Sono un uomo di 37 anni, laureato in filosofia e dottore di ricerca nella stessa materia, parlo fluentemente 3 lingue. Ho sempre avuto mille interessi (lettura, comunicazione, giornalismo, lingue); interessi che mi hanno portato a fare innumerevoli esperienze, tutte molto stimolanti e formative, ma poco o per nulla remunerative.
Fino ad una certa età, con tanti sogni nel cassetto, si pensa più ad accumulare esperienze. Poi però arriva il momento in cui ci si rende conto di non avere nulla in mano. In sostanza non riesco a trovare lavoro, di nessun tipo.
Non riesco a capire che cosa ci sia di sbagliato in me o nel mio curriculum. I datori di lavoro sembrano quasi spaventati dalla mia formazione universitaria (filosofia è una disciplina pericolosa?). A volte mi sento dire che il mio CV è troppo ricco, a volte che manca sempre qualcosa.
Sono stato anche all'estero, ma - a dispetto di quanto molti sostengono - non è affatto facile: si cercano soprattutto persone con conoscenze nel campo dell IT, dell'informatica, dell'accounting, dell'ingegneria e cose del genere.
Ho provato in settori quali il marketing, la comunicazione, il copywriting, l'editoria; settori più affini alle mia capacità ed ai miei studi...il risultato è stato ed è zero!
La cosa che mi fa sorridere è che c'è gente che mi invidia, vorrebbe avere i titoli accademici e le esperienze che ho io. Eppure mi sento un fallito. A volte mi ritrovo ad invidiare i pasticceri, i cuochi, i panettieri che trovano un lavoro facilmente, in Italia e all'estero.
Mi sento in colpa per aver fatto determinate scelte formative: se invece di perdere anni sui libri di filosofia avessi imparato un mestiere o studiato altro, forse ora sarebbe tutto più facile.
Non colpevolizzo la filosofia in quanto tale, è stata ed è la mia passione, però prendo atto che la filosofia e il mondo del lavoro sono agli antipodi.
"Ma vi è ben di più che non la sola ripresa del concetto tradizionale di scienza.
"O la cosa è scienza o non è nulla", dicevo.
Un uomo atterrito dal nichilismo e dal relativismo non può accontentarsi di un sapere
dubbio o tutt'al più probabile. Ecco allora che tutto diviene "scienza" (tradizionalmente
intesa, ovviamente), perchè solo la scienza dà certezze...".
Scusami se mi auto-cito (la discussione è "Scienza e scientismo"), ma è precisamente per questo motivo
che non trovi lavoro (la cosa mi addolora: hai tutta la mia solidarietà).
La società moderna vuole solo e soltanto un sapere tecno-scientifico.
saluti
Sono amaramente d' accordo con quasi tutto ciò che scrive DeepIce (non sul fatto che il marketing sarebbe minimamente "affine alle capacità ed agli studi di un laureto in filosofia"; e men che meno di un filosofo, malgrado la vecchia storiella di Talete che mentre guardava per aria sarebbe caduto nel pozzo divenendo oggetto della derisione delle donnette del paese, che avrebbe poi stupito arricchendosi smodatamente con l' acquisto di tutti i frantoi del paese stesso, avendo capito dallo studio delle stelle che quell' anno ci sarebbe stato un raccolto di olive eccezionale: aneddoto che mi sembra di ispirazione alquanto "scientista", pur risalendo a circa venticinque secoli fa: altro che le straordinarie scoperte che sarebbero state fatte in proposito da Severino!).
Viviamo in tempi grami, nei quali la cultura é disprezzata e vilipesa.
Mi rendo conto che, da medico in pensione (ho avuto la fortuna di vivere la mia gioventù ai tempi del da me mai abbastanza rimpianto muretto di Berlino) la mia comprensione e solidarietà (purtroppo solo "virtuale") possono fare un effetto sgradevole, ma non posso fare altro che incitare -e augurare- a DeepIce: tieni duro!
Anche se certamente la comprensione e la stima delle persone variamente colte e comunque dotate di profonda umanità non si mangia.
Salve. Per DeepIce. I nostri tempi, a parer mio, vedono una trasformazione del potere basata sulla migrazione del sapere.
Mentre un tempo il potere era acquisito per trasmissione ereditaria e mantenuto dalla forza delle armi, Oggi i mezzi per la conquista ed il mantenimento del potere sono cambiati, trasformandosi nel consenso (non importa quanto estorto) da una parte e nel patrimonio tecnocratico ed economico dall'altro.
Quindi i collaboratori più apprezzati sono diventati i comunicatori e gli specialisti.
Una formazione come la tua dovrebbe/potrebbe secondo me trovare uno sbocco appunto in ambito comunicativo.
A questo punto però la tua efficacia in campo comunicativo dovrebbe venir valorizzata da una certa caratteristica personale che non so se possiedi : la tendenza all'estroversione. Gli introversi possono essere ottimi comunicatori ma in genere risultano penalizzati da un eccesso di cerebralità e da una certa difficoltà di suscitare ampie empatie di carattere immediato, anche se superficiali.
D'altra parte e purtroppo io stesso, dovendo valutare un candidato che abbia a suo tempo scelto studi come i tuoi, sarei animato dal pregiudizio di aver di fronte una persona animata da un temperamento non incline ad una grande "aggressività" motivazionale.
Insomma......penserei di avere di fronte un affidabilissimo idealista più che un efficiente ed ambizioso materialista.
Oggi il problema, nel mondo lavorativo, non è più il conoscere (per quello appunto ci sono gli specialisti ed il sapere telematico), bensì la manipolazione, la strumentalizzazione e la speculazione basate sul sapere.
Purtroppo qui dal Forum possiamo solo offrire solidarietà. Auguri d'incipienti fortune !
Sono viceversa convinto che il mondo del lavoro abbia un gran bisogno di filosofia.
Vi è infatti una diffusa necessità di miglioramento e ottimizzazione delle attività lavorative. Sia come chiarimento e semplificazione dei processi lavorativi, sia nel miglior utilizzo delle risorse umane.
È necessario cioè un pensiero analitico che sappia cogliere l'essenza delle operazioni per poterle migliorare.
Un pensiero libero dai condizionamenti dell'abitudine e del buon senso comune.
E non è forse proprio questo ciò che caratterizza il pensiero filosofico?
Tuttavia pensiero, non erudizione. Perché la storia della filosofia al mondo del lavoro non interessa per niente.
Ciò che interessa è invece la forma che una mente può acquisire se forgiata dalla filosofia.
Per forgiarsi, non è però sufficiente conoscere il grandi del passato. Occorre, diciamo così, metterli invece un po' da parte.
E buttarsi nel mondo, anche in lavori magari non particolarmente appaganti.
Nell'affrontarli praticamente potrà allora forse emergere ciò che si aveva appreso, e questo farà la differenza.
@DeepIcePosso ben intuire l'umore della tua situazione, perciò mi permetto di suggerirti di usare la filosofia, oltre che per trovare lavoro, un po' anche su te stesso; se posso prendermi la libertà di darti qualche indizio:
Citazione di: DeepIce il 07 Settembre 2018, 18:37:56 PM
In sostanza non riesco a trovare lavoro, di nessun tipo.
Non riesco a capire che cosa ci sia di sbagliato in me o nel mio curriculum.
Il non trovare lavoro implica davvero che tu o il tuo cv siate "sbagliati"? Nell'incontro domanda/offerta di lavoro, ciascuno dei due è "giusto" o "sbagliato" per l'altro; come ben sai, non dipende da te più di quanto non dipenda dai posti disponibili (e da altre contingenze situazionali).
Citazione di: DeepIce il 07 Settembre 2018, 18:37:56 PM
Sono stato anche all'estero, ma - a dispetto di quanto molti sostengono - non è affatto facile: si cercano soprattutto persone con conoscenze nel campo dell IT, dell'informatica, dell'accounting, dell'ingegneria e cose del genere.
Ho provato in settori quali il marketing, la comunicazione, il copywriting, l'editoria; settori più affini alle mia capacità ed ai miei studi...il risultato è stato ed è zero!
Per quel che vale la mia opinione, ti fa onore l'aver tentato in altri paesi e in altri settori in cui (magari sbaglio), non avendo i titoli e/o l'esperienza richiesta, le possibilità erano effettivamente scarse... o magari ti sei solo trovato al posto giusto al momento sbagliato.
Citazione di: DeepIce il 07 Settembre 2018, 18:37:56 PM
Eppure mi sento un fallito. A volte mi ritrovo ad invidiare i pasticceri, i cuochi, i panettieri che trovano un lavoro facilmente, in Italia e all'estero.
Se l'assenza di lavoro ti fa sentire un "fallito" e invidi persone che sembrano trovare lavoro facilmente, hai già in mano qualcosa su cui lavorare filosoficamente (in attesa del lavoro), per indagare il senso che dai alla tua vita, plausibilmente con strumenti teoretici che non tutti i cuochi e i panettieri possiedono (senza con ciò voler prescindere dal "
primum vivere deinde philosophari").
Citazione di: DeepIce il 07 Settembre 2018, 18:37:56 PM
Mi sento in colpa per aver fatto determinate scelte formative: se invece di perdere anni sui libri di filosofia avessi imparato un mestiere o studiato altro, forse ora sarebbe tutto più facile.
Eppure, potrebbe dirlo qualunque laureato disoccupato, no? "Se non avessi studiato ingegneria/chimica/arte/lingue/x, ma avessi imparato a fare il cuoco, ora lavorerei in una pizzeria in Germania!" così come, tuttavia, il cuoco disoccupato (si, esistono anche loro) può dire il contrario...
Citazione di: DeepIce il 07 Settembre 2018, 18:37:56 PM
Non colpevolizzo la filosofia in quanto tale, è stata ed è la mia passione, però prendo atto che la filosofia e il mondo del lavoro sono agli antipodi.
La laurea in filosofia dà sbocchi lavorativi ben precisi (comunque, non più di tante altre discipline specialistiche), principalmente nel girone dantesco dell'istruzione (salvo aggiungere altri master post-laurea, dal costo certo ma dall'utilità incerta) e almeno, come dice una vecchia storiella, è la disciplina più economica da continuare a praticare anche in tempi di ristrettezze monetarie: basta una matita e un foglio (o una tastiera e un forum) e se anche questi mancano... basta avere una testa.
DeepIce, dipende...............
Alcuni proprietari di aziende e amministratori delegati di aziende private , hanno studi filosofici.
Dipende se oltre alla filosofia hai una specializzazione oppure esperienze lavorative.
La mia personale esperienza lavorativa mi insegna che sopra la supply chain c'è creatività, sotto c'è l'operation con specializzazioni ingegneristiche. Sopra c'è la strategia industriale, la mente, sotto c'è la logistica, le gambe.
Quando le aziende cercano ruoli mancanti all'interno delle aziende, vedono l'habitus mentale.
Sei pericoloso sotto la supply chain, perchè lì ci vogliono controller gestionali, ingegnerizzazioni dei costi,
A meno che fai il capo del personale ,ma dipende dalla tipologia industriale.
C'è una sorta di fordismo nell'azienda, essendo gerarco funzionale, per quanto decantino il contrario, l'ingranaggio
pretende fare efficientemente ed efficacemente "quel" ruolo determinato e assecondare il capo.
Non mi di lungo quì sulla filosofia di un'azienda, ma dipende davvero se è innovativa come una start-up, oppure
se è tradizionalista.
