LOGOS

LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: Eutidemo il 30 Settembre 2019, 15:30:48 PM

Titolo: Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 30 Settembre 2019, 15:30:48 PM
Si tratta di un tema molto delicato e complesso, che può essere esaminato sotto vari aspetti:
- religioso
- giuridico
- etico
- eudaimonistico

***

ASPETTO RELIGIOSO
SANSONE (in ebraico Shimshon, che significa "piccolo sole") era un "Giudice" biblico, descritto nel Libro dei Giudici ai capitoli 13; 14; 15; 16.; la Chiesa lo esalta come un "eroe sacro", e nessuno ha mai avuto niente a che ridire sul fatto che si sia suicidato!
Peraltro, sempre nella BIBBIA, in SIRACIDE 30,17 si legge: "Meglio la morte che una vita amara, il riposo eterno, piuttosto che una malattia cronica.", ovvero, come si legge in QOÈLET  7,1: "... è preferibile la morte al giorno della nascita".
E potrei citare anche altri passi biblici, in tal senso!
Quanto a Gesù, in effetti, non ha mai affrontato in modo specifico il tema; sebbene, a prescindere dagli aspetti "teologici" e "teleologici" della sua condotta (ovviamente molto più elevati e profondi), "sostanzialmente" lui stesso si offrì come vittima sacrificale, in una sorta di suicidio per interposta persona.
Voglio dire che, se io, per incassare una assicurazione (che non paga in caso di suicidio), sparassi con una pistola a salve ad un presidio militare armato di mitragliatrici a via dei Fori Imperiali, quelli mi manderebbero subito all'altro mondo con una raffica di MG 42/59; ed in tal caso, "tecnicamente", non si potrebbe dire che io mi sia suicidato...però "sostanzialmente", SI'.
*
E' vero che il quinto comandamento dice: "Non uccidere", però:
a)
Uccidere se stessi, ed uccidere altre persone (soprattutto se non consenzienti), sono atti completamente diversi; così come costituiscono comportamenti diversi, mangiarsi le unghie, e cercare di mangiare le unghie del prossimo.
b)
In subordine, ammessa (ma assolutamente non concessa) l'indebita omologazione tra "suicidio" ed "omicidio", merita rilevare che in determinate circostanze la dottrina cattolica non solo consente l'omicidio (ad es. per legittima difesa o per stato di necessità), ma, addirittura, lo predica e lo benedice (ad es., secondo San Tommaso, il "tirannicidio" è un dovere sacro); senza considerare che sotto Pio IX, beatificato se non sbaglio nel 3° millennio, furono ESEGUITE sentenze di morte, come giustamente mi ha ricordato un mio saggio amico (Simoncelli, giustiziato il 2 ottobre 1852, colonnello della Guardia civica di Senigallia ed anche altri).
Ed allora, se in determinate circostanze la dottrina cattolica consente l'omicidio, perchè mai in determinate circostanze non dovrebbe consentire anche il suicidio?
*
Ovviamente i testi sacri possono essere interpretati in modo molto diverso a seconda della particolare visione di ciascuno, e non è affatto detto che quello più corretto sia il mio (ci mancherebbe altro); Dio ha una sola voce, ma gli uomini hanno miliardi di orecchie, ciascuna coppia delle quali lo ascolta in modo diverso.
Anzi, a volte, una stessa persona, con un orecchio ci sente una cosa, e con l'altro un'altra.
A me capita!
Ovviamente, a coloro hanno dato in gestione il proprio cervello e la propria coscienza ad una specifica confessione religiosa, per lasciarla decidere in loro vece, questo non capita MAI.
Buon per loro!

***
ASPETTO GIURIDICO
L'art.56 del Codice Penale, stabilisce che, chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto previsto dal codice, risponde di "delitto tentato", se l'azione non si compie o l'evento non si verifica, e viene punito di conseguenza; ovviamente, in misura minore che in caso di "reato consumato".
Orbene.
Se davvero fosse lecita l'omologazione tra "suicidio" ed "omicidio", chi compisse atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un "suicidio" -non riuscendoci-, dovrebbe essere incriminato e punito per "omicidio tentato"; cosa che, per fortuna, non è mai passata per la testa a nessun imbecille (pur essendo in tanti)!
L'art. 580 del Codice penale, invero, considera reato soltanto "I'istigazione o l'aiuto al suicidio (altrui)"; che è cosa ben diversa.
*
E' bensì vero che alcuni considerano comunque ILLECITO il suicidio, in base al divieto generale, presente nel nostro ordinamento, degli atti che dispongono del proprio corpo; secondo tale tesi, in quanto considerati beni primari, la vita e il corpo non sono diritti di cui si possa fare ciò che si vuole attraverso il suicidio o autolesioni.
*
Resta il fatto, però, che:
- il "suicidio consumato", non è punibile per ovvie ragioni "tecniche";
- il "suicidio tentato", non è punibile per le ragioni che ho esposto sopra.
Non avrebbe senso, allora, formulare un divieto, se poi la violazione di tale divieto non può essere punita: la stessa portata dissuasiva del divieto penale (cosiddetta "funzione deterrente della pena") verrebbe meno e, dunque, sarebbe come se il divieto non esistesse.
*
E' vero che, teoricamente, il "suicidio tentato" potrebbe essere punito; tuttavia, in questo caso, si arriverebbe al paradosso che, per infliggere una pena a chi ha tentato il suicidio, si spingerebbe quest'ultimo a riprovare una seconda volta il proprio gesto (in quanto ulteriormente disgustato dalla stupidità umana).
*
In conclusione, in base agli argomenti di cui sopra, secondo me, in mancanza di un espresso divieto legale (come c'è, invece, nel catechismo), il suicidio va sicuramente considerato giuridicamente lecito: ciò in forza del principio di autodeterminazione, cioè del potere, che spetta ad ogni uomo, di decidere autonomamente cosa è meglio o peggio per sé; cosicché ogni limitazione risulterebbe incostituzionale.
*
Tuttavia "a contrario", si potrebbe eccepire che, se il suicidio deve essere considerato lecito e, quindi, un diritto di ognuno di noi, impedire l'esercizio di questo diritto dovrebbe allora essere ritenuto un illecito e non un dovere; si arriverebbe,  quindi, in questo caso, al paradosso per cui, chi tenti di suicidarsi e non ci riesca a causa dell'intervento altruistico del terzo, potrebbe fare causa a quest'ultimo per avergli impedito l'esercizio di un proprio diritto.
Ammetto che l'argomento è molto forte, ma un po' paralogistico; ed infatti, altruisticamente, un amico potrebbe benissimo cercare, con tutti i mezzi (leciti), di impedirmi di giocarmi tutti i miei beni in un Casinò, però:
- io non potrei citarlo per aver cercato di impedirmelo;
- se non ci fosse riuscito, ed io mi fossi giocato tutti i miei beni a BACCARAT, non sarei comunque perseguibile per il mio comportamento.

***
ASPETTO ETICO
Sotto il profilo etico, considerando la morale AUTONOMA, e non ETERONOMAMENTE condizionata da un determinato credo religioso, è ovvio che ciascuno è libero di comportarsi come crede più "giusto".
Per quanto mi riguarda, io non credo che il suicidio sia sempre moralmente lecito; ed infatti, non lo ritengo assolutamente tale:
a)
Quando si hanno figli ancora piccoli, che abbisognano delle nostre cure e della nostra assistenza.
b)
Quando i figli sono ormai grandi ed autonomi, ma si hanno ancora a carico genitori anziani,  per i quali la morte di un figlio per suicidio, costituirebbe un dolore devastante.
c)
In ogni altro caso, in cui  la nostra morte comporterebbe un grave ed irreparabile danno per qualcuno (e lasciamo perdere il presunto "danno sociale", che, almeno nel mio caso, sarebbe assolutamente nullo).
A prescindere da tali ipotesi, da valutare caso per caso, ritengo il suicidio SEMPRE legittimo; anche per semplice tedio della nostra vita...visto che questa appartiene soltanto a noi.
Però, come ho detto, si tratta di un giudizio personale, il quale, come tale, è opinabile; salvo che uno non cerchi di imporre il suo a qualcun altro.
Non è da egoisti vivere e morire come si vuole; è invece da egoisti pretendere che gli altri vivano e muoiano come vogliamo noi!.

***
ASPETTO EUDAIMONISTICO
Sotto il profilo "eudaimonistico", e, cioè, in senso generale, di ciò che sia più conveniente per la nostra "felicità personale", i casi sono due:
*
A)
Se le cose vanno molto male, in salute o per altri motivi, come giustamente dice il SIRACIDE, indubbiamente è: "...meglio la morte che una vita amara", ovvero, come dice  QOÈLET: "... è preferibile la morte al giorno della nascita"; la Bibbia, a saperla leggere, dice cose molto sagge.
D'altronde, se vai al cinema e il film non ti piace, non c'è senso di starlo a vedere fino alla fine; peraltro, nel caso della vita, non abbiamo neanche dovuto pagare il biglietto per entrarci (in tal caso, io mi sarei decisamente rifiutato).
Comunque: "De gustibus non est disputandum"!
*
B)
Se le cose, invece, vanno molto bene, direi che il suicidio si presenta molto meno impellente; ma, a ben vedere, in ogni caso, almeno in teoria, "eudaimonisticamente", sarebbe comunque la scelta più "prudente" da mettere in atto.
Ed infatti, almeno sotto il profilo "strettamente" logico:
*
1)
Anche se ti stai godendo la vita al 100%, se ne vieni privato con la morte, NON PERDI NIENTE; ed infatti, se non c'è più nessuno a potersi rammaricare di una perdita, non c'è, ovviamente, nessuna perdita!
*
2)
Anche se ti stai godendo la vita al 100%, non puoi sapere cosa accadrà domani; e se è vero che nessuno può più rammaricarsi di ciò che ha perso una volta morto, può invece amaramente rammaricarsi di non essere morto prima di subire atroci perdite da vivo.
Ad esempio, le mie due nonne (alle quali, per il resto, era sempre andato tutto bene) persero dei figli quando erano ancora vive; e spesso si lamentavano di non essere morte prima.
*
C)
A prescindere da A) e B), in ogni caso, se ci riflettete bene, la scelta non è tra vivere e morire, perchè morire bisogna per forza; qualcosa ci ucciderà comunque, prima o poi.
Tutto sta a vedere:
- QUANDO
- COME
*
Circa il QUANDO, che si muoia prima o dopo, non fa la benchè minima differenza, perchè il TEMPO è roba solo per i vivi, non per i morti; per essi, ormai, essere morti a venti anni o ad ottanta, non cambia più niente.
IL NOSTRO PRINCIPALE ERRORE, E' DI GIUDICARE LA MORTE CON LA PROSPETTIVA DEI VIVI!
*
Circa il COME,affidandosi al caso, almeno secondo la mia esperienza, il modo in cui si muore è quasi sempre ORRIBILE; e, in genere, sempre molto più LENTO di quanto sarebbe auspicabile.
"Morire nel sonno" è rarissimo; e, in ogni caso, nessuno si è mai svegliato per raccontarci se sia stata una esperienza particolarmente gradevole (dipende dalla causa della morte).
Se, invece, ci si suicida, scegliendo il calibro giusto (io suggerisco il cal. 45 in canna da 5") e la giusta postura (molti la sbagliano), la morte è immediata e praticamente indolore; però non è certo un bello spettacolo per chi trova il cadavere.
L'ideale sarebbe una iniezione sedativa seguita da una iniezione letale; ma, per questo, temo che bisognerà attendere il IV millennio!

***
ALLEGRIA, ed un saluto a tutti! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 01 Ottobre 2019, 07:25:25 AM
Quello che hai descritto nei suoi vari aspetti, Eutidemo, è il suicidio così come siamo soliti intenderlo: la morte fisica auto inflitta.

Esiste tuttavia un "suicidio" che non implica la morte fisica.
Si tratta sempre di morire, ma morire a se stessi.

È la morte dell'io.

Può sembrare impossibile riuscire ad andarsene continuando a esserci...

E forse un "suicidio" di questo tipo è davvero impossibile al 100%.
Non riusciamo mai ad ammazzarci proprio del tutto...

Ma anche solo per quel poco che otteniamo, vale la pena provarci.


(Almeno si evitano le tante complicazioni che hai abilmente considerato... ;) )
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 01 Ottobre 2019, 10:53:39 AM
Ottima disanimina della fenomenologia suicidaria in cui brilla per la sua assenza proprio ciò che in questa sede dovrebbe avere lo scettro, ovvero l'aspetto metafisico: essere o non essere, cui bobmax accennando all'io pone una veloce toppa meritevole di maggiore focalizzazione. E' pur vero che Eutidemo non trascura la cosa, ma la pone sotto l'ombrello dell'aspetto religioso che, per l'eterodirezione della sua legge divina, è piuttosto in contrapposizione che in esplicazione della tradizione filosofica antica e moderna occidentali e di quella orientale. Etica e giuridica sono epifenomenici, e rimandano a paradigmi filosofici a priori che vanno discussi.

Nel pensiero classico piuttosto che la posizione di Sansone, fattosi attore di una vendetta divina nella mitologia ebraica, vale la figura di Socrate che pone la polis al di sopra della sua stessa critica e della sua vita. Gli ateniesi, cominciando da coloro che lo condannarono, gli offrirono alternative alla morte ma la sua maieutica e la mitologia platonica non gli lasciarono scampo. Toccherà ad altri sgravare la filosofia ateniese di nuovi pargoli, tra cui Epicuro e la sua eudemonia citata pure da Eutidemo con cui si tocca finalmente le questione metafisica suicidio.

Questione metafisica arroccata nell'ultima thule ontologica ancora presidiata dalla filosofia nella versione autoreferenziale dell'essere, ovvero quell'esserci gettato nel mondo che riconosce se stesso (io/uno) attraverso un processo psichico che riconosce il suo soma (il nessuno pirandelliano) come parte integrante e non separabile di tale io. L'esercizio della sovranità su tale ambaradan è sempre stato messo in discussione dai centomila che si sono arrogati, con le più varie motivazioni - alcune più fondate altre più strumentali - dei diritti su di esso. Il suicidio pone fine a questo gioco delle parti ripristinando l'unità primigenia tra psiche e soma, riconsegnandone tutti i diritti al legittimo detentore fin dalla nascita.

Di ciò tennero conto anche i tiranni dell'antichità quando, come nel caso di Seneca, offrirono ad esso l'opzione della sua esecuzione, ricalcando, con un surplus di malvagità che non ne muta il senso metafisico, le orme della morte di Socrate. Tale maieutica filosofica conserva la sua validità anche nell'epoca attuale e costituisce un punto di riferimento metafisico, etico e giuridico inaggirabile.

Con il suicidio si afferma anche un principio sempre conculcato dai centomila intrusori, ovvero la natura libera di tale gesto. Libera nel come, quando e perchè (finale) . Non nel che e perchè (causale), diritti inalienabili della natura e del fato.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 01 Ottobre 2019, 12:33:36 PM
Ciao Bobmax. (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/smiley.gif)
Sicuramente esiste  un "suicidio" che non implica la morte fisica: la morte dell'"io" individuale.
Ed invero, almeno secondo la concezione Vedanta (e non solo) il senso dell'"Io", detto anche Jiva, ci dà la percezione di essere qualcuno; una specifica onda che esiste nel mare dell'ESSERE.
Non è un'illusione vera e propria, però può portarci lontano dal nostro vero Sé e farci sentire separati  dalla nostra vera essenza, da  Dio, dalla coscienza, da tutto ciò che è.
Il senso di identità che chiamiamo "ego" è lì per aiutarci a capire che non siamo quello, ma qualcosa di più grande, ciò che chiamiamo  Anima  o Sé Superiore o Dio.
D'altronde, non un guru indiano, ma lo stesso San Paolo scrive che siamo tutti destinati ad ESSERE UN SOLO SPIRITO CON DIO.
Ma, secondo me, riuscirci avendo ancora indosso un corpo fisico, è quasi impossibile, salvo che:
per i veri mistici;
per un tempo brevissimo
Un saluto (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/smiley.gif)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 01 Ottobre 2019, 12:55:56 PM
Ciao Ipazia. :)
Hai perfettamente ragione, ma io mi ero "volutamente" limitato ad esaminare solo l'aspetto "fenomenico" della questione; circa l'aspetto "noumenico" (che tu chiami "metafisico"), secondo me occorrerebbe aprire un TOPIC a parte. 

***
Hai anche ragione nel dire che l'aspetto etico e quello giuridico sono "epifenomenici", e che, quindi, rimandano a paradigmi filosofici a priori che andrebbero discussi a parte.

***
Sei stata anche bravissima a ricordare la figura di Socrate che pone la "polis" al di sopra della sua stessa critica e della sua vita; gli ateniesi, cominciando da coloro che lo condannarono, gli offrirono alternative alla morte ma la sua maieutica e la mitologia platonica non gli lasciarono scampo.
Io ho citato Sansone, così come il Siracide e Qoèlet, perchè stavo trattando l'aspetto biblico, e non quello filosofico; che è ben diverso.

***
Sottoscrivo in pieno anche la tua successiva icastica formulazione, per la quale il suicidio riconferma l'unità primigenia tra psiche e soma, riconsegnandone tutti i diritti al legittimo detentore fin dalla nascita;  il suicidio, invero, abbatte la prigione, per la quale il "sóma" (corpo), diviene la "séma" (tomba) del libero SPIRITO in esso racchiuso.

Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 01 Ottobre 2019, 22:07:58 PM
Tuttavia, Eutidemo, se accettiamo che sicuramente esiste la possibilità della morte dell'io individuale...
Dovremmo trarne le inevitabili conclusioni.

Perché la morte dell'io consiste nella morte della volontà propria.

Di modo che se consideriamo questo "suicidio" come il risultato di un atto di volontà, avremmo l'assurdità di una volontà che vuole non volere!

Abbiamo pertanto che necessariamente la morte dell'io non è frutto della volontà. Ovvero avviene, se avviene, a prescindere da chi poi muore...

Ma ciò può avere una sola spiegazione: l'io non è mai esistito.

E la stessa libera volontà che lo faceva essere è solo un'illusione.

Perciò, pure il suicidio fisico non è mai il frutto di volontà individuale.
Semplicemente lo Spirito così ha deciso.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 02 Ottobre 2019, 06:55:08 AM
Citazione di: bobmax il 01 Ottobre 2019, 22:07:58 PM
Di modo che se consideriamo questo "suicidio" come il risultato di un atto di volontà, avremmo l'assurdità di una volontà che vuole non volere!

Assurdità è identificare il soggetto autocosciente con la sua volontà.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 02 Ottobre 2019, 07:01:23 AM
Ciao Bobmax. :)
Tu dici che, se consideriamo il "suicidio" come il risultato di un atto di volontà, avremmo l'assurdità di una volontà che vuole non volere; di qui ne deriverebbe  che necessariamente la morte dell'io non è frutto della volontà. 
A mio parere, a parte il fatto che si tratterebbe più di un "paradosso" che di una "assurdità", a me sembra che il tuo sia un ragionamento un po' sofistico.
Ed infatti, sarebbe come dire se consideriamo il "suicidio" come l'atto compiuto da un essere "vivo", avremmo l'assurdità di un essere "vivo" che vuole non "vivere"; e di qui ne deriverebbe  che necessariamente il "morto" non era "vivo" prima di uccidersi.
Il che, a parte l'aspetto metaforico, non è logicamente e fisicamente possibile.
Allo stesso modo, se io, da vivo "voglio" morire, e quindi mi suicido, una volta morto, poi, non "voglio" più niente; ed in questo non riscontro alcuna contraddizione.

***
Leggermente diversa, e non necessariamente consequenziale, è la tua successiva affermazione per la quale la stessa libera volontà è solo un'illusione; perciò, pure il suicidio fisico non è mai il frutto di volontà individuale.
Al riguardo, secondo me, occorre considerare due aspetti: "in senso lato", uno "fenomenico" ed uno "noumenico".

***
ASPETTO FENOMENICO
Proprio adesso ho appena terminato di leggere un interessantissimo libro di Susan Blackmore, che approccia il tema sotto l'aspetto "psicologico" (""Consciousness" Ed. OXFORD UNIVERSITY PRESS); la quale propende, sebbene non del tutto, per la cosiddetta "TEORIA DEI FASCI MENTALI".
Secondo questa teoria una "persona" non è altro che un "fascio di stati mentali" o "pensieri", per cui l'IO individuale, di cui crediamo di avere COSCIENZA, ed in base al quale "vogliamo" una cosa o un'altra, è una mera ILLUSIONE.
Le "persone", secondo questa prospettiva, non sarebbero quindi "sostanze" portatrici di proprietà mentali (coscienza, memoria, volontà), ma sarebbero, invece gli stati mentali ed i pensieri stessi!
Questa teoria, però, a mio avviso, incontra subito un'obiezione difficile da superare:
- stando ad essa, infatti, "io" sono esclusivamente i "miei pensieri";
 - quindi se ne dovrebbe concludere che "è il fascio dei miei pensieri che pensa".
Però, sostenere che "i miei pensieri pensino", non è una affermazione molto logicamente perspicua; sarebbe come dire che a parlare sono le mie parole, e non "io" che le pronuncio.

***
ASPETTO NOUMENICO
Sotto il profilo "noumenico", cioè, non di ciò che si manifesta, ma di ciò che "è", secondo me l'IO INDIVIDUALE non è affatto un'illusione: "esiste" eccome!
"Esiste", però non "è", in quanto non corrisponde alla REALTA' ultima, di cui è un mero epifenomeno.
Per riprendere un esempio che faccio spesso, non si certo può negare che esistano le singole "onde" del mare, ciascuna con le sue "non illusorie" e specifiche caratteristiche; non si tratta certo di un mero "miraggio"!
Esse "esistono" come fenomeni, ma, in SOSTANZA, esse "sono" MARE.
Il mare si manifesta con le onde,ma queste, prima o poi tornano mare:
- o prendendo coscienza del SE', tramite l'annullamento della(e) volontà dell'IO, da vivi, cosa in verità molto difficile, ammesso che sia possibile;
- ovvero, più semplicemente, morendo fisicamente.
Ma, ovviamente, questa è solo la mia particolare visione della realtà ultima, che non posso certo dimostrare in alcun modo; e di cui, ad essere sincero, non sono sicuro al 100% neanch'io.

Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 02 Ottobre 2019, 08:51:47 AM
Citazione di: Ipazia il 02 Ottobre 2019, 06:55:08 AM
Citazione di: bobmax il 01 Ottobre 2019, 22:07:58 PM
Di modo che se consideriamo questo "suicidio" come il risultato di un atto di volontà, avremmo l'assurdità di una volontà che vuole non volere!

Assurdità è identificare il soggetto autocosciente con la sua volontà.

L'autocoscienza consiste nell'oggettivazione del proprio io. Il quale si manifesta proprio in quanto volontà.

Nessuna volontà, nessuna oggettivazione, nessun io.

Se non voglio, non soffro più, non godo più... resta la sofferenza, il godimento, ma non vi è più nessuno che soffre o che gode.

Vi è coscienza, ma non vi è più un io.

È la divina commedia.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 02 Ottobre 2019, 13:19:05 PM
La volontà in sè non può volere nulla perchè non esiste. Essa esiste solo come attributo di un essere vivente autocosciente. Così come i 5 sensi, i sogni e ogni attività fisica o mentale.

La relazione tra volontà e suicidio è importante perchè ad un certo stadio evolutivo un animale autocosciente si è reso conto che se la vita gli era stata data, poteva pure togliersela. Bastava un atto di libera volontà sull'unico ente di cui avesse, una volta liberato da indebite intrusioni esterne, piena sovranità: se stesso. Tale consapevolezza penso sia stata, e continui ad essere, il grado più alto del libero arbitrio conseguito evolutivamente.

Questo animale, tutte le mattine al risveglio, se è libero da feticci mentali, può chiedersi: voglio vivere o voglio morire ?

Una grande conquista, che come tutte le conquiste di libertà terrorizza i bigotti di ogni setta. Di quelle religiose perchè è l'anticamera della trasgressione, del peccato e del male, di quelle laico-scientiste perchè c'è il rischio che qualcosa sfugga al potere dei competenti e degli esperti.

Citazione di: bobmax il 02 Ottobre 2019, 08:51:47 AM
L'autocoscienza consiste nell'oggettivazione del proprio io.

Invece io direi che l'autocoscienza consiste nel suo etimo, di cui oggettivazione e io sono categorie che andrebbero accuratamente definite e sulle quali le controversie filosofiche ed epistemologiche sono più accese che al tempo della disputa sui massimi sistemi del mondo. Un animale acquista coscienza di sè: evento evolutivo trasparente che non riguarda solo la nostra specie.

CitazioneIl quale si manifesta proprio in quanto volontà.

A questo punto uno dovrebbe spiegare quanta volontà si manifesti nei sogni, nell'attrazione sessuale, nel buco allo stomaco, nella sete. Il nostro io, sfrondato da tutto il ciarpame patafisico che lo sovrasta, si manifesta in infiniti modi che Schopenauer non conosce.
.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 02 Ottobre 2019, 13:54:28 PM
Ciao Bobmax. :)
E' vero che l'autocoscienza consiste nell'oggettivazione del proprio io; il quale, però, si manifesta non solo in quanto volontà, ma anche in quanto memoria e pensiero.

***
Quanto alla tua "consecutio" "nessuna volontà, nessuna oggettivazione, nessun io", io la ribalterei così: "nessun io, quindi nessuna oggettivazione, nessuna volontà e nessuna sofferenza".
Ma da vivi non mi sembra una cosa tanto facile da realizzare; mentre, con un colpo ben piazzato in testa, la realizzi immediatamente!

***
"Soffrire" e "godere" sono due verbi, per cui, se manca il soggetto, tali locuzioni costituiscono un mero "flatus vocis" senza alcun significato; cioè ci deve essere per forza qualcuno che soffre o gode, altrimenti la sofferenza ed il godimento, in concreto, non possono esistere (salvo che, ovviamente, a livello meramente astratto e concettuale...ovvero a livello noumenico del SE', come dirà più avanti).
Se restiamo al livello fenomenico, sarebbe come dire che possono esistere in concreto il solletico ed il prurito, senza nessuno che li subisca.

***
Tu dici: "Se non voglio, non soffro più, non godo più"; mi dispiace, ma non ci credo!
Ad esempio, se ti praticano il "waterboarding", anche se tu non vuoi, ti garantisco che soffri lo stesso; ed anche molto! 
"Tu" come individuo!

***
Poi dici: "resta la sofferenza, il godimento, ma non vi è più nessuno che soffre o che gode"; ma, come ho detto, è un controsenso, perchè non possono esistere il solletico ed il prurito, senza nessuno che li subisca.

*** 
Infine dici: "vi è coscienza, ma non vi è più un io".
Questo, per le considerazioni di cui sopra, è "fenomenicamente" impossibile, perchè se c'è coscienza c'è sempre un "io".

***
A livello noumenico, invece, anche se non c'è più la coscienza individuale dell'"IO" (o in seguito alla morte o all'anestesia totale), la sottosante coscienza universale del "SE" è sempre presente: quella c'è sempre, prima, durante e dopo lo spegnersi della vita fisica, nella quale era effimeramente emerso un '"IO" individuale, destinato a smorzarsi come un onda nel mare.

*** 
Satchitananda: Sat come essere, Chit come consapevolezza e Ananda come beatitudine, ecco le tre qualità del Reale.
Ma non bisogna mai confondere i livelli dell'"esistente fenomeno" e del "reale noumeno"; un conto è la trama, ed un altro conto è l'ordito.

Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 02 Ottobre 2019, 15:37:01 PM
L'uno è in tutti i numeri, ma non corrisponde a nessuno dei numeri.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: viator il 02 Ottobre 2019, 15:45:00 PM
Salve Eutidemo. Citandoti : "Le "persone", secondo questa prospettiva, non sarebbero quindi "sostanze" portatrici di proprietà mentali (coscienza, memoria, volontà), ma sarebbero, invece gli stati mentali ed i pensieri stessi!
Questa teoria, però, a mio avviso, incontra subito un'obiezione difficile da superare:

- stando ad essa, infatti, "io" sono esclusivamente i "miei pensieri.
 - quindi se ne dovrebbe concludere che "è il fascio dei miei pensieri che pensa"
Le persone non sono fatte nè di sostanza nè di "stati mentali". La sostanza delle persone sono i corpi, gli stati mentali delle persone  sono le psiche e le menti.
Le persone consistono in una "FORMA INTRINSECA" (è questa la corretta denominazione di ciò che viene chiamato anima o spirito dai metafisici e dai fideisti - infatti la FORMA è concetto contemporaneamente FISICO (forma estrinseca =la geometria di qualcosa) e METAFISICO (forma intrinseca = l'insieme delle relazioni funzionali, dei reciproci rapporti che vigono tra i componenti di qualcosa).
Quindi, in effetti, io come persona sono solamente la mia FORMA INTRINSECA, cioè la componente metafisica di me stesso, cioè il modo (LA FORMA) in cui risultano organizzate le strutture e funzioni che mi permettono di essere cosciente e di pensare.
Quindi nessuna contraddizione poichè non saranno i miei pensieri a pensare, bensì sarà la mia FORMA  a pensare. Saluti.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 02 Ottobre 2019, 21:12:55 PM
Ciao Eutidemo,
le tue critiche sono di buon senso. Tuttavia, nell'affrontare una questione come la morte dell'io, è proprio ciò che dice il buon senso che dovremmo mettere in discussione.
Occorre cioè cercare di vedere come le cose davvero stanno, senza dare per scontato nulla!
Se diamo per possibile la morte dell'io, non possiamo poi pretendere di lasciare inalterati e indiscussi i cardini della nostra interpretazione della realtà...
 
