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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: Jacopus il 25 Luglio 2025, 22:42:32 PM

Titolo: Fallacia naturalistica
Inserito da: Jacopus il 25 Luglio 2025, 22:42:32 PM
In altra parte del forum ha luogo un duello senza esclusione di colpi rispetto al concetto di "fallacia naturalistica". Piuttosto che entrare lì, ho preferito aprire una nuova discussione qui, che possa circoscrivere il tema. La questione nei suoi tratti generali è nota: "dalla descrizione non può derivare la prescrizione". Questa impostazione presuppone una netta divisione fra natura e cultura. La cultura è un prodotto artificiale e l'uomo si è completamente emancipato da ogni legge non convenzionale, sia che essa si faccia derivare dalla natura o dalla religione o da ogni altro fondamento dogmatico.
Si tratta di un approccio "responsabilizzante" perchè si fa riferimento esclusivamente a ciò che "teoricamente" i membri di una società decidono su cosa sia bene e cosa male, su ciò che bisogna prescrivere (genericamente "le norme", dal galateo alla dichiarazione dei diritti dell'Uomo). Questa estrema libertà è anche facilmente osservabile, nello studiare le società che si sono succedute nel tempo e nello spazio. Ci sono società che definiscono malvagio mangiare carne di maiale, ed altre che ritengono sconveniente parlare in metropolitana. La fallacia naturalistica inoltre si è notevolmente sgonfiata, quando si sono appresi meglio i comportamenti degli animali, spesso in passato paragonati come il buon modello dell'umanità, mentre oggi si è scoperto che sono violenti, sessualmente morbosi, pigri, rabbiosi e desiderosi di drogarsi esattamente come noi umani.
In effetti, io penso che siamo in un estremo della scala della natura, dove la natura ha poco peso, anche se è stata la natura a volerlo, affibbiandoci un cervello voluminoso ed in grado di creare "un suo mondo". L'uomo, in sostanza, attraverso la cultura ha creato "un mondo artificiale" sempre potenzialmente modificabile. Questa modificabilità è diventata anzi un tratto consueto, in qualche modo la modificabilità è nelle società umane un tratto permanente, così come le formiche in modo permanente sono organizzate a seguire la fila.

Ma questo pigiare l'acceleratore nell'artificialità hobbesiana, che pur ha evidenti vantaggi, non mi convince del tutto. In qualche modo noi siamo il nostro cervello, sia a livello individuale che sociale e il nostro cervello non è unico, ma è un insieme un pò accrocchiato di diversi cervelli sovrapposti. Il principio della fallacia naturalistica funziona molto bene a livello di neocorteccia, che è la parte del cervello maggiormente in grado di costruirsi una realtà autonoma, a pensare oltre al già dato. Ma nei cervelli inferiori sono iscritte norme di comportamento di base, che inevitabilmente regolano il nostro agire e regolandolo emettono scale di priorità e quindi valori e quindi scelte etiche. Gran parte di esse sono ovviamente centrate sullo scopo di sopravvivere, almeno quel tanto che basta per procreare la generazione successiva. Credo che proprio a causa di questi schemi ancestrali ed automatici di stampo emozionale, le fallacie naturalistiche ci piacciono tanto. Ancora una volta credo che cadere nel tranello della  critica alla fallacia naturalistica, sia il bisogno della neocorteccia di dominare, con i suoi raffinati ragionamenti, tutta la baracca umana, che però è anche natura e bisogno di mimesi naturale. Ancora una volta, ritengo che la procedura per il buon vivere sia quella di non lasciarsi irretire nè dalla fallacia naturalistica, ma neppure dalla fallacia artificialistica.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 25 Luglio 2025, 23:16:59 PM
Possiamo considerare  innaturale solo ciò del cui divenire abbiamo coscienza, come ad esempio la cultura o la tecnologia.
D'altra parte, nella misura in cui la cultura la ereditiamo possiamo non averne piena coscienza, considerando come naturale ciò che la riguarda.

Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Phil il 26 Luglio 2025, 00:18:24 AM
Secondo me, fra descrizione e prescrizione può esserci un rapporto dialettico senza scadere in fallacie, che invece si realizzano quando tale rapporto viene inteso come fondazionale. Così come non c'è un'etica (bene/male) fondata su descrizioni oggettive (a cui invece si può applicare, ovviamente), altrimenti potremmo con una dimostrazione oggettiva risolvere tutti i dilemmi etici in modo inconfutabile, parimenti non c'è una scienza che sia basata su prescrizioni, che ovviamente possono sopraggiungere dall'esterno (extra-fondamento) in un secondo momento, quando qualcuno vieta alla scienza di prendere una certa strada, proprio perché tale strada la scienza la "sfiora" come possibile o almeno plausibile.
La divergenza più evidente è che le prescrizioni sono solitamente a priori (qualcosa viene vietato spesso per prevenire che accada o è obbligatorio ancor prima che si arrivi alla condizione di poterlo adempiere), mentre le descrizioni sono solitamente a posteriori. Per questo può esserci una dialettica e persino una "complicità ontologica" fra ciò che viene scoperto e descritto (sollecitazione esterna verso il soggetto) e ciò che si ritiene di dover prescrivere (sollecitazione dal soggetto al suo esterno). Tuttavia mentre la descrizione è basata sull'oggetto (oltre che sulle categorie, gli strumenti, etc.), la "necessità" di prescrivere è tutta umana, anche nel senso di specie animale (non certo l'unica in questo), è il modo binario (si/no, bene/male, attrazione/repulsione, etc.) con cui l'uomo si relaziona al mondo (che comprende anche egli stesso); a prescindere da quanto ne sappia descrivere.
Bilanciare quella "complicità ontologica" (descrizione/prescrizione) con questa "asimmetria deterministica" (nel senso che l'uomo condiziona e altera il suo habitat ben oltre il semplice adattamento all'ambiente, v. tecnologia ed ecologia, ovvero adattamento dell'ambiente) è forse la colonna sonora della quotidianità, tanto per gli individui quanto per le collettività.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Alberto Knox il 29 Luglio 2025, 22:35:14 PM
Citazione di: Jacopus il 25 Luglio 2025, 22:42:32 PMMa questo pigiare l'acceleratore nell'artificialità hobbesiana, che pur ha evidenti vantaggi, non mi convince del tutto. In qualche modo noi siamo il nostro cervello, sia a livello individuale che sociale e il nostro cervello non è unico, ma è un insieme un pò accrocchiato di diversi cervelli sovrapposti. Il principio della fallacia naturalistica funziona molto bene a livello di neocorteccia, che è la parte del cervello maggiormente in grado di costruirsi una realtà autonoma, a pensare oltre al già dato. Ma nei cervelli inferiori sono iscritte norme di comportamento di base, che inevitabilmente regolano il nostro agire e regolandolo emettono scale di priorità e quindi valori e quindi scelte etiche. Gran parte di esse sono ovviamente centrate sullo scopo di sopravvivere, almeno quel tanto che basta per procreare la generazione successiva. Credo che proprio a causa di questi schemi ancestrali ed automatici di stampo emozionale, le fallacie naturalistiche ci piacciono tanto. Ancora una volta credo che cadere nel tranello della  critica alla fallacia naturalistica, sia il bisogno della neocorteccia di dominare, con i suoi raffinati ragionamenti, tutta la baracca umana, che però è anche natura e bisogno di mimesi naturale. Ancora una volta, ritengo che la procedura per il buon vivere sia quella di non lasciarsi irretire nè dalla fallacia naturalistica, ma neppure dalla fallacia artificialistica.
una visione puramene materialistica dell essere umano sulla quale sono distante anni luce . Mi è nuova la trovata  che noi siamo il nostro cervello che è poi un accrocchio di diversi cervelli dove  vi sono cervelli superiori (la neocorteccia) e i cervelli sottostanti "inferiori" (a chi poi?) dove sono iscritte norme di comportamento etico di base. Ma dove sono iscritte? nella carne sono iscritte o nella cultura? quante volte l'ominide primitivo a strnagolato suo figlio solo perchè piangeva di notte per poi provare quel sentimento che si chiama rimorso? e quando è diventato un essere umano quella creatura che era scesa dagli alberi? quando ha iniziato a cacciare? a parlare? a vivere in clan? Se vogliamo parlare di fallacia naturale dobbiamo rispondere a questa domanda; quando l'essere umanoide è diventato uomo?
Non puoi dire ; noi siamo il nostro cervello perchè ti risponderei che noi siamo il nostro corpo e non siamo il nostro corpo . E ma così ti contraddici, sì, hai perettamente ragione, mi sto contraddicendo...
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 29 Luglio 2025, 23:56:43 PM
Citazione di: Alberto Knox il 29 Luglio 2025, 22:35:14 PMSe vogliamo parlare di fallacia naturale dobbiamo rispondere a questa domanda; quando l'essere umanoide è diventato uomo?


Possiamo descrivere  la storia della vita come popolata  da umani e umanoidi, però non ce l'ha prescritto il dottore.
Potrebbe essere utile raccontare storie equivalenti cambiando gli attori.
Allora diventa facile rispondere alla tua domanda.
L'umanoide diventa uomo quando lo decide chi racconta la storia.
La descrizione diviene prescrizione, quando la storia sembra raccontarsi da sola.



Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Jacopus il 30 Luglio 2025, 00:27:04 AM
Citazione di: Alberto Knox il 29 Luglio 2025, 22:35:14 PMuna visione puramene materialistica dell essere umano sulla quale sono distante anni luce . Mi è nuova la trovata  che noi siamo il nostro cervello che è poi un accrocchio di diversi cervelli dove  vi sono cervelli superiori (la neocorteccia) e i cervelli sottostanti "inferiori" (a chi poi?) dove sono iscritte norme di comportamento etico di base. Ma dove sono iscritte? nella carne sono iscritte o nella cultura? quante volte l'ominide primitivo a strnagolato suo figlio solo perchè piangeva di notte per poi provare quel sentimento che si chiama rimorso? e quando è diventato un essere umano quella creatura che era scesa dagli alberi? quando ha iniziato a cacciare? a parlare? a vivere in clan? Se vogliamo parlare di fallacia naturale dobbiamo rispondere a questa domanda; quando l'essere umanoide è diventato uomo?
Non puoi dire ; noi siamo il nostro cervello perchè ti risponderei che noi siamo il nostro corpo e non siamo il nostro corpo . E ma così ti contraddici, sì, hai perettamente ragione, mi sto contraddicendo...

Provo a rispondere a tutto. "Noi siamo il nostro cervello". Ho scritto "in qualche modo noi siamo il nostro cervello", lasciando capire che in qualche altro modo, noi non siamo "solo" il nostro cervello. Si continua a vivere anche se si è in coma, e il nostro corpo interagisce continuamente con il cervello, attraverso segnali elettrici e biochimici. Rispetto alla morfologia del cervello si è fatta un po' di chiarezza. La teoria dei tre cervelli di McLean non è accettata da tutti ma ha una sua validità esplicativa. Se vedi una illustrazione del cervello è abbastanza evidente la differenza organica fra neocorteccia e il resto del cervello. Che questa differenza sia legata alla sovrapposizione di cervelli sempre più recenti è una ipotesi su cui molti autori convergono.

Il comportamento etico dell'uomo è un altro argomento complesso. Ai piani bassi vi è un approccio etico più emotivo che razionale, ai piani alti (per semplificare neocorteccia), più razionale che emotivo. Si badi che sto molto semplificando, poiché tra piani bassi e piani alti vi è sempre reciproca dipendenza e azioni di feed-back, influenzate dalla storia e dall'ambiente del singolo homo sapiens. Ancora, semplificando, mentre gli altri organi vengono di solito sostituiti attraverso le leggi del l'evoluzionismo, il cervello sembra essere esente da questa regola. Di lui non si butta via niente, come con il maiale.

L'etica pertanto è iscritta sia nella struttura cerebrale che nella cultura. Non possiamo negare la presenza dell'una o dell'altra. Un sistema emotivo di base come quello della sofferenza nel caso in cui siamo isolati e privati di cure ci racconta come sia stato logico costruire sistemi etici fondati su valori comuni e condivisi. Natura e cultura sono strettamente interconnessi in noi, esattamente come i nostri molteplici cervelli (ne abbiamo uno piccolino anche nello stomaco, che con i suoi 500 milioni di neuroni non è neppure così piccolo).

