LOGOS

LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: Eutidemo il 02 Marzo 2020, 16:08:23 PM

Titolo: "L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 02 Marzo 2020, 16:08:23 PM
Si tratta di una questione molto antica, che, di solito, si fa risalire al duplice postulato di Parmenide, per il quale "L'essere è, e il non essere non è"; con il conseguente corollario "Non si potrà mai fare che siano le cose che non sono", e viceversa "Non si potrà mai fare che non siano le cose che sono", (passi da me  tratti, un po' liberamente dal suo "Poema della natura").
Concezione a cui, da alcuni, si imputa la scaturigine del "Principio di non contraddizione" di matrice "occidentale".
Sebbene, in effetti, una concezione del genere appare anche nella "BHAGAVAD GITA" HINDU, laddove, in SANSCRITO, si trova scritto: "Ciò che non è  non può venire all'essere, mentre dell'essere non può mai esservi cessazione!" (BHAGAVAD GITA CANTO.2 SLOKA.16)

***
Quando, al Liceo, ascoltai per la prima volta il Professore di Filosofia enunciare la frase di Parmenide sopra citata, non potei fare a meno di sorridere: ed infatti, dentro di me, dissi "Bella scoperta!"
Non immaginavo, allora, quanti filosofi si sarebbero affannati a discutere di tale affermazione; che a me, invece, sembrava così ovvia.

***
Poi, ragionandoci sopra, mi resi conto che la faccenda non era poi così banale come sembrava a prima vista; almeno sotto il profilo linguistico.
Ed infatti, finita la scuola, dovetti prendere atto di <<NON essere>> più uno scolaro, bensì di <<essere>> ormai uno studente universitario; così come, adesso, guardandomi allo specchio, mi accorgo di <<NON essere>> più un giovanotto, bensì di <<essere>> un vecchio.
Ragionando in questi termini, l'<<essere>> ed il <<NON essere>> sono intrinsecamente legati da un rapporto reciproco di <<divenire>>; giacchè ogni cosa cessa di <<essere>> quello che era prima (precipitando nel <<NON essere>>), per cominciare ad  <<essere>> un'altra cosa...una cosa diversa!
Cioè, appunto, <<diviene>>.

***
Ragionandoci ancora meglio, però, mi resi conto che si tratta comunque di un ragionamento un po' ambiguo, perchè è valido solo "in senso relativo"; cioè, al fatto di "essere una cosa o un'altra", cioè all'<<esistere>>ma non all'<<essere>> o al <<NON essere>>  in senso assoluto.
Ed invero, un conto è l''<<essere>>, ed un altro conto è la "modalità" con la quale si <<è>> in un determinato momento e in un determinato luogo!

***
A mio parere, infatti, l'<<essere una cosa o un'altra>> riguarda le varie manifestazioni <<esistenziali>> di un essere, che, però, continua ad <<essere>> , in quanto tale, sempre lo stesso (almeno per un certo periodo di tempo).
Ad esempio, anche se il mio <<essere>> giovane è ormai divenuto un <<NON essere>>  più giovane, ma è diventato un <<essere>> vecchio, tuttavia il mio "codice fiscale", che definisce il mio <<essere>> in termini "civilisticamente" "assoluti" (cioè non condizionato e "sciolto" dal mio divenire contingente ed <<esistenziale>>) , non è cambiato di una virgola.
Ovviamente si tratta soltanto di un esempio, in quanto  anche il mio corpo è transeunte; prima che io nascessi, era nel mondo del "<<NON essere>> (o meglio, come meglio preciserò dopo, del <<NON esistere>>), laddove tornerà dopo che io sarò morto.
O meglio,  tornerà nel <<NON esistere>> quella particolare "forma" che si era "esistenzialmente" organizzata con il mio nome e cognome; ma la sua <<realtà>>, sia pure ormai "disorganizzata" rispetto a quella specifica forma individuale, sopravviverà imperitura a durare come <<essere>>.
Quantomeno come <<essere>>."atomi" (ma non solo)!

***
A questo punto, credo sia opportuno disambiguizzare ancor meglio il significato del termine "essere", che, finora, per farmi capire meglio, io ho usato spesso distinguendolo con gli aggettivi "assoluto" e "relativo"; mentre invece, più correttamente, solo il primo andrebbe definito <<essere>>, mentre il secondo, più semplicemente,  <<esistere>> (dal lat. exsĭstĕre, da "ex"- "fuori da" e "sistĕre" "stare").
Al riguardo, se non rammento male, Friedrich Schelling distinse l'<<essenza>>, che riguarda l'Essere da un punto di vista puramente logico-formale, dall'<<esistenza>>, che attiene invece all'aspetto storico e concreto del singolo essere individuale; cioè, più o meno, è quasi la stessa differenza che c'è tra l'<<atman>> ed il <<jiva>> nei Vedanta.
Ma, al riguardo, mi fermo qui, perchè non vorrei allontanarmi troppo dal tema principale del mio TOPIC.

***
Beninteso, l'<<essere>> ed il <<non essere>> dei fenomeni <<esistenti>, non si alternano solo temporalmente in relazione ad uno stesso fenomeno (il fiore che diventa frutto), ma anche in relazione a fenomeni diversi; per "genere prossimo" e "differenza specifica".
Ad esempio, un gatto ha l'<<essere>> di un gatto, e, "relativamente", il <<non essere>> di una tigre; per cui, dialogicamente, diciamo che un gatto <<non è una tigre>>.
Però, comunque, il gatto in senso assoluto <<è>>, avendo in comune con la Tigre (ed anche con una pentola) il minimo comun denominatore dell'<<essere>>.
Ogni cosa che "esiste", in "termini assoluti"  ha il requisito dell'<<essere>>, e MAI quello del <<NON essere>>; perchè il <<NON essere>> non è!

***
Portando il discorso all'estremo, con riguardo al "Dio Apofatico cristiano" di San Dionigi l'Aeropagita (che, sostanzialmente, equivale al "Brahmam Nirguna hindu"), alcuni mistici dicono che Esso è <<NULLA>>; ma non nel senso che non esiste, bensì che non è <<niente>> di tutte le altre cose e di qualsiasi attributo.
Ma questo è un altro discorso, che non c'entra molto col tema in esame; per cui eviterò di approfondirlo.

***
In sintesi, tutto ciò che vediamo (dai monti alle valli, dalle stelle ai pianeti, fino al vicino di casa), ed anche tutto ciò che "non vediamo", è come la PLASTILINA; un materiale polimorfico che assume i più diversi aspetti "esistenziali", molto diversi gli uni dagli altri, restando, però, sempre lo stesso.
L'<<essere>>!

***
E il <<NON essere>>?
Come diceva giustamente Parmenide (e la Gita), il <<NON essere>> non è!

***
Al riguardo, invero, entrando più specificamente in tema, occorre fugare alcuni equivoci riguardo alla differenza tra il <<VUOTO>> ed il <<NIENTE>>:

1)
Il <<NON essere>>, ovvero il <<NIENTE>>, non ha niente a che vedere con il <<VUOTO>>.
Ed infatti, se diciamo che <<NIENTE>> separa una cosa dall'altra, non vuol dire che in mezzo a loro ci sia uno spazio vuoto, bensì, al contrario, che sono attaccate l'una all'altra; o meglio, che sono "la stessa acqua", come quella del mare adriatico e del  mare Jonio.
Come, infatti, diceva Aristotele: "Se due cose si toccano, allora vuol dire che <<NIENTE>>  c'è in mezzo;  se, invece, due cose non si toccano ci deve essere per forza <<QUALCOSA>> a separarle"

2)
All'interno del nostro universo non è possibile ottenere il <<VUOTO ASSOLUTO>>; ad esempio nello spazio cosmico c'è uno stato di vuoto, ma non  c'è il nulla.

3)
Il <<VUOTO>> e' uno spazio senza materia ed energia, mentre  il <<NULLA>> è l'assenza di spazio; che è una cosa diversa.

4)
Nello "spazio cosiddetto vuoto", peraltro, esiste comunque lo spazio-tempo, altrimenti arriveremmo in un lampo su Sirio".

5)
Ed invero, il cosiddetto "vuoto cosmico" non è poi affatto così vuoto; per esempio, può alterare le caratteristiche di un raggio di luce che lo attraversi, comportandosi più o meno come un "prisma".
E' quella che i fisici chiamano "birifrangenza del vuoto", un fenomeno previsto ottant'anni fa ma mai osservato sperimentalmente; adesso, invece, sì.
Ed infatti, un team di ricercatori ha studiato lo spazio vuoto intorno alla stella di neutroni RX J1856.5-3754, rilevando questo fenomeno quantistico;  tale scoperta, descritta in un articolo pubblicato dal Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, aiuta a far luce sulle proprietà quantistiche del vuoto e a capire a un livello più profondo le leggi fondamentali della fisica.
Il «nulla» pertanto, a mio modesto avviso, si circoscrive alla filosofia, mentre il «vuoto» alla fisica; per la fisica delle particelle elementari, infatti, il 'vuoto' quantistico è sede di una miriade di processi 'spontanei' e casuali di creazione e annichilazione di particelle, che in nessun caso può equivalere al  «nulla» filosofico.

***
Chiarite le differenze tra il <<VUOTO>> ed il <<NIENTE>>, questo ci aiuta anche a capire che "prima" del <<BIG BANG>> c'era il <<VUOTO>>,  ma, di sicuro, non c'era il <<NIENTE>>; e, se non ci fosse stato un "prima" (come alcuni sostengono), non ci sarebbe potuto essere neanche un "dopo", che, invece, è sotto i nostri occhi.
Al riguardo:

1)
Il <<BIG BANG>>, sebbene sia ancora un processo in buona parte misterioso, ha dato il via a questo <<UNIVERSO>>, ma non certo alla <<REALTA'>> dell'<<ESSERE>>; che, ovviamente, già c'era prima, altrimenti il <<BIG BANG>> non avrebbe potuto in alcun modo essere <<ESSERE>>...per la contraddizione che nol consente ("ex nihilo nihil")!

2)
Nella fisica contemporanea, infatti, ormai si è affermata la teoria della nascita dell'Universo dal <<vuoto>> per mezzo del "Principio di Indeterminazione" di Heisenberg, e comunque 'per caso' tramite il processo chiamato, appunto,  Big Bang; ma, anche se lo avesse creato Dio, le cose non cambierebbero poi di molto.

3)
Questo <<vuoto>> originario da cui sarebbe nato l'Universo,  infatti, non potrebbe essere stato in nessun caso il <<nulla>>; ed  infatti il dire "prima esisteva solo il nulla"  sarebbe  quanto meno una contraddizione in termini in quanto il <<nulla>> dotato della caratteristica dell'esistenza non è più se stesso,  ma è già <<qualcosa>>.

4)
E, in ogni caso, il <<nulla>>  non può essere nè "prima", nè "durante", nè "dopo", essendo "atemporale"; o meglio, "non essendo nulla" per postulato.

5)
Perciò potremmo dire che, secondo i  sostenitori della teoria del Big Bang, all'inizio esisteva un 'qualcosa' che si potrebbe chiamare 'vuoto primordiale', un 'quid' (forse, ma non necessariamente) privo di materia ed energia ma dotato come minimo della proprietà dell'esistenza; se no di esso non si potrebbe neanche parlare.
Il Big Bang, infatti, fu una "esplosione" con relativa "espansione", che si può sicuramente verificare nel "vuoto", ma non certo nel "nulla"; perchè non ci sarebbe "nulla" in cui espandersi:
Cioè:
- si sarebbe espansa all'infinito sin dall'istante iniziale, perchè NIENTE l'avrebbe limitata.
- e, se è vero che "fu", lo fu necessariamente nel tempo (che, quindi, già c'era).

6)
Per la fisica delle particelle elementari, infatti, come detto, il 'vuoto' quantistico è sede di una miriade di processi 'spontanei' e casuali di creazione e annichilazione di particelle che "sembrano" provenire dal 'nulla' e che "sembrano" sparire nel 'nulla', mentre, invece, vengono semplicemente dal vuoto.

7)
Il nostro Universo, dopo il <<BIG BANG>>, si espande nel <<vuoto>>, ma non certo nel <<nulla>>; ed infatti, se a limitarlo fosse il <<nulla>>, sarebbe, ovviamente, INFINITO.
Mentre, invece, non lo è, in quanto è circondato dal <<vuoto>>!

***
Una volta esaurita la disamina circa la differenza tra il <<vuoto>> e il <<nulla>>, (anche con riferimento al <<BIG BANG>>), che è questione di carattere eminentemente "fisico", resta però da esaminare la famosa <<APORIA, DEL NULLA>>, che è una questione di carattere eminentemente "filosofico"; la quale consiste nel fatto che, nel dire o pensare che il nulla non è, lo si investirebbe di una realtà che gli si nega.
Al riguardo, osservo quanto segue:

1)
Il fatto di pensare ad un cosa, non significa conferirgli alcuna realtà, che non sia di carattere meramente "immaginativo"; ed infatti, se io penso ad un unicorno, nella mia mente si configura effettivamente l'immagine di un unicorno, ma la cosa finisce lì.

2)
Alcune cose, invece, così come un "cerchio quadrato", si possono, sì, "enunciarle" verbalmente, ma, di sicuro, non si possono nè "pensare" nè "immaginare"; per cui, a mio parere, anche il <<nulla>> può essere enunciato (come stiamo facendo qui), ma, certamente non può essere "pensato" da nessuno.
Al massimo, ammesso che ci si riesca, si può cercare di immaginare il <<vuoto>>; ma, come sopra detto, è una cosa del tutto diversa dal <<nulla>>.

3)
A ben vedere, peraltro, affermare, come giustamente fa Parmenide, che "il nulla non è", significa escluderlo dalla totalità di ciò che è in quanto non essere; cioè  significa l'esclusione della possibilità stessa che il nulla rientri nel campo del reale, dell'oggettivo, dello scibile, e dell'intelligibile.

4)
Il nulla non è, e quindi è impredicabile; è "una semplice parola", ovvero, come diceva Bergson, è "una pseudo-idea".

5)
Sempre restando a Bergson, è solo un problema di linguaggio, in quanto il nulla è un concetto "autocontraddittorio" ed "auto-distruttivo".

6)
Ed invero, in analisi logica:
- formalmente il concetto di <<nulla>> esiste, in quanto viene affermato ed enunciato a livello linguistico;
- però, dal punto di vista oggettivo e fisico, nulla corrisponde a questo essere puramente formale.
Come se dicessi "BIBBO"!

7)
Il nulla è:
- l'assoluta negatività, l'impensabile, l'assolutamente niente che non può essere il predicato di nulla;
-il minimo semantico, il grado zero del concetto, la privazione di ogni realtà determinata;
- qualcosa che toglie se stesso nel momento stesso in cui è posto.

***
A questo punto, dovrei esaminare e controbattere, ad una ad una, tutte le varie "concezioni filosofiche" contrarie alla mia; cioè, a parte quella di Parmenide e, più recentemente, quella di Emanuele Severino, praticamente quasi tutte.
Compito, questo, superiore alle mie forze ed anche, ad essere onesto, alle mie limitate (o quantomeno "insufficienti") conoscenze filosofiche.
Per cui, qui, accennerò solo a:

1)
ERACLITO

Il quale, giustamente, affermava: "Non si può entrare due volte nello stesso fiume".
O meglio, più esattamente "Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una <<sostanza mortale nel medesimo stato>>, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e se ne va."( frammento 91 D.-K. del trattato Sulla natura).
Sul che sono perfettamente d'accordo, così come mi sono dilungato a spiegare in premessa; però, ciò che lui dice, non c'entra niente con l'<<essere>> noumenico, bensì con l'<<esistere>> fenomenico.
Ed invero, lui stesso parla del transenunte stato di "sostanza mortale", ma non dell'<<essere>> che ne costituisce il sostrato "reale".

2)
HEGEL

Hegel all'inizio della sua Scienza della logica, scrive: "Il puro essere e il puro nulla son dunque lo stesso. Il vero non è né l'essere né il nulla, ma che l'essere, – non passa, – ma è passato, nel nulla, e il nulla nell'essere".
Nel dire questo, con tutto il rispetto, secondo me Hegel confonde anche lui:
- l'<<esistere>> fenomenico che passa dal <<non essere vaso>> (la terracotta prima del vaso) all'<<essere vaso>> (la terracotta assemblata nel vaso);
- con l'<<essere terracotta>> che rimane sostanzialmente invariato.
Ovviamente, per l'<<essere terracotta>> del mio esempio, intendo  l'<<essere assoluto>> (cioè, "sciolto" da "specifici predicati", come "l'essere gatto" ecc.); che costituisce il comun denominatore di tutte le cose "esistenti", a prescindere dai loro mutamenti e dalle loro specifiche differenze.
Il fraintendimento di Hegel, almeno secondo il mio sommesso parere, sta nel considerare <<essere>> e <<nulla>>, due totali astrazioni, pura indeterminatezza e puro vuoto, poichè, nel momento in cui vengono pensate sono già dissolte ciascuna nel proprio opposto; il che è verissimo riguardo all'<<esistente>> perchè ogni momento presente viene dissolto nel nulla dal momento successivo, che, sostituendolo, lo "sopprime".
"Jedes in seinem Gegenteil verschwindet!"
Però non vero per l'<<essere>>, che permane sempre eguale a se stesso (se è senza predicati), sebbene le sue "manifestazioni" si dissolvano l'una nell'altra; ed infatti, solo riguardo alle quali ultime, a mio parere, ha senso la sua "dialettica degli opposti".

***
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Jacopus il 02 Marzo 2020, 16:34:23 PM
La continuità dell'essere nel suo divenire irrefrenabile è semplicemente la conseguenza di un principio organico.
Mentre le cellule dell'occhio o del fegato o del dito mignolo muoiono e si rigenerano migliaia di  volte nel corso di una vita umana, le cellule del nostro sistema nervoso possono soltanto morire, ma ne conserviamo comunque a sufficienza anche di quelle che avevamo in dotazione appena nati. Questo ci permette di rappresentarci come un singolo individuo, per quanto sottoposto alle tensioni inevitabili del divenire. Solo la malattia mentale e/o quelle degenerative della terza età possono spezzare il senso di unità dell'individuo.
Capisco che si tratta di un discorso poco filosofico, ma la filosofia dovrebbe confrontarsi anche con queste semplici constatazioni organiche.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: viator il 02 Marzo 2020, 16:47:01 PM
Salve Jacopus. Quindi vedi bene che "io sono ciò che RESTA di me dopo che mi sia separato da tutto ciò che è separabile da me".

Quindi io - ma anche tutto il resto - sono un'ANIMA intesa come FORMA di me (o di qualsiasi altra cosa) che resta tale - nei propri ingredienti e nella propria struttura generale, MA SOPRATTUTTO NELLA PROPRIA FUNZIONE - indipendentemente dal togliersi o dall'aggiungersi di qualsiasi suo contenuto. Saluti.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: bobmax il 02 Marzo 2020, 18:37:43 PM
Secondo la teoria del Big Bang l'universo non si espande nel "vuoto", in quanto crea esso stesso lo spazio. E non è limitato, ma illimitato, pur non essendo infinito. Difatti l'universo è finito e illimitato.

Con il Big Bang nasce lo spazio e nasce il tempo.

Lo spazio si espande, così come il tempo.
Ma non si espande in qualcos'altro...
Non vi è uno spazio che contiene il nostro spazio, o un tempo che contiene il nostro tempo.
Il supporlo può solo servire per sfuggire all'orrore del Nulla, ma non risolve la questione.

Dove si trova il centro dell'universo? Dove sei.
Può sembrare paradossale, ma tu sei proprio nel centro dell'universo!

