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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: green demetr il 01 Maggio 2024, 15:37:13 PM

Titolo: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 01 Maggio 2024, 15:37:13 PM
Come suggeritomi dal forum apro continuazione del primo 3d. Infatti è già passato un anno e mezzo  :D  vecchio 3d
Ok scusatemi.

1 maggio 2024
Abbiamo saltato il terzo capitolo della FdS per via del fatto che In Hegel vige ancora la vecchia idea che l'universo sia statico.
Noi rigettiamo questa idea in quanto l'universo è infinito, come già dimostrato dalla fisica contemporanea teorica, benchè non ancora digerita da molti fisici pratici.
Nel Quarto capitolo Hegel sta di nuovo spiegando la questione dell'io.
Se nei primi tre capitoli si basava sulle modalità della verità a condizione dell'universalità, in questo quarto inizia a occuparsi dell'io.
Come a partire dal terzo capitolo ho cominciato a capire, lo Hegel si perde in frasi avvilupate che sostazialmente ripetono la stessa identica cosa.
Avanzo l'ipotesi, unico come la solito, che questo avviluppo è strettamente collegato all'idea che esista una totalità immobile.
Infatti nella traduzione del Garelli, si parla di quiete dell'essenza.
L'io è la sua antitesi, Hegel dice la vita come unità.
L'unità è composta dai due momenti il primo che abbiamo già visto tratta del toglimento dell'essenza stessa, ossia dell'universalità del movimento dei vari toglimenti, in nome dell'altro da sè, a cui diamo nome concetto. Ricordiamo brevemente per evitare la prosa impossibile di Hegel, che i momenti del singolo toglimento dileguano, non solo dell'universale, ma di ogni singolo universale, di modo tale che il concetto è proprio questa unità dilatata, degli infiniti qui e ora, sistematicamente dimenticati.
Il secondo è proprio ciò che emerge da questa dimenticanza, ossia appunto l'io, momento del negativo degli infiniti qui e ora, e dei loro correlati universali.
L'io in quanto momento negativo dunque sia dell'oggetto, che del concetto.
Un momento brillante della discussione è la definizione di desiderio, concetto, o meglio se abbiamo capito, non concetto, che appare all'io che si fa forma dall'assoluto niente ad appunto qualcosa che Hegel chiama brillantemente desiderio.
Riassumendo il desiderio è ciò che è alla base della formazione dell'io.
In questa geniale prospettiva i soggetti che noi siamo, ossia entità perennemente per sè, ossia vogliamo ricordare che vuol dire per gli altri, noi formiamo un desiderio uguale e contrario a queste forme.
L'io è dunque un anti-sogetto.
In queste prime righe che stiamo leggendo a onor del vero Hegel non parla mai di soggetto, ma di io per sè, e di io in sè (come momento negativo del per sè, ovvero per gli altri).
La narrazione mi pare chiaramente falsata dal meccanicismo in cui la teoria è pensata, e di cui ci ha dato traccia Koba nel 3d sull'attualità di Hegel oggi.
Infatti si perde in strane fantasie di un asse su cui la totalità dei movimenti si trova o si pone a seconda che stia definendo o alterando la definizione per il fine di determinare cosa sia l'io.
***
Metto qui considerazioni a latere mie: anzitutto facendo il paragone fra il primo capitolo (in realtà il secondo secondo Garelli) che si chiudeva con l'impossibilità di vivere il qui e ora.
E questa seconda definizione, molto più prosaica e poco incisiva, in cui la vita è vista come unione del concetto di universale, e il loro dissolversi nei vari momenti negativi degli altri io.
Se nel primo momento possiamo dire che la vita del bios si manifesta nella sua drammatica impossibilità ad essere pura zoè, nel secondo se Hegel fosse stato più attento, proprio alla nozione di desiderio che egli stesso ha qui brillantemente riportato, avrebbe riportato quello stesso bios nell'io.
Ecco che allora la vita si sarebbe dipanata in maniera assai diversa.
Mettendo invece la vita come secondo membro di una operazione sostanzialmente mnemomica egli travisa le sue due più brillanti intuizioni dalla FdS.
Se da una parte sono soddisfatto della definizione di desiderio, sono invece deluso dal quella di vita.
Ma lo sappiamo, siamo ancora dentro il momento positivo della definizione dei termini dell'operazione, aspettiamo di vedere come  questo si coniuga nel momento del negativo.
Anche se leggendo fra le righe, la vita è già un processo infinito di aumento della coscienza dell'io.
In fin dei conti però così Hegel sta andando nella direzione che speravo verso cui non andasse.
Ossia che la coscienza è la coscienza imperfetta di un tutto, che si dà in sè stesso come universale e che l'io conosce come tale, ossia come imperfezione desiderante la totalità.
E' sempre la castrazione politica fornita da Aristotele a Platone, e che finisce nel nazismo di Heidegger, poichè se esiste un ente totale, allora i suoi momenti non potranno che essere giusti PER SEì, ossia secondo una escatologia salvifica, che invece cela malamente la volontà di potenza di pensare che questa entità esista.
L'aristotelismo con il suo delirio di potenza e atto è la museruola con cui il tiranno, e i suoi lacchè intellettuali stanno distruggendo la cultura della vita, ossia la morale che si forma contro il tiranno.
Notevole che oggi venga visto come il contrario.
Secondo queste mie intuizioni, anche aiutato dal mio maestro, perchè il pericolo che l'ente diventi l'oggetto di interesse della volontà di potenza non riuscivo proprio a vederlo.
(per via del fatto che aristotele mi sta sommamente sulla palle, sorry).
:P :P :P
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 03 Maggio 2024, 18:42:45 PM
Nel paragrago 122 (o d'intorni) Hegel fa irrompere a sorpresa le figure del padrone e del servo, come mediazioni  rispettivamente dell'essere in sè, e dell'essere per sè.
Se l'autocoscienza che sdoppiandosi si riconosce come in sè, e cioè come puro desiderio, e come nullità, nel suo per sè, ora la riflessione a latere del concetto di verità, che come abbiamo già detto è errata, in quanto l'universo non è finito, bensì infinito.
Ecco dunque le prime intuizioni:
La figura del padrone richiama il godimento del trovare l'oggetto, ossia del trovare conforto all'angoscia del desiderio che si affaccia sul nulla.
Ma Hegel si concentra prima sulla figura del servo, infatti egli è costretto non a che fare con il godimento puro, ma con la lavorazione dell'oggetto.
Ma è proprio questa lavorazione che spinge il soggetto ad essere la figura mediatrice di quel per sè (per gli altri) che egli infine si trova a maneggiare come l'effettivo padrone.
Potremmo però aggiungere che quello di cui si trova padrone è in effetti il feticcio.
Da cui poi parte la parte filosofica, che mi interessa, di Marx.
Ma spingendosi in campo pscianalitico, che come già detto altrove, è per me il luogo del maggior interesse, il feticcio si rivela come quello che davvero è, ossia pura merda.
Il bambino ricordiamo offre alla mamma la sua merda (il feticcio), in cambio del seno-fallo (cfr. Le uova d'oro e il caso di Leonardo di Facchinelli e Freud rispettivamente).
Il valore di scambio è un valore che si basa sul feticcio (cfr. Mauss).
Ossia di ciò che è espunto dal soggetto, e che è il fulcro dello scambio, è il suo epifenomeno negativo. Il fatto che questo epifenomeno, frutto dell'orrore della castrazione, sia di matrice negativa è frutto di Hegel.
Infatti con mia sorpesa coglie all'improvviso dopo 120 pagine di niente, il punto focale su cui ogni intellettuale dovrebbe per lo meno soffermarsi, ossia il concetto di goduria.
La goduria infatti altro non è che il feticcio, laddove il feticcio è una pura fantasia, ossia pura socialità.
A questo punto però arrivano altre intuizioni mie a cascata, perchè come abbiamo scoperto recentemente, il cuore della filosofia, non è tanto nel suo oggetto culturale (che è poi lo specchio del godimento del padrone, per dir così, una fantasia della volontà di potenza, insisterebbe il buon Nice), quanto nel suo riflettere sulla morale.
O meglio sull'etica (il comportamento animale) dei vari egotici, narcisisti, consumati dai vermi nel cervello.
Ossia sulla netta opposizione fra morale (individuale) ed etica (di merda comune).
In primis pensavo a come lo sguardo di una fanciulla possa essere stato consumato dal desiderio che si fa godimento, nel per sè, ovvero per gli altri, di cui il mondo social è ormai tarato.
E dalla celebrazione in termini di branding e riconoscimento del valore del sè (di scambio): mera merda.
Siamo in una immensa cloaca umana, celebrata dalla volontà (di tirare lo sciacquone) dei potenti ovvero ( se aveste capito qualcosa di quello che abbiamo scritto sopra) in verità dei servi (che finalmente anche a livello teorico sono stati dimostrati come pura feccia).

Ecco bisogna ringraziare Hegel, anche se alla fine il suo continuo ruminare (a vuoto tanto per rimarcarre) sui concetti del per sè e dell'in sè, ha prodotto un delirio che riscontriamo nel paragrafo precedente a quello del padrone-servo (che invece volentieri salviamo e anzi ripartiamo da quello, dimentichiamoci le prime 100 pagine...scherzo senza quelle non si capisce niente della dialettica fra padrone e servo, che è molto molto molto lontana da quella spacciatami fino ad ora da ore e ore di ascolto paziente di conferenze...che pietà gli intellettuali odierni).
Ossia nella duplicazione dell'autocoscienza (che fino a 100 pagine fa, era sempre stata autocoscienza del per sè) in due (??) autocoscienze (mi viene il dubbio che il Garelli abbia tradotto male in verità, d'altronde i prof all'università dicono chiaramente che Hegel non si capisce, semplicemente perchè LORO non lo capiscono...ma va bè) quella vera è quella dell'in sè, detta anche io (mi chiedo che bisogno c'era di fare tutti questi giri senza senso...ma va bè, d'altronde anche nella prefazione avevo già lamentato questo limite di Hegel).

In questo delirio di oggetto esterno e non-oggetto interno, abbiamo fissato però a livello filosofico, quello che già sapevo, e che spero, o speravo, fosse già a livello cosciente di tutti.
Ossia che il desiderio è infinità (e dunque solo in questo senso Divinità), e che la goduria della ricchezza è proprio ciò che DIO NON vuole per noi (ecco che anche la storiella della bibbia tradotta dai cattolici del vitello d'oro assume ben altre caratteristiche).
E non vuole neppure che ci RISPECCHIAMO nel valore degli ALTRI.

Ora aggiungo qualcosa di importante, perchè Hegel NON parla di morale (e così dietro Marx purtroppo) egli è interessato alla verità, sono micropassaggi che di solito salto a piè pari, e mi dispiace di non potervi restituire Hegel per quello che è, ossia un grande incompiuto.
Infatti di nuovo parla di verità e di cosalità generale.

Provo ad anticipare Hegel, perchè mi pare, che i concetti chiave ormai sono sul tavolo.

1) La vita è un niente: in questo caso Hegel dice le stesse cose di Bluemax, se leggiamo a fondo, però sarebbe più giusto rimanere nella definizione di particolarità dileguante.

Ora come sappiamo l'universo non è finito, ma da lettori onesti, dobbiamo riportare la visione di Hegel, per poterne capire il suo orizzonte ultimo.

2) Ciò che resta della particolarità dileguante è la sua opposizione, questa opposizione noi la chiamiamo totalità.
Ma noi conosciamo questa totalità come niente (da qui la frase preferita di Bluemax, ossia che tutto è niente).
Ma queste sono le posizioni del sapere, ossia l'autocoscienza, essi sono MOMENTI, per l'esatezza è lo stesso momento che si costituisce dal MOVIMENTO (molto facile leggerci il concetto di forza newtoniana) di questi opposti.
Quindi per sè, universalmente (linguisticamente parlando, vedi sul 3d di Koba, sarebbe il realismo che vince sul nominalismo, o il contrario, perdonatemi la mia confusione, d'altronde è un argomento che non mi interessa tanto) questo movimento cela qualcosa, che appunto Hegel ora chiama la cosalità generale (evidente che si riferisce al noumeno di Kant...e quindi si, hanno ragione coloro che dicono che la filosofia di Hegel è una lotta con Kant...per dire la stessa cosa mi pare...solo che Kant è più chiaro).
Ecco che per Hegel (e qui io lo perdo, o non mi interessa questo aspetto della sua ricerca) il concetto di verità coincide con quello di totalità (o infinito o assoluto).
Ossia il fatto che la forza produca un io che si conosce come pura negatività, necessariamente deve introdurre un concetto di verità.
Sarebbe, qui azzardo, la verità della forza: la verità della forza è che ciò che conosco particolarmente come universale, singolarmente dileguante, non è l'oggetto ultimo della conoscenza stessa, infatti l'autocoscienza sdoppiata vive la verità del per sè, come niente, ma la verità dell'in sè, come totalità.
Ed è quest'ultima cosa che interessa ad Hegel, come già lamentato da Koba, rispetto alla mia di ricerca, ossia all'isolazione del soggetto, rispetto all'io, non conoscente come in Hegel, ma proprio in quanto io come partecipante dell'indefinito, che si presenta come desiderio, come eros.
Come mancanza pura della vita.

Per Hegel, come per Marx, e a questo punto comincio a sentire puzza di thanatos anche nella psicanalisi, la vita non è mera merda.

Per per la vita sarebbe dovuta essere condivisione di sguardi su ciò che è meramente indefinito.
Ossia dell'oltre della vita oggettiva, degli oggetti, stessa.
L'oltre vita.
Come finalmente nelle intuizione formidabili di Niezche e Leopardi, non una religione, ma una super filosofia.
Come dirà Leopardi più precisamente: una ultrafilosofia.

Queste sono le mie vecchie ricerche, ora spinto dalla follia della pandemenza, ho aggiunto però due cose nuove.
La prima è la metanoia cristiana: il cui esito però è il ritorno al me adolescente, ossia leggere la grande letteratura, e la grande poesia. (cosa che mi sta procurando noie infinite).

E la seconda è la morale, come insegnatami dal mio maestro: Platone, Boezio (Dante è un suo paradigma) e Agostino.

E' proprio sul lato morale che d'altronde la vita si affronta sempre più col cervello buggato e mangiato dai vermi. Siamo diventati dei ca**o di Zombie.

Non va bene affatto. Riprendiamoci il pensiero.

Intuizioni.
Problema morale: le donne e la loro volontà di riconoscimento sociale.
Ci rendiamo conto a quale livello di orrore siamo arrivati?
Le donne vogliono essere riconosciute per come NON SONO.
Non è il valore spirituale che esse cercano ma il mero assenso della feccia socialista e comunista e fascista.
Liberale dovrebbe voler dire qualcosa rilevante per l'umanità, ossia per il valore spirituale di essere uomini.
Non liberista, che invece esige produzione di merda, per tenere tutti nella cloaca a cielo aperto.
Movimenti pro Hamas, pro N word (adesso la nigritudine è diventata impronuncibile), pro Donne, ma in nome di cosa sono tutte queste follie? Se non che in base alla castrazione.
Noi non commerciamo più in sguardi di madonne al bambin gesù, ma in cortocircuiti voyeuristici a chi vince è quello che castra di più.

In caduta libera persino la razionalità più semplice. Una confusione infernale.
La verità in tutto questo maelstrom che posto ha?
A chi la ricerca, ma non è che invece cercate motivi di castrazione degli altri?

Non è che la goduria dell'oggetto immediato, ossia immediatamente lavorato dai servi, sta alla base di questa verità? o forse non sarebbe meglio cominciare a vedere la ca**o di volontà di potenza alla base di ogni delirio egotico?
A questo sentirsi morti, di una vita morta, votata agli altri. In una dileguazione non solo dei propri averi, ma della nostra immagine stessa erosa dal tempo, e alla fine proprio di ciò che ci rendeva belli, armonici, giusti?
Siamo diventati brutti, disarmonci, malvagi.

Il buon Hegel ci ha fornito una tavolozza di colori su cui ridisegnare la moralità, e magari proprio a suo dispetto.

Ciò che rimane non è la totalità, ma come abbiamo determinato la nostra anima.
Inferno o Paradiso, in poche parole. Proprio quelle dell'odiato cristianesimo.

Vediamo se Hegel ci da altre perle, rare, in mezzo a tanti, ma tanti giri di parole....
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 03 Maggio 2024, 23:09:54 PM
Seee! :D Bobmax non Bluemax! :-[ ....scusate e scusami tu ancora bob (e due!)
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 04 Maggio 2024, 16:52:01 PM
Facciamo un po' di chiarezza.
Innanzitutto le due espressioni: "in sé" e "per sé".
Hegel le utilizza probabilmente anche in riferimento alla nozione di "cosa in sé" di Kant.
L'"in sé" sta a indicare ciò che noi consideriamo indipendente, ciò che è oggettivo.
Il "per sé" invece il lato soggettivo.
È chiaro che Hegel, con il suo idealismo, vuole arrivare ad un'unione di questi due lati (unione che poi verrà chiamata la "Cosa stessa"), dell'oggettivo e del soggettivo, dell'essere e del pensiero, ma naturalmente non limitandosi ad asserirla, tale unità, ma mostrandola come conclusione di un pensiero stringente, rigoroso. Che è appunto l'itinerario della Fenomenologia.

Nei primi tre capitoli il soggetto, nell'esperienza dei sensi (cap.1), della percezione (cap.2) e dell'intelletto scientifico (cap.3), è spinto a cercare la verità nella realtà. Cioè crede, evidentemente senza un'adeguata riflessione, che la verità sia la fuori, nel mondo.
Hegel mostra i limiti di questo approccio, in ciascuna fase, e nell'ultima, nello studio scientifico della natura, con la frenologia, vuole dare una rappresentazione del soggetto che mentre studia la natura in realtà si sta cercando, sta cercando di comprendere se stesso.
Tant'è che la sezione successiva è l'Autocoscienza, ovvero il soggetto che smette di cercare la propria verità nell'in sé, nell'oggetto, e inizia a pensare al proprio Sé, a concentrarsi sul proprio Sé.
Ma ciò di cui la coscienza aveva fatto esperienza, ovvero l'oggettività, l'in sé, anche se ora non si mostra come ciò cui attingere la propria verità, anche se ora appare come qualcosa di negativo, come qualcosa che si pone come ostacolo all'Io, è rimasta, non viene cioè vista come pura apparenza.
Le acquisizioni dei primi tre capitoli non vengono buttati via, insomma.

Ma come si arriva all'autocoscienza? Tramite il desiderio, che nella sua forma più elementare è appetito, ma che poi, di gradino in gradino spinge verso un altro vivente, diventa desiderio di un'altra autocoscienza. Perché solo in questo caso l'oggetto del desiderio "è tanto io quanto oggetto".
"Solo in questo modo essa [l'autocoscienza] è di fatto; poiché solo così, per l'autocoscienza, viene a istituirsi l'unità di se stessa nel suo essere altro".
"Con ciò, è già presente per noi il concetto dello spirito. Tutto quello che verrà in seguito, per la coscienza costituirà l'esperienza di ciò che lo spirito è: [...] Io che è Noi, e Noi che è Io" (p. 127, ed. Einaudi).

Scrive acutamente Hyppolite: "La vita è inquietudine, inquietudine del Sé che, perdutosi, si ritrova nella sua alterità; essa non è mai coincidenza con sé, poiché è sempre altro proprio per essere se stessa; si pone sempre in una determinazione [in una forma specifica, in una posizione] e sempre si nega per essere sé, perché la determinazione in quanto tale è già una sua prima negazione. L'essere dell'uomo «non è mai ciò che esso è ed è sempre ciò che esso non è»".
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 05 Maggio 2024, 09:47:02 AM
Green, cerchiamo di rimanere sul testo, se no non ne usciamo più...

Allora, siamo alla sezione A "Autonomia e non-autonomia dell'autocoscienza; Signoria e servitù", p. 128.
In generale nella successione di figure in cui si assiste nella FDS, che più avanti comprenderanno Stoicismo e Scetticismo, si tratta di capire che:
a) non di filosofie in senso stretto si tratta, ma di visioni del mondo complessive, di Weltanschauung, che comportano uno sguardo specifico sul mondo e un certo modo di reagire agli ostacoli, alle difficoltà in cui ci si imbatte.
Per questo non si tratta di confutare teoricamente la singola figura, la singola visione del mondo e così passare oltre verso incarnazioni dello spirito umano più adeguate, ma di attraversare tale visione del mondo, e incarnarla fino a che le contraddizioni, le sue inadeguatezze vissute non ci diano la forza per abbandonare quel mondo e continuare la ricerca.
b) la successione specifica che troviamo nella FDS di queste Weltanschauung a volte appare arbitraria, le motivazioni che dall'una dovrebbero condurci alla successiva non sono sempre così chiare e stringenti; non è il caso dunque di insistere troppo su questi collegamenti, meglio invece approfondire le singole figure.

E in queste pagine troviamo una delle figure più note, quella della dialettica del servo e del signore.
Importante è però sottolineare l'idea che l'autocoscienza, cioè lo stadio del soggetto che ora stiamo analizzando, che è autocoscienza in quanto coscienza che sente in modo più concreto rispetto alle fasi precedenti una tendenza alla riflessione su se stessa, cerca ciò che le manca, sollecitata dal desiderio, in un'altra autocoscienza.
Il desiderio nella sua forma più primitiva, l'appetito, chiude il soggetto in un loop infinito di consumo e distruzione dell'oggetto. Non è attraverso la ripetizione infinita di questo ciclo che l'autocoscienza possa trovare se stessa.
Ma solo in un'altra autocoscienza: nel riconoscimento di un'altra autocoscienza.
Ecco la questione essenziale: il riconoscimento e i conflitti per ottenerlo.

Ma vediamo come si forma questa dialettica servo-signore.
La scena originaria è quella dell'incontro di due individui. Ciascuno dei due è un'autocoscienza, e l'altro che ha davanti invece solo un "oggetto inessenziale".
Nell'incontro-scontro ciascuno dei due per dimostrare a se stesso che non è solo una cosa (visto che l'individuo che ha davanti sembra rivolgersi a lui come si rivolgerebbe ad una cosa o ad un animale da usare), ma è un soggetto, deve agire, deve dare prova di essere libero di agire, in una lotta per la vita e per la morte.
Queste due autocoscienze "debbono entrare in questa lotta, poiché debbono elevare a verità [...] la certezza che esse hanno di sé: la certezza cioè di essere per sé" (p.131). La certezza cioè di essere un soggetto, di essere effettivamente un'autocoscienza.
"[...] è unicamente mettendo a repentaglio la vita che si dimostra la libertà".
"L'individuo che non ha osato rischiare la vita può bensì venire riconosciuto come persona; ma non ha raggiunto la verità di questo riconoscimento come autocoscienza autonoma".
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 05 Maggio 2024, 10:28:35 AM
L'esito della lotta è la formazione di un signore e di un servo.
Il signore è colui "che nella lotta ha mostrato che esso [colui che diventerà servo] ai suoi occhi vale soltanto come un che di negativo" (p.133).