Il filosofo, e lo sanno benissimo, ha una mente più aperta di un ingegnere.L'ingegnere va bene in un limitato campo di azione specialistico,difficilmente è un creativo.
Marchionne aveva una laurea in filosofia e prendeva per i fondelli gli ingegneri.
...non desistere......
Lo stereotipo del filosofo dalla mente aperta, che pensa "out of the box", che innova con il suo pensare "laterale", si scontra di fatto con la realtà dei laureati in filosofia (ma non mi riferisco assolutamente a DeepIce!), spesso molto meno creativi e visionari di un ingegnere, confinati mentalmente nella prospettiva "monistica" del loro idolo (Abelardo, Nietzsche, Marx o Russell, non fa differenza) e che hanno studiato filosofia come se fosse letteratura o archeologia (ovviamente senza offesa per chi le studia, richiedono solo un'attitudine differente) . Certo, non tutti sono così, ma... preferisco non sbilanciarmi nell'azzardare una proporzione.
Anche il falso mito del laureato in filosofia che lavora nella "selezione del personale" forse andrebbe rivisto: se non erro, solo con quella laurea, oggi, quel ruolo è precluso ai filosofi; se prendono un master specifico, hanno qualche chance, ma in tal caso essere laureati in filosofia non è un vantaggio maggiore dell'essere laureati in psicologia, sociologia o altre discipline affini.
Marchionne era laureato in filosofia, tuttavia ricordiamoci che dopo quella laurea ne prese una in giurisprudenza e poi fece un master in business administration... altrimenti forse non avrebbe mai nemmeno incontrato quegli ingegneri "da prendere per i fondelli".
Citazione di: viator il 07 Settembre 2018, 22:12:37 PMUna formazione come la tua dovrebbe/potrebbe secondo me trovare uno sbocco appunto in ambito comunicativo.
A questo punto però la tua efficacia in campo comunicativo dovrebbe venir valorizzata da una certa caratteristica personale che non so se possiedi : la tendenza all'estroversione. Gli introversi possono essere ottimi comunicatori ma in genere risultano penalizzati da un eccesso di cerebralità e da una certa difficoltà di suscitare ampie empatie di carattere immediato, anche se superficiali.
D'altra parte e purtroppo io stesso, dovendo valutare un candidato che abbia a suo tempo scelto studi come i tuoi, sarei animato dal pregiudizio di aver di fronte una persona animata da un temperamento non incline ad una grande "aggressività" motivazionale.
Insomma......penserei di avere di fronte un affidabilissimo idealista più che un efficiente ed ambizioso materialista.
Oggi il problema, nel mondo lavorativo, non è più il conoscere (per quello appunto ci sono gli specialisti ed il sapere telematico), bensì la manipolazione, la strumentalizzazione e la speculazione basate sul sapere.
Purtroppo qui dal Forum possiamo solo offrire solidarietà. Auguri d'incipienti fortune !
Ciao, grazie per gli Auguri.
In realtà sono estroverso al punto giusto. Certamente non mi ritengo un clown, una persona che deve per forza stare al centro dell'attenzione. Ho anche avuto esperienze in TV locali, dirette televisive e cose del genere, certamente non mi ritengo un introverso radicale.
Secondo me cogli un punto reale del problema: c'è molto preconcetto verso la filosofia (e chi la studia) da parte di chi non sa nemmeno cosa sia. Si tende infatti a pensare che il filosofo viva in un mondo a parte, oppure sulle nuvole. Detto altrimenti, si pensa che il filosofo non sia in grado di essere pratico, di incidere sulla realtà di oggi. In un clima di pragmatismo imperante come quello odierno è facile quindi capire perché i filosofi non trovano spazio.
Citazione di: Phil il 08 Settembre 2018, 10:51:30 AMMarchionne era laureato in filosofia, tuttavia ricordiamoci che dopo quella laurea ne prese una in giurisprudenza e poi fece un master in business administration... altrimenti forse non avrebbe mai nemmeno incontrato quegli ingegneri "da prendere per i fondelli".
Guarda, durante il mio dottorato c'erano professori che continuavano a ripetere le solite storielle dei manager laureati in filosofia e quanto i filosofi siano necessari alle aziende.
Con tutto il rispetto per chi la pensa così, credo che non ci sia cosa più lontana dalla realtà, in Italia e all'estero.
Il mio punto di vista è il seguente (naturalmente criticabile): chi ha una solida formazione filosofica, oggi, spesso è più un problema che una risorsa. Si tratta infatti di una persona che ha (o almeno dovrebbe avere) capacità di analisi, critiche, uno che pensa con la propria testa insomma. Lo vedete uno così trovare posto in una multinazionale oggi? Meglio uno meno sveglio con un CV ipertecnico-specialistico. Uno che fa il suo compitino e si inserisce perfettamente nei meccanismi del sistema economico-sociale.
@Phil
Tu dici:
Il non trovare lavoro implica davvero che tu o il tuo cv siate "sbagliati"? Nell'incontro domanda/offerta di lavoro, ciascuno dei due è "giusto" o "sbagliato" per l'altro; come ben sai, non dipende da te più di quanto non dipenda dai posti disponibili (e da altre contingenze situazionali).
Giusto, nessuno è giusto o sbagliato a prescindere, tuttavia c'è un "ma". In una società dove sembra che siano necessari solo tecnici, specialisti e superinformatici, chi è al di fuori di questi ambiti viene ritenuto inutile.
Citazione di: DeepIce il 08 Settembre 2018, 11:56:07 AM
Ciao, grazie per gli Auguri.
In realtà sono estroverso al punto giusto. Certamente non mi ritengo un clown, una persona che deve per forza stare al centro dell'attenzione. Ho anche avuto esperienze in TV locali, dirette televisive e cose del genere, certamente non mi ritengo un introverso radicale.
Citazione
Cazzo!
Mi sembri l' impersonificazione della bella canzone de "Lo stato sociale" che ancora imperversa (per fortuna, fra tantissime porcherie!) alla radio!
(Ovviamente lo dico tanto per sdrammatizzare.
Secondo me cogli un punto reale del problema: c'è molto preconcetto verso la filosofia (e chi la studia) da parte di chi non sa nemmeno cosa sia. Si tende infatti a pensare che il filosofo viva in un mondo a parte, oppure sulle nuvole. Detto altrimenti, si pensa che il filosofo non sia in grado di essere pratico, di incidere sulla realtà di oggi. In un clima di pragmatismo imperante come quello odierno è facile quindi capire perché i filosofi non trovano spazio.
CitazioneSono d' accordo!
Citazione di: DeepIce il 08 Settembre 2018, 12:03:57 PM
Citazione di: Phil il 08 Settembre 2018, 10:51:30 AMMarchionne era laureato in filosofia, tuttavia ricordiamoci che dopo quella laurea ne prese una in giurisprudenza e poi fece un master in business administration... altrimenti forse non avrebbe mai nemmeno incontrato quegli ingegneri "da prendere per i fondelli".
Guarda, durante il mio dottorato c'erano professori che continuavano a ripetere le solite storielle dei manager laureati in filosofia e quanto i filosofi siano necessari alle aziende.
Con tutto il rispetto per chi la pensa così, credo che non ci sia cosa più lontana dalla realtà, in Italia e all'estero.
Il mio punto di vista è il seguente (naturalmente criticabile): chi ha una solida formazione filosofica, oggi, spesso è più un problema che una risorsa. Si tratta infatti di una persona che ha (o almeno dovrebbe avere) capacità di analisi, critiche, uno che pensa con la propria testa insomma. Lo vedete uno così trovare posto in una multinazionale oggi? Meglio uno meno sveglio con un CV ipertecnico-specialistico. Uno che fa il suo compitino e si inserisce perfettamente nei meccanismi del sistema economico-sociale.
Parole sante!(purtroppo)E Marchionne dimostra (-va) che si può anche essere laureati in filosofia eppure essere (fra le molte altre infamissime sue qualità) poco o punto sveglio (ha fra l' altro preso in mano la Ferrari che con Schumaker aveva stravinto "di tutto e di più", facendole perdere sempre puntualmente tutti i campionati del mondo cui ha partecipato sotto la sua direzione, fra l' altro in diversi casi dopo aver prematuramente "cantato vittoria"; il che, a parte la superstizione diffusissima nel mondo sportivo -"porta sfiga!"- oggettivamente rende le sconfitte particolarmente eclatanti, ridicole, umilianti), con un CV ipertecnico-specialistico. Uno che fa il suo mediocrissimo compitino e si inserisce perfettamente nei meccanismi del (-l' infame, N.d.R) sistema economico-sociale (vigente).
Il mondo del lavoro e la filosofia sono lontani proprio per essenza, almeno a mio modo di vedere. Il mondo del lavoro in generale considera la persona come un produttore e, in fondo legittimamente viste le esigenze sociali, valuta il singolo per il risultato MATERIALE che è riuscito a produrre: il singolo non vale quindi in sé come persona, ma solo come mezzo adeguato per produrre dei beni su larga scala. Il lavoratore quindi non ha più nessun valore se, per le più diverse ragioni, non è in grado di produrre. D'altronde non potrebbe essere diversamente, poiché il lavoro è sostanzialmente una merce, come affermava Marx, e la merce in questo caso è il lavoratore che ha come tutte le merci un costo ed è valutato in base all'efficienza.
Il lavoro quindi dal mio punto di vista sarebbe purtroppo un male necessario, poiché comporta una buona dose di mercificazione del singolo.
La filosofia invece dà importanza proprio al singolo in quanto dotato di pensiero, e non in quanto mezzo per la produzione: anzi, molti filosofi mettono in guardia proprio da quelle forme di schiavitù e di asservimento tipiche della società attuale. Il valore è dato per il filosofo non dal guadagno materiale e dall'efficienza, ma dalla capacità critica. Ora puoi benissimo vedere come la filosofia venga considerata "pericolosa", proprio perché una mente critica, formata al pensiero e alla riflessione, è anche potenzialmente più predisposta a contestare alcune dinamiche, a porre dubbi e domande, a non ridursi a macchina che esegue determinati compiti senza riflettere.
Citazione di: DeepIce il 08 Settembre 2018, 12:03:57 PM
Citazione di: Phil il 08 Settembre 2018, 10:51:30 AMMarchionne era laureato in filosofia, tuttavia ricordiamoci che dopo quella laurea ne prese una in giurisprudenza e poi fece un master in business administration... altrimenti forse non avrebbe mai nemmeno incontrato quegli ingegneri "da prendere per i fondelli".
Guarda, durante il mio dottorato c'erano professori che continuavano a ripetere le solite storielle dei manager laureati in filosofia e quanto i filosofi siano necessari alle aziende.
Con tutto il rispetto per chi la pensa così, credo che non ci sia cosa più lontana dalla realtà, in Italia e all'estero.
Il mio punto di vista è il seguente (naturalmente criticabile): chi ha una solida formazione filosofica, oggi, spesso è più un problema che una risorsa. Si tratta infatti di una persona che ha (o almeno dovrebbe avere) capacità di analisi, critiche, uno che pensa con la propria testa insomma. Lo vedete uno così trovare posto in una multinazionale oggi? Meglio uno meno sveglio con un CV ipertecnico-specialistico. Uno che fa il suo compitino e si inserisce perfettamente nei meccanismi del sistema economico-sociale.
infatti, questo è il problema in sistemi ipocriti quali le aziende nel mercato capitalistico che creano mission e codici etici interni.
