Mi balena in testa una domanda.
Cito Wilhelm Stekel: "Ciò che distingue l'uomo immaturo è che vuole morire nobilmente per una causa, mentre ciò che distingue l'uomo maturo è che vuole umilmente vivere per essa."
Una bella frase, ma mi porta a riflettere: Giordano Bruno è morto per difendere le sue idee, Galilei no. Uno si è sacrificato, l'altro no. Ad uno sguardo superficiale sembrerà questo quello che è accaduto:
"Bruno ha avuto il coraggio di difendere le sue idee, Galilei ha preferito far credere di essersi pentito e dunque abiurò."
Forse è vero, però c'è da dire che Galilei, facendo questo, ha avuto la possibilità di continuare in segreto il suo importante lavoro. Bruno è morto ed è finita lì, Galilei no ed ha continuato a vivere umilmente per la sua causa (la scienza). Si potrebbe controbattere accusandomi di essermi limitato a scegliere un caso particolare in cui il rimanere in vita comportava la continuazione del "nobile lavoro", forse è così. In conclusione, cos'è secondo voi l'immaturità?
Gli aforismi sono tranchant e quindi efficaci per spiazzare il competitor in una disputa dialettica.
Ma se ci trovasse davvero a giudicare un singolo caso reale, be' direi che risulterebbe immatura solo la persona che si permetterebbe di farlo (con la pelle di un altro).
Altro non so..
Resto nella tua citazione per cominciare, e mi ricorda molto una citazione su gioventù e maturità normalmente attribuita a Churchill (anche se probabilmente non fu sua), che era molto più politica, ma vorrei sforzarmi di leggerla in chiave non politica:
Chi non è di sinistra da giovane è senza cuore, ma chi non è di destra da vecchio è senza cervello. |
Nella mia lettura, stava riconoscendo alla sinistra un idealismo, e alla destra una praticità.
Nell'immaginario collettivo non è che citiamo un Churchill 20enne, quindi l'attribuzione è a un anziano, di destra, e con un vissuto pesante alle spalle.
Se la spogliamo dalla connotazione politica, mi sembra molto simile a quello che dice Stekel.
Più che altro, tutta sta cosa era per tracciare un parallelo tra immaturità e idealismo, e tra maturità e praticità.
Non so se sia un parallelo che regge in ogni circostanza, ma mi sembra reggere nel tuo esempio Bruno/Galilei.
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Citazione di: Morpheus il 25 Settembre 2025, 15:15:45 PMIn conclusione, cos'è secondo voi l'immaturità?
Alle volte (da tanti anni) mi piace immaginare la vita come un viaggio, in cui raccogliamo le chiavi di lettura del mondo che ci sta intorno. Collezioniamo chiavi anno dopo anno, avventura dopo avventura, lezione dopo lezione, e quando finalmente le abbiamo tutte, possiamo usarle solo per uscire.*
- Non lo so!
(* quando vuoi una boccata di ottimismo sono a tua disposizione!)
La maturità coincide con la presa di coscienza di non coincidere con le proprie idee.
Bruno e Galilei erano dei provocatori, ma solo Galilei ne aveva coscienza, e puoi rinunciare solo a ciò di cui hai coscienza.
Questa provocazione è il gioco della conoscenza, che non andrebbe preso troppo sul serio.
Siccome però gli altri tendono a prenderlo sul serio, ci vuole coraggio a praticarlo.
L'esempio di Galilei dovrebbe indurci a trovare questo coraggio, perchè egli ci ha dimostrato che non si rischia la vita, ma al massimo solo alle sue comodità.
Dunque perchè ai più, che pur a quelle comodità saprebbero rinunciare, sembra mancare questo coraggio?
Forse perchè l'esempio di Bruno li ha indotti a temere la propria libertà di pensiero?
La diatriba fra la chiesa e Galilei è quantomai attuale, ma oggi si consuma all'interno di ognuno di noi, nel nostro personale conflitto con la verità.
La chiesa chiedeva a Galilei di dichiarare che le sue erano ipotesi ad hoc, e non verità.