Il fatto che l'io possa morire è un terremoto che scompagina ciò che davamo per "ovvio".
E questa rivoluzione implica necessariamente la nascita di nuovi concetti che possono risultare folli, assurdi. Ma che non dovrebbero essere rifiutati a prescindere, senza una disanima: resteremmo nel nostro tranquillizzante ovvio, senza cogliere l'occasione.
 
Inizierei con una considerazione sul "volere di volere".
Qui vi è infatti un paradosso, perché constato che non sono in grado di volere di volere!
Cioè non posso determinare la mia stessa volontà!
Non posso decidere di volere oppure non volere, ma voglio o non voglio e ciò non dipende da me.
Può sembrare un discorso di lana caprina, o come tu dici "sofistico", ma sono convinto sia invece fondamentale.
Perché questa mia incapacità, è evidente anche in altre mie manifestazioni che ritengo essere espressione di me stesso. Per esempio l'amore. Non sono in grado di voler amare, ma amo o non amo... non dipende da me.
Il tuo esempio di un "vivo" che vuole morire non mi sembra invece pertinente, perché non è in discussione il "volere" in quanto tale.
 
Viceversa, "volere di non volere" (da intendersi come la volontà di annichilire la propria stessa volontà) è un assurdo (non un paradosso).
Perché nel momento in cui questa volontà si dovesse manifestare... già dovrebbe estinguersi.
La morte dell'io è la morte della sua supposta volontà.
Cosa causa però questa morte?
Se avviene, ed è evidentemente impossibile come atto della stessa volontà, vuol dire che o interviene un fattore esterno che annichilisce la volontà individuale oppure, più semplicemente, questa volontà "individuale" non c'è mai stata; ma è stata erroneamente interpretata come tale, mentre in realtà si è sempre trattato solo del manifestarsi delle leggi fisiche che agiscono sul corpo.
Propenderei per la seconda ipotesi, in quanto la prima complica le cose a mio parere inutilmente.
 
Tu però dici che l'io si manifesta pure attraverso i propri pensieri, o la sua memoria.
 
Ecco nella cosiddetta"TEORIA DEI FASCI MENTALI" può già intravedersi in quale prospettiva dovremmo metterci assumendo la possibilità della morte dell'io.
Perché non vi è nessuno che pensa, ma vi è il pensare. (così come il soffrire, il godere...)
 
Per rendercene conto dovremmo considerare in cosa consiste per davvero l'esistenza.

Perché l'esistenza, se la guardiamo per quello di cui abbiamo effettiva esperienza... è comunicazione. Ed è soltanto comunicazione. Ciò che esiste, è pura comunicazione. E la coscienza, è coscienza di questa comunicazione.
(riporto qui sotto quanto ho già scritto in altro post relativamentealla comunicazione)

Siamo soliti considerare la comunicazione come il trasferimento di informazioni tra entità.
Queste entità sono i poli che trasmettono e ricevono le informazioni attraverso la comunicazione.
Questo paradigma è pressoché universalmente accettato, come ovvio.
 
Tuttavia sono viceversa dell'idea che l'autentica comunicazione sia ben altro.
Se infatti teniamo ferma la nostra fede nella Verità, e quindi la nostra fede nell'Uno, possiamo constatare come la comunicazione non abbia affatto la funzione di fare interagire dei poli (entità), che in se stessi in realtà non hanno mai una reale consistenza...
No, la comunicazione è la stessa esistenza che si manifesta!
 
Ciò che esiste, per davvero, è la stessa comunicazione, pura comunicazione.
Che per manifestarsi si avvale di poli, che tuttavia non esistono di per sé stessi, ma sono solo funzionali allo scopo.
D'altronde, potrà mai la verità essere presente qui ma non là?
 
Molte cose vi sarebbero ancora da dire, ma ho già scritto troppo.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: viator il 02 Ottobre 2019, 21:48:51 PM
Salve Bobmax. E' possibile che per te, per me, per molti l'esperienza della comunicazione sia talmente importante da impedirci di riuscire a concepire una esistenza (UMANA - per quelli come te sembra che l'esistere sia affare esclusivamente umano !), ma ciò non dimostra certo l'impossibilità di poter umanamente esistere in assenza di comunicazione.

Questa sarebbe una umana illusione dovuta alla umana limitatezza e generante la caduta del senso delle relazioni umane, indispensabili a così tanti. Restiamo pertanto nel solco delle infinite incapacità umane. La prima delle quali - guarda caso - riguarda una situazione abbastanza simile a quella della impossibilità comunicativa :

Si tratta dell'invincibile incapacità - che riguarda indistintamente ciascuno di noi - generata dalla visione solipsistica.

Cioè dalla nostra incapacità di concepire il mondo privo di noi stessi. Saluti.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 02 Ottobre 2019, 21:59:41 PM
Rendersi conto che il nostro io (l'autocoscienza) morirà insieme al venir meno delle nostre funzioni vitali non ha nulla di sconvolgente: è un dato naturale di cui possiamo solo prendere atto. Avvitarsi in elucubrazioni parametafisiche su questa questione non approda a nulla. La volontà può anche non volere tutto ciò, ma in tal caso non si tratta di negare un assurdo o un paradosso ma di conflitto - perdente - col principio di realtà.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 03 Ottobre 2019, 14:38:40 PM
Ciò che cerco di descrivere, Eutidemo, è presente nella "Filosofia dell'esistenza" di Karl Jaspers. Da non confondersi con l'esistenzialismo, e neppure con Heidegger seppure alcuni termini compaiano in entrambi.
Questo pensiero fornisce un supporto filosofico alla mistica e in particolare alla Non Dualità che ne è l'attuale erede.

Sono stato troppo sintetico... dovrei essere un  po' più analitico come fai tu, che tra l'altro, pur avendo una vasta erudizione la tieni sullo sfondo dei tuoi interventi, senza lasciarti tentare dal metterla in bella mostra. Così rendi più facile e piacevole leggerti oltre a risultare sempre interessante.
 
La conoscenza è importante, indispensabile per inoltrarci nel mondo. Tuttavia... può pure diventare una prigione, se la consideriamo "verità" assoluta.
Il "sapere di non sapere" socratico non è a mio avviso un'espressione di modestia, ma deve essere inteso alla lettera: occorre tenere sempre presente la nullità del nostro conoscere, che non è mai la Verità!
La prigione del sapere può infatti essere tremenda, altro che il "sòma"! ;)

Questo appellarsi ad una "coscienza universale del SÉ" sa molto di escamotage per non affrontare la questione, oltre ad essere un'affermazione gratuita, senza alcun fondamento esperienziale.

Sì, la morte dell'io bisognerebbe viverla... e te lo auguro di cuore, visto questo tuo ritornare sul suicidio fisico.

Le condizioni mi pare vi siano, hai compassione. Ma appunto, non essendovi alcun io, non dipende dalla nostra volontà.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 03 Ottobre 2019, 15:02:02 PM
Citazione di: Ipazia il 02 Ottobre 2019, 21:59:41 PM
Rendersi conto che il nostro io (l'autocoscienza) morirà insieme al venir meno delle nostre funzioni vitali non ha nulla di sconvolgente: è un dato naturale di cui possiamo solo prendere atto. Avvitarsi in elucubrazioni parametafisiche su questa questione non approda a nulla. La volontà può anche non volere tutto ciò, ma in tal caso non si tratta di negare un assurdo o un paradosso ma di conflitto - perdente - col principio di realtà.

Ipazia,
il nostro io non morirà perché non è mai esistito.

Con "morte dell'io" si intende la fine dell'illusione dell'io.

Un'illusione che non si dissolve mai del tutto. Ma che si può avvertire. In particolare se ti coglie la compassione.

Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 03 Ottobre 2019, 15:11:00 PM
Citazione di: viator il 02 Ottobre 2019, 21:48:51 PM
Salve Bobmax. E' possibile che per te, per me, per molti l'esperienza della comunicazione sia talmente importante da impedirci di riuscire a concepire una esistenza (UMANA - per quelli come te sembra che l'esistere sia affare esclusivamente umano !), ma ciò non dimostra certo l'impossibilità di poter umanamente esistere in assenza di comunicazione.

Questa sarebbe una umana illusione dovuta alla umana limitatezza e generante la caduta del senso delle relazioni umane, indispensabili a così tanti. Restiamo pertanto nel solco delle infinite incapacità umane. La prima delle quali - guarda caso - riguarda una situazione abbastanza simile a quella della impossibilità comunicativa :

Si tratta dell'invincibile incapacità - che riguarda indistintamente ciascuno di noi - generata dalla visione solipsistica.

Cioè dalla nostra incapacità di concepire il mondo privo di noi stessi. Saluti.

No Viator, per me l'umanità non ha nulla di diverso da tutto il resto, in essenza.

Tutto, dell'esistenza, è comunicazione.
Anche i sentimenti, pure i pensieri.

Il pensiero infatti che altro è se non un colloquio interiore tra me e me?
Dove il me è in realtà illusorio...

Ma persino il Nulla è comunicazione esistenziale!
Ed è forse il modo più concreto con cui l'esistenza è cosciente di se stessa.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 03 Ottobre 2019, 16:03:39 PM
Ciao Bob. :)
Quanto alla filosofia della "Non Dualità", io, almeno in parte, sono un sostenitore dell'"Advaita Vedanta"; e, come certo saprai, "advaita", appunto, significa "non duale".
Però la visione "non duale" di Jaspers è un po' diversa da quella dell'"Advaita Vedanta", in quanto è precipuamente costituita dal superamento del dualismo tra anima e corpo; il quale poteva ridurre pericolosamente ogni espressione della natura umana a modificazioni organiche del Sistema Nervoso Centrale, sia in senso fisiologico che patologico.
Comunque, indubbiamente, anche la sua era una filosofia della "Non Dualità"; sulla quale, però, non mi pronuncio, perchè non ho mai letto direttamente nessun suo libro...e, quindi, ne so molto poco (forse sarebbe più onesto dire "niente")! :-[

***
Come vedi, quindi, la mia erudizione non è poi così vasta di come potrebbe sembrare.
Anzi, più mi arrampico faticosamente sul monte della conoscenza, e più mi accorgo che l'orizzonte diventa sempre più vasto e remoto; e mi rendo conto che il ristretto territorio che il mio miope occhio riesce a scorgere intorno a me, diventa sempre più piccolo rispetto all'orizzonte che si allarga, ed i dettagli dei cui territori il mio miope occhio non riesce più a distinguere bene.
Comunque ti ringrazio per gli immeritati complimenti; anche riguardo al modo con il quale scrivo, cercando di esporre il mio pensiero nel modo più chiaro e meno noioso possibile.
Almeno, ci provo!

***
Condivido in pieno, peraltro, la tua affermazione, secondo la quale: "...la conoscenza è importante, indispensabile per inoltrarci nel mondo, ma può pure diventare una prigione, se la consideriamo "verità" assoluta."
Al riguardo, La Rochefoucauld diceva: "Non è tanto importante quello che tu credi vero; l'importante è non crederci troppo!"; e, sebbene Bertrand Russel non fosse del tutto d'accordo su tale asserzione, a me, invece, sembra molto condivisibile (salvo, forse, che in campo etico).

***
Anche secondo me il "sapere di non sapere" socratico non è una mera espressione di modestia, ma deve essere inteso alla lettera: occorre, cioè tenere sempre presente la nullità del nostro "conoscere", che non è mai la Verità Assoluta!
Ed invero, un conto è "conoscere", ed un altro conto è "sapere"; ed infine, "comprendere" è una cosa ancora diversa.

***
Quanto al fatto che "appellarsi ad una "coscienza universale del SÉ" sa molto di escamotage per non affrontare la questione, oltre ad essere un'affermazione gratuita, senza alcun fondamento "esperienziale", io direi che questo è inevitabile, perchè il "Soggetto per antonomasia" non può costituire un "oggetto" di "esperienza", ma, di Lui, si può prendere solo "coscienza" unificante; così come l'"io da sveglio", non può mai "sperimentare" l'"io del sogno", ma solo prendere coscienza di essere lo stesso soggetto a due livelli coscienziali diversi.
Allo stesso modo l'io individuale non può sperimentare il Sè universale, ma solo prendere coscienza di essere lo stesso soggetto a due livelli coscienziali diversi; come un onda che si accorge di essere sostanzialmente il mare.
Meglio di così non riesco a spiegarmi, perchè il linguaggio è basato sulla dualità, e, quindi, è difficile esprimere con esso concetti non duali; a volte si ingarbugliano persino i tempi dei verbi, come nel caso archetipico in cui il "Sè universale eterno ed atemporale" si identificò in un "Io individuale mortale e temporale", e quindi, una volta disse: "Prima che Abramo fosse, io sono!".
Tuttavia, a parte il fatto che a me sembra pressochè impossibile sperimentare una autentica "noluntas" da vivi (salvo, forse, l'unico caso di Cristo), non mi sembra che che le nostre due "Weltanschauungen" divergano poi di molto!

***
Però, come già avevo scritto: "Ovviamente, questa è solo la mia particolare visione della realtà ultima, che non posso certo dimostrare in alcun modo; e di cui, ad essere sincero, non sono sicuro al 100% neanch'io."  ::)

Un saluto :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 03 Ottobre 2019, 20:17:12 PM
Citazione di: bobmax il 03 Ottobre 2019, 15:02:02 PM

Ipazia,
il nostro io non morirà perché non è mai esistito.

Con "morte dell'io" si intende la fine dell'illusione dell'io.

Un'illusione che non si dissolve mai del tutto. Ma che si può avvertire. In particolare se ti coglie la compassione.

Mi sa che abbiamo una concezione dell'io assai diversa. La mia è quella cosa per cui, guardando lo specchio, un animale autocosciente riconosce se stesso. Per un cieco vi sono altri sistemi. Per tutti, esclusa una rara patologia, è sufficiente avvicinare un dito ad una fiamma per avere chiara la differenza tra io e non io. Tutto fuorchè un'illusione. Per te non ho capito cosa sia.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 03 Ottobre 2019, 23:06:01 PM
Citazione di: Ipazia il 03 Ottobre 2019, 20:17:12 PM
Citazione di: bobmax il 03 Ottobre 2019, 15:02:02 PM

Ipazia,
il nostro io non morirà perché non è mai esistito.

Con "morte dell'io" si intende la fine dell'illusione dell'io.

Un'illusione che non si dissolve mai del tutto. Ma che si può avvertire. In particolare se ti coglie la compassione.

Mi sa che abbiamo una concezione dell'io assai diversa. La mia è quella cosa per cui, guardando lo specchio, un animale autocosciente riconosce se stesso. Per un cieco vi sono altri sistemi. Per tutti, esclusa una rara patologia, è sufficiente avvicinare un dito ad una fiamma per avere chiara la differenza tra io e non io. Tutto fuorchè un'illusione. Per te non ho capito cosa sia.

Grazie Ipazia per questa tua critica puntuale. Che mi spinge a chiarire, prima di tutto in me stesso.

Intendo con "io" ciò che genera la volontà.
Quando voglio qualcosa, oppure non voglio qualcos'altro, do per scontato che sono "io" che voglio.

Essendo io la causa prima di questa volontà, potrei non volere ciò che invece voglio.

È perciò questo "potere" di volere una cosa oppure no, questo essere causa incondizionata, questa libertà di scelta, a farmi credere di essere un'entità distinta da tutto il resto.
Capace di influire sul divenire, di essere cioè un'origine incondizionata di eventi che avvengono o meno a seconda della mia volontà.

Ecco, questo io non esiste.

Compare perciò una volontà, a seconda di come si evolve la mia storia di vita. Ma non vi è un io che vuole, non vi è un io che determina cosa volere.

La volontà compare, ma è come una nuvola che appare all'orizzonte, o la luna che fa capolino dietro la montagna. Accade, senza che vi sia alcun io che avrebbe potuto far accadere diversamente.

Per cui, quando avvicino il dito alla fiamma, sento dolore. E vorrei non sentirlo, e vorrei non averlo messo.
Ma se il mio io è morto, capisco che questa volontà è pretesa assurda.

Perché comprendo che il dolore che provo non avrei potuto in alcun modo evitarlo.

Questa mia assoluta non libertà mi rende "nessuno".
Di modo che vi è la sofferenza, ma nessuno che soffre.

Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 04 Ottobre 2019, 13:21:13 PM
Ciao Eutidemo,
ho viceversa letto e studiato molto di Jaspers e su Jaspers, che considero mio maestro.

Non penso che la sua filosofia possa essere considerata della Non Dualità. In particolare perché per Jaspers l'incompatibilità tra natura e libertà resta un problema aperto.

La grande onestà intellettuale di Jaspers non gli permetteva di risolvere la questione tramite la ragione. 

Difatti l'inesistenza del libero arbitrio (sempre implicita in ogni filosofia non duale ma raramente affrontata davvero) occorre viverla, non può essere solo pensata.

Tuttavia, la sua filosofia riprende come è naturale le filosofie orientali.
D'altronde la filosofia è una sola, diversa è solo la modalità con cui si manifesta.

Il suo lavoro è importante perché chiarisce e supporta la mistica, probabilmente al di là delle intenzioni dell'autore! E questo è a mio avviso meraviglioso...

Ritengo che la mistica, e quindi il pensiero moderno non duale, sia il tuo naturale sbocco, in quanto cristiano con fede nella Verità.
L'unico ostacolo, a mio parere, rimane proprio il tuo "sapere"...  :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 04 Ottobre 2019, 15:43:14 PM
Ciao Bobmax :)
A dire il vero ho un intero settore della mia biblioteca dedicato alla "mistica", soprattutto quella indiana e quella cristiana; mi interessano in particolar modo quegli autori, nei quali intravedo una più o meno palese convergenza tra le due forme di mistica.
Soprattutto Meister Eckhart, di cui mi sto rileggendo per la terza volta i "Sermoni Tedeschi", e poi Giovanni Taulero, Enrico Suso, Silesius e vari altri; senza ignorare, ovviamente, Giovanni della Coce e Teresa d'Avila, sebbene la mistica renano-fiamminga e quella slesiana siano alquanto diverse da quella spagnola.
Ancora più diversa, ovviamente, è quella "esicastica", il cui monumentale capolavoro, la Filocalia, pure non manco di rileggere spesso; la trovo un'opera eccezione, sebbene alcuni autori siano più interessanti di altri.
Quanto alla mistica indiana, come ho scritto, seguo soprattutto quella dell'Advaita Vedanta, e del suo principale interprete:  Adi Shankara, uno dei più grandi filosofi dell'umanità.
Mi dispiace solo di non poter ricordare altri importantissimi mistici (cristiani e indiani) di cui ho letto appassionatamente i libri, a cominciare dal grande Dionigi l'Aeropagita e dall'anonimo autore della "Nube della non conoscenza", che mi sembra quasi irriverente non nominare nemmeno.
Per venire ad autori più recenti, sotto certi aspetti, ritengo che anche Schopenauer abbia, talvolta, una prospettiva mistica; soprattutto ne "Il mondo come volontà e rappresentazione".
Di Jaspers, invece, non ho letto nulla; e, anzi, ignoravo che avesse una prospettiva di tipo mistico.
Quale libro in particolare?
Un saluto! :)

P.S.
Stiamo andando un po' troppo O.T., perchè il mio tema era il suicidio a livello fisico e fenomenologico, che non ha nulla a che vedere col suicidio mistico.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 04 Ottobre 2019, 16:53:04 PM
Ciao Eutidemo,
ritengo invece che il "suicidio" mistico non sia, almeno nelle intenzioni, tanto diverso da quello fisico.
Anche perché deve necessariamente attraversare l'ateismo mistico, di fronte al quale il cosiddetto ateismo è gioco di bimbi.

Il collegamento tra filosofia dell'esistenza e la mistica è in Jaspers raramente esplicito. Tuttavia di quello in fondo si tratta. Una sua ritrosia dovuta suppongo al timore da un lato di tradire la propria fede nella Verità e dall'altro dalla diffusa idea negativa che il termine "mistica" tende a suscitare.

Considero suo capolavoro "Filosofia", in particolare il terzo volume "Trascendenza". Ma il testo con cui mi ha calamitato è "Sulla verità" che ho letto e riletto un'infinità di volte, e non finisce mai di donarmi nuovi spunti.

Anch'io ho difficoltà con la mistica spagnola, un po' opprimente a mio avviso. Mi trovo più in sintonia con quella renana.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 04 Ottobre 2019, 17:10:52 PM
Citazione di: bobmax il 03 Ottobre 2019, 23:06:01 PM
Intendo con "io" ciò che genera la volontà.
Quando voglio qualcosa, oppure non voglio qualcos'altro, do per scontato che sono "io" che voglio.

Essendo io la causa prima di questa volontà, potrei non volere ciò che invece voglio.

È perciò questo "potere" di volere una cosa oppure no, questo essere causa incondizionata, questa libertà di scelta, a farmi credere di essere un'entità distinta da tutto il resto.
Capace di influire sul divenire, di essere cioè un'origine incondizionata di eventi che avvengono o meno a seconda della mia volontà.

Ecco, questo io non esiste.

E vero: non esiste un soggetto incondizionato che vuole, ma un soggetto condizionato che, all'interno del grado di libertà di cui dispone, vuole e agisce sulla base di ciò che vuole. Quindi il discorso si sposterebbe sul grado di libertà del suo volere.

CitazioneCompare perciò una volontà, a seconda di come si evolve la mia storia di vita. Ma non vi è un io che vuole, non vi è un io che determina cosa volere.

La volontà compare, ma è come una nuvola che appare all'orizzonte, o la luna che fa capolino dietro la montagna. Accade, senza che vi sia alcun io che avrebbe potuto far accadere diversamente.

Che le vicende della vita finiscano col condizionale pesantemente le scelte (atti di volontà) di ciascuno sono l'ultima a negarlo, ma non vedo cos'altro se non il proprio io autocosciente, preso atto della situazione e delle opzioni possibili, sia soggetto dei suoi atti di volontà.

CitazionePer cui, quando avvicino il dito alla fiamma, sento dolore. E vorrei non sentirlo, e vorrei non averlo messo.
Ma se il mio io è morto, capisco che questa volontà è pretesa assurda.

Non capisco il passaggio tra il desiderio, peraltro originale, di avere un dito di amianto e la morte dell'io. Il mio io vivente si astiene dal mettere il dito nel fuoco riconoscendo i limiti che la natura pone al grado di libertà della sua volontà che si adegua di buon volere a tali limiti. Infatti:

CitazionePerché comprendo che il dolore che provo non avrei potuto in alcun modo evitarlo.

Inclusi danni peggiori e permanenti, che solo motivi di ordine superiore, tipo Muzio Scevola, potevano giustificare. Altri tempi, altre patrie.

Citazione
Questa mia assoluta non libertà mi rende "nessuno".
Di modo che vi è la sofferenza, ma nessuno che soffre.

Anche questo passaggio mi è oscuro. Io, con la mia libertà limitata e possibile, rimango qualcuno all'interno di essa. E se c'è sofferenza, c'è pure qualche "io" che soffre.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 04 Ottobre 2019, 23:02:38 PM
Ipazia, tutte le tue considerazioni derivano da una "verità' che dai per scontata: l'esistenza dell'io.
Mentre è proprio questa esistenza a dover essere messa in discussione!

Se provi a metterla in dubbio, sembra di cadere nell'assurdo, ma se tieni i nervi saldi potrai constatare che in effetti non vi è alcun bisogno dell'io per spiegare la realtà.

È il corpo che vuole, ma questa volontà non è dissimile dalla volontà della Luna che "vuole" girare attorno alla Terra.
O dalla volontà della pianta che "vuole" dirigersi verso la luce.
Dal cuore che "vuole" battere.
Dal cervello che "vuole" pensare...

Sono tutte volontà fittizie.
Tutto ciò che diviene, non ha dietro nessuno a farlo divenire in un modo piuttosto che un altro.
Non vi è nessun io dietro a ogni qualsiasi volontà.

Per inciso, l'esempio del dito sulla fiamma non consisteva nel volere mettere il dito, che è un assurdo.
Considerava invece che una volta avvenuto la scottatura per errore, il ritenere di aver avuto la possibilità di non scottarsi, stando più attento, era sbagliato. Perché questa possibilità di non scottarsi non vi era mai stata.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 04 Ottobre 2019, 23:31:02 PM
Eutidemo, il terzo volume di Filosofia è Metafisica.
Tra i tanti doni che ho ricevuto nella vita, vi è una pessima memoria.
Una carenza che ha tanti pregi, perché costringe a muoversi con pochi traballanti appigli, ma è pure fastidiosa...  >:(
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 04 Ottobre 2019, 23:39:33 PM
Citazione di: bobmax il 04 Ottobre 2019, 23:02:38 PM
Ipazia, tutte le tue considerazioni derivano da una "verità' che dai per scontata: l'esistenza dell'io.
Mentre è proprio questa esistenza a dover essere messa in discussione!

Non dò per scontata l'esistenza dell'io, ma di individui autocoscienti. Nei quali la centrale operativa può essere chiamata io.

Citazione
Se provi a metterla in dubbio, sembra di cadere nell'assurdo, ma se tieni i nervi saldi potrai constatare che in effetti non vi è alcun bisogno dell'io per spiegare la realtà.

È il corpo che vuole, ma questa volontà non è dissimile dalla volontà della Luna che "vuole" girare attorno alla Terra.
O dalla volontà della pianta che "vuole" dirigersi verso la luce.
Dal cuore che "vuole" battere.
Dal cervello che "vuole" pensare...

Sono tutte volontà fittizie.

Certamente, visto che nessuno di questi comportamenti é voluto bensì dato.

Citazione
Tutto ciò che diviene, non ha dietro nessuno a farlo divenire in un modo piuttosto che un altro.
Non vi è nessun io dietro a ogni qualsiasi volontà.

Non basta dirlo, bisogna anche dimostrare che la definizione giuridica "capace di intendere e volere" é farlocca.

Citazione
Per inciso, l'esempio del dito sulla fiamma non consisteva nel volere mettere il dito, che è un assurdo.
Considerava invece che una volta avvenuto la scottatura per errore, il ritenere di aver avuto la possibilità di non scottarsi, stando più attento, era sbagliato. Perché questa possibilità di non scottarsi non vi era mai stata.

Si dice "errare é umano perseverare é diabolico". Tra le facoltà dell'io autocosciente c'è anche imparare a non scottarsi.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 05 Ottobre 2019, 06:40:43 AM
Citazione di: bobmax il 04 Ottobre 2019, 23:31:02 PM
Eutidemo, il terzo volume di Filosofia è Metafisica.
Tra i tanti doni che ho ricevuto nella vita, vi è una pessima memoria.
Una carenza che ha tanti pregi, perché costringe a muoversi con pochi traballanti appigli, ma è pure fastidiosa...  >:(

Ok, grazie :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 05 Ottobre 2019, 09:33:12 AM
Giochiamo a carte scoperte.

Tra una concezione della realtà monistica basata sull'unità psiche-soma evolutivamente conformatasi ed una concezione  dualista basata sull'antitesi anima e corpo - soma, ma anche sema (prigione) - non può esservi alcuna sintesi epistemica causale.

Però, almeno nella discussione in corso, può esservi una sintesi finale nel riconoscere la scelta liberatoria del suicidio. Liberazione che dovrebbe essere ancora più chiara per lo spiritualista nel momento in cui può ricongiungersi al suo Pleroma, Paradiso, Nirvana superando l'illusione del corpo e del suo io corporeo.

Rigetto sul nascere la distinzione tra suicidio fisico e metafisico. Il suicidio è sempre un atto metafisico; trascendentale rispetto alla legge naturale nella concezione materialistica monistica. Lo è ancor più intensamente rispetto alla visione dualistica che lo riduce ad acqua di rose nel ritorno all'agognata archè ultraterrena, mentre per il materialista monista la psiche è consapevole di decretare, con la fine del corpo, anche la sua stessa fine, annichilendosi in un nulla metafisico assoluto.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 05 Ottobre 2019, 14:19:28 PM
Citazione di: Ipazia il 04 Ottobre 2019, 23:39:33 PM
Non dò per scontata l'esistenza dell'io, ma di individui autocoscienti. Nei quali la centrale operativa può essere chiamata io.

Cioè, non dai per scontata l'esistenza dell'io, però la dai per scontata...
 
Citazione
Non basta dirlo, bisogna anche dimostrare che la definizione giuridica "capace di intendere e volere" é farlocca.

