Buon pomeriggio. Azzardo una critica alla storia della filosofia. A mio giudizio tutto andò bene fino a Parmenide. Dopo di lui arrivò Platone. Senz'altro fu Parmenide a porre la questione dell'essere, ma io mi chiedo come mai i filosofi si siano tuffati in una bimillenaria speculazione circa l'essere senza sapere su cosa si fondasse il linguaggio.[/size] In effetti sul Cratilo di Platone vi è un dialogo sul significato delle parole, ma dopo averne letto qualche parte mi era sembrata farraginosa la dissertazione di Socrate . Del resto anche nel Menone mi era sembrata del tutto arbitraria la spiegazione su come lo schiavo apprendesse la geometria, tanto che fu messa in crisi da Leibnitz in maniera non del tutto esauriente. Mi chiedo dunque se il problema riguardante il fondamento del linguaggio fosse inattuale. E mi chiedo come mai possa essere, almeno in parte, ancora inattuale tale problematica.
Salve daniele22. Non capisco che c'entri l'"essere" (verbo) con il linguaggio.
Tu dirai che il linguaggio deve servire a comunicare, a spiegare, a definire un sacco di cose, tra cui l "essere" ed il senso stesso delle cose. Verissimo e sacrosanto il fatto che esso DOVREBBE SERVIRE A............
Disgraziatamente esso linguaggio non PUO' SERVIRE A.............dal momento che esso non è affatto in grado di chiarire nè il proprio senso (non può risolvere la propria tautologia) nè il senso di ALCUNA ALTRA COSA, dato che esso risulta autoreferenziale e quindi......................la sua funzione non può che consistere nel CERCARE (vanamente, trovo) di chiarire ciò che è oscuro all'intelletto ma contemporaneamente oscurando ciò che è chiaro ai sensi.
Ovvero......hai voglia di riempire di chiacchiere il mondo...........la filosofia è solo una ginnastica mentale. Saluti.
Citazione di: daniele22 il 23 Maggio 2021, 17:35:22 PM
Buon pomeriggio. Azzardo una critica alla storia della filosofia. A mio giudizio tutto andò bene fino a Parmenide. Dopo di lui arrivò Platone. Senz'altro fu Parmenide a porre la questione dell'essere, ma io mi chiedo come mai i filosofi si siano tuffati in una bimillenaria speculazione circa l'essere senza sapere su cosa si fondasse il linguaggio. In effetti sul Cratilo di Platone vi è un dialogo sul significato delle parole, ma dopo averne letto qualche parte mi era sembrata farraginosa la dissertazione di Socrate . Del resto anche nel Menone mi era sembrata del tutto arbitraria la spiegazione su come lo schiavo apprendesse la geometria, tanto che fu messa in crisi da Leibnitz in maniera non del tutto esauriente. Mi chiedo dunque se il problema riguardante il fondamento del linguaggio fosse inattuale. E mi chiedo come mai possa essere, almeno in parte, ancora inattuale tale problematica.
Giusta osservazione.
Se qualcosa è solo per me allora io sono un visionario.
Se si condivide una visione allora essa corrisponde a qualcosa che è, e se si condivide attraverso il linguaggio allora l'essere è basato sul linguaggio, ma più in generale su qualunque meccanismo di condivisione.
Quindi l'essere corrisponde a una visione comune.
Se tutti vedono qualcosa allora quella qualcosa è , anche se, secondo me ,in un senso diverso da quello comunemente inteso, che non so' se riesco a spiegare.
L'essere non è in se' ma in noi in quanto visione condivisa la cui funzione è quella di farci condividere esperienze.
Se tutti noi condividiamo lo spazio di Newton allora noi viviamo insieme in quello spazio, nel senso che agiamo in modo coordinato in esso, ma lo spazio di Newton non è in se'.
Infatti lo stesso si può dire dello spazio tempo di Einstein che corrisponde a una diversa visione.
Ciò che 'vediamo" non è , se non nella misura in condividiamo la visione, ad esempio attraverso il linguaggio.
Quindi l'essere si fonda sui mezzi di condivisione come ad esempio il linguaggio.
La possibile pluralità degli spazi comporta che ciò che essi contengono non abbia una esistenza in se', perché non c'è uno spazio univoco , uno spazio in se'.
In genere credo non sì traggano le giuste conseguenze dal fatto che, quando si ammettesse l'esistenza delle cose in se', diventa però poi difficile spiegare il loro diverso grado di concretezza, come se esistessero diversi gradi dell'esistenza.
Credo che questo diverso grado meglio possa fondarsi sui diversi meccanismi di condivisione , e che perciò su di essi possa meglio fondarsi l'esistenza.
Di fatto noi ci comportiamo come se le cose davvero esistessero, ma siamo anche in grado di modificare lo spazio delle cose in cui agiamo . Naturalmente possiamo vivere in uno spazio se vi possiamo agire in coerenza, e quando ciò sembra possibile tendiamo a fondare l'esistenza dello spazio che viviamo e delle cose che contiene su quella coerenza.
Ma in effetti esistono diversi spazi parimenti coerenti nei quali troviamo utile poter vivere.
Però, finché ci era dato vivere in solo spazio era facile fondare la sua esistenza sulla sua coerenza.
In un certo senso Platone aveva visto giusto secondo me sul fatto che non tutte le cose che sembrano esistere possano esistere condividendo lo stesso mondo .
Così ha fondato la loro esistenza sulla esistenza di mondi diversi, ma senza fondare, andando così a ritroso, l'esistenza, se non sull'esistenza stessa, mentre pare a me meglio, col senno di poi, fondare l'esistenza sulla possibilità di condividere mondi diversi, che giustifichino ancora , in questo diverso modo , il diverso grado di esistenza delle cose.
Tanto crederemo di poter vivere contemporaneamente e realmente in questi diversi mondi, come se ciò non fosse paradossale, tanto potremo credere nell'esistenza delle cose in se'.
Platone risolve il paradosso affermando che viviamo in un unico mondo, ma che per un gioco di riflessi possiamo attingere ad altri mondi, mondi esclusivi fra loro, ma non tanto da non poter condividere cause ed effetti, e che quindi tanto esclusivi non sembrano.
Quindi di fatto non risolve il paradosso , ma lo trasla altrove.
Ricapitolando.
Platone non potendo fondare l'esistenza di ogni cosa su un unico contenitore di cose, la fonda su due contenitori esclusivi, ma che essendo uno la negazione dell'altro, uno perfetto e l'altro non perfetto, li fonda di fatto su una loro relazione che ne contraddice l'esclusività.
Se due contenitori comunicano fra loro allora sono un solo contenitore.
Ma questa visione , nella misura in cui la condividete, e correggetemi se sbaglio, riguarda meglio la moderna topologia che la vecchia, per quanto ancora attuale, geometria delle perfette forme di Platone., che quindi Platone non poteva condividere con noi.
Puoi prendere un contenitore, ad esempio una sfera, puoi manipolarla strozzandola al centro, ma dal punto di vista della moderna topologia non ne hai modificato la sostanza.
Hai effettuato cioè una operazione invariante , per cui hai ottenuto nulla di diverso da ciò che avevi: un unico contenitore.
Gli spazi topologici, ma qui lo dico e qui lo nego perché non sono un esperto, includono come spazio particolare quell'unico che conosceva Platone, anche detto spazio euclideo, dove le operazioni varianti sono le traslazioni delle figure.
Un triangolo rimane tale se lo sposti un po' più in là'.
Le dimostrazioni dei teoremi di Euclide, basate sul confronto delle figure, si basano sulla possibilità di traslare le figure senza modificarne l'essenza, perché ciò egli crede essere nella natura delle cose comprese le cose perfette, mentre questa possibilità è ciò che fonda la loro particolare esistenza.
Si comprende quindi come nasca l'associazione dell'idea di cose che esistano all'idea di cose che non cambiano, pur quando abbiamo l'evidenza che le cose mutino.
Il paradosso si risolve sostituendo il concetto di non-mutamento con quello di invarianza.
Cosa rimane ancora di una cosa quando proviamo a manipolarla in un preciso modo?
La sua essenza che a quel particolare modo di manipolare resiste.
Occorre quindi specificare il modo e ad ogni modo diverso corrisponde un mondo nuovo che contiene cose diverse.
Un triangolo non è una cosa in se', ma esiste come ciò che non muta per traslazione.
Puoi manipolarlo spostandolo , e non si può dire così che nulla sia mutato, ma non il fatto che il triangolo sia cambiato nella sua natura, ciò per cui esso è.
E se queste sono solo parole, è proprio sulla possibilità di condividere un linguaggio che si fonda l'esistenza.
Si può credere che l'esistenza di cose più concrete di un triangolo debba avere , a ragione appunto della diversa apparente esistenza, una diversa genesi, ma considerate che questo è un modo di complicare le cose che conduce a paradossi.
Ciao viator e iano, cerco di fare una sintesi. Il verbo essere è usato nella lingua italiana e mi sembra che nella lingua araba venga omesso quando ci si riferisce al presente (quella dell'arabo mi è venuta d'istinto e l'ho scritta senza ben sapere cosa significhi di preciso). Viator, secondo me il linguaggio è in ultima analisi il dialogo che ogni essere vivente intrattiene col mondo. La nostra lingua soddisfa a tale esigenza essendone un prolungamento. Il mondo che separiamo mentalmente da noi tramite la conoscenza, rivela tramite la lingua una conoscenza collettiva che può rappresentarsi in una sorta di grande enciclopedia. Non rivela però al mondo i nostri sentimenti o affettività (nel bene e nel male). E pure sono questi che io personalmente vorrei che si rivelassero, giacché son questi a muovere il mondo. Naturalmente non pretendo che ciascuno si confessi pubblicamente, ma che si confessi pubblicamente l'efficenza con cui questi muovono il mondo. Sempre Viator, io dico che la lingua deve servire a comunicare, ma che serva a spiegare è altra faccenda e qui arriviamo all'autoreferenza della lingua umana. Se io riesco a comunicare a qualcuno che un frutto si può mangiare senza usare la lingua posso mangiarlo semplicemente davanti a lui. Se io dopo gli comunico un suono facendogli vedere il frutto probabilmente quel qualcuno associa il suono al frutto. Non vi sarebbe a mio giudizio autoreferenzialità quando si resti a tali livelli comunicativi. De Saussurre aveva introdotto i concetti di segno, referente e significato. E' sul concetto di referente che lavora soprattutto la nostra lingua sosteneva ed è per questo forse che si parla infine di autoreferenzialità. Io sosterrei invece che il referente è un concetto in più e basterebbe solo il segno a spiegare tutta la faccenda in relazione al significato.
Iano, tu parli di Einstein e Newton, ma non parli della meccanica quantistica. Parli giustamente delle conoscenze condivise, ma Heidegger cosa realmente sapeva della meccanica quantistica? A mio giudizio, molto poco. Dico questo senz'altro arbitrariamente, ma mi sembra che Heidegger abbia scambiato l'individuo per la massa di individui, cioè che abbia attribuito all'esserci dell'individuo le caratteristiche della sapienza collettiva umana, oscurando così il fondamento dell'individuo che sta a mio giudizio nell'affettività. Tutto ciò sarebbe accaduto perché ha tenuto fuori la parte affettiva del significato di ogni cosa e col termine cosa intendo qualsiasi cosa che la mente riesca ad imbrigliare tanto da poterne parlare anche a vanvera. Tale parte sarebbe invece inscindibile da quello che io chiamo il significato di una cosa che all'oggi è viziato (il significato) da tale mancanza. Nell'esser avanti a sé (e qui azzardo un'ipotesi) non terrebbe infatti conto del peso dell'affettività, facendola intervenire in modo disunito dalla conoscenza.
Immaginavo che sarebbero sorte richieste di spiegazione. Se queste risultassero soddisfacenti per voi, ripropongo ancora la domanda da me formulata nel chiedermi se il probema del linguaggio sia inattuale tanto a quei tempi quanto ora. Buona notte
PS: non ho letto il tuo ultimo messaggio iano, ma ho sonno
Buona mattinata. Forse mi sono riferito a vanvera a De Saussure, ma in ogni caso la sostanza resta. C'è una cosa iano di cui non possiamo parlare ed è l'essenza di qualcosa. Si tratta di un limite della nostra conoscenza. In altre parole noi possiamo parlare della storia delle immagini, ma non delle immagini. Forse io posso parlare della mia essenza, ma non ne sono proprio cosi sicuro, giacché per farlo dovrei riferirmi alla mia essenza valutandola in ogni istante in cui affermo me stesso. Potrei dire infine che la mia essenza risiede nel fatto che voglio vivere, almeno fino a quando essa muti in una voglia di morire, ma cosa me ne faccio di questa considerazione così banalmente ovvia?
Citazione di: daniele22 il 24 Maggio 2021, 10:23:10 AM
C'è una cosa iano di cui non possiamo parlare ed è l'essenza di qualcosa. Si tratta di un limite della nostra conoscenza. In altre parole noi possiamo parlare della storia delle immagini, ma non delle immagini.
Eppure mi sembra di averne parlato. :)
L'essenza è ciò che non cambia a fronte di un preciso e ben definito mutamento.
Quando c'è un mutamento non tutto cambia, e ciò che rimane è da riferirsi a quel mutamento.
Cosa rimane di due palle da biliardo dopo che si sono scontrate?
Apparentemente tutto, tutta la loro essenza, ma solo perché abbiamo imparato ad astrarre dalla loro essenza la loro posizione.
Diamo ciò per scontato , ma in effetti è il risultato di un processo.
Ma l'essenza è relativa al mutamento.
Cosa rimane se faccio scontrare le due palle a velocità supersonica?
Dirò allora che la loro essenza è l'essere costituiti di atomi?
Esattamente.
Ma allora se ridefinisco il mutamento si ridefinisce l'essenza.
Non posso parlare dell'essenza delle cose solo finché non prendo coscienza del mutamento che le definisce, posto che la coscienza in se' non è necessaria alla percezione delle cose.
Anche noi siamo il risultato di un processo, quindi non possediamo un essenza in assoluto, ma possiamo assumerla come tale se poniamo un limite alla conoscenza, cioè ai processi che la generano, non avendone essa a piopri.
In effetti non siamo noi a porre quei limiti, ma la consuetudine, cioè il vivere un ambiente cui sono soliti alcuni cambiamenti piuttosto che altri.
Quando costruiamo acceleratori di particelle lo,facciamo per uscire dalle nostre consuetudini, scoprendo nuove essenze.
