Il filosofo che non sono.

Aperto da iano, 29 Agosto 2025, 16:12:41 PM

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iano

#15
In breve, possiamo superare idealismo e materialismo, se li vediamo uno come il percorso inverso dell'altro, come un operazione filosofica che ammette il suo inverso, la stessa realtà diversamente narrata, ciò che esclude una narrazione univoca, detta verità, rivedibile come concetto nato dalla possibilità di una visione parziale.

Io mi dichiaro conservatore, ma in modo diverso.
So infatti che la mia filosofia mina il mondo in cui viviamo, ma vorrei salvaguardare le condizioni che lo hanno permesso, nella sua non univocità, perchè l'umanità non vive nello stesso mondo, ma è il mondo in cui vive a definirla, e io faccio il tifo per l'umanità, per nessun buon motivo, come per ogni tifo che si rispetti.

Confido quindi gattopardescamente che si possa cambiare tutto per non cambiare nulla, dando così libero sfogo al pensiero senza dover temere la sua libertà, perchè se questa è la nostra natura, la felicità consiste nel realizzarla, superando gli ostacoli che la coscienza, diversamente utile, vi pone, mettendo ordine fra i suoi effetti collaterali.
Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

iano

Comunque, non ho mai ricevuto migliore incentivo per studiare filosofia, e chissà quindi che non lo faccia, ora che ho un piano di studio convincente.
Il fatto è che i libri sono una invenzione relativamente nuova, succedaneo della trasmissione orale di cultura, che non sempre si verifica, come nel mio caso, credo.
Diciamo che sono pigro come una macchina con tanti cavalli, che nessuno ha messo in moto, ma che pure scalpitano.
Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

Jacopus

L'erudizione fine a se stessa non produce gran che. È una sorta di chat Gpt ante litteram. Ma anche il filosofare senza conoscere la filosofia comporta un altrettanto grave rischio, almeno uno: ovvero di ripetere cose già stradette, pensando di essere originali. Le due cose vanno insieme, capacità di creare una propria filosofia sulla base di una inevitabilmente parziale conoscenza di alcuni testi. Tu, Iano, per essere così sprovvisto di letture come dici, hai un talento genetico verso le riflessioni filosofiche. Se le aiutassi con delle letture ad hoc, saresti ancora più profondo ed acuto di quanto già non sei.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#18
Citazione di: Jacopus il 22 Ottobre 2025, 19:35:12 PMMa anche il filosofare senza conoscere la filosofia comporta un altrettanto grave rischio, almeno uno: ovvero di ripetere cose già stradette, pensando di essere originali.
Però, se ci togli la pretesa di originalità, abbiamo percorsi indipendenti, o diversamente condizionati, di pensiero, che convergono, cosa non banale.
Certamente,  non creiamo la nostra filosofia dal nulla, anche quando non siamo in grado di citare le fonti, scambiando questa ignoranza per originalità. Io ai geni non ci ho mai creduto.

Certo, non farei il chirurgo o l'ingegniere con lo stesso spirito.
Con ciò non voglio quindi consigliare il mio percorso, dovuto più che altro a cause accidentali, ma quello che delinea Koba-San, il quale smentisce che la cultura debba necessariamente creare distanza, della quale i meno sicuri tendono a farsi scudo.
Perchè, essendo un mezzo fisico per caso, posso pensare che vi siano anche simili filosofi per intero, ma la mezza cultura che possiedo mi consente di capire in genere chi sta tirando a campare.
Cioè, sono un fisico quanto basta per capire chi si spacci per tale, e quando li scopro sul forum, mi si pedoni, ma non mi trattengo dal bastonarli.
Nel mio piccolo forse vorrei far capire che la filosofia naturale non è mai morta, ma ha solo figliato fisici, ingegneri, medici,  come se non ci fossero più  filosofi della natura.
Cioè vorrei che tutti prendessero coscienza, nella loro pur diversità culturale, che tutti possediamo una filosofia, anche quando non sappiamo di averla, e che questa guida, volenti o nolenti, i nostri passi. Per essere responsabili delle nostre azioni, dobbiamo prendere coscienza di ciò che li guida,  che non è necessariamente un Dio inamovibile, ma può essere un pensiero mobile.