Se l'io non esiste, è farlocca anche la formula "incapace di intendere e volere"
Infatti, sia il capace che l'incapace non hanno più senso.
Perché l'incapacità non c'entra nulla con la non esistenza dell'io.
 
Citazione
Considerava invece che una volta avvenuto la scottatura per errore, il ritenere di aver avuto la possibilità di non scottarsi, stando più attento, era sbagliato. Perché questa possibilità di non scottarsi non vi era mai stata.
Citazione
Si dice "errare é umano perseverare é diabolico". Tra le facoltà dell'io autocosciente c'è anche imparare a non scottarsi.

Anche questo non c'entra nulla.

Se quando provo dolore per la scottatura, penso che avrei potuto evitarla, attraverso un mio diverso comportamento, cioè tramite la mia volontà, sto pensando una cosa impossibile.
Perché dovessi ritornare nel momento dove sbagliai scottandomi, nella medesima identica situazione di allora, non potrei che scottarmi di nuovo! La componente "io" infatti è ininfluente.
 
Vedo che te ne stai sul bordo del deserto, ma non ti decidi a inoltrarvici.
La sfida della possibile morte dell'io, in quanto non realmente esistente, richiede di mantenere una logica ferrea, anche a costo di affrontare l'orrore.
In caso contrario, pur di non guardare si cade inevitabilmente in contraddizione.
 
Il che di per sé è senz'altro umano.
Ma così facendo, per una mente che pur vede lucidamente tante storture del mondo, non resta che il cinismo.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: viator il 05 Ottobre 2019, 15:49:55 PM
Salve, bobmax ed Ipazia : Ecco cosa succede quando ci si "dimentica" di definire preliminarmente ciò di cui ci si accinge a trattare :
Citazione di: bobmax il 05 Ottobre 2019, 14:19:28 PM
Citazione di: Ipazia il 04 Ottobre 2019, 23:39:33 PMNon dò per scontata l'esistenza dell'io, ma di individui autocoscienti. Nei quali la centrale operativa può essere chiamata io.
Cioè, non dai per scontata l'esistenza dell'io, però la dai per scontata...
Saluti.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 05 Ottobre 2019, 16:09:24 PM
Citazione di: viator il 05 Ottobre 2019, 15:49:55 PM
Salve, bobmax ed Ipazia : Ecco cosa succede quando ci si "dimentica" di definire preliminarmente ciò di cui ci si accinge a trattare :
Citazione di: bobmax il 05 Ottobre 2019, 14:19:28 PM
Citazione di: Ipazia il 04 Ottobre 2019, 23:39:33 PMNon dò per scontata l'esistenza dell'io, ma di individui autocoscienti. Nei quali la centrale operativa può essere chiamata io.
Cioè, non dai per scontata l'esistenza dell'io, però la dai per scontata...
Saluti.

L'io in salsa monistica o dualistica cambia di molto. L'autocoscienza meno. Per questo preferisco parlare di autocoscienza e non di io. E' un concetto meno ambiguo, totalmente antropologico, a prova di contaminazioni idealistiche.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Sariputra il 06 Ottobre 2019, 10:38:25 AM
Il suicidio è sostanzialmente una forma di protesta e di fuga.
Protesti contro la natura per la sofferenza , ma puoi protestare quanto vuoi: La natura è indifferente alla tua protesta.
Protesti contro gli altri, ma puoi protestare quanto vuoi: a parte pochissimi intimi, gli altri sono indifferenti alla tua protesta.
Protesti contro Dio, ma puoi protestare quanto vuoi: Dio è indifferente alla tua protesta.
Protesti contro il tuo corpo che s'è ammalato, ma puoi protestare quanto vuoi: il tuo corpo è indifferente alla tua protesta.
Finalmente protesti contro la tua stessa mente che protesta, ma puoi protestare quanto vuoi: la tua mente non ha risposte.
Allora decidi di fuggire, ma puoi fuggire quanto vuoi:
la natura è indifferente alla tua fuga,  rimani suo.
Gli altri sono indiffenti alla tua fuga, a parte pochissimi intimi, l'orario del tuo funerale è il loro problema.
Dio è indifferente alla tua fuga, se c'è non puoi fuggirgli in alcun modo.
Il tuo corpo è indifferente alla tua fuga, si ricombina in altre forme.
E finalmente , solo la mente non è indifferente alla tua fuga, quando si convince di non poter sopportare tutta questa indifferenza...
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 07 Ottobre 2019, 15:02:37 PM
Ciao Sariputra :)
Mi dispiace, ma i tuoi argomenti, sebbene in parte veri, non li trovo però minimamente convincenti per un potenziale suicida.

Ed infatti:

1)
E' indubbiamente vero che il suicidio è sostanzialmente una forma di "protesta" e di "fuga", almeno se vogliamo definire:
- "protesta", quella di un poveraccio a cui stanno prendendo a martellate i testicoli, il quale strilla indipendentemente dal fatto che qualcuno lo stia o meno a sentire;
- "fuga",  quella con la quale tale poveraccio cerca di sottrarsi e di "cambiare aria", per evitare che il martellamento testicolare prosegua.

2)
E' anche vero che la natura e gli altri possono essere del tutto indifferenti alla tua protesta; però, quando ormai hai deciso di farla finita anche tu sei completamente indifferente alla loro indifferenza.
Ed infatti, la mente, quando si convince di essersi definitivamente rotta le scatole, di tutta l'indifferenza del mondo se ne sbatte altamente.

3)
Quanto al corpo, se lo distruggi, lui potrà ancora ricombinarsi in altre forme, seguendo il ciclo dell'azoto; ma l'IO che c'era dentro, assolutamente no.
"Tu" finisci con lui!

4)
Quanto ad un  Dio "catafatico" ed "antropopatetico", se ci fosse, potrebbe anche prendersela a male se una sua creatura rifiutasse il suo non gradito "dono della vita"; ma il Dio "apofatico", in cui io propendo a credere, sicuramente no...perchè non è una "persona" con la psicologia di una scimmia antropomorfa!
Ammesso che esista anche Lui!

5)
Quanto al fatto che la natura è indifferente alla tua fuga,  in quanto rimani "suo", invece, tale affermazione è assolutamente falsa; ed infatti, se ti suicidi, la natura (fortunatamente) non ha più alcun potere su di te .

6)
Quanto all'orario del tuo funerale,  la cosa più bella, una volta morti, è di non essere costretti a partecipare a tale noiosissima cerimonia; perchè a parteciparvi sarà soltanto il tuo cadavere ed i tuoi migliori vestiti, ma non certo "tu"!

***
Per cui, mi dispiace, ma i tuoi argomenti, sebbene in parte veri, non li trovo minimamente convincenti per un potenziale suicida.

***
Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 07 Ottobre 2019, 20:15:30 PM
Di fronte alla morte dell'altro, le parole hanno sempre un che di stonato. Rispecchiano pensieri che si affannano a razionalizzare ciò che sta oltre qualsiasi ragionamento possibile.
Vi è qualcosa di incomprensibile nella morte...

Se poi si tratta di suicidio, è necessario fare un passo indietro.
Qualsiasi motivazione razionale non può che essere in sostanza falsa. Occorre silenzio.

La morte dell'altro ci interroga: "E adesso?"
Ricacciandoci a noi stessi.

L'amore può allora costringerci a guardare l'abisso in cui siamo.
Per scrutare l'amato.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 08 Ottobre 2019, 02:59:11 AM
Potremo allora forse cogliere come l'amato non solo non ci sia più, ma... non ci sia neppure mai stato!

Chi, cosa ho amato? Se l'oggetto d'amore non c'è, non esiste... non è mai esistito!

Se così è, chi sono allora io?
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 08 Ottobre 2019, 05:01:44 AM
Ciao Bob :)
Secondo me il suicidio è l'atto più razionale che un individuo può compiere, "bypassando" i blocchi del sistema limbico, ed in barba ai suoi "geni egoisti".
Ed infatti, in fondo:



""Noi siamo macchine da sopravvivenza ‐ robot semoventi programmati ciecamente per preservare quelle molecole egoiste note sotto il nome di geni"
(Richard DawkinsIl gene egoistaPrefazione, 1976)
Questo, a livello "fenomenico", perchè, come già ho scritto, a livello "noumenicoil discorso è diverso, perchè si pone su un piano completamente differente!
Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Sariputra il 08 Ottobre 2019, 08:57:17 AM
Molti aspiranti suicidi considerano, consciamente o inconsciamente, di dare, con questo atto, una 'dimostrazione: a qualcuno, alla società, al mondo, alla vita, a Dio...
Considerare la sostanziale indifferenza, a parte pochissimi intimi, di chi si vuol 'colpire'  può aiutare a riconsiderare il gesto.
Per quelli che invece ritengono la vita come intollerabile, una profonda riflessione sulla sua impermanenza può aiutare a riconsiderare il gesto.
Per quelli che considerano come importante l'opinione contraria dei propri pochissimi intimi a riguardo del gesto a cui aspirano, la riflessione su questo può aiutare a riconsiderare il gesto.
Coloro che non si fanno influenzare da letture, storie od opinioni altrui dovrebbero superare la visione nichilista dell'esistenza che porta a considerare questo gesto come risolutorio.
Coloro infine che hanno "la pistola carica" dovrebbero meditare sulla violenza del gesto...
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 08 Ottobre 2019, 09:22:13 AM
Ciao Eutidemo,
certamente il suicidio è un atto razionale! 
Per la semplice ragione che tutto è razionale.
Ma non per questo noi possiamo allora prendere di comprenderlo. Tanto profondo è il Logos...

Questo tuo distinguere tra "fenomenico" e "noumenico" sa molto di un voler riporre la speranza in un aldilà...
Mentre la speranza è solo qua che può essere posta.

Ma a condizione di non ingannarci da soli, inventadoci delle scappatoie.
Come la possibilità, ad esempio il suicidio, che ci liberi da una schiavitù altrimenti assoluta.

Non siamo macchine, per la semplice ragione che proprio non siamo!

Occorre tener fermo il nostro pensiero logico fino alle sue estreme conseguenze ( cosa che Dawkins non riesce a fare).
Invece salviamo sempre qualcosa, l'io, cadendo in contraddizione...

PS
La razionalità è il filo di Arianna che conduce fuori del labirinto dell'esserci. Che tutto sia razionale è perciò un atto di fede.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 08 Ottobre 2019, 10:38:15 AM
Non esiste "il" suicidio. Ogni suicidio è diverso dall'altro come diversa è la persona che lo compie. Possiamo stabilire analogie fenomenologiche su cui costituire categorie omogenee sulle quali esercitare il discorso etico, ma la differenza "noumenica" rimane ed è relazionata soltanto al soggetto suicida. Su questo soggetto e la sua scelta vale l'invito al silenzio. Mentre sulla fenomenologia si può discutere e cercare cause e rimedi a vantaggio di tutti. Preso atto che la morte, per chi ha una concezione immanente della realtà, è una costante universale, il discorso etico dovrebbe svilupparsi sulle motivazioni del suicidio e sulla razionalizzazione di tali motivazioni.
.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: InVerno il 08 Ottobre 2019, 12:04:26 PM
La stigmatizzazione del suicidio ha radici profonde, ancorate particolarmente ai tempi dove generare vite era un imperativo (andate e moltiplicatevi!) per la sopravvivenza della comunità, che abbisognava di braccia per le lance e per le zappe, e vedeva al suicidio come ad un atto antisociale, che indeboliva la comunità della sua risorsa principale. Anche i Greci che pur ancora ammiriamo per i larghi orizzonti, seppellivano in forma anonima i suicidi stigmatizzando  il gesto e cercando di porre freni a gesti emulatori. C'è questa strana paura che se rendiamo il suicidio socialmente accettabile, tanti cominceranno a prenderlo alla leggera e a buttarsi dai dirupi per dimostrare qualcosa, o perchè gli hanno rubato la bicicletta. Non è tanto diverso quando si parla di controllo delle nascite, eutanasia, aborto.. Interessante notare che esiste una sostanziale disparità di genere, mentre i tentativi di suicidio sono a volte comparabili, gli uomini riescono nei loro intenti con molta più efficacia delle donne, principalmente perchè hanno meno propensione nel chiedere aiuto ma anche per altri fattori. Ma non è sempre stato così, questa forbice è andata allargandosi a partire dalla rivoluzione industriale quando gli uomini hanno perso la loro esclusività nel "portare a casa la pagnotta", i suicidi delle donne sono diminuiti e quegli degli uomini sono aumentati.  Il suicidio, più che un atto di protesta, è un non ritrovare più la propria identità e il proprio ruolo nel mondo, sentirsi isolati, sconnessi, inutili, che sia nel contesto sociale o familiare.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 08 Ottobre 2019, 13:58:10 PM
Ciao Sariputra. :)
A prescindere dal fatto che, almeno per il momento, io non ho alcuna intenzione di suicidarmi, se e quando dovessi decidermi a compiere un gesto del genere, ti garantisco che, così facendo, non avrei la benchè minima intenzione di dimostrare niente a nessuno; magari sono d'accordo con te che, forse, con il suicidio, alcuni intendono dimostrare qualcosa a qualcuno, ma, personalmente, non riesco neanche a comprendere un simile atteggiamento mentale.
Le ragioni "serie" per togliersi la vita, almeno dal mio punto di vista, sono esclusivamente quelle di natura strettamente razionale esposte nel mio topic iniziale; e che, finora, nessuno ha ancora minimamente neanche tentato di confutare.

***
Quanto al fatto che, come dici tu, "per quelli che ritengono la vita come intollerabile, una profonda riflessione sulla sua impermanenza può aiutare a riconsiderare il gesto", per me sarebbe come dire che per quelli che ritengono l'ulteriore visione di un film insopportabile, una riflessione sul fatto che prima o poi dovrà pure finire, può aiutarli a riconsiderare il gesto di alzarsi ed uscire subito dalla sala cinematografica.
Secondo me non ha senso!
Tanto più che, per nascere, non abbiamo neanche dovuto pagare il biglietto; ci sarebbe mancato pure questo!

***
E' invece vero che l'opinione contraria dei propri pochissimi intimi a riguardo del gesto a cui aspirano, può indurli a riconsiderare il gesto.
Ed infatti, come avevo scritto nel mio TOPIC iniziale, io non credo che il suicidio sia moralmente lecito:
a)
Quando si hanno figli ancora piccoli, che abbisognano delle nostre cure e della nostra assistenza.
b)
Quando i figli sono ormai grandi ed autonomi, ma si hanno ancora a carico genitori anziani,  per i quali la morte di un figlio per suicidio, costituirebbe un dolore devastante.
c)
In ogni altro caso, in cui  la nostra morte comporterebbe un grave ed irreparabile danno per qualcuno.
A parte tali ipotesi, le opinioni ed i consigli dei propri intimi sono sicuramente "importanti", come quando ci si deve sposare o si vuole divorziare, ma non sono minimamente "determinanti".

***
Hai anche ragione sul fatto che, coloro che hanno "la pistola carica" dovrebbero meditare sulla violenza del gesto; ed infatti, se ci si spara in testa, lo spettacolo per chi trova il cadavere non è certo molto gradevole.
Esistono sistemi migliori, che, però, preferisco non rivelare, in quanto non intendo certo fornire qui consigli ai potenziali suicidi.

***
Un saluto. :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 08 Ottobre 2019, 14:19:49 PM
Ciao Bob, :)
Non sono affatto d'accordo sul fatto che, come sosteneva Hegel, tutto sia razionale; sopratutto non lo è il comportamento umano.

***
Questo mio continuo  distinguere tra "fenomenico" e "noumenico", dipende dal fatto che molti tendono a confondere i due piani: un conto è l'albero che io "vedo", che è solo una mia immagine mentale, ed un altro conto è l'albero "in sè", che io non potrò mai conoscere.
E la stessa cosa vale per l'IO e per il SE'.
Ma, come ho detto, non voglio andare OT.

***
Quanto al fatto che il suicidio, non ci possa liberare da una schiavitù altrimenti assoluta, il mio amico Paolo la pensava come te; ma, quando si ritrovò imprigionato nel suo corpo, a causa della SLA, ben presto ci ripensò, e voleva esserne liberato.
Ma, benchè la legge 219/17 glielo consentisse, la riluttanza dei medici gli precluse tale liberazione.
Quanto a me, se mi diagnosticassero una patologia del genere, che è molto lenta e progressiva, provvederei subito da me, finchè ho ancora l'uso delle gambe e delle mani; sperando di avere il coraggio fisico e psicologico per farlo.

***
Quanto a Dawkins, la mia citazione non implica affatto che io condivida in pieno tutte le sue tesi; ed infatti, io credo nel libero arbitrio, in quanto, se non ci fosse, il sistema limbico ci impedirebbe SEMPRE il suicidio.
Ed invece, di fatto se è vero che ci prova sempre, però non sempre ci riesce!

***
Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Sariputra il 08 Ottobre 2019, 15:05:30 PM
Visto che si parla del suicidio dobbiamo considerare anche un tipo particolare di questo...
Spesso il suicida è anche omicida. Le cronache sono sempre più invase da queste notizie terribili. Il suicida  vuol portare con sé nella morte, vista come risolutoria di ogni problema, le persone più care o quelle che viceversa osteggiano la sua bramata, illusoria forma di felicità. Allora rivolge ai bimbi, o alla compagna, la pistola o il coltello da macellaio e colpisce: "Mi ammazzo!!" urla l'insensato "MI ammazzo! Uccido tutti!!". In questi casi estremi il suicida-omicida rivela la vera causa dell'insano gesto: la frustrazione profonda del proprio desiderio mal riposto. Nessun problema esige una simile raccapricciante soluzione. Non possono esserci giustificazioni a simili atti, se non la pietas che s'impone nel caso di un malato psichico...ma non sembra che questi siano la maggioranza dei casi. Il poliziotto che si suicida dopo aver ammazzato i colleghi; lo studente che si suicida dopo aver sterminato metà classe; il padre di famiglia che uccide i familiari senza aver mai dato segni di squilibrio anzi, stimato e rispettato; l'uomo che ammazza il vicino di casa, e poi s'uccide, perché le foglie del giardino dell'altro cadono nel proprio...che ferocia alberga nell'animo umano! Come una bestia in agguato, sempre pronta al balzo per azzannare e che ignoranza, che profondissima ignoranza rivela questa bestia...
E' possibile odiare così profondamente gli altri da arrivare ad odiare intensamente anche se stessi? O è possibile odiare così intensamente se stessi da arrivare ad odiare così tanto gli altri da considerarli colpevoli del fatto che ci si odia? E' possibile arrivare ad odiare così intensamente la vita stessa da desiderare di sopprimerla? O è forse perché si continua, senza posa, a ripetere a se stessi "Io"..."Io"..."Io"..?
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 08 Ottobre 2019, 15:08:55 PM
Ciao Inverno. :)
A parte il fatto che le armi di Achille furono deposte sulla tomba di Aiace, che, pure, era morto suicida, la stigmatizzazione del suicidio c'è effettivamente stata in molte culture, ma non certo in tutte; ed infatti in molte altre culture il suicidio era "consentito", e, a volte, addirittura "prescritto", sia in "forma rituale", come nella "devotio" romana,  e nel "seppuku" giapponese, sia in "forma libera", come accadde per molti grandi uomini!
Ad esempio, Catone l'Uticense, di cui Dante scrisse: "Libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta." (Purgatorio canto I vv. 70-72); e che, pur essendo morto suicida, Dante "esonerò" dall'Inferno!
Per cui, la stigmatizzazione del suicidio non era poi così diffusa; e, anche dove c'era, soffriva di notevolissime eccezioni.

***
Quanto alla paura che, come scrivi tu, "se rendiamo il suicidio socialmente accettabile, tanti cominceranno a prenderlo alla leggera e a buttarsi dai dirupi per dimostrare qualcosa, o perchè gli hanno rubato la bicicletta", questa, secondo me, è una completa assurdità; ed infatti, come ho scritto altrove, a frenare il 99% degli individui dal suicidio, non è certo la stigmatizzazione sociale, bensì il "sistema limbico", che funge da inibitore cerebrale delle pulsioni suicide.
Tanto è vero che, a parte i cosiddetti "suicidii razionali", che costituiscono la minoranza dei casi, per lo più i suicidii vengono posti in essere a seguito di disfunzioni del "sistema limbico" dovute a lesioni fisiologiche o a cause psicopatologiche (depressione ecc.)

***
Non farei assolutamente paragoni con il controllo delle nascite, l'eutanasia, l'aborto, ecc., che vanno tutti considerati ciascuno per loro conto.

***
E' invece molto interessante quanto scrivi circa una sostanziale disparità di genere, di cui, sinceramente, ignoravo l'esistenza; ed infatti non sapevo che gli uomini riescissero nei loro intenti suicidi con molta più efficacia delle donne, nè conoscevo le cause di tale fenomeno.
Ma se lo dici, ti credo! :)
Però occorre anche vedere se anche i "tentativi" di suicidio siano più numerosi tra gli uomini che tra le donne (che è cosa ben diversa); perchè, se così non fosse, la maggior efficacia maschile nel portare tecnicamente "a buon fine" i propri tentativi di suicidio, ha, ovviamente, cause diverse di quelle da te ipotizzate (anche se, sul momento, non mi vengono in mente quali).

***
Un saluto :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: InVerno il 08 Ottobre 2019, 15:25:23 PM
Citazione di: Eutidemo il 08 Ottobre 2019, 15:08:55 PME' invece molto interessante quanto scrivi circa una sostanziale disparità di genere, di cui, sinceramente, ignoravo l'esistenza; ed infatti non sapevo che gli uomini riescissero nei loro intenti suicidi con molta più efficacia delle donne, nè conoscevo le cause di tale fenomeno.
Ma se lo dici, ti credo! :)
Però occorre anche vedere se anche i "tentativi" di suicidio siano più numerosi tra gli uomini che tra le donne (che è cosa ben diversa); perchè, se così non fosse, la maggior efficacia maschile nel portare tecnicamente "a buon fine" i propri tentativi di suicidio, ha, ovviamente, cause diverse di quelle da te ipotizzate (anche se, sul momento, non mi vengono in mente quali).
Non mi piace rispondere linkando wikipedia, ma ho scoperto che c'è una pagina ad hoc con abbastanza riferimenti se vuoi indagare (in inglese purtroppo) perlomeno non mi dovrai credere sulla parola, che è una responsabilità che non voglio :D
https://en.wikipedia.org/wiki/Gender_differences_in_suicide

Saluti !
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 08 Ottobre 2019, 15:31:49 PM
Forse è il caso di distinguere un suicidio determinato da profonde e umanamente condivisibili ragioni fisiche o morali dal suicidio dovuto ad una in(a/e)ttitidine alla vita che spesso coinvolge altri nella propria distruttiva tanatofilia. Un suicidio che risarcisce da un suicidio che rapina.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Sariputra il 08 Ottobre 2019, 15:55:42 PM
cit.:
...in molte altre culture il suicidio era "consentito", e, a volte, addirittura "prescritto", sia in "forma rituale", come nella "devotio" romana,  e nel "seppuku" giapponese...


"[...]Dobbiamo morire per restituire al Giappone il suo vero volto! È bene avere così cara la vita da lasciare morire lo spirito? Che esercito è mai questo che non ha valori più nobili della vita? Ora testimonieremo l'esistenza di un valore superiore all'attaccamento alla vita. Questo valore non è la libertà! Non è la democrazia! È il Giappone! È il Giappone, il Paese della storia e delle tradizioni che amiamo."

Queste sono le ultime parole del "discorso al Giappone" tenuto da Yukio Mishima prima di morire, di fronte a qualche migliaia, fra soldati di fanteria e giornalisti di radio e televisione, dal balcone dell'ufficio del Ministero della Difesa.
Lo scrittore giapponese ha occupato l'ufficio del generale Mashita con quattro dei suoi compagni più fidati e si appresta a compiere l'estrema rimostranza contro l'occidentalizzazione del Giappone (nello specifico, Mishima si scaglia contro il Trattato di San Francisco).
I suoi adepti fanno tutti parte del Tate no Kai (Società degli scudi) e fra di loro c'è un nervosissimo Masakatsu Morita. Il 25 novembre, nell'immaginario di Yukio, è un addio già scritto e da tempo deciso. La data, oltre che in alcune lettere agli amici più cari, compare sull'ultimo foglio del suo ultimo romanzo, già concluso in marzo, consegnato al suo editore il giorno precedente come una sorta di testamento letterario.
Per la sua dipartita, Mishima sceglie l'unica morte consona ad un poeta-samurai: il seppuku. Rito suicida tradizionale Giapponese, figlio originario della spada e del sangue di Minamoto no Yorimasa, che nel 1180, dopo aver perso la battaglia di Uji, si trafigge con la propria katana per non cadere nella prigionia e nella vergogna, il seppuku diventa per tradizione la "morte onorevole" che il guerriero si concede per mantenere la sua anima libera dalla vergogna.
Il suicida pratica infatti un profondo e grave taglio (hara) all'altezza del ventre (kiri), luogo dove, secondo la cultura nipponica, risiede l'anima che, grazie al taglio praticato, può volare via pura e incontaminata da dolore e vergogna. La cultura, gli usi, i costumi e le tradizioni del Giappone consistono nel nucleo pulsante dell'arte di Mishima; la loro preservazione e gloria diventano per Yukio un ideale (a)politico, perseguito con tenacia lungo tutta la sua giovane e vigorosa esistenza.
Yukio Mishima, nel giorno della sua morte, è uno scrittore, drammaturgo e poeta giapponese di fama internazionale che conta solo quarantacinque inverni. La pubblicazione di Kamen no Kokuhaku (Confessioni di una maschera) nel 1949 gli aveva spalancato i cancelli della gloria e della fama in ambito letterario: da allora il nome di Yukio Mishima diventa il simbolo di un Giappone che al contrario del significato del proprio nome (Nippon) sta tramontando e si sta globalizzando sempre di più.
Yukio è per molti anni icona di un patriottismo romantico ormai passato e nostalgico, di cui possono essere testimoni Foscolo, D'Annunzio e forse Panagulis. Visto come un nazionalista dagli intellettuali di sinistra e come un anarchico dai pensatori di destra, vive la sua lotta ideologica in estrema solitudine, senza bandiere, slogan o partiti, ma dando spazio alle tradizioni più antiche del Giappone nelle sue opere letterarie e di teatro (i cinque No moderni ne sono un ottimo esempio).
Come in vita, così in morte. Il suo estremo gesto suicida diventa così un ultimo pretesto per omaggiare la cultura nipponica e la figura dell'imperatore, non nella sua accezione politica bensì per il ruolo simbolico che ricopre all'interno della cultura del Giappone. Qualcosa però va storto e il kaishakunin (il nervoso Morita), colui che è responsabile di decapitare il suicida nel momento del seppuku, affinché il volto non gli sia macchiato da smorfie di agonia, sbaglia il colpo di grazia per ben due volte. Deve intervenire Hiroyasu Koga per porre fine al rito, guadagnandosi così il titolo di più recente kaishakunin della storia giapponese. 

Morita, che secondo alcuni critici e biografi, era l'amante omosessuale dfi Yukio non sopporta l'errore commesso e, travolto dall'onda di vergogna, si trafigge anch'egli. I restanti tre si consegnano alle forze dell'ordine e vengono condannati a quattro anni di prigionia per aver occupato illegalmente il ministero.
Il corpo di Yukio giace glorioso in avanti, come vuole la tradizione, e vicino a lui fa capolino il suo biglietto d'addio che recita: – La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre –.

da un articolo di Federico Josè Bottino

(https://i0.wp.com/www.ugomariatassinari.it/wp-content/uploads/44e1684942b141c16732b58d55cd47a5.jpg?w=605)

La macabra scena degli uffici del ministero della Difesa dove si è consumato il suicidio rituale di Mishima e del suo allievo più caro: le due teste mozzate. Dopo l'harakiri, il taglio profondo del ventre un assistente mozza di netto la testa del suicida per evitare che il volto sia contratto dal dolore


Questo suicidio rituale, molto famoso, di Mishima è un chiarissimo caso di suicidio per dimostrare qualcosa....Fu un suicidio inutile: il Giappone divenne molto velocemente uno dei paesi più consumisti e occidentalizzati del pianeta...e l'incredibile talento letterario di Yukio venne sprecato...
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 08 Ottobre 2019, 22:44:36 PM
Ciao Eutidemo,
non riesco a spiegarmi.
 
Con "razionale" non intendo che tutto risulti a noi razionale. Vi sono un sacco di avvenimenti che per noi non lo sono affatto! Il mondo sembra infatti per molti versi intriso di irrazionalità.

Ma anche ciò che appare irrazionale, ha senz'altro dietro una motivazione razionale che però non conosciamo.
Se vi fossero eventi davvero irrazionali, per loro essenza, perciò senza alcuna possibile motivazione razionale, il Nulla sarebbe assoluto!
E' per questa ragione che tutto deve essere razionale: è un necessario atto di fede.
 
Se viceversa vogliamo credere che davvero esista l'irrazionale, allora traiamone le inevitabili conseguenze: domina il Caos! Ed è il "razionale" ad essere un'illusione. Perché razionale e irrazionale non possono convivere.
 