Rispetto alla domanda di quando siamo diventati "uomini", se ho inteso bene, corrisponde al chiedere: quando abbiamo abbandonato lo stato di natura. Direi che potrebbe corrispondere al momento in cui abbiamo creato un linguaggio e con essi miti, storie, leggende. Anche in questo caso pensiero fondato su strutture organiche e meccanismi per svolgere il pensiero (linguaggio) sono strettamente interconnessi. Infine ribadisco comunque un concetto: noi siamo ancora animali. Nulla ci differenzia dalle altre specie in termini organici. La natura ha fatto con noi una scommessa, incrementando un organo (sempre lui) che ci ha condotto fin qua, rendendoci un ibrido natura/cultura.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 30 Luglio 2025, 01:05:20 AM
Citazione di: Jacopus il 30 Luglio 2025, 00:27:04 AMNatura e cultura sono strettamente interconnessi in noi, esattamente come i nostri molteplici cervelli (ne abbiamo uno piccolino anche nello stomaco, che con i suoi 500 milioni di neuroni non è neppure così piccolo).

Rispetto alla domanda di quando siamo diventati "uomini", se ho inteso bene, corrisponde al chiedere: quando abbiamo abbandonato lo stato di natura. Direi che potrebbe corrispondere al momento in cui abbiamo creato un linguaggio e con essi miti, storie, leggende. Anche in questo caso pensiero fondato su strutture organiche e meccanismi per svolgere il pensiero (linguaggio) sono strettamente interconnessi. Infine ribadisco comunque un concetto: noi siamo ancora animali. Nulla ci differenzia dalle altre specie in termini organici. La natura ha fatto con noi una scommessa, incrementando un organo (sempre lui) che ci ha condotto fin qua, rendendoci un ibrido natura/cultura.
Non solo siamo ancora animali, ma non abbiamo mai smesso di essere naturali.
Parlare di uomini (non animali) e culturale (non naturale) significa usare termini divisivi per un continuo da raccontare ,  che si possono sempre ricomporre per cambiare la storia, stante la sua non univocità.
Dire che l'uomo nasce col linguaggio, significa spostare la domanda a quando nasce il linguaggio.
Se il linguaggio è comunicazione possiamo chiederci meglio quando gli esseri viventi hanno iniziato a comunicare, in una regressione che ci porta all'inizio della vita, a quando è iniziata, sempre che sia iniziata, perchè quel che sappiamo di certo è solo che ogni racconto deve avere un inizio.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 30 Luglio 2025, 06:04:21 AM
Citazione di: iano il 30 Luglio 2025, 01:05:20 AMParlare di uomini (non animali) e culturale (non naturale) significa usare termini divisivi per un continuo da raccontare ,  che si possono sempre ricomporre per cambiare la storia, stante la sua non univocità.

Nel credere di poter dire cosa è bene e cosa è male,  sottintendiamo che sia bene raccontare la storia così come la raccontiamo, perchè nel dirlo usiamo i termini che abbiamo scelto per raccontarla.
Il bene e il male di cui possiamo dire è quindi basato sulla natura nella misura in cui la cultura è cosa naturale, e quindi se, e solo se, la cultura è cosa naturale, io concordo che la morale si fondi sulla natura.
Nel dirlo però io sto mettendo in discussione il racconto che si basava sulla distinzione fra culturale e naturale, e facendo ciò non potrò più parlare di bene e di male nei termini in cui ne parlavo prima, ponendo le basi per una rivoluzione sociale, dove la parola, come sempre, può più della spada.
Però passare da un racconto ad un altro, non è come chiudere un libro già letto per aprirne un altro tutto da leggere ancora, ma è lo stesso libro che racconta una nuova storia diversa quando i termini divisivi vengono ricuciti cambiando di significato, o perdendolo in favore di termini nuovi aggiunti come note a margine.
I nostri racconti della realtà, nella misura in cui li prendiamo sul serio, diventano testi sacri nostro malgrado.
Il mistero della vita non è racchiuso dentro un testo sacro. Il mistero è come faccia a diventare un testo sacro per noi.
Il libro che racconta la realtà, e la realtà che immaginiamo leggendo un libro, sono due facce della stessa medaglia.
Il bene e il male sono già insiti nel come li posso raccontare, nei termini che userò per farlo, e quindi cambiano quando cambierò i termini del racconto.



Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 30 Luglio 2025, 06:43:03 AM
I termini che usiamo per descrivere la realtà, a furia di ripeterli come un mantra, perdono di significato e diventano realtà, talchè termini come bene e male diventano il bene e il male insiti nella realtà.
I termini che inizialmente descrivono la realtà acquisiscono col tempo il potere di evocarla, e questo spiega come la realtà ci appare.
La capacità di immaginare  genera l'illusione quanto l'evidenza.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: niko il 31 Luglio 2025, 13:00:04 PM
E' naturale, che quello che vale, sia decidere, che cosa, in generale valga. E implementare la decisione, e farla rispettare. La natura, comanda all'uomo, di creare l'artificio. L'uomo, creando l'artificio, non si emancipa dalla natura, ma vi precipita sempre piu'.

Accettare la realta', spesso e' piu' difficile, che cambiarla.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Alberto Knox il 31 Luglio 2025, 15:09:40 PM
Citazione di: iano il 30 Luglio 2025, 06:43:03 AMI termini che usiamo per descrivere la realtà, a furia di ripeterli come un mantra, perdono di significato e diventano realtà, talchè termini come bene e male diventano il bene e il male insiti nella realtà.
I termini che inizialmente descrivono la realtà acquisiscono col tempo il potere di evocarla, e questo spiega come la realtà ci appare.
La capacità di immaginare  genera l'illusione quanto l'evidenza.
Non ho usato i termini "ominide" e "uomo" come specchietti per allodole dato che li sto contestualizzando.  il centro del discorso è l etica quindi;  Quando l'uomo è diventato etico?
C'è un momento nella storia della paleontroplogia che , secondo la mia impostazione filosofica, lo indica.
é stato quando hanno rinvenuto , in una caverna degli scheletri, e hanno visto che ad un uomo gli si era rotta una gamba e che quell osso si era risanato. Hanno stabilito che per quel tipo di guarigione molto probabilmente , quell'uomo era stato curato. Da li l'animale è diventato animale etico. Siamo ancora animali in parte . E qual'è l'emozione vitale che ha dato il via a questa etica? è solo questione di neurocorteccia , o gli strati  subcorticali o addiritttura subcellulari? . Voglio dire che se l'uomo viene dalla natura , allora questa propensione all etica , all ordine , al fine deve venire dalla natura. Esiste un etica naturale? la mia risposta è sì al di la degli artigli e delle fauci c'è un etica di base che si chiama "generazione" lo stesso termine natura indica nascitura, è ciò che sempre deve nascere di generazione in generazione. Sulla base di questa etica è nata la conservazione della specie, l'istinto di un animale selvatico lo porta naturalmente al bene per se stesso e per la specie a cui appartiene. 
Voglio prcisare che questa è una impostazione filosofica perchè alla domanda ; quando dall ominide si è passati all essere umano la risposta vera da dare è solo una; non lo sappiamo. Perciò è chiaro che la mia dialettica risponde a tale domanda contestualizzandola all etica dell argomento in questione. 
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 31 Luglio 2025, 16:29:07 PM
Citazione di: Alberto Knox il 31 Luglio 2025, 15:09:40 PME qual'è l'emozione vitale che ha dato il via a questa etica? è solo questione di neurocorteccia , o gli strati  subcorticali o addiritttura subcellulari? . Voglio dire che se l'uomo viene dalla natura , allora questa propensione all etica , all ordine , al fine deve venire dalla natura. Esiste un etica naturale? la mia risposta è sì
Io sono d'accordo con quello che scrivi, ma preferisco dirlo in altro modo, che qualunque distinzione, come fra natura e cultura, per quanto utile, quando ha finito di dare i suoi frutti, inizia a starci stretta, per cui, volendo mantenere l'abitudine di usarla, iniziamo ad arrampicarci sugli specchi.
La realtà è una, ma non possiamo descriverla se non facendo in essa arbitrarie distinzioni che possono rivelarsi utili, ma che prima o poi smetteranno la loro funzione, quindi tenderemo ad escluderle, dopo vani tentativi di arrampicarsi sugli specchi, ed esclusione dopo esclusione torniamo all'uno, a meno che nuove distinzioni non ne abbiano preso il posto, e direi appunto che noi ci troviamo adesso in questo travaglio.
Viviamo cioè quel momento, positivo e problematico allo stesso tempo, in cui nuove consapevolezze premono, ma non abbiamo coniato ancora nuovi termini per esprimerle, e continuiamo ad arrabattarci coi vecchi termini cercando di forzarne il significato con effetti anche comici, ammettiamolo.
Anzi secondo me una buona disquisizione filosofica dovrebbe finire sempre con una bella e salutare risata.
Dire che l'etica si fonda sulla natura significa dire che viene da lontano, e io su questo concordo.
Come tutte le cose umane si genera per successive sovrapposizioni e generalizzazioni, che diviene difficile provare a ripercorrere all'incontrario per giungere alla sua generazione.
Però questo potrebbe essere appunto uno dei lavori in cui un filosofo può impegnarsi.

Se l'etica determina il nostro comportamento, cosa ha determinato l'etica?
Senza etica smetteremmo di comportarci?
Io direi di no.
Quindi l'etica potrebbe nascere da un mettere ordine ai nostri naturali comportamenti, e quindi certamente la sua origine è da cercare nella natura, e non in quella forma ordinata e dogmatica fatta di precetti e norme in cui ci appare alla fine.

Parlare di uomini significa parlare di un gruppo di esseri viventi che ci viene ''naturale'' raggruppare per qualche motivo che sembra venire da se, come un comportamento che è si, diverso per ogni individuo, ma assimilabile a quello degli altri, descritto il quale possiamo intitolarlo come ci pare, ad esempio etica.
Per i nuovi individui che nascono non è necessario un testo di etica per uniformarsi ai comportamenti umani, ma può essere utile, come un modo diverso per farlo.
Questo modo però ha il difetto che l'etica, tratta dalla vita degli uomini, inizia a vivere di vita propria, fino a personificarsi in dei e demoni, ma pur sempre col dubbio ( e meno male :)) ) che esistano davvero, con risata finale.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Jacopus il 31 Luglio 2025, 16:57:19 PM
Premessa terminologica che spero di fare solo per informare e non per saccenteria (vabbè un po' di saccenteria c'è).Ominidi sono tutte le grandi scimmie presenti e passate compreso homo sapiens (ebbene sì, siamo scimmie, tassonomicamente). Ominini sono quelle più direttamente imparentate con homo sapiens e pan (con pan si intendono le due specie di scimpanzé esistenti, scimpanzé e bonobo, i quali come noto, condividono con homo il 98,2 per cento di dna. In pratica è quasi un umano, visto che fra me e qualsiasi altro umano c'è una differenza genetica dell'uno per cento).