Bisogna essere stupidi mentalmente e intelligenti specializzati, come cavalli con i paraocchi.
Bisogna essere educati ad obbedire, al servilismo strisciante.
Immaginavo che gli ingegneri mostrassero i muscoli dopo il mio post.
E' chiaramente il mio un discorso molto generale e sicuramente non personale.
Ho visto carrieristi avere un'idea della propria esistenza alquanto meschina e pretendere che altri servano questa meschinità solo perchè erano "superiori" gerarchicamente.
Forse le caserme militari sono meglio delle aziende ,sebbene la mia sia ancora una generalizzazione.
Nella caserme sono chiare le regole, nelle aziende è tutto ipocrisia ed è coerente con l'ambiente mercato capitalistico.
Bisogna essere ottusi mentalmente per passare la vita a dire sì ad un cafone che magari è un capo e non capisce nulla.
Bisogna essere ammaestrati alla sudditanza
Per fare un discorso costruttivo bisognerebbe chiedersi quali siano le peculiarità di una persona specializzata in filosofia (nel nostro tempo, s'intende).
A mio giudizio ciò che può far valere come sua capacità specifica è l'analisi di testi. La capacità di smontare un discorso, di coglierne le sfumature più sottili etc.
E' qualcosa che sa fare solo lui. Gli altri umanisti da questo punto di vista non sono alla sua altezza.
Dunque se ora parliamo del settore della comunicazione (aziendale o anche politica), il filosofo non è detto che riveli bravura nella redazione di comunicati stampa o di finte interviste (dal momento che i contenuti che gli uffici stampa cercano di veicolare sono quasi sempre semplici, ripetitivi – qui occorre essere più redattori conformisti che analisti).
Diversa è la situazione nell'analisi e nella rilevazione delle strategie presenti in articoli, in discorsi pubblici, in situazioni complesse in cui è fondamentale distinguere certe sottili sfumature semantiche e riconoscere, dietro a tante chiacchiere, le vere dinamiche.
Il filosofo quindi davanti al manager non deve tanto puntare sulla propria cultura o su una presunta mentalità aperta (che comunque, come dice giustamente Phil, non è originata necessariamente dalla propria formazione), ma su quelle specifiche capacità di analisi qualitativa della comunicazione. Così come un matematico può sempre dire, anche di fronte allo scetticismo di un reclutatore: io conosco un linguaggio di enorme complessità, so manipolare modelli teorici sofisticati...
Così il filosofo deve poter mostrare e far comprendere di essere portatore di una specifica capacità appresa in anni di studio intenso.
E quindi cercare di proporsi là dove questa capacità può risultare preziosa (e là dove, però, nello stesso tempo girano parecchi soldi... per esempio le fondazioni dietro cui si nascondono le lobby e le organizzazioni politiche etc.).
Citazione di: Kobayashi il 08 Settembre 2018, 15:37:20 PM
Per fare un discorso costruttivo bisognerebbe chiedersi quali siano le peculiarità di una persona specializzata in filosofia (nel nostro tempo, s'intende).
A mio giudizio ciò che può far valere come sua capacità specifica è l'analisi di testi. La capacità di smontare un discorso, di coglierne le sfumature più sottili etc.
E' qualcosa che sa fare solo lui. Gli altri umanisti da questo punto di vista non sono alla sua altezza.
Questo sarebbe un ottimo settore per i filosofi. La vedo però dura, dal momento che la comunicazione, oggi, deve essere necessariamente manipolatoria e per nulla analitica.
Bisogna però "vivere", e per vivere bisogna lavorare (o meglio: bisogna percepire uno stipendio...).
Il nostro amico ha 37 anni e non ha un lavoro: la sua situazione non è di quelle da stare allegrissimi.
Le chiacchiere non fanno farina, dice un saggio adagio popolare...
Diceva un tale (non ricordo chi) che le sole persone davvero libere sono quelle in cima e quelle in fondo
alla cosiddetta "scala sociale", e che tutti quelli che stanno nel mezzo devono venire a compromessi
più o meno pesanti. Beh, bisogna riuscire a, come dire, "ritagliarsi uno spazio"; magari con non troppa
sfortuna ci si riesce anche...
Si è però solissimi, ed è dura; ma non bisogna abbattersi, perchè spesso le cose si risolvono da sole o
quasi (sembra retorica ma è davvero così).
saluti
Citazione di: DeepIce il 08 Settembre 2018, 15:49:11 PM
Citazione di: Kobayashi il 08 Settembre 2018, 15:37:20 PM
Per fare un discorso costruttivo bisognerebbe chiedersi quali siano le peculiarità di una persona specializzata in filosofia (nel nostro tempo, s'intende).
A mio giudizio ciò che può far valere come sua capacità specifica è l'analisi di testi. La capacità di smontare un discorso, di coglierne le sfumature più sottili etc.
E' qualcosa che sa fare solo lui. Gli altri umanisti da questo punto di vista non sono alla sua altezza.
Questo sarebbe un ottimo settore per i filosofi. La vedo però dura, dal momento che la comunicazione, oggi, deve essere necessariamente manipolatoria e per nulla analitica.
Non ritieni sia più opportuno puntare sulla conoscenza delle lingue?
Io sono, come dire, "fuori" da certi discorsi ormai da diversi anni, ma ai miei tempi contava soprattutto il
"pezzo di carta", e se il tuo è una laurea in filosofia la vedo dura...
Molti anni fa, ad esempio, ero appassionato di informatica (e anche piuttosto bravo...) e ho provato ad unire
l'utile al dilettevole cercando, nel tempo libero, di fornire servizi di sicurezza informatica per le reti
aziendali (considera che si era davvero agli albori di tali discipline...). Beh, ho constatato che senza
"carte" non si andava da nessuna parte, e che il solo "saperci fare" era misconosciuto.
Boh, forse qualcosa è cambiato?
saluti
Per chiarire quello che volevo dire faccio un esempio.
La lobby americana delle armi, la National Rifle Association, ogni anno investe milioni di dollari nella comunicazione. In parte per costruire messaggi efficaci (quindi manipolatori – dando per scontato che abbiano torto sul tema in questione: la restrizione della diffusione delle armi), in parte per analizzare il pensiero dei propri avversari (politici, giornalisti, accademici etc.).
Questa parte del loro lavoro, la parte analitica, sarebbe ideale per chi ha competenze filosofiche, poiché come dicevo nel precedente intervento chi ha questo tipo di specializzazione è capace di destreggiarsi tra un articolo di un quotidiano nazionale, un saggio sociologico complesso e il discorso di un politico.
È questa abilità nell'attraversare diversi livelli di complessità e riuscire sempre a isolare l'essenziale, ad essere la chiave per farsi apprezzare in un mondo del genere.
Naturalmente se poi se ne fa una questione di moralità, di purezza, allora tutto il discorso decade.
@paul11 e @Socrate78
Una declinazione dello "stereotipo del filosofo dalla mente aperta" (già commentato) è proprio quella del "filosofo personaggio scomodo", implacabile grillo parlante e strenuo difensore della Ragione e del Bene; caricatura che ironicamente alimenta di riflesso lo stereotipo del filosofo che non sa tenere in mano un cacciavite... che è esattamente l'immagine di cui alcuni filosofi si lamentano, non avvedendosi di come sia un'effetto collaterale inevitabile della loro (auto)promozione.
Un filosofo ha difficoltà a farsi assumere in fabbrica perché "i padroni" temono che la sua visione disincantata sobilli rivolte del "proletariato", oppure perché ha una formazione che sconsiglia l'inserimento in un contesto totalmente avulso al suo curriculum (e si sa che la pazienza di insegnare è un lusso che oggi pochi si possono concedere)?
Domanda (retorica) che mi sembra ancor più ragionevole e valida per altri ruoli che richiedono competenze ancor più specifiche e difficili da apprendere solo sul campo.
D'altronde, se doveste registrare operazioni contabili, curare un sito internet, organizzare un evento, etc. paghereste (di tasca vostra) un filosofo (senza altri titoli), rincuorati dal suo spiccato senso critico e analitico, oppure paghereste uno specialista? Siate onesti...
Non confondiamo filantropia e mecenatismo con il mercato del lavoro (che poi sia possibile sognare un mondo diverso, è fuor di dubbio...).
Il "filosofo disobbediente" (con in tasca "Il capitale" o "Così parlò Z." o "La critica della ragion pratica" o altro) è una macchietta fumettistica, disfunzionale nel senso deleterio del termine: se ogni ingranaggio volesse girare come e quando dice lui, sarebbero ben pochi i meccanismi funzionanti (non rispolvero la solita metafora del corpo umano...).
Se fossi filosofo e mi venisse chiesto di svolgere un compito esecutivo, di produrre un bene, o di fornire un servizio (che non trovo immorali e/o per i quali sono pagato), perché non dovrei obbedire e lasciare le mie velleità filosofiche sul comodino? Se poi ho la possibilità di proporre un miglioramento del servizio o una buona idea, difficilmente mi sarà impedito almeno di parlare (l'essere ascoltati e accontentati è altro discorso).
Davvero i filosofi sono "svegli" e pensano con la loro testa? Davvero il tecnicismo a discapito della preparazione filosofica è un male "mentale" per chi lo preferisce? In fondo, anche la filosofia è una forma di tecnicismo, per quanto possa risultare più simpatica e aulica di altre...
Come ricordato, la filosofia ha come sbocco lavorativo principale (e logico) il campo dell'istruzione, dove molti filosofi fanno giusto il loro "compitino", non hanno il dovere di produrre merci, non aizzano rivoluzioni culturali e portano a casa il loro stipendio obbedendo a chi gli è superiore per gerarchia (non per altro)... che il "filosofo supereroe" (e stipendiato!) sia da considerare un'eccezione?
Citazione di: Socrate78 il 08 Settembre 2018, 14:58:17 PM
il lavoro è sostanzialmente una merce, come affermava Marx, e la merce in questo caso è il lavoratore che ha come tutte le merci un costo ed è valutato in base all'efficienza.
Precisazione (mi scuso per la pignoleria, ma lo ritengo importantissimo; e anche Marx lo riteneva tale):
Marx affermava che il lavoro (in realtà la forza-lavoro) é una merce
non in assoluto, ma solo nelle società divise in classi antagonistiche e soprattutto nel capitalismo.
Citazione
La filosofia invece dà importanza proprio al singolo in quanto dotato di pensiero, e non in quanto mezzo per la produzione: anzi, molti filosofi mettono in guardia proprio da quelle forme di schiavitù e di asservimento tipiche della società attuale. Il valore è dato per il filosofo non dal guadagno materiale e dall'efficienza, ma dalla capacità critica. Ora puoi benissimo vedere come la filosofia venga considerata "pericolosa", proprio perché una mente critica, formata al pensiero e alla riflessione, è anche potenzialmente più predisposta a contestare alcune dinamiche, a porre dubbi e domande, a non ridursi a macchina che esegue determinati compiti senza riflettere.
Concordo in pieno!
Citazione di: Kobayashi il 08 Settembre 2018, 16:47:00 PM
Naturalmente se poi se ne fa una questione di moralità, di purezza, allora tutto il discorso decade.
S I C ! ! !Se non "se ne fa una questione di moralità, di purezza" -ergo: nel mio personale caso: per assurdo!- allora si potrebbe benissimo anche consigliare a DeepIce di dare il culo (e/o quello che ci sta qualche centimetro davanti) a pagamento: i maschi di media - giovane età sono apprezzatissimi sia da vecchie baldracche più o meno danarose, sia da pervertiti maschi di tutte le età).
