che qui, come altre volte, parti per la tangente e perdi ogni legame logico con quello di cui si parla? Che passi senza soluzione di continuità, ma anche senza legami logici, da problemi razionali o presunti tali a Amore, Trascendente, Bene e Male, figli che si ricongiungono al padre, e che così facendo annulli ogni contenuto comunicativo dei tuoi discorsi? O che lo rendi talmente vago che risulta praticamente equivalente a nessun contenuto?
La nostra esperienza di vita è immersa nel mistero, e questo può essere ignorato oppure preso in considerazione, nel qual caso può capitare di essere "scossi nel profondo". E anche le persone più superficiali sentono questa scossa quando in un modo o nell'altro si ritrovano ad aver a che fare con la morte.
Ma due sono le cose: o si trova un modo per andare oltre la razionalità, trovando legami e significati (ma trovandoli sul serio, non fantasticandoci sopra e basta) che non sono esprimibili razionalmente, oppure si cerca di placare l'inquietudine e di accettare semplicemente il mistero e il fatto che resti tale.
Ciò che non può essere espresso razionalmente può essere espresso in forma poetica o più in generale artistica, oppure si può cercare di raccontarlo, di raccontare l'esperienza vissuta che l'ha portato alla coscienza.
Se c'è qualcosa che puoi e vuoi raccontare, c'è nel forum un'apposita sezione
Percorsi ed esperienze, ma in questa sede mi sembra fuori luogo cercare di portare i discorsi al di fuori della razionalità. In un precedente post, hai parlato di "aprirti", il che mi fa pensare che forse qualcosa da dire (al di là delle razionalizzazioni e delle frasi sibilline) ce l'hai.
Intanto ben tornato, Don Quixote e data la densità del tuo intervento sono obbligato a rispondere.
Noto, nel tuo discorso, dei punti che mi sembrano non coerenti. Infatti inizi il tuo commento paragonando l'indole leonina che si afferma "leoninamente" a quella umana, che dovrebbe affermarsi "umanamente".
Sembra però che ad un certo punto, le istituzioni, la storia, la società, abbiano ingabbiato l'uomo rendendolo meno libero ora, di quando vi era la schiavitù. Sia ben chiaro, il discorso lo conosco ed ha in Rousseau il suo primo archetipo. Ma la domanda è: le istituzioni, la storia, le società sono in qualche modo l'indole dell'uomo che si afferma, oppure vi è stato qualche ingranaggio che si è inceppato e l'uomo è stato alienato dalla sua condizione di libertà?
Il mio parere è, confrontando la storia, che il nostro livello di libertà è infinitamente superiore a quello di cui potevo godere nel 1200, allorquando il mio status era definito dalla nascita. Se mio padre faceva il becchino, anch'io e i miei fratelli avremmo fatto i becchini, con santa rassegnazione e buona pace per ogni tipo di attitudine.
Sulla complessità delle società moderne e le tante norme anche contraddittorie a cui dobbiamo sottostare, credo che sia sufficiente dire che sono il risultato necessario proprio di tutte le possibili alternative che abbiamo di fronte. Una società medievale non legiferò sul diritto alla trasfusione o non trasfusione di sangue a favore di un testimone di Geova, semplicemente perché non era possibile trasfondere il sangue.
La semplicità delle società del passato, a meno che non si voglia risalire all'uomo di Neanderthal, è inoltre una visione vera fino ad un certo punto. Basti pensare alle infinite giurisdizioni esistenti, per cui un sacerdote poteva essere giudicato solo da una corte ecclesiastica, anche per reati comuni, un soldato da un corte militare e così via, fino alle corti per gli artigiani e per i commercianti. Per non parlare della possibilità, in caso di punizioni corporali, che la pena venisse sofferta da un servo, che si offriva (non proprio volontariamente) al posto del padrone.
Sulla affermazione incidentale della irrilevanza di differenze fra dittature e democrazie, sono davvero molto, molto lontano da quanto hai affermato, ma non posso dire altro perchè andrei sicuramente fuori argomento, allungando ulteriormente questo polpettone indigesto, che state leggendo.
Che la nostra libertà sia condizionata è stato già detto e ridetto, come ho già affermato che il termine libero arbitrio è pessimo. Termine che nei paesi anglosassoni viene espresso con "free willing", volontà libera, che mi sembra più accettabile (su cosa sia la volontà non libera, non mi dilungo, ma esiste anche una volontà non libera, ad esempio quella dei riflessi condizionati, per cui agiamo come se avessimo un pilota automatico).
Che le troppe possibilità di scelta rendano difficoltosa la scelta è anche questo vero. Al punto da renderla addirittura impossibile. Occorre in qualche modo addestrare la nuova umanità anche a questo nuovo ambiente antropico, che ritengo molto più "free willing oriented" di quello rigidamente castale del passato.
Non viviamo nel migliore dei mondi possibili, ma quelli che ci hanno preceduto, con buona pace di Theodor Wiesengrund Adorno, non erano questo paradiso di buone maniere e di armonia e di fratellanza, constatazione ben nota anche ad Adorno, che risolveva tutta la questione attraverso una giusta "pars destruens" a cui però non seguiva una altrettanto necessaria "pars costruens", se non attraverso il rifugio dato dall'arte.
A proposito di scuola di Francoforte, mi hai fatto tornare in mente l'Angelus Novus di Benjamin, "ciò che chiamiamo tempesta è questo progresso". Tutto vero, per carità, non sarò certo qui a confutare il percorso che dall'Illuminismo porta direttamente ad Auschwitz. Ci sono molte prove, robuste, in merito. Ma la storia la vedo come un fiume, con mille rivoli che scorrono accanto e lungo la narrazione principale, e che la intersecano, portando nuove acque che si mescolano e che rendono difficile dichiarare in modo definitivo: "quest'acqua e migliore di quell'altra".
Ed è la soluzione di Damiel quella più interessante. Damiel, l'angelo di "Il cielo sopra Berlino", di fronte alla tempesta del progresso, decide di lasciare il luogo del dominio, il cielo e farsi uomo, mortale, per inseguire il suo sogno d'amore. Ed in questo ricorda da vicino un altro uomo che si è fatto tale ed ha abbandonato il cielo, siglando in questo modo una tappa importante del processo culturale dell'uomo.
Si potrebbe parlare a lungo del significato che ha la venuta di Cristo, di un Dio che diventa carne, in termini di libera volontà, ma andremo sicuramente off topic e probabilmente anche off sezione.
Quello che mi preme dire, concludendo il discorso, è che la tua visione è molto radicale e nega positività a tutto il processo di civilizzazione dell'occidente da Omero in poi, ma di questo credo che tu sia consapevole.
Citazione di: donquixote il 03 Gennaio 2021, 17:24:10 PM
Credo che la locuzione "libero arbitrio" contenga in sé una contraddizione che ha alimentato nei secoli innumerevoli (e inutili) discussioni senza venire a capo di nulla. Diverso è infatti dire "l'uomo possiede il libero arbitrio" (oppure non lo possiede) e dire "l'uomo è libero" (oppure non lo è). Il fatto che si usino entrambe le frasi alternativamente come se fossero equivalenti non fa altro che aumentare la confusione. Infatti si può ritenere (come io ritengo) che l'uomo è libero ma non possiede il libero arbitrio.
Io direi che il problema sta proprio nel concetto di "libertà" perchè è un termine che accende immendiatamente una seria di connessioni linguistiche e concettuali con idee romantiche e sentimentali, in opposizione netta tralaltro a una serie di altri concetti che modernamente hanno un accezione immediatamente negativa (es. la servitù), ne deriva che le persone non riescono a pensare a questo tema in termini specifici senza tirare in ballo una serie di considerazioni che ruotano intorno al concetto romantico di "libertà", siano esse in antitesi o coniugate. Per esempio, molti inferiscono che abbandonare il concetto di "libero arbitrio" significhi in qualche modo abbandonare la responsabilità morale delle proprie azioni, quando in realtà diversi studi hanno messo in luce l'esatto contrario (es. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5239816/). Il punto è che dal punto di vista fisico il concetto di libero arbitrio non ha alcun senso, ma ce l'ha dal punto di vista umano perchè stabilisce semplicemente che le azioni di un determinato essere vivente non sono predicibili, ovvero è di difficile manipolazione, e la questione non cambierà, se non attraverso l'ausilio di potenza di calcolo esterna. Io partirei dal scartare l'idea che il "libero arbitrio" sia una sorta di club esclusivo dal quale si è dentro o fuori, anzichè un fattore prospettico che varia a seconda dell'osservatore e dell'osservato.
@Jacopus
Non sono certo di aver compreso il tuo penultimo post: tutta la serie di condizionamenti e vincoli che hai citato (dalle variabili contestuali ai neurotrasmettitori), depongono a favore della libertà di volere?
Dopo aver elencato molto di ciò da cui il libero arbitrio non è libero, mi pare ancor più legittima l'inevasa domanda: che significa «libero», da cosa? Non dalla volontà che lo genera, non dal contesto empirico e sociale con cui interagisce, non dall'influenza dei neurotrasmettitori, non dal suo stesso passato, etc.
Anche donquixote, parlando di «libertà limitata dalla natura umana», di «poter essere ciò che si è» (determinismo edulcorato), propone una "libertologia negativa" che evidenzia ciò che non c'è di libero nell'essere umano (come quando osserva che «La cosiddetta "libertà di scelta" non esiste per il semplice fatto che ogni scelta volontaria e consapevole, per il solo fatto di essere volontaria e consapevole, non sarà mai "libera" da condizionamenti»). InVerno vede il senso sociale del libero arbitrio nell'imprevedibilità delle azioni individuali, ma ciò non corrobora la fondatezza della libertà di volere.
Risulta che siamo quindi tutti concordi nell'argomentare e constatare ciò che non è libero nella volontà e nelle scelte; quando si tratta di argomentare in favore della libertà, mi pare invece ci si limiti a presupporla "apofaticamente", come ovvia e apodittica, a tutelarla da domande maieutiche e appellarsi alla tradizione che ci crede, o alla società che ne ha bisogno (rovesciamento logico già affrontato) o a mondi possibili/paralleli (che, indimostrabilmente, sarebbero anche potuti essere).
Questa discussione mi sembra alimentare l'ipotesi che «libertà» sia uno di quei concetti magici, oggetto di fede e di culti sociali, ma dalla scarsa attendibilità logico-epistemica. Non insisto con ulteriori domande, perché ormai ho redatto un questionario, ma saranno sempre ben accette argomentazioni non fallaci sulla "libertà di volere".
Buongiorno a tutti
La libertà è sempre una risposta, non un apriori. Sono libero di andare a passeggio? Sono libero di votare? ecc. ecc. Non ha senso porlo sul piano logico-epistemico, ma su quello fattuale. Perché la libertà è sempre legata alla possibilità di scelta. Nulla di magico quindi,nel concetto, ma molta, molta "concretezza".
Il problema logico nasce dal fatto che si vuole oltrepassare i limiti della domanda. Innumerevoli possono essere le cause, determinate o indeterminate, che muovono ragione e volontà, ma sono libero di andare a passeggio se sono carcerato? Questo è il senso della libertà.Questa è la domanda giusta da porre.Le cause invece sono soggette ad altre domande. Probabilmente, seguendo la logica, in una catena regressiva infinita.Il problema logico di oltrepassare i limiti della domanda è continuo e non può generare che sofismi estenuanti e inconcludenti.
"Porre la giusta domanda è più difficile del dare una risposta corretta." diceva Cantor
Citazione di: donquixote il 03 Gennaio 2021, 23:07:05 PM
La libertà infatti altro non è, essenzialmente, che la possibilità di ogni ente di poter essere ciò che è, di poter esprimere la propria natura.
Essere ciò che si è, coincide con l'essere vero.
Ora, se la libertà consiste nella possibilità di esprimere la propria natura, e la propria natura è essere ciò che si è, allora la libertà è possibilità di espressione della propria verità.
A questo punto, il discorso non può più proseguire mantenendosi su concetti generali, universali, ma deve necessariamente rivolgersi alla mia individualità.
La logica concettuale non è più sufficiente, perché il concetto non è me stesso, ma solo uno strumento che mi permette di giungere a domandare sulla mia verità.
Strumento che ora devo abbandonare.
Se non lo abbandono, ne resto schiavo e mi impedisce di accedere a me stesso.
Quindi mi devo muovere a prescindere dai concetti.
Qual è la mia verità?
Cioè...
Chi sono io?
Questa domanda, se posta risolutamente, suscita in me sempre la medesima reazione.
Dapprima un brusio indistinto, dove compaiono brandelli momentanei di ricordi di mie scelte passate, nel bene e nel male, ma poi in breve tutto si placa. Per lasciare il posto a un nulla.
Non trovo più niente.
Se non, un pathos indeterminato, una mancanza, che è forse barlume d'amore.
Allora, l'autentica libertà è proprio questo amore, che vuole venire alla luce...
Ciao Donalduck,
provo a rispondere, ma vorrei premettere che qui siamo a ciò che fonda lo stesso pensiero razionale.
Il quale evidentemente non può accedere al proprio fondamento.
Di modo che non sono solo io a dovermi aprire...
Citazione
Dire che qualcosa è "dovuto al caso", in senso generale, coincide in tutto e per tutto col dire che qualcosa "è accaduto", non aggiunge nulla e non ha alcun contenuto informativo, se non riguardo alla incapacità di chi parla di risalire alle cause.
No, il caso è ben altro.
Il caso è la negazione della necessità. Punto.
Ed è su questa negazione che occorre concentrarsi.
Allora potrai ben percepire il Caos!
Citazione
Quale sarebbe allora la differenza tra un atto volontario e un atto involontario, dal momento che entrambi sarebbero eterodeterminati? Quale sarebbe la peculiarità dell'atto volontario, se non la sua autodeterminazione, il suo essere il risultato di una elaborazione, di un vaglio di un certo numero di dati in vista di un fine? Non basta fare asserzioni , bisogna anche giustificarle.
Nell'atto volontario compare l'io.
Cioè nella coscienza compare l'io che vuole.
Mentre l'atto involontario è semplicemente inconsapevole. Non compare nella coscienza.
La differenza è soltanto nell'esistenza o meno di quell'io che vuole.
Inoltre, chi lo ha detto che siano eterodeterminati?
Il caso lo escludi a priori?
Citazione
Citazione
Far coincidere la libertà con lo stesso volere, come fai tu, può avere solo una giustificazione: trattasi di un fenomeno trascendente.
Perché se no bisognerebbe dire da dove si origina questa libera volontà.
E pure su questo punto non rispondi...
Rispondere a cosa? Ho già detto e ripetuto che considero quello che tu chiami "fenomeno trascendente" come qualcosa che, qualunque sia la sua modalità di esistenza, si situa oltre i confini della razionalità. Con queste premesse, su di esso si possono solo fare domande senza senso a cui dare risposte senza senso.
Ma è proprio questo che ti sto chiedendo!
La libera volontà per te esiste perché fenomeno trascendente?
Non ti chiedo cosa sia la causa!
Solo se questa trascende il mondo immanente oppure no.
Come fai a motivare l'esistenza del libero arbitrio?
E' un fenomeno trascendente?
Se rispondi di sì, ok. Non ho nulla da dire.
Ma se rispondi di no, allora sei in contraddizione!
Perché tutto quello che avviene nel mondo, avviene per necessità o per caso.
Citazione
Citazione
I paradossi di Zenone non sono elaborazioni concettuali astratte. Ma concrete!
Ho capito benissimo cosa vorresti intendere.
Non si direbbe, se fai affermazioni del genere. Non credi che dovresti quantomeno spiegare in che senso sarebbero concrete, dal momento che si riferiscono a impossibili, inesperibili infinità e infinitesimi?
I paradossi di Zenone evidentemente non dimostrano l'impossibilità del movimento, ma la constatazione che il movimento è possibile solo in quanto non c'è nessuna cosa distinta dall'altra.
La freccia si muove e raggiunge il bersaglio solo in quanto la freccia, intesa come oggetto distinto da tutto il resto, non esiste.
E' il molteplice che Zenone mette in discussione!
L'infinito e gli infinitesimi sono utilizzati per mostrare come la loro attualizzazione porti all'assurdo: il movimento è impossibile.
Però il movimento c'è... E allora le cose che paiono muoversi altro non sono che astrazioni!
Sono le cose ad essere delle astrazioni!
Mentre i paradossi puntano al concreto.
E' il pensiero razionale che viene messo sotto scacco.
E per farlo è necessario mettere in discussione proprio il caposaldo della razionalità.
Quel A = A.
Un uso dell'infinito ben diverso da quello di Cantor, nominato prima da Alexander.
Perché con Cantor abbiamo l'infinito attualizzato per farne costruzioni immaginifiche con i piedi d'argilla.
Perché un conto è usare l'infinito per giungere al limite del razionale, dove il pensiero razionale è costretto a fermarsi e l'anima ha l'occasione per aprirsi.
Un altro è voler utilizzare l'infinito come "cosa".
Pretesa che contraddistingue questa nostra epoca intrisa di nichilismo.
Finchè si resta sul piano della metafisica sillogistica (sì/no, vero/falso) non si caverà una libertà dal buco. La realtà non è sillogistica, bensì dialettica. Lo è la natura, con i suoi cicli di retroazione. Lo è l'universo antropologico coi meccanismi di feedback. Dopo la siberia pare ci si stia ricordando pure di Engels che, depurato da qualche fisicalismo ottocentesco, sta vivendo una rinascenza da parte di chi ha scoperto la relazione dialettica contenuta nelle retroazioni e nel feedback.
Abbandonando la logica veterometafisica sì/no e recuperando la impostazione dialettica, la libertà "arbitraria" si pone come tesi, ciò che le si contrappone, come antitesi, e il risultato finale come sintesi. La sintesi è il luogo in cui le ragioni della libertà (tetica e antitetica) finiscono con l'affermarsi in un intreccio di nuove possibilità di vivere/agire e nuovi vincoli. Come giustamente osservato da Jacopo, vedere solo l'ingorgo e ignorare i fattori positivi della viabilità meccanica è un bias inaccettabile.
Ciò vale anche in termini di dialettica naturale nelle specie sociali. Che tali non sarebbero se gli svantaggi superassero i vantaggi. La "libertà complessiva" è il risultato finale della partita doppia tra libertà individuale e vincoli sociali.
Vale la pena a questo punto calare il concetto di libertà non solo dall'asfittico e inconcludente empireo metafisico delle categorie assolute, ma pure dalle visioni romantiche che ignorano la dimensione sociale della categoria "libertà". In teoria, perchè in pratica ci stanno immersi e ne godono i benefici quanto coloro che non la ignorano.
Riportata la libertà nel terreno sociale della polis, si può cominciare a dire qualcosa di sensato individuando i paletti di confine tra "libero arbitrio" (gelato, granita o acqua minerale ?) e limitazioni sociali. Variabili in ragione del carattere autoritario/libertario di una società. Carattere definibile per comparazione, mai in assoluto, tenuto conto delle condizioni storiche, ambientali e politiche delle varie formazioni sociali. Le quali tendono ad unificarsi in un unico contesto antropologico con le sue contraddizioni retroattive. Interne però, in quanto globali. Come lo è l'economia che "muove il sole e l'altre stelle". Come lo sono le discipline esoteriche, le visioni del mondo, che da oriente ad occidente si sono globalizzate pure loro.
Citazione di: Alexander il 04 Gennaio 2021, 13:53:42 PM
Innumerevoli possono essere le cause, determinate o indeterminate, che muovono ragione e volontà, ma sono libero di andare a passeggio se sono carcerato? Questo è il senso della libertà.Questa è la domanda giusta da porre.
Riducendo la libertà a quella
esteriore di movimento e di azione, come già osservato, siamo lontani dal tema del libero arbitrio, che si occupa di libertà
interiore, volontà, etc.
Capisco il tuo "pragmatismo", tuttavia se non (ci) poniamo domande logico-epistemiche rivolgendoci alla fattualità, nella sezione «tematiche filosofiche», dove potremmo porle? A ben vedere, le stesse domande che poni, «Sono libero di andare a passeggio?»(cit.), etc.
usano già il concetto di "libertà", quindi lo presuppongono come un "
a priori" delle domande stesse (o come "tesi", stando ad
Ipazia).
Se «libertà» non è un concetto magico, dovremmo poterne argomentare il funzionamento, senza presupporlo (senza il circolo vizioso di usarlo per "di
mostrare" se stesso, come accade nelle domande che poni). Per constatare la libertà chiamandola per nome, devo prima averla già definita, magari con un'idea vaga (e se la definizione è troppo vaga, la filosofia può essere un invito ad approfondire la questione; certo: «un invito», non un obbligo).
Sul timore del regresso all'infinito (anch'esso paventato, ma mai argomentato), continuo a non ravvisarne il rischio: quello che qui è in discussione è solo
il passaggio subito prima della volontà, quello che fonderebbe la libertà di volere; si tratta di
un passo indietro (per quanto non facile), non di una corsa all'indietro fino agli albori dei tempi.
Provo ad esemplificare: posso dire che finché premo il freno e la macchina rallenta, sono contento e mi basta; non mi interessa sapere perché, come funzionano i freni, poiché sarebbe una conoscenza che non mi serve e che non incide sulla frenata della mia auto (avrò quindi ben poco da dire nella sezione "meccanica e manutenzione" dei forum di auto, quando si parla di freni). L'atteggiamento filosofico (correggimi se sbaglio), in generale, è piuttosto quello che vuole curiosare nel cofano, sotto l'auto, nell'abitacolo, per
capire, o almeno ipotizzare, come funzionano i freni (conoscenza che rende possibile aggiustarli, manometterli, etc. ma questo è il passo successivo, non bruciamo le tappe).
Nell'indagare sui meccanismi frenanti, non c'è rischio (né motivo) che l'indagine ci porti al bisnonno dell'operaio che in fabbrica, dieci anni fa, ha controllato l'avvitatura di uno dei bulloni che stringono le pastiglie del freno, poiché ciò che è oggetto di comprensione è l'impianto frenante dell'auto, senza alcuna necessità di un regresso a oltranza che esuli dall'auto nella sua
individuale concretezza.
Piuttosto insolito (e sintomatico) che la (fenomeno)logica sia vista talvolta, da alcuni, solo come aut-aut: deleteria/assolutistica.
Per Gaber-Luporini la libertà è partecipazione. Forse è uno di quegli oggetti che la metafisica sillogistica non comprenderà mai perchè appartiene alla filosofia
popolare della prassi. Una filosofia che suoi teoremi li scrive con la carne e col sangue oltre che con la mente.
Buona sera Phil
Non esiste "libertà" come concetto a sé, ma sempre libertà di/da..., come coscienza di.., verità di...
L'esempio del freno non è pertinente, perché si tratta di un unico fattore che frena l'auto. Ma la volontà ha un unico fattore che la dirige o la "costringe"? Dimostralo. Qual'è l'interazione di tutti i fattori, le condizioni, interne e d esterne, e in più l'apporto dell'unicum intellettivo, o dall'animo, o la manipolazione del reale come sovrastruttura della coscienza, di cui disponiamo, diverso l'uno dall'altro? L'atteggiamento tipicamente riduzionista ( a questo corrisponde sempre necessariamente quello) che cerca di trovare una causa diretta e non la complessità a volte casuale non permette , secondo me, di cogliere la complessità dei fattori.Non ha alcun senso domandarsi :"Siamo liberi?"
Ha invece senso domandarsi, per esempio. "Siamo liberi di...?"
Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2021, 16:48:04 PM
Sul timore del regresso all'infinito (anch'esso paventato, ma mai argomentato), continuo a non ravvisarne il rischio: quello che qui è in discussione è solo il passaggio subito prima della volontà, quello che fonderebbe la libertà di volere; si tratta di un passo indietro (per quanto non facile), non di una corsa all'indietro fino agli albori dei tempi.
iuttosto insolito (e sintomatico) che la (fenomeno)logica sia vista talvolta, da alcuni, solo come aut-aut: deleteria/assolutistica.
Forse la libertà riguarda il passaggio subito dopo la volontà, di un passo in avanti.
Citazione di: Alexander il 04 Gennaio 2021, 17:44:17 PM
Non esiste "libertà" come concetto a sé, ma sempre libertà di/da..., come coscienza di.., verità di...
L'esempio del freno non è pertinente, perché si tratta di un unico fattore che frena l'auto. Ma la volontà ha un unico fattore che la dirige o la "costringe"?
Libertà-di e libertà-da possono avere senso solo se ha senso il concetto di libertà, in quanto ne rappresentano una declinazione; ciò non significa affatto postulare una libertà assoluta, ma solo riconoscere che in un'espressione, dare un senso alle singole parole è imprescindibile, prima di poterle combinare nell'espressione complessiva.
Gli esempi che propongo sono sempre semplici, per spiegare meglio il senso della questione; nondimeno, se consideri tutto ciò che separa il pedale del freno dalla ruota, ogni leva, ogni bullone, ogni componente, etc. puoi intuire che non sia questione di pochi elementi; ma non indugiamo troppo sull'esempio e passiamo alla domanda cruciale: «la volontà ha un unico fattore che la dirige o la "costringe"?». Abbiamo già appurato (concordando, credo) che i fattori sono molteplici (come ricordato da
Jacopus): dai vissuti precedenti alle influenze del contesto, dai neurotrasmettitori a possibili predisposizioni genetiche, dall'educazione ricevuta a contingenze specifiche della situazione, etc.
Quando parlo di fare
un passo indietro, non intendo che c'è un solo fattore a determinare la volontà, ma che dobbiamo interrogarci (come proponi) sulle cause
dirette della volontà (il passo indietro è passare dalla volontà-effetto a ciò che la causa, per indagarne l'eventuale apporto "libertario"; fermandosi lì, senza risalire ad Adamo ed Eva). Interrogandoci su tali cause, mi pare che non otteniamo nulla che fondi la libertà, ma solo
condizionamenti e vincoli. La complessità è innegabile, eppure non vi si rintraccia nulla che giustifichi il parlare di libertà, perché è una complessità di
fattori condizionanti.
Se ci domandiamo «siamo liberi di...» (oltre, come detto, a
presupporre già la libertà), ci allontaniamo dalla questione di quanto sia libera o meno la volontà, per passare a contingenze
esterne (che nulla dimostrano della libertà di volere; e se la domanda diventa «siamo liberi di volere?», tutti quei fattori rispondono in una certa direzione...).
Se la libertà, come suggerisce
bahylam la poniamo un passo dopo la volontà, resta ancora da indagare su cosa si fondi tale libertà (salvo prenderla per esistente
a priori o non ritenere interessante capirne l'origine).
Buona sera Phil
Come fa una cosa che è espressione di un essere condizionato essere assolutamente libera? Può esistere il figlio di una donna sterile? Possiamo certo immaginarcelo in tanti modi: alto, basso, biondo, grasso, ecc. e magari costruirci sopra un poema e poi una riflessione sul poema e infine una filosofia, ma esiste per questo? Ma nemmeno i primi teologi proponevano questo. Il libero arbitrio nacque come riflessione sulla capacità o meno dell'uomo di discernere il bene dal male e agire in conseguenza, non che questa possibilità fosse priva di condizioni.Infatti nessuno ha mai negato che ci sono condizioni alla base della libertà, ma condizioni non implica necessariamente che la libertà non esiste. Anche un carcerato, dopo aver scontato un periodo di pena, vive una "libertà condizionata", ma sarebbe assurdo dire che non ha alcuna libertà, come un uomo in gabbia 24h. Se invece ti scagli contro il concetto di libertà assolutamente svincolata da tutto, arbitrio puro, allora ribadisco il mio precedente post: la libertà, come puro concetto, non esiste, è sempre legata a... E' come il figlio della donna sterile.
Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2021, 16:48:04 PM
Capisco il tuo "pragmatismo", tuttavia se non (ci) poniamo domande logico-epistemiche rivolgendoci alla fattualità, nella sezione «tematiche filosofiche», dove potremmo porle? A ben vedere, le stesse domande che poni, «Sono libero di andare a passeggio?»(cit.), etc. usano già il concetto di "libertà", quindi lo presuppongono come un "a priori" delle domande stesse (o come "tesi", stando ad Ipazia).
Se «libertà» non è un concetto magico, dovremmo poterne argomentare il funzionamento, senza presupporlo (senza il circolo vizioso di usarlo per "dimostrare" se stesso, come accade nelle domande che poni). Per constatare la libertà chiamandola per nome, devo prima averla già definita, magari con un'idea vaga (e se la definizione è troppo vaga, la filosofia può essere un invito ad approfondire la questione; certo: «un invito», non un obbligo).
Opportunamente Alexander è tornato all'origine metafisica del "libero arbitrio" nel contesto etico-religioso della responsabilità delle proprie azioni innanzi alla divinità. Fin dall'inizio il l.a. ha un carattere giuridico e tale rimane nella giurisprudenza quando definisce la "capacità di intendere e volere" quale condizione di punibilità penale.
Il carattere sociale e non metafisico del concetto di libertà, antropologicamente declinato, è trasparente in tutta la sua storia e il suo carattere non è certo magico e nemmeno del tutto illusionale. La "tesi" di Ipazia non è un apriori metafisico bensì un'istanza dialettica presente pure nell'antitesi che contrappone libertà a libertà, posto che la libertà dell'uno è negazione della libertà dell'altro e viceversa. La sintesi determina una ancora diversa declinazione della libertà.
Restando nella sillogistica mi pare pure evidente l'esempio di Alexander sui gradi di libertà del carcerato dalla gabbia, alla condizionale, alla libertà vigilata, alla libertà piena. Con la metafisica che se ne sta al palo, chiedendo inutilmente ragguagli su una dimensione che non le è propria. Mentre riguarda la filosofia nella sua prassi etica e nel relativistico mondo dei valori.
Mi stupisce sempre, per il contrasto stridente, l'accanimento metafisico dei relativisti dichiarati. Ma anche questa è libertà (di pensiero).
Il termine libertà è pochissimo utilizzata nella filosofia originaria greca e nei testi sacri.
Il motivo è che la libertà comincia ad essere utilizzata nel naturalismo medievale, poi nel giusnaturalismo e filosoficamente da Hegel.
Nell'antichità si utilizza molto di più il termine volontà e infatti: libero arbitrio, libera volontà.
Se per arbitrio viene indicato il giudizio, la libertà né è una condizione. Se per volontà si intende una motivazione di pensiero teorico o fattuale, la libertà è ancora una precondizione.
Significa allora che se già la libertà fosse una precondizione affinché altre facoltà possano esplicarsi, chiedersi come, perché, che cosa la libertà condizioni rischia di cadere in una circumnavigazione infinita priva di senso, ovvero: cosa determina la condizione della precondizione ?
La libertà quindi è una condizione apriori affinché anche fattualmente atre facoltà possano esplicarsi.
E' libero il giudizio? E' libera la volontà? O da che cosa sono condizionate, e quindi scendendo il livello di libertà, anche il giudizio e la volontà scendono man mano da una piena libertà a giudizi e volontà condizionati.
Se viene esaltata la libertà, come fece Hegel, condividendo la stessa stanza e gli istessi ideali da studente con Schelling, con Holderlin, proprio allo scoppio della Rivoluzione francese, tende ad indicare come le condizioni restrittive sociali ,culturali potessero essere superate per spiegare le ali al nuovo vento storico ,a nuovi orizzonti di più ampie possibilità.
La nuova esaltazione storica della libertà ha i suoi epigoni nelle nuova scienza sperimentale moderna, nelle speranze di nuove strutture sociali, in una maggiore libertà di espressione.
Se lo si pone fra la teoresi e la prassi il libero arbitrio ,come la libera volontà, si originano dalla filosofia morale/politica, passeranno per il diritto di natura, il giusnaturalismo per essere superate proprio dallo storicismo hegeliano, fino al diritto positivo.
Perchè il problema morale è che cosa me ne faccio della libertà se il giudizio non è corretto, se la volontà è mistificatoria?
Cadendo nel dimenticatoio moderno, la morale, la libertà diventerà lo "slogan" caratterizzante del sistema culturale, sociale, politico occidentale. E sarà prassi, al più temperata non dalla morale, ma dai comportamenti pratici, l'etica. La libertà economica, la libertà politica, la libertà di espressione, la libertà personale, la libertà nel "negozio" giuridico.
Mostrando l'ambiguità del termine solitario ,libertà, privo del corretto giudizio morale e dell'altrettanta corretta volontà, diventerà ideologia con il liberismo economico e il liberalismo politico, fino all'utopia del libertarismo anarchico.
Citazione di: Alexander il 04 Gennaio 2021, 18:57:58 PM
Il libero arbitrio nacque come riflessione sulla capacità o meno dell'uomo di discernere il bene dal male e agire in conseguenza, non che questa possibilità fosse priva di condizioni.Infatti nessuno ha mai negato che ci sono condizioni alla base della libertà, ma condizioni non implica necessariamente che la libertà non esiste.
Questo «agire in conseguenza»(cit.) credo presupponga una certa libertà (avevo già anticipato che non parlo di libertà assoluta, v. post precedente); oltre a presupporla, potrebbe essere interessante fondarla, dimostrarla o almeno argomentarla. Affermare che «ci sono condizioni alla base della libertà»(cit.) presuppone già che la libertà ci sia, seppur delimitata da tali condizioni; in assenza di argomenti solidi, essa viene quindi introdotta surrettiziamente affianco a condizioni oggettive che la negano (almeno fino a prova contraria).
Parlare ragionevolmente di una libertà relativa, condizionata, etc. non esenta dall'onere della prova che tale "libertà parziale" ci sia davvero, provando a spiegare come si fonda, in cosa consiste, etc. con tutte le difficoltà del caso; fossero anche mere ipotesi o opinioni abbozzate, resta rilevante (filosoficamente parlando) che siano comunque sostenute da argomentazioni e non fallacie (come circoli viziosi che presuppongono ciò che dovrebbero dimostrare).
Supporre che
in teoria potrei anche fare scelte differenti (perché ci sono condizioni
esterne che sembrano consentirlo), non dimostra che
in pratica tale possibilità ci sia davvero, soprattutto alla luce di tutti i suddetti condizionamenti che descrivono una volontà non proprio "libera", che pare elaborare un'infinità di stimoli condizionanti, più che scegliere liberamente (parlo, come sempre, di interna libertà di
volere, non libertà di
muoversi o gradi di libertà
esterna concessa, come nel caso del carcerato).
In fondo, basta chiedersi cosa rende possibile parlare di «libertà» di volere (o arbitrio che sia): dimostrazioni, constatazioni, interpretazioni, ragionamenti, tradizione, etc. l'importante, per me, è che essa sia compatibile con i vincoli su cui abbiamo concordato e che abbia un suo perché non fallace (altrimenti potrebbe essere solo un "filosofema spuntato", tramandato per inerzia culturale, poco epistemo
logico, per quanto suggestivo e demagogico).
Citazione di: Jacopus il 04 Gennaio 2021, 01:09:44 AM
Noto, nel tuo discorso, dei punti che mi sembrano non coerenti. Infatti inizi il tuo commento paragonando l'indole leonina che si afferma "leoninamente" a quella umana, che dovrebbe affermarsi "umanamente".
Sembra però che ad un certo punto, le istituzioni, la storia, la società, abbiano ingabbiato l'uomo rendendolo meno libero ora, di quando vi era la schiavitù. Sia ben chiaro, il discorso lo conosco ed ha in Rousseau il suo primo archetipo. Ma la domanda è: le istituzioni, la storia, le società sono in qualche modo l'indole dell'uomo che si afferma, oppure vi è stato qualche ingranaggio che si è inceppato e l'uomo è stato alienato dalla sua condizione di libertà?
Una differenza fra l'uomo e le altre specie sta nel fatto che l'uomo, almeno negli ultimi millenni ovvero dal cosiddetto neolitico in poi, non accetta più la propria natura, rifiuta la sua condizione con la pretesa di elevarsi al livello di Dio e sostituirsi a Lui, di diventare padrone della terra in attesa di poter essere anche quello del cielo. In tal modo non solo obbliga se stesso a farsi sempre diverso da quel che è inseguendo utopie sociali ed individuali sempre nuove, ma obbliga anche i propri discendenti a rincorrere una pretesa "evoluzione" che nessuno sa più dove dovrebbe portare. In questo modo ogni uomo sarà sempre meno libero perchè i condizionamenti non proverranno solo dalle regole sociali ma soprattutto da innumerevoli modelli utopici, veicolati con ogni mezzo, che costringeranno le persone a cambiare costantemente, ad essere sempre diverse da ciò che sono: è l'uomo stesso che ha rinunciato alla sua libertà per sostituirla con uno o più "ideali", individuali e sociali.
Citazione di: Jacopus il 04 Gennaio 2021, 01:09:44 AM
Quello che mi preme dire, concludendo il discorso, è che la tua visione è molto radicale e nega positività a tutto il processo di civilizzazione dell'occidente da Omero in poi, ma di questo credo che tu sia consapevole.
Non nego a priori la (o meglio le) positività del processo di civilizzazione (anche se è molto difficile valutare i pro e i contro di tale processo e non è argomento di discussione qui), mi limito a tentare di spiegare per quale ragione questo processo ha necessariamente sacrificato la libertà dell'uomo, e forse non è del tutto casuale che mai come negli ultimi secoli si sia parlato e scritto sulla libertà e sul desiderio della medesima tanto da inventarsi una filosofia ad essa ispirata, fare guerre in suo nome e porla al primo posto degli ideali auspicabili: se davvero la libertà fosse aumentata esponenzialmente, come mai l'uomo di oggi ne sente tanto la mancanza da evocarla in ogni occasione?
cit.Parlare ragionevolmente di una libertà relativa, condizionata, etc. non esenta dall'onere della prova che tale "libertà parziale" ci sia davvero, provando a spiegare come si fonda, in cosa consiste, etc. con tutte le difficoltà del caso.
La prova è evidente: sei in gabbia non puoi andare a mangiare il gelato; sei in libertà condizionata puoi andarci. Il poterlo fare è la prova. Voglio mangiare un gelato e posso farlo perché sono in libertà condizionata;voglio mangiare un gelato e non posso farlo perché sono chiuso in gabbia. Non ho questa libertà.
cit.Supporre che in teoria potrei anche fare scelte differenti (perché ci sono condizioni esterne che sembrano consentirlo), non dimostra che in pratica tale possibilità ci sia davvero, soprattutto alla luce di tutti i suddetti condizionamenti che descrivono una volontà non proprio "libera", che pare elaborare un'infinità di stimoli condizionanti, più che scegliere liberamente (parlo, come sempre, di interna libertà di volere, non libertà di muoversi o gradi di libertà esterna concessa, come nel caso del carcerato).
Non dimostra neppure il contrario però.Infatti la possibilità esiste: voglio andare a prendermi il gelato oppure...un caffè, o un'aranciata.Sono in gabbia, voglio un gelato, ma ricevo la "sbobba" giornaliera che non voglio. La possibilità di scegliere mi rende più libero. Più possibilità di scelta uguale maggiore libertà. Teoricamente se potessi far coincidere totalmente la mia volontà con le mie possibilità sarei totalmente libero, ma ciò è evidentemente impossibile. "L'interna volontà" è ciò che sceglie.Aggiungiamo che questa volontà dialoga costantemente con la ragione. Voglio prendere un gelato, ma la ragione mi dice di non farlo perché sono diabetico, ecc.Fa a pugni spesso anche con se stessa.
Secondo te non è libera perché determinata da altro. Secondo me invece è libera in relazione alle sue possibilità di scelta. Tu vedi la "libertà" (che non c'è secondo te perché determinata da altro) come uno stato intrinseco, che non dovrebbe essere condizionato da nulla per essere "vera libertà". Io come una possibilità partendo dalle condizioni.
Spero ci siamo chiariti.
Citazione di: bobmax il 04 Gennaio 2021, 16:06:28 PM
Di modo che non sono solo io a dovermi aprire...
Qui nessuno
deve fare nulla. Sei stato tu a parlare di aprirsi e ti ho dato un suggerimento solo perché avevo l'impressione che fosse un tuo bisogno. Non sarò certo io a cercare di convincerti a fare alcunché.
Citazione
Citazione
Rispondere a cosa? Ho già detto e ripetuto che considero quello che tu chiami "fenomeno trascendente" come qualcosa che, qualunque sia la sua modalità di esistenza, si situa oltre i confini della razionalità. Con queste premesse, su di esso si possono solo fare domande senza senso a cui dare risposte senza senso.
Ma è proprio questo che ti sto chiedendo!
La libera volontà per te esiste perché fenomeno trascendente?
Come fai a motivare l'esistenza del libero arbitrio?
E' un fenomeno trascendente?
Quindi, in sostanza, dopo che ti ho spiegato che per me tutte le domande che riguardano cose che non sono afferrabili dalla razionalità sono senza senso, un inutile agitarsi della mente senza la minima probabilità di arrivare a nulla, continui a farmi domande che per me sono senza senso. Complimenti per il modo in cui porti avanti un "confronto".
Io non motivo in nessun modo l'esistenza del libero arbitrio, perché appunto non ha nessun mezzo per motivare nulla, se non in un determinato e limitato contesto, e cercare motivazioni assolute, come ho ripetuto fino alla nausea, lo considero insensato.
E credo che sia altrettanto futile appiccicare etichette come "trascendente" a qualcosa che sta fuori della portata del pensiero razionale. Cosa aggiungerebbe quest'etichetta? Per come la penso, niente del tutto, se non l'illusione di sapere qualcosa di qualcosa di cui non si sa nulla.
Il libero arbitrio (o volontà; per me, come ho spiegato, sono sinonimi) mi limito a "constatarlo", l'ho già detto chiaramente, e non ritengo di avere alcun mezzo per fare nient'altro. Esiste non "perché fenomeno trascendente", ma perché lo vedo in azione.
E non è che lo senta particolarmente "mio", come del resto tutto ciò che si svolge nello scenario della coscienza. C'è, e basta.
Citazione
I paradossi di Zenone evidentemente non dimostrano l'impossibilità del movimento, ma la constatazione che il movimento è possibile solo in quanto non c'è nessuna cosa distinta dall'altra.
I paradossi di Zenone, come tutti gli altri paradossi, dimostrano solo che l'esistenza in generale è paradossale, e che è inutile affannarsi a voler capire razionalmente i paradossi, a voler superare i limiti della razionalità usando la razionalità (o qualcosa che pretende di esserlo), come stai facendo tu. La coperta è sempre troppo corta, e se cerchi di eliminare una contraddizione, una negazione dell'esperienza, ricadrai inevitabilmente su un'altra.
Quello che possiamo fare con la razionalità è
selezionare degli aspetti dell'esperienza, osservarli, studiarli e organizzarli secondo dei criteri logici. Con l'esistenza in senso globale, è inutile stare a cercare spiegazioni, motivazioni, cause, è evidente (almeno per me) che non c'è alcuna possibilità di arrivare a nulla. Ma, se dopo che ho ripetuto innumerevoli volte queste cose siamo sempre al punto di partenza, significa che abbiamo esaurito quanto avevamo da dirci sull'argomento.
Citazione
Perché un conto è usare l'infinito per giungere al limite del razionale, dove il pensiero razionale è costretto a fermarsi e l'anima ha l'occasione per aprirsi.
E torniamo da capo. Come ho già detto, dato che parli di questo "aprirsi", che ovviamente sai solo tu cosa significa (almeno spero), anziché continuare a parlarne non lo mostri, in modo che anche altri possano capire cosa vuoi dire? A che serve parlare di cose evidentemente non facenti parte di esperienze condivise? A che pro tutte le tue allusioni, evocazioni, i tuoi termini con le iniziali maiuscole? Dove vuoi arrivare? Dopo tanti post, la cosa, per quanto mi riguarda, risulta altrettanto oscura che all'inizio.
Citazione di: Alexander il 04 Gennaio 2021, 23:24:42 PM
cit.Parlare ragionevolmente di una libertà relativa, condizionata, etc. non esenta dall'onere della prova che tale "libertà parziale" ci sia davvero, provando a spiegare come si fonda, in cosa consiste, etc. con tutte le difficoltà del caso.
La prova è evidente: sei in gabbia non puoi andare a mangiare il gelato; sei in libertà condizionata puoi andarci. Il poterlo fare è la prova.
Il poterlo fare dimostra la
possibilità di farlo, non la
libertà di volerlo.
Ribadisco che ho sempre "mirato" alla libertà
di volere, non di movimento (v. discriminazione interno/esterno), anche quando ne chiedo evidenze o argomentazioni (ancora mancanti: il prendere un gelato non dimostra che avrei potuto davvero volere altrimenti; sottolineo: «volere», non «fare»).
A scanso di equivoci: non mi sembra di aver mai inteso la libertà come «uno stato intrinseco, che non dovrebbe essere condizionato da nulla per essere "vera libertà"»(cit.). Tutto il mio mettere in questione l'attendibilità del concetto di «libertà» ti ha portato a delineare questa "mia" idea di libertà assoluta e incontaminata? Paradossale. Al contrario: proprio non avendo idea di come si possa corroborare la libertà
di volere, mi limito a chiedere, a chi ne sostiene l'esistenza, come la prova, la spiega, la fonda, la giustifica, in quanto libertà (
non di movimento) condizionata (ma che essendo
libertà eccede tali condizionamenti).
L'esistenza di differenti possibilità di scelta
esterne non implica (né dimostra) che la scelta
interna, della volontà, sia parzialmente libera (mentre abbiamo detto che i condizionamenti sono oggettivi e dimostrati...). Semplificando per chiarirci meglio: se sono scettico sulla libertà della volontà, posso motivarlo facendo appello a tutti i condizionamenti citati; se invece credo in una volontà "condizionatamente libera", a cosa mi appello per spiegarne la parziale libertà (escludendo presupposizioni ed indebite "esternalizzazioni")?
Andare a prendere il gelato non è solo "libertà di movimento", è realizzazione della mia volontà. Se posso andarci realizzo la mia volontà, se non posso non la realizzo. E' evidente. Strano che tu non lo capisca. La "libertà di volere" si scontra sempre con la possibilità di realizzare. Altrimenti rimane un desiderio irrealizzabile.E cosa significa "libertà di volere"? Una libertà che non sia condizionata? Abbiamo visto che non c'è. Sono le condizioni stesse che determinano il grado possibile di realizzo della volontà. Io sento che voglio, non sento le ipotetiche condizioni del mio volere. Ho evidenza del mio volere, non delle ipotetiche condizioni varie. E io lavoro su quelle condizioni, non le subisco meccanicamente come una macchina, interagisco con la mia ragione, le vaglio. La coscienza le osserva, ecc.
Se dunque le scelte sono condizionate, dalla volontà, dalla ragione, dall'inconscio, dalle possibilità esterne, etc. che a loro volta sono condizionate direttamente (ovvero senza alcun bisogno di regresso all'infinito) da altri fattori (le esperienze individuali precedenti, i vincoli dello specifico contesto, etc.), allora chiedo: dov'è e qual è, in tutto ciò, il fondamento della libertà?
Perché parliamo di «libertà condizionata» e non solo di «condizionamenti»? Cosa c'è di concreto che rende sensato parlare, nonostante l'oggettività dei condizionamenti, di «libertà (di/da)»?
Se non si risponde esplicitamente a questa domanda (filosofica) sul fondamento della libertà, mi pare sia possibile parlare di libertà solo presupponendola (come chi sostiene che l'esistenza dell'uomo sia una chiara evidenza di un dio creatore: lo presuppone già come creatore della vita, ma non lo dimostra; infatti pare non sia andata proprio così, sebbene il creazionismo sia stata per secoli una "verità ovvia"... similmente, oggi sembra ovvio che se compio scelte è perché sono libero, perché potrei scegliere diversamente, etc. sebbene una chiara risposta alla suddetta domanda venga sempre evitata, o deviata verso l'esterno, senza tuttavia che in esso vi sia traccia concreta della "libertà condizionata" individuale, ma solo dei condizionamenti).
Cosa c'è di concreto che rende sensato parlare, nonostante l'oggettività dei condizionamenti, di «libertà (di/da)»?
La libertà di scegliere senza costrizioni esterne alla volontà stessa. E' semplicissimo.
La "libertà di volere", in mancanza di una possibilità di scelta, rimane semplicemente un desiderio. Tornando sempre all'esempio ormai famoso del carcerato: l'uomo in gabbia può desiderare di rivedere una persona che ama. E' libero di desiderarlo, quindi di volerlo, ma non libero di farlo. La volontà, come passo successivo si scontra con le sbarre. Non potendo soddisfare il desiderio di rivedere la persona cara, viene privato di una libertà. Se invece gli è concessa una sola visita della persona, ecco che viene soddisfatto il desiderio realizzando una libertà, basata su quell'unica possibilità. Il carcerato in libertà condizionata invece può stare diverse volte al giorno con la persona cara, così da disporre di un maggior grado di libertà. Naturalmente l'uomo in gabbia desidera rivedere una persona cara, per esempio, e non di scavare gallerie come una talpa. Ed ecco le condizioni.
Un'azione volontaria si può dire "libera" quando non nasce da condizionanti fattori esterni (la costituzione mentale e comportamentale umana è un fattore interno invece). Ovviamente ci sono diversi gradi di questa libertà che saranno più elevati in rapporto alla conoscenza che il soggetto ha di tutte le particolare circostanze e implicazioni che contornano la scelta. Ad una più accurata conoscenza dei fattori esterni corrisponde quindi una maggiore libertà (di scelta).
Nell'esempio che portavi, in cui sostenevi che la persona che entrava dal gelataio era alla fine costretta (predeterminata) a scegliere il gusto fragola, piuttosto che quello cocco, questa costrizione diviene via via meno forte man mano che aumenta l'accuratezza delle informazioni di cui dispone il soggetto. Se entro con semplicemente un desiderio di fragola ossessivo, ho un grado di libertà minore che non se entro conoscendo tutte le caratteristiche organolettiche del gelato che vado a scegliere, in confronto agli altri gusti . Questa conoscenza aumenta la mia capacità di scelta e quindi libertà (alla fine però sono sempre libero di scegliere di uscire senza acquistare nessun gelato, ovviamente).
Nell'antichità la libertà consisteva nel "disporre di se stessi", cioè essere liberi e non schiavi, ed era quindi principalmente uno status giuridico.
Citazione di: Alexander il 05 Gennaio 2021, 12:17:26 PM
Cosa c'è di concreto che rende sensato parlare, nonostante l'oggettività dei condizionamenti, di «libertà (di/da)»?
La libertà di scegliere senza costrizioni esterne alla volontà stessa.
Le costrizioni esterne alla volontà stessa non sono forse numerose (essendo la volontà condizionata dai vissuti precedenti, dai neurotrasmettitori, dagli input del contesto, etc.)?
Affermare che la libertà di scegliere rende sensato parlare di libertà, non è un circolo vizioso?
Sostenere che l'uomo in gabbia è libero di desiderare l'incontro con la persona amata (ovvero potrebbe anche non desiderarlo) non è ciò che andrebbe dimostrato (non presupposto)?
Buon pomeriggio Phil
Se il desiderio d'incontrare ovvero di non incontrare viene negato dalle sbarre c'è la dimostrazione EVIDENTE della mancanza di libertà. Si dimostra che viene a mancare un bene desiderato , ossia si è costretti a privarsi del bene, questa privazione contro volontà della possibilità di scelta si definisce (in qualche modo dobbiamo definirla) come la mancanza di una libertà. A questo punto cosa si dovrebbe dimostrare? Che il desiderare la libertà dalla gabbia è condizionata? E' evidente anche questo, perché l'essere umano non è fatto per stare in una gabbia. Sembra quasi che sia il termine stesso "libertà" che ti scoccia, ma se non lo usassimo per descrivere la costrizione estrinseca che s'impone alla volontà, con che cosa lo sostituiamo? Dovremmo dire:mi manca la condizione per esercitare la mia volontà? Libertà è anche un concetto culturale di ampio respiro, che non riguarda solamente la volontà del singolo, ma più in generale quella di un popolo, di un'etnia, di una categoria, ecc.
Quindi il termine "libertà" che chiarisce una certa posizione a riguardo delle costrizioni è perfettamente sensato, a mio giudizio.
Certo non possiamo pretendere una "radiografia" della volontà. (anche le radiografie sono interpretabili come amaramente constatato di persona).
Comunque mi sembra che ci siamo chiariti a vicenda le rispettive prospettive sull'argomento. Sto iniziando a ripetermi.
Citazione di: Alexander il 05 Gennaio 2021, 15:15:48 PM
questa privazione contro volontà della possibilità di scelta si definisce (in qualche modo dobbiamo definirla) come la mancanza di una libertà. [...] Sembra quasi che sia il termine stesso "libertà" che ti scoccia, ma se non lo usassimo per descrivere la costrizione estrinseca che s'impone alla volontà, con che cosa lo sostituiamo? Dovremmo dire:mi manca la condizione per esercitare la mia volontà?
Evitando di "interpretare radiografie" (quindi di
capire la causa del dolore o
valutare la guarigione), trascurando dunque l'irrisolta questione filosofica del fondamento della libertà (concetto tanto diffuso ed utile quanto discutibile, come molti altri tipici della tradizione metafisica di cui siamo impregnati) e passando al piano più strettamente linguistico, direi che non c'è necessità di un (ulteriore) concetto per descrivere la situazione in cui «manca la condizione per esercitare la mia volontà»(cit.), perché esiste già il concetto di «possibilità».
Da notare, rispetto a quanto affermi sopra, che la libertà non ha un nesso
necessario con la volontà: posso essere "libero" di compiere azioni che non voglio fare, etc. (sempre se ci rifiutiamo di mettere in discussione il fondamento di tale "libertà", dandola per scontata). Oltre a dire «non sono libero di», si può dire semplicemente «non posso»; in entrambi i casi potrò poi spiegare perché, qual è l'ostacolo, etc.. Pensa anche alla "libertà di espressione" (che poi, come tutte le "libertà", si scopre essere condizionata, piena di precondizioni, vincoli, etc.): "possibilità di espressione" suona certo meno aulica ed enfatica, ma il senso è pressoché lo stesso (anzi, se provi a sostituire «possibilità» a «libertà» in molti aforismi e discorsi, ti accorgerai come tale sostituzione ti costringa a chiarificarne il senso, rendendoli meno vaghi).
La «possibilità» mi pare un concetto meno ambiguo, più "fattuale" e
constatabile della libertà, sia perché non è tenuta ad emanciparsi (seppur solo parzialmente) da innegabili ed oggettivi condizionamenti, sia perché non produce ambiziosi ideali che non si riesce poi a radicare facilmente su un terreno solido (certo, ormai è "tardi" per riscrivere codici della legge, poesie, categorie della
forma mentis comune, etc. ma forse non è tardi per provare a capire, fenomenologicamente e criticamente, l'effettiva validità onto-logica e linguistica del concetto di «libertà»).
P.s.
Nulla di personale contro la libertà (magari indagherei con pari curiosità un altro concetto), avrei voluto solo collaudarne i fondamenti in un "allenamento maieutico".
Non trovo nulla di sbagliato nel fatto che un termine abbia un certo fascino. Può anzi aiutare, ispirare, spingere a..
Il suo fascino ha sicuramente aiutato in modo decisivo il progresso dell'umanità. Non vedo perché abbandonarlo in un momento storico in cui viene messo continuamente in atto un tentativo per diminuire e non per per spronare a cercare la diversificazione nelle scelte, ma anzi, al contrario, l'omologazione.
La libertà, come concetto, non è mai stato una gabbia. Anzi.
"Hai la possibilità di essere libero" ha ben altra forza che non "Hai possibilità di cambiare" ( tra l'altro tu ritieni non libera nemmeno la possibilità da quel che ho capito).
Libertà è un concetto storicamente determinato come giustizia, uguaglianza, ricchezza, ... Che i metafisici, per quanto relativisti, legati come sono alle definizioni assolute, non ci si raccapezzino non deve stupire, perché la libertà ha un ambito semantico troppo esteso per i loro sillogismi.
Alexander lo ha spiegato in lungo e in largo, ma i metafisici vogliono la formuletta che si incastri logicamente nel loro catechismo.
Non so Spartaco a cosa mirava, ma suppongo avesse a che fare con la libertà. Del tutto indifferente al fatto che questa parola, allora come ora, fosse incomprensibile per qualcuno, al punto da cercare di convincerlo che la libertà è una fallacia logica. Del resto anche con Zenone bastò portare il celebre paradosso dalla sofistica alla realtà empirica perché il paradosso annichilisse. Continuando a vincere la tartaruga solo nel magico mondo della metafisica. Per pochi eletti.
Citazione di: Phil il 05 Gennaio 2021, 17:24:02 PM
Citazione di: Alexander il 05 Gennaio 2021, 15:15:48 PM
questa privazione contro volontà della possibilità di scelta si definisce (in qualche modo dobbiamo definirla) come la mancanza di una libertà. [...] Sembra quasi che sia il termine stesso "libertà" che ti scoccia, ma se non lo usassimo per descrivere la costrizione estrinseca che s'impone alla volontà, con che cosa lo sostituiamo? Dovremmo dire:mi manca la condizione per esercitare la mia volontà?
Evitando di "interpretare radiografie" (quindi di capire la causa del dolore o valutare la guarigione), trascurando dunque l'irrisolta questione filosofica del fondamento della libertà (concetto tanto diffuso ed utile quanto discutibile, come molti altri tipici della tradizione metafisica di cui siamo impregnati) e passando al piano più strettamente linguistico, direi che non c'è necessità di un (ulteriore) concetto per descrivere la situazione in cui «manca la condizione per esercitare la mia volontà»(cit.), perché esiste già il concetto di «possibilità».
Da notare, rispetto a quanto affermi sopra, che la libertà non ha un nesso necessario con la volontà: posso essere "libero" di compiere azioni che non voglio fare, etc. (sempre se ci rifiutiamo di mettere in discussione il fondamento di tale "libertà", dandola per scontata). Oltre a dire «non sono libero di», si può dire semplicemente «non posso»; in entrambi i casi potrò poi spiegare perché, qual è l'ostacolo, etc.. Pensa anche alla "libertà di espressione" (che poi, come tutte le "libertà", si scopre essere condizionata, piena di precondizioni, vincoli, etc.): "possibilità di espressione" suona certo meno aulica ed enfatica, ma il senso è pressoché lo stesso (anzi, se provi a sostituire «possibilità» a «libertà» in molti aforismi e discorsi, ti accorgerai come tale sostituzione ti costringa a chiarificarne il senso, rendendoli meno vaghi).
La «possibilità» mi pare un concetto meno ambiguo, più "fattuale" e constatabile della libertà, sia perché non è tenuta ad emanciparsi (seppur solo parzialmente) da innegabili ed oggettivi condizionamenti, sia perché non produce ambiziosi ideali che non si riesce poi a radicare facilmente su un terreno solido (certo, ormai è "tardi" per riscrivere codici della legge, poesie, categorie della forma mentis comune, etc. ma forse non è tardi per provare a capire, fenomenologicamente e criticamente, l'effettiva validità onto-logica e linguistica del concetto di «libertà»).
P.s.
Nulla di personale contro la libertà (magari indagherei con pari curiosità un altro concetto), avrei voluto solo collaudarne i fondamenti in un "allenamento maieutico".
In un altro 3d citavo alcune frasi tratte da "L'uno e la sua proprietà" di Stirner: una di queste era:
"Non rivendico diritti; perciò non ne devo riconoscere alcuno. Ciò che posso prendere con la forza, con la forza lo prendo; a quello che non posso ottenere con la forza non ho nessun diritto, e non mi dò arie, né mi consolo parlando dei miei imperscrutabili diritti... Non m'interessa se ho diritto o no a una data cosa, se sono autorizzato o no a fare questo o quello; quando ho il potere, diritti e autorizzazioni me li prendo da solo, e non ho bisogno che me li riconosca un altro." Se i condizionamenti che muovono la volontà e la spingono ad agire sono irrilevanti (e quindi non giudicabili sotto nessun profilo) e contano solo quelli esterni all'agente allora la "libertà di scelta", che ovviamente io ritengo concetto ben più complesso della semplice possibilità (ma questo non conta) è assimilabile a "potere": se si ha il potere si è liberi, se non lo si ha non lo si è. Il potere dunque, economico, politico, militare, dialettico, intellettuale o di qualunque altro genere è la misura della libertà, e dato che chiunque nel mondo ritiene la libertà un concetto positivo tanto da auspicarne una sempre maggiore "quantità" chiunque eserciti il potere, dunque la libertà, in qualunque modo lo faccia diventa non solo questione non sindacabile, ma anzi auspicabile dato che se la "libertà di scelta" non sceglie, non viene espressa, non si concretizza in azioni nel mondo non ha più nemmeno senso. Appare superfluo fare esempi di come il "libero potere" si sia espresso in tante occasioni, è importante però sottolineare che chiunque ritenga che la libertà sia questa cosa qui, non si permetta più di criticare qualunque "uomo libero" (dunque "uomo di potere") per le scelte che fa o le azioni che compie in nome della sua pura e semplice libertà di compierle. E non vale nemmeno citare quella sciocca frase senza senso attribuita a Bentham che afferma "La mia libertà finisce dove inizia quella degli altri", per il semplice fatto che la libertà degli altri risiede nel limite del loro potere di esercitarla, ma se il mio maggior potere mi permette di conculcarla potrò "liberamente" farlo, incluso impedir loro di lamentarsi perchè tali lamentele mi provocano un fastidioso ronzio alle orecchie. In definitiva la libertà "storicamente determinata" dalle società illuministe e progressiste è una mera lotta di potere ammantata di stucchevole "poesia".
Passi per chi crede nei numi e negli enti eterni, ma mi stupisce che un relativista come Phil non voglia cogliere il contenuto relativistico della libertà che è una condizione, uno stato, assolutamente relativi (rispetto ad un determinante di riferimento), e non un ente metafisico.
Ha perfettamente ragione Alexander: si è "liberi da" e "liberi di" ed è insensato parlare di libertà senza referente alcuno.
Lo stato di libertà è sempre esistito, molto prima che i metafisici ci mettessero il cappello. Esiste in natura e basta osservare il comportamento di un animale in gabbia per rendersi conto della sua non opinabilità. Esiste nello stato antropologico, con tutte le complicazioni che i processi evolutivi specifici della condizione umana - detti sommariamente civilizzazione - hanno aggiunto alla condizione naturale e se dovesse avere un antico nume protettore si chiamerebbe sicuramente Spartaco.
Citazione di: donquixote il 06 Gennaio 2021, 10:57:20 AM
Se i condizionamenti che muovono la volontà e la spingono ad agire sono irrilevanti (e quindi non giudicabili sotto nessun profilo) e contano solo quelli esterni all'agente allora la "libertà di scelta" [...] è assimilabile a "potere": se si ha il potere si è liberi, se non lo si ha non lo si è.
Questo è quello che ho suggerito più volte ad
Alexander: il considerare come l'eventuale libertà
individuale della
volontà non sia
solo una questione
esterna di potersi muovere per andare a incontrare qualcuno, o l'avere molte vaschette di gelato da cui scegliere, ma si tratti di appurare proprio, come, giustamente (per me) osservi, «i condizionamenti che muovono la volontà e la spingono ad agire» (già sottolineati più volte).
Citazione di: donquixote il 06 Gennaio 2021, 10:57:20 AM
Il potere dunque, economico, politico, militare, dialettico, intellettuale o di qualunque altro genere è la misura della libertà, e dato che chiunque nel mondo ritiene la libertà un concetto positivo tanto da auspicarne una sempre maggiore "quantità"
Qui il discorso si fa socio-politico, ma ho qualche esitazione nel concordare: a tutti i livelli, sia politici che popolari, la libertà mi pare sia qualcosa da dosare e,
quasi paradossalmente (ma molto significativamente), da (de)limitare: dalla libertà d'ingresso dei migranti alla libertà di culto, dalla libertà sessuale alla liberalizzazione di alcune sostanze, dal liberalismo/liberismo alla libertà del possesso di armi, etc. c'è una lunga lista di questioni rilevanti in cui, correggimi se sbaglio, riguardo le rispettive libertà non c'è universale accordo nell'«auspicarne una sempre maggiore "quantità"» da parte di «chiunque nel mondo» (cit.).
Le
interpretazioni storico-politiche che
presuppongono la libertà come valore ideale, non risvegliano in me particolare interesse (e solitamente non ci indugio), tuttavia,
en passant, la citazione di Bentham è una di quelle che avevo in mente quando alludevo a come «libertà» sia una parola magica (che, antropologicamente parlando, non è termine denigratorio) che va spesso disambiguata per essere davvero comprensibile (basta provare, come detto, a sostituire «libertà», con qualcosa che spighi meglio il senso di quella frase).
P.s.
Forse una delle difficoltà nell'indagare il
fondamento onto-logico ed epistemico (
@Ipazia: intendo neurale e razionale, non ideal-metafisico, o circolarmente
a posteriori come fanno etica ed etologia) della libertà, al di là delle comprensibili resistenze psicologiche, è che ormai è un concetto troppo consolidato e ritenuto imprescindibile, pur nella sua vaghezza (al punto che chi lo mette in questione viene
interpretato, come è accaduto, in veste di cultore di una libertà assoluta, quasi fosse inevitabile
dover credere ad una qualche forma di libertà, qualunque sia il suo fantomatico "referente", senza farsi troppe domande fenomeno-logiche).
Questo è quello che ho suggerito più volte ad Alexander: il considerare come l'eventuale libertà individuale della volontà non sia solo una questione esterna di potersi muovere per andare a incontrare qualcuno, o l'avere molte vaschette di gelato da cui scegliere, ma si tratti di appurare proprio, come, giustamente (per me) osservi, «i condizionamenti che muovono la volontà e la spingono ad agire» (già sottolineati più volte).
Buongiorno a tutti
Ma siamo sempre lì: i condizionamenti non rendono la libertà meno "libera", ma sono le costrizioni oggettive alla volontà che la rendono meno libera. I condizionamenti sono innumerevoli ( e trovo veramente riduzionista ridurli al sistema neurologico, che ha sì un'importanza fondamentale, ma ce ne sono tantissimi altri).
Tu hai un concetto di libertà, come ho già rilevato, che la nega perché condizionata, ma non esiste fenomeno o concetto nell'universo che non lo sia e allora sarebbero tutti irreali.Non si può negare, a mio avviso, realtà ad un concetto solo perché è condizionato. Dimmi un concetto che non lo sia ? Allora sì che, di condizionamento in condizionamento, torniamo ad un regresso all'infinito. Cambiare termine non serve a nulla praticamente e non lo si può fare per editto ("La libertà non esiste più, esiste solo la possibilità condizionata").
Per libertà s'intende la condizione per cui un individuo può decidere di pensare, esprimersi e agire senza costrizioni, ricorrendo alla volontà di ideare e mettere in atto un'azione, mediante una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a realizzarla.
Riguardo all'ambito in cui si opera la libera scelta si parla di libertà morale, giuridica, economica, politica, di pensiero, libertà metafisica, religiosa, ecc. (WP)
Come vedi la definizione del concetto di "libertà" prevede lo scegliere senza costrizioni da parte " di un individuo" ( imprescindibile), non senza condizioni, e si tratta sempre di scelta in relazione a , scelta di...
Se tu equipari condizione con costrizione non so che farci. Come si potrebbe operare una scelta in mancanza di condizioni?
Negare il concetto di libertà con un processo puramente logico "a ritroso" e che poi, arbitrarmente s'arresta ad un certo punto, non ha senso a mio parere. (la volontà è determinata dal sistema nervoso centrale, che è determinato dall'azione di neuroni, che sono determinati da...e così via all'infinito)
@AlexanderRispondo didascalico, perché non era mia intenzione riavvolgere il nastro della conversazione; tuttavia sarebbe scortesia non rispondere alle tue osservazioni (cercando di dissipare sostanziali fraintendimenti e augurandomi non di non generarne altri).
Citazione di: Alexander il 06 Gennaio 2021, 13:49:09 PM
I condizionamenti sono innumerevoli ( e trovo veramente riduzionista ridurli al sistema neurologico, che ha sì un'importanza fondamentale, ma ce ne sono tantissimi altri).
Se ti riferisci alla nostra conversazione, non li ho ridotti solo al sistema neurologico: se vedi la lista citata più volte (al punto che la davo ormai per chiarita), spesso abbreviata dal consueto «etc.», ho parlato anche di input del contesto esterno, condizionamenti culturali,
etc.Citazione di: Alexander il 06 Gennaio 2021, 13:49:09 PM
Tu hai un concetto di libertà, come ho già rilevato, che la nega perché condizionata,
Non nego la libertà, ma ne sono scettico (per questo faccio domande): constato l'oggettività dei condizionamenti e chiedo a chi crede nella libertà di fondarla; non di dimostrarmi che è, indubbiamente, un concetto con una sua storia, una sua utilità, una sua plausibilià, un suo fascino, etc. Per «fondarla», non intedo banalmente giustificarla con esempi concreti di «libertà di» che, semanticamente, presuppongono il concetto stesso di libertà (che giustifica la «libertà di», che giustifica la «libertà», che dà senso alla «libertà di», etc. in uno sfuggente girotondo logico, piuttosto insoddisfacente per chi cerca un fondamento solido ed epistemico).
Citazione di: Alexander il 06 Gennaio 2021, 13:49:09 PM
non esiste fenomeno o concetto nell'universo che non lo sia e allora sarebbero tutti irreali.
Essere condizionato non comporta essere irreale: la mia esistenza è condizionata, ma non la ritengo irreale.
Citazione di: Alexander il 06 Gennaio 2021, 13:49:09 PM
Cambiare termine non serve a nulla praticamente e non lo si può fare per editto ("La libertà non esiste più, esiste solo la possibilità condizionata").
Non ho proposto di cancellare dai vocabolari «libertà», ma solo, seguendo un tuo spunto, di riflettere, abbandonata (dati gli evitamenti) la questione del fondamento, sull'uso linguistico di «libertà», considerando come la sua vaghezza non deponga a favore di una sua chiara fruibilità.
Citazione di: Alexander il 06 Gennaio 2021, 13:49:09 PM
Negare il concetto di libertà con un processo puramente logico "a ritroso" e che poi, arbitrarmente s'arresta ad un certo punto, non ha senso a mio parere. (la volontà è determinata dal sistema nervoso centrale, che è determinato dall'azione di neuroni, che sono determinati da...e così via all'infinito)
Come già detto (resto fiducioso che si legga bene ciò che scrivo, scusandomi comunque per le ripetizioni), ammesso e non concesso che qualcuno abbia proposto questo processo puramente logico (come se non ci potessero essere anche cause e fondamenti empirici), non può esserci comunque un regresso all'infinito, perché si arriverebbe inevitabilmente al punto in cui l'individuo nasce come tale (e direi che non avrebbe senso regredire oltre per analizzare la sua volontà
individuale, salvo non aver almeno chiarito e spiegato tutto ciò che segue la sua nascita; il che sarebbe, per me, già un gran risultato).
P.s.
La definizione di un concetto non ne implica l'esistenza reale (ma, appunto, quella concettuale); sulle enciclopedie trovi anche la definizione di concetti ed enti di cui è stato dimostrato che non hanno fondamento nella realtà, non esistono (per questo indagare il fondamento dei concetti non è filosoficamente inutile, ma capisco che in qualche caso ciò richieda una radicalità non facilmente "comunicabile", almeno per me).
Incontrare lo sguardo della Medusa non è così difficile...
Il mondo politico, imprenditoriale, professionale, e sì, pure il cosiddetto intellettuale, stanno involvendo.
E' in atto un reflusso che a solo osservarlo fa tremare i polsi.
Che ne sarà delle nuove generazioni?
Ciò che più preoccupa è l'abbandono della fede nella Verità.
Che si può riscontrare un po' dovunque. Pure qui.
Come si può riscontrare nella sequela di interventi su questo argomento.
Sembra proprio di assistere a un liberi tutti!
Sconcerto che non riguarda certo la legittima posizione a favore del libero arbitrio, ma il modo con cui la si sostiene.
Che non è dissimile da come ferventi credenti affermano l'esistenza di Dio convinti di averla dimostrata...
Vi è chi sostiene il libero arbitrio con la medesima foga e senza alcuna prova concreta. E magari sono gli stessi che guardano con sufficienza quei creduloni dei credenti...
Ma questa è la situazione:
La logica diventa "metafisica"...
Se voglio fare qualcosa e vi riesco, ciò dimostra il mio libero arbitrio...
La mia volontà è libera perché lo constato...
Il libero arbitrio esiste senz'altro perché se no la responsabilità...
L'applicazione della logica per concetti è... sibillina.
Il relativismo dimostra la libertà...
Buonasera Phil
Non per ripetermi anch'io...
Un individuo non nasce "come tale" senza condizioni, in un preciso momento deciso per convenzione (tre mesi? Cinque mesi se è handiccapato? ecc.). Vedi che è arbitrario il fermarsi ad un certo punto se andiamo in cerca degli eventuali condizionamenti "a ritroso"? E in ogni caso non cambia la sostanza in quanto il concetto di libertà non è legato alle condizioni, ma alle costrizioni estrinseche all'individuo. Faccio un ulteriore esempio: Un indiano vive in una riserva nell'ottocento. Può scegliere di uscire o restarci dentro? Sì, ma se esce può essere ucciso. La possibilità di scelta esiste, ma non la libertà di farlo. Un indiano libero del novecento decide di uscire dalla riserva.Può farlo? Sì , perché la sua libertà è giuridicamente fondata; nessuno può ucciderlo. Questo è il fondamento della libertà, che non è solo scelta possibile. E' ininfluente al concetto stesso se l'indiano è spinto ad uscire per cacciare il bisonte o perché spinto dall'ardore verso una bella ragazza bianca. Se sono giuridicamente libero di farlo sono libero, se non lo sono giuridicamente non lo sono. La possibilità viene negata. Le motivazioni e condizioni che mi spingono a farlo rispondono ad altre domande: perché hai fame? Perché desideri la ragazza bianca? Perché il tuo animo ti spinge a voler uscire? ecc.ecc.Ma il punto è semplice: sono libero di farlo se lo voglio, indipendentemente da ciò che mi spinge a farlo?
La libertà è un concetto inerente le possibilità dell'agire. Non è un concetto metafisico. Per questo paradossalmente affermavo che il concetto di libertà può esistere solo in presenza di condizioni.
P.S.Nel caso del "libero arbitrio" la scelta libera tra il bene e il male è sempre subordinata all'essere in presenza di Dio, il che presuppone un atto di fede (credo che Dio mi abbia dato questa possibilità, indipendentemente, anche qui, dalle mie condizioni).
Citazione di: Phil il 06 Gennaio 2021, 12:57:56 PM
P.s.
Forse una delle difficoltà nell'indagare il fondamento onto-logico ed epistemico (@Ipazia: intendo neurale e razionale, non ideal-metafisico, o circolarmente a posteriori come fanno etica ed etologia) della libertà, al di là delle comprensibili resistenze psicologiche, è che ormai è un concetto troppo consolidato e ritenuto imprescindibile, pur nella sua vaghezza (al punto che chi lo mette in questione viene interpretato, come è accaduto, in veste di cultore di una libertà assoluta, quasi fosse inevitabile dover credere ad una qualche forma di libertà, qualunque sia il suo fantomatico "referente", senza farsi troppe domande fenomeno-logiche).
Il fondamento ontologico, fenomenologico ed epistemico della liberta è contenuto nella definizione di wp riportato da Alexander. Essendo un concetto differenziale, e non assoluto, la libertà necessita di un referimento "normale", esente da costrinzioni "estrinseche" come postava un utente tempo fa, dello stato di libertà che va contestualizzato al livello di realtà in cui si applica il concetto.
Nello stato di natura un animale è libero finchè non viene rinchiuso in una gabbia. Nella dimensione antropologica le costrizioni "neurologiche e razionali" vanno correlate ad un contesto sociale e clinico di
"pensare, esprimersi e agire senza costrizioni (cit.). Nella dimensione sociale il concetto di libertà è intersoggettivo e si concretizza nella
partecipazione alle decisioni (Gaber-Luporini). Inter pares, per cui si coniuga naturalmente col concetto di
uguaglianza in quanto le condizioni di disuguaglianza comportano margini di libertà inferiore per chi è nella condizione più sfavorevole. Sempre a rischio di perdere del tutto la libertà.
Essendo una fattispecie etologica sopporta lo stiracchiamento metafisico fino ad un certo punto e necessita di stampelle empiriche per potersi manifestare e fondare. Pertanto l'esemplificazione concreta diventa, epistemologicamente, parte del concetto.
Salve. Una cosa non ho capito : c'è qualcuno che voglia e possa spiegarmi in quale modo si può prendere una qualsiasi decisione senza essere influenzati dai propri contenuti psichici (istintuali, patologici od esperienziali che possano essere) ?.
Secondo voi esistono persone prive di contenuti psichici orientanti e/o plasmanti in tutto od in parte le funzioni mentali, tra le quali ovviamente si collocano coscienzialità, raziocinio, volitività ?.
Buona sera viator
cit. Salve. Una cosa non ho capito : c'è qualcuno che voglia e possa spiegarmi in quale modo si può prendere una qualsiasi decisione senza essere influenzati dai propri contenuti psichici (istintuali, patologici od esperienziali che possano essere) ?.
Infatti non si può prendere. Ma influenzati non è necessariamente predeterminati. Con un esempio (scusa ma sono un maniaco degli esempi): non si può certo dipingere un quadro senza i colori, ma il dipinto realizzato non è semplicemente la somma dei colori. E' un esempio solamente, con i suoi limiti. Quel che voglio dire è che necessariamente siamo condizionati/influenzati dai nostri contenuti ma li elaboriamo anche, con esiti a volte imprevedibili.
cit.Secondo voi esistono persone prive di contenuti psichici orientanti e/o plasmanti in tutto od in parte le funzioni mentali, tra le quali ovviamente si collocano coscienzialità, raziocinio, volitività ?.
Credo che esistano individuo "microcefali" (non so se è il termine esatto) in cui questi contenuti sono estremamente limitati. E' chiaro che, in queste condizioni non possono certo esprimere delle scelte volontarie (bisogna però anche valutare l'istintualità del corpo). Non sono in grado di dare una risposta certa. Ogni caso è a sé. Per me conservano la dignità di "persone", anche se incapaci di intendere e volere. Proprio perché incapaci di volere, e quindi di scegliere, i concetti di libertà e dignità della persona sono importanti per garantire i loro diritti giuridici.
Salve alexander: Preciso, inserendo mie
grassettature all'interno del tuo testo :
Citazione di: Alexander il 06 Gennaio 2021, 20:05:11 PM
Buona sera viator
cit. Salve. Una cosa non ho capito : c'è qualcuno che voglia e possa spiegarmi in quale modo si può prendere una qualsiasi decisione senza essere influenzati dai propri contenuti psichici (istintuali, patologici od esperienziali che possano essere) ?.
Infatti non si può prendere. Ma influenzati non è necessariamente predeterminati. Con un esempio (scusa ma sono un maniaco degli esempi): non si può certo dipingere un quadro senza i colori, ma il dipinto realizzato non è semplicemente la somma dei colori. E' un esempio solamente, con i suoi limiti. Quel che voglio dire è che necessariamente siamo condizionati/influenzati dai nostri contenuti ma li elaboriamo anche, con esiti a volte imprevedibili.(ovvero, l'elaborazione infatti, quando abbia effetti imprevedibili, avrà tali effetti appunto perchè effettuata dalla psiche (l'inconscio istintuale o non istintuale). Quindi l'azione della psiche (cioè di un ambito esterno alla volontà) finirà sempre per condizionare la successiva, posteriore elaborazione consapevole (cioè la creduta ma inesistente libertà di scelta) effettuata dalla volontà che qualcuno potrà credere libera, mentre invece essa risulta sempre appunto condizionata da ciò che la "circonda").
cit.Secondo voi esistono persone prive di contenuti psichici orientanti e/o plasmanti in tutto od in parte le funzioni mentali, tra le quali ovviamente si collocano coscienzialità, raziocinio, volitività ?.
Credo che esistano individuo "microcefali" (non so se è il termine esatto) in cui questi contenuti sono estremamente limitati. E' chiaro che, in queste condizioni non possono certo esprimere delle scelte volontarie (questi vanno ovviamente esclusi dato che tu stesso dai per mancante in loro una compiuta (quindi "libera") volitività) (bisogna però anche valutare l'istintualità del corpo)(appunto : istinto che è presente ed attivo in qualsiasi processo decisionale sia nei minorati che dei normodotati che dei maggiorati psicomentali). Non sono in grado di dare una risposta certa. Ogni caso è a sé. Per me conservano la dignità di "persone", anche se incapaci di intendere e volere. Proprio perché incapaci di volere, e quindi di scegliere, i concetti di libertà e dignità della persona sono importanti per garantire i loro diritti giuridici (e che c'entra la loro dignità di persone o di cittadini con il loro grado di libertà nel confronti di tutto ciò che può influire sulle loro decisioni ?).
Amichevoli saluti.
@BobmaxConcordo con le tue "perplessità" riguardo l'argomentare per sostenere alcune ipotesi (passi falsi logici, spiegati nei manuali, prima che contenutistici), pur apprezzando sicuramente il rispondere pacato e disponibile degli interlocutori (soprattutto
Alexander). Riguardo la «fede nella Verità»(cit.), devo invece deluderti: anch'io sono fra i suoi orfani (o meglio, ho scoperto che mi aveva solo adottato, non ero figlio suo, quindi sono fuggito dalla sua casa... farò come il figliuol prodigo? Non posso escluderlo
a priori).
@AlexanderCitazione di: Alexander il 06 Gennaio 2021, 18:29:36 PM
Nel caso del "libero arbitrio" la scelta libera tra il bene e il male è sempre subordinata all'essere in presenza di Dio, il che presuppone un atto di fede (credo che Dio mi abbia dato questa possibilità, indipendentemente, anche qui, dalle mie condizioni).
La fede è un tipo di fondamento del libero arbitrio che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni o approfondimenti (essendo già noto).
@IpaziaLa definizione di wikipedia non mi pare contenga addirittura «il fondamento ontologico, fenomenologico ed epistemico della libertà»(cit.), come d'altronde è normale per molte definizioni in quanto tali; la citazione parla infatti di «senza costrizioni» (dopo tutte quelle che abbiamo già individuato), «volontà» (la cui libertà è il nocciolo della questione) e «libera scelta» (usare «libera» parlando di «libertà» è sintomatico) senza fondare o argomentare nulla di tutto ciò (le definizioni infatti affermano, non dimostrano; vedi, come già detto, le definizioni di enti o concetti privi di fondamento attendibile).
La parola chiave presente nella definizione wp che fonda ontologicamente - e di seguito tutto il resto - la libertà è: assenza di costrizioni.
Indipendentemente da tutti i vincoli che possono aver condizionato la mia visione del mondo, la mia personalità e il mio stato fisico e mentale io sono libero se posso decidere la mia azione. Certamente d.j.Fabo non ha scelto la sua invalidità, ma ha potuto scegliere - in Svizzera e in assenza di costrizioni - di porre fine alla sua sofferenza con un libero atto di volontà.
Essendo la libertà uno stato e non un ente essa può essere definita soltanto descrivendo lo stato medesimo. WP cita una sequenza di piani del reale in cui l'uso del concetto libertà è fenomenologicamente pertinente.
Sì Phil, vedo questo tuo distacco. Che cerchi di mantenere con determinazione.
Ma non è anch'esso manifestazione della fede nella Verità?
L'uomo che non vuole ingannarsi, costi quello che costi, mette in discussione ogni cosa, anche la verità.
Ma è questo comunque un gesto d'amore, seppur inconsapevole, che di fonda paradossalmente sulla stessa Verità.
Non solo sei figliol prodigo, sei pure figlio unigenito.
Infatti ci sei solo tu e... la Verità.
Credere nel libero arbitrio è senz'altro legittimo. Ed è probabilmente l'unico modo per confermarne l'esistenza: lo si crede.
Ma il credere che il libero arbitrio sia un dono di Dio, non è un atto di fede. Bensì una superstizione. Una superstizione che a ben guardare sconfina nella bestemmia.
L'unica autentica fede, è infatti fede nella Verità. Che è a tutti gli effetti fede nel Nulla.
Dio = Nulla.
Voler credere vero qualcosa di non dimostrabile, chiamando in causa Dio, consiste nel nominare Dio invano.
Buongiorno a tutti
viator
La libertà riguarda le costrizioni esterne alla volontà, non le condizioni interne. Non sono libero se le costrizioni esterne alla mia volontà mi impediscono di esercitarla, qualunque siano le condizioni interne che muovono la volontà stessa . Nell'esempio pertinente riportato da Ipazia le volontà del malato di porre fine alla sua sofferenza erano certamente condizionate dal suo stato psicofisico (probabilmente non avrebbe desiderato di morire se fosse stato sano), ma la sua libertà di porre in atto il suo desiderio era negata (costrizione) da fattori a lui esterni. Non era libero di esercitare la sua volontà di morire. Nel caso di un minorato psichico grave, può non avere strumenti adeguati per manifestare una qualche volontà. Il problema diventa quindi quello della volontà degli altri di tutelarlo o meno.
In senso più ampio penso che si dovrebbe parlare di volontà non come una monade, ma come una pluralità di intenzioni razionali consapevoli e desideri inconsci, che quasi sempre confliggono fra loro per determinare una scelta. Spesso un potente desiderio viene bloccato da una ferma decisione razionale.
Bobmax
Nella visione cristiano cattolica e ortodossa il libero arbitrio appare necessario. Se la scelta tra il bene e il male è predeterminata e l'anima può solo sottomettercisi viene a mancare la possibilità di amare liberamente Dio stesso. In questo caso non saremmo fatti " a sua immagine e somiglianza" , ma dei burattini nelle mani di un despota capriccioso che muove tutti i fili. Il grado di libertà concesso, che non è assoluto, permette la libera scelta. Notiamo che, anche in questa tradizione religiosa, l'anima, che viene vista come ciò che permette la scelta tra bene e male, viene creata da Dio con l'ineffabile desiderio che la condiziona di "ritornare" a lui, di cercarlo (il famoso salmo 41- "L'anima mia ha sete del Dio vivente").
l'"aprirsi alla Verità" di cui parli sarebbe possibile senza un seppur minimo grado di libertà? Penso di no perché, in una visione rigidamente deterministica, come quella spiegata da Phil, sei solamente costretto ad "aprirti", e un altro costretto a non aprirsi (sei costretto a credere in Dio, sei costretto a non credere in Dio, sei costretto ad essere relativista, sei costretto ad essere assolutista, di destra, di sinistra,ecc.), visto che ogni scelta che fai non è "libera", in quest'ottica, ma predeterminata rigidamente dalla forza interna predominante.
Scrivi "Dio=Nulla" cioè, se intendo bene: è negando l'essere che lo si afferma.
Da un altro punto di vista è vero anche il contrario: è affermandolo che lo si nega. (Abhinavagupta). Sono piuttosto d'accordo.
Usare le parole è un'arte difficile. Le parole ed i ragionamenti hanno un significato nobile o, meglio, illuminativo soltanto se usate a guisa del classico rametto incandescente che svanisce nel fuoco da esso stesso acceso (metafora imperfetta, ovviamente, dato che il Fuoco-Realtà non si accende e non si spegne).
Alexander
Le religioni sono tutte intrise di superstizione.
E il libero arbitrio è una di queste.
Se vuoi rimanere nell'ambito del cristianesimo, dovresti rivolgerti alla sua mistica, piuttosto che alle sue chiese.
Le chiese sono infatti fondate sul dogma, e il dogma non è che superstizione.
La fede nella Verità implica il non dare nulla per scontato.
E invece la superstizione consiste nel voler credere vero ciò che non mostra alcun fondamento.
La superstizione è pressoché inevitabile. Occorre ogni sforzo per combatterla. E l'unica possibilità è la fede nella Verità.
Per esempio guarda quante superstizioni in questo tuo breve scritto:
"Se la scelta tra il bene e il male è predeterminata e l'anima può solo sottomettercisi viene a mancare la possibilità di amare liberamente Dio stesso. In questo caso non saremmo fatti " a sua immagine e somiglianza" , ma dei burattini nelle mani di un despota capriccioso che muove tutti i fili."
Ne elenco alcune:
Fatti a sua immagine e somiglianza
Su che base affermi ciò? Non è forse che una superstizione?
La scelta è predeterminata
E perché mai? E il caso dove lo metti? E inoltre davvero credi che il divenire sia una verità assoluta?
Altra superstizione.
Burattini nelle mani di un despota...
Dai per scontato l'io.
Ma se non esiste il libero arbitrio non vi è neppure un io!
E poi... davvero poca fede chi necessita di avere un'anima distinta dall'Uno.
Altra superstizione.
Parli dell'Uno, ma non vedi che Dio ama se stesso.
Sì, occorre aprirsi alla Verità.
E questa è forse l'unica autentica libertà.
Ma in che senso è una scelta libera?
Dove si fonda questa libertà, se il libero arbitrio è un'illusione, se lo stesso io è inesistente?
Non è forse sempre nel Padre che vi è la libertà? E non è dal Padre che al figlio unigenito giunge la Grazia che permette il ritorno del figliol prodigo?
Tu sei il figlio unigenito. Tutto ciò che ti circonda, e pure i tuoi pensieri, i sentimenti, la tua stessa volontà, non sono che Dio.
Ci sei solo tu e Dio.
Finché non ritorni al Padre.
@IpaziaIn risposta ad un post in cui si osserva che le definizioni affermano, ma non dimostrano, fornisci alcune affermazioni presentate come "fondamento": la libertà è x, Tizio ha compiuto una libera scelta, la libertà si usa in diversi ambiti, etc. si tratta dunque di fondamenti "assiomatici", nel senso che (presup)poni alcune proposizioni come vere e poi le usi per dimostrare qualcosa? Eppure tali proposizioni contengono già ciò che si dovrebbe dimostrare (come da
petitio principii).
Quando si
crede fermamente in qualcosa (il che non è un reato), c'è il rischio (se lo si considera tale) di incappare nel cosiddetto
«confirmation bias»: trovare conferma delle proprie credenze in ogni occasione possibile, anche quando non c'è autentica pertinenza (capita molto nelle religioni, tipico esempio di fede).
Più in dettaglio:
Citazione di: Ipazia il 06 Gennaio 2021, 22:59:11 PM
La parola chiave presente nella definizione wp che fonda ontologicamente - e di seguito tutto il resto - la libertà è: assenza di costrizioni.
Di nuovo: fondare non significa semplicemente affermare: se una definizione afferma che Dio è l'ente creatore del mondo (o
simili), abbiamo forse fondato ontologicamente il creazionismo? Servono ragionamenti, constatazioni, argomentazioni, etc. tanto più comprensibili quanto più logicamente solidi. Altrimenti siamo ancora nel circolo vizioso che usa il
demonstrandum (ciò che va dimostrato) come premessa apoditticamente vera.
Citazione di: Ipazia il 06 Gennaio 2021, 22:59:11 PM
WP cita una sequenza di piani del reale in cui l'uso del concetto libertà è fenomenologicamente pertinente.
Vedi sopra: se elenchiamo i piani del reale in cui l'uso del concetto di «dio» è fenomenologicamente pertinente (intendevo fenomenologia
à la Husserl, avrei dovuto precisarlo), che peso argomentativo e fondazionale ha (per la sua esistenza reale, non solo come concetto, meme culturale, etc.)?
Citazione di: Ipazia il 06 Gennaio 2021, 22:59:11 PM
io sono libero se posso decidere la mia azione.
Sulla contiguità fra «sono libero» e «posso» siamo d'accordo (v. sopra il discorso sulla «possibilità»), ma restiamo ancora alle affermazioni; dov'è il fondamento o l'argomentazione pro-libertà? Sono libero perché posso decidere, decido perché sono libero di scegliere, e ovviamente posso scegliere solo perché sono libero (altrimenti non potrei), tale libertà fonda la possibilità di scegliere, la quale dà adito alla libertà di scelta, che è una prova della libertà, che consente la libera scelta, che... etc.
Non ho motivo di mettere in scena il "bis" della conversazione con Alexander; se vuoi approfondire la questione del fondamento, mi permetto di rimandarti alle pagine precedenti dove trovi già molte domande sull'argomento (che le risposte di Alexander mi hanno aiutato e riformulare in vari modi).
Citazione di: Ipazia il 06 Gennaio 2021, 22:59:11 PM
Certamente d.j.Fabo non ha scelto la sua invalidità, ma ha potuto scegliere - in Svizzera e in assenza di costrizioni - di porre fine alla sua sofferenza con un libero atto di volontà.
Libero atto di volontà: «libero» in base a cosa?
Come la volontà è (parzialmente o meno) libera (da/di)? Vedi ancora tutte le domande delle pagine precedenti sulla libertà di
volere; possibilmente senza ricadere nell'errore di
esternalizzare la libertà di
volere, identificandola con il fatto che egli non aveva condizionamenti esterni, confondendo così libertà d'azione, giuridica o altro e libertà-di-volere/libero-arbitrio (oggetto delle mie domande).
La volontà è interna all'individuo, se è libera, tale libertà deve essere radicata altrettanto internamente (finché parliamo di libertà di
volere); altrimenti (se confondiamo interno ed esterno, volontà ed azione), usando un esempio estremo (fantasioso, non da prendere alla lettera), se la volontà fosse solo un "
software deterministico" ovvero privo di qualsiasi libero arbitrio, in assenza di condizionamenti esterni si ritroverebbe ad essere allo stesso tempo etichettabile come "libero", non avendo costrizioni esterne, e deterministico, essendo pre-programmato. Così finiremmo (fallacemente direi) per concludere che uno sportello bancomat ha "libertà di scelta" finché non ha costrizioni che ne impediscono il funzionamento
esterno.
Qual è dunque la differenza fra noi e un bancomat, se entrambi siamo liberi da vincoli esterni che condizionano il nostro agire? Che noi abbiamo una volontà
1? Ma la nostra volontà è davvero libera (di
volere, non di agire esternamente)? Pare ci sia una serie di condizionamenti interni (neurologici, mnemonici, cognitivi, genetici, etc.), oltre che esterni (contesto, input culturali, etc.) con cui la volontà debba far i conti perché la
determinano (
fondandola oggettivamente, epistemologicamente, ontologicamente, etc.).
Aggiungere la libertà ad una volontà condizionata è surrettizio, almeno fino a
prova (non «affermazione») contraria, ovvero ci sono dei condizionamenti oggettivi a cui accostiamo un'eccedenza che ne esula, senza tuttavia dimostrarla o fondarla (per ora). Affermare che ci sono fattori condizionanti che determinano la volontà, ma poi c'è qualcosa di non condizionato, che costituisce la liberta, è
un po' come dire che constatiamo la mortalità dell'uomo, ma c'è anche qualcosa di non mortale che ne costituisce l'immortalità; in entrambi i casi abbiamo qualcosa di oggettivo (i condizionamenti, la mortalità) a cui associamo qualcosa di ipotetico, che eccede l'oggettività constatata, ma non viene argomentato (se non affermandolo).
La differenza fra l'immortalità di una parte dell'uomo e la libertà condizionata è che la libertà la constatiamo, mentre l'immortalità no? L'esempio dell'immortalità vuole essere una similitudine esplicativa, non un parallelismo perfetto o l'oggetto dell'argomento, resta comunque vero (come da suddetto
bias) che proprio come chi "vede" la libertà di volere (attenzione: non di agire) esprimersi nelle azioni, altrettanto alcuni "vedono" il karma, o l'azione dei santi, di dio o altro, manifestarsi in eventi e fatti, considerati fallacemente come evidenze e fondamenti delle proprie credenze.
1Prima che qualcuno "mi faccia dire" che «gli uomini sono dei bancomat bipedi», inviterei a tenere in mente le numerose differenze (biologiche, di plasticità cerebrale, di interazione sociale, etc.) che rendono l'uomo differente da un bancomat e che do per scontate (oltre che
off topic).
Buongiorno bobmax
Io ho solo riportato quali sono le ragioni teologiche per cui si è postulato il "libero arbitrio" nel Cristianesimo. Non ho detto che le condivido. Hanno il loro senso all'interno del credo cristiano. Credo che non si fonda su motivazioni logiche o empiriche, essendo basato sulla fede in un'epifania.Non capisco perché mi tacci da superstizioso. Ho fatto anche uno sforzo per cercare di interpretare come meglio posso il tuo scritto, che appare piuttosto criptico (linguaggio mistico).
Buongiorno Phil
cit.Aggiungere la libertà ad una volontà condizionata è surrettizio, almeno fino a prova (non «affermazione») contraria, ovvero ci sono dei condizionamenti oggettivi a cui accostiamo un'eccedenza che ne esula, senza tuttavia dimostrarla o fondarla (per ora).
Non per sostituirmi a Ipazia, ma fermo un punto prima che mi sfugga:
Non c'è alcuna eccedenza che esula, questa è una tua interpretazione. Nel mio caso parlavo dell'elaborazione che l'individuo fa partendo dai condizionamenti per giungere ad un atto della volontà. La libertà non è concetto applicabile in questa fase, ma nella successiva, quando questo atto volontario viene permesso o negato dalle costrizioni esterne all'individuo. Nessuna eccedenza "magica" quindi. L'errore logico che fai, a mio avviso, è quello di voler applicare il concetto di libertà all'intenzionalità della volontà, mentre va applicato, per definizione, all'atto; se può concretizzarsi o meno.
Parlo di libertà di volere (che determina le scelte) perché il tema in questione è il libero arbitrio, che non è, per definizione, la libertà di azione esterna (che abbiamo visto essere applicabile anche a bancomat ed altri enti privi di volontà).
Buon pomeriggio Phil
Il libero arbitrio è un concetto diverso dalla libertà di volere, come ho già rilevato. La libertà del bancomat è priva di volontà intenzionale sottostante. E' un atto puramente meccanico. Infatti nessuno si chiede se un bancomat è "libero" di non darti il contante prelevato. Sarebbe assurdo. Anche se forse non ti va la definizione , la libertà riguarda l'esercizio senza costrizioni o meno della volontà di un individuo (non di una macchina), che è già termine di difficile definizione, e non la volontà stessa. E' una pretesa che esula dal concetto volerlo fare.
Non essendo io un determinista assoluto penso esista un certo grado, seppur minimo, di potenzialità autonoma nelle scelte della volontà, elaborata naturalmente sulla catasta dei condizionamenti, che peraltro sono necessari (meno sono meglio è, però. Ma anche no, ci sto riflettendo sopra). Questa potenzialità di scelta "indeterminata" o casuale, come si preferisce, la ritengo molto importante. Ma è solo una considerazione personale, non dimostrabile (ma non lo è nemmeno il contrario).
Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2021, 12:41:26 PM
Citazione di: Ipazia il 06 Gennaio 2021, 22:59:11 PM
La parola chiave presente nella definizione wp che fonda ontologicamente - e di seguito tutto il resto - la libertà è: assenza di costrizioni.
Di nuovo: fondare non significa semplicemente affermare: se una definizione afferma che Dio è l'ente creatore del mondo (o simili), abbiamo forse fondato ontologicamente il creazionismo? Servono ragionamenti, constatazioni, argomentazioni, etc. tanto più comprensibili quanto più logicamente solidi. Altrimenti siamo ancora nel circolo vizioso che usa il demonstrandum (ciò che va dimostrato) come premessa apoditticamente vera.
Ragioniamo. Se metto un animale in gabbia ho creato una costrizione materiale che impedisce all'animale di esercitare tutte le funzioni e i desideri di un animale libero. Se rimuovo la costrizione, aprendo la gabbia, solitamente l'animale scappa e recupera il piano del reale che la natura gli ha conferito.
Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2021, 12:41:26 PM
Citazione di: Ipazia il 06 Gennaio 2021, 22:59:11 PM
WP cita una sequenza di piani del reale in cui l'uso del concetto libertà è fenomenologicamente pertinente.
Vedi sopra: se elenchiamo i piani del reale in cui l'uso del concetto di «dio» è fenomenologicamente pertinente (intendevo fenomenologia à la Husserl, avrei dovuto precisarlo), che peso argomentativo e fondazionale ha (per la sua esistenza reale, non solo come concetto, meme culturale, etc.)?
Nessuno. Ma se al posto di Dio ci mettiamo Spartaco e le sue catene, l'esistenza reale di entrambi ce la consegna la storia senza neppure tante acrobazie ermeneutiche.
Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2021, 12:41:26 PM
Citazione di: Ipazia il 06 Gennaio 2021, 22:59:11 PM
io sono libero se posso decidere la mia azione.
Sulla contiguità fra «sono libero» e «posso» siamo d'accordo (v. sopra il discorso sulla «possibilità»), ma restiamo ancora alle affermazioni; dov'è il fondamento o l'argomentazione pro-libertà? Sono libero perché posso decidere, decido perché sono libero di scegliere, e ovviamente posso scegliere solo perché sono libero (altrimenti non potrei), tale libertà fonda la possibilità di scegliere, la quale dà adito alla libertà di scelta, che è una prova della libertà, che consente la libera scelta, che... etc.
Non ho motivo di mettere in scena il "bis" della conversazione con Alexander; se vuoi approfondire la questione del fondamento, mi permetto di rimandarti alle pagine precedenti dove trovi già molte domande sull'argomento (che le risposte di Alexander mi hanno aiutato e riformulare in vari modi).
L'argomentazione pro-libertà è, a seconda dei piani di realtà considerati da wp:
libertà morale: poter agire secondo le proprie convinzioni morali (ad es: salvare un ebreo dal lager anche contro la legge vigente)
giuridica: non essere recluso per aver violato la legge.
economica: ce ne sono tante e spesso la libertà dell'uno è la schiavitù dell'altro.
politica: partecipazione alle decisioni collettive in condizioni di parità; democrazia.
pensiero: non essere perseguitato o discriminato nella vita sociale per le proprie opinioni.
libertà metafisica: c.s. (ma lascerei ai metafisici la questione)
religiosa: poter adorare il proprio nume preferito.
scientifica (aggiungo io): Galileo docet.
Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2021, 12:41:26 PM
Citazione di: Ipazia il 06 Gennaio 2021, 22:59:11 PM
Certamente d.j.Fabo non ha scelto la sua invalidità, ma ha potuto scegliere - in Svizzera e in assenza di costrizioni - di porre fine alla sua sofferenza con un libero atto di volontà.
Libero atto di volontà: «libero» in base a cosa? Come la volontà è (parzialmente o meno) libera (da/di)? Vedi ancora tutte le domande delle pagine precedenti sulla libertà di volere; possibilmente senza ricadere nell'errore di esternalizzare la libertà di volere, identificandola con il fatto che egli non aveva condizionamenti esterni, confondendo così libertà d'azione, giuridica o altro e libertà-di-volere/libero-arbitrio (oggetto delle mie domande)
Libero (in Svizzera) in base alla sua volontà/desiderio di porre fine alla sua sofferenza. Libero di decidere della sua vita e della sua morte. Che sono il massimo range di libertà di un vivente.
Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2021, 12:41:26 PM...Ma la nostra volontà è davvero libera (di volere, non di agire esternamente)? Pare ci sia una serie di condizionamenti interni (neurologici, mnemonici, cognitivi, genetici, etc.), oltre che esterni (contesto, input culturali, etc.) con cui la volontà debba far i conti perché la determinano (fondandola oggettivamente, epistemologicamente, ontologicamente, etc.).
Chi ha nascosto gli ebrei dai nazisti aveva margini di libertà molto ristretti (volere/agire: non vedo alcun conflitto laddove all'idea segua, coerentemente, l'azione) ma li ha comunque esercitati sul piano morale, liberando altre persone dal lager e da una morte certa sul piano fisico. Come ho già detto, la libertà si misura a partire dalla fine delle costrizioni insuperabili (non ho nè ali nè branchie e sono a tempo determinato). L'etica - e la sua strutturazione giurisprudenziale - si regge su questo
resto. Ma pure l'estetica. E la ricerca.
Citazione di: Ipazia il 07 Gennaio 2021, 21:23:09 PM
L'argomentazione pro-libertà è, a seconda dei piani di realtà considerati da wp: ...
Risparmiandomi il granitico
bias di conferma, che funge da ottima roccaforte contro il
senso di ogni domanda fondazionale e analisi critica, vorrei portare alla tua attenzione almeno cosa si intende in generale per
argomentazione (con annessa lista di fallacie), così che tu possa confrontarla con le presunte "argomentazioni" pro-libertà che hai citato da wikipedia (e valutare se sono tali o definizioni o altro).
Quale argomentazione è più asseverativa della realtà utilizzata tal quale ?
Secondo me, l'utilizzo della realtà comporta una sua interpretazione: assegnazione di parametri, utilità, senso, finalità dell'uso, valori ideali, etc.; tale interpretazione può essere più o meno pertinente e più o meno attendibile nel rapportarsi alla realtà; per verificarlo, se il tema non si presta solo ad esperimenti empirici, si usano il ragionamento, le argomentazioni, etc. cercando di fondarli il più possibile nel reale (quindi facendo attenzione a fallacie e bias; come quelli citati, ed usati, in precedenza).
Buon giorno a tutti
Penso che più fondato nel reale che considerando le costrizioni estrinseche sulla volontà che il reale comporta sia impossibile. E riferendosi a questo il concetto in esame mi sembra logico affidarsi a questa realtà. La mia volontà interna, per quanto condizionata, nulla può spesso contro le condizioni esterne ad essa.
Vedi Phil cosa implica la mancanza di fede nella Verità?
Ogni atto del pensiero razionale necessita di uno sforzo per mantenere una propria coerenza, per non cadere in contraddizione. Questo sforzo è in essenza un atto di fede. Che è fede nella Verità.
Permettimi perciò di dubitare del tuo essertene davvero allontanato.
Quando, come capita a tutti, questa fede latita, il caos, che non è mai davvero sconfitto, insidia nuovamente il nostro pensiero. Possiamo così persino affermare che 1 + 1 non fa 2. Semplicemente perché questo è il nostro piacere...
A questo punto però, Bobmax, senza far alcuna polemica, spetterebbe a voi che ci illuminaste su qual'è questa "Verità", visto che sembra che la possediate senza alcuna contraddizione. Non c'è alcuna verità da discernere e dimostrare inequivocabilmente, ma semplicemente cercare di dare la più centrata definizione possibile, e io aggiungo "cornice"( perché il mio professore insisteva con noi che dobbiamo sempre sforzarci di racchiudere un significato all'interno della sua cornice per non "perderci" in elocubrazioni vane), del termine in questione.
Tra l'altro siamo anche OT perché la domanda riguarda il credere o meno nel libero arbitrio e andava , più correttamente, avviata nella sezione apposita (ma non credo che si sarebbe sviluppata in senso religioso).
@bobmaxIl tuo dubitare è legittimo, ma lungi da me il provare a collaudare i meccanismi di resistenza ed autodifesa innescati dalla eventuale messa in questione della Verità (se anche non fosse
off topic, non mi ci avventurerei comunque). Riguardo il poter affermare che «1+1 non fa 2» direi che, se oggetto di conversazione, richiederebbe una
dimostrazione (trattandosi di matematica), e si tratterebbe almeno di
argomentarla (v. sopra), poiché alcune dimostrazioni, anche in matematica, sono solo apparentemente valide (come
questa).
Citazione di: Alexander il 07 Gennaio 2021, 14:34:15 PM
Buongiorno Phil
cit.Aggiungere la libertà ad una volontà condizionata è surrettizio, almeno fino a prova (non «affermazione») contraria, ovvero ci sono dei condizionamenti oggettivi a cui accostiamo un'eccedenza che ne esula, senza tuttavia dimostrarla o fondarla (per ora).
Non per sostituirmi a Ipazia, ma fermo un punto prima che mi sfugga:
Non c'è alcuna eccedenza che esula, questa è una tua interpretazione. Nel mio caso parlavo dell'elaborazione che l'individuo fa partendo dai condizionamenti per giungere ad un atto della volontà. La libertà non è concetto applicabile in questa fase, ma nella successiva, quando questo atto volontario viene permesso o negato dalle costrizioni esterne all'individuo. Nessuna eccedenza "magica" quindi. L'errore logico che fai, a mio avviso, è quello di voler applicare il concetto di libertà all'intenzionalità della volontà, mentre va applicato, per definizione, all'atto; se può concretizzarsi o meno.
Mi permetto: non è così. Puó essere che la volontà permetta il suo atto, nella fattispecie il volere ( cosa intendi con concretizzazione? L'atto del volere non si concretizza, banalmente e fenologicamente nel volete questo o quello ? ), indipendentemente da costrizioni esterne. Una volta che mi butto dal ponte posso volere non schiantarmi al suolo. È un esempio famoso, e distingue una "eventuale" ( è il tema dibattuto ) libertà di volere, dalla libertà da ( costrizioni estrinseche ).
Come in tutti i concetti astratti (verità compresa) la realtà effettuale resta la migliore pietra di paragone su cui fondarli. Applicando pure qualche espediente logico che si presti alla bisogna e la negazione, presente pure nelle dimostrazioni matematiche per assurdo, funziona anche in questo caso. Nulla è più esemplificativo dell'applicabilità razionale del concetto di libertà di un uccellino rinchiuso in una gabbia e di uno schiavo venduto al mercato col suo catename. Omnis determinatio est negatio.
Quindi, Ipazia, sul libero arbitrio tu che ne pensi?
Hai scritto molto, inserendo desidero con tanto di barra volontá, desiderio che per sua natura non libero, roba che non chiarisce ma confonde, ergo?
E peraltro qualcuno puó dirmi cosa significa libero arbitrio? Le basi genealogiche concettuali andù stanno, sul volete o no? Abbiamo cambiato visione, ok , è più complessa, ok che qualcuno me la spieghi, grazie.
Citazione di: Lou il 08 Gennaio 2021, 18:29:52 PM
Quindi, Ipazia, sul libero arbitrio tu che ne pensi?
Hai scritto molto, inserendo desidero con tanto di barra volontá, desiderio che per sua natura non libero, ergo?
E peraltro qualcuno puó dirmi cosa significa libero arbitrio?
Del libero arbitrio come concetto storicamente determinato Alexander ha scritto ed io condivido. E' un concetto sostanzialmente giuridico-religioso. Da lì si è passati ad un concetto infinitamente più esteso e declinabile come la libertà in senso lato ma sempre più orientata, com'è corretto che sia, in senso antropologico (vedi wp poco sopra) ed anche su questo ho detto la mia fino all'ultimo post.
Come tutte le astrazioni umane la libertà è concetto dialettico, con i suoi meccanismi di reazione e di retroazione. Con i suoi condizionamenti che però ritengo non impediscano del tutto elaborazioni personali diversificate in cui ciascuno aggiusta la volontà a modo suo e liberamente la fa agire a meno che non vi siano impedimenti esterni che glielo impediscano. Come non esiste una libertà assoluta così non esistono condizionamenti assoluti e la storia del dissenso lo testimonia al di là di ogni ragionevole dubbio.