Detto questo, l'etica viene dalla natura? Una certa tipologia di etica senz'altro. Che è quella della difesa della vita in modo associato. Il comandamento "non uccidere" è pertanto "naturale" in questo senso. Ma, come fai notare, abbiamo iscritto dentro di noi anche un "programma" di aiuto verso gli altri, come faceva notare l'antropologa M. Mead (moglie di G. Bateson e grande antropologa), con l'esempio dell'anziano curato della frattura.
Lo stesso programma però lo condividiamo con tutti i mammiferi e gli uccelli a differenza con quanto accade alle altre specie, che non sviluppano un sentimento associativo o se lo sviluppano (come negli insetti) è fortemente automatico (ma su questa tematica potremmo avere in futuro delle sorprese). Se potesse, credi che un cane non curerebbe il suo cucciolo? La fuoriuscita dalla natura verso la civiltà è stato un passaggio tecnologico molto lento e progressivo. Non vi è stata ad esempio una creazione fatta e finita di un linguaggio. Il linguaggio sarà emerso da versi e richiami che indicavano qualcosa, come quelli di molti primati e mammiferi superiori ( le balene hanno ad esempio un linguaggio molto esteso che si trasmette all'interno del gruppo, offrendo un altro esempio di trasmissione culturale extra umana).
Tutto ciò si interseca con il livello del cervello arcaico che condividiamo con altre specie (o sistema limbico) e con quello neocorticale.
 Ma a livello di neocorteccia le cose si complicano, perché il cervello crea un mondo suo, diventa autoreferenziale e può quindi "eticamente" disconfermare ciò che è iscritto ai livelli più ancestrali. Ed è per questo che l'uomo eccelle in comportamenti etici ed anti-etici, fino a pensare che sia eticamente giusto "impiccare" il sodomita, il bestemmiatore, o eliminare l'affetto da sindrome di down, e nello stesso tempo sacrificarsi per salvare degli sconosciuti (p. Kolbe, salvo d'acquisto).
Siamo esagerati nel bene e nel male, ed inoltre la cultura e ciò che apprendiamo nel nostro contesto formalizza un certo tipo di etica che non sarà mai uguale a quello di altri gruppi, proprio per l'incidenza culturale rispetto a valori etico-morali. Insomma un bel guazzabuglio, che le religioni hanno cercato talvolta di semplificare e la filosofia di rendere più complesso. Io credo che si possano trovare risposte efficaci a queste domande proprio dal confronto vitale fra filosofia, neuroscienze, antropologia e biologia.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 31 Luglio 2025, 17:24:19 PM
Citazione di: Jacopus il 31 Luglio 2025, 16:57:19 PMPremessa terminologica che spero di fare solo per informare e non per saccenteria (vabbè un po' di saccenteria c'è).Ominidi sono tutte le grandi scimmie presenti e passate compreso homo sapiens (ebbene sì, siamo scimmie, tassonomicamente). Ominini sono quelle più direttamente imparentate con homo sapiens e pan (con pan si intendono le due specie di scimpanzé esistenti, scimpanzé e bonobo, i quali come noto, condividono con homo il 98,2 per cento di dna. In pratica è quasi un umano, visto che fra me e qualsiasi altro umano c'è una differenza genetica dell'uno per cento).
Oh, quale insopportabile saccenteria! :))
Grazie per la tua chiarezza, ma volendo riportar  confusione, alla fine, gli individui di una specie differiscono dell'1% in DNA, o quelli che differiscono in DNA per l'1% appartengono alla stessa specie?
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Jacopus il 31 Luglio 2025, 19:02:02 PM
La differenza fra specie è un argomento su cui si discuterà sempre. Il criterio più ragionevole è quello della riproducibilità. Se mi accoppio con una giraffa difficilmente avremo una prole. Solo Ciuchino ci è riuscito con la sua draghessa. Ma vi è comunque un range fra specie diverse che riescono comunque ad accoppiarsi, cavallo-mulo, leone-tigre oppure il noto sapiens-Neanderthal. L'evoluzione andando avanti per tentativi, crea sempre nuove specie potenziali che sono rappresentante da quell'uno di differrenza del dna di ognuno di noi. Quindi la riproducibilità non è un criterio del tutto sufficiente per definire la specie. Oggi con l'esame del dna si fa riferimento anche alla mappa genomica, ma come hai fatto notare tu, le differenze sono minime. Del resto la tassonomia da Linneo in poi, non è mai stata categorica e ufficiale una volta per tutte.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: anthonyi il 31 Luglio 2025, 19:08:47 PM
Citazione di: Jacopus il 31 Luglio 2025, 16:57:19 PMDetto questo, l'etica viene dalla natura? Una certa tipologia di etica senz'altro. Che è quella della difesa della vita in modo associato. Il comandamento "non uccidere" è pertanto "naturale" in questo senso. Ma, come fai notare, abbiamo iscritto dentro di noi anche un "programma" di aiuto verso gli altri, come faceva notare l'antropologa M. Mead (moglie di G. Bateson e grande antropologa), con l'esempio dell'anziano curato della frattura.
Lo stesso programma però lo condividiamo con tutti i mammiferi e gli uccelli a differenza con quanto accade alle altre specie, che non sviluppano un sentimento associativo o se lo sviluppano (come negli insetti) è fortemente automatico (ma su questa tematica potremmo avere in futuro delle sorprese). Se potesse, credi che un cane non curerebbe il suo cucciolo? La fuoriuscita dalla natura verso la civiltà è stato un passaggio tecnologico molto lento e progressivo. Non vi è stata ad esempio una creazione fatta e finita di un linguaggio. Il linguaggio sarà emerso da versi e richiami che indicavano qualcosa, come quelli di molti primati e mammiferi superiori ( le balene hanno ad esempio un linguaggio molto esteso che si trasmette all'interno del gruppo, offrendo un altro esempio di trasmissione culturale extra umana).
Tutto ciò si interseca con il livello del cervello arcaico che condividiamo con altre specie (o sistema limbico) e con quello neocorticale.
 Ma a livello di neocorteccia le cose si complicano, perché il cervello crea un mondo suo, diventa autoreferenziale e può quindi "eticamente" disconfermare ciò che è iscritto ai livelli più ancestrali. Ed è per questo che l'uomo eccelle in comportamenti etici ed anti-etici, fino a pensare che sia eticamente giusto "impiccare" il sodomita, il bestemmiatore, o eliminare l'affetto da sindrome di down, e nello stesso tempo sacrificarsi per salvare degli sconosciuti (p. Kolbe, salvo d'acquisto).
Siamo esagerati nel bene e nel male, ed inoltre la cultura e ciò che apprendiamo nel nostro contesto formalizza un certo tipo di etica che non sarà mai uguale a quello di altri gruppi, proprio per l'incidenza culturale rispetto a valori etico-morali. Insomma un bel guazzabuglio, che le religioni hanno cercato talvolta di semplificare e la filosofia di rendere più complesso. Io credo che si possano trovare risposte efficaci a queste domande proprio dal confronto vitale fra filosofia, neuroscienze, antropologia e biologia.

A me questo sembra abbastanza discutibile, jacopus, nei meccanismi istintivi presenti nelle specie comunitarie ci sono certamente comportamenti solidaristici, ma anche di tipo violento indirizzati alla difesa della comunità.
Questi comportamenti possono essere indirizzati nei confronti di esterni alla comunità, ma anche nei confronti di interni alla comunità se percepiti come dannosi per la comunità stessa.
Tanto per essere chiari, jacopus, la teoria del "buon selvaggio" non ha fondamenti.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Alberto Knox il 31 Luglio 2025, 20:00:15 PM
Citazione di: Jacopus il 31 Luglio 2025, 16:57:19 PMMa, come fai notare, abbiamo iscritto dentro di noi anche un "programma" di aiuto verso gli altri, come faceva notare l'antropologa M. Mead (moglie di G. Bateson e grande antropologa), con l'esempio dell'anziano curato della frattura.
Sì, è propio all aneddoto di Margareth Mead che mi riferisco. Gli chiesero se poteva indicare un momento storico nel quale è provato il passaggio da ominide a Homo. Ma non direi che è un programma iscritto in automatica nel cervello . Perchè nell esempio in questione dobbiamo notare due cose. Normalmente in natura quando succede che un idividuo si rompe una zampa , lasciano il malcapitato dal femore fratturato perchè non c'è niente che possano fare. L'umanità è nata, dice questo aneddoto, quando gli umani A ; si sono fermati , si fermarono, si presero cura e B ; capirono come fare. Perchè la cura non è semplicemente sentimento, è anche tecnica, abilità . Il che significa che ci devi mettere il cuore e ci devi mettere l'intelligenza . Così quando l antropologa scoprì durante le sue ricerche un femore umano risanato dopo una frattura capì che lì era successo qualcosa di storicamente importante. 
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Alberto Knox il 31 Luglio 2025, 20:37:19 PM
Non conosco le controversie che si sono formate attorno alla fallacia naturalistica contro la fallacia artificiale dell etica. Però capisco una cosa, che finchè non avremo compreso il significato che la parola "cura" ci vuole consegnare , noi non avremo compreso appieno cosa significa "etica". 
A tal proposito vi presento una favola antica, la conosceta la favola di Igino?  ha circa 2000 anni e  fino al 1927 non la conosceva quasi nessuno. Ma a partire dal 1927 questa favola è diventata famosa, sopratutto nell ambito della filosofia, quindi è probabile che qualcuno di voi la conosca. Divenne famosa in quell anno perchè in quell anno Martin Heidegger pubblicò "essere e tempo" e in essere e tempo è presente la favola 220 di Igino. E parla della cura che adesso io vi presento. 

https://web.unica.it/unica/protected/220176/0/def/ref/MAT220166/

 ..Ma poiché fu la Cura che per prima diede forma a questo essere, fin che
esso vive lo possieda la cura...

