Come mai la quasi totalità delle religioni e molte filosofie hanno creduto nel fatto che l'essenza del mondo, rappresentata da Dio o da un'energia primordiale, sia positiva ed obbedisca all'Amore?
A me sembra il contrario, mi sembra che non sia affatto l'amore a governare il sistema-mondo: infatti l'intera realtà mi sembra una specie di enorme giungla in cui un eventuale Dio, o principio primo, abbia gettato gli enti, quasi dicendo loro: "Arrangiatevi, cercate di affermarvi anche senza scrupoli, io non vi aiuto affatto". Un eventuale principio intelligente avrebbe ad esempio creato i virus e i batteri patogeni, essi sono biologicamente dei mostri di egoismo, si adattano e si affermano a danno di interi ecosistemi e proprio quest'istintiva aggressività ha permesso loro di prosperare, come se un eventuale Intelligenza premiasse il male invece del bene.
Non solo, la natura sembra quasi intelligente, procedere con logica dando agli organismi ciò che necessita loro per vivere, ma non si cura del singolo, permette che i deboli e i fragili siano sopraffatti dai più forti, gli animali sono in lotta tra loro per il territorio ma quando hanno terminato il loro ciclo vitale muoiono anche soffrendo, è come se Dio se ne fregasse altamente e usasse solo persone ed animali per la riproduzione, trattandoli come burattini da buttare quando non servono più. Nel mondo il bene e il male si confondono, ad esempio l'estinzione dei dinosauri (male gravissimo) ha favorito altri enti come i mammmiferi e l'uomo, sembra un meccanismo spietato che favorisce gli uni danneggiando gli altri.
Se esistesse una qualche divinità io la vedo simile alla volontà di Schopenhauer, come un qualcosa che crea più dolore che piacere e che alla fine genera opposizione e non unione nel mondo. Siete d'accordo con la mia analisi pessimistica?
Il problema si pone solo se Dio (o gli Dei) è (sono) Persona(e) - giainismo, buddismo, daoismo e alcune forme di induismo non hanno questo problema. Nella Bibbia invece il Libro di Giobbe esplora questa tematica. Questo è il problema della Teodicea e Schopenhuer ha raggiunto le tue stesse conclusioni. Ci sono però due cose da notare:
1) "Dio è buono". L'aggettivo "buono" potrebbe non voler dire la stessa cosa a livello umano e divino. Ossia "Dio è buono" nel senso che è "simile" ad una persona buona.
2) Ti consiglio la lettura di Simone Weil. In sostanza secondo lei, il male nasce dal fatto che Dio si è volontariamente "ritratto" per lasciare vivere gli esseri https://en.wikipedia.org/wiki/Simone_Weil. In questo caso, che ricorda la posizione neo-platonica (con la differenza che l'allontanamento è volontario mentre l'Uno neoplatonico non possiede volontà). Ma ovviamente questo non "risolve" il problema del male. Purtroppo credo che rimarrà un Mistero per sempre (asserire invece che il Male è il fondamento della realtà toglie invece ogni speranza. Per questo io ritengo che sia falso, anche se ovviamente non sono in grado di dimostrarlo).
LA GINESTRA, O FIORE DEL DESERTO | |
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Qui su l'arida schiena Del formidabil monte Sterminator Vesevo, La qual null'altro allegra arbor nè fiore, Tuoi cespi solitari intorno spargi, Odorata ginestra, Contenta dei deserti. Anco ti vidi De' tuoi steli abbellir l'erme contrade Che cingon la cittade La qual fu donna de' mortali un tempo, E del perduto impero Par che col grave e taciturno aspetto Faccian fede e ricordo al passeggero. Or ti riveggo in questo suol, di tristi Lochi e dal mondo abbandonati amante, E d'afflitte fortune ognor compagna. Questi campi cosparsi Di ceneri infeconde, e ricoperti Dell'impietrata lava, Che sotto i passi al peregrin risona; Dove s'annida e si contorce al sole La serpe, e dove al noto Cavernoso covil torna il coniglio; Fur liete ville e colti, E biondeggiàr di spiche, e risonaro Di muggito d'armenti; Fur giardini e palagi, Agli ozi de' potenti Gradito ospizio; e fur città famose Che coi torrenti suoi l'altero monte Dall'ignea bocca fulminando oppresse Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno Una ruina involve, Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi I danni altrui commiserando, al cielo Di dolcissimo odor mandi un profumo, Che il deserto consola. A queste piagge Venga colui che d'esaltar con lode Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto E' il gener nostro in cura All'amante natura. E la possanza Qui con giusta misura Anco estimar potrà dell'uman seme, Cui la dura nutrice, ov'ei men teme, Con lieve moto in un momento annulla In parte, e può con moti Poco men lievi ancor subitamente Annichilare in tutto. Dipinte in queste rive Son dell'umana gente Le magnifiche sorti e progressive.
Qui mira e qui ti specchia, Secol superbo e sciocco, Che il calle insino allora Dal risorto pensier segnato innanti Abbandonasti, e volti addietro i passi, Del ritornar ti vanti, E proceder il chiami. Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti, Di cui lor sorte rea padre ti fece, Vanno adulando, ancora Ch'a ludibrio talora T'abbian fra se. Non io Con tal vergogna scenderò sotterra; Ma il disprezzo piuttosto che si serra Di te nel petto mio, Mostrato avrò quanto si possa aperto: Ben ch'io sappia che obblio Preme chi troppo all'età propria increbbe. Di questo mal, che teco Mi fia comune, assai finor mi rido. Libertà vai sognando, e servo a un tempo Vuoi di novo il pensiero, Sol per cui risorgemmo Della barbarie in parte, e per cui solo Si cresce in civiltà, che sola in meglio Guida i pubblici fati. Così ti spiacque il vero Dell'aspra sorte e del depresso loco Che natura ci diè. Per questo il tergo Vigliaccamente rivolgesti al lume Che il fe palese: e, fuggitivo, appelli Vil chi lui segue, e solo Magnanimo colui Che se schernendo o gli altri, astuto o folle, Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
Uom di povero stato e membra inferme Che sia dell'alma generoso ed alto, Non chiama se nè stima Ricco d'or nè gagliardo, E di splendida vita o di valente Persona infra la gente Non fa risibil mostra; Ma se di forza e di tesor mendico Lascia parer senza vergogna, e noma Parlando, apertamente, e di sue cose Fa stima al vero uguale. Magnanimo animale Non credo io già, ma stolto, Quel che nato a perir, nutrito in pene, Dice, a goder son fatto, E di fetido orgoglio Empie le carte, eccelsi fati e nove Felicità, quali il ciel tutto ignora, Non pur quest'orbe, promettendo in terra A popoli che un'onda Di mar commosso, un fiato D'aura maligna, un sotterraneo crollo Distrugge sì, che avanza A gran pena di lor la rimembranza. Nobil natura è quella Che a sollevar s'ardisce Gli occhi mortali incontra Al comun fato, e che con franca lingua, Nulla al ver detraendo, Confessa il mal che ci fu dato in sorte, E il basso stato e frale; Quella che grande e forte Mostra se nel soffrir, nè gli odii e l'ire Fraterne, ancor più gravi D'ogni altro danno, accresce Alle miserie sue, l'uomo incolpando Del suo dolor, ma dà la colpa a quella Che veramente è rea, che de' mortali Madre è di parto e di voler matrigna. Costei chiama inimica; e incontro a questa Congiunta esser pensando, Siccome è il vero, ed ordinata in pria L'umana compagnia, Tutti fra se confederati estima Gli uomini, e tutti abbraccia Con vero amor, porgendo Valida e pronta ed aspettando aita Negli alterni perigli e nelle angosce Della guerra comune. Ed alle offese Dell'uomo armar la destra, e laccio porre Al vicino ed inciampo, Stolto crede così, qual fora in campo Cinto d'oste contraria, in sul più vivo Incalzar degli assalti, Gl'inimici obbliando, acerbe gare Imprender con gli amici, E sparger fuga e fulminar col brando Infra i propri guerrieri. Così fatti pensieri Quando fien, come fur, palesi al volgo, E quell'orror che primo Contra l'empia natura Strinse i mortali in social catena, Fia ricondotto in parte Da verace saper, l'onesto e il retto Conversar cittadino, E giustizia e pietade, altra radice Avranno allor che non superbe fole, Ove fondata probità del volgo Così star suole in piede Quale star può quel ch'ha in error la sede.
Sovente in queste rive, Che, desolate, a bruno Veste il flutto indurato, e par che ondeggi, Seggo la notte; e sulla mesta landa In purissimo azzurro Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle, Cui di lontan fa specchio Il mare, e tutto di scintille in giro Per lo vòto Seren brillar il mondo. E poi che gli occhi a quelle luci appunto, Ch'a lor sembrano un punto, E sono immense, in guisa Che un punto a petto a lor son terra e mare Veracemente; a cui L'uomo non pur, ma questo Globo ove l'uomo è nulla, Sconosciuto è del tutto; e quando miro Quegli ancor più senz'alcun fin remoti Nodi quasi di stelle, Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo E non la terra sol, ma tutte in uno, Del numero infinite e della mole, Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle O sono ignote, o così paion come Essi alla terra, un punto Di luce nebulosa; al pensier mio Che sembri allora, o prole Dell'uomo? E rimembrando Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte, Che te signora e fine Credi tu data al Tutto, e quante volte Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro Granel di sabbia, il qual di terra ha nome, Per tua cagion, dell'universe cose Scender gli autori, e conversar sovente Co' tuoi piacevolmente, e che i derisi Sogni rinnovellando, ai saggi insulta Fin la presente età, che in conoscenza Ed in civil costume Sembra tutte avanzar; qual moto allora, Mortal prole infelice, o qual pensiero Verso te finalmente il cor m'assale? Non so se il riso o la pietà prevale.
Come d'arbor cadendo un picciol pomo, Cui là nel tardo autunno Maturità senz'altra forza atterra, D'un popol di formiche i dolci alberghi, Cavati in molle gleba Con gran lavoro, e l'opre E le ricchezze che adunate a prova Con lungo affaticar l'assidua gente Avea provvidamente al tempo estivo, Schiaccia, diserta e copre In un punto; così d'alto piombando, Dall'utero tonante Scagliata al ciel, profondo Di ceneri e di pomici e di sassi Notte e ruina, infusa Di bollenti ruscelli, O pel montano fianco Furiosa tra l'erba Di liquefatti massi E di metalli e d'infocata arena Scendendo immensa piena, Le cittadi che il mar là su l'estremo Lido aspergea, confuse E infranse e ricoperse In pochi istanti: onde su quelle or pasce La capra, e città nove Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello Son le sepolte, e le prostrate mura L'arduo monte al suo piè quasi calpesta. Non ha natura al seme Dell'uom più stima o cura Che alla formica: e se più rara in quello Che nell'altra è la strage, Non avvien ciò d'altronde Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
Ben mille ed ottocento Anni varcàr poi che spariro, oppressi Dall'ignea forza, i popolati seggi, E il villanello intento Ai vigneti, che a stento in questi campi Nutre la morta zolla e incenerita, Ancor leva lo sguardo Sospettoso alla vetta Fatal, che nulla mai fatta più mite Ancor siede tremenda, ancor minaccia A lui strage ed ai figli ed agli averi Lor poverelli. E spesso Il meschino in sul tetto Dell'ostel villereccio, alla vagante Aura giacendo tutta notte insonne, E balzando più volte, esplora il corso Del temuto bollor, che si riversa Dall'inesausto grembo Sull'arenoso dorso, a cui riluce Di Capri la marina E di Napoli il porto e Mergellina. E se appressar lo vede, o se nel cupo Del domestico pozzo ode mai l'acqua Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli, Desta la moglie in fretta, e via, con quanto Di lor cose rapir posson, fuggendo, Vede lontano l'usato Suo nido, e il picciol campo, Che gli fu dalla fame unico schermo, Preda al flutto rovente Che crepitando giunge, e inesorato Durabilmente sovra quei si spiega. Torna al celeste raggio Dopo l'antica obblivion l'estinta Pompei, come sepolto Scheletro, cui di terra Avarizia o pietà rende all'aperto; E dal deserto foro Diritto infra le file Dei mozzi colonnati il peregrino Lunge contempla il bipartito giogo E la cresta fumante, Ch'alla sparsa ruina ancor minaccia. E nell'orror della secreta notte Per li vacui teatri, per li templi Deformi e per le rotte Case, ove i parti il pipistrello asconde, Come sinistra face Che per voti palagi atra s'aggiri, Corre il baglior della funerea lava, Che di lontan per l'ombre Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge. Così, dell'uomo ignara e dell'etadi Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno Dopo gli avi i nepoti, Sta natura ognor verde, anzi procede Per sì lungo cammino, Che sembra star. Caggiono i regni intanto, Passan genti e linguaggi: ella nol vede: E l'uom d'eternità s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra, Che di selve odorate Queste campagne dispogliate adorni, Anche tu presto alla crudel possanza Soccomberai del sotterraneo foco, Che ritornando al loco Già noto, stenderà l'avaro lembo Su tue molli foreste. E piegherai Sotto il fascio mortal non renitente Il tuo capo innocente: Ma non piegato insino allora indarno Codardamente supplicando innanzi Al futuro oppressor; ma non eretto Con forsennato orgoglio inver le stelle, Nè sul deserto, dove E la sede e i natali Non per voler ma per fortuna avesti; Ma più saggia, ma tanto Meno inferma dell'uom, quanto le frali Tue stirpi non credesti O dal fato o da te fatte immortali. (Giacomo Leopardi) |
Parlare di un Dio che esiste o non esiste si fa un discorso che non ha assolutamente un senso oggettivo (cioè come il parlare di un qualcosa che potrebbe esistere o no), questo vuol dire che non hanno senso frasi e temi che fanno ricorso all'esistenza di Dio in un senso oggettivo. Si può, invece, impostare un discorso su Dio solo facendo riferimento a sé medesimo, cioè all'IO e lavorare con o senza una conclusione che soddisfi l'IO stesso. Per rimaner intimamente soddisfatto l'IO dovrebbe solo penetrare sé stesso. ci pè semplicissimo ma ci provo quando me la sento. :)
L'idea che noi abbiamo di Dio viene inevitabilmente dal cristianesimo, e il cristianesimo non ha fatto che riprendere il Dio dei Salmi.
