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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: iano il 29 Agosto 2025, 16:12:41 PM

Titolo: Il filosofo che non sono.
Inserito da: iano il 29 Agosto 2025, 16:12:41 PM
Non sono un idealista, ne un materialista, ma uso le idee e maneggio la materia.
Toccare la realtà è descriverla con le sensazioni.
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: fabriba il 29 Agosto 2025, 16:52:37 PM
Cito wiki:
L'idealismo, in filosofia, è una visione del mondo che riconduce totalmente l'essere al pensiero, negando l'esistenza autonoma della realtà, ritenuta il riflesso di un'attività interna al soggetto. 




Su questo posso dire che la scienza ti sta dando sempre più ragione... e la realtà sembra proprio che possa non esistere in maniera indipendente dall'osservatore.
Il risultato in se è poco intererssante per un filosofo (o un filosofo che non è), però mi sembra che questa consapevolezza stia contaminando pesantemente gli strati più "pop" della cultura... l'atteggiamento sempre più diffuso di vedere la realtà come una canvas da piegare alle proprie opinioni, mi sembra difficile da immaginare fuori da questo momento culturale e questa consapevolezza scientifica del reale.

Non so se era il tipo di riflessione che ti aspettavi, ma passavo di qua :) 

Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: iano il 29 Agosto 2025, 19:13:43 PM
Citazione di: fabriba il 29 Agosto 2025, 16:52:37 PMCito wiki:
L'idealismo, in filosofia, è una visione del mondo che riconduce totalmente l'essere al pensiero, negando l'esistenza autonoma della realtà, ritenuta il riflesso di un'attività interna al soggetto.




Su questo posso dire che la scienza ti sta dando sempre più ragione... e la realtà sembra proprio che possa non esistere in maniera indipendente dall'osservatore.
Il risultato in se è poco intererssante per un filosofo (o un filosofo che non è), però mi sembra che questa consapevolezza stia contaminando pesantemente gli strati più "pop" della cultura... l'atteggiamento sempre più diffuso di vedere la realtà come una canvas da piegare alle proprie opinioni, mi sembra difficile da immaginare fuori da questo momento culturale e questa consapevolezza scientifica del reale.

Non so se era il tipo di riflessione che ti aspettavi, ma passavo di qua :)


Si, quello che scrivi è calzante. Grazie.
Non sono un idealista perchè non c'è necessità di negare la realtà, solo che non è quella che crediamo che sia, cioè quella che tocchiamo con mano, concreta.
La vera realtà non è concreta, nel senso che la concretezza è una ''idea delle nostre mani''.
Il mondo/modo in cui viviamo indirettamente la realtà è concreto, ma la realtà in se non ha attribuiti.Non è materia e non è un idea.
Non è nulla che si possa dire o sentire in assoluto, nel senso che non c'è un solo modo di interagirvi.
Il mondo è la realtà come la viviamo.
Quindi c'è un mondo per ogni vivente.
Gli uomini non vivono nello stesso mondo, ma sono uomini perché vivono nello stesso mondo.

il vero idealista è colui che nega la materia, costruendo su questa negazione la sua filosofia.
Ma di fatto non può costruire il suo idealismo se non contrapponendosi alla materia.
Quindi come può stare in piedi la sua filosofia, se nega ciò da cui è partito?
Discorso speculare vale per il materialista.
Detto da un non filosofo con le inevitabili lacune.
Però la sostanza del discorso credo sia chiara.

La realtà, come ci appare, più che una mappa della realtà, è un manuale di istruzioni scritto per immagini, non unico possibile, su come interagire con la realtà.
Immagini che nel tempo sono state stilizzate in un alfabeto, transitando per gli ideogrammi.
L'immagine, una volta fattasi lettera dell'alfabeto,  non ci consente perciò più di visualizzare la realtà, perchè la sua descrizione non è più scritta con caratteri immaginifici. Questo è il motivo per cui non comprendiamo le leggi della fisica, e questo indirettamente esemplifica cosa intendiamo per comprendere.
Chi non ha capito la fisica quantistica non ha capito che non c'è niente da capire.
E' un manuale d'uso della realtà.
C'è n'è un altro scritto in un alfabeto immaginifico, che coincide con la realtà solo se non sai che è un manuale d'uso, che serve ad esempio per non cadere nei burroni, dei quali noi sappiamo in effetti soltanto che cadendoci ti fai molto male.