Diverso è invece il deciderci e muoverci verso i limiti del razionale, ma questa è tutta un'altra storia che nulla ha a che vedere con l'irrazionalità.

***

Non sto dicendo che il suicidio non liberi, sto dicendo che non vi è nulla da liberare!
Perché non vi è proprio nessuno.

Intendi l'assenza del libero arbitrio come un vincolo, una limitazione, che impedirebbe addirittura il suicidio...
Ma non c'entra nulla!

Non vi è nessun vincolo, nessuna limitazione. Continuiamo a volere e decidere allo stesso modo, con gli stessi esiti, con suicidi e tutto il resto.
L'assenza del libero arbitrio implica solo una cosa: l'io non esiste.

Ma per afferrare ciò dovresti prima fare tabula rasa delle tue certezze...
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 09 Ottobre 2019, 05:03:29 AM
Ciao Bob. :)
Sono perfettamente d'accordo con te; ma, il caso del "suicida omicida", non ha niente a che vedere con il "suicidio puro e semplice", che, per antonomasia, significa uccidere solo se stessi, e non anche altre persone.
Ed invero;
- a parte i casi, "orribili" del suicida che, prima di togliersi la vita, commette anche omicidi "con dolo puro";
- secondo me sono "deprecabili" anche i casi del suicida che, dopo essersi tolto la vita, commette omicidi "con dolo eventuale"; come, ad esempio, quelli che si suicidano col gas, senza prima aver tolto la corrente ed aver messo, comunque, un avviso fuori della porta  (oppure che si buttano dalla finestra, senza prima aver verificato che nessuno stia passando di sotto).
Ed infatti, ciascuno è padrone della propria vita e della propria morte, ma non certo di quella altrui!

Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 09 Ottobre 2019, 06:09:57 AM
Ciao Sariputra. :)
Quello di Mishima fu solo uno delle tante migliaia di "seppuku" che costellano la storia del Giappone (per non parlare dei "kamikaze"); non so se la sua, in particolare, sia da considerarsi una "dimostrazione inutile", e, soprattutto "giustificata", però:

1)
Se la sua fu una "dimostrazione inutile", lo fu pure quella di Catone l'Uticense, di Ian Palach e dei 72 tibetani che negli ultimi dieci anni si sono dati fuoco  in segno di protesta contro la Cina; che, però, è ancora lì ad opprimere il loro Paese.

2)
Però, almeno secondo me, una "dimostrazione" come quelle di cui sopra:
- vale di per sè stessa, a prescindere dal conseguimento o meno del risultato che essa si prefiggeva;
- comunque, ottiene il risultato di suscitare disgusto e disprezzo, in ogni uomo degno di tale nome, per le tirannie che l'hanno provocata, e, solo per questo, costituisce già per di per sè un meritorio risultato.
- in ogni caso, consente a chi muore, di trovare almeno la sua libertà individuale: "libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta!"

3)
In fondo, anche Mishima, pur non essendo certo un martire della Libertà, suicidandosi evitò di dover vivere in un mondo che, ormai, non era più il suo; cosa vuoi che gliene importasse che il suo incredibile talento letterario andasse sprecato!



Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 09 Ottobre 2019, 07:14:52 AM
Ciao Bob. :)
Non ti preoccupare: forse sono io a non capire, e non tu a non riuscire a spiegarti.

***
Quanto alla "razionalità", infatti, io mi riferivo al comportamento umano determinato dalla "neocorteccia frontale", che, spesso, è in contrasto con le pulsioni istintuali del "sistema limbico"; ed infatti, gli avvenimenti del mondo esterno, che sono indipendenti da noi, non sono nè "razionali" nè "irrazionali".
Accadono e basta! :)

***
Il mondo, invero, a noi può  sembrare per molti versi intriso di "irrazionalità", ma, a ben vedere, si tratta solo di una nostra categoria mentale; o, al massimo, di una locuzione meramente "metaforica" con la quale giudichiamo gli eventi, i quali, di per sè, sono del tutto "neutri", poichè non sono determinati nè dalla "ragione" (almeno quale noi la intendiamo), nè dall'"istinto".

***
Come ti ho detto, come vedi sono io che non ti capisco. :-[
Ed infatti, per me, "razionale" significa semplicemente "rispondente alla esigenza di logicità", connaturata alla conformazione neuronale del nostro cervello; e, in particolare, ai centri di Broca e di Wernicke.
L'aggettivo "razionale" applicato a qualcosa che non sia umano, quindi (sempre parlando a livello fenomenico), per me non ha alcun senso.

***
Quanto al fatto che, se vi fossero eventi "fenomenici" davvero irrazionali, per loro essenza, perciò senza alcuna possibile motivazione razionale, il Nulla sarebbe assoluto, tale affermazione per me non è da considerarsi "errata", ma, semplicemente, "priva di senso"; ed infatti, per me se sarebbe come dire che, se vi fossero colori che pesano meno di un ettogrammo, il Nulla sarebbe assoluto. ;D
Si può avere fede in qualcosa di assurdo, ma non in qualcosa che non ha senso; anche se porta la firma di Hegel (e non solo di lui)!

***
L'"irrazionale" ed il "razionale", sono solo aggettivi che qualificano le modalità del pensiero e dell'agire umano; la trasposizione di tali concetti in un ambito che non sia umano, comporta soltanto una indebita "antropomorfizzazione" di ciò che non è in alcun modo "antropomorfizzabile"!
Attenzione in non cadere in "fallacie nominalistiche", soprattutto se usate in modo improprio!
Cioè, chiedersi se l'Universo sia "razionale" ovvero "irrazionale" (di per sè ed a livello fenomenico), per me equivale a chiedersi  se l'Universo sia "diarroico" ovvero "stitico".  ;D
"It does not make sense!

***
Quanto al fatto che il suicidio non liberi, tu dici  che "non vi è nulla da liberare, perché non vi è proprio nessuno."
Mi dispiace, ma la mia esperienza e la mia ragione mi dicono il contrario; e, cioè, che, parlando di IO individuale, prima di nascere non c'ero, adesso ci sono, e, dopo la morte non ci sarò più di nuovo.
Come accade, provvisoriamente, durante un'anestesia totale (che ho sperimentato più volte); la quale, per quanto efficace, dubito che possa essere più efficace della morte nell'annientare il mio IO individuale.
Il quale, per ora essendo io al momento sveglio e "vigile", indubbiamente c'è!
Altrimenti, spiegami chi diamine sarebbe quello che, adesso, sta scrivendo queste righe; il Nulla?
Attenzione a non confondere le metafore con la realtà (fenomenica).

***
Quanto al nostro libero arbitrio, poichè il nostro sistema limbico è programmato per impedirci, o, almeno, per ostacolare i nostri propositi suicidi, penso che già questo dimostri che esso, in qualche modo ed in qualche misura, c'è; sebbene ammetto che esso possa essere molto "pesantemente" influenzato da numerosi "idola" (tribus, specus, fori, theatri) che hanno determinato il nostro modo di essere e di ragionare.
Sia il mio che il tuo!

***
Quanto al fatto che, per accettare ciò tu sostieni, io dovrei prima fare "tabula rasa" delle mie "certezze", ammesso che io le ritenga davvero tutte "certe" (cosa inesatta) questo è verissimo; come, però, è anche vero l'esatto contrario.
E' come dire che se io fossi d'accordo con te, allora io sarei d'accordo con te; come pure se tu fossi d'accordo con me, allora tu saresti d'accordo con me.
Non mi sembra un argomento molto dimostrativo! ;)

***
Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 09 Ottobre 2019, 07:29:19 AM
Ciao Ipazia :)
Sono perfettamente d'accordo con te, in quanto occorre "sempre" distinguere l'atto delle sue motivazioni; lo stesso omicidio, invero, può avere motivazioni ignobili (rapina), nobili (tirannicidio), ovvero opinabili (eutanasia).
Allo stesso modo, il suicidio può essere determinato dalle motivazioni più diverse: alcune umanamente condivisibili, altre meno, a seconda della particolare visione di ciascuno.
Un saluto. :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 09 Ottobre 2019, 08:54:32 AM
Ciao Eutidemo,
continui a distinguere.
Il che è senz'altro utile, ma solo per l'analisi. Perché poi deve necessariamente seguire la sintesi.
Dove le distinzioni devono trovare il loro accordo.

Se questo non avviene ti ritrovi davanti il deserto.
È il deserto dell'oggettività in sé, dove la lacerazione è creduta "verità" assoluta.

Per esempio, distinguere tra la nostra razionalità e il mondo, considerandoli inconciliabili, rende impossibile qualsiasi ricerca.

Le tue certezze sono la tua prigione.
E ti impediscono di vedere l'assurdità di ciò che le regge.

L'irrazionalità non sta nel processo ma nelle premesse. Perché la logica non ammette deroghe.

Ed è irrazionale credere nell'esistenza dell'io.
Prova a cercarlo questo benedetto 'io', non lo troverai mai!
E se tieni ferma la tua logica potrai ben vedere come l'io sia logicamente impossibile!

Ma ciò causa orrore... e allora si rimane nella tranquillità dell'ovvio, del conosciuto, del certo.
Senza accorgersi di scegliere in questo modo di rimanere all'inferno!

Come ho provato a dire in più occasioni, occorre rispettare la logica, sempre. Questo rispetto non è però fine a se stesso. Ma importante solo per cercare di giungere al limite.
Questo limite non è mai una "verità" scontata. 
Anzi, consiste proprio nello svuotamento di ogni certezza.
E allora, e solo allora, ci è richiesto di andare oltre a questo limite.

La logica si estingue, è servita allo scopo. Così come la libertà che è solo un mezzo, mai un fine.

Ebbene sì, queste righe le sta scrivendo il Nulla!

È Beatitudine...
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 09 Ottobre 2019, 09:12:19 AM
Citazione di: bobmax il 09 Ottobre 2019, 08:54:32 AM

L'irrazionalità non sta nel processo ma nelle premesse. Perché la logica non ammette deroghe.


Quale logica ?  Quali premesse la garantiscono esatta ?

Citazione
Ed è irrazionale credere nell'esistenza dell'io.
Prova a cercarlo questo benedetto 'io', non lo troverai mai!

Io lo trovo tutte le mattine al risveglio e in forma più confusa pure di notte quando sogno; ma per quanto confuso, un io-narrante funziona anche nei sogni e ancor più negli incubi. Tant'è che mi risveglio e la logica mi dice tutto il contrario di:

CitazioneE se tieni ferma la tua logica potrai ben vedere come l'io sia logicamente impossibile!
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Sariputra il 09 Ottobre 2019, 10:04:33 AM
Catone Uticense non era quello che "diede in prestito" la moglie a tale Quinto Ortensio?.. :( .Ed era così intransigente, anche con se stesso, che metteva a morte tutti gli oppositori politici vicini a Catilina, anche se altri propendevano per pene più miti visto la mancanza di reati commessi?..Già questo spiega molte cose. E infatti io vedo un che di 'intransigente' nell'abito mentale dell'aspirante suicida, in molti casi. Uno che non accetta compromessi , che pone la sua idealità al di sopra di ogni cosa (come Mishima, il cui suicidio, se non fosse tragico e atroce, sarebbe una scena che avrebbe  molto del patetico, quasi del ridicolo, molto "teatrale" , com'era lui in definitiva...).,che non ammette 'interferenze' nella sua volontà...E qui ritorna il discorso sulla super-considerazione che abbiamo del nostro"Io"  illusorio , come scritto da @bobmax...Il suicidio è infatti spesso, quando non indotto da uno stato di prostrazione fisica o mentale dovuto a qualche gravissima malattia, una dimostrazione di volontà di auto-affermarsi e di profonda avversione di questa illusione tenace...
I lama tibetani che si danno fuoco per protesta commettono una grave infrazione al primo precetto buddhista, in cui hanno dichiarato di 'prendere rifugio', ossia quello di cercare di non-nuocere ad alcun essere vivente, compreso se stessi.
Questo fatto è inaccettabile per un monaco buddhista. Il Dalai Lama stesso ha criticato questi atti e invitato a rinunciarvi...
Non è ammissibile per un monaco buddhista porre la libertà (politica in questo caso..) al di sopra della non-violenza... o far uso della violenza per fini politici. Ci sono diversi passi nel Canone che riportano discorsi di Siddhartha molto chiari in proposito...
Resto convinto che questi gesti violenti siano in definitiva inutili... ci sono altre strade (disobbedienza civile, dimostrazioni pacifiche, testimonianza di vita, ecc.) che spesso danno frutti, come nel caso dell'India gandhiana.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 09 Ottobre 2019, 11:47:46 AM
Ciao Bob. :)
Certo che continuo a "distinguere", perchè, a mio avviso, senza "discernimento", di finisce solo per fare una gran confusione "terminologica" e "filosofica"; soprattutto laddove tu scrivi che "all'analisi deve necessariamente seguire la sintesi, dove le distinzioni devono trovare il loro accordo".
Ed infatti, a me pare che tu giochi "nominalisticamente" sul duplice diversissimo significato, che, nella lingua italiana, assume il termine "sintesi", in quanto:
a)
 "Sintesi" può stare a significare il "riassunto" (abstract) di una più vasta esposizione, con la quale si era già proceduto all'"analisi" di un determinato tema.  
b)
"Sintesi", altresì, può anche stare a significare l'accordo finale e dialettico, tra una "tesi" ed una "antitesi", che unifica ed eleva le opposizioni precedenti.
Pertanto, la tua affermazione per la quale "all'analisi deve necessariamente seguire la sintesi, dove le distinzioni devono trovare il loro accordo", confonde "due concetti contrapposizionali" diversi, e "quattro termini semantici differenti": tesi antitesi sintesi e analisi.

***
Forse intendevi dire, parafrasando un po' Hegel, che la "razionalità" del reale,  scaturisce dalla sequenza di:
- "tesi", come momento astratto o momento intellettuale; 
"antitesi", come fase dialettica o momento razionale negativo; 
"sintesi", come momento speculativo o razionale positivo, che unifica ed eleva le opposizioni precedenti.
Ma tutto questo, che, comunque, per me risulta alquanto opinabile, con il mio TOPIC non c'entra assolutamente niente!

***
Quanto al fatto che distinguere tra la nostra razionalità e il mondo, considerandoli inconciliabili, rende impossibile qualsiasi ricerca, per me, senza offesa, anche tale affermazione equivale comunque a "buttarla in caciara" (come si dice dalle mie parti).
Ed invero, il fatto che le nostre specifiche caratteristiche non siano comparabili a quelle del mondo, non rende minimamente inconciliabili l'uomo ed il resto del mondo; nel cui ambito, esistono cose ed esseri i più diversi tra di loro ciascuno con le sue specifiche caratteristiche.
Tra i quali esseri, appunto, c'è l'uomo, che ha (o almeno dovrebbe avere) come "differenza specifica" rispetto agli altri animali, la caratteristica di essere "razionale" (sapiens); ma, il fatto che lo sia lui, non implica che lo sia l'intero mondo FENOMENICO di cui egli fa parte.
Così come l'intera Parigi non è alta 300 metri, solo perchè tale è l'altezza della Torre Eiffel! :)

***
Come ho già scritto, non vedo perchè mai le mie (poche) certezze dovrebbero essere la mia prigione, ed invece le tue certezze non dovrebbero costituire la tua; ed infatti, se ci parliamo al buio attraverso le sbarre, non possiamo sapere chi dei due è dentro una cella e chi ne è fuori. ;)
Ovvero, se, magari, siamo entrambi in una cella diversa! ;D

***
Quanto a non vedere l'assurdità di ciò che regge le mie affermazioni, forse tu non vedi l'assurdità di quel che regge le tue, quando affermi che le tue righe "le sta scrivendo il Nulla!"
Il Nulla non può scrivere nulla, per cui la tua asserzione risulta alquanto autocontraddittoria!

***
Il bello è che, se tu non confondessi il "fenomeno" con il "noumeno", mi pare di capire che, in fondo, potremmo anche essere d'accordo.
Ed infatti, anche io, come scriveva Shakespeare, penso che: "We are such stuff as dreams are made on, and our little life is rounded with a sleep!" (Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni e la nostra breve vita è racchiusa nel sonno – La tempesta, atto IV – mi pare che parli Prospero)
Quindi, così come i vari personaggi del sogno, al risveglio, si accorgono di essere tutti UNO, cioè il sognatore, allo stesso modo "credo" che, dopo la morte, anche noi ci risveglieremo tutti in UN SOLO SPIRITO (come diceva San Paolo)!
Ma, così come i personaggi del sogno hanno un loro livello di realtà, sia pure onirica, così pure noi due abbiamo il nostro livello di realtà, sia pure soltanto fisica: ma che non è certo il NULLA!
Siamo mare, ma siamo pure onde; le quali, finchè ancora si ergono sul livello dell'acqua, hanno una loro "esistenza" reale, magari effimera, ma che non sarebbe corretto definire meramente "illusoria" (se non nel senso del Velo di Maya).
Ma, di tutto questo, non ho assolutamente certezza, poichè constatarlo esorbita dalle facoltà umane.

***
Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 09 Ottobre 2019, 13:40:16 PM
Ciao Sariputra. :)
Tu parli di Marzia,  la quale fu data in sposa giovanissima a Catone l'Uticense, e che, secondo gli usi tradizionali del tempo, il padre, in accordo con Catone, diede poi in sposa ("non certo in prestito") a Quinto Ortensio Ortalo per fini procreativi; dopo la morte di Ortensio lei, vedova, tornò in moglie  Catone, divenendo così, universalmente, un simbolo di fedeltà coniugale.
Tanto è vero che il "cristianissimo" Dante Alighieri, la collocò nel Limbo degli "spiriti magni" (Inf. IV, 128) e la citò anche nel Purgatorio (I, 79) e nel Convivio, dove dice di lei: "Tornò Marzia dal principio del suo vedovaggio a Catone, per che si significa la nobile anima dal principio del senio tornare a Dio. E quale uomo terreno più degno fu di significare Iddio, che Catone? Certo nullo." (Convivio IV, xxviii, 15).
Peraltro è anche vero che Catone l'Uticense, essendo tribuno designato, nel 63 a.C. ottenne dal senato la condanna a morte per alcuni seguaci di Catilina, pena che sarà poi eseguita dall'allora console Cicerone, in opposizione a Cesare, che proponeva pene più miti; e, secondo me, Catone fece bene, perchè si trattava di traditori della Patria, che cercavano di sovvertire la Repubblica Romana (come poi cercò di fare anche Cesare).
Ma si tratta solo di punti di vista, poichè è perfettamente lecito che tu giudichi Catone l'Uticense in modo diverso da me e da Dante; la cui opinione, però, se mi consenti e senza offesa, io preferisco un tantino alla tua.

***
Sono invece d'accordo con te sul fatto che c'è un che di 'intransigente' nell'abito mentale dell'aspirante suicida; ma solo nei casi dei suicidi per motivi politici, non in generale.

***
Quanto a Mishima, mi astengo dal giudicare il suo suicidio, in quanto non sono ben edotto di tutte le sue "effettive" circostanze; ed infatti, come, come ho già ripetutamente scritto, io non sono affatto favorevole al suicidio per principio, in quanto, in molti casi, lo ritengo un atto decisamente riprovevole e reprensibile.
Occorre valutare caso per caso!

***
Quanto al fatto che il suicidio, se non indotto da uno stato di prostrazione fisica o mentale dovuto a qualche gravissima malattia, sia sempre una dimostrazione di volontà di auto-affermarsi dell'IO, non sono assolutamente d'accordo; ed infatti, semmai, come mi sembra abbastanza ovvio, è vero l'esatto contrario, e, cioè, che il suicidio è una una dimostrazione della volontà di annientare il proprio IO individuale, non certo di affermarlo!
Altrimenti, sarebbe come dire che il modo migliore di avere una erezione è quello di prendersi a martellate il pene.
Uccidersi per affermare il proprio IO, invero non ha senso alcuno; salvo che in qualche raro  caso di ipertrofia egoica frustrata.

***
Quanto al BUDDISMO, lo stesso Buddha, ammise apertamente il suicidio.
Ed infatti, nel Vakkali Sutta (Samyutta Nikāya 22, 87) il monaco Vakkali, "infermo, afflitto, gravemente malato" confida ad altri monaci la sua intenzione di uccidersi con un coltello. Dopo aver appreso dell'intenzione di Vakkali, il Buddha gli fa personalmente visita, per parlare con lui; nel corso del loro colloquio appare evidente che Vakkali è ben progredito sul sentiero verso il Risveglio, avendo già acquisito una cognizione profonda e di prima mano della "natura insoddisfacente dell'esistenza".
Dopo essersi accommiatato da Vakkali,  Buddha durante la notte riceve la visita di "due deva di straordinaria bellezza", venuti a ricordargli che Vakkali era "intento alla liberazione" e che, suicidandosi "sarebbe stato libero come uno ben liberato"; per cui, il giorno dopo il Buddha dà ai monaci un messaggio da consegnare a Vakkali in cui gli racconta della visita di buon auspicio dei deva e lo assicura che la sua sarebbe stata una buona morte.
Vakkali, dopo aver ricevuto questo messaggio dal Buddha, fa, come preannunciato, prende il coltello e si suicida.
Tanto è vero che questo fu il messaggio di Budda, che la tradizione buddista giapponese riferisce di molte altre storie di suicidio dei monaci; sebbene per ragioni e con modalità diverse di quelle dei samurai.

***
Ad ogni modo, il caso dei 72 lama tibetani che si sono dati fuoco per protesta non era connesso alla loro religione buddista, in quanto il loro atto, utile o inutile che fosse non era certo finalizzato ad adempiere -o meno- ad un loro precetto religioso, bensì, era semplicemente un atto politico; per cui, il fatto che, così facendo, abbiano infranto o meno il loro credo religioso, non c'entra assolutamente niente col significato del loro gesto, in quanto non è mica che si siano uccisi "in nome della loro religione"!
Altrimenti, alla stessa stregua, dovremmo dire che Ian Palach non avrebbe dovuto darsi fuoco perchè ciò era in contrasto con la sua religione cattolica.
E' esatto, ma cosa c'entra?

***
Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 09 Ottobre 2019, 14:56:25 PM
Citazione di: Ipazia il 09 Ottobre 2019, 09:12:19 AM
Citazione di: bobmax il 09 Ottobre 2019, 08:54:32 AM
L'irrazionalità non sta nel processo ma nelle premesse. Perché la logica non ammette deroghe.
Quale logica ?  Quali premesse la garantiscono esatta ?
Citazione
Ed è irrazionale credere nell'esistenza dell'io.
Prova a cercarlo questo benedetto 'io', non lo troverai mai!
Io lo trovo tutte le mattine al risveglio e in forma più confusa pure di notte quando sogno; ma per quanto confuso, un io-narrante funziona anche nei sogni e ancor più negli incubi. Tant'è che mi risveglio e la logica mi dice tutto il contrario di:
CitazioneE se tieni ferma la tua logica potrai ben vedere come l'io sia logicamente impossibile!

Grazie Ipazia per questo tuo pungolo, che mi spinge a scavare più in profondità.
 
La logica è lo stesso principio di non contraddizione.
 
Sono irrazionale quando accetto per "vero" ciò che non rispetta questo principio. O pretende di potervi prescindere.
 
Il principio di non contraddizione si fonda su sé medesimo. O se vogliamo sul principio d'identità, che non è altro che una sua forma concisa.
Quindi è l'identità, l'oggettività in sé, la premessa e la conclusione della logica.
 
Di modo che possiamo ben dire che non esistano premesse che garantiscano l'esattezza della logica, se non la logica stessa.
 
La logica "tiene insieme" tutto il nostro universo, ma non vi è nulla che la fondi a sua volta!
 
Nella ricerca della Verità, per avanzare dobbiamo necessariamente prendere per buone alcune premesse, quelle che al momento appaiono le più affidabili.
E così andiamo avanti, tenendo però sempre presente nel nostro cuore che tali premesse potranno un domani rivelarsi fallaci! Così da costringerci a rimettere tutto in discussione per poter riprendere il cammino.
 
Il concetto dell'io non è originario, non fa parte del nostro esserci originario. Ma deriva dalla nostra interpretazione dell'esserci.
 
Ciò che è originario è l'altro.
L'altro appare, c'è, ed essendoci fa in modo che io ci sia.
Se l'altro non ci fosse, io non ci sarei.
 
L'io compare quindi come un riflesso di ciò che c'è
 
Perché c'è soltanto l'altro! Non solo fisicamente (pure il mio corpo è altro) ma anche i pensieri, i sentimenti, anche gli incubi...
Sempre e solo altro.
 
Poiché nel gioco della vita l'altro diviene, magari seguendo pure quella che appare essere la nostra volontà, ci convinciamo di essere un "io" capace di influire sull'altro.
Nel senso di poter determinare, seppur con delle limitazioni, il divenire dell'altro.
 
Alzo una mano, e sono convinto che avrei potuto non alzarla. Perché seppure l'altro diviene principalmente per i fatti suoi, un certo potere comunque ce l'ho, il potere dell'io!
 
Così l'io, che era solo un concetto derivato dall'esserci, diventa invece la "premessa" della nostra interpretazione della realtà!
L'io è così non solo oggettivo, ma pure incausato, senza nulla che lo fondi. In una parola... assoluto!
Mentre è solo un riflesso...
 
Un riflesso di cui la logica, nella sua analisi del mondo, può fare tranquillamente a meno...
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Sariputra il 09 Ottobre 2019, 15:06:47 PM
Un'interpretazione errata di pochi testi canonici buddhisti ha portato alla conclusione che il Buddha  abbia avallato il suicidio dei monaci cosiddetti già "illuminati" (e quindi senza ulteriore rinascita..). e , sulla base di quest'erronea interpretazione molti monaci (e non monaci..) si sono sentiti, nei secoli e in vari ambiti culturali, leggittimati a farlo. In realtà il Buddha ha esonerato il monaco Channa, per esempio, che "impugnò il coltello", dagli effetti karmici del suo gesto, ma non ha condonato il gesto in sé.
Invito , per chi lo desiderasse come approfondimento, la lettura di questo testo molto chiarificatore di Damien Keown dell'Università di Londra che è troppo lungo e articolato per poterlo riassumere in breve in questo post.
Questo articolo chiarisce anche alcuni errori interpretativi di termini pali come "upavajja" e "anupavajja ", alla luce dei commentari, che hanno determinato alcuni errori interpretativi...

https://www.google.com/search?client=firefox-b-d&q=suicidio+nel+buddhismo#

Riporto solamente le conclusioni:

  A cosa ci porta tutto ciò nei confronti del consenso settantennale che il suicidio sia permesso agli arahat?   Penso che ci dia un buon numero di motivi per metterlo in dubbio.  Il primo è che non c'è ragione di ritenere che l' esonerazione di Channa costituisca un precedente che introduca una norma sul suicidio.  Questo perché l'esonerare dalla colpa non è la stessa cosa che condonare.

  Secondo: ci sono ragioni basate sui testi per pensare che l'apparente esonerazione del Buddha non sia invece per niente un'esonerazione.  I problemi legati a[lla corretta interpretazione de]i testi sono troppo complessi e non sarebbe prudente trarne conclusioni definitive.  Si può osservare al volo che l'evidenza contenuta nei testi che il suicidio possa essere permesso è molto maggiore nel cristianesimo che nel buddhismo.  Ci sono molti esempi di suicidio nel vecchio testamento: questo non ha tuttavia impedito alla tradizione cristiana d'insegnare con ferma continuità che il suicidio sia un errore grave.  In confronto i testi theravāda sono un modello di coerenza nel loro rifiuto di ammettere la distruzione intenzionale di vita.

  Terzo: la tradizione dei commentari trova l'idea che un arahat si tolga la vita come Channa ebbe a fare completamente inaccettabile.

  Quarto: c'è una quarta considerazione logica che, per quanto ovvia, sembra sia stata trascurata nelle precedenti discussioni.  Se assumiamo, come fa il commentario e la letteratura successiva, che Channa non fosse un arahat prima del suo suicidio, l'estrapolare da questo caso una regola che ammetta il suicidio come una pratica ammessa per gli arahat è fallace.  La ragione perché sia da ritenersi tale è che il suicidio di Channa era - sotto tutti i punti di vista degni di nota - il suicidio di una persona non illuminata.  La motivazione, la deliberazione e l'intenzione che hanno preceduto il suo suicidio - tutto fino all'atto dell'afferrare la lama - tutto ciò era stato compiuto da una persona non illuminata.  Il suicidio di Channa non può quindi essere preso come un precedente valido per gli arahat per la semplice ragione che lui stesso non lo era fino a dopo ch'ebbe portato a termine l'atto di suicidarsi.