L'erudizione come chat gpt ante litteram era l'analogia che cercavo, senza trovarla. Grazie. :)
Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

iano

#19
Cioè voglio dire, io non ho studiato i filosofi propriamente detti, ma nella misura in cui tutti lo siamo, anche quando non lo sappiamo, non ha fatto altro che studiare filosofia, ricercando la filosofia nascosta nei testi non ufficiali, quella più sincera in fondo, perchè ingenuamente espressa, priva di barriere culturali.
Se poi trovo un filosofo con poche barriere di questo tipo, cosa si può volere di meglio, e non resta che lodarlo.
Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

daniele22

Citazione di: Koba-san il 22 Ottobre 2025, 15:19:08 PMC'è un idealismo di base, descritto nei primi tre capitoli della Fenomenologia dello Spirito di Hegel che tutti quanti coloro che vogliono fare filosofia devono attraversare, ed esattamente come voleva Hegel, superare senza che vi sia un rinnegamento semplice.
Si tratta di un passaggio fondamentale della filosofia moderna che complessivamente è ruotata attorno al rapporto soggetto-oggetto, ovvero il problema della conoscenza.
Come possiamo sapere che le nostre descrizioni del mondo siano attendibili?
Dopo la confutazione della dottrina di Kant – una volta mostrato che la nozione di cosa in sé essendo essa stessa nozione non aveva senso mantenere – ecco quello che io chiamo idealismo di base: la realtà viene fin da subito, attraverso i sensi, "tradotta" dai nostri concetti, dal nostro linguaggio.
Di fronte a ciò che mi è estraneo, da ciò che è straniero, il soggetto necessariamente, indipendentemente dalle sue finalità, avanza mediando il nuovo con ciò che già conosce, con la sua cultura.
Questo è un fatto che anche la psicologia cognitiva e le neuroscienze contemporanee attestano. Noi non accogliamo la struttura della realtà ma interpretiamo fin da subito ciò che viene dai sensi. Creiamo continuamente un mondo partendo dalle fragili tracce dei sensi.
Quindi, questo idealismo di base semplicemente non è confutabile.
Ma non va confuso con una concezione solipsistica alla Matrix secondo cui il soggetto crea letteralmente la realtà. Nell'idealismo la realtà non è creata, la materia non è prodotta dall'attività dell'Io, ma viene "incanalata", tradotta, compresa, dalla soggettività fin dall'inizio del processo conoscitivo.
Ma qual'è la debolezza di questo idealismo di base? È il fatto che pur avendo criticato la possibilità che vi sia un oggetto reale, da conoscere per quello che è, l'altro polo della relazione, il soggetto, non è stato indagato sufficientemente.
Qui inizia il lavoro di Nietzsche, seguito poi dalla filosofia del Novecento: se Hegel ha portato a termine la dissoluzione dell'oggetto (del realismo ingenuo), ora viene il momento per la decostruzione del polo soggettivo.
Non c'è più un soggetto che pensa il suo oggetto, ma piuttosto un soggetto e un oggetto che emergono insieme nell'ambito di un'attività specifica.
Poi a partire da qua, cioè dalla dissoluzione del soggetto (altra figura ineludibile per chi voglia fare filosofia – proseguimento necessario all'iniziazione delineata nella Fenomenologia dello Spirito), le soluzioni sono molte, naturalmente.
So poco o nulla di storia della filosofia. Ho sempre trovato difficoltà a comprenderne il linguaggio.. troppo sofisticato, troppe distinzioni. Mi è rimasto qualche, ma proprio qualche brandello dai tempi del liceo. Le tre domande kantiane sono buone.
In merito alla tua domanda direi di getto che le esternazioni sul panorama di due persone che viaggiano in automobile dialogando di questo possa dare l'idea dell'attendibilità delle nostre descrizioni. C'è da considerare, allargando per un attimo il campo, il valore del "testimone oculare" nella letteratura giuridica.
Essendomi concentrato più che altro nello "studio sul campo" del linguaggio umano, sarei tuttavia curioso di sapere con quali premesse e come si sia svolto il pensiero che ha messo in crisi la "cosa in sé". Io ci sono giunto attraverso un giudizio sull'inconsistenza del sostantivo (inteso come oggetto grammaticale)
Saluti