io temo che voi abbiate in mente solo il significato attivo del termine cura. Cioè pensate che la cura sia prendersi cura, attenzione, sollecitudine. Ed è vero, la cura è anche questo , ma la cura in latino, così come in tedesco di Heidegger che la indica come "sorge" (preoccupazione in italiano)  , ha anche un signficato passivo che vuol dire ; "affanno" , "inquietudine" , "problemi" , "ferita" 
capite adesso il significato della favola? che è più profondo? la favola dice , noi siamo posseduti dalla cura il che significa che vogliamo curare perchè al contempo vogliamo essere curati.  C'è un significato attivo e un significato passivo di cura e Heidegger, molto più accorto filosoficamente di me, ce lo indica attraverso quella favola e capisce che lì c'è qualcosa di molto importante , di filosoficamente pregno, denso. 
Quale dei due significati è più importante parlare? cosa ne pensate, risposta ; dipende dai momenti della vita. Ci sono momenti in cui abbiamo solo bisogno di essere curati e ci sono momenti in cui capiamo che per essere curati dobbiamo curare. Sono talmente intrecciati i due significati attivo e passivo del termine cura che io capisco che la mia ferita la guarisco nella misura in cui mi prendo a cuore le ferite degli altri. fi quando sono concentrato sulla mia piccola ferita continuerà a non essere rimarginata , è solamente nella relazionalità che mi porta veramente a guarire. 
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Jacopus il 31 Luglio 2025, 21:22:32 PM
Alberto, sono sostanzialmente d'accordo con i tuoi ultimi interventi e trovo molto bella (e la userò) la favola raccontata da H. e il retrostante concetto di cura, che è un indizio in più sulla ricerca della reciprocità come dinamica "aurea" nella vita di homo sapiens. Sul fatto che il principio della cura sia iscritto neurologicamente in homo sapiens non lo dico io ma una vasta letteratura psicoanalitica e neuroscientifica.  Non ti allego la bibliografia ma ti cito solo un testo che mi è caro e che è fondamentale per capire questo argomento, ovvero J. Panksepp, Archeologia della mente, Cortina. Non tutti sono d'accordo con Panksepp ma a me la sua lettura ha chiarito molti interrogativi sull'argomento e sopratutto mi ha fatto comprendere come, sottostante alla architettura della storia e della civiltà, ci sono, nell'uomo, potenti forze biologiche, flussi di neurotrasmettitori e di segnali biochimici che sono il risultato di una storia organica che ci collega a tutte le creature vitali di questo pianeta. Solo avendo presente queste forze ancestrali che ci modellano, possiamo agire in modo più consapevole nei piani alti della Zivilitation e della Kultur.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Jacopus il 31 Luglio 2025, 21:42:33 PM
Citazione di: anthonyi il 31 Luglio 2025, 19:08:47 PMA me questo sembra abbastanza discutibile, jacopus, nei meccanismi istintivi presenti nelle specie comunitarie ci sono certamente comportamenti solidaristici, ma anche di tipo violento indirizzati alla difesa della comunità.
Questi comportamenti possono essere indirizzati nei confronti di esterni alla comunità, ma anche nei confronti di interni alla comunità se percepiti come dannosi per la comunità stessa.
Tanto per essere chiari, jacopus, la teoria del "buon selvaggio" non ha fondamenti.
Quali prove hai per dire che la teoria del buon selvaggio non ha fondamenti? Per il resto sono d'accordo. Nelle comunità animali (compresa quelle umane) sono presenti dinamiche di cura, solidaristiche e dinamiche egoistiche o di conflittualità. Ma se restiamo nel campo emotivo ancestrale, queste dinamiche sono tutte presenti per un unico scopo: la sopravvivenza della specie. A proposito del buon selvaggio. Vi sono tribù inuit che per ben accogliere lo straniero, lo invitano a dormire con la propria moglie. Nella tribù amazzonica degli yamomano invece fanno a gara a chi uccide più nemici (membri di altre tribù rivali). Quindi il "buon selvaggio", nella accezione rousseouiana è "double face", il che è coerente, poiché in questi due esempi è già in funzione la neocorteccia, che in sinergia con l'ambiente, ha trovato delle risposte originali e creative (non istintuali) al problema fondamentale della sopravvivenza. Ma precedentemente allo sviluppo delle culture inuit e yamomano, vi è un patrimonio neurobiologico che va indagato e che costituisce le fondamenta di ogni cultura successiva. Lo sforzo di Panksepp (che ho citato prima) è quello di cercare queste fondamenta in stati affettivi di base, piuttosto che nell' inconscio freudiano (Freud non a caso si definiva archeologo della mente). E fra questi stati affettivi di base vi è la cura e la sofferenza in caso di mancata cura. Del resto la potenza di questi sistemi è provata laddove essa manca nei cuccioli di ogni specie di mammifero ed uccello, che subiranno un grave deficit nello sviluppo e vari tipi di fragilità comportamentale in assenza di quelle attività di cura. Fra il "buon selvaggio" e lo "homo homini lupus" ho l'impressione che il primo sia più "naturale"  del secondo. Ma comprendo bene che il concetto di "homo homini lupus" si afferma necessariamente con lo sviluppo della civiltà, che rende impossibile un ritorno naive al "buon selvaggio". Il ritorno a forme di compensazione rispetto all'homo homini lupus, in un sistema artificiale, può avvenire solo artificialmente e non "a detour".
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 31 Luglio 2025, 22:08:36 PM
Citazione di: Jacopus il 31 Luglio 2025, 21:22:32 PMNon tutti sono d'accordo con Panksepp ma a me la sua lettura ha chiarito molti interrogativi sull'argomento e sopratutto mi ha fatto comprendere come, sottostante alla architettura della storia e della civiltà, ci sono, nell'uomo, potenti forze biologiche, flussi di neurotrasmettitori e di segnali biochimici che sono il risultato di una storia organica che ci collega a tutte le creature vitali di questo pianeta. Solo avendo presente queste forze ancestrali che ci modellano, possiamo agire in modo più consapevole nei piani alti della Zivilitation e della Kultur.
Oggi sappiamo che non solo siamo collegati a tutte le creature vitali, ma che siamo anche  un prodotto di questi collegamenti.
Se ogni essere vivente che ci compone, dovesse scegliere ogni volta se prendersi cura delle altri parti, cesseremmo di essere in un microsecondo, considerando quanti miliardi di relazioni vitali in quel tempo si compiono fra gli esseri viventi che ci compongono.
Non possiamo evitare di reagire empaticamente  alle altrui sofferenze, pur se è vero che quando queste si moltiplicassero fino a non potervi più far fronte, porremo una cinica barriera a nostra protezione.
Oggi leghiamo la nostra sopravvivenza al pianeta nel suo complesso, ecologicamente parlando, e abbiamo compreso che essa dipende da una ridefinizione delle nostre relazioni vitali.
Il corpo è malato quando le normali relazioni fra le parti falliscono, e bisogna diversamente prendersene cura, abbandonando gli emozionali automatismi che pur fino a un certo punto hanno funzionato.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Alberto Knox il 31 Luglio 2025, 22:42:18 PM
Citazione di: Jacopus il 31 Luglio 2025, 21:22:32 PMSul fatto che il principio della cura sia iscritto neurologicamente in homo sapiens non lo dico io ma una vasta letteratura psicoanalitica e neuroscientifica.
va bene , io non voglio sminuire il valore costitutivo dell etica derivante da una base genetica. Senza geni e senza ambiente noi non saremmo ma da questi stessi geni siamo giunti ad essere liberi dalle determinazioni biologiche e ambientali . quelle stesse facoltà che tu dici iscritte nella neocorteccia ci rende liberi nel bene e nel male , di compiere o non compiere la cura. Dietro il peccato originale bibblico sul quale mi batto ormai da anni c'è una profonda verità dell esistenza. Ci sta esattamente quel dramma costitutivo dell uomo che giunge ad essere al vertice di tutte le cose perchè la neocorteccia e tutto quello che ne viene dietro ci da libertà e questa libertà che pone l'uomo al di sopra di tutti gli altri esseri viventi è quella stessa condizione che pone l'uomo al di sotto di ogni altro essere vivente perchè la meschinità, la malvagità , il male che può discendere dagli esseri umani non è neanche paragonabile a quello che può discendere dagli animali. Quindi sarà anche come dici, la questione della neocorteccia e tutto il resto ma poi è la scelta libera e consapevole che fa la differenza. è la neocorteccia che ci rende uomini etici? va bene ma poi è il nostro bagaglio esistenziale che guida le nostre scelte in quanto liberi dalle determinazioni biologiche e ambientali.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Jacopus il 31 Luglio 2025, 23:16:57 PM
È proprio così Alberto, sottoscrivo quello che hai detto (in realtà scritto). Anch'io ritengo che la specie homo sapiens, pur non essendo l'unica specie ad essere dotata di libero arbitrio, è sicuramente quella che ne dispone in quantità maggiori, se possiamo dire così, e questa libertà creativa è proprio la conseguenza della presenza di una neocorteccia così sviluppata. Invece, se proprio vogliamo dirla tutta, la ns libertà di azione è proprio limitata dalla nostra storia e dall'ambiente, oltre che dalla nostra stessa fisiologia (non sono libero di stare più di qualche minuto sott'acqua, ad esempio). Credo che ci sia sempre un gioco nell'azione umana libera, una tensione fra ciò che è possibile, ciò che è necessario e ciò che progettiamo di fare "liberamente". E spesso per fare davvero cose nuove, bisogna saper dimenticare le vecchie. In questo sta, ad esempio, il messaggio dell'eterno ritorno di Nietzsche, nella interpretazione di Severino.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: anthonyi il 01 Agosto 2025, 02:52:33 AM
Citazione di: Jacopus il 31 Luglio 2025, 21:42:33 PMQuali prove hai per dire che la teoria del buon selvaggio non ha fondamenti? Per il resto sono d'accordo. Nelle comunità animali (compresa quelle umane) sono presenti dinamiche di cura, solidaristiche e dinamiche egoistiche o di conflittualità. Ma se restiamo nel campo emotivo ancestrale, queste dinamiche sono tutte presenti per un unico scopo: la sopravvivenza della specie. A proposito del buon selvaggio. Vi sono tribù inuit che per ben accogliere lo straniero, lo invitano a dormire con la propria moglie. Nella tribù amazzonica degli yamomano invece fanno a gara a chi uccide più nemici (membri di altre tribù rivali). Quindi il "buon selvaggio", nella accezione rousseouiana è "double face", il che è coerente, poiché in questi due esempi è già in funzione la neocorteccia, che in sinergia con l'ambiente, ha trovato delle risposte originali e creative (non istintuali) al problema fondamentale della sopravvivenza. Ma precedentemente allo sviluppo delle culture inuit e yamomano, vi è un patrimonio neurobiologico che va indagato e che costituisce le fondamenta di ogni cultura successiva. Lo sforzo di Panksepp (che ho citato prima) è quello di cercare queste fondamenta in stati affettivi di base, piuttosto che nell' inconscio freudiano (Freud non a caso si definiva archeologo della mente). E fra questi stati affettivi di base vi è la cura e la sofferenza in caso di mancata cura. Del resto la potenza di questi sistemi è provata laddove essa manca nei cuccioli di ogni specie di mammifero ed uccello, che subiranno un grave deficit nello sviluppo e vari tipi di fragilità comportamentale in assenza di quelle attività di cura. Fra il "buon selvaggio" e lo "homo homini lupus" ho l'impressione che il primo sia più "naturale"  del secondo. Ma comprendo bene che il concetto di "homo homini lupus" si afferma necessariamente con lo sviluppo della civiltà, che rende impossibile un ritorno naive al "buon selvaggio". Il ritorno a forme di compensazione rispetto all'homo homini lupus, in un sistema artificiale, può avvenire solo artificialmente e non "a detour".
E' proprio quest'ultima affermazione che é infondata, l'idea cioé che con la civiltà si affermi un'addizione di violenza nella specie umana, concetto implicito nell'idea di "buon selvaggio". 
Naturalmente gli esempi dei popoli selvaggi di oggi non sono pertinenti, perché il confronto va fatto con gli uomini che risiedevano originariamente negli stessi territori dove poi si é sviluppata la civiltà, dove per una frattura di femore curata potrai trovare centinaia di  morti per ferite procurate con armi, e se anche in certi tratti temporali si può notare qualche aumento, rispetto alla generale discesa della quantità di morti artificiali, questo dipende dal l'evoluzione tecnologica che rende la pratica dell'uccisione più semplice.
Se gli uomini civilizzati di oggi, in 80 anni di convivenza con l'atomica, il bottone per farla partire non lo hanno mai premuto, puoi stare tranquillo che i selvaggi loro avi lo avrebbero premuto da tempo.
Volevo poi farti notare, jacopus, che questo discorso sulla natura violenta umana non é collineare con la dicotomia solidarietà egoismo, perché ho già spiegato che gli atti istintivi violenti hanno spesso un.    fondamento di tutela della comunità, e quindi sono solidaristici. 
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Jacopus il 01 Agosto 2025, 07:38:24 AM
Citazione di: anthonyi il 01 Agosto 2025, 02:52:33 AME' proprio quest'ultima affermazione che é infondata, l'idea cioé che con la civiltà si affermi un'addizione di violenza nella specie umana, concetto implicito nell'idea di "buon selvaggio".
Naturalmente gli esempi dei popoli selvaggi di oggi non sono pertinenti, perché il confronto va fatto con gli uomini che risiedevano originariamente negli stessi territori dove poi si é sviluppata la civiltà, dove per una frattura di femore curata potrai trovare centinaia di  morti per ferite procurate con armi, e se anche in certi tratti temporali si può notare qualche aumento, rispetto alla generale discesa della quantità di morti artificiali, questo dipende dal l'evoluzione tecnologica che rende la pratica dell'uccisione più semplice.
Se gli uomini civilizzati di oggi, in 80 anni di convivenza con l'atomica, il bottone per farla partire non lo hanno mai premuto, puoi stare tranquillo che i selvaggi loro avi lo avrebbero premuto da tempo.
Volevo poi farti notare, jacopus, che questo discorso sulla natura violenta umana non é collineare con la dicotomia solidarietà egoismo, perché ho già spiegato che gli atti istintivi violenti hanno spesso un.    fondamento di tutela della comunità, e quindi sono solidaristici.
Che gli esempi delle popolazioni odierne non influenzate dal mondo moderno non siano pertinenti è una affermazione insensata, visto che tutti gli studi antropologici si fondano su questo. E del resto non hai compreso quello che voglio dire. Infatti ho scritto che già a livello di culture "selvagge" entra in gioco la "cultura" e quindi accanto a culture selvagge "da buon selvaggio" vi sono culture "da cattivo selvaggio". Ma prima dell'avvento della cultura, lo ripeto, vi sono nell'uomo, strutture neurobiologiche fondate sulla cura e sulla solidarietà che la cultura, ad esempio attraverso le religioni ha amplificato. Su scala globale che la violenza sia diminuita nel corso dei secoli è vero se prendiamo il dato e lo paragoniamo percentualmente al numero dei viventi in quel momento. Sia quella per guerre/rivoluzioni sia quella di tipo criminale. Ciò che contesto è una visione scissa di homo sapiens, che spesso nella tradizione religiosa viene descritto come portatore di un "peccato originale", che solo tramite sforzi, fede, rituali, divina provvidenza e quant'altro, può essere tenuto a bada. In realtà dipende dal mix di interazioni fra struttura neurobiologica di base strutturata per la sopravvivenza (ed anche violenta), strutture neo corticali più libere di agire nel bene e nel male e ambiente culturale, che va considerato nella sua storia (e pertanto vi saranno popoli più o meno violenti sulla base della violenza appresa ed assistita). In questo modo, se la civiltà ha sicuramente agito in termini di attenuazione della violenza (vedi Pinker o Elias), questo non è una garanzia assoluta che avvenga sempre anche in futuro. Inoltre esiste anche qui una differenza di fondo. Il processo storico di civilizzazione ha abbassato sensibilmente i tassi di violenza soprattutto in alcune parti del mondo, mantenendo livelli molto più alti nel cosiddetto terzo mondo, dove vanno a scaricarsi molte delle contraddizioni del processo attuale di civilizzazione, che si fonda in modo centrale sullo sfruttamento delle risorse materiali, su una civiltà di cose da consumare.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: InVerno il 01 Agosto 2025, 08:52:00 AM
Citazione di: anthonyi il 01 Agosto 2025, 02:52:33 AMVolevo poi farti notare, jacopus, che questo discorso sulla natura violenta umana non é collineare con la dicotomia solidarietà egoismo, perché ho già spiegato che gli atti istintivi violenti hanno spesso un.    fondamento di tutela della comunità, e quindi sono solidaristici.
Difatti i selvaggi inuit non prestavano la moglie agli sconosciuti per altruismo, ma per una serie di vantaggi personali (es. avere protezione per la famiglia mentre si è in viaggio) e sociali (allargare il pool genetico), che lo sapessero o meno poco importa, ora che quei vantaggi sono spariti è sparita anche la bontà con cui offrivano le mogli agli altri (altrimenti oggi vivrebbero di turismo sessuale). Al "buon selvaggio" non credo, specialmente se con buono si intende "altruista", ovvero che mette l'interesse degli altri di fronte al proprio, credo invece all' "ottimo selvaggio" quello che fa l'ottimo, ovvero produce risultati positivi per tutti i convolti fintanto che non danneggia gli altri.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: anthonyi il 01 Agosto 2025, 09:25:31 AM
Citazione di: Jacopus il 01 Agosto 2025, 07:38:24 AMChe gli esempi delle popolazioni odierne non influenzate dal mondo moderno non siano pertinenti è una affermazione insensata, visto che tutti gli studi antropologici si fondano su questo. E del resto non hai compreso quello che voglio dire. Infatti ho scritto che già a livello di culture "selvagge" entra in gioco la "cultura" e quindi accanto a culture selvagge "da buon selvaggio" vi sono culture "da cattivo selvaggio". Ma prima dell'avvento della cultura, lo ripeto, vi sono nell'uomo, strutture neurobiologiche fondate sulla cura e sulla solidarietà che la cultura, ad esempio attraverso le religioni ha amplificato. Su scala globale che la violenza sia diminuita nel corso dei secoli è vero se prendiamo il dato e lo paragoniamo percentualmente al numero dei viventi in quel momento. Sia quella per guerre/rivoluzioni sia quella di tipo criminale. Ciò che contesto è una visione scissa di homo sapiens, che spesso nella tradizione religiosa viene descritto come portatore di un "peccato originale", che solo tramite sforzi, fede, rituali, divina provvidenza e quant'altro, può essere tenuto a bada. In realtà dipende dal mix di interazioni fra struttura neurobiologica di base strutturata per la sopravvivenza (ed anche violenta), strutture neo corticali più libere di agire nel bene e nel male e ambiente culturale, che va considerato nella sua storia (e pertanto vi saranno popoli più o meno violenti sulla base della violenza appresa ed assistita). In questo modo, se la civiltà ha sicuramente agito in termini di attenuazione della violenza (vedi Pinker o Elias), questo non è una garanzia assoluta che avvenga sempre anche in futuro. Inoltre esiste anche qui una differenza di fondo. Il processo storico di civilizzazione ha abbassato sensibilmente i tassi di violenza soprattutto in alcune parti del mondo, mantenendo livelli molto più alti nel cosiddetto terzo mondo, dove vanno a scaricarsi molte delle contraddizioni del processo attuale di civilizzazione, che si fonda in modo centrale sullo sfruttamento delle risorse materiali, su una civiltà di cose da consumare.