E alla fisica classica che invece comprendiamo, che posto gli assegniamo.
E' l'anello di congiunzione fra ciò che comprendiamo e ciò che non comprendiamo.
I nuovi manuali di istruzioni non sono da comprendere, ma da usare, e questo è il vero problema, che in pochi li sanno usare, mentre la ''realtà'' tutti la comprendiamo.
Qual'è la soluzione?
Tu lo potresti sapere. E' il tuo lavoro.

Il nostro mondo cambia, ma noi dovremmo cercare di restare uomini, cioè di vivere sempre insieme in un mondo solo.
This is the problem.
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: Ipazia il 29 Agosto 2025, 19:23:53 PM
Ode al materialismo

Tutto molto bello finchè la realtà non assume la forma concretissima e beffarda del paracarro contro cui l'osservatore incauto va a sbattere senza poterla rimodellare a suo piacimento.
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: iano il 29 Agosto 2025, 19:56:59 PM
Citazione di: Ipazia il 29 Agosto 2025, 19:23:53 PMOde al materialismo

Tutto molto bello finchè la realtà non assume la forma concretissima e beffarda del paracarro contro cui l'osservatore incauto va a sbattere senza poterla rimodellare a suo piacimento.
Ode tardiva. Ti ho prevenuta parlando di burroni, ben più temibili di un paracarro.
Ti ci vedo, seduta sul tuo paracarro, mentre aspetti Bartali.
Hai un basco francese blu, scarpe da trekking rosa, impolverate, e un foulard bianco mosso dal vento.
Ti vedo come fossi reale. :)
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: fabriba il 02 Settembre 2025, 18:37:34 PM
Citazione di: iano il 29 Agosto 2025, 19:13:43 PMI nuovi manuali di istruzioni non sono da comprendere, ma da usare, e questo è il vero problema, che in pochi li sanno usare, mentre la ''realtà'' tutti la comprendiamo.
Se per comprendere intendi la stessa cosa che si dice in "i tovaglioli al mc donald sono compresi nel prezzo" o "la liguria è compresa tra il tirreno e l'appennino", non son mica sicuro che la realtà la comprendiamo. Direi piuttosto che è impossibile comprenderla perché lei comprende noi (consapevole di aver tirato il significato della parola di qua e di la).
Che incidentalmente -l'impossibilità di comprendere qualcosa che ci comprende- è una cosa che nell'ambito tecnologico sarebbe anche stata dimostrata (credo da Turing) ma con la quale non ho ancora fatto pace.

Però si, pensare alla scienza come a un manuale di istruzioni piuttosto che come a una descrizione del reale, è un approccio enormemente interessante e assieme leggermente pericoloso.
Esiste un sistema di coordinate in cui si può descrivere scientificamente la terra come la superficie interna di una sfera cava, con tutto l'universo contenuto nella sfera... è affascinante da discutere, ma nelle mani sbagliate è un'arma di distruzione di massa (arma culturale, sociale... niente di fisico).
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: iano il 02 Settembre 2025, 20:09:15 PM
Citazione di: fabriba il 02 Settembre 2025, 18:37:34 PMSe per comprendere intendi la stessa cosa che si dice in "i tovaglioli al mc donald sono compresi nel prezzo" o "la liguria è compresa tra il tirreno e l'appennino", non son mica sicuro che la realtà la comprendiamo. Direi piuttosto che è impossibile comprenderla perché lei comprende noi (consapevole di aver tirato il significato della parola di qua e di la).
No, non parlo di una inclusione insiemistica. :)
Per ''comprendere'' intendo una di quelle cose che facciamo, ma che non sappiamo dire come.
Sappiamo invece come usare i manuali della scienza, ma non li comprendiamo.
Questa specularità mi sembra significativa, e tenderei a considerarla non casuale.
Quindi, se la scienza ci da solo manuali d'uso, e nessuna possibilità di comprendere, forse il comprendere vale un manuale d'uso, per cui le due cose si escludono a vicenda, non essendo necessaria la loro contemporaneità.
Cioè se c'è uno non serve l'altro, e ciò che non serve la natura aborre.
Non sappiamo se le macchine ci sostituiranno.
Sappiamo solo che noi possiamo sostituire le macchine, perdendo in efficacia, si, ma sappiamo farlo, e nel dirlo ho volutamente capovolto la storia, per vedere l'effetto che fà.
I manuali sanno usarli ''anche'' le macchine, che quindi, se non comprendono , poco male, come sappiamo usarli  noi, che quindi, se non comprendiamo, poco male. In ogni caso, come abbiamo detto, non ne avrebbero/non ne avremmo, bisogno.