Un di più utile, ma non necessario, perchè non abbisogna d'altro la verità.
Nel mio personale conflitto con la verità le ipotesi ad hoc ne hanno preso il posto, ed è la verità adesso ad avanzarmi, come un di più.
La verità per me oggi non coincide più col mondo, come le mie idee non coincidono più con me.
Il valore quindi è passato per me dalla verità alla ricchezza di idee, alla quale do il mio contributo.
Nel cercare questa diversità so di provocare come mi ha insegnato a fare Galilei, e ancor prima Socrate.
La maturità, di fatto, mi sembra costituita dal non rendersi conto di essere divenuti marciscenti. Pensiamo invece di essere maturi
Per capire l'immaturità partirei da ciò che essa nega, ossia la maturità e cercando di definire meglio questa mi ritrovo ad accostarla alla saggezza; se non altro perché una persona saggia difficilmente risulta immatura, mentre una persona matura ha solitamente una sua saggezza. In fondo quando si dice di un bambino o un ragazzo che «è maturo, per avere la sua età», non è forse un modo di dire che è saggio per la sua età?
Spostando la domanda da una parola all'altra, rimane la necessità di definire tale maturità-saggezza: direi che è la conoscenza elevata alla razionalità. Ossia: se hai molte conoscenze ma non le gestisci in modo razionale, difficilmente ti comporterai in modo maturo (perché senza razionalità quelle conoscenze potrebbero portare ad azioni scomposte e caotiche); così come se sei razionale ma non hai conoscenze adeguate, risulterai comunque immaturo in alcuni ambiti (per carenza di conoscenze pertinenti).
Provando a scendere sul pratico con qualche esempio: la "bravata da ragazzaccio" è definita immatura perché manca di razionalità (anche se il ragazzaccio ha buona conoscenza per la sua età e magari ha buoni voti a scuola); il professore in pensione che si trova a gestire le risorse economiche di un circolo culturale potrebbe, pur essendo persona razionale e dotta nel suo campo, farlo in modo estremamente immaturo, se non ha le conoscenze adeguate a gestire entrate, uscite, iniziative, imprevisti, etc.
Se così è, risulta inevitabile risultare immaturi in molte situazioni e contesti della vita e, forse, maturi almeno in qualche caso. Comunque, per fortuna, a volte ce la si cava anche senza alcun bisogno di maturità, grazie a capacità di adattamento, di apprendimento e di improvvisazione e magari anche un po' di buona sorte, che non guasta mai.
Se avessi un maturometro :) mi sarebbe più facile parlare senza ricorrere a metafore (che in realtà sono un facile surrogato del pensiero solido e strutturato),
Quella vegetale è la più semplice, divisa in due fasi: staccarsi dalla pianta perdendo il legame vitalistico con essa, far degererare in zuccheri il suo contenuto (affinchè i predatori se ne approprino e allontanino il seme: ma l'ottica finalistica trasforma il frutto in un oggetto e quindi..non mi gusta)
Anche noi umani ci stacchiamo (o veniamo staccati) da qualcosa nelle fasi della vita che conducono alla cosiddetta maturità (contrapposta ad una adolescenza di modernissima costituzione).
Quelle fasi presumo siano sempre state ritualizzate collettiavamente e poi le religioni le hanno sacralizzate in una serie di step, come necessitanti tappe forzate in età canoniche che rendono la vitaità umana un oggetto da uniformare dentro il mosaico della società.
In questo salto si perde qualcosa e mi piace pensare che la festa che segue il rito sociale voglia essere anche un tentativo di compensazione e non solo di rimozione di quanto abbandonato.
Ma ora in una società più lasca e più laica il processo, anzi i processi di maturazione si vivono soggettivamente senza un calendario che scadenzi la frammentazione delle esperienze in cui "sentiamo" il salto del cambiamento dei nostri stati emotivi, razionale e sentimentali .
