Per millenni l'enigma del tempo è stato uno dei più affascinanti e complicati. Il tempo ci è così immediato e intuitivo ma anche così misterioso. Famosissima la frase di Agostino: "Se nessuno me lo chiede, lo so; se cerco di spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so".
Nell'ultimo secolo però le cose sono cambiate incredibilmente. Dopo millenni di moltitudini eterogenee di riflessioni senza fondamento, grazie ad Einstein ora siamo riusciti a penetrare la corazza dura del mistero. Ancora molto ci manca, ma i primi passi sono stati fatti.
Nell'ultimo periodo ho letto il libro "L'ordine del Tempo" di Carlo Rovelli: lo consiglio a tutti. Rovelli è davvero molto bravo a presentare cose difficili e fuori dall'ordinario in modo comprensibile, ed ha anche un bello stile. A tratti è pure commovente. :D
Detto questo, in questo topic mi piacerebbe prima di tutto illustrare cosa sappiamo del tempo grazie ai risultati della fisica. (Le parti tra virgolette sono tratte direttamente dal libro di Rovelli.)
I risultati della fisica li considererò come i punti cardinali per poi sviluppare alcune mie personali riflessioni filosofiche nella parte seconda. Quindi in questo topic non sono interessato alla discussione sui fondamenti epistemologici della fisica in particolare, o della conoscenza umana in particolare.
PARTE PRIMA: LA FISICA
RELATIVITÀ
Più siamo vicini ad una massa e più questa massa è grande, più il tempo rallenta. Ciò può sembrare assurdo. Un orologio posto su di un tavolo andrà più veloce rispetto ad un orologio posto sul pavimento. Questo è misurabile, non è un'ipotesi fantastica e infondata.
"Due amici si separano, uno va a vivere in pianura, l'altro in montagna. Dopo anni si ritrovano: quello in pianura ha vissuto meno, è invecchiato meno, il pendolo del suo cucù ha oscillato meno volte, ha avuto meno tempo per fare cose, le sue piante sono cresciute meno, i suoi pensieri hanno avuto meno tempo per svolgersi..."
Quale orologio è il più corretto? Questa domanda non ha senso. Ogni punto spaziotemporale ha quello che viene chiamato "tempo proprio". Non c'è un unico tempo, quindi, a cui ogni evento si coordina.
"La singola quantità «tempo» si frantuma in una ragnatela di tempi. Non descriviamo come il mondo evolve nel tempo: descriviamo le cose evolvere in tempi locali e i tempi locali evolvere uno rispetto all'altro. Il mondo non è come un plotone che avanza al ritmo di un comandante. È una rete di eventi che si influenzano l'un l'altro."
Altra scoperta sorprendente: non solo la massa rallenta il tempo, ma anche la velocità. Quindi se un amico sta fermo e l'altro si muove, il tempo passerà più lentamente per l'amico in movimento. Anche questo è un fatto solido, misurabile.
"Non solo non esiste un tempo comune a diversi luoghi, ma non esiste neppure un tempo unico in un singolo luogo. Una durata può solo essere associata a un movimento di qualcosa, a un percorso dato. Il «tempo proprio» non dipende solo da dove si è, dalla vicinanza o meno di masse, dipende anche dalla velocità a cui ci muoviamo."
Tutto ciò comporta uno dei fatti più pazzeschi e incredibili che l'uomo abbia mai scoperto: il concetto di presente, passato e futuro è relativo!
"Cosa sta accadendo adesso in un luogo lontano? Per esempio, immaginiamo che mia sorella sia andata su Proxima b, il pianeta scoperto da poco, che ruota attorno a una stella vicina, a circa quattro anni luce di distanza da noi. Domanda: cosa sta facendo adesso mia sorella su Proxima b?
La risposta corretta è che la domanda non ha senso. È come chiedersi, stando a Venezia: «Cosa c'è qui, a Pechino?». Non ha senso, perché se dico «qui» e sono a Venezia faccio riferimento a un luogo che sta a Venezia, non a Pechino. [...] Non c'è nessuno speciale momento su Proxima b che corrisponda a quello che qui e ora è il presente."
Il concetto di presente è sensato vicino a noi. Filosofi per secoli hanno sempre immaginato di potersi riferire all'universo nella sua interezza in un dato istante temporale, ma ciò non è possibile, non ha senso.
"Il nostro «presente» non si estende a tutto l'universo. È come una bolla vicino a noi.
Quanto è estesa questa bolla? Dipende dalla precisione con cui determiniamo il tempo. Se è di nanosecondi, il presente è definito solo per pochi metri, se è di millisecondi, il presente è definito per chilometri. Noi umani distinguiamo a malapena i decimi di secondo, e possiamo tranquillamente considerare l'intero pianeta Terra come un'unica bolla, dove parliamo del presente come di un istante comune a tutti noi. Non più in là.
Più in là c'è il nostro passato (gli avvenimenti accaduti prima di quello che possiamo vedere). C'è il nostro futuro (gli avvenimenti che accadranno dopo il momento in cui, da là, si può vedere il qui e ora). Ma fra gli uni e gli altri c'è un intervallo che non è né passato né futuro e ha una durata: 15 minuti su Marte, 8 anni su Proxima b, milioni di anni nella galassia di Andromeda. È il presente esteso. Forse la più grande e strana fra le scoperte di Albert Einstein."
Sì è sempre pensato alla relazione temporale come ad una relazione d'ordine completa: cioè ogni evento è o prima o dopo o contemporaneo ad un altro evento. Ciò si è rivelato falso, l'ordine temporale è di tipo parziale. Significa che ci sono elementi non comparabili: su Marte ci sono 15 minuti che non sono né presente, né passato, né futuro. E' qualcosa a cui l'uomo non aveva mai pensato prima! Il termine tecnico è "presente esteso". Addio quindi all'idea ingenua che l'universo spaziale evolva di istante in istante...
MECCANICA QUANTISTICA
La meccanica quantistica introduce un altro concetto pazzesco: l'indeterminazione. Per esempio, non è possibile prevedere dove apparirà un elettrone perché finché la posizione dell'elettrone non viene misurata, esso non ha una posizione precisa, si dice che sia in "sovrapposizione" di posizioni.
Ma la sovrapposizione non riguarda solo le particelle. "Lo spaziotempo è un oggetto fisico come un elettrone. Anch'esso fluttua. Anch'esso può essere in una «sovrapposizione» di configurazioni diverse. [...] Anche la distinzione fra presente, passato e futuro diventa quindi fluttuante, indeterminata. Come una particella può essere diffusa nello spazio, così la differenza fra passato e futuro può fluttuare: un avvenimento può essere insieme prima e dopo un altro."
"«Fluttuazione» non significa che quello che accade non sia mai determinato; significa che è determinato solo in alcuni momenti e in maniera imprevedibile. L'indeterminazione si risolve quando una quantità interagisce con qualcos'altro. Nell'interazione, un elettrone si materializza in un punto preciso. Per esempio, colpisce uno schermo, è catturato da un rivelatore di particelle, o collide con un fotone; prende una posizione concreta."
Il campo gravitazionale, che può modificare lo spaziotempo, è anch'esso un'entità quantistica, quindi in sovrapposizione di stati quando non interagisce con qualcosa. Quando lo fa, le durate temporali diventano determinate solo per quel qualcosa con cui ha interagito, mentre per il resto dell'universo l'indeterminazione rimane.
TIRANDO LE SOMME
Cosa ci resta del tempo? "Il tempo non è unico: c'è una durata diversa per ogni traiettoria; passa a ritmi diversi secondo il luogo e secondo la velocità.[...] La nozione di «presente» non funziona: nel vasto universo non c'è nulla che possiamo ragionevolmente chiamare «presente». Il sostrato che determina le durate del tempo non è un'entità indipendente, diversa dalle altre che costituiscono il mondo; è un aspetto di un campo dinamico. Questo salta, fluttua, si concretizza solo interagendo [...]"
Come si descrive un mondo in cui non è ben definito, passato, presente e futuro, e le durate sono alcune volte in sovrapposizione quantistica? Un mondo senza la famosa e unica variabile t?
"Una cosa è il tempo con le sue molte determinazioni, altra è il semplice fatto che le cose non «sono»: accadono.
L'assenza della quantità «tempo» nelle equazioni fondamentali non significa un mondo congelato e immobile. Al contrario, significa un mondo dove il cambiamento è ubiquo, senza essere ordinato da Padre Tempo: senza che gli innumerevoli accadimenti si dispongano necessariamente in bell'ordine, né lungo la singola linea del tempo Newtoniano, né secondo le eleganti geometrie Einsteiniane. Gli eventi del mondo non si mettono in fila come gli inglesi. Si accalcano caotici come gli italiani.
Ma sono avvenimenti, cambiare, accadere. L'accadere è diffuso, sparso, disordinato, ma è accadere, non stasi. Gli orologi che vanno a velocità diverse non definiscono un unico tempo, ma le posizioni delle loro lancette cambiano una rispetto all'altra. Le equazioni fondamentali non includono una variabile tempo, ma includono variabili che cambiano le une rispetto alle altre. Il tempo, suggeriva Aristotele, è la misura del cambiamento; variabili diverse possono essere scelte per misurare il cambiamento e nessuna di queste ha tutte le caratteristiche del tempo della nostra esperienza; ma ciò non toglie il fatto che il mondo sia incessante cambiare.
Tutta l'evoluzione della scienza indica che la migliore grammatica per pensare il mondo sia quella del cambiamento, non quella della permanenza."
PARTE SECONDA: LE MIE RIFLESSIONI
Sopra le fondamenta solide. Ora provo a costruirci qualcosa sopra, spero di non troppo traballante. ;D
La filosofia nei millenni ha prodotto molte fantasie incredibili, ma nessuno si era spinto a tanto: presente, futuro e passato sono definiti solo vicino a noi, poi esiste qualcosa che non è né passato né futuro né presente e a volte si possono avere eventi che sono sia passati che futuri nello stesso momento. Fermiamoci un attimo a considerare tutto questo... è davvero tanto da digerire!
PER LA FISICA IL TEMPO È ILLUSORIO?
Spesso si sente dire in discussioni filosofiche che la fisica ha dimostrato che il tempo non esiste. Non sono d'accordo (e non lo è neppure Rovelli). Quello che sappiamo è che il tempo è un qualcosa di molto più complesso di quello che pensavamo. Allo stato attuale della fisica il tempo c'è eccome... ma attualmente disponiamo di due teorie potentissime e formidabili, una per il mondo macroscopico e l'altro per il mondo microscopico, ma non sono state ancora unificate. Da qui la ricerca di una teoria che unisca entrambe le teorie. I due candidati più famosi sono: la teoria delle stringhe e la teoria della gravità quantistica a loop (l'area di ricerca di Rovelli).
Nella teoria delle stringhe il tempo è una dimensione legittima, insieme a molte altre dimensioni spaziali. Quindi qui nessun problema. Nella teoria della gravita quantistica a loop, invece, sembra che qui le cose si facciano più particolari: la sua equazione fondamentale (l'equazione di Wheeler-DeWitt) non contiene la variabile temporale. Tuttavia lungi dall'abbandonare il concetto di tempo, se questo è da considerare come misura del cambiamento: infatti per tale teoria il concetto di cambiamento è fondamentale (come ho riportato più sopra con le parole di Rovelli), cioè non esiste la variabile temporale, ma si descrivono come i sistemi cambino l'uno in relazione agli altri.
Tirando le somme, né per l'attuale situazione della fisica, né per quello che sarà probabilmente la fisica del futuro prossimo, il mondo è senza tempo. Il tempo, inteso come misura del cambiamento, è invece ubiquo.
PER ME IL TEMPO È ILLUSORIO?
Certo, il tempo è molto diverso da quanto intuitivamente credevamo. Ma questo accade sempre quando qualcosa viene analizzato a fondo: ciò è semplicemente il risultato del nostro aumento di conoscenza. Per esempio, ora sappiamo che l'acqua è composta da ossigeno e idrogeno, e che può avere comportamenti strani in circostanze fisiche strane. Ma non di meno l'acqua continua ad esistere.
Le domande interessanti a cui chi sostiene l'illusorietà del tempo dovrebbe rispondere sono:
1. Perché un modello di mondo dove nulla cambia sarebbe migliore di un modello di mondo in cambiamento?
2. Come spieghiamo la nostra visione scientifica del mondo in cambiamento?
2. Come spieghiamo la nostra visione soggettiva del cambiamento?
3. Come possiamo avere una vita soggettiva senza che vi sia un qualche tipo di cambiamento?
Alcuni sostengono una qualche forma di teoria dell'universo-blocco, secondo la quale tutto lo spaziotempo è cristallizzato e tutto presente. Altri sostengono la teoria opposta secondo la quale il tempo scorre, e che quindi il presente avanza.
A me sembra che entrambe le posizioni poggino su confusioni linguistiche. Mi spiego meglio con un esempio. Prendiamo i numeri naturali (0, 1, 2, ...). Possiamo considerarli come una serie incrementale, che tende all'infinito (infinito potenziale), oppure possiamo considerali come un insieme nella sua interezza, dove ogni numero è già presente (infinito attuale). Ma avrebbe un senso la diatriba tra chi afferma che i numeri naturali sono una serie crescente e chi afferma che invece i numeri naturali sono un insieme infinito? No, la diatriba non avrebbe senso perché la questione è semplicemente in che modo vogliamo vedere le cose. A volte ci risulta più utile considerare i numeri naturali come una serie crescente, altre volte come un insieme... dipende dal contesto e dagli scopi della discussione. Non c'è nulla di sostanziale da discutere... come non è più vero un ordine cronologico di una gruppo di libri rispetto al suo ordine alfabetico.
E così è anche per il tempo. Alcune volte è comodo consideralo come un flusso, altre volte ci è più congeniale parlare dello spaziotempo nella sua interezza. Dipende dalle nostre necessità di analisi. Riguardo all'universo-blocco, che senso ha dire che tutto lo spaziotempo è presente? Nessuno. Ma magari si vuole dire dell'altro e cioè che lo spaziotempo è atemporale: ma anche qui ci sono problemi linguistici notevoli. E' ovvio che se vuoi vedere tempo da fuori avrai una visione atemporale del tempo, ma questa è una tautologia... cioè hai una visione del tempo atemporale proprio perché hai voluto osservare il tempo senza considerare il tempo. E per chi vede il tempo come flusso, che cosa intende veramente? Noi ci immaginiamo che ci spostiamo nel tempo, ma anche questo non ha senso senza ipotizzare una seconda dimensione temporale (!). E' più appropriato dire che noi siamo nel tempo, cioè abbiamo sia un'estensione spaziale sia un'estensione temporale... o semplicemente che le cose cambiano. Tutto qui.
E LA FRECCIA DEL TEMPO?
Se rompo un bicchiere, poi il bicchiere non si ricompone. Il tempo pare irreversibile: questa è la freccia del tempo.
Il problema è che sembra che tutte le leggi fondamentali del mondo microscopico siano reversibili. Cioè, se un evento è fisicamente possibile allora è fisicamente possibile anche tale evento che si svolge temporalmente alla rovescia.
Il secondo principio della termodinamica (che asserisce che l'entropia non decresce in un sistema chiuso) invece non è reversibile. Molti quindi identificano tale principio con la freccia del tempo. Tuttavia tale principio è un principio stocastico (vale mooolto spesso, ma non sempre ed in ogni caso) e, soprattutto, riguarda il mondo macroscopico.
Come derivare un processo irreversibile (per la seconda legge della termodinamica) dalle leggi fondamentali che sono reversibili è tuttora un problema aperto: è chiamato Paradosso di Loschmidt. Ci sono ipotesi (come quelle di Rovelli), ma nulla di ben fondato e accettato dalla comunità scientifica. Inoltre alcune ipotesi recenti stanno considerando come l'irreversibilità possa essere presente anche nel mondo microscopico.
Detto questo, non si capisce se l'orientamento del tempo sia una proprietà del mondo solo macroscopico oppure lo sia anche di quello microscopico. Ma anche se fosse una proprietà solo del microscopico, non cambierebbe il fatto che nel mondo macroscopico i bicchieri non si ricompongano da soli, le persone non ringiovaniscono,... L'irreversibilità è onnipresente nel macroscopico. Scoprire che la freccia del tempo sia una proprietà emergente (quindi non presente a livello elementare) non cambia il fatto che tale freccia ci sia. Anche il calore non è una proprietà fondamentale della realtà, ma esistono oggetti caldi! E anche un tavolo è un mucchietto di particelle, ma questo non cambia che il tavolo esista.
p.s. Chissà se Apeiron mi bacchetterà sulla parte fisica. ;D ;D
ciao epicurus :)
penso tu abbia messo troppa carne a cuocere ;D
Sulla prima parte riguardante la relatività io sono abbastanza d'accordo. Dico solo abbastanza perche non si può mai sapere, magari ho letto male ;D
Su quella riguardante la meccanica quantistica un po' meno. Credo che l'idea di far fluttuare in modo indeterminato lo spazio/tempo sia solo una buona idea. Ma le idee rimangono tali se non si produce qualche tipo di fonte autorevole che le sostenga. Attualmente io non conosco alcuna fonte autorevole. Cioè se chiedo alla comunità scientifica se quella fa parte di una teoria consolidata mi aspetto di ricevere solo una risposta ovvero NO!
Pero mi lascio nel dubbio... come al solito :D magari hai ragione tu.
Io avrei detto invece che per la meccanica quantistica il tempo è un parametro. E non mi sembra della stessa sostanza e rilevanza data al tempo,assieme allo spazio, in relatività che definiscono invece delle dimensioni.
Poi dovremmo intenderci a cosa ci stiamo riferendo quando parliamo di meccanica quantistica.
Ad esempio se un sistema quantistico evolve lo fa in riferimento al parametro t il quale non essendo una dimensione simile a quella della relatività, non causa i problemi che ci ritroviamo nel mondo classico. Ad esempio la cosa piu importante (secondo me) è che l'evoluzione di un sistema quantistico non fa aumentare l'entropia. Per cui se anche fosse vero che la freccia del tempo è regolata dal secondo principio della termodinamica, questo non varrebbe per i sistemi quantistici.
Ma non voglio mettere altra carne a cuocere altrimenti poi aperion appena ci legge si metterà le mani nei capelli non sapendo da dove incominciare a graffiare ;D
Io invece, nelle mie riflessioni sul tempo e sulla relazione fra i due pilastri (relatività e m.q.) ho trovato un altro problema. Forse un poì troppo sofisticato che andrebbe spiegato nei minimi dettagli. Io cercherò di farlo invece come meglio posso.
Riguarda l'entanglement (due sistemi quantistici praticamente uguali su cui poi si faranno gli esperimenti).
In meccanica quantistica ci sono vari modi di guardare ai problemi che partorisce. Ad esempio se un fisico misura lo stato di un sistema questo sistema, precedentemente in soprapposizione, collassa. Vuol dire che il sistema quantistico formato da due stati in sovrapposizione, nel momento della misura (o se vogliamo dell'interazione con uno strumento di misura) mostra solo uno dei due stati. La domanda che ci si faceva: ma l'altro stato che fine fa? La risposta un po' laconica era: collassa. Vuol dire che sparisce. Questa è solo una delle risposte. Molti invece ritengono che non sia necessario fare mensione del collasso. Cosa abbiamo allora? Abbiamo una probabilità che esca uno stato e la probabilità che esca il suo opposto. A questo punto l'idea che il sistema quantistico sia una entità fisica reale decade. Ci rimane però la misura di uno stato dedotto a priori solo da una probabilità...giusto?
Ora prendiamo due sistemi entangled e li misuriamo a distanza facendo valere la questione dei tempi non sovrapponibili. Cioè, come dicevi tu, io sto facendo una cosa ora, posso sapere cosa stai facendo tu nel mio preciso istante? No, è come se mi domandassi cosa sto facendo io al posto tuo. Siccome non siamo sovrapponibili ognuno vive nel suo spazio/tempo e la questione del confronto fra i due eventi non si pone nemmeno.
Però ora io e te abbiamo tra le mani (per modo di dire) due sistemi quantistici uguali, e la questione di cosa faccio io su quel sistema o cosa ne hai fatto tu può non riguardarci, ma come fanno i sistemi a rimenere con gli stati coordinati se il loro stato dipende da quello che noi nei nostri rispettivi tempi, gli facciamo?
Un fisico (non tutti per carità, giusto alcuni che ho interpellato) darebbe questa risposta (la riporto con altre parole, io ci ho messo un bel po' per comprendere il loro linguaggio ;D e alle volte non sono nemmeno sicuro di averlo capito bene bene): lo stato mostrato da un sistema non dipende dal tempo. Ovvero non dipende da quando è stato misurato (da chi o da chi per primo). L'unica cosa a cui si può far riferimento è la probabilità che un evento accada.
Non salgo su facili carri di vincitori. Però se un evento accade ma non abbiamo alcun motivo di ritenere responsabile (la causa) una misura fatta nel tempo...cosa può voler suggerire?
Io mi sono fatto delle idee...ma sono ancora in elaborazione ;)
A me sembra che con questa moda del quantistico si stia verificando un fenomeno in realtà vecchissimo: il pescare nel torbido. Cioè, in tanti hanno sentito l'odore attraente dell'imbroglio, adatto a sfruttare le menti meno critiche, per sfruttarlo per trasmettere ignoranza, fantasie, acriticità.
La sostanza di questo torbido sta nel mescolare mancanza di chiarezze tra i fisici e manca di chiarezze tra i filosofi.
Il fatto che le ricerche sulla relatività e sulla fisica quantistica mettano in questione certe idee tradizionali riguardo al tempo non significa affatto che ora possiamo metterci a giocare liberamente con idee da fiaba, come ritorni nel passato o viaggi nel futuro. Queste fiabe sono possibili perché si mescolano confusioni fisiche sul tempo con confusioni filosofiche sull'essere.
Mi pare che nessun fisico abbia mai detto che sia possibile tornare al passato. Quest'idea del ritorno deriva solo dal nostro pensare il passato schematicamente, come la parte di una linea che, rispetto a un punto, che indicherebbe il presente, sta da una parte; dalla parte opposta starebbe il futuro. Ma queste sono solo fantasie della nostra mente. Il tempo non è una linea; esso può essere calcolato, individuato in qualche sua caratteristica, ma non certo definito, compreso nella sua essenza, per un motivo molto semplice: perché ci siamo dentro, ne siamo costituiti, e quindi ne siamo condizionati proprio mentre tentiamo di definirlo. Qualsiasi nostra comprensione del tempo è inevitabilmente condizionata da esso stesso, perché non abbiamo nessuna possibilità di prendere le distanze da esso.
Se però preferiamo il piacere di giocare, divertirci, fantasticare con le idee, è un altro discorso, che nessuno può vietare, ma è un discorso che non credo meriti di essre chiamato filosofia e non credo sia giusto spacciarlo per qualcosa che si sia misurato con la critica; il suo difetto essenziale è proprio questo: la carenza di confronto con la critica, carenza di autocritica.
X Epicurus
Il mio "atteggiamento di fondo" (piuttosto filosofico che scientifico), molto diverso dal tuo, mi porta inevitabilmente a profondissimi dissensi.
Io per esempio sono molto interessato alla discussione sui fondamenti gnoseologici ed epistemologici della fisica in particolare e della scienza in generale, nonché della conoscenza (che non é limitata alla sola conoscenza scientifica) ancor più in generale.
Credo di avere una discreta comprensione (anche se da analizzare criticamente) di cosa significhi il fatto che Più siamo vicini ad una massa e più questa massa è grande, più i movimenti (propri dei "pezzi di realtà" più o meno vicini alla più o meno grande massa che consideriamo) rallentano: per esempio che –senza alcun particolare elemento di nemmeno apparente assurdità a mio parere- Un orologio posto su di un tavolo andrà più veloce rispetto ad un orologio posto sul pavimento.
Mentre non riesco ad attribuire alcun significato comprensibile all' affermazione secondo cui "Più siamo vicini ad una massa e più questa massa è grande, più il tempo rallenta". Ovvero (o infatti). "Ciò" mi sembra decisamente "assurdo".
Infatti il tempo é un aspetto del mutamento, accanto ad altri aspetti come le qualità delle cose che mutano o le loro posizioni.
Non ha senso un concetto di "tempo" che prescindendo da qualcosa che muta (qualitativamente o topologicamente) e acceleri o deceleri, mentre ha senso il concetto di "movimento –i" che acceleri –no o deceleri –no nel tempo rispetto ad un altro o a più altri movimenti (cioè che si compiano in tempi più brevi -e non più veloci- o più lunghi -e non più lenti- rispettivamente relativamente a quelli di tale altro o tali altri movimenti).
Per quanto riguarda la realtà fisica – materiale (che a mio parere non esaurisce affatto la realtà empiricamente accessibile, osservabile, in toto), la sua conoscenza scientifica prescinde dallo studiare le "qualità secondarie" per concentrarsi sulle "qualità primarie" e mi sembra di poter dire, in sostanziale accordo con una geniale intuizione degli antichi filosofi atomisti, riduce i mutamenti (in quanto per l' appunto scientificamente conoscibili) a dislocazioni (cioè mutamenti di posizioni) spaziali.
Ma il mutamento in generale, e il mutamento dei rapporti spaziali fra enti ed eventi in particolare, é inevitabilmente (intrinsecamente) relativo: qualsiasi cosa si muove o sta ferma non in assoluto (che non avrebbe senso) ma relativamente a qualche altra cosa.
E così pure la velocità di qualsiasi mutamento (in generale; e in particolare di qualsiasi mutamento di luogo, ovvero dislocazione; tipo di mutamento sul quale direi di fissare la nostra attenzione, in quanto le considerazioni che sto facendo sono particolarmente comprensibili a proposito di esso, ma valide in generale -mutatis mutandis, ovviamente- per qualsiasi tipo di mutamento; e anche in quanto mi pare di poter dire che sia in sostanza il mutamento al quale la conoscenza scientifica riduce tutti gli altri tipi qualitativi di mutamento).
Ora, da questa relatività intrinseca al mutamento non può prescindersi nemmeno nel considerare il tempo in quanto "caratteristica misurabile" del movimento (e in generale del mutamento).
Dunque certi movimenti -e non tempi, che invece saranno più o meno lunghi- saranno più o meno rapidi rispetto a certi altri e non in assoluto.
Ovvero qualsiasi movimento ciclico o periodico (naturale o artificiale) si impieghi come "orologio" per misurare le velocità di qualsiasi (altro) movimento, le misure ottenute saranno relative al movimento ciclico o periodico stesso assunto arbitrariamente come di velocità costante, mentre di fatto potrebbe benissimo variare rispetto a quella di qualsiasi altro movimento ciclico o periodico; oppure potrebbe essere "del tutto legittimamente", correttamente considerata costante la velocità dei moti che tale movimento ciclico o periodico stesso assunto arbitrariamente come di velocità costante (che tale "orologio") rilevasse (relativamente a sé e ai suoi propri moti ciclici o periodici!) variare ed invece "inversamente" variabile (relativamente a quelle dei movimenti da esso "misurati", considerata costante) la velocità dell' "orologio" stesso e dei suoi propri movimenti ciclici o periodici.
Per esempio i moti rivoluzione e di rotazione terrestre si assumono "con buona approssimazione" come di velocità costante (ma lo stesso discorso vale pari pari per i moti periodici subatomici e/o le propagazioni di onde elettromagnetiche o altro che si sono successivamente adottati come "orologi" in quanto molto più precisi e tali da evidenziare il minimo, difficilmente apprezzabile rallentamento cui vanno incontro rotazione e rivoluzione terrestre); ma nulla vieta di ipotizzare l' osservazione di un altro moto ciclico o periodico nell' universo rispetto al quale rotazione e rivoluzione terrestre (e allo stesso identico moto i moti subatomici che li hanno sostituiti per una più precisa misurazione del tempo) accelera o decelera (e non avrebbe assolutamente alcun senso dire che accelerano i nostri "attuali "orologi naturali" piuttosto che decelerare questo moto ciclico o periodico "di nuova osservazione" o viceversa che decelerano i nostri "attuali "orologi naturali" piuttosto che accelerare questo moto ciclico o periodico "di nuova osservazione", dal momento che le rispettive velocità sono inevitabilmente relative).
Dunque comprendo bene che significa l' affermazione che le velocità dei movimenti possono, relativamente le une alle altre, accelerare o decelerare (nel tempo) a seconda della maggiore o minore forza di gravità subita dagli oggetti nei quali o fra i quali tali movimenti accadessero (compresi i più svariati tipi di orologi, naturali o artificiali e i movimenti delle rispettive "lancette più o meno metaforiche"), mentre non vedo che cosa potrebbe significare che accelera o decelera il tempo.
E nemmeno so rilevare un senso nell' affermazione "non solo la massa rallenta il tempo, ma anche la velocità. Quindi se un amico sta fermo e l'altro si muove, il tempo passerà più lentamente per l'amico in movimento".
Infatti i moti sono relativi, e dunque dire che uno dei due amici (l' "amico1") é fermo rispetto a me mentre l' altro (l' "amico2") si muove rispetto a me é esattamente la stessa cosa che dire che io e l' "amico1" ci muoviamo rispetto all' "amico2" il quale é fermo rispetto a qualche altro riferimento.
Avrebbe casomai senso affermare che fra due "parti di realtà fisica materiale" arbitrariamente considerabili, una delle quali ("parte A") si muovesse rispetto a una terza parte ("parte C") mentre l' altra ("parte B") fosse ferma rispetto alla medesima terza parte ("parte C") persa arbitrariamente come riferimento, allora i movimenti (e non "il tempo" -?-) propri della (o "interni alla") "parte A" rallentano rispetto a quelli della "parte C" (ovvero –é la stessa identica cosa!- quelli della "parte C" accelerano rispetto a quelli della "parte A"), mentre non ci sono variazioni nelle velocità relative di quelli della "parte B" (rispetto a quelli della "parte C") e quelli della "parte C" (rospetto a quelli della parte C").
Per ora mi fermo qui perché ci sarebbero tantissimi altri elementi di dissenso, e il tempo -S I C ! ! !- é "tiranno", come si suol dire.
Voglio solo accennare (o anticipare) che l' interpretazione che proponi (con Revelli, se capisco bene) dell' indeterminazione quantistica come "sovrapposizione di stati" é solo l' interpretazione (a mio modesto parere ideologica, filosofica e irrazionalistica) conformistica (di Copenhagen) e non propriamente una "verità scientifica", essendo perfettamente compatibili con le osservazioni e con i dati propriamente scientifiche anche altre interpretazioni anticonformistiche, fra le quali quella (a mio parere razionalistica) "portata a compimento" da Bohm sulla scorta delle idee sempre sostenute in proposito di "scienziati quantistici" non affatto inferiori a Bohr, Heisenberg e c., come "Plank, Einstein, Scroedinger e de Broglie, per la quale l' indeterminazione quantistica stessa é "gnoseologica" (o "epistemica"), per quanto insuperabile in linea di principio (ma per l' appunto pur sempre in sede gnoseologica o se preferisci epistemologica) e non "ontologica": non si possono conoscere con ragionevole precisione, nemmeno in linea di principio, determinati aspetti della realtà (quantistica) unitamente a determinati altri i quali però sono reali (e sono conoscibili, tanto gli uni quanto gli altri, per quanto in reciproca alternativa: pensare che essi tutti per essere conosciuti -alternativamente gli uni agli altri- debbano necessariamente anche esistere pure quando non sono conosciuti -gli uni, essendo conosciuti gli altri- mi sembra molto più ragionevole che pensare che vengono ad esistere solo se e quando -alternativamente gli uni agli altri- sono conosciuti).
Aggiungo che ciò che oggettivamente o per lo meno intersoggettivamente può variare (accelerare o decelerare) e di fatto varia continuamente, a quanto pare, nel mondo fisico materiale é la velocità dei mutamenti in generale, e degli spostamenti in particolare (ovvero il rapporto fra la loro entità e il tempo che impiega "ad attuarsi", considerata a sua volta in relazione con il rapporto fra altri mutamenti e il tempo che e questi altri mutamenti "impiegano ad attuarsi"); ed essa varia per l' appunto relativamente alla velocità di altri mutamenti, per cui le espressioni "accelerazione del mutamento A rispetto al mutamento B" e "rallentamento del mutamento B rispetto al mutamento A" sono perfettamente sinonime.
lo scorrere del tempo può variare (il tempo può accelerare o rallentare) solo soggettivamente - interiormente: se desidero tantissimo una cosa il tempo che impiega ad accadere "non passa mai" ovvero é lentissimo (per me soggettivamente), mentre se una situazione fugace mi piace moltissimo allora il "tempo vola", il suo trascorrere é velocissimo" (per me soggettivamente; ma altrettanto soggettivamente per un altro che detesta tale situazione il tempo "non passa mai, "é lentissimo").
"Il mondo non è come un plotone che avanza al ritmo di un comandante. È una rete di eventi che si influenzano l'un l'altro." Significa semplicemente che le velocità relative dei vari mutamenti nel mondo (fisico) variano: taluni movimenti accelerano rispetto ad altri (ovvero gli altri decelerano rispetto agli uni): assolutamente nulla di "sorprendente"!
E ciò accade (probabilmente "fra l' altro" e non solo) dipendentemente dalla forza di gravità cui sono soggetti gli oggetti in movimento (variano dipendentemente dalla gravità le velocità relative dei movimenti "complessivi" degli oggetti che "solidalmente si muovono rispetto ad altri oggetti" nonché quelle dei "movimenti intrinseci" a ciascun oggetto") e, per quanto riguarda i "movimenti intrinseci ai diversi oggetti", variano ache dipendentemente dalle velocità relative dei movimenti "complessivi fra i diversi oggetti stessi": di nuovo, assolutamente nulla di "sorprendente"!
Che non si possa sapere che cosa sta facendo adesso [nel mio attuale presente] mia sorella su Proxima b o il fatto che ciò che ella sta facendo nel mio attuale presente sia nell' attuale passato o nell' attuale futuro di (relativamente ad) altri osservatori collocati in diversi sistemi di riferimento non significa affatto che la domanda non abbia senso: ci sono infinite domande senza risposta ma sensatissime! Ci sono infinite cose che non sappiamo ma non per questo non accadono realmente!
Che non sia possibile stabilire cosa accade su Proxima b contemporaneamente a ciò che accade qui o che ciò che vi accade contemporaneamente a ciò che accade ora qui vi accada prima o dopo ciò che accade ora (ora rispetto a qui) altrove non significa che Non c'è nessuno speciale momento su Proxima b che corrisponda a quello che qui e ora è il presente." Anche se ciò vi accade ora rispetto a qui vi accade a prima o dopo di ciò che accade ora rispetto a a qui in altri sistemi di riferimento.
Si tratta sempre di ideologia "positivistica", a mio modesto parere del tutto analoga a quella che pretende la sovrapposizione di stati in meccanica quantistica, confondendo conoscenza della realtà e realtà (o, se così vogliamo esprimerci, la gnoseologia – epistemologia con l' ontologia).
Dunque, con i filosofi di tutti i tempi (o con gran parte di essi), ha perfettamente senso riferirsi all' [pensare, considerare lo] universo nella sua interezza in un dato istante temporale: ciò è possibilissimo, ha perfettamente senso (ben altra cosa é che non si può avere conoscenza di com' é l' universo fisico –che non esaurisce la realtà in toto- nella sua interezza in un dato istante, ma solo di com' é una piccola parte dell' universo abbastanza a noi vicina ed in maniera insuperabilmente approssimativa, ovviissimamente –licenza poetica-! E pure ben altra cosa é il fatto che l' "universo nella sua interezza in un dato istante relativamente a qui" é diverso dall' "universo nella sua interezza in qualsiasi dato istante relativamente ad altrove" e/o dall' "universo nella sua interezza relativamente ad altrove contemporaneamente rispetto a qui, a quello che qui é l' istante presente).
"Il nostro «presente» conoscibile (la nostra conoscenza del presente) non si estende a tutto l'universo e non coincide con il presente esteso a tutto l' universo altrove; ma il nostro presente, reale indipendentemente dal fatto che inoltre sia anche (reale il fatto ulteriore che esso sia) conoscibile e indipendentemente dal fatto che coincida o meno con il presente rispetto a qui altrove, si estende (concetto sensatissimo, solo un po' complicato) a tutto l' universo, eccome!
Non posso sapere cosa sta facendo adesso mia sorella su Proxima b e inoltre ciò che ella sta facendo ora per me che sono qui può essere stato fatto prima o essere fatto dopo di ora-qui per altri che sono altrove; ma di ciò che ella sta facendo al presente relativamente a qui (e al passato o al futuro relativamente ad altrove) é perfettamente reale, accade (ed accadrà o é accaduto per chi "ora da qui per me" si trovi in altri sistemi di riferimento) del tutto realmente.
Citazione di: Il_Dubbio il 22 Marzo 2018, 18:30:33 PM
ciao epicurus :)
penso tu abbia messo troppa carne a cuocere ;D
Sulla prima parte riguardante la relatività io sono abbastanza d'accordo. Dico solo abbastanza perche non si può mai sapere, magari ho letto male ;D
Eh sì, forse avrei dovuto fare più discussioni, spezzettando l'argomento... ma ormai è troppo tardi. ;D
Citazione di: Il_Dubbio il 22 Marzo 2018, 18:30:33 PM
Su quella riguardante la meccanica quantistica un po' meno. Credo che l'idea di far fluttuare in modo indeterminato lo spazio/tempo sia solo una buona idea. Ma le idee rimangono tali se non si produce qualche tipo di fonte autorevole che le sostenga. Attualmente io non conosco alcuna fonte autorevole. Cioè se chiedo alla comunità scientifica se quella fa parte di una teoria consolidata mi aspetto di ricevere solo una risposta ovvero NO!
Pero mi lascio nel dubbio... come al solito :D magari hai ragione tu.
Considera un elettrone in sovrapposizione di posizioni. L'elettrone ha una massa. Quindi in base a dove si trova, il tempo può rallentare o meno nelle posizioni vicine... ma se la posizione è indeterminata, anche il rallentamento del tempo lo è. E' più chiara ora la cosa?
Citazione di: Il_Dubbio il 22 Marzo 2018, 18:30:33 PMAd esempio la cosa piu importante (secondo me) è che l'evoluzione di un sistema quantistico non fa aumentare l'entropia. Per cui se anche fosse vero che la freccia del tempo è regolata dal secondo principio della termodinamica, questo non varrebbe per i sistemi quantistici.
E infatti, come ho scritto nel post d'apertura, sembra non ci sia traccia della freccia del tempo a livello quantistico.
Citazione di: Il_Dubbio il 22 Marzo 2018, 18:30:33 PMMa non voglio mettere altra carne a cuocere altrimenti poi aperion appena ci legge si metterà le mani nei capelli non sapendo da dove incominciare a graffiare ;D
Aspetteremo con ansia e giubilo la sua venuta. ;D
Citazione di: Il_Dubbio il 22 Marzo 2018, 18:30:33 PMIo invece, nelle mie riflessioni sul tempo e sulla relazione fra i due pilastri (relatività e m.q.) ho trovato un altro problema. Forse un poì troppo sofisticato che andrebbe spiegato nei minimi dettagli. Io cercherò di farlo invece come meglio posso.
Riguarda l'entanglement (due sistemi quantistici praticamente uguali su cui poi si faranno gli esperimenti). [...]
Io ho messo troppa carne sul fuoco, ma tu rincari la dose. :D
Questa riflessione che fai io direi di metterla un attimo tra parentesi, magari la discuteremo qui più avanti o in un altro topic apposito. Anche perché non sono affatto sicuro di essere in grado di dare un contributo sensato. Cosa dici?
Sgiombo, riguardo alle conseguenze della Relatività sul rallentamento del tempo in relazione a massa e velocità, mi pare di capire che concordi. Tu osservi che tutto ciò è normale e che non ti stupisce affatto mentre a me stordisce, ma ciò è più o meno irrilevante per questa discussione. ;D
Ok, forse mi sono andato a cacciare in un ginepraio. :D
In realtà io sono un po' più propenso all'interpretazione standard, ma sostanzialmente reputo ancora aperta la questione. Quindi, di fatto, sono agnostico in merito... Quindi, io propongo, almeno per il momento, di accantonare le conseguenze della meccanica quantistica sul tempo (altrimenti ci perderemmo il nocciolo della questione per parlare delle varie interpretazioni... discorso che, tra l'altro, temo non ci porterebbe da nessuna parte), tanto è la Relatività che più delle due ha importanti (e chiare) implicazioni in merito.
Citazione di: sgiombo il 23 Marzo 2018, 09:17:28 AM
Che non si possa sapere che cosa sta facendo adesso [nel mio attuale presente] mia sorella su Proxima b o il fatto che ciò che ella sta facendo nel mio attuale presente sia nell' attuale passato o nell' attuale futuro di (relativamente ad) altri osservatori collocati in diversi sistemi di riferimento non significa affatto che la domanda non abbia senso: ci sono infinite domande senza risposta ma sensatissime! Ci sono infinite cose che non sappiamo ma non per questo non accadono realmente!
Che non sia possibile stabilire cosa accade su Proxima b contemporaneamente a ciò che accade qui o che ciò che vi accade contemporaneamente a ciò che accade ora qui vi accada prima o dopo ciò che accade ora (ora rispetto a qui) altrove non significa che Non c'è nessuno speciale momento su Proxima b che corrisponda a quello che qui e ora è il presente." Anche se ciò vi accade ora rispetto a qui vi accade a prima o dopo di ciò che accade ora rispetto a a qui in altri sistemi di riferimento.
Si tratta sempre di ideologia "positivistica", a mio modesto parere del tutto analoga a quella che pretende la sovrapposizione di stati in meccanica quantistica, confondendo conoscenza della realtà e realtà (o, se così vogliamo esprimerci, la gnoseologia – epistemologia con l' ontologia).
Ecco qui c'è da discutere. :D
Al contrario della Meccanica Quantistica, attualmente aperta a più interpretazioni, la Relatività è ben chiara su questo punto. E non c'entra nulla con l'ideologia positivistica... Non è che la fisica dica "Ah, non possiamo sapere cosa succeda lontano da noi adesso, quindi allora un adesso là non esiste", la fisica non fa così... il problema è più profondo e complicato. Riporto l'intero pezzo di Rovelli sulla questione:
Cosa sta accadendo adesso in un luogo lontano? Per esempio, immaginiamo che mia sorella sia andata su Proxima b, il pianeta scoperto da poco, che ruota attorno a una stella vicina, a circa quattro anni luce di distanza da noi. Domanda: cosa sta facendo adesso mia sorella su Proxima b?
La risposta corretta è che la domanda non ha senso. È come chiedersi, stando a Venezia: «Cosa c'è qui, a Pechino?». Non ha senso, perché se dico «qui» e sono a Venezia faccio riferimento a un luogo che sta a Venezia, non a Pechino.
Se chiedo cosa sta facendo mia sorella ora, di solito la risposta è facile: la guardo. Se è lontana, le telefono e glielo chiedo. Ma attenzione: se guardo mia sorella, ricevo luce che viaggia da lei ai miei occhi. La luce ci mette un po' di tempo a viaggiare, diciamo qualche nanosecondo – miliardesimo di secondo –, quindi non vedo cosa sta facendo adesso: vedo cosa stava facendo un nanosecondo fa. Se è a New York e le telefono, la sua voce ci mette qualche millisecondo a viaggiare da New York a me, quindi posso sapere al più cosa faceva mia sorella qualche millisecondo prima. Inezie.
Se mia sorella è su Proxima b, però, la luce ci mette quattro anni a viaggiare da là a qui. Quindi se guardo mia sorella con un telescopio, o se ricevo una comunicazione radio da lei, so cosa faceva quattro anni fa, non cosa fa ora. Certamente «adesso su Proxima b» non è quello che vedo nel telescopio o che sento dalla sua voce che esce dalla radio.
Forse posso dire che quello che fa mia sorella adesso è quello che fa quattro anni dopo il momento in cui la vedo nel telescopio? No, non funziona: quattro anni dopo il momento in cui la vedo, per il suo tempo, lei potrebbe essere già tornata sulla Terra, fra dieci anni terrestri. Quindi non è certo adesso!
Oppure: se dieci anni fa, partendo per Proxima b, mia sorella ha preso un calendario per tenere il conto del tempo, posso pensare che adesso per lei sia quando ha contato dieci anni? No, non funziona: dieci anni suoi dopo la partenza, lei potrebbe essere già tornata qui, dove nel frattempo sono passati vent'anni. Allora quando è adesso su Proxima b?
La realtà è che bisogna rinunciare. Non c'è nessuno speciale momento su Proxima b che corrisponda a quello che qui e ora è il presente.
Caro lettore, fai una pausa, e lascia che questa conclusione sia assimilata dai tuoi pensieri. Secondo me, questa è la conclusione più stupefacente di tutta la fisica contemporanea.
Chiedersi quale momento della vita di mia sorella su Proxima b corrisponda ad adesso non ha senso. È come chiedere quale squadra di calcio ha vinto i campionati di basket, quanti soldi ha guadagnato una rondine, o quanto pesi una nota musicale. Sono domande senza senso perché le squadre di calcio giocano a calcio non a basket, le rondini non si occupano di soldi e i suoni non hanno peso. I campionati di basket si riferiscono alle squadre di basket, non a quelle di calcio. I guadagni in denaro si riferiscono agli umani nella nostra società, non alle rondini. La nozione di «presente» si riferisce alle cose vicine, non a quelle lontane.
Il nostro «presente» non si estende a tutto l'universo. È come una bolla vicino a noi.
Quanto è estesa questa bolla? Dipende dalla precisione con cui determiniamo il tempo. Se è di nanosecondi, il presente è definito solo per pochi metri, se è di millisecondi, il presente è definito per chilometri. Noi umani distinguiamo a malapena i decimi di secondo, e possiamo tranquillamente considerare l'intero pianeta Terra come un'unica bolla, dove parliamo del presente come di un istante comune a tutti noi. Non più in là.
Più in là c'è il nostro passato (gli avvenimenti accaduti prima di quello che possiamo vedere). C'è il nostro futuro (gli avvenimenti che accadranno dopo il momento in cui, da là, si può vedere il qui e ora). Ma fra gli uni e gli altri c'è un intervallo che non è né passato né futuro e ha una durata: 15 minuti su Marte, 8 anni su Proxima b, milioni di anni nella galassia di Andromeda. È il presente esteso. Forse la più grande e strana fra le scoperte di Albert Einstein.
L'idea che esista un adesso ben definito ovunque nell'universo è quindi un'illusione, un'estrapolazione illegittima della nostra esperienza. È come il punto dove l'arcobaleno tocca la foresta: ci sembra di intravederlo, ma se andiamo a guardare non c'è.
Se nello spazio interplanetario chiedo: questi due sassi sono «alla stessa altezza»? La risposta giusta è: «È una domanda senza senso, perché non c'è un'unica nozione di "stessa altezza" nell'universo». Se chiedo: questi due eventi, uno sulla Terra e uno su Proxima b, avvengono «nello stesso momento»? La risposta giusta è: «È una domanda senza senso, perché non c'è "uno stesso momento" definito nell'universo».
Il «presente dell'universo» non significa nulla.In pratica è che si perde la simmetria. Cioè io potrei dire che l'evento P su Proxima b è simultaneo all'evento T sulla Terra, ma su Proxima b tali eventi non sarebbero simultanei!
Einstein ideò un esperimento mentale per capire intuitivamente la perdita della simultaneità assoluta. Immaginiamo che due fulmini, A e B, cadano simultaneamente, per un osservatore posto nel punto M a metà tra A e B che è sua una banchina di una stazione. Durante tutto questo, sulla banchina sta transitando un treno.
(https://cdn-images-1.medium.com/max/2000/1*RANsB0mIclyC6Lb1Tc8R2g.png)
Einstein scrive:
Allorché diciamo che i colpi di fulmine A e B sono simultanei rispetto alla banchina, intendiamo: i raggi di luce provenienti dai punti A e B dove cade il fulmine s'incontrano l'uno con l'altro nel punto medio M dell'intervallo A→B della banchina. Ma gli eventi A e B corrispondono anche alle posizioni A e B sul treno. Sia M' il punto medio dell'intervallo A→B sul treno in moto. Proprio quando si verificano i bagliori del fulmine, questo punto M' coincide naturalmente con il punto M, ma esso si muove verso la destra del diagramma con la velocità v del treno. Se un osservatore seduto in treno nella posizione M' non possedesse questa velocità, allora egli rimarrebbe permanentemente in M e i raggi di luce emessi dai bagliori del fulmine A e B lo raggiungerebbero simultaneamente, vale a dire si incontrerebbero proprio dove egli è situato. Tuttavia nella realtà (considerata con riferimento alla banchina ferroviaria), egli si muove rapidamente verso il raggio di luce che proviene da B, mentre corre avanti al raggio di luce che proviene da A. Pertanto l'osservatore vedrà il raggio di luce emesso da B prima di vedere quello emesso da A. Gli osservatori che assumono il treno come loro corpo di riferimento debbono perciò giungere alla conclusione che il lampo di luce B ha avuto luogo prima del lampo di luce A. Perveniamo così al seguente importante risultato:
Gli eventi che sono simultanei rispetto alla banchina non sono simultanei rispetto al treno e viceversa (relatività della simultaneità). Ogni corpo di riferimento (sistema di coordinate) ha il suo proprio tempo particolare; una attribuzione di tempo è fornita di significato solo quando ci venga detto a quale corpo di riferimento tale attribuzione si riferisce.Per maggiori approfondimenti:
Spiegazione veloce con disegni: http://www.andreaminini.org/fisica/teoria-della-relativita/simultaneita-degli-eventi
Spiegazione più approfondita: http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2015/05/24/relativita-ristretta-rivista-3-simultaneita-relativa/
Citazione di: Angelo Cannata il 22 Marzo 2018, 22:09:38 PM
A me sembra che con questa moda del quantistico si stia verificando un fenomeno in realtà vecchissimo: il pescare nel torbido. Cioè, in tanti hanno sentito l'odore attraente dell'imbroglio, adatto a sfruttare le menti meno critiche, per sfruttarlo per trasmettere ignoranza, fantasie, acriticità.
La sostanza di questo torbido sta nel mescolare mancanza di chiarezze tra i fisici e manca di chiarezze tra i filosofi.
Il fatto che le ricerche sulla relatività e sulla fisica quantistica mettano in questione certe idee tradizionali riguardo al tempo non significa affatto che ora possiamo metterci a giocare liberamente con idee da fiaba, come ritorni nel passato o viaggi nel futuro. Queste fiabe sono possibili perché si mescolano confusioni fisiche sul tempo con confusioni filosofiche sull'essere.
Mi pare che nessun fisico abbia mai detto che sia possibile tornare al passato. Quest'idea del ritorno deriva solo dal nostro pensare il passato schematicamente, come la parte di una linea che, rispetto a un punto, che indicherebbe il presente, sta da una parte; dalla parte opposta starebbe il futuro. Ma queste sono solo fantasie della nostra mente. Il tempo non è una linea; esso può essere calcolato, individuato in qualche sua caratteristica, ma non certo definito, compreso nella sua essenza, per un motivo molto semplice: perché ci siamo dentro, ne siamo costituiti, e quindi ne siamo condizionati proprio mentre tentiamo di definirlo. Qualsiasi nostra comprensione del tempo è inevitabilmente condizionata da esso stesso, perché non abbiamo nessuna possibilità di prendere le distanze da esso.
Se però preferiamo il piacere di giocare, divertirci, fantasticare con le idee, è un altro discorso, che nessuno può vietare, ma è un discorso che non credo meriti di essre chiamato filosofia e non credo sia giusto spacciarlo per qualcosa che si sia misurato con la critica; il suo difetto essenziale è proprio questo: la carenza di confronto con la critica, carenza di autocritica.
Non credo che si tratti di pescare nel torbido.
È' interessante comunque leggere questi post per vedere l'effetto che fa' la nuova fisica su chi non vi è del tutto addentro, me compreso.
Speriamo solo che da questi post qualcuno ingenuamente non cerchi di trarre la propria conoscenza sulla nuova fisica.
Per quanto riguarda il tempo la difficoltà non sta nel fatto che sia per noi come l'acqua per i pesci.
I pesci infatti,per il fatto di viverci dentro, potrebbero non percepire l'acqua ,mentre noi il tempo lo percepiamo e lo misuriamo.
Ma ciò che percepiamo e ciò che misuriamo non sono necessariamente la stessa cosa.
Dal pensare ingenuamente che siano la stessa cosa nascono appunto le fantasie di cui ti lamenti con buona ragione.
A priori infatti non possiamo dimostrare esserci coincidenza fra ciò che percepiamo , senza saper come , e ciò che misuriamo , sapendo come.
La confusione e le fantasie che ne derivano ,nascono quindi già a partire dal fatto che per le due cose , a priori distinte, usiamo lo stesso nome.
Seppure vogliamo continuare ad usare lo stesso nome , non dovremmo sorprenderci che da due processi distinti, quello della percezione del tempo , e quello che parte dalla misurazione del tempo , sortiscano due tipi di tempo diversi.
Se invece siamo ingenuamente convinti che allo stesso nome corrispondano le stesse cose allora ci troviamo inevitabilmente di fronte a dei paradossi indigeribili.
Se è comprensibile il motivo per cui ci è venuto naturale usare lo stesso nome per due cose che già a priori dovevano apparirci potenzialmente diverse , i paradossi dovrebbero essere serviti appunto a prendere coscienza della più che scusabile ingenuità usata all'inizio.
Rimane alla fine da chiederci ,ma a posteriori , se fra questi diversi tipi di tempo ci siano dei punti di contatto.
La risposta eventuale dovrebbe comunque tenere conto del fatto che stiamo confrontando due cose a priori distinte.
Di una ci pare di sapere cosa sia , ma non sappiamo dire cos'è.
Dell'altra sappiamo dire cos'è, ma dobbiamo metterci d'accordo su cosa sia.
Naturalmente l'ultima frase presta volutamente il fianco alla vostra critica.
Quello che infine dovremmo chiederci è se a partire da una collezione di fatti obiettivi , nel senso che si basano su misure scientifiche , si può e si debba rifare il lifting alla nostra percezione del tempo .
Tutto sommato penso che sia poco utile farlo.
Continuiamo ad usare la nostra utilissima percezione del tempo , e impariamo ad usare la nuova specie di tempo , che credo non si possa negare , una qualche aria di famiglia le due cose ce l'anno , ma come sappiamo nulla può essere più diverso del carattere di due fratelli.
ciao Epicurus,
bel post introduttivo.
Alcuni spunti.
Il "tota simul" era ritenuto ,mi pare da Boezio e forse S.Agostino, il potere dell'intellezione di raccogliere il passato, il presente e il futuro nell'adesso e di poter quindi interpretare il senso della freccia del tempo. Gli eventi che diventano racconto ,narrazione prendono senso con il tempo.
Teniamo presente che il tempo era, e lo è ancora per certi versi, lineare come un vettore oppure ciclico, circolare.
Tempo fa lessi l'interpretazione di Einstein e Bergson che dividevano le proprietà quantitative da quelle qualitative.
Già gli antichi greci chiamavano il tempo numerabile chronos e il tempo qualitativo aion.
L'uno è la spazializzazione del tempo, la rete relazionale che condiziona la narrazione umana e l'latra è il "sentimento" del tempo, la sua percezione.
Bergosn divide il tempo della scienza dal tempo della vita; se per Einstein è reversibile ,per Bergosn è irreversibile.
Per Bergson la durata reale è il dato della coscienza spogliato da ogni sovrastruttura intellettuale e simbolica.
Questa durata è incommensurabile rispetto alla spazializzazione del tempo al suo scandire da metronomo.
......mi fermerei quì...........poi vediamo
Citazione di: epicurus il 23 Marzo 2018, 11:12:09 AM
Sgiombo, riguardo alle conseguenze della Relatività sul rallentamento del tempo in relazione a massa e velocità, mi pare di capire che concordi. Tu osservi che tutto ciò è normale e che non ti stupisce affatto mentre a me stordisce, ma ciò è più o meno irrilevante per questa discussione. ;D
CitazioneRibadisco che a me sembra che l' affermazione che lo "scorrere del tempo fisico" (oggettivo o per lo meno intersoggettivo; contrariamente a quello "psicologico" o interiore soggettivo) "acceleri o rallenti" dipendentemente dalla vicinanza a masse (ad altre masse oltre a quelle in cui si verificano questi pretesi mutamenti nello scorrere del tempo) o dalle velocità relative dei movimenti (relativi; aggettivo pleonastico) fra diversi "oggetti" o "pezzi di realtà fisica materiale" non abbia senso; mentre ne ha la ben diversa affermazione che "a variare dipendentemente da tali circostanze sono le velocità relative dei mutamenti (relativi; aggettivo a-ri-pleonastico, come direbbero a Roma)", cioé i rapporti fra entità dei mutamenti stessi e tempi nei quali accadono a loro volta relativamente ad analoghi rapporti in altri mutamenti.
E personalmente trovo rilevante che la cosa non sia degna di alcuno stupore (o per meglio dire: non abbia rilevanza filosofica), per il semplice fatto che spesso scienziati (o anche filosofi) "scientisti" o latamente "positivisti" pretendono di "epatér les philosophes (non-positivistes)", oltre che la gente comune, con pretese mirabolanti nuove verità filosofiche che le scoperte scientifiche sempre, inevitabilmente comporterebbero per una sorta di "necessità a priori".
Ma i filosofi razionalisti "con le palle" non si lasciano "epatér" e prendono sempre in castagna gli scienziati e filosofi in varia misura scientisti e positivisti.
Ok, forse mi sono andato a cacciare in un ginepraio. :D
In realtà io sono un po' più propenso all'interpretazione standard, ma sostanzialmente reputo ancora aperta la questione. Quindi, di fatto, sono agnostico in merito... Quindi, io propongo, almeno per il momento, di accantonare le conseguenze della meccanica quantistica sul tempo (altrimenti ci perderemmo il nocciolo della questione per parlare delle varie interpretazioni... discorso che, tra l'altro, temo non ci porterebbe da nessuna parte), tanto è la Relatività che più delle due ha importanti (e chiare) implicazioni in merito.
Citazione di: sgiombo il 23 Marzo 2018, 09:17:28 AM
Che non si possa sapere che cosa sta facendo adesso [nel mio attuale presente] mia sorella su Proxima b o il fatto che ciò che ella sta facendo nel mio attuale presente sia nell' attuale passato o nell' attuale futuro di (relativamente ad) altri osservatori collocati in diversi sistemi di riferimento non significa affatto che la domanda non abbia senso: ci sono infinite domande senza risposta ma sensatissime! Ci sono infinite cose che non sappiamo ma non per questo non accadono realmente!
Che non sia possibile stabilire cosa accade su Proxima b contemporaneamente a ciò che accade qui o che ciò che vi accade contemporaneamente a ciò che accade ora qui vi accada prima o dopo ciò che accade ora (ora rispetto a qui) altrove non significa che Non c'è nessuno speciale momento su Proxima b che corrisponda a quello che qui e ora è il presente." Anche se ciò vi accade ora rispetto a qui vi accade a prima o dopo di ciò che accade ora rispetto a a qui in altri sistemi di riferimento.
Si tratta sempre di ideologia "positivistica", a mio modesto parere del tutto analoga a quella che pretende la sovrapposizione di stati in meccanica quantistica, confondendo conoscenza della realtà e realtà (o, se così vogliamo esprimerci, la gnoseologia – epistemologia con l' ontologia).
Ecco qui c'è da discutere. :D
Al contrario della Meccanica Quantistica, attualmente aperta a più interpretazioni, la Relatività è ben chiara su questo punto. E non c'entra nulla con l'ideologia positivistica... Non è che la fisica dica "Ah, non possiamo sapere cosa succeda lontano da noi adesso, quindi allora un adesso là non esiste", la fisica non fa così... il problema è più profondo e complicato. Riporto l'intero pezzo di Rovelli sulla questione:
Cosa sta accadendo adesso in un luogo lontano? Per esempio, immaginiamo che mia sorella sia andata su Proxima b, il pianeta scoperto da poco, che ruota attorno a una stella vicina, a circa quattro anni luce di distanza da noi. Domanda: cosa sta facendo adesso mia sorella su Proxima b?
La risposta corretta è che la domanda non ha senso. È come chiedersi, stando a Venezia: «Cosa c'è qui, a Pechino?». Non ha senso, perché se dico «qui» e sono a Venezia faccio riferimento a un luogo che sta a Venezia, non a Pechino.
Se chiedo cosa sta facendo mia sorella ora, di solito la risposta è facile: la guardo. Se è lontana, le telefono e glielo chiedo. Ma attenzione: se guardo mia sorella, ricevo luce che viaggia da lei ai miei occhi. La luce ci mette un po' di tempo a viaggiare, diciamo qualche nanosecondo – miliardesimo di secondo –, quindi non vedo cosa sta facendo adesso: vedo cosa stava facendo un nanosecondo fa. Se è a New York e le telefono, la sua voce ci mette qualche millisecondo a viaggiare da New York a me, quindi posso sapere al più cosa faceva mia sorella qualche millisecondo prima. Inezie.
Se mia sorella è su Proxima b, però, la luce ci mette quattro anni a viaggiare da là a qui. Quindi se guardo mia sorella con un telescopio, o se ricevo una comunicazione radio da lei, so cosa faceva quattro anni fa, non cosa fa ora. Certamente «adesso su Proxima b» non è quello che vedo nel telescopio o che sento dalla sua voce che esce dalla radio.
Forse posso dire che quello che fa mia sorella adesso è quello che fa quattro anni dopo il momento in cui la vedo nel telescopio? No, non funziona: quattro anni dopo il momento in cui la vedo, per il suo tempo, lei potrebbe essere già tornata sulla Terra, fra dieci anni terrestri. Quindi non è certo adesso!
Oppure: se dieci anni fa, partendo per Proxima b, mia sorella ha preso un calendario per tenere il conto del tempo, posso pensare che adesso per lei sia quando ha contato dieci anni? No, non funziona: dieci anni suoi dopo la partenza, lei potrebbe essere già tornata qui, dove nel frattempo sono passati vent'anni. Allora quando è adesso su Proxima b?
La realtà è che bisogna rinunciare. Non c'è nessuno speciale momento su Proxima b che corrisponda a quello che qui e ora è il presente.
Caro lettore, fai una pausa, e lascia che questa conclusione sia assimilata dai tuoi pensieri. Secondo me, questa è la conclusione più stupefacente di tutta la fisica contemporanea.
Chiedersi quale momento della vita di mia sorella su Proxima b corrisponda ad adesso non ha senso. È come chiedere quale squadra di calcio ha vinto i campionati di basket, quanti soldi ha guadagnato una rondine, o quanto pesi una nota musicale. Sono domande senza senso perché le squadre di calcio giocano a calcio non a basket, le rondini non si occupano di soldi e i suoni non hanno peso. I campionati di basket si riferiscono alle squadre di basket, non a quelle di calcio. I guadagni in denaro si riferiscono agli umani nella nostra società, non alle rondini. La nozione di «presente» si riferisce alle cose vicine, non a quelle lontane.
Il nostro «presente» non si estende a tutto l'universo. È come una bolla vicino a noi.
Quanto è estesa questa bolla? Dipende dalla precisione con cui determiniamo il tempo. Se è di nanosecondi, il presente è definito solo per pochi metri, se è di millisecondi, il presente è definito per chilometri. Noi umani distinguiamo a malapena i decimi di secondo, e possiamo tranquillamente considerare l'intero pianeta Terra come un'unica bolla, dove parliamo del presente come di un istante comune a tutti noi. Non più in là.
Più in là c'è il nostro passato (gli avvenimenti accaduti prima di quello che possiamo vedere). C'è il nostro futuro (gli avvenimenti che accadranno dopo il momento in cui, da là, si può vedere il qui e ora). Ma fra gli uni e gli altri c'è un intervallo che non è né passato né futuro e ha una durata: 15 minuti su Marte, 8 anni su Proxima b, milioni di anni nella galassia di Andromeda. È il presente esteso. Forse la più grande e strana fra le scoperte di Albert Einstein.
L'idea che esista un adesso ben definito ovunque nell'universo è quindi un'illusione, un'estrapolazione illegittima della nostra esperienza. È come il punto dove l'arcobaleno tocca la foresta: ci sembra di intravederlo, ma se andiamo a guardare non c'è.
Se nello spazio interplanetario chiedo: questi due sassi sono «alla stessa altezza»? La risposta giusta è: «È una domanda senza senso, perché non c'è un'unica nozione di "stessa altezza" nell'universo». Se chiedo: questi due eventi, uno sulla Terra e uno su Proxima b, avvengono «nello stesso momento»? La risposta giusta è: «È una domanda senza senso, perché non c'è "uno stesso momento" definito nell'universo».
Il «presente dell'universo» non significa nulla.
In pratica è che si perde la simmetria. Cioè io potrei dire che l'evento P su Proxima b è simultaneo all'evento T sulla Terra, ma su Proxima b tali eventi non sarebbero simultanei!
CitazioneRibadisco che qui Rovelli, facendo ampio uso di retorica (calcio mescolato con la pallacanestro, alto e basso pretesi assoluti nel vuoto e non relativi alla superficie di un pianeta) ma scarso di argomentazioni razionali, confonde indebitamente il "non saputo" e/o l' "impossibile a sapersi" (o anche il "possibile oggetto di conoscenze per certi determinati aspetti determinatamente -e non: casualmente, indiscriminatamente, caoticamente- diverse in diverse circostanze", cioé relative a tali circostanze e non assolute) con il "non reale", concetti ben diversi!
E che questa per me é manifestazione evidente della stessa ideologia positivistica e scientistica che informa l' interpretazione conformistica dell' indeterminismo quantistico.
Einstein ideò un esperimento mentale per capire intuitivamente la perdita della simultaneità assoluta. Immaginiamo che due fulmini, A e B, cadano simultaneamente, per un osservatore posto nel punto M a metà tra A e B che è sua una banchina di una stazione. Durante tutto questo, sulla banchina sta transitando un treno.
(https://cdn-images-1.medium.com/max/2000/1*RANsB0mIclyC6Lb1Tc8R2g.png)
Einstein scrive:
Allorché diciamo che i colpi di fulmine A e B sono simultanei rispetto alla banchina, intendiamo: i raggi di luce provenienti dai punti A e B dove cade il fulmine s'incontrano l'uno con l'altro nel punto medio M dell'intervallo A→B della banchina. Ma gli eventi A e B corrispondono anche alle posizioni A e B sul treno. Sia M' il punto medio dell'intervallo A→B sul treno in moto. Proprio quando si verificano i bagliori del fulmine, questo punto M' coincide naturalmente con il punto M, ma esso si muove verso la destra del diagramma con la velocità v del treno. Se un osservatore seduto in treno nella posizione M' non possedesse questa velocità, allora egli rimarrebbe permanentemente in M e i raggi di luce emessi dai bagliori del fulmine A e B lo raggiungerebbero simultaneamente, vale a dire si incontrerebbero proprio dove egli è situato. Tuttavia nella realtà (considerata con riferimento alla banchina ferroviaria), egli si muove rapidamente verso il raggio di luce che proviene da B, mentre corre avanti al raggio di luce che proviene da A. Pertanto l'osservatore vedrà il raggio di luce emesso da B prima di vedere quello emesso da A. Gli osservatori che assumono il treno come loro corpo di riferimento debbono perciò giungere alla conclusione che il lampo di luce B ha avuto luogo prima del lampo di luce A. Perveniamo così al seguente importante risultato:
Gli eventi che sono simultanei rispetto alla banchina non sono simultanei rispetto al treno e viceversa (relatività della simultaneità). Ogni corpo di riferimento (sistema di coordinate) ha il suo proprio tempo particolare; una attribuzione di tempo è fornita di significato solo quando ci venga detto a quale corpo di riferimento tale attribuzione si riferisce.
Per maggiori approfondimenti:
Spiegazione veloce con disegni: http://www.andreaminini.org/fisica/teoria-della-relativita/simultaneita-degli-eventi
Spiegazione più approfondita: http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2015/05/24/relativita-ristretta-rivista-3-simultaneita-relativa/
CitazioneLa relatività della simultaneità non significa affatto (contrariamente a quanto pretenderebbe Rovelli) che il concetto di "simultaneità" non abbia senso.
Citazione di: epicurus il 22 Marzo 2018, 14:30:49 PM
Come si descrive un mondo in cui non è ben definito, passato, presente e futuro, e le durate sono alcune volte in sovrapposizione quantistica? Un mondo senza la famosa e unica variabile t?
"Una cosa è il tempo con le sue molte determinazioni, altra è il semplice fatto che le cose non «sono»: accadono.
L'assenza della quantità «tempo» nelle equazioni fondamentali non significa un mondo congelato e immobile. Al contrario, significa un mondo dove il cambiamento è ubiquo, senza essere ordinato da Padre Tempo: senza che gli innumerevoli accadimenti si dispongano necessariamente in bell'ordine, né lungo la singola linea del tempo Newtoniano, né secondo le eleganti geometrie Einsteiniane. Gli eventi del mondo non si mettono in fila come gli inglesi. Si accalcano caotici come gli italiani.
CitazioneCerto che la realtà (anche fisica materiale; che non coincide con la realtà in toto) muta continuamente.
Ma:
o muta ordinatamente, cioé limitatamente, parzialmente, relativamente, trovandovisi anche aspetti costanti (e universali) generali astraibili da quelli particolari concreti e variabili da parte del pensiero), e allora (per definizione) può darsene conoscenza scientifica;
oppure (se invece muta caoticamente, integralmente, assolutamente, senza alcunché di costante, allora per definizione) non può darsene conoscenza scientifica.
Ma sono avvenimenti, cambiare, accadere. L'accadere è diffuso, sparso, disordinato, ma è accadere, non stasi. Gli orologi che vanno a velocità diverse non definiscono un unico tempo, ma le posizioni delle loro lancette cambiano una rispetto all'altra.
CitazioneDunque nel tempo (unico), i movimenti delle lancette degli uni sono più veloci relativamente ai movimenti delle lancette degli altri o viceversa.
Le equazioni fondamentali non includono una variabile tempo, ma includono variabili che cambiano le une rispetto alle altre.
CitazioneDeterminatamente, non caoticamente!
Il tempo, suggeriva Aristotele, è la misura del cambiamento; variabili diverse possono essere scelte per misurare il cambiamento e nessuna di queste ha tutte le caratteristiche del tempo della nostra esperienza; ma ciò non toglie il fatto che il mondo sia incessante cambiare.
CitazioneNecessariamente limitato, ordinato, se ne é possibile al conoscenza scientifica.
Tutta l'evoluzione della scienza indica che la migliore grammatica per pensare il mondo sia quella del cambiamento, non quella della permanenza."
CitazioneC' erano già arrivati parecchi filosofi da secoli e secoli (per esempio -fra i tantissimi altri- Eraclito e gli atomisti).
Citazione di: epicurus il 23 Marzo 2018, 09:46:53 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 22 Marzo 2018, 18:30:33 PM
Su quella riguardante la meccanica quantistica un po' meno. Credo che l'idea di far fluttuare in modo indeterminato lo spazio/tempo sia solo una buona idea. Ma le idee rimangono tali se non si produce qualche tipo di fonte autorevole che le sostenga. Attualmente io non conosco alcuna fonte autorevole. Cioè se chiedo alla comunità scientifica se quella fa parte di una teoria consolidata mi aspetto di ricevere solo una risposta ovvero NO!
Pero mi lascio nel dubbio... come al solito :D magari hai ragione tu.
Considera un elettrone in sovrapposizione di posizioni. L'elettrone ha una massa. Quindi in base a dove si trova, il tempo può rallentare o meno nelle posizioni vicine... ma se la posizione è indeterminata, anche il rallentamento del tempo lo è. E' più chiara ora la cosa?
Sinceramente per rispondere a questa tua affermazione ci vorrebbe aperion ;)
Io parto da un presupposto, ovvero che la massa è (o sarebbe, cerco di fare il fisico da pochi soldi) un vettore e no un operatore. Ovvero la massa (lo dico magari in modo diverso avendo il dubbio di aver detto una fregnaccia matematica) non è un'osservabile. Per cui la parte che ignoro è: se l'elettrone è in sovrapposizione di stati dell'osservabile posizione, cosa possiamo dire della sua massa? Ma senza scomodare l'osservabile posizione, visto che la massa è uguale all'energia e sapendo che anche l'osservabile energia può essere in sovrapposizione di stati, anche dopo questo ultimo dilemma che cosa si può dire della sua massa?
Direi che questo argomento andrebbe spostato nella sezione delle "curiosità scientifiche" :D
Io comunque ti do una spiegazione (ma non so se sarebbe quella che darebbe un fisico): partendo dal presupposto che ciò che definisce la sovrapposizione di stati (ovvero la funzione d'onda) non ha una sua controparte reale (altrimenti avremmo una somma di energie e quindi un aumento di masse, oltre all'impossibilità che lo stesso elettrone si trovi in piu punti nello stesso momento) allora se un elettrone o meglio la parte di funzione d'onda che definisce la sua energia è in sovrapposizione di stati vuol dire che in questo stato misto non ha alcuna influenza (anche minima...se fosse rilevabile) per i rallentamenti degli orologi.
Per cui se la posizione (o forse sarebbe meglio) e l'energia fosse indeterminata non ci sarebbe alcuna influenza sulle masse localizzate.
Poi se non è cosi avrò imparato una cosa nuova... ma mi gioco un buon caffe, almeno ;D
@ Il dubbio.
In che senso la funzione d'onda non ha una controparte reale?
Si tratta di una possibile descrizione di qualcosa che nasce dal l'interazione con la realtà , quindi una controparte reale c'è l'ha.
Non esiste una funzione d'onda nella realtà, come non esiste nella realtà un oggetto o il colore rosso , ma sono tutti risultati della nostra interazione con la realtà.
Si può interpretare la funzione d'onda come una sovrapposizione di Stati , se viene bene l ma nulla di più, quindi non ha senso pensare a infinite masse che si sommano , essendo sovrapposte.
Una funzione d'onda è come il colore rosso.
Non esiste , ma noi lo vediamo , e ci viene bene vederlo.
La differenza sta nel fatto che mentre il colore rosso non possiamo decidere di non vederlo , possiamo decidere di vedere la funzione d'onda come sovrapposizione di Stati , oppure no , o invece ancora come altro , se viene meglio.
Questa differenza è però solo accidentalmente operativa , e non fa ' sì che il colore rosso abbia un corrispettivo reale , mentre la funzione d'onda no.
È "evidente" che c'è l'hanno entrambi.Anche se non si tratta a onor del vero di una assunzione necessaria quella di una realtà con la quale interagiamo.
Diciamo che se decidiamo che questa assunzione valga per uno ,il rosso ,allora vale per l'altra , la funzione d'onda.
Eppure facciamo figli e figliastri.Perche'?
Non è una domanda che faccio a te , ma a tutti , me compreso.
Credo perché siamo noi ad avere in testa una sovrapposizione indebita fra ciò che è prodotto dalla nostra percezione , e ciò che è prodotto dalla nostra scienza.
Citazione di: iano il 23 Marzo 2018, 20:44:51 PM
@ Il dubbio.
In che senso la funzione d'onda non ha una controparte reale?
perche la funzione d'onda (ammesso di non considerare interpretazioni come quelle everettiane) non può descrivere un mondo reale.
Descrive però, in senso probabilistico, ciò che può succedere quando esso interagisce con uno strumento di misura.
Ma deve succedere qualcosa, ovvero deve interagire con qualcosa. Fino a che rimane fuori da qualsiasi interazione rimane una descrizione matematica di enti non reali.
Citazione di: Il_Dubbio il 23 Marzo 2018, 20:57:36 PM
Citazione di: iano il 23 Marzo 2018, 20:44:51 PM
@ Il dubbio.
In che senso la funzione d'onda non ha una controparte reale?
perche la funzione d'onda (ammesso di non considerare interpretazioni come quelle everettiane) non può descrivere un mondo reale.
Descrive però, in senso probabilistico, ciò che può succedere quando esso interagisce con uno strumento di misura.
Ma deve succedere qualcosa, ovvero deve interagire con qualcosa. Fino a che rimane fuori da qualsiasi interazione rimane una descrizione matematica di enti non reali.
Rileggi il mio post , perché non mi sono accorto del tuo e l'ho modificato. Grazie.
Si . Capisco bene la tua risposta. Viene naturale anche a me pensare allo stesso modo.
Nel mio post mi sono pero' sforzato di cambiare paradigma di pensiero , perché credo sia proprio questo che ci induce a fare la MQ.
Abbandonare un quadro mentale che è arrivato il momento di considerare ormai come ingenuo.
Nel nuovo quadro una funzione d'onda ha gli stessi diritti di una massa.
Possiamo affibbiargli gli aggettivi e attributi che più ci piace , ma se valgono per una valgono per l'altra.
Ad esempio possiamo dire che sono reali , se ci piace dirlo. Ma non che uno lo sia e l'altra no.
Possiamo costruire quel che ci pare , e parimenti smantellare ciò che abbiamo costruito per sostituirgli nuove costruzioni.
Il rosso non possiamo non vederlo , cioè non possiamo smantellarlo , perché non si è trattata di una costruzione cosciente . Non possiamo disfarlo perché non sappiamo come lo abbiamo fatto.
La massa però Einstein ha dimostrato che può essere smantellata , o se preferisci fusa con altro , l'energia.
Si tratta di un processo di costruzione che ci piace pensare abbia un corrispettivo reale , che vale per la massa come per l'energia , il rosso e la funzione d'onda.
Sono tutti risultati possibili , ma non necessari nella forma in cui si delineano , della nostra interazione con la realtà.
Se mi permetti è un po' come se tutti i possibili risultati della nostra interazione con la realtà vengono a determinarsi solo è solo se l'interazione avviene.
Detta così sembra una banalità e forse lo è.
Dobbiamo trovare il modo perché così, banale , ci appaia.
Citazione di: iano il 23 Marzo 2018, 21:13:46 PM
Nel mio post mi sono pero' sforzato di cambiare paradigma di pensiero , perché credo sia proprio questo che ci induce a fare la MQ.
Abbandonare un quadro mentale che è arrivato il momento di considerare ormai come ingenuo.
Nel nuovo quadro una funzione d'onda ha gli stessi diritti di una massa.
La funzione d'onda è una costruzione matematica. Poteva anche non dire nulla se non fosse che da dei risultati (reali) in base probabilistica molto precisi e verificati.
Ma non bisogna confondere la parte destra con la sinistra. La parte destra è ciò che antecede un risultato sperimentale ovvero la funzione d'onda. Infatti la parte sinistra (ovvero il risultato sperimentale) non produce l'intera funzione d'onda. E non potrebbe. Quindi confondere destra con sinistra non porta a niente di buono :)
Citazione di: Il_Dubbio il 23 Marzo 2018, 21:47:05 PM
Citazione di: iano il 23 Marzo 2018, 21:13:46 PM
Nel mio post mi sono pero' sforzato di cambiare paradigma di pensiero , perché credo sia proprio questo che ci induce a fare la MQ.
Abbandonare un quadro mentale che è arrivato il momento di considerare ormai come ingenuo.
Nel nuovo quadro una funzione d'onda ha gli stessi diritti di una massa.
La funzione d'onda è una costruzione matematica. Poteva anche non dire nulla se non fosse che da dei risultati (reali) in base probabilistica molto precisi e verificati.
Ma non bisogna confondere la parte destra con la sinistra. La parte destra è ciò che antecede un risultato sperimentale ovvero la funzione d'onda. Infatti la parte sinistra (ovvero il risultato sperimentale) non produce l'intera funzione d'onda. E non potrebbe. Quindi confondere destra con sinistra non porta a niente di buono :)
Temo di non aver capito. in che senso usi i termini destra e sinistra ?
Io non sto confondendo la misura con l'aspettativa di ciò che misurerò.
Sto cercando di confondere, cioè fondere in un'unica categoria cose che di solito incaselliamo in modo distinto , ma senza sapere bene perché.
Si tratta di una ipotesi la cui utilità può essere verificata , come e in che senso lo dico alla fine.
Si tratta di togliere un po' della realtà che diamo a una massa e trasferirla a una funzione d'onda.
Perché non è chiaro il motivo per cui la massa ci sembri reale.
Ma se lo facciamo per la massa , senza motivo , chi ci impedisce di farlo per la funzione d'onda, se tutto ciò dovesse semplificare il nostro approccio e la nostra comprensione della fisica moderna?
E' appunto sul campo di una maggiore comprensione che va' provata l'ipotesi suggerita.
Stiamo qui parlando delle stranezze della MQ.
Le stranezze però appaiono a noi e non sono una necessaria conseguenza della MQ , sulla cui validità non ci sono più' dubbi.
I dubbi sono solo sulle nostre interpretazioni.
L'interpretazione buona è quella che ci fa' dire di aver compreso.
Ma per applicare la MQ non è necessario comprenderla.
Ai fini della sua applicazione che la funzione d'onda sia reale o meno è questione priva di significato.
Ciò che non va' confuso è la teoria con le nostre interpretazioni , sulle quali costruiamo il nostro senso di realtà.
Visto che sono stato "invocato" molte volte in questo topic, non posso fare a meno di rispondere ;D
Rispondo al primo messaggio di @epicurus
CitazioneNell'ultimo periodo ho letto il libro "L'ordine del Tempo" di Carlo Rovelli: lo consiglio a tutti. Rovelli è davvero molto bravo a presentare cose difficili e fuori dall'ordinario in modo comprensibile, ed ha anche un bello stile. A tratti è pure commovente. (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/cheesy.gif)
Detto questo, in questo topic mi piacerebbe prima di tutto illustrare cosa sappiamo del tempo grazie ai risultati della fisica. (Le parti tra virgolette sono tratte direttamente dal libro di Rovelli.)
Concordo consiglio vivamente il libro ;) anche questo video merita: https://www.youtube.com/watch?v=xeHHjGKwZWM
Citazione"Due amici si separano, uno va a vivere in pianura, l'altro in montagna. Dopo anni si ritrovano: quello in pianura ha vissuto meno, è invecchiato meno, il pendolo del suo cucù ha oscillato meno volte, ha avuto meno tempo per fare cose, le sue piante sono cresciute meno, i suoi pensieri hanno avuto meno tempo per svolgersi..."
Quale orologio è il più corretto? Questa domanda non ha senso. Ogni punto spaziotemporale ha quello che viene chiamato "tempo proprio". Non c'è un unico tempo, quindi, a cui ogni evento si coordina.
Corretto. L'assunzione è che gli orologi
funzionino allo stesso modo. Tuttavia ciò non significa che la misura di una durata di un evento è uguale per ogni riferimento.
E infatti, se il "montanaro" torna in pianura, la durata della "permanenza in montagna" varia da un riferimento ad un altro.
Detta in altri termini: supponiamo di voler confrontare il "ritmo" di due orologi, uno posto in montagna e uno in pianura. All'inizio quando li ho entrambi a disposizione nello stesso posto (poniamo la pianura) per verificare che
funzionano allo stesso modo, guardo che il loro "ritmo" sia lo stesso. Dopo aver verificato questo (il fatto che i due orologi funzionano allo stesso modo è un
postulato...) ne porto uno in montagna. Dopo un anno misurato dal mio orologio in pianura, riprendo il mio orologio in montagna (che ricordo ancora, è dello stesso modello del mio, funziona allo stesso modo...) e noto che quest'ultimo ha misurato un po' meno di un anno. Questo fenomeno e nient'altro è la "dilatazione" dei tempi gravitazionale. (Credo che @epicurus lo sa quindi per lui questa puntualizzazione forse è inutile, ma) Spesso si pensa che il "ritmo" degli orologi vari. Ciò non è vero.
Citazione"Non solo non esiste un tempo comune a diversi luoghi, ma non esiste neppure un tempo unico in un singolo luogo. Una durata può solo essere associata a un movimento di qualcosa, a un percorso dato. Il «tempo proprio» non dipende solo da dove si è, dalla vicinanza o meno di masse, dipende anche dalla velocità a cui ci muoviamo."
Vero anche questo. Con la relatività si spiegano fenomeni che paiono assurdi. Per esempio la durata della vita media di un muone, una particella subatomica, non permeterebbe ad esso di attraversare la nostra atmosfera ed arrivare a Terra. Ci riesce perchè in realtà la "durata della vita media" è tale se misurata nel riferimento
del muone, non nel nostro. Per noi il muone arriva ad una velocità altissima quindi entra in gioco la dilatazione dei tempi. Nel riferimento del muone, inoltre, il muone è fermo e la superficie terrestre gli va in contro. La cosa interessante è che nel suo riferimento riesce a percorrere tutta quella distanza nel breve periodo della sua vita perchè in realtà nel suo riferimento entra in gioco la contrazione delle lunghezze (la distanza dalla superficie della Terra per il muone è minore rispetto alla distanza superficie - muone misurata da noi). Ergo le stesse cose che qui si dicono per il tempo si possono anche dire per lo spazio. Le riflessioni riguardo agli orologi ora si possono fare per i "metri", gli strumenti di misura delle distanze.
CitazioneTutto ciò comporta uno dei fatti più pazzeschi e incredibili che l'uomo abbia mai scoperto: il concetto di presente, passato e futuro è relativo!
"Cosa sta accadendo adesso in un luogo lontano? Per esempio, immaginiamo che mia sorella sia andata su Proxima b, il pianeta scoperto da poco, che ruota attorno a una stella vicina, a circa quattro anni luce di distanza da noi. Domanda: cosa sta facendo adesso mia sorella su Proxima b?
Vero... su questo vorrei espandere in un altro momento. In realtà questo mio post non è molto completo, ma sono un po' incasinato ::)
CitazioneIl concetto di presente è sensato vicino a noi. Filosofi per secoli hanno sempre immaginato di potersi riferire all'universo nella sua interezza in un dato istante temporale, ma ciò non è possibile, non ha senso.
Per dirla brutalmente, il concetto di "adesso" in relatività ha senso solo in un punto dello spazio. In fin dei conti ciò che vediamo, sentiamo ecc è "passato" visto che luce, suoni, gusti ecc impiegano un certo tempo ad arrivare (la velocità della luce è finita...). Dunque quando parlo ad una persona la vedo "con un certo ritardo", per così dire.
CitazioneQuanto è estesa questa bolla? Dipende dalla precisione con cui determiniamo il tempo. Se è di nanosecondi, il presente è definito solo per pochi metri, se è di millisecondi, il presente è definito per chilometri. Noi umani distinguiamo a malapena i decimi di secondo, e possiamo tranquillamente considerare l'intero pianeta Terra come un'unica bolla, dove parliamo del presente come di un istante comune a tutti noi. Non più in là.
...
Ovvero... se la precisione del tempo fosse infinita, la bolla si ridurrebbe ad un punto geometrico.
Aggiungo: ciò che la relatività - a parte qualche eccezione - non nega è che la sequenza causale degli eventi è uguale per ogni riferimento. Ovvero, se Alice prima vede che il semaforo diventa verde e poi riparte con l'automobile anche Bob dirà che
prima Alice ha visto il semaforo verde e
poi è partita. L'unica obiezione a questo sarebbero i viaggi nel tempo, ma per me come qualcuno sa sono semplici fantasie.
CitazioneLa meccanica quantistica introduce un altro concetto pazzesco: l'indeterminazione. Per esempio, non è possibile prevedere dove apparirà un elettrone perché finché la posizione dell'elettrone non viene misurata, esso non ha una posizione precisa, si dice che sia in "sovrapposizione" di posizioni.
Come dice @sgiombo ci sono varie interpretazioni della MQ. Comunque la visione "classica" è che la domanda "dov'è l'elettrone?" non può essere fatta
prima della misura. Inoltre Rovelli non appoggia strettamente parlando il "Copenaghismo" bensì una interpretazione relazionale (che però è simile...). Ma si va fuori topic ;D
CitazioneMa la sovrapposizione non riguarda solo le particelle. "Lo spaziotempo è un oggetto fisico come un elettrone. Anch'esso fluttua. Anch'esso può essere in una «sovrapposizione» di configurazioni diverse. [...] Anche la distinzione fra presente, passato e futuro diventa quindi fluttuante, indeterminata. Come una particella può essere diffusa nello spazio, così la differenza fra passato e futuro può fluttuare: un avvenimento può essere insieme prima e dopo un altro."
Qui si entra nella parte "controversa". Sinceramente non ho la competenza per giudicare la teoria, anche perchè non ho la più pallida idea di cosa può voler dire, all'atto pratico, uno spazio-tempo quantizzato. Figuriamoci se poi applichiamo su di esso la riflessione sull'indeterminismo.
CitazioneL'assenza della quantità «tempo» nelle equazioni fondamentali non significa un mondo congelato e immobile. Al contrario, significa un mondo dove il cambiamento è ubiquo, senza essere ordinato da Padre Tempo: senza che gli innumerevoli accadimenti si dispongano necessariamente in bell'ordine, né lungo la singola linea del tempo Newtoniano, né secondo le eleganti geometrie Einsteiniane. Gli eventi del mondo non si mettono in fila come gli inglesi. Si accalcano caotici come gli italiani.
Ma sono avvenimenti, cambiare, accadere. L'accadere è diffuso, sparso, disordinato, ma è accadere, non stasi. Gli orologi che vanno a velocità diverse non definiscono un unico tempo, ma le posizioni delle loro lancette cambiano una rispetto all'altra. Le equazioni fondamentali non includono una variabile tempo, ma includono variabili che cambiano le une rispetto alle altre. Il tempo, suggeriva Aristotele, è la misura del cambiamento; variabili diverse possono essere scelte per misurare il cambiamento e nessuna di queste ha tutte le caratteristiche del tempo della nostra esperienza; ma ciò non toglie il fatto che il mondo sia incessante cambiare.
Qui concordo con Rovelli. Il "tempo" inteso come "dimensione" è sempre stato un'astrazione. Niente nell'esperienza ci ha mai veramente suggerito che, ad esempio, ci fosse il "tempo assoluto" alla Newton. Cosa ci ha suggerito di fare una tale assunzione? Il nostro bisogno di avere un "riferimento" per vivere. Ovvero abbiamo "reificato" una convenzione: abbiamo reso "reale" un'utile convenzione. Il "tempo newtoniano" però è utilissimo. Senza di esso i trasporti e le comunicazioni (e molto altro) sarebbero impossibili. Tuttavia se vogliamo avere una comprensione maggiore delle cose, dobbiamo essere pronti a "lasciar andare" queste convenzioni. In sostanza il "tempo" di Newton è tanto vero come i confini tra le province. In realtà le "province" non esistono all'infuori delle nostre convenzioni. Idem, lo stesso vale per il tempo.
Ma quello che rimane non è il caos. Non rimane un qualcosa di disordinato. Perchè? Anzitutto perchè quel "caos" in realtà può essere descritto (per quanto possibile) con una matematica estremamente elegante. In secondo luogo perchè ci è possibile fare le convenzioni. Riflettete anche su questo. Nonostante questa "complessità" nell'infinitamente piccolo e nell'infinitamente grande, noi comunque riusciamo a fare le nostre convenzioni.
CitazioneSpesso si sente dire in discussioni filosofiche che la fisica ha dimostrato che il tempo non esiste. Non sono d'accordo (e non lo è neppure Rovelli). Quello che sappiamo è che il tempo è un qualcosa di molto più complesso di quello che pensavamo. Allo stato attuale della fisica il tempo c'è eccome... ma attualmente disponiamo di due teorie potentissime e formidabili, una per il mondo macroscopico e l'altro per il mondo microscopico, ma non sono state ancora unificate. Da qui la ricerca di una teoria che unisca entrambe le teorie. I due candidati più famosi sono: la teoria delle stringhe e la teoria della gravità quantistica a loop (l'area di ricerca di Rovelli).
Nella teoria delle stringhe il tempo è una dimensione legittima, insieme a molte altre dimensioni spaziali. Quindi qui nessun problema. Nella teoria della gravita quantistica a loop, invece, sembra che qui le cose si facciano più particolari: la sua equazione fondamentale (l'equazione di Wheeler-DeWitt) non contiene la variabile temporale. Tuttavia lungi dall'abbandonare il concetto di tempo, se questo è da considerare come misura del cambiamento: infatti per tale teoria il concetto di cambiamento è fondamentale (come ho riportato più sopra con le parole di Rovelli), cioè non esiste la variabile temporale, ma si descrivono come i sistemi cambino l'uno in relazione agli altri.
Tirando le somme, né per l'attuale situazione della fisica, né per quello che sarà probabilmente la fisica del futuro prossimo, il mondo è senza tempo. Il tempo, inteso come misura del cambiamento, è invece ubiquo.
Il tempo non è illusorio, se inteso come ben dici tu come "cambiamento". In fin dei conti è innegabile che il cambiamento ci sia. Tuttavia l'illusione sono le nostre convenzioni, o più precisamente, che le nostre convenzioni siano veramente "reali".
La cosa strabiliante della gravità quantistica a loop è che rimuove completamente lo "spazio" e il "tempo" intesi come "background" dei fenomeni. In sostanza mentre intuitivamente pensiamo che rimossi gli oggetti spazio e tempo rimangono (e lo dice pure la Relatività generale!) per questa teoria rimossi gli "oggetti" rimane letteralmente il "nulla". Non c'è nessuna realtà dietro gli "oggetti".
CitazioneAlcuni sostengono una qualche forma di teoria dell'universo-blocco, secondo la quale tutto lo spaziotempo è cristallizzato e tutto presente. Altri sostengono la teoria opposta secondo la quale il tempo scorre, e che quindi il presente avanza.
Beh, se la relatività fosse la teoria "corretta", sarebbe in fin dei conti plausibile...
CitazioneE così è anche per il tempo. Alcune volte è comodo consideralo come un flusso, altre volte ci è più congeniale parlare dello spaziotempo nella sua interezza. Dipende dalle nostre necessità di analisi. Riguardo all'universo-blocco, che senso ha dire che tutto lo spaziotempo è presente? Nessuno. Ma magari si vuole dire dell'altro e cioè che lo spaziotempo è atemporale: ma anche qui ci sono problemi linguistici notevoli. E' ovvio che se vuoi vedere tempo da fuori avrai una visione atemporale del tempo, ma questa è una tautologia... cioè hai una visione del tempo atemporale proprio perché hai voluto osservare il tempo senza considerare il tempo. E per chi vede il tempo come flusso, che cosa intende veramente? Noi ci immaginiamo che ci spostiamo nel tempo, ma anche questo non ha senso senza ipotizzare una seconda dimensione temporale (!). E' più appropriato dire che noi siamo nel tempo, cioè abbiamo sia un'estensione spaziale sia un'estensione temporale... o semplicemente che le cose cambiano. Tutto qui.
L'universo a blocco dice che in sostanza il cambiamento è puramente illusorio.
Il problema è che l'uomo è "dotato" di
logos, di razionalità. Vuole crearsi una "mappa" concettuale della realtà. Il problema è quando crede di aver catturato la realtà con una di queste mappe. Il "miracolo" è che nonostante l'impossibilità di comprendere veramente la realtà con queste mappe, in fin dei conti è possibile costruire delle mappe, utilissime e tutt'altro che arbitrarie. Le mele
scendono quando cadono e non salgono. Succede sempre così. Tuttavia "su" e "giù" sono concetti relativi.
CitazioneE LA FRECCIA DEL TEMPO?
Qui era la parte in cui avevo più "difficoltà". Secondo me qui Rovelli confonde l'
irreversibilità con la
freccia del tempo. Se anche tutti i fenomeni fossero reversibili ci sarebbe comunque un "verso" del tempo. Tuttavia in tal caso sarebbe possibile "invertire" tutti i processi. Ma questo non c'entra molto con la presenza di un "verso" del tempo.
Riguardo all'esistenza del tavolo... beh direi che non si può dire che "esiste" o che "non esiste". Il "tavolo" gode di un'esistenza convenzionale. Ciò non toglie che se ci sbatto il mignolo contro di esso mi faccio un gran male e che mi è possibile creare questa convenzione. Il "tavolo" non è una vera entità, ma ovviamente non si può dire che non esiste.
Riguardo ad altre cose risponderò un'altra volta. Inoltre, ci sono certe cose su cui non so rispondere. Tipo la "gravità quantistica" non riesco a capirla. Magari ho qualche speranza di capire la matematica e di farci i conti, ma "capirla" è un'altra cosa ::)
In sostanza il "tavolo", la "provincia" ecc sono utili convenzioni, possono essere usate per "orientarci" nella realtà ma non sono
reali. Idem per il "tempo newtoniano". Se ha ragione Rovelli lo "spazio-tempo", lo spazio e il tempo sono anch'essi convenzioni, non sono reali.
Diciamo allora che la realtà "Non è come ci appare" , e questo è il titolo di un altro libro di Rovelli forse più digeribile , seppur meno tascabile , di quello oggetto di questa discussione.