Il fatto poi che l'osservatore è parte della realtà che osserva, comporta, stante la sua evoluzione, che non possa esserci una descrizione univoca della realtà, se dipende da un osservatore che muta.
Cioè, la mutabilità dell'osservatore è condizione sufficiente, per la non univocità della descrizione della realtà.
Se questa descrizione fosse univoca, per quanto rimanga distinta da ciò che descrive, potremmo di fatto considerarle la stessa cosa. Le consideriamo la stessa cosa quando, inconsapevoli di stare usando un manuale, che perciò è di fatto univoco, la comprendiamo.
Questa è la mia idea di verità, che perciò non è possibile ottenere.
Un condizione necessaria per la verità è che l'osservatore non muti, ma non è la sola, occorre sacralizzare i mezzi con cui la dovremmo esprimere, ad esempio la scrittura.
Queste due condizioni mi pare che siano esplicitamente dichiarate nella religione cristiana.

Cosa abbiamo da temere da tutto ciò?
Temiamo di ''snaturarci'', ma questo è quello che l'evoluzione ha sempre fatto.
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: iano il 02 Settembre 2025, 20:45:35 PM
Come potrebbe l'uomo di oggi considerare un bene ciò che potrebbe essere un bene solo per l'uomo di domani?
Per poter parlare di un bene assoluto ci vorrebbe un uomo che non muti.

L'osservatore è parte di ciò che osserva, ma si distingue dal resto, perchè ciò che osserva è costante nel suo mutare, mentre lui non lo è, perchè l'osservazione lo muta.
Se non ci fosse costanza nel mutare nessuna legge fisica potrebbe ricavarsi dall'osservazione, e le leggi fisiche sono infatti leggi di conservazione.
In generale qualunque cosa faccia l'essere vivente lo rende altro.
Osservando conosce e questa conoscenza lo taglia fuori dal paradiso di uomini fatti e compiuti, che restano così, come sono stati creati.
Chi ha scritto la bibbia, già lo sapeva.
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: Ipazia il 02 Settembre 2025, 21:27:01 PM
Citazione di: iano il 02 Settembre 2025, 20:45:35 PMCome potrebbe l'uomo di oggi considerare un bene ciò che potrebbe essere un bene solo per l'uomo di domani?
Per poter parlare di un bene assoluto ci vorrebbe un uomo che non muti.

L'osservatore è parte di ciò che osserva, ma si distingue dal resto, perchè ciò che osserva è costante nel suo mutare, mentre lui non lo è, perchè l'osservazione lo muta.
Se non ci fosse costanza nel mutare nessuna legge fisica potrebbe ricavarsi dall'osservazione, e le leggi fisiche sono infatti leggi di conservazione.
In generale qualunque cosa faccia l'essere vivente lo rende altro.
Osservando conosce e questa conoscenza lo taglia fuori dal paradiso di uomini fatti e compiuti, che restano così, come sono stati creati.
Chi ha scritto la bibbia, già lo sapeva.
Ci pensa il ciclo immutevole di nascita e morte a stabilire il criterio di bene assoluto valido per ogni vivente finchè vive.
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: fabriba il 03 Settembre 2025, 13:49:51 PM
Citazione di: iano il 02 Settembre 2025, 20:09:15 PMNo, non parlo di una inclusione insiemistica. :)
In realtà l'avevo capito, avevo fatto un maldestro tentativo di umorismo sul significato etimologico di "comprendere" e di come "di conseguenza" la comprensionde della realtà sia impossibile ... ma messa in quei termini la comprensione di qualsiasi cosa è impossibile... salvo forse quello che assimiliamo mangiandolo :D 
Va beh... mettiamolo tra le cose che non sono venute bene!

Citazione di: iano il 02 Settembre 2025, 20:45:35 PMCome potrebbe l'uomo di oggi considerare un bene ciò che potrebbe essere un bene solo per l'uomo di domani?

Perché dici così? Mettiamoci dal punto di vista di un comunista de fero, chiamiamolo Karl, e guardiamo con lui la realtà dell'ultimo secolo.

