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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: cvc il 18 Aprile 2016, 10:52:58 AM

Titolo: Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: cvc il 18 Aprile 2016, 10:52:58 AM
Il sapere scientifico, rispetto alla filosofia antica o a quella orientale, pare tutto volto ad una cristallizzazione del sapere. Il sapere è inteso come un insieme di formule e teorie che una volta verificate, fino a quando non si presenta una solida invalidazione delle stesse, sono come dei nuclei di verità oggettive che possono essere comprese da tutti nello stesso modo. Ciò permette agli scienziati di passarsi il testimone della verità potendo così lavorare in gruppo oppure continuando il lavoro di altri che non sono più e poi, a sua volta, lasciando il testimone a quelli che verranno dopo. Ciò da l'idea di una sorta di fissità della conoscenza, in cui colui che conosce, l'uomo, non è che un depositario effimero di quel sapere che va sempre più sviluppandosi e consolidandosi nel tempo. L'uomo appare sempre più rassegnato alla propria estemporaneità, al proprio destino di granello insignificante di fronte al maestoso e mastodontico sviluppo scientifico che, a differenza dell'uomo, sembra conquistare sempre più il dominio del tempo, fino addirittura a poterlo plasmare a proprio piacimento rilegandolo al rango di quarta dimensione.  Ora io credo che tutto dipenda dal punto di vista. Dal punto di vista della scienza il sapere sembra avere trovato la sua piena realizzazione. Ma dal punto di vista dell'uomo interesserebbe conoscere anche gli effetti che questo sapere ha sull'uomo stesso. Perché l'uomo cominciò a filosofare, credo io, spinto dalla ricerca della felicità o comunque da un bisogno di perfezionamento interiore. Alle latitudini del "sapere per il sapere" mi pare faccia un po' freddino. In un universo in espansione pare che nell'uomo si espanda il cinismo e i rapporti umani diventino sempre più sclerotici, dettati oramai più dal sapere stesso che dall'uomo. Forse ci sono più cose nell'uomo di quante ce ne siano in cielo e in terra....
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: InVerno il 18 Aprile 2016, 21:36:42 PM
Per come la vedo io è una relazione un po forzata. La tua analisi isola due singoli elementi, e li mette forzatamente in relazione. Ma siamo sicuri che lo sono? Perchè il bouquet tra i quali scegliere mi sembra più vasto. Posto che la relazione sia valevole, la scienza si, è una palestra di umiltà, e da una base culturale come questa forse non possono nascere grandi slanci umani, o rarissimi esempi che vanno rarefacendosi. Ma davvero ne sentiremo la mancanza? Perchè le persone sono ancora libere di sviluppare se stesse e il loro rapporto con il mondo, forse ci mancheranno re e regine, papi e papesse, forse non dipingeremo mai più una cappella sistina, o se lo faremo grazie alla tecnica non desteremo la meraviglia di nessuno..ma siamo sicuri che si sta cosi peggio, ora che abbiamo ridimensionato un po il nostro egocentrismo? Siamo sicuri che stare un po più "al freddino" sia contrario infine alla filosofia, alla vita di riflessione e al rispetto? Non vorrei stessi cadendo nell'errore della nostalgia, di ricordare del passato con vividezza solo i momenti belli, e tralasciare quelli a noi avversi. La tua è una riflessione molto interessante che desta parecchi interrogativi, mi sorprendo nessun altro sia intervenuto, ma ti esorterei a elaborare oltre, perchè già siamo in un campo profondamente ipotetico e almeno a me servirebbero linee guida di discussione più stringenti.
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: green demetr il 18 Aprile 2016, 21:53:27 PM
In fin dei conti è il problema che Heidegger ha sollevato è il seguente: che il conoscente si è appiattito alla conoscenza.
L'errore fondamentale che continua a verificarsi da 3500 anni a questa parte, è che che la domanda di chiedersi non è del conoscente (che ne è solo una modalità rispetto ad un oggetto), ma dell'interrogante.
(in questo senso l'interrogante non è un oggetto come gli altri oggetti)
Heidegger iniziò pure un lavoro iniziale sull'interrogante, ossia a partire dalla sua inautenticità come conoscente.
Ma poi nella sua famosa "svolta" si rese conto che la Tecnica ossia la "modalità della conoscenza" era diventata un problema troppo serio e urgente, per non farci i conti subito.

Oggi questa ondata senza senso di voler unire scienza e filosofia, mi pare l'ennesima prova di incapacità della filosofia di rispondere ad alcunchè di niente: voglio dire o si fa scienza o si fa filosofia.
Heidegger ci ha avvisato, ma si fa ancora una gran fatica ad intenderlo.
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: memento il 18 Aprile 2016, 22:04:35 PM
Citazione di: green demetr il 18 Aprile 2016, 21:53:27 PMvoglio dire o si fa scienza o si fa filosofia.
Heidegger ci ha avvisato, ma si fa ancora una gran fatica ad intenderlo.
E perché? Sia mai che la filosofia si interessi di problemi concreti e ficchi il naso dove non deve guardare.
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: cvc il 18 Aprile 2016, 23:50:56 PM
Citazione di: InVerno il 18 Aprile 2016, 21:36:42 PM
Per come la vedo io è una relazione un po forzata. La tua analisi isola due singoli elementi, e li mette forzatamente in relazione. Ma siamo sicuri che lo sono? Perchè il bouquet tra i quali scegliere mi sembra più vasto. Posto che la relazione sia valevole, la scienza si, è una palestra di umiltà, e da una base culturale come questa forse non possono nascere grandi slanci umani, o rarissimi esempi che vanno rarefacendosi. Ma davvero ne sentiremo la mancanza? Perchè le persone sono ancora libere di sviluppare se stesse e il loro rapporto con il mondo, forse ci mancheranno re e regine, papi e papesse, forse non dipingeremo mai più una cappella sistina, o se lo faremo grazie alla tecnica non desteremo la meraviglia di nessuno..ma siamo sicuri che si sta cosi peggio, ora che abbiamo ridimensionato un po il nostro egocentrismo? Siamo sicuri che stare un po più "al freddino" sia contrario infine alla filosofia, alla vita di riflessione e al rispetto? Non vorrei stessi cadendo nell'errore della nostalgia, di ricordare del passato con vividezza solo i momenti belli, e tralasciare quelli a noi avversi. La tua è una riflessione molto interessante che desta parecchi interrogativi, mi sorprendo nessun altro sia intervenuto, ma ti esorterei a elaborare oltre, perchè già siamo in un campo profondamente ipotetico e almeno a me servirebbero linee guida di discussione più stringenti.







Non voglio cadere ancora una volta nell'empasse scienza vs filosofia. C'è differenza fra conoscenza ed effetto della conoscenza sull'animo umano. La conoscenza per me è e rimane un mezzo per un fine, trovo un non senso considerare la conoscenza come un fine. Il fine dell'uomo è, credo, trovare la propria pace interiore e in essa la propria libertà. Non credo che la conoscenza in sè dia un aiuto all'uomo a trovare la propria serenità, la conoscenza in sè non è che un accumulo di nozioni. Ma anche l'applicazione di queste nozioni è pur sempre un mezzo, la scienza è un mezzo, il fine è il senso della vita. Ad esempio per Galileo la matematica era uno strumento per leggere le leggi dell'universo, perchè il suo scopo era osservare l'universo e comprenderlo. Per i platonici invece lo scopo era separare l'anima dal corpo ed usavano la matematica come strumento per questo scopo. Anche Marco Aurelio usava la fisica come strumento per raggiungere la tranquillità dell'animo. La differenza fra Galileo e i platonici e Marco Aurelio è che per il primo in primo piano c'è la conoscenza, per gli altri il conoscente. E nel mondo attuale l'attenzione è tutta sulla conoscenza, ben poca sul conoscente. Al massimo solo per quel che riguarda il conoscente nella veste di consumatore.









Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: cvc il 18 Aprile 2016, 23:52:04 PM
Citazione di: green demetr il 18 Aprile 2016, 21:53:27 PM
In fin dei conti è il problema che Heidegger ha sollevato è il seguente: che il conoscente si è appiattito alla conoscenza.
L'errore fondamentale che continua a verificarsi da 3500 anni a questa parte, è che che la domanda di chiedersi non è del conoscente (che ne è solo una modalità rispetto ad un oggetto), ma dell'interrogante.
(in questo senso l'interrogante non è un oggetto come gli altri oggetti)
Heidegger iniziò pure un lavoro iniziale sull'interrogante, ossia a partire dalla sua inautenticità come conoscente.
Ma poi nella sua famosa "svolta" si rese conto che la Tecnica ossia la "modalità della conoscenza" era diventata un problema troppo serio e urgente, per non farci i conti subito.

Oggi questa ondata senza senso di voler unire scienza e filosofia, mi pare l'ennesima prova di incapacità della filosofia di rispondere ad alcunchè di niente: voglio dire o si fa scienza o si fa filosofia.
Heidegger ci ha avvisato, ma si fa ancora una gran fatica ad intenderlo.




Concordo che il conoscente si è appiattito nella conoscenza. Per quanto riguarda scienza e filosofia, come ho detto nell'altro topic, per me la differenza è che la filosofia parte dal tutto per arrivare al particolare mentre la scienza fa il contrario.






Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: acquario69 il 19 Aprile 2016, 03:30:46 AM
Citazione di: cvc il 18 Aprile 2016, 10:52:58 AM
Il sapere scientifico, rispetto alla filosofia antica o a quella orientale, pare tutto volto ad una cristallizzazione del sapere. Il sapere è inteso come un insieme di formule e teorie che una volta verificate, fino a quando non si presenta una solida invalidazione delle stesse, sono come dei nuclei di verità oggettive che possono essere comprese da tutti nello stesso modo. Ciò permette agli scienziati di passarsi il testimone della verità potendo così lavorare in gruppo oppure continuando il lavoro di altri che non sono più e poi, a sua volta, lasciando il testimone a quelli che verranno dopo. Ciò da l'idea di una sorta di fissità della conoscenza, in cui colui che conosce, l'uomo, non è che un depositario effimero di quel sapere che va sempre più sviluppandosi e consolidandosi nel tempo. L'uomo appare sempre più rassegnato alla propria estemporaneità, al proprio destino di granello insignificante di fronte al maestoso e mastodontico sviluppo scientifico che, a differenza dell'uomo, sembra conquistare sempre più il dominio del tempo, fino addirittura a poterlo plasmare a proprio piacimento rilegandolo al rango di quarta dimensione.  Ora io credo che tutto dipenda dal punto di vista. Dal punto di vista della scienza il sapere sembra avere trovato la sua piena realizzazione. Ma dal punto di vista dell'uomo interesserebbe conoscere anche gli effetti che questo sapere ha sull'uomo stesso. Perché l'uomo cominciò a filosofare, credo io, spinto dalla ricerca della felicità o comunque da un bisogno di perfezionamento interiore. Alle latitudini del "sapere per il sapere" mi pare faccia un po' freddino. In un universo in espansione pare che nell'uomo si espanda il cinismo e i rapporti umani diventino sempre più sclerotici, dettati oramai più dal sapere stesso che dall'uomo. Forse ci sono più cose nell'uomo di quante ce ne siano in cielo e in terra....

io credo che la cristallizzazione che dici tu sia l'allontanamento dell'uomo da se stesso,cioè avrebbe mano a mano "esternalizzato" la conoscenza ai fenomeni,finendo per considerarli separati,(e considerarsi separato)

e secondo me  e' sempre e da sempre in quel "conosci te stesso" l'unica vera via d'accesso,per intuire che conoscente e conosciuto si identificano simultaneamente
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: sgiombo il 19 Aprile 2016, 08:31:11 AM
Concordo con chi nega l' inconciliabilità di scienza e filosofia: sono due "campi di conoscenza" perfettamente conciliabili, anzi "da conciliare", complementari.
E anche con chi (Memento) polemizza con la pretesa che la filosofia non "metta il naso nella scienza": una filosofia razionalistica sottopone "spietatamente" al vaglio della critica razionale tutto, anche la scienza (quali che siano la portata e le conseguenze dei risulati da essa conseguiti, senza alcun "timore reverenziale"), cercando di rilevarne e studiarme pregi e difetti, validità pratica e anche teorica e limiti.

Inoltre da negatore del monismo materialistico sostengo che la realtà non é limitata al naturale - materiale scientificamente conoscibile, ma include esperienza cosciente e pensiero, la cartesaina  "res cogians" (almeno per certi aspetti), che non essendo "extensa" e dunque misurabile, e inoltre non essendo intersoggettiva, non può essere conosciuta scientificamente (ma non per questo é meno reale della "res extensa": intersoggettivo =/= reale; soggettivo =/= non reale, inesistente!).
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: cvc il 19 Aprile 2016, 09:53:25 AM
Citazione di: acquario69 il 19 Aprile 2016, 03:30:46 AM

io credo che la cristallizzazione che dici tu sia l'allontanamento dell'uomo da se stesso,cioè avrebbe mano a mano "esternalizzato" la conoscenza ai fenomeni,finendo per considerarli separati,(e considerarsi separato)

e secondo me  e' sempre e da sempre in quel "conosci te stesso" l'unica vera via d'accesso,per intuire che conoscente e conosciuto si identificano simultaneamente
Appunto, conosci te stesso in quanto conoscente. Ma l'importante non dovrebbe essere la conoscenza in se ma ciò che avviene nel conoscente nella sua lotta per liberarsi dalle inquietudini e conquistare la propria pace interiore. Ma il concetto di pace interiore pare non accordarsi più con i nostri stili di vita, in cui sembra piuttosto che si sia sempre alla ricerca di un'emozione, un brivido che ci scuota dal nostro torpore. Almeno questa è la mia impressione. Ho spesso l'impressione di un'umanità che assiste inebetita ed impassibile ai bollettini di guerra dei telegiornali, incapace persino di provare disgusto e ribellione per quello che sta succedendo, paralizzata nell'anima
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: cvc il 19 Aprile 2016, 10:00:42 AM
Citazione di: sgiombo il 19 Aprile 2016, 08:31:11 AMConcordo con chi nega l' inconciliabilità di scienza e filosofia: sono due "campi di conoscenza" perfettamente conciliabili, anzi "da conciliare", complemantari.
E anche con chi (Memento) polemizza con la pretesa che la filosofia non "metta il naso nella scienza": una filosofia razionalistica sottopone al vaglio della critica razionale tutto, anche la scienza (quali che siano la portata e le conseguenze dei risulati da essa conseguiti, senza alcun "complesso di inferiorità"), cercando di rilevarne e studiarme pregi e difetti, validità pratica e anche teorica e limiti.

Inoltre da negatore del monismo materialistico sostengo che la realtà non é limitata al naturale - materiale scientificamente conoscibile, ma include esperienza cosciente e pensiero, la cartesina  "res cogians" almeno per certi aspetti, che non essendo "extensa" e dunque misurabile, e inoltre non essendo intersoggettiva, non può essere conosciuta scientificamente (ma non per questo é meno reale della "res extensa": intersoggettivo =/= reale; soggettivo =/= non reale, inesistente!).
E' appunto la realtà che comprende osservatore e osservato il problema dei problemi, chi osserva quello che osserva? E' qui che gran parte delle certezze (perlomeno le mie) crollano ed è meglio rifugiarsi nella scettica sospensione del giudizio. Ma di una cosa sono certo, che più della conoscenza conta per me ciò che avviene in me stesso per effetto della conoscenza.
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: Eutidemo il 19 Aprile 2016, 12:49:50 PM
Sono d'accordo con Sgiombo, in quanto, poichè la scienza e la filosofia hanno oggetti differenti, non ha senso sostenere l'inconciliabilità tra le due.
Ad esempio, entrambe studiano la realtà: ma, come detto, la prima indaga il "noumeno" (metafisica), mentre la seconda il "fenomeno" (fisica); come dire che una si occupa del "perchè", l'altra del "come".
Peraltro, occorre tenere anche conto che la filosofia si articola in varie branche:
1) logica, che si occupa dello studio delle leggi e delle funzioni che caratterizzano la struttura del pensiero in sé; 
2) etica, che si occupa dei codici morali, e della loro la validità;
3) politica, che si occupa delle forme di governo, di potere, ecc ;
4) metafisica che, come già detto, si occupa delle realtà "ultime";
5) epistemologica, che analizza validità origini e limiti della conoscenza.
E, volendo, si potrebbe continuare ancora alungo (antropologica, estetica, ecc.).
In genere, si tende a confondere indebitamente gli oggetti della Filosofia con quelli della Scienza; anche se, a dire il vero, la cosa è giustificata dalla propinquità di alcuni ambiti.
Ma, al riguardo, il discorso diverebbe davvero troppo lungo.
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: green demetr il 19 Aprile 2016, 14:14:44 PM
Memento, Cvc, Sgiombo, Eutidemo

a proposito di Filosofia e Scienza:

foss'anco che la filosofia si proponesse di legiferare sulla questione epistemologica, al massimo sarebbe un noioso notaio dei risultati eccellenti e brillanti della Scienza.