Il modo in cui ci appare è però utile , ma non necessariamente univoco , essendo sostanzialmente convenzionale.
Ciò che a volte non ci appare però è proprio questa convenzionalità, in quanto ci siamo limitati ad ereditare queste convenzioni, senza esserne stati direttamente gli artefici.
Questa mancanza di coscienza ci porta ad identificare queste convenzioni con la realtà, confusione che , fino a un certo punto , è innocua.
Quando però ci immergiamo , specie se neofiti, in teorie recenti come la MQ , questa confusione pone ostacoli notevoli alla nostra comprensione.
Di solito per noi reale è sinonimo di immediato , però c'è sempre una mediazione , anche quando non ci appare.
Così una funzione d'onda, riprendendo i post con cui rispondevo a @ il dubbio , non apparendoci come qualcosa di immediato , non riusciamo a credere possa essere reale.
In effetti non c'è nessun bisogno di crederla reale , così come non c'è bisogno di credere reale un tavolo , come mi pare dice Apeiron. Anche se non sono reali non possiamo comunque non tenerne conto a salvaguardia anche dei nostri preziosi mignoli , come ancora dice Apeiron .😂
Alla fine tutto sta nel trovare le convenzioni più utili a farci apparire il mondo come avesse un ordine che ci permetta di considerarci in Esso attori in parte , e il tempo è uno di questi ordini.
Se siamo ancora qui significa che questa recita funziona e funziona per tutti gli esseri viventi, e funziona anche quando non sanno di stare recitando una parte.
Quindi se vogliamo praticare il diffuso sport di come fare a distinguerci dagli altri animali , questa consapevolezza, che in se' però non è necessaria , è ciò che ci distingue.
Il processo di comprensione del mondo comune agli esseri viventi è un processo naturale , ma è anche un processo riproducibile quando se ne prenda coscienza , e questo in sostanza è ciò che chiamiamo scienza.
Possiamo riprodurlo in vari modi usando diverse convenzioni e questo è il motivo per cui disponiamo di diverse teorie non necessariamente conciliabili.
In fondo il tentativo di trovare una teoria del tutto nasce dall'esigenza di ricreare quell'Eden dal quale l'acquisizione della consapevolezza ci ha estromessi.Un mondo che fantastichiamo reale , che sottostà ad una convenzione unica , che essendo tale non ci appaia neanche come una convenzione , ma come la vera realtà.
Citazione di: Apeiron il 24 Marzo 2018, 00:48:46 AMPer dirla brutalmente, il concetto di "adesso" in relatività ha senso solo in un punto dello spazio. In fin dei conti ciò che vediamo, sentiamo ecc è "passato" visto che luce, suoni, gusti ecc impiegano un certo tempo ad arrivare (la velocità della luce è finita...). Dunque quando parlo ad una persona la vedo "con un certo ritardo", per così dire.
CitazioneIl "mio vederla e sentirla parlare" [evento-2] é presente mentre accade (nel suo accadere). mentre il "suo parlare" [evento-1] é passato rispetto al mio vederlo e sentirlo [rispetto all' evento-2] , essendo presente mentre accade (nel suo proprio accadere) [allorché é futuro l' evento-2].
La cosa strabiliante della gravità quantistica a loop è che rimuove completamente lo "spazio" e il "tempo" intesi come "background" dei fenomeni. In sostanza mentre intuitivamente pensiamo che rimossi gli oggetti spazio e tempo rimangono (e lo dice pure la Relatività generale!) per questa teoria rimossi gli "oggetti" rimane letteralmente il "nulla". Non c'è nessuna realtà dietro gli "oggetti".
Beh, se la relatività fosse la teoria "corretta", sarebbe in fin dei conti plausibile...
CitazionePer personale ignoranza in proposito non prendo in considerazione la teoria della gravità quantistica a loop.
Rilevo soltanto (ma chiaramente é un' altra questione: non sto obiettando alla teoria, ma svolgendo una considerazione dalla teoria suggeritami) che anche per la pura semantica (e per gli antichi atomisti, secondo l' interpretazione che dò personalmente di quanto ci é arrivato delle loro teorie) lo spazio vuoto é tale (é -da intendersi come- "qualcosa": il concetto di "spazio vuoto" connota ed eventualmente denota "qualcosa" e non "nulla") relativamente al "non vuoto" (gli atomi di Leucippo, Democrito, Epicuro, ecc., o in generale gli "oggetti -enti ed eventi- in esso ubicati", ecc.).
"In assoluto", ovvero senza la (a prescindere dalla) relazione con gli "oggetti" che contiene, non é un concetto (dotato di connotazione; precisazione pleonastica), non esiste (come tale: concetto con significato intensionale; ed eventualmente estensionale, esistendo in questo caso anche la "cosa reale"): "Omnis determinatio est negatio" (Spinoza).
Qui era la parte in cui avevo più "difficoltà". Secondo me qui Rovelli confonde l'irreversibilità con la freccia del tempo. Se anche tutti i fenomeni fossero reversibili ci sarebbe comunque un "verso" del tempo. Tuttavia in tal caso sarebbe possibile "invertire" tutti i processi. Ma questo non c'entra molto con la presenza di un "verso" del tempo.
CitazioneConcordo: anche l' improbabilissimo (in linea teorica, di principio; e di fatto impossibile: l' interpretazione di Boltzmann del II° pr. della TD é a mio parere. oltre che assolutamente geniale, insuperata) ricomporsi dei frammenti del bicchiere caduto e sbriciolatosi, avverrebbe inevitabilmente dal passato al futuro e non viceversa.
Riguardo all'esistenza del tavolo... beh direi che non si può dire che "esiste" o che "non esiste". Il "tavolo" gode di un'esistenza convenzionale. Ciò non toglie che se ci sbatto il mignolo contro di esso mi faccio un gran male e che mi è possibile creare questa convenzione. Il "tavolo" non è una vera entità, ma ovviamente non si può dire che non esiste.
In sostanza il "tavolo", la "provincia" ecc sono utili convenzioni, possono essere usate per "orientarci" nella realtà ma non sono reali. Idem per il "tempo newtoniano". Se ha ragione Rovelli lo "spazio-tempo", lo spazio e il tempo sono anch'essi convenzioni, non sono reali.
CitazioneTi chiedo: in che senso sono convenzioni (sia pure relativamente ad enti ed eventi reali intersoggettivamente constatabili empiricamente (se voglio ragionare di cose reali e non immaginarie posso convenzionalmente considerare il territorio dell' Italia attuale (come nazione), oppure quello dell' Italia settentrionale, oppure quello del Vecchio Continente o solo l' Eurasia, ecc., ma non posso considerare l' Atlantide o Lilliput o, convenzionalmente, il territorio complessivo di Atlantide + Lilliput o quello costituente i tre quarti settentrionali o la metà occidentale oppure il territorio di qualsiasi "provincia" di Atlantide")?
Secondo me, a certe condizioni indimostrabili (ma tali che di fatto tutti i sani di mente per lo meno si comportano come se ci credessero), intersoggettivamente tutti (chiunque), purché si collochino "nella giusta posizione" e osservino "nel giusto modo", possono (e inevitabilmente devono, a tali condizioni) constatare l' accadere di qualcosa che si dice "l' esistenza del tavolo".
Citazione di: iano il 23 Marzo 2018, 23:51:09 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 23 Marzo 2018, 21:47:05 PM
Citazione di: iano il 23 Marzo 2018, 21:13:46 PM
Nel mio post mi sono pero' sforzato di cambiare paradigma di pensiero , perché credo sia proprio questo che ci induce a fare la MQ.
Abbandonare un quadro mentale che è arrivato il momento di considerare ormai come ingenuo.
Nel nuovo quadro una funzione d'onda ha gli stessi diritti di una massa.
La funzione d'onda è una costruzione matematica. Poteva anche non dire nulla se non fosse che da dei risultati (reali) in base probabilistica molto precisi e verificati.
Ma non bisogna confondere la parte destra con la sinistra. La parte destra è ciò che antecede un risultato sperimentale ovvero la funzione d'onda. Infatti la parte sinistra (ovvero il risultato sperimentale) non produce l'intera funzione d'onda. E non potrebbe. Quindi confondere destra con sinistra non porta a niente di buono :)
Temo di non aver capito. in che senso usi i termini destra e sinistra ?
Io non sto confondendo la misura con l'aspettativa di ciò che misurerò.
Sto cercando di confondere, cioè fondere in un'unica categoria cose che di solito incaselliamo in modo distinto , ma senza sapere bene perché.
Si tratta di una ipotesi la cui utilità può essere verificata , come e in che senso lo dico alla fine.
Si tratta di togliere un po' della realtà che diamo a una massa e trasferirla a una funzione d'onda.
Perché non è chiaro il motivo per cui la massa ci sembri reale.
Ma se lo facciamo per la massa , senza motivo , chi ci impedisce di farlo per la funzione d'onda, se tutto ciò dovesse semplificare il nostro approccio e la nostra comprensione della fisica moderna?
E' appunto sul campo di una maggiore comprensione che va' provata l'ipotesi suggerita.
Stiamo qui parlando delle stranezze della MQ.
Le stranezze però appaiono a noi e non sono una necessaria conseguenza della MQ , sulla cui validità non ci sono più' dubbi.
I dubbi sono solo sulle nostre interpretazioni.
L'interpretazione buona è quella che ci fa' dire di aver compreso.
Ma per applicare la MQ non è necessario comprenderla.
Ai fini della sua applicazione che la funzione d'onda sia reale o meno è questione priva di significato.
Ciò che non va' confuso è la teoria con le nostre interpretazioni , sulle quali costruiamo il nostro senso di realtà.
Per destra e sinistra intendo dire funzione d'onda (destra)a e risultato di misura(sinistra).
La prima descrive matematicamente un sistema logico matematico la seconda parte è il risultato che esce applicando quel sistema.
Faccio un esempio se a destra metti a-b il risultato deve essere a-b. Un po' come funziona un calcolatore. Se hai dieci carammelle verdi e una rossa e vuoi sapere quante caramelle hai in tutto il sistema della parte destra deve restituirti il risultato, per cui il calcolatore ti dirà che hai bisogno di sommare a (caramelle verdi) + b caramella rossa) . Se il sistema ti dicesse che devi sottarre, ovvero a-b, quel sistema di calcolo non ti restituirà la realtà, poiche tu conterai sempre 11 caramelle e no 9.
Noi diamo senso di realtà ai risultati, ovvero quello che vediamo, il resto (il sistema di calcolo usato) è solo uno strumento matematico, o meglio come si dice un
modello per carpire la realtà. Ma non è la realtà stessa.
Tu dici che per "applicare la MQ non è necessario comprenderla" . Ed io sto dicendo che applicando quel modello matematico abbiamo un risultato che è quanto è più prossimo a ciò che noi misuriamo. Siccome però quel risultato è un risultato statistico vuol dire che abbiamo un modello matematico di natura statistica. Questo non vuol dire che la realtà sia di natura statistica. Se ad esempio applichiamo quel modello alla richiesta di un risultato certo per una singola misura, non ci restituisce un risultato verificabile. Non abbiamo di meglio che quel modello, ma rendere il modello come se fosse la realtà non solo sarebbe una forzatura ma sarebbe non verificabile.
Per quanto riguarda ciò che dici sulla
massa... Avevo gia risposto a epicurus (e mi aspettavo anche una correzione da parte di aperion) la massa non fa parte (da quel che ne so) di quel modello matematico. Ovvero la massa non è un'osservabile quantistica. Lo è invece l'energia che è indeterminata rispetto al parametro t (tempo). Fa parte (tempo/energia) di una delle coppie complementari in cui vige il principio di intederminazione. L'altra coppia è posizione/momento. Ce ne sono delle altre ma queste credo siano le piu famose. In base a questo schema se vuoi conoscere con precisione la posizione di un elettrone perdi la possibilità di conoscere con la stessa precisione i suo momento. Sia per posizione che per momento la funzione d'onda descrive la somma dei loro possibili stati. Ammettiamo che la funzione d'onda (per semplicità) dica che l'elettrone fluttua tra la Terra e la Luna. Abbiamo due stati possibili. L'elettrone può essere misurato qui sulla Terra o viceversa sulla Luna. Ma fino a che quel sistema non interagisce con un sistema di misura realisticamente non possiamo dire che l'elettrone si trovasse in entrambi i luoghi.
Per cui è improponibile sostenere la funzione d'onda come una descrizione della realtà visto che questa realtà (ammesso che esista) non possiamo verificarla..per cui non è una deduzione scientificamente rilevante . La funzione d'onda (come tutto il resto alla base della meccanica quantistica) è un modello matematico a cui noi facciamo riferimento per calcolare in modo statistico il comportamento di molti sistemi quantistici.
Citazione di: epicurus il 22 Marzo 2018, 14:30:49 PM
La filosofia nei millenni ha prodotto molte fantasie incredibili, ma nessuno si era spinto a tanto: presente, futuro e passato sono definiti solo vicino a noi, poi esiste qualcosa che non è né passato né futuro né presente e a volte si possono avere eventi che sono sia passati che futuri nello stesso momento. Fermiamoci un attimo a considerare tutto questo... è davvero tanto da digerire!
PER LA FISICA IL TEMPO È ILLUSORIO?
Spesso si sente dire in discussioni filosofiche che la fisica ha dimostrato che il tempo non esiste. Non sono d'accordo (e non lo è neppure Rovelli). Quello che sappiamo è che il tempo è un qualcosa di molto più complesso di quello che pensavamo. Allo stato attuale della fisica il tempo c'è eccome...
CitazioneQui concordo (il riferimento mi sembra palesemente a Emanuele Severino).
Le domande interessanti a cui chi sostiene l'illusorietà del tempo dovrebbe rispondere sono:
1. Perché un modello di mondo dove nulla cambia sarebbe migliore di un modello di mondo in cambiamento?
CitazioneMa credo che i filosofi (compreso il per me pessimo Emanuele Severino) e gli scienziati non si chiedano tanto che cosa sia "meglio" (per chi? Perché? In base a quali criteri?), quanto che cosa sia "reale" (accada realmente; nel tempo, precisazione pleonastica), ovvero quali proposizioni (circa la realtà) siano vere.
2. Come spieghiamo la nostra visione scientifica del mondo in cambiamento?
2. Come spieghiamo la nostra visione soggettiva del cambiamento?
3. Come possiamo avere una vita soggettiva senza che vi sia un qualche tipo di cambiamento?
Alcuni sostengono una qualche forma di teoria dell'universo-blocco, secondo la quale tutto lo spaziotempo è cristallizzato e tutto presente. Altri sostengono la teoria opposta secondo la quale il tempo scorre, e che quindi il presente avanza.
A me sembra che entrambe le posizioni poggino su confusioni linguistiche. Mi spiego meglio con un esempio. Prendiamo i numeri naturali (0, 1, 2, ...). Possiamo considerarli come una serie incrementale, che tende all'infinito (infinito potenziale), oppure possiamo considerali come un insieme nella sua interezza, dove ogni numero è già presente (infinito attuale). Ma avrebbe un senso la diatriba tra chi afferma che i numeri naturali sono una serie crescente e chi afferma che invece i numeri naturali sono un insieme infinito? No, la diatriba non avrebbe senso perché la questione è semplicemente in che modo vogliamo vedere le cose. A volte ci risulta più utile considerare i numeri naturali come una serie crescente, altre volte come un insieme... dipende dal contesto e dagli scopi della discussione. Non c'è nulla di sostanziale da discutere... come non è più vero un ordine cronologico di una gruppo di libri rispetto al suo ordine alfabetico.
CitazioneMi sembra che la aristotelica distinzione fra infinito in potenza e infinito in atto sia tutt' altro che la questione (e men che meno che la risoluzione della questione) se la realtà sia fissa o divenga.
Le considerazioni come in potenza e come in atto dell' infinito sono reciprocamente complementari, non reciprocamente contraddittorie: per ogni numero naturale ce ne sarà sempre uno maggiore di uno (e infiniti maggiori di altri numeri), senza che mai si raggiunga l' "ultimo" (contando non si finisce mai e si é sempre ad un numero finito -crescente continuamente- [tesi-A], il che non significa che l' insieme dei numeri naturali -mai contati interamente di fatto- non sia infinito [tesi-B, non affatto contraddittoria rispetto alla tesi-A]).
Invece fissità "parmenideo-severiniana" e "mutamento" della realtà sono concetti reciprocamente contraddittori: o si dà (realmente) l' uno, oppure l' altro.
E' più appropriato dire che noi siamo nel tempo, cioè abbiamo sia un'estensione spaziale sia un'estensione temporale... o semplicemente che le cose cambiano. Tutto qui.
CitazioneQui concordo.
E LA FRECCIA DEL TEMPO?
Se rompo un bicchiere, poi il bicchiere non si ricompone. Il tempo pare irreversibile: questa è la freccia del tempo.
Il problema è che sembra che tutte le leggi fondamentali del mondo microscopico siano reversibili. Cioè, se un evento è fisicamente possibile allora è fisicamente possibile anche tale evento che si svolge temporalmente alla rovescia.
Il secondo principio della termodinamica (che asserisce che l'entropia non decresce in un sistema chiuso) invece non è reversibile. Molti quindi identificano tale principio con la freccia del tempo. Tuttavia tale principio è un principio stocastico (vale mooolto spesso, ma non sempre ed in ogni caso) e, soprattutto, riguarda il mondo macroscopico.
Come derivare un processo irreversibile (per la seconda legge della termodinamica) dalle leggi fondamentali che sono reversibili è tuttora un problema aperto: è chiamato Paradosso di Loschmidt. Ci sono ipotesi (come quelle di Rovelli), ma nulla di ben fondato e accettato dalla comunità scientifica. Inoltre alcune ipotesi recenti stanno considerando come l'irreversibilità possa essere presente anche nel mondo microscopico.
Detto questo, non si capisce se l'orientamento del tempo sia una proprietà del mondo solo macroscopico oppure lo sia anche di quello microscopico. Ma anche se fosse una proprietà solo del microscopico, non cambierebbe il fatto che nel mondo macroscopico i bicchieri non si ricompongano da soli, le persone non ringiovaniscono,... L'irreversibilità è onnipresente nel macroscopico. Scoprire che la freccia del tempo sia una proprietà emergente (quindi non presente a livello elementare) non cambia il fatto che tale freccia ci sia. Anche il calore non è una proprietà fondamentale della realtà, ma esistono oggetti caldi! E anche un tavolo è un mucchietto di particelle, ma questo non cambia che il tavolo esista.
CitazioneSecondo me Boltmann (uno scienziato; ma "con palle filosofiche", per così dire) ha brillantemente risolto (o meglio dissolto) il (o meglio lo pseudo-) problema ben più di un secolo fa. Anche se vari irrazionalisti (come lo scienziato e filosofo -a mio parre pessimo- Prigogine pretendono di negarlo).
(Vedi anche la risposta di Apeiron, con la quale su questo punto concordo pienamente: reversibilità (microscopica; e in linea teorica improbabilissima ma non impossibile anche a livello macroscopico) dei fenomeni =/= inversione (dello scorrere) del tempo.
p.s. Chissà se Apeiron mi bacchetterà sulla parte fisica. ;D ;D
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Marzo 2018, 10:23:53 AM
Per cui è improponibile sostenere la funzione d'onda come una descrizione della realtà visto che questa realtà (ammesso che esista) non possiamo verificarla..per cui non è una deduzione scientificamente rilevante . La funzione d'onda (come tutto il resto alla base della meccanica quantistica) è un modello matematico a cui noi facciamo riferimento per calcolare in modo statistico il comportamento di molti sistemi quantistici.
Per rendere questa questione in modo classico rispettando però i dettami della meccanica quantistica ammettiamo di avere la funzione donda della Luna. La funzione d'onda dell'osservabile posizione di tutte le particelle della Luna indica il 99,99% che si trovi proprio li dove pensiamo di trovare la Luna. Sarà estremamente difficile (se no impossibile) trovare, in un tempo terrestre la Luna, in una posizione diversa da quella che verifichiamo. Ma è solo una questione di probabilità. Il mondo ci appare in questo modo solo perche è piu probabile. E questa è l'unica interpretazione possibile con i dati alla mano. Che poi la Luna è comunque un oggetto macroscopico e perde in modo naturale anche quello 00,01% di essere da un'altra parte secondo me non è ancora un dato di fatto.
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Marzo 2018, 10:41:07 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Marzo 2018, 10:23:53 AM
Per cui è improponibile sostenere la funzione d'onda come una descrizione della realtà visto che questa realtà (ammesso che esista) non possiamo verificarla..per cui non è una deduzione scientificamente rilevante . La funzione d'onda (come tutto il resto alla base della meccanica quantistica) è un modello matematico a cui noi facciamo riferimento per calcolare in modo statistico il comportamento di molti sistemi quantistici.
Per rendere questa questione in modo classico rispettando però i dettami della meccanica quantistica ammettiamo di avere la funzione donda della Luna. La funzione d'onda dell'osservabile posizione di tutte le particelle della Luna indica il 99,99% che si trovi proprio li dove pensiamo di trovare la Luna. Sarà estremamente difficile (se no impossibile) trovare, in un tempo terrestre, la Luna in una posizione diversa da quella che verifichiamo. Ma è solo una questione di probabilità. Il mondo ci appare in questo modo solo perche è piu probabile. E questa è l'unica interpretazione possibile con i dati alla mano. Che poi la Luna è comunque un oggetto macroscopico e perde in modo naturale anche quello 00,01% di essere da un'altra parte secondo me non è ancora un dato di fatto.
Rispondo a @sgiombo :)
Citazione
CitazioneIl "mio vederla e sentirla parlare" [evento-2] é presente mentre accade (nel suo accadere). mentre il "suo parlare" [evento-1] é passato rispetto al mio vederlo e sentirlo [rispetto all' evento-2] , essendo presente mentre accade (nel suo proprio accadere) [allorché é futuro l' evento-2].
Concordo!
CitazionePer personale ignoranza in proposito non prendo in considerazione la teoria della gravità quantistica a loop.
Rilevo soltanto (ma chiaramente é un' altra questione: non sto obiettando alla teoria, ma svolgendo una considerazione dalla teoria suggeritami) che anche per la pura semantica (e per gli antichi atomisti, secondo l' interpretazione che dò personalmente di quanto ci é arrivato delle loro teorie) lo spazio vuoto é tale (é -da intendersi come- "qualcosa": il concetto di "spazio vuoto" connota ed eventualmente denota "qualcosa" e non "nulla") relativamente al "non vuoto" (gli atomi di Leucippo, Democrito, Epicuro, ecc., o in generale gli "oggetti -enti ed eventi- in esso ubicati", ecc.).
"In assoluto", ovvero senza la (a prescindere dalla) relazione con gli "oggetti" che contiene, non é un concetto (dotato di connotazione; precisazione pleonastica), non esiste (come tale: concetto con significato intensionale; ed eventualmente estensionale, esistendo in questo caso anche la "cosa reale"): "Omnis determinatio est negatio" (Spinoza).
Puntualizzazione corretta. Però, fai conto che per la gravità quantistica a loop non ci sono cose che si muovono
nello spazio. Se togli gli oggetti non rimane lo "spazio vuoto".
CitazioneConcordo: anche l' improbabilissimo (in linea teorica, di principio; e di fatto impossibile: l' interpretazione di Boltzmann del II° pr. della TD é a mio parere. oltre che assolutamente geniale, insuperata) ricomporsi dei frammenti del bicchiere caduto e sbriciolatosi, avverrebbe inevitabilmente dal passato al futuro e non viceversa.
Già... pensa che fin dal liceo i libri di fisica tendono a dire che il futuro si distingue dal passato per l'irreversibilità. Secondo me questo crea un'enorme confusione...
Citazione
CitazioneTi chiedo: in che senso sono convenzioni (sia pure relativamente ad enti ed eventi reali intersoggettivamente constatabili empiricamente (se voglio ragionare di cose reali e non immaginarie posso convenzionalmente considerare il territorio dell' Italia attuale (come nazione), oppure quello dell' Italia settentrionale, oppure quello del Vecchio Continente o solo l' Eurasia, ecc., ma non posso considerare l' Atlantide o Lilliput o, convenzionalmente, il territorio complessivo di Atlantide + Lilliput o quello costituente i tre quarti settentrionali o la metà occidentale oppure il territorio di qualsiasi "provincia" di Atlantide")?
Secondo me, a certe condizioni indimostrabili (ma tali che di fatto tutti i sani di mente per lo meno si comportano come se ci credessero), intersoggettivamente tutti (chiunque), purché si collochino "nella giusta posizione" e osservino "nel giusto modo", possono (e inevitabilmente devono, a tali condizioni) constatare l' accadere di qualcosa che si dice "l' esistenza del tavolo".
Rispondendo alla tua domanda, la differenza tra "Italia Settentrionale" e "Atlantide" è che "Atlantide" è un concetto immaginario mentre "Italia Settentrionale" deriva da considerazioni empiriche.
Su questo tenevo a dare una precisazione. Se fosse vero il "convenzionalismo" allora
tutta la "realtà" sarebbe una convenzione. Sarebbe "mere convenzioni" perfino le regolarità nella natura. Sarebbe convenzione perfino il fatto che se sbatto il mignolo contro la gamba del tavolo mi faccio (molto) male. No, non sto dicendo questo. Non sto dicendo che la realtà dipende dalle nostre convenzioni. Quello che voglio dire è più sottile: la realtà
c'è tuttavia per "orientarci" in essa dobbiamo "creare una mappa", la quale dipende da certi nostri assiomi che possono essere arbitrari. L'esempio geografico è più interessante, in fine dei conti, di quello del tavolo. Non sto dicendo che il "territorio" Italia dipende dalle nostre convenzioni. Sto dicendo che noi
distinguiamo l'Italia perchè descriviamo la realtà partendo da alcuni assiomi di base. Non sto negando l'esistenza del Monte Bianco, sto solo dicendo che il "Monte Bianco" non è veramente una "cosa distinta" dal resto delle Alpi. Il fatto che noi "dividiamo" la catena alpina in "montagne" è dovuto ad una nostra
decisione di dividere la catena alpina in un certo modo. Ciò non significa però che le cime alpine non esistono (altrimenti se ciò fosse vero Annibale non avrebbe fatto nulla di "speciale"). Questa è la differenza tra me e un "nichilista": per me c'è una "realtà innegabile", tuttavia gli assiomi con cui partiamo nella nostra descrizione sono (almeno in parte) arbitrari.
Negare la realtà invece significa invece ritenere che la realtà
è una nostra costruzione convenzionale. Non la sua
descrizione, ma proprio la realtà. Ma il fatto che ci sia una realtà ci permette di fare in modo che le nostre convenzioni siano "utili". In fin dei conti
riusciamo a sincronizzare gli orologi di Pechino e New York, anche se il "tempo assoluto" di Newton è una convenzione, ma è una convenzione che si basa sull'esperienza e non è semplicemente un'immaginazione come Atlantide.
Perciò: la
realtà è indipendente dalle convenzioni. Le descrizioni della realtà invece si basano su
assiomi che invece sono
in parte arbitrari. Ed è qui il bello, proprio quell'"in parte". Quell'"in parte" ci piazza esattamente a metà tra "dogmatismo" (essere convinti che le nostre descrizioni siano "esatte" indipendenti da noi stessi ecc) e "nichilismo"/"scetticismo estremo" (essere convinti che tutte le descrizioni sono completamente arbitrarie e che quindi nessuna di esse si può definire "migliore" di un'altra). Ma quell'"in parte" ci dice anche che la natura è regolare, che la ricerca di una migliore comprensione delle cose non è futile ecc
In sostanza questo rende giustizia al "tempo newtoniano". Il tempo newtoniano non è "reale", tuttavia è un concetto ben fondato sull'esperienza. (In modo simile siamo noi a voler "astrarre" il "tavolo" da ciò che lo circonda - c'è un po' di differenza in realtà tra i due casi, ma personalmente li trovo simili.)
Grazie, Apeiron per i chiarimenti.
Concordo!
Piccola pignoleria di cui chiedo scusa: distinguerei lo scetticismo, anche "estremo", che dubita di tutto (nessuna tesi é certamente vera) dal relativismo che invece "accetta tutto per buono" (tutte le tesi sono certamente vere per coloro che lo pretendano ad libitum, anche se le une contraddicono le altre e anche se dicono che é reale ciò che non lo é e/o che non é reale ciò che lo é).
Mi sembrano due "poli opposti", almeno in larga misura coincidenti con razionalismo e irrazionalismo rispettivamente.
@Il dubbio
Parlare di descrizione della realtà è fuorviante sia che ci si riferisca alla funzione d'onda che a qualsiasi altra cosa.
La funzione d'onda è una costruzione che deriva dalla nostra interazione con la realtà,che ci piace qui ipotizzare , anche se non è necessario esista , come tu stesso noti.
Se il risultato di questa interazione è una legge probabilistica io non ne deduco che la realtà sia probabilistica.
Parimenti se ho una legge deterministica non ne deduco che la realtà sia deterministica.
Alla fine mi pare che l'assunzione che la realtà esista ci crei un sacco di problemi.
Così tu dici che la funzione d'onda non può essere una descrizione della realtà.
È infatti non lo è, ma non lo è a priori , e non perché è una descrizione che non ci scompiscia.
Il risultato della nostra interazione con la presunta realtà non è una sua descrizione.
Che lo sia è una ulteriore ipotesi arbitraria e non necessaria.
È vero che è una ipotesi che viene da se' , ma se vogliamo entrare in intimità con la nuova fisica dovremmo , se non eliminare , almeno iniziare ad acquisire coscienza di tutte queste ipotesi non necessarie.
Il fatto che queste ipotesi sembrino aver funzionato fino a un certo punto , uscendone quindi rafforzate , è una illusione , se in effetti , non essendo necessarie, di fatto non sono mai entrate in gioco.
Al massimo sono servite a rassicurarci di avere una terra sotto i piedi.
Mi piace continuare a ipotizzare la realtà, mi piace sentire la terra sotto i piedi , ma non mi piace avere ostacoli alla comprensione.
Quindi non ci facciamo confondere, e continuiamo pure a ipotizzare la realtà se ci piace , perché tanto , come dice Apeiron , la realtà è indipendente dalle convenzioni e noi abbiamo a che fare direttamente con delle convenzioni, e indirettamente forse con la realtà.
Citazione di: iano il 24 Marzo 2018, 15:01:02 PM
@Il dubbio
Parlare di descrizione della realtà è fuorviante sia che ci si riferisca alla funzione d'onda che a qualsiasi altra cosa.
La funzione d'onda è una costruzione che deriva dalla nostra interazione con la realtà,che ci piace qui ipotizzare , anche se non è necessario esista , come tu stesso noti.
Se il risultato di questa interazione è una legge probabilistica io non ne deduco che la realtà sia probabilistica.
Parimenti se ho una legge deterministica non ne deduco che la realtà sia deterministica.
Alla fine mi pare che l'assunzione che la realtà esista ci crei un sacco di problemi.
Così tu dici che la funzione d'onda non può essere una descrizione della realtà.
È infatti non lo è, ma non lo è a priori , e non perché è una descrizione che non ci scompiscia.
Il risultato della nostra interazione con la presunta realtà non è una sua descrizione.
Che lo sia è una ulteriore ipotesi arbitraria e non necessaria.
È vero che è una ipotesi che viene da se' , ma se vogliamo entrare in intimità con la nuova fisica dovremmo , se non eliminare , almeno iniziare ad acquisire coscienza di tutte queste ipotesi non necessarie.
Il fatto che queste ipotesi sembrino aver funzionato fino a un certo punto , uscendone quindi rafforzate , è una illusione , se in effetti , non essendo necessarie, di fatto non sono mai entrate in gioco.
Al massimo sono servite a rassicurarci di avere una terra sotto i piedi.
Mi piace continuare a ipotizzare la realtà, mi piace sentire la terra sotto i piedi , ma non mi piace avere ostacoli alla comprensione.
Quindi non ci facciamo confondere, e continuiamo pure a ipotizzare la realtà se ci piace , perché tanto , come dice Apeiron , la realtà è indipendente dalle convenzioni e noi abbiamo a che fare direttamente con delle convenzioni, e indirettamente forse con la realtà.
Non ho compreso cosa mi contesti.
La funzione d'onda, come tutta la costruzione matematica che completa la meccanica quantistica, è un
modello matematico.
Non c'è
interazione fra il modello matematico e la realtà, al limite possiamo dire che possiamo
confrontare quel modello con la realtà o meglio con i dati sperimentali e cercare di ricavare degli utili. Confrontando questo modello con esperimenti singoli la prevedibilità dell'esperimento invece fallisce, per cui tale modello non serve quasi mai a niente (o detto quasi mai perche ci sono delle situazioni particolari previsti dalla teoria in cui invece anche i singoli risultati sono prevedibili al 100%) . Mentre è estremamente precisa mettendola a confronto con un numero grande di esperimenti.
Poi ognuno, con il suo senso filosofico o intelletuale che si ritrova, può ricamare quel che vuole. Ma dovremo partire dallo stesso inizio.
Pensare che la funzione d'onda sia la realtà è un salto nel buio. Se si è coscienti di questo va bene, possiamo fare tutti i salti che vogliamo (ed io non mi sottraggo mai) ma se crediamo invece a qualcosa che non può essere provato pensando che sia una verità scientifica, allora io non credo sia giustificato. Può essere magari utilizzato dai fuffari... ma dovendo rimanere con i piedi per terra dovremo cercare di sostenere solo ciò che è possibile sostenere. Solo partendo da questi punti condivisi è possibile tentare qualche salto nel buio.
@Il dubbio.
Non ti contesto nulla e non voglio spacciare la funzione per realtà..Tutt'altro.
Evidentemente non sono stato chiaro e me ne scuso.
Se invece hai letto frettolosamente i miei post .....a volte succede anche a me .
:)
Citazione di: Il_Dubbio il 23 Marzo 2018, 19:27:32 PM
Citazione di: epicurus il 23 Marzo 2018, 09:46:53 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 22 Marzo 2018, 18:30:33 PM
Su quella riguardante la meccanica quantistica un po' meno. Credo che l'idea di far fluttuare in modo indeterminato lo spazio/tempo sia solo una buona idea. Ma le idee rimangono tali se non si produce qualche tipo di fonte autorevole che le sostenga. Attualmente io non conosco alcuna fonte autorevole. Cioè se chiedo alla comunità scientifica se quella fa parte di una teoria consolidata mi aspetto di ricevere solo una risposta ovvero NO!
Pero mi lascio nel dubbio... come al solito :D magari hai ragione tu.
Considera un elettrone in sovrapposizione di posizioni. L'elettrone ha una massa. Quindi in base a dove si trova, il tempo può rallentare o meno nelle posizioni vicine... ma se la posizione è indeterminata, anche il rallentamento del tempo lo è. E' più chiara ora la cosa?
Sinceramente per rispondere a questa tua affermazione ci vorrebbe aperion ;)
Io parto da un presupposto, ovvero che la massa è (o sarebbe, cerco di fare il fisico da pochi soldi) un vettore e no un operatore. Ovvero la massa (lo dico magari in modo diverso avendo il dubbio di aver detto una fregnaccia matematica) non è un'osservabile. Per cui la parte che ignoro è: se l'elettrone è in sovrapposizione di stati dell'osservabile posizione, cosa possiamo dire della sua massa? Ma senza scomodare l'osservabile posizione, visto che la massa è uguale all'energia e sapendo che anche l'osservabile energia può essere in sovrapposizione di stati, anche dopo questo ultimo dilemma che cosa si può dire della sua massa?
La massa in MQ puoi, volendo vederla come un operatore in realtà. Il problema è che sarebbe un operatore "banale" in molti casi, visto che darebbe risultati uguali ad ogni misura (in MQ tutte le osservabili sono rappresentate da operatori nell'astratto spazio di Hilbert...).
Beh, nell'interpretazione standard (e credo anche per quella di Rovelli) non si può dire che nemmeno l'elettrone si trovi in una sovrapposizione di posizioni. Come dicevo, la domanda "dov'è l'elettrone?" è problematica prima della misura. Ma questo non significa che l'elettrone "non esiste", semplicemente significa che non possiamo sempre usare i nostri concetti di "posizione" al di fuori delle misure. Non considero ciò un atteggiamento positivista, secondo me è come dire che non si può parlare di "colori" al di fuori della nostra visione. ;)
Ad ogni modo si entra nella gravità quantistica con queste domande e non so niente di ciò.
(Recentemente ho avuto una discussione su "The Philosophy Forum" che mi ha abbastanza spiazzato, a dire il vero. Sono quasi orientato a ritenere che la MQ è incompleta, come diceva Einstein....)
Citazione di: sgiombo il 24 Marzo 2018, 12:15:41 PMGrazie, Apeiron per i chiarimenti. Concordo! Piccola pignoleria di cui chiedo scusa: distinguerei lo scetticismo, anche "estremo", che dubita di tutto (nessuna tesi é certamente vera) dal relativismo che invece "accetta tutto per buono" (tutte le tesi sono certamente vere per coloro che lo pretendano ad libitum, anche se le une contraddicono le altre e anche se dicono che é reale ciò che non lo é e/o che non é reale ciò che lo é). Mi sembrano due "poli opposti", almeno in larga misura coincidenti con razionalismo e irrazionalismo rispettivamente.
Concordo sulla distinzione. Tuttavia secondo me sono due risultati dello stesso "nichilismo" di cui parlavo. Se si nega (a priori) un criterio "universale" per cui si può distinguere il vero (o almeno il "ragionevole") dal falso (o almeno l' "irragionevole") è ben chiaro che a quel punto queste due posizioni diventano possibili. Una dice che ci sono tante verità quante sono le prospettive e quindi ogni cosa va bene (il "relativismo" di cui parli) e l'altra invece si astiene da prendere qualsiasi posizione (lo "scetticismo" di cui parli) perfino a livello "convenzionale". Secondo me viste le ovvie regolarità nella nostra esperienza c'è un criterio universale, almeno in certi casi. Per esempio a proposito di tempo, si può stabilire che
è possibile sincronizzare gli orologi nel mondo (magari con l'ausilio della relatività generale...). Chiaramente è una conclusione che traggo dall'esperienza e quindi a "posteriori". Non è una dimostrazione. Tuttavia l'evidenza di tali regolarità mi pare piuttosto innegabile. Uno scettico potrebbe negare che questa evidenza può darmi conoscenza, citando, per esempio, Hume. Tuttavia, finché parliamo di "ragionevolezza" e non di "dimostrazioni", finché si rimane più aperti alla revisione delle proprie convinzioni, secondo me è lo scettico che soffre di un eccesso di pedanteria.
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Marzo 2018, 10:41:07 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Marzo 2018, 10:23:53 AMPer cui è improponibile sostenere la funzione d'onda come una descrizione della realtà visto che questa realtà (ammesso che esista) non possiamo verificarla..per cui non è una deduzione scientificamente rilevante . La funzione d'onda (come tutto il resto alla base della meccanica quantistica) è un modello matematico a cui noi facciamo riferimento per calcolare in modo statistico il comportamento di molti sistemi quantistici.
Per rendere questa questione in modo classico rispettando però i dettami della meccanica quantistica ammettiamo di avere la funzione donda della Luna. La funzione d'onda dell'osservabile posizione di tutte le particelle della Luna indica il 99,99% che si trovi proprio li dove pensiamo di trovare la Luna. Sarà estremamente difficile (se no impossibile) trovare, in un tempo terrestre la Luna, in una posizione diversa da quella che verifichiamo. Ma è solo una questione di probabilità. Il mondo ci appare in questo modo solo perche è piu probabile. E questa è l'unica interpretazione possibile con i dati alla mano. Che poi la Luna è comunque un oggetto macroscopico e perde in modo naturale anche quello 00,01% di essere da un'altra parte secondo me non è ancora un dato di fatto.
Per essere pignoli dipende ancora dall'interpretazione che usi. Se usi quella di Copenaghen la Luna è un oggetto classico, così come lo è il tavolo e lo sono gli apparati strumentali. Per queste cose la MQ non viene utilizzata. Nell'interpetazione di Copenaghen il mondo classico è "classico", quindi la posizione della Luna non è questione di probabilità.
In quella di Rovelli la MQ viene vista come una teoria completa della realtà, valida anche a livello "macroscopico". In questo caso la realtà è totalmente quantistica. Il fatto che gli oggetti classici vengono visti come "fissi" è dovuto al fatto che questi facilmente interagiscono con gli "osservatori" (per osservatore si intede qualunque cosa in grado di immagazzinare l'informazione).
Citazione di: iano il 24 Marzo 2018, 15:01:02 PMQuindi non ci facciamo confondere, e continuiamo pure a ipotizzare la realtà se ci piace , perché tanto , come dice Apeiron , la realtà è indipendente dalle convenzioni e noi abbiamo a che fare direttamente con delle convenzioni, e indirettamente forse con la realtà.
Ottima scelta!
Riguardo alla "freccia del tempo" e l'irreversibilità....
Il discorso è che la "freccia del tempo" è semplicemente l'ordine degli accadimenti. Se essi sono reversibili è possibile "tornare allo stato iniziale" e quindi il sistema diviene simmetrico per "inversione temporale" . In sostanza è come guardare il film all'indietro e non notare alcuna differenza, ma questo non significa che non ci sia un "verso giusto" del tempo. C'è una sottile differenza. Inoltre, anche se i fenomeni sono reversibili non è detto che si ritorni allo stato iniziale.
Citazione di: Apeiron il 25 Marzo 2018, 12:19:23 PM
Beh, nell'interpretazione standard (e credo anche per quella di Rovelli) non si può dire che nemmeno l'elettrone si trovi in una sovrapposizione di posizioni. Come dicevo, la domanda "dov'è l'elettrone?" è problematica prima della misura. Ma questo non significa che l'elettrone "non esiste", semplicemente significa che non possiamo sempre usare i nostri concetti di "posizione" al di fuori delle misure. Non considero ciò un atteggiamento positivista, secondo me è come dire che non si può parlare di "colori" al di fuori della nostra visione. ;)
Infatti, ed è quello che cercavo di dire a iano, nel linguaggio comune ci piace parlare di sovrapposizione di posizioni ecc. mentre in realtà noi stiamo solo utilizzando uno strumento matematico. Usando quel strumento troviamo un elettrone in una certa posizione e non certo riusciremo a beccare l'elettrone nella doppia (o multipla) posizione. Al limite potremmo descrivere il comportamento dell'elettrone come se fosse un'onda anche quando esso sia rintracciato in una posizione.
So che le cose non sono facili da inquadrare per chi è completamente a digiuno di queste questioni, per cui devo tentare di spiegarlo al meglio:
Nell'esperimento delle due fenditure se viene aperta una sola finestra gli elettroni (o anche fotoni l'importante che siano sistemi quantistici) creano delle macchie sulla lastra . Ogni particella sbatte contro la lastra fotografica in modo diciamo diretto nelle prossimità della finestra aperta. In quel caso il comportamento delle particelle si adegua. Siccome viene individuato il suo percorso colpisce la lastra come se avesse percorso (dalla sua origine) una direzione rettilinea (tipo quel che fanno i proiettili di una pistola). Mentre se le due fenditure sono aperte, il percorso delle particelle non è più così chiaro, ne consegue che esse creano sulla lastra una figura di interferenza chiaro segno che si stanno comportando come delle onde. Questo punto secondo me è molto importante e bisognerebbe guardarlo meglio da vicino:
- ogni particella è descritta da una sua funzione d'onda in questo caso specifico guardiamo da vicino la descrizione che ne da rispetto alla sua posizione. Questa descrive appunto il percorso che fa un'onda mentre si avvicina alle due fenditure. Per cui ora non pensiamo più all'elettrone come una particella tipo proiettile, ma pensiamo esclusivamente ad un'onda. Questa traiettoria ondosa attraversa le due fenditure e sbatte contro la lastra. Cosa succede alla fine? Dopo che l'onda si è abbattuta sulla lastra traccia solo un punticino. Questo punticino non è nato a caso, ma è il frutto della funzione d'onda che la descriveva in precedenza. Diremmo sicuramente che quel punticino è la particella, ma il fatto che colpisca un punto della lastra invece che un altro è dovuto alla descrizione della sua funzione d'onda che ci anticipa che in quel punto potrebbe poi essere ritrovata la particella. Diverso è il suo comportamento quando c'è solo una finestra aperta, perche in quel caso non otterremo piu la figura di interferenza.
Per cui quando uno fa riferimento alla sovrapposizione di traiettorie, o la somma di cammini ecc. secondo me è piu utile pensare a come si propaga l'onda. Poi usando solo la fantasia si potrebbe credere che esista l'onda e una particella che ci galleggia sopra (un po come l'interpretazione di bhomm se non erro).
Facciamo mente locale. Un pallone galleggia in un mare mosso. La parte fondamentale non è il pallone ma l'onda, perche è essa con le sue creste e avvallamenti a far muovere il pallone. Sapendo però come si propaga l'onda è possibile tracciare una certa propabilità che ha il pallone di essere trovato in Italia e no in Spagna. Ma potrebbe avere anche una piccolissima probabilità di superare lo stretto di gibilterra cosi da non avere piu tracce del pallone.
E chiaro che se io credo di aver calciato il pallone dalla Sardegna verso l'Italia come faccio a trovarmelo dalla parte opposta? Se io credo che il pallone segua una traiettoria definita si, non posso far altro che aspettarmi che mi arrivi qua... putroppo nel momento in cui il pallone viene lanciato esso è descritto dalla sua funzione d'onda e se essa prevede che vi sia una certa probabilità che possa eeìssere ritrovato dall'altra parte allora non è piu utile considerare la traiettoria come un elemento probante la sua natura corpuscolare. Spero di aver acceso qualche lampadina e di non aver fatto sciscitato troppe perplessità. :)
@Il dubbio
Mi fraintendi alla grande😄
Io non voglio dare alla funzione d'onda la realtà di un onda di mare , ma l'esatto contrario:
dare all'onda di mare la stessa natura della funzione d'onda , che è quella di essere convenzionale.
Quello che sto cercando di suggerire è che pensare all'onda di mare come una convenzione è forse più digeribile che pensare alla funzione d'onda come cosa reale , come alcuni , NON IO 😅 , suggeriscono.
Dal punto di vista operativo questo schema mentale non crea problemi.
In effetti neanche lo schema opposto ci blocca operativamente , ma semmai psicologicamente , al punto che qualche studente di fisica per ciò abbandoni il campo , e il resto della umanità si senta estraneo alla scienza.
Lo schema da me proposto mi chiedo se abbia pari potere bloccante o minore e ovviamente suggerisco che ne abbia minore.
Ti chiedo quindi l che problema ti comporta a te pensare all'onda di mare , all'elettrone , al tavolo , come una convenzione?
Questo non significa come diceva il compianto Claudio Rocchi che la realtà non esiste , o che esiste solo nella nostra mente , visto che le convenzioni sono proprietà della nostra mente.
Significa solo che potrebbe essere che le cose stanno così, ma che non c'è nessun buon motivo per crederlo.
Queste convenzioni da cosa possono nascere infatti se non dalla nostra interazione con qualcosa che , se ci piace , chiameremo realtà .
Se però poi confondiamo queste convenzioni con la realtà allora pecchiamo di ingenuo pressappochismo.
Certamente ci è ben evidente che la funzione d'onda sia una convenzione, e teniamocela buona come tale , mentre è molto meno evidente che lo sia anche l'onda di mare , pur essendolo.
Si può discutere , e dovremmo discutere di questa diversa percezione di cose che però, come suggerisco , hanno la stessa natura.
In fondo nel corso della storia possiamo trovare esempio di cambio di casacca da far impallidire i nostri politici.
Lo spazio Euclideo una volta era lo spazio fisico reale , mentre oggi appare evidente la sua natura convenzionale , o puramente matematica se preferisci.
Quindi è dimostrato che siamo in grado di modificare la nostra percezione , e quello che sto proponendo è appunto di esercitare questa nostra capacità , per vedere l'effetto che fa' , per dirla alla maniera del grande Jannacci,
L'effetto che spero è quello di rendere più diffusamente intima la scienza a tutti , come fosse "cosa reale" , pur essendo una convenzione, perché la prospettiva opposta mi sembra alienante per l'uomo.
Dobbiamo ritrovare un senso comune.
Citazione di: iano il 25 Marzo 2018, 22:02:41 PM
@Il dubbio
Mi fraintendi alla grande😄
Io non voglio dare alla funzione d'onda la realtà di un onda di mare , ma l'esatto contrario:
dare all'onda di mare la stessa natura della funzione d'onda , che è quella di essere convenzionale.
Quello che sto cercando di suggerire è che pensare all'onda di mare come una convenzione è forse più digeribile che pensare alla funzione d'onda come cosa reale , come alcuni , NON IO 😅 , suggeriscono.
Dal punto di vista operativo questo schema mentale non crea problemi.
In effetti neanche lo schema opposto ci blocca operativamente , ma semmai psicologicamente , al punto che qualche studente di fisica per ciò abbandoni il campo , e il resto della umanità si senta estraneo alla scienza.
Lo schema da me proposto mi chiedo se abbia pari potere bloccante o minore e ovviamente suggerisco che ne abbia minore.
Ti chiedo quindi l che problema ti comporta a te pensare all'onda di mare , all'elettrone , al tavolo , come una convenzione?
Quando si parla di
comportamento secondo me si fa riferimento ad alcune convenzioni. Lo so che gli esempi possono essere fuorvianti ma sono gli unici che possiamo esibire oltre la pura matematica. Per cui usiamo richiamarci a quegli esempi a noi piu vicini per comprendere di cosa stiamo parlando. Le onde del mare o le onde sonore o le onde come quelle descrivibili dalla funzione d'onda hanno un comportamento simile anche se è chiaro che non sono paragonabili. Di creste e avvallamenti si può parlare sia per le onde del mare che quelle sonore e credo anche quelle che compaiono nella figura di interfertenza, a cui facevo riferimento in precedenza. Per cui se le convenzioni sono creste e avvallamenti, possiamo farci l'idea di cosa siano in realtà solo guardando un mare anche solo appena mosso.
Continuo perciò a non comprendere cosa contesti.
Io sto cercando di spiegare (anche se non sono un "esperto" ) che la funzione d'onda è un ente matematico facente parte di un modello matematico piu ampio, che descrivere la propagazione di un sistema quantistico nello spazio (astratto, come suggeriva aperion esso è uno spazio denominato di Hilbert dal nome suo autore) e nel tempo. A me sembra che esso non descriva la traiettoria della particella, ma la sua propagazione ondosa. Non è una propagazione come quella del mare o delle onde sonore, perche quelle si propagano una nell'acqua l'altra nell'aria, mentre queste ultime si propagano nel vuoto anzi in uno spazio "astratto".
Nonostante tutto rimangono salde certe convenzioni come le creste e gli avvallamenti proprie delle onde. Di fatti queste sono visibili sulla lastra in fondo dopo che molti sistemi quantistici hanno superato le due fenditure aperte.
Io ho cercato di spiegare che il puntino che si crea (uno dopo l'altro a formare, dopo molte tracce, la figura di interferenza) è dovuto alla descrizione della funzione d'onda. Non è un capriccio dell'elettrone trovarsi proprio la e no vicino a una delle fenditure come quando invece gli elettroni si comportano come proiettili (che succede quando solo una fenditura è aperta mentre l'altra rimane chiusa).
Io non so come spiegarlo meglio. Capisco la voglia di fare filosofia, e ho detto ad epicurus (che ha aperto l'argomento) che queste cose forse andrebbero visionate prima sulle questioni scientifiche, ma carpire la realtà vuol dire anche fare un piccolissimo sacrificio cercando di comprendere come meglio è possibile la teoria. Altrimenti è facile fare considerazioni a parole. Le cose sono davvero complicate... e anche chi c'è dentro con tutte le scarpe fa fatica a starci dietro su ogni singola questione.
@ Il Dubbio.
Infatti non contesto nulla.
Esprimo un punto di vista alternativo a quello corrente.
Non ci capiamo. Capita.😉
Se proprio devo contestare qualcosa direi che comunque ,anche con una singola fessura l'elettrone non si comporta esattamente come un proiettile , ma sempre come un onda , essendoci una dispersione attorno al picco centrale sullo schermo.
Riguardando invece l'elettrone come un proiettile è interessante notare l'incertezza sulla sua quantità di moto , tanto maggiore quanto più stretta è la fessura, equivalendo ciò a una migliore determinazione della sua posizione , per il principio di indeterminazione.
Non so' se si può stabilire un collegamento fra queste due cose.😬
Citazione di: Apeiron il 25 Marzo 2018, 12:19:23 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Marzo 2018, 12:15:41 PMGrazie, Apeiron per i chiarimenti. Concordo! Piccola pignoleria di cui chiedo scusa: distinguerei lo scetticismo, anche "estremo", che dubita di tutto (nessuna tesi é certamente vera) dal relativismo che invece "accetta tutto per buono" (tutte le tesi sono certamente vere per coloro che lo pretendano ad libitum, anche se le une contraddicono le altre e anche se dicono che é reale ciò che non lo é e/o che non é reale ciò che lo é). Mi sembrano due "poli opposti", almeno in larga misura coincidenti con razionalismo e irrazionalismo rispettivamente.
Concordo sulla distinzione. Tuttavia secondo me sono due risultati dello stesso "nichilismo" di cui parlavo. Se si nega (a priori) un criterio "universale" per cui si può distinguere il vero (o almeno il "ragionevole") dal falso (o almeno l' "irragionevole") è ben chiaro che a quel punto queste due posizioni diventano possibili. Una dice che ci sono tante verità quante sono le prospettive e quindi ogni cosa va bene (il "relativismo" di cui parli) e l'altra invece si astiene da prendere qualsiasi posizione (lo "scetticismo" di cui parli) perfino a livello "convenzionale". Secondo me viste le ovvie regolarità nella nostra esperienza c'è un criterio universale, almeno in certi casi. Per esempio a proposito di tempo, si può stabilire che è possibile sincronizzare gli orologi nel mondo (magari con l'ausilio della relatività generale...). Chiaramente è una conclusione che traggo dall'esperienza e quindi a "posteriori". Non è una dimostrazione. Tuttavia l'evidenza di tali regolarità mi pare piuttosto innegabile. Uno scettico potrebbe negare che questa evidenza può darmi conoscenza, citando, per esempio, Hume. Tuttavia, finché parliamo di "ragionevolezza" e non di "dimostrazioni", finché si rimane più aperti alla revisione delle proprie convinzioni, secondo me è lo scettico che soffre di un eccesso di pedanteria.
CitazioneMa per la miseria!
Mi si é cancellata la risposta, e ora non ho tempo per riscriverla!
Citazione di: sgiombo il 23 Marzo 2018, 15:23:12 PM
Ribadisco che a me sembra che l' affermazione che lo "scorrere del tempo fisico" (oggettivo o per lo meno intersoggettivo; contrariamente a quello "psicologico" o interiore soggettivo) "acceleri o rallenti" dipendentemente dalla vicinanza a masse (ad altre masse oltre a quelle in cui si verificano questi pretesi mutamenti nello scorrere del tempo) o dalle velocità relative dei movimenti (relativi; aggettivo pleonastico) fra diversi "oggetti" o "pezzi di realtà fisica materiale" non abbia senso; mentre ne ha la ben diversa affermazione che "a variare dipendentemente da tali circostanze sono le velocità relative dei mutamenti (relativi; aggettivo a-ri-pleonastico, come direbbero a Roma)", cioé i rapporti fra entità dei mutamenti stessi e tempi nei quali accadono a loro volta relativamente ad analoghi rapporti in altri mutamenti.
Su questo sono d'accordo. Rovelli stesso scrive: "Due amici si separano, uno va a vivere in pianura, l'altro in montagna. Dopo anni si ritrovano: quello in pianura ha vissuto meno, è invecchiato meno, il pendolo del suo cucù ha oscillato meno volte, ha avuto meno tempo per fare cose, le sue piante sono cresciute meno, i suoi pensieri hanno avuto meno tempo per svolgersi..."
Io ho scritto nel mio primo topic: "Tuttavia lungi dall'abbandonare il concetto di tempo, se questo è da considerare come misura del cambiamento". Quando io dico (in altri topic) che il tempo non è un oggetto ma è una dimensione intendo proprio questo: il tempo è la misura del cambiamento. Quindi, ok, dire che il tempo scorre più o meno velocemente per me significa esattamente il fatto che in quella zona gli eventi cambiano più o meno velocemente rispetto ad un'altra zona.
Citazione di: sgiombo il 23 Marzo 2018, 15:23:12 PM
Ribadisco che qui Rovelli, facendo ampio uso di retorica (calcio mescolato con la pallacanestro, alto e basso pretesi assoluti nel vuoto e non relativi alla superficie di un pianeta) ma scarso di argomentazioni razionali, confonde indebitamente il "non saputo" e/o l' "impossibile a sapersi" (o anche il "possibile oggetto di conoscenze per certi determinati aspetti determinatamente -e non: casualmente, indiscriminatamente, caoticamente- diverse in diverse circostanze", cioé relative a tali circostanze e non assolute) con il "non reale", concetti ben diversi!
E che questa per me é manifestazione evidente della stessa ideologia positivistica e scientistica che informa l' interpretazione conformistica dell' indeterminismo quantistico.
La relatività della simultaneità non significa affatto (contrariamente a quanto pretenderebbe Rovelli) che il concetto di "simultaneità" non abbia senso.
Cosa significherebbe di preciso la relatività della simultaneità?
Citazione di: epicurus il 26 Marzo 2018, 08:30:14 AM
Citazione di: sgiombo il 23 Marzo 2018, 15:23:12 PM
Ribadisco che qui Rovelli, facendo ampio uso di retorica (calcio mescolato con la pallacanestro, alto e basso pretesi assoluti nel vuoto e non relativi alla superficie di un pianeta) ma scarso di argomentazioni razionali, confonde indebitamente il "non saputo" e/o l' "impossibile a sapersi" (o anche il "possibile oggetto di conoscenze per certi determinati aspetti determinatamente -e non: casualmente, indiscriminatamente, caoticamente- diverse in diverse circostanze", cioé relative a tali circostanze e non assolute) con il "non reale", concetti ben diversi!
E che questa per me é manifestazione evidente della stessa ideologia positivistica e scientistica che informa l' interpretazione conformistica dell' indeterminismo quantistico.
La relatività della simultaneità non significa affatto (contrariamente a quanto pretenderebbe Rovelli) che il concetto di "simultaneità" non abbia senso.
Cosa significherebbe di preciso la relatività della simultaneità?
CitazioneChe due o più eventi che stando a un riferimento inerziale sono contemporanei per altri riferimenti possono non esserlo (ma non a casaccio, determinatamente, in termini univoci e ben calcolabili in linea teorica, di principio).
@Tutti
Mi pare che la discussione si stia incasinando, cioè vengano portate avanti tante conversazioni diverse in contemporanea. E questo temo possa compromettere la qualità del topic. Ovviamente la colpa è mia per "aver messo troppa carne sul fuoco" con il mio post d'apertura. :)
Quindi la mia proposta è, almeno per il momento, di mettere da parte la questione supercontroversa della meccanica quantistica e concentrarsi sul resto: relatività e freccia del tempo. :D
@Aperion
Grazie per le tue spiegazioni molto utili. Naturalmente, come ben sai, non mi trovo d'accordo quando parli di esistenza convenzionale dei tavoli (e tutto il resto! :D), ma su questo qui possiamo soprassedere. ;D
Citazione di: sgiombo il 26 Marzo 2018, 08:35:39 AM
Citazione di: epicurus il 26 Marzo 2018, 08:30:14 AM
Cosa significherebbe di preciso la relatività della simultaneità?
Che due o più eventi che stando a un riferimento inerziale sono contemporanei per altri riferimenti possono non esserlo (ma non a casaccio, determinatamente, in termini univoci e ben calcolabili in linea teorica, di principio).
Quindi se tu sei nel sistema di riferimento inerziale A e io sono nel sistema inerziale B, come facciamo a stabilire quali eventi in A sono simultanei agli eventi in B?
Citazione di: epicurus il 26 Marzo 2018, 08:46:30 AM
Citazione di: sgiombo il 26 Marzo 2018, 08:35:39 AM
Citazione di: epicurus il 26 Marzo 2018, 08:30:14 AM
Cosa significherebbe di preciso la relatività della simultaneità?
Che due o più eventi che stando a un riferimento inerziale sono contemporanei per altri riferimenti possono non esserlo (ma non a casaccio, determinatamente, in termini univoci e ben calcolabili in linea teorica, di principio).
Quindi se tu sei nel sistema di riferimento inerziale A e io sono nel sistema inerziale B, come facciamo a stabilire quali eventi in A sono simultanei agli eventi in B?
CitazioneGli uni lo sono relativamente a me, gli altri relativamente a te.
Comunque
Conosciuto =/= reale
Conoscibile=/= reale
Quindi che sia conoscibile o meno la simultaneità di due eventi =/= che sia reale o meno la simultaneità degli eventi stessi.
(E che lo sia diversamente rispetto a diversi sistemi di riferimento =/= che non sia reale).
Citazione di: sgiombo il 26 Marzo 2018, 09:31:26 AM
Citazione di: epicurus il 26 Marzo 2018, 08:46:30 AM
Citazione di: sgiombo il 26 Marzo 2018, 08:35:39 AM
Citazione di: epicurus il 26 Marzo 2018, 08:30:14 AM
Cosa significherebbe di preciso la relatività della simultaneità?
Che due o più eventi che stando a un riferimento inerziale sono contemporanei per altri riferimenti possono non esserlo (ma non a casaccio, determinatamente, in termini univoci e ben calcolabili in linea teorica, di principio).
Quindi se tu sei nel sistema di riferimento inerziale A e io sono nel sistema inerziale B, come facciamo a stabilire quali eventi in A sono simultanei agli eventi in B?
Gli uni lo sono relativamente a me, gli altri relativamente a te.
Comunque
Conosciuto =/ reale
Conoscibile=/= reale
Quindi che sia conoscibile o meno la simultaneità di due eventi =/= che sia reale o meno la simultaneità degli eventi stessi.
(E che lo sia diversamente rispetto a diversi sistemi di riferimento =/= che non sia reale).
Sgiombo, qui non è una questione epistemica. Per esempio, io dal mio sistema di riferimento B calcolo che da te ora è il giorno 10 maggio, mentre tu che sei in A calcoli che da me ora sia il 20 aprile. Ma 10 maggio è diverso da 20 aprile. Non centra la conoscibilità, ma il fatto che ciò che è simultaneo dipende dai sistemi di riferimento.
Citazione di: Apeiron il 24 Marzo 2018, 00:48:46 AM
Citazione di: epicurusAlcuni sostengono una qualche forma di teoria dell'universo-blocco, secondo la quale tutto lo spaziotempo è cristallizzato e tutto presente. Altri sostengono la teoria opposta secondo la quale il tempo scorre, e che quindi il presente avanza.
Beh, se la relatività fosse la teoria "corretta", sarebbe in fin dei conti plausibile...
Citazione di: epicurusE così è anche per il tempo. Alcune volte è comodo consideralo come un flusso, altre volte ci è più congeniale parlare dello spaziotempo nella sua interezza. Dipende dalle nostre necessità di analisi. Riguardo all'universo-blocco, che senso ha dire che tutto lo spaziotempo è presente? Nessuno. Ma magari si vuole dire dell'altro e cioè che lo spaziotempo è atemporale: ma anche qui ci sono problemi linguistici notevoli. E' ovvio che se vuoi vedere tempo da fuori avrai una visione atemporale del tempo, ma questa è una tautologia... cioè hai una visione del tempo atemporale proprio perché hai voluto osservare il tempo senza considerare il tempo. E per chi vede il tempo come flusso, che cosa intende veramente? Noi ci immaginiamo che ci spostiamo nel tempo, ma anche questo non ha senso senza ipotizzare una seconda dimensione temporale (!). E' più appropriato dire che noi siamo nel tempo, cioè abbiamo sia un'estensione spaziale sia un'estensione temporale... o semplicemente che le cose cambiano. Tutto qui.
L'universo a blocco dice che in sostanza il cambiamento è puramente illusorio.
Il problema è che l'uomo è "dotato" di logos, di razionalità. Vuole crearsi una "mappa" concettuale della realtà. Il problema è quando crede di aver catturato la realtà con una di queste mappe. Il "miracolo" è che nonostante l'impossibilità di comprendere veramente la realtà con queste mappe, in fin dei conti è possibile costruire delle mappe, utilissime e tutt'altro che arbitrarie. Le mele scendono quando cadono e non salgono. Succede sempre così. Tuttavia "su" e "giù" sono concetti relativi.
Ma proprio per quello che tu qui in fondo dici, pensavo avresti condiviso la mia posizione. Dire "il tempo scorre" e "il tempo è cristallizzato" sono due modelli concettuali differenti, utili in contesti e per scopi differenti. Io, te e Sgiombo (e Aristotole, Leibniz e molti altri) riteniamo che il tempo non sia altro che la misura del cambiamento, che "esiste il tempo" implichi logicamente "esiste il cambiamento".
Da questo "il cambiamento è cristallizzato" risulta poco sensato. Come dicevo, semplicemente si vuole studiare il tempo giustamente in modo atemporale, e allora lo studi come se fosse cristallizzato. Parlare di cambiamento cristallizzato o scorrevole ha senso a seconda del modello che scegliamo di utilizzare, ma di fatto (in modo assoluto!) non ha senso dire né che scorre né che è cristallizzato, semplicemente le cose cambiano. ;)
Citazione di: epicurus il 26 Marzo 2018, 09:52:37 AM
Citazione di: sgiombo il 26 Marzo 2018, 09:31:26 AM
Citazione di: epicurus il 26 Marzo 2018, 08:46:30 AM
Citazione di: sgiombo il 26 Marzo 2018, 08:35:39 AM
Citazione di: epicurus il 26 Marzo 2018, 08:30:14 AM
Cosa significherebbe di preciso la relatività della simultaneità?
Che due o più eventi che stando a un riferimento inerziale sono contemporanei per altri riferimenti possono non esserlo (ma non a casaccio, determinatamente, in termini univoci e ben calcolabili in linea teorica, di principio).
Quindi se tu sei nel sistema di riferimento inerziale A e io sono nel sistema inerziale B, come facciamo a stabilire quali eventi in A sono simultanei agli eventi in B?
Gli uni lo sono relativamente a me, gli altri relativamente a te.
Comunque
Conosciuto =/ reale
Conoscibile=/= reale
Quindi che sia conoscibile o meno la simultaneità di due eventi =/= che sia reale o meno la simultaneità degli eventi stessi.
(E che lo sia diversamente rispetto a diversi sistemi di riferimento =/= che non sia reale).
Sgiombo, qui non è una questione epistemica. Per esempio, io dal mio sistema di riferimento B calcolo che da te ora è il giorno 10 maggio, mentre tu che sei in A calcoli che da me ora sia il 20 aprile. Ma 10 maggio è diverso da 20 aprile. Non centra la conoscibilità, ma il fatto che ciò che è simultaneo dipende dai sistemi di riferimento.
CitazionePerché io cos' ho sempre sostenuto?
La simultaneità esiste realmente; e il fatto che dipenda dai sistemi di riferimento =/= non esiste; casomai == non é assoluta ma relativa.
Per essere relativo qualcosa deve innanzitutto essere (nulla può essere relativo senza essere).
Citazione di: sgiombo il 26 Marzo 2018, 11:02:16 AM
Citazione di: epicurus il 26 Marzo 2018, 09:52:37 AM
Sgiombo, qui non è una questione epistemica. Per esempio, io dal mio sistema di riferimento B calcolo che da te ora è il giorno 10 maggio, mentre tu che sei in A calcoli che da me ora sia il 20 aprile. Ma 10 maggio è diverso da 20 aprile. Non centra la conoscibilità, ma il fatto che ciò che è simultaneo dipende dai sistemi di riferimento.
Perché io cos' ho sempre sostenuto?
La simultaneità esiste realmente; e il fatto che dipenda dai sistemi di riferimento =/= non esiste; casomai == non é assoluta ma relativa.
Per essere relativo qualcosa deve innanzitutto essere (nulla può essere relativo senza essere).
Sì, ma se la simultaneità è definita solo entro un dato sistema di riferimento, allora non ha senso parlare di simultaneità tra due sistemi di riferimento diversi. Tutto qui. Ecco perché è insensato chiedersi che cosa sta facendo proprio adesso mia sorella su Proxima b.
Ed è proprio questo il motivo perché su Marte ci sono 15 minuti di tempo che non sono né passato né futuro... E, come si diceva, se si vuole avere il concetto di simultaneità perfetta (con precisione perfetta, cioè precisa al singolo istante) allora tale simultaneità ha senso solo entro un singolo punto, cioè, di fatto, la simultaneità perfetta non esiste.
Citazione di: epicurus il 26 Marzo 2018, 12:18:05 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Marzo 2018, 11:02:16 AM
Citazione di: epicurus il 26 Marzo 2018, 09:52:37 AM
Sgiombo, qui non è una questione epistemica. Per esempio, io dal mio sistema di riferimento B calcolo che da te ora è il giorno 10 maggio, mentre tu che sei in A calcoli che da me ora sia il 20 aprile. Ma 10 maggio è diverso da 20 aprile. Non centra la conoscibilità, ma il fatto che ciò che è simultaneo dipende dai sistemi di riferimento.
Perché io cos' ho sempre sostenuto?
La simultaneità esiste realmente; e il fatto che dipenda dai sistemi di riferimento =/= non esiste; casomai == non é assoluta ma relativa.
Per essere relativo qualcosa deve innanzitutto essere (nulla può essere relativo senza essere).
Sì, ma se la simultaneità è definita solo entro un dato sistema di riferimento, allora non ha senso parlare di simultaneità tra due sistemi di riferimento diversi. Tutto qui. Ecco perché è insensato chiedersi che cosa sta facendo proprio adesso mia sorella su Proxima b.
Ed è proprio questo il motivo perché su Marte ci sono 15 minuti di tempo che non sono né passato né futuro... E, come si diceva, se si vuole avere il concetto di simultaneità perfetta (con precisione perfetta, cioè precisa al singolo istante) allora tale simultaneità ha senso solo entro un singolo punto, cioè, di fatto, la simultaneità perfetta non esiste.
CitazioneRibadisco che:
sapere =/= accadere (realmente; essere reale).
Inoltre di nulla, di nessuna misura in generale si può avere una conoscenza "con precisione perfetta", ma solo approssimativa (anche se la relatività ai sistemi di riferimento delle misure dei cambiamenti in particolare é un ulteriore elemento di incertezza nella conoscenza della realtà, che eccede la e si aggiunge alla generale imprecisione -o limitata precisione- delle misure).
Citazione di: Apeiron il 25 Marzo 2018, 12:19:23 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Marzo 2018, 12:15:41 PMGrazie, Apeiron per i chiarimenti. Concordo! Piccola pignoleria di cui chiedo scusa: distinguerei lo scetticismo, anche "estremo", che dubita di tutto (nessuna tesi é certamente vera) dal relativismo che invece "accetta tutto per buono" (tutte le tesi sono certamente vere per coloro che lo pretendano ad libitum, anche se le une contraddicono le altre e anche se dicono che é reale ciò che non lo é e/o che non é reale ciò che lo é). Mi sembrano due "poli opposti", almeno in larga misura coincidenti con razionalismo e irrazionalismo rispettivamente.
Concordo sulla distinzione. Tuttavia secondo me sono due risultati dello stesso "nichilismo" di cui parlavo. Se si nega (a priori) un criterio "universale" per cui si può distinguere il vero (o almeno il "ragionevole") dal falso (o almeno l' "irragionevole") è ben chiaro che a quel punto queste due posizioni diventano possibili. Una dice che ci sono tante verità quante sono le prospettive e quindi ogni cosa va bene (il "relativismo" di cui parli) e l'altra invece si astiene da prendere qualsiasi posizione (lo "scetticismo" di cui parli) perfino a livello "convenzionale". Secondo me viste le ovvie regolarità nella nostra esperienza c'è un criterio universale, almeno in certi casi. Per esempio a proposito di tempo, si può stabilire che è possibile sincronizzare gli orologi nel mondo (magari con l'ausilio della relatività generale...). Chiaramente è una conclusione che traggo dall'esperienza e quindi a "posteriori". Non è una dimostrazione. Tuttavia l'evidenza di tali regolarità mi pare piuttosto innegabile. Uno scettico potrebbe negare che questa evidenza può darmi conoscenza, citando, per esempio, Hume. Tuttavia, finché parliamo di "ragionevolezza" e non di "dimostrazioni", finché si rimane più aperti alla revisione delle proprie convinzioni, secondo me è lo scettico che soffre di un eccesso di pedanteria.
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Marzo 2018, 10:41:07 AM
Risponde Sgiombo (e non Il Dubbio):
A me sembrano per lo meno molto diversi, se non addirittura contrari (da una parte) il relativismo per il quale della verità di qualsiasi proposizione può aversi ad libitum certezza (di tutte le proposizioni, anche se le une contraddicono le altre) e (dall' altra) lo scetticismo per il quale della verità di nessuna proposizione (che intenda essere conoscenza circa la realtà; dunque che non sia un giudizio analitico a priori ma sintetico a posteriori) può aversi certezza.
In particolare in sede teorica, "di principio" non si può avere certezza (fra l' altro, nemmeno) delle ovvie regolarità nella nostra esperienza, come ben rilevato da David Hume. Esse non sono innegabili (= certe, necessariamente vere).
E Per esempio a proposito di tempo, si può certo stabilire, in pratica, che è possibile sincronizzare gli orologi nel mondo (magari con l'ausilio della relatività generale...), ma senza che di ciò vi sia certezza indubitabile in sede teorica, "di principio", come di qualsiasi altra conoscenza sintetica a posteriori circa la realtà (o per lo meno di qualsiasi conoscenza scientifica, che ecceda l' immediata constatazione empirica particolare concreta presentemente in atto; che subito dopo la sua presenza in atto diviene oggetto di memoria, la quale é fallibile).
Infatti, come ben dici, non si tratta di "dimostrazioni" (inferenze deduttive) ma di "conclusioni" (di inferenze induttive e/o abduttive).
La "ragionevolezza pratica" é un' altra cosa, che induce a credere (fra l' altro) alle leggi di natura e in generale alle scienze (era anche il caso di David Hume), accordando le proprie credenze (dipendenti comunque sempre da conditiones sine qua non fideistiche e non dimostrabili, teoricamente dubbie) al proprio comportamento; naturalemente se ci si comporta come tutte le persone di fatto comunemente considerate sane di mente.
Dunque lo scetticismo (e tanto più o scetticismo cosiddetto "moderato", alla Hume) non é pedanteria, ma un' atteggiamento razionalistico "portato conseguentemente fino in fondo", che ha chiara consapevolezza dei limiti, condizioni, significato autentico delle proprie credenze (oltre a limitare quelle dubbie solo al "minimo indispensabile" in coerenza con il proprio atteggiamento pratico di fatto comunemente ritenuto da "sano di mente").
Citazione di: sgiombo il 26 Marzo 2018, 15:18:25 PM
Citazione di: epicurus il 26 Marzo 2018, 12:18:05 PM
Sì, ma se la simultaneità è definita solo entro un dato sistema di riferimento, allora non ha senso parlare di simultaneità tra due sistemi di riferimento diversi. Tutto qui. Ecco perché è insensato chiedersi che cosa sta facendo proprio adesso mia sorella su Proxima b.
Ed è proprio questo il motivo perché su Marte ci sono 15 minuti di tempo che non sono né passato né futuro... E, come si diceva, se si vuole avere il concetto di simultaneità perfetta (con precisione perfetta, cioè precisa al singolo istante) allora tale simultaneità ha senso solo entro un singolo punto, cioè, di fatto, la simultaneità perfetta non esiste.
Ribadisco che:
sapere =/= accadere (realmente; essere reale).
Considera l'esempio del treno di Einstein. Te ne ho già accennato qualche post fa, ma qui c'è una presentazione con grafica (dura pochi minuti) molto utile:
prima parte https://www.youtube.com/watch?v=xLL7fmusdoI
seconda parte https://www.youtube.com/watch?v=NRprXHEsyyI
La relatività della simultaneità è una conseguenza del limite della velocità della luce, non un limite nella nostra conoscenza. Ora dimmi, considerando l'esempio del treno, cos'è che ci sfugge? Qual è la ragione della nostra ignoranza? Quali sono le risposte possibili tra le quali non sappiamo scegliere?
Citazione di: epicurus il 27 Marzo 2018, 11:00:21 AM
Considera l'esempio del treno di Einstein. Te ne ho già accennato qualche post fa, ma qui c'è una presentazione con grafica (dura pochi minuti) molto utile:
prima parte https://www.youtube.com/watch?v=xLL7fmusdoI
seconda parte https://www.youtube.com/watch?v=NRprXHEsyyI
La relatività della simultaneità è una conseguenza del limite della velocità della luce, non un limite nella nostra conoscenza. Ora dimmi, considerando l'esempio del treno, cos'è che ci sfugge? Qual è la ragione della nostra ignoranza? Quali sono le risposte possibili tra le quali non sappiamo scegliere?
CitazioneAnche i filmati a tratti (perché in altri momenti parlano delle simultaneità -ovviamente relative- o meno di eventi come di aspetti della realtà) confondono conoscenza (della realtà) e realtà, relatività della simultaneità ai sistemi di riferimento e inesistenza (non realtà) della simultaneità.
@Il_Dubbio,
sì direi che bene o male hai capito l'interpretazione "ortodossa". Le "particelle quantistiche", a rigore, quando non vengono osservate non sono né onde né particelle. Tuttavia, noi osserviamo qualcosa durante gli esperimenti e in questi esperimenti l'osservazione è fatta in un certo modo. Cosa significa? significa semplicemente che quando osserviamo un oggetto quantistico con un apparato sperimentale classico la fenomenogia è descrivibile con concetti classici, come onda e particella. Quindi, il cosa osserviamo dipende dal come osserviamo. La meccanica quantistica è uno strumento in mano nostra per fare delle predizioni su cosa verrà osservato dai nostri apparati strumentali. Niente di più, niente di meno. La "funzione d'onda" stessa non è nient'altro che l'informazione che abbiamo sul sistema. Ma l'informazione è quella che possiede l'osservatore (che può essere un computer. Deve riuscire ad immagazzinare l'informazione. Non è necessario, chiaramente, che vi sia coscienza) sull'osservato. Ergo il collasso della funzione d'onda è spiegato con l'aggiunta di una nuova informazione.
Non è che l'elettrone esista in più punti dello spazio. Semplicemente, tu sai che misurando trovi l'elettrone in certe regioni dello spazio. Inoltre, in certi casi per descrivere il moto devi usare una teoria particellare, in altri casi una ondulatoria.
Infine, riguardo a Bohm, ci sono varie "sottoscuole".
1) "Bohm classica": esistono particelle "reali" e la funzione d'onda "universale" che pure è reale. Questa è vista come una sorta di "campo" che guida tutte le particelle puntiformi dello spazio. Questa versione era già presente nell'articolo originale del 1952. Così come è vero che Bohm ha parlato, nello stesso articolo, di decoerenza per primo da quanto mi risulta.
2) si può riformulare la precedente utilizzando un "potenziale quantistico" al posto della funzione d'onda. In questo modo si reintroducono concetti (pseudo-)classici come quello di "forza" per spiegare il moto delle particelle puntiformi. Anche questa versione è apparsa nel 1952.
3) "versione nomologica". Solo le particelle sono reali, la funzione d'onda è tanto reale quanto le "leggi" della fisica (quindi per un fisico non è reale, ma è nominale). Questa versione più "minimalista" sta avendo un po' di successo (es: Duerr, Goldstein, Zanghi e credo Nikolic. più informazioni si possono trovare nel sito "physicsforums")
@epicurus,
infatti condividevo la tua posizione (su tempo e cambiamento), credo d'essermi espresso male :( . Ad ogni modo, volevo solo dire che se la relatività fosse la corretta "spiegazione" delle cose, allora l'universo a blocco sarebbe molto plausibile. Perfino Popper chiamò Einstein "Parmenide" per questo motivo. La relatività di fatto è la teoria che più tende a far vedere il mutamento come "illusorio" e a farci vedere l'universo come uno statico oggetto quadridimensionale dove tutto è "congelato", per così dire.
Sulla questione dell'esistenza dei tavoli, il nostro dissidio forse nasce dal fatto che usiamo due diversi significati per la parola "esistenza"...
Riguardo alla relatività della simultaneità, preferisco la tua posizione rispetto a quella di @sgiombo (questa parte è rivolta anche a lui ;D ). La "simultaineità" è un concetto relativo. Per me due eventi possono essere simultanei quando per un altro non lo sono. Sono reali e indipendenti dalla nostra mente ecc tuttavia il concetto di "simultaneità" è relativo. Non esiste una simultaneità assoluta perchè questo implicherebbe l'esistenza di un riferimento privilegiato. Ma non ci sono riferimenti privilegiati nella relatività. Ha ragione @sgiombo a dire che la simultaneità di cui parla Einstein è epistemologica, ma allo stesso tempo in relatività non esiste una simultaneità diversa da questa. Notate che parlo del concetto di "simultaneità", che è ben definito.
Tuttavia, a dire il vero, nemmeno la relatività è "esente" da interpretazioni "non-ortodosse". C'è la teoria dell'etere di Lorentz che postula l'esistenza di un riferimento privilegiato (come per Newton). Credo che sia interessante notare che la teoria dell'etere di Lorentz è stata usata per costruire una versione alternativa "relativistica" dell'interpretazione di Bohm. Recentemente si sta provando ad estendere questa "interpretazione" alla gravità. Vedere ad esempio: http://www.ilja-schmelzer.de/gravity/index.php.
@sgiombo,
Hai ragione. Tuttavia, stavo criticando appunto la "mancanza di ragionevolezza" quando parlavo di pedanteria. Lo scettico più incallito mi direbbe che non posso sapere se domani il Sole sorgerà. Ha ragione, in realtà. Tuttavia, ragionevolmente si può dire che il suo "dubbio" è eccessivo :) Idem per l'argomento di Hume per la causalità: razionalmente ha ragione, non possiamo stabilire il nesso causale ma solo una correlazione tra eventi. Ciò non toglie che la posizione "è possibile trovare un nesso causale" è molto ragionevole e quindi la si deve preferire rispetto all'altra. Ad ogni modo su ciò siamo d'accordo sia io che te che Hume (ovvero sulla indimostrabilità di molte cose... E al tempo stesso sul fatto che possiamo essere ragionevolmente sicuri :) )
Colgo l'occasione per augurare Buona Pasqua a tutti gli utenti del Forum.
Citazione di: Apeiron il 27 Marzo 2018, 23:55:21 PM
@Il_Dubbio,
La "funzione d'onda" stessa non è nient'altro che l'informazione che abbiamo sul sistema. Ma l'informazione è quella che possiede l'osservatore (che può essere un computer. Deve riuscire ad immagazzinare l'informazione. Non è necessario, chiaramente, che vi sia coscienza) sull'osservato. Ergo il collasso della funzione d'onda è spiegato con l'aggiunta di una nuova informazione.
I tuoi interventi sono desiderabili visto che sei il piu vicino alla conoscenza di certe nozioni complesse.
Volevo chiederti solo una cosa, cosa intendi con "aggiunta di nuova informazione"? Sembra quasi esprimere un paradosso. L'informazione quantistica non è maggiore di quella che poi osserviamo? Il collasso non dovrebbe esprimere invece la perdita di informazione e no come hai detto con "l'aggiunta di nuova informazione"?
Infatti, quando rispondevo a epicurus facendo un esempio concreto, cercavo di sostenere che ciò che esprime il collasso della funzione d'onda è controintuitivo (per non dire, a detta di molti, un concetto sbagliato). A parte l'idea poco giustificata che l'informazione debba perdersi per strada all'atto della misura, l'idea che lo faccia in modo istantaneo (all'atto della misura) contrasta con il fatto che le misure alle volte possono non essere fatte simultaneamente. Per cui il collasso esprime una inconciliabilità tra relatività ristretta e meccanica quantistica. Per molti l'idea del collasso è quindi sbagliata. Purtroppo questa però è l'interpretazione ortodossa. O meglio quella uscita da Copenaghen.
Però ora il fatto che tu dica che il collasso della funzione d'onda è spiegato con l'aggiunta di nuova informazione mi porta fuori strada ;)
Citazione di: Il_Dubbio il 28 Marzo 2018, 10:18:06 AMI tuoi interventi sono desiderabili visto che sei il piu vicino alla conoscenza di certe nozioni complesse.
Ciao @Il_Dubbio e grazie :) ciò però non mi da alcuna autorità ;D ;D ;D
Citazione di: Il_Dubbio il 28 Marzo 2018, 10:18:06 AM
Volevo chiederti solo una cosa, cosa intendi con "aggiunta di nuova informazione"? Sembra quasi esprimere un paradosso. L'informazione quantistica non è maggiore di quella che poi osserviamo? Il collasso non dovrebbe esprimere invece la perdita di informazione e no come hai detto con "l'aggiunta di nuova informazione"? Infatti, quando rispondevo a epicurus facendo un esempio concreto, cercavo di sostenere che ciò che esprime il collasso della funzione d'onda è controintuitivo (per non dire, a detta di molti, un concetto sbagliato). A parte l'idea poco giustificata che l'informazione debba perdersi per strada all'atto della misura, l'idea che lo faccia in modo istantaneo (all'atto della misura) contrasta con il fatto che le misure alle volte possono non essere fatte simultaneamente. Per cui il collasso esprime una inconciliabilità tra relatività ristretta e meccanica quantistica. Per molti l'idea del collasso è quindi sbagliata. Purtroppo questa però è l'interpretazione ortodossa. O meglio quella uscita da Copenaghen. Però ora il fatto che tu dica che il collasso della funzione d'onda è spiegato con l'aggiunta di nuova informazione mi porta fuori strada ;)
Prova a vederla così. Supponi che stai cercando un edificio in una città ma non sai dove si trova. Supponiamo di dividere in due la città, poniamo "settore est" e "settore ovest". Per qualche ragione sai che al 60% si trova nel settore est. Quando chiedi ad un passante effettivamente ti dice che si trova nel settore est. Il settore est però è pieno di vie. Chiedi dove si trova la via. Lui te la dice. Rimane da conoscere il numero civico. Per qualche motivo sai che il numero civico è al 60% pari. Ti dice che è dispari ma non sa dirti che numero civico è. Vai nella via, e vedi che è, ad esempio, il 5. Tutte queste aggiunte di informazioni sono analoghe al collasso della funzione d'onda. Chiaramente la "funzione d'onda" si riferisce a qualcosa di "fisico", l'edificio.
Stesso ragionemento. Hai un sistema di scatole formato da due settori di scatole. Cerchi un elettrone e vuoi determinare anche lo spin ("su" e "giù"). Ti chiedi: "dove trovo l'elettrone, a destra o a sinistra?" Lo trovi a destra. Poi ti chiedi in che scatola è, fai la misura. Trovi la scatola. Fai la misura di spin, trovi lo spin. Tuttavia, mentre nel primo caso la "probabilità" è dovuta all'ignoranza, per il Copenaghismo invece no. E qui arriva il bello. Se dici che la funzione d'onda è reale e si riferisce a qualcosa di reale e non meramente alla probabilità di trovare un certo risultato sperimentale allora ci sono i problemi del collasso che dici tu. Se invece non assumi che la funzione d'onda si riferisca a qualcosa di reale ma ai risultati dell'esperimento allora di fatto la MQ è semplicemente un sistema di calcolo che serve a predire i risultati degli apparati sperimentali, senza che necessariamente ci sia un "elettrone" - inteso come particella o onda - a cui il formalismo si riferisce. Dunque la misura "crea" la realtà? Alcuni fisici pensavano, effettivamente, di sì come ad esempio coloro che dicevano addirittura che la "coscienza causa il collasso" (e non erano degli outisiders. Erano gente del calibro di Wheeler e Wigner!). Bohr diceva, invece, che i nostri ragionamenti possono solo applicarsi alle nostre misure visto che in fin dei conti gli stessi concetti su cui esse si basano sono prese dal mondo classico. Quindi a rigore per Bohr non possiamo dire niente sulla realtà del mondo quantistico all'infuori della misura. Solo che quando facciamo una misura otteniamo un certo risultato. Ma Bohr che non voleva fare alcun proclamo ontologico si limitava a dire che la fisica può solo parlare di risultati di misure (su cui può applicare i concetti di "posizione", "momento"...) ma non può parlare della realtà "oltre la misura" (per certi versi ricorda la posizione di Kant. sulla distinzione fenomeno/noumeno).
Ricorda, per certi versi ma per ragioni piuttosto differenti, certe affermazioni del Tractatus Logico-Philosophicus di Wittgenstein: "
su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere" (TLP 7), " oppure "
5.6
I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo.5.61
La logica riempie il mondo; i limiti del mondo sono anche i suoi limiti.Non possiamo dunque dire nella logica: Questo e quest'altro v'è nel mondo, quello no.Ciò parrebbe infatti presupporre che noi escludiamo certe possibilità, e questo non può essere, poiché altrimenti la logica dovrebbe trascendere i limiti del mondo; cioè, se essa potesse contemplare questi limiti anche dall'altro lato.Ciò, che non possiamo pensare, non possiamo pensare; né dunque possiamo dire ciò che non possiamo pensare."
O nella Prefazione dello stesso libro: "
ll libro vuole dunque tracciare al pensiero un limite, o piuttosto – non al pensiero, ma all'espressione dei pensieri: perché, per tracciare al pensiero un limite, dovremmo poter pensare ambedue i versanti di questo limite (dovremmo cioè poter pensare ciò che non è possibile pensare).Il limite potrà dunque esser tracciato solo nel linguaggio...."
Citazione di: Apeiron il 28 Marzo 2018, 19:34:53 PMProva a vederla così. Supponi che stai cercando un edificio in una città ma non sai dove si trova. Supponiamo di dividere in due la città, poniamo "settore est" e "settore ovest". Per qualche ragione sai che al 60% si trova nel settore est. Quando chiedi ad un passante effettivamente ti dice che si trova nel settore est. Il settore est però è pieno di vie. Chiedi dove si trova la via. Lui te la dice. Rimane da conoscere il numero civico. Per qualche motivo sai che il numero civico è al 60% pari. Ti dice che è dispari ma non sa dirti che numero civico è. Vai nella via, e vedi che è, ad esempio, il 5. Tutte queste aggiunte di informazioni sono analoghe al collasso della funzione d'onda. Chiaramente la "funzione d'onda" si riferisce a qualcosa di "fisico", l'edificio.
Stesso ragionemento. Hai un sistema di scatole formato da due settori di scatole. Cerchi un elettrone e vuoi determinare anche lo spin ("su" e "giù"). Ti chiedi: "dove trovo l'elettrone, a destra o a sinistra?" Lo trovi a destra. Poi ti chiedi in che scatola è, fai la misura. Trovi la scatola. Fai la misura di spin, trovi lo spin. Tuttavia, mentre nel primo caso la "probabilità" è dovuta all'ignoranza, per il Copenaghismo invece no. E qui arriva il bello. Se dici che la funzione d'onda è reale e si riferisce a qualcosa di reale e non meramente alla probabilità di trovare un certo risultato sperimentale allora ci sono i problemi del collasso che dici tu. Se invece non assumi che la funzione d'onda si riferisca a qualcosa di reale ma ai risultati dell'esperimento allora di fatto la MQ è semplicemente un sistema di calcolo che serve a predire i risultati degli apparati sperimentali, senza che necessariamente ci sia un "elettrone" - inteso come particella o onda - a cui il formalismo si riferisce. Dunque la misura "crea" la realtà? Alcuni fisici pensavano, effettivamente, di sì come ad esempio coloro che dicevano addirittura che la "coscienza causa il collasso" (e non erano degli outisiders. Erano gente del calibro di Wheeler e Wigner!). Bohr diceva, invece, che i nostri ragionamenti possono solo applicarsi alle nostre misure visto che in fin dei conti gli stessi concetti su cui esse si basano sono prese dal mondo classico. Quindi a rigore per Bohr non possiamo dire niente sulla realtà del mondo quantistico all'infuori della misura. Solo che quando facciamo una misura otteniamo un certo risultato. Ma Bohr che non voleva fare alcun proclamo ontologico si limitava a dire che la fisica può solo parlare di risultati di misure (su cui può applicare i concetti di "posizione", "momento"...) ma non può parlare della realtà "oltre la misura" (per certi versi ricorda la posizione di Kant. sulla distinzione fenomeno/noumeno).
C'è solo una piccola divergenza con quello che dici (che comunque andrebbe discusso piu ampiamente). Epicurus ha iniziato l'argomento specificando che voleva parlare del tempo in fisica. Non ho avuto molto da ridire su quello che ha detto per quanto riguarda la relatività. Ho invece rilevato che il tempo in m.q. deve essere una roba un po' differente.
Quindi ricapitoliamo. La funzione d'onda è una ente matematico. Equipollente alla funzione d'onda di Schrondinger abbiamo il calcolo matriciale di Heinserberg.
Si sono accorti ad un certo punto che due cose differentissime matematicamente producevano gli stessi medesimi risultati.
Per comodità (anche perchè del calcolo matriciale di H. so meno di niente) usiamo la funzione d'onda per intenderci.
Dopo questa struttura matematica avremo successivamente la seconda quantizzazione portata da Dirac (sto andando a memoria semplificando e sintetizzando il tutto).
A meno che la seconda quantizzazione portata da Dirac non infici le precedenti due strutture matematiche (ma non mi sembra) quando si parla di
tempo in meccanica quantistica (che sia la funzione d'onda di S o quella matriciale di H. oppure la seconda quantizzazione di Dirac) si intende dire che il processo di evoluzione (per cui di cambiamento) delle strutture matematiche a cui stiamo facendo riferimento, avviene in modo del tutto deterministico. Il processo di misura invece spezza la catena di evoluzione di questi cosiddetti enti matematici per darci alla fine (con un calcolo successivo e particolare) solo delle ampiezze di probabilità.
Per cui il tempo descrive l'evoluzione di questi enti matematici, prima ancora che essi siano sottoposti ad un processo di misura.
Quando sono sottoposti al processo di misura i suddetti enti matematici appaiano nel tempo relativo a chi a fatto quella misura o se vogliamo nel momento dell'interazione di un sistema quantistico e un apparato macroscopico di rilevazione.
Cosa descriveva la funzione d'onda nella sua evoluzione temporale precedente all'atto di una misura (o di una interazione)?
Hai fatto l'esempio del palazzo che deve poi essere individuato assieme poi al numero civico.
La questione di cosa descriva la funzione d'onda nella sua evoluzione temporale è importante. Cosa capivo io prima? Io ritenevo che all'interno del pacchetto di informazione (all'interno della funzione d'onda) ci fossero gia tutte le informazioni sul palazzo sulle vie e sui numeri civici ecc. Ti dice anche quante scale devi fare ;D
Il fatto è che all'atto della misura tutte queste informazioni diventano un'ampiezza... di probabilità.
Per cui le informazioni, da quello che ne riuscivo a ricavare io, ci sono gia tutte. Il problema è che il calcolo non te le sceglie in modo determinato, ma ti da solo una probabilità che sia proprio quel numero civo, quella via e quel settore della città. :)
@Il_Dubbio, in effetti gli argomenti di cui stiamo parlando sono piuttosto controversi e gli stessi fisici paiono voler evitare di parlarne (sinceramente non capisco il motivo).
In MQ l'evoluzione temporale della funzione d'onda è
deterministica. L'equazione di Schroedinger ti permette di descrivere la sua evoluzione una volta conosciute le condizioni iniziali (termine infelice, visto che basta conoscerle ad un tempo arbitrario). Nell'interpretazione "standard" all'atto della misura la funzione d'onda
non segue più l'equazione di Schroedinger. E appunto qui c'è la particolarità: se l'universo fosse deterministico come dice la relatività, allora questo indeterminismo non sarebbe possibile. Ergo sotto questo punto di vista relatività e meccanica quantistica
non sono compatibili. Una è deterministica e l'altra non lo è. Si può pensare di ovviare la cosa utilizzando la teoria di Bohm, ma la teoria di Bohm è non-locale e quindi senza modificare la relatività (nella sua usuale "forma") non è possibile conciliarle. Oppure si possono usare le teorie di Rovelli ed Everett e qui pare che non ci sia più il problema (non so spiegarti il motivo...:( ). Tuttavia, se utilizziamo l'interpretazione standard abbiamo una teoria deterministica e una indeterministica.