E' una affermazione non pertinente rispetto alla tua asserzione che riguarda l'effetto di una particolare "civilizzazione" che potremmo definire occidentale o borghese, per usare un termine caro a certe ideologie dalle quali tu dici di non essere condizionato, quando invece lo sei visto che riproponi la tesi dello sfruttamento coloniale.
Poi mi spiegherai come mai, se é la gestione coloniale a produrre violenza, un paese come Haiti, che é stata una delle prime dove lo "sfruttamento coloniale" é finito, é uno dei luoghi dove c'é oggi maggiore violenza al mondo.
Non capisco poi perché consideri "scissa" una visione dell'uomo che evidenzi la profonda differenza tra meccanismi istintivi che comportano un grande potenziale di violenza e il fatto che poi, tramite vari meccanismi di condizionamento, tra cui anche i riti religiosi, questo potenziale sia significativamente ridotto. Come dice Biglino, siamo una specie addomesticato, da chi non si sa, ma lo siamo!
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Alberto Knox il 01 Agosto 2025, 11:18:39 AM
Citazione di: Jacopus il 31 Luglio 2025, 23:16:57 PMInvece, se proprio vogliamo dirla tutta, la ns libertà di azione è proprio limitata dalla nostra storia e dall'ambiente, oltre che dalla nostra stessa fisiologia (non sono libero di stare più di qualche minuto sott'acqua, ad esempio). Credo che ci sia sempre un gioco nell'azione umana libera, una tensione fra ciò che è possibile, ciò che è necessario e ciò che progettiamo di fare "liberamente"
liberi dalle determinazioni biologiche e ambientali non significa che queste determinazioni non ci siano, hai fatto l'esempio che non possiamo stare piu di qualche minuti sott acqua certo perchè la determinazione biologica dell istinto di sopravvivenza prenderebbe il sopravvento ,infatti se un suicida (in grado di nuotare) sceglie di terminare la sua vita annegando deve avere l accortezza di legarsi un masso pesante al collo se no sa che il corpo combatterebbe per salvarsi.  Non possiamo ruotare il ginocchio a 360° ne rimablzare per la stanza perchè anche noi facciamo parte dell ordine naturale delle cose. Però possiamo decidere chi vogliamo essere , un lupo, un leone , una gazzella, non hanno la possibilità di decidere chi vogliono essere , sono strettamente armonizzati sui binari di madre natura. è questo il senso no? poi l'ambiente e la storia che ci limita. Ma lo hai detto anche tu stesso che.. 

jacopus ha scritto;
L'uomo, in sostanza, attraverso la cultura ha creato "un mondo artificiale" sempre potenzialmente modificabile. Questa modificabilità è diventata anzi un tratto consueto, in qualche modo la modificabilità è nelle società umane un tratto permanente..
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: daniele22 il 02 Agosto 2025, 10:02:26 AM
Sembra finita l'estate.
In generale la mia opinione squalifica il pensiero che distingue naturale da artificiale. Ma più che altro trovo superficiale dire che ciò che è male per te può essere bene per qualcun altro. Non perché non sia vero, ma perché viene scarsamente ponderato il legame, chiamiamolo neurobiologico, col dolore e il piacere che ben tutti conosciamo sperimentandolo sulla nostra pelle ... forse l'unica conoscenza verace. E questo ridimensiona senz'altro la pretesa della scarsa oggettività dei concetti di bene e di male; quando cioè si ammetta che questi siano in qualche misura connessi all'atavica coppia dolore/piacere di natura neurobiologica. 
Per quanto brevemente detto, insomma, la verità del "ciò che è male per te magari non lo è per altri" sarebbe quasi tutta a carico della nostra mente, e la cultura è sicuramente un evento anche mentale. Verrebbe quasi da pensare che ci si trovi di fronte a una torre di Babele. In ogni caso mi sembra che l'etica, ai giorni nostri, resti per lo più direzionata da una miriade di leggi positive che ben poco concorrono a integrarsi con un comune senso di giustizia.
Aggiungo per inciso e oltre legge che non avrei mai immaginato che la comunità internazionale avrebbe permesso a Israele di fare quello che sta facendo. D'altra parte Netanyahu per giustificare la sua politica ha pure evocato la loro fede incrollabile (immagino in Dio).
Premesso quindi che ciascuno normalmente repelle il dolore fisico, e pure quello psichico, qualora si volesse perseguire l'idea di un'etica "più" universale, sarebbe secondo me d'obbligo chiedersi in primo luogo se quell'antica conoscenza succitata (ciò che si descrive quindi) debba o no essere fondativa (prescrittiva quindi) nel codice del comportamento umano. La domanda si pone giusto per schiarirsi le idee, giacché siamo ben consapevoli che quella domanda ne implica in risposta quantomeno un'altra, del tipo che cosa si intenda per dolore psichico (spesso appunto riconducibile a conflitti di natura culturale). Intendo cioè: non mi interessa discutere sulla definizione del dolore psichico se prima non mi è chiaro se la conoscenza del dolore/piacere fisico debba o no essere fondativa di un'etica ... giusto perché ho letto in questa discussione che più d'uno pensa che sia possibile scegliere (liberamente.. ah ah ah aaaah) una società diversa. Ho forti dubbi in proposito, tutto può accadere naturalmente, ma ci vorrebbe una tempesta perfetta
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Alberto Knox il 02 Agosto 2025, 17:27:29 PM
Citazione di: daniele22 il 02 Agosto 2025, 10:02:26 AMIntendo cioè: non mi interessa discutere sulla definizione del dolore psichico se prima non mi è chiaro se la conoscenza del dolore/piacere fisico debba o no essere fondativa di un'etica ...
è una domanda interessante in quanto noi non accettiamo che la nostra vita abbia in se la sofferenza, non lo accettiamo, non ci piace. Allora medicine contro quello , iniezioni contro quell altro, droga per nascondere la vita che è accanto a sofferenza. Cerchiamo il piacere, il divertimento, l eccesso come cura per la nostra sofferenza . Ma questi divertimenti , questi piaceri sono una guarigione? no, la guarigione è la ricostituzione dell equilibrio. La cura relazionale di cui ho parlato può forse ricostituire l equilibrio vitale. Solo a questa condizione possiamo forse indicarla come fondativa della vita umana. e indicarla come fondamento etico.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: daniele22 il 03 Agosto 2025, 17:23:49 PM
Citazione di: Alberto Knox il 02 Agosto 2025, 17:27:29 PMè una domanda interessante in quanto noi non accettiamo che la nostra vita abbia in se la sofferenza, non lo accettiamo, non ci piace. Allora medicine contro quello , iniezioni contro quell altro, droga per nascondere la vita che è accanto a sofferenza. Cerchiamo il piacere, il divertimento, l eccesso come cura per la nostra sofferenza . Ma questi divertimenti , questi piaceri sono una guarigione? no, la guarigione è la ricostituzione dell equilibrio. La cura relazionale di cui ho parlato può forse ricostituire l equilibrio vitale. Solo a questa condizione possiamo forse indicarla come fondativa della vita umana. e indicarla come fondamento etico.
La domanda può essere interessante quando vi sia data una risposta chiara, o una domanda di chiarimento.  Questo perché apre ad altre questioni ancora poco indagate, tipo quella linguistica accennata ad esempio da iano. 
Mi spiace Alberto, ma non mi interessa impelagarmi su di concetto, la "cura", per me ambiguo se non farraginoso. Non mi interessa più che altro perché ho fatto una domanda precisa. Saluti 
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Alberto Knox il 03 Agosto 2025, 22:02:15 PM
Citazione di: daniele22 il 03 Agosto 2025, 17:23:49 PMma non mi interessa impelagarmi su di concetto, la "cura",
sì, questo lo avevo capito da tempo.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Ipazia il 21 Agosto 2025, 10:22:40 AM
Citazione di: niko il 31 Luglio 2025, 13:00:04 PME' naturale, che quello che vale, sia decidere, che cosa, in generale valga. E implementare la decisione, e farla rispettare. La natura, comanda all'uomo, di creare l'artificio. L'uomo, creando l'artificio, non si emancipa dalla natura, ma vi precipita sempre piu'.

Accettare la realta', spesso e' piu' difficile, che cambiarla.
Concordo; così come con Phil sul rapporto dialettico tra descrizione e prescrizione, estendibile alle categorie natura/etica. Rapporto che decostruisce l'argomentata fallacia se stiracchiata a pretesa di artificio comportamentale "a prescindere dalla realtà naturale" fino ad antietiche come quelle visibili ora a Gaza, in rotta di collisione etica col femore guarito dell'ominide tanto tempo fa.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 21 Agosto 2025, 12:01:28 PM
Citazione di: Ipazia il 21 Agosto 2025, 10:22:40 AMConcordo; così come con Phil sul rapporto dialettico tra descrizione e prescrizione, estendibile alle categorie natura/etica.
:) Ciao Ipazia.
Concordo anch'io, ma con una precisazione, che per chi fa la descrizione il rapporto dialettico si riduce banalmente ad una identità con la prescrizione, almeno nella misura in cui non sia un invasato e capisce ciò che scrive.
Questo in teoria, perchè poi come da mia firma, c'è sempre un rapporto dialettico non banale fra ciò che siamo e ciò che crediamo di essere.
Comunque, nella misura in cui una descrizione è soggettiva, sono i soggetti altri a dovervi certamente entrare in un rapporto dialettico non banale.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Ipazia il 21 Agosto 2025, 12:14:04 PM
Citazione di: iano il 21 Agosto 2025, 12:01:28 PM:) Ciao Ipazia.
Concordo anch'io, ma con una precisazione, che per chi fa la descrizione il rapporto dialettico si riduce banalmente ad una identità con la prescrizione, almeno nella misura in cui non sia un invasato e capisce ciò che scrive.
Nella misura in cui una descrizione è soggettiva, sono i soggetti altri a dovervi entrare  in un rapporto dialettico non banale.