La fame nel mondo è scesa dal coinvolgere circa 1 miliardo di persone su meno di 2 miliardi di persone (50%), a coinvolgere molto meno di 1 miliardo di persone su circa 8 miliardi di persone (10%).

In qualunque momento dell'ultimo secolo, se avessimo adottato una distribuzione della ricchezza come quella che avrebbe voluto il nostro amico Karl, avremmo ridotto enormemente la fame nel mondo per i nostri contemporanei.
Tuttavia, senza la spinta dell'egoismo che il nostro sistema garantisce, da quel momento in poi se la storia si ripete, l'economia sarebbe cresciuta molto meno, e da li in poi, man mano che la popolazione mondiale aumentava ci saremmo dovuti dividere in parti uguali la stessa torta, e le fette sarebbero diventate sempre più piccole. Oggi ci sarebbero molti più affamati usando quel metodo.
In questa elucubrazione non c'è niente di scientifico, sono ipotesi buttate lì, è possibile che Karl aveva un piano rivoluzionario meraviglioso e che avrebbe salvato il mondo, ma restiamo in questa bolla ipotetica per un momento...

In questa bolla a me sembra che il bene di domani sia un bene. (Non voglio dire un bene "assoluto" che poi vengo battuto come un polpo, ma ci siamo capiti  :)) )

Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: iano il 03 Settembre 2025, 14:45:50 PM
Citazione di: fabriba il 03 Settembre 2025, 13:49:51 PMIn realtà l'avevo capito, avevo fatto un maldestro tentativo di umorismo sul significato etimologico di "comprendere" e di come "di conseguenza" la comprensionde della realtà sia impossibile ... ma messa in quei termini la comprensione di qualsiasi cosa è impossibile... salvo forse quello che assimiliamo mangiandolo :D
Va beh... mettiamolo tra le cose che non sono venute bene!

Perché dici così? Mettiamoci dal punto di vista di un comunista de fero, chiamiamolo Karl, e guardiamo con lui la realtà dell'ultimo secolo.

La fame nel mondo è scesa dal coinvolgere circa 1 miliardo di persone su meno di 2 miliardi di persone (50%), a coinvolgere molto meno di 1 miliardo di persone su circa 8 miliardi di persone (10%).

In qualunque momento dell'ultimo secolo, se avessimo adottato una distribuzione della ricchezza come quella che avrebbe voluto il nostro amico Karl, avremmo ridotto enormemente la fame nel mondo per i nostri contemporanei.
Tuttavia, senza la spinta dell'egoismo che il nostro sistema garantisce, da quel momento in poi se la storia si ripete, l'economia sarebbe cresciuta molto meno, e da li in poi, man mano che la popolazione mondiale aumentava ci saremmo dovuti dividere in parti uguali la stessa torta, e le fette sarebbero diventate sempre più piccole. Oggi ci sarebbero molti più affamati usando quel metodo.
In questa elucubrazione non c'è niente di scientifico, sono ipotesi buttate lì, è possibile che Karl aveva un piano rivoluzionario meraviglioso e che avrebbe salvato il mondo, ma restiamo in questa bolla ipotetica per un momento...

In questa bolla a me sembra che il bene di domani sia un bene. (Non voglio dire un bene "assoluto" che poi vengo battuto come un polpo, ma ci siamo capiti  :)) )


Il Dio dell'ateo Karl è il proletariato, e quindi l'uomo.
L'uomo per questo ateo è centrale come per le religioni.
Se la religione dichiara di porre l'uomo al centro, per Karl è una cosa ovvia.
Il bene per l'uomo è, per la religione, la sua evoluzione spirituale, mentre per Karl è la rivoluzione, cioè una elevazione materiale dell'uomo, in questo mondo.
Entrambi però hanno errato nel prevedere , ognuno a modo suo, quale fosse il bene dell'uomo, ma solo di Karl in effetti si può dire che ha errato, in quanto la religione non è falsificabile.
Oggi dovremmo avere la consapevolezza che il bene dell'uomo non lo si ottiene concentrandosi su esso.
Il bene degli esseri viventi, che l'uomo comprende, è il bene dell'uomo.
E' un semplice sillogismo che però ci è sfuggito.
Abbiamo compreso ciò che già sapevamo, o avremmo potuto sapere, e Karl è stato una tappa fondamentale in questo percorso di comprensione.
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: fabriba il 03 Settembre 2025, 15:10:27 PM
lo sapevo che non dovevo chiamarlo Karl!!   :P
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: iano il 03 Settembre 2025, 17:49:30 PM
Citazione di: fabriba il 03 Settembre 2025, 15:10:27 PMlo sapevo che non dovevo chiamarlo Karl!!  :P
Pensa che è la prima volta che lo nomino, probabilmente invano.
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: Koba-san il 22 Ottobre 2025, 15:19:08 PM
Citazione di: iano il 29 Agosto 2025, 16:12:41 PMNon sono un idealista, ne un materialista, ma uso le idee e maneggio la materia.
Toccare la realtà è descriverla con le sensazioni.