Nota mia: dunque se ne deduce che l'aristocrazia antica così come l'attuale (i capitalisti) ha questa caratteristica essenziale: non il coraggio nella lotta, ma la propensione a considerare l'altro come cosa; da qui l'istituzione della schiavitù nel passato, e, oggi, il processo di trasformazione del lavoratore in macchina.
La cosa comune è sempre la stessa: non ingegnosità, non coraggio, non intraprendenza, ma riduzione violenta dell'altro a cosa.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Phil il 05 Maggio 2024, 15:39:00 PM
Citazione di: Koba II il 05 Maggio 2024, 10:28:35 AMNota mia: dunque se ne deduce che l'aristocrazia antica così come l'attuale (i capitalisti) ha questa caratteristica essenziale: non il coraggio nella lotta, ma la propensione a considerare l'altro come cosa
Hegel lo spiega chiaramente (a partire dalle pagine precedenti): il signore può esser tale solo a seguito della lotta, emerge dalla lotta (per come questa è intesa nel testo).
Sull'interpretazione classista della questione servo/padrone, tanto consolidata quanto impropria, segnalo questo, dove si legge: «Si continua spesso a vedere in Hegel lo scopritore della « dialettica servo padrone ». È invece ormai assodato dalla critica che : a) non c'è alcuna dialettica « dialettica schiavo-padrone » (il termine « dialettica » in tale contesto è usato una volta sola e con diverso significato) ; b) Non c'è schiavo, ma Knecht, servo o valletto ; c) quest'ultimo è inserito in una relazione che è astratta, interna alla figura dell'autocoscienza, ossia Herrschaft/Knechtschaft. Appaiono così nettamente ridimensionate diverse interpretazioni, tra cui quella geniale, ma inattendibile, di Kojève (che ne ha generato molte altre), che aveva individuato dietro la figura dello « schiavo » quella il proletario, e, dietro quella del padrone, il capitalista».
Tuttavia, se vogliamo restare nell'alveo ormai storicizzato di una lettura politico-sociologica, in realtà tale rapporto oggettivante è percorribile (e, di fatto, spesso percorso) anche nella direzione opposta: dal servo al padrone; ossia la cosificazione del padrone da parte del servo (ma non voglio dirottare anche questo topic, lo lancio solo come spunto di riflessione).
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Ipazia il 05 Maggio 2024, 16:22:50 PM
All'epoca di Hegel la Herrschaft capitalistica esisteva già. Hegel, da estimatore della Rivoluzione Francese, era certamente al corrente del passaggio di consegne e quindi non vedo nulla di errato nella deduzione di Koba. Inclusa la cosificazione manipolabile della forma "schiavo", nelle sue metamorfosi storiche. Irreversibile nella concretezza dei fatti storici e giuridici: nella sua testa lo schiavo può pensare peste e corna del padrone, ma con esiti irrilevanti nel processo di dominazione.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Phil il 05 Maggio 2024, 19:01:33 PM
Lungi da me il voler fare polemica, tuttavia ciò che propone Koba può anche essere "vero" (non mi ci addentro), ma credo resti un non sequitur rispetto al testo hegeliano (alla cui lettura è intitolato il topic). Nel testo una coscienza individuale (non l'aristocrazia o il capitalismo) acquisisce autocoscienza nella lotta (non di classe) con(tro) un'altra coscienza (ed è scritto esplicitamente, non è questione di interpretazione). Dedurre da ciò che l'aristocrazia o il capitalismo non abbiano come caratteristica essenziale il coraggio nella lotta, è una libertà esegetica molto oltre il testo, molto oltre il voler-dire di Hegel (e lo afferma Bodei, non un tale Phil), sebbene molto dentro una certa lettura non proprio "ermeneuticamente sobria" del testo in questione. Lo stesso vale per l'oggettificazione: porla all'interno di una dialettica fra coscienze individuali («per sé», «in sé», etc.), non significa affatto porla all'interno di una dialettica sindacale ed economica (che poi sia possibile fare tale "salto" partendo dal testo hegeliano, lo dimostrano bene Kojeve e altri, ma pur sempre salto rimane).
Tale "lettura allegorica" ha avuto storicamente più successo del voler-dire originario (una sana ermeneutica calpesta mai l'esegetica? L'allegoria invece può, anzi deve), ma questa, a mio avviso, è un'altra storia. Sun Tzu non ha scritto un testo di strategia aziendale, anche se, (molti) secoli dopo, ha avuto successo più in quell'ambito che in quello militare (dichiariamo allora i manager buoni esegeti di Sun Tzu? Credo nemmeno Schleiermacher azzarderebbe tanto). Forse è solo questione di distinguere attentamente interpretazione, deduzione, lettura allegorica, etc. Ringrazio comunque Koba per il lavoro che sta facendo in questo topic (e perdoni la mia puntigliosità).
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Ipazia il 05 Maggio 2024, 19:22:52 PM
Sì, effettivamente la lotta di classe non è riducibile a lotta di (auto)coscienze individuali, quasi fosse uno psicodramma. Il padrone nullifica il servo anche senza averlo mai visto, in quanto è il padrone sociale a nullificarlo, indipendentemente dal padrone individuale. Hegel non è Marx. Il servo che individualmente spacca la testa al padrone diventa un carcerato/giustiziato, non un signore che ne prende il posto.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 07 Maggio 2024, 00:58:27 AM
Citazione di: Koba II il 04 Maggio 2024, 16:52:01 PMScrive acutamente Hyppolite: "La vita è inquietudine, inquietudine del Sé che, perdutosi, si ritrova nella sua alterità; essa non è mai coincidenza con sé, poiché è sempre altro proprio per essere se stessa; si pone sempre in una determinazione [in una forma specifica, in una posizione] e sempre si nega per essere sé, perché la determinazione in quanto tale è già una sua prima negazione. L'essere dell'uomo «non è mai ciò che esso è ed è sempre ciò che esso non è»"
Tu dici che alll'autocoscienza (del sé) si arriva tramite il desiderio.
Ma io leggo tutt'altro.
Innanzitutto ripeto quello che già avevo detto riguardo la prefazione.
Nel momento in cui Hegel riferisce che per lui il concetto è tutto, riferisce anche di quella che è una sua tesi, che richiederà l'eplicitazione dell'opera.
Ma comincia a creare concetti doppioni, che già all'epoca avevo previsto che avrebbero portato problemi.
L'in sè e il per sè e successivamente la negatività assoluta.
Mi pare ovvio, se qualcosa è in sè, come fa ad essere poi negatività assoluta?
E infatti Hegel fa un casino biblico senza che questo casino debba farci ragionare su qualcosa di etico, semplicemente è scritto male.
Il casino lo fa anzitutto scegliendo questa procedere che lui chiama dialettica, ma che di dialettico non ha niente, infatti sono tutte giustapposizioni che potrebbero singolarmente essere rigettate in toto.
Nessuna reale dimostrazione perciò.
Fa il sofista: la verità dell'uomo è ciò che che per lui conta, e questa verità è che lui con questa verità non ha niente a che spartire.
A questo punto inizia a ragionare sulla verità dell'io.
E qui casca l'asino hegeliano, infatti la verità è un valore positivo, ma se dici che lo spirito è pura negatività, allora anche l'io (autocoscienza del sè) diverrà nientemeno che negatività.
Hegel non arriva a spiegare niente, semplicemente ha delle intuizioni brucianti.
Una volta che abbiamo stabilito che la vita che viviamo è in realtà morte.
E che la vita stessa è disperazione senza possibilità di arrivare a questo in sè, che si rivela sempre un altro da sè.
E' ovvio che sta parlando del noumeno, ma per lui il noumeno è la forza (ossia da valore positivo alla forza negativa, il capitolo 3 è da saltare, perchè è falso, e così è falso anche la sua pretesa verità che esista qualcosa che coincida con la pura forza della negatività, in natura non esiste questa unità, la scienza quantistica e quella entropica ormai lo hanno stabilito.
La metafisica di Hegel sa di stantio, se rimaniamo al testo.

Hyppolite nel passo da te citato vaneggia, e non ha capito nulla di hegel.
la vita non ha alcuna relazione con il sè.
E' l'autocoscienza del sè che conosce questa irrelazione.
L'inquietudine infatti non è MAI nel fuori, ma è dentro la nostra casa.
Ossia è nell'io. Qua in causa è chiamato il perturbante di Freud che però si rifà ad un racconto di Hoffman che ho clamorosamente bucato nella mia adolescenza.

Il punto della grandezza di Hegel è che noi NON DOBBIAMO cercare il sè che noi conosciamo come soggetto, ossia come alterità dell'autocoscienza dell'in sè rispetto al per sè degli altri (a cui ovviamente facciamo da soggetto, qui Pirandello va molto più a fondo).
Certamente se vogliamo stare alla volontà di hegel invece che ragionare sul gioco delle parti sociali, hegel parte per la tangenziale di questa fantomatica unità.

per me è invece importantissimo il concetto di assoluto negativo.
l'io si conosce in sè COME DESIDERIO.
Hegel non ci arriva, semplicemente lo enuncia.
E' il suo opposto ossia l'autocoscienza del sè, che lo trasforma nel suo contrario nel GODIMENTO.

In Hegel questa diade è fenomenale, la enuncia brutalmente, e su di essa la psicanalisi di lacan  ma anche quella francofortese (Fromm) si eserciterà nel suo approfondimento.

tu invece dici che il desiderio è una prima forma di quello che diventerà godimento.

E' una lettura terrificante. Il desiderio frutto dell'assoluta negatività si compie nel suo frutto più maturo, nell'eros, che diventa morale, e solo allora diventa amore dell'altra autocoscienza.

E infatti Hegel, sono andato avanti e sono arrivato alla parte di stoicismo e scetticismo, per un attimo enuncia questa tematica, ma si incasina e si perde dietro il problema dello scetticismo.
Se lo stoicismo è presto buttato nel cesso per via della sua pretesa coscienza di ciò che non per sè, e a cui non sa rispondere su cosa LA MORALE e L'ETICA.
Lo stoico risponde banalmente nella razionalità, ma Hegel affonda il colpo incolpandoli sostanzialmente di non sapere il perchè e di cosa sia la MORALE e l'etica.
Lo scetticismo invece viene preso per buono, in quanto l'in sè è sempre un per sè.
Ha ben ragione lo scetticismo che però in verità alla fine dimentica completamente l'in sè e si dedica completamente all'in sè che è sempre un per sè, anche qui non rispondendo alla questione morale direi io, invece Hegel riattacca il pippotto della verità, che come ci stai aiutando a capire koba, riguarda più l'ente che l'essere.
O meglio ripeto per l'ennesimo volta, in un universo statico la verità non può che coincidere che l'assoluta differenza che coincide con l'ente stesso originario.
Aristotele again.
Di Platone nessuna traccia, temo si dovrà aspettare Heidegger che medita sul tempo, riprendendo Agostino (che riprende Platone).

Ma appunto passetto passettino, anche se ti ringrazio ancora per darci sempre come orizzonte la testualità hegeliana.

Ci terrei a riscrivere nei prossimi giorni la questione dello scetticismo, con il punto in cui Hegel parla di autocoscienza che si confronta con una autocoscienza.
l'ho trovato un analisi geniale, al pari dello stoicismo, che come spiegazione è molto più semplice.


ecco correggiamo Hypolite: " L'essere dell'uomo «non è mai ciò che esso è ed è sempre ciò che esso non è»" ma solo in quanto essere soggetto.
infatti l'essere dell'uomo è sempre ciò che esso è, in quanto tale.
e' il soggetto che mera negazione di quello che l'io è-
è il presunto essere io del soggetto che è in ballo e non l'io.

Non capisco proprio il perchè di tirare in ballo l'autocosienza del sè, in quanto sè, è sempre per sè, e cioè è sempre soggetto universale cioè sociale e quindi FALSITA'.
Il soggetto comunista o socialista è nemico dell'io spirituale.

laddove il comunista GODE nella distruzione del sè intellettuale dell'io libero, là si pone la resistenza, che è morale, del sè per sè in quanto sè, di se stesso.
non esiste il doppio dell'autoscienza del per sè che diventa in sè. Infatti l'in sè del per sè, è sempre un per sè, ossia per gli altri.
Ovvero a mio parere non esiste l'autocoscienza dell'in sè. Non esiste questo doppio, che serve ad Hegel per cosa? Forse appunto si chiarifica nel discorso sullo scetticismo. 

Hegel sembra non vedere la soluzione spirituale che è ad un palmo da lui, vediamo se ce la da nei prossimi paragrafi con consapevolezza, perchè in realtà l'ha già scritta, e devo tornare a sottolineare i testi...che pazienza tornare studenti!
Ma per spirito di servizio volentieri  :-*
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 07 Maggio 2024, 01:13:33 AM
Citazione di: Koba II il 05 Maggio 2024, 09:47:02 AMGreen, cerchiamo di rimanere sul testo, se no non ne usciamo più...

Allora, siamo alla sezione A "Autonomia e non-autonomia dell'autocoscienza; Signoria e servitù", p. 128.
In generale nella successione di figure in cui si assiste nella FDS, che più avanti comprenderanno Stoicismo e Scetticismo, si tratta di capire che:
a) non di filosofie in senso stretto si tratta, ma di visioni del mondo complessive, di Weltanschauung, che comportano uno sguardo specifico sul mondo e un certo modo di reagire agli ostacoli, alle difficoltà in cui ci si imbatte.
Per questo non si tratta di confutare teoricamente la singola figura, la singola visione del mondo e così passare oltre verso incarnazioni dello spirito umano più adeguate, ma di attraversare tale visione del mondo, e incarnarla fino a che le contraddizioni, le sue inadeguatezze vissute non ci diano la forza per abbandonare quel mondo e continuare la ricerca.
b) la successione specifica che troviamo nella FDS di queste Weltanschauung a volte appare arbitraria, le motivazioni che dall'una dovrebbero condurci alla successiva non sono sempre così chiare e stringenti; non è il caso dunque di insistere troppo su questi collegamenti, meglio invece approfondire le singole figure.

E in queste pagine troviamo una delle figure più note, quella della dialettica del servo e del signore.
Importante è però sottolineare l'idea che l'autocoscienza, cioè lo stadio del soggetto che ora stiamo analizzando, che è autocoscienza in quanto coscienza che sente in modo più concreto rispetto alle fasi precedenti una tendenza alla riflessione su se stessa, cerca ciò che le manca, sollecitata dal desiderio, in un'altra autocoscienza.
Il desiderio nella sua forma più primitiva, l'appetito, chiude il soggetto in un loop infinito di consumo e distruzione dell'oggetto. Non è attraverso la ripetizione infinita di questo ciclo che l'autocoscienza possa trovare se stessa.
Ma solo in un'altra autocoscienza: nel riconoscimento di un'altra autocoscienza.
Ecco la questione essenziale: il riconoscimento e i conflitti per ottenerlo.

Ma vediamo come si forma questa dialettica servo-signore.
La scena originaria è quella dell'incontro di due individui. Ciascuno dei due è un'autocoscienza, e l'altro che ha davanti invece solo un "oggetto inessenziale".
Nell'incontro-scontro ciascuno dei due per dimostrare a se stesso che non è solo una cosa (visto che l'individuo che ha davanti sembra rivolgersi a lui come si rivolgerebbe ad una cosa o ad un animale da usare), ma è un soggetto, deve agire, deve dare prova di essere libero di agire, in una lotta per la vita e per la morte.
Queste due autocoscienze "debbono entrare in questa lotta, poiché debbono elevare a verità [...] la certezza che esse hanno di sé: la certezza cioè di essere per sé" (p.131). La certezza cioè di essere un soggetto, di essere effettivamente un'autocoscienza.
"[...] è unicamente mettendo a repentaglio la vita che si dimostra la libertà".
"L'individuo che non ha osato rischiare la vita può bensì venire riconosciuto come persona; ma non ha raggiunto la verità di questo riconoscimento come autocoscienza autonoma".
ma mi pare una lezioncina da manuale, io ci ho letto tutt'altra cosa.

nella dialettica servo padrone ci imbattiamo in osservazioni dolenti.
 
il servo non vuole farsi riconsocere dal padrone, anzi egli è semplicemente obbligato a lavorare, ma è proprio il lavoro in sè, non il desiderio del servo.
non esiste il desiderio del servo, esiste il lavoro in sè.
qua è ultra-evidente la matrice da cui poi marx parte per la tangente e costruisce il comunismo.
è il lavoro in sè che mostra al servo che egli è il prodotto della sua merce.
egli al contrario del padrone è l'unico dei due a riconoscersi per sè-
ossia per gli altri. il lavoro dell'individuo fa vedere l'individuo per quello che è: nel comunismo MERO OGGETTO.
Quindi mentra nel padrone il soggetto si schianta nell'oggetto in quanto godimento del sè nel suo mero oggetto. Ovvero trae piacere dall'essere tutt'uno coll'oggetto.
Si sente nelle righe di Hegel la puzza del diavolo, questo godimento è inconsciente, è immorale, è mortifero, Hegel non lo scrive, semplicemente passa a quello che gli interessa le figure dell'autocoscienza.
In Hegel non c'è discorso morale, o meglio nella prefazione il discorso morale è quello che la scienza è il male assoluto.
La conoscenza del lavoratore che ha di se stesso è la conoscenza del sè, ossia il soggetto che è oggetto.
Siamo già nel transumanesimo.
in Hegel naturalmente questo non basta, infatti benchè non faccia un discorso morale, egli sfiora la domanda morale, e lascia a noi il compito di dipanarla.
Lui è troppo preso dal suo progetto unitario.
Il servo è la prima figura di disambuguazione, infatti il servo sa di essere mero oggetto, al contrario del padrone, che è destinalmente SCHIAVO dell'oggetto del godimento.
Per assurdo il servo è la prima figura verso il cammino spirituale, di SUPERAMENTO dell'oggetto, del feticico dirà poi marx.
il servo è più libero del padrone.

perchè passa dalle figure servo padrone a quello dello stoico scettico?

ecco questo è un passaggio che richiede meditazione.

a presto.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 07 Maggio 2024, 01:23:46 AM
Citazione di: Koba II il 05 Maggio 2024, 10:28:35 AML'esito della lotta è la formazione di un signore e di un servo.
Il signore è colui "che nella lotta ha mostrato che esso [colui che diventerà servo] ai suoi occhi vale soltanto come un che di negativo" (p.133).

Nota mia: dunque se ne deduce che l'aristocrazia antica così come l'attuale (i capitalisti) ha questa caratteristica essenziale: non il coraggio nella lotta, ma la propensione a considerare l'altro come cosa; da qui l'istituzione della schiavitù nel passato, e, oggi, il processo di trasformazione del lavoratore in macchina.
La cosa comune è sempre la stessa: non ingegnosità, non coraggio, non intraprendenza, ma riduzione violenta dell'altro a cosa.
Piu precisamente come detto sopra il padrone si riduce ad essere oggetto, mera necessità di distruzione dell'altro.
non è semplicemente la schiavitù ma è precisamente la tortura, come poi lacan nel famoso kant con sade.
la nostra è una società di padroni inequivocabilmente portati a delinquere e a depensare, a rimanere idioti, ossia se stessi. nè per sè (per gli altri) nè in sè (la dittatura del cuore nero).
senza schiavo nessun godimento, godimento sadico di distruzione dell'altro.
a qualsiasi grado e latitudine umana.
la legge sadica è la legge del padrone.

Nel servo la libertà è semplicemente un primo grado di libertà, e cioè la libertà di pensare il per se (ossia per gli altri) come mera preda, oggetto sacrificatorio in ordine al suo fornire l'oggetto.
In questo riconoscersi come oggetto di consumo al pari di qualsiasi oggetto di consumo, qui marx al meglio.
Ossia nel godimento del padrone.
E' una libertà molto sbiadita cioè direi quasi penosa, se non fosse che per Hegel la vita ci è già nemica, e dunque è solo nell'in sè, che puà trovare la salvezza.
il comunista invasato invece ha capito che il sè deve diventare il nuovo padrone.
è questo il loop di massima del comunista.
ossia il servo dall'essere agnello vuol diventare lupo E CHE LUPO, un LUPO consapevole. da poveraccio a feccia il passo è molto breve.
L'orrore al cubo del nostro tempo. un incubo.
 altr note sparse a margine, la libertà che vuole diventare signore è la libertà della servitù volontaria. servitù all'oggetto, fino allo schifo disumano che trattiamo le persone come dei ca**o di oggetti, e che queste persone VOGLIONO essere oggetti.
cosa non ci dicono queste persone ogetti? non ci dicono del loro sadismo latente, ce lo dicono i loro sintomi, le loro ansie, tutti i ca**o di movimenti #mee too, dal black lives matter, al femminismo-oggetto contemporaneo.
Che spettacolo da grand guignol: a hegel piglierebbe un colpo.
all'epoca le loro porcherie se le tenevano in privato.
oggi è tutto social, lo spettacolo del gran guignol dell'orrore.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 07 Maggio 2024, 01:46:00 AM
Citazione di: Phil il 05 Maggio 2024, 19:01:33 PMLungi da me il voler fare polemica, tuttavia ciò che propone Koba può anche essere "vero" (non mi ci addentro), ma credo resti un non sequitur rispetto al testo hegeliano (alla cui lettura è intitolato il topic). Nel testo una coscienza individuale (non l'aristocrazia o il capitalismo) acquisisce autocoscienza nella lotta (non di classe) con(tro) un'altra coscienza (ed è scritto esplicitamente, non è questione di interpretazione). Dedurre da ciò che l'aristocrazia o il capitalismo non abbiano come caratteristica essenziale il coraggio nella lotta, è una libertà esegetica molto oltre il testo, molto oltre il voler-dire di Hegel (e lo afferma Bodei, non un tale Phil), sebbene molto dentro una certa lettura non proprio "ermeneuticamente sobria" del testo in questione. Lo stesso vale per l'oggettificazione: porla all'interno di una dialettica fra coscienze individuali («per sé», «in sé», etc.), non significa affatto porla all'interno di una dialettica sindacale ed economica (che poi sia possibile fare tale "salto" partendo dal testo hegeliano, lo dimostrano bene Kojeve e altri, ma pur sempre salto rimane).
Tale "lettura allegorica" ha avuto storicamente più successo del voler-dire originario (una sana ermeneutica calpesta mai l'esegetica? L'allegoria invece può, anzi deve), ma questa, a mio avviso, è un'altra storia. Sun Tzu non ha scritto un testo di strategia aziendale, anche se, (molti) secoli dopo, ha avuto successo più in quell'ambito che in quello militare (dichiariamo allora i manager buoni esegeti di Sun Tzu? Credo nemmeno Schleiermacher azzarderebbe tanto). Forse è solo questione di distinguere attentamente interpretazione, deduzione, lettura allegorica, etc. Ringrazio comunque Koba per il lavoro che sta facendo in questo topic (e perdoni la mia puntigliosità).
Dentro la testualità ma anche fuori come ho già detto sopra non esiste la dialettica da romanzo d'appendice di cappa e spada dei comunsti.
E' evidente che non hanno MAI letto la FDS.

Giusto per specificare, ma in realtà l'ha già spiegato koba sopra, la dialettica non va intesa come figurazione storica, ma come figurazione dell'autocoscienza, in gradini di consapevolezza.

Naturalmente Bodei è considerato un grande hegelista. E da quanto ci riporti e ti ringrazio, lo ha dimostrato bene nella disambiguazione tra il testo hegeliano, e l'interpretazione classista del genio marxista.

Non c'è alcuna relazione dell'uno sull'altro in termine di gradino morale o di autoconoscenza, ma l'autocoscienza svegliata dal servo è dovuta alla violenza del padrone.
il servo senza padrone non svilupperebbe quel risveglio morale, a cui la necessità della sopravvivenza lo porterebbe.
Ma parimenti sebbene nel testo non compare, il servo rischia di fare la stessa fine del padrone, ossia essere vittima del godimento di quegli oggetti che lui stesso ha creato.
E se lo aggiorniamo al giorno d'oggi di usare le persone come oggetti, e mi dispiace, ma che lavorassi in banca o che lavorassi a pulire i cessi, è proprio così.
la differenza forse è proprio che in banca ti viene richiesto di trattare la gente come merda secca.
ci devi credere, se vuoi fare il padrone è meglio che ti metti subito in testa che tu alla gente devi fare del male.
e così è ca**o.
però bon, ci sta il puntiglio e torniamo a filosofare.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 07 Maggio 2024, 02:03:32 AM
Citazione di: Ipazia il 05 Maggio 2024, 19:22:52 PMSì, effettivamente la lotta di classe non è riducibile a lotta di (auto)coscienze individuali, quasi fosse uno psicodramma. Il padrone nullifica il servo anche senza averlo mai visto, in quanto è il padrone sociale a nullificarlo, indipendentemente dal padrone individuale. Hegel non è Marx. Il servo che individualmente spacca la testa al padrone diventa un carcerato/giustiziato, non un signore che ne prende il posto.
A mio modo di vedere un marxismo fatto bene, in base a questi seminali figure di hegel, non è tanto l'autocoscienza individuale che spacca la testa al padrone, che non ha coscienza alcuna.
Quanto la lotta delle autoscienze che in quanto coscienti di esserlo per il sè, ossia tramite il lavoro, si riconosco come forza motrice e creatrice del senso storico, per sè e per gli altri del BENESSERE ECONOMICO.
Da qualche parte hegel dovrebbe parlare di coscienza infelice.
Se i comunisti non hanno travisato troppo, dovrebbe avere molto a che fare con Marx, se ci puoi aiutare ipazia grazie.
Ecco per non cadere nella coscienza infelice, in cui una volta raggiunta (lotte sindacali e di classe) il benessere, la nuova classe ora chiamatasi borghese, fa l'errore di fare il padrone.
Necessiterebbe di una distinzione CAPITALE tra essere uomo e merce.
E invece questa distinzione CAPITALE, diventa capitalismo.
Le nuove forze borghesi dimenticano l'infelicità e si dedicano al sesso, alla tratta di schiave nere etc...
La risposta di marx nella creazione di un economia socialista sta propria nel tasso d'interesse, lo schiavo che lavora per il suo benessere, DEVE GODERE nell'interesse del benessere degli altri, e quindi VA PAGATO.
E' una questione morale, che il comunismo nelle sue infinite manifestazioni elabora e sta ancora elaborando.
il comunismo italiano a differenza di quello russo VUOLE la cultura.
la cultura ci aiuta a costruire un ideale di essere umano, che si prende per mano e porta BENESSERE non solo per sè ma anche PER GLI ALTRI.
In fin dei conti la visione di MARX è una visione umanista.
l'economia un progetto politico.
Forse però quell'infelicità interiore, che non va via, ecco forse il comunismo ha avuto troppo fretta di dimenticarlo.
Ecco che allora è nata la scuola di francoforte e il suo ritorno alla moralità.
purtroppo oggi quando si parla di moralità a me mi vengono i brividi.
e' l'esatto opposto!
e i comunisti sembrano entrati in un loop assurdo ai miei occhi.
non solo politico, ma proprio teoretico.
e in questo phil cià ragione.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Ipazia il 07 Maggio 2024, 16:02:25 PM
La differenza tra le varie forme di comunismo non è ideologica, ma strutturale. E nella struttura ci sta pure l'imprinting socioeconomico di chi fa la rivoluzione. I profeti erano ben consapevoli di tale immenso problema e pensavano al comunismo nei paesi economicamente e culturalmente più sviluppati, che avrebbero gestito al meglio quanto realizzato dalla borghesia capitalistica.

Invece è avvenuto tutto il contrario e su questa profezia mancata occorre interrogarsi. Laddove la tigre era di carta colonialistica la rivoluzione ha attecchito facilmente, al contrario di dove la tigre teneva al sicuro i suoi corruttivi forzieri.

E nel frattempo la tigre aveva preso le misure allo spettro che si aggirava per l'Europa e riguadagnava terreno laddove la rivoluzione arrancava tra sottosviluppo e burocrazia dogmatica. Fine della storia ?

Manco per sogno. La tigre di carta riprendeva a carteggiare finanziariamente, sicura di poter dominare il mondo con la sua cartamoneta, sempre più simile ad un anti Spirito hegeliano, infelicissimo e dispensatore di infelicità. Fino alla resa dei conti incombente.

Il seguito - improfetizzabile - alla prossima puntata (... ma temo/spero proprio che noi "non ci saremo").
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 08 Maggio 2024, 01:27:37 AM
Citazione di: Ipazia il 07 Maggio 2024, 16:02:25 PMLa differenza tra le varie forme di comunismo non è ideologica, ma strutturale. E nella struttura ci sta pure l'imprinting socioeconomico di chi fa la rivoluzione. I profeti erano ben consapevoli di tale immenso problema e pensavano al comunismo nei paesi economicamente e culturalmente più sviluppati, che avrebbero gestito al meglio quanto realizzato dalla borghesia capitalistica.

Invece è avvenuto tutto il contrario e su questa profezia mancata occorre interrogarsi. Laddove la tigre era di carta colonialistica la rivoluzione ha attecchito facilmente, al contrario di dove la tigre teneva al sicuro i suoi corruttivi forzieri.

E nel frattempo la tigre aveva preso le misure allo spettro che si aggirava per l'Europa e riguadagnava terreno laddove la rivoluzione arrancava tra sottosviluppo e burocrazia dogmatica. Fine della storia ?

Manco per sogno. La tigre di carta riprendeva a carteggiare finanziariamente, sicura di poter dominare il mondo con la sua cartamoneta, sempre più simile ad un anti Spirito hegeliano, infelicissimo e dispensatore di infelicità. Fino alla resa dei conti incombente.

Il seguito - improfetizzabile - alla prossima puntata (... ma temo/spero proprio che noi "non ci saremo").

Adesso non so cosa ne pensi tu di La Grassa, a giudizio di Anthony non dovrebbe essere più nel giro dei comunisti teoretici.
Ma a me piace il suo sprone continuo ai giovani a non mollare mai lo studio dell'economia, e di tutte quelle figure professionali di cui il comunismo italiano avrà bisogno.
Voglio dire, certo che non ci saremo, ma a me non va di non lasciare niente a chi poi si troverà di fronte all'occassione, come la chiama La Grassa, in cui il capitalismo collasserà sotto le sue pretese sempre più irragionevoli e portatori di una infelcità che mai si è vista nella storia.
I pezzenti pure credevano ad un Dio che li salvasse.
Ma oggi nessuno crede più a niente.
Nessuno è poi così disperato come una volta, eppure c'è qualcosa che ci manca ancora di più grande.
Quando un Cacciari taccia il comunismo di religione salvifica, religione materialista certo, a me sembra che faccia un favore al comunismo.
Non mi pare una critica, ma una lode.
Probabilmente sono un comunista (economico) atipico.
Ciao!

Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 08 Maggio 2024, 08:25:59 AM
Inizio a rispondere, mi ci vorranno un po' di giorni, purtroppo non ho molto tempo libero.

La mia osservazione, ripresa da Phil, era in effetti un po' rozza.
Rileggendo il testo di Hegel noto che ci sono due livelli, quello della lotta, il momento della lotta per il riconoscimento (e per la libertà: ricerca del riconoscimento appunto di sé come soggetto libero, non come cosa per l'altro), che genera una differenza di potere, e quello dell'assoggettamento, con la riduzione permanente di una delle due autocoscienze allo stato di servitù.
Questo secondo livello non è più lotta per il riconoscimento, ma il volontario mantenimento di uno stato regressivo in cui ci si sente liberi e vivi solo attraverso l'azione di individui assoggettati usati come macchine, cioè come soggetti che hanno la funzione di produrre gli oggetti per il mio godimento.
Il che fa capire quanto questa figura del servo e del signore sia primitiva nell'ambito dell'itinerario del soggetto verso una piena autocoscienza.

Noto inoltre che tutto il testo della Fenomenologia è un intreccio di due discorsi, uno teoretico e uno di filosofia della storia.
Il che si riflette nelle controversie della letteratura critica.
Oltre all'ambiguità del testo, c'è insomma anche questo doppio discorso che legittima interpretazioni molto diverse, politiche, psicoanalitiche, o più strettamente filosofiche.

Green giustamente sottolineava l'importanza di capire bene il passaggio dalla figura del servo e del signore a quella dello stoicismo.
Credo che il motivo sia che quella figura (servo – signore) non possa avere alcuno sviluppo positivo, perché la dedizione del servizio del servo non conduce a nessuna libertà, infatti il vero sé del servo rimane la volontà del signore; è il sé del signore ad avere valore, non il proprio sé.
Mentre il signore invece finisce per dipendere del tutto dal lavoro del servo.

Non rimane così che la fuga in una libertà astratta, lontano dalle determinazioni della realtà, dalle dinamiche concrete del potere. La libertà della pura razionalità: lo stoicismo.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Ipazia il 08 Maggio 2024, 14:32:56 PM
Quanta fatica per autoprodurre una coscienza infelice che si giustifica attraverso un dato che non si sarebbe prodotto analizzando correttamente la realtà e gestendo razionalmente il sodalizio umano.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 08 Maggio 2024, 22:51:39 PM
Citazione di: Koba II il 08 Maggio 2024, 08:25:59 AMNon rimane così che la fuga in una libertà astratta, lontano dalle determinazioni della realtà, dalle dinamiche concrete del potere. La libertà della pura razionalità: lo stoicismo.

Si con la libertà di ricerca del sè.
No, lo stoicismo per Hegel è la risposta sbagliata.
Infatti una ricerca del sè che non pensi alla morale NON E' una ricerca del sè.
Per un attimo Hegel sembra Platone  :D .
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 08 Maggio 2024, 22:56:09 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2024, 14:32:56 PMQuanta fatica per autoprodurre una coscienza infelice che si giustifica attraverso un dato che non si sarebbe prodotto analizzando correttamente la realtà e gestendo razionalmente il sodalizio umano.
Si è su questa presunta razionalità che attenderei delle risposte teoretiche all'altezza del cambiamento della realtà di produzione, per questo pensavo a La Grassa, anche se nel suo canale di youtube di questa cambiamento non parla mai, e dice anzi di non saperne niente, lasciando il lavoro ai posteri.... :D
I quali posteri secondo La Grassa non riescono più nemmeno a leggere Marx.
Eh dovremo riprendere il capitale! è un pò lento per me  8)
Ma senza il capitale non posso leggere la dialettica di adorno  ???
Oddio che fretta mi sta venendo.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 09 Maggio 2024, 08:31:06 AM
Citazione di: green demetr il 08 Maggio 2024, 22:51:39 PMNo, lo stoicismo per Hegel è la risposta sbagliata.


Non è del tutto corretto.
Ogni gradino dell'itinerario viene superato perché inadeguato, ma non viene rigettato come se fosse la risposta sbagliata.
Tant'è che il passaggio nello stoicismo è sempre cosa buona e notevole quando ci si trova, nella vita normale, ad essere di se stessi sia servi che signori: sfruttando se se stessi come degli schiavi nel lavoro per essere signore dei propri godimenti.

Lo stoicismo, al di là dell'ironia di Hegel, è un grande movimento di pensiero, che però non riesce a reggere di fronte all'abisso tra libertà interiore e costrizioni reali.

La figura dello scetticismo entra in scena proprio per attaccare la realtà, le determinazioni reali. Asserendo che questo ordine naturale o sociale è solo pura accidentalità. L'ordine razionale è solo apparente. Dietro queste illusioni c'è il caos. Nulla che abbia un valore indipendente.
Con questa prospettiva, dice Hegel, la coscienza ritrova una certa universalità. Infatti all'inizio l'Io sembra stabile, la realtà invece solo caos.
Poi però lo spirito scettico viene a concentrarsi intorno a questa presunta stabilità dell'Io. E lo fa a pezzi.
Così la coscienza vive una duplicità quasi inconsapevole.
La figura della coscienza infelice è la consapevolezza di questa duplicità: "la coscienza infelice è la coscienza di sé come di quell'essenza fattasi duplice, che non fa che versare nella contraddizione" (p. 144).
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Ipazia il 09 Maggio 2024, 08:57:25 AM
La fenomenologia dello Spirito capitalistico si è evoluta molto non solo dai tempi di Hegel, ma pure dai tempi di Marx e pure, per quanto non molto geopoliticamente, dai tempi dell' "imperialismo" analizzato da Lenin.

La rilettura del Capitale è utile per capire la filosofia del Capitale, seguendo la pregevole esposizione storica sulla base dei documenti degli "ispettori del lavoro" britannici del tempo. E' indispensabile per acquisire i principi basilari di produzione del plusvalore secondo la teoria del valore lavoro sviluppata dalle teorie degli economisti inglesi Smith e Ricardo.

Ma il "cambiamento della realtà di produzione" è stato davvero imponente, passando  per questo stadio: produzione di merci a mezzo di merci , a sua volta evolutosi moltissimo dai tempi di Piero Sraffa, fino all'IA.

Cambiata è pure l'essenza e liturgia del valore supremo dell'Olimpo capitalistico, l'equivalente generale delle merci, il denaro che, perdendo il riferimento aureo  (Nixon 1971), si è involato nell'iperuranio della hybris finanziaria, laddove l'unità di misura vigente è quella degli arsenali atomici e delle portaerei. Una semplificazione, indubbiamente. Che riporta il tutto alla spada di Brenno. Tenendo però conto che poi vinsero i romani.

Capire lo spirito del Capitale, come di Dio peraltro, è abbastanza semplice. Conoscere i misteri delle prassi teologiche iniziatiche e delle relative tecnologie, no. Ma Marx aiuta ad addestrare l'olfatto, per capire almeno come e dove si muove l'animale.

Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Ipazia il 09 Maggio 2024, 09:22:45 AM
Lo sviluppo della coscienza infelice hegeliana si traduce in ambito marxista nella dissociazione tra borghese (pancia mia) e cittadino (interesse comune adulterato e falso), nelle molteplici contraddizioni di una società dove impera una Spirito senza spirito.

La pacificazione, ovvero la riunificazione della coscienza, può avvenire solo in una società non classista, egualitaria. Dove non si predichi bene (diritto alla felicità, evolutosi a Davos in "non avrete più niente e sarete felici"), e razzoli male (dagli schiavi africani all'evoluzione post moderna della schiavitù).

Quanta alla salvezza: non la si predica o promette, si fa. Filosofia della prassi.

Citazione di: green demetr il 08 Maggio 2024, 01:27:37 AMQuando un Cacciari taccia il comunismo di religione salvifica, religione materialista certo, a me sembra che faccia un favore al comunismo.
Non mi pare una critica, ma una lode.

Bisognerebbe vedere il contesto, ma è abbastanza vicino al vero: alla ricerca dello Spirito perduto...
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 10 Maggio 2024, 17:28:37 PM
Citazione di: green demetr il 08 Maggio 2024, 22:51:39 PMSi con la libertà di ricerca del sè.
No, lo stoicismo per Hegel è la risposta sbagliata.
Infatti una ricerca del sè che non pensi alla morale NON E' una ricerca del sè.
Per un attimo Hegel sembra Platone  :D .

Sul tema della morale nel seguito della Fenomenologia dovremo fare i conti con il problema dell'astrattezza della posizione di Platone (sì, il Bene, ok, ma cos'è il Bene), e di quella di Kant.
Già in queste pagine dedicate a stoicismo, scetticismo e coscienza infelice, si capisce quale sarà la critica di Hegel: appunto l'universalita' astratta che non riesce davvero a farsi carne, una dedizione lontana dallo spirito concreto dei popoli.
A quel punto ci toccherà fermarci, e studiare sia Platone (Repubblica), che Kant (le prime due Critiche).
Lo snodo Kant-Hegel è essenziale. Per me innanzitutto per la questione della conoscenza (la critica dell'idealismo al paradigma kantiano), per te per la questione di una fondazione realmente pensata della morale.
Ci divertiremo.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 11 Maggio 2024, 09:59:40 AM
Vediamo nei dettagli la figura della coscienza infelice.
Siamo arrivati al punto in cui, con lo scetticismo, l'autocoscienza si trova in una specie di condizione di sdoppiamento, o meglio una continua oscillazione tra la convinzione di essere portatore di una parte di sé essenziale (quando sente il proprio Io immutabile, "forte"; convinzione che viene dalla sua attività scettica rivolta alla realtà esterna), e quella di ricadere nella stessa labilità, infondatezza del mondo (quando l'attività critica si rivolge all'Io, che ora non appare più così stabile, solido, ma il risultato di condizioni accidentali).
In questo modo si produce uno sdoppiamento tra ciò che appare come essenziale e ciò che viene vissuto come inessenziale. Di questa duplicità l'autocoscienza, essendo appunto l'attività della coscienza che riflette su se stessa in forme sempre più approfondite, ora ha la piena consapevolezza.
Consapevolezza dell'esistenza di una frattura.
E queste due parti, la parte essenziale, immutabile, e quella inessenziale "per lei [per l'autocoscienza], costituiscono essenze reciprocamente estranee; essa stessa, poiché è la coscienza di questa contraddizione, si pone sul lato della coscienza mutevole, e si considera l'inessenziale" (p. 144).
Ma nello stesso tempo c'è anche la consapevolezza che la parte immutabile sia una parte di sé.
La coesistenza in se stessa di queste due parti, quindi di una contraddizione profonda, è qualcosa che cerca di eliminare.
In fondo la coscienza infelice "non è altro che il movimento contraddittorio nel quale nessuna delle due parti perviene alla quiete". Cioè ad una riconciliazione.

Nel suo commento Hyppolite riprende i testi teologici del giovane Hegel che si concentravano su questo tema: tentativi differenti nella storia della Grecia, dell'ebraismo, e infine del cristianesimo, di superare la contraddizione tra essenziale e inessenziale, tra infinito e finito, con l'ebraismo visto come il paradigma della separazione infelice, espresso nel simbolo di un Dio totalmente altro.

La letteratura critica ha insistito sulla separazione, quindi sull'infelicità della coscienza nella devozione.
Si tratta di una semplificazione dettata per lo più da orientamenti ateo-materialistici degli stessi studiosi.
In realtà basta leggere pagina 145 (ed. Einaudi) per vedere come Hegel, secondo me correttamente, discute di come ci sia, insieme alla distanza tra le due parti, anche un progressivo innalzamento della coscienza verso l'immutabile. Ovvero, se inizialmente la coscienza assume il ruolo della parte inessenziale e si sottomette all'immutabile, considerandosi un niente di fronte al proprio Dio (di fatto la posizione della devozione tradizionale), poi, nella consapevolezza di un appartenersi reciproco, l'immutabile "è nel contempo toccato dalla singolarità".
Ovvero, un frammento di vita vera, che nella prospettiva di Hegel non può che essere l'unità viva di universalità e di singolarità.
A me è venuta in mente la mistica cristiana. Ma anche la santità può essere compresa come un'esperienza che nelle sue oscillazioni drammatiche è comunque alimentata da questi momenti di unità con Dio.

- - continua - -
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Ipazia il 11 Maggio 2024, 16:39:35 PM
Marx risolve il tutto nella società di uguali e l'inessenzialità, che chiama alienazione, scompare fondendosi con l'essenzialità del corpo mistico sociale. Hegel risolve con la rivelazione dello Spirito, mantenendo la contraddizione reale insanabile.

Forse il superamento di Marx è un tantino utopistico, ma quello di Hegel è puramente immaginario, in linea con lo spirito dell'idealismo.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 12 Maggio 2024, 09:02:39 AM
Riprendiamo.
Questa consapevolezza di un appartenersi reciproco di immutabile e accidentale però "è qui intempestiva", si affretta a dire Hegel.
Infatti nell'economia della fenomenologia in questa fase si deve approfondire la coscienza infelice, ci si deve concentrare insomma più sulle lacerazioni del soggetto che si rivolge all'immutabile nella forma del Dio tradizionale, che sugli istanti di riconciliazione.
Per cui dice testualmente: "la speranza [dell'autocoscienza] di farsi tutt'uno con l'immutabile deve rimanere tale, vale a dire deve rimanere vuota e priva di appagamento presente".
E poi descrive l'autocoscienza del devoto in questi termini: "Il suo pensare, in quanto devoto, rimane un suono indistinto di campane o una calda nebulosità diffusa, un pensare musicale che non giunge al concetto, il quale invece sarebbe l'unico modo immanente e oggettivo del pensiero".
Poi più avanti: "Invece di afferrare l'essenza, essa la sente soltanto". Così, per questa mancanza di vera riflessione, di pensiero, questa parte divina, immutabile, che appunto l'autocoscienza sente e desidera con forza, non può che rimanere come un al di là irraggiungibile. E "alla coscienza può pertanto farsi presente solamente il sepolcro".
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 12 Maggio 2024, 09:03:41 AM
Citazione di: Ipazia il 11 Maggio 2024, 16:39:35 PMMarx risolve il tutto nella società di uguali e l'inessenzialità, che chiama alienazione, scompare fondendosi con l'essenzialità del corpo mistico sociale. Hegel risolve con la rivelazione dello Spirito, mantenendo la contraddizione reale insanabile.
Forse il superamento di Marx è un tantino utopistico, ma quello di Hegel è puramente immaginario, in linea con lo spirito dell'idealismo.
Spero ti sia chiaro che lo "Spirito" è lo spirito umano, di cui il testo hegeliano vorrebbe farne una fenomenologia, cioè una descrizione concreta di come esso si dispiega realmente, storicamente.
Se poi si vuole far notare che la "soluzione" (cioè la vetta di questo percorso) è solo immaginaria, inconsistente, perché materialmente non efficace, allora tale critica si deve estendere a tutta l'attività filosofica. Cioè si esce dalla filosofia e la riflessione diviene solo pura ideologia a supporto strumentale del tentativo (attualmente ancora più immaginario della più fantasiosa delle teologie) di trasformazione della realtà sociale ed economica.
Ma qui, essendo questo un forum filosofico, si da per scontato che l'attività filosofica abbia senso.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Ipazia il 12 Maggio 2024, 10:47:04 AM
Citazione di: Koba II il 12 Maggio 2024, 09:03:41 AMMa qui, essendo questo un forum filosofico, si da per scontato che l'attività filosofica abbia senso.

Certamente, in tutte le sue declinazioni:

I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo; si tratta di trasformarlo. (cit)

https://www.frammentirivista.it/karl-marx-filosofia-prassi-rivoluzionaria/

Rammento che anche Platone era di tale avviso e scrisse "Repubblica". Difficile dire che era solo un ideologo.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 14 Maggio 2024, 08:37:51 AM
Ragione (cap. 5)

Nei primi tre capitoli, quelli dedicati ai tipi di relazioni che la coscienza cerca di costruire con il mondo, la certezza della coscienza era quella di avere a che fare con una realtà oggettiva, altra rispetto a sé, che si "offre" al soggetto come qualcosa di già formato che attende solo di essere conosciuta e compresa.
È questa la convinzione istintiva da cui parte la coscienza.
Poi, nel quarto capitolo, quello dedicato all'Autocoscienza, si mostra la coscienza concentrata su se stessa. La si vede fin dall'inizio come occupata ad agire, quando agisce, essenzialmente per avere un riscontro interiore della propria natura. Lo stesso desiderio, che sembra all'inizio desiderio di possedere l'altro, si rivela essere desiderio di riconoscimento. Cioè una prova non solo interiore ma riflessa in un'altra persona di essere un vero soggetto.

L'unilateralità di ciascuno dei due approcci, quello in cui è la realtà oggettiva ad essere certa e quello in cui invece è la soggettività a dominare su un mondo sentito come accidentale, l'unilateralità, dicevo, viene mostrata come insostenibile: è questo il fine della descrizione fenomenologica dello spirito umano. La descrizione di un cammino in cui ciascuna delle tappe mostra dei limiti che spingono verso un'altra posizione.

Alla fine la coscienza capisce di essere il mondo.
"La ragione è la certezza di essere ogni realtà" (p. 158)
Cioè la ragione corrisponde alla tesi dell'idealismo, l'identità di pensiero ed essere.
Ma questa posizione filosofica non viene semplicemente asserita.
L'originalità della Fenomenologia sta appunto nella ricostruzione di un cammino (che coinvolge insieme la coscienza singola e la storia delle civiltà) da cui dipende l'esito, la tesi dell'idealismo, la cui semplice esposizione risulterebbe incomprensibile.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Alberto Knox il 16 Maggio 2024, 01:02:08 AM
Vorrei esprimere la mia riflessione riguardo a questo interessante studio sulla fenomelogia dello Spirito per poi finire con una domanda. Anzitutto vorrei dire che tutti i filosofi prima di Hegel avevano cercato di fissare dei criteri eterni su ciò che l'uomo può conoscere del mondo. E questo vale tanto per Cartesio e Spinoza quanto per Hume e kant. Ognuno di loro ha cercato di scoprire quale fosse il fondamento della conoscienza umana, ma tutti hanno parlato di presupposti atemporali fra Facoltà percettive innate, idee innate, come formula il ragionamento la mente umana e via dicendo.
In Hegel questo non è possibile poichè per lui ciò che rappresenta il fondamento della conoscenza umana muta di generazione in generazione e per questo motivo non esistono verità eterne ne una ragione atemporale. L'unico punto fisso a cui il filosofo farà riferimento è la storia stessa. Perciò non è dato sostenere che un determinato pensiero vale in eterno , anche se quello stesso pensiero può essere giusto nel momento storico in cui ti trovi.
Citazione di: Koba II il 14 Maggio 2024, 08:37:51 AMAlla fine la coscienza capisce di essere il mondo.
"La ragione è la certezza di essere ogni realtà" (p. 158)
Cioè la ragione corrisponde alla tesi dell'idealismo, l'identità di pensiero ed essere.
capisce di essere il mondo nel senso dello spirito del mondo nella storia? 
 tutta la conoscenza è conoscenza umana che nella storia evolve, si corregge , implementa vecchi e nuovi pensieri . Lo sviluppo storico, pur con tutte le sue stranezze, va avanti. Oggi, siamo il risultato di questo sviluppo (nel bene e nel male)  Questo sviluppo è indirizzato ad uno scopo. Quale è per te oggi lo scopo? per me si è ridotto a sviluppo teconologico ai fini del profitto. L'ideologia è qulla basata sul profitto ed è essenzialmente un ideologia materialista.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 17 Maggio 2024, 08:54:01 AM
Citazione di: Alberto Knox il 16 Maggio 2024, 01:02:08 AMVorrei esprimere la mia riflessione riguardo a questo interessante studio sulla fenomelogia dello Spirito per poi finire con una domanda. Anzitutto vorrei dire che tutti i filosofi prima di Hegel avevano cercato di fissare dei criteri eterni su ciò che l'uomo può conoscere del mondo. E questo vale tanto per Cartesio e Spinoza quanto per Hume e kant. Ognuno di loro ha cercato di scoprire quale fosse il fondamento della conoscienza umana, ma tutti hanno parlato di presupposti atemporali fra Facoltà percettive innate, idee innate, come formula il ragionamento la mente umana e via dicendo.
In Hegel questo non è possibile poichè per lui ciò che rappresenta il fondamento della conoscenza umana muta di generazione in generazione e per questo motivo non esistono verità eterne ne una ragione atemporale. L'unico punto fisso a cui il filosofo farà riferimento è la storia stessa. Perciò non è dato sostenere che un determinato pensiero vale in eterno , anche se quello stesso pensiero può essere giusto nel momento storico in cui ti trovi.capisce di essere il mondo nel senso dello spirito del mondo nella storia? 
 tutta la conoscenza è conoscenza umana che nella storia evolve, si corregge , implementa vecchi e nuovi pensieri . Lo sviluppo storico, pur con tutte le sue stranezze, va avanti. Oggi, siamo il risultato di questo sviluppo (nel bene e nel male)  Questo sviluppo è indirizzato ad uno scopo. Quale è per te oggi lo scopo? per me si è ridotto a sviluppo teconologico ai fini del profitto. L'ideologia è qulla basata sul profitto ed è essenzialmente un ideologia materialista.

[Mi riservo di tornare sulla questione una volta finito di studiare la Fenomenologia...
Per ora posso dirti, in base a quello che ho capito di Hegel, ciò che segue.]

Per Hegel la realtà è un processo. Ma in questo processo ogni soggetto (che sia un uomo o una qualsiasi cosa) lotta per dispiegare la propria essenza.
Un seme esprime la propria verità se "lottando" con le condizioni ambientali in cui è stato gettato riesce a realizzarsi come albero.
L'essenza dell'uomo è la libertà. La libertà cioè, per Hegel, è una categoria ontologica (quindi eterna), non è solo una condizione sociale preferibile. Nella libertà si esprime la verità dell'uomo.
E perché ciò avvenga è necessario negare (togliere, smontare) ciò che ostacola il dispiegamento della verità (l'importanza del pensiero negativo in Hegel sottolineata da Marcuse).
Quindi la storia è il luogo della lotta per il dispiegamento dello spirito, ma le due cose non coincidono mai.
In pratica lo spirito umano, la ragione, non vengono dedotti da quello che possiamo osservare nello sviluppo delle civiltà; lo spirito umano non cambia in base alle accidentalità della storia, ma al contrario, nelle tappe delle civiltà, nelle fasi della storia, possiamo riconoscere una maggiore o minore vicinanza rispetto alla verità dell'uomo.
Così nel passaggio dall'Ancien Régime alla Rivoluzione francese c'è un progresso ontologico, diciamo così, ma non coincidenza con lo spirito (come mostrato dal Terrore).
Il reale è razionale certamente in quanto nelle sue strutture (nella natura, nelle istituzioni) io ritrovo logica, senso, lo stesso logos che abita il soggetto umano, ma nello stesso tempo tale razionalità è sempre inadeguata e va quindi costruita infinitamente attraverso la potenza negativa della dialettica.
Così ciò che esiste è una determinata realtà, che può anche trovare la propria legittimazione nei processi storici, ma che comunque va negata se inadeguata rispetto la verità dell'uomo.
Ecco perché il passaggio dalle condizione della servitù e della signoria a quello dello stoicismo (che implica poi un altro superamento): perché seppure tale differenza di potere era stata determinata dalla vittoria per la propria libertà di uno dei due contendenti, nondimeno essa dà luogo a una condizione del tutto inadeguata e va superata. Cioè il fatto che sia stata determinata dalla lotta per la libertà (essere riconosciuto dall'altro come soggetto libero), non giustifica "ontologicamente" la realtà antropologica che ha prodotto, cioè uno stato di servitù. Non per ragioni etiche, appunto, ma per ragioni inerenti l'essenza dell'essere umano.

Infine, per quanto riguarda la condizione del nostro presente, penso sia un periodo particolarmente buio, non tanto per i pericoli presenti (guerre, disastri vari), ma perché si è, forse solo temporaneamente, smarrita la tendenza a pensare a nuove forme di esistenza. Sembriamo tutti schiacciati da un presente minaccioso e nello stesso tempo completamente idiota.

"Il progresso diviene quantitativo e tende a rimandare all'infinito il passaggio dalla quantità alla qualità, cioè l'affermazione di nuovi modi di esistenza con nuove forme di ragione e di libertà" (H. Marcuse, "Ragione e rivoluzione")
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Alberto Knox il 17 Maggio 2024, 12:59:09 PM
Citazione di: Koba II il 17 Maggio 2024, 08:54:01 AMQuindi la storia è il luogo della lotta per il dispiegamento dello spirito, ma le due cose non coincidono mai.
In pratica lo spirito umano, la ragione, non vengono dedotti da quello che possiamo osservare nello sviluppo delle civiltà; lo spirito umano non cambia in base alle accidentalità della storia, ma al contrario, nelle tappe delle civiltà, nelle fasi della storia, possiamo riconoscere una maggiore o minore vicinanza rispetto alla verità dell'uomo.
sì, mi rendo conto che non è possibile parlare di Hegel senza parlare della storia umana, la filosofia di Hegel non ci insegna niente sulla natura più profonda dell esistenza , ci insegna a pensare in modo fecondo. Hegel sosteneva che la verità è soggettiva e con ciò negava l'impotesi che esistesse una qualche verità al di sopra o al di fuori della ragione umana. Ti ricordi invece che kant aveva parlato della cosa in sè? postulava l'esistenza di una sorta di verità irraggiungibile. Per Hegel tutta la conoscenza è conoscenza umana , non c'è una verità oltre .
Citazione di: Koba II il 17 Maggio 2024, 08:54:01 AMIl reale è razionale certamente in quanto nelle sue strutture (nella natura, nelle istituzioni) io ritrovo logica, senso, lo stesso logos che abita il soggetto umano, ma nello stesso tempo tale razionalità è sempre inadeguata e va quindi costruita infinitamente attraverso la potenza negativa della dialettica.
anche ciò che è razionale contiua a mutare nel corso della storia . prendiamo ad esempio la questione della parità dei sessi , 150 anni fa la questione era molto dibattuta , al giorno d'oggi non faticheremme a comprendere quali delle due argomentazioni (favorevole alla parità e quella contro) presentasse le argomentazioni più razionali.  tuttavia noi parliamo con il "senno di poi". Molti di noi si vergognerebbero leggendo le affermazioni del nonno in merito alla questione. Anche Hegel, come nostro nonno,  era figlio del suo tempo .
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 18 Maggio 2024, 11:14:42 AM
Aggiungo un paio di cose sulla natura della conoscenza in Hegel.
Con il rifiuto della distinzione kantiana tra cosa in sé e fenomeno, viene meno il limite ad una  conoscenza assoluta.
I modelli post kantiani del romanticismo e dell'idealismo in genere indicano la possibilità da parte dell'uomo, attraverso una qualche forma di introspezione, di arrivare all'intuizione di un'Attività che è l'essenza vivente della realtà (per esempio la Volontà di Schopenhauer).
In Hegel il cuore interno della realtà, l'essenza delle cose, è la ragione, che nell'uomo arriva a conoscersi (e la Fenomenologia dà conto di questo cammino, dalla coscienza all'autocoscienza fino alla ragione).
Hegel a questa razionalità vivente, essenza della realtà, dà il nome di Idea.
A differenza della concezione platonica, l'Idea non è trascendente, ma immanente, è appunto interna alla realtà.
Questa razionalità vivente quando nell'uomo giunge a conoscersi nella fase dell'autocoscienza, viene chiamata Spirito.
Lo Spirito è dunque l'Idea giunta alla piena coscienza di sé.
Quindi lo Spirito, come dicevo nel precedente post, non è qualcosa che si realizza dall'attività dell'uomo. Nel senso che non lo si deve pensare come un prodotto dell'uomo che viene poi elevato alla categoria di "Spirito" perché l'uomo stesso, riflettendoci su, lo sente come qualcosa che sembra avere una certa oggettività.
Piuttosto è la razionalità vivente, essenza eterna anche se dinamica (non ossatura statica della realtà come le idee di Platone), che prende coscienza di sé attraverso l'uomo.
Quindi l'impianto rimane metafisico, diciamo così.
Tant'è che in Hegel logica e ontologia coincidono.
Le categorie per Hegel non sono solo dei modi del nostro pensiero, ma strutture generali ed eterne della realtà.