E poiché il tempo ha un inizio... (Non è un qualcosa che inizia, ma il tempo!) Ebbene tu sei ancora lì, in quell'istante iniziale.

Il vuoto non è altro che l'assenza di materia. E la materia non è nient'altro che l'assenza di vuoto.
Non vi è nessun vuoto di per sé, e neppure nessuna materia di per sé.
Donano senso uno all'altra in un gioco senza fine. Ma di per se stessi... non esistono!

Eraclito e Parmenide non erano in contrapposizione, dicevano la stessa cosa. Negavano cioè l'oggettività in sé.
Eraclito attraverso il divenire, Parmenide tramite l'essere, ma il loro scopo è il medesimo: nessuna cosa è in se stessa.
Non è il divenire ad essere negato da Parmenide e neppure l'essere da Eraclito, ma la cosa in sé!

Severino si era fissato sull'essere, e così ha tirato fuori gli immutabili. Combatteva l'erronea fede nel divenire perché origine del nichilismo.
Ma, come ho avuto più volte modo di contestargli direttamente, pure la fede nell'essere molteplice alimenta il nichilismo.
Perché per noi "essere" altro non è che ciò che resiste al divenire e il "divenire" l'annichilimento di questo essere.
Ma entrambi necessitano uno dell'altro, in un gioco senza fine.
Di per se stessi infatti non sussistono. L'essere ha senso solo in confronto al divenire: se nulla divenisse non vi sarebbe alcun essere.
E il divenire ha significato solo ipotizzando un essere: senza essere sarebbe divenire di che?

Se viceversa vogliamo intendere con Essere l'Uno, allora non è più questione del gioco "essere" – "divenire". L'Uno infatti coincide con il Nulla.

Considerazioni queste, tra le tante possibili, che dovrebbero, a mio parere, far insinuare il dubbio che Essere e Nulla siano il medesimo.
Ma tant'é...
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: paul11 il 03 Marzo 2020, 01:16:08 AM
ciao Eutidemo,


La tua iniziale disamina sull'essere è corretta. Molti identificano, sbagliando, l'essere  come esistenza.
Infatti filosoficamente prima vi è la regola (preferisco non chiamarli principi perché la logica non esaurisce la filosofia, la logica regola semmai il pensiero, per cui è corretto semmai dichiarali principi ,ma all' interno della logica) d'identità, poi quella della contraddizione che crea antinomie.
Altrettanto corretta è la disamina che viene eseguita come concetto temporale .Ed è per questo che è famoso Parmenide, poiché nega il divenire, o meglio il divenire diventa contraddittorio rispetto all'essere che non è diveniente.
Diventa ovvio che sia per Parmenide che non accettando la contraddizione, nega il divenire entrando in una aporia evidente empirica, per cui il problema diventerebbe: ma la logica sa descrivere la realtà naturale o essendo due domini diversi autoreferenziandosi costruiscono
relazioni antinomiche? Severino accetta la contraddizione e simile, ma non uguale a Hegel, costruisce una dialettica para-logica.


Su Eraclito ed Hegel avrei invece delle delucidazioni.
Eraclito è ben più complesso dello stereotipato  filosofo del divenire .
Eraclito ritiene che il Logos detti i legami che uniscono la natura e lo definisce cosmico.
Sostiene che l'universo non è il prodotto di dei o umani, bensì un ordine unico ed eterno.




Per quanto riguarda Hegel alcune aggiunte tratte sempre da "Scienza della logica"


Nulla, il puro nulla. E' semplice simiglianza con sé,completa vuotezza, assenza di determinazione
e di contenuto; indistinzione in se stesso. - Per quanto si può qui parlare di un intuire o di un pensare,si considera come differente,che s'intuisca o si pensi qualcosa oppur nulla. Intuire o
pensare nulla ha dunque un significato. I due si distinguono; dunque il nulla è (esiste) nel nostro intuire o pensare, o piuttosto è lo stesso vuoto intuire e pensare, quel medesimo vuoto intuire e pensare,ch'era il puro essere.- Il nulla è così la stessa determinazione o meglio assenza di determinazione,epperò in generale lo stesso, che il puro essere.


Unità di essere e nulla.
.......(è il proseguimento del testo da te riportato)
In pari tempo però il vero non è la loro indifferenza, la loro indistinzione, ma anzi ch'essi non son
lo stesso, ch'essi sono assolutamente diversi, ma insieme anche inseparati e inseparabili e che immediatamente ciascuno di essi sparisce nel suo opposto. La verità dell'essere e del nulla è
pertanto questo movimento consistente nell'immediato sparire nell'uno di essi nell'altro;
il divenire; movimento in cui l'essere e il nulla sono differenti, ma di una differenza che si è in pari tempo risoluta.


Nota (di Hegel)
.....Quando si volesse riguardar come più esatto di contrapporre all'essere il non essere,invece che il nulla, non vi sarebbe niente da dire in contrario, quanto al risultato, poiché nel non essere è contenuto il riferimento all'essere; il non essere è tutti e due, l'essere e la sua negazione, espressi in uno, il nulla, com'è nel divenire.

Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 03 Marzo 2020, 09:50:00 AM
Citazione di: Jacopus il 02 Marzo 2020, 16:34:23 PM
La continuità dell'essere nel suo divenire irrefrenabile è semplicemente la conseguenza di un principio organico.
Mentre le cellule dell'occhio o del fegato o del dito mignolo muoiono e si rigenerano migliaia di  volte nel corso di una vita umana, le cellule del nostro sistema nervoso possono soltanto morire, ma ne conserviamo comunque a sufficienza anche di quelle che avevamo in dotazione appena nati. Questo ci permette di rappresentarci come un singolo individuo, per quanto sottoposto alle tensioni inevitabili del divenire. Solo la malattia mentale e/o quelle degenerative della terza età possono spezzare il senso di unità dell'individuo.
Capisco che si tratta di un discorso poco filosofico, ma la filosofia dovrebbe confrontarsi anche con queste semplici constatazioni organiche.

E' vero: solo la malattia mentale e/o quelle degenerative della terza età possono spezzare il senso di unità dell'individuo...cosa che, purtroppo, accade sempre più di frequente.
Però io credo che l'individuo sia solo un attore che, in genere inconsapevolmente, recita una parte non sua; dietro la sua maschera teatrale, c'è un Altro!
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 03 Marzo 2020, 10:37:45 AM
Ciao Bob
Non condivido nessuna delle tue tre iniziali premesse.
Ed infatti:

1)
Dire che l'universo non si espande nel "vuoto", in quanto crea esso stesso lo "spazio", non ha molto senso; ed infatti anche quello "vuoto" è indubbiamente anch'esso uno "spazio".

2)
Dire che l'universo l'universo è "finito", e, nello stesso tempo, "illimitato", nello stesso tempo è:
- falso, perchè "sembra" che questo universo abbia un limite perimetrale 4,6508 × 10^10 anni luce, per cui non è affatto "illimitato";
- contraddittorio, perchè, ovviamente, se davvero esso fosse "illimitato" sarebbe anche "infinito".

3)
Dire che con il Big Bang "nasce" il "tempo", è anch'esso un controsenso; ed infatti, se il tempo avesse avuto un "inizio" con il Big Bang , è ovvio che il tempo sarebbe dovuto necessariamente esistere sin da "prima" di tale inizio.
In caso contrario, non sarebbe potuto certo "cominciare" in un determinato istante di 13,7 miliardi di anni fa, alle ore 14,15 di pomeriggio!

***
Le altre tue conseguenti considerazioni perdono di validità logica, in quanto fondate su premesse che, almeno a mio parere, sono fallaci.

***
In ogni caso, talvolta tu trai delle conseguenze che sono in contrasto anche con le tue premesse; ed infatti noi saremmo  nel centro di questo universo, solo se esso fosse "infinito", mentre invece tu parti dal presupposto che esso sia "finito", sebbene "illimitato".
In ogni caso, a prescindere da questo aspetto, ne potremmo essere al "centro" solo se esso fosse "rotondo"; cosa non contemplata dalle tue premesse (anche se pare che sia così, sebbene la cosa sia ancora alquanto controversa).

***
Sono invece d'accordo con te, come già avevo scritto, sul fatto che Eraclito e Parmenide, in fondo, non erano in contrapposizione; in quanto Eraclito guardava il divenire, Parmenide l'essere.
Per usare una metafora, il primo rivolgeva la sua attenzione al "fenomeno" (le scene convulse proiettate su uno schermo cinematografico), mentre il secondo rivolgeva la sua attenzione al "noumeno" (l'immobile schermo su cui scorrono le scene cinematografiche).

***
Quanto al fatto che l'Uno coincida con il Nulla, ed al dubbio che Essere e Nulla siano il medesimo, non è mia intenzione riprendere la nostra futile discussione, essendo per me evidente che "L'essere è, e il non essere non è".


***

Un saluto!




Severino si era fissato sull'essere, e così ha tirato fuori gli immutabili. Combatteva l'erronea fede nel divenire perché origine del nichilismo.
Ma, come ho avuto più volte modo di contestargli direttamente, pure la fede nell'essere molteplice alimenta il nichilismo.
Perché per noi "essere" altro non è che ciò che resiste al divenire e il "divenire" l'annichilimento di questo essere.
Ma entrambi necessitano uno dell'altro, in un gioco senza fine.
Di per se stessi infatti non sussistono. L'essere ha senso solo in confronto al divenire: se nulla divenisse non vi sarebbe alcun essere.
E il divenire ha significato solo ipotizzando un essere: senza essere sarebbe divenire di che?

Se viceversa vogliamo intendere con Essere l'Uno, allora non è più questione del gioco "essere" – "divenire". L'Uno infatti coincide con il Nulla.

Considerazioni queste, tra le tante possibili, che dovrebbero, a mio parere, far insinuare il dubbio che Essere e Nulla siano il medesimo.
Ma tant'é...
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: bobmax il 03 Marzo 2020, 12:13:44 PM
Sono intervenuto su questo argomento al solo scopo di evitare che un eventuale lettore ne fosse fuorviato.

In effetti, temo che difficilmente possa qui giungere un lettore animato da autentica ricerca, ma non si sa mai.

Solo una precisazione, rivolta all'ipotetico improbabile lettore:

Che il vuoto non sia nulla dovrebbe essere di tutta evidenza. Essendo il pieno e il vuoto la modalità con cui lo spazio appare.
Semmai, potrebbe essere l'assenza dello spazio una considerazione interessante riguardo al nulla.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 03 Marzo 2020, 12:18:03 PM
Ciao Paul 11
Salto i punti su cui dici che siamo d'accordo; essendo, peraltro, molto confortato dal tuo consenso su di essi.

***
Quanto ad Eraclito ed Hegel, invece, ammetto di essere stato un po' troppo semplicistico e sommario; anche perchè ormai mi stava bollendo un po' il cervello.

Al riguardo:

1)
Non senza motivo Eraclito era detto l'"OSCURO", perchè, in effetti, molte sue affermazioni suonano alquanto "criptiche"; come anche alcune affermazioni di Parmenide, a dire il vero.
Al riguardo, ho il sospetto che in entrambi i casi, l'"ermeticità" fosse un espediente "iniziatico" per indurre chi li leggeva ad "intuire" da sè il senso delle loro parole; questo, però solo una volta che avesse raggiunta una sufficiente consapevolezza interiore.
Ciò premesso, poichè lui stesso precisa che il "divenire" riguarda le "sostanze mortali", ma non l' "essere" che ne costituisce il sostrato "reale", penso che per "sostanze mortali" egli intendesse le "sostanze accidentali", così come denominate da "Pier Giovanni Fabbri nel suo "Desiderio d'infinito"; e, cioè, il "fenomeni"; mentre Parmenide, invece, contempla l'immutabilità dell'"essere".
Secondo me, quindi, il suo contrasto con Parmenide era solo apparente!
Ed infatti il primo rivolgeva la sua attenzione al "fenomeno" (le scene convulse proiettate sullo schermo), mentre il secondo rivolgeva la sua attenzione al "noumeno" (l'immobile schermo su cui scorrono le scene cinematografiche).

2)
Quanto ad Hegel, in molti casi, era più criptico lui di Parmenide e di Eraclito messi insieme;  però non credo che lo facesse per motivi "iniziatici", ma solo perchè era un Professore tedesco!

***
In ogni caso, ammesso (e non concesso) che io abbia capito sul serio quello che vuole dire, non lo condivido affatto; ed invero, secondo me "pensare nulla" non ha alcun  significato.
A mio avviso, "pensare nulla"  significa non "pensare affatto", in quanto ci si trova sotto anestesia!
Si può, sì, <<dire>> a voce "penso il nulla", però non lo si può <<fare>>; provateci, se ne siete capaci!
Chi lo afferma, secondo me, mente per la gola!

***
Ha invece un senso, sebbene ingannevole, dire, come Hegel, che: "I due si distinguono; dunque il nulla è (esiste)"
In questo caso, se non mi sbaglio, lui si rifà, sebbene in questa ipotesi impropriamente, alla nota ""Teoria della definizione" di Aristotile, in base alla quale ogni cosa è definibile per "genere prossimo" e per "distinzione specifica".
Cioè:
a)
Il "genere" cui dobbiamo far riferimento per produrre una buona definizione è il genere prossimo, cioè quello più vicino possibile al termine da definire e quindi meno generale e generico. Ad esempio, dovendo dare una definizione del termine "uomo", il genere che indicheremo sarà quello prossimo di "animale" e non quello troppo ampio di "vivente".
b)
La "distinzione specifica", ossia le caratteristiche che distinguono la specie del termine definito da altre specie dello stesso genere. Cioè, ad esempio, per dare un'appropriata definizione di "uomo", oltre al genere prossimo (animale), dovremo indicare la differenza principale in ragione della quale la specie "uomo" si distingue dagli altri animali, per cui la più comune, per quanto opinabile, definizione di uomo sarà "animale" (genere prossimo) "razionale" (differenza specifica)".

Il che evidenzia subito come il ragionamento di Hegel sia fallace, in quanto:
-  dire che "I due si distinguono" a causa della "ragione" va bene per l'uomo e l'animale;
-  ma dire che "I due si distinguono" non ha invece alcun senso per l'"essere" ed in "non essere", perchè il secondo non è certo il "genere prossimo" del primo; ed infatti, non si può certo dire che la definizione di "essere" sarà dunque "non essere" senza il "non" davanti (e viceversa).
°°°
Solo un Professore tedesco può sostenere una cosa del genere!
°°°

***
In realtà l'"essere" non è definibile per "distinzione" da niente altro, perchè non è una "cosa", bensì è il sostrato, ovvero il "minimo comun denominatore" di "tutte" le cose; quindi non ha alcun senso contrapporlo al "non essere", allo stesso modo di come si può contrapporre il "giorno" alla "notte", che sono due cose.

***
Al riguardo, invero, in NOTA Hegel scrive: "Quando si volesse riguardar come più esatto di contrapporre all'essere il non essere, invece che il nulla, non vi sarebbe niente da dire in contrario, quanto al risultato, poiché nel non essere è contenuto il riferimento all'essere; il non essere è tutti e due, l'essere e la sua negazione, espressi in uno, il nulla, com'è nel divenire."
Ammetto che si tratta di un ragionamento molto "sottile", che, però, non mi convince per niente.
Ed invero, a mio avviso (a parte che "con le chiacchiere"), non si può in alcun modo contrapporre "razionalmente"  il "non essere" all'"essere"; e, questo,  per il semplice fatto che il "non essere" -per definizione- <<NON E'>>; e, quindi, ciò che <<NON E'>> non "è" contrapponibile a niente, proprio perchè non sta da nessuna parte!

***
Quanto al fatto che:"Il non essere è tutti e due, l'essere e la sua negazione, espressi in uno", anche in questo caso, secondo me, si è sempre in presenza di un mero artifizio verbale; perchè il "non" azzera ciò che segue nel resto della proposizione.
Sarebbe come dire che :"Il non essere vivo, è tutti e due, l'essere vivo e la sua negazione, espressi in uno"; cioè, "essere vivo ed essere morto allo stesso tempo!".
Il che, a mio avviso, costituisce palesemente un controsenso.

***
In conclusione, in questo caso, secondo me la "dialettica degli opposti" di Hegel non funziona, perchè, in via di principio, essa presuppone l'"essere" in entrambi gli "opposti" (in atto o, quantomeno, in potenza); se uno dei due,invece, è radicalmente privo di '"essere", non può essere opposto a nient'altro, per il semplice fatto che non c'è.

***
Un saluto!







Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 03 Marzo 2020, 12:33:49 PM
Ciao Bob
Questa volta condivido pienamente tutte le tue osservazioni!

***
Ed infatti anche secondo me, che il "vuoto" non sia il "nulla" dovrebbe essere di tutta evidenza; ed infatti, come giustamente scrivi tu, il "pieno" e il "vuoto" sono solo le modalità con cui lo "spazio" ci appare.

***
Sono anche d'accordo con te che, semmai, potrebbe essere l'"assenza dello spazio" una considerazione interessante riguardo al "nulla".
Però, al riguardo non mi pronuncio, perchè è un tema su cui non ho mai riflettuto.
L'unica cosa che potrei azzardare, a botta calda, è che non è possibile raffigurarsi mentalmente nè l'"assenza dello spazio" nè il "nulla"; il che, forse, potrebbe lasciar pensare che si tratti sostanzialmente della stessa (non) cosa.
Che ne pensi?

***
Un saluto!
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: viator il 03 Marzo 2020, 12:52:06 PM
Salve Eutidemo. Poichè spazio e tempo sono unicamente dimensioni immateriali legate alla loro "percezione psichica=concepimento" da parte di un soggetto......impossibile per una qualsiasi psiche (quindi poi, mente concettuale) immaginarne l'inesistenza.

E' questa la ragione per la quale scienza e fisica risultano dei sistemi (delle visioni del mondo) al cui interno DEVONO esistere lo spazio ed il tempo (cioè il soggettivo) destinati ad entrare in relazione con materia ed energia (che sono le due dimensioni oggettive ed extraumane del mondo).

Alla fine il problema resta sempre il medesimo : l'impossibilità - da parte di chiunque - di riuscire a concepire un mondo privo di un sè stessi. Saluti.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: green demetr il 03 Marzo 2020, 13:24:49 PM
Bello scritto Eutidemo.


Sì un tema molto complesso, ne parlo tramite la mia prospettiva.


Certamente come da proposto il tema sembra essere formale, facendo un sali e scendi rispetto all'esperienza, intendo anche scientifica.


Per la formalità dell'essere e del non-essere, ha poco senso. Ha senso invece quella problematica all'interno del vissuto quotidiano.


Certamente secondo la tutologia del principio del terzo escluso, ogni cosa è sempre ogni cosa.
Sono clamorosamente d'accordo con Bobmax sul fatto che la moltiplicazione degli enti non salva dal nichilismo anzi....
Il punto è che per Severino il nichilismo è il passaggio destinale affinchè l'uomo smetta di pensarsi come soggetto.


Infatti quello che manca di nuovo nel 3d, è la conoscenza di Kant, non è un caso, è un sintomo dei tempi.


Il pensiero (dell'essere e del non-essere) è sempre di un soggetto.


Legato al soggetto troviamo il fenomeno che a lui si presenta, come essere e non essere.


E' rispetto a questo legame, a questa relazione soggetto-fenomeno che si instaura la questione essere- non essere.


Ho trovato veramente molto ben chiarificato la questione, che si sposa allo spazio certo. Sono molto d'accordo con tutte le distinzioni fatte fra vuoto e nulla.
Molto soddisfatto di come è stata trattata la questione dello spazio, che è valida per il big-bang è valida anche per le infinite teorie che circolano note e meno note, sulla cosmologia.


Nel mio caso, però è la tematica del tempo quella che mi sta a cuore.