Quella che tu chiami "seconda quantizzazione", in realtà, è l'estensione "relativistica" della MQ. In realtà, strettamente parlando, la "seconda quantizzazione" si riferisce ad una riformulazione della MQ in cui invece di usare le funzioni d'onda si utilizzano i "campi" introducendo la "teoria quantistica di campo". Questa teoria in effetti è compatibile con il formalismo relativista (l'usuale formulazione della MQ non riesce a spiegare la creazione-annichilazione delle particelle, per esempio). Si vede che si può scrivere una teoria "relativistica" in forma. Il problema della misura, però, rimane. La relatività infatti è deterministica mentre noi vogliamo che la nostra teoria spieghi che l'evoluzione della funzione d'onda all'atto della misura non lo sia. Sinceramente, non so dirti come l'usuale interpretazione della MQ applicata alla teoria quantistica dei campi riesca a conciliare una cosa come la "relatività della simultaneità" con questo aspetto della MQ. Ma credo che una buona parte dei fisici non sia nemmeno interessata a questa disquisizione. Per molti infatti tanto la MQ, quanto la relatività, quanto la "teoria quantistica dei campi" sono strumenti di predizioni di risultati sperimentali (e infatti a mia conoscenza questo problema non viene trattato durante gli anni di università, forse dopo. Ovviamente può essere avvenuto che la spiegazione ci sia stata e io non l'ho capita o me la sono persa ;D ).
Citazione di: Il_Dubbio il 29 Marzo 2018, 11:47:39 AMChiaramente il testo citato qui sotto non è mio, ma di "Il_Dubbio"
Citazione di: Apeiron il 28 Marzo 2018, 19:34:53 PMHai fatto l'esempio del palazzo che deve poi essere individuato assieme poi al numero civico. La questione di cosa descriva la funzione d'onda nella sua evoluzione temporale è importante. Cosa capivo io prima? Io ritenevo che all'interno del pacchetto di informazione (all'interno della funzione d'onda) ci fossero gia tutte le informazioni sul palazzo sulle vie e sui numeri civici ecc. Ti dice anche quante scale devi fare ;D Il fatto è che all'atto della misura tutte queste informazioni diventano un'ampiezza... di probabilità. Per cui le informazioni, da quello che ne riuscivo a ricavare io, ci sono gia tutte. Il problema è che il calcolo non te le sceglie in modo determinato, ma ti da solo una probabilità che sia proprio quel numero civo, quella via e quel settore della città. :)
Beh, per certi versi la tua comprensione era giusta. Nel senso che la funzione d'onda di un elettrone, effettivamente, contiene tutte le informazioni sulla probabilità dei possibili risultati delle misure. Per esempio puoi predire che con una probabilità del 60% la misura dello spin di un elettrone dia come risultato "up". Il "collasso" avviene quando fai la misura e rilevi "up", a questo punto la probabilità è 100%. Tuttavia la MQ, strettamente parlando, non ti dice che ci sia una "particella" che ha il 60% di trovarsi con spin "up". In sostanza non ti dice che c'è una "cosa" che ha come proprietà quella di dare quel risultato.
In meccanica classica un dado truccato che fa il 50% delle volte 6 ha come proprietà una differenza della sua struttura materiale. A questa proprietà di un oggetto tu associ la probabilità diversa da quella attesa. Nell'interpretazione usuale della MQ il "dado" non c'è. Dunque non ha senso dire che la funzione d'onda contiene informazioni che si riferiscono ad una "cosa", a differenza del caso classico in cui la probabilità diversa da quella attesa si riferisce ad una imperfezione del dado.
Se non ti torna la questione del "dado" puoi capire come perchè Einstein pensava che la MQ nella sua formulazione "ortodossa" fosse incompleta. Ad essere sincero ad oggi non ho idea di quale interpretazione sia quella "giusta". In un modo o nell'altro tutte mi lasciano con un senso di "incompletezza".
Citazione di: Apeiron il 31 Marzo 2018, 13:03:31 PM
@Il_Dubbio, in effetti gli argomenti di cui stiamo parlando sono piuttosto controversi e gli stessi fisici paiono voler evitare di parlarne (sinceramente non capisco il motivo).
Ci sarebbe da parlare tanto su ogni questione che poni. Ma finiamo per allontanarci dal succo. Dalla questione principale a cui stiamo cercando di dare una risposta.
Il problema che hanno i fisici è che quasi tutte le interpretazioni (ho detto quasi tutte, sospettando che almeno una ci sia, ma non so quale sia) hanno dei problemi praticamente irrisolvibili. Per cui loro aspettano che nasca il prossimo genio e che gli presenti la soluzione (o come si dice in gergo la pappa pronta). Al momento la cosa che sembra funzionare è anche inattaccabile. L'interpretazione giusta deve presentare gli stessi risultati di ciò che ora funziona. Per cui se la meccanica quantistica predice risultati in base statistica, tale posizione è inattaccabile.
Io ho infatti sempre cercato di sottolineare che stiamo partendo da un ente matematico, una specie di
calcolatore della realtà, non ho detto che quella sia la realtà.
Questo credo abbia una rilevanza filosofica che i fisici non riescono a sottolinearlo in modo opportuno.
Nell'argomento da me aperto in scienze, dove cercavo di fornire una specie di storia della meccanica quantistica, forse mi è mancato questa sottolineatura: oggi parliamo di fisica quantistica partendo da un modello matematico i cui assiomi sono inattaccabili. Se la relatività ha come assioma ad esempio la velocità della luce, assioma attaccabilissimo, quali sono gli assiomi della meccanica quantistica? Lo spazio di Hilbert forse?
Voglio dire... che la meccanica quantistica è molto abbottonata a concetti astratti. Gli esperimenti sono solo una coda.
Ho avuto modo di fare pure lite con l'intera comunità di fisici per questa mia sottolineatura (la mia prettamente filosofica) ;D . Loro non sono d'accordo infatti. Anche se ogni tanto qualche luminare fa uscire qualche critica (alle volte spietata), ma loro fanno spallucce.
Ciò che mi preveva dirti era questo: i fisici non stanno pensando all'idea filosofica della realtà quando fanno i calcoli con la meccanica quantistica. L'ultimo forse è stato Einstein.
Ma torniamo alla funzione d'onda. Giustamente tu dici che all'interno non c'è la descrizione di una particella che si muove nello spazio/tempo. Io non lo so cosa ci sia all'interno, perche per saperlo dovrei fare una lunga gavetta di studi che invece mi fa piacere stai facendo tu :P.
Resta però l'idea che all'interno vi sia una serie di informazioni. La funzione d'onda non è l'equivalente di una pagina bianca. Al limite potrebbe essere l'equivalente di una pagina completamente scritta da delle lettere messe alla rinfusa che però una volta inquadrata (misurata) fa apparire una scritta precisa ed inequivocabile. Un po' come quel gioco enigmistico dove si devono cercare delle parole all'interno di un quadrante pieno di lettere. Magari una parola incomincia dal basso verso l'alto o da sinistra a destra e cosi via. L'unica avvertenza è che nel gioco enigmistico le parole gia ci sono, devono solo essere cercate, mentre nel gioco quantistico (se mi si passa il temine) vengono create quando le si legge. O forse non è neanche cosi...
Lo sforzo che faccio io è immaginarmi con la mente un foglio pieno di qualcosa, questo qualcosa è ciò che ci sta dentro la funzione d'onda. Ok?
Ora immaginiamo di avere un libro intero fatto di fogli. Ogni foglio successivo è l'equivalente dell'evoluzione della funzione d'onda. Ogni pagina sarà differente in quanto l'evoluzione vuol dire cambiamento, per cui se il primo foglio c'è scritto qualcosa in un modo, nel successivo sarà scritto anche impercettibilmente in modo differente. Io apro questo libro ad una pagina a caso avendo però in mente la funzione d'onda di quella pagina. E' chiaro che (altrimenti la meccanica quantistica non servirebbe a nulla) so che le probabilità di leggere certe cose sono diverse (o leggermente diverse) se avessi aperto il libro in una pagina diversa da quella appena aperta. Per cui l'
informazione all'interno della pagina aperta è differente da quella successiva o precedente.
I fisici fanno spallucce anche in questo caso...ma io lo ritengo rilevante. Stavamo dicendo che la funzione d'onda ecc. ecc. è matematica e noi della realtà possiamo solo parlarne quando facciamo una misura. Si...ma l'evoluzione temporale della funzione d'onda è oggettiva o no? Possibile che cambi qualcosa sotto il nostro naso cosi da essere cambiate le probabilità, e ciò che cambia non è reale? Va bene il potere alla matematica... ma in questo caso si è superato ogni limite.
Avrei molto altro da aggiungere anche in riflessione alle tue molte dritte...ma mi fermo qua per questo post. Auguri di Buona Pasqua a tutti
Citazione di: Il_Dubbio il 29 Ottobre 1974, 07:40:20 AMCi sarebbe da parlare tanto su ogni questione che poni. Ma finiamo per allontanarci dal succo. Dalla questione principale a cui stiamo cercando di dare una risposta. Il problema che hanno i fisici è che quasi tutte le interpretazioni (ho detto quasi tutte, sospettando che almeno una ci sia, ma non so quale sia) hanno dei problemi praticamente irrisolvibili. Per cui loro aspettano che nasca il prossimo genio e che gli presenti la soluzione (o come si dice in gergo la pappa pronta). Al momento la cosa che sembra funzionare è anche inattaccabile.
Anche io non escludo che ce ne possa essere una "giusta", tuttavia quelle a me note non mi soddisfano. Sono (quasi) tutte interessanti ma nessuna mi convince veramente. Purtroppo come ben noti tu, i fisici sono "in attesa". In sostanza deve arrivare un genio (ce ne sono molti nel mondo accademico, magari non ai livelli di Newton ma ce ne sono molti veramente bravi!...) che oltre ad essere "geniale" si impegni a fondo per "comprendere" le cose e inoltre questo "genio" deve avere un'intuizione che riesca a creare un mutamento di paradigma (quest'ultimo punto è fondamentale). Altrimenti rimaniamo "bloccati" secondo me.
In realtà il concetto di "genio" è andato fuori moda, oggi si tende a dare molta importanza alla realtà sociale della scienza. Il che, ovviamene, è molto importante. Tuttavia sono ancora dell'idea che senza Newton, Maxwell, Einstein, Bohr ecc non ci può essere un "vero progresso". Per usare un'immagine "buddhista" sono importanti sia la "pratica graduale" che "la comprensione improvvisa". Senza la prima secondo me non può arrivare la seconda (quindi è molto importante studiare molto, parlare con il maggior numero di scienziati (e timidamente aggiunto "pensatori" e "filosofi") possibili, cercare di vedere le cose da vari punti di vista ecc), tuttavia è la seconda che produce i "salti" nella comprensione. E - ripeto questa è la mia opinione, che anche tu condividi - quindi è necessario che persone dotate di "genio" abbiano queste "lampadine". In fin dei conti Einstein studiò a fondo le teorie scientifiche (Maxwell su tutti) e molti autori filosofici (per esempio Kant, Schopenhauer, Mach, Hume...) prima di avere quel "lampo" di genio del 1905 per cui è divenuto famoso. E anche dopo tutta la sua carriera è un'alternanza tra uno studio molto approfondito e intuizioni molto profonde (a volte sbagliate, ma ciò non toglie la loro "grandezza").
Citazione di: Il_Dubbio il 29 Ottobre 1974, 07:40:20 AM
L'interpretazione giusta deve presentare gli stessi risultati di ciò che ora funziona. Per cui se la meccanica quantistica predice risultati in base statistica, tale posizione è inattaccabile. Io ho infatti sempre cercato di sottolineare che stiamo partendo da un ente matematico, una specie di calcolatore della realtà, non ho detto che quella sia la realtà. Questo credo abbia una rilevanza filosofica che i fisici non riescono a sottolinearlo in modo opportuno. Nell'argomento da me aperto in scienze, dove cercavo di fornire una specie di storia della meccanica quantistica, forse mi è mancato questa sottolineatura: oggi parliamo di fisica quantistica partendo da un modello matematico i cui assiomi sono inattaccabili. Se la relatività ha come assioma ad esempio la velocità della luce, assioma attaccabilissimo, quali sono gli assiomi della meccanica quantistica? Lo spazio di Hilbert forse? Voglio dire... che la meccanica quantistica è molto abbottonata a concetti astratti. Gli esperimenti sono solo una coda. Ho avuto modo di fare pure lite con l'intera comunità di fisici per questa mia sottolineatura (la mia prettamente filosofica) ;D . Loro non sono d'accordo infatti. Anche se ogni tanto qualche luminare fa uscire qualche critica (alle volte spietata), ma loro fanno spallucce. Ciò che mi preveva dirti era questo: i fisici non stanno pensando all'idea filosofica della realtà quando fanno i calcoli con la meccanica quantistica. L'ultimo forse è stato Einstein.
Non sono riuscito, per varie ragioni, a partecipare a quell'argomento. Per quanto mi riguarda ti dico che gli "assiomi" della MQ sono ben saldi e accettati da tutte le interpretazioni (il che le rende interpretazioni e non "teorie"): https://it.wikipedia.org/wiki/Postulati_della_meccanica_quantistica l'articolo di Wikipedia a proposito può essere d'aiuto. Ad ogni mod molti fisici contemporanei non si interessano dello sviluppo storico delle teorie, cosa che ritengo "erronea", anche se può sembrare solo inutile pedanteria di uno "pseudo-studioso" da quattro soldi che sono io! In fin dei conti anche la scienza ha origine "umana", è fatta dall'uomo. E visto che anche adesso siamo umani come lo erano quegli illustri scienziati è secondo me importante capire il
ragionamento che quelle persone hanno fatto per giungere a determinate conclusioni. Non ho problemi ad ammettere che la fisica si può studiare senza dare un minimo sguardo allo sviluppo storico, a studiare le idee e i metodi di ragionamento usati nel passato. Tuttavia il problema è che, così facendo, non si impara veramente a ragionare, a trovare i problemi delle presenti teorie e così via. Si finisce per essere dei tecnici e degli specialisti. Purtroppo la tendenza del "pulish or perish" dell'accademia non aiuta. Sarebbe meglio basarsi sul "tentativi ed errori" di Popper o sul "Fail better" (Beckett, ma secondo me un approccio simile è utile agli scienzati).
Ad ogni modo ci sono molti scienziati che in realtà indagano. In realtà tutti i contemporanei di Einstein erano più o meno come lui. Arrivando ad oggi Rovelli e Smolin (per citare due esempi) sono pensatori molto profondi. Ma per essere sincero nemmeno le loro "visioni" mi convincono.
Citazione di: Il_Dubbio il 29 Ottobre 1974, 07:40:20 AM
Ma torniamo alla funzione d'onda. Giustamente tu dici che all'interno non c'è la descrizione di una particella che si muove nello spazio/tempo. Io non lo so cosa ci sia all'interno, perche per saperlo dovrei fare una lunga gavetta di studi che invece mi fa piacere stai facendo tu :P. Resta però l'idea che all'interno vi sia una serie di informazioni. La funzione d'onda non è l'equivalente di una pagina bianca. Al limite potrebbe essere l'equivalente di una pagina completamente scritta da delle lettere messe alla rinfusa che però una volta inquadrata (misurata) fa apparire una scritta precisa ed inequivocabile. Un po' come quel gioco enigmistico dove si devono cercare delle parole all'interno di un quadrante pieno di lettere. Magari una parola incomincia dal basso verso l'alto o da sinistra a destra e cosi via. L'unica avvertenza è che nel gioco enigmistico le parole gia ci sono, devono solo essere cercate, mentre nel gioco quantistico (se mi si passa il temine) vengono create quando le si legge. O forse non è neanche cosi... Lo sforzo che faccio io è immaginarmi con la mente un foglio pieno di qualcosa, questo qualcosa è ciò che ci sta dentro la funzione d'onda. Ok? Ora immaginiamo di avere un libro intero fatto di fogli. Ogni foglio successivo è l'equivalente dell'evoluzione della funzione d'onda. Ogni pagina sarà differente in quanto l'evoluzione vuol dire cambiamento, per cui se il primo foglio c'è scritto qualcosa in un modo, nel successivo sarà scritto anche impercettibilmente in modo differente. Io apro questo libro ad una pagina a caso avendo però in mente la funzione d'onda di quella pagina. E' chiaro che (altrimenti la meccanica quantistica non servirebbe a nulla) so che le probabilità di leggere certe cose sono diverse (o leggermente diverse) se avessi aperto il libro in una pagina diversa da quella appena aperta. Per cui l'informazione all'interno della pagina aperta è differente da quella successiva o precedente. I fisici fanno spallucce anche in questo caso...ma io lo ritengo rilevante. Stavamo dicendo che la funzione d'onda ecc. ecc. è matematica e noi della realtà possiamo solo parlarne quando facciamo una misura. Si...ma l'evoluzione temporale della funzione d'onda è oggettiva o no? Possibile che cambi qualcosa sotto il nostro naso cosi da essere cambiate le probabilità, e ciò che cambia non è reale? Va bene il potere alla matematica... ma in questo caso si è superato ogni limite. Avrei molto altro da aggiungere anche in riflessione alle tue molte dritte...ma mi fermo qua per questo post. Auguri di Buona Pasqua a tutti
Beh, questa è la domanda centrale, no? L'informazione deve avere un supporto materiale o mentale - a meno che non si abbracci il platonismo, come in pratica suggeriva Heisenberg. Ma empiricamente troviamo informazioni su un libro, nella nostra memoria, in un computer ecc. Dunque dove è "supportata" questa informazione? Ci può essere "informazione" senza supporto?
Come ho già detto più volte in questi lidi ho un debole per il Platonismo. Tuttavia dire che l'informazione si può trovare senza un supporto "in questa realtà" mi sembra una soluzione molto forzata.
L'evoluzione è chiaramente oggettiva (nel senso che diversi osservatori possono essere d'accordo...per quanto mi risulta lo stesso per certi versi si può dire anche per l'interpretazione di Rovelli, seppur facendo le dovute precisazioni). Ma in tal caso se non accettiamo la "realtà" "dietro" la funzione d'onda si finisce per credere, in fin dei conti, che questa oggettività è una sorta di "allucinazione collettiva"* (probabilmente alcuni filosofi indiani sarebbero molto contenti a sentire ciò...). E se accettiamo che c'è una realtà dobbiamo dire che che la funzione d'onda non è un semplice "modello" matematico, ma una sorta di "proprietà" della realtà che le sta "dietro". Da questo punto di vista mi pare che Bohr propendesse per una via di mezzo cercando di non "reificare" l'oggetto dell'informazione contenuta dentro la funzione d'onda ma allo stesso tempo non diceva che è "semplice informazione". Ma in altri lidi la posizione di Bohr è stata criticata (anche se non so se la critica è stata veramente "definitiva", non ho la conoscenza necessaria per prendere posizione). La posizione di Bohr mi affascina molto, ma allo stesso tempo mi pare incompleta. Come vedi, forse chi si fa "spallucce" ha buoni motivi per farlo ;D
OFF-TOPIC
* beh non solo indiani... se ti può interessare questa prospettiva ti consiglio questo video https://www.ted.com/talks/donald_hoffman_do_we_see_reality_as_it_is?language=it è fuori tema perchè non si parla di "fisica". Tuttavia ci sono alcune idee che possono essere analoghe ad alcune conclusioni a cui sono arrivati un certo numero di interpreti della MQ. Inoltre il "dialogo" tra le varie discipline a volte pò essere fruttuoso ;)
@Apeiron.
Cosa intendi con incompletezza quando ti riferisci alle varie interpretazioni ?
Quanto è importante l'interpretazione nel processo che conduce all"attivazione del senso di realtà?
Non potrebbe trattarsi di un catalizzatore che poi non appare nel risultato finale ?
L'architettura di un computer non influisce sui sui risultati , tuttavia per costruire un computer devo decidere una architettura.
Se penso al processo scientifico, comprensivo di misurazione , teoria e applicazione , so' non essere strettamente necessaria una interpretazione ai fini operativi.
Non ho difficoltà però a immaginare l'interpretazione come ad uno strumento che mi regala destrezza mell'applicare la teoria , facendola , per così dire , intimamente mia.
Mi pare ovvio che se il processo viene gestito completamente da un computer , nel software che lo gestisce non appare nessuna interpretazione.
Ma parimenti , se penso al processo di percezione umana , non ho difficoltà a pensare a un computer dove nessuna interpretazione agisce , ma un computer che ha avuto bisogno di una interpretazione per costituirsi nel tempo , senza che noi possediamo memoria di ciò .
Insomma , a che serve esattamente una interpretazione e in che senso la possiamo considerare incompleta?
Per contro.
Esistono esempi di teorie che possiedono interpretazioni complete?
Quale plus da' a queste teorie una soddisfacente interpretazione ai fini applicativi , quando l'operatore è umano?
Naturalmente chiunque può rispondere anche se mi sono riferito ad Apeiron.
Insomma , senza una interpretazione soddisfacente ci facciamo la figura di un abaco un po' impacciato?
Un abaco pienamente operativo, per quanto possa apparire , a torto ,inadeguato ?
@iano
penso che aperion per incompleto stia pensando alla incompletezza che intendeva Einstein. Io non sono sicuro di aver capito quella di Einstein ma mi sono fatto un'idea.
Tu hai una teoria completamente determistica, poi salti ad una indeterministica. Questo salto è incomprensibile. C'è qualcosa che non comprendiamo (presumeva Einstein). Per cui ciò che non comprendiamo rende incompleta la teoria.
@aperion
Bohr non era quello che diceva (in modo criptico come dicono in molti) che se non possiamo interrogare la realtà è inutile che ci danniamo l'anima a chiederci cosa essa sia?
Non mi sembra che questa posizione sia annoverabile tra le interpretazione della meccanica quantistica.
Nel senso che per interpretazione noi intendiamo una formulazione matematica che renda la meccanica quantistica credibile e non solo falsificabile.
Infatti per molti è una teoria scientifica nel senso che è falsificabile, ma nessuno ha mai capito la meccanica quantistica in quanto nessuno può comprenderla nel senso comune del termine. Questo è un dato di fatto che salta all'occhio ad un comune filosofo. I fisici fanno spallucce in quanto la teoria (che in realtà io non chiamerei in questo modo, ma solo formulazione matematica) è falsificabile.
Poi è chiaro, potremmo evidentemente arrivare all'idea che i nostri sensi siano in errore e come direbbe Bohr, è inutile chiedersi cosa sia la realtà, ma solo chiederci se le nostre formulazioni matematiche producano i risultati aspettati. Questo vuol dire che non capiremo mai cosa la realtà sia veramente, anzi che farsi una domanda del genere sia priva di senso.
E' una questione sottile... che spesso spiazza la maggior parte degli intervistati ;D
@ Il Dubbio.
Grazie per la risposta , e parto subito ad elucubrarci sopra . :)
Man mano che le teorie matematiche nascono ( o vengono scoperte) si tenta una descrizione della realtà attraverso esse.Cosi' oggi è di moda la teoria dell'informazione.
In base ad essa , se conoscessimo la realtà , avremmo a disposizione una quantità di informazioni ingestibile. Ne seguirebbe che , anche se l'impianto della realtà fosse intimamente deterministico , noi potremmo trattarlo perlopiu in modo statistico , a meno di non accettare forti limiti operativi , e la meccanica quantistica potrebbe essere solo uno di questi modi .
Potremmo escogitare diversi di questi modi quindi , dei quali la MQ è solo uno.
Se così stanno le cose in futuro dovremmo scoprire altri di questi modi , alternativi alla MQ , e più o meno efficaci a gestire la complessità di un mondo deterministico.
Queste scoperte confermerebbero appunto indirettamente che il mondo è deterministico?
Quanto più cercheremmo di gestire il mondo nella sua completezza , tanto più dovremmo usare strumenti incompleti.Possiamo concludere così?
Quindi per una via o per l'altra si giunge a cose simili alla MQ , e , in un caso , come strumento statistico per gestire la realtà che abbiamo compreso , ma non riusciamo a gestire completamente;
nell'altro caso invece riusciamo a gestire comunque la realtà , pur non avendola compresa , attraverso lo strumento della MQ.
In quest'ultimo caso ci chiediamo se , a partire da questo tipo di strumento , che è la MQ , possiamo inferire la realtà , e in questo credo , in sintesi , consista il problema interpretativo.
Per cercare di rispondere a questa domanda possiamo creare un modellino semplificato di realtà deterministica, dove la realtà è , ad esempio , quella di un dado di materiale perfettamente omogeneo , che viene lanciato.
Se noi conosciamo solo i risultati del lancio del dado , possiamo da questi inferire la realtà che è il dado?
Direi di no , o comunque non necessariamente.
(Qualche valente matematico , se presente in sala 😄 , potrebbe dirci che forma dovrebbe avere una teoria perché si presti eventualmente ad essere una condizione sufficiente a ciò.)
Quindi potremmo concludere , per analogia , che la MQ non implica necessariamente che il caso sia a fondamento della realtà , come non lo è nel modellino del mondo deterministico del dado .
Concludendo , non potremo mai escludere che il mondo sia deterministico , ma possiamo escludere di poterlo trattare completamente come tale.
Quindi la MQ è, e non può che essere incompleta , se pretende di essere strumento efficace nel trattare un mondo che non venga limitato a un suo modellino , come succede per la meccanica classica.
Quindi ,in definitiva , la conoscenza della realtà , quando non si riduca ad un sapere in se' ( che non sarebbe poco) servirebbe a derivare strumenti simili alla MQ da usare all'occorrenza nella nostra interazione con essa , nei limiti in cui possiamo farlo.
Cioè magari a fare meglio ciò che già facciamo senza conoscere la realtà.
Citazione di: iano il 04 Aprile 2018, 01:00:26 AM
@ Il Dubbio.
Grazie per la risposta , e parto subito ad elucubrarci sopra . :)
Le tue elucubrazioni sono gia state affrontate.
Citazione di: iano il 04 Aprile 2018, 01:00:26 AMPer cercare di rispondere a questa domanda possiamo creare un modellino semplificato di realtà deterministica, dove la realtà è , ad esempio , quella di un dado di materiale perfettamente omogeneo , che viene lanciato. Se noi conosciamo solo i risultati del lancio del dado , possiamo da questi inferire la realtà che è il dado? Direi di no , o comunque non necessariamente. (Qualche valente matematico , se presente in sala 😄 , potrebbe dirci che forma dovrebbe avere una teoria perché si presti eventualmente ad essere una condizione sufficiente a ciò.)
Si, il modellino semplificativo (quello che tu ora chiami
dado) è stato il lavoro di Einstein.
Si parte da alcune congetture. Il realismo e il localismo. Per Einstein il realismo si può intende come una proprietà intrinseca del dado, per esempio di avere facce con colore differente. Il localismo invece è l'impossibilità di dedurre un effetto da una causa troppo lontana spazialmente. Cause ed effetti non possono avvenire piu velocemente della luce.
Fu Bell a costruire un modellino matematico (è un teorema in realtà che prende il suo nome) costruito mentalmente secondo le due congetture di Einstein.
Mantenedo queste due congetture possiamo verificare se i sistemi quantistici rispondono affermativamente oppure dicono di no. Si prevede cioè che se i sistemi rispondo di no vuol dire che statisticamente dovranno dare un certo risultato diverso da quello classico. Questo risultato contrasterà con quello affermativo poichè quello affermativo è costruito secondo un "modellino" realistico, proprio come fosse un dado reale. In sostanza fra una affermazione ed una negazione cambia il rapporto statistico.
In modo molto semplificato queste sono le disuguaglianze di Bell.
Tutti gli esperimenti hanno dato risposta negativa. Ovvero il modello eisteniano di realismo e localismo è stato falsificato. Si è cercato di considerare tutti i possibili errori... al momento non si riesce a trovare nulla.
Dando per scontato che il realismo e localismo alla Einstein è stato falsificato, non è ancora possibile dire come sia possibile il non-localismo. Il non-localismo non inficia la relatività di Einstein (anche se alcuni pensano che lui fosse preoccupato piu per la sua teoria che per la difesa dell'oggettività del mondo) in quanto anche se scorre una comunicazione non-locale fra questi sistemi, per cui è ovvio che lo farebbero superando la velocità della luce, non possono essere sfruttati per far comunicare coloro che fanno le misure (cioè i fisici o chiunque sia in grado di manipolare questi sistemi).
Alcune teorie deterministiche equipollenti alla m.q. standard che credo diano gli stessi risultati quantistici, prevedono infatti la non-località come fondamento...una di queste è quella a cui si accennava prima, quella di Bhom. Che è appunto non-locale. Va da se che però il realismo è praticamente scomparso, ma detta teoria sarebbe comunque deterministica. Per cui c'è differenza fra realismo e determinismo. Mi fermo qua aspetto, se ne ha voglia l'intervento di aperion ;)
@Il,dubbio.
Allora sono contento di essere arrivato due , come diceva quel famoso campione di sci.😄
In attesa di Apeiron potresti precisare meglio cosa è realismo e localismo?
In verità non ho afferrato bene. :)
Quello che so è che quando la causa è lontana dall'effetto noi non la percepiamo come tale.
Citazione di: iano il 04 Aprile 2018, 19:24:52 PM
@Il,dubbio.
Allora sono contento di essere arrivato due , come diceva quel famoso campione di sci.😄
In attesa di Apeiron potresti precisare meglio cosa è realismo e localismo?
In verità non ho afferrato bene. :)
Quello che so è che quando la causa è lontana dall'effetto noi non la percepiamo come tale.
Tempo fa ho visionato un video su you tube sulla differenza fra proprietà intrinseche e proprietà effimere. Veramente ben fatto..purtroppo non l'ho salvato. Sarebbe stato meglio di ogni mia spiegazione. :D
Ricordo che faceva (dopo una lunga e interessante introduzione) l'esempio dello spaghetto (gli spaghetti che noi italiani sappiamo cucinare senza farli troppo scotti ;D ). Lo spaghetto ha la proprietà effimera di essere fragile (di spezzarsi). Ma solo se lo butti per terra puoi scoprire se questa sua proprietà è verificata oppure no. Una specie di proprietà "potenziale".
Il realismo di Einstein quindi si basa su proprietà effimere ritenute invece proprietà intrinseche.
Per cui il nostro dado avrebbe proprietà effimere quali ad esempio il colore su ogni faccia. Una volta che viene lanciato e fermato il dado su una faccia, si
estrinseca la sua proprietà colorando di un colore tra quelli potenziali.
Mentre il realismo dice che il dado ha le facce colorate a prescindere dal fatto che sia o meno osservato una di esse.
Uscendo da esempi vari, la posizione di un elettrone è una proprietà effimera. Lo so è controintuitivo ma il sunto è questo ;)
Il localismo sostiene che due oggetti possono interagire soltanto se l'interazione non avvenga a una distanza tale che debba essere necessario presupporre una informazione che viaggi ad una velocità superiore a quella della velocità della luce. Noi subiamo (per modo di dire) i raggi del sole dopo che la luce ha viaggiato 8 minuti dal Sole verso la Terra. La distanza spaziale fra Sole e Terra stabilisce quindi che l'interazione non può avvenire sotto gli 8 minuti.
Il non-localismo invece elimina qualsiasi distanza spaziale (almeno questa è la mia interpretazione) e sostiene che gli oggetti (che sono comunque oggetti quantistici, da non dimenticare questo questo dettaglio) si influenzano in modo istantaneo.
Spero di essere stato piu chiaro. aspettando aperion o chiunque altro voglia intervenire 8)
Citazione di: Il_Dubbio il 03 Aprile 2018, 23:09:44 PM
@aperion Bohr non era quello che diceva (in modo criptico come dicono in molti) che se non possiamo interrogare la realtà è inutile che ci danniamo l'anima a chiederci cosa essa sia? Non mi sembra che questa posizione sia annoverabile tra le interpretazione della meccanica quantistica. Nel senso che per interpretazione noi intendiamo una formulazione matematica che renda la meccanica quantistica credibile e non solo falsificabile.
"Nì" nel senso che lui ragionava più sul piano epistemologico ("cosa possiamo conoscere sulla realtà?") che su quello ontologico ("quali sono i componenti della realtà?"), ergo effettivamente per lui non era un problema ammettere di non riuscire a capire "la realtà". Tuttavia a differenza dei pragmatisti ha cercato di offrire una giustificazione filosofica, sostenendo che concetti come "posizione" nascono da come noi decidiamo di osservare la realtà. Un pragmatista non direbbe una cosa simile: per lui la MQ è un semplice strumento di calcolo.
Citazione di: Il_Dubbio il 03 Aprile 2018, 23:09:44 PM
Infatti per molti è una teoria scientifica nel senso che è falsificabile, ma nessuno ha mai capito la meccanica quantistica in quanto nessuno può comprenderla nel senso comune del termine. Questo è un dato di fatto che salta all'occhio ad un comune filosofo. I fisici fanno spallucce in quanto la teoria (che in realtà io non chiamerei in questo modo, ma solo formulazione matematica) è falsificabile. Poi è chiaro, potremmo evidentemente arrivare all'idea che i nostri sensi siano in errore e come direbbe Bohr, è inutile chiedersi cosa sia la realtà, ma solo chiederci se le nostre formulazioni matematiche producano i risultati aspettati. Questo vuol dire che non capiremo mai cosa la realtà sia veramente, anzi che farsi una domanda del genere sia priva di senso. E' una questione sottile... che spesso spiazza la maggior parte degli intervistati ;D
Sì e appunto qui sta la differenza tra un pragmatista e Bohr! L'intuizione di Bohr è quella che i nostri concetti con cui analizziamo la realtà hanno senso in un preciso contesto, quello classico. Il limite della validità dei concetti è data
proprio dal "contesto" in cui questi vengono prodotti. Un paragone grossolano è questo: a livello macroscopico ha senso parlare di temperatura mentre a livello della singola molecola, no. Allo stesso modo i concetti classici hanno senso nel mondo classico e per descrivere i risultati delle misure del mondo quantistico, quando cioè questo viene visto
attraverso una misura fatta da un apparato strumentale che a sua volta viene descritto classicamente! Bohr quindi, per certi versi è molto chiaro: i concetti "classici" vanno bene nel mondo classico. Andare oltre non è possibile perchè si esce dal limite della validità degli stessi. L'approccio di Bohr quindi è molto filosofico (se non l'ho capito male, ovviamente ;D ). Pare che perfino Heisenberg disse una volta che Bohr era più un filosofo che un fisico.
Il pragmatista invece non fa questo ragionamento. Per lui la MQ è una sorta di "giocattolo" per far usicire delle predizioni. Per Bohr invece è una fonte di informazione non sulla realtà, ma sulla
nostra possibilità di conoscere la realtà.
A me la posizione di Bohr affascina molto! La differenza è molto sottile in realtà e spero di essere riuscito a spiegarla decentemente. In sostanza per il pragmatista la fisica si riduce ad una sorta di strumento di calcolo, per Bohr invece lo studio della fisica ci permette di stabilire il limite della nostra conoscenza.
Citazione di: iano il 03 Aprile 2018, 15:48:18 PM@Apeiron. Cosa intendi con incompletezza quando ti riferisci alle varie interpretazioni ? Quanto è importante l'interpretazione nel processo che conduce all"attivazione del senso di realtà? Non potrebbe trattarsi di un catalizzatore che poi non appare nel risultato finale ? L'architettura di un computer non influisce sui sui risultati , tuttavia per costruire un computer devo decidere una architettura. Se penso al processo scientifico, comprensivo di misurazione , teoria e applicazione , so' non essere strettamente necessaria una interpretazione ai fini operativi. Non ho difficoltà però a immaginare l'interpretazione come ad uno strumento che mi regala destrezza mell'applicare la teoria , facendola , per così dire , intimamente mia. Mi pare ovvio che se il processo viene gestito completamente da un computer , nel software che lo gestisce non appare nessuna interpretazione. Ma parimenti , se penso al processo di percezione umana , non ho difficoltà a pensare a un computer dove nessuna interpretazione agisce , ma un computer che ha avuto bisogno di una interpretazione per costituirsi nel tempo , senza che noi possediamo memoria di ciò . Insomma , a che serve esattamente una interpretazione e in che senso la possiamo considerare incompleta? Per contro. Esistono esempi di teorie che possiedono interpretazioni complete? Quale plus da' a queste teorie una soddisfacente interpretazione ai fini applicativi , quando l'operatore è umano? Naturalmente chiunque può rispondere anche se mi sono riferito ad Apeiron. Insomma , senza una interpretazione soddisfacente ci facciamo la figura di un abaco un po' impacciato? Un abaco pienamente operativo, per quanto possa apparire , a torto ,inadeguato ?
Per "incompletezza" intendevo che le varie versioni della MQ non mi soddisfano pienamente per vari motivi.
Quella di Copenaghen ha due problemi: il primo è il "realismo", come dice Il_Dubbio. In sostanza se non ammettiamo l'esistenza di una "realtà" oltre ciò che osserviamo dagli esperimenti, com'è possibile che riusciamo a fare esperimenti? La posizione di Bohr sembra un compromesso interessante perchè ci costringe a dire che le nostre "mappe" che si basano su concetti classici potrebbero non aver più senso ad un certo punto e quindi anche la stessa preoccupazione col realismo in realtà nasce, per così dire, da una sorta di "pregiudizio" per cui noi siamo portati a dire che la realtà debba essere per noi intelleggibile sempre. Un secondo problema, però, è che la distinzione tra classico e quantistico è arbitraria. Un elettrone è quantistico, una casa è classica. Ma poi si scopre che le molecole sono quantistiche e più si indaga si capisce che il confine è labile. Il problema è che se non troviamo un confine l'interpretazione salta perchè ciò implica che il mondo classico non c'è. Inoltre dire che "non possiamo comprendere" la realtà è una posizione "rinunciataria" che può ostacolare la ricerca. Però può anche essere una prospettiva interessante: magari mutando radicalmente i nostri paradigmi riusciremo a capire la meccanica quantistica senza doverci basare sui concetti classici. In genere le interpretazioni della MQ non mi danno l'idea di essere "la descrizione finale". Ho come l'impressione che anche la MQ, nelle sue varie forme, è una teoria provvisoria. Molti però non concepiscono l'idea che ci possa essere una descrizione alternativa, che magari riproduce la MQ.
Altro esempio l'interpretazione a molti mondi. Questa è locale e deterministica. Però l'idea dello "splitting" in moltissimi universi paralleli mi pare un'assurdità.
Quella di Bohm è in conflitto con la relatività (nella sua forma "usuale"). Inoltre pare che abbia problemi con quantità infinite (questo l'ho letto sul sito "physicsforums" tempo fa...) e ci sono già proposte per ricercare una teoria "sub-quantum" partendo da questa interpretazione.
Quindi, lo scenario mi pare piuttosto aperto :D
Citazione di: Il_Dubbio il 04 Aprile 2018, 20:02:21 PMCitazione di: iano il 04 Aprile 2018, 19:24:52 PM@Il,dubbio. Allora sono contento di essere arrivato due , come diceva quel famoso campione di sci.😄 In attesa di Apeiron potresti precisare meglio cosa è realismo e localismo? In verità non ho afferrato bene. :) Quello che so è che quando la causa è lontana dall'effetto noi non la percepiamo come tale.
Tempo fa ho visionato un video su you tube sulla differenza fra proprietà intrinseche e proprietà effimere. Veramente ben fatto..purtroppo non l'ho salvato. Sarebbe stato meglio di ogni mia spiegazione. :D Ricordo che faceva (dopo una lunga e interessante introduzione) l'esempio dello spaghetto (gli spaghetti che noi italiani sappiamo cucinare senza farli troppo scotti ;D ). Lo spaghetto ha la proprietà effimera di essere fragile (di spezzarsi). Ma solo se lo butti per terra puoi scoprire se questa sua proprietà è verificata oppure no. Una specie di proprietà "potenziale". Il realismo di Einstein quindi si basa su proprietà effimere ritenute invece proprietà intrinseche. Per cui il nostro dado avrebbe proprietà effimere quali ad esempio il colore su ogni faccia. Una volta che viene lanciato e fermato il dado su una faccia, si estrinseca la sua proprietà colorando di un colore tra quelli potenziali. Mentre il realismo dice che il dado ha le facce colorate a prescindere dal fatto che sia o meno osservato una di esse. Uscendo da esempi vari, la posizione di un elettrone è una proprietà effimera. Lo so è controintuitivo ma il sunto è questo ;) Il localismo sostiene che due oggetti possono interagire soltanto se l'interazione non avvenga a una distanza tale che debba essere necessario presupporre una informazione che viaggi ad una velocità superiore a quella della velocità della luce. Noi subiamo (per modo di dire) i raggi del sole dopo che la luce ha viaggiato 8 minuti dal Sole verso la Terra. La distanza spaziale fra Sole e Terra stabilisce quindi che l'interazione non può avvenire sotto gli 8 minuti. Il non-localismo invece elimina qualsiasi distanza spaziale (almeno questa è la mia interpretazione) e sostiene che gli oggetti (che sono comunque oggetti quantistici, da non dimenticare questo questo dettaglio) si influenzano in modo istantaneo. Spero di essere stato piu chiaro. aspettando aperion o chiunque altro voglia intervenire 8)
Riguardo a realismo e località... Sì bene o male è così. Per quanto riguarda il realismo: classicamente è "ovvio" che le proprietà si riferiscono ad oggetti. Per esempio io tocco un muro e lo sento "ruvido" e "freddo". Mi chiedo: "cosa sentirò quando metto la mano su questo superficie? Caldo o freddo? sentirò che è ruvida o liscia?" E poi osservo che la superficie è "fredda" e "ruvida" e quindi associo tali proprietà ad un oggetto. Rifiutare il realismo significa dire che tali proprietà non si riferiscono ad una "cosa là fuori". Le proprietà si riferiscono solo all'osservazione. La MQ in quest'ottica è una teoria fenomenologica e fortemente empirica. Secondo questa scuola di pensiero parlare di una "cosa là fuori" che non può essere osservata è problematico perchè i concetti stessi con cui analizziamo la realtà nascono dall'osservazione.
Riguardo all'interpretazione di Bohm... in realtà il conflitto c'è perchè per Bohm l'influenza tra le varie particelle è instantanea ed è dovuta alla trasmissione dell'informazione. Sfortunatamente ciò non ci permette di comunicare a velocità superluminali. Però le particelle "comunicano" tra di loro a tale velocità e quindi c'è una influenza causale a velocità superiori a quella della luce (ovviamente se modifico la formulazione usuale della realtività, riesco a sistemare le cose...).
Curiosamente una versione "realistica" e "locale" della MQ è possibile! Però bisogna ammettere una sorta di "predestinazione". Su questo tema so quasi nulla, comunque in letteratura è definito come "superdeterminismo".
Sostituire la seguente frase poco chiara
Citazione di: Apeiron il 04 Aprile 2018, 23:14:41 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 03 Aprile 2018, 23:09:44 PM
La posizione di Bohr sembra un compromesso interessante perchè ci costringe a dire che le nostre "mappe" che si basano su concetti classici potrebbero non aver più senso ad un certo punto e quindi anche la stessa preoccupazione col realismo in realtà nasce, per così dire, da una sorta di "pregiudizio" per cui noi siamo portati a dire che la realtà debba essere per noi intelleggibile sempre.
con questa:
"Forse si può evitare questa obiezione lavorando sulla posizione di Bohr sembra un compromesso interessante perchè ci costringe a dire che le nostre "mappe" che si basano su concetti classici potrebbero non aver più senso ad un certo punto e quindi anche la stessa preoccupazione col realismo in realtà nasce, per così dire, da una sorta di "pregiudizio" per cui noi siamo portati a dire che la realtà debba essere intelleggibile sempre con concetti nati in un determinato contesto"
Perdonate l'autocitazione ma non posso modificare il mio messaggio!
Citazione di: Apeiron il 04 Aprile 2018, 23:25:33 PM
Sostituire la seguente frase poco chiara
Citazione di: Apeiron il 04 Aprile 2018, 23:14:41 PM
La posizione di Bohr sembra un compromesso interessante perchè ci costringe a dire che le nostre "mappe" che si basano su concetti classici potrebbero non aver più senso ad un certo punto e quindi anche la stessa preoccupazione col realismo in realtà nasce, per così dire, da una sorta di "pregiudizio" per cui noi siamo portati a dire che la realtà debba essere per noi intelleggibile sempre.
con questa:
"Forse si può evitare questa obiezione lavorando sulla posizione di Bohr sembra un compromesso interessante perchè ci costringe a dire che le nostre "mappe" che si basano su concetti classici potrebbero non aver più senso ad un certo punto e quindi anche la stessa preoccupazione col realismo in realtà nasce, per così dire, da una sorta di "pregiudizio" per cui noi siamo portati a dire che la realtà debba essere intelleggibile sempre con concetti nati in un determinato contesto"
Perdonate l'autocitazione ma non posso modificare il mio messaggio!
In effetti questa è una spiegazione semplice e ragionevole.
Quindi se non si è affermata significa che è anche indigeribile.
Basta chiedersi perché risulta tale quindi.
In effetti il perché è quello che ho cercato confusamente di dire nei miei post.
Confusamente nei miei post perché confuso è nella mia mente.
La domanda giusta forse è: come si sono formati i concetti classici?
Non abbiamo difficoltà insormontabili, se non la pigrizia , a comprendere le teorie classiche.
Il motivo è che certe equazioni , come ad esempio la formula della gravità' , erano già scritte dentro di noi , prima che sulla carta , sedimentate nel corso di ere geologiche.
Quindi anche qualcosa di più di un concetto , che è l'estrinsecaziome di quella carne.
Avere una equazione come carne della propria carne significa usarla senza sapere neanche di usarla ne' di averla.
Queste equazioni protesi sono ciò che ci fanno dire che certe cose sono evidenti in se'.Che è un modo di dire che ci sembra di dover dire qualcosa , ma che non sappiamo come dirlo.
Lo sappiamo , come se c'è lo avessimo dentro, ma non sappiamo dirlo, perché non ha bisogno della nostra coscienza per svolgere la sua funzione.
Ora non solo non c'è il tempo per ripetere la stessa operazione interpretazione/sedimentazione per le nuove teorie , ma forse non ce ne è neanche motivo logico.
Che senso ha infatti incamerare nella mia carne una equazione che non ha un corrispondente nella mia esperienza quotidiana?
Non sarebbe pratico.Sarebbe inutile,e dispendioso , anche ammesso che potessi farlo all'istante, senza aspettare che si sedimenti , come è avvenuto per i concetti classici.
Non avrebbe senso.
L'uomo percepisce il mondo in base all'uso che può farne , come dice L.D. Rosembloom, e come ho riportato nella discussione "siamo circondati da ciò che sappiamo" in questa stessa sezione.
La scienza però si pone in parallelo (non in alternativa ) alla percezione e parimenti indaga il mondo in base all'uso che può farne .
Ecco cosa manca alla nuova fisica e che c'è la fa' apparire incompleta.
Manca ciò che ad essa non necessita.
Manca a noi ,ma non ad essa.
Quindi l'insoddisfazione nasce forse dalla sensazione,errata , di essere stati messi a margine del processo della conoscenza.Un processo che sembra essere diventato meccanico e impersonale , quando invece ci ha solo svelato i suoi meccanismi.
Così esprimiamo tale disagio accusando la scienza di essersi ridotta a matematica pura, che a pensarci è una accusa strana , appunto.Di Fatto accusiamo il processo di conoscenza di averci svelato i suoi segreti.
Confondiamo la presa di coscienza con l'alienazione.
La sensazione di incompletezza della teoria è più che altro sintomo del nostro disagio.
Non si tratta di trovere nuovi concetti attraverso nuove interpretazioni.
È' che quei concetti non servono più nel processo parallelo della scienza , anche se fino a un certo punto sono serviti e questo non è contraddittorio.
Stiamo parlando di processi paralleli che possono ibridarsi se serve , ma che non devono necessariamente farlo.Stiamo parlando di processi che sono uno l'evoluzione dell'altro , anche se la continua' di questo passaggio non ci appare , fino a considerare i due processi alternativi e in competizione.
Questo non significa che dobbiamo rinunciare ai nostri vecchi concetti, né' smettere di sperimentarne nuovi , né' tantomeno di far filosofia , perché signifirebbe portare a compimento il malinteso maleficio alienante della scienza.
Non è certo il caso di identificarci con un calcolatore al servizio di una teoria , a meno che non se ne faccia mestiere per il pane quotidiano.Un mestiere come un altro.
Non sarebbe neanche etico portare via il lavoro ai robot, o no ? 😜
Citazione di: Apeiron il 04 Aprile 2018, 23:14:41 PM
Riguardo all'interpretazione di Bohm... in realtà il conflitto c'è perchè per Bohm l'influenza tra le varie particelle è instantanea ed è dovuta alla trasmissione dell'informazione. Sfortunatamente ciò non ci permette di comunicare a velocità superluminali. Però le particelle "comunicano" tra di loro a tale velocità e quindi c'è una influenza causale a velocità superiori a quella della luce (ovviamente se modifico la formulazione usuale della realtività, riesco a sistemare le cose...).
Curiosamente una versione "realistica" e "locale" della MQ è possibile! Però bisogna ammettere una sorta di "predestinazione". Su questo tema so quasi nulla, comunque in letteratura è definito come "superdeterminismo".
Poiché sono le teorie che vanno adeguate alla realtà e non viceversa (per definizione, se si vuole avere conoscenza vera e non lavorare di fantasia) e poiché la realtà della non-località quantistica é straprovata, mi sembra ovvio che sia necessario correggere la relatività "classica-einsteiniana" (per esempio ammettendo che il limite della velocità della luce é superabile e superato, per lo meno nel caso della trasmissione delle informazioni fra particelle).
Interessantissima la possibilità di un' interpretazione locale e deterministica (malgrado le virgolette) della M Q.
La parola "predestinazione" non mi fa certo paura, anche se la trovo "semanticamente pessima", carica di suggestioni filosofiche irrazionalistiche e religiose.
Mi piacerebbe molto poter leggere qualcosa in italiano sul "superdeteminismo" (termine che ritengo peraltro anch' esso infelice: il "buon vecchio determinismo" é per me più che sufficiente per una buona comprensione e conoscibilità scientifica della realtà fisica - materiale; la quale non esaurisce la realtà in toto).
Citazione di: iano il 04 Aprile 2018, 23:57:17 PM
Citazione di: Apeiron il 04 Aprile 2018, 23:25:33 PM
"Forse si può evitare questa obiezione lavorando sulla posizione di Bohr sembra un compromesso interessante perchè ci costringe a dire che le nostre "mappe" che si basano su concetti classici potrebbero non aver più senso ad un certo punto e quindi anche la stessa preoccupazione col realismo in realtà nasce, per così dire, da una sorta di "pregiudizio" per cui noi siamo portati a dire che la realtà debba essere intelleggibile sempre con concetti nati in un determinato contesto"
Perdonate l'autocitazione ma non posso modificare il mio messaggio!
In effetti questa è una spiegazione semplice e ragionevole.
Quindi se non si è affermata significa che è anche indigeribile.
Basta chiedersi perché risulta tale quindi.
CitazioneNo!
Troppo comodo!
Se non si é affermata é perché ci sono ottimi argomenti (per esempio di Einstein, Schoedinger, de Broglie, Bohm, Bell e altri) contro di essa.
Il criterio dell' "ipse dixit" é finito dai tempi di Galileo e Cartesio e non é certo ripristinabile per Bohr, Hisenberg e tantomeno Von Neumann!
In effetti il perché è quello che ho cercato confusamente di dire nei miei post.
Confusamente nei miei post perché confuso è nella mia mente.
La domanda giusta forse è: come si sono formati i concetti classici?
Non abbiamo difficoltà insormontabili, se non la pigrizia , a comprendere le teorie classiche.
Il motivo è che certe equazioni , come ad esempio la formula della gravità' , erano già scritte dentro di noi , prima che sulla carta , sedimentate nel corso di ere geologiche.
CitazioneSemplicemente assurdo!
Quindi anche qualcosa di più di un concetto , che è l'estrinsecaziome di quella carne.
Avere una equazione come carne della propria carne significa usarla senza sapere neanche di usarla ne' di averla.
Queste equazioni protesi sono ciò che ci fanno dire che certe cose sono evidenti in se'.Che è un modo di dire che ci sembra di dover dire qualcosa , ma che non sappiamo come dirlo.
Lo sappiamo , come se c'è lo avessimo dentro, ma non sappiamo dirlo, perché non ha bisogno della nostra coscienza per svolgere la sua funzione.
CitazioneGuarda che -se per assurdo volessimo seguire le tue considerazioni- dovremmo concludere che Aristotele e tantissimi altri prima di Newton non avevano affatto "nella carne", "sedimentata da ere geologiche", la formula della gravitazione universale ma casomai quelle di "luogo naturale" e di movimento perfetto" (circolare o rettilineo) o tantissime altre ancora, assai diverse le une dalle altre).
Ora non solo non c'è il tempo per ripetere la stessa operazione interpretazione/sedimentazione per le nuove teorie , ma forse non ce ne è neanche motivo logico.
Che senso ha infatti incamerare nella mia carne una equazione che non ha un corrispondente nella mia esperienza quotidiana?
Non sarebbe pratico.Sarebbe inutile,e dispendioso , anche ammesso che potessi farlo all'istante, senza aspettare che si sedimenti , come è avvenuto per i concetti classici.
Non avrebbe senso.
CitazioneAvrebbe (per assurdo, ammesso e non concesso) il senso di cercare la verità, la conoscenza vera della realtà (per me personalmente e per tanti altri con interessi filosofici non meno importante di tante incombenze pratiche).
Il cosiddetto "entanglement quantistico", come ormai è noto "quasi" a tutti, è un singolare fenomeno quantistico per cui una particella acquista istantaneamente una proprietà a causa della misura della stessa proprietà su un'altra particella, anche se le due particelle sono lontanissime l'una dall'altra; un fatto così strano e antintuitivo fu messo in discussione persino da Albert Einstein e da altri numerosi scienziati, ma oggi sembra che sia quasi universalmente riconosciuto.
Molto recentemente, nel 2015, se ne è avuta la dimostrazione empirica: l'esperimento è stato svolto con due fotoni in due differenti laboratori del campus di Delft (Olanda), a 1,28 chilometri di distanza l'uno dall'altro. Ebbene, quando i fotoni venivano sparati verso una terza posizione, i ricercatori avevano "addirittura" 4.27 microsecondi per eseguire entrambe le misure, prima che un segnale alla velocità della luce si spostasse da una stazione all'altra; grazie a questo esperimento si è riuscito a dimostrare nuovamente il principio di Bell (corollario di quello di Bohr), ma senza dover fare assunzioni supplementari come si era dovuto fare in passato.
Peraltro, la meccanica quantistica in genere, può fornire informazioni fondamentali per la realizzazione di dispositivi all'avanguardia come sensori, simulatori e strumenti di comunicazione; però io ci andrei molto cauto nel trasporre il principio dell'"entanglement" al di fuori del campo quantistico delle micro-particelle, perchè nell'ambito "macrofisico" non si è mai riscontrato (e neanche meramente teorizzato) NIENTE del genere!
@Sciombro.
Perdonami se non ti rispondo punto per punto.
In generale non siamo d'accordo su nulla.
In particolare vorrei respingere l'accusa che abbia abusato del principio di autorità.
Davvero mi piacerebbe capire da cosa nasce il tuo abbaglio.Così...per curiosità.😳
Ammesso e non concesso avrei potuto soggiagere all'autorita' che riconosco ad Apeiron , visto che è stato lui a mettermi a parte del pensiero di Tizio , ma anche di Caio e Sempronio , tutti rispettabili, e liberamente , seppur nei limiti che ci ho capito, ho scelto Tizio , e se la mia scelta ha un difetto è in quei limiti.
Riconoscere l'autorità di qualcuno poi non è un peccato grave , a meno che tutto non si riduca a ciò , come succedeva prima di Galileo.
Pace.
Citazione di: iano il 05 Aprile 2018, 18:26:12 PM
@Sciombro.
Perdonami se non ti rispondo punto per punto.
In generale non siamo d'accordo su nulla.
In particolare vorrei respingere l'accusa che abbia abusato del principio di autorità.
Davvero mi piacerebbe capire da cosa nasce il tuo abbaglio.Così...per curiosità.😳
Ammesso e non concesso avrei potuto soggiagere all'autorita' che riconosco ad Apeiron , visto che è stato lui a mettermi a parte del pensiero di Tizio , ma anche di Caio e Sempronio , tutti rispettabili, e liberamente , seppur nei limiti che ci ho capito, ho scelto Tizio , e se la mia scelta ha un difetto è in quei limiti.
Pace.
Paradossalmente concordo che non concordiamo su nulla (mi sembra molto simile al paradosso del mentitore).Da quanto affermi qui devo dedurre che mi sono sbagliato nell' attribuirti il ricorso all' "ipse -Bohr, nella fattispecie- dixit".Mi sono persuaso (erroneamente) di ciò leggendo, a proposito della spiegazione di Bohr sui rapporti fra "mondo classco-macroscopico" e "mondo quantistico" cui accennava Apeiron, le tue affermazioni:"In effetti questa è una spiegazione semplice e ragionevole.Quindi se non si è affermata significa che è anche indigeribile.Basta chiedersi perché risulta tale quindi".Probabilmente influenzato da tantissima divulgazione scientifica "politicamente corretta" che parla continuamente della controversia fra Bohr ed Einstein (come se questo fosse l' unico sostenitore delle "variabili nascoste" e "interprete deterministico" della M Q; o l' unico degno di nota o degno di essere confrontato con Bohr, Heisenberg -perfino Von Neumann!- e c.) pretendendo che sia stata risolta senza ombra di dubbio a vantaggio delle tesi del primo dei due, questo tuo parlare di "semplicità e ragionevolezza", malgrado la quale le tesi di Bohr non si sarebbero affermate (ma a me pare evidente che é piuttosto vero il contrario!) a causa della loro "indigeribilità" (cioé, secondo la mia interpretazione, genialità e originalità che le renderebbe incomprensibili ai sempliciotti troppo "tradizionalisti" e legati alle apparenze superficiali), tanto che ci sarebbe da chiedersi quali spiegazioni psicologiche giustifichino e rendano comprensibile tale incomprensione da parte di chi non segue i "danesi", mi ha indotto (ripeto: con tutta evidenza erroneamente) ad attribuire alla autorità di Bohr la "presa come vangelo" solo da pochi geni comprensibile delle sue tesi.
Mi scuso comunque per il malinteso e ritiro, doverosamente ma di buon grado, l' indebita attribuzione dell' osservanza del principio di autorità.
Nota a margine: Perché tiro in ballo Von NeumannIl per me odiosissimo reazionario, anticomunista, militarista, guerrafondaio, aspirante genocida, nemico dell' umanità* Von Neumann (con mio grandissimo sollazzo, lo confesso), rimediò una colossale figuraccia pretendendo di dimostrare un teorema secondo il quale sarebbe impossibile ipotizzare variabili nascoste nell' ambito della meccanica quantistica.__________________* Cito da Wickipedia:"Fu lui a suggerire come lanciare la bomba atomica per creare il maggior numero di danni e di morti, fu lui a intervenire nella costruzione della bomba al plutonio realizzando la cosiddetta "esplosive lens", e ancora lui incentivò la costruzione di ordigni nucleari sempre più potenti. Ma von Neumann si spinse oltre, proponendo alle autorità militari di bombardare preventivamente l'Unione Sovietica per scongiurare il pericolo rossoIl fervore con cui appoggiava lo sviluppo degli ordigni atomici lo spinse a seguire di persona alcuni test nucleari nella seconda metà degli anni quaranta, che raggiunsero l'apice con la bomba H lanciata sulle Isole Marshall nel 1952.Nello stesso anno dell'esplosione della bomba H, fu nominato membro del General Advisory Committee della AEC (Atomic Energy Commission) e consigliere della CIA (Central Intelligence Agency, l'agenzia statunitense per lo spionaggio all'estero). Tre anni più tardi divenne membro effettivo dell'AEC. Nel pieno della guerra fredda, a metà degli anni cinquanta, si impegnò al massimo per la costruzione del missile balistico intercontinentale (ICBM).
Su Bohr può essere utile quanto segue (in corsivo testo originale, in testo normale traduzione mia con aggiunte in parentesi quadre. Nell'articolo c'era un elenco numerato che si è perso quando ho fato il "copia-incolla"):
Bohr's more mature view, i.e., his view after the EPR paper, on complementarity and the interpretation of quantum mechanics may be summarized in the following points:
La posizione matura di Bohr, ovverosia, la sua posizione dopo il paper EPR, sulla complementarietà e l'interpretazione della meccanica quantistica può essere riassunta in questi punti:
- The interpretation of a physical theory has to rely on an experimental practice.
L'interpretazione di una teoria fisica deve fare affidamento sulla pratica sperimentale.
- The experimental practice presupposes a certain pre-scientific practice of description, which establishes the norm for experimental measurement apparatus, and consequently what counts as scientific experience.
La pratica sperimentale presuppone una pratica pre-scientifica della descrizione che stabilisce la norma per l'apparato sperimentale di misura, e conseguentemente per ciò che conta come "esperienza scientifica"
- Our pre-scientific practice of understanding our environment is an adaptation to the sense experience of separation, orientation, identification and reidentification over time of physical objects.
La nostra pratica pre-scientifica della comprensione del nostro ambiente è un'adattamento dell'esperienza di separazione, orientamento, identificazione e re-identificazione nel tempo degli oggetti fisici.
- This pre-scientific experience is grasped in terms of common categories like thing's position and change of position, duration and change of duration, and the relation of cause and effect, terms and principles that are now parts of our common language.
L'esperienza pre-scientifica è compresa in termini di comuni categorie come la posizione e il mutamento della posizione di una cosa, la durata e il mutamento di durata, e la relazione di causa-effetto, termini e principi che sono ora parti del linguaggio comune.
- These common categories yield the preconditions for objective knowledge, and any description of nature has to use these concepts to be objective.
Queste comuni categorie producono le pre-condizioni per la conoscenza oggettiva e ogni descrizione della natura deve usare questi concetti per essere oggettiva.
- The concepts of classical physics are merely exact specifications of the above categories.
I concetti della fisica classica sono meramente specificazioni estate delle categorie (concettuali) di cui sopra
- The classical concepts—and not classical physics itself—are therefore necessary in any description of physical experience in order to understand what we are doing and to be able to communicate our results to others, in particular in the description of quantum phenomena as they present themselves in experiments;
I concetti classici – e non la fisica classica – sono dunque necessary in ogni descrizione dell'esperienza nella fisica per capire cosa stiamo facendo e per essere capaci di comunicare I nostril risultati con altri, in particolare nella descrizione dei fenomeni quantistici che si presentano negli esperimenti.
- Planck's empirical discovery of the quantization of action requires a revision of the foundation for the use of classical concepts, because they are not all applicable at the same time.
La scoperta empirica di Planck [per esempio] della quantizzazione richiede una revision fondamentale per l'uso dei concetti classici, perchè non possono essere applicati allo stesso tempo.
- the ascription of either kinematic or dynamic properties to the object as it exists independently of a specific experimental interaction is ill-defined.
L'attribuzione di proprietà cinematiche o dinamiche ad un oggetto considerate indipendentemente da una specifica interazione sperimentale è
maldefinito
11 The quantum mechanical description of the object differs from the classical description of the measuring apparatus, and this requires that the object and the measuring device should be separated in the description, but the line of separation is not the one between macroscopic instruments and microscopic objects.
La descrizione quanto-meccanica dell'oggetto differisce da quella classica degli apparati sperimentali, e questo richiede che l'oggetto e l'apparato sperimentale debbano essere separate nella descrizione
12 The quantum mechanical formalism does not provide physicists with a 'pictorial' representation: the ψ-function does not, as Schrödinger had hoped, represent a new kind of reality. Instead, as Born suggested, the square of the absolute value of the ψ-function expresses a probability amplitude for the outcome of a measurement. Due to the fact that the wave equation involves an imaginary quantity this equation can have only a symbolic character, but the formalism may be used to predict the outcome of a measurement that establishes the conditions under which concepts like position, momentum, time and energy apply to the phenomena.
La meccanica quantistica non da una rappresentazione "illustrativa": la funzione-
ψ non rappresenta, a differenza di quanto sperava Schroedinger, una nuova realtà. Invece, come Born suggeriva, il modulo quadro della funzione esprime l'ampiezza di probabilità del risultato della misura. Per il fatto che la funzione d'onda contiene una quantità immaginaria l'equazione può essere solo simbolica, ma il formalismo può essere usato per predire il risultato di una misura che stabilische le condizioni sotto le quali concetti come posizioni, momento (quantità di moto), tempo ed energia si applicano ai fenomeni
.
Bohr thought of the atom as real. Atoms are neither heuristic nor logical constructions...What he did not believe was that the quantum mechanical formalism was true in the sense that it gave us a literal ('pictorial') rather than a symbolic representation of the quantum world... It is because of the imaginary quantities in quantum mechanics... Instead these theories can only be used symbolically to predict observations under well-defined conditions. Thus Bohr was an antirealist or an instrumentalist when it comes to theories.
Bohr riteneva reale l'atomo. Gli atomi non sono né costrutti logici né euristici... Quello che non credeva era che il formalismo della MQ era vero nel senso che ci dava una rappresentazione letterale ("illustrativa") anziché simbolica del mondo quantistico... ciò [lo] si deve alle quantità immaginare nella MQ... Invece, queste teorie possono solo essere usate per predire simbolicamente le osservazioni sotto condizioni ben definite. Perciò Bohr era un antirealista o un instrumentalista quando si tratta delle teorie Fonte: https://plato.stanford.edu/entries/qm-copenhagen
[i.e. Bohr non nega la realtà, tuttavia riconosce che i nostri concetti nascono in un determinato contesto e ciò implica che è problematico pensare che l'applicazione degli stessi possa essere fatta in ogni contesto allo stesso modo. Non nega nemmeno che ci sia interazione tra l'oggetto e l'apparato. Ciò che nega è che i nostri concetti possano essere usati indiscriminatamente, Quando facevo l'esempio del dado avrei dovuto dire, per essere più chiaro, che per Bohr il dado c'è ma non è descrivibile secondo concetti classici (quando non misurato) - ovvero un dado descrivibile con concetti classici non c'è in MQ (che in realtà era quello che volevo dire con l'esempio del dado negli altri messaggi). Concetti come posizione, quantità di moto e così via nascono dall'esigenza "pre-scientifica" di comprendere i fenomeni "classici". Visto che viviamo in un mondo classico per noi sono "oggettivi" e per comunicare e descrivere i risultati sperimentali dobbiamo usarli. Tuttavia ciò non significa che tali concetti descrivano tutto. Lo stesso ovviamente può valere per i concetti di distanza, durata, istante temporale ecc ecc]
Perdonate le continue correzioni, ma ho scritto di fretta...
@sgiombo,
la tesi del superdeterminismo è che in realtà non ci sono interazioni a distanza. Semplicemente l'universo evolve seguendo le "leggi deterministiche" partendo da determinate condizioni iniziali che fanno in modo che ci siano apparenti interazioni a distanza. In sostanza a differenza di Bohm, il superdeterminismo accetta che l'universo abbia una storia unica e sia deterministico ma non accetta che ci siano effettive azioni a distanza (e quindi nessuna interazione causale). Ciò implica però che tutta la storia dell'universo era, per così dire, già scritta "all'inizio del tempo". In realtà non c'è nessuna interazione, semplicemente l'universo segue il suo "infallibile" corso fissato già "al Big Bang".
Citazione di: Apeiron il 05 Aprile 2018, 19:40:49 PM@sgiombo,
la tesi del superdeterminismo è che in realtà non ci sono interazioni a distanza. Semplicemente l'universo evolve seguendo le "leggi deterministiche" partendo da determinate condizioni iniziali che fanno in modo che ci siano apparenti interazioni a distanza. In sostanza a differenza di Bohm, il superdeterminismo accetta che l'universo abbia una storia unica e sia deterministico ma non accetta che ci siano effettive azioni a distanza (e quindi nessuna interazione causale). Ciò implica però che tutta la storia dell'universo era, per così dire, già scritta "all'inizio del tempo". In realtà non c'è nessuna interazione, semplicemente l'universo segue il suo "infallibile" corso fissato già "al Big Bang".
Ma anche per il "buon vecchio detereninismo" (per qualsiasi determinismo) tutta la storia dell'universo é, per così dire, già scritta da sempre.
@ sgiombo,
vero. Ma la differenza è che nel determinismo ci sono interazioni non-locali che avvengono adesso. Ovvero ciò che succede "qui" ha un'influenza causale su ciò che è lontanissimo. Nel superdeterminsmo ciò non è vero. Semplicemente tutte le paticelle sono"correlate" in modo da farci pensare che ci sia un'interazione.
(la differenza è molto sottile... concordo che non è così rilevante come sembra, anzi si può anche pensare che il determinismo implichi il superdeterminismo. Ma c'è una differenza concettuale, seppur sottile)
Citazione di: Apeiron il 05 Aprile 2018, 19:40:49 PM
- The interpretation of a physical theory has to rely on an experimental practice.
L'interpretazione di una teoria fisica deve fare affidamento sulla pratica sperimentale.
Io non sono daccordo con Bhor.
Una teoria fisica deve descrivere la realtà e l'esperimento deve attestare che quella teoria è valida e non è falsificata da un esperimento.
Con la meccanica quantistica abbiamo un stravolgimento. Ora non abbiamo piu una teoria che descrive il mondo, ma un esperimento che tiene in piedi un modello matematico.
Se prima avevamo un modello matematico che descriveva la realtà, e l'esperimento poteva falsificarlo, ora abbiamo solo un modello matematico senza una descrizione del mondo. Secondo me è un arretramento rispetto al significato ontologico di teoria fisica. Una teoria fisica deve descrivere la realtà e siamo d'accordo che questa realtà debba essere supportata da un modello matematico. Qui abbiamo invece solo il modello matematico ma nessuna idea fisica, per cui senza alcuna teoria.
La questione dell'interpretazione è proprio questa: la teoria dove sta? Bhor direbbe che dobbiamo accontentarci del modello matematico. Ma questa non mi sembra la risposta alla domanda. Anzi attesta che non abbiamo una teoria fisica. Ma io non credo che la fisica possa perdere le speranze di fare il suo mestiere.
Citazione di: Il_Dubbio il 06 Aprile 2018, 00:12:19 AM
Citazione di: Apeiron il 05 Aprile 2018, 19:40:49 PM
- The interpretation of a physical theory has to rely on an experimental practice.
L'interpretazione di una teoria fisica deve fare affidamento sulla pratica sperimentale.
Io non sono daccordo con Bhor.
Una teoria fisica deve descrivere la realtà e l'esperimento deve attestare che quella teoria è valida e non è falsificata da un esperimento.
Con la meccanica quantistica abbiamo un stravolgimento. Ora non abbiamo piu una teoria che descrive il mondo, ma un esperimento che tiene in piedi un modello matematico.
Se prima avevamo un modello matematico che descriveva la realtà, e l'esperimento poteva falsificarlo, ora abbiamo solo un modello matematico senza una descrizione del mondo. Secondo me è un arretramento rispetto al significato ontologico di teoria fisica. Una teoria fisica deve descrivere la realtà e siamo d'accordo che questa realtà debba essere supportata da un modello matematico. Qui abbiamo invece solo il modello matematico ma nessuna idea fisica, per cui senza alcuna teoria.
La questione dell'interpretazione è proprio questa: la teoria dove sta? Bhor direbbe che dobbiamo accontentarci del modello matematico. Ma questa non mi sembra la risposta alla domanda. Anzi attesta che non abbiamo una teoria fisica. Ma io non credo che la fisica possa perdere le speranze di fare il suo mestiere.
Prendiamo il caso della teoria di Newton.
Di questa avevamo già una descrizione , avendo esperienza diretta di ciò di cui tratta.
Newton ha ridefinito , precisato , corretto , esteso, etc...... e noi abbiamo approvato e abbiamo revisionato le nostre idee.
Ciò è stato possibile perché osservare la,realtà con gli occhi o col cannocchiale non comporta una differenza sostanziale nei termini di una descrizione della realtà.
Nel caso della MQ non abbiamo nulla da revisionare , non abbiamo concetti da rivedere ed adattare alle nuove evidenze sperimentali.
Una teoria , nella sua forma necessariamente matematica , che deriva dall'interazione con la realtà attraverso strumenti di misura sostanzialmente diversi dai nostri sensi si può prevedere comporti cambiamenti di paradigma , credo.
Su di essa non abbiamo sviluppato alcun preconcetto , come ce lo avevamo su ciò che tratta la teoria di Newton.
In fondo ciò che impropriamente chiamiamo descrizione della realtà relativa alla teoria di Newton altro non è che l'utile revisione di precedenti concetti.
Con la meccanica quantistica non abbiamo nulla da revisionare se restiamo nel giusto contesto.
Come facciamo ad ottenere l'equivalente di una revisione.Una nuova descrizione ?
I miei sono solo elementi di riflessione nati lì per lì, perché ovviamente capisco,e condivido in parte le tue perplessità.
Diciamo che alla MQ manca qualcosa di desiderabile , ma non di necessario : ciò ' che noi chiamiamo descrizione della realtà, che non può essere in questo caso una revisione di una revisione di concetti comuni sviluppati attraverso l'esperienza sensoriale.
Per la teoria di Newton è stato sufficiente cambiare punto di vista all'interno di quel mondo che ci siamo creati attraverso descrizioni relative , restando dentro quel mondo.
Per la MQ dovremmo creare un mondo ex novo attraverso una descrizione totalmente nuova , e poi entrarci dentro .
Il fatto è che , anche se riuscissimo a creare questo nuovo mondo, non so' quanti vorrebbero entrarci dentro.
La nostra aspettativa è che si tratti di una ristrutturazione , magari pesante del vecchio mondo , ma non è così.
Non resta che chiedersi da cosa nasca questa indebita aspettativa.
Probabilmente da qualche concezione filosofica ben radicata in noi.
Forse dal pensare che il progresso scientifico sia appunto ... un progresso , che in quanto tale deve presentare carattere di continuità.
Progrediscono le teorie e in parallelo le descrizioni della realtà a corredo.
Le descrizioni non sono la realtà, ma la approssimano sempre più .
Il,fatto,è che ne' le teorie , né' tantomeno le descrizioni a corredo sono la,realtà, è il,progresso non consiste nell'avvicinarsi alla realtà in un processo al limite.
Noi vediamo il mondo nel modo in cui serve vederlo.
Se questa visione è una teoria , una descrizione, o l'insieme delle due , la sostanza non cambia.
Forse, boh....😊
Ma più entrò in questi discorsi più ho conferma dell'importanza della filosofia.
Quindi , seppur mi convince fino a un certo punto , vi propongo la seguente sintesi.
Newton ci invita a vedere il mondo con occhi nuovi.
La MQ ci invita a vedere il mondo con sensi nuovi , dove si usa in modo scorretto il verbo vedere.
Vedere è proprio della vista , non di nuovi strumenti.
Dunque , nessuna nuova descrizione in vista.
Si , è anche un gioco di parole......
Ciao.
Citazione di: iano il 06 Aprile 2018, 04:31:28 AM
Per la teoria di Newton è stato sufficiente cambiare punto di vista all'interno di quel mondo che ci siamo creati attraverso descrizioni relative , restando dentro quel mondo.
Per la MQ dovremmo creare un mondo ex novo attraverso una descrizione totalmente nuova , e poi entrarci dentro .
CitazioneNon sono per niente d' accordo.
La fisica di Newton non ha affatto cambiato punto di vista all'interno di un mondo (quello fisico materiale; il quale non esaurisce la realtà in toto) che ci siamo creati attraverso descrizioni relative ad libitum (come quelle di un romanzo di fantasia), ma ha invece cambiato precedenti descrizioni di quel mondo, quale é indipendentemente da noi e dalle nostre descrizioni, precedenti descrizioni limitate e in parte erronee e false, sostituendole con una descrizione più completa ed esaustiva, più esatta e vera, come empiricamente dimostrato dall' osservazione del mondo fisico materiale stesso, più adeguate ad esso quale é indipendentemente dalle nostre osservazioni.
E così secondo me deve fare qualsiasi progresso scientifico se vuole essere realmente tale.
Che nel fare questo deve ammettere con onestà intellettuale i suoi limiti, e non pretendere che quegli aspetti della realtà che non conosciamo* e che magari ci si dimostrano essere inconoscibili non esistano realmente.
__________
* Per lo meno quelli che sono conoscibilissimi con ottima precisione singolarmente in reciproca alternativa (e per essere tali devono necessariamente esistere-accadere realmente) ma non sono conoscibili insieme, contemporaneamente.
Ma più entrò in questi discorsi più ho conferma dell'importanza della filosofia.
CitazioneGiustissimo.
Citazione di: sgiombo il 06 Aprile 2018, 07:10:49 AM
Citazione di: iano il 06 Aprile 2018, 04:31:28 AM
Per la teoria di Newton è stato sufficiente cambiare punto di vista all'interno di quel mondo che ci siamo creati attraverso descrizioni relative , restando dentro quel mondo.
Per la MQ dovremmo creare un mondo ex novo attraverso una descrizione totalmente nuova , e poi entrarci dentro .
CitazioneNon sono per niente d' accordo.
La fisica di Newton non ha affatto cambiato punto di vista all'interno di un mondo (quello fisico materiale; il quale non esaurisce la realtà in toto) che ci siamo creati attraverso descrizioni relative ad libitum (come quelle di un romanzo di fantasia), ma ha invece cambiato precedenti descrizioni di quel mondo, quale é indipendentemente da noi e dalle nostre descrizioni, precedenti descrizioni limitate e in parte erronee e false, sostituendole con una descrizione più completa ed esaustiva, più esatta e vera, come empiricamente dimostrato dall' osservazione del mondo fisico materiale stesso, più adeguate ad esso quale é indipendentemente dalle nostre osservazioni.
E così secondo me deve fare qualsiasi progresso scientifico se vuole essere realmente tale.
Che nel fare questo deve ammettere con onestà intellettuale i suoi limiti, e non pretendere che quegli aspetti della realtà che non conosciamo* e che magari ci si dimostrano essere inconoscibili non esistano realmente.
__________
* Per lo meno quelli che sono conoscibilissimi con ottima precisione singolarmente in reciproca alternativa (e per essere tali devono necessariamente esistere-accadere realmente) ma non sono conoscibili insieme, contemporaneamente.
Ma più entrò in questi discorsi più ho conferma dell'importanza della filosofia.
CitazioneGiustissimo.
L'uomo percepisce il mondo in base all'utilizzo che può farne.
Nel leggere i miei post tieni presente questo assunto.
Non è necessario che tu lo condivida.
Non è perfino necessario che lo condivida anch'io.
Io lo assumo per cercare di verificare se questa assunzione serva a dare una risposta al quesito di cui discutiamo , o in alternativa svuoti di senso il quesito , che equivale comunque a una soluzione del quesito , negandolo.
Questo punto di vista non comporta che la conoscenza sia un bene in se' , né' che il progresso consista in una avanzata continua verso una conoscenza della realtà che, seppur non porteremo mai a compimento per nostri limiti , riusciremo tuttavia sempre meglio ad approssimare.
Per assumere un punto di vista non è necessario crederci , ma non è neanche necessario che tu lo assuma.
Quindi in un certo senso non è corretto dire che non sei d'accordo.
Puoi decidere di criticarne le conseguenze se vuoi.
Oppure puoi dire di non essere interessato perché non ritieni sia un lavoro promettente.
L'assunzione in se' potrebbe non piacere , ma lo si assume perché si sospetta le sue conseguenze possano essere molto soddisfacenti, aiutando a risolvere problemi all'apparenza irrisolvibili.
Questo è appunto lo,spirito con cui lo faccio io.
L'importanza della filosofia per me sta nel fatto che ognuno di noi ne ha una , e questa influenza le nostre scelte , le nostre azioni , sia che sappiamo di averla, sia che non lo sappiamo , sia che lo neghiamo.
Ammettere la sua influenza , avendone coscenza è il caso migliore , perché ciò ti permette di cambiare punto di vista , per vedere l'effetto che ottieni , specie nei casi che appaiono particolarmente ostici.
Si può assumere un nuovo punto di vista solo se si sa di averne uno e lo si conosce.
Ecco , su questo procedimento puoi anche dire di non essere d'accordo , se vuoi.
Questo sì.😊
Citazione di: iano il 06 Aprile 2018, 10:01:00 AM
L'uomo percepisce il mondo in base all'utilizzo che può farne.
Nel leggere i miei post tieni presente questo assunto.
Non è necessario che tu lo condivida.
Non è perfino necessario che lo condivida anch'io.
Io lo assumo per cercare di verificare se questa assunzione serva a dare una risposta al quesito di cui discutiamo , o in alternativa svuoti di senso il quesito , che equivale comunque a una soluzione del quesito , negandolo.
Questo punto di vista non comporta che la conoscenza sia un bene in se' , né' che il progresso consista in una avanzata continua verso una conoscenza della realtà che, seppur non porteremo mai a compimento per nostri limiti , riusciremo tuttavia sempre meglio ad approssimare.
Per assumere un punto di vista non è necessario crederci , ma non è neanche necessario che tu lo assuma.
Quindi in un certo senso non è corretto dire che non sei d'accordo.
Puoi decidere di criticarne le conseguenze se vuoi.
Oppure puoi dire di non essere interessato perché non ritieni sia un lavoro promettente.
L'assunzione in se' potrebbe non piacere , ma lo si assume perché si sospetta le sue conseguenze possano essere molto soddisfacenti, aiutando a risolvere problemi all'apparenza irrisolvibili.
Questo è appunto lo,spirito con cui lo faccio io.
L'importanza della filosofia per me sta nel fatto che ognuno di noi ne ha una , e questa influenza le nostre scelte , le nostre azioni , sia che sappiamo di averla, sia che non lo sappiamo , sia che lo neghiamo.
Ammettere la sua influenza , avendone coscenza è il caso migliore , perché ciò ti permette di cambiare punto di vista , per vedere l'effetto che ottieni , specie nei casi che appaiono particolarmente ostici.
Si può assumere un nuovo punto di vista solo se si sa di averne uno e lo si conosce.
Ecco , su questo procedimento puoi anche dire di non essere d'accordo , se vuoi.
Questo sì.😊
CitazioneIo invece credo non che L'uomo percepisce il mondo in base all'utilizzo che può farne, ma viceversa che possa utilizzare (parti de-) il mondo in base alla percezione che ne ha.
Inoltre per me la conoscenza é (anche, non solo) un bene in sé uno scopo a cui tendere.
E inoltre credo che accada un progresso ovvero una avanzata complessiva a lungo termine, anche se discontinua e con anche interruzioni e regressi, verso una conoscenza della realtà che, seppur non porteremo mai a compimento per nostri limiti, tendenzialmente riusciremo tuttavia sempre meglio ad approssimare.
Quindi mi sembra perfettamente coretto dire che non sono d' accordo con te.
Secondo me tutte le convinzioni vanno sottoposte a critica razionale.
@Sciombro.
Certamente , ma ho precisato che la mia non è necessariamente una convinzione, ma una assunzione.
Si tratta anzi di un punto di vista per il quale non parteggio con entusiasmo.
Lo assumo,solo nella speranza che le sue conseguenze siano al contrario molto soddisfacenti , specie ai fini di questa discussione , e in effetti mi pare che sia così.
Se ciò dovesse verificarsi allora ciò che ho assunto si potrebbe candidare a diventare una mia convinzione.
Ciò in cui crediamo ha sempre una origine in qualcosa e si può configurare come il risultato di un processo a partire da quella origine , anche quando questo non è del tutto presente a noi.
Quindi se provi a immedesimarti in questo quadro , la descrizione di una teoria si configura come qualcosa di utile per noi, ma non necessaria alla teoria.
Il fatto di non possedere una descrizione soddisfacente ci fa'apparire la teoria come incompleta.
In effetti pero' alla teoria non manca niente ,è a noi che manca una sua descrizione , siamo noi che siamo orfani di quella descrizione , non la teoria.
A noi , che siamo stati viziati dal fatto che teorie precedenti posseggano descrizioni soddisfacenti , creandoci così la falsa aspettativa che ogni teoria debba averne una.
Soddisfacenti in base all'utilizzo che possiamo farne , ma che sono indipendenti dalla teoria , così come la descrizione di un martello è indipendente dal martello , ma non dall'uso che farò del martello.
Ma se è indipendente allora può esserci come non esserci.
Giunti a questo punto possiamo spostare il focus della discussione sul come e perché e da cosa nascono certe descrizioni o non nascano.
Non è un caso che l'assunzione che ho fatto l'abbia derivata da un neuro scienziato , Lawrence D. Rosenblomm.
La maggiore o minore soddisfazione per le teorie di cui disponiamo é soggettiva.
A parte la generale limitatezza di qualsiasi teoria di cui potremmo disporre (non saremo mai onniscienti; sarebbe più probabile che diventassimo "onnipazzi") l' incompletezza della teoria della M Q é oggettiva; questo é ciò che credo con Einstein, de Broglie, Bohm, e tanti altri (e contro l' interpretazione conformistica "di Copenhagen"), in perfetta coerenza (non minore di quella di altre interpretazioni, compresa quella conformistica) con i suoi risultati sperimentalmente confermati (interpretazione perfettamente compatibile con essi).
Per parte mia non credo che le neuroscienze siano utili nel comprendere lo sviluppo della conoscenza scientifica e filosofica (spiegano solo i meccanismi cerebrali, compresi quelli che corrispondono alla ricerca filosofica e scientifica, non significativamente differenti da tanti altri; ma questa la trovo una questione di scarsa importanza, oltre che non esplicativa dello sviluppo storico specificatamente della cultura umana e delle sue articolazioni.
Dunque mi confermi che usare il principio di autorità con moderazione non è peccato , tuttavia da ciò non può derivare l'oggettività di cui dici .
Da cosa deriva dunque?
Un martello è oggettivo , la sua descrizione è soggettiva e può essere soggettivamente insoddisfacente.
Se ciò è riferito all'uso che devo fare del martello tutto mi appare chiaro e logico.
Se la descrizione mi appare insoddisfacente so' dire il perché.
Se ci riferiamo alla conprensiome del martello in se ' attraverso la sua descrizione tutto mi appare vago.
Se la descrizione mi appare insoddisfacente non so' dire il perché.
Per un neuroscienziato una soddisfacente descrizione dell'autismo e' ciò che può servire a curare l'autismo , non ad una conoscenza dell'autismo in se'.
Se anche acquisissimo una conoscenza del mondo in se' , senza poterne fare uso , non avremmo fatto spreco di energie vitali compromettendo le probabilità della nostra sopravvivenza?
L'anelito alla conoscenza in se' è qualcosa cui partecipo con entusiasmo in effetti , ma ciò che io credo non necessariamente è.
Questo anelito alla conoscenza in se' in effetti è il benvenuto perché non produce altro che risultati molto pratici , i quali determinano la promozione o la dimenticanza di una teoria , indipendentemente dall'anelito investito.
Il riferimento che ho fatto all'autismo non è casuale.
Infatti un soggetto autistico si può descrivere come un soggetto che possieda una descrizione insoddisfacente della realtà, non distinguendo oggetti inanimati da oggetti animati.
Noi sappiamo quanto sia utile questa distinzione , e perciò ci sembra vera , non il contrario.
La distinzione fra oggetti animati e inanimati però non è necessaria in se'.
Si può vivere anche senza.
Ma è' la qualità della vita a dipendere dalla descrizione che ne facciamo.
E può essere più o meno soddisfacente.
Citazione di: iano il 06 Aprile 2018, 15:57:40 PM
Dunque mi confermi che usare il principio di autorità con moderazione non è peccato , tuttavia da ciò non può derivare l'oggettività di cui dici .
Da cosa deriva dunque?
CitazioneDove mai avrei sostenuto che "usare il principio di autorità con moderazione non è peccato" ?
E di quale "oggettività non derivabile da ciò" avrei detto ?
Ciò che credo con Einstein, Schroedinger, de Broglie, Bohm e tanti altri più o meno autorevoli teorici non lo credo certo per la loro autorevoleza, ma letteralmente "a ragione veduta", avendone letto criticamente gli scritti (come pure scritti di Boh, Heisenberg e altre "autorità" con le quali non convengo affatto).
E la coerenza con le verità scientifiche finora verificate della M Q dell' "interpretazione deterministica a là Bohm", non minore di quelle indeterministiche correnti, ormai nemmeno i più acritici conformisti si sognano più di negarla; nessun addetto ai lavori o esperto in materia ormai la considera "meramente soggettiva", ma invece é ammessa come corrispondente all' oggettiva realtà dei fatti).
Qui proprio non si tratta di non convenire, ma di non capire, di non intendersi tout court!
Fra l' altro non posso esimermi del rilevare che la tua espressione "mi confermi che" tenderebbe (per assurdo) a dare (indebitamente; ma tant' é) per lo meno un certo credito alla mia precedente indebita ed errata attribuzione a te dell' adesione a tale principio (per quanto "moderata").
Un martello è oggettivo , la sua descrizione è soggettiva e può essere soggettivamente insoddisfacente.
Se ciò è riferito all'uso che devo fare del martello tutto mi appare chiaro e logico.
Se la descrizione mi appare insoddisfacente so' dire il perché.
Se ci riferiamo alla conprensiome del martello in se ' attraverso la sua descrizione tutto mi appare vago.
Se la descrizione mi appare insoddisfacente non so' dire il perché.
CitazioneLa conoscenza di qualsiasi cosa, compreso un banale martello é sempre limitata, relativa, mai assolute e integrale.
Il che non significa affatto che sia meramente convenzionale, "confezionabile" o "costruibile" ad libitum come la trama di un romanzo.
Per un neuroscienziato una soddisfacente descrizione dell'autismo e' ciò che può servire a curare l'autismo , non ad una conoscenza dell'autismo in se'.
Se anche acquisissimo una conoscenza del mondo in se' , senza poterne fare uso , non avremmo fatto spreco di energie vitali compromettendo le probabilità della nostra sopravvivenza?
CitazioneSe per "mondo in sé" intendi "a la Kant" ciò che é reale anche indipendentemente dalle sensazioni fenomeniche, allora al massimo se ne può sapere che forse potrebbe essere reale (oppure no); nient' altro se ne può conoscere.
Comunque non credo che la ricerca di conoscenza possa essere dannosa per la sopravvivenza umana in quanto spreco di risorse, tranne che in casi limite come la costosissima costruzione di sofisticate apparecchiature tipo "megaacceleratori di particelle"; al di fuori di "big science", e in particolare in filosofia (che é quello che a me personalmente più interessa, quanto a conoscenza) non v' é alcun pericolo di tal fatta.
L'anelito alla conoscenza in se' è qualcosa cui partecipo con entusiasmo in effetti , ma ciò che io credo non necessariamente è.
CitazioneDunque nemmeno tu credi che la realtà in quanto conosciuta (la conoscenza vera della realtà) é costruita ad libitum secondo le nostre arbitrarie credenze alle quali necessariamente dovrebbe adeguarsi (mi era sembrato il contrario da alcune tue precedenti affermazioni).
Questo anelito alla conoscenza in se' in effetti è il benvenuto perché non produce altro che risultati molto pratici , i quali determinano la promozione o la dimenticanza di una teoria , indipendentemente dall'anelito investito.
CitazioneDissento dall' affermazione che l' anelito alla conoscenza produca solo ("non altro che") risultati molto pratici.
Credo ci dia interessantissime conoscenza anche meramente teoriche, benvenute, almeno da parte mia, anche se del tutto prive di conseguenze e applicazioni pratiche.
Il riferimento che ho fatto all'autismo non è casuale.
Infatti un soggetto autistico si può descrivere come un soggetto che possieda una descrizione insoddisfacente della realtà, non distinguendo oggetti inanimati da oggetti animati.
Noi sappiamo quanto sia utile questa distinzione , e perciò ci sembra vera , non il contrario.
La distinzione fra oggetti animati e inanimati però non è necessaria in se'.
Si può vivere anche senza.
Ma è' la qualità della vita a dipendere dalla descrizione che ne facciamo.
E può essere più o meno soddisfacente.
CitazioneDa medico constato che l' autismo é in realtà difficilissimamente (quantomeno, se non più che difficilissimamente) curabile e spessissimo neurologi di chiara fama millantano "pro domo sua" mirabolanti risultati terapeutici quanto meno assai dubbi.
E non sono i soli: nei telegiornali proprio di questi giorni si spaccia a tambur battente l' "Atlante dei tumori" come un preteso straordinario (da parte dei giornalisti più zelanti "rivoluzionario") progresso della medicina ! ! !
Citazione di: Il_Dubbio il 06 Aprile 2018, 00:12:19 AM
Citazione di: Apeiron il 05 Aprile 2018, 19:40:49 PM
- The interpretation of a physical theory has to rely on an experimental practice.
L'interpretazione di una teoria fisica deve fare affidamento sulla pratica sperimentale.
Io non sono daccordo con Bhor.
Una teoria fisica deve descrivere la realtà e l'esperimento deve attestare che quella teoria è valida e non è falsificata da un esperimento.
Con la meccanica quantistica abbiamo un stravolgimento. Ora non abbiamo piu una teoria che descrive il mondo, ma un esperimento che tiene in piedi un modello matematico.
Se prima avevamo un modello matematico che descriveva la realtà, e l'esperimento poteva falsificarlo, ora abbiamo solo un modello matematico senza una descrizione del mondo. Secondo me è un arretramento rispetto al significato ontologico di teoria fisica. Una teoria fisica deve descrivere la realtà e siamo d'accordo che questa realtà debba essere supportata da un modello matematico. Qui abbiamo invece solo il modello matematico ma nessuna idea fisica, per cui senza alcuna teoria.
La questione dell'interpretazione è proprio questa: la teoria dove sta? Bhor direbbe che dobbiamo accontentarci del modello matematico. Ma questa non mi sembra la risposta alla domanda. Anzi attesta che non abbiamo una teoria fisica. Ma io non credo che la fisica possa perdere le speranze di fare il suo mestiere.
Beh, personalmente ho anche io problemi con la visione delle cose di Bohr. Tuttavia la trovo stimolante.
In fin dei conti lui ragiona in questo modo: concetti come "posizione", "velocità", "onda", "particella" ecc sono nati nello studio del mondo classico. Ciò significa che sono nati per cercare di formare una "mappa concettuale" in grado di spiegare bene i fenomeni. E nel mondo classico i concetti "classici" funzionano benissimo: la Terra è "quasi sfeerica", le oribite dei pianeti sono ellissi e così via. Da un punto di vista prettamente scientifico in fin dei conti i concetti nascono proprio per spiegare l'esperienza. Ed è l'esperienza e l'esperimento (i.e. la pratica scientifica) ad essere il "centro" dell'attività scientifica, non il contrario.
Se teniamo a mente che questi concetti hanno "a priori" da un punto di vista scientifico una validità in un ambito ben preciso, possiamo pensare che effettivamente questi concetti non si possano più applicare al mondo quantistico. In sostanza la risposta di Bohr a Bohm non è né "pragmatica" né "dogmatica": semplicemente Bohr mette in luce che non solo una determinata teoria ma anche
gli stessi concetti che sono "alla base" delle teorie esistenti potrebbero non avere una validità nel mondo quantistico. In realtà l'argomento di Bohr è scettico: mette in discussione l'
assunzione (che non deriva dall'esperimento!) che i concetti classici si possano applicare al mondo quantistico.
Come dicevo però la posizione di Bohr non mi convince per vari motivi. 1) il confine tra "classico" e "quantistico" sembra arbitrario (e questa è una perplessità "scientifica") 2) non è detto che il mondo quantistico sia "inconoscibile" (nel senso che non possiamo fare delle "mappe concettuali") anche se i concetti "classici" non funzionano più 3) se c'è una teoria più "fondamentale" della MQ da scoprire l'approccio scettico blocca la ricerca anziché aiutarla.
In sostanza ritengo il pensiero di Bohr molto interessante per questi motivi: 1) che ai teorici piaccia o meno la base della ricerca scientifica è sperimentale e quindi è l'esperimento il centro della scienza. I nostri concetti devono adattarsi ai risultati sperimentali e non il contrario. L'ultima parola è sempre data dall'esperienza 2) Bohr, come altri pensatori, mi aiuta a rendermi conto che le nostre "mappe" nascono in un determinato contesto e a priori nulla mi dice che possano essere valide in contesti che esulano da quello originale. Bisogna aver chiaro nella testa che non sappiamo se concetti che sono validi in un contesto sono validi anche in altri contesti. Questo permette di evitare il "dogmatismo". Mi permette di pensare che posso cambiare radicalmente le mie "mappe" per di volta in volta cercare di descrivere l'esperienza. Ergo è vero che particelle puniformi e onde forse non descrivono più bene il mondo quantistico, ma ciò non significa che posso utilizzare altri concetti per studiarlo. Ritenere che "per forza" ci debbano essere particelle puntiformi (come forse alcuni Bohmiani pensano) o che la MQ sia una completa descrizione della realtà per me sono posizioni meno giustificate dello "scetticismo" di Bohr.