Nel gioco o scontro sociale delle prassi, la filosofia ha da tempo perso la sua aura metafisica.

Non sarebbe un problema se la filosofia giunta al suo fine (la fine della metafisica), iniziasse a rivoluzionarsi (magari a partire da Nietzsche, con l'aiuto di Kant, Idealismo tedesco e Psicanalisi Lacaniana).
E invece storicamente davanti ai miei occhi stiamo diventando i lacchè della Scienza, di fatto rimanedo i loro servitori.(i progetti di "amicizia" filosofia-scienza fioccano a dozzine nel dipartimento di "scienze" umane)
Mentre loro continuano giornalmente a progredire nella scoperta epistemica-descrittiva, a noi non rimane che chiederci il senso, di volta in volta messo in discussione dalle "loro" nuove scoperte.
Siamo diventati gli spazzini dell'impero scientifico.
Quelli che si occupano di sollevare un polvere dialettico (tutta l'analitica americana) di modo che non ci si concentri invece su questioni ben più rilevanti come la politica delle scelte.
In questo momento non ho le forze, nè la lucidità per aprire un fronte di guerra dialettica così vasto
(di cui questo 3d è solo una minima parte).
Non mi rimane che rimenere "naive" ed affermare senza riserve che la scienza è il nemico mortale della filosofia.

ps provo qui sotto a scirvere alcuni elementi en passant. per dare almeno un vago senso.
(Oggi dire scienza e dire Scientismo ha un confine sempre più labile: lo scientismo per affrontare il capitalismo, si sta rendendo sempre più conto di aver bisogno di una Politica, in questo senso la conquista dei palazzi universitari è il primo passo. ovviamente nella loro cecità filosofica non si accorgono di alcuni problemi che noi affrontammo ai tempi, ma siccome noi siamo i loro lacchè, gente che deve far numero a favore della loro Politica, a noi non si rivolge parola. se non per pura convenienza di immagine, e per nulla di fatto).
Titolo: Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: cvc il 19 Aprile 2016, 15:56:06 PM
Citazione di: green demetr il 19 Aprile 2016, 14:14:44 PM
Memento, Cvc, Sgiombo, Eutidemo

a proposito di Filosofia e Scienza:

foss'anco che la filosofia si proponesse di legiferare sulla questione epistemologica, al massimo sarebbe un noioso notaio dei risultati eccellenti e brillanti della Scienza.

Nel gioco o scontro sociale delle prassi, la filosofia ha da tempo perso la sua aura metafisica.

Non sarebbe un problema se la filosofia giunta al suo fine (la fine della metafisica), iniziasse a rivoluzionarsi (magari a partire da Nietzsche, con l'aiuto di Kant, Idealismo tedesco e Psicanalisi Lacaniana).
E invece storicamente davanti ai miei occhi stiamo diventando i lacchè della Scienza, di fatto rimanedo i loro servitori.(i progetti di "amicizia" filosofia-scienza fioccano a dozzine nel dipartimento di "scienze" umane)
Mentre loro continuano giornalmente a progredire nella scoperta epistemica-descrittiva, a noi non rimane che chiederci il senso, di volta in volta messo in discussione dalle "loro" nuove scoperte.
Siamo diventati gli spazzini dell'impero scientifico.
Quelli che si occupano di sollevare un polvere dialettico (tutta l'analitica americana) di modo che non ci si concentri invece su questioni ben più rilevanti come la politica delle scelte.
In questo momento non ho le forze, nè la lucidità per aprire un fronte di guerra dialettica così vasto
(di cui questo 3d è solo una minima parte).
Non mi rimane che rimenere "naive" ed affermare senza riserve che la scienza è il nemico mortale della filosofia.

ps provo qui sotto a scirvere alcuni elementi en passant. per dare almeno un vago senso.
(Oggi dire scienza e dire Scientismo ha un confine sempre più labile: lo scientismo per affrontare il capitalismo, si sta rendendo sempre più conto di aver bisogno di una Politica, in questo senso la conquista dei palazzi universitari è il primo passo. ovviamente nella loro cecità filosofica non si accorgono di alcuni problemi che noi affrontammo ai tempi, ma siccome noi siamo i loro lacchè, gente che deve far numero a favore della loro Politica, a noi non si rivolge parola. se non per pura convenienza di immagine, e per nulla di fatto).
Ribadisco, come già detto nel tropic sulle tecno scienze, che non avverto nessuna necessità di una rivalità fra scienza e filosofia, ne tantomeno credo che la filosofia debba correre dietro alla scienza per colmare un eventuale gap che i successi scientifici avrebbero creato. Semmai è stato lo smembramento progressivo della filosofia a promuovere lo sviluppo scientifico e non il contrario. Inoltre io penso che la natura dell'uomo non è fondamentalmente cambiata nei millenni, l'uomo è sempre il campo di battaglia della lotta fra i suoi sentimenti. Sia che sfrecci sul suv sia che trotti sul mulo, sia che invii messaggi con l'iphone sia che invii messaggi che arrivino dopo giorni a cavallo. Come dicevo ad acquario il progresso in sé non è né un bene né un male, è l'uso che se ne fa ad esserlo. Ha ragione Eutidemo, la fisica non è che una branca della filosofia. E per di più le branche della filosofia non sono interdipendenti come nelle scienze. I collegamenti degli antichi fra fisica ed etica sono per lo più arbitrari. Il campo morale, intendendo per morale non solo l'etica ma in generale lo spirito e il pensiero, è secondo me il vero campo della filosofia. E il fatto che la filosofia sia morta potrebbe essere dovuto proprio a questa immutabilità dell'animo umano. In quanto non è cambiato, su di esso non c'è molto da aggiungere a quanto già dissero gli antichi. Come nella musica, essendo solo sette le note, prima o poi le melodie si ripetono. Così una canzone di Michael Jackson viene scambiata per una di Al Bano. In questo mondo tecnologico io mi faccio ancora consigliare da Seneca.
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: green demetr il 19 Aprile 2016, 16:39:49 PM
Citazione di: cvc il 19 Aprile 2016, 15:56:06 PM
Ribadisco, come già detto nel tropic sulle tecno scienze, che non avverto nessuna necessità di una rivalità fra scienza e filosofia, ne tantomeno credo che la filosofia debba correre dietro alla scienza per colmare un eventuale gap che i successi scientifici avrebbero creato. Inoltre io penso che la natura dell'uomo non è fondamentalmente cambiata nei millenni, l'uomo è sempre il campo di battaglia della lotta fra i suoi sentimenti.

Ma il punto non sta nel filosofare o modo di vivere di ciascuno di noi, quanto nelle prassi, nelle mode, negli usi e costumi che emergono nella battaglia dei saperi. In una sola parola della socialità in cui noi siamo immersi. E che vedi la mia chiusura finale, non è che non conti nella discussione pubblica.

Se torniamo negli anni 50-60 erano i filosofi come Vailati a lamentarsi della scuola esistenzialista della scuola di Milano, additandoli come gente che non metteva in luce i problemi della scienza.

Oggi le cose si sono ribaltate (e i protagonisti sono dei nani, in confronto ai giganti del passato).

Il piatto in gioco è poi quello del 3d: ossia quello della conoscenza.

