L'uomo vive esclusivamente per fugare il dolore e quindi ricercare il piacere. Dato che la metafisica è un'anticaglia superata, un'alterità non conoscibile, e la religione una scienza timida e balbettante, come la definiva Frazer nel Ramo d'oro... che cosa rimane di profondo all'individuo? L'individuo è privo di scopi, senso e profondità. Non ha una componente spirituale nella vita e là dove ne possiede una, questa è saldamente ancorata a quella materiale. Allora possiamo dire senza tema di errore che Valla, filosofo del primo rinascimento, non si sbagliava quando diceva che il ''piacere è l'unico fine possibile di tutte le attività umane''? Che tutte le arti liberali, dalla medicina, alla giurisprudenza, alla poesia, all'oratoria alla stessa filosofia hanno tutte per fine il piacere (o almeno l'utilità, che è ciò che conduce al piacere)? Anche il cristianesimo ha per fine il piacere; tuttavia non quello mondano, quello oltramondano. Il religioso è proiettato nell'aldilà: rinuncia al piacere del corpo solo in quanto tende a quello celeste. D'altronde non erano proprio le Sacre Scritture a parlare di piacere beatifico, eterno, dell'ineguagliabile sensazione di felicità con la quale si viene ricompensati quando si schiudono le porte del Regno celeste? E non era quel moralista di Platone - padre illegittimo del cristianesimo - a dire nelle Leggi che la vita giusta e santa è anche la più piacevole? Come vedete c'è solo una costante: il piacere. Esiste anche altro? O il riduzionismo edonistico del Beccaria ''siamo fluidi alla costante ricerca del piacere, intesa quale fuga dal dolore'' è l'unica chiave interpretativa possibile di un'umanità che brancola nel nulla?
Secondo me, dovremmo considerare che l'amore muove ogni cosa.
La natura, in tutte le sue manifestazioni, è frutto dell'amore.
Perciò anche la ricerca del proprio piacere altro non è che una espressione dell'amore.
Ma non è comunque l'unica.
Perché il fine dell'amore è l'Uno.
L'amore infatti si evolve nella sua continua ricerca.
La prima fase di questa ricerca non può che essere amore per se stessi.
Tuttavia a questa fase ne seguono altre, perché l'amore resta insoddisfatto.
Fino a concludersi nel suo annullamento nell'Uno.
Benvenuto a Gennaro, innanzitutto. Dire che l'uomo cerca esclusivamente il piacere è tautologico, poiché, a meno che non si sia attratti dalla ricerca del dispiacere, ognuno di noi fa quello che può per vivere nel migliore dei mondi possibili. È più interessante e meno tautologico distinguere cosa piace a chi. Poiché è ben diverso il piacere posticipato di comprare una casa con i propri risparmi dopo 40 anni oppure darsi alla bella vita e fare serata. Affermare che l'uomo è alla sola ricerca del piacere o non significa nulla (nel migliore dei casi) o serve per giustificare ex post le proprie nefande inclinazioni al piacere.
Ciò che insegna la migliore filosofia (e psicoanalisi) è che si può ottenere un maggior livello di piacere proprio reprimendo la continua ricerca del piacere. A questa via si oppone però la macchina desiderante del consumismo e della sottostante struttura capitalistica. Si deve cercare il piacere materiale, anche quello più insulso, per mantenere a pieno regime il circo in cui siamo immersi fin dalla più tenera età.
Ciao Jacopus. Solo qualche osservazione: ''a meno che non si sia attratti dalla ricerca del dispiacere, ognuno di noi fa quello che può per vivere nel migliore dei mondi possibili''. Anche in quel caso si tratta di ricerca del piacere, in quanto ''si è attratti'' (parola chiave) dalla ricerca del dispiacere. Se io sono attratto da ciò che dispiace, lo sto comunque cercando perché mi piace, dunque anche in quel caso vi è una ricerca edonistica. Si riconferma il discorso di Valla: tutto è piacere. A buon diritto si potrebbe parlare di ''panedonismo'' antropologico. Non c'è una sola azione umana che non sia finalizzata all'edoné. Riflettici. Esiste una sola azione umana che non sia orientata all'autosoddisfacimento? Pertanto affermare che l'uomo è alla sola ricerca del piacere significa tutto, altro che nulla. La mia domanda virava verso altre direzioni, comunque, e andava più o meno decodificata nel seguente modo: poiché la metafisica è stata demolita, come la religione, e qualsivoglia altro sistema di 'senso', che cosa rimane all'individuo? Mi stavo chiaramente riferendo a quel passo dell'Umano, troppo umano in cui Nietzsche afferma: "La morale, in quanto dovere, è stata distrutta dalla nostra visione delle cose, e così pure la religione" (...) "La conoscenza può lasciar sussistere come motivi solo il piacere e il dolore" (...) "Tutta la vita umana è immersa nella menzogna". Insomma, date le premesse, sono giuste le conclusioni? Io trovo di sì, sennonché il sopracitato Nietzsche si è - a mio modesto avviso - contraddetto lanciando la figura dell'oltreuomo. Ma questo è un altro argomento. Grazie comunque per la risposta.
@Gennaro. Il "non significa nulla" da me scritto relativamente al principio edonistico è in completo accordo con quanto tu scrivi, ma a mio parere è come dire che il sole è una stella perché è una stella. Ed anche la metafisica e la religione sono la ricerca edonistica di un piacere, perfino il masochista cerca il piacere. Il confine del piacere è la morte e pertanto la vita è sempre intimamente connessa con il piacere. Ma non esiste solo un piacere. Si potrebbe dire che vi sono piaceri più o meno evoluti eticamente. Se di bypassa questo passaggio, il piacere diventa un po' come la notte in cui tutte le vacche sono nere.
Benvenuto Gennaro.
Ma , secondo me dovremmo focalizzare meglio l'origine della nostra preoccupazione di essere ''una umanità che brancola nel nulla''.
Potrebbe anche essere che brancoliamo nel nulla, ma perchè ci preoccupa così tanto?
Se riusciamo a comprendere l'origine di questa preoccupazione forse possiamo meglio sviluppare il tema senza condannarlo necessariamente a un pessimismo cosmico.
Insomma stiamo dicendo che il nostro problema non ha soluzione, come se conoscessimo bene l'origine del problema. Ma è proprio così?
Il problema della ricerca di un senso nella vita non è un problema della vita se non per quella parte di vita consapevole.
E quale problema risolverebbe il trovare, o il credere di trovare, il senso della vita?
Risolverebbe il problema che ha l'essere consapevole, che è quello di dover prendere decisioni, perchè una volta conosciuto quel senso certamente tenderebbe a conformare le sue decisioni a quel senso, togliendosi di dosso le pesanti responsabilità che gli derivano dall' essere consapevole.
Le sue decisioni tenderebbero a divenire di fatto ''non decisioni'', e pur restando un essere consapevole di fatto non lo sarebbe più.
Un inutile spreco di consapevolezza.
Non sarà che il paradiso promesso in altra vita non sia per alcuni invece in questa, laddove si senta, almeno potenzialmente, sollevato dalla responsabilità di dover decidere, sapendo in partenza, perchè vi pone fede, quale sarà sempre la decisione giusta, provando quindi la beatitudine di sentirsi sollevato da un opprimente peso?
La filosofia negli ultimi secoli ha lavorato alla distruzione delle risposte fornite da metafisica e religione.
Poi è passata alla domanda. Alla domanda sul senso (forma contemporanea minimalista che racchiude le categorie della filosofia classica: finalismo, totalità, etc.). E ha iniziato a mostrare che tale domanda viene essenzialmente da fraintendimenti linguistici o da un'eredità culturale che si presenta sotto forme diverse che non sono state ancora del tutto smascherate.
Il mio interrogativo (forse un po' ingenuo) è il seguente: e se invece la domanda fosse legata in modo ineludibile a ciò che è l'uomo? Al di là della sua particolare cultura, religiosa o metafisica.
Se fosse una costante "eterna" e interculturale che poi assume forme storiche relative e come tali certamente superabili, ma senza che questo comporti la presenza di un cammino che necessariamente porti verso la risposta definitiva?
