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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: doxa il 11 Aprile 2021, 14:59:36 PM

Titolo: Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: doxa il 11 Aprile 2021, 14:59:36 PM
"Ethos", "anthropoi", "daimon": queste tre parole attribuite al filosofo pre-socratico Eraclito di Efeso, vissuto tra la fine del VI sec. e i primi anni del V sec. a. C., vengono interpretate in diversi modi a causa del suo stile enigmatico,  oracolare.

Vi va di leggere se ho capito bene quel che volle dire il filosofo Eraclito "l'oscuro" ?

"Ethos" si può tradurre con "carattere";

"anthropos" è l'essere umano;


"daimon": è un essere (demone) interposto tra ciò che è divino  e ciò che è umano;


per l'antica filosofia greca il daimon aveva la funzione di intermediario tra l'uomo e il divino invece per la religione politeista greca esso ostacolava le due dimensioni. In Eraclito allude al destino dell'individuo.


Le suddette tre parole sono di solito tradotte con la frase  'il carattere di un essere umano  è il suo destino'. Ma invertendo la frase si può leggere anche con significato opposto:  "il destino è per l'essere umano il carattere".


Nella lingua greca entrambe le traduzioni  sono valide ma cambia il significato.


Nel primo caso Eraclito afferma che il nostro carattere determina il nostro destino;  il carattere condiziona l'agire dell'individuo.


Nel secondo caso è il contrario: è il destino che determina il nostro carattere e la nostra esistenza.


L'elemento decisivo è il carattere. Infatti, per esempio, una persona coraggiosa o impulsiva decide diversamente da una persona prudente e riflessiva.
Ma il carattere, ciò che siamo e diventiamo, dipende da noi ? Difficile rispondere.


"Daimon" rinvia ad "eu-daimonia", al buon demone, al destino favorevole, condizione necessaria per la vita serena, connessa con la libertà, liberi di scegliere e padroni della propria vita nel bene o nel male.


La scoperta dell'inconscio, le ricerche sul funzionamento del  cervello evidenziano che molto di ciò che facciamo e siamo dipende da fattori che sfuggono al nostro controllo. Anche i condizionamenti sociali sono molto importanti.


Socrate ebbe difficoltà a comprendere gli aforismi di Eraclito:  "Ciò che si comprende è eccezionale, per cui desumo che anche il resto lo sia, ma per giungere al fondo di questa parte bisognerebbe essere un tuffatore di Delo".


Eraclito influenzò alcuni filosofi successivi: da  Platone allo stoicismo, la cui fisica ripropone in gran  parte la teoria eraclitea del logos.


Aristotele, che si suppone abbia letto  i testi di Eraclito, lo definisce "skoteinòs", l'oscuro, perché criptico, ambiguo.


Aristotele, che  mal sopportava le ambiguità di Eraclito, era convinto che il carattere di una persona, una volta formato, è difficile cambiarlo, perciò è importante l'educazione, la paideia.


Nella tragedia greca i suoi eroi (Edipo, Medea, Antigone, ecc.) cercarono invano di fuggire dalla "rete" del destino.


segue
Titolo: Re:Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: doxa il 11 Aprile 2021, 15:06:58 PM
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Eraclito e il Pantha rei.


La filosofia di Eraclito è basata sulla teoria del divenire: "Pantha rei" (tutto scorre), nulla resta eguale a se stesso. Eraclito sostiene che solo il cambiamento e il movimento sono reali e che l'identità delle cose uguali a sé stesse è solo illusoria.


Nel testo di Eraclito i frammenti 91 e 12   affermano che è impossibile tuffarsi due volte di seguito nello stesso fiume, perché  l'acqua scorre, non è più quella precedente. 
Mi sembra che non abbia detto niente di eccezionale. L'affermazione è ovvia, perciò non capisco l'immeritata fama della frase.


Se bacio più volte la donna amata ogni bacio è diverso dal precedente,  ma è comunque bacio.