C'è un idealismo di base, descritto nei primi tre capitoli della Fenomenologia dello Spirito di Hegel che tutti quanti coloro che vogliono fare filosofia devono attraversare, ed esattamente come voleva Hegel, superare senza che vi sia un rinnegamento semplice.
Si tratta di un passaggio fondamentale della filosofia moderna che complessivamente è ruotata attorno al rapporto soggetto-oggetto, ovvero il problema della conoscenza.
Come possiamo sapere che le nostre descrizioni del mondo siano attendibili?
Dopo la confutazione della dottrina di Kant – una volta mostrato che la nozione di cosa in sé essendo essa stessa nozione non aveva senso mantenere – ecco quello che io chiamo idealismo di base: la realtà viene fin da subito, attraverso i sensi, "tradotta" dai nostri concetti, dal nostro linguaggio.
Di fronte a ciò che mi è estraneo, da ciò che è straniero, il soggetto necessariamente, indipendentemente dalle sue finalità, avanza mediando il nuovo con ciò che già conosce, con la sua cultura.
Questo è un fatto che anche la psicologia cognitiva e le neuroscienze contemporanee attestano. Noi non accogliamo la struttura della realtà ma interpretiamo fin da subito ciò che viene dai sensi. Creiamo continuamente un mondo partendo dalle fragili tracce dei sensi.
Quindi, questo idealismo di base semplicemente non è confutabile.
Ma non va confuso con una concezione solipsistica alla Matrix secondo cui il soggetto crea letteralmente la realtà. Nell'idealismo la realtà non è creata, la materia non è prodotta dall'attività dell'Io, ma viene "incanalata", tradotta, compresa, dalla soggettività fin dall'inizio del processo conoscitivo.
Ma qual'è la debolezza di questo idealismo di base? È il fatto che pur avendo criticato la possibilità che vi sia un oggetto reale, da conoscere per quello che è, l'altro polo della relazione, il soggetto, non è stato indagato sufficientemente.
Qui inizia il lavoro di Nietzsche, seguito poi dalla filosofia del Novecento: se Hegel ha portato a termine la dissoluzione dell'oggetto (del realismo ingenuo), ora viene il momento per la decostruzione del polo soggettivo.
Non c'è più un soggetto che pensa il suo oggetto, ma piuttosto un soggetto e un oggetto che emergono insieme nell'ambito di un'attività specifica.
Poi a partire da qua, cioè dalla dissoluzione del soggetto (altra figura ineludibile per chi voglia fare filosofia – proseguimento necessario all'iniziazione delineata nella Fenomenologia dello Spirito), le soluzioni sono molte, naturalmente.
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: iano il 22 Ottobre 2025, 17:46:01 PM
Ottimo piano di studio per chi volesse studiare filosofia.
Se  non sei un professore di filosofia ti promuovo, e se invece lo sei, comunque bravo, bravo, bravo...
A sostegno della mia pigrizia potrei dire che non voglio fare filosofia, ma semplicemente penso,  respirando il sentito dire, talchè concordo a naso con quel che scrivi, con poche precisazioni, perchè seppur ignorante non mi manca l'ardire di farlo, confidando che il punto di vista di un ignorante consapevole possa interessare in quanto tale.
Il mio punto di partenza è che l'osservatore non possa osservarsi, ma siccome lo crede, allora sta osservando altro, ''osservandosi'' come parte della realtà passata e memorizzata.
Di base c'è una dualità osservatore/ osservato le cui nature si può solo provare a desumere indirettamente dai risultati della loro interazione. Uno di questi risultati è che diversi osservatori interagiscono fra loro, e ciò è possibile se fra i loro solipsismi, mettendosi nella condizione più svantaggiosa, come fossimo nati ieri , privi di qualunque eredità, ci sono fattori comuni, che costituiscono il mondo in cui viviamo, e che impropriamente diciamo realtà, un intersoggettivo  fatto di condivise relatività e di comunicazioni intessute su basi comuni.
Non si può partire dalla materia, benché viviamo in un mondo materiale, perchè non esistono cose materiali prive di relazione, vivendo parimenti in un mondo fatto di relazioni.
Però storicamente siamo partiti dalla materia, arrivando alle relazioni solo dopo, come se le cose, essendo necessarie per potersi dire regate, dovessero venire prima in modo indipendente.
Ma è possibile anche il percorso inverso, ed è quello che sta percorrendo la scienza., per cui il mondo sembra dematerializzarsi e la materia divenire un ipotesi ad hoc.
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: iano il 22 Ottobre 2025, 18:28:24 PM
In breve, possiamo superare idealismo e materialismo, se li vediamo uno come il percorso inverso dell'altro, come un operazione filosofica che ammette il suo inverso, la stessa realtà diversamente narrata, ciò che esclude una narrazione univoca, detta verità, rivedibile come concetto nato dalla possibilità di una visione parziale.