Dunque, non dico di "restare" nello scetticismo di Bohr. Ma di prenderlo in considerazione per rendersi conto che le nostre concettualizzazioni possono valere in determinati ambiti e non in tutti. Bisogna però anche cercare di andare "oltre" Bohr, secondo me, se si vuole continuare a fare ricerca nella "fisica dei fondamenti". Per certi versi la filosofia di Bohr è simile a quella di Socrate, si "ammette la propria ignoranza". Ma a differenza di una "rinuncia" alla ricerca, secondo me l'"ammissione dell'ignoranza"* non impedisce di cercare di fare ipotesi, soggette sempre a rifinimento e revisione.
"ammissione dell'ignoranza" = ammettere che ci
può essere un limite della validità dei concetti con cui si sta analizzando la realtà.
Citazione di: Apeiron il 07 Aprile 2018, 12:37:16 PM
Beh, personalmente ho anche io problemi con la visione delle cose di Bohr. Tuttavia la trovo stimolante.
In fin dei conti lui ragiona in questo modo: concetti come "posizione", "velocità", "onda", "particella" ecc sono nati nello studio del mondo classico. Ciò significa che sono nati per cercare di formare una "mappa concettuale" in grado di spiegare bene i fenomeni. E nel mondo classico i concetti "classici" funzionano benissimo: la Terra è "quasi sfeerica", le oribite dei pianeti sono ellissi e così via. Da un punto di vista prettamente scientifico in fin dei conti i concetti nascono proprio per spiegare l'esperienza. Ed è l'esperienza e l'esperimento (i.e. la pratica scientifica) ad essere il "centro" dell'attività scientifica, non il contrario.
Se teniamo a mente che questi concetti hanno "a priori" da un punto di vista scientifico una validità in un ambito ben preciso, possiamo pensare che effettivamente questi concetti non si possano più applicare al mondo quantistico. In sostanza la risposta di Bohr a Bohm non è né "pragmatica" né "dogmatica": semplicemente Bohr mette in luce che non solo una determinata teoria ma anche gli stessi concetti che sono "alla base" delle teorie esistenti potrebbero non avere una validità nel mondo quantistico. In realtà l'argomento di Bohr è scettico: mette in discussione l'assunzione (che non deriva dall'esperimento!) che i concetti classici si possano applicare al mondo quantistico.
Dovremo intenderci cosa è un concetto classico. Come spiegavo a iano, proprietà effimere (tipo la fragilità di uno spaghetto prima di rompersi), sono gia concetti classici. Non di meno potremmo anche eliminare da questi concetti proprietà tipo posizione, monento ecc. e posizionarli tra quelli effimeri (invece che intrinseci).
Il problema successivo e dar di conto del motivo per cui una proprietà è misurata. Se prendo uno spaghetto e lo faccio cadere sempre nella stessa maniera noi avremmo un
effetto classico, ovvero lo spaghetto a certe condizioni si spezzerà; se cambiamo anche di poco le condizioni, rimarrà intero. In meccanica quantistica non esiste un "effetto classico" tipo lo spaghetto che si rompe o rimane intero, in quanto l'unico elemento che possiamo tenere presente è la probabilità che una delle due proprietà si realizzi. Non sappiamo perche si spezza lo spaghetto...ma sicuramente daremo la colpa alla nostra ignoranza, in m.q. invece l'ignoranza c'entra poco. Se esistesse un comportamento classico anche nella m.q. allora avremmo una teoria fisica. Io aggiungo che secondo me la fisica per autonomasia è classica. ;)
@Il_Dubbio,
per certi versi sono d'accordo con te!
ad ogni modo, i concetti "classici" sono le astrazioni che sono state create per spiegare l'esperienza. Per esempio la grandezza "massa" è stata introdotta per spiegare l'effetto che corrisponde alla misura della massa sulla bilancia. Oppure l'elasticità è stata introdotta per cercare di modellizzare la proprietà per cui i corpi tendono ad accorciarsi e ad allungarsi quando sono sottoposti ad una forza. La forza è un concetto introdotto per spiegare l'accelerazione. Le grandezze cinematiche sono state introdotte per studiare il moto dei corpi, quelle dinamiche per dare una spiegazione più o meno precisa alle variazioni del moto... come vedi sono tutti effetti osservabili. Le grandezze invece sono astrazioni che "sembrano" riferirsi a proprietà intrinsiche dei corpi classici (come quanto dici per quanto riguarda gli spaghetti).
Come puoi immaginare la base di tutti i concetti classici è concreta, "tangibile". Chiaramente questi concetti li utilizziamo anche per studiare i fenomeni microscopici, come quelli "visti" al microscopio, o i movimenti delle galassie. Quindi i concetti si sono estesi anche per ciò che non possiamo osservare direttamente ma solo con l'ausilio di uno strumento di misura. Quando però si arriva in MQ si scopre che l'elettrone si "manifesta" come onda e come particella. Chiaramente anche gli stessi nostri strumenti di misura sono costruiti secondo i "concetti classici" che dicevo prima. Dunque gli esperimenti stessi sono progettati secondo questi concetti che sono stati introdotti per un (a priori diverso) contesto, che a priori, è diverso e i risultati sperimentali sono letti secondo questi concetti.
Filosoficamente si potrebbe prendere l'analogo con i colori. Sappiamo che indipendentemente da noi, nella "realtà" non ci sono cose "rosse", ma a noi appaiono in quel modo. Chiaramente spieghiamo il fatto che una cosa ci appare "rossa" con la fisica della luce, ma prova ad immaginarti (ovvero con qualcosa di diverso dal nostro occhio...) se non hai nulla che ti possa far andare oltre la percezione dei colori (ovvero per qualche motivo non riesci a contemplare il concetto di "causa che produce la sensazione del colore"). In questo caso non hai modo di capire il motivo per cui vediamo le cose colorate. Questo perchè non hai modo di spiegare il fenomeno "vedere le cose colorate" con altri concetti che puoi ritenere più fondamentali. In MQ la situazione è simile: vedi un comportamento ondulatorio e particellare. Tuttavia non hai modo di creare strumenti che non si basino sui concetti "classici". E anche la nostra immaginazione in fin dei conti può produrre concetti che non sono poi così diversi da quelli che possono essere prodotti nell'esperienza. Ergo se il "mondo quantistico" non può essere spiegato con i concetti che noi possiamo riuscire a "capire", "visualizzare" ecc allora non puoi avere altro che una rappresentazione simbolica di ciò che accade (un po' come è considerato oggi l'atomo di Bohr o i modelli precedenti dell'atomo) visto che in fin dei conti non possiamo andar oltre i limiti della nostra capacità di concettualizzare. E se non è possibile "estendere" questi limiti (non chiedermi come!) allora forse non è possibile creare una mappa della realtà quantistica non misurata se essa non può essere concetualizzata con i concetti che possiamo pensare. Dobbiamo accontentarci di creare rappresentazioni simboliche che non ci danno una "illustrazione" della realtà.
Per fare un'analogia considera quanto segue:
Una cosa simile è avvenuta nel mondo della filosofia del linguaggio con il secondo Wittgenstein, per il quale non è possibile formulare un linguaggio che sia "illustrativo". Per esempio diciamo "mi è venuto in mente qualcosa" come se la mente fosse un contenitore. Chiaramente "la mente come contenitore" è un linguaggio metaforico che possiamo non prendere alla lettera. Ma nonostante il fatto che non è "illustrativa" tale esperessione comunque può dirci qualcosa sulla mente. In fin dei conti in modo per certi versi simile a quello che avviene col mondo quantistico (se ha ragione Bohr e chi la pensa in modo simile a lui) il nostro linguaggio non riesce a "descrivere" bene la nostra mente, visto che le espressioni linguistiche si basano sull'esperienza delle "cose" esterne. Per descrivere la nostra stessa mente facciamo fatica visto che il nostro linguaggio e i nostri concetti non sono stati introdotti per lo studio di essa.
Detto ciò se per te la fisica "vera" è quella classica, potresti usare la versione di Bohm della MQ (e simili ad essa).
Citazione di: Apeiron il 07 Aprile 2018, 19:22:34 PM
Tuttavia non hai modo di creare strumenti che non si basino sui concetti "classici". E anche la nostra immaginazione in fin dei conti può produrre concetti che non sono poi così diversi da quelli che possono essere prodotti nell'esperienza. Ergo se il "mondo quantistico" non può essere spiegato con i concetti che noi possiamo riuscire a "capire", "visualizzare" ecc allora non puoi avere altro che una rappresentazione simbolica di ciò che accade (un po' come è considerato oggi l'atomo di Bohr o i modelli precedenti dell'atomo) visto che in fin dei conti non possiamo andar oltre i limiti della nostra capacità di concettualizzare. E se non è possibile "estendere" questi limiti (non chiedermi come!) allora forse non è possibile creare una mappa della realtà quantistica non misurata se essa non può essere concetualizzata con i concetti che possiamo pensare. Dobbiamo accontentarci di creare rappresentazioni simboliche che non ci danno una "illustrazione" della realtà.
La tua è una lettura "per bene"...nel senso che non avere strumenti concettuali per descrivere la realtà come essa sia, vuol dire che non abbiamo strumenti che possano descrivere la realtà. Ovvero questo non significa che la realtà non possa essere descritta. Resta da capire se la descrizione matematica sia l'unica possibile. Certamente con quella matematica non avremmo una comprensione della realtà. Quindi il ragionamento si contorce su se stesso secondo me. Non abbiamo una risposta.
L'esempio dei colori (che hai fatto) della mente è equivalente. In quel caso ci troviamo in una situazione classica e non vediamo nulla di diverso da situazioni classiche, eppure non riusciamo a descrivere l'effetto "colore" in modo classico. Questo però che vuol dire? Che i colori nascono nella nostra mente per una ragione diversa da qualsiasi descrizione classica? Cioè che esiste una descrizione matematica che tende a replicare un effetto "colore" senza passare da una descrizione comprensibile della realtà? Per i colori manca anche questa descrizione matematica, al dire il vero, per cui ci troviamo forse anche piu lontani da una conoscenza dei sistemi mentali, ma resta l'analogia. Se esistesse una descrizione matematica della mente che non rende conto di una descrizione classica (come io vorrei), possiamo pensare che la mente sia un effetto di un mondo non classico solo perche abbiamo di esso solo una descrizione matematica? Non so se ho reso bene la domanda. Analogamente noi abbiamo i nostri strumenti classici ma solo una descrizione matematica dei sistemi che misuriamo, perche dovremmo pensare di essere in una situazione diversa solo perchè utilizziamo strumenti (matematici) che non descrivono la realtà in modo classico?
Citazione di: Il_Dubbio il 08 Aprile 2018, 12:26:08 PMLa tua è una lettura "per bene"...nel senso che non avere strumenti concettuali per descrivere la realtà come essa sia, vuol dire che non abbiamo strumenti che possano descrivere la realtà. Ovvero questo non significa che la realtà non possa essere descritta. Resta da capire se la descrizione matematica sia l'unica possibile.
Sì, direi che hai colto nel segno anche se non intendevo dire che la fisica dovrebbe rivedere il suo utilizzo della matematica.
Semplicemente intendevo dire che il
contenuto concettuale delle teorieodierne si basa su concetti che in ultima analisi derivano dalla nostra esperienza. Esempio: prendi una sedia. Se osserviamo la sedia ci accorgiamo che è un oggetto composto di "parti". Poi andiamo oltre nell'analisi e ci accorgiamo che le parti sono composte da parti. Questo ci fa dedurre che la cosa proceda anche fin dove non riusciamo a vedere con l'occhio. Usiamo il microscopio e vediamo ancora che la divisione in parti è possibile. Chiaramente è tutto molto intuitivo ma chi mi garantisce che questo procedimento di "divisione" andrà sempre bene? Questo non ci impedisce di provare a forumlare teorie matematiche che si basano su questa procedura. E magari la teoria funziona. Ma questo non ci fa concludere logicamente che la teoria sia "illustrativa", un "ritratto" di ciò "che sta avvenendo". Magari in parte.
Per esempio l'interpretazione di Bohm si basa sul fatto che la MQ
debba essere una teoria illustrativa ed è costruita su concetti molto familiari: le particelle che si muovono lungo traiettorie. Ma "rinunciare" a questa - rispettabile - "assunzione" non implica che dobbiamo abbandonare la matematica. Magari utilizzando un altro sistema concettuale formalizzabile in forma matematica riusciamo a fare veramente una teoria illustrativa. O magari no.
Citazione di: Il_Dubbio il 08 Aprile 2018, 12:26:08 PM
Certamente con quella matematica non avremmo una comprensione della realtà. Quindi il ragionamento si contorce su se stesso secondo me. Non abbiamo una risposta. L'esempio dei colori (che hai fatto) della mente è equivalente. In quel caso ci troviamo in una situazione classica e non vediamo nulla di diverso da situazioni classiche, eppure non riusciamo a descrivere l'effetto "colore" in modo classico. Questo però che vuol dire? Che i colori nascono nella nostra mente per una ragione diversa da qualsiasi descrizione classica? Cioè che esiste una descrizione matematica che tende a replicare un effetto "colore" senza passare da una descrizione comprensibile della realtà? Per i colori manca anche questa descrizione matematica, al dire il vero, per cui ci troviamo forse anche piu lontani da una conoscenza dei sistemi mentali, ma resta l'analogia. Se esistesse una descrizione matematica della mente che non rende conto di una descrizione classica (come io vorrei), possiamo pensare che la mente sia un effetto di un mondo non classico solo perche abbiamo di esso solo una descrizione matematica? Non so se ho reso bene la domanda. Analogamente noi abbiamo i nostri strumenti classici ma solo una descrizione matematica dei sistemi che misuriamo, perche dovremmo pensare di essere in una situazione diversa solo perchè utilizziamo strumenti (matematici) che non descrivono la realtà in modo classico?
Beh qui ci sono varie cose da considerare. Anzitutto i concetti di "energia", "massa", "velocità" nascono, dopotutto, per descrivere esperienze (relativamente) semplici come, per esempio, il moto dei gravi. Già applicare questi concetti a sistemi più complessi (e inerti) è tremendamente difficile. Si può, per esempio, ridurre il comportamento di un sistema macroscopico alla configurazione microscopica? "Nì", nel senso che effettivamente
alcune proprietà si spiegano facilmente, ma altre no. Se consideriamo la transizione di fase dell'acqua da liquido a gas, dobbiamo tener conto di proprietà emergenti e non è detto che esse siano
riducibili a quelle "microscopiche". Se poi andiamo nel regno degli esseri viventi dobbiamo introdurre altri concetti, tant'è che descrivere il movimento di una pianta in termini della cinematica e dinamica di tutti le molecole che la compongono ha poco senso. Per quanto riguarda la nostra mente possiamo correlare le proprietà delle aree del cervello con il "contenuto" della nostra esperienza. Possiamo correlare il "senso della soggettività" con l'attività cerebrale (per esempio dicendo che se una determinata area non è attiva, la consapevolezza cessa) ma questo è ben lontano da
spiegare in termini "materialistici" la soggettività. Se anche riuscissimo a costruire una teoria matematica che spiega l'attività cerebrale (e di conseguenza le correlazioni con la nostra esperienza soggettiva) questo è ben lontano da dare una teoria "illustrativa" della nostra mente. Possiamo però immaginarci un giorno che una teoria illustrativa possa essere fatta e formalizzata in forma matematica (anche se sinceramente, ne dubito).
Riguardo al discorso dei colori. Vediamo rosso quando l'occhio viene colpito da fotoni di una certa lunghezza d'onda. Ma questo ci dice semplicemente che c'è una correlazione tra la nostra
esperienza del rosso con il fenomeno materiale in questione. Ma si potrebbe fare, come ben dici tu, un'altra descrizione (che probabilmente non potrà mai essere formulata matematicamente). Ovvero? Dire che la "realtà" è colorata, ci sono "realmente" i suoni, i gusti e così via. In sostanza: le sensazioni
non sono "meno reali" della materia. Questo implica che la nostra esperienza soggettiva è da considerarsi non meno reale (seppur diversamente "reale") della realtà materiale. Se ciò è vero allora la descrizione "classica" e quella che parte dalla "fenomenologia" (da "fenomeno"= ciò che appare, apparenza) sono entrambe legittime, entrambe possono essere utilizzate per spiegare almeno un aspetto della realtà. Non è possibile spiegare completamente una descrizione con i concetti provenienti dall'altra ma questo non infica la validità delle due descrizioni. Perchè una descrizione "oggettiva" della mia esperienza mi da una comprensione reale delle cose e una "soggettiva" no? Personalmente le trovo entrambe legittime e utili ma entrambe parziali. L'assunzione che la nostra esperienza soggettiva possa essere davvero "illustrata" da una teoria matematica che si basa su concetti "classici" mi sembra che nasca dall'assunzione che i nostri concetti possano sempre "andare oltre" il contesto in cui sono nati e spiegare un contesto che è completamente diverso. Lo stesso per la MQ, posso capire l'esigenza di "realismo" - visto che per certi aspetti la condivido - ma volere a tutti i costi che i nostri concetti classici ci possano dare un "ritratto" della realtà mi sembra limitante. Lo stesso vale per la nostra esperienza soggettiva. Concordo che ci siano indubbie correlazioni ma dire che le "apparenze" della nostra esperienza (dette anche "sensazioni") in realtà "non esistono" o sono completamente spiegabili con i concetti "classici" mi pare esagerato.
Personalmente questa prospettiva mi rende più "distaccato" anche riguardo alle "visioni delle cose", alle descrizioni della realtà. Non nego che si possano fare descrizioni parziali della realtà legittime che si basano su convenzioni* anch'esse legittime ma "dimenticarsi" della parzialità può portare al dogmatismo, al voler che la realtà in toto "concorda" con la nostra "mappa" sempre e comunque. Questo può portare a bloccare il progresso scientifico stesso perchè non si riesce ad "abbandonare" la convinzione che la nostra "mappa" sia sempre applicabile.
*in fin dei conti l'aspetto
convenzionale dei concetti classici è innegabile. In fin dei conti si sono
definiti a posteriori utilizzando un determinato modo di ragionare applicato all'esperienza. Come dicevo in precedenza in questa discussione la convenzionalità non toglie la legittimità, nel senso che il loro essere convenzionali non infica la validità di applicarli alla nostra esperienza. Allo stesso tempo però i nostri concetti non ci danno la "totalità", una descrizione delle cose perfetta. Ma questo non significa che la realtà sia un caos, dove le cose accadono senza alcuna regolarità. In realtà è proprio questa Regolarità che ci permette di fare delle valide descrizioni parziali basate su concetti convenzionali.
Citazione di: Apeiron il 09 Aprile 2018, 12:33:53 PM
*in fin dei conti l'aspetto convenzionale dei concetti classici è innegabile. In fin dei conti si sono definiti a posteriori utilizzando un determinato modo di ragionare applicato all'esperienza. Come dicevo in precedenza in questa discussione la convenzionalità non toglie la legittimità, nel senso che il loro essere convenzionali non infica la validità di applicarli alla nostra esperienza. Allo stesso tempo però i nostri concetti non ci danno la "totalità", una descrizione delle cose perfetta. Ma questo non significa che la realtà sia un caos, dove le cose accadono senza alcuna regolarità. In realtà è proprio questa Regolarità che ci permette di fare delle valide descrizioni parziali basate su concetti convenzionali.
Attenzione! :P
Come dicevo nel post precedente (o forse il penultimo), dovremo metterci d'accordo su cosa è un concetto classico. Poi chiarirci quali sono quelli che in una descrizione matematica (di qualsiasi teoria, sia quella della meccanica quantistica, o quella della mente, o quella del tempo) sembrano non emergere. Poi ci sono alcune che non emergono perche non abbiamo (come tu dici) nozioni classiche che possiamo appiccicare a quelle matematiche, altre invece che non emergono perche sono assenti.
Vogliamo fare una cosa utile? Facciamo un elenco di concetti classici e li distinguiamo a destra quelli che non emergono a sinistra quelli che sono esclusi.
Prendiamo ad esempio il primo elemento: il realismo
Questo lo dobbiamo mettere a sinistra tra gli esclusi con buona pace di Einstein. Non per niente le proprietà intrinseche a cui si riferiva Einstein io le ho messe definitivamente tra quelle effimere.
*nota che ho scritto nei primi post, come risposta ad epicurus, un problema concreto basato sull'entangled
Prendiamo il secondo elemento classico che piaceva ad Einstein la località. Anche questo, se teorema di bell ed esperimenti sulle disuguaglianze sono esatte, va messo a sinistra tra quelle escluse in manierta definitiva.
Secondo te cosa ci rimane di classico da considerare? Non è per caso il determinismo?
Questo io lo metto a destra tra quelli che non emergono.
Non emergere non vuol dire che sia assente.
Ora ricapitoliamo, torniamo indietro. Abbiamo detto che il tempo in meccanica quantistica è una roba differente dal concetto classico.
Prima di tutto la funzione d'onda è un ente matematico. Evolve nel tempo, ma no in un tempo classico. Il tempo in m.q. è un parametro, non è descritto come una dimensione.
Poi comunque non possiamo parlare di oggetti classici che evolvono, perche abbiamo escluso in partenza il realismo.
Ci rimane da capire in motivo per cui una volta venuti a contatto con uno strumento di misura si "materializzano".
Abbiamo escluso anche il localismo. Questo forse è piu difficile da spiegare. Per Einstein era essenziale (io vado a ruota, poi se noti imprecisioni li rimetti a posto ;) ) che ciò che succede qua non può influenzare istantanemanete un evento lontano. Mentre la meccanica quantistica è non-locale. Questo però ovviamente non contraddice in modo netto il determinismo. Infatti il determinismo l'ho messo a destra tra gli elementi classici che non emergono.
Di questo elemento possiamo farne a meno?
p.s.
Lo stesso giochino possiamo farlo con il tempo.
Indichiamo gli elementi che crediamo siano importanti, vediamo quelli che sono esclusi (anche dalla stessa teoria classica della relatività) e quelli che non emergono.
Alla fine dovremo arrivare ad un punto e considerare solo ciò che rimane delle nostre idee "classiche" sul tempo e quelle che invece non emergono.
Al momento non mi viene in mente una cosa importante che non sia passata dalla parte sinistra del mio giochino. ::)
@Il_Dubbio,
anzitutto, perdona il ritardo nella risposta!
Più che di "emergenza" dei concetti classici, parlerei proprio di "derivazione degli stessi dall'esperienza".
Citazione di: Il_Dubbio il 09 Aprile 2018, 17:14:00 PM
Citazione di: Apeiron il 09 Aprile 2018, 12:33:53 PM*in fin dei conti l'aspetto convenzionale dei concetti classici è innegabile. In fin dei conti si sono definiti a posteriori utilizzando un determinato modo di ragionare applicato all'esperienza. Come dicevo in precedenza in questa discussione la convenzionalità non toglie la legittimità, nel senso che il loro essere convenzionali non infica la validità di applicarli alla nostra esperienza. Allo stesso tempo però i nostri concetti non ci danno la "totalità", una descrizione delle cose perfetta. Ma questo non significa che la realtà sia un caos, dove le cose accadono senza alcuna regolarità. In realtà è proprio questa Regolarità che ci permette di fare delle valide descrizioni parziali basate su concetti convenzionali.
Attenzione! :P Come dicevo nel post precedente (o forse il penultimo), dovremo metterci d'accordo su cosa è un concetto classico. Poi chiarirci quali sono quelli che in una descrizione matematica (di qualsiasi teoria, sia quella della meccanica quantistica, o quella della mente, o quella del tempo) sembrano non emergere. Poi ci sono alcune che non emergono perche non abbiamo (come tu dici) nozioni classiche che possiamo appiccicare a quelle matematiche, altre invece che non emergono perche sono assenti. Vogliamo fare una cosa utile? Facciamo un elenco di concetti classici e li distinguiamo a destra quelli che non emergono a sinistra quelli che sono esclusi. Prendiamo ad esempio il primo elemento: il realismo Questo lo dobbiamo mettere a sinistra tra gli esclusi con buona pace di Einstein. Non per niente le proprietà intrinseche a cui si riferiva Einstein io le ho messe definitivamente tra quelle effimere. *nota che ho scritto nei primi post, come risposta ad epicurus, un problema concreto basato sull'entangled Prendiamo il secondo elemento classico che piaceva ad Einstein la località. Anche questo, se teorema di bell ed esperimenti sulle disuguaglianze sono esatte, va messo a sinistra tra quelle escluse in manierta definitiva. Secondo te cosa ci rimane di classico da considerare? Non è per caso il determinismo? Questo io lo metto a destra tra quelli che non emergono. Non emergere non vuol dire che sia assente.
Personalmente per "concetti classici", intendo quelli che derivano
direttamente dall'osservazione, come velocità, posizione, tempo, energia e così via. In sostanza sono tutti quei concetti che possono derivare dall'osservazione "sensoriale". Dopotutto, anche quando si usano strumenti come i microscopi, per interpretare le osservazioni si usano proprio questi concetti. Ovvero quelli su cui ci si può mettere d'accordo. Sono "oggettivi" non nel senso che sono necessariamente proprietà delle "cose" ma sono "oggettivi" nel senso di "intersogettivi": ovvero si può avere un accordo tra i soggetti.
Questo paper è molto interessante https://www3.nd.edu/~dhoward1/Classcon.pdf. In sostanza il punto dell'oggettività
non è quello di postulare una realtà metafisica ma avere l'indipendenza dall'individuo (questa è la differenza tra "relativismo" e "inter-soggettivismo"...)
Ergo, tutti i concetti utilizzati nell'analisi "pre-quantistica" e "pre-relativistica" sono stati presi come fondamento dell'interpretazione dei risultati perchè su di essi tutti erano d'accordo (grazie agli esperimenti! - quindi non sono arbitrari). ****
Nota che l'intersoggettività non implica il "realismo". E nemmeno la località.
Per la questione dell'emergenza, sì concordo che il determinismo è emergente (eccetto per il libero arbitrio degli esseri umani e probabilmente di alcuni animali (se non tutti...)), così come molto altro, compresa la località. Secondo me le nostre due definizioni di "concetto classico" sono molto simili, nel senso che per me derivano dall'esperienza immediata. Per te sono emergenti. Tuttavia l'esperienza immediata è "emergente".
Citazione di: Il_Dubbio il 09 Aprile 2018, 17:14:00 PM
Ora ricapitoliamo, torniamo indietro. Abbiamo detto che il tempo in meccanica quantistica è una roba differente dal concetto classico. Prima di tutto la funzione d'onda è un ente matematico. Evolve nel tempo, ma no in un tempo classico. Il tempo in m.q. è un parametro, non è descritto come una dimensione. Poi comunque non possiamo parlare di oggetti classici che evolvono, perche abbiamo escluso in partenza il realismo. Ci rimane da capire in motivo per cui una volta venuti a contatto con uno strumento di misura si "materializzano". Abbiamo escluso anche il localismo. Questo forse è piu difficile da spiegare. Per Einstein era essenziale (io vado a ruota, poi se noti imprecisioni li rimetti a posto ;) ) che ciò che succede qua non può influenzare istantanemanete un evento lontano. Mentre la meccanica quantistica è non-locale. Questo però ovviamente non contraddice in modo netto il determinismo. Infatti il determinismo l'ho messo a destra tra gli elementi classici che non emergono. Di questo elemento possiamo farne a meno? p.s. Lo stesso giochino possiamo farlo con il tempo. Indichiamo gli elementi che crediamo siano importanti, vediamo quelli che sono esclusi (anche dalla stessa teoria classica della relatività) e quelli che non emergono. Alla fine dovremo arrivare ad un punto e considerare solo ciò che rimane delle nostre idee "classiche" sul tempo e quelle che invece non emergono. Al momento non mi viene in mente una cosa importante che non sia passata dalla parte sinistra del mio giochino. ::)
Riguardo al tempo... Per la fisica "pre-relativistica" il tempo non è necessariamente interpretabile come una dimensione. E anzi non credo che era l'interpretazione più diffusa tra gli scienziati pre-Einsteiniani (o meglio, "pre-Minkowskiani"). Certamente la posizione di allora era che la simultaneità non era "relativa". Ma questo è un altro discorso, in realtà, visto che ad essere precisi nella meccanica quantistica "non-relativistica" il tempo ha le stesse proprietà di quello Newtoniano. Chiaramente Newton, da quanto ricordo, sosteneva che il tempo "scorre" anche se non ci sono cambiamenti. In questo senso è "reale" per Newton. Ad ogni modo, "reificare" il tempo nella fisica (classica e quantistica) non-relativistica non è necessario. In sostanza è proprio la relatività che ci suggerisce che lo spazio-tempo sia un "qualcosa" di indipendente (lo si vede di più anche nella relatività generale...). Ma d'altro canto la "non-località" della MQ sembra suggerisce altro! ::)
Riguardo alla "materializzazione", beh concordo che effettivamente è piuttosto "strano". Tuttavia, possiamo sempre pensare che i concetti che deduciamo dall'esperienza si possano applicare solo alla misura: questo significa che la "realtà quantistica" potrebbe essere, effettivamente, "oggettiva" nel senso "di indipendenti da noi" - tuttavia una volta che procediamo con la misura non possiamo più considerare separati lo strumento di misura e "l'oggetto" misurato. Questa correlazione potrebbe essere sufficiente per spiegare la "materializzazione".
Secondo me un esempio di concetto classico che è presente in tutti gli ambiti della fisica è "Regolarità" ;D se non ci fosse, in fin dei conti, come potremmo sperare in una descrizione (magari parziale, approssimata ecc) quantitativa?
Purtroppo il link è in inglese (su queste cose - e non solo su queste - in Italiano sfortunatamente si trova pochissimo)
Modifica:
****: ho rimosso un breve commento mio che poteva essere male interpretato.
Ognuno a suo modo , e per suoi motivi , tende alla verità, cioè a qualcosa di oggettivo , di indipendente da noi , e questa tensione soggettiva , male che vada è un potente motore che ci muove tutti insieme , verificandosi là possibilità, come spiega chiaramente Apeiron , di poter usare strumenti intersoggettivi.
Questi strumenti ci permettono anche di immaginare esperimenti mentali , coi quali possiamo fare un viaggio tutti insieme , ad esempio un viaggio di ritorno dalla verità, immaginando di esservi approdati.
Una volta approdati ad essa infatti , semmai il nostro viaggio continui, non può andare oltre .
Può tornare solo indietro , ma non necessariamente sui nostri passi.
Quindi partiamo da adesso , approdiamo alla verità, e torniamo indietro per andare a parare dove?
In che forma ci si presenterà la verità?
In una forma che abbiamo già sperimentato?
Supponiamo di sì.
In che senso avremmo motivo di continuare il viaggio?
L'unico che mi viene in mente è nel senso di sfruttare la verità acquisita . Infatti seppur questa conoscenza sia stata una soddisfazione in se' , come da nostre aspettative , nulla ci vieta di voler far fruttare questa conoscenza , allo stesso modo in cui oggi sfruttiamo le nostre conoscenze relative.
Il risultato è che faremmo al meglio ciò che già facciamo.
Ci muniremmo allo scopo di strumenti derivati a partire dalla nota realtà immagino.
Strumenti più efficaci degli attuali quindi , ma possiamo immaginarli sostanzialmente diversi?
Certamente lo scopo a cui questi diversi strumenti saranno indirizzati non richiede necessariamente che siano coerenti far loro , e fin qui nulla di diverso dallo stato attuale.
Questi strumenti conterranno al loro interno , o saranno affiancati da concetti nuovi in genere , senza escludere , se servissero , quelli classici ?
In questo viaggio a ritroso scopriremmo qual'e' la vera natura del colore rosso , non essendo questa compresa nella natura della verità, non essendo ad essa essenziale?
Ci ritroveremmo alla fine a fare quel che già facciamo , ma molto meglio , essendo al minimo liberati dai dubbi che ci destabilizzano ?
Tornati da questo viaggio fantastico ciò che abbiamo imparato è che non dobbiamo farci bloccare dai dubbi , e ad usare ogni energia che ci spinga ,seppure fosse virtuale, se serve ad andare avanti.
Al minimo la verità è una perfetta carota.
Citazione di: Apeiron il 13 Aprile 2018, 13:08:10 PM
In sostanza il punto dell'oggettività non è quello di postulare una realtà metafisica ma avere l'indipendenza dall'individuo (questa è la differenza tra "relativismo" e "inter-soggettivismo"...)
Ergo, tutti i concetti utilizzati nell'analisi "pre-quantistica" e "pre-relativistica" sono stati presi come fondamento dell'interpretazione dei risultati perchè su di essi tutti erano d'accordo (grazie agli esperimenti! - quindi non sono arbitrari). ****
Nota che l'intersoggettività non implica il "realismo". E nemmeno la località.
Per la questione dell'emergenza, sì concordo che il determinismo è emergente (eccetto per il libero arbitrio degli esseri umani e probabilmente di alcuni animali (se non tutti...)), così come molto altro, compresa la località. Secondo me le nostre due definizioni di "concetto classico" sono molto simili, nel senso che per me derivano dall'esperienza immediata. Per te sono emergenti. Tuttavia l'esperienza immediata è "emergente".
CitazioneCerco di seguire la discussione fra Il Dubbio ed Apeiron, che trovo interessante anche se parte da presupposti da me non condivisi.
Ho il dubbio che qui Apeiron faccia un lapsus fra "relatvismo" e "oggettivismo" (spero me lo conformi perché altrimenti vorrebbe dire che non sto capendo proprio nulla di questa discussione (e naturalmente lo troverei frustrante).
Secondo me oggettivismo == indipendenza dal soggetto (l' individuo = ciascun singolare soggetto?), E implica inevitabilmente una realtà metafisica, in sé, indipendente dalle sensazioni fenomeniche dei soggetti), mentre relativismo == dipendenza dal soggetto (da ciascun singolare soggetto indipendentemente da ciascun altro e soprattutto dall' oggetto –in sé- se anche mai quest' ultimo esistesse).
Comprendo che l' intersoggettività (del mondo materiale naturale indagato della scienze intese in senso stretto o "naturali") non implica necessariamente la località, non invece che non comprenda necessariamente il realismo: come può un' esperienza essere intersoggettiva se non é esperienza (sia pure fenomenica) di qualcosa di reale (sia pure in sé, metafisicamente), ma soltanto di ideale o comunque fenomenicamente cosciente, la cui realtà ontologica é limitata all' esperienza cosciente (o addirittura al solo pensiero) di chi la vive e non di altri (come é il caso del mondo mentale, non possibile oggetto, infatti, di conoscenza scientifica, per lo meno in senso stretto)?
Secondo me il determinismo é sinonimo di regolarità e inoltre, come anche l' esperienza immediata, non é emergente (da che cosa -dell' esperienza immediata- a cui possa essere messo in relazione di emergenza o "ricondotto" -e non: ridotto, ovviamente-?), se é realmente (e se non é realmente per lo meno in una qualche forma "debole", per esempio probabilistica - statistica, allora non può darsi conoscenza scientifica, direi per definizione; e dunque non c' é realmente alcun libero arbitrio se c' é possibilità di conoscenza scientifica).
Riguardo al tempo... Per la fisica "pre-relativistica" il tempo non è necessariamente interpretabile come una dimensione.
CitazioneNon é necessariamente un dimensione spaziale o non é necessariamente una dimensione (qualcosa di misurabile) tout court?
Citazione di: Apeiron il 13 Aprile 2018, 13:08:10 PM
@Il_Dubbio,
anzitutto, perdona il ritardo nella risposta!
Più che di "emergenza" dei concetti classici, parlerei proprio di "derivazione degli stessi dall'esperienza".
Scusa, forse stai usando il termine emergente non per il motivo usato da me. Vuol dire che se utilizziamo un processo (matematico, o logico intuitivo) e il risultato è diverso dall'idea che ci siamo fatti in precedenza, l'idea iniziale non emerge. Se non emerge o non c'è proprio oppure non abbiamo strumenti intuitivi per farlo inquadrare nell'idea iniziale.
In altre parole si poteva pensare che io dicessi che il determinismo emerge da un quadro indeterministico, come se fosse qualcosa che nasce solo attraverso un processo lungo e laborioso. Facendo un esempio, se metto insieme qualche pezzo di un quadro non ho ricreato un'opera d'arte. Quella non emerge da alcuni pezzi messi insieme alla rinfusa. Come per il puzzle, il quadro emerge solo se riesci a ricostruire pezzo per pezzo il quadro. Se invece i pezzi alla rinfusa non costruiscono un quadro allora l'opera d'arte semplicmente non c'è, mentre se ci fossero tutti i pezzi, esso non emerge solo perche non riusciamo a metterlo assieme.
Per cui io dicevo non emerge il realismo perche non c'è. Non emerge la località perchè non c'è, sembra però non emergere il determinismo ma probabilimente perche non sappiamo mettere assieme i puzzle. Spero di aver chiarito quello che intendevo. Poi magari ritorno dopo su altre cose interessanti che sono affiorate. ciao :)
@Iano,
la posizione di Bohr era che
non ci è possibile formulare concetti "migliori" di quelli che deduciamo dalla nostra esperienza! Ergo, secondo Bohr, i "concetti classici" su cui si basa la comunicazione scientifica non sono contingenti ad una determinata epoca storica, seppur convenzionali. Infatti, riprendendo il mio esempio del mignolo e del tavolo, non avverrà mai che sbattendo il mignolo non mi faccio male. Ma già in questo esempio stupido ci sono concetti come "forza", "posizione", "quantità di moto" ecc. Una descrizione concettuale della realtà che parte dall'esperienza non potrà essere tanto diversa da quella attuale. Ergo, gli strumenti bene o male sono quelli. E su questo in realtà potrei anche concordare con Bohr. Come dicevo, il problema di Bohr è che la distinzione tra classico e quantistico non è veramente giustificata.
@sgiombo
CitazioneCerco di seguire la discussione fra Il Dubbio ed Apeiron, che trovo interessante anche se parte da presupposti da me non condivisi.
Ho il dubbio che qui Apeiron faccia un lapsus fra "relatvismo" e "oggettivismo" (spero me lo conformi perché altrimenti vorrebbe dire che non sto capendo proprio nulla di questa discussione (e naturalmente lo troverei frustrante).
Secondo me oggettivismo == indipendenza dal soggetto (l' individuo = ciascun singolare soggetto?), E implica inevitabilmente una realtà metafisica, in sé, indipendente dalle sensazioni fenomeniche dei soggetti), mentre relativismo == dipendenza dal soggetto (da ciascun singolare soggetto indipendentemente da ciascun altro e soprattutto dall' oggetto –in sé- se anche mai quest' ultimo esistesse).
Comprendo che l' intersoggettività (del mondo materiale naturale indagato della scienze intese in senso stretto o "naturali") non implica necessariamente la località, non invece che non comprenda necessariamente il realismo: come può un' esperienza essere intersoggettiva se non é esperienza (sia pure fenomenica) di qualcosa di reale (sia pure in sé, metafisicamente), ma soltanto di ideale o comunque fenomenicamente cosciente, la cui realtà ontologica é limitata all' esperienza cosciente (o addirittura al solo pensiero) di chi la vive e non di altri (come é il caso del mondo mentale, non possibile oggetto, infatti, di conoscenza scientifica, per lo meno in senso stretto)?
Secondo me il determinismo é sinonimo di regolarità e inoltre, come anche l' esperienza immediata, non é emergente (da che cosa -dell' esperienza immediata- a cui possa essere messo in relazione di emergenza o "ricondotto" -e non: ridotto, ovviamente-?), se é realmente (e se non é realmente per lo meno in una qualche forma "debole", per esempio probabilistica - statistica, allora non può darsi conoscenza scientifica, direi per definizione; e dunque non c' é realmente alcun libero arbitrio se c' é possibilità di conoscenza scientifica).
No, intendevo "relativismo" ma non hai capito male secondo me :) Anzi colgo l'occasione per provare a specificare meglio. Di seguito provo a scrivere un po' di definizioni. Spero che abbiano senso ;D
Oggettivismo == indipendenza "totale" da ogni soggetto. Più precisamente, l'oggetto non dipende da alcun soggetto, non è in relazione con essi. Come ben dici tu, l'oggettivismo implica il realismo (nota che perfino Bohr riteneva
reali gli oggettti quantistici).
Intersoggettivismo == vi è indipendenza da
un particolare soggetto. Ergo è possibile che i soggetti possano essere tra di loro d'accordo nelle loro esperienze (quando comunicano).
Relativismo == a differenza dell'intersoggettivismo non c'è la possibilità di un accordo.
Inoltre è giusto specificare che l'intersoggettivismo e il relativismo possono essere sia "ontologici" che "epistemici" (o "epistemologici"). In particolare posso chiamare "intersoggettivismo epistemico" quella posizione secondo cui è possibile trovare un accordo tra i vari soggetti su una certa descrizione delle cose. "Intersoggettivismo ontologico" sarebbe, invece, la posizione secondo cui l
'esistenza delle cose è "intersoggettiva", ovvero che quella che noi chiamiamo "realtà" è una sorta di "sogno condiviso" (= la materialità non esiste. Non c'è nessuna "realtà materiale" indipendente
dalle menti dei soggetti. Posizioni simili si possono trovare (credo) ad esempio nella scuola Cittamatra buddhista, nella filosofia di Berkeley...). Nel caso del "relativismo ontologico" ** nessuna cosa esiste indipendentemente dalle altre, ma ciascuna cosa esiste in virtù della presenza di altre cose. Infine il relativismo epistemico dice che non è possibile trovare alcun accordo visto che tutta l'esperienza dipende dal (particolare soggetto)
** https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/relativismo-assoluto/75/ Qui c'è una lunga discussione tra me ed @epicurus su questo tema. Il relativismo ontologico è una particolare forma di ciò che lui chiama "ontologia interattiva". Anzi la discussione ha diverse analogie con questa, anche se alla fine mi perdo a parlare di filosofia "buddhista", come al solito ;D .
Riguardo ad intersoggettivismo e realismo... sì concordo, a meno che non accettiamo l'"intersoggettivismo ontologico" una forma di realismo è implicata da quello epistemico. Infatti Bohr non ha mai negato l'esistenza dell'atomo, per esempio! Né ha mai detto che la misura "crea" l'atomo o cose simili. Si limita a dire che concetti come "posizione" ecc hanno senso solo quando avviene la misura.
Ad ogni modo, come ti dicevo altrove, rispetto il tuo punto di vista sul determinismo (anche perchè se accetti l'interpretazione di Bohm il determinismo è ancora valido anche in MQ ;) ). Personalmente però nutro dubbi sul fatto che sia universalmente valido anche a livello della nostra coscienza (o della fisica quantistica). Concordo però che "razionalisticamente" un mondo deterministico ha, effettivamente, il suo fascino. In fin dei conti ho ancora un debole per l'Etica di Spinoza ;D
Citazione
CitazioneNon é necessariamente un dimensione spaziale o non é necessariamente una dimensione (qualcosa di misurabile) tout court?
Del "tempo" misuriamo solo le "durate", gli "intervalli temporali". Ma gli intervalli temporali, alla fine, non sono altro che relazioni tra eventi. Per esempio "24 ore" è "quanto ci mette" a fare un giro la lancetta delle ore di un orologio (funzionante). Posso sempre ragionare in questo modo, ovvero correlare i vari eventi senza introdurre il concetto di tempo. Nota che "tempo" e "mutamento" sono due concetti diversi: il mutamento è semplicemente il fatto empirico che ci sono i cambiamenti. Il tempo è uno sfondo che poniamo noi per organizzare al meglio le nostre informazioni. Se invece di fare riferimento ad una fantomatica "entità" che chiami tempo, cominci a ragionare pensando alla correlazione di eventi (la punta della lancetta arriva in corrispondenza del "numero 7" -> si attiva la sveglia. Come vedi c''è una successione di eventi che non necessariamente avviene su uno "sfondo"). Spero di aver fatto capire ciò che intendo :)
Citazione di: Il_Dubbio il 14 Aprile 2018, 14:46:48 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Aprile 2018, 13:08:10 PM@Il_Dubbio, anzitutto, perdona il ritardo nella risposta! Più che di "emergenza" dei concetti classici, parlerei proprio di "derivazione degli stessi dall'esperienza".
Scusa, forse stai usando il termine emergente non per il motivo usato da me. Vuol dire che se utilizziamo un processo (matematico, o logico intuitivo) e il risultato è diverso dall'idea che ci siamo fatti in precedenza, l'idea iniziale non emerge. Se non emerge o non c'è proprio oppure non abbiamo strumenti intuitivi per farlo inquadrare nell'idea iniziale. In altre parole si poteva pensare che io dicessi che il determinismo emerge da un quadro indeterministico, come se fosse qualcosa che nasce solo attraverso un processo lungo e laborioso. Facendo un esempio, se metto insieme qualche pezzo di un quadro non ho ricreato un'opera d'arte. Quella non emerge da alcuni pezzi messi insieme alla rinfusa. Come per il puzzle, il quadro emerge solo se riesci a ricostruire pezzo per pezzo il quadro. Se invece i pezzi alla rinfusa non costruiscono un quadro allora l'opera d'arte semplicmente non c'è, mentre se ci fossero tutti i pezzi, esso non emerge solo perche non riusciamo a metterlo assieme. Per cui io dicevo non emerge il realismo perche non c'è. Non emerge la località perchè non c'è, sembra però non emergere il determinismo ma probabilimente perche non sappiamo mettere assieme i puzzle. Spero di aver chiarito quello che intendevo. Poi magari ritorno dopo su altre cose interessanti che sono affiorate. ciao :)
Ciao!
Ok capisco. In sostanza ragioni in modo che vagamente ricorda alle categorie aristoteliche (?) di potenza e atto. Il quadro "esiste" """in potenza""" nelle tessere del puzzle se esse vengono disposte in un certo modo. Ergo se il determinsimo è una proprietà del mondo classico deve essere "presente" allo stesso modo del quadro nel mondo quantistico.
Ma se ho capito bene adesso, non credo di aver travisato troppo nella mia risposta di ieri. Infatti l'unica differenza è che nella mia mente "emergente" significa che una proprietà "appare" ad una certa scala e non che in modo "latente/in potenza" esiste già nel livello fondamentale.
Ho capito meglio adesso? :)
E allora diciamolo Apeiron, hai il dono della chiarezza.
Citazione di: Apeiron il 14 Aprile 2018, 16:26:38 PM
Citazione
CitazioneDel "tempo" misuriamo solo le "durate", gli "intervalli temporali". Ma gli intervalli temporali, alla fine, non sono altro che relazioni tra eventi. Per esempio "24 ore" è "quanto ci mette" a fare un giro la lancetta delle ore di un orologio (funzionante). Posso sempre ragionare in questo modo, ovvero correlare i vari eventi senza introdurre il concetto di tempo. Nota che "tempo" e "mutamento" sono due concetti diversi: il mutamento è semplicemente il fatto empirico che ci sono i cambiamenti. Il tempo è uno sfondo che poniamo noi per organizzare al meglio le nostre informazioni. Se invece di fare riferimento ad una fantomatica "entità" che chiami tempo, cominci a ragionare pensando alla correlazione di eventi (la punta della lancetta arriva in corrispondenza del "numero 7" -> si attiva la sveglia. Come vedi c''è una successione di eventi che non necessariamente avviene su uno "sfondo"). Spero di aver fatto capire ciò che intendo :)
CitazioneConcordo con Iano che hai il dono della chiarezza.
E tiro un "relativo (!?) sospiro di sollievo" (va beh, metaforicamente relativo...) perché non ho frainteso completamente quel passo del tuo precedente intervento.
Direi che le relazioni temporali sono relazioni fra gli eventi: le loro durate, che non possono essere intese come assolute ma come rapporti fra diversi eventi (gli enti essendo aspetti relativamente costanti degli eventi stessi; lo so, sono pignolo, e a volte anche fastidiosamente).
Ma anche le misure spaziali (lunghezze, aree e volumi; nonché masse, ecc.) non sono "cose a sé stanti" a prescindere dagli enti/eventi ma relazioni fra enti/eventi.
E secondo me dicendo che 24 ore" è "quanto ci mette" a fare un giro la lancetta delle ore di un orologio (funzionante), pur non nominandolo esplicitamente, si parla di tempo: già il concetto di "evento" o anche solo di "mutamento" inevitabilmente lo implica, contrariamente a quello di "ente" che può prescinderne in quanto tale (in quanto concetto), anche se in realtà non c' é ente che non abbia una durata temporale, finita almeno se si dà mutamento (non per esempio per Parmenide o Severino; almeno credo, per quel che di questi filosofi mi sembra di capire).
Quello di "tempo" come "sfondo" degli eventi e del divenire (da essi indipendente) mi sembra il tempo assoluto di Newton; che personalmente ritengo una sorta di "forzatura teorica" poiché per parte mia (si parva licet...) il tempo é una misura (relazione quantitativa) fra eventi, così come lo sono la lunghezza, l' area, il volume, la massa, ecc.: indipendente dal divenire, dal succedersi degli eventi non esiste, e nemmeno può essere inteso sensatamente, come anche quelle indipendentemente dall' esistenza degli enti
Ma mi pare, se non ti fraintendo, che lo sia anche per te.
Direi che tempo e spazio (e massa, e tanti altri concetti) sono relazioni (quantitative) fra enti/eventi (misure di essi).
Citazione di: Apeiron il 14 Aprile 2018, 16:26:38 PM
Ciao!
Ok capisco. In sostanza ragioni in modo che vagamente ricorda alle categorie aristoteliche (?) di potenza e atto. Il quadro "esiste" """in potenza""" nelle tessere del puzzle se esse vengono disposte in un certo modo. Ergo se il determinsimo è una proprietà del mondo classico deve essere "presente" allo stesso modo del quadro nel mondo quantistico.
Ma se ho capito bene adesso, non credo di aver travisato troppo nella mia risposta di ieri. Infatti l'unica differenza è che nella mia mente "emergente" significa che una proprietà "appare" ad una certa scala e non che in modo "latente/in potenza" esiste già nel livello fondamentale.
Ho capito meglio adesso? :)
Quell'unica differenza era importante metterla in chiaro. ;)
Non sono d'accordo invece quando dici:
-
Sono "oggettivi" non nel senso che sono necessariamente proprietà delle "cose" ma sono "oggettivi" nel senso di "intersogettivi": ovvero si può avere un accordo tra i soggetti.-
Sempre seguendo quello che io credo di aver capito dell'idea di Einstein, sono
oggettivi perche sono
proprietà delle cose. Il realismo si realizza presupponendo che le proprietà siano
intrinseche a prescindere che siano osservate o meno, da uno o da una multitudine di persone.
L'osservazione non è importante quindi. Sono cosi in ogni istante, o diverse in ogni istante, per un preciso motivo intrinseco (il determinismo).
Se per il primo elemento ( il realismo) sembra che abbia avuto torto Einstein (almeno se Bell, il suo teorema e gli esperimenti al seguito, non siano stati falsati da qualche problema non rilevato) per quanto riguarda il determinismo le cose non sono cosi nette (o chiare). Einstein era convinto che il determinismo si realizzava solo esclusivamente se gli oggetti fossero connessi localmente. Siccome questi "oggetti" (che oggetti non sono) possono essere anche molto distanti tra loro, allora
l'idea classica ci porta a ipotizzare che in realtà loro interagiscano in modo determinato
non-localmente. Non cade il determinismo supponendo che gli "oggetti" (quantistici) interagiscano a distanza. Altrimenti il problema è ipotizzare un mondo completamente differente da quello che conosciamo, ma anche se la fantasia non manca, mi sembra che non l'aiuta la matematica al seguito. In altre parole il mondo che ne esce sarebbe completamente senza senso...
Ora, dire che il mondo non deve per forza avere un senso, o meglio non deve per forza essere compreso da l'
ente umano, è l'opinione (secondo il mio punto di vista) di che si astiene ad avere un'opinione. E secondo me (o secondo quello che ho compreso io) questa era l'idea di Bohr.
Mi sembra che non solo il determinismo, ma anche il realismo sia del tutto compatibile con la M Q (anche se non nell' interpretazione conformistica); che solo il localismo (il realismo locale in quanto locale e non in quanto realismo) non lo sia.
Citazione di: sgiombo il 15 Aprile 2018, 09:10:46 AM
Mi sembra che non solo il determinismo, ma anche il realismo sia del tutto compatibile con la M Q (anche se non nell' interpretazione conformistica); che solo il localismo (il realismo locale in quanto locale e non in quanto realismo) non lo sia.
Non so quale sia l'interpretazione non-conformistica di cui parli.
Il realismo, secondo quello che ne ho capito io, è stato bocciato dagli esperimenti. C'è sempre la possibilità che esista un errore da qualche parte, ma fino a che quel errore (se c'è) non viene trovato, penso che non si possa riesumare il realismo alla Einstein. Parliamo comunque di sistemi quantistici e no di sedie o armadi, anche se, come faceva notare mi sembra anche Aperion, non è chiaro ancora il limite classico.
Il realismo all'interno della m.q. credo si possa sintetizzare con qualche esempio. Se il sistema fosse intrinsecamente una descrizione quantistica, non avremmo proprietà definite ma solo una somma di proprietà. Io li ho chiamate proprietà ma vengono chiamate "stati". °Devo essere sincero, la matematica al seguito è sempre un po piu complessa di come la si può rendere in forma verbale. Ed è chiaro che all'interno di quel lessico è possibile forse trovare la giusta dimensione al concetto di realismo mio, tuo o di quello di Einstein. Io posso solo riportare una mia umile interpretazione del realismo di Einstein.
Veniamo all'esempio (che magari è un'analogia da non prendere alla lettera):
assumiamo che si abbia un sistema X esso è descritto da una funzione d'onda. Posizione, momento, energia ecc. sono descritti da quella funzione d'onda.
Ammettiamo di semplificarci la vita e prendiamo due proprietà che ci inventiamo per renderci il problema piu semplice. Ammetiamo che il sistema abbia la proprietà di essere sinistroide o destroide. La funzione d'onda descrive questa situazione come la somma di S(sinistroide) + D(destroide).
La funzione d'onda non dice che il sistema è in ogni istante una o l'altra, ma sostiene che il sistema sia la somma di stati.
Ora... dobbiamo considerare che noi questi sistemi non li stiamo osservando. Sono descritti dalla funzione d'onda, possono cambiare nel tempo, ma senza che esista una procedura di misura. Per cui chiedersi se il sistema abbia o meno una proprietà in ogni istante o sia descrivibile solo come una somma di stati, è un problema filosofico. La fisica interviene soltanto nel momento in cui si decide di misurare la proprietà, e quella sicuramente sarà una proprietà definita.
Veniamo ad Einstein. Lui dice (secondo la mia spicciola interpretazione): ok, abbiamo una bella descrizione matematica, ma in realtà il sistema, anche se non lo osserviamo, ha sempre una sola proprietà per volta.
Ma il bello deve ancora venire. Ammettiamo invece che il sistema sia effettivamente indefinito prima che sia osservato, come ne veniamo fuori in caso esistano due sistemi identici (effettivamente esistono, ed Einstein lo sapeva, sono quelli entangled) che devono correlarsi durante la misura? A quel punto, sosteneva Einstein, i due sistemi (che possono essere molto lontani fra loro) dovrebbero "parlarsi", comunicare in qualche modo, per giungere alla correlazione perfetta. Siccome ciò (la comunicazione non-locale) è improponibile (per Einstein penso fosse la cosa peggiore) evidentemente la m.q. quantistica si rente incompleta di quei passaggi fondamentali che segnano un filo conduttore fra ciò che descrive la funzione d'onda e la misura di una proprietà del sistema.
Bell trovò un modo per rendere compatibile l'impossibilità di andare a guardare dentro i sistemi senza per forza andarli a misurare e l'esigenza di Einstein, che ho appena descritto, di trovare il realismo. Bell ha trovato un teorema (anche abbastanza semplice, ma dovrete andarlo a studiare da soli :P ) e ha stabilito un limite. All'interno di questo limite ha ragione Einstein oltre questo limite ha ragione la meccanica quantistica. Tutti gli esperimenti effettivamente fatti fino ad ora hanno dato torto ad Einstein. Se non ci sono errori quindi il realismo alla Einstein sarebbe improponibile e i sistemi quantistici, caso mai siano tra loro in comunicazione, hanno un comportamento non-locale.
Ringrazio @Iano e @sgiombo per l'apprezzamento. ;D :-[ ;D
Comunque....
Citazione di: sgiombo il 14 Aprile 2018, 21:29:53 PMQuello di "tempo" come "sfondo" degli eventi e del divenire (da essi indipendente) mi sembra il tempo assoluto di Newton; che personalmente ritengo una sorta di "forzatura teorica" poiché per parte mia (si parva licet...) il tempo é una misura (relazione quantitativa) fra eventi, così come lo sono la lunghezza, l' area, il volume, la massa, ecc.: indipendente dal divenire, dal succedersi degli eventi non esiste, e nemmeno può essere inteso sensatamente, come anche quelle indipendentemente dall' esistenza degli enti Ma mi pare, se non ti fraintendo, che lo sia anche per te. Direi che tempo e spazio (e massa, e tanti altri concetti) sono relazioni (quantitative) fra enti/eventi (misure di essi).
Esatto! quando si nega l'esistenza del "tempo" (e dello "spazio") non si nega il mutamento (e per quanto riguarda lo spazio le posizioni relative ecc). Il mutamento/cambiamento sono
reali. Il problema è quando si parla del tempo (e dello spazio) come una realtà a sé stante, indipendente dagli "oggetti", "eventi" ecc.
In assenza di mutamento secondo me c'è l'"eternità" non intesa come "durata infinita" bensì come "indipendenza dal tempo"/"a-temporalità" ovvero "assenza di cambiamento" e così via. Noi stessi percepiamo il "flusso del tempo", secondo me, a causa del mutamento. Se il mutamento si arrestasse allora che il "tempo" sparirebbe.
Quindi la vera domanda che ci dobbiamo porre è: esiste un "ente" denominato "tempo" all'infuori dei mutamenti e delle relazioni tra gli eventi?
(stessa domanda per lo spazio).
A mio giudizio no. Sono però concetti su cui si basa la nostra "immagine del mondo", "a-priori" in questo senso.
Citazione di: sgiombo il 15 Aprile 2018, 09:10:46 AMMi sembra che non solo il determinismo, ma anche il realismo sia del tutto compatibile con la M Q (anche se non nell' interpretazione conformistica); che solo il localismo (il realismo locale in quanto locale e non in quanto realismo) non lo sia.
Anche se non sono d'accordo con te nel mettere tutti i "Copenaghisti" all'interno di un'unico "blocco" di interpreti, hai ragione. La MQ di per sè è compatibile non solo col realismo ma anche col determinismo, come ha ben mostrato il lavoro di Bohm, Bell e molti altri.
Citazione di: Il_Dubbio il 14 Aprile 2018, 22:59:22 PM
Citazione di: Apeiron il 14 Aprile 2018, 16:26:38 PMCiao! Ok capisco. In sostanza ragioni in modo che vagamente ricorda alle categorie aristoteliche (?) di potenza e atto. Il quadro "esiste" """in potenza""" nelle tessere del puzzle se esse vengono disposte in un certo modo. Ergo se il determinsimo è una proprietà del mondo classico deve essere "presente" allo stesso modo del quadro nel mondo quantistico. Ma se ho capito bene adesso, non credo di aver travisato troppo nella mia risposta di ieri. Infatti l'unica differenza è che nella mia mente "emergente" significa che una proprietà "appare" ad una certa scala e non che in modo "latente/in potenza" esiste già nel livello fondamentale. Ho capito meglio adesso? :)
Quell'unica differenza era importante metterla in chiaro. ;) Non sono d'accordo invece quando dici: -Sono "oggettivi" non nel senso che sono necessariamente proprietà delle "cose" ma sono "oggettivi" nel senso di "intersogettivi": ovvero si può avere un accordo tra i soggetti.- Sempre seguendo quello che io credo di aver capito dell'idea di Einstein, sono oggettivi perche sono proprietà delle cose. Il realismo si realizza presupponendo che le proprietà siano intrinseche a prescindere che siano osservate o meno, da uno o da una multitudine di persone. L'osservazione non è importante quindi. Sono cosi in ogni istante, o diverse in ogni istante, per un preciso motivo intrinseco (il determinismo). Se per il primo elemento ( il realismo) sembra che abbia avuto torto Einstein (almeno se Bell, il suo teorema e gli esperimenti al seguito, non siano stati falsati da qualche problema non rilevato) per quanto riguarda il determinismo le cose non sono cosi nette (o chiare). Einstein era convinto che il determinismo si realizzava solo esclusivamente se gli oggetti fossero connessi localmente. Siccome questi "oggetti" (che oggetti non sono) possono essere anche molto distanti tra loro, allora l'idea classica ci porta a ipotizzare che in realtà loro interagiscano in modo determinato non-localmente. Non cade il determinismo supponendo che gli "oggetti" (quantistici) interagiscano a distanza. Altrimenti il problema è ipotizzare un mondo completamente differente da quello che conosciamo, ma anche se la fantasia non manca, mi sembra che non l'aiuta la matematica al seguito. In altre parole il mondo che ne esce sarebbe completamente senza senso... Ora, dire che il mondo non deve per forza avere un senso, o meglio non deve per forza essere compreso da l'ente umano, è l'opinione (secondo il mio punto di vista) di che si astiene ad avere un'opinione. E secondo me (o secondo quello che ho compreso io) questa era l'idea di Bohr.
Esatto, il "realismo" in fisica per Einstein è la posizione per cui le proprietà osservabili sono intrinseche all'oggetto. Bohr ha cercato di mantenere una forma di "realismo". Tuttavia nella versione di Bohr le proprietà osservabili non sono intrinsiche agli oggetti.
Ad ogni modo Bell (che era un sostenitore dell'interpretazione di Bohm) non ha escluso il realismo, bensì il "realismo locale" *, ovvero la posizione secondo cui le proprietà osservabili sono "intrinsiche" agli oggetti (ovvero ha senso parlare di "posizione" dell'atomo anche quando non lo si osserva) e che le interazioni tra le particelle possano avere come velocità limite quella della luce. Come ho scritto nella risposta a @sgimbo la MQ di per sé non esclude il determinismo e il realismo (nemmeno nella combinazione "determinismo e realismo") ma solo il realismo locale. Tolta la località hai un realismo determinista.
Comunque, forse (prendi quando segue con le pinze) la tua nozione di "emergenza" può essere compatibile con l'interpretazione di Copenaghen. Ma con ciò ti avvicini pericolosamente ad una qualche forma di realismo - o anche "platonismo" - matematico (non che a me tale posizione mi dispiaccia... come ho già detto in altri lidi nel Forum, il platonismo mi attrae veramente molto 8) ). In sostanza il risultato sperimentale sarebbe una sorta di "esemplificazione" del "mondo quantistico" (in modo simile alla filosofia platonica). In realtà lo stesso Heisenberg - almeno in una fase della sua vita - era propenso per dare un'interpretazione platonica (in fin dei conti gli elettroni sono tutti uguali, i quark up tutti uguali ecc proprio come le "idee"... ecc ecc ::) ::) ::) ).
Citazione di: Apeiron il 16 Aprile 2018, 22:39:05 PM
Ad ogni modo Bell (che era un sostenitore dell'interpretazione di Bohm) non ha escluso il realismo, bensì il "realismo locale" *, ovvero la posizione secondo cui le proprietà osservabili sono "intrinsiche" agli oggetti (ovvero ha senso parlare di "posizione" dell'atomo anche quando non lo si osserva) e che le interazioni tra le particelle possano avere come velocità limite quella della luce. Come ho scritto nella risposta a @sgimbo la MQ di per sé non esclude il determinismo e il realismo (nemmeno nella combinazione "determinismo e realismo") ma solo il realismo locale. Tolta la località hai un realismo determinista.
No, apeiron non ho capito in cosa consista il realismo non-locale.
Forse c'è una parte che non abbiamo ancora scritto ma che va accennato. Solitamente si fa riferimento a delle variabili nascoste. Quel che ho capito io è che queste variabili dovrebbero essere una sorta di istruzione che hanno le particelle di mostrarsi in un modo o in un altro.
Ad esempio variabili nascoste classiche conosciute sono ad esempio per la monetina: la velocità di rotazione la distanza della moneta alla terra, il vento ma anche il sistema di rilevamento (ovvero lo stesso strumento di misura). Noi non possiamo conoscere queste variabili nel mondo quantistico, ma se esistessero determinerebbero un risultato o un altro. Nulla di stupefacente. Ma lo dice anche Bell. Einstein metteva come presupposto il fatto che uno strumento di misura non potesse influenzare non-localmente quello lontano. Per cui non potevano coesistere realismo e località nel senso di Einstein.
Quello che sostieni tu invece sembra essere un non-localismo non dei sistemi quantistici ma di tutti gli apparati di misura. Solo a quel punto potrebbe coesistere realismo con la non-località. La vedo molto piu contorta la cosa... ma dopo tutto sono in grado di dire che non l'ho capita, per cui il mio stupore è amplificato ;D .
Citazione di: Il_Dubbio il 16 Aprile 2018, 23:08:32 PMNo, apeiron non ho capito in cosa consista il realismo non-locale.
Dipende dalle definizioni che dai alle parole, in realtà ;)
Per Bohr gli atomi erano "reali", nel senso che esistevano anche quando non osservati. Filosoficamente era un realista.
Ma per "realismo" in fisica si intende un'altra cosa, ovvero che che le proprietà "osservabili" degli oggetti sono proprietà degli oggetti anche quando non sono osservate. Ed è proprio qui che Bohm differisce da Bohr: secondo Bohm gli atomi non solo sono reali nel senso "filosofico/ontologico/meta-fisico" (come per Bohr) ma anche dal punto di vista della definizione di "reale" che viene usata nel campo della fisica. In sostanza per
Bohm ha senso parlare di "posizione" degli atomi anche quando non vengono osservati mentre per
Bohr no.
In fisica per "realismo non-locale", da quanto mi risulta, si intende quella posizione per cui è vero il "realismo" (come viene definito in fisica) e la "non-località". La non-località è la posizione per cui è possibile che gli oggetti si influenzano a velocità superluminali. La teoria di Bohm in questo senso è "realista" e "non-locale" come la teoria di Newton della gravità (a differenza della quale, però, nel caso della teoria di Bohm l'"interazione" dovuta all'entanglement è
indipendente dalla distanza).
Come dicevo a @sgiombo recentemente il famoso fisico Gerardus t'Hooft ha proposto una versione "realista" e "locale" della MQ utilizzando una "scappatoia"* che permette di evitare la conclusione del teorema di Bell (che in realtà fu riconosciuta dallo stesso Bell). In sostanza si può mantenere la località e il realismo se si assume che tutte le particelle dell'universo sono correlate e che tale correlazione sia stata "impressa" all'inizio della storia dell'universo in modo che l'"interazione a distanza" sia solo un'apparenza dovuta al fatto che non vediamo le cose "da fuori".
*vedi: https://en.wikipedia.org/wiki/Superdeterminism
Citazione di: Il_Dubbio il 16 Aprile 2018, 23:08:32 PM
Forse c'è una parte che non abbiamo ancora scritto ma che va accennato. Solitamente si fa riferimento a delle variabili nascoste. Quel che ho capito io è che queste variabili dovrebbero essere una sorta di istruzione che hanno le particelle di mostrarsi in un modo o in un altro. Ad esempio variabili nascoste classiche conosciute sono ad esempio per la monetina: la velocità di rotazione la distanza della moneta alla terra, il vento ma anche il sistema di rilevamento (ovvero lo stesso strumento di misura). Noi non possiamo conoscere queste variabili nel mondo quantistico, ma se esistessero determinerebbero un risultato o un altro. Nulla di stupefacente. Ma lo dice anche Bell. Einstein metteva come presupposto il fatto che uno strumento di misura non potesse influenzare non-localmente quello lontano. Per cui non potevano coesistere realismo e località nel senso di Einstein. Quello che sostieni tu invece sembra essere un non-localismo non dei sistemi quantistici ma di tutti gli apparati di misura. Solo a quel punto potrebbe coesistere realismo con la non-località. La vedo molto piu contorta la cosa... ma dopo tutto sono in grado di dire che non l'ho capita, per cui il mio stupore è amplificato ;D .
Come ben osservi tu le "variabili nascoste" sono velocità di rotazione ecc, ovvero tutte quantità osservabili in ogni momento (anche in linea di principio) che però in un determinato esperimento non vengono osservate (e conosciute). In MQ le variabili "nascoste" sono anch'esse grandezze osservabili come posizione e velocità.
Bohr ti dice che al di fuori dell'osservazione non ha senso parlare di "posizione" dell'elettrone. Bohm ritiene invece che invece l'elettrone ha
sempre una posizione ben definita che noi però non possiamo osservare (nemmeno in linea di principio).
Riguardo alla non-località: per Bohm l'informazione - ovvero la connessione causale - si propaga a velocità superluminale (tuttavia siccome noi non possiamo osservare niente di tutto ciò, non possiamo utilizzarla per comunicare, per esempio.). Per Bohm il fatto che Alice sa che se osserva lo spin "positivo" (poniamo il caso di un elettrone) Bob comunicherà di aver osservato uno spin "negativo" è dovuto al fatto che c'è un'interazione tra le particelle superluminale.
Per Bohr invece tra i risultati degli esperimenti c'è solo una correlazione: nessuna informazione viene trasmessa "tra gli oggetti". Uno sperimentatore può prevedere quello che l'altro
comunicherà. Per Bohr il fatto che Alice sa che se osserva lo spin "positivo" Bob comunicherà di aver osservato uno spin "negativo" è dovuto ad una semplice correlazione. Tra i due sistemi non c'è alcuna connessione causale, nessuno scambio di informazioni (a parte ovviamente il messaggio che Bob invia ad Alice che ovviamente non può andare oltre la velocità della luce). [Se ti sembra una spiegazione incompleta non ti posso dar torto...]
Ad ogni modo, vorrei far notare come per un fisico "scambio di informazioni" = "relazione causale". Se c'è uno scambio di informazione nell'entanglment (reale e non apparente come il caso del superdeterminismo di t'Hooft) allora è vera la non-località. Se non c'è allora la località è "salva",
Mi trovo in uno stato mentale insolito.
Mi sembra di non aver capito niente ma di aver intuito tutto.😅
Continuo ad essere d'accordo con Bohr comunque , perché le sue ipotesi mi sembrano più semplici , e le altre inutilmente complicate.
Mi pare che abbia a che fare col,rasoio di Occam.
E quindi direi che , se Bohr ha ragione , si verifica che semplificememte non è semplice semplificare , ma vale come capire.
Continuando nel voluto gioco di parole possiamo anche non capire cosa significhi capire.
Ma si può aggirare l'ostacolo e chiedersi quali conseguenze fattive comporta il capire qualcosa.
Comporta la possibilità di maneggiare la materia compresa con maggior maestria e disinvoltura.
Un agire dove si riducono al minimo quegli imtoppi che possono venire dal farsi troppe domande.
C'è un tempo per dubitare e uno per agire , e meno questi tempi si sovrappongono meglio è.
Notate che volutamente non ho detto che c'è un tempo per la certezza , contrapposto al tempo del dubbio.
Se poi si vuol dire che quando tutto fila liscio si procede con certezza , se è un modo di dire OK.
Purché ciò non diventi a sua volta ostacolo alla riattivazione del dubbio quando occorra.
E prima o poi arriva sempre il momento che occorre.
In effetti possiamo eliminare tutto ciò che serve a semplificare il quadro , perché ciò che oggi togliamo un giorno abbiamo aggiunto, e per gli stessi fini.
Purtroppo temo sappiamo come fare a togliere oggi , ma non sappiamo come abbiamo fatto ad aggiungere allora , e non sappiamo quindi come aggiungere oggi ciò che renderebbe soddisfacente una interpretazione della MQ.
Non ci arriviamo certo ricombinando vecchi concetti come tirassimo un dado per trovare la combinazione vincente.
Possiamo togliere vecchi concetti, negandoli.
Si chiamano non località, non questo è non quello , infatti.
Ma non sono nuovi concetti , ma la negazione di vecchi , e sembra utile poterli negare eventualmente.
Ma come si faccia a costruire concetto ex novò non sappiamo.
Sappiamo solo che in qualche modo in un certo tempo lo abbiamo fatto.
Citazione di: Apeiron il 18 Aprile 2018, 12:44:52 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 16 Aprile 2018, 23:08:32 PMNo, apeiron non ho capito in cosa consista il realismo non-locale.
Dipende dalle definizioni che dai alle parole, in realtà ;)
Per Bohr gli atomi erano "reali", nel senso che esistevano anche quando non osservati. Filosoficamente era un realista.
Ma per "realismo" in fisica si intende un'altra cosa, ovvero che che le proprietà "osservabili" degli oggetti sono proprietà degli oggetti anche quando non sono osservate. Ed è proprio qui che Bohm differisce da Bohr: secondo Bohm gli atomi non solo sono reali nel senso "filosofico/ontologico/meta-fisico" (come per Bohr) ma anche dal punto di vista della definizione di "reale" che viene usata nel campo della fisica. In sostanza per Bohm ha senso parlare di "posizione" degli atomi anche quando non vengono osservati mentre per Bohr no.
Su questo siamo d'accordo. Penso di averlo gia detto in molti post. Il problema è a monte o a valle (relativamente a chi guarda ;D )
Citazione di: Apeiron il 18 Aprile 2018, 12:44:52 PMIn fisica per "realismo non-locale", da quanto mi risulta, si intende quella posizione per cui è vero il "realismo" (come viene definito in fisica) e la "non-località". La non-località è la posizione per cui è possibile che gli oggetti si influenzano a velocità superluminali. La teoria di Bohm in questo senso è "realista" e "non-locale" come la teoria di Newton della gravità (a differenza della quale, però, nel caso della teoria di Bohm l'"interazione" dovuta all'entanglement è indipendente dalla distanza).
Ci sarà sicuramente qualcosa non detta comunque poco chiara.
Avendo detto che esisterebbero due particelle distanti che una volta osservate correlano le loro proprietà, il punto è:
1) se le proprietà non sono reali vuol dire che per rimanere correlate devo scambiarsi l'informazione.
2) se le proprietà sono reali non c'è bisogno di uno scambio di informazioni
Per reali si intende dire che le proprietà che vengono osservate sono possedute dalle particelle quando sono allontanate fra di loro e quindi prima che siano osservate. Se queste non sono possedute, le proprietà sono non-reali (un po come lo spaghetto nel mio esempio). Se però la proprietà si realizza durante la misura dovendo, esistere una correlazione fra le due particelle distanti, vuol dire che le due particelle comunicano il loro stato anche piu velocemente della luce, anzi diciamo "SENZA TEMPO" (per ritornare in tema :P ).
Poi...veniamo al dunque:
Tu scrivi: "
Riguardo alla non-località: per Bohm l'informazione - ovvero la connessione causale - si propaga a velocità superluminale"
Il problema che non capisco è che se per Bohm le proprietà delle particelle sono reali (nel senso fisico) non hanno bisogno di spedire l'ìnformazione a velocità superluminale. Ovvero se entrambe le particelle in ogni istante hanno la stessa proprietà (sono identiche per questo motivo) non fa differenza cosa succede durante una misura, per cui le particelle sono sempre correlate. La misura attesta soltanto la correlazione.
Ma torniamo a Bohr
tu scrivi:
Per Bohr invece tra i risultati degli esperimenti c'è solo una correlazione: nessuna informazione viene trasmessa "tra gli oggetti". Uno sperimentatore può prevedere quello che l'altro comunicherà. Per Bohr il fatto che Alice sa che se osserva lo spin "positivo" Bob comunicherà di aver osservato uno spin "negativo" è dovuto ad una semplice correlazione. Tra i due sistemi non c'è alcuna connessione causale, nessuno scambio di informazioni (a parte ovviamente il messaggio che Bob invia ad Alice che ovviamente non può andare oltre la velocità della luce). [Se ti sembra una spiegazione incompleta non ti posso dar torto...]
checi sia una correlazione questo è incontestabile, il problema sono le premesse. Se si sostiene che le proprietà, che saranno successivamente misurate, non sono reali (non sono possedute), la loro successiva correlazione rimane inspiegata, almeno secondo una spiegazione comune, direi quasi banale.Se io te dobbiamo avere nella mano destra sempre una penna o rossa o blu quando saremo intervistati (facciamo questo esempio banale) e diciamo che prima dell'intervista ne io ne tu abbiamo una penna rossa o blu nella mano destra, vuol dire che se io sono intervistato con la penna blu tu avrai una penna blu (e non rossa) quando intervisteranno anche te. Chi fa le interviste non può comunicarsi questa informazione, ma potrei farlo io solo che al momento non esiste alcuna comunicazione possibile tra me e te... allora come fai ad avere la mia stessa penna blu?
La "non-località " è la posizione per cui è possibile che gli oggetti si influenzino a velocità superliminale.
Riflettiamo su questa frase riportata da Apeiron.
C'è un fenomeno e si cerca un concetto che lo spieghi , di cui la frase sembra essere solo un volenteroso abbozzo.
Ma se prendiamo alla lettera il termine non -località ciò che abbiamo è il contrario o la negazione del concetto di località che ci è ben noto......ma ci è veramente ben noto?
La località non è un punto sebbene in certi casi un punto ne sia una buona rappresentazione.
In questo caso usiamo una notazione precisa al posto di una nozione di località che in se' potrebbe essere vaga , ma la cosa funziona e possiamo rimandare l'eventuale problematicità del concetto a data da destinarsi.
La località non è neanche una precisa porzione di spazio , per quanto una precisa porzione di spazio , al pari di un punto, possa venirci in soccorso in altri casi.
E anche qui rimandiamo là problematicità del concetto, finché arriva il momento che non sembra più rimandabile.
Analizziamo la frase.
Abbiamo due oggetti.Ma è proprio così?
E se ne avessimo uno solo?
Se ne avessimo uno solo non abbiamo più bisogno di una velocità superliminare , e la relatività è salva.
Abbiamo un oggetto con una estensione insolita,è vero , ma questa estensione non è concettualmente diversa da quella di punto o di volume , o qualunque altro concetto geometrico convenga usare alla bisogna,e che abbiamo usato fin qui.
Il fatto che da un punto di vista operativo possa trattare il mio unico oggetto come se fossero due non significa che sono due.
Nessuno mi impedisce , se lo ritengo opportuno , di trattare un magnete come fosse due oggetti,le polarità del magnete.E se invece di chiamarsi polarità si chiamano spin , il concetto non cambia.
Non occorre dunque buttare a mare il concetto di località, e non certo perché è sacro è intoccabile,ma perché non occorre.
Se determinò una polarità di un magnete non ho bisogno di ipotizzare un informazione che giunga all'altro polo , perché si tratta di un unico oggetto.
Possiamo dire che c'è correlazione fra i due poli , anche se in genere non ci si esprime così.
Si parla semplicemente di una proprietà del magnete.
Il fatto che io non possa prevedere lo spin fa' il paio che io non possa prevedere la polarità finché non la misuro.Questo ultimo punto forse è criticabile e attendo le critiche di Apeiron.
Certo , se il nostro oggetto può essere rappresentato geometricamente al limite con l'intero universo , piuttosto che con un punto o altro supporto geometrico tascabile ,questo può disorientarci , in quanto lo strumento di misura da qualche parte dobbiamo piazzarlo ,e al confronto è lui che ci fa' la figura del puntino.
Abbiamo fin qui visto la questione dal punto di vista , problematico come tutti i punti di vista , del concetto di località.
Possiamo cambiare punto di vista riguardando le cose dal punto di vista del concetto di oggetto , al quale parimenti non manca la sua dose di vaghezza.
E guardando le cose da questo diverso punto di vista possiamo chiederci se l'abbozzo di frase che stiamo analizzando non possa essere riscritta meglio come una ridefinizione di oggetto , che tolga così a tale concetto almeno parte della sua vaghezza.
A onor del vero non so' neanche se il termine ridefinizione sia congruente.
In effetti io non conosco una definizione di oggetto , forse per mia ignoranza , e forse perché finora non ce n'è stato bisogno.
Gli oggetti finora , correggetemi se sbaglio , ci siamo limitati a percepirli e sono patrimonio del nostro senso comune.
Oggi , se i miei ragionamenti non sono lacunosi , abbiamo la,possibilità di tentarne una definizione esplicita , cioè di matematizzare un concetto rendendolo meno vago trovando al contempo una spiegazione soddisfacente per un fenomeno che , se ancora descrivibile a livello locale , sembra a dir poco invadente.
Più che un fenomeno che non sembra stare ne' in cielo né in terra , sembra stare in cielo e terra , e solo perciò,ma solo apparentemente sembra sfuggente rispetto al concetto di località'.
Di sicuro non è un fenomeno tascabile, mentre gli strumenti di misura continuano ad esserlo e forse da ciò nasce l'apparemte stranezza.
Trovo molto interessanti le ultime considerazioni de Il Dubbio (col quale dissento su quasi tutto in questa discussione).
E qui mi sbilancio su un terreno (l' entamglement quantisitico) che non conosco che dilettantisticamente, attraverso al divulgazione, esponendomi deliberatamente a possibili figuracce (se si vuole imparare a volte si deve avere il coraggio di far vedere quello che si é capito o meno di un argomento)..
Il Dubbio afferma:
che ci sia una correlazione questo è incontestabile, il problema sono le premesse. Se si sostiene che le proprietà, che saranno successivamente misurate, non sono reali (non sono possedute), la loro successiva correlazione rimane inspiegata, almeno secondo una spiegazione comune, direi quasi banale
Avendo detto che esisterebbero due particelle distanti che una volta osservate correlano le loro proprietà, il punto è:
1) se le proprietà non sono reali vuol dire che per rimanere correlate devo scambiarsi l'informazione.
2) se le proprietà sono reali non c'è bisogno di uno scambio di informazioni
Per reali si intende dire che le proprietà che vengono osservate sono possedute dalle particelle quando sono allontanate fra di loro e quindi prima che siano osservate. Se queste non sono possedute, le proprietà sono non-reali (un po come lo spaghetto nel mio esempio). Se però la proprietà si realizza durante la misura dovendo, esistere una correlazione fra le due particelle distanti, vuol dire che le due particelle comunicano il loro stato anche piu velocemente della luce, anzi diciamo "SENZA TEMPO"
Tu scrivi: "Riguardo alla non-località: per Bohm l'informazione - ovvero la connessione causale - si propaga a velocità superluminale"
Il problema che non capisco è che se per Bohm le proprietà delle particelle sono reali (nel senso fisico) non hanno bisogno di spedire l'ìnformazione a velocità superluminale. Ovvero se entrambe le particelle in ogni istante hanno la stessa proprietà (sono identiche per questo motivo) non fa differenza cosa succede durante una misura, per cui le particelle sono sempre correlate. La misura attesta soltanto la correlazione.
Ed effettivamente anche a me (o solo a me, se lo fraintendo) sembra (l' ho sempre pensato, ma questa é la prima volta che mi capita di poterlo proporre all' attenzione di un professionalmente competente in materia come Apeiron) che se la caratteristica rilevata (misurata) nella particella-onda "a" determina istantaneamente (o comunque a velocità infinita, in tempo 0 o comunque infinitamente piccolo) la analoga caratteristica nella particella-onda "b" a distanza finita, allora:
o ("a là Copenhagen") la caratteristica rilevata non era reale in maniera determinata prima dell' osservazione (non esisteva come "variabile nascosta", ma si trattava di "sovrapposizione", ammesso e non concesso da parte mia, con Schroedinger e il suo celebre gatto, che si tratti di un autentico concetto sensato) e viene creata (fatta essere reale) istantaneamente, unitamente con l' analoga della particella-onda "b" al moneto dell' osservazione (in "a");
oppure ("a là Einstein-de Broglie-Scroedibger") esiste una qualche (ulteriore) reale, determinata caratteristica di ciascuna particella-onda (correlata con quella della particella con cui essa é entangled: un' ulteriore variabile nascosta) tale che la misura su "a" semplicemente la "manifesta" o "rivela" (la fa conoscere e non la crea) in "a" stessa; ed essendo (ed essendo "sempre stata" indipendentemente dalla rilevazione o meno) tale caratteristica di "a" correlata con quella analoga di "b" (pure sempre esistita, ovviamente), quest' ultima non può che essere (e dunque "rivelarsi" alla prima osservazione che si compia) tale quale l' osservazione in "a" (o meglio: la sua oggettiva correlazione con l' analoga caratteristica di "a") impone che sia (o meglio: che "si riveli essere"; ed essere "sempre stata, indipendentemente da qualsiasi eventuale osservazione o meno).
In questo modo non si avrebbe nessuna trasmissione di informazione a distanza (tantomeno istantanea, o a velocità infinita) e si salverebbe (oltre al realismo e al determinismo, anche) il localismo "einstaeiniano".
Citazione di: Il_Dubbio il 18 Aprile 2018, 21:12:49 PM
Citazione di: Apeiron il 18 Aprile 2018, 12:44:52 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 16 Aprile 2018, 23:08:32 PMNo, apeiron non ho capito in cosa consista il realismo non-locale.
Dipende dalle definizioni che dai alle parole, in realtà ;)
Per Bohr gli atomi erano "reali", nel senso che esistevano anche quando non osservati. Filosoficamente era un realista.
Ma per "realismo" in fisica si intende un'altra cosa, ovvero che che le proprietà "osservabili" degli oggetti sono proprietà degli oggetti anche quando non sono osservate. Ed è proprio qui che Bohm differisce da Bohr: secondo Bohm gli atomi non solo sono reali nel senso "filosofico/ontologico/meta-fisico" (come per Bohr) ma anche dal punto di vista della definizione di "reale" che viene usata nel campo della fisica. In sostanza per Bohm ha senso parlare di "posizione" degli atomi anche quando non vengono osservati mentre per Bohr no.
Su questo siamo d'accordo. Penso di averlo gia detto in molti post. Il problema è a monte o a valle (relativamente a chi guarda ;D )
Citazione di: Apeiron il 18 Aprile 2018, 12:44:52 PMIn fisica per "realismo non-locale", da quanto mi risulta, si intende quella posizione per cui è vero il "realismo" (come viene definito in fisica) e la "non-località". La non-località è la posizione per cui è possibile che gli oggetti si influenzano a velocità superluminali. La teoria di Bohm in questo senso è "realista" e "non-locale" come la teoria di Newton della gravità (a differenza della quale, però, nel caso della teoria di Bohm l'"interazione" dovuta all'entanglement è indipendente dalla distanza).
Ci sarà sicuramente qualcosa non detta comunque poco chiara.
Avendo detto che esisterebbero due particelle distanti che una volta osservate correlano le loro proprietà, il punto è:
1) se le proprietà non sono reali vuol dire che per rimanere correlate devo scambiarsi l'informazione.
2) se le proprietà sono reali non c'è bisogno di uno scambio di informazioni
"Reale"= "proprietà che la particella ha sempre, indipendentemente se è osservata o meno"
Secondo me è il contrario:
1) se le proprietà non sono reali non c'è bisogno di scambio dell'informazione, questo perchè l'informazione scambiata sarebbe riferita a qualcosa, che appunto, non è reale. Dunque c'è una correlazione ma non una causazione.
2) se le proprietà sono reali, allora la modificazione di una proprietà di una particella influenza la modificazione della proprietà dell'altra parteicella. Visto che sono reali, c'è causazione.
Ad ogni modo, credo che questo discorso sia ancora in tema visto che stiamo parlando di un argomento che è molto controverso: se la MQ è veramente non-locale la tradizionale versione della RS (relatività speciale) è errata. Inoltre alcuni fisici stanno cercando di dimostrare che spazio e tempo sono proprietà emergenti dal mondo quantistico (entangled).
Citazione di: Il_Dubbio il 18 Aprile 2018, 21:12:49 PM
Poi...veniamo al dunque:
Tu scrivi: "Riguardo alla non-località: per Bohm l'informazione - ovvero la connessione causale - si propaga a velocità superluminale"
Il problema che non capisco è che se per Bohm le proprietà delle particelle sono reali (nel senso fisico) non hanno bisogno di spedire l'ìnformazione a velocità superluminale. Ovvero se entrambe le particelle in ogni istante hanno la stessa proprietà (sono identiche per questo motivo) non fa differenza cosa succede durante una misura, per cui le particelle sono sempre correlate. La misura attesta soltanto la correlazione.
Come sopra, se le proprietà non sono reali, allora non c'è alcuna influenza. Se sono reali invece, sì.
Citazione
Ma torniamo a Bohr
tu scrivi: Per Bohr invece tra i risultati degli esperimenti c'è solo una correlazione: nessuna informazione viene trasmessa "tra gli oggetti". Uno sperimentatore può prevedere quello che l'altro comunicherà. Per Bohr il fatto che Alice sa che se osserva lo spin "positivo" Bob comunicherà di aver osservato uno spin "negativo" è dovuto ad una semplice correlazione. Tra i due sistemi non c'è alcuna connessione causale, nessuno scambio di informazioni (a parte ovviamente il messaggio che Bob invia ad Alice che ovviamente non può andare oltre la velocità della luce). [Se ti sembra una spiegazione incompleta non ti posso dar torto...]
checi sia una correlazione questo è incontestabile, il problema sono le premesse. Se si sostiene che le proprietà, che saranno successivamente misurate, non sono reali (non sono possedute), la loro successiva correlazione rimane inspiegata, almeno secondo una spiegazione comune, direi quasi banale.
Su questo invece posso essere d'accordo, in parte. Infatti è vero che mentre per Bohm c'è una spiegazione molto intuitiva di questa correlazione, non c'è per Bohr. Ma è anche vero, da quanto ne so io, che le particlelle sono "correlate" per un motivo fisico. Ad esempio, se un decadimento produce due particelle queste saranno collegate (in realtà non sono un "esperto" di queste cose. Prendetele con le "dovute pinze"...) ecc.
In sostanza per un fisico "scambio di informazione = influenza causale".
Spero di aver risposto anche a @sgiombo.
@iano, allora un sistema
entangled è visto come "un sistema unico" e "non separabile" in MQ. Il problema è che se le "parti" hanno proprietà "reali" (vedi sopra) e la variazione della proprietà di una parte influenza l'altra,
c'è uno scambio di informazione e quindi la località è rigettata (a meno che non si tiri in ballo il "superdeterminismo").
La località, in realtà, è un principio molto "elegante" che spiega benissimo il motivo per cui veniamo influenzati da fenomeni "vicini" e così via.
Citazione di: Apeiron il 20 Aprile 2018, 14:59:47 PM
"Reale"= "proprietà che la particella ha sempre, indipendentemente se è osservata o meno"
Secondo me è il contrario:
1) se le proprietà non sono reali non c'è bisogno di scambio dell'informazione, questo perchè l'informazione scambiata sarebbe riferita a qualcosa, che appunto, non è reale. Dunque c'è una correlazione ma non una causazione.
2) se le proprietà sono reali, allora la modificazione di una proprietà di una particella influenza la modificazione della proprietà dell'altra parteicella. Visto che sono reali, c'è causazione.
Ad ogni modo, credo che questo discorso sia ancora in tema visto che stiamo parlando di un argomento che è molto controverso: se la MQ è veramente non-locale la tradizionale versione della RS (relatività speciale) è errata. Inoltre alcuni fisici stanno cercando di dimostrare che spazio e tempo sono proprietà emergenti dal mondo quantistico (entangled).
Bravo :P !!! e proprio qua che ti stavo portando. ;D (anche se quello scrivi non è esattamente quello che sto pensando io ma ci arrivo)
Era questo l'inghippo temporale che avevo accennato inizialmente ad epicurus.
Per dirimere la questione dobbiamo far riferimento all'ipotesi che le due misure siano fatte in situazione relativistica.
Come sappiamo due eventi lontani spazialmente per la relatività ristretta non possono essere "simultanei" in quanto appunto per esserlo dovrebbero avere un riferimento assoluto (che attualmente non c'è, ammesso di non concepire qualche essere fuori dell'universo che veda cosa accade all'interno, cosa per altro che ci porterebbe all'ipotesi che non vedrebbe accadere nulla...ma questa è un'altra storia).
Per cui le misure di due sistemi entangled, lontane spazialmente, avvengono (diciamo cosi...) in tempi relativi. Chi ha fatto per primo la misura? Non lo sappiamo. Anzi diciamo che non c'è un osservatore che agisce, in senso assoluto, prima di un altro osservatore.
Per cui chiedersi di chi sia la causa della correlazione non ha senso.
Spiegamolo meglio (almeno io ci tento):
Il sistema A è osservato nel tempo T dall'osservatore O. Esso è misurato con la proprieta P
A questo punto, a prescindere dalla nostra idea di realtà, cioè se il sistema prima dell'osservazione avesse o meno gia la proprietà osservata, gia con la realtività ristretta, è impossibile stabilire chi ha costretto il sistema alla misura della proprietà P. Potrebbe essere stato l'osservatore O oppure O1
Il dunque è: se non possiamo stabilire chi ha fatto la misura per primo, perche ci chiediamo se i sistemi si inviano o meno informazioni?
L'informazione dovrebbe essere un ente che viaggia nel tempo. Ma qui lo vediamo ad occhio nudo che il tempo scompare, per cui è ovvio che non ci sia alcun "invio" di informazione. Ma questo lo diciamo senza nemmeno dover stabilire se le proprietà siano o meno reali.
Per cui ciò che sembra non-reale è proprio l'invio di informazione. In questo senso non c'è una causazione, perche una causa precede sempre nel tempo l'effetto. Ma qui non abbiamo nulla che ci ricorda un prima o un dopo.
Rifacciamo (per chiarezza) l'esempio della penna rossa o blu nella mano destra.
Tu non sei ancora stato osservato. Sappiamo però che quando ti osserveranno avrai nella mano destra una penna (blu o rossa)
La stessa cosa diciamo per me. Io e te siamo entangled sulla mano destra.
Il realismo alla Einstein sostiene (da quello che ho capito io) che sia io che tu abbiamo gia la mano occupata da una penna e questa sarà o rossa o blu prima ancora della misura.
Se la proprietà invece non è reale per cui non è posseduta, diventa reale soltanto nel momento della misura (qui c'è il problema che accennavo inizialmente, la proprietà misurata è reale...altrimenti di cosa staremmo parlando?).
Una misura però è fatta nel tempo. Ma le due misure insieme non sono ne simultanee ne è possibile dire che una avvenga prima dell'altra.
A questo punto ciò che ci rimane è la sola correlazione (proprio come forse voleva dire Bohr).
A questo punto rimangono le variabili nascoste. Le proprietà non sono reali (inizialmente) ma esistono (come ipotesi) delle variabili che fanno si che il sistema A e il sistema B rimangano correlate. Il fatto è che comunque non c'è un invio di informazione tra il sistema A e B (aggiungendo al sistema quantistico anche il sistema macroscopico di rilevamento). Ciò che sarebbero reali a questo punto sono solo le variabili nascoste. Per cui questa sarebbe per me l'ipotesi di un sistema deterministico, realistico e locale.
Realistico nel senso che le correlazioni dipendono da variabili nascoste che appartengono localmente ai due sistemi; deterministico in quanto le proprietà emergono durante la misura e a causa di essa, locale nel senso che non esiste alcun invio di informazione (e questo è importante perchè non si comprende come ciò possa avvenire).
Purtroppo questa visione è stata bocciata dalle disuguaglianze di Bell. Per cui siamo punto e capo :(
@aperion
A seguito del mio precedente post potrei aggiungere solo una mia piccola proposta. Una spiegazione che forse si avvicinerebbe a quella di Bhor (anche se non credo sarebbe stato molto d'accordo).
Noi stiamo parlando di correlazioni. La correlazione è indubbiamente qualcosa di "automatico" previsto dalla teoria quantistica. Cioè se io ho una penna rossa nella mano destra tu devi per forza avere una penna come la mia quando sarai osservato perche noi siamo entangled sulla nostra mano destra. Se facessimo sempre questa misura sarebbe sicura al 100%.
Però il problema è che gli esperimenti di questo tipo non vengono fatte solo a colpo sicuro. Nel senso che se ci mettiamo d'accordo ok, constateremo sempre le correlazioni. Ma potremmo non metterci d'accordo e fare misure sulla mano sinistra o magari sul piede destro (tanto per rimanere nell'analogia anatomica).
Proprio questa modalità è prevista nel teorema di Bell.
Non entro molto nel dettaglio, ma se pensiamo (come stavi cercando di farmi pensare anche tu) che se le proprietà non sono reali non si scambiano informazioni (visto appunto che non sono reali). perchè non ritenere dopotutto che anche le correlazioni stesse non siano reali, per cui solo quando sono effettivamente misurate con certezza al 100% esse si dimostrano essere reali, mentre negli esperimenti previsti da Bell si "nascondono" nell'incertezza quantistica? Come infatti succede?
Citazione di: Apeiron il 20 Aprile 2018, 14:59:47 PM
Secondo me è il contrario:
1) se le proprietà non sono reali non c'è bisogno di scambio dell'informazione, questo perchè l'informazione scambiata sarebbe riferita a qualcosa, che appunto, non è reale. Dunque c'è una correlazione ma non una causazione.