Quindi il superamento della distinzione kantiana tra cosa in sé e fenomeno non deve far pensare che con l'idealismo si torni al realismo antico-medievale, per cui i limiti della conoscenza sono solo temporanei e accidentali, non strutturali (come invece sostenuto dallo scetticismo, e in fondo tutto il lavoro di Kant è stato un tentativo di rispondere alle obiezioni scettiche e nello stesso tempo dar conto del perché del successo della scienza sperimentale moderna). Cioè il realismo, anche quando mostra prudenza, di fatto è un approccio ben diverso da quello kantiano. Il realismo ci dice che potenzialmente la nostra conoscenza potrà coprire l'intera realtà. È solo questione di tempo.
Ma tale superamento non deve nemmeno condurre ad un soggettivismo in cui si rinuncia all'oggettività del sapere.

Soggetto e oggetto sono lo stesso, nel senso che io quando mi propongo di conoscere un oggetto del mondo, in questo oggetto, nella sua struttura interna, scopro la stessa razionalità che mi anima. Quindi vedo me stesso, ritrovo me stesso.
Studio una cellula animale e le funzioni che osservo nel suo interno, le attività dei suoi organelli, mi risultano razionali non perché io, essendo razionale non posso che comprendere le cose nelle forme del logos, ma perché questo stesso logos vive nell'interno del mondo biologico, nell'interno della cellula, così come in me stesso.

Nota personale: tant'è che ogni studio, anche quello più arido, conduce ad una conoscenza che sembra travalicare sia l'oggetto specifico, che un sapere legato all'uso delle funzioni logiche. È facile dimostrare che studiando una materia scientifica ovviamente si impara molto dell'oggetto di quella disciplina, e che si impara anche a usare meglio la propria testa, cioè che vi è un miglioramento dell'uso delle proprie facoltà razionali, ma molto meno facile è dar conto di una sensazione, quella cioè di capire qualcosa del mondo che va oltre sia l'oggetto specifico che il soggetto (la propria testa), come se si realizzasse un misterioso accrescimento conoscitivo reale quanto indefinibile.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 19 Maggio 2024, 17:24:31 PM
[In attesa che green demetr si rimetta in moto, io intanto vado avanti...]

Le pagine da 162 a 164 della Fenomenologia (ed. Einaudi) sono fondamentali per la comprensione dell'idealismo hegeliano.
La ragione, che sappiamo essere per Hegel l'attività più elevata della coscienza, "consiste quindi nel levare l'oggetto in quanto differente, nell'appropriarsene" (p.162, a metà del paragrafo circa).

Nota mia: infatti che cosa significa conoscere un oggetto se non renderselo familiare, togliere l'estraneità di cui inizialmente è segno per abbracciarlo nell'estensione di un territorio comune, che se guardato dal lato del soggetto appare come l'attività dell'Io, se guardato invece dal lato dell'oggetto appare come un'immanente razionalità del mondo?

E continua: "[la ragione consiste nel levare l'estraneità dell'oggetto] e nell'enunciarsi come certezza di essere ogni realtà: tanto di se stessa quanto del proprio oggetto".

Dopodiché Hegel si sofferma su quello che lui definisce "idealismo vuoto": si tratta di un idealismo che si limita ad asserire "tutto è mio", "tutta la realtà sono io", senza però mostrare il processo, lo sviluppo da cui deriva la necessità di questa asserzione.
Per cui per uscire da questo vuoto, cioè dalla semplice asserzione dell'Io come fondamento di tutto, per dare sostanza a questa verità insomma, l'Io ha bisogno di un urto con l'Altro, ha bisogno di un po' di radicale empirismo.
[Qui, fanno notare tutti i commentatori, Hegel si riferisce alla filosofia di Fichte]
Ma in questo modo quello che appare è simile allo scetticismo, studiato prima della coscienza infelice.
Cioè, con questo cattivo idealismo sembra di ritornare alle stesse oscillazioni che avevamo visto in azione nello scetticismo: tra la certezza dell'Io e quella del mondo (lo scetticismo prima metteva in discussione la solidità del mondo, vivendo di rinculo la certezza dell'Io; poi però, rivolgendo lo stesso sguardo critico all'Io, la solidità passava all'oggetto, al mondo; e via dicendo).
Cioè con questo idealismo, dice Hegel, la ragione non sembra capace di assorbire realmente l'oggetto. Rimane come una sensazione di dissidio, opposizione e oscillazione, tra Io e mondo.

Commenta Hyppolite: "ma la ragione autentica, quella che studiamo in questo stadio della Fenomenologia [nelle pagine successive a questa critica al sistema di Fichte], non è così incoerente. Essa infatti sa di essere solo la certezza (soggettiva) di essere ogni realtà e non prende ancora questa certezza per verità. Ma cerca di metterla alla prova, di innalzarla alla verità. Per questo si dà a conoscere il mondo, s'impegna a darsi un contenuto autentico" (p. 296 "Genesi e struttura della FdS di Hegel").

E così siamo arrivati alla sezione della ragione "osservatrice della natura".
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 20 Maggio 2024, 22:43:25 PM
Citazione di: Koba II il 10 Maggio 2024, 17:28:37 PMSul tema della morale nel seguito della Fenomenologia dovremo fare i conti con il problema dell'astrattezza della posizione di Platone (sì, il Bene, ok, ma cos'è il Bene), e di quella di Kant.
Già in queste pagine dedicate a stoicismo, scetticismo e coscienza infelice, si capisce quale sarà la critica di Hegel: appunto l'universalita' astratta che non riesce davvero a farsi carne, una dedizione lontana dallo spirito concreto dei popoli.
A quel punto ci toccherà fermarci, e studiare sia Platone (Repubblica), che Kant (le prime due Critiche).
Lo snodo Kant-Hegel è essenziale. Per me innanzitutto per la questione della conoscenza (la critica dell'idealismo al paradigma kantiano), per te per la questione di una fondazione realmente pensata della morale.
Ci divertiremo.
Oddio si fermandoci ai testi ci divertiremo.

Però avanzo anche alcune cose che mi frullavano nel pensiero quando dibattevo con un giovane universitario che sapeva Kant a memoria...
Perchè c'è bisogno della fondazione?

E' una cosa talmente distante dal mio pensiero che non riesco mai a capirla davvero.
Nel senso che la prendo sul serio, anche se dentro di me, so già che è una volonta di identità, con i suoi ordini interni "dettati" da strane voci interiori.
Sopratutto nei lavori sulla biologia per cui kant aveva una cattedra.
ordine biologico: a me sembra il solito problema della modernità, di vedere l'uomo come una macchina.
E' questa la fondazione?
Io temo di si.
Ma non mi sottrarrò dal pensare a qualcosa di diverso.
Magari appunto partendo dai testi.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 20 Maggio 2024, 22:59:49 PM
Citazione di: Ipazia il 11 Maggio 2024, 16:39:35 PMMarx risolve il tutto nella società di uguali e l'inessenzialità, che chiama alienazione, scompare fondendosi con l'essenzialità del corpo mistico sociale. Hegel risolve con la rivelazione dello Spirito, mantenendo la contraddizione reale insanabile.

Forse il superamento di Marx è un tantino utopistico, ma quello di Hegel è puramente immaginario, in linea con lo spirito dell'idealismo.
Ma vedi così non fai del bene allo studio, infatti per stare al "gioco" devi illustrare passo per passo cosa non ti torna.
Come al solito hai la fretta del principiante, che vuole hegel in 10 minuti.
Mi dispiace ma io su una pagina ci sto giorni interi.
Fra l'altro ho già spiegato che l'alienazione in marx non si intende di alcunchè di spirituale.
L'alienazione è semplicemente il processo di oggettivazione in forma merce del lavoro umano.
Mi pare strano che Marx consideri la merce inessenziale al suo progetto economico politico.
Semplicemente si sta rifacendo ad una FIGURA di Hegel, cioè ad un momento della ricerca dell'autocoscienza, che si rifà al lavoro del servo.
Il servo si vede riconosciuto, o meglio si riconosce per il fatto di aver prodotto qualcosa.
In Hegel la ricerca viene fatta secondo il principio secondo me morale (alla Platone) di riconoscere qualsi sono i veri scopi della vita.
Mentre il padrone non sa un cazzo, il servo comincia a capire che cazzo lui non è una merce anzitutto.
Questo valore del lavoro, come alienazione, verrà ripreso da Marx.
All'inizio del capitale sta scritto infatti che per lui il valore è anzitutto un valore SOCIALE, o di scambio.
Ovvero Marx porta avanti una intuizione di Hegel, ma per poi partire per la propria tangente.
Probabilmente chi dice che Marx è un hegeliano non ha capito niente nè di Hegel, nè di Marx. E rimando al contributo di phil, che ne fa un analisi precisa.

Ecco per dove siamo arrivati, dovresti cioà spiegare cosa c'è di immaginario nelle figure proposte da hegel (padrone-servo) e (stoico-scettico).

Altrimenti devo ignorare la tua posizione.
Ciao!  ;)
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Ipazia il 20 Maggio 2024, 23:24:44 PM
Immaginario è quello che la tradizione marxista chiamava "robinsonate" , ovvero l'immaginaria isola deserta dove si confrontano, nel loro isolamento sociale, le figure meramente psicologiche di Robinson e Venerdì.  Marx, fin dalle tesi su Feuerbach, pone il conflitto servo-padrone oltre la dimensione psicologica, nel contesto sociale che riproduce entrambi come classe, oltre che come individui.

E qui veniamo all'alienazione, che fin dalla "critica alla filosofia del diritto di Hegel" viene posta nella sua dimensione umanistica di uno "spirito senza spirito", che troverà nel prosieguo della ricerca oltre l'ambito religioso, il corrispettivo economico nell'alienazione lavorativa, propria del modo di produzione capitalistico.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 20 Maggio 2024, 23:37:53 PM
Citazione di: Alberto Knox il 16 Maggio 2024, 01:02:08 AMVorrei esprimere la mia riflessione riguardo a questo interessante studio sulla fenomelogia dello Spirito per poi finire con una domanda. Anzitutto vorrei dire che tutti i filosofi prima di Hegel avevano cercato di fissare dei criteri eterni su ciò che l'uomo può conoscere del mondo. E questo vale tanto per Cartesio e Spinoza quanto per Hume e kant. Ognuno di loro ha cercato di scoprire quale fosse il fondamento della conoscienza umana, ma tutti hanno parlato di presupposti atemporali fra Facoltà percettive innate, idee innate, come formula il ragionamento la mente umana e via dicendo.
In Hegel questo non è possibile poichè per lui ciò che rappresenta il fondamento della conoscenza umana muta di generazione in generazione e per questo motivo non esistono verità eterne ne una ragione atemporale. L'unico punto fisso a cui il filosofo farà riferimento è la storia stessa. Perciò non è dato sostenere che un determinato pensiero vale in eterno , anche se quello stesso pensiero può essere giusto nel momento storico in cui ti trovi.capisce di essere il mondo nel senso dello spirito del mondo nella storia? 
 tutta la conoscenza è conoscenza umana che nella storia evolve, si corregge , implementa vecchi e nuovi pensieri . Lo sviluppo storico, pur con tutte le sue stranezze, va avanti. Oggi, siamo il risultato di questo sviluppo (nel bene e nel male)  Questo sviluppo è indirizzato ad uno scopo. Quale è per te oggi lo scopo? per me si è ridotto a sviluppo teconologico ai fini del profitto. L'ideologia è qulla basata sul profitto ed è essenzialmente un ideologia materialista.
Ciao alberto.
E' difficile rendere conto in maniera così generalista, è l'errore di chi pensa sia possibile Hegel in 10 minuti.
Sei capitato nel capitolo quarto (koba è già al quinto) in cui l'opera di Hegel si snoda.
Infatti è considerata dal Negri la seconda parte della fenomenologia, snodo tra la prima dove più propriamente si parla della distinzione tra coscienza ed autocoscienza.
E la terza che dobbiamo ancora iniziare (dove dovrebbe esserci la parte storica).

Naturalmente la tua conclusione e analisi è completamente sbagliata.
Infatti l'autocoscienza non solo ora si è sdoppiata in vera autocoscienza (del sè) e falsa autoscienza (degli altri).
Ma si è data forma come progattato dalla introduzione "PER CONCETTI".
Quali sono i 2 concetti su cui ci stiamo soffermando e ci soffermeremo ancora e ancora.
La prima è la figura padrone-servo, e la seconda è stoico-scettico.
Tutte e 4 queste posizioni sono sbagliate: ed Hegel spiega il perchè.

Tu parli di un mondo che sarebbe rimasto alla prima figura: quella del padrone.
(naturalmente puoi chiedere delucidazioni la FDS è drammaticamente difficile per questi tempo BUJ, lieto di aiutare).
Però prima chiediti come mai, e solo dopo potrai tornare a rileggere la FDS, fino a quando la capisci.
Ti consiglio di ripartire dal capitolo 1.
Cosa che farò anch'io, la costruzione di Hegel è in fieri, e dunque necessità di più riletture.

Anzitutto per capire quale è la posizione di Hegel, e quale è invece quella che deduciamo noi (che poi è la parte piu interessante in un forum filosofico), o quale quella di autori che partono da Hegel ma poi vanno per la loro strada (qua stiamo parlando molto di marx per via di ipazia che ci martella  :) )


Oppure la tua posizione sarà ignorata. Salve.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 20 Maggio 2024, 23:45:50 PM
Citazione di: Koba II il 14 Maggio 2024, 08:37:51 AMRagione (cap. 5)

Nei primi tre capitoli, quelli dedicati ai tipi di relazioni che la coscienza cerca di costruire con il mondo, la certezza della coscienza era quella di avere a che fare con una realtà oggettiva, altra rispetto a sé, che si "offre" al soggetto come qualcosa di già formato che attende solo di essere conosciuta e compresa.
È questa la convinzione istintiva da cui parte la coscienza.
Poi, nel quarto capitolo, quello dedicato all'Autocoscienza, si mostra la coscienza concentrata su se stessa. La si vede fin dall'inizio come occupata ad agire, quando agisce, essenzialmente per avere un riscontro interiore della propria natura. Lo stesso desiderio, che sembra all'inizio desiderio di possedere l'altro, si rivela essere desiderio di riconoscimento. Cioè una prova non solo interiore ma riflessa in un'altra persona di essere un vero soggetto.

L'unilateralità di ciascuno dei due approcci, quello in cui è la realtà oggettiva ad essere certa e quello in cui invece è la soggettività a dominare su un mondo sentito come accidentale, l'unilateralità, dicevo, viene mostrata come insostenibile: è questo il fine della descrizione fenomenologica dello spirito umano. La descrizione di un cammino in cui ciascuna delle tappe mostra dei limiti che spingono verso un'altra posizione.

Alla fine la coscienza capisce di essere il mondo.
"La ragione è la certezza di essere ogni realtà" (p. 158)
Cioè la ragione corrisponde alla tesi dell'idealismo, l'identità di pensiero ed essere.
Ma questa posizione filosofica non viene semplicemente asserita.
L'originalità della Fenomenologia sta appunto nella ricostruzione di un cammino (che coinvolge insieme la coscienza singola e la storia delle civiltà) da cui dipende l'esito, la tesi dell'idealismo, la cui semplice esposizione risulterebbe incomprensibile.
Per me non c'è oscillazione.
Entrambe le posizione  (o meglio le 4 posizioni) sono scorrette.
Sia quella che si pensa soggetto, sia quella che si pensa mera autocoscienza, sia quella che si pensa mera nullità, sia quella che si considera mera identità.

Infatti Hegel sta cercando il sè.
Curioso di raggiungere anch'io il quinto capitolo, solo che ritengo il quarto semplicemente troppo importante per non stare attenti alle parole.

Vi sono cose nella versione einaudi che mi suonavano strane, e cosi ho consultato la versione della nuova italia.
Le due traduzioni mi sono sembrate diverse non tanto per via dei sinonimi, ma proprio perchè in un filosofo concettuale, non possono essere PENSATE in maniera "leggera"
E mi sta venendo paura che questi traduttori italiani non sono all'altezza.
comunque pazientate gente. sto cercando una edizione tedesca.
Se qualcuno ha per caso i link grazie.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 21 Maggio 2024, 00:08:32 AM
Citazione di: Koba II il 17 Maggio 2024, 08:54:01 AM[Mi riservo di tornare sulla questione una volta finito di studiare la Fenomenologia...
Per ora posso dirti, in base a quello che ho capito di Hegel, ciò che segue.]

Per Hegel la realtà è un processo. Ma in questo processo ogni soggetto (che sia un uomo o una qualsiasi cosa) lotta per dispiegare la propria essenza.
Un seme esprime la propria verità se "lottando" con le condizioni ambientali in cui è stato gettato riesce a realizzarsi come albero.
L'essenza dell'uomo è la libertà. La libertà cioè, per Hegel, è una categoria ontologica (quindi eterna), non è solo una condizione sociale preferibile. Nella libertà si esprime la verità dell'uomo.
E perché ciò avvenga è necessario negare (togliere, smontare) ciò che ostacola il dispiegamento della verità (l'importanza del pensiero negativo in Hegel sottolineata da Marcuse).
Quindi la storia è il luogo della lotta per il dispiegamento dello spirito, ma le due cose non coincidono mai.
In pratica lo spirito umano, la ragione, non vengono dedotti da quello che possiamo osservare nello sviluppo delle civiltà; lo spirito umano non cambia in base alle accidentalità della storia, ma al contrario, nelle tappe delle civiltà, nelle fasi della storia, possiamo riconoscere una maggiore o minore vicinanza rispetto alla verità dell'uomo.
Così nel passaggio dall'Ancien Régime alla Rivoluzione francese c'è un progresso ontologico, diciamo così, ma non coincidenza con lo spirito (come mostrato dal Terrore).
Il reale è razionale certamente in quanto nelle sue strutture (nella natura, nelle istituzioni) io ritrovo logica, senso, lo stesso logos che abita il soggetto umano, ma nello stesso tempo tale razionalità è sempre inadeguata e va quindi costruita infinitamente attraverso la potenza negativa della dialettica.
Così ciò che esiste è una determinata realtà, che può anche trovare la propria legittimazione nei processi storici, ma che comunque va negata se inadeguata rispetto la verità dell'uomo.
Ecco perché il passaggio dalle condizione della servitù e della signoria a quello dello stoicismo (che implica poi un altro superamento): perché seppure tale differenza di potere era stata determinata dalla vittoria per la propria libertà di uno dei due contendenti, nondimeno essa dà luogo a una condizione del tutto inadeguata e va superata. Cioè il fatto che sia stata determinata dalla lotta per la libertà (essere riconosciuto dall'altro come soggetto libero), non giustifica "ontologicamente" la realtà antropologica che ha prodotto, cioè uno stato di servitù. Non per ragioni etiche, appunto, ma per ragioni inerenti l'essenza dell'essere umano.

Infine, per quanto riguarda la condizione del nostro presente, penso sia un periodo particolarmente buio, non tanto per i pericoli presenti (guerre, disastri vari), ma perché si è, forse solo temporaneamente, smarrita la tendenza a pensare a nuove forme di esistenza. Sembriamo tutti schiacciati da un presente minaccioso e nello stesso tempo completamente idiota.

"Il progresso diviene quantitativo e tende a rimandare all'infinito il passaggio dalla quantità alla qualità, cioè l'affermazione di nuovi modi di esistenza con nuove forme di ragione e di libertà" (H. Marcuse, "Ragione e rivoluzione")


Sarebbe molto bello che Hegel avesse presente il concetto di libertà come verità morale.
Però stando ai testi il servo non viene liberato.
Per ora non vedo idea di libertà, e avanzo ipotesi che nemmeno vi sia, perchè se per lui Dio coincide con la totalità allora non esiste alcuna libertà, che non rimandi a quella totalità.
E dunque quale sarebbe questa partecipitività del singolo nell'universale?
Fino ad ora Hegel è alla ricerca di questo fantomatico sè.
Ecco per dare respiro maggiore alla riflessione: il sè è a mio avviso è sostibuile dalla libertà di cercare nella verità di un Dio che si mostra come dolore.
Perchè introdurlo? Non sarebbe meglio invece andare direttamente alla fonte, ossia al Dio?
O agli Dei.
Non sono forse loro questo sè, infinitamente multiforme e dispensatore del nostro conoscere morale?
Non è proprio dal dolore che l'essere umano conosce?
Curioso di vedere come Hegel procederà.

Comunque certo l'autocoscienza è questo pensiero che studia se stesso.
Ovvero che SI CONOSCE, e in questo non c'è nulla di astratto!
Infatti noi conosciamo sempre QUALCOSA.

E' per questo che mi sembra quasi che dovremo tornare spesso a queste 4 figure di Hegel.
Perchè l'autocoscienza è passibile di inciampare sempre in gradi inferiori della propria manifestazione, che in teoria avremmo dovuto interiorizzare.
Per questo le letture devono essere SEMPRE meditate.
Giorno dopo giorno.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 21 Maggio 2024, 00:20:10 AM
Citazione di: Alberto Knox il 17 Maggio 2024, 12:59:09 PMsì, mi rendo conto che non è possibile parlare di Hegel senza parlare della storia umana, la filosofia di Hegel non ci insegna niente sulla natura più profonda dell esistenza , ci insegna a pensare in modo fecondo. Hegel sosteneva che la verità è soggettiva e con ciò negava l'impotesi che esistesse una qualche verità al di sopra o al di fuori della ragione umana. Ti ricordi invece che kant aveva parlato della cosa in sè? postulava l'esistenza di una sorta di verità irraggiungibile. Per Hegel tutta la conoscenza è conoscenza umana , non c'è una verità oltre .anche ciò che è razionale contiua a mutare nel corso della storia . prendiamo ad esempio la questione della parità dei sessi , 150 anni fa la questione era molto dibattuta , al giorno d'oggi non faticheremme a comprendere quali delle due argomentazioni (favorevole alla parità e quella contro) presentasse le argomentazioni più razionali.  tuttavia noi parliamo con il "senno di poi". Molti di noi si vergognerebbero leggendo le affermazioni del nonno in merito alla questione. Anche Hegel, come nostro nonno,  era figlio del suo tempo .

La posizione famosa di Hegel tutto ciò che è reale è anche razionale, e ciò che è razionale è anche reale.
Mi sa tanto di minestrone riscaldato.
Infatti manca completamente il punto di vista di chi dice questa frase.
Ovvero l'autocoscienza.
In questo modo di solito chi rimane alla prima figura ovvero quella del padrone, in cui hegel si legge in 10 minuti, si trova nella trappola di non pensare AFFATTO a quella frase.

E anzi dirò di più è proprio l'obiettivo della scuola di francoforte quella di avvisare che certi slogan vengono dritte dritte dalla pancia dell'università.

Infatti cosa succederebbe se chi pensa quella frase sia un soggetto (un servo)?
Che lo studente-servo pensa esattamente quello che il potere vuole, ossia che tu sei tu, ed è giusto che sia tu.
Lo studentello che non abbia letto i minima moralia è già esploso.
Non c'è più.

Hegel dice l'esatto opposto.

E di nuovo cosa deve fare lo studentello? deve lavorare? e cosa vuol dire lavorare?
vuol dire esentarsi da se stesso, dalle sue presunte certezze.

Oggi la società invece STRILLA di volere una identità. Ossia supplica di avere certezze. Ossia supplica di essere serva.
Ma nel supplicare vuol dire che è nella prima figura ossia quella del padrone.
Quella che gode del suo essere qualcosa.

Hegel ti dice: ragiona sei sicuro di esssere quel qualcosa?

Chi siamo noi? è da lì che nasce il tutto per una ricerca filosofica e spirituale.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 21 Maggio 2024, 00:36:21 AM
Citazione di: Ipazia il 20 Maggio 2024, 23:24:44 PMImmaginario è quello che la tradizione marxista chiamava "robinsonate" , ovvero l'immaginaria isola deserta dove si confrontano, nel loro isolamento sociale, le figure meramente psicologiche di Robinson e Venerdì.  Marx, fin dalle tesi su Feuerbach, pone il conflitto servo-padrone oltre la dimensione psicologica, nel contesto sociale che riproduce entrambi come classe, oltre che come individui.

E qui veniamo all'alienazione, che fin dalla "critica alla filosofia del diritto di Hegel" viene posta nella sua dimensione umanistica di uno "spirito senza spirito", che troverà nel prosieguo della ricerca oltre l'ambito religioso, il corrispettivo economico nell'alienazione lavorativa, propria del modo di produzione capitalistico.

Non conosco altri testi di Hegel, però so che per motivi di tenersi la sedia universitaria, abbia scritto testi pensando alla committenza.
So che la FDS è considerata un testo anarchico.
A me non pare, probabilmente il potere chiama anarchia qualsiasi testo che si fa delle domande.