Certo la sussistenza dell'identità, è un fatto del pensiero, che sia suffragata da un documento (tesi del neo-realismo, vedi sopratutto Ferraris), meglio auto-suffrata, o che sia la presunzione di essere lo stesso soggetto biologico.


Il che è evidentemente falso, il me giovane non ha alcun legame biologico con il me vecchio.


Ciò che mi fa dire che io sono io, è per necessità di cose, che esista un anima.


Che l'anima sia la grande rimozione della modernità è di una evidenza scioccante, in quanto la sua idea permane accanto ai nostri tempi, come se fosse qualcosa legato alla religione.


In questo senso la tematica spazio-temporale, risolta da Parmenide-Severino, come sussistenza dell'essere in QUANTO esistenza però, sennò non capiamo la tematica della destinalità sia in Parmenide sia sopratutto in Severino.
E' a due livelli, il primo quello del soggetto, che continua a illudersi di essere identità. persona, codice fiscale. (io sono il mio codice fiscale, suona così nel mondo robotico, mimetizzato sotto io sono un avvocato, un magistrato, un panettiere etc...).
Il secondo che invece riguarda il reale e non il fantasma, che riguarda l'anima.


Non si capisce Eraclito o Hegel senza capire che la grande filosofia passa sopra le storie personali dell'identità, si riferisce direttamente all'anima e al suo dramma esistenziale.


In questo senso è vero che ESSERE e NON ESSERE sembrano astrazioni formali.


Ma NON DEL SOGGETTO!!!! è questo il tema mancante degli ottimi EUTIDEMO e PAUL.


Sono astrazioni del mondo animico, il mondo mediano, tra soggetto-fenomeno, ed ESSERE, ESSERE che è DIO. (è ovvio).


E' proprio nella medianità che risiede il destino NEGATIVO della coppia HEGEL-PARMENIDE.


Di contro la negazione di qualsiasi medianità della coppia ERACLITO-SEVERINO.


Pur tutti e 4 avendo capito (Insieme a EUTIDEMO PAUL e ME) che l'ESSERE è una astrazione formale.


Ma questa formalità, non è l'in sè della filosofia analitica americana.


Non esiste un mondo di soli aggettivi. Io sono "X".


Il fatto è che io mi dico "X" in quanto il fenomeno che mi APPARE, mi determina come funzione tale che f(Y)=x dove y è il fenomeno e x sono io.


Ma è la funzione che conta. La medianità che la permette.


Nel mondo di Parmenide questa medianità è introdotta da NULLA.


Il Nulla non è l'astrazione di ciò è l'ESISTEZA dell'ESSERE.


Possiamo bene dire che è un DIO che si scontra con un altro DIO, quello dell'ESSERE.


In Parmenide questo scontro divino si risolve nella tragedia umana. Ovvero vive nell'uomo.


E' l'uomo il medium della funzione di scontro tra gli opposti.


Il principio del terzo escluso che la psicanalisi bacchetta ad ogni piè sospinto è già lì da venire.


Parmenide è il maestro delle filosofie occulte di Platone e Aristotele.


Uno scontro tra DEI. Così nella BHAGAVAD GITA.


E' sempre uno scontro tra DEI.


Questa fantasmagoria non fa parte del soggetto, che infatti la etichetta come tale, e passa oltre al suo prossimo codice fiscale da inserire nel banco dati di androide memoria.


Fa parte dell'anima. E si chiama destinalità. Mortalità fuor di mimesi.


Così in Hegel l'anima appare già come la determinazione che si impone a partire dall'inderminazione, che il niente relativo, il nihil latino, è infatti l'essere, l'essere formale, che qualcosa è e non può essere altro.

Per Hegel il movimento NEGATIVO viene ancora prima, in quello che lui chiama lo SPIRITO.


E' lo SPIRITO CHE DA INIZIO ALLA NEMESI DELL'ANIMA.


E lo fa dandogli una forma. E questa forma a sua volta decide del soggetto intenzionale.


Perciò ESSERE E NON ESSERE, fanno parte dello stesso movimento NEGATIVO.


Non possiamo intendere insomma il non essere del soggetto, come il non essere del NEGATIVO.


Se vogliamo questa forma negativa dell'essere, E' il nichilismo positivo a cui allude Nietzche.


Se il nichilismo del soggetto è la storia della dominazione dell'uno sull'altro, il nichilismo del destino è la liberazione dell'anima in seno allo SPIRITO che alberga gravemente sull'anima.


Per SEVERINO come per ERACLITO, invece questa negatività, è la follia che abita il sottosuolo della (grande) filosofia.


Il mondo di Eraclito e di Severino è già compreso di questo destino di annientamento.


In questione è ovviamente il fenomeno, il fenomeno è l'apparire di ciò che non può essere.


OSSIA DEL SUSSISTERE DI QUALCOSA COME SE QUESTO QUALCOSA VENISSE DAL NIENTE.


Entrambi capiscono che le filosofie di PARMENIDE ed HEGEL (o meglio ancora NIETZCHE) sono frutto di un errore che dimentica la tautologia.


Per essi dunque è il tempo ad essere illusione ESATTAMENTE ma per strade completamente opposte, a quelle orientali.


In Parmenide in Hegel in Nietzche il TEMPO esiste, e il tempo è il NEMICO dell'anima.


Entrambi questi 3 (e ci aggiungerei Heidegger) VOGLIONO il superamento di questa destinazione.


Lo vogliono talmente tanto che il tempo come valore fantasmatico, come tema paranoico, sparisce di fronte al loro filosofare.
Essi vanno oltre le tematiche della storia del soggetto, se ne fregano dell'individuo, non vedono codici fiscali.


Sono i filosofi che più ammiro, il loro scontro è titanico, come è giusto che sia lo scontro con gli DEI.


E'uno scontro destinale che gli stessi DEI caldeggiano. (è ovvio).


In Eraclito e in Severino questo scontro viene letto come destino della tecnica, del soppruso dell'uono sull'altro.


Heidegger rimane sospeso tra questi due mondi, rimanendo congelasto nella gellassen, nel guardare il mondo da lontano.


Capisce insieme lo sforzo necessario di andare contro il TEMPO, e nello stesso tempo, di come questo sforzo faccia parte di un DESTINO inevitabile di distruzione.


A mio parere questi autori temono la morte, non capiscono che la morte è una fantasmastica, che nessuna tautologia può impedire ad essa di produrre paralisi.


Naturalmente stiamo parlando di cose altissime. Semplicemente vi sono 2 destini completamente diversi.


Ecco si perde tutto questo che ho raccontato DIMENTICANDOSI che l'uomo non è un robot, è un SOGGETTO!!!
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: paul11 il 03 Marzo 2020, 14:18:33 PM
ciao Eutidemo
Tutti i filosofi fino a Platone compreso sono oscuri ed ermetici, oltre al fatto che più ci si addentra nella storia antica e meno sono emersi scritti. Ma fu una loro scelta l'ermetismo, temevano che le conoscenze date, soprattutto per iscritto, fossero travisate dagli ignoranti in materia, o addirittura per scopi poco nobili. Già nell'introduzione dell' Opera omnia di Platone, il filosofo Giovanni Reale dice chiaramente che il "vero" pensiero di Platone purtroppo è  nascosto e per sua scelta, nonostante vi siano scritti,Perchè lo scritto non ha più l'autore per difenderlo, una volta letto e interpretato.
Lo scritto rimane e l'autore...svanisce.
E questo fa pensare.....
Su Eraclito posso dire che le interpretazioni sono alquanto ballerine a volte e questo per la polisemantica dei termini, per questo Severino voleva che gli studenti conoscessero profondamente il greco. TO ON è l'essere. Il Logos è un termine polisemantico (famoso il Logos di apertura del Vangelo di S.Giovanni), tradotto in Verbum in latino. Ma non è proprio così.  Il Logos, può essere l'archè, può essere il discorso, può essere il "legame", quindi la relazione diremmo oggi.
Parmenide, per quello che ci è dato di sapere, non accetta proprio il divenire, si blocca sull'identità : l'essere è e non può anche non essere. Questo affermazione fa eco in tutta la storia, perché è inconfutabile dal punto di vista logico. Eraclito accetta il divenire e l'unisce ad un Logos originario.


Ammetto di avere impiegato almeno un anno a studiare "Fenomenologia dello spirito" di Hegel, e non so quanti lo hanno fatto e quanti filosofi lo abbiano capito.


Ci sono sostanzialmente due modi per fare filosofia dell'Essere : non accettare la metafisica come ad es. fa Schopenhauer che è anti-hegeliano. Non accetta l'essere e la necessità e sceglie il dato empirico come causazione(a parer mio contraddicendosi poiché la causazione è comunque un modo mentale di leggere il fenomeno) Questo è il percorso scelto dalla modernità ,con il naturalismo con l'umanesimo. L' altro sistema,e sono le  eccezioni moderne sono Hegel e Severino e scelgono una strada paralogica con la cosiddetta logica dialettica negativa. Accettano la contraddizione.
Se leggi attentamente ciò che ti ho postato riferito allo scritto di Hegel, dice che l'essere e il non-essere sono unite dal referente, ma il non-essere comprende l'essere e il nulla. Questa triade :essere, niente, non essere, permette nella logica hegeliana di unire i concetti intellettivi della coscienza umana con la matericità naturale fisica attraverso la mediazione della coscienza. Il nulla è nel divenire delle apparenze, per cui ciò che vediamo è ciò che solo appare e scompare ai sensi, nel sensibile. La coscienza è la mediatrice fra il dato sensibile ,che è contraddittorio in quanto ciò che è non può anche non essere  e quest'ultimo si esplica in ciò che appare dal nulla e scompare nel nulla.
Per farla breve, la triade permette da una parte di unire il concetto intellettivo di verità dell'essere e dall'altra di relazionarla all'esistenza umana e naturale che è contraddittoria rispetto all'essere e l'insieme di tutto ciò è il movimento della conoscenza dentro la nostra coscienza: la fenomenologia che secondo Hegel si conclude nel concetto dell'intelletto finale, lo spirito.


Il fatto che esista il termine "nulla" e lo utilizziamo magari paradossisticamente, magari contraddittoriamente, magari irrazionalmente, ha comunque un significato che se fosse anche solo linguistico evoca  a sua volta un' immagine relazionata ad un concetto mentale o ad una realtà fisica. Il nulla permette alla contraddizione dell'essere, il non-essere di divenire e di poter spiegare l'esistenza, anche se negativo dal punto di vista logico. E' una via di uscita logica al fermo "l'essere è" che non spiega l'esistenza nel divenire. Quindi ontologicamente il nulla è la contraddizione che permette di dire che gli essenti, qualunque cosa che esiste nell'universo, non può venire dal nulla e scomparire nel nulla poiché "ciò che è, non può anche non-essere".


Veniamo alla vita dal nulla e moriamo sparendo nel nulla?


Trovo, almeno sino ad ora, che dal punto di vista logico la dialettica negativa sia al più alto livello per unire  spiegare l'eterno e il divenire: ciò che è ,è (eterno), ciò che è diviene altro da sè(contraddizione diveniente). Negare l'identita del "ciò che è", significa negare all'uomo la possiblità di una verità, con tutte le conseguenze culturali(e forse è questo che si capisce ancor meno),; poiché accettare solo la negazione"ciò che è può anche non essere" e quindi divne altro da sé, significa vivere nel nascondimento e nel disvelamento per altre vie che non sono logiche, sono estetiche, quindi intuitive più che concettuali E la via estetica non ha costituito cultura, perché il livello è contraddittorio. La necessità di dichiarare che cosa è la giustizia, che cosa è bene o male, che cosa è bello o brutto, costituisce un canone, un codice al livello superiore della contraddizione. Noi possiamo costruire con le parole concetti, sensi, significati che non sono contraddittori, ma scegliamo invece un sistema contraddittorio vivente. E' come dire che nella contraddizione cerco di essere non contraddittorio: questo è aporia filosofica ed è quello che poi dichiara Severino. Quando dice che l 'aporia del fondamento, fu già nella Grecia antica, quando scelsero la contraddizione del divenire e non l'essere come eterno, significa scegliere una cultura determinata
A mio parere è possibile unire il tutto.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 03 Marzo 2020, 15:00:14 PM
Citazione di: viator il 03 Marzo 2020, 12:52:06 PM
Salve Eutidemo. Poichè spazio e tempo sono unicamente dimensioni immateriali legate alla loro "percezione psichica=concepimento" da parte di un soggetto......impossibile per una qualsiasi psiche (quindi poi, mente concettuale) immaginarne l'inesistenza.

E' questa la ragione per la quale scienza e fisica risultano dei sistemi (delle visioni del mondo) al cui interno DEVONO esistere lo spazio ed il tempo (cioè il soggettivo) destinati ad entrare in relazione con materia ed energia (che sono le due dimensioni oggettive ed extraumane del mondo).

Alla fine il problema resta sempre il medesimo : l'impossibilità - da parte di chiunque - di riuscire a concepire un mondo privo di un sè stessi. Saluti.

Non a caso quando Kant parla di "intuizioni sensibili", per essere sicuro che siano "pure", cioè universali e necessarie, ne trova soltanto due: quelle del tempo e dello spazio.
Ed infatti, a lui non interessava tanto esaminare il fenomeno in sé, quanto, piuttosto, definire le forme astratte e oggettive in cui esso può essere conosciuto.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: iano il 03 Marzo 2020, 16:15:32 PM
@Eutidemo.
Che bomba di argomento , altro che ovvietà, tanto che confesso di non essere riuscito ad andare in fondo alla lettura.
Vorrei dire comunque la mia innocua opinione.
Se l'essere diviene , come facciamo a percepirlo , non avendo una forma definita , se non istantaneamente , ed essendo la percezione non istantanea?
Parmenide dunque attribuisce leggi a qualcosa che non si sa' bene cosa sia.
Queste leggi sono in effetti un tentativo di definire cosa sia l'essere.
La fisica può assumere le stesse ipotesi , ma non ci dimostra la loro validità.
Non sapremo mai se il big bang nasce dal vuoto o dal nulla , e ciò fa' il paio col mistero di come a noi si presenta l'essere.
Questo essere che a noi si presenta , può perciò essere manipolato ed indagato , mostrando però il suo carattere sempre sfuggente.
Quindi noi diciamo che l'essere diviene , pur permanendo la sua esistenza , ma in effetti ciò che diviene è la nostra percezione dell'essere in relazione al modo in cui ci poniamo di fronte ad esso.
Ciò il cui apparire è sfuggente , sembra divenire , ma non necessariamente diviene.
Ma qui mi fermo , perché non saprei trarre conseguenze da ciò senza dovermi sorbire un potente mal di testa.😊
Mi sentirei solo di azzardare che "esistono" di sicuro solo le nostre percezioni ed una ipotetica causa che le genera , per cui tutti gli attributi dell'essere sono in effetti da riferire alle nostre modalità percettive , e se la natura dell'essere sembra contenere paradossi , è solo perché la percezione li ammette , non ostando essi ai suoi scopi , evidentemente .
Là mia esposizione è come sempre naïf .
Però vorrei davvero capire dove risiede l'attualità del pensiero di Parmenide, cosa che mi sfugge.
Le sue pesanti ipotesi sull'essere mi appaiono del tutto arbitrarie.
Non è vietato abbracciarle , ma non direi che c'è un buon motivo per farlo , quanto per non farlo.
Non rimane che indagare le conseguenze di queste ipotesi per una eventuale adesione più convinta ad essa.
Però nel caos pur molto proficuo e produttivo della fisica attuale non vedo lumi a tal proposito.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 03 Marzo 2020, 16:16:26 PM
Ciao Green.
Innanzitutto ti ringrazio per il complimento, che ricambio sentitamente, perchè, in tutta sincerità, il tuo scritto non ha nulla da invidiare al mio.
Semmai, viceversa! ;)

***
Quanto alla tematica del "tempo", in effetti, nel mio TOPIC l'ho solo sfiorata;  però affascina molto anche me.

***
Rammento che il problema mi colpì per la prima volta leggendo il famoso passo delle "Confessioni", in cui Agostino si chiede che cosa sia il tempo e così si risponde: «Se nessuno me lo chiede, lo so; se, invece, cerco di spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so».
Però, poi, argomenta: "...senza nulla che passi, non esisterebbe un tempo passato; senza nulla che venga, non esisterebbe un tempo futuro; senza nulla che esista, non esisterebbe un tempo presente".
Ragionamento che, quando lo lessi, non mi convinse molto, in parte per le stesse ragioni da lui esposte subito dopo, laddove egli stesso lo mette in dubbio, in quanto, in effetti:
- come farebbero ad esistere il passato e il futuro "dal momento che il primo non è più, il secondo non è ancora?"
- ed anche lo stesso presente,  se fosse sempre presente, senza tradursi in passato, non sarebbe più tempo, ma eternità
E ne conclude: "Se dunque il presente, per essere tempo, deve tradursi in passato, come possiamo dire anche di esso che esiste, se la ragione per cui esiste è che non esisterà? Quindi non possiamo parlare con verità di esistenza del tempo, se non in quanto tende a non esistere".

***
A mio avviso, invece, i casi sono due:
a)
O il tempo è un "continuum", che esiste contestualmente in tutti i suoi istanti, ed è solo la nostra coscienza che ci corre sopra a senso unico, come un treno su binari senza fine...ma sempre in avanti.
b)
Oppure il tempo è solo una "illusione", perchè, come dice giustamente Agostino, se non è un "continuum", allora, allora il futuro ed il passato non esistono, in quanto privi del requisito dell'"essere"; a mio avviso, però, in tal caso non esisterebbe neanche il presente, in quanto pura astrazione, poichè l'istante è come il punto...non ha dimensioni.
Poi ci si mette di mezzo pure Einstein...per cui, sinceramente, non saprei più davvero che pesci prendere al riguardo!:(

***
Quanto al fatto che il me giovane non ha alcun legame biologico con il me vecchio, invece, non sono molto d'accordo; ed infatti, nave di Teseo" a parte, il mio complesso biologico neuronale mantiene la sua memoria identitaria almeno a partire dai tre anni.
Il che, ovviamente, non significa affatto che io non abbia  un anima; ma a ricordarsi qualcosa prima dei tre anni non ce la fa neanche lei!

***
Incidentalmente, comunque, io credo all'anima, come in un rapporto "bilivellare" Jiva-Atman; il che, almeno stando a San Paolo, non è  poi molto differente dalla concezione cristiana.

***
Ed infatti credo che, forse, almeno in parte, le nostre due concezioni possano collimare, in quanto, dal mio punto di vista:
- il primo livello (fenomenico) è quello del soggetto idividuale (jiva), che continua a illudersi di essere identità unica ed assoluta, identificata da ruoli contingenti più o meno fittizi (io sono il mio codice fiscale, io sono un avvocato, un magistrato, un panettiere etc...).
- il secondo livello (noumenico), invece, è quello che riguarda il "SE'" reale, cioè l'uomo interiore il cui spirito, come dice San Paolo, è destinato a scoprirsi UNO con Dio.

***
Quanto al "SOGGETTO", infatti, come diceva Shakespeare, gli uomini sono "vermi che strisciano tra la terra ed il cielo", poichè occorre distinguere:
- tra un soggetto-fenomeno (che esiste)
- ed un soggetto-noumeno (che è)
Oppure, si può dire benissimo, come fai tu: ESSERE, ESSERE che è DIO. (è ovvio).

***
Quando al mondo dei soli aggettivi, io preferisco dire dei soli predicati; ma non credo che ci sia molta differenza.

***
Quanto al fatto che l'uomo sia il medium della funzione di scontro tra gli opposti, in realtà, secondo me, NON ESISTONO OPPOSTI, NE' SCONTRI REALI, PERCHE' SIAMO TUTTI UNO.
Quello della BHAGAVAD GITA, infatti, come Krisna spiega ad Arjuna, è un FINTO scontro, di un unico DIO (non di tanti dei), che frantumandosi nel molteplice, inscena una battaglia priva di realtà sostanziale.