Citazione di: Ipazia il 08 Gennaio 2021, 18:50:08 PM
Citazione di: Lou il 08 Gennaio 2021, 18:29:52 PM
Quindi, Ipazia, sul libero arbitrio tu che ne pensi?
Hai scritto molto, inserendo desidero con tanto di barra volontá, desiderio che per sua natura non libero, ergo?
E peraltro qualcuno puó dirmi cosa significa libero arbitrio?
Del libero arbitrio come concetto storicamente determinato Alexander ha scritto ed io condivido. E' un concetto sostanzialmente giuridico-religioso. Da lì si è passati ad un concetto infinitamente più esteso e declinabile come la libertà in senso lato ma sempre più orientata, com'è corretto che sia, in senso antropologico (vedi wp poco sopra) ed anche su questo ho detto la mia fino all'ultimo post.
Come tutte le astrazioni umane la libertà è concetto dialettico, con i suoi meccanismi di reazione e di retroazione. Con i suoi condizionamenti che però ritengo non impediscano del tutto elaborazioni personali diversificate in cui ciascuno aggiusta la volontà a modo suo e liberamente la fa agire a meno che non vi siano impedimenti esterni che glielo impediscano. Come non esiste una libertà assoluta così non esistono condizionamenti assoluti e la storia del dissenso lo testimonia al di là di ogni ragionevole dubbio.
Non ho chiesto storicamente, ma genealogicamente. Per Wikipedia non c 'è problema, ci vado e leggo. Quindi che significa libero arbitrio? Con libertá del volere ha qualche parentela? E per ri-inciso il desiderio è ció che mina più di tutto questa libertà del volere. Nota che passa così.
Citazione di: Lou il 08 Gennaio 2021, 18:53:46 PM
Non ho chiesto storicamente, ma genealogicamente.
Storia è genealogia. Esistono genealogie fantastiche, ma quelle storiche sono incontrovertibili.
CitazionePer Wikipedia non c 'è problema, ci vado e leggo.
Scoprirai che la libertà ha tante declinazioni. Umilmente e molto sinteticamente le ho esplicitate.
CitazioneQuindi che significa libero arbitrio?
Che l'uomo anche se creato dall'infinita bontà di un nume è libero di essere cattivo. Per estensione del concetto teologico:
CitazioneCon libertá del volere ha qualche parentela?
Sì.
CitazioneE per ri-inciso il desiderio è ció che mina più di tutto questa libertà del volere. Nota che passa così.
Il desiderio appagato rinforza la libertà del volere. Quello inappagato aguzza l'ingegno. La prossima volta andrà meglio. Eventualmente calibrando più sagacemente l'oggetto del desiderio.
P.S. diventare schiavi del desiderio è poco philosophisch.
Qui si parla di libero arbitrio, una delle tante declinazioni di libertà. E storia non "è", nè equivale a genealogia. Mi spiace.
In merito al desiderio e ai suoi appagamenti, sono contenta sia una chiaro non possa essere assimilato a una esperienza di libertà, che è altra "cosa".
Riporto una riflessione di N.Bohr sulla libertà della volontà che ho trovato molto interessante :
Il termine volontà è indispensabile a una descrizione completa dei fenomeni psichici, ma il problema è di stabilire fino a che punto è possibile parlare di libertà di agire in rapporto alle nostre possibilità. Finché ci si attiene a rigidi principi deterministici, l'idea di una simile libertà è evidentemente esclusa. Tuttavia la lezione generale della fisica atomica e, in particolare, la portata limitata della descrizione meccanicistica dei fenomeni biologici suggeriscono che la capacità dell'organismo di adattarsi all'ambiente include il potere di scegliere il modo piú adatto al raggiungimento di questo scopo.
Niels Bohr, I quanti e la vita
Molto interessante, il potere di scegliere è effettivamente distinto dalla libertà di agire. Esiste un rapporto, come descritto nel testo citato, ma non sono lo stesso.
Salve Lou. Facciamo finta che sul libero arbitrio nessuno abbia espresso pareri, e che adesso tocchi a me.
Il libero arbitrio - se esistente - sarebbe la facoltà di una volontà mentale (quindi di un umano in grado di intendere e di volere) di effettuare una scelta che risulterebbe sempre limitata dalle circostanze ma mai impedita da una costrizione.
La volontà - nel caso il libero arbitrio non sussista - di converso e pedissequamente sarebbe quindi un processo decisionale umano consistente nell'effettuare una scelta sempre limitata dalle circostanze e costantemente determinata (influenzata, generata, causata, COSTRETTA e NECESSITATA) dalla catena di cause ed effetti situata esternamente al soggetto decidente ed "a monte" del processo decisionale stesso.
Chiarisco che la funzione volitiva consiste secondo me SEMPRE in una scelta (tra più opzioni oppure - a seconda dei casi - tra il voler scegliere di volere e l'astenersene).
Vedi, non ci siamo finora occupati della discriminazione tra le costrizioni e le limitazioni.
Premettiamo che le costrizioni sono ciò che ci impone di fare una certa cosa, mentre le limitazioni sono sono ciò che ci impedisce di fare ciò che vorremmo o che potremmo volere.
Riguardo alla costrizione, qui addietro è stato portato, purtroppo impropriamente, l'esempio dell'animale in gabbia. Ma l'animale non è costretto dalla gabbia a fare qualcosa, esso è semplicemente limitato dalla gabbia stessa nei confronti della propria "volontà" (in realtà, istintività) di uscirne.
La volontà umana è sempre limitata da qualcosa, indipendentemente dalla nostra "completa ed autogena" libertà di volere (il L.A. se esistente) o dai condizionamenti che costantemente la influenzerebbero in modo deterministico (nel caso invece il L.A. sia dato come inesistente).
Anche chi si credesse libero di volere (e sto parlando di volere, non di riuscire a fare, che è cosa ovviamente del tutto diversa !) tutto ciò che gli passa per la testa.......in realtà non potrà che trovar limitata la propria volontà a ciò che concepisce di volere, cioè a ciò che la sua esperienza, la sua memoria, la sua fantasia gli suggeriscono. La nostra gabbia è costituita da tutto ciò che conosciamo o riusciamo ad immaginare, mentre il resto del mondo resterà estraneo alla nostra facoltà di trovarci a volerlo.
A questo punto saprai ben tu risponderti se il L.A. esiste o meno. Salutoni.
Alexander, il tuo professore aveva senz'altro ragione. Bisognerebbe seguirne l'insegnamento.
Per esempio sforzarci di comprendere il significato di libero arbitrio e poi esserne conseguenti.
Ciò che insegnava il tuo professore era di aver fede nella Verità.
Ma certamente non pretendeva di definirla.
Perché la Verità è ciò che fonda ogni possibile definizione.
Nessuno può arrogarsi di possedere la Verità.
Semmai è la Verità a possederci, totalmente.
È importante non confondere la fede con il possesso.
E occorrerebbe pure comprendere cosa significhi per davvero la fede.
Perché la fede non è una prerogativa della spiritualità.
La fede è soprattutto una necessità filosofica.
Il libero arbitrio consiste nella facoltà di essere origine incondizionata di eventi.
Questi eventi possono essere mentali o fisici.
Nella stessa identica situazione, chi è dotato di libero arbitrio può generare eventi diversi.
Quale evento verrà effettivamente generato dipende da se stesso e da nient'altro.
I metafisici insistono sull'accezione assoluta del concetto di libertà, i filosofi della prassi al contrario la storicizzano e la pongono nel campo della socialità.
Uscire dalla gabbia non è istintivo neppure per gli animali. Anche nel loro caso si tratta di una scelta. Cani e gatti nella gabbia umana si trovano a loro agio. Anche qualche ergastolano, in assenza di motivazioni esterne, finisce col preferire la galera.
La libertà assoluta (vero/falso) dei metafisici è priva di senso. Senso che si ritrova nelle declinazioni concrete fenomenologiche (elenco incompleto di wp) della etologia umana e animale. Sulle quali si innestano le corrispettive fattispecie etiche e giuridiche. Sempre storicamente, o evolutivamente se preferite, determinate. Nel regno del possibile che si chiama realtà.
Negando la dicotomia vero/falso, si ha almeno un'idea di cosa ciò significhi?
Significa che A non è A!
Cioè si ammette che il pensiero razionale non è fonte di Verità.
Perché è il Nulla l'origine di tutte le cose...
Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2021, 07:43:06 AM
I metafisici insistono sull'accezione assoluta del concetto di libertà, i filosofi della prassi al contrario la storicizzano e la pongono nel campo della socialità.
La libertà assoluta (vero/falso) dei metafisici è priva di senso.
A prescindere dall'oggetto della presente discussione, non capisco chi sarebbero nella tua concezione "i metafisici" e chi i "non metafisici". Per quanto mi risulta, l'unica alternativa alla metafisica è una posizione agnostica-relativistica che considera impossibile stabilire e fuorviante postulare una "verità oggettiva universale", indipendente da ogni atto conoscitivo soggettivo (da cui deriva una conoscenza intersoggettiva).
Dai tuoi interventi però, mi sembra di riconoscere una posizione molto vicina se non coincidente col realismo scientifico di stampo fisicalista, che in effetti assegna alla scienza fisica stessa il ruolo di metafisica, stabilendo che tutto ciò che esiste trae origine da ciò che la fisica studia e definisce, e che ha una suo "modo di essere", una sua "realtà" del tutto intrinseca e indipendente da ogni atto conoscitivo, o tutt'al più riconosce una indeterminatezza e variabilità legate a un atto conoscitivo (in certe interpretazioni della fisica quantistica) ma sempre entro leggi definite nell'ambito della fisica. Mi sbaglio?
L'errore è di pensare il libero arbitrio come un fondamento.
E' una condizione quanto lo è la coercizione, è semplicemente il contrario.
Il nostro vissuto, da bambini è costruito sulla sicurezza da una parte e su una formazione educativa che è passiva, nel senso che è totalmente indotta dalle convenzioni sociali.
La libertà risalta, quando dalla passività del soggiacere a voleri altrui, genitori, educatori, insegnanti, che danno conoscenze "subite", si passa a due presupposti della libertà: autonomia e indipendenza.
Questi ultimi sorgono quando il bambino divenuto adolescente inizia a scegliere libri, musica, passioni....amori.
Ed è in questa fase che nasce il contrasto fra istruzione formativa subita e la prima visione di mondo
di un adolescente che inizia a pensare "con la propria testa".
La libertà è per sua natura conflittuale, proprio perché essendo essa stessa condizione è antitesi alla coercizione e determinazione di volontà altra da sé.
Non c'è quindi un libero arbitrio "assoluto", se non come "motore primo incausato", come archè, come Dio, come fondamento , ma è attributo condizionale e non fondamento.
E' l'arbitrio, inteso come giudizio di una volizione che a sua volta chiama in causa tutte le facoltà qualitative umane: ragione, intelletto, concetto, intuito, intenzionalità, psiche, affetti, emozioni...anima.
La libertà non è quindi sottrazione di condizioni per far emergere il suo status di fondo, è un'altrettanta condizione che agisce per contrasti anche conflittuali, tant'è che non c'è una condizione assoluta di libertà, tutto è interdipendente.
Non siamo mai veramente liberi, forse da morti, perché se tutto è interdipendenza significa compromesso con le dipendenze, tentativo di status di equilibrio, che però il divenire dei contrasti muta in continuazione. Ciò che spinge alla condizione di libertà è la volontà, fino a pensare ,come in Schopenhauer, che la stessa volontà è condizionante, per cui sottrarsi è impossible.
Citazione di: Donalduck il 09 Gennaio 2021, 12:05:20 PM
Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2021, 07:43:06 AM
I metafisici insistono sull'accezione assoluta del concetto di libertà, i filosofi della prassi al contrario la storicizzano e la pongono nel campo della socialità.
La libertà assoluta (vero/falso) dei metafisici è priva di senso.
A prescindere dall'oggetto della presente discussione, non capisco chi sarebbero nella tua concezione "i metafisici" e chi i "non metafisici". Per quanto mi risulta, l'unica alternativa alla metafisica è una posizione agnostica-relativistica che considera impossibile stabilire e fuorviante postulare una "verità oggettiva universale", indipendente da ogni atto conoscitivo soggettivo (da cui deriva una conoscenza intersoggettiva).
Dai tuoi interventi però, mi sembra di riconoscere una posizione molto vicina se non coincidente col realismo scientifico di stampo fisicalista, che in effetti assegna alla scienza fisica stessa il ruolo di metafisica, stabilendo che tutto ciò che esiste trae origine da ciò che la fisica studia e definisce, e che ha una suo "modo di essere", una sua "realtà" del tutto intrinseca e indipendente da ogni atto conoscitivo, o tutt'al più riconosce una indeterminatezza e variabilità legate a un atto conoscitivo (in certe interpretazioni della fisica quantistica) ma sempre entro leggi definite nell'ambito della fisica. Mi sbaglio?
I metafisici
dell'assoluto ho detto. Gli orfani di una veterometafisica che cerca verità assolute e non trovandole nega le
verità di fatto il cui carattere dialettico impedisce una stasi veritativa per tutte le stagioni. Concetti filosofici come libertà, giustizia, uguaglianza, altruismo, egoismo, ... vanno ricondotti al loro contesto storico-evolutivo per essere argomentati perchè in assoluto non esistono. E non esistendo in assoluto per i veterometafisici non esistono toutcourt. Proprio per la loro astrazione e plasticità questi concetti sono loro stessi metafisica, ma una metafisica del relativo di tipo dialettico che li inserisce nel flusso di azione, reazione e retroazione in cui essi realmente agiscono.
La libertà è il residuo che rimane dopo che tutti gli elementi deterministici di un sistema sono stati superati. E' lo slancio creativo dell'artista che non prescinde dalla materia (deterministica) ma la plasma in un significato nuovo, inedito, mai pensato e prodotto prima. E tantomeno prodotto dalla natura così com'è. Il veterometafisico la cassa come inesistente e impossibile perchè viziata dal peccato originale della materia deterministica su cui opera. Ma il boomerang è dietro l'angolo ogniqualvolta il veterometafisico reclama qualche libertà per sè. Ma come ?!? La libertà non esiste !
Citazione di: bobmax il 09 Gennaio 2021, 10:31:26 AM
Negando la dicotomia vero/falso, si ha almeno un'idea di cosa ciò significhi?
Significa che A non è A!
Cioè si ammette che il pensiero razionale non è fonte di Verità.
Perché è il Nulla l'origine di tutte le cose...
Il principio d'identità non è applicabile a concetti intersoggettivi di tipo sociale come la libertà. Nessuno è portatore di una libertà assoluta, neppure
l'unico di Max Stirner (fuori dal suo illusorio desiderio letterario). La libertà è dialettica, relazionale, fluente. Non è autoreferenziale: si è liberi "di" e "da".
Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2021, 15:57:33 PM
La libertà è il residuo che rimane dopo che tutti gli elementi deterministici di un sistema sono stati superati.
Mi sembra una definizione interessante. Magari al posto di "sono stati superati" metterei "hanno compiuto la loro azione", ma mi convince l'idea di residuo. Nel contesto di cui si parla, il libero arbitrio, aggiungerei che è un residuo entro il quale un soggetto elaboratore di informazioni può compiere una scelta coscientemente motivata, come risultato delle sue elaborazioni.
Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2021, 15:57:33 PM
Il principio d'identità non è applicabile a concetti intersoggettivi di tipo sociale come la libertà.
Se non si rispetta il principio di identità non è possibile alcun pensiero.
Quindi non è formulabile alcun concetto.
Inoltre, la libertà prescinde dal sociale.
La libertà è sempre e solo individuale.
Occorrerebbe approfondire cosa significhi, per davvero, il mio essere libero.
Allora potrei giungere a constatare che sono libero solo in quanto
"decido" ciò che "
voglio" in quanto lo "
devo" perché questo "
sono".
Di modo che sono libero non perché sono dotato di libero arbitrio, ma perché come "io" non esisto.
Sono libero solo in quanto
figlio di Dio.
La libertà come residuo in effetti non mi entusiasma. Sembra quasi una forma di determinismo con una appendice tollerata di indeterminatezza.In realtà mi ritrovo molto di più in questa definizione di Paul:CitazioneLa libertà non è quindi sottrazione di condizioni per far emergere il suo status di fondo, è un'altrettanta condizione che agisce per contrasti anche conflittuali, tant'è che non c'è una condizione assoluta di libertà, tutto è interdipendente.
La relazionalità è un aspetto importante dell'agire umano, relazionalità intersoggettiva ma anche fra soggetto ed oggetto, intendendo per oggetto la natura in tutti i suoi aspetti, comprensiva anche dell'organismo fisico di cui è "momentaneamente" detentore il soggetto che agisce. Ma la domanda resta comunque abbastanza inevasa, se ci fermassimo a questo livello.In realtà parlando di libera volontà bisognerebbe aver presente la favola del barone di Munchausen che si prende per il proprio codino per salvarsi dall'annegamento insieme al suo cavallo Bucefalo. Curiosamente il cavallo che si chiama Bucefalo, richiama (il potere dell'inconscio era notevole anche nel settecento, nella mente di un fantasioso romanziere) quello di un organo, che è il maggior indiziato a proposito della libera volontà, ovvero l'encefalo.Quello che vorrei esprimere è che il cervello umano fa parte della natura, è innegabile. E' formato da cellule, processi elettrici e chimici che sono abbastanza noti e diffusi nel mondo animale. Eppure il cervello umano è riuscito, come nel caso del barone di Munchausen, a prendersi per il codino e sollevarsi sopra i comportamenti automatici o anche intelligenti ed emotivamente influenzati di molte specie di mammiferi.Cosa è accaduto? Una possibile ipotesi è che quei 100 miliardi di neuroni, che ci accompagnano nel nostro viaggio terreno, hanno lanciato una scommessa sul campo delle mutazioni evolutive. Da un lato un organo, che da solo, nonostante il suo peso si aggiri sul due per cento dell'intero organismo umano, consuma il 25 per cento dell'intera energia che estraiamo dall'ambiente (nei bambini il cervello consuma anche i 2/3 dell'intera energia acquisita dall'organismo). Dall'altro uno strumento che ci ha permesso di cambiare la stessa natura a nostro vantaggio. Bisogna vedere se la scommessa è vincente oppure se ci ricade in testa come un boomerang, ma questi sono i fatti. Un cervello energivoro non era necessariamente una scelta vincente. Dodici zanne e un corpo alto 10 metri avrebbe comunque fatto la loro bella figura.Eppure è accaduto qualcosa in quei collegamenti cerebrali che ha cambiato la storia della vita sul pianeta terra. Una possibile ipotesi l'ho già espressa ed è quella che l'associazione di un cervello così raffinato con l'esplosione di strumenti culturali sempre più complessi ha inevitabilmente allargato la libertà dell'uomo. In questa dimensione occorre tener presente che la libera volontà (o libero arbitrio) è inevitabilmente connessa alla storia. I livelli di libera volontà sono differenti e sono influenzati dal tipo di società. Una società castale avrà dei livelli di libera volontà risibili rispetto ad una società fondata sul capitalismo e sul libero mercato.Detto questo, facciamo un salto all'indietro e torniamo all'uomo e al suo cervello. Cosa ci rende differenti da ((quasi) tutti gli altri animali che si muovono sotto il cielo del braccio locale della via lattea, dove ci troviamo attualmente? Una ipotesi autorevole è la seguente: il nostro pesante cervello ha reso possibile che accanto all'agire strumentale, per cui possiamo come i criceti degli esperimenti, ripetere una esperienza piacevole o evitare una esperienza disdicevole, sia emersa una qualità unica, ovvero quella di rappresentazioni interne dell'agire sulla base di connessioni che hanno avuto ed hanno un ruolo fondamentale sulla libertà di agire.Di fronte ad un pericolo un mammifero anche evoluto come il cane, ha la possibilità di scegliere una serie di risposte innate, il freezing, la fuga o la lotta, oppure risposte apprese (come con i cani di Pavlov). La cosa nuova avvenuta con Homo Sapiens è che oltre a questi tipi di risposta, che comunque rimangono a nostra disposizione come parti più antiche di un repertorio in continuo aggiornamento, vi è un altro tipo di risposta dato appunto, dalle rappresentazioni interne. Ovvero sulla possibilità di usare in modo creativo risposte che in passato erano state usate per altre funzioni. E' da queste rappresentazioni interne che risale la capacità delle scimmie deboli di usare alcuni frammenti di ossa per trionfare su scimmie più muscolose ma prive di questa capacità, come è mirabilmente raccontato da Kubrik in "2001, Odissea nello Spazio".Questo processo nuovo ci rende unici e incomparabilmente diversi sia dal resto del mondo animale, sia da ogni forma conosciuta di Intelligenza Artificiale (almeno per il momento).Su questa piattaforma strutturale e biologica si è poi stratificato il mondo culturale, che ha avuto un effetto di crescita geometrica di quelle nostre potenzialità data dalla rappresentazione interna, che è intimamente connessa con il pensare, il ragionare, il pianificare, il decidere, l'eseguire la decisione presa attraverso l'interazione fra il prevedere e la creatività.Da questo deriva una conseguenza cruciale, ovvero che la libera volontà dell'uomo è uno strumento che deve sempre abbinarsi alla responsabilità, proprio perchè siamo liberi, le nostre azioni sono imputabili a noi, sia se vogliamo restare in uno stato di minorità, oppure se vogliamo invece entrare in una dimensione di Aufklarung.Ed è per questo che il determinismo, per quanto sia anch'esso degno di ogni considerazione, si presta bene a giochini involutivi e di dominio, come abbiamo appreso dal darwinismo sociale in poi (https://it.wikipedia.org/wiki/Darwinismo_sociale).A proposito delle obiezioni di Bobmax, non posso che sostenere che il principio A-NON A, seppure logicamente ineccepibile non ha alcuna validità nel mondo culturale e biologico umano. Come porresti l'uomo che cura amorevolmente la propria madre ma dentro di sè, in modo inconfessabile spera che muoia presto, per togliergli questo fardello? E' A o non-A? E l'uomo che delinque e a un certo punto della sua vita diventa missionario? E' A o non-A? E ancora più in profondità: noi stessi siamo A o non-A, visto che ora siamo A, ma fra qualche anno saremmo NON-A, ovvero morti?Sulla libertà che sia sempre individuale, ho davvero molti, molti, dubbi. La libertà individuale può essere tale solo se si sceglie la strada degli stiliti o degli anacoreti.
La libertà intesa come resto, o meglio, eccedenza, rispetto alla realtà deterministica, è per esplicitare il concetto nelle tetragone geometrie veterometafisiche e scientiste. Compreso che si deve pre-scindere dalla scontata materia deterministica, la rappresentazione come "resto" diventa superflua. E si può cominciare a ragionare di libertà nei contesti pertinenti.
Citazione di: Jacopus il 09 Gennaio 2021, 19:53:53 PM
A proposito delle obiezioni di Bobmax, non posso che sostenere che il principio A-NON A, seppure logicamente ineccepibile non ha alcuna validità nel mondo culturale e biologico umano.
Jacopus,
questa frase non può neppure essere pensata, senza rispettare il principio d'identità.
Ogni parola sarebbe solo un non senso, senza il principio d'identità.
La logica deve essere rispettata.
Sono il primo a sostenere che occorre andare al limite del pensiero logico razionale, per percepirne l'insufficienza.
Ma non in questo modo.
Non cercando indebite scorciatoie, pur di evitare di attraversare il deserto.
Per questo occorre la fede nella Verità.
Che latita...
Citazione
Sulla libertà che sia sempre individuale, ho davvero molti, molti, dubbi.
Non capisco su cosa si fonderebbero questi dubbi...
Perché il dubbio, per essere tale, dovrebbe contemplare un'altra possibilità.
Che altra possibilità ha la libertà se non di essere individuale?
Bobmax. I dubbi scaturiscono dal fatto che anthropos è zoon politikon. Non esiste solo una libertà individuale che ci mancherebbe, non mi sogno di escludere, ma la libertà ha anche un piano collettivo o sociale, se preferisci. È sufficiente, per rendersene conto, leggere la Costituzione Italiana.
Sul discorso relativo alla logica A-Non A, effettivamente mi sono lasciato trasportare dal manicheismo, da cui non sono ancora esente (manicheismo che potrebbe essere un sottoprodotto della stessa logica formale di tipo digitale si/no).
Correggo in: il principio A-non A ha una sua validità in campo biologico e umano ma non è l'unico principio a cui far riferimento, perché la logica, spesso, non descrive l'ambiguità e la contraddittorietà del vivere.
Infine mi sembra corretto anche citare la fonte di tutto il pippotto della risposta 135: Joseph le doux, lunga storia di noi stessi, Cortina.
buona sera a tutti i lettori, personalmente credo che il libero arbitrio non esiste perché la grande lotta faticosa è dovere accettare che contemporaneamente sta accadendo di tutto purtroppo. Il libero arbitrio dovrebbe essere l'insieme delle scelte arbitrarie che definiscono la distinzione tra libero e servo. In storia Lutero aveva criticato con il proprio modo di pensare, che essere predestinati ad un destino come quello della Madonna, fosse secondo lui, una prova concreta e schiacciante su quanto fosse impensabile ritenere le nostre scelte orientate sul libero arbitrio. Tutti siamo servi in definitiva e non liberi a seconda di che cosa condiziona le nostre scelte, già appena prima di nascere, perché tutto è relativo e tutto condiziona le nostre scelte. Io penso che a livello personale che tante volte esistono potenziali scelte e anche buone, ma che nella realtà sono schiacciate dalle scelte di altri sostituendosi alle nostre senza che possiamo farci niente anche se non sarebbe dovuto avvenire. Viviamo in un mondo in cui il valore di una persona è " combattere per potere fare una telefonata" e il valore accanto "è combattere o fare l'amore perché nascano bambini" come sogno di coppia che vuole una famiglia felice. Ci troviamo in un mondo oggettivamente così a prescindere, dove quello che rende arbitrario questo mondo, è orientato un pò anche dalla (fortuna) e da quello che può dipendere da come sentiamo le nostre schiavitù di fronte alla inevitabilità della morte. Che cosa è una prigione? non lo so ma è soffire qualcosa che non si vuole e si è meno fortunati e magari è avere accanto chi non mi vede ma che è più fortunato di me perché ha salute, dignità, affermazione di sé, ecc. Il viversi accanto secondo questo esempio e ignorarsi vuol dire questo, il potere sociale è la conferma di quello che viviamo della nostra esperienza e di come ci sentiamo e cioé incapaci di sentirci, di immedesimarci nei panni di chi non capiamo davvero ma solo per finta. Non esisterà mai il libero arbitrio per questo su questa terra ma al limite la libertà interiore. :)
Io credo che il libero arbitrio esista unicamente con la metempsicosi. Negando questa, anche quello non può essere accettato.
Io credo che esistano tre possibilità:
- si nasce e si muore ed esiste solamente questa vita
- si nasce, si muore e si resuscita, passando dalla vita terrena a quella eterna
- Questa è una delle vite.
Nei primi due casi, sorge spontanea una domanda, secondo me: siamo nati senza scegliere alcunché (sesso, data, ora e luogo di nascita, famiglia in cui nascere, società in cui vivere, ecc... ecc... ) per cui mi pare assurdo ammettere l'esistenza del libero arbitrio.
Il terzo caso, viceversa secondo me, ammette il libero arbitrio, perché noi in ogni nostra vita, siamo il risultato di ciò che abbiamo fatto nelle precedenti. Per cui, nascere in condizioni più o meno disagiate, è frutto delle scelte da noi compiute nelle vite precedenti. Quindi, come la medaglia ha due facce, così metempsicosi e libero arbitrio convivono indissolubilmente.
Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 08 Febbraio 2021, 09:46:06 AM
Io credo che il libero arbitrio esista unicamente con la metempsicosi. Negando questa, anche quello non può essere accettato.
Io credo che esistano tre possibilità:
- si nasce e si muore ed esiste solamente questa vita
- si nasce, si muore e si resuscita, passando dalla vita terrena a quella eterna
- Questa è una delle vite.
Nei primi due casi, sorge spontanea una domanda, secondo me: siamo nati senza scegliere alcunché (sesso, data, ora e luogo di nascita, famiglia in cui nascere, società in cui vivere, ecc... ecc... ) per cui mi pare assurdo ammettere l'esistenza del libero arbitrio.
Il terzo caso, viceversa secondo me, ammette il libero arbitrio, perché noi in ogni nostra vita, siamo il risultato di ciò che abbiamo fatto nelle precedenti. Per cui, nascere in condizioni più o meno disagiate, è frutto delle scelte da noi compiute nelle vite precedenti. Quindi, come la medaglia ha due facce, così metempsicosi e libero arbitrio convivono indissolubilmente.
Concordo.
Tuttavia solo che si nasce e che si muore possiamo constatare.
Fermo restando questo dato di fatto, che le altre sono solo supposizioni, non dovremmo prima domandarci, se il libero arbitrio è inesistente, chi siamo noi?
Salve AsFil58. Benvenuto tra noi. Citandoti brevemente : "Per cui, nascere in condizioni più o meno disagiate, è frutto delle scelte da noi compiute nelle vite precedenti.".
Mi sembra di capire che tu sia veneziano (faso tuto mi !!) visto che sembri convinto del fatto che il nostro futuro (anche "oltremortale") possa interamente dipendere dai nostri atti, scelte, comportamenti.
Quindi sia l'Aga Khan, Jeff Bezos, Silvio Berlusconi da una parte.............che le innumeri schiere dei miserabili dall'altra..............sarebbero quelli che hanno meritato di essere ?.
Non so se secondo te esistono i miracoli (i quali notoriamente - secondo i credenti - sono eventi benefici dovuti all'intervento della Grazia di Dio)...............ma evidentemente - sempre secondo te - condividi con i credenti la convinzione che le disgrazie non c'entrino nulla con la "sfiga" o la volontà di Dio, ma siano invece colpa di chi le subisce !!. Annamo proprio bene !!. Saluti.
Citazione di: bobmax il 09 Gennaio 2021, 19:46:57 PM
Allora potrei giungere a constatare che sono libero solo in quanto "decido" ciò che "voglio" in quanto lo "devo" perché questo "sono".
Questo mi piace assai e trovo sia in contraddizione con quello che segue:
CitazioneDi modo che sono libero non perché sono dotato di libero arbitrio, ma perché come "io" non esisto
perchè io, a prescindere dal grado di libertà concessami, dalla nascita alla morte, esisto. E questo mio esistere è
non sequitur con:
CitazioneSono libero solo in quanto figlio di Dio.
Citazione di: Ipazia il 08 Febbraio 2021, 17:17:03 PM
Citazione di: bobmax il 09 Gennaio 2021, 19:46:57 PM
Allora potrei giungere a constatare che sono libero solo in quanto "decido" ciò che "voglio" in quanto lo "devo" perché questo "sono".
Questo mi piace assai e trovo sia in contraddizione con quello che segue:
CitazioneDi modo che sono libero non perché sono dotato di libero arbitrio, ma perché come "io" non esisto
perchè io, a prescindere dal grado di libertà concessami, dalla nascita alla morte, esisto. E questo mio esistere è non sequitur con:
CitazioneSono libero solo in quanto figlio di Dio.
Nel senso che "io" non determino il mio stesso essere.
Ciò che devo è un obbligo verso me stesso, che non ho posto "io".
Donde nasce allora questo dovere, questo essere?
Se la libertà è
decidere, ciò che si
vuole, perché lo si
deve, in quanto questo si
è, allora come "io" non sono libero. Proprio perché non sono io a determinare il dovere e l'essere.
Ma se non sono libero, per niente... come io non esisto!
Però sono libertà, se appunto decido ciò che devo perché questo sono, cioè...
sempre.
E lo sono sempre proprio in quanto figlio di Dio.
Il non sequitur permane ed è originato dalla ideologizzazione metafisica di una libertà illimitata, di un cattivo infinito, come direbbero gli antichi. Se invece facciamo emergere la libertà da un contesto naturalmente e socialmente determinato la tensione si placa e si può agire su ed ampliare i gradi di libertà realmente possibili. Come Spartaco, e tanti altri anche in sede filosofica, insegnano.
Ipazia, mai una volta che resti sul pezzo. Svicoli tirando in ballo ciò che non c'entra, pur di non affrontare l'analisi.
Sì, la fede nella Verità implica sofferenza... Ma alla fin fine è inevitabile. Resistere non fa che prolungare l'agonia.
L'esistenza umana vincolata rigidamente al determinismo è una concezione offensiva nei confronti della versatilità non solo di homo sapiens ma anche di tutti i primati superiori. È ovvio che ogni nostra azione è causata da forze meccaniche, insorgenze ambientali, motivazioni interne, a sua volta innescate da precedenti forze meccaniche, precedenti insorgenze ambientali e precedenti motivazioni interne.
Ma l'uomo è in grado di farsi delle domande "riflessive" su di sè, sul senso del mondo, sul senso della giustizia e del vivere insieme agli altri, a cui ha dato, nel corso dei secoli, risposte di tutti i tipi. Se si trattasse di determinismo ci dovremmo rassegnare a definirlo "determinismo Arlecchino".
In realtà il determinismo rigido e il fatalismo dovuto ad una causalità non preventivabile sono due facce della stessa medaglia, che esentano l'uomo da ogni responsabilità rispetto al proprio operato.
Esistono precondizioni rigide che vanno tenute presente nell'agire dell'uomo, la cui libertà non è mai assoluta (ad esempio non posso decidere di volare o di diventare presidente dell'Eni). Esistono, inoltre, "contingenze" ambientali "casuali" che limitano ulteriormente la nostra autonomia, come le ricombinazioni genetiche o le catastrofi geofisiche o geopolitiche, fino al vaso di fiori che cade per un colpo di vento sulla testa di un passante.
Ma all'interno di questa cornice la libertà dell'uomo è massima e solo in questo modo è tra l'altro possibile riconoscere la "responsabilità" dell'uomo sul suo operato.
Che la nostra libertà sia effettivamente tale è definita in modo sublime, ad esempio, da Musil: "la natura umana è altrettanto idonea all'antropofagia quanto alla critica della ragione pura".
Salve jacopus. Citandoti : "Ma l'uomo è in grado di farsi delle domande "riflessive" su di sè, sul senso del mondo, sul senso della giustizia e del vivere insieme agli altri, a cui ha dato, nel corso dei secoli, risposte di tutti i tipi. Se si trattasse di determinismo ci dovremmo rassegnare a definirlo "determinismo Arlecchino"".
Appunto. L'uomo è in grado di farsi domande ma non è in grado di darsi delle risposte che siano contemporaneamente soddisfacenti e ragionevoli (non lo è nessuna delle innumerevoli risposte che egli ha scelto di darsi). E ciò perchè le risposte risultano deterministiche ma irraggiungibili a causa della limitatezza del "sè" umano, il quale non può proiettarsi alle remote origini extraumane.........del sè medesimo.
Guardandoci allo specchio noi possiamo scorgere la nostra immagine ma non possiamo cogliere i contenuti di ciò che permette di guardarci. Saluti.
Citazione di: bobmax il 09 Febbraio 2021, 07:52:04 AM
Ipazia, mai una volta che resti sul pezzo. Svicoli tirando in ballo ciò che non c'entra, pur di non affrontare l'analisi.
Sì, la fede nella Verità implica sofferenza... Ma alla fin fine è inevitabile. Resistere non fa che prolungare l'agonia.
Il tuo pezzo non è il mio, ma c'è qualcosa nel mio che assomiglia al tuo:
Però sono libertà, se appunto decido ciò che devo perché questo sono, cioè... se imparo ad amare il mio fato evolutivo.
E lo sono sempre libera proprio in quanto figlia di una natura che a partire dalla materia inanimata mi ha concesso un grado di libertà che mi permette di agire, volere e desiderare.
Quando mi rappresento la mia (nostra) esistenza m'immagino il mare mosso dall'impetuoso Maestrale, che perciò - come dice Carducci - urla e biancheggia, cosicché si va formando una schiuma che il vento scompone e vaporizza; ecco: io sono (noi siamo) una bollicina che si libra nell'aria per un attimo ebbra della propria vita, per poi ricadere nel mare e in esso sciogliersi. In quell'attimo (l'attimo del principio individuationis) sono convinto di sussistere e mi guardo d'intorno per contemplare il mondo, così meraviglioso che io meravigliato credo sia lì per me.
In questo stupefacente ed incredibile evento non c'è posto per il libero arbitrio, illusione della bollicina sballottata in qua e in là dal vento. Però se potessi osservarla al microscopio, credo che qualche movimento, qualche minima convulsione, qualche imprevedibile azione là dentro accada. Perciò credo che si possa parlare di un libero arbitrio locale,
qualcosa che nel limitato angusto spaziotempo della mia esistenza io possa scegliere, una piega nell'universale determinismo. Però - come si dice - da cosa nasce cosa...
Ora, io credo che questa stranezza di un infinitesimo libero arbitrio locale (insomma: c'è poco da essere presuntuosi, alla Pico della Mirandola) tutto concentrato tra la nascita e la morte sia il risultato di una evoluzione biologica che ha provocato la proprietà emergente (qualunque cosa ciò voglia dire) dell'autocoscienza. Il problema è che, pur ritenendo la teoria dell'evoluzione la migliore attuale spiegazione della vita, non mi convince tanto (da scettico sospendo quindi il giudizio).
Conclusione: la mia è appunto una credenza, non ho valide argomentazioni per sostenerla. Accontentatevi.
Salve Tiziano. Citandoti : "Perciò credo che si possa parlare di un libero arbitrio locale".Vabbè, non voglio infierire, anche se la logica piange. Prendiamola come una licenza poetica.La libertà è concetto relativo.Come tutti i relativi, essa si mostra AL MINIMO riducibile ad almeno due sole condizioni.Perciò tale concetto si concretizza al (minimo) due livelli essenziali : Il primo rappresenta la libertà dalle costrizioni; il secondo consiste nella libertà di scegliere tra le infinite facoltà.E' questa la mancata distinzione che rende oscenamente confuse le discussioni sul libero arbitrio.Tutti siamo soggetti ai bisogni (semplicemente, quelli biologici), quindi NESSUNO E' LIBERO DALLA COSTRIZIONE da essi generata.Tutti siamo poi limitati nelle facoltà (essere completamente liberi nelle facoltà significa poter fare tutto quello di cui veniamo a provar desiderio). NESSUNO E' COMPLETAMENTE LIBERO NELLE FACOLTA', dato che possiamo fare solo ciò che le circostanze ci consentono.Quindi il libero arbitrio è una illusione poichè, se esistesse, dovrebbe consistere in qualche nostra "libera" scelta NON CONDIZIONATA DA ALCUNCHE' DI ESTERNO ALLA NOSTRA VOLONTA'.Circostanza, quest'ultima, impossibile a verificarsi. Saluti.
Il libero arbitrio ha a che fare con la diversità degli individui . Infatti in un mondo perfettamente deterministico non si capisce come facciano a venire fuori tanti individui diversi.
Il mondo deterministico della fisica ha a che fare infatti con enti identici fra loro , e perciò privi di libero arbitrio.
Si comportano tutti allo stesso modo, perché sono uguali,quindi si può escludere che il loro comportamento sia libero, ma è determinabile statisticamente.
La vita invece si fonda su individui diversi, e ciò che conta per la vita è che, in quanto diversi , facciano scelte diverse.
Maggiori sono le scelte diverse maggiore è là probabilità che qualcuno faccia la scelta giusta al momento giusto.
Che la scelta sia libera appare secondario, mentre fondamentale è che sia garantita la diversità.
Ciò che conta è che le scelte vengano fatte e credere nel libero arbitrio potrebbe servire allo scopo.
Come si può pensare di applicare il determinismo ad enti tutti diversi fra loro?
Nel comportamento degli individui quindi, quando non si potesse parlare di reale libero arbitrio, non si può parimenti parlare di comportamento deterministico.
Ad essi il determinismo non è proprio applicabile.
L'individuo è allo stesso tempo causa di una scelta, ma effetto del caso.
Quindi di fatto il libero arbitrio è figlio del caso.
Le scelte libere seppure esistessero equivarrebbero a scelte casuali a tutti gli effetti.
Salve iano. Naturalmente il tuo ragionare parte dal presupposto che sia esistita una Causa Prima.
Siamo quindi alle solite, con le visioni del mondo divise tra teisti e non-teisti. Quindi libertà, libero arbitrio, caso, intenzione, diversità, eguaglianza, effetti, vita eterna, creazione.....ed alcune centinaia di migliaia di altri concetti continueranno a venir dibattuti credendo di poterli spiegare in modo convincente magari senza ricorrere alla esistenza o inesistenza di Dio. La quale invece è la questione che introduce ogni chiave di lettura del mondo.
E' quindi vero che, a parità ed unicità di origine della causa, gli effetti non possono che risutare monotonamente identici............ma ciò tu lo pensi solo perchè sei convinto dell'esistenza di Dio quale causa prima ed unica del mondo.
Io, che sono un bieco MISCREDENTE BISCREDENTE, invece non credo a Cause Prime, bensi sono convinto che il Mondo (coincidente oppure includente Dio, a seconda dei gusti) non abbia MAI iniziato ad esistere e che la sua eternità futura risulti indistinguibile dalla sua eternità passata.
Quindi che l'unicità radicale e la molteplicipità infinitamente differenziata....coesistano da sempre. Saluti.
Citazione di: viator il 03 Aprile 2021, 11:56:03 AM
Salve iano. Naturalmente il tuo ragionare parte dal presupposto che sia esistita una Causa Prima.
Siamo quindi alle solite, con le visioni del mondo divise tra teisti e non-teisti. Quindi libertà, libero arbitrio, caso, intenzione, diversità, eguaglianza, effetti, vita eterna, creazione.....ed alcune centinaia di migliaia di altri concetti continueranno a venir dibattuti credendo di poterli spiegare in modo convincente magari senza ricorrere alla esistenza o inesistenza di Dio. La quale invece è la questione che introduce ogni chiave di lettura del mondo.
E' quindi vero che, a parità ed unicità di origine della causa, gli effetti non possono che risutare monotonamente identici............ma ciò tu lo pensi solo perchè sei convinto dell'esistenza di Dio quale causa prima ed unica del mondo.
Io, che sono un bieco MISCREDENTE BISCREDENTE, invece non credo a Cause Prime, bensi sono convinto che il Mondo (coincidente oppure includente Dio, a seconda dei gusti) non abbia MAI iniziato ad esistere e che la sua eternità futura risulti indistinguibile dalla sua eternità passata.
Quindi che l'unicità radicale e la molteplicipità infinitamente differenziata....coesistano da sempre. Saluti.
È singolare la tua arte nel voler attribuire ad altri posizioni dalle quali quelli non potrebbero essere più lontani, come dimostrano i loro post.
Io volevo solo sottolineare il fatto che il problema del libero arbitrio è di stretto interesse dell'individuo, il quale non vi è dubbio che percepisca di averlo, senza che ciò dimostri che lo abbia.
A rigore, allargando il discorso, nulla di ciò che percepiamo esiste, se non come percezione in se'.
Seppure la percezione abbia una causa non coincide con essa.
Ha solo a che fare con essa.
Da dove traiamo il bisogno di un principio delle cose, che arbitrariamente attribuisci a me?
Dal fatto che una catena deterministica debba avere un principio immagino.
Ma il fatto che percepiamo un mondo in parte deterministico, non significa che lo sia ne' in parte , ne' tantomeno in toto.
Trattare il mondo come fosse , almeno in parte deterministico, funziona, ma ciò non dimostra che lo sia.
Questo non significa che sia vero il contrario , perché il contrario è fatto della stessa sostanza e condivide lo stesso destino.
Queste percezioni presentano evidenti contraddizioni che però non gli impediscono di funzionare per quel che servono, e non è banale notare che queste contraddizioni non ne diminuiscono l'efficacia.
Funzionavano prima che prendessimo coscienza delle contraddizioni e continuano a funzionare dopo.
Il fatto che funzionino non è prova della loro coerenza , ma prova indiretta della coerenza della realtà.
Non dobbiamo quindi sorprenderci dei paradossi che riscontriamo, perché ciò prova solo che il nostro rapporto con la realtà è indiretto, e sopratutto non univoco.
Quindi io non sono alla ricerca di nessun inizio, come volevasi dimostrare.
La nostra percezione non è immutabile , ma i nostri discorsi vi si adeguano con molta inerzia.
Così, non vi è dubbio che noi percepiamo il tempo, ma la fisica di oggi non fa' che mettere in luce le contraddizioni di questa percezione, che come sottoinsieme prevede un inizio.
Che "qualcosa inizi" dovrebbe diventare sempre più una frase priva di senso nella nostra percezione in generale, e andrebbe usata quindi non dandola per scontata, ma circostanziandone il campo di utilizzo laddove serve.
Se per libero arbitrio si intende qualcosa di limitato, non è necessario crederci perché lo attesta la coscienza. In senso del tutto illimitato non esiste. Per il resto si potrà credere o non credere in esso. Io credo che il libero arbitrio sia un bene che si può in parte perdere negando l'Assoluto cioè Dio e non penso sia possibile disporre ad arbitrio e liberamente dell'Assoluto. Della disputa tra protestanti e cattolici penso che la ragione sia nei primi datoché i cattolici la hanno inaugurata pretendendo una libertà inesistente con Dio ma molti protestanti ne profittano per fatalismo. Ovviamente siamo moralmente liberi nelle azioni, fintanto che non sprechiamo col torto la libertà e se continuiamo a sprecarla restiamo senza. Non noto che i preti dispongano del destino dei fedeli ma non si trova verità neanche nei tentativi di negare il libero arbitrio abusando della scienza (particolarmente accaniti certi sedicenti neurologi).
MAURO PASTORE
Sí,
Credo che il mondo sia nato perché lo abbia voluto (assumendo l'atto stesso di esistere in un nulla insostanziato come volontà), credo io stesso di avere voluto nascere esattamente quando e dove e come sono nato, credo che l'unica vita sensata possa solo partire da una base di presa di responsabilità per l'atto della propria nascita e delle proprie circostanze.
Non credo che la fisicità o la psiche siano le dimensioni uniche e per tanto limitanti dell'essere umano, credo in una dimensione spirituale, che esiste prima e dopo la vita e di cui essa non é che un segmento, perché no uno di tanti.
Non mi presterei ad una discussione delle basi filosofiche di tal pensiero, ma per quanto credere, questo é quello che credo.
L'intelligenza artificiale è capace di scelte, ma non perciò gli attribuiamo un libero arbitrio.
Noi siamo più di un intelligenza artificiale, ma al minimo siamo anche quella.
Seppure possa essere difficile risalire alle cause di una scelta fatta da una intelligenza artificiale siamo certi che quelle cause vi sono, anche quando diventa impossibile di fatto per gli stessi programmatori dell'intelligenza risalirvi.
In analogia a ciò mi chiedo quante delle scelte che ci sembra liberamente di fare tali non sono, e così ci appaiono solo perché non riusciamo a risalire alle sue cause.
Ovviamente ciò è vero solo se si ammette che non tutti gli elementi che intervengono in una scelta umana siano coscienti, ma questo mi sembra ormai acclarato.
Mi sembra sensato allora credere che anche quando il libero arbitrio intervenga non abbia mai l'esclusiva sulla scelta fatta.
Essa non è mai dovuta allora all'intervento esclusivo del libero arbitrio , anche quando a noi sembra.
Quindi il fatto che a noi sembra che intervenga non è prova certa che lo faccia.
Insomma, siamo certamente cosa diversa da una intelligenza artificiale, ma dove stia la causa della differenza è meno facile dire. Sappiamo solo che c'è.
Paradossalmente temiamo l'intelligenza artificiale perché una volta programmata ne perdiamo il controllo, come se della nostra invece lo avessimo.
Essa certo non ci aiuta a capire cosa sia il libero arbitrio, se non per esclusione, perché se non è in grado di riprodurlo, ci aiuta però ad escludere che sia esercizio di libero arbitrio ciò che finora abbiamo considerato tale, quando essa riesce a riprodurlo.
Tutta questa premessa per invitarvi a guardare la questione del libero arbitrio da una prospettiva diversa.
In sostanza io mi chiedo se una intelligenza di qualsiasi tipo possa fare una qualsiasi scelta senza l'intervento di un elemento che al minimo valga come la simulazione del caso.
Questo spiegherebbe perché attraverso il libero arbitrio riusciamo a fare scelte che hanno una apparenza del tutto casuale.
Eutidemo che è esperto di giochi di magia a questo proposito potrebbe illuminarci sul come i maghi possano indurci a fare una precisa scelta, credendo di averla fatta liberamente.
Ciò non esclude che le nostre scelte siano sostanzialmente libere, ma dobbiamo ammettere che se volessimo pesare la loro libertà, quanto siano veramente libere non sapremmo dire.
Più che di libero arbitrio dovremmo allora parlare di scelte con grado variabile di libertà, escludendo che ve ne siano di puramente libere.
In fondo l'unica prova che siano libere e' legata alla loro imprevedibilità, cosa che anche un caso, e pure simulato , sa' fare.
Da un punto di vista filosofico il libero arbitrio è l'opposto del caso.
Strano allora che producano le stesse apparenze.
No per me ognuno alla nascita, ha un suo destino già scritto, che non può cambiare. Al massimo puoi cambiare delle piccole cose, ma che non fanno la differenza.
Citazione di: Estack il 19 Gennaio 2022, 17:50:51 PM
No per me ognuno alla nascita, ha un suo destino già scritto, che non può cambiare. Al massimo puoi cambiare delle piccole cose, ma che non fanno la differenza.
Salve estack. Per carità !
Tesi degnissima la tua. Soprattutto improntata alla logica rigorosa secondo la quale i grandi eventi di una esistenza non si possono scegliere, mentre quelli piccoli si. (Esempio : il dito in quale delle due narici posso infilarmelo ? Boh......ad libitum !).
La mia opinione è che tutto risulti deterministicamente già scritto (qualsiasi effetto presente o futuro è generato dalle proprie cause che l'hanno preceduto e non importa fin dove remote)...............ma il problema è che NESSUNO RIUSCIRA' MAI A LEGGERLO (tranne ovviamente il rivolgersi ad un adeguato interprete il quale - dietro modico compenso - ti racconterà quasi tutto essendo egli un oracolo, un profeta, una chiromante, una cartomante, un astrologo, un prete........). Saluti.
Citazione di: viator il 19 Gennaio 2022, 18:40:40 PM
Citazione di: Estack il 19 Gennaio 2022, 17:50:51 PM
No per me ognuno alla nascita, ha un suo destino già scritto, che non può cambiare. Al massimo puoi cambiare delle piccole cose, ma che non fanno la differenza.
Salve estack. Per carità ! Tesi degnissima la tua. Soprattutto improntata alla logica rigorosa secondo la quale i grandi eventi di una esistenza non si possono scegliere, mentre quelli piccoli si. (Esempio : il dito in quale delle due narici posso infilarmelo ? Boh......ad libitum !).
La mia opinione è che tutto risulti deterministicamente già scritto (qualsiasi effetto presente o futuro è generato dalle proprie cause che l'hanno preceduto e non importa fin dove remote)...............ma il problema è che NESSUNO RIUSCIRA' MAI A LEGGERLO (tranne ovviamente il rivolgersi ad un adeguato interprete il quale - dietro modico compenso - ti racconterà quasi tutto essendo egli un oracolo, un profeta, una chiromante, una cartomante, un astrologo, un prete........). Saluti.
Non ho ben capito se sei contrario alla mia idea, comunque si quello è un esempio delle piccole cose che puoi fare. Poi io non credo a chiromanti ecc.. quindi sbagli persona.
Citazione di: Estack il 19 Gennaio 2022, 19:54:40 PM
Citazione di: viator il 19 Gennaio 2022, 18:40:40 PM
Citazione di: Estack il 19 Gennaio 2022, 17:50:51 PM
No per me ognuno alla nascita, ha un suo destino già scritto, che non può cambiare. Al massimo puoi cambiare delle piccole cose, ma che non fanno la differenza.
Salve estack. Per carità ! Tesi degnissima la tua. Soprattutto improntata alla logica rigorosa secondo la quale i grandi eventi di una esistenza non si possono scegliere, mentre quelli piccoli si. (Esempio : il dito in quale delle due narici posso infilarmelo ? Boh......ad libitum !).
La mia opinione è che tutto risulti deterministicamente già scritto (qualsiasi effetto presente o futuro è generato dalle proprie cause che l'hanno preceduto e non importa fin dove remote)...............ma il problema è che NESSUNO RIUSCIRA' MAI A LEGGERLO (tranne ovviamente il rivolgersi ad un adeguato interprete il quale - dietro modico compenso - ti racconterà quasi tutto essendo egli un oracolo, un profeta, una chiromante, una cartomante, un astrologo, un prete........). Saluti.
Non ho ben capito se sei contrario alla mia idea, comunque si quello è un esempio delle piccole cose che puoi fare. Poi io non credo a chiromanti ecc.. quindi sbagli persona.
Salve estack. Ma
dove hai letto che io abbia pensato a te nel citare l'esistenza di indovini, chiromanti etc. ?. Saluti.
Sono interessato all'argomento. Ho nozione di Filosofia pressoché nulle. Provo a leggere i vostri post ma , come ovvio, ho le mie brave difficoltà.
Sono un pochino matematico, e come tale incline ad un qualche rigore lessicale: significato univoco delle parole; un oggetto-una parola, una parola-un oggetto.
Quindi, pur consapevole della pedanteria, ricerco i significati correnti di "arbitrio" e di "libero arbitrio".
Arbitrio
-Capacità di scelta nell'operare e nel giudicare. Treccani
-Facoltà di giudicare e operare liberamente. De Mauro
-Facoltà di giudicare e scegliere liberamente, secondo le proprie disposizioni e la propria volontà. Zanichelli
Libero arbitrio
-Capacità di scegliere liberamente, nell'operare e nel giudicare. Treccani
-Facoltà attribuita all'uomo di determinare se stesso, decidendo liberamente di fare o non fare qcs. De mauro
-La possibilità da parte dell'uomo di scegliere senza essere determinato da alcuna necessità.
Se capisco bene le due locuzioni sono del tutto equivalenti. "Libero arbitrio" è una perifrasi di cui potremmo (dovremmo? ) fare a meno. Ma siccome è corrente ce la teniamo.
L'attributo "libero" rimanda al sostantivo Libertà. Qui le cose si fanno complicate e controverse. "Libertà da" o "Libertà di" ? Assumo che si parli di "Libertà da". Nel nostro caso libertà dal "Destino" ( Fato, Necessità ).
Se si abbraccia l'ipotesi di un Determinismo assoluto casca tutto, accendiamo il televisore e ci godiamo il festival di Sanremo.
Se non abbracciamo, da "empirico" qual sono, suggerisco di allargare lo sguardo a sassi, amebe, gazzelle ed esseri umani.
Se prendo cento sassi e li pongo davanti ad uno stesso bivio ( scelta ), cascare o volare, i sassi cascheranno tutti. Necessità assoluta, Libero arbitrio zero.
Se pongo cento amebe di fronte ad un bivio il risultato sarà: a destra 98, a sinistra 2. Necessità tanta, Libero arbitrio pochissimo.
Cento gazzelle: 90 a sinistra, 10 a destra. Necessità consistente, Libero arbitrio poco.
Cento uomini: 60 a destra, 40 a sinistra. Necessità minima osservata, Libero arbitrio massimo osservato.
Ho escluso l'eventualità: 50 a destra e 50 a sinistra. Ciò avrebbe significato: Necessità 0, Libero arbitrio assoluto, cosa che escludo.
Se pensate che questo mio "esperimento" abbia un senso, quali sono le vostre conclusioni? Pensate che possa essere di una qualche utilità alla discussione?
[size=78%] [/size]
Ciao Paolo. Se il libero arbitrio fosse un meme sarebbe il re dei meme di questo forum😸. Detto questo, la tua "parabola" è molto attinente. Proverò a interpretarla secondo la mia lente biologico/neurale, come al solito ed i tuoi esempi sono molto allettanti. Come puoi tu stesso osservare più il livello biologico aumenta più l'imprevedibilità delle azioni aumenta. Ai sassi non è concessa alcuna scelta, rispondono a leggi fisiche. Le specie biologiche, compreso homo sapiens, rispondono invece a due diverse "strutture" comportamentali. La prima, più arcaica, presente anche nei batteri, è quella della fitness e della sopravvivenza, che induce ad adottare comportamenti che favoriscono la sopravvivenza. In questo modo i comportamenti hanno un altissimo livello di "determinazione". Ma gli ambienti cambiano e una volta che è intervenuta la dialettica specie viventi/ambiente, non si può più tornare indietro. Pertanto se le specie vogliono sopravvivere in ambienti che cambiano, devono cambiare esse stesse e il determinismo non favorisce più la sopravvivenza, tranne che in ambienti statici, ma questa non è la condizione del nostro mondo fisico, soggetto a stravolgimenti climatici, geologici e chimici eccezionali. La prima strategia di corrispondenza fra il sopravvivere e l'ambiente è vincente solo nel breve periodo. Sul lungo occorre pensare a una sorta di "danza dinamica" fra ambiente e specie vivente. Il cambiamento avviene così secondo differenti modalità biologiche, una è il semplice caso, una è la genetica e una (ed è quella che ci riguarda, come appartenenti al gruppo dei primati superiori) è lo sviluppo abnorme del cervello, che diventa talmente potente come strumento adattivo da poter giungere "potenzialmente" a sempre nuove scoperte adattive, fino al punto da modificare così tanto l'ambiente, da non doversi più proteggersi da quello ma doverlo proteggere da sè stesso. La libera volontà dell'uomo è semplicemente uno dei risultati di quella parte del cervello che si chiama neocorteccia.
Salve jacopus. Guarda che Paolo è stato sincero e - secondo me - la sua mente eminentemente matematica non pùò facilmente comprendere i tuoi discorsi, così intrisi di termini biologici (biologia e matematica fanno sempre a pugni!) che egli poi dovrà correre a reperire (un concetto-una cosa..........una cosa-un concetto........quindi zero elasticità mentale)...................................a reperire decine di significati diversi in diverse enciclopedie, vocabolari e dizionari !
Non mi sembra giusto maltrattarlo in questo modo e fargli fare tutta questa fatica per poi lasciarlo confuso ed insoddisfatto con un pugno di paroloni tra i quali fare ordine !
Se fossi più colto e sveglio di quel che sono, le cose che cerchi di spiegargli tu gliele spiegherei io (anche se sono assai debole in matematica, probabilistica e statistica).................
Spero di venir smentito in ciò da una augurabile replica di Paolo stesso il quale ci confermi di aver invece afferrato al volo l'intierezza dei tuoi corretti e semplici ragionamenti, Ma purtroppo io sono un pessimista in ciò.
Io spero comunque che qualcun altro si faccia sotto e possa chiarire meglio di noi due questo nuovissimo e mai esplorato argomento, permettendo all'ottimo Paolo di venire a conoscenza - attraverso un comprensibile linguaggio probabilistico-percentile - della tanto agognata VERITA' circa il libero arbitrio umano. Saluti a tutti.
P.S. - Interessante la dinamica per la quale il cervello risulti impegnato a difendersi contro sè stesso. Un poco come se i denti del'arcata superiore, quando cercano il contatto con quelli dell'arcata inferiore........non è che stiano masticando............è che vorrebbero combattersi tra di loro demolendosi a vicenda.
Tu mi stuzzichi Viator ed io ti accontento. Il cervello dell'uomo è un cervello esteso, che non è composto solo da fibre organiche ma anche da cultura esterna. In qualche modo il mio ed il tuo cervello si estendono fino a questi messaggi scritti sul PC ed anche oltre. La stessa struttura reticolare del cervello è condizionata, ad esempio, dalla lingua conosciuta come madre-lingua. Al di là della attuale necessità di dare un freno all'antropizzazione dell'ambiente a cui facevo cenno in precedenza, il cervello umano combatte sè stesso da quando è entrato nel mondo della cultura. Basta dare un'occhiata alle grandi tragedie greche per rendersene conto, senza scomodare le utili ma umili mandibole. Oppure per restare più leggeri ascoltare questa:
https://www.youtube.com/watch?v=pRStuVTjrXc
Ringrazio Jacopus e Viator per aver considerato ll mio post.
A Viator
...secondo me - la sua mente eminentemente matematica non può facilmente comprendere... ; .... quindi zero elasticità mentale.... ; .... per poi lasciarlo confuso ed insoddisfatto ... ; .... Spero che Paolo abbia afferrato... ma sono pessimista.
Devo proprio dire che nei miei riguardi non hai avuto la premura di alcuna circospezione. Va bene così.
A Jacopus
Alcuni decenni or sono (ahimè ) ho letto "Il caso e la necessità" di Monod. Il "Genotipo" ( Dna ) nel replicare se stesso commette "errori". Secondo Monod gli errori sono imprevedibili, la replicazione è il Caso assoluto. Da questo evento in poi la Necessità la fa da padrona.
Il gene ha un "sogno" : diventare due geni; costruisce intorno a sé il "Fenotipo" in modo da massimizzare la probabilità che il suo "sogno" si avveri.
Il gene determina la struttura fisica (cervello compreso ) ed il comportamento: volontà di vivere, propensione ad agire sull'ambiente, propensione alla collaborazione interspecifica, propensione al sesso.
Il mio modesto esperimento sembra dimostrare che la Necessità non è però assoluta, è presente uno spazio che chiamiamo Libero arbitrio, spazio più o meno ampio secondo la specie.
Come che sia, le vicende che interesseranno il singolo individuo ( Fenotipo ) non avranno alcuna influenza sul gene di cui è portatore: niente feedback.
Nelle specie gregarie, le capacità cognitive di ogni singolo individuo vengono scambiate tramite un linguaggio diventando una sorta di intelligenza collettiva che incrementa la probabilità di replicazione del comune Genotipo.
La specie umana, per il tramite di un linguaggio (parlato e scritto ) estremamente sofisticato realizza il fenomeno di cui sopra al massimo grado.
Che la volontà di sopravvivenza ( Potenza ) porti il genere umano alla catastrofe è da valutare con calma: non ho le certezze di Greta la donzella.
Però, queste ultime considerazioni, mi pare di poter dire, poco ci azzeccano con il grado di libero arbitrio da attribuire alla specie umana.
Un saluto da un insonne matematico aspirante filosofo.
[/color]
Per certi effetti che non sappiamo diversamente prevedere, tiriamo in ballo il caso e il libero arbitrio come "generica causa" che viene distinta a seconda che si riferisca al regno materiale o al regno animale.
La differenza fra caso e arbitrio è che per il secondo conosciamo della generica causa un intermediario.
Ma, dal punto di vista degli effetti che differenza fa' l'intervento di un intermediario come personificazione della generica causa?
Questo intermediario sembra sostanziarsi come un difetto casuale in un dado che tende a determinare il risultato. Il libero arbitrio sembra tendere più alla prevedibilità quindi quanto meglio ne conosciamo bene l'intermediario, come quando conosciamo un difetto del dado.
Ma dunque dove sta la differenza sostanziale se nel caso materiale supponiamo il lancio di un solo perfetto dado, e nell'altro ne lanciamo tanti truccati a caso?
La differenza sta nel fatto che il lancio di tanti dadi truccati a caso si avvicina sempre più negli effetti al lancio di un singolo perfetto dado al crescere del numero dei dadi truccati.
Se così stanno le cose si capisce perché le specie hanno un numero di individui critico al fine della loro sopravvivenza , se questa dipende dal caso.
Salve jacopus. Citandoti : "Il cervello dell'uomo è un cervello esteso, che non è composto solo da fibre organiche ma anche da cultura esterna".
Veramente ? Intendi dire che il cervello umano (organo), in via autoptica, risulterebbe sezionabile in modo da da poter lasciare su di un angolo del tavolo settorio la componente cellular-neurobiologica (l'encefalo) e sull'altro angolo la componente culturale (cioè immateriale, non biologica, acquisibile a piacere od a forza, puramente formale perchè costituita da informazione allo stato puro ?.
Forse hai ragione tu. Devo certo essermi perso qualcosa dei recenti progressi culturalscientifici. Saluti.
Salve Paolo. Citandoti : "Devo proprio dire che nei miei riguardi non hai avuto la premura di alcuna circospezione. Va bene così".
Grazie. Io sono stato cinicamente ironico come spesso mi accade. Sfortunatamente hai trovato la prima pepita sul fondale del Naviglio Grande. Spero di non averti offeso. Tu avevi invocato l'ironia ed essa, quando arriva, andrebbe presa con filosofia (come in effetti hai fatto nel replicarmi).
D'altra parte io sono solito (non ti chiedo certo di ispezionare i miei troppi interventi nel Forum) dedicare pure a me stesso una certa qual dose di AUTOironia. Stammi bene.
"Devo essermi perso qualcosa degli ultimi progressi scientifici/culturali".
Esatto Viator. Ti sei perso una enorme mole di studi sull'argomento. Ovviamente non tutti sono d'accordo con questa definizione di cervello che in realtà è la definizione del sistema mente/cervello. Il problema fu per la prima volta individuato da Leibniz, ed infatti oggi il problema è conosciuto con il nome di Mulino di Leibniz. Ovvero come trovare l'origine di ciò che chiamiamo "identità/coscienza/senso del sè". A meno che di non negare l'importanza di questi concetti o di non tornare al concetto di "anima", una strada possibile è quella di considerare il cervello uno strumento computazionale che fa emergere la propria singolarità dal rapporto fra uno strumento estremamente fine e la storia culturale che lui stesso ha contribuito a creare. Per questo si usa anche la metafora del barone di Munchausen che si sollevò tirandosi egli stesso dal suo codino.
Il libero arbitrio, posto cosi com'è, sarebbe ben poca cosa. Basta infatti che uno si renda conto che ciascuna scelta è subordinata a scartarne almeno una e il gioco è fatto.
Per venirne a capo in modo più fruttuoso dovremmo considerare le sfere di influenza, o come io chiamo il fenomeno, sapere sotto quale occhio si sta agendo. Sarà l'occhio dell'appetito? Sarà l'occhio del desiderio sessuale? Sarà l'occhio della stanchezza?
Nel nostro caso è l'occhio della filosofia, però se quando uno scrive è sotto l'occhio della stanchezza il risultato sarà forse scarso.
Noi pensiamo e ragioniamo in subordine a tutti questi occhi che ci tengono sotto il loro cono senza che magari noi ci si renda pienamente conto.
La filosofia ha generato coll'uso della lingua un grande caos suo malgrado. Le intenzioni forse erano diverse. Ma la lingua non si presta molto a questi usi, essendo la sua natura un po' diversa. Eppure sarà proprio la lingua a doverci trarre d'impiccio.
E' ovvio che l'occhio più grande di tutti gli occhi che ci guardano sia proprio il nostro caro linguaggio.
Quelli che vanno allo stadio ad assistere la propria squadra perdere e poi vanno a casa e picchiano la moglie, o i figli (libera interpretazione da Iannacci).
Ecco allora comparire il libero arbitrio. Temporalmente la scelta potrebbe cadere nel picchiare l'allenatore, scartatala, potrà presentarsi nella potenziale lite con l'automobilista di turno, scartata pure questa, la scelta si esercita quindi sulla moglie o i figli.
Insomma, o compi subito una determinata scelta o prendi tempo, si può cioè cercare di dissipare nel tempo la forza della scelta da compiere (naturalmente in questo esempio si è dissipato il tempo, ma non tanto la forza. Forse bastava spaccare un paio di piatti)
penso che il libero arbitrio ci sia e che lo utilizziamo costantemente , ma possiamo tradurre libero arbitrio con "libera scelta" . quando una scelta ci rende Liberi? le condizione di civiltà in cui ci troviamo ci offrono determinate opzioni su cui scegliere. Non possiamo fare tutto quello che vogliamo , esiste un etica da rispettare , esiste il bene che si impone come valore universale sulla vita dei giusti. Le scelte possono essere o in accordo con la legge morale universale oppure no. Possiamo scegliere di aiutare oppure infierire sui deboli. E in questa antinomia che si celano le scelte libere . Fra odio e amore, fra guerra e pace, fra amicizia e inimicizia, fra lealtà e falsità , fra Dio e il contrario di Dio. E a volte può capitare questa antinomia schiacci come un peso sulla vita dell uomo e quando questo accade l'uomo naufraga.
Salve Alberto. Interessante il concetto di "contrario di Dio".
Se Dio è "l'entità suprema parlante".............Egli/esso avrebbe detto di sè : "(Io) sono (colui) ciò che è".
Il suo contrario dovrebbe (non) essere "l'entità suprema silenziosa".............ma, non essendo e perdipiù tacendo............sarebbe il nulla.
Mi sembra però che tu appartenga alla sterminata schiera di coloro che pensano che Dio abbia più semplicemente detto di "essere colui che è". Ovvero di essere una persona ("colui" è pronome personale), con ciò sussumendo che sia stata una persona (Dio) a creare le persone che credono nelle persone (l'umanità). Saluti.
Citazione di: viator il 12 Marzo 2022, 15:57:54 PMSalve Alberto. Interessante il concetto di "contrario di Dio".
Se Dio è "l'entità suprema parlante".............Egli/esso avrebbe detto di sè : "(Io) sono (colui) ciò che è".
Il suo contrario dovrebbe (non) essere "l'entità suprema silenziosa".............ma, non essendo e perdipiù tacendo............sarebbe il nulla.
Mi sembra però che tu appartenga alla sterminata schiera di coloro che pensano che Dio abbia più semplicemente detto di "essere colui che è". Ovvero di essere una persona ("colui" è pronome personale), con ciò sussumendo che sia stata una persona (Dio) a creare le persone che credono nelle persone (l'umanità). Saluti.
No, per "il contrario di Dio" intendo la diabolicità , la perfidia , la cattiveria . Non credo al diavolo ma credo nella diabolicità , questa la vediamo sopratutto in questi tempi.
Citazione di: Alberto Knox il 12 Marzo 2022, 13:52:44 PMpenso che il libero arbitrio ci sia e che lo utilizziamo costantemente , ma possiamo tradurre libero arbitrio con "libera scelta" . quando una scelta ci rende Liberi? le condizione di civiltà in cui ci troviamo ci offrono determinate opzioni su cui scegliere. Non possiamo fare tutto quello che vogliamo , esiste un etica da rispettare , esiste il bene che si impone come valore universale sulla vita dei giusti. Le scelte possono essere o in accordo con la legge morale universale oppure no. Possiamo scegliere di aiutare oppure infierire sui deboli. E in questa antinomia che si celano le scelte libere . Fra odio e amore, fra guerra e pace, fra amicizia e inimicizia, fra lealtà e falsità , fra Dio e il contrario di Dio. E a volte può capitare questa antinomia schiacci come un peso sulla vita dell uomo e quando questo accade l'uomo naufraga.
Tutto quello che avviene, così come tutto quello che c'è, deve avere una causa oppure... essere dovuto al caso.
Quindi o il caso o la necessità.
Una qualsiasi scelta non può che rientrare in una di queste due possibilità.
Una eventuale libera scelta dovrebbe perciò essere casuale...
È questo il libero arbitrio?
Se non vogliamo attribuire le nostre scelte all'effetto del caso, dobbiamo accettare che non esiste alcun libero arbitrio.
Che non esista, totalmente, è comunque richiesto dall'Etica.
Citazione di: bobmax il 12 Marzo 2022, 21:12:25 PMTutto quello che avviene, così come tutto quello che c'è, deve avere una causa oppure... essere dovuto al caso.
Quindi o il caso o la necessità.
Una qualsiasi scelta non può che rientrare in una di queste due possibilità.
Una eventuale libera scelta dovrebbe perciò essere casuale...
È questo il libero arbitrio?
Se non vogliamo attribuire le nostre scelte all'effetto del caso, dobbiamo accettare che non esiste alcun libero arbitrio.
Che non esista, totalmente, è comunque richiesto dall'Etica.
bhè il contrario di scelta libera è scelta obbligata , esistono scelte obbligate? un tossico dipendendente che non lavora è costretto a rubare se vuole la droga? la dipendenza fa compiere scelte obbligate? bhè di sicuro le dipendenze di ogni genere rendono schiavi di quella dipendenza. E qundo ci si libera da una dipendenza? quando si sceglie di cambiare. la liberazione è innanzitutto una negazione , è un dire no! .
Il no può essere anche riferito alla propia sopravvivenza a beneficio di un bene che si ritiene maggiore. Scegliere in accordo con la legge morale significa essere davvero liberi. Sembra un pò strano l'assunto che seguire una legge ci fa scegliere in maniera libera. bene, come esseri dotati di sensi noi apparteniamo all ordine naturale e pertanto siamo sottomessi alla legge di casualità , di conseguenza
non possediamo una volontà libera. Come creature razionali però, facciamo parte di ciò che kant ha chiamato "la cosa in sè" , e quindi del mondo come è in sè , indipendentemente dalle nostre sensazioni . Se seguiamo la nostra "ragion pratica" , possiamo compiere scelta morali e perciò la nostra volontà è libera : infatti, piegandoci di fronte alla legge morale , siamo noi stessi a formulare quella legge a cui ci adeguiamo. in alternativa possiamo seguire i nostri vizi, le nostre dipendenze , i nostri desideri . Ora pensate a quanta indipendenza e quanta libertà ci vogliono per staccarsi da vizi, dipendenze e desideri. E la si ottiene come?...
No Alberto,
la questione è ben diversa dalla contrapposizione scelta libera - scelta obbligata.
La constatazione che non esista alcuna scelta libera, e che questa non esistenza è in effetti Totale, implica ben altro che una schiavitù...
Lo svanire dell'illusione del libero arbitrio mette in discussione l'io.
È proprio ciò che abbiamo dato per scontato, il nostro io, a rivelarsi inesistente.
E che non esista, è una necessità Etica.
Citazione di: bobmax il 12 Marzo 2022, 21:12:25 PMCitazione di: Alberto Knox il 12 Marzo 2022, 13:52:44 PMpenso che il libero arbitrio ci sia e che lo utilizziamo costantemente , ma possiamo tradurre libero arbitrio con "libera scelta" . quando una scelta ci rende Liberi? le condizione di civiltà in cui ci troviamo ci offrono determinate opzioni su cui scegliere. Non possiamo fare tutto quello che vogliamo , esiste un etica da rispettare , esiste il bene che si impone come valore universale sulla vita dei giusti. Le scelte possono essere o in accordo con la legge morale universale oppure no. Possiamo scegliere di aiutare oppure infierire sui deboli. E in questa antinomia che si celano le scelte libere . Fra odio e amore, fra guerra e pace, fra amicizia e inimicizia, fra lealtà e falsità , fra Dio e il contrario di Dio. E a volte può capitare questa antinomia schiacci come un peso sulla vita dell uomo e quando questo accade l'uomo naufraga.
Tutto quello che avviene, così come tutto quello che c'è, deve avere una causa oppure... essere dovuto al caso.
Quindi o il caso o la necessità.
Una qualsiasi scelta non può che rientrare in una di queste due possibilità.
Una eventuale libera scelta dovrebbe perciò essere casuale...
È questo il libero arbitrio?
Se non vogliamo attribuire le nostre scelte all'effetto del caso, dobbiamo accettare che non esiste alcun libero arbitrio.
Che non esista, totalmente, è comunque richiesto dall'Etica.
Ciao Alberto e benvenuto.
Non sappiamo se esiste il caso.
Sappiamo solo che è utile ipotizzarne l'esistenza.
Non sappiamo se la causa di una scelta sia il caso, ma sappiamo che gli effetti di una scelta hanno risultati apparentemente casuali e che queste apparenze si possono giustificare dentro un mondo ipotizzato come esclusivamente deterministico, mentre credo che non si possono giustificare le apparenze deterministiche dentro un mondo ipotizzato esclusivamente come casuale.
Da un punto di vista logico quindi il determinismo sembra segnare qualche punto a suo favore.
Detto ciò però il determinismo non mi convince non meno del caso, e credo che non esistano entrambi, se non come strumenti attraverso i quali ci rapportiamo con la realtà.
Se il caso e il determinismo non esistessero, considerando la loro utilità, bisognerebbe inventarli, e infatti li abbiamo inventati.
A simulare il caso siamo bravi.
Sappiamo come fare, come quando lanciamo i dadi.
Ma siamo certi che nello scovare le leggi deterministiche della fisica parimenti non simuliamo?
Parliamo infatti di leggi universali, ma che con certezza sappiamo valgono solo dentro la porzione di universo limitata, il ''laboratorio'', in cui le abbiamo sperimentate.
Allo stesso modo attribuiamo l'arbitrio ad un individuo inteso come sistema isolato, che però isolato non è mai, e, a dirla tutta, neanche ben determinato.
Citazione di: viator il 12 Marzo 2022, 15:57:54 PMSalve Alberto. Interessante il concetto di "contrario di Dio".
Se Dio è "l'entità suprema parlante".............Egli/esso avrebbe detto di sè : "(Io) sono (colui) ciò che è".
Il suo contrario dovrebbe (non) essere "l'entità suprema silenziosa".............ma, non essendo e perdipiù tacendo............sarebbe il nulla.
Mi sembra però che tu appartenga alla sterminata schiera di coloro che pensano che Dio abbia più semplicemente detto di "essere colui che è". Ovvero di essere una persona ("colui" è pronome personale), con ciò sussumendo che sia stata una persona (Dio) a creare le persone che credono nelle persone (l'umanità). Saluti.
No, per "il contrario di Dio" intendo la diabolicità , la perfidia , la cattiveria . Non credo al diavolo ma credo nella diabolicità , questa la vediamo sopratutto in questi tempi.
Se il Demonio fosse il contrario od il complementare di Dio, Dio stesso risulterebbe mutilato dei suoi tributi specifici i quali - riassunti - rappresenterbbero la sua assoluteza.
Un mondo ridotto a condominio litigioso, contrastante tra un Dio che - evidentemente - vedrebbe la propria onnipotenza negata dall'esistenza della potenza del proprio opposto ! Andiamo ! Questi sono solo concetti infantil-manichei per anime semplici.
O Dio esiste consistendo nell'assoluto unico e totalizzante........oppure non è ". Saluti.
Citazione di: viator il 12 Marzo 2022, 22:46:41 PMSe il Demonio fosse il contrario od il complementare di Dio, Dio stesso risulterebbe mutilato dei suoi tributi specifici i quali - riassunti - rappresenterbbero la sua assoluteza.
Un mondo ridotto a condominio litigioso, contrastante tra un Dio che - evidentemente - vedrebbe la propria onnipotenza negata dall'esistenza della potenza del proprio opposto ! Andiamo ! Questi sono solo concetti infantil-manichei per anime semplici.
O Dio esiste consistendo nell'assoluto unico e totalizzante........oppure non è ". Saluti.
Non so se sono io a spiegarmi male o tu a capire quello che ti pare. Se sto parlando degli opposti allora sto sempicemente indicando l opposto di Dio che è amore con la diabolocità che è l'odio. semplice semplice . non occorre soffermarsi su questo . sto indicano le antinomie.
Salve Alberto. Secondo me tu ti spieghi benissimo. Sono io che spesso ho dei problemi, essendo una persona limitata.
Se Dio è amore e solo amore, speriamo che sia anche onnipotente e che si decida ad eliminare dal mondo e dalle nostre vite il suo diabolico "contrario" che tu hai così bene definito.
Se Dio invece è amore ma non è onnipotente.........beh, allora vale il condominio cosmico tra un Dio-bene ed una diabolicità-male, delle cui liti noi - poveretti - dobbiamo fare quotidianamente le spese.
Perdonami se a questo punto io avrò fatto solo dell'ulteriore confusione. Auguri e saluti.
perchè dovrebbe essere onnipotente? non posso dare nessun attributo a Dio per quel che ne sappiamo . Per quel che ne so anche Dio può avere un lato oscuro. In verità non sappiamo affatto di cosa stiamo parlando quando diciamo Dio (è per questo che lo nomino poco). Però , cosa possiamo dire di quello che sappiamo ? di quello che vediamo nel mondo come verità viva! che siamo immersi nell antinomia. Era questo il punto. ma approfondirò la cosa con un th adeguato visto che non si capisce. ciao
la domanda sul libero arbitrio di Socrate78 mi fa venire in mente quest'altra domanda:
è possibile non essere spontanei?
Citazione di: ricercatore il 26 Marzo 2022, 23:54:55 PMla domanda sul libero arbitrio di Socrate78 mi fa venire in mente quest'altra domanda:
è possibile non essere spontanei?
Riflessione interessante.
Che riformulerei così:
"È possibile non essere adesso ciò che si è?"
Perché di questo si tratta, chiedendoci quale possibilità abbiamo di decidere diversamente da quanto decidiamo.
Una domanda che si interroga sulla possibilità dell'assurdo.
Perché noi siamo ciò che siamo! No?
Supporre diversamente è supporre l'assurdo.
Supporre che A possa non essere A.
Assurdità.
Tuttavia, c'è il male...
Che proprio in quel assurdo si celi la Verità?
La libera scelta esiste come soluzione ai condizionamenti dell'ambiente, naturale e sociale, della singola conformazione cerebrale e del caso. L'essere umano ed anche i primati superiori si sono svincolati dai comportamenti istintuali ed hanno così accesso a pensare le "alternative", a partire da precondizioni date. Libera scelta non significa certo poter fare qualsiasi cosa. La vita non è un Luna-Park, ma non è neppure un flusso inevitabile di azioni già predeterminabili. Il determinismo di tipo fisico-scientifico non può essere applicato all'uomo in quanto "zoon politikon" e se lo si prova a fare, spesso vi è una sottesa ideologia alla homo homini lupus o derivante da mistiche da "eterno ritorno", orientali o post-illuministiche.
La non esistenza del libero arbitrio non implica necessariamente una predeterminazione.
Così come non ne consegue una schiavitù.
Semplicemente, mette in discussione l'io.
Tutte le difese a oltranza del libero arbitrio si basano in sostanza sul "sentire" o sul "deve esserci se no è brutto..."
Mentre non vi è alcuna dimostrazione razionale sulla sua effettiva esistenza.
Viceversa, da come funziona il mondo non può che non esistere.
Ma poi, oltre alle considerazioni razionali, vi è una motivazione etica!
Il Male sarebbe Realtà.
DISCORSO FILOSOFICO.
Giustissimo mettere in discussione l'Io, specialmente quello cartesiano cogitante e colonizzatore del corpo nel suo insieme, ben lungi dall'essere superato nella cultura, sia quella popolare che quella accademica. Ma a mio parere non si può neppure annullarlo. Se io sono quello che sono per tutti i fattori ambientali, cerebrali e causali che ho incontrato nel cammino, io sono quello che sono per scelte "contaminate" da quella precedente "triade" di fattori, ma che potevano anche essere diverse, a parità di fattori. In questo hai perfettamente ragione ad invocare la questione etica. È la ricerca del "bene" ad indicare "der Weg". Ma il bene e la sua ricerca sono una dimensione che riguarda sia il soggetto che l'oggetto, ovvero il "mondo esterno". L'Io, in questo è centrale, così come centrale, nella ricerca del bene è la responsabilità individuale, che va sintonizzata sempre con l'intersoggettività, comprendente non solo gli altri umani ma anche gli animali, le piante e il mondo fisico. Ogni essere vivente, dotato di riflessività, contemporaneamente, in questo gioco, perde la propria individualità e la mantiene. Questa è la lezione tragica ed eroica dell'Occidente.
DISCORSO BIOLOGICO-EVOLUZIONISTA
La libera volontà raggiunta dagli organismi superiori, che attualmente vicino sulla terra, sostanzialmente i mammiferi, permette una capacità di adattamento molto superiore a mutamenti dell'ambiente ed anche una capacità di mutamento biologico più veloce come dimostrato dal sistema genetico/culturale. Bisogna solo capire se questi adattamenti che finora hanno avantaggiato homo sapiens siano sostenibili dal resto del pianeta.
Citazione di: Jacopus il 27 Marzo 2022, 11:23:18 AMLa libera scelta esiste come soluzione ai condizionamenti dell'ambiente, naturale e sociale, della singola conformazione cerebrale e del caso. L'essere umano ed anche i primati superiori si sono svincolati dai comportamenti istintuali ed hanno così accesso a pensare le "alternative", a partire da precondizioni date. Libera scelta non significa certo poter fare qualsiasi cosa. La vita non è un Luna-Park, ma non è neppure un flusso inevitabile di azioni già predeterminabili. Il determinismo di tipo fisico-scientifico non può essere applicato all'uomo in quanto "zoon politikon" e se lo si prova a fare, spesso vi è una sottesa ideologia alla homo homini lupus o derivante da mistiche da "eterno ritorno", orientali o post-illuministiche.
Io non dò attributi alla realtà, se non con parsimonia.
Però abbiamo a che fare con descrizioni relative della realtà in cui facciamo entrare caso e necessità in modo funzionale.
In senso operativo , perché sempre funzionali sono le nostre descrizioni della realtà, e casuale è ciò che non riesco prevedere a tutti gli effetti, e in tal senso casuale è il risultato di una mia scelta perché io stesso non posso prevederla.
Prediligo però la narrazione deterministica perché essa riesce ad inglobare il caso a tutti gli effetti come risultato di ignoranza delle cause, tanto è vero che noi stessi siamo in grado di riprodurre eventi a tutti gli effetti casuali, mettendoci nelle condizioni di non voler controllare le cause, pur potendolo in teoria fare, come quando costruiamo e lanciamo un dado.
Possedere le conoscenze relative per programmare le nostre azioni non sembra però essere una soluzione completa per la nostra sussistenza, perché le conoscenze derivano da fattori ambientali che mutano e alle quali dobbiamo perciò adattarci, possibilmente senza fare la fine dell'asino di Buridano, senza poter fare più riferimento completo alle conoscenze possedute, cioè in un modo non del tutto determinabile a priori, procedendo per tentativi ed errori.
Nella misura in cui facciamo scelte finalizzate all'azione, come ben dici, abbiamo un numero di alternative limitate, ma il libero arbitrio comporta scelte che all'azione non sono finalizzate.
Sto cercando così di descrivere lo schema Darwiniano in atro modo, per sottolineare che all'evoluzione adattativa non serve il puro caso, ma condizioni che l'individuo in evoluzione non sia in grado di controllare.
Per l'evoluzione dunque sembra essere importante il non completo controllo delle cause, o almeno fin qui lo è stato.
Quindi il controllo delle cause, determinismo, è importante quanto la sua mancanza, caso.
Volendo attribuire caso e determinismo alla realtà, a me uno appare più assurdo dell'altro.
Il libero arbitrio a tutti gli effetti equivale a lanciare un dado, e anche se nelle scelte di un individuo riscontriamo costanze, come se un individuo fosse un dado truccato, questa coerenza si perde quando esaminiamo le scelte di una molteplicità di individui indipendenti, che non si influenzino a vicenda, come dadi in diverso modo truccati.
La conoscenza, e le capacità di controllo sulla realtà, hanno dei limiti, e ciò sembra essere essenziale alla vita per quanto le capacità di controllo sulla realtà caratterizzino la vita stessa distinguendola dalla materia.
Ammettere il puro caso a me sembra inaccettabile proprio perché salta così del tutto una possibile distinzione fra vita e materia.
La materia non è libera di produrre scelte a cavolo, perché non possiede un controllo sulla realtà, né completo, né parziale come quello posseduto dalla vita.
Quello che voglio in tal modo sottolineare è che, ben vengano le discussioni sulla esistenza di un libero arbitrio, se queste non fanno passare in secondo piano la fondamentale importanza per la vita di avere un controllo sulla realtà che non sia però completo, ma parziale, ciò che si può dedurre direttamente dal fatto che noi ne siamo una parte, con buona pace delle nostre pretese di conoscenza totale e universale, la quale equivarrebbe ai fini comportamentali una sua completa mancanza, condannati a comportarci in modo potenzialmente determinato a guisa di materia, la quale non prevede alternative folli da abbracciare.
Saremmo perfetti allora come la materia. Saremmo materia.
Sono d'accordo Iano sul fatto che la libera volontà non deve essere un grimaldello per farci credere in un assolutismo della volontà ma non bisogna neppure cadere nel tranello dell'iperdeterminismo, che dallo studio della realtà fisica è stato travasato grossolanamente nello studio del comportamento umano ed animale. La libertà della volontà nasce dalla moltiplicazione delle alternative di scelta che sono, a loro volta, la conseguenza di un sistema nervoso centrale molto sofisticato e della cultura che ne è derivata. Anche il lungo periodo di accudimento di cui il bambino di homo sapiens ha bisogno, produce, come conseguenza, l'allontanamento da modelli comportamentali automatici, sostituiti dall'apprendimento plastico (o meglio, neuroplastico) e dalla possibilità di confrontare comportamenti diversi. Il continuo e circolare feed-back fra SNC ed evoluzione culturale, l'autoriflessività di homo sapiens, in grado di pensare il pensiero e di pensare l'azione, sono i presupposti per indicare l'impossibilità di risalire al comportamento umano tramite cause unilineari e scientificamente dimostrabili. Ciò ovviamente non vuol dire che il tema della libera volontà e della sua "ombra", il determinismo, non possa essere approfondito e studiato. Anzi lo sarà sempre con soluzioni differenti nel corso del tempo. Quello che a me è sembrato sempre eticamente importante è sempre stato il nesso fra libera volontà e responsabilità. Un nesso da non prendere in modo strategico, pena l'impossibilità da parte dei tribunali di funzionare, ma come pensiero che supera il "suo stato di minorità imputabile a sè stesso".
Citazione di: bobmax il 27 Marzo 2022, 11:08:27 AMCitazione di: ricercatore il 26 Marzo 2022, 23:54:55 PMla domanda sul libero arbitrio di Socrate78 mi fa venire in mente quest'altra domanda:
è possibile non essere spontanei?
Riflessione interessante.
Che riformulerei così:
"È possibile non essere adesso ciò che si è?"
Perché di questo si tratta, chiedendoci quale possibilità abbiamo di decidere diversamente da quanto decidiamo.
Una domanda che si interroga sulla possibilità dell'assurdo.
Perché noi siamo ciò che siamo! No?
Supporre diversamente è supporre l'assurdo.
Supporre che A possa non essere A.
Assurdità.
Tuttavia, c'è il male...
Che proprio in quel assurdo si celi la Verità?
se salgo a ritroso lungo le linee del pensiero che mi conducono ad un gesto cosa trovo?
qualcosa di spontaneo, qualcosa che viene da me ma che io non decido.
noi prima agiamo, solo dopo capiamo quello che facciamo o che stiamo facendo.
la coscienza appare come un meccanismo di "feedback" che ci aiuta a correggere parzialmente parte del nostro agire: per questo abbiamo l'illusione del controllo.
eppure non siamo noi a controllare il meccanismo di "feedback": dobbiamo considerare anche questo parte del nostro agire "spontaneo".
ecco perché mi verrebbe da rispondere di "no" ad entrambe le formulazioni:
non è possibile non essere spontanei.
non è possibile esser qualcosa di diverso da ciò che si è.
Citazione di: ricercatore il 28 Marzo 2022, 09:32:49 AMmi verrebbe da rispondere di "no" ad entrambe le formulazioni:
non è possibile non essere spontanei.
non è possibile esser qualcosa di diverso da ciò che si è.
Tuttavia vi è il male...
E qualunque male è l'assolutamente inaccettabile.
Mentre le nostre decisioni derivano da ciò che siamo, non da ciò che conosciamo. E nulla possiamo su ciò che siamo.
La conoscenza ci fa però inoltrare nel mondo e in noi stessi. In quello stesso male che noi siamo.
Ecco l'inferno!
All'inferno siamo al sicuro. Dannati per sempre, ma al sicuro.
Lì Dio è certo.
Il figlio non può salire al Padre, ne è indegno.
Ma può amarLo.
Fino ad annullarsi in Lui.
Ciò che appare come indeterminato non necessariamente lo è, ma non è vero il contrario.
Il determinismo, non so' se siete d'accordo, sembra avere un vantaggio logico sul caso, perché si può pensare il primo in modo esclusivo, al di là di ciò che appare, ma lo stesso non si può fare per il secondo.
La vita per non ridursi a materia necessita del libero arbitrio come equivalente a tutti gli effetti del caso, oppure è sufficiente una incontrollabile complessità di cause che lo simulino?
Le cause sono da considerare non del tutto controllabili, e complesse in genere, e quindi quando le cose ci appaiono determinate è perché riusciamo a isolarne una parte significativa, dando oltretutto forse con faciloneria per scontato di avere isolato il soggetto, come con faciloneria pensiamo di aver isolato tutte le cause, oltre le sole significative.. Se riusciamo a pensare alla materia come composta di elementi ultimi fondamentali, prescindendo dalla loro disposizione e funzione, non possiamo pensare la vita se non come organizzazione funzionale di una moltitudine di parti che rendono relativa la definizione stessa del soggetto.
Ma le cause che insistono sulla vita sono certamente più complicate, perché gli effetti sulla materia vivente, in quanto registrati, diventano a loro volta cause che agiscono in differita. La vita quindi se entra nel gioco delle cause e degli effetti, lo fa svincolandosi dallo spazio-tempo , facendo viaggiare le cause, quelle registrate, nello spazio e nel tempo, come monete riposte apparentemente da spendere a piacere,
Quindi, prima ancora che il libero arbitrio, ciò che caratterizza il vivente è che esso è un registratore di effetti e quindi un moltiplicatore di cause che includono quelle registrazioni.
Ciò fa si, che anche se la vita fosse soggetta in modo esclusivo al determinismo, non è da sperare di poterne isolare in modo sufficiente le cause, come riusciamo a a fare con la materia.
La registrazione degli eventi, in un modo e nell'altro, sembra essere fondamentale per distinguere vita da materia, e l'organizzazione delle parti che compongono un individuo è prima di tutto da vedere quindi in questa funzione, cioè quella di registrare.
Quindi, in sostanza l'anello logico mancante è come facciano queste registrazioni ad attivarsi come cause.
il libero arbitrio equivale allo spendere questa moneta, che può essere poca o tanta, asseconda della complessità organizzativa dell'essere individuato in modo funzionale come vivente, ma non è questa complessità da richiamare in modo logico a giustificarlo.
Un altro punto da annotare è che l'essere che applica eventualmente il libero arbitrio spendendo la sua moneta cambia in funzione di quanta ne possiede, ma con la complicazione che non è un semplice borsellino, perché ogni volta che l'essere vivente acquisisce moneta, da quella viene ridefinito, perché una informazione registrata equivale a ridefinire il registratore.
Non è una registrazione che puoi cancellare riportando il registratore allo stato precedente, di modo che se ne possa individuare, seppure in modo arbitrario, uno stato fondamentale, uno stato di default.
Questa irreversibilità dà conto della moltiplicazione delle specie e degli individui, seppure definibili in modo relativo funzionale.
Il paradosso quindi è che ogni individuo funziona come un dado truccato, senza però che vi sia un modello standard di dado.
Una possibile conclusione parziale tira in ballo l'asimmetria, descritta nel post precedente in termini di irreversibilità, di un registratore che non si può cancellare, se non annullandolo, la quale però senza ulteriori specifiche non si può dire che caratterizzi la vita.
L'asimmetria infatti sembra caratterizzare anche la materia con la legge di entropia, che esclude il poter tornare a un possibile stato di default iniziale, ciò da cui sembra derivi la nostra percezione di un tempo che scorra in una direzione sola, seppur la logica non vieti il contrario.
La vita è caratterizzata pure da una asimmetria, ma che sembra aver preso la direzione opposta, come un parassita che si alimenta della trasformazione entropica irreversibile dell'energia da una forma all'altra.
Citazione di: bobmax il 28 Marzo 2022, 18:00:36 PMCitazione di: ricercatore il 28 Marzo 2022, 09:32:49 AMmi verrebbe da rispondere di "no" ad entrambe le formulazioni:
non è possibile non essere spontanei.
non è possibile esser qualcosa di diverso da ciò che si è.
Tuttavia vi è il male...
E qualunque male è l'assolutamente inaccettabile.
Mentre le nostre decisioni derivano da ciò che siamo, non da ciò che conosciamo. E nulla possiamo su ciò che siamo.
La conoscenza ci fa però inoltrare nel mondo e in noi stessi. In quello stesso male che noi siamo.
Ecco l'inferno!
All'inferno siamo al sicuro. Dannati per sempre, ma al sicuro.
Lì Dio è certo.
Il figlio non può salire al Padre, ne è indegno.
Ma può amarLo.
Fino ad annullarsi in Lui.
davvero bello questo pensiero.
provo a "rovinarlo" usando la mia ragione ;)
la "conoscenza" che ci fa addentrare nel mondo e in noi stessi è quel "circuito di feedback" che è la coscienza: sono in grado di osservare le mie stesse azioni, fare delle deduzioni e correggermi per fare meglio la volta dopo.
tuttavia anche la volta dopo sbaglio qualcosa, secondo la mia coscienza.
infatti il "circuito di feedback" ci fa sembrare sempre inadeguati, un confronto tra l'Io reale e l'Io ideale è perso in partenza: "
forse ho sbagliato a rispondere male a mia moglie. forse non dovevo essere così severo con mio figlio. non mi sento all'altezza di questa sfida lavorativa. non sono abbastanza intelligente, non sono abbastanza forte, non sono abbastanza...punto"
Siamo eternamente dannati. Il figlio non può salire al Padre.
eppure, se posso accettare il mio stesso "circuito di feedback", se posso rendermi conto che anche questo è parte di ciò che sono arrivo a dedurre che non posso non essere spontaneo.
posso allora sviluppare auto-compassione verso me stesso: posso "perdonare settanta volte sette" (me stesso), posso "non giudicare" (non gli altri, ma me stesso) , posso "amare il mio nemico" (che non è qualcun'altro, ma sono proprio io!)
e nel momento in cui lo faccio mi si aprono gli occhi: quella "resistenza" interiore che fa digrignare i denti si allenta, fino a dissolversi.
ecco l'amore di Dio, ecco l'Illuminazione, ecco l'annullamento in Lui.
il tempo si è dissolto perché era un'illusione: non esiste più passato, non esiste più futuro ma solo l'eternità del presente. e allora mi accorgo di aver fatto ritorno nei giardini del Paradiso Terrestre.
Citazione di: ricercatore il 30 Marzo 2022, 10:50:43 AMla "conoscenza" che ci fa addentrare nel mondo e in noi stessi è quel "circuito di feedback" che è la coscienza: sono in grado di osservare le mie stesse azioni, fare delle deduzioni e correggermi per fare meglio la volta dopo.
tuttavia anche la volta dopo sbaglio qualcosa, secondo la mia coscienza.
infatti il "circuito di feedback" ci fa sembrare sempre inadeguati, un confronto tra l'Io reale e l'Io ideale è perso in partenza: "forse ho sbagliato a rispondere male a mia moglie. forse non dovevo essere così severo con mio figlio. non mi sento all'altezza di questa sfida lavorativa. non sono abbastanza intelligente, non sono abbastanza forte, non sono abbastanza...punto"
Siamo eternamente dannati. Il figlio non può salire al Padre.
eppure, se posso accettare il mio stesso "circuito di feedback", se posso rendermi conto che anche questo è parte di ciò che sono arrivo a dedurre che non posso non essere spontaneo.
posso allora sviluppare auto-compassione verso me stesso: posso "perdonare settanta volte sette" (me stesso), posso "non giudicare" (non gli altri, ma me stesso) , posso "amare il mio nemico" (che non è qualcun'altro, ma sono proprio io!)
e nel momento in cui lo faccio mi si aprono gli occhi: quella "resistenza" interiore che fa digrignare i denti si allenta, fino a dissolversi.
ecco l'amore di Dio, ecco l'Illuminazione, ecco l'annullamento in Lui.
il tempo si è dissolto perché era un'illusione: non esiste più passato, non esiste più futuro ma solo l'eternità del presente. e allora mi accorgo di aver fatto ritorno nei giardini del Paradiso Terrestre.
Sì Ricercatore, è proprio così! Complimenti per la profondità del tuo pensiero.
La compassione scaturisce inarrestabile verso il mondo e infine non può che rivolgersi verso me stesso.
È l'amore che finalmente erompe.
È il quarto stadio di Bernardo di Chiaravalle.
So che è così perché l'ho vissuto.
E ogni volta non è dipeso da me.
Come potrebbe?
Avviene. Come un fulmine a ciel sereno. L'anima si dissolve. Vi è solo infinita compassione.
Poi il tempo ritorna a scorrere.
Ma tu non sei più quello di prima.
Ti auguro ogni bene.
Citazione di: bobmax il 30 Marzo 2022, 11:59:57 AMSì Ricercatore, è proprio così! Complimenti per la profondità del tuo pensiero.
La compassione scaturisce inarrestabile verso il mondo e infine non può che rivolgersi verso me stesso.
È l'amore che finalmente erompe.
È il quarto stadio di Bernardo di Chiaravalle.
So che è così perché l'ho vissuto.
E ogni volta non è dipeso da me.
Come potrebbe?
Avviene. Come un fulmine a ciel sereno. L'anima si dissolve. Vi è solo infinita compassione.
Poi il tempo ritorna a scorrere.
Ma tu non sei più quello di prima.
Ti auguro ogni bene.
grazie bobmax.
nella tua esperienza mi sembra di capire che la compassione è prima esplosa verso il mondo, poi verso te stesso.
è un'apertura dall'esterno che invade ed illumina anche l'interno.
dalla mia parziale esperienza mi sembra di vivere il contrario: mi pare di sentirmi maggiormente vicino agli altri nel momento in cui riesco ad avere compassione verso me stesso.
l'odio verso me stesso mi fa tenere lontano dagli altri ("
non avvicinatevi, sono imperfetto e indegno; nessuno mi capisce"): è una forma di narcisismo, seppur nella dannazione.
tuttavia disinnescando questo odio posso avvicinarmi agli altri e al mondo ("
non sono dio, sono anch'io un essere umano, imperfetto e sbagliato"): non sono più così "speciale", non sono più al centro del mondo, sono esattamente come gli altri.
è un'apertura dall'interno che si riversa verso l'esterno.
Citazione di: bobmax il 28 Marzo 2022, 18:00:36 PMCitazione di: ricercatore il 28 Marzo 2022, 09:32:49 AMmi verrebbe da rispondere di "no" ad entrambe le formulazioni:
non è possibile non essere spontanei.
non è possibile esser qualcosa di diverso da ciò che si è.
Tuttavia vi è il male...
E qualunque male è l'assolutamente inaccettabile.
Mentre le nostre decisioni derivano da ciò che siamo, non da ciò che conosciamo. E nulla possiamo su ciò che siamo.
La conoscenza ci fa però inoltrare nel mondo e in noi stessi. In quello stesso male che noi siamo.
Ecco l'inferno!
All'inferno siamo al sicuro. Dannati per sempre, ma al sicuro.
Lì Dio è certo.
Il figlio non può salire al Padre, ne è indegno.
Ma può amarLo.
Fino ad annullarsi in Lui.
Citazione di: bobmax il 28 Marzo 2022, 18:00:36 PMMentre le nostre decisioni derivano da ciò che siamo, non da ciò che conosciamo. E nulla possiamo su ciò che siamo.
Mi pare tu escluda che ciò che conosciamo sia parte di noi.
Che l'acquisizione di conoscenza dunque non ci modifichi.
Come se ogni nostra esperienza fosse un girare a vuoto che non ha alcun effetto sul nostro essere.
Se ci rifletti bene la tua posizione ti apparirà non poco contraddittoria. O no? :)
Il ''siamo ciò che siamo'' dura un istante.
Che le nostre scelte derivino da libero arbitrio oppure no, non si può però negare che ci cambino.
Citazione di: iano il 31 Marzo 2022, 01:45:38 AMCitazione di: bobmax il 28 Marzo 2022, 18:00:36 PMMentre le nostre decisioni derivano da ciò che siamo, non da ciò che conosciamo. E nulla possiamo su ciò che siamo.
Mi pare tu escluda che ciò che conosciamo sia parte di noi.
Che l'acquisizione di conoscenza dunque non ci modifichi.
Come se ogni nostra esperienza fosse un girare a vuoto che non ha alcun effetto sul nostro essere.
Se ci rifletti bene la tua posizione ti apparirà non poco contraddittoria. O no? :)
Il ''siamo ciò che siamo'' dura un istante.
Che le nostre scelte derivino da libero arbitrio oppure no, non si può però negare che ci cambino.
Noi siamo ciò che amiamo.
Per cui le nostre scelte derivano da questo amore.
La conoscenza è solo uno strumento, non ha alcun valore di per sé. Io non sono ciò che conosco. Posso dimenticare tutto, ma sono comunque me stesso.
La conoscenza, o meglio, l'esperienza, permettono all'amore di proseguire la sua ricerca dell'amato.
Il suo fine è giungere a Dio.
Ma Dio non ha nulla a che fare con la conoscenza.
Le scelte che compio derivano da ciò che sono, quindi da ciò che amo.
Posso ormai sapere che una scelta è male, ma farla comunque se questo è ciò che amo.
È solo quando l'amore in me muta direzione, e vuole di più, che allora scelgo diversamente.
Ma queste nuove scelte non si basano su nuove conoscenze, ma su ciò che sono ora, su come l'amore mi ha plasmato.
Non troverò mai una dimostrazione razionale che motivi efficacemente le mie scelte in funzione di ciò che conosco.
Perché dietro ad esse, la loro reale motivazione non è razionale, è l'amore.
CitazioneNoi siamo ciò che amiamo.
Per cui le nostre scelte derivano da questo amore.
La conoscenza è solo uno strumento, non ha alcun valore di per sé. Io non sono ciò che conosco. Posso dimenticare tutto, ma sono comunque me stesso.
La conoscenza, o meglio, l'esperienza, permettono all'amore di proseguire la sua ricerca dell'amato.
Il suo fine è giungere a Dio.
Ma Dio non ha nulla a che fare con la conoscenza.
Le scelte che compio derivano da ciò che sono, quindi da ciò che amo.
Posso ormai sapere che una scelta è male, ma farla comunque se questo è ciò che amo.
È solo quando l'amore in me muta direzione, e vuole di più, che allora scelgo diversamente.
Ma queste nuove scelte non si basano su nuove conoscenze, ma su ciò che sono ora, su come l'amore mi ha plasmato.
Bob. Se fossimo stati in sezione spiritualità avrei lasciato perdere. Ma visto che siamo in filosofia mi sembra necessario intervenire. Partiamo dal "noi siamo ciò che amiamo". Si tratta di una frase ad effetto, ma che a me pare completamente astratta. Cosa fa sì che io ami leggere, piuttosto che fare wrestling? Nasco lettore o lottatore? Oppure sono le esperienze nel corso della vita che mi forgiano in un certo modo? E se ad un certo punto della mia vita scopro il valore etico della lettura o della carità, a cosa devo quella svolta? E' una illuminazione sulla via di Damasco?In realtà, le neuroscienze ci dicono che noi siamo esattamente quello che conosciamo. C'è un nesso profondo e sempre attivo fra memoria, desiderio e azione degli esseri viventi. Questa memoria, se ripetuta nelle generazioni, finisce adirittura nelle espressioni geniche del DNA. Quindi mi sembra che la conoscenza sia talmente importante da arrivare a modificare la struttura intima della nostra composizione organica.Su Dio non ho nulla da dire, perchè non credo che sia attinente con la questione della libera volontà.
Citazione di: Jacopus il 31 Marzo 2022, 09:37:05 AMBob. Se fossimo stati in sezione spiritualità avrei lasciato perdere. Ma visto che siamo in filosofia mi sembra necessario intervenire. Partiamo dal "noi siamo ciò che amiamo". Si tratta di una frase ad effetto, ma che a me pare completamente astratta. Cosa fa sì che io ami leggere, piuttosto che fare wrestling? Nasco lettore o lottatore? Oppure sono le esperienze nel corso della vita che mi forgiano in un certo modo? E se ad un certo punto della mia vita scopro il valore etico della lettura o della carità, a cosa devo quella svolta? E' una illuminazione sulla via di Damasco?[/size]
In realtà, le neuroscienze ci dicono che noi siamo esattamente quello che conosciamo. C'è un nesso profondo e sempre attivo fra memoria, desiderio e azione degli esseri viventi. Questa memoria, se ripetuta nelle generazioni, finisce adirittura nelle espressioni geniche del DNA. Quindi mi sembra che la conoscenza sia talmente importante da arrivare a modificare la struttura intima della nostra composizione organica.
Su Dio non ho nulla da dire, perchè non credo che sia attinente con la questione della libera volontà.
Jacopus, se fosse come dici tu allora la realtà sarebbe davvero vuoto meccanismo. Non importa se casuale o necessario o entrambe le cose.
Non solo confermerebbe l'inesistenza del libero arbitrio individuale, diversamente da quanto ti ostini invece ad affermare contraddicendoti, ma neppure vi sarebbe alcuna Libertà assoluta!
Il ritenere che l'amore non sia argomento filosofico è una chiara posizione antifilosofica.
Non dissimile da chi considera la poesia una manifestazione sentimentale avulsa dalla logica.
Mentre la poesia, se autentica, è la massima espressione della logica.
I grandi poeti erano senz'altro dei grandissimi logici!
"Amor che move il sole e l'altre stelle"
Probabilmente a causa della mia ( peraltro consapevole) ignoranza ( in considerazione del consesso in cui ci si confronta) , spesso mi chiedo cosa spinga menti brillanti ( brillantissime direi) che popolano questo forum a pensare che una qualsiasi manifestazione , azione , pensiero , sentimento umano , animale vegetale , minerale , alieno (volendo) possa derivare da qualcosa che non sia fisico chimico elettrico vissuto ecc ecc ( insomma materiale). Cio' che e' e' , cio' che non e' non e'. Nonostante gli anni passati a "macinare" la rappresentazione della realta , infiocchettiamolo come ci pare , a mio parere quello resta. Con buona pace del libero arbitrio.
CitazioneJacopus, se fosse come dici tu allora la realtà sarebbe davvero vuoto meccanismo. Non importa se casuale o necessario o entrambe le cose.
Non solo confermerebbe l'inesistenza del libero arbitrio individuale, diversamente da quanto ti ostini invece ad affermare contraddicendoti, ma neppure vi sarebbe alcuna Libertà assoluta!
In realtà non ritengo che vi sia alcuna contraddizione. L'agire umano non è nè totale determinismo, nè totale libertà, nè totale casualità, ma un interagire complesso fra queste cause. Se vuoi la libertà di agire dell'uomo, alla lunga, è anch'essa deterministicamente stabilita, perchè conseguenza della evoluzione, che ci ha fornito di un cervello perfino eccessivo, in grado di "vedere ed agire altrimenti". Ed è per questo motivo che homo sapiens, a differenza di qualsiasi altra specie può avere comportamenti che si pongono ad un livello superiore rispetto a quello istintuale (che comunque esiste anche in noi, ad un livello primordiale). Ed è per questo che esistono tribù che fanno dell'omicidio un atto onorevole mentre in altre società viene represso e considerato negativamente. E' la stessa possibilità di scegliere che ci dona la libertà di agire, così come l'autoriflessione sui nostri agiti e perfino sulla nostra memoria. Ed è per questi motivi che siamo parzialmente slegati dalla natura, pur facendone parte. Una considerazione che già i greci avevano fatto ma probabilmente non con la dovuta capacità di persuasione.