  Quinto e ultimo: il suicidio è ripetutamente condannato nelle fonti canoniche e non canoniche e va direttamente "contro la corrente" degli insegnamenti morali buddhisti.  Un elenco di motivi per i quali il suicidio è sbagliato si può trovare nei testi, anche se non è sviluppata nessuna obiezione di principio contro il suicidio.  Questa non è una cosa facile da farsi, Schopenhauer non aveva completamente torto nel dichiarare che le motivazioni morali contro il suicidio "risiedano nel più profondo [dell'animo] e non sono scalfiti dall'etica ordinaria".  In precedenza ho affermato come la critica del suicidio quale "radice del male", ossia che il suicidio sia sbagliato a causa della presenza del desiderio o dell'avversione, sia insoddisfacente in quanto conducente verso il soggettivismo.  L'obiezione più profonda al suicidio mi sembra non si possa trovare in uno stato emotivo dell' agente, piuttosto trovo sia da ricercare in una qualche caratteristica intrinseca dell'atto del suicidio che lo renda moralmente sbagliato.  Credo, tuttavia, che ci sia una maniera di conciliare i due modi di affrontare la questione.  Per farlo sarà necessario riconoscere l'erroneità del suicidio come risiedente nell'illusione (moha) piuttosto che nelle "radici" emotive del desiderio e dell'odio.

  Considerato su queste basi il suicidio è da ritenersi sbagliato in quanto costituente un atto irrazionale.  Questo non significa che è attuato [solo] quando l'equilibrio della mente è alterato, ma che è incoerente nel contesto degli insegnamenti buddhisti.  E questo è da intendersi nel senso di essere contrario ai valori fondamentali buddhisti.  Quello che per il buddhismo ha valore non è la morte, ma la vita.  Il buddhismo vede la morte come un' imperfezione, un difetto della condizione umana, una cosa che dev'essere superata piuttosto che ricercata.  La morte compare nella prima nobile verità come uno degli aspetti primari della sofferenza (dukkha-dukkha).  Una persona che opti per la morte credendola una soluzione alla sofferenza dimostra un'incomprensione fondamentale della prima nobile verità.  La prima nobile verità insegna che la morte è il problema, non la soluzione.  Il fatto che la persona che commette il suicidio rinascerà e vivrà di nuovo non è importante.  La cosa più rilevante [del suo gesto] è che con l'esaltare la morte egli abbia, nel suo cuore, abbracciato Māra.  Da un punto di vista buddhista questo è chiaramente irrazionale.  Potendo quindi considerare il suicidio [un atto] irrazionale, sotto questo punto di vista si può sostenere che ci siano basi oggettive perché sia considerato moralmente sbagliato (dal punto di vista buddhista nota d.Sari)..
Trad. di Alessandro Selli
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 09 Ottobre 2019, 15:14:08 PM
@Sariputra
 
Condivido molte delle valutazioni che fai nei tuoi interventi.
Vi avverto lo slancio etico.
 
Vi è molto che "non va per il giusto verso" nel mondo.
E' quindi importante denunciare il male che è diffuso un po' dovunque.
 
Tuttavia, a mio avviso, dovremmo sempre tenere viva, nel profondo del nostro cuore, la fede nella Verità.

Che è fede nel Bene assoluto.
Fede assurda, nel nostro mondo, ma indispensabile.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 09 Ottobre 2019, 15:19:10 PM
No, Eutidemo, senza andare a scomodare tesi, antitesi e compagnia bella, il significato di "sintesi" è molto semplice.
La sintesi è il movimento opposto all'analisi. Prende le parti scaturite dall'analisi per giungere ad una conclusione unitaria.

Quindi la sintesi tende all'Uno tanto per essere chiari.
 
Altro che riassunto... Ma appunto, il riassunto è lo fa chi considera essenziale la distinzione.
 
Riguardo al razionale, riporto la tua frase:

[chiedersi se l'Universo sia "razionale" ovvero "irrazionale" (di per sè ed a livello fenomenico), per me equivale a chiedersi  se l'Universo sia "diarroico" ovvero "stitico".   "It does not make sense!]
 
dove l'inconciliabilità mi sembra ben affermata...
 
Vorrei pure notare come il Nulla non sia una certezza, ma la necessaria conclusione (sintesi) a cui il pensiero logico/razionale perviene analizzando il mondo.
Le certezze sono altre, e consistono sempre nel dare per scontate "verità" che Verità non sono.
 
Noto una qual crescente irritazione.
Il che è naturale, perché l'illusione dell'io fa di tutto pur di non svanire.
 
Ma intanto forse un lieve sospetto si è insinuato...
 
Insistere sarebbe però solo controproducente.
Mi fermo qui.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Sariputra il 09 Ottobre 2019, 15:56:35 PM
Sappiamo che è sempre molto difficile conciliare l'etica con tutte le variabili della vita concreta. Per questo, come giustamente ha scritto anche Eutidemo, bisogna prestare attenzione ad ogni singolo caso e "osservarlo" alla luce dell'etica in cui si ripone il proprio giudizio. L'etica dovrebbe essere una cosa che indirizza il comportamento e le scelte, ma non una sorta di imposizione esterna. Nel Buddhsimo, per ritornare all'argomento del mio precedente post, pur nell'oggettiva difficoltà interpretativa di testi così antichi, si manifesta questa difficoltà. Abbiamo così il monaco che, sopraffatto dalla sofferenza, decide di por fine alla vita ritenendo che la pratica gli permetta di morire senza alcun residuo kammico (cioè senza rinascere..).La sofferenza è tale che il Buddha stesso, pur non ammettendo il gesto in sè (l'uso dell'arma), e conoscendo la virtù palesata in vita da quest'uomo, "certifica" per così dire la sua dipartita "senza residuo kammico" . Channa era o non era illuminato ? Non possiamo saperlo con certezza, pertanto non si devono tirare conclusiosi affrettate dicendo: "Il Buddha ha sdoganato il suicidio". Diversissimo il caso del samurai che fa seppuku. Le motivazioni infatti sono del tutto mondane: l'onore, l'orgoglio, la vergogna, ecc. Ma ovviamente l'uomo piega l'etica alla cultura in cui vive e per un guerriero 'perdere' è umiliante. ...Qui sì si vede l'orgoglioso "Io" in piena attività, con tutta evidenza...
Il non riuscire più a sopportare il peso della sofferenza e finire per cedere sotto questo fardello è ben diverso da una morte dimostrativa piena di sé, ovviamente...
In queste ( e altre) grandi differenze sta tutta la difficoltà di conciliare i principi con il vissuto particolare, con l'unicità di ogni singola esistenza. Questo significa che dobbiamo rinunciare ai principi? No, a parer mio, significa che ognuno è chiamato a conciliare questi principi col proprio mestiere di vivere. E non è semplice...
Un tempo ci fu uno che disse che il sabato è fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato. Ed è vero...ma se non ci fosse alcun sabato quando potrebbe 'riposare' l'uomo?
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 09 Ottobre 2019, 18:22:17 PM
Citazione di: bobmax il 09 Ottobre 2019, 14:56:25 PM
Il concetto dell'io non è originario, non fa parte del nostro esserci originario. Ma deriva dalla nostra interpretazione dell'esserci.

Ciò che è originario è l'altro.
L'altro appare, c'è, ed essendoci fa in modo che io ci sia.
Se l'altro non ci fosse, io non ci sarei.

L'io compare quindi come un riflesso di ciò che c'è

Perché c'è soltanto l'altro! Non solo fisicamente (pure il mio corpo è altro) ma anche i pensieri, i sentimenti, anche gli incubi...
Sempre e solo altro.

Metafisicamente può anche funzionare così. Logicamente un po' meno: potrebbe essere, cartesianamente, ciò che c'è un riflesso dell'io, della res cogitans. Non abbiamo una logica che a priori ci dica qual'è la logica vera, la Verità. Il mondo è una nostra rappresentazione mentale su basi sensoriali e la conferma ci viene da altre menti che condividono il nostro esserci e la nostra sensorialità. La quale ci riconferma continuamente nella nostra identità autocosciente ogni volta che a sentire il bruciore della fiamma sono io e non un "altro". Esperienza in-mediata, difficilmente esorcizzabile anche se sono convinto che ciò che si scotta è un "altro" che non ha nulla da spartire col mio io, inteso come id-entità autocosciente. Il quale, non esistendo, non dovrebbe sentire alcun bruciore.

Perchè la tua logica sia vera bisognerebbe che fosse davvero un altro a scottarsi. Solo allora potrei intendere il m-io corpo come "altro". Nè si va lontano affermando che per eliminare il dolore basta eliminare la sensibilità nervosa perchè i danni poi sono a carico del m-io corpo e non mi è di consolazione alcuna pensare che il rapporto tra la mente-io e il m-io corpo è illusoria.

Citazione
Poiché nel gioco della vita l'altro diviene, magari seguendo pure quella che appare essere la nostra volontà, ci convinciamo di essere un "io" capace di influire sull'altro.
Nel senso di poter determinare, seppur con delle limitazioni, il divenire dell'altro.

Alzo una mano, e sono convinto che avrei potuto non alzarla. Perché seppure l'altro diviene principalmente per i fatti suoi, un certo potere comunque ce l'ho, il potere dell'io!

Così l'io, che era solo un concetto derivato dall'esserci, diventa invece la "premessa" della nostra interpretazione della realtà!
L'io è così non solo oggettivo, ma pure incausato, senza nulla che lo fondi. In una parola... assoluto!
Mentre è solo un riflesso...

Un riflesso di cui la logica, nella sua analisi del mondo, può fare tranquillamente a meno...

L'io non è un concetto derivato dall'esserci, ma il dispositivo che permette all'esserci di rendersene conto e di provvedere ai suoi bisogni. Il combinato disposto dei due referenti concettuali permette di interpretare la realtà. La causazione è del tutto naturale come insegnanono la biologia e la psicologia dell'età evolutiva. Che in ciò ci sia pure della riflessione lo dice anche il nome del forum. Una riflessione di cui, forse, si può tranquillamente fare a meno. Ma anche no.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 09 Ottobre 2019, 22:59:49 PM
@Ipazia

Eh, sì, sento dolore, perché è il mio dito che brucia...
Ma la non esistenza dell'io non implica il mio non esserci.
Perché ci sono! E vivo e soffro tutto quello che avviene sulla mia pelle.
Non è questo ad essere messo in discussione.

È infatti il significato di questo stesso esserci, di questa stessa vita, a cambiare radicalmente prospettiva!

Perché mi ritrovo ad essere spettatore. Che è immerso totalmente nella storia che sta vivendo, godendone i piaceri e soffrendone i dispiaceri. Ma solo in quanto spettatore!
Che assiste ad una commedia divina.

Così come alla visione di un film mi emoziono e patisco le disavventure dei protagonisti, allo stesso modo, vivendo in questo caso la storia in prima persona e con maggior vividezza, assisto allo svolgersi di questa mia vita.

Una vita che si svolge davanti a me, senza che io possa influire minimamente in ciò che vi viene rappresentato.
Perché pure il "mio" volere è iscritto anch'esso nel copione che deve essere recitato.

E allora, una volta afferrato questo, godiamoci lo spettacolo!

(Anche questa presa di coscienza non dipende da me, fa anch'essa parte della storia)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 10 Ottobre 2019, 10:48:39 AM
Psicologicamente regge. Metafisicamente pure, ma con una importante limitazione: il palco da cui assisto allo spettacolo sono io. E pure l'attore con cui mi identifico giorno e notte. Chiunque sia il regista, è un dettaglio non trascurabile. Superabile solo narrativamente. Fino al giorno della mia morte in cui cadrà l'ultimo velo di questa narrazione.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 10 Ottobre 2019, 13:51:01 PM
Ciao Sariputra. :)
Nessuna interpretazione errata: il testo buddista che ho riportato è chiaro e non necessita di interpretazione alcuna, in quanto ammette apertamente il suicidio!
Se poi ci sono altri testi, che, secondo diverse interpretazioni, non lo ammettono, al massimo si può dire che l'esegesi e controversa.
Ma dire che il Budda ha "esplicitamente" ed "incontrovertibilmente" proibito il suicidio, è assolutamente FALSO; come ho detto, al massimo si può dire che l'esegesi e controversa...e ciascuno può scegliere quella che preferisce.
Punto.
Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 10 Ottobre 2019, 14:28:13 PM
Ciao Bob :)
Ripeto che ti sbagli, in quanto, per "sintesi", nella lingua italiana, si può intendere:
- o il semplice riassunto di un testo più ampio (come si diceva nella scuola elementare);
- ovvero l'accordo fra tesi ed antitesi, secondo Hegel (come si diceva nel Liceo).
Punto! ;)
Tu fai confusione tra concetti diversi, come già ti ho spiegato; eppure mi sembra una distinzione ovvia, che nessuno si sognerebbe mai di mettere in discussione.
Ecco, per esempio, questa è una "sintesi" di quello che ho scritto la volta scorsa; ed in questo non c'è niente di "metafisico!"

***
Per il resto ormai ho compreso che tu sei buddista (come Sariputra), per cui, pur non citandole, non fai altro che ripetere le teorie:
- dell'ANATTA, che è una parola composta dal prefisso privativo "a" o "ana" (in greco "alpha steritikon") e dal termine "atman", traducibile come "io", "personalità individuale" e simili, la cui esistenza tu, appunto, neghi.
- del SUNYATA, ovvero della vacuità dell'intima natura dei fenomeni o dharma.
Entrambi i concetti, peraltro, vengano diversamente interpretati dalle varie scuole buddiste (Theravāda,  Prajñāpāramitāsūtra, Mahāyāna Madhyamaka, Cittamātra, Chán, Zen,  Vajrayana, almeno stando a quelle che mi ricordo), ma non sono abbastanza addentro al buddismo da capire a quale corrente appartieni tu!

***
Io, invece, come già avevo scritto, propendo per l'Advaita Vedanta, secondo la dottrina di Shankara, che è probabilmente la più conosciuta fra tutte le scuole Vedānta della religione Induista; letteralmente il termine Advaita significa "non duale", ma viene anche utilizzato per indicare il sistema monistico su cui si fonda il principio dell'indivisibilità del Sé o Ātman dall'Unità (Brahman).

***
Per cui, è inutile che continuiamo a contrapporci le due dette visioni (sebbene, secondo me, non siano poi così distanti come alcuni pensano), in quanto, non trattandosi di cose verificabili, nessuno di noi due può pretendere che la sua sia vera e l'altra falsa. ;)

***
Comunque, l'una nè l'altra c'entrano ben poco con il mio Topic! ::)

***
Un saluto! :)

P.S.

Poi, comunque, mi spieghi come sia possibile che la non esistenza del tuo io non implichi il tuo non esserci, perché ci sei!

Però forse ho capito: è un  un "koan" zen; che, spesso, si fonda appunto sul "nonsense"! ;)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Sariputra il 10 Ottobre 2019, 15:10:55 PM
Non solo l'esegesi ma anche la prassi millenaria buddhista è contraria al suicidio (e sempre e solo degli "illuminati" perché per i non illuminati la questione non si pone...) e quindi, mi dispiace, ma è assolutamente errato affermare che il Buddhismo ammetta apertamente il suicidio. Questo anche se non ci sono passi in cui il fondatore sia esplicito al riguardo. Sarebbe come affermare che l'Ebraismo ammette che i bambini dei nemici possono venire sfracellati contro le rocce perchè questo è presente in un salmo antichissimo...
E' molto più importante in casi come questi in cui non abbiamo o non sono pervenuti testi chiari al riguardo, o sono presenti testi controversi, la riflessione che consegue ad una linea logica sulla dottrina stessa. Che è quello che si fa naturalmente, e si è fatto nel corso dei secoli, nell'approfondimento nei vari commentari, del significato dei testi nel Sangha buddhista stesso (comunità monacale)...Tenendo naturalmente conto anche che, come sicuramente sai, non esiste " IL " Buddhismo (termine coniato dagli occidentali...)ma una serie numerosa di scuole con ampie differenze dottrinali (come tra lo zen e il lamaismo, per es.). Personalmente mi rifaccio più alla cosiddetta Scuola degli Anziani o dei Nikaya che prende spunto dal Canone Pali che è la raccolta più antica di testi buddhisti e che ritengo la più vicina all'insegnamento originale (anche se, tra gli stessi studiosi , non c'è unanimità su questo punto..).
saluti

P.S. Non c'entra niente con la discussione, ma sentivo ieri per radio che un notissimo cantante "si è avvicinato molto" al Buddhsimo (non ricordo più il nome, data la mia poca conoscenza del mondo musicale giovanile...). E' interessante interrogarsi sui motivi di questa propensione attuale di molti occidentali verso il B. nel mentre c'è un calo generalizzato di interesse verso il Cristianesimo (almeno nei paesi occidentali ricchi..). E qui, ahimè, sono particolarmente critico perché un'errata interpretazione di questa dottrina, anche da parte di molti 'maestri' , presenta il B. come una religione in cui l'etica è meno vincolante (cosa graditissima a noi occidentali nichilisti e soggettivisti) e quindi più 'tollerante' verso comportamenti di vita non propriamente 'etici'. Naturalmente è una interpretazione errata. L'etica nel B. è più importante che non nel Cristianesimo, per fare un esempio. Non esistono "grazia" e "perdono" nella visione karmica buddhista (a parte naturalmente in quelle scuole che hanno deificato Siddhartha...)... :(
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 10 Ottobre 2019, 16:28:07 PM
Mi sa proprio che non sia io a sbagliarmi, Eutidemo.
"Sintesi" ha un sacco di significati diversi, oltre ai due da te descritti. Ma il suo significato di base è proprio la sua contrapposizione all'analisi: dalle parti giungere all'unità.
Basta consultare un dizionario...
Comunque ci siamo intesi, l'etimologia alla fin fine diventa un intralcio.
 
Non mi considero Buddista, perché anche in esso vi sono troppe "verità" da accettare.
 
Tu ritieni di propendere per il non-dualismo. Ma nei tuoi discorsi predomina la distinzione. Il tuo perciò è un approccio analitico. Che molto apprezzo, tra l'altro, per la tua attenta lucidità.
 
L'analisi è stata tra le mie attività professionali la preferita, e molte soddisfazioni mi ha dato. Tuttavia l'analisi è solo la fase necessaria e preparatoria che porta alla sintesi. La quale, se l'analisi è stata fatta bene, è quasi automatica.
 
Quasi, però, perché nella sintesi deve necessariamente intervenire quel "quid" in più.
E' come un salto, che prende la sua spinta da ciò che si è conosciuto nell'analisi, ma poi ci si muove soli, senza rete...
 
***

Lo so che ti faccio soffrire, dicendoti che il tuo sapere ti è d'intralcio, ma ne sono convinto.
E te lo dico perché ho colto in te tante volte la compassione e l'insoddisfazione per come va il mondo. Questa tua compassione non ha nulla a che fare con la tua erudizione. E' anch'essa un salto, nel vuoto.
 
****
 
Non vi può essere nessuna autentica dottrina sulla non dualità. Perché indottrinare qualcuno riguardo al non duale sarebbe un'assurdità. Non vi è infatti nessuno. E' solo una voce che grida nel deserto.
Ed è lo stesso deserto a gridare, non vi è nessun'altro.
 
Ricordi il discorso sul soffrire e sul ridere, senza che vi sia nessuno che soffra o che rida?
 
Tu pretendevi vi fosse il soggetto! Che ride o che soffre.
Se no, che senso ha?
Infatti, allo stadio dell'analisi non ha senso.
 
E invece... vi è solo il ridere e il soffrire...
E a questo si giunge con la sintesi.
Perché la sintesi, nel suo salto nel vuoto, scarta ciò che dell'analisi è ormai inutile. Per cogliere l'essenza!
 
***
 
Riguardo al mio esserci pur in assenza di un io, qui mi trovo in maggior difficoltà per via del linguaggio.
 
Il linguaggio infatti deriva dalla stessa oggettività in sé. Quindi è frutto della "distinzione". D'altronde non potrebbe essere altrimenti...
 
Perché "ci sono" dà per sottinteso che "io" ci sono.
 
E' per questo motivo che ho cercato tempo fa di fare una distinzione tra "esserci" e "esistenza", seguendo l'impostazione di Jaspers.
 
Intendendo con "esserci" questo nostro mondo immanente dove domina l'oggettività in sé, composta da enti distinti, molteplice.
 
Mentre con "esistenza" intendere invece l'autentica realtà che prescinde dall'oggettività in sé, ossia mettere in secondo piano gli enti, per concentrarsi su cosa "davvero" esiste.
E ciò che esiste è la comunicazione. Comunicazione pura, che prescinde dagli attori della comunicazione stessa!
Perché di questo, e solo di questo, abbiamo contezza che esista davvero.
Anche se questa visione risulta davvero assurda dal punto di vista dell'esserci, dove cioè sono gli enti a dare significato al mondo.
 
Di modo che, "ci sono" in quanto esserci, ma "non esisto" in quanto esistenza. Perché l'esistenza, ossia la comunicazione, prescinde da me, da me che ci sono.
 
Non so se sono riuscito a rendere l'idea. Sono due stati, due interpretazioni della nostra realtà.
 
Il primo, l'esserci, è quello usuale, ma errato.
 
Il secondo, l'esistenza, si "avvicina" alla Verità.
 
(Si avvicina, perché toglie via inutili orpelli, che poi ci si avvicini davvero è un atto di fede...)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 10 Ottobre 2019, 22:35:54 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Ottobre 2019, 10:48:39 AM
Psicologicamente regge. Metafisicamente pure, ma con una importante limitazione: il palco da cui assisto allo spettacolo sono io. E pure l'attore con cui mi identifico giorno e notte. Chiunque sia il regista, è un dettaglio non trascurabile. Superabile solo narrativamente. Fino al giorno della mia morte in cui cadrà l'ultimo velo di questa narrazione.

Sì, forse con la mia morte cadrà l'ultimo velo.

Tuttavia può capitare in vita di ritrovarsi all'improvviso a vedere.

Come in Nietzsche:

"Egli non vuole niente, non si preoccupa di niente, il suo cuore è fermo, solo il suo occhio vive,  è una morte a occhi aperti.
Molte cose vede allora l'uomo, che non aveva mai viste, e fin dove giunge lo sguardo tutto è avvolto da una rete di luce e per così dire sepolto in essa."
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 11 Ottobre 2019, 07:35:34 AM
Ciao Bob. :)
Hai ragione, lasciamo perdere la semantica, in quanto, effettivamente, "sintesi" ha un sacco di significati diversi, oltre a quelli descritti da noi due.
L'unico che non accetto, è l'equivalente di "minestrone", in quanto, a mio avviso:
- è perfettamente legittimo, come scrivi tu, intendere la "sintesi" come quella procedura che serve per giungere dalle parti all'unità;
- non è invece legittimo intendere la "sintesi" come quella procedura che serve mescolare tra loro cose che non hanno niente a che vedere le une con le altre (cioè, "fare di tutte le erbe un fascio").
Quella io la chiamo "caciara", per distinguere un coro da uno schiamazzo.

***
Prendo atto che tu non ti consideri Buddista, perché anche nel Buddismo ci sono troppe "verità" da accettare; sul che sono perfettamente d'accordo anche io.
Però alcune tue concezioni sono molto simili a quelle buddiste; nella qual cosa non c'è niente di male.

***
Quanto a me, anche io non mi considero Vedantino, perché pure nell'Advaita Vedanta ci sono troppe "verità" da accettare; però alcune mie  concezioni sono molto simili a quelle Vedanta (e a quelle mistiche Cristiane).
Ed anche in questo non c'è niente di male.


***
Io propendo per il non-dualismo a livello "noumenico"; ma, ovviamente, nei miei discorsi (ed anche nei tuoi ed in quelli di chiunque) predomina necessariamente la distinzione e il dualismo, perchè i nostri "IO" a livello "fenomenico" possono esprimersi soltanto in modo analitico e duale.

***
Mi rendo conto che è una cosa difficile da spiegare, se non con analogie del tutto inadeguate;  ad esempio, potrei dire che io "distinguo" il mio "IO" che sogna (il quale può essere anche una persona diversa da me), dal mio "IO" da sveglio, ma, ovviamente, sono perfettamente consapevole che siamo "sostanzialmente" la stessa cosa.
Lo stesso dicasi del mio "IO" da sveglio, finchè il mio corpo vive, ed il "SE'" in cui lui si ridesterà dopo morto; quella sì che è la REALTA' monistica che costituisce la "trama" dell'ESSERE, mentre quella fenomenica ne è soltanto l'"ordito".
Se vogliamo, possiamo anche chiamarla "SINTESI"; ma secondo me sarebbe un uso inappropriato del termine, perchè la sintesi richiede l'esistenza di "parti", benchè omogenee, mentre per me l'ESSERE ASSOLUTO è "privo di parti", sebbene, a livello "fenomenico", si manifesti in modo "plurale".
Sarebbe come voler definire il mare una "sintesi" delle onde.

***
Poichè io ho approcciato il tema del suicidio a livello "fenomenico", il mio non poteva che essere un approccio analitico; altrimenti, considerando le "onde" solo in quanto "mare", è ovvio che non avrebbe avuto senso parlare di suicidio.
Si nasce e si muore "uti singuli", ma "sub specie aeternitatis" nessuno nasce e nessuno muore!

***
Non mi fai affatto soffrire, dicendomi che il mio sapere mi è d'intralcio, perchè ne sono convinto io per primo.
Ed infatti, dal mio libro preferito in assoluto, cioè ""L'IMITAZIONE DI CRISTO", scritto (sembra) da Tommaso da Kempis, ho estrapolato questa frase, e l'ho incollata sullo specchio del bagno:
"Non volerti gonfiare, dunque, per alcuna arte o scienza, che tu possegga, ma piuttosto abbi timore del sapere che ti è dato; ed infatti, anche se ti pare di sapere molte cose, ed anche se hai buona intelligenza, ricordati che sono molte di più le cose che non sai."


***
Riguardo al "tuo esserci pur in assenza di un io", comprendo perfettamente la tua difficoltà per via del linguaggio, che, come scrivevo sopra, è anche la mia; ed infatti, anche io penso, come scrivi tu, che "Il linguaggio è frutto della "distinzione" e d'altronde non potrebbe essere altrimenti".
Ed invero, dire "ci sono", più che darlo  per sottinteso, equivale esattamente a dire che "io" ci sono; perchè la prima persona presente di un verbo, implica "intrinsecamente" e "logicamente" il soggetto "io", e non si limita a meramente "sottintenderlo".
E' la stessa cosa!
Tanto è vero che, stilisticamente, precisare "io" viene da molti autori considerato sconveniente, in quanto ridondante e "superfluo" (laddove, ovviamente, non ci sia la possibilità di confonderlo con la terza persona plurale)!

***
Quanto al fatto che "non vi può essere nessuna autentica dottrina sulla non dualità, perché indottrinare qualcuno riguardo al non duale sarebbe un'assurdità", secondo me, allora, si può a maggior ragione sostenere che non vi può essere nessuna autentica dottrina sulla non esistenza dell'io, perché indottrinare qualcuno riguardo al fatto che lui non esiste, è un'assurdità ancora più grande. ;)
Una dottrina sulla non dualità a livello "noumenico", se impartita a livello "fenomenico", ha invece un senso; perchè ammette l'esistenza dell'IO individuale nel mondo fisico.

***
Quanto al discorso sul soffrire e sul ridere, senza che vi sia nessuno che soffra o che rida, non solo non ha senso allo stadio dell'"analisi", ma non ce l'ha neanche a livello della "sintesi".
Ed infatti, se come scrivi tu (e su cui sono d'accordo), si può intendere per "sintesi" anche quella procedura che serve per giungere dalle parti all'unità, se le parti non esistono, come tu sostieni, non può neanche trarsene una sintesi.
Ed infatti, sintesi di cosa?

***
Tu cerchi di spiegarlo dicendo: "Vi è solo il ridere e il soffrire...e a questo si giunge con la sintesi."
Ripeto, la sintesi di cosa?

***
Dire che "la sintesi, nel suo salto nel vuoto, scarta ciò che dell'analisi è ormai inutile, per cogliere l'essenza", per me è una proposizione priva di senso; cioè, vuota e senza significato!
Può suonare bene "poeticamente", come dire che "l'amore, nel suo salto nel vuoto, scarta ciò che dell'amore è ormai inutile, per cogliere l'essenza", ma che non ha senso logico alcuno.
Comunque riconosco che è un ottimo espediente dialettico, perchè una affermazione senza senso non è confutabile in alcun modo. :D

***
Lo stesso vale per altre tue singolari formulazioni, tipo che "esiste solo la comunicazione, a prescindere dagli attori della comunicazione stessa", ovvero "di  modo che, "ci sono" in quanto esserci, ma "non esisto" in quanto esistenza, erché l'esistenza, ossia la comunicazione, prescinde da me, da me che ci sono."
Tu ti chiedi se sei riuscito a rendere l'idea?
Assolutamente NO, mi dispiace! ::)

***
Un saluto!  :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 11 Ottobre 2019, 16:39:49 PM
Ciao Eutidemo,
vedi come distingui tra "noumenico" e "fenomenico"?
Dai così per implicito che vi siano due realtà!
 
Il tuo non-dualismo, che limiti al "noumenico", è così fallace dall'inizio.
Vuoi salvare capre e cavoli, ma così facendo le capre se li mangiano i cavoli...
E il fenomenico finisce per prevalere sul noumenico, inevitabilmente.
 