***
Quanto ad Hegel, di cui tu riporti molto appropriatamente alcuni passi, sinceramente io non lo capisco molto; lui costruisce molte argomentazioni che, per me, sono prive di senso compiuto.

***
Ed infatti, che vuol dire che il movimento NEGATIVO viene ancora prima, in quello che lui chiama lo SPIRITO?
Per me è solo nei fenomeni che c'è movimento (che non conta nulla), non nel noumeno.

***
Da qui in poi, sebbene non sia colpa tua, ma di Hegel, non riesco più a seguire il filo del discorso.

***
Condivido, invece, la tua critica della eccessiva preponderanza della tecnica, sulla scorta di Severino.

***
Un saluto!

Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 03 Marzo 2020, 18:02:42 PM
Ciao Paul11
Trovo molto interessante il tuo discorso sui filosofi fino a Platone; il quale, però (salvo qualche eccezione), non lo trovo poi così "ermetico", ma, anzi, mi sembra desideroso di farsi capire "lippis et tonsoribus".
Non a caso, il suo maestro Socrate propugnava l'arte "maieutica"  (che Platone spiega nel Teeteto); la quale, a mio avviso, ha una finalità molto più "essoterica" che non "esoterica".

***
Interessante è anche quanto dici sul Logos, che può essere:
- l'archè,
- il discorso,
- il legame,
e, quindi la "relazione", come diremmo oggi.
Non ne avevo mai sentito parlare in tal modo; hai da indicarmi qualche libro o link al riguardo?
Grazie :)

***
Quanto a Parmenide, per la sua affermazione: "L'essere è, e il non essere non è!", io gli conferirei l'OSCAR PER LA CHIAREZZA; virtù così rara nei filosofi, i quali, per lo più (a cominciare da Hegel), si attengono strettamente al suggerimento di Trilussa: "Se voi il rispetto de l'amichi, nun faje mai capì quello che dichi!"
Però anche Parmenide, qualche frasetta "criptica", ogni tanto la tira fuori pure lui.

***
I più chiari di tutti sono i filosofi inglesi:  Locke, Hume, Berkeley...e, soprattutto, Bertrand Russel!
Ma anche alcuni filosofi tedeschi come Nietzsche e Schopenaeur!

***
Quanto a leggere la "Fenomenologia dello spirito" di Hegel, ammetto di averci provato varie volte, ma poi ci ho sempre rinunciato... finendo per scagliare il libro contro il muro (con invettive irrepetibili).
Un tempo pensavo di essere io a non capire; poi, invece, alla fine ho capito che io non capivo perchè non c'era NIENTE da capire; ed infatti, facendo un'accurata analisi logica e grammaticale del testo (anche in tedesco), mi sono reso conto che certe proposizioni erano "intrinsecamente" prive di senso compiuto.
Tu mi dirai che è il discorso della volpe e dell'uva!
E' sicuramente possibile; ma allora come mai che Kant (per quanto anche lui molto complesso), invece, l'ho sempre letto e capito benissimo, sin dal Liceo?
Il fatto è che Kant  segue una logica sintattica che comprendo, mentre Hegel, molto spesso, NO!
Praticando un po' lo ZEN, forse adesso qualche passo di Hegel riesco ad apprezzarlo come se fosse un KOAN; ed invero, in questo, Hegel è davvero un Maestro.

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Quanto a Schopenhauer, mi è sempre piaciuto moltissimo, non solo perchè è anti-hegeliano, ma, soprattutto, perchè la sua filosofia, almeno per certi aspetti, e molto simile a quella indiana, che io apprezzo moltissimo; e poi, viva la faccia, almeno si capisce quello che dice!

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Ho letto attentamente ciò che mi hai postato, riferito allo scritto di Hegel, il quale sostiene  che l'essere e il non-essere sono uniti dal referente, e che il non-essere comprende l'essere e il nulla.

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Questo lo avevo compreso, però, come già ti avevo ampiamente argomentato, la considero una castroneria da "Guiness dei Primati"; ed infatti, penso che anche Gorgia da Leontini si sarebbe vergognato di un sofisma come: "Il non-essere comprende l'essere e il nulla (cioè, appunto, il non-essere)".
Sarebbe come dire che la locuzione: "Il <<non-cane>> comprende sia il <<cane>> che il <<non-cane>>", perchè entrambe le cose vengono enunciate assieme.
Ma che Hegel mi facesse il piacere!
https://www.youtube.com/watch?v=fa3a50pLmu8

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Quanto alla TRIADE "essere, niente, non essere" secondo me è un'UNIADE, perchè  il "niente" ed il "non essere", per definizione, mancano all'appello.
A parte il fatto che non mi è chiara  neanche la differenza tra "niente e non essere"; ammesso che abbia senso distinguere due cose che non ci sono.

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Quanto al fatto che il "nulla" è nel divenire delle apparenze, questo l'avevo detto anche io, sin dal principio; ed infatti è una cosa ovvia e sotto gli occhi di tutti!
Però si tratta del  "nulla"  relativo, cioè il "non essere" più fiore, per "essere" diventato frutto, non certo il "nulla"  assoluto, che implicherebbe in entrambi la mancanza dell'"essere privo di predicati".
Ed invero:
- un conto è non essere questo ed essere quello, ovvero essere quello e non essere questo;
- un altro conto, invece, è avere il requisito dell'essere o non avercelo...a prescindere da questo o da quello.
Non riesco a capire come si possano confondere le due cose!

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Quanto al fatto che la coscienza è la mediatrice fra il dato sensibile, che è "contraddittorio" in quanto ciò che è non può anche non essere, secondo me, tale presunta contraddizione scaturisce proprio dall'errore logico di cui sopra, poichè:
- indubbiamente ciò che è non può anche non essere;
- però, altrettanto indubbiamente, possono benissimo alternarsi tra di loro differenti "manifestazioni" (o "modalità esistenziali") dell'essere, così come il fiore che cessa di esistere come fiore per diventare frutto...senza che per questo  l'essere cessi di essere <<ESSERE>>!
In questo, il dato sensibile non risulta affatto "contraddittorio", in quanto l'<<essere>> "noumenico" permane inalterato in quanto <<essere>>; ciò che muta è solo l'apparenza "fenomenica" delle sue diverse manifestazioni".

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Ciò che appare dal nulla e scompare nel nulla, è solo l'esistente, cioè l'ombra dell'essere, proiettata sul fondo della caverna!

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Quanto al fatto che esista il termine "nulla" e noi lo utilizziamo magari paradossisticamente, magari contraddittoriamente, magari irrazionalmente, ma che ha comunque un significato che se fosse anche solo linguistico evoca  a sua volta "un' immagine relazionata ad un concetto mentale o ad una realtà fisica", non sono affatto d'accordo; ed infatti, benchè indubbiamente esista anche il termine "cerchio quadrato" e noi lo utilizziamo magari paradossisticamente, magari contraddittoriamente, magari irrazionalmente, ciò però non ci consente in alcun caso di evocare "un' immagine relazionata ad un concetto mentale o ad una realtà fisica di cerchio quadrato".
E' impossibile immaginare un cerchio quadrato, così come è impossibile immaginare il nulla!

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Quanto al fatto che "l'essere è" sia in contrasto con il "divenire", questo non è affatto vero, se si considera che a "divenire" è solo l'apparenza dell'essere, ma non l'essere in sè.
Sarebbe come considerare contraddittoria la circostanza che su uno schermo cinematografico si alternino vari eventi, ed oggetti che mutano in continuazione, mentre, invece, in realtà, tutto avviene su uno sfondo  immobile che rimane sempre eguale a se stesso!
Ed infatti, ci sono diversi livelli di REALTA' (persino a livello fenomenico); ed il contrasto può ipotizzarsi  solo nell'ambito di uno stesso livello di REALTA', non tra diversi livelli .
Sarebbe come se il Rieti volesse scendere in campo contro la Juve :D

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Un saluto!
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: paul11 il 03 Marzo 2020, 23:37:10 PM
ciao Eutidemo,
Bisogna stare attenti a Platone e i dialoghi socratici, non tutti sono originari, e molto è stato scritto da discepoli dell'accademia di Platone. Platone ha scritto, certo, malvolentieri, ma soprattutto non ha dato soluzione ad alcune importanti fondamenti che rimangono in sospeso
Gli studiosi sono propensi a pensare che solo oralmente dicesse ai propri discepoli quello che manca negli scritti. Socrate non ha scritto nulla di suo pugno.


Ho visto velocemente che Treccani già dà dei significati polisemantici a logos; vale a dire è un termine che  prende un determinato   significato in relazione al  il contesto in cui lo colloca quasi ogni singolo filosofo. Consiglierei di cercarlo in siti seri di filosofia.


Questo è un esempio di collocazione del logos in un dato contesto e sarà strano che lo compia Eraclito che  non è solo filosofo del divenire: è più profondo.

"Per quanto tu possa camminare, e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai trovare i confini dell'anima: così profondo è il suo lógos". (Eraclito, fr. 45 Diels-Kranz)




Aristotele definisce Parmenide "terribile".Il fondatore della logica predicativa, Aristotele, vede la difficoltà logica di come affrontare l'eterno e il divenire, il "ciò che è, è e non può non essere"


"Fenomenologia dello spirito" di Hegel, mi imposi di studiarlo. E' scritto male ed Hegel a posteriori lo disse. Lo scrisse in breve tempo, poiché il suo editore gli aveva dato dei tempi stretti, ed Hegel viveva in ristrettezze economiche e protetto, se non ricordo male, da Goethe.


I testi più difficili da leggere, sembrano fisica quantistica, sono proprio il cercare di capire la logica dialettica, quindi Hegel e poi Severino. Quando poi tirano fuori la negazione della negazione.......
Quindi capisco.


Il problema è che dopo la fine dei razionalisti moderni : Cartesio, Spinoza, nessuno o pochissimi ,sono andati a discutere del "noumeno", ovvero di metafisica.
Si trattava di operare non più come i greci antichi la metafisica, ma di poterla spiegare in termini logici. Gli altri filosofi, dall'empirismo a noi, riducono la conoscenza filosofica alla percezione e al mentale, viene esaltata la gnoseologia (o  moderna epistemologia scientifica) e perde in ontologia.
Dell'essere antico, del logos antico, ci si accorge che non solo mutano gli scenari, ma spariscono le parole chiave antiche. La finalizzazione era riuscire a costruire una "filosofia scientifica" e in un certo modo si muoverà la linguistica, la filosofia analitica da Frege, Cantor, Russell, Wittgenstein ,passando per Quine, Searle, .
La relazione moderna diventa correttezza sintattica e semantica fra soggettività e oggettività, dentro il dominio sensibile, naturale, materico. Galileo e Newton hanno avuto un enorme influenza così come poi Darwin.  Intanto la psicanalisi di Freud, la psicologia analitica di Jung, il comportamentismo alla fine è divenuto cognitivismo che insieme alle neuroscienze formano l'attuale filosofia della mente. Il mentale umano è oggi il focus con tutte le sue diramazioni e applicazioni. Rispetto a più di duemila anni fa si è capovolta la filosofia.
Quella antica era povera di conoscenze naturali e fisiche, ma sapeva trattare di universali.
Oggi siamo al tempo dei sincotroni, dei multiverso, dei quanti, ma siamo confusi se vi sia o meno una verità e non essendoci principi universali che uniscano , ognuno si fa forte dei propri principi.
Essendo in tempo di accelerazioni e trasformazioni,ciò che si credeva ieri, oggi è già messo in discussione. Siamo forse in un tempo di transizione culturale.


Schopenhauer non l'ho mai approfondito, di primo acchito non mi piaceva, preferivo Kierkegaard.
Ma adatto che ho aperto una discussione su Nietzsche (il Sileno), mi accorgo che il primo Nietzsche amava l'arte e nello specifico la musica e fu influenzato dal primo Schopenhauer.
Quindi mi appresterò a studiarmi i due volumi di "Il mondo come volontà e rappresentazione"
La "nientità" è il nulla iniziale e finale delle apparenze nel divenire.
Quando viene detto che ciò che appare viene dal nulla e sparisce nel nulla,
Se vita e morte fossero l'essenza l'uomo diventa solo strumento.
Vita e morte si riproducono continuamente, ma la singola identità umana viene una volta sola e sparisce.
Penso che l'identità nell'essere umano sia superiore a quella mentale. Noi mutiamo, in fondo anche noi fioriamo e fruttifichiamo, non è la memoria l'identità, si può anche perderla e riprenderla e non è che noi fossimo altro da noi quando eravamo smarriti. L'essere è un immutabile e corrisponde allo spirito per me, che ci accompagna nel divenire dell'esistenza in un corpo fisico.
Allora si capisce che l'essere è immutabile dentro un corpo fisico mutabile. Viviamo la contraddizione fra essere e non essere: questa è la mia tesi.




Tutti filosofi, in modalità a volte diversissime cercano la cura, cercando prima di capire le cause della malattia:ognuno a suo modo.
Onestamente non basta la logica, non basta un solo attributo, un solo strumento, c'è chi cerca per vie intuitive ed artistiche, chi per vie mistiche, chi per vie logiche. Forse bisognerebbe essere tutte queste serie di attributi, come dire che la totalità dell'universo è concepibile solo per via di una totalità umana.


Un saluto anche a te.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 04 Marzo 2020, 07:20:06 AM
Ciao Paul
Hai ragione circa i dialoghi platonico-socratici; ma io, nel dire che, essi, in genere, mi sembrano più "essoterici" che "esoterici", mi basavo, ovviamente sui testi scritti comunemente attribuiti a Platone.
Quanto, invece, a quello che Socrate e Platone, poi, dicevano oralmente ai propri discepoli, in effetti, nessuno è in grado di saperlo.

***
Grazie per i suggerimenti riguardo al "LOGOS", circa il quale sto pensando di aprire un apposito TOPIC; però, prima, mi devo informare meglio al riguardo, e poi devo riflettere un po' sulle informazioni assunte.

***
Grazie anche per il passo di Eraclito, che è bellissimo!
"Per quanto tu possa camminare, e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai trovare i confini dell'anima: così profondo è il suo lógos". (Eraclito, fr. 45 Diels-Kranz)
E' un passo che fa riflettere!
Se mi è consentito azzardarne qui  una mia interpretazione personale, sarei propenso a pensare che, secondo Eraclito:
- il "lógos" dell'anima non va cercato in senso "orizzontale", peregrinando dialetticamente in ogni dove;
- il "lógos" dell'anima va invece cercato in senso "verticale", scavando semplicemente entro se stessi.
Ed infatti, come diceva Agostino d'Ippona: "Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas" (De vera religione, XXXIX, 72).
Quanto al "lógos dell'anima", di cui parla Eraclito, "forse" potrebbe essere identificato con il "fundus animae" ("Grund der Seele") dei mistici, laddove Dio e l'anima sono una cosa sola.


***
Quanto a Parmenide, a me sembra che a definirlo "venerando e terribile" fu Platone, e non Aristotele; anche se non posso escludere che anche quest'ultimo lo abbia definito così.

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Se è vero, come tu dici, che lo stesso Hegel, a posteriori, ammise che la "Fenomenologia dello spirito" era stata "scritta male", allora, solo per tale ammissione (di cui ero all'oscuro) Hegel riacquista gran parte della mia stima.
Per emendarmi, perciò, qui ammetterò di essere stato forse un po' troppo aspro nelle mie critiche verso di lui; anche considerando che, probabilmente, io ho scritte moltissime cose "molto più male" di lui!

***
Quanto a spiegare la metafisica in termini "logici", in effetti, non è una cosa tanto facile (ammesso che sia possibile); forse non può essere spiegata, ma solo compresa in termini "mistici".

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Quanto al fatto che, dall'empirismo a noi, in genere i filosofi tendono a ridurre la conoscenza filosofica alla percezione ed al mentale, esaltando la gnoseologia (o  moderna epistemologia scientifica) a scapito dell'ontologia, tutto questo è indubbiamente vero.
Però è anche vero che uno dei massimo empiristi inglesi, Berkeley, arrivò a sostenere che l'intero mondo è un "sogno di Dio"; assunto, questo, che non può non ricordarci il "misticismo" indiano (e non solo quello).
Ed infatti, a ben vedere, il "misticismo" non è altro che una forma estrema di "empirismo" interiore!

***
E' anche vero che la "relazione" moderna diventa correttezza sintattica e semantica fra soggettività e oggettività, dentro il dominio sensibile, naturale, materico; ma non direi che questo sia sempre un male, se non si esagera.
Galileo, Newton e Darwin, infatti, avevano, ed hanno, fondamentalmente ragione; sebbene ci sia ancora qualche "ignorantiota" che contesta quest'ultimo. Ovviamente, la teoria di Darwin ha subito varie correzioni, ma la sua sostanza è ormai fuori discussione.

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Quanto alla psicanalisi di Freud, la psicologia analitica di Jung, ecc. non dobbiamo dimenticare che esse nascono fondamentalmente con "finalità terapeutiche"; per cui risultano valide o meno, solo nella misura in cui riescono effettivamente a curare i pazienti (circostanza oggi rilevabile anche a livello statistico).

***
Quanto alla tua affermazione per la quale: "...non essendoci principi universali che uniscano , ognuno si fa forte dei propri principi", essendo io un "Freigeist", la cosa non mi dispiace poi troppo.
Ed infatti, poichè nessuno ha mai potuto leggere scolpiti in cielo detti "principi universali", in genere essi sono stati "universalmente" condivisi dagli uomini, solo grazie ai roghi, alle ghigliottine, e, più modernamente, grazie al lavaggio mentale della propaganda totalitaria.
Secondo me, invece, è molto meglio che ognuno si faccia forte dei propri principi; senza però diventare tanto forte da pretendere di imporli anche agli altri, come se solo quelli in cui crede lui siano universali.

***
Per cui io direi che, "...essendo in tempo di accelerazioni e di trasformazioni", nonchè di libertà di opinione e di ricerca, ciò che si credeva ieri, oggi PER FORTUNA è già messo in discussione.
Altrimenti saremmo ancora oggi costretti "per legge" a credere al dogma della terra ferma al centro dell'Universo!
In realtà, secondo me, siamo SEMPRE in un tempo di transizione culturale; salvo che qualcuno voglia impedire con la forza il cambiamento!

***
Io ho letto (un po') sia Schopenhauer che Kierkegaard, e mi sono piaciuti molto entrambi; sia pure, ovviamente, per diversi motivi.
Nietzsche l'ho letto di meno, e mi è piaciuto solo in parte; sebbene alcune sue affermazioni siano strepitose ed anche molto attuali.
Ad esempio : "L'uomo di partito è necessariamente un impostore!" ("L'anticristo")
Ovviamente, non si riferiva solo ai partiti politici...ma anche a loro.

***
Quanto al fatto che la "nientità" è il nulla iniziale e finale delle apparenze del "divenire", e, quindi, non dell'"essere", sono perfettamente d'accordo con te.
Ed infatti sono anche d'accordo con te che la singola identità umana viene una volta sola e poi sparisce; come scriveva Catullo "Soles occidere et redire possunt; nobis cum semel occidit brevis lux, nox est perpetua una dormienda." (Il sole può tramontare e poi risorgere; noi, invece, quando si spegnerà la nostra flebile fiammella, dovremo dormire per un'unica notte eterna.)
Ma l'"essere" che è in noi, non nasce e non muore.

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Quanto al fatto che l'identità "individuale" nell'essere umano permanga senza memoria, e, soprattutto, senza coscienza (ad esempio, nel coma o sotto anestesia), ho fortissimi dubbi; non c'è più nessuno, se il suo encefalogramma è diventato "piatto".