2) se le proprietà sono reali, allora la modificazione di una proprietà di una particella influenza la modificazione della proprietà dell'altra parteicella. Visto che sono reali, c'è causazione.
Mi sono accorto di non essere stato molto chiaro nei miei precedenti post su un punto cardine.
Lo scambio di informazione avviene nel momento in cui la proprietà diventa reale. Non sono le proprietà non reali che si scambiano le informazioni (e su questo io credo di essere d'accordo), ma quelle reali, cioè quelle osservate.
Mi sono accorto di non averti risposto adeguatamente quindi lo ribadisco. Le due particelle si scambiano l'informazione sulla proprietà osservata. Se O osserva il sistema S nel tempo T, allora il sistema S1 deve possedere la stessa proprietà quando sarà a sua volta misurata. Al limite qua il problema è stabilire
quando e in
che modo S1 scopre la proprietà a lui assegnata.
Stimolato anche da Il Dubbio, chiedo soprattutto ad Apeiron, per la sua competenza in materia (anche se mi sembra che talora la sua modestia lo spinga un po' a minimizzarla) una spiegazione.
Se ho ben capito l' entanglement quantistico é il fatto che si creano (per trasformazione in materia massiva di materia energetica secondo quantità determinate e costanti, ovviamente: costante restando la quantità di materia complessiva) coppie di particelle-onde che restano indefinitamente "correlate" a qualunque distanza vengano a trovarsi, di modo che per certi determinati eventi che (si rilevi che) accadono nell' una di esse immediatamente (istantaneamente, contemporaneamente) accadono certi determinati eventi (in qualsiasi momento rilevabili) anche nell' altra, quale che sia la distanza fra di esse (e viceversa, ovviamente).
Mi sembra (per quel che ho capito, più o meno bene) che i casi di eventi istantaneamente correlati a distanza teoricamente considerati nei teoremi di Bell e successivamente confermati dagli esperimenti di Aspect e altri riguardino, per esempio, l' orientamento spaziale dello spin dell' "ente quantistico in quanto particella" o del piano di polarizzazione dell' "ente quantistico in quanto onda elettromagnetica".
Se fra due particelle-onde entangled "a" e "b" viene testata di "a", con esito positivo, la direzione dello spin o del piano di polarizzazione rispetto a una certa direzione arbitraria (se la particella-onda "si adatta" a quella direzione adeguando ad essa spin o piano di polarizzazione e attraversando l' apparato di rilevazione), allora immediatamente, (se si osserva, si trova che) anche la particella "b" "passa in quella direzione" (anche in essa il test ha esito positivo; o piuttosto, se ho ben capito -ma in ogni caso i termini del problema non cambiano- complementarmente "b" passa nella direzione opposta o perpendicolare a quella di "a", ovvero su "b" il test ha esito negativo); il contrario se il test sulla prima particella ha esito negativo; e viceversa se si testa rispetto a una certa direzione spaziale la particella-onda "b".
E questo, sempre se ho ben capito, viene spiegato ammettendo che l' accadere (o meno) della deviazione della direzione dello spin o del piano di polarizzazione dell' una delle due particelle-onde entangled determina istantaneamente, a qualsiasi distanza, un' uguale (o più probabilmente, se o ben capito, la "contraria" o perpendicolare) deviazione della direzione di tali parametri nell' altra.
Ora mi chiedo (ammesso che abbia capito decentemente i termini della questione): non si potrebbe in alternativa spiegare la cosa semplicemente ammettendo che ciascuna delle due particelle-onde presenti realisticamente e localmente (ciascuna ove si trova o transita in ogni momento) un certo parametro o caratteristica che potremmo chiamare la "propensione ad adattare o meno a una certa direzione dello spazio ruotandola in seno orario piuttosto che in senso antiorario o vivecersa, la direzione del proprio spin o del proprio piano di polarizzazione"; propensione ab origine (localmente) coordinata con l' altra particella-onda entangled, di modo che, deterministicamente e localmente, se tale parametro ha un certo valore (rivelabile con un apposito test attraverso una deviazione o meno nello spazio dello spin o del piano di polarizzazione) nell' una di esse "da sempre" o ab origine, allora nell' altra necessariamente ha lo stesso (o più probabilmente l' opposto) valore "da sempre" o ab origine, che ovviamente in qualsiasi momento lo si testi si rivelerà tale ottenendosi o meno un' analoga o più verosimilmente la contraria deviazione (cosicché una volta conosciuto quello dell' una se ne può con certezza molto facilmente dedurre quello dell' altra, secondo l' originale esperimento mentale EPR)?
Secondo questa ipotesi non accadrebbe che: per il fatto che, cimentando la particella-onda "a", questa modifica in un certo modo la direzione del suo spin o del suo piano di polarizzazione assumendo una determinata (nuova) direzione allora la particella-onda "b" istantaneamente a qualsiasi distanza assume la determinata direzione correlata.
Ma invece che: rivelata in qualsiasi momento quale sia la "propensione a modificare tale direzione" che la prima particella onda ha sempre posseduto ab origine assumendo o meno una determinata altra direzione, se ne può con certezza dedurre quale sia "la propensione a modificare tale direzione" che la seconda particella ha sempre posseduto ab origine in determinata correlazione (di concordanza o più verosimilmente di discordanza-contrarietà) con la "propensione" della prima, assumendo anch' essa una determinata altra direzione o meno se testata.
In questo modo ("per la gioia di Einstein") si salverebbero realismo, determinismo, e pure localismo
Cari @sgiombo e @Il_Dubbio. Perdonate la lunga attesa ma per varie ragioni non ho potuto. Spero di essere più veloce nelle prossime risposte, ma non posso garantirlo.
Ad ogni modo rispondo ad entrambi, prima ad Il_Dubbio e poi a sgiombo. Ma vi consiglio di leggere tutto il messaggio.
Qui inizia la risposta a Il_Dubbio:
CitazioneCome sappiamo due eventi lontani spazialmente per la relatività ristretta non possono essere "simultanei" in quanto appunto per esserlo dovrebbero avere un riferimento assoluto (che attualmente non c'è, ammesso di non concepire qualche essere fuori dell'universo che veda cosa accade all'interno, cosa per altro che ci porterebbe all'ipotesi che non vedrebbe accadere nulla...ma questa è un'altra storia).
Ebbene, per la relatività ristretta no. Per la teoria dell'Etere di Lorentz c'è il sistema di riferimento assoluto (ed è una teoria scientifica). Tralasciando ciò, il problema è che ognuno dei due osservatori misurerebbe una velocità di trasmissione dell'informazione superluminale.
CitazioneChi ha fatto per primo la misura? Non lo sappiamo
Ognuno dei due osservatori può stabilire, nel suo riferimento, chi ha fatto la misura per primo. In ambo i casi la velocità non ha alcun limite.
CitazioneIl dunque è: se non possiamo stabilire chi ha fatto la misura per primo, perche ci chiediamo se i sistemi si inviano o meno informazioni?
Lo stesso si può dire per le velocità "normali". Posso stabilire che un fotone è stato prodotto da un alieno nella galassia di Andromeda nel (mio) passato. Tuttavia anche in questo caso nella relatività ristretta non c'è un sistema di riferimento assoluto. Così se io invio un segnale alla galassia di Andromeda in risposta posso stabilire che nel mio riferimento il "mio" fotone arriva "dopo" il suo. Lo stesso vale per l'alieno che mi ha inviato il fotone per primo.
Con la non-località è problematico perché per entrambi la velocità di trasmissione è superluminale e quindi per me l'invio del segnale dalla galassia di Andromeda avviene nel mio futuro. Come vedi, a priori, non sto considerando il problema della "relatività" dei riferimenti, simultaneità. Il problema è che in relatività ristretta l'informazione non può viaggiare oltre alla velocità della luce, "pena" la retro-causalità (ovvero il futuro che influenza il passato – e alcuni fisici credono che effettivamente la MQ dica ciò).
CitazioneMa qui lo vediamo ad occhio nudo che il tempo scompare, per cui è ovvio che non ci sia alcun "invio" di informazione.
Il Tempo assoluto in relatività scompare, il "mio tempo" e il tempo dell'alieno della galassia di Andromeda, invece non scompaiono. Il problema delle velocità superluminali è proprio questo: si perde la coerenza causale in un singolo riferimento.
Citazione...Ma qui non abbiamo nulla che ci ricorda un prima o un dopo.
Se ciò fosse vero per le velocità superluminali, allora sarebbe vero anche per le velocità ordinarie.
Citazione
qui c'è il problema che accennavo inizialmente, la proprietà misurata è reale...altrimenti di cosa staremmo parlando?
Ovviamente è "reale" se per "reale" intendiamo come "inter-soggettiva". Se non fosse "reale" in questo senso la MQ non avrebbe senso. Quello che la interpretazione di Copenaghen nega è che le proprietà osservate siano "intrinseche" al sistema anche quando non è osservato. Un'analogia potrebbe essere quella della nostra "sensazione": abbiamo sensazioni visive, uditive, tattili, gustative, olfattive. Possiamo parlare (nota il plurale) di esse, possiamo fare "previsioni" su di esse (ad esempio possiamo dire che il gelato mi piacerà e così via), tuttavia è ben chiaro che in un certo senso tutte quelle cose sono nella nostra testa. Il gelato ha un gusto buono e di un determinato colore. Chiaramente queste proprietà non sono esattamente del gelato. "Introduco" qualcosa io. Ovviamente ciò non significa che in assenza di me il gelato sparisce.
CitazioneA questo punto ciò che ci rimane è la sola correlazione (proprio come forse voleva dire Bohr).
Corretto, credo. Per Bohr c'è solo la correlazione.
Citazione
Il fatto è che comunque non c'è un invio di informazione tra il sistema A e B (aggiungendo al sistema quantistico anche il sistema macroscopico di rilevamento). Ciò che sarebbero reali a questo punto sono solo le variabili nascoste. Per cui questa sarebbe per me l'ipotesi di un sistema deterministico, realistico e locale.
Certo che c'è l'invio dell'informazione. Le "variabili nascoste" in realtà sono le proprietà osservabili che tu assumi che "siano presenti" nel sistema anche quando non lo osservi. "Nascoste" in realtà è un nome fuorviante: tu, in realtà, osservi proprio ciò "che è reale". Non è locale perché la trasmissione è a velocità superluminale. Come dicevo l'unico modo per reintrodurre la località è il superdeterminismo: assumere che le correlazioni era già "stabilite" al tempo del Big Bang, ovvero dire che non c'è alcuna interazione – ma solo l'illusione di una interazione.
Citazione
Cioè se io ho una penna rossa nella mano destra tu devi per forza avere una penna come la mia quando sarai osservato perche noi siamo entangled sulla nostra mano destra. Se facessimo sempre questa misura sarebbe sicura al 100%.
Però il problema è che gli esperimenti di questo tipo non vengono fatte solo a colpo sicuro. Nel senso che se ci mettiamo d'accordo ok, constateremo sempre le correlazioni. Ma potremmo non metterci d'accordo e fare misure sulla mano sinistra o magari sul piede destro (tanto per rimanere nell'analogia anatomica).
Il problema è che la correlazione rimane anche se "modifico" la penna. Se la correlazione impone che le due penne sono uguali, significa che se io cambio le proprietà della mia la tua penna cambierà proprietà (per fare un esempio, una possibile conseguenza della non-località sarebbe che se perdo il tappo della penna, anche la tua penna magicamente perde il tappo). Ovviamente in meccanica classica ciò non avviene. Ma è precisamente – con i limiti dell'analogia – ciò che la non-località implicherebbe se valesse nel caso classico. Da queste cose puoi capire perchè la MQ era una sorta di incubo per i fisici dell'epoca.
Citazione
perchè non ritenere dopotutto che anche le correlazioni stesse non siano reali, per cui solo quando sono effettivamente misurate con certezza al 100% esse si dimostrano essere reali, mentre negli esperimenti previsti da Bell si "nascondono" nell'incertezza quantistica? Come infatti succede?
Le correlazioni sono tra i risultati delle misure, ergo negare le correlazioni sarebbe come negare l'evidenza.
Citazione
Lo scambio di informazione avviene nel momento in cui la proprietà diventa reale. Non sono le proprietà non reali che si scambiano le informazioni (e su questo io credo di essere d'accordo), ma quelle reali, cioè quelle osservate.
Giusto!
Citazione
Mi sono accorto di non averti risposto adeguatamente quindi lo ribadisco. Le due particelle si scambiano l'informazione sulla proprietà osservata. Se O osserva il sistema S nel tempo T, allora il sistema S1 deve possedere la stessa proprietà quando sarà a sua volta misurata. Al limite qua il problema è stabilire quando e in che modo S1 scopre la proprietà a lui assegnata.
Ripeto. Il problema non è trovare un tempo che vada per entrambi gli osservatori. Il problema è che l'inconsistenza è presente fin dalla misura di un osservatore. Se si toglie la "realtà delle proprietà" di cui parlavo, la comunicazione dei risultati dei due osservatori può avvenire, al massimo, con lo scambio di fotoni che hanno velocità c.
Qui finisce la risposta a @Il_Dubbio. Spero che sia completa ;)
Da qui inizia la risposta a @sgiombo:
Citazione
Stimolato anche da Il Dubbio, chiedo soprattutto ad Apeiron, per la sua competenza in materia (anche se mi sembra che talora la sua modestia lo spinga un po' a minimizzarla) una spiegazione.
Ti ringrazio dell'apprezzamento @sgiombo, ma vorrei vedere se nel Forum ci fossero altri fisici ;D Su questa particolare tematica comunque la mia comprensione non è molto più "elevata" di quella che avevo prima di conoscere la MQ all'università (e su certe cose non so molto di più di quando negli ultimi anni del liceo mi sono messo a leggermi e rileggermi in continuazione discussioni su questi temi nel sito "physicsforums"). Ad ogni modo, cerco di fare il mio meglio!
CitazioneMi sembra (per quel che ho capito, più o meno bene) che i casi di eventi istantaneamente correlati a distanza teoricamente considerati nei teoremi di Bell e successivamente confermati dagli esperimenti di Aspect e altri riguardino, per esempio, l' orientamento spaziale dello spin dell' "ente quantistico in quanto particella" o del piano di polarizzazione dell' "ente quantistico in quanto onda elettromagnetica"."
Ok.
Citazione
E questo, sempre se ho ben capito, viene spiegato ammettendo che l' accadere (o meno) della deviazione della direzione dello spin o del piano di polarizzazione dell' una delle due particelle-onde entangled determina istantaneamente, a qualsiasi distanza, un' uguale (o più probabilmente, se o ben capito, la "contraria" o perpendicolare) deviazione della direzione di tali parametri nell' altra.
Nel tuo esempio direi di sì, se assumi come dicevo che le proprietà sono intrinseche. Un Copenaghista ti direbbe che la correlazione è tra le misure: in sostanza la correlazione è, per così dire, "in potenza" e non in atto.
Per farti un esempio, considera le quantità di moto (che chiamerò in seguito anche "momento") anziché lo spin, che è più semplice:
avviene un decadimento a due particelle. Il decadimento nel mio riferimento avviene a riposo (ovvero nel mio riferimento la velocità della particella era nulla quando è decaduta). Chiaramente per la conservazione del momento, le particelle avranno una quantità di moto uguale in modulo e opposta in verso. Se una delle due attraversa un campo elettromagnetico (supponendo che siano cariche...) la sua quantità di moto cambia. Ma questo mutamento avviene anche per l'altra (questa è la non-località. Deriva dalla non-separabilità: ovvero non puoi considerare le due particelle come "separate"). Questo è quello che ti dice un Bohmiano. Un Copenaghista ti dice che le due particelle non hanno sempre una quantità di moto definita quindi in realtà non puoi dire che quando non la osservi il campo elettromagnetico ha mutato la quantità di moto. Quello che puoi dire è che una volta che la particelle è entrata nella regione del campo troverai una quantità di moto diversa da quella che ci sarebbe in assenza.
Citazione
"la direzione del proprio spin o del proprio piano di polarizzazione"; propensione ab origine (localmente) coordinata con l' altra particella-onda entangled, di modo che, deterministicamente e localmente, se tale parametro ha un certo valore (rivelabile con un apposito test attraverso una deviazione o meno nello spazio dello spin o del piano di polarizzazione) nell' una di esse "da sempre" o ab origine, allora nell' altra necessariamente ha lo stesso (o più probabilmente l' opposto) valore "da sempre" o ab origine, che ovviamente in qualsiasi momento lo si testi si rivelerà tale ottenendosi o meno un' analoga o più verosimilmente la contraria deviazione (cosicché una volta conosciuto quello dell' una se ne può con certezza molto facilmente dedurre quello dell' altra, secondo l' originale esperimento mentale EPR)?
Certo! Ma non è questa la questione, purtroppo o per fortuna. Altrimenti, se questo fosse il problema, sarebbero "entangled" anche la coppia di calzini destro e sinistro. Nel senso che se Alice porta il destro dall'altra parte del mondo, saprà, una volta che ha visto che si è portata solo il destro, che il sinistro è rimasto a casa e che il suo amico Bob lo troverà se andrà a cercarlo a casa sua. In realtà la non-località implicherebbe, se esistesse ipoteticamente nel mondo classico, che, per fare un esempio, se il calzino sinistro si rompe, il calzino destro, dall'altra parte del mondo, si rompe.
CitazioneMa invece che: rivelata in qualsiasi momento quale sia la "propensione a modificare tale direzione" che la prima particella onda ha sempre posseduto ab origine assumendo o meno una determinata altra direzione, se ne può con certezza dedurre quale sia "la propensione a modificare tale direzione" che la seconda particella ha sempre posseduto ab origine in determinata correlazione (di concordanza o più verosimilmente di discordanza-contrarietà) con la "propensione" della prima, assumendo anch' essa una determinata altra direzione o meno se testata.
Beh, t'Hooft ha fatto un ragionamento simile. In sostanza "ab origine" l'universo era "calibrato" (fine-tuned) in modo che sembra che la rottura del calzino sinistro influenzi il calzino destro dall'altra parte del mondo. Ma se non fai questa (artificiale) ipotesi, la non-separabilità implica la non-località se è unita al realismo.
https://www.physicsforums.com/threads/why-all-the-rejection-of-superdeterminism.904230/#post-5693447 qui è spiegato con un esempio "classico" (traduco):
"Supponi che qualcuno predice sempre correttamente i numeri estratti in una lotteria... Ma considera la seguente spiegazione alternativa: fa solo ipotesi, ma le condizioni iniziali dell'universo sono così calibrate [fine-tuned] che le sue ipotesi (determinate da processi deterministici nel suo cervello e nell'ambiente) sono perfettamente correlate con i processi deterministici e caotici che determinano i numeri della lotteria. Questa alternativa spiegazione sarebbe - superdeterminismo."
Spero anche che in questo caso la risposta sia completa ;)
Sto cercando di colmare le mie lacune sull'argomento.Ma quanto segue è di fatto solo una delle mie elucubrazioni, e ne sono l'unico responsabile.
Mi sembra di capire che la correlazione , ormai ampiamente provata sperimentalmente , dal punto di vista teorico è la conseguenza di una legge di conservazione, e nel nostro caso in particolare credo conservazione della quantità di moto.
Una legge di conservazione mi pare si riferisca in genere a un sistema che si considera idealmente isolato.
Pur evolvendosi è possibile individuare nel sistema quantità che "non si evolvono" , cioè rimangono costanti.
Questa costanza si ha finché il sistema rimane isolato.
Le varie parti del sistema stesso non sono isolate , quindi per ognuna di esse le quantità "si evolvono" con l'evoluzione dell'intero sistema.
Ora , posto che parlare di parti del sistema in modo generico , senza definirle , è un modo vago di dire , nessuno si sognerebbe di dire che una variazione in una parte del sistema sia la causa della variazione prevedibile in altra sua parte in base alla legge di conservazione.Oppure invece si?
Se vogliamo essere più rigorosi dovremmo definire queste parti , e l'unico modo per farlo è isolandole dal sistema stesso , ciò con la stessa tecnica con cui abbiamo definito il sistema stesso isolandolo idealmente dal resto del mondo.
I criteri di "isolamento" usati per i sotto sistemi non sono necessariamente uguali a quelli usati per il sistema intero,e le leggi di conservazione che possiamo sperimentare in ogni sottosistema , e nell'intero sistema , non saranno quindi necessariamente le stesse.
Se tutto questo ragionamento ha un senso , e non ci giuro , quando si creano due particelle a partire da una , conservandosi la quantità di moto o spin del sistema , possiamo considerare il sistema , nella sua evoluzione isolato idealmente ?
Un sistema imagino possa dirsi idealmente isolato a certi fini ed entro certi limiti , in quanto di fatto i sistemi isolati reali non esistono.
Eppure , certamente a causa della mia ignoranza, ho l'impressione che un sitema emtangled si consideri isolato di fatto , o meglio forse è isolato entro i limiti della nostra ignoranza, mentre normalmente un sistema si considera idealmente isolato nella misura in cui decidiamo di ignorare a nostri fini alcune cose che sappiamo su di lui.
Un sistema isolato è un sistema che non comunica con altri sistemi.
Questa è una condizione ideale che nel caso dell'emtemglememt diventa reale?
Reale nel senso che risulta dalle misure.
Non ho le idee molto chiare , ma spero di aver così sparpagliato anche le vostre. :o
Ricapitolando, si tende a considerare le leggi di conservazione come leggi universali , ma a me sembra che quando sperimento una legge di conservazione dentro un sistema definito , posso solo dire che il sistema è isolato solo entro i limiti della mia sperimentazione , e il fatti di sperimentare questi sistemi fa' sì che non si abbia l'impressione di vivere nel caos totale , come dire che , almeno entro certi limiti , il mondo non cambia.
Gli atomi di un gas entro un contenitore adiabatico sono l'esemplificaziome stessa del caos , e se il mondo è fatto di atomi allora non ci resta che dire che il mondo è governato dal caos.
Se possiamo dire che il mondo invece non è caotico invece è perché possiamo dire che il mondo è fatto anche di energia cinetica, la cui conservazione sembra introdurre un elemento dì razionalità dentro un caos solo apparente , elemento che può essere declinato in diversi modi , quale ad esempio una catena di cause ed effetti.
Però fino a un certo punto non mi pare che questa descrizione comportasse che gli atomi si scambiassero informazioni fra loro.
Dobbiamo iniziare a parlarne in questi termini?
Si , no?
Se no , in che senso ne parliamo nel caso dell'entemglememt?
Non è che alla fine il problema è solo nella nostra testa?
Quando pensiamo a un sitema isolato ci appare subito l' immagine di uno scatolone che lo contiene, reale o ideale che sia.
Ma un sistema non è isolato in quanto "contenuto " , ma in quanto possiamo sperimentare per esso leggi di conservazione.
Possiamo risolverla così? :'(
Il termine "contenuto " che ho usato potrebbe essere , come intuisco , un surrogato dì località?
Se è così allora , se un sistema per essere isolato nella nostra fantasia deve essere anche contenuto, non essendo ciò invece essenziale , allora stessa sorte toccherebbe alla località.
Quando partono le elucubrazioni ho una certa difficoltà ad arrestare.E allora....
Sappiamo che le particelle della materia sono diventate ultimamente l'emble,a del l'instabilità, ma se possiamo parlarne è perché sono comunque relativamente stabili , e sono stabili finché si comportano come un sistema isolato.
Possono essere immaginate esse stesse come costituite da parti la cui evoluzione però non esclude che qualcosa nel sistema si conservi, e la particella stessa è quel qualcosa che a noi sembra conservarsi , finché si conserva , finché il sistema rimane di fatto isolato.
Cosa ne pensate?
Adesso però , passo e chiudo veramente.
Citazione di: Apeiron il 27 Aprile 2018, 12:35:10 PM
CitazioneGrazie mille!
E non preoccuparti dei tempi delle tue risposte (mi auguro e ti auguro di campare ancora a lungo...).
Certo! Ma non è questa la questione, purtroppo o per fortuna. Altrimenti, se questo fosse il problema, sarebbero "entangled" anche la coppia di calzini destro e sinistro. Nel senso che se Alice porta il destro dall'altra parte del mondo, saprà, una volta che ha visto che si è portata solo il destro, che il sinistro è rimasto a casa e che il suo amico Bob lo troverà se andrà a cercarlo a casa sua. In realtà la non-località implicherebbe, se esistesse ipoteticamente nel mondo classico, che, per fare un esempio, se il calzino sinistro si rompe, il calzino destro, dall'altra parte del mondo, si rompe.
Beh, t'Hooft ha fatto un ragionamento simile. In sostanza "ab origine" l'universo era "calibrato" (fine-tuned) in modo che sembra che la rottura del calzino sinistro influenzi il calzino destro dall'altra parte del mondo. Ma se non fai questa (artificiale) ipotesi, la non-separabilità implica la non-località se è unita al realismo.
https://www.physicsforums.com/threads/why-all-the-rejection-of-superdeterminism.904230/#post-5693447 qui è spiegato con un esempio "classico" (traduco):
"Supponi che qualcuno predice sempre correttamente i numeri estratti in una lotteria... Ma considera la seguente spiegazione alternativa: fa solo ipotesi, ma le condizioni iniziali dell'universo sono così calibrate [fine-tuned] che le sue ipotesi (determinate da processi deterministici nel suo cervello e nell'ambiente) sono perfettamente correlate con i processi deterministici e caotici che determinano i numeri della lotteria. Questa alternativa spiegazione sarebbe - superdeterminismo."
CitazioneE se considerassimo l' ipotesi che l' entanlgement quantistico fosse analogo a quanto segue?
(In un mondo un po' pazzo: il "mondo quantistico"...) all' insaputa di Bob e di Aice, che sono ciechi, tutti i calzini di ciascun paio sono fatti di diversi colori, o rossi o blu (se il destro é rosso il sinistro é blu e viceversa); entrambi hanno un gatto (i nipotini di quello di Schroedinger) che per una sua idiosincrasia distrugge gli oggetti blu e fa le fusa a quelli rossi; Alice porta con sé dall' altra parte del mondo il calzino destro e blu di un certo paio, lasciando a Bob il sinistro e rosso; ora se alice fa vedere al suo gatto il proprio calzino e constata che questi lo distrugge può dire che se e quando Bob farà vedere il suo proprio calzino al suo proprio gatto questo gli farà le fusa.
Ma non perché la distruzione del calzino di Alice ha istantaneamente causato a distanza il fatto che quello di Bob sia oggetto delle fusa del rispettivo gatto, bensì invece perché il calzino di Bob era sempre stato rosso e i loro gatti hanno sempre odiato gli oggetti blu e amato gli oggetti rossi (a loro insaputa, essendo stata loro "nascosta" la variabile "colore di calzini")?
Può questo essere un modo corretto per cercare di comprendere l' ipotesi iperdeterministica di Tooft?
...Gatti "comunisti" (ho sempre adorato i piccoli felini domestici, quasi quanto ho sempre ammirato Lenin e Stalin; cioé da quando ragiono con la mia testa; infatti i miei genitori erano democristiani ai tempi della prima repubblica).
@sgiombo,
CitazioneCitazioneGrazie mille!
E non preoccuparti dei tempi delle tue risposte (mi auguro e ti auguro di campare ancora a lungo...).
Grazie! ricambio l'augurio ;)
Citazione(In un mondo un po' pazzo: il "mondo quantistico"...) all' insaputa di Bob e di Aice, che sono ciechi, tutti i calzini di ciascun paio sono fatti di diversi colori, o rossi o blu (se il destro é rosso il sinistro é blu e viceversa); entrambi hanno un gatto (i nipotini di quello di Schroedinger) che per una sua idiosincrasia distrugge gli oggetti blu e fa le fusa a quelli rossi; Alice porta con sé dall' altra parte del mondo il calzino destro e blu di un certo paio, lasciando a Bob il sinistro e rosso; ora se alice fa vedere al suo gatto il proprio calzino e constata che questi lo distrugge può dire che se e quando Bob farà vedere il suo proprio calzino al suo proprio gatto questo gli farà le fusa.
Ma non perché la distruzione del calzino di Alice ha istantaneamente causato a distanza il fatto che quello di Bob sia oggetto delle fusa del rispettivo gatto, bensì invece perché il calzino di Bob era sempre stato rosso e i loro gatti hanno sempre odiato gli oggetti blu e amato gli oggetti rossi (a loro insaputa, essendo stata loro "nascosta" la variabile "colore di calzini")?
Se fosse così non ci sarebbe alcun problema di "località". Quello che avviene al calzino blu non influenza ciò che avviene al calzino rosso ;) se così fosse nessun fisico avrebbe mai parlato di "spooky action at a distance" (azione terrificante (anzi, spettrale) a distanza). Come dicevo nel mio post di prima l'idea è che (per esempio) modificando la forma del calzino (possiamo immaginare che il gatto graffia il calzino... ;D ) portato via da Alice si modifica la forma di quello di Bob che è rimasto a casa.
Il
determinismo (Bohm)implica che una volta conosciute le "leggi della fisica" (le equazioni del moto) e fissate le condizioni "iniziali" (ovvero conosciuta la situazione ad un tempo t_0 generico) è possibile determinare l'evoluzione del sistema ad ogni tempo "t". Ci sono interazioni e scambi di informazioni ma tali interazioni e scambi di informazioni sono "inevitabili": la situazione è identica a quella delle familiari palle da biliardo. Utilizzando l'esempio del calzino: "
la modifica della forma del calzino blu causa la modifica della forma del calzino rosso".
Il
superdeterminismo (t'Hooft) ti dice, invece, che l'universo è "calibrato" in modo che ci sia l'apparenza delle interazioni. Nell'esempio di prima: "
la modifica della forma del calzino blu non causa la modifica della forma del calzino rosso. Tuttavia tutto avviene in modo che sembra avvenire il nesso causale: tra i due eventi c'è solo una correlazione". Puoi pensare alla critica di Hume del principio di causalità: non c'è causalità ma solo l'apparenza di causalità. Stando al ragionamento di Hume, uno potrebbe pensare che la causalità sia illusoria (da quanto mi risulta in realtà Hume non negava la causalità, ma diceva che non poteva essere dimostrata).
Un analogo del superdeterminismo in chiave classica: il movimento delle palle da biliardo non è
causato dalle interazioni dovute ai vari urti, ma tutte le palle si muovono in modo correlato in modo che sembra proprio che ci sia l'interazione. In sostanza la situazione descritta da t'Hooft è simile a quella di chi critica la causalità nel mondo classico. La differenza è che t'Hoof la accetta nel mondo classico ma non la accetta per questo tipo di fenomeni quantistici.
Più chiaro adesso? :)
P.S. Anche a me piacciono molto i gatti ;D
Citazione di: iano il 28 Aprile 2018, 02:14:02 AM
Quando partono le elucubrazioni ho una certa difficoltà ad arrestare.E allora....
Sappiamo che le particelle della materia sono diventate ultimamente l'emble,a del l'instabilità, ma se possiamo parlarne è perché sono comunque relativamente stabili , e sono stabili finché si comportano come un sistema isolato.
Possono essere immaginate esse stesse come costituite da parti la cui evoluzione però non esclude che qualcosa nel sistema si conservi, e la particella stessa è quel qualcosa che a noi sembra conservarsi , finché si conserva , finché il sistema rimane di fatto isolato.
Cosa ne pensate?
Adesso però , passo e chiudo veramente.
La differenza tra una "particella fondamentale" e un "sistema" è che la particella non può essere scomposta, mentre può esserlo il sistema. Finché un sistema è isolato alcune quantità si conservano, così come è vero che si conservano alcune le proprietà della particella finché esiste ("persiste"). Come ben dici un po' di stabilità devono avercela, altrimenti non si potrebbe parlare di "particelle". D'altronde i nostri stessi concetti richiedono un po' di persistenza temporale (una "cosa" è tale perchè ci appare fissa... non a caso ci è più facile dare i nomi ai sassi e non alle fiamme o ai fiumi...). Assumiamo la persistenza temporale con il solo nominare le cose. Ma se le cose non sono fisse i nomi sono ancora applicabili alle cose? Vedi, su questa domanda già nell'antichità pensatori di varia natura hanno detto la loro. Nella filosofia occidentale, Cratilo diceva che non possiamo scendere in un fiume nemmeno una volta, che non possiamo nominare niente perchè tutto muta in continuazione (e possiamo solo indicare le cose). Parmenide ha dichiarato l'illusorietà del mondo proprio a causa del mutamento. Nella filosofia indiana (sia buddhista che induista), l'impermanenza toglie la sostanzialità alle cose. E nel capitolo 2 dello Chuang-tzu ci si chiede se ha senso utilizzare il linguaggio per le cose che mutano. Ad ogni modo, per molti di questi pensatori antichi mentre le "cose" erano instabili (e definirle "cose" era, perciò problematico) vi era una certa regolarità. Perfino nella tradizione buddhista che più di ogni altra ha messo l'accento sull'impermanenza, trovi: "Monaci, se ci sia o non ci sia il sorgere dei Tathagata, questa proprietà rimane – questa costanza del Dhamma, quest'ordine del Dhamma..."(Dhamma-niyama sutta, Anguttara Nikaya) :)
Più che le cose si conservano le regolarità e le proprietà dei fenomeni.
Detto ciò, il tuo ragionamento è lo stesso che ha portato i fisici a scoprire quark e gluoni come costituenti di protoni e neutroni.
@Iano scrive:
CitazioneMi sembra di capire che la correlazione , ormai ampiamente provata sperimentalmente , dal punto di vista teorico è la conseguenza di una legge di conservazione, e nel nostro caso in particolare credo conservazione della quantità di moto.
Non sempre: l'entanglement può avvenire anche senza leggi di conservazione. Anche se non saprei darti un esempio adesso.
CitazioneSe vogliamo essere più rigorosi dovremmo definire queste parti , e l'unico modo per farlo è isolandole dal sistema stesso , ciò con la stessa tecnica con cui abbiamo definito il sistema stesso isolandolo idealmente dal resto del mondo.
Nella meccanica quantistica, l'entanglement ti impedisce di fare ciò: c'è la non-separabilità. Non puoi considerare le parti come "isolate". Il sistema è un "tutt'uno". Se interagisci con qualcosa "entangled", interagisci con il "sistema", non solo con la parte (ed è questo il motivo della non-località se si accetta il "realismo"...)
CitazioneUn sistema imagino possa dirsi idealmente isolato a certi fini ed entro certi limiti , in quanto di fatto i sistemi isolati reali non esistono.
Certamente questa tua affermazione "sembra" vera (ovvero concordo con essa), tuttavia ai fini pratici devi considerare il sistema quantistico come "isolato" per determinarne le proprietà. Così come non ci sono particelle classiche isolate, ma...
ma se nessuna cosa è isolata... tutto l'universo è "uno"? I proponenti delle interpretazioni di Bohm e "molti mondi" potrebbero risponderti "sì" (i primi perchè la posizione e la velocità di una particella dipende dalla configurazione di tutte le altre - i secondi invece direbbero che l'unico "ente" che realmente "esiste" è la funzione d'onda universale)
CitazioneQuesta è una condizione ideale che nel caso dell'emtemglememt diventa reale?
Come dicevo, ai fini pratici sì.
CitazioneRicapitolando, si tende a considerare le leggi di conservazione come leggi universali , ma a me sembra che quando sperimento una legge di conservazione dentro un sistema definito , posso solo dire che il sistema è isolato solo entro i limiti della mia sperimentazione , e il fatti di sperimentare questi sistemi fa' sì che non si abbia l'impressione di vivere nel caos totale , come dire che , almeno entro certi limiti , il mondo non cambia.
Gli atomi di un gas entro un contenitore adiabatico sono l'esemplificaziome stessa del caos , e se il mondo è fatto di atomi allora non ci resta che dire che il mondo è governato dal caos.
Se possiamo dire che il mondo invece non è caotico invece è perché possiamo dire che il mondo è fatto anche di energia cinetica, la cui conservazione sembra introdurre un elemento dì razionalità dentro un caos solo apparente , elemento che può essere declinato in diversi modi , quale ad esempio una catena di cause ed effetti.
Il "caos" non è "irrazionalità". Il caos in meccanica classica è
deterministico.
CitazioneIl termine "contenuto " che ho usato potrebbe essere , come intuisco , un surrogato dì località?
Più o meno sì. L'idea della località è proprio quella! Solo eventi "vicini" ci possono influenzare. E via via che ci si allontana più l'influenza è meno forte e più tempo ci mette a trasmettersi. La non-località invece rende il concetto di "vicinanza" problematico.
Ringrazio tantissimo Apeiron, suprattutto per la pazienza, anche se sarei insincero se dicessi che adesso ci vedo più chiaro (il che di per sé non necessariamente é un male...).
Ho cercato t' Hooft in Wikipedia, e da "filo-Einstein-Scroedinger-de Broglie-Bohm" e "anti-Copenhagen" mi ha colpito molto favorevolmente la frase finale del breve articoletto (peraltro praticamente tutto da scrivere; sotto il titolo "Importanti scoperte"; ovviamente del nostro): "
Tentativi recenti di rivitalizzare le variabili nascosteinmeccanica quantistica".
Quello che non capisco proprio é la differenza fra determinismo apparente e determinismo reale ("il
movimento delle palle da biliardo non è causato dalle interazioni dovute ai vari urti, ma tutte le palle si muovono in modo correlato in modo che sembra proprio che ci sia l'interazione").Non riesco proprio a immaginare quale potrebbe essere la differenza fra un reale determinismo con reali nessi causali fra gli eventi e un' apparenza di determinismo, il fatto che tutto procede come se fra gli eventi vi fossero nessi causali che però non ci sono.Fra le parole in grassetto di quest' ultima frase e la locuzione "tutto procede essendovi realmente nessi causali fra gli eventi" (senza esplicitazione di qualche elemento di diversità: "tutto procede come se, salvo il fatto che..., tutto procede come se, ma...") non riesco a cogliere differenza alcuna (per buttarla un po' sul ridere mi ricorda il concetto di "quasi vergine" che quelli della mia generazione ricordano di uso comune ai tempi in cui non era diffuso l' uso degli anticoncezionali; i quali hanno definitivamente impedito ai privilegiati al potere di riacquistare, dopo la da me deprecatissima caduta del muro di Berlino, anche quest' unico obbrobrioso privilegio costituito dallo "ius primae noctis", al contrario di tutti, ma proprio tutti, gli altri ignobili privilegi che i popoli avevano sacrosantamente sottratto loro dopo le rivoluzioni del XVIII, XIX e XX scolo).Concordo che Hume non nega il determinismo o causalismo ma ne evidenzia la non dimostrabilità logica né constatazione empirica.Ma la questione del "superdeterminismo" per il quale tutto accade come se ogni evento fosse collegato da deterministici nessi di causa-effetto con gli altri eventi senza però esserlo é evidentemente del tutto diversa da quella dell' insuperabilità del dubbio scettico circa il determinismo (e, al contrario di questa, a me incomprensibile).Se riesci a chiarirmi un po' la faccenda te ne sarò molto grato; ma naturalmente non lo pretendo, dal momento che mi rendo conto che potrebbe essere necessaria la conoscenza da parte mia di "basi teoriche" che non ho e che é umanamente impossibile "condensare" in poche righe.
Citazione di: Apeiron il 27 Aprile 2018, 12:35:10 PM
Certo che c'è l'invio dell'informazione. Le "variabili nascoste" in realtà sono le proprietà osservabili che tu assumi che "siano presenti" nel sistema anche quando non lo osservi. "Nascoste" in realtà è un nome fuorviante: tu, in realtà, osservi proprio ciò "che è reale". Non è locale perché la trasmissione è a velocità superluminale. Come dicevo l'unico modo per reintrodurre la località è il superdeterminismo: assumere che le correlazioni era già "stabilite" al tempo del Big Bang, ovvero dire che non c'è alcuna interazione – ma solo l'illusione di una interazione.
Ci sono diverse cose che forse andrebbero chiarite meglio.
Ho evidenziato solo quella frase (da te scritta) perche forse è quella che contiene la maggior parte delle incomprensioni.
Io sono partito dal realismo di Einstein. Tale realismo non conteneva ancora il concetto di variabili nascoste. Non so se Einstein in vita abbia avuto la stessa idea in testa di variabile nascosta senza farne mai cenno. Comunque storicamente mi pare sia stata una utile aggiunta che non credo abbia modificato di molto il concetto di realismo di Einstein. Dovendo trovare una differenza tra le due proposte direi che i sistemi per Einstein hanno proprietà definite sempre, per chi introduce le variabili nascoste dice una cosa un tantino differente, dice che i sistemi hanno sempre la possibilità di avere delle proprietà definite, anche se non è detto che le abbiano prima dell'osservazione del sistema stesso. Ovvero la misura scatena una serie di variabili che porteranno sempre alla stessa soluzione. Siccome i due sistemi sono entangled hanno internamente le stesse identiche variabili. Per cui misurare uno o l'altro non fa differenza in quanto la soluzione sarà identica e i sistemi rimarranno correlati in modo deterministico. In questo modo non c'è invio di informazione. Ho però finito con il dire che questa schematizzazione pare essere
errata. Il motivo ce lo porta il teorema di Bell. Le sperimentazioni sostengono che queste variabili (che sono locali, cioè sono iniziali e appartengono ad entrabi i sistemi) non sono compatibili con i risultati degli esperimenti. Tralasciamo per un momento la parte descrittiva del teorema e quella pratica degli esperimenti, la considerazione successiva è: se i sistemi rimangono correlati come possono farlo se sono distanti? Giustamente uno pensa: si mandano informazione istantaneamente superando il limite imposto dalla velocità della luce. Ma io ho suggerito che questo non avrebbe senso in quanto l'invio di informazione ha senso se i due eventi fossero su una stessa linea temporale dove esiste in modo assoluto un prima e un dopo. Abbiamo visto che ciò non ha senso per gli osservatori (anche tu hai detto che ognuno di loro potrà dire, in senso relativo, di aver compiuto la misura per primo) e forse nemmeno per i sistemi quantistici.
Ancora una volta riprendo l'analogia con le penne rossa/blu e faccio un riepilogo: io e tu siamo i sistemi quantistici, siano entangled sulla mano destra e la proprietà è di avere in mano una penna/blu o una penna/rossa. Poi ci sono due Osservatori (quelli che compiono le misure) che chiamiamo O1 e 02
1)per Einstein sia io che tu, nell'istante della separazione, abbiamo in mano una penna. Se la mia è rossa anche la tua sarà rossa.
2)Per le variabili nascoste sia io che tu abbiamo una scheda tecnica (chiamiamola cosi) che andremo a leggere nel momento in cui dovremo mostrare la penna. Siccome la scheda è identica darà le stesse istruzioni di comportamento. Per cui anche se non avremo (come avrebbe voluto Einstein) una penna di un certo colore in ogni istante, sapremo come comportarci quando dovremo prenderla.
1A) se non ci fosse ancuna istruzione io devo mandarti solo l'informazione del mio stato
2B) se invece ci fossero delle istruizioni che nascono solo nel momento dell'osservazione, dovremmo inviarci il libretto di istruzione, o la scheda tecnica.
Solo con 1A e 2B avremmo un invio di informazione... che io ho sempre denominato almeno tenendo presente il 2B (non so se a torto o a ragione) variabili nascoste non-locali. Ovvero esiste una serie di informazione che l'altro sistema deve conoscere per correlarsi a me, ma queste non nascono nel momento della separazione ma solo nel momento delle osservazioni (o misure che dir si voglia).
non aggiungo altro spero di aver sintetizzato i punti di vista.
Citazione
se i sistemi rimangono correlati come possono farlo se sono distanti? Giustamente uno pensa: si mandano informazione istantaneamente superando il limite imposto dalla velocità della luce. Ma io ho suggerito che questo non avrebbe senso in quanto l'invio di informazione ha senso se i due eventi fossero su una stessa linea temporale dove esiste in modo assoluto un prima e un dopo. Abbiamo visto che ciò non ha senso per gli osservatori (anche tu hai detto che ognuno di loro potrà dire, in senso relativo, di aver compiuto la misura per primo) e forse nemmeno per i sistemi quantistici.
Mi rimangio la parola..l'ultima parola quella dove ho detto:
non aggiungo altro ;D
devo farlo, primo perchè ora ho un po di tempo che la prossima settimana (cioè questa e la prossima ancora) potrei non averne e secondo perche volevo concentrarmi su quello che ho scritto sopra (evidenziato). Io posso chiaramente sbagliare il mio punto di vista, ma a me sembra che quello sia il fulcro della questione. Una questione che riguarda da vicino la natura del tempo e forse molto altro.
Partiamo sempre dalle correlazioni. Eravamo arrivati a dare a Bohr un vantaggio. Esiste solo la correlazione a cui però sembra mancare una correlazione causale.
Ovvero se il sistema A è misurato con una certa proprietà l'altra, misurata a sua volta, darà la stessa proprietà senza che vi sia (tra i due sistemi) alcun scambio di informazione nemmeno a velocità superiori a quella della luce.
Il discorso che facevate (mi sembra aperion con sgiombio) sul fatto che sembra come se ci fosse una causa mentre non c'è nulla del genere...lascia chiaramente intedetti tutti (me compreso). Non voglio trovare il pelo nel l'uovo, anzi voglio arrivare a sostenere quella tesi partendo dall'impossibilità di trovare altre motivazioni.
La motivazione principale secondo me è che lo scambio di informazione è senza senso.
Non ha senso perchè (e qui tento di evidenziare meglio il discorso lasciato a sopra metà):
se l'Osservatore O1 misura la mia mano destra (riprendo sempre la mia analogia) troverà una penna (ad esempio) rossa.
O1 potrebbe inviare a O2 l'informazione della proprietà trovata. Tra O1 e O2 non è possibile però inviare informazioni superiori a quelli della luce. Per cui se O1 vuole mandare un segnale a O2 deve passare un po' di tempo, cioè il tempo necessario al segnale di giungere a O2.
In situazione relativistica se O1 invia un segnale, alla velocità C, dall'altra parte (dove ora opera l'O2) potrebbe gia aver misurato la proprietà correlata. Per cui quell'informazione non è più utile. Non è più utile non tanto agli osservatori, ma ai sistemi stessi perche sono loro che devono trovarsi in correlazione.
Perciò ora non pensiamo agli osservatori, ma ai sistemi. Vediamo quel che ne esce:
Io (la solita analogia) o meglio la mia mano destra è correlata con la mano destra di aperion.
Mi osservano per cui ora ho una penna colorata di rosso in mano; istantaneamente mando un messaggio ad aperion: la mia penna (quindi ovviamente anche la tua) è rossa.
Aperion però si può trovare in sistuazioni differenti.
1)E' gia stato osservato anch'egli ed io devo aver avuto da lui la stessa identica informazione in modo istantaneo.
2)Potrebbe anche non essere stato ancora ossservato, a questo punto io gli ho inviato solo un'informazione sullo stato che deve avere se sarà osservato (questo mi sembra un punto fondamentale).
Nella formulazione 1) troviamo l'insensatezza dell'invio dell'informazione (anzi diciamo contraddizione. cosi è anche piu forte). Ovvero io sarei allo stesso tempo informatore ed informato. Allo
stesso tempo informatore ed informato. Come posso cioè inviare un'informazione pensando che sia utile a qualcuno se l'ho gia ricevuta da chi invece se ne doveva beneficiare? E' qui la contraddizione, è l'insesatezza dell'invio dell'informazione.
nella formulazione 2) invece io trovo un piccolo problema tecnico. Forse è qui che si annida il vero problema. Lo devo sviscerare fino in fondo
Se io sono stato misurato e ho inviato l'informazione ad aperion ma lui di questa informazione non ne ha fatto nulla, cosa è successo?
Proviamo a capire. Aperion potrebbe essere stato misurato nella sua mano sinistra invece che destra. Cosa ne ha fatto, allora, della mia informazione? Potremmo dire che nella sua mano destra ha una penna rossa come la mia (in quanto la mia informazione lo ha costretto immediatamente a correlarsi) mentre su di lui si sta facendo la misura della sua mano sinistra? Se mano destra e sinistra fossero in regime di principio di indeterminazione, il sistema "aperion" avrebbe contemporaneamente due informazioni complementari. Cosa che ovviamente non è permessa. O meglio ci sarebbe l'informazione ottenuta dall'osservatore O1 e l'informazione dell'Osservatore O2 sullo stesso sistema. La somma delle due informazioni completano l'informazione di una coppia in cui vige il principio di indeterminazione. Ma questo è solo un caso specifico che potrebbe avere una soluzione (magari mano destra e sinistra non sono complementari)
Il punto fondamentale invece è che la formulazione 2) lascia aperta la possibilità che ove esistesse un invio di informazione essa non sarebbe "ascoltata" da nessuno, non servirebbe a niente e che quindi sia 1) che 2) portano a ritenere quanto meno inutile parlare di invio di informazione.
Ed è qui che si apre secondo me lo scenario alternativo a quello previsto da Bell.
Per dire la verità Bell ha uno scenario fondamentale che è quello a variabili nascoste locali, piu vicino possibile allo scenario Einstein.
Però cosa succede effettivamente negli esperimenti? Negli esperimenti si fanno misure miste proprio per testare, secondo il teorema, se i sistemi abbiano inserite dentro di loro quelle che ho chiamato "schede tecniche". Ovviamente (mi pare lo dica Bell su suggerimento, a distanza temporale, dello stesso Einstein) ciò che succede ai sistemi quantisitici separati spazialmente non deve intercorrere alcuna interazione a distanza.
Resta però la considerazione che se io sono stato misurato sulla mano destra ed aperion non ancora, vuol dire solo due cose, o non sarà mai misurato sulla stessa mano oppure aperion subirà una misura differente. Questo per via della mia conclusione, ovvero che se sia io che aperion siamo misurati sulla stessa mano, a prescindere chi lo sarà per primo (ed abbiamo visto che ciò non ha senso) abbiamo ricevuto la stessa informazione, io l'ho mandata ad aperion e lui l'ha mandata a me. Se invece io fossi misurato nella mano destra e aperion non avesse mai questa possibilità o fosse un giorno misurato su una mano differente, l'informazione che io mando ad aperion si perde nell'eterno nulla... o è come se io non abbia mandato nulla. Anzi dirò di piu, siccome io mando l'informazione sul mio stato solo se l'ho ricevuto da aperion, è come se la correlazione esiste solo ed esclusivamente se sia io che aperion siamo misurati sulla stessa mano. La correlazione esiste solo se c'è la correlazione reale.
Il fatto (l'evento) unico è la misura di entrambi. Non abbiamo correlazioni a metà. Il problema è che ciò mi porta a considerare che l'evento, ovvero la misura di entrambi i sistemi, non possa considerarsi all'interno di una successione di eventi in una linea di tempo ordinario. Nel senso che qui io trovo che
l'evento A (osservazione di S1) e l'avento B (osservazione di S2) sono istantanei benche non si possano considerare tali in senso relativistico.
Questa è la mia conclusione... spero sia chiara ;)
Citazione di: Il_Dubbio il 01 Maggio 2018, 19:23:26 PM
Mi osservano per cui ora ho una penna colorata di rosso in mano; istantaneamente mando un messaggio ad aperion: la mia penna (quindi ovviamente anche la tua) è rossa.
Aperion però si può trovare in sistuazioni differenti.
1)E' gia stato osservato anch'egli ed io devo aver avuto da lui la stessa identica informazione in modo istantaneo.
2)Potrebbe anche non essere stato ancora ossservato, a questo punto io gli ho inviato solo un'informazione sullo stato che deve avere se sarà osservato (questo mi sembra un punto fondamentale).
Il punto fondamentale invece è che la formulazione 2) lascia aperta la possibilità che ove esistesse un invio di informazione essa non sarebbe "ascoltata" da nessuno, non servirebbe a niente e che quindi sia 1) che 2) portano a ritenere quanto meno inutile parlare di invio di informazione.
Ed è qui che si apre secondo me lo scenario alternativo a quello previsto da Bell.
Trovo ambiguo e alquanto antropomorfo o almeno antropocentrico il concetto di "informazione" (diffondentesi a velocità infinita -istantaneamente- o finita -attraverso intervalli di tempo finiti-), il quale implica inevitabilmente un elemento di soggettività (l' esistenza reale di un -per lo meno uno- "fruitore", di un osservatore dell' informazione; mentre un "produttore" e speditore, un "mittente dell' informazione forse non sarebbe necessario trattandosi di meri eventi naturali non implicanti osservatori). E invece più chiaro e privo di indebite implicazioni soggettive quello di "relazione causa-effetto", (istantanea a distanza di tempo, cioé propagantesi a velocità infinita, o propagantesi a velocità finita e dunque intercorrendo un lasso di tempo finito fra cause ed effetti a distanza reciproca finita) che accade oggettivamente, anche indipendentemente da eventuali osservatori e osservazioni soggettive; per quanto
intersoggettive.
Ma mi sembra che la non-località quantistica sia relativa non tanto a "come sono le cose" (qual' é il colore della penna di ciascun "portatore di penna a distanza") quanto invece a "come divengono, mutano le cose" (il colore che la penna di 1 assume se a distanza "dipingo di" -o comunque impongo il colore- rosso la penna di 2).
E allora é il colore che impongo (o comunque che anche spontaneamente, "in natura", senza alcun intervento umano intenzionale, almeno in linea teorica, di principio si impone) alla penna di 1 (il colore che comunque essa assume) che istantaneamente (con velocità di propagazione infinita) determina subito, immediatamente a distanza finita il colore della (assunto dalla) penna di 2.
E in me resta insistente il dubbio che non ci sia causazione a distanza ma che ab initio le due "penne" correlate (particelle-onde entangled) fossero caratterizzate oggettivamente, indipendentemente da qualsiasi eventuale informazione od osservazione soggettiva (per quanto
intersoggettiva) da una determinata caratteristica reale, una sorta di <<propensione ad assumere>> un "determinato colore" (una determinate direzione dello spin o del piano delle vibrazioni elettromagnetiche) in determinate circostanze, senza alcuna causazione istantanea a distanza (attuazione dell' oggettiva <<propensione>> che ovviamente accadrebbe, si attuerebbe, si realizzerebbe -e dunque potrebbe essere osservata, "si manifesterebbe a soggettivi osservatori"- in ciascuna particella-onda indipendentemente dalla reciproca distanza, qualora si dessero le determinate "opportune" circostanze (eventi).
Ciao @Il_Dubbio, @sgiombo,
Rispondo per ora al primo post di @Il_Dubbio e al primo post di @sgiombo:
Risposta a @Il_Dubbio
Citazione
Io sono partito dal realismo di Einstein. Tale realismo non conteneva ancora il concetto di variabili nascoste.
No, il realismo di Einstein contiene variabili nascoste. Come dicevo, sono le variabili osservabili stesse. Per Einstein (e per Bohm e Bell) le particelle hanno sempre una posizione e una velocità ben definite. Il nome "nascoste", purtroppo, non ha molto senso ed è molto fuorviante.
Citazione
Dovendo trovare una differenza tra le due proposte direi che i sistemi per Einstein hanno proprietà definite sempre, per chi introduce le variabili nascoste dice una cosa un tantino differente, dice che i sistemi hanno sempre la possibilità di avere delle proprietà definite, anche se non è detto che le abbiano prima dell'osservazione del sistema stesso.
In realtà, dire che hanno le variabili nascoste è dire esattamente ciò che dice Einstein, ovvero che le proprietà sono sempre definite.
Citazione
Giustamente uno pensa: si mandano informazione istantaneamente superando il limite imposto dalla velocità della luce. Ma io ho suggerito che questo non avrebbe senso in quanto l'invio di informazione ha senso se i due eventi fossero su una stessa linea temporale dove esiste in modo assoluto un prima e un dopo. Abbiamo visto che ciò non ha senso per gli osservatori (anche tu hai detto che ognuno di loro potrà dire, in senso relativo, di aver compiuto la misura per primo) e forse nemmeno per i sistemi quantistici.
Più che altro il mio quello che volevo dire era che per entrambi gli osservatori l'influenza causale avveniva con velocità maggiori della luce... il limite della velocità della luce "c" è valido in ogni riferimento inerziale per la relatività ristretta. Quindi se per un riferimento inerziale misuri una velocità più alta di "c", la località è da rigettare.
Pensala così. Alice e Bob sono in qualche modo "entangled" in modo che quando uno dei due si fa male, anche l'altro sente dolore. Ora Alice e Bob vivono agli antipodi del mondo. Bob fa una rovinosa caduta e Alice sente dolore. Appena Bob si fa male invia ad Alice un segnale luminoso per avvisarla dell'accaduto. Alice lo riceve. Ma lo riceve DOPO aver sentito dolore.
Citazione1)per Einstein sia io che tu, nell'istante della separazione, abbiamo in mano una penna. Se la mia è rossa anche la tua sarà rossa.
2)Per le variabili nascoste sia io che tu abbiamo una scheda tecnica (chiamiamola cosi) che andremo a leggere nel momento in cui dovremo mostrare la penna. Siccome la scheda è identica darà le stesse istruzioni di comportamento. Per cui anche se non avremo (come avrebbe voluto Einstein) una penna di un certo colore in ogni istante, sapremo come comportarci quando dovremo prenderla.
Non capisco perché ti vuoi complicare la vita in questo modo, LOL.
Ancora, secondo me, non ti è chiaro il concetto di interazione a distanza: se io porto dall'altra parte del mondo la penna e cambio il colore, "magicamente" anche la tua penna cambia colore.
Risposta a @sgiombo
CitazioneQuello che non capisco proprio é la differenza fra determinismo apparente e determinismo reale ("il movimento delle palle da biliardo non è causato dalle interazioni dovute ai vari urti, ma tutte le palle si muovono in modo correlato in modo che sembra proprio che ci sia l'interazione").
Ok, pensala così. Tiri un pugno contro il muro perché sei nervoso. Senti dolore. Il tuo dolore è causato dall'aver preso a pugni il muro o è una "semplice coincidenza"?
Se rispondi che l'impatto col muro ha causato l'insorgenza del tuo dolore allora accetti la causalità.
Per "verificare" la tua ipotesi ne tiri altri 100. Noti che ogni volta che c'è l'impatto tra la mano e il muro insorge il dolore.
1)Se concludi che l'insorgenza del dolore è causata dall'impatto tra la mano e il muro allora accetti il nesso causale.
2)Se concludi che l'insorgenza del dolore non è causata dall'impatto tra la mano e il muro allora accetti solo una correlazione e non una causazione (mai sentito il detto "correlazione non implica causazione?" ).
In sostanza puoi notare una correlazione tra la diminuzione del numero di pirati e l'aumento delle temperature globali. C'è una correlazione. Ben diverso è dire che la diminuzione del numero di pirati ha causato l'aumento delle temperature globali.
Quindi se secondo te la causalità non esiste tra gli urti delle palle da biliardo e il loro movimento c'è la stessa relazione (ovvero, nessuna) che c'è tra la diminuzione del numero di pirati e l'aumento delle temperature globali.
Vedi
https://www.albanesi.it/raziologia/errore-di-correlazione.htmP.S. Ho letto velocemente gli altri interventi. Secondo me un po' di dubbi vengono risolti leggendo questa risposta... Ancora ripeto: "scambio informazione = nesso causale"! Ergo nella relatività ristretta in ogni riferimento inerziale il "nesso causale" non può superare la velocità della luce c. Quindi se per un osservatore il limite della velocità "c" è violato, allora la località è da rigettare.
Citazione di: Apeiron il 02 Maggio 2018, 13:17:34 PM
CitazioneQuello che non capisco proprio é la differenza fra determinismo apparente e determinismo reale ("il movimento delle palle da biliardo non è causato dalle interazioni dovute ai vari urti, ma tutte le palle si muovono in modo correlato in modo che sembra proprio che ci sia l'interazione").
Ok, pensala così. Tiri un pugno contro il muro perché sei nervoso. Senti dolore. Il tuo dolore è causato dall'aver preso a pugni il muro o è una "semplice coincidenza"?
Se rispondi che l'impatto col muro ha causato l'insorgenza del tuo dolore allora accetti la causalità.
Per "verificare" la tua ipotesi ne tiri altri 100. Noti che ogni volta che c'è l'impatto tra la mano e il muro insorge il dolore.
1)Se concludi che l'insorgenza del dolore è causata dall'impatto tra la mano e il muro allora accetti il nesso causale.
2)Se concludi che l'insorgenza del dolore non è causata dall'impatto tra la mano e il muro allora accetti solo una correlazione e non una causazione (mai sentito il detto "correlazione non implica causazione?" ).
In sostanza puoi notare una correlazione tra la diminuzione del numero di pirati e l'aumento delle temperature globali. C'è una correlazione. Ben diverso è dire che la diminuzione del numero di pirati ha causato l'aumento delle temperature globali.
Quindi se secondo te la causalità non esiste tra gli urti delle palle da biliardo e il loro movimento c'è la stessa relazione (ovvero, nessuna) che c'è tra la diminuzione del numero di pirati e l'aumento delle temperature globali.
Vedi https://www.albanesi.it/raziologia/errore-di-correlazione.htm
Il nesso causale fra gli eventi, come ci insegna Hume, non é mai certo in assoluto.
Però l' assenza di nessi causali dovrebbe essere rilevabile con opportune osservazioni (questo é il motivo per il quale secondo me il falsificazionismo popperiano può essere considerato in un certo senso un corollario dello scetticismo humeiano).
Si potrebbe in teoria incoraggiare imprese piratesche (se ne valesse la pena, ammesso e non concesso, ovviamente) e così falsificare il nesso causale fra pirateria e innalzamento delle temperature oceaniche.
Il problema per me é che semplicemente l' affermazione (ipotetica) di un nesso causale é la constatazione che determinati eventi eventi (finora; constatazioni estese -arbitrariamente, indimostrabilmente né constatabilmente per via empirica- al futuro indefnitamente dall' induzione)
sembrano essere in associazione - successione universale e costante; il che a priori non é possibile distinguere in nessun senso, a mio parere, dall' ipotesi alternativa per la quale gli eventi in questione (con tutte le altre precisazioni fra parentesi di prima)
sono effettivamente in associazione - successione universale e costante: solo nel caso si osservi a posteriori che così non é (caso pirateria - temperatura, se venisse falsificato) avrebbe senso distinguere fra causalità apparente e reale.Fino a (eventuale) falsificazione, non vedo come potrebbe essere possibile stabilire alcuna differenza sensata fra un' ipotesi di nesso causale autentico e un' ipotesi di nesso causale apparente.
Citazione di: Apeiron il 02 Maggio 2018, 13:17:34 PM
Più che altro il mio quello che volevo dire era che per entrambi gli osservatori l'influenza causale avveniva con velocità maggiori della luce... il limite della velocità della luce "c" è valido in ogni riferimento inerziale per la relatività ristretta. Quindi se per un riferimento inerziale misuri una velocità più alta di "c", la località è da rigettare.
Pensala così. Alice e Bob sono in qualche modo "entangled" in modo che quando uno dei due si fa male, anche l'altro sente dolore. Ora Alice e Bob vivono agli antipodi del mondo. Bob fa una rovinosa caduta e Alice sente dolore. Appena Bob si fa male invia ad Alice un segnale luminoso per avvisarla dell'accaduto. Alice lo riceve. Ma lo riceve DOPO aver sentito dolore.
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Non capisco perché ti vuoi complicare la vita in questo modo, LOL.
Ancora, secondo me, non ti è chiaro il concetto di interazione a distanza: se io porto dall'altra parte del mondo la penna e cambio il colore, "magicamente" anche la tua penna cambia colore.
Non vorrei che si creassero motivi di confusione dovuti all'incomprensione.
Io ho tenuto a precisare che quando si parla di "segnali" o di "invio di informazione" ecc. (in questo contesto) questi devono essere strettamente circoscritti alla comunicazione tra i sistemi quantistici e no tra gli osservatori.
Per quanto riguarda la mia "complicazione" non ho compreso quale sia. Ripeto,
l'interazione è fra i sistemi quantistici i quali dovrebbero interagire a distanza per rimanere correlati. Altrimenti se rimanessero correlati senza interagire avremmo come conseguenza una correlazione senza un nesso causale.
Nel altro post ho scritto dell'altro..ma dovremmo sintonizzarci su queste cose altrimenti generiamo, senza volerlo, un loop
OK, è tempo di rispondere ;D parto con Il_Dubbio. Secondo me dai troppa importanza all'evento "misura". Ad ogni modo:
CitazionePartiamo sempre dalle correlazioni. Eravamo arrivati a dare a Bohr un vantaggio. Esiste solo la correlazione a cui però sembra mancare una correlazione causale.
Ovvero se il sistema A è misurato con una certa proprietà l'altra, misurata a sua volta, darà la stessa proprietà senza che vi sia (tra i due sistemi) alcun scambio di informazione nemmeno a velocità superiori a quella della luce.
Il discorso che facevate (mi sembra aperion con sgiombio) sul fatto che sembra come se ci fosse una causa mentre non c'è nulla del genere...lascia chiaramente intedetti tutti (me compreso). Non voglio trovare il pelo nel l'uovo, anzi voglio arrivare a sostenere quella tesi partendo dall'impossibilità di trovare altre motivazioni.
La motivazione principale secondo me è che lo scambio di informazione è senza senso.
Allora: se non ha senso parlare di momento della particella quando non avviene la misura, chiaramente, non avviene che la modifica del momento di una particella influenza quello dell'altra. Semplicemente perchè il momento della particella non è "reale".
Di nuovo, nel gergo della fisica, l'informazione è strettamente connessa alla causalità. Nella fisica newtoniana non c'era limite alla velocità della gravità, per esempio, quindi "l'influenza della gravità" era "non-locale". Ma tale influenza della gravità è concepita (anche) come trasmissione di sengali. Con la relatività si è posto il limite della velocità della luce. No trasmissione informazione= no trasmissione segnali = no interazione causalità.
CitazioneIn situazione relativistica se O1 invia un segnale, alla velocità C, dall'altra parte (dove ora opera l'O2) potrebbe gia aver misurato la proprietà correlata. Per cui quell'informazione non è più utile. Non è più utile non tanto agli osservatori, ma ai sistemi stessi perche sono loro che devono trovarsi in correlazione.
Già questa è la non-località. Se le proprietà misurate sono reali, allora l'influenza dovuta alla correlazione arriva
prima del sengale luminoso.
Ovvero: un osservatore O1 fa un esperimento con la particella P1 in modo da mutarne le proprietà e effettuare una misura. O2 fa anche lui una misura. O2 vede un risultato,
dopo arriva il sengale luminoso. Ergo per O2, la conoscenza (=l'informazione) di ciò che è avvenuto a P1 arriva dopo aver misurato le proprietà di P2. Tuttavia se ammettiamo che le proprietà sono reali dobbiamo ammettere o il superdeterminismo oppure che l'interazione è avvenuta tra le particelle (o "sistemi") non-localmente. Bohr cerca di evitare la non-località dicendo che l'unica influenza (per come tale termine ha significato per noi) che realmente avviene è quella della comunicazione, tramite il segnale luminoso, del risultato della misura.
CitazioneNella formulazione 1) troviamo l'insensatezza dell'invio dell'informazione (anzi diciamo contraddizione. cosi è anche piu forte). Ovvero io sarei allo stesso tempo informatore ed informato. Allo stesso tempo informatore ed informato. Come posso cioè inviare un'informazione pensando che sia utile a qualcuno se l'ho gia ricevuta da chi invece se ne doveva beneficiare? E' qui la contraddizione, è l'insesatezza dell'invio dell'informazione.
Personalmente non vedo la contraddizione...
Citazione2)Potrebbe anche non essere stato ancora ossservato, a questo punto io gli ho inviato solo un'informazione sullo stato che deve avere se sarà osservato (questo mi sembra un punto fondamentale).
No, qui confondi due cose. SE le proprietà sono reali la non-località non c'entra con l'essere osservati o meno. Come dicevo, se una particella della coppia entangled interagisce con qualcosa, sotto questa assunzione, anche se l'altra particella non viene osservata o non interagisce, le sue proprietà vengono modificate. Se, per ipotesi, "partisse" un fotone in contemporanea con l'interazione di una delle due, il fotone arriverebbe
dopo (nel riferimento della particella che non ha interagito) che l'influenza ha fatto il suo effetto.
CitazioneQuesto per via della mia conclusione, ovvero che se sia io che aperion siamo misurati sulla stessa mano, a prescindere chi lo sarà per primo (ed abbiamo visto che ciò non ha senso) abbiamo ricevuto la stessa informazione, io l'ho mandata ad aperion e lui l'ha mandata a me. Se invece io fossi misurato nella mano destra e aperion non avesse mai questa possibilità o fosse un giorno misurato su una mano differente, l'informazione che io mando ad aperion si perde nell'eterno nulla... o è come se io non abbia mandato nulla. Anzi dirò di piu, siccome io mando l'informazione sul mio stato solo se l'ho ricevuto da aperion, è come se la correlazione esiste solo ed esclusivamente se sia io che aperion siamo misurati sulla stessa mano. La correlazione esiste solo se c'è la correlazione reale. Il fatto (l'evento) unico è la misura di entrambi.
Se le proprietà sono reali, la non-località non implica la misurazione. Se le proprietà non sono reali, semplicemente non c'è scambio di informazione., nessuna influenza ecc
CitazioneNon vorrei che si creassero motivi di confusione dovuti all'incomprensione.
Io ho tenuto a precisare che quando si parla di "segnali" o di "invio di informazione" ecc. (in questo contesto) questi devono essere strettamente circoscritti alla comunicazione tra i sistemi quantistici e no tra gli osservatori.
Certo. Se le proprietà sono reali, c'è una trasmissione di segnali sia a livello dei sistemi che a livello degli osservatori. Per Bohr sono "reali" sono quelli tra gli osservatori. Per Bohm, entrambi. Il punto è che, in realtà, se Bohm ha ragione la non-località è un fatto che c'è sempre indipendentemente dalla misurazione.
CitazionePer quanto riguarda la mia "complicazione" non ho compreso quale sia. Ripeto, l'interazione è fra i sistemi quantistici i quali dovrebbero interagire a distanza per rimanere correlati. Altrimenti se rimanessero correlati senza interagire avremmo come conseguenza una correlazione senza un nesso causale.
La complicazione a cui mi riferivo era dare troppa importanza nel contesto di una teoria di variabili nascoste (termine infelice, visto che le "variabli nascoste" sono quelle osservabili, tipo posizioni, velocità ecc). Su ciò che dici qui, sono d'accordo ed è la visione di Bohr (perchè le proprietà non sono reali - ovvero ha senso parlare di esse solo nel contesto della misura) e di t'Hooft (perchè accetta il superdeterminismo).
CitazioneNel altro post ho scritto dell'altro..ma dovremmo sintonizzarci su queste cose altrimenti generiamo, senza volerlo, un loop
Spero di aver compreso quello che volevi dire e di averti risposto in modo soddisfacente :)
Da qui in poi rispondo a @sgiombo:
CitazioneIl nesso causale fra gli eventi, come ci insegna Hume, non é mai certo in assoluto.
Certo! ;) personalmente ritengo la causalità una realtà (o più precisamente ritengo reale "quella regolarità dei fenomeni" che noi schematizziamo con il concetto di causalità) - Regolarità o il termine che preferisci... anzi ritengo il come avvengono i fenomeni per certi versi più "reale" dei fenomeni stessi: i fenomeni "scorrono via", ma tale "scorrere via" avviene con regolarità che sembrano molto più "persistenti" ;D
CitazionePerò l' assenza di nessi causali dovrebbe essere rilevabile con opportune osservazioni (questo é il motivo per il quale secondo me il falsificazionismo popperiano può essere considerato in un certo senso un corollario dello scetticismo humeiano).
Si potrebbe in teoria incoraggiare imprese piratesche (se ne valesse la pena, ammesso e non concesso, ovviamente) e così falsificare il nesso causale fra pirateria e innalzamento delle temperature oceaniche.
Si potrebbe pensare che un determinata causa produca l'insorgenza di conseguenze totalmente indipendenti tra di loro. In tal caso c'è la correlazione, ma tra le due non c'è alcun rapporto causale. Nell'esempio della pirateria e delle temperature possiamo pensare che la causa comune sia il mutamento sociale degli ultimi due secoli. Tuttavia, come ben noti tu, un nuovo mutamento delle condizioni sociali potrebbe ridurre sia la pirateria che le temperature e ciò porta alla conclusione che la correlazione tra i due fenomeni era meramente accidentale e tra i due non c'era alcun vero legame.
L'ipotesi innaturale del superdeterminismo è che non puoi distinguere le due cose. Per quanto ci puoi provare anche la spiegazione del nesso causale sarà sempre indistinguibile da quella superdeterministica.
CitazioneIl problema per me é che semplicemente l' affermazione (ipotetica) di un nesso causale é la constatazione che determinati eventi eventi (finora; constatazioni estese -arbitrariamente, indimostrabilmente né constatabilmente per via empirica- al futuro indefnitamente dall' induzione) sembrano essere in associazione - successione universale e costante; il che a priori non é possibile distinguere in nessun senso, a mio parere, dall' ipotesi alternativa per la quale gli eventi in questione (con tutte le altre precisazioni fra parentesi di prima) sono effettivamente in associazione - successione universale e costante: solo nel caso si osservi a posteriori che così non é (caso pirateria - temperatura, se venisse falsificato) avrebbe senso distinguere fra causalità apparente e reale.
Fino a (eventuale) falsificazione, non vedo come potrebbe essere possibile stabilire alcuna differenza sensata fra un' ipotesi di nesso causale autentico e un' ipotesi di nesso causale apparente.
Ok, forse qui viene chiarita un po' la confusione.
Per me (e da quanto mi risulta per il gergo della fisica): la causalità implica l'effettica associazione o come dicevo prima che ci sia un legame tra i due fenomeni che non sia meramente accidentale.
Quando parlo di "correlazione" mi riferisco semplicemente alla correlazione stessa che può essere dovuta - o meno - alla causalità.
Malgrado gli sforzi, continuo a non scorgere alcuna differenza in generale e a priori (cioé al di fuori del caso decisamente particolare che empiricamente sia stata falsificata a posteriori un' ipotesi, pertanto meramente apparente e non reale, di concatenazione causale) fra determinismo-causalismo autentico o reale e determinismo-causalismo inautentico o apparente (e quindi a non capire come possa distinguersi, in che senso, in casi di teorie scientifiche non falsificate, un' interpretazione filosofica "genuinamente deterministica-causalistica" da una "pseudotale" ovvero solo "apparentemente e non realmente deterministica-causalistica").
Quella della differenza (e possibile confusione) fra correlazione di eventi meramente causale oppure per effetti "orizzontali, paralleli, collaterali" da medesime cause e non "verticali, sequenziali, unilineari" (gli uni eventi considerati cause degli altri che ne sono effetti, e non: entrambi effetti di medesime cause) mi sembra un' altra questione.
Le cronache scientifiche, data l' attuale ideologica pervasività del pregiudizio "determninistico genetico", sono piene di confusioni fra correlazioni non causali e causazioni: la maggiore frequenza -rispetto a casi di non consanguinei- di caratteristiche intellettive, attitudinali o comportamentali fra fratelli, quella ulteriormente maggiore fra fratelli gemelli e quella ulteriormente più marcata ancora fra fratelli gemelli monozigoti indebitamente attribuite, anziché alle circostanze ambientali più simili (in maggior misura passando da semplici fratelli ai gemelli monozigoti) che fra i non consanguinei, a un preteso condizionamento o causazione genetico.
Poco nota, infinitamente meno di quella analoga del "paradossalmente ma non tanto fortunatissimo*" Lisenko (et pour cause!) é la squallidissima vicenda delle falsificazioni scientifiche operate in proposito (in perfetta malafede, in questo specifico caso) da sir Cyril Burt, ampiamente sputtanato dal grande Stephen Jay Gould.
_____________________
* Se fosse stato un valido scienziato (sovietico), autore di importanti scoperte sarebbe stato sicuramente molto meno noto e "popolare" di quanto non sia.
Citazione di: Apeiron il 05 Maggio 2018, 12:31:21 PM
OK, è tempo di rispondere ;D parto con Il_Dubbio. Secondo me dai troppa importanza all'evento "misura". Ad ogni modo:
Allora: se non ha senso parlare di momento della particella quando non avviene la misura, chiaramente, non avviene che la modifica del momento di una particella influenza quello dell'altra. Semplicemente perchè il momento della particella non è "reale".
Di nuovo, nel gergo della fisica, l'informazione è strettamente connessa alla causalità. Nella fisica newtoniana non c'era limite alla velocità della gravità, per esempio, quindi "l'influenza della gravità" era "non-locale". Ma tale influenza della gravità è concepita (anche) come trasmissione di sengali. Con la relatività si è posto il limite della velocità della luce. No trasmissione informazione= no trasmissione segnali = no interazione causalità.
Scusa, ti rispondo nuovamente, spero di farlo piu o meno con gli stessi concetti perchè ho avuto la disavventura di una sessione scaduta e un messaggio interamente mandato a vuoto nell'etere :'(
Allora dicevo, anzi sottolineavo il fatto che tu mi attribuisci di dare troppa importanza alla misura.
Ti rispondevo sostenendo che in m.q. bla bla bla è inutile chiedersi se tale proprietà sia reale prima della misura. Anzi ricordavo il lavoro svolto da Bell e dagli esperimenti. In sostanza proprio come probabilmente avrebbe detto anche Born, chiedersi cosa c'è prima della misura è solo un problema filosofico e no scientifico.
Ma proprio per andare incontro (e non scontrarsi con Bell, Born e qualcun altro) ho dato per scontato che le proprietà sono reali solo all'atto della misura e solo in questo frangente avviene la correlazione. Tu mi sai dire cosa pensi? Io sto evitendo di pensare, sto solo traducendo l'idea oramai, penso, maturata nella comunità scientifica, che l'atto della misura sia il
momento topico per rendere reali le proprietà. (avevo scritto in modo diverso... ma spero che sia ugualmente efficace).
scrivi in fondo:
No, qui confondi due cose. SE le proprietà sono reali la non-località non c'entra con l'essere osservati o meno. Come dicevo, se una particella della coppia entangled interagisce con qualcosa, sotto questa assunzione, anche se l'altra particella non viene osservata o non interagisce, le sue proprietà vengono modificate. Se, per ipotesi, "partisse" un fotone in contemporanea con l'interazione di una delle due, il fotone arriverebbe dopo (nel riferimento della particella che non ha interagito) che l'influenza ha fatto il suo effetto.Ripeto, per come le sto considerando io le cose, le proprietà
non sono reali prima della misura. Diventano reali però nel momento in cui sono osservate (altrimenti tu cosa vuoi dire: sono reali sempre, solo quando sono misurate o mai?).
Poi è chiaro che il fotone non c'entra con la trasmissione di questa variazione (per cui arriverebbe dopo l'influenza come giustamente dici). Mi sembrava chiaro che non stessi pensando al fotone come il fattorino dell'informazione di correlazione. Se c'è una correlazione causale tra le due proprietà diventate reali dopo la misura, dovrebbero utilizzare qualcos'altro per comunicarselo.
Pero mi hai risposto cosi senza tener conto di quello che cercavo di dire. Io ho detto che se l'informazione partisse verso il compagno (entagled) che però sarà misurato invece su una proprietà diversa da quella entagled che succede? Ha entrambe le informazioni? E se queste fossero due proprietà in cui vige il principio di indeterminazione? Mentre io comunque sostenevo (ed è la contraddizione che tu invece non vedevi) che se l'informazione parte è anche nello stesso tempo arrivata.
O arrivano entrambe nello stesso momento (a prescindere dal momento in cui siano entrambe misurate nei loro luoghi differenti) oppure ne parte solo ma senza poter sapere che fine faccia.
Ok l'ho cercato di riscrivere, devo dire che ero stato piu bravo prima ;D
Citazione di: sgiombo il 06 Maggio 2018, 12:37:08 PMCitazione da: sgiombo - Sun May 06 2018 12:37:08 GMT+0200 (ora legale Europa occidentale) Malgrado gli sforzi, continuo a non scorgere alcuna differenza in generale e a priori (cioé al di fuori del caso decisamente particolare che empiricamente sia stata falsificata a posteriori un' ipotesi, pertanto meramente apparente e non reale, di concatenazione causale) fra determinismo-causalismo autentico o reale e determinismo-causalismo inautentico o apparente (e quindi a non capire come possa distinguersi, in che senso, in casi di teorie scientifiche non falsificate, un' interpretazione filosofica "genuinamente deterministica-causalistica" da una "pseudotale" ovvero solo "apparentemente e non realmente deterministica-causalistica").
Non c'è differenza a livello dei dati sperimentali.
La differenza invece è a livello del meccanismo per cui la correlazione avviene. Credo che ti stai "complicando la vita" su una questione molto semplice ;D
Supponiamo di vivere, per assurdo, in un mondo in cui avviene sempreche quando le temperature aumentano l'attività della pirateria cala.
Prima teoria: tra i due "fenomeni" non c'è alcun vero collegamento. Semplicemente "le cose vanno così", l'universo si evolve in modo che risulta esserci la coincidenza per cui entrambi i fenomeni avvengono.
Seconda teoria: trai i due "fenomeni" c'è una connessione. Quando le temperature aumentano in qualche modo l'attività della pirateria cala perchè (per esempio) l'aumento della temperatura fa in modo che i pirati decidono di cambiare vita.
Nel primo caso è una coincidenza. Nel secondo no.
Esempio della lotteria.
Supponiamo di vivere, per assurdo, in un mondo in cui Tizio riesce sempre ad indovinare le estrazioni della lotteria. Si scopre che non c'è nessun imbroglio.
Prima teoria: è una semplice coincidenza dovuta al fatto che l'universo evolve in modo che Tizio riesce sempre ad indovinare.
Seconda teoria: Tizio inconsapevolmente possiede una forma di conoscenza sovrumana che gli permette di indovinare ogni volta.
Nel primo caso è una coincidenza. Nel secondo no.
Viene osservato che a 100°C, al livello del mare l'acqua bolle. L'esperimento viene ripetuto più volte e si vede che l'acqua bolle.
Prima teoria: in realtà sembra che ci sia un motivo "sottostante" per cui gli esperimenti danno sempre lo stesso risultato. In realtà tra l'aumento della temperatura e l'ebollizione dell'acqua non c'è alcun legame.
Seconda teoria: effettivamente è proprio l'aumento della temperatura ciò che causa l'ebollizione.
Le "prime teorie" sono illustrazioni del superdeterminismo, le "seconde teorie" invece sono illustrazioni della spiegazione della non-località offerta da Bohm.
Citazione di: sgiombo il 06 Maggio 2018, 12:37:08 PMCitazione da: sgiombo - Sun May 06 2018 12:37:08 GMT+0200 (ora legale Europa occidentale)
Quella della differenza (e possibile confusione) fra correlazione di eventi meramente causale oppure per effetti "orizzontali, paralleli, collaterali" da medesime cause e non "verticali, sequenziali, unilineari" (gli uni eventi considerati cause degli altri che ne sono effetti, e non: entrambi effetti di medesime cause) mi sembra un' altra questione. Le cronache scientifiche, data l' attuale ideologica pervasività del pregiudizio "determninistico genetico", sono piene di confusioni fra correlazioni non causali e causazioni: la maggiore frequenza -rispetto a casi di non consanguinei- di caratteristiche intellettive, attitudinali o comportamentali fra fratelli, quella ulteriormente maggiore fra fratelli gemelli e quella ulteriormente più marcata ancora fra fratelli gemelli monozigoti indebitamente attribuite, anziché alle circostanze ambientali più simili (in maggior misura passando da semplici fratelli ai gemelli monozigoti) che fra i non consanguinei, a un preteso condizionamento o causazione genetico. Poco nota, infinitamente meno di quella analoga del "paradossalmente ma non tanto fortunatissimo*" Lisenko (et pour cause!) é la squallidissima vicenda delle falsificazioni scientifiche operate in proposito (in perfetta malafede, in questo specifico caso) da sir Cyril Burt, ampiamente sputtanato dal grande Stephen Jay Gould. _____________________ * Se fosse stato un valido scienziato (sovietico), autore di importanti scoperte sarebbe stato sicuramente molto meno noto e "popolare" di quanto non sia.
Interessante, grazie!... a volte la ricerca sperimentale, anche onesta, inciampa proprio sui falsi positivi (=eventi che sembrano "verificazioni" di una ipotesi ma non lo fanno) e falsi negativi (=eventi che sembrano non confermare una ipotesi ma non lo fanno). Immagino anche che ciò possa essere più facile in scienze che hanno un oggetto di studio complicato (in fin dei conti l'oggetto di studio della fisica è semplice. Questa semplicità è il motivo per cui è analizzabile così bene in modo matematico...).
Nel caso della MQ, l'ipotesi è "c'è un collegamento causale tra le due particelle entangled"?
Per t'Hooft tutti gli esperimenti (Aspect et al) sono "falsi positivi".
Per Bohm sono invece "veri positivi"
.
Citazione di: Il_Dubbio il 06 Maggio 2018, 19:33:42 PM
Allora dicevo, anzi sottolineavo il fatto che tu mi attribuisci di dare troppa importanza alla misura.
Ti rispondevo sostenendo che in m.q. bla bla bla è inutile chiedersi se tale proprietà sia reale prima della misura. Anzi ricordavo il lavoro svolto da Bell e dagli esperimenti. In sostanza proprio come probabilmente avrebbe detto anche Born, chiedersi cosa c'è prima della misura è solo un problema filosofico e no scientifico.
Ma proprio per andare incontro (e non scontrarsi con Bell, Born e qualcun altro) ho dato per scontato che le proprietà sono reali solo all'atto della misura e solo in questo frangente avviene la correlazione. Tu mi sai dire cosa pensi? Io sto evitendo di pensare, sto solo traducendo l'idea oramai, penso, maturata nella comunità scientifica, che l'atto della misura sia il [font="Calibri", sans-serif]momento topico[/font] per rendere reali le proprietà. (avevo scritto in modo diverso... ma spero che sia ugualmente efficace).
Ehm, perdona l'incomprensione :-[
Citazione di: Il_Dubbio il 06 Maggio 2018, 19:33:42 PM
Diventano reali però nel momento in cui sono osservate (altrimenti tu cosa vuoi dire: sono reali sempre, solo quando sono misurate o mai?).
Mmm... vedila così. Secondo me è più preciso dire che "non ha senso" parlare di tali proprietà all'infuori dell'osservazione ("diventano reali" sembra, in effetti, voler dire che "magicamente" qualcosa appaia dal nulla).. Esse sono definite solo in quel contesto
Citazione di: Il_Dubbio il 06 Maggio 2018, 19:33:42 PM
Poi è chiaro che il fotone non c'entra con la trasmissione di questa variazione (per cui arriverebbe dopo l'influenza come giustamente dici). Mi sembrava chiaro che non stessi pensando al fotone come il fattorino dell'informazione di correlazione. Se c'è una correlazione causale tra le due proprietà diventate reali dopo la misura, dovrebbero utilizzare qualcos'altro per comunicarselo.
Il fotone non trasmette l'informazione che "causa" la misura o la correlazione. Semplicemente il fotone trasmette l'informazione sul risultato della misura (ovvero il "valore osservato della proprietà").
Citazione di: Il_Dubbio il 06 Maggio 2018, 19:33:42 PM
Pero mi hai risposto cosi senza tener conto di quello che cercavo di dire. Io ho detto che se l'informazione partisse verso il compagno (entagled) che però sarà misurato invece su una proprietà diversa da quella entagled che succede? Ha entrambe le informazioni? E se queste fossero due proprietà in cui vige il principio di indeterminazione? Mentre io comunque sostenevo (ed è la contraddizione che tu invece non vedevi) che se l'informazione parte è anche nello stesso tempo arrivata.
O arrivano entrambe nello stesso momento (a prescindere dal momento in cui siano entrambe misurate nei loro luoghi differenti) oppure ne parte solo ma senza poter sapere che fine faccia.
Ok l'ho cercato di riscrivere, devo dire che ero stato piu bravo prima ;D
Se il "compagno" viene misurato su un'altra proprietà... dipende ;D
In sostanza, bisogna vedere se la correlazione è presente anche su tale proprietà. Se sono commutanti (ovvero non agisce il principio di indeterminazione) possono essere pensate come indipendenti. Se invece abbiamo due proprietà su cui agisce il principio, la correlazione è unica. In sostanza se la proprietà in questione è la quantità di moto, la correlazione è anche sulla posizione. Se invece la correlazione è sulla quantità di moto, puoi avere o non avere una correlazione anche sullo spin.
Però vorrei fare una precisazione: la misura in sé non causa una trasmissione di informazione tra le due particelle, nemmeno a velocità "permesse". Tra di loro, in sostanza, non c'è nemmeno un collegamento "effettivo" all'atto della misura. L'unica informazione che viene trasmessa, è quella trasmessa dagli osservatori. Il fatto che le proprietà siano reali all'atto di misura non implica che tra le particelle entangled debba avvenire uno scambio di informazioni. Anzi nemmeno in questo la particella "misurata" invia un segnale alla sua compagna.
Spero di aver capito meglio, stavolta ;D
Citazione di: Apeiron il 07 Maggio 2018, 23:32:58 PM
Però vorrei fare una precisazione: la misura in sé non causa una trasmissione di informazione tra le due particelle, nemmeno a velocità "permesse". Tra di loro, in sostanza, non c'è nemmeno un collegamento "effettivo" all'atto della misura. L'unica informazione che viene trasmessa, è quella trasmessa dagli osservatori. Il fatto che le proprietà siano reali all'atto di misura non implica che tra le particelle entangled debba avvenire uno scambio di informazioni. Anzi nemmeno in questo la particella "misurata" invia un segnale alla sua compagna.
Questa versione mi è nuova, ma non è da escludere. Però apre scenari nuovi.
Quella che era partita come una correlazione immediata tra due particelle entangled non lo sarebbe invece in tutti i casi tranne quando gli osservatori (che abbiamo detto fanno le loro misure in autonomia e distanti spazialmente) confrontano i risultati.
Ciò però sembra contrastare con la memoria dei due osservatori che possono testimoniare di aver fatto le loro misure prima di incontrarsi e che i risultati erano sempre stati gli stessi. A me sembra che l'idea sia un po' forzata. Anzi credo sia più vicina a chi ritiene che i risultati delle misure siano dipendenti dalla coscienza dell'osservatore, in piu in questo caso alla somma delle coscienze dei due osservatori. Ovvero si da più risalto al concetto di osservazione come una operazione mentale piu che fisica dove per fisica si intende invece solo l'interazione tra lo strumento di misura e il sistema misurato. Avevo gia aggiunto questo piccolo problemino in uno dei post precedenti, perchè il problema mi è noto. ;)
Citazione di: Apeiron il 07 Maggio 2018, 23:27:20 PM
Citazione di: sgiombo il 06 Maggio 2018, 12:37:08 PMCitazione da: sgiombo - Sun May 06 2018 12:37:08 GMT+0200 (ora legale Europa occidentale) Malgrado gli sforzi, continuo a non scorgere alcuna differenza in generale e a priori (cioé al di fuori del caso decisamente particolare che empiricamente sia stata falsificata a posteriori un' ipotesi, pertanto meramente apparente e non reale, di concatenazione causale) fra determinismo-causalismo autentico o reale e determinismo-causalismo inautentico o apparente (e quindi a non capire come possa distinguersi, in che senso, in casi di teorie scientifiche non falsificate, un' interpretazione filosofica "genuinamente deterministica-causalistica" da una "pseudotale" ovvero solo "apparentemente e non realmente deterministica-causalistica").
Non c'è differenza a livello dei dati sperimentali.
La differenza invece è a livello del meccanismo per cui la correlazione avviene. Credo che ti stai "complicando la vita" su una questione molto semplice ;D
Supponiamo di vivere, per assurdo, in un mondo in cui avviene sempreche quando le temperature aumentano l'attività della pirateria cala.
Prima teoria: tra i due "fenomeni" non c'è alcun vero collegamento. Semplicemente "le cose vanno così", l'universo si evolve in modo che risulta esserci la coincidenza per cui entrambi i fenomeni avvengono.
Seconda teoria: trai i due "fenomeni" c'è una connessione. Quando le temperature aumentano in qualche modo l'attività della pirateria cala perchè (per esempio) l'aumento della temperatura fa in modo che i pirati decidono di cambiare vita.
Nel primo caso è una coincidenza. Nel secondo no.
Esempio della lotteria.
Supponiamo di vivere, per assurdo, in un mondo in cui Tizio riesce sempre ad indovinare le estrazioni della lotteria. Si scopre che non c'è nessun imbroglio.
Prima teoria: è una semplice coincidenza dovuta al fatto che l'universo evolve in modo che Tizio riesce sempre ad indovinare.
Seconda teoria: Tizio inconsapevolmente possiede una forma di conoscenza sovrumana che gli permette di indovinare ogni volta.
Nel primo caso è una coincidenza. Nel secondo no.
Viene osservato che a 100°C, al livello del mare l'acqua bolle. L'esperimento viene ripetuto più volte e si vede che l'acqua bolle.
Prima teoria: in realtà sembra che ci sia un motivo "sottostante" per cui gli esperimenti danno sempre lo stesso risultato. In realtà tra l'aumento della temperatura e l'ebollizione dell'acqua non c'è alcun legame.
Seconda teoria: effettivamente è proprio l'aumento della temperatura ciò che causa l'ebollizione.
Le "prime teorie" sono illustrazioni del superdeterminismo, le "seconde teorie" invece sono illustrazioni della spiegazione della non-località offerta da Bohm.
CitazioneMi dispiace non poco perché, come in altre discussioni nel forum, rischio di fare la fastidiosa impressione del petulante Bastian Contrario che ripete insistentemente il suo dissenso (ma invero in, questo caso, la sua -cioé mia- incomprensione), ma continuo a non cogliere alcuna differenza.
Proprio per la critica razionale di Hume dobbiamo porci verso qualsiasi correlazione costantemente verificata di eventi nell' atteggiamento scettico di sospendere il giudizio (in linea teorica, di principio) sulle ipotesi alternative che si tratti di autentica concatenazione causale conseguente leggi generali astratte del divenire naturale (astraibili ad opera del pensiero conoscente dai particolari concreti) oppure di mere coincidenze fortuite (come sarebbe per esempio il caso, non impossibile in linea teorica, di principio) di sette lanci consecutivi di dadi tutti con risultato "12").
Questo vale per qualsiasi caso di correlazione: pirati e temperature, vittorie ripetute alla lotteria, ecc.
E' solo possibile eventualmente falsificare a posteriori una correlazione meramente causale malinterpretata precedentemente come genuinamente casuale (per esempio scoprendo che il plurivincitore della lotteria corrompeva i funzionari che la gestivano o anche semplicemente moltiplicando le osservazioni fino a fare rientrare le ripetute vittorie in un' improbabilissima distribuzione statistica; o incentivando la pirateria e scoprendo che la temperatura degli oceani continua "tranquillamente" a salire), ma non mai confermare una possibile concatenazione genuinamente causale (non si può mai escludere con certezza in linea teorica, di principio che alla prossima osservazione l' acqua non bollirà a 100°, ma magari a 80° o a 120° oppure mai, e che alcun' altra regolarità del divenire naturale fino ad un certo istante di tempo osservata continui sempre ad accadere anche in futuro; né per dimostrazione logica a priori, né per rilevamento empirico a posteriori).
E' per questo che ho sempre ritenuto che il falsificazionismo popperiano possa essere considerato una sorta di corollario dello scetticismo humeiano.
Cioé non vedo proprio come il "superdeterminismo" di t' Hooft possa distinguersi in un qualche eventuale modo dal "buon vecchio" determinismo di Einstein Bohm e tantissimi altri correttamente inteso nella sua indimostrabilità da Hume: ci sono false (falsificate a posteriori) ipotesi di concatenazione causale di eventi e ci sono ipotesi di concatenazione causale di eventi non falsificate a posteriori ma sempre falsificabili da un momento all' altro in linea teorica, di principio.
In linea teorica, di principio il determinismo del divenire naturale, postulato indimostrabile su cui si poggia come su una conditio sine qua non la (possibilità di) conoscenza scientifica (vera; e secondo me anche di valutabilità etica dell' agire di soggetti di azione non sottoposti a coercizioni estrinseche), potrebbe non essere una tesi vera (e in qualsiasi momento rivelarsi tale all' osservazione empirica dei fatti), ma un mero malinteso da "stranissima coincidenza fortuita", come la sequenza di sette risultati "12" consecutivi in sette lanci di dadi non truccati.
Questo é il senso, per me di importanza inestimabile nella critica razionale della conoscenza umana (in generale, e in particolare scientifica), della autenticamente geniale critica razionale della causalità di Hume.
Nel caso della MQ, l'ipotesi è "c'è un collegamento causale tra le due particelle entangled"?
Per t'Hooft tutti gli esperimenti (Aspect et al) sono "falsi positivi".