Io mi dichiaro conservatore, ma in modo diverso.
So infatti che la mia filosofia mina il mondo in cui viviamo, ma vorrei salvaguardare le condizioni che lo hanno permesso, nella sua non univocità, perchè l'umanità non vive nello stesso mondo, ma è il mondo in cui vive a definirla, e io faccio il tifo per l'umanità, per nessun buon motivo, come per ogni tifo che si rispetti.

Confido quindi gattopardescamente che si possa cambiare tutto per non cambiare nulla, dando così libero sfogo al pensiero senza dover temere la sua libertà, perchè se questa è la nostra natura, la felicità consiste nel realizzarla, superando gli ostacoli che la coscienza, diversamente utile, vi pone, mettendo ordine fra i suoi effetti collaterali.
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: iano il 22 Ottobre 2025, 19:25:02 PM
Comunque, non ho mai ricevuto migliore incentivo per studiare filosofia, e chissà quindi che non lo faccia, ora che ho un piano di studio convincente.
Il fatto è che i libri sono una invenzione relativamente nuova, succedaneo della trasmissione orale di cultura, che non sempre si verifica, come nel mio caso, credo.
Diciamo che sono pigro come una macchina con tanti cavalli, che nessuno ha messo in moto, ma che pure scalpitano.
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: Jacopus il 22 Ottobre 2025, 19:35:12 PM
L'erudizione fine a se stessa non produce gran che. È una sorta di chat Gpt ante litteram. Ma anche il filosofare senza conoscere la filosofia comporta un altrettanto grave rischio, almeno uno: ovvero di ripetere cose già stradette, pensando di essere originali. Le due cose vanno insieme, capacità di creare una propria filosofia sulla base di una inevitabilmente parziale conoscenza di alcuni testi. Tu, Iano, per essere così sprovvisto di letture come dici, hai un talento genetico verso le riflessioni filosofiche. Se le aiutassi con delle letture ad hoc, saresti ancora più profondo ed acuto di quanto già non sei.
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: iano il 22 Ottobre 2025, 20:50:59 PM
Citazione di: Jacopus il 22 Ottobre 2025, 19:35:12 PMMa anche il filosofare senza conoscere la filosofia comporta un altrettanto grave rischio, almeno uno: ovvero di ripetere cose già stradette, pensando di essere originali.
Però, se ci togli la pretesa di originalità, abbiamo percorsi indipendenti, o diversamente condizionati, di pensiero, che convergono, cosa non banale.
Certamente,  non creiamo la nostra filosofia dal nulla, anche quando non siamo in grado di citare le fonti, scambiando questa ignoranza per originalità. Io ai geni non ci ho mai creduto.