Secondo voi cosa non comprendo nel pensiero di Eraclito ?


La realtà a causa della lotta dei contrari è in perenne trasformazione, tende a trasformarsi nel suo opposto: "questi infatti mutando son quelli e quelli di nuovo mutando son questi"(es. una salita se vista dall'alto diventa una discesa e viceversa). Il mondo si trasforma secondo una legge interna, il logos.  ::)
Titolo: Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: Ipazia il 11 Aprile 2021, 15:48:00 PM
"En arché en o logos" è il pensiero più ispirato di tutta la teologia cristiana. Eraclito ci arrivò cinque secoli prima e ad esso è debitore l'evangelista Giovanni. Il logos è all'origine del mondo antropologico e su questo concorda anche l'antropologia moderna.

Il divenire eracliteo è l'antitesi dialettica all'essere parmenideo e alla fissità metafisica da quell'essere postulata tra teologia e filosofia, sempre alla spasmodica ricerca di un Uno, di una Verità, di un centro di gravità permanente, a cui ormai credono soltanto gli impolverati microsolco silenti da anni sulla mia libreria. Seguiti da cassette e cd già museabili. Appunto: panta rei. Se l'universo galileiano concedeva ancora qualche illusione ai metafisici fondamentalisti, quello einsteniano le ha dissolte del tutto. L'ethos dell'anthropos è una Venezia assediata dai flutti del tempo che solo il carpe diem quotidianamente agito rende vivibile.

L'eudaimonia è la sfida che il tempo lancia al genio filosofico perchè quella Venezia non soccomba.
Titolo: Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: bobmax il 11 Aprile 2021, 16:13:12 PM
Ritengo che intendere daimon come "destino" possa essere fuorviante.
Perché il destino si riferisce ad eventi che dovranno necessariamente avvenire in futuro.
Ma non penso che questo fosse ciò che Eraclito voleva dire.

Piuttosto daimon è proprio il demone.
E il demone, più che intermediario tra l'uomo e la divinità... è invece, diciamo così, trascendenza immanente.

Cioè è possibile avere la percezione della sua esistenza (perciò immanente) ma allo stesso tempo sfugge ad una qualsiasi determinazione (resta in sostanza trascendente).

Di modo che il carattere dell'uomo è il suo demone.

Demone di cui si è per lo più inconsapevoli. Tranne in rare particolari occasioni.
Occasioni in cui capita di osservarsi agire, parlare, pensare, decidere... come se fossimo scissi.
Ma non lo siamo, siamo sempre noi stessi. Solo che ora vi è l'osservatore e il demone. Ed è il demone che agisce, pensa, decide...

Non esiste perciò un "destino". Bensì esiste il demone.

In momenti di particolare emozione, quando la fede nella Verità prorompe in noi, può capitare di avvertire il demone che noi siamo.

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Eraclito e Parmenide sono spesso descritti come in opposizione l'un l'altro, incompatibili.

Ma sono convinto non sia affatto così!

Dicono la medesima cosa, seppure da punti di vista diversi.
Il primo focalizzando il divenire, il secondo l'essere.

Ma entrambi cosa mettono in discussione in sostanza?
Entrambi criticano il molteplice!
E lo criticano portando alle estreme conseguenze il concetto del divenire (Eraclito: "Tutto diviene") piuttosto che quello dell'essere (Parmenide: "L'essere è il non essere non è")

L'essere trae tutto il suo significato dal divenire. In quanto è ciò che "resiste" al divenire.

Viceversa il divenire ha il suo significato nell'aggressione dell'essere.

Uno non può stare senza l'altro.
Se nulla divenisse l'essere non potrebbe sussistere!
Se nulla rimanesse che divenire sarebbe?

L'essere e il divenire sono due fantasmi, che si sorreggono l'un l'altro in un gioco senza fine. Ma in se stessi non esistono.