Il rischio è quello di non meditare su Seneca, ma di fare di Seneca la pausa pubblicitaria, il mercato di nicchia, rispetto al film, alla prassi dominante delle questioni scientifiche, come anche si evince dai temi con cui il nuovo forum è iniziato.
Titolo: Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: cvc il 19 Aprile 2016, 17:22:34 PM
Citazione di: green demetr il 19 Aprile 2016, 16:39:49 PM

Ma il punto non sta nel filosofare o modo di vivere di ciascuno di noi, quanto nelle prassi, nelle mode, negli usi e costumi che emergono nella battaglia dei saperi. In una sola parola della socialità in cui noi siamo immersi. E che vedi la mia chiusura finale, non è che non conti nella discussione pubblica.

Se torniamo negli anni 50-60 erano i filosofi come Vailati a lamentarsi della scuola esistenzialista della scuola di Milano, additandoli come gente che non metteva in luce i problemi della scienza.

Oggi le cose si sono ribaltate (e i protagonisti sono dei nani, in confronto ai giganti del passato).

Il piatto in gioco è poi quello del 3d: ossia quello della conoscenza.

Il rischio è quello di non meditare su Seneca, ma di fare di Seneca la pausa pubblicitaria, il mercato di nicchia, rispetto al film, alla prassi dominante delle questioni scientifiche, come anche si evince dai temi con cui il nuovo forum è iniziato.
È proprio lo stile di vita ciò che conta, nel senso che determina le nostre abitudini che a loro volta si ripercuotono su ciò che siamo  il nostro stile di vita, come società, è quello dettato dagli schemi del capitalismo. Il capitalismo ha i mezzi per far lavorare la scienza al suo servizio. Il processo scientifico si svolge su diversi livelli. Ad un primo stadio i ricercatori lavorano per ampliare le frontiere della conoscenza. Allo stadio successivo chi possiede i mezzi decide come impiegare le risorse della scienza. È stato deciso che il mondo deve seguire gli schemi del capitalismo che stabiliscono già in partenza i nostri bisogni, le nostre scelte, il nostro stile di vita. La scienza non decide le direzioni che il mondo prenderà, perché è solo uno strumento. Solo il filosofo può essere libero perché può assicurarsi ciò su cui nessuno può mettere le mani: la ricerca interiore, la pacificazione dei propri conflitti interni, la scoperta di un senso.
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: sgiombo il 19 Aprile 2016, 21:16:48 PM
Citazione di: green demetr il 19 Aprile 2016, 16:39:49 PM
Citazione di: cvc il 19 Aprile 2016, 15:56:06 PM
Green demetr ha scritto:

foss'anco che la filosofia si proponesse di legiferare sulla questione epistemologica, al massimo sarebbe un noioso notaio dei risultati eccellenti e brillanti della Scienza.

 

Rispondo:
Non son per niente d' accordo: la filosofia appura per esempio che la conoscenza scientifica è vera alla condizione indimostrabile (Hume!) che il mutamento in natura non sia assoluto, integrale, caotico bensì sia un divenire ordinato secondo modalità universali e costanti, una sorta di "sintesi dialettica" fra divenire assoluto, integrale caotico (tesi) e fissità assoluta, integrale, "parmenidea" (o anche "severiniana"? Antitesi).


E che è possibile unicamente nell' ambito materiale ("res extensa") misurabile e intersoggettivo della realtà e non in quello mentale ("res cogitans") che per non essere misurabile e intersoggettivo non è affatto meno reale.

 

Green demetr ha scritto:
Non sarebbe un problema se la filosofia giunta al suo fine (la fine della metafisica), iniziasse a rivoluzionarsi (magari a partire da Nietzsche, con l'aiuto di Kant, Idealismo tedesco e Psicanalisi Lacaniana).
E invece storicamente davanti ai miei occhi stiamo diventando i lacchè della Scienza, di fatto rimanedo i loro servitori.(i progetti di "amicizia" filosofia-scienza fioccano a dozzine nel dipartimento di "scienze" umane)
Mentre loro continuano giornalmente a progredire nella scoperta epistemica-descrittiva, a noi non rimane che chiederci il senso, di volta in volta messo in discussione dalle "loro" nuove scoperte.
Siamo diventati gli spazzini dell'impero scientifico.
Quelli che si occupano di sollevare un polvere dialettico (tutta l'analitica americana) di modo che non ci si concentri invece su questioni ben più rilevanti come la politica delle scelte.
In questo momento non ho le forze, nè la lucidità per aprire un fronte di guerra dialettica così vasto
(di cui questo 3d è solo una minima parte).
Non mi rimane che rimenere "naive" ed affermare senza riserve che la scienza è il nemico mortale della filosofia.


 

Rispondo:
Per un irrazionale atteggiamento "primigenio" sono razionalista e aborro le espressioni di irrazionalismo: ma per fortuna la filosofia non è certo limitata ad esse: esistono e sono vive e vegete anche filosofie razionalistiche!

Le quali non sono per nulla "lacché della scienza": ci mancherebbe che per non essere "lacché della scienza" si dovese cadere nell' irrazionalismo!

La filosofia essendo (anche) critica razionale della scienza non è e non deve essere secondo il mio parere meno razionalistica di essa!

 

Green demetr ha scritto:

 (Oggi dire scienza e dire Scientismo ha un confine sempre più labile: lo scientismo per affrontare il capitalismo, si sta rendendo sempre più conto di aver bisogno di una Politica, in questo senso la conquista dei palazzi universitari è il primo passo. ovviamente nella loro cecità filosofica non si accorgono di alcuni problemi che noi affrontammo ai tempi, ma siccome noi siamo i loro lacchè, gente che deve far numero a favore della loro Politica, a noi non si rivolge parola. se non per pura convenienza di immagine, e per nulla di fatto).

 

Rispondo:

Nemmeno per sogno!

Lo scientismo è solo una (per me pessima) filosofia irrazionalistica.

Mi ritengo alquanto immodestamente "un filosofo": altra cosa che "professore di filosofia"!

E non mi curo (personalmente, anche se certo si tratta di questioni di grande importanza) dei rapporti di forza e delle beghe politiche all' interno del modo accademico (per fortuna si può fare sana filosofia razionalistica anche fuori di esso).

Concordo sostanzialmente con quanto acutamente scritto da CVC negli interventi appena successivi a questo di Green demetr.
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: memento il 19 Aprile 2016, 22:40:29 PM
Citazione di: green demetr il 19 Aprile 2016, 14:14:44 PM
Memento, Cvc, Sgiombo, Eutidemo

a proposito di Filosofia e Scienza:

foss'anco che la filosofia si proponesse di legiferare sulla questione epistemologica, al massimo sarebbe un noioso notaio dei risultati eccellenti e brillanti della Scienza.

Nel gioco o scontro sociale delle prassi, la filosofia ha da tempo perso la sua aura metafisica.

Non sarebbe un problema se la filosofia giunta al suo fine (la fine della metafisica), iniziasse a rivoluzionarsi (magari a partire da Nietzsche, con l'aiuto di Kant, Idealismo tedesco e Psicanalisi Lacaniana).
E invece storicamente davanti ai miei occhi stiamo diventando i lacchè della Scienza, di fatto rimanedo i loro servitori.(i progetti di "amicizia" filosofia-scienza fioccano a dozzine nel dipartimento di "scienze" umane)
Mentre loro continuano giornalmente a progredire nella scoperta epistemica-descrittiva, a noi non rimane che chiederci il senso, di volta in volta messo in discussione dalle "loro" nuove scoperte.
Siamo diventati gli spazzini dell'impero scientifico.
Quelli che si occupano di sollevare un polvere dialettico (tutta l'analitica americana) di modo che non ci si concentri invece su questioni ben più rilevanti come la politica delle scelte.
In questo momento non ho le forze, nè la lucidità per aprire un fronte di guerra dialettica così vasto
(di cui questo 3d è solo una minima parte).
Non mi rimane che rimenere "naive" ed affermare senza riserve che la scienza è il nemico mortale della filosofia.

ps provo qui sotto a scirvere alcuni elementi en passant. per dare almeno un vago senso.
(Oggi dire scienza e dire Scientismo ha un confine sempre più labile: lo scientismo per affrontare il capitalismo, si sta rendendo sempre più conto di aver bisogno di una Politica, in questo senso la conquista dei palazzi universitari è il primo passo. ovviamente nella loro cecità filosofica non si accorgono di alcuni problemi che noi affrontammo ai tempi, ma siccome noi siamo i loro lacchè, gente che deve far numero a favore della loro
Politica, a noi non si rivolge parola. se non per pura convenienza di immagine, e per nulla di fatto).