E' nel Salterio che va ritrovata la costruzione di una certa immagine di Dio.
Ma in queste composizioni poetiche qual'è l'elemento dominante? Quello dell'uomo terrorizzato. L'uomo attaccato dai propri nemici, dalla povertà, dalla malattia etc.
Un uomo che si avvicina alla morte in solitudine. Ma l'uomo è un mammifero sociale, non è capace di affrontare il terrore da solo. Ha bisogno di essere accompagnato.
Così invoca l'aiuto di un Dio che gli sta accanto, che c'è, che è lì con lui.
E' un'immagine di Dio che nasce nel deserto, dal terrore specifico del deserto.
Finché l'uomo non si sente del tutto perduto, finché pensa di avere forze a sufficienza per rialzarsi da solo non conoscerà mai questa fede.
Nelle difficoltà normali della vita farà affidamento alla propria ingegnosità, al proprio patrimonio, al proprio nome. Avrà sì fede in queste cose, ma la sua sarà idolatria.
Quando invece non avrà più nulla a cui attaccarsi, ecco l'invocazione al Dio dei Salmi.
A quel punto la questione dell'esistenza di Dio non si pone nemmeno... Il vero problema è superare la notte.
Perchè indifferente sarebbe peggio di malvagio? Diresti la stessa cosa di un genitore terreno?. Comunque si, se esistesse un Dio personale e andasse giudicato dalla sua creazione, e giudicato secondo categorie umane, sarebbe sicuramente un "malvagio". Si può relativizzare il male in qualsiasi maniera, razionalizzarlo fino a vederne le più benefiche conseguenze, ma la verità è che gran parte di esso è gratuito e porta in seno altro dolore. Ragionando al di la del bene e del male, questo problema non si pone, ma a quel punto Dio non ha senso di per se. Non dando nessun credito a questioni riguardanti "divinità personali" che ritengo senza senso a priori, posso solo giocare a immaginare questo "processo" divino con Dio alla sbarra degli imputati (con un po di timore, visto che c'è una vasta tradizione addietro) e se dovessi trattarlo alla stregua di un genitore, la prima imputazione che mi viene in mente riguarda la nostra "infanzia", quando esso ci ha permesso o guidato verso lo sterminio dei nostri fratelli "tontoloni" (parlo degli altri cugini ominidi non-sapiens). Diventare (ma non eravamo) figli unici non ci ha portato nessuna saggezza, solo narcisismo e egotismo senza freni, tanto da immaginare che avessimo discendenza dal creatore dell'universo stesso e potessimo parlare con lui a quattrocchi e giudicarlo. Se davanti agli occhi avessimo ancora quegli "orribili" cugini animali, gran parte di queste dispute non sarebbe mai nata innanzitutto risparmiando tempo a noi, e gloriose risate a Lui.
Citazione di: Kobayashi il 03 Ottobre 2017, 09:40:45 AML'idea che noi abbiamo di Dio viene inevitabilmente dal cristianesimo, e il cristianesimo non ha fatto che riprendere il Dio dei Salmi. E' nel Salterio che va ritrovata la costruzione di una certa immagine di Dio. Ma in queste composizioni poetiche qual'è l'elemento dominante? Quello dell'uomo terrorizzato. L'uomo attaccato dai propri nemici, dalla povertà, dalla malattia etc. Un uomo che si avvicina alla morte in solitudine. Ma l'uomo è un mammifero sociale, non è capace di affrontare il terrore da solo. Ha bisogno di essere accompagnato. Così invoca l'aiuto di un Dio che gli sta accanto, che c'è, che è lì con lui. E' un'immagine di Dio che nasce nel deserto, dal terrore specifico del deserto. Finché l'uomo non si sente del tutto perduto, finché pensa di avere forze a sufficienza per rialzarsi da solo non conoscerà mai questa fede. Nelle difficoltà normali della vita farà affidamento alla propria ingegnosità, al proprio patrimonio, al proprio nome. Avrà sì fede in queste cose, ma la sua sarà idolatria. Quando invece non avrà più nulla a cui attaccarsi, ecco l'invocazione al Dio dei Salmi. A quel punto la questione dell'esistenza di Dio non si pone nemmeno... Il vero problema è superare la notte.
Bellissimo! Sono completamente d'accordo. E' nel terrore della propria solitudine di fronte alla morte, nel riuscire "a superare la notte" come ben scrivi, che sorge la fede nell'accompagnamento di un Dio. Un Dio che si nasconde nel deserto, che gioca a nascondino con l'uomo (da qui aridità della vita, idolatria, ecc.). Eh sì, il Salterio è illuminante al proposito... :)
Citazione di: Kobayashi il 03 Ottobre 2017, 09:40:45 AML'idea che noi abbiamo di Dio viene inevitabilmente dal cristianesimo, e il cristianesimo non ha fatto che riprendere il Dio dei Salmi. E' nel Salterio che va ritrovata la costruzione di una certa immagine di Dio. Ma in queste composizioni poetiche qual'è l'elemento dominante? Quello dell'uomo terrorizzato. L'uomo attaccato dai propri nemici, dalla povertà, dalla malattia etc. Un uomo che si avvicina alla morte in solitudine. Ma l'uomo è un mammifero sociale, non è capace di affrontare il terrore da solo. Ha bisogno di essere accompagnato. Così invoca l'aiuto di un Dio che gli sta accanto, che c'è, che è lì con lui. E' un'immagine di Dio che nasce nel deserto, dal terrore specifico del deserto. Finché l'uomo non si sente del tutto perduto, finché pensa di avere forze a sufficienza per rialzarsi da solo non conoscerà mai questa fede. Nelle difficoltà normali della vita farà affidamento alla propria ingegnosità, al proprio patrimonio, al proprio nome. Avrà sì fede in queste cose, ma la sua sarà idolatria. Quando invece non avrà più nulla a cui attaccarsi, ecco l'invocazione al Dio dei Salmi. A quel punto la questione dell'esistenza di Dio non si pone nemmeno... Il vero problema è superare la notte.
Sì appunto. Mettersi a discutere della teodicea in fin dei conti porta a pochi risultati, al massimo a rendere più "plausibile" la fede. Al massimo si può cercare di dare una "spiegazione" un po' più convincente ma il problema del Male d'altronde è un "mistero". Concordo con te che il Dio Cristiano è proprio il Dio che si pone davanti nel momento più buio della disperazione, quando
ogni altra cosa sembra non risolvere il problema. Wittgenstein (ma anche la Weil col suo "Dio che si nasconde e si ritira" - non è una citazione) a mio parere espresse bene la cosa in questo modo scrisse (fonte: http://www3.dbu.edu/mitchell/wittgensteinassessment.htm): Traduco dall'inglese:"
la religione cristiana è solo per l'uomo che necessita di un aiuto infinito, solamente, cioè, per l'uomo che ha l'esperienza di un tormento infinito. Il pianeta intero può soffrire un tormento meno grade di quello di una singola anima. Ciascuno che in questo tormento ha il dono di aprire il suo cuore, anziché contrarlo, accetta i mezzi della salvezza nel suo cuire... Nessun tormento più grande essere sperimentato rispetto a quello che un uomo può sperimentare. Perchè se un uomo si sente perduto, questo è l''ultimo tormento". In ogni caso ritengo che l'esperienza possa portare ad essere cristiani o meno (sempre Wittgenstein: "
La vita può educarci a credere in Dio...esperienze, pensieri - la vita può imporci quel concetto in noi"). Alla fine è qui che uno può diventare cristiano, argomentare a favore o contro alla fine serve fino ad un certo punto (non che sia inutile comunque, però credo che se uno ha determinate esperienze il problema della Teodicea in fin dei conti diventa secondario o non se lo pone nemmeno).
P.S. Non so se le frasi di Wittgenstein possono anche, volendo, essere incorporate in altre religioni, tipo alla Bhakti indiana (bhakti=devozione). Magari il Sari conosce frasi simili anche nelle religioni indiane ;) cosa che personalmente ritengo possibile.
Citazione di: Socrate78 il 02 Ottobre 2017, 19:45:22 PM
Come mai la quasi totalità delle religioni e molte filosofie hanno creduto nel fatto che l'essenza del mondo, rappresentata da Dio o da un'energia primordiale, sia positiva ed obbedisca all'Amore?
A me sembra il contrario, mi sembra che non sia affatto l'amore a governare il sistema-mondo: infatti l'intera realtà mi sembra una specie di enorme giungla in cui un eventuale Dio, o principio primo, abbia gettato gli enti, quasi dicendo loro: "Arrangiatevi, cercate di affermarvi anche senza scrupoli, io non vi aiuto affatto". Un eventuale principio intelligente avrebbe ad esempio creato i virus e i batteri patogeni, essi sono biologicamente dei mostri di egoismo, si adattano e si affermano a danno di interi ecosistemi e proprio quest'istintiva aggressività ha permesso loro di prosperare, come se un eventuale Intelligenza premiasse il male invece del bene.
Non solo, la natura sembra quasi intelligente, procedere con logica dando agli organismi ciò che necessita loro per vivere, ma non si cura del singolo, permette che i deboli e i fragili siano sopraffatti dai più forti, gli animali sono in lotta tra loro per il territorio ma quando hanno terminato il loro ciclo vitale muoiono anche soffrendo, è come se Dio se ne fregasse altamente e usasse solo persone ed animali per la riproduzione, trattandoli come burattini da buttare quando non servono più. Nel mondo il bene e il male si confondono, ad esempio l'estinzione dei dinosauri (male gravissimo) ha favorito altri enti come i mammmiferi e l'uomo, sembra un meccanismo spietato che favorisce gli uni danneggiando gli altri.
Se esistesse una qualche divinità io la vedo simile alla volontà di Schopenhauer, come un qualcosa che crea più dolore che piacere e che alla fine genera opposizione e non unione nel mondo. Siete d'accordo con la mia analisi pessimistica?
ADDA PASSA' 'A NUTTATA
E' un'interpretazione non filosofica che l'amore "faccia girare il mondo", Il Dio metafisico è razionale prima di tutto, poi può seguire giustamente il concetto di esistenza con quello che ne consegue, del tipo: la vita nasce dall'amore.
La razionalità aiuta a capire i dominio e le regole, i sentimenti e le emozioni sono altrettanto importanti, ma non si possono generare confusioni.
Non so quanti oggi in tutto il mondo avranno referti medici come sentenze di morte, operazioni chirurgiche con alto rischio di non uscirne vivo, quante croci rosse per il mondo suonano per raccogliere moribondi, o quanto l'uomo si sente in solitudine fra il dolore e la sofferenza di una solitaria stanza o in mezzo alla folla.Ma so che se Dio esaudisse i desiderata, nessuno morirebbe o proverebbe dolore e sofferenze. Non è questo l'ordine e le regole di questo sistema.
Tolto Dio, togliamo il "capro espiatorio" e rimane comunque dolore e sofferenza: e quindi.........?
Il sistema è comunque indifferente razionalmente. Altro dal punto di vista cristiano sarebbe discutere la "grazia divina",che è infatti
una straordinarietà, quindi oltre la regola. E' proprio questa sembianza di intelligenza insita nella natura che si manifestano regole ed ordine e spesso è oltre la malvagità , è vera e propria crudeltà. Ci sono indicibili sofferenze e alla fine la bilancia è sfavorevole
C'è chi bestemmia Dio e c'è chi benedice..........Io so solo che adda 'a passà a nuttata, non c'è un dì senza la notte ......deve esserci un senso e il senso non è mai manifesto, ma sempre nascosto e da interpretare.