La dimensione sociale in Hegel però non è che non c'è.
Pensiamo di nuovo al problema dell'albero: se non vi fosse qualcuno che mi conferma che quell'albero è ancora lì, io non potrei averne certezza. Ossia la certezza è una questione universale.
Nell'inizio del Capitale oltre al problema della salute degli individui nelle miniere (cosa che visto le morti bianche "sembra" essere ancora attuale), vi è anche una meditazione sulla merceologia.
Marx si chiede come mai non esista una scienza che la riguardi.
La merceologia è qualcosa degna di entrare in una conoscenza universale, che però si ricordi del singolo.
Certo in Marx l'analisi parte subito dal concetto umano, di socialità.
Quando sento parlare di Marx sento invece parlare di lotta.
Si ma lotta non può dimenticarsi del suo contesto universale merceologico, ed umano.
Perciò io dubito che Marx possa mai essere superato. Perchè cambieranno le forme della lotta, andranno ripensate, ma alla base Marx ha dei valori.

Ecco sarà interessante fare un paragone fra Marx ed Hegel in questi termini, ossia nei termini PRIMA della "battaglia".
Altrimenti le battaglie rischiando di essere infinite rivolte a suon di ghigliottine, dove non c'è mai vera rivoluzione.
Rivoluzione umana.
Del soggetto che pensa però.

Ai posteri se riuscirà a pensare qualcosa rispetto ai contributi del novecento.
Al netto di quello che dice Adorno.
Sempre al netto cara Ipazia, nessuna concessione alla ignoranza.
Marx ha passato l'intera vita a pensare: entri all'università prima lezione di filosofia teoretica e sai che dicono ai giovani?
"Non si può fare sempre filosofia."

E bravi i nostri ingnavi eroi!!!
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Ipazia il 21 Maggio 2024, 06:16:19 AM
Citazione di: green demetr il 21 Maggio 2024, 00:36:21 AMMarx ha passato l'intera vita a pensare: entri all'università prima lezione di filosofia teoretica e sai che dicono ai giovani?
"Non si può fare sempre filosofia."

E bravi i nostri ingnavi eroi!!!

Quante filosofie hanno prodotto più storia e cambiamento nel modo di vedere e agire entro l'universo antropologico, più Weltanschauung ?

Tu chiamala, se vuoi, ignavia.

(Hegel non mi pare sia andato molto oltre gli stadi di Kierkegaard e i tipi ideali della sociologia borghese, il massimo per una fenomenologia sociale messa sotto Spirito)
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Alberto Knox il 21 Maggio 2024, 15:39:07 PM
Citazione di: green demetr il 20 Maggio 2024, 23:37:53 PMNaturalmente la tua conclusione e analisi è completamente sbagliata.
non ho fatto nessuna analisi e nessuna conclusione, o condiviso una mia riflessione su hegel e ho esposto una domanda, anzi piu di una in realtà
Citazione di: green demetr il 20 Maggio 2024, 23:37:53 PMOppure la tua posizione sarà ignorata
ma io non ho  nessuna posizione in questa discussione Green
Citazione di: green demetr il 21 Maggio 2024, 00:20:10 AMLa posizione famosa di Hegel tutto ciò che è reale è anche razionale, e ciò che è razionale è anche reale.
questa massima di Hegel è una parte a sè che andrebbe comunque approfondita meglio. ma io parlavo di un altra sua famosa frase , ovvero "tutta la conoscenza è conoscenza umana" con questo non intendevo riferirmi alla massima da te citata ma , secondo me , si riferisce propio al fatto che tutto quello che è possibile conoscere lo è umanamente , ovvero umanamente accessibile.  Per cui è inutile ipotizzare una sorta di verità al di fuori delle possibilità umane perchè comunque non è dato sapere . è inutile perciò parlare di un ipotetica cosa in sèdi cui non ne possiamo fare esperienza. noi conosciamo la cosa per come essa si adegua alle propietà della ragione e questo è il panorama , questo è il mondo umanamente conoscibile, il nostro mondo. Che cos'è il mondo? voglio sapere che cos'è il mondo, Hegel se lo sarà ben chiesto no?
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 22 Maggio 2024, 08:35:02 AM
Citazione di: green demetr il 20 Maggio 2024, 23:45:50 PMPer me non c'è oscillazione.
Entrambe le posizione  (o meglio le 4 posizioni) sono scorrette.
Sia quella che si pensa soggetto, sia quella che si pensa mera autocoscienza, sia quella che si pensa mera nullità, sia quella che si considera mera identità.

Per quattro posizioni intendi servo e signore (1), stoicismo (2), scetticismo (3), coscienza infelice (4) ?
Se è così non penso che sia corretto dire che sono tutte sbagliate.
Cioè, sono tutte inadeguate.
Io le interpreto come atteggiamenti generali nei confronti del mondo cui noi, continuamente e spesso inconsapevolmente, facciamo nostri. Passando dall'una all'altra. Tutte però non danno pace. Rimane, in ciascuna di esse, il senso di una frattura, di un isolamento, di una condanna.
Il servo, cioè l'uomo contemporaneo, nell'impegno del lavoro non ha pace, non ottiene nient'altro che una sospensione della condanna (condanna che sarebbe un giudizio di inadeguatezza da parte del signore di turno, ovvero di chiunque occupi una posizione superiore nella gerarchia dell'organizzazione).
Lo stoicismo è il tentativo di chiudersi in se stessi, di proteggersi da un mondo sentito come ostile (e sentito come ostile perché semplicemente lo è), dedicandosi per esempio alla filosofia.
Lo scetticismo è un attacco a quel mondo ostile che lo stoicismo, che è fuga di fronte a un nemico (il mondo) sentito in tutta la sua potenza oggettiva, non riusciva nemmeno a scalfire, facendo leva sulla sola forza della propria interiorità nell'isolarsi.
La coscienza infelice invece è la conclusione veramente infelice di tutto questo processo perché si finisce per decidere che ciò che è veramente oggettivo, al di là dell'accidentalità del mondo, è Dio, è solo Dio ad essere, è solo Dio che conta... dopodiché, abbracciata questa verità, si inizia a riflettere sulla distanza di questo Dio, sulla separazione, etc. Di Salmi su questo tema ce ne sono parecchi.

Sono tutte posizioni sensate, che hanno una loro funzionalità nella nostra vita (per esempio io nei periodi di super lavoro, per non impazzire, mi sforzo di sintonizzarmi sullo stoicismo con qualche puntatina, nei momenti di maggiore nervosismo, sullo scetticismo...).
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 23 Maggio 2024, 08:45:41 AM
Citazione di: green demetr il 21 Maggio 2024, 00:08:32 AMSarebbe molto bello che Hegel avesse presente il concetto di libertà come verità morale.
Però stando ai testi il servo non viene liberato.
Per ora non vedo idea di libertà, e avanzo ipotesi che nemmeno vi sia, perchè se per lui Dio coincide con la totalità allora non esiste alcuna libertà, che non rimandi a quella totalità.
E dunque quale sarebbe questa partecipitività del singolo nell'universale?
La questione della libertà in effetti è delicata.
Certamente più avanti quando nella sezione dello spirito Hegel farà riferimento alla Rivoluzione francese avremo modo di approfondire la cosa.
Mi viene da pensare che qualsiasi filosofia che abbia uno sfondo platonico, cioè una struttura di essenze eterne, indipendentemente poi da come tale struttura venga pensata, non può che concepire la libertà come compimento di tali essenze.
La libertà come arbitrio del soggetto, nel bene e nel male, può essere pensata solo da filosofie che invece ritengono la verità come una costruzione sociale e culturale.
Le filosofie che io ho definito platoniche vedono invece l'arbitrio del soggetto come l'errare del singolo, e la vera libertà come dispiegamento della razionalità (universale per definizione) delle essenze eterne.
Infatti la Repubblica di Platone prescriveva l'esilio degli artisti, non perché l'arte non sia significativa, ma perché comunque, nell'interpretazione platonica, non ha una funzione realmente positiva nell'esprimere la verità (cioè le Idee e la rete di relazioni tra di esse).
Per Hegel un'istituzione garantisce maggiore libertà (come le istituzioni politiche moderne a confronto con quelle feudali) quando in essa c'è stato, nella sua fondazione, un maggiore dispiegamento della razionalità umana. Non perché i suoi "inventori" siano stati creativi, ma perché in essi, la ragione, ha trovato il modo di dispiegarsi. Come se lo Spirito avesse usato i fondatori per realizzarsi.
Il che però sembra indicare che l'unica libertà è quella dello Spirito. Per i singoli si tratta solo di comprendere e poi fare "la cosa giusta"...

Forse varrebbe la pena aprire una discussione specifica sul rapporto tra libertà e metafisica.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 24 Maggio 2024, 00:24:11 AM
Citazione di: Ipazia il 21 Maggio 2024, 06:16:19 AMQuante filosofie hanno prodotto più storia e cambiamento nel modo di vedere e agire entro l'universo antropologico, più Weltanschauung ?

Tu chiamala, se vuoi, ignavia.

(Hegel non mi pare sia andato molto oltre gli stadi di Kierkegaard e i tipi ideali della sociologia borghese, il massimo per una fenomenologia sociale messa sotto Spirito)
Vedo che tanto per cambiare non hai capito assolutamente niente.
Mi stavo riferendo ai professori di filosofia che invece che dare importanza allo studio e alla creazione se vuoi (visto che ti piace così tanto) delle visioni di vita, incitano invece a non pensare troppo, perchè i filosofi sono gente malata....(cioè questi vengono pagati per essere filosofia e ti dicono il contrario? è assurdo).
Ora hai capito meglio?
Il post-covid è una cosa brutta brutta.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 24 Maggio 2024, 01:03:45 AM
Citazione di: Alberto Knox il 21 Maggio 2024, 15:39:07 PMnon ho fatto nessuna analisi e nessuna conclusione, o condiviso una mia riflessione su hegel e ho esposto una domanda, anzi piu di una in realtàma io non ho  nessuna posizione in questa discussione Greenquesta massima di Hegel è una parte a sè che andrebbe comunque approfondita meglio. ma io parlavo di un altra sua famosa frase , ovvero "tutta la conoscenza è conoscenza umana" con questo non intendevo riferirmi alla massima da te citata ma , secondo me , si riferisce propio al fatto che tutto quello che è possibile conoscere lo è umanamente , ovvero umanamente accessibile.  Per cui è inutile ipotizzare una sorta di verità al di fuori delle possibilità umane perchè comunque non è dato sapere . è inutile perciò parlare di un ipotetica cosa in sèdi cui non ne possiamo fare esperienza. noi conosciamo la cosa per come essa si adegua alle propietà della ragione e questo è il panorama , questo è il mondo umanamente conoscibile, il nostro mondo. Che cos'è il mondo? voglio sapere che cos'è il mondo, Hegel se lo sarà ben chiesto no?
Alberto per la miseria, eh sì che lo stiamo leggendo insieme!
Hegel dice che tutto ciò che è umanamente conoscibile a livello sensibile NON è vero!
Altrimenti che bisogna avrebbe ti introdurre l'autocoscienza?
Diciamo che ti abbiamo perso quando non ti sei posta la domanda di come tu fai ad essere sicuro che una volta voltato l'albero visto è ancora iì.
Siamo poi passati a dire che l'uomo pone fiducia nell'altro uomo in base ad universali.
Solo per rendersi conto che questi universali non sono MAI quell'albero lì che avevi visto.
Hegel poi ha dato un brusco cambio di passo, per fare un esempio ha messo la quinta, e non tutti cianno la quinta: infatti Hegel MEDITA (che rischiede la capacità di soffermarsi sulle cose) sul fatto che ogni cosa è MEDIAZIONE, fino al punto che lo stesso tempo diventa mediazione. A questo punto Hegel da un altra brusca accellerazione, per fare un esempio mette la sesta, che gli uomini automa non capiranno MAI: l'uomo NON riesce a Vivere.

Questa è la prima parte.

La seconda parte è quella mediana, quella da cui ripartirà la fenomenologia nella terza e ultima parte (anche la più lunga).

Nella seconda Hegel raggiunge vette celebri di pensiero: come abbiamo visto l'industria culturale ce lo vende come razionalista realista.

Il che solo per la prima parte non avrebbe alcun senso, sarebbe dire il contrario di quello che ha detto fino alla prima parte.
Ma si sa i professoroni sono degli asini. (o meglio ne avevo il grave sospetto, ma dopo Adorno ne ho la certezza).

Nel modo più assoluto no: se infatti io non ho tempo, e non riesco mai a vivere, come posso avere una visione del  mondo?
Chiaramente qualsiasi essa sia è sbagliata. Non aderisce al vero.

Ma allora cosa è il vero? il vero è ciò che è dentro di noi: ossia la morale e dio.
E d'accordo ma come farlo a dimostrarlo?

Ecco siamo arrivati a questa parte dell'analisi e alle doppie figure SBAGLIATE del padrone e del servo, dello stoicismo e dello scetticismo.

Come notiamo Hegel cerca di accompagnare le domande, ma le domande ci devono essere.
In questo tempo in cui sostanzialmente l'umanità ha venduto l'anima, a mio parere Hegel va detto in soldoni.

Ma non certo in 10 minuti: perchè le domande che solleva, se mi auguro tu abbia ancora un anima sono di quelle che PESANO l'intera nostra miserabile vita.
Infatti noi viviamo TRAMITE il soggetto.

La domanda della difficilissima prefazione alla FDS, è infatti quella: quale è il problema del soggetto?

Ossia il soggetto VISTO come problema. Cose non esattamente semplici. Richiedono dedizione.

Però diciamo che per un pubblico diciamo a digiuno, lasciando stare la spiritualità ivi connessa, possiamo ancora ragionare passo per passo.

L'universalità su cui poggia il PADRONE, e l'universalità su cui poggi IL SERVO a COSA PORTANO?
Ecco io mi accontenterei che la gente semplice ragionasse anche solo su questa PRIMA FIGURA.

naturalmente non è così semplice come sembra, e allora unendo la cultura con la vita pratica di tutti i giorni, forse Hegel potrà rivivere, anche in vesti meno nobili del previsto.

Ma di certo NON possiamo parlare di verità. Non possiamo parlare di visione del mondo.
La gente alle prime armi con la filosofia, dovrà cominciare invece a ragionare sugli aspetti negativi di Hegel, l'incapacità umana.
Se non si conoscono i propri difetti, come si fanno a indicare quelli degli altri?
E' una questione morale.
Salve.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 24 Maggio 2024, 02:30:40 AM
Citazione di: Koba II il 23 Maggio 2024, 08:45:41 AMLa questione della libertà in effetti è delicata.
Certamente più avanti quando nella sezione dello spirito Hegel farà riferimento alla Rivoluzione francese avremo modo di approfondire la cosa.
Mi viene da pensare che qualsiasi filosofia che abbia uno sfondo platonico, cioè una struttura di essenze eterne, indipendentemente poi da come tale struttura venga pensata, non può che concepire la libertà come compimento di tali essenze.
La libertà come arbitrio del soggetto, nel bene e nel male, può essere pensata solo da filosofie che invece ritengono la verità come una costruzione sociale e culturale.
Le filosofie che io ho definito platoniche vedono invece l'arbitrio del soggetto come l'errare del singolo, e la vera libertà come dispiegamento della razionalità (universale per definizione) delle essenze eterne.
Infatti la Repubblica di Platone prescriveva l'esilio degli artisti, non perché l'arte non sia significativa, ma perché comunque, nell'interpretazione platonica, non ha una funzione realmente positiva nell'esprimere la verità (cioè le Idee e la rete di relazioni tra di esse).
Per Hegel un'istituzione garantisce maggiore libertà (come le istituzioni politiche moderne a confronto con quelle feudali) quando in essa c'è stato, nella sua fondazione, un maggiore dispiegamento della razionalità umana. Non perché i suoi "inventori" siano stati creativi, ma perché in essi, la ragione, ha trovato il modo di dispiegarsi. Come se lo Spirito avesse usato i fondatori per realizzarsi.
Il che però sembra indicare che l'unica libertà è quella dello Spirito. Per i singoli si tratta solo di comprendere e poi fare "la cosa giusta"...

Forse varrebbe la pena aprire una discussione specifica sul rapporto tra libertà e metafisica.
Oddio Koba grazie un pò di respiro filosofico:

Ma certo ovviamente si tratta di un consequenziale adattamento all'oggetto di verità SCONOSCIUTO che pure noi DESIDERIAMO.
E che di volta in volta CREDIAMO sia ora questo ora quello.

C'è un problema che il mio maestro mi ha fatto notare rispetto alla "fine della filosofia" ossia agli esisti del pensare l'oggetto di verità un ENTE.
Infatti nella sua manifestazione ultima (anche per il mio maestro Schopeanuer e Nietzche) se l'ente è l'oggetto di verità, allora la verità è un ente.
MA (e qui non ci avevo MAI pensato in effetti) la volontà di potenza, è esattamente questa volontà di possesso e quindi di distruzione (per noti meccanismi di traslazione psicanalitica) di qualsiasi ente. Figuriamoci l'ente di verità.
E' per questo che l'illuminismo anche secondo il mio maestro (ma qui possiamo metterci anche i servi del potere sini, cacciari, severino) è l'espressione MASSIMA di quell'affacciarsi della NIENTIFICAZIONE che raggiunge l'apogeo (secondo il mio maestro) nella filosofia nazista di heidegger.

ovviamente caro koba l'oggetto di verità NON è un ente. e se ci ragioni seriamente, lavoro permettendo, o in generale vita permettendo, che ci schiaccia il cervello come una noce. è proprio il "lavoro" che sta facendo HEGEL.

Da qui bisogna che ci schiariamo le idee sulle future indicazioni della libertà dentro lo stato.
Ma ci dobbiamo schiarire anche le idee su chi sia Platone.
Il paragone che poni è però assolutamente azzeccatto e mi piace tantissimo.

Naturalmente possiamo anche aprire un altro 3d sulla libertà e metafisica.

In effetti sarebbe anche il progetto di cacciari: partire dalla filosofia per raggiungere la teologia.
E ma signori è Dante.

Com diceva la mia cara prof di filosofia, forse da me poco citata, la filosofia si fa eco, da una epoca ad un altra: perchè è quello che fa grande la filosofia.

In una discussione su libertà e metafisica ci stanno tanti, ma proprio tanti pensatori, tutti ovviamente PRIMA del 1970, anno di morte della cultura.

Di qui la grandezza del pensiero, e l'ignavia e la pigrizia, di cui DANTE lamentava di se stesso.
Come il mio prof.
Non basta una vita, è evidente se grandi eruditi si lamentano di se stessi...poi nel caso di Dante ha dell'incredibile....

Io mi accontento di tornare a lavorare sui testi, e sul mio pensiero.

Certo il mio maestro mi ha lanciato un ponte IMPORTANTISSIMO, l'importanza di Platone.

E ORA LA DOMANDA FONDAMENTALE: che cosa mi ha impedito di leggere Platone?
Proprio quello che dici KOBA, che la morale sia un ESSENZA ETERNA.

La morale non può essere un essenza, un ente, una legge.
E' impossibile.

Ma poi ho capito: Eutifrone, Apologia, Critone.

Tutti gli interpreti cadono come dei fichi secchi.

Eppure il testo letterario, e mi pare si studi alle medie, sottintende che il lettore faccia un lavoro di comprensione.

Che i testi di Platone siano un rompicapo è talmente evidente, che immaginavo c'erano arrivati tutti.

E invece ti faccio l'esempio: Trabattoni - Secondo me nel Critone c'è qualcosa che non va, forse si tratta di un tranello, ma forse sono io che sbaglio.
Migliorini - Secondo me il fatto che platone dica cose diverse, vuol dire una cosa sola, che esistone DIVERSE VERITA'.

Questa ondata di ASSENZA di pensiero arriva poi alle università americane:
rettrice di HARVARD.
Le proteste antisemite sono condannabili? ripsosta della rettrice: DIPENDE dalle circostanze.

Attenzione ti sei reso conto di quello che è avvenuto?

Che l'ente verità è diventato MOLTITUDINE (e non è forse satana che lo dice nel vangelo di marco?).

Il diavolo, il doppio, il doppelganger.

Il nostro mondo VUOLE che Platone venga letto come COLUI CHE HA INVENTATO LA REALTA' delle idee iperuraniche.
IDEE ENTE.
E Come tali a disposizione della DOXA.

Ma platone non era nemico della DOXA?

La verità è sotto la DOXA o è sotto DIO?

platone parla di dio. è talmente evidente, basta leggere, platone nel testo con abilità di grandissimo scrittore ci da le chiavi di lettura.
sono tutte nascoste.

ma nell'epoca della filologia e della cultura di massa dovrebbero essere risolte in quattro e quattro otto. (come ha fatto io: nonno di panopoli: cosa è l'orfismo etc...)

Caro KOba non vengono NEMMENO CAPITE.

Pensiamo a Reale: il vero platone è quello aristotelico.... ???
non solo non vengono capite ma vengono CONVENIENTEMENTE traslate nel linguaggio ENTIFICATO di aristotele.

Cosa c'è in gioco: la verità.
E la verità non è nient'altro che la libertà (per me).

E' molto interessante recuperare questo nel pensiero cristiano, perchè solo ora mi accorgo, che non sono i soloni socialisti del nostro tempo ad aver ragionato più a lungo su questo. ma proprio i cristiani!!!!

io i salmi non li ho mai letti!!!!!!!! ??? capisci il divario che mi separa dal pensiero cattolico?
che solo ora vedo quanto sia stato ed ancora è GRANDE.
Perchè chi pensa alla libertà? i cristiani, molto di più che gli ebrei.

Negli ebrei il divario DIO_UOMO è incolmabile.
E certo la mistica cristiana recupera questa grande tradizione che in larghissima misura a noi è sconosciuta.
mancano proprio le traduzioni dei testi, i lavori filologici etc...

ma io ragionavo al tempo che ascoltavo l'istituto rosmini, di quanto l'idea cristiana sia legata a quella di PERSONA.
i DIRITTI DELLA PERSONA per un cristiano DOVREBBERO essere i diritti alla libertà di quella persona.
Dio si manifesta nella nostra libertà.

A mio modo di vedere è questa la strada maestra.
Libertà di ricerca spirituale.

Non del DIO, ma della morale.

Non la morale della LEGGE, ma la morale di DIO.

E' qui che vengono i dolori: Dio è un ente? Capisci il dolore che provo, e la disperazione di dover sorpassare questo delirio. E lo so che per te e per tanti altri è importante.

Ciò che riguarda DIO non è DIO, ma in RELAZIONE a DIO.

Quando l'uomo guarda dentro di sè cosa trova?
io penso e ho sempre pensato che trova la relazione con esso.
Il vento nicciano: il vento della scechinà, il vento dello sceol.
Ciò che RAVVIVA, ciò che FERISCE.

perchè questo vento soffia dentro di noi?
è questa la relazione, seguire il vento.

Cosa è la reminescenza platonica: IL SAPERE dell'esistenza di questo VENTO.
La mistica ebraica poi cristiana, cosa è se non questo ascoltare la VOCE DI DIO.
solo che non è DIO. è il vento dell'EROS è il vento di THANATOS che INCRESPA il NOSTRO ABISSO.
NOI SIAMO sopra UN ABISSO DIRA' Nietzche.
UN PERICOLOSO SOSTARE.

Chi riesce a sentire questa caducità?
Chi riesce a vedere l'abisso che NOI STESSI siamo?

I temi sono semplicemente ribollenti. mi stanco ogni volta al solo pensarci.

veramente non rimane che rimanere attaccatti AGLI SCRITTI.

Noi siamo OSSI DI SEPPIA incollati agli scritti dei sommi pensatori.

E con l'umiltà di chi probabilmente non ci sta capendo che una piccola percentuale di quello che ci insegnano, proporzionale alla loro distanza temporale, a cui alludono, noi siamo deserti abitati da echi lontani.

La filosofia che supplica impotente ai piedi della poesia.
E la poesia che versa lacrime amare sulla filosofia.
Una maledetto infinito PIANTO.


E' Leopardi che ha la capacità di sorprendermi: gli DEI SONO MORTI e alla MODERNITA' non resta che RICOSTRUIRLI. (un certo heidegger lo ripeterà a pappagallo anni dopo).

DURO LAVORO caro Koba.

Ma per ricostruirli bisogna anzitutto vedere il SOGGETTO DENTRO LE FIGURE HEGELIANE.

Lo trovo il più utile piede di porco per riaprire le porte all'anima imprigionata dalle barre d'acciaio del nostro tempo. (e sicuramente il piu vicino, se è vero che adorno prosegue Hegel...va bene, ma voglio capirlo bene bene!).

E ora torno a netflix....mi spiace sto ricadendo di nuovo...non ho le forze.

salve forum!

ps- si sono d'accordo koba ma ci tengo a distinguere ben benino cosa io sto capendo dalla FDS.

Tu dici che noi siamo alla seconda figura...ma sei sicuro?
La secondo è la figura del servo che in quanto tale viene RICONOSCIUTO.
Ma egli si accorge che non lui è riconosciuto MA il SUO LAVORO.
cioè egli capisce che al padrone non frega niente di lui!!

Ma la nostra epoca secondo me KOBA è DRAMMATICAMENTE scesa DI NUOVO alla prima figura quella del PADRONE.
Le gente SI AUTOINCENSA, non aspetta il riconoscimento da nessuno, è puro individualismo spesso di carattere narcistico ANCHE IN CONDIZIONI DI LAVORA DA MINIERA, e DELIRANTE.
Ognuno pensa di essere RE IN CASA PROPRIA, e non si accorge di essere che un miserabile SERVO (dove ovviamente il servo avrebbe come detto prima, una coscienza però).

A mio parere è per questo che lo stoicismo va per la maggiore nelle vendite (vedi feltrinelli etc..) perchè lo stoicismo è gente che si fa re di se stessa (peccato che nell'antichità era però in maniera ragionata) ANCHE IN MANCANZA DI STRESS SOCIALE.


Nessuna autocoscienza dell'Altro, l'altro la società non esiste: Puntualmente espunta da qualsiasi discorso, la "colpa" è sempre del singolo che quindi si DEVE curare "con qualche cagata da vendere".

No signori noi siamo caduti alla prima figura....Il che è spaventoso, se non avesse delle spiegazioni perfettamente razionali ( e stoicamente ragionevoli come dici tu Koba).


Le figure sono 1) padrone (assenza totale di autocoscienza) 2) servo (prima presenza di autocoscienza dell'Altro intesa in forma negativa, repressiva)
3) stoicismo (prima forma di coscienza del sè, ma non dell'altro, espunzione dell'altro)
4) scetticismo (secondo sloterdijk la caratteristica di questo secolo) presa di coscienza del sè rispetto all'Altro, ed espunzone dell'altro)

Le posizione da 2 a 4 portano a mio parere forme sempre più approfondite di COSCIENZA INFELICE.

Ovviamente la più perfetta è quella scettica: perchè ci rendiamo conto che noi siamo qualcosa solo rispetto a qualcos'altro che ci viene venduto come VERO, e VERO non è.

naturalmente cosa manca fin'ora: come fa hegel a passare dall'autocoscienza dell'altro all'autocoscienza del sè?