P.S.: E ora, che i politicamente corretti mi additino pure al pubblico ludibrio: alla maniera di Salvini (che peraltro disprezzo profondissimamente, anche se un po' meno dei piddini), me ne sentirò molto onorato!
Citazione di: Phil il 08 Settembre 2018, 16:56:24 PMIl "filosofo disobbediente" (con in tasca "Il capitale" o "Così parlò Z." o "La critica della ragion pratica" o altro) è una macchietta fumettistica, disfunzionale nel senso deleterio del termine: se ogni ingranaggio volesse girare come e quando dice lui, sarebbero ben pochi i meccanismi funzionanti (non rispolvero la solita metafora del corpo umano...).
Se fossi filosofo e mi venisse chiesto di svolgere un compito esecutivo, di produrre un bene, o di fornire un servizio (che non trovo immorali e/o per i quali sono pagato), perché non dovrei obbedire e lasciare le mie velleità filosofiche sul comodino? Se poi ho la possibilità di proporre un miglioramento del servizio o una buona idea, difficilmente mi sarà impedito almeno di parlare (l'essere ascoltati e accontentati è altro discorso).
Davvero i filosofi sono "svegli" e pensano con la loro testa? Davvero il tecnicismo a discapito della preparazione filosofica è un male "mentale" per chi lo preferisce? In fondo, anche la filosofia è una forma di tecnicismo, per quanto possa risultare più simpatica e aulica di altre...
Come ricordato, la filosofia ha come sbocco lavorativo principale (e logico) il campo dell'istruzione, dove molti filosofi fanno giusto il loro "compitino", non hanno il dovere di produrre merci, non aizzano rivoluzioni culturali e portano a casa il loro stipendio obbedendo a chi gli è superiore per gerarchia (non per altro)... che il "filosofo supereroe" (e stipendiato!) sia da considerare un'eccezione?
Immagino tu ti riferisca ai filosofi che appaiono in televisione un giorno sì e l'altro pure e che, facendo finta di essere alternativi al sistema, in realtà ne sono parte integrante. Per non parlare del fatto che hanno il didietro ben piantato in qualche cattedra universitaria ottenuta per grazia ricevuta (vedi raccomandazione). Questi tuonano di continuo sulla necessità di studiare filosofia, dimenticando però che non tutti hanno la fortuna di essere pubblicati da grandi case editrici o di essere promossi professori senza aver pubblicato nulla.
Citazione di: Phil il 08 Settembre 2018, 16:56:24 PM
@paul11 e @Socrate78
Una declinazione dello "stereotipo del filosofo dalla mente aperta" (già commentato) è proprio quella del "filosofo personaggio scomodo", implacabile grillo parlante e strenuo difensore della Ragione e del Bene; caricatura che ironicamente alimenta di riflesso lo stereotipo del filosofo che non sa tenere in mano un cacciavite... che è esattamente l'immagine di cui alcuni filosofi si lamentano, non avvedendosi di come sia un'effetto collaterale inevitabile della loro (auto)promozione.
Un filosofo ha difficoltà a farsi assumere in fabbrica perché "i padroni" temono che la sua visione disincantata sobilli rivolte del "proletariato", oppure perché ha una formazione che sconsiglia l'inserimento in un contesto totalmente avulso al suo curriculum (e si sa che la pazienza di insegnare è un lusso che oggi pochi si possono concedere)?
Domanda (retorica) che mi sembra ancor più ragionevole e valida per altri ruoli che richiedono competenze ancor più specifiche e difficili da apprendere solo sul campo.
D'altronde, se doveste registrare operazioni contabili, curare un sito internet, organizzare un evento, etc. paghereste (di tasca vostra) un filosofo (senza altri titoli), rincuorati dal suo spiccato senso critico e analitico, oppure paghereste uno specialista? Siate onesti...
Non confondiamo filantropia e mecenatismo con il mercato del lavoro (che poi sia possibile sognare un mondo diverso, è fuor di dubbio...).
Il "filosofo disobbediente" (con in tasca "Il capitale" o "Così parlò Z." o "La critica della ragion pratica" o altro) è una macchietta fumettistica, disfunzionale nel senso deleterio del termine: se ogni ingranaggio volesse girare come e quando dice lui, sarebbero ben pochi i meccanismi funzionanti (non rispolvero la solita metafora del corpo umano...).
Se fossi filosofo e mi venisse chiesto di svolgere un compito esecutivo, di produrre un bene, o di fornire un servizio (che non trovo immorali e/o per i quali sono pagato), perché non dovrei obbedire e lasciare le mie velleità filosofiche sul comodino? Se poi ho la possibilità di proporre un miglioramento del servizio o una buona idea, difficilmente mi sarà impedito almeno di parlare (l'essere ascoltati e accontentati è altro discorso).
Davvero i filosofi sono "svegli" e pensano con la loro testa? Davvero il tecnicismo a discapito della preparazione filosofica è un male "mentale" per chi lo preferisce? In fondo, anche la filosofia è una forma di tecnicismo, per quanto possa risultare più simpatica e aulica di altre...
Come ricordato, la filosofia ha come sbocco lavorativo principale (e logico) il campo dell'istruzione, dove molti filosofi fanno giusto il loro "compitino", non hanno il dovere di produrre merci, non aizzano rivoluzioni culturali e portano a casa il loro stipendio obbedendo a chi gli è superiore per gerarchia (non per altro)... che il "filosofo supereroe" (e stipendiato!) sia da considerare un'eccezione?
si vede che sei ingegnere e fai il risentito.
Il mio discorso era general generico, e se un ingegnere frequenta un forum di filosofia, è perchè o la odia o ha una mentalità aperta.
Adatto che conosco bene il mondo industriale, meno nelle aziende del terziario dove si vende fumo,sappi che nelle selezioni dei ruoli in un ingranaggio aziendale vi sono due limiti da rispettare; il limite alla scemenza e quella dell'intelligenza.
il fordismo fu quella corrente filosficoindustriale per cui solo una certa mentalità riuscirebbe a sopportare certe lavori.
quando un lavoratore non sopporta accadono due cose: o si perde in un esaurimento personale o si incazza e va dai sindacati o dall'avvocato.
L'ultima cosa che vogliono in una azienda sono i rompicoglioni, perchè l'azienda è una dittatura di fatto:giusto o sbagliato, bella o brutta che sia.
Il filosofo che va in fabbrica a fare l'operatore sulle macchine difficilmente si adatterà e facilmente diventerà sindacalista di base.
in altre parole, ad ogni ruolo vi deve essere una mente con personalità e carattere con dei limiti inferiori e superiori per cui la persona è giusta se è all'interno dei due limiti.
Ho conosciuto flotte di capi del personale anche di chi dirge 7-8 mila lavoratori avendo come area di competenza l'intera Europa,
Sono laureati in scienze umane con predisposizioni alla socializzazione, a saper comunicare, a tenere rapporti giuridici di diritto, a tenere trattative sindacali.
Ho conosciuto parecchi dirigenti dal direttore di stabilimento ad amministratori delegati di cui dottori e ingegneri e i meno dotati ( non vuol dire che non ne hanno) di capacità visionaria sono gli ingegneri.L'ingegnere è bravo nel particolarismo del suo campo perchè gli studi lo hanno indirizzato e formato in una certa maniera.
ma soprattutto si sta dimenticando che le grandi aziende hanno percorsi formativi interni, sia di aggiornamenti , ma soprattutto legati alle qualità che si richiedono per ogni ruolo aziendale.
Poi è chiaro che ci può benissimo essere l'ingegnere progettista e creativo e visionario e il filosofo che fuori dal suo campo non sa nulla.
Ma proprio perchè il mio è un discorso generale e non personale, e spesso oggi in determinati ruoli cercano un certo tipo di personalità e di carattere.
Citazione di: sgiombo il 08 Settembre 2018, 18:45:37 PMS I C ! ! ! Se non "se ne fa una questione di moralità, di purezza" -ergo: nel mio personale caso: per assurdo!- allora si potrebbe benissimo anche consigliare a DeepIce di dare il culo (e/o quello che ci sta qualche centimetro davanti) a pagamento
Chi è in difficoltà cerca soluzioni, si deve ingegnare per trovare soluzioni. L'ultima delle sue preoccupazioni è ragionare su banalità moralistiche.
Chi vive al sicuro, illudendosi di quello che è, confondendo il privilegio per la propria forza interiore, usa il racconto di chi è in difficoltà per razionalizzare, teorizzare, proporre solidarietà a costo zero. C'è in questo qualcosa di ripugnante, di spudorato: anziché iniziare ad ascoltare sul serio il soggetto che chiede attenzione, non si fa che ripetere le proprie cinque idee piccole piccole, come se questo parlare abbia una qualche importanza.
Citazione di: Kobayashi il 09 Settembre 2018, 07:36:12 AM
Citazione di: sgiombo il 08 Settembre 2018, 18:45:37 PMS I C ! ! ! Se non "se ne fa una questione di moralità, di purezza" -ergo: nel mio personale caso: per assurdo!- allora si potrebbe benissimo anche consigliare a DeepIce di dare il culo (e/o quello che ci sta qualche centimetro davanti) a pagamento
Chi è in difficoltà cerca soluzioni, si deve ingegnare per trovare soluzioni. L'ultima delle sue preoccupazioni è ragionare su banalità moralistiche.
Chi vive al sicuro, illudendosi di quello che è, confondendo il privilegio per la propria forza interiore, usa il racconto di chi è in difficoltà per razionalizzare, teorizzare, proporre solidarietà a costo zero. C'è in questo qualcosa di ripugnante, di spudorato: anziché iniziare ad ascoltare sul serio il soggetto che chiede attenzione, non si fa che ripetere le proprie cinque idee piccole piccole, come se questo parlare abbia una qualche importanza.
La mia opinione é molto diversa.
Per me ripugnante é la mancanza di morale, l' essere disposti "a di tutto e di più", anche come impiego di mezzi per aggiungere fini assolutamente (questi ultimi) al di sopra di ogni possible critica e obiezione.
Se per campare fossi costretto a dare il culo (letteralmente o forse ancor più metaforicamente) troverei il sopravvivere molto peggiore del morire e sicuramente mi suiciderei.
Non ho mai preteso che il mio parlare (senza falsa modestia credo tutt' altro che riducentesi a "cinque idee piccole piccole") fosse di qualche giovamento a DeepIce e fin dal mio primo intervento ho ammesso che:
Mi rendo conto che, da medico in pensione (ho avuto la fortuna di vivere la mia gioventù ai tempi del da me mai abbastanza rimpianto muretto di Berlino) la mia comprensione e solidarietà (purtroppo solo "virtuale") possono fare un effetto sgradevole, ma non posso fare altro che incitare -e augurare- a DeepIce: tieni duro!Anche se certamente la comprensione e la stima delle persone variamente colte e comunque dotate di profonda umanità non si mangia.Parole che mi sento semplicemente di ripetere tali e quali.