Il noumenico diventa una speranza che non ha però alcun fondamento.
Ti ritrovi con un non-dualismo astratto, immaginato, e in ultima "analisi" impossibile.

Difatti la realtà è una!
E invece postuli che le realtà siano due, come quando dici:
 
[Si nasce e si muore "uti singuli", ma "sub specie aeternitatis" nessuno nasce e nessuno muore!]
 
Poco importa se vuoi credere che l'Essere assoluto sia privo di parti, perché per te le parti esistono, eccome!
 
Se questa non è una contraddizione...
 
****
 
La frase che hai incollato sullo specchio del bagno non fa che confermare la mia idea. Riguardo alla sofferenza che deriva dal constatare l'inutilità (o almeno l'inessenzialità) dell'erudizione nella ricerca della Verità.
Per due motivi principali:
 
Per prima cosa perché questa frase è un invito alla modestia. Modestia autentica, concreta, ma pur sempre modestia. Mentre il "Sapere di non sapere" non ha nulla a che fare con la modestia, anzi! E' la constatazione dell'impossibilità del conoscere per davvero qualcosa. Se vogliamo può essere considerato, seppur paradossalmente, il culmine della presunzione: "So di non sapere un bel niente!"
 
Ed inoltre, perché il fatto stesso di metterla in bella mostra, di fronte a te ogni mattina che ti radi, dimostra il bisogno di riconfermarla ogni volta. Questo bisogno non può che derivare dal timore di non aver fatto ancora tuo ciò che c'è scritto.
Un po' come chi reitera a se stesso i 10 comandamenti: ha il timore di infrangerli? O i crocefissi messi in ogni angolo della casa: non si crede abbastanza?
 
***
 
L'assurdità sull'indottrinamento sulla non-dualità non riguarda la non-dualità! Ma l'indottrinamento!
Perché non vi può essere una "dottrina" riguardo alla non-dualità.
Vi può essere solo una constatazione. Occorre viverla.
E ciò può avvenire anche alla conclusione di un processo di ricerca (evito "sintesi" perché questo termine causa tra noi dei malintesi).
 
Se ti capitasse di avvertire davvero la non-dualità, e non soltanto per sentito dire, o per aver letto qualcosa, potresti verificare che una dottrina a riguardo è impossibile. Perché non c'è nessuno da indottrinare!
 
Chi ne parla, o ci gira attorno senza mai poterla cogliere davvero, oppure cerca, conscio di ciò che pure ha sperimentato (ma non di sua volontà), il nulla in tutte le cose dell'esserci.
 
***
 
[Ed infatti, se come scrivi tu (e su cui sono d'accordo), si può intendere per "sintesi" anche quella procedura che serve per giungere dalle parti all'unità, se le parti non esistono, come tu sostieni, non può neanche trarsene una sintesi.
Ed infatti, sintesi di cosa?]
 
Intendendo con "sintesi" "conclusione", tanto per evitare ulteriori malintesi, la vedi l'assurdità della tua domanda?
La non esistenza delle parti è il frutto dell'analisi, che affrontando l'oggettività in sé scopre che non vi è niente di oggettivo, né di separato.
Ma per te il noumeno se ne sta nell'iperuranio, mentre tu te ne stai qui! Nell'esserci!
E pure il Sé per te esiste, ma non qui...
 
Chiedersi "sintesi di cosa?" mostra proprio con quel "cosa" il vincolo che hai con l'esserci, che per te è assoluto!
 
 [Dire che "la sintesi, nel suo salto nel vuoto, scarta ciò che dell'analisi è ormai inutile, per cogliere l'essenza", per me è una proposizione priva di senso; cioè, vuotae senza significato!]
 
Certamente è per te senza significato.
Perché sei ancorato all'esserci, all'oggettività in sé.
Non vi è alcuna percezione dell'Uno nel tuo pensiero.
Ne puoi parlare, magari dichiari pure l'assolutezza del Sé, ma tanto per dire.

In quanto poi al "minestrone" e alla "caciara" hai senz'altro ragione, dal tuo punto di vista. Di chi appunto non si schioda dall'esserci.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 12 Ottobre 2019, 07:29:29 AM
Ciao Bob.
Io sostengo esattamente il contrario di quanto mi attribuisci, in quanto, per me, esiste una sola ed "unica" REALTA', che, però, si manifesta con modalità diverse a seconda del particolare livello che stiamo considerando; il "noumenico" corrisponde alla trama ed il "fenomenico" all'ordito di uno stesso identico tessuto...non di due tessuti diversi.
Sei tu che confondi capre e cavoli!

***
E' ovvio che quando scrivo il fenomenico finisce per prevalere sul noumenico; la cosa è inevitabile perché il mio IO individuale (che sta scrivendo in questo momento), corrisponde ad una delle tante realtà fenomeniche del livello fisico della realtà.
Come te, d'altronde!

***
Proprio stanotte ho sognato che discutevo con altre due persone proprio su questo tema, e ciascuna delle delle due sosteneva una tesi diversa dall'altra (e dalla mia): poi mi sono svegliato, e mi sono accorto che eravamo tutti e tre UNO.
La REALTA' UNICA può avere diversi livelli, ma questo non ha niente a che fare con il DUALISMO.

***
Quanto al fatto che il "noumenico" diventa una "speranza" che non ha però (necessariamente) alcun riscontro "esperenziale", questo è falso "a contrario"; ed infatti, l'albero  che io "sperimento" è solo un'immagine mentale, che io "presumo" sia provocata da un ente esterno "albero in sè" (noumeno), che, però, constato di non poter "sperimentare" direttamente in alcun modo.

***
In ogni caso, quanto a "speranze", lo stesso si può dire della tua idea che l'"io" non esiste; ma, almeno, la mia "speranza", o meglio "visione", sebbene possa essere meramente "illusoria", almeno non è "autocontradditoria" come la tua.
Ed infatti, ovviamente, tu non puoi "esserci" e non "esserci" allo stesso tempo, se non:
- in senso poetico e metaforico;
- in senso metafisico, cioè che il tuo "io" attuale ed "esistente", è solo un'onda nel "sè", cioè nel mare dell'essere.

***  
E' evidente che quando dico che si nasce e si muore "uti singuli", ma "sub specie aeternitatis" nessuno nasce e nessuno muore, sto appunto ribadendo l'UNICITA' della realtà, sia pure sotto diversi aspetti.
Ma possibile che io non riesca a spiegarmi?
Per fare un esempio, la terza A e la terza B, sono due classi diverse, cioè, in analogia, due realtà diverse; ma gli "alunni della  terza A" e la "classe terza A", non sono due realtà diverse, bensì la stessa realtà vista sotto la prospettiva degli alunni "uti singuli", e della "classe" di cui sono membri provvisori.
Quando gli alunni "uti singuli" prendono il diploma, la classe resta; perché si tratta di due livelli concettuali diversi.
Ovviamente, si tratta solo un esempio a livello di logica, che "ontologicamente" non calza, perché l'IO individuale ed il SE' universale, hanno un rapporto identitario, per così dire "metafisico".
Ma il dualismo non c'entra assolutamente niente.

***
E' in "re ipsa" che l'Essere assoluto sia privo di parti, perché se lo fosse sarebbe l'Esistere nelle sue singole manifestazioni;   le parti esistono, eccome, ma solo a livello "fenomenico"!
Noi siamo tutti come frammenti di uno specchio rotto di cui eravamo parti; ma ogni frammento, sia pur separato dagli altri, non può che riflettere l'immagine di un unico sole!
Dove mai sarebbe la contraddizione?

***
Quanto dico, ha ovviamente a che fare con la mia specifica cosiddetta "erudizione", perché, ovviamente, chiunque (te compreso) non può che esprimere le idee che ha maturato  in base alle sue esperienze, di vita e di lettura; quanto all'inutilità dell'erudizione nella ricerca della Verità, possiamo anche essere d'accordo.
Ma che cosa è la  Verità?

***
Quanto alla "modestia autentica", secondo me è un'illusione; perché (a cominciare dal sottoscritto) non si può essere mai "veramente" modesti.
Al massimo, ci limitiamo a vantarci della nostra modestia!

***
Quanto al cartello sullo specchio, hai perfettamente  ragione;  tale bisogno deriva dal timore di non aver fatto ancora tutto ciò che c'è scritto.
Bella scoperta: altrimenti che ce l'avrei attaccato a fare, se non ne avessi avuto bisogno?
Tu non ti fai mai il nodo al fazzoletto?
Ma oggi i fazzoletti sono tutti di carta, per cui la cosa non è più possibile!

***
Che c'entra la "dottrina" e la solita (ovvia) osservazione che "la mappa non è il territorio"?
Sono perfettamente d'accordo, ma tu che cosa ne sai di quello che io "vivo" o non "vivo"?
E, soprattutto, cosa ne sai di come io maturo ed elaboro interiormente quello che leggo?
Le mie tappe, o, se preferisci, il mio "processo di ricerca" come dici tu,  consistono in:
- lectio,
-meditatio,
-oratio
-contemplatio
Se cè qualcuno che riesce subito a saltare all'ultima tappa, buon per lui.
Chapeau!

***
A dire il vero, a volte imprevistamente, altre volte a seguito di meditazione "asparsa yoga", mi capita effettivamente di avvertire la non-dualità; e non soltanto per sentito dire, o per aver letto molto al riguardo, ma direttamente ed a volte in modo molto "intenso".
Però, non sono così ingenuo da non ammettere che potrebbe essersi trattato solo di autosuggestione; non penso, perché conosco alcune tecniche per evitarla, ma, ovviamente, non posso  averne la certezza.

***
Il buffo è, invece, che tu mi accusi continuamente di avere "certezze", che, invece, io non ho mai avuto né ho mai preteso di avere (salvo che nei ristretti limiti della logica fenomenica), mentre invece "sei tu" ad essere categorico nell'affermazione di tue presunte "certezze".
Non te ne accorgi?

***
Ed infatti, a parte l'intrinseca contraddittorietà, anche sintattica, di alcune tue "certezze", come quella del "...nulla in tutte le cose dell'esserci..", anche se non fossero intrinsecamente contraddittorie, tu le postuli come se fossero una "verità rivelata".
Dove mai sarebbe il marchio di garanzia, di VERITA' ASSOLUTA di ciò che affermi?

***
Un saluto!

P.S.
Se vuoi possiamo aprire un'altro TOPIC sulle "verità ultime", ma questo è dedicato al "suicidio", per cui non accetterò più repliche se non a tale SPECIFICO riguardo.
Tu hai già osservato che secondo te il suicidio non esiste, perché non c'è nessuno che si possa suicidare, ed io ho archiviato tale "koan"; adesso, però, basta a starci a girare intorno OT.
Non ho mai visto un essere "inesistente" così "insistente"!
E' solo una battuta senza alcuna intenzione offensiva, perché ti stimo molto, e mi sei anche molto simpatico!
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 12 Ottobre 2019, 17:44:22 PM
Di fronte alla morte dell'altro ogni parola suona falsa, in particolare in caso di suicidio.
Tuttavia ritengo che una valutazione generale, sull'effettiva libertà di un gesto come il suicidio, possa comunque essere fatta.
 
Vi possono essere diverse concause che determinano questa scelta. Ma affinché sia davvero una scelta libera, almeno una di queste deve necessariamente:
 
1) Essere incondizionata, ossia non dipendere a sua volta da altre cause.
 
2) Coincidere con l'"essenza"  dello stesso suicida.
 
Cioè deve essere proprio "lui" la causa. Un "lui" inoltre che non sia a sua volta condizionato nella sua scelta.
Almeno non totalmente condizionato.
E' quella "porzione" incondizionata di "lui" ad essere necessaria per poter affermare che la sua scelta è libera.
Se questa incondizionatezza, pur minima, non esiste, la sua scelta non è libera.
 
La sofferenza fisica, per esempio, pur essendo in alcuni casi bastevole per causare il suicidio, non è di per se stessa una causa sufficiente perché sia un atto libero. In quanto condizionato appunto dalla stessa sofferenza, che non può certo essere ascritta a "essenza" del suicida, ma semmai al condizionamento a cui egli è sottoposto.
 
Lo stesso dicasi per la sofferenza psichica. Così come un qualsiasi ricordo, più o meno sgradevole.
E' il ricordo la causa, non chi ricorda.
 
E in generale, laddove compaia un "motivo" che non sia lo stesso suicida, ma solo con lui interagente, possiamo escludere che questo motivo dimostri la libertà di scelta.
 
A questo punto si potrebbe obiettare che il "motivo" è lo stesso suicida, nella sua autonomia decisionale.
Cioè capace di decidere senza un perché che non sia lui stesso.
 
Per accettare questa tesi dovremmo però, se non individuare, almeno supporre una area fisica, nel corpo del suicida, che contenga una "centrale decisionale" in grado di scegliere autonomamente a prescindere dal passato suo e della realtà che la circonda.
 
Questa "centrale" nella sua scelta dovrebbe perciò non essere condizionata né da ciò che l'ha originata, né da ciò che dall'esterno l'ha fatta eventualmente evolvere, e neppure da quanto è avvenuto e avviene fuori di essa.
Ma allo stesso tempo, questa stessa centrale non dipendente da nulla nella sua scelta, se non da se stessa, dovrebbe essere in grado di influire sulla realtà esterna!
 
Cioè un assurdo fisico.
 
Sarebbe infatti un "qualcosa" che sfida  la nostra interpretazione fisica della realtà. Agisce sulla realtà esterna ma ne è immune!
Perciò impossibile nell'esserci, per essere davvero esistente dovrebbe necessariamente trattarsi di un fenomeno trascendente il nostro mondo.
 
Se escludiamo la Trascendenza, possiamo a mio avviso concludere che il suicidio non è un atto libero.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 13 Ottobre 2019, 11:36:55 AM
Ciao Bob. :)
Innanzittutto ti ringrazio di essere tornato nell'ambito del TOPIC, con interessantissime ed intelligenti considerazioni; in ordine alle quali osservo quanto segue.

***
Hai ragione nel dire che, "di fronte alla morte dell'altro ogni parola suona falsa, in particolare in caso di suicidio"; sebbene, più che "falsa", io la definirei piuttosto "disinformata", perchè nessuno di noi può sapere realmente cosa ci sia nella testa di un altro.
Ed infatti, come è scritto nel Vangelo, solo lo spirito che è nell'uomo può veramente ciò che è in lui!

***
Hai anche ragione nel dire che "ci possono essere diverse concause che determinano questa scelta"; anzi, forse, secondo me non c'è mai una sola, ma semmai:
- una causa determinante;
-  varie cause concomitanti.

***
Hai anche "parzialmente" ragione nel dire che "ci possono essere diverse concause che determinano questa scelta, ma affinché sia davvero una scelta libera, almeno una di queste deve necessariamente:
a) Essere incondizionata, ossia non dipendere a sua volta da altre cause.
b) Coincidere con l'"essenza"  dello stesso suicida.

***
Ed infatti, a mio avviso, per quanto riguarda a), almeno astrattamente "causa causae est causa causati"; si tratta di uno dei più famosi brocardi enunciati dalla Scuola dei glossatori di Bologna, che significa "la causa della causa è la causa di ciò che è stato causato".
Vale a dire che, se il "Fatto A" è causa del "Fatto B", il quale ha poi causato il "Fatto C", si può affermare che il "Fatto A" è causa del "Fatto C".

***
Da questo punto di vista, "nessuna scelta umana, suicidio compreso, è mai veramente "incondizionata"; ed infatti, se il suicida non fosse mai nato (causa e condizione necessaria), non sarebbe mai stato in grado di scegliere di suicidarsi.
Tuttavia, a mio avviso, tale tipo di ragionamento è alquanto "paralogistico"; perchè allora si potrebbe anche sostenere che la mia facoltà di scelta di suicidarmi, "omisso medio", in fondo, dipende dalla scelta dei miei bisnonni di accoppiarsi, e tale scelta da quella dei loro bisnonni, e così via fino a quando Dio creò Adamo.

***
Quanto a b), cioè a far coincidere la "scelta" con l'"essenza"  dello stesso suicida, invece, non sono molto d'accordo, almeno sotto il profilo strettamente semantico; mi sembra più esatto, invece, dire che la scelta deve essere imputabile a lui.

***
Quanto al fatto, poi, che la scelta imputabile a qualcuno, per essere tale, deve pure essere assolutamente "incondizionata":
- non lo credo possibile;
- non lo credo neanche necessario.
Ed infatti, almeno secondo me, ogni nostra scelta, suicidio compreso, è condizionata e determinata da una congerie di motivazioni diverse; alcune più rilevanti, altre meno.

***
Hai quindi perfettamente ragione nell'asserire che il suicida non deve essere totalmente condizionato riguardo alla sua azione; ed infatti, deve esserci una "porzione" incondizionata di "lui" ad essere necessaria per poter affermare che la sua scelta è, almeno relativamente, libera.

***
Per cui, a ben vedere:
- in caso di "coazione fisica", per esempio se si forza fisicamente qualcuno a premere il grilletto della propria pistola, non si può neanche parlare di "suicidio", ma si è in presenza di un "omicidio" a tutti gli effetti;
- in caso di "coazione morale", per esempio nel caso di Seneca e di Rommel, si è sicuramente in presenza di "suicidio", sebbene condizionato in modo estremo dalla volontà altrui.
Però sempre di un atto di suicidio "volontario" si tratta, secondo la consolidata formula "coactus, tamen voluit"; che mette in evidenza come colui che fu coartato al suicidio, comunque, "lo volle"!
Ed infatti si sarebbe benissimo potuto rifiutare, come in casi analoghi accadde.

***
Ciò puntualizzato, tu, però, confondi un po' la "causa" con la "motivazione".
Ed infatti, è ovvio che il suicida ha "sempre" una specifica "motivazione" che lo induce a compiere tale atto; così come ciascuno di noi ha "sempre" una specifica motivazione che lo induce a compiere un qualsiasi altro atto (dal decidere di sposarsi, al decidere di divorziare o di dimettersi da una carica).
Questo è ovvio, perchè è un po' difficile che Tizio una mattina si svegli, e decida di suicidarsi solo "per vedere l'effetto che fa"!

***
Ma, salvo il caso di coazione fisica o di "estrema" coazione psichica, quello del suicidio, così come qualunque altro nostro atto, deve considerarsi libero e volontario; a meno di non voler sostenere che "nessun nostro atto" può mai considerarsi del tutto "libero" "volontario".
Ed infatti, è ovvio che qualsiasi cosa decidiamo di fare o di non fare, dipende da motivazioni e condizionamenti di vario tipo, consci o inconsci, di maggiore o minore intensità.
Il suicidio non fa eccezione alla regola!

***
.Non ti seguo, però, quando scrivi: "laddove compaia un "motivo" che non sia lo stesso suicida, ma solo con lui interagente, possiamo escludere che questo motivo dimostri la libertà di scelta.".
Ed infatti, secondo l'analisi logica del periodo, il suicida:
- può <<avere>> uno o più motivi per suicidarsi, più o meno cogenti;
- però non può certo <<essere>> lui in persona il "motivo", perchè le persone <<hanno>> motivi, ma non  <<sono>> loro i motivi (non si è mai visto un "motivo" bipede).
Per cui non capisco cosa vuoi dire.




***
Quanto ad individuare un'area fisica, nel cervello del suicida, che contenga una "centrale decisionale" in grado di scegliere se suicidarsi o meno, essa esiste sicuramente -teoria dei fasci a parte-, sebbene, più che altro, si tratti di una interazione tra aree diverse (neocorteccia e sistema limbico); il che, però, pur avvenendo "autonomamente", non può certo prescindere dal passato del suicida e della realtà che lo circonda.

***
Tu confondi l'avverbio "autonomamente", con l'avverbio "indipendentemente"; ed infatti, se io debbo raggiungere una via cittadina, posso "autonomamente" scegliere il percorso stradale che preferisco, ma non posso certo farlo "indipendentemente" dalle strade che esistono, ed "a prescindere" dai sensi vietati.

***
Questa stessa "centrale" di cui parliamo, seppur "influenzata" da condizionamenti più o meno cogenti, è tuttavia "autonoma" nella sua scelta; fatti salvi, ovviamente i casi di estrema coazione fisica e psichica sopra descritti.
E non c'è dubbio alcuno che sia in grado di influire sulla realtà esterna,  in quanto, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità ogni anno nel mondo si tolgono la vita 880.000 persone; se fosse un assurdo fisico, ciò non si verificherebbe!

***
Non è un "qualcosa" che sfida  la nostra interpretazione fisica della realtà, in quanto, pur agendo sulla realtà esterna non ne è affatto immune; tanto è vero che è ormai statisticamente accertato il cosiddetto "effetto Werther", che si riferisce al fenomeno per cui la notizia di un suicidio pubblicata dai mezzi di comunicazione di massa provoca nella società una catena di altri suicidi.

***
Quanto al fatto che il suicidio è "impossibile nell'esserci, per essere davvero esistente dovrebbe necessariamente trattarsi di un fenomeno trascendente il nostro mondo", è uno pseudo ragionamento metafisico (alquanto fumoso), ma del tutto privo di senso per quanto concerne il mondo fisico, laddove i suicidi si verificano eccome.

***
Se escludiamo la Trascendenza, che nel caso in questione non c'entra proprio niente, possiamo tuttavia concordemente concludere che:
- o esistono atti (più o meno) liberamente determinati dalla volontà dei singoli individui, tra i quali il suicidio e la tua decisione di scrivere il tuo ultimo post;
- ovvero non esistono atti liberamente determinati dalla volontà dei singoli individui, tra i quali il suicidio e la tua decisione di scrivere il tuo ultimo post, essendo il tutto determinato da un universo meccanicistico.
Ma se uno vuole comunque suicidarsi, cosa vuoi che gli interessi l'"etichetta" (libero, non libero ecc.) che i vivi vorranno appiccicare al suo gesto?
Forse si suicida anche perchè ormai è stufo che ogni suo atto venga "etichettato"! 
Non a caso Cesare Pavese concluse il suo diario, "Il mestiere di vivere", scrivendo: "Non più parole, un gesto!". 

***
Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 13 Ottobre 2019, 22:37:43 PM
Caro Eutidemo, sì, sono tornato nel topic (e anche no...).
D'altronde vi ero entrato per te. Per questo tuo entusiasmo di ventenne, in una mente che pur tanto ha ormai visto. E che ora parla di morte.

Un entusiasmo che mi ricorda la passione che mi prendeva a volte, come quando studiai le trasformazioni di Lorentz o lessi avidamente le Operette morali.
E in effetti vedo tante assonanze tra te e Leopardi... Una grande cultura, tanta passione, e pure l'onesto nichilismo.

Un nichilismo che allora, adolescente, manco avvertivo, entusiasta com'ero per un pensiero tanto lucido e profondo.

Ora però vorrei solo abbracciarvi, per sussurrarvi che no, non avete ragione. Ciò che la logica vi dice non è la Verità. È necessario che facciate un altro passo ancora. Non fermatevi in mezzo al guado: il nichilismo va attraversato.

Il tuo discorso fa comunque acqua da tutte le parti:

* Poiché vi sono tanti suicidi questi devono necessariamente derivare da scelte libere (che diavolo c'entra? Non riesci proprio ad afferrare che la non libertà di scelta è TOTALE! Ed essendo totale non vi è nessuno che sia costretto!)

* L'interazione tra aree del corpo sarebbe libera di scegliere una cosa piuttosto che un'altra (affermazione completamente arbitraria e fisicamente assurda).

* Il suicidio sarebbe per me un assurdo fisico... (Per niente! È la libera scelta di suicidarsi un assurdo fisico. In natura non vi è alcuna libertà!)

* L'aspirante suicida se ne frega se libero o meno (e allora?)

E sì c'è l'analisi logica...
Il suicida può avere dei motivi, ma non "essere" a sua volta un motivo...

Ma è proprio qui che dovresti fare uno sforzo!
Perché è proprio lì che dovresti fermarti, di fronte a questa illogicità, che tuttavia è, se ben ci rifletti, necessaria.

Il pensiero logico/razionale quando trova il proprio limite lo avverte come errore, vi rimbalza e ritorna incurante nel suo rassicurante mondo logico.
Invece dovrebbe resistere, affrontare il limite, per sincerarsi se quello è davvero un errore da rifiutare, oppure dietro vi possa invece essere altro.

Potrà allora forse percepire che il "motivo", la "causa", può solo essere lo stesso suicida.

Sì, essere, non avere.
Perché ciò che ho mi condiziona, sempre.

Se sono libero, io sono necessariamente un'origine incondizionata!
Non vi è nessun altro motivo se non me stesso.
Io sono l'origine, e quindi la causa, senza dipendere da nient'altro che da me stesso!
Se così non è, non sono libero.

Invece tu eviti di affrontare la reale questione, perché fa male, molto male al pensiero.

In questo modo non cogli come questa tua "centrale autonoma" non regga ad una tua analisi approfondita.
Dai così per scontato che sia autonoma, e così tiri fuori l'indipendenza.

Se ti concentri sulla possibilità di una centrale che effettua una scelta mentre avrebbe potuto, per sua volontà, farne un'altra, potrai verificare che tale centrale è impossibile!

E non c'entra nulla il determinismo!
La scelta di suicidarsi potrà essere stata determinata da quanto avvenuto prima oppure no. Non si sa, ma certamente non è stata una scelta libera.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 14 Ottobre 2019, 07:11:09 AM
Ciao Bob.
Ci hai colto in pieno: in effetti, ci sono moltissime assonanze tra me e Leopardi, il quale, assieme a Catullo, era uno dei miei poeti preferiti quando ero ragazzo. ::)

***
Quanto al nichilismo, in effetti, almeno a livello "fenomenico", ci hai colto egualmente; tuttavia mi pare che la mia visione sia indubbiamente molto meno "nichilista" della tua, quando sostieni che addirittura non esiste NIENTE (neanche il tuo io).
Più "NIHIL"ista di così!
La mia visione "noumenica", comunque, non mi pare affatto nichilista; sempre ammesso che essa corrisponda effettivamante alla verità, cosa di cui non sono affatto sicuro.
A volte mi assale il dubbio che Gorgia avesse ragione, quando diceva che: "La verità non esiste, anche se esistesse non potremmo conoscerla, anche se riuscissimo a conoscerla, non saremmo mai in grado di comunicarla agli altri! :(
Sei tu che hai "certezze", non io! :)

***
Può anche darsi che la "logica" non ci conduca alla Verità; figuriamoci l'"illogicità"!  ;D

***
Quanto al fatto che, se ci sono tanti suicidi questi devono necessariamente derivare da scelte libere, io non ho mai scritto una simile sciocchezza. :D
Io, invece, citando le statistiche,  replicavo soltanto (ironicamente)  alla tua affermazione secondo la quale il suicidio sarebbe un "assurdo fisico"; al riguardo, infatti, scrivevo: "... non c'è dubbio alcuno che sia in grado di influire sulla realtà esterna,  in quanto, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità ogni anno nel mondo si tolgono la vita 880.000 persone; se fosse un assurdo fisico, ciò non si verificherebbe!"
La mia osservazione non c'entrava niente con la "libertà" o meno della scelta suicida.

***
Quando scrivi che: "...la non libertà di scelta è TOTALE! Ed essendo totale non vi è nessuno che sia costretto", in effetti, stai palesemente contraddicendo te stesso; ed infatti, mi sembra ovvio che, "se non c'è libertà di scelta", ne consegue che siamo "costretti" a fare questo o quello, visto che non possiamo scegliere.
O no?

***
Quanto all'interazione tra diverse aree del cervello, nel momento decisionale del singolo individuo, essa è confermata dal "neuroimaging", che, appunto, illumina le aeree interessate; io l'ho visto con i miei occhi, per cui, semmai, costituisce una "affermazione completamente arbitraria e fisicamente assurda", sostenere il contrario solo per mero pregiudizio.
Le cose sono quello che sono, ci piacciano o meno!

***
Quanto al fatto che il suicida può "avere" dei motivi, ma non "essere" a sua volta un motivo (allo stesso modo in cui io posso avere un cane, pur non essendo un cane), per quanti sforzi io faccia, non riuscirò mai a concepire i controsensi: e, cioè, che "avere" equivalga ad "essere".
Ed infatti, non vedo proprio perchè questa illogicità, dovrebbe essere necessaria; anzi, a me, sotto il profilo "ontologico", pare esattamente il contrario.

***
Può anche darsi che il pensiero logico/razionale quando trova un limite e lo avverte come errore, vi rimbalza e ritorna nel suo rassicurante mondo logico.
Ma, come ho detto sopra, può anche darsi che la "logica" non ci conduca alla Verità; e allora figuriamoci l'"illogicità"!  :D
Soprattutto quando si scambiano le "metafore" con i "fenomeni" reali.

***
Io non evito affatto di affrontare la reale questione, perché faccia male a me; però  penso che faccia male a te ostinarti in concezioni autocontraddittorie, che non hanno senso alcuno.