Non mi pare ben argomentato, o forse sono io che devo rileggere, o forse i traduttori hanno sbagliato a tradurre....a presto. spero....
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Alberto Knox il 24 Maggio 2024, 20:24:00 PM
Citazione di: green demetr il 24 Maggio 2024, 01:03:45 AMDiciamo che ti abbiamo perso quando non ti sei posta la domanda di come tu fai ad essere sicuro che una volta voltato l'albero visto è ancora iì.
E io mi ero perso che bisognava leggere insieme queste parti , purtrppo io di Hegel non ho molto. Quindi capisco di essere limitato. Resterò presente ma non interverrò più . buon proseguimento.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 24 Maggio 2024, 20:34:30 PM
Citazione di: Koba II il 23 Maggio 2024, 08:45:41 AM1. La libertà come arbitrio del soggetto, nel bene e nel male, può essere pensata solo da filosofie che invece ritengono la verità come una costruzione sociale e culturale.
2 Le filosofie che io ho definito platoniche vedono invece l'arbitrio del soggetto come l'errare del singolo, e la vera libertà come dispiegamento della razionalità (universale per definizione) delle essenze eterne.
3 Infatti la Repubblica di Platone prescriveva l'esilio degli artisti, non perché l'arte non sia significativa, ma perché comunque, nell'interpretazione platonica, non ha una funzione realmente positiva nell'esprimere la verità (cioè le Idee e la rete di relazioni tra di esse).
Ho editato i punti in rosso.

1 - Dipende da che filosofie stiamo intendendo.
Infatti la filosofia per come la leggo io è l'esatto opposto ossia lo scontro tra la libertà individuale e il soffocamento autoritario dello stato.
Natuaralmente sono appunto 15 anni che leggiucchio UTU di Nietzche, e mi pare un testo capitale, ma vi sono altri testi, dalla scuola di francoforte (che mi manca in toto) al postr-strutturalismo francese (Derrida, Deleuze, Focault) ad Heidegger che tanto mi erano cari nei miei vent'anni.
Tutti parlano di questos scontro.
Ora mi rendo conto che bisogna aggiungere Omero, i Tragici Greci e Platone.
Il tema è sempre quello.
Dunque bisogna ricavare una concezione di bene e male, all'altezza di questo scontro.
Un buon modo di leggere lo stato come amico, sono forse gli sforzi della bibbia, o del marxismo.
Ecco mi paiono due filoni completamente diversi.
Il primo lo chiamo il percorso greco e il secondo il percorso giudaico-cristiani (il terzo quello socialista, che però è quello meno interessante).
La grandezza del pensiero ebraico è che riescono a trovare un miracoloso equilibrio tra libertà (libertà di amare) e dovere (la legge patriarcale della comunità).
In questo senso la modernità non avrebbe pensato ancora all'unione tra pensiero greco e pensiero giudaico-cristiano.
O meglio forse ci sono riusciti i 3 grandi eruditi del medioevo Agostino, Tommso, Dante.   
Forse dunque l'unica costruzione sociale possibile è quella di Agostino-Tommaso-Dante?
Ecco qui mi manca proprio la pietra di paragone.
Quindi attendo tue riflessioni.

2 - Nell'orfismo ciò che è importante è la liberazione della sessualità, l'apollineo è invece il demone malefico. Questo in detto in soldoni, non esiste questo dualismo, ma la lotta morale avviene tra questi estremi, dove la vita sono le sue eterne sfumature.
Per me eros è la volontà creatrice, e thanatos è la ragione bruta.
Sempre in soldoni. Infatti ciò che conta è come la vita stessa si presenta a noi, e cosa decidiamo di farne.
La razionalità di Platone è la razionalità del cuore.
L'Eutifrone non lascia dubbi.
Ecco non darei questa priorità alla razionalità.
Mi è venuta in mente or ora questa intuizione:
Che la razionalità contemporanea è agente efficiente.
Dove dalla radice di ex-facio deduciamo in cosa consiste l'agire: ossia dal suo fare.
Mi ricorda ancora una volta la seconda figura hegeliana, quella del servo.
Ora ragionando su alcune intuizioni che "annusavo" dal mondo platonico-neoplatonico (credo) o forse era tommaso: il nostro agire è un agire che deve agire in potenza per aprire ulteriore potenza.
Forse c'entra la potestas di Dio.
E sono d'accordo se lo sto ricostruendo con le intuizioni giuste: perchè è proprio quello che fa nietzche, o quello che prospetta leopardi.
Nel tentativo di agire secondo giustizia divina noi dobbiamo dare adito a questi desideri di ampiarsi. Dunuqe io non le chiamo essenze eterne, non esiste una totalità, ma una potenzialità infinita da cui il nostro giudizio poi decide se per il bene o il male. Come dire che siamo noi gli artefici del bene e del male.
Come nella grande tradizione mistica ebraica se vogliamo, le sefirot etc...

3 - Penso che l'esilio dell'artista l'abbia capito benissimo Carmelo Bene, infatti Platone diffida dei mestieranti, questo tema d'altronde Platone l'aveva già trattato in uno nei dialoghi immediatamente successivi al Critone.
Un dialogo minore comunque sia.
Il vero artista è colui che ricerca il vero della sua arte. Ovvero colui che vive la sua arte. In questo la lezione di Carmelo Bene è ben enunciata.
(l'opera d'arte come opera borghese è invece il suo contrario).
Il mio errore è stato leggere la repubblica sempre a spizzichi e morsi, l'avevo iniziato dal principio ed è immediatamente chiaro la sua portata di ironia feroce, e insieme alta letteratura: dovrebbero portarci a considerazioni molto più profonde.
Il vero è qualcosa di altamente ignoto, mi pare ovvio questo.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 24 Maggio 2024, 20:42:24 PM
Citazione di: Koba II il 23 Maggio 2024, 08:45:41 AM4 Per Hegel un'istituzione garantisce maggiore libertà (come le istituzioni politiche moderne a confronto con quelle feudali) quando in essa c'è stato, nella sua fondazione, un maggiore dispiegamento della razionalità umana. Non perché i suoi "inventori" siano stati creativi, ma perché in essi, la ragione, ha trovato il modo di dispiegarsi. Come se lo Spirito avesse usato i fondatori per realizzarsi.
Il che però sembra indicare che l'unica libertà è quella dello Spirito. Per i singoli si tratta solo di comprendere e poi fare "la cosa giusta"...

Forse varrebbe la pena aprire una discussione specifica sul rapporto tra libertà e metafisica.

Spero vivamente che non sia questa la tesi di Hegel.
Infatti la visione gerarchica che dall'altro si abbatte sul singolo è esattamente il problema della metafisica in generale.
Io ribalto la questione completamente sono i fondatori, ossia i singoli che costruiscono il Dio, decidendo liberamente se adeguarsi alla visione morale non della società ma della relazione del sè con quello che ancora ostinantamente chiamiamo un dio.
ma che come dicevo anche vent'anni fa, è semplicemente una x.
Hegel dovrebbe dire ad un certo punto la relazione con l'indefinito.

Ma d'altronde l'adeguazione alla verità di queste relazioni oltre che essere il famoso negativo di hegel, è anche semplicemente adeguazione all'intelletto.
E' sempre la vecchia questione della adequatio rei intellectu di tommasiana memoria in fin dei conti.
Dove però si deve capire che la ragione non è la ragione strumentale come questa epoca continua ad insistere a dire (per convicersene?) ma è quella del cuore.
Come Pascal poi correggerà (ok lezioncina da manuale, chi l'ha mai letto pascal ah ah ah).
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 24 Maggio 2024, 20:52:02 PM
Citazione di: Alberto Knox il 24 Maggio 2024, 20:24:00 PME io mi ero perso che bisognava leggere insieme queste parti , purtrppo io di Hegel non ho molto. Quindi capisco di essere limitato. Resterò presente ma non interverrò più . buon proseguimento.
Si purtroppo non è un testo che si può leggere aforisticamente, o uno che puoi consultare prendendo i capitoli separatamente.
Bisogna avere la pazienza e il tempo per leggerlo unitariamente.
Però si possono fare domande sull'inizio.
Qua naturalmente proseguiremo.
Ma all'utente che voglia fare domande consiglio di leggere dall'inizio della discussione.
Anzi ovviamente caldeggio a che ognuno anche in base alle sue possibilità di voglia e di tempo a fare domande.
Tanto faccio fatica a leggere, ma a rispondere mi fa piacere (anche e sopratutto sull'inizio, io sulla questione dell'albero ci sono rimasto "sotto" per anni....)

Ciao!
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 25 Maggio 2024, 09:34:19 AM
Citazione di: green demetr il 24 Maggio 2024, 20:42:24 PMSpero vivamente che non sia questa la tesi di Hegel.
Infatti la visione gerarchica che dall'altro si abbatte sul singolo è esattamente il problema della metafisica in generale.
Io ribalto la questione completamente sono i fondatori, ossia i singoli che costruiscono il Dio, decidendo liberamente se adeguarsi alla visione morale non della società ma della relazione del sè con quello che ancora ostinantamente chiamiamo un dio.
ma che come dicevo anche vent'anni fa, è semplicemente una x.
Hegel dovrebbe dire ad un certo punto la relazione con l'indefinito.

Secondo me buona parte della filosofia di Hegel è il tentativo di arrivare a una buona soluzione a questo problema: come si fa a conciliare il naturale desiderio di felicità del singolo con l'universale, quindi con la comunità, lo stato etc.?
La contrapposizione tra singolo e universale è il dato di partenza, ciò di cui facciamo tutti esperienza fin dall'inizio.
La Fenomenologia è come il resoconto di tutte le possibili soluzioni a questo dilemma: soluzioni che non sono punti di vista teorici ma forme esistenziali.
Per esempio: il tentativo di mettere da parte i richiami dell'universale (e le attrattive della scienza) decidendo di vivere fino all'esasperazione una vita attiva, come nel primo Faust; tentativo che va a sbattere però contro la sterilità del proprio godimento da una parte, e la sensazione di trovarsi di fronte alla necessità dell'ordine del mondo, dall'altra. Cioè, anche in questa figura, per l'ennesima volta: singolare contro universale.

Quindi in Hegel non c'è né l'assoggettamento alla totalità, né la liberazione del singolo.
C'è piuttosto il ritrovamento del proprio Sé nelle forme del Noi, se così si può dire, anche se tale espressione, usata in varie occasioni dall'Hyppolite, mi ripugna.
Comunque questo ritrovamento deve essere concreto, non può essere la forzatura dell'individualità in forme collettive.
Il che fa pensare che fin da subito questa filosofia è destinata al fallimento...
È un esercizio severo su questioni ineludibili, ma irrisolvibili.
Almeno, questa è la mia sensazione, ora.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 25 Maggio 2024, 09:36:17 AM
Citazione di: green demetr il 24 Maggio 2024, 20:34:30 PM2 - Nell'orfismo ciò che è importante è la liberazione della sessualità, l'apollineo è invece il demone malefico. Questo in detto in soldoni, non esiste questo dualismo, ma la lotta morale avviene tra questi estremi, dove la vita sono le sue eterne sfumature.
Per me eros è la volontà creatrice, e thanatos è la ragione bruta.
Sempre in soldoni. Infatti ciò che conta è come la vita stessa si presenta a noi, e cosa decidiamo di farne.
La razionalità di Platone è la razionalità del cuore.
L'Eutifrone non lascia dubbi.
Ecco non darei questa priorità alla razionalità.
Mi è venuta in mente or ora questa intuizione:
Che la razionalità contemporanea è agente efficiente.
Dove dalla radice di ex-facio deduciamo in cosa consiste l'agire: ossia dal suo fare.
Mi ricorda ancora una volta la seconda figura hegeliana, quella del servo.
Ora ragionando su alcune intuizioni che "annusavo" dal mondo platonico-neoplatonico (credo) o forse era tommaso: il nostro agire è un agire che deve agire in potenza per aprire ulteriore potenza.
Forse c'entra la potestas di Dio.
E sono d'accordo se lo sto ricostruendo con le intuizioni giuste: perchè è proprio quello che fa nietzche, o quello che prospetta leopardi.
Nel tentativo di agire secondo giustizia divina noi dobbiamo dare adito a questi desideri di ampiarsi. Dunuqe io non le chiamo essenze eterne, non esiste una totalità, ma una potenzialità infinita da cui il nostro giudizio poi decide se per il bene o il male. Come dire che siamo noi gli artefici del bene e del male.
Come nella grande tradizione mistica ebraica se vogliamo, le sefirot etc...


Tenendo fuori la questione dell'influenza dell'orfismo, che non conosco abbastanza, in linea generale sono d'accordo con te: la lettura di Platone che privilegia l'esercizio e non le soluzioni, cioè la morale proprio come esercizio continuo, interrogazione filosofica continua, in opposizione all'approccio metafisico che cerca di trarne strutture stabili, rigide, definitive, è certamente quella, per noi, più significativa.
Anzi forse è l'unica significativa, perché non si capisce quale possa essere il guadagno dal tenere fermo, con varie e traballanti argomentazioni, il convincimento dell'esistenza di essenze eterne (quindi valori eterni)? Ma no, certo, lo so, il guadagno è la riduzione dell'inquietudine. Ma il mondo che abbiamo davanti, purtroppo, esige un pensiero più robusto di quello che si limita ad appagare la propria nostalgia di stabilità.
Da tempo mi sono ripromesso di tornare a studiare Platone dopo così tanti anni.
Forse fra qualche mese ne avrò il tempo, chissà.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 25 Maggio 2024, 18:37:04 PM
Ripensando a ciò che stiamo dicendo di Platone mi è venuto in mento questo: nel Sofista il sapere viene descritto come la ricostruzione nella propria testa delle relazioni reali esistenti tra le idee.
Sapere significa essere capaci di distinguere ciò che accomuna certe idee, e ciò che le distingue.
Saper percorrere la costellazione di relazioni attinenti una di esse, quella in oggetto, per esempio la giustizia.
Ma concretamente cosa significa conoscere la giustizia? Cosa significa saper rispondere alla domanda: che cos'è la giustizia?
Ecco, questo è il punto: non significa disporre di una definizione. Non è la quiete del concetto ad essere l'esito del sapere, per Platone.
Concretamente essere sapiente nell'ambito della giustizia significa saper percorrere quelle relazioni, con tanto di strade chiuse, di retromarce, come ampiamente viene dato conto in Gorgia, Protagora e Repubblica.
Quindi la staticità dell'ontologia platonica?
Possono coesistere le due cose? Struttura statica delle essenze eterne e dinamicità del sapere?
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 25 Maggio 2024, 23:07:08 PM
Citazione di: Koba II il 25 Maggio 2024, 09:34:19 AMC'è piuttosto il ritrovamento del proprio Sé nelle forme del Noi, se così si può dire, anche se tale espressione, usata in varie occasioni dall'Hyppolite, mi ripugna.
Probabilmente  Hyppolite non ha capito niente se usa una simile frase.
Infatti il sè è proprio ciò che nasce in negativo dal noi (che è sempre una forma astratta di universalizzazione, e perciò sempre contro l'individuo).
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 25 Maggio 2024, 23:20:20 PM
Citazione di: Koba II il 25 Maggio 2024, 09:36:17 AMDa tempo mi sono ripromesso di tornare a studiare Platone dopo così tanti anni.
Forse fra qualche mese ne avrò il tempo, chissà.
Penso aprirò discussione.

Citazione di: Koba II il 25 Maggio 2024, 18:37:04 PMQuindi la staticità dell'ontologia platonica?
Possono coesistere le due cose? Struttura statica delle essenze eterne e dinamicità del sapere?

Non ci sono essenze eterne, lo abbiamo già visto in Hegel.
Vi è una morale esterna, ma non esterna nel mondo, ma in relazione col sè.

Platone scrive dialoghi per chi ha già capito questa differenza tra apparenza e verità.
L'apparenza è tutto ciò che riguarda la fenomenologia che appare all'umano.
La morale è tutto ciò che non appare nel reale, ma che appare, abitandolo nel cuore.

Che il nostro tempo appiattisca questa verità a mera favola, è proprio il problema che sottende alla filosofia.

E' sempre l'universale che vorrebbe la verità diventasse un ombra, un oggetto con cui poter formare il soggetto.
L'orfismo deve essere stato veramente l'evento epocale della grecia che cominciava a pensare la libertà in termini consistenti.
Naturalmente richiede approfondimento ma ho trovato utilissimo questo contributo su youtube
Richiede meditazione.
Ciao!
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 27 Maggio 2024, 09:07:32 AM
Citazione di: green demetr il 25 Maggio 2024, 23:07:08 PMProbabilmente  Hyppolite non ha capito niente se usa una simile frase.
Infatti il sè è proprio ciò che nasce in negativo dal noi (che è sempre una forma astratta di universalizzazione, e perciò sempre contro l'individuo).

No, Hyppolite ha capito bene la Fenomenologia, e sceglie la parola "Noi" e non un termine come "Altro" proprio per indicare che in tale oggettività l'Io riconosce parte di sé (proprio secondo il significato letterale della parola "noi" che appunto include anche il soggetto che la pronuncia, oltre agli altri individui che costituiscono quella pluralità).
Quello che si vuole indicare è una compenetrazione tra il per sé (il Sé dell'individuo) e l'in sé (il mondo, la realtà sociale, la natura, ovvero l'essere oggettivo).
Il passaggio dalla coscienza alla ragione e poi allo spirito, comporta, nel soggetto, una graduale consapevolezza di questa compenetrazione.
Ti ricordo che qui stiamo studiando Hegel, non Kierkeggard...
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 28 Maggio 2024, 01:06:55 AM
Citazione di: Koba II il 27 Maggio 2024, 09:07:32 AMNo, Hyppolite ha capito bene la Fenomenologia, e sceglie la parola "Noi" e non un termine come "Altro" proprio per indicare che in tale oggettività l'Io riconosce parte di sé (proprio secondo il significato letterale della parola "noi" che appunto include anche il soggetto che la pronuncia, oltre agli altri individui che costituiscono quella pluralità).
Quello che si vuole indicare è una compenetrazione tra il per sé (il Sé dell'individuo) e l'in sé (il mondo, la realtà sociale, la natura, ovvero l'essere oggettivo).
Il passaggio dalla coscienza alla ragione e poi allo spirito, comporta, nel soggetto, una graduale consapevolezza di questa compenetrazione.
Ti ricordo che qui stiamo studiando Hegel, non Kierkeggard...

Mai letto Kiergeggard.

Il noi è il per sè, questo è corretto, infatti è Hegel che ha fatto casino.

Quando ti dico che l'autocoscienza è l'in sè del per sè, ma nel capitolo quarto che è la mediana, hegel cambia idea e dice che l'autocoscienza non è l'in sè del per sè, ma è l'in sè di sè stesso.

Questo ovviamente crea problemi, ma come dici ti è il suo modo di procedere.
Io mi sono accorto subito che questo passaggio è stato mal scritto e liquidato troppo velocemente.

Infatti ora abbiamo un in sè che si è sdoppiato.
E' insieme il noi e l'io che non è l'io.

Ti consiglio di ascoltare Carmelo Bene, lui è uno dei pochi ad aver capito.

Provo a riflettere sul tuo percorso di lettura, che a questo punto è chiaramente l'opposto del mio.

Se tu stai cercando questa totalità, mi pare corretto che indichi nel noi, l'io che pensa quel noi.

Ma se fosse così l'intera filosofia di Hegel sarebbe fuffa, e non dubito che la stragrande maggioranza dei cultural studies si fermi su queste sciocchezze.

Un pò alla migliorini, un pò come fanno quelli confusi.
E' vero che ha ragione l'ebreo ma è anche vero che ha ragione l'islamico.
Ha ragione il povero ma è anche vero che ha ragione il ricco.
Ha ragione il singolo ma è anche vero che ha ragione la collettività.

Sono tutte sciocchezze da metafisica di serie B.

La verità è una, ed è la verità del singolo, MAI DELLA TOTALITA' con buona pace di Hegel.
La sua confusione espositiva è sempre più chiaramente la sua confusione ideologica.

Saremmo di nuovo ai piedi di Nietzche o di Heidegger.
La metafisica è diventata la storia della metafisica, dimenticando la questione dell'essere.

Ciò nonostante, una volta stabilito che l'in sè è l'in sè di se stesso possiamo continuare.
Tu tieniti pure l'idea che l'in sè è il noi.
Va  bene cosi, almeno vedo anche dove questa idea porti a sbagliare prospettiva.
Io non ho più il tempo nè la voglia di correggere chi parte dalla filosofia non come una questione morale.
Mi sembra che il nostro tempo è arrivato al picco della sua ottenebrazione.
io per me mi porto la mia piccola candela, quando mi ricordo di accenderla, sempre meno spesso cioè.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Ipazia il 28 Maggio 2024, 07:08:59 AM
Il "per noi" implica la natura sociale di episteme, ethos e polis, e supera l'aporia noumenica del per/in sé da Aristotele a Kant.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 28 Maggio 2024, 08:06:03 AM
Citazione di: green demetr il 28 Maggio 2024, 01:06:55 AMProvo a riflettere sul tuo percorso di lettura, che a questo punto è chiaramente l'opposto del mio.

Se tu stai cercando questa totalità, mi pare corretto che indichi nel noi, l'io che pensa quel noi.

Ma se fosse così l'intera filosofia di Hegel sarebbe fuffa, e non dubito che la stragrande maggioranza dei cultural studies si fermi su queste sciocchezze.


Il mio percorso di lettura è semplicemente un tentativo di comprendere il testo di Hegel.
Senza distorsioni o divagazioni: molto banalmente, cercare di capire qual'è il senso della Fenomenologia.
Ci sono degli elementi teorici imprescindibili, oggettivi, che sono addirittura caratterizzanti di una filosofia, come appunto in Hegel la spinta alla riconciliazione tra soggetto e mondo.
Dico "spinta" perché se è vero che tutti i pensatori di quella stagione partivano dal modello della Grecia classica, quindi della polis come comunità vera, poi tale spinta doveva, attraverso il lavoro della filosofia, trasformarsi in ragioni convincenti.
Insomma non bastava ovviamente proclamare la nostalgia di una totalità felice. Occorreva pensare un superamento delle forze individualistiche della modernità.
E la Fenomenologia è un interessante, quanto complesso, tentativo di dar conto di tutto questo intricato sviluppo.
L'inquietudine della coscienza, che cerca nel mondo la sua verità, che viene rimbalzata indietro, che si perde in se stessa e in un dio interiore, e che poi ancora ritorna alla natura per sezionarla etc.
In tutto ciò io ci vedo la sintesi, in grande, dei tentativi di ciascuno, più o meno dilettanteschi, di superare questo stato di insufficienza, facendo esperimenti, aderendo ad una visione filosofica o religiosa.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 28 Maggio 2024, 08:09:36 AM
Citazione di: Ipazia il 28 Maggio 2024, 07:08:59 AMIl "per noi" implica la natura sociale di episteme, ethos e polis, e supera l'aporia noumenica del per/in sé da Aristotele a Kant.

Sì, appunto, la posizione specifica dell'idealismo. 
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Ipazia il 28 Maggio 2024, 09:18:15 AM
Citazione di: Koba II il 28 Maggio 2024, 08:09:36 AMSì, appunto, la posizione specifica dell'idealismo.
Che però Hegel non supera completamente restando agganciato al motore teorico dell'idealismo: lo Spirito. Il bailamme post hegeliano è il tentativo di superare questo scoglio.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 28 Maggio 2024, 18:22:42 PM
Citazione di: Ipazia il 28 Maggio 2024, 07:08:59 AMIl "per noi" implica la natura sociale di episteme, ethos e polis, e supera l'aporia noumenica del per/in sé da Aristotele a Kant.
Il per noi seguendo quello che Koba adduce da Hyppolite, sarebbe l'autocoscienza che si conosce in negativo.
L'episteme non ha natura sociale o sarebbe doxa.
Non argomenti affatto quel "implica".
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 28 Maggio 2024, 21:33:20 PM
Citazione di: Ipazia il 28 Maggio 2024, 09:18:15 AMChe però Hegel non supera completamente restando agganciato al motore teorico dell'idealismo: lo Spirito. Il bailamme post hegeliano è il tentativo di superare questo scoglio.

Su questo è vero, infatti molto banalmente tentano di riscrivere una fenomenologia dello spirito SENZA spirito.
Che mi sembra una cosa molto intelligente, no? ;D
Sono cose che sembrano senza senso, ma una volta letti i minima moralia (di cui daremo lettura ovvio, ora per non bombardare il forum probabilmente aprirò forum mio. magari vi ci rimando in futuro per quei pochi ma buoni che uno sempre si immagina (e che ovviamente sempre amici immaginari rimarranno  :D ) ci si accorge che non è così strano anzi....
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 28 Maggio 2024, 22:16:52 PM
Citazione di: Koba II il 28 Maggio 2024, 08:06:03 AMCi sono degli elementi teorici imprescindibili, oggettivi, che sono addirittura caratterizzanti di una filosofia, come appunto in Hegel la spinta alla riconciliazione tra soggetto e mondo.

Va bene, ma indicali però.

All'altezza del quarto capitolo io ancora non li vedo.

Se parli di elementi imprescindibili come facciamo con la questione dell'autocoscienza?

Sei tu che non stai al gioco di Hegel.

Comunque ho capito quale è il punto discriminante quantomeno.

Io non banalizzerei il fatto che ognuno di noi legge un Hegel diverso.

Non ho problemi ad avere a che fare con l'Hegel dei leccapiedi dell'impero, semplicemente ne ignoro le loro opinabilità.

Stavo proprio ragionando sulla importanza del quarto e quinto capitolo, se Hegel lo ha posto nel mezzo ci deve essere una spiegazione non banale.

Non è semplicemente la questione della ternarietà, che per me è un mero modello di lettura.
E' più a fondo di così: intanto partendo da una cultura scientifico umanistica, come quella del liceo, che capisco non tutti hanno.

Un testo va analizzato come un corpo vivente: la domanda serrata del lettore va sempre anzitutto a cosa vuole dire l'autore.
Quale il motivo dell'articolazione di un testo?

Le sue macrostrutture e le sue "svolte" con i risvolti lasciati all'intelligenza del lettore.

Non si tratta di divagazioni: è l'esatto contrario.
Sono proprio le divagazioni che arricchiscono un testo, che lo rendono vivo.

La prefazione contiene troppi elementi, eccede la mia comprensione, per questo sono d'accordo con molti interpreti che va letta più come una post-fazione.