Phil

Citazione di: iano il 22 Ottobre 2025, 22:40:02 PMCioè voglio dire, io non ho studiato i filosofi propriamente detti, ma nella misura in cui tutti lo siamo, anche quando non lo sappiamo, non ha fatto altro che studiare filosofia, ricercando la filosofia nascosta nei testi non ufficiali, quella più sincera in fondo
Te lo propongo come stimolo (e spesso gli stimoli contengono consigli impliciti): tutti scriviamo, ma siamo davvero tutti scrittori? Direi di no, semmai siamo tutti scriventi. Tutti pensiamo, siamo quindi tutti pensatori? No, siamo tutti pensanti; la differenza fra pensatore e pensante non è a mio avviso da banalizzare.
L'apparente ovvietà della precisazione «Certo, non farei il chirurgo o l'ingegniere con lo stesso spirito» incarna quello spirito tutto moderno che spingerebbe invece i filosofi (antichi e non) a chiederti: «Sei sicuro che per maneggiare gli strumenti filosofici non sia richiesta altrettanta conoscenza specifica di quella per essere ingegneri e chirurghi? Non è che ti stai confondendo con i poeti?».
Così come un fisico sa riconoscere un fisico, (suppongo che) un filosofo sa riconoscere un filosofo e non certo perché si pavoneggia in citazioni di autori minori o cita testi a memoria, ma da come usa gli strumenti del pensiero, ovviamente autori e citazioni non escluse.
Cosa penseresti di chi dicesse «Mi interessa la fisica, a mio modo sono un fisico, ma non studio i fisici e i loro testi, preferisco farla da solo, o al massimo frequentare i forum di fisica per fare due chiacchiere»? Non gli faresti forse notare che, per quanto talentuoso e per quanto fornito sia il suo laboratorio, anche i fisici che scrivono libri possono tornargli utili (se ne facciamo una questione di utilità) e magari hanno già scoperto qualcosa che lui, da solo, potrebbe non scoprire mai?
Con la filosofia è lo stesso; leggere un testo o anche solo un saggio di filosofia è anzitutto un gesto di umiltà: riconoscere che su quell'argomento c'è chi ci ha sbattuto la testa più di noi, ci ha dedicato più tempo e più ricerche (e magari è anche più portato di noi per quel tipo di indagine). Se si legge (o studia) per imparare, e non per fare citazioni, gran parte (magari non tutte) le esperienze dirette con un testo di filosofia risulteranno molto utili (parlo per esperienza); non perché contengano risposte a domande che non abbiamo nemmeno avuto il tempo di fare, ma perché, fra tante pagine, qualche spunto di riflessione lo si trova sempre (anche fosse mera divergenza di vedute, è comunque utile capire le argomentazioni dell'"altra campana").
Ovviamente risulta importante saper scegliere i testi: se mi interessa l'esistenzialismo e mi butto a capofitto su un testo di "logica e filosofia del linguaggio" non è detto che ci sia uno stimolo ad ogni pagina; ma se invece scelgo un testo pertinente, la prossima volta che camminerò al parco, con le mani dietro la schiena, riflettendo sull'esistenza, non sarò solo perché avrò "compagnia in testa" (e, come tutte le uscite in compagnia, affinché diventino un "bel ricordo", bisogna saper trovare il giusto equilibrio fra il lasciar parlare solo gli altri e l'imporsi nel prendere la parola quando invece era meglio tacere).

Koba-san

Citazione di: iano il 22 Ottobre 2025, 17:46:01 PMDi base c'è una dualità osservatore/ osservato le cui nature si può solo provare a desumere indirettamente dai risultati della loro interazione. Uno di questi risultati è che diversi osservatori interagiscono fra loro, e ciò è possibile se fra i loro solipsismi, mettendosi nella condizione più svantaggiosa, come fossimo nati ieri , privi di qualunque eredità, ci sono fattori comuni, che costituiscono il mondo in cui viviamo, e che impropriamente diciamo realtà, un intersoggettivo  fatto di condivise relatività e di comunicazioni intessute su basi comuni.

Una soluzione è vedere il dualismo tra soggetto e oggetto, tra mente e mondo – da cui viene poi il problema della conoscenza – come l'effetto di una costruzione filosofica specifica, quella della metafisica greca. Che Platone istituisce quando si chiede che cos'è l'universale, l'idea. Abbiamo un albero, questo albero: ma che cos'è l'albero in sé, il concetto di albero?
La conoscenza, l'episteme, è la forma stabile. Il concetto astratto. E conoscere significa sapersi muovere nella rete delle idee che complessivamente costituiscono il sapere.
Da quel momento ecco lo sdoppiamento: il mondo sensibile da una parte, le idee dall'altra. Che poi da Cartesio in poi prende la forma del dualismo mente-mondo.
Dopodiché il problema continuerà ad essere questo (sotto varie forme e sfumature): com'è possibile che le nostre ipotesi dicano qualcosa di vero del mondo? Dov'è il collegamento?
Per essere sicuri che ci sia effettivamente una corrispondenza avremmo bisogno di un terzo punto di vista così da poter confrontare le cose del mondo con le rappresentazioni che di esse ci facciamo.
Uno sguardo panoramico, insomma.
Lo schematismo di Kant. La forma logica di Wittgenstein.
Oppure, anziché tentare di risolvere il problema per come è stato posto per così tanto tempo, fare un'altra mossa e dire: così com'è questo problema non ha senso! Mondo e mente si costituiscono insieme e proprio per questo c'è corrispondenza, un armonioso intreccio: solo quando guardiamo l'uno come l'opposto dell'altro nasce il problema.
Ma se l'uno e l'altro sono due facce della stessa medaglia, allora la parola, nel suo essere segno della cosa, deve avere un'origine naturale, gestuale, diciamo così, non puramente rappresentativa.