Se si è creato uno squilibrio fra filosofia e scienza,la colpa non è imputabile al progresso dei mezzi della conoscenza scientifica. Il problema,come ho già detto nell'altro topic,sta a monte.

Se potessimo ripercorrere la storia della filosofia in parallelo allo sviluppo della scienza moderna,di cosa ci accorgeremmo? Che tutti i filosofi si sono creati un terreno d'appoggio per non scivolare nel campo della confutazione empirica (basti pensare alla res cogitans di Cartesio,al noumeno e alle forme a priori di Kant,allo Spirito assoluto di Hegel,ecc.). Persino la logica dei filosofi analitici può essere compresa in questa necessità di fuga dal contingente.

Dico una cosa che potrà sembrare ovvia: la Scienza non può operare senza una serie di paradigmi ai quali attenersi. Ma non esiste paradigma che non sia filosofico. La filosofia dunque è vittima dei limiti che essa stessa si è data.

Una critica serrata della Scienza come metodo,una "trasvalutazione dei valori" per dirla alla Nietzsche,è l'unica soluzione che permetterebbe di riappropriarsi del senso della conoscenza scientifica,ammesso che si voglia rinunciare all'idea di un ordine prestabilito della realtà. Si vuole?

Concordo anch'io con ciò che ha scritto cvc.
Titolo: Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: cvc il 20 Aprile 2016, 10:16:14 AM
Citazione di: memento il 19 Aprile 2016, 22:40:29 PM
Citazione di: green demetr il 19 Aprile 2016, 14:14:44 PM
Memento, Cvc, Sgiombo, Eutidemo

a proposito di Filosofia e Scienza:

foss'anco che la filosofia si proponesse di legiferare sulla questione epistemologica, al massimo sarebbe un noioso notaio dei risultati eccellenti e brillanti della Scienza.

Nel gioco o scontro sociale delle prassi, la filosofia ha da tempo perso la sua aura metafisica.

Non sarebbe un problema se la filosofia giunta al suo fine (la fine della metafisica), iniziasse a rivoluzionarsi (magari a partire da Nietzsche, con l'aiuto di Kant, Idealismo tedesco e Psicanalisi Lacaniana).
E invece storicamente davanti ai miei occhi stiamo diventando i lacchè della Scienza, di fatto rimanedo i loro servitori.(i progetti di "amicizia" filosofia-scienza fioccano a dozzine nel dipartimento di "scienze" umane)
Mentre loro continuano giornalmente a progredire nella scoperta epistemica-descrittiva, a noi non rimane che chiederci il senso, di volta in volta messo in discussione dalle "loro" nuove scoperte.
Siamo diventati gli spazzini dell'impero scientifico.
Quelli che si occupano di sollevare un polvere dialettico (tutta l'analitica americana) di modo che non ci si concentri invece su questioni ben più rilevanti come la politica delle scelte.
In questo momento non ho le forze, nè la lucidità per aprire un fronte di guerra dialettica così vasto
(di cui questo 3d è solo una minima parte).
Non mi rimane che rimenere "naive" ed affermare senza riserve che la scienza è il nemico mortale della filosofia.

ps provo qui sotto a scirvere alcuni elementi en passant. per dare almeno un vago senso.
(Oggi dire scienza e dire Scientismo ha un confine sempre più labile: lo scientismo per affrontare il capitalismo, si sta rendendo sempre più conto di aver bisogno di una Politica, in questo senso la conquista dei palazzi universitari è il primo passo. ovviamente nella loro cecità filosofica non si accorgono di alcuni problemi che noi affrontammo ai tempi, ma siccome noi siamo i loro lacchè, gente che deve far numero a favore della loro
Politica, a noi non si rivolge parola. se non per pura convenienza di immagine, e per nulla di fatto).

Se si è creato uno squilibrio fra filosofia e scienza,la colpa non è imputabile al progresso dei mezzi della conoscenza scientifica. Il problema,come ho già detto nell'altro topic,sta a monte.

Se potessimo ripercorrere la storia della filosofia in parallelo allo sviluppo della scienza moderna,di cosa ci accorgeremmo? Che tutti i filosofi si sono creati un terreno d'appoggio per non scivolare nel campo della confutazione empirica (basti pensare alla res cogitans di Cartesio,al noumeno e alle forme a priori di Kant,allo Spirito assoluto di Hegel,ecc.). Persino la logica dei filosofi analitici può essere compresa in questa necessità di fuga dal contingente.

Dico una cosa che potrà sembrare ovvia: la Scienza non può operare senza una serie di paradigmi ai quali attenersi. Ma non esiste paradigma che non sia filosofico. La filosofia dunque è vittima dei limiti che essa stessa si è data.

Una critica serrata della Scienza come metodo,una "trasvalutazione dei valori" per dirla alla Nietzsche,è l'unica soluzione che permetterebbe di riappropriarsi del senso della conoscenza scientifica,ammesso che si voglia rinunciare all'idea di un ordine prestabilito della realtà. Si vuole?

Concordo anch'io con ciò che ha scritto cvc.
In realtà cominciò tutto molto prima con i sofisti, che erano dei furbacchioni, i quali proclamarono la superiorità delle leggi naturali (physis) sulle leggi dell'uomo (nomos). A ragione di ciò argomentarono che le leggi dell'uomo sono arbitrarie, mentre le leggi di natura non fanno torto a nessuno. Credo ci siano elementi sufficienti per smontare abbastanza facilmente questa argomentazione. Tuttavia la convinzione della superiorità delle leggi di natura su quelle dell'uomo ha via via preso sempre più piede, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Il paradosso è che furono proprio i sofisti a mettere l'uomo, cioè colui che argomenta, al centro della questione gnoseologica.
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: green demetr il 20 Aprile 2016, 19:07:55 PM
RISPOSTE a CVC MEMENTO SGIOMBO


Citazione di: cvc il 20 Aprile 2016, 10:16:14 AM
In realtà cominciò tutto molto prima con i sofisti, che erano dei furbacchioni, i quali proclamarono la superiorità delle leggi naturali (physis) sulle leggi dell'uomo (nomos)..... Tuttavia la convinzione della superiorità delle leggi di natura su quelle dell'uomo ha via via preso sempre più piede, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Il paradosso è che furono proprio i sofisti a mettere l'uomo, cioè colui che argomenta, al centro della questione gnoseologica.

E dove sta il paradosso scusa?

E' proprio quello che ti sto dicendo: sta accadendo.

Non hai aperto un topic su Seneca* , hai aperto un topic scientifico.

*NB
(e quanti risponderebbero? forse io, forse maral: non interessa a nessuno)


Citazione di: memento il 19 Aprile 2016, 22:40:29 PM

Se si è creato uno squilibrio fra filosofia e scienza,la colpa non è imputabile al progresso dei mezzi della conoscenza scientifica. Il problema,come ho già detto nell'altro topic,sta a monte.

Se potessimo ripercorrere la storia della filosofia in parallelo allo sviluppo della scienza moderna,di cosa ci accorgeremmo? Che tutti i filosofi si sono creati un terreno d'appoggio per non scivolare nel campo della confutazione empirica (basti pensare alla res cogitans di Cartesio,al noumeno e alle forme a priori di Kant,allo Spirito assoluto di Hegel,ecc.). Persino la logica dei filosofi analitici può essere compresa in questa necessità di fuga dal contingente.

Beh però qui stai dicendo una tua opinione, che la filosofia voglia fuggire dalla contingenza.
Sgiombo per esempio non mi pare lo faccia, anzi....

Comunque siccome in parte la condivido, la accolgo: ed aggiungo, ogni fuga dal contingente si da, come la psicanalisi insegna, in una creazione fantasmatica (fantastica) in cui il tempo deforma la sua memoria e o implode o si gonfia all'infinito (anoressia e bulimia intellettuale).