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Sono perfettamente d'accordo con te sul fatto che l'<<essere>> (che possiamo anche chiamare "spirito") sia un "immutabile"  che ci accompagna nel divenire dell'<<esistenza>> in un corpo fisico; cioè che l'essere è immutabile dentro un corpo fisico mutabile.
Non sono invece d'accordo con te quando scrivi che noi viviamo la contraddizione fra essere e non essere: ed infatti, trattandosi di due diversi livelli di realtà, secondo me non c'è contraddizione tra l'<<essere invariabile>> ed il <<mutevole esistere>>.
Un conto è l'attore ed un altro conto è la maschera.

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Un saluto
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Sariputra il 04 Marzo 2020, 10:40:50 AM

Mi sembra insensato postulare un 'essere' senza ciò che appartiene all'essere. Un essere senza alcuna determinazione  non è immaginabile.  Non possiamo  affermare l'"essere" di un cane senza le caratteristiche del cane. Se leviamo , ad una ad una, tutte le caratteristiche del cane, leviamo anche l'essere del cane. Come potrebbe esistere uno 'spirito' privo di ciò che gli appartiene?L'essere si manifesta quindi attraverso i fenomeni, ossia le caratteristiche apparenti. Se l'essere è lo 'sfondo' su cui appaiono i fenomeni non può esserci 'separazione' fra sfondo e ciò che vi appare. Senza fenomeni apparenti infatti lo sfondo non è uno sfondo, perde la sua 'qualità' di "essere" sfondo.  Privato dei 'gunas' il purusha non si manifesta. Il Brahman non è privo di 'qualità', cioè di ciò che gli appartiene. Infatti si dice che è 'satchitananda': oceano d'esistenza, conoscenza e beatitudine. L'esistenza sono i fenomeni apparenti, la conoscenza è la consapevolezza di essi, la beatitudine  è la "gioia terribile" ( e quindi anche l'orrore spirituale,la consapevolezza della propria vacuità, che lo fa 'ritrarre'...) che l' "essere" prova  osservandosi nei fenomeni...
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: bobmax il 04 Marzo 2020, 11:05:07 AM
Citazione di: Sariputra il 04 Marzo 2020, 10:40:50 AM

Mi sembra insensato postulare un 'essere' senza ciò che appartiene all'essere. Un essere senza alcuna determinazione  non è immaginabile.  Non possiamo  affermare l'"essere" di un cane senza le caratteristiche del cane. Se leviamo , ad una ad una, tutte le caratteristiche del cane, leviamo anche l'essere del cane. Come potrebbe esistere uno 'spirito' privo di ciò che gli appartiene?L'essere si manifesta quindi attraverso i fenomeni, ossia le caratteristiche apparenti. Se l'essere è lo 'sfondo' su cui appaiono i fenomeni non può esserci 'separazione' fra sfondo e ciò che vi appare. Senza fenomeni apparenti infatti lo sfondo non è uno sfondo, perde la sua 'qualità' di "essere" sfondo.  Privato dei 'gunas' il purusha non si manifesta. Il Brahman non è privo di 'qualità', cioè di ciò che gli appartiene. Infatti si dice che è 'satchitananda': oceano d'esistenza, conoscenza e beatitudine. L'esistenza sono i fenomeni apparenti, la conoscenza è la consapevolezza di essi, la beatitudine  è la "gioia terribile" ( e quindi anche l'orrore spirituale,la consapevolezza della propria vacuità, che lo fa 'ritrarre'...) che l' "essere" prova  osservandosi nei fenomeni...

Infatti, è proprio per questo che Essere e Nulla sono il medesimo.

Per superare l'orrore, vi è solo una strada: la fede nel Bene.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 04 Marzo 2020, 14:34:44 PM
Ciao Sariputra
Tu dimentichi che oltre al "Brahman  Saguna", e, cioè, "con attributi", c'è il "Brahman  Nirguna", cioè privo di attributi ("gunas"); è il "Brahman Supremo" indicato da Sankara che è impersonale, come il Dio Apofatico di San Dionigi l'Aeropagita...ovvero l'ESSERE assoluto!
L' ESSERE senza alcuna determinazione, infatti,  è il minimo comun denominatore di tutte le cose; in quanto, se avesse una sua determinazione, non potrebbe ovviamente essere il minimo comun denominatore di tutte le cose.
Quello che dici tu, invece, è valido per le singole cose (rectius, "fenomeni"), in quanto, ovviamente, non possiamo  affermare l'"essere" di un cane senza le caratteristiche del cane; ed infatti, le singole cose "esistenti" si identificano per "genere prossimo" e differenza "specifica".
L'ESSERE, invece, ovviamente no, altrimenti non potrebbe essere il fondamento univoco del TUTTO.

***
Se l'"essere" è lo 'schermo' su cui appaiono i fenomeni, in effetti sembra davvero che non ci sia 'separazione' fra schermo e ciò che vi appare sopra, in quanto è su tale schermo immobile che si svolgono le manifestazioni fenomeniche.
Ma è solo una illusione "ottica", o meglio, restando all'analogia, "cinematografica"!
Ed infatti, anche senza fenomeni sopra lo schermo resta lì dov'è,  nè perde la sua 'qualità' di "essere" schermo solo per il fatto che, in quel momento, sopra non ci si agitano immagini.
Non hai mai visto uno schermo cinematrografico prima che cominci il film (o dopo) ?

***
Quanto al "Purusha",  corrisponde all'essenza astratta del Sé, che è eterno, indistruttibile e senza forma;  è vero che, privato dei 'gunas', il purusha non si manifesta, ma non è mica il suo solo modo d'ESSERE!

***
Quanto al Brahman, come ho scritto in premessa, tu dimentichi che oltre al "Brahman  Saguna", e, cioè, con attributi, c'è il "Brahman  Nirguna", cioè privo di attributi ("gunas") e, quindi, privo di 'qualità'.
Secondo Sankara (o Shankara) che è il massimo filosofo dell'Advaita Vedanta, il Brahman Nirguna è totalmente impersonale, mentre la forma di divinità personale o Brahman Saguna (con Guna o attributi) si manifesta soltanto attraverso l'associazione con la Maya.
Ovviamente, un po' come per la nostra TRINITA', Saguna e Nirguna non sono però due distinte DIVINITA', ma sono lo stesso Nirguna che appare come Saguna per la devozione dei fedeli; cioè, si tratta della stessa Realtà osservata da due punti di vista differenti:
- Nirguna Brahman è il Brahman Supremo, dal punto di vista trascendente del PURO ESSERE (Paramarthika);
- Saguna Brahman, invece, è il Brahman non-supremo, ovvero dal punto di vista del relativo (Vyavaharika).

***
Quanto al termine "Satchitananda" è una parola sanscrita che può essere tradotta con diverse sfumature interpretative:
a)
SAT

Il termine "sat" letteralmente, vorrebbe dire "seduto" ; come, in effetti suona un po' in tutte le lingue indoeuropee (Sitzung, Sitten ecc.), di cui il sanscrito è un "archetipo"; ed infatti, forse, in origine, si riferiva alla postura del Dio negli idoli, ma, in seguito, è stato reso nei modi più diversi:
"essente"
"esistente",
"vivente" "
"duraturo"
"reale"
"vero"
ecc.
Nel vedanta attuale, che io sappia, si interpreta come "ESSERE ASSOLUTO, cioè "solutum" dalle sue manifestazioni esistenziali e fenomeniche.
b)
CIT

Che, letteralmente, significa "percepire, fissare la mente su", "per capire e comprendere", "per farsi un'idea nella mente, essere consapevoli di, pensare, riflettere ecc." Loctefeld e la maggioranza degli attuali studiosi lo traducono come "COSCIENZA" (o consapevolezza)
c)
ANANDA

Che, letteralmente, significa "beatitudine, felicità, gioia, godimento, piacere dei sensi".
Si tratta dei tre attributi del "Brahman  Saguna", mentre l'ESSERE non è tecnicamente un attributo, ma il modo di essere (appunto) del "Brahman  Nirguna".

***
Un saluto
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: niko il 04 Marzo 2020, 15:12:05 PM
  E' perché il nulla non è che ogni cosa, secondo l'ordine del tempo e la distanza nello spazio, degenera eventualmente nell'altro da sé e nel suo opposto... ma non sparisce mai nel nulla. Il fatto che non ci sia il nulla, significa che non c'è un termine ultimo ne un inizio delle cose, che non c'è alcun "posto" o "momento" spazialmente, concettualmente e temporalmente separato da cui le cose possano iniziare, o andare a finire quando non sono più.
Questa constatazione, che sembra ovvia, è importante in filosofia, perchè implica una conseguenza più sottile e meno ovvia: se il nulla non è, allora la molteplicità, l'opposizione e le differenza tra gli enti è reale almeno quanto gli enti stessi, perchè in assenza del nulla l'essere è realmente, e non illusivamente o metaforicamente, limitato e negato da altro essere, ovvero da altre parti di se stesso.


Se non c'è nulla a limitare l'essere, la differenza tra enti,  tra parti costitutive dell'essere (banalmente possiamo dire per esempio, tra acqua e fuoco), è interna all'essere stesso e ha la stessa inviolabilità, unità, eternità e necessità dell'essere in quanto totalità escludente il nulla.
L'essere non esprime solo la collezione degli enti, ma la realtà della loro differenza; e se questa differenza è reale, anche il pensiero, che la pone e sostanzialmente si esaurisce in essa, è reale: come esseri pensanti non pensiamo direttamente ne noi stessi ne il mondo, pensiamo la differenza, tra noi stessi e il mondo. Il pensiero è limitato dall'impossibilità del totale autoriferimento e del totale eteroriferimento e si muove tra questi due estremi, come pensiero delle differenza, innanzitutto della differenza da se stesso, della distanza del singolo pensiero attuale (che non è il pensiero, ma un pensiero) dal polo del totale autoriferimento.




E' questa una delle chiavi per comprendere Eraclito: se neghi il nulla e affermi l'essere, hai necessariamente la danza degli opposti, perché ecco che il nulla dell'uno, non essendo più se stesso, è diventato l'essere dell'altro: il nulla dell'acqua è il fuoco, il nulla del ferro il legno, il nulla del tavolo è il non tavolo, il nulla del nulla è l'essere. La molteplicità non si è dissolta, si è aperta al flusso del pensiero, si è legata causalmente. Il dissidio è reale, perché ovunque un essere-altro ha preso il posto dell'impossibile nulla. La funzione astrattamente tolta del nulla è ancora esercitata, ma da altro, dall'altro. La vita, nel suo divenire e nelle sue contraddizioni, è sopravvissuta al vago pensiero di un monismo dell'essere. La contrapposizione tra essenti (tra due essenti qualsiasi) è reale, proprio perché la contrapposizione tra essere e nulla NON è reale: a essente si contrappone sempre altro essente, non mai mancanza o nulla. E' la legge della guerra, nulla è incontrastato o irresistito, nulla è assoluto, proprio perché non c'è nessun nulla-assoluto.


Si dice spesso: "accetto tranquillamente il nulla nel senso che una cosa non è un altra, ma non accetto il nulla assoluto".


Non si comprende che questo dissidio non è reale, che questa bisemia non è reale, perché il nulla assoluto è già, un caso quasi come gli altri di nulla relativo in cui si afferma che una cosa non è un'altra e non si afferma a ben vedere nulla di più di questo: il nulla del nulla è l'essere, sotto la spinta della contraddizione il nulla non si auto annulla, semmai si auto esserifica, passa nell'altro da se. Si può togliere il nulla e avere la danza degli opposti -la coppia conseguentemente sorgente di opposti- anche e soprattutto nel caso del nulla assoluto, della riflessione sul nulla assoluto. Ciò che è nulla non può eccedere il significato letterale e semantico di nulla relativo, il significato blando di nulla per cui semplicemente una cosa non è un'altra: per eccederlo, dovrebbe essere qualcosa, quando invece nel dire la parola "nulla", proprio come parola, si sta dicendo solo che: "la cosa che non è non è, quindi > tutte le altre cose sono". Come referente esterno, ci si sta riferendo ad altro. La parola stessa, vuole indicare altro. Tolta, l'opposizione tra essere e nulla, resta, l'opposizione tra sè ed altro. Essere e nulla si identificano, questo è l'unico caso in cui il conflitto, il dissidio implicito nel parlare e nel pensare, è illusorio, perché non è interno all'essere, ma è il conflitto sorgivo dell'essere, il confitto da cui l'essere sorge per esclusione; ma per esclusione-di-nulla, quindi come totalità.


Quindi non immagino il nulla come qualcosa di privo di conseguenze o di separato, il nulla genera l'opposizione nell'essere, perchè se è nulla, la sua funzione limitante e libertaria, la sua funzione imprevedibile (come di jolly) , è usurpata, è sostituita dall'essere. Il jolly sta davvero nel mazzo dell'essere, e, a scorrerlo tutto, rima o poi esce.


L'assenza del vuoto ha come conseguenza la contiguità di ogni cosa: se anche il vuoto è cosa > allora tutte le cose sono contigue, e sono limitate l'una dall'altra. Le cose apparentemente non limitate da nulla (le cose fluttuanti), sono limitate dall'aria, dal vuoto-cosa, dal vuoto assurto a cosa.  Così la definizione logica, secondo cui una cosa non è l'altra, ha un immediato corrispettivo nella disposizione spaziale delle cose, secondo cui una cosa è limitata da un'altra contigua. Di nuovo, non c'è il nulla a contrapporsi alle cose, ma l'alterità extra liminare secondo cui una cosa non è un'altra, e nella pienezza che ne consegue, non rimane spazio per il nulla, per cui si può dire che il nulla sia l'assenza di spazio.


Ma la conseguenza più incredibile del nulla è l'infinito. Se non c'è nulla a limitare l'essere, siamo autorizzati a fare congetture sulla struttura spaziale e temporale dell'essere, e a trovarla infinita.
 
Dove mai dovrebbe finire l'essere?


Se anche il limite dell'essere appartiene all'essere, ogni limitazione dell'essere è anche una cumulazione, un accumulo di molteplicità nella stessa sostanza.


Anche il mondo sferico, il modo quadrato, il mondo delle sfere concentriche, il mondo piatto, il mondo a forma di banana, qualunque mondo con una forma definita, è espresso dall'opposizione tra sé e altro e non da quella tra sé e nulla, ovvero la sua forma, qualunque essa sia, si può sempre immaginare iscritta, contenuta, in una forma più grande.


Parmenide aveva metaforizzato e proposto di immaginare l'essere come una sfera, perché la sfera era il simbolo dell'autolimitato, del finito ma illimitato, di ciò che aveva confine in sé stesso. Il confine curvo è il confine perfetto, che non ha irregolarità come facce o spigoli, che è uguale a sé stesso, ha le stessa caratteristiche, in ogni punto. La sfera è anche simbolo di immobilità, perché rimane uguale a sé stessa anche se ruota, muovendosi su se stessa in qualunque direzione e per qualunque tipo e durata del movimento, alla fine del movimento stesso non manifesta mai variazioni visibili. Ma si poteva obbiettare che anche una sfera ha spazio fuori di sé, ad esempio la si può immaginare perfettamente contenuta in un cubo, ed è ovvio che, a parità di massima estensione, il cubo ha molto più volume. Se l'essere è la sfera, Il volume residuale, del cubo ma non della sfera, è il nulla, che si voleva escludere.
Melisso attribuì all'essere parmenideo l'infinità di spazio e di tempo, abbandonando la sfera (e l'istantaneità) anche come metafora, e immaginando come spazio e tempo dell'essere (spazio e tempo in cui si desse l'essere come evento e come sostanza) uno spazio e un tempo immutabili e infiniti, quindi indefiniti anche come forma. Dalla sfera all'abisso, all'immenso spazio aperto, una metafora dell'essere meno geometrica, ma più efficace. L'essere è il contenuto mimino del tempo e dello spazio, ed è facile concordare con questo, anche al di là dell'estremizzazione antisensista e controintuitiva eleatica, per cui ne è il contenuto unico. Lo spazio e il tempo non possono finire, perché non possono esaurire il loro contenuto minimo, minimo per definizione. C'è sempre continuità nell'evento dell'essere, e c'è sempre "sostanza" nello spazio, quantomeno lo spazio stesso. L'abisso non ha nulla che lo limiti, neanche potenzialmente.
L'infinito è ciò che non ha confini, che ha come confine il nulla. Con-fine, questa è una parola strana: dove finisce l'uno, finisce l'altro (fine insieme) e insieme dove finisce l'uno, comincia l'altro (fine-con, fine nel con, conseguente all'avvento del con, destino di incompatibilità). Applicata ad essere e nulla, significa che l'essere non finisce mai, e dunque anche il nulla non finisce mai, di non essere, di essere sé stesso non essendo. Confina con l'essere, ma nel senso di sovrapporsi invisibilmente: la differenza non emerge. Dove finisse l'uno, comincerebbe definitivamente l'altro, e questo è sommamente impossibile. L'infinito, così pensato come abisso di spazio e di tempo implica l'unità: se ne esistesse un altro, si limiterebbero a vicenda e nessuno dei due sarebbe infinito. Ma non c'è un tempo e luogo dell'essere separato da un tempo e luogo del nulla. Non a caso anche al dio delle principali religioni monoteistiche, nelle riflessioni teologiche mature, influenzate dalla filosofia greca, saranno attribuite insieme sia l'infinità che l'unità. L'una non avrebbe senso senza l'altra.




Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Lou il 04 Marzo 2020, 16:01:08 PM
Citazione di: Eutidemo il 03 Marzo 2020, 12:18:03 PM

Al riguardo, invero, in NOTA Hegel scrive: "Quando si volesse riguardar come più esatto di contrapporre all'essere il non essere, invece che il nulla, non vi sarebbe niente da dire in contrario, quanto al risultato, poiché nel non essere è contenuto il riferimento all'essere; il non essere è tutti e due, l'essere e la sua negazione, espressi in uno, il nulla, com'è nel divenire."
Ammetto che si tratta di un ragionamento molto "sottile", che, però, non mi convince per niente.
Ed invero, a mio avviso (a parte che "con le chiacchiere"), non si può in alcun modo contrapporre "razionalmente"  il "non essere" all'"essere"; e, questo,  per il semplice fatto che il "non essere" -per definizione- <<NON E'>>; e, quindi, ciò che <<NON E'>> non "è" contrapponibile a niente, proprio perchè non sta da nessuna parte!

***
Quanto al fatto che:"Il non essere è tutti e due, l'essere e la sua negazione, espressi in uno", anche in questo caso, secondo me, si è sempre in presenza di un mero artifizio verbale; perchè il "non" azzera ciò che segue nel resto della proposizione.
Sarebbe come dire che :"Il non essere vivo, è tutti e due, l'essere vivo e la sua negazione, espressi in uno"; cioè, "essere vivo ed essere morto allo stesso tempo!".
Il che, a mio avviso, costituisce palesemente un controsenso.

secondo me non è un mero artifizio, in Hegel: il non essere è essere ciò che non è più. Mi pare che in prospettiva diveniente (come in Hegel e già Parmenide aveva avvertito che se l'essere divenisse diventerebbe non essere ) è logico che siano entrambi espressi in uno.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: paul11 il 05 Marzo 2020, 01:11:01 AM
  Ciao Eutidemo

Eraclito è molto di più del solo "filosofo del divenire"


Il  venerando e terribile Parmenide, hai ragione ho confuso io, è nel dialogo socratico intitolato a lui che ho riletto solo qualche mese fa. Un dialogo assai difficile, tra l'altro.

Se è vero che Berkeley passa fra gli empiristi, lui che era un vescovo anglicano, sono più famosi Hume soprattutto e  poi Locke.