Koba-san

Citazione di: daniele22 il Oggi alle 08:03:31 AM
So poco o nulla di storia della filosofia. Ho sempre trovato difficoltà a comprenderne il linguaggio.. troppo sofisticato, troppe distinzioni. Mi è rimasto qualche, ma proprio qualche brandello dai tempi del liceo. Le tre domande kantiane sono buone.
In merito alla tua domanda direi di getto che le esternazioni sul panorama di due persone che viaggiano in automobile dialogando di questo possa dare l'idea dell'attendibilità delle nostre descrizioni. C'è da considerare, allargando per un attimo il campo, il valore del "testimone oculare" nella letteratura giuridica.
Essendomi concentrato più che altro nello "studio sul campo" del linguaggio umano, sarei tuttavia curioso di sapere con quali premesse e come si sia svolto il pensiero che ha messo in crisi la "cosa in sé". Io ci sono giunto attraverso un giudizio sull'inconsistenza del sostantivo (inteso come oggetto grammaticale)
Saluti

La "confutazione" del criticismo svolta dall'idealismo consiste nel mostrare che la nozione della cosa in sé essendo appunto una nozione, cioè pensiero, non può indicare nulla di veramente esterno all'intelletto umano. Dunque si tratta di un elemento aporetico nel sistema.
L'attacco può venire anche – ed è la stessa cosa – sul versante dello schematismo trascendentale con cui Kant cercava infine di collegare esperienza del mondo e concetti dell'intelletto. La debolezza della soluzione dello schema lasciava spazio agli idealisti per lavorare dal suo interno, diciamo così, ad un superamento del criticismo.

iano

#24
Citazione di: Phil il Oggi alle 14:47:13 PMCosì come un fisico sa riconoscere un fisico, (suppongo che) un filosofo sa riconoscere un filosofo e non certo perché si pavoneggia in citazioni di autori minori o cita testi a memoria, ma da come usa gli strumenti del pensiero, ovviamente autori e citazioni non escluse.
C'è una fondamentale differenza fra il linguaggio che usano i fisici, la matematica, e quello che usano i filosofi, l'italiano.
Mentre i filosofi usano un linguaggio specialistico all'interno della lingua italiana, i fisici usano un linguaggio diverso, la matematica.
Il primo lo si può semplificare, senza tradurre, perchè la lingua rimane quella parlata, per cui fare divulgazione filosofica è possibile, ma nessuno la fa.
Il secondo non è traducibile nella lingua italiana,  solo ''tradibile'', ma nonostante ciò si fa divulgazione scientifica.
Forse perchè lo scienziato si rende conto quanto nuoccia alla sua materia  relegarla ad una élite, mentre il filosofo no.
Mi chiedo quanti filosofi , intesi come coloro che hanno studiato Hegel e compagnia, oggi Platone ammetterebbe alla sua scuola, perchè magari la geometria di Euclide la conoscono, ma quella si è evoluta nel frattempo, e non mi pare che loro a questa evoluzione siano stati dietro.
O quantomeno, quale effetto abbia avuto sul loro pensiero questa evoluzione non sembra l'argomento del giorno..


 


Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

iano

#25
In breve, chi può dirsi veramente filosofo dei tempi nostri secondo il criterio adottato da Platone?
Uno che mi viene in mente è senz'altro Bertrand Russell, e, andando a ritroso, Liebnitz e Cartesio.
Altri non mi vengono in mente adesso, ma più per mia ignoranza, che altro.
O meglio, tanti altri mi vengono in mente, Eisnstein, Bohr, e tanti atri ancora, invero, ma dal nome più difficile da ricordare. che però  sono per lo più considerati scienziati, anche se Platone alla sua scuola li avrebbe ammessi, mentre la gran massa dei filosofi odierni no.
Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

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