La non banalità dipende molto dal contenuto di conoscenza della "descrizione", ovvero dalla scienza che indaga i rischi per la vita umana di sostanze e processi tecnologici e sociali per addivenire a prescrizioni condivise, eticamente valide.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: fabriba il 21 Agosto 2025, 15:14:53 PM
ho una domanda sul dualismo natura/cultura:

se sempre più studi recenti confermano l'esistenza di forme di cultura nel regno animale (dai dialetti di vari uccelli e mammiferi, alle mode e usanze locali delle scimmie, a elementi di conoscenza tramandati) che 20 anni fa tendavamo a ignorare, è ancora il caso di distinguere tra natura e cultura? 

Mi viene da dire che l'influenza dell'oriente nel mondo scientifico si stia iniziando a far sentire e forse c'è un po' di yin nell yang, ovvero, la descrizione dualistica potrebbe essere sorpassata.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 21 Agosto 2025, 17:46:33 PM
Citazione di: fabriba il 21 Agosto 2025, 15:14:53 PMho una domanda sul dualismo natura/cultura:

se sempre più studi recenti confermano l'esistenza di forme di cultura nel regno animale (dai dialetti di vari uccelli e mammiferi, alle mode e usanze locali delle scimmie, a elementi di conoscenza tramandati) che 20 anni fa tendavamo a ignorare, è ancora il caso di distinguere tra natura e cultura?

Mi viene da dire che l'influenza dell'oriente nel mondo scientifico si stia iniziando a far sentire e forse c'è un po' di yin nell yang, ovvero, la descrizione dualistica potrebbe essere sorpassata.
Secondo me la descrizione resta dualistica, per sua natura, ma si può cambiare, cioè non siamo obbligati a distinguere fra naturale e culturale all'infinito, e/ o possiamo allargare o restringere il campo che con tale distinzione descriviamo.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Ipazia il 21 Agosto 2025, 18:20:10 PM
<@iano

aggiungerei che non essendoci uniformità tra descrizione e prescrizione quest'ultima può contraddire l'apparente "legge di natura" correggendo "culturalmente" i suoi esiti e modelli "naturali" su cui pasteggia la sociobiologia paradarwiniana.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: fabriba il 21 Agosto 2025, 18:35:21 PM
Citazione di: iano il 21 Agosto 2025, 17:46:33 PMSecondo me la descrizione resta dualistica, per sua natura, ma si può cambiare, cioè non siamo obbligati a distinguere fra naturale e culturale all'infinito, e/ o possiamo allargare o restringere il campo che con tale distinzione descriviamo.
Secondo te non ha senso considerare la cultura come un prodotto naturale "come gli altri" ?

Quando uno scimpanzè mette un filo d'erba nell'orecchio per moda (cosa che pare stia succedendo davvero, leggevo settimane fa), lo possiamo considerare un comportamento naturale?

Lo chiedo perché mi sembra ci sia ampio spazio di vederla diversamente, anche se chiaramente io sono tentato da rispondere si ad entrambe.

Mi sembra che se (se) si segue questa strada diventa impossibile tirare una riga netta per decidere dove inizia la cultura e finisce la natura
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Ipazia il 21 Agosto 2025, 18:46:38 PM
Citazione di: fabriba il 21 Agosto 2025, 18:35:21 PMMi sembra che se (se) si segue questa strada diventa impossibile tirare una riga netta per decidere dove inizia la cultura e finisce la natura
La riga netta la porrei tra dna(biologia)/ambiente naturale e cure parentali(apprendimento)/ambiente sociale. Evitando di ricondurre ogni comportamento animale, homo incluso, a "natura" tout court.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 21 Agosto 2025, 19:54:35 PM
Citazione di: fabriba il 21 Agosto 2025, 18:35:21 PMSecondo te non ha senso considerare la cultura come un prodotto naturale "come gli altri" ?
Ha il senso di tronare indietro su una distinzione arbitraria, quella fra natura e cultura.
Come fa notare Ipazia ci sono punti dove tirare una retta divisoria sembra venire da se, però ciò non toglie carattere di arbitrarietà all'operazione.
l'arbitrarietà a sua volta non toglie necessariamente utilità all'operazione, ma ogni cosa utile, svolta la sua funzione, si può mettere da parte.
Ogni distinzione che facciamo a fini descrittivi ha in se un valore etico, cioè contiene già in se le prescrizioni su come agire, perchè noi agiamo in base al quadro che ci facciamo della realtà, e il quadro lo facciamo tracciando distinzioni.
Quando crediamo alle distinzioni che facciamo, ciò sostiene il nostro fare, perchè del fare è nemico il dubbio.
Il problema nasce solo quando arriva il momento di cambiare quadro, perchè non è facile abiurare le proprie fedi.
Mi pare che tu ti trovi in questa fase: avendo creduto alla distinzione fra cultura e natura, inizi a dubitarne.
Più che essere d'accordo con te, dico che è successo pure a me.
I quadri sono cambiati passando dalla natura matrigna, alla natura benigna, al tutto è natura , e quindi nulla lo è, segno che questa distinzione ha fatto il suo tempo.
Le descrizioni della realtà le facciamo noi, e quindi cambiano insieme a noi.
Le distinzioni che facciamo descrivono la realtà, ma anche noi stessi, essendone parte.
La descrizione riguarda la realtà, ma il modo di descriverla riguarda noi.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Alberto Knox il 21 Agosto 2025, 22:01:37 PM
Citazione di: fabriba il 21 Agosto 2025, 18:35:21 PMSecondo te non ha senso considerare la cultura come un prodotto naturale "come gli altri" ?

Quando uno scimpanzè mette un filo d'erba nell'orecchio per moda
(cosa che pare stia succedendo davvero, leggevo settimane fa), lo possiamo considerare un comportamento naturale?

Lo chiedo perché mi sembra ci sia ampio spazio di vederla diversamente, anche se chiaramente io sono tentato da rispondere si ad entrambe.

Mi sembra che se (se) si segue questa strada diventa impossibile tirare una riga netta per decidere dove inizia la cultura e finisce la natura
Sì ma chi è che ha inserito un concetto puramento umano come la "moda" al comportamento dello scimpanzè ? noi. E siamo stati noi a dire che le orche fanno una cosa simile ad un funerale quando muore un membro della famiglia o che i delfini si passano il pesce palla come passarsi una canna. E così diciamo anche che gli elefanti vanno a trovare i propi defunti al cimitero ma non sempre quello che l uomo interpreta significa che è vero. Io non lo so se queste interpretazioni siano da considerarsi reali però se il loro comportamento nel tempo indica delle abitudini così particolari che si ripetono ed evolvono di generazione in generazione bisogna intenderli come comportamento sociale del tutto naturale(per quanto concerne un animale selvatico) e se il comportamento sociale naturale in homo ha portato a qualcosa come la "cultura" essa deve nascere da tale comportamento sociale naturale. Questo significa  che la cultura è un prodotto della natura , piu precisamente , della natura umana. Non vi è quindi alcuna riga netta da stabilire per il confine fra cultura e natura. A meno che si voglia dire che è il nostro sè a tenere il timone della nostra esistenza. Il che sarebbe del tutto illusorio visto che devi nascere con il bagaglio di pulsioni che la natura ti ha fornito, crescere, possibilmente riprodurti all età della giovinezza, invecchiare e poi morire secondo natura. Pensa a cosa succederebbe se tutti fossimo liberi di agire solamente spinti dalle nostre pulsioni . Allora per gestirle cosa si fa? si creano norme etiche e si giudicano azioni morali o immorali , tutto questo insieme all istruzione viene definito cultura. Ma questo non toglie che tu hai una soggettività che dice "io" e un altra soggettività che dice "natura".
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Ipazia il 22 Agosto 2025, 08:30:38 AM
Che cultura e istinto siano contenuti dello stesso prodotto evolutivo non impedisce di cogliere le differenze esistenti tra le due categorie fenomenologiche. Zanne e artigli sono prodotti naturali, arco e frecce sono cultura. Accoppiamento e parto sono fenomeni naturali, le diverse istituzioni familiari no. Marmo e granito sono prodotti naturali,  piramidi e Partenone no.
La relazione dialettica consiste nel fatto che la buona cultura sottostà con perizia e onestà alle leggi naturali, altrimenti  i ponti crollano, i veleni e le radiazioni uccidono.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Jacopus il 22 Agosto 2025, 09:22:13 AM
Se si tratta di ponti ancora riusciamo a tenere in piedi la connessione virtuosa fra natura e cultura ma già con i veleni rischiamo di complicarci la vita, visto che il veleno può essere un potente farmaco e viceversa. Ma la situazione si complica ancora di più quando, ad esempio, proviamo ad applicare questa connessione virtuosa in altre dimensioni come quella della diversità biologica tra i singoli individui che (è già accaduto) porta a giustificare le gerarchie, non solo individuali, ma persino sociali e nazionali.

E di fronte alle politiche migratorie la natura come può aiutarci? Rispetto al fine vita, all'aborto, al divorzio, al trattamento sanitario obbligatorio, ai diritti dei bambini e degli adolescenti, al sistema ereditario, alle politiche economiche, alla gestione del turismo. A mio parere siamo solo noi i responsabili di quanto agiamo e decidiamo socialmente. Altrimenti la natura rischia di essere una sorta di surrogato divino a cui ognuno fa dire quel che vuole (tipo l'omosessualità è innaturale, il che in natura non è vero - o che l'incesto è innaturale - altra realtà "naturalmente" piena di esempi morbosi, vedi alla voce "pesce pagliaccio").
E quindi? E quindi pur essendo ovviamente la cultura il frutto della natura (non può essere altrimenti visto che il cervello è un organo naturale), dai tempi di Lucy ad oggi (circa tre milioni di anni), gli ominidi si sono staccati dal giardino dell'Eden e fanno cose "innaturali". Sono riusciti a prendersi per il codino e volare come il barone di Munchausen. Tutto ciò implicherebbe una maggiore responsabilità dell'umano, ma questo è un discorso diverso, anche se collegato con la "fallacia naturalistica".
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 22 Agosto 2025, 09:50:08 AM
Citazione di: Ipazia il 22 Agosto 2025, 08:30:38 AMChe cultura e istinto siano contenuti dello stesso prodotto evolutivo non impedisce di cogliere le differenze esistenti tra le due categorie fenomenologiche. Zanne e artigli sono prodotti naturali, arco e frecce sono cultura. Accoppiamento e parto sono fenomeni naturali, le diverse istituzioni familiari no. Marmo e granito sono prodotti naturali,  piramidi e Partenone no.
La relazione dialettica consiste nel fatto che la buona cultura sottostà con perizia e onestà alle leggi naturali, altrimenti  i ponti crollano, i veleni e le radiazioni uccidono.
Se arco e frecce non sottostanno a zanne e artigli, allora la cultura non sottosta alla natura.
Ciò che distinguiamo sono modi diversi di fare la stessa cosa, ad esempio dotarsi di una difesa personale.
Fra diversi modi di fare è improprio dire che ci sia rapporto dialettico, a meno che non li si personalizzi, mettendo la natura al posto di Dio, e la cultura al posto dell'uomo.
Il rischio quindi è che, come fa notare Jacopus,  alla natura, come a Dio, gli facciamo dire quel che vogliamo.
D'altra parte il tuo post è l'esemplificazione di quanto possa essere utile distinguere fra natura e cultura, ma se di un utile distinzione si tratta la si può sempre rivedere, dovendo però vincere le resistenze di chi alla distinzione ha posto fede.