O iano, ti chiedo dunque quale sia l'essenza degli atomi. Siamo partiti dalla critica alla storia della filosofia incentrata sull'essere e siamo fin qui giunti. L'essere è tempo dice Heidegger, ma che me ne faccio di tutto ciò? Come fa questo motore immobile a produrre tutto il movimento implicato dal tempo? Mi sembra che questa sia infine la risposta da dare. Allora io dico che il motore immobile corrisponde al principio di attrazione, repulsione e, terzo polo (quello che è infine determinato dall'osservatore), quello che si situa all'interno di tali polarità e che è quello che può riconoscere pertanto l'esistenza di tali polarità. Di fatto due entità non potrebbero rilevare alcuna differenza tra loro senza un punto di riferimento che rilevi la differenza. Nel nostro mondo umano tali due polarità sono rappresentate dal bene e dal male, dall'amore e dall'odio. Noi osservatori le designamo ciascuno a suo modo, ma non penso che si possa distorcere più di tanto tali concetti, a meno di proporre eccezioni che fuoriescono da un ragionevole principio di realtà
Parmenide asserisce che l'Essere è ciò che non può divenire altro da sé.
La frase implica due aspetti: il primo abbozzo di logica che fu poi espresso da Aristotele e il tempo, il tempo stabile, eterno, fermo, rispetto al divenire dei mutamenti, delle trasformazioni, delle apparenze.
L'essere quindi è un nome, grammaticalmente, un sostantivo come gli enti.
Parmenide con il suo asserto non può concepire il mondo del divenire, del mutamento, che è poi il mondo dell'esistenza fisica. Platone e Aristotele non possono negare l'evidenza: il divenire è, esiste.
Si pone quindi una prima problematica, come scritto precedentemente L'essere è il topos, il luogo della verità, in quanto stabile, eterno e noi vivendo siamo nel tempo del mutamento, dei fenomeni fisici. L'evidenza dell'esistenza è come se si scontrasse con l'essenza della verità dell'essere.
Il come si relaziona l'esistenza fisica diveniente con l'essere eterno è il fulcro della metafisica che solo pochi autori filosofici hanno argomentato.
Se l'essere è in quanto verità, non può venire dal nulla, chi pensa che veniamo dal nulla entra nell' "aporia del nulla" dove cio che è non può venire dal nulla e svanire nel nulla.
I due domini ,l'essere eterno, e le esistenze divenienti fisiche in cosa sono relazionate, cosa li comunica? Per via deduttiva non può che il dominio dell'essere ad aver costruito quello diveniente, per cui nell'esistenza per quanto l'essere non sia svelato ,deve necessariamente esserne "traccia".
Non possono i due domini essere completamente staccati, diversi e incomunicabili.
In età moderna penso che solo Hegel ne abbia compiuta una trattazione, a suo modo, direi originale.
Lo pone in modo dialettico e il più attuale e vicino a noi Severino ,pur con nuove formulazioni, lo segue. Hegel trasforma la metafisica in logica e la pone in forma dialettica. La comunicazione fra induzione e deduzione passa dal concreto della realtà diveniente, fisica all'astratto del pensiero , per cui viene concettualizzato oltre all'essere il non-essere come negativo. Heidegger invece si pone in un altro modo originale, esistenziale.
Ciao a tutti e in particolare a Paul11. Nel post precedente sostenevo che il motore immobile era la legge, o meglio il principio di attrazione repulsione e osservatore che sta all'interno (l'esserci).
Parlando dell'origine della nostra lingua un mio amico mi disse che non era possibile sollevarsi da terra tirandosi per i capelli. Giusta osservazione dissi. Però io non ho criticato il sostantivo, altrimenti sarei finito tra le schiere di coloro che han fatto la fine che hanno fatto. Ho invece criticato il linguaggio umano non in relazione alla lingua. Ho criticato cioè il suo comportamento, lingua compresa, cercandolo tra il comportamento di altre specie.
Son partito da una fede datami da una intuizione giudicata vera e ho proceduto con qualche altra piccola intuizione (sul fenomeno dell'intuizione ci sarebbe da dire qualcosa) lungo un percorso che mi ha dato la risposta che soddisfava la fede. Certamente posso averla forzata. Sono qui per questo in fondo. Fuori tema c'è da chiedersi come mai Severino abbia fatto più o meno la fine di Spinoza. Io non lo so.
Infine stop.
Nessuno comunque ha risposto alla domanda che non esplicitamente, ma quasi, avevo esposto nel topic. Ed era questo il problema sul quale volevo sentire la vostra opinione. Platone no, ma qualcun altro, e di sicuro c'è stato qualcun altro, sì. Non avrebbe potuto dunque affermarsi costui ponendo il primato delle riflessioni rivolte all'interiorità come sto facendo io in quest'istante? Non poteva cercarlo lì dentro l'essere? Basta con la ginnastica mentale. Tutti questi filosofi che citi sembrano avere fallito a quanto mi par di vedere.
A tutti voi che leggete: Oltre ai bombardati, ai morti di fame, a quelli che quasi lo sono, a quelli in galera e a tutte le nefandezze che si compiono impunite, è (con l'accento) infine pensando alla coscienza di zeno che immagina un individuo che va nel profondo della terra e la fa saltare per aria che ho deciso di svelare dove sta l'errore. Fosse per me si potrebbe anche lasciar fare, tanto, prima o dopo dovrà pur giungere qualcosa di diverso dalla vita, ma siccome sono una parte in un gruppo ........................ . Noi pensiamo di percepire gli oggetti coi sensi. Invece li percepiamo con la mente. Dio era il verbo, e ora, per quel che mi riguarda, si è allontanato, proprio come il cappello che cercava di raccogliere da terra Clint Eastwood, e in quel momento arrivava puntuale la pallottola di Lee Van Clif a farglielo volare via. Bestiale!, direbbe l'ispettore Coliandro. Io ho gettato un guanto di sfida con l'anarchia ... e lì ho udito che qui dentro nessuno comprende Einstein, ammesso che io l'abbia compreso. Lo getto ancora contestando 2400 anni di speculazioni filosofiche e voi non accettate la sfida. C'è pure tra noi un aspirante filosofo! Chissà che idea si è fatto del forum. Senza contare il rapporto tra numero di iscritti e numero di parlanti. Percentuali da covid. Complimenti e buona serata
In filosofia il rigore è tutto. Anche nell'impostare le domande.
Citazione di: Ipazia il 25 Maggio 2021, 23:22:06 PM
In filosofia il rigore è tutto. Anche nell'impostare le domande.
Brava Ipazia, complimenti. Per me, il rigore che ha portato avanti la filosofia da Platone in avanti è solo carta inchiostrata con cui non ci si può nemmeno pulire il sedere. Tu non ti sottrai a tale legge, io sì. Ma giungerà il giorno degli indiani. Tra voi ci sono solo molti pavidi o molti disonesti; forse siete solo dei giornalisti che temono che gli venga tolta la sedia di sotto il ....
Cosa hai letto di filosofia ? Che ne sai della vita e delle opere di Platone ? Che ne sai della koinè del suo tempo ?
Citazione di: daniele22 il 25 Maggio 2021, 22:40:03 PM
Ciao a tutti e in particolare a Paul11. Nel post precedente sostenevo che il motore immobile era la legge, o meglio il principio di attrazione repulsione e osservatore che sta all'interno (l'esserci).
Parlando dell'origine della nostra lingua un mio amico mi disse che non era possibile sollevarsi da terra tirandosi per i capelli. Giusta osservazione dissi. Però io non ho criticato il sostantivo, altrimenti sarei finito tra le schiere di coloro che han fatto la fine che hanno fatto. Ho invece criticato il linguaggio umano non in relazione alla lingua. Ho criticato cioè il suo comportamento, lingua compresa, cercandolo tra il comportamento di altre specie.
Son partito da una fede datami da una intuizione giudicata vera e ho proceduto con qualche altra piccola intuizione (sul fenomeno dell'intuizione ci sarebbe da dire qualcosa) lungo un percorso che mi ha dato la risposta che soddisfava la fede. Certamente posso averla forzata. Sono qui per questo in fondo. Fuori tema c'è da chiedersi come mai Severino abbia fatto più o meno la fine di Spinoza. Io non lo so.
Infine stop.
Nessuno comunque ha risposto alla domanda che non esplicitamente, ma quasi, avevo esposto nel topic. Ed era questo il problema sul quale volevo sentire la vostra opinione. Platone no, ma qualcun altro, e di sicuro c'è stato qualcun altro, sì. Non avrebbe potuto dunque affermarsi costui ponendo il primato delle riflessioni rivolte all'interiorità come sto facendo io in quest'istante? Non poteva cercarlo lì dentro l'essere? Basta con la ginnastica mentale. Tutti questi filosofi che citi sembrano avere fallito a quanto mi par di vedere.
A tutti voi che leggete: Oltre ai bombardati, ai morti di fame, a quelli che quasi lo sono, a quelli in galera e a tutte le nefandezze che si compiono impunite, è (con l'accento) infine pensando alla coscienza di zeno che immagina un individuo che va nel profondo della terra e la fa saltare per aria che ho deciso di svelare dove sta l'errore. Fosse per me si potrebbe anche lasciar fare, tanto, prima o dopo dovrà pur giungere qualcosa di diverso dalla vita, ma siccome sono una parte in un gruppo ........................ . Noi pensiamo di percepire gli oggetti coi sensi. Invece li percepiamo con la mente. Dio era il verbo, e ora, per quel che mi riguarda, si è allontanato, proprio come il cappello che cercava di raccogliere da terra Clint Eastwood, e in quel momento arrivava puntuale la pallottola di Lee Van Clif a farglielo volare via. Bestiale!, direbbe l'ispettore Coliandro. Io ho gettato un guanto di sfida con l'anarchia ... e lì ho udito che qui dentro nessuno comprende Einstein, ammesso che io l'abbia compreso. Lo getto ancora contestando 2400 anni di speculazioni filosofiche e voi non accettate la sfida. C'è pure tra noi un aspirante filosofo! Chissà che idea si è fatto del forum. Senza contare il rapporto tra numero di iscritti e numero di parlanti. Percentuali da covid. Complimenti e buona serata
ciao Daniele22
Devi sapere tu cosa cerchi e dove vuoi andare prima di tutto. Oggi un testo di filosofia potrebbe non farti nessun effetto e sentirlo estraneo a te, ma allora devi capire te stesso per sapere cosa cerchi davvero.
La filosofia ,a mio parere, nasce dal Thauma, che ha più significati in quanto allo stesso tempo è meraviglia e paura, stupore e angoscia.
Citazione di: Ipazia il 26 Maggio 2021, 10:25:43 AM
Cosa hai letto di filosofia ? Che ne sai della vita e delle opere di Platone ? Che ne sai della koinè del suo tempo ?
Che argomenti che mi porti Ipazia. Gli argomenti di una scienza da ranocchi da dopo Parmenide in poi. Gli argomenti di gente che ha voluto pretendere l'assoluto dalle parole criticando al tempo stesso tutti gli assoluti. Gente che oggi cerca ancora significati esoterici per la parola aletheia. La verità e la falsità stanno nell'azione del ghepardo che raggiunge o no la sua preda. La filosofia è stata il bordone delle nazioni e delle loro malefatte, solo questo è stata. Cosi come lo è stata la religione, e anche questa come la filosofia non dall'inizio, ma dopo un po'. Evidentemente ne so più di te di filosofia, visto il tono della tua domanda e visto che io pretendo di sapere il fondamento dell'essere umano. La mia filosofia l'ho conseguita per le strade del mondo, no di certo in quella intricata sabidurìa dei testi filosofici. O meglio, quella pure mi ha dato conoscenza, della sua ignoranza però. In ogni caso ci fu qualche buon filosofo in questi 2400 anni. Concludo con un monito. Io non sono un giudice, e non lo voglio essere. Qualcuno però un giorno, in regime di democrazia, potrebbe accusare delle persone di avere ostacolato la diffusione delle idee incidendo sulla vita di altre persone. Le idee sono quelle di coloro che rifiutano il potere di un mostro coi piedi di argilla. La vita è quella di cui parlo alla fine del mio post precedente. Buon pranzo
Chiedo venia. Mi aveva ingannato il titolo della discussione. Attendo con somma curiosità l'innovazione che ad essa, dopo una critica così accurata e definitiva di tutto il pregresso, apporterà a quella storia Daniele22. Nel frattempo vorrei rassicurarlo che nessuno attenterà alla sua performance.
Citazione di: Ipazia il 26 Maggio 2021, 10:25:43 AM
Cosa hai letto di filosofia ? Che ne sai della vita e delle opere di Platone ? Che ne sai della koinè del suo tempo ?
O Ipazia, sei forse una giornalista del pd che esterna la vecchia fede comunista? ... data la risposta così velenosa ... scherzavo. In ogni caso la risposta successiva a quella che qui ho ricitato denuncia una certa paura, o una certa ignoranza. E' solo una mia frivola maliziosità naturalmente, mi piace anche perder tempo, d'altra parte guadagnarlo che sarebbe? Vedi Ipazia, in questo topic vi fu qualcuno che pose poche domande dirette, costruttive, concise e acute. Certamente non l'hai fatto tu, se non in quel penoso ultimo post, perdonami. Per il tempo che perdo non c'è problema, a volersi fidare delle istituzioni però. Un paio di mesi prima di approdare a questo forum scrissi infatti un dialogo di 5000 parole che inviai a ben 6 docenti di filosofia, l'ultimo dei quali ebbe pietà di me e mi disse che aveva ricevuto il malloppo, e pure mi disse che non si riteneva competente a dare una valutazione al mio dialogo. Mi son fatto una risata e ho proceduto oltre. In ogni circostanza, potrò sempre dire che io glielo avevo detto alle istituzioni (ben magra consolazione). C'è sempre qualcuno poi, che con sapiente arte mi ha fatto scoprire per vie traverse che sono un solipsista. Lo sapete infine perché ritengo così importante che venga fuori sta storia della conoscenza? Perché siamo tutti solipsisti, ma io lo so, mentre molti di voi se non tutti, no. Se ritenete che questa cosa possa essere importante, o interessante, se ne può parlare per gioco, altrimenti non saprei che altro dire. E così ho riposto pure a Paul11. Non preoccuparti Paul11, sto bene e so ben quel che faccio e cosa vorrei. Giuste o sbagliate che siano poi le mie considerazioni io ci credo fino a prova contraria, ma la prova me la deve dare l'osservatore (che attende il cadavere del suo nemico ...etc). Ambiguamente attendo
Non vorrei apparire troppo menagrama, ma vi è il precedente di un famoso filosofo che, prima di gettare la spugna, inviò missive a tutti i regnanti europei. Egli ha lasciato un solco effettivo nella "storia della filosofia", e così sentitamente ti auguro.
Citazione di: Ipazia il 27 Maggio 2021, 09:29:26 AM
Non vorrei apparire troppo menagrama, ma vi è il precedente di un famoso filosofo che, prima di gettare la spugna, inviò missive a tutti i regnanti europei. Egli ha lasciato un solco effettivo nella "storia della filosofia", e così sentitamente ti auguro.