Citazione di: DeepIce il 07 Settembre 2018, 18:37:56 PM
Tema davvero molto interessante che da coetaneo e condiscepolo di Deep Ice (ho la sua età e fatto i suoi stessi studi anche se non lo conosco ovviamente) mi tocca direttamente; voglio per questo raccontare brevemente il mio percorso e dire la mia sul rapporto Filosofia/Lavoro:
1. In quinta Liceo decisi che mi sarei iscritto alla Facoltà di Filosofia superando le resistenze familiari che speravano in qualcosa di più concreto (anche se alla fin dei conti l'opposizione fu più di facciata che effettiva, stante che entrambi avevano fatto studi ancora più inconcreti); in sei anni terminai gli studi rimanendo peraltro molto perplesso dall'insegnamento impartito (che aveva un'impostazione Archeologica, come giustamente è stato detto pochi interventi fa)... Non mi facevo illusioni su quello che mi attendeva al di fuori del percorso universitario perchè già una mia compagna di Liceo mi aveva dipinto con vivacità quello che per lei era il mio progetto di vita ("Andare a finire sotto i ponti") e le stesse previsioni le avevo avute da tutta la "Gente Grossa" che avevo incrociato. Comunque non mi persi affatto d'animo, non avendo nessuna prospettiva concreta: partecipai gloriosamente a un concorso come bibliotecario (perdendolo), mi iscrissi a un corso per amministratore delegato (non presenziando nemmeno alla prima lezione) e vivacchiando di lezioni private di italiano per le medie e di CTD come educatore (e qui molto mi valse il diploma magistrale) e sopportando periodi di Disoccupazione; li ricordo come tre anni bellissimi: poco denaro ma molte letture (filosofiche e non) importanti (una solamente che valga per tutte: il grande padre Seneca).
Terminato questo periodo Scapigliato mi iscrissi a un corso annuale per abilitarmi in Filosofia e iniziai un percorso burocraticamente tortuoso tra Sostegno, Filosofia e la sullodata Disoccupazione nel quale in parte sono ancora (ma con sprazzi di luce a medio termine).
2. Per quanto riguarda il rapporto tra Filosofia e Lavoro penso invece che sia strettissimo perchè la Filosofia è l'unica disciplina che consente di criticare il mondo del Lavoro demistificandolo e annullando i suoi dogmi rendendo chi la fruisce un uomo o una donna veramente ed essenzialmente liberi; lavorare in un'azienda è a mio avviso una pia illusione ma non per questo si deve pensare di essere privi di speranza o di risorse: consiglio a Deepice di informarsi con precisione sull'attuale sistema di reclutamento per l'insegnamento liceale (che è totalmente diverso da quello che ho seguito io), di inserirsi nelle graduatorie ATA tra due anni e di seguire corsi della regione per fare il badante ricordando l'esempio di grandi filosofi che hanno svolto lavori umili (come Cleante, portatore d'acqua).
[/pre]
Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2018, 00:01:54 AM
si vede che sei ingegnere e fai il risentito.
Per quanto preferisca non parlare di me, devo smentirti: dico solo che "Phil" è sia inglese che latino (e non sta per Philippus), il resto lo lascio al tuo intuito... precisando inoltre che conosco un po' sia il mondo aziendale che quello della ricerca del lavoro, entrambi
dall'interno, quindi più che "risentimento", c'è forse modesta consapevolezza.
Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2018, 00:01:54 AM
Il mio discorso era general generico, e se un ingegnere frequenta un forum di filosofia, è perchè o la odia o ha una mentalità aperta.
Se ti va, prova a rileggere i miei interventi considerando che parlo
dall'interno del discorso fatto da
DeepIce (gli assomiglio più di quanto credi) e forse le mie osservazioni non ti appariranno critiche capricciose di un (presunto) ingegnere, ma considerazioni fondate, seppur personali, sullo stereotipo che i non-filosofi hanno dei laureati in filosofia (e sulla filosofia in genere).
Citazione di: Phil il 09 Settembre 2018, 12:25:30 PM
Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2018, 00:01:54 AM
si vede che sei ingegnere e fai il risentito.
Per quanto preferisca non parlare di me, devo smentirti: dico solo che "Phil" è sia inglese che latino (e non sta per Philippus), il resto lo lascio al tuo intuito... precisando inoltre che conosco un po' sia il mondo aziendale che quello della ricerca del lavoro, entrambi dall'interno, quindi più che "risentimento", c'è forse modesta consapevolezza.
Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2018, 00:01:54 AM
Il mio discorso era general generico, e se un ingegnere frequenta un forum di filosofia, è perchè o la odia o ha una mentalità aperta.
Se ti va, prova a rileggere i miei interventi considerando che parlo dall'interno del discorso fatto da DeepIce (gli assomiglio più di quanto credi) e forse le mie osservazioni non ti appariranno critiche capricciose di un (presunto) ingegnere, ma considerazioni fondate, seppur personali, sullo stereotipo che i non-filosofi hanno dei laureati in filosofia (e sulla filosofia in genere).
Mi sembravi un pò risentito, tutto quì .Per quel che conta se tu fossi ingegnere, hai dimostrato e dimostri apertura mentale,
secondo il mio parere.
Ritornando sul mondo del lavoro, è una fortuna chi riesce trovare un lavoro che lo appassioni e gli dia soddisfazioni.
Perchè il mondo del lavoro è coerente al mondo economico e a determinati modi di fare cultura.
Purtroppo ci vuole parecchio spirito di adattabilità e sopportazione e l'aspetto economico famigliare è fondamentale.
Altro aspetto sono le motivazioni personali.
La cultura aziendale riproduce in piccolo,microeconomia, la cultura macroeconomica.Il fondamento è fare utile.
Ognuno di noi è dentro in ingranaggi potenti e noi siamo impotenti e soprattutto non abbiamo spesso ventagli di scelta
Sarà pure per una mia deformazione professionale, ma ritengo che un'esperienza lavorativa in ambito tecnico sia quasi indispensabile per chi intende filosofare.
Tematiche come la logica, per esempio, assumono un significato più profondo quando ci sforziamo di applicarle provando e riprovando per giungere ad un risultato concreto.
Occorre che l'esperienza sia proprio lavorativa, perché è qui che normalmente il gioco si fa più duro.
E quando un ragionamento si rivela inefficace occorre rimettere tutto in discussione.
E ricominciare da capo.
Alla fine, si spera, una soluzione verrà trovata.
Ma lo smacco, la frustrazione del fallimento seppur temporaneo, possono risvegliare in noi la consapevolezza della profondità del reale.
La mia esperienza è che i cosidetti "manager-filosofi" più che far contare il cv fanno contare contatti importanti. Ma d'altro canto è nelle cose di un "capitalismo di relazione" come quello italiano. A mio tempo evitai la facoltà di filosofia perchè sentivo il beep delle casse del supermercato risuonare da in fondo ai corridoi, non ci ho sbagliato di tanto rispetto a tutti i conoscenti che la frequentavano e visto che cosa sono finiti a fare. Niente di degradante intendo, ma sicuramente pochissimi sono riusciti a far valere il titolo. Sfumate le possibilità accademiche non so cosa altro possa rimanere realisticamente possibile.. Non mi metto nemmeno a discutere se questo sia giusto o sbagliato, il mondo era più bello prima etc. Di "proletari dello spirito", come li chiamava un esimio prof, è pieno il mondo, hanno riempito le biblioteche ed i musei d'arte, abbiamo bisogno di altri? Professionismo artistico filosofico.. Boh.
[N.B] Questo è un commento di carattere generale rispetto a ciò che si è discusso e che non vuole dire niente a deepice e la sua personale situazione. Anzi, l'unica cosa che mi viene da dirgli è di non considerare certe professioni richieste anche all'estero come fuori dal suo livello. Io stesso nei prossimi mesi sarò ben contento di frequentare un corso da pizzaiolo. Perchè no?
Citazione di: bobmax il 09 Settembre 2018, 18:31:46 PMSarà pure per una mia deformazione professionale, ma ritengo che un'esperienza lavorativa in ambito tecnico sia quasi indispensabile per chi intende filosofare. Tematiche come la logica, per esempio, assumono un significato più profondo quando ci sforziamo di applicarle provando e riprovando per giungere ad un risultato concreto. Occorre che l'esperienza sia proprio lavorativa, perché è qui che normalmente il gioco si fa più duro. E quando un ragionamento si rivela inefficace occorre rimettere tutto in discussione. E ricominciare da capo. Alla fine, si spera, una soluzione verrà trovata. Ma lo smacco, la frustrazione del fallimento seppur temporaneo, possono risvegliare in noi la consapevolezza della profondità del reale.
andrebbe credo chiarito cosa va inteso come "lavoro": la logica che applichiamo per giungere ad un risultato è una necessità ricorrente in qualunque tipo di attività, compreso lo studio per superare un esame, o la preparazione e pubblicazione di un saggio o di un libro (che a mio avviso ricade a tutti gli effetti nella categoria di "lavoro"), non solo nelle occupazioni "tecniche", che erroneamente, molti vedono come unico ambito nel quale una persona può esprimere i suoi talenti al servizio della comunità (perché servizio viene inteso in un'ottica solo materialistica, e quindi si considera "lavoratori" l'operaio o il manager aziendale e non il poeta o il saggista, che sarebbero solo degli "hobby" perché il contributo che portano è di tipo spirituale e non materiale). In generale tendo a dare un enorme peso all'unicità di ogni singola persona umana, e ciò mi porta a diffidare dei discorsi in cui ricorre il concetto di "indispensabile", non mi piace l'idea che esistano delle "conditio sine qua non", in assenza delle quali si è necessariamente destinati al fallimento. Le nostre diversità fanno sì, che a qualunque limite o handicap personale si possa essere facendo forza sulle nostre doti positive, poi il successo non può che essere valutato in base al risultato finale di ciò che si realizza, anziché tramite la rigida applicazione di presunti aspetti metodologici, la cui importanza è sempre relativa al soggetto che agisce. Il principio per cui "tutto è utile, nulla è indispensabile" lo trovo meno limitante, e molto più riconoscente del valore della diversità dei talenti tra i singoli individui
Citazione di: sgiombo il 09 Settembre 2018, 09:36:03 AMPer me ripugnante é la mancanza di morale, l' essere disposti "a di tutto e di più", anche come impiego di mezzi per aggiungere fini assolutamente (questi ultimi) al di sopra di ogni possible critica e obiezione. Se per campare fossi costretto a dare il culo (letteralmente o forse ancor più metaforicamente) troverei il sopravvivere molto peggiore del morire e sicuramente mi suiciderei.