CitazioneIl ritenere che l'amore non sia argomento filosofico è una chiara posizione antifilosofica.
Mai affermata una cosa del genere. Occorre però contestualizzare. Se tu affermi una cosa del genere all'interno di un discorso sulla libera volontà, occorre approfondire, perché altrimenti si fa un "discorso della Montagna". E' ovvio che l'amore muove il nostro agire, ma anche l'odio, il desiderio, la paura, la rabbia, la necessità di cura, l'orgoglio, la vendetta, la maldicenza, la cupio dissolvi, la tossicodipendenza. Far risalire tutto all'amore è molto profetico ma, come minimo, incompleto.
CitazioneNon dissimile da chi considera la poesia una manifestazione sentimentale avulsa dalla logica.
Mentre la poesia, se autentica, è la massima espressione della logica.
Assolutamente d'accordo. La poesia è una delle massime espressioni dell'uomo, in grado di curare e lenire il dolore della vita. Ma ancora una volta credo che non sia proprio centrale rispetto al discorso sulla libera volontà.
@Bobmax.
Credo anche io che sia quasi un girare a vuoto cercare una motivazione razionale al nostro agire, ma non del tutto, perché attraverso questa ricerca , se non riusciremo mai a dare la risposta, riusciamo ad escludere le risposte sbagliate.
Così ad esempio oggi possiamo escludere ciò che tu sostieni, che siamo cioè una memoria che si possa riportare allo stato iniziale, cancellandone i contenuti, dove l'hardware fa la parte del ''ciò che il computer'' è, uno stato a cui si può sempre risalire. Il computer, mutando il software, è in grado di compiere operazioni diverse, pur restando sempre lo stesso computer.
A noi esseri viventi questa reversibilità non è concessa, perché nello svolgere i nostri compiti non è sufficiente introdurre conoscenza, perché in noi l'hardware non si distingue dal software, e introdurre conoscenza , software, equivale a modificare l'hardware.
Possiamo dunque escludere di essere ciò che siamo, un hardware come nocciolo di base, e quindi la ricerca delle cause del libero arbitrio, se esiste, continua per esclusione, escludendo che noi siamo come un computer, il quale in effetti è ciò che è, come da progetto del suo costruttore, che nel costruirlo può anche averci messo tanto amore, ma del quale nel computer non vi è traccia.
Se dunque noi amore conteniamo non è perché siamo quel che siamo.
Seppure la ragione non riesce ad andare oltre nel restituire di noi una analogia inadeguata quanto ''macchinosa'', seppure macchine fossimo, nasciamo già collegate alla rete, il che rende relativo stabilire quali siano le macchine collegate, perché la rete nella sua interezza la si può declinare in diverse unità funzionali.
La soluzione , se c'è, deve quindi tenere conto del fatto che queste macchine comunicano, e che questo è il fil Rouge da seguire, come tu stesso più volte hai sottolineato.
Per quanto mi riguarda una domanda che sembra priva di soluzione è sempre una domanda sbagliata.
E' sbagliato chiedersi se un soggetto comunicante possa applicare libero arbitrio, perché il soggetto è relativamente definito dall'essere comunicante.
Lo sbaglio, ben scusabile, nasce dal nostro percepirci come ciò che siamo, essendo invece parte relativa di una rete.
Più in generale nasce dall'illusione di poter aver un accesso diretto alla realtà, per cui siamo portati a credere che ciò che parciamo sia, e quindi in particolare che noi siamo ciò che siamo, siccome ci percepiamo a quanto pare.
Potremmo dire la stessa cosa del libero arbitrio, usando la stessa logica, che esso è ciò che è, perché in effetti se ne parliamo è perché lo percepiamo.
Siccome però questa eccessiva confidenza fra soggetto ed oggetto stride ci inventiamo un intermediario che dia una parvenza di significato a un costrutto logico che ne è del tutto privo....chiamiamolo, Mammolo, Pisolo, oppure Amore.
Le domande più che pretendere una risposta qualificano chi le pone, e quando troviamo non la risposta, ma il motivo per cui non vi è risposta, significa che chi quella domanda ha posto è cambiato, e sente perciò il bisogno di riformulare la domanda.
Non c'è dunque mai una risposta, se escludiamo che la risposta giusta sia che la domanda è sbagliata, mia c'è una una madre di ogni risposta, e siamo noi.
Una domanda formulata secondo logica, può proporre al massimo una sua equivalente riformulazione, spacciandola per risposta, ma che risposta non è.
Trovare una diversa formulazione della domanda non è però cosa banale, perché ci dice che chi la formula è cambiato.
Il discorso di Iano, nel suo ultimo intervento, è davvero molto interessante ed esplicativo e mi ha fatto venire in mente un aspetto che può gettare una luce sul tema in argomento. Ovvero quello che Iano stesso dice, cioè che il software, nell'organismo umano, modifica lo stesso hardware. Cioè, se si inseriscono determinate esperienze memorizzate (software), quelle esperienze incidono non solo sul nostro comportamento futuro (hardware, inteso come sistema operativo), ma vengono inserite nella stessa espressione genetica (hardware come macchina e struttura fisica), che si serve di quelle memorie per far risaltare tratti comportamentali esprimibili, ma silenti, esattamente come accade per i comandi genetici per farci crescere la coda. Comandi che sono ancora presenti nel nostro DNA ma che sono stati silenziati nel corso della nostra evoluzione.
L'amore, pertanto, è uno degli stati affettivi di base, sicuramente, e pertanto estremamente importante per comprendere il nostro comportamento, indipendentemente da ogni considerazione sulla sua arbitrarietà o meno. Ma non è il solo. Vi sono altri stati affettivi di base che incidono sul nostro comportamento. Inoltre, come se non bastasse, questi stati affettivi, che condividiamo anche con gli uccelli e gli altri mammiferi, sono a loro volta condizionati dal sistema mente/cultura, che ha uno spazio di creazione di alternative e possibilità enorme. E' in questo spazio che si gioca il concetto di liberà volontà, che non va preso solo come dato scientifico, misurabile e presentabile come "fatto in un certo modo" per ogni singolo rappresentante della specie umana. Tutt'altro. E' possibile ritenere che la libera volontà dell'uomo del XX secolo sia un concetto ed una esperienza reale molto diversa dalla libera volontà dell'uomo del XXIII o del IV secolo. E questo essenzialmente per due motivi principali.
1) lo stesso concetto di libera volontà è un concetto neuroplastico, per cui se mi convinco di essere portatore di libera volontà, mi comporterò in modo tale da far risaltare questo tipo di comportamento (considerazione che vale per ogni altro concetto umano, dal considerarsi criminali a profeti).
2) La libertà di scegliere nasce da una società che permette di scegliere e che presenta alternative possibili. Se il servo della gleba è costretto a lavorare il pezzo di terra lasciatogli dal padre, la libertà di scelta si riduce, ma non per una condizione antropologica dell'uomo, ma per una condizione legata alla storia sociale. E questa stessa conformazione sociale, tipica di ogni epoca, condizionerà la stessa elaborazione dei concetti di quell'epoca, compresa la libera volontà e il determinismo e quant'altro. Per cui in una società con tanti servi della gleba emergerà probabilmente un concetto di libera volontà molto residuale, a favore di altri concetti consolatori o riparativi, come la vita eterna o il "nihil sub sole novi".
In realtà ripetizione (determinismo) e innovazione (libera volontà) sono entrambi necessari alla vita in un ambiente che è anche lui soggetto a ripetizione e innovazione.
Cosa altro aggiungere a ciò che ha scritto Jacopus? In effetti poco.
Aggiungerei solo che possiamo coltivare l'illusione di trovare risposte razionali solo se crediamo che la ragione stia fuori di noi, come intelaiatura del mondo, e non invece come nostra parte, che in quanto tale non può spiegare, non esaurendolo, il tutto che siamo, un tutto che oltretutto nasce da una percezione che ad altro non equivale se non ad apparenza, che quando và bene è una apparenza funzionale, cioè non gratuita, per quanto potenzialmente tale, ma derivata dalla nostra interazione con la realtà.
Se una evoluzione c'è stata in noi è che le nostre percezioni non si limitano più a seguire, condensandole in un quadro, le esperienze, ma vanno oltre le esperienze, per confrontarsi poi a ritroso con la realtà, e ciò è consentito dalla gratuità della ragione, una volta che di ciò abbiamo acquisito consapevolezza.
Da un punto di vista razionale possiamo solo dire, a mio parere, che il libero arbitrio se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, come produttore di soluzioni a caso, il quale, se la ragione non ha una risposta, può però scegliere fra quelle proposte dal caso, che diversamente dalla ragione che prova a rispondere per esclusione, propone al contrario ogni risposta possibile.
Infine, chiamare amore col nuovo nome di stato affettivo, non sembra un gran progresso, ma invece lo è, nei limiti in cui si può usare ragione, perchè una formulazione diversa, per quanto logicamente equivalente, non è perciò operativamente equivalente, aprendo nuove prospettive.
Con la ragione non possiamo pretendere di fare altro che riguardare le stesse cose da un diverso punto di vista, ma questo riguardare non è privo di conseguenze fattive.
L'essere come ciò che è, è operativamente accettabile finché si ha a che fare con un numero limitato di cose.
Ma siccome l'essere in quanto tale contiene in sé la spiegazione di ogni cosa, la quale è in quanto tale, quando le cose si moltiplicano con l'esperienza si moltiplicano le loro definizioni, perché ogni cosa si autodefinisce dentro un elenco che si allunga sempre più.
Si presenta quindi la necessità di una sintesi, e la ragione ci dice allora che ciò si può fare, cosa su cui insiste Alberto Knox, ridefinendo le cose attraverso le loro relazioni.
Così funziona la ragione, riformulando le stesse cose in diverso, ma equivalente modo.
Le molte circonvoluzioni mi hanno prostrato.
Eppure, al di là delle tante parole, basterebbe rispondere con semplicità alla domanda:
"Per quale ragione dovrebbe esistere una origine incondizionata di una serie di eventi?"
Ritengo che un centinaio di vocaboli debbano essere sufficienti.
Se non lo fossero... molto probabilmente non vi è chiarezza.
Risposte tipo "Perché lo sento" oppure "Comunque è meglio che esista" o anche "Meglio crederci" e via fantasticando, non sono in realtà risposte.
Che l'amore sia una necessità Etica sfugge, proprio in quanto ci si culla nelle non risposte.
Salve jacopus. Grazie. Le tre perle le ho trovate, mi manca solo di trovare dove incastonarle.
Citandoti :
- (hardware, inteso come sistema operativo).........quindi un sistema operativo (SO per gli intimi) a tuo parere farebbe parte dell'"hardware".
- Inoltre, come se non bastasse, questi stati affettivi, che condividiamo anche con gli uccelli e gli altri mammiferi, sono a loro volta condizionati dal sistema mente/cultura, ...............quindi l'affettività farebbe parte delle funzioni mentali (cioè intellettuali / cerebrali) e non di quelle psichiche (cioè sentimentali / spirituali..........Complimenti !.
- .......... sono a loro volta condizionati dal sistema mente/cultura, ............quindi anche gli uccelli e gli altri mammiferi, oltre agli umani, possiederebbero una mente ed avrebbero formulato delle culture.
Sicuramente tali considerazioni - secondo la mia ignoranza - meriterebbero quantomeno una raffica di lauree ad honorem in informatica, psicologia, neurologia, filosofia e forse persino zoologia. Saluti.
Citazione di: viator il 31 Marzo 2022, 16:59:31 PM- (hardware, inteso come sistema operativo).........quindi un sistema operativo (SO per gli intimi) a tuo parere farebbe parte dell'"hardware".
Il computer è una macchina e c'è stato un tempo in cui in una macchina non si distingueva fra software e Hardware.
Un esempio è il telaio per tessere, che a null'altro serve che tessere.
Se voglio svolgere una altra operazione dovrò costruire un altro tipo di macchina, ad esempio se voglio macinare il grano.
Sarebbe bello se potessi utilizzare la stessa macchina per tessere una tela e macinare il grano, modificando facilmente alcune sue parti allo scopo.
Sarebbe una macchina più complessa, e più complessa sarebbe la sua descrizione, e un modo possibile di descriverla è distinguere fra software e Hardware, dove l'hardware è ciò che nella trasformazione rimane e il software ciò che della macchina cambia.
Questa descrizione applicata al computer è diventata fuorviante, in quanto si intende che non cambia ciò che è materiale, hard, essendo il software, immateriale, ciò che cambia.
E' meno fuorviante considerare il telaio/mulino come un unica macchina, quindi tutto hard, con due possibili stati funzionali.
Il computer è un unica macchina con molti stati funzionali possibili, e ogni volta che introduci un programma stabilisci che macchina vuoi che sia al momento, se un telaio o un mulino. abbiamo quindi sempre a che fare con hardware, ma secondo il software che vi introduciamo decidiamo di volta in volta con che hardware avere a che fare, se con un mulino o con un telaio.
Il primo sistema per introdurre software dentro un hardware è stato il nastro perforato che per la prima volta è stato usato nei telai, per rendere flessibile il loro compito, e non a caso ho preso il telaio ad esempio.
In un mulino immagino sia sufficiente sostituire le macine asseconda di cosa devi macinare e ciò equivale ad avere tutto un altro hardware.
Non costruisci un mulino per macinare il grano e una altro per macinare altro.
Hai un mulino, ma è come averne tanti.
Il software è immateriale quanto immateriale è l'operazione di sostituire una macina.
Nel momento in cui una macchina funziona, una volta che abbiamo deciso che macchina usare, è solo hardware, sistema operativo compreso.
La versatilità dei computer, detti perciò macchine multipurpose, è che è facile, e non cervellotico, trasformare un telaio in un mulino, perché sono costituiti da unità che possono assumere diversi stati, e il mutare questi stati è molto facile.
Il limite degli attuali computer è di essere basati su unità a due stati, seguendo quindi una logica binaria ( Boole).
Nei futuri computer quantistici il numero di stati si moltiplica a dismisura.
Viator. Ti ringrazio per le tue osservazioni, che mi permettono di riflettere meglio su ciò che scrivo.Citazione(hardware, inteso come sistema operativo).........quindi un sistema operativo (SO per gli intimi) a tuo parere farebbe parte dell'"hardware".
In realtà era una metafora, non troppo felice, ma ero rimasto colpito dal passaggio descritto da Iano, che mi ha illuminato rispetto alla differenza sostanziale fra un computer e il cervello umano, laddove nel cervello umano non è possibile separare nettamente la parte operativa da quella strutturale perchè si condizionano a vicenda ed evolvono sulla base di quei condizionamenti. Il Computer nelle sue parti fisiche invece resta sempre lo stesso, indipendentemente dal software che si carica. In realtà avresti potuto farmi le pulci anche sul DNA, che può essere considerato anch'esso come una sorta di software, come un libro di istruzione per far "girare" in un modo specifico il corpo umano.CitazioneInoltre, come se non bastasse, questi stati affettivi, che condividiamo anche con gli uccelli e gli altri mammiferi, sono a loro volta condizionati dal sistema mente/cultura, ...............quindi l'affettività farebbe parte delle funzioni mentali (cioè intellettuali / cerebrali) e non di quelle psichiche (cioè sentimentali / spirituali..........Complimenti !.
Scindere affettività e razionalità (res extensa e res cogitans oppure esprit de finesse ed esprit de geometrie) secondo quanto riesco a capire del tuo intervento, è tipico di un pensiero che parte da Cartesio ed arriva fino a Freud ma che si inerpica ancora ai giorni nostri. Niente di più errato. Gli aspetti emotivi ed affettivi influenzano in modo sostanziale il nostro pensiero logico-razionale, ed è affermato dalla grande maggioranza dei pensatori che si sono occupati di questo problema sia dal versante scientifico che da quello filosofico.Citazionesono a loro volta condizionati dal sistema mente/cultura, ............quindi anche gli uccelli e gli altri mammiferi, oltre agli umani, possiederebbero una mente ed avrebbero formulato delle culture.
Il "sono a loro volta condizionati" è relativo agli stati affettivi e non agli animali. Che gli animali abbiano una mente è tuttora un oggetto molto intenso di studio e che alcune specie di animali abbiano una cultura, anche questo è in fase di studio. Uno dei risultati più eclatanti in questo campo è la scoperta di dialetti linguistici differenti, usati da diversi gruppi di orche.In ogni caso ti ringrazio per l'attenzione con la quale leggi i miei scritti.
Citazione di: Jacopus il 31 Marzo 2022, 22:47:51 PMViator. Ti ringrazio per le tue osservazioni, che mi permettono di riflettere meglio su ciò che scrivo.
Citazione(hardware, inteso come sistema operativo).........quindi un sistema operativo (SO per gli intimi) a tuo parere farebbe parte dell'"hardware".
In realtà era una metafora, non troppo felice, ma ero rimasto colpito dal passaggio descritto da Iano, che mi ha illuminato rispetto alla differenza sostanziale fra un computer e il cervello umano, laddove nel cervello umano non è possibile separare nettamente la parte operativa da quella strutturale perchè si condizionano a vicenda ed evolvono sulla base di quei condizionamenti. Il Computer nelle sue parti fisiche invece resta sempre lo stesso, indipendentemente dal software che si carica.
Felice di averti illuminato, anche se la tua illuminazione sospetto nasca da un parziale fraintendimento di ciò che ho scritto. Poco male, perché anche il fraintendimento ha una sua funzione, come gli errori di trascrizione per il DNA.
Provo comunque a chiarire meglio l'analogia parziale fra computer e essere vivente che mi sono inventato là per là per rispondere a Bobmax, prostrandolo, senza volere.
Un computer, da un punto di vista descrittivo che non pretende di assimilare l'uno a l'altro, è analogo a un essere vivente, in quanto entrambi possono caratterizzarsi come una combinazione di stati fisici che mutano in continuazione.
Ma la definizione di essere come ciò che è proposta da Bobmax, notavo, non senza una punta di sana polemica, che si adatta meglio al computer, perché esso possiede comunque uno stato di default, a cui è sempre possibile tornare, mentre ciò non è possibile per l'essere vivente. Ma dire che a un preciso stato possiamo sempre tornare non identifica il computer con quello stato, ma caratterizza il computer come ciò che può tornare a un preciso stato.
Al di là di ciò, secondo quanto ci dice Alan Touring, che traduce i teoremi di Goedel in termini ''computereschi'', non possiamo prevedere in quale stato si troverà un computer finché non schiacciamo il tasto ERASE, lasciandolo lavorare, e non sappiamo in particolare se mai si fermerà producendo un risultato.
Non è facile capire tutto ciò per trarne le dovute conseguenze filosofiche, ma se la percezione del nostro libero arbitrio deriva dall'impossibilità di prevedere in quale stato noi ci troveremo in conseguenza di una nostra scelta, lo stesso sembra valere per un computer.
Touring non ci dice che è complesso controllare gli stati di un computer, tanto complesso da rendere ciò impossibile, il che è pure vero, ma ci dice che c'è una impossibilità indipendente dalle nostre relative capacità.
Quello che voglio dire con ciò non è che noi siamo una macchina, ma tutto il contrario. La conoscenza e comprensione delle macchine che costruiamo, sci aiuta invece per analogia ad escludere che ciò che caratterizza le macchine possa essere ciò che caratterizza noi, e quindi ne concludo che se la definizione di essere come ciò che è si attaglia abbastanza bene a una macchina, la quale si può caratterizzare attraverso un preciso stato al quale la macchina può sempre tornare, pur potendo assumerne tanti, siccome la macchina può tornare ad un preciso stato definibile come quello stato che è in quanto tale, allora la definizione di macchina in quanto tale appare plausibile, ma non per caratterizzare noi , che non possediamo alcuno stato a cui tornare.
La filosofia di Bobmax è tutta imperniata appunto su uno stato a cui tendiamo, il quale dovrebbe perciò caratterizzarci, indipendentemente poi se, perché questo non l'ho capito ancora, a quello stato torneremo oppure, e neanche ci siamo mai stati.
Ma noi non siamo qualcosa di analogo a un computer, se non solo in parte, perché non è un caso che il computer lo abbiamo costruito noi, e questo io credo sia vero persino se una interpretazione spericolata, ma non del tutto astrusa, del teorema di Touring/Goedel, fosse che il computer sia dotato di libero arbitrio.
Dovremmo quantomeno iniziare a dubitare ciò che tacitamente abbiamo finora dato per scontato, che il libero arbitrio ci distingua, se non dagli altri animali, almeno dalle macchine.
Dire se il libero arbitrio è davvero possibile è cosa che non possiamo certamente sapere finché non ne diamo una definizione operativa, fidandoci solo di una percezione di esso che pur condividiamo.
Se ad esempio diamo una definizione operativa di libero arbitrio, come ciò che non solo è difficile prevedere al limite dell'impossibile, ma come ciò che è impossibile ''in sé'' da prevedere, allora un computer dovremo concludere che lo possiede.
ma finche non condividiamo una definizione dell'oggetto della domanda, limitandoci a condividerne la percezione ( e non è la stessa cosa) non vedo una risposta, anche perché non potremo noi mai tornare a quello stato in cui è nata la nostra percezione condivisa.
Noi non mai torneremo ad essere ciò che siamo stati, almeno finché qualcuno non pigia il nostro tasto erase. E quindi forse, tuttosommato, il discorso di Bobmax ha una sua coerenza, perché il nulla è lo stato che secondo lui tutti agogniamo, anche se questa è una percezione che non tutti condividiamo, per quanto egli ci esorti in continuazione a farlo.
Salve jacopus. Grazie a te anche per la pacatezza della tua replica. Mi rendo conto di sembrare spesso "acido", ma ti assicuro di essere sempre privo di malanimo. E' che amo irresistibilmente la dialettica pirotecnica.
Non entro nel merito biopsichico della tua risposta poichè si andrebbe troppo lontano. I pochi amici lettori decideranno su quale dei nostri due punti di vista convenga assentire. Saluti.
Citazione di: iano il 31 Marzo 2022, 01:45:38 AMMi pare tu escluda che ciò che conosciamo sia parte di noi.
Che l'acquisizione di conoscenza dunque non ci modifichi.
Come se ogni nostra esperienza fosse un girare a vuoto che non ha alcun effetto sul nostro essere.
Se ci rifletti bene la tua posizione ti apparirà non poco contraddittoria. O no? :)
Il ''siamo ciò che siamo'' dura un istante.
Che le nostre scelte derivino da libero arbitrio oppure no, non si può però negare che ci cambino.
le facoltà che ci consentono di conoscere da dove provengono?
le capacità di apprendere, adattarmi e acquisire conoscenza provengono da questo corpo, da questo cervello.
le esperienze che faccio mi cambiano e mi fanno evolvere, ma io non posso non essere spontaneo in questa crescita.
il "siamo ciò che siamo" allora non dura un istante, ma dura in eterno.
Citazione di: Jacopus il 31 Marzo 2022, 22:47:51 PMViator. Ti ringrazio per le tue osservazioni, che mi permettono di riflettere meglio su ciò che scrivo.
non credo ci possa essere spirito migliore di questo.
queste sono le idee "vive".
ti ringrazio.
Citazione di: ricercatore il 01 Aprile 2022, 13:36:19 PMCitazione di: iano il 31 Marzo 2022, 01:45:38 AMMi pare tu escluda che ciò che conosciamo sia parte di noi.
Che l'acquisizione di conoscenza dunque non ci modifichi.
Come se ogni nostra esperienza fosse un girare a vuoto che non ha alcun effetto sul nostro essere.
Se ci rifletti bene la tua posizione ti apparirà non poco contraddittoria. O no? :)
Il ''siamo ciò che siamo'' dura un istante.
Che le nostre scelte derivino da libero arbitrio oppure no, non si può però negare che ci cambino.
le facoltà che ci consentono di conoscere da dove provengono?
le capacità di apprendere, adattarmi e acquisire conoscenza provengono da questo corpo, da questo cervello.
le esperienze che faccio mi cambiano e mi fanno evolvere, ma io non posso non essere spontaneo in questa crescita.
il "siamo ciò che siamo" allora non dura un istante, ma dura in eterno.
Non credo che le nostre posizioni si escludano a vicenda.
Però noto che il corpo nell'adattarsi muta, e quindi nel tempo che dico ''questo corpo'' esso è già un altro corpo, quantomeno nella forma.
Immagino quindi tu intenda che la forma non rifletta la sostanza che perciò può essere eterna, o quantomeno durare per un tempo che vada ben oltre l'attimo che io dico.
In effetti io mi limitavo a dire che la conoscenza entra in noi mutando la nostra forma, forma della quale possiamo certamente parlare con cognizione di causa.
Quindi di cosa parli tu? Di anima?
Se l'anima esiste non ho difficoltà a dire che sia eterna, come non ho difficoltà a dire qualsiasi altra cosa, senza tema che alcuno possa smentirmi con cognizione di causa. Posso anche dire che nell'anima stia la fonte del libero arbitrio.
Chi potrebbe smentirmi?
Ma ciò che non può essere smentito non rientra nel campo di ciò che può essere indagato sottoponendolo al dubbio, ma nel campo della fede.
Quindi, ciò che conosciamo è almeno formalmente parte di noi, riflettendosi nelle nostre strutture cerebrali per quanto possiamo indagarle, senza che ciò implichi nulla di spirituale né di eterno, perchè lo stesso possiamo verificare avviene in un computer, che non ha un anima e non è eterno.
Il libero arbitrio certamente esiste se ne diamo una definizione nella forma che questa implica.
Se parliamo di libero arbitrio in quanto oggetto condiviso della nostra percezione, esso esiste in forma di percezione.
Esso quindi esiste e in forme diverse, a cui impropriamente diamo lo stesso nome. Magari le nostre opinioni non convergono perchè non stiamo parlando della stessa cosa e io non ho neanche la pretesa di dire cosa sia, accontentandomi di dire cosa non sia.
Tutto però deve partire da una definizione operativa, che nessuno però fin qui ha dato.
Io ho proposto come libero arbitrio qualcosa il cui risultato sia in generale impossibile da prevedere, e ho notato che questo, nei limiti della comprensione che ognuno di noi ha dei teoremi di Goedel, avviene anche per un computer, e per questo escludo che esso debba implicare un anima ed una eternità.
in definitiva si può ragionevolmente tentare una risposta solo se specifichiamo di cosa stiamo parlando, e non limitandoci a pronunciare un nome.
Citazione di: iano il 01 Aprile 2022, 14:18:08 PMNon credo che le nostre posizioni si escludano a vicenda.
Però noto che il corpo nell'adattarsi muta, e quindi nel tempo che dico ''questo corpo'' esso è già un altro corpo, quantomeno nella forma.
Immagino quindi tu intenda che la forma non rifletta la sostanza che perciò può essere eterna, o quantomeno durare per un tempo che vada ben oltre l'attimo che io dico.
In effetti io mi limitavo a dire che la conoscenza entra in noi mutando la nostra forma, forma della quale possiamo certamente parlare con cognizione di causa.
Quindi di cosa parli tu? Di anima?
Se l'anima esiste non ho difficoltà a dire che sia eterna, come non ho difficoltà a dire qualsiasi altra cosa, senza tema che alcuno possa smentirmi con cognizione di causa. Posso anche dire che nell'anima stia la fonte del libero arbitrio.
Chi potrebbe smentirmi?
Ma ciò che non può essere smentito non rientra nel campo di ciò che può essere indagato sottoponendolo al dubbio, ma nel campo della fede.
Quindi, ciò che conosciamo è almeno formalmente parte di noi, riflettendosi nelle nostre strutture cerebrali per quanto possiamo indagarle, senza che ciò implichi nulla di spirituale né di eterno, perchè lo stesso possiamo verificare avviene in un computer, che non ha un anima e non è eterno.
Il libero arbitrio certamente esiste se ne diamo una definizione nella forma che questa implica.
Se parliamo di libero arbitrio in quanto oggetto condiviso della nostra percezione, esso esiste in forma di percezione.
Esso quindi esiste e in forme diverse, a cui impropriamente diamo lo stesso nome. Magari le nostre opinioni non convergono perchè non stiamo parlando della stessa cosa e io non ho neanche la pretesa di dire cosa sia, accontentandomi di dire cosa non sia.
Tutto però deve partire da una definizione operativa, che nessuno però fin qui ha dato.
Io ho proposto come libero arbitrio qualcosa il cui risultato sia in generale impossibile da prevedere, e ho notato che questo, nei limiti della comprensione che ognuno di noi ha dei teoremi di Goedel, avviene anche per un computer, e per questo escludo che esso debba implicare un anima ed una eternità.
in definitiva si può ragionevolmente tentare una risposta solo se specifichiamo di cosa stiamo parlando, e non limitandoci a pronunciare un nome.
mi riferivo a qualcosa di molto più "terra terra".
il mio gatto agisce (mangia finché non è sazio, dorme, si riproduce, litiga con gli altri gatti, fa il ruffiano, etc.) senza esserne consapevole: è semplicemente ciò che è, sempre spontaneo.
io rispetto a lui ho un meccanismo di "feedback" (la consapevolezza) che mi consente di rendermi conto del passato, immaginarmi un futuro e di operare delle scelte "libere" in direzione di quel futuro.
questo mi da la percezione del libero arbitrio, mi da l'impressione che possa anche non essere "spontaneo": potrei lasciarmi andare (essere spontaneo) e divorare una torta al cioccolato intera, eppure posso frenarmi e contenermi (mi reprimo volontariamente).
ma questo frenarmi, questo correggermi, questo reprimermi volontariamente non è anch'esso proveniente da "qualcosa" di spontaneo? (il mio stesso meccanismo di "feedback")
da qui l'idea che siamo anche noi semplicemente ciò che siamo.
(ho usato impropriamente la parola "eterno"... volevo "poeticamente" intendere tutta la durata della nostra vita)
@Ricercatore.
Concordo.Ma penso che se non ci diamo attributi in esclusiva rispetto al resto della vita, libero arbitrio compreso, le cose si spiegano meglio, o quantomeno non poniamo ostacoli preconcetti alle possibili definizioni su cui lavorare.
Così mi sembra più proprio attribuire spontaneità alla materia, la quale non può essere qualcosa di diverso da ciò che è, mentre mi azzarderei a dire che per noi viventi vale l'esatto contrario perchè ciò che ci avviene ci lascia sempre segni che ci formano, senza privarci necessariamente di identità.
La vita fondamentalmente è un registratore di eventi, e i suoi mutamenti sono i segni lasciati da quelle registrazioni negli esseri viventi.
Il confine fra la materia e i viventi, volendo appunto molto semplificare, è il grado di prevedibilità, che al massimo grado trascende la difficoltà divenendo impossibilità, che i logici sembrano essere riusciti a formalizzare, per quel che ci possiamo capire, con i loro segni.
Mi azzarderei ancora più in là nel congetturare che le cose più che apparire spontanee, appaiono per via della loro spontaneità, e questo spiegherebbe il perchè l'anima, intesa come possibile fonte del libero arbitrio, non appare.
Intendo che le cose appaiono in virtù della loro ripetitività, mentre ciò che non rileviamo in modo distinto ci appare perciò come caos.
Il fatto che la scienza si basi sulla ripetitività forse non è un caso, perchè non riusciamo a dare nome e identità certa a ciò che non si ripete, anche quando vagamente lo percepiamo.
Citazione di: ricercatore il 01 Aprile 2022, 16:37:16 PMil mio gatto agisce (mangia finché non è sazio, dorme, si riproduce, litiga con gli altri gatti, fa il ruffiano, etc.) senza esserne consapevole: è semplicemente ciò che è, sempre spontaneo.
io rispetto a lui ho un meccanismo di "feedback" (la consapevolezza) che mi consente di rendermi conto del passato, immaginarmi un futuro e di operare delle scelte "libere" in direzione di quel futuro.
questo mi da la percezione del libero arbitrio, mi da l'impressione che possa anche non essere "spontaneo": potrei lasciarmi andare (essere spontaneo) e divorare una torta al cioccolato intera, eppure posso frenarmi e contenermi (mi reprimo volontariamente).
Hai una visione molto antropomorfica del tuo felino. Una mia amica gattara, che i gatti li conosce bene, dice che sono i gatti ad adottarci, non noi ad adottare loro. Non hanno grandi esigenze, sono versatili e affettuosi, ma anche le coccole sono loro a decidere quando ottenerle. La mia impressione è che il nostro libero, impropriamente detto "arbitrio", lo sia molto meno di quello di un gatto, impastoiati come siamo di paturnie mentali e ideologiche.
Se l'uomo fosse "libero di" perchè mai ripeterebbe storicamente sbagli madornali e,individualmente,fatti spiacevoli e dolorosi oltre che gradevoli?
Mi riferisco a quella che Freud chiama"coazione a ripetere",la tendenza irresistibile a reiterare atti ed esperienze soprattutto dolorose.Freud scrive che, questa tendenza è talmente strana e assurda dal punto di vista psicologico da poterla considerare opera della Morte nel vivente umano.In pratica, secondo Freud, esisterebbe una PULSIONE PRIMARIA che vuole riportare l'organico vivente, problematico comunque, alla quiete dell'inorganico.La chiama PULSIONE DI MORTE o Thanatos cconsiderandola presente e importante tanto quanto quella della VITA o EROS.
Orbene, questo stato di fatto sembra dire che l'essere umano è condizionato da un qualcosa che lo supera e di cui non riesce a fare a meno.Da ciò, parlare di libero arbitrio diventa problematico se non impossibile, perlomeno a livello pulsionale.Personalmente credo a questa dialettica perchè la materia energia sembra regredire nella vita specifica e individuale umana nonostante l'aumento delle informazioni e il progresso generale.Inoltre, ci sono studi che dimostrano questa regressione nella cicatrizzazione delle ferite,nel progresso mentale e nella senilità normale.Infine, il reiterare di comportamenti, avvenimenti, ricorrenze, fatti, corsi e ricorsi storici, ecc... è talmente palese nella vita umana da sembrare scontato.A questo si accompagna lo scorrere del tempo diacronico, dal passato al presente al futuro e sincronico,al punto che la colazione a ripetere DIVENTA UNA STASI, UN LIMBO, UN QUALCOSA DI MITICO SOSPESO NELLO SPAZIO E NEL TEMPO!
UNA DOMINANTE STATICA E INVINCIBILE DENTRO UN FLUSSO APPARENTE DI VITA:UNA DOMINANZA MORTALE!
Citazione di: iano il 01 Aprile 2022, 16:57:31 PM@Ricercatore.
Concordo.Ma penso che se non ci diamo attributi in esclusiva rispetto al resto della vita, libero arbitrio compreso, le cose si spiegano meglio, o quantomeno non poniamo ostacoli preconcetti alle possibili definizioni su cui lavorare.
Così mi sembra più proprio attribuire spontaneità alla materia, la quale non può essere qualcosa di diverso da ciò che è, mentre mi azzarderei a dire che per noi viventi vale l'esatto contrario perchè ciò che ci avviene ci lascia sempre segni che ci formano, senza privarci necessariamente di identità.
La vita fondamentalmente è un registratore di eventi, e i suoi mutamenti sono i segni lasciati da quelle registrazioni negli esseri viventi.
Il confine fra la materia e i viventi, volendo appunto molto semplificare, è il grado di prevedibilità, che al massimo grado trascende la difficoltà divenendo impossibilità, che i logici sembrano essere riusciti a formalizzare, per quel che ci possiamo capire, con i loro segni.
Mi azzarderei ancora più in là nel congetturare che le cose più che apparire spontanee, appaiono per via della loro spontaneità, e questo spiegherebbe il perchè l'anima, intesa come possibile fonte del libero arbitrio, non appare.
Intendo che le cose appaiono in virtù della loro ripetitività, mentre ciò che non rileviamo in modo distinto ci appare perciò come caos.
Il fatto che la scienza si basi sulla ripetitività forse non è un caso, perchè non riusciamo a dare nome e identità certa a ciò che non si ripete, anche quando vagamente lo percepiamo.
non ho afferrato al 100% (le mie strutture cerebrali hanno limiti evidenti), ma per quello che ho capito trovo molto interessante questa visione, soprattutto l'ultima parte.
Citazione di: Ipazia il 01 Aprile 2022, 21:57:29 PMHai una visione molto antropomorfica del tuo felino. Una mia amica gattara, che i gatti li conosce bene, dice che sono i gatti ad adottarci, non noi ad adottare loro. Non hanno grandi esigenze, sono versatili e affettuosi, ma anche le coccole sono loro a decidere quando ottenerle. La mia impressione è che il nostro libero, impropriamente detto "arbitrio", lo sia molto meno di quello di un gatto, impastoiati come siamo di paturnie mentali e ideologiche.
se i gatti venivano adorati come divinità... un motivo c'è!
avrei dovuto usare un cane nell'esempio, sarebbe stato più appropriato! :-\
il nostro "circuito di feedback" molte spesso va in corto... anziché esserci d'aiuto ci porta fuori strada
Salve historicum, e benvenuto. Se a livello biologico, poi istintuale poi psichico la reiterazione (obbligatorio "riassunto" e "rivisitazione" di tutto il patrimonio evolutivo che si ripete ad ogni generazione) è necessaria ed inevitabile per ciascun individuo (è necessità inscritta nel patrimonio genetico), ciò avviene allo scopo naturale di conservare e tramandare il percorso che porta dalle origini alla attualità evolutiva.
In quanto le acquisizioni evolutive più recenti (il vertice attuale della piramide della vita) anche se venisse distrutto, modificato o rimosso.......lascerebbe intatta la base sulla quale la evoluzione poggia e dalla quale si potrebbe sempre ricostruire il percorso della vita stessa.
A livello invece collettivo, specista, sociale e CULTURALE, invece, ciò non avviene poichè in tali ambiti non esistono istinti corrispondenti, ma solo acquisizioni che agiscono all'interno della singola generazione e che vanno appunto "rigenerate" ogni volta per permettere alla vita di esprimere il "nuovo" sociale, culturale, esistenziale.........mantenendolo basato però sul "vecchio" (biologico, istintuale, appunto).
Le nuove generazioni devono appunto essere il nuovo, il diverso, ciò che deve sostituire l'esistente, ma possono farlo solo mantenendo le caratteristiche fondamentali (biologiche) di ciò che esse devono sostituire.
E' tutto racchiuso nel motto "Ah, se gioventù sapesse!!......Ah, se vecchiaia potesse!!".
Lo disse anche Freud all'interno della propria definizione dell'amore : "Palingenetica obliterazione dell'io cosciente che, tendendo ad infuturarsi in un archetipo prototipo........matura nella sinderesi". Saluti.
il fatto descritto da Freud è il gioco di un suo piccolo parente il quale,dopo la partenza per lui dolorosa della madre per qualche ora,sembra ripetere l'evento.
Nasconde il giocattolo sotto l'armadio,pensieroso,poi lo rimette fuori,osserva,poi lo rinasconde e via dicendo.
Nel farlo sembra molto attento e espressivo,come se vivesse la scomparsa e il riapparire dello stesso nel modo in cui sta vivendo l'assenza della madre.
Freud si chiede come mai quel bambino continua a ripetere il dolore della perdita momentanea della madre invece di fare altro.
Che utilità avrebbe il gioco per il suo benessere psichico?
Perchè reiterare continuamente un dolore?
È da quell'osservazione che Freud sviluppa la sua ipotesi di coazione a ripetere eventi dolorosi riferendola poi,mitologicamente,a Thanatos e alla pulsione di morte.
Dunque,io parlo di esperienze dolorose e di coazione a ripeterle,quindi di vissuto e psiche umana.
Personalmente io non ho alcun interesse per la morte ma solo una curiosità intellettuale e un amore per il pensiero.
Quello che dici del DNA conferma le tesi di Freud,dato che lui ritiene la pulsione di morte GENETICAMENTE REALE.
Coazione e conservazione però non sono sinonimi perchè la prima immobilizza,regredisce e mantiene prigionieri del dolore e di una tendenza mortifera,mentre la seconda conserva e mantiene ciò che non va perso.La coazione a ripetere,invece,ha un che di mentalmente diabolico e suicidale che non mi piace per niente.
Io non amo il dolore e mi guardo bene dal volerlo sentire,sopportare o ripetere;per il piacere vale il discorso contrario ma io non cerco di ripetere coattivamente o meno piaceri,li godo man mano che li sperimento e questo mi porta a vivere più di ieri e meno di domani.
Ho postato questa discussione non tanto per idealizzare una ipotesi ma per conoscere le vostre idee in merito.
Nel contempo posso dire però che questo pianeta sembra essere il Principato della Morte e della necrofilia,dello Sbaglio Continuo e Reiterato e della Coazione allo Spegnimento totale.
Hystoricum. La coazione a ripetere, in Freud e in molta psicoanalisi successiva, non è solo legata a Thanatos, cioè alla pulsione di morte. Una pulsione che in realtà, geneticamente non esiste, perchè altrimenti sarebbe contraria allo stesso mantenimento della vita in senso filogenetico (cioè come specie, al di sopra di ogni singolo individuo).
Esiste però il trauma. E il piccolo trauma del nipotino di Freud, che osservava sua madre andarsene via senza di lui, è uno dei primi esempi di riflessione sul trauma psicologico. La coazione a ripetere pertanto è, molto più plausibilmente, un meccanismo di risposta al trauma.
Il trauma (a proposito in tedesco sogno si dice "traum"), improvviso, cieco, inesplicabile ci ferisce in un modo profondo e terribile, ed ancora in modo più profondo e terribile quando siamo bambini. Non abbiamo alcun controllo sul trauma. Esso ci colpisce in modo impietoso ed è ancora più inspiegabile se non proviene dalle forze della natura o da emeriti sconosciuti ma addirittura da nostri familiari, come la madre del nipotino di Freud. Allora la mente umana, spesso distorta dall'esperienza traumatica, torna al trauma, se lo ripropone in tutte le "salse" perchè così crede o spera di poterlo controllare. La psiche umana, quando è traumatizzata, fa come certi assassini, che hanno bisogno di tornare sul luogo del delitto.
Jung la pensava come te a proposito dell'aspetto diabolico della coazione a ripetere, ma Freud era assolutamente ateo e non avrebbe potuto pensare ad alcuna presenza maligna. Pensava, erroneamente, che vi fosse nella psiche una sorta di pulsione di morte condivisa da tutti e che combatteva ad armi pari con l'altra fazione, Eros. A questo proposito, nell'ultimo libro di Freud, Il disagio della civiltà, vi sono pagine magistrali sull'argomento. Pagine che gli hanno valso, al di là del valore scientifico, l'ingresso nel Canone Occidentale di Harold Bloom, insieme a Dante, Shakespeare e pochi altri.
In realtà la pulsione di morte si struttura solo nelle persone che subiscono un trauma e più il trauma è serio, più la pulsione di morte agisce attraverso comportamenti a rischio, violenti, irresponsabili oppure si concretizza negli incubi notturni (i traume, appunto).
Ovviamente è tutta una questione di quantità e non di qualità, essendo tutti noi esposti a vari tipi di trauma dal momento della nascita in poi. Questo è quanto ho dire sull'argomento coazione a ripetere, che rappresenta una particolare declinazione del "determinismo comportamentale".
Ciao Hystoricum, benvenuto.
Mi chiedo se la coazione a ripetere l'evento doloroso, anche solo rappresentandolo, non sia un modo di banalizzarlo, attenuandone così l'effetto, se fosse vero che il suo effetto sia inversamente proporzionale alla sua eccezionalità.
Ciò che si ripete diviene rumore di fondo che smettiamo di udire.
Inoltre noto che quando subiamo un evento doloroso la vicinanza di persone che quell'evento hanno già subito, testimoniandone la non eccezionalità, ci conforta, attenuando il dolore.
E ancora, chi non ha conosciuto i propri genitori soffre per la loro mancanza, o perchè si sente un caso socialmente eccezionale?
Perchè andiamo a teatro per assistere sempre alla stessa rappresentazione, se ciò che viene rappresentato sono i nostri drammi esistenziali, quando potremmo attendere che sia la vita replicarli?
Anche quando non è avvenuto un evento doloroso, riuscire a rappresentarselo in anteprima, ci aiuta ad affrontarlo riducendo i danni quando si verificherà.
Se io so' di poter uccidere, non rappresentandomi ipocritamente come un bravo ragazzo, e in particolare mi immagino in continuazione mentre uccido un mio parente molesto, quando la mia esasperazione giunge davvero al punto che potrei ucciderlo, riuscirò a non farlo.
Prevenire è meglio che curare e la coazione potrebbe essere una cura.
Il libero arbitrio non riguarda solo ciò che faccio adesso, ma anche ciò che potrei fare in futuro, e ciò che potrei fare in futuro dipende da ciò che faccio adesso, come ad esempio autocondizionarmi, in modo da rendere una mia decisione futura al presentarsi di un temuto evento , automatica, avendola decisa adesso.
Beh,io la penserei come te come molti altri psicanalisti ma ci sono dei dati che sembrerebbero confermare una tendenza regressiva nella materia.
Ad esempio,la velocità di cicatrizzazione delle ferite diminuisce in progressione regolare dall'infanzia in poi.Evidentemente questo è dovuto a una causa che la regola.
Hans Selye, studioso dello stress,ha mostrato che noi abbiamo un quantitativo determinato di risposta agli stress che diminuisce progressivamente con l'età.
I geriatri hanno ben spiegato che lo sviluppo mentale segue una parabola che va dalle acquisizioni giovanili alla vecchiaia,creando e poi disgregando le varie fasi di sviluppo con un andamento progressivo e regressivo a specchio.
La sistemica ci dice che il corpo umano si costituisce come sistema aperto gerarchizzandosi e macchinizzandosi progressivamente per poi degerarchizzarsi e demacchinizzarsi in parte nel corso della vecchiaia.Questi dati sembrano indicare l'esistenza di una genetica progressiva e regressiva a specchio negli esseri umani.
Quindi qualcosa c'è,d'altra parte noi proveniamo dal mondo inorganico ed è logico che il DNA preveda il ritorno ad esso.
Freud stesso spiegava la "pulsione di morte" proprio come la tendenza dell'organico vivente a tornare nella quiete inorganica dopo l'avventura vitale.
Psicologicamente si può dire che il primo orgasmo non si scorda mai:dopo di esso e il relativo benessere,il cervello lo RICERCA e non si arrende finchè prova il secondo.Ma il secondo non è mai così sorprendente e nuovo come il primo e il cervello resta un attimino deluso continuando la ricerca di "quell'orgasmo"!È quello che succede con l'eroina:il cervello cerca il flash e quel minuto di godimento una volta finito l'effetto della droga ma non è più la stessa cosa...
Insomma è il cervello che comanda e il cervello è fatto così,crea o si allea con la tendenza regressiva di base.
Non è solo questo però:gli astronomi hanno scoperto che l'universo sta perdendo progressivamente energia e luminosità in un modo continuo e regolare,come un orologio che va al contrario.Alcuni di loro hanno pubblicato studi in cui sembra che anche il tempo stia rallentando nello stesso modo.
Oltre a questo,la termodinamica mostra come la tendenza principale dei sistemi e quindi anche del cosmo sia quella che porta ad un disordine progressivo,ad un freddo progressivo e allo spegnimento finale.
Gli studiosi dei buchi neri sembrano ammettere che questi evaporano progressivamente fino al loro spegnimento finale.L'evoluzione delle stelle mostra che ognuna di esse segue un percorso di crescita espansione e morte determinato e obbligato simile per ogni famiglia stellare:bianche,rosse,giganti e supergiganti.
Come esistesse un DNA COSMICO che regge,supporta e governa tutto quanto.
Questi dati sono eloquenti e sembrano proprio dimostrare che Freud aveva ed ha ragione,Jung pure e altri come loro due anche!
Lo psicanalista Ferenczy parla di tendenza talassica regressiva nello sviluppo sessuale,considerando la genialità una meta ma anche una regressione rispetto alle fasi precedenti di sviluppo psicosessuale.L'attaccamento,la forza,la durata e la potenza del bambino nell'allattamento sono una caratteristica umana che non si ripete così tanto e continuativamente nella vita umana stessa.Insomma siamo di fronte ad una evidenza che può piacere o meno:l'essere umano e la vita in genere,senza escludere neppure l'inorganico,seguono un percorso a parabola e a specchio e questo percorso non è affatto casuale o dovuto solo al normale consumo materiale,è qualcosa di DATO E OBBLIGATO!
Se l'energia non si degradasse non ci sarebbe vita.
L'energia si degraderebbe se non ci fosse vita?
Possiamo assegnare a questa domanda l'oscar della ''scandalosità filosofica''.
E' vero, ma almeno consideriamo altrettanto scandaloso vedere la vita come una improbabile eccezione locale, senza avere un buon motivo per farlo.
O meglio, un motivo ce lo abbiamo, ma illogico, che una cosa possa nascere dal suo opposto, l''animato dall'inanimato, e perchè allora non pure il contrario? Ma una cosa non meno dell'altra non è solo improbabile; è logicamente impossibile.
Noi abbiamo a che fare solo con apparenze funzionali, nate come prodotti del nostro rapporto con la realtà, quindi nascono insieme, e non una dall'altra.
Anche se può apparire paradossale, e pure assurdo nell'ottica del molteplice, ci sei solo tu e Dio.
Tu sei il figlio unigenito gettato nel mondo. E il mondo è Dio.
Sei il figlio finché ci sei.
Quando non ci sei più, torni a essere ciò che sei sempre stato: Dio.
Tu sei il figlio unigenito. Come lo sono io.
E non vi è affatto contraddizione.
È l'Uno.
Il male è il filo d'Arianna che conduce a Dio.
E la morte il sicuro ritorno.
Una certezza che solleva dalla insignificanza ogni cosa.
Se non ci fosse la morte, saremmo perduti.
Ma Dio richiama a sé attraverso l'amore.
Dio ama se stesso.
Citazione di: bobmax il 03 Aprile 2022, 05:15:00 AMAnche se può apparire paradossale, e pure assurdo nell'ottica del molteplice, ci sei solo tu e Dio.
C'è anche "Satana". L'arbitrio è sospeso tra l'amore di Dio e l'odio del diavolo. In senso assoluto non è libero perché l'alternativa ultima è già data.
MAURO PASTORE
L'esistenza di un Satana che si contrapponga al potere ed alla volontà di Dio rappresenta una assurdità in quanto essa negherebbe qualsiasi assolutezza degli attributi di Dio.
Avremmo il confronto contradditorio di due entità tra loro relative nessuna delle quali riuscirebbe a conquistare il primato assoluto, esclusivo, onnicomprensivo.
E l'umanità sarebbe solo un branco di "pistola" che fan da spettatori senza poter sapere come andrà a finire il "match" ! Ma per favore.................la coppietta Dio-Diavolo lasciamola agli analfabeti ! Saluti.
Citazione di: viator il 15 Aprile 2022, 21:18:08 PML'esistenza di un Satana che si contrapponga al potere ed alla volontà di Dio rappresenta una assurdità in quanto essa negherebbe qualsiasi assolutezza degli attributi di Dio.
Avremmo il confronto contradditorio di due entità tra loro relative nessuna delle quali riuscirebbe a conquistare il primato assoluto, esclusivo, onnicomprensivo.
E l'umanità sarebbe solo un branco di "pistola" che fan da spettatori senza poter sapere come andrà a finire il "match" ! Ma per favore.................la coppietta Dio-Diavolo lasciamola agli analfabeti ! Saluti.
Il fatto è che Satana non riesce a contrapporsi a Dio ma agli umani sì. Quindi l'uomo a motivo del proprio limite vive tra due poteri maggiori di lui. L'esito della storia dipende dal potere assoluto di Dio ma nel frattempo l'alternativa tra Dio e il diavolo è quella ultima per noi.
Ovviamente per non scandalizzarsi di questo linguaggio è necessario un minimo di alfabetizzazione religiosa ma non sono io a mancarne.
MAURO PASTORE
Citazione di: PhyroSphera il 15 Aprile 2022, 22:03:00 PMIl fatto è che Satana non riesce a contrapporsi a Dio ma agli umani sì. Quindi l'uomo a motivo del proprio limite vive tra due poteri maggiori di lui. L'esito della storia dipende dal potere assoluto di Dio ma nel frattempo l'alternativa tra Dio e il diavolo è quella ultima per noi.
Ovviamente per non scandalizzarsi di questo linguaggio è necessario un minimo di alfabetizzazione religiosa ma non sono io a mancarne.
MAURO PASTORE
Salve Phyro Sphera. E se l'uomo deve stare a vedersela con il Diavolo......la Divina Provvidenza che fà ? Serve solo pr aiutare a masticare il chewing.gum? Se Dio è onnipotente, faccia il favore di manifestarsi e di nullificare Satana. Se non ci riesce o non lo vuole fare vorrà dire che non è onnipotente, vuole essere amato da noi (se necessario sino al nostro martirio) ,non ci ama abbastanza per decidersi a risparmiarci le sofferenze.
Per usare la logica ed il buonsenso sono sufficienti delle normali funzioni mentali, la alfabetizzazione religiosa non serve affatto, ed infatti io sono ben orgoglioso di essermi sempre sottratto ad un simile genere di "alfabetizzazione".
L'alfabetizzazione è quel presupposto della istruzione che serve a codificare in modo convenzianale l'alfabeto, in modo da poter permettere a tutti di intendersi fornendo parità di significati a parità di termini.
Purtroppo per le Chiese convenzionali, "alfabetizzare" significa inculcare nelle giovani menti (in età troppo precoce per poterne fare una critica) tutta una serie di "verità" preconfezionate da secoli di imposizione dogmatica.
Fortunatamente non è stato il mio caso, permettendomi di crescere senza speciali riverenze e senza speciali vanità. Saluti.
"la coppietta Dio-Diavolo lasciamola agli analfabeti"
Per Viator: ti chiedo di essere più rispettoso verso chi non la pensa come te, grazie. Si possono esprimere le proprie considerazioni senza fissare da subito l'antagonista in una posizione di inferiorità. Questo è stato esattamente, per secoli, il metodo usato dalle istituzioni teocratiche ed ecclesiastiche.
Citazione di: viator il 15 Aprile 2022, 21:18:08 PML'esistenza di un Satana che si contrapponga al potere ed alla volontà di Dio rappresenta una assurdità in quanto essa negherebbe qualsiasi assolutezza degli attributi di Dio.
Avremmo il confronto contradditorio di due entità tra loro relative nessuna delle quali riuscirebbe a conquistare il primato assoluto, esclusivo, onnicomprensivo.
È l'insolubile contraddizione logica delle religioni abramitiche. Che i cristiani hanno risolto machiavellicamente col "credo quia absurdum est; con le ragioni del cuore (a cui non si comanda); e con millenni di apologetica teista.
Tali religioni sono manicheistiche per "motu proprio" e sono incompatibili con qualsiasi forma, sentimentale o razionale, di panteismo. Cosa ben nota alla loro vittima più illustre: Benedetto Spinoza.
Citazione di: viator il 15 Aprile 2022, 22:46:04 PMSalve Phyro Sphera. E se l'uomo deve stare a vedersela con il Diavolo......la Divina Provvidenza che fà ? Serve solo pr aiutare a masticare il chewing.gum? Se Dio è onnipotente, faccia il favore di manifestarsi e di nullificare Satana. Se non ci riesce o non lo vuole fare vorrà dire che non è onnipotente, vuole essere amato da noi (se necessario sino al nostro martirio) ,non ci ama abbastanza per decidersi a risparmiarci le sofferenze.
Citazione di: viator il 15 Aprile 2022, 22:46:04 PMSalve Phyro Sphera. E se l'uomo deve stare a vedersela con il Diavolo......la Divina Provvidenza che fà ? Serve solo pr aiutare a masticare il chewing.gum? Se Dio è onnipotente, faccia il favore di manifestarsi e di nullificare Satana. Se non ci riesce o non lo vuole fare vorrà dire che non è onnipotente, vuole essere amato da noi (se necessario sino al nostro martirio) ,non ci ama abbastanza per decidersi a risparmiarci le sofferenze.
Per usare la logica ed il buonsenso sono sufficienti delle normali funzioni mentali, la alfabetizzazione religiosa non serve affatto, ed infatti io sono ben orgoglioso di essermi sempre sottratto ad un simile genere di "alfabetizzazione".
La onnipotenza di Dio coesiste coi limiti di ciò che non è Dio, Dio fa esistere anche ciò che Gli è ostile; l'uomo per i propri limiti deve vedersela anche col diavolo (non dicevo solo con esso)... Ma tu dici di star bene senza alfabetizzazione religiosa e dunque non intendi questo linguaggio, non sai come si parla di assolutezze!
MAURO PASTORE
Citazione di: Ipazia il 16 Aprile 2022, 15:24:02 PMÈ l'insolubile contraddizione logica delle religioni abramitiche. Che i cristiani hanno risolto machiavellicamente col "credo quia absurdum est; con le ragioni del cuore (a cui non si comanda); e con millenni di apologetica teista.
Tali religioni sono manicheistiche per "motu proprio" e sono incompatibili con qualsiasi forma, sentimentale o razionale, di panteismo. Cosa ben nota alla loro vittima più illustre: Benedetto Spinoza.
Appare contraddittoria per il panteista la coesistenza di Dio e del male nel mondo, ma è illogica la pretesa che il panteismo non sia pensiero limitato e provvisorio; d'altronde non conviene mettere in gioco Spinoza che in fin dei conti era monoteista. Il pensiero filosofico contemporaneo stima inutile e insensata la domanda sul perché del male e di Dio; restando al pensiero tradizionale si trovano risposte tradizionali buone quanto le negazioni. Insomma si devono considerare con un minimo di stima o rispetto le religioni abramitiche, tranne che non si sopravvaluti la polemica in quanto tale.
MAURO PASTORE
Quando, nel 1512, Michelangelo completò l'affresco sul soffitto della Cappella Sistina, considerata una delle opere più famose della storia dell'arte, i cardinali responsabili della cura delle opere rimasero per ore a guardare e ammirare il magnifico affresco.
***
Però, dopo l'analisi si riunirono con Michelangelo, e gli chiesero di rettificare un piccolo dettaglio apparentemente senza importanza.
Michelangelo, infatti, aveva disegnato il pannello della creazione dell'uomo con le dita di Dio e di Adamo, entrambe tese, che si toccavano; i cardinali, invece, chiesero che non si toccassero, ma che le dita di entrambi fossero separate.
Anzi, che il dito di Dio fosse sempre teso al massimo, ma che quello di Adamo si contraesse nell'ultima falange!
Un dettaglio semplice, ma con un significato ben preciso: Dio è lì, col dito teso, ma la decisione di cercarlo dipende dall'uomo:
- se vuole stenderà il dito e lo toccherà;
- ma se non vuole può passare tutta la vita senza cercarlo.
L'ultima falange del dito contratto di Adamo rappresenta così il LIBERO ARBITRIO!
Citazione di: Eutidemo il 11 Luglio 2022, 10:54:39 AMQuando, nel 1512, Michelangelo completò l'affresco sul soffitto della Cappella Sistina, considerata una delle opere più famose della storia dell'arte, i cardinali responsabili della cura delle opere rimasero per ore a guardare e ammirare il magnifico affresco.
***
Però, dopo l'analisi si riunirono con Michelangelo, e gli chiesero di rettificare un piccolo dettaglio apparentemente senza importanza.
Michelangelo, infatti, aveva disegnato il pannello della creazione dell'uomo con le dita di Dio e di Adamo, entrambe tese, che si toccavano; i cardinali, invece, chiesero che non si toccassero, ma che le dita di entrambi fossero separate.
Anzi, che il dito di Dio fosse sempre teso al massimo, ma che quello di Adamo si contraesse nell'ultima falange!
Un dettaglio semplice, ma con un significato ben preciso: Dio è lì, col dito teso, ma la decisione di cercarlo dipende dall'uomo:
- se vuole stenderà il dito e lo toccherà;
- ma se non vuole può passare tutta la vita senza cercarlo.
L'ultima falange del dito contratto di Adamo rappresenta così il LIBERO ARBITRIO!
Ciao Eutidemo, può essere, in effetti. Io ho sempre visto una mano che indica decisamente e l'altra che si ferma, in un gesto molle e indeciso quasi di ritrosia. Ma non è escluso che mollezza e indecisione definiscano il cosiddetto "libero arbitrio", in effetti. Ti ringrazio, comunque, per questo dettaglio. A presto.
Citazione di: PhyroSphera il 15 Aprile 2022, 19:32:36 PMC'è anche "Satana". L'arbitrio è sospeso tra l'amore di Dio e l'odio del diavolo. In senso assoluto non è libero perché l'alternativa ultima è già data.
MAURO PASTORE
In verità ho cambiato prospettiva, anche per me stesso. Questo mio schema non coglie l'originarietà dell'esistenza nella quale l'alternativa che ho detto non è attiva perché non esiste nessuna caduta, né di "Lucifero" né di "Adamo"... Ma allora originariamente non ha senso definire l'arbitrio né servo né libero, basti la tautologia: l'arbitrio è arbitrio.
Mauro Pastore
Salve a tutti ;)
Dopo svariate supposizioni sul tema, attualmente sono arrivato alla conclusione (ma non so se definitiva) che la libertà ce la conquistiamo giorno dopo giorno mettendo a frutto la nostra voglia di sapere prima di agire di conseguenza.
Prima di questa conclusione mi ero fermato all'idea che, dopo tutto, la coscienza a qualcosa doveva servire, senza però capire a cosa.
Avere voglia di sapere, o di capire, di informarsi, di leggere o di studiare è per me quel qualcosa. Questa voglia non è propriamente un desiderio, anche se ognuno di noi saprà a cosa sia dovuto. Ma avere voglia di studiare o solo di informarsi è sicuramente legato alla coscienza del sapere. Essere consapevoli che la conoscenza aiuta nel fare la migliore azione possibile mi fa supporre che il libero arbitrio può esistere. Praticamente è il dubbio che ci rende liberi, perchè il dubbio ci fa studiare. Anche se arriviamo a questo traguardo tramite "meccanismi" deterministici, una volta presa coscienza di questa possibilità ovvero di sapere di non sapere e quindi di studiare per agire meglio, il libero arbitrio diventa importante. Come si potrebbe dire anche, il libero arbitrio diventa la realtà emergente di un meccanismo deterministico. Senza riuscire a ricreare un soggetto cosciente non è possibile costruire un soggetto libero. La libertà è quindi dovuta alla coscenza e questa rende il sapere un soggetto da conquistare e non da subire.
Per cui io non credo nel libero arbitrio, ma suppongo che in qualche modo, anche se a fatica, è presente nelle nostre vite. Non è qualcosa di immanente, o di profondo, ma qualcosa che succede per merito della coscienza.
Citazione di: Il_Dubbio il 09 Dicembre 2022, 22:32:39 PMSalve a tutti ;)
Dopo svariate supposizioni sul tema, attualmente sono arrivato alla conclusione (ma non so se definitiva) che la libertà ce la conquistiamo giorno dopo giorno mettendo a frutto la nostra voglia di sapere prima di agire di conseguenza.
Prima di questa conclusione mi ero fermato all'idea che, dopo tutto, la coscienza a qualcosa doveva servire, senza però capire a cosa.
Avere voglia di sapere, o di capire, di informarsi, di leggere o di studiare è per me quel qualcosa. Questa voglia non è propriamente un desiderio, anche se ognuno di noi saprà a cosa sia dovuto. Ma avere voglia di studiare o solo di informarsi è sicuramente legato alla coscienza del sapere. Essere consapevoli che la conoscenza aiuta nel fare la migliore azione possibile mi fa supporre che il libero arbitrio può esistere. Praticamente è il dubbio che ci rende liberi, perchè il dubbio ci fa studiare. Anche se arriviamo a questo traguardo tramite "meccanismi" deterministici, una volta presa coscienza di questa possibilità ovvero di sapere di non sapere e quindi di studiare per agire meglio, il libero arbitrio diventa importante. Come si potrebbe dire anche, il libero arbitrio diventa la realtà emergente di un meccanismo deterministico. Senza riuscire a ricreare un soggetto cosciente non è possibile costruire un soggetto libero. La libertà è quindi dovuta alla coscenza e questa rende il sapere un soggetto da conquistare e non da subire.
Per cui io non credo nel libero arbitrio, ma suppongo che in qualche modo, anche se a fatica, è presente nelle nostre vite. Non è qualcosa di immanente, o di profondo, ma qualcosa che succede per merito della coscienza.
Sono molto d'accordo su questa tua riflessione parziale, che vorrei fissare meglio, e intanto sottolineando il tuo mettere fra virgolette ''il meccanismo'' deterministico, che forse io avrei scritto come meccanismo ''deterministico'', nel senso che alla base c'è un meccanismo attraverso il quale interagiamo con la realtà in quanto esseri viventi.
un meccanismo che non si può pretendere di sviscerare del tutto, ma che si può in parte evidenziare proprio perchè in esso interviene la ''coscienza''.
Fra virgolette quindi preferisco mettere i termini attraverso i quali proviamo a descrivere il meccanismo, volendo così sottolineare che il ''problema del libero arbitrio'' appare quando i termini da descrittivi tendono ad assumere una propria autonomia di fatto, cos' che alla fine esistono la coscienza e il determinismo al di fuori di una possibile descrizione del meccanismo.
Aggiungerei solo che il libero arbitrio è prima di tutto possibilità di errore, che però si manifesta come errore solo se si ha la libertà di commetterlo, e quindi poi come possibilità di correzione, anche se più che di errore forse sarebbe meglio parlare di evento sfavorevole, a meno che non si creda che ''bene'' e ''male'' siano predeterminati.
La conoscenza quindi deriva da un accumulo di eventi sfavorevoli mutabili in favorevoli.
Al di là di come percepiamo il libero arbitrio, sempre con l'intento di dare una possibile descrizione del meccanismo, il libero arbitrio si propone in termini descrittivi all'opposto concettuale del determinismo, come produttore di eventi casuali a tutti gli effetti, e tanto più quanto più aumenta il numero dei soggetti che ne sono dotati, cosa che ha la sua rilevanza in termini evoluzionistici, laddove determina il numero critico di individui di una specie che ne garantisce la sopravvivenza.
Quindi è vero che la coscienza ci aiuta potenzialmente a fare ''la cosa giusta'', ma sempre col senno di poi, sempre e solo se prima si è fatta la cosa ''sbagliata'' grazie al nostro libero arbitrio.
L' ''errore'' secondo me lo commettiamo quando invece di identificarci col ''meccanismo'' ci identifichiamo con la sua possibile descrizione, privilegiandone magari un solo capitolo, e di solito noi scegliamo quello intitolato al libero arbitrio.
Quindi, se così stanno le cose, non ci resta che prendere coscienza dell'errore e correggerlo.
E' anche possibile fare la cosa giusta senza prima aver sperimentato quella sbagliata ovviamente, ma la faremo senza sapere di farla, sperimentando solo un generico stato di benessere, immagino.
La coscienza, in mancanza di eventi sfavorevoli non avrebbe motivo di essere, e sarebbe come vivere in paradiso, ma senza sapere di viverci.
Viviamo da sempre in paradiso quanto in inferno, ma conosciamo solo il secondo aspetto del nostro vissuto.
Come dice il proverbio, ''fai il bene e dimenticalo''...come non l'avessi mai fatto, così che un giorno ne verrai ricompensato come si trattasse di una grazia .
Nel libro che sto scrivendo metto in luce come ci sia un determinismo "forte" e un determinismo "debole". Quello forte praticamente ci dice che è possibile prevedere il comportamento umano data la conoscenza di tutte le concause. Quello debole (e dimostro che noi ricadiamo nel determinismo debole, ci ho speso parecchio tempo ::) ), ci dice che anche conoscendo tutte le concause non è possibile prevedere il comportamento umano. Io ovviamente ho una posizione non-determinista (anche se a onor del vero non si può dimostrare ne che siamo in un mondo determinista, ne che siamo in un mondo non-determinista) e quindi ho tutto l'interesse del mondo a indebolire il determinismo il più possibile. Credo inoltre che il libero arbitrio sia un continuum. Ovvero possono esistere persone con più o meno libero arbitrio, ci sono infatti persone vittime di schemi cognitivi ripetitivi e anche qualora rese consapevoli di questi schemi non riusciranno ad uscirne. L'unico modo di uscire da questi schemi ripetitivi è comprenderne la cause profonde, si tratta quindi di fare un lavoro su noi stessi di tipo psicodinamico.
Lo studio ci avvicina al libero arbitrio, per questo piacciono materie complesse come matematica, filosofia e psicologia. Quindi nella mia prospettiva mantenere il libero arbitrio è un lavoro complesso, difficile, ma possibile. Per libero arbitrio intendo essenzialmente la capacità di poter agire in modo imprevedibile (che non può essere predetto, che non esclude purtroppo la presenza di un eventuale Destino, ma ne esclude la conoscibilità). Dando ovviamente un intervallo di qualche secondo di latenza (le nostre scelte sono intelleggibili tramite risonanza magnetica fino a 7/8 secondi di anticipo).
La mia posizione è molto simile alla tua, Dario. L'unica obiezione che ti pongo è quella rispetto all'intelleggibilità delle nostre decisioni tramite risonanza magnetica. Ad esempio questo studio dimostra la stupidità dei ricercatori universitari o la loro intelligenza, se lo fanno in modo manipolatorio:
https://www.focus.it/comportamento/psicologia/scelte-visibili-cervello-prima-volonta
Se invece di chiedere quale immagine scegliere fra quella blu e quella rossa, la domanda fosse stata: "Cosa decidi di fare di fronte alla possibilità di ottenere un posto di lavoro vantaggioso ma in questo modo perderai la tua fidanzata?", vedresti che i tempi di anticipo tramite FMRi, si azzererebbero.
Nella everyday life penso che la seconda domanda sia molto più frequente della scelta di immagini blu o rosse a meno che non siamo infanti alle prese per la prima volta con i colori. Ovviamente alla scienza piace semplificare, perchè solo in questo modo si ottengono risultati ripetibili e verificabili. Peccato che la filosofia e certa psicologia e la stessa religione ci dicono che la semplificazione non porta da nessuna parte, al massimo ad ottenere una cattedra universitaria.
Be per me il fatto che ci sia un attività cerebrale anticipatoria è un segno del fatto che sia stata compiuta una scelta comunque. Sarebbe molto strano se non ci fosse un attività anticipatoria, in quel caso dovremmo chiederci se la scelta non derivi da qualche "etere oscuro". Che poi questa attività richieda 11 secondi (questa mi è nuova, io sapevo di 7/8 secondi dalle mie ricerche precedenti) o pochi millisecondi forse non ha una importanza così fondamentale.
Che il libero arbitrio sia una illusione non deriva dal determinismo.
Perché la incompatibilità tra natura e libertà non dipende dalla possibilità o meno di determinare.
Il libero arbitrio è una illusione perché tutto quello che avviene può avvenire solo o per necessità o per caso.
E sia la necessità sia il caso non hanno nulla a che fare con il libero arbitrio individuale.
Libero infatti è ciò che è origine incondizionata di eventi.
E in natura questa origine non esiste.
L'unica possibile libertà sarebbe nell'evento puramente casuale.
Sarebbe perciò il caso in quanto tale ad essere libero.
Dove ogni scelta non dipenderebbe da nessuno. Se non... il Caos!
Lo dico brevemente perché altrimenti rischiamo di riattivare uno "schema cognitivo". Determinismo, casualità e libera volontà coesistono.
Citazione di: Jacopus il 24 Agosto 2023, 10:14:55 AMLo dico brevemente perché altrimenti rischiamo di riattivare uno "schema cognitivo". Determinismo, casualità e libera volontà coesistono.
Questa è una contraddizione in termini.
Che può essere superata solo facendo appello a fenomeni trascendenti.
Ovvero coesistono nonostante nel mondo immanente siano incompatibili.
Un po' come affermare che vi sono asini che volano, tanto per dare l'idea.
Esiste una teoria matematica che spiegherebbe la meccanica quantistica in modo deterministico, si tratta appunto di una teoria, non è dimostrabile, comunque è quanto meno molto interessante avere un origine deterministica della casualità.
CitazioneQuesta è una contraddizione in termini.
Che può essere superata solo facendo appello a fenomeni trascendenti.
Ovvero coesistono nonostante nel mondo immanente siano incompatibili.
Un po' come affermare che vi sono asini che volano, tanto per dare l'idea.
L'essere umano non è una macchina. Se applichi le stesse teorie che applicheresti ad una macchina avresti ragione. Cartesio pensava che gli uomini fossero macchine, e quindi tendenzialmente eterodeterminati, ma poi si salvava in corner, attraverso l'anima racchiusa nella ghiandola pineale.
Ti faccio un esempio personale. Stamattina ho fatto colazione con il caffelatte, una colazione che per me è una abitudine. Il latte però "casualmente" avrebbe potuto rovinarsi, a causa del gran caldo oppure rovesciarsi sul mio piede mentre lo trasportavo sul tavolo. In entrambi i casi vi è un fattore causale e casuale contemporaneamente, ma nello stesso tempo avrei potuto anche avere l'estro di cambiare tipo di colazione.
Questo per l'economia spicciola. Per quanto riguarda il grande tema, affermare che le scelte siano deterministiche o indeterministiche o caotiche non è spiegabile nè dimostrabile in alcun modo. Se tu ci riuscissi, otterresti subito un posto nell'Olimpo dei grandi scienziati del XXI secolo.
Personalmente ho quindi questa mia convinzione, che mi sembra la più ragionevole di una compresenza di diverse eziologie rispetto all'azione umana, poichè siamo esseri complessi che non possono certo rispondere ad una semplicistica spiegazione causa-effetto. Ciò anche in termini di responsabilità etica. Dobbiamo kantianamente sforzarci di pensarci autonomi perchè solo in questo modo possiamo ritenerci slegati dallo stato di minorità. Oltretutto convincerci di questo, comporta effettivamente delle conseguenze in termini proprio di libera volontà, visto che gli schemi comportamentali si nutrono delle nostre stesse convinzioni. E funziona allo stesso modo anche al contrario: lo stato di minorità ci viene imposto anche attraverso queste teorie del determinismo che deresponsabilizzano l'umanità perchè ogni strada è già scritta e funzionano come una self fullfilling prophecy. Troppo comodo, caro Bob.
Per certi versi gli esperimenti che tentano di spiegare come la scelta umana sia precedente all'azione , come quelli che usano le tecnologie a FRMi, sono sintomatici di un certo approccio scientifico tradizionale al quale si oppongono fortunatamente altri approcci che uniscono le nuove conoscenze neuroscientifiche, bilanciandole attraverso il riconoscimento che la stessa storia della cultura umana, diventa un fattore che pesa sulle scelte umane. Mi spiace ma non siamo nè animali, nè robot e questo lo dico non per rivendicare anima o regni spirituali in cui non credo, ma perchè dobbiamo fare i conti con la nostra struttura e la nostra storia filogenetica.
Citazione di: Dario il 24 Agosto 2023, 10:58:08 AMEsiste una teoria matematica che spiegherebbe la meccanica quantistica in modo deterministico, si tratta appunto di una teoria, non è dimostrabile, comunque è quanto meno molto interessante avere un origine deterministica della casualità.
La meccanica quantistica dice che vi sono eventi non determinabili, non che siano davvero casuali.
Non vi è nessuna prova che esista il caso.
Il caso è, ed è soltanto, negazione della necessità.
La matematica, per esempio, non tratta il caso. Ma tratta soltanto la indeterminabilità.
Citazione di: Jacopus il 24 Agosto 2023, 11:07:18 AML'essere umano non è una macchina. Se applichi le stesse teorie che applicheresti ad una macchina avresti ragione. Cartesio pensava che gli uomini fossero macchine, e quindi tendenzialmente eterodeterminati, ma poi si salvava in corner, attraverso l'anima racchiusa nella ghiandola pineale.
Ti faccio un esempio personale. Stamattina ho fatto colazione con il caffelatte, una colazione che per me è una abitudine. Il latte però "casualmente" avrebbe potuto rovinarsi, a causa del gran caldo oppure rovesciarsi sul mio piede mentre lo trasportavo sul tavolo. In entrambi i casi vi è un fattore causale e casuale contemporaneamente, ma nello stesso tempo avrei potuto anche avere l'estro di cambiare tipo di colazione.
Questo per l'economia spicciola. Per quanto riguarda il grande tema, affermare che le scelte siano deterministiche o indeterministiche o caotiche non è spiegabile nè dimostrabile in alcun modo. Se tu ci riuscissi, otterresti subito un posto nell'Olimpo dei grandi scienziati del XXI secolo.
Personalmente ho quindi questa mia convinzione, che mi sembra la più ragionevole di una compresenza di diverse eziologie rispetto all'azione umana, poichè siamo esseri complessi che non possono certo rispondere ad una semplicistica spiegazione causa-effetto. Ciò anche in termini di responsabilità etica. Dobbiamo kantianamente sforzarci di pensarci autonomi perchè solo in questo modo possiamo ritenerci slegati dallo stato di minorità. Stato di minorità che ci viene imposto anche attraverso queste teorie del determinismo che deresponsabilizzano l'umanità perchè ogni strada è già scritta. Troppo comodo, caro Bob.
Non è dimostrabile perché è una palese contraddizione.
Mettere il carro davanti ai buoi, e affermare che c'è il libero arbitrio perché se no la responsabilità... mostra scarsa fede nella Verità.
Le contraddizioni non possono essere trascurate perché brutte...
Perchè vivi Bob? Non è una contraddizione anche questa? Anzi la madre di tutte le contraddizioni? Eppure vivi. La libera volontà può essere spiegata già attraverso questa ambiguità della condizione umana che ci riguarda tutti. Il principio di non contraddizione non va preso alla lettera quando si parla di filosofia etica, poichè tra l'altro è in grado di distruggere il tema della compassione, che invece credo ti sia caro.
Citazione di: Jacopus il 24 Agosto 2023, 11:26:22 AMPerchè vivi Bob? Non è una contraddizione anche questa? Anzi la madre di tutte le contraddizioni? Eppure vivi. La libera volontà può essere spiegata già attraverso questa ambiguità della condizione umana che ci riguarda tutti. Il principio di non contraddizione non va preso alla lettera quando si parla di filosofia etica, poichè tra l'altro è in grado di distruggere il tema della compassione, che invece credo ti sia caro.
Ma è proprio la compassione a spingermi, Jacopus!
Perché questo mondo dolente?
Perché vi è il male?
Perché il male è in me?
Perché io stesso sono il male?!
Ed è proprio il male a costringere alla ricerca della Verità.
Non quello che ci piacerebbe fosse... ma la Verità!
E quando si cerca la Verità, proprio non si può auto ingannarsi.
Magari trascurando palesi contraddizioni...
La compassione mi carica di ogni responsabilità.
Perché l'altro, chiunque altro, è innocente!
Non vi è infatti alcun libero arbitrio.
Se sono sincero con me stesso, devo ammettere che nessuno è colpevole.
Tranne... me stesso.
E questa è l'ultima contraddizione.
Per superarla, dovrei rinunciare a me stesso.
Dal non essere all'essere.
Citazione di: Dario il 24 Agosto 2023, 10:58:08 AMEsiste una teoria matematica che spiegherebbe la meccanica quantistica in modo deterministico, si tratta appunto di una teoria, non è dimostrabile, comunque è quanto meno molto interessante avere un origine deterministica della casualità.
La meccanica quantistica in fatto di previsionalità è imbattibile.
Potremmo convenire che una teoria deterministica sia previsionale, ma una teoria previsionale non sia necessariamente deterministica.
Dal punto di vista di chi deve esercitare il libero arbitrio ciò che conta è poter prevedere in modo efficace, cioè con buona approssimazione, gli eventi, e perchè ciò possa accadere non solo non è strettamente necessario che il mondo sia deterministico, ma anzi ciò renderebbe impossibile una libera scelta.
Possiamo descrivere la realtà in termini di determinismo e/o di casualità, ma nessuno dei due termini può prendersi la scena senza che si cada in contraddizione, dal che si potrebbe dedurre che determinismo e casualità non siano altro che termini descrittivi della realtà, ma che non siano realtà.
Lo stesso libero arbitrio secondo me sarebbe da considerare a sua volta un puro termine descrittivo che sta fra i due precedenti.
Potremmo in effetti definire il libero arbitrio come ciò che sta in mezzo ai due estremi del determinismo e della casualità.
Forse si possono discriminare questi termini descrittivi d'uso in base al fattore tempo.
Nel determinismo conosciamo quanto tempo passa fra il presentarsi della causa e il verificarsi dell'effetto.
Ma ciò che è importante dire è che ciò è possibile solo perchè riusciamo a isolare cause significative fra infinite possibili, senza dimenticare però che le vere cause restano comunque una infinità. Se ciò non fosse possibile ogni evento apparirebbe come casuale per ignoranza di cause, o per il non poter mettere ordine fra esse a causa del loro numero.
Conosciamo facilmente quanto tempo passa fra causa ed effetto se una sola causa può essere considerata significativa.
Nell'esercizio del libero arbitrio al contrario le cause si cumulano in numero tale da non poter isolare quelle significative, e inoltre avvenimenti non contemporanei agiscono come cause contemporaneamente.
E fermiamoci pure qua, perchè ciò che volevo illustrare è come situazioni potenzialmente tanto complesse da farci disperare di poterle governare, riusciamo poi a governarle con tre semplici termini che sono, determinismo, casualità e libero arbitrio.
Riusciamo così a toglierci elegantemente d'impaccio, ma ci vuol niente a passare dalla padella nella brace se pretendiamo di avere una descrizione assoluta della realtà (la verità) attraverso l'uso di questi termini.
C0s'è dunque il libero arbitrio?
E' quel termine attraverso il quale distinguiamo il comportamento degli esseri viventi da quelli non viventi in base alla diversa tempistica delle loro reazioni.
Ma come è possibile che si eserciti il libero arbitrio?
Questa domanda è sbagliata, e tutte le domande impossibili nascono quando confondiamo la realtà con una sua descrizione.
Citazione di: Jacopus il 24 Agosto 2023, 10:14:55 AMLo dico brevemente perché altrimenti rischiamo di riattivare uno "schema cognitivo". Determinismo, casualità e libera volontà coesistono.
Che coesistano non si può negare, ma non coesistono nella realtà laddove sarebbero contraddittori, ma in una sua efficace descrizione , cioè nella misura in cui riusciamo a sopravvivere alle contraddizioni delle teorie che usiamo.
Più vado avanti nella riflessione e più mi appare come ingenua pretesa il confondere la realtà con una sua descrizione, adducendo a prova l'efficacia di quella descrizione.
Non dico che sia cosa facile da accettare, ma appunto dico più vado avanti, e più mi rassegno a mettere da parte la pretesa di verità, perchè non ci si rassegna dall'oggi al domani, ed è giusto che sia così per non rischiare di buttare via il bambino con l'acqua sporca.
Finora abbiamo vissuto la finzione di una descrizione come fosse realtà.
Oggi diventa sempre più pressante vivere quella finzione come fosse realtà.
Cioè riuscire a fare quello che abbiamo sempre fatto senza che ciò venga pregiudicato dall'aumentata nostra consapevolezza.
Che un aumento di consapevolezza abbia pro e contro è banale a dirsi, ma dovrebbe essere altrettanto ovvio il cercare di tenersi i pro ed eliminare i contro.
La consapevolezza non è un bene in sè, e che lo sia dipende dal come riusciamo a gestirla.
Citazione di: iano il 24 Agosto 2023, 14:45:49 PMDal punto di vista di chi deve esercitare il libero arbitrio ciò che conta è poter prevedere in modo efficace, cioè con buona approssimazione, gli eventi, e perchè ciò possa accadere non solo non è strettamente necessario che il mondo sia deterministico, ma anzi ciò renderebbe impossibile una libera scelta.
Si può dimostrare che gli eventi non sono prevedibili nemmeno in un mondo determinista. Per lo meno gli eventi che dipendono da esseri senzienti, in quanto l'essere senziente è imprevedibile. Per questo se il mondo fosse determinista ( e non si può dimostrare che lo è ) sarebbe un determinismo debole, dove si è presente il destino, ma è inconoscibile.
Citazione di: Dario il 24 Agosto 2023, 17:09:40 PMSi può dimostrare che gli eventi non sono prevedibili nemmeno in un mondo determinista. Per lo meno gli eventi che dipendono da esseri senzienti, in quanto l'essere senziente è imprevedibile. Per questo se il mondo fosse determinista ( e non si può dimostrare che lo è ) sarebbe un determinismo debole, dove si è presente il destino, ma è inconoscibile.
ti farà piacere sapere che ho ascoltato i tuoi video su youtube, in particolare "complessità e Tao ep 2" complimenti per l'entusiasmo che traspare nel video , non ho però capito che cos'è un sistema complesso dalla tua spiegazione,cioè tu dici, un sistema complesso fa parte di quei sistemi in cui l'insieme è più grande della somma delle sue parti, non lo si può scomporre in particolari e studiare i singoli "pezzi" che lo compongono per capire il funzionamento del sistema, e hai fatto l'esempio del motore dicendo "come invece in un motore si può fare..." ma se io trovo tutti i componenti di un motore sul pavimento non posso sapere come funziana il motore e non essendo un meccanico forse non capirei nemmeno che quelli sono i pezzi di un motore!. E così l'esempio non regge, devi fare esempi di cosa è un sistema complesso se vuoi che l'ascoltatore capisca, un sistema complesso può essere un essere vivente, una galassia a spirale , la rifrazione di un fascio di luce, l'arcobaleno e poi vedere le differenze, una galassia a spirale e complessa e organizzata eppure si è originata senza geni che la specificono come nel caso di un essere vivente, la differenza è fra organizzazione specificata e organizzazione data da forze e leggi fisiche. Dire sistema complesso di per sè non significa niente per uno che non sa che cosa intendi. E poi mi spieghi come mai nel tao the ching che è stato scritto da Lao tzu nel VI secolo a.c. vi si legge " un bravo scienziato ..." se si è di fatto cominciato a parlare di scienza e scienziati solamente dopo Newton? dopo il 1600 d.c? non era meglio dire "un interpretazione moderna del tao the ching dice che un bravo scienziato...."?
Per me il l.a. è il valore che la vita ha "necessariamente" aggiunto alla materia deterministica. È il paradosso per cui un insieme di cause deterministiche costringe a fare delle scelte che non sono deterministicamente prevedibili. È il margine di libertà di un organismo che può esistere solo in condizioni rigorosamente determinate.
È paradossale, ma c'è. Ma più che come media tra caso e necessità, entro cui descrittivamente si colloca, lo vedo ontologicamente come un elemento trascendentale della materia, incarnato in quel barlume di autocoscienza che ogni vivente possiede in maniera maggiore o minore e che lo costringe, per sopravvivere, a fare delle scelte.
Le quali a loro volta hanno un range ristretto, ma non inesistente, di libertà. Range che, concordo con Jacopus, si dilata passando dall'istinto all'etica.
Lo si può interpretare anche come un punto di crisi, di debolezza, del determinismo, laddove la somma reale supera la somma algebrica delle parti, lo scherzo evolutivo che l'emergere di una psiche ha giocato al caso evolutivo e ai suoi meccanismi determinati.
Ciao
Citazione di: Alberto Knox il 25 Agosto 2023, 01:34:58 AMti farà piacere sapere che ho ascoltato i tuoi video su youtube, in particolare "complessità e Tao ep 2" complimenti per l'entusiasmo che traspare nel video , non ho però capito che cos'è un sistema complesso dalla tua spiegazione,cioè tu dici, un sistema complesso fa parte di quei sistemi in cui l'insieme è più grande della somma delle sue parti, non lo si può scomporre in particolari e studiare i singoli "pezzi" che lo compongono per capire il funzionamento del sistema, e hai fatto l'esempio del motore dicendo "come invece in un motore si può fare..." ma se io trovo tutti i componenti di un motore sul pavimento non posso sapere come funziana il motore e non essendo un meccanico forse non capirei nemmeno che quelli sono i pezzi di un motore!. E così l'esempio non regge, devi fare esempi di cosa è un sistema complesso se vuoi che l'ascoltatore capisca, un sistema complesso può essere un essere vivente, una galassia a spirale , la rifrazione di un fascio di luce, l'arcobaleno e poi vedere le differenze, una galassia a spirale e complessa e organizzata eppure si è originata senza geni che la specificono come nel caso di un essere vivente, la differenza è fra organizzazione specificata e organizzazione data da forze e leggi fisiche. Dire sistema complesso di per sè non significa niente per uno che non sa che cosa intendi. E poi mi spieghi come mai nel tao the ching che è stato scritto da Lao tzu nel VI secolo a.c. vi si legge " un bravo scienziato ..." se si è di fatto cominciato a parlare di scienza e scienziati solamente dopo Newton? dopo il 1600 d.c? non era meglio dire "un interpretazione moderna del tao the ching dice che un bravo scienziato...."?
Scusate il piccolo OT.. Ciao innanzi tutto grazie. Mi sembra di capire che cerchi una definizione più tecnica ed esaustiva di sistema complesso, quella arriverà. E' una definizione per addetti ai lavori ed è
complessa, ma mi pare di capire che sei ben oltre questo livello ;D comunque non è una definizione semplice, nel senso che c'è un accesa diatriba su cosa sia precisamente un sistema complesso.
https://ifisc.uib-csic.es/en/publications/what-is-a-complex-system-after-all/Una scorciatoia potrebbe essere il sistema complesso è un sistema dotato di comportamento emergente, ma anche li sarebbe spostare il problema perchè "emergente" è un altro termine di cui si sta ancora cercando una definizione. Una definizione più semplice è "ciò che sfugge alla mente umana", ma anche li non è assoluto perchè ciò che sfugge oggi potrebbe non sfuggire domani.
Per quanto riguarda lo scienziato si, lo trovi scritto nel Tao Te Ching e in cina anticamente esisteva una figura assimilabile allo scienziato, che è stata tradotta come scienziato, ma poteva essere anche tradotta come alchimista, si tratta di colui che scriveva i
biji. Ti lascio linkato il video del Tao Te Ching nel punto in cui dice bravo scienziato. La traduzione ovviamente è di questi tempi quindi usa la parola scienziato (anche perchè senza questa parola sarebbe intraducibile visto che il termine alchimista non è del tutto appropriato, non trovo adesso il nome della persona spero di riuscire a trovarlo)
https://youtu.be/JFBsiqk_nq4?t=1291
Citazione di: Ipazia il 25 Agosto 2023, 07:19:45 AMPer me il l.a. è il valore che la vita ha "necessariamente" aggiunto alla materia deterministica. È il paradosso per cui un insieme di cause deterministiche costringe a fare delle scelte che non sono deterministicamente prevedibili. È il margine di libertà di un organismo che può esistere solo in condizioni rigorosamente determinate.
È paradossale, ma c'è. Ma più che come media tra caso e necessità, entro cui descrittivamente si colloca, lo vedo ontologicamente come un elemento trascendentale della materia, incarnato in quel barlume di autocoscienza che ogni vivente possiede in maniera maggiore o minore e che lo costringe, per sopravvivere, a fare delle scelte.
Le quali a loro volta hanno un range ristretto, ma non inesistente, di libertà. Range che, concordo con Jacopus, si dilata passando dall'istinto all'etica.
Lo si può interpretare anche come un punto di crisi, di debolezza, del determinismo, laddove la somma reale supera la somma algebrica delle parti, lo scherzo evolutivo che l'emergere di una psiche ha giocato al caso evolutivo e ai suoi meccanismi determinati.
Quindi attribuisci il libero arbitrio all'ignoranza che abbiamo di tutte le concause?
Citazione di: Dario il 25 Agosto 2023, 08:20:43 AMQuindi attribuisci il libero arbitrio all'ignoranza che abbiamo di tutte le concause?
Rispondo alla domanda rivolta ad Ipazia, poi Ipazia è libera di scrivere, ovviamente. La risposta è no. Il libero arbitrio intanto dovrebbe chiamarsi libera volontà poiché l'arbitrio in italiano ha assunto un significato negativo. Il no invece si giustifica sulla base del fatto che noi siamo "parzialmente liberi di agire" perché abbiamo una struttura neurale complessa, che rende possibile la facoltà di pensare altrimenti, facoltà che si scontra con le nostre abitudini o pattern comportamentali e che non è presente allo stesso modo nei singoli individui, per cui esistono soggetti più o meno liberi di agire. Inoltre come ho già detto, le nostre convinzioni, una volta interiorizzate diventano così forti da diventare vere, poiché il metterle in dubbio ci renderebbe identitariamente fragili e pertanto si può affermare che, nei singoli individui è vero sia il determinismo che la libera volontà o il fatalismo e quella credenza condiziona il nostro agire. Il fatto di non essere totalmente determinati è semplicemente dimostrato dalle diversissime società storiche e contemporanee, organizzate dall'uomo e dagli insegnamenti, miti e credenze che l'uomo ha sviluppato nel corso dei secoli. L'influenza della cultura ha ulteriormente dilatato gli aspetti libero-decisionali dell'uomo, che vede in questi diversi approcci alla vita una necessità/possibilità di scelta. Ulteriore precisazione: ciò non significa che siamo totalmente liberi, anzi direi che è notevolmente più influente la parte deterministica, ma ciò non esclude la compresenza di una libertà di agire che ricade sul singolo, oltre ovviamente alla presenza del terzo fattore condizionante, il caso. Solo sulla casualità e sulla causalità potrebbe essere valida la affermazione che non conosciamo esattamente tutte le variabili e che una volta conosciute saremmo in grado di definire l'agire umano, ma è appunto evidente che quel progetto di definizione causale della casualità e della causalità si scontrerà prima o poi con il corpo e con il cervello di un homo sapiens, le cui reazioni non corrispondono a quelle di un robot e neppure a quelle di un animale più semplice (per quanto anche gli animali, seppure in misura minore, sono dotati di questi meccanismi di risposta "liberi"). Se vogliamo possiamo definire questa parte soggettiva della nostra interpretazione sul palco della vita come un ulteriore strumento di adattabilità all'ambiente. Se proprio volessimo essere deterministi allora dovremmo dire che tutto ciò che ci fa agire, determinismo, libera volontà e caso, sono fondati su un principio deterministico fondante che è l'adattamento all'ambiente finalizzato ad una sopravvivenza ottimale.
Citazione di: Jacopus il 25 Agosto 2023, 08:55:25 AMSe proprio volessimo essere deterministi allora dovremmo dire che tutto ciò che ci fa agire, determinismo, libera volontà e caso, sono fondati su un principio deterministico fondante che è l'adattamento all'ambiente finalizzato ad una sopravvivenza ottimale.
...che a sua volta è fondato sulla casualità delle mutazioni genetiche.
In effetti si può fondare tutto sul determinismo senza giungere a contraddizioni logiche, però secondo me il punto debole del determinismo è che ha a suo fondamento l'essere, per cui dovrebbe essere un essere ''ben determinato'', cioè precisamente ben definito prima di tutto, e che vi siano quindi oggetti dalla natura non sfumata,
che rendono sfumate in pratica le cause.
La libera volontà genera la stessa imprevedibilità del lancio di una moneta, che è del tutto indistinguibile dall'imprevedibilità del puro caso.
Il viceversa non sembra essere logicamente vero, non possiamo cioè simulare il determinismo col caso.
Citazione di: Dario il 25 Agosto 2023, 08:17:51 AMUna scorciatoia potrebbe essere il sistema complesso è un sistema dotato di comportamento emergente, ma anche li sarebbe spostare il problema perchè "emergente" è un altro termine di cui si sta ancora cercando una definizione. Una definizione più semplice è "ciò che sfugge alla mente umana", ma anche li non è assoluto perchè ciò che sfugge oggi potrebbe non sfuggire domani.
cercherò di rispondere restando nella linea del tema di discussione senza andare hot. Si è parlato molto di determinismo benchè il mondo appaia caotico in certe circostanze ci è chiaro che nel suo insieme l'universo è tutt altro che casuale . Ritroviamo degli schemi, e li codifichiamo in leggi fisiche che hanno un potere predittivo reale , un pò d'appertutto. Ma l'universo è anche tutt'altro che semplice; possiede un tipo sottile di complessità che lo colloca a mezza via fra la semplicità da un lato e la causalità dall altro. Si può esprimere questa sua qualità dicendo che esso ha una
complessità organizzata .Ci sono stati molti tentativi di catturare sul piano matematico questa "organizzazione" così sfuggente, uno di tali tentativi comporta quello che il suo autore, Charles Bennett, chiama
profondità logica. La profondità logica ha a che fare più con
la qualità o col valore dell informazione necessaria per specificare un sistema che con la sua quantità. La profondità logica si applica , ovviamente, ai sistemi biologici, che costituiscono gli esempi più evidenti di complessità organizzata perchè non è plausibile che possano avere origine se non attraverso una catena di processi molto lunga e complicata. Per secoli gli scienziati hanno parlato di "ordine nell universo" alla buona, senza una chiara distinzione fra ordine semplice e ordine complesso. Ma l'ordine del cosmo è qualcosa di più di una semplice regolarità irregimentanta, è anche una complessità organizzata e profondità logica. Il mondo abbonda di sistemi profondi che portano i segni di un lavoro enorme svolto per dar loro forma ed è questo tipo di complessità a dare all universo il suo carattere aperto e a permettere l'esistenza di esseri umani dotati di libero arbitrio. Non c'è un determinismo irregimentato in natura, tutto deve essere aperto a nuove possibilità.
È emblematico come facilmente si produca un profluvio di parole, pur di nascondere l'inconsistenza del pensiero.
Il pensiero è inconsistente quando scorre incurante delle proprie contraddizioni.
Penso che ciò sia naturale, perché è pressoché impossibile evitare sempre di contraddirsi.
Tuttavia, è proprio il riconoscere le proprie contraddizioni ciò che permette di proseguire nella ricerca.
La diatriba su determinismo forte o debole è un esempio di inconsistenza.
È inconsistente perché le premesse sono errate. Cioè non considerano né come il mondo funziona e neppure in cosa consista la libertà.
E non lo considerano probabilmente per l'incapacità di reggerne l'orrore...
Cadendo così inevitabilmente in un loop di contraddizioni.
Perché il mondo funziona solo per necessità o, a darlo per possibile, per caso.
Mentre libertà è essere una origine incondizionata di eventi.
E quel "essere" va tenuto ben fermo!
Non importa quanto mimino sia quell'essere, ci deve essere!
E invece si disquisisce su determinismo forte e debole... Che non c'entrano niente!
Perché è proprio il determinismo che non c'entra.
Bensì la necessità e il caso. Dove non c'è assolutamente nessun essere!
Inoltre il caso, chi ne ammette la esistenza probabilmente non ha idea di cosa ciò significhi.
Perché il caso è l'irruzione del Caos!
Almeno che... come io credo, non vi sia in realtà alcuna irruzione...
Perché il Caos è lo stesso Uno.
Siamo liberi quando il passato non e' causa del futuro.
Senza la libera' volonta', il mondo non cesserebbe di esistere, sarebbe semicemente diverso da quello che e'.
La terra e' stata deserta, senza vita in passato, e puo' passato, e puo' benissimo tornare ad esserlo in futuro.
Il determinismo funziona benissimo, nei deserti.
Nei posti dove c'e' la vita invece, invece, il determinismo continua a funzionare, ma non basta piu' di per se' stesso e da solo a spiegare il mondo: diventa ragione necessaria, a spiegarlo, ma non sufficiente.
Il che significa che noi non creiamo e non determiniamo il mondo in toto, ma una sua forma specifica emergente su tutte le altre, il suo essere proprio quello che e' e non altro, la sua ipseita'.
Proprio a partire dalla contraddizione insita nel suo voler conservarsi e voler cessare contemporaneamente, nel suo voler essere-con-l'oggetto, nel suo avere l'oggetto come risorsa, come possibilita' di una continuazione in fondo indifferente perche' problematica, oggetti circostanti per poter continuare a volere, e dunque a soffrire, la volonta' "deve" capire che non vuole ne' conservarsi ne' cessare: vuole divenire.
Il tempo non lo subiamo, ma ce l'abbiamo dentro, lo siamo.
Ci adattiamo a un ambiente a sua volta mutevole, e, soprattutto laddove non creiamo, siamo costretti a inseguire, le creazioni altrui o del "caso", e quindi in molte situazioni la nostra conservazione non e' compatibile con la nostra sopravvivenza, ne' tantomeno con il nostro benessere.
Il tempo tutto conserva e tutto cambia, e' l'istanza insieme conservativa ed enantiodromica della realta'; e, in fondo, la gioia, lo stare bene, e' invocare in quanto significative per noi stessi le facolta' conservative e ciclico-ripetitive del tempo (chi sta bene, dice: ancora, ancora, ancora), la sofferenza, lo stare male, quelle mutevoli, riplasmative e invertitrici (chi sta male dice: basta, basta, basta). In realta' quelli che "stanno" bene, e quelli che "stanno", male, vogliono entrambi la stessa cosa, ma non la vogliono in entrambi i suoi aspetti. Ci vuole il tempo, la sopportabita' storica della contraddizione in quanto dispiegata in momenti diffetenti, per volere il tempo.
La risorsa universale ed ubiquitariamente dispiegata per la conservazione, e per la sovversione.
L'oggetto di conoscenza e' teoretico, e' teatrale, e' eminentemente visivo, si impone sulla volonta' -io al limite forse conosco quello che voglio, ma certo non voglio quello che conosco, cioe' assumo le mie conoscenze per oggettive, per vere a prescindere dalla mia volonta'- ma proprio perche' l'oggetto di conoscenze e' lo stato deterministico e disentropico del mondo, e' il passato.
E il passato non satura tutto il tempo. O meglio, non dovrebbe. Ci sono cose che non conosco. O almeno, che non conosco con altrettanta certezza rispetto a come conosco il passato. Le cose del futuro. Su cui si estende il campo d'azione della mia proggettualita'.
Citazione di: Dario il 25 Agosto 2023, 08:20:43 AMQuindi attribuisci il libero arbitrio all'ignoranza che abbiamo di tutte le concause?
No, questa sarebbe un'interpretazione metafisica (tutto-nulla, vero-falso, on-off) della "
libertà di agire" che, concordo con Jacopus, rende meglio l'idea del margine su cui l'"arbitrio" insiste.
Un'escrescenza anche temporale, con la sua imprevedibilità, come fatto notare da niko, capace di falsificare l'onnipotenza di qualsiasi nume. Imprevedibilità che è terreno ottimo per esercitare i propri quanti di libertà, scommettendo su un futuro tra i tanti possibili. Perfino
egualitaria nella sua (relativa) incorruttibilità originaria, resistente pure agli affaristi stregoni.
Insistere sulla "causalità" porta acqua al mulino degli assoluti metafisici, con le loro regressioni infinite, lontanissimi dalla mia visione del mondo e penso pure dalla realtà evolutiva che è fatta di continui aggiustamenti in opera: "statistici" (selezione) e deliberatamente coscienti.
Citazione di: Alberto Knox il 25 Agosto 2023, 11:27:37 AMcercherò di rispondere restando nella linea del tema di discussione senza andare hot. Si è parlato molto di determinismo benchè il mondo appaia caotico in certe circostanze ci è chiaro che nel suo insieme l'universo è tutt altro che casuale . Ritroviamo degli schemi, e li codifichiamo in leggi fisiche che hanno un potere predittivo reale , un pò d'appertutto. Ma l'universo è anche tutt'altro che semplice; possiede un tipo sottile di complessità che lo colloca a mezza via fra la semplicità da un lato e la causalità dall altro. Si può esprimere questa sua qualità dicendo che esso ha una complessità organizzata .Ci sono stati molti tentativi di catturare sul piano matematico questa "organizzazione" così sfuggente, uno di tali tentativi comporta quello che il suo autore, Charles Bennett, chiama profondità logica. La profondità logica ha a che fare più con la qualità o col valore dell informazione necessaria per specificare un sistema che con la sua quantità. La profondità logica si applica , ovviamente, ai sistemi biologici, che costituiscono gli esempi più evidenti di complessità organizzata perchè non è plausibile che possano avere origine se non attraverso una catena di processi molto lunga e complicata. Per secoli gli scienziati hanno parlato di "ordine nell universo" alla buona, senza una chiara distinzione fra ordine semplice e ordine complesso. Ma l'ordine del cosmo è qualcosa di più di una semplice regolarità irregimentanta, è anche una complessità organizzata e profondità logica. Il mondo abbonda di sistemi profondi che portano i segni di un lavoro enorme svolto per dar loro forma ed è questo tipo di complessità a dare all universo il suo carattere aperto e a permettere l'esistenza di esseri umani dotati di libero arbitrio. Non c'è un determinismo irregimentato in natura, tutto deve essere aperto a nuove possibilità.
Non posso che essere d'accordo. Però anche la definizione di complessità organizzata non è unanime. Morin perde parecchio tempo a discutere dei sistemi organizzati.
Citazione di: Ipazia il 25 Agosto 2023, 17:56:45 PMNo, questa sarebbe un'interpretazione metafisica (tutto-nulla, vero-falso, on-off) della "libertà di agire" che, concordo con Jacopus, rende meglio l'idea del margine su cui l'"arbitrio" insiste.
Un'escrescenza anche temporale, con la sua imprevedibilità, come fatto notare da niko, capace di falsificare l'onnipotenza di qualsiasi nume. Imprevedibilità che è terreno ottimo per esercitare i propri quanti di libertà, scommettendo su un futuro tra i tanti possibili. Perfino egualitaria nella sua (relativa) incorruttibilità originaria, resistente pure agli affaristi stregoni.
Insistere sulla "causalità" porta acqua al mulino degli assoluti metafisici, con le loro regressioni infinite, lontanissimi dalla mia visione del mondo e penso pure dalla realtà evolutiva che è fatta di continui aggiustamenti in opera: "statistici" (selezione) e deliberatamente coscienti.
Mi piacerebbe di più comprendere questa visione che hai
Citazione di: bobmax il 25 Agosto 2023, 11:33:41 AMÈ emblematico come facilmente si produca un profluvio di parole, pur di nascondere l'inconsistenza del pensiero.
Il pensiero è inconsistente quando scorre incurante delle proprie contraddizioni.
Penso che ciò sia naturale, perché è pressoché impossibile evitare sempre di contraddirsi.
Tuttavia, è proprio il riconoscere le proprie contraddizioni ciò che permette di proseguire nella ricerca.
La diatriba su determinismo forte o debole è un esempio di inconsistenza.
È inconsistente perché le premesse sono errate. Cioè non considerano né come il mondo funziona e neppure in cosa consista la libertà.
E non lo considerano probabilmente per l'incapacità di reggerne l'orrore...
Cadendo così inevitabilmente in un loop di contraddizioni.
Perché il mondo funziona solo per necessità o, a darlo per possibile, per caso.
Mentre libertà è essere una origine incondizionata di eventi.
E quel "essere" va tenuto ben fermo!
Non importa quanto mimino sia quell'essere, ci deve essere!
E invece si disquisisce su determinismo forte e debole... Che non c'entrano niente!
Perché è proprio il determinismo che non c'entra.
Bensì la necessità e il caso. Dove non c'è assolutamente nessun essere!
Inoltre il caso, chi ne ammette la esistenza probabilmente non ha idea di cosa ciò significhi.
Perché il caso è l'irruzione del Caos!
Almeno che... come io credo, non vi sia in realtà alcuna irruzione...
Perché il Caos è lo stesso Uno.
Non è una contraddizione. Non puoi provare che il mondo è deterministico o non deterministico. Puoi credere che sia o uno o l'altro. Io credo nell'essere e nel non determinismo, ma se anche fosse deterministico, si tratterebbe di un determinismo debole (ovviamente la prova di ciò sarebbe inutile in un mondo non deterministico, forse è questa la contraddizione che hai colto?). In secondo luogo sarebbe carino mostrare la contraddizione e non semplicemente accusare che ci sia :D.
Citazione di: Dario il 25 Agosto 2023, 08:17:51 AMUna scorciatoia potrebbe essere il sistema complesso è un sistema dotato di comportamento emergente, ma anche li sarebbe spostare il problema perchè "emergente" è un altro termine di cui si sta ancora cercando una definizione. Una definizione più semplice è "ciò che sfugge alla mente umana", ma anche li non è assoluto perchè ciò che sfugge oggi potrebbe non sfuggire domani.
Intanto azzarderei che la complessità è relativa a noi, e noi siamo quelli a cui la realtà emerge a causa della nostra interazione con essa, per cui non dovrebbe esserci una emergenza assoluta da candidare ad oggetto metafisico.
E in che modo emerge?
C'è solo un modo o tanti?
mi sembra ragionevole pensare tanti, appunto, e uno di questi è ciò che chiamiamo essere.
Se così stanno le cose non dovremmo fissarci tanto sull'essere come centrale, ma solo come uno dei tanti modi in cui si presenta a noi la realtà, o uno dei modi in cui emerge.
Detta così la questione sembra fin troppo facile, ma noi dobbiamo puntare alla semplicità prima ancora che alla credibilità, perchè per ricredersi c'è sempre tempo.
Direi che stiamo vivendo una transizione non ancora compiuta, che ha abbandonato ormai il punto di partenza del ''credo se lo vedo'' che privilegiava l'essere come emergenza, verso una pluralità di emergenze.
Potremmo ipotizzare una realtà in sè complessa, per cui ciò cui possiamo accedere non sono altro che emergenze di diverso grado, avendo avuto fino ad un certo punto accesso ad uno solo di essi, l'essere.
@Dario Determinismo significa possibilità di determinare. Ossia che è possibile determinare ciò che avverrà.
Viceversa un evento è necessario quando era necessario avvenisse.
Se non capisci la differenza è inutile continuare.
Ti lascio ai tuoi sollazzi.
Sei in buona compagnia.
Citazione di: bobmax il 25 Agosto 2023, 18:26:10 PM@Dario
Determinismo significa possibilità di determinare. Ossia che è possibile determinare ciò che avverrà.
Viceversa un evento è necessario quando era necessario avvenisse.
Se non capisci la differenza è inutile continuare.
Ti lascio ai tuoi sollazzi.
Sei in buona compagnia.
Forse non capisci tu, un computer è una macchina deterministica, ma non puoi determinare l'esito di un programma. Quindi se limiti il determinismo alla tua definizione è già stato dimostrato matematicamente che non esiste. Ti consiglio di controllare cos''è l'indecidibilità dell'halting problem. e ti consiglio di usare un po più di educazione
Citazione di: Dario il 25 Agosto 2023, 18:09:47 PMMi piacerebbe di più comprendere questa visione che hai.
Il biglietto da visita l'ho già presentato in questa discussione. Il resto verrà da sé (fino alla noia ;D)
Citazione di: Dario il 25 Agosto 2023, 18:37:30 PMForse non capisci tu, un computer è una macchina deterministica, ma non puoi determinare l'esito di un programma. Quindi se limiti il determinismo alla tua definizione è già stato dimostrato matematicamente che non esiste. Ti consiglio di controllare cos''è l'indecidibilità dell'halting problem. e ti consiglio di usare un po più di educazione
Macchina deterministica indeterminabile...