Di sicuro per quel che hai appena detto sono ignorante. Se tu fossi cosi gentile da ragguagliarmi in merito, almeno saprei la fine che mi aspetta e potrò così soppesare se ritrarre la mano che gettò il sasso. Buona giornata Ipazia e cerca di perdonare la mia insolenza
Per Daniele. Ipazia probabilmente si riferisce a quanto accaduto a Torino, più di un secolo fa.
https://it.wikipedia.org/wiki/Biglietti_della_follia
Citazione di: Jacopus il 27 Maggio 2021, 10:53:23 AM
Per Daniele. Ipazia probabilmente si riferisce a quanto accaduto a Torino, più di un secolo fa.
https://it.wikipedia.org/wiki/Biglietti_della_follia
Grazie Jacopus, pur non conoscendolo se non per chiacchiere con amici, ho sempre pensato che Nietzsche debba essere stato un grande e ne ho conferma avendo letto il link. Forse, oltre a non aver esposto in modo esaustivo il suo pensiero, si prendeva troppo sul serio. Chissà. Penso e spero di essere psichicamente un po' più solido. Cmq sulla follia gli rendo ragione, e anche William Blake mi sembra abbia detto che chiunque perseveri nella sua follia diventerà saggio.
Buona giornata a tutti. Venerdi ventotto, mancano tre tappe alla fine del giro d'italia. Ogni volta che termina il giro mi sento per qualche giorno un po' destabilizzato. Insomma, nessuno ha nulla da dire sul fatto che io imputi ad Heidegger di essersi confuso nell'aver attribuito alla sapienza dell'individuo la sapienza collettiva. Nessuno ha nulla da dire sul fatto che io ritenga che il concetto di referente agisca da fuorviante per quel che riguarda le relazioni tra segno e significato. Confesso che non ho letto interamente tutto l'intervento di Iano e confesso che non mi fido molto del giudizio di Ipazia delle ore 17.03 del 26/5, confinato dopo il suo intervento successivo nella categoria dell'ambiguità che non voglio disambiguare. Per me l'argomento è chiuso. Se qualcuno ha qualcosa da dire sono qui
@Ciao Daniele.
Confesso che i tuoi post sono perlopiu spiazzanti, ma allo stesso tempo sembrano possedere una onesta' filosofica di fondo.
Confesso di aver prodotto ben 4 post del tutto ignorante della questione, solo per quel che ho fatto finta di capire dal tuo post di apertura. Quindi hai fatto bene a non leggerli, e io manco li ricordo e non li rileggerò'.
Ma se tu volessi chiarire meglio la questione con parole tue, a quelle risponderò con piacere con parole mie.
Perché se tu non hai letto tutto io ancor molto meno.
Uno dei motivi per cui leggo poco è che mi basta leggere la frase di un filosofo per perdermi nei miei pensieri, non restandomi tempo per altro.
Sicuramente non costruirei la mia filosofia sulla critica della filosofia altrui per ottenere qualcosa di parimenti criticabile.
Più che individuare gli errori dei filosofi per criticarli mi sembra interessante constatarne la persistenza nel tempo, ciò che li rende significativi ai miei occhi, perché tale insistenza nell'errare deve avere un solido fondamento che val la pena cercare.
Quindi quali sarebbero gli errori filosofici che critichi e con quali verità vorresti sostituirli, se non pensi di fermarti a una pura critica?
Citazione di: iano il 28 Maggio 2021, 12:58:05 PM
@Ciao Daniele.
Confesso che i tuoi post sono perlopiu spiazzanti, ma allo stesso tempo sembrano possedere una onesta' filosofica di fondo.
Confesso di aver prodotto ben 4 post del tutto ignorante della questione, solo per quel che ho fatto finta di capire dal tuo post di apertura. Quindi hai fatto bene a non leggerli, e io manco li ricordo e non li rileggerò'.
Ma se tu volessi chiarire meglio la questione con parole tue, a quelle risponderò con piacere con parole mie.
Perché se tu non hai letto tutto io ancor molto meno.
Uno dei motivi per cui leggo poco è che mi basta leggere la frase di un filosofo per perdermi nei miei pensieri, non restandomi tempo per altro.
Sicuramente non costruirei la mia filosofia sulla critica della filosofia altrui per ottenere qualcosa di parimenti criticabile.
Più che individuare gli errori dei filosofi per criticarli mi sembra interessante constatarne la persistenza nel tempo, ciò che li rende significativi ai miei occhi, perché tale insistenza nell'errare deve avere un solido fondamento che val la pena cercare.
Quindi quali sarebbero gli errori filosofici che critichi e con quali verità vorresti sostituirli, se non pensi di fermarti a una pura critica?
Ciao Iano, finalmente due devo dire. Devo ammettere la mia accidia, però così come procedi tu ho proceduto anch'io. Quindi quando ho letto il tuo primo intervento che iniziava con la parola giusto ho dato una rapida scorsa e ho risposto di conseguenza sia a viator che a te. Dopo, quando ho visto che tu insistevi con l'essenza delle cose, ho cercato di dirti che se c'è una cosa di cui non si può parlare è proprio l'essenza delle cose. Dal mio punto di vista è un limite invalicabile espresso dalla mia conoscenza in merito. Evidentemente la mia conoscenza non coincide con la tua, o la esprimiamo male entrambi. E' del resto lo stesso limite della fisica (hai pure aperto un topic). Io di Heidegger conosco solo l'esposizione di essere e tempo del professor Bancalari su you tube, come dire poco o nulla. Dico quindi che lui terrebbe separate la componente affettiva da quella razionale nel rivolgersi alla conoscenza. Lo rileverei nel filmato quando il professore parla dell'esser avanti a sè (all'interno della cura). La conoscenza sarebbe depauperata dalla componente affettiva del significato delle cose. Tale componente secondo il mio giudizio non può escludersi dal fenomeno di apprendere le cose, tantomeno da quello di gestire tali conoscenze una volta apprese. Pertanto, nell'esser avanti a sè non verrebbe esplicitato il carattere affettivo della conoscenza. Può essere benissimo che io mi sbagli, però non mi spiego allora come mai non si sia ancora affermata una teoria sul linguaggio quasi universalmente condivisa. Spero di averti risposto bene
Ciao Daniele.
La componente affettiva di cui parli inizia ad acquisire una fisionomia, ma resta ancora vaga per me.
Intendi dire che non si può gestire la rappresentazione della realtà se non affezionandosi ad essa , cioè scambiandola per la realtà?
Se è così io a tal proposito parlo di "senso della realtà ", come fosse propriamente un senso che ci guida dentro alla rappresentazione della realtà.
Lo chiamo senso perché credo che ciò che costruiamo con coscienza possiamo costruire anche senza e parimenti si sono costruiti gli altri nostri sensi.
La scienza/filosofia quindi come percezione altra, ma non diversa nella sostanza.
Il linguaggio prima di essere ciò che da' significato è ciò che si condivide.
Se non lo condividessimo non esisterebbe alcun significato, il quale emerge io credo dall'azione coordinata che consente un linguaggio condiviso.
La confusione che faccio fra senso come significato e senso come ciò che percepisce è voluta, e si basa sulla condivisione .
La condivisione è quella cosa che ci fa' essere uno nella percezione e quindi nell'azione, ma col vantaggio di essere tanti, ciò che da' forza all'azione.
Che si tratti di filosofia, scienza, religione o cultura il loro valore sta nella capacità di essere un collante di individui.
Se conoscessi tutte le verità di questo mondo io solo, non potendole comunicare ad altri, il mio potere sarebbe zero, in quanto la mia capacità di agire come singolo sarebbe ridicola.
Insomma sto provando a ribaltare la prospettiva comune, per cui i sensi non sono una cosa che condividiamo non si capisce bene come, ma sono tali perché li condividiamo , allo stesso modo che condividiamo una teoria, una filosofia, un credo, che parimenti ci danno una visione del mondo che perderebbe ogni senso e significato se non sufficientemente condivisa.
Ma al di là' della teoria di moda cui ci ...affezioniamo al momento, la possibilità di essere condivisa non sta nel fatto che ci convince tutti, e perciò è buona, ma che ci consente una azione coordinata che è efficace se pur non avviene dentro la realtà, ma dentro una sua rappresentazione che non strida troppo con essa. In un certo senso ogni essere vivente in se' è una particolare rappresentazione della realtà approvata dalla realtà stessa.
Bene. Quando in un post dissi che avevo scoperto di essere un solipsista (grazie a viator) dissi pure che la conoscenza (quella di ciascun individuo) è sinonimo perfetto di realtà. Continuo a sostenerlo e mi sembra di averlo pure ripetuto in altro modo.
Parte affettiva. Ti faccio un esempio: "una pietra che rotola". Se tu la vedi da spettatore puoi magari anche speculare su dove andrà a finire standotene fermo a guardare. Se tu la vedi rotolare verso di te probabilmente ti sposti. L'azione che vedi è la stessa, "la pietra che rotola", ma il significato, o senso, diverte. Nel primo caso ha agito di più la componente razionale del significato, mentre nel secondo caso ha agito di più la componente affettiva (altamente emotiva in questo caso specifico). Il significato non può separare queste due componenti facendo finta di nulla. Questa unità a mio giudizio rappresenta, è, il "quanto" dell'unità della conoscenza".
Permettetemi un haiku sull'argomento.
"Il re del mondo ci tiene prigionieri i cuori".
Citazione di: Jacopus il 28 Maggio 2021, 17:39:18 PM
Permettetemi un haiku sull'argomento.
"Il re del mondo ci tiene prigionieri i cuori".
Permettimi di applaudire.
Citazione di: daniele22 il 28 Maggio 2021, 17:20:25 PM
Bene. Quando in un post dissi che avevo scoperto di essere un solipsista (grazie a viator) dissi pure che la conoscenza (quella di ciascun individuo) è sinonimo perfetto di realtà. Continuo a sostenerlo e mi sembra di averlo pure ripetuto in altro modo.
Parte affettiva. Ti faccio un esempio: "una pietra che rotola". Se tu la vedi da spettatore puoi magari anche speculare su dove andrà a finire standotene fermo a guardare. Se tu la vedi rotolare verso di te probabilmente ti sposti. L'azione che vedi è la stessa, "la pietra che rotola", ma il significato, o senso, diverte. Nel primo caso ha agito di più la componente razionale del significato, mentre nel secondo caso ha agito di più la componente affettiva (altamente emotiva in questo caso specifico). Il significato non può separare queste due componenti facendo finta di nulla. Questa unità a mio giudizio rappresenta, è, il "quanto" dell'unità della conoscenza".
È una definizione di conoscenza che mi sento di condividere, come qualcosa che non può mancare di coinvolgere, da cui il lato affettivo che mi appare adesso più chiaro.
Ma coincide con la mia visione delle cose solo se si lascia libera la definizione di individuo.
L'individuo è ciò che si rapporta con la realtà in virtù di una unità conoscitiva, abbracciando quindi un arco che va' dal solipsismo fino al regno dei viventi.
Non come unità indivisibile, ma diversamente componibile in funzione di una azione .
Cosa accade nel mondo dei viventi non c'è un solo modo di rappresentarlo , e ognuno a suo modo è solipsistico perché esclusivamente riferito ad un individuo preciso, se afferro bene il concetto di solipisismo , di chi guarda solo dentro se stesso. Sarebbe una triste prospettiva solo se esistesse un solo se' stesso individuale, anche se questa diventa la prospettiva di chi si affeziona ad un individuo piuttosto che ad un altro.
Una scelta di amore che sembra ineluttabile, guidata dal destino, ma tutt'altro che tale.
Applaudo pure io Jacopus, ma il re del mondo chi è?
[/size]
[/size]Io dico che ero solipsista anche quando ero più giovane e di sinistra (anche se non mi hanno mai convinto del tutto)e non sapevo di essere solipsista. Dico, non è una scelta la mia, è una condizione dell'essere umano. Per cosa credi che sostenga la prospettiva anarchica? No di certo perché ora sono un anarcoide (o meglio, l'esserlo in modo onesto con me stesso mi ha portato a quel giudizio. La sostengo perché è il solo modo di dividere in modo netto il conservatorismo di destra dall'ideologia della sinistra. Ma nemmeno la destra può sottrarsi a tale scelta perché pure lei si rende conto che la democrazia non è più sostenibile. Prima che si movesse Franco col suo alzamiento anche i repubblicani auspicavano quasi una forma dittatoriale morbida per riordinare un po' il tessuto sociale. Dobbiamo aspettare che qualcuno di destra arrivi a ipotizzare un colpo di mano per riaffermare un poco più di ordine? Ti porto ora sul post che ho aperto sulla cattura di Riina. Io non posso impormi sull'affettività di Anthonyi che lo ha portato a difendere un'ideale sicuramente di centro e che lo ha portato anche a dire una cosa sulla vicenda della casa che io gli ho contestato. Io penso, ma non sono mica sicuro del fatto che i carabinieri sapessero dove si trovava la casa, mi sono fidato di "Report", che sempre per questioni affettive è una trasmissione che più si confà alla mia mentalità anarcoide. Alla fine tutti e due abbiamo assolto i carabinieri. Ok tutto a posto. Tutto a posto un corno perché la questione riaffiorerà per altre vie con altre forme. Tutto a posto se o io o Anthonyi ci rendiamo conto della verità sulla vicenda della casa. Ma allora si riformulerà il giudizio da parte dell'uno o dell'altro.
[/size]Poi dici
[/size]"Cosa accade nel mondo dei viventi non c'è un solo modo di rappresentarlo , e ognuno a suo modo è solipsistico perché esclusivamente riferito ad un individuo preciso, se afferro bene il concetto di solipisismo , di chi guarda solo dentro se stesso. Sarebbe una triste prospettiva solo se esistesse un solo se' stesso individuale, anche se questa diventa la prospettiva di chi si affeziona ad un individuo piuttosto che ad un altro"
[/size]
[/size]Dovresti dire di chi pensa solo dentro se stesso, non guarda. L'uomo è un animale sociale, per quel che mi riguarda, ma non sta a me decretare se sia meglio una società come le api, come le formiche, come le scimmie o come individui asociali
A te sta decretare chi sono le api e chi sono le formiche e chi sono gli uomini, le quali specie , a meno di non credere ai testi sacri, non è scritto in altro posto cosa siano se non dove tu decidi di scriverlo.
Come fai a racchiuderti dentro di te se non per la convenzione che ti definisce, astraendo il fatto che tu, contenga moltitudini di microbi senza dei quali non sopravviveresti?
L'individuo quindi è una definizione di comodo in relazione ad un contesto , e ciò toglie fondamento ad ogni possibile solipsismo, cheche' Viator ne dica.
Preferisco dire che guardiamo dentro di noi perché lo facciamo specchiandoci negli altri, contenendo e essendo contenuti in diversi possibili modi.
Non esiste individuo in se', in se' stesso racchiudibile, se non in senso operativo relazionale, e quindi in modo non univoco determinabile.
Penso quindi sono, significa che la funzione definisce il soggetto, senza che vi sia un modo univoco di descrivere i fatti come relazioni fra oggetti.
Se cambiano gli oggetti cambiano le relazioni, ma il risultato non cambia.
Buongiorno Iano ... non riuscendo più a seguirti molto bene ti mando uno stralcio di quello che ho scritto. Le prove di cui parlo le ho già fornite verbalmente, ma al mio interlocutore evidentemente non bastano.