In questo caso la serietà della domanda ci impegnerebbe in una ricerca filosofica, spirituale, possibile solo accantonando l'immediata ricerca del piacere.
Il piacere della ricerca ?
"Piacere" è un termine polisemico con molti significati: piacere sensoriale, soddisfazione interiore, sollievo, gioia altruistica e altri. Dire che la vita è solo ricerca del piacere non vuol dire molto se consideriamo che c'è un'enorme differenza tra un significato e l'altro. Possiamo considerare sullo stesso piano il piacere provato dallo psicopatico nell'ammazzare qualcuno è la soddisfazione provata dal medico che riesce a salvare una vita? Evidentemente no. Spesso poi ci dimentichiamo che la vita non è solo piacere o dolore ma anche una quantità di tempo fatto da sensazioni neutre che non ci procurano dolore o piacere e che scorrono come un fiume di cui raramente siamo consapevoli, essendo irretiti dalle sensazioni che colpiscono di più la nostra attenzione.
Citazione di: Kobayashi il 07 Febbraio 2023, 07:45:06 AMLa filosofia negli ultimi secoli ha lavorato alla distruzione delle risposte fornite da metafisica e religione.
Poi è passata alla domanda. Alla domanda sul senso (forma contemporanea minimalista che racchiude le categorie della filosofia classica: finalismo, totalità, etc.). E ha iniziato a mostrare che tale domanda viene essenzialmente da fraintendimenti linguistici o da un'eredità culturale che si presenta sotto forme diverse che non sono state ancora del tutto smascherate.
Il mio interrogativo (forse un po' ingenuo) è il seguente: e se invece la domanda fosse legata in modo ineludibile a ciò che è l'uomo? Al di là della sua particolare cultura, religiosa o metafisica.
Se fosse una costante "eterna" e interculturale che poi assume forme storiche relative e come tali certamente superabili, ma senza che questo comporti la presenza di un cammino che necessariamente porti verso la risposta definitiva?
In questo caso la serietà della domanda ci impegnerebbe in una ricerca filosofica, spirituale, possibile solo accantonando l'immediata ricerca del piacere.
Si appunto, io proverei ad uscire dal comprensibile pessimismo del non riuscire trovare un senso duraturo, concentrandomi sulle conseguenze del credere di possedere un senso nel tempo in cui dura la fede in esso.
Postulerei quindi che:
1. la vita non ha necessariamente bisogno di un senso per proseguire.
O se si preferisce lascia aperto ogni possibile senso, non possedendone quindi alcuno in particolare.
1a) Quanti più individui compongono la vita, tanti più sensi la vita possiede contemporaneamente, seppur sempre in via temporanea.
2. La vita procede in senso evoluzionistico, che è il senso di cercare di sopravvivere al caso.
3. la vita stessa, nella sua forma consapevole, è capace di generare il caso, senza attenderlo, ponendo fede in qualcosa, che è però a tutti gli effetti una credenza presa a caso.
La vita consapevole si allena agli effetti del caso provocandolo.
E' appunto questa capacità di produrre il caso giocando a dadi che caratterizza la vita consapevole, dove ad ogni lancio esce un senso della vita.
Prenderei quindi la cosa con positiva leggerezza, cercando di godersi il gioco, dove il gioco è uno di quei tanti piaceri che fanno si che non si possa caratterizzare in modo troppo schematico e semplicistico il piacere, come dice Jacopus, traendone affrettate e catastrofiche conseguenze, col rischio di interrompere il gioco ponendo fine alla propria esistenza, quando magari il senso della vita, per chi ci crede, era proprio all'angolo dopo.
Penso che si confonda la ricerca del piacere "in sé e per sé", con una ricerca "critica" del piacere, una ricerca che al contempo critica l'idea stessa di piacere, cercando di affinare la propria sensibilità alla ricerca del "vero piacere". L'accusa che si muove alla ricerca del piacere, mi pare, è il suo essere "istintuale" infatti spesso accomunata con l'essere "animale", tuttavia ci si dimentica che è mediato attraverso ragione. Durante la vita cambiamo continuamente e criticamente la nostra idea di piacere, è uno sforzo quotidiano che comincia probabilmente nell'adolescenza e accompagna alla bara, lo trovo molto poco istintuale ed animale, quanto spirituale. Il chiedere se è "unica", come delusi dalla mancanza di un alternativa, mi pare strano, perchè bisorebbe aver due teste per poter ragionare anche un alternativa, con l'unica testa che mi ritrovo ho già molti problemi a risolvere il problema del piacere.
Citazione di: GennaroDeSia il 06 Febbraio 2023, 19:12:35 PM''siamo fluidi alla costante ricerca del piacere, intesa quale fuga dal dolore'' è l'unica chiave interpretativa possibile di un'umanità che brancola nel nulla?
Il piacere, con le doverose distinzioni già ricordate da
Pio, è sicuramente il movente dell'uomo in quanto "animale edonistico" (se ne parlava anche in altro topic); ovviamente ci sono piaceri naturali-sensoriali, piaceri socialmente indotti, piaceri psicologici (ricompensa, dopamina, etc.), etc. ma il piacere resta "la carota" che ci orienta verso il futuro. Non è un caso che il dovere si presenti sempre connesso alla minaccia della negazione del piacere: «se non fai ciò che devi, ne ricaverai conseguenze non piacevoli» (siano esse una sculacciata, una nota sul registro, una multa, il carcere o l'inferno). Funziona con gli animali da ammaestrare e funziona con l'uomo in quanto animale, soltanto che in questo caso la manipolazione può raggiungere livelli cognitivi e inconsci più complessi (v. neuromarketing, etc.).
Partendo da questo
fattuale ambire al piacere, non colgo pienamente il passaggio al "brancolare nel nulla": nel momento in cui si ha una direzione, una meta, non si brancola, ed essendoci appunto "la carota" da inseguire non si è persi nel "nulla". Il
giudizio su tale direzione e tale meta potrebbe svilirli in "nulla"
valoriale solo partendo dal presupposto che i "veri valori" da perseguire siano quelli del cielo della metafisica e della religione, di cui hai già detto tutto l'
attualmente necessario. Passando dal livello individuale a quello sociale, l'umanità ha imparato ovunque a strutturarsi in modo non brancolante; magari si può
giudicare male qualche struttura, ma non a caso lo si farà basandoci su ciò che... ci piace (anche se probabilmente "eleveremo" tale «mi piace» ad un impersonale «è giusto», saltando dall'estetica-edonistica all'etica, più o meno metafisica... perché così
ci piace fare).
L'uomo soggiace alle stesse regole di tutto cio' che lo circonda , ossia persegue , con le capacita' che gli sono proprie , il proprio "benessere"ed in subordine la sopravvivenza ossia il perpetuare la propria vita il piu' possibile nel miglior modo possibile. Quando intervengono turbative a questo fine riconosce come proprio benessere lo smettere di perpetuare ad ogni costo la propria vita. Esattamente come ogni altro essere vivente infatti nel mondo animale l'individuo che ha "perso" ( di solito per motivi di salute) il desiderio di perpetuare l'esistenza , si isola e si lascia morire.
La paura della sofferenza è nettamente più forte della ricerca del piacere, l'abbiamo visto anche con la pandemia. Quale folle andrebbe con una donna/uomo bellissima/o sapendo che può trasmettere una malattia terribile, per fare un esempio? Io quindi capovolgo la tesi: l' uomo cerca continuamente il piacere per fuggire e dimenticare la sofferenza e la consapevolezza della morte. Il piacere è quindi l' OPPIO dell'umanità.
Citazione di: GennaroDeSia il 06 Febbraio 2023, 19:12:35 PMDato che la metafisica è un'anticaglia superata, un'alterità non conoscibile
La non conoscibilità può riferirsi all'alterità così come alla ipseitá.
Cioè all'oggetto in sé o al soggetto in sé.
La metafisica, a mio avviso, li riguarda entrambi, unificandoli. In quanto la metafisica è apertura all'Essere.
Questa apertura è la ricerca da parte della esistenza della propria Trascendenza.