Trovo il messaggio di apertura di questo topic abbastanza fuorviante, perchè tratta la filosofia come un semplice "mezzo tecnico" per procurarsi un mestiere (come studiare per diventare idraulico o calzolaio) mentre la filosofia è, o dovrebbe essere, la cornice entro la quale sviluppare la propria vita fra i cui innumerevoli aspetti rientra anche il lavoro. Ogni uomo ha, volente o nolente, sempre avuto una "filosofia di vita" che solitamente era assimilata da quella adottata nella sua famiglia e nel gruppo sociale in cui è cresciuto, mentre in questi tempi le "filosofie" possibili sono talmente tante da annullarsi l'un l'altra per lasciare spazio solamente all'istinto di sopravvivenza, che ognuno declina a modo suo. Questa situazione determina un fatto letteralmente inaudito: se da quando l'uomo è apparso sulla terra ha espresso una forma di cultura tanto da considerare questa la caratteristica distintiva di questa specie ora all'opposto rifiuta ogni forma di cultura sostituendola con una serie di stratagemmi finalizzati a garantirsi il "panem" magari fornendo banali "circenses" ai propri "clienti". Pare sia stato Thomas Hobbes ad inventare il detto "primum vivere, deinde philosophari", mostrando quanto in quei tempi il degrado e la dissoluzione culturali avessero già attecchito anche fra le menti più dotate; infatti non si può scindere temporalmente le due azioni poichè l'uomo, in quanto tale, "fa" costantemente filosofia, e decidere di non filosofare è già un filosofare. Privilegiare quindi la mera sopravvivenza è una decisione filosofica, e come poi ognuno interpreta questa "sopravvivenza" è indicativo di questa "filosofia" dato che possiamo vedere come persone che possiedono milioni di euro (magari a decine o centinaia) fanno il possibile per guadagnare sempre di più perchè, si giustificano, devono "mangiare" e quindi "sopravvivere". In tale diffusissimo contesto di "filosofia della sopravvivenza" (in un mondo, il nostro, ove vi sono enormi problemi ma non certo quello della mera sopravvivenza) perde qualsiasi valore e anche la possibilità di essere semplicemente compreso e giustificato un ragionamento come quello di sgiombo che è prettamente filosofico e quindi umano: l'uomo ha sempre avuto infatti un obiettivo che supera la sua stessa vita, fosse questo individuale oppure sociale, e spesso uno non esclude l'altro. Se la ricerca "filosofica" umana è sempre una tensione verso il "senso" della vita questo si può esprimere individualmente attraverso la manifestazione delle proprie capacità creative, e socialmente nella corretta interpretazione del proprio ruolo sociale. Se abbiamo avuto le opere di Dante o di Caravaggio lo dobbiamo al fatto che questi due personaggi hanno privilegiato il senso individuale delle loro vite a discapito di quello sociale (mettendo a rischio quotidianamente la loro mera sopravvivenza), ma allo stesso modo tante altre persone che non avevano un talento così glorificato dai posteri ma non certo meno utile hanno contribuito a rendere le varie comunità dei luoghi armonici in cui vivere, ove ognuno ricopriva con coraggio, onestà e senso del dovere (quindi nel complesso con "moralità") il proprio ruolo riducendo al minimo i conflitti. Mortificare quindi i propri valori individuali e quelli morali (come lo scrittore magari di talento che si adatta a scrivere "per il pubblico" solleticando gli istinti più bassi perchè così chiede il "mercato" facendo contestualmente un enorme danno sociale e morale) sacrificandoli sull'altare della "sopravvivenza" è la palese abdicazione dalla più pura umanità come concetto filosofico per trasformarlo in un puro concetto biologico, e nemmeno "animalesco" perchè gli animali hanno un istinto di sopravvivenza che tende all'equilibrio ed all'armonia, ma "bestiale" poichè l'animale uomo è essenzialmente squilibrato e sono proprio la cultura e la "filosofia" ad assumere il compito di controllare e dominare questo squilibrio.
Innanzitutto vorrei ringraziare per le risposte, parlarne fa sicuramente bene.
Per quanto concerne l'insegnamento, almeno in Italia la filosofia è rimasta insegnamento scolastico. In molte nazioni europee nelle scuole superiori la filosofia non esiste, quindi ancora peggio per chi la studia.
Il problema del lavoro per il filosofo si è cominciato a porre con l'avvento della società industriale. Precedentemente i filosofi erano 1) appartenenti alle classi più elevate e benestanti; 2) mantenuti dalle corti o da ricchi magnati; 3) tutori privati per i figli di ricche famiglie (se non sbaglio Hegel ha fatto il tutore per un certo tempo). Con l'avvento della società industriale, di massa, per i filosofi si è posto il problema di come guadagnarsi il pane producendo "qualcosa". I pochi fortunati entravano (ed entrano) nelle università (anch'esse parte della società industrializzata=diplomifici), il resto fa la fame.
Citazione di: DeepIce il 09 Settembre 2018, 22:38:25 PM
Innanzitutto vorrei ringraziare per le risposte, parlarne fa sicuramente bene.
Per quanto concerne l'insegnamento, almeno in Italia la filosofia è rimasta insegnamento scolastico. In molte nazioni europee nelle scuole superiori la filosofia non esiste, quindi ancora peggio per chi la studia.
Il problema del lavoro per il filosofo si è cominciato a porre con l'avvento della società industriale. Precedentemente i filosofi erano 1) appartenenti alle classi più elevate e benestanti; 2) mantenuti dalle corti o da ricchi magnati; 3) tutori privati per i figli di ricche famiglie (se non sbaglio Hegel ha fatto il tutore per un certo tempo). Con l'avvento della società industriale, di massa, per i filosofi si è posto il problema di come guadagnarsi il pane producendo "qualcosa". I pochi fortunati entravano (ed entrano) nelle università (anch'esse parte della società industrializzata=diplomifici), il resto fa la fame.
Anche Spinoza (più parco di altri) faceva l' ottico per potersi mantenere e filosofare.
Ma Kant ed Hegel facevano (per lo meno principalmente) i professori universitari di filosofia.Il fatto é che la "domanda di posti di lavoro" come professori di filosofia é aumentata relativamente all' "offerta", secondo la logica mercantilistica imperante, inevitabilmente votata, dati i rapporti di produzione vigenti, alla ricerca del massimo profitto individuale a qualsiasi costo (soprattutto ma non solo per gli altri) e a breve termine cronologico, cosicché la cultura in generale e la cultura filosofica in particolare può avere solo un' importanza strumentale a tale scopo (e di fatto non ne ha molta...).
Peraltro filosofo =/= professore di filosofia (non mi riferisco in particolare a Kant ed Hegel; precisazione doverosa avendoli citati come tali).
Citazione di: davintro il 09 Settembre 2018, 18:57:17 PM
andrebbe credo chiarito cosa va inteso come "lavoro": la logica che applichiamo per giungere ad un risultato è una necessità ricorrente in qualunque tipo di attività, compreso lo studio per superare un esame, o la preparazione e pubblicazione di un saggio o di un libro (che a mio avviso ricade a tutti gli effetti nella categoria di "lavoro"), non solo nelle occupazioni "tecniche", che erroneamente, molti vedono come unico ambito nel quale una persona può esprimere i suoi talenti al servizio della comunità (perché servizio viene inteso in un'ottica solo materialistica, e quindi si considera "lavoratori" l'operaio o il manager aziendale e non il poeta o il saggista, che sarebbero solo degli "hobby" perché il contributo che portano è di tipo spirituale e non materiale). In generale tendo a dare un enorme peso all'unicità di ogni singola persona umana, e ciò mi porta a diffidare dei discorsi in cui ricorre il concetto di "indispensabile", non mi piace l'idea che esistano delle "conditio sine qua non", in assenza delle quali si è necessariamente destinati al fallimento.
In effetti avevo scritto "quasi indispensabile" perché si potrebbe anche forse farne a meno.
Tuttavia ritengo tale evenienza abbastanza improbabile.
Il "lavoro in ambito tecnico" implica che siano soddisfatte due condizioni, che sfuggono invece nella preparazione di un esame o nella stesura di un saggio.
Queste condizioni sono:
1) Il "fare" concreto, con la progettazione e realizzazione di un qualcosa che "funzioni" e che possa essere utilizzato da altri. Ben diverso perciò dal semplice sviluppo ad uso personale, perché deve poter essere messo sul mercato. E affrontarne così tutti i rischi e le responsabilità.
2) La sua "utilità" viene riconosciuta e compensata. Se ciò non avvenisse, non si riesce a mantenere la famiglia...
Non pochi filosofi, come i pur apprezzabili Severino e Galimberti, mostrano a mio avviso una grave carenza nel comprendere questi aspetti fondamentali della tecnica.
Così vi si scagliano contro, senza avvedersi di disprezzare nient'altro che l'applicazione concreta (nella realtà fisica!) dello stesso pensiero logico/razionale del quale ritengono, a torto, di aver compreso tutte le implicazioni.
Citazione di: donquixote il 09 Settembre 2018, 22:21:49 PM
Pare sia stato Thomas Hobbes ad inventare il detto "primum vivere, deinde philosophari", mostrando quanto in quei tempi il degrado e la dissoluzione culturali avessero già attecchito anche fra le menti più dotate; infatti non si può scindere temporalmente le due azioni poichè l'uomo, in quanto tale, "fa" costantemente filosofia, e decidere di non filosofare è già un filosofare.
Dice Aristotele (Metafisica, A, 2, 982a-983a):
"
se è vero che gli uomini si diedero a filosofare con lo scopo di sfuggire all'ignoranza, è evidente che essi perseguivano la scienza col puro scopo di sapere e non per qualche bisogno pratico. E ne è testimonianza anche il corso degli eventi, giacche solo quando furono a loro disposizione tutti i mezzi indispensabili alla vita e quelli che procurano benessere e agiatezza, gli uomini incominciarono a darsi ad una tale sorta di indagine scientifica" (per Aristotele il concetto di "scienza" era affine a quello di filosofia, intesa come "scienza del sapere", e d'altronde oggi abbiamo, se non erro, corsi di laurea in "scienze filosofiche").
Adesso la società non è certo quella dei tempi di Aristotele, ma resta vero che una pancia vuota cerca cibo e con la sola filosofia (dati alla mano) non lo troverà facilmente. Questo è il senso che volevo dare a "
primum vivere", quando l'ho citato in precedenza.
Ognuno ha inevitabilmente una sua visione del mondo, eppure non direi che, banalmente, tutti fanno filosofia: certo, tutti ragionano, eppure quel tipo di "
philein" categorizzante, tipico della filosofia, non risiede tutte le menti (per fortuna, altrimenti ci estingueremmo presto ;D ). Tutti riordiniamo la casa, magari compriamo suppellettili o spostiamo qualche mobile, di tanto in tanto, ma non per questo direi che ci possiamo tutti considerare architetti o arredatori di interni (al di là dell'esser pagati o meno per farlo).
"Decidere di non filosofare è già filosofare"? Non ricordo il contesto in cui Hegel (e forse non per primo) diede alla luce tale aforisma, tuttavia, se qualcuno dice che non vuole avere a che fare con la filosofia, le cui questioni giudica prive di interesse, fa certamente
una affermazione filosofica (che non significa fare filosofia)
solo se ha meditato adeguatamente su tale scelta; se invece (più plausibilmente) è un giudizio dettato da noncuranza, altri interessi o rifiuto del pensare a certi temi, non me la sentirei di dire che tale soggetto stia davvero facendo filosofia (tantomeno che sia un filosofo).
Mi pare che, salvo eccezioni, se si vuole lavorare e mangiare
con la Filosofia, ci si debba rivolgere all'insegnamento (a tutti i livelli), se invece si vuole lavorare e mangiare "con filosofia" (e/o avere l'
hobby della filosofia) è irrilevante il lavoro che si svolge; per
fare filosofia, come dicevo, bastano matita e foglio, sebbene sia consigliato farla a stomaco pieno... fermo restando che, ironicamente, il disoccupato cronico e il milionario ozioso (essendosi estinta la possibilità di essere mantenuti da mecenati) sono quelli che hanno maggior tempo da dedicare alla filosofia (sia la loro o di altri).
Citazione di: donquixote il 09 Settembre 2018, 22:21:49 PM
Mortificare quindi i propri valori individuali e quelli morali [...] sacrificandoli sull'altare della "sopravvivenza" è la palese abdicazione dalla più pura umanità come concetto filosofico per trasformarlo in un puro concetto biologico, e nemmeno "animalesco" perchè gli animali hanno un istinto di sopravvivenza che tende all'equilibrio ed all'armonia, ma "bestiale" poichè l'animale uomo è essenzialmente squilibrato e sono proprio la cultura e la "filosofia" ad assumere il compito di controllare e dominare questo squilibrio.