Fenomenologia dello spirito di Hegel edizioni Rusconi del 1995 a cura di Vincenzo Cicero.
Nella lunga introduzione viene specificato quanto ho scritto.


Su Darwin sorvolo, fu influenzato dall'allora cultura britannica che ha a sua volta influenzato l'attuale statunitense. Darwin+ A.Smith  =evoluzionismo e liberismo  e aggiungerei + empiristi+Malthus =?  Diciamo che è stato anche strumentalizzato ideologicamente.
Purtroppo spesso il passato viene reinterpretato strumentalmente per fini giustificativi ideologici  per rappresentare il presente a scapito di una giustizia culturale.


Cosa vuol dire curare la psiche? Quale è la normalità psichica? Quale è il sistema di misura della psiche? La medicina ufficiale come saprai non vide mai di buon occhio la psicanalisi. Oggi i reparti dei nosocomi si dicono neurologia e curano con farmaci. Anche il prete nel confessionale esercita un' attività psicanalitica .


La conseguenza per cui ognuno è presumibilmente libero di porsi dei suoi principi è umano, ma se la coltre culturale lo giustifica siamo all'individualismo più bieco e meschino. Da sempre ognuno intimamente ha un suo pensiero, come la madre degli imbecilli è sempre incinta,arriva da Eva o poco giù. Ci sono sempre stati problemi, ma la cultura o tenta di unire costruendo limiti e identità sociali,  o siamo allo sbraco.


La velocità del progresso tecnologico non è pari alla velocità della maturazione culturale  umana.
Significa che oggi un "cretino" può avere una bomba atomica per le mani, non arco e freccia.
L'uomo è cresciuto nelle tecniche soprattutto fisico-naturali, non nel campo "umano".


Se per identità intendi il mentale potresti avere ragione, visto che il mentale è comunque correlato alla parte fisica che è il cervello: ma l'identità è soggettiva o oggettiva? Anche per perdita di memoria per il mondo, per la società e istituzioni siamo sempre noi.

La relazione fra essere e non essere sta nel fatto che noi viviamo nel non essere, nel divenire mutevole delle apparenze, in ciò che non è già più ieri e che non è ancora domani.


Un saluto
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 05 Marzo 2020, 06:45:57 AM
Citazione di: niko il 04 Marzo 2020, 15:12:05 PM
  E' perché il nulla non è che ogni cosa, secondo l'ordine del tempo e la distanza nello spazio, degenera eventualmente nell'altro da sé e nel suo opposto... ma non sparisce mai nel nulla. Il fatto che non ci sia il nulla, significa che non c'è un termine ultimo ne un inizio delle cose, che non c'è alcun "posto" o "momento" spazialmente, concettualmente e temporalmente separato da cui le cose possano iniziare, o andare a finire quando non sono più.
Questa constatazione, che sembra ovvia, è importante in filosofia, perchè implica una conseguenza più sottile e meno ovvia: se il nulla non è, allora la molteplicità, l'opposizione e le differenza tra gli enti è reale almeno quanto gli enti stessi, perchè in assenza del nulla l'essere è realmente, e non illusivamente o metaforicamente, limitato e negato da altro essere, ovvero da altre parti di se stesso.


Se non c'è nulla a limitare l'essere, la differenza tra enti,  tra parti costitutive dell'essere (banalmente possiamo dire per esempio, tra acqua e fuoco), è interna all'essere stesso e ha la stessa inviolabilità, unità, eternità e necessità dell'essere in quanto totalità escludente il nulla.
L'essere non esprime solo la collezione degli enti, ma la realtà della loro differenza; e se questa differenza è reale, anche il pensiero, che la pone e sostanzialmente si esaurisce in essa, è reale: come esseri pensanti non pensiamo direttamente ne noi stessi ne il mondo, pensiamo la differenza, tra noi stessi e il mondo. Il pensiero è limitato dall'impossibilità del totale autoriferimento e del totale eteroriferimento e si muove tra questi due estremi, come pensiero delle differenza, innanzitutto della differenza da se stesso, della distanza del singolo pensiero attuale (che non è il pensiero, ma un pensiero) dal polo del totale autoriferimento.




E' questa una delle chiavi per comprendere Eraclito: se neghi il nulla e affermi l'essere, hai necessariamente la danza degli opposti, perché ecco che il nulla dell'uno, non essendo più se stesso, è diventato l'essere dell'altro: il nulla dell'acqua è il fuoco, il nulla del ferro il legno, il nulla del tavolo è il non tavolo, il nulla del nulla è l'essere. La molteplicità non si è dissolta, si è aperta al flusso del pensiero, si è legata causalmente. Il dissidio è reale, perché ovunque un essere-altro ha preso il posto dell'impossibile nulla. La funzione astrattamente tolta del nulla è ancora esercitata, ma da altro, dall'altro. La vita, nel suo divenire e nelle sue contraddizioni, è sopravvissuta al vago pensiero di un monismo dell'essere. La contrapposizione tra essenti (tra due essenti qualsiasi) è reale, proprio perché la contrapposizione tra essere e nulla NON è reale: a essente si contrappone sempre altro essente, non mai mancanza o nulla. E' la legge della guerra, nulla è incontrastato o irresistito, nulla è assoluto, proprio perché non c'è nessun nulla-assoluto.


Si dice spesso: "accetto tranquillamente il nulla nel senso che una cosa non è un altra, ma non accetto il nulla assoluto".


Non si comprende che questo dissidio non è reale, che questa bisemia non è reale, perché il nulla assoluto è già, un caso quasi come gli altri di nulla relativo in cui si afferma che una cosa non è un'altra e non si afferma a ben vedere nulla di più di questo: il nulla del nulla è l'essere, sotto la spinta della contraddizione il nulla non si auto annulla, semmai si auto esserifica, passa nell'altro da se. Si può togliere il nulla e avere la danza degli opposti -la coppia conseguentemente sorgente di opposti- anche e soprattutto nel caso del nulla assoluto, della riflessione sul nulla assoluto. Ciò che è nulla non può eccedere il significato letterale e semantico di nulla relativo, il significato blando di nulla per cui semplicemente una cosa non è un'altra: per eccederlo, dovrebbe essere qualcosa, quando invece nel dire la parola "nulla", proprio come parola, si sta dicendo solo che: "la cosa che non è non è, quindi > tutte le altre cose sono". Come referente esterno, ci si sta riferendo ad altro. La parola stessa, vuole indicare altro. Tolta, l'opposizione tra essere e nulla, resta, l'opposizione tra sè ed altro. Essere e nulla si identificano, questo è l'unico caso in cui il conflitto, il dissidio implicito nel parlare e nel pensare, è illusorio, perché non è interno all'essere, ma è il conflitto sorgivo dell'essere, il confitto da cui l'essere sorge per esclusione; ma per esclusione-di-nulla, quindi come totalità.


Quindi non immagino il nulla come qualcosa di privo di conseguenze o di separato, il nulla genera l'opposizione nell'essere, perchè se è nulla, la sua funzione limitante e libertaria, la sua funzione imprevedibile (come di jolly) , è usurpata, è sostituita dall'essere. Il jolly sta davvero nel mazzo dell'essere, e, a scorrerlo tutto, rima o poi esce.


L'assenza del vuoto ha come conseguenza la contiguità di ogni cosa: se anche il vuoto è cosa > allora tutte le cose sono contigue, e sono limitate l'una dall'altra. Le cose apparentemente non limitate da nulla (le cose fluttuanti), sono limitate dall'aria, dal vuoto-cosa, dal vuoto assurto a cosa.  Così la definizione logica, secondo cui una cosa non è l'altra, ha un immediato corrispettivo nella disposizione spaziale delle cose, secondo cui una cosa è limitata da un'altra contigua. Di nuovo, non c'è il nulla a contrapporsi alle cose, ma l'alterità extra liminare secondo cui una cosa non è un'altra, e nella pienezza che ne consegue, non rimane spazio per il nulla, per cui si può dire che il nulla sia l'assenza di spazio.


Ma la conseguenza più incredibile del nulla è l'infinito. Se non c'è nulla a limitare l'essere, siamo autorizzati a fare congetture sulla struttura spaziale e temporale dell'essere, e a trovarla infinita.
 
Dove mai dovrebbe finire l'essere?


Se anche il limite dell'essere appartiene all'essere, ogni limitazione dell'essere è anche una cumulazione, un accumulo di molteplicità nella stessa sostanza.


Anche il mondo sferico, il modo quadrato, il mondo delle sfere concentriche, il mondo piatto, il mondo a forma di banana, qualunque mondo con una forma definita, è espresso dall'opposizione tra sé e altro e non da quella tra sé e nulla, ovvero la sua forma, qualunque essa sia, si può sempre immaginare iscritta, contenuta, in una forma più grande.


Parmenide aveva metaforizzato e proposto di immaginare l'essere come una sfera, perché la sfera era il simbolo dell'autolimitato, del finito ma illimitato, di ciò che aveva confine in sé stesso. Il confine curvo è il confine perfetto, che non ha irregolarità come facce o spigoli, che è uguale a sé stesso, ha le stessa caratteristiche, in ogni punto. La sfera è anche simbolo di immobilità, perché rimane uguale a sé stessa anche se ruota, muovendosi su se stessa in qualunque direzione e per qualunque tipo e durata del movimento, alla fine del movimento stesso non manifesta mai variazioni visibili. Ma si poteva obbiettare che anche una sfera ha spazio fuori di sé, ad esempio la si può immaginare perfettamente contenuta in un cubo, ed è ovvio che, a parità di massima estensione, il cubo ha molto più volume. Se l'essere è la sfera, Il volume residuale, del cubo ma non della sfera, è il nulla, che si voleva escludere.
Melisso attribuì all'essere parmenideo l'infinità di spazio e di tempo, abbandonando la sfera (e l'istantaneità) anche come metafora, e immaginando come spazio e tempo dell'essere (spazio e tempo in cui si desse l'essere come evento e come sostanza) uno spazio e un tempo immutabili e infiniti, quindi indefiniti anche come forma. Dalla sfera all'abisso, all'immenso spazio aperto, una metafora dell'essere meno geometrica, ma più efficace. L'essere è il contenuto mimino del tempo e dello spazio, ed è facile concordare con questo, anche al di là dell'estremizzazione antisensista e controintuitiva eleatica, per cui ne è il contenuto unico. Lo spazio e il tempo non possono finire, perché non possono esaurire il loro contenuto minimo, minimo per definizione. C'è sempre continuità nell'evento dell'essere, e c'è sempre "sostanza" nello spazio, quantomeno lo spazio stesso. L'abisso non ha nulla che lo limiti, neanche potenzialmente.
L'infinito è ciò che non ha confini, che ha come confine il nulla. Con-fine, questa è una parola strana: dove finisce l'uno, finisce l'altro (fine insieme) e insieme dove finisce l'uno, comincia l'altro (fine-con, fine nel con, conseguente all'avvento del con, destino di incompatibilità). Applicata ad essere e nulla, significa che l'essere non finisce mai, e dunque anche il nulla non finisce mai, di non essere, di essere sé stesso non essendo. Confina con l'essere, ma nel senso di sovrapporsi invisibilmente: la differenza non emerge. Dove finisse l'uno, comincerebbe definitivamente l'altro, e questo è sommamente impossibile. L'infinito, così pensato come abisso di spazio e di tempo implica l'unità: se ne esistesse un altro, si limiterebbero a vicenda e nessuno dei due sarebbe infinito. Ma non c'è un tempo e luogo dell'essere separato da un tempo e luogo del nulla. Non a caso anche al dio delle principali religioni monoteistiche, nelle riflessioni teologiche mature, influenzate dalla filosofia greca, saranno attribuite insieme sia l'infinità che l'unità. L'una non avrebbe senso senza l'altra.

Il tuo è un discorso molto interessante, che, per alcuni aspetti (non tutti), mi ricorda molto l'esposizione di  Emanuele Severino che sto vedendo adesso su YOUTUBE:
https://www.youtube.com/watch?v=TE91WYazpPc
Complimenti!
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 05 Marzo 2020, 07:14:21 AM
Ciao Lou.
Secondo me, invece, dire che : "il non essere è essere ciò che non è più", equivale semplicemente a dire che "il non essere non è"; ed infatti,  "essere ciò che non è più", equivale semplicemente a "non essere", in quanto quel "più" non cambia niente.
A parte questo, come già ho scritto, è vero che se l'<<essere>> "divenisse" diventerebbe <<non essere>>; ed infatti questo non può accadere e non accade.
Ciò che "diviene" a mio parere, non è l'<<essere assoluto>> (cioè il minimo comun denominatore di tutte le cose), bensì le sue <<manifestazioni>> fenomeniche...cioè l'<<esistere relativo>> delle singole cose.
L'essere dello schermo, non cambia col mutare delle immagini proiettate su di esso...che prima sono una e poi un'altra.
L'autoreferenzialità nel linguaggio e valida solo laddove non si scada in sofismi di tipo nominalistico, che confondano la semantica con l'"ontologia".
Un saluto!
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Ipazia il 05 Marzo 2020, 09:02:13 AM
Citazione di: Eutidemo il 05 Marzo 2020, 07:14:21 AM
Ciò che "diviene" a mio parere, non è l'<<essere assoluto>> (cioè il minimo comun denominatore di tutte le cose), bensì le sue <<manifestazioni>> fenomeniche...cioè l'<<esistere relativo>> delle singole cose.
L'essere dello schermo, non cambia col mutare delle immagini proiettate su di esso...che prima sono una e poi un'altra.

L'essere dello schermo qual'è ? Tela, tubo catodico, cristalli liquidi, plasma, ...? E il minimo comune denominatore di tutte le cose ? La particella di Dio ? L'Universo, che per somma sfiga dell'Essere diviene anche lui ? E forse diverrebbe anche Dio, se esistesse davvero.

Temo che l'Essere continui ad essere, aldilà dei sotterfugi logici, una questione ontologica e se ne venga fuori metafisicamente (e fisicamente) con un perentorio: L'Essere non è  :)
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Lou il 05 Marzo 2020, 09:53:42 AM
Citazione di: Eutidemo il 05 Marzo 2020, 07:14:21 AM
Ciao Lou.
Secondo me, invece, dire che : "il non essere è essere ciò che non è più", equivale semplicemente a dire che "il non essere non è"; ed infatti,  "essere ciò che non è più", equivale semplicemente a "non essere", in quanto quel "più" non cambia niente.
A parte questo, come già ho scritto, è vero che se l'<<essere>> "divenisse" diventerebbe <<non essere>>; ed infatti questo non può accadere e non accade.
Ciò che "diviene" a mio parere, non è l'<<essere assoluto>> (cioè il minimo comun denominatore di tutte le cose), bensì le sue <<manifestazioni>> fenomeniche...cioè l'<<esistere relativo>> delle singole cose.
L'essere dello schermo, non cambia col mutare delle immagini proiettate su di esso...che prima sono una e poi un'altra.
L'autoreferenzialità nel linguaggio e valida solo laddove non si scada in sofismi di tipo nominalistico, che confondano la semantica con l'"ontologia".
Un saluto!
(grassettato mio.)
Tutto ciò che appare (che si manifesta) sicuramente è, ma se l'apparire è tutto, l'essere è niente. Mettiamola così.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: paul11 il 05 Marzo 2020, 11:35:46 AM
ciao Eutidemo e forumisti,


In ciò che scrive Niko n effetti vi  sono dei richiami severiniani, , anche se, mi pare, svolti al contrario.
L'ex nihlo Severino lo imputò alla Chiesa e gli costò la scomunica e l'abbandono dall università Cattolica di Milano. Perchè viene accettato che Dio venga dal niente.
Se il niente è allora tutto finisce in niente e ciò nega l'essere.
L'essere non potendo anche non essere necessariamente è eterno e non c'è storia, non c'è linearità, perché non c'è inizio e neppure fine.
L'aporia del fondamento consiste nel credere al divenire, la negazione dell'essere; per cui tutto ciò che viene dal niente e sparisce nel niente (la nientità) è un falso.
La risposta di Severino invece è che ogni essente, ogni attimo, è un eterno: nulla è perso perché nulla diviene altro-da-sè.  Per uscire dall'impasse della negazione dell'essere, il non essere che diviene, si formula la doppia negazione il non del non-essere.
Ma qui si entra nel campo della vera e propria logica dialettica: è parecchio complesso, soprattutto da spiegare.




Lou ha ragione dal punto di vista logico.
Ciò che tu esponi e che Lou ha posto in grassetto,fu proprio la mediazione dei filosofi greci, quella che appunto Severino definisce l'aporia del fondamento. O l'Essere non si nega o se si nega diventa altro-da-sè, vale a dire il non-essere. Dal punto di vista logico Severino si pone come Parmenide. ma accetta la negazione del divenire come luogo del non-essere.ma come sopra spiegato c'è una differenza importante, che tutto ciò che si manifesta nel divenire è negazione ,ma eterna.Ogni fotogramma temporale  e spaziale, rimanendo fermo il concetto che l'essere non può anche non-essere, in realtà è eterno, per cui la moltitudine degli essenti non svanisce nell'apparenza,non può venire dal nulla e sparire del nulla, per cui, se seguiamo la sua logica, vi sono infiniti eterni quel famoso legno che non può diventare cenere perchè il legno è e non può diventare cenere e la cenere è.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 05 Marzo 2020, 12:00:05 PM
Ciao Paul
Non c'è dubbio alcuno che Eraclito sia molto di più del solo "filosofo del divenire"; il suo è un pensiero molto più complesso ed articolato, sebbene non sempre molto chiaro.

***
Berkeley era indubbiamente un empirista, anche se spinto all'estremo; ed infatti non c'è dubbio alcuno che tutto ciò che noi "sperimentiamo" <<direttamente>> , è soltanto "mentale".
Il resto, in effetti, è solo una "presunzione"; più o meno fondata a seconda delle varie filosofie.
Però è vero che Hume soprattutto e  poi Locke sono più famosi di lui.

***
Non c'è dubbio alcuno che Darwin sia stato strumentalizzato ideologicamente, come anche io spesso sostengo ; ma questo non inficia minimamente la validità del fondamento primario della sua teoria (se opportunamente aggiornato).
Secondo me, invece, la storia di Adamo ed Eva ha un elevato valore allegorico, anagogico e didascalico, ma è del tutto priva di fondamento biologico, paleontologico e filogenetico.

***
"Curare la psiche" significa,  per esempio, cercare di guarire dalla sua fissazione un ragioniere che è convinto di essere un cavallo; però, in effetti, a tal fine penso anche io che sia molto più efficace la "psichiatria" che non la "psicanalisi".
Non essendomi mai rivolto ad uno psicanalista, peraltro, non saprei dire se si tratta di un metodo realmente efficace; mi baso solo su quel poco che ho letto al riguardo, che non è molto concorde nei giudizi.
Per cui mi astengo dal formularne dei miei!

***
Comunque, a parte l'ipotesi dei ragionieri convinti di essere dei cavalli, e quella -molto più frequente-, dei somari convinti di essere dei ragionieri, sono d'accordo con te che è molto difficile stabilire quale sia la "normalità psichica" di una persona.
Storicamente, in effetti, è una cosa che a Stalin riuscì molto più facilmente che a Freud; sebbene pare che il tipo di terapia non risultasse molto piacevole per i presunti "malati".

***
Come ti ho detto, io sono uno "spirito libero", per cui preferisco essere "imbecille di mio", piuttosto che per suggerimento, costrizione o induzione altrui; o, magari, adeguandomi ad ideologie e/o religioni che pretendono rispettabilità solo grazie alla loro antichità.
"Avvi niente di più venerabile quanto un antico abuso? Niente, ma la ragione è più antica, rispose Zadig."
Preferisco lo sbraco al conformismo; sebbene sia illusorio poterlo eludere del tutto!