Quindi di ciò che fonda la stessa esistenza, e perciò non esiste.
Ogni costruzione metafisica non può che fallire. Perché pretende di fare esistere ciò che non esiste.
Infatti Essere = Nulla.
L'autentica metafisica è fede nella Verità, apertura al Nulla.
Il piacere della Verità, succursale del piacere della Ricerca. Piacere metafisico 100%, piuttosto che "anticaglia superata".
''Quale folle andrebbe con una donna/uomo bellissima/o sapendo che può trasmettere una malattia terribile, per fare un esempio?'' rispondo a Pio: è esattamente questo il punto del Beccaria. ''Siamo fluidi alla costante ricerca del piacere, intesa quale fuga dal dolore''. Andare con una donna bellissima malgrado il rischio di una malattia sessualmente trasmissibile provocherebbe dolore, pertanto lo si evita. E lo si evita quindi per ragioni edonistiche: ''Non voglio provare dolore''. ''Dato il rischio che potrei correre, evitarlo mi arrecherebbe maggiore piacere che farlo''. Chiaramente l'edonismo non è una corsa cieca, matta e incontrollata ai piaceri: questa è solo l'accezione popolare, grossolana. L'edonismo è una filosofia e come tale non implica ciò. Esso afferma semplicemente che il piacere è l'unico fine che l'uomo persegue, ed è ovvio. Piuttosto il problema è un altro: possono esistere altri fini? Ipazia fa notare che la metafisica non è un'anticaglia superata, ma io niccianamente sono troppo convinto di questo. La realtà mi sembra non insensata o assurda, ma semplicemente priva di fini intrinseci. Oggi i fisici e i filosofi discutono ancora di metafisica, segno che non è stata abbattuta del tutto, e si chiedono 'quale sarà mai l'essenza dell'universo?'. Io, niccianamente, mi domando: ma a che serve saperlo? Niet. diceva che conoscere l'intima essenza dell'Universo è come conoscere la composizione chimica dell'acqua marina: interessante, ma te ne fai qualcosa? E' davvero utile conoscere l'essenza del cosmo? E se anche la conoscessimo, ci fornirebbe una morale? No, non potrebbe: scoprire che l'Universo è A oppure B non apporterebbe alcun contributo morale. E' totalmente irrilevante che l'Universo sia il rigido monismo di Parmenide, il divenire perenne di Eraclito, il panteismo deterministico di Spinoza o lo spazio dell'Esserci di Heidegger: esso è a-morale e continuerebbe ad esserlo, quale che sia la sua verità intrinseca. Ecco perché l'edonismo è l'unica via, perché a meno che non si palesi un Dio e dica lui come agire, l'uomo resterà sempre orbato di un sistema morale oggettivo, di una condotta sicura da seguire, di un telos, di un ''fare'' oggettivo. "La conoscenza può lasciar sussistere come motivi solo il piacere e il dolore", questa la conclusione di Nietzsche. Finché continueremo a usare la ragione il mondo non avrà scopo alcuno e l'unico modo per orientarsi sarà il piacere individuale.
Sono stati trovati resti fossili di homo sapiens di 10.000-15.000 anni fa, con gambe fratturate e ricomposte, di bambini ed anziani. Solo attraverso la cura del gruppo quei membri fragili sono sopravvissuti. Anche in questo caso è possibile scomodare il piacere, il piacere di curare e guarire il prossimo. È connesso al piacere, al punto da farci secernere l'ormone dell'ossiticina, prenderci cura o semplicemente abbracciare un neonato o un cucciolo di cane. Rilascia ormonalmente piacere fare sport o semplicemente stare insieme agli altri e, per tornare all'esempio della ricerca scientifica, da piacere e soddisfazione anche scoprire come funziona il mondo. Pensare al piacere "individualistico" come unica molla dell'agire umano è insufficiente e questo sulla base di risultati antropologici, sociali e neuroscientifici a cui il povero Nietzsche non poteva accedere, poiché a lui cronologicamente successivi.
Citazione di: GennaroDeSia il 10 Febbraio 2023, 02:45:03 AME' davvero utile conoscere l'essenza del cosmo? E se anche la conoscessimo, ci fornirebbe una morale? No, non potrebbe: scoprire che l'Universo è A oppure B non apporterebbe alcun contributo morale. E' totalmente irrilevante che l'Universo sia il rigido monismo di Parmenide, il divenire perenne di Eraclito, il panteismo deterministico di Spinoza o lo spazio dell'Esserci di Heidegger: esso è a-morale e continuerebbe ad esserlo, quale che sia la sua verità intrinseca.
Concordo.
La razionalità è uno strumento utile, indispensabile per il nostro vivere e inoltrarci nel mondo, ma non è fonte di Verità.
Il pensiero logico-razionale descrive il campo di gioco della vita, ma non dice nulla sul bene e sul male. Su cosa vale e cosa no.
Tuttavia chiarisce l'esserci mondano. Mostrandone il deserto valoriale.
E in questo modo ci rigetta a noi stessi.
Perché solo in noi stessi può essere la Verità.
Allora, forse, potremo constare come l'Etica non sia un illusorio epifenomeno. Ma come la realtà sia invece fondata proprio sull'Etica.
Non dice nulla sul bene e sul male perché non vi e' nulla di piu' aleatorio e "variabile" di questi due concetti. Cio' che e' aleatorio viene giustamente lasciato ad altro (vedi religione/i)
Non hai colto il punto, Jacopus. Non esiste alcuna ''molla dell'agire umano''. Non ho detto che il piacere individuale ''dev'essere'' la ''molla'' dell'azione umana. Ho escluso perentoriamente l'esistenza di una molla oggettiva. Il mio discorso è: poiché non esiste un sistema morale oggettivo, l'uomo non è tenuto, obbligato a un comportamento morale, non ''deve'' più. Il ''Dovere'' è stato distrutto. E se il ''dovere'', come tale, è stato distrutto, quale criterio di condotta è ancora possibile applicare? Un sistema conforme al piacere individuale. Pensa in astratto: se non c'è ragion sufficiente per privarmi di un'azione, perché dovrei privarmene? Se sono disposto a trasgredire le leggi, cosa mi dovrebbe fermare? Il Bene e il Male sono due categorie metafisiche e come tali sono state distrutte. Non c'è paradiso o inferno che mi attenda: ogni mia azione è ontologicamente indifferente. L'unico veto possibile è la comodità personale: non lo faccio perché ci sono le leggi che mi ricattano, che mi tengono in scacco. Ma se io sono disposto, come i mafiosi, a violarle? Non v'è Tartaro o isola de' Beati che mi attenda: Platone mentiva. Ecco, come vedi non esiste alcuna ''molla'' oggettiva dell'agire umano, se non il ''ricatto'' giuridico-legale, che sappiamo essere violabilissimo. Ora, il mio punto è: in un mondo totalmente privo di riferimenti, quale potrebbe mai essere l'azione\reazione umana, se non un solipsismo edonistico, e cioè un agire secondo il proprio piacere e tornaconto? Bada che anche il collettivismo è una forma dell'individualismo: se stare in armonia con gli altri non mi desse piacere, me ne guarderei. L'uomo si guarda da tutto ciò che gli procura dolore: discorso del Beccaria, ''siamo fluidi alla costante ricerca del piacere, intesa quale fuga dal dolore''. Anche le suddette leggi sono una forma di collettivismo volta al piacere del singolo: il piacere di tutti è anche il MIO piacere. Ma quando questa formula non vale? Ho fatto l'esempio della mafia: ci sono uomini disposti a infrangere le leggi. E poi le leggi sono ancora sovrastrutturali, metafisiche: l'universo non ha leggi morali. Come dicevo ieri, è a-morale. La materia è a-morale. E' altro dalla morale. La morale è dei soggetti, non degli oggetti. Sicché, io non sono nemmeno tenuto a rispettare il mio prossimo, posto che io abbia la possibilità di vivere bene comunque, come i mafiosi. Si riconferma il discorso tenuto in precedenza: l'unica ''via'' è l'edonismo. Ma io con 'via' non intendo via da seguire: sarebbe contraddittorio. Non esiste una via da seguire. Con ''via'' mi riferisco all'unica possibile disincantata reazione di fronte al nichilismo. Se ''nulla è'', in che modo mi dovrei comportare? Che sia piacere collettivo od individuale non importa: è sempre piacere. Non esistono scopi. Non esistono altre ''molli''. Il piacere è l'unico traino di questa umanità brancolante. Non mi interessano le implicazioni evolutive: come diceva Stirner ''il compito degli altri non è il mio compito''. Non m'importa dell'homo sapiens, del medico e del paziente. Anche quello è piacere egoistico, 1; non sono tenuto a regolarmi in maniera funzionale per l'evoluzione della specie, 2. Non sono ''tenuto'' a nulla. Non c'è niente che io ''Debba'' fare (''il Dovere è stato distrutto con la morale'', Nietzsche). Non c'è da fare. Oltretutto Nietzsche non mai scrisse che il piacere ''individualistico'' è ''l'unica molla dell'agire umano'': si riferiva al piacere generico (collettivistico ed individualistico insieme). Il piacere, in senso generico e generale, è l'unico traino di questa umanità che manca di senso profondo.