Di modo che nulla muta, perché non c'è proprio niente che muti. In quanto ciò di cui abbiamo contezza sono solo eventi. Che prescindo sia dall'essere che dal divenire...

Non si può entrare due volte nello stesso fiume.
Perché il fiume, come "essere" non esiste.

E così Zenone, discepolo di Parmenide, con i suoi paradossi non negava certo gli eventi. Ma negava l'esistenza delle cose in sé, distinte da tutto il resto.
Di modo che indirettamente confermava pure la posizione di Eraclito.
Titolo: Re:Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: iano il 11 Aprile 2021, 19:25:55 PM
Citazione di: doxa il 11 Aprile 2021, 15:06:58 PM
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Eraclito e il Pantha rei.


La filosofia di Eraclito è basata sulla teoria del divenire: "Pantha rei" (tutto scorre), nulla resta eguale a se stesso. Eraclito sostiene che solo il cambiamento e il movimento sono reali e che l'identità delle cose uguali a sé stesse è solo illusoria.


Nel testo di Eraclito i frammenti 91 e 12   affermano che è impossibile tuffarsi due volte di seguito nello stesso fiume, perché  l'acqua scorre, non è più quella precedente. 
Mi sembra che non abbia detto niente di eccezionale. L'affermazione è ovvia, perciò non capisco l'immeritata fama della frase.


Se bacio più volte la donna amata ogni bacio è diverso dal precedente,  ma è comunque bacio.


Secondo voi cosa non comprendo nel pensiero di Eraclito ?


La realtà a causa della lotta dei contrari è in perenne trasformazione, tende a trasformarsi nel suo opposto: "questi infatti mutando son quelli e quelli di nuovo mutando son questi"(es. una salita se vista dall'alto diventa una discesa e viceversa). Il mondo si trasforma secondo una legge interna, il logos.  ::)
Il bacio , in quanto azione, è uguale, forse,  ma le persone che se lo danno non sono sicuramente mai le stesse.
Non sono uguali , pur continuando a chiamarsi Doxa e compagna di Doxa.
In se' la cosa non è ovvia, anche se tale appare.
Eraclito ci dice che l'identità non è un uguaglianza, se non per un istante, ma invece si genera dalla comparazione di cose diverse secondo precisi criteri., in un tempo uguale o diverso.
Così ciò che chiamiamo Doxa è il risultato della comparazione  di cose diverse esistenti in un tempo diverso.
Mentre Doxa come uomo è il risultato della comparazione di cose esistenti anche simultaneamente.
Tutto ciò appare ovvio solo nella misura in cui non abbiamo coscienza dei criteri di comparazione applicati.
In definitiva quando diciamo che A=A non stiamo propriamente affermando una banalità, perché parliamo del risultato di un processo che di solito non viene specificato.

Dalla mancata specifica può derivare l'illusione che nulla cambi.
Doxa è sempre Doxa se continua a chiamarsi Doxa.
Questo punto di vista in effetti sembra rivoluzionario a ben pensarci.
La percezione stessa di ciò che esiste è il risultato di un processo di comparazione a noi ignoto, e magari è essenziale al processo che non sia noto.
Non a caso il processo scientifico laddove tutto è specificato, non equivale a una percezione, sebbene si possa dire che svolgano la stessa funzione.
Titolo: Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: iano il 11 Aprile 2021, 20:07:19 PM
Non ci avevo mai riflettuto bene prima , ma il compito della filosofia dovrebbe essere quello di svelare la non ovvietà di ciò che tale appare, e questo è ciò che Eraclito fa' in modo esemplare.
In se' non vi è nulla di ovvio a questo mondo, quindi dove l'ovvietà appare, quando ci appare, occorre indagare da dove essa derivi, quale processo vi è sotteso, e così si apriranno nuove strade da percorrere, o più verosimilmente si potranno ripercorre le stesse strade in modo diverso, sapendo che proprio le stesse non sono mai, ma che possono condividere ragionevolmente lo stesso nome.
Titolo: Re:Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: Ipazia il 12 Aprile 2021, 19:10:57 PM
La relazione tra essere e divenire è dialettica, scevra di contrapposizioni elisivamente radicali, e di ciò non poteva che essere consapevole il padre fondatore del pensiero dialettico che individua in Polemos il motore del mondo. Il suo insistere sul divenire non è poi così ovvio in relazione alla feticizzazione dell'Essere nella metafisica del suo tempo e dei millenni a seguire. Il che rivela anche un "daimon" profetico nel suo "ethos".