Dimostrazione matematica della non esistenza del determinismo...
Halting problem...
Che c'entra tutto questo con il libero arbitrio?
Mi arrendo.
CitazioneAlberto scrisse:
Il mondo abbonda di sistemi profondi che portano i segni di un lavoro enorme svolto per dar loro forma ed è questo tipo di complessità a dare all universo il suo carattere aperto e a permettere l'esistenza di esseri umani dotati di libero arbitrio. Non c'è un determinismo irregimentato in natura, tutto deve essere aperto a nuove possibilità.
Molto ben scritto e molto condivisibile e, a mio parere, applicabile sia al mondo fisico che al mondo biologico.
Citazione di: Dario il 25 Agosto 2023, 18:37:30 PMForse non capisci tu, un computer è una macchina deterministica, ma non puoi determinare l'esito di un programma. Quindi se limiti il determinismo alla tua definizione è già stato dimostrato matematicamente che non esiste. Ti consiglio di controllare cos''è l'indecidibilità dell'halting problem. e ti consiglio di usare un po più di educazione
La buona educazione va sempre tenuta presente, magari evitando di deridere ciò che non si capisce.
Citazione di: bobmax il 25 Agosto 2023, 19:54:07 PMMacchina deterministica indeterminabile...
Dimostrazione matematica della non esistenza del determinismo...
Halting problem...
Che c'entra tutto questo con il libero arbitrio?
Mi arrendo.
Be, c'entra nella misura in cui c'entra il determinismo con il libero arbitrio. La mia è semplicemente una risposta alla definziione che hai dato di determinismo facendoti notare che è molto limitante (in luce del fatto che esiste l'halting problem). Quindi è per lo meno auspicabile cercare una definizione alternativa di determinismo. Per cui cade la critica alla mia contraddizione che hai fatto. E' palese che io faccio riferimento a una definizione di determinismo che tiene in conto dell'halting problem, mentre tu ancora no, tutto qua. Direi che è un concetto importantissimo visto che si parla di libero arbitrio e per alcuni esso è legato alla natura della realtà
Citazione di: Dario il 26 Agosto 2023, 08:01:07 AMBe, c'entra nella misura in cui c'entra il determinismo con il libero arbitrio. La mia è semplicemente una risposta alla definziione che hai dato di determinismo facendoti notare che è molto limitante (in luce del fatto che esiste l'halting problem). Quindi è per lo meno auspicabile cercare una definizione alternativa di determinismo. Per cui cade la critica alla mia contraddizione che hai fatto. E' palese che io faccio riferimento a una definizione di determinismo che tiene in conto dell'halting problem, mentre tu ancora no, tutto qua. Direi che è un concetto importantissimo visto che si parla di libero arbitrio e per alcuni esso è legato alla natura della realtà
L'halting problem mostra la impossibilità di determinare totalmente un sistema.
È simile al teorema di incompletezza di Goedel.
Ma è sufficiente il principio di indeterminazione di Heisenberg.
Tuttavia il libero arbitrio non ha a che vedere con il determinismo o l'indeterminismo. Perché non è questione di determinare.
Il fatto che vi siano eventi indeterminabili non ha infatti nulla a che fare con il libero arbitrio.
Perché la questione è più a monte. E riguarda la necessità.
Ossia la legge di causa-effetto.
Il libero arbitrio per esistere dovrebbe prescindere dalla legge di causa-effetto e pure dal caso.
Libero è solo ciò che dipende da se stesso.
Il determinismo o meno non c'entra nulla.
Mi preoccupano più i loop che i problemi di terminazione, in particolare quando finiscono in loop.
Diffido però dalla risoluzione logica di problemi reali - quali la libertà di agire -, rispetto ai quali la logica è uno strumento limitato e ingannevole come dimostrò la confutazione empirica del sofisma Achille-tartaruga. Poi ci fu pure la confutazione matematica, a dimostrazione di quanto trasformista sia la logica. E non a caso i metafisici ci vanno a nozze.
Citazione di: bobmax il 26 Agosto 2023, 09:56:03 AMLibero è solo ciò che dipende da se stesso.
Se isoliamo il sistema mente-pensiero, un pensiero è libero quando il bambino afferma che il re è nudo.
Citazione di: Ipazia il 26 Agosto 2023, 10:08:49 AMSe isoliamo il sistema mente-pensiero, un pensiero è libero quando il bambino afferma che il re è nudo.
Una volta messo in discussione il libero arbitrio individuale, la libertà non è affatto negata. Anzi si amplia a dismisura.
Perché chi afferma che il re è nudo, in realtà non è quel bambino determinato, bensì il demone che si manifesta nel bambino.
Il demone è libero perché è l'Uno.
E il demone, è ciò che sei veramente.
Citazione di: Ipazia il 26 Agosto 2023, 10:00:09 AMMi preoccupano più i loop che i problemi di terminazione, in particolare quando finiscono in loop.
Diffido però dalla risoluzione logica di problemi reali - quali la libertà di agire -, rispetto ai quali la logica è uno strumento limitato e ingannevole come dimostrò la confutazione empirica del sofisma Achille-tartaruga. Poi ci fu pure la confutazione matematica, a dimostrazione di quanto trasformista sia la logica. E non a caso i metafisici ci vanno a nozze.
Non vi è nessuna confutazione, né empirica né matematica.
Perché Zenone non negava il movimento, negava l'effettiva realtà del molteplice.
Il movimento è infatti possibile solo perché niente è mai davvero determinato. Il molteplice non è verità.
Ma avanzando noi lungo il sentiero della notte, ci siamo persino illusi di cosificare l'infinito!
Rendendo l'infinito una cosa, abbiamo creduto di aver smentito Zenone.
Ma i suoi paradossi sono ancora lì a interrogarci.
Ci offrono l'occasione di vivere il limite.
E il limite rimanda all'Uno.
Mentre il metafisico conta i numeri dopo la virgola Achille ha già superato la tartaruga. Di infinito c'erano solo quei numeri dopo la virgola e su quell'infinito i metafisici si sono impiccati.
Invece empirici e matematici hanno sciolto, demoniacamente, l'arcano.
Citazione di: bobmax il 26 Agosto 2023, 19:48:25 PMRendendo l'infinito una cosa, abbiamo creduto di aver smentito Zenone.
L'infinito può entrare in una possibile descrizione di una cosa.
Come linca Ipazia, una distanza può descriversi come ciò a cui converge la serie di infiniti termini detta geometrica.
Ciò rende l'infinito una cosa per chi confonde la descrizione della realtà con la realtà.
Diversamente l'infinito, come il determinismo e il caso, restano utili termini descrittivi.
Le contraddizioni non sono mai nella realtà, ma nelle sue descrizioni, e non sempre sono risolvibili, come ci dicono Goedel e Turing, perchè nessun linguaggio che non sia elementare ha solide fondamenta.
Se uno attraverso questo linguaggio cerca la verità resterà quindi deluso, abbandonando l'impresa forse, come un falegname che si rifiuti di portare a termine il lavoro perchè alla sega manca un dente, pur non essendo ciò un vero problema.
In effetti nessun falegname che sappia di esserlo farebbero ciò, perchè strano a dirsi, si può essere falegnami senza saperlo, e allora una sega non perfetta può diventare un problema.
L'errore non è cosificare , ma credere che la realtà sia costituita da una molteplicità di cose, come tu ben dici, dimenticando però che le molteplicità si misurano coi numeri e che i numeri da qualche millennio non partono più da due, e comprendono anche l'uno per tacere dello zero.
Uno che rimane uno anche se lo scrivi UNO e sopratutto serve a indicare una molteplicità, anche se è un caso particolare di molteplicità, o se preferisci è una generalizzazione del concetto di numero legato alla molteplicità.
Il numero non è molteplicità, la molteplicità è una sua applicazione.
Me tu queste cose le sai meglio di me.
Citazione di: bobmax il 26 Agosto 2023, 19:48:25 PMNon vi è nessuna confutazione, né empirica né matematica.
Perché Zenone non negava il movimento, negava l'effettiva realtà del molteplice.
Il movimento è infatti possibile solo perché niente è mai davvero determinato. Il molteplice non è verità.
Ma avanzando noi lungo il sentiero della notte, ci siamo persino illusi di cosificare l'infinito!
Rendendo l'infinito una cosa, abbiamo creduto di aver smentito Zenone.
Ma i suoi paradossi sono ancora lì a interrogarci.
Ci offrono l'occasione di vivere il limite.
E il limite rimanda all'Uno.
Dal molteplice - ta onta - deriva l'ontologia che sta alla base del nostro sapere, concreto come filosofia naturale, scienza, e astratto, come filosofia dello spirito, scienza umana e filosofia tout court.
L'Uno è una speculazione metafisica che rimanda al limite Universo, ma detto ciò ha espresso tutto il suo limitato valore epistemico. Peraltro già opinabile di fronte alla teoria del Multiverso.
Citazione di: Ipazia il 27 Agosto 2023, 08:19:20 AMDal molteplice - ta onta - deriva l'ontologia che sta alla base del nostro sapere, concreto come filosofia naturale, scienza, e astratto, come filosofia dello spirito, scienza umana e filosofia tout court.
Deliziosa questa lezioncina che ci regali.
Ma pensa se riducessimo astratto e concreto alle diverse gradazioni del modo in cui ci si presenta la realtà, e a come tutto in conseguenza di ciò si semplificherebbe.
Ma perchè dovremmo abbracciare questo paradigma?
Perchè siamo liberi di farlo, no? ;D
Siamo liberi di scegliere fra alternative, ma solo quando queste si presentano, quindi liberi di scegliere entro un insieme limitato di alternative, che può essere però sempre ampliato e a me piace porre l'accento sulla seconda parte di questo percorso, perchè in fondo posso scegliere nell'insieme di elementi scegliendo di lanciare un dado, ma non allo stesso modo posso costruire gli elementi dell'insieme.
Il punto notevole della libertà di scelta secondo me è che, una volta che un elemento entra a far parte dell'insieme delle possibili scelte, ci sarà qualcuno che lo sceglierà.
Per cui, discutiamo pure su cosa sia la libertà di scelta e se sia possibile, ma non manchiamo di indagarne gli effetti, perchè almeno quelli sono sotto i nostri occhi, per quanto da interpretare.
E gli effetti sono gli stessi del caso, caso che fà si che pescando in un insieme di elementi prima o poi qualunque elemento sarà pescato, e su quell'elemento si costruirà un laboratorio di ricerca o una chiesa.
Ognuno è libero di scegliere individualmente, e questa è la causa di un effetto che non è più solo individuale, ma riguarda potenzialmente tutti, e la tale scelta qualcuno prima o poi la farà certamente, come se non dipendesse da una libera scelta, ma fosse obbligata.
Il caso, se esistesse, si servirebbe dunque come strumento della nostra libera scelta, sempre che esista. :)
Ma se non esistessero caso e necessità è uguale, perchè ciò non impedisce loro di essere usati.
Necessariamente una scelta libera sarà fatta nel momento in cui si presenterà come possibilità.
CitazioneDal molteplice - ta onta - deriva l'ontologia che sta alla base del nostro sapere, concreto come filosofia naturale, scienza, e astratto, come filosofia dello spirito, scienza umana e filosofia tout court.
L'Uno è una speculazione metafisica che rimanda al limite Universo, ma detto ciò ha espresso tutto il suo limitato valore epistemico. Peraltro già opinabile di fronte alla teoria del Multiverso.
L'Uno è l'espressione del pensiero paranoico, il Molteplice del pensiero tragico. L'Uno, ancor di più che rispetto al pensiero religioso, è stato fondamentale per il pensiero scientifico e bisognerebbe scavare più a fondo fra le convergenze del pensiero religioso e scientifico, solo apparentemente così lontani. Due figure mitologiche rappresentano queste inclinazioni, tipiche del nostro SNC, Aiace con la sua logica del "solo Uno può sopravvivere", ed Ulisse, con la sua logica del "il Mondo mi sopravviverà, ma per un po' ci sarò anch'io".
Oggi l'Uno, nelle sue varie declinazioni, rischia di colonizzare tutte le visioni del mondo, aumentando a dismisura il rischio di un mondo paranoideo, dove il bianco e il nero sono sempre in conflitto e dove si accetta il modello negativo del diaballeyn (non a caso nome originario del diavolo).
La lezioncina ce la dettero i greci quando posero il molteplice ta onta a fondamento dell'episteme.
Più che un paradigma è un dato reale, di fronte al quale ogni vivente si deve inchinare, come quando, entrando in una grotta, non vuole sfracellarsi la testa se l'ente "volta" è troppo basso. I ta onta non lasciano molto spazio alle fantasie idealistiche e alle scelte arbitrarie.
E quel poco che lasciano va conquistato attraverso la conoscenza, l'episteme: ancilla rerum.
Citazione di: Socrate78 il 25 Dicembre 2020, 17:21:25 PMPersonalmente credete che l'uomo è in qualche misura libero (al netto dei vari condizionamenti) oppure pensate che tutto è fatalisticamente determinato? Nella prospettiva deterministica ogni azione è il risultato di ciò che è accaduto nel passato in un meccanismo inesorabile di causa e di effetto: io stesso non sarei quindi libero di scrivere nemmeno in questo post, ma la mia decisione di scrivere sarebbe il risultato di forze che determinerebbero il mio agire, su cui non potrei esercitare nessun controllo.
Laplace infatti (teorico del determinismo) scriveva che se noi conoscessimo perfettamente tutte le forze che operano nella natura e le loro interazioni potremmo prevedere ogni movimento di tutti gli atomi, che sarebbero quindi prevedibili in quanto determinati: nella natura in una visione simile non c'è spazio per nulla di indeterminato, ed Einstein condivideva la stessa teoria perché usò l'espressione "Dio non gioca a dadi", ad intendere che ogni azione è il risultato di forze deterministiche.
Tuttavia la fisica quantistica sembra lasciare spazio anche al libero arbitrio. Infatti nel mondo quantistico la posizione di una particella quantica viene determinata dall'osservatore, prima dell'osservazione essa si trova in una condizione di indeterminazione, può trovarsi ad esempio sia nel punto A che in quello B: nel momento in cui noi la osserviamo essa assume una posizione ben precisa. Di conseguenza siamo NOI a decidere dove la particella deve trovarsi, e quindi ciò indica che siamo noi a controllare la natura stessa e non siamo semplicemente burattini!
Ora esaminiamo quali sono le conseguenze della negazione del libero arbitrio. Dal punto di vista etico, le conseguenze a mio avviso sono disastrose, poiché verrebbe negata qualsiasi responsabilità per le mie azioni, che sarebbero solo il frutto di condizionamenti e di forze che agiscono su di me e su cui non ho nessun potere: se ad esempio io sono destinato a diventare un assassino, non avrei nessuna responsabilità per i miei crimini, poiché sarei stato semplicemente programmato ad agire in una certa direzione.
Non avrebbe quindi senso parlare di colpa, di punizione, e la nozione stessa di diritto, basata sulla responsabilità individuale, perirebbe completamente.
Quindi è preferibile credere che ci sia lasciata una certa libertà di scelta, nonostante gli innegabili pregiudizi e condizionamenti culturali, sociali e mentali.
Voi tendete a negare il libero arbitrio oppure preferite crederci?
Il tuo ragionamento su arbitrio e principio di indeterminazione lascia il tempo che trova. L'indeterminazione scoperta dai fisici si conosce attraverso il ruolo dell'osservatore nell'esperimento, ma esiste indipendentemente dall'esperimento. Sicuramente gli scientisti che usavano la fisica per dimostrare un determinismo assoluto sono stati seccamente smentiti, nonostante molti tentino di affermare diversamente per vie traverse. Esiste una indeterminazione nella materia! Dal punto di vista psichico, è un altro risultato della scienza l'affermazione dell'esistenza di una arbitrarietà della nostra mente. Questa è un vissuto che si può verificare scientificamente. Semplicemente, esistono volontà indotte e volontà non indotte, queste ultime attestano una libertà dell'arbitrio. Attenzione però! Non esiste solo la fisica dell'indeterminazione e, appunto, non esistono solamente volontà non indotte... Resta così da capire se in senso generale il nostro arbitrio sia libero o no.
Per quanto ne so, posso dire che ad esser decisiva per la discussione filosofica sull'arbitrio fu una disputa teologica, quella celebre tra Lutero ed Erasmo. Quest'ultimo tendeva a risolvere la questione nell'umanesimo mentre Lutero al contrario mostrava la irriducibilità di essa in termini mondani, inoltre a differenza del suo avversario non procedeva assieme alla filosofia. Sta di fatto che solo se rapportiamo il nostro arbitrio a Dio si aprono degli orizzonti speculativi e conoscitivi assai distinti e adatti a conclusioni generali. La nettezza e chiarezza delle argomentazioni luterane erano superiori alle erasmiane. Ma già prima di Lutero, l'altro riformatore Zwingli aveva affrontato l'argomento con gli stessi risultati. Il fatto che Dio sia eterno e che provveda implica una limitazione al nostro arbitrio, che non può essere, in senso generale, libero. Ma tale conclusione non poteva fare breccia nella filosofia. I cattolici evitarono la rotta riformulando le proprie tesi, ma ciò accadeva solo dopo una Rimostranza, dentro il protestantesimo, ad opera del teologo riformato
Arminius, che pur accettando le conclusioni protestanti mostrava la possibilità e necessità di una descrizione dal valore antropologico, per la quale si potette tornare a parlare di libero arbitrio negli ambienti religiosi senza finire fatalmente smentiti. La discussione continuò furiosamente, con una condanna da parte di intransigenti protestanti contro gli
arminiani, i quali tuttavia guadagnarono con gli anni, i decenni e i secoli la maggioranza dei consensi proprio nella Riforma.
Perché ho dato queste informazioni storiche? Perché questa vicenda teologica, considerata nella sua interezza, mostra, oltre che una imprescindibile conseguenza scaturita dalla riflessione su Dio, la quale impedisce di sostenere assolutamente l'esistenza del libero arbitrio, anche una altrettanto imprescindibile necessità, legata anche alla riflessione sulla nostra condotta umana, di dover riconoscere una restante ineludibile libertà del nostro arbitrio, non nei suoi fondamentali rapporti con Dio, ma col mondo. In verità né il mondo protestante né quello cattolico hanno del tutto accantonato la discussione, che riguarda l'etica oltre che la religione; eppure in questo ultimo àmbito non esiste più nulla di assolutamente incompatibile tra le parti in causa, che organizzano le divergenze o i contrasti solo secondo l'esigenza di chiarirsi i rapporti con Dio quindi col mondo...
La filosofia è stata lanciata in una analoga discussione proprio dalla discussione teologica, avendo avuto il merito quest'ultima di porre in condizione i filosofi di dare un senso alle elucubrazioni già prima esistenti in materia. Ma non tutti gli ambienti della filosofia e della cultura hanno accettato il ruolo della teologia. In particolare i diverbi nati su base scientifica hanno segnato negli ultimi decenni i confronti. Cosa c'è da dire a riguardo? Che tali diverbi, nella loro indistricabile opposizione, segnano la necessità di riconoscere un àmbito proprio alla stessa discussione, legato cioè alla riflessione sul Principio Assoluto ovvero Dio. Insomma senza fare i conti con la teologia, per quanto fumosa o insostenibile possa apparire essa a molti, non è possibile offrire nessun tipo di risultato a favore dell'una o dell'altra tesi sull'argomento; e se discussione e risultati sono necessari, ed in definitiva la sono anche per la politica, allora è pure necessario riconoscere alla spiritualità e alla religione una funzione insostituibile anche per la ricerca intellettuale. E' stata peraltro una conclusione di alcuni psicologi l'aver definito la immancabile presenza di un riferimento a qualcosa di assoluto nel definire qualcosa sull'arbitrio; e tale riferimento non si risolve nella stessa psicologia anzi si realizza a partire da altro.
Questo si deduce avvalorando la disputa teologica tra cristiani sull'arbitrio: che questa non ha avuto esiti assoluti, e che tutte le altre sullo stesso argomento non possono fare a meno di rifarsi alla teologia per dire qualcosa di sensato... Non a caso gli Stati che agivano nell'orbita principale del cattolicesimo o del protestantesimo giungevano a soluzioni etiche diversificate ma non opposte, ed anzi quelli legati alla ortodossia cristiana si trovavano a conciliarle o ad averle già conciliate, a modo proprio; ma lo stesso potrebbe dirsi in relazione a islam, ebraismo, buddhismo, induismo... anche se in materia l'interesse maggiore è stato nei rapporti tra cristiani riformati e non riformati... E questo significa che non si può ridurre tutto a formulette logiche o a rigidi ragionamenti... Ed è questa la conclusione cui dovrebbero giungere tutti i filosofi, ma anche gli scienziati, e con questi i tecnici: per discutere sulla cosa bisogna volgersi a contemplare la totalità e l'infinito, secondo metodi che la filosofia da sola non può garantire; perché se si vuol stabilire qualcosa sulla libertà bisogna confrontarla con la massima grandezza possibile per il nostro intelletto.
La ambivalenza delle dichiarazioni di Arminio, pubblicamente diviso tra cattolici e riformati, la intolleranza di Lutero, la ostinazione di Erasmo, sono per il mondo filosofico degli esempi tipici. Certo la disputa nella religione cristiana ha mostrato quale parte debole quella cattolica, liberista; ma l'esito non è stato la negazione della libertà. La politica ne seguì: nessuno Stato moderno occidentale ha costruito le proprie legislazioni postulando una responsabilità assoluta dell'uomo; a far da guida in questo processo di formazione furono i Governi dei Paesi che avevano scelto per sé la Riforma, che introdusse il Diritto alla Modernità. Ma ciò non segnò la fine delle visioni differenti, tantomeno della politica cattolica.
Attualmente la opposizione tra sostenitori o negatori del libero arbitrio è furiosa negli ambienti dominati da scientismi e tecnicismi. Per codesti ambienti varrebbe il riferimento a delle vere scienze e a delle vere tecniche, che rispettivamente affermano l'importanza pratica, anche per lo sviluppo del pensiero, del senso del sacro (si considerino antropologia, psicologia, sociologia), e negano la possibilità di una procedura tecnica priva di connotazioni rigorose che solo la scienza può fornire completamente. Ciò significa che bisogna tornare a valutare il rapporto con l'Assoluto, anche nella scienza giuridica e nelle tecniche dei processi... senza ostracizzare nessuna delle parti in causa nella discussione sull'arbitrio, ma senza restare nell'indefinitezza; infatti dei risultati sono stati ottenuti e bisogna solo prenderne atto.
MAURO PASTORE
Il libero arbitrio è un concetto che nasce nella riflessione teologica cristiana e indica la libertà di scegliere il bene o il male da parte dell'anima umana, creata libera di accettare o rifiutare la volontà del creatore. Libera s'intende non come priva di condizionamenti, ma come capace di esercitare libera volontà su di essi.
A 10 mt da un bivio posso ( potrei ?) andare a dx o a sx. Pero' in effetti andro' solo in una direzione. Senza nessuno che con il mitra spianato mi ci abbia forzato e' questo quindi libero arbitrio ? In ogni caso la scelta diversa non l'ho fatta e nessuno puo' dimostrare che avrei potuto farla. Indietro non si torna .
Ciao a tutti, primo mio messaggio.
Ho letto la prima pagina e voglio rispondere a quella.
Il mio pensiero viene prima di tutto da La libertà del volere umano di Schopenhauer, dove dice che non esiste il libero arbitrio "indifferente" (se dovessi sbagliare qualche termine correggetemi)
Il libero arbitrio non ha senso di esistere, nella mia opinione e comprensione del funzionamento della mente.
L'argomento in realtà ne chiama a sé innumerevoli altri.
Il punto principale è secondo me definire la libertà.
Una persona è libera se non ha più limiti fisici? Ostacoli materiali? Sì, forse
ma è libera soprattutto finché esistono ostacoli mentali.
Libertà non è avere scelta tra possibili opposti o comandare il desiderio. Senza limiti mentali non esisterebbe la libertà, quindi è sempre condizionata da essi. Ci si può solamente liberare, in parte, di un vecchio "abito" o essere liberi di non seguire la propria natura, o i propri bias o credenze ecc.
Ma la libertà del "tutto è permesso" porta alla stasi più completa. Perché lo stesso desiderio non ha più un limite verso cui tendere, una paura che lo confini e gli dia un significato.
Io posso essere più libero rispetto a una condizione più serrata. Ma l'uomo non potrà mai liberarsi degli schemi mentali che lo guidano, della paura e di tutti i limiti mentali che danno una identità e una direzione.
Intanto benvenuto Principe Myškin. Il libero arbitrio è una bella palestra mentale. Lo dimostrano i tanti interventi di questa discussione. Il fatto di concepirlo come una libertà totale, illimitata è, a sua volta, un possibile indizio per definirlo. Non è la definizione esatta di libero arbitrio ma bisogna pur ragionare sulla circostanza che molti lo credono. Alcuni per negarne la validità ma sottostante vi è un processo " immaginativo" che è tipico delle specie con un cervello più grande, ed in primo luogo i primati. Pensiamo noi come liberi da ogni vincolo ed è paradossalmente attraverso questo pensarci, che effettivamente allarghiamo la nostra sfera di libertà. Solo pensando che il velo sulla faccia delle donne non debba essere considerato un vincolo inevitabile e "determinato", possiamo liberarcene. Noi siamo il viaggio di Ulisse, in parte determinati ed in parte liberi. Siamo come gli attori della commedia dell'arte, recitiamo a soggetto ma abbiamo un certo ventaglio di alternative. Sta a noi allargare o restringere questo ventaglio. Abbiamo un cervello potente, connesso con un percorso culturale altrettanto potente. Questi sono i presupposti del parziale libero agire dell'uomo, ben diverso dall'agire dell'ape e più simile all'agire dello scimpanzé.
Grazie Jacopus, e complimenti per aver compreso il riferimento del mio nick. Solitamente non viene afferrato.
Riprendo l'esempio del velo sulla faccia delle donne. Quando ho detto che la libertà è presente (relativamente) solo finché esistono limiti mentali, intendevo proprio che il velo è un limite di cui ci si può liberare.
Volendo, uno potrebbe superare il limite dell'andare vestito in giro. Cioè scegliere di essere nudo. Questa è libertà rispetto ad un limite mentale in cui si prende la posizione opposta rispetto a una regola.
Prima nascono le catene che danno significato al mondo e solo dopo si può scegliere di liberarsene. Ma questa libertà è sempre in relazione a qualcosa di ostacolante e in ogni caso il significato del mondo resta invariato.
La libertà assoluta, cioè svincolata dagli ostacoli mentali, quindi non contrapposizione a delle regole della nostra realtà/cultura ecc, implicherebbe la possibilità di scegliere anche chi essere e cosa desiderare. Finché un essere è determinato, per quanto possa modificarsi nel tempo, non potrà liberarsi di se stesso e del proprio desiderio. Essendo noi degli esseri che strutturano il mondo in un certo modo necessario, ne seguiamo per forza le leggi. Quindi non potremmo fare altro che qualcosa di legale, nel senso che risponda a quelle leggi.
La libertà è qualcosa che rifiuta il senso imposto dalla struttura mentale. Però non è qualcosa fatto a caso, che pure avrebbe i suoi motivi, tipo andare in giro nudi con solo il maglione e al rovescio. Dovrebbe avere un significato come una qualsiasi altra scelta, ma un significato libero, appunto. Non siamo capaci di dare significato liberamente a qualcosa se non facendolo rientrare nei soliti schemi mentali.
Essere vestiti è la regola, essere nudi è la controregola, andare in giro con solo il maglione al rovescio non ha un senso e quindi non può essere una scelta libera perché non ha significato, se non quello di dimostrarne la mancanza.
Io ho una particolare opinione sul libero arbitrio: c'è chi ce l'ha e chi non ce l' ha. Personalmente considero il mio libero arbitrio un po' malato, facendo cose che mi sento costretto a fare . Questa è la spiegazione classica della Chiesa Cattolica che dice che il libero arbitrio ce l'hanno tutti ma che è corrotto e non infallibile. Io penso di averlo moto corrotto ma di averlo, penso ci siano tante persone che credono di averlo e poi tutte le loro decisioni son dettate da un burattinaio. :(
Che poi è un po' come la saggezza o il buon senso. Ci sono persone che, nonostante tutte le lezioni della vita, non riescono a maturare un minimo di saggezza o buon senso, continuando imperterrite a ripetere ,più o meno, gli stessi errori . Chiaro che meno si è manovrabili più si è liberi.
Salve a tutti. Non entravo in questo forum da qualche anno.
Al dire il vero mi sono ricordato di questo forum l'altro ieri mentre leggevo delle vecchie mail. Poi per caso oggi ho dato un'occhiata all'interno e la prima cosa che ho letto è stata questa discussione messa in evidenza. La tentazione è stata forte, così eccomi qua :-*
Sono sicuro di aver gia scritto cosa penso del libero arbitrio in passato, ma non in questo topic.
Prima di incominciare a scrivere ho letto prima qualche commento (putroppo non tutte le 20 pagine) per tracciare qualche collegamento.
Mi sono accorto, nel leggere i commenti, che spesso ci si sofferma giustamente sul significato delle parole o delle locuzioni, perchè poi vien fuori che si voleva dare un significato specifico ad una parola, ma non a due parole messe assieme.
In effetti se io apro il significato di arbitrio mi dice: capacità di scelta.
Se arbitrio lo faccio precedere da libero, viene fuori una libera capacità di scelta. A pensar bene, se si è già capaci di scegliere a che serve che questa sia libera?
A me sembra ovvio (poi per carità non conosco le origini) che libero sta per IO. Sono IO che ho la capacità di scegliere. Si da per scontato poi che l'IO sia libero e operi la scelta attraverso la sua capacità. Ad esempio, come qualcuno prima diceva, attraverso il suo discernimento tra il bene e il male. L'io non sarebbe altro che l'anima, al suo stato puro che sa quale sia il bene e quale sia il male. Per cui essere liberi vuol dire saper discernere il bene dal male, e l'arbitrio significa che si è capaci di scegliere (senza costrizione).
Vorrei mettere da parte la parte finale, ovvero cosa sia L'IO (ovvero la parte di cosa sia l'anima o l'IO psicologico, la coscienza ecc). Mi interessa ora maggiormente quelle che vengono chiamate le "costrizioni" che alcuni poi descrivono anche come "condizioni".
Ho detto che l'arbitrio è la capacità di scelta. Alle volte, o quasi sempre, le condizioni o addirittura le costrizioni sono viste come l'ostacolo alla capacità di scegliere. Per cui continuiamo a pensare che si è meno liberi se si è più condizionati. ..................................................E' l'esatto contrario.
Le costrizioni, e quindi i condizionamenti, non sono altro che l'assunzione di una maggiore capacità di scelta. In assenza di condizionamenti infatti non esisterebbe l'arbitrio. La liberà non è una condizione, o meglio non è uno stato di come è un essere; la libertà è il perseguimento di uno scopo, è divenire. Scopo che non potrà mai essere raggiunto appieno, in quanto non esiste l'arbitrio.
IO ho capacità di scegliere se perseguo nella ricerca della migliore condizione per continuare a scegliere al meglio.
E' libero chi persegue nella ricerca.
Un po' sono quelli che dicono: voglio vederci chiaro---io direi ho qualche << Dubbio >> ::)
Il
libero arbitrio e un concetto teologico che non andrebbe confuso con il concetto moderno di libertà di agire.
Il rafforzativo "libero" è in opposizione al
servo arbitrio, della teoresi teologica cristiana, in particolare luterana.
Citazione di: Ipazia il 02 Marzo 2024, 21:27:38 PMIl libero arbitrio e un concetto teologico che non andrebbe confuso con il concetto moderno di libertà di agire.
Il rafforzativo "libero" è in opposizione al servo arbitrio, della teoresi teologica cristiana, in particolare luterana.
Il topic iniziale non mi pare indicasse una precisa direzione teologica alla discussione.
Oggi si parla di libero arbitrio e di libertà di agire in modo paritario.
Storicamente libero arbitrio è nato per questioni teologiche? Benissimo, eliminiamo quelle teologiche e teniamoci tutto il resto.
Facciamo l'analisi: Agire è sinonimo di arbitrio?
Per me si. Se si agisce è implicito che ci sia una capacità di agire.
Che vuol dire libero? Prima di tutto serve il soggetto, cosa o chi è libero? Colui che sta agendo. E se io agisco, chi sta agendo? IO. Quindi anche nel caso generale, il soggetto della locuzione libero agire è L'Io.
Anche in senso teologico non mi sembra sia un rafforzativo visto che antiteticamente posto a servo. Ammesso che servo non sia il rafforzamento di capacità di agire. Non mi sembra. Ma potrebbe non interessarmi visto l'argomento mi pare non riguardi strettamente posizioni teologiche.
Il problema etimologico nasce dallo spostamento di significato di "arbitrio" dal rinascimento ad oggi. Ai tempi della disputa fra Erasmo e Lutero, arbitrio aveva lo stesso significato di volontá autonoma, tanto che parlare di libero arbitrio era pleonastico, l'arbitrio è inevitabilmente libero. Oggi l'arbitrio ha assunto un significato diverso, di capriccio, di atto vanitoso, inutile, prepotente e fuori dalle regole. Per questo si tende ad usare al posto di libero arbitrio, il termine "libera volontà" o "libertà di agire".
Citazione di: Jacopus il 02 Marzo 2024, 22:42:52 PMIl problema etimologico nasce dallo spostamento di significato di "arbitrio" dal rinascimento ad oggi. Ai tempi della disputa fra Erasmo e Lutero, arbitrio aveva lo stesso significato di volontá autonoma, tanto che parlare di libero arbitrio era pleonastico, l'arbitrio è inevitabilmente libero. Oggi l'arbitrio ha assunto un significato diverso, di capriccio, di atto vanitoso, inutile, prepotente e fuori dalle regole. Per questo si tende ad usare al posto di libero arbitrio, il termine "libera volontà" o "libertà di agire".
Si ma attenzione, io non ho letto tutte le 20 le pagine e me ne scuso. Può darsi che ne abbiate gia parlato. Ma qualsiasi cosa si voglia dire con arbitrio il significato non può mutare drasticamente.
Se per esempio cerco di accendere il mio PC, la macchina usa il suo arbitrio, che vuol dire capacità di agire, e si accende. Ma quante volte dopo il comando di accenzione il PC non si è avviato? Vi sarà certamente capitato no? Allora al PC non gli si può privare di una capacità di agire. Agisce e potrebbe anche agire in modo diverso da come ci aspettiamo. Ma allora E' libero di accendersi o non accendersi?
Non è importante l'azione, ma chi la fa.
Se ci sono io davanti al PC, potrei essere libero di accenderlo oppure no. Ma anche il PC potrebbe non accendersi al mio comando di accensione. Qual'è la differenza?
Libero di agire o libero arbitrio si utilizzano solo ed esclusivamente quando si parla di persone e non di macchine. Perchè? Cosa hanno le persone diversamente dalle macchine? Sicuramente non è la capacità di agire, perchè quella ce l'hanno anche le macchine. Semmai è il concetto di libero, che però noi stiamo utilizzando senza descriverlo.
L'IO è la migliore definizione, forse un tantino sintetica.
Si potrebbe anche tentare di descrivere l'IO del PC, tanto è ugualmente complesso descrivere quello che è dentro di me.
Io ho detto quello che assomiglia alla libertà, quindi al mio IO, cioè la capacità di cercare, di approfondire, anche di studiare, e alle volte anche di andare a rompere le scatole alle persone che potrebbe darti una mano per capire. Questa è la libertà.
Vorrei specificare che mi sono note più o meno tutte (insomma se ce ne sono nuove nuove magari no) le problematiche scientifiche. Tipo il determinismo ma anche l'indeterminismo, il cervello ecc.
capisco bene che quando si parla di IO poi non si sa dove sia nel cervello. E' un concetto che ci stiamo inventando, non so se è solo una "cosa" filosofica. Il fatto che nel cervello non ci sia alcun IO non mi ferma nell'indicarlo. Magari l'IO è tutto il mio cervello, anzi direi anche il mio stomaco e tutto il resto.
Benchè io ne parli come se esistesse e compiesse realmente delle azioni in modo autonomo, so bene che fisicamente questo al momento è davvero difficile che accada.
L'unica cosa che però non è possibile eliminare è il fatto che nel cervello si stabilisca un concetto che assomiglia ad un IO. Basta e avanza. Non possiamo sapere se il PC ne abbia uno simile. Noi ce l'abbiamo ed è quello che produce la spinta verso nuova conoscenza sinonimo di ricerca di arbitrio. Se questa non fosse libertà, ci assomiglia.
Citazione di: Il_Dubbio il 02 Marzo 2024, 23:55:47 PMVorrei specificare che mi sono note più o meno tutte (insomma se ce ne sono nuove nuove magari no) le problematiche scientifiche. Tipo il determinismo ma anche l'indeterminismo, il cervello ecc.
Il tuo tentativo non è meno confuso di quelli che hai letto o che hai mancato di leggere in questa discussione.
Ma leggendo l'ennesimo tentativo, il tuo, mi è sorta ''spontanea'' una domanda.
Se trovassimo la giusta risposta a ciò che è il libero arbitrio, dando per scontato che esso svolge una qualche funzione, questa funzione ne verrebbe alterata?
Mi viene difficile pensare il contrario.
Noi esercitiamo il libero arbitrio senza sapere cos'è, ma come facciamo ad applicarlo senza sapere cos'è? Una possibile risposta è che che questa ignoranza sia ad esso funzionale?
Il mio sospetto è che dentro a un mondo che potrebbe essere davvero deterministico, e che noi trattiamo comunque convenientemente come tale, è pur possibile simulare il caso e che questa simulazione in certi può essere vitale, come nel caso della teoria dell'evoluzione.
Perchè questa teoria funzioni infatti, secondo me, non occorre strettamente che intervenga il caso, in quanto è sufficiente una sua simulazione , e il libero arbitrio potrebbe essere questa simulazione che interviene al livello culturale della nostra evoluzione.
In altri termini, il libero arbitrio , se non esistesse, bisognerebbe inventarlo, e forse è proprio quello che la natura ha fatto.
Il libero arbitrio sarebbe dunque un applicazione che la natura fà su di noi, e non il contrario, ma per funzionare è essenziale che noi questo contrario lo crediamo, ignorando di essere i soggetti passivi di questa applicazione, che funziona finché noi restiamo soggetti passivi.
E' proprio tutto il contrario di quel che crediamo.
Viviamo dentro ad una situazione deterministica dove l'apparente caso è una simulazione, e perciò ci sembra libero il nostro agire, e anzi tale deve sembrare per poter funzionare.
Ma che differenza fa fra essere liberi e sentirsi liberi. Che cosa cambia davvero?
Spero così di aver assolto a mia volta il compito, di aggiungere confusione alla confusione. :)
Citazione di: iano il 03 Marzo 2024, 12:23:19 PMNoi esercitiamo il libero arbitrio senza sapere cos'è, ma come facciamo ad applicarlo senza sapere cos'è? Una possibile risposta è che che questa ignoranza sia ad esso funzionale?
Il mio sospetto è che dentro a un mondo che potrebbe essere davvero deterministico, e che noi trattiamo comunque convenientemente come tale, è pur possibile simulare il caso e che questa simulazione in certi può essere vitale, come nel caso della teoria dell'evoluzione.
Perchè questa teoria funzioni infatti, secondo me, non occorre strettamente che intervenga il caso, in quanto è sufficiente una sua simulazione , e il libero arbitrio potrebbe essere questa simulazione che interviene al livello culturale della nostra evoluzione.
In altri termini, il libero arbitrio , se non esistesse, bisognerebbe inventarlo, e forse è proprio quello che la natura ha fatto.
Il libero arbitrio sarebbe dunque un applicazione che la natura fà su di noi, e non il contrario, ma per funzionare è essenziale che noi questo contrario lo crediamo, ignorando di essere i soggetti passivi di questa applicazione, che funziona finché noi restiamo soggetti passivi.
E' proprio tutto il contrario di quel che crediamo.
Viviamo dentro ad una situazione deterministica dove l'apparente caso è una simulazione, e perciò ci sembra libero il nostro agire, e anzi tale deve sembrare per poter funzionare.
Ma che differenza fa fra essere liberi e sentirsi liberi. Che cosa cambia davvero?
Spero così di aver assolto a mia volta il compito, di aggiungere confusione alla confusione. :)
L'essere vivente è frutto di una organizzazione. L'entropia di ogni essere (vivente o no) con l'età si alza fino a che l'essere muore. La vita=minima entropia / morte=massima entropia. Nel mezzo tra la vita e la morte c'è il vissuto. Siamo però infondo destinati alla morte anche quando viviamo.
La tua domanda riceve una risposta ovvia. Sentirsi liberi serve al morale; al morale di chi sa che deve morire.
Cosa c'è di piu deterministico della morte? Non solo sai che dopo il vissuto ci sarà la morte, ma sai che c'è la morte, come una cosa a cui nemmeno pensi di porre rimedio, perchè non c'è. Infatti i vari culti hanno tentato di dare una risposta di speranza, che va dalla rincarnazione al paradiso. Quelli però sono serviti al morale di ha creduto in uno di quei culti.
E gli altri? Gli altri credono nella libertà in senso scientifico, perche serve al loro morale. Vivere la propria vita elaborando un modo migliore per vivere facendolo in modo tale da credere di essere i protagonisti della propria vita e non dei burrattini di non si sa quale entità che li manovra, fa morale.
Poi comunque sia io credo che l'atto di prendere coscienza delle cose, anche della morte stessa o delle cose piu belle che la vita ti può offrire, sia un momento fuori dal tempo e dallo spazio. Non è detto che l'estasi verso la visione di un tramonto ti faccia agire in un modo o in un altro, ma l'avvertire della bellezza di un tramonto è qualcosa che ti cambia dentro. Tu non sai nemmeno dire cos'è. Vivere quel momento è gia un modo per essere liberi. Le azioni che poi ne verranno non possono non tener conto di quello che hai vissuto tu interiormente mentre hai assaporato un tramonto.
Se questa non è libertà, la natura ci ha regalato una buona versione.
Argomento filosofico evergreen.
Evitando di ripetere me stessa rimando
qui.
Citazione di: Ipazia il 04 Marzo 2024, 07:04:28 AMArgomento filosofico evergreen.
Evitando di ripetere me stessa rimando qui.
è sempre verde si, ma in che senso è un argomento filosofico?
se fosse un problema scientifico avremmo gia alcuni strumenti da analizzare.
Per quelli teologici non lo, non sono un esperto ma in quel caso mi pare di capire che la libertà di scegliere il bene dal male è un prerequisito. Non è quindi un tema di discussione se si è liberi. La libertà è come se fosse un'assioma. La si dà per scontata altrimenti non si può costruire sopra la teoria.
Mi manca però il motivo per cui dovrebbe essere un problema filosofico.
Alla filosofia, credo sto andando a tentoni, serve capire se la libertà è una necessità logica. Una conseguenza di un procedimento mentale. Alla filosofia non serve capire se la libertà è una cosa reale o peggio come essa funziona.
Serve solo capire se è possibile farne a meno dopo la logica che lo ha portato ad essere invece necessario.
Secondo me qui si fa troppa confusione tra le tre macro aree, le cose teologiche (mettiamo tutto quello che è possibile metterci dentro), le cose scientifiche e infine le cose filosofiche.
E' vero che oramai si naviga a vista e la domanda forse non aiuta, perchè ad un filosofo penso non gli si possa chiedere se lui crede nel libero arbitrio. Lui farà un ragionamento tale da rendere necessario, o indispensabile o inutile il libero arbitrio.
--------------------------------------------------------------------
La tua risposta filosofica sarebbe questa: "
la risposta è no, perchè, anche a prescindere dai numi, la volontà umana è determinata da un'infinità di fattori inorganici, organici, genetici, educativi e psicologici."per me questa non è una risposta filosofica.
Visto che ho fatto la domanda cerco di renderla spero ancora piu leggibile:
in senso strettamente filosofico:
1) il libero arbitrio (o libero agire..che è la stessa cosa) è necessario: indica concetti logici perchè sia necessario
2) il libero arbitrio (o libero agire...che è la stessa cosa) è inutile: indica concetti logici perchè sia inutile
se la cosa parte bene (e se esistono filosofi veri interni al forum che possano aiutare sarebbe fantastico) si può imparare a costruire adeguatamente una teoria in senso filosofico.
Citazione di: Il_Dubbio il 04 Marzo 2024, 15:07:49 PMVisto che ho fatto la domanda cerco di renderla spero ancora piu leggibile:
in senso strettamente filosofico:
1) il libero arbitrio (o libero agire..che è la stessa cosa) è necessario: indica concetti logici perchè sia necessario
2) il libero arbitrio (o libero agire...che è la stessa cosa) è inutile: indica concetti logici perchè sia inutile
se la cosa parte bene (e se esistono filosofi veri interni al forum che possano aiutare sarebbe fantastico) si può imparare a costruire adeguatamente una teoria in senso filosofico.
Con libero arbitrio individuale si intende la capacità di effettuare scelte incondizionate.
Cioè è libero ciò che è origine incondizionato di eventi.
Non importa se a causare la scelta vi siano state pure influenze esterne, ciò che conta, perché vi sia libero arbitrio, è che a causare quella scelta vi sia una componente incondizionata del soggetto.
Varie sono le considerazioni che si possono fare per constatare la inesistenza del libero arbitrio individuale.
Una di queste è che tutto ciò che avviene può avvenire o per necessità o per caso.
Entrambi non hanno nulla a che fare con la libertà.
Perché la necessità esclude il ruolo di una origine individuale. Essendo ogni individuo totalmente condizionato.
Mentre con il caso, a darlo per davvero esistente, l'individuo sarebbe in balìa del Caos.
Natura e libertà sono infatti incompatibili.
Da notare che la non esistenza del libero arbitrio non comporta il nostro essere delle marionette. Altro errore logico!
Vi sono poi altre motivazioni, a mio parere ancora più "forti", che mostrano come il libero arbitrio individuale sia una illusione.
PS
Comunque pretendere una risposta, senza neppure leggere quello che è stato scritto a riguardo in questa discussione, non sembra un buon approccio...
Il determinismo forte nega la possibilità di qualunque libertà in quanto tutte le scelte vorrebbero prese sulla base di costrizioni interne ed esterne. L'indeterminismo finisce per negare lo stesso la libertà in quanto la scelta diventa in parte casuale o basata su probabilità. Tutte due si reggono sull'idea monistica della realtà. Le cose si complicano se invece abbiamo una visione dualistica della realtà. Se cioè mente è materia sono due realtà che si condizionano ma anche indipendenti. In questa visione la mente non sarebbe un epifenomeno del cervello, ma sarebbe il cervello condizionato dalla mente. Classico l'esempio steineriano: una persona vede delle orme sulla sabbia, ma non vede chi le ha prodotte. Pensa allora che quelle orme siano un fenomeno generato dalla sabbia stessa, quando invece è stato prodotto dal passo di qualcuno. Ossia una controimmagine (vado a memoria). :-*
Se pensiamo però alla libertà come potenzialità forse si esce dal vicolo cieco. Qual'è per es. la libertà di un bocciolo di rosa se non quella di diventare una rosa? E la sua mancanza se non la signora che lo pota?
Citazione di: Il_Dubbio il 04 Marzo 2024, 14:39:11 PMLa tua risposta filosofica sarebbe questa: "la risposta è no, perchè, anche a prescindere dai numi, la volontà umana è determinata da un'infinità di fattori inorganici, organici, genetici, educativi e psicologici."
per me questa non è una risposta filosofica.
No, questa è la risposta delle metafisiche manichee dell'assoluto, incluso lo scientismo.
La mia risposta
filosofica è quella che segue nel post linkato: un grado di libertà variabile secondo il
contesto et(olog)ico sociale e individuale che ci è dato e che ci siamo dati.
La
varietà del quale dimostra l'esistenza di un grado di libertà del nostro agire. Questione squisitamente filosofica in quanto etica.
Citazione di: bobmax il 04 Marzo 2024, 16:28:38 PMPS
Comunque pretendere una risposta, senza neppure leggere quello che è stato scritto a riguardo in questa discussione, non sembra un buon approccio...
non l'ho preteso. Poi ho anche scritto che avevamo cominciato questa discussione molto prima che fosse fatta questa domanda. Dalle risposte ricevute ho capito che c'era una confusione tra critiche scientifiche, critiche teologiche, ma alcuna logica filosofica.
Citazione di: bobmax il 04 Marzo 2024, 16:28:38 PMDa notare che la non esistenza del libero arbitrio non comporta il nostro essere delle marionette. Altro errore logico!
di quello che hai detto mi interessa questo, in particolare. Quale sarebbe l'errore logico se paragoniamo i nostri comportamenti, privi di libero arbitrio, a delle marionette?
Citazione di: Pio il 04 Marzo 2024, 17:06:14 PMIl determinismo forte nega la possibilità di qualunque libertà in quanto tutte le scelte vorrebbero prese sulla base di costrizioni interne ed esterne. L'indeterminismo finisce per negare lo stesso la libertà in quanto la scelta diventa in parte casuale o basata su probabilità.
Tu pensa che anni fa quando si parlava di libero arbitrio, si dava molta importanza ai concetti usciti dalla fisica quantistica e dal fatto che dall'indeterminismo poteva sorgere l'idea di libertà.
Io fui tra quelli che pose il problema contrario. Proprio quello che hai scritto. Una scelta casuale non è una scelta libera.
Ma in ogni caso era comunque una scelta incondizionata.
Citazione di: Il_Dubbio il 04 Marzo 2024, 15:07:49 PMVisto che ho fatto la domanda cerco di renderla spero ancora piu leggibile:
in senso strettamente filosofico:
1) il libero arbitrio (o libero agire..che è la stessa cosa) è necessario: indica concetti logici perchè sia necessario
2) il libero arbitrio (o libero agire...che è la stessa cosa) è inutile: indica concetti logici perchè sia inutile
se la cosa parte bene (e se esistono filosofi veri interni al forum che possano aiutare sarebbe fantastico) si può imparare a costruire adeguatamente una teoria in senso filosofico.
La libertà di agire è un dato di fatto appena la materia diventa vita. Una libertà
condizionata, ma reale, che permette ad ogni vivente di giocarsi le sue carte nella partita della sopravvivenza. (In tale funzione avrebbe un carattere di necessità). Libertà che si articola sempre più man mano che il sistema nervoso centrale diventa più complesso e senziente.
La libertà si manifesta nel momento della
scelta, la cui oculatezza verrà premiata o castigata dagli esiti dell'azione.
Il predatore abile sceglierà la preda che gli è più confacente, riducendo i rischi fisici e di insuccesso al minimo. Nel campo umano la scelta diviene un fattore determinante di successo etologico. Ma pure etico, essendo determinante per la propria pace spirituale, o benessere psichico, come più vi aggrada.
Il fatto stesso che il concetto di libertà non sia falsificabile, per dirla alla Popper, ne denota il suo carattere filosofico.
Citazione di: Il_Dubbio il 04 Marzo 2024, 18:09:51 PMdi quello che hai detto mi interessa questo, in particolare. Quale sarebbe l'errore logico se paragoniamo i nostri comportamenti, privi di libero arbitrio, a delle marionette?
La constatazione della non esistenza del libero arbitrio individuale, è sostanzialmente diversa da ogni altra constatazione.
Perché ogni altra osservazione riguarda qualcos'altro, che non è se stessi.
Fosse anche un sentimento, una idea, un desiderio, sempre è qualcosa che magari ho, ma che tuttavia io non sono.
Idee, sentimenti, vanno e vengono, ma io vi sono sempre, sono sempre io.
E mi manifesto a me stesso, in quanto io, attraverso la mia volontà.
Ma se la mia volontà non è libera, se ciò che voglio non dipende da me... allora non è tanto che io non sono libero... ma che è proprio questo "io" ad essere una illusione!
Io sono una illusione a me stesso.
Quindi non sono una marionetta, perché proprio non sono altro che nulla.
Però attenzione!
Cos'è che si constata essere un puro nulla?
L'io individuale.
Ma è l'io che diventa consapevole di non esistere?
E' un corto circuito senza senso?
O avviene in realtà qualcos'altro?
Di certo, l'emergere di questa consapevolezza è una mazzata.
Dove, forse, si impone l'Etica.
Citazione di: bobmax il 04 Marzo 2024, 20:19:01 PMLa constatazione della non esistenza del libero arbitrio individuale, è sostanzialmente diversa da ogni altra constatazione.
Perché ogni altra osservazione riguarda qualcos'altro, che non è se stessi.
Fosse anche un sentimento, una idea, un desiderio, sempre è qualcosa che magari ho, ma che tuttavia io non sono.
Idee, sentimenti, vanno e vengono, ma io vi sono sempre, sono sempre io.
E mi manifesto a me stesso, in quanto io, attraverso la mia volontà.
Ma se la mia volontà non è libera, se ciò che voglio non dipende da me... allora non è tanto che io non sono libero... ma che è proprio questo "io" ad essere una illusione!
Io sono una illusione a me stesso.
Stai mettendo sullo stesso piano l'IO, ovvero la consapevolezza di esistere, e l'illusione della volontà cioè: se la volontà non esiste (non c'è libertà) non esisto nemmeno io.
Io non ho mai dubitato di esistere. Dubito però sulla mia libera volontà. Non vedo la necessità di sovrapporre i due piani.
Citazione di: bobmax il 04 Marzo 2024, 20:19:01 PMMa è l'io che diventa consapevole di non esistere?
E' un corto circuito senza senso?
O avviene in realtà qualcos'altro?
Di certo, l'emergere di questa consapevolezza è una mazzata.
Dove, forse, si impone l'Etica.
Come hai detto tu stesso è un corto circuito senza senso. Non puoi essere consapevole di non esistere.
Al limite potresti trovare un nesso tra la tua consapevolezza di esistere con una struttura logica (esterna) che ti impone la necessità della tua non esistenza nonostante tu sia contrariamente consapevole che esisti.
Mi sembra che sia questo quello che stai provando a dire, anche se io non ho capito bene la struttura logica (esterna) che ti induce a sostenere di non esistere nonostante la tua consapevolezza di esistere.
Se è solo quella sulla illusione della volontà, io credo non regga molto.
Citazione di: Ipazia il 04 Marzo 2024, 19:12:00 PMLa libertà di agire è un dato di fatto appena la materia diventa vita. Una libertà condizionata, ma reale, che permette ad ogni vivente di giocarsi le sue carte nella partita della sopravvivenza. (In tale funzione avrebbe un carattere di necessità). Libertà che si articola sempre più man mano che il sistema nervoso centrale diventa più complesso e senziente.
con alcune differenze, ma in sostanza mi trovi d'accordo.
Quando dici che è condizionata dici giusto. Nel mio primo intervento ho detto qualcosa in piu, ho detto che la libertà si manifesta maggiormente laddove le condizioni non sono solo imposte, ma si vanno addirittura a cercare. Qua infatti io cerco il dialogo. Ho le mie idee iniziali, ma cerco qualcosa, o qualche idea, che mi dia un senso di meraviglia (quando dici non so: perchè non ci ho pensato prima?) e che mi sproni a vivere la vita in modo diverso. Sono io stesso che cerco i "condizionamenti", per
liberarmi dalla mia ignoranza.
Questo dinamismo non può nascere se non si ha la consapevolezza della propria ignoranza.
Per cui è necessario che si sia coscienti per essere liberi, ma non si è davvero liberi se non si sguinzaglia fuori il nostro essere interiore alla ricerca di nuove idee o nuove esperienze, nuove conoscenze.
Citazione di: Il_Dubbio il 04 Marzo 2024, 21:45:06 PMStai mettendo sullo stesso piano l'IO, ovvero la consapevolezza di esistere, e l'illusione della volontà cioè: se la volontà non esiste (non c'è libertà) non esisto nemmeno io.
Io non ho mai dubitato di esistere. Dubito però sulla mia libera volontà. Non vedo la necessità di sovrapporre i due piani.
Come hai detto tu stesso è un corto circuito senza senso. Non puoi essere consapevole di non esistere.
Al limite potresti trovare un nesso tra la tua consapevolezza di esistere con una struttura logica (esterna) che ti impone la necessità della tua non esistenza nonostante tu sia contrariamente consapevole che esisti.
Mi sembra che sia questo quello che stai provando a dire, anche se io non ho capito bene la struttura logica (esterna) che ti induce a sostenere di non esistere nonostante la tua consapevolezza di esistere.
Se è solo quella sulla illusione della volontà, io credo non regga molto.
In effetti chi mette in discussione il libero arbitrio, di norma non ne avverte la profondità delle implicazioni esistenziali.
Nel naturalismo, per esempio, si è giunti a comprendere che il libero arbitrio è una illusione. Ma le conseguenze che ne traggono sono solo di ordine pratico, senza granché cogliere le implicazioni sul significato della vita.
Questa cecità dipende dal fatto che la messa in discussione del libero arbitrio ci pone davanti al limite del comprensibile razionale.
Dove crollano dei presupposti che diamo sempre per scontati. E la cui inconsistenza ci scaraventa nell'incomprensibile.
È l'orrore del Nulla.
Allora il pensiero razionale ripiega incurante dell'abisso che pure ha percepito: si è trattato solo di una allucinazione... E subito ritorna nel rassicurante mondo logico-razionale.
Mentre si dovrebbe invece resistere.
Incominciando a mettere in discussione l'ovvio modo di intendere la esistenza.
Iniziare a distinguere tra "esistere" e "essere".
Che non sono affatto sinonimi!
Ma come si fa ad andare avanti laddove niente che hai attorno ha più un'anima?
Quando il mondo si rivela essere vuoto meccanismo, dove non c'è in realtà nessuno?
È il deserto, che si mostra in tutto il suo orrore.
Ma proprio qui, se resisti, può avvenire la metamorfosi!
Se la Compassione a questo punto prende il sopravvento.
Se questo mondo dolente suscita ora in te, o meglio ti fa diventare, Compassione.
Citazione di: Il_Dubbio il 04 Marzo 2024, 15:07:49 PMVisto che ho fatto la domanda cerco di renderla spero ancora piu leggibile:
in senso strettamente filosofico:
1) il libero arbitrio (o libero agire..che è la stessa cosa) è necessario: indica concetti logici perchè sia necessario
2) il libero arbitrio (o libero agire...che è la stessa cosa) è inutile: indica concetti logici perchè sia inutile
se la cosa parte bene (e se esistono filosofi veri interni al forum che possano aiutare sarebbe fantastico) si può imparare a costruire adeguatamente una teoria in senso filosofico.
Partendo dalla certezza che esisti, che esisti in quanto pensi (Cartesio), e del fatto che puoi esercitare il dubbio su qualsiasi cosa ma non sul tuo essere una cosa pensante;
rivolgendo il dubbio su ogni aspetto della realtà, negando con il pensiero la realtà, il dato reale, e prendendo consapevolezza di avere la capacità di immaginare mondi nuovi, possibilità sradicate dal reale (Sartre);
ecco che fai esperienza della libertà, anche se solo, a questo livello, virtuale;
la realizzazione poi nel mondo di queste possibilità per ora solo immaginate ha a che fare con i condizionamenti biologici e ambientali, ma si tratta di una questione che viene solo dopo, per cui sarebbe meglio utilizzare il termine liberazione più che libertà; liberazione dai condizionamenti reali.
Si può partire dall'ipotesi che '' il libero arbitrio per definizione non si può spiegare'' e provare a trarne le conseguenze logiche.
Voi potete provare a farlo, ma supponiamo ancora di averlo già fatto, e che ciò che ne abbiamo tratto ci semplifichi la comprensione di ogni altra cosa, che non sia ovviamente il libero arbitrio.
Vi riterreste per ciò soddisfatti, smettendo di chiedervi cosa sia il libero arbitrio?
Voi potreste rispondere di no, che non vi riterreste soddisfatti, ma pur tuttavia potreste trovare interessante trarre le conseguenze logiche dalla suddetta ipotesi, riuscendo in tal modo a spiegare ogni cosa che avreste fin qui desiderato spiegare, meno che il libero arbitrio, e questo sarebbe un caso di serendipità, quando cercando qualcosa se ne trova un altra.
L'ipotesi suddetta si fonderebbe sulla ragionevole considerazione che chi spiega non può essere spiegato, se con il libero arbitrio ci possiamo identificare.
In sostanza la percezione del libero arbitrio sarebbe la prova che ci sia altro, oltre il caso e la necessità.
Personalmente, a sentimento, mi risulta difficile credere che il caso e la necessità siano parte della realtà, ma allo stesso tempo non posso fare a meno di usarli per cercare di descriverla e il fatto che la descrizione funzioni non dimostra che la loro esistenza possa stare fuori dalla descrizione della realtà.
Caso e necessità esistono solo dentro una descrizione funzionale della realtà, con la quale colui che spiega non si può spiegare.
Ci riesce difficile ammettere che ci siano cose che non si possano spiegare, però accettare ciò come un ipotesi non mi sembra inaccettabile.
Bisogna poi provare trarne le conseguenze da questa ipotesi, che di fatto equivale a ''Dio'', e che per un non credente come me fà rima con ''io''.
Ma che sia ''Dio'', che sia ''libero arbitrio'', o che sia ''io'', dovremmo accettare che ci siano cose che non possiamo spiegare, ma che allo stesso tempo percepiamo, perchè diversamente non potremmo neanche parlarne, e che in generale il fatto che non riusciamo a spiegarle non è in contrato col fatto che le percepiamo.
Citazione di: Koba II il 05 Marzo 2024, 09:19:03 AMPartendo dalla certezza che esisti, che esisti in quanto pensi (Cartesio), e del fatto che puoi esercitare il dubbio su qualsiasi cosa ma non sul tuo essere una cosa pensante;
rivolgendo il dubbio su ogni aspetto della realtà, negando con il pensiero la realtà, il dato reale, e prendendo consapevolezza di avere la capacità di immaginare mondi nuovi, possibilità sradicate dal reale (Sartre);
ecco che fai esperienza della libertà, anche se solo, a questo livello, virtuale;
la realizzazione poi nel mondo di queste possibilità per ora solo immaginate ha a che fare con i condizionamenti biologici e ambientali, ma si tratta di una questione che viene solo dopo, per cui sarebbe meglio utilizzare il termine liberazione più che libertà; liberazione dai condizionamenti reali.
Se parto dalla consapevolezza di essere condizionato da fattori ambientali posso fare questo ragionamento: nel passato ho subito questi condizionamenti ma nel futuro posso trovare (cercandoli) altri condizionamenti che mi liberino da quelli ricevuti nel passato. Nella modalità virtuale (come l'hai chiamata tu) potrei essere ancora condizionato nello scegliere eventualmente dove cercare. Non conoscendo però (perchè non li ho ancora trovati) come saranno questi nuovi condizionamenti, la scelta di cercare nuovi condizionamenti è libera dai nuovi condizionamenti in quanto quelli sono solo nel mio futuro. Per cui la scelta che faccio ora è in piena libertà verso i nuovi condizionamenti (che ancora non conosco).
Perchè succeda ciò devo necessariamente essere consapevole di essere oggi condizionato nelle mie scelte. Ma sono libero in quanto consapevole che nuovi condizionamenti possano liberarmi dai condizionamenti del passato.
Alle volte i circuito vizioso è quello di ritenere (giustamente) che la causa è nel passato rispetto all'effetto. Io quindi non sarei libero perchè condizionato da un agente che mi ha condizionato nel passato.
Così interviene la consapevolezza, quella che ti dice: tu sei consapevole di non sapere
Essere consapevole di non sapere può diventare la causa della mia scelta di colmare le lacune?
Essere consapevole di non sapere è un condizionamento?
Secondo me no, è un po' come essere consapevoli di esistere. Sono consapevole e basta.
La sola consapevolezza può essere la causa (che dobbbiamo mettere nel passato) per una scelta che farò per il mio futuro?
Se la risposta è si, allora sono libero in quanto sono consapevole. Nel momento in cui questa consapevolezza mi aiutasse a decidere se o perchè fare una cosa o non farla, diventerebbe la causa (il condizionamento) della mia decisione. Se fossi consapevole di non sapere allora la mia libertà sussiste nell'andare a cercare nuove fonti di sapere.
Citazione di: Pio il 04 Marzo 2024, 17:06:14 PM:-*
Se pensiamo però alla libertà come potenzialità forse si esce dal vicolo cieco.
Di fatto creiamo l'illusione di uscire dal vicolo cieco, se, non riuscendo a spiegare le cose con gli strumenti che abbiamo, come il caso e il determinismo, allora li moltiplichiamo, sdoppiando ad esempio il determinismo in forte e debole, e se vediamo che ancora non basta, ci aggiungiamo il determinismo forte, ma non troppo. :)
E così via.
Però se caso e determinismo li declassiamo da elementi del reale a strumenti descrittivi del reale, non occorre moltiplicarli.
Tutto sta a vedere se vogliamo tenere la barra dritta sulla semplificazione o se vogliamo masturbarci con le complicazioni, come dimostrerebbe il fatto che siamo arrivati a 22 pagine di discussione e che non è finita qua. :))
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Marzo 2024, 10:14:39 AMSe parto dalla consapevolezza di essere condizionato da fattori ambientali posso fare questo ragionamento: nel passato ho subito questi condizionamenti ma nel futuro posso trovare (cercandoli) altri condizionamenti che mi liberino da quelli ricevuti nel passato. Nella modalità virtuale (come l'hai chiamata tu) potrei essere ancora condizionato nello scegliere eventualmente dove cercare. Non conoscendo però (perchè non li ho ancora trovati) come saranno questi nuovi condizionamenti, la scelta di cercare nuovi condizionamenti è libera dai nuovi condizionamenti in quanto quelli sono solo nel mio futuro. Per cui la scelta che faccio ora è in piena libertà verso i nuovi condizionamenti (che ancora non conosco).
Perchè succeda ciò devo necessariamente essere consapevole di essere oggi condizionato nelle mie scelte. Ma sono libero in quanto consapevole che nuovi condizionamenti possano liberarmi dai condizionamenti del passato.
Alle volte i circuito vizioso è quello di ritenere (giustamente) che la causa è nel passato rispetto all'effetto. Io quindi non sarei libero perchè condizionato da un agente che mi ha condizionato nel passato.
Così interviene la consapevolezza, quella che ti dice: tu sei consapevole di non sapere
Essere consapevole di non sapere può diventare la causa della mia scelta di colmare le lacune?
Essere consapevole di non sapere è un condizionamento?
Secondo me no, è un po' come essere consapevoli di esistere. Sono consapevole e basta.
La sola consapevolezza può essere la causa (che dobbbiamo mettere nel passato) per una scelta che farò per il mio futuro?
Se la risposta è si, allora sono libero in quanto sono consapevole. Nel momento in cui questa consapevolezza mi aiutasse a decidere se o perchè fare una cosa o non farla, diventerebbe la causa (il condizionamento) della mia decisione. Se fossi consapevole di non sapere allora la mia libertà sussiste nell'andare a cercare nuove fonti di sapere.
Vorrei aggiungere ed aggiustare qualcosa ma senza modificare soltanto quello che di getto ho scritto.
Questo è un argomento che parla di libero arbitrio, ma come ho scritto nel primo intervento il soggetto o perfino l'oggetto (l'oggetto è chi subisce il soggetto è chi è causa) è l'IO consapevole.
L'Io consapevole potrei definirlo come un nuovo stato della materia.
Anche se ci fosse (e ci sarà sicuramente) una causa nel passato che ha prodotto questo stato di consapevolezza, quella causa non condiziona la pura consapevolezza. Si può al limite distorcere (ad esempio sotto l'effetto di droghe) ma rimane nella sua forma base ben definita. L'universo nella sua evoluzione alla fine è riuscito a creare una forma, o uno stato della materia, che per taluni versi riesce addirittura ad essere "indipendente" dall'universo stesso che lo ha creato.
Questa indipendenza, per molti, non porta a nulla se no ad aver creato esseri consapevoli dell'esistenza dell'universo. Ma essere consapevoli non vuol dire nulla. Infatti ci si sofferma al limite a constatare che l'universo ha degli spettatori ma non degli operai.
Con ciò che ho scritto sopra vorrei rimettere in gioco il ruolo della consapevolezza non solo come spettatore ma anche come agente, quindi causa delle azioni che vengono prodotte dalla "consapevolezza". Quindi in pratica il libero arbitrio.
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Marzo 2024, 10:53:49 AML'Io consapevole potrei definirlo come un nuovo stato della materia.
Puoi definirlo così infatti, come parimenti puoi definire il viceversa, e cioè la materia come uno stato dell'io consapevole.
In ogni caso è da una definizione che bisogna partire, iniziando da quella che ci appare più promettente, per poi trarne le conseguenze.
Ma qualunque definizione scegli ciò equivale a partire da una scelta fatta per libero arbitrio al fine di spiegarlo, entrando in cortocircuito logico.
Il libero arbitrio è condannato a restare il punto di partenza laddove si scelgono definizioni che servono a spiegare altre cose che non siano il punto di partenza, non dimenticando che se se possiamo parlare di libero arbitrio, senza sapere cos'è, è perchè ne abbiamo percezione.
Un ipotesi ci sembrerà più o meno promettente in base a ciò che percepiamo, ma come mi pare tu sottendi, una volta fatta l'ipotesi, bisognerebbe metter da parte le percezioni, svincolandocene, ma temo non sia in genere ciò che facciamo facendo filosofia, mischiando continuamente logica e percezione, aggiungendo sempre nuove ipotesi a quella iniziale in modo più o meno consapevole, al fine di giungere dove già sapevano di voler arrivare.
Se non possiamo ridurre tutto a un calcolo, arriva però il momento in cui occorre dire con Cartesio, ''calcoliamo''.
Poi il calcolo finisce e inizia un altra storia e tutte queste storie sommate fanno la filosofia, quando è sana, svincolata dalla masturbazione mentale, per quanto anche quella potrebbe avere la funzione di rafforzare la capacità di pensare.
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Marzo 2024, 10:53:49 AMCon ciò che ho scritto sopra vorrei rimettere in gioco il ruolo della consapevolezza non solo come spettatore ma anche come agente, quindi causa delle azioni che vengono prodotte dalla "consapevolezza". Quindi in pratica il libero arbitrio.
Rileggendo il tuo post concordo su tutto, e le mie sono solo precisazioni, e per dare una risposta alla tua domanda mi chiederei cosa possiamo fare noi di diverso rispetto a una macchina, cioè un soggetto privo di consapevolezza, ma non perciò non in grado di agire, e, nel caso della AI, anche di essere spettatore.
Citazione di: iano il 05 Marzo 2024, 11:34:15 AMPuoi definirlo così infatti, come parimenti puoi definire il viceversa, e cioè la materia come uno stato dell'io consapevole.
In ogni caso è da una definizione che bisogna partire, iniziando da quella che ci appare più promettente, per poi trarne le conseguenze.
Ma qualunque definizione scegli ciò equivale a partire da una scelta fatta per libero arbitrio al fine di spiegarlo, entrando in cortocircuito logico.
Credo che stai scrivendo cose che non hanno corrispondenza con quelle che ho detto io. Non ho definito la coscienza come stato della materia per libero arbitrio. Sto cercando invece di sostenere il libero arbitrio partendo da una causa. Siccome le scelte che facciamo sono "condizionate" per definizione, mi sono chiesto se la consapevolezza (qualsiasi sia la definizione o la sua descrizione) possa essere essa stessa causa. Se fosse causa, allora le nostre scelte sono causate dalla consapevolezza che muove il libero arbitrio (potrebbe anche non farlo...se io fossi consapevole di non sapere ma fossi pigro, non mi alzerei dalla poltrona per andare ad ascolta, ad esempio una conferenza su un tema che so potrebbe aiutarmi ad aggiungere altro sapere).
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Marzo 2024, 10:53:49 AMAnche se ci fosse (e ci sarà sicuramente) una causa nel passato che ha prodotto questo stato di consapevolezza, quella causa non condiziona la pura consapevolezza. Si può al limite distorcere (ad esempio sotto l'effetto di droghe) ma rimane nella sua forma base ben definita. L'universo nella sua evoluzione alla fine è riuscito a creare una forma, o uno stato della materia, che per taluni versi riesce addirittura ad essere "indipendente" dall'universo stesso che lo ha creato.
''Indipendente'' fra virgolette,
visto che la forma continua ad essere soggetta all'evoluzione.
Il punto è che non è possibile rilevare ciò che è veramente indipendente, perchè l'indipendenza esclude la relazione, e senza relazione non c'è suo rilevamento.
L'indipendenza quindi certamente non c'è quando c'è rilevazione, che è una relazione fra soggetto e oggetto, che può sempre essere ribaltata, come infatti mi pare tu dici.
Essere soggetto od oggetto dipende cioè solo dalla possibile, ma non univoca, descrizione.
Gira e rigira... a cosa si aggrappa ogni volta la difesa del libero arbitrio?
A un fenomeno trascendente!
Cioè si è liberi perché vi è una causa che trascende questo mondo.
Che poi, se davvero di "causa" si tratta, non si capisce come questa causa possa produrre libertà...
Un assurdo.
Forse si intende invece un "dono".
Cioè la libertà è un dono della Trascendenza.
E va bene, siamo in linea con un credo religioso.
Ma che c'entra allora la filosofia?
Lasciamo almeno stare la filosofia, che con questi ragionamenti non c'entra nulla.
Se poi arriviamo ad attribuire alla consapevolezza la facoltà del libero arbitrio, siamo in piena magia...
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Marzo 2024, 12:04:40 PMse io fossi consapevole di non sapere ma fossi pigro, non mi alzerei dalla poltrona per andare ad ascolta, ad esempio una conferenza su un tema che so potrebbe aiutarmi ad aggiungere altro sapere).
Non so quante volte dovrei rileggere il tuo post per capirlo.
Abbi pazienza quindi se mi limito ad isolare una sua parte.
La parte del tuo post che ho selezionato mi suggerisce una definizione di percezione, come ciò che nasce dalla consapevolezza di non sapere.
O meglio, la percezione sarebbe causata da quella forma cui tu accennavi, che possiamo considerare di fatto al riparo dalla sua evoluzione, come stabilizzata per un tempo tale che gli consenta di poter essere considerata come causa, che poi è la stessa cosa che può dirsi della materia, che non è cosa stabile, ma di cui possiamo raccontare la storia nella misura in cui tale ci appare.
La realtà potrebbe essere un continuo da cui, come detto sopra, non è impossibile ricavare delle storie, se i soggetti delle storie durano il tempo della sua rappresentazione.
Il problema nasce solo quando confondiamo la realtà con le storie che ne possiamo ricavare.
In quelle storie infatti i soggetti sono cose in se, una realtà cristallizzata, al riparo dalla corrosiva evoluzione.
Citazione di: iano il 05 Marzo 2024, 11:59:27 AMRileggendo il tuo post concordo su tutto, e le mie sono solo precisazioni, e per dare una risposta alla tua domanda mi chiederei cosa possiamo fare noi di diverso rispetto a una macchina, cioè un soggetto privo di consapevolezza, ma non perciò non in grado di agire, e, nel caso della AI, anche di essere spettatore.
Una macchina senza consapevolezza sarà sempre indietro rispetto a chi invece è consapevole. Questo perchè ad una macchina la si può mettere nelle condizioni di imitare un tipo di consapevolezza. Ad esempio potrebbe perfino diventare piu curiosa di conoscere, anche se non avesse la consapevolezza di non sapere. Ma gli stati di consapevolezza possono via via modificarsi pian piano che nuova conoscenza entra nel sistema. Mentre la macchina non potrebbe modificarsi allo stesso modo in quanto non agisce
a causa degli stati di consapevolezza ma attraverso imitazioni di essi.
Citazione di: iano il 05 Marzo 2024, 12:10:17 PM''Indipendente'' fra virgolette,
visto che la forma continua ad essere soggetta all'evoluzione.
Il punto è che non è possibile rilevare ciò che è veramente indipendente, perchè l'indipendenza esclude la relazione, e senza relazione non c'è suo rilevamento.
L'indipendenza quindi certamente non c'è quando c'è rilevazione, che è una relazione fra soggetto e oggetto, che può sempre essere ribaltata, come infatti mi pare tu dici.
Essere soggetto od oggetto dipende cioè solo dalla possibile, ma non univoca, descrizione.
qui per indipendenza intendo che attraverso la consapevolezza il determinismo a cui noi stessi apparteniamo si interrompe. Chiaramente per brevi tratti. Se vai a rileggere credo proprio il primo mio intervento (o al limite secondo) ho scritto che noi siamo consapevoli di morire. Quindi siamo nel nostro vissuto, brevissimo, indipendenti per brevi tratti. L'univero ce lo ha concesso, ma poi si riprenderà tutto con gli interessi.
No non ci credo, nel libero arbitrio.
Tutto quello che facciamo o pensiamo, dipende da cause determistiche.
Ma e' un destino deterministico pure che in molte situazioni noi umani dobbiamo fare come se il libero arbitrio esistesse, e postularne l'esistenza e l'effettivita', al fine di dirimere dilemmi etici o pratici, altrimenti (senza postulare l'esistenza del libero arbitrio intendo) insolubili (ad esempio, banalmente: esercitare la giustizia e punire gli autori dei reati) quindi non vale nemmeno tanto la pena di arrovellarcisi tanto: nel determinismo, rientra pure l'illusione della liberta'.
Siamo determinati, ad illuderci, di essere liberi.
E, ugualmente, siamo anche determinati ad illuderci di essere in balia del caso in mille diverse circostanze che ci possono capitare, anche se di fatto, non lo siamo. Mai.
Non conosciamo tutto e non siamo onniscenti, quindi ci inventiamo, alternativamente, l'intervento a volte della libera volonta', o altre volte del cieco caso, tutte le volte in cui in una situazione non conosciamo tutte le cause, o anche, tutte le volte in cui le conosciamo, ma non vogliamo decidere qualcosa solo in base a tale conoscenza, ma vogliamo far pesare, in una nostra decisione, anche altre, e ulteriori, considerazioni.
Ad esempio, se tiro un dado ed esce 6, ci sono una serie di cause deterministiche per cui esce proprio 6 e non altro, ad esempio condizioni iniziali del lancio, peso del dado legge di gravita' eccetera, ma, non conoscendo e non potendo ponderare tutte le cause, l'uomo non puo' che assumere, eticamente e praticamente, che sia uscito proprio 6 "per caso".
Ugualmente, se un mafioso uccide e fa scioglire nell'acido sei bambini, ci saranno pure delle cause deterministiche per cui non poteva fare altrimenti, ma avendo noi umani la necessita' di una giustizia efficiente e che tolga dalla circolazione gli individui pericolosi, se lo scopriamo, lo condanniamo lo stesso all'ergastolo.
In questo caso, nel condannarlo, ci "inventiamo", l'intervento non del cieco caso, ma della libera volonta'. Perche' o non conosciamo, davvero le cause deterministiche che lo hanno portato a commettere il reato (come nel caso del dado) o, pure se le conosciamo, riteniamo troppo utile condannare lo stesso per togliere dalla circolazione un individuo oggettivamente pericoloso. Lui, il mafioso, non poteva fare altrimenti che uccidere dei bambini, e noi se lo scopriamo non possiamo fare altrimenti che condannarlo, quantomeno per impedire che altri bambini vengano uccisi, in futuro.
Ma fuori dall'ambito della praticita', e a volte dell'eticita', umana il cieco caso e la libera volonta' sono delle solenni stronzate. La verita' dei fatti a livello di struttura "oggettiva" e profonda delle cose, e' il servo arbitrio e il determinismo.
E cosi', le nostre pretese di giustizia, o di implicazione del caso in un evento, non possono mai essere assolute.
Change my mind, come si dice...
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Marzo 2024, 12:25:52 PMUna macchina senza consapevolezza sarà sempre indietro rispetto a chi invece è consapevole. Questo perchè ad una macchina la si può mettere nelle condizioni di imitare un tipo di consapevolezza. Ad esempio potrebbe perfino diventare piu curiosa di conoscere, anche se non avesse la consapevolezza di non sapere. Ma gli stati di consapevolezza possono via via modificarsi pian piano che nuova conoscenza entra nel sistema. Mentre la macchina non potrebbe modificarsi allo stesso modo in quanto non agisce a causa degli stati di consapevolezza ma attraverso imitazioni di essi.
qui per indipendenza intendo che attraverso la consapevolezza il determinismo a cui noi stessi apparteniamo si interrompe. Chiaramente per brevi tratti. Se vai a rileggere credo proprio il primo mio intervento (o al limite secondo) ho scritto che noi siamo consapevoli di morire. Quindi siamo nel nostro vissuto, brevissimo, indipendenti per brevi tratti. L'univero ce lo ha concesso, ma poi si riprenderà tutto con gli interessi.
Come ho suggerito in un mio precedente posto moltiplicare gli strumenti che abbiamo per spiegare non è una spiegazione.
Aggiungere quindi all'indipendenza e alla dipendenza una via di mezzo non ci aiuta a semplificare e quindi a capire.
Moltiplicare gli strumenti esplicativi significa rimandare la definizione dei limiti non necessariamente nostri, ma dei nostri concetti di capire, di comprendere, di spiegare.
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Marzo 2024, 12:25:52 PMUna macchina senza consapevolezza sarà sempre indietro rispetto a chi invece è consapevole. Questo perchè ad una macchina la si può mettere nelle condizioni di imitare un tipo di consapevolezza. Ad esempio potrebbe perfino diventare piu curiosa di conoscere, anche se non avesse la consapevolezza di non sapere. Ma gli stati di consapevolezza possono via via modificarsi pian piano che nuova conoscenza entra nel sistema. Mentre la macchina non potrebbe modificarsi allo stesso modo in quanto non agisce a causa degli stati di consapevolezza ma attraverso imitazioni di essi.
Si, ma a condizione che ci fosse un modo assoluto per distinguere l'originale dall'imitazione, e paradossalmente se assoluto fosse si potrebbe delegare il compito della distinzione a una macchina.
Ma come ci suggerisce Turing, col suo test, questo modo non c'è.
C'è solo la possibilità, test di Turing, che a un certo punto potremmo non essere più in grado di distinguere.
La libera volontà è neocorticale, ovvero è la conseguenza dello sviluppo abnorme del nostro cervello. In ogni caso, tutte gli organismi superiori, che connettono capacità cognitive ed emotive (ovvero uccelli e mammiferi) sono in grado di utilizzare un certo grado di libertà di agire che non è determinata. E' tra l'altro una scelta evolutiva importante, che aumenta le possibilità di adeguarsi agli ambienti e coesistere con essi. In questo senso la vita biologica è già di per sè non del tutto determinabile, perchè condizionata anche dalla volontà dei singoli, oltre che da condizionamenti e dal caso. A me sembra molto semplice.
Ribadisco il mio suggerimento di considerare se il libero arbitrio non possa avere una causa in grado di agire solo finché non viene conosciuta, visto che conoscenza e libertà sono cose che ci riguardano strettamente e in contemporanea, e non sono quindi necessariamente separabili nella nostra considerazione.
Inoltre conviene non considerare gli effetti del libero arbitrio a livello solo individuale, perchè in tal modo ci sfugge quello che è l'effetto della sua azione a livello collettivo, che è quello di simulare il caso a livello di evoluzione culturale.
Non che allargando la nostra visuale troviamo una risposta, ma sarebbe un peccato costringerci a una visione egoistica e perciò ristretta dei suoi effetti, perchè un modo per capire cosa è potrebbe essere considerare i suoi effetti facendo poi un percorso a ritroso verso le cause.
Iniziamo quindi a chiederci se il libero arbitrio è un capriccio individuale, o una cosa vitale.
Cosa sarebbe la vita senza libero arbitrio?
Perchè ormai sappiamo che l'epigenetica non ci consente di restringere la questione evolutiva al puro caso, ma dobbiamo allargarla all'esperienza che facciamo del libero arbitrio, che è a tutti gli effetti un caso che si esprime a un livello diverso.
A questo ''caso'' o alla natura che lo applica, degli effetti del libero arbitrio sull'individuo singolo non gliene può fregare de meno, perchè non sono quegli effetti che fanno la sua storia.
L'apparente paradosso è che se noi non facessimo il nostro dovere di individui, che è quello di difendere a spada tratta le nostre scelte fatte a tutti gli effetti a caso, il progetto vitale della natura fallirebbe.
In effetti la natura coccola l'individualità, perchè ciò fà la vitale differenza, e lo coccola fino a viziarlo, come se avesse un figlio unico, perchè sembra che sia propriamente vitale fargli credere che lo è.
Citazione di: iano il 05 Marzo 2024, 12:44:23 PMSi, ma a condizione che ci fosse un modo assoluto per distinguere l'originale dall'imitazione, e paradossalmente se assoluto fosse si potrebbe delegare il compito della distinzione a una macchina.
Ma come ci suggerisce Turing, col suo test, questo modo non c'è.
C'è solo la possibilità, test di Turing, che a un certo punto potremmo non essere più in grado di distinguere.
No, secondo me non c'è bisogno di distinguere l'originale dall'imitazione.
Ho gia risposto su questo punto, il perdurare di uno stato di consapevolezza fa in modo che durante il vissuto questo si nutri di nuovi stati di consapevolezza. La macchina non potrebbe "evolvere" alla stessa maniera di chi realmente è consapevole.
per il resto, i punti che hai scritto, non li ho capiti quindi evito di risponde su cose che non capisco per niente.
Citazione di: niko il 05 Marzo 2024, 12:33:45 PMAd esempio, se tiro un dado ed esce 6, ci sono una serie di cause deterministiche per cui esce proprio 6 e non altro, ad esempio condizioni iniziali del lancio, peso del dado legge di gravita' eccetera, ma, non conoscendo e non potendo ponderare tutte le cause, l'uomo non puo' che assumere, eticamente e praticamente, che sia uscito proprio 6 "per caso".
Lanciando un dado, potendo conoscere tutte le variabili del sistema, forza del lancio, correnti d'aria, costituzione della superficie su cui viene gettato etc., sarebbe possibile prevedere che il risultare necessariamente sarebbe 6.
Su questo siamo tutti d'accordo.
Ma se ti chiedo di pensare un numero tra 1 e 6?
Quali sarebbero le cause sconosciute che dovrebbero condurre necessariamente ad un certo risultato?
Perché tu alla fine scegli proprio 2, e non 5?
Siamo sicuri che questa causalità universale valga anche per la coscienza?
Citazione di: Jacopus il 05 Marzo 2024, 12:53:13 PMLa libera volontà è neocorticale, ovvero è la conseguenza dello sviluppo abnorme del nostro cervello. In ogni caso, tutte gli organismi superiori, che connettono capacità cognitive ed emotive (ovvero uccelli e mammiferi) sono in grado di utilizzare un certo grado di libertà di agire che non è determinata. E' tra l'altro una scelta evolutiva importante, che aumenta le possibilità di adeguarsi agli ambienti e coesistere con essi. In questo senso la vita biologica è già di per sè non del tutto determinabile, perchè condizionata anche dalla volontà dei singoli, oltre che da condizionamenti e dal caso. A me sembra molto semplice.
A te sembra molto semplice perché fai un ragionamento che presuppone già in partenza la libertà, mentre sarebbe appunto questa, la libera scelta, che andrebbe spiegata, o almeno affrontata.
Che poi la libertà venga dalla neocorteccia o dal pancreas, che riguardi tutti i mammiferi o anche i ragni, tutte queste cose non riguardano per nulla la questione filosofica del libero arbitrio.
CitazioneChe poi la libertà venga dalla neocorteccia o dal pancreas, che riguardi tutti i mammiferi o anche i ragni, tutte queste cose non riguardano per nulla la questione filosofica del libero arbitrio.
la via lunga
La consapevolezza, o coscienza che dir si voglia, origine del pensare?
Che c'entra la coscienza con il pensare una cosa piuttosto che un'altra?
Va beh, come si dice... ho sopravvalutato le possibilità di comunicazione.
Citazione di: bobmax il 05 Marzo 2024, 13:30:58 PMLa consapevolezza, o coscienza che dir si voglia, origine del pensare?
Che c'entra la coscienza con il pensare una cosa piuttosto che un'altra?
Va beh, come si dice... ho sopravvalutato le possibilità di comunicazione.
Ti stai riferendo al mio intervento?
Se hai qualche obiezione esprimila in modo comprensibile, se no risparmiami queste petulanti lamentele sul fatto che gli altri non la pensino come te.
Quella che chiami comunicazione sembra essere in realtà una specie di proselitismo.
Citazione di: Koba II il 05 Marzo 2024, 13:13:50 PMLanciando un dado, potendo conoscere tutte le variabili del sistema, forza del lancio, correnti d'aria, costituzione della superficie su cui viene gettato etc., sarebbe possibile prevedere che il risultare necessariamente sarebbe 6.
Su questo siamo tutti d'accordo.
Ma se ti chiedo di pensare un numero tra 1 e 6?
Quali sarebbero le cause sconosciute che dovrebbero condurre necessariamente ad un certo risultato?
Perché tu alla fine scegli proprio 2, e non 5?
Siamo sicuri che questa causalità universale valga anche per la coscienza?
Sono cause sconosciute e che possono rimanere tali, ma non perciò non sono cause.
Ma in ogni caso, a mio sentimento, se la realtà si riducesse a ciò con cui la descriviamo, al determinismo e/o al caso, ne resterei deluso, per quel che conta il mio sentimento.
Invece mi rianimo quando credo che queste ingegnose descrizioni sono degne di ammirazione, ma non univoche, e che la descrizione si possa quindi rinnovare, che poi è quello che abbiamo sempre fatto.
Il mio sospetto in generale è che non solo vi siano cause ignote, ma la loro natura è proprio di poter agire in quanto tali e uno dei loro effetti sono le nostre percezioni di cose a cui pur dando un nome, siccome le percepiamo, non sappiamo però dire.
Ciò non esclude che un giorno non potremo riuscire a dirle, ma quel punto temo, o anche no, che smetteranno di agire.
Quindi non è sbagliato andarle a ricercare, ma non troveremo mai ciò che ci aspettiamo.
E' possibile trovarle perchè non sono propriamente nascoste, ma sono quelle cose con le quali abbiamo una abitudine tale da non farcele vedere.
Non le vediamo perchè, non dicendoci nulla di nuovo non attraggono la nostra attenzione, tanto che se qualcuno ce le facesse notare gli risponderemmo che ha detto una ovvietà.
Il libero arbitrio è una fandonia colossale. Restringendone il campo alla scelta di compiere il bene anziché il male nulla cambia. Cos'è il male? Come si fa a stabilirlo? È quello che sentite voi e di riflesso cercate di reagire, oppure è quello che giudicate nel vederlo compiuto da altri?
Noi siamo determinati dal cosmo, il quale però ci concede un po' di gioco in termini di tempo quel tanto che di fatto non possiamo sapere come sarà il nostro mondo da qui a due secondi
Citazione di: Koba II il 05 Marzo 2024, 13:13:50 PMLanciando un dado, potendo conoscere tutte le variabili del sistema, forza del lancio, correnti d'aria, costituzione della superficie su cui viene gettato etc., sarebbe possibile prevedere che il risultare necessariamente sarebbe 6.
Su questo siamo tutti d'accordo.
Ma se ti chiedo di pensare un numero tra 1 e 6?
Quali sarebbero le cause sconosciute che dovrebbero condurre necessariamente ad un certo risultato?
Perché tu alla fine scegli proprio 2, e non 5?
Siamo sicuri che questa causalità universale valga anche per la coscienza?
Secondo me siamo determanati a pensare ogni cosa che pensiamo...
E a proposito del pensare un numero casuale, si dimostra facilmente che noi in quanto umani e viventi siamo attratti dall'ordine, dalla ripetizione, dai simboli e dalle abitudini, e ci riesce estremamente difficile, produrre una sequenza di numeri davvero "casuale", cioe' ad alta entropia: piu' la sequenza e' "lunga", piu' la nostra sequenza, umana, si differenzia, da quella che produrrebbe, ad esempio, un computer, che, se cosi' istruito, ramdomizza e "sceglie a caso" perfettamente.
La nostra sequenza, a parita' di altre condizioni, e' meno entropica, cioe' maggiormente ordinata, di quella del computer.
Noi, a differenza del computer, prima o poi cadiamo nella ripetizione, nella tendenza culturale o nell'abitudine e questo produce una minore entropia nella nostra sequenza, perche' i nostri numeri o serie di numeri "preferiti" cominciano a ricorrere con frequenza maggiore e quindi a "dare ordine", e in definitiva prevedibilita' anche futura, alla sequenza.
Dobbiamo fare uno "sforzo", di volonta' e di autocontrollo, per agire, su richiesta, il piu' possibile "a caso" ; e non possiamo farlo perfettamente, questo sforzo, o all'infinito.
Ho visto una volta uno stand ad una mostra che dimostrava proprio questo. La difficolta' per un umano di produrre sequenze di numeri davvero e in senso assoluto "casuali". Dopo averlo visto, non posso piu' avere dubbi, in merito.
Citazione di: Koba II il 05 Marzo 2024, 13:41:50 PMTi stai riferendo al mio intervento?
Se hai qualche obiezione esprimila in modo comprensibile, se no risparmiami queste petulanti lamentele sul fatto che gli altri non la pensino come te.
Quella che chiami comunicazione sembra essere in realtà una specie di proselitismo.
No, non è solo il tuo intervento, sei in buona compagnia.
Proselitismo, petulanti lamentele...
Ma non una volta che si sia in grado di affrontare una analisi.
Pressappochismo diffuso.
Non vi è nessuno capace di sviluppare un pensiero critico!
Proselitismo?
Cercare una mente che pensi è proselitismo?
A questo punto siamo arrivati.
Citazione di: niko il 05 Marzo 2024, 14:54:49 PMNoi, a differenza del computer, prima o poi cadiamo nella ripetizione, nella tendenza culturale o nell'abitudine e questo produce una minore entropia nella nostra sequenza, perche' i nostri numeri o serie di numeri "preferiti" cominciano a ricorrere con frequenza maggiore e quindi a "dare ordine", e in definitiva prevedibilita' anche futura, alla sequenza.
E' vero, ma paradossalmente possiamo dimostrare che non c'è niente di più determinato di una sequenza ''casuale'' generata dal computer.
Conosciamo infatti perfettamente la causa, che è l'algoritmo che la produce, e l'unico numero della sequenza che può dirsi ''casuale'' è quello che scegliamo noi di dare all'algoritmo per farlo partire.
Perchè la sequenza funzioni come fosse casuale bisogna quindi che volutamente ne ignoriamo l'algoritmo, o che sia così complicato da impedircene il calcolo di fatto.
Se il caso non ci permette di fare previsioni, simuliamo il caso inibendoci a fare previsioni. :)
Nel caso del lancio del dado invece è sufficiente non andare alla ricerca delle cause, e ancor migliore è il ''sistema dado'' quando lo progettiamo in modo che sia difficile trovarle.
Di fatto un dado è un sistema dalla disarmante semplicità che produce una sequenza altamente complicata.
Si tratta comunque di una sequenza che più la osserviamo da lontano e più vediamo la sua omogeneità.
Noi , come tu hai potuto verificare, non siamo un buon ''sistema dado'' e penso che non lo sia nessun ''sistema culturale'', perché per quanto si possano ignorare i condizionamenti culturali noti, questi sono solo la punta dell'iceberg, e quelli sommersi, non perciò non agiscono.
Citazione di: iano il 05 Marzo 2024, 15:50:34 PME' vero, ma paradossalmente possiamo dimostrare che non c'è niente di più determinato di una sequenza ''casuale'' generata dal computer.
Conosciamo infatti perfettamente la causa, che è l'algoritmo che la produce, e l'unico numero della sequenza che può dirsi ''casuale'' è quello che scegliamo noi di dare all'algoritmo per farlo partire.
Perchè la sequenza funzioni come fosse casuale bisogna quindi che volutamente ne ignoriamo l'algoritmo, o che sia così complicato da impedircene il calcolo di fatto.
Se il caso non ci permette di fare previsioni, simuliamo il caso inibendoci a fare previsioni. :)
Nel caso del lancio del dado invece è sufficiente non andare alla ricerca delle cause, e ancor migliore è il ''sistema dado'' quando lo progettiamo in modo che sia difficile trovarle.
Di fatto un dado è un sistema dalla disarmante semplicità che produce una sequenza altamente complicata.
Si tratta comunque di una sequenza che più la osserviamo da lontano e più vediamo la sua omogeneità.
Noi , come tu hai potuto verificare, non siamo un buon ''sistema dado'' e penso che non lo sia nessun ''sistema culturale''.
Ma infatti il mondo e', in ultima analisi deterministico, e non si puo' umanamente costruire assolutamente nulla di non deterministico nel mondo e presso il mondo.
E quindi pure il computer istruito a comportarsi in modo "casuale" ha la sua brava motivazione deterministica, per come si comporta, a monte.
Noi, in quanto umani, "creiamo" a partire da cio' che (gia'...) c'e', e quindi possiamo costruire configurazioni diverse e originali di cio' che (gia'...) c'e', non mai, invece, possiamo creare dal nulla cio' che non c'e', o, in definitiva, cio' che gia' sotto altra veste e altra forma non ci fosse. Come opposizione assoluta di quanto da un certo momento in poi sopravvenuto alle condizioni iniziali del cosmo. Quello, l'atto di creazione "assoluto", cioe' radicalmente opposto alle condizioni iniziali di un sistema dato, semmai, lo fa Dio. Per chi ci crede.
Citazione di: bobmax il 5/3/2024, 13:30:58Che c'entra la coscienza con il pensare una cosa piuttosto che un'altra?
-------------------------------------------------------------------------------------------------------
Di tutto quello che si è scritto dopo i miei interventi ho capito veramente poco. Non so si stava solo rispondendo alla domanda generale o si stava cercando di trovare un modo per controbattere alla mia proposta.
Proposta che è ancora valida. Io ho dato una mia lettura, di contro chi volesse contribuire potrebbe incominciare a valutare le due domande che ho fatto: il libero arbitrio è necessario? / il libero arbitrio è inutile?
continuo a leggere cose parecchio confuse.
Per quanto riguarda la tua domanda che ho posto in evidenza (che però non si comprendere per quale motivo nasca, visto che non c'è una struttura verbale che la sorregga) è ovvio che il contenuto del pensiero è in relazione all'esistenza della coscienza. Nel senso che è necessario che tu disponga di una coscienza per avere un pensiero.
Come non esiste una coscienza senza un pensiero non esiste un pensiero senza la coscienza.
E' altrettanto ovvio ritenere che pensieri diversi siano sostenuti dalla coscienza. Quindi semmai possono cambiare i pensieri ma il modo in cui essi diventano consapevolezza sarà identico.
È ovvio che chi ha una visione del mondo teistica di matrice abramitica tenda a negare il libero arbitrio in quanto confliggerebbe con l'onnipotenza di Dio. Poi lo ricicla per giustificare il male nel mondo, gravandolo sulle spalle della sua creatura prediletta. I protestanti, anticipando lo scientismo, hanno obbiettato che l'arbitrio è servo, chiudendo il cerchio negazionista.
Io ho l'impressione che anche chi è di cultura atea ricada nel principio teista del deus ex machina, trovando tutti gli argomenti per negare anche quel po' di libertà di azione che l'evoluzione ci ha concesso.
Sta di fatto che a livello etico la libertà o meno (acritica omologazione) di pensiero e azione si vede eccome.
Citazione di: Ipazia il 05 Marzo 2024, 22:51:42 PMÈ ovvio che chi ha una visione del mondo teistica di matrice abramitica tenda a negare il libero arbitrio in quanto confliggerebbe con l'onnipotenza di Dio. Poi lo ricicla per giustificare il male nel mondo, gravandolo sulle spalle della sua creatura prediletta. I protestanti, anticipando lo scientismo, hanno obbiettato che l'arbitrio è servo, chiudendo il cerchio negazionista.
Io ho l'impressione che anche chi è di cultura atea ricada nel principio teista del deus ex machina, trovando tutti gli argomenti per negare anche quel po' di libertà di azione che l'evoluzione ci ha concesso.
Sta di fatto che a livello etico la libertà o meno (acritica omologazione) di pensiero e azione si vede eccome.
Ciao Ipazia, tutto bene? Mi confido con te ... Pensa che ho scoperto di essere un idiota pure io ... mica male eh! Il tuo amico Wittgenstein mi sembra l'abbia pure detto che di quello di cui non si può parlare bisognerebbe tacere. ¿Non ti sembra forse che questo dell'arbitrio sia l'esempio per antonomasia delle cose di cui non si potrebbe parlare? E invece ne ho parlato più di una volta ... idiota che non sono altro. Il fatto è che se anche noi sapessimo di essere liberi anziché obbligati, questo non cambierebbe nulla nel nostro agire in relazione a questo sapere. Nota pure che mi sto contraddicendo in relazione a quel che dissi più di una volta criticando quel famoso detto, sempre di Wittgenstein, che tu conosci bene e di cui riporto il concetto: anche qualora noi sapessimo i fondamenti della nostra conoscenza questo non cambierebbe nulla. Allora ribadisco che in quest'ultimo caso si sbagliava di grosso, ma nel caso dell'arbitrio avrebbe avuto perfettamente ragione. Come mai ti chiedo?
L'etica è esattamente ciò che non rientra nell'ambito del dicibile di LW. La confusione tra scienza e filosofia continua a imperversare. Il discorso etico è altro dal discorso scientifico. Ed è il discorso in cui ha senso porsi la questione della libertà: non determinabile nemmeno nel più aggiornato laboratorio scientifico.
L'evidenza della libertà etica non si fonda forse sulla realtà del bene e del male?
E questa libertà non si manifesta a me stesso proprio come scelta tra il bene e il male?
Se non ci fosse il male, non vi sarebbe etica. E poiché la libertà è logicamente impossibile, e il mondo fisico è necessariamente logico, non vi sarebbe alcuna libertà.
Se allora la libertà è reale solo in quanto etica, ma non fisica, questa libertà appartiene ad un altro piano, non riguarda come questo mondo funziona.
Non è una libertà nel mondo materiale. È una libertà spirituale.
Ma in che senso è spirituale?
Nel senso che materialmente io sono Uno con Dio.
Epperò ne sono separato a causa del male.
Io sono Uno e allo stesso tempo non lo sono.
E non lo sono a causa del male.
La mia libertà è tutta nel essere o non essere.
E io sono solo rifiutando il male.
E poiché il male è sempre e solo amore negato, torno a essere attraverso l'amore.
Prego il Padre di donarmi l'amore.
Citazione di: Ipazia il 06 Marzo 2024, 07:38:36 AML'etica è esattamente ciò che non rientra nell'ambito del dicibile di LW. La confusione tra scienza e filosofia continua a imperversare. Il discorso etico è altro dal discorso scientifico. Ed è il discorso in cui ha senso porsi la questione della libertà: non determinabile nemmeno nel più aggiornato laboratorio scientifico.
Wittgenstein si sbagliava di grosso, dato che io di fatto ho posto una teoria della conoscenza, quindi una teoria a tutti gli effetti scientifica che concede un'etica conforme alla teoria aprendo a due polarità che pur compenetrandosi sarebbero inconciliabili tra loro, almeno a prima vista, cioè senza assecondare che il fine giustifica i mezzi. Contesto quindi senz'altro il tuo dire affermando che la filosofia può essere scienza, coi suoi limiti nella riproducibilità e predittività ... pensa un po'.
Io riaffermo quindi che non avrebbe alcun senso porsi la domanda sulla libertà perché è una domanda che nulla decide nel nostro agire. Metti ora da parte che la mia teoria sia giusta o sbagliata perché c'entra poco, o meglio, c'entrerebbe un poco quando si ammetta che non abbia alcun senso la domanda sulla libertà. Hai impiegato solo sette minuti per rispondermi; a me sinceramente sembrerebbero pochi di fronte a una affermazione così forte, a meno che non si abbia un pregiudizio. Forse meriterebbe un attimo di riflessione in più dato che ammetto di essere caduto pure io nel tranello (non che questo dica molto in verità). Allora, qualora tu decidessi di rispondere, se fai passare almeno un paio d'ore da adesso potrò almeno illudermi che tu abbia riflettuto. Un saluto
Citazione di: Ipazia il 06 Marzo 2024, 07:38:36 AML'etica è esattamente ciò che non rientra nell'ambito del dicibile di LW. La confusione tra scienza e filosofia continua a imperversare. Il discorso etico è altro dal discorso scientifico. Ed è il discorso in cui ha senso porsi la questione della libertà
Se vogliamo davvero rispettare la suddetta differenza fra scienza e filosofia (che non contesto), il famigerato «indicibile» di Wittgenstein, da che parte del confine sta? Il Tractatus è un testo di filosofia (come si autodefinisce) che dice che la filosofia deve tacere sull'etica? E allora chi ne "deve" parlare, solo la religione e il diritto? Ce la caviamo dicendo che è un testo di "filosofia della scienza" che tuttavia non confonde le acque, espungendo nondimeno l'etica dalla filosofia?
Le risposte sono tutte nell'"ottava proposizione", che è poi la "proposizione zero", col senno di poi; un buon motivo per non citare quel testo con troppa disinvoltura.
Citazione di: Phil il 06 Marzo 2024, 10:52:37 AMSe vogliamo davvero rispettare la suddetta differenza fra scienza e filosofia (che non contesto), il famigerato «indicibile» di Wittgenstein, da che parte del confine sta?
L'indicibile è stato fino a un certo punto a fondamento di qualunque cosa umana, compresa la percezione, e siccome li percepiamo allora possiamo dare un nome a verità e libero arbitrio, senza poter dire di più, come se il poter dire di più si ponesse in alternativa esclusiva alla percezione.
La nuova fisica però, per quanto mantenga ancora un retaggio dei vecchi fondamenti, si fonda sempre più sul dicibile, e quindi quasi esclusivamente ormai su ciò che si può negare, e per altra via quindi deve guadagnarsi la condivisione.
Preciso che il mio appunto era strettamente sull'indicibile del Wittgenstein del Tractatus, dato che viene spesso chiamato in causa.
Se intendiamo l'indicibile come il pre-logico, o il fuori-logos, o l'incondivisibile contenuto di coscienza dell'atto della percezione, etc. la faccenda è, come hai giustamente notato, molto più complessa.
Citazione di: Phil il 06 Marzo 2024, 10:52:37 AMSe vogliamo davvero rispettare la suddetta differenza fra scienza e filosofia (che non contesto), il famigerato «indicibile» di Wittgenstein, da che parte del confine sta? Il Tractatus è un testo di filosofia (come si autodefinisce) che dice che la filosofia deve tacere sull'etica? E allora chi ne "deve" parlare, solo la religione e il diritto? Ce la caviamo dicendo che è un testo di "filosofia della scienza" che tuttavia non confonde le acque, espungendo nondimeno l'etica dalla filosofia?
Le risposte sono tutte nell'"ottava proposizione", che è poi la "proposizione zero", col senno di poi; un buon motivo per non citare quel testo con troppa disinvoltura.
L'ottava proposizione è:
2. Ciò che accade, il fatto, è il sussistere di stati di cose.Indubbiamente esistono anche "stati di cose" filosofiche, con un proprio linguaggio, ma con una dicibilità "specifica".
6.41 Il senso del mondo dev'essere al di fuori di esso. Nel mondo tutto è come è, e tutto avviene come avviene; non v'è in esso alcun valore – né, se vi fosse, avrebbe un valore. Se un valore che ha valore v'è, dev'esser fuori d'ogni avvenire ed essere/cosí. Infatti ogni avvenire ed essere-cosí è accidentale. Ciò che li rende non-accidentali non può essere nel mondo, ché altrimenti sarebbe, a sua volta, accidentale. Dev'essere fuori del mondo.
6.42 Né quindi vi possono essere proposizioni dell'Etica. Le proposizioni non possono esprimere nulla ch'è piú alto.6.421 È chiaro che l'etica non può formularsi. L'etica è trascendentale.(Etica ed estetica sono tutt'uno.)Per concludere con una paradossale, quanto illuminante, contraddizione:
6.53 II metodo corretto della filosofia sarebbe propriamente questo: Nulla dire se non ciò che può dirsi; dunque, proposizioni della scienza naturale - dunque, qualcosa che con la filosofia nulla ha a che fare -, e poi, ogni volta che altri voglia dire qualcosa di metafisico, mostrargli che, a certi segni nelle sue proposizioni, egli non ha dato significato alcuno *. Questo metodo sarebbe insoddisfacente per l'altro - egli non avrebbe la sensazione che noi gli insegniamo filosofia -, eppure esso sarebbe l'unico metodo rigorosamente corretto.Tutto lo sforzo della logica "scientifica" ha riguardato la dicibilità del mondo "naturale", e nel suo ambito vale l'ultima stracitata proposizione del Tractatus logicus, ma philosophicus nel "mostrare" l'insussumibilità del filosofico, in quanto "stato di cose", nell'ambito meramente logico (per quanto della logica non possa non servirsi il linguaggio filosofico rigoroso), nell'ultima thule che gli rimane: l'etica.
(Intesa, per quanto mi riguarda, in senso etologico e non metafisico trascendente)
Se invece intendiamo l'ottava proposizione al di là del testo, il testo ne è premessa "logica" (X-Meraviglia):
https://antinomie.it/index.php/2022/12/02/dieci-tesi-sullarte-teatrale-di-romeo-castellucci/
* l'ontologia non permette non sequitur non-logici ("qualcosa di metafisico").
Citazione di: iano il 06 Marzo 2024, 12:30:43 PML'indicibile è stato fino a un certo punto a fondamento di qualunque cosa umana, compresa la percezione, e siccome li percepiamo allora possiamo dare un nome a verità e libero arbitrio, senza poter dire di più, come se il poter dire di più si ponesse in alternativa esclusiva alla percezione.
Immagino che con "percezione" tu intenda percezione interiore e non specificamente dei sensi. In attesa dunque che gli accademici col loro linguaggio, a me un po' ostico, si mettano d'accordo, ¿intendi che il dire di più sarebbe una ridondanza arbitraria che manifesta di conseguenza anche posizioni opposte?
... Se invece intendiamo l'ottava proposizione al di là del testo, il testo ne è premessa "logica" (X-Meraviglia):
https://antinomie.it/index.php/2022/12/02/dieci-tesi-sullarte-teatrale-di-romeo-castellucci/
ma ciò che si "mostra" lo è assai meno, e qui si aprono le vaste praterie della visione di ciò che si mostra.
In senso totalmente I.T.
Per "ottava proposizione" che diventa "zero" con il senno di poi, intendevo la "chiusura" del testo che è la
Premessa del Tractatus: rileggerla dopo aver letto tutto il testo, la rende l'"ottava proposizione", che chiarisce meglio sia il punto di arrivo (settima proposizione) che il punto di partenza ("proposizione zero"), ossia quel modo di delineare il confine scienza/filosofia, per come lo intende l'autore (almeno all'epoca in cui scrisse quel testo a cui, non a caso, ne seguiranno altri, differenti per premesse e per "conclusione").