***
Diversamente, non è affatto insensata la tua affermazione che quella di suicidarsi non è mai una scelta completamente libera; sulla quale potrei anche concordare sotto parecchi aspetti, se, però, prima mi rispondi a due domande:

1)
Secondo te solo la scelta di suicidarsi non è "libera", oppure nessuna scelta umana è realmente e completamente "libera"?
Al riguardo:
- se rispondi che solo la scelta di suicidarsi non è "libera", allora devi spiegarmi perchè mai, invece, le altre scelte dell'uomo dovrebbero ritenersi tutte libere;
- se rispondi, più coerentemente, che nessuna scelta umana è "libera", allora dovresti ammettere che anche la tua scelta di sostenere la  tesi per la quale nessuna scelta umana è "libera", a sua volta non è affatto "libera", bensì è essa pure "condizionata".  

2)
Secondo te la scelta di suicidarsi di Seneca e di Rommel (i quali, per loro conto, avrebbero preferito senz'altro continuare a campare), e la scelta di suicidarsi di Cesare Pavese e di Ernest Hemingway (i quali, invece, si erano dichiaratamente rotti le palle di campare), anche a volerle considerare tutte e quattro non libere in quanto condizionate -cosa più che sostenibile-  ti sentiresti, però, di metterle su uno stesso piano di "intensità condizionativa"?
Cioè, tutti costoro sono stati "costretti" ad uccidersi, da una identica ed equipollente forza coattiva, indipendente dalla loro volontà?

***
Quanto all'"autonomia", e all'"indipendenza", ti ho già spiegato, secondo me, qual'è la differenza; per cui non intendo più tornarci sopra.

***
Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Sariputra il 14 Ottobre 2019, 09:59:17 AM
Il suicidio è un atto che non si può definire, a parer mio, come 'razionale' o 'irrazionale'. E' piuttosto una scelta  che definirei come comportamentale: cioè riguardante un possibile  comportamento di fronte alla sofferenza. E invero l'autoinfliggersi la morte è sempre una manifestazione della sofferenza, sia fisica che psicologica,  ovvero una conseguenza di questa. Proprio per questo manifestarsi  potente dell'elemento sofferenza, il discorso etico sul suicidio è molto complesso . In primo luogo bisognerebbe mettere in evidenza che il suicidio, visto come ribellione alla sofferenza insita nella vita condizionata, quando non è pretesa assurda di dimostrazione di qualcosa di egoistico, dovrebbe suscitare nel cuore dello spettatore un autentico senso di compassione per il sofferente. Questo però non è sufficiente. La compassione non può essere separata dall'interrogarsi sui motivi di questa decisione e sul fatto  che forse non si è fatto tutto il possibile per alleviare o rendere più sopportabile l'esistenza del sofferente. Molto spesso infatti, trascinati dal mondo e dalla sua fretta, non vediamo, o non vogliamo vedere, la sofferenza altrui, perché fondamentalmente osta il nostro profondo desiderio di 'godere' della vita.  La sofferenza dell'altro richiede il nostro tempo, che non vogliamo donare, se non in misura limitata. 
Le satistiche parlano di un maggior numero di casi di suicidio nei paesi ricchi, dove infatti l'indifferenza è molto maggiore e la vita sempre più frenetica, lanciata in una folle corsa sempre più rapida. Spesso il suicidio è un estremo, disperato tentavivo del sofferente di richiamare la nostra attenzione, di dirci: aiutami!
Spesso è proprio questo che il malato trova insopportabile: la solitudine esistenziale di fronte al dolore inerente la vita stessa e al quale raramente si è preparati (proprio in virtù dello stile di vita  che ci porta a non riflettere adeguatamente sulla sofferenza inevitabile del vivere,ossia come esito finale della vita stessa...).
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Hlodowig il 14 Ottobre 2019, 15:29:19 PM
https://youtube.com/watch?v=PWcRPUF9YJE

Una delle tante specie che popolano questo pianeta.

Aldilà di ciò che è la natura umana, credo, possa rientrare nel topic.

Grazie ✋
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 14 Ottobre 2019, 15:41:25 PM
Ciao Sariputra. :)
Hai ragione!
Ed infatti, come dici tu, non c'è dubbio alcuno che, se stai soffrendo per le più svariate ragioni, per fortuna, puoi sempre ricorrere al suicidio per sfuggire agli "affanni e ai dardi dell'avversa sorte".
Ed infatti, lo dice anche la BIBBIA, laddove, in SIRACIDE 30,17 si legge: "Meglio la morte che una vita amara, il riposo eterno, piuttosto che una malattia cronica."
E lo dice pure il Metastasio, scrivendo
"Non è ver che sia la morte
Il peggior di tutti i mali;
È un sollievo dè mortali
Che son stanchi di soffrir!"
Mi pare ovvio! :)

***
Tuttavia, è meno ovvio, ma non meno razionale, che:
a)
Anche se ti stai godendo la vita al 100%, se ne vieni privato con la morte, NON PERDI NIENTE; ed infatti, se non c'è più nessuno a potersi rammaricare di una perdita, non c'è, ovviamente, nessuna perdita!
b)
Anche se ti stai godendo la vita al 100%, non puoi sapere cosa accadrà domani; e se è vero che nessuno può più rammaricarsi di ciò che ha perso una volta morto, può invece amaramente rammaricarsi di non essere morto prima di subire atroci perdite da vivo.
Ad esempio, le mie due nonne (alle quali, per il resto, era sempre andato tutto bene) persero dei figli quando erano ancora vive; e spesso si lamentavano di non essere morte prima.

***
Per cui, almeno razionalmente, il suicidio sarebbe, almeno teoricamente, la scelta più logica "anche quando va tutto bene"!
Ed infatti, come scriveva Sofocle in "Edipo a Colono: "La cosa migliore sarebbe non nascere affatto; ma, se sei stato così sfortunato da venire al mondo, la cosa migliore è andartene il prima possibile!".
Idem in Nietzsche, ne "La nascita della tragedia" : "Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato affatto, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto".
In effetti si tratta di visioni alquanto "pessimistiche" della vita; ma, a mio avviso, assolutamente "realistiche"!

***
Ed invero, a prescindere dalle considerazioni sub A) e B), in ogni caso, se ci rifletti bene, la scelta non è tra vivere e morire, perchè bisogna per forza morire ; qualcosa ci ucciderà comunque, prima o poi.
Tutto sta a vedere:
- QUANDO
- COME

***
Circa il QUANDO, che si muoia prima o dopo, non fa la benchè minima differenza, perchè il TEMPO è roba solo per i vivi, non per i morti; per essi, ormai, essere morti a venti anni o ad ottanta, non cambia più niente.
IL NOSTRO PRINCIPALE ERRORE, E' DI GIUDICARE LA MORTE CON LA PROSPETTIVA DEI VIVI!

***
Circa il COME,affidandosi al caso, almeno secondo la mia esperienza, il modo in cui si muore è quasi sempre ORRIBILE; e, in genere, sempre molto più LENTO di quanto sarebbe auspicabile.
"Morire nel sonno" è rarissimo; e, in ogni caso, nessuno si è mai svegliato per raccontarci se sia stata una esperienza particolarmente gradevole (dipende dalla causa della morte).
Se, invece, ci si suicida con una tecnica adeguata,  la morte è immediata e praticamente indolore; per cui, perchè mai morire "a casaccio", quasi sempre in modo molto doloroso, quando si può scegliere di morire in modo meno doloroso (visto che tanto morire è "obbligatorio")?
Secondo me non ha senso!

***
Indubbiamente, possono esserci suicidi del tutto irrazionali, dovuti all'impulso del momento (che, spesso, può anche essere di origine patologica); tuttavia, in sè e per sè, almeno a mio parere, il suicidio è la soluzione più razionale ed intelligente che un individuo possa prendere, in qualsiasi situazioni esso si trovi.
A meno che, come ho già spiegato, costui non abbia obblighi che lo impegnino a continuare a vivere; ad esempio, figli piccoli, genitori anziani ecc..

***
Il problema è trovare il coraggio per farlo, perchè "essere morti" non fa male, ma "morire" (anche suicidi) un po' sì!

***
Quanto al fatto che la compassione altrui può mitigare il dolore di vivere (soprattutto nel caso di gravi malanni, come quello del mio amico), questo è verissimo; soprattutto se lo si aiuta a morire, non limitandosi a fornirgli pannicelli caldi.

***
E' anche vero che la sofferenza dell'altro richiede il nostro tempo, che non vogliamo donare, se non in misura limitata; io, per esempio, più di una volta a settimana non riuscivo ad andare a visitare il mio amico, e non restavo lì mai  più di un'ora.
Una volta me ne scusai, e lui, scrivendo col piede, mi disse: "Senza offesa, ma anche se restassi qui giorno e notte, non è che per me le cose cambierebbero di molto. Voglio morire e basta!" :(

***
Però è verissimo, come scrivi tu, che, molto spesso, il (tentativo di) suicidio è un estremo, disperato tentavivo del sofferente di richiamare la nostra attenzione, per dirci: "Aiutami!"
In tali casi, infatti, la tecnica adottata è di tagliarsi le vene dei polsi in senso "orizzontale", e non "verticale", in modo da simulare (consciamente o inconsciamente) il suicidio, ma non di portarlo a termine.
Ma, appunto, come dici tu, quelle in realtà sono richieste di aiuto, e NON suicidi veri e propri!

***
Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 14 Ottobre 2019, 17:04:12 PM
Ciao Eutidemo,
proprio non vuoi fermarti a riflettere...
Guardi ostinatamente il dito e non vedi la luna.

Nella tua biblioteca dovresti avere "Lo specchio delle anime semplici" di Margherita Porete.  Leggendolo potresti forse intuire cosa cerco di dirti.
Occorre però che sgomberi prima la tua mente dai tanti pregiudizi che la assillano. Questa magnifica donna ha tanto da darci.

***

Occorre poi che tu faccia uso del pensiero laterale. Per davvero però!, e non come trucco più o meno raffinato.

Potrai così riconoscere come la mia frase: ""...la non libertà di scelta è TOTALE! Ed essendo totale non vi è nessuno che sia costretto" non sia affatto contraddittoria!

Contraddittorio è invece il tuo insistere nel credere che con la TOTALE assenza di libertà vi possa essere qualcuno!
Mentre la TOTALE non libertà implica che non vi è NESSUNO.

Vi è libertà nei personaggi che agiscono in un film che vedi proiettato sullo schermo?
No, la loro non libertà è totale, in quanto non esistono davvero: non vi è nessuno.

***

Ma certo che con il neuroimaging vedi un'interazione, ma questa semmai è la scelta, non la sua libertà!

Perché non leggi con più attenzione quanto scrivo?
È la libertà ad essere in questione, non la scelta, che diamine!

***

Davvero non afferri che se il suicida ha solo dei motivi per il suo gesto, ma non è a sua volta un motivo, lui non può essere libero?
Ma non vedi che se escludi lui la sua libertà è ZERO?

***

La logica occorre rispettarla, sempre!, sino alle sue estreme conseguenze. Senza fermarsi davanti a nulla. Senza aggrapparsi a "ovvietà" date per certe ma in realtà arbitrarie e in definitiva false.

Che poi pure il Principio di non contraddizione non possa essere considerato Assoluto è una considerazione ulteriore. Che si fa giunti "al limite" della logica non "contro" la logica!
Ma ora non mi sembra il caso di affrontare questo ulteriore passo, visto che la logica ha ancora qui molto da dare...

Solo una considerazione: Ritieni davvero che Dio debba sottostare al principio di non contraddizione?

***

Rispondo ora alle tue domande:

1) Certamente nessuna scelta è libera, il suicidio di per sé non è che un esempio. Emblematico, visto che tu lo consideri viceversa espressione della tua libertà.

Per cui altrettanto certamente la mia scelta non è libera.

Attenzione però!

Non è libera in quanto esserci, ossia supponendo che "io" esista davvero.

Perché in realtà... io non esisto!
Quindi a rigore non ha alcun senso parlare di non libertà: non vi è nessuno!

Nell'esserci la non libertà è TOTALE (si presuppone che vi sia l'io).

Ma come esistenza, non ha più alcun senso parlare di libertà!

Dai Eutidemo, esci dal guscio...

2) Non vi è nessuna "forza coattiva".
Per la semplice ragione, lo avrai ormai capito, che non vi è nessuno che sia costretto ad alcunché!

Perché ciò che esiste è il suicidarsi, così come lo scrivere, il leggere, il piangere e il ridere... Senza nessuno che scriva, che legga, che si suicidi...

***

Adesso penserai: "Ma che diavolo dice Bobmax? È impazzito?
Chi è allora che scrive tutte queste assurdità?"

Ma il Nulla!, caro Eutidemo. Che poi è lo stesso Spirito.

Sì questa è proprio la bestemmia più odiosa che il pensiero logico si trovi ad affrontare!
Che l'esistenza si origini dal NULLA.
E invece... è proprio così.

Ma non è finita. Perché come insegna Margherita Porete, questo Nulla è pure AMORE.

D'altronde, pure i vangeli non dicono che questo: AMA.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: viator il 14 Ottobre 2019, 17:47:56 PM
Salve Bobmax. I tuoi, secondo me (che secondo te non esisto) sono solo ragionamenti solipsistici.
Correttamente, il mondo esiste solo se ed in quanto tu esisti.
Ma è anche vero che tu non esisti in quanto non riesci a capire se ci sei o non ci sei.
Auguri e saluti.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 15 Ottobre 2019, 04:51:35 AM
@Viator
Il solipsismo è l'esatto contrario di ciò che sto dicendo.

È infatti l'allucinazione a cui perviene l'illusione dell'io che non vuole assolutamente morire. Nonostante si sia ormai percepito il nulla dietro l'esserci.

La logica non è un'opzione da usare o meno a seconda dei nostri desideri. Per questo motivo è indispensabile la fede nella Verità.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 15 Ottobre 2019, 10:16:05 AM
Ciao Bob.
Leggerò senz'altro "Lo specchio delle anime semplici" di Margherita Porete.

***
Quanto a sgombrare previamente il mio cervello dai tanti pregiudizi che lo assillano, penso che non sia una cosa tanto semplice; come pure ho scritto nel mio TOPIC "Il cubo di Necker e le linee parallele".
Ed infatti, per quanto io possa provare ad avere la mente sgombra da preconcetti, sono convinto che il mio giudizio, in maggiore o in minor misura, risulta sempre comunque  un po' viziato:
- dai miei "idola" (specus, fori, tribus e theatri);
- dalle mie specifiche letture;
- dalle mie personali esperienze di vita.
Il che, ovviamente, vale per tutti quanti, te compreso; a meno che tu non presuma di poter fare eccezione alla regola!

***
Ho provato ad adottare il pensiero laterale per capire il senso della tua frase: "...la non libertà di scelta è TOTALE! Ed essendo totale non vi è nessuno che sia costretto",  ma la stessa mi risulta inesorabilmente contraddittoria!
Proprio "Non sequitur!"

***
Quanto alla libertà, penso anche io che la libertà assoluta non esista; ma desumere da questo che non ci siano "nessuno", mi sembra una illazione logicamente abusiva.
Ed invero, essere libero o meno, deve essere per forza il predicato nominale di "qualcuno"; se, infatti, non c'è "nessuno", non ha neanche senso parlare di "libertà" o meno.
O forse che avrebbe senso dire che, sulla terra di 4 miliardi di anni fa, c'era libertà, o c'era prigionia?

***
Quanto alla libertà nei personaggi che agiscono in un film che vedi proiettato sullo schermo, ovviamente essa non c'è, perchè si tratta soltanto di immagini, e non di persone reali.

***
Se ammetti che, con il neuroimaging si nota un'interazione, e se ammetti tu stesso che essa individua una "scelta", ciò implica che essa deve per forza in qualche misura "libera", altrimenti non sarebbe una vera "scelta", bensì un mero "riflesso condizionato"; che è una cosa completamente diversa ed interessa differenti aree del cervello!
Ed infatti, le aree cerebrali decisionali degli animali inferiori, sono diverse e più elementari delle nostre, limitandosi precipuamente a "riflessi condizionati".

***
Perché non leggi con più attenzione quanto scrivo?
Ti giro la domanda! :D

***
Ed infatti, quanto ad asserire che è la "libertà" ad essere in questione, e non la "scelta", già mi sembrava di averti spiegato diffusamente la questione della coazione fisica, morale ecc. ("coactus tamen volui").
Perché non leggi con più attenzione quanto scrivo? :D

***
Ribadisco che il suicida <<ha>> sempre dei motivi per il suo gesto, ma, ovviamente,  non <<è>> lui stesso a sua volta un motivo; allo stesso modo che chi <<ha>> un cane, ovviamente,  non <<è>> lui stesso a sua volta un cane!

***
La logica occorre rispettarla, sempre; ma tu spesso non lo fai!

***
Quanto al fatto che il "Principio di non contraddizione" non possa essere considerato Assoluto, come giustamente osserva Eliah, "chi vuole negare il principio di non contraddizione è costretto a affermare che "se il principio di non contraddizione non è valevole, allora non affermo tale principio"".
Ma in codesta frase "è palese che il negatore afferma egli stesso che non è possibile che il principio sia e non sia nel medesimo rispetto; l'argomentazione portata dal negatore del principio per confutare questa tesi fa quindi uso dello stesso identico principio che vuole negare. L'"elenchos" (la confutazione) fa in modo quindi di confutare i negatori del principio nel momento stesso in cui si apprestano a negarlo."
In ogni caso, se mi fai vedere il palmo tua mano con posato sopra, nello stesso momento un euro e nessun euro, ne riparliamo. ;)

***
Quanto alla domanda se Dio debba sottostare al principio di non contraddizione, è una vecchissima questione.
Al riguardo San Tommaso scrisse: "Potentiam enim Dei se extendit ad totum ens: unde solum id a Dei potentia excluditur quod repugnat rationi entis; et hoc est simul esse et non esse: et eiusdem rationis est, quod fuit, non fuisse.".
Per cui, il potere di Dio è obbligato a piegarsi dinnanzi a quel principio di non contraddizione che Egli stesso ha posto; perchè altrimenti Dio stesso potrebbe essere e non essere nello stesso tempo.
Personalmente,io la vedo in modo un po' diverso, ma non è qui il luogo per parlarne.

***
Grazie per le tue risposte, al cui riguardo osservo:
1)
Se ammetti (logicamente) che nessuna scelta è libera, allora ammetti implicitamente che anche la tua scelta di sostenere la  tesi per la quale nessuna scelta umana è "libera", a sua volta non è affatto "libera", bensì è essa pure "condizionata"; di conseguenza, essa "non ha alcun valore dimostrativo".  
Quanto al fatto che tu non esisti, devo ammettere che riesci a contraddire da solo la tua affermazione in modo davvero esemplare; ed infatti, se tu non esisti, non possono esistere nemmeno le tue affermazioni, le quali, ovviamente, non possono scaturire dal nulla.
"Ex nihilo nihil"! :)
Pertanto, così dicendo, mi esimi dal continuare a doverle confutare, perchè non si può certo confutare quello che non c'è!

2)
Quanto al fatto che tu metti sullo stesso piano di "coazione all'atto" Seneca, Rommel, Pavese ed Hemingway, per la semplice ragione che non vi è nessuno che sia costretto ad alcunché, temo che allora bisognerà riscrivere i libri di storia.
Ma già, dimenticavo: non esistono neanche quelli! ;D
Perché, come scrivi tu, "ciò che esiste è il suicidarsi, così come lo scrivere, il leggere, il piangere e il ridere... Senza nessuno che scriva, che legga, che si suicidi..."; come dire che esiste la cacca senza nessuno che  la faccia, apparendo, così, dal nulla! ;D

***
D'altronde, se è il "Niente" a scrivere, che ti rispondo a fare?
Non servirebbe a "Niente", in quanto non esisterebbe neanche la mia risposta!
Perchè ti affanni tanto a convincere qualcuno che non esiste?
Non è un po' come se parlassi al telefono sapendo che dall'altra parte non c'è nessuno?

***
Ed il "Niente" non è "Niente", nè Spirito nè Amore.
A meno che tu non abbia male interpretato quello che scriveva la Porete "l'angelo di Eckhart" (secondo Silesius);  il quale, infatti, diceva che "Dio è il Niente", ma non nel senso che non esiste, bensì nel senso che "non è niente di tutte le cose terrene, mancando di genere prossimo e differenza specifica".
""...et Paulus nihil vidit"!
***
Un saluto!
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Sariputra il 15 Ottobre 2019, 12:31:04 PM
Il Siracide dice anche dell'altro:

21. "Non abbandonarti allatristezza, non tormentarti con i tuoi pensieri.
22. La gioia del cuore è vita per l'uomo, l'allegria di un uomo è lunga vita.
23. Distrai la tua anima, consola il tuo cuore, tieni lontana la malinconia. La malinconia ha rovinato molti, da essa non si ricava nulla di buono.
24. Gelosia e ira accorciano i giorni, la preoccupazione anticipa la vecchiaia.

Tristezza, tormento,melanconia, preoccupazione sono stati mentali negativi che spingono a pensare che la morte "è un sollievo dè mortali che son stanchi di soffrir!".
Invece gioia, allegria, consolazione, bontà sono stati mentali positivi che spingono a pensare che la morte "può attendere un altro pò"... ;D


E infatti, anche se la vita è colma di sofferenza e quasi sempre (ma non sempre...) la malattia  può essere lunga e dolorosa prima della certa dipartita, non è saggio preoccuparsi in anticipo di come finiremo i nostri giorni ,con questo aggregato kammico di cui siamo costituiti, in quanto del "doman non v'è certezza...".
Ovviamente non è saggio nemmeno togliersi la vita in anticipo ,sperando così di non correre il rischio di cadere in quella data situazione, di fronte alla quale poi, se dovesse realmente succederci, non sappiamo nemmeno come veramente reagiremo. Nè giova l'esperienza di altri all'uopo, in quanto non siamo nella loro testa per esser certi che anche noi reagiremo allo stesso modo...

cit.:
...ed infatti, se non c'è più nessuno a potersi rammaricare di una perdita, non c'è, ovviamente, nessuna perdita!

Anche se non sei mai nato non devi preoccuparti di come morirai e di quel che perderai. Ma visto che il quesito se lo può porre solo chi vive e non chi non è ancora nato o è già morto, è un quesito che riguarda la vita e non la morte.
Se io mi nego la vita per non doverne subire la sofferenza intrinseca, mi nego anche la Bellezza che posso assaporare solo da vivo e non da morto o da mai nato. Ne vale la pena ? Godere della Bellezza, della possibilità dell'amore sincero e di quei "sovrumani silenzi" (e di ascoltare il Buddhadhamma aggiungo io.. ;) ),  vale il prezzo di rischiare di dover sopportare terribili e atroci sofferenze? La risposta riposa nel cuore di ognuno...
Non può esserci una risposta razionale a questa domanda perché è impossibile 'pesare' i pro e i contro del vivere, dato che la misurazione di quel peso non può essere che soggettiva...
Io conosco solo la mia.

La vita è come un'eco: se non ti piace quello che ti rimanda, devi cambiare il messaggio che invii.
(James Joyce)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Hlodowig il 15 Ottobre 2019, 13:09:18 PM
Buongiorno amici,

La mia attenzione, oggi, si è soffermata negli ultimi interventi, ne spulcio qualcuno, per poter affermare la mia personale idea.

Citazione..altrimenti non sarebbe una vera "scelta", bensì un mero "riflesso condizionato"; che è una cosa completamente diversa ed interessa differenti aree del cervello!
Ed infatti, le aree cerebrali decisionali degli animali inferiori, sono diverse e più elementari delle nostre, limitandosi precipuamente a "riflessi condizionati".

Che cosa si intende con questa affermazione?
Che forse una formica, non sia cosciente di esistere?

Citazioneallo stesso modo che chi <<ha>> un cane, ovviamente,  non <<è>> lui stesso a sua volta un cane!

Anche qui, vale lo stesso principio?
Anche il cane, nella sua  personale concezione di amare, è un semplice riflesso condizionato?

Una scimmia femmina, che in una fase di pericolo come lo può essere quello di una valanga alluvionale, salva un cucciolo di uomo tenendolo stretto e coccolandolo tra le braccia, anche quello è un riflesso condizionato?

Una elefantessa, che nella savana orientale, decide di adottare un piccolo orfano della loro specie, ma non facente parte di quello stesso  gruppo, anche quello è un riflesso condizionato?

Lo stesso gesto di un delfino, che preferisce arenarsi e soffocare su dei costoni rocciosi, piuttosto che finire a fettine, anche quello è un gesto condizionato?

La perfetta integrazione della specie ape, in un proprio contesto sociale, come lo può essere quello di decidere in gruppo quale potrà essere la migliore meta per costruirsi un nido, tenendo conto di diversi fattori ambientali, è la stessa della sgangherata società umana?

Che pur essa, come la storia ci insegna, ha dovuto, almeno nelle sue prime fasi, trovare l' acqua?

Intendo con ciò, il non pensar umano, ma riferito all' ambiente, al contesto in cui si vive, alla sopravvivenza stessa e a cui l' uomo, come essere animale vivente, non sfugge.

Alchè mi pongo un' altra domanda: se la specie homo si fosse ritrovata con solo due dita, sarebbe comunque stata capace di pensare e di creare, ovvero, sarebbe giunta lo stesso al famoso cogito ergo sum?

Personalmente, amici, Evito a tutti i costi le virgolette, altra moda attuale e moderna, per evidenziare un tutto o un niente, così come le emoticon, altra forma implicita e a volta usata come controaltare di vanità e superbia.

L' umiltà che intendo io, come coscienza presente e pensante nell' oggettività della realtà che sperimento e vivo ogni giorno, la riferisco al semplice saper ascoltare, niente di tutto il resto.
Aldilà della premessa iniziale, che coinvolge anche gli io, cosiddetti inferiori, credo che il punto della questione si ponga da una parte, come riflessione interiore, animale, sentimentale, spirituale, in breve, sensibilità, dall' altra come logica, analitica e razionale, in breve, calcolo.
Io, il quale me, non sa ne leggere ne scrivere, riporto quanto segue:

per suicidarsi, ci Vogliono Palle!

Aldilà del contesto interiore ed esteriore che coinvolge l' aspetto emotivo e razionale delle persone.
Chi arriva a tale decisione, lo fa per una sua personalissima scelta ed io, non sono in grado di giudicare le scelte altrui, o per lo meno, le rispetto e cerco di carpirne i motivi che ne  hanno portato a quel gesto.
Parto da un semplice assunto: chi decide di metter fine al proprio io, sia pur questo reale o illusorio, alla propria esistenza biologica, sia questa una scelta spirituale, morale o etica, lo fa Ben Conscio delle conseguenze.
Ed io, non sono Nessuno per poterlo fermare da quella personalissima scelta.
E non ho bisogno dei pensieri degli altri, degli scritti degli altri, per poter giungere a codeste conclusioni, poiché, come gli altri hanno le loro idee, io ho le mie, ma cerco di  guardare intorno a me e a pensare in lungo e in largo e a non soffermarmi troppo sui concetti.

Il mondo, la natura, le stelle, l' universo ed anche lo spirito, sotto le loro  diverse forme, andranno avanti lo stesso.

Grazie ✋
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 15 Ottobre 2019, 17:41:45 PM
Grazie Eutidemo, per la tua critica puntuale.
Che mi costringe a chiarire, in primo luogo a me stesso, e a scavare più in profondità, anche sotto le mura del tuo castello...

Certo che 'sto Tommaso ne ha fatti di danni! Quante menti brillanti sono state frenate dal suo noioso cogitare... Si fosse dedicato all'arte culinaria, invece che alla filosofia! Avrebbe almeno mangiato meno (in cucina ci vuole fantasia) e guadagnato in salute.

Di gran lunga più profondo Cusano, con la sua coincidenza degli opposti, che banale non è. Perché semplice, ma così semplice... che è davvero difficile.

***

Una precisazione, sempre che a questo punto ve ne sia ancora bisogno:
I termini che uso, come "io", "tu", "me stesso" e compagnia bella sono necessari. Perché il linguaggio si fonda sui qualcuno e sui qualcosa. Dovrebbero però essere intesi solo come strumenti necessari per la comunicazione, senza nessuna presupposta "verità" in loro stessi.

***

Adesso vorrei proprio mettere un barilotto di polvere da sparo sotto il tuo mastio...
Anche se so che potrà brillare solo se tu, o meglio il Nulla che nell'esserci si manifesta come Eutidemo, accenderà la miccia.

***

Sì, ciò che chiamiamo "scelta" non è una vera scelta. Nel senso che ciò che si sceglie:

1) O era necessario che fosse scelto, ovvero era l'unica reale possibilità (il reale e il possibile sono il medesimo). E ciò a prescindere se determinabile a priori o meno.

2) Oppure... è intervenuto il caso!

Non vi sono ulteriori alternative.

Già sento le tue unghie che stridono sui vetri. Ma ciò a cui vuoi aggrapparti è solo: TRASCENDENZA.

***

Affermi soddisfatto:

"Ex nihilo nihil"!

Senza renderti conto che questa affermazione sta in piedi per un presupposto che non è affatto assoluto.

Niente viene dal niente... nell'esserci!