" ..... . Ma tu vuoi le prove. Basterebbe solo che la scienza le cercasse, invece di rifugiarsi, come fa a volte, dietro a quegli ambigui "non vi sono evidenze scientifiche". Certo è che se l'onere della prova grava tutta sulle spalle di un ricercatore che vede tarpate le ali della sua ricerca da ambigue motivazioni, stiamo freschi. Le prove dunque vuoi? Sarebbe sufficiente che le neuroscienze fossero in grado di rivelare qual è il giusto verso temporale del fenomeno dell'apprendere. Che vado a ripeterti. Noi siamo costumati a pensare che lungo l'asse del tempo in cui ti trovi in ogni istante della tua vita, il tuo adesso tanto per capirci, i tuoi sensi scorgano un oggetto (segno) al quale, in un istante successivo, la mente può attribuirvi un significato. Succede invece il contrario, dico io. Gli è infatti che tu saresti sempre all'erta nell'adesso, ma saresti all'erta non rispetto alle cose, le quali ci scivolano spesso addosso senza che nemmeno ce ne accorgiamo, bensì rispetto alle tue preoccupazioni qualora delle cose si materializzino nell'ambiente distogliendoti da uno status mentale in cui tutto si trova in un certo senso sotto controllo. Tanto per capirci, se vai in un luogo dove a un tratto noti una persona, questa verrebbe messa a fuoco dai tuoi sensi per il fatto che la persona ha perturbato il tuo ambiente mentale. A seguito del notare la persona, l'intervento che eventualmente metterai in atto non risponderà tanto alla persona, ma a quello che tu deciderai di fare per salvaguardare il tuo benessere in relazione alla persona, e potresti pure dare molto per tale salvaguardia, non solo semmai a guadagnarne in termini di fama e danaro. In generale quindi, le tue aspettative temporali di bene e di male che possono potenzialmente giungerti navigando nell'adesso, non fanno altro che inquadrare tramite i sensi, o anche tramite il pensiero se di pensieri si tratta, le cose che conosci e che ignori quando in esse intravvedono il mezzo che potrebbe compiere tali aspettative. E questo calza pure con la vicenda durante la quale vedevi un oggetto sconosciuto mentre in realtà vedevi solo la tua ignoranza (preoccupazione per l'ignoranza che può apparire all'improvviso) fatta segno. E infatti cos'hai fatto? Hai chiesto cosa fosse. Concludendo ... La mia visione dell'umanità che si sopravvaluta è rappresentata dal nostro essere convinti che le cose esistano e che, essendo noi i più intelligenti, giustamente ci avochiamo il diritto di indagarle per desumerne magari una grande verità che tutto comprenda ... Più che lecita motivazione. Io, al contrario, penso che noi non possiamo vedere le cose se non quando queste abbiano un significato. Tale significato, personale e linguisticamente anche più o meno collettivo, non risponde però ad un'esigenza rivolta verso un progresso umano, o alla ricerca di una presunta verità universale delle cose, bensì alle esigenze di benessere di ciascun nostro singolo corpo. Se poi trasferiamo le peculiarità di questo modello dell'individuo alla realtà di bandiere di individui, le cui potenzialità trascendono di gran lunga quelle di un singolo, si immagini quanto breve sia il passo a praticare la guerra per ottenere la pace ... Di qualunque natura sia la guerra, certo è che sappiamo fare di tutto.
Citazioni di Daniele22
....la componente razionale del significato, mentre nel secondo caso ha agito di più la componente affettiva (altamente emotiva in questo caso specifico). Il significato non può separare queste due componenti facendo finta di nulla. Questa unità a mio giudizio rappresenta, è, il "quanto" dell'unità della conoscenza".
Io, al contrario, penso che noi non possiamo vedere le cose se non quando queste abbiano un significato.
Tale significato, personale e linguisticamente anche più o meno collettivo, non risponde però ad un'esigenza rivolta verso un progresso umano, o alla ricerca di una presunta verità universale delle cose, bensì alle esigenze di benessere di ciascun nostro singolo corpo.
Penso che tu intenda dire che la scrittura non esaurisce ciò che è l'intento dello scrivente, in quanto appunto l'intento le motivazioni e direi persino gli scopi appartengono alla sfera affettiva, emotiva, L'autore quindi se focalizza la sua scrittura su una determinata argomentazione è perché, almeno per lui, sorge da un focalizzazione, significazione su quell'argomento che ha trovato, che vive, come importante.
E' vero. Sono pienamente d'accordo. Più volte si è scritto nel forum che la componente interiore umana, è quella che in fondo davanti all'orizzonte del mondo coglie significazioni in particolari che lo scuotono. Nella modernità indicherei Nietzsche ed Heidegger coloro che forse più di tutti hanno cercato l'autenticità umana. Se hanno fallito, ..... in fondo falliamo tutti . Hai anche colto il problema linguistico, che infatti è in entrambi gli autori. Nietzsche oltre a trattati è soprattutto importante per la scrittura per aforismi. Nietzsche è un anti intellettuale, nel senso che la parola per lui non deve essere fredda, semplicemente descrittiva, segue un canone più poetico narrativo e quindi fortemente evocativo di ciò che è umano nell'uomo. Heidegger, seppur con un diverso, ma non troppo, punto di vista rispetto a Nietzsche (Nietzsche in realtà ha influito moltissimo in Heidegger, come per fare un altro esempio in Adorno, ma ve ne sarebbero altri...), cerca l'autenticità umana nell'esistenza, nell'orizzonte temporale della vita umana. Inventa letteralmente un proprio "slang" filosofico, con termini nuovi, spesso quasi intraducibili dal tedesco all'italiano o comunque "italianizzati" come il dasein in "esser-ci". Adatto che il suo linguaggio rimane filosofico ,non utilizza come ad esempio in Nietzsche l'aforisma, gli diventa ancor più difficile recepire linguisticamente ciò che vorrebbe, desidererebbe argomentare, trattare. Lui stesso ammetterà che la poesia e l'arte potrebbero meglio svolgere le tematiche da lui espresse, tant'è che "Essere e tempo" rimane un lavoro incompiuto.
Il problema sta nell'incontro fra ciò che noi definiamo razionale, come logico, e irrazionale, come sfera affettiva. A mio parere forse è l'unica strada filosoficamente possible oggi, la via d'uscita dall'attuale impaludamento cultural filosofico ,sapendo che è difficilmente praticabile, perché bisogna essere una "via di mezzo" fra poeti e filosofi, con capacità da una parte di forte evocazione dello spirito umano, del suo disagio e difficoltà che incontra nella vita, e dall'altra la capacità di sistematizzare questa profonda interiorità umana dentro uno schema comunicabile, che sappia arrivare al lettore. Ecco in questo ,se ciascuno forse a loro modo, Nietzsche ed Heidegger ,rappresentano il tentativo di trovare in fondo "un mondo più umano".
Quindi più che dire che abbiano "fallito", io direi che val la pena capire il loro "bel naufragio"........e proseguire il viaggio se il nostro intento è cogliere i significati autentici della vita.
Aspettavo Paul11 un tuo intervento e te ne sono grato. Se sono stato sprezzante fino all'offensivo nei confronti di illustri pensatori ciò è dovuto da uno spirito di rivincita nei confronti dell'intellighenzia. Nulla di più.
Ti fornirò due esempi sul ruolo dei sensi nella conoscenza.
1) Non sai nulla di botanica e vai in un prato dove ad un tratto ti coglie una sensazione di bruciore alla caviglia. Questa io la chiamo una mezza conoscenza. Per concretarla devi toccare con mano l'erba che ti ha punto (ammesso che sia un'erba)
2) La teoria della relatività prevede il bosone di Higgs (bruciore alla mente - mezza conoscenza). Quando i sensi vedono apparire dalle trappole umane il bosone di Higgs concretano la loro conoscenza sulla particella
La butto lì, ma mi pare che la difficoltà stia nell'accettare la scienza come cosa pienamente umana.
La riflessione filosofica non può non ripartire dalla scienza, e sarà tanto più proficua quanto riusciremo a sentire questa ultima come nostra.
Occorre però rassegnarsi al lato metafisico, a nostro completamento, seppur non immutabile, perché certo la scienza non ci esaurisce.
Il nostro lato metafisico potrebbe svolgere una funzione insostituibile.
Il,fatto è che noi vediamo con più chiarezza la funzione svolta dall'altro lato, e giudicandola cosa buona, vorremmo ridurre tutto ad essa.
Non ci sono comunque punti fermi ne' steccati assoluti far essi , ne' in fisica ne' in metafisica.
Non conosciamo tutto ciò che agisce in noi, ma questo non dovrebbe essere motivo di discriminazione.
Però il nocciolo duro della metafisica non emerge, fin tanto che confusamente riusciamo a parlarne, segno di un superamento dello steccato.
Non si può ad esempio superare la cosa in se' finché non si trovano le parole per dirla, meglio ancora se , confuse per confuse, usando attraente poesia.
L'importante è restare pienamente umani, senza escludere alcuna parte di noi.
Citazione di: daniele22 il 23 Maggio 2021, 17:35:22 PM
Buon pomeriggio. Azzardo una critica alla storia della filosofia. A mio giudizio tutto andò bene fino a Parmenide. Dopo di lui arrivò Platone. Senz'altro fu Parmenide a porre la questione dell'essere, ma io mi chiedo come mai i filosofi si siano tuffati in una bimillenaria speculazione circa l'essere senza sapere su cosa si fondasse il linguaggio. In effetti sul Cratilo di Platone vi è un dialogo sul significato delle parole, ma dopo averne letto qualche parte mi era sembrata farraginosa la dissertazione di Socrate . Del resto anche nel Menone mi era sembrata del tutto arbitraria la spiegazione su come lo schiavo apprendesse la geometria, tanto che fu messa in crisi da Leibnitz in maniera non del tutto esauriente. Mi chiedo dunque se il problema riguardante il fondamento del linguaggio fosse inattuale. E mi chiedo come mai possa essere, almeno in parte, ancora inattuale tale problematica.
Caro studente, a volte incontriamo persone rapsodiche, persone che non sono in grado di portare ad unità il discorso.
Sono la maggior parte delle persone, come ti ho già spiegato, nel post di risposta a Ipazia (https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-santa-trinita-della-filosofia-essere-avere-divenire/) la prima cosa che devi ricordarti è che gli adulti parlano un discorso non loro, pieno di veleno e astio. Questo veleno e questo astio parlano per loro.
Non ci è dato sapere quali esperienze influenzino i nostri interlocutori, a meno che siano loro a rivelarcele.
Non è questo il caso.
Certo possiamo nel caso siano persone amiche cercare fra le righe, di capire l'origine del disagio. Ma anzitutto dobbiamo ammetterlo.
Difficilmente però le perone si fanno aiutare, questa è un altra cosa che devi imparare.
Insistere è un errore.
Rispondo perchè a volte si trovano elementi di curiosità che ci aiutano nella ricerca del Vero.
Purtroppo non è questo il caso.
Comunque allenatevi cercando di trovare una unità del discorso come ha tentato di fare il filosofo Paul, per conto mio risponderò semplicemente alla domanda di base.
Naturalmente serve sempre il consiglio di Ipazia, ossia di leggere il manuale di filosofia.
Anzitutto dovete dividere il discorso di Daniele22
Troviamo come abbiamo fatto nel post precedente di Ipazia, le parole chiavi. Cercherete poi nei post successivi le disambiguazioni, sempre perchè dovete esercitarvi.
Lo lascio a voi.
Allora troviamo la parola Essere disambiguata dalla parola questione.
Daniele22 si sta riferendo a Heidegger che come il manuale vi insegna pose l'attenzione su discorso dell' Essere come questione (non risolta) della grecità. Sappiamo che in Grecia prese nome di Metafisica (in realtà metafisica è un termine contenitore che contiene molte più questioni).
Troviamo poi la parola fondamento e linguaggio.
L'autore ci domanda come mai la questione del fondamento del linguaggio fosse per l'antichità Greca inattuale, e come mai (secondo lui) la questione è ancora oggi inattuale.
Sotto il termine inattuale, in realtà Daniele22, intende dire che la filosofia è in errore a non avere messo la questione del fondamento del linguaggio, piuttosto che su quello dell'Essere.
Fa il grave errore però di non capire che il linguaggio è figlio della metafisica.
Questo errore è stato codificato dalla filosofia debole di Vattimo.
Ossia che la metafisica è figlia del linguaggio cosa che lo stesso Vattimo dice di aver ereditato da Pareyson.
Ma in Vattimo non esiste il concetto di fondamento.
La domanda sul fondamento del linguaggio è una idea errata di Saussurre, che crede che i linguaggi nazionali sono il frutto di una pre-coscienza destinale a cui ogni popolo è destinata.
Ma è proprio la stessa linguistica inaugurata da Saussurre a indicare di come invece la struttura del linguaggio sia un evento storico e non metafisico.
Basta andare a rileggersi il fenomeno delle lingue indoeuropee.
Dei prestiti sintagmatici e fonetici. Per non parlare dei nostri dialetti, e della loro continua, anche oggi evolventesi metamorfosi.
Certamente la domanda filosofica è significativa, come mai un termine come mamma è presente in tutte le lingue del mondo (tranne che in giappone dove è okasa)?
E' indubbio che esiste una affinità di sentimenti tra parola e significato.
Ma la filosofia non può parlare di fondamento.
Infatti è impossibile conoscere il momento in cui per la prima volta l'uomo unì la parola e il suo significato.
Questa cosa semplicemente avvenne e da allora è in continua metamorfosi.
Naturalmente la scienza su questa cosa cerca tutt'ora delle risposte, e non le ha che io ne sappia.
Ma il punto è che non è il fondamento.
il Fondamento è colui che quella voce ha emesso.
Quando il neonato urla nella notte, stiamo parlando di ben altro che il linguaggio.
In fin dei conti il linguaggio è solo una trappola, nel migliore dei casi solo uno strumento.
I Greci queste cose le sapevano. Era ovvio che il fondamento è quello che garantisce un forma, una forma di pensiero.
E ciò che garantisce non può che essere che ciò che salva la forma, ossia la possibilità di essere forma, ed è appunto l'essere come essente.
Non l'essente come qualcosa, perchè quel qualcosa è già forma, che i greci con grande sagacia chiamarono ente.
Ente ed essente sono due concetti diametralmente opposti, l'errore dell'occidente è quello di pensarli uniti.
Ossia di dimenticare la domanda sull'essere ossia sull'essente prima che sia forma.
Potremmo dire chiaramente come sussistente, o sostrato come lo definì Aristotele.
Questo sussistente diverrà poi la cosa in sè kantiana.
Che non sono le cose in sè, come Vattimo confondeva.
Il fondamento è dunque la salvezza dalle forme, e dalla loro inevitabile morte.
Salvezza ed Essere hanno la radice del suono "s".
Quindi i Greci intendevano anche quello, il linguaggio non era il fondamento, ma aveva eccome a che fare con fondamento.