Citazione di: atomista non pentito il 10 Febbraio 2023, 14:26:16 PMNon dice nulla sul bene e sul male perché non vi e' nulla di piu' aleatorio e "variabile" di questi due concetti. Cio' che e' aleatorio viene giustamente lasciato ad altro (vedi religione/i)
Ne sei sicuro...?
Non viene invece lasciato a te?
Non spetta forse a te, solo a te, dire cosa è bene e cosa è male?
Grazie per la risposta, Gennaro, molto articolata. In ogni caso penso di aver colto il punto che è quello (con mille sfumature possibili) che Dostoevskij riassume in "senza Dio, tutto è possibile". Una concezione che si armonizza perfettamente con il pensiero che ognuno di noi dovrebbe avere un guardiano, per potersi comportare "bene", che è, in realtà, una potente giustificazione per comportarsi "male".
Non ti tedio con la solita lista di autori che potrebbero appoggiare questa visione a cui tu potresti contrapporre una relativa ed altrettanto agguerrita lista.
L'unica e più importante obiezione che ti offro per la riflessione è relativa all'estrema neuroplasticità del cervello di homo sapiens (e mi dispiace che non ti interessa questo aspetto della discussione, poiché ritengo che anche tu sia un membro della specie homo sapiens, discendente di antiche specie di australopitecine, vedi alla voce Lucy).
Ebbene la neuroplasticità è la chiave etica dell'uomo. Insegna fin dall'infanzia a dei giovani il senso del dovere, magari rafforzato dalla verga e potrai costruire i fondamenti del terzo Reich. Insegna ai giovani a condividere i sentimenti e sentirsi un unico corpo sociale ed avrai la cultura zulu. Sono culture di uomini, identici geneticamente ma che sviluppano principi etici molto diversi. A questo punto come raggiungere la condivisione etica? Scegliere il principio edonistico nostalgicamente pensando ad un Dio absconditus o è velleitario o romantico o manipolatorio.
La scelta più complessa è quella di creare le condizioni affinché ognuno di noi superi lo stato di minorità imputabile a se stesso (was ist aufklarung). In una società dove il diritto di opinione sia sostenuto da un sistema culturale critico e aperto si può ipotizzare che le visioni etiche siano messe a confronto e venga scelta quella più vantaggiosa e quella più vantaggiosa sul lungo periodo è quella che riesce a conciliare i nostri bisogni di piacere individuali con i nostri bisogni di piacere collettivi. Se sei stato qualche volta in qualche città del nord Europa avrai notato la pulizia e il rispetto reciproco che anima i rapporti interpersonali. In questo ambito si da come preminente un'etica collettiva ad un'etica individuale. Ovviamente sbilanciare l'assetto sociale in senso esclusivamente collettivo arreca gli stessi svantaggi di un assetto individualistico.
Un'altra suggestione dal tuo intervento. Non credo neppure che il piacere debba essere demonizzato. Esso viene demonizzato solo all'interno di una concezione a somma zero, di chiaro stampo tecno-masochistico (scusa per l'immagine un po' azzardata). Il piacere non è a somma zero. Maggiori livelli di armonia e benessere procurano maggiori livelli di armonia a tutti e non solo ad alcuni a discapito di altri. Questo è il mio mondo ideale, o l'idealtipo per dirla weberianamente. Nel mondo reale invece questo mondo ideale è aspramente combattuto a molti livelli, poiché il soddisfacimento edonistico è il grande spirito del capitalismo, attualmente unico Dio che governa gli umani, salvo limitati spazi a divinità ancellari. A te la risposta se vorrai.
Citazione di: GennaroDeSia il 10 Febbraio 2023, 02:45:03 AMEcco perché l'edonismo è l'unica via, perché a meno che non si palesi un Dio e dica lui come agire, l'uomo resterà sempre orbato di un sistema morale oggettivo, di una condotta sicura da seguire, di un telos, di un ''fare'' oggettivo. "La conoscenza può lasciar sussistere come motivi solo il piacere e il dolore"
L'utopia di un «sistema morale oggettivo» è tanto attuale quanto lo è la matafisica: "antiquariato" direbbe forse Nietzsche, nel senso che sussiste ancora ma ha perso la sua utilità originaria, trasfigurando il proprio valore in valore perlopiù estetico, piuttosto che funzionale (raramente si compra un oggetto di antiquariato per usarlo con il suo scopo originario, proprio perché vale più ora di quanto valesse all'epoca della sua "normale" presenza). Difficile (ma non impossibile) credere ancora di poter trovare la "pietra filosofale dell'etica" (o è
già nei testi sacri, per cui "a ciascuno il suo", oppure dubito la troveremo indagando il cosmo fisico); ancor più difficile negare il contestualismo delle varie morali, ora che possiamo facilmente attingere alle differenti culture e storie dei popoli.
Per elaborare fino in fondo il lutto della metafisica si può anche
partire da Nietzsche, tuttavia, come osservato da
Jacopus, ancorarsi troppo a quell'autore (come a qualunque altro del millennio scorso, sia esso Marx o Kant o altri) significa restare comunque anacronistici e inattuali, seppur non in tutto (i grandi filosofi hanno l'ombra lunga, tuttavia se si sceglie di restare nella loro ombra ci si autolimita, e proprio lo stesso Nietzsche credo sconsigli di farlo).
Citazione di: GennaroDeSia il 10 Febbraio 2023, 14:56:52 PMNon esiste una via da seguire. Con ''via'' mi riferisco all'unica possibile disincantata reazione di fronte al nichilismo.
Di vie da seguire ne esistono "oggettivamente" molte; quella che manca è l'unica Via da seguire predicata da assolutismi ormai desueti. Ciò rende ancora più interessante la questione di quale via seguire, proprio in assenza di ricompense o punizioni divine. La scelta non è mai neutra e, come ricordato da
Jacopus, è inevitabilmente una questione di
imprinting sociale, neuroplasticità, contingenze, etc.
Citazione di: GennaroDeSia il 10 Febbraio 2023, 14:56:52 PMIl piacere è l'unico traino di questa umanità brancolante. [...] Il piacere, in senso generico e generale, è l'unico traino di questa umanità che manca di senso profondo.
Ribadisco la mia perplessità riguardo al "brancolare": è una reazione comprensibile nel momento in cui ci si accorge che il cielo non è pieno di dei, che non c'è oggettività nella metafisica, ma il nichilismo non è più qualcosa a cui «reagire», essendo stato metabolizzato e rimuginato per tutto il novecento, al punto che ora è altrettanto inattuale che la metafisica (salvo nostalgie "antiquarie"). Se non ci si accontenta del disincanto circa l'immanenza delle leggi umane, ma si pensa di dover/poter "reagire con disincanto al nichilismo", quasi a colmare lo spazio che il nichilismo ha rivelato vuoto (o quantomeno debolmente occupato), allora si olia nuovamente la ruota autoreferenziale dell'incanto oltre il mondo (meta-fisico), rinnovando la perduta "sacralità" della ricerca di quel «senso profondo» (nostalgia dell'impossibile) che certamente non è irrelato al piacere, ma forse sovraccarica semanticamente quest'ultimo, oltre la sua immanente radice terrena (neurologica, etc.).