Citare la settima proposizione, significa citare
quel modo di delineare quel confine; citarla intendendola in un altro modo, richiederebbe una certa "giustificazione", solitamente assente (e risulta persino una citazione "contraddittoria", se poi si finisce a
parlare di etica, di cui si dovrebbe...).
Il testo va oltre i limiti del linguaggio, per quanto tali limiti siano i limiti del mio mondo. Il "mistico" non appare a caso dopo aver posto un limite al dicibile epistemico, da cui filosofia, etica, estetica restano fuori. Nel regno del pensabile illimitato laddove l'argomento di questa discussione acquista un senso...
Citazione6.52 Noi sentiamo che anche qualora tutte le possibili domande scientifiche avessero avuto risposta, i problemi della vita non sarebbero stati ancora neppure toccati. Certo, allora non resta più domanda alcuna, e questa appunto è la risposta.
... e si accoglie l'invito di lasciare la scala dopo esserci saliti, facendo tesoro di quanto di riciclabile si è acquisito. Non sempre in linea con quanto l'autore testualizzò. Riattualizzando e tradendo. Secondo lo spirito del tempo e la sua evoluzione.
Citazione di: Phil il 06 Marzo 2024, 10:52:37 AMSe vogliamo davvero rispettare la suddetta differenza fra scienza e filosofia (che non contesto) ...
Va bene fintanto che sia stabilito cos'è scienza. La teoria dell'evoluzione appartiene al regno della scienza? Una teoria che metta in mostra il fondamento del pensiero può appartenere al regno della scienza?
L'
esistenza della differenza fra scienza e filosofia mi pare ben fondata e comunemente accettata, sia fra gli estremisti che fra i moderati di entrambe le discipline. Tracciare l'eventuale linea esatta che separa le due è invece un discorso inevitabilmente aperto e provvisorio, poiché entrambe "si muovono" (o almeno una delle due, il che già basta a rendere il confine instabile). Alla fine il rischio è di impantanarsi nella solita storia delle etichette, che nel caso della filosofia (a mio avviso) sta talvolta degenerando: si discute su cosa sia e cosa "debba fare" la filosofia (e ovviamente ognuno la tira dalla sua parte) e spesso non si
fa nulla di filosofico (e non si può nemmeno dire che tale dibattito sia in sé filosofico, se prima non si chiarisce cosa sia la filosofia... che potrebbe essere anche fare i conti con questo tipo di aporia).
Anche solo a livello di teoria, la scienza solitamente ha una cogenza logica e un induttivismo che spesso la distinguono nettamente dalla teoresi filosofica e, soprattutto, dalla poesia; non sempre la filosofia può dire altrettanto e questo stesso dibattito (su cui "ho già dato", molte pagine fa), dimostra una volta di più la differenza fra scienza e filosofia: comunque le si intenda, l'approccio scientifico al libero arbitrio è molto difficile da confondere con quello filosofico.
Ciò premesso, rispondo sinteticamente alle tue domande:
Citazione di: daniele22 il 07 Marzo 2024, 07:19:31 AMLa teoria dell'evoluzione appartiene al regno della scienza?
Se approcciata a livello di analisi biologica o genetica, di sicuro non è filosofia.
Citazione di: daniele22 il 07 Marzo 2024, 07:19:31 AMUna teoria che metta in mostra il fondamento del pensiero può appartenere al regno della scienza?
Se tale fondamento viene scoperto dalle neuroscienze, di sicuro non è filosofia.
Citazione di: Phil il 07 Marzo 2024, 12:26:26 PMcomunque le si intenda, l'approccio scientifico al libero arbitrio è molto difficile da confondere con quello filosofico.
Cioè?
Se perciò è facile non confondere i due approcci scientifico e filosofico, come si fa?
Leggo che state spostando il problema dalla filosofia alla scienza, o meglio state cercando i limiti o gli ambiti in cui essi vengono espressi.
Prima di ogni cosa però, io ricordo a me stesso che, da qualsiasi parte provenga un insegnamento, esso sorge da una unica sorgente, che è quella della consapevolezza. Filosofia o scienza quindi pari sono, da quel punto di vista.
Tra le attività della mente umana quella scientifica (che ha comunque bisogno di essere descritta sempre piu dettagliatamente in senso filosofico...ad esempio con le varie epistemologie) è quella che riscontra piu successo. Ma non è un'attività aliena. E' sempre un'attività umana. E gli umani si servono della loro coscienza come base per il loro lavoro.
Per me supporre che la coscienza non abbia portato alcun beneficio all'evoluzione delle attività umane, comprese la scienza e la filosofia, è come dire che il sole brilla perchè è attaccata ad una spina elettrica.
Il libero arbitrio è una conseguenza della coscienza ed insieme hanno prodotto scienza e filosofia, o meglio tutta l'attività umana conosciuta.
Se la scienza non riesce a rendere esplicitamente (con una teoria sperimentabile) questo assunto, mi fa molta tenerezza vedere il filosofo intimorisi davanti allo scienziato che ha senteziato la prima cretinata che è riuscito a mettere per iscritto.
@bobmaxSecondo me, se si chiamano in causa la teodicea, il peccato, gli ideali illuministici, etc. usiamo un approccio filosofico; se invece chiamiamo in causa l'osservazione ed analisi di dati, siano essi di antropologia culturale o neurologia, siamo in ambito scientifico (al netto delle differenze metodologiche per cui una scienza non vale l'altra, così come una filosofia non vale l'altra).
Anticipo solo che non ho interesse a ricominciare a parlare delle differenze fra "liberi-di" e "liberi-da", libertà d'azione e libertà di scelta, meccanicismo dell'arbitrio e arbitrio del meccanicismo, etc. come ricordato prima, "ho già dato" molte pagine fa.
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Marzo 2024, 21:40:10 PMCitazione di: bobmax il 5/3/2024, 13:30:58Che c'entra la coscienza con il pensare una cosa piuttosto che un'altra?
-------------------------------------------------------------------------------------------------------
Di tutto quello che si è scritto dopo i miei interventi ho capito veramente poco. Non so si stava solo rispondendo alla domanda generale o si stava cercando di trovare un modo per controbattere alla mia proposta.
Proposta che è ancora valida. Io ho dato una mia lettura, di contro chi volesse contribuire potrebbe incominciare a valutare le due domande che ho fatto: il libero arbitrio è necessario? / il libero arbitrio è inutile?
continuo a leggere cose parecchio confuse.
Per quanto riguarda la tua domanda che ho posto in evidenza (che però non si comprendere per quale motivo nasca, visto che non c'è una struttura verbale che la sorregga) è ovvio che il contenuto del pensiero è in relazione all'esistenza della coscienza. Nel senso che è necessario che tu disponga di una coscienza per avere un pensiero.
Come non esiste una coscienza senza un pensiero non esiste un pensiero senza la coscienza.
E' altrettanto ovvio ritenere che pensieri diversi siano sostenuti dalla coscienza. Quindi semmai possono cambiare i pensieri ma il modo in cui essi diventano consapevolezza sarà identico.
La struttura verbale è molto semplice:
"
Che c'entra la coscienza con il pensare una cosa piuttosto che un'altra?"Come può la libertà del pensare derivare dalla coscienza?
Visto che la coscienza è consapevolezza di.
La coscienza può essere descritta come uno specchio.
Può uno specchio decidere cosa avviene in ciò che sta riflettendo?
Alle tue domande ho risposto.
Dicendo che tutto quello che avviene o era
necessario avvenisse oppure è
casuale.
In entrambi i casi ciò che avviene non ha nulla a che vedere con il libero arbitrio individuale.
(Individuale!)
Ma a questa considerazione non hai replicato.
Volevi un confronto logico.
Lo hai chiaramente specificato.
E invece è saltata fuori la coscienza. Che è libera di pensare questo piuttosto che quest'altro.
Su che base non si sa. Visto che la coscienza è pura passività.
E se invece si afferma che dietro la coscienza vi è altro, allora bisogna dire cosa è quest'altro.
Se no, non stiamo dicendo nulla di logico.
Citazione di: Phil il 07 Marzo 2024, 12:26:26 PML'esistenza della differenza fra scienza e filosofia mi pare ben fondata e comunemente accettata, sia fra gli estremisti che fra i moderati di entrambe le discipline. Tracciare l'eventuale linea esatta che separa le due è invece un discorso inevitabilmente aperto e provvisorio, poiché entrambe "si muovono" (o almeno una delle due, il che già basta a rendere il confine instabile). Alla fine il rischio è di impantanarsi nella solita storia delle etichette, che nel caso della filosofia (a mio avviso) sta talvolta degenerando: si discute su cosa sia e cosa "debba fare" la filosofia (e ovviamente ognuno la tira dalla sua parte) e spesso non si fa nulla di filosofico (e non si può nemmeno dire che tale dibattito sia in sé filosofico, se prima non si chiarisce cosa sia la filosofia... che potrebbe essere anche fare i conti con questo tipo di aporia).
Anche solo a livello di teoria, la scienza solitamente ha una cogenza logica e un induttivismo che spesso la distinguono nettamente dalla teoresi filosofica e, soprattutto, dalla poesia; non sempre la filosofia può dire altrettanto e questo stesso dibattito (su cui "ho già dato", molte pagine fa), dimostra una volta di più la differenza fra scienza e filosofia: comunque le si intenda, l'approccio scientifico al libero arbitrio è molto difficile da confondere con quello filosofico.
Ciò premesso, rispondo sinteticamente alle tue domande:Se approcciata a livello di analisi biologica o genetica, di sicuro non è filosofia.Se tale fondamento viene scoperto dalle neuroscienze, di sicuro non è filosofia.
Non ci si impantana se si prende atto che l'
ontologia appartiene alla scienza e va affrontata con metodologie deterministiche (deduttive) e probabilistiche (induttive), mentre l'
etica, col suo corredo di libertà, creatività e progettazione, appartiene alla filosofia.
Et voilà, il confine. Non rigido, con interazioni, ma effettivo.
Citazione di: bobmax il 07 Marzo 2024, 14:24:41 PMLa struttura verbale è molto semplice:
"Che c'entra la coscienza con il pensare una cosa piuttosto che un'altra?"
Come può la libertà del pensare derivare dalla coscienza?
Visto che la coscienza è consapevolezza di.
La coscienza può essere descritta come uno specchio.
Può uno specchio decidere cosa avviene in ciò che sta riflettendo?
Alle tue domande ho risposto.
Dicendo che tutto quello che avviene o era necessario avvenisse oppure è casuale.
In entrambi i casi ciò che avviene non ha nulla a che vedere con il libero arbitrio individuale.
(Individuale!)
Ma a questa considerazione non hai replicato.
Volevi un confronto logico.
Lo hai chiaramente specificato.
E invece è saltata fuori la coscienza. Che è libera di pensare questo piuttosto che quest'altro.
Su che base non si sa. Visto che la coscienza è pura passività.
E se invece si afferma che dietro la coscienza vi è altro, allora bisogna dire cosa è quest'altro.
Se no, non stiamo dicendo nulla di logico.
non ho letto una risposta a me direttamente almeno non in questi termini.
E comunque, mi sembra che i piani siano un po' diversi. Tu sei gia arrivato al pensiero complesso.
Ora dimmi se tu non fossi cosciente del Sole, e poi della Terra , ovvero di un corpo celeste lontano da noi che brilla, come potresti immaginare (come fece Copernico) che l'Astro non girano attorno alla Terra, ma semmai è la Terra che gira attorno al Sole.
Tu non sei cosciente, perchè mai deve interessarti una cosa cosi complessa?
Siccome la coscienza non decide quello che vede o che sente, ma avverte quello che vede o sente, sorge spontanea la domanda, perchè scegliere di credere che il Sole giri attorno alla Terra se dopo tutto non si è liberi di farlo?
Ma anche se fosse vero che Coperinco in realtà non sceglie, ma è il cervell cheo gli comunica quello che ha pensato (quindi un pensiero che gira in una testa vuota probabilmente), dimmi perchè il cervello gli avrebbe dovuto suggerire che il Sole gira attorno alla Terra, se lui Copernico non ha mai avuto coscienza della Terra e del Sole?
Citazione di: Phil il 07 Marzo 2024, 14:16:58 PM@bobmax
Secondo me, se si chiamano in causa la teodicea, il peccato, gli ideali illuministici, etc. usiamo un approccio filosofico; se invece chiamiamo in causa l'osservazione ed analisi di dati, siano essi di antropologia culturale o neurologia, siamo in ambito scientifico (al netto delle differenze metodologiche per cui una scienza non vale l'altra, così come una filosofia non vale l'altra).
Anticipo solo che non ho interesse a ricominciare a parlare delle differenze fra "liberi-di" e "liberi-da", libertà d'azione e libertà di scelta, meccanicismo dell'arbitrio e arbitrio del meccanicismo, etc. come ricordato prima, "ho già dato" molte pagine fa.
Ritengo di comprendere la tua posizione, che tuttavia risente a mio parere di un pregiudizio.
Cioè si dà per scontato che filosofia e scienza siano separate. E poi si va a vedere le differenze dei loro interessi, i rispettivi campi di indagine.
Sono viceversa convinto che l'origine del filosofare e della ricerca scientifica sia la stessa.
Entrambe sono animate dal medesimo fuoco.
E questo fuoco è la Verità.
La scienza si chiede il come funziona il mondo, la filosofia è attratta dal perché.
La scienza guarda quello che c'è, la filosofia quello che non c'è, ma è necessario per dare significato a quello che c'è.
Quindi, sì, l'etica caratterizza la filosofia, mentre la scienza è focalizzata sulla logica dei dati di fatto.
Ma la ricerca scientifica con il suo rigore veritativo è ricerca etica. Cioè ricerca che non vuole ingannarsi.
E per non ingannarsi, deve sempre tenere presente la metafisica su cui si fonda. Metafisica che è la stessa filosofia.
E la filosofia, che sia davvero tale, deve fare continuamente i conti con i dati di fatto. Così come li interpreta la scienza.
Cioè una filosofia, che non consideri indispensabili le osservazioni e le analisi dei dati, non è filosofia.
E invece... vi è una moltitudine di cosiddetti filosofi che blatera di scienza e tecnologia, senza saperne proprio niente.
E pseudo scienziati che non hanno alcuna consapevolezza della loro stessa metafisica di riferimento.
Essendo comune l'origine di amore per il sapere vi sono interazioni (e deficienze) che corrispondono a quanto detto da bobmax, ma il lavoro sul campo è diverso, così come le metodologie e finalità.
Il sapiente ideale è uno scienziato-filosofo che abbia chiara la distinzione di mission dei due ambiti.
Diversa è pure la declinazione del concetto di verità, decisamente più difficile nel campo etico, assai più libero di "costruirsi i mondi sui quali guardare".
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Marzo 2024, 14:53:02 PMnon ho letto una risposta a me direttamente almeno non in questi termini.
E comunque, mi sembra che i piani siano un po' diversi. Tu sei gia arrivato al pensiero complesso.
Ora dimmi se tu non fossi cosciente del Sole, e poi della Terra , ovvero di un corpo celeste lontano da noi che brilla, come potresti immaginare (come fece Copernico) che l'Astro non girano attorno alla Terra, ma semmai è la Terra che gira attorno al Sole.
Tu non sei cosciente, perchè mai deve interessarti una cosa cosi complessa?
Siccome la coscienza non decide quello che vede o che sente, ma avverte quello che vede o sente, sorge spontanea la domanda, perchè scegliere di credere che il Sole giri attorno alla Terra se dopo tutto non si è liberi di farlo?
Ma anche se fosse vero che Coperinco in realtà non sceglie, ma è il cervell cheo gli comunica quello che ha pensato (quindi un pensiero che gira in una testa vuota probabilmente), dimmi perchè il cervello gli avrebbe dovuto suggerire che il Sole gira attorno alla Terra, se lui Copernico non ha mai avuto coscienza della Terra e del Sole?
La difficoltà non è nella complessità, ma nella semplicità.
La vera difficoltà è nel semplice.
È sempre difficile afferrare ciò che è semplice.
Viceversa ciò che è complesso si può pian piano comprenderlo, analizzandolo. Cioè scomponendolo in parti. E man mano ricostruirne le caratteristiche.
Mentre il semplice non lo si può scomporre. E così possiamo coglierlo solo con l'intuizione.
-----
Vorrei chiarire che sono convinto della esistenza della libertà.
Libertà assoluta non limitata da alcunché.
È la libertà con infinite possibilità, dove nulla è impossibile.
Questa libertà è ciò che davvero sei.
È la libertà dell'Essere. Che tu sei.
Che altro saresti mai?
Sei Essere!
Questa libertà assoluta non lascia spazio ad alcun'altra.
Il libero arbitrio individuale è una illusione.
Lo è, proprio perché tu sei assolutamente libero!
Ma a questo punto dovremmo capire chi sei...
----
Ogni scoperta scientifica non dice nulla riguardo al libero arbitrio individuale.
Il sole, i pianeti, i loro movimenti, sono tutti fatti che determinano dei ragionamenti, delle ipotesi.
Ma queste ipotesi non sono che il risultato di induzioni, cioè in sostanza sono l'effetto di azioni e reazioni nella nostra mente.
Copernico avrà avuto un cervello induttivo particolarmente performante...
Sì, la mente può risultare essere una scatola vuota.
Ma è constatando quel vuoto che possiamo, forse, tornare a noi stessi.
Citazione di: bobmax il 07 Marzo 2024, 16:47:45 PMRitengo di comprendere la tua posizione, che tuttavia risente a mio parere di un pregiudizio.
Cioè si dà per scontato che filosofia e scienza siano separate. E poi si va a vedere le differenze dei loro interessi, i rispettivi campi di indagine.
Più che un pre-giudizio è una conclusione: se tale distinzione non ci fosse, non si potrebbero individuare «le differenze dei loro interessi, i rispettivi campi di indagine» (cit.); se invece tale individuazione ha successo, significa che tale distinzione ha un suo senso.
Se ho ben compreso,
Ipazia sostiene che «l'etica [...] appartiene alla filosofia» (cit.), tu che «la ricerca scientifica [...] è ricerca etica» (cit.), un altro potrebbe mettere facilmente in discussione entrambe le affermazioni; tuttavia, per me, la faccenda delle etichette non suscita molto interesse, mi basta usare quello che c'è scritto nei dizionari o, nel caso specifico, cercare di "parlare la stessa lingua" del mio interlocutore (certo, se l'interlocutore mi fa "il gioco delle tre carte" con le etichette, faccio fatica a seguirlo e magari gli chiedo di essere più chiaro).
Possono essere per me invece interessanti i contenuti di un discorso, non l'etichetta con cui lo si presenta; chiaramente, se il contenuto del discorso è questione di etichette, il mio interesse scema. Parlare del telefono, non è parlare al telefono.
Nessun gioco delle tre carte:
Il giudice della verità scientifica è l'esperimento.
Il giudice della verità etico-filosofica è, fin dai tempi di Parmenide, la persuasione, intesa come maieutica finalizzata al bene comune, non imbonimento.
Lo scienziato che trucca la ricerca e millanta saperi che non ha (ad es: covidemia), non sta facendo scienza, ma truffa, e quindi siamo pienamente nel campo etico, non scientifico.
@Phil Non puoi citare mettendo i puntini di sospensione per tralasciare laddove vi è il concreto concetto.
Ho scritto:
"Ma la ricerca scientifica con il suo rigore veritativo è ricerca etica. Cioè ricerca che non vuole ingannarsi."
L'etica è amore per il Vero.
E la scienza è rinuncia al possesso della Verità, ma in nome della Verità!
D'accordo che hai sempre affermato che per te la Verità non è.
E questa è una negazione che richiede inevitabili escamotage...
Epperò un po' di fede nel Vero per un minimo di comunicazione è indispensabile, suvvia...
Citazione di: daniele22 il 06 Marzo 2024, 17:48:35 PMImmagino che con "percezione" tu intenda percezione interiore e non specificamente dei sensi. In attesa dunque che gli accademici col loro linguaggio, a me un po' ostico, si mettano d'accordo, ¿intendi che il dire di più sarebbe una ridondanza arbitraria che manifesta di conseguenza anche posizioni opposte?
Intendo che credo si possa fare con coscienza tutto ciò che si fà senza.
Banalmente ci sono modi diversi di fare la stessa cosa che possono collaborare insieme.
Si può interagire con la realtà a caso o si può fare in modo progettuale, e il progetto è letteralmente il mondo che ci appare.
Chi è cieco dalla nascita non può capire cosa significhi vedere, ma non perciò si sente menomato, perchè possiede una variante del mondo dei vedenti non meno funzionale.
E' un diversamente vedente.
Il suo è un mondo che non distingue fra il giorno e la notte, dove la notte vale per noi una menomazione, ma non per lui.
Questi diversi progetti di mondi diversamente ''appaiono'' e noi non potremo mai immaginare il mondo di un cieco.
Il mondo del cieco però non ''appare'' a lui meno ''evidente'' del nostro e questa evidenza è immediata di modo che ognuno è portato a confondere il suo mondo con la realtà.
Non è da credere però che il processo che ha portato alla costruzione di questi diversi mondi sia stata immediata.
Un altro mondo ancora diverso è quello creato dalla scienza mediato da un metodo condiviso, che però non produce percezione.
Non si vede quel mondo, in nessun caso, che tu sia cieco o meno non fà differenza.
Per trattenerlo a mente il vedente e il non vedente faranno un modello analogico del loro mondo
Ma in ogni caso questo diverso ''nuovo mondo'' non è più confondibile con la realtà.
Quando pretendiamo di capirlo questo nuovo mondo ci riusciamo se riusciamo a fare un modello analogico di altri mondi, che sono quelli della percezione, e ciò ci può soddisfare, ma di fatto questi modellini hanno solo un valore mnemonico, e contenere con facilità nella memoria, per potere eventualmente applicare, questo modello di mondo alla realtà, significa capire.
Usare coscienza in quel che facciamo significa dover rinunciare alle evidenze, accontentandosi di un modellino che media al suo posto, quando va bene, e in mancanza del quale disponiamo di memorie digitali che ''comprendono'' quel mondo al posto nostro.
Comprensibilmente no è una prospettiva che accettiamo a cuor leggero, ma così vanno le cose, e forse sono sempre andate così in qualche modo.
Tutto ogni volta appare nuovo e diverso, ma forse si tratta sempre della stessa storia raccontata in modo diverso.
Se anche il libero arbitrio esiste noi non facciamo scelte sulla realtà, ma su una stratificazione di scelte non indipendenti fra loro che hanno creato nel tempo un mondo che comprensibilmente abbiamo confuso con la realtà, mentre è il prodotto di una stratificazione di eventi casuali e di scelte non casuali, perchè dipendenti una dall'altra.
Il caso, anche se esiste, non può fare tutto da solo e infatti il mondo, per come ci appare, non sembra avere nulla casuale.
Ma poi la realtà vallo a sapere come sarà.
Noi siamo condannati a saperlo indirettamente, per quanto ci basta, limitati da un fattore di sostenibilità, anche se facciamo fatica a capirlo.
Se questa storiella ha non senso, la morale è che perchè la realtà ci appaia per quel che è, dobbiamo usare il massimo grado di incoscienza, e ciò avverrà quando non ci sarà più un osservatore e un osservato, e noi e la realtà saremo la stessa cosa.
@Ipazia
Con il "gioco delle tre carte" non mi riferivo né a te né a bobmax; era solo per precisare, in generale, che assegnare le (proprie) etichette al volo (come capita in un forum), può comportare una richiesta di chiarezza da parte dell'interlocutore, che può far fatica a seguire tale assegnazione. Era un modo per ricordare che quando si fa un "vocabolario su misura" comunque la comunicazione esige chiarezza per avere successo. Nessuna critica nei vostri confronti.
@bobmax
Il come la ricerca scientifica sia ricerca etica, non toglie che lo sia, giusto? Ho "tagliato" la citazione perché non mi premeva mettere l'accento sul come.
In realtà non ho mai affermato che la «Verità non è», ma le ho assegnato un piano di esistenza ben preciso, quello del discorso (ma anche qui "ho già dato" e, noto, con scarso successo comunicativo).
Citazione di: bobmax il 07 Marzo 2024, 17:19:14 PMLa difficoltà non è nella complessità, ma nella semplicità.
La vera difficoltà è nel semplice.
È sempre difficile afferrare ciò che è semplice.
Viceversa ciò che è complesso si può pian piano comprenderlo, analizzandolo. Cioè scomponendolo in parti. E man mano ricostruirne le caratteristiche.
Mentre il semplice non lo si può scomporre. E così possiamo coglierlo solo con l'intuizione.
-----
Vorrei chiarire che sono convinto della esistenza della libertà.
Libertà assoluta non limitata da alcunché.
È la libertà con infinite possibilità, dove nulla è impossibile.
Questa libertà è ciò che davvero sei.
È la libertà dell'Essere. Che tu sei.
Che altro saresti mai?
Sei Essere!
Questa libertà assoluta non lascia spazio ad alcun'altra.
Il libero arbitrio individuale è una illusione.
Lo è, proprio perché tu sei assolutamente libero!
Ma a questo punto dovremmo capire chi sei...
----
Ogni scoperta scientifica non dice nulla riguardo al libero arbitrio individuale.
Il sole, i pianeti, i loro movimenti, sono tutti fatti che determinano dei ragionamenti, delle ipotesi.
Ma queste ipotesi non sono che il risultato di induzioni, cioè in sostanza sono l'effetto di azioni e reazioni nella nostra mente.
Copernico avrà avuto un cervello induttivo particolarmente performante...
Sì, la mente può risultare essere una scatola vuota.
Ma è constatando quel vuoto che possiamo, forse, tornare a noi stessi.
non dire poi che non ti rispondo.
Io ti ho risposto, ma in cambio non ho ricevuto alcun elemento di riflessione.
Quello che ho evidenziato è la tua riflessione a seguito della mia. Ma non so cosa hai detto, non corrisponde neanche 1% a ciò che ho scritto. Che vuol dire che Copernico avrà avuto un cervello induttivo particolarmente performante? Questa sarebbe la risposta filosofica?
passo
Citazione di: Phil il 07 Marzo 2024, 18:25:17 PMIn realtà non ho mai affermato che la «Verità non è», ma le ho assegnato un piano di esistenza ben preciso, quello del discorso (ma anche qui "ho già dato" e, noto, con scarso successo comunicativo).
Comprensibilmente con scarso successo :)
perchè tutto quello che sta sul piano del discorso si può negare.
Invece potremmo azzardare che la verità indichi una categoria di cose, tutto ciò che non si può negare, per cui ciò che ci appare innegabile ci apparirà vero.
E questo spiega perchè di verità si è parlato, si parla e si continuerà a parlare, almeno finché sperimenteremo casi di innegabilità.
Un esempio di cosa innegabile è la percezione che ha una natura immediata, ma tuto ciò che abbisogna di mediazione in genere, e quindi non solo necessariamente verbale, potrà essere per ciò ''negato'', perchè ogni mediazione che sia palese può essere accettata o rifiutata.
La mediazione che porta all'evidenza però non è palese, e la si può solo subire.
Secondo te Phil, ci sono esempi di mediazione palese , ma non verbale?
Forse no, però è rifiutabile ciò che si palesa, che sia di natura verbale oppure no.
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Marzo 2024, 18:42:33 PMnon dire poi che non ti rispondo.
Io ti ho risposto, ma in cambio non ho ricevuto alcun elemento di riflessione.
Quello che ho evidenziato è la tua riflessione a seguito della mia. Ma non so cosa hai detto, non corrisponde neanche 1% a ciò che ho scritto. Che vuol dire che Copernico avrà avuto un cervello induttivo particolarmente performante? Questa sarebbe la risposta filosofica?
passo
Visto che rispondi.
Può esservi libero arbitrio individuale se tutto quello che avviene è dovuto alla necessità o al caso?
Puoi dare una risposta, tramite la logica che tanto auspichi?
Non può esservi libero arbitrio individuale se tutto quello che avviene è dovuto alla necessità o al caso, e qualcuno in questo forum lo ha ben dimostrato.
Quindi se esiste libero arbitrio allora necessità e caso non sono reali, ma forse strumenti concettuali attraverso i quali interagiamo con la realtà, che danno un risultato utilizzabile.
Non sono strettamente reali, ma sono applicazioni che facciamo sulla realtà.
E a questo punto ad ognuno non resta che scegliere da che parte stare usando libero arbitrio se esiste, perchè di altre alternative fra cui scegliere comunque mi pare non ce ne siano.
Paradossalmente però, se riusciamo ad uscire dalla nostra sfera individuale, possiamo ben vedere che se ci fosse casualmente assegnato da che parte stare, non ci sarebbe differenza rispetto ad una libera scelta.
Ognuno porterebbe comunque avanti il compito di difendere la sua scelta o la sua assegnazione in quanto individuo, e solo a posteriori quindi agirebbe l'individualità, e la diversità mostrerebbe di essere la scelta vincente che ha fatto la natura, comunque sia riuscita a realizzarla.
Il l.a. ha poco a che fare con il determinismo naturale, non riguarda la scienza nella sua eziologia, visto che deriva dalla volontà di soggetti senzienti. Volontà condizionata, ma non al punto di identificarsi con l'omologazione canina pavloviana dello scientismo.
Siamo nel campo etico, proprio dell'etologia umana, che non è produzione in serie di pensieri e comportamenti.
Questa risposta non sarà soddisfacente per il metafisico sì/no, ma è reale come la differenza tra Hitler e Gandhi.
L'aggancio con la postulazione teista del l.a. non è del tutto improponibile, considerando che in ogni caso si pone l'accento sulla responsabilità individuale, fondamento irrinunciabile dell'etologia umana in ogni formazione sociale.
Citazione di: Phil il 07 Marzo 2024, 12:26:26 PML'esistenza della differenza fra scienza e filosofia mi pare ben fondata e comunemente accettata, sia fra gli estremisti che fra i moderati di entrambe le discipline. Tracciare l'eventuale linea esatta che separa le due è invece un discorso inevitabilmente aperto e provvisorio, poiché entrambe "si muovono" (o almeno una delle due, il che già basta a rendere il confine instabile). Alla fine il rischio è di impantanarsi nella solita storia delle etichette, che nel caso della filosofia (a mio avviso) sta talvolta degenerando: si discute su cosa sia e cosa "debba fare" la filosofia (e ovviamente ognuno la tira dalla sua parte) e spesso non si fa nulla di filosofico (e non si può nemmeno dire che tale dibattito sia in sé filosofico, se prima non si chiarisce cosa sia la filosofia... che potrebbe essere anche fare i conti con questo tipo di aporia).
Anche solo a livello di teoria, la scienza solitamente ha una cogenza logica e un induttivismo che spesso la distinguono nettamente dalla teoresi filosofica e, soprattutto, dalla poesia; non sempre la filosofia può dire altrettanto e questo stesso dibattito (su cui "ho già dato", molte pagine fa), dimostra una volta di più la differenza fra scienza e filosofia: comunque le si intenda, l'approccio scientifico al libero arbitrio è molto difficile da confondere con quello filosofico.e
Grazie per la chiara risposta. Essendo in netto contrasto con quello che comunemente si intende, dirò appunto che la filosofia sarebbe per me la scienza madre di tutto lo scibile umano. Pertanto, la scienza coincide con la filosofia.¿Cos'è allora la filosofia, dato che sarebbe abbastanza chiaro cosa sarebbe la scienza? La filosofia, la scienza, sarebbe chiaramente il pensiero stesso, che è necessariamente individuale, e solo in successione diviene pubblico, tramite la lingua, in forma di scienza del pensiero (filosofia). Questo paso doble temporale è importante perché può essere ingannevole, tanto che lo usano i toreri e i calciatori per ingannare toro (poveretto) e difensore; e lo fu, secondo il mio pensare, ma sorvolo. Come accade per tutte le scienze anche la scienza del pensiero può essere fallace. Il fallo evidente che io trovo sarebbe dunque fallo solo perché esso può compararsi con un fine, altrimenti che fallo sarebbe? Il fine del pensiero sarebbe dunque quello di essere corretto. La correttezza gli verrebbe data a due livelli: il primo è la sua condivisibilitá e il secondo conferito dalla logica così come può essere applicata agli sviluppi del pensiero condiviso. Tanto per fare un esempio di errore del pensiero nella teoria dell'evoluzione è implicata la nozione di mutazione genetica. Nella mutazione genetica, un tempo si parlava di casualità. Probabilmente la cosa era insostenibile, dato che si era a conoscenza di mutazioni indotte da vari agenti; il concetto migrò quindi ad "errore di copiatura". Ora, non so se nel frattempo si sia evoluta la faccenda, ¿ma cosa autorizzava a parlare prima di caso e poi di errore? Chi ci autorizza a dire che il DNA deve essere copiato pari pari, dato pure che il cosiddetto errore di fatto mette in mostra tanto le mutazioni favorevoli quanto quelle sfavorevoli? Bisognerebbe quindi correggere tale errore di pensiero. In seno quindi ai criteri che definiscono cosa debba essere scienza, la teoria dell'evoluzione sarebbe sicuramente portatrice di ampie lacune di predittività ... come la scienza filosofica lo sarebbe per gli esseri umani. Forse sarebbe il caso di dire che la scienza dovrebbe essere intesa semmai come una constatazione di cose innanzitutto e quindi considerare riproducibilità e predittività come condizioni che non tutte le scienze consentono più che altro perché la loro predittività sarebbe alquanto limitata e/o poco interessante.
Se poi scendiamo a rimirare la mondanità un altro errore di pensiero ben riscontrabile ovunque è quello di coloro che pensano di sapere il pensiero di un altro. Certo serve per litigare soprattutto ... quale idiozia! E deriva di quest'ultimo ci sarebbe infine quello di parlare del pensiero altrui, intendi quello dei filosofi, senza che questi possano dire la loro sull'interpretazione del loro pensiero ... e qui non può che affiorare il sottocitato pensiero di Kant, giusto per rimarcare il mio percorrere tale brutto vizio:
"L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a sé stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d'intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'Illuminismo."
Alla fine però i nodi vengono al pettine. Spero che tu mi risponda, giusto così che sappia pure io e soprattutto per definire la questione del falso problema del libero arbitrio ... saluti
.
P.s.: Le neuroscienze dovrebbero confermare la teoria filosofica
Citazione di: bobmax il 07 Marzo 2024, 18:56:16 PMVisto che rispondi.
Può esservi libero arbitrio individuale se tutto quello avviene è dovuto alla necessità o al caso?
Puoi dare una risposta, tramite la logica che tanto auspichi?
che vuol dire "visto che rispondi"? Non avrei dovuto? L'ho fatto per educazione, nonostante non abbia capito nulla di quello che hai detto. E mi sa che alla prossima chiudo perchè noto anche una certa spocchia.
Ora, dopo tutto quello che ho scritto invece di rispondere a quello, fai un'altra domanda così senza una struttura che la sostenga. Ok cerco di risponderti anche a questo.
Dipende da cosa intendi per necessità. E non parlo di caso, per non mischiare le capre con i fagioli.
Se io dicessi che l'uomo è nato a seguito del big bang, il big bang diventa necessario al fine della nascita dell'uomo. Ma non necessariamente l'uomo sarebbe dovuto nascere. Un cosa che implica un'altra non è detto che la contenga. E' una possibilità.
L'uomo invece non esiste, è necessaria l'esistenza del big bang?
Io ho coscienza del Sole, è quindi necessaria l'esistenza del big bang?
La conclusione è che se io ho coscienza posso affermare qualcosa, che sia vera o che sia falsa.
Nel momento in cui affermo qualcosa allora è necessario che io sia cosciente. Potrei anche non affermare nulla, stare in silenzio (come avrei potuto fare dopo le tue non-risposte) in quanto la coscienza implica una affermazione (posso darla solo se sono cosciente), ma non è detto che la contenga (potevo non rispondere).
Come ho gia detto un numero di volte (che non ricordo però quante) la coscienza implica il libero arbitrio, ma come per il big bang non è detto che la contenga. Ovvero è necessaria la coscienza per il libero arbitrio, ma non è detto che la contenga. Infatti non è la coscienza un sinonimo di libero arbitrio, ma è necessario essere coscienti per poter esercitare il libero arbitrio.
In cosa consiste questa libertà?
Ogni azione cosciente è necessariamente libera? Non è affermato questo.
Allora in cosa consiste questa libertà?
Un'azione libera non deve essere prodotta dalla necessità o dal caso?
L'affermazione che sostiene che tutto quello che avviene, avviene per caso o necessità è del tutto arbitraria.
La coscienza è infatti necessaria ma non implica un'azione libera. Perchè si abbia un'azione libera la coscienza deve farti vedere la necessità della libertà. Come ho gia detto in precendenza, essere coscienti, essere consapevoli di non sapere può esercitare l'impulso a cercare altri condizionamenti per liberarsi da questo stato di ignoranza.
E' necessario che io prenda coscienza della mia ignoranza e mi muova a colmare le lacune, come è necessario che io veda un tramonto o il Sole?
Tutte queste (e infinite) affermazioni sono "necessarie" a qualcosa o a qualcuno? Io direi proprio di no! Sono tutte
dati di fatto, come l'esistenza del Big bang, o del Sole o del fatto che esiste Tramp.
Sul caso ci sarebbe bisogno di una trattazione a parte, anche perchè se l'uomo nasce dal Big Bang ma la nascita dell'uomo non può essere un fatto implicito, ma solo un fatto casuale (potevamo pure non esistere l'universo ne avrebbe fatto anche a meno) allora la scoperta dell'universo attraverso la coscienza diventa non solo un fatto (qualcosa che accade oppure non accade) ma un vero e proprio miracolo e i miracoli difficilmente avvengono per caso.
Citazione di: iano il 07 Marzo 2024, 18:51:01 PMSecondo te Phil, ci sono esempi di mediazione palese , ma non verbale?
Siamo
offtopic quindi rispondo telegraficamente (anche perché non saprei cosa aggiungere a quanto già detto altrove): la percezione stessa è una mediazione non verbale, il sistema nervoso periferico è a suo modo un
medium tra il mondo esterno e il cervello.
Citazione di: daniele22 il 07 Marzo 2024, 20:29:14 PMAlla fine però i nodi vengono al pettine. Spero che tu mi risponda, giusto così che sappia pure io e soprattutto per definire la questione del falso problema del libero arbitrio
Credo di aver capito cosa intendi con «filosofia»; non mi resta dunque che tenerne conto, anche se non ho compreso esattamente su quale questione mi proponi di rispondere. Sul libero arbitrio, non ho particolari osservazioni e, come detto, la mia opinione in merito è già altrove (da pagina 2 a pagina 8, circa); se lo intendi come un falso problema, significa che lo hai già decostruito a sufficienza; se ora vuoi ricostruirlo o giocare con chi non lo ha ancora smontato, la (libera?) scelta è tua.
Citazione di: Phil il 07 Marzo 2024, 12:26:26 PML'esistenza della differenza fra scienza e filosofia mi pare ben fondata e comunemente accettata, sia fra gli estremisti che fra i moderati di entrambe le discipline. Tracciare l'eventuale linea esatta che separa le due è invece un discorso inevitabilmente aperto e provvisorio, poiché entrambe "si muovono" (o almeno una delle due, il che già basta a rendere il confine instabile)
La differenza dovrebbe trovarsi nella loro storia, dove la scienza viene dopo, e la confusione del confine deriva dal fatto che la filosofia non ha smesso di essere attuale, per quanto si continui a darla per morta.
Forse ci può aiutare considerare lo stretto legame fra filosofia e pensiero, dove però la filosofia è più da vedere come un modo di rapportarsi con la realtà attraverso il pensiero, e la filosofia è ancora attuale perchè non abbiamo smesso di pensare.
In apparenza invece possiamo smettere di fare scienza la quale è un modo nuovo di rapportarsi con la realtà, che usa ancora il pensiero, ma non in modo esclusivo, e nella misura in cui lo fà c'è una sovrapposizione fra scienza e filosofia che rende difficile tracciare un preciso confine.
Una scienza che non usa in modo esclusivo il pensiero è una ipotesi tutta da sviluppare credo, ma quantomeno del peso della memoria, senza la quale il pensiero non può procedere, ci siamo in parte sgravati , come pure del pensiero nelle sue parti che si ripetono, divenute algoritmi.
Però quest'ultima non è una assoluta novità, in quanto tendiamo per natura a non pensare più a ciò che facciamo ripetendo gli stessi lavori, e se li possiamo fare noi certi lavori senza pensare allora perchè non delegarli a macchine non pensanti?
C'è di che sentirsi alienati, e infatti lo siamo.
Quindi cos'altro possiamo fare se non sforzarci di vedere il lato positivo dell'alienazione?
Perchè smettere di fare scienza in teoria si può , ma di fatto significherebbe cristallizzare il nostro rapporto con la realtà , come se si potesse negare il carattere dinamico della vita, che invece non è negoziabile.
La difficoltà nel tracciare un confine fra scienza è filosofia è dovuta al fatto che la nostra attenzione è attratta dalle discontinuità che tendiamo vedere quindi anche dove non ci sono.
Sforzandosi invece di vedere continuità dove non appare si ridimensiona il problema di trovare il confine fra le cose, che in effetti non c'è, ma che si può tracciare.
La spiegazione più semplice è la continuità delle cose, che dovrebbe essere quindi la prima ipotesi da fare, al di là delle apparenze.
Se l'ipotesi non funziona allora si passa all'ipotesi di discontinuità, dimostrando l'incompatibilità fra scienza e filosofia, ma non ci conterei troppo, perchè più che una realtà mi sembra un posto dove andarsi a rifugiare per lenire le nostre alienazioni.
Citazione di: Phil il 07 Marzo 2024, 21:26:40 PMSiamo offtopic quindi rispondo telegraficamente (anche perché non saprei cosa aggiungere a quanto già detto altrove): la percezione stessa è una mediazione non verbale, il sistema nervoso periferico è a suo modo un medium tra il mondo esterno e il cervello.
La percezione è il risultato di una mediazione non verbale, ma come ho scritto ciò che conta non è che non sia verbale, ma che non sia palese, e se non palese non puoi reciderla, come potresti recidere un sistema nervoso, o tirare una riga su uno scritto, negandolo.
Nell'intervento precedente ho parlato solo di necessità, almeno sotto un aspetto, quello che mi interessa.
E' necessario che io sia cosciente? No, è un fatto. Sono cosciente di non sapere! E' necessario a qualcosa o a qualcuno che lo sia? No è un fatto anche quello. E cosi per tutte le realtà che sono state illuminate alla luce della coscienza.
Nell'universo è capitata una cosa fuori dal comune, in una parte piccolissima quasi microscopica, se rapportata alla grandezza dell'universo, è successo un fatto: la coscienza. Con questo ho eliminato la necessità come affermazione "tutto avviene per necessità". Non è vero! L'ho dimostrato. Se sono cosciente di non sapere questo non è dovuto ad una necessità, ma a un fatto, causato solo dal fatto di essere cosciente. Punto e a capo.
Ora mi dedico al caso.
Nelle prime 5 pagine che ho letto piu le ultime 10 (piu o meno), non ho letto una cosa importante che andrebbe detta.
Esistono solo due modi per indicare il caso.
il caso può avere natura epistemica o ontologica.
Quella ontologica si riferisce alle indeterminazioni quantistiche, quella epistemica all'ignoranza delle variabili in gioco.
Nell'universo il caso è cosi per metà di natura epistemica per l'altra metà ontologica.
Se vogliamo sapere la velocità di un'automobile mentre passa davanti all'autovelox non abbiamo bisogno di tirare a indovinare, è fuor di dubbio che quella velocità è sufficiente per incrimininare l'automobilista per eccesso di velocità oppure lascarlo andare per essere riuscito a stare sotto la velocità massima consentita. Certo se invece dell'automobile avessimo voluto fare una contravvenzione ad un fotone, allora, per una precisa legge di indeterminazione, non è possibile stabilire la velocità rispetto alla posizione. La multa verrebbe contestata.
Mi sono accorto che il caso viene tirato in ballo accostandolo al determinismo. Ma vanno fatte delle precise considerazioni. Quello che voi state pensando non è al determinismo ma al superdeterminismo. Nel caso di superdeterminismo sarebbero inutili i fiumi di parole. Anche la casualità quantistica (come detto ontologica) sarebbe riconducibile al determinismo che in questo specifico caso si chiamerebbe super-determinismo.
In altre parole è il destino dell'universo ad essere segnato e qualsiasi cosa sia successa dal big bang in avanti è stato "preconfezionato" all'inizio. Io ho parlato inizialmente di coscienza, anzi di Terra e esseri viventi come una cosa che poteva anche non accadere. Nel superdeterminismo non c'è alcuna situazione casuale.
Il caso si confonde con il caos. La teoria del caos stabilisce che il sistema è molto sensibile alle condizioni iniziali e se questi vengono cambiati anche di una inerzia i risultati finali possono essere molto differenti.
Cosa c'entra questo con il libero arbitrio? C'entra perchè entra l'idea che l'universo è del tipo caotico deterministico e quel che uno sceglie di fare oggi in Italia lo ha dettato al limite la farfalla che ha battuto le ali tre anni fa in Australia.
Chiaramente esagero per farmi capire.
Come ho gia detto nel precedente post, ciò che avviene nell'universo potrebbe anche essere dettato da dal caos e dal determinismo, al limite anche dal caso ontologico, ma è pur vero che l'elemento "coscienza" spezza questo flusso. E' come se fosse una falfalla piu grande che questa volta agisce dentro di noi e no a migliaia di kilometri di distanza.
Per cui la coscienza sarà sorta per caso, ma nel momento in cui è sorta ha originato un ordine che prima non c'era.
Io guarderei la coscienza dal punto di vista entropico. Cioè un momento in cui l'entropia si abbassa in modo repentino. E' praticamente (vedendo la cosa sempre con le dovute proporzioni) un altro Big Bang, è il momento in cui si avvia l'azione e no una dove la si subisce.
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Marzo 2024, 23:14:28 PMIo guarderei la coscienza dal punto di vista entropico. Cioè un momento in cui l'entropia si abbassa in modo repentino. E' praticamente (vedendo la cosa sempre con le dovute proporzioni) un altro Big Bang, è il momento in cui si avvia l'azione e no una dove la si subisce.
Io guarderei la nascita della coscienza e della vita come una cosa sola, perchè mi sembra una ipotesi sufficiente a spiegare la differenza comportamentale fra esseri viventi e non viventi almeno a un primo livello, da cui poi tentare passi ulteriori.
Naturalmente è lecito ipotizzare anche big bang personalizzati per ogni cosa, ma nella misura in cui complicano la comprensione andrebbero strettamente giustificati, se di loro evidenza non se ne ha.
Come si comporta dunque una palla da biliardo che diventi all'improvviso cosciente?
Il soggetto del comportamento è voluto, nella sua semplicità, perchè scegliere un soggetto più complicato non è una spiegazione, ma vale ad alzare una cortina fumogena, che da conto del perchè non si dia una risposta che in effetti non si ha, cercando di cadere così in piedi.
Restando dentro a un determinismo stretto una palla da biliardo cosciente ha un comportamento le cui cause sufficienti non sono più riducibili a ciò che è altro da lei, ma deve includere anche ciò che essendo stato altro da lei, è divenuto sua memoria, mutandone la forma, e al minimo è la diversa forma a giustificare un comportamento continuamente rinnovato.
Ma come ho suggerito altrove esistono ipotesi ancora più semplici e con maggior potere esplicativo.
Una è quella che afferma che caso e necessità non siano cose strettamente reali, nel senso che lo sono solo in quanto applicazioni che gli esseri viventi fanno sulla realtà.
Dentro a questo quadro teorico così semplificato è forse più facile trovare un posto per il libero arbitrio, e i suoi effetti dovrebbero essere il dato da cui partire per cercare di indurre la sua natura, se non vogliamo limitarlo a una sensazione di libertà, che è solo il motivo per cui ne parliamo.
Tra caso e necessità "serpeggia" il frutto originale dell'autocoscienza, le volontà, non "necessariamente" o essenzialmente di potenza, ma pure di sapere, essere, diventare quello che si è, esistere al meglio delle proprie possibilità. Techne ovvero arte. Magari arteficio. Rendendo gaia la scienza con la passione del gioco. Non più eterno di un mandala.
Aldilà della cristallizzazione metafisica, dogmatica o scettica, di ricerca di una verità assoluta, gustare il nettare qui ed ora dell'impermanenza di ogni cosa nel dolce mare dell'infinito leopardiano.
Dopo il martello, la ginestra.
Citazione di: Ipazia il 08 Marzo 2024, 06:51:54 AMTra caso e necessità "serpeggia" il frutto originale dell'autocoscienza, le volontà, non "necessariamente" o essenzialmente di potenza, ma pure di sapere, essere, diventare quello che si è, esistere al meglio delle proprie possibilità. Techne ovvero arte. Magari arteficio. Rendendo gaia la scienza con la passione del gioco. Non più eterno di un mandala.
Aldilà della cristallizzazione metafisica, dogmatica o scettica, di ricerca di una verità assoluta, gustare il nettare qui ed ora dell'impermanenza di ogni cosa nel dolce mare dell'infinito leopardiano.
Dopo il martello, la ginestra.
Ma l'autocoscienza è possibile solo se ciò che percepiamo di essere sia del tutto distinto da ciò che siamo.
Equivale a interagire con la realtà attraverso un avatar, il che non è necessariamente negativo, perchè il vantaggio di percepire un confine di noi che non c'è è di poterlo sempre ritracciare, se questa percezione è funzionale, e non fine a se stessa.
L'autocoscienza è una percezione di noi dentro a un mondo che non è in se necessario, ma solo possibile.
E' un modo di vedersi che si può cambiare, ma solo cambiando il mondo di cui è parte.
E' un pacchetto vacanze tutto compreso dove il libero arbitrio è un turista per caso, e la sorpresa è la sua meta principale.
Citazione di: viator il 25 Dicembre 2020, 18:06:57 PMSalve Socrate78. Argomento già trattato qui dentro (ti giuro, le ho contate !) 381 volte..........
Pure se sei sparito dalla circolazione per me resti sempre un punto di riferimento ... chissà chi tra noi due avrà infine ragione. Ti ricordo infatti la nostra scommessa e sono abbastanza certo che tu speri che abbia ragione io. Un euro e venti, se ben ricordo era la posta in palio. Illustrissimo ... un saluto
Citazione di: Phil il 07 Marzo 2024, 21:26:40 PMSiamo offtopic quindi rispondo telegraficamente (anche perché non saprei cosa aggiungere a quanto già detto altrove): la percezione stessa è una mediazione non verbale, il sistema nervoso periferico è a suo modo un medium tra il mondo esterno e il cervello.
Credo di aver capito cosa intendi con «filosofia»; non mi resta dunque che tenerne conto, anche se non ho compreso esattamente su quale questione mi proponi di rispondere. Sul libero arbitrio, non ho particolari osservazioni e, come detto, la mia opinione in merito è già altrove (da pagina 2 a pagina 8, circa); se lo intendi come un falso problema, significa che lo hai già decostruito a sufficienza; se ora vuoi ricostruirlo o giocare con chi non lo ha ancora smontato, la (libera?) scelta è tua.
Considero questa risposta una abile non risposta
Citazione di: Phil il 07 Marzo 2024, 21:26:40 PMSiamo offtopic quindi rispondo telegraficamente (anche perché non saprei cosa aggiungere a quanto già detto altrove): la percezione stessa è una mediazione non verbale, il sistema nervoso periferico è a suo modo un medium tra il mondo esterno e il cervello.
Credo di aver capito cosa intendi con «filosofia»; non mi resta dunque che tenerne conto, anche se non ho compreso esattamente su quale questione mi proponi di rispondere. Sul libero arbitrio, non ho particolari osservazioni e, come detto, la mia opinione in merito è già altrove (da pagina 2 a pagina 8, circa); se lo intendi come un falso problema, significa che lo hai già decostruito a sufficienza; se ora vuoi ricostruirlo o giocare con chi non lo ha ancora smontato, la (libera?) scelta è tua.
Considero questa risposta come una abile non risposta
@ianoUn tutto compreso coi suoi gradi, non metafisici, di libertà. Pure per l'ape esperta che sa individuare il fiore più proficuo.
Se usciamo dal castello incantato della libertà assoluta (manco Dio, coi grattacapi infernali che si è ritrovato tanto da doversi incarnare, e ancora non funziona) ci avventuriamo nelle meraviglie della
libertà possibile.
Fosse per me non dico che staremmo ancora sugli alberi, ma quasi. Se sostengo che il libero arbitrio è un falso problema è perché voi vi fissate su delle cose invece che volgere lo sguardo su cosa significhi compiere una scelta. Eppure continuate tutti a girarvi attorno. Allora, tanto per dire, non sarà di sicuro così, ma uno potrebbe anche arrivare fino a sera senza che vi sia stato per lui il bisogno di compiere una scelta. Pertanto, quando si è consapevoli di scegliere sarebbe logico che c'è un motivo per cui si sceglie e quel motivo è quello che ci dà la prova matematica del nostro condizionamento di qualunque natura esso sia. Paradossalmente, si sarebbe liberi quando non si sceglie. Nel momento in cui mi trovassi poi di fronte a uno che mi dice che no, che non è vero e che noi siamo liberi, gli direi che ha senz'altro ragione, ma che questo fatto, purtroppo, nulla cambia nel mio agire e tanto meno nel suo che è convinto di essere libero .... Qualcuno vuol continuare? Prego
.
P.s.: Avviso per quelli che si sperticano a proporre principi etico/morali fondati sulla loro idea più o meno condivisa: prima di giudicare il male che fanno gli altri giudicate come reagite voi quando vi fanno del male e prendetene misura
La volontà umana è posta tra i due [Dio e Satana] come un giumento, il quale, se sul dorso abbia Dio, vuole andare e va dove vuole Dio, [...] se invece sul suo dorso si sia assiso Satana, allora vuole andare e va dove vuole Satana, e non è sua facoltà di correre e cercare l'uno o l'altro cavalcatore, ma i due cavalcatori contendono fra loro per averlo e possederlo." (Lutero, De servo arbitrio).il libero arbitrio è un concetto teologico . Il campo di battaglia e' la volontà che vuole e non vuole allo stesso tempo (Paolo: "desidero il bene ma opero il male..ecc."). Se osserviamo "con coscienza" 😀 le nostre scelte sentiamo spesso questa ambivalenza che si percepisce come una oscura indecisione.
La questione del libero arbitrio non è un falso problema.
Perché, anche solo dubitare della sua esistenza, può mettere in crisi la nostra usuale interpretazione del mondo e della vita.
Questa rivoluzione può però avvenire solo se si riesce a tener ferma l'idea. Almeno fino a farla davvero nostra.
Vincendo la repulsione che suscita.
Dopo, inevitabilmente, si ritorna allo stato usuale, dove vi sono io che scelgo questo piuttosto che quest'altro.
Ma nel frattempo una nuova consapevolezza incomincia a svilupparsi.
Domande antiche, sepolte senza alcuna risposta, si rifanno ora vive.
Chi sono allora io?
È questo mondo un puro deserto senza senso... oppure vi è di più, molto di più?
Questa stessa comprensione, della non esistenza del libero arbitrio individuale, donde proviene e... a chi è rivolta?
Una metamorfosi che per avvenire necessita solo di una cosa: fede nella Verità.
Non è un falso problema a maggior ragione per chi non ha un ordine divino precostituito del bene e del male, ma se lo deve inventare continuamente, utilizzando solo i poveri attrezzi che la natura fornisce.
Citazione di: daniele22 il 08 Marzo 2024, 07:55:24 AMFosse per me non dico che staremmo ancora sugli alberi, ma quasi. Se sostengo che il libero arbitrio è un falso problema è perché voi vi fissate su delle cose invece che volgere lo sguardo su cosa significhi compiere una scelta. Eppure continuate tutti a girarvi attorno. Allora, tanto per dire, non sarà di sicuro così, ma uno potrebbe anche arrivare fino a sera senza che vi sia stato per lui il bisogno di compiere una scelta. Pertanto, quando si è consapevoli di scegliere sarebbe logico che c'è un motivo per cui si sceglie e quel motivo è quello che ci dà la prova matematica del nostro condizionamento di qualunque natura esso sia. Paradossalmente, si sarebbe liberi quando non si sceglie. Nel momento in cui mi trovassi poi di fronte a uno che mi dice che no, che non è vero e che noi siamo liberi, gli direi che ha senz'altro ragione, ma che questo fatto, purtroppo, nulla cambia nel mio agire e tanto meno nel suo che è convinto di essere libero .... Qualcuno vuol continuare? Prego
.
P.s.: Avviso per quelli che si sperticano a proporre principi etico/morali fondati sulla loro idea più o meno condivisa: prima di giudicare il male che fanno gli altri giudicate come reagite voi quando vi fanno del male e prendetene misura
Il dibattito teologico aiuta metodologicamente (bene vs. male): bisogna trovare un fondamento che ci orienti nella scelta. Empiricamente, tutte le società umane l'hanno fatto da sempre. Però troppo spesso la scelta del "bene" è stata assai dolorosa contro un "male" dominante. Ma carica di libertà.
Ma non hanno trovato il bene assoluto?
Incartatevi voi: il mondo si accontenta del bene relativo. E sarebbe pure grasso che cola.
Citazione di: daniele22 il 08 Marzo 2024, 07:51:14 AMConsidero questa risposta come una abile non risposta
Eppure nella "non risposta" c'è un indizio fondamentale per averne la giusta chiave di lettura: «non ho compreso esattamente su quale questione mi proponi di rispondere»(autocit.). Una "non risposta" per una "non (compresa) domanda"; mi pare legittimo.
Citazione di: iano il 08 Marzo 2024, 05:44:39 AMNaturalmente è lecito ipotizzare anche big bang personalizzati per ogni cosa, ma nella misura in cui complicano la comprensione andrebbero strettamente giustificati, se di loro evidenza non se ne ha.
Non è una complicazione e le cose sono evidenti di per se.
Chiaramente, come ho già detto, vanno fatte le giuste proporzioni, ma l'asserzione è semplice. Il big bang rappresenta al momento uno stato con la piu bassa entropia immaginabile. Come tutti sanno, l'entropia può solo aumentare.
Dopo il Big Bang l'entropia dell'universo infatti è aumentata nel suo complesso, ma ci sono delle situazioni in cui l'entropia locale diminuisce (e puntualizzo quella locale, perchè nel complesso aumenta sempre). La Terra è a bassa entropia, la vita è a bassa entropia. Quindi tutte queste forme a bassa entropia creano situazioni di ordine. Non ci vuole molto per creare disordine, anzi è proprio la legge che prevede che si proceda verso il disordine. E' una cosa naturale come la morte. L'uomo, come ogni essere vivente, tende a mantenere un suo ordine interno. Ma è natuale che il suo sforzo non potrà durare per molto, poiche la legge prevede che questo sforzo produce nel tempo sempre meno ordine, fino alla morte.
Per cui non si parla di big bang personalizzati. E' la natura che procede in questo modo.
La coscienza non può che avere una bassa entropia. L'informazione contenuta li dentro non dipende dalle singole parti che la compongono, ma è da intendere come una informazione ottenuta appena essa si sia attivata, cioè quando raggiunge la minima entropia. In quel momento diventa una entità "indipendente". Cioè che non dipende da nulla se no da quello che si è raggiunto appena essa si sia attivata come coscienza. Nell'universo ci sono tanti oggetti simili fra loro: pianeti, stelle, galassie ecc. Sono tutte entità a bassa entropia ma che dopo tutto devono sottostare alle leggi della natura, non hanno un libero arbitrio, non possono scegliere. Ma questo anche perchè non sono coscienti di essere pianeti o stelle. Il loro destino è determinato dalle condizioni che hanno intorno.
La nostra è una situazione piu particolare, molto piu particolare. Siamo comunque destinati a soccombere, ma nel breve tempo in cui si rimane in questa predisposizione, la nostra condizione ci permette di prendere delle decisioni anche in merito alla nostra morte, o per il bene di chi arriverà dopo di noi. Perchè noi siamo coscienti di quello che ci gira attorno.
Questa è una condizione di libertà rispetto alla materia di cui noi siamo composti.
Citazione di: Phil il 08 Marzo 2024, 11:01:51 AMEppure nella "non risposta" c'è un indizio fondamentale per averne la giusta chiave di lettura: «non ho compreso esattamente su quale questione mi proponi di rispondere»(autocit.). Una "non risposta" per una "non (compresa) domanda"; mi pare legittimo.
Ma infatti è per questo che ho detto "una abile non risposta". Se ti interessa posso spiegartelo
Citazione di: daniele22 il 08 Marzo 2024, 07:55:24 AMFosse per me non dico che staremmo ancora sugli alberi, ma quasi. Se sostengo che il libero arbitrio è un falso problema è perché voi vi fissate su delle cose invece che volgere lo sguardo su cosa significhi compiere una scelta. Eppure continuate tutti a girarvi attorno. Allora, tanto per dire, non sarà di sicuro così, ma uno potrebbe anche arrivare fino a sera senza che vi sia stato per lui il bisogno di compiere una scelta. Pertanto, quando si è consapevoli di scegliere sarebbe logico che c'è un motivo per cui si sceglie e quel motivo è quello che ci dà la prova matematica del nostro condizionamento di qualunque natura esso sia. Paradossalmente, si sarebbe liberi quando non si sceglie. Nel momento in cui mi trovassi poi di fronte a uno che mi dice che no, che non è vero e che noi siamo liberi, gli direi che ha senz'altro ragione, ma che questo fatto, purtroppo, nulla cambia nel mio agire e tanto meno nel suo che è convinto di essere libero .... Qualcuno vuol continuare? Prego
.
P.s.: Avviso per quelli che si sperticano a proporre principi etico/morali fondati sulla loro idea più o meno condivisa: prima di giudicare il male che fanno gli altri giudicate come reagite voi quando vi fanno del male e prendetene misura
Qualcuno ha detto che anche solo il dubbio che il libero arbitrio non esista può mettere in crisi il sistema. Io dico che il sistema è già in crisi proprio perché qualcuno è convinto della sua esistenza.
Spiego meglio il senso dell'autocitazione. Volevo arrivarci per via empirica: cioè, nella domanda "qualcuno vuole continuare?" intendevo dire "qualcuno vuole rispondere". Allora se dico che nulla cambia pretendo una risposta che sostenga nel prosieguo del dialogo una ragione opposta alla mia seguendo il modello: "No, non è così come dici perché altrimenti .... etc etc".
Più che mettere in crisi il sistema, che anzi potrebbe avvantaggiarsene da minori scrupoli morali ("se ti licenzio è perché non posso fare diversamente, non ho scelta"), mette in crisi l'etica. Se un criminale lo metti in galera lo stesso perché "può essere pericoloso per l'ordine", come gestire l'etica in guerra? Perché non uccidere i prigionieri, per esempio, che la mente piena di odio ti spinge a fare come scelta? Sarebbe un problema in meno e moralmente non hai nessuna colpa, vista che, con un determinismo forte, non esistono più colpe. Diventerebbe un alibi potentissimo:" Non posso fare altro , non puoi giudicare" . "Ho violentato quella bambina! Era scritto già nel big bang"😎
daniele22@ scive:
Pertanto, quando si è consapevoli di scegliere sarebbe logico che c'è un motivo per cui si sceglie e quel motivo è quello che ci dà la prova matematica del nostro condizionamento di qualunque natura esso sia.
---------------
E' un ragionamento fallace. Non si può scegliere se non ci sono opzioni di scelta. La libertà non sussiste nel scegliere quale seguire, ma nel creare nuove possibilità o opzioni di scelta. E quelle te le vai a cercare solo se sei cosciente che hai questa possibilità. Poi potresti anche essere condizionato nella scelta, e magari ti indirizzi verso quella che ti soddisfa maggiormente, ma te la sei andata a cercare volontariamente. Quella di essere consapevole, non è una scelta ma un dato di fatto. Poi se sei consapevole di non sapere allora hai solo due strade, o rimani fermo e non fai niente o vai ad informarti. Se non fossi consapevole non faresti niente, non avresti l'opzione di muoverti nell'intento di capire maggiormente una situazione. Nel momento che ti sei informato comprendi meglio la situazione allora ti si aprono molte altre strade. Tutte strade che non avresti se non fossi cosciente. Poi potresti ragionevolmente scegliere quella piu gradita o favorevole, ma in tanto ora ne hai davanti al tuo percorso e se proprio non fossi ancora contento potresti ancora una volta ritornare verso una maggiore comprensione. Quando ti sentirai piu o meno soddisfatto scegli e magari scegli attraverso dei condizionamenti, ma che non avresti avuto se non ti fossi mosso, coscientemente, nell'apprenderle.
Io credo che questi ragionamenti, che leggo, siano ottocenteschi. Sarei condizionato quindi non sarei libero. Bha... io li ho superati, ma vedo che siete parecchio "condizionati" dagli stessi ragionamenti (che facevo quando andavo alle scuole elementari). Se non andate oltre rimarrete poco liberi anche solo di pensare, e non solo di decidere (che è magari una conseguenza).
Il principio di reciprocità è già un ottimo tassello del fondamento etico condivisibile, al di là di caso e necessità.
La constatazione della non esistenza del libero arbitrio non cambia nulla e... cambia tutto.
Dipende dall'ambito toccato dalla constatazione stessa.
Cioè se è una evidenza che resta relegata alla comprensione di come il mondo funziona, e quindi pure il nostro esserci, il nostro agire fattuale nel mondo, oppure se va a toccare anche la sfera etica.
Nel primo caso non cambia nulla.
Si tratta soltanto di un dato in più. Magari utile per vivere con maggior disincanto ciò che avviene. Ma resta comunque confinato nella comprensione logica della realtà. Nulla di sostanziale, se non, forse, si può provare una lieve sensazione di disagio...
Disagio dovuto all'aver sfiorato il limite dell'esserci, senza però viverlo esistenzialmente. Cioè senza averne colto l'abisso.
Viceversa nel secondo caso, la constatazione della non esistenza del libero arbitrio erompe brutalmente nel senso della vita, nel suo possibile valore.
Abbiamo di fronte il bene e il male, la gioia e il dolore, il giusto e l'ingiusto...
Senza che vi sia nessuno che davvero sceglie, agisce. Nessuno che davvero viva.
Tutto, tutto segue il destino.
Qui può allora aprirsi una frattura nell'esserci mondano.
Può avvenire una trasfigurazione.
Cioè può prendere il sopravvento ciò che ci annulla come individui: la Compassione.
che cosa sia la libertà Ve lo dice un sano e vero innamoramento: della libertà non vi importa un fico secco , la realtà si fa da parte e voi volete solo e soltanto godere il vostro amore.
Premetto quanto già dissi, cioè che ad oggi ad essere in crisi è l'attuale sistema (democratico). Con questo non intendo che la democrazia sia da buttare ... anzi, mi sembra l'unico sistema sostenibile, almeno per come la penso io, cioè adatto ai miei scopi ... ben noti e stranoti. Altri possono pensare diversamente.
Rispondo a tutti, anche a Il Dubbio spero. In particolare a te Pio giacché sei l'unico ad avere fatto esempi concreti come avevo auspicato. Ti dirò tra l'altro che il problema l'ho risolto tra me e me e questa forse sarà la prima volta che posso testare tale soluzione con altri.
Se io fossi pressoché certo che ogni mia decisione, scelta, fosse condizionata, non potrei fare un bel nulla per cambiare il mondo e me stesso poiché, ogni mia scelta consapevole che si volge al non ancora manifesto (futuro) sarebbe condizionata. Al contrario, se fossi pressoché certo che io abbia effettivamente la capacità e/o possibilità di scegliere in modo autonomo, non condizionato da qualcosa, ti chiedo: visto che sei libero di scegliere, su cosa fondi la tua scelta?
Passando quindi al caso concreto dell'imprenditore che licenzia ti faccio presente, per quel che posso saperne, che negli Usa ti licenziano senza prendersi più di tanto la briga di spiegarti il perché. Sarà per loro semmai una questione di stile. Immagino quindi che tale fatto corrisponda al loro modo di essere, alla loro cultura e tradizione. Pertanto, se sei libero di scegliere immagino sempre che propugnerai la tua scelta fondandoti sulla tradizione, assecondandola o contestandola in parte, anche fino al punto di contestarla in toto, come fa il sottoscritto appunto. Stessa cosa valga per i trattati sulla guerra ... che poi uno li rispetti oppure no, tanto quanto si soluzioni in modo pacifico le guerre, lo vediamo pure oggi (memento sulla premessa).
Vedete ora voi, restando sempre su esempi concreti però, se la faccenda possa esaurirsi nel modo che ho esposto, abbastanza banale, o se faccia sorgere, come spero, altre domande o contestazioni
.
.
Ps: per Phil senza la chiocciola: La realtà è strana. Se ho detto che mi hai fornito "una abile non risposta" non intendevo dire necessariamente che tu me l'abbia fornita con intento malizioso; il diavolo, il matto che non è matto, oppure è matto e fa lo stesso, dice che è proprio per questo che la realtà è ben strana. Se vuoi si può approfondire
Citazione di: daniele22 il 12 Marzo 2024, 15:26:50 PMSe io fossi pressoché certo che ogni mia decisione, scelta, fosse condizionata, non potrei fare un bel nulla per cambiare il mondo e me stesso poiché, ogni mia scelta consapevole che si volge al non ancora manifesto (futuro) sarebbe condizionata.
La supposta certezza di essere condizionati può non valere come una condizione ?
Che non equivalga ad una condizione sei tu che lo decidi, essendo libero di sceglierlo?
Citazione di: daniele22 il 12 Marzo 2024, 15:26:50 PMRispondo a tutti, anche a Il Dubbio spero.
no, a me non hai risposto e per dire il vero nessuno lo ha fatto. Io pongo la questione in modo differente.
Citazione di: iano il 12 Marzo 2024, 16:12:04 PMLa supposta certezza di essere condizionati può non valere come una condizione ?
Che non equivalga ad una condizione sei tu che lo decidi, essendo libero di sceglierlo?
Ciao ... come spesso accade non comprendo ciò che dici. Ammetto che a volte sono duro di comprendonio. Mi accontento del fatto che ci sia anche il detto "testa dura, cuore tenero"
Citazione di: Il_Dubbio il 12 Marzo 2024, 20:07:30 PMno, a me non hai risposto e per dire il vero nessuno lo ha fatto. Io pongo la questione in modo differente.
Avevi detto:
daniele22@ scive:
Pertanto, quando si è consapevoli di scegliere sarebbe logico che c'è un motivo per cui si sceglie e quel motivo è quello che ci dà la prova matematica del nostro condizionamento di qualunque natura esso sia.
---------------
E' un ragionamento fallace. Non si può scegliere se non ci sono opzioni di scelta.
Ovvio. Da dove desumi che io abbia detto il contrario?
La libertà non sussiste nel scegliere quale seguire, ma nel creare nuove possibilità o opzioni di scelta. E quelle te le vai a cercare solo se sei cosciente che hai questa possibilità.
Ovvio anche questo e anche tale tua affermazione che in sequenza vorrebbe giudicare fallace il mio pensiero resta vuota.
Poi potresti anche essere condizionato nella scelta, e magari ti indirizzi verso quella che ti soddisfa maggiormente, ma te la sei andata a cercare volontariamente. Quella di essere consapevole, non è una scelta ma un dato di fatto.
E qui casca l'asino. Cosa significa "potresti essere condizionato?". Infatti per me sei condizionato e basta; sei condizionato dalla consapevolezza presente nel "qui e ora" rispetto alla scelta (appunto condizionata) che metterai in atto. Per scegliere un maglione, normalmente, non verrà a galla alla tua coscienza la crisi di Sigonella, e se per caso accadesse tale fatto, questo allargherebbe le tue opzioni di scelta (condizionate appunto)
La teoria è: non cambia nulla nella nostra azione nel mondo sapere o non sapere di essere obbligati e/o liberi nella scelta.
I casi concreti sono l'esperimento. Ad esempio, a fronte di quello che avevo detto a Pio, uno potrebbe chiedere: Se fosse come dici, cos'è allora la volontà?
Citazione di: daniele22 il 13 Marzo 2024, 07:58:59 AME qui casca l'asino. Cosa significa "potresti essere condizionato?". Infatti per me sei condizionato e basta; sei condizionato dalla consapevolezza presente nel "qui e ora" rispetto alla scelta (appunto condizionata) che metterai in atto. Per scegliere un maglione, normalmente, non verrà a galla alla tua coscienza la crisi di Sigonella, e se per caso accadesse tale fatto, questo allargherebbe le tue opzioni di scelta (condizionate appunto)
Se le condizioni le hai anche create tu coscientemente cercando di informarti, il tuo condizionamento è libero rispetto a quello dove tu hai dovuto subire e basta.
Io non ho mai detto che si è liberi incondizionatamente. D'altronde ci si potrebbe immaginare di essere degli Einstein, ma se non lo siamo ciò non è dovuto al fatto che siamo condizionati da non esserlo. Non lo siamo e basta.
Siamo quello che siamo e le condizioni servono altrimenti non avremo da fare alcuna scelta possibile.
Ciò che fa del tuo comportamento un comportamento libero è la consapevolezza che puoi migliorare la tua situazione ed infatti la migliori volontariamente proseguendo il tuo cammino verso nuove conoscenze. Le nuove conoscenze, prima che queste vengano assorbite, sono potenziali nuovi condizionamenti. Perchè vai incontro a questi nuovi condizionamenti? Questo è un punto importante, in quanto essere consapevoli di non sapere non è una condizione dovuta ad un meccanismo (almeno non è ancora noto tale meccanismo). Sei cosciente e basta. E' un nuovo inizio che prima non c'era. I tuoi condizionamenti precedenti ora possono essere disposti un un modo che prima non era possibile fare e in piu ti rendi conto che puoi allargare le tue conoscenze superando i tuoi attuali condizionamenti.
Per me questa è libertà, perchè ora mi rendo conto e posso tentare di fare qualcosa in più rispetto a ciò che le mie condizioni precedenti mi permettevano di fare.
Che poi si potrebbe anche dire che la libertà è data dalla possibilità di avere più scelte "davanti" che non condizionamenti "dietro".
Penso che siano volontà e ragione a determinare le nostre scelte che partono da impulsi ad agire più profondi. Più la ragione è forte meno gli impulsi interiori condizionano la volontà.
Ciò che spiega non può essere spiegato. possiamo quindi provare a risolvere il problema del libero arbitrio non spiegandolo, ma usandolo per spiegare.
L'unico modo per spiegare il libero arbitrio credo quindi sia quello di ipotizzare che noi, pur essendo direttamente immersi nella realtà, come sua parte, possiamo però agire su di essa in modo volontario solo attraverso la mediazione di un mondo mentale che si pone fra noi e la realtà, e che è ''la realtà come ci appare'' appunto, in funzione della nostra azione su di essa.
Questo mondo non è da intendere quindi come una semplificazione della realtà, potendo quindi avere caratteristiche che non abbiano un corrispondente reale, come ad esempio determinismo e caso, che potrebbero quindi non essere caratteristiche proprie della realtà.
L'esistenza stessa del libero arbitrio sarebbe propriamente quindi la prova che determinismo e caso non esistono nella realtà se non come costruzione mentale in funzione della nostra azione su di essa.
Questa ipotesi di mondo intermedio equivale all'iperuranio di Platone, con la differenza che non si tratta di avere due mondi a parte uno dei quali è perfetto e l'altro una copia imperfetta, con una forma perfettibile.
Non c'è una corrispondenza formale quindi, ma funzionale.
Il nostro mondo è quindi a tutti gli effetti un attrezzo che usiamo per lavorare sulla realtà, e non una sua imperfetta approssimazione.
Il mondo stesso in cui ci percepiamo fà parte del mondo intermedio funzionale.
Non è cioè una percezione autocontemplativa, fine a se stessa.
Quindi riassumendo, abbiamo ribaltato il quadro teorico, dove non cerchiamo più di spiegare il libero arbitrio, accettandolo come un fatto, a partire dal quale proviamo a spiegare tutto il resto.
Il punto fermo invece rimane che, ciò che spiega non può essere spiegato.
Riassumendo ancora, tutto si può spiegare partendo dal libero arbitrio, e conviene fare così, perchè il viceversa, per quanto ci impegniamo non riusciamo farlo.
Quello che di noi stessi ci appare, il nostro io, non è una estetica fine a se stessa, ma una forma che spendiamo, insieme alle altre, lavorandoci la realtà.
A sapere cosa è davvero la realtà, compresi noi, dobbiamo rinunciare, o forse non si tratta propriamente di una rinuncia, essendo cosa priva di senso.
Che senso avrebbe infatti un sapere fino a se stesso, oggetto di una più o meno eterna contemplazione?
Un sapere non finalizzato ad altro che a se stesso?
Citazione di: Il_Dubbio il 13 Marzo 2024, 09:33:06 AMSe le condizioni le hai anche create tu coscientemente cercando di informarti, il tuo condizionamento è libero rispetto a quello dove tu hai dovuto subire e basta.
Io non ho mai detto che si è liberi incondizionatamente. D'altronde ci si potrebbe immaginare di essere degli Einstein, ma se non lo siamo ciò non è dovuto al fatto che siamo condizionati da non esserlo. Non lo siamo e basta.
Siamo quello che siamo e le condizioni servono altrimenti non avremo da fare alcuna scelta possibile.
Ciò che fa del tuo comportamento un comportamento libero è la consapevolezza che puoi migliorare la tua situazione ed infatti la migliori volontariamente proseguendo il tuo cammino verso nuove conoscenze. Le nuove conoscenze, prima che queste vengano assorbite, sono potenziali nuovi condizionamenti. Perchè vai incontro a questi nuovi condizionamenti? Questo è un punto importante, in quanto essere consapevoli di non sapere non è una condizione dovuta ad un meccanismo (almeno non è ancora noto tale meccanismo). Sei cosciente e basta. E' un nuovo inizio che prima non c'era. I tuoi condizionamenti precedenti ora possono essere disposti un un modo che prima non era possibile fare e in piu ti rendi conto che puoi allargare le tue conoscenze superando i tuoi attuali condizionamenti.
Per me questa è libertà, perchè ora mi rendo conto e posso tentare di fare qualcosa in più rispetto a ciò che le mie condizioni precedenti mi permettevano di fare.
Rispondo a te, ma valga per tutti. Citandoti:
"Quella di essere consapevole, non è una scelta ma un dato di fatto. Poi se sei consapevole di non sapere allora hai solo due strade, o rimani fermo e non fai niente o vai ad informarti."
Dovrei informarmi per scegliere un maglione?
Posso informarmi, come dici tu, oppure fregarmene nel momento in cui uno mi dice che non capisco un cazzo di fisica. Però prima di farlo giudico se sia attendibile la critica ... e qui nasce il problema. Ma dove posso informarmi se la Russia ebbe torto a invadere l'Ucraina? Dovrei ascoltare InVerno, o anthonyi, o Ipazia, o niko? Oppure dovrei informarmi dagli esperti? Oppure ancora dovrei limitarmi a dire che la Russia ha torto perché ha invaso? Certo, quello è un torto, ¿ma allora perché si cercano i mandanti delle stragi non accontentandoci del fatto che siano stati ingabbiati solamente i diretti responsabili?
Citandoti ancora:
"Se le condizioni le hai anche create tu coscientemente cercando di informarti, il tuo condizionamento è libero rispetto a quello dove tu hai dovuto subire e basta."
Primo, non capisco come un condizionamento possa definirsi libero rispetto a qualcos'altro; mi ricorda molto il "potresti essere condizionato" che già ti addebitai, e lo dico ora, come un arrampicarsi sullo specchio per tener fermo in qualche misura il credo nel libero arbitrio. Secondo, i condizionamenti, o le condizioni, posso modificarli o crearli io informandomi presso altri, ma in ogni caso sono già presenti di fatto alla mia coscienza/consapevolezza, e altrettanto di fatto succede, come nel caso in esame (giunto alla trecentottantunesima riproposizione dando per buono il dato fornito dall'illustrissimo viator) che cercando di informarti solo informando l'altro del tuo pensiero alla fine, chissà come mai, il risultato è sempre un muro contro muro tra te che vorresti informarti solo informando, e l'altro che a sua volta vorrebbe informarti anche lui solo informando. Risultato: nessuno scambio di informazione tra i due.
E infatti voi aggirate puntualmente il problema posto continuando a spezzare lance assai spuntate a favore del libero arbitrio anziché dedicarvi al fatto che io dica che sapere o non sapere se siamo obbligati all'interno del determinismo, oppure se siamo liberi di scegliere, nulla cambi. E sí che vi ho pure suggerito qualcosa ... ma no! le teste dure come i paracarri. Testa dura cuore tenero vale anche per voi. Il vostro, ai miei occhi, è solo un esercizio di stile ... ahi! che disgrazia le questioni di stile, canta Fossati nel brano "Terra dove andare", consiglio la lettura del testo. La libertà, per concludere, è solo una sensazione meravigliante che a volte si prova vivendo. Trattare filosoficamente della libertà, almeno su questo tema, denota ignoranza filosofica allo stato puro. Devo farlo anch'io mio malgrado, ma per favore, raccontatela a qualcun altro
Se si osserva con attenzione, concentrandosi sul significato di "condizionato", si potrà constatare come ciò che è totalmente condizionato... non si possa neppure dire che è condizionato!
Perché può essere condizionato solo ciò che ha comunque un minimo di incondizionatezza.
Non si può infatti condizionare ciò che per sua natura non ha alcuna libertà.
Ma se non ha alcuna libertà, allora non ha neppure una propria volontà.
Se vuole, vuole ciò che deve volere.
E poiché solitamente si ritiene che la vita (almeno quella umana) abbia tra le sue prerogative una qual libertà, ne consegue che ciò che è totalmente condizionato non è vivo.
Cioè non è qualcosa che vive, ma più semplicemente è una espressione di qualcos'altro senza confini che lo comprende annullandolo in sé, e che potremmo chiamare Vita.
Perciò il totale condizionamento lo si può eventualmente constatare negli altri. In tutti gli altri. Ma non è una constatazione facile da affrontare. Perché richiede di affrontare lo stupore (che può tramutarsi in amore ma anche in orrore...) che attorno a noi non vi sia in realtà proprio nessuno.
Se viceversa consideriamo noi stessi, la medesima constatazione non è più rivolta all'esterno ma all'interno. Ed è un corto circuito, in cui il soggetto si ritrova annichilito.
Ma anche qui è solo una questione di amore
Questo è il nucleo di un pensiero filosofico delirante che nemmeno val la pena di commentare:
".... E poiché solitamente si ritiene che la vita (almeno quella umana) abbia tra le sue prerogative una qual libertà, ne consegue che ciò che è totalmente condizionato non è vivo.
Cioè non è qualcosa che vive, ma più semplicemente è una espressione di qualcos'altro senza confini che lo co.mprende annullandolo in sé, e che potremmo chiamare Vita.
Perciò il totale condizionamento lo si può eventualmente constatare negli altri. In tutti gli altri. Ma non è una constatazione facile da affrontare. Perché richiede di affrontare lo stupore (che può tramutarsi in amore ma anche in orrore...) che attorno a noi non vi sia in realtà proprio ....".
Fatevene una ragione: sapere o non sapere nulla cambia ... anzi no, cambierebbe qualcosa se si conoscesse tale fatto
Sì, bisognerebbe proprio concentrarsi su cosa significhi "condizionato" piuttosto che "incondizionato".
Ciò che è totalmente condizionato non è neppure schiavo. Perché schiavo è colui che ha comunque in sé una propria incondizionatezza, che non può tuttavia manifestarsi esteriormente.
Invece ciò che è totalmente condizionato è senz'anima, non ha alcun sé individuale. Non è nessuno.
Ma per cogliere cosa significhi davvero l'assenza del libero arbitrio individuale, cioè della totale condizionatezza, occorre un pensiero logico e... etica.
Citazione di: bobmax il 14 Marzo 2024, 19:42:33 PMSì, bisognerebbe proprio concentrarsi su cosa significhi "condizionato" piuttosto che "incondizionato".
Ciò che è totalmente condizionato non è neppure schiavo. Perché schiavo è colui che ha comunque in sé una propria incondizionatezza, che non può tuttavia manifestarsi esteriormente.
Invece ciò che è totalmente condizionato è senz'anima, non ha alcun sé individuale. Non è nessuno.
Ma per cogliere cosa significhi davvero l'assenza del libero arbitrio individuale, cioè della totale condizionatezza, occorre un pensiero logico e... etica.
Concordo in linea generale, però a questo punto bisognerebbe spostare il focus su fino a che punto il condizionamento possa essere "totale", perché anche l'umano più omologato, per sua natura biologica, ha un difetto: può pensare (Brecht).
Sull'etica la vedo più difficile perché è il piano dove l'omologazione viene condotta più efficacemente da chi ha interesse a condizionare. L'aforisma del fisico Steven Weinberg è eloquente su questo aspetto:
«La religione rappresenta un insulto alla dignità umana. Con o senza di essa, ci sarebbero sempre buoni che farebbero il bene e cattivi che farebbero il male. Ma perché i buoni facciano del male, occorre la religione.»
Citazione di: Ipazia il 14 Marzo 2024, 21:03:41 PMConcordo in linea generale, però a questo punto bisognerebbe spostare il focus su fino a che punto il condizionamento possa essere "totale", perché anche l'umano più omologato, per sua natura biologica, ha un difetto: può pensare (Brecht).
Sull'etica la vedo più difficile perché è il piano dove l'omologazione viene condotta più efficacemente da chi ha interesse a condizionare.
E invece è proprio in quel "totale" la chiave di volta.
Anche la mente pensa ciò che deve pensare, è totalmente condizionata.
Ciò che è orrore per l'uomo materiale, diventa letizia nell'uomo spirituale.
È l'etica che trova la sua pace.
Ma essendo il nostro stato materiale, la metamorfosi non è indolore.
Sino a quando non è compiuta, grande è lo strazio.
Che si può affrontare solo con la fede nella Verità.
Dal non essere... all'essere.
Citazione di: bobmax il 15 Marzo 2024, 05:34:58 AME invece è proprio in quel "totale" la chiave di volta.
Anche la mente pensa ciò che deve pensare, è totalmente condizionata.
Ciò che è orrore per l'uomo materiale, diventa letizia nell'uomo spirituale.
È l'etica che trova la sua pace.
Ma essendo il nostro stato materiale, la metamorfosi non è indolore.
Sino a quando non è compiuta, grande è lo strazio.
Che si può affrontare solo con la fede nella Verità.
Dal non essere... all'essere.
La fede nella Verità diventa autocondizionamento totale appena si dissocia dalla verità materiale laddove l'essere c'è finché ci sei.
Ciò non preclude una dimensione etica, ovvero spirituale, del tuo esserci, pure fino al martirio, ma in nome di ciò che c'è, non di ciò che si desidererebbe ci fosse.
Dal "conosci te stesso" al "diventare quello che si è" passando per il cogito cartesiano non vedo alternativa "quando si è qualcuno" e non una "canna che soffia nel deserto" mossa dal vento.
Citazione di: Ipazia il 15 Marzo 2024, 06:08:13 AMLa fede nella Verità diventa autocondizionamento totale appena si dissocia dalla verità materiale laddove l'essere c'è finché ci sei.
Ciò non preclude una dimensione etica, ovvero spirituale, del tuo esserci, pure fino al martirio, ma in nome di ciò che c'è, non di ciò che si desidererebbe ci fosse.
Dal "conosci te stesso" al "diventare quello che si è" passando per il cogito cartesiano non vedo alternativa "quando si è qualcuno" e non una "canna che soffia nel deserto" mossa dal vento.
La Verità è Nulla.
Perciò non può condizionare alcunché. Finché resta nulla.
Ed è proprio questo tener ferma la sua nullità che permette l'evolvere etico.
È invece nel cadere in "verità" materiali, scambiate per Verità, o addirittura in "verità" inventate pseudo spirituali, che l'etica fallisce.
La via è sottile, difficile non cadere.
Ma basterebbe chiedersi:
"Visto che il libero arbitrio individuale sembra proprio non esistere...
Chi sono io?"
Orrore o delizia?
Riuscirà la fede nella Verità a fissare gli occhi della Medusa?
Citazione di: bobmax il 15 Marzo 2024, 07:20:44 AMLa Verità è Nulla.
Perciò non può condizionare alcunché. Finché resta nulla.
Ed è proprio questo tener ferma la sua nullità che permette l'evolvere etico.
È invece nel cadere in "verità" materiali, scambiate per Verità, o addirittura in "verità" inventate pseudo spirituali, che l'etica fallisce.
La via è sottile, difficile non cadere.
Ma basterebbe chiedersi:
"Visto che il libero arbitrio individuale sembra proprio non esistere... Chi sono io?"
Orrore o delizia?
Riuscirà la fede nella Verità a fissare gli occhi della Medusa?
La risposta all'ultima domanda mi pare , se non ho compreso male il tuo pensiero, scontata: avere o non avere fede nella verità dipende da ciò che la "mente
pensa ciò che deve pensare, è totalmente condizionata".Anche invitare altri a cercare la Verità è quindi un condizionamento? Lo chiedo perché in un sistema monistico ("tutto è Uno") non esiste grado di libertà . Per necessità parli di Verità; per necessità rifiuti la Verità. Ma "uno" può essere in contraddizione con se stesso? Può volere e non volere allo stesso tempo? Per uscire da questa contraddizione bisogna porre l'essere come non essere (qualcosa/qualcuno), cioè come un "nulla che però è". Però è un nulla che appare come irrilevante, in quanto non potrebbe scardinare il rigido determinismo dell'Uno. Essendo nulla non può essere causa di alcunché. Nemmeno del sentimento di orrore o di delizia di fronte al totale condizionamento. Non puoi che essere condizionato a provare orrore o viceversa delizia. Così a me sembra.
Citazione di: Pio il 15 Marzo 2024, 08:27:44 AMLa risposta all'ultima domanda mi pare , se non ho compreso male il tuo pensiero, scontata: avere o non avere fede nella verità dipende da ciò che la "mente pensa ciò che deve pensare, è totalmente condizionata".Anche invitare altri a cercare la Verità è quindi un condizionamento? Lo chiedo perché in un sistema monistico ("tutto è Uno") non esiste grado di libertà . Per necessità parli di Verità; per necessità rifiuti la Verità. Ma "uno" può essere in contraddizione con se stesso? Può volere e non volere allo stesso tempo? Per uscire da questa contraddizione bisogna porre l'essere come non essere (qualcosa/qualcuno), cioè come un "nulla che però è". Però è un nulla che appare come irrilevante, in quanto non potrebbe scardinare il rigido determinismo dell'Uno. Essendo nulla non può essere causa di alcunché. Nemmeno del sentimento di orrore o di delizia di fronte al totale condizionamento. Non puoi che essere condizionato a provare orrore o viceversa delizia. Così a me sembra.
Questa tua considerazione è molto importante!
È proprio così che bisognerebbe procedere. Seguendo il pensiero logico.
Se il libero arbitrio individuale è un'illusione, non se ne scappa.
La stessa fede o non fede nella Verità non dipende da me.
Orrore o delizia avvengono a prescindere da me.
Essendo la libertà incompatibile con la natura, ne consegue che non ho alcun libero arbitrio.
E se non ho libero arbitrio, io non sono che un osservatore di ciò che avviene.
Sia esso un fatto fisico, oppure un mio pensiero, o persino un mio sentire, niente dipende da me.
A questa constatazione giunge il pensiero logico tenuto fermo!
E questa stessa constatazione capita a prescindere da me.
E che non deriva dall'accettazione di un rigido determinismo...
Perché non vi è bisogno del determinismo per negare la libertà!
È sufficiente considerare che tutto ciò che avviene o era necessario avvenisse oppure è dovuto al caso.
Entrambi niente hanno a che vedere con la libertà individuale.
Qui è dove porta il pensiero logico, tenuto fermo. Cioè senza lasciarlo svicolare...
E adesso?
Si conclude così, oppure vi è altro?
Di fronte al deserto mi fermo interdetto perché quello è, oppure nasce in me un NO?
No! Quella che ho davanti non è la Verità!
Perché, vi è il male!
L'etica prende il sopravvento.
E mi scaraventa all'origine di tutte le cose.
Perché questo mondo non è come dovrebbe essere!
Nasce inarrestabile la Compassione per questo mondo dolente.
E donde nasce questa Compassione?
La logica ormai è inservibile.
Vi è soltanto questo No! Il male non vi deve essere!
L'esistenza mostra una frattura...
È forse giunto il momento per il figlio di tornare al Padre.
Citazione di: daniele22 il 07 Marzo 2024, 20:29:14 PMGrazie per la chiara risposta. Essendo in netto contrasto con quello che comunemente si intende, dirò appunto che la filosofia sarebbe per me la scienza madre di tutto lo scibile umano. Pertanto, la scienza coincide con la filosofia.¿Cos'è allora la filosofia, dato che sarebbe abbastanza chiaro cosa sarebbe la scienza? La filosofia, la scienza, sarebbe chiaramente il pensiero stesso, che è necessariamente individuale, e solo in successione diviene pubblico, tramite la lingua, in forma di scienza del pensiero (filosofia). Questo paso doble temporale è importante perché può essere ingannevole, tanto che lo usano i toreri e i calciatori per ingannare toro (poveretto) e difensore; e lo fu, secondo il mio pensare, ma sorvolo. Come accade per tutte le scienze anche la scienza del pensiero può essere fallace. Il fallo evidente che io trovo sarebbe dunque fallo solo perché esso può compararsi con un fine, altrimenti che fallo sarebbe? Il fine del pensiero sarebbe dunque quello di essere corretto. La correttezza gli verrebbe data a due livelli: il primo è la sua condivisibilitá e il secondo conferito dalla logica così come può essere applicata agli sviluppi del pensiero condiviso. Tanto per fare un esempio di errore del pensiero nella teoria dell'evoluzione è implicata la nozione di mutazione genetica. Nella mutazione genetica, un tempo si parlava di casualità. Probabilmente la cosa era insostenibile, dato che si era a conoscenza di mutazioni indotte da vari agenti; il concetto migrò quindi ad "errore di copiatura". Ora, non so se nel frattempo si sia evoluta la faccenda, ¿ma cosa autorizzava a parlare prima di caso e poi di errore? Chi ci autorizza a dire che il DNA deve essere copiato pari pari, dato pure che il cosiddetto errore di fatto mette in mostra tanto le mutazioni favorevoli quanto quelle sfavorevoli? Bisognerebbe quindi correggere tale errore di pensiero. In seno quindi ai criteri che definiscono cosa debba essere scienza, la teoria dell'evoluzione sarebbe sicuramente portatrice di ampie lacune di predittività ... come la scienza filosofica lo sarebbe per gli esseri umani. Forse sarebbe il caso di dire che la scienza dovrebbe essere intesa semmai come una constatazione di cose innanzitutto e quindi considerare riproducibilità e predittività come condizioni che non tutte le scienze consentono più che altro perché la loro predittività sarebbe alquanto limitata e/o poco interessante.
Se poi scendiamo a rimirare la mondanità un altro errore di pensiero ben riscontrabile ovunque è quello di coloro che pensano di sapere il pensiero di un altro. Certo serve per litigare soprattutto ... quale idiozia! E deriva di quest'ultimo ci sarebbe infine quello di parlare del pensiero altrui, intendi quello dei filosofi, senza che questi possano dire la loro sull'interpretazione del loro pensiero ... e qui non può che affiorare il sottocitato pensiero di Kant, giusto per rimarcare il mio percorrere tale brutto vizio:
"L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a sé stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d'intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'Illuminismo."
Alla fine però i nodi vengono al pettine. Spero che tu mi risponda, giusto così che sappia pure io e soprattutto per definire la questione del falso problema del libero arbitrio ... saluti
.
P.s.: Le neuroscienze dovrebbero confermare la teoria filosofica
Ciao daniele22, premetto che pure per me il discorso è chiuso con la tua ultima risposta nel post nr 417 e quindi, come hai sentenziato in successione non farebbe alcuna differenza nell'azione individuale il sapere o non sapere se si sia liberi o ingabbiati. Sono pure d'accordo che potrebbe fare invece la differenza il rendersene conto, cosa che non sembra affatto recepita da alcuni ... forse tutti. Pur tuttavia questo tuo pensiero che ho citato e che avevi postato in precedenza mi sembra impreciso. Giustamente hai detto che quella successione temporale, definendola un paso doble, è ingannevole ... e in parte pure tu saresti rimasto ingannato. È cioè vero che la filosofia sarebbe la madre di tutto lo scibile umano compresa la scienza, però è altrettanto vero che la filosofia ebbe a disposizione ben due modi differenti per esprimersi: il linguaggio verbale e quello matematico. E infatti, pur se recente, la filosofia greca evidenziò sin dall'inizio personaggi come Talete e Pitagora. Pertanto la filosofia avrebbe intrinsecamente questa natura duale (numerica e verbale). Allora, siccome a me piace fantasticare e visto pure che io di matematica so quel poco che so a differenza di Bobmax, rilevo che anche nella serie di Fibonacci compare proprio all'inizio quel paso doble, ... 1 - 1 - 2 - 3 - 5 - 8 ..... e poi penso al Vangelo di Tommaso quando dice " In questi giorni in cui voi vi nutrite di cose morte (0) e le rendete cose di vita (1). (e si continua a restare 1 fino a ...) Quando sarete nella luce (2) cosa farete? Cosa nel giorno in cui, essendo uno, diverrete due? Quando diverrete due, cosa farete?".
Bisognerebbe forse pensare a cosa sia il (3), e penso che il tre dovrebbe coincidere con la risposta alla domanda "Quando diverrete due cosa farete?" ... cioè l'etica. Quindi, a Bobmax dico che quelle cose morte di cui parla Gesù per bocca di Tommaso sarebbero 0 solo metaforicamente giacché nella realtà nuda e cruda corrisponderebbero probabilmente alla materia
Ciao Daniele 22. Ti rispondi da solo ? O:-) a parte le battute, è vero che non cambierebbe nulla, visto che non possiamo conoscere tutte le cause, interne ed esterne, sia interne che esterne, che determinerebbero le nostre scelte. Per questo, qualche post fa ho scritto che il libero arbitrio è un problema teologico, più che filosofico. Infatti la presenza di un libero arbitrio rende l'essere umano responsabile di accettare o rifiutare la fede in Dio. L'assenza di l.a. significherebbe che Dio crea anime destinate a salvarsi e altre no. Cosa che non ha molto senso. Per un non credente .nel Dio abramitico non è un problema sapere se il l.a. esiste, non esiste o esiste solo in parte.
@bobmaxÈ perché ritieni che la compassione verso il mondo intrappolato in una rete di condizionamenti e necessità, da cui non si può uscire , non è a sua volta un condizionamento? Puoi supporlo solo pensando a qualcosa 'esterno" al mondo/Uno. Una compassione che sorge indipendentemente da cause e condizioni. Uno spettatore.
La negazione del l.a. è necessaria nella visione teistica postulante enti divini onnipotenti. Onnipotenza che sarebbe impossibile se un ente inferiore potesse sfidarla. La contraddizione c'è nello sviluppo teologico ma l'impianto favolistico e l'escamotage del mistero rendono il discorso coerente.
Qui siamo però in ambito filosofico, laddove il libero arbitrio diventa discorso sulla libertà individuale e collettiva, non determinabile in modo fideistico, ma necessitante di riscontri oggettivi, i quali, in tante pagine di discussione, hanno portato ell'emersione di una libertà relativa, condizionata sia biologicamente che socialmente, ma coi suoi margini di verità effettuale che culminano nell'etica, la quale non è postulabile razionalmente, in assenza di un seppur limitato l.a. che consenta di scegliere cosa pensare e fare della propria vita, così come la si eredita al momento della nascita.
Citazione di: Pio il 15 Marzo 2024, 14:00:30 PM@bobmax
È perché ritieni che la compassione verso il mondo intrappolato in una rete di condizionamenti e necessità, da cui non si può uscire , non è a sua volta un condizionamento? Puoi supporlo solo pensando a qualcosa 'esterno" al mondo/Uno. Una compassione che sorge indipendentemente da cause e condizioni. Uno spettatore.
Questa è un'altra osservazione cruciale.
Donde nasce la Compassione?
Qui però occorre la filosofia, non la teologia, proprio la filosofia.
Ha senso presumere che vi sia qualcosa di "esterno" all'Uno?
Vediamo per esempio l'universo, vi è un "fuori" dell'universo?
Oppure Nulla?
Attenzione, non il vuoto, o un fantomatico senza fine, no, proprio il Nulla.
Supporre un fuori lo pretende la logica. Ma qui siamo al limite!
La logica dovrebbe tacere.
E noi dovremmo domandarci dov'è l'universo se non nel Nulla?
Può il Tutto essere "qualcosa"?
No, il Tutto non può essere qualcosa.
Affinché sia qualcosa dovrebbe esserci qualcos'altro, il che è assurdo.
Non è facile, perché estremamente semplice:
il Tutto non è qualcosa!
Piuttosto che contraddirci pesantemente, dando per implicito un esterno all'Uno, non sarebbe più corretto supporre che Uno = Nulla?
Ciò che confina con il Nulla, non è esso stesso necessariamente Nulla?
Epperò la Compassione allora...
Ma cosa è Vero per te?
Cosa vale davvero?
Questa tua compassione o la logica che pretende che l'Uno sia qualcosa?
Perché solo considerandolo qualcosa si può supporre un esterno...
E questa tua Compassione è Vera?
Oppure è un banale epifenomeno?
Cosa conta per te?
Può la Verità fare a meno di te?
Tra le profonde considerazioni della Mistica, vi è la constatazione che:
Dio ha bisogno di te.
Citazione di: Ipazia il 15 Marzo 2024, 14:10:00 PMQui siamo però in ambito filosofico, laddove il libero arbitrio diventa discorso sulla libertà individuale e collettiva, non determinabile in modo fideistico, ma necessitante di riscontri oggettivi, i quali, in tante pagine di discussione, hanno portato ell'emersione di una libertà relativa, condizionata sia biologicamente che socialmente, ma coi suoi margini di verità effettuale che culminano nell'etica, la quale non è postulabile razionalmente, in assenza di un seppur limitato l.a. che consenta di scegliere cosa pensare e fare della propria vita, così come la si eredita al momento della nascita.
Ma infatti la difficoltà è proprio nel considerare l'etica ciò che sta "oltre" ogni razionalità.
L'etica sfugge al pensiero logico.
E allora per ammetterne la realtà ci si ritrova costretti a dare per scontato il libero arbitrio individuale.
Almeno un po' ve ne deve essere, se no l'etica...
Se viceversa si incomincia a considerare l'etica la ragione stessa dell'esistenza, allora si può iniziare a cogliere come il nostro esserci, questo stesso mondo, esistano esclusivamente affinché si dispieghi ciò che davvero conta.
E ciò che davvero conta è il Bene.
In questa prospettiva, il libero arbitrio è proprio ciò che, faticosamente e con sofferenza, deve essere messo in discussione.
Non è perciò soltanto una questione di incompatibilità tra natura e libertà.
Che il libero arbitrio individuale non esista è soprattutto richiesto dall'Etica!
Citazione di: daniele22 il 15 Marzo 2024, 11:46:43 AMCiao daniele22, premetto che pure per me il discorso è chiuso con la tua ultima risposta nel post nr 417 e quindi, come hai sentenziato in successione non farebbe alcuna differenza nell'azione individuale il sapere o non sapere se si sia liberi o ingabbiati. Sono pure d'accordo che potrebbe fare invece la differenza il rendersene conto, cosa che non sembra affatto recepita da alcuni ... forse tutti. Pur tuttavia questo tuo pensiero che ho citato e che avevi postato in precedenza mi sembra impreciso. Giustamente hai detto che quella successione temporale, definendola un paso doble, è ingannevole ... e in parte pure tu saresti rimasto ingannato. È cioè vero che la filosofia sarebbe la madre di tutto lo scibile umano compresa la scienza, però è altrettanto vero che la filosofia ebbe a disposizione ben due modi differenti per esprimersi: il linguaggio verbale e quello matematico. E infatti, pur se recente, la filosofia greca evidenziò sin dall'inizio personaggi come Talete e Pitagora. Pertanto la filosofia avrebbe intrinsecamente questa natura duale (numerica e verbale).
Quello verbale e quello matematico sono appunto linguaggi, per cui non parlerei di dualità, ma evidenzierei semmai la nostra capacità di usare linguaggi diversi e la ricchezza di pensiero che ne deriva, essendone il pensiero dipendente.
Parlerei di dualità se si può ipotizzare un uso cosciente e non cosciente del linguaggio, dove è plausibile pensare ad un uso incosciente del linguaggio avendone come esempio le macchine digitali.
La percezione del libero arbitrio, il rendersene conto, è il solo motivo per cui ne parliamo.
''La convinzione che sapere che ci sia libertà oppure no, non faccia differenza'', entrando a far parte della tua filosofia come fà a non fare differenza?
Sarebbe come dire che la nostra filosofia qualunque sia, non ha effetti su di noi.
Questa convinzione infatti può pure non derivare da una tua libera scelta, come un programma inserito in un computer, ma non perciò non fà differenza sul come il computer lavorerà.
Sarebbe come dire che, in un mondo completamente deterministico, non fa differenza se togliamo un anello dalla catena di cause ed effetti.
Sarebbe un annullamento dell'individualità di fatto, perchè che differenza operativa, tolta la differenza formale, ci sarebbe fra individui non diversamente influenzati dal loro diverso pensiero?
Che il libero arbitrio esista oppure no, ne parliamo perchè lo percepiamo, laddove la percezione non è una dimostrazione della sua esistenza, ma, nell'ipotesi che esista, la sua percezione è il punto di partenza su cui si basa ciò che ne possiamo dire.
Essendo qualcosa di cui ci rendiamo conto, tanto per iniziare, entra in un insieme più ampio di cose, non essendo l'unica cosa che percepiamo, e quindi possiamo metterlo a confronto con altre cose di cui pure per lo stesso motivo possiamo dire, non relegandolo in un discorso a parte, che sarebbe già qualcosa.
Allora il discorso inizia a farsi interessante, e quello che dobbiamo chiederci, più che esso esista oppure no, è, cosa c'è dietro alla sua percezione, essendo che essa invece non si può negare.
Per me dietro c'è quello che c'è dietro tutte le nostre percezioni, che è l'oggetto dei miei post in generale, per cui qui non mi ripeto.
Citazione di: bobmax il 15 Marzo 2024, 16:23:56 PMMa infatti la difficoltà è proprio nel considerare l'etica ciò che sta "oltre" ogni razionalità.
L'etica sfugge al pensiero logico.
E allora per ammetterne la realtà ci si ritrova costretti a dare per scontato il libero arbitrio individuale.
Almeno un po' ve ne deve essere, se no l'etica...
Se viceversa si incomincia a considerare l'etica la ragione stessa dell'esistenza, allora si può iniziare a cogliere come il nostro esserci, questo stesso mondo, esistano esclusivamente affinché si dispieghi ciò che davvero conta.
E ciò che davvero conta è il Bene.
In questa prospettiva, il libero arbitrio è proprio ciò che, faticosamente e con sofferenza, deve essere messo in discussione.
Non è perciò soltanto una questione di incompatibilità tra natura e libertà.
Che il libero arbitrio individuale non esista è soprattutto richiesto dall'Etica!
Questo ragionamento è coerente se si attribuisce una finalità etica alla "realtà", ma l'unica dimostrazione formulata è un atto di fede: nella Verità, nell'Etica, nel Bene in senso lato.
Se invece l'etica si intende come ethos+techne, il discorso fila anche senza dare intenzionalità alla "realtà"
E' chiaro che questo due visioni si posizionano in maniera opposta rispetto al l.a. . Non è questione di sofferenza o di faticosa rinuncia a qualche pregiudizio, ma di risultato logico differente se si pone l'etica a monte o a valle delle relazioni umane.
Non solo tutte le strade della fede portano al discorso etico, ma pure tutte le strade dell'evoluzione umana, per cui è possibile trovare un punto d'incontro sul
fare a prescindere dal
provenire. E pure, con un atto di fede "interno" al processo evolutivo, sul
divenire: "nati non fuste a viver come bruti ..."
Sbaglia di più l'evoluzione della fede ? Non direi.
Citazione di: Ipazia il 15 Marzo 2024, 18:45:14 PMSbaglia di più l'evoluzione della fede ? Non direi.
Metti che non siano in contrapposizione...
L'evoluzione determina quali situazioni casuali salvare, ma come farebbero ad intervenire in essa i fattori culturali casualmente distribuiti se non ci fosse la fede ad estrarre da questa anonima distribuzione situazioni notevoli?
Si può scegliere fra una fede e l'altra, ma si può veramente decidere di non scegliere se in possesso di una capacità di credere che preme?
Perchè per possedere una fede occorre che prima l'evoluzione abbia salvato la capacità di credere fra le capacità che casualmente si siano presentate al suo vaglio.
La fede, quando condivisa, equivale a tutti gli effetti a proporre un esperimento culturale evolutivo, dove ciò che conta non è ciò in cui si crede, ma la sua condivisione, senza la quale non c'è esperimento dai risultati leggibili.
Ciò equivale a procedere per tentativi, oltre che per errori.
La fede è una scelta che una volta fatta la nega.
Si possono avere dubbi sul libero arbitrio, ma non sul fatto che si effettuino scelte ai cui effetti non conta se siano volute o casuali.
Noi non sappiamo se facciamo scelte libere, sappiamo solo che lo percepiamo e che dietro questa percezione deve esserci qualcosa la cui conoscenza potrebbe inibire la possibilità di un libero arbitrio, se c'è.
La conoscenza di qualcosa capace di agire senza essere nota, modifica necessariamente la sua funzione fino a poterla annullare.
Ma non è questo un invito a non indagare, perchè non credo ci sia nulla in noi che svolga funzioni insostituibili, ma un ipotizzare che la difficoltà ad indagare il libero arbitrio non sia ''casuale''.
Perchè in effetti i fatti di cui disponiamo, se ai fatti ci vogliamo attenere, è una chiara percezione di libertà, e una evidente difficoltà a scovarne le origini.
Forse non siamo liberi, ma non sapremmo vivere senza sentirlo, fino a dare la vita per provare questa sensazione, e questo è un altro innegabile fatto.
E di quelli che credono che il libero arbitrio sia una illusione da non coltivare neanche come tale, io dico che sono un altro esperimento dell'evoluzione a cui faccio i miei più sentiti auguri, perchè un altro ancora è l'esperimento evolutivo che il caso mi ha assegnato.
Di difendere la libertà, o anche solo di trattenere la sua illusione, perchè al minimo questa illusione una funzione di certo ce l'ha, e questa è la fede in cui si realizza la capacità di credere di cui l'evoluzione mi ha dotato.