Quindi non solo il linguaggio non era inattuale allora, ma direi che ne avessero una consapevolezza infinitamente maggiore, che nella modernità, del legame tra fondamento e linguaggio. Tutto il contrario di quello che pensa Daniele22, che infatti poi rapsodizza, senza che io ne abbia colto il centro di impellenza maggiore. E che di certo non è di ordine filosofico.
Giovane studente, è proprio con il linguaggio greco che dovrai avere a che fare.
Buono studio (pure a me visto che dovremo affrontarlo insieme ;) )
Citazione di: green demetr il 15 Giugno 2021, 03:20:49 AM
Sotto il termine inattuale, in realtà Daniele22, intende dire che la filosofia è in errore a non avere messo la questione del fondamento del linguaggio, piuttosto che su quello dell'Essere.
Fa il grave errore però di non capire che il linguaggio è figlio della metafisica.
il Fondamento è colui che quella voce ha emesso.
Quando il neonato urla nella notte, stiamo parlando di ben altro che il linguaggio.
In fin dei conti il linguaggio è solo una trappola, nel migliore dei casi solo uno strumento.
Quindi non solo il linguaggio non era inattuale allora, ma direi che ne avessero una consapevolezza infinitamente maggiore, che nella modernità, del legame tra fondamento e linguaggio. Tutto il contrario di quello che pensa Daniele22, che infatti poi rapsodizza, senza che io ne abbia colto il centro di impellenza maggiore. E che di certo non è di ordine filosofico.
Giovane studente, è proprio con il linguaggio greco che dovrai avere a che fare.
Buono studio (pure a me visto che dovremo affrontarlo insieme ;) )
Bravo Professore! ... bell'educatore! Disse una volta la madre di un mio amico sentendolo bestemmiare il nome di Dio. Comprensibile esclamazione tanto più che quel professore, quasi un Socrate moderno, ci corrompeva trascinandoci con lui alle ore tarde della notte frequentando assieme esecrabili bettole.Io però non sono uno studente, ho già studiato abbastanza tanto da averne le mie rotondità piene alla nausea. E gradirei che anche altri smettessero di studiare quel che è fuori di loro per dedicarsi semmai allo studio di ciò che è dentro di loro. Tu vorresti farmi credere che il mercoledì venga di martedì. Ma oggi è martedì.Il linguaggio è figlio della metafisica. Sai cos'è la metafisica e che cos'è il linguaggio?La metafisica è ciò a cui aspira il grido del bambino nel cuore della notte, mentre il linguaggio è il suo grido.Quel che più mi consola, visto che il tuo intervento contiene pure dei buoni spunti a me però non molto chiari, è che tu pensi che il mio pensiero sia tutto il contrario di quel che dovrebbe essere vedi tu cosa
@ Green Demeter
Io non sono studente ne' professore.
Entrare nel pensieri degli altri, e in particolare dei filosofi antichi, non è facile, laddove il linguaggio diventa una barriera alla comprensione, invece che esserne strumento.
Ma nella misura in cui condivido con essi la stessa cultura, posso confrontare a posteriori i miei pensieri, che magari prendono spunto da una loro frase, coi loro.
È l'unico modo che , per miei limiti, ho di capire.
Ma è anche un metodo che propongo, da affiancare alla analisi dell'altrui pensiero attraverso l'interpretazione del linguaggio mella quale a volte ci si perde.
Fare la sintesi dell'altrui pensiero presuppone l'averlo fatto completamente proprio, ma perché ciò sia possibile bisogna almeno in parte essere riusciti a pensarlo in proprio.
La sintesi del proprio libero pensiero viene invece da se', come naturale evoluzione.
Spesso sparo tre quattro post a raffica, che si possono leggere con questa chiave.
La lettura dei filosofi, a spizzichi e bocconi, vale per me come fonte di suggestione, nel senso che credo che un libro non sia scritto per essere letto nella sua interezza, ma che quando ciò naturalmente avviene, come se gli dessi del tu, allora ciò è significativo.
Lamento questa mancanza di confidenzialità con l'altrui pensiero che non può derivare dalla sola analisi, per quanto approfondita, o anzi a volte perché tanto approfondita da non lasciare spazio al proprio filosofare.
Lamento la mancanza di una manualità, che se pure prende spunto dall'imitazione, si sostanzia nella pratica.
Io, da non studente, difetto nel considerare attentamente e completamente l'altrui pensiero, ma a volte mi pare che troppi stiamo ad ammirare la produzione del grande artigianato filosofico senza produrre altro.
Non è che ci sia bisogno di farne accumulo più di quanto non se ne sia già fatto, ma di farne esempio.
Tutto ciò, a ben considerare, più che una propensione, era un limite dei mezzi di cui disponevamo, ma non di quelli di quelli di cui disponiamo oggi, come ad esempio questo forum.
Nello studio della filosofia mi pare si tenda a fare astrazione di co', ma io non credo si abbia da fare.
I mezzi di oggi servono più a far filosofa che a diventar filosofi.
Vedo tanta analisi filosofica più o meno buona, ma poca, per non dire nulla filosofia.
Laddove però si vedesse , la sintesi arriva alla fine, quando arriva, all'ultimo post.
C'è la storia del pensiero, ma c'è anche l'esemplificazione di come nasce un pensiero.
Il vostro pensiero.
C'è qualche raro goffo tentativo , che comunque non manco mai di apprezzare., che purtroppo viene solo,da noi studenti indisciplinati . Gli unici che non abbiamo reputazione da perdere, mentre agli altri questo sembra essere cio' che preme.
Citazione di: daniele22 il 15 Giugno 2021, 09:04:26 AMIl linguaggio è figlio della metafisica. Sai cos'è la metafisica e che cos'è il linguaggio?
La metafisica è ciò a cui aspira il grido del bambino nel cuore della notte, mentre il linguaggio è il suo grido.
Il bambino che grida nella notte aspira a che gli passi la fame, la bua, aspira alle coccole di un adulto. È il nulla metafisico e il tutto mammifero della condizione umana. E così pure il linguaggio emergerà per motivi del tutto fisici di comunicazione legati ai bisogni fondamentali, incontrando solo al termine della prima età detta giustamente
evolutiva, l'avverbio metafisico "perché". Nel grido del poppante c'è solo un immanentissimo "qui ed ora".
Citazione di: daniele22 il 15 Giugno 2021, 09:04:26 AM
Citazione di: green demetr il 15 Giugno 2021, 03:20:49 AM
Sotto il termine inattuale, in realtà Daniele22, intende dire che la filosofia è in errore a non avere messo la questione del fondamento del linguaggio, piuttosto che su quello dell'Essere.
Fa il grave errore però di non capire che il linguaggio è figlio della metafisica.
il Fondamento è colui che quella voce ha emesso.
Quando il neonato urla nella notte, stiamo parlando di ben altro che il linguaggio.
In fin dei conti il linguaggio è solo una trappola, nel migliore dei casi solo uno strumento.
Quindi non solo il linguaggio non era inattuale allora, ma direi che ne avessero una consapevolezza infinitamente maggiore, che nella modernità, del legame tra fondamento e linguaggio. Tutto il contrario di quello che pensa Daniele22, che infatti poi rapsodizza, senza che io ne abbia colto il centro di impellenza maggiore. E che di certo non è di ordine filosofico.
Giovane studente, è proprio con il linguaggio greco che dovrai avere a che fare.
Buono studio (pure a me visto che dovremo affrontarlo insieme ;) )
Bravo Professore! ... bell'educatore! Disse una volta la madre di un mio amico sentendolo bestemmiare il nome di Dio. Comprensibile esclamazione tanto più che quel professore, quasi un Socrate moderno, ci corrompeva trascinandoci con lui alle ore tarde della notte frequentando assieme esecrabili bettole.
Io però non sono uno studente, ho già studiato abbastanza tanto da averne le mie rotondità piene alla nausea. E gradirei che anche altri smettessero di studiare quel che è fuori di loro per dedicarsi semmai allo studio di ciò che è dentro di loro. Tu vorresti farmi credere che il mercoledì venga di martedì. Ma oggi è martedì.
Il linguaggio è figlio della metafisica. Sai cos'è la metafisica e che cos'è il linguaggio?
La metafisica è ciò a cui aspira il grido del bambino nel cuore della notte, mentre il linguaggio è il suo grido.
Quel che più mi consola, visto che il tuo intervento contiene pure dei buoni spunti a me però non molto chiari, è che tu pensi che il mio pensiero sia tutto il contrario di quel che dovrebbe essere vedi tu cosa
Il grido del bambino non è ancora linguaggio.
La sua metafisica ricostruita a posteriori, è che il grido viene prima del soggetto, che per la prima volta lo sente: ossia lo stesso bambino, che ancora non sa di essere un bambino.
Forse possiamo dire che il bambino è nel suo insieme è un segno, e dunque ha un suo linguaggio.
Ma questo linguaggio lo ricostruisce il soggetto solo dopo che è cresciuto.
Dunque non è fondamento.
E' come già spiegato la potenza del suono a fornire l'indizio che esiste un esistente prima del suono ancora.
Una impellenza, un desiderio, un miscuglio di vita e paura.
Dove è la mamma?
Non è semplicemente una domanda linguistica, viene prima di qualsiasi professore che si voglia citare.
In questo caso è il soggetto il fondamento della lingua, e il soggetto a sua volta è un segno pieno di storia e conquiste: chi sono io?
Sono le domande fondamentali della filosofia da sempre.
dove è mia madre? cosa sta facendo mio padre? chi sono io?
Come siamo arrivati a codificare questo linguaggio? se non tramite il segno che noi siamo, perchè noi ci diamo sempre dopo, una volta che quell'urlo è uscito nel buio.
Stiamo parlando di profondità senza nome, senza segno.
Ma il bujo bisogna anche impararlo a conoscere.
Citazione di: daniele22 il 15 Giugno 2021, 09:04:26 AMCitazione di: green demetr il 15 Giugno 2021, 03:20:49 AM
Sotto il termine inattuale, in realtà Daniele22, intende dire che la filosofia è in errore a non avere messo la questione del fondamento del linguaggio, piuttosto che su quello dell'Essere.
Fa il grave errore però di non capire che il linguaggio è figlio della metafisica.
il Fondamento è colui che quella voce ha emesso.
Quando il neonato urla nella notte, stiamo parlando di ben altro che il linguaggio.
In fin dei conti il linguaggio è solo una trappola, nel migliore dei casi solo uno strumento.
Quindi non solo il linguaggio non era inattuale allora, ma direi che ne avessero una consapevolezza infinitamente maggiore, che nella modernità, del legame tra fondamento e linguaggio. Tutto il contrario di quello che pensa Daniele22, che infatti poi rapsodizza, senza che io ne abbia colto il centro di impellenza maggiore. E che di certo non è di ordine filosofico.
Giovane studente, è proprio con il linguaggio greco che dovrai avere a che fare.
Buono studio (pure a me visto che dovremo affrontarlo insieme ;) )
Bravo Professore! ... bell'educatore! Disse una volta la madre di un mio amico sentendolo bestemmiare il nome di Dio. Comprensibile esclamazione tanto più che quel professore, quasi un Socrate moderno, ci corrompeva trascinandoci con lui alle ore tarde della notte frequentando assieme esecrabili bettole.Io però non sono uno studente, ho già studiato abbastanza tanto da averne le mie rotondità piene alla nausea. E gradirei che anche altri smettessero di studiare quel che è fuori di loro per dedicarsi semmai allo studio di ciò che è dentro di loro. Tu vorresti farmi credere che il mercoledì venga di martedì. Ma oggi è martedì.Il linguaggio è figlio della metafisica. Sai cos'è la metafisica e che cos'è il linguaggio?La metafisica è ciò a cui aspira il grido del bambino nel cuore della notte, mentre il linguaggio è il suo grido.Quel che più mi consola, visto che il tuo intervento contiene pure dei buoni spunti a me però non molto chiari, è che tu pensi che il mio pensiero sia tutto il contrario di quel che dovrebbe essere vedi tu cosa
Il grido del bambino non è ancora linguaggio.
La sua metafisica ricostruita a posteriori, è che il grido viene prima del soggetto, che per la prima volta lo sente: ossia lo stesso bambino, che ancora non sa di essere un bambino.
Forse possiamo dire che il bambino è nel suo insieme è un segno, e dunque ha un suo linguaggio.
Ma questo linguaggio lo ricostruisce il soggetto solo dopo che è cresciuto.
Dunque non è fondamento.
E' come già spiegato la potenza del suono a fornire l'indizio che esiste un esistente prima del suono ancora.
Una impellenza, un desiderio, un miscuglio di vita e paura.
Dove è la mamma?
Non è semplicemente una domanda linguistica, viene prima di qualsiasi professore che si voglia citare.
In questo caso è il soggetto il fondamento della lingua, e il soggetto a sua volta è un segno pieno di storia e conquiste: chi sono io?
Sono le domande fondamentali della filosofia da sempre.
dove è mia madre? cosa sta facendo mio padre? chi sono io?
Come siamo arrivati a codificare questo linguaggio? se non tramite il segno che noi siamo, perchè noi ci diamo sempre dopo, una volta che quell'urlo è uscito nel buio.
Stiamo parlando di profondità senza nome, senza segno.
Ma il bujo bisogna anche impararlo a conoscere.
Citazione di: iano il 15 Giugno 2021, 21:32:13 PM
@ Green Demeter
Io non sono studente ne' professore.
Entrare nel pensieri degli altri, e in particolare dei filosofi antichi, non è facile, laddove il linguaggio diventa una barriera alla comprensione, invece che esserne strumento.
Ma nella misura in cui condivido con essi la stessa cultura, posso confrontare a posteriori i miei pensieri, che magari prendono spunto da una loro frase, coi loro.
È l'unico modo che , per miei limiti, ho di capire.
Ma è anche un metodo che propongo, da affiancare alla analisi dell'altrui pensiero attraverso l'interpretazione del linguaggio mella quale a volte ci si perde.
Fare la sintesi dell'altrui pensiero presuppone l'averlo fatto completamente proprio, ma perché ciò sia possibile bisogna almeno in parte essere riusciti a pensarlo in proprio.
La sintesi del proprio libero pensiero viene invece da se', come naturale evoluzione.
Spesso sparo tre quattro post a raffica, che si possono leggere con questa chiave.
La lettura dei filosofi, a spizzichi e bocconi, vale per me come fonte di suggestione, nel senso che credo che un libro non sia scritto per essere letto nella sua interezza, ma che quando ciò naturalmente avviene, come se gli dessi del tu, allora ciò è significativo.
Lamento questa mancanza di confidenzialità con l'altrui pensiero che non può derivare dalla sola analisi, per quanto approfondita, o anzi a volte perché tanto approfondita da non lasciare spazio al proprio filosofare.
Lamento la mancanza di una manualità, che se pure prende spunto dall'imitazione, si sostanzia nella pratica.
Io, da non studente, difetto nel considerare attentamente e completamente l'altrui pensiero, ma a volte mi pare che troppi stiamo ad ammirare la produzione del grande artigianato filosofico senza produrre altro.