E dunque diventa compulsività, che nasconde la paranoia, la paura.

Non siamo più in grado di interpretare la realtà storica, proprio perchè il tempo si è curvato in una forma paranoica.

Poichè l'umano risiede in quella forma paranoica, di fuga dalla realtà, SUCCEDE quello si chiamo schizofrenia della nostra società.

E' il discorso scientifico a farla da padrone. Ossia qualcosa che NON è umano.

Per stare all'altezza dei tempi, il capitalismo si spaccia per scienza: NON SI DA' altra soluzione al di fuori di me.
E' quello che in maniera rozza alcuni intellettuali chiamano PENSIERO UNICO.

Rimane una umanità al lumicino dedita ai piacere privati, e al senso del lavoro (di lacchè).

Ora questa è la colpa della filosofia! che non ha saputo rinnovarsi come ideologia, come politica, una volta che le grandi ideologie sono cadute tutte quelle di sinistra : positivismo, socialismo, comunismo, e anche se desta scandalo, pure quelle di destra: fascismo, nazionalismo, nazionalsocialismo.

Ripeto le questioni sono tante, siccome è un ventennio che ho a che fare con queste, ormai vedo le loro metamorfosi, mimesi, alla luce del sole: difficile il dialogo, perchè molti la vedono in maniere diversa (sgiombo), altri hanno paura di parlare di nuove ideologie, in generale è rischioso uscire dalla propria paranoia. Ho imparato nel tempo a capire la debolezza delle persone: per questo non rimane che essere naive. (il buon Zizek nel sua tumultuoso pensiero è lì a dimostrarci la via, una delle vie sorry).

Per inciso visto che forse sono andato in apparenza fuori tema: la colpa non è della scienza ma della filosofia!
per questo è necessario paradossalmente mettere al bando la scienza, perchè noi si torni a ragionare su questioni umane. (foss'anche del "umano troppo umano", non è il caso qui di fare i pensatori di elite).

Citazione di: memento il 19 Aprile 2016, 22:40:29 PM

Dico una cosa che potrà sembrare ovvia: la Scienza non può operare senza una serie di paradigmi ai quali attenersi. Ma non esiste paradigma che non sia filosofico. La filosofia dunque è vittima dei limiti che essa stessa si è data.

Una critica serrata della Scienza come metodo,una "trasvalutazione dei valori" per dirla alla Nietzsche,è l'unica soluzione che permetterebbe di riappropriarsi del senso della conoscenza scientifica,ammesso che si voglia rinunciare all'idea di un ordine prestabilito della realtà. Si vuole?


Su questo ovviamente sono totalmente d'accordo.
A mio parere però non è necessaria la trasvalutazione, nel senso che il rapporto con la scienza dura e pura, come lo stesso Nietzche dice più volte in umano troppo umano, dovrebbe ridursi proprio alla questione che kant chiamerebbe fenomenica.
Per Kant non esiste paradigma, se non quello razionale della scienza stessa.
Invece la filosofia analitica continua a creare paradigmi del tutto gratuiti, senz'altro interessanti, ma che in appendice a  ogni loro buon libro è costretto a fare i conti con la scienza.
Nel senso che per esempio sul colore e la vista si possono trarre infiniti discorsi: ma di fatto il colore è un'onda corpuscolare.

Invece proprio per uscire da questi paradigmi, che altro non sono che una fuga dal contingente storicamente determinato come politico, "basterebbe" avere una PROPRIA politica.

Ripeto la questione rimane solo tale: perchè storicamente la politica (l'accademia) sta facendo un lavoro di lacchè (se non di lecchinaggio) del pensiero (?) scientista, non portando più nemmeno la questione della sfida al capitalismo.
(anche se poi ripeto, è ormai questione datata, il problema è avere una nostra politica/accademia)


Citazione di: sgiombo il 19 Aprile 2016, 21:16:48 PM

Rispondo:
Per un irrazionale atteggiamento "primigenio" sono razionalista e aborro le espressioni di irrazionalismo: ma per fortuna la filosofia non è certo limitata ad esse: esistono e sono vive e vegete anche filosofie razionalistiche!

Le quali non sono per nulla "lacché della scienza": ci mancherebbe che per non essere "lacché della scienza" si dovese cadere nell' irrazionalismo!

La filosofia essendo (anche) critica razionale della scienza non è e non deve essere secondo il mio parere meno razionalistica di essa!

Sgiombo sono d'accordo: il fatto è che non so quale siano le filosofie razionaliste oggi.

Nel senso che mentre noi possiamo adattare/adottare il pensiero di Hume o di Kant, per una critica sul "giusto" punto di vista.

La filosofia successiva va a naufragare su derive (sopratutto nel 900) assolutamente deliranti (mia opinione) di soggetivismi spacciati per "legali" (ossia con tutte le loro regole, arroganze varie e rimandi tutti interni ad esse).

Sinceramente di persone come te che "stanno sul pezzo" non ne conosco manco una.



Citazione di: sgiombo il 19 Aprile 2016, 21:16:48 PM

Rispondo:

Nemmeno per sogno!

Lo scientismo è solo una (per me pessima) filosofia irrazionalistica.

Mi ritengo alquanto immodestamente "un filosofo": altra cosa che "professore di filosofia"!

E non mi curo (personalmente, anche se certo si tratta di questioni di grande importanza) dei rapporti di forza e delle beghe politiche all' interno del modo accademico (per fortuna si può fare sana filosofia razionalistica anche fuori di esso).


Il punto non è tanto che esistano persono come te, con cui assolutamente concordo.
Il punto è che siamo in un tessuto sociale cieco, e mi sembra opportuno sviluppare politiche di risposta per risvegliare le coscienze.(nè più nè meno come il fantasma del comunismo rivendicava all'epoca del suo manifesto).

In questo senso si tratta di fare una operazione politicamente scorretta come quella di porre al bando le scienze.

E' solo una manovra, una tattica: che a mio parere riporrebbe anzitutto la questione razionalista bene in evidenza, nel caso la si voglia far diventare proposta politica, ma sopratutto toglie ogni scusante a questa infinita posticipazione della questione dell'uomo. (che solo messa alle strette, e ormai troppo tardivamente, rispetto alla clonazione per esempio, si sveglia da un letargo secolare, per dire solo balbuzie).

Per farla in breve non sono mica così limitato da pensare che la scienza si fermi, nè come pratica, nè come politica.

In breve la cosa che ti rimprovero è il fatto che pur di mantenere il tuo (presunto) razionalismo, fai un atto di testardaggine, che si esime dal prendere atto, coscienza della situazione attuale.
Siccome so che tu hai una politica è questione di un futuro eventuale 3d a parte.
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: paul11 il 21 Aprile 2016, 11:36:06 AM
La mia posizione è simile a quella di CVC e l'ho notato  nel thread del rapporto fra etica e biotecnologie, 
forse proprio per questo hai aperto questa nuova discussione. 