***
Però hai ragione nel dire che la velocità del progresso tecnologico non è pari alla velocità della maturazione culturale  umana.

***
Per identità intendo il mentale, e lo ritengo soggettivo per noi ed oggettivo per gli altri; per quanto possa valere una presunta identità del genere!

***
Per concludere, non c'è dubbio alcuno che i nostri individuali "io" fenomenici vivano nel divenire mutevole delle apparenze, in ciò che non è già più ieri e che non è ancora domani; ma non così  il nostro "sè" più profondo, o "grund der seele", se preferisci.

Un saluto
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 05 Marzo 2020, 12:04:14 PM
Citazione di: Ipazia il 05 Marzo 2020, 09:02:13 AM
Citazione di: Eutidemo il 05 Marzo 2020, 07:14:21 AM
Ciò che "diviene" a mio parere, non è l'<<essere assoluto>> (cioè il minimo comun denominatore di tutte le cose), bensì le sue <<manifestazioni>> fenomeniche...cioè l'<<esistere relativo>> delle singole cose.
L'essere dello schermo, non cambia col mutare delle immagini proiettate su di esso...che prima sono una e poi un'altra.

L'essere dello schermo qual'è ? Tela, tubo catodico, cristalli liquidi, plasma, ...? E il minimo comune denominatore di tutte le cose ? La particella di Dio ? L'Universo, che per somma sfiga dell'Essere diviene anche lui ? E forse diverrebbe anche Dio, se esistesse davvero.

Temo che l'Essere continui ad essere, aldilà dei sotterfugi logici, una questione ontologica e se ne venga fuori metafisicamente (e fisicamente) con un perentorio: L'Essere non è  :)

L'Essere non è  nella stessa misura in cui A non è A:)
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 05 Marzo 2020, 13:08:38 PM
Ciao Paul e forumisti.
Quanto all'"ex nihilo" di Severino ed alle altre "molto diverse", ma in parte "molto simili", interpretazioni di "DIO = NULLA", secondo me l'unica accezione che condivido è quella di Meister Eckart
Ed infatti, circa il concetto di "NULLA", Eckart, commentando il passo degli "Atti degli Apostoli" in cui si dice che, caduto da cavallo "...Paulus NIHIL vidit", individua in esso, oltre al significato letterale che indica l'accecamento di Paolo, anche quello di, "vide il NULLA", e cioè vide "DIO". ;) 

***
Ed invero, nel latino classico due negazioni affermano in maniera più o meno piena e assoluta, a seconda che l'avverbio di negazione segua o preceda il pronome (o l'aggettivo, oppure l'avverbio) negativo, come ad esempio nelle seguenti frasi: nemo non haec dixit 'tutti hanno detto ciò', non nemo haec dixit'; per cui, almeno se non ho capito male, in latino, scrivere che "...Paulus NIHIL vidit", non significa che "Paolo non vide niente", ma, appunto, secondo l'esegesi di Eckart, significa che "Paolo vide il niente".
Il che è un po' diverso! ;)

***
Ovviamente, Meister Eckart, che era un predicatore domenicano, non intendeva certo dire che Dio non c'è, cioè, che è niente; bensì, rifacendosi per certi aspetti al "Dio apofatico" di Dionigi l'Aeropagita (ed a quello della "Nube della non conoscenza" di un anonimo scrittore del XIV secolo), intendeva dire che Dio è "nulla di tutte le altre cose" e, cioè, è nulla di ciò che di Lui si manifesta in natura.
Ed invero, se si è il minimo comun denominatore di tutte le cose, non si può ovviamente coincidere con alcuna singola cosa; il che non vuol dire che "non si è", ma, al contrario, che soltanto "si è", senza predicati.

***
Cioè, per dirla più modernamente, Dio è l'inconoscibile Noumeno, di cui i Fenomeni (nostri "io" compresi)  sono mere molteplici manifestazioni, le quali:
- non sono certo "illusorie", se non nel senso che sono prive di realtà "metafisica";
- sono però "effimere", come le parole che si spengono nel silenzio, dopo essere state pronunciate.

***
"Nulla", che poi, è lo stesso "Tutto"; cioè, come scriveva San Paolo, "Omnia in omnibus".
Tutto in tutte le cose...senza essere "nessuna" cosa; il che non vuol dire non "essere", ma, al contrario, "essere solo essere"!

***
Per cui, come pure venne risposto a Mosè sul monte, Dio è l'ESSERE; in quanto ogni cosa "è" (o meglio "esiste"), ma l'"essere non è nessuna cosa, così come nessuna cosa è l'essere".
Ed infatti, quando Mosè, sul monte Sinai, gli chiede: "Chi sei?", Lui non gli risponde sono Giacomo, Giovanni, e nemmeno "sono Dio", ma gli risponde "IO SONO COLUI CHE SONO"...senza alcun predicato; e se Mosè gli avesse ribattutto :"Allora sei il NON ESSERE", penso che Dio lo avrebbe rispedito dabbasso a calci nel sedere!

***
Ed infatti, come correttamente scrivi tu, l'essere non potendo anche non essere necessariamente è eterno e non c'è storia, non c'è linearità, perché non c'è inizio e neppure fine.

***
A mio avviso, peraltro, credere al divenire non significa affatto la negazione dell'essere; perchè ciò che diviene non è l'essere, bensì soltanto le sue manifestazioni.
Quando Fregoli, in pochi secondi, si cambiava d'abito per interpretare ruoli sempre diversi, ciò che diventava nuovo e mutava, erano i suoi abiti e i suoi ruoli; ma Fregoli restava sempre Fregoli...non è mica che ogni volta lui  passasse dall'essere al non essere Fregoli.

***
Quanto all'"aporia del fondamento" Severino si pone come Parmenide, ma accetta la negazione del divenire come luogo del non-essere; cosa che io non condivido, o che, quantomeno che non riesco a comprendere per le ragioni esposte sopra.
Per me, infatti, poichè il divenire attiene all'esistere dei fenomeni, e non all'essere del noumeno, non riesco a capire che cosa neghi che cosa.
E' vero che tutto ciò che si manifesta nel divenire è negazione di quello che era prima, ma, proprio per questo, è necessariamente "temporale", e non "eterna"; altrimenti non potrebbe divenire.
Ogni fotogramma temporale  e spaziale, quindi, secondo me non rimane affatto eterno, ma viene e sparisce nel nulla come i fotogrammi cinematrografici, non avendo un suo autonomo "essere", ma lo mutua "ex sistendo" dall'essere assoluto; il quale, quello sì, è immutabile ed eterno.

***
Mi rendo conto che è un tema molto complesso, e che è molto difficile sviscerarlo adeguatamante a livello dialettico; però, almeno per quanto mi riguarda, un "barlume" intuitivo lo si può ricavare:
- ripetendo per dieci minuti, davanti allo specchio: "Io sono Eutidemo"(ovviamente, non quello, ma il mio vero nome);
- dopodichè ripetendo per dieci minuti, al buio, soltanto: "Io sono!"
Facendo questo, non sempre, ma qualche volta, dentro di me riesco confusamente a sperimentare due diversi tipi di consapevolezza:
- una del mio cangiante "esistere";
- l'altra del mio immutabile "essere".
Potete provare anche voi.

Un saluto! :)




Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Ipazia il 05 Marzo 2020, 13:51:45 PM
Citazione di: Eutidemo il 05 Marzo 2020, 12:04:14 PM
L'Essere non è  nella stessa misura in cui A non è A:)

Nella sezione filosofica di un forum filosofico non è lecito confondere una proposizione metafisica con una proposizione logica. L'Essere di cui sopra, con maiuscola canonica, è l' "oggetto" metafisico (ὄντος) di cui parla l'evocato Parmenide. Per cui la proposizione va letta in senso ontologico: L'Essere (oggetto, ente, cosa) non esiste. E' una invenzione dei filosofi decostruita pezzo a pezzo dall'evoluzione epistemica: infatti non hai saputo rispondere ai miei punti interrogativi  ;D Magari qualcuno più navigato in cose metafisiche ci potrà provare.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Sariputra il 05 Marzo 2020, 14:50:49 PM

@Eutidemo
Concordo, anche se l'esempio dello sfondo non è perfetto per definire il Brahman, a mio parere. Infatti è opportuno considerare che, quando si parla del Brahman di solito s'intende il "Nirguna Brahman", detto anche Parabrahman (Sat-Chit-Ananda..), l'Uno senza secondo; mentre quando si definisce la 'manifestazione' come "Saguna Brahman" s'intende Brahma, ovvero Isvara, il principio creatore del Parabrahman stesso.
Il paragone con lo sfondo, seppur non sbagliato , sembra introdurre un dualismo apparente (specchio-immagini proiettate), che naturalmente l'Advaita, in particolare di Sankara, rifiuta, essendo un sistema monistico. Per questo motivo parlavo di unità fondamentale di specchio e immagini...
Ramakrshna, quindi un Vedanta a noi più prossimo, definisce l'Essere come l'Assoluto non condizionato da nulla: né dal tempo, né dallo spazio, né dalla causalità. Non se ne può predicare "nulla".  Per questo non si può "vedere nulla". Solo in questo senso si può intendere l'essere come 'nulla'...(Nulla da vedere). L'Essere, così inteso, è nelle cose relative, ma non si esaurisce in esse. Le cose 'esistono' di un'esistenza fugace, passeggera, mentre l'Essere non insorge e svanisce con esse...Anche il tentativo di definirlo come Satchitananada è solo un 'timido' tentativo...


Il problema dell'"essere" mi sembra però rimandare a quello della 'verità', intendendo qui la 'verità del giudizio'. C'è un legame inscindibile tra essere e attribuzione di un predicato all'essere stesso, un'attribuzione di proprietà e qualità. Il termine 'essere' in sè è vuoto. Non si può infatti parlare dell''essere', perché ogni tentativo di discorso su di esso, non riuscendo a eludere il paradosso della predicazione, va a collocarsi immediatamente nel 'regno del non-essere'..Così facendo la realtà dell'unità assoluta dell'essere viene degradata a mera finzione, apparenza (illusione..). La contrapposizione dialettica tra essere e divenire non riesce così a cogliere l'unità del reale. L'esistenza non è una opposizione tra essere e non-essere, al contrario, è proprio tale opposizione ad essere fittizia, perchè si fonda su una erronea comprensione del rapporto tra essere e predicazione.
Al linguaggio non è richiesto di parlare dell'essere, bensì di testimoniare, attraverso la propria inconsistenza al riguardo, dell'assoluta coincidenza di essere e non-essere..
un saluto
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Ipazia il 05 Marzo 2020, 15:29:06 PM
Citazione di: Sariputra il 05 Marzo 2020, 14:50:49 PM
Il problema dell'"essere" mi sembra però rimandare a quello della 'verità', intendendo qui la 'verità del giudizio'. C'è un legame inscindibile tra essere e attribuzione di un predicato all'essere stesso, un'attribuzione di proprietà e qualità. Il termine 'essere' in sè è vuoto. Non si può infatti parlare dell''essere', perché ogni tentativo di discorso su di esso, non riuscendo a eludere il paradosso della predicazione, va a collocarsi immediatamente nel 'regno del non-essere'..Così facendo la realtà dell'unità assoluta dell'essere viene degradata a mera finzione, apparenza (illusione..). La contrapposizione dialettica tra essere e divenire non riesce così a cogliere l'unità del reale. L'esistenza non è una opposizione tra essere e non-essere, al contrario, è proprio tale opposizione ad essere fittizia, perchè si fonda su una erronea comprensione del rapporto tra essere e predicazione.
Al linguaggio non è richiesto di parlare dell'essere, bensì di testimoniare, attraverso la propria inconsistenza al riguardo, dell'assoluta coincidenza di essere e non-essere..
un saluto

Concordo sull'infondatezza sofista della contrapposizione, che però non è tra copula e predicato, ma tra essere e divenire. E' sostanziale, non (solo) semantica. La realtà è data da materia in movimento, nell'assoluta coincidenza di essere (materia: Parmenide, atomismo) e non essere (trasformazione: Eraclito). Questo intende Wittgenstein quando tra le prime proposizioni del Tractatus afferma che non esistono le cose, bensì i fatti, che sono cose in perenne trasformazione e movimento, per cui il reale diventa Tat-sachen-raum: spazio delle cose di fatto. Ontologicamente. Semanticamente possiamo aggiungerci anche il postulato sull'interpretazione dei fatti (Nietzsche).

Tutto ciò ci allontana dalla plausibilità di una Maya noumenica (Essere) e ci obbliga a lavorare sui veli fenomenici in un'opera di disvelamento che ci dice non la verità di Maya/Essere, ma la verità della relazione tra i veli nel loro interagire.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: bobmax il 05 Marzo 2020, 15:45:45 PM
Citazione di: Ipazia il 05 Marzo 2020, 09:02:13 AM
Citazione di: Eutidemo il 05 Marzo 2020, 07:14:21 AM
Ciò che "diviene" a mio parere, non è l'<<essere assoluto>> (cioè il minimo comun denominatore di tutte le cose), bensì le sue <<manifestazioni>> fenomeniche...cioè l'<<esistere relativo>> delle singole cose.
L'essere dello schermo, non cambia col mutare delle immagini proiettate su di esso...che prima sono una e poi un'altra.

L'essere dello schermo qual'è ? Tela, tubo catodico, cristalli liquidi, plasma, ...? E il minimo comune denominatore di tutte le cose ? La particella di Dio ? L'Universo, che per somma sfiga dell'Essere diviene anche lui ? E forse diverrebbe anche Dio, se esistesse davvero.

Temo che l'Essere continui ad essere, aldilà dei sotterfugi logici, una questione ontologica e se ne venga fuori metafisicamente (e fisicamente) con un perentorio: L'Essere non è  :)

Sì, seppur paradossalmente, l'Essere non è.

Essere e Nulla sono infatti il medesimo.

E' solo la tracotanza del pensiero logico/razionale, che tutto vorrebbe sottomettere a sé, a pretendere di fissare la regola dell'essere!
Un pensiero razionale che ha perduto la consapevolezza del proprio stesso fondamento.

E il fondamento è l'Etica.

Che importanza potrebbe mai avere un qualsiasi costrutto logico, un principio di non contraddizione, un principio d'identità, se non perché fondati sull'Etica?
Cosa me ne faccio di un A=A, se questo stesso A=A non è fondato sul Bene?

Follia del pensiero razionale, che se ancora sfugge all'abisso nichilistico è soltanto per la sua stessa scarsa capacità intellettiva.

Un pensiero che ha rinnegato la propria fede nella Verità.
Che non c'è. E proprio per questo non può essere posseduta, sottomessa.

Ciò che conta è l'Etica, che è lo stesso Essere, e quindi il Nulla.

Tuttavia ogni malafede brucia inevitabilmente all'inferno, dove Dio è certo. Così come la mia dannazione.

Ma per Dio tutto è possibile...
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 06 Marzo 2020, 08:36:29 AM
Ciao Ipazia.
Come anche sostiene Hans-Friedrich Fulda (ma non solo lui), la "logica speculativa" costituisce la "vera metafisica"; per cui io insisto nel sostenere che dire che "l'Essere non è"  equivale a dire che "A non è A".
Il che sarebbe un assoluto "controsenso" (per usare un blando eufemismo), sia "logico" che "metafisico".

***
In ogni caso, in senso "ontologico", la proposizione per la quale "L'Essere (oggetto, ente, cosa) non esiste", è completamente erronea e fallace;  ed invero, l'"Essere" noumenico non è nè un "oggetto", nè un "ente", nè una "cosa", bensì è il comun denominatore di ogni "oggetto", "ente", o "cosa".

***
A parte questo,  io avevo risposto a "tutti" i tuoi punti interrogativi; ma tu hai ignorato completamente le mie risposte (giuste o sbagliate che esse fossero), per ricorrere al tuo solito espediente dialettico della "divagatio  non pertinens ad argomentum".

***
Per cui è inutile che continuiamo a giocare "a picche", se tu rispondi "a scopa".
Meglio lasciar perdere!

***
Un saluto!
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 06 Marzo 2020, 09:21:52 AM
Ciao Sariputra
Hai perfettamente ragione; ed infatti, il mio esempio dello sfondo, non è assolutamente adeguato per definire il Brahman.
Anzi, io direi che non solo nessun esempio, ma anche il discorso più elevato non sarebbe giammai in grado di definire l'"indefinibile"; se non, magari, "per negazione", in quanto, in fondo, "nirguna" implica proprio quello.

***
Concordo anche sul fatto che il "Nirguna Brahman", è l'Uno senza secondo; mentre quando si definisce la 'manifestazione' come "Saguna Brahman" s'intende Brahma, ovvero Isvara, il principio creatore del Parabrahman stesso (quello che Platone chiamava il "Demiurgo").
Ed invero, con una certa approssimazione sintetizzante, si potrebbe dire che:
- il "Nirguna Brahman" è il "dio impersonale ed apofatico";
- il "Saguna Brahman" è il "dio personale e catafatico".
Fermo restando che si tratta di due aspetti diversi di una cosa sola!

***
Hai anche ragione nel dire che il mio paragone con lo sfondo, sembra introdurre un dualismo apparente, in quanto, tecnicamente, lo schermo cinematografico  non si manifesta certo attraverso le immagini proiettataci sopra, le quali, invece, provengono dalla cinepresa; ma, ovviamente, si trattava solo di un esempio esplicativo per rendere l'idea, non certo di un'analogia "ontologica".

***
Il tuo esempio "specchio-immagini proiettate", forse, è più adeguato del mio; anche se, in fondo, anche in tale caso, tecnicamente, lo specchio non si manifesta certo attraverso le immagini riflesseci sopra, le quali, invece, provengono dagli oggetti che sono davanti allo specchio.
Ma, in fondo, gli esempi sono solo esempi!

***
Anche secondo me Ramakrshna "definisce" molto correttamente l'Essere come l'Assoluto non condizionato da nulla: né dal tempo, né dallo spazio, né dalla causalità.
Non se ne può predicare "nulla", proprio perchè è il sostrato di "tutto"; quindi, se venisse "predicato", sarebbe una cosa anche lui.

***
Per questo non si può "vedere nulla". Solo in questo senso si può intendere l'essere come 'nulla'...; cioè, come giustamente scrivi tu, Nulla da vedere.

***
Tale concetto di "ESSERE" e "NULLA", appare anche nel mistico cristiano Eckart, il quale, commentando il passo degli "Atti degli Apostoli" in cui si dice che, caduto da cavallo "...Paulus NIHIL vidit", individua in esso, oltre al significato letterale che indica l'accecamento di Paolo, anche quello di, "vide il NULLA", e cioè vide "DIO". ;)

***
Ed invero, nel latino classico due negazioni affermano in maniera più o meno piena e assoluta, a seconda che l'avverbio di negazione segua o preceda il pronome (o l'aggettivo, oppure l'avverbio) negativo, come ad esempio nelle seguenti frasi: nemo non haec dixit 'tutti hanno detto ciò', non nemo haec dixit'; per cui, almeno se non ho capito male, in latino, scrivere che "...Paulus NIHIL vidit", non significa che "Paolo non vide niente", ma, appunto, secondo l'esegesi di Eckart, significa che "Paolo vide il niente".
Il che è un po' diverso! ;)

***
Ovviamente, Meister Eckart, che era un predicatore domenicano, non intendeva certo dire che Dio non c'è, cioè, che è niente; bensì, rifacendosi per certi aspetti al "Dio apofatico" di Dionigi l'Aeropagita (ed a quello della "Nube della non conoscenza" di un anonimo scrittore del XIV secolo), intendeva dire che Dio è "nulla di tutte le altre cose" e, cioè, è nulla di ciò che di Lui si manifesta in natura.
Ed invero, se si è il minimo comun denominatore di tutte le cose, non si può ovviamente coincidere con alcuna singola cosa; il che non vuol dire che "non si è", ma, al contrario, che soltanto "si è", senza predicati...come correttamente scrivi tu!