Non è che ci sia bisogno di farne accumulo più di quanto non se ne sia già fatto, ma di farne esempio.
Tutto ciò, a ben considerare, più che una propensione, era un limite dei mezzi di cui disponevamo, ma non di quelli di quelli di cui disponiamo oggi, come ad esempio questo forum.
Nello studio della filosofia mi pare si tenda a fare astrazione di co', ma io non credo si abbia da fare.
I mezzi di oggi servono più a far filosofa che a diventar filosofi.
Vedo tanta analisi filosofica più o meno buona, ma poca, per non dire nulla filosofia.
Laddove però si vedesse , la sintesi arriva alla fine, quando arriva, all'ultimo post.
C'è la storia del pensiero, ma c'è anche l'esemplificazione di come nasce un pensiero.
Il vostro pensiero.
C'è qualche raro goffo tentativo , che comunque non manco mai di apprezzare., che purtroppo viene solo,da noi studenti indisciplinati . Gli unici che non abbiamo reputazione da perdere, mentre agli altri questo sembra essere cio' che preme.
Non sono un professore.
Anch'io studio per i fatti miei solo ciò che mi interessa. Molto poco a dire il vero.
La mia è più una missione, parlo al ragazzo che ero.
Quel ragazzo che è stato tradito dai suoi professori, e che per ignavia e ignoranza non ha mai fatto un passo verso di loro.
Io credo che persone come me, con il desiderio di conoscere il mondo e vivere la vita ci siano.
Ne ho avuto la conferma quando mi sono preso un anno sabbatico dedicato allo studio universitario.
Mi sono ricordato cose antiche, antiche speranze, che avevo sepolto, e insieme lo stesso disagio, lo stesso disorientamento, e soprattutto la stessa ideologia che mi ha accompagnato per tanto tempo.
Mi sono ritrovato a parlare con il me stesso da giovane con giovani universitari, ed è stato penoso.
Non è tanto per il fatto che per il giovane la filosofia è assimilata in toto alla scienza e che è la scienza che dà il posto di lavoro. Il fatto che mi ha fatto male, è vedere come c'è bisogno di maestri.
Gente che ti orienta, sei un analitico, prova a pensare questo, sei un metafisico, prova a pensare quest'altro.
Sono lasciati a loro stessi.
E mi sono identificato in loro. A parte il loro cinismo, c'è ancora tanta voglia di conoscere.
Il punto è che lo fanno pedissequamente da bravi soldatini.
Hanno un cuore di carta. Il sangue gli è stato tolto. Il confronto era sui nomi e non sui sentimenti, le emozioni, che invece hanno contraddistinto la mia esperienza.
Ho pensato che sono stato fortunato ad aver conosciuto gente che era assetata di vita.
Ho toccato la vita per un attimo, e se lo avessi saputo prima, l'avrei toccata per tutti i miei vent'anni e anche prima, forse saremmo potuti diventare filosofi, amici. Ma così non è stato, e non poteva essere.
Caro Iano io parlo di sudore e sangue.
Ma capisco a cosa ti stai riferendo invece tu.
Tu parli di un discorso che riguardi la vita quotidiana, una filosofia del quotidiano, che comporti un bisogno di pensare questo quotidianità in maniera più diretta e senza filtro della filosofia.
Non so se hai studiato o se i tuoi interventi sono rapsodici e parlando proprio di scene di vita quotidiana.
Con rapsodico, ossia casuale, come la vita, non intendo certo sminuire nè te nè nessun altro.
Ma come dico agli studenti, bisogna almeno imparare a dividere la vita e le questioni in capitoli.
Sennò non capisco perchè scrivere in un forum sotto alla sezione filosofia.
Mi pare di capire che non sei interessato all'analisi, va bene così.
Ma aiutami a capire quali sono le tue esigenze, i tuoi pensieri.
Sopratutto aiuta te stesso: sono d'accordo non c'è bisogno di una preparazione standard, sopratutto se non sei interessato all'analisi complessa delle relazioni che pure però intercorrono tra quotidianità e sovrastrutture psiciologiche, sociali, politiche etc...
Io non disdegno chi prova a ragionare per se stesso, anzi è proprio ciò che spingo a fare ai giovani studenti.
Ma penso che di gente così. Come ero io allora, o tu adesso, ce ne sia parecchia.
Quello che mi spaventa Iano, è che i ragionamenti (ma cominciamo a farli perdio) sono privi di sentimento.
E se questo sentimento c'è. E fidati c'è sempre anche se latente, di solito è legato a pensieri tristi se non proprio mortiferi.
Noto per esempio in molti interventi su questo forum una grande risacca di risentimento.
Il problema è che dovreste tirarlo fuori fino in fondo e capire come mai alberghino pensieri così meschini nei vostri animi.
E allora ve li analizzo, a mio parere questo odio verso la filosofia non ha senso.
Chi se ne frega di cosa pensano gli altri, se quello che conta è quello che pensate voi.
Va bene niente di male, ma perchè poi usare parole contro la filosofia?
La filosofia non nasce come filosofia del quotidiano, quella al massimo era la sofistica.
E' normale che non vi ritroviate nei pensieri di Platone e Aristotele, soprattutto se cercate di farli diventare discorsi che riguardano il quotidiano.
Pensare che la filosofia classica riguardi il quotidiano è un errore sciocco.
Va bene, e allora dividiamo la questione, parliamo di filosofia quotidiana, senza scomodare altre categorie e altre tematiche di pensiero.
Va bè vi dò già la risposta: Iano e Daniele22, state trovando una vostra identità in contrasto con la filosofia classica.
Dunque riuscite a parlare di filosofia vostra quotidiana solo in forza del fatto che Platone e Aristotele dicono cazzate.
Il punto signori è che quei poveri cristiani sono morti, e appartenevano ad un altra epoca.
Ma soprattutto vi ripeto, avevano altri orizzonti.
Sta ad ognuno di noi capire la propria strada.
Quindi io non dico che dite sciocchezze, perchè a me sta cosa la gente la rinfaccia sempre, semplicemente sto parlando d'altro, in cerca di gente che la pensa come me, con quegli orizzonti.
Io parlo per tornare al fatto degli studenti, a studenti quali ero io. che volevano credere in orizzonti più ampi, con la fiducia che c'entrasse qualcosa con la loro vita.
Fiducia incrollabile del giovane dai 14 ai 30 circa.
Il mio parlare a loro, significa che non sto parlando di filosofia quotidiana. Ma di qualcosa di più ampio che c'entra con il quotidiano.
Poichè il giovane si nutre delle grandi idee del passato fa bene secondo me a seguire la filosofia standard.
E nel contempo a cominciare a farsi domande più ampie, e soprattutto a porle agli amici.
Il punto semmai sarebbe quali amici? Ovviamente quelli che hanno gli stessi ideali. Gli stessi orizzonti più ampi del quotidiano. Ripeto sono molti, ance se l'università li decima. E d'altronde una prima selezione la fanno già gli istituti superiori.
Qua per me si tratta di far rimanere acceso l'entusiasmo a quei giovani.
Per i filosofi del quotidiano che non si sentono rappresentati da questo modo di vivere.
Almeno vi chiedo però di non fare discorsi in cui si mischia l'odio per un certo modo di fare filosofia, e le proprie necessità espressive e comunicative.
Comunque vi leggo sempre, faccio fatica sempre a trovare l'unita del discorso, ma è da aspettarselo, se decidete che la vita non va oltre la propria casa, oltre la propria identità.
A volte ci trove elementi interessanti, altre volte errori clamorosi, e non mi riferisco certo al fatto che avete sbagliato a citare questo o quell'autore, chissenefrega.
Dico solo dividiamo bene le cose. E piano piano cominciamo a dire le nostre idee. Punto punto o come mi pare piaccia a te Iano, intuizione per intuizione.
Inoltre basta chiedere, cosa ne pensi green demetr di questo o quell'altro.
Vi rispondo sapete. ;)
Citazione di: Ipazia il 17 Giugno 2021, 07:45:44 AM
Citazione di: daniele22 il 15 Giugno 2021, 09:04:26 AMIl linguaggio è figlio della metafisica. Sai cos'è la metafisica e che cos'è il linguaggio?
La metafisica è ciò a cui aspira il grido del bambino nel cuore della notte, mentre il linguaggio è il suo grido.
Il bambino che grida nella notte aspira a che gli passi la fame, la bua, aspira alle coccole di un adulto. È il nulla metafisico e il tutto mammifero della condizione umana. E così pure il linguaggio emergerà per motivi del tutto fisici di comunicazione legati ai bisogni fondamentali, incontrando solo al termine della prima età detta giustamente evolutiva, l'avverbio metafisico "perché". Nel grido del poppante c'è solo un immanentissimo "qui ed ora".
Impeccabile come al solito ;)
Citazione di: green demetr il 18 Giugno 2021, 13:48:41 PM
Citazione di: daniele22 il 15 Giugno 2021, 09:04:26 AMCitazione di: green demetr il 15 Giugno 2021, 03:20:49 AM
Sotto il termine inattuale, in realtà Daniele22, intende dire che la filosofia è in errore a non avere messo la questione del fondamento del linguaggio, piuttosto che su quello dell'Essere.
Fa il grave errore però di non capire che il linguaggio è figlio della metafisica.
il Fondamento è colui che quella voce ha emesso.
Quando il neonato urla nella notte, stiamo parlando di ben altro che il linguaggio.
In fin dei conti il linguaggio è solo una trappola, nel migliore dei casi solo uno strumento.
Quindi non solo il linguaggio non era inattuale allora, ma direi che ne avessero una consapevolezza infinitamente maggiore, che nella modernità, del legame tra fondamento e linguaggio. Tutto il contrario di quello che pensa Daniele22, che infatti poi rapsodizza, senza che io ne abbia colto il centro di impellenza maggiore. E che di certo non è di ordine filosofico.
Giovane studente, è proprio con il linguaggio greco che dovrai avere a che fare.
Buono studio (pure a me visto che dovremo affrontarlo insieme ;) )
Bravo Professore! ... bell'educatore! Disse una volta la madre di un mio amico sentendolo bestemmiare il nome di Dio. Comprensibile esclamazione tanto più che quel professore, quasi un Socrate moderno, ci corrompeva trascinandoci con lui alle ore tarde della notte frequentando assieme esecrabili bettole.Io però non sono uno studente, ho già studiato abbastanza tanto da averne le mie rotondità piene alla nausea. E gradirei che anche altri smettessero di studiare quel che è fuori di loro per dedicarsi semmai allo studio di ciò che è dentro di loro. Tu vorresti farmi credere che il mercoledì venga di martedì. Ma oggi è martedì.Il linguaggio è figlio della metafisica. Sai cos'è la metafisica e che cos'è il linguaggio?La metafisica è ciò a cui aspira il grido del bambino nel cuore della notte, mentre il linguaggio è il suo grido.Quel che più mi consola, visto che il tuo intervento contiene pure dei buoni spunti a me però non molto chiari, è che tu pensi che il mio pensiero sia tutto il contrario di quel che dovrebbe essere vedi tu cosa
Il grido del bambino non è ancora linguaggio.
La sua metafisica ricostruita a posteriori, è che il grido viene prima del soggetto, che per la prima volta lo sente: ossia lo stesso bambino, che ancora non sa di essere un bambino.
Forse possiamo dire che il bambino è nel suo insieme è un segno, e dunque ha un suo linguaggio.
Ma questo linguaggio lo ricostruisce il soggetto solo dopo che è cresciuto.
Dunque non è fondamento.
E' come già spiegato la potenza del suono a fornire l'indizio che esiste un esistente prima del suono ancora.
Una impellenza, un desiderio, un miscuglio di vita e paura.
Dove è la mamma?
Non è semplicemente una domanda linguistica, viene prima di qualsiasi professore che si voglia citare.
In questo caso è il soggetto il fondamento della lingua, e il soggetto a sua volta è un segno pieno di storia e conquiste: chi sono io?
Sono le domande fondamentali della filosofia da sempre.
dove è mia madre? cosa sta facendo mio padre? chi sono io?
Come siamo arrivati a codificare questo linguaggio? se non tramite il segno che noi siamo, perchè noi ci diamo sempre dopo, una volta che quell'urlo è uscito nel buio.
Stiamo parlando di profondità senza nome, senza segno.
Ma il bujo bisogna anche impararlo a conoscere.
Ciao Green D, perdona la mia ignoranza e la mia difficoltà a comprendere quel che dici. Di solito, quando scrivo cerco di scrivere come mangio, nel senso che cerco di scrivere in modo semplice e chiaro, così come sono abituato a mangiare cose semplici e poco sofisticate. Non mi interessa molto quello che devi dirmi, specialmente perché le evidenze della realtà mondana giustificano in tutto e per tutto il mio pensiero, comprendendo (le evidenze) pure i modi intricati di esprimersi prodotti spesso dalle persone colte (colte solo in senso classico), ma se tu vuoi dirmi qualcosa da uomo a uomo ti prego di scendere un po' più in basso e di cercare di scrivere come scrivo io. D'altra parte, non vorrai mica farmi credere che a quindici anni ti esprimevi già così? Se così fosse stato, come non detto
Citazione di: daniele22 il 23 Maggio 2021, 23:10:37 PM
Non rivela però al mondo i nostri sentimenti o affettività (nel bene e nel male). E pure sono questi che io personalmente vorrei che si rivelassero, giacché son questi a muovere il mondo. Naturalmente non pretendo che ciascuno si confessi pubblicamente, ma che si confessi pubblicamente l'efficenza con cui questi muovono il mondo.
Non penso che le nostre posizioni siano poi così diverse.
Come noto da questo passaggio che avevi scritto in risposta a Iano.
Appunto, come dici anche tu i nostri segni sono legati all'affettività. come l'urlo nel buio è legato alla paura del bambino.
Siamo perfettamente d'accordo, come ho scritto in risposta a Iano, chiedo solo di fare delle distizioni.
Se poni una domanda di vita quotidiana è diverso che porla a livello di filosofia classica.
Sul perchè la filosofia classica ante-litteram si muovesse all'interno dell'autoreferenzialità del linguaggio, è altra cosa dalla tua domanda di senso del vivere.
Da una parte abbiamo una filosofia che si è scostata dalla vita quotidiana in cerca delle verità auto-evidenti.
Hai ragione quello fu il primo passo, ma poi dopo aver diviso la parola da quotidiana ad astratta, ne fece un uso non molto distante da quelle che tu chiedi rispetto al senso del vivere. Certo bisogna seguirlo con impegno.
E' una scelta. Ma non puoi rimproverare a loro una scelta diversa da quella fatta da te.
Le esigenze sono le stesse.
Insomma come dicono gli inglesi: tanto temporale in una tazza di tè. ;)
Citazione di: green demetr il 18 Giugno 2021, 16:20:10 PM
Citazione di: daniele22 il 23 Maggio 2021, 23:10:37 PM
Non rivela però al mondo i nostri sentimenti o affettività (nel bene e nel male). E pure sono questi che io personalmente vorrei che si rivelassero, giacché son questi a muovere il mondo. Naturalmente non pretendo che ciascuno si confessi pubblicamente, ma che si confessi pubblicamente l'efficenza con cui questi muovono il mondo.