La prima parte della FDS contiene già una conclusione: l'uomo non può vivere.(cap 1 e 2)

La terza parte la abbiamo saltata, per me è incomprensibile, e solo provando a ipotizzare quello che tu koba ci hai detto, ossia dell'importanza strategica del conoscere, che ha come fine la conoscenza finale, come conoscenza della totalità. Posso a malapena intendere i lunghi periodi aporetici, contradditori e per me persino ridicoli. Naturalmente ogni filosofo va messo nel suo contesto, e il suo di hegel è un contesto meccanicistico, oggi completamente superato.
La pretesa conoscenza del tutto oggi è ampiamente screditata dalla fisica quantistica, e dall'emersionismo (di cui la patafisica del mio maestro ne è come una appendice intellettuale).
La metafisica di hegel non è una patafisica.
E già qui è difficile pretendere che hegel abbia MAI trovato una chimerica sintesi.

A mio modo di vedere Hegel nonostante se stesso, nonostante la sua pretesa di dominare il mondo, è invece il cantore di quel grimaldello spirituale che è lo spirito critico dell'io verso il suo soggetto.
In termini hegeliani sarebbe il sè verso il suo altro-da-sè.
Non è il noi del sè che ipotizza un altro-da-sè che pensa ugualmente il suo sè. (quello in termini psicanalitici, è il fantasma del sè, ed è la trappola in cui è caduto Hyppolite e forse anche tu)
Ma finora in Hegel non lo vedo questo fantasma di legione, di moltiplicazione del sè negli infiniti suoi doppi di potere.
L'altro-da-sè è esattamente come il mio sè vuole che il noi sia (volontà di potenza).

No non è quello, è un errore più sottile.

Ripartendo dal capitolo quarto, la prima cosa che mi sono chiesto è perchè ha creato una doppia autocoscienza.
La seconda è perchè ha introdotto le quattro figure.

Possiamo chiamarle le due domande A e B.


La domanda A ha a che fare con la non precisione con cui Hegel pone questo sdoppiamento.
La domanda B ha a che fare con il motivo per cui si è creato un break così forte nella narrazione.

Per quale motivo Hegel parte per la tangente? stava parlando della autocoscienza e all'improvviso comincia a fare degli strani paralleli.

Torniamo alla lettura scientifca: quale è il motivo per cui l'autore fa un questa digressione?

E' chiaro dentro di me che quando l'autore è grande non è perchè quel giorno c'aveva le palle girate (tipo me), ma perchè vuole mettere una particolare attenzione su un determinato momento.

E questo momento come dicevo è il momento di mezzo.

Se nel capitolo 1 e 2 non sentivo il bisogno di confrontarmi col tedesco.
(dimenticando per un attimo il capito 3...che giustamente per capire hegel, e non quello che noi capiamo e pretendiamo da esso, dovrà essere POI, mooolto poi, ripreso.)

Ora nel capitolo 4 mi trovo di fronte alla necessità di stare alle parole.
Ora si che le parole contano.
Ho preso le versioni della nuova italia e di einaudi, e ho notato delle sfumature diverse.
Il problema non è tanto nelle sfumature, per me ci stanno in una traduzione, ma nel fatto che quelle sfumature HANNO UNA RILEVANZA proprio concettuale (per cui Hegel ci aveva fracassato le palle nella prefazione)all'interno di una COSTELLAZIONE intellettuale.
Uso il termino costellazione perchè è una delle cose buone che la psicanalisi ha prodotto nel nostro tempo.
La costellazione di parole (qui concetti) ha un suo centro misterioso di gravitazione.
Come sa la psicanalisi o meglio Freud, è il dettaglio che rivela l'intera storia.
Nel quarto capitolo e nel quinto la nevrosi hegeliana produce questo break del discorso.
Subito dopo questa strano sdoppiamento del "soggetto conoscente".

Ma anche non da un punto di vista psicanalico, ad una lettura scietifico letteraria, perchè la filosofia ha valore anche letterario.
(quando è grande ovvio).

Ecco che su queste divagazioni mie, sulla necessità di stare sul pezzo senza dimenticare interi discorsi nascosti, o meglio non visti, non captati, e probabilmente davanti ai nostri occhi.
O meglio ai miei occhi e quelle di amici immaginari futuri e presenti.
In una parola agli occhi del lettore.

Cosa sfugge dalla traduzione? Ecco che bisogna tornare indietro.

Magari non è niente  :D

E nel frattempo alla crisi di nervi di hegel, si è aggiunta la mia.
 O:-)  :))
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Ipazia il 28 Maggio 2024, 22:40:52 PM
Citazione di: green demetr il 28 Maggio 2024, 18:22:42 PMIl per noi seguendo quello che Koba adduce da Hyppolite, sarebbe l'autocoscienza che si conosce in negativo.
L'episteme non ha natura sociale o sarebbe doxa.
Non argomenti affatto quel "implica".

La implica perchè è lo snodo di passaggio da una autocoscienza individuale ad una collettiva, che confluirà per Hegel in uno Spirito universale (molto affine al Logos eracliteo, direi), quantomeno votato all'intersoggettività implicata nel riconoscimento reciproco (negato nel rapporto servo-padrone).

https://losbuffo.com/2021/06/09/hegel-e-la-reciprocita-del-riconoscimento/

La "fenomenologia dello Spirito" di Marx parte da qui e elabora "Io che è Noi, e Noi che è Io" invece che in uno Spirito universale astratto, in autocoscienza collettiva e sapere sociale. Che si svilupperà politicamente in coscienza di classe.

http://www.tecalibri.info/V/VINCI-P_forma.htm

Il concetto di sapere/intelligenza sociale si è poi esteso a tutta la cultura moderna, dall'etica al lavoro alla ricerca scientifica. Tutto il sapere è transitato da "in sè" a "per noi", con la quota di relativismo che ciò comporta. Tra cui l'abbandono alle teche museali di cose in sè e verità assolute. Riformulando pure l'epistème con criteri adeguati a differenziarla dalla doxa. Il cui esito è comunque preferibile ad una epistème illusoria, ideologicamente preconfezionata.



Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 28 Maggio 2024, 23:01:43 PM
Citazione di: Ipazia il 28 Maggio 2024, 22:40:52 PMLa implica perchè è lo snodo di passaggio da una autocoscienza individuale ad una collettiva, che confluirà per Hegel in uno Spirito universale (molto affine al Logos eracliteo, direi), quantomeno votato all'intersoggettività implicata nel riconoscimento reciproco (negato nel rapporto servo-padrone).

https://losbuffo.com/2021/06/09/hegel-e-la-reciprocita-del-riconoscimento/

La "fenomenologia dello Spirito" di Marx parte da qui e elabora "Io che è Noi, e Noi che è Io" invece che in uno Spirito universale astratto, in autocoscienza collettiva e sapere sociale. Che si svilupperà politicamente in coscienza di classe.

http://www.tecalibri.info/V/VINCI-P_forma.htm

Il concetto di sapere/intelligenza sociale si è poi esteso a tutta la cultura moderna, dall'etica al lavoro alla ricerca scientifica. Tutto il sapere è transitato da "in sè" a "per noi", con la quota di relativismo che ciò comporta. Tra cui l'abbandono alle teche museali di cose in sè e verità assolute. Riformulando pure l'epistème con criteri adeguati a differenziarla dalla doxa. Che è sempre preferibile ad una epistème illusoria.




Che Marx parta dal riconoscimento del lavoro come valore non è difficilmente legabile con la seconda figura.
Il problema è proprio in quel "noi". (zamjatin...ho letto l'inizio: spettacolare).

Ma hegel almeno al capitolo quattro non se lo pone come problema.
Infatti il sè che si scopre ESPROPRIATO dall'altro, si conosce sì come soggetto, ma non come se stesso, da lì procede con le figure.
Insomma il rapporto hegel-marx si riduce a una manciata di righi.

Nelle teche lo vorrebbero mettere i potenti di oggi (che ovviamente vogliono che gli altri facciano quello che dicono loro).
Ma lo spirito umano non verrà mai meno.
Perchè un fatto è un fatto, e tu non sei me.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 30 Maggio 2024, 00:40:09 AM

Ecco proprio ieri mentre ca**ggiavo su youtube ho trovato questa utile lezione.
Naturalmente il tipo è un accademico e fa parte dell'industia culturale.
Quindi come al solito tiriamo un velo pietoso sulle sue proposte finali anti-adorniane OVVIAMENTE.
(almeno riconosce che certe cose se le è inventate lui, che è già un evento).

Devo dire che il video mi è piaciuto (nei limiti di cui sopra), certo alcune cose andrebbero meglio specificate.
In Hegel nella prefazione dice che i concetti sono importanti, è vero, ma si sta riferendo AI SUOI DI CONCETTI, ossia i 4 concetti della dialettica.
(la dialettica del per sè e dell'in sè, quella negativa, e altre 2 che manco più mi ricordo, tanto poco le sta usando per ora.
Quindi hegel non dice che tutto è concetto.
Questa imprecisione fa parte delle solite manovre di disorientamento dell'industria culturale.
Però dimostra di averlo letto almeno un pò, quando dice che ogni frase richiede almeno un quarto d'ora di approfondimento.
E' così.
Quello che mi conforta è che Adorno ha capito l'errore massimo di hegel, ossia quella di credere che esista un assoluto.
E con citazione dalla logica che esistano le essenze....(aristotele again...il tristo figuro)
Sono d'accordo con il tipo quando dice più che assoluto noi DOBBIAMO parlare del "diverso", anche se pure qui siamo alle solite il diverso comporta una identificazioni di qualcosa (e dunque si sta contraddicendo nel dirlo...ma insomma cominciamo a sgamare quello che è bene e quello che è male, perchè sti tipi al contrario di me, c'hanno messo del lavoro, sono eruditi, ma questo non ci può spaventare).
Direi di rimanere sulla parola indefinito, che è quello che sono sicuro Adorno userà.(e che anche hegel dirà da qualche parte, visto che ho visto un aforisma riportato da un artista che lo menzionava...interessante 8) ).
Se esiste un assoluto esiste una necessità e questa necessità non può che diventare che una identità.
Che è invece proprio il problema che Hegel voleva risolvere. ???
Mi piace moltissimo che Adorno abbia pensato ad una filosofia della libertà a partire da hegel.
ripeto, per l'ennesima volta, che noi dobbiamo mettere hegel nel suo mondo meccanicistico.
Ma con la quantistica tutto cambia.

Quello che non cambia è il metodo dialettico.
Assolutamente sono d'accordo sia col tipo sia a maggior ragione con Adorno.

quindi la direzione è giusta, e non vedo l'ora, ho l'acquolina in bocca di leggere tutto Adorno....
Un video che mi ci voleva!!! la ringrazio prof!!!
:)
almeno anche koba comincia ad avere qualche certezza in piu.
E ci puo aiutare meglio.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 03 Giugno 2024, 09:39:20 AM
Citazione di: green demetr il 28 Maggio 2024, 22:16:52 PMIo non banalizzerei il fatto che ognuno di noi legge un Hegel diverso.

[...] intanto partendo da una cultura scientifico umanistica, come quella del liceo, che capisco non tutti hanno.

Questa sinceramente te la potevi anche risparmiare.


Citazione di: green demetr il 28 Maggio 2024, 22:16:52 PMLa prima parte della FDS contiene già una conclusione: l'uomo non può vivere.(cap 1 e 2)

Non so su quali basi si possa arrivare ad una conclusione del genere.
La descrizione di come la coscienza si rapporta al sapere e di come prende consapevolezza del fatto che ciò che gli appariva come un sapere "robusto", dopo attenta analisi, si mostra solo apparente, questo processo è sì definito nell'Introduzione come l'itinerario del dubbio e della disperazione, ma si tratta pur sempre di una negatività che non porta allo scacco, quanto piuttosto ad alimentare il processo stesso verso il vero sapere.

Citazione di: green demetr il 28 Maggio 2024, 22:16:52 PMLa pretesa conoscenza del tutto oggi è ampiamente screditata dalla fisica quantistica, e dall'emersionismo (di cui la patafisica del mio maestro ne è come una appendice intellettuale).
La metafisica di hegel non è una patafisica.

Infine sul fatto che il paradigma newtoniano avrebbe influenzato negativamente la visione hegeliana: a Hegel non interessa la natura, interessa la storia, il processo della civiltà. Quando si riferisce a "totalità" si riferisce innanzitutto alla questione della separazione artificiosa (secondo lui) di soggetto e oggetto; in fondo noi abbiamo sempre conoscenza di qualcosa, e pensare alla conoscenza come qualcosa di separato dal suo oggetto, questa ipostatizzazione della conoscenza, conduce a separazioni false (sempre secondo il suo idealismo) come rappresentazione-oggetto etc.
Dopodiché, a livelli superiori, al livello di ragione e poi di spirito, si ripropone un movimento analogo che si può descrivere come un processo di superamento delle fratture, di riconciliazione, che però è sempre attinente al mondo degli uomini, non si tratta di un discorso metafisico e cosmologico tipo Spinoza o Leibniz.

Ps.: è il caso di fare filosofia con YouTube?

Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 06 Giugno 2024, 08:11:50 AM
@green demetr

Stavo leggendo l'inizio dello studio di Terry Pinkard sulla Fenomenologia, e devo dire che la sua interpretazione mi sembra un bel po' spinta... Cioè inizialmente penso "quanta arbitrarietà!", poi però riflettendo sul fatto che un americano è certamente più libero dalla tradizione storiografica europea, mi viene da pensare che alcune certezze interpretative non siano tali, che siano diventate tali solo per via della ripetizione di esse nelle monografie ritenute più autorevoli. Ne consegue la domanda: e se non avessi capito niente?

Così ho deciso di ricominciare da capo la lettura della Fenomenologia.

Sono andato a vedere il tuo primo topic. Intorno al post numero 90, o giù di lì, stavi facendo un gran bel lavoro, un lavoro certosino di lettura del testo, che però è finito nel calderone delle polemiche off topic, come sempre, purtroppo.

Quello è secondo me il modo di fare filosofia. Analisi attenta al testo. Apertura mentale ad ogni possibilità cui la lettura conduce, anche imprevedibilmente, anche contro i propri giudizi o pregiudizi iniziali. Liberi e puri, diciamo così, da dispute culturali inutili. Utilizzo di testi come aiuto, ma senza alcuna dipendenza. Essere un outsider, non avere alcun rapporto con correnti o maestri, è finalmente un vantaggio!

Quindi, se ti interessa riprendere fin dall'Introduzione la Fenomenologia (saltiamo la Prefazione, ovviamente), io ci sto.
Secondo tempi diluiti dalle incombenze quotidiane, rispettando l'alternanza, senza fretta.

Ciao.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 14 Giugno 2024, 10:39:02 AM
Citazione di: Koba II il 03 Giugno 2024, 09:39:20 AMQuesta sinceramente te la potevi anche risparmiare.


Non so su quali basi si possa arrivare ad una conclusione del genere.
La descrizione di come la coscienza si rapporta al sapere e di come prende consapevolezza del fatto che ciò che gli appariva come un sapere "robusto", dopo attenta analisi, si mostra solo apparente, questo processo è sì definito nell'Introduzione come l'itinerario del dubbio e della disperazione, ma si tratta pur sempre di una negatività che non porta allo scacco, quanto piuttosto ad alimentare il processo stesso verso il vero sapere.

Infine sul fatto che il paradigma newtoniano avrebbe influenzato negativamente la visione hegeliana: a Hegel non interessa la natura, interessa la storia, il processo della civiltà. Quando si riferisce a "totalità" si riferisce innanzitutto alla questione della separazione artificiosa (secondo lui) di soggetto e oggetto; in fondo noi abbiamo sempre conoscenza di qualcosa, e pensare alla conoscenza come qualcosa di separato dal suo oggetto, questa ipostatizzazione della conoscenza, conduce a separazioni false (sempre secondo il suo idealismo) come rappresentazione-oggetto etc.
Dopodiché, a livelli superiori, al livello di ragione e poi di spirito, si ripropone un movimento analogo che si può descrivere come un processo di superamento delle fratture, di riconciliazione, che però è sempre attinente al mondo degli uomini, non si tratta di un discorso metafisico e cosmologico tipo Spinoza o Leibniz.

Ps.: è il caso di fare filosofia con YouTube?



Ma non capisco a cosa vuoi arrivare a dire.
Te lo dico sinceramente.

Se esiste un tutto "ente" allora è ovvio che per Hegel la conoscenza di quel tutto è importante.
Ma siccome questo ente non esiste, perchè soffemarsi su queste questioni?

E' ovvio che non c'è scacco per chi crede che vi sia un tutto "ente".

Ma il fatto è che non esiste.

Perciò le parziali conclusioni a cui giunge Hegel, se lo vogliamo leggere all'altezza della drammaticità sociale e psicologica odierna contano eccome.
Ogni scacco fa parte di quei moti dell'anima che riavviano il dialogo con lo spirito.
Non ho idea di cosa ne pensi di Kierkegaard, ma a mio parere, la filosofia oggi si può leggere SOLO così.

Hegel ci porta testimonianza della sua battaglia personale con la fenomenologia, è partito da quella della percezione, per passare a quella nominalista, ed è giunto alla fine del primo capitolo con un affermazione decisiva: NON SI PUO' vivere!

Al massimo si può tentare di vivere! Ma non si vive MAI realmente.
E' il problema della temporalità mai vissuta.
Noi non siamo MAI qui ed ora.

Noi non tocchiamo MAI la vita.
La vita che c'è in noi è totalmente ALTRO da quella che c'è la fuori.

Vedi fai uno sforzo anche tu di capire che la mia lettura è ovviamente la costellazione di pensieri che ruotano nel rapporto CORROTTO tra io e soggetto.

Infatti questa discussione è per gente avanzata: gente che ha capito che noi siamo esseri che trascendono il loro reale.

E che anzi questo reale è proprio il problema che si pone a partire da qualcosa che lo vedo tale COME SOGGETTO.

Quando noi diciamo critica al reale, in realtà stiamo facendo ideologia.

Perchè il rapporto tra IO e SOGGETTO è conflittuale.

Scopo della scienza è creare SOGGETTI.

La critica sociale di Marx, Hegel, e quindi di Adorno a mio parere deve avere questo focus.

In questo senso la seconda parte della fenomenologia è di gran lunga la più importante.

Tu dici che ad Hegel interessa la questione storica, e suppongo che sia così, ma non so se sei già riuscito a isolare in che senso.

La figura del servo e del padrone non sono figure storiche come vorrebbe certo storicismo.

Ma figure della rappresentazione del soggetto, con tutta la drammaticità dello schiaccimento dell'io al suo doppio.


La filosofia si fa con Youtube? A mio modo di vedere sì.

Oggi bisogna metterci la faccia, perchè il soggetto contemporaneo si nutre delle sue gratificazioni (ho visto l'ultimo video della ilenia zodiaco sul james è lei ad avermi dato questa idea).
Senza queste gratificazioni non c'è nemmeno l'accostamento al pensiero.

Adorno era secondo alcuni canali youtube molto presente in tv.

Perchè? perchè è immorale oggi chiudersi nella propria torre.

Più la situazione si fa tragica per la filosofia, più la filosofia diventa necessaria.

Trovo aberrante che oggi vi sia solo Cacciari a rappresentare un certo tipo di filosofia.

A proposito ho finalmente sentito una conferenza sua dove chiarisce il suo pensiero.

E sono al cento per cento d'accordo con lui.

E' ovvio che non esiste alcun grund-ente-

Apro 3d a parte.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 14 Giugno 2024, 10:56:58 AM
Citazione di: Koba II il 06 Giugno 2024, 08:11:50 AM@green demetr

Stavo leggendo l'inizio dello studio di Terry Pinkard sulla Fenomenologia, e devo dire che la sua interpretazione mi sembra un bel po' spinta... Cioè inizialmente penso "quanta arbitrarietà!", poi però riflettendo sul fatto che un americano è certamente più libero dalla tradizione storiografica europea, mi viene da pensare che alcune certezze interpretative non siano tali, che siano diventate tali solo per via della ripetizione di esse nelle monografie ritenute più autorevoli. Ne consegue la domanda: e se non avessi capito niente?

Così ho deciso di ricominciare da capo la lettura della Fenomenologia.

Sono andato a vedere il tuo primo topic. Intorno al post numero 90, o giù di lì, stavi facendo un gran bel lavoro, un lavoro certosino di lettura del testo, che però è finito nel calderone delle polemiche off topic, come sempre, purtroppo.

Quello è secondo me il modo di fare filosofia. Analisi attenta al testo. Apertura mentale ad ogni possibilità cui la lettura conduce, anche imprevedibilmente, anche contro i propri giudizi o pregiudizi iniziali. Liberi e puri, diciamo così, da dispute culturali inutili. Utilizzo di testi come aiuto, ma senza alcuna dipendenza. Essere un outsider, non avere alcun rapporto con correnti o maestri, è finalmente un vantaggio!

Quindi, se ti interessa riprendere fin dall'Introduzione la Fenomenologia (saltiamo la Prefazione, ovviamente), io ci sto.
Secondo tempi diluiti dalle incombenze quotidiane, rispettando l'alternanza, senza fretta.

Ciao.

Ma io sono ripartito dal secondo capitolo. O meglio ero ripartito, come avrai notato mi sono di nuovo fatto inghiottire dalla società dello spettacolo.

Speravo ci fossero degli strumenti critici di traduzione dal tedesco in italiano sul testo tedesco on line.

NON CI SONO! ??? ??? ???

Cioè grazie filologi eh!

Si tratta di prendere dai pdf, e ripartire per capire meglio la terminologia hegeliana.

infatti avendo io le tre traduzioni, ma anche semplicemente confrontando nuova italia einaudi, i termini tradotti in maniera generica in italiano con dei sinonimi.

E peccato che con Hegel non si può fare! o dai la traduzione corretta tedesco italiana, o non ci siamo per niente.


Comunque sia, se i sinonimi tengono, ho avuto l'intuizione del perchè Hegel prima dica che l'autocoscienza sono gli altri, e poi che l'autocoscienza è l'io.

Molto semplicemente ha sbagliato! ha aggiunto un passaggio in più.
l'autocoscienza della nostra incommensurabilità è immediata proprio al fatto che NOI (noi io) NON SIAMO SOGGETTI (appunto la dittatura del "noi").

Quello che mi chiedo, non so me mi segui koba, è: perchè sono così lunatico? quale è la forza misteriosa che ci costringe a trovare GRATIFICAZIONE negli altri.

E sopratutto LA COSA CHE NON HO MAI ACCETTATO nei miei vent'anni: perchè il noi deve essere per forza un NOI e non un articolazione di io esangui e disperati?

Ovvero in cosa consiste la gratificazione della dittatura del noi?

Perchè bisogna parlare del problema che gli altri non ci rispettano, quando non sappiamo nemmeno cosa ci agita dentro?

perchè la somma delle angosce non produce ancora un pensiero?

Scusa vecchie domande che emergono, insieme a milioni di altre.

Pensare stanca...

Comunque accolgo la tua proposta, in realtà non c'avrei tanta voglia, in questo momento ho scoperto kierkegaard.
e pensare che non l'ho mai capito!!


per esempio quando parla di AUT AUT....non intende dire o questo o quello.


Ma intende dire TUTTI E DUE! è INEVITABILE....che grandissimo autore...
Ne sono rapito..

purtroppo avevo letto l'aut aut della mondadori che è una selezione a caso dei suoi testi. (cerco di perdonarmi, rimarrà un mistero come mai non l'abbia capito prima, o meglio già lo so: io odio il cristianesimo e non gli ho mai dato la possibilità di esprimersi, colpa mia! mea culpa!).

ma cristo la letteratura è un corpo unico, va rispettata!!!

ma come siamo potuti cadere così in basso? è allucinante! ???

Comunque non ciai spiegato cosa dice il pritchard o come si chiama. ;)
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 16 Giugno 2024, 11:54:44 AM
Citazione di: green demetr il 14 Giugno 2024, 10:39:02 AMHegel ci porta testimonianza della sua battaglia personale con la fenomenologia, è partito da quella della percezione, per passare a quella nominalista, ed è giunto alla fine del primo capitolo con un affermazione decisiva: NON SI PUO' vivere!

Al massimo si può tentare di vivere! Ma non si vive MAI realmente.
E' il problema della temporalità mai vissuta.
Noi non siamo MAI qui ed ora.

Noi non tocchiamo MAI la vita.
La vita che c'è in noi è totalmente ALTRO da quella che c'è la fuori.


Ah, adesso ho capito cosa intendevi.
Sì certo, si può concludere come fai tu "non ci può essere vera vita", a patto di ritenere che il proprio convincimento secondo cui la vita è immediatezza non è un'illusione superabile ma una verità esistenziale inattaccabile.
Hegel mostra nei primi due capitoli che la coscienza parte dal convincimento che la realtà le è data e che a lei spetta soltanto il compito di coglierla, per quella che è.
E certamente questa posizione ha una connotazione sia gnoseologica che esistenziale (sì, io forse l'ho letta soprattutto nella sua connotazione gnoseologica e ne ho trascurato la drammaticità esistenziale).
Ma subito si evidenzia che tale approccio è ingenuo, e i vari fallimenti che si succedono portano la coscienza a riflettere sulla propria attività.
La coscienza arriva a capire che l'idea che si possa attingere alla vita passivamente, cioè porsi di fronte al mondo e accoglierlo (sia dal punto di vista conoscitivo che esistenziale), è un'idea che va abbandonata perché le cose sono sempre mediate, mai immediate.
Ci si pone di fronte all'oggetto singolo e lo si vuole accogliere, conoscere, abbracciare, e invece ci si ritrova con un universale. Questo incontro si è in realtà ridotto all'assegnazione alla cosa singola che si ha di fronte di un predicato generale.
La conoscenza della cosa è quindi un riconoscerla come "albero", "casa", etc.

Ma se volessimo tenerci stretta questa idea della vita come immediatezza cosa accadrebbe nell'interazione con un altro soggetto?
Che ci sarebbe vera vita solo quando il proprio desiderio fosse perfettamente ricambiato dall'altro, quindi praticamente mai (se non nello stato "alterato" dell'innamoramento).
In tutti gli altri casi ci si troverebbe nella condizione di negare l'altro o di usarlo come un oggetto del mondo.
Invece l'interazione con l'altro è molto più complessa.
L'incontro con l'altro, in quella specie di condizione fuori dal tempo che è la figura del servo e del signore (come dici giustamente tu contro le interpretazioni storicistiche), fa nascere un nuovo desiderio, quello che il proprio punto di vista sul mondo venga riconosciuto come autorevole.
E dal momento che in questa fase manca ancora un piano su cui si possa stabilire un criterio di oggettività, dei riferimenti condivisi, i due soggetti sono costretti a lottare.
Alla fine chi si tira indietro per paura della morte accetta di fare proprio il punto di vista dell'altro: nella dedizione del suo servizio è come se dichiarasse: hai ragione tu, il tuo punto di vista sul mondo è vero, è superiore.
Ma d'altro canto al servo non sfugge che questo atto iniziale di fondazione della differenza con il signore non ha alcuna consistenza ontologica ma è un evento del tutto contingente.
Per un attimo ha avuto paura di morire: tutto qua.
E questo consente di proseguire il processo verso uno spazio sociale che offra criteri di verità più solidi della pura violenza.
(In parte, in quello che ho scritto, ho accolto l'interpretazione di Pinkard, ma su questo ne discuteremo più avanti quando avrò finito il suo testo).