Per Bohm sono invece "veri positivi".
CitazioneQuesto esempio mi offrre la possibilità di illustrarti meglio i termini della mia incomprensione:
t'Hooft (ma probabilmente in inizio frase si dovrebbe usare la maiuscola, "T' Hooft") per dare un senso alla sua tesi (e per dimostrarla vera) dovrebbe secondo me indicarci osservazioni che falsifichino Bohm (che violino le osservazioni -finora puntuali e costanti- di Aspect).
Ma se t' Hooft attribuisce questa caratteristica di "apparente ma non reale" causalità ad ogni e qualsiasi correlazione fra eventi fisici (a priori), allora fa un' affermazione non solo indimostrabile, ma nemmeno in alcun modo sensata, dal momento che per "falso positivo" si intende un caso falsificato, o almeno falsificabile dall' osservazione empirica (mentre l' ipotesi che tutto sia solo apparentemente e non realmente correlato causalmente non la é: per farlo dovendosi autocontraddittoriamente rilevare qualche non-correlazione apparente che la tesi superdeterministica nega).
In tutta franchezza mi sembra di fatto una malintesa, anzi una erronea distorsione dello scetticismo humeiano (in cui stranamente non pochi, anche solitamente molto ferrati e precisi nel ragionamento logico, talora incorrono): la pretesa certezza della non causalità delle successioni di eventi naturali anzichè il (ben diverso: tutt' altra cosa!) dubbio sempre e comunque insuperabile (razionalmente) in proposito.
Citazione di: Il_Dubbio il 08 Maggio 2018, 09:14:45 AM
Citazione di: Apeiron il 07 Maggio 2018, 23:32:58 PM
Però vorrei fare una precisazione: la misura in sé non causa una trasmissione di informazione tra le due particelle, nemmeno a velocità "permesse". Tra di loro, in sostanza, non c'è nemmeno un collegamento "effettivo" all'atto della misura. L'unica informazione che viene trasmessa, è quella trasmessa dagli osservatori. Il fatto che le proprietà siano reali all'atto di misura non implica che tra le particelle entangled debba avvenire uno scambio di informazioni. Anzi nemmeno in questo la particella "misurata" invia un segnale alla sua compagna.
Anche a me qui qualcosa non quadra.
Mi sembra che avessi affermato chiarissimamente che "trasmissione di informazioni" e "causazione" sono perfetti sinonimi (e concordo in pieno! Fra l' altro preferendo per parte mia il concetto di "causazione", per nulla coinvolgente alcuna eventuale "soggettività di osservatori o di conoscitori" o di "soggetti informati", a quello in tal senso un po' ambiguo di "trasmissione di informazioni"):
#124: Se No trasmissione informazione= no trasmissione segnali = no interazione causalità.
#121: "scambio informazione = nesso causale"!
Ma se Il fatto che le proprietà siano reali all'atto di misura non implica che tra le particelle entangled debba avvenire uno scambio di informazioni e se "scambio di informazioni" == "causazione", allora come si può parlare di "non-località", che a mio parere significa "azione, causazione istantanea a distanza" (é la misura-modificazione delle sue caratteristiche sulla particella "1" a determinare istantaneamente a distanza finita una modificazione delle analoghe caratteristiche della particella "2" con la quale é entangled == "ad inviarle un segnale")?
Un po' mi sono perso in questa lunga discussione , ma tento una grezza analisi filosofica.
Per preservare il non intuitivo limite alla velocità devo rinunciare all'intuitiva località.
Allora , siccome non riesco a rendere intuitivo il primo cercherò di "deintuitare" la seconda. :)
Se è utile considerare una particella come puntiforme , anche al fine di definirla attraverso delle coordinate spaziali , di fatto una particella occupa un volume che non è precisamente definibile , anche se parimenti può essere utile rappresentarla con un definito volume.
In un modo o nell'altro la località di una particella , fuori dalla mia intuizione , è una astrazione.
Negare la località di fatto significa , al di là' della mia intuizione di località, che in certi casi queste astrazioni non funzionano.
A meno che ai primi due tipi di astrazioni non ne aggiunga una terza , dove la particella occupa uno spazio infinito.
Ora è evidente che , se le prime due astrazioni non urtano la mia intuizione di località, con la terza questa sparisce.
Quando dico che una particella percorre la distanza da A a B in un tempo che non è piccolo a piacere , sto dicendo una cosa vera quanto è vero che la particella possa essere rappresentata con A prima e poi con B.
Cioè è vero quanto è vero che la particella possa essere "localizzata".
NON voglio sollevare qui una questione di approssimazione , questione usuale e normale delle misure fisiche , ma una questione concettuale.
Quando affermo la non località sto negando la validità dell'uso del concetto di località relativamente al contesto in discussione.
Non sto dicendo che la località' non esiste , in quanto essa essendo una astrazione non esiste di per se'.
Sto dicendo che quella,astrazione non sempre risulta utilmente applicabile , ed essendo una astrazione non c'è nulla di strano che succeda.
Quello che è successo semmai fino ad un certo punto è che quella astrazione avendo sempre funzionato sembri aver perso il suo carattere astratto per trasformarsi di fatto in un oggetto della mia intuizione.
Adesso altro non bisogna fare se non lo stesso processo al contrario.
All'interno dello spazio indefinito occupato da una particella non esistono punti A e B , se si tratta di una unica particella.
I punti A e B "esistono" e sono i punti in cui effettuò le misure , ma sono "fuori della particella" nel senso che non la rappresentano.
Una particella unica si può rappresentare con un punto , o con un volume definito , ma non con due punti distinti.
Più in generale se decido di rappresentare una particella con una pluralità di punti sto effettuando una operazione contraria al mio concetto di località.
La particella sta esclusivamente in. A oppure in B , oppure pressoché ovunque e quindi in nessun posto , e fra nessun posto e nessun posto non posso misurare nessuna velocità o ,il che è lo stesso , una velocità infinita.
In fondo fra la realtà fisica e le nostre intuizioni , quando le analizziamo bene , non sembra esserci tutta questa mancanza di coerenza.
La fisica ci dice che esiste un limite alla velocità, ma già l'intuito e la logica ci dicevano che una velocità infinita è una contraddizione in termini.
La matematica ci dice che la località è vera quanto è vera la matematica , ma nulla di più.
Sembra un rospo difficile da digerire , però non ci mancano le capacità per farlo , se già siamo riusciti a digerire anche di peggio , come l'azione istantanea a distanza L come se tutto si toccasse con tutto , come se non esistesse località.
Il concetto di località diventa problematico quando si manca di definirlo precisamente , cosa che la matematica pur ci lascia liberi di fare a piacere di volta in volta.
La fisica però mette sempre ordine fra le nostre intuizioni , anche quando sembra fare il contrario.
O almeno , speriamo che sia così, perché un'altra strada non mi sembra possibile.
Citazione di: Il_Dubbio il 08 Maggio 2018, 09:14:45 AM
Citazione di: Apeiron il 07 Maggio 2018, 23:32:58 PM
Però vorrei fare una precisazione: la misura in sé non causa una trasmissione di informazione tra le due particelle, nemmeno a velocità "permesse". Tra di loro, in sostanza, non c'è nemmeno un collegamento "effettivo" all'atto della misura. L'unica informazione che viene trasmessa, è quella trasmessa dagli osservatori. Il fatto che le proprietà siano reali all'atto di misura non implica che tra le particelle entangled debba avvenire uno scambio di informazioni. Anzi nemmeno in questo la particella "misurata" invia un segnale alla sua compagna.
Questa versione mi è nuova, ma non è da escludere. Però apre scenari nuovi.
Quella che era partita come una correlazione immediata tra due particelle entangled non lo sarebbe invece in tutti i casi tranne quando gli osservatori (che abbiamo detto fanno le loro misure in autonomia e distanti spazialmente) confrontano i risultati.
Ciò però sembra contrastare con la memoria dei due osservatori che possono testimoniare di aver fatto le loro misure prima di incontrarsi e che i risultati erano sempre stati gli stessi. A me sembra che l'idea sia un po' forzata. Anzi credo sia più vicina a chi ritiene che i risultati delle misure siano dipendenti dalla coscienza dell'osservatore, in piu in questo caso alla somma delle coscienze dei due osservatori. Ovvero si da più risalto al concetto di osservazione come una operazione mentale piu che fisica dove per fisica si intende invece solo l'interazione tra lo strumento di misura e il sistema misurato. Avevo gia aggiunto questo piccolo problemino in uno dei post precedenti, perchè il problema mi è noto. ;)
Vicina sì, ma non è la stessa cosa. In sostanza il discorso è questo: ci sono due particelle entangled e due osservatori. Supponiamo che le due particelle entangled vengano prodotte durante un esperimento di decadimento prodotto nel laboratorio di Charlie. Charlie telefona ad Alice dicendole che sta per arrivare una delle due particelle e fa la stessa cosa con Bob. Alice e Bob mettono in funzione l'apparato. Supponiamo, per farla semplice, che la proprietà da misurare sia la quantità di moto e che la particella decaduta a riposo (a quantità di moto nulla). Sapendo questo sia Alice che Bob sanno che la
somma dei due risultati sperimentali che otterranno sarà zero. Per l'interpretazione di Copenaghen però all'infuori della misura non si può parlare di quantità di moto delle particelle. Non si può dire che "durante il tragitto" avevano la quantità di moto totale nulla. Quello che si può dire è che quando Alice misurerà una quantità di moto, Bob misurerà una quantità di moto uguale in modulo e opposta in verso. Quindi Alice appena legge il risultato della misura già sa alla perfezione cosa le verrà comunicato da Bob. Tuttavia l'informazione di cosa ha ottenuto Bob arriverà
dopo un po' di tempo, ovvero quando arriverà la comunicazione di Bob (lo stesso per le parti invertite ovviamente!). Chiaramente per entrambi la misura è stata fatta prima di incontrarsi ma non c'è stato scambio di informazione e quindi la località è "salva" :)
Citazione di: sgiombo il 08 Maggio 2018, 11:38:08 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 08 Maggio 2018, 09:14:45 AM
Citazione di: Apeiron il 07 Maggio 2018, 23:32:58 PMPerò vorrei fare una precisazione: la misura in sé non causa una trasmissione di informazione tra le due particelle, nemmeno a velocità "permesse". Tra di loro, in sostanza, non c'è nemmeno un collegamento "effettivo" all'atto della misura. L'unica informazione che viene trasmessa, è quella trasmessa dagli osservatori. Il fatto che le proprietà siano reali all'atto di misura non implica che tra le particelle entangled debba avvenire uno scambio di informazioni. Anzi nemmeno in questo la particella "misurata" invia un segnale alla sua compagna.
Anche a me qui qualcosa non quadra. Mi sembra che avessi affermato chiarissimamente che "trasmissione di informazioni" e "causazione" sono perfetti sinonimi (e concordo in pieno! Fra l' altro preferendo per parte mia il concetto di "causazione", per nulla coinvolgente alcuna eventuale "soggettività di osservatori o di conoscitori" o di "soggetti informati", a quello in tal senso un po' ambiguo di "trasmissione di informazioni"): #124: Se No trasmissione informazione= no trasmissione segnali = no interazione causalità. #121: "scambio informazione = nesso causale"! Ma se Il fatto che le proprietà siano reali all'atto di misura non implica che tra le particelle entangled debba avvenire uno scambio di informazioni e se "scambio di informazioni" == "causazione", allora come si può parlare di "non-località", che a mio parere significa "azione, causazione istantanea a distanza" (é la misura-modificazione delle sue caratteristiche sulla particella "1" a determinare istantaneamente a distanza finita una modificazione delle analoghe caratteristiche della particella "2" con la quale é entangled == "ad inviarle un segnale")?
Appunto, non c'è una reale "non-località" nell'interpretazione di Copenaghen. Ci sarebbe non-località solo se avesse senso parlare di "quantità di moto", "spin" ecc delle particelle entangled quando non vengono misurate. Ma così - vedi anche in alto, nella risposta che ho dato a Il_Dubbio - si elimina il problema. Alice, ovviamente, può prevedere cosa le comunicherà Bob quando le dirà il risultato. Ma fino ad allora non c'è stata alcuna comunicazione né tra gli osservatori, né tantomeno tra le particelle.
Riguardo alla "causazione" e all'informazione. Posso capire che è difficile "da digerire", ma prova a vedere la cosa in questo modo. Il Sole emette fotoni. I fotoni raggiungono la Terra e fanno aumentare la temperatura. Ora, chiaramente l'evento "emissione fotoni"
causa l'evento "aumento della temperatura". In fisica questo è compreso anche come trasmissione di informazioni, così come è capito in tal modo il fatto che in questo forum scrivendo e leggendo ci scambiamo informazioni (e questo scambio produce un rapporto di causalità tra di noi: io acquisisco conoscenza leggendo i post di @sgmiobo ecc). Allo stesso modo, in fisica la causazione è vista in modo simile. Inoltre la coscienza non svolge alcun ruolo: l'informazione può essere contenuta anche in un libro, in un computer, in un gas ecc. E l'informazione si può scambiare anche tra due oggetti non senzienti :)
Per tutti: il passaggio chiave è proprio riuscire a metabolizzare l'ontologia e la domanda "quando posso affermare che l'oggetto X ha la proprietà Y?". Comunque, quanto ho chiamato "realismo in fisica" in questa discussione nel gergo scientifico è in realtà detto, per essere pignoli,
"definitezza controfattuale" (counterfactual definiteness) ovvero l'assunzione che è
possibile parlare in modo significativo di
risultati sperimentali che non sono avvenuti. Bohm e t'Hooft accettano la definitezza controfattuale. L'interpretazione a molti mondi invece non accetta la definitezza controfattuale, visto che letteralmente
tutti i possibili risulati della misura sono avvenuti. Ergo l'interpretazione a molti mondi, in realtà, è una interpretazione "realistica" perchè la funzione d'onda è reale, fisica ma che non accetta la definitezza controfattuale (che non è altro che il "realismo" postulato da Einstein senza però necessariamente introdurre il postulato della località). Quindi per essere pignoli avrei dovuto usare questo termine per differenziare la posizione di Bohm da quella di altri interpreti. Vorrei far notare la quantità enorme di interpretazioni, comunque - lungi dall'essere una questione risolta, l'accordo su cosa veramente ci sta dicendo la MQ non è ancora stato raggiunto.
Risposta ovviamente non completa, prossimamente arriveranno le risposte al primo messaggio di @sgiombo e a quello di @iano.
Citazione di: Apeiron il 10 Maggio 2018, 23:05:50 PM
Appunto, non c'è una reale "non-località" nell'interpretazione di Copenaghen. Ci sarebbe non-località solo se avesse senso parlare di "quantità di moto", "spin" ecc delle particelle entangled quando non vengono misurate. Ma così - vedi anche in alto, nella risposta che ho dato a Il_Dubbio - si elimina il problema. Alice, ovviamente, può prevedere cosa le comunicherà Bob quando le dirà il risultato. Ma fino ad allora non c'è stata alcuna comunicazione né tra gli osservatori, né tantomeno tra le particelle.
CitazioneDa "bohmiano" rilevo che il vantaggio dell' eliminazione del problema della località é più che compensato (in negativo, secondo me) dall' assurdità (a mio modesto parere) di oggetti o caratteristiche di oggetti (comunque realtà fisiche) come "quantità di moto", "spin" ecc. che vengono ad esistere magicamente se e quando create (letteralmente) ad libitum dall' osservatore.
Con l' ulteriore necessità di spiegare, nel caso del' entanglement, come mai tali caratteristiche sono rilevate (anzi: fatte esistere, create) da Bob nella "sua" particella-onda entangled dipendentemente da quanto rilevato-fatto esistere a distanza da Alice nella sua (o viceversa); dipendenza instauratasi fra una "cosa" realmente esistente (la particella-onda osservata-creata precedentemente da Alice e una "cosa" inesistente, e "nulla di reale" al momento dell' instaurarsi della dipendenza stessa e fino all' osservazione di Bob (la particella-onda di quest' ultimo): informazione su come dovrà essere lo spin della particella "di Bob" inviata ad essa, la quale non c'é (inviata a nulla di reale!), dalla particella "di Alice" al momento della sua osservazione-creazione da parte di quest' ultima.
Riguardo alla "causazione" e all'informazione. Posso capire che è difficile "da digerire", ma prova a vedere la cosa in questo modo. Il Sole emette fotoni. I fotoni raggiungono la Terra e fanno aumentare la temperatura. Ora, chiaramente l'evento "emissione fotoni" causa l'evento "aumento della temperatura". In fisica questo è compreso anche come trasmissione di informazioni, così come è capito in tal modo il fatto che in questo forum scrivendo e leggendo ci scambiamo informazioni (e questo scambio produce un rapporto di causalità tra di noi: io acquisisco conoscenza leggendo i post di @sgmiobo ecc). Allo stesso modo, in fisica la causazione è vista in modo simile. Inoltre la coscienza non svolge alcun ruolo: l'informazione può essere contenuta anche in un libro, in un computer, in un gas ecc. E l'informazione si può scambiare anche tra due oggetti non senzienti :)
CitazioneCredo che per me non si sia mai posto un problema "informazione-causazione": per me sono oggettivamente la stessa cosa soggettivamente detta alquanto antropomorficamente (o forse é meglio dire antropocentricamente) col primo concetto (infatti preferisco di gran lunga il secondo).
A mio parere dire che l' informazione può essere contenuta anche in un libro, in un computer, ecc. ha senso unicamente alla condizione che almeno potenzialmente esistano "fruitori dell' informazione stessa" (e comunque per il fatto che inevitabilmente esistono produttori, "emettitori" di essa).
Ciò che può intervenire fra oggetti non senzienti (non coscienti) non é informazione per essi (per definizione: per essere informati bisogna sentire), é informazione per soggetti senzienti che per lo meno potenzialmente ne fruiscano, la ricevano (e per altri che la emettano), altrimenti sono meri fatti, concatenazioni causa-effetto.
Un effetto può essere anche un' informazione (o meno, se nessuno se ne accorge), mentre un' informazione deve necessariamente essere, non può non essere, anche un' effetto (l' effetto intenzionalmente voluto della scelta cosciente di chi la produce o emette).
Tutte le informazioni sono (anche) effetti, ma non tutti gli effetti sono (anche) informazioni.
Per tutti: il passaggio chiave è proprio riuscire a metabolizzare l'ontologia e la domanda "quando posso affermare che l'oggetto X ha la proprietà Y?". Comunque, quanto ho chiamato "realismo in fisica" in questa discussione nel gergo scientifico è in realtà detto, per essere pignoli, "definitezza controfattuale" (counterfactual definiteness) ovvero l'assunzione che è possibile parlare in modo significativo di risultati sperimentali che non sono avvenuti. Bohm e t'Hooft accettano la definitezza controfattuale. L'interpretazione a molti mondi invece non accetta la definitezza controfattuale, visto che letteralmente tutti i possibili risulati della misura sono avvenuti. Ergo l'interpretazione a molti mondi, in realtà, è una interpretazione "realistica" perchè la funzione d'onda è reale, fisica ma che non accetta la definitezza controfattuale (che non è altro che il "realismo" postulato da Einstein senza però necessariamente introdurre il postulato della località). Quindi per essere pignoli avrei dovuto usare questo termine per differenziare la posizione di Bohm da quella di altri interpreti. Vorrei far notare la quantità enorme di interpretazioni, comunque - lungi dall'essere una questione risolta, l'accordo su cosa veramente ci sta dicendo la MQ non è ancora stato raggiunto.
CitazionePerfettamente d' accordo con quest' ultima affermazione (e ritengo che ciò valga anche per tante altre questioni scientifiche, a cominciare dalle cosmologie -ma sarebbe più corretto definirle "cosmogonie" del "Big bang", malgrado l' ancor maggiore, "bulgaro" conformismo per così dire "politcamente corretto" della "comunità scientifica" in proposito).
Se ben capisco la "definitezza controfattuale" é il realismo (a mio parere razionale) per il quale ciò che si osserva-misura é oggettivamente reale (accade realmente) anche allorché non lo si osserva-misura (indipendentemente dall' accadere o meno delle scelte soggettive di eventuali osservatori misuratori) e non viene fatto essere reale dal nulla (letteralmente: creato) o meno dagli osservatori-misuratori con la loro scelta soggettiva e arbitraria di osservare-misurare.
E tutto ciò -non si sa bene come e perché- con caratteristiche intersoggettive, reali e realmente identiche per ogni e qualsiasi reale o potenziale osservatore-creatore: se non c' é qualcosa di reale anche quando non osservato, ciò può accadere solo per una sorta di vaga ed oscura "leibniziana armonia prestabilita")
L' interpretazione a molti mondi (mi si perdoni la franchezza) mi sembra una tipica puerile boiata irrazionalistica da scienziati "senza palle filosofiche" (digiuni di filosofia).
Sarà anche realistica, ma é pure irrazionalistica "che più irrazionalistico non si può, nemmeno con la magia", per parafrasare un' antico slogan pubblicitario esclamato da Mike Bongiorno.
MI sembra che da Galileo in poi la ricerca scientifica non faccia che "parlare in modo significativo di risultati sperimentali che non sono avvenuti" (ancora; ma che attraverso il cimento sperimentale si verifica se avvengano o meno.
Risposta a @sgiomboCitazionesgiombo
Mi dispiace non poco perché, come in altre discussioni nel forum, rischio di fare la fastidiosa impressione del petulante Bastian Contrario che ripete insistentemente il suo dissenso (ma invero in, questo caso, la sua -cioé mia- incomprensione), ma continuo a non cogliere alcuna differenza.
No problem!
Citazionesgiombo
...
E' per questo che ho sempre ritenuto che il falsificazionismo popperiano possa essere considerato una sorta di corollario dello scetticismo humeiano.
Il discorso che fai sullo scetticismo Humeiano è corretto. Concordo che è
impossibile dimostrare l'esistenza effettiva del rapporto causale. Questo però non implica che si possa
ipotizzare che esso ci sia o non ci sia (so che concordi, ma è bene è precisarlo). In sostanza Bohm ritiene che c'è, t'Hooft invece no.
Citazionesgiombo
Cioé non vedo proprio come il "superdeterminismo" di t' Hooft possa distinguersi in un qualche eventuale modo dal "buon vecchio" determinismo di Einstein Bohm e tantissimi altri correttamente inteso nella sua indimostrabilità da Hume: ci sono false (falsificate a posteriori) ipotesi di concatenazione causale di eventi e ci sono ipotesi di concatenazione causale di eventi non falsificate a posteriori ma sempre falsificabili da un momento all' altro in linea teorica, di principio.
Se ho ben compreso il tuo argomento, direi che sono d'accordo: è impossibile
distinguerli. In sostanza, se in futuro qualche tecnica ci permetesse di dimostrare che le altre interpretazioni della MQ sono errate, non riusciremo a distinguere l'interpretazione di Bohm da quella di t'Hoof. Su questo concordo. Quello con cui non concordo, però, è sulla loro indistinguibilità nell'ontologia che propongono: per Bohm c'è un effettivo rapporto causale, per t'Hooft no. Non ci può essere un modo per falsificare una delle due teorie (e non falsificare, allo stesso tempo, l'altra) ma questo non significa che sono identiche!
Citazionesgiombo
In linea teorica, di principio il determinismo del divenire naturale, postulato indimostrabile su cui si poggia come su una conditio sine qua non la (possibilità di) conoscenza scientifica (vera; e secondo me anche di valutabilità etica dell' agire di soggetti di azione non sottoposti a coercizioni estrinseche), potrebbe non essere una tesi vera (e in qualsiasi momento rivelarsi tale all' osservazione empirica dei fatti), ma un mero malinteso da "stranissima coincidenza fortuita", come la sequenza di sette risultati "12" consecutivi in sette lanci di dadi non truccati.
Questo é il senso, per me di importanza inestimabile nella critica razionale della conoscenza umana (in generale, e in particolare scientifica), della autenticamente geniale critica razionale della causalità di Hume.
In questa parte hai detto più o meno quello che stavo cercando di dire io ;D in sostanza la differenza c'è ma come tu dici non è possibile falsificare una delle due teorie senza falsificare l'altra ;)
Citazionesgiombo
Ma se t' Hooft attribuisce questa caratteristica di "apparente ma non reale" causalità ad ogni e qualsiasi correlazione fra eventi fisici (a priori)...
Non ho ben capito cosa vuoi dire qua... comunque t'Hooft nega la causalità "reale"
solo nel caso delle correlazioni quantistiche. Ad ogni modo
Citazionesgiombo
allora fa un' affermazione non solo indimostrabile, ma nemmeno in alcun modo sensata, dal momento che per "falso positivo" si intende un caso falsificato, o almeno falsificabile dall' osservazione empirica
Qui non riesco a capire l'insensatezza. Nell'esempio della lotteria, se una persona "avesse sempre molta fortuna", non ci sarebbe una vera causazione. Lo stesso t'Hooft ipotizza per le correlazioni quantistiche. Concordo però sul fatto che è una teoria infalsificabile (e diversi fisici lo hanno criticato anche su questo!)
Citazionesgiombo
Da "bohmiano" rilevo che il vantaggio dell' eliminazione del problema della località é più che compensato (in negativo, secondo me) dall' assurdità (a mio modesto parere) di oggetti o caratteristiche di oggetti (comunque realtà fisiche) come "quantità di moto", "spin" ecc. che vengono ad esistere magicamente se e quando create (letteralmente) ad libitum dall' osservatore.
Capisco bene il tuo punto di vista (e lo rispetto molto!), ma vorrei porre l'attenzione sul linguaggio. In fisica, per esempio, ci sono
le definizioni operative delle grandezze: ogni grandezza ha una definizione che corrisponde al modo con cui la si misura. Ora, Bohr è probabilmente partito da questa idea. Così come già in fisica classica la grandezza "quantità di moto" ha una precisa definizione operativa, allo stesso modo si può parlare di "quantità di moto"
durante l'esperimento. Ergo le "grandezze fisiche" per Bohr più che "proprietà (solo) dell'oggetto" sono, in realtà, proprietà dell'
oggetto osservato, ovvero dell'oggetto in un determinato contesto. Propongo l'analogia del colore: la mela è "rossa" solo nel contesto di soggetti in grado di
vedere il rosso. Ergo per Bohr la particella ha quantità di moto solo quando "si trova" in un determinato contesto. Ad ogni modo concordo con te che la spiegazione della correlazione fatta dai Copenaghisti non è molto soddisfacente: in sostanza abbiamo che le due
misure sono correlate, tuttavia il fatto che è "solo una correlazione" è estremamente contro-intuitivo.
Citazionesgiombo
Tutte le informazioni sono (anche) effetti, ma non tutti gli effetti sono (anche) informazioni.
In linea di principio, sì. Si può parlare che
potenzialmente c'è l'informazione anche senza esseri senzienti da informare. Ed è proprio in questo senso che i fisici parlano di "informazione" (o meglio, per loro un computer è "informato" quando contiene dei dati - ma sono d'accordo con te che, effettivamente ha senso la parola "informato" solo nell'ambito degli esseri senzienti). :)
Riguardo alla "non-intuitività" anche la versione Bohmiana, però ha le sue "particolarità". Le proprietà fisiche (massa, carica...) non sono localizzate nella particella, ma sono assegnate alla funzione d'onda. A differenza dell'azione a distanza newtoniana, l'azione a distanza "alla Bohm"
è indipendente dalla distanza. E altro ancora ;D
Rispondo a @iano:Citazioneiano
Se è utile considerare una particella come puntiforme , anche al fine di definirla attraverso delle coordinate spaziali , di fatto una particella occupa un volume che non è precisamente definibile , anche se parimenti può essere utile rappresentarla con un definito volume.
Per la meccanica Bohmiana è letteralmente puntiforme. Nota che, però le proprietà come la massa sono proprietà assegnate alla funzione d'onda e quindi non c'è il problema della densità infinita.
Citazioneiano
Se è utile considerare una particella come puntiforme , anche al fine di definirla attraverso delle coordinate spaziali , di fatto una particella occupa un volume che non è precisamente definibile , anche se parimenti può essere utile rappresentarla con un definito volume.
In un modo o nell'altro la località di una particella , fuori dalla mia intuizione , è una astrazione.
Ammetto che credo di non capire il tuo ragionamento ma qui stai confondendo la località con la localizzazione. Anche se le particelle non fossero localizzate ma fossero "nuvole di carica, massa ecc" sarebbe comunque possibile stabilire una velocità di trasmissione dei segnali tra di esse (e anche se i fotoni, fossero, ugualmente "nuvole" sarebbe comunque possibile stabilire una velocità).
Citazioneiano
Quando dico che una particella percorre la distanza da A a B in un tempo che non è piccolo a piacere , sto dicendo una cosa vera quanto è vero che la particella possa essere rappresentata con A prima e poi con B.
Cioè è vero quanto è vero che la particella possa essere "localizzata".
Ok.
Citazioneiano
Sto dicendo che quella,astrazione non sempre risulta utilmente applicabile , ed essendo una astrazione non c'è nulla di strano che succeda.
Se vogliamo più che l'approssimazione di particella puntiforme, è lo stesso concetto di "velocità" che rende sensato quello di "località". Se non c'è un modo sensato per definire la velocità non c'è nemmeno per la località.
Citazione
Citazioneiano
I punti A e B "esistono" e sono i punti in cui effettuò le misure , ma sono "fuori della particella" nel senso che non la rappresentano.
Una particella unica si può rappresentare con un punto , o con un volume definito , ma non con due punti distinti.
Più in generale se decido di rappresentare una particella con una pluralità di punti sto effettuando una operazione contraria al mio concetto di località.
Puoi spiegare meglio quello che intendi? Supponi di avere in mano una palla e di prendere due punti all'interno di essa, A e B. All'istante "A" coincide con un'estremita della palla mentre "B" un punto qualsiasi interno. La palla si muove e "A" è fuori dalla palla e dalla sua superficie, mentre "B" ora coincide con un punto della superficie. Chiaramente posso parlare di "velocità della palla" anche se può non aver senso "localizzare" la palla in un punto.
Citazioneiano
La fisica ci dice che esiste un limite alla velocità, ma già l'intuito e la logica ci dicevano che una velocità infinita è una contraddizione in termini.
Anche io ritengo che il limite della velocità sia intuitivo. Però non direi che è una "contraddizione" la velocità infinita. Posso capire, però, che effettivamente possa suonare quasi come "azione quasi magica" che come un processo fisico (col senno di poi, avendo conosciuto la relatività)
Citazioneiano
La matematica ci dice che la località è vera quanto è vera la matematica , ma nulla di più.
Non direi che è la matematica che lo dice. Al massimo è la matematica della teoria attuale! Se dici che è la matematica che lo dice, allora, il concetto di "azione istantanea" sarebbe illogico, cosa che non è :)
Personalmente la "località" è una cosa che accetto perchè, secondo me, spiega il motivo per cui solo le cose "vicine" a noi ci danno una influenza "immediata". E più le cose si allontanano, più "impiegano tempo" ad influenzarci. La località quindi permette la
localizzazione (in punti o in volumi finiti) e
l'individuazione. Se il mondo fosse "non-locale" gli stessi concetti di vicinanza e lontananza perderebbero "validità". [in realtà nella meccanica newtoniana, la gravità e la forza di Coulomb erano istantanee. La localizzazione e la individuazione erano giustificate col fatto che le forze decrescevano in intensità all'aumentare della distanza. La località invece spiega queste due cose utilizzando anche l'assioma che non solo le interazioni calano di intensità all'aumentare della distanza ma anche le interazioni stesse si propagano a velocità finita. Se si accetta la non località nel mondo quantistico si accettano non solo influenze non locali ma anche indipendenti dalla distanza!]
Ovviamente ci sono, tra i fisici, proposte per abbandonare questi concetti familiari :)
Risposta ad Apeiron
"Ipotizzare che rapporto causale fra eventi ci sia o che non ci sia (e se in sostanza Bohm ritiene che c'è, t'Hooft invece no)" a mio parere non può necessariamente significare che o le sequenze di eventi seguono leggi universali e costanti (si rilevane sempre e dovunque, dati determinati eventi "iniziali" determinate sequenze di eventi "successivi" e non altre), oppure no.
Ma allora che dice t' Hooft di diverso da Bohm ? ? ?
Che senso potrebbe mai avere l' affermazione "apparentemente le sequenze di eventi seguono leggi universali e costanti (si rilevane sempre e dovunque, dati determinati eventi "iniziali", determinate sequenze di eventi "successivi" e non altre), ma realmente si tratta di sequenze casuali"?
Per me "sequenze (realmente) casuali di eventi" significa "sequenze tali che prima o poi, qua o là, dati determinati eventi "iniziali" non ne (con)seguono (realmente) determinate sequenze di eventi "successivi" ma invece altre"; e che questo possa accadere solo "apparentemente", significa inevitabilmente, necessariamente che si può prima o poi, qua o là falsificare questa apparenza (per l' appunto falsa); é il caso dei sette risultati consecutivi "12" in lanci di dadi non truccati: continuamo a lanciarli, e inevutabilmente prima o poi, dopo tantissimi lanci, la sequenza ci apparirà (veracemente, quale realmente é) come un' eventualità improbabilissima nell' ambito di eventi casuali e non causali - deterministici, solo apparentemente (ma falsamente) tali a un' osservazione inadeguata della reltà.
Ma a quanto pare questo per t' Hooft non può darsi.
E allora le parole di t' Hooft non hanno alcun senso (o almeno io non vi vedo alcun senso: e allora se ce n' é uno -ammesso e non concesso- mi pacerebbe che me lo si esponesse).
Ma tu mi dici per l' appunto che é impossibile distinguere (buon vecchio) determinismo (a là Bohm) e superdeterminismo (a la t' Hooft), il che non può non significare che t' Hooft non dice niente di sensato (pretende che un' affermazione sia diversa da un' altra senza che si possano distinguere, il che é evidentissimamente autocontraddittorio).
Dove mai starebbe, in cosa consisterebbe mai la "loro indistinguibilità nell'ontologia che propongono: per Bohm c'è un effettivo rapporto causale, per t'Hooft no" se anche per t' Hooft non é possibile rilevare deroghe dalle determinate sequenze universali e costanti dai fatti reali (ma casomai solo immaginarle senza verificarle, il che é banalmente possibilissimo anche per Bohm, e non cambia nulla nella realtà dei fatti, ma costituisce solo un' esercizio di fantasia, magari valido letterariamente o artisticamente, ma comunque falso; anche se la saa falsità, tanto per Bohn quanto per t' Hooft, é assunta arbitrariamente -per poter fare scienza- e non logicamente dimostrabile né empiricamente constatabile, come ci ha insenato Hume).
Vorrei che m spiegassi che significa "Non ci può essere un modo per falsificare una delle due teorie (e non falsificare, allo stesso tempo, l'altra)" [il che per me == "sono identiche"; altrimenti che significa "identico"?] "ma questo non significa che sono identiche!" [il che per me significa che c' é (almeno) un modo per distinguerle, e dunque per stabilire se é vera l' una oppure l' altra, poiché non possono darsi due verità diverse sugli stessi, medesimi, identici fatti); oppure anche se sono false entrambe (essendo in questo caso diverse anche da una terza, almeno potenziale, teoria vera circa gli stessi, medesimi, identici fatti].
Che differenza potrebbe mai darsi fra due teorie se "non è possibile falsificare una delle due teorie senza falsificare l'altra"?
Non riesco proprio ad attribuire a in questa affermazione altro significato che
o esse sono identiche (la stessa, unica teoria);
o al massimo (ma non vedo come, in che senso ciò potrebbe darsi nella fattispecie) che l' una é parte dell' (é implicata dalla, "contenuta nella") altra (ma fra l' altro solo se la falsificazione dell' una con necessariamente implicata quella dell' altra andasse in un' unico senso, se fosse intransitiva; e non mi pare questo il caso).
Queste considerazioni valgono pari pari anche se t'Hooft nega la causalità "reale" solo nel caso delle correlazioni quantistiche": dovrebbe mostrarci per lo meno come si potrebbe rilevare nelle correlazioni quantistiche una deroga all' universalità e costanza delle sequenze (== causalità, determinismo), che le falsificasse; ma se, come pare, pretende di sostenere che universalità e costanza reale delle sequenze non é distinguibile da universalità e costanza apparente delle sequenze degli eventi quantistici, allora ciò non é possibile per definizione (== si tratta di un insensato vaniloquio).
Per stabilire, Nell'esempio della lotteria, se una persona "avesse sempre molta fortuna", [e dunque se] non ci sarebbe una vera causazione [cosa che] Lo stesso t'Hooft ipotizza per le correlazioni quantistiche" bisognerebbe prolungare le osservazioni fino a far rientrare le vincite in una sequenza statistica teoricamente plausibile, per quanto improbabile. In assenza di una simile osservazione non può parlarsi di "fortuna" ma di concatenazione causale (di cui eventualmente cercare spiegazioni: imbrogli? Corruzione dei gestori della lotteria? Qualche meccanismo naturale -magari non locale!- che collega causalmente-deterministicamente gli acquisti dei biglietti del tizio con le estrazioni dei numeri?).
Se per definizione per Bohr le "grandezze fisiche" più che "proprietà (solo) dell'oggetto" sono, in realtà, proprietà dell'oggetto osservato ,ovvero dell'oggetto in un determinato contesto, allora si tratta di un assunto arbitrario, soggettivo di Bohr (condiviso per convenzione da chi segue in questo Bohr); allora ciò significa che arbitrariamente, soggettivamente Bohr si interessa solo dell'oggetto in quanto osservato, ovvero dell' oggetto in un determinato contesto.
E non che necessariamente si tratta oggettivamente di proprietà solo dell' oggetto in quanto osservato, ovvero solo dell' oggetto in un determinato contesto e non anche dell' oggetto indipendentemente dal fatto che sia osservato o meno (il che a mio parere é per lo meno meglio correlato con l' intersoggettività delle osservazioni: se sempre e comunque chiunque compia le "opportune" osservazioni inderogabilmente rileva le stesse identiche medesime caratteristiche -misure- allora per me vuol dire che qualcosa di reale c' é, accade indipendentemente dalle eventuali osservazioni o meno, che infatti non possono in alcun modo mutarlo; per spiegarlo, in alternativa, si potrebbe forse ricorrere ad una per me oscura e un po' misteriosa "armonia in un qualche modo o senso prestabilita" fra le osservazioni).
Citazione di: Apeiron il 10 Maggio 2018, 23:05:50 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 08 Maggio 2018, 09:14:45 AM
Citazione di: Apeiron il 07 Maggio 2018, 23:32:58 PM
Però vorrei fare una precisazione: la misura in sé non causa una trasmissione di informazione tra le due particelle, nemmeno a velocità "permesse". Tra di loro, in sostanza, non c'è nemmeno un collegamento "effettivo" all'atto della misura. L'unica informazione che viene trasmessa, è quella trasmessa dagli osservatori. Il fatto che le proprietà siano reali all'atto di misura non implica che tra le particelle entangled debba avvenire uno scambio di informazioni. Anzi nemmeno in questo la particella "misurata" invia un segnale alla sua compagna.
Questa versione mi è nuova, ma non è da escludere. Però apre scenari nuovi.
Quella che era partita come una correlazione immediata tra due particelle entangled non lo sarebbe invece in tutti i casi tranne quando gli osservatori (che abbiamo detto fanno le loro misure in autonomia e distanti spazialmente) confrontano i risultati.
Ciò però sembra contrastare con la memoria dei due osservatori che possono testimoniare di aver fatto le loro misure prima di incontrarsi e che i risultati erano sempre stati gli stessi. A me sembra che l'idea sia un po' forzata. Anzi credo sia più vicina a chi ritiene che i risultati delle misure siano dipendenti dalla coscienza dell'osservatore, in piu in questo caso alla somma delle coscienze dei due osservatori. Ovvero si da più risalto al concetto di osservazione come una operazione mentale piu che fisica dove per fisica si intende invece solo l'interazione tra lo strumento di misura e il sistema misurato. Avevo gia aggiunto questo piccolo problemino in uno dei post precedenti, perchè il problema mi è noto. ;)
Vicina sì, ma non è la stessa cosa. In sostanza il discorso è questo: ci sono due particelle entangled e due osservatori. Supponiamo che le due particelle entangled vengano prodotte durante un esperimento di decadimento prodotto nel laboratorio di Charlie. Charlie telefona ad Alice dicendole che sta per arrivare una delle due particelle e fa la stessa cosa con Bob. Alice e Bob mettono in funzione l'apparato. Supponiamo, per farla semplice, che la proprietà da misurare sia la quantità di moto e che la particella decaduta a riposo (a quantità di moto nulla). Sapendo questo sia Alice che Bob sanno che la somma dei due risultati sperimentali che otterranno sarà zero. Per l'interpretazione di Copenaghen però all'infuori della misura non si può parlare di quantità di moto delle particelle. Non si può dire che "durante il tragitto" avevano la quantità di moto totale nulla. Quello che si può dire è che quando Alice misurerà una quantità di moto, Bob misurerà una quantità di moto uguale in modulo e opposta in verso. Quindi Alice appena legge il risultato della misura già sa alla perfezione cosa le verrà comunicato da Bob. Tuttavia l'informazione di cosa ha ottenuto Bob arriverà dopo un po' di tempo, ovvero quando arriverà la comunicazione di Bob (lo stesso per le parti invertite ovviamente!). Chiaramente per entrambi la misura è stata fatta prima di incontrarsi ma non c'è stato scambio di informazione e quindi la località è "salva" :)
ora mi sembra tu stia dicendo un'altra cosa. Che non ci sia uno scambio di informazioni tra i due osservatori mi sembra di averlo ribadito molte pagine prima.
Il punto non è quello. Il fatto che le due particelle debbano rimanere collegate pur partendo da una situazione non-reale ci impone di chiarire in che modo possono rimanere correlate se sono fra loro distanti. Chiaramente se fai il giochino dei due osservatori che non possono scambiarsi le informazioni in tempo reale non stai producendo una risposta sulla correlazione tra i due sistemi quantistici. Se infatti tu dici che la misura è stata fatta prima di incontrarsi, vuol dire che la correlazione nasce precedentemente all'incontro tra i due osservatori.
Avresti ragione secondo me (e forse è proprio ciò che succede in senso lato seguendo il teorema di Bell e gli esperimenti) se i due osservatori avessero fra le mani no correlazioni perfette ma un miscuglio di dati all'interno dei quali ci sono anche correlazioni perfette. In quel caso infatti i dati dicono che le particelle si sono comportante come se non avessero proprietà reali. Per cui se io
non misuro la proprietà correlata, il dato di quella correlata ri-sparisce nel limbo delle cose non-reali da cui si può ottenere solo la probabilità del 50/50% (se le alternative fossero due). Infatti Bell non mi sembra abbia prodotto un teorema contro la possibilità di variabili nascoste non-locali. Ma il nostro inizio è stato quello di non attribuire realtà alle proprietà prima della misura, quindi ci ritroviamo perfettamente. In caso di correlazioni perfette però lo scambio dell'informazioni non è uno scambio fra osservatori. In ordine di idee... l'idea principale che oggi è di moda tra i fisici (di quelli intervistati di cui mi sembra tu sia un rappresentante) è che la misura è una
interazione fra lo strumento e il sistema. Possiamo anche metterci l'osservatore come elemento dello strumento di misura, ma il dato rilevato è strettamente circoscritto a questi elementi locali. Se la misura fosse invece intersoggettiva allora l'elemento informativo non è contenuto nelle parti ma solo nella sintesi. Ma la sintesi non può realizzarsi se le due parti non contenessero l'informazione. Come infatti la contengono, altrimenti le correlazioni non potrebbero avvenire.
In estrema sintesi, se io vedo la parte della luna visibile e tu quella non visibile, la luna esiste nella sua interezza a prescindere dal fatto che io e te ci scambiamo l'informazione sulle due parti della Luna in un secondo momento. Scambiarci i dati inizialmente parziali sulla Luna non è piu una interazione fra uno strumento di misura e il sistema misurato. E' un'altra cosa... ma se è un'altra cosa allora diciamo anche che non abbiamo ancora capito cos'è oggettivamente un'operazione di misura. Che vuol dire misurare una proprietà? Sicuramente con la tesi che tu porti, sembrerebbe che non sia solo una interazione fra uno strumento di misura e il sistema quantistico.
@Apeoron
Proviamo con questa definizione.
Una particella è un ente all'interno del quale l'informazione si trasmette in modo istantaneo.
Questa unica deroga ammessa alla relatività è la definizione stessa di particella.
Essa si comporta a tutti gli effetti come se fosse concentrata in un punto.
Quello che pur confusamente sto suggerendo è che non bisogna rivedere il concetto di località, ma di particella , alla luce del fenomeno dell'entenglement.
Quali possono essere le conseguenze di questa , suppongo nuova , definizione?
Cosa ci guadagniamo e cosa ci perdiamo?🙂
Risposta a @sgiombo:1) su t'Hooft e Bohm. Qui, credo, stiamo andando alla radice del dissidio ;) prima di continuare la discussione su questo tema ti chiedo due domande:
secondo te c'è una corrispondenza biunivoca tra come avvengono gli eventi e le regolarità per cui avvengono? Per te c'è una distinzione tra "generalizzazione accidentale" e "necessità strutturale"?Con la distinzione tra "generalizzazione accidentale" "necessità strutturale", intendo questo: per esempio, nell'esempio della lotteria in cui Tizio riesce sempre a vincere lo fa
sempre in modo fortuito. Supponiamo pure che lo faccia per un'infinità di volte. Da questo io deduco
erroneamente che tale "coincidenza" non sia un semplice "colpo di fortuna" ma che ci sia un legame "strutturale" tra Tizio e le estrazioni della lotteria. Chiaramente, secondo me, possiamo pensare che "il colpo di fortuna" avvenga
sempre. Tuttavia mentre il "legame strutturale"
implicherebbe che Tizio becca sempre i numeri giusti, se è vera la "generalizzazione accidentale" allora non c'è alcun legame tra i due, ma ogni volta Tizio è fortunato.
Non vedi veramente differenza? Quello che sto dicendo, in sostanza, è che se anche avessi un'infinità di prove sperimentali in cui risulta che le mele cadono (e quindi un'infinità di volte ho una "verifica" dell'
ipotesi dell'esistenza della forza di gravità)
non posso concludere logicamente che ci sia una "forza di gravità", ovvero una "necessità strutturale". Anche con un'infinità di esperimenti, in sostanza, non potrò mai sapere se ho davanti una "necessità strutturale" (=c'è la forza di gravità) o una mera "generalizzazione accidentale" (io concludo erroneamente che c'è la forza di gravità, ma in realtà la mela cade sempre "per caso").
CitazioneSe per definizione per Bohr le "grandezze fisiche" più che "proprietà (solo) dell'oggetto" sono, in realtà, proprietà dell'oggetto osservato ,ovvero dell'oggetto in un determinato contesto, allora si tratta di un assunto arbitrario, soggettivo di Bohr (condiviso per convenzione da chi segue in questo Bohr); allora ciò significa che arbitrariamente, soggettivamente Bohr si interessa solo dell'oggetto in quanto osservato, ovvero dell' oggetto in un determinato contesto.
Per Bohr non puoi conoscere l'oggetto quando non è osservato. L'unico contesto in cui riesci a studiare l'oggetto è al momento della misura. All'infuori dell'atto della misura non è possibile parlare di proprietà come "la posizione" o "la quantità di moto" ecc
CitazioneE non che necessariamente si tratta oggettivamente di proprietà solo dell' oggetto in quanto osservato, ovvero solo dell' oggetto in un determinato contesto e non anche dell' oggetto indipendentemente dal fatto che sia osservato o meno (il che a mio parere é per lo meno meglio correlato con l' intersoggettività delle osservazioni: se sempre e comunque chiunque compia le "opportune" osservazioni inderogabilmente rileva le stesse identiche medesime caratteristiche -misure- allora per me vuol dire che qualcosa di reale c' é, accade indipendentemente dalle eventuali osservazioni o meno, che infatti non possono in alcun modo mutarlo; per spiegarlo, in alternativa, si potrebbe forse ricorrere ad una per me oscura e un po' misteriosa "armonia in un qualche modo o senso prestabilita" fra le osservazioni).
Bohr non nega l'intersoggettività, visto che gli esperimenti vengono svolti allo stesso modo dai fisici. Non è un "relativista", bensì accetta l'inter-soggettività della misura. Anzi, per Bohr la base dell'intersoggettività scientifica è proprio dovuta al fatto che gli esperimenti vengono svolti allo stesso modo. Bohr non ha mai negato questo. Quello che ha negato è che noi possiamo conoscere la realtà anche quando
non può essere osservata. In sostanza rilevi le stesse caratteristiche
perchè esegui la misura allo stesso modo.
Risposta a @Il_Dubbio1) chiedo perdono, mi sono espresso male. "Prima di incontrarsi" nel mio messaggio significava "prima che avviene la comunicazione". In sostanza quello che volevo dire è che se Alice esegue la misura, legge il risultato e invia le informazioni a Bob, Bob leggerà il risultato della sua misura prima che arrivi il messaggio di Alice.
2) Indipendentemente dall'interpretazione in uno stato quantistico entangled, formato da due particelle, vige la non-separabilità. Lo stato entangled non può essere considerato come la semplice "somma" delle due parti. Nell'interpretazione di Copenaghen se Alice e Bob effettuano una misura, il pacchetto d'onda collassa e si trovano dei risultati. Questi risultati, però sono correlati. Tuttavia a differenza dell'interpretazione di Bohm l'interazione della misura non fa in modo che ci sia un'influenza causale tra le due particelle: se i due osservatori comunicano i loro risultati allora c'è influenza causale ma solo tra gli osservatori.
3) Bell ha escluso che ci siano interpretazioni della meccanica quantistica con variabili nascoste (che accettano la definitezza controfattuale) locali e non superdeterministiche.
4) esatto, la misura
è l'interazione tra l'apparato e il sistema quantistico svolta in un certo modo.
Risposta a @ianoNon credo che con questa tua nuova definizione guadagniamo molto, a meno che tu dici che le particelle occupano un volume infinito di spazio. Ma in tal caso non eviti la non-località! :)
@Apeiron
Si , le particelle possiamo dire per comodità che occupano l' intero spazio , ma si comportano come occupassero un insieme finito di punti.
Mi pare manchi una definizione esplicita di particelle , mentre ve ne sono diverse di fatto , cioè di tipo operativo ,quindi in potenziale contraddizione fra loro.
Se devo dire qual'e' il confine di una particella in assoluto ho difficoltà a dirlo.
In tal senso dico che la particella occupa tutto lo spazio , perché mi sembra la cosa più sensata da dire.
Poi in relazione al l'esperimento in cui la particella è coinvolta posso convenientemente considerare uno spazio ridotto per essa , che può ridursi fino a un punto.
Mi pare si tratti del percorso mentale inverso a quello a cui l'emtenglement ci ha costretti.
Forse non è neanche niente di nuovo.
Un campo non ha limiti spaziali , tuttavia credo si possano individuare dei punti che ci permettano di descriverlo e di trattarlo.
Non so' come si faccia a creare nuovi concetti, perché non so' come si sono creati i vecchi .
Così non resta che provare a scindere e ricomporre , unificandoli , vecchi concetti.
Questo è sempre possibile farlo , in quanto i concetti , pur nascendo d all'interazione con la realtà, ne sono indipendenti.
Questa può sembrare una operazione dissacrante ed in effetti lo è .
Non si tratta di un dissacrare per il gusto di farlo però , né' per il gusto di stupire.
Si tratta di mettere su una fabbrica di concetti nuovi che però non avranno più nulla di sacro.
Perché se la sacralità fosse l'abitudine ad una convenzione, non sembra che la dinamica recente delle scoperte scientifiche ci darà abbastanza tregua per ricrearla.
Credere a ciò che di fatto è una convenzione è un confort a cui dovremo rinunciare.
Credere tutti insieme alle stesse cose è possibile se si ha il tempo di accordarsi , e anche il tempo di dimenticarsi che si tratta di un accordo.
Sacro è ciò della cui costruzione non si ha coscienza , o di cui si è persa memoria.
Non è tanto che conserviamo memoria dei processi che ci coinvolgono.
Forse non ci riflettiamo abbastanza.
Forse ci saranno anche cose che appaiono dal nulla , ma non sono quelle che appaiono a noi.
Ciò che appare a noi ha sempre una costruzione anche quando ci sembra come apparire dal nulla.
In che modo abbiamo costruito le particelle?
L'unico modo indiretto per saperlo è provare a decostruirle, e l'entenglememt mi pare ci inviti a fare ciò.
Il concetto di particella sembra fondamentale rispetto allo spazio , quindi ciò che è da mettere in discussione è la particella non la località , e quindi semmai indirettamente la località'
Citazione di: Apeiron il 14 Maggio 2018, 23:00:23 PM
CitazionePurtroppo mi sembra proprio che si continui a girare a vuoto, senza arrivare a un minimo di comprensione reciproca.
Risposta a @sgiombo:
1) su t'Hooft e Bohm. Qui, credo, stiamo andando alla radice del dissidio ;) prima di continuare la discussione su questo tema ti chiedo due domande: secondo te c'è una corrispondenza biunivoca tra come avvengono gli eventi e le regolarità per cui avvengono? Per te c'è una distinzione tra "generalizzazione accidentale" e "necessità strutturale"?
Con la distinzione tra "generalizzazione accidentale" "necessità strutturale", intendo questo: per esempio, nell'esempio della lotteria in cui Tizio riesce sempre a vincere lo fa sempre in modo fortuito. Supponiamo pure che lo faccia per un'infinità di volte. Da questo io deduco erroneamente che tale "coincidenza" non sia un semplice "colpo di fortuna" ma che ci sia un legame "strutturale" tra Tizio e le estrazioni della lotteria. Chiaramente, secondo me, possiamo pensare che "il colpo di fortuna" avvenga sempre. Tuttavia mentre il "legame strutturale" implicherebbe che Tizio becca sempre i numeri giusti, se è vera la "generalizzazione accidentale" allora non c'è alcun legame tra i due, ma ogni volta Tizio è fortunato.
CitazioneMi sembra un (preteso) discorso senza senso.
Perché vi sia (reale possibilità di) conoscenza scientifica (vera), e non di mera conoscenza particolare-concreta, "episodica" o aneddottica, occorre che il divenire (naturale materiale) sia ordinato secondo modalità generali astratte (astraibili dai particolari concreti da parte del pensiero conoscente) universali e costanti che stabiliscano, determinino una concatenazione (genuinamente) causale degli eventi.
E questo in generale e a priori.
E, come ci ha insegnato David Hume, questo non é razionalmente fondabile, né su un ragionamento o deduzione dimostrabile a priori, né su una constatazione o verifica empirica rilevabile a posteriori.
Premessa questa conditio sine qua non della conoscenza scientifica (se essa é vera), allora possono darsi sostanzialmente due casi alternativi: che si dia una conoscenza vera di reali concatenazioni causali di eventi, oppure che si rilevino mere correlazioni casuali di eventi.
Non é a priori né a posteriori possibile essere certi del primo caso (Hume!), mentre é possibile esserlo del secondo (solamente) a posteriori, cioè rilevando empiricamente casi che falsificano la concatenazione causale precedentemente considerata, derubricandola a mera correlazione casuale; ma nessuna dimostrazione del secondo é comunque possibile.
Cioé a priori, ossia in assenza di falsificazione empirica a posteriori, non si può assolutamente distinguere in alcun modo fra questi due casi: l' unica distinzione possibile può darsi solo a posteriori e unicamente nei casi di falsificazione empirica della concatenazione causale in precedenza erroneamente considerata (in seguito a e in conseguenza dell' osservazione -ovviamente "solidamente" confermata con adeguato rigore- di un caso che non vi si adegui): prima nulla ci consente di superare il dubbio in proposito (che si tratti di vere considerazioni di concatenazioni causali autentiche o di mere sequenze fortuite di eventi).
Dunque l' unica distinzione tra "generalizzazione accidentale" e "necessità strutturale" nelle sequenze di eventi può (eventualmente) essere fatta a posteriori nei casi di falsificazione della seconda ipotesi e conferma empirica della prima.
Al di fuori di questi casi non vi é nulla, nessun criterio epistemologico che ci possa consentire di discernere le due ipotesi circa le sequenze di eventi considerate (qualsiasi sequenza di eventi si consideri).
Credo che questo concetto ossa esprimersi anche con la locuzione (se la intendo correttamente):
<< a priori esiste una perfetta corrispondenza biunivoca [= indiscernibilità] tra come avvengono gli eventi e le regolarità per cui avvengono; ovvero non esiste alcuna distinzione possibile tra "generalizzazione accidentale" e "necessità strutturale", sempre tranne nei casi (eventuali) di falsificazione empirica a posteriori >>.
Fintanto che Tizio persiste imperterrito, col suo "culo sperverso" (come pittorescamente dicevamo quando eravamo giovani), a vincere alla lotteria, non é falsificata l' ipotesi che viga la legge di natura "della puntuale vittoria di Tizio" (che ci sia un qualche meccanismo finora ignoto, magari non locale, che ne determini la verità; sul che "hypotheses non fingo", Newton), esattamente come non la é qualsiasi legge fisica circa la quale non si sia rilevata empiricamente a posteriori un' osservazione che non vi si adegui.
Solo (se e) quando Tizio finalmente perderà questa "legge di natura" sarà falsificata: prima non c' é assolutamente nulla che la differenzi dalla legge di Coulomb sull' elettricità, dalla seconda legge della dinamica di Newton sui rapporti fra forza, massa e accelerazione o da quella relativistica sulle proporzioni delle trasformazioni della materia da massa a energia e viceversa, ecc.
O almeno io non ne vedo.
Se tu riesci a trovarne, fammi sapere (e te ne sarò infinitamente grato).
Dunque, Chiaramente, secondo me, non possiamo pensare che "il colpo di fortuna" avvenga sempre: semplicemente non avrebbe senso; infatti che possa non trattarsi di reale concatenazione causale, sempre falsificabile "alla prossima osservazione empirica" é una regola generale (Hume!) che vale sempre e comunque, qualsiasi correlazione sequenziale di eventi (non falsificata, ovviamente) si consideri, del tutto indifferentemente, in modo assolutamente indistinguibile.
Non vedi veramente differenza? Quello che sto dicendo, in sostanza, è che se anche avessi un'infinità di prove sperimentali in cui risulta che le mele cadono (e quindi un'infinità di volte ho una "verifica" dell'ipotesi dell'esistenza della forza di gravità) non posso concludere logicamente che ci sia una "forza di gravità", ovvero una "necessità strutturale". Anche con un'infinità di esperimenti, in sostanza, non potrò mai sapere se ho davanti una "necessità strutturale" (=c'è la forza di gravità) o una mera "generalizzazione accidentale" (io concludo erroneamente che c'è la forza di gravità, ma in realtà la mela cade sempre "per caso").
CitazioneFirmato: David Hume.
Se quanto hai scritto ha un senso, allora non può significare nient' altro che semplicemente potrà darsi che il prossimo esperimento (sempre: il prossimo esperimento quanti che siano i precedenti) mi mostrerà che la mela, staccatasi dal ramo, non cade al suolo (Hume docet!).
E alle ultime parole fra parentesi non riesco ad attribuire assolutamente alcun senso: perché "erroneamente"? Per "esistenza della forza di gravità" non si intende altro (semplificando alquanto il concetto) che finora le mele sono sempre cadute.
E se Anche con un'infinità di esperimenti, in sostanza, non potrò mai sapere se ho davanti una "necessità strutturale" [=c'è la forza di gravità] o una mera "generalizzazione accidentale", allora in realtà il "cadere sempre per caso" della mela e il "suo cadere per la forza di gravità", a quanto ci risulta, "fino a prova (empirica a posteriori) contraria", sono locuzioni perfettamente sinonime, indistinguibili (salvo differenze di significato che vorrei mi fossero illustrate), e il confondere l' una con l' altra per definizione non costituisce affatto un errore (casomai lo potrebbe costituire solo dopo falsificazione della prima).
Ovvero concluderesti erroneamente che c' é la forza di gravità sole se (contrariamente all' ipotetica premessa considerata, dunque "per assurdo", "ammesso e non concesso") prima o poi osservassi che la mela, staccandosi dal ramo, sale in cielo o rimane sospesa a mezz' aria.
CitazioneSe per definizione per Bohr le "grandezze fisiche" più che "proprietà (solo) dell'oggetto" sono, in realtà, proprietà dell'oggetto osservato ,ovvero dell'oggetto in un determinato contesto, allora si tratta di un assunto arbitrario, soggettivo di Bohr (condiviso per convenzione da chi segue in questo Bohr); allora ciò significa che arbitrariamente, soggettivamente Bohr si interessa solo dell'oggetto in quanto osservato, ovvero dell' oggetto in un determinato contesto.
Per Bohr non puoi conoscere l'oggetto quando non è osservato. L'unico contesto in cui riesci a studiare [per lo meno nel senso di: osservare direttamente, N.d.R.] l'oggetto è al momento della misura.
CitazioneQuesto non solo per Bohr, ma per chiunque.
All'infuori dell'atto della misura non è possibile parlare di proprietà come "la posizione" o "la quantità di moto" ecc.
CitazionePer Bohr (e arbitrariamente)!
Ma non per me (in buona compagnia: di Einstein, Schroedinger, de Broglie, Bohm, Bell e tanti altri).
Citazione di: Apeiron il 14 Maggio 2018, 23:00:23 PM
CitazioneE non che necessariamente si tratta oggettivamente di proprietà solo dell' oggetto in quanto osservato, ovvero solo dell' oggetto in un determinato contesto e non anche dell' oggetto indipendentemente dal fatto che sia osservato o meno (il che a mio parere é per lo meno meglio correlato con l' intersoggettività delle osservazioni: se sempre e comunque chiunque compia le "opportune" osservazioni inderogabilmente rileva le stesse identiche medesime caratteristiche -misure- allora per me vuol dire che qualcosa di reale c' é, accade indipendentemente dalle eventuali osservazioni o meno, che infatti non possono in alcun modo mutarlo; per spiegarlo, in alternativa, si potrebbe forse ricorrere ad una per me oscura e un po' misteriosa "armonia in un qualche modo o senso prestabilita" fra le osservazioni).
Bohr non nega l'intersoggettività, visto che gli esperimenti vengono svolti allo stesso modo dai fisici. Non è un "relativista", bensì accetta l'inter-soggettività della misura. Anzi, per Bohr la base dell'intersoggettività scientifica è proprio dovuta al fatto che gli esperimenti vengono svolti allo stesso modo. Bohr non ha mai negato questo. Quello che ha negato è che noi possiamo conoscere la realtà anche quando non può essere osservata. In sostanza rilevi le stesse caratteristiche perchè esegui la misura allo stesso modo.
CitazioneInfatti non ho sostenuto che Bohr nega l' intersoggettività, ma invece che la spiega molto peggio (quantomeno!) dei "deterministi della variabili nascoste": se sappiamo che la realtà é in un certo, unico modo (unico per tutti i potenziali osservatori, e anche eventualmente senza osservatore alcuno) anche quando non é osservata, allora l' intersoggettività delle (eventuali) osservazioni é ovvia, non pone alcun problema; mentre secondo me così non é (salvo ricorrere a una vaga e fumosa "armonia prestabilita" fra gli eventuali osservatori di leibniziana memoria) se la realtà quando non é osservata non (esiste e non) é in un certo, unico modo (unico per tutti i potenziali osservatori; e tale anche se non fosse osservata), ma viene ad esserlo, lo diviene solo se e quando é osservata.
Risposta a @Il_Dubbio
2) Indipendentemente dall'interpretazione in uno stato quantistico entangled, formato da due particelle, vige la non-separabilità. Lo stato entangled non può essere considerato come la semplice "somma" delle due parti. Nell'interpretazione di Copenaghen se Alice e Bob effettuano una misura, il pacchetto d'onda collassa e si trovano dei risultati. Questi risultati, però sono correlati. Tuttavia a differenza dell'interpretazione di Bohm l'interazione della misura non fa in modo che ci sia un'influenza causale tra le due particelle: se i due osservatori comunicano i loro risultati allora c'è influenza causale ma solo tra gli osservatori.
CitazioneVige realmente la non separabilità?
Ma se la misura la fa (realmente) uno solo dei due (Bob) e può parlarsi (per i "Danesi") di realtà solo a proposito di ciò che é direttamente osservato, allora a che cosa (di reale) é correlato il risultato da lui (Bob) rilevato?
Se c' é realmente una correlazione fa caratteristiche reali del mondo (intersoggettiva), anche indipendentemente da eventuali osservazioni (o meno), allora ovviamente si tratta di una correlazione reale.
Ma invece quale correlazione reale può esserci fra il risultato effettivamente rilevato da Bob (reale) e quello non rilevato da Alice (solo potenziale, non attualmente reale; che ci sarà solo se e quando Alice compirà la sua osservazione)?
3) Bell ha escluso che ci siano interpretazioni della meccanica quantistica con variabili nascoste (che accettano la definitezza controfattuale) locali e non superdeterministiche.
CitazioneMa non mi sembra (potrei sbagliarmi perché la mia conoscenza in materia é limitatissima) che Bell parli di "[buon vecchio] determinismo" e non di "superdeterminismo".
Citazione di: Apeiron il 14 Maggio 2018, 23:00:23 PM
Risposta a @Il_Dubbio
1) chiedo perdono, mi sono espresso male. "Prima di incontrarsi" nel mio messaggio significava "prima che avviene la comunicazione". In sostanza quello che volevo dire è che se Alice esegue la misura, legge il risultato e invia le informazioni a Bob, Bob leggerà il risultato della sua misura prima che arrivi il messaggio di Alice.
2) Indipendentemente dall'interpretazione in uno stato quantistico entangled, formato da due particelle, vige la non-separabilità. Lo stato entangled non può essere considerato come la semplice "somma" delle due parti. Nell'interpretazione di Copenaghen se Alice e Bob effettuano una misura, il pacchetto d'onda collassa e si trovano dei risultati. Questi risultati, però sono correlati. Tuttavia a differenza dell'interpretazione di Bohm l'interazione della misura non fa in modo che ci sia un'influenza causale tra le due particelle: se i due osservatori comunicano i loro risultati allora c'è influenza causale ma solo tra gli osservatori.
3) Bell ha escluso che ci siano interpretazioni della meccanica quantistica con variabili nascoste (che accettano la definitezza controfattuale) locali e non superdeterministiche.
4) esatto, la misura è l'interazione tra l'apparato e il sistema quantistico svolta in un certo modo.
Ciao Aperion scusa il ritardo della risposta :)
Allora, quello che dici con la 2),soprattutto nella frase che ho sottolineato, e la numero 4) c'è una reale contraddizione.
L'influenza causale tra apparato di misura e sistema quantistico non può essere messo in dubbio. Ovvero se c'è interazione tra apparato di misura e sistema quantistico abbiamo la misura. Per cui c'è bisogno di una interazione (oggettiva) per ottenere una misura. Quindi l'interazione è la causa della misura.
In questo caso la figura degli osservatori e delle loro comunicazioni future passa in secondo piano, in quanto le interazioni sono gia avenute. Se sostieni che la
correlazione sia un atto di misura provocato dalla comunicazione tra i due osservatori, stai (secondo me) sorvolando sul concetto di misura che è un atto
preciso ovvero una interazione tra l'apparato e il sistema di misura. Nella comunicazione fra i due osservatori l'apparato non c'è, avviene solo uno scambio di informazione (a voce, o tramite telefono, o anche personalmente) tra due fisici che ovviamente hanno gia fatto le loro misure e quindi hanno gia operato per creare le condizione per fare una misura. Per cui secondo me o è vera la 2) oppure la 3)
@aperion
in aggiunta alla mia risposta precedente ti dico questo:
ammettiamo che io faccio la misura e tu ne fai un'altra da un'altra parte. I nostri sistemi quantistici non sono correlati (questo sembra tu dire con la contraddizione che io leggo) fino a che noi due non siamo in grado di comunicarci le reciproche misure.
Mi è venuto in mente una specie di paradosso. Pensare che la correlazione fra le due informazioni sulle misure nasca nel momento in cui noi riusciamo a comunicare sembra richiamare lo scontro fra due sistemi quantistici. Io sono il sistema quantistico A e tu quello B. Nessuno dei due però è uno strumento di misura. Per cui per dedurre che lo scambio di informazione tra me e te ci sia davvero stato, ci vuole un terzo elemento, un terzo l'osservatore che leggera i riscontri tra le nostre due informazioni. Ma anche questo terzo elemento osservativo è sufficiente per stabilire che lo scambio sia davero avvenuto fino a che non lo comunica ad un quarto osservatore e cosi via discorrendo... alla fine il concetto di misura si perde come in un eco fra le montagne.
Risposta a @Iano,sollevi un punto interessante, in realtà. E a dire il vero una cosa simile a quella che ti riferisci è la teoria della "funzione d'onda oggettiva" alla Ghirardi-Rimini-Weber o quella di Penrose. Per loro la funzione d'onda realmente collassa. Il problema è che questo tipo di teoria hanno problemi epistemologici non indifferenti. Per esempio non si sa bene come possano conservare l'energia. Inoltre, hanno il problema della non-località.
Anche ciò che stai proponendo tu, in realtà, ha problemi di non località. Se la particella si estende in tutto lo spazio, allora all'"interno" di essa l'informazione viaggia a velocità superluminali, violando la relatività. L'alternativa sarebbe quella di estenderla nello spazio-tempo ma non cambierebbe molto: ci sarebbe ancora la non-località e bisognerebbe rinunciare alla relatività ristretta o addirittura bisogrebbe abbracciare la nozione di "retrocausalità". Personalmente sicccome credo che la relatività sia "giusta" e allo stesso tempo però non credo alla retrocausalità, non riesco ad accettare la non-località in ogni sua forma.
Comunque la tua idea è interessante! E in realtà ci sono vari fisici che pensano che lo spazio sia meno fondamentale delle particelle. In questo caso la tua teoria sarebbe molto vicina a tali posizoni.
Risposta a @sgiomboTi rispondo in modo conciso sulle tre prinicipali questioni che hai messo in luce.
Primo: sia Bohm che t'Hooft sono deterministi e accettano la "definitezza controfattuale". Ergo, per entrambi a livello "ultimo" il colpo di fortuna non esiste, così come non esiste per un Newtoniano. Però a livello pratico si può parlare di colpo di fortuna quando, per esempio, sono nel caso della lotteria. Se io vinco sempre allora significa: 1) o che l'evoluzione deterministica dell'universo ha fatto in modo che succeda così, 2) c'è una "connessione" tra me e il sistema di vincite, magari non osservabili in alcun modo (=
non scientificamente osservabile!!!) che mi fa vincere sempre. Vediamo che le mele cadono dagli alberi. Questo significa che: 1) l'evoluzione deterministica dell'universo ha fatto in modo che succeda così 2) esiste la gravità e quindi un effettivo legame tra la mela e la Terra. Supponendo però che
non ci sia alcun modo sperimentale che ci possa far "vedere" la gravità, non è possibile falsificare una o l'altra. Bohm, in sostanza dice che c'è la "gravità" (ovvero l'interazione non-locale) e t'Hooft dice che non c'è - entrambi concordano che non c'è alcun esperimento scientifico che possa farci decidere chi ha ragione. Va meglio così? (sinceramene non credo di riuscire a spiegarmi meglio - secondo me la confusione tra noi due è che mentre io mi riferisco a metodi "sperimentali" di falsificazione, tu ti riferisci all'epistemologia. Ma a priori ci potrebbero essere modi non-scientifici (per esempio una conoscenza "sovrumana" o "paranormale") che ci permeterebbe di falsificare una delle due teorie...). Tra le due preferisco la versione di Bohm, perchè in questo caso la connessione mi sembra più "naturale" se si accettano le variabili nascoste.
Secondo: posso anche concordare con le tue perplessità su Bohr. Anche io ho problemi seri ad accettare che l'inter-soggettività è spiegata in quel modo. Ma d'altro canto accettare sia la relatività ristretta che la teoria di Bohm significa accettare la "retrocausalità". Se non accetto né la teoria di Bohm né quella di Bohr allora potrei pensare ai molti mondi. Ma la teoria dei molti mondi, sinceramente, mi sembra una non-risposta. Ce ne sono anche altre che però rifiutano il "realismo" (sia quello "classico" di Einstein, ovvero la "definitezza controfattuale" che quello dei molti mondi) come la teoria di Rovelli, la quale però è perfettamente compatibile con la relatività. Ovviamente se uno non può rinunciare a certi assiomi non può accettare una teoria. Per esempio tu non puoi fare a meno della "definitezza controfattuale", io invece ho seri problemi con la non-località.
Terzo: per "non-separabilità" si intende semplicemente che il sistema non puoi non considerarlo come uno. Questo lo accettano tutte le interpretazioni in varia misura, a parte t'Hooft. Per Bohm la non-separabilità è naturale. Per i "danesi" invece visto che le proprietà esistono solo all'atto della misura la correlazione non c'è tra "le proprietà". Ma questo, usando il gergo Aristotelico, è vero solo
in atto. In atto non c'è alcun "vero legame" tra le due particelle. Però c'è
in potenza. Alice sa che se ottiene un risultato, Bob ne ottiene un altro. Ma questo non implica che ci sia una vera "connessione" in atto, ma solo
in potenza. Dal punto di vista di Copenaghen puoi pensarla così. Hai due calzini. Quando li osservi possono avere quattro colori: rosso, blu, giallo e verde. Per qualche strano motivo però sai che se i due calzini sono accoppiati può succedere che "li invii" a due tuoi amici, Alice e Bob questi osserveranno solo la coppia "rosso-blu" oppure "giallo-verde". Ma questo lo possono predire anche Alice e Bob. Alice osserva il calzino e vede che è "rosso", quindi sa che Bob le dirà che lui ha osservato un calzino blu. La differenza coi calzini reali è che al'infuori dell'osservazione i colori solo
in potenza.
Risposta a Il_DubbioCitazioneL'influenza causale tra apparato di misura e sistema quantistico non può essere messo in dubbio. Ovvero se c'è interazione tra apparato di misura e sistema quantistico abbiamo la misura. Per cui c'è bisogno di una interazione (oggettiva) per ottenere una misura. Quindi l'interazione è la causa della misura.
Quello che intendevo era che l'influenza causale tra i sistemi distanti si riduce solo alla comunicazione degli osservatori. Effettivamente quanto ho scritto poteva essere visto come una negazione dell'interazione che corrisponde alla misura. Come ben dici nessuno nega ciò. Hai fatto bene a farlo notare! Perdona l'equivoco.
CitazioneSe sostieni che la correlazione sia un atto di misura provocato dalla comunicazione tra i due osservatori, stai (secondo me) sorvolando sul concetto di misura che è un atto preciso ovvero una interazione tra l'apparato e il sistema di misura. Nella comunicazione fra i due osservatori l'apparato non c'è, avviene solo uno scambio di informazione (a voce, o tramite telefono, o anche personalmente) tra due fisici che ovviamente hanno gia fatto le loro misure e quindi hanno gia operato per creare le condizione per fare una misura. Per cui secondo me o è vera la 2) oppure la 3)
Questo per me invece è un non-sequitor. Gli atti di misura sono "atti precisi", ma sono atti che avvengono anche in uno spazio e in un contesto preciso. La misura è una interazione tra l'apparato di misura e il sistema quantistico. Ma il fatto che i risultati delle due misure sono correlati e ottenuti con atti precisi non implica che tra di loro ci sia una connessione. Implica solo la correlazione. L'eventuale interazione tra i due osservatori (o tra i due apparati o tra i due sistemi) avviene sempre a velocità subluminali. Discorso diverso è se accetti la "definitezza controfattuale" (il realismo Einsteiniano), in tal caso, invece, non riesci a spiegare la correlazione senza una connessione (a meno che non scegli la non-spiegazione superdeterministica).
Citazioneammettiamo che io faccio la misura e tu ne fai un'altra da un'altra parte. I nostri sistemi quantistici non sono correlati (questo sembra tu dire con la contraddizione che io leggo) fino a che noi due non siamo in grado di comunicarci le reciproche misure.
La correlazione c'è anche prima, ma è una correlazione tra risultati di
potenziali risultati di misura. (vedi anche la discussione con @sgiombo). Bohr accetta tale correlazione. Non accetta però che la correlazione sia sempre in atto (conseguenza del realismo Einsteiniano). Inoltre il fatto che all'atto della misura i risulati siano effettivamente "correlati" come atteso non implica la connessione (vedi l'esempio dei calzini che ho fatto a @sgiombo in questo post).
Spero di aver chiarito l'equivoco :)
Citazionescusa il ritardo della risposta (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/smiley.gif)
No problem :) come vedi anche le mie risposte sono abbastanza lente!
Per tutti: "reale" significa "in atto" per i fisici. La fisica non si interessa dello status ontologico delle proprietà "in potenza", qualunque esso sia.
Citazione di: Apeiron il 19 Maggio 2018, 12:43:30 PM
Risposta a Il_Dubbio
CitazioneL'influenza causale tra apparato di misura e sistema quantistico non può essere messo in dubbio. Ovvero se c'è interazione tra apparato di misura e sistema quantistico abbiamo la misura. Per cui c'è bisogno di una interazione (oggettiva) per ottenere una misura. Quindi l'interazione è la causa della misura.
Quello che intendevo era che l'influenza causale tra i sistemi distanti si riduce solo alla comunicazione degli osservatori. Effettivamente quanto ho scritto poteva essere visto come una negazione dell'interazione che corrisponde alla misura. Come ben dici nessuno nega ciò. Hai fatto bene a farlo notare! Perdona l'equivoco.
CitazioneSe sostieni che la correlazione sia un atto di misura provocato dalla comunicazione tra i due osservatori, stai (secondo me) sorvolando sul concetto di misura che è un atto preciso ovvero una interazione tra l'apparato e il sistema di misura. Nella comunicazione fra i due osservatori l'apparato non c'è, avviene solo uno scambio di informazione (a voce, o tramite telefono, o anche personalmente) tra due fisici che ovviamente hanno gia fatto le loro misure e quindi hanno gia operato per creare le condizione per fare una misura. Per cui secondo me o è vera la 2) oppure la 3)
Questo per me invece è un non-sequitor. Gli atti di misura sono "atti precisi", ma sono atti che avvengono anche in uno spazio e in un contesto preciso. La misura è una interazione tra l'apparato di misura e il sistema quantistico. Ma il fatto che i risultati delle due misure sono correlati e ottenuti con atti precisi non implica che tra di loro ci sia una connessione. Implica solo la correlazione. L'eventuale interazione tra i due osservatori (o tra i due apparati o tra i due sistemi) avviene sempre a velocità subluminali. Discorso diverso è se accetti la "definitezza controfattuale" (il realismo Einsteiniano), in tal caso, invece, non riesci a spiegare la correlazione senza una connessione (a meno che non scegli la non-spiegazione superdeterministica).
Citazioneammettiamo che io faccio la misura e tu ne fai un'altra da un'altra parte. I nostri sistemi quantistici non sono correlati (questo sembra tu dire con la contraddizione che io leggo) fino a che noi due non siamo in grado di comunicarci le reciproche misure.
La correlazione c'è anche prima, ma è una correlazione tra risultati di potenziali risultati di misura. (vedi anche la discussione con @sgiombo). Bohr accetta tale correlazione. Non accetta però che la correlazione sia sempre in atto (conseguenza del realismo Einsteiniano). Inoltre il fatto che all'atto della misura i risulati siano effettivamente "correlati" come atteso non implica la connessione (vedi l'esempio dei calzini che ho fatto a @sgiombo in questo post).
Spero di aver chiarito l'equivoco :)
mi spiace ma non ti seguo. Rispondo su questo:
La correlazione c'è anche prima, ma è una correlazione tra risultati di potenziali risultati di misura. Bohr accetta tale correlazione. Non accetta però che la correlazione sia sempre in atto (conseguenza del realismo Einsteiniano).Non posso condividere questa linea, in quanto la correlazione in atto non è una conseguenza del realismo einsteniano perchè l'abbiamo gia eliminata dopo il teorema di Bell ed esperimenti (ma Bohr ed Einstein non sono stati testimoni di questa evoluzione). Al limite Bohr non accetterebbe che vi sia invio di informazione, ma quello è ciò che einstein vuole dimostrare. Il fatto che vi sia correlazione è conseguenza del fatto che vi sia scambio di informazione. Se elimini lo scambio di informazione senza spiegare in che modo riescano ad essere correlati non hai spiegato nulla. Eliminare la spiegazione non vuol dire spiegare. Oppure diciamo: la scienza non vuole spiegare perche non sa spiegare. A me questo risvolto piace di piu che una soluzione che si priva di una soluzione.
Comunque sia, essere in atto non vuol dire che sia precedente all'atto di misura come avrebbe voluto Einstein, ma è comunque in atto nel senso di conseguenza delle misure effettuate. Quindi la correlazione c'è potenzialmente è vero e siamo d'accordo. A noi però non importa la potenzialità della correlazione, ci interessa che essa sia dovuta alla misura e no a scambi di informazioni fra osservatori. Se posticipi l'atto della correlazione, ovvero come sarebbe piu giusto cioè dopo la misura che ne è l'unico momento scientificamente plausibile, stai soltanto cancellando la correlazione dovuta all'atto di misura. Non è piu una correlazione causale ma ipotetica. Cioè stai svalutando il motivo per cui le particelle sono entangled. Sono entangled ipoteticamente o la loro correlazione è un atto?
Se dici che è un atto, devi poter specificare l'atto... se l'atto diviene solo quando avviene un'informazione fra due osservatori allora non è vero che la misura delle due particelle abbia rilevanza sulla loro correlazione. Per cui la misura non serve a nulla. Hai cambiato cosi tutta la meccanica quantistica.
Veniamo al dunque. Come ho gia detto la meccanica quantistica si affida alle probabilità. La correlazione esprime una probabilità del 100%. La meccanica quantistica cioè non dice che A manda un segnale a B in modo che sia correlato al 100%. Sostiene solo la certezza di una correlazione.
Ho letto molti esempio che hai fornito. Ad esempio quella della mano che se sbatte contro il muro sente dolore.
In che modo usiamo il concetto di probabilità in questo caso? Un conto è dire che se sbatti la mano contro il muro sentirai dolore e questo è dovuto alla certezza probabilistica che ti ho dato dovuta al 100%, un conto è dire che per essere sicuro di trovarti di fronte alla probabilità del 100% devi sbattere la mano 100 volte e sentire il dolore tutte e 100 volte.
A me sembra che tu stia utilizzando il concetto di probabilità come nel secondo caso. Ovvero: non sono in grado di stabilire di trovarmi difronte alla certezza di una correlazione, devo stabilirlo facendo 100 tentativi. A questo punto utilizzando il criterio della probabilità come l'assunzione di non essere nelle condizioni di poter dire di trovarmi di fronte proprio a quella correlazione, e potendo dedurlo solo statisticamente, non sono in grado di poter stabilire che ci sia una correlazione in atto, per le singole correlazioni, ma posso dedurlo solo statisticamente. Ho letto bene cio che volevi dire oppure ho travisato?
@Apeiron.
Grazie per le tue pazienti risposte , nonostante io continui a parlare di località e localizzazione come fossero la stessa cosa , e perché continuò di fatto ad andare a ruota libera.☺️
Di Penrose ho un mattone che temo dovro' sbloccare dalla mia libreria , se è vero che il mio post precedente te ne ha richiamato le idee.
Personalmente non mi permetterei mai di affossare la relatività , ma suggerivo che quando ciò sembra accadere , una nuova definizione di particella ad hoc potrebbe mantenere la relatività in pista.
Una definizione del tipo "una particella è quella cosa all'imterno della quale non si ha trasmissione di informazione" oppure , il che è lo stesso , si trasmette a velocità infinita , preferendo per ovvie ragioni la prima.
Se faccio una qualunque misura sulla particella tutte le funzioni d'onda associate ad essa collassano in contemporanea , perché questa è la natura di una particella.
E,giu anche questa, fra le tante che ho buttato li'.☺️
Se una funzione collassa quando effettuo una misura , chi mi dice che non lo faccia anche senza che io effettui una specifica misura , o una misura in genere.
Quando faccio una misura specifica io non posso sapere se la funzione è collassata a seguito di ciò, o per altra causa.
Quello che so' è che quando faccio una misura mi trovo con una funzione collassata.
In questo modo il concetto di correlazione sarebbe suscettibile di essere esteso ad altri casi.
In effetti nell'esperimento delle due fenditure è come se le particelle avessero una correlazione , che noi rileviamo a posteriori, ma che non sappiamo come è quando si è innescata.
Chi vieta che il collasso di una funzione d'onda inneschi il collasso di altre funzioni d'onda ?
Se questo collasso a catena avviene in un tempo finito , c' trasmissione di informazione e siamo in presenza di particelle distinte , se avviene in un tempo nullo , siamo di fronte a una singola particella , le cui funzioni associate collassano sempre insieme , senza trasmissione di informazione.
Ovviamente non ho una idea precisa di quanto le stia sparando grosse , ma immagino che se il discorso fila si potrebbe imbastire anche una prova sperimentale.
La correlazione fra misura e collassamento forse ha maglie più larghe di quanto ci è parso bastasse finora.
Più in generale si può ipotizzare che il collassamento di una funzione d'onda associata ad una particella modifichi le funzioni d'onda di altre particelle.
Personalmente non ho difficoltà ad accettare la funzione d'onda come cosa reale , o forse è più corretto dire che se la funzione d'onda non sembra reale, parimenti la MQ mi induce a vedere una particella o un onda come cose non reali , ma astrazioni di cui ci serviamo e che possiamo quindi manipolare alla bisogna ,per far quadrare meglio i risultati sperimentali.
Naturalmente non sono astrazioni gratuite , ma nemmeno intoccabili , e se nascono dalla relazione con la realtà, si dovranno evolvere con l'evoluzione di questa interazione.
In fondo il vero ostacolo a cio ' è la sacralità di certi concetti che in se' non sembra necessaria.
A volte non ci si toglie un abito solo perché poi ci sente nudi , e non perché fa' freddo.
In fondo cosa è la scienza se non la presa di coscienza che fra noi è la realtà c'e' un media?
E da quel poco che ho leggiucchiato di Penrose mi pare egli suggerisca che una critica consapevole a questo media , che però può essere utile solo se praticata dall'interno , valga più di una esaltazione o rigetto che si può ricavare da una osservazione dall'esterno.
Però sono anche convinto che il potere osservare dall'esterno sia solo una illusione , in quanto di fatto noi ci siamo dentro , sia che ne abbiamo coscienza oppure no , ed è quando non ne abbiamo coscienza che ci illudiamo di potercene tirare fuori.
In effetti ci siamo sempre dentro , anche se con approcci diversi e non sempre consapevoli .
Per venire incontro ai detrattori della scienza direi che questa presa di coscienza non si sa' se ci porterà fortuna , ma di fatto è quello che stiamo facendo , e che non ci si può tirare fuori , perché non si tratta di un eventualità che ha avuto un inizio , ma di cosa che di fatto ci accompagna da sempre.
Creiamo teorie fisiche, ma abbiamo creato anche le particelle e il tempo , senza sapere che si trattasse di teorie. Per questo sappiamo cosa siano senza saper dire cosa siano , come gia' aveva osservato S.Agostino.
Citazione di: Apeiron il 19 Maggio 2018, 12:43:30 PM
Risposta a @sgiombo
Ti rispondo in modo conciso sulle tre prinicipali questioni che hai messo in luce.
Primo: sia Bohm che t'Hooft sono deterministi e accettano la "definitezza controfattuale". Ergo, per entrambi a livello "ultimo" il colpo di fortuna non esiste, così come non esiste per un Newtoniano. Però a livello pratico si può parlare di colpo di fortuna quando, per esempio, sono nel caso della lotteria. Se io vinco sempre allora significa: 1) o che l'evoluzione deterministica dell'universo ha fatto in modo che succeda così, 2) c'è una "connessione" tra me e il sistema di vincite, magari non osservabili in alcun modo (= non scientificamente osservabile!!!) che mi fa vincere sempre. Vediamo che le mele cadono dagli alberi. Questo significa che: 1) l'evoluzione deterministica dell'universo ha fatto in modo che succeda così 2) esiste la gravità e quindi un effettivo legame tra la mela e la Terra. Supponendo però che non ci sia alcun modo sperimentale che ci possa far "vedere" la gravità, non è possibile falsificare una o l'altra. Bohm, in sostanza dice che c'è la "gravità" (ovvero l'interazione non-locale) e t'Hooft dice che non c'è - entrambi concordano che non c'è alcun esperimento scientifico che possa farci decidere chi ha ragione. Va meglio così? (sinceramene non credo di riuscire a spiegarmi meglio - secondo me la confusione tra noi due è che mentre io mi riferisco a metodi "sperimentali" di falsificazione, tu ti riferisci all'epistemologia. Ma a priori ci potrebbero essere modi non-scientifici (per esempio una conoscenza "sovrumana" o "paranormale") che ci permeterebbe di falsificare una delle due teorie...). Tra le due preferisco la versione di Bohm, perchè in questo caso la connessione mi sembra più "naturale" se si accettano le variabili nascoste.
CitazioneSecondo me il determinismo (oggettivo) ammette il (soggettivo) colpo di fortuna (sospendendo il giudizio su t' Hooft, che continuo a purtroppo a non capire, lo ammette il "buon vecchio determinismo" di Newton e di Bohm): in seguito a processi oggettivi perfettamente deterministici il possessore del biglietto con il numero estratto vince alla lotteria per un soggettivo colpo di fortuna: l' evento "vincita" é deterministico ma il vincitore non l' aveva calcolato (non poteva farlo "di fatto", contrariamente all' "Intelligenza" per lui di fatto inesistente di cui parla Laplace, in un passo deformatissimo in maniera intellettualmente disonesta da tanti critici del determinismo), bensì aveva acquistato un biglietto a caso; non sarebbe stato un soggettivo colpo di fortuna se invece il vincitore avesse conosciuto "per filo e per segno", con sufficiente completezza e precisione, lo "stato del mondo" al momento dell' acquisto del biglietto e avesse calcolato per bene in base ad esso e alle leggi del divenire naturale, pure conosciute "per filo e per segno", (come l' "intelligenza" di Laplace) quale numero sarebbe stato estratto e avesse scelto il biglietto recante tale numero.
Se vinco alla lotteria, allora:
O (1) l'evoluzione deterministica dell'universo ha fatto in modo che succeda così una sola volta,
Oppure (2) c'è una "connessione" tra me e il sistema di vincite, magari non osservabili in alcun modo (= non scientificamente osservabile!!!) che mi fa vincere sempre,
Ma allora basta ripetere un po' di volte l' acquisto di un biglietto della lotteria e quando comincerò a perdere l' ipotesi 2 é automaticamente falsificata.
Ma in realtà, come ci ha insegnato David Hume, non c' é alcun modo sperimentale che ci possa far "vedere" [dimostrare logicamente né provare empiricamente] la gravità, né alcun altra legge scientifica (ovvero dimostrare l' ipotesi 2 nel caso di vincite alla lotteria nel 100% dei casi in cui -finora!- ho acquistato un biglietto), mentre c' un modo infallibile per falsificare presunte leggi di natura (compresa la suddetta ipotesi 2): la constatazione empirica di un caso che le violi.
Se si dà determinismo causale, allora non c' é modo di confermare con certezza nessuna ipotesi di concatenazione causale di eventi (Hume), mentre ci potrebbe essere eventualmente il modo di falsificarla; ma fino a che non si falsifica non si può sapere se trattasi di "colpo do fortuna" (comunque deterministico, anche se "una tantum", o meglio: "non comunque","non sempre ed ovunque in determinate circostanze") o di regolarità universale e costante (che accade comunque, sempre ed ovunque, date le sue determinate condizioni) del divenire naturale.
Senza la falsificazione empirica a posteriori della presunta legge di natura con cui era stato confuso un colpo di fortuna, nulla consente di distinguere i due casi di determinazione causale e di correlazione fortuita fra eventi, per il semplice fatto che sempre e comunque qualsiasi legge di natura -nessuna esclusa- potrebbe essere prima o poi (da un momento all' altro) falsificata (= sono la stessa identica cosa).
Secondo: posso anche concordare con le tue perplessità su Bohr. Anche io ho problemi seri ad accettare che l'inter-soggettività è spiegata in quel modo. Ma d'altro canto accettare sia la relatività ristretta che la teoria di Bohm significa accettare la "retrocausalità". Se non accetto né la teoria di Bohm né quella di Bohr allora potrei pensare ai molti mondi. Ma la teoria dei molti mondi, sinceramente, mi sembra una non-risposta. Ce ne sono anche altre che però rifiutano il "realismo" (sia quello "classico" di Einstein, ovvero la "definitezza controfattuale" che quello dei molti mondi) come la teoria di Rovelli, la quale però è perfettamente compatibile con la relatività. Ovviamente se uno non può rinunciare a certi assiomi non può accettare una teoria. Per esempio tu non puoi fare a meno della "definitezza controfattuale", io invece ho seri problemi con la non-località.
CitazioneTi pregherei di illustrarmi come accettare sia la relatività ristretta che la teoria di Bohm significa accettare la "retrocausalità" (= le due teorie sono reciprocamente incompatibili: o é falsa almeno l' una o é falsa almeno l' altra, potendolo al limite essere entrambe, dal momento che lo pseudoconcetto di "retrocausalità" é assurdo).
Peraltro, essendo la non località empiricamente provata (da Aspect e altri), se essa in concomitanza con la relatività ristretta implica la retrocausalità. allora mi sembra che se ne dovrebbe dedurre che la relatività ristretta é falsificata)
Mi sembra che "definitezza controfattuale" sia la stessa cosa di "determinismo" ovvero di "concatenazione causale degli eventi naturali", ovvero di "divenire naturale ordinato secondo modalità universali e costanti astraibili da parte del pensiero conoscente dalle particolarità concrete degli eventi" (se così non é mi appello nuovamente alla tua pazienza per chiederti di spiegarmi anche questo concetto di "definitezza controfattuale"); e che perciò, contrariamente a quella della non località, la sua negazione sia incompatibile -direi "per definizione"- con la conoscenza scientifica.
Terzo: per "non-separabilità" si intende semplicemente che il sistema non puoi non considerarlo come uno. Questo lo accettano tutte le interpretazioni in varia misura, a parte t'Hooft. Per Bohm la non-separabilità è naturale. Per i "danesi" invece visto che le proprietà esistono solo all'atto della misura la correlazione non c'è tra "le proprietà". Ma questo, usando il gergo Aristotelico, è vero solo in atto. In atto non c'è alcun "vero legame" tra le due particelle. Però c'è in potenza. Alice sa che se ottiene un risultato, Bob ne ottiene un altro. Ma questo non implica che ci sia una vera "connessione" in atto, ma solo in potenza. Dal punto di vista di Copenaghen puoi pensarla così. Hai due calzini. Quando li osservi possono avere quattro colori: rosso, blu, giallo e verde. Per qualche strano motivo però sai che se i due calzini sono accoppiati può succedere che "li invii" a due tuoi amici, Alice e Bob questi osserveranno solo la coppia "rosso-blu" oppure "giallo-verde". Ma questo lo possono predire anche Alice e Bob. Alice osserva il calzino e vede che è "rosso", quindi sa che Bob le dirà che lui ha osservato un calzino blu. La differenza coi calzini reali è che al'infuori dell'osservazione i colori solo in potenza.
CitazioneParlando "a la Aristotete", però, perché qualcosa da potenziale divenga attuale occorre che esistano (realmente e) attualmente (e non solo potenzialmente) condizioni tali che, interagendo o comunque divenendo esse in un determinato modo, il potenziale diviene attuale.
"Potenziale" significa "eventualmente condizionato ad attuarsi", cioè che si attua nel caso la situazione attuale sia tale che accadono determinate condizioni, nel suo divenire (tali per l' appunto da farlo diventare attuale).
In altre parole che ci sia in potenza una connessione fra le due particelle significa che se c' é in atto qualcosa di reale, allora evolvendosi tale "qualcosa" in un certo determinato modo secondo le leggi del divenire naturale, si attua causalmente, deterministicamente la connessione stessa; mentre se tale "qualcosa di reale in atto" non c'é oppure si evolve in un altro modo, allora il mondo si evolve diversamente e la connessione non si attua.
E che ci sia in potenza una connessione fra le osservazioni delle due particelle significa che se c' é in atto qualcosa di reale anche indipendentemente dal fatto che le due particelle siano (realmente) osservate o meno (che sia realmente in atto l' osservazione delle particelle stesse o meno), allora evolvendosi tale "qualcosa" in un certo determinato modo secondo le leggi del divenire naturale, si attua causalmente, deterministicamente una connessione in tale qualcosa di reale anche indipendentemente dal fatto che le due particelle siano (realmente) osservate o meno, tale che nell' ambito delle osservazioni stesse (se e quando si faranno: per l' appunto potenzialmente) si rilevi una determinata correlazione; mentre se tale "qualcosa di reale in atto" non c'é o si evolve diversamente e la connessione reale indipendentemente dalle eventuali osservazioni non si attua, conseguentemente non si attua nemmeno la corrispondente correlazione nell' ambito delle osservazioni stesse delle particelle.