La distinzione può essere funzionale ad un contesto limitato, e giungerà certamente a contraddizioni una volta che impropriamente lo si allarghi, e quindi è proprio quando avremo l'esigenza di ampliare il contesto, o quando, a parità di contesto, inizieremo a sperimentarne i contro, passato l'entusiasmo per i pro, che dovremo ridefinirla.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Jacopus il 22 Agosto 2025, 10:33:09 AM
Assimilare natura e cultura comporta anche un altro problema di difficile soluzione. Se tutto ciò che è culturale è "naturale" (cioè ovvio, imprescindibile, necessitato, come quando si dice "fa parte della sua natura), allora si può giustificare la shoah, il genocidio dei palestinesi, i totalitarismi, il divieto della donna di andare in chiesa quando ha il ciclo mestruale, la sotto posizione alla decima, il taglio della mano verso i ladri e così via.
Insomma torniamo alla "notte delle vacche tutte nere", o come diceva frate Antonino da Scasazza "È uguaglio".
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Alberto Knox il 22 Agosto 2025, 11:01:57 AM
Citazione di: Jacopus il 22 Agosto 2025, 10:33:09 AMAssimilare natura e cultura comporta anche un altro problema di difficile soluzione. Se tutto ciò che è culturale è "naturale" (cioè ovvio, imprescindibile, necessitato, come quando si dice "fa parte della sua natura), allora si può giustificare la shoah, il genocidio dei palestinesi, i totalitarismi, il divieto della donna di andare in chiesa quando ha il ciclo mestruale, la sotto posizione alla decima, il taglio della mano verso i ladri e così via.
Insomma torniamo alla "notte delle vacche tutte nere", o come diceva frate Antonino da Scasazza "È uguaglio".
ma qui si ritorna al vecchio dramma umano. ciò che ci da la facoltà di erigere ponti e costruire astronavi è la stessa facoltà che ci rende capaci di costruire armi di sterminio. La stessa facoltà che ci pone al vertice della scala evolutiva è la stessa che ci pone al di sotto di tutte le altre scale evolutive. Dire che la cultura è un prodotto del comportamento sociale naturale umano poi non significa assimilarlo come per dire che sono la medesima cosa. Non era naturale che l'uomo potesse volare nello spazio.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Phil il 22 Agosto 2025, 15:34:34 PM
Spunto: c'è stato anche chi (Dewey, etc.) ha parlato di «naturalismo culturale», intendendo la cultura come sviluppo naturale per la specie umana, quindi risolvendo il dualismo tramite una "naturalizzazione" della cultura. Ciò smarca da dilemmi interpretativi anche l'analisi di comportamenti animali che sembrano essere un po' "culturali", al netto della differente complessità sociale rispetto all'uomo.
Ovviamente tale naturalismo culturale non incappa nella fallacia naturalistica, anzi sottolinea indirettamente l'importanza di non incapparci, nel momento in cui tale continuità non viene ingenuamente letta come fondamento teoretico dei differenti, e talvolta divergenti, consolidamenti culturali.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Jacopus il 22 Agosto 2025, 16:28:51 PM
Breve intermezzo mitologico per dire in modo diverso come la cultura nasca necessariamente dalla natura, per poi diventare un dominio autonomo dalla natura.
 
I centauri erano rozzi, violenti, vicini allo stato di natura hobbesiano, ma c'era Chirone, centauro saggio, primo curatore e maestro di Asclepio, divinità protettrice della medicina, ma anche guaritore di Achille. E il nome Chirone fa riferimento alla "mano" (Chiro). Per superare lo stato di natura, la mitologia suggerisce che non basta il solito cervello ma serve anche una mano abile per costruire manufatti, per curare, per guidare carri, accendere fuochi. E Chirone, colpito accidentalmente da una freccia avvelenata, dona la sua immortalità a Prometeo, l'inventore e il protettore della technè, che era diventato mortale come condanna per aver donato il fuoco ai mortali (ma verrà legato e condannato a vedere il suo fegato mangiato per sempre da un'aquila). Prometeo, il Dio dei manufatti e della trasformazione tecnica del mondo.

Cervello, mano prensile, occhi capaci di sguardo tridimensionale, laringe in grado di emettere suoni diversificati, organi in grado di sopravvivere per un numero sufficiente di anni per accumulare esperienza da trasmettere alle generazioni successive. Come già scritto, se visto in questo modo, la cultura umana non nasce con la scrittura, appena 5000 anni fa, ma 3 milioni di anni fa, con Lucy prima australopicina a reggersi su due arti. Ma il fatto che vi sia questo fondamento naturale nella cultura, non esime dal dire che "oggi" la cultura non è più "natura" e ciò ci chiama a un discorso di responsabilità, data dal fatto che possiamo scegliere che "cultura" intraprendere.

 Pensare invece alla cultura come (solo) natura, è ideologia al servizio del potere dominante  totalitario oppure ideologia al servizio di un futuro potere dominante totalitario. Sull'altro lato del dissidio vi è l'uomo artificiale di Hobbes, il Leviatano, che artificialmente (ovvero culturalmente) impone la sua volontà. In questo modo è come se fossimo fra "Scilla" della Natura come legittimazione del potere totalitario e "Cariddi" della Cultura come legittimazione dell'autonomia culturale da ogni fondamento e quindi "potenzialmente" anch'esso totalitario. Non era del resto Hobbes il paladino dell'Assolutismo?
Insomma, un bel dilemma.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Alberto Knox il 22 Agosto 2025, 16:55:03 PM
Citazione di: Jacopus il 22 Agosto 2025, 16:28:51 PMPensare invece alla cultura come (solo) natura, è ideologia al servizio del potere dominante  totalitario oppure ideologia al servizio di un futuro potere dominante totalitario. Sull'altro lato del dissidio vi è l'uomo artificiale di Hobbes, il Leviatano, che artificialmente (ovvero culturalmente) impone la sua volontà. In questo modo è come se fossimo fra "Scilla" della Natura come legittimazione del potere totalitario e "Cariddi" della Cultura come legittimazione dell'autonomia culturale da ogni fondamento.
Un bel dilemma.
E poi c'è un altro punto di vista del dissidio che non vede la natura (solo) come volontà di potenza e che quindi non giustifica la volontà di potenza della dittatura e dei regimi totalitari. Tutto sta a come si intende la natura immagino. La quale non è soltando estensione (res extensa) ma è anche pensiero (res cogitans). 
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: anthonyi il 22 Agosto 2025, 17:32:51 PM
Citazione di: Jacopus il 22 Agosto 2025, 10:33:09 AMAssimilare natura e cultura comporta anche un altro problema di difficile soluzione. Se tutto ciò che è culturale è "naturale" (cioè ovvio, imprescindibile, necessitato, come quando si dice "fa parte della sua natura), allora si può giustificare la shoah, il genocidio dei palestinesi, i totalitarismi, il divieto della donna di andare in chiesa quando ha il ciclo mestruale, la sotto posizione alla decima, il taglio della mano verso i ladri e così via.
Insomma torniamo alla "notte delle vacche tutte nere", o come diceva frate Antonino da Scasazza "È uguaglio".
E' la convenzione giusnaturalistica che ti fa fare questo ragionamento, jacopus, in realtà non sta scritto da nessuna parte che ciò che é naturale, sia morale.
Affermare che certi comportamenti siano l'evoluzione di archetipi già presenti naturalmente nella nostra testa non vuol dire giustificarli ma spiegarli. 
Consideriamo ad esempio il raptus omicida, nel quale la gran parte delle energie mentali dell'individuo sono canalizzate verso un obiettivo e vengono annichilite le altre funzioni mentali. Il raptus rappresenta certamente una struttura comportamentale che si é evoluta naturalmente per favorire la sopravvivenza in condizioni difficili di aggressione fisica, questo lo spiega come comportamento, ma certamente non ne giustifica le conseguenze. 
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: anthonyi il 22 Agosto 2025, 17:53:35 PM
Citazione di: Alberto Knox il 22 Agosto 2025, 16:55:03 PME poi c'è un altro punto di vista del dissidio che non vede la natura (solo) come volontà di potenza e che quindi non giustifica la volontà di potenza della dittatura e dei regimi totalitari. Tutto sta a come si intende la natura immagino. La quale non è soltando estensione (res extensa) ma è anche pensiero (res cogitans).
Perché la volontà di potenza non dovrebbe essere il risultato di processi evolutivi naturali?
In molti animali sociali si evidenziano situazioni gerarchiche, i concetti di maschio alfa o di capobranco sono stati usati per spiegarle. E gli animali competono, esattamente come gli uomini, per acquisire il potere sui loro simili.
La gerarchia crea organizzazione e rende più funzionale la comunità, per questo la natura la utilizza.
Nell'uomo assistiamo certamente ad un aumento dimensionale, e anche a un cambiamento qualitativo.
Tale cambiamento é però legato fondamentalmente alle costruzioni simboliche, fondamentale ed esclusivo carattere dell'essere umano.
E qui avrei un appunto per jacopus. La cultura é determinata dalle costruzioni simboliche, esse sono il vero momento di passaggio per la specie umana, quello che c'era prima, Lucy compresa, é solo biologia. 
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Ipazia il 22 Agosto 2025, 19:02:59 PM
Uno dei primi padri nobili della logica si accorse ben presto che gran parte delle fallacie sono connesse al concetto di causalità e decise pertanto di occuparsene. Le causalità aristoteliche aiutano a comprendere la parte che ciascuna componente apporta ad un prodotto. La natura non va oltre la causa materiale dei fenomeni culturali mentre vi rientrano causa efficiente,  formale e finale. Apporti antropologici o comunque guidati da intenzionalità,  fattore che solo una dubbia metafisica può attribuire alla natura.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 22 Agosto 2025, 22:16:52 PM
Citazione di: Phil il 22 Agosto 2025, 15:34:34 PMSpunto: c'è stato anche chi (Dewey, etc.) ha parlato di «naturalismo culturale», intendendo la cultura come sviluppo naturale per la specie umana, quindi risolvendo il dualismo tramite una "naturalizzazione" della cultura. Ciò smarca da dilemmi interpretativi anche l'analisi di comportamenti animali che sembrano essere un po' "culturali", al netto della differente complessità sociale rispetto all'uomo.
Ovviamente tale naturalismo culturale non incappa nella fallacia naturalistica, anzi sottolinea indirettamente l'importanza di non incapparci, nel momento in cui tale continuità non viene ingenuamente letta come fondamento teoretico dei differenti, e talvolta divergenti, consolidamenti culturali.
Una soluzione speculare è ''il culturalismo naturale'', per il quale, per ignoranza, mi autocito come autore.
In un caso tutto è natura, nell'altro tutto è cultura, e in entrambi i casi la distinzione fra natura e cultura  sembra cadere.
In un caso allora dovremo giustificare come abbiamo fatto a scambiare la natura per cultura, e nell'altro come potremmo scambiare la cultura per natura.
Il primo caso lo giustifico con la solita lode che l'uomo si fa da solo.
Il secondo mi sembra più interessante, e lo giustifico col fatto che abbiamo scambiato la ''realtà come ci appare'' (fatto culturale) con la realtà, cioè con la natura.
Il problema comunque non sta tanto nel fatto che l'apparenza della realtà non è la realtà, ma se non lo è in modo univoco.
Se lo fosse in modo univoco infatti potremmo far risalire le prescrizioni all'unica descrizione possibile con poco margine di errore, per cui il giusnaturalismo sarebbe ben fondato.
Ma nel momento in cui la scienza propone descrizioni alternative, non meno valide, non possiamo più contare su una descrizione univoca della realtà, per cui il margine di errore con cui traiamo l'etica da una descrizione non è più trascurabile, perchè l'uomo, come autore delle descrizioni, interviene con più ampio margine discrezionale.
Si potrebbe obiettare che l'uomo non è l'autore della descrizione ''realtà come ci appare'', ed è vero.
L'autore è la stessa natura.
E le descrizioni scientifiche invece chi le fa?
Sempre la natura, se è vero che noi ne siamo parte.
Se invece vogliamo ritagliarci un diverso ruolo, come quello di un dio a parte, che aleggia sopra la natura, allora è tutta un altra storia, oltretutto ormai trita e ritrita.