Perché con "essere" e "non essere" noi, nell'esserci, intendiamo che "c'è" e che "non c'è".
Mai l'ESSERE in quanto tale.

Ci credo che niente viene dal niente, nell'esserci! Perché qui domina il qualcosa. Che c'è, ora, solo perché, prima, c'erano altri qualcosa, che ci devono essere stati. Perché se non ci fossero stati... non ci sarebbe niente!

Avverti ora come la tua libertà sia un'illusione?
No... non ancora?

***

Se vi sono dei motivi per cui io prenda una decisione, dov'è la mia libertà, nei motivi?
Perché se è solo nei motivi, la mia decisione non poteva che essere quella che ho preso.
Se sono libero, avrei però potuto prendere una decisione diversa...
Su che base però?

Non vedi che lo avrei potuto solo se il motivo sono io stesso?

E allora guardalo ancora il tuo "Ex nihilo nihil" e capirai, forse, perché nell'esserci non vi è libertà.

***

Incomincio però a dubitare che Margherita possa esserti d'aiuto.
Sei troppo legato al fenomenico. E la tua illusione dell'io si ribella al solo sentore della propria possibile inesistenza.

D'altronde, anche ragionando con Marco Vannini, ciò che può far avvenire il distacco è un po' come la lancia di Achille, che quando tocca nuovamente là dove prima ha ferito, guarisce.

Ma la lancia, come tutto il resto, la brandisce lo Spirito.
Così il distacco, come tutto ciò che avviene, capiterà se capiterà, solo se Lui vorrà.

Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Eutidemo il 16 Ottobre 2019, 07:19:48 AM
Ciao Bob. :)
In ordine alle tue repliche, osservo quanto segue:

***
Riguardo a San Tommaso, avevo scritto testualmente: "Personalmente,io la vedo in modo un po' diverso, ma non è qui il luogo per parlarne", ed infatti, la faccenda è del tutto fuori tema.

***
Quanto a Cusano, se non ricordo male lui affermava che in Dio convivono i contrari poiché Egli è l'assoluto; e, quindi, la "contrad<<dizione>>" non ha senso, perchè di Lui nulla è <<dicibile>>.
Però rammento che Cusano diceva pure che, invece, nell'uomo "il principio di non contraddizione", che permette di riconoscere le cose secondo la loro differenza, è il principio primo della conoscenza;  rifiutando il quale, si abdica dal discorso <<dicibile>>, e tanto vale restare zitti (il che somiglia un po' alla mia distinzione di livello noumenico e fenomenico).
Cosa che anche io suggerirei, perchè non si può continuare a parlare negando la logica del linguaggio.

***
Al riguardo, in effetti, tu ammetti che "...i termini che uso, come "io", "tu", "me stesso" e compagnia bella sono necessari, perché il linguaggio si fonda sui qualcuno e sui qualcosa. Dovrebbero però essere intesi solo come strumenti necessari per la comunicazione, senza nessuna presupposta "verità" in loro stessi."
Se, però, devono davvero fungere da strumenti necessari per la comunicazione, allora un "significato reale", devono pur averlo; altrimenti ci si ridurrebbe a parlare di niente, senza alcuna reale comunicazione!
"Nomina sunt consequentia rerum!"
Dante  traduce: "Con ciò sia cosa che li nomi seguitino le nominate cose". (Vita Nuova XIII, 4).

***
Se poi i termini "io", "tu", "me stesso" e compagnia bella non hanno alcuna "verità" in loro stessi, allora io ti chiedo; ed allora quale mai "verità" ci sarebbe nel termine "verità"?
Anche questa, in fondo, è solo una parola! :)

***
Poi tu scrivi che ciò che si sceglie:
------------------------------------------------------
1) O era necessario che fosse scelto, ovvero era l'unica reale possibilità (il reale e il possibile sono il medesimo). E ciò a prescindere se determinabile a priori o meno.
2) Oppure... è intervenuto il caso!
Non vi sono ulteriori alternative.
------------------------------------------------------

***
Quanto ad 1), si tratta di una proposizione completamente "fallace", sotto due aspetti:
- dire che una cosa è necessaria,  equivale a dire è l'unica reale possibilità; e quindi, il tuo "ovvero" non ha alcun senso.
- dire che il reale e il possibile sono il medesimo, è palesemente "falso", in quanto "Ab esse ad posse valet, sed a posse ad esset non valet consequentia"; cioè, se una cosa effettivamente si realizza, doveva per forza essere possibile, ma il fatto che sia possibile che si realizzi, non significa affatto che poi effettivamente si sia realizzata. ;)

***
Quanto a 2), indubbiamente ci sono casi in cui è intervenuto il caso (morte accidentale), e casi in cui non è intervenuto alcun caso (morte volontaria); come qualunque medico legale della polizia scientifica potrebbe spiegarti. ;D

***
Quanto al mio "Ex nihilo nihil", se mi fai apparire una moneta dal nulla (senza trucco), ammetterò che si tratta di un motto sbagliato. :D
Ma non lo ammetterò certo solo perchè tu ti sollazzi in giochi di parole senza alcun senso compiuto: "Niente viene dal niente... nell'esserci, perché con "essere" e "non essere" noi, nell'esserci, intendiamo che "c'è" e che "non c'è", e mai l'ESSERE in quanto tale." ;D  ;D  ;D
Ma che stai a dì? ::)
E poi scrivi: "Ci credo che niente viene dal niente, nell'esserci! Perché qui domina il qualcosa. Che c'è, ora, solo perché, prima, c'erano altri qualcosa, che ci devono essere stati. Perché se non ci fossero stati... non ci sarebbe niente!" ;D  ;D  ;D
Ma ti rendi conto che stai scrivendo cose senza significato?
Se accettassi un simile modo di accroccare parole senza alcun nesso nè logico nè sintattico, ti potrei replicare:
"Il niente, però, viene dal niente, nel non esserci! Perché qui non domina il qualcosa. Che non c'è, ora, solo perché, prima, non c'erano altri qualcosa, che non potevano mai esserci stati. Perché se ci fossero stati... ci sarebbe qualcosa!". ;D  ;D  ;D
Ti soddisfa?

***
Quanto al fatto di avvertire ora come la mia  libertà di scelta sia un'illusione, se tu parti dal principio  che nessuna scelta è libera, allora dovresti onestamente avvertire che lo è allo stesso modo anche la tua.
Ivi compresa la tua specifica scelta di sostenere la  tesi per la quale nessuna scelta umana è "libera"; la quale, quindi, a sua volta non è affatto "libera", bensì è essa pure "condizionata"; di conseguenza, essa "non ha alcun valore dimostrativo".  
In altre parole, se non è libera la tua scelta di credere che le nostre scelte non siano libere, allora, forse, tu stesso implicitamente ammetti che potrebbero esserlo!
E, quindi, l'illusione sarebbe soltanto la tua! ;D

***
Quanto al fatto che la mia scelta non sarebbe libera,  solo perchè io la faccio in base a determinati motivi, se mi consenti, questa è davvero una assurdità; ed infatti ne conseguirebbe che la mia scelta sarebbe libera solo se fosse immotivata. ;D
Il che è semplicemente folle! ::)
Sarebbe come se un giudice condannasse l'imputato senza alcuna motivazione formulata in sentenza, al fine di evitare che la sua pronuncia venisse considerata come "non liberamente deliberata".

***
Quanto a Marco Vannini, lo adoro, ed ho letto tutti i suoi libri (e quelli da lui commentati); ma, se mi consenti, la mia interpretazione dei suoi scritti è radicalmente diversa dalla tua.
Tu non riesci a distinguere il fisico dal metafisico (o, se preferisci il fenomenico dal noumenico), per cui fai una confusione "colossale" tra livelli ontologici diversi.
Il che ci conduce ad un corto circuito logico comunicativo che non intendo alimentare oltre; per cui non risponderò più a tue ulteriori repliche di questi genere, le quali, oltre ad essere ossessivamente ripetitive non hanno assolutamente niente a che vedere con il mio Topic.

***
Un saluto! :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 16 Ottobre 2019, 09:59:41 AM
Ciao Eutidemo,
dovresti approfondire i concetti di "necessità", "caso" che sono semplici, ma proprio per questo difficili.
Così come l'oggettività in sé.

Forse allora il mondo si aprirà davvero davanti a te.
Con poche ma essenziali certezze.

 Altro che certezza riguardo al suicidio!

Ti lascio, per ora, in mezzo al guado.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 16 Ottobre 2019, 15:03:15 PM
Un'ultima cosa, Eutidemo,
se tu i libri di Vannini li avessi letti per quel che c'è scritto, e non per quello che tu vorresti vi fosse scritto, avresti consapevolezza che per la mistica il libero arbitrio non esiste.
 
La constatazione di questa assenza TOTALE di libertà è alla base di tutto il pensiero mistico.
 
Ma se uno non vuole vedere, non c'è verso...
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Sariputra il 16 Ottobre 2019, 16:11:25 PM
Le statistiche ci dicono che in Italia la percentuale dei suicidi è di circa un abitante ogni ventimila. Al Nord ci si ammazza in media quattro volte più che al Sud. In Germania il tasso raddoppia rispetto all'Italia e, nei ricchissimi paesi nordici, addirittura quadruplica..
Paradossalmente più una società è ricca di benessere materiale e teoricamente piena di servizi alla persona, più ci si ammazza. Questo già fa riflettere sull'illusione della ricchezza materiale come foriera di felicità autentica...
Però questa convinzione è così radicata nelle nostre società che non ci rende conto che il "fare" e la produzione "artificiale" di felicità, produce spesso invece del malessere profondo...
Ci troviamo in una società iperstimolante, una società dell'informazione e della comunicazione, in perenne e sempre più frenetica trasformazione. In questo ambiente l'individuo si dovrebbe trovare, e si trova sempre più frequentemente, in una sorta di "oceano percettivo" e invece...in maniera quasi ipnotica, le sensazioni e le passioni paiono quasi "cristallizzarsi". Le passioni sono 'tristi', le esperienze cercate tendono all'effetto anestetizzante, vissute quasi in forma solipsistica. In questo contesto le relazioni tra individui non sembrano più tendere verso una condivisione di interessi, ma piuttosto verso un tentativo di sfuggire all'angoscia della solitudine. La solitudine stessa è sempre più vissuta in modo drammatico, rifuggendo così alla sua forza creativa...
Addirittura, per non rischiare di provare il dolore della perdita dell'altro, o di non essere accettati, non si rischia nemmeno più il contatto, alienandosi dalle relazioni con l'altro, dalla "fisicità" del contatto reale. Si fa così esperienza di relazione in modo sempre più virtuale. Relazione dove manca proprio lui: il Corpo...
La malattia e il dolore sono così terrorizzanti che, per qualsiasi banalità, si corre dal dottore o in farmacia (o da sedicenti guaritori...). Non c'è capacità nella 'mente' di stare con il dolore, almeno per un pò di tempo. Tempo per capire che noi e il dolore non siamo due cose diverse e distinte. Anche il dolore è parte di noi.
La relazione col dolore è primaria relazione con la "mentecorpo". Nessun progresso spirituale è realmente consistente senza la capacità di stare con il dolore, che non significa non voler guarire dalla sofferenza, ma solo di accettarla...
Questa è una domanda che mi pongo spesso; soprattutto nei momenti in cui non sto bene fisicamente: riesco a stare con questa sofferenza senza chiedere sempre un aiuto esterno? Lascio il tempo alla mente di abituarsi e al corpo di guarire naturalmente, senza tanti farmaci? Questo ovviamente è in controtendenza con lo spirito dei tempi.Spirito che mi dice che devo liberarmi in fretta dalla sofferenza. La sofferenza non mi appartiene, ci viene insegnato quotidianamente. E' normale, avendo un corpo, soffrire e starsene un pò così...tranquilli, quieti, come fanno gli animali quando sono ammalati. In natura si rallenta , noi corriamo....
Se non lasciamo al corpo il tempo necessario, la malattia curata col farmaco si ripresenterà ancora...
Alcune malattie necessitano dell'uso di farmaci, ma moltissime altre no.
L'importanza di saper stare con il proprio corpo, nel bene e nel male, e con quello degli altri attraverso il contatto fisico e non solo virtuale, quindi con l'inclusione, è probabilmente molto più efficace che non l'uso di terapie psicologiche o farmacoterapie varie, nell'aiutarsi a non maturare desideri suicidi. Purtoppo il suicida e il suicidio vengono ridotti a stereotipo dalla società e dai media. Uno stereotipo di tipo culturale.
Il suicidio, prima di maturare come atto, è un'idea, un'intenzione. Forse l'idea che con la morte si possa uscire proprio dalla frammentazione in cui si è costretti a vivere. Frammentazione che si alimenta nella mancata percezione di sé come unità di relazione non frammentata.
Sembra quasi che, chi si suicida, si ponga di fronte alla vita in modo così determinato da oltrepassare quasi la tenacia stessa che è nella vita. Come se, alla verità della vita, si voglia opporre un'altra verità...
Se lo vediamo così il suicidio appare quasi come un'"apertura", come una nuova dinamica di relazione. Infatti, per un'esistenza che è giunta alla disperazione e all'isolamento estremo, il suicidio può rappresentare l'ultimo atto  di una relazione.

Namaste  :)
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Hlodowig il 16 Ottobre 2019, 19:23:55 PM
Buonasera amici,

per ciò che possa essere il pensiero che scaturisce dalla mente:

Penso, che Le statistiche, lascino il tempo che trovano.
Il suicidio ha fatto, fa' e farà sempre parte del vivere quotidiano.
Quello di cui si parla, credo, sia semplicemente il mal di vivere della società cosiddetta moderna.
È un vivere viziato da forme-pensiero-azioni, la virtualità non centra assolutamente nulla in se, per quanto mi riguarda, ma è solo un' altro mezzo, che in teoria, dovrebbe sconfinare nella conoscenza e non, come abbiamo modo di percepire, nell' alienazione.
Alla base di questo, credo che il vissuto, diverso per ogni mente, faccia la sua parte in questa illusione, che si definisce la rincorsa alla felicità.
Felicità fittizia, per quanto ci si sprechi in sontuose piroette e contorsionismi analitici, ma anche dotte riflessioni.
Proprio oggi, ne discutevo con dei signori, sulla pochezza d' animo delle persone in generale, sia queste in relazione comunicazionale interpersonale, sia queste in relazione comunicazionale professionale.
Si è freddi, si è cinici, si è randagi.
E la cosa peggiore di questo; e che ne si è consapevoli.
La solitudine, allora, che dovrebbe essere un' amica dei propri momenti interiori, diventa l' unica compagna di vita.
L' estraneità, che porta menti sensibili, ma anche forti, al gesto che sancisce l' abbandono di questo mondo o da questa realtà, scaturisce non dall' illusione di una serenità che va cercata, ma dalla presa di un atto di coscienza, che vede, sente e ode negli altri e che porta alle amare o felici conclusioni.
Dovremmo piuttosto riflettere alle cause, che non sono del virtuale che verrà più sempre concretizzandosi, piuttosto di ciò che ha portato a questo e in questo la storia, ci è di insegnamento, come sempre.

Che cosa si è fatto, che cosa si fa', che cosa si farà.

Alcuni, portano sulle loro spalle, il peso dell' universo.

Lascio qui il pensiero Libero di un Pier Paolo Pasolini, di cui stimo l' Uomo e non ciò che esso era o rappresentava per la società, etichettatrice di bigliettini da visita:

Citazione
In realtà lo schema delle crisi giovanili è sempre identico: si ricostruisce a ogni generazione. I ragazzi e i giovani sono in generale degli esseri adorabili, pieni di quella sostanza vergine dell'uomo che è la speranza, la buona volontà: mentre gli adulti sono in generale degli imbecilli, resi vili e ipocriti (alienati) dalle istituzioni sociali, in cui crescendo, sono venuti a poco a poco incastrandosi. Mi esprimo un po' coloritamente, lo so: ma purtroppo il giudizio che si può dare di una società come la nostra, è, più o meno coloritamente, questo. Voi giovani avete un unico dovere: quello di razionalizzare il senso di imbecillità che vi dànno i grandi, con le loro solenni Ipocrisie, le loro decrepite e faziose Istituzioni. Purtroppo invece l'enorme maggioranza di voi finisce col capitolare, appena l'ingranaggio delle necessità economiche l'incastra, lo fa suo, l'aliena. A tutto ciò si sfugge solo attraverso una esercitazione puntigliosa e implacabile dell'intelligenza, dello spirito critico. Altro non saprei consigliare ai giovani. E sarebbe una ben noiosa litania, la mia.

Grazie ✋

PS: al solipsismo, sostituirei volentieri il termine egotismo, forse meglio di altri, confacente al tempo dell' oggi.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 16 Ottobre 2019, 22:20:48 PM
La condizione mortale e la sofferenza sono parte insuperabile della condizione umana ed una educazione a convivere al meglio con esse é patrimonio di una buona filosofia. I problemi nascono quando si cerca di superare questi limiti con accrocchi illusionali di tipo fideistico trascendenti o immanenti. La disperazione e senso di inadeguatezza sono il risultato della disillusione cui questi accrocchi conducono. Nei casi più gravi l'esito può essere il suicidio.

Ma nelle statistiche fornite da Sariputra mi risulta faticoso individuare un'unica chiave interpretativa di tipo negativo. Ad esempio il dato potrebbe riflettere anche una maggiore sovranità sulla propria esistenza non più condizionata da dictat sovrannaturali. La quale sovranità, come nella caverna platonica, non è solo rose e fiori, ma anche un aggravio di responsabilità e consapevolezza di fronte al tragico mistero di una vita autocosciente che sa la propria ineluttabile finitezza e impara filosoficamente a convivere con essa. O decide conclusa la propria avventura esistenziale, soppesandone i motivi con socratico equilibrio.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Hlodowig il 17 Ottobre 2019, 12:51:07 PM
Buongiorno amici,

Il quesito esposto, credo andrebbe e sarebbe meritevole di approfondimento.
Non tanto per i vari culti e religioni che si sono affaccendati e succedute e che si succedono ancora oggi, quanto piuttosto nei mezzi di comunicazione quali l' educazione in primis alla vita e in seconda istanza, all' istruzione.

Continuo ad essere dell' idea, che i feticci mentali e materiali, siano ben altra cosa e come questa cosa, venga astutamente e ripetutamente, inconsapevolmente o consapevolmente, portata avanti per indurre il bestiame al macero, almeno nel mio personale modo di intendere.

La prima, l' educazione alla vita, alla esistenza, dovrebbe avere come base la gestione delle emozioni e la relazione tra le loro varie sfaccettature, sfumature, increspature.

La seconda, l' istruzione, dovrebbe avere come base la gestione dell' intelletto e suo futuro sviluppo.

Tutto questo, tenendo conto delle spontanee capacità e dei tempi dei diversi soggetti.
Ma queste, son sicuro, son già cose che i più approfonditi in materia, sanno.

Secondo me, gli indici, sono solo numeri, numeri per lo più buttati li a caso e non profonde e relazionate documentazioni che han bisogno di anni, per poter essere quantomeno meritevoli di attenzione.
Ammenoché, l' organo che fa capo a queste ricerche, a queste statistiche, non sia dei più autorevoli e storicamente approvati dalle comunità, ma essendo io a digiuno di codeste cose, prendo personalmente il tutto con molta moderazione.
Per questo motivo, credo che debbano sempre esser prese con le pinze.
E sempre con queste pinze, potrei citare il numero abnorme di Giapponesi, tra studenti e docenti e impiegati, che ogni anno si tolgono la vita o più semplicemente, decidono di scomparire dal contesto sociale e difatti, azzerandone l' auto-contesto, in poche parole cambiando identità, emigrando per re-iniziare da qualche altra parte, almeno questo, i più cauti e attaccati alla vita.
Nella mia zona, per esempio, nel giro di circa 60 giorni estivi, si è assistito al suicidio di 4 o 5 giovani e se notiamo che i paeselli contavano circa 1000/2000 persone, allora quell' indice, dovrebbe essere rettificato un poco.

Credo, non bisogna andar tanto lontani per capire, che in regime di povertà, a tutto si pensa meno che al suicidio, ma a ben vedere, capita anche li, questo, indifferentemente dalla ricchezza, sia essa materiale o spirituale acquisita.

Se prendiamo come atto la tabella qui ivi riportata:
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Stati_per_tasso_di_suicidio

Possiamo notare, che tra i paesi a più alto tasso di suicidio, figurano l' India e l' Africa, certo non tra i paesi a più alto reddito, ed il tutto, in proporzione alla popolazione locale.

Da quella tabella inoltre, si evince che l' Italia è tra quelle in cui il tasso di suicidio è uno dei più bassi.

Credo che come riportato da questa citazione, il tutto dipenda da come ci si pone alle future generazioni, con l' occhio e la testa dell' oggi:

Citazione
Genericamente depressione e abuso di alcol rappresentano il principale fattore di rischio nei paesi industrailizzati, mentre esperienze di violenze, abusi e guerre sono i principali fattori di rischio nei paesi a basso reddito.
Per tutti l'elemento "incapacità di vedere un futuro" diventa centrale e determinante.

Quanto alla sofferenza, credo, non sia da attribuire alla fase della fanciullezza (in quel periodo, tutto sembra bellissimo, ci si diverte, si è spensierati, la felicità sembra a portata di mano), ma a quella dell' adolescenza, ovvero mediamente a partire dai 14-16 anni. (fase molto delicata questa, in quanto tutto ciò che si è acquisito nella Prima società, che personalmente proietto nella famiglia e nella parentela, quindi alle persone a noi più vicine, quindi micro-società, faccia da ponte alle relazioni con l' esterno)
È in questa fase, che secondo me, ci si trova a scontrarci con dei muri, fase in cui l' idealizzazione, si scontra con la realtà dei fatti, cosa alquanto scontata ma mai presa troppo sul serio.
Poi si arriva all' eta adulta, come da costituzioni e leggi, poi si matura, come da esperienze vissute ed infine si dovrebbe quantomeno, rientrare in quella che è la fase della ragione. (Cosa alquanto rara oggi, sempre secondo il mio personale punto di vista e riferito al numero sempre più crescente di imbecilli e incompetenti, di bambole e di manichini)

Quel che rimane, penso lo si sa già tutti.

Il problema non viene dall' alto, ma viene dal basso, almeno questo, è quello che penso al momento e io, all' uomo nero, non ci ho mai creduto, piuttosto, ho preferito scavare degli abissi nel mio deserto.

È l' incapacità al meravigliarsi, al sognare ad occhi aperti;

ciò di cui voi venerabili parlate, ed è in definitiva la ricerca dell' equilibrio, che per me, è cosa facile a dire, ma assai difficile a realizzare o quantomeno, a mantenere (ma io speriamo che me la cavo), visto che da quegli abissi ne sono uscito (almeno credo) e li, di fiaccole e riflessi sui muri, neanche l' ombra, in compenso però, una maggiore consapevolezza acquisita, un modo di sentire diverso e una certa serenità ritrovata e che in alcuni momenti, si avvicina alla gioia. ( a tal proposito, approfitto e ringrazio l' amico @Jean, della essenza comunicatami in altro luogo)

Alla luce di questi nuovi dati, posso chiedervi, amici, cosa ne pensate?

Grazie ✋
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 18 Ottobre 2019, 08:10:27 AM
Citazione di: bobmax il 09 Ottobre 2019, 15:19:10 PM
Vorrei pure notare come il Nulla non sia una certezza, ma la necessaria conclusione (sintesi) a cui il pensiero logico/razionale perviene analizzando il mondo.

Il pensiero logico (ir)razionale nichilista che neppure un suicidio divino riesce a redimere dal suo tanato-logico conatus. Pensiero perfettamente rappresentato dagli scarponi chiodati dell'ebreo errante, perennemente in attraversamento di deserti guerreggianti verso terre promesse da antichi e nuovi testamenti, ancorato ancora più di Sisifo al suo eterno err(a/o)re.

Quando basterebbe, per porre fine all'errore, fermarsi, togliere gli scarponi e sentire sotto i piedi il respiro del deserto, come insegna  l'altro  ebreo che, goccia dopo goccia, col sudore della sua intelligenza, feconda il deserto riportandolo  alla vita, alla verità.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 18 Ottobre 2019, 10:19:37 AM
Citazione di: Ipazia il 18 Ottobre 2019, 08:10:27 AM
Citazione di: bobmax il 09 Ottobre 2019, 15:19:10 PM
Vorrei pure notare come il Nulla non sia una certezza, ma la necessaria conclusione (sintesi) a cui il pensiero logico/razionale perviene analizzando il mondo.

Il pensiero logico (ir)razionale nichilista che neppure un suicidio divino riesce a redimere dal suo tanato-logico conatus. Pensiero perfettamente rappresentato dagli scarponi chiodati dell'ebreo errante, perennemente in attraversamento di deserti guerreggianti verso terre promesse da antichi e nuovi testamenti, ancorato ancora più di Sisifo al suo eterno err(a/o)re.

Quando basterebbe, per porre fine all'errore, fermarsi, togliere gli scarponi e sentire sotto i piedi il respiro del deserto, come insegna  l'altro  ebreo che, goccia dopo goccia, col sudore della sua intelligenza, feconda il deserto riportandolo  alla vita, alla verità.

Ma è proprio l'altro ebreo, che riporta alla vita il deserto, ad agire in nome del Nulla.

Perché quel Nulla... è Dio!
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 18 Ottobre 2019, 23:02:00 PM
No, agisce in nome dell'umano che é qualcosa, non Nulla.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 18 Ottobre 2019, 23:28:41 PM
Citazione di: Ipazia il 18 Ottobre 2019, 23:02:00 PM
No, agisce in nome dell'umano che é qualcosa, non Nulla.
Quando pianti un albero, dissodi un terreno incolto, semini, ... hai senz'altro dei motivi per farlo.

Ma ve ne è uno che li racchiude tutti e li supera: la fiducia di fare la cosa giusta, a prescindere da qualsiasi possibile ritorno.

Questa fiducia è fede nel Nulla.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 19 Ottobre 2019, 07:31:16 AM
L'induzione non è fede nel Nulla, ma in qualcosa di già sperimentato. Cui si aggiunge la fede nell'atto creativo. Da sperimentare. Nel fare ciò dal Nulla emerge qualcosa.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 19 Ottobre 2019, 09:33:01 AM
Citazione di: Ipazia il 19 Ottobre 2019, 07:31:16 AM
L'induzione non è fede nel Nulla, ma in qualcosa di già sperimentato. Cui si aggiunge la fede nell'atto creativo. Da sperimentare. Nel fare ciò dal Nulla emerge qualcosa.

Sì... ma non vi è solo quello.

La fatica e le difficoltà ti fanno domandare se ne valga davvero la pena. E il tuo pensiero razionale ti frena, convinto che sarebbe più utile e vantaggioso fare altro.

Ma tu prosegui ugualmente, insensatamente...
Perché sei nel giusto, nonostante tutto.

Quel campo dissodato sarà un giorno fonte di bene, quando magari tu non ci sarai più, così come nessuno dei tuoi cari.

Oppure, addirittura, ritornerà in breve a inselvatichirsi, senza aver prodotto nulla.
Ma tu sei fiducioso egualmente, perché stai facendo quel che è "giusto" ora fare.

E lì è l'eternità.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 20 Ottobre 2019, 13:18:02 PM
Non c'è nulla oltre il deserto, nulla tolto l'ultimo velo di Maya. Abbiamo dovuto diventare adulti e oltrepassare l'età della teologia e della metafisica dell'assoluto per accettarlo. Ma abbiamo potuto accettarlo solo dopo  aver imparato a fare nascere la vita dal deserto.
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Sariputra il 20 Ottobre 2019, 13:47:31 PM
Citazione di: Ipazia il 20 Ottobre 2019, 13:18:02 PMNon c'è nulla oltre il deserto, nulla tolto l'ultimo velo di Maya. Abbiamo dovuto diventare adulti e oltrepassare l'età della teologia e della metafisica dell'assoluto per accettarlo. Ma abbiamo potuto accettarlo solo dopo aver imparato a fare nascere la vita dal deserto.

E questo è propriamente il 'nichilismo' di cui noi tutti siamo impregnati fino al midollo...perché anche la vita che nasce nel deserto è in definitiva "nulla"...
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: Ipazia il 20 Ottobre 2019, 14:26:41 PM
Puó essere, ma un nulla miracoloso. Che col nichilismo c'entra nulla. Come insegnò il Maestro, nichilismo é inventarsi un mondo dietro il mondo. 
Titolo: Re:Del suicidio
Inserito da: bobmax il 20 Ottobre 2019, 19:29:50 PM
Citazione di: Ipazia il 20 Ottobre 2019, 14:26:41 PM
Puó essere, ma un nulla miracoloso. Che col nichilismo c'entra nulla. Come insegnò il Maestro, nichilismo é inventarsi un mondo dietro il mondo.

No, quello è il rimedio.

Un rimedio che si rivela ogni volta inefficace.

Perché semplicemente sposta il problema in un altro mondo senza risolverlo.

La risposta al nichilismo non può essere altrove... ma solo in noi stessi.