E chiaro, come afferma bobmax, che la dialettica tra essere e divenire è inscindibile, ma non nell'esito del fantasma, bensi del mondo, inteso come ethos di cui il logos è l'interprete designato dal fato evolutivo. Il quale ci consegna una persistenza dell'essere che ha un debito da pagare, il prezzo del filo di Anassimandro da saldarsi con la morte. Col che si riconduce l'essere alla sua trascendenza immanente consapevole della sua limitata temporalità.

In tale visione del fato, rievocata nella sua originaria pregnanza da Nietzsche, sta racchiuso il significato metafisico della condizione umana, la sua declinabilità in essere transeunte. Dopo l'illuminazione dei presocratici si sono fatte solo variazioni sul tema. A tassi crescenti di feticismo nelle mummificazioni dogmatiche dei culti sacri e profani. Con qualche salutare ritorno alle origini per ricominciare il cammino del(la) Lebenswelt - sempre e ancora ethos - da capo, evitando gli errori del passato.
Titolo: Re:Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: doxa il 12 Aprile 2021, 19:14:41 PM
Grazie Ipazia per la tua informazione  sul collegamento tra la teoria eraclitea del logos e il logos dell'evangelista Giovanni (1, 1).
 
Se ho capito bene per  Eraclito il Logos  è la "ragione, la razionalità, ma anche la legge universale della realtà delle cose (simboleggiato dal fuoco); tale "legge" è ciò che noi chiamiamo il  dio unico creatore del cosmo ?

Il nostro mondo non fu creato dagli dei, ma fu sempre (l'arché ?) ed è un fuoco eternamente vivo. Questo fuoco è Dio ?
 
Il Logos giovanneo è Jesus = Dio.  Il Verbo che si è fatto carne.
 
L'Apostolo Giovanni ci dice quindi che "in principio", ossia prima della creazione del mondo, prima di ogni cosa, da sempre, esisteva il Logos, cioè il Verbo = Dio.
 
Sbaglio ?
Titolo: Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: Ipazia il 12 Aprile 2021, 19:44:51 PM
No. Ma la coincidenza riguarda soprattutto la genesi. Fisica (physis) quella di Eraclito, molto antropologica quella di Giovanni. Ben più divergente il destino, che per Giovanni è la salvezza eterna, mentre per Eraclito è molto più incerto. La mia opinione è che i classici avessero i piedi molto per terra e non fingessero ipotesi consolatorie. Riguardo al Dio dei moderni esso, dopo Spinoza, non può essere che la natura, l'universo. Dal fuoco al fuoco, nel pensiero eracliteo.
Titolo: Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: doxa il 12 Aprile 2021, 19:49:32 PM
Ciao Bob,


hai scritto che "il carattere dell'uomo è il suo demone".


Ma cos'è il carattere ? Per avere la risposta forse è meglio bussare alla porta della psicologia  anziché a quella della  filosofia.


E la psicologia mi dice che la personalità di un individuo è costituita dall'insieme delle caratteristiche attraverso le quali ognuno di noi interagisce, percepisce e risponde agli eventi esterni, formando così il carattere di ciascuno. La personalità è, dunque, la modalità che ci siamo costruiti attraverso le esperienze vissute, partendo da una nostra predisposizione innata, utilizzata per relazionarci agli altri ed al mondo esterno.