Tu invece nel descrivere il rapporto servo-signore come il rapporto tra il soggetto e il suo doppio sembri voler dare un taglio psicoanalitico o comunque puramente interiore a questa dialettica.
Dovresti chiarire questo passaggio. In che senso si deve intendere "il suo doppio"?
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 18 Giugno 2024, 11:25:06 AM
Allora, come da programma ricominciamo da capo...
Buona fortuna a tutti!


Introduzione.

Siccome la Fds è la descrizione del cammino dell'uomo verso il sapere, Hegel nelle prime righe dell'Introduzione si domanda se sia necessaria un'indagine "preliminare sul conoscere". Se ci sia un metodo preferibile attraverso cui poter arrivare a impossessarsi dell'assoluto (per assoluto Hegel qui intende una conoscenza svincolata da condizioni relative).
Se il conoscere è inteso come uno strumento, allora i suoi meccanismi finiranno inevitabilmente per alterare l'oggetto della conoscenza, quindi non avremo la cosa per quella che è, ma la cosa per come risulta dalle trasformazioni dello strumento.
Se invece il conoscere è inteso come un medium passivo, anche in questo caso l'oggetto, seppure non sottoposto all'azione di una nostra attività come nel caso esposto sopra, viene comunque modificato dal passaggio attraverso il medium.
E non servirebbe a niente pensare di prendere questo sapere "modificato" e provare a purificarlo sottraendone quello che i meccanismi del conoscere hanno aggiunto. Perché? Perché ci ritroveremmo con la cosa prima che fosse sottoposta ai nostri meccanismi della conoscenza, quindi completamente ignota, dal momento che tali meccanismi, in questo scenario, sono i mezzi attraverso cui possiamo accedere alla cosa.

A questo punto Hegel si chiede se queste perplessità sulla conoscenza siano realmente fondate.
Alla base di queste perplessità c'è un'idea che andrebbe analizzata attentamente: la conoscenza così come presentata sopra (in cui si può riconoscere Kant e il realismo), presuppone che la cosa per come è effettivamente se ne stia da una parte e il conoscere dall'altra, con il bizzarro risultato che il sapere sia quindi separato dalla verità (la verità intesa qui come l'oggetto in sé, assoluto, cioè svincolato da condizioni relative, accidentali).

Ci si potrebbe limitare a rigettare queste perplessità, essendo esse generate da modi di intendere la conoscenza niente affatto privi di problematicità (come è stato accennato sopra).
Ma la scienza, dice Hegel, deve comunque garantire la propria solidità.
Per farlo Hegel sceglie di "intraprendere la presentazione del sapere nel suo apparire fenomenico" [8].
Cioè "il cammino della coscienza naturale che preme verso il vero sapere" [9].

E siccome all'inizio la coscienza è convinta di avere a disposizione il mondo e di poterlo conoscere come se si trattasse di un processo del tutto spontaneo, rendendosi conto gradualmente che così non è, "questo cammino ha per lei un significato negativo", essenzialmente negativo.
"Questo itinerario pertanto può essere visto come la via del dubbio [...] e della disperazione" [9].

Seppure ironicamente Hegel sembra voler descrivere questo cammino, scandito dalle diverse stazioni, come una via crucis, nello stesso tempo sottolinea che dobbiamo anche guardare al fatto che ogni negazione determinata apre la strada ad una nuova forma, quindi ad avanzare e a procedere per completare infine la serie completa delle figure [12].

Stabilito il tema, Hegel aggiunge: "può essere utile ancora ricordare qualcosa sul metodo dello svolgimento" [13].
Un'analisi del rapporto della coscienza con l'emergere del sapere non sembrerebbe possibile senza un criterio che faccia da riferimento e fondamento per stabilire appunto la vicinanza o lontananza del sapere dal suo oggetto. O, in altre parole, se il sapere che la coscienza ritiene di possedere sia effettivamente espressione dell'essenza dell'oggetto, oppure no. Se quel sapere ci stia effettivamente fornendo l'oggetto in sé, e non piuttosto una sua versione relativa.

La coscienza si rapporta con le cose del mondo. Spontaneamente distingue se stessa da ciò che è per lei, la cosa con cui si relaziona.
"Il lato dell'essere di qualcosa per una coscienza è il sapere" [14].
Tuttavia noi distinguiamo l'essere in sé dall'essere per noi. In pratica nel sapere che abbiamo della cosa, distinguiamo la parte indipendente rispetto a quella attinente alla relazione che si stabilisce con la nostra coscienza. Questa parte indipendente, assoluta, in sé, del sapere della cosa, dice Hegel, "si chiama verità".
Ma quando noi poniamo come oggetto della nostra indagine non una cosa del mondo ma il sapere stesso, quando ci domandiamo la verità del sapere, cioè la sua oggettività, l'in sé di esso risulta essere, proprio per sua natura, il suo essere per noi. Perché il sapere in generale è tutto interno alla coscienza. Non può esserci così un criterio terzo affinché si possa stabilire il confronto tra concetto e oggetto.

Non sono sicuro di avere capito... Sembra che Hegel voglia dire: il tipo di svolgimento che abbiamo deciso di condurre nella Fds, ovvero l'emergere del sapere nella coscienza così come esso appare, ci libera dal problema di trovare un fondamento che faccia da criterio per stabilire l'attendibilità delle nostre rappresentazioni.
Ciò su cui si rivolgerà la nostra attenzione è la coscienza "che è da una parte coscienza dell'oggetto, dall'altra coscienza del proprio sapere". Dunque il confronto avviene dentro se stessa.
Del resto "sembra che la coscienza non possa, per così dire, passare dietro all'oggetto e scoprire come esso è non per lei, ma in sé" [17].

Alla coscienza è già da subito presente la distinzione tra l'in sé di un oggetto e il sapere che la coscienza ha di esso.
Su questa distinzione si basa l'esame del sapere.
Quando la coscienza scopre dall'esame che ciò che credeva essere l'in sé dell'oggetto non è tale, cioè quando scopre che il sapere che aveva di quell'oggetto non è veritiero, non corrisponde all'oggetto, ciò che viene modificato non è soltanto il proprio sapere, risultato appunto inadeguato, ma anche l'oggetto, risultato essere un altro.

"Questo movimento dialettico che la coscienza esercita in se stessa, nel suo sapere così come nel suo oggetto, in quanto di qui essa vede scaturire il nuovo oggetto vero, è propriamente ciò che viene chiamato esperienza" [18].

Credo che il significato di tutto questo ragionamento sia il seguente: la coscienza conosce un oggetto, l'in sé dell'oggetto. Ma questo "in sé", questa assolutezza, oggettività, è anche per la coscienza, cioè viene dal relazionarsi con la coscienza.
La coscienza si ritrova così due oggetti: "l'uno dei quali è il primo in sé, il secondo l'essere per lei di questo in sé".
"Quest'ultimo sembra essere, inizialmente, soltanto la riflessione della coscienza entro se stessa: una rappresentazione non di un oggetto, bensì solamente del sapere che essa ha di quel primo oggetto. Tuttavia, come si è mostrato in precedenza, a questo punto, quel primo oggetto le [19] si muta; cessa di essere l'in sé, e ai suoi occhi diviene un oggetto tale da essere l'in sé soltanto per lei. Così quest'ultimo, l'essere per lei di questo in sé, è dunque il vero; ma ciò significa che questo è l'essenza, ossia il suo oggetto. Questo nuovo oggetto contiene la nullità del primo, ed è l'esperienza fatta su di esso".

E continua: "quel che dapprima appariva come l'oggetto si abbassa, agli occhi della coscienza, a un sapere di esso, e l'in sé diviene un essere per la coscienza dell'in sé; questo costituisce il nuovo oggetto, con cui fa il suo ingresso anche una nuova figura della coscienza, per la quale l'essenza è qualcos'altro da ciò che era per la figura precedente. È questa circostanza a guidare l'intera sequenza delle figure della coscienza nella sua necessità. Soltanto questa necessità, ossia il sorgere del nuovo oggetto che si offre alla coscienza senza che essa sappia come ciò le accada, è quanto per noi avviene per così dire "alle spalle" della coscienza" [20].

Nota mia: perché Hegel si dilunga così tanto su queste cose? Io credo che fosse importante nell'Introduzione chiarire due cose:
1) come va inteso il dubbio, lo scetticismo (in generale, non la figura specifica del IV capitolo), nel corso di tutto il cammino;
2) e che cosa tiene in piedi il processo; perché il dubbio non dissolve il cammino, perché avviene un movimento ascendente.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Alberto Knox il 15 Luglio 2024, 00:39:40 AM
In questa introduzione Hegel era molto influenzato dalla filosofia kantiana, l'eco di kant è palpabile in ciò che scrive..

"sembra che la coscienza non possa, per così dire, passare dietro all'oggetto e scoprire come esso è non per lei, ma in sé"

" Quando la coscienza scopre dall'esame che ciò che credeva essere l'in sé dell'oggetto non è tale, cioè quando scopre che il sapere che aveva di quell'oggetto non è veritiero, non corrisponde all'oggetto, ciò che viene modificato non è soltanto il proprio sapere, risultato appunto inadeguato, ma anche l'oggetto, risultato essere un altro"

ovvero la rappresentazione  dell in sè dell oggetto , cioè la coscienza crea qualcosa che prima non c'era.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Ipazia il 15 Luglio 2024, 06:10:56 AM
È un passaggio cruciale della presa di coscienza che può esistere solo un sapere intersoggettivo (per noi) e non un sapere oggettivo in senso kantiano. È la morte della cosa in sé che dal pensiero greco antico ha tormentato il pensiero filosofico nella vana ricerca di un sapere assoluto.

Sepoltura che trarrà conferma dalle scoperte a venire della "filosofia naturale" che neppure nella materia inerte riuscirà a determinare un fondamento "in sé", ma solo istantanee, più o meno lunghe e strutturate, di oggettività. 

Il logos rattoppa, ma non può andare oltre quel che può.  Eraclito l'aveva intuito, ma rimase sospeso tra essere e divenire, sperando che alla fine fosse il logos a prevalere. Apollo su Dioniso. Così non fu.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 24 Settembre 2024, 13:03:43 PM
Citazione di: Koba II il 16 Giugno 2024, 11:54:44 AMAh, adesso ho capito cosa intendevi.
Sì certo, si può concludere come fai tu "non ci può essere vera vita", a patto di ritenere che il proprio convincimento secondo cui la vita è immediatezza non è un'illusione superabile ma una verità esistenziale inattaccabile.
Hegel mostra nei primi due capitoli che la coscienza parte dal convincimento che la realtà le è data e che a lei spetta soltanto il compito di coglierla, per quella che è.
E certamente questa posizione ha una connotazione sia gnoseologica che esistenziale (sì, io forse l'ho letta soprattutto nella sua connotazione gnoseologica e ne ho trascurato la drammaticità esistenziale).
Ma subito si evidenzia che tale approccio è ingenuo, e i vari fallimenti che si succedono portano la coscienza a riflettere sulla propria attività.
La coscienza arriva a capire che l'idea che si possa attingere alla vita passivamente, cioè porsi di fronte al mondo e accoglierlo (sia dal punto di vista conoscitivo che esistenziale), è un'idea che va abbandonata perché le cose sono sempre mediate, mai immediate.
Ci si pone di fronte all'oggetto singolo e lo si vuole accogliere, conoscere, abbracciare, e invece ci si ritrova con un universale. Questo incontro si è in realtà ridotto all'assegnazione alla cosa singola che si ha di fronte di un predicato generale.
La conoscenza della cosa è quindi un riconoscerla come "albero", "casa", etc.

Ma se volessimo tenerci stretta questa idea della vita come immediatezza cosa accadrebbe nell'interazione con un altro soggetto?
Che ci sarebbe vera vita solo quando il proprio desiderio fosse perfettamente ricambiato dall'altro, quindi praticamente mai (se non nello stato "alterato" dell'innamoramento).
In tutti gli altri casi ci si troverebbe nella condizione di negare l'altro o di usarlo come un oggetto del mondo.
Invece l'interazione con l'altro è molto più complessa.
L'incontro con l'altro, in quella specie di condizione fuori dal tempo che è la figura del servo e del signore (come dici giustamente tu contro le interpretazioni storicistiche), fa nascere un nuovo desiderio, quello che il proprio punto di vista sul mondo venga riconosciuto come autorevole.
E dal momento che in questa fase manca ancora un piano su cui si possa stabilire un criterio di oggettività, dei riferimenti condivisi, i due soggetti sono costretti a lottare.
Alla fine chi si tira indietro per paura della morte accetta di fare proprio il punto di vista dell'altro: nella dedizione del suo servizio è come se dichiarasse: hai ragione tu, il tuo punto di vista sul mondo è vero, è superiore.
Ma d'altro canto al servo non sfugge che questo atto iniziale di fondazione della differenza con il signore non ha alcuna consistenza ontologica ma è un evento del tutto contingente.
Per un attimo ha avuto paura di morire: tutto qua.
E questo consente di proseguire il processo verso uno spazio sociale che offra criteri di verità più solidi della pura violenza.
(In parte, in quello che ho scritto, ho accolto l'interpretazione di Pinkard, ma su questo ne discuteremo più avanti quando avrò finito il suo testo).

Tu invece nel descrivere il rapporto servo-signore come il rapporto tra il soggetto e il suo doppio sembri voler dare un taglio psicoanalitico o comunque puramente interiore a questa dialettica.
Dovresti chiarire questo passaggio. In che senso si deve intendere "il suo doppio"?

Il soggetto pone il suo universale a legge, del padre, patriarcale, statale in fin dei conti semplicemente anti-liberale.
La paura del servo, dei servi del potere, è quella che prende Hegel, alla fine del secondo capitolo, la sua casa viene invasa dai soldati napoleonici!
Lui stesso parla di trauma nelle lettere agli amici.
In un gesto disperato salva questa prima parte della FDS.
La terza che scriverà, come la seguente Logica ed Encicopedia sarà un U-TURN, la dimensione psicanalitica del soggetto che castra l'io, diventerà storicismo alla buona, i fatti storici completamente al servizio dello stato e della psicopolizia.

Ma dal punto di vista psicologico della conoscenza sempre altra del sè, l'io si scopre di volta in volta più addentro alla complessità.

Purtroppo come già detto Hegel sostituisce totalità a complessità, e questo lo rende un filosofo fascista.

Direi che dunque la nostra lettura si può dire conclusa.
Hegel è un ottimo apripista, il suo metodo NEGATIVO, ossia la distinzione sempre più precisa tra le funzioni castranti del soggetto e quelle liberali dell'io, porterà ad Adorno.
Lo stato di diritto liberale (naturale) dovrà SEMPRE eticamente tenere molto più in considerazione le sue minoranze, perchè sono loro che portano avanti il processo di liberazione erotica dell'io. (ma quando mai succederà ah ah ah).
La liberazione erotica dell'io, la sua pulsione al conoscere le cose alte e giuste, ossia alle cose belle.
Il contrario della direzione in cui si muoveva la sinistra che conosceva Adorno, che già a livello filosofico sapeva dell'attuale legge castrante dell'individuale.
L'autorità su cui questa società si basa, un vomito senza fine.

Freud è da leggere, e pensare che quest'estate ho visto la madonna!
O meglio ho smadonnato, ho sbagliato l'autoanalsi!

La filosofia va portata dall'analista, in breve caro amico: l'io, non è l'io-mondo, ma è l'io pulsionale.
E la realtà è la sua complessità.
Scopo nuovo attuale: introiettare gli oggetti medi, la nevrosi NON può essere superata (non in questo cesso di società), ma può essere combattuta.
Ecco che la letteratura torna alla ribalta.

Mi interessa una delle (infinite) intuizioni di Freud che in una delle riunioni della scuola psicanalitica, caldeggiò un ritorno alla letteratura erotica greca e romana.

D'altronde Hegel, per chiudere ci lascia proprio sulla soglia: LA PAURA DEL SERVO.
E l'introiezione del lavoro come strumento per il potere, per l'autorità, e non, come vagheggiava marx e compagnia(marcia), per la solidarietà: MA QUANDO MAI!

E pensare che Platone e Omero che mi guardano minacciosi dal comodino della stanza partono invece proprio dalla NECESSITA' di superare la paura.

Foss'anco di creder agli DEI, come anche Leopardi e Nietzche infine ammettevano.

Be free!
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 24 Settembre 2024, 13:19:48 PM
Citazione di: Ipazia il 15 Luglio 2024, 06:10:56 AMÈ un passaggio cruciale della presa di coscienza che può esistere solo un sapere intersoggettivo (per noi) e non un sapere oggettivo in senso kantiano. È la morte della cosa in sé che dal pensiero greco antico ha tormentato il pensiero filosofico nella vana ricerca di un sapere assoluto.

Sepoltura che trarrà conferma dalle scoperte a venire della "filosofia naturale" che neppure nella materia inerte riuscirà a determinare un fondamento "in sé", ma solo istantanee, più o meno lunghe e strutturate, di oggettività.

Il logos rattoppa, ma non può andare oltre quel che può.  Eraclito l'aveva intuito, ma rimase sospeso tra essere e divenire, sperando che alla fine fosse il logos a prevalere. Apollo su Dioniso. Così non fu.
Come mi ha spiegato il mio maestro: la legge naturale è il dominio razionale sull'oggetto naturale.
L'emotività è invece ciò che fonda il diritto positivo che legifera su assunti del tutto arbitrari e totalmente in libera associazione (a delinquere) di linguaggio.
Oggi è ancora peggio di ieri, perchè l'oggetto è addirittura TOLTO.
Così le leggi vengono interpretate da giudici corrotti e dai media loro padroni sulla base di "niente" direbbe Homer Simpson.
Basterebbe lo snervante ritornello a mò di presa in giro del sovranismo...ma DIO SANTO è nella nostra costituzione (stuprata in massa)!
Certo mancano gli oggetti mediani fra popolo (popolo? oggi fa ridere, nemmeno la famiglia piu si salva, anzi ho notato che ormai la cronaca ha sorpassato la politica nelle copertine dei TG NAZIONALI, tanto per essere sicuri) e sua (supposta, o suppostona su per il c***) rappresentanza.
Dislocazione delle forze produttive, tassazione ex abrupto di qualsiasi attività produttiva, e di per tanto come diceva marx, di attività sociale!
Mi pare che dobbiamo farla finita di fare i radical chic cara Ipazia.

Se la critica va fatta, va anzitutto preso un oggetto naturale, di tipo sociale, chi se ne frega del noumeno!
La critica non può ammettere alcuna struttura nè sovrastruttura, chè di solito sono pipponi linguistico giurisdizionali che poco hanno a che fare col lavorio umano degli umili e degli inetti.
Francamente la filosofia ha rotto le palle con le sue preziose disquisizioni per poi finire per promuovere (nemmeno accettare) le agende lobbistiche.
Ma quanto fanno schifo: hanno paura della loro ombra!
E l'UE ha deciso anche di metterlo per iscritto: l'umanità deve mettersi paura a guardare la sua ombra.....

IL BABAU!!!
PS. Almeno ad Hegel gli avevano piantonato addoso una baionetta VERA. (altro che noumeno!)
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 24 Settembre 2024, 13:24:19 PM
Citazione di: Alberto Knox il 15 Luglio 2024, 00:39:40 AMovvero la rappresentazione  dell in sè dell oggetto , cioè la coscienza crea qualcosa che prima non c'era.

Si ma non togliamo l'oggetto di questo conoscenza: è l'io!

L'io si proietta nella sua dimensione patafisica. Ossia della complessità.
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: Koba il 26 Settembre 2024, 08:17:15 AM
Citazione di: green demetr il 24 Settembre 2024, 13:03:43 PMIl soggetto pone il suo universale a legge, del padre, patriarcale, statale in fin dei conti semplicemente anti-liberale.
La paura del servo, dei servi del potere, è quella che prende Hegel, alla fine del secondo capitolo, la sua casa viene invasa dai soldati napoleonici!
Lui stesso parla di trauma nelle lettere agli amici.
In un gesto disperato salva questa prima parte della FDS.
La terza che scriverà, come la seguente Logica ed Encicopedia sarà un U-TURN, la dimensione psicanalitica del soggetto che castra l'io, diventerà storicismo alla buona, i fatti storici completamente al servizio dello stato e della psicopolizia.
Ma dal punto di vista psicologico della conoscenza sempre altra del sè, l'io si scopre di volta in volta più addentro alla complessità.
Purtroppo come già detto Hegel sostituisce totalità a complessità, e questo lo rende un filosofo fascista.
Direi che dunque la nostra lettura si può dire conclusa.
Hegel è un ottimo apripista, il suo metodo NEGATIVO, ossia la distinzione sempre più precisa tra le funzioni castranti del soggetto e quelle liberali dell'io, porterà ad Adorno.
Lo stato di diritto liberale (naturale) dovrà SEMPRE eticamente tenere molto più in considerazione le sue minoranze, perchè sono loro che portano avanti il processo di liberazione erotica dell'io. (ma quando mai succederà ah ah ah).
La liberazione erotica dell'io, la sua pulsione al conoscere le cose alte e giuste, ossia alle cose belle.
Il contrario della direzione in cui si muoveva la sinistra che conosceva Adorno, che già a livello filosofico sapeva dell'attuale legge castrante dell'individuale.
L'autorità su cui questa società si basa, un vomito senza fine.
Freud è da leggere, e pensare che quest'estate ho visto la madonna!
O meglio ho smadonnato, ho sbagliato l'autoanalsi!
La filosofia va portata dall'analista, in breve caro amico: l'io, non è l'io-mondo, ma è l'io pulsionale.
E la realtà è la sua complessità.
Scopo nuovo attuale: introiettare gli oggetti medi, la nevrosi NON può essere superata (non in questo cesso di società), ma può essere combattuta.
Ecco che la letteratura torna alla ribalta.
Mi interessa una delle (infinite) intuizioni di Freud che in una delle riunioni della scuola psicanalitica, caldeggiò un ritorno alla letteratura erotica greca e romana.
D'altronde Hegel, per chiudere ci lascia proprio sulla soglia: LA PAURA DEL SERVO.
E l'introiezione del lavoro come strumento per il potere, per l'autorità, e non, come vagheggiava marx e compagnia(marcia), per la solidarietà: MA QUANDO MAI!
E pensare che Platone e Omero che mi guardano minacciosi dal comodino della stanza partono invece proprio dalla NECESSITA' di superare la paura.
Foss'anco di creder agli DEI, come anche Leopardi e Nietzche infine ammettevano.
Be free!

Ciao green, ben tornato.
La filosofia, o meglio lo studio della filosofia, per quanto mi riguarda, è già di per se' una terapia...
Il pulsionale mi è sempre apparso come cieca e ottusa brama, mentre il desiderio è desiderio di un altro mondo, di un'altra vita. Cioè desiderio dell'impossibile... Da qui, hai ragione, l'importanza delle immagini della grande letteratura: ma io penso alle scene in cui ci si sottrae dalla battaglia prendendo ristoro nella bellezza della natura, lontani dalla violenza, lontani quindi dal mondo, che si tratti di un guerriero dell'Orlando Furioso o di un eremita è lo stesso (la storia dei santi è da questo punto di vista grande letteratura).
Un erotismo quindi che più che possesso e piacere sembra una fuga dall'utile, dal produttivo, dal controllo. Cioè, dal lavoro così come viene normalmente concepito e condotto, cioè a immagine di ciò che farebbe una macchina.
Ho sulla scrivania il primo volume del "Principio speranza" di Bloch: proprio nella prima parte tratta di cose attinenti il desiderio, il "già e non-ancora" che c'è nei movimenti che anticipano la speranza etc.
Magari ne riprenderò la lettura.
Anch'io per ora ho accantonato Hegel.
Da settimana prossima avrò molto più tempo libero, potrò tornare agli amati studi. Non so ancora quale direzione prenderanno. Vedremo...
Titolo: Re: [GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due
Inserito da: green demetr il 27 Settembre 2024, 16:44:51 PM
Citazione di: Koba II il 26 Settembre 2024, 08:17:15 AMCiao green, ben tornato.
La filosofia, o meglio lo studio della filosofia, per quanto mi riguarda, è già di per se' una terapia...
Il pulsionale mi è sempre apparso come cieca e ottusa brama, mentre il desiderio è desiderio di un altro mondo, di un'altra vita. Cioè desiderio dell'impossibile... Da qui, hai ragione, l'importanza delle immagini della grande letteratura: ma io penso alle scene in cui ci si sottrae dalla battaglia prendendo ristoro nella bellezza della natura, lontani dalla violenza, lontani quindi dal mondo, che si tratti di un guerriero dell'Orlando Furioso o di un eremita è lo stesso (la storia dei santi è da questo punto di vista grande letteratura).
Un erotismo quindi che più che possesso e piacere sembra una fuga dall'utile, dal produttivo, dal controllo. Cioè, dal lavoro così come viene normalmente concepito e condotto, cioè a immagine di ciò che farebbe una macchina.
Ho sulla scrivania il primo volume del "Principio speranza" di Bloch: proprio nella prima parte tratta di cose attinenti il desiderio, il "già e non-ancora" che c'è nei movimenti che anticipano la speranza etc.
Magari ne riprenderò la lettura.
Anch'io per ora ho accantonato Hegel.
Da settimana prossima avrò molto più tempo libero, potrò tornare agli amati studi. Non so ancora quale direzione prenderanno. Vedremo...

Il pulsionale è proprio la direzione verso la meta, o meglio il paesaggio.
Naturalmente il mondo contemporaneo che vive dell'iperproduzione, necessita di una umanità castrata e ahimè castrante, ossia senza pulsioni, rimosse a funzione dell'oggetto di consumo chiamato bisogno, e oggi nella età del catastrofismo, di bisogno essenziale ossia spacciato per naturale, l'era del marketing forzato.
La natura viene pervertita di nuovo, siamo sempre nei canovacci dei problemi portati dalla modernità, ossia della meccanicizzazione dei processi, della competenza nelle arti lavorative, nel lavorio a sistema chiuso circolare del terziario, non cambia niente rispetto alla risposta che ha nome post-modernismo, dove i fatti vengono NEGATI, dove la scienza è oggi un problema relativo alla necessità di inquinare sempre di più i luoghi, i posti naturali.
Persino le montagne sono solcate da aerei a tutt'andare, ma forse perchè sono sulla rotta di ciampino  :D nel mio caso.

ciao uomo!