Infatti Alice può dire che il calzino che vedrà Bob sarà blu, avendo visto che il suo é rosso, per il fatto che indipendentemente dalle loro osservazioni esiste realmente e attualmente una coppia di calzini tale che uno é rosso e l' altro é blu, oppure una coppia di calzini tale che uno é giallo e l' altro é verde.
E questo non mi sembra compatibile con "Copenhagen".
Per "Copenhagen" non esiste alcun calzino prima che Bobe Alice compiano la rispettiva osservazione, ed é solo l' osservazione "rosso" di Alice che, oltre a fare esistere il calzino rosso della stessa, farà sì che allorché l' osservazione di Bob farà esistere anche il calzino di quest' ultimo, esso sarà magicamente blu (magicamente in senso letterale, cioè non in conseguenza causale-naturale da parte di qualcosa di reale e realmente naturale, per quanto non osservato, non essendo reale per "Copenhagen" che ciò che é osservato; non in conseguenza di qualcosa di reale e naturale e magari non osservabile in linea di principio -una "variabile nascosta"- ma invece senza alcun reale motivo naturale che lo faccia essere blu anziché verde o giallo o di qualsiasi altro colore: per definizione ciò che non accade per -realmente esistenti-accadenti- cause naturali é sopra- o preter- naturale, cioè divino o magico).
Risposta a Il_Dubbio
La correlazione c'è anche prima, ma è una correlazione tra risultati di potenziali risultati di misura. (vedi anche la discussione con @sgiombo). Bohr accetta tale correlazione. Non accetta però che la correlazione sia sempre in atto (conseguenza del realismo Einsteiniano). Inoltre il fatto che all'atto della misura i risulati siano effettivamente "correlati" come atteso non implica la connessione (vedi l'esempio dei calzini che ho fatto a @sgiombo in questo post).
Come può il fatto che all'atto della misura i risultati siano effettivamente "correlati" come atteso (e non in qualsiasi altro altro modo casuale) non implicare la connessione [una certa, determinata connessione e non una connessione qualsiasi] reale anche indipendentemente dall' eventuale osservazione o meno?Senza una certa determinata connessione oggettivamente reale anche indipendentemente dall' eventuale osservazione o meno che la determini, la correlazione fra le particelle -creata "sui due piedi" ex nihilo dall' osservazione stessa senza alcun vincolo o condizionamento reale- potrebbe essere (in-) determinata in qualsiasi modo, cioè dovrebbe essere casuale (= essere come é non in conseguenza deterministica causale di alcunché: letteralmente), cioè a volte esserci a volte no, come lanciando una moneta a volte si ottiene "testa" a volte "croce"; oppure a volte essere in un modo a volte in un altro, come lanciando un dado a volte si ottiene "1", a volte "2", a volte "3", ecc.P.S.: Ovviamente, poiché in questo momento nel forum ti stiamo letteralmente "tartassando" di obiezioni, credo che dobbiamo tutti aver pazienza nell' attendere le tue risposte, come dovrai averne tanta tu per dedicarci il tuo tempo e risponderci.
Citazione di: Il_Dubbio il 19 Maggio 2018, 23:03:13 PM
mi spiace ma non ti seguo. Rispondo su questo:
La correlazione c'è anche prima, ma è una correlazione tra risultati di potenziali risultati di misura. Bohr accetta tale correlazione. Non accetta però che la correlazione sia sempre in atto (conseguenza del realismo Einsteiniano).
Non posso condividere questa linea, in quanto la correlazione in atto non è una conseguenza del realismo einsteniano perchè l'abbiamo gia eliminata dopo il teorema di Bell ed esperimenti (ma Bohr ed Einstein non sono stati testimoni di questa evoluzione).
CitazionePerò ci terrei a precisare che (non si tratta propriamente di un' obiezione) il teorema di Bell e i successivi sperimenti non hanno "eliminato" il realismo (in generale): hanno solo dimostrato che esso impone la non località (casomai hanno eliminato il realismo "einsteiniano" nel senso di "locale").
Al limite Bohr non accetterebbe che vi sia invio di informazione, ma quello è ciò che einstein vuole dimostrare. Il fatto che vi sia correlazione è conseguenza del fatto che vi sia scambio di informazione.
CitazioneA me sembra che a proposito della meccanica quantistica Einstein volesse soprattutto dimostrare l' esistenza di variabili nascoste,
E che Bohm, "alla faccia di von Neumann" che pretendeva il contrario, abbia dimostrato che non si possa dimostrare che non esistono: non si può dimostrare né che esistono, né che non esistono.
Comunque sia, essere in atto non vuol dire che sia precedente all'atto di misura come avrebbe voluto Einstein, ma è comunque in atto nel senso di conseguenza delle misure effettuate. Quindi la correlazione c'è potenzialmente è vero e siamo d'accordo. A noi però non importa la potenzialità della correlazione, ci interessa che essa sia dovuta alla misura e no a scambi di informazioni fra osservatori. Se posticipi l'atto della correlazione, ovvero come sarebbe piu giusto cioè dopo la misura che ne è l'unico momento scientificamente plausibile, stai soltanto cancellando la correlazione dovuta all'atto di misura. Non è piu una correlazione causale ma ipotetica. Cioè stai svalutando il motivo per cui le particelle sono entangled. Sono entangled ipoteticamente o la loro correlazione è un atto?
Citazione(Anche all' attenzione di Apeiron)
Ma come si potrebbe posticipare l' atto della correlazione a dopo la misura e inoltre attribuirla alla misura stessa?
Perché mai la misura di Bob, che crea il calzino blu (prima inesistente per "Copenhagen"), dovrebbe essere correlata alla misura di Alice, che crea il calzino rosso e non invece creare (dal nulla! In assenza di alcunché di reale che possa condizionarne in alcun modo il colore) un calzino di un colore qualsiasi, anziché proprio blu?
Il secondo osservatore crea un calzino di un determinato colore correlato al colore del calzino creato dal primo osservatore in assenza di qualcosa di reale anche indipendentemente dalle osservazioni che condizioni i colori osservati (dei calzini creati con le osservazioni).
Ma questo significa che se invertissimo i tempi delle osservazioni i colori potrebbero (non: dovrebbero; ma tanto basta) essere invertiti: se prima Bob osservasse-creasse il suo calzino, questo potrebbe anche essere rosso (in assenza di alcunché di reale che ne condizioni in un determinato modo il colore) e conseguentemente quello di Alice essere blu.
Ora, che ciascun "calzino" (ovviamente metaforico: ciascuna caratteristica di particelle-onde quantistiche) venga ad esistere realmente allorché osservato (sempre, determinatamente purché si compiano le determinate osservazioni adeguate) mi sembra accettabile (anche se personalmente non lo credo, con Einstain, Bohm, ecc.); ma che le caratteristiche dei calzini reali intersoggettivi possano essere -per quanto reciprocamente correlate in un determinato modo- diverse a seconda dell' ordine cronologico in cui vengono osservati, diventando intersoggettive solo dopo e in conseguenza delle osservazioni, mi sembra inaccettabile.
L' esistenza del "calzino" accadrebbe realmente allorché osservato (sempre, determinatamente purché si compiano le determinate osservazioni adeguate: e "va bene"), ma talune sue caratteristiche (il suo "colore") non sarebbero sempre necessariamente realmente le stesse allorché osservato, ma potrebbero essere diverse a seconda di chi e di quando lo osservasse (essendo solamente sempre le stesse quelle rilevate dal secondo osservatore, determinatamente da quali sono quelle rilevate dal primo). E questo "non mi va bene": la realtà studiata e conosciuta dalle scienza non può avere caratteristiche dipendenti dalle osservazioni soggettive degli eventuali osservatori (non può essere come é oppure in un qualche altro modo dipendentemente dalle eventuali osservazioni), ma. pur potendo esistere o meno a seconda che si compiano o meno osservazioni, per lo meno se osservata dovrebbe presentare caratteristiche indipendenti dalle osservazioni stesse.
Risposta a Il_Dubbio...lasciami chiarire un paio di cose. Primo: la correlazione "in potenza" a cui mi riferivo è dovuta a come è impostata la teoria di Bohr. Bohr non accetta che si possa parlare in modo sensato di "posizione" all'infuori della misura, quindi dire che le posizioni
sono correlate è errato. Ciononostante le particelle
sono correlate. In sostanza "non è un caso" che due particelle siano entangled: per esempio possono essere entangled due particelle prodotte durante un decadimento. In questo caso se la particella P decade in P1 e in P2 (due particelle) queste due
sono entangled. Visto che sono entangled, sappiamo che i risultati di potenziali misure saranno "correlati". Se pensiamo allo spin (supponendo che possa avere solo due valori) mentre per due particelle indipendenti abbiamo quattro possibili coppie di risultati sperimentali ciascuna con il 25% di probabilità di verificarsi, nel caso di due particelle entangled le coppie di risultati sono
due. In sostanza è come se le particelle "si ricordassero" della loro comune origine e che questo "ricordo" facesse in modo che i risultati delle misure sono a loro volta correlati.
Quindi è bene precisare che ci sono, effettivamente due "correlazioni": una è tra le particelle (questa è in atto), l'altra è quella potenziale (che può attualizzarsi o meno) tra i risultati della misura (ovvero la correlazione tra i risultati è potenziale). Ma, come ben dici,
perchè ciò succede? Qual è la ragione per cui ciò avviene?
CitazioneOppure diciamo: la scienza non vuole spiegare perche non sa spiegare. A me questo risvolto piace di piu che una soluzione che si priva di una soluzione.
Beh, direi che è così! In fin dei conti se seguiamo Bohr, noi studiamo i sistemi quantistici con i concetti classici. E i concetti classici non sono validi all'infuori della misura. Ergo, la teoria di Bohr ammette, per così dire, la propria ignoranza. Tuttavia è chiaro che non essendo le proprietà reali se non all'atto della misura, l'entanglement non può essere spiegato come scambio di informazione.
Secondo: la probabilità. Vorrei fare una precisazione. Nel caso di Bohr il probabilismo è intrinseco. Quindi non è la stessa cosa di misurare la probabilità del lancio di un dado. Su questo credo che concordiamo. In questo caso, intrinsecamente il risultato sarà probabilistico e quindi mi aspetto che, ad esempio, per "come vanno le cose" quando effettuo la misura (nell'esempio di prima) ottengo uno dei due risultati col 50% della probabilità. Viceversa, nel caso di Bohm tale "probabilità" è spiegata esattamente come il caso del lancio dei dadi (ovvero nel secondo caso).
Spero di aver chiarito meglio la questione delle correlazioni. C'è una correlazione "in atto" tra le particelle e una correlazione in potenza tra i risultati delle misure :)
Risposta a @iano,Riguardo a Penrose non dare troppa importanza a quanto dico. Lui è uno dei massimi esperti in relatività generale, quindi sicuramente avrà trovato una soluzione al paradosso (soluzione che avrà i suoi svantaggi). Comunque se è il mattone che penso (La strada che porta alla realtà), è un eccellente libro di fisica ma è troppo tecnico (così mi hanno detto, per lo meno, visto che io ho avuto la sfortuna e fortuna al tempo stesso di leggere solo qualche pagina...).
Non voglio spegnere il tuo entusiasmo ma se la "trasmissione" o il collasso sono a tempo nullo, ciò è equivalente alla trasmissione a velocità infinita, cosa che
è esattamente la non-località. Perciò anche ammettere lo scenario che dici tu non credo che risolverebbe la situazione.
Riguardo alla realtà della funzione d'onda. Se la funzione d'onda è reale per un recente teorema (PBR theorem), sembra che ad essa corrispondono proprietà equamente reali. Se ciò è vero, allora si deve accettare nuovamente la non-località. Se non accetti il "realismo", invece, puoi "salvarti" dicendo che, in realtà, le "particelle quantistiche" non sono né onde né particelle, non hanno posizione, non hanno velocità ecc ma vengono viste come particelle, onde ecc al momento preciso della misura.
Su quanto dici dell'osservazione, sono d'accordo con te. L'osservatore "esterno" è un'astrazione, così come è un'astrazione la particella libera. Come ben dici tu siamo
dentro al mondo. Non siamo davvero "separati" da ciò che ci circonda. Ma ahimé, se vogliamo studiare la natura siamo costretti ad usare concetti e i concetti si basano sulla capacità di
distinguere, di separare. E di astrarre (ovviamente il "non-dualismo" punta proprio in questa direzione: noi non siamo "distinti" dal resto delel cose. Ma il "non-dualismo" non è formulabile in modo matematico ;D ).
Risposta a @sgiombo,sul fatto della non-distinguibilità
empirica siamo d'accordo, credo. Quello che volevo dire io è quanto segue. Ci provo in un modo diverso ;)
Supponiamo di vivere in un universo deterministico, iniziato col Big Bang. Se il determinismo è vero, ogni cosa succede per necessità. Dunque se una mela cade dall'albero possiamo dire che la sua "causa ultima" è la condizione iniziale al Big Bang. Se invece non c'è stato un inizio del tempo, ma l'esistenza non ha inizio (come forse i modelli ciclici suggeriscono) allora tale "causa ultima" non c'è nemmeno. Ad ogni modo, la caduta della mela è parte di un processo molto esteso nel tempo e quindi dire che la Gravità terrestre è la "vera causa" della caduta della mela è una verità parziale. La gravità può essere pensata come la "causa prossima" della caduta della mela, così come è causa prossima la rottura del ramo. Ma se cominciamo a chiederci qual è la causa della rottura del ramo, andiamo molto indietro e quindi possiamo finire per dire che una delle cause della caduta della mela è il fatto che il seme è stato piantato nel terreno (o ci è finito per cause naturali). Ma se ammettiamo l'esistenza della gravità, ovviamente, diciamo che una delle "cause prossime" è la gravità. Viceversa, se la gravità non esistesse in questo universo deterministico la caduta delle mele avviene in un modo che sembra che ci sia la gravità. Quindi, analogamente, t'Hooft nega che ci sia una "causa prossima" che fa trasmettere l'informazione. Personalmente sono piuttosto aperto all'idea che due teorie possano predire gli stessi risultati sperimentali anche se sono costruite in modo che è impossibile falsificare una senza falsificare anche l'altra.
Capisco le tue perplessità su questa idea, ma non sono d'accordo con te su questo. Per me ha senso parlare di due teorie diverse anche se non è possibile falsificare una e "confermare" un'altra.
Riguardo alla retrocausalità... per lo stesso motivo per cui
ogni trasmissione di informazione a velocità superluminale implica la rretrocausalità. In un riferimento l'evento "arrivo del segnale" precede l'"evento partenza".
@sgiombo, ti rispondo in modo completo al resto delle tue riflessioni appena posso.
Per tutti: spero di aver risposto bene, ho dovuto fare di fretta.
Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2018, 23:16:16 PM
Risposta a Il_Dubbio...
lasciami chiarire un paio di cose. Primo: la correlazione "in potenza" a cui mi riferivo è dovuta a come è impostata la teoria di Bohr. Bohr non accetta che si possa parlare in modo sensato di "posizione" all'infuori della misura, quindi dire che le posizioni sono correlate è errato. Ciononostante le particelle sono correlate. In sostanza "non è un caso" che due particelle siano entangled: per esempio possono essere entangled due particelle prodotte durante un decadimento. In questo caso se la particella P decade in P1 e in P2 (due particelle) queste due sono entangled. Visto che sono entangled, sappiamo che i risultati di potenziali misure saranno "correlati". Se pensiamo allo spin (supponendo che possa avere solo due valori) mentre per due particelle indipendenti abbiamo quattro possibili coppie di risultati sperimentali ciascuna con il 25% di probabilità di verificarsi, nel caso di due particelle entangled le coppie di risultati sono due. In sostanza è come se le particelle "si ricordassero" della loro comune origine e che questo "ricordo" facesse in modo che i risultati delle misure sono a loro volta correlati.
Quindi è bene precisare che ci sono, effettivamente due "correlazioni": una è tra le particelle (questa è in atto), l'altra è quella potenziale (che può attualizzarsi o meno) tra i risultati della misura (ovvero la correlazione tra i risultati è potenziale). Ma, come ben dici, perchè ciò succede? Qual è la ragione per cui ciò avviene?
CitazioneOppure diciamo: la scienza non vuole spiegare perche non sa spiegare. A me questo risvolto piace di piu che una soluzione che si priva di una soluzione.
Beh, direi che è così! In fin dei conti se seguiamo Bohr, noi studiamo i sistemi quantistici con i concetti classici. E i concetti classici non sono validi all'infuori della misura. Ergo, la teoria di Bohr ammette, per così dire, la propria ignoranza. Tuttavia è chiaro che non essendo le proprietà reali se non all'atto della misura, l'entanglement non può essere spiegato come scambio di informazione.
Secondo: la probabilità. Vorrei fare una precisazione. Nel caso di Bohr il probabilismo è intrinseco. Quindi non è la stessa cosa di misurare la probabilità del lancio di un dado. Su questo credo che concordiamo. In questo caso, intrinsecamente il risultato sarà probabilistico e quindi mi aspetto che, ad esempio, per "come vanno le cose" quando effettuo la misura (nell'esempio di prima) ottengo uno dei due risultati col 50% della probabilità. Viceversa, nel caso di Bohm tale "probabilità" è spiegata esattamente come il caso del lancio dei dadi (ovvero nel secondo caso).
Spero di aver chiarito meglio la questione delle correlazioni. C'è una correlazione "in atto" tra le particelle e una correlazione in potenza tra i risultati delle misure :)
In questi giorni mi è venuto un dubbio. Per cui mi sono rimesso a studiare (nel senso lato del termine) tutta la questione sulle correlazioni e specificatamente su come è impostato il ragionamento di Bell.
Alla fine ho trovato una falla. Siccome però non sono ancora sicuro, anche se presumo di non essere molto lontano dal vero, ti pongo un quesito preciso, dopo ti spiego il retropensiero.
Per chi ci ascolta ricapitolo la questione Bell semplificandola.
Bell dice: i sistemi nascono correlati ok, ma se nascessero gia con delle proprietà i risultati delle misure dovrebbero concordare 5 volte su 9 (9 sono le possibilità in totale). La meccanica quantistica invece, facendo un conteggio diverso, sostiene che il rapporto è 50% e 50%. Se le disugualglianze sono violate ci troviamo difronte all'impossibilità che i sistemi nascano gia con quelle proprietà.
Fino a qua ci siamo, e sappiamo che gli esperimenti violano le disuguaglianze e si accordano invece con le probabilità quantistiche.
La domanda è questa: se invece di coppie entangled usassimo fotoni non entangled riusciremmo a distinguere, solo facendo il conteggio che fa Bell, le coppie entangled da quelle non entangled? Ovvero se la relazione, il rapporto, è 1/2 per sistemi entangled che tipo di relazione ci sarebbe invece tra quelle non entangled?
La risposta che ho ricevuto è che la m.q. non fa distinzioni. Ma allora in che senso continuano ad essere entangled se non possiamo distingure il comportamento?
In un certo senso capisco il problema posto da Bohr anche se lui non aveva ancora avuto modo di vedere gli esperimenti di Bell... solo che qui io noto un problema fondamentale (che precedentemente non avevo ancora valutato, e chissa quanto altro scoprirò alla fine) e cioè il fatto che parliamo di sistemi entangled che si rendono indistinguibili da sistemi non-entangled. Se solo non fossero piu entangled anche se noi li riteniamo ancora intrecciati, non ci sarebbe alcun problema dovuto ad invio di informazioni per rimanere correlati, in quanto non hanno piu bisogno di esserlo. ::)
@Apeiron.
Grazie per la risposta.
Ok , allora non accetto il realismo e mi salvo 😅 se solo sapessi bene di cosa si tratta.
Comunque ti sei espresso con chiarezza esemplare.
Sicuramente rinuncio ad un realismo ingenuo , se , pur dandomi la sensazione di essere ben piantato coi piedi per terra ,fa' si che non riesca a spiamtarmi da lì.
Ma da cosa nasce il realismo ingenuo?
Ho aperto una discussione "matematica e realtà " dove ne potremmo parlare.
Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2018, 23:16:16 PM
Risposta a Il_Dubbio...
lasciami chiarire un paio di cose. Primo: la correlazione "in potenza" a cui mi riferivo è dovuta a come è impostata la teoria di Bohr. Bohr non accetta che si possa parlare in modo sensato di "posizione" all'infuori della misura, quindi dire che le posizioni sono correlate è errato. Ciononostante le particelle sono correlate. In sostanza "non è un caso" che due particelle siano entangled: per esempio possono essere entangled due particelle prodotte durante un decadimento. In questo caso se la particella P decade in P1 e in P2 (due particelle) queste due sono entangled. Visto che sono entangled, sappiamo che i risultati di potenziali misure saranno "correlati". Se pensiamo allo spin (supponendo che possa avere solo due valori) mentre per due particelle indipendenti abbiamo quattro possibili coppie di risultati sperimentali ciascuna con il 25% di probabilità di verificarsi, nel caso di due particelle entangled le coppie di risultati sono due. In sostanza è come se le particelle "si ricordassero" della loro comune origine e che questo "ricordo" facesse in modo che i risultati delle misure sono a loro volta correlati.
Quindi è bene precisare che ci sono, effettivamente due "correlazioni": una è tra le particelle (questa è in atto), l'altra è quella potenziale (che può attualizzarsi o meno) tra i risultati della misura (ovvero la correlazione tra i risultati è potenziale). Ma, come ben dici, perchè ciò succede? Qual è la ragione per cui ciò avviene?
CitazioneMa questo é ovvio (è ciò che si osserva).
Il problema é quello della spiegazione o "interpretazione" di questa correlazione.
Per i deterministi (locali o meno) delle "varabili nascoste" (Einstein, de Broglie, Schroedinger, Bohm, ecc.; credo di poter dire anche Bell) la spiegazione é semplicissima, direi banale: esistono realmente in atto anche se e quando non osservate due particelle i cui spin reali in atto indipendentemente da eventuali osservazioni sono correlati (e anche la tendenza a cambiare in seguito a "cimenti sperimentali" la é), e conseguentemente quando li si osservano si rilevano misure correlate.
Pe Bohr e i "danesi" la cosa é per o meno molto più "complicata": non esistendo realmente in atto (ma solo potenzialmente) allorché non osservate per lo meno talune caratteristiche correlate delle particelle (come lo spin; ma forse le particelle stesse "in toto"!), la correlazione nelle misure rilevate:
o é un fatto casuale (ma allora non si ripeterebbe intersoggettivamente ad ogni e qualsiasi osservazione che -da potenziale- si attuasse da parte di chichessia),
oppure si deve ammettere una sorta di ("decisamente problematica!" quanto meno) "leibniziana armonia prestabilita" potenziale, fra qualcosa di meramente potenziale ma non attualmente esistente: una armonia prestabilita fra nulla di reale, nulla di realmente in atto, fra qualcosa di non reale, fra qualcosa che non c'é, che non é reale (Sic!), tale che all' attuarsi delle potenziali osservazioni queste rilevino -come di fatto rilevano; sempre, intersggettivamente- la correlazione.
Risposta a @sgiombo,
sul fatto della non-distinguibilità empirica siamo d'accordo, credo. Quello che volevo dire io è quanto segue. Ci provo in un modo diverso ;)
Supponiamo di vivere in un universo deterministico, iniziato col Big Bang. Se il determinismo è vero, ogni cosa succede per necessità. Dunque se una mela cade dall'albero possiamo dire che la sua "causa ultima" è la condizione iniziale al Big Bang. Se invece non c'è stato un inizio del tempo, ma l'esistenza non ha inizio (come forse i modelli ciclici suggeriscono) allora tale "causa ultima" non c'è nemmeno.
CitazioneE perché mai?
Questo vale esattamente anche se l' universo non ha mai avuto un inizio né mai avrà una fine: é il suo stato in un qualsiasi momento precedente la caduta della mela che, evolvendo secondo le leggi naturali del suo divenire -gravitazione compresa- determinerà la sua caduta.
Ad ogni modo, la caduta della mela è parte di un processo molto esteso nel tempo e quindi dire che la Gravità terrestre è la "vera causa" della caduta della mela è una verità parziale. La gravità può essere pensata come la "causa prossima" della caduta della mela, così come è causa prossima la rottura del ramo. Ma se cominciamo a chiederci qual è la causa della rottura del ramo, andiamo molto indietro e quindi possiamo finire per dire che una delle cause della caduta della mela è il fatto che il seme è stato piantato nel terreno (o ci è finito per cause naturali).
CitazioneParlare in termini di "cause (più o meno prossime o remote, o financo "ultime") degli eventi" é molto più grossolano e impreciso e molto meno scientifico (l' attribuzione o meno ai vari eventi di ruoli causali più o meno indiretti e remoti relativi a determinati effetti é alquanto indefinita e arbitraria, per lo meno di difficile, incerta, discutibile attribuzione oggettiva) che parlare di "divenire naturale ordinato secondo leggi universali e costanti"; quindi eviterei il primo modo di descrivere la realtà per utilizzare unicamente il secondo.
Ma se ammettiamo l'esistenza della gravità, ovviamente, diciamo che una delle "cause prossime" è la gravità. Viceversa, se la gravità non esistesse in questo universo deterministico la caduta delle mele avviene in un modo che sembra che ci sia la gravità. Quindi, analogamente, t'Hooft nega che ci sia una "causa prossima" che fa trasmettere l'informazione. Personalmente sono piuttosto aperto all'idea che due teorie possano predire gli stessi risultati sperimentali anche se sono costruite in modo che è impossibile falsificare una senza falsificare anche l'altra. Capisco le tue perplessità su questa idea, ma non sono d'accordo con te su questo. Per me ha senso parlare di due teorie diverse anche se non è possibile falsificare una e "confermare" un'altra.
CitazioneNo, non capisci le mie "perplessita" (rectius: obiezioni)!
Se la gravità non esistesse nell' universo la caduta di una mela sarebbe casuale, e allora accadrebbe (se le osservazioni fossero sufficientemente numerose) circa 1/3 delle volte che un ramo si spezza, mentre in circa un altro terzo le mele volerebbero verso il cielo e nel circa 1/3 restante resterebbero sospese a mezz' aria.
Fra due teorie che possano predire gli stessi risultati sperimentali anche se sono costruite in modo che è impossibile falsificare una senza falsificare anche l'altra esiste la stessa identica differenza che passa fra la stessa, medesima, identica teoria esposta in francese ed esposta in tedesco.
Non vedo alcun senso nell' espressione <<due teorie diverse anche se non è possibile falsificare una e "confermare" l' altra>>: come dire <<due teorie diverse anche se uguali, due teorie che dicono le stesse cose della realtà ma ciononostante sono "diverse" (?); essendo che "teorie uguali" ==def. "teorie che dicono le stesse cose della realtà">>.
Se riesci a farmi notare che c' é qualcosa di realmente diverso fra di esse (e non di aprioristicamente e indebitamente ed autocontraddittoriamente preteso tale), naturalmente cambio immediatamente opinione.
Riguardo alla retrocausalità... per lo stesso motivo per cui ogni trasmissione di informazione a velocità superluminale implica la rretrocausalità. In un riferimento l'evento "arrivo del segnale" precede l'"evento partenza".
CitazioneNo!
Una trasmissione di informazione ovvero causazione di velocità superluminale finita é una normalissima (post-) causazione; mente una trasmissione di informazione ovvero causazione di velocità (superluminale) infinita é una normalissima causazione (simultanea; nello stesso naturalissimo modo in cui la gravitazione per Newton causava simultaneamente, a velocità infinita le accelerazioni delle masse).
Quanto alla relatività della simultaneità ai sistemi di riferimento inerziali. Mi sembra che Einstein stesso negasse che comportasse la retrocausalità.
Ciao
@Il_Dubbio,CitazioneLa risposta che ho ricevuto è che la m.q. non fa distinzioni. Ma allora in che senso continuano ad essere entangled se non possiamo distingure il comportamento?
In realtà, è stato proprio l'esperimento di Aspect a confermare la predizione di Bell che a sua volta ha confermato l'esistenza effettiva delle correlazioni. Non capisco, sinceramente, questa tua affermazione. Le particelle entangled hanno un comportamento "diverso" dalle altre, altrimenti non avrebbe senso tutta la questione!
Ciao
@sgiombo,ci sono vari punti nella tua risposta, cerco di rispondere a tutti anche se su certe cose ormai sono pessimista sul fatto che possiamo arrivare ad una reciproca comprensione (non lo dico con intenzioni "malvage"). Se anche stavolta la discussione si inceppa su quei punti non credo di proseguire, visto che ormai sto ripetendo esattamente le stesse cose da tempo. Provo a dirle con la massima chiarezza possibile, comunque.
1) correlazioni nell'interpretazione di Bohr: sì, hai ragione. Certe volte mi sorprende l'ostinazione di alcuni fisici a dire che "tutto va bene" con l'interpretazione di Bohr e che non è non-locale. Ti dico come la vedo io: alcuni semplicemente non
vogliono domandarsi queste cose e preferiscono ignorare il problema, visto che "tutto funziona". Ciononostante, vedevi Bohr che letteralmente si disperava su queste questioni, come d'altronde lo facevano un po' tutti a quei tempi. Oggi si fa finta che tutto sia risolto. In realtà, no. Comunque, l'incoerenza tra relatività e meccanica quantistica la si ha quando, effettivamente, si conclude che la meccanica quantistica implica la trasmissione di "segnali" come, in ultima analisi, succedeva con Newton. Tuttavia, se non accettiamo più che le particelle sono puntiformi, hanno una posizione ben definita ecc a questo punto l'influenza è difficile che possa essere spiegata allo stesso modo con cui si spiega l'influenza causale nella relatività. Forse è un altro tipo di "influenza causale" che è compatibile con la relatività (che vieta ogni influenza "classica"). Come vedi sto speculando. Non so dirti una risposta certa, anche perchè stando all'interpretazione che stiamo discutendo il "mondo quantistico" è ben diverso da quello classico.
2) causalità, evoluzione, falsificazionismo ecc: qui sta l'incomprensione fra noi due. Quello che volevo dire io è che nel
determinismo normale, se si accetta la realtà delle interazioni "locali" ci sono due livelli di evoluzione dei fenomeni. Il primo è quello dell'evoluzione generale dell'universo: date le condizioni ad un certo istante, l'evoluzione successiva è completamente determinata. Se si accetta solo tale livello, in realtà, si potrebbe benissimo fare a meno del concetto stesso di causalità, visto che in realtà si può semplicemente pensare che gli "enti" non interagiscono nemmeno tra di loro. Affermare che la mela cade
perchè la Terra interagisce in un certo modo con essa è semplicemente senza senso in questo caso, visto che, in realtà, c'è solo un'evoluzione "cinematica" senza "dinamica". In questo caso forze, interazioni tra i vari oggetti ecc sono finzioni convenienti. Tutto può essere spiegato con una semplice evoluzione "cinematica". Viceversa se io introduco l'esistenza di interazioni ecc allora introduco nella mia ontologia qualcosa in più. A questo punto, invece, posso dire che la mela e la Terra interagiscono tra di loro. Quindi la domanda che ci deve porre è: c'è
un motivo per cui la mela cade oppure è semplicemente l'evoluzione dei fenomeni? C'è una dinamica o no? Idem con t'Hooft e Bohm. T'Hooft dice che Alice e Bob vedono quei risultati perchè "così si evolve l'universo", mentre Bohm dice che Alice e Bob vedono quello che vedono perchè c'è stata un'influenza tra le particelle. Sinceramente, non riesco a spiegarmi meglio di così. Il fatto che due spiegazioni siano empiricamente indistinguibili non significa che siano effettivamente la stessa spiegazione. Volendo, potevo - seguendo l'idea "meccanicistica" del '600/'700 - dire che due cariche elettriche non si muovono per una presenza di un'interazione
tra di loro, ma lo fanno perchè così l'universo si sta evolvendo. In realtà ci vollero decenni per verificare che due cariche interagiscono a causa di un'interazione. Volendo, potevo semplicemente descrivere solo la cinematica.
Detto ciò sulla "causa ultima". Effettivamente ho fatto un po' di confusione tra "causalità" e "evoluzione". La causalità è dinamica e l'evoluzione non necessariamente. Ad ogni modo, se accettiamo la causalità (e il determinismo) allora il nostro stato odierno ha avuto come causa "ultima" il Big Bang. Se non accettiamo la causalità, invece diremo che è la condizione iniziale. Se non c'è un inizio, non si può parlare ovviamente né di causa prima né, strettamente parlando, di condizione iniziale, visto che, in fin dei conti non c'è.
Retrocausalità: no, la retrocausalità per alcuni riferimenti è presente se l'interazione avviene a velocità superluminali. Ricorda che l'attuale formulazione della relatività sostiene che la struttura causale dei fenomeni deve essere
la stessa in ogni riferimento: se per esempio confronto due eventi nel mio cono luce passato e uno precede l'altro (per esempio la mia nascita e il mio risveglio di stamattina), allora in ogni riferimento, con la formulazione attuale, tale ordine è rispettato. Se l'informazione potesse propagarsi più velocemente della luce allora tale ordine non sarebbe più rispettato in tutti i sistemi di riferimento. In sostanza se accetti la teoria della relatività
e la non-località allora devi violare la "causalità", ovvero appunto il rispetto di questo ordine di eventi. E questo implica tra le altre cose che può esserci la retrocausalità (in fin dei conti ci sarebbero die riferimenti nei quali il "mio risveglio di stamane" avviene
prima della "mia nascita". Una particella solidale a tale riferimento sarebbe un tachione e andrebbe all'indietro nel tempo nel nostro riferimento, nel "suo" invece va "avanti" nel tempo. Ovviamente, direi, che non è l'universo in cui siamo noi...). Ci sono possibili soluzioni per questo tipo di problemi, come l'introduzione del riferimento privilegiato come nella teoria dell'etere di Lorentz. Come vedi anche la teoria Bohmiana ha i suoi problemi!
https://it.wikipedia.org/wiki/Viaggio_nel_tempo#Sopra_la_velocit%C3%A0_della_luce purtroppo in italiano non c'è molto. In inglese c'è molto di più , vedi ad esempio questo http://www.physicsmatt.com/blog/2016/8/25/why-ftl-implies-time-travel
@sgiombo,
in pratica se tu mi mandi un tachione (particella più veloce della luce) nel tuo riferimento dici che la mia ricezione è avvenuta dopo la partenza della particella (non ho mai negato questo...). Lo stesso potrà essere detto da me. Ma questo potrebbe non è vero per tutti i possibili osservatori. Per alcuni, invece, l'ordine dei due eventi si inverte. La relatività per come è formulata oggi, invece, direbbe che in ogni riferimento l'evento "ricevimento" deve essere successivo a quello "partenza". Sfortunatamente per velocità superluminali questo non è più vero!
Citazione di: Apeiron il 26 Maggio 2018, 13:04:48 PM
Ciao @sgiombo,
ci sono vari punti nella tua risposta, cerco di rispondere a tutti anche se su certe cose ormai sono pessimista sul fatto che possiamo arrivare ad una reciproca comprensione (non lo dico con intenzioni "malvage"). Se anche stavolta la discussione si inceppa su quei punti non credo di proseguire, visto che ormai sto ripetendo esattamente le stesse cose da tempo. Provo a dirle con la massima chiarezza possibile, comunque.
Citazione
Qui concordo in pieno e sottoscrivo!
2) causalità, evoluzione, falsificazionismo ecc: qui sta l'incomprensione fra noi due. Quello che volevo dire io è che nel determinismo normale, se si accetta la realtà delle interazioni "locali" ci sono due livelli di evoluzione dei fenomeni. Il primo è quello dell'evoluzione generale dell'universo: date le condizioni ad un certo istante, l'evoluzione successiva è completamente determinata. Se si accetta solo tale livello, in realtà, si potrebbe benissimo fare a meno del concetto stesso di causalità, visto che in realtà si può semplicemente pensare che gli "enti" non interagiscono nemmeno tra di loro.
Affermare che la mela cade perchè la Terra interagisce in un certo modo con essa è semplicemente senza senso in questo caso, visto che, in realtà, c'è solo un'evoluzione "cinematica" senza "dinamica". In questo caso forze, interazioni tra i vari oggetti ecc sono finzioni convenienti. Tutto può essere spiegato con una semplice evoluzione "cinematica".
CitazioneInvece per me "determinismo" ("date le condizioni ad un certo istante, l'evoluzione successiva è completamente determinata") == "causalità" (interazione causale, secondo le leggi universali e costanti del divenire naturale) == mutamento relativo, parziale =/= =/= =/= casualità == indeterminismo == caos == divenire disordinato, mutamento assoluto, integrale.
Viceversa se io introduco l'esistenza di interazioni ecc allora introduco nella mia ontologia qualcosa in più. A questo punto, invece, posso dire che la mela e la Terra interagiscono tra di loro. Quindi la domanda che ci deve porre è: c'è un motivo per cui la mela cade oppure è semplicemente l'evoluzione dei fenomeni? C'è una dinamica o no?
CitazioneSì che c' é un motivo: il determinismo del divenire (evoluzione) naturale dei fenomeni (materiali - naturali, che non esauriscono la totalità di ciò che realmente é/accade), ovvero (id est: !) la loro "concatenazione causale".
Idem con t'Hooft e Bohm. T'Hooft dice che Alice e Bob vedono quei risultati perchè "così si evolve l'universo", mentre Bohm dice che Alice e Bob vedono quello che vedono perchè c'è stata un'influenza tra le particelle. Sinceramente, non riesco a spiegarmi meglio di così. Il fatto che due spiegazioni siano empiricamente indistinguibili non significa che siano effettivamente la stessa spiegazione. Volendo, potevo - seguendo l'idea "meccanicistica" del '600/'700 - dire che due cariche elettriche non si muovono per una presenza di un'interazione tra di loro, ma lo fanno perchè così l'universo si sta evolvendo. In realtà ci vollero decenni per verificare che due cariche interagiscono a causa di un'interazione. Volendo, potevo semplicemente descrivere solo la cinematica.
CitazioneMa tutto nell' universo fisico - materiale - naturale (che secondo me non é l' universo in toto, ma solo una sua parte), comprese le cariche elettriche, nel '700 e ora e in futuro (se é vera la conoscenza scientifica) si evolve secondo la concatenazione causale (=deterministica = ordinata secondo modalità generali universali e costanti astraibili da essi da parte del pensiero ) fra gli eventi particolari concreti.
Detto ciò sulla "causa ultima". Effettivamente ho fatto un po' di confusione tra "causalità" e "evoluzione". La causalità è dinamica e l'evoluzione non necessariamente.
CitazioneNon vedo come un' "evoluzione" (= mutamento) non possa essere "dinamica", tanto meno se "ordinata".
Ad ogni modo, se accettiamo la causalità (e il determinismo) allora il nostro stato odierno ha avuto come causa "ultima" il Big Bang. Se non accettiamo la causalità, invece diremo che è la condizione iniziale.
CitazioneE non vedo che differenza ci sia fra "Big bang" e "condizione iniziale".
Se non c'è un inizio, non si può parlare ovviamente né di causa prima né, strettamente parlando, di condizione iniziale, visto che, in fin dei conti non c'è.
CitazioneMa si può sempre benissimo considerare la condizione dell' universo (in divenire o evoluzione deterministico) in qualsiasi momento precedente qualsiasi evento si prenda in considerazione, che ne consegue deterministicamente secondo le leggi universali e costanti del divenire naturale dell' universo stesso (= causalmente).
Retrocausalità: no, la retrocausalità per alcuni riferimenti è presente se l'interazione avviene a velocità superluminali. Ricorda che l'attuale formulazione della relatività sostiene che la struttura causale dei fenomeni deve essere la stessa in ogni riferimento: se per esempio confronto due eventi nel mio cono luce passato e uno precede l'altro (per esempio la mia nascita e il mio risveglio di stamattina), allora in ogni riferimento, con la formulazione attuale, tale ordine è rispettato. Se l'informazione potesse propagarsi più velocemente della luce allora tale ordine non sarebbe più rispettato in tutti i sistemi di riferimento. In sostanza se accetti la teoria della relatività e la non-località allora devi violare la "causalità", ovvero appunto il rispetto di questo ordine di eventi. E questo implica tra le altre cose che può esserci la retrocausalità (in fin dei conti ci sarebbero die riferimenti nei quali il "mio risveglio di stamane" avviene prima della "mia nascita". Una particella solidale a tale riferimento sarebbe un tachione e andrebbe all'indietro nel tempo nel nostro riferimento, nel "suo" invece va "avanti" nel tempo. Ovviamente, direi, che non è l'universo in cui siamo noi...). Ci sono possibili soluzioni per questo tipo di problemi, come l'introduzione del riferimento privilegiato come nella teoria dell'etere di Lorentz. Come vedi anche la teoria Bohmiana ha i suoi problemi!
https://it.wikipedia.org/wiki/Viaggio_nel_tempo#Sopra_la_velocit%C3%A0_della_luce purtroppo in italiano non c'è molto. In inglese c'è molto di più , vedi ad esempio questo http://www.physicsmatt.com/blog/2016/8/25/why-ftl-implies-time-travel
CitazioneNon sono d' accordo.
I rapporti fra lo scorrere degli eventi secondo i diversi sistemi di riferimento é comunque determinato in sequenze univocamente correlabili le une alle altre (univocamente determinate in ciascuno di essi e reciprocamente correlate in maniera univoca, determinata).
Per evitare la retrocausalità basta che per ciascun riferimento le cause non siano precedute dagli effetti; se fra diversi riferimenti taluni eventi accadano negli uni prima che negli altri e viceversa non significa che accada retrocausalità in nessuno di essi, né fra di essi: semplicemente per ciascuno di essi la concatenazione causale degli eventi segue diversi ordini (peraltro reciprocamente correlabili univocamente e non arbitrariamente attraverso regole univoche, determinate e non arbitrarie (cioé non indeterminatamente, non caoticamente).
Citazione di: Apeiron il 26 Maggio 2018, 16:03:44 PM
@sgiombo,
in pratica se tu mi mandi un tachione (particella più veloce della luce) nel tuo riferimento dici che la mia ricezione è avvenuta dopo la partenza della particella (non ho mai negato questo...). Lo stesso potrà essere detto da me. Ma questo potrebbe non è vero per tutti i possibili osservatori. Per alcuni, invece, l'ordine dei due eventi si inverte. La relatività per come è formulata oggi, invece, direbbe che in ogni riferimento l'evento "ricevimento" deve essere successivo a quello "partenza". Sfortunatamente per velocità superluminali questo non è più vero!
Ma
non si inverte (o comunque non mutano i rapporti cronologici fra gli eventi nei vari riferimenti)
caoticamente, indeterministicamente, "a casaccio", bensì secondo regole determinate, ordinate e costanti, cioé ordinatamente, deterministicamente.
Se per "retrocausalità" intendi che per un riferimento inerziale un evento "a" può precedere un evento "b" e per un altro l' evento "b" può precedere "a" secondo regole determinate per le quali sapendo l' ordine e i rapporti temporali fra gli eventi per l' uno si può tranquillamente calcolare quello per l' altro per me va benissimo: non mi piace il termine (che suggerisce assurdi "viaggi nel tempo"), ma la sostanza delle cose é comunque un determinismo naturalissimo.
Aggiungo che comunque ne caso della non località quantistica (anche e in particolare nel contesto del determinismo "a la Bohm") non v' é alcuna retrocausazione.
Citazione di: sgiombo il 27 Maggio 2018, 08:08:04 AM
Aggiungo che comunque ne caso della non località quantistica (anche e in particolare nel contesto del determinismo "a la Bohm") non v' é alcuna retrocausazione.
Mi spiace deluderti, ma non è così!
Si
dimostra che in relatività se la trasmissione deisegnali potesse superare la velocità della luce allora in alcuni riferimenti, l'effetto potrebbe essere precedente alla causa.
[Con Bohm parliamo di trasmissione
istantanea, tra l'altro... ad ogni modo se tale trasmissione superluminale non fosse un problema, allora la teoria classica della gravità sarebbe perfettamente compatibile con la relatività e non ci sarebbe stato alcun bisogno, volendo, di introdurre la relatività generale (per lo meno, prima delle prove sperimentali che hanno falsificato la teoria newtoniana come, ad esempio l'esperimento di Eddington...)]
Esempio: Alice manda un tachione a Bob. Per Alice e per Bob "l'invio" precede "la ricezione". Volendo anche nel riferimento del tachione succede lo stesso. Però si dimostra che esistono riferimenti in cui "la ricezione" (effetto) precede l'invio (causa).
Il link
http://www.physicsmatt.com/blog/2016/8/25/why-ftl-implies-time-travel lo spiega in modo molto chiaro. Sfortunatamente è in inglese. Non sono riuscito a trovare spiegazioni così chiare in italiano, purtroppo. Detto ciò, fare una dimostrazione della cosa su questo Forum è troppo difficile per motivi tecnici. https://www.matematicamente.it/forum/ Questo forum potrebbe essere d'aiuto per una dimostrazione matematica. ;)
Una via d'uscita c'è, comunque. Se assumi l'esistenza di un riferimento privilegiato, come nella teoria dell'Etere di Lorentz, non hai problemi.
Citazione di: Apeiron il 26 Maggio 2018, 13:04:48 PM
Ciao @Il_Dubbio,
CitazioneLa risposta che ho ricevuto è che la m.q. non fa distinzioni. Ma allora in che senso continuano ad essere entangled se non possiamo distingure il comportamento?
In realtà, è stato proprio l'esperimento di Aspect a confermare la predizione di Bell che a sua volta ha confermato l'esistenza effettiva delle correlazioni. Non capisco, sinceramente, questa tua affermazione. Le particelle entangled hanno un comportamento "diverso" dalle altre, altrimenti non avrebbe senso tutta la questione!
Io sono d'accordo con te, ma ho ricevuto una risposta diversa. Rimango un po' disorientato almeno fino a quando capirò come cambiano le probabilità quantistiche tra una situazione di tipo entangled da una non-entagled. E' chiaro che devono cambiare se è vero che gli esperimenti attestano le correlazioni.
Se le attestano allora non c'è via di scampo, per rimanere correlate non possono farlo "a caso". Per cui deve per forza esserci una causa alle correlazioni in modo non-locale, ovvero avvengono per scambio di informazioni tra i sistemi. Scambio che noi non vediamo direttamente ma lo attestiamo dai risultati sperimentali.
So che ormai questa discussione è andata anche oltre le nostre possibilità e penso abbiamo detto tutto. Per cui se se non ci sono novità in merito rimaniamo con i nostri rispettivi dubbi riflessivi fino a quando avremo qualcosa di nuovo da dire, grazie per la tua pazienza ;)
Citazione di: Apeiron il 27 Maggio 2018, 10:47:43 AM
Citazione di: sgiombo il 27 Maggio 2018, 08:08:04 AM
Aggiungo che comunque ne caso della non località quantistica (anche e in particolare nel contesto del determinismo "a la Bohm") non v' é alcuna retrocausazione.
Mi spiace deluderti, ma non è così!
Si dimostra che in relatività se la trasmissione deisegnali potesse superare la velocità della luce allora in alcuni riferimenti, l'effetto potrebbe essere precedente alla causa.
[Con Bohm parliamo di trasmissione istantanea, tra l'altro... ad ogni modo se tale trasmissione superluminale non fosse un problema, allora la teoria classica della gravità sarebbe perfettamente compatibile con la relatività e non ci sarebbe stato alcun bisogno, volendo, di introdurre la relatività generale (per lo meno, prima delle prove sperimentali che hanno falsificato la teoria newtoniana come, ad esempio l'esperimento di Eddington...)]
Esempio: Alice manda un tachione a Bob. Per Alice e per Bob "l'invio" precede "la ricezione". Volendo anche nel riferimento del tachione succede lo stesso. Però si dimostra che esistono riferimenti in cui "la ricezione" (effetto) precede l'invio (causa).
Il link http://www.physicsmatt.com/blog/2016/8/25/why-ftl-implies-time-travel lo spiega in modo molto chiaro. Sfortunatamente è in inglese. Non sono riuscito a trovare spiegazioni così chiare in italiano, purtroppo. Detto ciò, fare una dimostrazione della cosa su questo Forum è troppo difficile per motivi tecnici. https://www.matematicamente.it/forum/ Questo forum potrebbe essere d'aiuto per una dimostrazione matematica. ;)
Una via d'uscita c'è, comunque. Se assumi l'esistenza di un riferimento privilegiato, come nella teoria dell'Etere di Lorentz, non hai problemi.
Citazione(NON CITAZIONE; BENSI' RISPOSTA DI SGIOMBO)
Mi sembra che un conto sia la inversione delle sequenze cronologiche degli eventi fra i diversi riferimenti inerziali in caso di velocità superluminali in generale (circa la quale continuo a ritenere che sarebbe comunque perfettamente compatibile con il determinismo e che non possa propriamente parlarsi di "retrocausazione"), un' altro sia l' entanglemet quantistico.
Circa quest' ultimo non vedo come l' osservazione-cimento sperimentale della particella "a", determinando in per lo meno un sistema di riferimento istantaneamente (a velocità infinita) effetti (deterministici) sulla particella "b" con essa entanglaed possa costituire una "retrocausazione", né tantomeno come possa rendere non assurdi i "viaggi nel tempo".
Esempio: Alice manda un tachione a Bob. Per Alice e per Bob "l'invio" precede "la ricezione". Volendo anche nel riferimento del tachione succede lo stesso. Però si dimostra che esistono riferimenti in cui "la ricezione" (effetto) precede l'invio (causa).
Mi sembra che semplicemente l' esistenza di riferimenti per i quali eventi che
per altri riferimenti sono effetti precedano (in maniera ben determinata e calcolabile, eventi che
per tali altri riferimenti sono cause non ponga alcun problema di comprensione logica, e sia ben diversa cosa degli assurdi "viaggi nel tempo"
Il tempo anche filosofico
il contributo principale di Kant al concetto di tempo è nell'Analitica dei principi,nella trattazione della seconda analogica o principio delle serie temporali secondo la legge della causalità. Quì Kant opera la riduzione dell'ordine di successione all'ordine causale
Einstein non ha innovato il concetto tradizionale di tempo come ordine di successione: ha solo negato che l'ordine di successione fosse unico e assoluto.
Per Heidegger il tempo è la struttura della possibilità e progettazione; il tempo è autentico e originario, esso è l'avvenire dell'ente a se stesso nel mantenimento della possibilità caratteristica come tale. Avvenire per Heidegger non significa un'ora che non è ancora divenuta attuale e che lo diverrà, ma l'infuturamento per cui l'Esserci perviene a se stesso, in base al suo proprio poter-essere. Il tempo è ciò che si prospetta nell'avvenire è ciò che è già stato; e a sua volta ciò che è già stato è ciò che si prospetta nell'avvenire.
Il tempo nell'orizzonte modale: se due eventi contemporanei per un certo sistema di riferimento, possono non esserlo per un altro , il tempo non è un ordine necessario , ma la possibilità di più ordini; ciò ancheper il contributo della relatività einsteniana
A proposito.....ma come fa' il gemello che "vola sul razzo" a restare più giovane, rispetto a quello che resta "fermo" a terra , se non esiste la velocità assoluta?
Si potrebbe infatti dire parimenti ,essendo là velocità relativa ,che quello che "vola sulla terra" resta più giovane rispetto a quello che resta "fermo" sul razzo.
Questo esperimento è stato fatto più volte e confermato con orologi atomici al posto dei gemelli . Le "lancette" dell'orologio in volo "girano" più lentamente.
Se ciò succede deve esserci una causa , che non può essere però la differente velocità, perché in assoluto differente velocità è espressione priva di senso.
Chiaro è invece il caso degli orologi posti a terra e , in alternativa , sul tavolo , dove la causa del diverso girare delle lancette , la maggiore vicinanza a una massa , ha un senso assoluto.
Immagino inoltre che , nonostante la strabiliante precisione degli orologi atomici , questa non è tale da valutare l'effetto della differente velocità angolare degli orologi posti a terra e sul tavolo , che infatti non ho mai sentito chiamare in causa.Oppure perché il suo effetto è relativamente trascurabile.
Per gli stessi motivi immagino non si chiama in causa la differente altezza del razzo.
Chi sa' rispondere.🤨 ?
Rileggendo il post introduttivo di Epicurus ho trovato illuminante l'esempio sui numeri naturali visti come serie crescente o in alternativa insieme infinito , quest'ultimo usato per dare l'idea dell'universo blocco.
Insieme infinito, attuale , come precisa Epicurus.
Cosa che abbiamo digerito da un pezzo con non poca fatica.
Ma se gli cambiamo nome , e lo chiamiamo universo blocco , ricominciano i mal di pancia. O no?😂
L'analogia mi sembra feconda e ognuno può trarre le sue filosofiche conclusioni.
Se la matematica esiste realmente in un mondo a parte, siccome in esso l'infinito attuale ha luogo , allora un universo blocco potra' esserlo , reale , altrettanto.
Per chi pensa invece alla matematica come utile artificio tale considerera' anche l'universo blocco , dove il tempo può essere declassato a quarta dimensione .
Perché no ? Se viene bene.
Possiamo anche dire che la terra gira intorno al sole , se viene bene . E infatti lo diciamo , pur essendo solo un artificio senza corrispondenza alla realtà.
Citazione di: paul11 il 18 Ottobre 2019, 16:37:08 PMIl tempo anche filosofico il contributo principale di Kant al concetto di tempo è nell'Analitica dei principi,nella trattazione della seconda analogica o principio delle serie temporali secondo la legge della causalità.
Ciao
@paul11,Ritengo che questa sia una delle affermazioni più interessanti della filosofia Kantiana. La successione temporale effettivamente sembra essere connessa alla causalità. Non all'
irreversibilità strettamente parlando nel senso che anche per i fenomeni reversibili (ammesso che esistano veramente ;) ) si può comunque stabilire una successione.
Detto questo, però, successione causale e successione temporale pur essendo 'imparentate', non sono la stessa cosa. In primo luogo, è possibile stabilire un ordinamento temporale tra due eventi che non hanno alcun nesso causale. In secondo luogo, forse si può pensare ad una causalità che non contempla la temporalità (o, per lo meno, la storia della filosofia contempla questa possibilità). Per esempio, nel Platonismo, la 'partecipazione' delle Forme nelle 'forme imperfette' del mondo sensibile pare essere qualcosa di simile al nesso causale: le Forme non sono soggette alla temporalità, quindi non possono 'agire' in modo 'dinamico', tuttavia esse sono una condizione necessarie per le 'forme imperfette'. Nella filosofia Kantiana stessa, in realtà, si può trovare un esempio di questo tipo di 'causalità': il mondo fenomenico - il 'mondo come appare a noi' - è condizionato dalle forme e dalle categorie a-priori (ovvero, ci appare in un certo modo per l''intervento' della mente). Chiaramente, Kant
non parlerebbe di 'causalità' in questo caso, ma forse è perché è un concetto ristretto.
Riguardo però, all'esempio della successione temporale di due fenomeni non collegati da un nesso di causa-effetto, è pur vero, però, che entrambi sembrano 'appartenere' alla loro 'catena causale'. Inoltre, senza mutamento sembra non essere possibile definire nemmeno il tempo.
Aggiungo che più difficile però è conciliare la relatività generale con la filosofia kantiana, visto che si basano su geometrie non-euclidee (però, ho letto di interpretazioni della filosofia kantiana che permetterebbero la presenza di tali geometrie)...
Citazione di: paul11 il 18 Ottobre 2019, 16:37:08 PM
Quì Kant opera la riduzione dell'ordine di successione all'ordine causale Einstein non ha innovato il concetto tradizionale di tempo come ordine di successione: ha solo negato che l'ordine di successione fosse unico e assoluto.
Concordo pienamente. In realtà, la successione causale di fenomeni è 'invariante' rispetto ai sistemi di riferimento. In generale, però, due fenomeni non collegati da una relazione causale possono avere una relazione temporale diversa in diversi riferimenti.
Citazione di: iano il 19 Ottobre 2019, 02:51:29 AM
A proposito.....ma come fa' il gemello che "vola sul razzo" a restare più giovane, rispetto a quello che resta "fermo" a terra , se non esiste la velocità assoluta?
Si potrebbe infatti dire parimenti ,essendo là velocità relativa ,che quello che "vola sulla terra" resta più giovane rispetto a quello che resta "fermo" sul razzo.
Questo esperimento è stato fatto più volte e confermato con orologi atomici al posto dei gemelli . Le "lancette" dell'orologio in volo "girano" più lentamente.
Se ciò succede deve esserci una causa , che non può essere però la differente velocità, perché in assoluto differente velocità è espressione priva di senso.
Chiaro è invece il caso degli orologi posti a terra e , in alternativa , sul tavolo , dove la causa del diverso girare delle lancette , la maggiore vicinanza a una massa , ha un senso assoluto.
Immagino inoltre che , nonostante la strabiliante precisione degli orologi atomici , questa non è tale da valutare l'effetto della differente velocità angolare degli orologi posti a terra e sul tavolo , che infatti non ho mai sentito chiamare in causa.Oppure perché il suo effetto è relativamente trascurabile.
Per gli stessi motivi immagino non si chiama in causa la differente altezza del razzo.
Chi sa' rispondere.🤨 ?
Rileggendo il post introduttivo di Epicurus ho trovato illuminante l'esempio sui numeri naturali visti come serie crescente o in alternativa insieme infinito , quest'ultimo usato per dare l'idea dell'universo blocco.
@iano,Sul paradosso dei gemelli, ti consiglio: http://scienzapertutti.infn.it/chiedi-allesperto/tutte-le-risposte/498-9-cosa-e-il-paradosso-dei-gemelli
Riguardo l'idea dell'universo-blocco - ovvero che il divenire sia illusorio - ritengo che nasca da una errata 'reificazione' dello spazio-tempo. Alla base del ragionamento originario di Einstein sulla relatività ristretta, c'è l'idea dell'importanza fondamentale di 'ciò che viene osservato'. La relatività ristretta, in realtà, può essere letta tranquillamente in modo 'operativo', ovvero la teoria ci permette di predire quello che viene osservato nei vari riferimenti. Non è necessario postulare l'esistenza di un 'blocco spaziotemporale' per spiegare la relazione tra le varie osservazioni. Si può certamente affermare che c'è una relazione ma si può considerare il 'blocco' come una utile astrazione (questa lettura della relatività presenta somiglianze con le interpretazioni della meccanica quantistica che non leggono la teoria come descrittiva).
Nella relatività generale, però, le cose si complicano, perché la curvatura dello spazio-tempo viene vista come la spiegazione della gravità. Però, pur riconoscendo questo, ritengo che tale lettura non è necessaria (e anche se fosse, probabilmente non potrà essere più sostenuta quando si riuscirà ad unificare relatività generale e MQ...).
...Ritengo poi interessante quello che afferma il fisico Antony Valentini, sostenitore di una versione della teoria dell''onda pilota' di de Broglie-Bohm (una 'interpretazione' della MQ). Questa teoria permetterebbe in linea di principio l'osservazione di deviazioni dalle predizioni della MQ. La cosa interessante è che se mai venissero osservate, si osserverebbero anche violazioni del limite della velocità della luce come massima velocità dei segnali, il che richiederebbe l'introduzione di una simultaneità assoluta. In pratica, osservazioni di deviazioni dalle predizioni della MQ porterebbero anche a osservazioni di deviazioni dalla relatività :o :D
Ciao Aperion,
grazie per il tuo post sempre puntuale e squisitamente gentile.
Fra Platone e Kant vi sono forti differenze di impostazione filosfiche alla base.
Kant è illuminista e legato alla scientificizzazione della filosofia, per questo inventa gli a-priori e il noumeno, derivando la sua filosofia dagli empiristi.
Il metodo di Platone è squisitamente dialettico deduttivo razionale, per cui segue l'aspetto mentale senza quella paura kantiana di andare oltre il mondo sensibile.
Penso che proprio i tuoi studi sulle fisiche moderne e classiche, ti aiutino mentalmente a capire la meta-fisica.
A me sembra quasi parossistico che la filosofia moderna, soprattutto nel periodo illuministico, abbia seguito la fisica classica quando a fine Ottocento entrerà in crisi con l'unificazione del magnetismo e dell'elettricità grazie a Maxweel e la nascita di matematiche e geometrie moderne.
Si configura una fisica più meta-fisica filosoficamente, per questo oggi c'è una rivisitazione dei classici greci.
Seguendo il filone filosofico Brentano(psicologia empirica) e la fenomenologia di Husserl, che nasce proprio quando si manifesta la crisi delle scienze a cavallo fra ottocento/novecento, Heidegger, di cui ho scritto, immagina il tempo futuro come una forma attualizzabile dell'Essere nell'orizzonte temporale. Non a caso è celebre il suo testo "Essere e tempo".
E' il tentativo di dare un senso all'esistenza dentro l'arco temporale che è più mentale che fisico, è più filosofia che scienza sperimentale, in quanto la mente riesce ad attualizzare i ricordi e il futuro presentifcandolo nell'oggi.
Citazione di: iano il 19 Ottobre 2019, 02:51:29 AM
A proposito.....ma come fa' il gemello che "vola sul razzo" a restare più giovane, rispetto a quello che resta "fermo" a terra , se non esiste la velocità assoluta?
Si potrebbe infatti dire parimenti ,essendo là velocità relativa ,che quello che "vola sulla terra" resta più giovane rispetto a quello che resta "fermo" sul razzo.
Questo esperimento è stato fatto più volte e confermato con orologi atomici al posto dei gemelli . Le "lancette" dell'orologio in volo "girano" più lentamente.
Se ciò succede deve esserci una causa , che non può essere però la differente velocità, perché in assoluto differente velocità è espressione priva di senso.
Chiaro è invece il caso degli orologi posti a terra e , in alternativa , sul tavolo , dove la causa del diverso girare delle lancette , la maggiore vicinanza a una massa , ha un senso assoluto.
Immagino inoltre che , nonostante la strabiliante precisione degli orologi atomici , questa non è tale da valutare l'effetto della differente velocità angolare degli orologi posti a terra e sul tavolo , che infatti non ho mai sentito chiamare in causa.Oppure perché il suo effetto è relativamente trascurabile.
Per gli stessi motivi immagino non si chiama in causa la differente altezza del razzo.
Chi sa' rispondere.🤨 ?
Rileggendo il post introduttivo di Epicurus ho trovato illuminante l'esempio sui numeri naturali visti come serie crescente o in alternativa insieme infinito , quest'ultimo usato per dare l'idea dell'universo blocco.
La domanda potrebbe anche essere: " come fa il gemello che si "muove sulla terra " a restare più giovane rispetto a quello che resta fermo sul razzo?"; e per verificare ciò che accade davvero , dovremmo fermare la terra ( cioè accelerarla fino alla velocità del razzo) , far scendere il gemello dall'astronave terra sul razzo e comparare il suo orologio con quello del fratello..., che cosa scopriremmo? Sarebbe interessante poter svolgere questo esperimento ,... si rileva, infatti ,che l'unica discriminante nel determinare lo scarto spaziotemporale rispetto alla relatività del moto dei due sistemi di riferimento è l'accelerazione( cioè ,decelerazione relativa) che un corpo subisce rispetto all'altro per potersi allineare al reciproco sistema di riferimento.
Citazione di: paul11 il 19 Ottobre 2019, 15:25:15 PMCiao Aperion, grazie per il tuo post sempre puntuale e squisitamente gentile. Fra Platone e Kant vi sono forti differenze di impostazione filosfiche alla base. Kant è illuminista e legato alla scientificizzazione della filosofia, per questo inventa gli a-priori e il noumeno, derivando la sua filosofia dagli empiristi. Il metodo di Platone è squisitamente dialettico deduttivo razionale, per cui segue l'aspetto mentale senza quella paura kantiana di andare oltre il mondo sensibile.
Ciao
@paul11,ti ringrazio e ricambio la stima.
Sì, Kant e Platone hanno due punti di vista molto diversi. Potremmo dire, oltre quanto scrivi tu, che dove Platone vedeva delle realtà, Kant vedeva le forme e le categorie a priori della mente (ovviamente, non c'è una corrispondenza vera e propria tra le forme platoniche e le forme e categorie kantiane...). Ovvero, dove Platone vedeva la
trascendenza, Kant vedeva la trascendentalità. Kant sembra voler affermare che è una speranza vana quella di andare 'oltre' la mente, visto che, in fin dei conti, nella filosofia kantiana è impossibile rispondere alla domanda: 'come è il mondo indipendentemente dalla forma che viene data ad esso dalla nostra mente'? La questione per Kant è indecidibile.
Citazione di: paul11 il 19 Ottobre 2019, 15:25:15 PM
Penso che proprio i tuoi studi sulle fisiche moderne e classiche, ti aiutino mentalmente a capire la meta-fisica. A me sembra quasi parossistico che la filosofia moderna, soprattutto nel periodo illuministico, abbia seguito la fisica classica quando a fine Ottocento entrerà in crisi con l'unificazione del magnetismo e dell'elettricità grazie a Maxweel e la nascita di matematiche e geometrie moderne. Si configura una fisica più meta-fisica filosoficamente, per questo oggi c'è una rivisitazione dei classici greci.
Sì, direi di concordare se intendiamo 'meta-fisica', proprio in senso etimologico (se, invece, intendiamo il termine come sinonimo di 'ontologia', secondo me il discorso può ancora valere, ma diventa troppo restrittivo...). La filosofia dovrebbe aiutare ad inserire la fisica in una 'visione d'insieme' più ampia, altrimenti rimane qualcosa di esclusivamente tecnico e specialistico. Si guarda anche (ma non solo) ai testi classici greci, perché in essi possiamo trovare molte risorse utili a questo progetto di 'inquadrare' la fisica in una visione d'insieme più ampia. E, inversamente, come ben fai notare anche tu, anche la filosofia stessa dovrebbe guardare alla fisica.
Il problema di oggi, secondo me, è l'eccessiva specializzazione. Si finisce per sapere molto di un campo molto ristretto e questo fa perdere di vista l'intero. Utilizzando l'analogia degli alberi e della foresta, si finisce per conoscere molto bene i singoli alberi e poco la foresta.
Citazione di: paul11 il 19 Ottobre 2019, 15:25:15 PM
Seguendo il filone filosofico Brentano(psicologia empirica) e la fenomenologia di Husserl, che nasce proprio quando si manifesta la crisi delle scienze a cavallo fra ottocento/novecento, Heidegger, di cui ho scritto, immagina il tempo futuro come una forma attualizzabile dell'Essere nell'orizzonte temporale. Non a caso è celebre il suo testo "Essere e tempo". E' il tentativo di dare un senso all'esistenza dentro l'arco temporale che è più mentale che fisico, è più filosofia che scienza sperimentale, in quanto la mente riesce ad attualizzare i ricordi e il futuro presentifcandolo nell'oggi.
Purtroppo, non conosco né Heidegger né Brentano (ho provato ad approfondire Heidegger molto tempo fa, ma non riuscivo a capirlo..). Conosco leggermente di più Husserl, ma troppo poco.
Domande mie (perdona la banalità di tali domande...): quindi per Heidegger, possiamo dire che:
(1) il tempo e il divenire sono connessi all'esserci (il soggetto dell'esperienza) e senza di esso non c'è divenire?
(2)ci sono tanti tempi quanti sono gli 'esserci'?
(3) E che passato e futuro hanno la loro realtà nel presente?
*Una risposta affermativa renderebbe di fatto la filosofia di Heidegger molto simile a quella di Kant (il che avrebbe senso visto che, da quel poco che so, Husserl riprese e rielaborò il 'trascendentale' Kantiano...): il tempo è una forma trascendentale della mente.
Ciao Aperion,
in realtà la filosofia antica ebbe prima un approccio direi naturalistico, poi la speculazione della ragione porrà elementi meta-fisici.
Ma c'è un luogo comune culturale e dominante che purtroppo è diventata convenzione, quello di pensare che la meta-fisica giunga all'ontologia senza passare dalla natura ,dalla realtà.
E' un grosso errore perché il percorso razionale è uno e uno solo ed è quello che permette al linguaggio, che si tratti di solo forme o di solo sostanze, di costruire relazioni.
La matematica e la geometria sono scienze con proprie postulazioni, ma sono applicabili al mondo in altre scienze valutandone qualità e quantità.
Per Kant, avendo una visione della filosofia come la scienza galileiana, lo sforzo del trascendentale , è già il solo ammettere che senza degli a-priori e le categorie è impossibile costruire relazioni logiche. Il trascendente è andare dentro il noumeno kantiano, entrare nel dominio dell'Essere, dell'ontologia. Senza quest'ultima è improponibile una morale, ed è quello che infatti la scienza moderna non può fare,se non per vie traverse che la relazionino alla filosfia.
In modo molto succinto, poiché Heideggere è parecchio complesso e persino contorto (c'è un primo e secondo Heidegger, come da letteratura)
1) Sì , con l'Esistenza noi abitiamo il tempo, il nostro tempo.
2) un esserci è ogni persona
3) il senso di attualizzare l'orizzonte temporale è il progetto
E' curioso, ripassando ultimamente Husserl(fenomenologia), come quest'ultimo trovi più in Cartesio che in Kant, la sua fonte di ispirazione.
Heidegger non ama il positivismo e le scienze moderne, non basta come speculazione umana davanti alle grandi domande sul senso della vita. Kant è invece un illuminista, ma ogni filosofo è figlio del suo tempo e quindi è chiamato a rispondere anche ai quesiti culturali coevi a lui.
Per questo non do mai giudizi assoluti su ogni singolo filosfo. Kant vive il tempo in cui le scienze e la tecnica si dispiegano in piena potenza, Husserl vive la crisi delle scienze ; Heidegger discepolo
indisciplinato di Husserl, vive la crisi della potenza della tecnica e di un nichilismo sociale prepotente (l'influenza in lui di Nietzsche è forte).
Trovo che l'ontologia dello spazio e tempo e delle particelle in termini fisici nella relatività e quantistica siano più vicini alla meta-fisica originaria di quanto lo sia stata la fisica classica.
Non è un caso che grandi scienziati abbiano speculato anche di filosofia, poiché il sapere muta la qualità delle domande che ci si pone(perchè il mondo è così, che senso ha tutto questo e io stesso in questo mondo?.....)
Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2019, 14:41:53 PM
Trovo che l'ontologia dello spazio e tempo e delle particelle in termini fisici nella relatività e quantistica siano più vicini alla meta-fisica originaria di quanto lo sia stata la fisica classica.
Non è un caso che grandi scienziati abbiano speculato anche di filosofia, poiché il sapere muta la qualità delle domande che ci si pone(perchè il mondo è così, che senso ha tutto questo e io stesso in questo mondo?.....)
Forse perchè l'Essere che aveva trovato un ultimo riparo ontologico nella scienza è stato sfrattato anche da lì. Ed ha dovuto tornare dalla finestra in quella metafisica da cui era uscito dal portone con gran squilli di trombe. Meritati, perchè ha tolto di mezzo qualche fantasma ormai di troppo, ma illusorie come sono tutte le marce trionfali. Oggi, che scienza e filosofia si trovano a surfare sugli stessi perigliosi mari, la fisica relativista ante litteram Ipazia di Alessandria, si troverebbe proprio a suo agio.
Alimento la discussione con un noto incontro/scontro che avvenne
fra Einstein e Bergson.
Bergson concepiva il tempo come coscienza, per cui la successione precisa dell'attimo dopo attimo era sostituita dalla durata secondo l propria coscienza, irripetibile,adducendo che il tempo della coscienza è quello vero e non la convenzione scientifica di un tempo intellettuale.
In "Durata e simultaneità" del 1922 Bergson spiegava appunto che era impossibile porre il tempo senza una coscienza. Se il tempo dello scienziato è un tempo artefatto, una spazializzazione del tempo del vissuto dal soggetto, allora i diversi tempi della teoria di Einstein sono spiegati come artefatti di uno stesso tempo unico. Perché possano esistere tempi diversi, sembra concludere il ragionamento di Bergson, deve esistere un tempo unico che li contieneequando la relatività asserisce che esistono due tempi, propone solo un'astrazione matematica. In poche parole, il grande errore della relatività non sta nei suoi calcoli, ma nel suo porsi come una teoria generale, nel darsi una valenza metafisica.
Gilles Deleuze scriverà che senza una metafisica, la scienza sarebbe astratta e priva di significato. Per quanto possa apparire paradossale, quella discussione del tempo che era apparsa come uno scontro tra una concezione filosofica e una scientifica, non sarebbe stato altro che un tentativo di evitare proprio tale scontro.
La teoria della relatività ristretta mostra che «un orologio ritarda in proporzione all'aumentare della velocità», cioè che «il tempo scorre più in fretta per un osservatore stazionario rispetto a uno in moto». Dobbiamo quindi abbandonare l'idea «che la simultaneità sia un concetto universale, su cui tutti concordano indipendentemente dallo stato di moto». Come rileva Bergson, il passo dalla teoria ristretta a quella generale è breve (Einstein lo compì nel 1907) se ogni moto è relativo e non c'è un punto di riferimento assoluto né un sistema privilegiato, è evidente che l'osservatore interno a un sistema non avrà alcun modo di sapere se il suo sistema è in moto o in quiete, il suo sistema sarà immobile, appunto per definizione, se egli ne fa il suo "sistema di riferimento" e se vi colloca il suo punto di osservazione .È evidente che la teoria di Einstein incide profondamente sul concetto di simultaneità, relativizzandola
La simultaneità si contrappone, in questo senso, alla durata: simultanei possono essere due istanti del tempo, cristallizzati e quasi astratti dalla durata complessiva del fenomeno in esame. Misurare il tempo significa dunque numerare delle simultaneità .Della durata del fenomeno la teoria non tratta: ma per Bergson è proprio la durata che definisce la "natura del tempo", poiché in sua assenza non sarebbe possibile nemmeno il darsi di istanti. Si tratta di un punto valorizzato anche da Husserl nelle lezioni sulla coscienza interna del tempo: «del fenomeno di decorso noi sappiamo che è una continuità di mutamenti incessanti la quale forma un'unità indivisibile, non divisibile in tratti che possano stare a sé, e non separabile in fasi che possano stare a sé, in punti della continuità. Le porzioni che noi rileviamo per astrazione possono essere solo entro il tutto del decorso e così pure le fasi, i punti della continuità del decorso» L'insistenza sull'importo percettivo e intuitivo è dunque funzionale alla rilevazione di un versante ulteriore rispetto a quello matematicooggettivo: si tratta della dimensione soggettiva e qualitativa dell'esperienza del tempo .
Ciao @
paul11,Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2019, 14:41:53 PMCiao Aperion, in realtà la filosofia antica ebbe prima un approccio direi naturalistico, poi la speculazione della ragione porrà elementi meta-fisici.
Concordo, in parte, con quello che dici. Se per 'meta-fisica' intendiamo lo studio di 'oggetti' al di là del mondo fisico, penso che hai ragione. I primi filosofi greci sembravano interessati, principalmente, a formulare una spiegazione dei fenomeni - anche se, comunque, non mancavano idee 'meta-fisiche' come l'Apeiron di Anassimandro, il Logos di Eraclito e i 'numeri' dei pitagorici e così via. Però, è anche vero che il problema di determinare la 'natura' dei fenomeni fisici è un problema che può essere considerato esso stesso meta-fisico.
Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2019, 14:41:53 PM
Ma c'è un luogo comune culturale e dominante che purtroppo è diventata convenzione, quello di pensare che la meta-fisica giunga all'ontologia senza passare dalla natura ,dalla realtà. E' un grosso errore perché il percorso razionale è uno e uno solo ed è quello che permette al linguaggio, che si tratti di solo forme o di solo sostanze, di costruire relazioni. La matematica e la geometria sono scienze con proprie postulazioni, ma sono applicabili al mondo in altre scienze valutandone qualità e quantità. Per Kant, avendo una visione della filosofia come la scienza galileiana, lo sforzo del trascendentale , è già il solo ammettere che senza degli a-priori e le categorie è impossibile costruire relazioni logiche. Il trascendente è andare dentro il noumeno kantiano, entrare nel dominio dell'Essere, dell'ontologia. Senza quest'ultima è improponibile una morale, ed è quello che infatti la scienza moderna non può fare,se non per vie traverse che la relazionino alla filosfia.
Su questo si potrebbe discutere moltissimo... L'apice del 'razionalismo' - intendo la corrente di pensiero secondo la conoscenza può essere raggiunta con la sola ragione - è avvenuto all'inizio della modernità, prima di Kant. Cartesio, per esempio, ha cercato di superare il problema dello scetticismo con il puro ragionamento, prima cercando di dimostrare l'esistenza di Dio e, poi, asserendo che Dio era garante epistemologico*. Spinoza stesso ha fondato la sua intera filosofia su tale premessa. E così via. Kant tentò di conciliare 'empirismo' - la posizione secondo cui la conoscenza viene solo dall'esperienza (che si era evoluta nello scetticismo di Hume) - e 'razionalismo'. Quello che concluse era che, sì, la ragione poteva darci conoscenza... ma solo se i contenuti dei suoi ragionamenti erano empirici. Allo stesso tempo, però, la conoscenza empirica ci dava solo informazioni sulla 'realtà come ci appare', ovvero 'formata' da intuizioni e categorie trascendentali. Paradossalmente, Kant, nel suo tentativo di 'fondare' la scienza moderna è giunto alla conclusione che tale 'fondamento' lo si poteva dare
rimuovendo la convinzione che la scienza ci riveli la 'realtà così come è', il noumeno.
D'altra parte, come ben fai notare, l'etica stessa, per Kant, è 'nel' noumeno. Quindi, strettamente parlando la scienza non può 'fondare' (almeno da sola - come fai ancora notare...) l'etica.
[En passant, personalmente, sono abbastanza incline a vedere anche l'etica come
trascendentale (un po' come il primo (e forse anche il secondo) Wittgenstein).
...]
*Quest'ultima osservazione - Dio come garante epistemologico - è un pensiero, secondo me, molto profondo, ma l'errore di Cartesio era quello di pensare di aver dimostrato l'esistenza di Dio... se avesse scritto che aveva
fede in Dio come garante epistemologico, sarebbe stato ancora più profondo.
Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2019, 14:41:53 PM
In modo molto succinto, poiché Heideggere è parecchio complesso e persino contorto (c'è un primo e secondo Heidegger, come da letteratura) 1) Sì , con l'Esistenza noi abitiamo il tempo, il nostro tempo. 2) un esserci è ogni persona 3) il senso di attualizzare l'orizzonte temporale è il progetto E' curioso, ripassando ultimamente Husserl(fenomenologia), come quest'ultimo trovi più in Cartesio che in Kant, la sua fonte di ispirazione. Heidegger non ama il positivismo e le scienze moderne, non basta come speculazione umana davanti alle grandi domande sul senso della vita. Kant è invece un illuminista, ma ogni filosofo è figlio del suo tempo e quindi è chiamato a rispondere anche ai quesiti culturali coevi a lui. Per questo non do mai giudizi assoluti su ogni singolo filosfo. Kant vive il tempo in cui le scienze e la tecnica si dispiegano in piena potenza, Husserl vive la crisi delle scienze ; Heidegger discepolo indisciplinato di Husserl, vive la crisi della potenza della tecnica e di un nichilismo sociale prepotente (l'influenza in lui di Nietzsche è forte).
Concordo che è giusto contestualizzare il pensiero dei filosofi...
Comunque, grazie della spiegazione. Sì, sapevo che c'erano due fasi del pensiero di Heidegger. In entrambe Heidegger era molto criptico...quindi, in poche parole, il tempo che esiste - per ogni 'Esserci' - per Heidegger è il momento vissuto. Passato e futuro sono da intendersi sempre in relazione ai singoli Esserci, nella loro individualità. In pratica, da quanto capisco Heidegger voleva concentrarsi sull''individualità' di ogni Esserci...
Trovo anche io molto curioso questo fatto su Husserl. Mi sorprende perché l'idealismo trascendentale di Kant è ciò che è più vicino ad un approccio fenomenologico: in fin dei conti, Kant ci ha detto che possiamo conoscere la realtà come appare... ma è anche vero che Cartesio ha 'inaugurato' la filosofia moderna analizzando la sua esperienza cosciente e, chiedendosi, se da essa poteva esserci conoscenza. Questa enfasi (iniziale) sull'esperienza lo avvicina, in effetti, alla fenomenologia.
Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2019, 14:41:53 PM
Trovo che l'ontologia dello spazio e tempo e delle particelle in termini fisici nella relatività e quantistica siano più vicini alla meta-fisica originaria di quanto lo sia stata la fisica classica. Non è un caso che grandi scienziati abbiano speculato anche di filosofia, poiché il sapere muta la qualità delle domande che ci si pone(perchè il mondo è così, che senso ha tutto questo e io stesso in questo mondo?.....)
Sì e no. Sì, perché la fisica classica dava un'immagine della realtà molto 'vicina' a quella 'quotidiana'. No, perché alcuni vedono la fisica moderna come un indizio che noi possiamo solo conoscere proprietà
relazionali dei fenomeni naturali (ovvero dei fenomeni come appaiono...). Altri, invece, sembrano effettivamente più inclini ad avvicinarsi alla meta-fisica originaria. Altri ancora tentano di ritornare ad una visione 'classica'. Ci sono poi posizioni intermedie :)
Rispondo molto brevemente all'intervento su Einstein e Bergson. Ritengo curioso che la relatività ristretta sembra suggerire una interpretazione 'strumentale' del tempo, ovvero a rendere il tempo dipendente dal riferimento
e sembra non suggerire necessariamente una interpretazione ontologica dello spazio-tempo. Ovviamente, il sistema di riferimento non è un osservatore cosciente (o umano), ma, secondo me, si può notare una certa somiglianza con il tempo di Bergson.
Einstein stesso sembra che si sia convinto della realtà dello spazio-tempo quadridimensionale (ho letto che Popper lo chiamava 'Parmenide' perché Einstein riteneva il flusso del tempo 'illusorio') dalla relatività generale (le prime basi della teoria risalgono come dici tu al 1907 ma ci vollero quasi dieci anni per formulare la teoria nella sua forma completa...).
ciao Aperion,
Dovresti leggerti ad esempio il Parmenide di Platone, un dialogo socratico fra un giovane Socrate e il vecchio Parmenide insieme a Zenone, per capire come la dialettica dei rapporti,relazioni ,delle uguaglianze ,dei confronti ecc. funziona a montare e smontare le tesi e argomentarle dimostrativamente.
Inizia addirittura con il concetto di Uno correlato all'eterno, al divenire, agli enti.
La meta-fisica non è niente affatto correlazione solo fra enti astratti, bensì le relazioni fra dominio naturale mediato dal linguaggio umano e teso a rappresentare un tutt'uno inteso come enti concreti ed enti astratti. Il ragionamento logico razionale è ciò che come strumento linguistico può relazionare diversi domini, così come le geometrie e matematiche ,come enti astratti con tanto di postulati si applicano agli oggetti concreti della realtà sensibile.
Cartesio, Leibniz e Spinoza sono razionalisti nella modernità ( e non per questo significa che non lo fossero prima della modernità, in quanto la logica predicativa e proposizionale e le categorie sono di Aristotele e degli stoici) . La rottura empirista , che viene fatta passare per razionale da una certa cultura moderna strumentalmente, si fida della VISIONE PERCETTIVA SENSIBILE e per questo Hume predicherà l'incausazione dei fenomeni fisici e riterrà che la morale è sentimento, in quanto l'emotività è più importante della ragione.
Ed è qui che arriva Kant se vuole scientificizzare la filosofia, che poi significa piegare la filosofia al fenomeno fisico che non è la fenomenologia dello spirito hegeliano, che non è la fenomenologia husserliana dove oggetto e soggetto sfumano empaticamente nell'intenzionalità.
Il tempo è un a-priori per Kant, se vuol fare filosofia un po' più seria degli empiristi scozzesi.
Deve accettare degli a-priori e le categorie se vuole relazionare concetti anche solo sugli enti fisici e deve accettare dei posteriori se vuol trarre un minimo di conclusioni.
Ma deve a sua volta dividere il soggetto e l'oggetto, scendendo di livello razionale cartesiano fra il cogitans e l'extensa, non superandolo.
Ma Kant ha avuto più fortuna nella corrente culturale modernista, semplicemente perché vincerà non culturalmente ,ma come potenza economico militare la cultura anglosassone, quella dell'altro scozzese Adam Smith, poi del pragmatismo americano e del positivismo .
Quì avviene la scissione fra analitici e continentali che dura da più di un secolo.
Perchè se il VEDERE è la dimostrazione di una tesi, se si scinde il soggetto dall'oggetto, se si inseriscono nel contesto culturale generale e non strettamente filosofico, il soggettivismo della concreata realtà del solo dominio del sensibile, non ha più nulla di fondativo nelle morali, perché ognuno come soggetto è libero di opinare. Per questo hanno esaltato la libertà, per formare l'individualismo dentro il solo dominio umano come metafora della natura.
Il potere dominante seleziona la cultura che lo giustifichi.
Ritornando a Kant il trascendentale è il passaggio dal dominio della natura alla mente umana, non è il trascendente che relaziona il dominio fisico naturale del sensibile con il sopra sensibile: il concreto e l'astratto.
Kant non fonda la scienza moderna che era galileiana e newtoniana, fu l'illuminismo a esaltare la ragione dalle solo prassi,sotto il vento delle scienze sperimentali , semmai cerca e ripeto di rendere come la scienza moderna la filosofia. Ma la ragione rappresenta, media i domini costruendo un modello, che sia scientifico sperimentale, che sia filosofico, una legge fisica è un procedimento linguistico dove numeri e simboli riproducono oggetti fisico naturali.
E' evidente che la cultura moderna non supera affatto quella antica nel metodo filosfico, lo esclude volendo la potenza sulla natura del sensibile, e volutamente dimenticando tutta lameta-fisica del sopra sensibile che era scomoda, niente affatto superata.La dimostrazione è la coscienza in hegel nella fenomenologia dell ospirito.la coscienza diventa il mediatore fra enti in sé e per sé de ldominio naturale ed enti astratti nel dominio del sopra sensibile
Se credo in Dio devo calarlo nel dominio della natura, della propria esistenza, la stessa cosa fanno le ideologie moderne, la stessa cosa fanno le Costituzioni nell'enunciazione dei valori nei primi articoli. Senza paradigma sopra sensibile ,che siano valori morali, o enti a -priori, non esiste una costruzione completa di nessun modello di pensiero. Ognuno di noi, senza essere filosofo, presta fiducia in qualcosa e si apre a costrutti del pensiero che dialetticamente operano nella realtà della vita e daccapo la dialettica delle prassi ridiventano rimodulazione di ciascun modello rappresentativo della realtà che le scienze, le filosofie, e ognuno di noi nel suo piccolo, compie.
La morale è sopra sensibile per necessità, l'etica è dentro le prassi dei comportamenti.
Non sono la stessa cosa. Noi confrontiamo i nostri comportamenti con la nostra coscienza.
Su Heidegger diciamo succintamente che siamo gettati nel mondo e dobbiamo avere un pro-getto se vogliamo dare senso alla vita.
E' normale che il club della cultura dominante non possa disancorare le scienze fuori dal sensibile, dal vedere come dimostrazione. Sono i San Tommaso che devono vedere le piaghe per poter credere.
Deleuze risponde bene allo scontro/incontro fra scienza e filosofia, fra Einstein e Bergson.
Erano personaggi pubblici ,in quanto assai famoso al tempo e del tempo ognuno ha portato le sue considerazioni. Il tempo fisico è una scansione di attimi, il tempo vissuto ha durate diverse perché è vissuto e ogni evento o corre troppo o ci sembra che si fermi.
Hanno ragione entrambi.
Ciao @paul11,Innanzitutto, ti ringrazio della tua risposta molto informativa. Citazione
Dovresti leggerti ad esempio il Parmenide di Platone,...
Sì, hai ragione! Ho letto solo un pezzo del Parmenide, in realtà. In particolare, solo una parte della discussione dell'Uno, che ho trovato brillante. Mostra, tra l'altro, come la filosofia di Platone sia estremamente sottile, molto più di quanto viene spesso presentata. Citazione
La meta-fisica non è niente affatto correlazione solo fra enti astratti, bensì le relazioni fra dominio naturale mediato dal linguaggio umano e teso a rappresentare un tutt'uno inteso come enti concreti ed enti astratti. Il ragionamento logico razionale è ciò che come strumento linguistico può relazionare diversi domini, così come le geometrie e matematiche ,come enti astratti con tanto di postulati si applicano agli oggetti concreti della realtà sensibile.
Infatti, molto spesso ci si dimentica che la 'meta-fisica' è un campo di studi piuttosto ampio, in realtà. La 'fisica' per sua natura è empirica. Ma già quando si cerca di capire, per esempio, quale interpretazione della meccanica quantistica è più corretta, si arriva al confine con la 'meta-fisica'. Perché? perché in realtà ci si chiede veramente cos'è la fisica e qual è il suo fondamento. Perché 'funziona' ecc? E a questo tipo di domande 'fondative' la fisica non può rispondere da sola. La 'meta-fisica' però diventa essa stessa discutibile, diciamo, quando 'pretende' di spiegare la 'natura della realtà'. Si basa su un'assunzione indimostrabile, ovvero, appunto, che tale spiegazione sia possibile. La stessa 'meta-fisica' non sembra essere 'auto-fondatesi'. Personalmente, tendo anche io a non 'sconfinare' troppo dal 'sensibile' (anche per ragioni pragmatiche...). Ma concordo che un po' si dovrebbe farlo.Citazione
La rottura empirista , che viene fatta passare per razionale da una certa cultura moderna strumentalmente, si fida della VISIONE PERCETTIVA SENSIBILE e per questo Hume predicherà l'incausazione dei fenomeni fisici e riterrà che la morale è sentimento, in quanto l'emotività è più importante della ragione.
Secondo me con Hume l'empirismo ha raggiunto storicamente la sua stessa confutazione. Hume ha portato all'estremo il ragionamento empirista, per il quale la conoscenza deriva dalla sola esperienza. Ma così facendo è finito nello scetticismo, perché, appunto, la conoscenza certa non può arrivare dalla sola esperienza. Il celebre esempio di Bertrand Russell del tacchino induttivista mostra il problema: l'esperienza ci permette di fare induzioni, ma queste induzioni sono, a priori, in realtà ipotesi. Wittgenstein arrivò a dire - mi pare nel Tractatus ma non ne sono sicuro - che anche al massimo dall'esperienza possiamo avere solo generalizzazioni accidentali. Ovvero, non possiamo scoprire vere e proprie 'leggi'. L''empirismo' come 'dottrina' che è possibile fondare la conoscenza sulla sola percezione è errata. Riguardo alla dottrina morale di Hume, secondo me sarebbe stato più coerente se avesse semplicemente abbracciato lo scetticismo anche in quell'ambito. Wittgenstein invece, per esempio, nel Tractatus dice esplicitamente che l'etica - come la logica - è trascendentale.Citazione
Ma deve a sua volta dividere il soggetto e l'oggetto, scendendo di livello razionale cartesiano fra il cogitans e l'extensa, non superandolo.
Il Kantismo è, in un certo senso, dualista, non c'è dubbio. C'è un piano trascendentale e un piano fenomenico. Anzi, tecnicamente, è un 'tri-alismo', nel senso che c'è il piano fenomenico, il piano trascendentale e il piano noumenico. Il piano trascendentale è quello che 'serve' per dare una forma intelligibile a quello fenomenico e il noumenico è quello che spiega la presenza di apparenze. Il problema di Kant è che non è chiaro su come si debba intendere il piano dell'io, ovvero il trascendentale. Chiaramente, se si 'reifica' 'il trascendentale, ovvero renderlo una 'res', per così dire, allora senza dubbio si torna ad un dualismo ontologico cartesiano. Per 'evitare' ogni forma di dualismo, si dovrebbe evitare di 'reificare' sia il noumeno che il trascendentale. Se, invece, lo si fa, secondo me l'idealismo trascendentale diventa una forma 'sottile' di realismo indiretto. Ma se non si 'reifica' nulla, come possiamo spiegare la presenza della nostra stessa esperienza ecc? (deliberatamente non do una risposta) La fenomenologia sembra semplicemente descrivere l'esperienza, senza prendere posizione sulla 'realtà' o meno dei due piani (e senza dare una priorità ad uno dei due...). Se si vuole dare una interpretazione ontologica, si deve accettare una qualche forma di 'dualismo mente-materia', secondo me.Citazione
il soggettivismo della concreata realtà del solo dominio del sensibile, non ha più nulla di fondativo nelle morali, perché ognuno come soggetto è libero di opinare. Per questo hanno esaltato la libertà, per formare l'individualismo dentro il solo dominio umano come metafora della natura.
Sì, direi che l'individualismo si può spiegare con questa evoluzione del pensiero che hai tracciato.Citazione
Ritornando a Kant il trascendentale è il passaggio dal dominio della natura alla mente umana, non è il trascendente che relaziona il dominio fisico naturale del sensibile con il sopra sensibile: il concreto e l'astratto.
Kant non fonda la scienza moderna che era galileiana e newtoniana, fu l'illuminismo a esaltare la ragione dalle solo prassi,sotto il vento delle scienze sperimentali , semmai cerca e ripeto di rendere come la scienza moderna la filosofia.
Punto molto interessante, ci devo riflettere!Citazione
Ognuno di noi, senza essere filosofo, presta fiducia in qualcosa e si apre a costrutti del pensiero che dialetticamente operano nella realtà della vita e daccapo la dialettica delle prassi ridiventano rimodulazione di ciascun modello rappresentativo della realtà che le scienze, le filosofie, e ognuno di noi nel suo piccolo, compie.
Concordo, specie nella prassi!Citazione
La morale è sopra sensibile per necessità, l'etica è dentro le prassi dei comportamenti.
Non sono la stessa cosa. Noi confrontiamo i nostri comportamenti con la nostra coscienza.
Concordo, anche se per 'morale' sono più incline ad intendere lo studio delle regole normative (che possono anche essere puramente contratti sociali) o l'insieme delle norme stesse, mentre per 'etica' intenderei lo studio dei giudizi di valore, di ciò che è 'giusto'/'ingiusto' ecc o i giudizi di valore stessi ecc. In pratica, ritengo di usare le due parole in modo contrario al tuo.Secondo me il fatto che, come ben dic tu, non sono la stessa cosa è qualcosa che difficilmente viene preso seriamente, oggi. Ed è un punto molto importante. Non ci può essere un fondamento dell'etica (per come la intendo io ;) ) nella sola 'esperienza'. In realtà, ci sarebbe da precisare un po' e da spiegare meglio ma si divagherebbe troppo.Citazione
Su Heidegger diciamo succintamente che siamo gettati nel mondo e dobbiamo avere un pro-getto se vogliamo dare senso alla vita.
Ok, capito! Grazie!Citazione
E' normale che il club della cultura dominante non possa disancorare le scienze fuori dal sensibile, dal vedere come dimostrazione. Sono i San Tommaso che devono vedere le piaghe per poter credere.
Considerando poi, tra l'altro, che l'empirismo portato all'estremo (o meglio, portato alla sua inevitabile conseguenza) sfocia nello scetticismo, tale 'ancoramento' in realtà non è così saldo (nel senso se poi non ci si fida più di quello che si vede...)...
Adesso passo ad Einstein e Bergson.Citazione
Il tempo fisico è una scansione di attimi, il tempo vissuto ha durate diverse perché è vissuto e ogni evento o corre troppo o ci sembra che si fermi.
Hanno ragione entrambi.
Secondo me, il tempo è intrinsecamente legato al mutamento. Dove c'è mutamento, c'è tempo. In assenza di mutamento, non c'è tempo. Il tempo non è 'qualcosa' dentro cui si succedono i fenomeni (al massimo, questo è un costrutto concettuale che facciamo noi...). Da quello che mi ricordo, però, il tempo 'fisico' del 'secondo' Einstein è qualcosa di un po' diverso. Secondo lui, a quanto pare, il mutamento era puramente illusorio. Nel mondo fisico non c'è 'veramente' mutamento ('universo a blocco'). Erroneamente noi riteniamo che ci sia mutamento perché siamo ingannati dall'illusorio tempo vissuto. Personalmente, ritengo, invece, che il mutamento non sia né illusorio né solamente qualcosa che riguarda esclusivamente la mente. C'è un mutamento reale anche nel mondo fisico. Quindi, concordo che ci sono entrambi i 'tempi'.
ciao Aperion,
Platone dalla modernità viene screditato volutamente,costruendo ad arte luoghi comuni, in modo tale che pochi lo leggano e studiano.
La meta-fisica è auto fondante nella misura in cui riesce a relazionare i tre domini: universo, natura, uomo, che il resto della filosofia e correnti culturali dimentica.