I tratti di personalità sono le caratteristiche tipiche dello stile di relazione con gli altri. Per esempio, la dipendenza dagli altri, la tendenza alla sospettosità o all'ego-centrismo sono tratti di carattere.


Per quanto riguarda il "demone", anche per avere chiarimenti ulteriori forse è meglio rivolgersi all'angelologia, alla religione, anziché alla filosofia. Dici che sbaglio ?


Nell'ambito del cristianesimo c'è una disciplina chiamata "demonologia", che studia le credenze riguardanti spiriti e demoni, in particolare Satana e i diavoli.


Un bel saluto Bob, è ora di cena e non posso esimermi dal farmi affliggere da metà telegiornale dedicato al Covid.
Titolo: Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: viator il 12 Aprile 2021, 20:51:54 PM
Salve doxa. Occorrere bbe distinguere tra TEMPERAMENTO (l'insieme delle caratteristiche psichiche EREDITABILI per via genetica - a loro volta generate dal sovrapporsi delle diverse (dall'origine delle psiche ad oggi !) generazioni) ed il CARATTERE (le caratteristiche psichiche e poi mentali che si formano successivamente alla nascita - dalla vita intrauterina sino al compimento dell'adolescenza - e che sono generate dalle esperienze di contatto con il mondo esterno al nostro corpo.

Non sto certo ad intrattenere vanamente con la mia visione (pochissimo originale ma completamente organica) circa genesi e contenuti di una psiche. Invito solamente a riflettere sulle seguenti tre componenti : EREDITARIETA-INDIVIDUALITA' ed AMBIENTE, le quali generano TUTTI I CONTENUTI DI TUTTE LE PSICHE.  Saluti.
Titolo: Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: bobmax il 12 Aprile 2021, 21:55:11 PM
Sì Doxa, il carattere non è che una somma di abitudini.

E le abitudini derivano, come dici tu, dalle esperienze vissute, dalla nostra predisposizione...

E noi agiamo e reagiamo, ma in funzione di che? Del nostro carattere, che è una somma di abitudini, che derivano da...

Ecco, ora prova a distaccarti e guardati, potrai forse vedere il demone...
Che vive la tua vita, che è te stesso... Oppure no?

"Mortali immortali, immortali mortali, viventi la morte di quelli, morenti la vita di questi"
Titolo: Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: doxa il 12 Aprile 2021, 22:57:01 PM
Iano ha scritto
CitazioneIl bacio , in quanto azione, è uguale, forse,  ma le persone che se lo danno non sono sicuramente mai le stesse.
Non sono uguali , pur continuando a chiamarsi Doxa e compagna di Doxa.
In se' la cosa non è ovvia, anche se tale appare.


Bravo Iano, riesci a semplificare le difficili astrusità filosofiche, e psicologicamente chiamando gli interpreti col loro nome faciliti la comprensione.


Ma detto tra me e te  ;D e forse filosoficamente importante sapere che Doxa e la compagna di Doxa dopo un attimo non sono più quelli dell'attimo precedente, anche se il bacio è ripetitivo ?



Forse dal punto di vista filosofico ha la sua importanza, ma non riesco a comprenderne l'utilità, nella quotidianità individuale a che serve ?


Penso che alle persone interessi di più la distinzione evidenziata da Viator tra temperamento e carattere. Per capirla, anche in questo caso,  bisogna abbandonare la contorta  filosofia e seguire la più rettilinea strada della psicologia, o meglio della psicoanalisi.


