Vorrei sollevare una riflessione sul rapporto tra individuo e potere. Se capisco la necessità di essere costantemente critici nei confronti di chi è al potere a volte mi trovo ad empatizzare nei confronti di chi deve prendere le decisioni perché molto spesso si trova davanti a delle scelte estremamente difficili.
Chi comanda può trovarsi di fronte ad una contraddizione ed costretto a scegliere una delle due strade e spesso nessuna delle due è una scelta giusta: credo che in questi termini si possa parlare di una sorta di "tragedia" di chi è al potere. Qualcun altro ha mai avuto questa sensazione?
Il potere ha sempre una dimensione tragica, semplicemente perche' l'umanita' e' molteplice e colma di aspettative, desideri, modelli di vita contrastanti e ambivalenti. Se il potere e' consapevole del suo aspetto tragico i cittadini vivranno probabilmente in un contesto politico talvolta incoerente ma umano. Il potere dispotico invece nega questo aspetto tragico ed evoca immagini di coerenza dubbie e infine disumane come la Umma o il Vaterland o la coscienza di classe.
Ci sono degli esempi storici in cui il potere è stato consapevole di questo aspetto tragico?
Puoi leggere memorie di Adriano di M. Yourcenair per avere un esempio di potere consapevole della molteplicita' del cuore umano.
Pero' effettivamente i detentori del potere tendono a dissimulare la dimensione tragica che e' una ammissione di debolezza. Solo facendo credere che si puo' cambiare tutto con un colpo si motivano le persone e il cuore semplice di molte di esse.
Sono stati i filosofi e gli scrittori ad aver raccontato questo aspetto pervasivo del potere. Agli albori della civilta' umana basti pensare alle opere di Sofocle, o 2000 anni piu' tardi a quelle di Shakespeare.