Citazione di: Socrate78 il 02 Ottobre 2017, 19:45:22 PM
Come mai la quasi totalità delle religioni e molte filosofie hanno creduto nel fatto che l'essenza del mondo, rappresentata da Dio o da un'energia primordiale, sia positiva ed obbedisca all'Amore?
Sarà forse perché in quegli istanti fulminei e fuggitivi in cui l'uomo si è relazionato con Dio si è reso conto che ciò che caratterizzava quella relazione non poteva che esser chiamato amore?Ma se Dio è amore, perché c'è il male nel Mondo? ...E se il fine del male fosse quello di stimolare le forze del bene fino al loro trionfo finale? Come scrisse Jung: <<Cosa sarebbe mai dopotutto lo Spirito, se non gli si opponessero pulsioni a lui pari?>>. ...E la morte? Come si concilia l'amore con la condanna a morte che pende sul nostro capo fin dalla nascita? C'è conciliazione SOLO se la morte è un <<passaggio a miglior vita>>, se la morte è <<perfetta letizia>>. Altrimenti la vita è una mostruosità, e Dio è il Sommo Sadico (SS), il Sommo serial killer. Avrebbe ragione Leopardi: Disprezza te, la natura, il brutto poter che, ascoso, a comun danno impera, e l'infinita vanità del tutto.(Leopardi: A se stesso, vv. 13-16)L'angolo musicale:MOZART: Voi che sapete, op. Nozze di Figarohttps://youtu.be/NHAjOMp_2sg
Non credo che batteri patogeni e virus siano dei mostri di egoismo, semplicemente vivono per quello che sono e non distruggono ecosistemi (questo semmai è l'uomo da sempre a farlo), ma vi partecipano in cooperazione. D'altra parte anche la patogenicità è un fattore relativo (patogeno per chi?) e sulla patogenicità verso altre specie e pure verso la propria si potrebbe considerare che gli esseri umani non sono secondi a nessuno, neppure ai peggiori virus.
Ma il problema che sollevi qui riguarda il Creatore: come potrebbe un Dio che crea questo mondo con tutte le sue disgrazie, sofferenze e malvagità essere ritenuto amorevole e giusto?
Nella Bibbia c'è un racconto bellissimo e terribile che pone questo problema, è il racconto di Giobbe: che razza di Dio sei, chiede Giobbe dopo che gli sono stati inferti i più terribili dolori, nonostante fosse sempre stato buono, pio e giusto, se permetti che accada tutto questo? Perché? E il bello è che lo chiede pure Cristo, uomo sulla croce, al Padre celeste, di nuovo perché, "Perché mi hai abbandonato?"
E più angosciante ancora è se questo perché della creatura umana non trova una risposta.
Ma Dio risponde a Giobbe e la sua risposta è netta e definitiva nel non dare ragione: chi sei tu, creatura, per rivolgere una tale domanda al tuo creatore, come puoi solo anche lontanamente ritenere di capire.
C'è chi dice che gli Dei non esistono perché non si manifestano e questa è la loro sola giustificazione, ma io credo che la faccenda vada intesa in modo diverso: gli Dei non si manifestano perché se si manifestassero sarebbe la fine dell'umano, di quello scarto di libertà in cui l'uomo può esistere. Questo è il loro più alto atto di misericordia nei nostri confronti. Solo che l'esistenza che ci lasciano, per quello che è, è anche dolore e il dolore più grande è mancare a se stessi, a quello che si è. E questo in qualche modo, dipende tutto da noi, non da un Dio che non si manifesta per lasciarci vivere. E' il prezzo da pagare per il fatto di esserci sapendo di esserci in questo mondo enorme, sconvolgente, infinito, mentre continuamente, senza rendercene conto se non in rarissimi istanti, moriamo.
Virus e batteri pare che questo non lo sappiano e per questo non sono egoisti né distruggono ecosistemi.
Un Dio immensamente buono e onnipotente non può creare un modo che comprende anche dolore.
E un Dio immensamente giusto e onnipotente non può imporre a nessuno, senza ovviamente poter avere (per un' impossibilità logica!) il suo consenso, il rischio del dolore e dell' infelicità.
Ergo: si può credere alle religioni abramitiche (e probabilmente a tante altre che non conosco) solo alla maniera di Tertulliano: "quia absurdum".
La radice pensa: "io sono intelligente,
stupidi rami:
la polvere e la terra sono pieni,
il cielo è vuoto."
R.Tagore da Sfulingo
https://www.youtube.com/watch?v=aLDLpqZdhX0
Il Dio dei filosofi ha alcuni sinonimi : l'Uno. il Tutto, Il Mondo, l'Essere....ed infine, per por termine a qualsiasi diatriba,,,,,l'Assoluto.
Il Dio dei credenti invece, al di là di ogni differenza di dettaglio, è semplicemente ciò o (assai più diffusamente) colui che, essendo onnipotente, il credente spera risulti utile ai propri bisogni, alle proprie speranze......persino ai propri egoismi.
Si tratta solo di scegliere quale delle due interpretazioni meglio soddisfa chi le esamini.
Il Dio dei filosofi, sulla base delle sue definizione sopra citate, è qualcosa di extraumano (meglio : sovrumano) ed onnipotente poichè, essendo il tutto, ovviamente tutto include e tutto può. Analogamente per gli altri attributi di carattere totalizzante a lui riconducibilii.......onnisciente, onnipresente etc. Purtroppo esso è invece privo di volontà umanamente intesa. Affermare che esso "vuole" vorrebbe dire trasformare la sua natura intrinseca adattandola alle caratteristiche tipicamente umane quali appunto la capacità di volere. Sarebbe come dire che la natura (cioè un ennesimo sinonimo di Dio) ha voluto il processo evoluzionistico (per chi vi crede) per realizzare un qualche scopo concepito da essa PRIMA di avviare l'evoluzione stessa.
Questo sarebbe un tipico esempio di capovolgimento tra le cause ed i loro effetti, esercizio diffusissimo tra gli umani ma esercitato quasi sempre in modo inconsapevole perchè troppo automatico.
Ciò che lega l'interpretazione filosofica di Dio a quella fideistica è il concetto di Amore. Che in sè non ha nulla a che vedere con quelli di bene, male, compassione etc. cioè nessun legame con l'etica umana.
Ma questo è un argomento troppo ampio per la presente sede. Saluti a tutti.
Citazione di: maral il 04 Ottobre 2017, 14:22:57 PMNon credo che batteri patogeni e virus siano dei mostri di egoismo, semplicemente vivono per quello che sono e non distruggono ecosistemi (questo semmai è l'uomo da sempre a farlo), ma vi partecipano in cooperazione. D'altra parte anche la patogenicità è un fattore relativo (patogeno per chi?) e sulla patogenicità verso altre specie e pure verso la propria si potrebbe considerare che gli esseri umani non sono secondi a nessuno, neppure ai peggiori virus. Ma il problema che sollevi qui riguarda il Creatore: come potrebbe un Dio che crea questo mondo con tutte le sue disgrazie, sofferenze e malvagità essere ritenuto amorevole e giusto? Nella Bibbia c'è un racconto bellissimo e terribile che pone questo problema, è il racconto di Giobbe: che razza di Dio sei, chiede Giobbe dopo che gli sono stati inferti i più terribili dolori, nonostante fosse sempre stato buono, pio e giusto, se permetti che accada tutto questo? Perché? E il bello è che lo chiede pure Cristo, uomo sulla croce, al Padre celeste, di nuovo perché, "Perché mi hai abbandonato?" E più angosciante ancora è se questo perché della creatura umana non trova una risposta. Ma Dio risponde a Giobbe e la sua risposta è netta e definitiva nel non dare ragione: chi sei tu, creatura, per rivolgere una tale domanda al tuo creatore, come puoi solo anche lontanamente ritenere di capire. C'è chi dice che gli Dei non esistono perché non si manifestano e questa è la loro sola giustificazione, ma io credo che la faccenda vada intesa in modo diverso: gli Dei non si manifestano perché se si manifestassero sarebbe la fine dell'umano, di quello scarto di libertà in cui l'uomo può esistere. Questo è il loro più alto atto di misericordia nei nostri confronti. Solo che l'esistenza che ci lasciano, per quello che è, è anche dolore e il dolore più grande è mancare a se stessi, a quello che si è. E questo in qualche modo, dipende tutto da noi, non da un Dio che non si manifesta per lasciarci vivere. E' il prezzo da pagare per il fatto di esserci sapendo di esserci in questo mondo enorme, sconvolgente, infinito, mentre continuamente, senza rendercene conto se non in rarissimi istanti, moriamo. Virus e batteri pare che questo non lo sappiano e per questo non sono egoisti né distruggono ecosistemi.
Bella risposta anche questa. Tra l'altro ricorda anche la posizione della Weil, come in questa citazione a lei attribuita: "
Dio non poteva creare che nascondendosi, altrimenti non avrebbe potuto esistere che Dio solo. Forse, egli ha lasciato intravvedere di sé solo quanto basta perché dalla fede in lui l'uomo sia spinto a occuparsi dell'uomo.".
Riguardo alle catastrofi naturali, ai batteri e i virus concordo con Maral, ahimé così stanno le cose. Tutto questo è un "Mistero" (uso la "M" maiuscola perchè d'altronde come "mistero" è enorme). Non a caso credo che questa sia la ragione per cui nella Bibba a Giobbe non viene data alcuna spiegazione, sarebbe una cosa troppo pesante per l'uomo da "sopportare".
Citazione di: Sariputra il 04 Ottobre 2017, 15:06:10 PMLa radice pensa: "io sono intelligente, stupidi rami: la polvere e la terra sono pieni, il cielo è vuoto." R.Tagore da Sfulingo https://www.youtube.com/watch?v=aLDLpqZdhX0
Sari: ma questa poesia è un modo per dire che noi (la radice) non possiamo capire le "cose celesti" (il cielo)? In sostanza per Tagore la Teodicea si risolve in modo simile a quello cristiano, ossia accettare il "Mistero". Ha senso la mia interpretazione? ;D
Citazione di: sgiombo il 04 Ottobre 2017, 14:51:01 PMUn Dio immensamente buono e onnipotente non può creare un modo che comprende anche dolore. E un Dio immensamente giusto e onnipotente non può imporre a nessuno, senza ovviamente poter avere (per un' impossibilità logica!) il suo consenso, il rischio del dolore e dell' infelicità. Ergo: si può credere alle religioni abramitiche (e probabilmente a tante altre che non conosco) solo alla maniera di Tertulliano: "quia absurdum".
Più che altro le tue argomentazioni che si ritrovano già nell'antichità non ammettono la possibilità che tale "bontà infinita" possa essere "
simile" alla bontà umana, ossia che i nostri concetti applicati non possono essere applicati in modo
esatto a Dio (questo tra l'altro è il principio dell'apofatismo). Molti pensatori cristiani d'altronde sono ben consapevoli di questo problema comunque.
Alla fine credo che abbia ragione Wittgenstein: "
La vita può educarci a credere in Dio...esperienze, pensieri - la vita può imporci quel concetto in noi".
Segnalo su questo tema: http://www.roangelo.net/logwitt/goats-man-and-god.html.
P.S. Su Tertulliano (forse è fuori tema, quindi lo scrivo nel "post scriptum") voglio fare una precisazione: Il "credo quia absurdum" di Tertulliano è spiegato bene qui https://plato.stanford.edu/entries/fideism/: Tertulliano non aveva come intento quello di lasciar perdere la ragione, bensì il senso della frase era che "è troppo assurdo per essere stato inventato" - era quasi un'esclamazione al fatto che la dottrina cristiana superava
la ragione umana. In sostanza il problema viene "ribaltato": è possibile per la ragione umana concepire una tale "assurdità" senza "rivelazioni" dall'alto?
CitazioneLa radice pensa: "io sono intelligente, stupidi rami: la polvere e la terra sono pieni, il cielo è vuoto." R.Tagore da Sfulingo https://www.youtube.com/watch?v=aLDLpqZdhX0
Sari: ma questa poesia è un modo per dire che noi (la radice) non possiamo capire le "cose celesti" (il cielo)? In sostanza per Tagore la Teodicea si risolve in modo simile a quello cristiano, ossia accettare il "Mistero". Ha senso la mia interpretazione? (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif)Io la vedo così l'interpretazione: La radice ( gli uomini) ritenendosi intelligenti credono che il mondo che li avvolge ( polvere e terra) sia l'unica cosa esistente e negano che il tronco che da loro stessi sorge sbuca dalla terra e va verso il cielo , ritenendo che sia inutile andare (verso il cielo) in quanto vuoto ( privo di reale esistenza) quando invece, se lo facessero, si accorgerebbero che questo cielo vuoto permette la vita dell'albero e la sua bellezza che si protende verso l'Alto. Ossia ritorna il dilemma: Può qualcosa di finito ( l'intelligenza/radice) capire qualcosa di infinito? (della serie: Giobbe che stai a dì? Come pretende l'argilla giudicare il lavoro dell'abile vasaio? E lasciami lavorare!...).