Infatti nella teoria psicoanalitica la personalità si considera formata da due componenti fondamentali: il temperamento e il carattere, ben spiegato da Viator.
Titolo: Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: iano il 13 Aprile 2021, 01:02:38 AM
Ciao Doxa.
Sono costretto a semplificare le situazioni perché non padroneggio tutti quei termini filosofici che servono a complicarle.😂
Titolo: Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: Eutidemo il 14 Aprile 2021, 06:11:00 AM
Ciao Δόξα (Opinione)
Mi hai dato modo di riflettere sul fatto che, in greco:
- il termine "άνϑρωπος" individua l'uomo sotto il profilo "tassonomico", cioè come un qualsiasi altro animale (di entrambi i sessi);
- il termine "ἀνήρ", invece, individua l'"Uomo", con la maiuscola, dal cui genitivo (ἀνδρός) deriva il termine ἀνδρέιας , cioè "valore" (ed il nome Andrea).
Sostanzialmente, è la stessa differenza che, in latino, intercorre tra "homo" (da cui "humanitas") e "vir" (da cui "virtus", che in latino vuol dire "valore", non "virtù" come la intendiamo oggi).
***
Ciò premesso, sarebbe interessante riflettere sul perchè Eraclito  abbia parlato di "άνϑρωπος" (contrapposto a δαίμων),  invece che di "ἀνήρ"; ma, per il momento, non mi sovviene alcuna soddisfacente spiegazione al riguardo.
Ci dovrei riflettere!
Tu che cosa ne pensi?
***
Un saluto
***
Titolo: Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: Ipazia il 16 Aprile 2021, 09:00:04 AM
Citazione di: Eutidemo il 14 Aprile 2021, 06:11:00 AM
Ciò premesso, sarebbe interessante riflettere sul perchè Eraclito  abbia parlato di "άνϑρωπος" (contrapposto a δαίμων),  invece che di "ἀνήρ"; ma, per il momento, non mi sovviene alcuna soddisfacente spiegazione al riguardo
Il motivo è lapalissiano per chiunque non sia affetto da misoginia severa: Eraclito, come Protagora per il μέτρον, intende la specie umana, ergo άνϑρωπος. Non riducibile al singolo individuo, ma proprio la specie nel suo insieme, normata dal Logos:
Citazione di: Eraclito frammento 2 DKBisogna perciò seguire ciò che è comune: ma pur essendo comune il Logos, la maggioranza degli uomini vive come se essi avessero una loro propria mente.
Eraclito presuppone un sapere (logos), che travalica umani e numi, sul quale pone il suo pilastro trascendente, al quale possono accedere gli immanenti umani attraverso la disciplina che ama il sapere, la filosofia.

La dimensione collettiva, comune come la definisce Eraclito, del sapere è inequivocabile e attraversa tutta la visione classica del mondo nella sua culla elettiva, innanzi alla quale non ci resta che inchinarci e arrampicarci sulle sue spalle per raggiungere la condizione di mortali (bios) immortali (logos).
Titolo: Re:Ethos, anthropoi, daimon
Inserito da: niko il 16 Aprile 2021, 13:13:38 PM
 In Eraclito il logos è la legge del cambiamento, la legge che domina il cambiamento, quindi vi è divenire e non essere alla base del cosmo, ma non un divenire assolutamente caotico, un divenire abbastanza "ordinato" da permettere il pensiero e il discorso, da cui i tre significati principali del termine logos:


1 pensiero 2 discorso 3 legge ordinatrice del cosmo


"Ascoltando non me, ma il logos, è necessario convenire che tutto è uno"


Insomma il discorso vero è quello che supera la differenza tra un io e un tu, tra un sé e un altro e arriva al cuore della convergenza di tutte le differenti possibili soggettività, il discorso falso è quello che rimane soggettivo ed escludente l'altro e dunque mera opinione; la verità non può essere "detta" o "pensata" come un enunciato o un pensiero qualsiasi, (ascoltando non me, ma il logos...) ma implica l'identificazione del parlante o del pensante con l'ordine cosmico (è necessario convenire che tutto è uno); vi può essere accordo e comprensione tra gli (effimeri) uomini sulla terra perché sono tutti divenienti ordinati dalla stessa medesima legge ordinatrice del divenire.
Tale legge si può definire anche come ragione, razionalità, quindi se non una legge, una ragione universale domina il divenire, ma in Eraclito armonia e contrasto sono lo stesso, la cetra e l'arco, strumenti di concordia e di conflitto hanno lo stesso funzionamento.