Certo, non farei il chirurgo o l'ingegniere con lo stesso spirito.
Con ciò non voglio quindi consigliare il mio percorso, dovuto più che altro a cause accidentali, ma quello che delinea Koba-San, il quale smentisce che la cultura debba necessariamente creare distanza, della quale i meno sicuri tendono a farsi scudo.
Perchè, essendo un mezzo fisico per caso, posso pensare che vi siano anche simili filosofi per intero, ma la mezza cultura che possiedo mi consente di capire in genere chi sta tirando a campare.
Cioè, sono un fisico quanto basta per capire chi si spacci per tale, e quando li scopro sul forum, mi si pedoni, ma non mi trattengo dal bastonarli.
Nel mio piccolo forse vorrei far capire che la filosofia naturale non è mai morta, ma ha solo figliato fisici, ingegneri, medici,  come se non ci fossero più  filosofi della natura.
Cioè vorrei che tutti prendessero coscienza, nella loro pur diversità culturale, che tutti possediamo una filosofia, anche quando non sappiamo di averla, e che questa guida, volenti o nolenti, i nostri passi. Per essere responsabili delle nostre azioni, dobbiamo prendere coscienza di ciò che li guida,  che non è necessariamente un Dio inamovibile, ma può essere un pensiero mobile.

L'erudizione come chat gpt ante litteram era l'analogia che cercavo, senza trovarla. Grazie. :)
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: iano il 22 Ottobre 2025, 22:40:02 PM
Cioè voglio dire, io non ho studiato i filosofi propriamente detti, ma nella misura in cui tutti lo siamo, anche quando non lo sappiamo, non ha fatto altro che studiare filosofia, ricercando la filosofia nascosta nei testi non ufficiali, quella più sincera in fondo, perchè ingenuamente espressa, priva di barriere culturali.
Se poi trovo un filosofo con poche barriere di questo tipo, cosa si può volere di meglio, e non resta che lodarlo.
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: daniele22 il 23 Ottobre 2025, 08:03:31 AM
Citazione di: Koba-san il 22 Ottobre 2025, 15:19:08 PMC'è un idealismo di base, descritto nei primi tre capitoli della Fenomenologia dello Spirito di Hegel che tutti quanti coloro che vogliono fare filosofia devono attraversare, ed esattamente come voleva Hegel, superare senza che vi sia un rinnegamento semplice.
Si tratta di un passaggio fondamentale della filosofia moderna che complessivamente è ruotata attorno al rapporto soggetto-oggetto, ovvero il problema della conoscenza.
Come possiamo sapere che le nostre descrizioni del mondo siano attendibili?
Dopo la confutazione della dottrina di Kant – una volta mostrato che la nozione di cosa in sé essendo essa stessa nozione non aveva senso mantenere – ecco quello che io chiamo idealismo di base: la realtà viene fin da subito, attraverso i sensi, "tradotta" dai nostri concetti, dal nostro linguaggio.
Di fronte a ciò che mi è estraneo, da ciò che è straniero, il soggetto necessariamente, indipendentemente dalle sue finalità, avanza mediando il nuovo con ciò che già conosce, con la sua cultura.
Questo è un fatto che anche la psicologia cognitiva e le neuroscienze contemporanee attestano. Noi non accogliamo la struttura della realtà ma interpretiamo fin da subito ciò che viene dai sensi. Creiamo continuamente un mondo partendo dalle fragili tracce dei sensi.
Quindi, questo idealismo di base semplicemente non è confutabile.
Ma non va confuso con una concezione solipsistica alla Matrix secondo cui il soggetto crea letteralmente la realtà. Nell'idealismo la realtà non è creata, la materia non è prodotta dall'attività dell'Io, ma viene "incanalata", tradotta, compresa, dalla soggettività fin dall'inizio del processo conoscitivo.
Ma qual'è la debolezza di questo idealismo di base? È il fatto che pur avendo criticato la possibilità che vi sia un oggetto reale, da conoscere per quello che è, l'altro polo della relazione, il soggetto, non è stato indagato sufficientemente.
Qui inizia il lavoro di Nietzsche, seguito poi dalla filosofia del Novecento: se Hegel ha portato a termine la dissoluzione dell'oggetto (del realismo ingenuo), ora viene il momento per la decostruzione del polo soggettivo.
Non c'è più un soggetto che pensa il suo oggetto, ma piuttosto un soggetto e un oggetto che emergono insieme nell'ambito di un'attività specifica.