Grazie Sari ;) come interpretazione direi che anche io la vedo così. Chissà il buon Tagore a cosa stava pensando ;D
D'altronde per il problema della teodicea in fin dei conti alla fine si arriva a cercare di smettere di chiedere "perchè?". Ma come la Weil curiosamente dice in un'altra domanda attribuita a lei: "chi parlerebbe di Dio se non ci fosse il male?" ::) vabbeh però in fin dei conti sto facendo come Giobbe. Meglio lasciar lavorare il vasaio ;D
Citazione di: Apeiron il 04 Ottobre 2017, 20:06:03 PM
Grazie Sari ;) come interpretazione direi che anche io la vedo così. Chissà il buon Tagore a cosa stava pensando ;D
D'altronde per il problema della teodicea in fin dei conti alla fine si arriva a cercare di smettere di chiedere "perchè?". Ma come la Weil curiosamente dice in un'altra domanda attribuita a lei: "chi parlerebbe di Dio se non ci fosse il male?" ::) vabbeh però in fin dei conti sto facendo come Giobbe. Meglio lasciar lavorare il vasaio ;D
CitazioneMa se per credere al vasaio si devono ammettere tante contraddizioni (dette "misteri"), allora personalmente, essendo razioanalista, preferisco credere che non c' é nessun vasaio.
Citazione di: Sariputra il 04 Ottobre 2017, 15:06:10 PM
La radice pensa: "io sono intelligente,
stupidi rami:
la polvere e la terra sono pieni,
il cielo è vuoto."
R.Tagore da Sfulingo
https://www.youtube.com/watch?v=aLDLpqZdhX0
Il ramo pensa: "io sono intelligente,
stupide radici:
la polvere e la terra sono sporche,
l'aria è pura"
;)
Citazione di: Phil il 04 Ottobre 2017, 21:30:57 PM
Citazione di: Sariputra il 04 Ottobre 2017, 15:06:10 PMLa radice pensa: "io sono intelligente, stupidi rami: la polvere e la terra sono pieni, il cielo è vuoto." R.Tagore da Sfulingo https://www.youtube.com/watch?v=aLDLpqZdhX0
Il ramo pensa: "io sono intelligente, stupide radici: la polvere e la terra sono sporche, l'aria è pura" ;)
I rami pensano."Noi siamo stupidi, ma abbiamo questa radice intelligente:che con il suo umile lavoro,ci nutre e ci sostiene, così chepossiamo ammirare questo vuoto cieloterribile ma meraviglioso." ;D
Il tronco pensa: "nutrito e sorretto da stupide radici,
sostengo e innalzo stupidi rami;
sarei uno stupido a chiedermi
se sia stupido essere un tronco..."
:)
Sgiombo, non era mia intenzione convertirti. La mia era solo un cercare di vedere il problema da un altro punto di vista.
Concordo con te che ovviamente andando di "misteri" alla fine si crede a tutto, questo il problema. Vedi tra l'altro il problema tra i credenti stessi. Ci sono vari modi e motivi per cui credere... e per cui non credere ::) non a caso per esempio alcuni prendono solo il significato letterale mentre la maggior parte no. Idem alcuni non credenti, non credono per le ragioni per cui non credono altri.
Ergo in fin dei conti: "La vita può educarci a credere in Dio...esperienze, pensieri - la vita può imporci quel concetto in noi" (Wittgenstein). D'altronde non tutti nella vita hanno le stesse esperienze, lo stesso condizionamento sociale ecc ;)
Oppure il tronco pensa: "nutrito e sorretto da stupide radici,
sostengo e innalzo stupidi rami;
sarei uno stupido a non essere felice
che posso conoscere
ciò che conoscono gli stupidi rami
e la stupida radice" :D
Citazione di: Socrate78 il 02 Ottobre 2017, 19:45:22 PM
Come mai la quasi totalità delle religioni e molte filosofie hanno creduto nel fatto che l'essenza del mondo, rappresentata da Dio o da un'energia primordiale, sia positiva ed obbedisca all'Amore?
Fondamentalmente qualunque azione (o inazione) è spinta o rivolta verso il meglio, il bene, il giusto. Questa è la ragione dell'ottimismo, della positività dell'azione (o dell'inazione). Anche il pessimismo spinge o rivolge verso il meno peggio.Questa logica è quindi ineliminabile da qualunque aspetto esistenziale umano, religioso, sociale, politico od economico che sia.Se Dio esiste significa che è una parte del tutto. Che il bene, il giusto di Dio non coincida con il bene degli uomini è ovvio. Tuttavia né l'ipotetico Dio né gli uomini conoscono che cosa sia il bene, il giusto. Per fortuna la vita è misteriosa.
Citazione di: Apeiron il 05 Ottobre 2017, 09:02:50 AM
Sgiombo, non era mia intenzione convertirti. La mia era solo un cercare di vedere il problema da un altro punto di vista.
Concordo con te che ovviamente andando di "misteri" alla fine si crede a tutto, questo il problema. Vedi tra l'altro il problema tra i credenti stessi. Ci sono vari modi e motivi per cui credere... e per cui non credere ::) non a caso per esempio alcuni prendono solo il significato letterale mentre la maggior parte no. Idem alcuni non credenti, non credono per le ragioni per cui non credono altri.
Ergo in fin dei conti: "La vita può educarci a credere in Dio...esperienze, pensieri - la vita può imporci quel concetto in noi" (Wittgenstein). D'altronde non tutti nella vita hanno le stesse esperienze, lo stesso condizionamento sociale ecc ;)
CitazioneNemmeno io presumevo di convincere te, semplicemente giustapponevo la mia scelta razionalistica alla tua
La foglia pensa: "che stupidi che sono
rami, tronco e radici
a bearsi della loro crescita;
io duro una sola stagione,
ma è il mio caduco sacrificio
ad "unire" i rami alle radici
nel ciclo della vita:
quando morirò come foglia,
ai piedi dell'albero,
diventerò nutrimento
e così mi reincarnerò
in una nuova foglia...
radici, tronco e rami
sono solo vuote gallerie
per il mio viaggio..."
P.s.
Che sia una foglia buddista? ;)
P.p.s.
Provo a salvarmi dall'off topic considerando che, metaforicamente, Dio potrebbe dunque essere il giardiniere (e noi non siamo nel giardino, siamo il giardino); magari imbranato, magari cinico sperimentatore, magari premuroso, magari svogliato... ma nel nostro essere d'un altro "regno", non possiamo capire quale sia (e "quanto" sia) il suo ruolo nel giardino (magari sta dormendo, e quando si sveglierà si accorgerà che c'è un bel po' da risistemare... come quando si dimenticò per un po' di annaffiare, e poi dovette rimediare con un vero diluvio... ;D ).
Non condivido tutto ma solo in parte quello che è stato scritto, in ogni caso lo trovo logico nel senso che rispetta i presupposti iniziali.
Proviamo ora a rifare il percorso partendo dal fatto che l'uomo, il quale si dibatte fra tante difficoltà e non trova amorevole ciò che lo circonda e/o deve subire, è esattamente lo stesso uomo che non ha rispettato la legge datagli dal suo Creatore.
Forse le conclusioni saranno diverse!
Per @sgiombo
Faccio solo un appunto: rispetto le posizioni che ho citato (per come sono riuscite a capirle io) ma non coincidono con la mia "visione delle cose" (che più o meno è quella del Sari ;) e ancora in evoluzione). Rimarco ancora che:
1) i nostri concetti hanno un campo di validità limitato, quindi l'argomento per cui "c'è tanto male nel mondo, ergo..." non dimostra niente;
2) la questione è molto più complessa di quello che sembra - ovviamente si deve "ammettere" che la "realtà" è per così dire "più densa" di quello che sembra (si potrebbe fare un argomento molto esteso su come le varie filosofie trattano il problema del male - e ci sono devo dire somiglianze talvolta sorprendenti. Per esempio in alcune filosofie orientali non si può parlare di "teodicea" visto che non si ha a che fare con un Dio Personale ma resta comunque un qualcosa di simile alla "caduta"...). Riguardo alla "densità/complessità" della realtà ho accennato qualcosa in questi argomenti: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/ateismo-e-proiezione-umana-di-dio/ e https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/buddhismo/ (in particolare da fine di pagina 4 in poi). Anche se ovviamente l'argomento non è veramente approfondito, ma è in forma per così dire di "spunti" ;) .
3) un'analisi filosofica del problema del male con la sola premessa (ossia senza caratterizzare come è avvenuto la Creazione, cosa è avvenuto dopo, come siamo arrivati qua ecc) "Dio è buono e ha creato il mondo" a causa del punto (1) non può arrivare ad una conclusione in un senso o nell'altro. Ovviamente se rigetti la validità di (1) (e di (2)) allora è chiaro che l'argomento della teodicea diventa molto più forte. Così come è altrettanto ovvio che se aumenti il numero di premesse il risultato è ben diverso.
Per quanto riguarda la frase enigmatica attribuita alla Weil (anche se non sono riuscito a trovare la fonte ancora) secondo cui "se non ci fosse il male non si parlerebbe di Dio" - io la interpreto così: noi vediamo il male come "male" perchè...ecc
(rispetto comunque il tuo punto di vista non fraintendermi)
P.S. Non so sgiombo se hai visto il film "Arrival", te lo consiglio. Tratta la difficoltà di comunicare e di interpretare linguaggi diversi da quello umano, quindi per certi versi mi pare in tema.
Dio può essere indifferente o malvagio verso il singolo.
Lo stesso si può dire della società a cui il singolo appartiene.
Tuttavia la società, per il singolo,in quanto essere sociale,è un bene.
C'è un collegamento fra Dio e il nostro essere sociali?
Indifferenza e malvagità si riferiscono al singolo,ma quando un popolo intero è in disgrazia si parla di abbandono.
Si dice che quel popolo è stato abbandonato dal loro Dio.
Forse il paradosso del Dio buono e allo stesso tempo malvagio si risolve nella dialettica individuo-società.
Citazione di: Apeiron il 05 Ottobre 2017, 21:34:48 PM
Per @sgiombo
Faccio solo un appunto: rispetto le posizioni che ho citato (per come sono riuscite a capirle io) ma non coincidono con la mia "visione delle cose" (che più o meno è quella del Sari ;) e ancora in evoluzione). Rimarco ancora che:
1) i nostri concetti hanno un campo di validità limitato, quindi l'argomento per cui "c'è tanto male nel mondo, ergo..." non dimostra niente;
CitazioneEvidentemente non è facile intendersi fra razionalisti e irrazionalisti.
Anche perché da un punto di vista irrazionalistico si può affermare tutto ***e*** il contrario di tutto (contemporaneamente); mentre il razionalismo concede al massimo di affermare tutto ***o*** il contrario di tutto.
Da un punto di vista razionalistico l' argomento "c'è tanto male nel mondo, ergo..." dimostra inequivocabilmente, col massimo di certezza possibile , la certezza logica, che (se si accetta la premessa, ovviamente) non può essere reale (e nemmeno pensato sensatamente in quanto realmente esistente) un Dio sia onnipotente sia buono (e il fatto che chi nasce non ha ovviamente la possibilità di essere previamente interpellato per sapere se sia disposto a correre il rischio dell' infelicità, sia pure in cambio della possibilità della felicità, dimostra che non può esistere un creatore (ma nemmeno un genitore) giusto (secondo un concetto di "giustizia" che imponga fra l' altro il diritto di correre rischi unicamente se si decide autonomamente di farlo e non per imposizione subita da altri).
2) la questione è molto più complessa di quello che sembra - ovviamente si deve "ammettere" che la "realtà" è per così dire "più densa" di quello che sembra (si potrebbe fare un argomento molto esteso su come le varie filosofie trattano il problema del male - e ci sono devo dire somiglianze talvolta sorprendenti. Per esempio in alcune filosofie orientali non si può parlare di "teodicea" visto che non si ha a che fare con un Dio Personale ma resta comunque un qualcosa di simile alla "caduta"...). Riguardo alla "densità/complessità" della realtà ho accennato qualcosa in questi argomenti: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/ateismo-e-proiezione-umana-di-dio/ e https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/buddhismo/ (in particolare da fine di pagina 4 in poi). Anche se ovviamente l'argomento non è veramente approfondito, ma è in forma per così dire di "spunti" ;) .
3) un'analisi filosofica del problema del male con la sola premessa (ossia senza caratterizzare come è avvenuto la Creazione, cosa è avvenuto dopo, come siamo arrivati qua ecc) "Dio è buono e ha creato il mondo" a causa del punto (1) non può arrivare ad una conclusione in un senso o nell'altro. Ovviamente se rigetti la validità di (1) (e di (2)) allora è chiaro che l'argomento della teodicea diventa molto più forte. Così come è altrettanto ovvio che se aumenti il numero di premesse il risultato è ben diverso.