In realta', come diceva gia' Epicuro, secondo ragione e saggezza a volte si evita un piacere (immediato) per il timore di un male piu' grande (in futuro), e si sopporta il dolore (immediato) in vista di un piacere piu' grande (in futuro).
Ad esempio: non ozio nell'immediato, anche se oziare e' bello, perche' se ozio, in futuro moriro' di fame.
Il discorso della formica, che e' meno scema della cicala.
Piu' in generale, nel concreto dell'esperienza materialistica e non metafisica umana, nel concreto di quanto della vita ci e' dato sapere, ogni dolore, (o meglio, ogni umana esperienza possibile del dolore), trasfigura, attraverso il tempo, o nel piacere, suo diretto opposto, o nella "morte" in senso lato (intendibile anche come qualsiasi stato di indifferenza e di oblio rispetto ad un dolore precedente, oltreche' come morte fisica, che sempre pone fine all'esistenza, e quindi pietosamente anche alla sofferenza, umana), e identicamente e specularmente ogni piacere, trasfigura prima o poi o nel dolore o nella morte.
Ben lungi dall'essere assoluti, piacere e dolore non solo si limitano tra di loro, l'uno limita l'altro, ma sono limitati entrambi dal "grande indistinto" della non-vita di cui entrambi sono alterita', e da cui entrambi scaturiscono.
Del resto, come i contrari anassimandrei.
Solo il folle, attribuisce la categoria dell'eterno al dolore o al piacere (e dunque la follia degli iperuranii, dei paradisi, del voler esptrapolare bene e male in senso etico da piacere e dolore in senso naturalistico...): il saggio sa che ogni dolore sfocia o nella morte o nel piacere e ogni piacere o nella morte o nel dolore.
Sa che si puo' affrontare un dolore in vista di un piacere e negarsi un piacere in vista di un dolore, e anche questo, nega la folle l'affermazione che piacere e dolore siano eterni, e descrivigli con la categoria dell'eterno.
Piacere e dolore rendono conto dell'etica e della prassi umana al di la' di ogni patina e verniciatura metafisica, e dunque eternizzante.
Il discorso evolutivo in merito e' inevitabile, poiche' abbiamo visto che piacere e dolore in quanto polarita' anti-metafisiche si dispiegano nello spazio e nel tempo, supportano la contraddizione, quantomeno con la loro compenetrazione e con il loro avere una alterita' terza in comune.
Quindi il piacere e il dolore implicano tanto il mantenimento formale e temporale, quando la ragionevole negazione, prima verso altro, e poi verso il ritorno riproduttivo e poroduttivo di loro stessi, dei viventi che piacere e dolore provano.
Non esistono un piacere e un dolore "generici": c'e' sempre uno specifico corpo vivente che li prova.
Quindi piacere e dolore saranno "segnati", contraddistinti sempre in qualche senso, dalla potenzialita' di mantenere tale corpo come "conatus", o al limite di negarlo come forma di una autonegazione -desiderante- specifica in vista di un auto-superamento specifico.
Ogni "corpo" vuole attingere alla sua "causa" nella realta' immanente che lo genera.
Nietzsche stesso non e' il filosofo della mancanza di scopo, ma dell'immanenza di ogni scopo nel tempo.
Piacere e dolore (in quanto volonta' di potenza) sono la volizione strutturata e singolare di una realta' che si innalza contro l'istanza metafisica di ogni volizione "generica", per questo le volizioni complessive di tutti gli esseri lavorano per far "evolvere" e "ritornare" la realta', e non per perdere la presa su essa "lasciandola essere" come se essa fosse un etereo e autosufficiente sogno o, che e' lo stesso, per eternizzarla.
Citazione di: atomista non pentito il 10 Febbraio 2023, 14:26:16 PMNon dice nulla sul bene e sul male perché non vi e' nulla di piu' aleatorio e "variabile" di questi due concetti. Cio' che e' aleatorio viene giustamente lasciato ad altro (vedi religione/i)
Non sono per nulla d'accordo. Il fatto che le tarantole del "mondo dietro il mondo" si siano indebitamente appropriate dei concetti di bene e di male, rendendole aleatorie, non significa che lo siano alla luce di un'etica saldamente radicata nella terra.
Bene è salute, benessere, gratificazione sociale; male è malattia, povertà, oppressione sociale. Poros e penia, dicevano i greci, che dell'etica della terra avevano già capito quello che c'è da capire. E non è un caso che Nietzsche si sia abbeverato lì, e, dopo sbandamenti vari nello spirito di gravità del suo tempo, lì sia tornato.
Citazione di: GennaroDeSia il 06 Febbraio 2023, 19:12:35 PML'uomo vive esclusivamente per fugare il dolore e quindi ricercare il piacere. Dato che la metafisica è un'anticaglia superata, un'alterità non conoscibile, e la religione una scienza timida e balbettante, come la definiva Frazer nel Ramo d'oro... che cosa rimane di profondo all'individuo? L'individuo è privo di scopi, senso e profondità. Non ha una componente spirituale nella vita e là dove ne possiede una, questa è saldamente ancorata a quella materiale. Allora possiamo dire senza tema di errore che Valla, filosofo del primo rinascimento, non si sbagliava quando diceva che il ''piacere è l'unico fine possibile di tutte le attività umane''? Che tutte le arti liberali, dalla medicina, alla giurisprudenza, alla poesia, all'oratoria alla stessa filosofia hanno tutte per fine il piacere (o almeno l'utilità, che è ciò che conduce al piacere)? Anche il cristianesimo ha per fine il piacere; tuttavia non quello mondano, quello oltramondano. Il religioso è proiettato nell'aldilà: rinuncia al piacere del corpo solo in quanto tende a quello celeste. D'altronde non erano proprio le Sacre Scritture a parlare di piacere beatifico, eterno, dell'ineguagliabile sensazione di felicità con la quale si viene ricompensati quando si schiudono le porte del Regno celeste? E non era quel moralista di Platone - padre illegittimo del cristianesimo - a dire nelle Leggi che la vita giusta e santa è anche la più piacevole? Come vedete c'è solo una costante: il piacere. Esiste anche altro? O il riduzionismo edonistico del Beccaria ''siamo fluidi alla costante ricerca del piacere, intesa quale fuga dal dolore'' è l'unica chiave interpretativa possibile di un'umanità che brancola nel nulla?
Il godimento (di cui l'edonismo è la perversione disanimata vissuta e vissuta male dal popolo equino nel senso di somaro, dissanguata) è la base da cui partire certo.
L'eros però come insegna Platone può diventare filia.
Come farlo a capire a questo tempo? manca l'impegno, la volontà e anche semplicemente l'avvertimento che qualcosa non torna e non torna mai nelle nostre vite, ad mortem per vitam, ah se solo qualcuno lo capisse ancora. 8)
Citazione di: GennaroDeSia il 06 Febbraio 2023, 22:09:41 PMCiao Jacopus. Solo qualche osservazione: ''a meno che non si sia attratti dalla ricerca del dispiacere, ognuno di noi fa quello che può per vivere nel migliore dei mondi possibili''. Anche in quel caso si tratta di ricerca del piacere, in quanto ''si è attratti'' (parola chiave) dalla ricerca del dispiacere. Se io sono attratto da ciò che dispiace, lo sto comunque cercando perché mi piace, dunque anche in quel caso vi è una ricerca edonistica. Si riconferma il discorso di Valla: tutto è piacere. A buon diritto si potrebbe parlare di ''panedonismo'' antropologico. Non c'è una sola azione umana che non sia finalizzata all'edoné. Riflettici. Esiste una sola azione umana che non sia orientata all'autosoddisfacimento? Pertanto affermare che l'uomo è alla sola ricerca del piacere significa tutto, altro che nulla. La mia domanda virava verso altre direzioni, comunque, e andava più o meno decodificata nel seguente modo: poiché la metafisica è stata demolita, come la religione, e qualsivoglia altro sistema di 'senso', che cosa rimane all'individuo? Mi stavo chiaramente riferendo a quel passo dell'Umano, troppo umano in cui Nietzsche afferma: "La morale, in quanto dovere, è stata distrutta dalla nostra visione delle cose, e così pure la religione" (...) "La conoscenza può lasciar sussistere come motivi solo il piacere e il dolore" (...) "Tutta la vita umana è immersa nella menzogna". Insomma, date le premesse, sono giuste le conclusioni? Io trovo di sì, sennonché il sopracitato Nietzsche si è - a mio modesto avviso - contraddetto lanciando la figura dell'oltreuomo. Ma questo è un altro argomento. Grazie comunque per la risposta.