Diciamo che in me si è fatta strada l'interpretazione per cui sono state ribaltate le definizioni di razionalità e quindi di razionale.
Quì sta il nucleo del problema.
La cultura greca e ovviamente la filosofia si diffonde nel panteismo spirtiuale, in cui gli eventi e manifestazioni naturali erano relazionati agil idei, i miti erano il rapporto simbolico , la rappresentazione fra umanità e dei Fin quì il linguaggio è unificante dentro i simboli.
Se il filosofo comincia ad interrogarsi sulla natura ed essendo conoscitore delle matematiche e geometrie, sottrae agli dei le conoscenze e comincia a separare gnoseologicamente natura e metafisica, ma fin quì sono ancora unite, l'una è dentro l'altra.
La filosofia ha avuto il compito di passare dal linguaggio del mito a quello della logica. la logica predicativa di Aristotele, la logica proposizionale degli stoici più la morale, la trascendenza in Platone. Quì sono già in germe, ma anche discusse come sappiamo, i rapporti 
fra natura ,che saranno dentro le categorie vale a dire una forma tassonomica della conoscenza più la forma del metodo del conoscere per costruire assiomi e postulati ,della logica.
L'episteme non è ancora spostato sulla natura fisica, cosa che contraddistinguerà dall'umanesimo in poi tutta la modernità(dal res cogitans a quello estensa di Cartesio) in crescendo.
E' ovvio che l'indagine passa all'osservazione della natura ,perchè è ciò che risponde sensorialmente e come potenza alla volontà umana. Se cresce la potenza nell'osservazione della natura , viene man mano depotenziato il divino e l alogica non descrive più l'ontologia metafisica, ,ma  diventa strumento paradigmatico delle matematiche e geometrie che contribuiscono a costruir e le leggi scientifiche moderne. Il soggetto, l'osservatore, il conosciitore sposta l'oggetto d'indagine e adatto che trova sempre più utile e funzionale quella conoscenza ai fini tecnologici ribalta il concetto ontologico che dalla metafisica diventa episteme nella fisica. 
In sintesi ora la verità è nella fisica dell'osservato e applicherà lo stesso metodo indagatori anche su se stesso ,la frenologia, la psicologia. E' ovvio che perde l'Essere e i significati dell'esistenza, infatti l'esistenzialismo è una risposta culturale al positivismo .
Ora la razionallità è nell'empirico e tutto ciò che riguarda il soggetto osservatore o è un punto interrogativo indeterminabile dal metodo scientifico ,oppure è un misto fra razionale ed irrazionale.

Il problema è dove sposto l'episteme , il veritativo e di conseguenza gerarchicamente costruisco le subordinazioni culturali .
Se scienza e natura sono il veritativo poichè accertabile, misurabile e qualificabile, il soggetto conoscitore che paradossalmente appunto è colui che muove l'atto del conoscere e costruisce l'episteme non è indagabile, accertabile, siamo un ambiguo episteme che costruisce però l'episteme.
Prima l'uomo, soggetto conoscitore logicizza la metafisca costruendo gli oggetti ontologici come essere ed enti, poi sposta sul mondo naturale la stessa logica costruendo le leggi di natura e sempre l'uomo non riesce a costruire una sola legge fisca su stesso che lo definisca.questa è il paradosso epistemologico (o gnoseologico).
Non  si scorge  lo stesso paradosso di Godel sulle logica? Noi siamo dentro lo stesso sistema epistemico,
Non è possibile dentro lo stesso sistema gnoseologico in cui l'osservatore è parte dell'episteme, trovare una verità esterna a lui e nello stesso tempo il conoscitore essere a sua volta verità poichè allora il sistema sarebbe già chiuso :è un circolo chiuso dove sarebbe inutile il moviment odel conoscere perchè già tutto è conosciuto essendo oggett oe soggetto verità.Siamo destinati a produrre all'nfiniito conoscenze accertative ,a mutare enunciati ,assiomi e postulare future nuove leggi fisiche adattative alle nuove scoperte, ma che mai potranno dirci nulla del soggetto conoscitore Noi non siamo il riflesso veritativo dell'oggetto conosciuto essendo noi coloro che conoscono .
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: green demetr il 21 Aprile 2016, 13:42:04 PM
per Paul

Mi sorprende il tuo intervento: pare infatti che per te, vada da sè, che l'episteme debba spostarsi dall'oggetto al soggetto.
E ne fai una questione veritativa.
Strano perchè avevo imparato a conoscerti come una persona che desse importanza, per esempio, all'ambito religioso: in quel caso non è certo l'ambito veritativo epistemico, direi quasi ontologico, il punto di vista.

Comunque dipende anche cosa si intenda fare con questa operazione: nell'analitica, che non si fa scrupoli di indagare l'uomo come oggetto, si ha tutta una descrizione su come fenomenologicamente avviene la conoscenza: quindi non è vero che non si possa avere una episteme certa.

Le ricerche partono da Locke, ignorano apertamente Kant e Hume, e vanno avanti, sino alle moderne interpretazioni fenomenologiche, percettive, neo-realiste, idealiste, disgiuntiviste e chi più ne ha, più ne metta. (avevo iniziato l'anno scorso a occuparmene, e quest'anno, ahimè si continua su quella direzione, alla statale di Milano.

Ti assicuro che la miriade di personaggi che la abitano impugnano proprio ben saldi capisaldi scientifici.
D'altronde oggi lo studio sulla percezione si avvale di strumenti e cavie umane, che mai si era potuta permettere prima.

A partire dal caso del dottor Molineux (citatissimo) in poi: per "loro" quella è scienza.


CitazioneVerso la fine del Seicento, il filosofo e scienziato irlandese William Molyneux, forse turbato dalla cecità che affliggeva la moglie, propose al suo illustre corrispondente John Locke un inquietante interrogativo scientifico: se un giorno un cieco ritrovasse la vista, riuscirebbe a riconoscere con gli occhi due oggetti, come un cubo e una sfera, che fino a quel momento aveva percepito con il tatto? La risposta inserita da Locke nel suo Saggio sull'intelligenza umana non era affatto destinata a chiudere quella che in seguito fu definita la "questione Molyneux". Nei trecento anni successivi, anzi, la questione si riproporrà negli autori più disparati, da Berkeley a Leibniz, da Merleau-Ponty alle scienze cognitive di oggi
Titolo: Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: cvc il 21 Aprile 2016, 14:27:35 PM
Citazione di: paul11 il 21 Aprile 2016, 11:36:06 AM
La mia posizione è simile a quella di CVC e l'ho notato  nel thread del rapporto fra etica e biotecnologie,
forse proprio per questo hai aperto questa nuova discussione.
Diciamo che in me si è fatta strada l'interpretazione per cui sono state ribaltate le definizioni di razionalità e quindi di razionale.
Quì sta il nucleo del problema.
La cultura greca e ovviamente la filosofia si diffonde nel panteismo spirtiuale, in cui gli eventi e manifestazioni naturali erano relazionati agil idei, i miti erano il rapporto simbolico , la rappresentazione fra umanità e dei Fin quì il linguaggio è unificante dentro i simboli.
Se il filosofo comincia ad interrogarsi sulla natura ed essendo conoscitore delle matematiche e geometrie, sottrae agli dei le conoscenze e comincia a separare gnoseologicamente natura e metafisica, ma fin quì sono ancora unite, l'una è dentro l'altra.
La filosofia ha avuto il compito di passare dal linguaggio del mito a quello della logica. la logica predicativa di Aristotele, la logica proposizionale degli stoici più la morale, la trascendenza in Platone. Quì sono già in germe, ma anche discusse come sappiamo, i rapporti
fra natura ,che saranno dentro le categorie vale a dire una forma tassonomica della conoscenza più la forma del metodo del conoscere per costruire assiomi e postulati ,della logica.
L'episteme non è ancora spostato sulla natura fisica, cosa che contraddistinguerà dall'umanesimo in poi tutta la modernità(dal res cogitans a quello estensa di Cartesio) in crescendo.
E' ovvio che l'indagine passa all'osservazione della natura ,perchè è ciò che risponde sensorialmente e come potenza alla volontà umana. Se cresce la potenza nell'osservazione della natura , viene man mano depotenziato il divino e l alogica non descrive più l'ontologia metafisica, ,ma  diventa strumento paradigmatico delle matematiche e geometrie che contribuiscono a costruir e le leggi scientifiche moderne. Il soggetto, l'osservatore, il conosciitore sposta l'oggetto d'indagine e adatto che trova sempre più utile e funzionale quella conoscenza ai fini tecnologici ribalta il concetto ontologico che dalla metafisica diventa episteme nella fisica.
In sintesi ora la verità è nella fisica dell'osservato e applicherà lo stesso metodo indagatori anche su se stesso ,la frenologia, la psicologia. E' ovvio che perde l'Essere e i significati dell'esistenza, infatti l'esistenzialismo è una risposta culturale al positivismo .
Ora la razionallità è nell'empirico e tutto ciò che riguarda il soggetto osservatore o è un punto interrogativo indeterminabile dal metodo scientifico ,oppure è un misto fra razionale ed irrazionale.