Per quanto riguarda la frase enigmatica attribuita alla Weil (anche se non sono riuscito a trovare la fonte ancora) secondo cui "se non ci fosse il male non si parlerebbe di Dio" - io la interpreto così: noi vediamo il male come "male" perchè...ecc
(rispetto comunque il tuo punto di vista non fraintendermi)
P.S. Non so sgiombo se hai visto il film "Arrival", te lo consiglio. Tratta la difficoltà di comunicare e di interpretare linguaggi diversi da quello umano, quindi per certi versi mi pare in tema.
CitazioneA causa del punto 1, che però può essere creduto solo da un irrazionalista, per il quale può essere vero di tutto ***e*** di più contemporaneamente (dunque non da parte mia ...se non per quel che potrebbe ipotizzare un irrazionalista, quale non sono), non si può mai arrivare a una conclusione in alcun senso su niente (i nostri ragionamenti hanno un campo di validità limitato su ogni e qualsiasi questione).
Anche che in un' argomentazione si possa aumentare ad libitum il numero di premesse, inserendone anche eventualmente di reciprocamente contraddittorie, cosicché il risultato sia ben diverso da quello inizialmente atteso (possa essere qualsiasi risultato e il contrario di qualsiasi risultato) può essere accattato solo da chi sia irrazionalista.
(Il rispetto dei punti di vista è ovviamente reciproco; come mi pare evidente anche da questo mio ultimo intervento).
Citazione di: Kobayashi il 03 Ottobre 2017, 09:40:45 AM
....Quello dell'uomo terrorizzato. L'uomo attaccato dai propri nemici, dalla povertà, dalla malattia etc.
Un uomo che si avvicina alla morte in solitudine. Ma l'uomo è un mammifero sociale, non è capace di affrontare il terrore da solo. Ha bisogno di essere accompagnato.
Così invoca l'aiuto di un Dio che gli sta accanto, che c'è, che è lì con lui.
E' un'immagine di Dio che nasce nel deserto, dal terrore specifico del deserto.
Lasciando perdere il discorso della bontà di Dio, che è semplicemente il contraltare di un patto legale di chi deve dominare.
Ossia la mera scusa.
Mi hai ricordato che quando iniziai i miei studi giovannei, la curiosità mi spinse a guardare i luoghi del mare tiberiade.
Come al solito guidato da un intuito che è costantemente in contatto con l'originarietà dello stesso: un brivido mi è corso, a vedere quei luoghi arsi, aridi, salini, pieni di luce che immagino accecante insopportabile.
All'improvviso prendeva forma l'assoluto da cui nasce la grande storia ebraica.
Dio è il deserto, concludi con sicurezza tu.
Facendo dei brevi sillogismi, credo di essere d'accordo.
Il discorso del terrore, è per mimesi, il discorso della bontà. Ossia la produzione dall'annientamento si riversa nella costituzione di una storia fantasma. Un fantasma riparatore. Persino, e per me sopratutto, un discorso di comunità.
Mi pare che la bontà nasca dalla miseria, come cotraltare, come esecuzione (di psicosi controllata come asserivi nel tuo trhead).
E seguendo i miei ultimi pensieri come produzione.
Come al solito per intendere la metafisica serve un salto qualitativo, che chiamo metafisica 2.0
Ossia per re-intendere il terrore, c'è bisogno di un controllo sul discorso, ossia il meta-discorso.
In questo senso la questione della bontà di Dio, va rianalizzata, come passo successivo alla presa di coscienza che per esempio fa un Leopardi con la Ginestra, salvo poi appunto, tornare al terrore iniziale, che non è più il terrore di non potersi aggrappare a qualcosa, a qualche storia, a qualche filosofia o religione, ma è di intendere il Vero Terrore.
Ossia vivendo il deserto, o come direbbe il Baffo, diventando deserto. Ci si appropria del proprio essere niente che viene dal Niente. Cioè di essere parte del Niente. Per ora sono pensieri non ancora decisi, ma ci sto lavorando su.
Ma insieme aggiungo come in notazione, lasciando i diversi discorsi aperti, e tutti da intendere ed approfondire: Deserto, Paura, Coscienza della Paura, Coscienza del processo di produzione, e ritorno al Deserto.
Quello è DIO? Sì, a patto di non chiamarlo niente. A patto di non chiamarlo male.
Certo il dolore come dice Paul rimane, e insieme ad esso gli infiniti fantasmi. E certamente per avere una vera coscienza non va dimenticata come questione, molto materiale e immediata, e proprio per questo la più difficile da pensare. Anzi pensandola io continuo a fare danni agli altri e quindi per contraltare a me stesso.
Questa questione del male, non è semplicemente un sofisma. Anche se è facilmente liquidabile come tale.
Mixarla con Dio, rende la cosa veramente ardua. La stanchezza del mondo è evidente, la morte di Dio, non ha ancora un lutto.
E' morto e sepolto il dio naif della bontà, ma rimane ancora come quel suo odore dolciastro, di frutta marcia, nell'aria.
La penso come Sgiombo, quindi in contrapposizione con Aperion.
Il famoso paradosso del mio omonimo (;D) è stringente, non c'è via di uscita.
O Dio vuole abolire il male, e non può; oppure può, ma non vuole; oppure non può e non vuole. Se vuole, ma non può, è impotente. Se può, ma non vuole, è malvagio. Ma se Dio può e vuole abolire il male, allora perché c'è tanto male nel mondo?
La questione non è se dio esiste o cosa si intende quando usiamo la parola "dio". Definiamo un ente come onnipotente, onnisciente e infinitamente buono. Ora, se esiste il male allora tale ente non può esistere. Questa è l'argomentazione. Quindi o sia accetta che il male non esista oppure che sia tale ente a non esistere. L'argomentazione per me è tra le cose più convincenti che potremo mai esibire su questioni "interessanti".
Ricorrere al concetto di mistero è a dir poco forviante. Un conto è la semplice mancanza di spiegazione, ma qui abbiamo un'argomentazione forte e convincente della sua impossibilità. Se vogliamo mantenerci ragionevoli ciò ci dovrebbe portare a rifiutare che possa esistere un tale ente in contemporanea con il male nel mondo; se, invece, non ci interessa nulla della ragionevolezza e vogliamo credere a tutti i costi, nessun problema. Mi pare più pertinente ed interessante qui scoprire quali tesi siano ragionevoli, anziché convincere il prossimo a credere a tali tesi.
Aperion, inoltre, non capisco quanto tu scrivi: <<i nostri concetti hanno un campo di validità limitato, quindi l'argomento per cui "c'è tanto male nel mondo, ergo..." non dimostra niente;>>
Che cosa vorresti dire in questo caso?
Inoltre, mi pare che rispondere a questo quesito con la tesi della divinità non personale o della moralità non umana sia non centrare il quesito, ma parlare d'altro. Può o non può esistere un ente onnisciente, onnipotente e infinitamente buono in un universo in cui c'è il male? Questo è il problema. :)
Citazione di: epicurus il 10 Ottobre 2017, 11:41:19 AMLa penso come Sgiombo, quindi in contrapposizione con Aperion. Il famoso paradosso del mio omonimo (;D) è stringente, non c'è via di uscita. O Dio vuole abolire il male, e non può; oppure può, ma non vuole; oppure non può e non vuole. Se vuole, ma non può, è impotente. Se può, ma non vuole, è malvagio. Ma se Dio può e vuole abolire il male, allora perché c'è tanto male nel mondo? La questione non è se dio esiste o cosa si intende quando usiamo la parola "dio". Definiamo un ente come onnipotente, onnisciente e infinitamente buono. Ora, se esiste il male allora tale ente non può esistere. Questa è l'argomentazione. Quindi o sia accetta che il male non esista oppure che sia tale ente a non esistere. L'argomentazione per me è tra le cose più convincenti che potremo mai esibire su questioni "interessanti". Ricorrere al concetto di mistero è a dir poco forviante. Un conto è la semplice mancanza di spiegazione, ma qui abbiamo un'argomentazione forte e convincente della sua impossibilità. Se vogliamo mantenerci ragionevoli ciò ci dovrebbe portare a rifiutare che possa esistere un tale ente in contemporanea con il male nel mondo; se, invece, non ci interessa nulla della ragionevolezza e vogliamo credere a tutti i costi, nessun problema. Mi pare più pertinente ed interessante qui scoprire quali tesi siano ragionevoli, anziché convincere il prossimo a credere a tali tesi. Aperion, inoltre, non capisco quanto tu scrivi: <> Che cosa vorresti dire in questo caso? Inoltre, mi pare che rispondere a questo quesito con la tesi della divinità non personale o della moralità non umana sia non centrare il quesito, ma parlare d'altro. Può o non può esistere un ente onnisciente, onnipotente e infinitamente buono in un universo in cui c'è il male? Questo è il problema. :)
Io invece la penso come Apeiron, quindi in contrapposizioe a te e Sgiombo.Tutta la tua argomentazione regge solo se definiamo "male" ciò che noi , esseri umani limitati, consideriamo come male.Questo male però può non apparire (essere ritenuto) come male nel pensiero non-umano e non limitato di un ipotetico Dio. :)
Manca infatti a noi l'eventuale conoscenza della motivazione e dell'esito finale, ossia vediamo solo gli effetti e non l'intera storia come viene vista dall'ipotetico dio.La teodicea non regge.
Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2017, 12:14:35 PMIo invece la penso come Apeiron, quindi in contrapposizioe a te e Sgiombo.
Tutta la tua argomentazione regge solo se definiamo "male" ciò che noi , esseri umani limitati, consideriamo come male.
Questo male però può non apparire come male nel pensiero non-umano e non limitato di un ipotetico Dio. :)
E io la penso come te e Apeiron, ma in contrapposizione a nessuno, semplicemente coerentemente alla matrice deista delle mie considerazioni, ma un Dio personale ha da fare con il "male degli uomini", agisce nelle stesse categorie "punisce", "ama" etc, si presta al mondo degli uomini e alle loro categorie, altrettanto il male e il bene. A mio avviso il conflitto logico scaturisce nel momento in cui si attribuiscono a Dio qualità di matrice panteista ( le varie omni-, che lo vedono permeare il Tutto e il Nulla) con qualità prettamente teiste (tra le quali la capacità di "azione"), due ordini di astrazione incompatibili tra loro e che generano questo conflitto logico-semantico che non ha alcuna possibilità di essere risolto se non attraverso un campo linguistico neutro (che non mi risulta esistere) dove un essere omnicomprensivo possa agire (nonostante sia esso allo stesso tempo il soggetto, l'oggetto e l'azione stessa). Per permettere una tale ipotesi è necessaria una "lingua franca" per poterla esprimere, il concetto di "mistero" (nella sua accezione "spirituale") è una delle parole che mi viene in mente di questo ben poco fornito vocabolario di idee, a cui tuttavia mancano predicati e soggetti. Si possono creare infiniti rompicapo sfruttando questa incompatibilità, dal masso che Dio non può alzare etc.
Citazione di: InVerno il 10 Ottobre 2017, 12:42:44 PM
Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2017, 12:14:35 PMIo invece la penso come Apeiron, quindi in contrapposizioe a te e Sgiombo. Tutta la tua argomentazione regge solo se definiamo "male" ciò che noi , esseri umani limitati, consideriamo come male. Questo male però può non apparire come male nel pensiero non-umano e non limitato di un ipotetico Dio. :)
E io la penso come te e Apeiron, ma in contrapposizione a nessuno, semplicemente coerentemente alla matrice deista delle mie considerazioni, ma un Dio personale ha da fare con il "male degli uomini", agisce nelle stesse categorie "punisce", "ama" etc, si presta al mondo degli uomini e alle loro categorie, altrettanto il male e il bene. A mio avviso il conflitto logico scaturisce nel momento in cui si attribuiscono a Dio qualità di matrice panteista ( le varie omni-, che lo vedono permeare il Tutto e il Nulla) con qualità prettamente teiste (tra le quali la capacità di "azione"), due ordini di astrazione incompatibili tra loro e che generano questo conflitto logico-semantico che non ha alcuna possibilità di essere risolto se non attraverso un campo linguistico neutro (che non mi risulta esistere) dove un essere omnicomprensivo possa agire (nonostante sia esso allo stesso tempo il soggetto, l'oggetto e l'azione stessa). Per permettere una tale ipotesi è necessaria una "lingua franca" per poterla esprimere, il concetto di "mistero" (nella sua accezione "spirituale") è una delle parole che mi viene in mente di questo ben poco fornito vocabolario di idee, a cui tuttavia mancano predicati e soggetti. Si possono creare infiniti rompicapo sfruttando questa incompatibilità, dal masso che Dio non può alzare etc.
Contrapposizione d'idee s'intende. Io 'amo teneramente? Sgiombo ed Epicurus... ;D Sono assolutamente d'accordo con te. Oltre ai limiti del linguaggio mi preme far notare tutto il male che ha prodotto la pretesa umana di definire gli "attributi" di Dio ( e quindi di designarlo secondo categorie del linguaggio umano...). Quindi tutto il male che ha prodotto certa teologia. La teodicea è la conseguenza logica alle pretese teologiche e trova il suo senso solo nella critica di dette pretese e di queste premesse. Si è completamente perso il senso del 'mistero' (mysterium tremendum...). :)
Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2017, 12:14:35 PM
Io invece la penso come Apeiron, quindi in contrapposizioe a te e Sgiombo.