Il fatto che tu voglia vivere nell'edonismo non vuol dire che Nietzche si sia contradetto, ma che tu non abbia capito alcunchè di nulla del Nostro.
Ps. Io sono il difensore a spada tratta del Nice nel forum, a proposito benvenuto, non ti far intimorire ;)
Citazione di: iano il 07 Febbraio 2023, 00:45:28 AMBenvenuto Gennaro.
Ma , secondo me dovremmo focalizzare meglio l'origine della nostra preoccupazione di essere ''una umanità che brancola nel nulla''.
Potrebbe anche essere che brancoliamo nel nulla, ma perchè ci preoccupa così tanto?
Se riusciamo a comprendere l'origine di questa preoccupazione forse possiamo meglio sviluppare il tema senza condannarlo necessariamente a un pessimismo cosmico.
Insomma stiamo dicendo che il nostro problema non ha soluzione, come se conoscessimo bene l'origine del problema. Ma è proprio così?
Il problema della ricerca di un senso nella vita non è un problema della vita se non per quella parte di vita consapevole.
E quale problema risolverebbe il trovare, o il credere di trovare, il senso della vita?
Risolverebbe il problema che ha l'essere consapevole, che è quello di dover prendere decisioni, perchè una volta conosciuto quel senso certamente tenderebbe a conformare le sue decisioni a quel senso, togliendosi di dosso le pesanti responsabilità che gli derivano dall' essere consapevole.
Le sue decisioni tenderebbero a divenire di fatto ''non decisioni'', e pur restando un essere consapevole di fatto non lo sarebbe più.
Un inutile spreco di consapevolezza.
Il brancolare nel buio del popolo equino e cioè somaro è rilevante per via del sentimento dell'angoscia, così ben argomentato da Heidegger.
E per cui la consapevolezza di non poter fare a meno di cercare un senso nella vita, rimane come l'unica alternativa possibile.
Peccato che questo tempo vada nella direzioni sbagliata, infatti la direzione giusta è quella metafisica.
Citazione di: InVerno il 07 Febbraio 2023, 10:07:14 AMPenso che si confonda la ricerca del piacere "in sé e per sé", con una ricerca "critica" del piacere, una ricerca che al contempo critica l'idea stessa di piacere, cercando di affinare la propria sensibilità alla ricerca del "vero piacere". L'accusa che si muove alla ricerca del piacere, mi pare, è il suo essere "istintuale" infatti spesso accomunata con l'essere "animale", tuttavia ci si dimentica che è mediato attraverso ragione. Durante la vita cambiamo continuamente e criticamente la nostra idea di piacere, è uno sforzo quotidiano che comincia probabilmente nell'adolescenza e accompagna alla bara, lo trovo molto poco istintuale ed animale, quanto spirituale. Il chiedere se è "unica", come delusi dalla mancanza di un alternativa, mi pare strano, perchè bisorebbe aver due teste per poter ragionare anche un alternativa, con l'unica testa che mi ritrovo ho già molti problemi a risolvere il problema del piacere.
E' curioso che il popolo equino e cioè somaro, accetti di essere un animale, ma poi si arrovelli da bravi cristiani instupiditi, che l'animale è una bestia immonda!Qua la metafisica dei Miao miao e dei Bau bau raggiunge un livello di demenza tipo alta quota, manca proprio l'ossigeno per capire :D.
Citazione di: bobmax il 07 Febbraio 2023, 13:00:26 PMLa non conoscibilità può riferirsi all'alterità così come alla ipseitá.
Cioè all'oggetto in sé o al soggetto in sé.
La metafisica, a mio avviso, li riguarda entrambi, unificandoli. In quanto la metafisica è apertura all'Essere.
Questa apertura è la ricerca da parte della esistenza della propria Trascendenza.
Quindi di ciò che fonda la stessa esistenza, e perciò non esiste.
Ogni costruzione metafisica non può che fallire. Perché pretende di fare esistere ciò che non esiste.
Infatti Essere = Nulla.
L'autentica metafisica è fede nella Verità, apertura al Nulla.
Direi ESSERE= ESSERE
Citazione di: GennaroDeSia il 10 Febbraio 2023, 14:56:52 PMNon hai colto il punto, Jacopus. Non esiste alcuna ''molla dell'agire umano''. Non ho detto che il piacere individuale ''dev'essere'' la ''molla'' dell'azione umana. Ho escluso perentoriamente l'esistenza di una molla oggettiva. Il mio discorso è: poiché non esiste un sistema morale oggettivo, l'uomo non è tenuto, obbligato a un comportamento morale, non ''deve'' più. Il ''Dovere'' è stato distrutto. E se il ''dovere'', come tale, è stato distrutto, quale criterio di condotta è ancora possibile applicare? Un sistema conforme al piacere individuale. Pensa in astratto: se non c'è ragion sufficiente per privarmi di un'azione, perché dovrei privarmene? Se sono disposto a trasgredire le leggi, cosa mi dovrebbe fermare? Il Bene e il Male sono due categorie metafisiche e come tali sono state distrutte. Non c'è paradiso o inferno che mi attenda: ogni mia azione è ontologicamente indifferente. L'unico veto possibile è la comodità personale: non lo faccio perché ci sono le leggi che mi ricattano, che mi tengono in scacco. Ma se io sono disposto, come i mafiosi, a violarle? Non v'è Tartaro o isola de' Beati che mi attenda: Platone mentiva. Ecco, come vedi non esiste alcuna ''molla'' oggettiva dell'agire umano, se non il ''ricatto'' giuridico-legale, che sappiamo essere violabilissimo. Ora, il mio punto è: in un mondo totalmente privo di riferimenti, quale potrebbe mai essere l'azione\reazione umana, se non un solipsismo edonistico, e cioè un agire secondo il proprio piacere e tornaconto? Bada che anche il collettivismo è una forma dell'individualismo: se stare in armonia con gli altri non mi desse piacere, me ne guarderei. L'uomo si guarda da tutto ciò che gli procura dolore: discorso del Beccaria, ''siamo fluidi alla costante ricerca del piacere, intesa quale fuga dal dolore''. Anche le suddette leggi sono una forma di collettivismo volta al piacere del singolo: il piacere di tutti è anche il MIO piacere. Ma quando questa formula non vale? Ho fatto l'esempio della mafia: ci sono uomini disposti a infrangere le leggi. E poi le leggi sono ancora sovrastrutturali, metafisiche: l'universo non ha leggi morali. Come dicevo ieri, è a-morale. La materia è a-morale. E' altro dalla morale. La morale è dei soggetti, non degli oggetti. Sicché, io non sono nemmeno tenuto a rispettare il mio prossimo, posto che io abbia la possibilità di vivere bene comunque, come i mafiosi. Si riconferma il discorso tenuto in precedenza: l'unica ''via'' è l'edonismo. Ma io con 'via' non intendo via da seguire: sarebbe contraddittorio. Non esiste una via da seguire. Con ''via'' mi riferisco all'unica possibile disincantata reazione di fronte al nichilismo. Se ''nulla è'', in che modo mi dovrei comportare? Che sia piacere collettivo od individuale non importa: è sempre piacere. Non esistono scopi. Non esistono altre ''molli''. Il piacere è l'unico traino di questa umanità brancolante. Non mi interessano le implicazioni evolutive: come diceva Stirner ''il compito degli altri non è il mio compito''. Non m'importa dell'homo sapiens, del medico e del paziente. Anche quello è piacere egoistico, 1; non sono tenuto a regolarmi in maniera funzionale per l'evoluzione della specie, 2. Non sono ''tenuto'' a nulla. Non c'è niente che io ''Debba'' fare (''il Dovere è stato distrutto con la morale'', Nietzsche). Non c'è da fare. Oltretutto Nietzsche non mai scrisse che il piacere ''individualistico'' è ''l'unica molla dell'agire umano'': si riferiva al piacere generico (collettivistico ed individualistico insieme). Il piacere, in senso generico e generale, è l'unico traino di questa umanità che manca di senso profondo.