Non penso che le nostre posizioni siano poi così diverse.
Come noto da questo passaggio che avevi scritto in risposta a Iano.
Appunto, come dici anche tu i nostri segni sono legati all'affettività. come l'urlo nel buio è legato alla paura del bambino.
Siamo perfettamente d'accordo, come ho scritto in risposta a Iano, chiedo solo di fare delle distizioni.
Se poni una domanda di vita quotidiana è diverso che porla a livello di filosofia classica.
Sul perchè la filosofia classica ante-litteram si muovesse all'interno dell'autoreferenzialità del linguaggio, è altra cosa dalla tua domanda di senso del vivere.
Da una parte abbiamo una filosofia che si è scostata dalla vita quotidiana in cerca delle verità auto-evidenti.
Hai ragione quello fu il primo passo, ma poi dopo aver diviso la parola da quotidiana ad astratta, ne fece un uso non molto distante da quelle che tu chiedi rispetto al senso del vivere. Certo bisogna seguirlo con impegno.
E' una scelta. Ma non puoi rimproverare a loro una scelta diversa da quella fatta da te.
Le esigenze sono le stesse.
Insomma come dicono gli inglesi: tanto temporale in una tazza di tè. ;)
Penso proprio che sia così. Aspettiamo
Citazione di: green demetr il 18 Giugno 2021, 16:20:10 PM
Citazione di: daniele22 il 23 Maggio 2021, 23:10:37 PM
Non rivela però al mondo i nostri sentimenti o affettività (nel bene e nel male). E pure sono questi che io personalmente vorrei che si rivelassero, giacché son questi a muovere il mondo. Naturalmente non pretendo che ciascuno si confessi pubblicamente, ma che si confessi pubblicamente l'efficenza con cui questi muovono il mondo.
Non penso che le nostre posizioni siano poi così diverse.
Come noto da questo passaggio che avevi scritto in risposta a Iano.
Appunto, come dici anche tu i nostri segni sono legati all'affettività. come l'urlo nel buio è legato alla paura del bambino.
Siamo perfettamente d'accordo, come ho scritto in risposta a Iano, chiedo solo di fare delle distizioni.
Se poni una domanda di vita quotidiana è diverso che porla a livello di filosofia classica.
Sul perchè la filosofia classica ante-litteram si muovesse all'interno dell'autoreferenzialità del linguaggio, è altra cosa dalla tua domanda di senso del vivere.
Da una parte abbiamo una filosofia che si è scostata dalla vita quotidiana in cerca delle verità auto-evidenti.
Hai ragione quello fu il primo passo, ma poi dopo aver diviso la parola da quotidiana ad astratta, ne fece un uso non molto distante da quelle che tu chiedi rispetto al senso del vivere. Certo bisogna seguirlo con impegno.
E' una scelta. Ma non puoi rimproverare a loro una scelta diversa da quella fatta da te.
Le esigenze sono le stesse.
Insomma come dicono gli inglesi: tanto temporale in una tazza di tè. ;)
Ciao Green, ho riletto anche il tuo intervento in risposta a Iano. Parli di distinzioni da farsi, come esistessero due tipologie di filosofia, o forse ho capito male. Per rispondere a me hai citato un pezzettino piccolo piccolo di un mio intervento. Non hai detto nulla però sul resto della mia critica ad Heidegger. Per me esiste solo una filosofia e non una filosofia classica che si distingue da altre filosofie
Il punto è che studiare il greco per studiare la filosofia, come esorta a fare Green, non senza ragioni, scoraggia chi, non potendo/ volendolo fare, nondimeno vorrebbe filosofare perché a ciò lo spinge la sua natura.
Se io, pur a spizzichi e bocconi, provo a leggere gli antichi come i moderni filosofi, come ad esempio Heidegger, non posso non restare ammirato e soggiogato.
E così mentre leggo Heidegger sono hieidggeriano, e mentre leggo Platone idem.
Ma se mi sono lasciato libero di filosofare, se ho sviluppato la mia filosofia, allora diventa facile, quando non immediato per me realizzare che la penso in modo opposto ad Heidegger, che mi appare antico come pensiero, e che il mio pensiero sia invece una rielaborazione riveduta e corretta del pensiero di Platone, tanto riveduta da apparir altro.
A seconda di quale strada si scelga, ci saranno diversi modi di filosofare, posto che unica e condivisa sia l'esigenza di farlo (o un unica filosofia come dice Daniele), quello dello storico della filosofia è quella del dilettante istintivo.
Sono davvero da mettere queste in contrapposizione o da far convivere felicemente , posto che comunque qualunque strada scegliamo non potrà mai dirsi una scelta definitiva, se non per il fatto che se non hai fatto almeno il classico iniziare a tarda età lo studio del Greco può non avere senso ?
Se ora io decidessi di studiare Heidegger in modo approfondito lo farei solo per capire da dove arrivino le sue idee balzane, perché ciò è interessante capire.
Ode ancora attive e ben presenti su questo forum come nella società .
Posso solo dire che quel poco che ho letto di Heidegger, mentre lo leggevo, mi trovava d'accordo pienamente.
Ma la stessa cosa potrei dire in pratica di quel poco di ogni filosofo che ho letto, e in tal senso poco importa da quale interpretazione è da quale traduzione ciò che ho letto derivava.
Probabilmente qualunque traduzione e interpretazione mi avrebbe trovato d'accordo.
Succede però che poi io mi dimentichi, o creda di dimenticarmi, di ciò che ho letto, sviluppando la mia filosofia, che a posteriori posso confrontare con quella di Heidegger e di Platone, come sopra detto.
Così Platone mi vien da metterlo fra i moderni, nel senso che lo sento molto vicino, ed Heidgeer invece no, e posso dire ciò con critica certa è quasi immediata, perché a confrontare diversi pensieri, quando ben presenti al di là' delle tante parole che hanno prodotto, è un attimo.
Hidgeer è certamente presente e attuale nella cultura contemporanea , quanto è evidente la contraddizione presente nel suo pensiero.
Come scrive Maurizio Ferraris nella "Repubbilca" di giovedì, 17 giugno in una critica ad Heidegger:
Tra varianti e vaccini il virus forse se ne va'.
Quello che sono certo non se ne andrà, almeno a breve, è un assunto di fondo, l'idea che siamo padroni della natura e schiavi della tecnica.
È ovviamente vero il contrario ,il virus, in quanto natura, ci ha messo in ginocchio, il vaccino, in quanto tecnica, ci offre una tregua. E allora perché neghiamo l'evidenza?
E allora, buttiamo via Hiedgeer?
Per quel poco che ne so' è uno che ha cambiato idea nel corso della sua vita.
E questo devono fare i filosofi.Questo significa essere filosofi, perché se cambi idea allora vuol dire che pensi.
Citazione di: iano il 19 Giugno 2021, 09:28:25 AM
Il punto è che studiare il greco per studiare la filosofia, come esorta a fare Green, non senza ragioni, scoraggia chi, non potendo/ volendolo fare, nondimeno vorrebbe filosofare perché a ciò lo spinge la sua natura.
..... etc ..... etc .....
Come scrive Maurizio Ferraris nella "Repubbilca" di giovedì, 17 giugno in una critica ad Heidegger:
Tra varianti e vaccini il virus forse se ne va'.
Quello che sono certo non se ne andrà, almeno a breve, è un assunto di fondo, l'idea che siamo padroni della natura e schiavi della tecnica.
È ovviamente vero il contrario ,il virus, in quanto natura, ci ha messo in ginocchio, il vaccino, in quanto tecnica, ci offre una tregua. E allora perché neghiamo l'evidenza?
E allora, buttiamo via Hiedgeer?
Per quel poco che ne so' è uno che ha cambiato idea nel corso della sua vita.
E questo devono fare i filosofi.Questo significa essere filosofi, perché se cambi idea allora vuol dire che pensi.
Iano, se devi studiare un autore che scrive in una lingua straniera, sarebbe opportuno che tu ti impadronisca della sua lingua. Certo sarebbe che una lingua straniera di tempi che furono apre pure ad ulteriori problematiche. E' vero che esistono traduzioni, ma ciò implica mettere in mezzo tra te e l'autore un intermediario con tutto quel che ciò implica, tanto più che anche se leggi un testo in italiano a volte devi comunque tradurlo (vedi ciò che accade nei nostri post che abbisognano spesso di chiarimenti). Per fare filosofia puoi cmq farlo in italiano senza necessità di conoscere altre lingue.
Per quel che riguarda Ferraris non ho letto il suo articolo, per leggere il quale bisogna sganciare soldi che a mio vedere son solo soldi buttati al vento. Non conosco il pensiero di Ferraris, ma non sono d'accordo sul fatto che l'uomo sia schiavo della tecnica. L'uomo è in realtà succube dei suoi piaceri e delle sue paure. La tecnica e i prodotti tecnologici lo aiutano a cambiare le forme delle sue necessità, ma questi nuovi giocattoli nulla cambiano circa la sua sudditanza. Forse era questo che intendeva dire Husserl nell'opera incompiuta "la crisi delle scienze europee", cioè che la scienza non aiutava affatto l'essere umano nelle sue problematiche esistenziali. Per dire quello che ha detto Ferraris l'altro ieri, poteva dirlo benissimo tempo fa a fronte di un bel terremoto. Heidegger non lo butto via, ma ho già messo in evidenza un suo errore in questo Topic.
Da ultimo, io penso di pensare anche senza cambiare idea. Se cambio idea la cambio dopo che qualcuno o qualcosa mi ha fatto notare particolari tali che debba cambiare idea
Citazione di: paul11 il 09 Giugno 2021, 11:15:06 AM
Citazioni di Daniele22
....la componente razionale del significato, mentre nel secondo caso ha agito di più la componente affettiva (altamente emotiva in questo caso specifico). Il significato non può separare queste due componenti facendo finta di nulla. Questa unità a mio giudizio rappresenta, è, il "quanto" dell'unità della conoscenza".
Io, al contrario, penso che noi non possiamo vedere le cose se non quando queste abbiano un significato.
Tale significato, personale e linguisticamente anche più o meno collettivo, non risponde però ad un'esigenza rivolta verso un progresso umano, o alla ricerca di una presunta verità universale delle cose, bensì alle esigenze di benessere di ciascun nostro singolo corpo.
Da qui inizia il post di Paul11 in grassetto
Penso che tu intenda dire che la scrittura non esaurisce ciò che è l'intento dello scrivente, in quanto appunto l'intento le motivazioni e direi persino gli scopi appartengono alla sfera affettiva, emotiva, L'autore quindi se focalizza la sua scrittura su una determinata argomentazione è perché, almeno per lui, sorge da un focalizzazione, significazione su quell'argomento che ha trovato, che vive, come importante.
Non intendevo quel che tu pensi, anche se è vero quel che dici. Come dici, personalmente ho focalizzato, mosso da esigenza, l'attenzione sulla lingua e ne è uscito un breve dialogo in 5000 parole.
E' vero. Sono pienamente d'accordo. Più volte si è scritto nel forum che la componente interiore umana, è quella che in fondo davanti all'orizzonte del mondo coglie significazioni in particolari che lo scuotono. Nella modernità indicherei Nietzsche ed Heidegger coloro che forse più di tutti hanno cercato l'autenticità umana. Se hanno fallito, ..... in fondo falliamo tutti . Hai anche colto il problema linguistico, che infatti è in entrambi gli autori. Nietzsche oltre a trattati è soprattutto importante per la scrittura per aforismi. Nietzsche è un anti intellettuale, nel senso che la parola per lui non deve essere fredda, semplicemente descrittiva, segue un canone più poetico narrativo e quindi fortemente evocativo di ciò che è umano nell'uomo. Heidegger, seppur con un diverso, ma non troppo, punto di vista rispetto a Nietzsche (Nietzsche in realtà ha influito moltissimo in Heidegger, come per fare un altro esempio in Adorno, ma ve ne sarebbero altri...), cerca l'autenticità umana nell'esistenza, nell'orizzonte temporale della vita umana. Inventa letteralmente un proprio "slang" filosofico, con termini nuovi, spesso quasi intraducibili dal tedesco all'italiano o comunque "italianizzati" come il dasein in "esser-ci". Adatto che il suo linguaggio rimane filosofico ,non utilizza come ad esempio in Nietzsche l'aforisma, gli diventa ancor più difficile recepire linguisticamente ciò che vorrebbe, desidererebbe argomentare, trattare. Lui stesso ammetterà che la poesia e l'arte potrebbero meglio svolgere le tematiche da lui espresse, tant'è che "Essere e tempo" rimane un lavoro incompiuto.
Il problema sta nell'incontro fra ciò che noi definiamo razionale, come logico, e irrazionale, come sfera affettiva. A mio parere forse è l'unica strada filosoficamente possible oggi, la via d'uscita dall'attuale impaludamento cultural filosofico ,sapendo che è difficilmente praticabile, perché bisogna essere una "via di mezzo" fra poeti e filosofi, con capacità da una parte di forte evocazione dello spirito umano, del suo disagio e difficoltà che incontra nella vita, e dall'altra la capacità di sistematizzare questa profonda interiorità umana dentro uno schema comunicabile, che sappia arrivare al lettore. Ecco in questo ,se ciascuno forse a loro modo, Nietzsche ed Heidegger ,rappresentano il tentativo di trovare in fondo "un mondo più umano".
Mi sembra quindi che avalli l'idea della duplice componente nell'unità di conoscenza. Un'analogia: C'è un detto di Gesù narrato nel vangelo di Tommaso che termina con una domanda: Quando sarete nella luce, cosa farete? Un giorno eravate uno e diventaste due. Ma quando diventerete due, cosa farete?
Quindi più che dire che abbiano "fallito", io direi che val la pena capire il loro "bel naufragio"........e proseguire il viaggio se il nostro intento è cogliere i significati autentici della vita.
Ciao Paul11, giungo solo oggi a rispondere. Se a qualcuno va di capire il loro bel naufragio lo faccia pure. Se qualcuno volesse impegnarsi a pianificare una strategia d'uscita da questa palude in cui ci si trova ancor meglio. Per come la penso la prassi migliore è nel movimento democratico verso l'anarchia. Se n'è discusso e sembra rimasto in sospeso (Filosofia dell'anarchia): le leggi non si fanno, ma si tolgono. Il senso della vita se lo cerchi ciascuno in base ai suoi talenti. Vi sono dei servizi da tenere in piedi, ma queste sono solo sciocchezze
Citazione di: daniele22 il 19 Giugno 2021, 07:21:19 AM
Citazione di: green demetr il 18 Giugno 2021, 16:20:10 PM
Citazione di: daniele22 il 23 Maggio 2021, 23:10:37 PM
Non rivela però al mondo i nostri sentimenti o affettività (nel bene e nel male). E pure sono questi che io personalmente vorrei che si rivelassero, giacché son questi a muovere il mondo. Naturalmente non pretendo che ciascuno si confessi pubblicamente, ma che si confessi pubblicamente l'efficenza con cui questi muovono il mondo.