Tutta la tua argomentazione regge solo se definiamo "male" ciò che noi , esseri umani limitati, consideriamo come male.
Questo male però può non apparire (essere ritenuto) come male nel pensiero non-umano e non limitato di un ipotetico Dio. :)
Ciao Sariputra. :D
Come dicevo, non è necessario che si definisca cosa sia male e bene. Poniamo che il fatto
x è male secondo l'entità E onnipotente, onnisciente e infinitamente buona. Bene,
x non può esisterete se esiste E. Questo è il nocciolo della quetione, non trovi?
Citazione di: InVerno il 10 Ottobre 2017, 12:42:44 PM
A mio avviso il conflitto logico scaturisce nel momento in cui si attribuiscono a Dio qualità di matrice panteista ( le varie omni-, che lo vedono permeare il Tutto e il Nulla) con qualità prettamente teiste (tra le quali la capacità di "azione"), due ordini di astrazione incompatibili tra loro e che generano questo conflitto logico-semantico che non ha alcuna possibilità di essere risolto se non attraverso un campo linguistico neutro (che non mi risulta esistere) dove un essere omnicomprensivo possa agire (nonostante sia esso allo stesso tempo il soggetto, l'oggetto e l'azione stessa). Per permettere una tale ipotesi è necessaria una "lingua franca" per poterla esprimere, il concetto di "mistero" (nella sua accezione "spirituale") è una delle parole che mi viene in mente di questo ben poco fornito vocabolario di idee, a cui tuttavia mancano predicati e soggetti. Si possono creare infiniti rompicapo sfruttando questa incompatibilità, dal masso che Dio non può alzare etc.
Ciao InVerno. ;)
Ma così si ricade secondo me nella questione linguistica, cioè su come deve essere usato il termine "dio". Ma questo non può che essere una convenzione. Invece, ritornando alla questione che reputo qui centrale: è logicamente possibile che esista l'ente E e che esista anche il male?
Ciao Sariputra. (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/cheesy.gif)
Come dicevo, non è necessario che si definisca cosa sia male e bene. Poniamo che il fatto x è male secondo l'entità E onnipotente, onnisciente e infinitamente buona. Bene, x non può esisterete se esiste E. Questo è il nocciolo della quetione, non trovi?
Ma chi stabilisce che x è male per l'entità E ? Sempre e solo l'uomo secondo il suo giudizio su ciò che lui ritiene sia male anche per l'entità E. La teodicea può avere valore come confutazione degli attributi che l'uomo attribuisce all'entità E (onnipotenza, onniscienza, infinita bontà) e sempre e solo rispetto alla propria idea e definizione linguistica di onnipotenza, onniscienza e infinita bontà. Non ha alcun valore rispetto al 'mistero' privo di attribuzioni umane. Bisogna sgomberare il campo dalla teologia cristiana che tanti danni ha fatto. Basta inserire l'attributo di distruttore ( come nella visione vedica) e già la teodicea crolla.
E sì che ci sarebbero pure stati 'spunti' interessanti anche nella Bibbia: "I miei pensieri sovrastano i vostri pensieri"; "Io sono colui che è"; "Perché mi dite buono? Solo il Padre mio è buono" ( Interessante perché Yeoshwa prospetta un tipo di bontà qualitativamente 'diversa', inconcepibile, che solo il Padre possiede, non-umana e non solo riferibile all'esperienza umana della bontà), ecc.
Mah... Dire che "Dio è onnipotente, infinitamente buono..." non ci dice però come agisce.
Per esempio sul tema della libertà: supponiamo che Dio impedisse all'uomo di fare certe azioni... Si comporterebbe in modo errato o in modo giusto?
Se io costringo "X" (agente dotato di libertà di scelta) di scegliere quello che voglio io farei una cosa giusta o no?
E ora faccio casino introducendo il daoismo ma ahime mi vedo costretto a farlo. Nel daoismo il "saggio" non considera le "diecimila creature" come sue e per questo motivo non impone la sua volontà su di esse. Le lascia vivere (il che, nel caso umano, singifica anche lasciare la libertà di scegliere male). Secondo voi il saggio "daoista" è "buono", "malvagio", sia "buono" che "malvagio", nessuno dei due, perchè?
Il problema della teodicea è questo: noi ci costruiamo un concetto di bene e cerchiamo di "imporlo" a Dio. Se questo non ci soddisfa allora diciamo allora "Dio non esiste" (o peggio la posizione per cui "dio" è malvagio). Queste discussioni ci fanno capire cosa "buono" al "livello" divino non significa. Ma questo per un credente sarebbe troppo poco perchè d'altronde non può credere in un qualcosa di cui si parla solo in modo negativo. Così esiste anche il "lato catafatico" della teologia per cui invece noi sappiamo che Dio ha certe "caratteristiche", per cui ad esempio possiamo affermare che Dio è "più simile" all'"uomo buono" (d'altronde se saremo in Comunione con Dio e questo è descritto in modo positivo, mi aspetto che in un senso importante sia vero che "si sta bene"...) rispetto all'"uomo malvagio" (ossia la Comunione con Dio non mi farà star male...). La teodicea non regge perchè si dimentica il lato "apofatico" di tutta la questione...
Diciamo che è una proposizione logicamente indecidibile ;D
Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2017, 15:03:04 PM
Ciao Sariputra. (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/cheesy.gif)
Come dicevo, non è necessario che si definisca cosa sia male e bene. Poniamo che il fatto x è male secondo l'entità E onnipotente, onnisciente e infinitamente buona. Bene, x non può esisterete se esiste E. Questo è il nocciolo della quetione, non trovi?
Ma chi stabilisce che x è male per l'entità E ? Sempre e solo l'uomo secondo il suo giudizio su ciò che lui ritiene sia male anche per l'entità E.
Non condivido la risposta che ti sei data alla domanda. Io non stabilisco cos'è male o bene per E. Io dico che se E esiste allora non può essere nel mondo ciò che E considera male. Questa è l'argomentazione, nulla di più, nulla di meno. :D
Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2017, 15:03:04 PMLa teodicea può avere valore come confutazione degli attributi che l'uomo attribuisce all'entità E (onnipotenza, onniscienza, infinita bontà) e sempre e solo rispetto alla propria idea e definizione linguistica di onnipotenza, onniscienza e infinita bontà.
E' il contrario, la teodicea (cioè quella parte della teologia che vuole giustificare la presenza del male e l'esistenza di dio) non vuole confutare l'esistenza di E, se mai vuole confutare l'argomentazione di Epicuro.
Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2017, 15:03:04 PMNon ha alcun valore rispetto al 'mistero' privo di attribuzioni umane. Bisogna sgomberare il campo dalla teologia cristiana che tanti danni ha fatto.
Quindi sei d'accordo con me che non possono coesistere E e il male (secondo E) nel mondo?
Citazione di: Apeiron il 10 Ottobre 2017, 15:32:46 PM
Mah... Dire che "Dio è onnipotente, infinitamente buono..." non ci dice però come agisce.
Per esempio sul tema della libertà: supponiamo che Dio impedisse all'uomo di fare certe azioni... Si comporterebbe in modo errato o in modo giusto?
Se io costringo "X" (agente dotato di libertà di scelta) di scegliere quello che voglio io farei una cosa giusta o no?
Ok, tu suggerisci come via d'uscita al paradosso di Epicuro di slegare la morale dall'agire. Se la morale non mi costringe a raddrizzare i torti, allora vi può essere il male e dio non essere obbligato a reagire.
Quindi chi utilizza questa via d'uscita al paradosso, però deve accettare una morale nella quale non vi sia alcun obbligo di aiutare il prossimo, o in generale di diminuire il male nel mondo. Passeggio per strada, c'è qualcuno che sta per morire di sete, a me non costerebbe nulla dargli dell'acqua, ma lo lascio morire di sete. Non molti sarebbero disposti a tanto al solo scopo di evitare il paradosso di Epicuro.
Ma in realtà il paradosso non è evitabile neppure adottando questa tua strategia. Perché non si tiene conto che è E stesso che ha creato l'universo e le regole di questo. Quindi non è tanto l'atteggiamento del girare la testa dall'altra parte se qualcuno soffre (fatico a chiamare questo un comportamento "morale", ma non voglio addentrarmi su questioni etiche qui), ma è l'essere responsabile di com'è fatto il mondo, di come funziona, e quindi responsabile anche del male.
Quindi qui non si parla di due esseri umani che si incontrano, iniziano ad azzuffarsi e E non interviene. E' più una sorta di E che crea il cancro e lo libera contro gli esseri umani.
Citazione di: Apeiron il 10 Ottobre 2017, 15:32:46 PMIl problema della teodicea è questo: noi ci costruiamo un concetto di bene e cerchiamo di "imporlo" a Dio. Se questo non ci soddisfa allora diciamo allora "Dio non esiste" (o peggio la posizione per cui "dio" è malvagio). Queste discussioni ci fanno capire cosa "buono" al "livello" divino non significa.
Non esiste "buono a livello divino" o "buono a livello umano". Ipotizziamo che E esista, allora non può creare un mondo con il male (che sia divino o meno, l'importante è che sia ciò che E ritiene "male").
Poi, ripeto, la strada più semplice è dire: "Ok, Epicurus, allora ti dico che non c'è male nell'universo."
Perfetto, ai fini di questa discussione sarei appagato, infatti è proprio quello che ci dice il paradosso: o c'è il male o c'è E, ma non entrambi.
Non condivido la risposta che ti sei data alla domanda. Io non stabilisco cos'è male o bene per E. Io dico che se E esiste allora non può essere nel mondo ciò che E considera male. Questa è l'argomentazione, nulla di più, nulla di meno. (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/cheesy.gif)
E come fai a sapere ciò che E considera male? E' solo 'uomo che considera non possa esserci Dio se c'è quella cosa che lui ritiene o sente sia 'male'.
Un bimbo piange se viene sgridato dai genitori e pensa di subire un'ingiustzia, soffre e ritiene che sia un male. Viceversa per il genitore, che vede l'interesse generale del bimbo, l'atto educativo esercitato è per il bene e non per il male del bambino. Ora il bimbo può ritenere che il genitore sia malvagio, ma poi , quando crescerà comprenderà che non lo è. Esempio banale...
Quindi sei d'accordo con me che non possono coesistere E e il male (secondo E) nel mondo?
Non possono coesistere l'idea che ci facciamo di E e il male nel mondo secondo l'idea che ci siamo fatti di E. Ma l'idea che ci siamo fatti di E è falsa, illusoria o limitata. Cos'è il male per l'uomo non è cos'è il male per un ipotetico Dio. Se tu assolutizzi l'idea che l'uomo ha del 'male' e la proietti sull'idea che hai di un dio è una tua interpretazione. :)
Ritorno sulla mia personale convinzione che siamo troppo influenzati dall'idea paolino/platonica di Dio e infatti l'obiezione ha senso solo all'interno della cultura monoteistica abramitica in cui la morte viene opposta alla vita. In altre concezioni in cui la morte non è che un aspetto del divenire della vita non ha senso.
Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2017, 12:14:35 PM
Citazione di: epicurus il 10 Ottobre 2017, 11:41:19 AMLa penso come Sgiombo, quindi in contrapposizione con Aperion. Il famoso paradosso del mio omonimo (;D) è stringente, non c'è via di uscita. O Dio vuole abolire il male, e non può; oppure può, ma non vuole; oppure non può e non vuole. Se vuole, ma non può, è impotente. Se può, ma non vuole, è malvagio. Ma se Dio può e vuole abolire il male, allora perché c'è tanto male nel mondo? La questione non è se dio esiste o cosa si intende quando usiamo la parola "dio". Definiamo un ente come onnipotente, onnisciente e infinitamente buono. Ora, se esiste il male allora tale ente non può esistere. Questa è l'argomentazione. Quindi o sia accetta che il male non esista oppure che sia tale ente a non esistere. L'argomentazione per me è tra le cose più convincenti che potremo mai esibire su questioni "interessanti". Ricorrere al concetto di mistero è a dir poco forviante. Un conto è la semplice mancanza di spiegazione, ma qui abbiamo un'argomentazione forte e convincente della sua impossibilità. Se vogliamo mantenerci ragionevoli ciò ci dovrebbe portare a rifiutare che possa esistere un tale ente in contemporanea con il male nel mondo; se, invece, non ci interessa nulla della ragionevolezza e vogliamo credere a tutti i costi, nessun problema. Mi pare più pertinente ed interessante qui scoprire quali tesi siano ragionevoli, anziché convincere il prossimo a credere a tali tesi. Aperion, inoltre, non capisco quanto tu scrivi: <> Che cosa vorresti dire in questo caso? Inoltre, mi pare che rispondere a questo quesito con la tesi della divinità non personale o della moralità non umana sia non centrare il quesito, ma parlare d'altro. Può o non può esistere un ente onnisciente, onnipotente e infinitamente buono in un universo in cui c'è il male? Questo è il problema. :)
Io invece la penso come Apeiron, quindi in contrapposizioe a te e Sgiombo.