Insieme a un pensiero del divenire e del flusso continuo, vi è un pensiero dell'unità del cosmo: "da tutte le cose l'uno e l'uno da tutte le cose".
Inoltre, da un punto di vista gnoseologico, abbiamo il bellissimo frammento secondo cui "la natura ama nascondersi", e questo è il precedente e il degno antenato del concetto che poi sarà di Platone della filo-sofia come amore per la conoscenza che nasce da mancanza e desiderio di conoscenza nel cure del tipo umano del filosofo, nella filo-sofia è l'uomo che ama il sapere e quindi ne sente e riconosce la mancanza laddove esso manca, nella natura che ama nascondersi è il sapere, la verità stessa, che "ama" mancare alle possibilità sensoriali e cognitive dell'uomo per suscitare in esso come un corteggiamento o una sfida. La natura non semplicemente si nasconde, ma ama nascondersi, quindi si nasconde specificamente in quello che ha in comune con l'uomo, cioè il fatto e l'atto stesso di amare, e si manifesta, si non-nasconde, come esplicita differenza di se stessa, come natura, dall'uomo.

Ma il punto fondamentale è che ovviamente la teoria dell'unità dell'universo, e la teoria del flusso continuo di tutte le cose non sono separate, ne tantomeno opposte, ma sono convergenti: se c'è flusso di tutte le cose, e unità di tutte le cose, il punto fondamentale in Eraclito direi che è l'unità stessa del divenire, quel possibile elemento in comune che possa mettere d'accordo uno e divenire: il divenire è unitario perché, e nella misura in cui, tutto diviene; a ben guardare, se potessimo abbracciare l'universo con uno sguardo e osservarlo per un po' per coglierne gli aspetti divenienti, constatare che in esso tutto diviene attraverso il tempo, tutto ciò che esiste e si distacca dallo sfondo è inpermanente e destinato a morire o trasformarsi, e constatare che in esso il divenire come processo, l'impermanenza stessa, è uniformemente diffusa come l'unico elemento davvero omogeneo e universale in grado di riempire senza mancanze lo spazio effettivo, so dell'universo sono la stessa cosa la stessa constatazione: tutto è impermanente e l'ubiquità stessa dell'impermanenza rende l'universo stesso come quanto unitario di spazio e di tempo abitato e riempito dallo stesso elemento/processo, e quindi unico, unitario.
In altre parole l'unità del divenire, l'assunto logico e metodologico che il divenire sia unitario, impone che il divenire stesso come totalità divenga, ma non divenga mai essere, divenga altro-divenire all'infinito. Dunque tutto il divenire diviene, sempre, dal divenire come processo non sorge mai l'essere neanche al termine finale di tale processo di trasformazione, l'essere può esistere neanche come il definitivamente divenuto, niente è mai definitivamente divento, perché se qualcosa fosse definitivamente divenuta, il divenire come processo non sarebbe unitario, sarebbe privo, mancante, delle sue parti definitivamente divenute, qualunque esse siano.

L'"essere" come concetto ammissibile in questo tipo di pensiero, significa solo che in un tale mondo, come non c'è spazio per l'essere non c'è spazio nemmeno per il nulla perché anche l'impermenza è impermanente, la fine diviene non fine e la non fine diviene fine, in un gioco di tempo ciclico in cui nessun abitante del mondo è eterno ma nessuno si perde mai definitivamente; in effetti è necessità logica che se l'impermanenza fosse permanente, allora il divenire come processo non sarebbe unitario, perché alcuni enti "trapassati" darebbero origine alla possibilità eterna dell'essere nella forma del definitivamente divenuto; per questo alcuni filosofi stoici a lui successivi hanno interpretato Eraclito in senso escatologico: se tutto diviene, anche il nulla, il non luogo dove sembrano tramontare tutte le cose che non sono più, il luogo dove vanno i morti e le cose distrutte, un giorno sarà nulla, e la natura riproporrà per similitudine o per identità assoluta quelle cose, insomma il modo di divenire proprio del nulla è la non corrispondenza di se stesso con se stesso e col suo significante e la genesi e il riassorbimento continuo dell'essere e degli enti.