Non penso che le nostre posizioni siano poi così diverse.
Come noto da questo passaggio che avevi scritto in risposta a Iano.
Appunto, come dici anche tu i nostri segni sono legati all'affettività. come l'urlo nel buio è legato alla paura del bambino.
Siamo perfettamente d'accordo, come ho scritto in risposta a Iano, chiedo solo di fare delle distizioni.
Se poni una domanda di vita quotidiana è diverso che porla a livello di filosofia classica.
Sul perchè la filosofia classica ante-litteram si muovesse all'interno dell'autoreferenzialità del linguaggio, è altra cosa dalla tua domanda di senso del vivere.
Da una parte abbiamo una filosofia che si è scostata dalla vita quotidiana in cerca delle verità auto-evidenti.
Hai ragione quello fu il primo passo, ma poi dopo aver diviso la parola da quotidiana ad astratta, ne fece un uso non molto distante da quelle che tu chiedi rispetto al senso del vivere. Certo bisogna seguirlo con impegno.
E' una scelta. Ma non puoi rimproverare a loro una scelta diversa da quella fatta da te.
Le esigenze sono le stesse.
Insomma come dicono gli inglesi: tanto temporale in una tazza di tè. ;)
Ciao Green, ho riletto anche il tuo intervento in risposta a Iano. Parli di distinzioni da farsi, come esistessero due tipologie di filosofia, o forse ho capito male. Per rispondere a me hai citato un pezzettino piccolo piccolo di un mio intervento. Non hai detto nulla però sul resto della mia critica ad Heidegger. Per me esiste solo una filosofia e non una filosofia classica che si distingue da altre filosofie
Dovresti vedere la filosofia come un mezzo per arrivare ad un obiettivo.
Mi pare che la tua critica ad heidegger sia legata al suo linguaggio astruso (in effetti il Mio filosofo esagera), ma ti ripeto il suo sforzo era quello di dare un nuovo strumento di indagine, coniando dei termini astrusi, ma perchè ci si intendesse su alcune nozioni che la filosofia classica ci ha dato, e che nel tempo hanno preso un senso ed un significato quasi completamente diverso.
Quindi dovresti vederlo come un artigiano della parola filosofica accademica.
Ma quale è il suo obiettivo? è esattamente lo studio dell'uomo, esattamente come il tuo.
Semplicemente utilizza uno strumento diverso, che a te non piace, ho capito benissimo, che anzi ritieni dannoso.
D'accordo, ma quest'ultima è una tua ipotesi, infatti per me dannoso non lo è affatto.
Ma questo non vuol dire che è l'unico strumento. Anche il pensiero sulle cose che ci accadono nel quotidiano è una buona strada, da giovane infatti, come studente di Yoga, lo facevo tutti i giorni, per questo te lo dico.
Ma col tempo ho preferito altri strumenti.
Insomma la mia richiesta è di non farci fare la guerra dei poveri, quando il pensiero, il pensare è in fin dei conti quello che ci unisce, e siamo sempre di meno, vuoi per via che la vita ci impegna fino a tarda sera, sia per malattie etc..etc..
Per me è un dono il poter pensare tra amici. Per questo mi sento di fare questa richiesta di distinguo.
Stesso obiettivo, diversi strumenti.
Certamente sta agli altri rispondere come meglio credono.
Ci sentiamo in autunno ;) (settembre dico)
Citazione di: iano il 19 Giugno 2021, 09:28:25 AM
Il punto è che studiare il greco per studiare la filosofia, come esorta a fare Green, non senza ragioni, scoraggia chi, non potendo/ volendolo fare, nondimeno vorrebbe filosofare perché a ciò lo spinge la sua natura.
Se io, pur a spizzichi e bocconi, provo a leggere gli antichi come i moderni filosofi, come ad esempio Heidegger, non posso non restare ammirato e soggiogato.
E così mentre leggo Heidegger sono hieidggeriano, e mentre leggo Platone idem.
Ma se mi sono lasciato libero di filosofare, se ho sviluppato la mia filosofia, allora diventa facile, quando non immediato per me realizzare che la penso in modo opposto ad Heidegger, che mi appare antico come pensiero, e che il mio pensiero sia invece una rielaborazione riveduta e corretta del pensiero di Platone, tanto riveduta da apparir altro.
A seconda di quale strada si scelga, ci saranno diversi modi di filosofare, posto che unica e condivisa sia l'esigenza di farlo (o un unica filosofia come dice Daniele), quello dello storico della filosofia è quella del dilettante istintivo.
Sono davvero da mettere queste in contrapposizione o da far convivere felicemente , posto che comunque qualunque strada scegliamo non potrà mai dirsi una scelta definitiva, se non per il fatto che se non hai fatto almeno il classico iniziare a tarda età lo studio del Greco può non avere senso ?
Se ora io decidessi di studiare Heidegger in modo approfondito lo farei solo per capire da dove arrivino le sue idee balzane, perché ciò è interessante capire.
Ode ancora attive e ben presenti su questo forum come nella società .
Posso solo dire che quel poco che ho letto di Heidegger, mentre lo leggevo, mi trovava d'accordo pienamente.
Ma la stessa cosa potrei dire in pratica di quel poco di ogni filosofo che ho letto, e in tal senso poco importa da quale interpretazione è da quale traduzione ciò che ho letto derivava.
Probabilmente qualunque traduzione e interpretazione mi avrebbe trovato d'accordo.
Succede però che poi io mi dimentichi, o creda di dimenticarmi, di ciò che ho letto, sviluppando la mia filosofia, che a posteriori posso confrontare con quella di Heidegger e di Platone, come sopra detto.
Così Platone mi vien da metterlo fra i moderni, nel senso che lo sento molto vicino, ed Heidgeer invece no, e posso dire ciò con critica certa è quasi immediata, perché a confrontare diversi pensieri, quando ben presenti al di là' delle tante parole che hanno prodotto, è un attimo.
Hidgeer è certamente presente e attuale nella cultura contemporanea , quanto è evidente la contraddizione presente nel suo pensiero.
Come scrive Maurizio Ferraris nella "Repubbilca" di giovedì, 17 giugno in una critica ad Heidegger:
Tra varianti e vaccini il virus forse se ne va'.
Quello che sono certo non se ne andrà, almeno a breve, è un assunto di fondo, l'idea che siamo padroni della natura e schiavi della tecnica.
È ovviamente vero il contrario ,il virus, in quanto natura, ci ha messo in ginocchio, il vaccino, in quanto tecnica, ci offre una tregua. E allora perché neghiamo l'evidenza?
E allora, buttiamo via Hiedgeer?
Per quel poco che ne so' è uno che ha cambiato idea nel corso della sua vita.
E questo devono fare i filosofi.Questo significa essere filosofi, perché se cambi idea allora vuol dire che pensi.
Quando pensavo da giovane alla vita di tutti i giorni, ancora non conoscevo la filosofia.
E si può fare filosofia senza leggere questi grandi del passato.
Capisco benissimo che nell'epoca dell'happening culturale, i grandi siano diventati pop, che quindi vengano letti superficialmente, ossia senza un serio lavoro dietro.
Certo non voglio seminare un senso di sconforto in chi magari vuole pensare, ma non ha tempo per questo lavoro serio, che d'altronde oggi è ormai una professione infatti.
Ma nemmeno posso permettere che si banalizzino, perchè sennò lo sconforto avverrà in chi magari ha delle solide basi di filosofia (io non le ho per esempio) e gli passa la voglio di scrivere in un forum di filosofia.
Secondo me se facciamo tutti uno sforzo di chiarificazione del perchè scriviamo una cosa piuttosto che un altra aiuta anche a che nessuno si sconforti in futuro.
Per esempio aiuta sapere che ti piace leggere qualcosina di questo o quell'autore. E che ti sei orientato verso una TUA idea riguardo questo o quell'autore.
Fin quando riguarda la visione personale delle cose, va tutto bene.
Il problema è che per spirito di polemos, (che ci da energie e che non è da disprezzare) si tende sempre a fare affermazione invece generaliste.
Così chi sa l'importanza di Heidegger (che legge e interpreta Platone) fa fatica a rispondere ad affermazioni, che in quanto individuali, fatte da persone senza background filosofico, sembrano (e sono) apodittiche, e cioè non argomentate, rispetto al lavoro effettivo dell'autore.
Ossia in base alla lettura, non dico completa, ma almeno parziale, dell'opera a cui ci si riferisce.
Siccome visti i tempi che soffiano sul nostro pensiero (e per esempio ha ragione il Ferraris a dire che è la tecnica che domina noi, ma appunto dovrei argomentare, e a settembre al mio studente ideale, sarei stato tenuto a rispondere, ad argomentare punto per punto di quello che afferma Ferraris. Cosa che lui stesso dovrebbe iniziare a fare, ma molti filosofi rimangono nell'agio in cui la cultura pop, li ha messi, e dunque nessuno spazio verso gli studenti, nessun maestro per il futuro).
In questo caro Iano avrei dovuto prenderti ad esempio negativo.
Ma ripeto, questo non deve sconfortarti, questo avviene perchè uso uno strumento diverso, e ho deciso che questo strumento debba essere messo bene in vista ogni volta.
A margine, rispondendo sull'esito a cui perverrò, potremo privatamente domandarci o riflettere sulle nostre tematiche.(senza studenti fra le scatole).
Io penso si possa fare benissimo.
Da parte mia non c'è veramente risentimento, nè tantomeno presunta superiorità.
Ma figuriamoci!
Spero potremo ulteriormente chiarirci in autunno. Ciao! ;)
Citazione di: green demetr il 26 Giugno 2021, 14:44:14 PM
Citazione di: daniele22 il 19 Giugno 2021, 07:21:19 AM
Citazione di: green demetr il 18 Giugno 2021, 16:20:10 PM
Citazione di: daniele22 il 23 Maggio 2021, 23:10:37 PM
Non rivela però al mondo i nostri sentimenti o affettività (nel bene e nel male). E pure sono questi che io personalmente vorrei che si rivelassero, giacché son questi a muovere il mondo. Naturalmente non pretendo che ciascuno si confessi pubblicamente, ma che si confessi pubblicamente l'efficenza con cui questi muovono il mondo.
Non penso che le nostre posizioni siano poi così diverse.
Come noto da questo passaggio che avevi scritto in risposta a Iano.
Appunto, come dici anche tu i nostri segni sono legati all'affettività. come l'urlo nel buio è legato alla paura del bambino.
Siamo perfettamente d'accordo, come ho scritto in risposta a Iano, chiedo solo di fare delle distizioni.
Se poni una domanda di vita quotidiana è diverso che porla a livello di filosofia classica.
Sul perchè la filosofia classica ante-litteram si muovesse all'interno dell'autoreferenzialità del linguaggio, è altra cosa dalla tua domanda di senso del vivere.
Da una parte abbiamo una filosofia che si è scostata dalla vita quotidiana in cerca delle verità auto-evidenti.
Hai ragione quello fu il primo passo, ma poi dopo aver diviso la parola da quotidiana ad astratta, ne fece un uso non molto distante da quelle che tu chiedi rispetto al senso del vivere. Certo bisogna seguirlo con impegno.
E' una scelta. Ma non puoi rimproverare a loro una scelta diversa da quella fatta da te.
Le esigenze sono le stesse.
Insomma come dicono gli inglesi: tanto temporale in una tazza di tè. ;)
Ciao Green, ho riletto anche il tuo intervento in risposta a Iano. Parli di distinzioni da farsi, come esistessero due tipologie di filosofia, o forse ho capito male. Per rispondere a me hai citato un pezzettino piccolo piccolo di un mio intervento. Non hai detto nulla però sul resto della mia critica ad Heidegger. Per me esiste solo una filosofia e non una filosofia classica che si distingue da altre filosofie
Dovresti vedere la filosofia come un mezzo per arrivare ad un obiettivo.
Mi pare che la tua critica ad heidegger sia legata al suo linguaggio astruso (in effetti il Mio filosofo esagera), ma ti ripeto il suo sforzo era quello di dare un nuovo strumento di indagine, coniando dei termini astrusi, ma perchè ci si intendesse su alcune nozioni che la filosofia classica ci ha dato, e che nel tempo hanno preso un senso ed un significato quasi completamente diverso.
Quindi dovresti vederlo come un artigiano della parola filosofica accademica.
Ma quale è il suo obiettivo? è esattamente lo studio dell'uomo, esattamente come il tuo.
Semplicemente utilizza uno strumento diverso, che a te non piace, ho capito benissimo, che anzi ritieni dannoso.
D'accordo, ma quest'ultima è una tua ipotesi, infatti per me dannoso non lo è affatto.
Ma questo non vuol dire che è l'unico strumento. Anche il pensiero sulle cose che ci accadono nel quotidiano è una buona strada, da giovane infatti, come studente di Yoga, lo facevo tutti i giorni, per questo te lo dico.
Ma col tempo ho preferito altri strumenti.
Insomma la mia richiesta è di non farci fare la guerra dei poveri, quando il pensiero, il pensare è in fin dei conti quello che ci unisce, e siamo sempre di meno, vuoi per via che la vita ci impegna fino a tarda sera, sia per malattie etc..etc..
Per me è un dono il poter pensare tra amici. Per questo mi sento di fare questa richiesta di distinguo.
Stesso obiettivo, diversi strumenti.
Certamente sta agli altri rispondere come meglio credono.
Ci sentiamo in autunno ;) (settembre dico)
Ciao Green, non ricordo in quale post, rispondendoti, ho concluso il post con la parola "Aspettiamo". Aspettiamo a vedere appunto dove possa emergere una differenza di vedute.
Vedi Green che io ho osservato per una vita senza perseguire un obiettivo, solo ero incuriosito dal fatto che gli umani pretendessero di muoversi secondo ragione e invece non lo facevano (almeno nei momenti critici). Di conseguenza notavo molto tutto quello che aveva correlazione con tali fenomeni e ci speculavo un po' sopra. Un giorno ho colto in un lampo quello che chiami l'obiettivo. Un conto è però cogliere in un attimo, altro è mettere nero su bianco. Ma alla fine l'ho fatto.
La mia critica ad Heidegger non l'hai nemmeno sbirciata dicendo quel che dici. Cmq, non ho letto nulla di Martin, l'ho solo sentito commentare. Sembra poi che lui non abbia certo seguito i consigli di Kant (spero di ricordare bene) che non amava molto legiferare in campo linguistico con nuove parole. In ogni caso quel che io ho criticato è il concetto di significato e di senso rispetto al segno, eliminando l'esigenza del concetto di referente e non so nemmeno se Heidegger ne abbia trattato. Heidegger per me ha rappresentato solo il filosofo nominato da tutti e quello che dovevo in un certo senso superare per essere portatore dell'idea di cui sono portatore. E mi sembra d'averlo fatto.
Buona vacanza Green. Ci si sente con i vari temi