Tutta la tua argomentazione regge solo se definiamo "male" ciò che noi , esseri umani limitati, consideriamo come male.
Questo male però può non apparire (essere ritenuto) come male nel pensiero non-umano e non limitato di un ipotetico Dio. :)
CitazioneSe le parole hanno un senso, onnipotenza e infinita bontà non sono compatibili nemmeno con "un milligrammo", anzi nemmeno con "un infinitesimo" di male, e nemmeno per un' "infima durata transitoria" in attesa del "trionfo finale del bene assoluto (che però, per essere solo finale e non eterno, non potrebbe più essere assoluto: contraddizione!)"; anche ammesso e non concesso che si creda arbitrariamente in un indimostrabile "(preteso) trionfo finale del bene (contraddittoriamente) assoluto", che non é da razionalisti quale io (e credo di poter dire Epicurus) sono (siamo).
Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2017, 15:03:04 PM
Ma chi stabilisce che x è male per l'entità E ? Sempre e solo l'uomo secondo il suo giudizio su ciò che lui ritiene sia male anche per l'entità E. La teodicea può avere valore come confutazione degli attributi che l'uomo attribuisce all'entità E (onnipotenza, onniscienza, infinita bontà) e sempre e solo rispetto alla propria idea e definizione linguistica di onnipotenza, onniscienza e infinita bontà. Non ha alcun valore rispetto al 'mistero' privo di attribuzioni umane
CitazioneCarissimo Sari (ricambio l' amore, ovviamente solo platonico: siamo vecchi eterosessuali del tutto fuori dal tempo...) ma per intendersi bisogna usare termini dai significati definiti e non lasciati nella più totale vaghezza ("ciò che la divinità -o entità E- potrebbe ritenere sia male, diversamente dall' uomo"); e naturalmente -ma quest' ultima obiezione non la rivolgo a te- men che meno si possono usare parole "fumosamente" o "misteriosamente" reinterpretabili ad libitum, anche contraddittoriamente.
Altrimenti non sappiamo di che stiamo parlando.
Citazione di: Apeiron il 10 Ottobre 2017, 15:32:46 PM
Mah... Dire che "Dio è onnipotente, infinitamente buono..." non ci dice però come agisce.
Per esempio sul tema della libertà: supponiamo che Dio impedisse all'uomo di fare certe azioni... Si comporterebbe in modo errato o in modo giusto?
Se io costringo "X" (agente dotato di libertà di scelta) di scegliere quello che voglio io farei una cosa giusta o no?
CitazioneMa se Dio ci ha creati, allora, anche senza esercitare su di noi una (ulteriore) costrizione estrinseca, é sua totale responsabilità ciò che noi facciamo e ciò che noi non facciamo, sia che lo facciamo o meno indeterministicamente (é Lui che ha scelto di farci in modo tale che agiamo a casaccio), sia che lo facciamo o meno deterministicamente: é sempre Lui che ci ha fatto in modo tale che agiamo come agiamo).
Il problema della teodicea è questo: noi ci costruiamo un concetto di bene e cerchiamo di "imporlo" a Dio. Se questo non ci soddisfa allora diciamo allora "Dio non esiste" (o peggio la posizione per cui "dio" è malvagio). Queste discussioni ci fanno capire cosa "buono" al "livello" divino non significa. Ma questo per un credente sarebbe troppo poco perchè d'altronde non può credere in un qualcosa di cui si parla solo in modo negativo. Così esiste anche il "lato catafatico" della teologia per cui invece noi sappiamo che Dio ha certe "caratteristiche", per cui ad esempio possiamo affermare che Dio è "più simile" all'"uomo buono" (d'altronde se saremo in Comunione con Dio e questo è descritto in modo positivo, mi aspetto che in un senso importante sia vero che "si sta bene"...) rispetto all'"uomo malvagio" (ossia la Comunione con Dio non mi farà star male...). La teodicea non regge perchè si dimentica il lato "apofatico" di tutta la questione...
Diciamo che è una proposizione logicamente indecidibile ;D
CitazionePer me é invece decidibilissima in senso negativo: vedi la riproposizione da parte di Epicurus del noto ragionamento del suo antico omonimo.
Anche perché per poter parlare sensatamente (avverbio pleonastico) dobbiamo per forza "costruirci" da noi arbitrariamente i concetti che usiamo: possimo ragionare solo su questi, e non su fantomatici "concetti propri di una mente divina" e a noi ignoti.
@sgiombo e @epicurus
"Razionalismo" non significa ritenere che i concetti che noi produciamo siano universalmente validi. Se non si riesce a capire la differenza tra "eguaglianza" e "somiglianza" non arriveremo mai a capirci. Sinceramente non mi pare una posizione meno "razionalista" di chi insiste sulla stretta uguaglianza (ma questa NON è una prova dell'esistenza di Dio ovviamente).
Qualcuno trova difficile la possibilità di realtà trascendenti. Comprensibile ma questo non significa che chi le ritiene possibili sia "irrazionale".
Per quanto riguarda la "morale" e l'agire nell'esempio del "saggio daoista"... beh in un certo senso "lasciare" libero è "agire".
Altro esempio: una retta potrebbe essere vista come una circonferenza di raggio infinito. Assurdo? Sì. Ma tant'è... E viceversa mandando il raggio di una circonferenza all'infinito... ogni punto dello spazio diventa il "centro". Assurdo? Sì.
Razionalità è anche vedere i limiti della ragione stessa. I suoi confini. Il suo perimetro se così si può definire. Ora, sarebbe perfettamente assurdo usare un cucchiaino da caffè per scavare un canale o un bacino idrico. Per l'eventuale credente in un ipotetico Dio o in una dimensione trascendente significa ritenere che bisognerebbe disporre almeno di un escavatore per una simile opera. E' in questo senso, suppongo, che va interpretata la famosa frase biblica "I miei pensieri sovrastano..."
Se invece un razionalista ritiene che non è accettabile nulla che non sia dimostrabile e verificabile dalla ragione umana posso solo dire: "Bien" parafrasando un famoso pilota asturiano... ;D
Se mi trovo in una giungla e vengo assalito da una tigre, il mio bene sarà riuscire a sfuggirle. Per la tigre però sarà il suo male, visto che non avrà di che mangiare.
Ciò che l'uomo vede come suo bene o come suo male, potrebbe non essere quello che un ipotetico Dio considera come il suo bene o il suo male ( disponendo dell'escavatore...).
Quindi non penso ci sia vaghezza , ma tentativo di uscire dalla limitata prospettiva umana ( eppur si sale intravvedendo il profilo del prossimo scalino...questa sì che è vaga... :)).
Citazione di: Apeiron il 10 Ottobre 2017, 19:51:26 PM
@sgiombo e @epicurus
"Razionalismo" non significa ritenere che i concetti che noi produciamo siano universalmente validi. Se non si riesce a capire la differenza tra "eguaglianza" e "somiglianza" non arriveremo mai a capirci. Sinceramente non mi pare una posizione meno "razionalista" di chi insiste sulla stretta uguaglianza (ma questa NON è una prova dell'esistenza di Dio ovviamente).
CitazionePerfettamente d' accordo (altro motivo per berci su ...ma senza esagerare; lo dico anche per dovere, da medico sia pure in pensione).
Qualcuno trova difficile la possibilità di realtà trascendenti. Comprensibile ma questo non significa che chi le ritiene possibili sia "irrazionale".
CitazioneCerto che no.
Fra l' altro anch' io, nel mio piccolo, ritengo possibili (e credo; indimostrabilmente, per fede esistano) realtà trascendenti (sarei condannato al solipsismo, se lo negassi).
Per quanto riguarda la "morale" e l'agire nell'esempio del "saggio daoista"... beh in un certo senso "lasciare" libero è "agire".
Altro esempio: una retta potrebbe essere vista come una circonferenza di raggio infinito. Assurdo? Sì. Ma tant'è... E viceversa mandando il raggio di una circonferenza all'infinito... ogni punto dello spazio diventa il "centro". Assurdo? Sì.
CitazioneNo, non credo sia assurdo (sono i paradossi, inevitabili, dell' infinito).
... contrariamente all' esistenza di un Dio onnipotente e infinitamente buono coesistente col male (per quanto in misura infima e di durata effimera, e tale non per tutti).
Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2017, 20:06:38 PM
Razionalità è anche vedere i limiti della ragione stessa. I suoi confini.
CitazionePerfettamente d' accordo!
...ma adesso cerchiamo di non ubriacarci.
Il suo perimetro se così si può definire. Ora, sarebbe perfettamente assurdo usare un cucchiaino da caffè per scavare un canale o un bacino idrico. Per l'eventuale credente in un ipotetico Dio o in una dimensione trascendente significa ritenere che bisognerebbe disporre almeno di un escavatore per una simile opera. E' in questo senso, suppongo, che va interpretata la famosa frase biblica "I miei pensieri sovrastano..."
Se invece un razionalista ritiene che non è accettabile nulla che non sia dimostrabile e verificabile dalla ragione umana posso solo dire: "Bien" parafrasando un famoso pilota asturiano... ;D
CitazioneFernando Alonso?
Se mi trovo in una giungla e vengo assalito da una tigre, il mio bene sarà riuscire a sfuggirle. Per la tigre però sarà il suo male, visto che non avrà di che mangiare.
Ciò che l'uomo vede come suo bene o come suo male, potrebbe non essere quello che un ipotetico Dio considera come il suo bene o il suo male ( disponendo dell'escavatore...).
Quindi non penso ci sia vaghezza , ma tentativo di uscire dalla limitata prospettiva umana ( eppur si sale intravvedendo il profilo del prossimo scalino...questa sì che è vaga... :)).
CitazionePerò il prefisso"onni-" e l' avverbio "infinitamente" impongono che non esista alcun male in assoluto (né per Dio, né per noi, né per nessun altro, in nessun senso).
Citazione di: epicurus il 10 Ottobre 2017, 14:16:58 PM
Ciao InVerno. ;)
Ma così si ricade secondo me nella questione linguistica, cioè su come deve essere usato il termine "dio". Ma questo non può che essere una convenzione. Invece, ritornando alla questione che reputo qui centrale: è logicamente possibile che esista l'ente E e che esista anche il male?
Solo se si rinuncia alla sua capacità di governo del mondo, le supposizioni della teodicea sono tre, rinunciare all'infinità bontà significherebbe rinunciare al significato convenzionale della parola "dio", rinunciare al fatto che esista il male nel mondo significa rinunciare al significato convenzionale di "male", entrambe sono fondative della questione. Rinunciare al "governo di Dio" equivale rinunciare alla sua possibilità di azione che è esattamente il problema iniziale, il "deus imperator". Altre possibilità sono limitare il governo di Dio (dandone una fetta a Satana, che così lo equivale logicamente in un biteismo alquanto bizzarro) o limitare la portata del male (come quel vescovo che aveva visto "possibilità educative" in un uragano che aveva falcidiato Cuba). Sono entrambe soluzioni di
gran moda, anche perchè entrambe forniscono al credente la possibilità di stabilire il limite morale (del governo o del male rispettivamente) e perciò sostituirsi a Dio. Tuttavia, a tutto ciò che si ritiene infinito non si può logicamente aggiungere o sottrarre niente, salvo avere un campo logico dove esso sia possibile e che perciò non avrebbe logica, ovvero che Dio sia un folle, incapace di rispettare alcun tipo di logica e rispettandole tutte allo stesso tempo.
Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2017, 20:06:38 PMRazionalità è anche vedere i limiti della ragione stessa. I suoi confini. Il suo perimetro se così si può definire. Ora, sarebbe perfettamente assurdo usare un cucchiaino da caffè per scavare un canale o un bacino idrico. Per l'eventuale credente in un ipotetico Dio o in una dimensione trascendente significa ritenere che bisognerebbe disporre almeno di un escavatore per una simile opera. E' in questo senso, suppongo, che va interpretata la famosa frase biblica "I miei pensieri sovrastano..." Se invece un razionalista ritiene che non è accettabile nulla che non sia dimostrabile e verificabile dalla ragione umana posso solo dire: "Bien" parafrasando un famoso pilota asturiano... ;D Se mi trovo in una giungla e vengo assalito da una tigre, il mio bene sarà riuscire a sfuggirle. Per la tigre però sarà il suo male, visto che non avrà di che mangiare. Ciò che l'uomo vede come suo bene o come suo male, potrebbe non essere quello che un ipotetico Dio considera come il suo bene o il suo male ( disponendo dell'escavatore...). Quindi non penso ci sia vaghezza , ma tentativo di uscire dalla limitata prospettiva umana ( eppur si sale intravvedendo il profilo del prossimo scalino...questa sì che è vaga... :)).
Concordo con quanto dice @Sariputra.