Il problema è dove sposto l'episteme , il veritativo e di conseguenza gerarchicamente costruisco le subordinazioni culturali .
Se scienza e natura sono il veritativo poichè accertabile, misurabile e qualificabile, il soggetto conoscitore che paradossalmente appunto è colui che muove l'atto del conoscere e costruisce l'episteme non è indagabile, accertabile, siamo un ambiguo episteme che costruisce però l'episteme.
Prima l'uomo, soggetto conoscitore logicizza la metafisca costruendo gli oggetti ontologici come essere ed enti, poi sposta sul mondo naturale la stessa logica costruendo le leggi di natura e sempre l'uomo non riesce a costruire una sola legge fisca su stesso che lo definisca.questa è il paradosso epistemologico (o gnoseologico).
Non  si scorge  lo stesso paradosso di Godel sulle logica? Noi siamo dentro lo stesso sistema epistemico,
Non è possibile dentro lo stesso sistema gnoseologico in cui l'osservatore è parte dell'episteme, trovare una verità esterna a lui e nello stesso tempo il conoscitore essere a sua volta verità poichè allora il sistema sarebbe già chiuso :è un circolo chiuso dove sarebbe inutile il moviment odel conoscere perchè già tutto è conosciuto essendo oggett oe soggetto verità.Siamo destinati a produrre all'nfiniito conoscenze accertative ,a mutare enunciati ,assiomi e postulare future nuove leggi fisiche adattative alle nuove scoperte, ma che mai potranno dirci nulla del soggetto conoscitore Noi non siamo il riflesso veritativo dell'oggetto conosciuto essendo noi coloro che conoscono .
Intanto ti ringrazio per aver sviscerato e arricchito meglio di me la questione. Per quanto riguarda la definizione di razionalità, è ovvio che l'accezione di tale termine si è radicalmente trasformata dalle origini della filosofia ad oggi. La razionalità è oggi un termine tecnico usato, ad esempio, per giustificare la teoria dell'homo oeconomicus, che sentenzia in definitiva che l'uomo è razionale perchè fa ciò che gli conviene, che gli è vantaggioso con le sue scelte. Chiaramente se qui confrontiamo col pensiero antico, troviamo un bel salto a piè pari della questione su ciò che è realmente vantaggioso per l'uomo e su ciò che non lo è, sul bene e sul male se si vuole. E qui sta un bel inghippo, le teorie scientifiche (o gran parte di esse) che fanno funzionare la nostra società si ritengono valide dopo aver bypassato ex ante questioni cruciali. Si parte da una definizione di razionalità per cui, in pratica, è razionale chi sceglie il meglio, dopo che già da un pezzo si è smesso di interrogarsi su ciò che è meglio per l'uomo. Se invece guardiamo alcuni dei razionalisti per antonomasia, Socrate e Descartes per esempio, ebbene il messaggio di questi è che l'uomo non deve mai smettere di interrogarsi e dubitare. Inoltre dimostrano che anche la razionalità ha i suoi demoni: Socrate sentiva le voci; Descartes aveva il suo diavoletto ingannatore. Adesso invece la razionalità è un qualcosa che si da per scontato: se fai ciò che ti conviene sei razionale. E ciò che conviene consiste naturalmente nel danzare al tempo dei soliti tormentoni: crescita, valutazioni spese/costi, efficienza, conquista dei mercati. Logico che prima o poi l'inghippo viene a galla, perchè se si pensa che è razionale abbattere le frontiere ed allargare i mercati, quando tutto il mondo diventa un unico mercato globale (ora) e non c'è più niente da allargare, allora iniziano i problemi.

Credo però che nella scissione fra physis e nomos abbia poi dato il colpo di grazia il cristianesimo, perchè se la salvezza dell'anima non è più nella conoscenza (intensa più come stato di coscienza che come sapere) ma nella fede, significa che per assicurarsi tutto il bene morale è sufficiente credere, quindi la conoscenza può essere dirottata sulla conoscenza pratica, ossia la tecnica. Del resto la scoperta che ha dato l'inizio all'era industriale, ossia il vapore come fonte di energia, era gia stata fatta dagli scienziati greci secoli e secoli prima, ma non avevano il pragmatismo necessario ad usarla per scopi utili. Quindi come hai detto tu, l'episteme si è spostata sull'aspetto puramente fisico dell'essere. E l'uomo (il conoscente), non si interroga più su se stesso ma sul modo di fornirsi i migliori strumenti della propria sopravvivenza, al punto che i mezzi stessi sono diventati il fine.
Titolo: Re:Il rapporto fra conoscenza e conoscente
Inserito da: Mario Barbella il 24 Aprile 2016, 22:28:59 PM
Citazione di: sgiombo il 19 Aprile 2016, 08:31:11 AM
Concordo con chi nega l' inconciliabilità di scienza e filosofia: sono due "campi di conoscenza" perfettamente conciliabili, anzi "da conciliare", complementari.
E anche con chi (Memento) polemizza con la pretesa che la filosofia non "metta il naso nella scienza": una filosofia razionalistica sottopone "spietatamente" al vaglio della critica razionale tutto, anche la scienza (quali che siano la portata e le conseguenze dei risulati da essa conseguiti, senza alcun "timore reverenziale"), cercando di rilevarne e studiarme pregi e difetti, validità pratica e anche teorica e limiti.

Inoltre da negatore del monismo materialistico sostengo che la realtà non é limitata al naturale - materiale scientificamente conoscibile, ma include esperienza cosciente e pensiero, la cartesaina  "res cogians" (almeno per certi aspetti), che non essendo "extensa" e dunque misurabile, e inoltre non essendo intersoggettiva, non può essere conosciuta scientificamente (ma non per questo é meno reale della "res extensa": intersoggettivo =/= reale; soggettivo =/= non reale, inesistente!).
Anch'io concordo sulla conciliabilità tra scienza (intesa come insieme strutturato di di risultati di ricerche e di tesi su materie di ricerca) e filosofia. Se riflettiamo bene anche la filosofia, come una qualsiasi disciplina scientifica, poggia su un linguaggio disciplinato dal e sul principio di "causa-effetto", vale a dire che sia il fisico (oppure il matematico) che il filosofo devono spiegare o cercare una catena logica che leghi una causa convenzionalmente iniziale A con  un un effetto convenzionalmente finale B; la differenza tra i  due linguaggi (scientifico e filosofico) sta nell'ampiezza del fronte d'attacco dei due linguaggi, anzi, nei tre o più linguaggi, si perché è doveroso distinguere la forma del linguaggio del matematico rispetto a quella del fisico così come dovremmo separare adeguatamente i linguaggi di altre discipline scientifiche, ma fermiamoci al confronto di un fisico con uno storico:
Il fronte d'attacco del linguaggio del fisico (per es. di meccanica classica) affronta il problema, per esempio, del moto di un corpo tra A e B prendendo in considerazioni un ristretto o ristrettissimo insieme di dati ed ipotesi di partenza e stringendoli all'essenziale (dunque un A quanto più possibile ristretto per raggiungere logicamente un B sperabilmente molto ristretto. Per il matematico A e B devono essere puntuali pena la inaccettabilità della sua eventuale teoria matematica.
Il  fronte d'attacco del filosofo storico ha, invece, un in A stesso l'allargamento del fronte d'attacco iniziale, cioè A  è un insieme di tante a che formano un tentativo  di descrizione di condizioni iniziali multiple che sono pure una descrizione a ritroso di A. Quanto detto per A vale anche per B. Il fonte di attacco ampio A si allargherà ancora lungo il percorso A-B. si capisce bene qual'è l'insieme delle caratteristiche dei due tipi di linguaggio:m: ristretto e puntuale quello matematico e, magari del fisico, rispetto a quello fronzoso e non ben delimitabile del filosofo.
Concludo facendo però presente due cose, la prima che tra il linguaggio matematico e quello filosofico v'è tutta la gamma intermedia degli altri linguaggi della scienza: la scienza medica, per esempio, ha un percorso tutt'altro che rigido e preciso rispetto al linguaggio del fisico, ecc.; la seconda cosa è che la perdita di precisione del linguaggio del filosofo ma anche di certe scienze, trovano compenso nella quantità e nella qualità complessiva di dati abbracciati dall'ampiezza del fronte d'avanzamento tra A e B, non è a poco! ;)  ::)