Penso che la libertà sia legata alla vastità della nostra vita interiore. Più è ampia meno agiscono le costrizioni. Più è ristretta più è soggetta alle costrizioni. Più sfido le costrizioni più guadagno spazio.
L'evoluzione umana è meno casuale dell'evoluzione naturale perché ha posto la ragione induttiva (con tutti i suoi limiti) al posto del caso.
In tal senso la contrapposizione con la fede mistica permane.
Il punto di intersezione è la fede nella ragione, cioè su uno strumento che richiede dimostrazioni per suffragare la fede. E fonda su ciò l'episteme e la verità.
Citazione di: Pio il 15 Marzo 2024, 13:52:57 PMCiao Daniele 22. Ti rispondi da solo ? O:-) a parte le battute, è vero che non cambierebbe nulla, visto che non possiamo conoscere tutte le cause, interne ed esterne, sia interne che esterne, che determinerebbero le nostre scelte. Per questo, qualche post fa ho scritto che il libero arbitrio è un problema teologico, più che filosofico. Infatti la presenza di un libero arbitrio rende l'essere umano responsabile di accettare o rifiutare la fede in Dio. L'assenza di l.a. significherebbe che Dio crea anime destinate a salvarsi e altre no. Cosa che non ha molto senso. Per un non credente .nel Dio abramitico non è un problema sapere se il l.a. esiste, non esiste o esiste solo in parte.
Ciao Pio, avendo già detto che qui parlano tutti da soli (nessuno scambio di informazione tra I due dialoganti) è quasi implicito che prima o poi uno che se ne renda conto si informi presso se stesso ascoltando appunto se stesso e quello che al tempo stesso dicono gli altri; tale ascolto, in questo caso particolare ha fatto sì che informassi pubblicamente me stesso e gli altri di una imprecisione abbastanza significativa. Insomma, me le faccio e me le godo, come si suole dire. Avrebbe quindi un bel da dire Ipazia che i riscontri oggettivi in tante pagine di discussione hanno portato all'emersione di una libertà relativa. Quasi tutti credono infatti di avere una libertà relativa e pure scontrandosi aspramente l'uno contro l'altro sembra infine che si sia giunti ad un accordo quando invece l'accordo c'era già ... ah ah ah ah aaaaah!.
Il problema posto sarebbe infine un falso problema per una impossibilità gnoseologica tale e quale a quella che la fisica quantistica ha messo in evidenza per il mondo subatomico.
Sei davvero sicuro di avere cambiato idea?, perché è questo che avresti fatto. Non dico che non ci credo, ma sarebbe la prima volta da che sono nel forum che uno cambi idea su questioni fondamentali. Un saluto
.
Ps: a proposito di dottrina della predestinazione e di elezione ti segnalo questo breve romanzo inglese dei primi dell'ottocento
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Confessioni_di_un_peccatore_impeccabile
Non ho cambiato idea. Per me il problema del l.a. è una riflessione teologica , mentre quello della libertà in generale non è risolvibile con un semplicistico "ON-OFF", c'è o non c'è. È un illusione pensare di non essere condizionati, ma lo è anche il pensare di essere delle semplici marionette ( teoria che avrebbe molti punti in comune con quella antica del FATO). Nella seconda mi sembra ci sia addirittura qualcosa di -pensiero magico- . La riflessione sul l.a. è intrigante ma è chiaramente una di quelle che non può approdare a certezze. C' è anche da chiedersi se è una scelta tra la nostra percezione naturale( di volere liberamente) o il ragionamento logico (che però non è un assoluto): "Ragione o/e Sentimento" 😶 ?
Citazione di: Ipazia il 15 Marzo 2024, 18:45:14 PMQuesto ragionamento è coerente se si attribuisce una finalità etica alla "realtà", ma l'unica dimostrazione formulata è un atto di fede: nella Verità, nell'Etica, nel Bene in senso lato.
Se invece l'etica si intende come ethos+techne, il discorso fila anche senza dare intenzionalità alla "realtà"
E' chiaro che questo due visioni si posizionano in maniera opposta rispetto al l.a. . Non è questione di sofferenza o di faticosa rinuncia a qualche pregiudizio, ma di risultato logico differente se si pone l'etica a monte o a valle delle relazioni umane.
Non solo tutte le strade della fede portano al discorso etico, ma pure tutte le strade dell'evoluzione umana, per cui è possibile trovare un punto d'incontro sul fare a prescindere dal provenire. E pure, con un atto di fede "interno" al processo evolutivo, sul divenire: "nati non fuste a viver come bruti ..."
Sbaglia di più l'evoluzione della fede ? Non direi.
Tuttavia, poiché simplex sigillum veri, è preferibile la semplificazione alla complicazione.
Perciò risulta tutto più semplice considerando inesistente il libero arbitrio (individuale!).
Si evita così di postulare un che di non dimostrato e che è incompatibile con la scienza. Se non supponendo azioni che trascendono l'immanenza conosciuta.
Citazione di: Ipazia il 16 Marzo 2024, 06:45:01 AML'evoluzione umana è meno casuale dell'evoluzione naturale perché ha posto la ragione induttiva (con tutti i suoi limiti) al posto del caso.
In tal senso la contrapposizione con la fede mistica permane.
Il punto di intersezione è la fede nella ragione, cioè su uno strumento che richiede dimostrazioni per suffragare la fede. E fonda su ciò l'episteme e la verità.
Ma la mistica non solo è fede nella ragione, è soprattutto fede nell'etica. Ed è per questo che sospinge la ragione fino a fare i conti con l'etica.
Mettendo tutto in discussione.
E così giunge laddove la ragione tace.
Ecco il Nulla!
Il Nulla fonte di infinite possibilità.
Se invece seguiamo una visione scientifica della realtà, allora l'etica può esserne al più un epifenomeno.
Prevale la logica.
E qui abbiamo il nulla nichilistico.
Difficile da contrastare, perché la logica, considerata assoluto, non dà alcun valore a nulla.
I nazisti erano eccellenti logici...
Citazione di: daniele22 il 16 Marzo 2024, 07:35:45 AM... Avrebbe quindi un bel da dire Ipazia che i riscontri oggettivi in tante pagine di discussione hanno portato all'emersione di una libertà relativa. Quasi tutti credono infatti di avere una libertà relativa e pure scontrandosi aspramente l'uno contro l'altro sembra infine che si sia giunti ad un accordo quando invece l'accordo c'era già ... ah ah ah ah aaaaah!.
C'era nei fatti. Che si possono complicare a piacere, ma posti di fronte a qualsiasi tipo di scelta finiamo con esercitare la libertà di agire, assumendoci la responsabilità della nostra decisione. Posizione decisamente meno illusoria e infantile che incolpare il fato.
CitazioneIl problema posto sarebbe infine un falso problema per una impossibilità gnoseologica tale e quale a quella che la fisica quantistica ha messo in evidenza per il mondo subatomico.
Argomento difficilmente risolutivo in un processo per omicidio.
Scrive Daniele 22.
------------------
Il problema posto sarebbe infine un falso problema per una impossibilità gnoseologica tale e quale a quella che la fisica quantistica ha messo in evidenza per il mondo subatomico.
---------------------
Mi sembra improprio mettere a confronto una sensazione con una teoria verificata.
La fisica quantistica non pone un problema di conoscenza, ma di comprensione.
la fisica quantistica semmai quindi ha messo in evidenza che conoscenza e comprensione non sono la stressa cosa.
Ci dice in sostanza che è possibile fare una cosa solo conoscendola, anche senza capirla.
Se prima della fisica quantistica si poteva confondere le due cose oggi non si può più.
La conoscenza equivale a un manuale d'uso che non devi comprendere, ma seguire.
La comprensione del manuale d'uso lo trascende, e non è strettamente necessaria.
E non parlo di una trascendenza metafisica, ma di una trascrizione di un manuale che ne renda più immediato l'uso, ed eventualmente immediato al punto da fare sparire apparentemente il manuale, come se non ci fosse una mediazione.
Ma se col susseguirsi delle trascrizioni appunto si rischia di perdere memoria dell'originale che cosa succede?
Immagino possa succedere quello che succede con il libero arbitrio, di cui ti rimane solo la percezione, senza più conoscere il processo che la produce.
Spiegare cosa sia è quindi impossibile di fatto perchè equivarrebbe a ripercorrere un processo dimenticato al contrario, e questo vale per tutte le percezioni.
Ma in ogni caso, se pure si riuscisse a fare, ciò equivarrebbe a degradare la comprensione a conoscenza, e ciò non sarebbe un problema in se, se non fosse per l'importanza prioritaria che diamo alla comprensione delle cose, che però forse non è tale, e che non sia tale è proprio la fisica quantistica a suggerircelo.
Citazione di: Pio il 16 Marzo 2024, 08:45:55 AMNon ho cambiato idea. Per me il problema del l.a. è una riflessione teologica , mentre quello della libertà in generale non è risolvibile con un semplicistico "ON-OFF", c'è o non c'è. È un illusione pensare di non essere condizionati, ma lo è anche il pensare di essere delle semplici marionette ( teoria che avrebbe molti punti in comune con quella antica del FATO). Nella seconda mi sembra ci sia addirittura qualcosa di -pensiero magico- . La riflessione sul l.a. è intrigante ma è chiaramente una di quelle che non può approdare a certezze. C' è anche da chiedersi se è una scelta tra la nostra percezione naturale( di volere liberamente) o il ragionamento logico (che però non è un assoluto): "Ragione o/e Sentimento" 😶 ?
Ciao Pio. Al post 402 contrariando la mia tesi del falso problema dicevi:
"Più che mettere in crisi il sistema, che anzi potrebbe avvantaggiarsene da minori scrupoli morali ("se ti licenzio è perché non posso fare diversamente, non ho scelta"), mette in crisi l'etica."
Al post 407 riferendomi più che altro alle osservazioni tue di Bobmax e di Il Dubbio risposi che la vostra tesi non reggeva.
Sono seguiti altri interventi miei, tuoi e di altri fino ad arrivare alla mia autocitazione nel post 427, molto significativa, alla quale è seguito il tuo post 428 nel quale hai detto ".... è vero che non cambierebbe nulla, visto che non possiamo conoscere tutte le cause ....etc".
Secondo me c'è un cambio radicale di opinione dal 402 al 428 e, annusando nell'aria la possibilità di invalidare il teorema di viator ... la buona sorte sia sempre con lui ... ti chiesi se fossi sicuro di avere cambiato idea. Tu hai risposto che non è cambiata invocando un problema più teologico che filosofico. Ti dirò nel frattempo che il problema è filosofico e psicologico proprio per essere un falso problema; non so se cogli il distinguo, ma sarebbe proprio questa consapevolezza a cambiare il vostro comportamento in meglio e in allegria e non in peggio; un problema dunque profondamente umano, ma non orrido come qualcuno lo dipinge, anzi, direi tutt'altro. Se per te non fosse un problema filosofico dovresti pertanto rispondere al mio post 407, altrimenti saresti in contraddizione. Post 407 che Ipazia di sicuro non ha letto altrimenti non si capirebbe per quale motivo abbia tirato in ballo il fato e l'omicidio in tribunale; qui non è in discussione il principio di responsabilità. Mi risparmio per ora un'ulteriore critica ad altre scemenze dette da altri nel nome della ragione. Un saluto
Il fato sta a chi nega il libero agire come la responsabilità individuale sta a chi lo afferma.
E, secondo ragione, in tribunale si segue ancora la scemenza seconda linea di pensiero.
Concordando pure con Pio in sede non teologica, ma esistenziale umana.
Elogiando pure la soluzione teistica di una fattispecie che ha fin da subito un carattere giuridico ed etico in diretta relazione col bene e col male.
Nessuna religione avrebbe avuto successo se avesse imposto all'umano la parte del burattino. Si è giocato con la predestinazione, ma come piano B. Il piano A è quello della responsabilità individuale, con premio e castigo al seguito.
Vale pure per le religioni orientali in cui l'errare condanna al samsara e la via eticamente corretta porta al nirvana.
Tutta un'elaborazione teorica utilizzabile anche in ambito di etica laica (Arendt, Primo Levi,..), a scanso di burattini criminali.
Citazione di: Ipazia il 16 Marzo 2024, 18:32:21 PMIl fato sta a chi nega il libero agire come la responsabilità individuale sta a chi lo afferma.
E, secondo ragione, in tribunale si segue ancora la scemenza seconda linea di pensiero.
Concordando pure con Pio in sede non teologica, ma esistenziale umana.
Lo stesso discorso l'ho fatto pure a anthonyi. Sono solo contro tutti. La mia linea di pensiero è stabile fin dal mio ingresso nel forum. È evidente che io sia un idiota quindi come mai sprechi il tuo fiato per le mie corbellerie?
Mi stai prendendo in giro o che?
Devo veramente rispondere a quest'ultima tua idiozia, o malafede, o malattia mentale? Perché se questo è il tuo pensiero solo una delle tre è la risposta ... ah no! dimenticavo che c'è pure quella che il fine giustifica i mezzi ... c'è però da vedere quale sia il fine.
¿Dovrei dunque credere che solo per il fatto che io creda di non essere libero di scegliere la mia vita sarebbe quindi già scritta dal signor Fato, uno che pretende di sapere quel che non è possibile sapere? Bell'idiota che sarei. Tra l'altro, il signor Dio sarebbe molto meno arrogante
È a mio avviso interessante notare come vi sia chi nega il libero arbitrio individuale, senza mostrare però di esserne toccato esistenzialmente.
Cioè si nega il l.a. ma senza alcuna riflessione etica né su se stessi né sul mondo.
Il naturalismo americano è caratterizzato da correnti di pensiero che negano il l.a. attraverso una logica stringente, ma le successive loro riflessioni hanno soltanto un carattere pratico.
Come la conseguente conclusione che non vi può essere alcuna colpa individuale, nessuno è davvero responsabile. A cui segue però la considerazione, che comunque chi sbaglia deve essere punito lo stesso! Perché se no la società...
Manca perciò la percezione della dirompente questione esistenziale, sollevata dalla non esistenza del l.a.
Con costoro è pressoché impossibile discutere delle implicazioni etiche, perché sono convinti che l'etica sia comunque secondaria rispetto alla logica.
Ma vi sono pure alcuni, che negano il l.a., senza neanche considerare le implicazioni logiche di questa non esistenza.
Perciò per costoro la responsabilità individuale vi è comunque, sebbene logicamente impossibilitati a dire il perché...
Citazione di: bobmax il 16 Marzo 2024, 22:20:04 PMÈ a mio avviso interessante notare come vi sia chi nega il libero arbitrio individuale, senza mostrare però di esserne toccato esistenzialmente.
Cioè si nega il l.a. ma senza alcuna riflessione etica né su se stessi né sul mondo.
Il naturalismo americano è caratterizzato da correnti di pensiero che negano il l.a. attraverso una logica stringente, ma le successive loro riflessioni hanno soltanto un carattere pratico.
Come la conseguente conclusione che non vi può essere alcuna colpa individuale, nessuno è davvero responsabile. A cui segue però la considerazione, che comunque chi sbaglia deve essere punito lo stesso! Perché se no la società...
Manca perciò la percezione della dirompente questione esistenziale, sollevata dalla non esistenza del l.a.
Con costoro è pressoché impossibile discutere delle implicazioni etiche, perché sono convinti che l'etica sia comunque secondaria rispetto alla logica.
Ma vi sono pure alcuni, che negano il l.a., senza neanche considerare le implicazioni logiche di questa non esistenza.
Perciò per costoro la responsabilità individuale vi è comunque, sebbene logicamente impossibilitati a dire il perché...
All'età di diciassette anni un mio amico scappò di casa lasciando una lettera in cui diceva ai genitori di non preoccuparsi, che lui andava a Roma alla ricerca di sé stesso e poi sarebbe tornato. Le forze dell'ordine, allertate, lo colsero nella città eterna appena sceso dal treno. Rispedito a casa uscì poi di notte e scrisse in un muro ben visibile alla popolazione e ben in grande: ambiguo Berlinguer, tu mi sembri un ravanel, rosso per fuori e bianco nel cuore. Verrebbe quasi da chiedersi perché le brigate rosse non abbiano sequestrato lui. Non mi meraviglierebbe comunque se destrossi e sinistrossi, moderati o no che siano si accordassero spartendosi i poteri: la materia alla destra e il pensiero alla sinistra. Ovviamente da buon filosofo piglio quel che passa il convento e mi adeguo, ma che non si appellino alla ragione per affermare quest'ultimo potenziale atto di arroganza mentale che si potrebbe compiere.
Tempo fa hai detto che il comunismo rappresentasse l'ideale di giustizia. Sì dico io, se l'ideale di giustizia corrisponde ad una società a caste. E chi sarebbero allora i nuovi paria? I violenti, i clochard, i drogati, gli ammalati psichici, gli zingari, il sottoscritto e chi altri? Per certo non ci sarebbero i furbi, come sempre del resto da che Ulisse comparve in scena. Beh, a me non va bene e tu sei un disonesto. Mi sembra cioè assai strano che la tua intelligenza non si dia conto che nella nostra società regolata da persone che pensano di avere una certa facoltà di scelta sia invece tutto regolato dalla ragione e dalla logica strafottendosene del senso etico/morale nel subordinarlo al rispetto delle regole. E infatti, quale grande occasione per un disonesto cultore della ragione e della logica per aggirare con vari stratagemmi le regole etico/morali imposte. E allora gli altri cretini, sedicenti persone oneste, continuano a macinare regole per intrappolare il disonesto senza rendersi conto che stanno soffocando l'intera società senza peraltro intrappolare i disonesti ... diciamo comunque che qualcuno lo prendono. E infatti i risultati sono tutti sotto ai nostri occhi. Complimenti, non c'è che dire ... continua pure con le tue vacue rappresentazioni
.
P.s. per tutti:
Massimo Bubola nella canzone "Un uomo ridicolo" esordisce con:
"Sei solo un uomo ridicolo
Un uomo che non sa immaginarsi un miracolo o una perplessità
Vivi di piccoli calcoli e grandi vanità
Non hai amici, ma complici della tua infedeltà."
E poi c'è il resto della canzone.
.
Questa è la vostra condizione ai miei occhi. ¿Perché non fate emergere dunque una perplessità facendo almeno qualche domanda invece che incaponirvi a darmi contro e in modo maldestro peraltro?
Citazione di: daniele22 il 16 Marzo 2024, 18:14:20 PMCiao Pio. Al post 402 contrariando la mia tesi del falso problema dicevi:
"Più che mettere in crisi il sistema, che anzi potrebbe avvantaggiarsene da minori scrupoli morali ("se ti licenzio è perché non posso fare diversamente, non ho scelta"), mette in crisi l'etica."
Al post 407 riferendomi più che altro alle osservazioni tue di Bobmax e di Il Dubbio risposi che la vostra tesi non reggeva.
Sono seguiti altri interventi miei, tuoi e di altri fino ad arrivare alla mia autocitazione nel post 427, molto significativa, alla quale è seguito il tuo post 428 nel quale hai detto ".... è vero che non cambierebbe nulla, visto che non possiamo conoscere tutte le cause ....etc".
Secondo me c'è un cambio radicale di opinione dal 402 al 428 e, annusando nell'aria la possibilità di invalidare il teorema di viator ... la buona sorte sia sempre con lui ... ti chiesi se fossi sicuro di avere cambiato idea. Tu hai risposto che non è cambiata invocando un problema più teologico che filosofico. Ti dirò nel frattempo che il problema è filosofico e psicologico proprio per essere un falso problema; non so se cogli il distinguo, ma sarebbe proprio questa consapevolezza a cambiare il vostro comportamento in meglio e in allegria e non in peggio; un problema dunque profondamente umano, ma non orrido come qualcuno lo dipinge, anzi, direi tutt'altro. Se per te non fosse un problema filosofico dovresti pertanto rispondere al mio post 407, altrimenti saresti in contraddizione. Post 407 che Ipazia di sicuro non ha letto altrimenti non si capirebbe per quale motivo abbia tirato in ballo il fato e l'omicidio in tribunale; qui non è in discussione il principio di responsabilità. Mi risparmio per ora un'ulteriore critica ad altre scemenze dette da altri nel nome della ragione. Un saluto
In effetti sembra un po' pasticciato e contraddittorio. Mi premeva più che altro mettere l'accento sul l'alibi che verrebbe usato da molti per prendere decisioni senza più alcun scrupolo morale. In un mondo privo di l.a. e rigidamente determinista (" da questo consegue quello") dove potrebbe trovarsi la morale? Solo nella Legge, che però sarebbe in piena contraddizione : ti punisco non perché sei responsabile , ma solo per toglierti dalla circolazione. Ma chi "toglierebbe dalla circolazione " il legislatore ?
Probabilmente la persona che vuole il bene non agirebbe per il male, ma chi vuole il male non avrebbe un'arma in più senza la presenza e il pungolo della responsabilità morale nell'atto che vuole compiere? 😎
Citazione di: Pio il 17 Marzo 2024, 10:07:23 AMIn effetti sembra un po' pasticciato e contraddittorio. Mi premeva più che altro mettere l'accento sul l'alibi che verrebbe usato da molti per prendere decisioni senza più alcun scrupolo morale. In un mondo privo di l.a. e rigidamente determinista (" da questo consegue quello") dove potrebbe trovarsi la morale? Solo nella Legge, che però sarebbe in piena contraddizione : ti punisco non perché sei responsabile , ma solo per toglierti dalla circolazione. Ma chi "toglierebbe dalla circolazione " il legislatore ?
Probabilmente la persona che vuole il bene non agirebbe per il male, ma chi vuole il male non avrebbe un'arma in più senza la presenza e il pungolo della responsabilità morale nell'atto che vuole compiere? 😎
Ottimo. È chiaro che la morale debba trovarsi attraverso una riflessione sul bene e sul male. Tutti sappiamo cosa sia il nostro dolore fisico e il nostro piacere fisico. E sappiamo pure cosa sia la nostra sofferenza psichica e il nostro piacere psichico. In fondo si tratta delle uniche conoscenze vere, certe, a cui diamo veramente credito; oltre cioè a quello che ci offre la scienza che di fronte a tali verità viene giustamente messa in secondo piano, almeno per ciò che riguarda la sofferenza. Dato che mi ritengo non libero nelle scelte, pur tuttavia il mio senso etico/morale mi impone di cercare di non fare agli altri quello che non vorrei fosse fatto a me. Questa base di consapevolezza dovrebbe da sola condizionare le mie scelte da qui al futuro. Certo, essendo un animale irrazionale può capitare che mi faccia travolgere dall'emotivitá, dal mio orgoglio, ma non accade così spesso. Chi agisce per il male invece, cosa che non viene garantita dal semplice fatto di trasgredire una norma legislativa, agirà sempre e comunque con intenti "malvagi" a prescindere dalla convinzione di avere o no libertà di scelta poiché costui agirebbe comunque assecondando una sua base di consapevolezza per quanto distorta possa sembrare ai miei occhi. Ricorda infine e in questo senso generale del mio dire cosa dissi nel mio post 339 chiedendo: "Cos'è il male? Come si fa a stabilirlo? È quello che sentite voi e di riflesso cercate di reagire, oppure è quello che giudicate nel vederlo compiuto da altri?"
.
Citazione di: bobmax il 16 Marzo 2024, 15:18:27 PMTuttavia, poiché simplex sigillum veri, è preferibile la semplificazione alla complicazione.
Perciò risulta tutto più semplice considerando inesistente il libero arbitrio (individuale!).
Si evita così di postulare un che di non dimostrato e che è incompatibile con la scienza. Se non supponendo azioni che trascendono l'immanenza conosciuta.
Infatti il l.a. e delimitato dalla parte trascendentale dell'universo antropologico, denominata etica/morale
CitazioneMa la mistica non solo è fede nella ragione, è soprattutto fede nell'etica. Ed è per questo che sospinge la ragione fino a fare i conti con l'etica.
Mettendo tutto in discussione.
E così giunge laddove la ragione tace.
Ecco il Nulla!
Il Nulla fonte di infinite possibilità.
Anche la mistica è parte dell'universo antropologico con le sue infinite possibilità, e infatti ...
CitazioneSe invece seguiamo una visione scientifica della realtà, allora l'etica può esserne al più un epifenomeno.
Prevale la logica.
E qui abbiamo il nulla nichilistico.
Difficile da contrastare, perché la logica, considerata assoluto, non dà alcun valore a nulla.
I nazisti erano eccellenti logici...
... arriva alle stesse conclusioni della ragione e dell'antropologia. La contrapposizione tra ragione e sentimento è solo nella testa dei manichei. Tra unio mistica e carnale c'è sintonia. Se bastasse la logica manichea i nazisti avrebbero vinto a Stalingrado.
Citazione di: bobmax il 16 Marzo 2024, 22:20:04 PMÈ a mio avviso interessante notare come vi sia chi nega il libero arbitrio individuale, senza mostrare però di esserne toccato esistenzialmente.
Cioè si nega il l.a. ma senza alcuna riflessione etica né su se stessi né sul mondo.
Il naturalismo americano è caratterizzato da correnti di pensiero che negano il l.a. attraverso una logica stringente, ma le successive loro riflessioni hanno soltanto un carattere pratico.
Come la conseguente conclusione che non vi può essere alcuna colpa individuale, nessuno è davvero responsabile. A cui segue però la considerazione, che comunque chi sbaglia deve essere punito lo stesso! Perché se no la società...
Manca perciò la percezione della dirompente questione esistenziale, sollevata dalla non esistenza del l.a.
Con costoro è pressoché impossibile discutere delle implicazioni etiche, perché sono convinti che l'etica sia comunque secondaria rispetto alla logica.
Ma vi sono pure alcuni, che negano il l.a., senza neanche considerare le implicazioni logiche di questa non esistenza.
Perciò per costoro la responsabilità individuale vi è comunque, sebbene logicamente impossibilitati a dire il perché...
Esatto. È la colossale contraddizione del manicheismo scientista che continuamente si morde la coda.
Ovviamente nell'indifferenza del branco in generale, che sulla responsabilità individuale fonda il suo modus vivendi da sempre.
Il
fondamento etico è per tutti, teisti e atei, la vita (umana). I teisti insistono su quella dello spirito, gli atei evoluti su quella dell'unità psicosomatica. L'ateoscientismo rimane fermo alla macchina biogica e da lì non si schioda.
Il fondamento "vita umana" è etologico prima che etico e l'etica non è un epifenomeno casuale ma il risultato più alto delle scienze umane, con il suo carico epistemico.
Tra cui spicca il concetto di
limite, per evitare mostruosità teistiche come "Dio lo vuole" o ateistiche come "il fine giustifica i mezzi".
Limite che non contravviene al principio di libertà, quando diventa scelta razionale e non costrizione.
Come possa essere la vita umana il fondamento dell'etica proprio non lo capisco. Nel nostro attuale tessuto sociale "il fine giustifica I mezzi" è quasi d'obbligo e il "Dio lo vuole" è stato espresso velatamente in forma di consiglio dal Papa dicendo a Zelensky di arrendersi. Certo non è un Dio lo vuole, ma più che altro, la vita umana come fondamento dell'etica c'è pure ora solo che non dice proprio nulla, e infatti si vede. In ogni caso se una vita umana mi mette alle strette me ne infischio del fondamento etico e giustamente dal punto di vista della mia etica cerco di eliminarla. Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te è più che giusto fino a quando qualcuno non ti fa del male. Altro che episteme, scientismo e fesserie varie ed eventuali. L'episteme va interpretato e ad oggi siamo proprio fuori strada. Avanti ancora allora, si continui a difendere la libertà di scelta, questo sì un grande mostro, ma più che altro il non rendersi conto del falso problema, problema dei problemi
Citazione di: iano il 16 Marzo 2024, 16:34:07 PMScrive Daniele 22.
------------------
Il problema posto sarebbe infine un falso problema per una impossibilità gnoseologica tale e quale a quella che la fisica quantistica ha messo in evidenza per il mondo subatomico.
---------------------
Mi sembra improprio mettere a confronto una sensazione con una teoria verificata.
La fisica quantistica non pone un problema di conoscenza, ma di comprensione.
Ciao iano. Ti chiedo come fai a sapere tu, osservatore, quale sia la causa che determina un dato comportamento umano. ¿Non ti sembra di fatto un limite gnoseologico più che una sensazione?
Se ci pensi un poco e tracci un'analogia con la fisica scopri che la fisica ha superato il problema, ma la fisica manipola particelle mentre gli esseri umani si fanno manipolare autoimponendosi di avere un minimo di libertà nella scelta. Gli esseri umani cioè obbligano se stessi imponendo la loro interferenza che corrisponde appunto che noi si sia in un certo senso liberi. Il risultato è quello che vedi
Bisognerebbe fare un esempio di cosa significhi farsi manipolare dall'idea di essere liberi. Un uomo orina sul muro di casa nostra. Presi dall'ira e dalla repulsione usciamo con l'accetta in mano intenzionati a ucciderlo e smembrarlo lì per lì. Vedendo l'orinatore però notiamo che è un povero cristo, macilento, forse handicappato. Proviamo compassione alcuni, altri ancora odio. Quelli che provano compassione hanno varie scelte davanti: lo redarguiscono amabilmente, gli fanno la carità, lo invitano in casa per rifocillarsi o altro. Quelli che provano ancora odio hanno anche loro varie scelte davanti: lo insultano, lo picchiano, lo scherniscono o altro. Lo stesso fatto ha generato comportamenti diametralmente opposti. Dove entra il condizionamento dato dal l.a.? L'ira è naturale, ma lo è anche la compassione. Perché si sceglie una strada piuttosto che un'altra? Forse perché non entra solo l'istinto , ma anche la ragione e la volontà? Potrei avere un condizionamento di tipo religioso: non provo compassione, ma ancora ira, però lo invito in casa lo stesso perché il signore Gesù ha detto ...Potrei picchiarlo lo stesso perché così non lo farà più di orinarmi sul muro. Se non ci fosse l'idea di essere liberi come ci comportameremmo? Abbiamo l'impulso, la volontà e la ragione. Cosa prevarrebbe allora? Cambierebbe qualcosa? Usciremo con l'accetta in mano dicendoci "non sono dotato di libertà"? Mo' che faccio?🈺🈳
C'è una risposta a domande di questo tipo? Per me no.
L'ultimo libro di B. Larsson,
Essere o non essere umani si apre con questa citazione:
" sa Fielding, non si può mai giudicare una persona; non c'è una verità valida per tutti gli uomini, non esiste una regola alla quale confrontare ciascuno di noi. Noi siamo dei camaleonti". (Se interessa la citazione è tratta dal romanzo di Le Carrè: un delitto di classe).
Eppure fin dalla notte dei tempi il sodalizio umano si è dato delle regole di convivenza e mutualità, individuando (correttamente) la vita umana come massimo bene su cui fondare i valori (etica) e la pena capitale, coerentemente col principio, dato e posto, come massimo castigo.
Tralasciando le varie ed eventuali belliche, di branco e di classe, il principio antropologico resta valido nel corso dei millenni fino ad oggi ed il suo rispetto è il limite che garantisce la più importante libertà individuale: vivere.
L'empiria esistenziale supera, nella prassi umana, tutte le complicazioni metafisiche relative al l.a.. Concetto ingannevole relativamente all'arbitrio, che resta delimitato all'ambito di libertà che la convivenza umana rende possibile nel suo processo evolutivo storicamente, oltre che naturalmente, determinato.
Ennesima dimostrazione della superiorità metafisica del relativo sull'assoluto nella ricerca dei fondamenti e delle prassi etiche conseguenti.
Sono parzialmente d'accordo Ipazia. A tuo favore vi è ad esempio il significato di umano, che oltre a quello strettamente biologico, significa , in moltissime lingue indoeuropee, empatia, solidarietà, abbandono di ogni pensiero egoistico e narcisista. Ma è anche possibile deumanizzare una categoria e trattarla in modo "inumano", come accade in modo ricorrente.
Un aspetto che spesso viene misconosciuto è la connessione del libero arbitrio con la libertà e la visione del mondo della società in cui io, agente, della libera volontà, mi trovo. Il L.A., in altre parole, è anche esso un processo che si apprende e che non è presente allo stesso modo in ognuno di noi, così come è presente in modo diverso nelle più diverse società. Ad esempio, molto a braccio, le società occidentali sono molto più dotate di libero arbitrio delle società orientali. In Occidente, per la prima volta la storia è stata immaginata come freccia (a partire da Omero ma proseguendo poi con il Cristianesimo e l'illuminismo, tutti identici in questo senso) a differenza dell'immagine dell'eterno ritorno buddista. In quella freccia c'è il senso della decisione. Ma è, inoltre possibile pensare al L.A. scindendolo dal linguaggio e dalla tecnica dell'uomo? Io non credo.
Citazione di: daniele22 il 18 Marzo 2024, 08:02:51 AMCiao iano. Ti chiedo come fai a sapere tu, osservatore, quale sia la causa che determina un dato comportamento umano. ¿Non ti sembra di fatto un limite gnoseologico più che una sensazione?
Se ci pensi un poco e tracci un'analogia con la fisica scopri che la fisica ha superato il problema, ma la fisica manipola particelle mentre gli esseri umani si fanno manipolare autoimponendosi di avere un minimo di libertà nella scelta. Gli esseri umani cioè obbligano se stessi imponendo la loro interferenza che corrisponde appunto che noi si sia in un certo senso liberi. Il risultato è quello che vedi
Io non mi impongo di essere libero, ma semmai non riesco a sopprimere una sensazione di libertà, per quanto possa essere residuale.
Suppongo inoltre che questa sensazione sia condivisa, ma tu su questo mi potrai smentire.
Questa sensazione di libero arbitrio non vale la dimostrazione della sua esistenza, come l'eventuale dimostrazione della sua inesistenza non garantisce la fine della sensazione.
La sensazione possiamo ipotizzare che non sia conoscenza della realtà al fine di potervi agire, ma è una istruzione su come agire sulla realtà.
La differenza potrebbe non cogliersi, ma spero di chiarirla col seguito del post.
Il sospetto che le cose stiano così ce lo fornisce la scienza stessa, quando smascherando la natura di illusione della sensazione, non perciò riesce a farla sparire.
Detto ciò , si comprende come sia stato facile cadere nell'errore, che la scienza conduca verso la verità, correggendo gli errori della percezione.
La verità è che non li corregge, ma li nega nel senso che sostituisce a quelle delle illusioni alternative, non meno funzionali di quelle, o più o meno funzionali in base al contesto in cui agiamo.
Non c'è una verità per il microcosmo (meccanica quantistica) e una verità per il macrocosmo (meccanica classica), ma ci sono istruzioni alternative per interagire con la realtà in relazione al contesto in cui agiamo.
Se confondiamo queste istruzioni, se non con la realtà, con qualcosa che vi si può approssimare, per soddisfare la nostra naturale brama di verità
fine a se stessa non stiamo peccando di vanagloria o di ingenuità, ma al contempo non possiamo certo dirci seguaci del rasoio di Occam.
Confondere la conoscenza delle cose con la loro comprensione non è stato finora un modo di semplificare, come ho provato spiegare nel post che hai citato.
Che le due cose siano separabili non è neanche facile da immaginare per noi , senza differenza fra i fisici e i non fisici, dove si verifica che è non è la diversa quantità di conoscenza fare differenza nella comprensione.
I più grandi geni della fisica quantistica, compresi i suoi fondatori non ci hanno mai capito nulla, al pari di noi, e alla fine si sono divisi in due partiti, quello dei fisici che si sono rassegnati a non capire, e gli altri.
Ma tutti insieme nel loro lavoro di applicazione della teoria hanno dimostrato che questa mancata comprensione di fatto non comporta alcun problema.
La materia stessa cui accenni parlando di particelle da manipolare, diventa sempre meno ''materiale'', nel senso che si allontana sempre più dalla nostra corrispondente sensazione.
Questo però non è un problema se accettiamo che le sensazioni e le leggi fisiche non debbano necessariamente concordare, ed è normale che possano non concordare se sono istruzioni alternative per agire sulla realtà, in base al diverso contesto in cui agiamo.
La materia di cui sono fatte le particelle quantistiche non è la stessa con la quale interagiamo tutti i giorni, perchè, per quanto siamo scusati di averla intesa come una cosa in sè, in effetti equivale ad una istruzione per agire su quella cosa in sè, che possiamo cioè ancora supporre come tale, senza tema di essere smentiti, che è la realtà.
Sarebbe bello se le nostre sensazioni concordassero con le leggi fisiche, ma il fatto che fino a un certo punto così ci è parso essere, e il nostro desiderio che così potessero continuare ad essere, non crea la necessità che così debba essere.
Negare questa necessità non è necessario, ma una scelta libera, che comporta conseguenze opposte, e queste conseguenze potrebbero farci cambiare la nostra scelta, perchè una caratteristica del libero arbitrio è che non comporta scelte definitive.
Potrebbe non esistere il libero arbitrio, ma qualunque sia la causa che lo determina, i suoi effetti, intesi come determinati una volta per tutte, non lo sono di certo, e questo all'interno di un quadro completamente deterministico varrebbe come un anomalia, come un punto a favore della sua esistenza, qualunque cosa sia.
In alternativa dovremmo far convivere a pieno titolo determinismo e caso, e l'unico modo di farli convivere è di non considerarli come attributi della realtà, ma come strumenti per interagire con essa.
C'est plus facile, pour moi, e tanto mi basta. :))
Una volta che si accetti che la realtà possa essere agita senza essere compresa ( o meglio che la comprensione sia un diverso modo di trattenere e applicare la conoscenza, in se quindi non necessario) il soggetto agente, in quanto esso stesso parte della realtà, ne segue le sorti, ma perchè si possano considerare come separati in casa deve esserci qualcosa che li separi, e potrebbe essere proprio questo qualcosa il libero arbitrio che percepiamo, che equivarrebbe quindi alla sensazione della nostra separazione.
Per il valore che può avere il termine sacro, per me la vita dell'individuo non è sacra. Perché io la consideri sacra (degna di rispetto) l'altro deve quantomeno meritare che io lo possa considerare individuo degno di rispetto. Ma questo non c'entra proprio nulla. O meglio, c'entra solo qualora vi riteniate liberi almeno in parte di scegliere, poiché un individuo che pensa di non essere libero essere libero è comunque assestato in una posizione e agirà di conseguenza a prescindere dal fatto che per lui la vita sia sacra oppure no. Per ciò che riguarda la compassione ognuno ha la sua misura penso e secondo quanto detto sopra ciascuno la applicherà nei termini in cui egli decide di concederla. Certo che se quello che ti piscia sul muretto magari ti sputa pure in faccia non so dove vada la compassione ... certo ci potrà essere ancora.
Vedo comunque che continuate a non rispondere e ad aggirare la storia sempre spezzando lance spuntate in nome di una non chiara libertà di scelta.
I casi sono quattro penso;
1 Siete convinti di essere liberi
2 Siete convinti di essere liberi in parte.
3 Siete convinti del contrario.
4 Siete convinti che non sia possibile affermare l'una o l'altra delle ipotesi.
5 Siete convinti che sia un'illusione necessaria.
6 Di contro io sono convinto della tesi del falso problema. E il falso problema è il grande problema ... Insomma, saremmo tutti convinti, certi. Forse solo il caso 4 riesce a sottrarsi, altrimenti penso si cadrebbe in una sofisticazione.
Domanda: siamo tutti assolutisti, o no?
Vi invito ad una risposta chiara e breve nell'argomentazione
Citazione di: Pio il 18 Marzo 2024, 08:31:56 AMBisognerebbe fare un esempio di cosa significhi farsi manipolare dall'idea di essere liberi. Un uomo orina sul muro di casa nostra. Presi dall'ira e dalla repulsione usciamo con l'accetta in mano intenzionati a ucciderlo e smembrarlo lì per lì. Vedendo l'orinatore però notiamo che è un povero cristo, macilento, forse handicappato. Proviamo compassione alcuni, altri ancora odio. Quelli che provano compassione hanno varie scelte davanti: lo redarguiscono amabilmente, gli fanno la carità, lo invitano in casa per rifocillarsi o altro. Quelli che provano ancora odio hanno anche loro varie scelte davanti: lo insultano, lo picchiano, lo scherniscono o altro. Lo stesso fatto ha generato comportamenti diametralmente opposti. Dove entra il condizionamento dato dal l.a.? L'ira è naturale, ma lo è anche la compassione. Perché si sceglie una strada piuttosto che un'altra? Forse perché non entra solo l'istinto , ma anche la ragione e la volontà? Potrei avere un condizionamento di tipo religioso: non provo compassione, ma ancora ira, però lo invito in casa lo stesso perché il signore Gesù ha detto ...Potrei picchiarlo lo stesso perché così non lo farà più di orinarmi sul muro. Se non ci fosse l'idea di essere liberi come ci comportameremmo? Abbiamo l'impulso, la volontà e la ragione. Cosa prevarrebbe allora? Cambierebbe qualcosa? Usciremo con l'accetta in mano dicendoci "non sono dotato di libertà"? Mo' che faccio?🈺🈳
C'è una risposta a domande di questo tipo? Per me no.
Altra osservazione intelligente, che dovrebbe tuttavia essere approfondita.
Per esempio considerando che non si decide perché liberi.
Si sceglie cosa fare e basta.
Prima di agire non penso se sono libero o non libero e allora di conseguenza...
Agisco.
Magari prima rifletto sulla bontà o meno di una scelta, ma non certo sulla libertà o meno meno di questa mia stessa riflessione...
Il fatto è che
non è possibile volere di volere.
Un'altra considerazione potrebbe essere che le nostre scelte dipendono non tanto da ciò che conosciamo, ma da ciò che siamo.
E
noi siamo ciò che amiamo.
E...
non è possibile voler amare.
Così come non è possibile volere di volere, allo stesso modo non è possibile voler amare. Si ama o non si ama. E neppure si può scegliere cosa amare e cosa no.
La risposta alla tua domande la dà la Mistica, che è autentica filosofia.
Non vi è alcuna possibilità di scegliere diversamente da ciò che si sceglie, dice la Mistica.
(Senza tirare in ballo il determinismo che non c'entra niente)
Epperò, aggiunge sempre la Mistica, è possibile
distaccarsi dal proprio volere.
Cioè si continua a volere e scegliere come al solito, ma... distaccandosene.
Cioè rinunciando alla propria volontà.
In sostanza
si riconosce in quella stessa propria volontà un non essere.E poiché il vuoto creato non può restare tale, subito viene colmato dalla volontà di Dio.
Ecco la Grazia!
Ci si potrebbe chiedere quale possa essere allora la "volontà" che permette lo stesso distacco...
@JacopusLa libertà occidentale assomiglia molto al mors tua vita mea. Gli europei si sentivano liberi di chiamare vergini terre che erano già abitate, operando un genocidio metafisico come preludio a quello fisico.
La libertà è un quantitativo dato e l'arbitrio consiste nell'aumentare la propria sottraendola agli altri branchi.
Su questo aspetto la cultura orientale è assai più attenta e meno ipocrita, sia nel rispetto che nella violenza consapevole.
La stessa libertà ottenuta per via "tecno-umanistica" sta dimostrando di operare su un patrimonio
limitato, che resiste all'arbitrio presentando il conto, come aveva già intuito Anassimandro.
Citazione di: Ipazia il 18 Marzo 2024, 16:45:55 PM@Jacopus
La libertà occidentale assomiglia molto al mors tua vita mea. Gli europei si sentivano liberi di chiamare vergini terre che erano già abitate, operando un genocidio metafisico come preludio a quello fisico.
La libertà è un quantitativo dato e l'arbitrio consiste nell'aumentare la propria sottraendola agli altri branchi.
Su questo aspetto la cultura orientale è assai più attenta e meno ipocrita, sia nel rispetto che nella violenza consapevole.
La stessa libertà ottenuta per via "tecno-umanistica" sta dimostrando di operare su un patrimonio limitato, che resiste all'arbitrio presentando il conto, come aveva già intuito Anassimandro.u
Quando si parla di opposizione Occidente/Oriente inevitabilmente si adopera un modo di pensiero generalizzante e semplificato enorme e anche probabilmente stupido. Ma nello stesso tempo può risultare un gioco intellettuale interessante. Ad esempio "l'habeas corpus", inserito nella prima costituzione moderna, quella inglese, poteva essere concepito in un altro luogo che non fosse l'Europa? Io non credo. Poiché l'Occidente è la cultura dell'individuo, con tutto ciò che questo comporta. La cultura occidentale non è una cultura organicista e collettivista, ma una cultura fondata sull'individuo prometeico, che non accetta alcun patto con la natura, perché ha fatto un patto con Mefistofele. Goethe, Nietzsche, Freud potevano solo essere occidentali. E il dominio culturale dell'Occidente nasce proprio da questo superamento dell'eterno ritorno (l'eterno ritorno di Nietzsche è esattamente il superamento al quadrato del tempo ciclico orientale. "All'inshallah fatalistico si è sostituito Edipo, che vuole conoscere anche a suo discapito o Achab che vuole uccidere la Balena". Piuttosto il sogno occidentale si è interrotto quando ha iniziato a interpretare l'individualismo in modo elitario, riassumibile nel passo proverbiale "tutti gli animali sono uguali, ma ci sono animali più uguali degli altri". Il pensiero orientale, forse in modo più realistico non ha mai neppure immaginato di pensare che tutti gli animali sono uguali. In questa ambivalenza sta il pensiero occidentale e in tutto quello che ne consegue, in positivo e in negativo.
Citazione di: Phil il 07 Marzo 2024, 21:26:40 PM.......
Credo di aver capito cosa intendi con «filosofia»; non mi resta dunque che tenerne conto, anche se non ho compreso esattamente su quale questione mi proponi di rispondere. Sul libero arbitrio, non ho particolari osservazioni e, come detto, la mia opinione in merito è già altrove (da pagina 2 a pagina 8, circa); se lo intendi come un falso problema, significa che lo hai già decostruito a sufficienza; se ora vuoi ricostruirlo o giocare con chi non lo ha ancora smontato, la (libera?) scelta è tua.
Ciao Phil. Nel momento in cui non si può dimostrare in modo analitico la veridicità di nessuna delle due proposizioni antitetiche mi sembra ovvio che si tratti di un falso problema. Se pertanto qualcuno vuole portare avanti la veridicità di una qualche libertà cadrebbe nel fallo di essere un assolutista pur autoproclamandosi un relativista. Cosa assai sconcertante, proprio per la semplicità della soluzione. Ma siccome poi, prima o dopo, uno deve prendere una decisione, io decido che costoro abbiano un io smisurato, decido quindi per la malattia mentale ¿e cosa faccio?. Dato che posso solo parlare dico che se fossi il signor Vladimir, tenendo conto però che lui possiede informazioni che io non ho e che comunque potrebbero morire altri innocenti, sarei quasi quasi tentato di tirare una bella bomba atomica a 42°nord e 6°est e vedere poi l'effetto che fa ... specialmente a quei cornuti di francesi e a tutti questi incontinenti "io" che ammorbano l'aria divenuta ormai asfissiante. Se magari mi fai sapere qualcosa, giusto così che sappia pure io, te ne sarei grato
La "fattoria degli animali occidentali" teoretica è iniziata già con Menenio Agrippa e assomiglia molto al corrispettivo orientale, salvo che l'oriente non si è fatto le pippe ipocrite e contraddittorie dell'uguaglianza in salsa classista. Cui si aggiunge una superiorità metafisica nel rapporto con la natura, esente da ribalderie titaniste. Il che ha molto da insegnare anche nell'indagare il campo di esistenza della libertà umana.
Citazione di: daniele22 il 20 Marzo 2024, 09:21:25 AMSe magari mi fai sapere qualcosa, giusto così che sappia pure io, te ne sarei grato
Come (forse) avrai già letto, anche per me il libero arbitrio è perlopiù un falso problema e, come già scritto altrove, «libertà» è una parolaccia più pericolosa che sensata (so che molti non concordano, ma poi basta leggere i loro discorsi o semplicemente i libri di storia, per farsi una buona idea di cosa intendo quando la connoto come "parola meretrice"...).
Non mi sbilancio minimamente in diagnosi di altrui "malattia mentale" né mi interesso di politica, quindi con il tuo "
paso doble", che chiama in causa Putin, i francesi e l'atomica, mi hai egregiamente dribblato (e onestamente ancora non ho inteso cosa ti aspetti io ti "faccia sapere": come diceva qualcuno, «so di non sapere»).
Citazione di: Phil il 20 Marzo 2024, 11:09:01 AMCome (forse) avrai già letto, anche per me il libero arbitrio è perlopiù un falso problema e, come già scritto altrove, «libertà» è una parolaccia più pericolosa che sensata (so che molti non concordano, ma poi basta leggere i loro discorsi o semplicemente i libri di storia, per farsi una buona idea di cosa intendo quando la connoto come "parola meretrice"...).
Non mi sbilancio minimamente in diagnosi di altrui "malattia mentale" né mi interesso di politica, quindi con il tuo "paso doble", che chiama in causa Putin, i francesi e l'atomica, mi hai egregiamente dribblato (e onestamente ancora non ho inteso cosa ti aspetti io ti "faccia sapere": come diceva qualcuno, «so di non sapere»).
Beh, dovresti ammettere che siamo messi assai male e in parte l'hai fatto. C'è però ancora quel "perlopiù" che ti squalificherebbe almeno ai miei occhi.
La supponenza sarebbe un "peccato ", ma le dinamiche della vita ti impongono a volte di dover supporre, quindi la malattia mentale corrisponde per me alla mia supponenza; diversamente resterebbero mancanza di intelligenza oppure malafede. C'è però un problema che per me attualmente resta irrisolto e che potrebbe giustificare il tuo "perlopiù". Quindi ti chiedo: perché hai usato il "perlopiù"?
Quel «perlopiù» è dovuto all'impossibilità (per me) di ritenere il libero arbitrio un falso problema anche considerando chi lo imposta in un certo modo (teologia e dintorni), ottenendo così un vero problema, almeno dalla sua prospettiva. Se di fronte al suo porlo come problema, io affermassi che è solo un falso problema, significherebbe che non ho compreso la sua prospettiva. Per questo «per me il libero arbitrio è perlopiù un falso problema», perché il «per me» non esclude la comprensione e la sensatezza di alcune posizioni differenti della mia (con altri fondamenti, altre categorie, etc.), che dunque quando mi risultano comprensibili e sensate, danno vita a quel «perlopiù» (chiaramente in altri ambiti, meno opinabili, o che faccio più fatica a comprendere, tale «perlopiù» diventa molto più raro).
Citazione di: Ipazia il 20 Marzo 2024, 09:43:35 AMLa "fattoria degli animali occidentali" teoretica è iniziata già con Menenio Agrippa e assomiglia molto al corrispettivo orientale, salvo che l'oriente non si è fatto le pippe ipocrite e contraddittorie dell'uguaglianza in salsa classista. Cui si aggiunge una superiorità metafisica nel rapporto con la natura, esente da ribalderie titaniste. Il che ha molto da insegnare anche nell'indagare il campo di esistenza della libertà umana.
certo. Non hai tutti i torti. Ma se avesse avuto la leadership ideologica l'Oriente, ora probabilmente avremmo un mondo più ecologico ma saremmo chini con le cosce bagnate sulle risaie. Bambino e acqua sporca vanno sempre distinti, altrimenti si rischia di dividere e manicheizzare.
Citazione di: Phil il 20 Marzo 2024, 15:04:19 PMQuel «perlopiù» è dovuto all'impossibilità (per me) di ritenere il libero arbitrio un falso problema anche considerando chi lo imposta in un certo modo (teologia e dintorni), ottenendo così un vero problema, almeno dalla sua prospettiva. Se di fronte al suo porlo come problema, io affermassi che è solo un falso problema, significherebbe che non ho compreso la sua prospettiva. Per questo «per me il libero arbitrio è perlopiù un falso problema», perché il «per me» non esclude la comprensione e la sensatezza di alcune posizioni differenti della mia (con altri fondamenti, altre categorie, etc.), che dunque quando mi risultano comprensibili e sensate, danno vita a quel «perlopiù» (chiaramente in altri ambiti, meno opinabili, o che faccio più fatica a comprendere, tale «perlopiù» diventa molto più raro).
Contrariamente a quello che tu pensi, il problema della libertà, ben antico, l'avrebbero fatto diventare un problema gli atei più che i credenti. Più che giustamente direi, ma le classi sacerdotali si sono presentate nella storia, in termini di rapporti di forza all'interno della società, esercitando un potere pari a quello dei sovrani ... quindi assoluto. Erano quindi preesistenti all'ateismo, almeno sulla carta. Cos'hanno fatto gli atei? Hanno semplicemente copiato la loro idea abolendo però Dio. Classico trucco di bassa lega, infatti hanno generato proprio un grosso problema. Comunque, se hai la sensazione che esista la volontà, il compito di un pensiero corretto che voglia indagare è quello di trovare la causa che determina la sensazione
Citazione di: Jacopus il 20 Marzo 2024, 15:58:07 PMcerto. Non hai tutti i torti. Ma se avesse avuto la leadership ideologica l'Oriente, ora probabilmente avremmo un mondo più ecologico ma saremmo chini con le cosce bagnate sulle risaie. Bambino e acqua sporca vanno sempre distinti, altrimenti si rischia di dividere e manicheizzare.
Citando Attali: "la tecnica non è stata inventata per la felicità della plebe europea" . E di felicità ce n'era ben poca per l'artigiano e il contadino rimasti senza lavoro a causa della concorrenza della macchina, reclusi in fetide fabbriche e miniere dove la macchina stabiliva i tempi di lavoro.
Anche i motivi del genio occidentale hanno più a che fare con l'esubero di capitali da rapine secolari che con una scienza infusa di illuminazione illuministica cristianocentrica.
Il capitalismo ha subito imboccato la strada del plusvalore relativo da produttività sull'unità di merce attraverso l'automazione, ma che questo sia stato miracoloso per la salute e qualità della vita della plebe è assai controverso.
Al netto di ogni pro e contro, a giudicare dalla "democrazia dei piedi", qualche merito in più rispetto al pensiero orientale direi che l'Occidente ce l'ha.
Citazione di: daniele22 il 21 Marzo 2024, 10:22:12 AM Comunque, se hai la sensazione che esista la volontà, il compito di un pensiero corretto che voglia indagare è quello di trovare la causa che determina la sensazione
Il punto di partenza è l'innegabile sensazione di libertà, che però sembra contemplare quantomeno un eccezione, se è vero che non ho la sensazione di essere io a scegliere di pensare, come se questo io pensante non fosse fondamentale, anche se questa è la nostra sensazione.
Manipolare la realtà viene prima del comprenderla, quindi la comprensione della realtà non è strettamente necessaria alla sua manipolazione.
Ma chi è il manipolatore?
Non sembra essere propriamente l'io pensante se non può neanche scegliere di pensare, ma qualcosa che sta dietro, e che si manifesta come libero arbitrio, del quale, al pari della realtà di cui è parte, non è necessaria la comprensione.
Citazione di: Jacopus il 21 Marzo 2024, 18:33:36 PMAl netto di ogni pro e contro, a giudicare dalla "democrazia dei piedi", qualche merito in più rispetto al pensiero orientale direi che l'Occidente ce l'ha.
Finché l'economia di rapina tira(va) ...
Citazione di: Ipazia il 21 Marzo 2024, 21:51:50 PMFinché l'economia di rapina tira(va) ...
Alla tua stringata e felice frase aggiungerei che ci rapiniamo da soli.
E come è possibile questo?
Deriva da un libera scelta di cosa sia il bene per noi, derivante da un libero arbitrio dal quale però ci si aspetterebbe un agire inconcludente, nel bene e nel male, e che porta invece paradossalmente a forti convinzioni, al punto che se, senza saperlo, abbiamo scelto di fare un frontale con un muro, freneremo, se freneremo, quando sarò troppo tardi per evitarlo, e se ne usciremo ancora vivi temo che non ci sia altro modo di cambiare la trama di questo racconto, che pur sembra rinnovarsi, ma restando sempre uguale.
Si può imparare dagli errori, ma solo se prima li si fà, portandoli fino in fondo, e poi, rinsaviti da ciò, saremo pronti per nuove scelte scellerate.
Quando invece facciamo la scelta giusta da essa cosa impariamo?
Io credo che non ci accorgiamo neanche di averla fatta, come se fosse la natura a prendersi il merito, facendo il suo corso.
Dalle scelte giuste temo non ci sia nulla da imparare.
Quando tutto va bene chi può saperne il motivo?
L'etica serve a fare le scelte giuste. Un sapere imperfetto, ma il migliore che abbiamo. Dalla cui storia e riflessione c'è molto da imparare.
Citazione di: iano il 21 Marzo 2024, 21:42:07 PMIl punto di partenza è l'innegabile sensazione di libertà, che però sembra contemplare quantomeno un eccezione, se è vero che non ho la sensazione di essere io a scegliere di pensare, come se questo io pensante non fosse fondamentale, anche se questa è la nostra sensazione.
Manipolare la realtà viene prima del comprenderla, quindi la comprensione della realtà non è strettamente necessaria alla sua manipolazione.
Ma chi è il manipolatore?
Non sembra essere propriamente l'io pensante se non può neanche scegliere di pensare, ma qualcosa che sta dietro, e che si manifesta come libero arbitrio, del quale, al pari della realtà di cui è parte, non è necessaria la comprensione.
Se vuoi trovare ciò che dà origine alla sensazione, che come già dissi sarebbe la fonte della conoscenza, dovresti usare i sensi e i sensi in questo caso di cui si tratta troveranno solo parole: libertà, volontà, scelta, volere, dovere, pensare.....etc.
Facciamo finta che siano vere dato che tutti le riteniamo tali: io non ho mai detto che non posso scegliere, né tantomeno dissi che non posso scegliere di pensare. Anzi, in uno dei miei primi post da quando sono qui dissi pure che noi umani d'istinto "sappiamo" di poter ricorrere al pensiero per risolvere i nostri problemi. Dico solo che non posso sapere con certezza se la mia scelta è libera oppure no. Propendo per la seconda ipotesi, ma non ne sono certo.
Manipolare la realtà viene prima del comprenderla ... ¿vero, ma che senso ha questo tuo pensiero quando il fatto di manipolarla poggia su di una certa comprensione che si ha di essa? Il manipolatore sei tu iano che non ti interessi di politica e continui a dire delle stupidaggini senza senso. Se tu non ti interessi di politica, come anche Phil, sappiate intanto che vostro malgrado o buongrado, la politica la fate comunque con le vostre chiacchiere vuote, almeno in questo tema. Sappiate inoltre che se a voi non interessa la politica la politica manipola voi. Ma la manipolatrice più grande è l'attuale filosofia, scienza da ranocchi. Quella stessa filosofia che rinunciò a ricercare il fondamento della conoscenza, idea tanto idiota e tanto cara a Ipazia ... rinunciò cioè a sforzarsi di capire da dove saltano fuori quelle parole sopra citate. Chissà come mai. Io penso di saperlo ... si tratta di istinto animale, di un animale il cui territorio è soprattutto centrato su di un territorio linguistico.
Mi è stato anche detto che il solipsismo è una scorciatoia. A me sembra invece che la scorciatoia l'abbia presa proprio la filosofia ... e per tale motivo divenne appunto scienza da ranocchi. In ogni caso la fossa su cui stendere il vostro assolutismo (solipsismo inconsapevole) ve la siete scavata da soli. Non vi sono più in questo tema, tanto è semplice e banale, i vari Marx, Hegel, Nietzsche, Platone o Aristotele che tanto amate chiamare in causa quasi fossero degli dei.
Ora vi saluto perché in questi giorni ho cose più importanti e più terra terra da sbrigare. Forse potrei rispondere ad eventuali messaggi privati qualora fossero indirizzati a delle curiosità, ma visto che fino ad oggi me ne sono giunti solo tre in tre anni, e vista pure la vostra postura mentale, non penso che ciò possa accadere. Ci rivedremo più avanti, voglia sempre la buona sorte
Citazione di: PhyroSphera il 14 Settembre 2023, 16:06:20 PMLa ambivalenza delle dichiarazioni di Arminio, pubblicamente diviso tra cattolici e riformati, la intolleranza di Lutero, la ostinazione di Erasmo, sono per il mondo filosofico degli esempi tipici. Certo la disputa nella religione cristiana ha mostrato quale parte debole quella cattolica, liberista; ma l'esito non è stato la negazione della libertà. La politica ne seguì: nessuno Stato moderno occidentale ha costruito le proprie legislazioni postulando una responsabilità assoluta dell'uomo; a far da guida in questo processo di formazione furono i Governi dei Paesi che avevano scelto per sé la Riforma, che introdusse il Diritto alla Modernità. Ma ciò non segnò la fine delle visioni differenti, tantomeno della politica cattolica.
Una precisazione che sento doverosa per chi aveva letto un mio messaggio dove dicevo del teologo riformato Arminio e del suo operato in merito alla questione dell'arbitrio.
Mi risovveniva oggi di quanto da me scritto qui su, apprendendo su un sito inglese che Arminio avesse dichiarato che la sua dottrina era per tutta la cristianità ma non per i cattolici. Forse non considerava che i cattolici del suo tempo e dei suoi ambienti fossero cristiani o forse pensava che vi fosse una barriera tra lui e loro. Di fatto però la sua dottrina era un avvicinamento alle posizioni teologiche cattoliche. Vero è che questo creava ancora più contrasto in un certo senso; in un altro senso però era occasione per un ripensamento. Ad esempio, uno può scrivere per certuni, ma sperare che pure altri poi leggano.
Mi premeva specificare questo per non creare confusione culturale.
Mauro Pastore
Citazione di: Jacopus il 20 Marzo 2024, 08:32:17 AMQuando si parla di opposizione Occidente/Oriente inevitabilmente si adopera un modo di pensiero generalizzante e semplificato enorme e anche probabilmente stupido. Ma nello stesso tempo può risultare un gioco intellettuale interessante. Ad esempio "l'habeas corpus", inserito nella prima costituzione moderna, quella inglese, poteva essere concepito in un altro luogo che non fosse l'Europa? Io non credo. Poiché l'Occidente è la cultura dell'individuo, con tutto ciò che questo comporta. La cultura occidentale non è una cultura organicista e collettivista, ma una cultura fondata sull'individuo prometeico, che non accetta alcun patto con la natura, perché ha fatto un patto con Mefistofele. Goethe, Nietzsche, Freud potevano solo essere occidentali. E il dominio culturale dell'Occidente nasce proprio da questo superamento dell'eterno ritorno (l'eterno ritorno di Nietzsche è esattamente il superamento al quadrato del tempo ciclico orientale. "All'inshallah fatalistico si è sostituito Edipo, che vuole conoscere anche a suo discapito o Achab che vuole uccidere la Balena". Piuttosto il sogno occidentale si è interrotto quando ha iniziato a interpretare l'individualismo in modo elitario, riassumibile nel passo proverbiale "tutti gli animali sono uguali, ma ci sono animali più uguali degli altri". Il pensiero orientale, forse in modo più realistico non ha mai neppure immaginato di pensare che tutti gli animali sono uguali. In questa ambivalenza sta il pensiero occidentale e in tutto quello che ne consegue, in positivo e in negativo.
Mi sa che, stando a quello che hai scritto, tu non comprendi proprio che l'elemento individualistico nella cultura occidentale e' un portato, relativamente recente, cristiano/cristianeggiante e dintorni.
Non c'e' individualismo o ribellione prometeica alla natura in un Anassimandro o in un Platone, per dire.
La vera cultura occidentale, in quanto cultura
classica non e' individualistica o antinaturale.
E' proprio l'individualismo cristiano, il Dio persona preludio all'uomo persona, l'elemento, diciamo cosi', secondo me corrotto da emendare, se si vuole tornare a un maggior collettivismo e naturalismo anche qui in occidente.
Il tempo ciclico, di cui pure tu hai parlato, e' l'impossibilita' dell'Uno metafisico: e' la realta' del divenire e dei molti, che, se ben compresa e ben accettata, comporta l'impossibilita' anche dell'individuo, non il fiorire degli individui.
Noi veniamo dal collettivo e andiamo, verso l'individuale, anche l'enfasi sul collettivo o sull'individuale di una coltura dipende dal sentimento etico del tempo di quella cultura: chi guarda di piu' al futuro, guarda di piu' all'individuo, chi guarda di piu' al passato, guarda di piu' alla collettivita'. Il nostro tempo ha una direzione e un senso: prima di esistere, si e' solo molteplici e non ancora individuali e individuati (ovvero si e' nel concetto della specie e della famiglia, nella spirale delle cause della nostra esistenza che vanno convergendo ma ancora non sono tutte confluite in un punto unico), quando si esiste, si ha il senso dell'io e degli altri, quando si muore, si muore soli. Quando si muore, l'elemento egoico della persona umana, il cosiddetto "senso della vita" (contrapponobile alla vita acefala e funzionalizzante della specie) esplode paradossalmente nell'irrelato. Che e' il destino comune, e dunque la verita', di tutti gli "io".
Io credo che il disastro/miracolo del cristianesimo, evento interno alla storia del pensiero occidentale, come ha spostato lo sguardo dell'individuo sociale occidentale medio da rivolto al passato, che tale sguatdo era, a rivolto al futuro, cosi' lo ha spostato da rivolto al collettivo, a rivolto all'individuale. La religione dell'amore e della carita'. In cui alla fine della fiera ognuno si salva, le terga, individualmente.
L'iperuranio, platonico e non solo, e' una prenascita. Una dimensione principalmente memorica, una continuazione dell'epica con altri mezzi, per piu' univesaliztate, e alfabetizzate, tribu'.
Il paradiso, e' una postmorte. Una dimensione profetica e fideistica, anziche' memorica. La fede, nel cristianesimo rende immortali gli uomini, non la poesia, non la memoria.
Nel mettere al centro di tutto l'uno, e poi l'altro, si e' seguito un percorso, logico, del tempo, che, proprio in quanto ombra del tempo umano, e' andato verso una maggiore, e non certo minore, individualizzazione.
Il libero arbitrio stesso, che e' quello di cui si dovrebbe parlare qui, e' un frutto del sentimento del tempo: il futuro, agli occhi dell'uomo, e' indeterminato, il passato, e' determinato.
Lo sguardo cristiano e cristico, che mette al centro il libero arbitrio, lo scandalo della possibilita' del male per il male nel cuore dell'uomo, facendolo trionfare sul precedente "intellettualismo etico socratico", che era il "vecchio" paradigma etico dominante praticamente in tutti gli uomini occidentali colti, non puo' che essere anche questo uno sguardo che dal passato, cioe' dal mondo dell'assolutamente determinato, si sposta verso il futuro, cioe' verso il mondo dell'assolutamente indeterminato. E' nel futuro, che un uomo puo' scegliere, non certo nel passato.
E tale indeterminatezza/imprevedibilita' e' a sua volta condizione affinche' l'individuo sia individuo, sia emancipato da una dimensione memorica collettiva che definisce il suo bene e il suo male, che e' in definitiva quella del passato, da cui l'individuo stesso proviene.
Citazione di: PhyroSphera il 14 Settembre 2023, 16:06:20 PMIl tuo ragionamento su arbitrio e principio di indeterminazione lascia il tempo che trova. L'indeterminazione scoperta dai fisici si conosce attraverso il ruolo dell'osservatore nell'esperimento, ma esiste indipendentemente dall'esperimento. Sicuramente gli scientisti che usavano la fisica per dimostrare un determinismo assoluto sono stati seccamente smentiti, nonostante molti tentino di affermare diversamente per vie traverse. Esiste una indeterminazione nella materia! Dal punto di vista psichico, è un altro risultato della scienza l'affermazione dell'esistenza di una arbitrarietà della nostra mente. Questa è un vissuto che si può verificare scientificamente. Semplicemente, esistono volontà indotte e volontà non indotte, queste ultime attestano una libertà dell'arbitrio. Attenzione però! Non esiste solo la fisica dell'indeterminazione e, appunto, non esistono solamente volontà non indotte... Resta così da capire se in senso generale il nostro arbitrio sia libero o no.
Per quanto ne so, posso dire che ad esser decisiva per la discussione filosofica sull'arbitrio fu una disputa teologica, quella celebre tra Lutero ed Erasmo. Quest'ultimo tendeva a risolvere la questione nell'umanesimo mentre Lutero al contrario mostrava la irriducibilità di essa in termini mondani, inoltre a differenza del suo avversario non procedeva assieme alla filosofia. Sta di fatto che solo se rapportiamo il nostro arbitrio a Dio si aprono degli orizzonti speculativi e conoscitivi assai distinti e adatti a conclusioni generali. La nettezza e chiarezza delle argomentazioni luterane erano superiori alle erasmiane. Ma già prima di Lutero, l'altro riformatore Zwingli aveva affrontato l'argomento con gli stessi risultati. Il fatto che Dio sia eterno e che provveda implica una limitazione al nostro arbitrio, che non può essere, in senso generale, libero. Ma tale conclusione non poteva fare breccia nella filosofia. I cattolici evitarono la rotta riformulando le proprie tesi, ma ciò accadeva solo dopo una Rimostranza, dentro il protestantesimo, ad opera del teologo riformato Arminius, che pur accettando le conclusioni protestanti mostrava la possibilità e necessità di una descrizione dal valore antropologico, per la quale si potette tornare a parlare di libero arbitrio negli ambienti religiosi senza finire fatalmente smentiti. La discussione continuò furiosamente, con una condanna da parte di intransigenti protestanti contro gli arminiani, i quali tuttavia guadagnarono con gli anni, i decenni e i secoli la maggioranza dei consensi proprio nella Riforma.
Perché ho dato queste informazioni storiche? Perché questa vicenda teologica, considerata nella sua interezza, mostra, oltre che una imprescindibile conseguenza scaturita dalla riflessione su Dio, la quale impedisce di sostenere assolutamente l'esistenza del libero arbitrio, anche una altrettanto imprescindibile necessità, legata anche alla riflessione sulla nostra condotta umana, di dover riconoscere una restante ineludibile libertà del nostro arbitrio, non nei suoi fondamentali rapporti con Dio, ma col mondo. In verità né il mondo protestante né quello cattolico hanno del tutto accantonato la discussione, che riguarda l'etica oltre che la religione; eppure in questo ultimo àmbito non esiste più nulla di assolutamente incompatibile tra le parti in causa, che organizzano le divergenze o i contrasti solo secondo l'esigenza di chiarirsi i rapporti con Dio quindi col mondo...
La filosofia è stata lanciata in una analoga discussione proprio dalla discussione teologica, avendo avuto il merito quest'ultima di porre in condizione i filosofi di dare un senso alle elucubrazioni già prima esistenti in materia. Ma non tutti gli ambienti della filosofia e della cultura hanno accettato il ruolo della teologia. In particolare i diverbi nati su base scientifica hanno segnato negli ultimi decenni i confronti. Cosa c'è da dire a riguardo? Che tali diverbi, nella loro indistricabile opposizione, segnano la necessità di riconoscere un àmbito proprio alla stessa discussione, legato cioè alla riflessione sul Principio Assoluto ovvero Dio. Insomma senza fare i conti con la teologia, per quanto fumosa o insostenibile possa apparire essa a molti, non è possibile offrire nessun tipo di risultato a favore dell'una o dell'altra tesi sull'argomento; e se discussione e risultati sono necessari, ed in definitiva la sono anche per la politica, allora è pure necessario riconoscere alla spiritualità e alla religione una funzione insostituibile anche per la ricerca intellettuale. E' stata peraltro una conclusione di alcuni psicologi l'aver definito la immancabile presenza di un riferimento a qualcosa di assoluto nel definire qualcosa sull'arbitrio; e tale riferimento non si risolve nella stessa psicologia anzi si realizza a partire da altro.
Questo si deduce avvalorando la disputa teologica tra cristiani sull'arbitrio: che questa non ha avuto esiti assoluti, e che tutte le altre sullo stesso argomento non possono fare a meno di rifarsi alla teologia per dire qualcosa di sensato... Non a caso gli Stati che agivano nell'orbita principale del cattolicesimo o del protestantesimo giungevano a soluzioni etiche diversificate ma non opposte, ed anzi quelli legati alla ortodossia cristiana si trovavano a conciliarle o ad averle già conciliate, a modo proprio; ma lo stesso potrebbe dirsi in relazione a islam, ebraismo, buddhismo, induismo... anche se in materia l'interesse maggiore è stato nei rapporti tra cristiani riformati e non riformati... E questo significa che non si può ridurre tutto a formulette logiche o a rigidi ragionamenti... Ed è questa la conclusione cui dovrebbero giungere tutti i filosofi, ma anche gli scienziati, e con questi i tecnici: per discutere sulla cosa bisogna volgersi a contemplare la totalità e l'infinito, secondo metodi che la filosofia da sola non può garantire; perché se si vuol stabilire qualcosa sulla libertà bisogna confrontarla con la massima grandezza possibile per il nostro intelletto.
La ambivalenza delle dichiarazioni di Arminio, pubblicamente diviso tra cattolici e riformati, la intolleranza di Lutero, la ostinazione di Erasmo, sono per il mondo filosofico degli esempi tipici. Certo la disputa nella religione cristiana ha mostrato quale parte debole quella cattolica, liberista; ma l'esito non è stato la negazione della libertà. La politica ne seguì: nessuno Stato moderno occidentale ha costruito le proprie legislazioni postulando una responsabilità assoluta dell'uomo; a far da guida in questo processo di formazione furono i Governi dei Paesi che avevano scelto per sé la Riforma, che introdusse il Diritto alla Modernità. Ma ciò non segnò la fine delle visioni differenti, tantomeno della politica cattolica.
Attualmente la opposizione tra sostenitori o negatori del libero arbitrio è furiosa negli ambienti dominati da scientismi e tecnicismi. Per codesti ambienti varrebbe il riferimento a delle vere scienze e a delle vere tecniche, che rispettivamente affermano l'importanza pratica, anche per lo sviluppo del pensiero, del senso del sacro (si considerino antropologia, psicologia, sociologia), e negano la possibilità di una procedura tecnica priva di connotazioni rigorose che solo la scienza può fornire completamente. Ciò significa che bisogna tornare a valutare il rapporto con l'Assoluto, anche nella scienza giuridica e nelle tecniche dei processi... senza ostracizzare nessuna delle parti in causa nella discussione sull'arbitrio, ma senza restare nell'indefinitezza; infatti dei risultati sono stati ottenuti e bisogna solo prenderne atto.
MAURO PASTORE
In questo mio messaggio qui sopra dicevo dell'importanza della disputa cristiana sulla libertà dell'arbitrio, del rapporto con l'Assoluto che, data la nostra sempre restante ignoranza, non ci consente di ritenere la nostra responsabilità assoluta; ma non dicevo della nostra relazione col Negativo, che ci obbliga, data la nostra sempre restante incomprensione, a ritenere la nostra irresponsabilità relativa.La riflessione cristiana sull'arbitrio oltre che teologica è stata demonologica, cioè volta allo studio del negativo non quale oggetto determinato, similmente alla teologia con Dio. La metafora di Lutero, rozza ma efficace, dell'asino che può essere cavalcato o da Dio o da Satana, descrive prontamente la base ideologico-religiosa della nuova concezione che si affermò nella modernità e che, per accettazione o riformulazione, di fatto si cominciò a far propria anche da parte degli Stati (anche cattolici).Ecco una preziosa applicazione pratica di quanto ho detto, per il mondo della Legge. Alle specificazioni maggiori dei casi giudiziari, fenomeno legislativo tipico dell'epoca moderna, possono corrispondere le ulteriori specificazioni delle condizioni interiori ed esteriori al momento di un'azione. Le prime dovrebbero esser accertate fino ad annoverare il rapporto con l'Assoluto, le seconde verificate fino a riferire la relazione col Negativo...Tutto questo non impedisce di affermare, in un senso diverso, una restante libertà dell'arbitrio; ma questa nozione non può essere usata come prima, come se non vi fossero altre affermazioni diverse.Purtroppo attualmente la maggioranza, anche nei posti di potere, tende a pensare il mondo sulla base di una concezione primitiva e parziale delle cose ed anche circa libertà e limiti umani. Non affermo con ciò che lo Stato debba indagare sulle motivazioni ultime dell'animo umano o debba accertare fatti reconditi del mondo impossibili anche a raccontarsi... Però, invece che avvalersi massicciamente di considerazioni sugli istinti e sulla materialità, da parte dei magistrati si potrebbe pensare più profondamente alle disposizioni di spirito e alle coincidenze sfavorevoli (esiste anche la psicologia transpersonale e la statistica non ordinaria, non si tratta di escludere la scienza). Questo è soltanto un esempio tra tanti.Mauro Pastore
Buongiorno a tutti e piacere di conoscervi. Avrei voluto aprire un nuovo topic sul libero arbitrio ma ho notato che c'è già. Purtroppo non ho ancora avuto modo e tempo di leggere con calma gli interventi, lo farò quanto prima.
Mi chiedo da un po' se il libero arbitrio sia sempre e comunque esercitabile anche in condizioni-limite ad estreme. Mi riferisco al nascere, ad esempio, in un contesto che mina profondamente l'integrità, il senso di identità, l'autonomia decisionale, il pensiero critico e la volontà. Per esser più specifica, un luogo dove la propria mente è bombardata costantemente da informazioni incoerenti provenienti da più persone che producono, come effetto fisiologico di difesa, un suo congelamento. Se per strutturare la realtà bisogna affidarsi a propri schemi interni di riferimento quando questi vengono indeboliti e/o distorti, con assiduità, si viene a determinare una radicale e totale impotenza. Il nostro sistema di credenze ci permette di interpretare le informazioni, prendere decisioni e agire secondo ciò in cui crediamo. La privazione alla base (dalla nascita) della capacità di pensare, parlare ed agire secondo la propria volontà toglierebbe qualsiasi margine di manovra ed eliminerebbe del tutto il libero arbitrio. Voi che ne pensate? Dove non c'è possibilità di azione non potrebbe neanche esserci reazione quindi, in questo caso, non si può parlare di scelta soggettiva, di variabili individuali ma di posizione di incastro.
Ben arrivata Athena. Con un nome del genere mi incuti un po' di timore😄. Ad ogni modo, il libero arbitrio è una attitudine tipica dell'uomo, dovuta al superamento dei modelli comportamentali ripetitivi delle altre specie animali. È in qualche modo anche una modalità evolutiva che si è sviluppata sinergicamente con lo sviluppo della cultura e grazie a un SNC rispettabile. Grazie a questi fattori esercitiamo su di noi un grado di libertà molto superiore a quello degli altri mammiferi ed estremamente superiore a quello dei non-mammiferi. Con tutto ciò, non sono solo rose e fiori, poiché nel momento in cui ci pensiamo liberi, sopraggiunge il motivo "etico" ovvero "che fare?", visto che possiamo fare le cose più disparate. E c'è anche chi afferma che il rovescio della medaglia del libero arbitrio è la malattia mentale, condizione molto rara sia fra gli animali che fra le popolazioni primitive. Il libero arbitrio è semplicemente l'ampliamento di un repertorio, già presente in altre specie animali, che devono però accontentarsi di qualche motivetto pop, mentre noi possiamo suonare delle sinfonie.
Detto questo, il libero arbitrio non è libertà assoluta, poiché vi sono limiti biologici e limiti culturali ed anche situazioni "limite" (come quelle a cui ti riferisci) che comprimono "internamente" la libertà, che quindi risulta compromessa o, per tornare alla metafora precedente, limitata a qualche motivetto.
La società stessa, nelle sue strutture culturali, scuola, formazione, mass-media, influencer, istituzioni religiose e quant'altro, ha una funzione maieutica rispetto al maggiore o minore grado di libero arbitrio. Siamo estremamente neuroplastici e se veniamo persuasi che il libero arbitrio non esiste, le nostre azioni saranno eseguite a conferma di quella credenza. Al contrario una società che promuove la credenza che siamo dotati di libero arbitrio, plasmerà dei cittadini che si conformeranno a quella credenza e saranno davvero maggiormente liberi (oppure vorranno essere talmente liberi da voler dimostrare che esiste solo il determinismo). Ciò, lo ripeto a scanso di equivoci, nel mondo sociale ed etico e non in quello fisico, dove vige un rigoroso determinismo. Il grande successo dei modelli scientifici continua a far credere che tale determinismo possa essere applicato anche alla vita in società, alle Geistwissenschaften, ma personalmente ritengo più valido un sano dualismo, senza per questo cadere nel mito del primato dell'uomo con sfondo religioso. Siamo diversi dagli altri esseri viventi del pianeta terra, a mio parere sempre a causa dei due motori dell'evoluzionismo: caso e necessità, senza dover scomodare soggetti misteriosi ed esoterici.
Benvenuta Athena. Possa il tuo carismatico nome infondere nuova linfa a questo smilzo, ma pertinace equipaggio.
Se non esistesse un'area di libertà, chi detiene il potere non si dannerebbe così l'anima per omologare cervelli e coscienze.
Ignazio di Loyola diceva: "datemi un bambino nei primi anni di vita e vi mostrerò l'uomo".
Le madrase islamiche sono luoghi di omologazione collaudate e i risultati si vedono.
Difficile quantificare lo stadio irreversibile dell'omologazione, visto quanto messo in versi da Brecht, il cui senso è: "Generale, l'uomo può fare di tutto, ma ha un difetto, può pensare".
I metodi e tecniche attuali di omologazione ideologica e comportamentale sono molto più subdoli e pervasivi di quelli delle religioni totalitarie, per cui l'assicella della resistenza all'indottrinamento si è alzata.
Non resta che confidare nell'ottimismo di Brecht.
Citazione di: Jacopus il 24 Aprile 2024, 14:05:48 PMBen arrivata Athena. Con un nome del genere mi incuti un po' di timore😄. Ad ogni modo, il libero arbitrio è una attitudine tipica dell'uomo, dovuta al superamento dei modelli comportamentali ripetitivi delle altre specie animali. È in qualche modo anche una modalità evolutiva che si è sviluppata sinergicamente con lo sviluppo della cultura e grazie a un SNC rispettabile. Grazie a questi fattori esercitiamo su di noi un grado di libertà molto superiore a quello degli altri mammiferi ed estremamente superiore a quello dei non-mammiferi. Con tutto ciò, non sono solo rose e fiori, poiché nel momento in cui ci pensiamo liberi, sopraggiunge il motivo "etico" ovvero "che fare?", visto che possiamo fare le cose più disparate. E c'è anche chi afferma che il rovescio della medaglia del libero arbitrio è la malattia mentale, condizione molto rara sia fra gli animali che fra le popolazioni primitive. Il libero arbitrio è semplicemente l'ampliamento di un repertorio, già presente in altre specie animali, che devono però accontentarsi di qualche motivetto pop, mentre noi possiamo suonare delle sinfonie.
Detto questo, il libero arbitrio non è libertà assoluta, poiché vi sono limiti biologici e limiti culturali ed anche situazioni "limite" (come quelle a cui ti riferisci) che comprimono "internamente" la libertà, che quindi risulta compromessa o, per tornare alla metafora precedente, limitata a qualche motivetto.
La società stessa, nelle sue strutture culturali, scuola, formazione, mass-media, influencer, istituzioni religiose e quant'altro, ha una funzione maieutica rispetto al maggiore o minore grado di libero arbitrio. Siamo estremamente neuroplastici e se veniamo persuasi che il libero arbitrio non esiste, le nostre azioni saranno eseguite a conferma di quella credenza. Al contrario una società che promuove la credenza che siamo dotati di libero arbitrio, plasmerà dei cittadini che si conformeranno a quella credenza e saranno davvero maggiormente liberi (oppure vorranno essere talmente liberi da voler dimostrare che esiste solo il determinismo). Ciò, lo ripeto a scanso di equivoci, nel mondo sociale ed etico e non in quello fisico, dove vige un rigoroso determinismo. Il grande successo dei modelli scientifici continua a far credere che tale determinismo possa essere applicato anche alla vita in società, alle Geistwissenschaften, ma personalmente ritengo più valido un sano dualismo, senza per questo cadere nel mito del primato dell'uomo con sfondo religioso. Siamo diversi dagli altri esseri viventi del pianeta terra, a mio parere sempre a causa dei due motori dell'evoluzionismo: caso e necessità, senza dover scomodare soggetti misteriosi ed esoterici.
Nel mondo animale da quel che so, a parte le eccezioni, si nasce già dotati di capacità di adattamento alla realtà circostante. Ciò non accade nel mondo umano in cui si nasce con un "deficit" poi compensato tramite l'apprendimento di facoltà. Quindi se un essere umano non apprende, perchè nessuno lo aiuta sin da piccolo a farlo (e da qui il ruolo fondamentale dell'ambiente), può venire a trovarsi nella stessa condizione di debolezza degli animali nati, sfortunati, con una carenza.
Per quanto riguarda la tua citazione della malattia mentale come rovescio della medaglia del libero arbitrio, a me sembra piuttosto una costruzione per giustificare determinati comportamenti che, come spiegavo sopra, possono essere indotti. Se c'è induzione e manipolazione mentale, per non parlare del lavaggio del cervello che riguarda i processi coercitivi, ne deriva che certi modi di pensare, sentire ed agire non possono esser frutto di una malattia. Sulla malattia mentale sono interessata a conoscere i vostri pareri. Ah poi ho letto la parola "dualismo" ma a me questo modo settoriale e binario, che trovo rigido e troppo polarizzato, di pensare fa venire un po' di dubbi e quel timore che accennavi parlando del mio nome 😀
Citazione di: Ipazia il 24 Aprile 2024, 15:10:06 PMBenvenuta Athena. Possa il tuo carismatico nome infondere nuova linfa a questo smilzo, ma pertinace equipaggio.
Se non esistesse un'area di libertà, chi detiene il potere non si dannerebbe così l'anima per omologare cervelli e coscienze.
Ignazio di Loyola diceva: "datemi un bambino nei primi anni di vita e vi mostrerò l'uomo".
Le madrase islamiche sono luoghi di omologazione collaudate e i risultati si vedono.
Difficile quantificare lo stadio irreversibile dell'omologazione, visto quanto messo in versi da Brecht, il cui senso è: "Generale, l'uomo può fare di tutto, ma ha un difetto, può pensare".
I metodi e tecniche attuali di omologazione ideologica sono molto più subdoli e pervasivi di quelli delle religioni totalitarie, per cui l'assicella della resistenza all'indottrinamento si è alzata.
Non resta che confidare nell'ottimismo di Brecht.
Grazie del "benvenuta".
Si, tecniche molto subdole e pervasive estremamente simili ai regimi totalitari che possono ridurre in automi lobotomizzati con la differenza che mi riferivo ad una condizione non gruppale ma individuale e ad un micromondo come può esser quello familiare o qualsiasi altro gruppo in cui si nasce, caratterizzato da determinati aspetti. Mi viene in mente Orwell, in 1984, a proposito del controllo di menti ed emozioni.
CitazioneNel mondo animale da quel che so, a parte le eccezioni, si nasce già dotati di capacità di adattamento alla realtà circostante.
Per i mammiferi superiori è vero solo in parte. Carenza di cure materne possono portare a gravi disfunzioni e perfino alla morte per molte specie animali. I primati usano strumenti come canne, rami, bastoni o pietre ed hanno un linguaggio, come molti cetacei. Non credo sia una differenza qualitativa fra noi e i mammiferi superiori ma solo quantitativa. Quando è poi subentrata la cultura, il passaggio verso strutture che richiedono più "istruzioni per l'uso" è diventato inevitabile.
CitazionePer quanto riguarda la tua citazione della malattia mentale come rovescio della medaglia del libero arbitrio, a me sembra piuttosto una costruzione per giustificare determinati comportamenti che, come spiegavo sopra, possono essere indotti. Se c'è induzione e manipolazione mentale, per non parlare del lavaggio del cervello che riguarda i processi coercitivi, ne deriva che certi modi di pensare, sentire ed agire non possono esser frutto di una malattia.
Putroppo la malattia mentale proviene spesso da manipolazione, coercizione, messaggi contraddittori, violenze e abusi innominabili, ma anche semplicemente dalla povertà o dall'indifferenza o dal non aver trovato un posto nel mondo. La malattia mentale è una dimensione molto complessa. Volevo semplicemente sottolineare come una propensione molto e quasi solo umana (L.A.) possa essere collegata ad un'altra propensione quasi solo umana (malattia mentale). È solo una ipotesi, ad ogni modo, difficile da dimostrare.
Infine, a proposito del dualismo. È molto più elegante un mondo con unità di tempo, luogo ed azione, come insegnavano i tuoi devoti Sofocle o Eschilo e quindi il dualismo, qualsiasi dualismo, ci fa alzare le antenne. Ma anche il monismo non scherza in quanto a pericoli.Il dualismo o se preferisci, il politeismo di cui sei degna rappresentante, è meno elegante ma preserva la diversità delle opinioni e delle credenze. Al di là di ciò non vedo davvero come conciliare le azioni umane con il determinismo. Vorrebbe dire che viviamo nel migliore dei mondi possibile e che siamo quello che siamo e che non possiamo essere diversamente. C'è chi la pensa effettivamente così (ad esempio Churchland) ma anche chi pensa che l'uomo sia programmato per attuare strategie libere e di ricerca, come tra l'altro ci ha insegnato il tuo eroe prediletto: Ulisse.
Citazione di: Jacopus il 24 Aprile 2024, 15:44:49 PMPer i mammiferi superiori è vero solo in parte. Carenza di cure materne possono portare a gravi disfunzioni e perfino alla morte per molte specie animali. I primati usano strumenti come canne, rami, bastoni o pietre ed hanno un linguaggio, come molti cetacei. Non credo sia una differenza qualitativa fra noi e i mammiferi superiori ma solo quantitativa. Quando è poi subentrata la cultura, il passaggio verso strutture che richiedono più "istruzioni per l'uso" è diventato inevitabile.
Putroppo la malattia mentale proviene spesso da manipolazione, coercizione, messaggi contraddittori, violenze e abusi innominabili, ma anche semplicemente dalla povertà o dall'indifferenza o dal non aver trovato un posto nel mondo. La malattia mentale è una dimensione molto complessa. Volevo semplicemente sottolineare come una propensione molto e quasi solo umana (L.A.) possa essere collegata ad un'altra propensione quasi solo umana (malattia mentale). È solo una ipotesi, ad ogni modo, difficile da dimostrare.
Infine, a proposito del dualismo. È molto più elegante un mondo con unità di tempo, luogo ed azione, come insegnavano i tuoi devoti Sofocle o Eschilo e quindi il dualismo, qualsiasi dualismo, ci fa alzare le antenne. Ma anche il monismo non scherza in quanto a pericoli.Il dualismo o se preferisci, il politeismo di cui sei degna rappresentante, è meno elegante ma preserva la diversità delle opinioni e delle credenze. Al di là di ciò non vedo davvero come conciliare le azioni umane con il determinismo. Vorrebbe dire che viviamo nel migliore dei mondi possibile e che siamo quello che siamo e che non possiamo essere diversamente. C'è chi la pensa effettivamente così (ad esempio Churchland) ma anche chi pensa che l'uomo sia programmato per attuare strategie libere e di ricerca, come tra l'altro ci ha insegnato il tuo eroe prediletto: Ulisse.
A me sembra che del cervello umano si sappia così poco che la malattia mentale potrebbe aver il valore di supposizione, punto di vista soggettivo, costruzione e nulla di più
Benvenuta Athena!
La questione che poni è importante, soprattutto perché può essere l'inizio di un viaggio ricco di scoperte.
Un'avventura della mente razionale che, a mio parere, non ha eguali.
Occorre però tenere i nervi saldi.
Perché si tratta di mettere in discussione ciò che era scontato.
Costi quello che costi, se davvero vuoi la Verità.
Vorrei per prima cosa approfondire la constatazione che i tanti condizionamenti già presenti alla nascita eliminerebbero del tutto il libero arbitrio.
Senza condizionamenti, vi sarebbe allora libero arbitrio?
E se sì, in che senso sarebbe una volontà libera?
Una scelta è libera perché avrebbe potuto essere diversa, ma non lo è stata perché così tu hai deciso?
Buona avventura...
Citazione di: Athena il 24 Aprile 2024, 12:32:59 PMBuongiorno a tutti e piacere di conoscervi. Avrei voluto aprire un nuovo topic sul libero arbitrio ma ho notato che c'è già. Purtroppo non ho ancora avuto modo e tempo di leggere con calma gli interventi, lo farò quanto prima.
Mi chiedo da un po' se il libero arbitrio sia sempre e comunque esercitabile anche in condizioni-limite ad estreme. Mi riferisco al nascere, ad esempio, in un contesto che mina profondamente l'integrità, il senso di identità, l'autonomia decisionale, il pensiero critico e la volontà. Per esser più specifica, un luogo dove la propria mente è bombardata costantemente da informazioni incoerenti provenienti da più persone che producono, come effetto fisiologico di difesa, un suo congelamento. Se per strutturare la realtà bisogna affidarsi a propri schemi interni di riferimento quando questi vengono indeboliti e/o distorti, con assiduità, si viene a determinare una radicale e totale impotenza. Il nostro sistema di credenze ci permette di interpretare le informazioni, prendere decisioni e agire secondo ciò in cui crediamo. La privazione alla base (dalla nascita) della capacità di pensare, parlare ed agire secondo la propria volontà toglierebbe qualsiasi margine di manovra ed eliminerebbe del tutto il libero arbitrio. Voi che ne pensate? Dove non c'è possibilità di azione non potrebbe neanche esserci reazione quindi, in questo caso, non si può parlare di scelta soggettiva, di variabili individuali ma di posizione di incastro.
Se ci sei ancora, benvenuta nel forum. Penso che il libero arbitrio sia una nostra fantasia, ma non ne sono certo. Sarebbe un falso problema a mio vedere, ma se uno ci crede troppo, ad avere facoltà di libera scelta intendo, si trasformerebbe in un problema. Comunque sono d'accordo sul modo in cui poni la questione. Un saluto
Citazione di: Athena il 24 Aprile 2024, 12:32:59 PMBuongiorno a tutti e piacere di conoscervi. Avrei voluto aprire un nuovo topic sul libero arbitrio ma ho notato che c'è già. Purtroppo non ho ancora avuto modo e tempo di leggere con calma gli interventi, lo farò quanto prima.
Mi chiedo da un po' se il libero arbitrio sia sempre e comunque esercitabile anche in condizioni-limite ad estreme. Mi riferisco al nascere, ad esempio, in un contesto che mina profondamente l'integrità, il senso di identità, l'autonomia decisionale, il pensiero critico e la volontà. Per esser più specifica, un luogo dove la propria mente è bombardata costantemente da informazioni incoerenti provenienti da più persone che producono, come effetto fisiologico di difesa, un suo congelamento. Se per strutturare la realtà bisogna affidarsi a propri schemi interni di riferimento quando questi vengono indeboliti e/o distorti, con assiduità, si viene a determinare una radicale e totale impotenza. Il nostro sistema di credenze ci permette di interpretare le informazioni, prendere decisioni e agire secondo ciò in cui crediamo. La privazione alla base (dalla nascita) della capacità di pensare, parlare ed agire secondo la propria volontà toglierebbe qualsiasi margine di manovra ed eliminerebbe del tutto il libero arbitrio. Voi che ne pensate? Dove non c'è possibilità di azione non potrebbe neanche esserci reazione quindi, in questo caso, non si può parlare di scelta soggettiva, di variabili individuali ma di posizione di incastro.
Ciao, sicuramente in una situazione di poca libertà fisica e psicologica, e credo di supporre (da ciò che scrivi) anche culturale, il libero arbitrio è praticamente inesistente.
Il libero arbitrio, per essere esercitato, ha bisogno di alcune predisposizioni. A parte la consapevolezza, che da sola non basta, anche aver imparato a gestire le fonti di informazione.
Ad esempio sarebbe utile affidarsi non tanto a persone per bene o che nutrono in noi dell'affetto, ma a gente che sappia le cose. Avere il dubbio che possa essere quella la fonte migliore e cercare sempre il contradittorio. Al momento adatto sarai tu a scegliere. Ma senza informazioni, alle volte meglio se discordanti, non si può parlare di libera scelta.
Ed anche se questa libera scelta, o libero arbitrio non sarà mai profondamente quello che ci aspetteremmo, sarà la migliore possibile. Sotto a questo livello si è costretti ad agire praticamente istintivamente, come quando si mettevano i timbri e ce n'era uno per ogni protocollo. Alla fine impari a fare quello che è giusto, quindi un timbro per ogni protocollo. Magari si potrebbe anche essere consapevoli di fare delle azioni, ma senza avere l'idea che avremmo potuto fare diversamente. Sarà cosi e basta.
Secondo me la questione va divisa in due:
1) punto di vista prettamente filosofico: libero arbitrio vs determinismo.
Ovvero, di fronte a due alternative il soggetto può realmente scegliere A piuttosto che B (indipendentemente da che cosa sono A e B), oppure ci deve sempre essere una causa che ineluttabilmente determina la scelta di una delle due?
2) punto di vista sociale, storico, ambientale: quali sono i condizionamenti che vengono esercitati sul soggetto e che lo conducono spesso a "sbagliare" (in senso esistenziale).
Voi state discutendo essenzialmente il punto 2).
Naturalmente si può ritenere il punto 1) privo di interesse, o scontato (cioè si da per scontato che un Io puro, diciamo così, fuori dal tempo, o in situazioni limite in cui i condizionamenti siano assenti, sia sempre libero di scegliere).
Tuttavia andrebbe seriamente affrontato. Andrebbe proposta non dico una confutazione del determinismo, ma almeno un'argomentazione un po' più solida dell'indicare la semplice evidenza dell'esperienza della libertà.
Vi sfido a farlo.
Citazione di: Koba II il 01 Maggio 2024, 11:44:30 AMAndrebbe proposta non dico una confutazione del determinismo, ma almeno un'argomentazione un po' più solida dell'indicare la semplice evidenza dell'esperienza della libertà.
Vi sfido a farlo.
Nel vecchio forum io cercai una via di uscita. Non posso dire che fosse una via di uscita filosofica e nemmeno scientifica. Una specie di proposta para-filoscientifica (una cosa cioè che mette insieme cose o argomenti di natura scientifica e filosofica, senza essere ne una ne l'altra). Una cosa appartenente però ad una sfera che attualmente non è ancora una vera conoscenza, cioè cosa sia la coscienza.
Il prerequisito è la relatività ristretta di Einstein. Cosa dice in particolare e che qui mi interessa? Due eventi separati spazialmente non potranno essere "simultanei". Il fatto è che si parla di eventi separati spazialmente, mentre le cose che ci interessano succedono molto vicine, cioè nella nostra testa quindi non saranno lontane spazialmente ma al limite lontane temporalmente. Quindi nella nostra testa succedono cose conseguenziali in senso temporale. Per cui mi sembra chiaro che quando io prendo una decisione questa dipenda (temporalmente) da una precedente. Per cui se dipende non potrà essere "libera" ma appunto (come scrivi) determinata.
La mia proposta cosa diceva (piu o meno, magari ora la sto solo cambiando un pochino i connotati) ? Diceva che la coscienza separa gli eventi nella mia testa tanto che questi siano quel che basta distanti anche spazialmente. In questo modo imput ricevuto per far fare un'azione non è simultaneo all'azione eseguita e forse nemmeno a quella ancora precedente. In questo limbo, in cui le cose sono effettivamente gia successe, ma non sono simultanee e nemmeno conseguenziali temporalmente, agisce la coscienza.
E' chiaro però (sempre che quello che ho detto sia chiaro per tutti) la coscienza per quanto possa sforzarsi non può agire senza dei contenuti. Se deve prendere una decisione la deve prendere fra due o piu opzioni. E se non gliele metti dentro questa libertà non potrà mai concretizzarsi.
Ma questa era una proposta para-filosofica_scientifica non una cosa che si può discutere o meno ne in senso fislofico ne in senso scientifico. Ma è una soluzione...
Citazione di: Koba II il 01 Maggio 2024, 11:44:30 AMSecondo me la questione va divisa in due:
1) punto di vista prettamente filosofico: libero arbitrio vs determinismo.
Ovvero, di fronte a due alternative il soggetto può realmente scegliere A piuttosto che B (indipendentemente da che cosa sono A e B), oppure ci deve sempre essere una causa che ineluttabilmente determina la scelta di una delle due?
2) punto di vista sociale, storico, ambientale: quali sono i condizionamenti che vengono esercitati sul soggetto e che lo conducono spesso a "sbagliare" (in senso esistenziale).
Voi state discutendo essenzialmente il punto 2).
Naturalmente si può ritenere il punto 1) privo di interesse, o scontato (cioè si da per scontato che un Io puro, diciamo così, fuori dal tempo, o in situazioni limite in cui i condizionamenti siano assenti, sia sempre libero di scegliere).
Tuttavia andrebbe seriamente affrontato. Andrebbe proposta non dico una confutazione del determinismo, ma almeno un'argomentazione un po' più solida dell'indicare la semplice evidenza dell'esperienza della libertà.
Vi sfido a farlo.
A me direi che non mi puoi sfidare, perche' nel libero arbitrio non ci credo.
Il libero arbitrio e' un sottoprodotto della necessita', della causalita' e del determinismo: in quanto viventi e coscienti, siamo determinati, ad illuderci, di essere liberi.
Non vale nemmeno la pena di starci tanto a pensare.
Basterebbe un po' di storia del pensiero, per conoscere la connotazione cristiana, e progessista tardoccidentale, del concetto di libero arbitrio, e dell'enfasi posta su tale concetto.
Cosi' si capirebbe, che la disposizione sentimentale e interiore che ci fa "sentire" liberi, e' culturalmente determinata, cioe' causata, ovvero non libera.
Il tempo della liberta' e' il futuro, e il "nostro", occidentale, (io personalmente mi escludo, o almeno ci provo) amore un po' ossessivo e feticistico per il libero arbitrio, e' nient'altro che amore un po' ossessivo e feticistico, culturalmente mediato, per il futuro.
E dunque, svalutazione del passato, o meglio, del passato proprio della vita e della coscienza, e della struttura intrinsecamente teoretica e contemplativa (memorica) di tale passato. Presso cui la volonta', e dunque la liberta', non puo' niente.
Svalutazione del personaggio del Socrate platonico e del suo intellettualismo etico, teoria che nega con forza, ancora, il libero arbitrio individuale, in favore di ben piu' salde determinazioni "memoriche" e, per dirla con un termine orientale, "karmiche", che, nel bene e nel male condizionerebbero ogni individuo.
La conoscenza, il dato bruto noetico e cognitivo depositato nel nostro cervello, anima o che dir si voglia, determina in modo assoluto come agiremo in ogni circostanza?
E la conoscenza, a sua volta, e' reminiscenza?
Per il Socrate platonico, ancora, si'. Per l'individuo omerico presocratico, sicuramente, si'. Per noialtri, che veniamo duemila anni dopo e siano passati per il cristianesimo e il capitalismo, ho qualche dubbio.
Adamo, conosce il bene e fa il male. Adamo, se ne infischia di Socrate.
Ovvero, della determinazione della memoria sulla prassi; che, se ben compresa e accettata, non puo' portarci che a negare, il libero arbitrio.
Se si sceglie, si sceglie sempre per determinare e cambiare il futuro, mica il passato: che e' gia' determinato.
E troppo spesso, chi vive per il futuro vive per la morte. Che e' l'unico evento certo, del futuro.
Citazione di: Il_Dubbio il 01 Maggio 2024, 13:51:18 PMLa mia proposta cosa diceva (piu o meno, magari ora la sto solo cambiando un pochino i connotati) ? Diceva che la coscienza separa gli eventi nella mia testa tanto che questi siano quel che basta distanti anche spazialmente. In questo modo imput ricevuto per far fare un'azione non è simultaneo all'azione eseguita e forse nemmeno a quella ancora precedente. In questo limbo, in cui le cose sono effettivamente gia successe, ma non sono simultanee e nemmeno conseguenziali temporalmente, agisce la coscienza.
E' chiaro però (sempre che quello che ho detto sia chiaro per tutti) la coscienza per quanto possa sforzarsi non può agire senza dei contenuti. Se deve prendere una decisione la deve prendere fra due o piu opzioni. E se non gliele metti dentro questa libertà non potrà mai concretizzarsi.
Ove fosse possibile vorrei chiarire meglio la mia visione delle cose. La coscienza non è un luogo e non è nemmeno un soggetto unico. E' una condizione per la quale è possibile vedere le cose da un qualsiasi punto di vista possibile. Le cose sono gia accadute, sono quelle, non è possibile dire quale delle due sia avvenuta prima o dopo, non sono nemmeno conseguenziali temporalmente. Quindi è la coscienza che indirizza da quale punto di vista vedere le cose e quindi poi ricavare anche laa successione temporale rispetto a quel punto di vista.
E' come per la relatività ristretta. Due eventi separati spazialmente rispetto ad un osservatore è avvenuto prima uno dei due eventi, se cambiamo l'ossevatore l'evento accaduto per primo è l'altro evento.
La coscienza è come se rappresentasse il punto di osservazione. E' la coscienza a decidere come vedere gli eventi. E quindi a decidere di conseguenza.
Citazione di: Koba II il 01 Maggio 2024, 11:44:30 AMSecondo me la questione va divisa in due:
1) punto di vista prettamente filosofico: libero arbitrio vs determinismo.
Ovvero, di fronte a due alternative il soggetto può realmente scegliere A piuttosto che B (indipendentemente da che cosa sono A e B), oppure ci deve sempre essere una causa che ineluttabilmente determina la scelta di una delle due?
2) punto di vista sociale, storico, ambientale: quali sono i condizionamenti che vengono esercitati sul soggetto e che lo conducono spesso a "sbagliare" (in senso esistenziale).
Voi state discutendo essenzialmente il punto 2).
Naturalmente si può ritenere il punto 1) privo di interesse, o scontato (cioè si da per scontato che un Io puro, diciamo così, fuori dal tempo, o in situazioni limite in cui i condizionamenti siano assenti, sia sempre libero di scegliere).
Tuttavia andrebbe seriamente affrontato. Andrebbe proposta non dico una confutazione del determinismo, ma almeno un'argomentazione un po' più solida dell'indicare la semplice evidenza dell'esperienza della libertà.
Vi sfido a farlo.
Dal punto di vista 1) (posizione di Bobmax e metafisici puri), la catena causale di lacci e laccioli è talmente intricata da vincere facilmente negandolo.
La discussione casca sul punto 2 perchè qui qualche possibilità di successo la libera scelta individuale ce l'ha, e le vicende di liberazione sociale e individuale riportate dalla storia e dalla cronaca danno ragione a chi la ritiene plausibile.
Vincere sul punto 1 è possibile solo rinunciando alla metafisica forte della
libertà assoluta, limitandosi alla gestione del
grado di libertà concesso dall'evoluzione naturale, che non è mai zero per nessun vivente ed in particolare per chi ha raffinati strumenti cognitivi e operativi per interpretare,
a modo suo, la realtà.
Semplicemente, determinismo e L.A. coesistono. Nella dimensione fisica il determinismo è la legge degli eventi, attraverso l'interazione delle quattro forze fisiche principali: gravità, elettromagnetismo, forza nucleare debole e forte. Qui non si sfugge al determinismo ma è possibile che non si conoscano ancora tutte le leggi fisiche sottostanti, a causa delle situazioni che si possono creare in condizioni "limite".
Nell'ambito delle società umane, il fondamento del L.A. consiste nel processo di reciproco condizionamento dato dal Sistema Nervoso Centrale di homo sapiens con la cultura. La controprova è semplicissima: basta esaminare la storia umana o singoli rappresentanti della specie. Nessun altra specie biologica e nessun fenomeno fisico mostra una così esasperata diversità di eventi: da eventi di generosità e bontà estremi ad eventi di terribile crudeltà. Siamo capaci di un repertorio di azioni enorme, frutto della nostra complessità biologica e culturale.
Il problema si presenta a causa delle precondizioni storiche del dilemma, ovvero "ridurre" la visione del mondo ad una sola delle due opzioni. Il riduzionismo è ancora piuttosto potente e deriva dal grande riconoscimento culturale ottenuto dal modello scientifico galileiano. Opporsi ad esso, ancor oggi, può essere percepito come una regressione conservatrice e reazionaria a modelli teologici, nei quali il libero arbitrio funge da "metro di giudizio" da parte del divino, oppure come metafora del liberismo capitalista. Non a caso il materialismo storico fu concepito come una sorta di passaggio meccanico ed inevitabile da uno stadio all'altro (la storia, ancora una volta, si è fatta beffe anche di questo determinismo).
Tenere salda la possibilità del libero arbitrio in un mondo che va governato da un'etica del bene è una delle tante aporie che dovrebbero essere perseguite e che rendono la vita umana così inaspettata e comunque anche "tragica". Se ci si rifugia nel divino o nel determinismo scientifico, invece tutto diventa più semplice e possiamo scrollarci di dosso il peso delle nostre scelte, abbandonando però il mandato di Ulisse, ovvero il mandato della cultura europea nel suo nucleo più profondo.
Citazione di: Jacopus il 01 Maggio 2024, 18:15:16 PMNon a caso il materialismo storico fu concepito come una sorta di passaggio meccanico ed inevitabile da uno stadio all'altro (la storia, ancora una volta, si è fatta beffe anche di questo determinismo).
Tenere salda la possibilità del libero arbitrio in un mondo che va governato da un'etica del bene è una delle tante aporie che dovrebbero essere perseguite e che rendono la vita umana così inaspettata e comunque anche "tragica". Se ci si rifugia nel divino o nel determinismo scientifico, invece tutto diventa più semplice e possiamo scrollarci di dosso il peso delle nostre scelte, abbandonando però il mandato di Ulisse, ovvero il mandato della cultura europea nel suo nucleo più profondo.
Il materialismo storico indaga i fondamenti materiali della storia, e lo fa in un'epoca in cui si pensava fossero imperatori, generali e profeti a determinarla, dall'alto della loro scienza infusa. Quando fate benzina o vi arriva la bolletta energetica è il materialismo storico che si fa beffe di voi. La preistoria non è finita, ma anche in un auspicabile superamento, le condizioni materiali continueranno a stabilire cosa è possibile e cosa no. Su quel possibile si può liberamente gozzovigliare. In tanti o in pochi. Per ora piuttosto in pochi.
Ecco l'argomentazione richiesta da Koba.
Se è possibile dimostrare che siamo in possesso della descrizione vera e completa della realtà, e se questa descrizione non può prescindere dal contenere determinismo e libero arbitrio, allora essi esistono, insieme a tutto ciò da cui quella descrizione dimostrerà di non poter prescindere.
Citazione di: Ipazia il 01 Maggio 2024, 18:46:27 PMIl materialismo storico indaga i fondamenti materiali della storia, e lo fa in un'epoca in cui si pensava fossero imperatori, generali e profeti a determinarla, dall'alto della loro scienza infusa. Quando fate benzina o vi arriva la bolletta energetica è il materialismo storico che si fa beffe di voi. La preistoria non è finita, ma anche in un auspicabile superamento, le condizioni materiali continueranno a stabilire cosa è possibile e cosa no. Su quel possibile si può liberamente gozzovigliare. In tanti o in pochi. Per ora piuttosto in pochi.