L'autore della descrizione è la natura, che però si presenta sempre con un racconto nuovo.
Così la natura produce cultura.
Noi non abbiamo accesso diretto alla natura, ma solo alla cultura che produce, per cui di ciò di cui possiamo parlare, possiamo ben dire esser tutto cultura.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Ipazia il 22 Agosto 2025, 22:42:28 PM
La descrizione scientifica non si limita a ciò che appare ma ricerca le cause (efficienti) di ciò che appare, cioè il processo che sottende il fenomeno. Se questa ricerca ha successo, acquisiamo un fondamento naturale da utilizzare nella fase applicativa, inclusi i risvolti etici prescrittivi e culturali (scienza).
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 22 Agosto 2025, 23:02:34 PM
Citazione di: Ipazia il 22 Agosto 2025, 22:42:28 PMLa descrizione scientifica non si limita a ciò che appare ma ricerca le cause (efficienti) di ciò che appare, cioè il processo che sottende il fenomeno. Se questa ricerca ha successo, acquisiamo un fondamento naturale da utilizzare nella fase applicativa, inclusi i risvolti etici prescrittivi e culturali (scienza).
Considerando come sia ben congegnata ''la natura come ci appare'' mi è difficile credere che non derivi da cause efficienti, in analogia con la ricerca scientifica.
Perchè il fatto che non ci appaiano non vuol dire che non ci siano, e d'altronde come potrebbero apparirci, essendo l'autore la natura, di cui noi siamo solo minima parte in causa?
Nella realtà come ce la fa apparire la scienza, noi invece abbiamo la gran parte, tanto da potersi dire che siamo noi, da soli, a condurre il gioco naturale del produrre apparenze, cioè di far cultura, ma non perciò si potrà dire che tali prodotti non siano naturali, perchè noi lo siamo e sempre lo saremo, anche quando agiamo in esclusiva per conto della natura.
Come vogliamo caratterizzare questa esclusiva naturale?
Vogliamo chiamarla  artificialità?
Perchè no?
Possiamo chiamarla come ci pare.
Però la fallacia sta nel contrapporre, questa esclusiva naturale  alla natura.
Noi agiamo su incarico della natura.
Non tradiamo la fiducia che ci ha dato.

Lo so che in tal modo sto dando a Dio nome natura, come ha fatto notare Jacopus, ma ormai tanto l'ho capito che di Dio, non è cambiandogli nome che ce ne liberiamo, e siccome un nome non ce l'ha ( se Dio è innominabile ''Dio'' è nessun nome) , allora mi prendo la libertà di chiamarlo come mi pare (perchè non avere un nome e possederli tutti è la stessa cosa) secondo il caso che voglio narrare.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Alberto Knox il 23 Agosto 2025, 11:45:43 AM
Citazione di: anthonyi il 22 Agosto 2025, 17:53:35 PMPerché la volontà di potenza non dovrebbe essere il risultato di processi evolutivi naturali?
Ma io non l ho negato, è evidente la competizione per la sopravvivenza in natura. Dico che la natura non si riduce affatto a competizione. Dire che è la competizione il tratto distintivo della natura la considero una conclusione affrettata.  Che dire dei rituali d'amore, la cure parentali, del gioco, nel comportamento degli animali riscontriamo chiarissime manifestazioni di gioia. Ci sono poi alcune pulsioni naturali che sono iscritte nella mente degli animali e dell essere umano e sono l'aggressività per la difesa della prole e l'impulso sessuale. La natura prevede l'individuo come un facente funzioni per la propia economia che attraverso la riproduzione garantisce continuità alla natura stessa.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Alberto Knox il 23 Agosto 2025, 12:29:31 PM
Chi studia la vita e la sua evoluzione su questo pianeta si sarà imbattuto di certo a quello che vengono chiamati "principi regolatori della vita" il primo di questi principi sono gli impollinatori. Avrete notato la crescente preoccupazione e le inziative volte a salvaguardare le api, non è una questione da poco. Solo dalle api dipende il 75% delle coltivazioni commestibili. Se domani mattina si estinguessero le api in meno di 50 anni andremmo in contro al sesto evento di estinzione di massa. Il secondo principio sono le foreste  da cui dipende il 27% dell ossigeno che respiriamo. Il terzo principio è il fitoplanton  da cui dipende quasi il 70% dell ossigeno che respiriamo.Questi tre principi regolatori  si basano sull interconnessione e l'interdipendenza , quindi i principi che regolano la vita su questo pianeta non sono principi di competizione, fondamentalmente sono principi di collaborazione , principi di intereconnessione interdipendenti.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Ipazia il 23 Agosto 2025, 15:24:31 PM
La causa materiale dell'artificio è,  tanto la materia grigia operativa che la materia studiata, indubbiamente naturale, ma la causa efficiente, formale e finale rientra totalmente  nell'artificio che costituisce cultura. La natura ha grande capacità creativa ma la attua soltanto mutando casualmente il dna e scatenando ingenti quantità di energia negli astri che la compongono. Nulla di affine alla creatività neuromediata dei suoi prodotti evolutivi per i quali soltanto si può usare il concetto di "cultura", senza nulla togliere, ma anzi indagando e valorizzando le risorse naturali e le leggi che le animano.

P.S. con tutta la riconoscente simpatia per le api, lo stuolo di impollinatori è molto più esteso della loro specie.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 23 Agosto 2025, 21:03:05 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Agosto 2025, 15:24:31 PMNulla di affine alla creatività neuromediata dei suoi prodotti evolutivi per i quali soltanto si può usare il concetto di "cultura",
Se vogliamo raccontare la cultura come  salto, mi sembra più onesta una storia che chiami in causa la creazione, piuttosto che il caso.
 
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Ipazia il 23 Agosto 2025, 22:18:07 PM
Citazione di: iano il 23 Agosto 2025, 21:03:05 PMSe vogliamo raccontare la cultura come  salto, mi sembra più onesta una storia che chiami in causa la creazione, piuttosto che il caso.
 
Più che il caso ciò che muove i neuroni animali rendendoli creativi è la necessità. Imposta dalla natura. Una volta superato l'ostacolo c'è spazio pure per una creatività ludico sociale con cultura tramandata annessa. Nessun creazionismo trascendente richiesto.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 24 Agosto 2025, 06:55:12 AM
Citazione di: Ipazia il 23 Agosto 2025, 22:18:07 PMPiù che il caso ciò che muove i neuroni animali rendendoli creativi è la necessità. Imposta dalla natura. Una volta superato l'ostacolo c'è spazio pure per una creatività ludico sociale con cultura tramandata annessa. Nessun creazionismo trascendente richiesto.
Aggiungiamo pure la necessità al racconto,
ma la questione per me resta molto semplice.
Se noi viviamo dentro ai racconti della realtà, cioè se viviamo indirettamente la realtà attraverso le sue descrizioni, perchè altro modo non è possibile, e se diverse descrizioni sono possibili, allora ogni descrizione è prescrizione.
Se le cose stanno così tutto si spiega in modo più semplice, e questo per me è motivo sufficiente per adottare questa visione.

Per quanto riguarda la trascendenza, se la rifiuti, essa cambia forma, ma te la ritrovi sempre fra i piedi, una diversa trascendenza per ogni diverso racconto.
Finché non la vedi puoi dire che non ci sia.
Oppure puoi provare a guardare meglio.
A volte è solo l'abitudine a farci vedere le cose come normali, e guardare meglio significa provare ad uscirne fuori.
Il determinismo non mi pare meno strano del caso , della natura, etc... e tutte queste cose a ben guardare non mi sembrano meno strane di Dio.

Il mondo in cui viviamo, non la realtà, ha sostanza etica.
E' il nostro agire che determina il modo in cui agiamo.
Sono le nostre azioni a divenire prescrizione per il nostro agire.

In effetti è l'intero  mondo/modo in cui viviamo, nella misura in cui non è l'unico possibile, a trascendere la realtà.
 
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Ipazia il 24 Agosto 2025, 09:03:08 AM
Il mondo/modo in cui viviamo sottintende la sua antropizzazione, ma si può fare ricerca anche senza trascendenti narrazioni antropiche. Limitandosi al trascendentale (natura per noi) kantiano della descrizione e a condivise ragionevoli prescrizioni.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 24 Agosto 2025, 11:04:48 AM
Citazione di: Ipazia il 24 Agosto 2025, 09:03:08 AMIl mondo/modo in cui viviamo sottintende la sua antropizzazione, ma si può fare ricerca anche senza trascendenti narrazioni antropiche. Limitandosi al trascendentale (natura per noi) kantiano della descrizione e a condivise ragionevoli prescrizioni.
Nella misura in cui ci appare antropica la narrazione è da rivedere, sono d'accordo.
In ogni caso siccome la ricerca, e conseguente narrazione, le facciamo noi, restano antropiche per definizione.
Questo significa che possiamo, e dobbiamo rivederle, quando cambiando, diventiamo altro da noi, perchè possiamo osservare solo ciò che eravamo essendo che l'osservatore non si può osservare mentre osserva.
Quando diciamo, con cognizione di causa, io sono, quella cosa più non siamo.
Quando invece diciamo, noi siamo, è in atto una condivisione, e una conseguente conformità nell'agire che possiamo solo illuderci di ottenere con pari efficacia attraverso la ragione. Se questa conformità non appare è perchè udiamo solo ciò che spicca dal rumore di fondo. Quando invece viene cercata attraverso la ragione essa appare con tutte le sue problematiche.
In tal senso l'etica è naturale, mentre quando la definiamo la tradiamo, attraverso appunto l'artifizio della definizione, perchè nulla coincide mai con la sua definizione.
Questo però non è un processo non virtuoso, ma solo un diverso modo di rapportarsi con la realtà che diciamo scienza.
Facciamo scienza se ci conformiamo al metodo, ma dobbiamo accettare che questo tipo di condivisione possa essere più problematica, considerando che i pro comunque non sembrano mancare.
Tutto ciò che cade sotto il nostro controllo cosciente perde in efficienza, perchè il controllo ha un costo.
Però noi dobbiamo valutare solo il rapporto costo benefici, e non l'efficienza in se.


Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: iano il 24 Agosto 2025, 11:43:43 AM
Il nostro grosso problema quindi è che la scienza sta diventando disumana, non perchè ci affidiamo sempre più alle macchine, cosa che abbiamo sempre fatto, ma perchè è ciò che ''naturalmente'' condividiamo a farci umani, e questa condivisione attraverso la scienza è problematica.
Questo è dunque il vero problema da affrontare.
Una soluzione può essere rifiutare la scienza, e di questo rifiuto oggi siamo testimoni come non mai, ma significherebbe buttare via il bambino con l'acqua sporca.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Ipazia il 24 Agosto 2025, 14:33:41 PM
La condivisione attraverso la scienza è problematica se diventa $cienza,  come avvenuto alla grande in covidemia. La pietra d'inciampo si supera con l'onestà materiale e intellettuale del libero confronto scientifico alla luce di un metodo che si è affinato osservando la realtà è confrontando senza intromissioni autoritarie le ipotesi che emergono dall'osservazione. Il metodo scientifico è tale se garantisce a tutti i ricercatori pari condizioni nella ricerca e nella disputa.Secoli di inquisizione politico/religiosa/lobbistica ce l'hanno insegnato.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: sapa il 24 Agosto 2025, 16:39:54 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Agosto 2025, 15:24:31 PMLa causa materiale dell'artificio è,  tanto la materia grigia operativa che la materia studiata, indubbiamente naturale, ma la causa efficiente, formale e finale rientra totalmente  nell'artificio che costituisce cultura. La natura ha grande capacità creativa ma la attua soltanto mutando casualmente il dna e scatenando ingenti quantità di energia negli astri che la compongono. Nulla di affine alla creatività neuromediata dei suoi prodotti evolutivi per i quali soltanto si può usare il concetto di "cultura", senza nulla togliere, ma anzi indagando e valorizzando le risorse naturali e le leggi che le animano.

P.S. con tutta la riconoscente simpatia per le api, lo stuolo di impollinatori è molto più esteso della loro specie.
Però, che dire degli artifici animali, cioè di quegli atti che molte specie mettono in pratica e che presuppongono un' intenzione e una tecnica applicativa? Un uccello che costruisce il nido non applica forse una forma di educazione, che gli è stata trasmessa e che, quindi, potrebbe definirsi cultura? Le formiche che allevano con sapienza gli afidi e le cocciniglie, difendendo e nascondendo i loro nidi, trasportandone gli individui a loro comodo, non hanno in quella zucca piccola come la capocchia di uno spillo una forma di cultura? O è tutto istinto naturale, evoluzione e basta? Forse si può parlare anche di una cultura delle formiche.

PS: gli Apoidei, intesi come grande famiglia comprendente numerose specie oltre Apis mellifera, sono effettivamente responsabili dei numeri citati da Alberto Knox. E' per questo che suggerisco sempre di piantare piante che fioriscono e piacciono ai pronubi nei propri giardini e nei parchi, possibilmente con fioriture scalari, per dare pasture per la gran parte dell'anno.
Titolo: Re: Fallacia naturalistica
Inserito da: Ipazia il 24 Agosto 2025, 22:56:18 PM
Infatti ho parlato sempre di neuroni animali relazionati alla cultura, non solo di quelli umani. Il fattore determinante per emergenze culturali è la natura sociale di una specie,  non esclusivo della specie umana. Le cure parentali sono il primo stadio di apprendimento "culturale" per il cucciolo, al di là di fattori esclusivamente biologici (naturali) come dna e istinto.