***
"Nulla", che poi, è lo stesso "Tutto"; cioè, come scriveva San Paolo, "Omnia in omnibus".
Tutto in tutte le cose...senza essere "nessuna" cosa; il che non vuol dire non "essere", ma, al contrario, "essere solo essere"!
Ovvero: ""intra omnia non inclusum, extra omnia non exclusum, supra omnia non elatum, infra omnia non prostratum."

***
Ciò premesso, non posso che sottoscrivere, "parola per parola", il tuo seguente passo:
"L'Essere, così inteso, è nelle cose relative, ma non si esaurisce in esse. Le cose 'esistono' di un'esistenza fugace, passeggera, mentre l'Essere non insorge e svanisce con esse...Anche il tentativo di definirlo come Satchitananada è solo un 'timido' tentativo..."

***
Tu, poi, introduci un tema molto complesso e delicato, scrivendo che non si può parlare dell''essere', perché ogni tentativo di discorso su di esso, non riuscendo a eludere il paradosso della predicazione, va a collocarsi immediatamente nel 'regno del non-essere'.
"Parlare" no, ma "meditare" l'ESSERE, secondo me, si può; perchè "sentendolo" dentro di noi, non abbiamo alcuna necessità di "predicarlo".
Sentirsi "essere" e basta...non Tizio o Caio.

***
Se io, invece, mi limito a riflettere sul mio "essere" Tizio o Caio, prendo atto, in realtà, del mio mero "esistere" come Tizio o Caio; esistere che, ovviamente, muta in continuazione (dalla salute alla malattia, dalla giovinezza alla vecchiaia ecc.).
Ma le vicende del mio "io" individuale, non hanno niente a che vedere con il mio "sè", così come i frammenti di uno specchio rotto (ciascuno dei quali riflette la luce del sole), non hanno niente a che vedere con il sole; l'immagine del sole nei vari frammenti, può appannarsi col freddo o sporcarsi col fango, o anche essere distrutta...ma non certo il sole.
Per cui, tutti i paradossi dell' "essere" e del "non essere", per me non hanno alcun senso, riguardando diversi livelli di realtà!

Un saluto

Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Sariputra il 06 Marzo 2020, 10:34:47 AM

cit.@Eutidemo:
"Parlare" no, ma "meditare" l'ESSERE, secondo me, si può; perchè "sentendolo" dentro di noi, non abbiamo alcuna necessità di "predicarlo.. Sentirsi "essere" e basta...non Tizio o Caio."


Perfetto. "Sentirsi essere" è ben diverso dal "pensare l'essere", infatti...
Nagarjuna lo spiega con altre parole, ma questo intende quando dice:




"Chi pensa che una cosa esiste, si ha, come conseguenza, la dottrina
dell'eternità (eternalismo); chi pensa che una cosa non esiste, si ha, come conseguenza, la
dottrina dell'annientamento (nichilismo). L'intenditore, perciò, si studi di evitare l'idea
dell'esistenza e della non-esistenza."


un saluto
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Ipazia il 06 Marzo 2020, 11:02:31 AM
Citazione di: Eutidemo il 06 Marzo 2020, 08:36:29 AM
Ciao Ipazia.
Come anche sostiene Hans-Friedrich Fulda (ma non solo lui), la "logica speculativa" costituisce la "vera metafisica"; per cui io insisto nel sostenere che dire che "l'Essere non è"  equivale a dire che "A non è A".
Il che sarebbe un assoluto "controsenso" (per usare un blando eufemismo), sia "logico" che "metafisico".
Temo che la metafisica se ne faccia un baffo della "vera metafisica" del Sig. Hans-Friedrich Fulda (ma non solo lui) e della sua "logica speculativa" se arriva a confondere una proposizione ontologica (esistenza) con una proposizione logica (identità).
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Phil il 06 Marzo 2020, 14:09:34 PM
Citazione di: Sariputra il 06 Marzo 2020, 10:34:47 AM
Perfetto. "Sentirsi essere" è ben diverso dal "pensare l'essere", infatti...
Nagarjuna lo spiega con altre parole, ma questo intende quando dice:




"Chi pensa che una cosa esiste, si ha, come conseguenza, la dottrina
dell'eternità (eternalismo); chi pensa che una cosa non esiste, si ha, come conseguenza, la
dottrina dell'annientamento (nichilismo). L'intenditore, perciò, si studi di evitare l'idea
dell'esistenza e della non-esistenza."
Sullo scollamento fra concettualizzazione della realtà e vuoto-concettuale nella realtà (e sul non-attaccamento alla concettualizzazione):
«Non è [il concetto di] vuoto che rende vuote le cose; piuttosto, esse sono da sole semplicemente vuote. Non è [il concetto di] assenza di una qualche causa ultima che rende le cose mancanti di tale causa, piuttosto ad esse semplicemente manca una causa ultima. Non è [il concetto di] assenza di un scopo ultimo che rende le cose mancanti di uno scopo ultimo; piuttosto, ad esse semplicemente manca uno scopo ultimo. <O Kasyapa, io chiamo questa accurata riflessione la Via di Mezzo, veramente una accurata riflessione. Kasyapa, io dico che quelli che si riferiscono alla vacuità come "l'immagine mentale (upalambha) del vuoto" sono i più perduti dei perduti....lnvero, Kasyapa, sarebbe meglio sostenere una prospettiva filosofica della realtà ultima della persona individuale a misura del Monte Sumeru, piuttosto che essere attaccati a questa visione della vacuità come un "non-essere". Perché è così? - Perché, Kasyapa, la vacuità è l'esaurimento finale di ogni visione filosofica. Chiunque sostenga la vacuità come una visione filosofica io lo chiamo incurabile. O Kasyapa, è come se un medico stesse per dare una medicina ad un malato e quando la medicina avesse curato tutti i mali originari, essa rimanesse nello stomaco e non venisse essa stessa espulsa. Cosa pensi, Kasyapa, sarebbe curato quest'uomo dalla sua malattia?> - <No di certo, o Beato, se la medicina curasse tutti i mali originari e però rimanesse nello stomaco, non-espulsa, la malattia dell'uomo peggiorerebbe di molto>. Il Beato allora disse: <Esatto, Kasyapa, così è; perché la vacuità è l'esaurimento finale di ogni visione filosofica. Ed io chiamo incurabili coloro che sostengono la vacuità come una visione filosofica!» (Madhyamika, 119).
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: baylham il 06 Marzo 2020, 14:51:23 PM
Citazione di: Eutidemo il 06 Marzo 2020, 08:36:29 AM


In ogni caso, in senso "ontologico", la proposizione per la quale "L'Essere (oggetto, ente, cosa) non esiste", è completamente erronea e fallace;  ed invero, l'"Essere" noumenico non è nè un "oggetto", nè un "ente", nè una "cosa", bensì è il comun denominatore di ogni "oggetto", "ente", o "cosa".

Se l'Essere è il comune denominatore di ogni ente, che cosa è ciò che differenzia un ente dall'altro?



Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 07 Marzo 2020, 05:46:29 AM
Citazione di: Sariputra il 06 Marzo 2020, 10:34:47 AM

cit.@Eutidemo:
"Parlare" no, ma "meditare" l'ESSERE, secondo me, si può; perchè "sentendolo" dentro di noi, non abbiamo alcuna necessità di "predicarlo.. Sentirsi "essere" e basta...non Tizio o Caio."


Perfetto. "Sentirsi essere" è ben diverso dal "pensare l'essere", infatti...
Nagarjuna lo spiega con altre parole, ma questo intende quando dice:




"Chi pensa che una cosa esiste, si ha, come conseguenza, la dottrina
dell'eternità (eternalismo); chi pensa che una cosa non esiste, si ha, come conseguenza, la
dottrina dell'annientamento (nichilismo). L'intenditore, perciò, si studi di evitare l'idea
dell'esistenza e della non-esistenza."


un saluto

Molto appropriata la tua citazione di Nagarjuna, che, pur avendone letto alcuni testi, o non conoscevo o non ricordavo; d'ora in poi cercherò di tenerla sempre a mente!
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 07 Marzo 2020, 06:06:07 AM
Ciao Baylham.
La tua è una domanda molto appropriata: "Se l'Essere è il comune denominatore di ogni ente, che cosa è ciò che differenzia un ente dall'altro?"
Ciò che differenzia un ente dall'altro è il suo specifico e sempre diverso "predicato nominale": essere un topo, essere un gatto, essere un cane. Congiungendo i due termini, si ha, per "genere prossimo e differenza specifica", quello che possiamo definire l'"esistere" provvisorio di ogni "ente determinato" (o "fenomeno" che dir si voglia).
In altre parole, "ogni ente" ha come sostrato l'"essere", ma "nessun ente" corrisponde all'"essere"!
In un certo senso, è un po' come accade con i numeri: "ogni numero" contiene l'"1", ma (a parte lo stesso 1), "nessun numero" corrisponde ad "1".

Un saluto!
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 07 Marzo 2020, 06:31:59 AM
Ciao Ipazia
Guarda che come risulta dalla sua stessa etimologia, il termine "onto-<logico>" significa "esame <logico> dell'essere".
Ed invero, a parte la "logica speculativa" di Hans-Friedrich Fulda, anche nella "filosofia analitica", per stabilire i criteri di "esistenza" di determinate "entità" si fa uso del cosidetto "linguaggio formale"; che, come ben sai, costituisce la "quintessenza" della logica.
Ed infatti, quanto a confondere una proposizione ontologica (esistenza) con una proposizione logica (identità), se io affermassi che il mio gatto esiste e non esiste nel stesso tempo, direi un grossa castroneria; con buona pace di  Schrödinger, il cui paradosso, però, se correttamente interpretato, non c'entra assolutamente niente con il nostro discorso!
Quanto al fatto che la metafisica se ne faccia un baffo della "vera metafisica" del Sig. Hans-Friedrich Fulda, questo è possibilissimo; come pure è possibile che a maggior ragione se ne faccia un baffo anche della mia e della tua.
Come, infatti, scriveva Virgilio nel Libro secondo della sua Georgica:"Felix qui potuit rerum cognoscere causam"

Un saluto!
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: paul11 il 07 Marzo 2020, 13:34:42 PM
 Sugli ultimi interventi riguardo all'essere, ontologico, gnoseologico, semantico, e il punto di vista indiano suggerirei il sinolo aristotelico che differenzia i concetti di forma, sostanza ed essenza, per poi unirli e costruire la relazione fra eterno e divenire, fra ciò che è e ciò che diviene altro da sé,compreso potenza e atto
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Ipazia il 07 Marzo 2020, 15:24:25 PM
Cucù  8) : da qualche tempo, anche in metafisica non proprio d'antan, i ta onta, di cui si occupa l'onto-logia sono gli esist-enti, per i quali il minimo di dignità metafisica richiesta é una rigorosa definizione del loro campo di esistenza.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Ipazia il 07 Marzo 2020, 15:45:24 PM
Citazione di: paul11 il 07 Marzo 2020, 13:34:42 PM
Sugli ultimi interventi riguardo all'essere, ontologico, gnoseologico, semantico, e il punto di vista indiano suggerirei il sinolo aristotelico che differenzia i concetti di forma, sostanza ed essenza, per poi unirli e costruire la relazione fra eterno e divenire, fra ciò che è e ciò che diviene altro da sé,compreso potenza e atto

Di che sostanza o essenza é costituito il sinolo Paperino ?
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: paul11 il 07 Marzo 2020, 15:52:58 PM
Walt Disney, carta e matita e ...un pò d'Ipazia
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Ipazia il 07 Marzo 2020, 16:15:48 PM
Dopo Lavoisier parlare di sostanza aristotelica é come costringere la filosofia ad imboccare l'autostrada col calesse. Almeno questo risparmiamoglielo alla sua veneranda età.

Sulla sub-stantia qualche passo avanti si è fatto dai  tempi aristotelici e non c'è più partita possibile.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Ipazia il 07 Marzo 2020, 16:33:30 PM
Citazione di: baylham il 06 Marzo 2020, 14:51:23 PM
Se l'Essere è il comune denominatore di ogni ente, che cosa è ciò che differenzia un ente dall'altro?

Ma ancora più difficile: cosa accomuna un ente all'altro (il fatidico A=A  ;) ) ?
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: baylham il 07 Marzo 2020, 19:16:04 PM
Citazione di: Eutidemo il 07 Marzo 2020, 06:06:07 AM
Ciao Baylham.
La tua è una domanda molto appropriata: "Se l'Essere è il comune denominatore di ogni ente, che cosa è ciò che differenzia un ente dall'altro?"
Ciò che differenzia un ente dall'altro è il suo specifico e sempre diverso "predicato nominale": essere un topo, essere un gatto, essere un cane. Congiungendo i due termini, si ha, per "genere prossimo e differenza specifica", quello che possiamo definire l'"esistere" provvisorio di ogni "ente determinato" (o "fenomeno" che dir si voglia).
In altre parole, "ogni ente" ha come sostrato l'"essere", ma "nessun ente" corrisponde all'"essere"!
In un certo senso, è un po' come accade con i numeri: "ogni numero" contiene l'"1", ma (a parte lo stesso 1), "nessun numero" corrisponde ad "1".

Un saluto!

La mia tesi è questa: l'esistenza è una proprietà degli enti, la loro differenza dal nulla, ma l'insieme degli enti, (l'essere, il tutto, l'uno, dio) non esiste, altrimenti sarebbe un elemento di sé stesso. Che l'insieme degli enti sia un elemento di sé stesso dà luogo a relazioni paradossali, assurde, il caso contrario invece spiega bene la condizione esistenziale dell'uomo.

In breve: nessun ente corrisponde all'essere, che non è un ente e quindi non esiste.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: bobmax il 08 Marzo 2020, 18:44:33 PM
Citazione di: Ipazia il 07 Marzo 2020, 16:33:30 PM
Citazione di: baylham il 06 Marzo 2020, 14:51:23 PM
Se l'Essere è il comune denominatore di ogni ente, che cosa è ciò che differenzia un ente dall'altro?

Ma ancora più difficile: cosa accomuna un ente all'altro (il fatidico A=A  ;) ) ?
In effetti, nel nostro inoltrarci nel mondo il due viene prima dell'uno.

Perché all'inizio non può che esservi l'indeterminato. A cui è seguita una scissione, che ha comportato la nascita del determinato. Che era tale, solo in quanto distinto dal resto. E così comparve il cielo, separato dalla terra, che a sua volta si separava dalle acque e così via...
Ma non ve n'era "uno", così come non vi erano i molti.

Solo quando la determinazione mostrò delle similitudini tra determinati, ecco che nacquero i molti. La similitudine generò il due, che so, due alberi simili.
E una volta nato il due, ecco l'uno! Uno di questi due.
Ma senza il due... nessun uno.

Erroneamente, ci siamo invece convinti che l'uno fosse all'origine del nostro inoltrarci nel mondo, mentre ne è stato solo una conseguenza...

E così abbiamo stabilito come l'A=A fosse "verità" assoluta. Mentre è solo uno strumento, utile, indispensabile, ma che non è la Verità.

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Approfitto Ipazia per fare a te, e a tutte le donne, i miei migliori auguri. Senza di voi la vita non avrebbe davvero alcun senso.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Ipazia il 08 Marzo 2020, 19:33:51 PM
Ringrazio per gli auguri, ma non credo che il senso della vita stia nel dimorfismo sessuale umano, ma nella vita tal quale.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: viator il 08 Marzo 2020, 21:06:30 PM
Salve Ipazia. Citando bobmax, della cui involuta cripticità non ho mai capito quasi nulla : XXXXX"..............donne, i miei migliori auguri. Senza di voi la vita non avrebbe davvero alcun senso."XXXXX.

...........questa volta capisco che egli è d'accordo con me che, non molto tempo fa, rispondevo a qualcuno che il senso dell'esistenza umana dovesse essere VIVERE e RIPRODURSI. Saluti.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: bobmax il 08 Marzo 2020, 23:04:57 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Marzo 2020, 19:33:51 PM
Ringrazio per gli auguri, ma non credo che il senso della vita stia nel dimorfismo sessuale umano, ma nella vita tal quale.

Non è la differenza in sé. Neppure l'attrazione. E nemmeno ciò che troppo spesso chiamiamo superficialmente "amore", mentre è solo appropriazione.

È invece la mancanza, sempre presente anche nell'estrema vicinanza. È la promessa di una impossibile totale felicità, a donare senso alla vita attraverso la donna.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Ipazia il 09 Marzo 2020, 08:14:06 AM
Citazione di: bobmax il 08 Marzo 2020, 23:04:57 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Marzo 2020, 19:33:51 PM
Ringrazio per gli auguri, ma non credo che il senso della vita stia nel dimorfismo sessuale umano, ma nella vita tal quale.

Non è la differenza in sé. Neppure l'attrazione. E nemmeno ciò che troppo spesso chiamiamo superficialmente "amore", mentre è solo appropriazione.

È invece la mancanza, sempre presente anche nell'estrema vicinanza. È la promessa di una impossibile totale felicità, a donare senso alla vita attraverso la donna.

Tornando al tema si potrebbe dire: il non essere che è  :D

La vita è vivere e riprodursi, certamente, ma il sale di tutto ciò sta nei conflitti e loro sintesi che continuamente si generano aguzzando l'igegno di chi, antinichilisticamente, della vita fa un valore.
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Eutidemo il 10 Marzo 2020, 06:13:23 AM
Citazione di: Ipazia il 07 Marzo 2020, 15:24:25 PM
Cucù  8) : da qualche tempo, anche in metafisica non proprio d'antan, i ta onta, di cui si occupa l'onto-logia sono gli esist-enti, per i quali il minimo di dignità metafisica richiesta é una rigorosa definizione del loro campo di esistenza.
"Essere" ed "esistere" sono due cose diverse; altrimenti perchè inventarsi due parole differenti, come nel caso delle "pere" e delle "mele"?
Non lo senti che hanno un sapore diverso?
Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: bobmax il 10 Marzo 2020, 09:45:30 AM
Citazione di: Ipazia il 07 Marzo 2020, 15:24:25 PM
Cucù  8) : da qualche tempo, anche in metafisica non proprio d'antan, i ta onta, di cui si occupa l'onto-logia sono gli esist-enti, per i quali il minimo di dignità metafisica richiesta é una rigorosa definizione del loro campo di esistenza.

Infatti l'ontologia nasce dalla volontà di dominio sull'oggetto.
Per cui pone l'Essere "dopo" l'ente.

Diversa è la periecontologia di Jaspers, per la quale l'Essere "passa per primo" e dona ad ogni ente significato senza a sua volta ridursi a oggetto.

Con l'ontologia si perde inevitabilmente il senso dell'Essere, della sua nullità, in quanto non c'è. Perché è!

L'ontologia in sostanza manifesta la mancanza della fede nella Verità.


Titolo: Re:"L’essere è, e il non essere non è"
Inserito da: Ipazia il 10 Marzo 2020, 23:34:28 PM
L'ontologia è miscredente e nella sua miscredenza si è accorta che è soltanto ciò che esiste. La mela ritorna all'eden dei metafisici e ci teniamo solo la pera.

Dalla volontà di dominio sull'esistente nasce la copula ed il principio d'identità A=A: artificio semantico di collegamento tra un referente esistente e un significato logico che, biblicamente, gli dà un nome. O, dopo Babele, vari nomi (significanti), comunque traducibili l'uno nell'altro via dizionari dei significati e delle lingue.