Non contesto la visione materialistica della storia, che ha permesso molti passi avanti interpretativi. Contesto quella visione della inevitabilità del percorso verso il gran finale del comunismo. Un percorso deterministico ancora diffuso nella vulgata marxista, anche se il più fortunato dei marxisti se ne discostó, creando le premesse del più grande esperimento socialista finora vissuto dall'umanità (non entro nel merito, in questa discussione, perché l'oggetto è un altro).
Visti pure gli esiti delle nostre discussioni e per quanto detto da iano riterrei velleitario dire o poter dimostrare che siamo in possesso della descrizione vera e completa della realtà. A beneficio dei sostenitori del libero arbitrio concedo che, per futili motivi, a volte capita di non avere chiara nozione del motivo per cui si metta in atto una determinata scelta. Detto questo, assecondando logica e ragione avrebbe senso parlare di libertà di scelta quando una libertà si concede, proprio come accade quando qualcuno ti dice "puoi scegliere tra questo, quello o quell'altro"; nulla di più, considerando inoltre che la scelta, all'interno della concessione, sarebbe comunque condizionata. Per estensione quindi, una libertà verrebbe concessa da qualcosa che in qualche misura possiede autorità su di noi. Non penso però che tale processo possa trasferirsi spensieratamente ad un'autoconcessione, ovvero "io sono libero di scegliere". Un sintomo di tale forzatura sarebbe già evidente nell'espressione "libero arbitrio". Infatti, a meno di stravolgerne il significato, si noti che l'aggettivo "libero" associato al verbo arbitrare, scegliere, decidere, ineluttabilmente casca in contraddizione nella realtà dell'agire, essendo che a rigore di logica la scelta sarebbe condizionata dal motivo che ci fa scartare una cosa o un'azione a favore di quella che di fatto viene eletta. Si può certamente far spallucce di questa speculazione logico razionale, ma allora cadremmo certamente nei campi della fede, del dogma, e non della ragione.
Athena aveva detto: "Mi chiedo da un po' se il libero arbitrio sia sempre e comunque esercitabile anche in condizioni-limite ed estreme". La mia opinione, anche per esperienze personali che non racconterò (autogiudizio: nulla di raccapricciante o inaccettabile comunque), mi suggerisce che nel "qui e ora" anche il comandante Schettino o il "Lord Jim" di memoria conradiana forse si aspettavano da sé stessi che avrebbero "scelto liberamente" un'azione più onorevole di quella che di fatto misero in atto. Sempre con riferimento alle parole di Athena sui condizionamenti vi propongo questi tre minuti con Gramellini e Cacciari:
In tema di libera scelta quindi, ciò su cui il professor Cacciari tace, forse perché non avrebbe avuto molto senso farlo all'interno della trasmissione, ma vai a sapere, sarebbe che anche i cosiddetti "condizionatori" sarebbero condizionati, piaccia o no; l'unica differenza, non di poco conto, sarebbe che costoro gestiscono il potere.
Mi chiedo dunque a cosa servirebbe tale fede nel libero arbitrio, giacché di fede si tratterebbe. Senza dubbio, a prescindere dalle intenzioni, essa genera di fatto una classe di giusti, gli obbedienti alle regole (non parlo ovviamente solo di quelle scritte), a discapito degli ingiusti, i disobbedienti alle regole; nel porsi così si dimentica comunque che la civiltà evolve attraverso il mutamento delle regole, ma chissà come e chissà perché la regola madre non vuole mutare. Ovvio dico io, sarebbe quella che tiene in piedi tutto il nostro castello di forzature della ragione. Ora, se questo aspetto, giusti e ingiusti, viene superato dai vari tribunali ecclesiastici (assoluzione in confessionale compresa) lasciando semmai streghe, eretici ed altri contravventori alla disamina del braccio secolare della giustizia, la civiltà "laica" si serve ancora di questo illecito stratagemma che ancora di fatto tiene in piedi il mito dell'intelligenza (se volete posso spiegare il nesso), il quale pretenderebbe quasi un primato dell'intelligenza su questioni di ordine etico/morale. Tale escamotage però, come ventilato un paio di mesetti orsono sempre in questo topic, contribuirebbe all'emersione di una "malattia mentale" dovuta al conflitto interiore non razionalizzato che si paleserebbe stigmatizzando l'assolutismo pensando erroneamente di essere relativisti. A mio giudizio però, direi che buona parte, non tutti intendo e lo sottolineo, di questi assolutisti inconsapevoli lo sarebbero solo nel pensiero e non nel proprio comportamento quotidiano con amici e/o nemici, e da questa contraddizione appunto la potenziale emersione di una malattia (non sono uno psicologo comunque).
Rispondendo infine al quesito posto da Koba II, il libero arbitrio corrisponderebbe per me a un dogma mentre il determinismo non dovrebbe descriversi come semplice "meccanicismo" associato a una predittività che di fatto non mi risulterebbe formulabile se non con una legge di natura probabilistica; una probabilità dovuta ad un certo grado di ignoranza delle cause che di volta in volta possono concorrere alle scelte di un individuo, per le quali sarebbe inoltre incalcolabile la forza in virtù della variabilità di potenza con cui queste possono agire nell'individuo di minuto in minuto o di giorno in giorno ... infine, a giustificare quanto detto, sarebbe facilmente riscontrabile da ciascuno di noi che lungo la nostra quotidianità individuale non daremmo sempre risposte uguali per un medesimo evento che imponga una scelta
Ma, se il libero arbitrio non esiste, cosa distingue la materia dagli esseri viventi?
Gli esseri viventi risponderebbero comunque deterministicamente a cause presenti e a cause passate registrate in memoria, il che renderebbe di fatto impossibile dimostrare un comportamento deterministico, che si può quindi solo assumere, ma non desumere.
La stessa sensazione di libertà sarebbe da considerare una causa che interviene a determinare la scelta?
Parliamo di determinismo in quanto lo deduciamo dai fatti, tuttavia in un mondo ancora del tutto determinismo non è scontato che il determinismo lo si possa desumere.
Lo si può desumere solo se le cause sono prevalentemente locali, come effettivamente avviene nel nostro mondo.
il libero arbitrio non lo si può desumere dai fatti in quanto le sue cause non sono esclusivamente locali, ma fra tutte le sue possibili cause c'è n'è una che fà eccezione, perchè sempre determinabile e sempre presente, ed è la sensazione di libero arbitrio.
La sensazione di libero arbitrio sarebbe cioè una causa che fa eccezione rispetto a tutte quelle possibili, che possono essere presenti e/o determinabili oppure no.
Le leggi della fisica sono prevalentemente locali, dove per locale non mi limito ad intendere, come da tradizione, che le forze si trasmettono per contatto, ma che si trasmettano anche per non contatto, ma entro uno spazio comunque limitato.
In tal senso allargato la forza di gravità agisce localmente in quanto possiamo trascurare l'influenza di corpi distanti.
Ciò perchè essa è proporzionale all'inverso del quadrato della distanza.
Se fosse invece proporzionale alla distanza, e se tutte le leggi della fisica fossero di tal fatta, non riusciremmo a desumere il determinismo, e difficilmente riusciremmo a conoscere le leggi della fisica.
Similmente in un mondo completamente deterministico non potremo mai conoscere le leggi cui sottostanno gli esseri viventi.
La sensazione di libero arbitrio potrebbe giustificarsi in tale mondo solo come la costante cognizione di tale ignoranza.
Ma questa consapevolezza di ignoranza in che modo interverrebbe come causa?
Infatti che questa cognizione vi sia o non vi sia non si riesce immaginare che differenza possa fare.
In un mondo perfettamente e completamente deterministico come si può giustificare una non causa, che però è presente immancabilmente e senza eccezioni a caratterizzare una sua parte, quella che contiene gli esseri viventi?
Abbiamo dunque provato a dimostare che di tutte le possibili leggi della fisica possiamo conoscere solo quelle che hanno una data forma, e la pretesa quindi di poterle conoscere un giorno tutte, per completare il fantasmatico album della verità, poggia sulla presunzione non detta che tutte le leggi della fisica abbiano una forma che ci consenta effettivamente di conoscerle.
Se possiamo parlare di determinismo dunque è perchè almeno una parte di queste leggi ha effettivamente una data forma.
Quella di un mondo completamente deterministico resterà quindi sempre una ipotesi indimostrabile.
Quello che sappiamo è che il nostro mondo almeno in parte è deterministico, e per il resto non possiamo dire.
Non dovremmo allora spostare il determinismo da caratteristica del mondo a caratteristica della conoscenza?
Tutto questo discorso per dire più in generale che, se riteniamo di dover opporre il libero arbitrio al determinismo, prima dovremmo precisare meglio cosa intendiamo per determinismo, e come abbiamo visto la questione non è così lineare come potrebbe sembrare.
Seppure esistessero, noi non potremmo mai conoscere le leggi che regolano una scelta
la neuroscienza non ha già dimostrato che il libero arbitrio non esiste?
Citazione di: iano il 06 Maggio 2024, 19:33:21 PMMa, se il libero arbitrio non esiste, cosa distingue la materia dagli esseri viventi?
Gli esseri viventi risponderebbero comunque deterministicamente a cause presenti e a cause passate registrate in memoria, il che renderebbe di fatto impossibile dimostrare un comportamento deterministico, che si può quindi solo assumere, ma non desumere.
La stessa sensazione di libertà sarebbe da considerare una causa che interviene a determinare la scelta?
Parliamo di determinismo in quanto lo deduciamo dai fatti, tuttavia in un mondo ancora del tutto determinismo non è scontato che il determinismo lo si possa desumere.
Lo si può desumere solo se le cause sono prevalentemente locali, come effettivamente avviene nel nostro mondo.
il libero arbitrio non lo si può desumere dai fatti in quanto le sue cause non sono esclusivamente locali, ma fra tutte le sue possibili cause c'è n'è una che fà eccezione, perchè sempre determinabile e sempre presente, ed è la sensazione di libero arbitrio.
La sensazione di libero arbitrio sarebbe cioè una causa che fa eccezione rispetto a tutte quelle possibili, che possono essere presenti e/o determinabili oppure no.
Le leggi della fisica sono prevalentemente locali, dove per locale non mi limito ad intendere, come da tradizione, che le forze si trasmettono per contatto, ma che si trasmettano anche per non contatto, ma entro uno spazio comunque limitato.
In tal senso allargato la forza di gravità agisce localmente in quanto possiamo trascurare l'influenza di corpi distanti.
Ciò perchè essa è proporzionale all'inverso del quadrato della distanza.
Se fosse invece proporzionale alla distanza, e se tutte le leggi della fisica fossero di tal fatta, non riusciremmo a desumere il determinismo, e difficilmente riusciremmo a conoscere le leggi della fisica.
Similmente in un mondo completamente deterministico non potremo mai conoscere le leggi cui sottostanno gli esseri viventi.
La sensazione di libero arbitrio potrebbe giustificarsi in tale mondo solo come la costante cognizione di tale ignoranza.
Ma questa consapevolezza di ignoranza in che modo interverrebbe come causa?
Infatti che questa cognizione vi sia o non vi sia non si riesce immaginare che differenza possa fare.
In un mondo perfettamente e completamente deterministico come si può giustificare una non causa, che però è presente immancabilmente e senza eccezioni a caratterizzare una sua parte, quella che contiene gli esseri viventi?
Risposta alla prima domanda: direi in nulla per quello che riguarda il fatto che il comportamento di materia ed esseri viventi sia assoggettato a varie cause, anche interne, cosa abbastanza banale del resto. Questa presa d'atto, quella di essere determinati, sarebbe non dimostrabile, ma a onor del vero, linguisticamente, vi sarebbe sicuramente una contraddizione nel dar per buono il concetto di libero arbitrio. Come già dissi si può far finta che le parole valgano poco, ¿ma allora perché diamo tanta importanza alla correttezza nell'uso dei termini?
Risposta alla seconda domanda: i martiri in nome di un ideale ne sarebbero un indizio ben concreto, ma pure gli assassini in nome di un ideale. Come già dissi in passato se si è colti da una sensazione, qualora se ne volesse dare una spiegazione in termini razionali condivisibili, bisognerebbe sforzarsi ad individuare correttamente pure le cause che danno origine a quella sensazione; e questo, mi sembra, sarebbe ciò che fa la scienza. Se ci si attesta nel limbo della sensazione si resta nell'ambito della fede e in teoria si dovrebbe agire conseguentemente; in pratica mi sembra che a volte si soprassieda, e meno male che è così ... in fondo non siamo scemi del tutto, sembra che ci sia qualcosa che ci salva.
Risposta alla quarta domanda (terza saltata): beh, una causa o esiste o non esiste. La nostra ignoranza della quale parli come non-causa forse potrebbe essere vista come una preoccupazione psichica (causa) della quale non tutti sono partecipi in egual misura, come quella del sapere di dover morire del resto
Citazione di: coscientropia il 06 Maggio 2024, 22:50:55 PMla neuroscienza non ha già dimostrato che il libero arbitrio non esiste?
Ma va? Io ero rimasto a una trentina d'anni fa dove la negazione del libero arbitrio era ancora una plausibile ipotesi di lavoro. Se fosse come tu dici tanto meglio. Ciao
Citazione di: daniele22 il 07 Maggio 2024, 11:28:52 AM Se ci si attesta nel limbo della sensazione si resta nell'ambito della fede e in teoria si dovrebbe agire conseguentemente;
E infatti agiamo conseguentemente, e quello scientifico è solo un modo alternativo di agire secondo me.
Se però tu credi che esista un solo modo giusto di agire porrai i due modi in opposizione.
Personalmente vedo in tale diversità una ricchezza, cioè modi alternativi di fare la stessa cosa.
Se i due diversi modi tendono allo stesso fine mi sembra plausibile ipotizzare che siano fatti della stessa sostanza senza farci ingannare dalla diversa forma.
I due modi si differenziano in sostanza per il diverso uso che fanno della coscienza, e non sono uno superiore all'altro se la coscienza non è necessariamente un portatore di valore, come di solito si intende con sospetto antropocentrismo, visto che della coscienza facciamo sempre più largo uso, essendo proprio da tale incremento nata la scienza.
Non c'è da dire quale sia il modo giusto cercando di ridurre l'uno all'altro, ma possiamo usare uno dei modi per cercare di far luce sull'altro, sul come cioè abbia assunto la sua particolare forma.
Se possiamo individuare un modo come inizio della storia e l'altro come una prosecuzione che non rinnega i suoi inizi, capire come si sono costruiti questi modi mettendoli a confronto comporta che la loro storia, e quindi la nostra, non sia ancora finita.
Ma è un illusione credere che ognuno di questi modi, presenti e futuri, non poggino ognuno su una fede, una fede così nascosta, che sembra impossibile poterla rinnegare, come invece si può sempre fare con le fedi che abbracciamo in chiaro.
Le fedi in chiaro creano le religioni ad ognuna delle quali corrisponde un mondo in cui vorremmo più o meno vivere, mentre le fedi nascoste creano i mondi in cui crediamo di vivere.
Alla base di tutto ciò c'è la nostra capacità di credere su cui non si fà luce abbastanza, come fosse un ovvietà.
Forse scegliamo davvero e forse no ciò in cui crediamo, ma non potremmo farlo senza possedere la capacità di credere.
Ed eccoti servito caro Daniele l'ennesimo monologo.
Io sono fatto così, prova ad accettarmi per quel che sono. :)
Citazione di: coscientropia il 06 Maggio 2024, 22:50:55 PMla neuroscienza non ha già dimostrato che il libero arbitrio non esiste?
Fanno
carte false ideologiche per riuscirci, realizzando nel frattempo, con tutta la potenza della tecnica omologante, anche le
carte vere. Guardando i comportamenti del Mondo Libero (l'altro non conta: cani pavloviani secondo la narrazione), direi che sono avanti col progetto.
Citazione di: Ipazia il 07 Maggio 2024, 16:31:57 PMFanno carte false ideologiche per riuscirci, realizzando nel frattempo, con tutta la potenza della tecnica omologante, anche le carte vere. Guardando i comportamenti del Mondo Libero (l'altro non conta: cani pavloviani secondo la narrazione), direi che sono avanti col progetto.
La neuroscienza non ha per oggetto di studio l'arbitrio. Si tentano interpretazioni da parte di molti i quali poi si convincono di avere la verità perché gli pare tutto tanto plausibile. La neurologia va di moda a discapito della psicologia perché è piuttosto materialista ed è quest'ultimo orientamento a prevalere nelle discussioni con la scienza. Ma non c'è nulla di serio nelle conclusioni: forse continuano accanitamente per piazzare pillole al posto di elargire psicoterapie. Comunque tradiscono il proprio àmbito e si fanno ciarlatani, per giustificarsi dicono di aver soltanto usato le parole altrui.
Mauro Pastore
Citazione di: Jacopus il 01 Maggio 2024, 18:15:16 PMSemplicemente, determinismo e L.A. coesistono. Nella dimensione fisica il determinismo è la legge degli eventi, attraverso l'interazione delle quattro forze fisiche principali: gravità, elettromagnetismo, forza nucleare debole e forte. Qui non si sfugge al determinismo ma è possibile che non si conoscano ancora tutte le leggi fisiche sottostanti, a causa delle situazioni che si possono creare in condizioni "limite".
Nell'ambito delle società umane, il fondamento del L.A. consiste nel processo di reciproco condizionamento dato dal Sistema Nervoso Centrale di homo sapiens con la cultura. La controprova è semplicissima: basta esaminare la storia umana o singoli rappresentanti della specie. Nessun altra specie biologica e nessun fenomeno fisico mostra una così esasperata diversità di eventi: da eventi di generosità e bontà estremi ad eventi di terribile crudeltà. Siamo capaci di un repertorio di azioni enorme, frutto della nostra complessità biologica e culturale.
Il problema si presenta a causa delle precondizioni storiche del dilemma, ovvero "ridurre" la visione del mondo ad una sola delle due opzioni. Il riduzionismo è ancora piuttosto potente e deriva dal grande riconoscimento culturale ottenuto dal modello scientifico galileiano. Opporsi ad esso, ancor oggi, può essere percepito come una regressione conservatrice e reazionaria a modelli teologici, nei quali il libero arbitrio funge da "metro di giudizio" da parte del divino, oppure come metafora del liberismo capitalista. Non a caso il materialismo storico fu concepito come una sorta di passaggio meccanico ed inevitabile da uno stadio all'altro (la storia, ancora una volta, si è fatta beffe anche di questo determinismo).
Tenere salda la possibilità del libero arbitrio in un mondo che va governato da un'etica del bene è una delle tante aporie che dovrebbero essere perseguite e che rendono la vita umana così inaspettata e comunque anche "tragica". Se ci si rifugia nel divino o nel determinismo scientifico, invece tutto diventa più semplice e possiamo scrollarci di dosso il peso delle nostre scelte, abbandonando però il mandato di Ulisse, ovvero il mandato della cultura europea nel suo nucleo più profondo.
L'unico modo per sostenere il determinismo dopo la formulazione scientifica del Principio di Indeterminazione è adottare una metafisica e concentrarsi sulla sola trascendenza, dopodiché ridurre il significato di determinazione senza cioè entrare in conflitto con la cosiddetta libertà dello spirito (infatti se c'è per mezzo la trascendenza, c'è di mezzo pure la libertà).
La scienza fisica non possiede un quadro organico delle léggi fisiche dell'universo e il quadro che ha fatto "Jacopus" corrisponde solo a delle menzioni disparate. Un elenco di principali argomenti, non una reale descrizione di fisica teorica.
Resta che nella materia c'è una Indeterminazione e si tratta di dargli un senso con la filosofia, non di negarla. Se si usa correttamente la metafisica, si nota che un determinare superiore potrebbe essere solo al di là non solo oltre la fisica; e in pratica si sta così facendo pensiero dell'Assoluto e se ci si mette la fede siamo già in àmbito teologico. Ma neppure questo assicura qualcosa, anzi si scopre altro. Si scopre che il relativo e l'Assoluto proprio perché tali sono privi di completo rapporto reciproco e pure che se l'Assoluto è Dio allora non avrebbe senso una completa determinazione, altrimenti ne saremmo annientati. Neppure i testi religiosi lo negano.
Se per esempio volessimo utilizzare il causalismo di Baruch Spinoza, dovremmo riconoscere che si tratta in realtà di determinazioni etiche (ovvio!) che non governano tutto... E se con la Scolastica diciamo di Causa Prima, dovremmo dire di causa diversa, che non reca effetti... E così, esplicando tutto ciò, non cadiamo nell'errore di sostenere la riflessione con una metafisica tanto occulta quanto falsa.
Tutto ciò mostra peraltro quello che in precedenza ho già tentato di spiegare: che per ragionare su arbitrio e libertà si deve ricorrere al confronto con Dio ovvero l'Assoluto, specificando poi di quale libertà si starebbe dicendo.
Mauro Pastore
Citazione di: PhyroSphera il 11 Maggio 2024, 22:39:06 PML'unico modo per sostenere il determinismo dopo la formulazione scientifica del Principio di Indeterminazione è adottare una metafisica e concentrarsi sulla sola trascendenza, dopodiché ridurre il significato di determinazione senza cioè entrare in conflitto con la cosiddetta libertà dello spirito (infatti se c'è per mezzo la trascendenza, c'è di mezzo pure la libertà).
Mauro Pastore
Mi sento in dovere di rimandarti a qualche mio post fà, dove provavo a spiegarti che al principio di indeterminazione si è dato un nome infelice, dato che esso non contraddice il determinismo, e non ripeterò qui cosa esso dice veramente, dato che chiunque può trovarlo in rete.
CitazioneTutto ciò mostra peraltro quello che in precedenza ho già tentato di spiegare: che per ragionare su arbitrio e libertà si deve ricorrere al confronto con Dio ovvero l'Assoluto, specificando poi di quale libertà si starebbe dicendo.
Da un punto di vista laico come il mio e come quello di tutti quelli come me, non è possibile farlo con Dio. Posso provare a farlo con il cosiddetto "Assoluto", che però è per me etimologicamente "ab solutus", cioè "sciolto da ogni legame" e poi metaforicamente "sciolto da ogni limite". Ma il discorso del libero arbitrio umano è un discorso terreno, non metafisico, o perlomeno questo è il mio discorso sul libero arbitrio. L'umano è " relativamente libero" a causa della sua storia biologica e culturale". Ciò ci ha reso differenti da ogni altra specie vivente ma non per qualità o origini divine, ma semplicemente per una serie complesse di circostanze. I mammiferi non sono così diversi da noi ma con noi la natura ha fatto un esperimento che al momento è vincente, ovvero riservare il 20 per cento delle risorse per vivere al cervello, invece che a tentacoli, zanne, muscoli, che sono molto più ovvii nella "struggle for life". Quel cervello ha creato la cultura più complessa fra le specie viventi. Nulla a che vedere con i rudimenti culturali che anche altre specie hanno: il rituale dei saluti fra gli elefanti, i dialetti linguistici tra le orche, la tecnica litica di alcune scimmie per rompere i gusci. Eppure quei rudimenti indicano che non abbiamo l'esclusiva di questi mezzi, ma li abbiamo implementati in molti modi e li abbiamo soprattutto tramandati. Più che un confronto con l'assoluto, il dilemma del L.A. (Che detto fra noi, è comunque irrisolvibile perché indimostrabile nè nel senso che esiste né che non esiste), è un problema di organizzazione sociale, di esistenza di società dove vi è maggior "libero arbitrio medio", così come vi sono società più violente o più accoglienti.
Ps. A proposito delle neuroscienze che avrebbero dimostrato l'inesistenza del L.A., direi che si tratta di una affermazione azzardata. Vi sono sicuramente neuroscienziati fortemente riduzionisti, ma vi sono anche correnti che riconoscono la presenza di comportamenti irriducibili al determinismo, proprio a partire da alcune caratteristiche neurobiologiche fondamentali e arcaiche in homo sapiens, come la curiosità o la ricerca di nuove esperienze. Ovvio che in questo campo si creano sempre corto circuiti logici, ma solo salvaguardando "eticamente" il libero arbitrio possiamo pensare di poter migliorare il mondo, che è forse "deterministicamente" la missione sempre presente nella storia culturale dell'uomo.
Citazione di: Jacopus il 01 Maggio 2024, 18:15:16 PMSemplicemente, determinismo e L.A. coesistono. Nella dimensione fisica il determinismo è la legge degli eventi, attraverso l'interazione delle quattro forze fisiche principali: gravità, elettromagnetismo, forza nucleare debole e forte. Qui non si sfugge al determinismo ma è possibile che non si conoscano ancora tutte le leggi fisiche sottostanti, a causa delle situazioni che si possono creare in condizioni "limite".
Non ho difficoltà ad aderire al tuo post, ma vorrei contemplare anche una possibile alternativa.
La tua infatti è un affermazione inconfutabile, ma anche un buon alibi in cui rifugiarsi, come un voler vincere facile che rischia di trasformarsi in una cocente delusione.
Poco male visto che in tal modo ti trovi in buona compagnia, tipo soggetti come Einstein, che sull'incompletezza della meccanica quantistica si è arrovellato fino alla fine.
Però noto che quello che affermi comporta che la realtà non sia coerente, o in alternativa che non sia una, esistendo due realtà parallele coesistenti.
Ma concedere che la realtà non sia una comporta il rischio che ogni volta che ci troviamo di fronte un problema difficile da risolvere, lo risolviamo aggiungendo ad hoc una nuova convivente realtà,
ritrovandoci così con diversi separati in casa in una coesistenza forzata.
In alternativa è possibile trasferire l'incoerenza nel racconto della realtà, che più che essere incompleto non sarà mai definitivo.
Non è cioè un racconto da completare, e a dirla tutta penso che non sia neanche da correggere, ma semplicemente si rinnova, adattandosi insieme a noi alla realtà.
E' cioè il lato culturale di noi che partecipa della nostra evoluzione.
Certo però, lo ammetto, anche questa proposta alternativa sembra un modo di voler vincere facile.
Basta infatti dire che ogni cosa è un racconto e ogni problema irrisolvibile è risolto.
Quindi alla fine si tratta solo di mettere in moto il libero arbitrio, posto che esista, per scegliere quale alternativa, chissà poi perché, più ci scompisci. :))
La mia scelta in fondo è una scelta di pancia, in quanto ho in odio le complicazioni.
Ma poi vai a vedere se non ci sono motivazioni ancora più profonde a spingerci....
Che una visione unica sia più elegante, è dimostrato dal concetto di Syn-Ballein, dalla simbolizzazione, che dai riti del potere ai sogni, fino a monoteismi, è sempre presente nella nostra vita. La visione unica piace molto soprattutto al nostro emisfero destro, che è anche quello che cerca di tenere insieme il tutto, che si preoccupa dell'azione che agisce e che ambisce ad una armonia generale. Al contrario c'è il concetto Dia-Ballein (da cui anche il termine latino diabolus), e tutte le filosofie dialettiche. In questo campo non vedo altra soluzione che la coesistenza di due paradigmi non conciliabili, il che è anche spiegabile attraverso la nostra natura non più esclusivamente fisica e naturale. Dalle prime punte di selce ad oggi, il nostro corpo è un corpo tecnico, o meglio bio-tecnico, a partire dall'abbigliamento con cui ci copriamo fino alle Costituzioni o alle navicelle spaziali.
Citazione di: iano il 11 Maggio 2024, 22:53:02 PMMi sento in dovere di rimandarti a qualche mio post fà, dove provavo a spiegarti che al principio di indeterminazione si è dato un nome infelice, dato che esso non contraddice il determinismo, e non ripeterò qui cosa esso dice veramente, dato che chiunque può trovarlo in rete.
Ridurre tutto a una questione linguistica è solo un'
escamotage.
Mauro Pastore
Citazione di: Jacopus il 11 Maggio 2024, 23:09:12 PMDa un punto di vista laico come il mio e come quello di tutti quelli come me, non è possibile farlo con Dio. Posso provare a farlo con il cosiddetto "Assoluto", che però è per me etimologicamente "ab solutus", cioè "sciolto da ogni legame" e poi metaforicamente "sciolto da ogni limite". Ma il discorso del libero arbitrio umano è un discorso terreno, non metafisico, o perlomeno questo è il mio discorso sul libero arbitrio. L'umano è " relativamente libero" a causa della sua storia biologica e culturale". Ciò ci ha reso differenti da ogni altra specie vivente ma non per qualità o origini divine, ma semplicemente per una serie complesse di circostanze. I mammiferi non sono così diversi da noi ma con noi la natura ha fatto un esperimento che al momento è vincente, ovvero riservare il 20 per cento delle risorse per vivere al cervello, invece che a tentacoli, zanne, muscoli, che sono molto più ovvii nella "struggle for life". Quel cervello ha creato la cultura più complessa fra le specie viventi. Nulla a che vedere con i rudimenti culturali che anche altre specie hanno: il rituale dei saluti fra gli elefanti, i dialetti linguistici tra le orche, la tecnica litica di alcune scimmie per rompere i gusci. Eppure quei rudimenti indicano che non abbiamo l'esclusiva di questi mezzi, ma li abbiamo implementati in molti modi e li abbiamo soprattutto tramandati. Più che un confronto con l'assoluto, il dilemma del L.A. (Che detto fra noi, è comunque irrisolvibile perché indimostrabile nè nel senso che esiste né che non esiste), è un problema di organizzazione sociale, di esistenza di società dove vi è maggior "libero arbitrio medio", così come vi sono società più violente o più accoglienti.
Ps. A proposito delle neuroscienze che avrebbero dimostrato l'inesistenza del L.A., direi che si tratta di una affermazione azzardata. Vi sono sicuramente neuroscienziati fortemente riduzionisti, ma vi sono anche correnti che riconoscono la presenza di comportamenti irriducibili al determinismo, proprio a partire da alcune caratteristiche neurobiologiche fondamentali e arcaiche in homo sapiens, come la curiosità o la ricerca di nuove esperienze. Ovvio che in questo campo si creano sempre corto circuiti logici, ma solo salvaguardando "eticamente" il libero arbitrio possiamo pensare di poter migliorare il mondo, che è forse "deterministicamente" la missione sempre presente nella storia culturale dell'uomo.
Tu non ti confronti con Dio, tutt'al più con l'Assoluto, e in tal caso Dio ovvero l'Assoluto è distante, come tu stesso dici mostrando l'etimologia della parola. Allora, non è possibile — restando su questo piano — trarre conclusioni sul libero arbitrio, perché (come mostravo) arbitrio e libertà richiedono di inoltrarsi nel pensiero dell'Assoluto senza restare solo ad esso, per dire dei loro rapporti reciproci. Ma allora insistere nella questione senza passare a considerare seriamente l'infinito, non rende la questione perspicua. Se si trova un sostituto dell'Infinito sopravvalutando la biologia, come fai tu che la usi quale solutrice, quel che resta da notare è la condizione di
bassezza in cui cadono quelli che si mettono a replicare discussioni teologiche senza essere interessati alla dimensione teologica anzi costruendone un illusorio
facsimile.
Perché, notando tu stesso che non ne puoi venire a capo, continui a meditarci, senza interessarti alla originaria disputa teologica? Questo se lo dovrebbero domandare proprio in tanti.
Mauro Pastore
Citazione di: Jacopus il 11 Maggio 2024, 23:27:55 PMChe una visione unica sia più elegante, è dimostrato dal concetto di Syn-Ballein, dalla simbolizzazione, che dai riti del potere ai sogni, fino a monoteismi, è sempre presente nella nostra vita. La visione unica piace molto soprattutto al nostro emisfero destro, che è anche quello che cerca di tenere insieme il tutto, che si preoccupa dell'azione che agisce e che ambisce ad una armonia generale. Al contrario c'è il concetto Dia-Ballein (da cui anche il termine latino diabolus), e tutte le filosofie dialettiche. In questo campo non vedo altra soluzione che la coesistenza di due paradigmi non conciliabili, il che è anche spiegabile attraverso la nostra natura non più esclusivamente fisica e naturale. Dalle prime punte di selce ad oggi, il nostro corpo è un corpo tecnico, o meglio bio-tecnico, a partire dall'abbigliamento con cui ci copriamo fino alle Costituzioni o alle navicelle spaziali.
Biologia e neurologia vi fanno da ciceroni senza esserlo; la dialettica che non unisce ma separa (
diaballein) con queste false guide non rimanda a un semplice gioco intellettuale ma al potere distruttivo del negativo, a quel che nei monoteismi è proprio detto
diavolo; e allora quel mettere assieme, quel
synballein, che a voi pare solo una soluzione estetica, vi sarebbe invece di salvezza... E data la situazione in cui vi mettete, cioè di pensare con assolutezza il mondo stesso, non vi resta che accettare un'etica del rimedio legata a un vero Assoluto... Cioè un ripensamento radicale, ovvero un 'pentimento' che vi faccia comprendere la facoltà unitiva dell'Assoluto, di contro al potere disgregativo e mortale del negativo, cui noi esseri relativi non possiamo rimediare se non con l'Assoluto ovvero Dio. Non è un gioco liberamente arbitrario, ma una necessità.
Mauro Pastore
CitazioneBiologia e neurologia vi fanno da ciceroni senza esserlo; la dialettica che non unisce ma separa (diaballein) con queste false guide non rimanda a un semplice gioco intellettuale ma al potere distruttivo del negativo, a quel che nei monoteismi è proprio detto diavolo; e allora quel mettere assieme, quel synballein, che a voi pare solo una soluzione estetica, vi sarebbe invece di salvezza...
Vi ringrazio per il "voi" che è un modo un po' desueto ma proprio per questo mi è caro. Voi, caro Mario, dovreste invece a mio parere, accettare il fatto che si può parlare di libero arbitrio senza tirare in ballo l'assoluto che non ha a che fare con il libero arbitrio perché qualunque libero arbitrio ha comunque delle precondizioni da rispettare. Non si tratta di una opposizione determinismo/assolutismo. Questa è una visione teologica ma non filosofica in senso stretto e qui siamo nella sezione filosofia. Il riferimento alla dialettica è invece a mio parere molto produttivo perché descrive quella condizione tragica dell'uomo che le religioni tendono a risolvere con la metafisica. È per questo che ho fatto intenzionalmente il riferimento al dia/balleyn. Il due è il numero della tolleranza e dell'accettazione reciproca, sia pure nel conflitto possibile e nella difficoltà a decidere. L'Uno è il mondo della violenza dove si dice che (appunto) solo Uno può sopravvivere. L'Uno è il numero della sottomissione. É vero che il LA è funzionale a questa visione per separare i buoni dai cattivi ma questa visione paranoizzante, come ho già scritto tante volte, è lontana molte miglia dalla mia weltanschaung.
Rispetto al bisogno che mi penta, sconfini in una dimensione confessionale che reputo ancora piu distante e francamente credo anche sia difficile affrontare un dibattito argomentativo, se le premesse sono quelle teologiche di bene/male, e sottostante conversione. Vi ringrazio comunque perché avete confermato la mia idea della profonda carica di violenza presente nel monoteismo.
CitazionePerché, notando tu stesso che non ne puoi venire a capo, continui a meditarci, senza interessarti alla originaria disputa teologica?
Non se ne può venire a capo in modo "oggettivo", ovvero in modo dimostrabile secondo le regole del metodo galileiano. Almeno finora non ci siamo ancora arrivati. Possiamo solo inferire delle deduzioni dalla storia dell'uomo, dallo studio delle ideologie, del cervello umano, del comportamento animale ma senza avere una risposta definitiva. Al momento non è ancora nato un Darwin o un Einstein del libero arbitrio. Sulla disputa teologica, per carità è importante conoscerla per capire l'evoluzione del dibattito sul libero arbitrio, ma dai tempi di Lutero, le nostre conoscenze si sono arricchite notevolmente e il mio non è un contributo teologico. Non ho alcun interesse a sostenere il LA perché difeso dal Cattolicesimo o sostenere il determinismo perché sostenuto dai culti protestanti.
Citazione di: Jacopus il 14 Maggio 2024, 13:53:09 PMVi ringrazio per il "voi" che è un modo un po' desueto ma proprio per questo mi è caro. Voi, caro Mario, dovreste invece a mio parere, accettare il fatto che si può parlare di libero arbitrio senza tirare in ballo l'assoluto che non ha a che fare con il libero arbitrio perché qualunque libero arbitrio ha comunque delle precondizioni da rispettare. Non si tratta di una opposizione determinismo/assolutismo. Questa è una visione teologica ma non filosofica in senso stretto e qui siamo nella sezione filosofia. Il riferimento alla dialettica è invece a mio parere molto produttivo perché descrive quella condizione tragica dell'uomo che le religioni tendono a risolvere con la metafisica. È per questo che ho fatto intenzionalmente il riferimento al dia/balleyn. Il due è il numero della tolleranza e dell'accettazione reciproca, sia pure nel conflitto possibile e nella difficoltà a decidere. L'Uno è il mondo della violenza dove si dice che (appunto) solo Uno può sopravvivere. L'Uno è il numero della sottomissione. É vero che il LA è funzionale a questa visione per separare i buoni dai cattivi ma questa visione paranoizzante, come ho già scritto tante volte, è lontana molte miglia dalla mia weltanschaung.
Rispetto al bisogno che mi penta, sconfini in una dimensione confessionale che reputo ancora piu distante e francamente credo anche sia difficile affrontare un dibattito argomentativo, se le premesse sono quelle teologiche di bene/male, e sottostante conversione. Vi ringrazio comunque perché avete confermato la mia idea della profonda carica di violenza presente nel monoteismo.
Non esiste un solo tipo di filosofia e tutti i filosofi o filosofanti partono da premesse non filosofiche. In tal senso non è possibile esimersi da un confronto tra concezioni opposte, l'una intramondana e l'altra extramondana, nel fare filosofia. Tu mi tacci di confessionalismo, invece dovresti renderti conto del tuo particolarismo, che la tua incoscienza rende faziosità.
Nulla contro i particolarismi e la mondanità, ma tutto sta a non scordarsene i limiti. Tu dici di condizioni da rispettare, ebbene siete proprio voialtri che non avete avuto rispetto per le condizioni di una discussione, quella tra cristiani protestanti e cattolici sull'arbitro, tentando assurdamente a replicarla. Le condizioni che voi dettate sono incapacitanti: in ultima analisi si deve ammettere che con esse non si arriverà mai a conclusioni utili ma la nostra discussione è ancora utile. Non avrebbe senso discutere al posto nostro per dirci che noi esuliamo dalla filosofia. Infatti non è vero. Tu mi dirai di tenere da parte Dio, io ti potrei dire di mettere da parte il diavolo... Io avevo mostrato una negatività senza darti ordini. Non ti avevo neppure invitato a qualcosa, avevo fatto presente il disastro della vostra dialettica separativa quando la volete applicare a ciò che ha bisogno di unione... E tu invece hai fatto conto che la tua è l'unica dialettica!
Oltretutto quella unità che tu dici essere violenta o non esiste o è proprio la falsa unità alla base del vostro errore. Continuando ad avversarla voi potreste correggere voi stessi, non gli altri, ma tanta incauta passione per il
dividere vi porta a incappare prima nella rovina che nella soluzione.
Mostrare la strada di un
pentimento parrebbe un affare da preti e non filosofi ma in realtà morale ed etica sono anche della filosofia.
Dunque è possibile che in certi casi il filosofo ravvisi una emergenza etica e una mancanza morale; e non sempre si può o si deve aspettare il prete di turno anzi certe volte v'è un insostituibile còmpito morale o etico proprio da parte di chi fa filosofia... E in tal caso mostrare che il vostro ripensamento sarebbe anche un pentimento significa anche dire che certi errori tanto estremi non possono essere involontari. Non so se il tuo caso sia solo etico o pure morale. Ma la filosofia ha la propria saggezza e in casi di tanta sconsideratezza dice proprio di
pentimento. (Non si tratta di essere tanto convenzionali con le parole. Non a caso ho usato il corsivo.)
Mauro Pastore
La differenza è tutta nel fatto che io non ho chiesto a nessuno di pentirsi delle proprie idee. Se proprio insisti posso chiederti di pentirti delle tue idee balzane e pericolose oltre che sconsiderate e prive di ogni fondamento. Se vuoi possiamo continuare ma non ne vedo l'utilità. Partiamo da premesse molto diverse e i nostri toni non sono reciprocamente concilianti. Da parte mia non aspetto nessun prete di turno. Poi davvero davvero, devo sentirmi dire di errori morali o etici da parte mia? Ma dove siamo al catechismo? Ma per favore. Se proprio lo desideri prega per me e per la mia anima dannata.
Voi teisti e abramiti in particolare dovete comprendere che la questione del LA nasce dall'insuperabile contraddizione della vostra religione tra un nume, onnipotente buono e misericordioso, e la malignità umana e naturale, che costantemente falsifica il nume e la sua postulata onnipotenza.
Ovviamente la vostra teologia dà risposte e giustificazioni che hanno una qualche plausibilità e che non mi interessa confutare. La fede permette questo e altro e ciascuno ha diritto ad averne una sua, anche contro la ragione, come insegna Tertulliano (a cui i perfidi pagani garantirono, a differenza di Ipazia, una lunga operosa vita).
In ambito ateista la questione si pone in modo completamente diverso, perchè la contraddizione si risolve evoluzionisticamente nella presa d'atto che la natura è quella che è e la malignità umana va affrontata et(olog)icamente attraverso la libertà di agire che l'evoluzione ci ha concesso. Sterile incasellarla in paradigmi scientistici o metafisici: è quella che è pure lei, con lacci e lacciuoli vari: si tratta di farne buon uso, assumendosi le proprie responsabilità, senza alibi pecorecci e arbìtri intollerabili a danno altrui, che vanno sempre a cozzare da qualche parte.
La questione si riduce al libero agire secondo coscienza, mentre fuorviante è in ambito ateo la denominazione di libero arbitrio e superflui i sofismi metafisici negazionisti, assolutori di ogni porcheria.
Citazione di: Ipazia il 14 Maggio 2024, 15:34:37 PMVoi teisti e abramiti in particolare dovete comprendere che la questione del LA nasce dall'insuperabile contraddizione della vostra religione tra un nume, onnipotente buono e misericordioso, e la malignità umana e naturale, che costantemente falsifica il nume e la sua postulata onnipotenza.
Ovviamente la vostra teologia dà risposte e giustificazioni che hanno una qualche plausibilità e che non mi interessa confutare. La fede permette questo e altro e ciascuno ha diritto ad averne una sua, anche contro la ragione, come insegna Tertulliano (a cui i perfidi pagani garantirono, a differenza di Ipazia, una lunga operosa vita).
In ambito ateista la questione si pone in modo completamente diverso, perchè la contraddizione si risolve evoluzionisticamente nella presa d'atto che la natura è quella che è e la malignità umana va affrontata et(olog)icamente attraverso la libertà di agire che l'evoluzione ci ha concesso. Sterile incasellarla in paradigmi scientistici o metafisici: è quella che è pure lei, con lacci e lacciuoli vari: si tratta di farne buon uso, assumendosi le proprie responsabilità, senza alibi pecorecci e arbìtri intollerabili a danno altrui, che vanno sempre a cozzare da qualche parte.
La questione si riduce al libero agire secondo coscienza, mentre fuorviante è in ambito ateo la denominazione di libero arbitrio e superflui i sofismi metafisici negazionisti, assolutori di ogni porcheria.
La questione cristiana sull'arbitro nacque per l'esigenza di mostrare quale fosse il ruolo del credente nei confronti di Dio e in particolare quale fosse il ruolo del clero rispetto al semplice credente. Cosa si doveva pensare a fronte di sacerdoti che promettevano la salvezza in cambio di soldi? Che tentavano di sostituire a una volontaria penitenza un obbligo ad un còmpito? O che volevano stabilire digiuni minacciando l'inferno? O che si illudevano di poter far credere qualcuno a loro discrezione e piacimento? Lutero, Zwingli, Calvino e gli altri mostrarono che la fede non è frutto di libera scelta ma di volontaria accettazione, nei rapporti tra il singolo e Dio, che nessun clero può sostituirsi a Dio stabilendo arbitrariamente i destini ultimi del prossimo e neppure determinandoli. La diatriba continuò variamente, con i cattolici che riformularono a modo proprio la propria dottrina, fino al recente accordo (Augusta, 1999) sulla dottrina della giustificazione per fede; mentre i protestanti espressero varie versioni della stessa dottrina, a volte anche in contrasto tra loro.
Trasposta in filosofia, questa discussione ebbe senso solo se non privata del contesto, che non è Dio come Sommo Bene e il male, ma Dio e la sua Provvidenza ed il Negativo e il rischio ad esso connesso.
Non è sensato dichiarare la controversia teologica sull'arbitrio un'assurdità da trasformare.
Dal punto di vista universale e mondano il concetto di libero arbitrio era stato già esplorato dai pensatori antichi. La libertà di agire secondo coscienza è un'altra cosa dal libero arbitrio ed era già parte della psicologia protestante. Innanzitutto è evidente dalla affermazione protestante del
Sola Scriptura e del
libero esame dei testi sacri; in secondo luogo fu la conseguenza delle precisazioni teologiche successive. 'Agire liberamente secondo coscienza' è un'affermazione che si può fare anche senza teologia, tuttavia per scoprirne il fondamento ci si ritrova di nuovo a considerare l'arbitrio in relazione a Dio. Per questo la cultura per formularla dovette attendere il progresso teologico. Per lo stesso motivo i movimenti atei che pensano sia autofondativa o fondata su considerazioni mondane la smarriscono. Così anche si spiegano gli eccessi del Terrore della Rivoluzione Francese e la violenza insinuata nella Rivoluzione Russa e poi la intrusione di Stalin e lo stalinismo: in quest'ultimo caso moltitudini di persone furono fucilate o costrette agli stenti a motivo anche solo di divergenze di pensiero, il tutto anche per la brama di potere e il desiderio di accantonare religioni e spiritualità.
L'ambizione atea di sostituire alla teologia la cosmologia quindi di costruire una sociologia ad imitazione della ecclesiologia è stata disastrosa; ed è disastroso adesso usare neurologia, biologia, finanche fisiologia, per dire di arbitrio; mentre gli psicologi dovrebbero capire di intendere questa nozione solo parzialmente e gli antropologi di non avere i termini per stabilire qualcosa; quindi si dovrebbe comprendere che neppure la cosmologia può fornirne...
E allora si potrebbe scoprire che sono altre discipline di studi quelle che forniscono i termini: studio dell'Assoluto; del Negativo — ovvero teologia e demonologia. Certo, per muoversi realmente in àmbito teologico è necessaria una forma di fede e per esplorare l'àmbito demonologico c'è bisogno di valutare rappresentazioni che hanno un senso solo per chi si trova ad associarle a paure e inquietudini generiche, non rivolte a oggetti determinati... Ma avere fede è un atto antropologicamente sensato e inquietarsi o spaventarsi senza diretti motivi è psicologicamente sensato. Quindi invece di prender per scemi o folli i credenti in Dio, se si è interessati alle loro dispute si potrebbe solamente questo: ridurre le proprie pretese atee filosofiche o darsi alla fede, con tutte le paure e inquietudini conseguenti.
Se ve la prendete a male, pensate ai soldati che in caserma ricevono il rancio e non hanno altro. Non è il caso di provare rancore per Dio e per il prossimo se le necessità della vita anche intellettuali sono diverse da come sognano gli incauti.
Mauro Pastore
La libertà è incompatibile con la natura.
Questa è una constatazione a cui il pensiero razionale deve necessariamente giungere.
Così come dovrebbe accettare che la libertà, se esiste, non può che essere un fenomeno trascendente la natura stessa.
Trascendente, proprio in quanto in natura non si dà alcun libero arbitrio.
Emblematico, e preoccupante, notare le contraddizioni di chi afferma il libero arbitrio e allo stesso tempo nega la Trascendenza!
Si vuole la botte piena e la moglie ubriaca, in assenza di vino...
Ma almeno si postuli Dio! Se proprio si vuole che il libero arbitrio sia.
E no, nessun Dio!
E il libero arbitrio?
Un salto quantico...
Poveri noi.
Hai ragione Bob. Poveri noi, se non si riesce ad accettare che altri la pensano diversamente usando argomentazioni variamente presenti nella pubblica discussione sul LA. Se poi si fa dell'argomento una questione di fede è un altro discorso. In ogni caso dimostrami empiricamente che il L.A. non esiste nelle azioni umane. E se lo dimostrassi, vorrebbe dire che non esiste né bene né male ma che tutto è necessario come desiderava Pangloss. Ma il discorso sul bene e il male, ma anche il discorso su Dio e la teodicea (che è collegata al LA) non è appannaggio dei credenti. Vorrei ricordare che la distinzione fra oratores, bellatores e laboratores è tramontata da parecchi secoli.
Citazione di: PhyroSphera il 14 Maggio 2024, 13:01:00 PMRidurre tutto a una questione linguistica è solo un'escamotage.
Mauro Pastore
Escamotage attuato da chi?
Continuerò a correggerti ogni volta che farai riferimento al principio di indeterminazione perchè altri non cadano nel fraintendimento in cui insisti.
Citazione di: Il_Dubbio il 01 Maggio 2024, 10:28:53 AMCiao, sicuramente in una situazione di poca libertà fisica e psicologica, e credo di supporre (da ciò che scrivi) anche culturale, il libero arbitrio è praticamente inesistente.
Il libero arbitrio, per essere esercitato, ha bisogno di alcune predisposizioni. A parte la consapevolezza, che da sola non basta, anche aver imparato a gestire le fonti di informazione.
Ad esempio sarebbe utile affidarsi non tanto a persone per bene o che nutrono in noi dell'affetto, ma a gente che sappia le cose. Avere il dubbio che possa essere quella la fonte migliore e cercare sempre il contradittorio. Al momento adatto sarai tu a scegliere. Ma senza informazioni, alle volte meglio se discordanti, non si può parlare di libera scelta.
Ed anche se questa libera scelta, o libero arbitrio non sarà mai profondamente quello che ci aspetteremmo, sarà la migliore possibile. Sotto a questo livello si è costretti ad agire praticamente istintivamente, come quando si mettevano i timbri e ce n'era uno per ogni protocollo. Alla fine impari a fare quello che è giusto, quindi un timbro per ogni protocollo. Magari si potrebbe anche essere consapevoli di fare delle azioni, ma senza avere l'idea che avremmo potuto fare diversamente. Sarà cosi e basta.
Si esatto, istintivamente, perchè manca il passaggio essenziale del pensare prima con la propria testa. È una assuefazione, una sorta di alterazione di coscienza. Una parte di te magari vorrebbe comportarsi diversamente se potesse dare ascolto alla propria voce interiore. Se, ad esempio, si è in una situazione di controllo mentale tramite lavaggio del cervello, sotto un forte condizionamento continuo e le uniche persone con cui ci si relaziona sono quelle che dovrebbero darti affetto non hai la libertà di scelta e la possibilità di affidarti o fidarti di altri. Il problema è che non ti sorge neanche il dubbio perchè hai delle resistenze che ti hanno indotto, come se fossi stato programmato così. Se ti trasmettono un certo modo di guardare il mondo esterno, sarai sotto quell'influsso, quell'indottrinamento e non riuscirai a ritenere altre persone delle eventuali fonti migliori di conoscenza.
Il dubbio proviene imparando a pensare e fidarsi di se stessi.
Non capisco questa levata di scudi teista dopo aver dichiarato che le loro problematiche relative al LA non mi riguardano.
Mi riguarda invece la questione del bene e del male nella dimensione antropologica, i criteri per definirne la natura e i confini, la demonologia umana nelle sue forme consapevoli e banali. E la libertà di coscienza, pensiero e azione, che permette di mettere mano a tutto ciò.
Citazione di: PhyroSphera il 14 Maggio 2024, 14:43:47 PMTu dici di condizioni da rispettare, ebbene siete proprio voialtri che non avete avuto rispetto per le condizioni di una discussione, quella tra cristiani protestanti e cattolici sull'arbitro,
Ovviamente qui dicevo di arbitrio, errore di battitura.
Mauro Pastore
Citazione di: PhyroSphera il 14 Maggio 2024, 17:45:06 PMLa questione cristiana sull'arbitro nacque per l'esigenza
Anche qui errore, dicevo in realtà di arbitrio.
Mauro Pastore
Citazione di: Jacopus il 14 Maggio 2024, 15:10:32 PMLa differenza è tutta nel fatto che io non ho chiesto a nessuno di pentirsi delle proprie idee. Se proprio insisti posso chiederti di pentirti delle tue idee balzane e pericolose oltre che sconsiderate e prive di ogni fondamento. Se vuoi possiamo continuare ma non ne vedo l'utilità. Partiamo da premesse molto diverse e i nostri toni non sono reciprocamente concilianti. Da parte mia non aspetto nessun prete di turno. Poi davvero davvero, devo sentirmi dire di errori morali o etici da parte mia? Ma dove siamo al catechismo? Ma per favore. Se proprio lo desideri prega per me e per la mia anima dannata.
Non hai letto bene i miei scritti e hai ignorato pure la mia precisazione. Io non ti ho chiesto proprio niente ma mostrato la tua situazione e la unica conclusione possibile. Questo lo possono fare anche i filosofi.
Semplicemente, riassumo, l'arbitrio umano è limitato a fronte di Dio e del Negativo. Non c'è proprio niente di sconsiderato, balzano, pericoloso nel dire questo.
Il fatto che tu sei fermo su molteplicità e separazione esclusivisticamente e assolutisticamente è direttamente un disastro, non un
errore filosofico.
Mauro Pastore
Il disastro in realtà sono le discussioni con interventi giudicanti e preteschi, fatti da persone che sono rimaste, rispetto al libero arbitrio a valutazioni cinquecentesche. In seguito sono state pubblicate intere biblioteche sull'argomento ma evidentemente chi crede di avere la verità in tasca non fatica mica a leggere. Non c'è bisogno. Questa è un'altra importante differenza fra i fedeli di qualsiasi religione (compresa la scienza o lo Stato o il lavoro) e chi si pone rispetto agli eventi in modo scettico o se preferisci in modo dialettico ovvero diabolico.
Ps: ascolto i dischi al contrario per decrittare i messaggi di Satana.
@Phil
@Eutidemo
@Athena
@Il_Dubbio
@bobmax
@Duc in altum!
@Jacopus
@Ipazia
In ordine di comparizione.
Come dissi a Phil il problema della libertà sarebbe ben più antico del cristianesimo ... tanto per dire, sembra che Socrate, che mai scrisse, si sia riferito pure al concetto di enkrateia (dominio di sé). Strano a dirsi, su Wikipedia la voce rimandava ad una pagina in inglese ... aaaah! Ancora una volta ... Dio stramaledica gli inglesi, ma stavolta solo per la loro lingua per la quale nutro un'esagerata idiosincrasia. Fortuna volle che per la voce in questione figurasse pure una pagina in lingua spagnola. Fatalità o comunque sia, il concetto enkrateia (dominio di sé) ben si adatta a ciò che vorrei comunicare in merito alle libertà di scelta. Ricordo al proposito che molto tempo fa ebbi con Eutidemo un dialogo poi caduto nel nulla sull'incapacità di intendere e volere. Gli dicevo che secondo me un folle, a meno che non si tratti di un tarato cerebrale, possiede ampia capacità di intendere e volere. Eutidemo probabilmente disse che bisognava vedere cosa il folle intendesse. Certo dico io ora, infatti posso ben essere responsabile di quello che voglio dire, ma non di quello che uno capisce ... e lì venne fuori anche "l'eccezione e la regola" di Brecht, e le cose che ha detto pure Athena a Dubbio. Conclusi poi il dialogo dicendo che al lume della ragione pura forse bisognerebbe appellarsi, anziché all'incapacità di intendere e volere, ad una incapacità di dovere, di dover appunto astenersi dal compiere un gesto criminoso. Ovviamente, così facendo, i criminali andrebbero tutti assolti. Tuttavia anche la scienza della salute mentale ammette che vi siano degli aspetti pulsionali, che, per varie cause possono essere in un certo senso forieri di azioni incontrollabili dalla persona che li subisce denunciando infine così una mancanza di enkrateia. Naturalmente Socrate parlava del "dominio di sé" come requisito per una vita virtuosa, mentre io mi chiedo quanto sia effettivamente possibile esercitarlo; nel senso, ¿se uno smette di fumare è perché ha molta forza di volontà, o perché è semplicemente sopraggiunta una motivazione più forte della sua pulsione che lo indurrebbe a un ben motivato sforzo a smettere?
Seconda parte dedicata agli atei.
Dato che pure io sarei ateo nei termini descritti nell'ultimo post sul tema "linguaggio" (bypassato anche da Jacopus che l'aveva aperto) mi sento di esplicitare in più che io di Dio me ne frego altamente e, qualora esistesse, gli lascio tranquillamente tutta la responsabilità di giudicarmi; forte pure del fatto che a suo tempo Duc in Altum, fervente cristiano, mi ha concesso un minimum di credito spero solo che Dio mi conceda il diritto di replicare alle accuse del suo santo inquisitore ... che non so chi sia ... ecco ... beata l'ignoranza. Mi distanzio pertanto da molti atei ai quali già rimproverai di avere dato un calcio a Dio tenendosi buono il libero arbitrio. E dice bene bobmax quando vi invita a prendervi un altro Dio, pur applicando per il suo post una sospensione di giudizio .... attendendo cioè l'eventuale risposta a Jacopus; il quale nel frattempo, ricercando un quasi comico "valore medio di libero arbitrio", si fa forte delle fiumane di testi profusi in favore di questo tanto da poter sospettare che le carte false le stiano facendo proprio loro, giacché non so proprio immaginare cosa ci sia di tanto complicato al riguardo della vexata quaestio da dover versare fiumi di inchiostro a suo sostegno. Comunque Jacopus ammette che la faccenda sarebbe indimostrabile ... e Jacopus è uomo d'onore. Però, come già detto, mai contraddetto, a livello linguistico c'è un'evidente contraddizione tra libertà e scelta. Ma se così stanno le cose, l'indimostrabilità dell'esistenza di libertà, a differenza della sua mancanza, cadrebbe inevitabilmente nella metafisica. Bene, ci può stare, ¿ma questa metafisica è una metafisica che pretenderebbe divenire scienza o che tende a restare tale?, dato appunto che saremmo atei. Qual è infine, mi chiedo, l'imperscrutabile intenzione di questo sfegatato sostegno a favore della libertà?
Fine parte riservata solo agli atei.
C'è infatti una faccenda che non mi piace proprio che riguarda il mondo della giustizia e sarebbe in correlazione con la forma mentis di colui che è troppo convinto di avere libertà di scelta. Intanto accuso costoro di non dare nemmeno il beneficio del dubbio al fatto che il reo di turno possa essere stato costretto a delinquere. Naturalmente qualcuno dirà che in sede processuale le attenuanti generiche rappresentino di fatto tale beneficio del dubbio. Va bene, resta comunque da stabilire, almeno per la mia ignoranza, come o se siano definite le circostanze di "bisogno" in cui si consuma il reato e per il quale si concede eventualmente tale attenuante. Ma a parte questo, la connessione con la forma mentis di cui parlo si rivelerebbe nella pratica, nel modo cioè in cui la nostra società costringe i detenuti come fossero tacchini, poveri tutti e due, ma in questo caso specifico poveri detenuti ... e sorvolo su altre pratiche nei loro confronti. Da quando ho memoria infatti non ho mai visto una manifestazione di un certo livello con cui si denunci il trattamento dei detenuti in carcere; eppure si protesta per Regeni o la Salis, addirittura per quel Navalny. Beh, per come la vedo io questa omissione di denuncia sarebbe un sintomo rivelatore di quella metafisica che non tende a divenire scienza; pensando infatti che l'unica giustificazione ad una maggiorazione gratuita di sofferenza per il reo sarebbe quella di indurlo alla riflessione e al pentimento, anche a fronte del numero di suicidi in carcere chiederei a quelli che poco o nulla dicono su tale situazione vergognosa se per caso sanno di essere al mondo ... nel 2024 intendo. E intanto Ipazia dice che "la questione si riduce al libero agire secondo coscienza, mentre fuorviante è in ambito ateo la denominazione di libero arbitrio e superflui i sofismi metafisici negazionisti, assolutori di ogni porcheria". Libero agire secondo coscienza? Capisco che me lo dica un prete, ma un ateo? La coscienza del credente non è esattamente la coscienza dell'ateo, per il quale la coscienza dovrebbe coincidere solo e soltanto con la consapevolezza. Non so se il suo sia stato un lapsus freudiano, ma se voleva dire consapevolezza, rammento che nel qui e ora è presente pure la consapevolezza di cos'è il proprio male e il proprio bene. Ben si sa cos'è il proprio male e il proprio bene per quello che riguarda il dolore o il piacere fisico. Sfugge probabilmente la sofferenza psichica, ma qui si dovrà per forza pescare nel mare della capacità di intendere e volere, pensiero e azione appunto ... Il mondo ci parla, intendiamo correttamente quel che ci dice? O la ragione è solo mia o solo quella di ciascun individuo nominato in questo post?
Non condivido il disegno che fai degli atei, o perlomeno, non degli atei che conosco io. Anzitutto un ateo semplicemente non parla di Dio, non si batte mettendo in campo un soggetto che per lui semplicemente non esiste. Esso è fuori dalla logica dualista anima/corpo come due cose distinte e separate considerando l'anima un epifenomeno della materia, anima intesa come psiche naturalmente . Non è vero che per l'ateo la coscienza non esiste. Esiste , ma essa si da come nel caso dell anima, sempre come epifenomeno della materia che diventa bios, che diventa zoé , che diventa psiché, che diventa Nous.. è sempre questo pezzo di materia che evolve. C'è stato un periodo storico dove l'uomo era solo uomo , senza religione ne Dei. O meglio, i Dei c'erano ancora ma avevano perso quell attrazzione devotiva di un tempo e il Cristianesimo doveva ancora arrivare . In quel periodo l'uomo senza Dio dovette decidere col propio intendimento cosa era bene e cosa era male. Naquero diversi libri in quel periodo storico , fra quelli che non sono andati distrutti nominerei un autore di cui non si sa nulla ma che tuttavia si identifica con il nome Lucrezio. il quale libro "De rerum natura" illeggibile per noi se non tramite le traduzioni, presenta una visione del tutto atea del mondo e di certo anche del libero arbitrio.
Citazione di: Alberto Knox il 16 Maggio 2024, 12:51:07 PMNon condivido il disegno che fai degli atei, o perlomeno, non degli atei che conosco io.
Io sono uno di quegli atei che non conosci che non si riconosce nel ritratto materialista che ne fai, come credo si evinca in genere dai miei post, non essendo neanche il contrario di un materialista, siccome l'una e l'altra mi sembrano posizioni parimenti ingenue da consegnare alla storia.
Più che dire che la materia sia priva di libero arbitrio, acquisendolo poi attraverso un percorso misterioso, facendosi vita, il libero arbitrio è ciò che, percependolo noi, si propone come possibile definizione di essere vivente.
La materia a sua volta potrebbe essere definita come ciò che ne è priva.
Credo che Cartesio approverebbe queste definizioni , potendosi, in base ad esse, dirimere la questione con un ''calcolamus''.
Queste definizioni sarebbero infatti un modo di tradurre in modo logico un libero arbitrio che diversamente resterebbe una sensazione, facendone un operatore matematico.
Non dispone di libero arbitrio dunque ciò la cui dinamica possa farsi risalire completamente a un numero finito di cause, e viceversa.
Rimane apparentemente scoperto il caso in cui per diversi motivi non riusciamo a risalire alle cause, che però sappiamo già in partenza esservi, ed è il caso dell'intelligenza artificiale, supposta complicazione che da agio indebitamente ai materialisti, che immaginano appunto la vita come una complicazione materiale, di immaginare una materia complicata come viva.
Come dire che il libero arbitrio è una complicazione cui altre complicazioni tendono ad aggregarsi se non se ne dà una definizione che ciò eviti, cosa che si riesce a fare in effetti , per quanto ogni definizione sia riduttiva, se va bene.
Se va bene, nel senso che ogni definizione che prende spunto da una sensazione, definisce qualcosa di potenzialmente del tutto alternativo a ciò che sentiamo, ma almeno così ci abbiamo provato a mettere un pò di ordine, ed è comunque la premessa necessara per un agire scientifico, il quale non parte da una sensazione di materia, come fà il materialismo, in alternativa ad altre sensazioni, ma dalla definizione di materia o di altre eventuali cose.
O almeno così immagino, perchè non saprei dire onor del vero quale definizione da la scienza della materia.
In ogni caso però noto che la materia eventualmente definita come cosa che si possa manipolare, oggetto quindi di possibile esperimenti, con o senza una definizione dichiarata, si è ben allontanata nel tempo dalla nostra sensazione, ed è anche perciò che dichiariarsi ancora materialisti può apparire ingenuo, perchè significa restare legati a una sensazione di materia superata in ogni caso dai fatti, cioè dalle manipolazioni che nel tempo ne abbiamo fatto.
Una materia che allontanandosi nei fatti sempre più da una sensazione di concretezza può far cadere in tentazione a sua volta gli idealisti nel ridurre la materia ad un idea.
In definitiva quindi, che vi crediamo o meno, nel libero arbitrio, vi facciamo in ogni caso riferimento, e possiamo scegliere, sempre che di una scelta si tratti, di farvi riferimento in modo più razionale, cercando di sottrarlo al destino di argomento ''pro domo....'' per giustificare le nostre fedi precostituite, essendo che le fedi si reggono da sole.
Le fedi non vanno giustificate. Le fedi servono a giustificare.
Le fedi della scienza, o almeno quelle note, si chiamano ipotesi di lavoro.
Quindi a questa interminabile discussione, esempio di complicazione a cui è sempre più difficile risalire, come se avesse una vita propria :)) , proverei a dare una svolta, proponendo definizioni operative del libero arbitrio, partendo dalla sensazione che ne abbiamo, per vedere l'effetto che fà.
Si potrebbe andare tutti quanti allo zoo delle idee umane, che è questo forum, e gridare, aiuto, ci è scappato di mano il libero arbitrio. :))
Citazione di: Jacopus il 14 Maggio 2024, 18:16:00 PMHai ragione Bob. Poveri noi, se non si riesce ad accettare che altri la pensano diversamente usando argomentazioni variamente presenti nella pubblica discussione sul LA. Se poi si fa dell'argomento una questione di fede è un altro discorso. In ogni caso dimostrami empiricamente che il L.A. non esiste nelle azioni umane. E se lo dimostrassi, vorrebbe dire che non esiste né bene né male ma che tutto è necessario come desiderava Pangloss. Ma il discorso sul bene e il male, ma anche il discorso su Dio e la teodicea (che è collegata al LA) non è appannaggio dei credenti. Vorrei ricordare che la distinzione fra oratores, bellatores e laboratores è tramontata da parecchi secoli.
Vi è qui un susseguirsi di errori concettuali, il cui intreccio è duro dipanare.
In aggiunta, sono convinto che vi sia buona fede.
Cioè non si tratta di errori "voluti".
Ma soltanto inconsapevoli.
Questa innocenza, rende ancora più improbo il loro chiarimento.
Un breve excursus:
*
Dimostrare empiricamente la non esistenza.Empiricamente non può essere dimostrata alcuna non esistenza. Per la semplice ragione che la dimostrazione empirica si basa su fatti. Cioè su qualcosa di esistente.
E l'esistente in quanto tale non ha nulla a che fare, empiricamente, con il non esistente.
La dimostrazione di non esistenza non può essere empirica.
Semmai può essere dedotta.
Non si può dimostrare empiricamente che non esistano asini che volano.
Si può però dedurne la non esistenza.
* Il bene e il male non potrebbero esistere senza il libero arbitrio.
Cioè se vedo qualcuno che si dispera, quello non è male se non è stato causato da una scelta libera...
Mi muore un mio caro davanti agli occhi soffrendo senza speranza per una malattia, e questo non è male?
* La quantità di argomentazioni a favore del libero arbitrio ne sosterrebbe la esistenza.
La quantità fa la verità?
E poi quale solidità hanno queste argomentazioni?
La medesima del testo qui citato?
*
Senza LA tutto è necessario.E perché mai?
Tutto ciò che avviene, capita per necessità o per... caso!
Su che base escludere il Caos?
PS
La deduzione della non esistenza del libero arbitrio segue ben altre strade. Che ho ribadito più volte.
Motivazioni logiche, scientifiche e soprattutto etiche!
Che convergono nel concludere che né Dio né il libero arbitrio individuale esistono
Avendo sempre presente cosa significhi "esistere"!
E pure cosa significhi individuale...
PS2
Infiorire i propri testi con belle paroline o parolone non cambia la loro sostanza o non sostanza.
Citazione di: iano il 16 Maggio 2024, 13:40:42 PMIo sono uno di quegli atei che non conosci che non si riconosce nel ritratto materialista che ne fai, come credo si evinca in genere dai miei post, non essendo neanche il contrario di un materialista, siccome l'una e l'altra mi sembrano posizioni parimenti ingenue da consegnare alla storia.
Non ho nulla in contrario sulla tua posizione ideologica Iano, ci mancherebbe. Anche se devo dire che la mia replica era rivolta a
@daniele22 in realtà. Colpa mia sta volta che non ho citato.
Citazione di: Alberto Knox il 17 Maggio 2024, 00:08:22 AMNon ho nulla in contrario sulla tua posizione ideologica Iano, ci mancherebbe. Anche se devo dire che la mia replica era rivolta a @daniele22 in realtà. Colpa mia sta volta che non ho citato.
Quale copla?
Non ritieni dunque opportuno che si possa prendere spunto da un post non direttamente a noi indirizzato?
La mia critica al materialismo non era indirizzata te, ne ai materialisti in particolare, includendo una critica anche agli idealisti.
Quindi era una critica a un sistema di pensiero ancora imperante in tutte le sue sfaccettature, non tanto sbagliato, ma che appare piuttosto inattuale ai mei occhi.
Vero che forse ho fatto ingenuamente riferimento all' ingenuità.
Un vizio che dovrei perdere.
Allora diciamo che il modo in cui trattiamo il libero arbitrio in generale, per completare il quadro, mi sembra inattuale.
Dire che non esiste il libero arbitrio, pur in presenza di una sensazione di libero arbitrio, significa non ritenere utile andare oltre le sensazioni.
Significa rinunciare alla ricchezza cui può portare questo tentativo di andare oltre.
E' un atteggiamento conservatore rispettabilissimo, che non condivido.
Le pretese logiche di dimostrare la sua esistenza o meno lasciano solo il tempo che trovano, essendo solo spie dell'atteggiamento mentale di chi le propone.
la scienza nel tempo ha fatto sue le nostre sensazioni, dandole una definizione, e trasformandole così a volte in qualcosa di apparentemente diverso, come slegato dalle sensazioni di partenza.
La sensazione che il mondo sia pervaso di energia è stata trasformata dalla scienza in una definizione operativa di energia, non più riconducibile necessariamente alla sensazione di partenza, arricchendo la nostra conoscienza.
Ciò non sarebbe stato possibile se avessimo relegato l'energia ad una sensazione.
lo stesso dicasi per il libero arbitrio.
Non si tratta di dimostrare se esiste oppure no, ma di darne definizioni le cui conseguenze vadano poi vagliate.
Citazione di: Jacopus il 14 Maggio 2024, 21:34:21 PMIl disastro in realtà sono le discussioni con interventi giudicanti e preteschi, fatti da persone che sono rimaste, rispetto al libero arbitrio a valutazioni cinquecentesche. In seguito sono state pubblicate intere biblioteche sull'argomento ma evidentemente chi crede di avere la verità in tasca non fatica mica a leggere. Non c'è bisogno. Questa è un'altra importante differenza fra i fedeli di qualsiasi religione (compresa la scienza o lo Stato o il lavoro) e chi si pone rispetto agli eventi in modo scettico o se preferisci in modo dialettico ovvero diabolico.
Ps: ascolto i dischi al contrario per decrittare i messaggi di Satana.
Si diceva una volta
ab uno disce omnes.
Tu pensi di essere più filosofo essendo privo di premesse religiose, ma la ragione filosofica è in rapporto a una intuizione di tipo religioso. L'essere amici della sapienza presuppone un'apertura verso l'infinito, dato che si tratta di abbandonare i confini del pensiero; e si tratta dello stesso infinito delle fedi e delle religioni.
L'Illuminismo ha posto filosofia e religione in contrapposizione, ma da figlio a padre, non da estranei. Il marxismo esasperava l'opposizione, ma con un solo possibile risultato: cambiare il
retroterra religioso, senza poterlo abolire (per i motivi che ho spiegato). Così si è passati di mano: il materialismo marxista è improntato alle religiosità orientali legate ai culti della Grande Madre, appunto basati sulla materialità...
Se il filosofo vuol prescindere da ascendenze religiose, deve restarne indifferente, non ostile.
L'idea che si faccia vera filosofia solo senza dogmi è illusoria: condotta ai suoi minimi termini, la critica filosofica si riconosce limitata. Vi sono presupposti dogmatici per ogni filosofia, che li si ravvisi o no. Il dubbio iperbolico è per il filosofo solo un episodio, al quale oltretutto succede una accettazione incondizionata di un dato trascendente... E i marxisti che ammezzano il pensiero di Cartesio restano con una filosofia a metà... che poi in definitiva, data la ribellione, può essere completata solo con un pensiero estraneo all'Occidente (e anche troppo limitato per l'intero Oriente). Così voialtri con la vostra 'dialettica' vi fingete liberi da premesse religiose e invece volgete a un panteismo orientale, nel frattempo devoti a brutte coincidenze che non a caso vi vengono definite diaboliche.
Al vostro capolinea c'è l'intolleranza di Mao e una cancellazione tragica di culture. In Cina si pensò di cancellare il misticismo del Celeste Impero in nome di una presunta ragione politica illuminista, dietro alla porta c'era un culto primitivo della materia, il quale da solo non poteva e non può bastare al mondo e che non si aveva né si ha diritto di propinare a tutti. In Occidente questo torto si accompagna non solo a violenze ma a coincidenze negative contrarie alla funzione vitale della nostra cultura. Marx in Cina fu solo esautorato, quando in Urss facevano qualcosa di buono lo mettevano proprio da parte, ad Ovest i comunisti di buona volontà ci si misero proprio contro... Voialtri invece ve ne fate schiavi. Il vostro modo di procedere dipende da Marx.
Profittate dell'iperrazionalismo hegeliano per imporre la vostra dialettica rovesciata, siete schiavi di culti stranieri, non veri illuministi. La vostra fortuna è in relazione a delle illusioni che non tutti fanno. Limitatevi a correggere gli iperrazionalisti hegeliani senza pretendere altro. Se non volete riflettere sulle premesse della filosofia, limitate le vostre ambizioni.
Mauro Pastore
Citazione di: Athena il 24 Aprile 2024, 15:10:09 PMNel mondo animale da quel che so, a parte le eccezioni, si nasce già dotati di capacità di adattamento alla realtà circostante. Ciò non accade nel mondo umano in cui si nasce con un "deficit" poi compensato tramite l'apprendimento di facoltà. Quindi se un essere umano non apprende, perchè nessuno lo aiuta sin da piccolo a farlo (e da qui il ruolo fondamentale dell'ambiente), può venire a trovarsi nella stessa condizione di debolezza degli animali nati, sfortunati, con una carenza.
Per quanto riguarda la tua citazione della malattia mentale come rovescio della medaglia del libero arbitrio, a me sembra piuttosto una costruzione per giustificare determinati comportamenti che, come spiegavo sopra, possono essere indotti. Se c'è induzione e manipolazione mentale, per non parlare del lavaggio del cervello che riguarda i processi coercitivi, ne deriva che certi modi di pensare, sentire ed agire non possono esser frutto di una malattia. Sulla malattia mentale sono interessata a conoscere i vostri pareri. Ah poi ho letto la parola "dualismo" ma a me questo modo settoriale e binario, che trovo rigido e troppo polarizzato, di pensare fa venire un po' di dubbi e quel timore che accennavi parlando del mio nome 😀
Ciao, dato che mi hai tributato di un like rispondo volentieri alla tua curiosità sulla malattia mentale (fuori tema però). Ho vissuto, nel mezzo del cammino della mia vita, in una selva oscura denominata "disturbo bipolare". Rigettate da subito le istanze della psichiatria, non in merito alla loro diagnosi, alla fine ho domato il mostro per conto mio. Ne ho già parlato nel forum, ma sempre fuori tema. Molto sinteticamente, se l'argomento ti interessa potresti aprire un topic, ti dirò che nel mio caso, col senno di poi, si trattò di precipitare nel giro di pochi secondi in un mondo animalesco, una specie di stato pre-umano. Penso che il contrasto tra questa animalità sopraggiunta e la mia abitudine a vivere nel mondo degli umani abbia generato la selva oscura, e aspra e forte che nel pensiero rinnova la paura. Ma per parlar del ben che vi trovai ... etc ... scusa lo starnuto ... un saluto
Per Bob:
CitazioneUn breve excursus:
* Dimostrare empiricamente la non esistenza.
Empiricamente non può essere dimostrata alcuna non esistenza. Per la semplice ragione che la dimostrazione empirica si basa su fatti. Cioè su qualcosa di esistente.
Giusto. Allora dimostrami empiricamente l'esistenza del determinismo nella prassi umana. Che cosa mi ha determinato stasera nel mettermi davanti ad un PC e risponderti? Quello che volevo sottolineare è il fatto che nè il LA nè il Determinismo hanno uno statuto di verità dimostrata logicamente o scientificamente. Dobbiamo accontentarci delle nostre reciproche e differenti convinzioni. Possiamo cercare tracce che vanno verso il partito che abbiamo scelto, ma al momento, nessuna certezza, nè da un lato, nè dall'altro.
Citazione* Il bene e il male non potrebbero esistere senza il libero arbitrio.
Cioè se vedo qualcuno che si dispera, quello non è male se non è stato causato da una scelta libera...
Mi muore un mio caro davanti agli occhi soffrendo senza speranza per una malattia, e questo non è male?
Il male, il vero "male" non è quello che non possiamo contrastare. Il male della morte naturale o dovuto ad un terremoto, non è lo stesso male dell'aguzzino umano che uccide il suo simile. Su questo penso che si possa concordare. Ed io mi riferisco a quel tipo di male. Se si accettasse il determinismo nelle azioni umane, qualsiasi azione sarebbe giustificabile (la tua risposta qui è stata capziosa, poichè non credo che tu non potessi comprendere la differenza fra questi due tipi di mali).
Citazione* La quantità di argomentazioni a favore del libero arbitrio ne sosterrebbe la esistenza.
La quantità fa la verità?
E poi quale solidità hanno queste argomentazioni?
La medesima del testo qui citato?
Se fai riferimento a diversi post, dovresti almeno citare il post relativo, poichè questo non è presente in quello che stavi discutendo.
Citazione* Senza LA tutto è necessario.
E perché mai?
Tutto ciò che avviene, capita per necessità o per... caso!
Su che base escludere il Caos?
Assolutamente d'accordo. L'ho anche scritto molte volte, le tre forze che sono presenti, le tre cause che si sovrappongono senza che nessuna delle tre escluda le altre due sono, nel mondo della prassi umana: "caso", "necessità" e "libero arbitrio". Nel mondo della fisica, invece, il libero arbitrio, correttamente, non esiste. Ma noi non facciamo più parte esclusivamente del mondo della fisica (e questo non significa entrare nel partito della metafisica religiosa, tutt'altro.
CitazioneLa deduzione della non esistenza del libero arbitrio segue ben altre strade. Che ho ribadito più volte.
Motivazioni logiche, scientifiche e soprattutto etiche!
Che convergono nel concludere che né Dio né il libero arbitrio individuale esistono
Avendo sempre presente cosa significhi "esistere"!
E pure cosa significhi individuale...
Altre motivazioni scientifiche ed altre strade scientifiche invece dicono il contrario. Dipende da come abbiamo "digerito" questa antica questione nel corso della nostra vita. Io mi ritengo un fautore del libero arbitrio, ma in un modo prudente, poichè ogni vita è condizionata da molteplici fattori. Ma non è possibile affrontare il problema, come fai tu, solo con un occhio filosofico-fenomenologico. Il L.A. va studiato da prospettive molto diverse, che vanno dalla neurobiologia, all'etologia, all'antropologia, alla sociologia, alla psicologia sociale, alla psicologia, tutte che interrogano sul "perchè l'uomo agisce come agisce". La mia personale opinione è comunque che, in questo come in altri campi, la nostra convinzione di un certo tipo, crea la realtà successiva, ovvero chi crede nel L.A. si sentirà più libero e meno determinato. Mi rendo altresì conto che il concetto di LA e di determinismo possono essere interpretati e considerati in modi molto diversi da ognuno di noi, come questa discussione dimostra.
Al di là di ciò, ciò che a me disturba è il tono paternalistico che usi. Ti ringrazio per non avermi accusato di malafede! Ma ti sembra? Malafede di che? in un forum filosofico? Che faccio? Ti manipolo per malafede, così creo la mia congrega di adepti? Boh!
Citazione di: PhyroSphera il 17 Maggio 2024, 07:47:54 AMTu pensi di essere più filosofo essendo privo di premesse religiose, ma la ragione filosofica è in rapporto a una intuizione di tipo religioso.
La gara a chi c'è la più grossa la filosofia mi pare che la conduci tu, senza offesa, e anzi mi chiedo se indicando la tua pagliuzza non veda la mia trave.
Più in generale mi chiedo se la pratica filosofica che conduciamo, non contribuisca alla nostra autostima, fino al punto da condizionarla pesantemente, falsando il dialogo.
Jacopus, ho sbagliato a leggerti e poi a replicare, chiedo venia.
Perché so benissimo quanto sia inutile.
Diventa per me sempre più difficile insistere nel voler credere non vi sia malizia.
Cercherò di evitare ulteriori coinvolgimenti.
Citazione di: daniele22 il 16 Maggio 2024, 09:38:25 AMFine parte riservata solo agli atei.
C'è infatti una faccenda che non mi piace proprio che riguarda il mondo della giustizia e sarebbe in correlazione con la forma mentis di colui che è troppo convinto di avere libertà di scelta. Intanto accuso costoro di non dare nemmeno il beneficio del dubbio al fatto che il reo di turno possa essere stato costretto a delinquere. Naturalmente qualcuno dirà che in sede processuale le attenuanti generiche rappresentino di fatto tale beneficio del dubbio. Va bene, resta comunque da stabilire, almeno per la mia ignoranza, come o se siano definite le circostanze di "bisogno" in cui si consuma il reato e per il quale si concede eventualmente tale attenuante. Ma a parte questo, la connessione con la forma mentis di cui parlo si rivelerebbe nella pratica, nel modo cioè in cui la nostra società costringe i detenuti come fossero tacchini, poveri tutti e due, ma in questo caso specifico poveri detenuti ... e sorvolo su altre pratiche nei loro confronti. Da quando ho memoria infatti non ho mai visto una manifestazione di un certo livello con cui si denunci il trattamento dei detenuti in carcere; eppure si protesta per Regeni o la Salis, addirittura per quel Navalny. Beh, per come la vedo io questa omissione di denuncia sarebbe un sintomo rivelatore di quella metafisica che non tende a divenire scienza; pensando infatti che l'unica giustificazione ad una maggiorazione gratuita di sofferenza per il reo sarebbe quella di indurlo alla riflessione e al pentimento, anche a fronte del numero di suicidi in carcere chiederei a quelli che poco o nulla dicono su tale situazione vergognosa se per caso sanno di essere al mondo ... nel 2024 intendo. E intanto Ipazia dice che "la questione si riduce al libero agire secondo coscienza, mentre fuorviante è in ambito ateo la denominazione di libero arbitrio e superflui i sofismi metafisici negazionisti, assolutori di ogni porcheria". Libero agire secondo coscienza? Capisco che me lo dica un prete, ma un ateo? La coscienza del credente non è esattamente la coscienza dell'ateo, per il quale la coscienza dovrebbe coincidere solo e soltanto con la consapevolezza. Non so se il suo sia stato un lapsus freudiano, ma se voleva dire consapevolezza, rammento che nel qui e ora è presente pure la consapevolezza di cos'è il proprio male e il proprio bene. Ben si sa cos'è il proprio male e il proprio bene per quello che riguarda il dolore o il piacere fisico. Sfugge probabilmente la sofferenza psichica, ma qui si dovrà per forza pescare nel mare della capacità di intendere e volere, pensiero e azione appunto ... Il mondo ci parla, intendiamo correttamente quel che ci dice? O la ragione è solo mia o solo quella di ciascun individuo nominato in questo post?
Gli atei marxisti hanno inventato pure la "coscienza di classe" che certamente è consapevolezza, per cui non vedo la differenza, se non in un maggior livello di coscienza rispetto all'individualismo borghese.
Nel conto ci vanno anche i detenuti, soprattutto laddove è proprio il loro LA a portarli in carcere e non una coatta miseria sociale. Penso a Gandhi, Mandela, Assange. Coscienza e consapevolezza del diritto alla libertà al livello più alto, pagandone pure le conseguenze.
Il male e il bene, ovver l'etica, degli atei è immanente. E riguarda tanto il male fisico e psichico, da curare, e quello morale, da estirpare, come da lezione di Hannah Arendt.
Preti in giro non ne vedo.
Citazione di: daniele22 il 17 Maggio 2024, 08:46:23 AMCiao, dato che mi hai tributato di un like rispondo volentieri alla tua curiosità sulla malattia mentale (fuori tema però). Ho vissuto, nel mezzo del cammino della mia vita, in una selva oscura denominata "disturbo bipolare". Rigettate da subito le istanze della psichiatria, non in merito alla loro diagnosi, alla fine ho domato il mostro per conto mio. Ne ho già parlato nel forum, ma sempre fuori tema. Molto sinteticamente, se l'argomento ti interessa potresti aprire un topic, ti dirò che nel mio caso, col senno di poi, si trattò di precipitare nel giro di pochi secondi in un mondo animalesco, una specie di stato pre-umano. Penso che il contrasto tra questa animalità sopraggiunta e la mia abitudine a vivere nel mondo degli umani abbia generato la selva oscura, e aspra e forte che nel pensiero rinnova la paura. Ma per parlar del ben che vi trovai ... etc ... scusa lo starnuto ... un saluto
Non comprendo bene come tu sia precipitato in questo mondo, mi viene da pensare che da animali possono solo trattarci gli altri e noi di conseguenza sentirci così, percepirci in quel modo. Più che di una condizione di pre-umanità credo si tratti di sub-umanità a causa di manipolazioni relazionali e/o assenza di stimoli. Ad esempio ho letto che una persona vissuta per molto tempo chiusa in una stanza e in assenza di attività motorie, cognitive, intellettive potrebbe avere allucinazioni ma credo sia una difesa naturale del cervello che si chiude, per compensare il vuoto, in una dimensione immaginaria. Rigettavi le istanze della psichiatria in che senso se ne condividi poi l'etichetta di "disturbo bipolare"? Più che di "disturbo" non potrebbe trattarsi di sofferenza o malesseri come risposta a condizioni ambientali?
Se vuoi rispondermi aprendo un topic dedicato forse sarebbe meglio per tutti
Citazione di: Jacopus il 17 Maggio 2024, 23:17:46 PMPer Bob:Giusto. Allora dimostrami empiricamente l'esistenza del determinismo nella prassi umana. Che cosa mi ha determinato stasera nel mettermi davanti ad un PC e risponderti? Quello che volevo sottolineare è il fatto che nè il LA nè il Determinismo hanno uno statuto di verità dimostrata logicamente o scientificamente. Dobbiamo accontentarci delle nostre reciproche e differenti convinzioni. Possiamo cercare tracce che vanno verso il partito che abbiamo scelto, ma al momento, nessuna certezza, nè da un lato, nè dall'altro.
Secondo me si fa un errore. Però non so se sia proprio un errore o una cattiva interpretazione del concetto di determinismo.
Ammettiamo stia parlando ad una platea di persone che mi chiede cosa sia il determinismo. La prima cosa che mi viene in mente è usare il concetto stesso del termine, cioè qualcosa che avviene in modo "determinato" da qualcosa che l'ha preceduta in senso temporale. Il senso temporale lo devo mettere per forza, perchè un fenomeno non avviene per qualcosa che lo ha preceduto nel futuro. Oggi io sono qua perchè tutto quello che è successo nel passato mi ha portato ad essere qua.
Va però messo in luce un aspetto che reputo importante. Io oggi sono qua a scrivere perchè ho letto l'argomento (potevo leggerlo ieri o domani) e mi è venuto di rispondere. Oggi!
Il concetto di determinismo (quello che io conosco) non si ferma in modo temporale a quello che oggi mi è venuto di fare. Cioè potrei dare per scontato che l'imput me l'ha data l'aver letto il forum (non l'ho letto ieri però) e poi per una ricerca praticamente consueta, quindi determinata dalla consuetudine, sia stato portato, sempre in modo determinato, a rispondere.
Ora però magari ho un amico su Titano che fa altre cose sempre determinate da ciò che è avvenuto prima. Ma non è il prima rispetto a me, ma rispetto a lui (il mio tempo infatti con il suo non è possibile metterlo a confronto).
Questo determinismo lo chiamiamo locale. Ognuno si fa i propri comodi e non può in alcun modo "determinare" le scelte di chi gli sta lontano.
Tutto questo va bene fino ad un certo punto, perchè è plausibile che prima che esistesse Terra e Titano esisteva un'altra entità che ha determinato Titano e Terra, e così, sempre andando indietro nel tempo, a qualcosa che ha determinato ogni cosa.
Ora qua Jacopus chiede di trovare empiricamente l'esistenza del determinismo nella prassi umana.
Qua è un problema, perchè per me non esisterebbe una "prassi" che si svolga fuori dal tempo e dallo spazio.
Anche nella prassi umana quindi esiste il prima e il dopo, e ciò che viene prima causa ciò che viene dopo.
E' chi pensa che non sia cosi che deve trovare un modo empirico per dimostrare che il determinismo non riguarda la prassi umana.
Il discorso che fai, Dubbio, è, a sua volta, determinato da un modello, quello scientifico, che informa di sé il mondo. Si tratta di una specie di colonizzazione concettuale. Il mondo, in tutte le sue manifestazioni, può solo essere spiegato in un modo, quello della causa-effetto. Ed è anche vero ad un certo livello, ma ad un altro esso svela l'immagine dell'uomo come di un automa che fa delle cose che producono effetti che causano altri eventi e così via. L'uomo però non è (ancora) una macchina, anche se molti insistono nel cercare di farcelo credere. Ogni volta che noi compiamo un'azione siamo determinati da innumerevoli fattori precedenti, ma abbiamo un margine di libertà insopprimibile. La prova l'ho già illustrata, e sta nelle enormi differenze comportamentali delle società umane. È anche possibile far nuovamente rientrare nel determinismo questa relativa libertà dell'essere umano, come scelta evolutiva "determinata" per favorire il nostro adattamento. Resta il fatto che se fossimo davvero così determinati in automatico, in cosa consisterebbe la morale o l'etica? ogni azione sarebbe inevitabile. Dovremmo aprire le prigioni, smantellare polizia e tribunali. Sarebbe il trionfo di ciò che è a discapito di ciò che dovrebbe essere. Il senso di essere liberi o di sentirsi più o meno liberi è invece il propellente che ci ha permesso di essere ciò che siamo: una specie animale che non appartiene più al solo mondo della natura ma che ha un piede in un altro mondo, nel quale le leggi della fisica non contano, dal momento in cui l'uomo ha iniziato a pensare in modo riflessivo, creandosi una identità culturale, che è inevitabilmente anche libera. C'è un racconto di Borges che lo spiega bene: "il giardino dei sentieri che si biforcano", se non ricordo male.
Citazione di: Jacopus il 19 Maggio 2024, 22:51:02 PMOgni volta che noi compiamo un'azione siamo determinati da innumerevoli fattori precedenti, ma abbiamo un margine di libertà insopprimibile. La prova l'ho già illustrata, e sta nelle enormi differenze comportamentali delle società umane. È anche possibile far nuovamente rientrare nel determinismo questa relativa libertà dell'essere umano, come scelta evolutiva "determinata" per favorire il nostro adattamento. Resta il fatto che se fossimo davvero così determinati in automatico, in cosa consisterebbe la morale o l'etica? ogni azione sarebbe inevitabile. Dovremmo aprire le prigioni, smantellare polizia e tribunali. Sarebbe il trionfo di ciò che è a discapito di ciò che dovrebbe essere. Il senso di essere liberi o di sentirsi più o meno liberi è invece il propellente che ci ha permesso di essere ciò che siamo: una specie animale che non appartiene più al solo mondo della natura ma che ha un piede in un altro mondo, nel quale le leggi della fisica non contano, dal momento in cui l'uomo ha iniziato a pensare in modo riflessivo, creandosi una identità culturale, che è inevitabilmente anche libera. C'è un racconto di Borges che lo spiega bene: "il giardino dei sentieri che si biforcano", se non ricordo male.
non ho compreso appieno il discorso, ma non comprendo ancora maggiormento questo che attinenza abbia con il determinismo.
Io ho gia scritto in precedenza qual è il mio pensiero e guarda caso quel pensiero non riguarda per nulla il determinismo. Perchè? Perchè non è superabile facilmente.... altri tirano fuori cose riguardanti l'indeterminismo, ma per me non sanno bene cosa sia. Quindi meglio non parlarne.
Come rispondo (ammesso di aver capito, non so)? Per l'etica o la morale la risolvi con le leggi. Una legge è al di sopra della tua morale e se non sei d'accordo vai fuori dal confine dove tale legge è valida, o non entrarci nemmeno se ne sei ancora fuori.
Per stabilire le leggi oggi usiamo la votazione, quindi è la maggioranza che vince. E se la maggioranza stabilisce che le prigioni debbono essere aperte, le si aprono.
In un certo senso la libertà personale è demandata a quella della maggioranza. La morale che non infrange una legge è libera... o quasi
Citazione di: Il_Dubbio il 19 Maggio 2024, 22:21:50 PMSecondo me si fa un errore. Però non so se sia proprio un errore o una cattiva interpretazione del concetto di determinismo.
Ammettiamo stia parlando ad una platea di persone che mi chiede cosa sia il determinismo. La prima cosa che mi viene in mente è usare il concetto stesso del termine, cioè qualcosa che avviene in modo "determinato" da qualcosa che l'ha preceduta in senso temporale. Il senso temporale lo devo mettere per forza, perchè un fenomeno non avviene per qualcosa che lo ha preceduto nel futuro. Oggi io sono qua perchè tutto quello che è successo nel passato mi ha portato ad essere qua.
Va però messo in luce un aspetto che reputo importante. Io oggi sono qua a scrivere perchè ho letto l'argomento (potevo leggerlo ieri o domani) e mi è venuto di rispondere. Oggi!
Il concetto di determinismo (quello che io conosco) non si ferma in modo temporale a quello che oggi mi è venuto di fare. Cioè potrei dare per scontato che l'imput me l'ha data l'aver letto il forum (non l'ho letto ieri però) e poi per una ricerca praticamente consueta, quindi determinata dalla consuetudine, sia stato portato, sempre in modo determinato, a rispondere.
Ora però magari ho un amico su Titano che fa altre cose sempre determinate da ciò che è avvenuto prima. Ma non è il prima rispetto a me, ma rispetto a lui (il mio tempo infatti con il suo non è possibile metterlo a confronto).
Questo determinismo lo chiamiamo locale. Ognuno si fa i propri comodi e non può in alcun modo "determinare" le scelte di chi gli sta lontano.
Tutto questo va bene fino ad un certo punto, perchè è plausibile che prima che esistesse Terra e Titano esisteva un'altra entità che ha determinato Titano e Terra, e così, sempre andando indietro nel tempo, a qualcosa che ha determinato ogni cosa.
Ora qua Jacopus chiede di trovare empiricamente l'esistenza del determinismo nella prassi umana.
Qua è un problema, perchè per me non esisterebbe una "prassi" che si svolga fuori dal tempo e dallo spazio.
Anche nella prassi umana quindi esiste il prima e il dopo, e ciò che viene prima causa ciò che viene dopo.
E' chi pensa che non sia cosi che deve trovare un modo empirico per dimostrare che il determinismo non riguarda la prassi umana.
Dal tuo post non si evince che tu abbia un idea chiara di determinismo, ma solo che tu stia cercando di fartene una tua idea personale, cosa rispettabilissima in cui infatti anch'io proverò a cimentarmi, non avendo io parimenti le idee molto chiare.
Innanzi tuto mi viene da chiedermi, se avessimo un idea chiara di determinismo, contestualmente avremmo chiara l'idea del suo contrario, il LA?
Si, se il LA fosse il suo contrario, ma così non è.
Il contrario di ciò che è determinato è ciò che è casuale.
La confusione è scusabile, e magari perchè non è casuale, cioè sotto sotto intuiamo che a tutti gli effetti l'esercizio del libero arbitrio equivalga a una generazione di casualità, unico esempio di caso dunque di cui conosceremmo la causa.
Ora, vista l'importanza che ha il caso nelle cose di questo mondo, come ad esempio nell'evoluzione, se il caso non esistesse bisognerebbe inventarlo, e il libero arbitrio potrebbe essere questa invenzione.
Sarebbe cioè l'equivalente della natura al nostro tirare i dadi, che è un evento determinato quanto volutamente architettato per risultare indeterminabile.
Talmente indeterminabile che io stesso non posso prevedere quale scelta farò.
Ora che il caso esista in effetti è un illazione, perchè noi abbiamo a che fare solo con l'indeterminabile.
Siamo costretti ad ammettere che esita il caso perchè senno non potremmo ammettere che esita il suo contrario, il determinismo.
Però andare oltre questa concessione è sempre inopportuno secondo me.
Così è inopportuno dire casuale, ciò che si limita ad essere indeterminabile, e noi disponiamo solo di esempi di cose indeterminabili, per cui parlare di caso, come si fà ad esempio in meccanica quantistica, è cosa inopportuna quanto non necessaria.
Citazione di: iano il 20 Maggio 2024, 00:04:45 AMDal tuo post non si evince che tu abbia un idea chiara di determinismo, ma solo che tu stia cercando di fartene una tua idea personale, cosa rispettabilissima, cosa in cui infatti anch'io proverò a cimentarmi.
Innanzi tuto mi viene da chiedermi, se avessimo un idea chiara di determinismo, contestualmente avremmo chiara l'idea del suo contrario, il LA?
Si, se il LA fosse il suo contrario, ma così non è.
Il contrario di ciò che è determinato è ciò che è casuale.
La confusione è scusabile, e magari perchè non è casuale, cioè sotto sotto intuiamo che a tutti gli effetti l'esercizio del libero arbitrio equivale a una generazione di casualità, unico esempio di caso dunque di cui conosceremmo la causa.
Ora, vista l'importanza che ha il caso nelle cose di questo mondo, come ad esempio nell'evoluzione, se il caso non esistesse bisognerebbe inventarlo, e il libero arbitrio potrebbe essere questa invenzione.
Sarebbe cioè l'equivalente della natura al nostro tirare i dadi, che è un evento determinato quanto volutamente architettato per risultare indeterminabile.
se non facessi tu confusione fra casuale e causale magari si qualche ragionamento si potrebbe fare.
Il problema è che sia il casuale che il causale, sotto spoglie differenti, si sottopongono al determinismo.
Il determinismo non lo elimini solo perchè non distingui cosa voglia dire casuale da causale.
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Maggio 2024, 00:25:17 AMse non facessi tu confusione fra casuale e causale magari si qualche ragionamento si potrebbe fare.
Il problema è che sia il casuale che il causale, sotto spoglie differenti, si sottopongono al determinismo.
Il determinismo non lo elimini solo perchè non distingui cosa voglia dire casuale da causale.
Sarei dunque ad un livello così infimo?
Che il casuale, cioè l'indeterminato, sia sottoposto al determinismo però non è una affermazione accettabile, da cui appunto derivo che hai un pò di confusione in testa. Ma non devi offenderti per questo fino a snaturare la discussione, perchè come detto la confusione in testa ce l'abbiamo tutti.
Certamente invece l'indeterminabile può essere sottoposto al determinismo, come l'esempio che facevo del lancio dei dadi.
Citazione di: iano il 20 Maggio 2024, 00:43:28 AMSarei dunque ad un livello così infimo?
Non hai tirato troppo presto le tue conclusioni? :)
bho non so, tu mi hai detto che non avrei chiaro cosa sia il determinismo e di questo temine me ne starei facendo una mia idea personale.
Io penso invece di avere chiaro cosa voglia dire determinismo anche quando (come ho cercato di dimostrare nel precendente post) due eventi spazialmente lontani sono deterministicamente controllati soltanto da eventi locali. Ma il determinismo non smette di essere valido qualora si consideri quei due eventi lontani figli di un evento precendente che lo ha generato, e cosi via fino al primo evento possibile.
Tu cosa hai capito?
Citazione di: iano il 20 Maggio 2024, 00:43:28 AMSarei dunque ad un livello così infimo?
Che il casuale, cioè l'indeterminato, sia sottoposto al determinismo però non è una affermazione accettabile, da cui appunto derivo che hai un pò di confusione in testa. Ma non devi offenderti per questo fino a snaturare la discussione, perchè come detto la confusione in testa ce l'abbiamo tutti.
Certamente invece l'indeterminabile può essere sottoposto al determinismo, come l'esempio che facevo del lancio dei dadi.
l'indeterminazione scordatela..quella è una questione che riguarda la meccanica quantistica e in questo contesto la meccanica quantista non c'entra. E se c'entra la devi citare e mettere per iscritto a quale proposito. Non la devi citare in senso filosofico ,perche citare la meccanica quantistica in senso filosofico se non si è un fisico è come chiedere lumi agli dei dell'Olimpo. Se non sei un dio dell'Olimpo non citare la m.q. in senso filosofico...perchè sicuramente stai scivolando frai binari.
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Maggio 2024, 00:52:51 AMTu cosa hai capito?
Poco, lo ammetto, ma potrebbe essere un idea interessante se meglio sviluppata.
In particolare non mi è chiaro cosa intendi per evento locale.
Gli eventi locali non credo esistano infatti, però è vero secondo me che il determinismo da solo non è sufficiente a generare la determinabilità.
Mi spiego meglio.
La determinabilità poggia infatti sull'eventualità, che infatti si verifica, che la gran parte delle cause che interviene a determinare un evento siano di fatto trascurabili.
Ad esempio quando diciamo che la terra gira attorno al sole per la forza di gravità che questo esercita su essa, stiamo ragionevolmente trascurando di dire che la terra è soggetta all'attrazione gravitazionale del resto dell'universo.
Tratiamo cioè in modo ragionevole un evento come fosse locale, ma nessun evento in effetti lo è.
Quindi in un modo che sia completamente deterministico, eventi che non possano considerarsi in modo ragionevole locali, ci apparirebbero come casuali, ma solo perchè ignoriamo tutte le cause che lo determinano.
In un mondo completamente deterministico il L.A. non sarebbe riducibile in modo ragionevole ad evento locale, perchè anche quando riconducibile a cause a noi interne, noi non siamo riducibili a località, contenendo una indefinibile quantità di cause non distinguibili per l'entità degli effetti.
Citazione di: iano il 20 Maggio 2024, 01:05:26 AMPoco, lo ammetto, ma potrebbe essere un idea interessante se meglio sviluppata.
In particolare non mi è chiaro cosa intendi per evento locale.
Gli eventi locali non credo esistano infatti, però è vero secondo me che il determinismo da solo non è sufficiente a generare la determinabilità.
La determinabilità poggia infatti sull'eventualità, che infatti si verifica, che la gran parte delle cause che interviene a determinare un evento siano di fatto trascurabili.
Ad esempio quando diciamo che la terra gira attorno al sole per la forza di gravità che questo esercita su essa, stiamo ragionevolmente trascurando di dire chela terra è soggetta all'attrazione gravitazionale del resto dell'universo.
secondo me è semplice capire cosa voglia dire località. Vuol dire che io posso comunicare un messaggio solo verso quei soggetti a cui posso mandarlo non oltre la velocità della luce. Chi è oltre non può ricevere il messaggio, quindi non può essere "determinato" dal significato della missiva. Nel concertto di locale c'entra la velocità della luce, che è un termine massimo oltre il quale non è piu possibile mandare un messaggio. E per far si che qualcosa venga determinata, un messaggio deve arrivare. E se non può allora quello è un ambito "non-locale".
Quello che voglio dire è che è benvenuta ogni ipotesi, compresa quella che una scelta fatta secondo L.A. sia un evento determinato, ma non trascurando di dire che non perciò è determinabile, e che quindi a tutti gli effetti è come se determinato non fosse.
Potrebbe essere un dado che lancia la natura con un numero di facce così grande che ancora non sono nemmeno uscite tutte. :))
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Maggio 2024, 00:59:07 AMl'indeterminazione scordatela..quella è una questione che riguarda la meccanica quantistica e in questo contesto la meccanica quantista non c'entra. E se c'entra la devi citare e mettere per iscritto a quale proposito. Non la devi citare in senso filosofico ,perche citare la meccanica quantistica in senso filosofico se non si è un fisico è come chiedere lumi agli dei dell'Olimpo. Se non sei un dio dell'Olimpo non citare la m.q. in senso filosofico...perchè sicuramente stai scivolando frai binari.
Sono un ignorante ominicomprensivo se è per questo, altro che dio dell'olimpo.
Ma la meccanica quantistica però, te lo dico con certezza, non ha rivali in quanto a capacita di determinare e prevedere eventi. In effetti è la ciliegina sulla torta del determinismo.
O almeno questo dicono i libri di divulgazione scientifica.
Da cosa tu derivi che l'indeterminazione sia cosa che riguardi la meccanica quantistica?
Perchè in effetti è un idea diffusa quanto errata.
Non vorrei quindi che tu ti sia accodato a un sentito dire.
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Maggio 2024, 01:16:18 AMsecondo me è semplice capire cosa voglia dire località. Vuol dire che io posso comunicare un messaggio solo verso quei soggetti a cui posso mandarlo non oltre la velocità della luce. Chi è oltre non può ricevere il messaggio, quindi non può essere "determinato" dal significato della missiva. Nel concertto di locale c'entra la velocità della luce, che è un termine massimo oltre il quale non è piu possibile mandare un messaggio. E per far si che qualcosa venga determinata, un messaggio deve arrivare. E se non può allora quello è un ambito "non-locale".
Adesso mi è chiaro.
Ma non mi è chiaro cosa dovremmo farcene in termini di determinabilità o di determinismo di una località che comprende gran parte dell'universo, cioè l'insieme dei luoghi raggiungibili con un messaggio lanciato alla velocità della luce.
Un esempio di località come la intendi tu è l'intero universo osservabile.
Provo a rispondere per te.
E' in effetti contraddittorio che la ciliegina sulla torta del determinismo (perchè ribadisco che questa è la meccanica quantistica) dichiari di fondarsi sul caso, ma come ho provato a spiegare nei miei precedenti post, questo caso somiglia in effetti ad un indeterminabile che non esclude il determinismo.
@iano io stavo rispondendo a Jacopus in quanto mi è parso di capire ci sarebbe da discutere sul concetto di determinismo.
Ovviamente credo ci sia della confusione, e le tue parole me lo confermano.
Solo che un conto è la confusione un conto sono le parole scritte che non hanno alcun senso, almeno per me.
Quindi non so cosa rispondere.
Citazione di: iano il 20 Maggio 2024, 01:47:19 AMAdesso mi è chiaro.
Ma non mi è chiaro cosa dovremmo farcene in termini di determinabilità o di determinismo di una località che comprende gran parte dell'universo, cioè l'insieme dei luoghi raggiungibili con un messaggio lanciato alla velocità della luce.
Un esempio di località come la intendi tu è l'intero universo osservabile.
ad esempio questa domanda che senso ha?
In che senso cosa ce ne dobbiamo fare?
Io sto facendo un discorso sul determinismo. Un evento che accade ora trova la sua spiegazione in ciò che è successo nel passato. Se uno volesse mettere in discussione il determinismo dovrebbe incominciare a trovare un fenomeno spiegabile da un evento posizionato nel futuro.
Tu usi il termine caos o caso senza spiegare cosa intendi o come li vuoi intendere.
Sono entrambi comunque termini che funzionano con il determinismo, solo il "caso" alle volte può essere utilizzato per dare delle spiegazioni di fisica quantistica quando si parla di misurare un sistema. Se il valore da misurare si trova in una sovrapposizione di stati tra due valori, l'atto della misura forza il sistema a collassare in uno stato specifico. Ma quale dei due stati verrà misurato non può essere previsto in quanto il sistema rilascia il valore (che è in sovrapposizione di stati) "casualmente".
Ma prima di parlare di ste cose, che sono molto specifiche e particolari penso che dovremmo abbassare le nostre pretese. Quindi il tuo termine "caso" è specifico di una situazione deterministica quando la nostra conoscenza del sistema non raggiunge la perfezione, per cui ciò che succederà sarà visto come un caso. Ma è sempre una situazione deterministica.
Poi mi sembra che l'abbia gia detto in precedenza:
la conoscenza del sistema è imprescindibile dalla previsione di un evento futuro.
Solitamente però non si dispone di questa conoscenza approfondita. Quando ciò succede (e succede sempre tranne che in specifiche situazioni che riguardano la m.q. come ho detto) si parla di "casualità" epistemica. Altrimenti sarà ontologica qualora l'evento futuro non dipenda da uno situato nel passato (proprio come specifici riscontri in m.q.).
per cui epistemico ed ontologico sono i due termini che dovreste utilizzare per specificare a quale casualità vi state riferendo.
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Maggio 2024, 09:44:28 AMPoi mi sembra che l'abbia gia detto in precedenza:
la conoscenza del sistema è imprescindibile dalla previsione di un evento futuro.
Solitamente però non si dispone di questa conoscenza approfondita. Quando ciò succede (e succede sempre tranne che in specifiche situazioni che riguardano la m.q. come ho detto) si parla di "casualità" epistemica. Altrimenti sarà ontologica qualora l'evento futuro non dipenda da uno situato nel passato (proprio come specifici riscontri in m.q.).
per cui epistemico ed ontologico sono i due termini che dovreste utilizzare per specificare a quale casualità vi state riferendo.
tutto questo che ho detto l'ho detto perchè stavo rispondendo a Jacopus.
Un essere vivente, o nello specifico un essere umano, non un oggetto diverso da tutti gli altri oggetti dell'universo. Ed anche noi siamo "determinati" da ciò che è avvenuto nel passato. Perchè questo è il punto.