E se fossero state proprio la cultura e la filosofia (con la sua
hybris) a mutare l'animalità dell'uomo in bestialità squilibrata?
I danni all'ambiente, le problematiche sociali e il biasimato "regime dittatoriale dell'economia", non sono forse figli della nostra cultura e di una certa filosofia che li ha alimentati, piuttosto che domarli?
Citazione di: bobmax il 10 Settembre 2018, 10:02:00 AM
Citazione di: davintro il 09 Settembre 2018, 18:57:17 PMandrebbe credo chiarito cosa va inteso come "lavoro": la logica che applichiamo per giungere ad un risultato è una necessità ricorrente in qualunque tipo di attività, compreso lo studio per superare un esame, o la preparazione e pubblicazione di un saggio o di un libro (che a mio avviso ricade a tutti gli effetti nella categoria di "lavoro"), non solo nelle occupazioni "tecniche", che erroneamente, molti vedono come unico ambito nel quale una persona può esprimere i suoi talenti al servizio della comunità (perché servizio viene inteso in un'ottica solo materialistica, e quindi si considera "lavoratori" l'operaio o il manager aziendale e non il poeta o il saggista, che sarebbero solo degli "hobby" perché il contributo che portano è di tipo spirituale e non materiale). In generale tendo a dare un enorme peso all'unicità di ogni singola persona umana, e ciò mi porta a diffidare dei discorsi in cui ricorre il concetto di "indispensabile", non mi piace l'idea che esistano delle "conditio sine qua non", in assenza delle quali si è necessariamente destinati al fallimento.
In effetti avevo scritto "quasi indispensabile" perché si potrebbe anche forse farne a meno. Tuttavia ritengo tale evenienza abbastanza improbabile. Il "lavoro in ambito tecnico" implica che siano soddisfatte due condizioni, che sfuggono invece nella preparazione di un esame o nella stesura di un saggio. Queste condizioni sono: 1) Il "fare" concreto, con la progettazione e realizzazione di un qualcosa che "funzioni" e che possa essere utilizzato da altri. Ben diverso perciò dal semplice sviluppo ad uso personale, perché deve poter essere messo sul mercato. E affrontarne così tutti i rischi e le responsabilità. 2) La sua "utilità" viene riconosciuta e compensata. Se ciò non avvenisse, non si riesce a mantenere la famiglia... Non pochi filosofi, come i pur apprezzabili Severino e Galimberti, mostrano a mio avviso una grave carenza nel comprendere questi aspetti fondamentali della tecnica. Così vi si scagliano contro, senza avvedersi di disprezzare nient'altro che l'applicazione concreta (nella realtà fisica!) dello stesso pensiero logico/razionale del quale ritengono, a torto, di aver compreso tutte le implicazioni.
Non posso condividere questo discorso perché mi sembra del tutto ammantato di un pregiudizio materialista che porta a sviare la corretta espressione di alcuni concetti chiave. Mi riferisco in particolare a concetti come "concretezza", "utilità", "funzionare". Far coincidere la "concretezza" con l'applicazione nel campo fisico, relegando l'intellettuale e spirituale ad "astrazione" è puro materialismo che si ferma a una visione superficiale dell'essere umano e delle azioni che compie. La mentalità, le nostre convinzioni sono concrete nella misura in cui influenzano le nostre scelte e comportamenti, e possono essere formate tramite la riflessione e lo studio filosofico, ed in questo modo lo spirito, inteso come complesso delle nostre idee e visioni del mondo, è concretezza, in quanto concretamente incide sempre sulla nostra vita, anche se in molti casi inavvertitamente, dato che influisce ad un livello profondo interiore, non visibile a uno sguardo superficiale che si limita a osservare i meri movimenti fisici del corpo, senza poter intuire ciò che c'è "dentro" che motiva quei movimenti. L'utilità non ha mai un significato assoluto, ma relativo, relativo ai fini soggettivi e diversificati che ciascun singolo si pone. Quindi non ha alcun senso pensare che qualcosa sia in assoluto più "utile" rispetto a un'altra", tutto dipende dalle esigenze della persona che usufruisce della cosa. Scrivere un saggio non è necessariamente meno "utile" che una lampadina o un ventilatore frutto di un prodotto tecnico, sono entrambi utili in relazione a fini molto diversi fra loro, il saggio verrà letto da chi, evidentemente, ritiene utile per delle sue esigenze personali, approfondire la conoscenza di uno specifico argomento, essere stimolato nella ricerca di spunti di riflessione in merito, e il saggio "funzionerà" nella misura in cui si dimostra efficace nella realizzazione delle finalità di chi ha interesse a leggerlo, nella stessa misura in cui una lampadina funziona quando adeguata alle esigenze di chi la utilizza, fare luce. E il "funzionare" del saggio, come quello della lampadina, consiste nel rispetto di criteri oggettivi, anche se non "tecnici" nel senso stretto del termine: coerenza interna e rigore argomentativo, doti di intuizione dell'autore degli aspetti della realtà delle cose oggetto della sua trattazione, chiarezza espositiva. Per quanto riguarda il discorso della retribuzione economica, (e in qualche modo ci avviciniamo all'argomento del topic anche se in una chiave diversa), direi che è indispensabile al filosofare in modo indiretto: per filosofare bisogna vivere, per vivere occorre esaudire dei bisogni materiali tramite il denaro. Ma non trovo alcun legame diretto tra la retribuzione economica e la qualità del filosofare. La molla che motiva l'uomo verso la filosofia non può mai essere un'esigenza di guadagno, ma di disinteressato amore del sapere, la "teoria", la contemplazione di cui parlava Aristotele. Da ciò discende anche che non ha alcun senso vincolare un giudizio sulla qualità di un lavoro filosofico (ma più in generale, direi "scientifico" se come ricorda Burioni nella sua polemica contro i no-vax "la scienza non è democratica") alla quantità di persone che lo apprezzano e sono disposti a spendere per compare i libri, non c'è una necessaria corrispondenza tra successo commerciale e spessore culturale di ciò che si produce, e comunque non è al primo che il filosofo in quanto tale dovrebbe mirare.In definitiva direi l'abilità pratica-tecnica applicata alla sfera delle produzioni materiale certamente migliora e completa l'idea di essere umano inteso nella complessità delle sue doti, essendo l'essere umano non puro spirito, ma unità di anima e corpo, ma non determina il valore della sua filosofia, un ambito che ha un proprio determinato ambito di applicazione e conseguenti autonome qualità richieste per il suo esprimersi al meglio.
Citazione di: DeepIce il 07 Settembre 2018, 18:37:56 PM
Sono un uomo di 37 anni, laureato in filosofia e dottore di ricerca nella stessa materia, parlo fluentemente 3 lingue. Ho sempre avuto mille interessi (lettura, comunicazione, giornalismo, lingue); interessi che mi hanno portato a fare innumerevoli esperienze, tutte molto stimolanti e formative, ma poco o per nulla remunerative.
Fino ad una certa età, con tanti sogni nel cassetto, si pensa più ad accumulare esperienze. Poi però arriva il momento in cui ci si rende conto di non avere nulla in mano. In sostanza non riesco a trovare lavoro, di nessun tipo.
Non riesco a capire che cosa ci sia di sbagliato in me o nel mio curriculum. I datori di lavoro sembrano quasi spaventati dalla mia formazione universitaria (filosofia è una disciplina pericolosa?). A volte mi sento dire che il mio CV è troppo ricco, a volte che manca sempre qualcosa.
Sono stato anche all'estero, ma - a dispetto di quanto molti sostengono - non è affatto facile: si cercano soprattutto persone con conoscenze nel campo dell IT, dell'informatica, dell'accounting, dell'ingegneria e cose del genere.
Ho provato in settori quali il marketing, la comunicazione, il copywriting, l'editoria; settori più affini alle mia capacità ed ai miei studi...il risultato è stato ed è zero!
La cosa che mi fa sorridere è che c'è gente che mi invidia, vorrebbe avere i titoli accademici e le esperienze che ho io. Eppure mi sento un fallito. A volte mi ritrovo ad invidiare i pasticceri, i cuochi, i panettieri che trovano un lavoro facilmente, in Italia e all'estero.
Mi sento in colpa per aver fatto determinate scelte formative: se invece di perdere anni sui libri di filosofia avessi imparato un mestiere o studiato altro, forse ora sarebbe tutto più facile.
Non colpevolizzo la filosofia in quanto tale, è stata ed è la mia passione, però prendo atto che la filosofia e il mondo del lavoro sono agli antipodi.
Di Robert Hassan - dal corriere della sera - 19 marzo 2018
Nel 2017 sono aumentate le ricerche di laureati in Filosofia per la posizione di direttore di risorse umane. Lo rivela un'analisi di Manageritalia che evidenzia come questo incremento di richieste ci sia soprattutto nei casi in cui i laureati in questa facoltà abbiano conseguito un master e se a sceglierli sono manager con la stessa estrazione.
"Il perché di questa crescita sta nel fatto che le materie umanistiche, ancor più la filosofia, possono essere più prodrome di empatia ed intelligenza emotiva e nell'area del personale ce n'è tantissimo bisogno", spiega Enrico Pedretti (nella foto), direttore marketing di Manageritalia.
Citazione"Ma c'è anche un'altra e forse più recente spiegazione. Tutta questa rinnovata e inedita attenzione verso le discipline umanistiche negli atenei americani è giustificata dal fatto che la scienza e la tecnica, con lo sviluppo dell'intelligenza artificiale, stanno ponendo le basi per la distruzione di molti lavori che saranno presto svolti da robot. La preoccupazione è evidente e si corre ai ripari puntando sorprendentemente su ciò che un robot difficilmente potrà acquisire: la capacità di astrazione, la creatività, l'aspirazione verso la bellezza e l'assoluto, alla base degli studi umanistici. Così la tradizionale dicotomia tra discipline scientifiche e umanistiche oggi sembra non avere più senso. Una fusione di diversi e complementari appare fondamentale per renderci unici e insostituibili dalle macchine, allenando il nostro cervello con romanzi, poesie, ragionamenti astratti, arte e musica. E i manager, in particolare quelli delle risorse umane, sono proprio quelli che in azienda devono trovare la quadra", conclude Pedretti.
Anche da un'indagine svolta da Gidp/Hrda, associazione nazionale direttori risorse umane, emerge che aumentano le ricerche di laureati in Filosofia per la posizione di direttore di risorse umane: Filosofia, Psicologia e Giurisprudenza sono le lauree preferite dalle aziende per lavorare nel settore 'risorse umane'.
Solo al quarto posto c'è Economia e. Commercio, segue Scienze Politiche. "Sicuramente i laureati in Filosofia possono essere ottimi direttori di risorse umane perchè sono più duttili, hanno strumenti più sofisticati a disposizione nel senso che hanno una visione più sistemica della realtà", osserva Giovanni Facco, ex direttore risorse umane di Italimpianti e laureato in Filosofia. "Hanno molta apertura mentale e conoscono bene le idee dei grandi pensatori, utili per prendere decisioni in azienda", conclude Facco.
"La filosofia viene spesso associata a personaggi scollegati dalla realtà che producono pensieri astratti; al contrario, invece, è passione per il sapere, voglia di indagare sul significato delle cose e ricerca di un senso in tutto quello che facciamo", osserva Barbara Cottini, laureata in Filosofia e HR director di Gi Group, società multinazionale italiana del lavoro.