@Sgiombo ed @epicurus: la vostra argomentazione è corretta. Sono le premesse discutibili. Non credo di continuare
per ora la discussione perchè non mi viene in mente nulla di nuovo da dire per "favorire" la posizione a voi "contraria". E per farlo dovrei ripetere gli stessi concetti che ho già scritto, quindi ritengo che ciò sia inutile. Probabilmente non mi esprimo io chiaramente.
Per quanto riguarda gli esempi geometrici ammetto di aver fatto una brutta figura (capita quando uno cerca a forza di fare paragoni...). Sarebbe stato meglio questo: non si può utilizzare la geometria del piano per dare una descrizione di quella dello spazio tridimensionale (per non tirar fuori Flatlandia). Per fare un esempio fisico: è come parlare dei fenomeni di fisica della materia utilizzando la fisica della teoria dei campi quantistici (anzi a volte usano lo stesso sistema di calcolo). Ci sono interessanti somiglianze, connessioni veramente inattese e che mi lasciano estasiato, ma non si può davvero comprendere una utilizzando i concetti dell'altra. Ma anche questi paragoni "scientifici" non riescono completamente a rendere l'idea. (E idem il discorso del "daoista" che ha creato più confusione che altro)
Su questo tema trovo interessante questo sito: http://www.roangelo.net/logwitt/goats-man-and-god.html (purtroppo è in inglese). Una lettura interessante e anche se non condivido in toto quello che c'è scritto (ossia non metto il link per dire che quella è la mia opinione ;)) è un interessante punto di vista.
Probabilmente non so argomentare bene. Se non sono riuscito a dare un minimo di "credibilità" (ossia per non far ritenere completamente assurda una posizone che ho cercato di difendere) con le mie argomentazioni lascio fare ciò a qualcun altro.
Se mi verranno altre idee e se riuscirò ad esprimerle meglio tornerò su questo argomento. Altrimenti lascio così com'è la mia argomentazione ;)
(portate pazienza ma non so veramente cosa aggiungere. Se aggiungessi qualcosa magari sarebbero cose senza senso o sarebbero causa di lunghi equivoci, quindi preferisco prendermi una pausa da
questa discussione. Ci ritornerò quando sarò più fresco
e avrò idee nuove e/o nuovi metodi per esprimermi meglio).
@Sariputra "Ritorno sulla mia personale convinzione che siamo troppo influenzati dall'idea paolino/platonica di Dio e infatti l'obiezione ha senso solo all'interno della cultura monoteistica abramitica in cui la morte viene opposta alla vita. In altre concezioni in cui la morte non è che un aspetto del divenire della vita non ha senso." Qui non capisco io cosa intendi, quindi se ti va ti chiedo di approfondire la questione ;D posso concordare che una mentalità greco-romana (più che "platonica") e la mentalità abramatica siano talvolta molto difficili da conciliare (vedi le obiezioni che fai alla teodicea...) ma non capisco perchè scrivi questa nota sulla "vita e la morte" (la "morte" è negativa un po' per tutte le tradizioni antiche) e non capisco perchè eguagli la mentalità greco-romana e quella paolina.
@Inverno: riguardo al "Governo di Dio" possono valere gli stessi discorsi che abbiamo cercato di dire io, Sariputra e Acquario.
L'argomento è molto interessante, le domande poste sono quelle che l'uomo si pone dalla sua venuta sulla terra.
Io senza andare a disturbare i filosofi porrei la questione su due ipotesi:
- siccome l'esistenza di Dio non è dimostrabile, ma è solo una questione di fede, quindi per chi crede Dio è buono, molto buono, infinitamente buono, però mette alla prova il credente, vuole che gli si dimostri una fede assoluta, vedi Giobbe citata da qualcuno in precedenza, e poi anche Abramo, per fare qualche es. a lui vine chiesto di sacrificare il suo unico figlio atteso da tantissimo tempo, e questo sacrificio è una forte contraddizione rispetto alle promesse ricevute da Abramo.
Il male ed il bene coesistono perché esiste il libero arbitrio, nessuno si deve mettere di mezzo, l'uomo è pur libero di fare la sua scelta.
-però è anche pur vero, come diceva chi ha posto la questione, che il mondo è una giungla, in cui ci si dimentica di Dio, oppure lo si nega del tutto. E' una giungla perché volente o nolente l'uomo è un animale e come tale si comporta, così come si comportano le bestie, ci sono bestie mansuete, e bestie feroci, né più né meno, e tutti lottano per la sopravvivenza.
Ma allora l'uomo non ha speranza?
Il credente ha fede nella ricompensa che in qualche modo ci sarà dopo la morte.
il non-credente se ne farà una ragione, quando è morto è morto e buonanotte al secchio.
Salve. La domanda "Dio esiste ed è buono o forse cattvo o forse indifferente" viene qui posta in termini logici e l'aventuale risposta va ricercata quindi solo all'interno della logica. In termini fidestici il quesito non si pone poichè il credere ciecamente nell'esistenza di Dio elimina automaticamente ogni considerazione etica circa i suoi attributi umanamente interpretabili (tra cui appunto la sua eventuale bontà, malignità od indifferenza). Per il credente, Dio è la fonte e la personificazione dell'etica nei suoi aspetti assoluti ed assolutamente benefici.
In chiave logica pertanto Dio potrà essere buono, malefico od indifferente solo esistendo. Quindi in questa discussione il presupposto è che Dio esista.
Perchè Dio possa venir considerato buono, egli deve necessariamente :
- avere natura umana, poichè la bontà è concetto umano che non ha un senso al di fuori di una considerazione umana di atti, volontà, comportamenti che vengano trovati "buoni".
- i suoi atti e comportamenti devono essere tali da venir trovati utili alla soddisfazioni dei bisogni e desideri umani.
Perchè Dio possa venir considerato malefico, egli deve necessariamente :
- avere natura umana, poichè il male è concetto umano che non ha un senso al di fuori di una considerazione umana di atti, volontà. comportamenti che vengano trovati "cattivi".
- i suoi atti e comportamnenti devono essere tali da venir trovati di ostacolo ai bisogni e desideri umani.
Perchè Dio possa venir considerato indifferente, egli deve necessariamente celarsi all'uomo, poichè se si manifestasse agli umani il suo manifestarsi verrebbe giudicato dagli umani come bontà o come malvagità a seconda delle diverse circostanze in cui egli appunto sta manifestandosi.Ovviamente il fatto che egli appunto si manifesti esclude una sua indifferenza.
Un Dio ondivago che si manifesti benefico ora con qualcuno e magari malefico dopo e con qualcun altro non permetterebbe di rispondere al quesito che ci siamo posti, in quanto impedirebbe di stabilire l'ESSENZIALE natura etica dei suoi comportamenti.
Poichè attraverso la struttura logica della domanda che ci siamo posti abbiamo logicamente presupposto che egli esista, risulterebbe però anche che Egli si manifesta in modo ondivago (i suoi atti benefici sarebbero grazie, miracoli,, poteri consolatorii, come testimoniato da moltissimi - i suoi atti malefici sarebbero l'esistenza dell'ingiustizia e delle sciagure e del dolore, come testimoniato da altrettanti moltissimi).
La conclusione razionalistica è che Dio, se esiste, ha un comportamento del tutto incomprensibile dal punto di vista umano. In ciò concordando con la conclusione fideistica, che attribuisce a Dio imperscutabilità e superiorità tali da renderlo un Essere Sovra- (Extra- ??)umano.
Diò è come sembra a ciascuno di noi.
Dio essendo onnisciente ed onnipatico non può essere altrettanto un sadico per due ragioni:
1. Se Dio ha come qualità l'onnipatia, la capacità di percepire le sensazioni, sentimenti e dolori di tutti gli esseri viventi, recar del male ad essi equivarrebbe ad un atto di masochismo, quindi Dio più che sadico risulta masochista. Anche se per speculazione di puro gusto antitetico supponiamo che Dio non è onnipatico, allora ciò significherebbe che non è neanche onnisciente, dato che un essere onnisciente deve conoscere i sentimenti di tutti servendosi dell'onnipatia.
2. Dio è perfetto, trascende l'imperfezione del mondo, e la malvagità è figlia delle imperfezioni del mondo, di un dato sistema. Si ruba perché esiste la povertà, si invidia perché esiste l'inferiorità, una tigre uccide una lepre perché ha fame ed il suo corpo se non si alimenta muore. Se il mondo non avesse problemi neanche la malvagità avrebbe senso di esistere. Se Dio è malvagio allora ha dei difetti, problemi, bisogna assumere per dato fatto che Dio è un essere imperfetto, ma a questo punto perde la sua qualità divina.
Dio non è neanche buono, dato che la bontà esiste per risolvere i problemi, si pone come soluzione, ed un essere divino non ha problemi, non conosce la bontà, non riconosce problemi negli esseri imperfetti, perché solo un essere imperfetto riconosce nell'altro i difetti e problemi. Quindi Dio non riesce a capire le imperfezioni del suo creato, pensa che siano perfetti come lui, presupponendo giustamente che un essere perfetto non ha problemi e non li riconosce in sè, come può per ipotesi riconoscere i problemi negli altri?
Dio è incurante nei confronti del suo creato, crea per emanazione senza una precisa volontà che la detti, senza che Dio dia dei giudizi sulla sua opera. Semplicemente inventa e basta.
Tutte queste domande sulle proprietà che dovrebbe avere Dio portano con se sempre molte contraddizioni poichè credo si dia ad ogni proprietà un valore approsimato. Si crede in fondo che esse siano assoluti ma in fondo a ben vedere ogni criterio è abbastanza relativo.
Dio è infinitamente buono? Che vuol dire? Per molti vorrebbe dire che Dio dovrebbe bloccare la violenza al suo nascere. Che dovrebbe cercare di non far soffrire nessuno ecc. Io che non sono mai stato un filosofo (e magari sono pure contento) ho sempre creduto che essere infinatemente buono vuol dire perdonare infinitamente ogni tipo di violenza. Per cui il male non è un oggetto da bloccare, perche vorrebbe dire usare altra violenza.
Dio potrebbe, essendo onnipotente, bloccare la violenza, ma a quel punto il suo creato non sarebbe piu a sua immagine e somiglianza, in quanto lui è infinitamente buono e perdona infinatemante il male. Ciò significa che il male è una delle caratteristiche di Dio, che però sceglie infinitamente il bene.
Per cui alla domanda: Dio potrebbe essere malvagio? Io risponderei Si, siccome però è infinitamente buono non è malvagio.
L'unica proprietà di cui dubito e che viene data Dio è essere onniscente. Dopo aver creato il mondo egli era gia a conoscenza del male, anzi ancora prima di crearlo avrebbe potuto conoscere il risultato. Perchè allora crearlo? Se Dio avesse conosciuto in anticipo il comportamento dell'uomo le domande che io mi pongo sono: ma sono in realtà libero di scegliere il bene o il male anche qualora Dio fosse gia a conoscenza della mia decisione? A quel punto si concluderebbe con una sorte di determinismo divino che rende la nostra scelta, ai suoi occhi, inifluente. Per cui inutile.
Mesi fa ero qui intervenuto (
questo è il mio primo post) utilizzando un approccio logico, sulla scia del famoso paradosso di Epicuro.
Però ora vorrei proseguire un approccio diverso, diciamo uno linguistico. Per iniziare, vorrei sapere da voi che cosa significa il termine "essere buono" e, nello specifico, "essere infinitamente buono". :)
Dio secondo la Bibbia è giusto e amorevole e perdona, ma è anche un fuoco consumante, se non fosse giusto perdonando chi fino all'ultimo si ostina a peccare, non sarebbe Dio in quanto sarebbe come dire, "di parte"
Citazione di: Domingo94 il 16 Gennaio 2018, 17:01:21 PM
Dio secondo la Bibbia è giusto e amorevole e perdona, ma è anche un fuoco consumante, se non fosse giusto perdonando chi fino all'ultimo si ostina a peccare, non sarebbe Dio in quanto sarebbe come dire, "di parte"
Salve a tutti.
Presumendo che esista, Dio volta il capo dall'altra parte,ignorando quelli che ama chiamare "suoi figli" lasciando che si perdano nella distretta lavandosene le mani.Dio, l'alto ricetto ,lo "scudo" dietro il quale gli uomini cercano riparo alle loro miserie , chiedendo giustizia e supporto è in un certo modo sordo, La richiesta di quella giustizia divina sostituta ,quando necessita di quella terrena decade inesorabilmente nel nulla, sempre che non si adducano a Dio quegli eventi imprevisti capaci di rivoluzionare la sorte in bene o in male , Egli è divinamente nascosto, allo stesso tempo è dovunque, almeno così dovrebbe essere.La mente razionale nel contesto di Dio verso l'uomo con i presupposti che sappiamo rimane in cerca di conferme.Di fatto, ognuno lo percepisce a seconda della propria dimensione cristiana.Cercare di ottenere risposte esaustive è impossibile
Difatti la fede consiste anche in questo, non potremo mai capire il tutto fino a quando saremo in un corpo di carne, non resta che affidarci a LUI