Poi a partire da qua, cioè dalla dissoluzione del soggetto (altra figura ineludibile per chi voglia fare filosofia – proseguimento necessario all'iniziazione delineata nella Fenomenologia dello Spirito), le soluzioni sono molte, naturalmente.
So poco o nulla di storia della filosofia. Ho sempre trovato difficoltà a comprenderne il linguaggio.. troppo sofisticato, troppe distinzioni. Mi è rimasto qualche, ma proprio qualche brandello dai tempi del liceo. Le tre domande kantiane sono buone.
In merito alla tua domanda direi di getto che le esternazioni sul panorama di due persone che viaggiano in automobile dialogando di questo possa dare l'idea dell'attendibilità delle nostre descrizioni. C'è da considerare, allargando per un attimo il campo, il valore del "testimone oculare" nella letteratura giuridica.
Essendomi concentrato più che altro nello "studio sul campo" del linguaggio umano, sarei tuttavia curioso di sapere con quali premesse e come si sia svolto il pensiero che ha messo in crisi la "cosa in sé". Io ci sono giunto attraverso un giudizio sull'inconsistenza del sostantivo (inteso come oggetto grammaticale)
Saluti
Titolo: Re: Il filosofo che non sono.
Inserito da: Phil il 23 Ottobre 2025, 14:47:13 PM
Citazione di: iano il 22 Ottobre 2025, 22:40:02 PMCioè voglio dire, io non ho studiato i filosofi propriamente detti, ma nella misura in cui tutti lo siamo, anche quando non lo sappiamo, non ha fatto altro che studiare filosofia, ricercando la filosofia nascosta nei testi non ufficiali, quella più sincera in fondo
Te lo propongo come stimolo (e spesso gli stimoli contengono consigli impliciti): tutti scriviamo, ma siamo davvero tutti scrittori? Direi di no, semmai siamo tutti scriventi. Tutti pensiamo, siamo quindi tutti pensatori? No, siamo tutti pensanti; la differenza fra pensatore e pensante non è a mio avviso da banalizzare.
L'apparente ovvietà della precisazione «Certo, non farei il chirurgo o l'ingegniere con lo stesso spirito» incarna quello spirito tutto moderno che spingerebbe invece i filosofi (antichi e non) a chiederti: «Sei sicuro che per maneggiare gli strumenti filosofici non sia richiesta altrettanta conoscenza specifica di quella per essere ingegneri e chirurghi? Non è che ti stai confondendo con i poeti?».
Così come un fisico sa riconoscere un fisico, (suppongo che) un filosofo sa riconoscere un filosofo e non certo perché si pavoneggia in citazioni di autori minori o cita testi a memoria, ma da come usa gli strumenti del pensiero, ovviamente autori e citazioni non escluse.
Cosa penseresti di chi dicesse «Mi interessa la fisica, a mio modo sono un fisico, ma non studio i fisici e i loro testi, preferisco farla da solo, o al massimo frequentare i forum di fisica per fare due chiacchiere»? Non gli faresti forse notare che, per quanto talentuoso e per quanto fornito sia il suo laboratorio, anche i fisici che scrivono libri possono tornargli utili (se ne facciamo una questione di utilità) e magari hanno già scoperto qualcosa che lui, da solo, potrebbe non scoprire mai?
Con la filosofia è lo stesso; leggere un testo o anche solo un saggio di filosofia è anzitutto un gesto di umiltà: riconoscere che su quell'argomento c'è chi ci ha sbattuto la testa più di noi, ci ha dedicato più tempo e più ricerche (e magari è anche più portato di noi per quel tipo di indagine). Se si legge (o studia) per imparare, e non per fare citazioni, gran parte (magari non tutte) le esperienze dirette con un testo di filosofia risulteranno molto utili (parlo per esperienza); non perché contengano risposte a domande che non abbiamo nemmeno avuto il tempo di fare, ma perché, fra tante pagine, qualche spunto di riflessione lo si trova sempre (anche fosse mera divergenza di vedute, è comunque utile capire le argomentazioni dell'"altra campana").
Ovviamente risulta importante saper scegliere i testi: se mi interessa l'esistenzialismo e mi butto a capofitto su un testo di "logica e filosofia del linguaggio" non è detto che ci sia uno stimolo ad ogni pagina; ma se invece scelgo un testo pertinente, la prossima volta che camminerò al parco, con le mani dietro la schiena, riflettendo sull'esistenza, non sarò solo perché avrò "compagnia in testa" (e, come tutte le uscite in compagnia, affinché diventino un "bel ricordo", bisogna saper trovare il giusto equilibrio fra il lasciar parlare solo gli altri e l'imporsi nel prendere la parola quando invece era meglio tacere).