"La stretta vicinanza della funzione HR alla strategia aziendale impone di essere estremamente realisti, di aiutare l'organizzazione a reagire alla velocità di cambiamento che il mercato globale impone, fornendo un contributo sostenibile ed in linea con la volontà dell'azienda. La filosofia infatti aiuta ad acquisire un rapporto diverso con la realtà, spingendo a vedere dove altri non vedono, ad andare al di là delle apparenze, ad essere flessibile e maggiormente adattabile al cambiamento perché si è in grado di leggere il contesto e di gestire dunque con maggiore facilità persone, organizzazioni ed a governare le trasformazioni con equilibrio", conclude Barbara Cottini.
[font="Segoe UI", "Helvetica Neue", "Liberation Sans", "Nimbus Sans L", Arial, sans-serif]
Articoli correlati:
[/font]
Citazione di: DeepIce il 07 Settembre 2018, 18:37:56 PM
Sono un uomo di 37 anni, laureato in filosofia e dottore di ricerca nella stessa materia, parlo fluentemente 3 lingue. Ho sempre avuto mille interessi (lettura, comunicazione, giornalismo, lingue); interessi che mi hanno portato a fare innumerevoli esperienze, tutte molto stimolanti e formative, ma poco o per nulla remunerative.
Fino ad una certa età, con tanti sogni nel cassetto, si pensa più ad accumulare esperienze. Poi però arriva il momento in cui ci si rende conto di non avere nulla in mano. In sostanza non riesco a trovare lavoro, di nessun tipo.
Non riesco a capire che cosa ci sia di sbagliato in me o nel mio curriculum. I datori di lavoro sembrano quasi spaventati dalla mia formazione universitaria (filosofia è una disciplina pericolosa?). A volte mi sento dire che il mio CV è troppo ricco, a volte che manca sempre qualcosa.
Sono stato anche all'estero, ma - a dispetto di quanto molti sostengono - non è affatto facile: si cercano soprattutto persone con conoscenze nel campo dell IT, dell'informatica, dell'accounting, dell'ingegneria e cose del genere.
Ho provato in settori quali il marketing, la comunicazione, il copywriting, l'editoria; settori più affini alle mia capacità ed ai miei studi...il risultato è stato ed è zero!
La cosa che mi fa sorridere è che c'è gente che mi invidia, vorrebbe avere i titoli accademici e le esperienze che ho io. Eppure mi sento un fallito. A volte mi ritrovo ad invidiare i pasticceri, i cuochi, i panettieri che trovano un lavoro facilmente, in Italia e all'estero.
Mi sento in colpa per aver fatto determinate scelte formative: se invece di perdere anni sui libri di filosofia avessi imparato un mestiere o studiato altro, forse ora sarebbe tutto più facile.
Non colpevolizzo la filosofia in quanto tale, è stata ed è la mia passione, però prendo atto che la filosofia e il mondo del lavoro sono agli antipodi.
Ti racconto la mia esperienza,che seppur diversa , in qualche modo conferma (o forse no ) le tue conclusioni.
Sono in possesso da qualche decennio di uno dei lavori che tu invidi , nonché di passione per il filosofare , cresciuta nel frattempo .
Che differenza c'è fra me e i miei colleghi in genere?
Capisco meglio il contesto in cui lavoro , e non intendo solo dal punto di vista professionale.
Questo mi avrebbe consentito di far carriera , se avessi voluto.
Perché so farmi le mie ragioni e ho il rispetto , e forse perfino il timore dei miei superiori .Hanno provato in tutti in modi di promuovermi , per placarmi immagino,ma senza riuscirci,perché ho anche la fortuna di fare un lavoro che mi piace.Per contro sono diventato un alieno per i miei colleghi i quali parimenti mi temono , con mio dispiacere.
Forse la filosofia non serve a trovare un lavoro , è vero , ma serve per tutto il resto.
Quindi cerca un lavoro qualsiasi , possibilmente che non ti piaccia 😅 , e poi accetta tutte le promozioni che verrano....quasi da se'.
Da cosa nasce cosa ......se si possiede un buon concime ..... da non spargere sul curriculum pero'.😅
Per farsi temere c'è tempo, anche se detto così non suona bene e io non l'ho cercato.
Citazione di: Phil il 10 Settembre 2018, 12:41:16 PMDice Aristotele (Metafisica, A, 2, 982a-983a): "se è vero che gli uomini si diedero a filosofare con lo scopo di sfuggire all'ignoranza, è evidente che essi perseguivano la scienza col puro scopo di sapere e non per qualche bisogno pratico. E ne è testimonianza anche il corso degli eventi, giacche solo quando furono a loro disposizione tutti i mezzi indispensabili alla vita e quelli che procurano benessere e agiatezza, gli uomini incominciarono a darsi ad una tale sorta di indagine scientifica" (per Aristotele il concetto di "scienza" era affine a quello di filosofia, intesa come "scienza del sapere", e d'altronde oggi abbiamo, se non erro, corsi di laurea in "scienze filosofiche"). Adesso la società non è certo quella dei tempi di Aristotele, ma resta vero che una pancia vuota cerca cibo e con la sola filosofia (dati alla mano) non lo troverà facilmente. Questo è il senso che volevo dare a "primum vivere", quando l'ho citato in precedenza. Ognuno ha inevitabilmente una sua visione del mondo, eppure non direi che, banalmente, tutti fanno filosofia: certo, tutti ragionano, eppure quel tipo di "philein" categorizzante, tipico della filosofia, non risiede tutte le menti (per fortuna, altrimenti ci estingueremmo presto ;D ). Tutti riordiniamo la casa, magari compriamo suppellettili o spostiamo qualche mobile, di tanto in tanto, ma non per questo direi che ci possiamo tutti considerare architetti o arredatori di interni (al di là dell'esser pagati o meno per farlo). "Decidere di non filosofare è già filosofare"? Non ricordo il contesto in cui Hegel (e forse non per primo) diede alla luce tale aforisma, tuttavia, se qualcuno dice che non vuole avere a che fare con la filosofia, le cui questioni giudica prive di interesse, fa certamente una affermazione filosofica (che non significa fare filosofia) solo se ha meditato adeguatamente su tale scelta; se invece (più plausibilmente) è un giudizio dettato da noncuranza, altri interessi o rifiuto del pensare a certi temi, non me la sentirei di dire che tale soggetto stia davvero facendo filosofia (tantomeno che sia un filosofo). Mi pare che, salvo eccezioni, se si vuole lavorare e mangiare con la Filosofia, ci si debba rivolgere all'insegnamento (a tutti i livelli), se invece si vuole lavorare e mangiare "con filosofia" (e/o avere l'hobby della filosofia) è irrilevante il lavoro che si svolge; per fare filosofia, come dicevo, bastano matita e foglio, sebbene sia consigliato farla a stomaco pieno... fermo restando che, ironicamente, il disoccupato cronico e il milionario ozioso (essendosi estinta la possibilità di essere mantenuti da mecenati) sono quelli che hanno maggior tempo da dedicare alla filosofia (sia la loro o di altri).
Aristotele in questo caso (come in svariati altri) ha completamente sbagliato valutazione anche solo dal punto di vista logico, perchè se si vuole sfuggire all'ignoranza bisogna prima di tutto esserne consapevoli, e ciò presuppone già un ragionamento di tipo "filosofico"; inoltre il "bisogno" di sapere conseguente alla consapevolezza della propria ignoranza è del tutto assimilabile a quello di mangiare o di bere, altrimenti non avrebbe alcun senso dato che glia animali non "filosofano" perchè non hanno alcuna necessità di farlo. Poi la storia della "pancia vuota" è una bufala bella e buona, perchè l'uomo, da che esiste, vive in comunità e per elaborare una qualsiasi organizzazione sociale, anche semplice, è necessaria una "visione" e quindi una filosofia. I più antichi insediamenti umani conosciuti mostrano come uomini di decine di migliaia di anni fa possedessero un concetto di "sacro" e lo esprimessero simbolicamente, e il sacro è già un concetto filosofico complesso, dunque se Aristotele non era in grado di vedere oltre la Grecia del suo tempo o di poco prima Platone prima di lui aveva compreso molto di più quando affermava che la "sapienza" (dall'amore per la quale nasce il termine "filosofia") era qualcosa da riscoprire, qualcosa che era già stato vissuto in tempi passati e poi si era perso, forse proprio per privilegiare la soddisfazione dei "bisogni pratici" che diventano dunque il sostituto moderno della filosofia e non il presupposto della sua nascita. Del resto questo è il periodo in cui i "bisogni pratici" sono soddisfatti come mai prima nella storia, eppure è anche quello in cui l'amore per la sapienza è giunto al suo più basso livello conosciuto, e i vari milionari che potrebbero vivere teoricamente migliaia di vite senza la preoccupazione dei "bisogni pratici" continuano non a caso a voler guadagnare sempre di più anzichè occuparsi di filosofia, forse proprio perchè la loro "filosofia" è proprio questa.
Citazione di: Phil il 10 Settembre 2018, 12:41:16 PM
Citazione di: donquixote il 09 Settembre 2018, 22:21:49 PMMortificare quindi i propri valori individuali e quelli morali [...] sacrificandoli sull'altare della "sopravvivenza" è la palese abdicazione dalla più pura umanità come concetto filosofico per trasformarlo in un puro concetto biologico, e nemmeno "animalesco" perchè gli animali hanno un istinto di sopravvivenza che tende all'equilibrio ed all'armonia, ma "bestiale" poichè l'animale uomo è essenzialmente squilibrato e sono proprio la cultura e la "filosofia" ad assumere il compito di controllare e dominare questo squilibrio.
E se fossero state proprio la cultura e la filosofia (con la sua hybris) a mutare l'animalità dell'uomo in bestialità squilibrata? I danni all'ambiente, le problematiche sociali e il biasimato "regime dittatoriale dell'economia", non sono forse figli della nostra cultura e di una certa filosofia che li ha alimentati, piuttosto che domarli?
È invece esattamente l'opposto, perchè se la filosofia è un tipo di espressione dell'intelletto umano è da quest'ultimo che bisogna partire se si vuole comprendere le sue espressioni. la hybris non è un concetto filosofico ma psicologico (o meglio una caratteristica psicologica che è stata concettualizzata filosoficamente), e la progressiva incidenza di tale caratteristica nell'animo umano ha consentito e agevolato l'elaborazione delle "filosofie" che vediamo oggi, oltre all'aumento dell'ignoranza e dell'umanismo (homo sum, humani nihil a me alienum puto - Publio Terenzio Afro) che ha permesso di giudicare "positiva" questa caratteristica solo in quanto "umana".
@donquixote
Certamente il sacro è già una forma (arcaica) di filosofia, eppure... si può mangiare senza aver fatto filosofia, ma si può fare filosofia senza aver mangiato?
Probabilmente intendi la filosofia semplicemente come sinonimo di ragionamento, visione del mondo; è una sua interpretazione legittima, sebbene Aristotele e io la identifichiamo con qualcosa di meno estemporaneo e improvvisato.
Sul rapporto filosofia e bestialità, mi sembra che in fondo confermi quanto proponevo (anche se esordisci con "è invece esattamente l'opposto"), ovvero che la filosofia (dominante) è causa della (per te spiacevole) situazione attuale più di quanto ne sia moderatrice ed emendatrice (oppure ho frainteso?).
P.s.
La hybris è un concetto filosofico-letterario, più che psicologico:
https://it.wikipedia.org/wiki/Hybris