Il piacere egoistico è tale perchè serve a proteggere il nostro senso di identità.
In Nietzche vi è in ballo molto di più di quanto lasci presagire nei tuoi riferimenti che sono corretti come direzione iniziale.
Il fatto stesso che non vedi direzionalità nel pensiero nicciano è un grave problema.
Infatti una via che non è una via, è nient'altro che nichilismo e non il suo superamento come invece sembri quasi vagheggiare.
Citazione di: Phil il 10 Febbraio 2023, 16:43:47 PML'utopia di un «sistema morale oggettivo» è tanto attuale quanto lo è la matafisica: "antiquariato" direbbe forse Nietzsche, nel senso che sussiste ancora ma ha perso la sua utilità originaria, trasfigurando il proprio valore in valore perlopiù estetico, piuttosto che funzionale (raramente si compra un oggetto di antiquariato per usarlo con il suo scopo originario, proprio perché vale più ora di quanto valesse all'epoca della sua "normale" presenza). Difficile (ma non impossibile) credere ancora di poter trovare la "pietra filosofale dell'etica" (o è già nei testi sacri, per cui "a ciascuno il suo", oppure dubito la troveremo indagando il cosmo fisico); ancor più difficile negare il contestualismo delle varie morali, ora che possiamo facilmente attingere alle differenti culture e storie dei popoli.
Per elaborare fino in fondo il lutto della metafisica si può anche partire da Nietzsche, tuttavia, come osservato da Jacopus, ancorarsi troppo a quell'autore (come a qualunque altro del millennio scorso, sia esso Marx o Kant o altri) significa restare comunque anacronistici e inattuali, seppur non in tutto (i grandi filosofi hanno l'ombra lunga, tuttavia se si sceglie di restare nella loro ombra ci si autolimita, e proprio lo stesso Nietzsche credo sconsigli di farlo).
Di vie da seguire ne esistono "oggettivamente" molte; quella che manca è l'unica Via da seguire predicata da assolutismi ormai desueti. Ciò rende ancora più interessante la questione di quale via seguire, proprio in assenza di ricompense o punizioni divine. La scelta non è mai neutra e, come ricordato da Jacopus, è inevitabilmente una questione di imprinting sociale, neuroplasticità, contingenze, etc.
Ribadisco la mia perplessità riguardo al "brancolare": è una reazione comprensibile nel momento in cui ci si accorge che il cielo non è pieno di dei, che non c'è oggettività nella metafisica, ma il nichilismo non è più qualcosa a cui «reagire», essendo stato metabolizzato e rimuginato per tutto il novecento, al punto che ora è altrettanto inattuale che la metafisica (salvo nostalgie "antiquarie"). Se non ci si accontenta del disincanto circa l'immanenza delle leggi umane, ma si pensa di dover/poter "reagire con disincanto al nichilismo", quasi a colmare lo spazio che il nichilismo ha rivelato vuoto (o quantomeno debolmente occupato), allora si olia nuovamente la ruota autoreferenziale dell'incanto oltre il mondo (meta-fisico), rinnovando la perduta "sacralità" della ricerca di quel «senso profondo» (nostalgia dell'impossibile) che certamente non è irrelato al piacere, ma forse sovraccarica semanticamente quest'ultimo, oltre la sua immanente radice terrena (neurologica, etc.).
Forse che la neurologia può dare una risposta di senso? e se sì, sarebbe di nuovo metafisica (e della peggiore). Ma lo sappiamo, tu per edonismo ti fermi prima.
Citazione di: green demetr il 15 Febbraio 2023, 03:40:38 AMForse che la neurologia può dare una risposta di senso? e se sì, sarebbe di nuovo metafisica (e della peggiore). Ma lo sappiamo, tu per edonismo ti fermi prima.
Se si è insabbiati dentro la domanda/esigenza di senso, significa che si è amanti passionali della metafisica, quindi il nichilismo è una sfida tutta ancora da affrontare, da esorcizzare, da evitare o altro (magari nella convinzione che ciò sia "superarlo"). Interrogare la neurologia sul senso è un gesto "sensato" solo per la metafisica che vuole "vincere facile", come quel farmacista che chiede al cuoco se le sue pietanze guariscano malattie (v. il "malessere metafisico"). Andare a caccia di "sensi"
oltre il mondo è pulsione tipica per, come li definì qualcuno, «quegli stregoni alla rovescia i quali, invece di creare il mondo dal nulla, del mondo fanno un nulla».
Citazione di: Phil il 15 Febbraio 2023, 15:55:54 PMSe si è insabbiati dentro la domanda/esigenza di senso, significa che si è amanti passionali della metafisica, quindi il nichilismo è una sfida tutta ancora da affrontare, da esorcizzare, da evitare o altro (magari nella convinzione che ciò sia "superarlo"). Interrogare la neurologia sul senso è un gesto "sensato" solo per la metafisica che vuole "vincere facile", come quel farmacista che chiede al cuoco se le sue pietanze guariscano malattie (v. il "malessere metafisico"). Andare a caccia di "sensi" oltre il mondo è pulsione tipica per, come li definì qualcuno, «quegli stregoni alla rovescia i quali, invece di creare il mondo dal nulla, del mondo fanno un nulla».
Il mondo oltre il mondo è una realtà, il fatto che il tuo edonismo mischiato con il tuo nichilismo, o a voler essere gentili, con il nichilismo del mondo, non ti permetta di vederlo è affare degli animali di questo tempo storico che continuano a chiamare Dio un niente.
Peccato perchè la libido freudiana mi pare materia di pensiero assai feconda, anche per chi vuole proprio fare voto di distruzione e auto-distruzione, e in questo caso non mi sto riferendo a te, ma al tempo storico odierno del popolo equino.
E per inciso la libido non è un niente, almeno quella dovrebbe essere una spinta talmente forte che è impossibile negarla.
Chiamasi evidenza.
Citazione di: green demetr il 15 Febbraio 2023, 16:24:15 PMIl mondo oltre il mondo è una realtà, il fatto che il tuo edonismo mischiato con il tuo nichilismo, o a voler essere gentili, con il nichilismo del mondo, non ti permetta di vederlo è affare degli animali di questo tempo storico che continuano a chiamare Dio un niente.
Peccato perchè la libido freudiana mi pare materia di pensiero assai feconda, anche per chi vuole proprio fare voto di distruzione e auto-distruzione, e in questo caso non mi sto riferendo a te, ma al tempo storico odierno del popolo equino.
E per inciso la libido non è un niente, almeno quella dovrebbe essere una spinta talmente forte che è impossibile negarla.
Chiamasi evidenza.
Il "mondo oltre il mondo" è a suo modo una realtà, ma non tutte le realtà sono ontologiche, così come non tutte le
visioni hanno un contenuto reale. Parimenti la libido c'è (e non rientra nella metafisica), ma non sempre l'oggetto cui tende è ontologicamente reale.
Se (de)pensiamo il nichilismo come uno sgangherato culto di un fantomatico "Dio del niente" o come riduzione di ogni concetto a niente o come distruzione capricciosa da sovversivo adolescenziale, allora è comprensibile che diventi uno spauracchio buono solo per goffe parodie, e non una fase prodromica agli sviluppi del pensiero contemporaneo, che è «post-metafisico» per chi ha metabolizzato il nichilismo, ma «nichilista» per chi è rimasto arroccato al di qua del nichilismo, sotto l'egida della metafisica e del suo "secondo mondo".