Il motivo per cui il fatto che non si può scendere due volte nello stesso fiume dovrebbe suscitare meraviglia è sempre che se il divenire è unitario, ogni attimo di tempo è diverso, il ritorno di tutte le cose nel tempo non è reale, ma è più un atto concernente la similitudine e la volontà: non c'è unità di tempo tra la prima, la seconda e l'ennesima volta che una persona scende nello stesso fiume, quegli attimi considerati di per sé sono sia vuoti che diversi, la serie dei momenti di tempo è la serie di come mondi che l'uomo con i suoi sensi e la sua cognizione considererebbe tutti vuoti di enti e quindi tutti nulli, tutti vuoti uguali, possano impercettibilmente differire tra di loro, ci possono essere mondi vuoti diversi tra di loro, ma non per l'uomo e per le capacità cognitive umane, e ognuno di questi mondi vuoti più essere nominato e indicato con l'attimo di tempo di una serie in sé, in parole molto più semplici l'unità del divenire implica che il divenire continuerebbe ad essere tale anche in un mondo nullo, e questo è il tempo, il modo impercettibile ma reale in cui il divenire in sé sarebbe tale in un mondo nullo, è il tempo; quindi, tanto più in un mondo pieno, in cui possiamo misurare e avere l'illusione di percepire di per sé  quello che è il tempo perché lo relazioniamo alle cose e agli eventi, non c'è comunanza di tempo tra la prima, la seconda e l'ennesima volta in cui si scende nello stesso fiume, il tempo è durata in senso bergsoniano ed è fatto di attimi tutti diversi, e pure il fiume in quanto tale è, e resta, sempre intelligibile, il bagnate anche, e la relazione tra il fiume e il bagnate anche, quindi la meraviglia, il tauma da cui dovrebbe nascere la filosofia è che se non c'è alcuna comunanza di tempo tra i vari momenti dei vari bagni (cito a questo proposito anche un altro frammento eracliteo importante e bellissimo: "il sole è nuovo ogni giorno"), eppure il fiume, il bagnante e l'esperienza del bagnante sono sempre intelligibili e reali, a fare da elemento comune agli elementi singolarmente considerati di questa serie di bagni e di momenti di vita deve esserci comunanza di qualcosa di altro che vada al di là del tempo e "differisca" dal tempo: comunanza che può essere di materia (forse l'acqua stessa?), di forma, di memoria, di causalità, insomma non è il tempo a rendere comuni, e confrontabili, e ordinabili in serie quei momenti, ma una questione di volizione e intellezione, che nasce ovviamente in prima battuta nella mente di chi fa il bagno e riconosce i momenti precedenti e successivi della propria vita, ma in senso astratto e filosofico può essere attribuita anche all'universo, che riconosce e "vuole" il bagnante e il fiume permettendone l'esistenza, il bagnante non potrebbe fare questo se le leggi che regolano l'universo non lo permettessero, e non si tratta di attribuire una volontà o una personalità all'universo, ma appunto la comunanza tra i vari momenti non è di tempo, ma di movimento, causalità e materia, che risultano come apparizioni e rivelazioni ulteriori al tempo, e quindi intelligibilmente governati da una legge eterna, legge di parola pensiero e linguaggio che è l'unico aspetto a manifestarsi all'uomo come permanente di un mondo per il resto interamente diveniente, diveniente anche nell'impermanenza dell'impermanenza, e quindi nella tendenza, sia pure incompleta e incompletabile, al ritorno di tutte le cose.