Però io potrei dire (come ho fatto) se sono consapevole di cosa possa avvenire, con una mia azione, nel futuro, potrei cambiare la mia scelta. In modo laterale potrei dire che un evento futuro (ma che non è ancora successo realmente) ha cambiato un evento nel passato. Non è la stessa cosa, il concetto di determinismo non lo cambi profondamente, ma per lo meno lo superi con un pallonetto. Per far ciò devi essere consapevole. Solo così potremmo avere la sensazione di avere una libertà di scegliere, in quanto non saremmo determinati dal passato, ma dalla previsione di quello che potrebbe succedere nel futuro.
Esattamente dove volevo andare a parare sin dall'inizio.
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Maggio 2024, 10:02:19 AMSolo così potremmo avere la sensazione di avere una libertà di scegliere, in quanto non saremmo determinati dal passato, ma dalla previsione di quello che potrebbe succedere nel futuro.
Vorrei solo aggiungere che tali previsioni sono spesso ipotetici e non immuni da errori di valutazione. Succede quindi che anche prevedendo si fanno scelte sbagliate di cui pentirsene. Ma l'esperienza insegna. Consapevoli dell esperienza fatta in precedenza possiamo riformulare le scelte e riformulare una scelta è esso stesso un atto libero. Quindi non condivido che le scelte siano libere solo laddove , secondo le nostre previsioni future, le formuliamo. Sostituirei l aggettivo determinismo o indeterminismo quando si parla dell l'essere umano con prevedibile o imprevedibile . Siamo prevedibile per molti aspetti, ma non in tutti. Ci sono atti creativi che scaturiscono dal pensiero.
Citazione di: Alberto Knox il 20 Maggio 2024, 11:31:02 AMVorrei solo aggiungere che tali previsioni sono spesso ipotetici e non immuni da errori di valutazione. Succede quindi che anche prevedendo si fanno scelte sbagliate di cui pentirsene. Ma l'esperienza insegna. Consapevoli dell esperienza fatta in precedenza possiamo riformulare le scelte e riformulare una scelta è esso stesso un atto libero. Quindi non condivido che le scelte siano libere solo laddove , secondo le nostre previsioni future, le formuliamo. Sostituirei l aggettivo determinismo o indeterminismo quando si parla dell l'essere umano con prevedibile o imprevedibile . Siamo prevedibile per molti aspetti, ma non in tutti. Ci sono atti creativi che scaturiscono dal pensiero.
questo però succede perchè la nostra conoscenza non è assoluta. Quindi l'evento futuro che stiamo prevedendo è di natura epistemica, cioè dipendente anche da fattori che non possiamo o, meglio dire, non riusciamo a controllare. Per questo esistono gli aggiustamenti durante il percorso. Ma ciò che stiamo provando a fare non è un adattamento all'ambiente (come pratica l'evoluzionismo di bassa lega), ma un adattamento dell'ambiente verso il fine futuro che ci siamo immaginati di poter raggiungere. Poi, ci siamo sbagliati? Abbiamo commesso degli errori? Pazienza, ma se non avessimo questa predisposizione al futuro, attraverso la consapevolezza che esista un fututo da raggiungere, non sperimenteremmo il libero arbitrio. Poi uno puo guardare piu o meno lontano nel futuro e vederlo con tinte di colore che preferisce. Ognuno è diverso nell'intelligenza o nella costanza, ma senza quella consapevolezza non ci sarebbe stata alcuna civiltà...e forse l'uomo sarebbe rimasto un istintivo animale da cortile, niente di piu.
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Maggio 2024, 14:23:30 PMquesto però succede perchè la nostra conoscenza non è assoluta. Quindi l'evento futuro che stiamo prevedendo è di natura epistemica, cioè dipendente anche da fattori che non possiamo o, meglio dire, non riusciamo a controllare. Per questo esistono gli aggiustamenti durante il percorso. Ma ciò che stiamo provando a fare non è un adattamento all'ambiente (come pratica l'evoluzionismo di bassa lega), ma un adattamento dell'ambiente verso il fine futuro che ci siamo immaginati di poter raggiungere. Poi, ci siamo sbagliati? Abbiamo commesso degli errori? Pazienza, ma se non avessimo questa predisposizione al futuro, attraverso la consapevolezza che esista un fututo da raggiungere, non sperimenteremmo il libero arbitrio. Poi uno puo guardare piu o meno lontano nel futuro e vederlo con tinte di colore che preferisce. Ognuno è diverso nell'intelligenza o nella costanza, ma senza quella consapevolezza non ci sarebbe stata alcuna civiltà...e forse l'uomo sarebbe rimasto un istintivo animale da cortile, niente di piu.
Vorrei però rimarcare il concetto precedente, quello in risposta a Jacopus. Questo vale solo dopo esserci chiariti sul concetto di determinismo. Perchè se non è chiaro per tutti, o qualcuno ha una idea differente di determismo, è difficile concordare sul concetto in questione.
Il fatto principale è che il futuro è deciso da eventi nel passato. Questo è il determinismo in parole povere.
Noi però, anche se malamente alle volte, riusciamo a prevederlo e poi anche a controllarlo. Questo è il libero arbitrio!
Citazione di: iano il 20 Maggio 2024, 01:40:16 AMSono un ignorante ominicomprensivo se è per questo, altro che dio dell'olimpo.
Ma la meccanica quantistica però, te lo dico con certezza, non ha rivali in quanto a capacita di determinare e prevedere eventi. In effetti è la ciliegina sulla torta del determinismo.
O almeno questo dicono i libri di divulgazione scientifica.
Da cosa tu derivi che l'indeterminazione sia cosa che riguardi la meccanica quantistica?
Perchè in effetti è un idea diffusa quanto errata.
Non vorrei quindi che tu ti sia accodato a un sentito dire.
dipende se sei uno che sa le cose allora possiamo parlare. Io non mi spingo piu in la.
Quindi so bene che la m.q. è infondo deterministica. Ma è chiaro che il mondo della filosofia utilizza il concetto di caso riferendosi al fatto che la "singola" misura non è prevedibile, per cui è casuale.
Stavo cercando di capire quello che hai detto prima... sulla terra la gravità ecc. ma non l'ho capita. Ma va bhe...
Citazione di: iano il 20 Maggio 2024, 01:05:26 AMPoco, lo ammetto, ma potrebbe essere un idea interessante se meglio sviluppata.
In particolare non mi è chiaro cosa intendi per evento locale.
Gli eventi locali non credo esistano infatti, però è vero secondo me che il determinismo da solo non è sufficiente a generare la determinabilità.
Mi spiego meglio.
La determinabilità poggia infatti sull'eventualità, che infatti si verifica, che la gran parte delle cause che interviene a determinare un evento siano di fatto trascurabili.
Ad esempio quando diciamo che la terra gira attorno al sole per la forza di gravità che questo esercita su essa, stiamo ragionevolmente trascurando di dire che la terra è soggetta all'attrazione gravitazionale del resto dell'universo.
Tratiamo cioè in modo ragionevole un evento come fosse locale, ma nessun evento in effetti lo è.
Quindi in un modo che sia completamente deterministico, eventi che non possano considerarsi in modo ragionevole locali, ci apparirebbero come casuali, ma solo perchè ignoriamo tutte le cause che lo determinano.
In un mondo completamente deterministico il L.A. non sarebbe riducibile in modo ragionevole ad evento locale, perchè anche quando riconducibile a cause a noi interne, noi non siamo riducibili a località, contenendo una indefinibile quantità di cause non distinguibili per l'entità degli effetti.
Cerco di interpretare, ma non sono sicuro di aver capito.
Io di proposito ho messo come requisito principale del determinismo il fatto che un evento determinabile sia nel futuro mentre ciò che lo determina sia nel passato. Non ho parlato di causa o di effetti. Perchè poi andremmo a finire in concetti complicati come il caos ecc.
Per quanto riguarda il concetto di località è importante secondo me, perchè fa vedere quanto importante sia in taluni casi distinguere l'universo in zone di "località". Esse spezzano le linee di intersecazione tra un evento passato e uno futuro. Il determinismo li viene praticamente smontato, per poi rimontato quando le linee si re-intersecano nuovamente. Se io sono su Titano e tu sulla Terra per determinare una mia scelta devi spedirmi un messaggio, il quale per arrivarmi ha bisogno del tempo. Se tu volessi invece farmi reagire immediatamente rispetto al tuo tempo, dovresti mandarmi un messaggio piu veloce della luce. Ma questo non è possibile anche perchè avrebbe un effetto devastante sul tempo e in quel caso un evento futuro potrebbe determinare un evento nel passato. Non è cosi per fortuna...
Il mio concetto Libero Arbitrio però si avvicina a questo scenario, anche se non è proprio la stessa cosa.
Citazione di: Athena il 18 Maggio 2024, 19:24:35 PMNon comprendo bene come tu sia precipitato in questo mondo, mi viene da pensare che da animali possono solo trattarci gli altri e noi di conseguenza sentirci così, percepirci in quel modo. Più che di una condizione di pre-umanità credo si tratti di sub-umanità a causa di manipolazioni relazionali e/o assenza di stimoli. Ad esempio ho letto che una persona vissuta per molto tempo chiusa in una stanza e in assenza di attività motorie, cognitive, intellettive potrebbe avere allucinazioni ma credo sia una difesa naturale del cervello che si chiude, per compensare il vuoto, in una dimensione immaginaria. Rigettavi le istanze della psichiatria in che senso se ne condividi poi l'etichetta di "disturbo bipolare"? Più che di "disturbo" non potrebbe trattarsi di sofferenza o malesseri come risposta a condizioni ambientali?
Se vuoi rispondermi aprendo un topic dedicato forse sarebbe meglio per tutti
Perdona Athena, ma per qualche motivo non ho intenzione di aprire un topic in merito alla malattia mentale. È per questo motivo che l'ho chiesto a te, dato che eri curiosa; da parte mia ti assicuro che interverrei senz'altro, almeno per dire qualcosa di ciò che penso della natura delle "fisse", le quali possono debordare in ossessioni.
All'indomani di aver assistito ad un'opera teatrale moderna dal titolo "Intoccabili? SSN" avrei moltissime cose da dirti, troppe. Ricordando l'inizio del nostro dialogo (post 489) e seguendone le tracce inizierò con l'informarti che nel forum, tempo fa, quando tu non eri ancora nata tanto per dire, mi sono autoproclamato messìa, anticristo e 😈 diavolo, robe da disturbati bipolari insomma, nulla di nuovo sotto il sole. In veste di quest'ultimo, il 😈, e in abbinata colla sentenza della psichiatria che mi definì appunto "disturbato bipolare", posso immaginare che ti sia noto il detto che il diavolo cento ne pensa e una ne fa. Il testo della commedia di cui parlo è disponibile on line qui nel forum allo stesso titolo, ma in altra tematica, e te lo consiglio perché sembrava veramente rivoluzionario, ma ancora una volta ha perso la potenziale forza che pretendono possedere quelle opere inquadrate con l'etichetta "lavoro in corso" ... Dio stramaledica gli inglesi!, appunto :) . Tutto è ritornato infatti a quel brodo primordiale di memoria "Quelli della notte" - Riccardo Pazzaglia, Renzo Arbore che si perpetua nel suo essere primordiale e al tempo stesso attuale. Tu non conosci bene il forum, ma io che vivo qui da tre anni conosco bene certe cose. Fui stimolato quindi da Ipazia che mi disse che mi sfuggiva una cosa, ma io avevo chiara la torbida situazione e a prescindere da come possa svolgersi ancora tale presunto "lavoro in corso", così come del resto lo sono tutti i temi che si aprono, per me era pure questo già finito ancor prima che Ipazia mi avvisasse, o al limite finì con quell'avviso. Non avendo ancora capito a quest'ora del giorno di cosa volesse avvisarmi Ipazia, nel nome del diavolo ho realizzato a modo mio il suo segnale quindi, farò, scriverò, l'una tra le cento pensate, ecco: aggiungo un sottotitolo al titolo dell'opera rendendolo così: "Intoccabili? SSN sottotitolo Si parva licet componere magnis". Va da sé che il piccolo è il forum e il grande è l'umanitá; e poi si chiedono perché vincano le destre ... gran borbottío in sala.
Detto questo, volevo mettere un like al tuo post, ma mi sono scordato di farlo. Nel senso che sono più che d'accordo con quello che dici e quindi capisco perfettamente il senso del tuo "...mi viene da pensare che da animali possono solo trattarci gli altri e noi di conseguenza sentirci così, percepirci in quel modo." Penso infatti che, impronta genetica a parte, roba di cui non parlo, l'ambiente agisca potentemente nell'infante indifeso e l'infante vi si abitui nell'unico modo che gli sia possibile, conoscendo cioè ineluttabilmente l'ambiente e riconoscendo in questo, per imperscrutabili vie, ciò che gli dà gusto o disgusto. Nel momento in cui l'infante entra a pieno titolo nella comunità linguistica potrebbe pertanto trovarsi anche notevolmente spiazzato nei confronti di altri da questa sua precedente conoscenza che ovviamente non poteva criticare, ma comunque radicata in lui e manifestantesi attraverso relativi comportamenti adeguati ad essa.
Tornando quindi a quello che mi chiedi sul pre-umano, ho condiviso la diagnosi della psichiatria "disturbo bipolare" perché dopo l'incontro cercai di informarmi e riconobbi, a spanne data la mia ignoranza, che quella diagnosi più o meno ci poteva stare; quello che ho rigettato fu solo una ventilata ipotesi di cura obbligatoria. Replicai infatti, tra l'incazzato e l'impaurito, e rifiutando qualsiasi altro farmaco pure, che nonostante il mio stato euforico un po' sopra le righe gestivo benissimo la mia vita personale e sociale, ed era vero, anche se amici e parenti erano assai preoccupati perché ero proprio "fuori", e ben le ricordo tutte le mie stravaganze. Non che andassi in giro nudo per le strade, o fossi violento, trattandosi invece più che altro di una buona dose di sfacciataggine con cui trattavo con loro, più gli amici che i parenti ... si trattava insomma di una perdita di filtri. A livello fisico invece, scoprii per caso che avevo acquisito marcatamente, tanto da farmelo notare, un maggiore senso dell'equilibrio rispetto a prima. Per risolvere il tuo dubbio infine, sarebbe questo insieme psico/fisico a farmi parlare di una caduta in uno stato pre-umano. Da ultimo, valutazione personale, penso che se vi sia stata una causa ambientale all'origine di tutto ciò, questa potrebbe imputarsi ad un mio malessere di tipo esistenziale, non passivo però; nel senso che tale malessere, inconsapevolmente, si rivolgeva a risolvere il problema piuttosto che a interiorizzarlo, e solo per fortuna quindi, con un bel po' di tempo riuscii a risolverlo razionalmente ... pertanto, paradossalmente devo ringraziare quello che chiamano "disturbo bipolare" ... fa pure rima. In ogni caso Athena, sentiti libera di parlare anche fuori tema e se i moderatori intervenissero possiamo sempre giocarcela, viste le cose che si son viste
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Maggio 2024, 14:36:59 PMVorrei però rimarcare il concetto precedente, quello in risposta a Jacopus. Questo vale solo dopo esserci chiariti sul concetto di determinismo. Perchè se non è chiaro per tutti, o qualcuno ha una idea differente di determismo, è difficile concordare sul concetto in questione.
Il fatto principale è che il futuro è deciso da eventi nel passato. Questo è il determinismo in parole povere.
da parte mia il problema non sta nel chiarimento del concetto di determinismo. PEr le seguenti ragioni; per un oggetto fisico come un meteorite il concetto di determinismo vale a 360° nel senso che l'oggetto è totalmente determinato dalla materia di cui è fatto , è soggetto a leggi fisiche quali la legge di gravitazione universale. Un essere vivente non è determinato dalla materia di cui è fatto essendo un essere pensante. Certo un animale è prevedibile perchè risponde a sitmoli esterni in modo istintivo , un essere umano no. L'essere umano , al contrario degli animali, è consapevole di non essere totalmente consapevole. è vero che nelle scelte facciamo una previsione futura delle conseguenze delle nostre scelte, ma con questo non è detto che faremo una scelta in linea con la propia coscienza in base alle previsioni. Forzare il concetto di determinismo sull uomo significa ridurlo a macchina. Ma dubito che noi siamo macchine. E come ci sono le malattie mentali che riguardano la psiche esistono malattie mentali che riguardano l'etica , una delle piu grandi malattie mentali che riguardano l'etica al giorno d'oggi è quella di pensare che l'etica non esiste e che tutto è contratto, e che all interno di questo mondo mercantile sia lecito mercanteggiare anche il bene e il male. Tutto ha un prezzo , ti pago, quanto costi?
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Maggio 2024, 17:38:27 PMdipende se sei uno che sa le cose allora possiamo parlare. Io non mi spingo piu in la.
Quindi so bene che la m.q. è infondo deterministica. Ma è chiaro che il mondo della filosofia utilizza il concetto di caso riferendosi al fatto che la "singola" misura non è prevedibile, per cui è casuale.
Stavo cercando di capire quello che hai detto prima... sulla terra la gravità ecc. ma non l'ho capita. Ma va bhe...
Qualunque massa è attratta dalle restanti masse dell'universo in ragione dell'inverso del quadrato della reciproca distanza.
Ciò renderebbe prevedere il movimento cosa impraticabile, se non fosse trascurarabile il contributo della gran parte di queste masse, perchè ciò produce un errore trascurabile, proprio in virtù del quadrato di cui sopra, per cui al crescere della distanza la forza si riduce di molto.
La singola misura non è prevedibile, ma in genere è prevedibile l'errore massimo che si farà.
Minore è l'errore massimo stimato, maggiore è la bontà del sistema di misurazione.
Il principio di indeterminazione non pone limite alla bontà futura dei sistemi di misurazione nella loro evoluzione, quindi in teoria l'errore massimo stimabile potrà ridursi in futuro senza un limite.
Il limite che esso pone riguarda coppie precise di misure effettuate in contemporanea, es. quantità di moto e posizione di una particella, e questo limite è una costante universale
Ciò che non è prevedibile non necessariamente è casuale, e per tale motivo non è possibile produrre prove dell'esistenza del caso, che rimane un concetto metafisico.
Come tutti i concetti metafisici ognuno lo può può fare proprio oppure no, a scelta.
Abbiamo invece prove del determinismo, seppur sempre entro l'errore di misura di cui sopra, come avviene per tutte le prove che la fisica produce.
Quando diciamo che alla stessa causa corrisponde sempre lo stesso effetto, dovremmo aggiungere qual'è l'errore di misura stimato, e che la causa cui ci riferiamo è una su tante da essere incalcolabili, ma fra tutte è quella più significativa, potendosi considerare le altre trascurabili.
Quali conseguenze ''filosofiche'' ha dunque il principio di indeterminazione?
Non è una questione così semplice da liquidare, e il nome del principio comunque non è felice, in quanto esso determina con la precisione di una costante universale l'errore minimo di una coppia di misure.
La riflessione filosofica dovrebbe ancor meglio chiedersi, perchè quella precisa coppia di misure e non altre.
Esiste dunque un legame fra posizione e quantità di moto che a noi sfugge?
Citazione di: Alberto Knox il 20 Maggio 2024, 19:57:40 PMIl fatto principale è che il futuro è deciso da eventi nel passato. Questo è il determinismo
Noi e le nostre scelte non sono totalmente determinate dagli eventi del passato . Potremmo esserlo in una certa misura ma mai totalmente.
Citazione di: iano il 20 Maggio 2024, 20:00:20 PMQualunque massa è attratta dalle restanti masse dell'universo in ragione dell'inverso del quadrato della reciproca distanza.
Ciò renderebbe prevedere il movimento cosa impraticabile, se non fosse trascurare il contributo della gran parte di queste masse, perchè ciò produce un errore trascurabile, proprio in virtù del quadrato di cui sopra, per cui al crescere della distanza la forza si riduce di molto.
La singola misura non è prevedibile, ma in genere è prevedibile l'errore massimo che si farà.
Minore è l'errore massimo stimato, maggiore è la bontà del sistema di misurazione.
Il principio di indeterminazione non pone limite alla bontà futura dei sistemi di misurazione nella loro evoluzione, quindi in teoria l'errore massimo stimabile potrà ridursi in futuro senza un limite.
Il limite che esso pone riguarda coppie precise di misure effettuate in contemporanea, es. quantità di moto e posizione di una particella, e questo limite è una costante universale
Ciò che non è prevedibile non necessariamente è casuale, e per tale motivo non è possibile produrre prove dell'esistenza del caso, che rimane un concetto metafisico.
Come tutti i concetti metafisici ognuno lo può può fare proprio oppure no, a scelta.
Abbiamo invece prove del determinismo, seppur sempre entro l'errore di misura di cui sopra, come avviene per tutte le prove che la fisica produce.
Sulla questione della casualità ontologica (perchè mi sembra che tu stia parlando di quella) non mi pronuncio. La regola dice solo che non è possibile misurare contemporaneamente i valori di due osservabili incompatibili (come hai detto ad esempio posizione e momento). Comunque proprio perchè le cose sono intricate ed io volentieri direi anche la mia al riguardo (ma poi andrebbe rispolverato il teorema di Bell) ma in questo contesto a me basta che, se si volesse parlare di caso o casualità, di specificare cosa si intenda, se sia cioè epistemica o ontologica.
Per quanto riguarda le masse che si attraggono, non era la vecchia teoria della gravità di Newton? Mi sembra sia stata superata dalla relatività di Einstein.
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Maggio 2024, 20:29:09 PMPer quanto riguarda le masse che si attraggono, non era la vecchia teoria della gravità di Newton? Mi sembra sia stata superata dalla relatività di Einstein.
E quindi è ad Einstein che fa riferimento la tua definizione di determinismo?
La gravità di Newton e la relatività di Einstein sono esempi di teoria deterministica, e siccome conosco meglio quella di Newton l'ho scelta come esempio di determinismo.
Cosa cambia scegliere l'una piuttosto che l'altra?
Citazione di: iano il 20 Maggio 2024, 20:47:12 PME quindi è ad Einstein che fa riferimento la tua definizione di determinismo?
La gravità di Newton e la relatività di Einstein sono esempi di teoria deterministica, e siccome conosco meglio quella di Newton l'ho scelta come esempio di determinismo.
Cosa cambia scegliere l'una piuttosto che l'altra?
si ma vorrei specificare meglio la questione.
Da cosa deriva questo determinismo einsteiniano? Dalla sua non accettazione del principio ontologico su cui poggiava l'indeterminazione di Heisenberg, quello che abbiamo enuciato prima. Cioè il fatto che per principio (ora è un teorema) non è possibile conoscere contemporaneamente i valori di due osservabili incompatibili (chiaramente si parla di sistemi quantistici, quindi molto piccoli).
Per Heinseberg non era soltanto una impossibilità "tecnica", ma realmente l'oggetto da misurare non aveva entrambi i valori. Se misuravi uno l'altro era indeterminato. Questa indeterminazione faceva imbestialire (per cosi dire) Einstein che invece sosteneva che anche se tecnicamente a noi non è concetto poterle misurare contemporaneamente, esse erano pur sempre una nota di realtà.
Questa cosa è strettamente legata alla questione del determinismo, perchè solo se io conosco posizione e quantità di moto di una particella posso prevedere la sua evoluzione futura. Se questa mia non conoscenza è solo epistemica, come pretendeva Einstein, allora dopo tutto il determinismo è salvo. Se invece è ontologica (come diceva Heinseberg) non è possibile ontologicamente prevedere la loro l'evoluzione futura.
Una delle domande che ci si è posto nei decenni dopo è se questa questione anche se fosse aggiudicata ad Heisenberg invece che ad Einstein (e attualmente vince Heisenberg) che ripecussioni avrebbe nel macro cosmo, quello governato appunto dalle leggi di gravitazione di Einstein?
Per questo motivo, ma non entro nello specifico, ho parlato di tempo e di località. Perchè intanto anche se le cose nel microcosmo sembrano funzionare in maniera indeterministica, il macro cosmo non sembra risentirne piu di tanto, o per nulla. Tanto è vero che un essere umano o una lenticchia essendo oggetti macroscopici sono perfettamente deterministici ovvero possono essere teoricamente previste le loro evoluzioni future. Un'automobile che passa da un autovelox fornisce posizione e velocità dell'auto. Quindi noi non abbiamo la possibilità di contestare la multa. :-\
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Maggio 2024, 21:23:08 PMsi ma vorrei specificare meglio la questione.
Da cosa deriva questo determinismo einsteiniano? Dalla sua non accettazione del principio ontologico su cui poggiava l'indeterminazione di Heisenberg, quello che abbiamo enuciato prima. Cioè il fatto che per principio (ora è un teorema) non è possibile conoscere contemporaneamente i valori di due osservabili incompatibili (chiaramente si parla di sistemi quantistici, quindi molto piccoli).
In genere non amo i link, ma qui ce ne vorrebbe uno.
La disputa di cui ho notizia è quella fra Einstein e Bohr.
Citazione di: iano il 20 Maggio 2024, 21:40:34 PMIn genere non amo i link, ma qui ce ne vorrebbe uno.
La disputa di cui ho notizia è quella fra Einstein e Bohr.
certo, ma la questione sulle critiche di Einstein sono sul principio di indeterminazione (critiche non sul principio in se ma solo sulle conseguenze filosofiche).
Poi Heisenberg scrive anche un libro dal titolo "fisica e filosofia".
Chiaramente sono libri che si dovrebbero leggere come reperti storici e non come spunto di riflessioni moderne.
L'idea di Bohr credo fosse del tipo agnostica. Non conosco quindi non mi pronuncio.
Varie sono state le "interpretazioni" alla teoria. Ma Einstein aveva una chiarissima idea di come doveva funzionare e Bohr non riuscì a contraddirlo...pare che si esprimesse in un modo cosi enigmatico che era pure difficile rispondergli quanto fosse incomprensibile.
La disputa poi è proseguita decenni dopo la morte di questi illustri fisici. Alla fine oggi abbiamo un'idea migliore fatta con gli esperimenti, ma che contraddice il pensiero einsteniano. Non so come l'avrebbe presa. Forse Bohr avrebbe detto: te l'avevo detto io... :))
Citazione di: Alberto Knox il 16 Maggio 2024, 12:51:07 PMNon condivido il disegno che fai degli atei, o perlomeno, non degli atei che conosco io. Anzitutto un ateo semplicemente non parla di Dio, non si batte mettendo in campo un soggetto che per lui semplicemente non esiste. Esso è fuori dalla logica dualista anima/corpo come due cose distinte e separate considerando l'anima un epifenomeno della materia, anima intesa come psiche naturalmente . Non è vero che per l'ateo la coscienza non esiste. Esiste , ma essa si da come nel caso dell anima, sempre come epifenomeno della materia che diventa bios, che diventa zoé , che diventa psiché, che diventa Nous.. è sempre questo pezzo di materia che evolve. C'è stato un periodo storico dove l'uomo era solo uomo , senza religione ne Dei. O meglio, i Dei c'erano ancora ma avevano perso quell attrazzione devotiva di un tempo e il Cristianesimo doveva ancora arrivare . In quel periodo l'uomo senza Dio dovette decidere col propio intendimento cosa era bene e cosa era male. Naquero diversi libri in quel periodo storico , fra quelli che non sono andati distrutti nominerei un autore di cui non si sa nulla ma che tuttavia si identifica con il nome Lucrezio. il quale libro "De rerum natura" illeggibile per noi se non tramite le traduzioni, presenta una visione del tutto atea del mondo e di certo anche del libero arbitrio.
È proprio questo l'errore di certi atei e che li rende simili a dei preti dell'ateismo. Certo è che io non parlo di Dio, ma del Vaticano o della religione ebraica, o dell'islam sì che parlo. Non vedo inoltre la coscienza come la descrivono certi atei pur essendo deficitari di una teoria scientifica della conoscienza. Pertanto quando parlo di coscienza, parlo di quella cosa di cui parlano i medici del pronto soccorso nei loro rapporti, ovvero "stato del paziente: vigile, cosciente", cosa quindi che rimanda alla presenza di un minimum di conoscenza.
Concludo sulla libertà di azione, o mancanza di libertà.
Quando dico che entrambe le tesi sono indimostrabili lo dico solo perché non posso dimostrare l'inesistenza di Dio, ma a livello logico razionale la mancanza di libertà è dimostrabilissima. È per questo che accuso certi atei di essere dei preti di una religione che per nulla cndivido
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Maggio 2024, 22:20:45 PMcerto, ma la questione sulle critiche di Einstein sono sul principio di indeterminazione (critiche non sul principio in se ma solo sulle conseguenze filosofiche).
Poi Heisenberg scrive anche un libro dal titolo "fisica e filosofia".
Chiaramente sono libri che si dovrebbero leggere come reperti storici e non come spunto di riflessioni moderne.
L'idea di Bohr credo fosse del tipo agnostica. Non conosco quindi non mi pronuncio.
Varie sono state le "interpretazioni" alla teoria. Ma Einstein aveva una chiarissima idea di come doveva funzionare e Bohr non riuscì a contraddirlo...pare che si esprimesse in un modo cosi enigmatico che era pure difficile rispondergli quanto fosse incomprensibile.
La disputa poi è proseguita decenni dopo la morte di questi illustri fisici. Alla fine oggi abbiamo un'idea migliore fatta con gli esperimenti, ma che contraddice il pensiero einsteniano. Non so come l'avrebbe presa. Forse Bohr avrebbe detto: te l'avevo detto io... :))
Complimenti per la chiarezza espositiva di concetti non facili, fin troppo saccheggiati da nebulosità parafilosofiche e revanscismi religiosi.
Forse Bohr anche oggi non si sarebbe fatto menare per il naso e avrebbe perseverato saggiamente nell'agnosticismo, rifuggendo dalla tentazione mediatica dei fisici di fare cattiva filosofia da fast food.
La questione, che bene hai esposto, resta sospesa tra
indeterministico e
indeterminabile, e quindi direi che la partita tra ontologico e epistemico è ancora aperta (sarà che Einstein è più simpatico di Heisenberg ...).
Tra determinismo e indeterminismo può dire qualcosa la matematica: è determinabile che il numero 19 è un numero primo, ma non esiste una legge "fatale" che possa prevedere con precisione quale sarà il numero primo successivo al 19
Citazione di: daniele22 il 21 Maggio 2024, 08:16:08 AMQuando dico che entrambe le tesi sono indimostrabili lo dico solo perché non posso dimostrare l'inesistenza di Dio, ma a livello logico razionale la mancanza di libertà è dimostrabilissima. È per questo che accuso certi atei di essere dei preti di una religione che per nulla cndivido
ad un ateo non spetta dare nessuna spiegazione o dimostrazione di inesistenza , è solo fuori da quella logica, perciò non entra in discussioni mettendo in campo un soggetto che per lui semplicemente non esiste. Coloro che lo fanno sono dei buffoni.
Citazione di: Ipazia il 21 Maggio 2024, 08:41:34 AMForse Bohr anche oggi non si sarebbe fatto menare per il naso e avrebbe perseverato saggiamente nell'agnosticismo, rifuggendo dalla tentazione mediatica dei fisici di fare cattiva filosofia da fast food.
La questione, che bene hai esposto, resta sospesa tra indeterministico e indeterminabile, e quindi direi che la partita tra ontologico e epistemico è ancora aperta (sarà che Einstein è più simpatico di Heisenberg ...).
L'agnosticismo di Bohr muoveva da una questione puramente fisico-sperimentale. Se io (avrebbero potuto dire in altre parole Bohr) non posso appurare da un esperimento che quel sistema abbia entrambi i valori, allora io non posso discutere se ce li abbia o meno. L'idea di Einstein era invece molto piu filosofica di quella di Bohr in quanto lui non accettava l'idea alternativa che invece quei valori non fossero posseduti dal sistema osservato. Per tale motivo Einstein riteneva la m.q. incompleta. Che non raccontava tutta la storia. Che c'era qualcosa che la natura teneva nascosta dalle nostre osservazioni. Bohr mi è sembra fosse invece piu pragmatico ma attorno a quelle dispute poi si sono avvicendate varie idee abbastanza poco scientifiche e addirittura quasi para-scientifiche, di cui Heisenberg potrei dire fosse il capostipide (che appartenesse all'area degli "idealisti" credo sia una verità storica...).
Citazione di: Il_Dubbio il 21 Maggio 2024, 17:13:07 PML'agnosticismo di Bohr muoveva da una questione puramente fisico-sperimentale. Se io (avrebbero potuto dire in altre parole Bohr) non posso appurare da un esperimento che quel sistema abbia entrambi i valori, allora io non posso discutere se ce li abbia o meno.
Ciò che non si può dimostrare si può ipotizzare, e l'ipotesi del multivalore funziona.
Ma non è che alla fine sia Bohr che Einstein commettano lo stesso errore logico?
E: Dio non gioca a dadi.
B: Non sei tu a dover dire a Dio cosa deve fare.
Analizzando questo famoso dialogo si vede che Einstein esclude che Dio giochi a Dadi, mentre Bohr non lo esclude.
Quindi entrambi ammettono che, volendo, Dio può giocare a Dadi.
Ma se può farlo perchè dovrebbe solo farlo, o solo non farlo?
Non c'è una risposta a questa domanda, ma forse non occorre rispondere, in quanto secondo me non è che Dio possa decidere se giocare a dadi oppure no, in quanto è incapace di farlo.
Se pensate di si datene una dimostrazione.
E' significativo che Einstein, per evocare il puro caso faccia un esempio, il gioco dei dadi, in cui il caso viene solo simulato, perchè evidentemente un esempio di puro caso non c'è.
Ora, se l'ipotesi di puro caso funziona per la meccanica quantistica, noi in genere cosa ne parliamo a fare se un esempio di puro caso non lo possiamo produrre?
Da cosa deriva la necessità di assumere questo concetto metafisico al di fuori di una teoria?
Può essere il libero arbitrio l'esempio di puro caso che cerchiamo?
In effetti mi pare che non cambi per noi la questione se le nostre scelte derivino da puro caso o da un caso simulato, perchè in entrambi i casi non saremmo noi a decidere.
Quindi sia che intervenga il puro caso, sia che non intervenga, non saremmo noi a decidere.
Al libero arbitrio quindi, per come lo percepiamo, dovrebbe essere relativa una metafisica di livello superiore a quella del puro caso, e non è proibito assegnargliela.
Citazione di: iano il 21 Maggio 2024, 20:34:54 PME' significativo che Einstein, per evocare il puro caso faccia un esempio, il gioco dei dadi, in cui il caso viene solo simulato, perchè evidentemente un esempio di puro caso non c'è.
Ora, se l'ipotesi di puro caso funziona per la meccanica quantistica, noi in genere cosa ne parliamo a fare se un esempio di puro caso non lo possiamo produrre?
Da cosa deriva la necessità di assumere questo concetto metafisico al di fuori di una teoria?
Allora senza che ciò che dico sia preso per forza per vero, una risposta io me la sono data.
Il puro caso (quello ontologico) funziona anzi è addirittura necessario perchè è l'unico modo che la natura avrebbe per rispettare le probabilità date.
Ti faccio un esempio intuitivo. Io scappo da un leone che mi rincorre, ad un certo punto io so gia che ho tre possibilità di continuare a scappare, vado dritto ma c'è un burrone e muoio, giro a sinistra ma è un'altra strada lunga senza uscita (prima o poi il leone mi prende) giro a destra dove c'è un casolare, entro chiudo la porta e sono salvo.
Vista da fuori io avrei tre possibilità di scappare, ovvero asetticamente tre valori possibili.
Se ragioniamo secondo un criterio deterministico e logico tutti gireranno a destra verso il casolare.
La m.q. non ragiona in questi termini. La m.q. ti da delle probabilità (facendo una operazione matematica) che un valore venga misurato. Ammettiamo di avere appunto tre possibilità. Se le probabilità sono del 33% per ciascuna opzione, allora l'individuo che arriva al bivio non è determinato da nulla se no dal fatto che ha il 33% di probabilità di scegliere una delle tre opzioni. E' quindi proprio il fatto che non sono determinati da nulla di piu che dalle probabilità concesse, che ci permette di misurare, dopo tanti esperimenti, che quelle probabilità sono rispettate (proprio come affermano gli esperimenti di m.q.).
Quindi il caso ontologico serve eccome, altrimenti non si comprenderebbe come mai proprio quelle probabilità e non altre, vengano rispettate.
Citazione di: Il_Dubbio il 21 Maggio 2024, 23:07:57 PMAllora senza che ciò che dico sia preso per forza per vero, una risposta io me la sono data.
Il puro caso (quello ontologico) funziona anzi è addirittura necessario perchè è l'unico modo che la natura avrebbe per rispettare le probabilità date.
Se le probabilità sono date è sufficiente ipotizzare un dado di forma tale che le produca.
Allora sospetto che se la meccanica quantistica abbia evocato il puro caso come necessità, in ciò stia una delle chiavi per comprendere la teoria.
La complicazione è che non ci troviamo solo di fronte alla sovrapposizione di stati di una variabile fisica, ma anche a una sovrapposizione di variabili fisiche.
Cioè, l'onda di probabilità matematica che ci dice dove la particella potrebbe stare , si comporta come un onda fisica.
Non giuro su quello che dico, ma così mi pare di aver capito, o così provo a capire.
Se può sembrare strano che un fascio di elettroni si disponga sullo schermo che li intercetta come una figura di diffrazione, e' ancora più strano il fatto che lo stesso succede se lancio gli elettroni uno per volta.
Si potrebbe spiegare tutto ciò con un dado che abbia una forma ad hoc?
Si, credo che si possa fare.
Nell'esperimento delle due fenditure il dado visibile ha appunto la forma di due fenditure, ma da solo non basta a spiegare la distribuzione di particelle sullo schermo.
Però fra le due fenditure e lo schermo è possibile immaginare un altra serie di fenditure invisibili (teoriche più che invisibili) che giustifichino la distribuzione di cui sopra.
Questa è un ipotesi da non confondere con la realtà, perchè confondere le ipotesi con la realtà non è mai na buona idea.
E' un ipotesi che renderebbe conto del perchè non cambia nulla se sparo gli elettroni in un unico fascio, o li sparo uno per volta.
In tal caso sarebbe sufficiente vedere la particella come una sovrapposizione di stati di un unica variabile, la posizione.
Mettendoci di mezzo questo ulteriore dado, a integrazione delle due fenditure, l'onda di probabilità non fà il salto da matematica a fisica.
Non occorre cioè una sovrapposizione di variabili.
E quale sarebbe il vantaggio?
Dal punto di vista fisico nessuno.
Dal punto di vista filosofico farebbe una bella differenza.
Citazione di: iano il 21 Maggio 2024, 23:54:10 PMe' ancora più strano il fatto che lo stesso succede se lancio gli elettroni uno per volta.
ogni elettrone che trova entrambe le fenditure aperte, le supera come sistema (cioè come se le prendesse entrambe) e poi si dispone sulla lastra in fondo tenendo conto della probabilità di distribuzione della funzione d'onda. Nel senso che alla fine l'elettrone deve decide dove impattare, ma lo fa non per un suo capriccio o secondo qualcosa che lo ha determinato inizialmente, ma perchè esiste una probabilità o meglio una distribuzione di probabilità che è ricavata dalla funzione d'onda.
I fisici del tempo presero sul serio la questione che il sistema fosse un'onda o una particella. Bohr ci ricavò un suo principio, quello di complemantarietà. Ma secondo me non è corretto. La cosa corretta e scientificamente approvabile, è che i sistemi si adeguano alle probabilità, e quindi la particella impatta in una zona probabile. Se poi questa assomiglia alla distribuzione di un'onda...per me è solo un caso. O comunque appunto non è dimostrabile che sia un onda.
Infatti Heisenberg non era molto d'accordo con la formulazione di Schoindiger della m.q. .infatti Heisenberg ne scrisse un'altra, quella delle matrici, che però non ebbe molto successo di "pubblico" solo perche quello ondulatorio era piu "intuibile" o meglio visualizzabile.
Citazione di: Il_Dubbio il 22 Maggio 2024, 00:10:12 AMInfatti Heisenberg non era molto d'accordo con la formulazione di Schoindiger della m.q. .infatti Heisenberg ne scrisse un'altra, quella delle matrici, che però non ebbe molto successo di "pubblico" solo perche quello ondulatorio era piu "intuibile" o meglio visualizzabile.
Si, interessante la tua lettura della questione, ma ho come l'impressione di averla capita solo perchè a mia volta indegnamente ho provato a scriverne un altra.
Nella mia versione ho evocato un dado teorico, ma pur sempre un dado, che come tale simula il caso.
Per cui dal capire la necessità di chiamare in causa il puro caso resto ancora lontano.
Citazione di: iano il 22 Maggio 2024, 00:55:54 AMSi, interessante la tua lettura della questione, ma ho come l'impressione di averla capita solo perchè a mia volta indegnamente ho provato a scriverne un altra.
Nella mia versione ho evocato un dado teorico, ma pur sempre un dado, che come tale simula il caso.
Per cui dal capire la necessità di chiamare in causa il puro caso resto ancora lontano.
purtroppo il dado non funziona adeguatamente come simulatore di caso in senso ontologico, ma solo di caso in senso epistemico.
Quello che non funziona in questi esempi (anche nel mio, cioè immaginando un uomo che fugge da un leone e che arrivato ad un bivio abbia tre possibilità di fuga) sono quelle che potremmo chiamare "variabili" non controllate o controllabili che farebbero da spinta verso una delle soluzioni possibili. Nel caso ontologico tali variabili non ci sono.
Prendi ad esempio il dado. Quanto è grande il dado? Come lanci il dado? C'è del vento? Riesci a calcolare la velocità di rotazione del dado? ecc. Tutte queste sono variabili, se riesci a calcolare tutto potresti addirittura prevedere il risultato di ogni lancio. Il caso in questa simulazione vien fuori dal fatto che non puoi calcolare e prevedere tutte le variabili. La tua conoscenza è limitata, quindi quella è una casualità epistemica.
Probabilmente la complicazione è più epistemica che ontologica e le complicazioni epistemiche la scienza le risolve per la via principale della matematica, individuando funzioni ad hoc.
Anche Einstein per scrivere la relatività generale chiese aiuto ad un matematico esperto di geometria curva tridimensionale, e solo così riuscì a formularla e pubblicarla.
Le difficoltà autenticamente ontologiche prima o poi vengono risolte col miglioramento della tecnologia sperimentale. Dopodiché si possono individuare le funzioni matematiche e completare la teoria.
Citazione di: Il_Dubbio il 22 Maggio 2024, 07:53:56 AMpurtroppo il dado non funziona adeguatamente come simulatore di caso in senso ontologico, ma solo di caso in senso epistemico.
Quello che non funziona in questi esempi (anche nel mio, cioè immaginando un uomo che fugge da un leone e che arrivato ad un bivio abbia tre possibilità di fuga) sono quelle che potremmo chiamare "variabili" non controllate o controllabili che farebbero da spinta verso una delle soluzioni possibili. Nel caso ontologico tali variabili non ci sono.
Se può farlo allora è in grado di giocare a dadi.
Se non può farlo allora no.
In un modo o nell'altro è limitato.
Prendi ad esempio il dado. Quanto è grande il dado? Come lanci il dado? C'è del vento? Riesci a calcolare la velocità di rotazione del dado? ecc. Tutte queste sono variabili, se riesci a calcolare tutto potresti addirittura prevedere il risultato di ogni lancio. Il caso in questa simulazione vien fuori dal fatto che non puoi calcolare e prevedere tutte le variabili. La tua conoscenza è limitata, quindi quella è una casualità epistemica.
Se conoscessimo tutte le variabili potremmo certamente prevedere il risultato di un dado, essendo un dado un sistema deterministico, ma un dado è volutamente un sistema costruito di modo che non possiamo controllarne le variabili, rendendo impossibile la previsione, al pari del puro caso.
In tal senso col dado simuliamo il puro caso.
Infatti Einstein quando dice ''Dio non gioca a dadi'' non trova evidentemente altro modo di evocare il puro caso che con una sua simulazione.
Infatti diversamente, se noi giochiamo a dadi, perchè non potrebbe farlo anche Dio?
Dio al pari di noi è capace di costruire sistemi deterministici, e ci mancherebbe, e un dado è un esempio di sistema deterministico.
Ma diversamente da noi non è in grato di simulare il caso, in quanto ha il pieno controllo di tutte le variabili.
Non è cioè in grado di costruire un sistema deterministico così complesso da non riuscire a prevederne il comportamento.
Viceversa, potrebbe Dio costruire un sistema puramente casuale, cioè un sistema che, una volta costruito, sfugga al suo controllo?
Paradossalmente un potere assoluto diventa un limite.
Se Dio sa, può scegliere di ignorare ciò che sa?
Cioè non di simulare ignoranza, ma scegliere la condizione dell'ignorante.
In un modo o nell'altro c'è un limite al suo libero arbitrio.
Trovare i limiti del libero arbitrio sarebbe un modo indiretto di definirlo.
Il libero arbitrio avrebbe tutte le apparenze della simulazione del caso, se non fosse che siamo noi a scegliere come simularlo.
Citazione di: iano il 22 Maggio 2024, 10:31:18 AMSe conoscessimo tutte le variabili potremmo certamente prevedere il risultato di un dado, essendo un dado un sistema deterministico, ma un dado è volutamente un sistema costruito di modo che non possiamo controllarne le variabili, rendendo impossibile la previsione, al pari del puro caso.
In tal senso col dado simuliamo il puro caso.
Infatti Einstein quando dice ''Dio non gioca a dadi'' non trova evidentemente altro modo di evocare il puro caso che con una sua simulazione.
Infatti diversamente, se noi giochiamo a dadi, perchè non potrebbe farlo anche Dio?
Dio al pari di noi è capace di costruire sistemi deterministici, e ci mancherebbe, e un dado è un esempio di sistema deterministico.
Ma diversamente da noi non è in grato di simulare il caso, in quanto ha il pieno controllo di tutte le variabili.
Non è cioè in grado di costruire un sistema deterministico così complesso da non riuscire a prevederne il comportamento.
Viceversa, potrebbe Dio costruire un sistema puramente casuale, cioè un sistema che, una volta costruito, sfugga al suo controllo?
Paradossalmente un potere assoluto diventa un limite.
Se Dio sa, può scegliere di ignorare ciò che sa?
Cioè non di simulare ignoranza, ma scegliere la condizione dell'ignorante.
In un modo o nell'altro c'è un limite al suo libero arbitrio.
Trovare i limiti del libero arbitrio sarebbe un modo indiretto di definirlo.
Il libero arbitrio avrebbe tutte le apparenze della simulazione del caso, se non fosse che siamo noi a scegliere come simularlo.
Non ho capito.
A noi cosa interessa se Dio abbia costruito o no un sistema puramente casuale o meno?
Per me è interessante soltanto capire se esista e in che termini.
Poi questa discussione sul determinismo l'avevo ripreso io stesso dopo un intervento di Jacopus, perchè mi sono accorto che non c'era sintonia fra cosa penso io del determinismo e alcuni interventi. Tali interventi poi mettevano in evidenza concetti come la casualità ( con il diminutivo "caso" ) privi di una descrizione.
Insomma una ragnatela di argomentazioni che non stanno insieme, secondo me, se non si fornisce una descrizione piu appropriata.
Molti interventi si basano su una convinzione abbastanza banale: se sono determinato, esiste il determinismo, come posso essere libero di agire?
Ok, va bene, ma allora parliamo di cosa voglia dire determinismo. Io ho spiegato qual è il punto per me focale del determinismo. Poi qualcuno parla di caso e necessità. Sulla necessità non c'ero ancora arrivato (anche se non ne avrei ragione di parlarne nel futuro), ma mi stavo concentrando sul concetto di caso e abbiamo visto che vi sono tanti aspetti del problema che sono per lo meno equivocati.
Cioè non credo che qui si possa stare come si sta alle giostre quando si lanciano le pallina sperando che entri nella vaschetta del pesciolino cosi tu possa portartelo a casa.
Ora che stavamo indirizzando una strada mi parli di Dio e del suo sistema di creazione. Che c'entra?
Non ho capito dove vuoi andare a parare.
Per cercare di risolvere la questione della realtà "là fuori" e la realtà "che sta dentro al nostro cabezón" definii una cosa ricorrendo alla parola cosa. Forse ho compiuto un illecito amministrativo, ma io me ne frego delle regole quando secondo me sia giusto farlo. La definizione che ne uscì fu quindi: una cosa è qualsiasi cosa che la nostra mente possa imbrigliare tanto da poterne parlare, anche a vanvera. Pertanto, giusto pure per regolare i conti tra oggetto ed evento, sarebbero cose ed evento tanto la mela quanto la rivoluzione francese, l'ippogrifo e pure Dio.
.
.
@Alberto Knox
Non so per quali vie tu ti sia preso licenza di mettermi in bocca cose che non ho detto, e nemmeno mi interessa saperlo. Un ateo può infischiarsene di Dio e può pure fare finta che Dio non esista, ma resta il fatto che Dio esiste, giacché tu lo nomini e pure io lo nomino. Allora, l'ateo può dire ciò che vuole, ma quando si accinge a fare filosofia no. Infatti il filosofo, nella sua disamina della realtà, non può cancellare una parola fintanto che essa circoli all'interno di essa, e le parole cessano di esistere, o meglio, si assopiscono, solo quando cadono nell'oblio. Certuni, non i filosofi intendo, hanno provato a farlo con le bastonate, ma con scarsi risultati date le evidenze che la storia ci insegna.
PQM, ¿cosa dovrei mai pensare di tali filosofi, ma pure di semplici atei che la pensano come te? Beh, a dire la verità io non ho ancora capito se tu sei un ateo o un credente, ma, come già detto, tali atei sarebbero i già citati sacerdoti occulti dell'ateismo, ovvero quelli che si sono tenuti per buona la libertà di agire, quelli che dicono che la neuroplasticità non ci garantisce di automoderarci nel forum deputando a tal fine le istituzioni, e, probabilmente, giusto per metterci un po' di malizia, quelli che vorrebbero pontificare su ciò che è bene e su ciò che è male a loro "libero arbitrio", magari con la legge del cinquantuno per cento ... Fragorosa risata isolata nella platea e qualcuno chiede ¿ma chi è costui?
"Dai ragazzi!, forza!", dice il regista, "Ripetiamo la scena
Citazione di: daniele22 il 22 Maggio 2024, 18:38:26 PMNon so per quali vie tu ti sia preso licenza di mettermi in bocca cose che non ho detto, e nemmeno mi interessa saperlo.
non ti ho messo in bocca nulla per fortuna. Le cose che dico vengono dalla mia. Sereno Daniele, è bene che non la pensiamo tutti allo stesso modo.
Citazione di: daniele22 il 22 Maggio 2024, 18:38:26 PMPer cercare di risolvere la questione della realtà "là fuori" e la realtà "che sta dentro al nostro cabezón" definii una cosa ricorrendo alla parola cosa. Forse ho compiuto un illecito amministrativo, ma io me ne frego delle regole quando secondo me sia giusto farlo. La definizione che ne uscì fu quindi: una cosa è qualsiasi cosa che la nostra mente possa imbrigliare tanto da poterne parlare, anche a vanvera. Pertanto, giusto pure per regolare i conti tra oggetto ed evento, sarebbero cose ed evento tanto la mela quanto la rivoluzione francese, l'ippogrifo e pure Dio.
interessante questa tua interpretazione della parola "cosa". Etimologicamente cosa deriva dalla parola "causa". Ciò che è causa della percezione, il mondo con le sue cose potremmo dire . se non ci fossero cose, non percepiremmo niente in effetti. Tutta la conoscenza deriva dall esperienza, tutte le facoltà umane come la memoria e l'intelligenza nascono e si sviluppano esclusivamente sulla base delle sensazioni , non vi è nulla nella mente umana oltre alla percezione che in ogni momento essa riceve dall esterno . Ciò che chiamiamo memoria è solo il confronto fra queste sensazioni e altre precedenti ; fantasia , la loro libera composizione . Gusto e giudizio sono la constatzione del loro effetto benefico o dannoso. Intelligenza la loro ristrutturazione in nuove e creative rappresentazioni. Creative. sottolineo creative.
Citazione di: Alberto Knox il 25 Maggio 2024, 10:54:47 AMnon ti ho messo in bocca nulla per fortuna. Le cose che dico vengono dalla mia. Sereno Daniele, è bene che non la pensiamo tutti allo stesso modo.
Certo Alberto, hai solo interpretato male il mio dire, tanto che sono riuscito a trascinarti con me nel paradiso dei buffoni. Mi chiami poi sereno daniele; beh, sereno lo sono in effetti, ma adagiato su di un mare di merda, non di un "quanto verde tutto intorno e ancor più in là, sembra quasi un mare l'erba......".
La cosa? Sai come mi è passato per la mente? Pensando all'espressione ¿ma cosa fai? ... e in successione ¿ma che cos'è una cosa?
Citazione di: Il_Dubbio il 21 Maggio 2024, 23:07:57 PMAllora senza che ciò che dico sia preso per forza per vero, una risposta io me la sono data.
Il puro caso (quello ontologico) funziona anzi è addirittura necessario perchè è l'unico modo che la natura avrebbe per rispettare le probabilità date.
Ti faccio un esempio intuitivo. Io scappo da un leone che mi rincorre, ad un certo punto io so gia che ho tre possibilità di continuare a scappare, vado dritto ma c'è un burrone e muoio, giro a sinistra ma è un'altra strada lunga senza uscita (prima o poi il leone mi prende) giro a destra dove c'è un casolare, entro chiudo la porta e sono salvo.
Vista da fuori io avrei tre possibilità di scappare, ovvero asetticamente tre valori possibili.
Se ragioniamo secondo un criterio deterministico e logico tutti gireranno a destra verso il casolare.
La m.q. non ragiona in questi termini. La m.q. ti da delle probabilità (facendo una operazione matematica) che un valore venga misurato. Ammettiamo di avere appunto tre possibilità. Se le probabilità sono del 33% per ciascuna opzione, allora l'individuo che arriva al bivio non è determinato da nulla se no dal fatto che ha il 33% di probabilità di scegliere una delle tre opzioni. E' quindi proprio il fatto che non sono determinati da nulla di piu che dalle probabilità concesse, che ci permette di misurare, dopo tanti esperimenti, che quelle probabilità sono rispettate (proprio come affermano gli esperimenti di m.q.).
Quindi il caso ontologico serve eccome, altrimenti non si comprenderebbe come mai proprio quelle probabilità e non altre, vengano rispettate.
La probabilità nella meccanica quantistica non definisce nulla di decisivo. C'è un àmbito di probabilità che è ristretto. Si può stabilire cioè una probabilità circa la posizione di un elettrone, al contempo si possono stabilire delle zone di presenza, senza ricorrere alla probabilità né alla statistica. Tuttavia non è determinata né determinabile, a causa del funzionamento materiale stesso (!), quale delle zone. Non si tratta quindi di essere a un trivio e di sapere percentuali di probabilità. Restando all'esempio, si tratterebbe di capire che non si può sapere quale strada la materia imboccherà, ma si ha a disposizione una mappa, mentre le percorrenze particolari in ciascuna strada, le modalità, possono essere definite secondo calcoli probabilistici. Questi dunque hanno un 'range' e non dipende da essi il calcolo, per così dire, della struttura materiale.
Mauro Pastore
Citazione di: PhyroSphera il 07 Agosto 2024, 20:35:14 PMLa probabilità nella meccanica quantistica non definisce nulla di decisivo. C'è un àmbito di probabilità che è ristretto. Si può stabilire cioè una probabilità circa la posizione di un elettrone, al contempo si possono stabilire delle zone di presenza, senza ricorrere alla probabilità né alla statistica. Tuttavia non è determinata né determinabile, a causa del funzionamento materiale stesso (!), quale delle zone. Non si tratta quindi di essere a un trivio e di sapere percentuali di probabilità. Restando all'esempio, si tratterebbe di capire che non si può sapere quale strada la materia imboccherà, ma si ha a disposizione una mappa, mentre le percorrenze particolari in ciascuna strada, le modalità, possono essere definite secondo calcoli probabilistici. Questi dunque hanno un 'range' e non dipende da essi il calcolo, per così dire, della struttura materiale.
Mauro Pastore
La probabilità di ottenere un risultato (un valore), non la probabilità che l'oggetto sia in possesso di quel valore prima di ottenere il risultato. Facendo lo stesso esperimento, avendo sempre le stesse probabilità, per un gran numero di oggetti, si ottengono dei risultati che si avvicinano alle probabilità date per ogni singolo oggetto (quantistico). Altrimenti la m.q. sarebbe gia fallita e quindi falsificata.
Cioè se un fotone avesse il 50% di essere polarizzato verticalmente e 50% di essere polarizzato orrizontalmente, spedendo contro il polarizzatore posizionato verticalmente ci aspettiamo di ottenere il 50% degli oggetti quantistici passati da un polarizzatore verticale. Non il 70% o 80%.
Senza prenderlo alla lettera, ma solo per capire dove si può andare a parare, se la Luna fosse fatta solo di particelle quantistiche e tu avessi in mano una tabella con l'indicazione della probabilità che quegli elettroni hanno di stare vicino alla posizione dove sta la Luna, vedresti che la tabella ti fornisce una probabilità molto ampia che sia in quella zona, anche se è diversa dallo zero la probabilità che ogni elettrone siano da un'altra parte dell'universo. Ma quello che vedi è la Luna, perchè la piccola parte di probabilità che non sia li quando la si osserva è cosi bassa che è praticamente impossibile non osservarla li. E' la somma delle probabilità che alla fine da il risultato tangibile. Poco interessa se uno o due elettroni di quella Luna non siano li per davvero.
Citazione di: PhyroSphera il 07 Agosto 2024, 20:35:14 PMLa probabilità nella meccanica quantistica non definisce nulla di decisivo.
Una misura in fisica non è mai un numero solo, ma un numero accompagnato dalla stima dell'errore di misura, errore che , per quanto migliori la bontà degli strumenti di misura ci sarà sempre.
Quindi la fisica aveva a che fare con una distribuzione probabilistica ancor prima della meccanica quantistica, laddove la ''certezza'' dell'errore di misura comporta una indeterminazione di fatto, che è relativa alla strumentazione di misura.
Con la meccanica quantistica invece non abbiamo una indeterminazione di fatto, ma una indeterminazione assoluta.
Questo per dire che, se una indeterminazione di fatto non ha impedito alla scienza di andare avanti, neanche una indeterminazione assoluta glielo impedirà.
Pero perchè ciò non sia un impedimento è necessario conoscere, cioè determinare, questa ideterminazione.
Quindi dal punto di vista pratico per i fisici non è cambiato nulla, mentre è cambiato molto dal punto di vista dei filosofi, e indirettamente quindi è cambiato molto dal punto di vista dei fisici, nella misura in cui sono filosofi.
Citazione di: iano il 09 Agosto 2024, 07:20:09 AMUna misura in fisica non è mai un numero solo, ma un numero accompagnato dalla stima dell'errore di misura, errore che , per quanto migliori la bontà degli strumenti di misura ci sarà sempre.
Quindi la fisica aveva a che fare con una distribuzione probabilistica ancor prima della meccanica quantistica, laddove l'errore di misura è una indeterminazione di fatto, relativa alla strumentazione di misura.
Con la meccanica quantistica invece non abbiamo una indeterminazione di fatto, ma una indeterminazione assoluta.
Questo per dire che, se una indeterminazione di fatto non ha impedito alla scienza di andare avanti, neanche una indeterminazione assoluta glielo impedirà.
Perchè ciò non sia un impedimento è però necessario conoscere, cioè determinare, questa ideterminazione.
Tu hai dato questa risposta riguardo alla menzione della probabilità, che io facevo. Non devi confondere probabilismo e indeterminismo, probabilità e indeterminazione.
Inoltre la scienza non dà luogo ad affermazioni assolute. Non si tratta di pensare alla relatività spaziotemporale, ma alla relatività che conoscono i filosofi, che è un'altra. Ebbene, la scienza non ha a disposizione nessun assoluto.
Mauro Pastore
Citazione di: Il_Dubbio il 08 Agosto 2024, 23:27:58 PMLa probabilità di ottenere un risultato (un valore), non la probabilità che l'oggetto sia in possesso di quel valore prima di ottenere il risultato. Facendo lo stesso esperimento, avendo sempre le stesse probabilità, per un gran numero di oggetti, si ottengono dei risultati che si avvicinano alle probabilità date per ogni singolo oggetto (quantistico). Altrimenti la m.q. sarebbe gia fallita e quindi falsificata.
Cioè se un fotone avesse il 50% di essere polarizzato verticalmente e 50% di essere polarizzato orrizontalmente, spedendo contro il polarizzatore posizionato verticalmente ci aspettiamo di ottenere il 50% degli oggetti quantistici passati da un polarizzatore verticale. Non il 70% o 80%.
Senza prenderlo alla lettera, ma solo per capire dove si può andare a parare, se la Luna fosse fatta solo di particelle quantistiche e tu avessi in mano una tabella con l'indicazione della probabilità che quegli elettroni hanno di stare vicino alla posizione dove sta la Luna, vedresti che la tabella ti fornisce una probabilità molto ampia che sia in quella zona, anche se è diversa dallo zero la probabilità che ogni elettrone siano da un'altra parte dell'universo. Ma quello che vedi è la Luna, perchè la piccola parte di probabilità che non sia li quando la si osserva è cosi bassa che è praticamente impossibile non osservarla li. E' la somma delle probabilità che alla fine da il risultato tangibile. Poco interessa se uno o due elettroni di quella Luna non siano li per davvero.
La scienza statistica e la scienza fisica sono due scienze separate. Così pure scienza matematica e scienza fisica e scienza statistica, tre scienze separate. I fisici usano statistiche, ma non è la statistica il loro oggetto di studio, così come usano calcoli che non sono i loro oggetti di studio. Tu riduci la fisica quantistica a una calcolo di statistiche e finisci col non capirci più niente.
Nella discussione sul libero arbitrio si prende in considerazione la non-necessità della materia, affermata attraverso il Principio di Indeterminazione? Allora bisogna una buona volta capirlo questo principio, senza fingere che si tratta di illusione di ignoranti che non comprendono i fenomeni che ci sono dietro. Un fenomeno avanti a un altro fenomeno manifesta pur sempre qualcosa col proprio senso. Il determinismo meccanicista è finito con la scoperta di Heisenberg ma non è mai appartenuto alla vera filosofia. Semplicemente se c'è una determinazione superiore, questa non è meccanica ed è inutile fingere; e bisogna ammettere che si tratterebbe di una determinazione metafisica.
Non si può stare con due piedi in una sola scarpa.
I pregiudizi a volte impediscono di accedere alla cultura scientifica e gli stessi scienziati con le discipline dei colleghi a volte hanno pregiudizi. Ma se si fa davvero filosofia i pregiudizi bisogna metterli da parte, oppure niente filosofia.
Mauro Pastore
Citazione di: PhyroSphera il 09 Agosto 2024, 07:26:10 AMNon devi confondere probabilismo e indeterminismo, probabilità e indeterminazione.
Non li confondo, la probabilità è un indeterminazione nota.
I fisici conoscono la probabilità con cui si producono gli errori.
Se non la conoscessero le loro misure non potrebbero avere alcun valore pratico.
Essi conoscono cioè la probabilità dell'errore che faranno prima ancora di misurare.
In base a questa conoscenza essi possono valutare se ha senso fare una data misura.
Se ho una probabilità 0,9 di commettere un errore del 200 per certo, allora quella misura non s'ha da fare.
Tu forse volevi dirmi di non confondere l'epistemologia con l'ontologia, però hai fatto un esempio improprio.
Citazione di: PhyroSphera il 09 Agosto 2024, 07:26:10 AMTu hai dato questa risposta riguardo alla menzione della probabilità, che io facevo. Non devi confondere probabilismo e indeterminismo, probabilità e indeterminazione.
Inoltre la scienza non dà luogo ad affermazioni assolute. Non si tratta di pensare alla relatività spaziotemporale, ma alla relatività che conoscono i filosofi, che è un'altra. Ebbene, la scienza non ha a disposizione nessun assoluto.
Mauro Pastore
Se degli assoluti ognuno può disporre perchè se ne dovrebbe privare la scienza?
Tu volevi dire che la scienza non produce assoluti.
Dico tanto per precisare.
Allo stesso modo vorrei precisare che il probabilismo non esiste.
Non è la probabilità a fare botte col determinismo, ma il caso, e il caso non coincide con la probabilità.
Citazione di: PhyroSphera il 09 Agosto 2024, 07:38:56 AMLa scienza statistica e la scienza fisica sono due scienze separate. Così pure scienza matematica e scienza fisica e scienza statistica, tre scienze separate.
Una volta c'era solo la filosofia naturale, e dopo varie separazioni una sua sola parte ha ereditato in parte il nome, filosofia, alla quale però tu attribuisci moralmente l'intera eredità, come se dalla filosofia naturale fosse stata espulsa la parte marcia.
Ma la specializzazione nelle attività umane non è mai un bene, ma una necessità, per cui uno scienziato non smette di essere filosofo per partito preso, ne un filosofo smette di essere scienziato per partito preso.
Se lo facessero cadrebbero in errore , come tu ci sei caduto.
Un errore che si può replicare all'infinito, dividendo la scienza in fisica e matematica, e la matematica in statistica , geometria ed aritmetica, e la fisica in teorica e sperimentale, e così via.
Queste non sono scienze separate, in quanto nate da una separazione di comodo che tu hai fatto diventare una separazione di fatto.
Con l'aggravane che la mitizzazione che fai della filosofia non sembra sincera, ma pro domo celeste.
Citazione di: PhyroSphera il 09 Agosto 2024, 07:38:56 AMLa scienza statistica e la scienza fisica sono due scienze separate. Così pure scienza matematica e scienza fisica e scienza statistica, tre scienze separate. I fisici usano statistiche, ma non è la statistica il loro oggetto di studio, così come usano calcoli che non sono i loro oggetti di studio. Tu riduci la fisica quantistica a una calcolo di statistiche e finisci col non capirci più niente.
Solitamente la scienza fa delle previsioni. La m.q. fa delle previsioni su una globabilità di osservazioni. Nulla può dire sul singolo evento (cioè non può prevederne il risultato). Quindi la m.q. è una scienza "statistica", dove le probabilità date sono verificate dagli esperimenti svolti in un gran numero di osservazioni.
Se io lancio un sistema sapendo che avrebbe due sole direzioni probabilisticamente uguali, cioè 50% destra o 50% sinistra, è poco interessante conoscere la direzione di un singolo sistema. Mentre se lanci un gran numero di sistemi noterai che si distribuiranno con una precisione molto interessante piu o meno 50% a destra e 50% a sinistra.
Citazione di: Il_Dubbio il 09 Agosto 2024, 10:44:39 AMSolitamente la scienza fa delle previsioni. La m.q. fa delle previsioni su una globabilità di osservazioni. Nulla può dire sul singolo evento (cioè non può prevederne il risultato). Quindi la m.q. è una scienza "statistica", dove le probabilità date sono verificate dagli esperimenti svolti in un gran numero di osservazioni.
Se io lancio un sistema sapendo che avrebbe due sole direzioni probabilisticamente uguali, cioè 50% destra o 50% sinistra, è poco interessante conoscere la direzione di un singolo sistema. Mentre se lanci un gran numero di sistemi noterai che si distribuiranno con una precisione molto interessante piu o meno 50% a destra e 50% a sinistra.
Non ha senso fare come voi, che anziché prendere le informazioni necessarie valutate la scienza direttamente con delle idee e ripetete sempre la stessa cosa. In definitiva le beghe tra gli scienziati vi hanno dato alla testa, dico cioè dei contrasti dovuti a invasioni di campo tra colleghi; ma il vostro è anche lo sfondo di queste beghe, lo sfondo subculturale. In parte siete vittime di voi stessi. Su Heisenberg e il Principio di Indeterminazione come si fa? Se si ha un'idea sbagliata sulla realtà, se si attribuisce all'eziologia (il pensiero delle cause) un ruolo nell'ordine cosmico che essa non ha, non c'è rimedio: non si potrà mai accedere alla scienza di Heisenberg.
Voi scrivete su un forum di filosofia senza profittarne: è infatti la filosofia che è adatta a vincere prevenzioni e pregiudizi. Certi irrigidimenti ideologici si vincono decidendo di porsi in discussione: la filosofia, l'amore per la sapienza, insegna innanzitutto a mettersi di fronte alla realtà in una disposizione diversa da quella di chi dà tutto per scontato. Questa diposizione ha i suoi pregi ma anche i suoi possibili difetti. Il caso limite del dubbio iperbolico mostra chiaramente che l'apertura mentale della filosofia non è esente da eventuali rischi, perché senza riferimenti il pensiero non è al sicuro. Ma se c'è un'ansia di sicurezza questa va risolta col volgersi al mondo della fede, dico di una vera fede il cui oggetto cioè è proprio quello adatto. Se insomma avete bisogno di punti fermi, andatevi a trovare una religione adatta e nel frattempo lasciate in pace la scienza. Poi riprovate con la filosofia invece di elucubrare inutilmente.
Mauro Pastore
Citazione di: Il_Dubbio il 09 Agosto 2024, 10:44:39 AMSolitamente la scienza fa delle previsioni. La m.q. fa delle previsioni su una globabilità di osservazioni. Nulla può dire sul singolo evento (cioè non può prevederne il risultato). Quindi la m.q. è una scienza "statistica", dove le probabilità date sono verificate dagli esperimenti svolti in un gran numero di osservazioni.
Se io lancio un sistema sapendo che avrebbe due sole direzioni probabilisticamente uguali, cioè 50% destra o 50% sinistra, è poco interessante conoscere la direzione di un singolo sistema. Mentre se lanci un gran numero di sistemi noterai che si distribuiranno con una precisione molto interessante piu o meno 50% a destra e 50% a sinistra.
Temperatura e pressione sono quantità statistiche. Mica abbiamo dovuto aspettare la m.q. per usare grandezze statistiche. A iano, e soprattutto a chi fa della quantistica un feticcio metafisico.
Citazione di: Ipazia il 14 Agosto 2024, 08:53:46 AMTemperatura e pressione sono quantità statistiche. Mica abbiamo dovuto aspettare la m.q. per usare grandezze statistiche. A iano, e soprattutto a chi fa della quantistica un feticcio metafisico.
Io non faccio della quantistica un feticcio metafisico, ma lo prendo come esempio ''in chiaro'' dell'implicazione metafisica che vi è in fisica, la quale vi è sempre, indipendentemente dalla nostra accettazione che deriva appunto da quanto in chiaro appaia, e da cui neanche la tua chimica è esente, per quanto a te ti piaccia pensarlo.
Citazione di: PhyroSphera il 14 Agosto 2024, 07:47:03 AMSe insomma avete bisogno di punti fermi, andatevi a trovare una religione adatta e nel frattempo lasciate in pace la scienza. Poi riprovate con la filosofia invece di elucubrare inutilmente.
Mauro Pastore
Ma se tu questi punti fermi hai trovato, perchè la povera scienza non la lasci stare in pace?
Se invece la usi per fare opera di conversione, usando il linguaggio della scienza per comunicare con noi, non comprendendone noi altro, ciò è meritevole, però se questo linguaggio non usi a dovere rischi di ottenere l'effetto contrario.
Infatti se non hai capito che le beghe degli scienziati sono la normalità del processo scientifico, essendone la storia della scienza piena, di quale scienza stai veramente parlando, e di quali ''veri'' scienziati immuni alle beghe stai parlando?
Certo ciò comporterà pure ansia, ma è un ansia vitale.
Se quest' ansia tu non sopporti, non perciò questo varrà per gli altri, per cui è superflua la tua preoccupazione, per quanto l'apprezziamo.
Metti che ci siano quelli come me, che vedendosi unti dalla verità, si sentirebbero perciò come come corpo da imbalsamare insieme al suo spirito, essendo giunta la loro evoluzione alla fine.
Perchè vuoi bloccarci la crescita dentro una circolarità filosofica, se di questa circolarità nella storia della filosofia non v'è traccia?
Citazione di: iano il 14 Agosto 2024, 17:03:55 PMIo non faccio della quantistica un feticcio metafisico, ma lo prendo come esempio ''in chiaro'' dell'implicazione metafisica che vi è in fisica, la quale vi è sempre, indipendentemente dalla nostra accettazione che deriva appunto da quanto in chiaro appaia, e da cui neanche la tua chimica è esente, per quanto a te ti piaccia pensarlo.
Non era riferito in particolare a te, ma chi fa un uso patafisico della scienza aggrappandosi ad Heisenberg e Planck, per affermare posizioni scientiste o teiste, contrapposte nei fini e analoghe nell'incomprensione dei processi naturali e delle teorie che se ne occupano.
Per quanto approssimate, pure con metodi statistici, le teorie scientifiche sono tali se riescono a ridurre a calcolo, misura, e determinismo i fenomeni naturali.
Altrimenti siamo nel campo, forse anche più dignitoso e senz'altro più veridico, del "sappiamo di non sapere".
La chimica usa grandezze statistiche come temperatura e pressione, e deterministiche come la massa, ottenendo risultati riproducibili e conformi alle previsioni sperimentali. Il suo cono d'ombra è più limitato di quello di fisici, astrofisici e biologi, e si può ritenere, a scanso di sorprese a livello atomico e sub, una scienza matura.
Citazione di: PhyroSphera il 14 Agosto 2024, 07:47:03 AMNon ha senso fare come voi, che anziché prendere le informazioni necessarie valutate la scienza direttamente con delle idee e ripetete sempre la stessa cosa.
Per quanto delicatezza io voglia usare nei tuoi confronti, avendo compreso quale brava persona stia dietro il tuo nickname, sarebbe però anche giunto il momento di farti notare il modo impreciso che hai nell'esprimerti (vedi postato), ciò che non sarebbe in se una colpa, se non fosse che facendo leva su questa logica inesistente, tu vorresti convertirci ai tuoi punti fermi da assumere giornalmente contro l'ansia del vivere.
Citazione di: Ipazia il 14 Agosto 2024, 17:39:26 PMAltrimenti siamo nel campo, forse anche più dignitoso e senz'altro più veridico, del "sappiamo di non sapere".
Se sappiamo di non sapere, di che sapere parliamo?
Sapere di non sapere significa di fatto mettere in dubbio la natura del nostro sapere, per ridefinirlo, o meglio per definirlo in chiaro. La scienza di fatto inizia con Socrate.
Sapere di non sapere significa iniziare un opera di ridefinizione del sapere.
Il problema è che difinire ciò di cui già possediamo un idea equivale a tradire l'idea che ne abbiamo.
Se difiniamo la forza in fisica la forza non sarà più l'idea che ne avevamo.
Lo stesso dicasi per l'energia e ogni altra idea attraverso le quali interagiamo con la realtà, e il risultato è che la nostra interazione con essa non sarà più la stessa, e la prima cosa che verrà a mancarci sarà l'evidenza delle cose con cui interagiamo, senza che perciò l'interazione venga compromessa, ma anzi succede il contrario.
Quanto più aumenta il grado di astrazione tanto più aumenta il potere della nostra interazione, dimostrandosi con ciò che l'evidenza delle cose con cui interagiamo non solo non è essenziale, ma può essere anzi un ostacolo, nella misura in cui leghiamo l'evidenza alla realtà.
A me viene da pensare che l'evidenza stessa sia il prodotto di una astrazione di tale efficacia da essere difficile da abbandonare, ma non abbandonarla significa porre un pregiudizio al processo stesso che l'ha generata.
L'astrazione cadrebbe cioè come vittima del suo successo.
Prova ne sia che anche quando l'astrazione non si guadagna la medaglia di evidenza che gli attribuisce la realtà, restando in subordine una teoria utile da applicare ad essa, nella misura in cui si è ''consolidata'' essa oppone comunque resistenza al cambiamento di teoria, cioè all'evolversi della conoscenza nella sua continua ridefinizione.
E' la continua ridefinizione della conoscenza a far si che nessuna di esse si consolidi abbastanza nella nostra considerazione da avere il tempo di assurgere ad evidenza di realtà.
Citazione di: iano il 14 Agosto 2024, 17:57:55 PMSe sappiamo di non sapere, di che sapere parliamo?
Sapere di non sapere significa di fatto mettere in dubbio la natura del nostro sapere, per ridefinirlo.
Sappiamo di non sapere quello che non sappiamo, ma sappiamo di sapere quello che sappiamo. Come hai appena spiegato a Mauro Pastore.
Citazione di: Ipazia il 14 Agosto 2024, 18:04:48 PMSappiamo di non sapere quello che non sappiamo, ma sappiamo di sapere quello che sappiamo. Come hai appena spiegato a Mauro Pastore.
Allora chiedo scusa a Mauro Pastore, al nostro caro PiroPera (invito subliminale a cambiare il suo inricordabile nickname) per essermi spiegato male, e ti ringrazio per avermelo fatto notare.
Per me il sapere non è una collezione di conoscenze, ma qualcosa che si ridefinisce in continuazione, come appena scritto nell'ultimo post, perchè esso è strettamente legato a un uomo mai uguale a se stesso, come se diversamente fosse fatto e finito in quanto così creato.
Citazione di: iano il 14 Agosto 2024, 17:48:07 PMPer quanto delicatezza io voglia usare nei tuoi confronti, avendo compreso quale brava persona stia dietro il tuo nickname, sarebbe però anche giunto il momento di farti notare il modo impreciso che hai nell'esprimerti (vedi postato), ciò che non sarebbe in se una colpa, se non fosse che facendo leva su questa logica inesistente, tu vorresti convertirci ai tuoi punti fermi da assumere giornalmente contro l'ansia del vivere.
Io impreciso? Voi invece sezionate i discorsi e non intendete chi non si è fatto travolgere dalle vostre stesse illusioni.
Io vi faccio presente che i vostri irrigidimenti e i vostri rifiuti ad aprire un nuovo orizzonte conoscitivo pur interessandovi agli oggetti contenuti in esso sarebbero adatti a una vita di fede, non a valutare la scienza di Heisenberg. Non è questo mio un atto di proselitismo.
Insomma metteteci un po' di buona volontà nel leggere i miei messaggi.
Mauro Pastore
Citazione di: PhyroSphera il 14 Agosto 2024, 19:53:24 PMIo impreciso? Voi invece sezionate i discorsi e non intendete chi non si è fatto travolgere dalle vostre stesse illusioni.
Un saggio proverbio genovese dice che, nell'acqua che non si vuole bere ci si annega, e le illusioni sorseggiate il giusto, hanno un buon sapore per me.
La ''vera illusione'' è che la realtà possa presentarsi a noi diversamente che come illusione, che perciò è da rivalutare a mio parere e santificare come il pane quotidiano, perchè nella misura in cui le illusioni non sono gratuite esse stanno di fatto al posto della realtà, e nella misura in cui lo sono possiamo sempre verificare se vi possano stare.
Perchè ciò possa avere un senso però queste illusioni devono essere condivise, perchè nel mondo che esse rappresentano è essenziale viverci insieme. Ciò è già avvenuto se è vero che aprendo gli occhi condividiamo la stessa illusione di realtà, e attraverso la scienza ciò può ancora avvenire rinnovandosi le nostre illusioni da condividere. Che senso ha invece credere a un solo Dio, che però è diverso per ognuno?
Tornado al tema del discorso, la sensazione di libero arbitrio esiste in quanto tale, ma ciò che conta è ciò che la genera, cioè la realtà che questa sensazione ha intercettato.
Senza fare voli pindarici il libero arbitrio è ciò che ci distingue dalla materia, per cui, seppur soggetti alle leggi naturali, non perciò le nostre scelte sono prevedibili, al punto che io non posso prevedere quali decisioni prenderò. a meno che non scelga di non scegliere, obbedendo a presunte leggi divine, come la materia obbedisce a quelle naturali.
Abbiamo tutti un debole verso i mezzi di comunicazione, per cui essi diventano oracoli, e le religioni monoteistiche si riduco ad idolatrare un libro in particolare, monoteistiche perchè unico è il libro, ed ecco cosa intendo dire che nell'acqua che non si vuole bere ci si annega, se quel libro ti insegna invece a fuggire gli idoli.
Chi può negare che nei libri ci si può immedesimare fino credere di viverci dentro?
Questo in se non è male , perchè è nella nostra natura immedesimarci in un racconto fino a credere di viverci dentro.
Il male è non considerare che il libro non è uno, ma tanti, e ad ogni lettura un Demone diverso si impossessa di noi e dentro a quel libro ci conduce a vivere in una esperienza che può essere illuminante fino a lasciarci abbagliati.
Allora se un libro devo scegliere, scelgo ''la storia infinita'', e ognuno potrà scegliere il suo, secondo il suo arbitrio, essendocene tanti.
Citazione di: iano il 14 Agosto 2024, 21:59:05 PMUn saggio proverbio genovese dice che, nell'acqua che non si vuole bere ci si annega, e le illusioni sorseggiate il giusto, hanno un buon sapore per me.
La ''vera illusione'' è che la realtà possa presentarsi a noi diversamente che come illusione, che perciò è da rivalutare a mio parere e santificare come il pane quotidiano, perchè nella misura in cui le illusioni non sono gratuite esse stanno di fatto al posto della realtà, e nella misura in cui lo sono possiamo sempre verificare se vi possano stare.
Perchè ciò possa avere un senso però queste illusioni devono essere condivise, perchè nel mondo che esse rappresentano è essenziale viverci insieme. Ciò è già avvenuto se è vero che aprendo gli occhi condividiamo la stessa illusione di realtà, e attraverso la scienza ciò può ancora avvenire rinnovandosi le nostre illusioni da condividere. Che senso ha invece credere a un solo Dio, che però è diverso per ognuno?
Tornado al tema del discorso, la sensazione di libero arbitrio esiste in quanto tale, ma ciò che conta è ciò che la genera, cioè la realtà che questa sensazione ha intercettato.
Senza fare voli pindarici il libero arbitrio è ciò che ci distingue dalla materia, per cui, seppur soggetti alle leggi naturali, non perciò le nostre scelte sono prevedibili, al punto che io non posso prevedere quali decisioni prenderò. a meno che non scelga di non scegliere, obbedendo a presunte leggi divine, come la materia obbedisce a quelle naturali.
Abbiamo tutti un debole verso i mezzi di comunicazione, per cui essi diventano oracoli, e le religioni monoteistiche si riduco ad idolatrare un libro in particolare, monoteistiche perchè unico è il libro, ed ecco cosa intendo dire che nell'acqua che non si vuole bere ci si annega, se quel libro ti insegna invece a fuggire gli idoli.
Chi può negare che nei libri ci si può immedesimare fino credere di viverci dentro?
Questo in se non è male , perchè è nella nostra natura immedesimarci in un racconto fino a credere di viverci dentro.
Il male è non considerare che il libro non è uno, ma tanti, e ad ogni lettura un Demone diverso si impossessa di noi e dentro a quel libro ci conduce a vivere in una esperienza che può essere illuminante fino a lasciarci abbagliati.
Allora se un libro devo scegliere, scelgo ''la storia infinita'', e ognuno potrà scegliere il suo, secondo il suo arbitrio, essendocene tanti.
La Bibbia è un tomo fatto di tanti libri... Umorismo a parte, io non stavo pensando a dei libri quando vi dicevo di rapportare il vostro pensiero a un oggetto appropriato. Si sente da parte tua una abitudine alle convenzioni.
Tu dici le illusioni, anche Leopardi ne diceva. Se la voglia di sapere di un uomo è eccessiva, gli restano le illusioni, oppure queste sono i sogni che ci fanno conoscere la realtà. Ma nella vita ci sono tante cose e il rapporto con l'Assoluto pure può essere vario.
Sicuramente il tuo ragionamento sullo scegliere di non scegliere e le leggi divine è corretto. Quello che va aggiunto ad esso, come tentavo di far comprendere con un mio messaggio di un po' di tempo fa', è il rapporto col lato negativo del mondo. In tal caso ci troviamo nella situazione opposta: non dobbiamo abbandonarci, come si fa invece con la realtà di Dio. Ciò significa quindi una limitazione dell'arbitrio, perché comunque non possiamo fare tutto ciò che vogliamo. L'arbitrio è da considerarsi libero solo nella misura in cui non lo consideriamo in rapporto con la Realtà Ultima o l'imprevedibilità del negativo. Difatti l'universo è infinito. Certo non in senso assoluto come Dio, ma pur sempre una infinità che a fronte delle nostre capacità costituisce una limitazione... E dato che nel mondo esistono gli imprevisti non solo positivi, ecco che dobbiamo tener conto di questo. Infatti, dicevo in quel precedente messaggio, anche durante i processi si dovrebbe valutare i limiti del nostro arbitrio. Lo si dica in termini cattolici, evangelici, ortodossi, o orientali, la sostanza non cambia. Nel caso del negativo il nostro limite si esprime nella necessità di doversi rifiutare a farsi travolgere dalle evenienze. Cioè: in tal caso siamo del tutto responsabili dell'abbandono al negativo, poi non possiamo capire in quali guai ci siamo messi, potendone uscire solo ricorrendo al principio assoluto (Dio, appunto). Rispetto all'Assoluto, all'Eternità, abbiamo il limite opposto: non ha senso guardarsi da Dio, non significa niente provare ad evitarne le azioni. Invece con le insidie del mondo è necessario il rifiuto.
Dicevo in quel messaggio, del fatto che dai tempi di Lutero ad oggi le legislazioni degli Stati europei e di molti altri Stati sono cambiate, indipendentemente dalla accettazione o non accettazione della Riforma. Ma restano situazioni da correggere. Spesso non si vuol capire dei casi dei criminali la differenza tra l'abbandono volontario al negativo e l'incomprensione che ciò crea in loro stessi. Non si tratta ovviamente di non potersi fermare o non più fermare dal delitto, ma del fatto di non capire il potere del negativo cui ci si è abbandonati. Penso che negli USA non riescano ad abolire la pena di morte perché in un modo o nell'altro c'è qualcuno che non vuol badare a questi principi.
Mauro Pastore
Il libero arbitrio ha uno scopo ben preciso.
Introduzione
Il Nulla come Telaio della Materia
Metafora del Telaio e del Tessuto: Immagina il nulla come un telaio invisibile, perfetto nella sua struttura, su cui si tesse la materia, il tessuto visibile e tangibile. Questa metafora rappresenta l'interazione fondamentale tra il nulla e la materia: il nulla fornisce la struttura invisibile e perfetta, mentre la materia manifesta questa perfezione in forme tangibili e percepibili. La metafora del telaio e del tessuto ci permette di visualizzare come il nulla, pur essendo invisibile e intangibile, sia essenziale per la creazione e la manifestazione della materia.
Capitolo 1: Il Nulla come Entità Perfetta
Definizione del Nulla: Esplora il concetto di nulla come entità perfetta, basata su tradizioni filosofiche e spirituali. Il nulla non è semplicemente l'assenza di qualcosa, ma una condizione di perfezione assoluta che precede e rende possibile l'esistenza della materia.
Filosofia Orientale: Nel Taoismo, il concetto di vuoto (Wu Wei) è centrale per comprendere l'armonia dell'universo. Il Buddhismo Zen enfatizza il vuoto (Śūnyatā) come essenza della realtà. Questi concetti suggeriscono che il vuoto non è un'assenza, ma una presenza potenziale che permette l'esistenza di tutte le cose. Il vuoto è visto come una condizione di potenzialità infinita, piuttosto che un'assenza totale. Questo vuoto è la base su cui si costruisce l'armonia dell'universo, un principio che guida l'equilibrio e la coesistenza di tutte le cose.
Filosofia Occidentale: Heidegger esplora l'essere e il nulla come elementi centrali della sua filosofia, affermando che il nulla è ciò che rende possibile l'essere. Sartre vede il nulla come una condizione necessaria per la libertà umana, poiché solo attraverso il nulla possiamo trascendere le nostre condizioni esistenziali. Per Heidegger, il nulla è ciò che permette all'essere di emergere e di essere compreso. Sartre, invece, vede il nulla come una forza liberatrice che ci permette di creare significato e di esercitare la nostra libertà.
Fisica Quantistica: Il vuoto quantistico non è un vero vuoto, ma un campo di potenzialità infinite, dove particelle virtuali emergono e scompaiono costantemente. Questo suggerisce che il vuoto è pieno di possibilità e che la materia emerge da questo campo di potenzialità. La fisica quantistica ci mostra che il vuoto è in realtà un mare di energia e potenzialità, dove la materia può emergere spontaneamente.
Inconcepibilità del Nulla: Analisi della natura inconcepibile del nulla e delle sue implicazioni filosofiche. Il nulla è difficile da concepire perché rappresenta l'assenza totale di esistenza, un concetto che sfida la nostra comprensione. Questo paradosso è stato esplorato da filosofi come Parmenide, che sosteneva che il nulla non può esistere, e da altri che hanno cercato di comprendere come qualcosa possa emergere dal nulla.
Implicazioni Metafisiche: Il nulla come base della realtà suggerisce che l'esistenza stessa è una manifestazione temporanea e contingente. Questo implica che la realtà è in costante trasformazione e che il nulla è la fonte di tutte le possibilità. La realtà è vista come un processo dinamico e in continua evoluzione, dove il nulla fornisce la base su cui si costruisce l'esistenza.
Capitolo 2: La Materia come Manifestazione della Perfezione del Nulla
Manifestazione della Perfezione: Discussione su come la materia e il tutto siano manifestazioni tangibili della perfezione del nulla. La materia è vista come una manifestazione visibile e tangibile della perfezione del nulla, che rimane invisibile e intangibile.
Dualità e Unità: La materia e il nulla sono due aspetti della stessa realtà. La materia è la manifestazione visibile del nulla, che rimane la struttura invisibile. Questa dualità è simile al concetto di yin e yang nel Taoismo, dove due forze opposte e complementari creano l'armonia dell'universo. La materia e il nulla sono visti come due aspetti complementari della stessa realtà, che interagiscono per creare l'armonia dell'universo.
Esempi nella Natura: La dualità onda-particella nella fisica quantistica illustra come la materia possa esistere in stati diversi, riflettendo la dualità nulla-materia. Ad esempio, la luce può comportarsi sia come onda che come particella, a seconda delle condizioni dell'esperimento. Questo esempio ci mostra come la materia possa esistere in stati diversi, riflettendo la dualità nulla-materia.
Esperimento della Doppia Fenditura: L'esperimento della doppia fenditura è un classico della fisica quantistica che dimostra la dualità onda-particella della luce e della materia. Quando un fascio di elettroni o fotoni viene fatto passare attraverso due fenditure, si osserva un pattern di interferenza tipico delle onde, anche se le particelle vengono inviate una alla volta. Questo suggerisce che ogni particella passa attraverso entrambe le fenditure simultaneamente, interferendo con sé stessa, come farebbe un'onda. Tuttavia, se si tenta di osservare attraverso quale fenditura passa la particella, il pattern di interferenza scompare, e le particelle si comportano come particelle classiche. Questo esperimento illustra come la materia possa esistere in stati diversi, riflettendo la dualità nulla-materia.
Implicazioni Metafisiche: Riflessioni sulle implicazioni metafisiche di questa visione. La materia, essendo una manifestazione temporanea del nulla, suggerisce che la realtà è in costante trasformazione. Questo implica che il nulla è la fonte di tutte le cose e che la materia è una manifestazione temporanea di questa fonte.
Relazione tra Nulla e Materia: La materia è una manifestazione temporanea del nulla, suggerendo che la realtà è in costante trasformazione. Questo implica che il nulla è la fonte di tutte le cose e che la materia è una manifestazione temporanea di questa fonte. La materia è vista come una manifestazione temporanea del nulla, che rimane la base immutabile della realtà.
Contributo alla Filosofia: Questa visione può arricchire la filosofia contemporanea offrendo una nuova prospettiva sull'esistenza e la realtà. Può anche influenzare la nostra comprensione della natura della realtà e del nostro posto in essa. La filosofia contemporanea può trarre beneficio da questa visione, che offre una nuova prospettiva sull'esistenza e la realtà.
Capitolo 3: L'Interazione tra Nulla e Tutto attraverso l'Esperienza Universale
Dualità della Materia: Analisi della natura duale di ogni atomo di materia, che contiene una parte di nulla. Ogni atomo di materia, quindi, è visto come una combinazione di nulla e materia, che interagiscono per creare le proprietà e il comportamento della materia.
Prospettiva Atomica: A livello atomico, la materia è composta da particelle subatomiche che emergono dal vuoto quantistico. Questo suggerisce che ogni atomo di materia contiene una parte di nulla, che è la fonte delle sue proprietà e del suo comportamento. La materia, quindi, è vista come una combinazione di nulla e materia, che interagiscono per creare le proprietà e il comportamento della materia.
Prospettiva Cosmologica: A livello cosmologico, l'universo stesso può essere visto come una manifestazione del nulla, con il Big Bang che rappresenta l'emergere della materia dal nulla. Questo implica che l'universo è in costante espansione e trasformazione, e che il nulla è la fonte di questa espansione. L'universo, quindi, è visto come una manifestazione del nulla, che fornisce la base per la sua espansione e trasformazione.
Esperienza e Perfezione: Discussione su come l'esperienza accumulata dalla materia arricchisca la perfezione del nulla. La materia, attraverso le sue esperienze, arricchisce il nulla, che rimane la base immutabile della realtà. Ogni esperienza materiale, quindi, contribuisce alla perfezione del nulla, suggerendo che l'esistenza è un processo di arricchimento continuo. Questo ciclo di esperienze e trasformazioni permette alla materia di evolversi e di adattarsi, arricchendo il nulla con ogni nuova esperienza. La materia, quindi, non è solo una manifestazione temporanea del nulla, ma anche un mezzo attraverso il quale il nulla si arricchisce e si perfeziona continuamente.
Ciclo Vitale della Materia: La materia passa attraverso cicli di nascita, crescita, decadimento e rinascita, arricchendo il nulla con ogni esperienza. Questo suggerisce che l'esistenza è un processo di arricchimento continuo, in cui la materia contribuisce alla perfezione del nulla. La materia, quindi, è vista come un processo dinamico e in continua evoluzione, che arricchisce il nulla con ogni esperienza.
Contributo dell'Esperienza: Ogni esperienza materiale contribuisce alla perfezione del nulla, suggerendo che l'esistenza è un processo di arricchimento continuo. Questo implica che ogni azione e ogni esperienza hanno un impatto sull'equilibrio universale e sulla perfezione del nulla. Ogni esperienza materiale, quindi, è vista come un contributo alla perfezione del nulla, che rimane la base immutabile della realtà.
Capitolo 4: Implicazioni Esistenziali e Filosofiche
Integrazione di Nulla e Tutto: Riflessioni sull'integrazione e armonizzazione tra nulla e tutto attraverso ogni atomo di materia.
Significato dell'Esistenza: L'esistenza è vista come un processo dinamico in cui il nulla e la materia interagiscono continuamente, creando e trasformando la realtà. Questo implica che la realtà è in costante trasformazione e che l'esistenza è un processo di arricchimento continuo.
Perfezione ed Eccellenza: Il nulla è perfetto nel senso che rappresenta una condizione assoluta e completa, priva di difetti o mancanze. La materia, invece, può essere vista come eccellente, poiché è in costante evoluzione e miglioramento, manifestando le potenzialità del nulla in forme tangibili e dinamiche. Il perfetto non potrà eccellere, poiché è già completo e immutabile. L'eccellente, d'altra parte, non potrà mai essere perfetto, poiché è sempre in un processo di miglioramento e crescita. Questa distinzione sottolinea come il nulla fornisca una base perfetta e immutabile, mentre la materia rappresenta l'eccellenza attraverso il suo continuo processo di trasformazione e crescita.
Prospettive Etiche: Questa visione implica una responsabilità etica verso la materia e il nulla, suggerendo che le nostre azioni hanno un impatto sull'equilibrio universale. Questo implica che dobbiamo agire in modo responsabile e consapevole, riconoscendo il nostro ruolo nell'equilibrio universale.
Prospettive Future: Considerazioni su come questa teoria possa influenzare la nostra comprensione della realtà e della vita, promuovendo una visione più integrata e armoniosa dell'universo. Questo implica che dobbiamo riconsiderare la nostra comprensione della realtà e del nostro posto in essa, e che dobbiamo cercare di vivere in armonia con l'universo.
Conclusione
Riflessioni Finali: Riassumi i punti principali della tua tesi e discuti le prospettive future della tua nuova disciplina religiosa.
Sintesi: Il nulla come telaio e la materia come tessuto offrono una nuova prospettiva sull'esistenza, suggerendo che la realtà è un'interazione dinamica tra l'invisibile e il visibile.
Impatto: Questa visione può arricchire la filosofia e la spiritualità contemporanea, offrendo nuove strade per la comprensione e l'illuminazione. Può anche influenzare la nostra comprensione della natura della realtà e del nostro posto in essa, promuovendo una visione più integrata e armoniosa dell'universo.
@Anacleto Ripari Interessante disamina.
Sulla quale vorrei fare alcune osservazioni:
Ho l'impressione che con nulla tu intenda il vuoto.
Ma il vuoto non è nulla.
Perché sono il vuoto e la materia con il loro gioco a costituire la realtà fisica.
Nulla è non esistenza, mentre la esistenza è composta da vuoto e da pieno.
Anche per il Big Bang l'universo nasce come materia, spazio e tempo.
Nasce dal nulla.
E infatti tutt'ora è, finito e illimitato, nel Nulla.
Se il Nulla è perfetto, non abbisogna neppure di alcuna etica.
L'etica non riguarda invece la necessaria metamorfosi da esistenza a Nulla?
In natura il libero arbitrio individuale è impossibile. In quanto natura e libertà sono incompatibili.
Intendi perciò con libertà la libertà dell'Uno? Ossia del Nulla?
In realtà è il concetto "Nulla" ad essere un prodotto della materia divenuta cogitante. Siamo alle solite con la (vetero)metafisica: realtà capovolta, nella visione delle cause e degli effetti. Con distorsione ontologica al seguito. Una volta capovolta la realtà, tutto è possibile per l'immaginario cogitante.
Perfino la fisica moderna comincia a dubitare che esista uno spazio vuoto, equivalente fisico del Nulla metafisico. La teoria quantististica ha quantizzato la dimensione spaziale, rendendola un ordito granulare in cui i fenomeni tessono le loro trame.
Tempi grami per il Nulla, che permane solo nella domanda di senso antropologico. Peraltro facilmente riempibile, come afferma l'esistenzialismo meno tanatofilo.
Mi sembrano interessanti appunti per una tesi di filosofia, non perciò privi di ripetizioni e contraddizioni, ma comunque OT.
Citazione di: iano il 04 Settembre 2024, 14:19:22 PMMi sembrano interessanti appunti per una tesi di filosofia, non perciò privi di ripetizioni e contraddizioni, ma comunque OT.
OT sta per
Ove
Ti fossi sbagliato, questo non è il posto giusto.
Per me è solo un testo scritto (malamente) da un'AI.
La maggior parte delle religioni: Determinismo! O:-)
La scienza: Indeterminismo. :'(
Come molti chiamano le due cose: Libero arbitrio. ;)
Citazione di: Morpheus il 12 Ottobre 2024, 09:58:02 AMLa maggior parte delle religioni: Determinismo! O:-)
La scienza: Indeterminismo. :'(
Come molti chiamano le due cose: Libero arbitrio. ;)
1.La maggior parte delle religioni:
Determinismo! Imposizione di una spiegazione ai fatti per fede.2.La scienza: Indeterminismo. Presa di coscienza della imposizione fideistica.Non c'è una spiegazione determinabile.Rimodulazione della necessità di imporre una spiegazione.Necessità di una spiegazione. Nessuna spiegazione è necessaria. Una spiegazione condivisa equivale a tutti gli effetti ad una spiegazione necessaria e determina un comune sentire.
3.Come molti chiamano le due cose: Libero arbitrio. Ciò che ci consente di imporre una spiegazione ai fatti.Possiamo farlo equivalere a tutti gli effetti al caso, infatti cosi come non sappiamo se uscirà testa o croce non possiamo prevedere ciò che decideremo.Una volta presa, perchè la decisione possa avere un effetto, dovremo tenerla ferma per un tempo sufficiente, come una fede.
Se definiamo il libero arbitrio come la scelta tra due opzioni irrilevanti (testa o croce) dobbiamo poi cercare di capire cosa succede quando le alternative non sono affatto irrilevanti.
In questo caso saremmo liberi solo se fossimo in grado di rinnegare la scelta che faremmo normalmente se ascoltassimo le nostre predilezioni? E siamo sicuri di poterlo fare?
Per esempio devo scegliere che tipo di pizza ordinare: dal menu vedo che ce ne sono 4 che prediligo, e la scelta dell'una o dell'altra mi è indifferente; poi ce ne sono 6 che non suscitano il mio entusiasmo; infine ce ne è una, quella con l'ananas, che mi disgusta.
Sarei quindi munito realmente di libero arbitrio se potendo scegliere una delle mie pizze preferite alla fine scegliessi proprio quella con l'ananas?
Il dubbio è che la scelta di quest'ultima sarebbe alla fine causata solo dal desiderio di dimostrare a me stesso di essere libero... Quindi "causata", necessaria, dal momento esatto in cui la mia mente è stata suggestionata da queste idee sul libero arbitrio.
Se la mia mente non fosse stata popolata da questi dubbi sul libero arbitrio non avrei mai scelto la pizza all'ananas. Potenzialmente avrei sì potuto farlo, ma non l'avrei mai fatto, e solo il formarsi di una motivazione più forte mi ha spinto (deterministicamente) a optare per essa.
Mi sembra cioè che il libero arbitrio concepito come potere effettivo di un'alternativa sulla sua opposta sia dimostrabile solo con ciò che è totalmente irrilevante.
Quando invece le cose contano, la scelta sembra necessaria.
Il che sposta il problema dalla virtualità delle alternative alla concretezza dei condizionamenti che impediscono a ciascuno di esprimere se stessi.
Ma se esprimere se stessi significa fare del male?
Il serial killer, uccidendo le sue vittime, non esprime forse se stesso, non realizza forse la sua più autentica libertà?
Citazione di: PhyroSphera il 15 Agosto 2024, 21:17:45 PMLa Bibbia è un tomo fatto di tanti libri... Umorismo a parte, io non stavo pensando a dei libri quando vi dicevo di rapportare il vostro pensiero a un oggetto appropriato. Si sente da parte tua una abitudine alle convenzioni.
Tu dici le illusioni, anche Leopardi ne diceva. Se la voglia di sapere di un uomo è eccessiva, gli restano le illusioni, oppure queste sono i sogni che ci fanno conoscere la realtà. Ma nella vita ci sono tante cose e il rapporto con l'Assoluto pure può essere vario.
Sicuramente il tuo ragionamento sullo scegliere di non scegliere e le leggi divine è corretto. Quello che va aggiunto ad esso, come tentavo di far comprendere con un mio messaggio di un po' di tempo fa', è il rapporto col lato negativo del mondo. In tal caso ci troviamo nella situazione opposta: non dobbiamo abbandonarci, come si fa invece con la realtà di Dio. Ciò significa quindi una limitazione dell'arbitrio, perché comunque non possiamo fare tutto ciò che vogliamo. L'arbitrio è da considerarsi libero solo nella misura in cui non lo consideriamo in rapporto con la Realtà Ultima o l'imprevedibilità del negativo. Difatti l'universo è infinito. Certo non in senso assoluto come Dio, ma pur sempre una infinità che a fronte delle nostre capacità costituisce una limitazione... E dato che nel mondo esistono gli imprevisti non solo positivi, ecco che dobbiamo tener conto di questo. Infatti, dicevo in quel precedente messaggio, anche durante i processi si dovrebbe valutare i limiti del nostro arbitrio. Lo si dica in termini cattolici, evangelici, ortodossi, o orientali, la sostanza non cambia. Nel caso del negativo il nostro limite si esprime nella necessità di doversi rifiutare a farsi travolgere dalle evenienze. Cioè: in tal caso siamo del tutto responsabili dell'abbandono al negativo, poi non possiamo capire in quali guai ci siamo messi, potendone uscire solo ricorrendo al principio assoluto (Dio, appunto). Rispetto all'Assoluto, all'Eternità, abbiamo il limite opposto: non ha senso guardarsi da Dio, non significa niente provare ad evitarne le azioni. Invece con le insidie del mondo è necessario il rifiuto.
Dicevo in quel messaggio, del fatto che dai tempi di Lutero ad oggi le legislazioni degli Stati europei e di molti altri Stati sono cambiate, indipendentemente dalla accettazione o non accettazione della Riforma. Ma restano situazioni da correggere. Spesso non si vuol capire dei casi dei criminali la differenza tra l'abbandono volontario al negativo e l'incomprensione che ciò crea in loro stessi. Non si tratta ovviamente di non potersi fermare o non più fermare dal delitto, ma del fatto di non capire il potere del negativo cui ci si è abbandonati. Penso che negli USA non riescano ad abolire la pena di morte perché in un modo o nell'altro c'è qualcuno che non vuol badare a questi principi.
Mauro Pastore
In questo messaggio qui sopra lamentavo la situazione giudiziaria derivante dal non comprendere che a fronte della massima negatività del mondo il nostro arbitrio è limitato, dobbiamo cioè praticare un rifiuto senza dover esercitare tutta la nostra libertà. Quindi a chi commette un delitto deve essere imputata la circostanza in cui si è messo ma senza illudersi che egli ne sapeva più di tanto. Ciò aiuta i giudici a non sbagliare e gli imputati a difendere i propri diritti. Guardate il video al link seguente:
https://www.ansa.it/sito/videogallery/italia/2024/10/25/turetta-piange-in-aula-incolpavo-giulia-di-non-poter-portare-avanti-la-mia_1e1540d8-00ee-43dc-9285-9b29f8ee4598.html
Non vi pare che il presunto colpevole manifesti uno sforzo di troppo, forse non per propria decisione? Sembra che (in ogni caso) gli sia stato richiesto un resoconto che non potrebbe mai essere rispondente a un atto commesso da un uomo. Sembra cioè che lui confessando di aver ucciso la sua compagna sia spinto, non saprei se da altri o sé stesso, a fornire una versione esagerata dei fatti, irreale, forse in presenza di un auditorio un poco sognante e troppo poco realista. A tratti si ha l'impressione — vagamente dai modi — che sia costretto (autocostretto?) ad ammettere una responsabilità in più, a mostrare una coscienza, nel fare delitto, che non può esistere per nessun essere umano. Come se dovesse fornire il resoconto dell'attacco di un bufalo o un caprone o di una pietra che si stacca e fatalmente travolge qualcuno!
D'altronde, mi pare di ricevere pure l'impressione di un certo fatalismo, un senso fatale dell'abbandono, come se volesse dare a vedere di non essere stato lui a volersi mettere in una situazione troppo negativa per essere gestita favorevolmente alla vita, cadutoci per caso e non per responsabilità.
Certo in tal caso durante il processo c'è da chiedersi, a prescindere dalle eventuali dichiarazioni di colpevolezza dello stesso imputato, se sia stata una vera scelta o se qualcuno lo abbia costretto. Ma in tal ultimo caso, si tratterebbe di spostare il nostro ragionamento su un'altra persona, o supporre non un vero crimine ma un incidente dovuto a tragica incomprensione. Nel caso del link, si può ipotizzare, per esempio, una richiesta di suicidio da parte della persona poi uccisa, per via di un estremo fraintendimento.
Ciò, riguardo ai rapporti dell'arbitrio col Negativo.
Riguardo a quelli con l'Assoluto ovvero Dio, inutile sarebbe richiedere a un credente di spiegare come ha fatto per trovare la fede. Nel caso di un imputato in un processo che si dichiari credente, bisogna evitare di pretendere dimostrazioni di una propria buona disposizione verso
l'oggetto della propria fede, sarebbe sbagliato screditarlo, ritenerlo un bugiardo nel dichiarare il suo rapporto con l'Assoluto cioè Dio rimproverandogli di essersi trovato con una fede senza procurarsela proprio lui.
Nel discorso filosofico o nel dibattito culturale, ma pure a suo modo in un qualunque dialogo, non si dovrebbe pretendere dall'interlocutore o dal contendente di accettare una forma particolare di pensiero, di espressione. Chi usa dire "servo arbitrio", chi no; e non è questo il punto; chi racconta in un modo, chi in un altro, e non si tratta di uniformare idee e omologare concetti.
MAURO PASTORE
La relatività ci insegna che la libertà di costruire il nostro mondo da abitare, ci consegna un libero arbitrio nei limiti del piano umano ma ci schiaccia, assediati, sotto il peso della legge naturale.
Citazione di: nessuno il 13 Maggio 2025, 10:22:00 AMLa relatività ci insegna che la libertà di costruire il nostro mondo da abitare, ci consegna un libero arbitrio nei limiti del piano umano ma ci schiaccia, assediati, sotto il peso della legge naturale.
Ne diceva il teorico del Pensiero Debole G. Vattimo. Però ricordo distintamente che durante un incontro con R. Rorty e a fronte delle perplessità o proteste contro il suo pensiero sulla libertà dalla natura egli dichiarava la sua formazione
esistenziale...La nostra esistenza differisce da quella dei puri animali; gli esseri umani non possono permettersi di attenersi soltanto alla légge naturale senza restarne oppressi. Ma esistenzialità a parte vi sono forme di esistenzialismo che isolano la libertà dalla natura scordando che essa non cancella le necessità naturali. Quindi la valutazione del potere superiore della cultura rispetto a quello della natura nella umanità rischia di tramutarsi e si tramuta talvolta in un arbitrio di troppo. Non solo e non tanto il
contro natura, ma la
snaturatezza in questo caso diviene effettiva e catastrofica.
L'immagine di una natura pesante, della sua légge che schiaccia, sono segno di un desiderio di impossibili lotta e distacco dal piano naturale. I filosofi che incautamente esaltano il divenire si fanno ex, in mezzo a tanti destini compromessi, certe volte stabilmente. Esistono forme perenni da rispettare e sembrano soffocanti a chi non l'ha intese.
Ho citato il Pensiero Debole perché attorno ad esso si agitano pretese impossibili. Vattimo per continuazione indicava un ritorno alla
forza ma non a quella delle cieche imposizioni di schemi falsamente naturali. Egli poi fu captato da ambienti incomprensivi - che cercavano di sfruttarlo, fino a voler distorcere le sue dichiarazioni e discorsi, già resi precari dai problemi neurologici.
Le sue difficoltà erano eloquenti. Difatti ci sono ambienti sociali e civili prepotenti che hanno smarrito il senno - non garantisco che anche lui qualche volta lo avesse, ma il suo operato fondamentale risulta essere stato sensato e non prevedeva lotta e abbandono di stati naturali. Sull'arbitrio, si era aperto alle verità del protestantesimo, ma non le aveva accettate perché non sentiva forte la presenza, e neanche la presenza-assenza (come lui avrebbe detto), di Dio. In ciò era allineato su una prospettiva relativista di accoglimento anche senza accettazione delle altrui posizioni.
Constatavo però alquanta irresponsabilità sulle questioni bioetiche, per un periodo della sua attività. Tanti glielo rimproverarono e non senza una ragione.
MAURO PASTORE