Citazione di: GennaroDeSia il 06 Febbraio 2023, 22:09:41 PM....sennonché il sopracitato Nietzsche si è - a mio modesto avviso - contraddetto lanciando la figura dell'oltreuomo. Ma questo è un altro argomento. Grazie comunque per la risposta.
Questo è l'argomento, la pars costruens, tutt'altro che contraddittoria. L'oltreuomo ha che fare con una morale "oggettiva", con una nuova metafisica, e col superamento di "sgangherati culti di un fantomatico "Dio de Niente"". Così come Marx attua un rovesciamento epistemologico ed etico dell'idealismo hegeliano nei grandi eventi storici, Nietzsche rovescia le fasi dell'estremo idealismo etico di Kierkegaard, passando dal religioso, all'etico, all'estetico.
Livello estetico che non va confuso con un disperato culto anestetico del piacere, ma posto nell'ambito dell'ethos umano, contrassegnato dalla contraddizione tra bene e male (eros e thanatos sintetizzando molto) che ho sopra postato. Ethos, dalla cui matericità biologica autocosciente emerge la domanda di senso rivolta all'unico spirito che può rispondere, lo spirito della terra (Erdgeist) con le sue implacabili leggi naturali. Tanto spazio per nuove metafisiche che sappiano giocare a proprio vantaggio queste leggi (livello etico), nell'oltreumanesimo non privo, come ogni avventura antropologica, di inganni, pericoli e sentieri interrotti.
Citazione di: Phil il 15 Febbraio 2023, 16:57:37 PMIl "mondo oltre il mondo" è a suo modo una realtà, ma non tutte le realtà sono ontologiche, così come non tutte le visioni hanno un contenuto reale. Parimenti la libido c'è (e non rientra nella metafisica), ma non sempre l'oggetto cui tende è ontologicamente reale.
Se (de)pensiamo il nichilismo come uno sgangherato culto di un fantomatico "Dio del niente" o come riduzione di ogni concetto a niente o come distruzione capricciosa da sovversivo adolescenziale, allora è comprensibile che diventi uno spauracchio buono solo per goffe parodie, e non una fase prodromica agli sviluppi del pensiero contemporaneo, che è «post-metafisico» per chi ha metabolizzato il nichilismo, ma «nichilista» per chi è rimasto arroccato al di qua del nichilismo, sotto l'egida della metafisica e del suo "secondo mondo".
Non mi ritengo nichilista in alcuna maniera, altrimenti non leggerei Niezche.
Tu parli di ontologia, ma l'ontologia è la scienza che lega gli enti.
Mentra la metafisica si occupa dell'essere, e delle sue manifestazioni che sono totalmente astratte.
La libido è una astrazione, considerarla un ente è l'errore permanente dello scientismo da Pinel ai maghi dell' IA.
Non ho parlato di un Dio del niente, ma del fare di Dio un niente.
Il nichilismo metabolizzato dal positivismo, è semplicemente la manifestazione più evidente del nichilismo in atto.
Prendo atto dell'ennesimo punto in cui siamo agli antipodi.
Citazione di: Ipazia il 16 Febbraio 2023, 09:20:28 AMQuesto è l'argomento, la pars costruens, tutt'altro che contraddittoria. L'oltreuomo ha che fare con una morale "oggettiva", con una nuova metafisica, e col superamento di "sgangherati culti di un fantomatico "Dio de Niente"". Così come Marx attua un rovesciamento epistemologico ed etico dell'idealismo hegeliano nei grandi eventi storici, Nietzsche rovescia le fasi dell'estremo idealismo etico di Kierkegaard, passando dal religioso, all'etico, all'estetico.
Livello estetico che non va confuso con un disperato culto anestetico del piacere, ma posto nell'ambito dell'ethos umano, contrassegnato dalla contraddizione tra bene e male (eros e thanatos sintetizzando molto) che ho sopra postato. Ethos, dalla cui matericità biologica autocosciente emerge la domanda di senso rivolta all'unico spirito che può rispondere, lo spirito della terra (Erdgeist) con le sue implacabili leggi naturali. Tanto spazio per nuove metafisiche che sappiano giocare a proprio vantaggio queste leggi (livello etico), nell'oltreumanesimo non privo, come ogni avventura antropologica, di inganni, pericoli e sentieri interrotti.
Quest'ultima elaborazione sembra un elogio del transumanesimo.
Io quando penso allo spirito della terra, penso allo spirito e non alla terra.
Potrei quasi dire che è uno spirito che aleggia sulla terra, esattamente come la tempesta che solca le acque del Bereshit.
Il transumanesimo è un Holzweg deliberatamente imposto, sotto mentite spoglie, dagli autoproclamati padroni del mondo, per lo più, occidentale. La mimesi ingannevole è evidente tanto quanto il soCIAlismo dei nazidem. L'oltreumanesimo è altra cosa. Lo spirito non può che nascere dalla terra, così come l'autocoscienza nasce dalla materia biologica. La trascendenza non può prescindere dalle sue terricole origini evolutive, realizzando un falso. Su questo il profeta non concede scappatoie "metafisiche" per imbrogliare lo spirito di gravità simulando ali inesistenti. Quella metafisica è sepolta insieme a Dio.
Citazione di: Ipazia il 16 Febbraio 2023, 14:43:26 PMIl transumanesimo è un Holzweg deliberatamente imposto, sotto mentite spoglie, dagli autoproclamati padroni del mondo, per lo più, occidentale. La mimesi ingannevole è evidente tanto quanto il soCIAlismo dei nazidem. L'oltreumanesimo è altra cosa. Lo spirito non può che nascere dalla terra, così come l'autocoscienza nasce dalla materia biologica. La trascendenza non può prescindere dalle sue terricole origini evolutive, realizzando un falso. Su questo il profeta non concede scappatoie "metafisiche" per imbrogliare lo spirito di gravità simulando ali inesistenti. Quella metafisica è sepolta insieme a Dio.
Lo spirito agisce nella materia e la rende viva, non è il contrario.
Come può qualcosa di astratto nascere da qualcosa di concreto?
Mi pare che il tuo materialismo storico abbia in sè tutti i motivi del transumanesimo.
Potresti trovarti sorpresa a vedere quante cose avete in comune.
Citazione di: green demetr il 21 Febbraio 2023, 15:40:53 PMLo spirito agisce nella materia e la rende viva, non è il contrario.
Ne riparliamo dopo la resurrezione dei morti. Per ora pare accada il contrario.
CitazioneCome può qualcosa di astratto nascere da qualcosa di concreto?
Attraverso l'attività cerebrale.
CitazioneMi pare che il tuo materialismo storico abbia in sè tutti i motivi del transumanesimo.
Mi pare che l'idealismo sia a corto di strumenti critici.
CitazionePotresti trovarti sorpresa a vedere quante cose avete in comune.
Neppure l'ateismo, perché il transumanesimo si regge, come la religione, sui feticci. Nè può essere diversamente, avendo in comune la tarantola. Metafisica l'una, tecnoscientifica l'altro.
Citazione di: Ipazia il 21 Febbraio 2023, 15:56:21 PMAttraverso l'attività cerebrale.
Di quale attività stai parlando :D ?
Dell'addensarsi delle lucine che si accendono nell'uomo robot? :D
E certo, allora si spiega tutto. Dunque basta manipolare il cervello per avere il comunismo perfetto: oh guarda, ma è il progetto cinese!
Ma quale materialismo storico, ti contraddici a ogni piè sospinto.
Che il ragionamento astratto (e concreto) derivi dall'attività cerebrale era noto ai tagliatori di teste assai prima della teorizzazione storico-materialistica.
Citazione di: Ipazia il 21 Febbraio 2023, 17:36:55 PMChe il ragionamento astratto (e concreto) derivi dall'attività cerebrale era noto ai tagliatori di teste assai prima della teorizzazione storico-materialistica.
La mente è semplicemente il luogo abitato dalla coscienza, non ha nulla a che fare con la coscienza.
Comunque ho apprezzato la metafora giacobina :D, spiega molte cose.
Direi di tornare alla malevolenza idealistica sul vituperato "edonismo".