E la vera filosofia è ricordare che non si possono costruire parziali forme accentuando o particolari domini o particolari tematiche dimenticando altre tematiche e altri domini.
Sul trascendentale ontologico hai ragione. E sono nati assurdi nelle correnti della filosofia analitica.
Quando Frege pone le sue tre tesi :definizione del significato in termini di verità; composizionalità delle lingua; carattere non psicologico del significato , in realtà temeva che la psicanalisi allora galoppante ,in realtà era nata dall'empirismo psicologico di Brentano fra i cui discepoli vi erano un certo Husserl e un certo Freud.
La filosofia della mente attuale che riunisce neurobiologia e congnitivismo è il tentativo di costruire un piano ontologico in cui il soggetto mente costruisce i linguaggi relazionati, la conoscenza, il sapere,grazie al cervello umano analogico con il mondo.
L'assurdo è che se ontologicamente ad una certa scienza e ad una certa filosofia, mancando una realtà ontologica fondamentale come la mente, che è l'agente conoscitivo, come possiamo costruire linguaggi come affermazione di ver oe falso, mancando l'ontologia appunto del soggetto?
E' lo stesso paradosso per cui si pensa che veniamo dal nulla per tornare nel nulla, ma in mezzo c'è la vita, c'è il linguaggio. Queste filosofie ci dicono degli strumenti relazionati, ma non delle ontologie del soggetto e nemmno dell'oggetto e in quanto tale falliscono.
Il fare esperienza, il piano pratico così esaltato dalla modernità , manca di quello stesso senso che Frege vuol invece trovare nel piano delle relazioni con il linguaggio. E' come dire, studio la Luna per definire la Terra.
Husserl ha un merito -come d'altronde Kant seppur sbagliando impostazione, vale a dire cercare di scientificizzare la filosofia- quello di riunire il soggetto e l'oggetto come vissuto pur sapendo che sono distinti. Io vivo la realtà. l'agente conoscitivo è sia passivo che attivo allo stesso tempo.
Rientra il piano psicologico per alcuni versi, ma daccapo ,o trascende o se rimane al trascendentale deve ontologizzare la psicologia ,il che significa dichiararla, definirla. E la psicanalisi è morta adducendovi come causa l'indimostrabilità... e siamo daccapo sul piano di come si intenda verità dalla modernità.
La morale è necessaria per orientare i comportamenti che sono etici. Morale ed etica non sono la stessa cosa. La morale è il faro, il parametro per cui noi stessi giudichiamo i comportamenti nostri e altrui. Se la morale diventa individuale e non accettata come comunità accade quello che sta accadendo al giorno d'oggi. Ognuno auto giustifica i propri comportamenti e la giustizia sanzionatoria dello stato semplicemente regola i rapporti reali sotto l'incudine della sanzione, poiché agisce armandosi come prepotente verso l'individuo disarmato. E' quindi un rapporto solo di forza oggi lo Stato e molto poco morale. Per questo ogni Stato ha necessità di conformarsi alla propria tradizione, per avere non solo forza fisica militare brutale. Ma questa è mimesi di un dispositivo culturale che invece originariamente disarmava i singoli individui costruendo la pace nella comunità. Oggi la paura e il timore è la sanzione della norma, l'uscire dalla disciplina dell'ordine e delle regole, poiché lo Stato che è ente astratto filosoficamente agisce con le cattive.
E' caduta la remora antica della morale che non era nell'uomo ,era l'armonia profonda fra i domini dell'universo e della natura che ovevano riflettersi nelle comunità umane. Qualunque tradizione umana in qualunque latitudine regge secondo questa regola, poiché dichiara il limite morale di rispetto oltre il quale il comportamento è contro natura.
La potenza umana della tecnica ha svincolato anche il rapporto uomo-natura, seppur esaltando le regole naturali, perché l'uomo manipola e trasforma a suo particolare e parziale utilità e funzionalità la natura stessa .In realtà l'uomo combatte dalla modernità la natura, poiché la natura gli grida : morirai! Le culture non contaminate dal tramonto dell'occidente, reggono come comunità poiché la regola morale e sopra le volontà dei singoli umani ed è la linea invalicabile del rispetto di un ordine, di una regola non scritta ed esercitabile dall'uomo che invece noi come occidente abbiamo frantumato tenendo però gli etimi : ordinamento, norma, legge.
Ben conoscerai la teoria cosmologica del big bang.
Ben conoscerai le teorie delle particelle sub atomiche
La scienza fisica attuale sta alla meta-fisica nel momento in cui il piano concettuale fuoriesce dai sensi come parametro di verità. Sono scienze contro intuitive e puramente concettuali dove la mente e la cultura relegata ai sensi fallisce ed è di ostacolo (c'è per questo timore delle future intelligenze artificiali che non avranno questi limiti sensibili)
La cosmologia dichiara un tempo zero in cui tutta l'energia espressa dall'universo era dentro una capocchia dispillo. Il tempo 1,2,3.......... è l'apparire delle forze:atomica debole e forte, gravitazionale elettromagnetica che rimodellando l'energia stessa la trasformano anche in materia(che alla fine è una forma di energia).Miliardesimi di secondo che spostando l'energia dal punto zero nel tempo zero si espandono fisicamente ....come un grande respiro.
E se dicessi che quel tempo zero è l'archè meta-fisico? La cosmologia delle scienze moderne non può rispondere chi, cosa ,come e perché c'è stato un tempo zero in un luogo zero.
Quel tempo è un eterno, prima che apparissero gli elementi, le forze, ed è dimostrabile solo dalla ragione e non volerlo dimostrare, perché occhi non vedono e cuore non duole, significa che quella capocchia di spillo viene dal nulla e nulla sarebbe il significato allora dell'intero universo, compreso l'uomo.
«L'arché dunque non solo è ciò che vi è di identico nelle cose diverse, e non solo è la dimensione da cui esse provengono e in cui esse ritornano, ma è anche la forza che determina il divenire del mondo, ossia è il "principio" che, governando il mondo, lo produce e lo fa tornare a sé» (La filosofia dai Greci al nostro tempo,di Emanuele Severino I vol., pag. 34, BUR, Milano 2004).
Ciao
@paul11,chiedo scusa del ritardo nella risposta...Ti ringrazio per le tue considerazioni. Commenterò, però, soltanto la parte 'fisica' del tuo post.
Citazione di: paul11 il 28 Ottobre 2019, 15:18:41 PM
La scienza fisica attuale sta alla meta-fisica nel momento in cui il piano concettuale fuoriesce dai sensi come parametro di verità. Sono scienze contro intuitive e puramente concettuali dove la mente e la cultura relegata ai sensi fallisce ed è di ostacolo (c'è per questo timore delle future intelligenze artificiali che non avranno questi limiti sensibili)
Qui 'tocchi' un punto molto interessante. Il fatto che la 'contro-intuitività' delle teorie fisiche si manifesti quando si indaga a scale 'remote' rispetto a noi (es. nel mondo microscopico, ad altissime velocità ecc), in effetti, può essere un segnale che la nostra capacità di costruire una 'immagine' della realtà è limitata. Bohr, per esempio, insisteva che
ogni descrizione dei fenomeni fisici doveva essere fatta utilizzando
concetti classici, ovvero concetti che si basano, in ultima analisi, sulla nostra esperienza. Per come la vedo io, la sua interpretazione è, di fatto, una dichiarazione della limitatezza della scienza. Infatti, per Bohr, non è possibile costruire una 'descrizione classica' del mondo quantistico, il quale rimane inaccessibile. Per certi versi, si possono effettivamente leggere le interpretazioni della meccanica quantistica - ma anche della relatività - come 'meta-fisica'.
Curiosamente, però, ogni tanto queste teorie 'meta-fisiche' si prestano a test sperimentali. Penso al caso straordinario delle disuguaglianze di Bell, la cui violazione verificata sperimentalmente (se si accettano ragionevoli assunzioni), ci dice che una descrizione puramente 'classica' del mondo quantistico è impossibile. Anche se insistiamo dando una lettura 'realista' alla MQ, dobbiamo accettare una qualche forma di non-località e non-separazione che contrastano l'assunzione per cui è sempre possibile 'scomporre' i sistemi fisici in parti, uno sguardo puramente 'analitico'/'riduzionista' del mondo.
Secondo me gli esperimenti della violazione delle disuguaglianze di Bell rendono il confine tra 'fisica' e 'meta-fisica' molto ambiguo.
Citazione di: paul11 il 28 Ottobre 2019, 15:18:41 PM
La cosmologia dichiara un tempo zero in cui tutta l'energia espressa dall'universo era dentro una capocchia dispillo.
Più precisamente, la 'singolarità' significa che la
densità di energia è infinita. Non necessariamente che l'estensione dell'universo era puntiforme...
Citazione di: paul11 il 28 Ottobre 2019, 15:18:41 PM
Il tempo 1,2,3.......... è l'apparire delle forze:atomica debole e forte, gravitazionale elettromagnetica che rimodellando l'energia stessa la trasformano anche in materia(che alla fine è una forma di energia).Miliardesimi di secondo che spostando l'energia dal punto zero nel tempo zero si espandono fisicamente ....come un grande respiro.
Sì, quando dicevo che tempo e mutamento sono per me estremamente legati, è perché ritengo che non ci sia davvero un modo per distinguerli. La successione del tempo fisico perciò potrebbe essere compresa come la successione dei mutamenti avvenuti. Il 'tempo' come dimensione 'nella quale' avvengono gli eventi sembra una sorta di 'errata reificazione'.
Credo che nel 1961 David Bohm ci avesse visto giusto, quando in una discussione sui fondamenti della fisica disse (link:
http://dbohm.com/david-bohm-quanta-and-reality.html):
CitazioneI want to propose another idea of space and time, the topological idea. By this I mean the study of the non-quantitative aspects of relationships in space (and, of course, in time also). For example, 'inside', 'outside', 'before', 'after', 'between', 'connected' and so on. I might mention one typical idea: How do we actually locate something in space? If we wanted to locate a glass on a table, do we give its latitude and longitude, for example, which is what the Cartesian notion would be? Obviously not. What we do is to say it is on the table, which is in the room which is in the building on the street in this city, and so on. This is a series of topological relations of being within or upon. Now, we get a whole series of such relations and that is how in common experience we locate something.
Traduzione:
Vorrei proporre un'altra idea di spazio e tempo, l'idea topologica. Con questo intendo lo studio degli aspetti non-quantitativi delle relazioni nello spazio (e, ovviamente, anche nel tempo). Per esempio, 'dentro', 'fuori', 'prima', 'dopo', 'in mezzo', 'connesso' e così via. Potrei menzionare un'idea tipica: come, di fatto, individuiamo qualcosa nello spazio? Se volessimo individuare un bicchiere su un tavolo, diamo la sua latitudine, per esempio, che è ciò che sarebbe la nozione Cartesiana? Ovviamente no. Ma quello che diciamo è che è sul tavolo, che è in una stanza che è in un edificio sulla strada in questa città, e così via. Questa è una serie di relazioni di essere dentro o sopra. Ora, otteniamo una intera serie di tali relazione e ciò è come nell'esperienza comune individuiamo qualcosa.
Parla principalmente delle relazioni spaziali. Ma il discorso come fa notare anche lui si estende naturalmente anche al tempo.
Citazione di: paul11 il 28 Ottobre 2019, 15:18:41 PM
E se dicessi che quel tempo zero è l'archè meta-fisico? La cosmologia delle scienze moderne non può rispondere chi, cosa ,come e perché c'è stato un tempo zero in un luogo zero. Quel tempo è un eterno, prima che apparissero gli elementi, le forze, ed è dimostrabile solo dalla ragione e non volerlo dimostrare, perché occhi non vedono e cuore non duole, significa che quella capocchia di spillo viene dal nulla e nulla sarebbe il significato allora dell'intero universo, compreso l'uomo. «L'arché dunque non solo è ciò che vi è di identico nelle cose diverse, e non solo è la dimensione da cui esse provengono e in cui esse ritornano, ma è anche la forza che determina il divenire del mondo, ossia è il "principio" che, governando il mondo, lo produce e lo fa tornare a sé» (La filosofia dai Greci al nostro tempo,di Emanuele Severino I vol., pag. 34, BUR, Milano 2004).
Personalmente, credo che ogni spiegazione che possiamo dare sull''inizio' ha alcune difficoltà. Quella che sembri proporre tu, ovvero che il tempo (il mutamento) ha un aspetto molto contro-intuitivo. Non si riesce a dare alcuna spiegazione al
primo evento. Dicevamo, poco tempo fa, che casualità e temporalità sono connesse. Bene, qual è la causa di tale primo evento? Non può essere qualcosa che diviene. Se fosse qualcosa che diviene, contraddirebbe la nostra assunzione che l'evento considerato è il
primo. Ma ci possono essere cause che non divengono, cause a-temporali?
Alcuni fisici hanno addirittura considerato l'idea che il 'primo evento' insorge dal 'Nulla'. Chiaramente, è una contraddizione. Anche, perché, 'fluttuazioni quantistiche' che, in questi modelli sono ritenute responsabili del 'primo evento', non avvengono nel Nulla...
Una terza alternativa è che, in realtà,
non vi sia un 'primo evento'. Regressione infinita. Ma anch'essa ha difficoltà. Non ci sono evidenze sperimentali accettate, per esempio, in supporto di questa idea (a parte, forse, alcune che il grande cosmologo Roger Penrose pensa di aver notato come supporto alla sua teoria della Cosmologia Ciclica Conforme...ma tali evidenze sono controverse). L'idea stessa della regressione infinita però presenta difficoltà. Pensare, ad esempio, che prima di noi ci sono stati
infiniti eventi fa riflettere su come si è arrivati fin qui.
Personalmente, ritengo che, almeno allo stato attuale, l''inizio' costituisca un'antinomia del nostro pensiero. O, meglio, un limite... :)
Citazione di: Apeiron il 01 Novembre 2019, 23:07:21 PM
Personalmente, ritengo che, almeno allo stato attuale, l''inizio' costituisca un'antinomia del nostro pensiero. O, meglio, un limite... :)
Concordo assolutamente e ne deduco che ancorare la questione etico/morale a ciò che oltrepassa quel limite non può che sfociare nell'irrazionalismo. Archè, fisici e metafisici, se ne trovano anche senza forzare aprioristicamente quel limite. Archè razionalmente sostenibili. Ad esempio fondati sulla realistica presa d'atto del
tempo antropologico. Individuale e collettivo.
ciao Aperion,
Per me è evidente un origine di tutto, è il fisico che si sposta la livello superiore meta-fisico.
Perchè questo universo ha determinate regole? Potremmo pensare ad altri universi con altre regole?
L'origine detta le regole e le condizioni affinché vi siano le relazioni, senza tutto questo non ci potrebbe essere regolarità conoscibile:sarebbe davvero caos del tutto indeterminato.
Se il divenire è il piano in cui la causalità si mostra, non può esserlo l'origine, deve per forza essere incausato. Cosa direbbe Bohm topologicamente e non con le coordinate cartesiane: prima ,del prima, del prima.......
La regressione infinita, verso il basso e l'alto, verso l'infinito più piccolo e l'infinito più grande ,riguarda un processo, un procedimento che culturalmente l'uomo ha scelto e ha portato a risultati, ma non più nella meccanica quantistica. La stessa cosa si pone sull'origine dell'universo.
Bohm lo dice nel dialogo. Una certa matematica, una certa visione fisico-naturale, ha fatto progressi conoscitivi in questi ambiti, ma non aiutano più, anzi diventano pesi e condizionamenti.
La mia impressione è che siamo in un periodo storico umano conoscitivo di forte transizione, perché gli strumenti conoscitivi finora conseguiti hanno fatto il loro tempo.
Oggi siamo in crisi su tutto.
Ad esempio, la filosofia analitica del linguaggio è dovuta da Frege, Russell, Wittgenstein arrivare alla filosofia della mente attuale. Per il semplice motivo che il processo fra cervello e mente, fra stato empirico e stato mentale non sono la stessa cosa, per cui entra in crisi il significato della parola che nasce dal mentale o nasce dalle cose fisiche? Il mondo si dà e mi dice.... Ma è la mente che dà il nome, denotazione, simboli e segni.
Sono allora gli esperimenti dell'elettrone sulle due fessure che aprono il paradosso fisico, perché non è il comportamento della causa effetto degli stessi procedimenti classici che avevano portato a conoscenze conseguite.
La nostra conoscenza costruisce categorie ,classificazioni, tassonomie, in qualunque campo.
Per costruirle ci vogliono parametri. Per gli animali sarà al dentizione, la colonna verterbrale,ecc: per i vegetali saranno i gameti, i fiori, l'apparato vascolare,ecc.
A seconda dei parametri che sono soggettivi umani pur dentro l'oggettività osservata, sempre un arbitrio è, noi decidiamo come parametrizzare l'universo con bosoni e fermioni, ecc.
Nessuna classificazione sarebbe possibile dall'alto al basso e viceversa se in origine l'energia non avesse avuto al propri interno anche le regole e le condizioni per potere essere modellata, per divenire nel tempo e nello spazio
Il problema non è la regressione, ma perché ontologicamente già in origine esiste energia e forze interagenti: o meglio questa energia e quelle forze dal punto di vista fisico.
Il processo, procedimento, protocollo, è uno standard attribuito quando una conoscenza funziona. Ma funziona fino a quando la stessa mente umana, non incontra conoscenze nuove che contrastano con lo steso procedimento. Quì necessita il salto delle procedure.
E l'origine è in parte procedura, poiché è in relazione con energia ,regole e condizioni, ma allo stesso tempo è ontologia necessariamente ed è quest'ultimo il problema fisico, ma non meta-fisico
poiché incausato.
In fondo è lo stesso problema sul tempo fra Einstein e Bergson: l'uno vede lo stato empirico e l'altro lo stato mentale,ma entrambi essendo umani riconoscono le ragioni dell'altro
Ciao @paul11, Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
Per me è evidente un origine di tutto, è il fisico che si sposta la livello superiore meta-fisico.
Perchè questo universo ha determinate regole? Potremmo pensare ad altri universi con altre regole?
L'origine detta le regole e le condizioni affinché vi siano le relazioni, senza tutto questo non ci potrebbe essere regolarità conoscibile:sarebbe davvero caos del tutto indeterminato.
Concordo con te si potrebbe spiegare l'ordine che vediamo nell'universo tramite un'origine. Per esempio, io sono affascinato dal platonismo e dal 'concettualismo' che vede gli universali - in particolare la matematica - come concetti nella Mente Divina (ci sono vari fisici e matematici che sono affascinati da queste prospettive...). Ci si potrebbe chiedere se tale Mente Divina è totalmente immutabile o se vi è in tale Mente una 'parte' che diviene.Però, secondo me, anche lo scenario della regressione infinita non è incompatibile con la presenza di regole. Forse, non si riuscirebbe a dare una 'giustificazione' a questo ordine. Ma questo non implica necessariamente che sarebbe un caso completo. Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
Se il divenire è il piano in cui la causalità si mostra, non può esserlo l'origine, deve per forza essere incausato. Cosa direbbe Bohm topologicamente e non con le coordinate cartesiane: prima ,del prima, del prima.......
Beh, io concordo che tale origine dovrebbe essere 'qualcosa' di incausato. Quello che non comprendo, però, è come qualcosa di incausato e immutabile possa essere una causa. Personalmente, non credo che la ragione umana possa davvero dare una spiegazione intelligibile di ciò. Questo non significa che sia falso, ma semplicemente che si forma una antinomia, un limite. Potrebbe anche essere vero. Si potrebbe pensare che questo origine abbia una 'parte' che diviene. Ma anche in questo caso, non si capirebbe perché solo in un preciso momento sia avvenuta la produzione (o la creazione...) del cosmo. Di nuovo, il fatto che questo tipo di questioni produca antinomie non le rende irrilevanti, false ecc.Personalmente, comunque, non sono contrario all'esistenza di 'qualcosa' di immutabile, di incausato, di verità permanenti ecc. Anzi. Come penso di aver fatto capire nei miei interventi sul forum. Quello che non comprendo è come 'qualcosa' di immutabile possa essere una causa. Riguardo a Bohm, ritengo che lui direbbe che la 'Causa Prima' precederebbe tutto, senza che ad essa si possa applicare la proprietà di essere 'effetto di...'. Viceversa, se ci fosse regressione infinita, non vedo come ciò possa configgere con la prospettiva 'topologica'. (En passant, solo per dire quanto può essere vario il 'panorama' delle 'visioni del mondo' offerte dai filosofi, non molto tempo fa ho scoperto che per Aristotele il 'Primo Motore Immobile' - ovvero il 'Dio aristotelico' - era visto come Causa Finale di tutto e, inoltre, che aveva accettato la regressione infinita. Effettivamente, nella concezione Aristotelica di Dio, questa prospettiva è coerente, visto che essendo Dio 'Atto Puro' che per lui significava 'Pensiero che pensa se stesso' sembra escludere la possibilità che possa 'produrre' qualcos'altro come 'causa efficiente'. Al massimo, si può dire che possa 'produrre' qualcosa se altri enti 'tendono' a Dio, ovvero come 'causa finale'. Questo per dire, che nella storia del pensiero, si è anche formata l'idea di una Mente Divina e una regressione infinita.) Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
La regressione infinita, verso il basso e l'alto, verso l'infinito più piccolo e l'infinito più grande ,riguarda un processo, un procedimento che culturalmente l'uomo ha scelto e ha portato a risultati, ma non più nella meccanica quantistica. La stessa cosa si pone sull'origine dell'universo.
Bohm lo dice nel dialogo. Una certa matematica, una certa visione fisico-naturale, ha fatto progressi conoscitivi in questi ambiti, ma non aiutano più, anzi diventano pesi e condizionamenti.
Beh, sulla seconda parte concordo pienamente. Riguardo alla prima, può darsi che ci sia, come dici tu, un modo per 'oltrepassare' il 'limite'. Ma, per ora, non riesco a trovare soluzioni pienamente soddisfacenti a tale problema. Questo non significa che non ci dobbiamo domandare e non possiamo teorizzare su di ciò, ma forse non è qualcosa che può essere 'risolto' con la sola ragione...Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
La mia impressione è che siamo in un periodo storico umano conoscitivo di forte transizione, perché gli strumenti conoscitivi finora conseguiti hanno fatto il loro tempo.
Oggi siamo in crisi su tutto.
Sì, ho anche io questa impressione...Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
...
Il mondo si dà e mi dice.... Ma è la mente che dà il nome, denotazione, simboli e segni.
...
Sì, è difficile separare quello che è puramente 'del mondo' da ciò che ci aggiunge la mente...Ritengo anche io che comprendere la mente sia essenziale ;) Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
...
Nessuna classificazione sarebbe possibile dall'alto al basso e viceversa se in origine l'energia non avesse avuto al propri interno anche le regole e le condizioni per potere essere modellata, per divenire nel tempo e nello spazio
...
Personalmente, ritengo che l'idea di Bohm (e altri, specialmente in tempi recenti. Idee simili si trovano anche in Rovelli, ad esempio...) sia un buon modo per dire fare a meno dell'idea che ci sia uno 'spazio' e un 'tempo' dove i fenomeni si localizzano e avvengono. Le relazioni spaziali e temporali si originano dalla presenza di più fenomeni. Quindi, la sola presenza di più fenomeni potrebbe spiegare le relazioni spaziali e temporali. Non ci sarebbe bisogno di trovare qualcosa di intrinseco al singolo fenomeno per spiegare tali relazioni. Ma sono compatibili con una pluralità di essi.Ovviamente, in questa formulazione è un'idea vaga. Ma interessante. Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
Il processo, procedimento, protocollo, è uno standard attribuito quando una conoscenza funziona. Ma funziona fino a quando la stessa mente umana, non incontra conoscenze nuove che contrastano con lo steso procedimento. Quì necessita il salto delle procedure.
E l'origine è in parte procedura, poiché è in relazione con energia ,regole e condizioni, ma allo stesso tempo è ontologia necessariamente ed è quest'ultimo il problema fisico, ma non meta-fisico
poiché incausato.
Qui sulla prima parte concordo. Sulla parte dell'origine non sono sicuro di capire. Se intendi che l'origine è sia un problema fisico che meta-fisico, concordo. Questo potrebbe essere un altro elemento che ci suggerisce che la fisica da sola non si 'auto-fonda'. Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
In fondo è lo stesso problema sul tempo fra Einstein e Bergson: l'uno vede lo stato empirico e l'altro lo stato mentale,ma entrambi essendo umani riconoscono le ragioni dell'altro
A meno che non si ritenga il divenire illusorio, ritengo che siamo abbastanza 'obbligati' ad accettare entrambi i tempi. Direi poi che anche il 'tempo mentale', comunque, può essere considerato 'empirico', visto che ne facciamo esperienza diretta, ma ovviamente non è 'empirico' allo stesso modo di quello fisico :) Citazione di: Ipazia il 02 Novembre 2019, 09:47:01 AMCitazione di: Apeiron il 01 Novembre 2019, 23:07:21 PMPersonalmente, ritengo che, almeno allo stato attuale, l''inizio' costituisca un'antinomia del nostro pensiero. O, meglio, un limite... :)
Concordo assolutamente e ne deduco che ancorare la questione etico/morale a ciò che oltrepassa quel limite non può che sfociare nell'irrazionalismo. Archè, fisici e metafisici, se ne trovano anche senza forzare aprioristicamente quel limite. Archè razionalmente sostenibili. Ad esempio fondati sulla realistica presa d'atto del tempo antropologico. Individuale e collettivo.
Ciao @Ipazia,Personalmente, invece, ritengo che difficilmente si può fondare l'etica sulla conoscenza empirica. D'altra parte concordo che la 'base' dell'etica è la mente e, quindi, l'uomo (sull'origine dell'etica si può discutere...ma l'origine non è la 'base') :) La sola conoscenza empirica non riesce a dare, a mio giudizio, quel carattere 'deontologico' che è necessario per l'etica, come ho già affermato in altre discussioni (nelle quali ci siamo trovati in disaccordo, anche molto forte ;D ).Personalmente, ritengo che la questione dell'etica sia molto complicata. Ritengo che la 'base' dell'etica sia la mente, nel senso che essa si basa, diciamo, sulla 'struttura' della mente e che tale 'struttura' sia in parte invariante. E proprio su tali invarianze si 'fonda' l'etica. Semmai, il 'trascendente' può entrare in un secondo momento, se esso è diciamo 'richiesto' dalla struttura della mente (se si arrivasse alla conclusione, ad esempio, che la mente tende 'naturalmente' al trascendente e tenderebbe a fondare 'naturalmente' l'etica in esso...). Concordo che il 'punto di partenza' per una seria investigazione dell'etica deve essere l'uomo. Si deve studiare a fondo l'uomo. Da questo studio, si arriverà probabilmente a qualche conclusione...Sono contento che concordiamo sulla parte dell'antinomia dell'origine :)
Salve. Con l'incausazione mi sembra proprio che non ci siamo. Essa prevederebbe - quale origine dell'essere - l'inesistenza delle cause dell'essere, perciò il nulla considerato come origine dell'essere.
Ma perchè non la smettiamo di sbatterci gli attributi con 'ste storie del nulla, degli effetti privi di cause, del mai, e di tutti 'sti concetti di genere negazionistico che vorrebbero ostinatamente affermare la scoperta dell'acqua calda, cioè l'assenza di ciò che non può essere ?
Basta Lavoisier con il suo "Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma" per mostrarci la nudità del nulla ed affermare l'eterna universalità del divenire, no ?. Saluti.
Citazione di: Apeiron il 03 Novembre 2019, 12:21:57 PM
Ciao @Ipazia
Personalmente, invece, ritengo che difficilmente si può fondare l'etica sulla conoscenza empirica. D'altra parte concordo che la 'base' dell'etica è la mente e, quindi, l'uomo (sull'origine dell'etica si può discutere...ma l'origine non è la 'base') :) La sola conoscenza empirica non riesce a dare, a mio giudizio, quel carattere 'deontologico' che è necessario per l'etica, come ho già affermato in altre discussioni (nelle quali ci siamo trovati in disaccordo, anche molto forte ;D ).
Il carattere 'deontologico' é emergente, trascendentale, ma può elevare la sua 'altezza' solo da una base empirica comune. Di cui il tempo antropologico (ciclo nascita-morte) é parametro costante. Cosa su cui mi pare concordi:
CitazionePersonalmente, ritengo che la questione dell'etica sia molto complicata. Ritengo che la 'base' dell'etica sia la mente, nel senso che essa si basa, diciamo, sulla 'struttura' della mente e che tale 'struttura' sia in parte invariante. E proprio su tali invarianze si 'fonda' l'etica.
CitazioneSemmai, il 'trascendente' può entrare in un secondo momento, se esso è diciamo 'richiesto' dalla struttura della mente (se si arrivasse alla conclusione, ad esempio, che la mente tende 'naturalmente' al trascendente e tenderebbe a fondare 'naturalmente' l'etica in esso...).
Il "trascendente" é scorciatoia religiosa per scardinare il limite naturale. Ma il trascendentale etico non ha questa velleità. Si sottomette alla natura e la rende meno matrigna attraverso la conoscenza e utilizzo razionale delle sue leggi. Attenzione a non confondere i due concetti di origine kantiana che antropologia e psicologia tengono ben distinti.
CitazioneConcordo che il 'punto di partenza' per una seria investigazione dell'etica deve essere l'uomo. Si deve studiare a fondo l'uomo. Da questo studio, si arriverà probabilmente a qualche conclusione...
Sono contento che concordiamo sulla parte dell'antinomia dell'origine :)
L'antinomia dell'origine é radicale e, rispondendo anche a viator, non può essere rimossa con un ricorso fraudolento al tuo nome.
Si può vivere benissimo e produrre contenuti trascendentali anche senza conoscere le cause
prime, accettando i limiti del conoscibile - del scientemente "dicibile" - e lavorando su quei limiti per ampliarli. Senz'altro più "etico", e rispettoso della verità, che fingere ipotesi su "apeiron" entificati fantasiosi.
Ciao Aperion,
Ritengo l'archè immutabile ontologicamente:ciò che è , è.
Il divenire è il processo gnoseologico, senza divenire perde senso l'esistenza.
La presenza di regole a noi appaiono infiniti e per due buoni motivi.
Il primo è che il tempo è troppo grande per una breve esistenza.
Il secondo è che l'infinito non ha senso se non come uno dei paradigmi culturali che assecondano il ben più importante paradigma moderno che la vita essendo finita viene dal nulla e va nel nulla:
per togliere il nulla si inventa l'infinito.
Deve esserci razionalmente una causa prima e in quanto tale a sua volta incausata.
Altro termine importante: il limite.
Lo è quanto l'infinito e ci si accorge dell'antinomia fra un limite e qualcosa che invece non ha limite, l'infinito. Questa è un'aporia moderna.
La vita è limitata, ma non si sa perché debba essere così e il suo senso nel breve limite, ma allo stesso tempo si inventa l'infinito.
Questa è mimesi antitetica dei paradigmi meta-fisici, perché invece ogni cosa ha un limite e nulla è infinito.
E' impossibile determinare direi meglio il motivo, piuttosto che la causa, per cui l'universo esiste e ci tocca allora ragionare con quello che abbiamo per potere tentare di capire,Il divenire porta con sé la possibilità di conoscere i fenomeni e di cui i parametri spazio e tempo ci indicano le posizioni.
Ci sono, forme, essenze, che sono costanti, altre conoscenze che sono variabili.
Il senso dell'universo e della nostra esistenza percorre il processo inverso in termini di ragionamento razionale , dall'esperienza empirica , al concetto che mostra le forme.
Citaz.Aperion
'Causa Prima' precederebbe tutto, senza che ad essa si possa applicare la proprietà di essere 'effetto di...'. Viceversa, se ci fosse regressione infinita, non vedo come ciò possa configgere con la prospettiva 'topologica'.
Perchè il concetto fissa e fotografa qualcosa, lo ferma. Un prima di un prima deve avere anche riferimenti a qualcosa; quindi è giusto come hai scritto che la causa prima non è effetto a sua volta di un'altra causa.
La regressione non è infinita in termini razionali concettuali, lo si vuole identificare con i fenomeni empirici come processo, ma è diverso .Quando scrivi una legge fisica, hai sancito un comportamento, un divenire che hai fissato in un segno ,simboli, ecc.
Noi prendiamo dal dominio del sensibile esperienziale e lo collochiamo in concetto razionale.
Per Viator,
senza configurazione universale il senso dell'esistenza perde significati o ne acquisisce altri del tutto parziali.
Il nulla si crea e nulla si distrugge, dimentica la mente che conosce: che energia è visto che acquisiamo sempre più conoscenze , anche se non necessariamente divengono sapere di saggezza?
L'entropia dell'informazione segue la regola dell'energia fisica?
Salve Paul11. Osservo:" senza configurazione universale il senso dell'esistenza perde significati o ne acquisisce altri del tutto parziali".
Ovvio che senza il complessivo venga messo in risalto il particolare ed il relativo.
Poi:" Il nulla si crea e nulla si distrugge, dimentica la mente................". Perdona, ma qui proprio non capisco. O forse credo di capire che secondo te il nulla possa esistere, a questo punto non saprei se da solo od accanto (per modo di dire : in realtà in cantucci assai separati) al qualcosa.
Infine; "che energia è visto che acquisiamo sempre più conoscenze , anche se non necessariamente divengono sapere di saggezza?
L'entropia dell'informazione segue la regola dell'energia fisica?".
L'energia secondo me è una delle due vesti del mondo fisico. La conoscenza è secondo me l'insieme delle informazioni, le quali hanno caratteristiche meta-fisiche (risultano essere enti formali, in sè impercepibili ai sensi -suoni, parole, scritture, codici etc. sono solo veicoli di informazione, la quale è generata dalle- e contenuta nelle- strutture costruibili attraverso l'assemblaggio di tali veicoli).
Quindi l'entropia ha il proprio andamento mentre conoscenza ed informazione sono tutt'altri enti. Se tu intendi far paragone tra l'entropia come spontanea diffusione ubiquitaria dell'energia e la apparentemente analoga tendenza (soprattutto attuale) dell'informazione umanamente codificata, siamo secondo me invece su due fronti opposti : l'entropia tende all'uniformità energetica con conseguente arresto del funzionamento ("vita") del mondo, l'informazione tende al suo opposto (la diversificazione e complicazione dei contenuti del mondo) provvedendo a vivacizzarne il funzionamento. Saluti.
Citazione di: Ipazia il 03 Novembre 2019, 15:26:40 PM
Citazione di: Apeiron il 03 Novembre 2019, 12:21:57 PM
Ciao @Ipazia
Personalmente, invece, ritengo che difficilmente si può fondare l'etica sulla conoscenza empirica. D'altra parte concordo che la 'base' dell'etica è la mente e, quindi, l'uomo (sull'origine dell'etica si può discutere...ma l'origine non è la 'base') :) La sola conoscenza empirica non riesce a dare, a mio giudizio, quel carattere 'deontologico' che è necessario per l'etica, come ho già affermato in altre discussioni (nelle quali ci siamo trovati in disaccordo, anche molto forte ;D ).
Il carattere 'deontologico' é emergente, trascendentale, ma può elevare la sua 'altezza' solo da una base empirica comune. Di cui il tempo antropologico (ciclo nascita-morte) é parametro costante. Cosa su cui mi pare concordi:
CitazionePersonalmente, ritengo che la questione dell'etica sia molto complicata. Ritengo che la 'base' dell'etica sia la mente, nel senso che essa si basa, diciamo, sulla 'struttura' della mente e che tale 'struttura' sia in parte invariante. E proprio su tali invarianze si 'fonda' l'etica.
CitazioneSemmai, il 'trascendente' può entrare in un secondo momento, se esso è diciamo 'richiesto' dalla struttura della mente (se si arrivasse alla conclusione, ad esempio, che la mente tende 'naturalmente' al trascendente e tenderebbe a fondare 'naturalmente' l'etica in esso...).
Il "trascendente" é scorciatoia religiosa per scardinare il limite naturale. Ma il trascendentale etico non ha questa velleità. Si sottomette alla natura e la rende meno matrigna attraverso la conoscenza e utilizzo razionale delle sue leggi. Attenzione a non confondere i due concetti di origine kantiana che antropologia e psicologia tengono ben distinti.
CitazioneConcordo che il 'punto di partenza' per una seria investigazione dell'etica deve essere l'uomo. Si deve studiare a fondo l'uomo. Da questo studio, si arriverà probabilmente a qualche conclusione...
Sono contento che concordiamo sulla parte dell'antinomia dell'origine :)
L'antinomia dell'origine é radicale e, rispondendo anche a viator, non può essere rimossa con un ricorso fraudolento al tuo nome.
Si può vivere benissimo e produrre contenuti trascendentali anche senza conoscere le cause prime, accettando i limiti del conoscibile - del scientemente "dicibile" - e lavorando su quei limiti per ampliarli. Senz'altro più "etico", e rispettoso della verità, che fingere ipotesi su "apeiron" entificati fantasiosi.
Ciao
@Ipazia,sul motivo per cui ritengo l'etica speciale, ti rimando a tre miei post nella lunghissima discussione su Nietzsche di qualche tempo fa:
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/nietzsche-l'-uomo-e-il-suo-diritto-al-futuro/msg16202/#msg16202Prima parte di questo
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/nietzsche-l'-uomo-e-il-suo-diritto-al-futuro/msg16360/#msg16360E questo:
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/nietzsche-l'-uomo-e-il-suo-diritto-al-futuro/msg16379/#msg16379Il carattere 'deontologico' dell'etica è molto 'particolare' perché richiede una
necessità che non può essere data dalla conoscenza di sensazioni, abitudini ecc.
Sul resto della tua risposta, se proprio si vuole essere coerenti non si dovrebbe assolutamente niente su ciò che è 'oltre' il limite. Nemmeno in negativo.
Non capisco, onestamente, il 'fraudolenti'. Perché vogliamo proprio vederci una volontà di ingannare? Mi pare un'accusa completamente fuori luogo.
Onestamente, però, non ci vedo niente di male nella speculazione metafisica sulla questione dell'origine. Anche se si arrivasse a dire che è
impossibile trovare razionalmente una soluzione, questo non implica che è 'sbagliato' fare ipotesi sull'origine, no? è per caso
vietato? Da chi? Formulare ipotesi indimostrabili diventa addirittura fare ipotesi 'fraudolente'? ::)
[Ah e, inoltre, se la Natura rimane comunque 'matrigna' anche se sviluppassimo la nostra tecnologia al massimo livello allora diventa 'comprensibile' che si cerchi una sorta di 'trascendenza'. Dobbiamo proprio
condannarla tout court questa tendenza? Ma stiamo divagando... ;) ]
Citazione di: viator il 03 Novembre 2019, 13:52:10 PMSalve. Con l'incausazione mi sembra proprio che non ci siamo. Essa prevederebbe - quale origine dell'essere - l'inesistenza delle cause dell'essere, perciò il nulla considerato come origine dell'essere.
Ciao
@viator,Il problema è che se rigetti una qualche forma di 'Causa Prima', devi accettare la presenza di una regressione infinita.
In altre parole, se c'è un 'primo evento' per rendere tale evento intelligibile, devi trovare una causa di esso. Ma tale causa non può essere causata da altro.
Se, invece non c'è, c'è la regressione infinita. Ma possiamo accettare che per arrivare a questo momento è passato un tempo infinito? :)
(non ho poi capito se tu sei contrario a
qualsiasi nozione di 'incausato' o solo ad una causa incausata...)
Rispondo a
@paul11, nei prossimi giorni.
Citazione di: viator il 04 Novembre 2019, 21:23:44 PM
Salve Paul11. Osservo:" senza configurazione universale il senso dell'esistenza perde significati o ne acquisisce altri del tutto parziali".
Ovvio che senza il complessivo venga messo in risalto il particolare ed il relativo.
Poi:" Il nulla si crea e nulla si distrugge, dimentica la mente................". Perdona, ma qui proprio non capisco. O forse credo di capire che secondo te il nulla possa esistere, a questo punto non saprei se da solo od accanto (per modo di dire : in realtà in cantucci assai separati) al qualcosa.
Infine; "che energia è visto che acquisiamo sempre più conoscenze , anche se non necessariamente divengono sapere di saggezza?
L'entropia dell'informazione segue la regola dell'energia fisica?".
L'energia secondo me è una delle due vesti del mondo fisico. La conoscenza è secondo me l'insieme delle informazioni, le quali hanno caratteristiche meta-fisiche (risultano essere enti formali, in sè impercepibili ai sensi -suoni, parole, scritture, codici etc. sono solo veicoli di informazione, la quale è generata dalle- e contenuta nelle- strutture costruibili attraverso l'assemblaggio di tali veicoli).
Quindi l'entropia ha il proprio andamento mentre conoscenza ed informazione sono tutt'altri enti. Se tu intendi far paragone tra l'entropia come spontanea diffusione ubiquitaria dell'energia e la apparentemente analoga tendenza (soprattutto attuale) dell'informazione umanamente codificata, siamo secondo me invece su due fronti opposti : l'entropia tende all'uniformità energetica con conseguente arresto del funzionamento ("vita") del mondo, l'informazione tende al suo opposto (la diversificazione e complicazione dei contenuti del mondo) provvedendo a vivacizzarne il funzionamento. Saluti.
Ciao Viator,
scusa......lapsus:
"Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma" ,come da te scritto.
SE l'entropia fosse un dominio separato dal mentale ,come agisce la parola, il pensiero, il logos dentro il dominio fisico?
Se vi fosse dicotomia dei domini, i due domini sarebbero incomunicanti e noi umani, in quanto fisica e in quanto pensiero rappresenteremmo questa contraddizione........vivendola.
Citazione di: Apeiron il 04 Novembre 2019, 23:36:21 PM
Ciao @Ipazia,
sul motivo per cui ritengo l'etica speciale, ti rimando a tre miei post nella lunghissima discussione su Nietzsche di qualche tempo fa:
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/nietzsche-l'-uomo-e-il-suo-diritto-al-futuro/msg16202/#msg16202
Prima parte di questo https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/nietzsche-l'-uomo-e-il-suo-diritto-al-futuro/msg16360/#msg16360
E questo: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/nietzsche-l'-uomo-e-il-suo-diritto-al-futuro/msg16379/#msg16379
Il carattere 'deontologico' dell'etica è molto 'particolare' perché richiede una necessità che non può essere data dalla conoscenza di sensazioni, abitudini ecc.
Ho letto i post. Secondo me i limiti di quell'impostazione sono il concepire quale unica alternativa all'immanente il trascendente, escludendo il trascendentale. Che è invece la chiave di volta per capire la genesi dei valori e la natura dei paletti di fondazione sull'unico terreno solido di cui disponiamo: la natura. Che non fonda valori, ma costringe a fondarli (necessità) e in ciò sta, per chi non l'ha ancora capito, il significato del transumanesimo. FN l'aveva capito, ma poi si è infognato nella contrapposazione manichea tra morale dei signori e morale degli schiavi travisandone ideologicamente la dialettica. Pure lui, figlio del suo tempo (storico).
CitazioneSul resto della tua risposta, se proprio si vuole essere coerenti non si dovrebbe assolutamente niente su ciò che è 'oltre' il limite. Nemmeno in negativo.
Non capisco, onestamente, il 'fraudolenti'. Perché vogliamo proprio vederci una volontà di ingannare? Mi pare un'accusa completamente fuori luogo.
Onestamente, però, non ci vedo niente di male nella speculazione metafisica sulla questione dell'origine. Anche se si arrivasse a dire che è impossibile trovare razionalmente una soluzione, questo non implica che è 'sbagliato' fare ipotesi sull'origine, no? è per caso vietato? Da chi? Formulare ipotesi indimostrabili diventa addirittura fare ipotesi 'fraudolente'? ::)
L'ipotesi è legittima, ma la locuzione newtoniana rimanda ad altro, ovvero ad una finzione che trasvaluta l'ipotesi in realtà rendendola Verbo da inscrivere nei testi unici della religione e della scienza. Questa artefazione è vietata dal principio di verità. Principio che necessita di verifiche ben più solide di una finzione. Fare ipotesi sul tempo
prima e
dopo la nascita e morte - degli umani e dell'universo - appartiene alla finzione ipotetica. Pura narrazione su cui si può fondare solo il nulla (ovvero il nichilismo, una volta lo si imponga come verità).
Ragionare sul concetto fisico e filosofico del tempo è invece legittimo. Da fisico dovresti sapere che l'onere della prova spetta a chi afferma e chi nega ha tutto il diritto di farlo in assenza di riscontri che la comunità
scientifica pensante ritiene dimostrati o quantomeno suscettibili di dimostrazione (Popper). Dovresti sapere che il "rasoio" è un ottimo strumento epistemologico, assai sospettoso nei confronti di voli pindarici oltre i limiti del (de)finito. E infine, da umano pensante, dovresti capire che sulle credenze non dimostrate si possono riempire di contenuti vite individuali, ma non leggi naturali o etiche. Si può narrare, ma non dire. Testimoniare, non legiferare. Fare letteratura, non scienza o filosofia. Neppure nella forma "debole" di una
narrazione condivisa, che richiede quantomeno un comune "sentire".
Citazione[Ah e, inoltre, se la Natura rimane comunque 'matrigna' anche se sviluppassimo la nostra tecnologia al massimo livello allora diventa 'comprensibile' che si cerchi una sorta di 'trascendenza'. Dobbiamo proprio condannarla tout court questa tendenza? Ma stiamo divagando... ;) ]
Una trascendenza trascendentale, non trascendente. E in ciò non stiamo divagando. Tempo fisico e tempo antropologico sono forme trascendent
ali di un unico soggetto umano pensante che le esperisce entrambe nel loro divenire, agente in entrambi i campi del nostro vissuto pratico e del loro vissuto teorico. Ciascuno meritevole di attenzione, cura e precisione.
La "matrignità" della natura è un retaggio di antropocentrismo d'antan e di complementari illusioni trascendenti che continuano ad interagire tra loro. L'umano troppo umano di questa rappresentazione è superabile prendendo atto che esiste una rapporto dialettico fondamentale tra uomo e natura consistente nella reciproca capacità di modificazione e armonizzazione. Tenendo conto che però solo una delle due parti è in grado di pensare tale processo e agirvi scientemente. Mentre l'altra va dritta per la sua strada senza fare prigionieri.
Salve Apeiron. A proposito di : "Il problema è che se rigetti una qualche forma di 'Causa Prima', devi accettare la presenza di una regressione infinita.
In altre parole, se c'è un 'primo evento' per rendere tale evento intelligibile, devi trovare una causa di esso. Ma tale causa non può essere causata da altro.
Se, invece non c'è, c'è la regressione infinita. Ma possiamo accettare che per arrivare a questo momento è passato un tempo infinito
(non ho poi capito se tu sei contrario a qualsiasi nozione di 'incausato' o solo ad una causa incausata...)".
Il fatto, a mio parere, è che la presenza di una causa prima implica la presenza di un nulla precedente ad essa. (Poichè l' "essere" secondo me consiste nella condizione per la quale le cause producono i loro effetti, anteriormente ad una causa prima avremmo una mancanza sia di cause che di effetti precedenti.........perciò appunto il non-essere = il nulla).
Stabilito ciò, non sono minimamente disturbato da regressioni o progressioni infiniti per la semplice ragione che io penso ad un universo ciclico e circolare (una specie di sfera priva di esterno - perchè di raggio finito ma dal quale nulla può sfuggire (versione ciclica limitata)..............oppure di raggio infinito (versione rettilinea illimitata).
L'infinito ciclico possiamo anche trovarlo-generarlo anche sulla superficie di una biglia di vetro, sulla quale si possono tracciare percorsi "a gomitolo" di lunghezza infinita senza mai transitare due volte per il medesimo punto - forse il modello atomico dell'orbitale elettronico può aiutare.
Naturalmente, sulla base di quanto sopra, io non concepisco alcuna situazione incausata. Saluti.
Salve Paul11: Riprendo dalla tua replica nr.183 ; "La vita è limitata, ma non si sa perché debba essere così e il suo senso nel breve limite, ma allo stesso tempo si inventa l'infinito".
Forse il perchè della limitatezza della vita (individuale) è ignoto a molti non perchè la cosa sia molto misteriosa, ma perchè la nostra personale ossessione per l'immortalità individuale (seccamente in contrasto con le leggi naturali) obnubila, confonde la nostra capacità e volontà di fare un semplice ragionamento.
Il fatto è che il mondo e la natura sono "ossessionati" anch'essi dalla propria immortalità complessiva, ma da sempre "sanno" che essa è realizzabile solo attraverso un continuo rinnovamento dei propri singoli contenuti, dei quali noi facciamo parte.
Se tali singoli contenuti non venissero implacabilmente rinnovati, trasformati (la morte è una forma particolare di trasformazione) nel mondo si instaurerebbe una situazione di "congelamento" dei suoi aspetti. Nulla morirebbe (cambierebbe, invecchierebbe) ma l'unico modo di ottenere ciò sarebbe l'interruzione del funzionamento del mondo stesso ! Nulla più dovrebbe accadere ! E questa non sarebbe proprio la situazione che abbiamo appena cercato di evitare ??.
L'unico modo di evitare la morte del mondo nel suo insieme è mantenerlo vivo attraverso la mutevolezza e la caducità dei suoi componenti.
Vedi che è bastato un ragionamento poco più che infantile per dare senso e risposta a quello che moltissimi considerano un insondabile mistero ?
Naturalmente il problema è che una simile visione dell'argomento non riesce a soddisfare neppure una dei sette miliardi di psiche umane, per cui.....................avanti con il sogno dell'immortalità!. Saluti.
L'infinito è una costruzione mentale probabilmente di origine matematica (si deduce istintivamente l'infinità teorica della numerazione). Questo spiegherebbe anche il posto privilegiato che il misticismo esoterico pitagorico assegnava ai numeri e alla disciplina matematica. Mathesis mistica di cui era impregnato Platone. Da consegnarsi al futuro, cristianesimo paolino compreso, che, nei suoi contenuti metafisici, è un "applicativo" neoplatonico.
Citazione di: viator il 05 Novembre 2019, 15:20:10 PM
Salve Paul11: Riprendo dalla tua replica nr.183 ; "La vita è limitata, ma non si sa perché debba essere così e il suo senso nel breve limite, ma allo stesso tempo si inventa l'infinito".
Forse il perchè della limitatezza della vita (individuale) è ignoto a molti non perchè la cosa sia molto misteriosa, ma perchè la nostra personale ossessione per l'immortalità individuale (seccamente in contrasto con le leggi naturali) obnubila, confonde la nostra capacità e volontà di fare un semplice ragionamento.
Il fatto è che il mondo e la natura sono "ossessionati" anch'essi dalla propria immortalità complessiva, ma da sempre "sanno" che essa è realizzabile solo attraverso un continuo rinnovamento dei propri singoli contenuti, dei quali noi facciamo parte.
Se tali singoli contenuti non venissero implacabilmente rinnovati, trasformati (la morte è una forma particolare di trasformazione) nel mondo si instaurerebbe una situazione di "congelamento" dei suoi aspetti. Nulla morirebbe (cambierebbe, invecchierebbe) ma l'unico modo di ottenere ciò sarebbe l'interruzione del funzionamento del mondo stesso ! Nulla più dovrebbe accadere ! E questa non sarebbe proprio la situazione che abbiamo appena cercato di evitare ??.
L'unico modo di evitare la morte del mondo nel suo insieme è mantenerlo vivo attraverso la mutevolezza e la caducità dei suoi componenti.
Vedi che è bastato un ragionamento poco più che infantile per dare senso e risposta a quello che moltissimi considerano un insondabile mistero ?
Naturalmente il problema è che una simile visione dell'argomento non riesce a soddisfare neppure una dei sette miliardi di psiche umane, per cui.....................avanti con il sogno dell'immortalità!. Saluti.
ciao Viator,
Se non ricordo male, da ormai antichi studi alle superiori, fu Galileo a dire che la fantasia umana non può fare a meno di relazionarsi alla realtà.
Così come le alterazioni artistiche spazio/temporali ,non sono altro che astrazioni, ma sempre della realtà.
Non sono quindi per l'antitesi fra fantasia e realtà, ma si tratta di coniugarle razionalmente se vogliamo trovare dei signifcati.
Quindi non capisco le dicotomie fra ossessione immortale, o si potrebbe anche dire, ossessione mortale come contrapposizione.
Per natura cosa si intende? Le scienze naturali del regno animale, vegetale, minerale? O insieme alla fisica?
Le scienze naturali sono relegate al pianeta Terra e la vita per come qui la intendiamo.
Se lo estendiamo alla fisica, arriviamo all'astrofisica e dall'altra alle scienze delle particelle e ci dicono aggiungendo altro alle strette conoscenze del pianeta che ci ospita.
Ci sono almeno tre domini che devono essere correlati fra loro: natura (in senso stretto), fisica,
e continuo a dire "mentale".
Nessuno dei tre domini da solo ci dice la verità, ma una verità parziale per il singolo dominio.
Il tempo della vita umano è un attimo rispetto alla natura dei cicli del nostro pianete e a sua volta il pianeta Terra è un attimo rispetto ai tempi dell'universo.
La nostra cultura poggia sul senso della vista, come dei S.Tommaso, per dimostrare che vi sia almeno una parziale verità. Ma questo empirismo porterebbe anche ad un estremo scetticismo.
Perchè se occhi non vedono e non c'è allora verità, su tutto ciò che esula dalla vista fosse finzione, ne deriverebbe che la storia raccontata e non vissuta non è vera, che dove non sono stato fisicamente, non è vero, che tutto ciò che interpretazione e informazione datami fin dall'infanzia poggia sulla non verità, poiché esula dalla mia esperienza.
Ma la mia esperienza è solo mia e ognuno ha la sua. Che cosa mai accadrebbe e in fondo accade?
Che ognuno si sente portatore di una propria verità incomunicabile e solo la necessità di una socialità di individui poggia sulle convenuto, sulle convenzioni, che poggiano sulle falsità poiché non corrispondono a nessuna esperienza vissuta.
Ti sei mai chiesto perché l'universo debba essere per forza in divenire, per cui tutto appare e scompare? La trasformazione è proprio l'apparire e lo scomparire, eppure l'universo è sempre lì.
L'universo non appare e scompare, i fenomeni interni all'universo appaiono e scompaiono.
Noi rimaniamo noi stessi, nonostante i fenomeni interni metabolici, chimico fisici, ci trasformano nel tempo delle età della nostra esistenza.
Lo vedi il nesso? Noi non siamo altro dal bambino che eravamo,nonostante l'esperienza della vita, nonostante ci trasformiamo fisicamente.
Ogni cosa, ogni ente ha un sua identità e ha una sua memoria.
saluti
Citazione di: paul11 il 05 Novembre 2019, 18:07:15 PM
La nostra cultura poggia sul senso della vista, come dei S.Tommaso, per dimostrare che vi sia almeno una parziale verità. Ma questo empirismo porterebbe anche ad un estremo scetticismo.
Perchè se occhi non vedono e non c'è allora verità, su tutto ciò che esula dalla vista fosse finzione, ne deriverebbe che la storia raccontata e non vissuta non è vera, che dove non sono stato fisicamente, non è vero, che tutto ciò che interpretazione e informazione datami fin dall'infanzia poggia sulla non verità, poiché esula dalla mia esperienza.
La nostra cultura poggia su un senso della vista che comprende anche il terzo occhio dell'intelletto. Questo terzo occhio ci mette in guardia da tempo immemore dai limiti dell'organo fisiologico della vista e dalla sua fallacia. Fin da allora abbiamo imparato a cercare la verità con un organo più sensibile della vista.
CitazioneMa la mia esperienza è solo mia e ognuno ha la sua. Che cosa mai accadrebbe e in fondo accade? Che ognuno si sente portatore di una propria verità incomunicabile e solo la necessità di una socialità di individui poggia sulle convenuto, sulle convenzioni, che poggiano sulle falsità poiché non corrispondono a nessuna esperienza vissuta.
Neppure questo è vero. Nascita, morte, cibo, malattie, clima, eventi atmosferici e tellurici, ... sono esperiti e comunicati congiuntamente. Di
falso non c'è nulla in questa comune percezione antropologica del reale.
CitazioneTi sei mai chiesto perché l'universo debba essere per forza in divenire, per cui tutto appare e scompare? La trasformazione è proprio l'apparire e lo scomparire, eppure l'universo è sempre lì.
L'universo non appare e scompare, i fenomeni interni all'universo appaiono e scompaiono.
Noi rimaniamo noi stessi, nonostante i fenomeni interni metabolici, chimico fisici, ci trasformano nel tempo delle età della nostra esistenza.
Lo vedi il nesso? Noi non siamo altro dal bambino che eravamo,nonostante l'esperienza della vita, nonostante ci trasformiamo fisicamente.
Sincronia e diacronia appartengono al grande spettacolo del reale di cui godiamo lo spezzone che coincide con la nostra vita mortale. Sempre diversa e sempre uguale, come canta Guccini.
Salve Paul11. Circa le tue ultime considerazioni : "Se non ricordo male, da ormai antichi studi alle superiori, fu Galileo a dire che la fantasia umana non può fare a meno di relazionarsi alla realtà".
Sacrosanto. Nessuna fantasia è concebile se non come adattamento ai propri desideri di una qualche esperienza reale.
"Quindi non capisco le dicotomie fra ossessione immortale, o si potrebbe anche dire, ossessione mortale come contrapposizione".
Tutti noi siamo ossessionati dalla paura della morte (i pessimisti) o dal suo contrappunto, il desiderio di immortalità (gli ottimisti).
Ciò perchè la nostra mente non riesce a capire - e la nostra psiche ad accettare - il fatto che il mondo e la vita nel loro insieme riescano a sopravvivere, mentre le nostre egoistiche individualità debbano soccombere alla morte.
"Per natura cosa si intende? Le scienze naturali del regno animale, vegetale, minerale? O insieme alla fisica?".
Io anzitutto totalizzo la realtà chiamandola mondo, che definisco come "il completo insieme di ciò che esiste".
Il mondo poi lo divido in fisica naturale (la natura) che include tutto ciò che è materiale, parametrabile, sensorialmente percepibile (inclusa la biologia), e metafisica (tutto ciò che che è immateriale, sensorialmente non percepibile, concettuale, spritualistico).
"Ti sei mai chiesto perché l'universo debba essere per forza in divenire, per cui tutto appare e scompare? La trasformazione è proprio l'apparire e lo scomparire, eppure l'universo è sempre lì.
L'universo non appare e scompare, i fenomeni interni all'universo appaiono e scompaiono.
Noi rimaniamo noi stessi, nonostante i fenomeni interni metabolici, chimico fisici, ci trasformano nel tempo delle età della nostra esistenza.
Lo vedi il nesso? Noi non siamo altro dal bambino che eravamo,nonostante l'esperienza della vita, nonostante ci trasformiamo fisicamente".
Giusto che gli ingredienti dell'universo restanto in sè sempre i medesimi. Essi sono una specie di Fregoli (il più grande attore trasformista di tutti i tempi) i cui vorticosi travestimenti ci ammaliano dal palcoscenico mentre la sua genuina identità non ci verrà mai mostrata.
Purtroppo sia noi che Fregoli possediamo una identità con scadenza, destinata, per poter consentire l'immortalità della vita e della specie, a degradarsi dallo spirituale al biologico all'inorganico.
Solo quello il problema : tu sei convinto che lo spirito (la nostra forma immateriale metafisica) sia eterno mentre la materia conoscerà la propria morte trasformandosi in altro.
Io invece sono convinto proprio del contrario, cioè che la nostra forma "spirituale" si dissolverà con la nostra morte mentre la nostra materia - attraverso la propria demolizione - sia destinata a risorgere ed i suoi atomi a continuare a danzare per l'eternità. Saluti.
Ciao Ipazia
...mah, a me non sembra che si utilizzi molto la ragione..... semmai in malo modo.
Gli eventi sono sempre interpretati dalla mente.
E quale è mai il mistero della vita? Ogni evento naturale è interpretato-
Vengono congiunti, i sentimenti e non sempre. Le ragioni sono disperse negli individui di questo tempo.
Se non c'è il falso non c'è neppure la verità in queste dispersioni di eventi.
La vita è sempre uguale nei suoi cicli naturali, ma ognuno di noi li interpreta a suo modo, con diversità accese o sfumate dipingendo il proprio destino.
Ciao Viator,
è l'attributo ossessione che trovo, per quanto mi riguarda, alterato.
Certo ci sono gli ossessionati, per limiti razionali.
Il vero mistero,più che dove andremo , è da dove veniamo.
E non c'è fisica che tenga, è una domanda senza tempo.
Certo, i gameti, i cromosomi, il dna, ecc. e prima del prima? Anche qui a regresso infinito?
Non abbiamo coscienza del prima, ma prima c'era natura, prima c'era l'universo, e altri uomini e altre storie e dopo edopo il dopo,.....puff, appariamo, viviamo e scompariamo in un altro puff.
Perchè mai perderci in sofferenze, ansie, paure,anche gioie, felicità , in questa vita tra due ....puff?
Ma che senso ha? Ed è la ragione che lo chiede, non l'ossessione, o un ego. Non è il bisogno di una immortalità a porci l domanda. E' il senso della vita a chiedercelo che non ha un tempo.
saluti
Citazione di: paul11 il 07 Novembre 2019, 00:04:17 AM
Ciao Ipazia...mah, a me non sembra che si utilizzi molto la ragione..... semmai in malo modo.
....
La vita è sempre uguale nei suoi cicli naturali, ma ognuno di noi li interpreta a suo modo, con diversità accese o sfumate dipingendo il proprio destino.
Dipende dal contesto. Ognuno è in grado di addurre le proprie ragioni, per cui bisogna scavare sotto le ragioni per trovare la ragione.
CitazioneGli eventi sono sempre interpretati dalla mente.
E quale è mai il mistero della vita?
La vita stessa. In cui la sua autocoscienza umana interpreta il mistero con la mente di cui dispone.
In sè, come ci insegnano da vicino i nostri animali domestici, la vita non ha alcun mistero. Ne ha molti
per noi, complicati animali autocoscienti, che ne vogliamo estrarre un senso per dare un senso al nostro fare. Il che, sia chiaro, è legittimo e sacrosanto; perfino doveroso visti i pasticci che combiniamo. Ma ha più a che fare col mistero del nostro agire che con quello della vita biologica che nel suo ciclo naturale manifesta tutto il suo senso. Che potrebbe diventare il nostro. Abbellendolo e facilitandolo, per quel che
sappiamo fare, un pochino.
CitazioneOgni evento naturale è interpretato-
Vengono congiunti, i sentimenti e non sempre. Le ragioni sono disperse negli individui di questo tempo.
Se non c'è il falso non c'è neppure la verità in queste dispersioni di eventi.
La verità è ciò che sappiamo: dalla nascita alla morte, incluso quello che ci sta in mezzo. Il falso è quello che non sappiamo e fingiamo di sapere
postulando ipotesi non dimostrate e pertanto false. (Anche se fossero
realmente vere, perchè solo la dimostrazione ne legittimerebbe la postulazione).
L'inesistenza di un sapere assoluto fa naufragare ogni oggettività assoluta, ogni principio incontrovertibile di non contraddizione, ogni deducibilità incontrovertibile da un principio primo asseverato. Ma in ciò che sappiamo, possiamo delimitare ambiti esistenziali razionali di oggettività e coerenza logica.
Se il
sapere è la chiave per accedere al mistero della vita, la
ricerca ne è il senso. Ed è per questo che anche in una dispersione di eventi popolati da chimere nullificanti continuiamo a trovare senso nel fare filosofia e scienza.
Purtroppo, rispondo solo al post di
@paul11, (come avevo promesso).
Mi dispiace ma non riesco a continuare la discussione (ringrazio per le risposte datemi e per le eventuali risposte a questo intervento)... :(
Citazione di: paul11 il 04 Novembre 2019, 15:24:33 PMCiao Aperion, Ritengo l'archè immutabile ontologicamente:ciò che è , è. Il divenire è il processo gnoseologico, senza divenire perde senso l'esistenza.
Non sono sicuro di capire questa affermazione :-\ Stai suggerendo che non c'è divenire
ontologico? (Se fosse così, la tua filosofia avrebbe forti somiglianze con quella Advaita e quella di Parmenide/Zenone in occidente...) Avevo capito, in realtà, che per te il divenire fosse effettivamente 'reale' :)
Citazione di: paul11 il 04 Novembre 2019, 15:24:33 PM
La presenza di regole a noi appaiono infiniti e per due buoni motivi. Il primo è che il tempo è troppo grande per una breve esistenza. Il secondo è che l'infinito non ha senso se non come uno dei paradigmi culturali che assecondano il ben più importante paradigma moderno che la vita essendo finita viene dal nulla e va nel nulla: per togliere il nulla si inventa l'infinito.
Beh, effettivamente è una considerazione interessante... il nostro Pianeta effettivamente ci sembra 'eterno' (nel senso di 'durata infinita'), ma, in realtà, è perché semplicemente la nostra vita è relativamente breve. Certe cose possiamo, per fini pratici, considerarle infinite. Ma ciò è di per sé errato. Sulla seconda parte, concordo che per la concezione 'secolare' (per mancanza di un termine migliore) della vita, certamente è più accettabile un''eterno divenire' che un 'Arché'.
Citazione di: paul11 il 04 Novembre 2019, 15:24:33 PM
Deve esserci razionalmente una causa prima e in quanto tale a sua volta incausata. Altro termine importante: il limite. Lo è quanto l'infinito e ci si accorge dell'antinomia fra un limite e qualcosa che invece non ha limite, l'infinito. Questa è un'aporia moderna. La vita è limitata, ma non si sa perché debba essere così e il suo senso nel breve limite, ma allo stesso tempo si inventa l'infinito. Questa è mimesi antitetica dei paradigmi meta-fisici, perché invece ogni cosa ha un limite e nulla è infinito. E' impossibile determinare direi meglio il motivo, piuttosto che la causa, per cui l'universo esiste e ci tocca allora ragionare con quello che abbiamo per potere tentare di capire,Il divenire porta con sé la possibilità di conoscere i fenomeni e di cui i parametri spazio e tempo ci indicano le posizioni.
Sì, quanto stai affermando è qualcosa su cui rifletto anche io. Effettivamente, la presenza di una Causa Prima sembra 'fornire' un senso all'esistenza di un'universo, anche per il solo fatto di dare ad esso un 'fondamento ontologico'. Non sono sicuro però che sia 'necessario' tale 'fondamento', diciamo. Certamente, renderebbe l'universo (in un certo senso) più 'comprensibile'.
Citazione di: paul11 il 04 Novembre 2019, 15:24:33 PM
Ci sono, forme, essenze, che sono costanti, altre conoscenze che sono variabili. Il senso dell'universo e della nostra esistenza percorre il processo inverso in termini di ragionamento razionale , dall'esperienza empirica , al concetto che mostra le forme. Citaz.Aperion 'Causa Prima' precederebbe tutto, senza che ad essa si possa applicare la proprietà di essere 'effetto di...'. Viceversa, se ci fosse regressione infinita, non vedo come ciò possa configgere con la prospettiva 'topologica'. Perchè il concetto fissa e fotografa qualcosa, lo ferma. Un prima di un prima deve avere anche riferimenti a qualcosa; quindi è giusto come hai scritto che la causa prima non è effetto a sua volta di un'altra causa. La regressione non è infinita in termini razionali concettuali, lo si vuole identificare con i fenomeni empirici come processo, ma è diverso .Quando scrivi una legge fisica, hai sancito un comportamento, un divenire che hai fissato in un segno ,simboli, ecc. Noi prendiamo dal dominio del sensibile esperienziale e lo collochiamo in concetto razionale.
Ok, ma non capisco perché non si possa pensare che un'eventuale 'divenire infinito' non possa presentare regolarità. Capisco che un Arché possa aiutare nel 'fondare' tali regolarità, ma non vedo una necessità
logica che mi costringe a dire che le regolarità sono inesistenti nel caso di una regressione infinita :)
Detto questo, mi spiace, ma come detto all'inizio, mi devo assentare per un po' :(
ciao Aperion
Premetto che non ho un maestro filosofico in particolare che seguo.
Ritengo che ontologicamente la verità incontrovertibile sia l' Essere ,come archè, come paradigma originario.
Il divenire è gnoseologico poiché contraddice l'Essere, archè. Quello che in filosofia viene definito aletheia. Ritengo che il senso della vita umana sia teso alla ricerca della verità attraverso la conoscenza, e l'essere si vela(il nascondimento) e si disvela nelle forme , nelle essenze delle apparenze (dei fenomeni, degli enti filosofici).
Il divenire diviene dialetticamente negazione contraddittoria dell'essere originario, essendo quest'ultimo eterno.
Il fenomeno è un evento, quindi apparenza che ha con sé anche la forma, l'essenza che come verità lo relaziona all'Essere. Se noi diamo importanza all'apparenza, perdiamo la forma, se diamo importanza al divenire perdiamo l'Essere.
Il creato, l'universo che si muove nello spazio tempo ha un'intensione formale ed una estensione fenomenica. La mente umana ha questa capacità analogica al mondo e allo stesso tempo di estraneazione, nel senso che la mente ferma lo spazio e tempo , può qui ed adesso muoversi nel passato, presente ,futuro, congiungendo le linee temporali per poter leggere sia il divenire che l'eterno, lo concettualizza nel pensiero.
L'ontologia è la filosofia dell'essere,di ciò che è. Se la verità è nell'essere, l'essere non può mutare, muterebbe la verità. Allora non è più verità. Ma se l'universo ha regole paradigmatiche fisicamente
o è una autopoiesi a regressione infinita e non è possibile che la verità sia spostata continuamente a regressione verso un' origine inesistente e inconsistente, o ha un'origine che si nasconde alla nostra mente, perché la vita deve esperire la sua conoscenza sul mondo e nel mondo, in questo è il significato dell'esistenza.
Ritengo impossibile per la sola mente umana arrivare all'essere ,come causa prima, come forme fra le apparenze. Per questo la conoscenza umana, penso e non sono certo, non potrà mai arrivare all'origine nella dimensione spazio temporale del divenire. Il divenire serve a conoscere a relazionare, a categorizzare, a parametrare.
Se l'esistenza gnoseologicamente non può arrivare all'essere, la tensione verso la verità ha la ricaduta nei comportamenti umani della mondanità ,del quotidiano vivere.
Non possono essere i soli domini dell'universo fisico e della natura vitale a dichiararci la verità, questo è il problema culturale attuale contemporaneo. Sono importantissimi in quanto dichiarano il limite dell'esistenza umana che in essi si muove, si declina, si designa come destino, ma i loro fenomeni apparendo e scomparendo nei grandi e piccoli cicli, dai movimenti dell'universo alle stagioni della natura fino al nostro nascere per poi morire, non dichiarano la verità che non può divenire come i fenomeni, ma in essi è relazionato come essenza, come forma.
Quindi:
L'essere è immutabile ed eterno ed è "causa prima".
La moltitudine dei fenomeni è trasformazione nei movimenti spazio temporali ed essendo parti dell'origine in essi vi sono le forme e le essenze, indispensabili al conoscere la verità che non può essere dipendente dalle apparenze fenomeniche.
Noi umani, ci sostentiamo nel mondano quotidiano e questo è il parametro dell'esistenzanaturale e fisica. Ma la conocenza richiede ben altro, sopra la natura, in quanto la mente rompe lo spazio tempo concettualizzando le forme meta-fisiche e le leggi fisiche e naturali.
La nostra vita quindi si correla su due parametri: il divenire spazio temporale che ci sostenta come corpo fisico naturale e la conoscenza che da una parte legge il fenomeno in sé e per sé, e dall'altra potendo estranearsi lo concettualizza nelle forme.
La scelta fra asservire i fenomeni in divenire e ritenere verità ciò che ai sensi dichiara il mondo, oppure interpretarlo nelle forme ,essenze e pensare nella verità come incontrovertibile, in quanto eterna e non contraddittoria: poiché ciò che è non può sembrare.
La scelta metafisica è necessaria culturalmente poiché è l'unica che può dare una morale, è l'unica che può correlare tutti i domini rispettandoli, limitandosi.
Aperion grazie della discussione ,non preoccuparti la vita ci chiama alle faccende....cogli le essenze.
Beati i popoli che non conoscono il predicato nominale. E l'ontologia la cercano nell'unica verità incontrovertibile: la natura.
Salve a tutti. Sapeste con quale frequenza mi sovviene una certa barzelletta in cui abbiamo il contadino che chiede al professorone se a lui risulti che sia nato prima l'uovo oppure la gallina...............e il Prof. non sa rispondergli !.
Dico ciò perchè noto fare molto spesso capolino il problema della "causa prima".
Ma come mai tutto questo tifo per la causa...............nessuno che si preoccupi dell'"effetto primo" e del disquisire se esso abbia preceduto (e magari generato !!) - oppure seguito - la causa prima ?.
Ma secondo voi causa ed effetto sarebbero eventi distinguibili ? più ancora.....discatenabili ? O si tratta di nomi diversi di un medesimo evento (sapete, per noi umani la monodimensionalità non può esistere, siamo condannati ad avere eternamente a che fare con medaglie, fogli e monetine a due facce.....).
L'Essere è la moneta, causa ed effetto le due facce.
Chi afferma l'esistenza di una causa o di un effetto primo sostiene che l'Essere un giorno stava fermo, poi il Dito di Dio scattò facendolo roteare ed inaugurando il Divenire. Sarà come vi piace credere. Saluti.
Citazione di: viator il 08 Novembre 2019, 21:31:18 PM
Salve a tutti. Sapeste con quale frequenza mi sovviene una certa barzelletta in cui abbiamo il contadino che chiede al professorone se a lui risulti che sia nato prima l'uovo oppure la gallina...............e il Prof. non sa rispondergli !.
Dico ciò perchè noto fare molto spesso capolino il problema della "causa prima".
Ma come mai tutto questo tifo per la causa...............nessuno che si preoccupi dell'"effetto primo" e del disquisire se esso abbia preceduto (e magari generato !!) - oppure seguito - la causa prima ?.
Ma secondo voi causa ed effetto sarebbero eventi distinguibili ? più ancora.....discatenabili ? O si tratta di nomi diversi di un medesimo evento (sapete, per noi umani la monodimensionalità non può esistere, siamo condannati ad avere eternamente a che fare con medaglie, fogli e monetine a due facce.....).
L'Essere è la moneta, causa ed effetto le due facce.
Chi afferma l'esistenza di una causa o di un effetto primo sostiene che l'Essere un giorno stava fermo, poi il Dito di Dio scattò facendolo roteare ed inaugurando il Divenire. Sarà come vi piace credere. Saluti.
Seguendo la tua boutade....è nato prima il gallo.
Non c'entra nulla Dio, c'è proprio un anticristianesimo galoppante: e infatti i tempi mostrano i segni.
L'Essere filosoficamente non è necessariamente relazionato a Dio, e adatto che siamo nel forum di filosofia.......
A tuo parere la monetina resta perfettamente in bilico fra causa ed effetto?
E se aristotelicamente dicessi "motore primo" al posto di causa prima? Tu diresti biella e manovella? O magari chiamiamo l 'addetto alle pompe di benzina?
Citazione di: paul11 il 08 Novembre 2019, 01:08:23 AM
La nostra vita quindi si correla su due parametri: il divenire spazio temporale che ci sostenta come corpo fisico naturale e la conoscenza che da una parte legge il fenomeno in sé e per sé, e dall'altra potendo estranearsi lo concettualizza nelle forme.
La scelta fra asservire i fenomeni in divenire e ritenere verità ciò che ai sensi dichiara il mondo, oppure interpretarlo nelle forme ,essenze e pensare nella verità come incontrovertibile, in quanto eterna e non contraddittoria: poiché ciò che è non può sembrare.
La scelta metafisica è necessaria culturalmente poiché è l'unica che può dare una morale, è l'unica che può correlare tutti i domini rispettandoli, limitandosi.
La scelta metafisica non riguarda l'essere o il divenire. Perché essere e divenire sono solo funzionali alla rappresentazione che viviamo.
Dove non esiste essere che non divenga, come non può esservi divenire senza essere.
L'essere e il divenire donano senso uno all'altro in un gioco senza fine, ma di per sé stessi non esistono.
E neppure l'incontrovertibilità è tema di scelta, perché anche la contraddizione fa parte della rappresentazione.
L'unica scelta metafisica riguarda l'Etica e prescinde da qualunque altra considerazione.
È infatti l'Etica il Fondamento.
E
la scelta riguarda il Bene.
Che l'etica sia terreno elettivo della filosofia lo sottoscrivo alla grande. L'ontologia meglio lasciarla alla scienza che ci capisce di più.
Salve Paul11 : "Non c'entra nulla Dio, c'è proprio un anticristianesimo galoppante..................................
L'Essere filosoficamente non è necessariamente relazionato a Dio, e adatto che siamo nel forum di filosofia.......".
Ma guarda che hai ragione! Io infatti mi riferivo al Dio dei filosofi, certamente non a quello dei preti !. Secondo me il concetto filosofico di Dio è sinonimo di Assoluto e di Essere.
Poi : "A tuo parere la monetina resta perfettamente in bilico fra causa ed effetto?"
Sicuramente. Senza fallo.
Infine: "E se aristotelicamente dicessi "motore primo" al posto di causa prima? Tu diresti biella e manovella? O magari chiamiamo l 'addetto alle pompe di benzina?".
Vedi, il quesito (filosofico) circa il "motore primo" richiama l'annoso problema (fisico) del "moto perpetuo".
Come di nessun moto potrà mai dimostrarsi la perpetuità (finchè un motore gira sarà pure impossibile dimostrare la caducità del suo moto), così di nessun motore filosofico si potrà dimostrare il primato. Saluti.
Citazione di: bobmax il 08 Novembre 2019, 23:04:48 PM
Citazione di: paul11 il 08 Novembre 2019, 01:08:23 AM
La nostra vita quindi si correla su due parametri: il divenire spazio temporale che ci sostenta come corpo fisico naturale e la conoscenza che da una parte legge il fenomeno in sé e per sé, e dall'altra potendo estranearsi lo concettualizza nelle forme.
La scelta fra asservire i fenomeni in divenire e ritenere verità ciò che ai sensi dichiara il mondo, oppure interpretarlo nelle forme ,essenze e pensare nella verità come incontrovertibile, in quanto eterna e non contraddittoria: poiché ciò che è non può sembrare.
La scelta metafisica è necessaria culturalmente poiché è l'unica che può dare una morale, è l'unica che può correlare tutti i domini rispettandoli, limitandosi.
La scelta metafisica non riguarda l'essere o il divenire. Perché essere e divenire sono solo funzionali alla rappresentazione che viviamo.
Dove non esiste essere che non divenga, come non può esservi divenire senza essere.
L'essere e il divenire donano senso uno all'altro in un gioco senza fine, ma di per sé stessi non esistono.
E neppure l'incontrovertibilità è tema di scelta, perché anche la contraddizione fa parte della rappresentazione.
L'unica scelta metafisica riguarda l'Etica e prescinde da qualunque altra considerazione.
È infatti l'Etica il Fondamento.
E la scelta riguarda il Bene.
ciao Bobmax
Se L'Essere diviene altro da sé non è più essere, è altro.
Se l'unità diviene moltitudine allora questa moltitudine ha parte dell'unità, ma pur mantenendo le proprie proprietà identificative.
Necessariamente Essere e divenire esistono, l'Essere dà senso e il divenire diventa esistenza nella conoscenza. Se non esistessero non avrebbe senso nemmeno la nostra esistenza.
La contraddizione è infatti tutto ciò che diviene, è dialettica negativa in quanto non-essere e proprio per questo è necessaria la conoscenza e l'Essere è aletheia.
L'etica, continuerò a ripetere all'infinito, è il comportamento, non il giudizio.
Il giudizio è interno alla morale e in quanto tale non è soggetta al divenire, in quanto, se lo fosse l'etica dei comportamenti è completamente contraddittoria all'origine morale che è essa stessa originaria nell'Essere.
Se la morale non fosse verità e la verità necessariamente non può essere moda culturale, ma è inalienabile allo spazio tempo, qualunque comportamento, qualunque etica è autogiustificativa, dal martire al serial killer.
Quindi, l'etica intesa come comportamento mondano quotidiano è relazionata ad un principio morale che necessariamente è "ferma" e non opinabile dai tempi storici e mode culturali.
Essendo la morale "ferma" deve essere verità quanto lo è l'Essere, perché a sua volta la morale deve essere relazionata al principio originario.
Allora direi: così come la fisica e natura hanno regole e condizioni che determinano i comportamenti di energia ,materia, vita, così i comportamenti etici umani sono regolati da una morale ed i domini sono universali nell'Essere.
Il bene è la giusta relazione nella morale che si origina dall'Essere.
Ciao Paul11, mi è davvero difficile seguirti.
Come ad esempio in questi tuoi passaggi:
Citazione di: paul11
Il giudizio è interno alla morale e in quanto tale non è soggetta al divenire, in quanto, se lo fosse l'etica dei comportamenti è completamente contraddittoria all'origine morale che è essa stessa originaria nell'Essere.
...
Quindi, l'etica intesa come comportamento mondano quotidiano è relazionata ad un principio morale che necessariamente è "ferma" e non opinabile dai tempi storici e mode culturali.
Probabilmente la difficoltà è dovuta anche alla mia non comprensione del significato che dai ai termini che utilizzi.
Ho tuttavia l'impressione che nel tuo discorso l'Essere sia considerato comunque come un "qualcosa". Certamente lo consideri eterno, incontrovertibile e "fermo", ma pur sempre un qualcosa.
Ecco, vorrei segnalare che questo tuo "essere" non risolve per niente la questione Etica.
E con Etica intendo la stessa Etica di Spinoza, tanto per essere chiari.
L'Essere, nel nostro esserci mondano, equivale al Nulla. E perciò non ha alcun senso caratterizzarlo da alcunché. Né di eternità, né di incontrovertibilità, né di non divenire.
Ed è proprio questo essere Nulla, l'unica possibile risposta all'angoscia esistenziale nichilista.
Perché niente ha valore, sino a quando noi, in perfetta solitudine e senza alcun appiglio a cui aggrapparci, affermiamo: "
Il Bene è!"
E questa è l'Etica.
Citazione di: bobmax il 09 Novembre 2019, 16:01:32 PM
Ciao Paul11, mi è davvero difficile seguirti.
Come ad esempio in questi tuoi passaggi:
Citazione di: paul11
Il giudizio è interno alla morale e in quanto tale non è soggetta al divenire, in quanto, se lo fosse l'etica dei comportamenti è completamente contraddittoria all'origine morale che è essa stessa originaria nell'Essere.
...
Quindi, l'etica intesa come comportamento mondano quotidiano è relazionata ad un principio morale che necessariamente è "ferma" e non opinabile dai tempi storici e mode culturali.
Probabilmente la difficoltà è dovuta anche alla mia non comprensione del significato che dai ai termini che utilizzi.
Ho tuttavia l'impressione che nel tuo discorso l'Essere sia considerato comunque come un "qualcosa". Certamente lo consideri eterno, incontrovertibile e "fermo", ma pur sempre un qualcosa.
Ecco, vorrei segnalare che questo tuo "essere" non risolve per niente la questione Etica.
E con Etica intendo la stessa Etica di Spinoza, tanto per essere chiari.
L'Essere, nel nostro esserci mondano, equivale al Nulla. E perciò non ha alcun senso caratterizzarlo da alcunché. Né di eternità, né di incontrovertibilità, né di non divenire.
Ed è proprio questo essere Nulla, l'unica possibile risposta all'angoscia esistenziale nichilista.
Perché niente ha valore, sino a quando noi, in perfetta solitudine e senza alcun appiglio a cui aggrapparci, affermiamo: "Il Bene è!"
E questa è l'Etica.
Ciao Bobmax,
L'Essere è pura forma, immutabile ed eterno.
L'essere non è definibile ad esempio come infinito, personalmente lo dichiarere i come inde-finito. Con quale parametro umano noi potremmo dichiarare finito e infinito se non a grandezze materiali?
L'universo quanto è vasto, quanto è grande?
Spinoza,che non conosco così approfonditamente, a me pare materialista-naturale (seppure passi per razionalista nel pensiero filosofico) e la sua etica ne è inficiata. Esiste prima la morale dell'etica, perché l'etica umana riflette a sua natura: corpo fisico naturale e mente che trascendentalmente trascende. La morale contrasta la natura ambigua umana, indirizzando l'etica, i comportamenti.
L'Essere nel nostro esserci nel mondo è aletheia, nascondimento/svelamento. La mente può accedervi fino ad un certo punto con a razionalità logica, in quanto lo determina ontologicamente come necessità, ma non basta. E' l'intuizione e l'intenzionalità che ci spingono verso lo svelamento.
Per questo abbiamo un intelletto.
Se l'Essere fosse Nulla, come puoi dire del Bene? Se è Nulla potrei dire è Male.
Manca la relazione fra il Nulla e la necessità del Bene? E solo la morale può dartela se si accetta ontologicamente l'Essere. Un ateo relativista ha il grande "buco" di dover dimostrare che una etica giusta, buona, che sia bene, sia una verità.
L'etica di Spinoza è debole se non costruisce paradigmi inalienabili e infatti dopo il razionalismo viene l'empirismo dove l'etica è sentimento e utilità per l'uomo. Come se la morale fosse umorale in funzione di cosa mangiamo.
Da come scrivi ho l'impressione che per te il Bene è, è un'intuizione: e va bene. Come ho scritto precedentemente non basta la logica razionale per svelare l'Essere, ma ci vogliono entrambi per costruire un punto fermo, perché non basta da sola neppure l'intuizione.
Sostengo che fra Essere che è eterno ed è forma e il divenire esiste una contraddizione che fa sì che la stessa esistenza sia una contraddizione. La relazione fra l'Essere e il non-essere essendo contraddittoria necessita della logica negativa e in questo hanno ragione nella modernità Hegel e Severino, con tutti i distinguo.Il movimento che loro dichiarano è un punto di riferimento per cui l'Essere per noi che siamo esistenza è impossibile conoscerlo interamente essendo noi nel divenire, nel non-essere delle apparenze. Ma L'essere essendo pura forma è pura essenza, e nelle sostanze del mondo, negli enti ontologici, esiste oltre la sostanza anche la forma ,l'essenza.
Quindi l'universo ci dice dell'Essere, ma in quanto non-essere, poichè l'uno è eterno e l'esistenza si esplica in divenire sono due domini contraddittori fra loro. L'essere non può che dichiarare una verità incontrovertibile, come principio originario, quindi noi siamo nella contraddizione dell'esistenza e quest'ultima ha senso nel tentativo che l'intuito spinge a svelare e la mente razionalmente cerca ontologicamente di affermare. L'esistenza è quindi conoscenza e l'essere per noi è "negativo" contraddittorio. La morale stessa è solo esplicabile ontologicamente come interpretazione conoscitiva dell'armonia e degli equilibri esistenti fra cielo, terra ,uomo.
Vale a dire la suprema armonia che come ruote si incastrano fra loro i cili universali, della natura, dell'uomo. Quando l'uomo non capisce il suo limite e delira la sua potenza esce dall'armonia e cessa la morale, e rimane l'etica muta di una morale, dove ogni comportamento è autogiustificativo non essendoci una ontologia della morale. L'uomo è libero , in quanto mente, in quanto coscienza di potere errare senza mete o ponendosi mete materiali, naturali ,dimentico delle armonie e degli equilibri che dettano le regole e le condizioni al dominio fisico e a quello mentale e della coscienza.
Quando diciamo che stiamo bene, significa che c'è armonia psico fisica
L'Etica di Spinoza é un sublime esercizio di logica applicata al trascendente che postula un Ente Supremo dotato di tutti gli attributi umani estesi all'infinito e via via enti di magnitudo inferiore tra cui noi in posizione privilegiata. Ottimo esempio di speculazione teologica. Peccato che quell'Ente Supremo rimanga solo un postulato teorico.
Citazione di: Ipazia il 09 Novembre 2019, 21:57:15 PM
L'Etica di Spinoza é un sublime esercizio di logica applicata al trascendente che postula un Ente Supremo dotato di tutti gli attributi umani estesi all'infinito e via via enti di magnitudo inferiore tra cui noi in posizione privilegiata. Ottimo esempio di speculazione teologica. Peccato che quell'Ente Supremo rimanga solo un postulato teorico.
Sì, Spinoza postula Dio e ne trae le logiche conseguenze.
È un approccio improponibile oggi, dove Dio è morto.
Tuttavia, è per noi possibile percorrere la medesima strada, ma al contrario.
Ossia partire da quello che c'è, senza volerci in alcun modo illudere, mettendo tutto in discussione animati dalla sola nostra fede nella Verità.
Una possibilità, tra le tante, è iniziare dalla messa in discussione del libero arbitrio.
E attraversare il deserto, con la speranza di giungere a Dio.
Partire cioè laddove Spinoza ormai tentennava. Con quelle sue idee inadeguate. Per scoprire infine che non esistono.
Citazione di: bobmax il 10 Novembre 2019, 05:18:00 AM
Partire cioè laddove Spinoza ormai tentennava. Con quelle sue idee inadeguate. Per scoprire infine che non esistono.
Oppure partire da lí per adeguare quelle idee scoprendo alfine che gli Enti Supremi non esistono.
Esiste invece una natura che dell'etica non sa nulla e una natura umana che se la deve edificare "a posteriori", senza l'ausilio di uno straccio di
nomos "a priori" alcuno.
Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2019, 07:56:57 AM
Citazione di: bobmax il 10 Novembre 2019, 05:18:00 AM
Partire cioè laddove Spinoza ormai tentennava. Con quelle sue idee inadeguate. Per scoprire infine che non esistono.
Oppure partire da lí per adeguare quelle idee scoprendo alfine che gli Enti Supremi non esistono.
Esiste invece una natura che dell'etica non sa nulla e una natura umana che se la deve edificare "a posteriori", senza l'ausilio di uno straccio di nomos "a priori" alcuno.
Ma Dio non è un "ente superiore", neppure per Spinoza.
Per Spinoza Dio è causa sui.
Non ha niente a che vedere con un ente. Non importa se superiore o meno.
La cosiddetta "edificazione" umana dell'etica ha solo due possibilità per sussistere:
O si fa riferimento ad un trascendentale, per sfuggire al vuoto meccanismo del mondo immanente.
Oppure l'Etica deriva dal "Conosci te stesso"
Ma perché complicare le cose introducendo un trascendentale?
Perché si è introdotto da solo nell'evoluzione della materia senziente nel suo processo di emancipazione dal DNA e dal suo determinismo.
Riporto un articolo apparso oggi nella sezione scienza del sito Ansa che mi sembra interessante nel contesto di questo topic...il titolo è :"Nuova ipotesi sull'universo, potrebbe essere chiuso"...
Una ricerca italiana mette in dubbio l'attuale modello cosmologico secondo il quale l'universo è piatto. Il nuovo studio propone, invece, il modello di un universo chiuso. Basato sui dati del satellite Planck dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) e pubblicato sulla rivista Nature Astronomy, lo studio è firmato da Alessandro Melchiorri, dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e dell'Università Sapienza di Roma, Eleonora Di Valentino, dell'Università britannica di Manchester, e Joseph Silk, dell'Università Sorbona di Parigi. Prudente la risposta di parte della comunità scientifica, che ritiene opportune ulteriori analisi dei dati per la conferma del nuovo modello.
Secondo gli autori dello studio, gli indizi di un universo chiuso sono da ricercare nel modo in cui la gravità curva la luce, in particolare nell'effetto previsto dalla teoria della Relatività Generale di Einstein chiamato lente gravitazionale. E' un effetto per il quale una galassia massiccia distorce la luce proveniente da un altro oggetto posto alle sue spalle e la amplifica, permettendo di osservarlo meglio.
"Dall'analisi dei dati abbiamo riscontrato un effetto lente gravitazionale maggiore delle attese, in accordo con un modello curvo dell'universo", ha detto all'ANSA Melchiorri. "I dati ci indicano qualcosa di strano, un'anomalia, e come scienziati - ha aggiunto - dobbiamo capire a che cosa sia dovuta. Potrebbe, ad esempio, essere la spia di una nuova fisica".
Cauto il commento di Antonio Masiero, fisico teorico e vicepresidente dell'Infn, per il quale "questo studio mostra ancora una volta l'enorme ricchezza di informazioni della più antica immagine che abbiamo del nostro universo. Si tratta - precisa il fisico - dell'analisi di un gruppo limitato di dati, i cui risultati mettono in discussione l'intero impianto della teoria standard dell'origine e dell'evoluzione dell'universo". I risultati, quindi, "inducono alla cautela, e soprattutto richiamano alla necessità di avere molti nuovi dati a disposizione. La ricerca italiana - ha concluso Masiero - è in prima linea su questa frontiera della conoscenza, sia come studio teorico che come partecipazione ai più significativi progetti internazionali, come lo stesso Planck e in futuro LiteBIRD, per lo studio della radiazione di fondo cosmica con esperimenti nello spazio".
Tra cent'anni il Big Bang sarà diventato una Big Bufala?...Ai posteri... :(
Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2019, 12:21:38 PM
Perché si è introdotto da solo nell'evoluzione della materia senziente nel suo processo di emancipazione dal DNA e dal suo determinismo.
Vedi quante complicazioni, Ipazia?
Processo senziente, emancipazione dal DNA, determinismo...
E... sì è introdotto da solo!
Non sembrano tutti questi sforzi il tentativo di creare un'altra metafisica? Magari materialista, ma comunque sempre una metafisica che vuole stabilire cosa sia la Verità.
Ed è proprio ciò che detesti...
Non sarebbe più semplice e corretto accettare la sfida nichilista, per la quale niente ha valore, incominciando a vedere che l'origine di tutte le cose è il Nulla?
Sì, questa è la suprema bestemmia per il pensiero razionale.
Ma viceversa è manifestazione dell'autentica fede.
Citazione di: Sariputra il 10 Novembre 2019, 14:37:10 PM
Riporto un articolo apparso oggi nella sezione scienza del sito Ansa che mi sembra interessante nel contesto di questo topic...il titolo è :"Nuova ipotesi sull'universo, potrebbe essere chiuso"...
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Tra cent'anni il Big Bang sarà diventato una Big Bufala?...Ai posteri... :(
Certo, come lo è diventato Dio - non l'oggetto di fiction, ma l'Ente ritenuto reale - dopo millenni di regno ideologico incontrastato. Ma il focus di tutta la faccenda è che il Big Bang e Dio non possono essere sbufalati senza il lavoro di ricerca che li sbufala. Senza quel lavoro c'è solo "l'etica naturale" di viator. Basterebbe questo per santificare la ricerca. Comprese le sue complicazioni, perchè il reale è complesso e solo un animale metafisico, caro Bobmax, lo può districare, non un animale allo stato brado, caro viator.
Mai mi sono sognata di demonizzare la metafisica. La scienza stessa è metafisica: astrazione di principi generali dal caos empirico. Astrazione che implementa il metodo deduttivo nella natura liberandoci dalla coazione statica dei suoi deterministici percorsi. La metafisica che la modernità ha spedito in discarica è quella che costruisce saperi farlocchi fingendo ipotesi. Farlocchi in quanto si sottraggono alle forche caudine dell'esperimento attraverso cui passano solo i cammelli veraci. Fintantochè quelle forche non si restringeranno e ci passeranno solo cammelli di razza più "sottile". Oppure animali razionali di una razza intelligente che ancora non esiste . Ma allora, come canta il poeta e musico, "noi non ci saremo". Per ora teniamoci il BigBang, decisamente, alla luce di ciò che
sappiamo, più probabile di Dio. Con il valore aggiunto di non aggiungere coazioni e superstizioni insensate alla nostra esistenza.
È proprio perché tu credi, Ipazia, nell'autentica metafisica, che ho scritto:
"Non sembrano tutti questi sforzi il tentativo di creare un'altra metafisica? Magari materialista, ma comunque sempre una metafisica che vuole stabilire cosa sia la Verità.
Ed è proprio ciò che detesti..."
Perché la ricerca si fonda sulla rinuncia alla Verità, in nome... della Verità!
Ma quando tiri fuori il trascendentale, che si è introdotto da solo... stai rinnegando te stessa!
Accetta la tua fede nella Verità, che è fede nel Nulla. Solo a questo puoi attenerti.
Perché solo questa è autentica metafisica.
La mia verità non è la tua Verità. E neppure le metafisiche che vi afferiscono sono le stesse. Se cambiano le grammatiche cambia anche la dialettica. Il trascendentale si è introdotto da solo in un processo evolutivo. Noi ormai ce l'abbiamo e non possiamo fare a meno di usarlo. bene o male, lo decidono i riscontri reali. Tipo: nell'antibiotico c'è più verità che nella preghiera. Così come nel processo metafisico che ha portato quella differenza di postulato.