Sono salti percorsi rapidamente o con lentezza, che possono essere vissuti come lacerazioni o scoperte, ingabbiamenti o rivelazioni, provando poi dolore per la perdita o un senso di pace per una meta raggiunta, ma anche un senso di scarsa soddisfazione vedendo da vicino il simulacro del traguardo..
Ognuno di noi sa, o saprà cosa avviene in lui. Taluni non saltano affatto, ad altri piace saltare come momento rivivivicante,
Ed è nei sentimenti che questo aspetto vivificante emerge con un certa continuità, rivitalizzando la relazione. Oserei affermare che il processo di maturazione degli umani o si sviluppa in una relazione oppure risulta incompleto.
Perché il sentire e in particolare l'amare sgorga immaturo e può ri-vivere solo nella contraddizione (e di conseguenza anche nel contrasto) con l'altro. E' in questo attrito fra l'uno e l'altro che che la relazione può rinnovarsi senza mai maturare del tutto.
Non so come spiegarmi se non ricorrendo al centerpunct di cui chiedevo lumi a Damiano Bergamaschi. Fra i tanti significati attribuibili, applicandolo a questo tema specifico lo vedrei vedo come un punto di equilibrio , di raggiunta maturità, ma statica per la sua relazione fra centro e periferia, A livello grafico simbolico invece mi fa più gusto il labirinto in cui smarrirsi e magari la spirale in cui avvitarsi, come +/- avviene nei processi di maturazione.
Mentre cliccavo su questa pagina avevo in mente di aggiungere un pensiero, carico la pagina e l'apertura di
@Adalberto mi ha fatto pensare che fossi stato battuto sul tempo; ma forse ho frainteso, o forse ha lasciato incompiuto il pensiero. Mi sembra ci sia ancora da dire.
Anni fa leggendo La linea d'ombra di Conrad (che non mi è particolarmente piaciuto), mi sono trovato a pensare che il romanzo doveva intitolarsi Le linee d'ombra.
È un romanzo sulla maturità, e a dispetto del titolo, mi è stato molto difficile trovare nella storia UN punto in cui il protagonista raggiunge la maturità, sembra più di guardare l'asticella di un
maturometro di Adalberto che sale.
Nella mia esperienza personale, ammesso e non concesso che tra 20 anni penserò ad oggi come a un momento in cui avevo raggiunto la maturità, mi trovo in una situazione simile.
Non c'è un punto in cui penso "è li: prima non ero maturo, e dopo sì".
Ero maturo quando facevo delle cose alle elementari e immaturo quando ne facevo altre, e la stessa cosa va per l'adolescenza, eccetera fino ad oggi.
La prima domanda che mi sono posto ripensando a questo percorso è:
- la maturità è una cosa che si è, o è una cosa che si ha?*
(al di là della facile ironia sulla bruttezza grammaticale dell' "essere maturità")
se è una cosa che si ha, può essere che segua cicli lunghi in cui si ha e si perde, come la serenità, o che segue cicli corti come la fame, e stamattina si ha perché si sta scrivendo una roba altisonante, e stasera non si ha perché si va a vedere la partita e si buttano le carte a terra (non sono convinto sui cicli corti personalmente, forse l'esempio che ho trovato lo da a vedere!)
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L'altra cosa meno interessante forse, è sulla maturità intesa nel senso classico, non nel senso che ho dato io sopra, la maturità che si "è", per capirci.
Quella maturità per cui una volta raggiunta è li e non ce la toglie nessuno... quella maturità è sicuro che la si raggiunga?
Conosco persone di 80 anni che non mi sembrano mature, e non perché sono in fase regressiva, ma perché non lo sono mai state.
Quindi forse per essere (o avere (!) ) maturi bisogna faticare, e non mi sembra che siamo una società che ha un rapporto stretto con la fatica, l'impressione è che la scansiamo quando possiamo, che creiamo tecnologie e modi di vivere che ci permettano di relegarla a un angolo sempre più circoscritto della nostra vita.
( * questo non c'entra assolutamente niente, non citatela neanche perché è inutile alla discussione, ma mi gira in testa e lo butto giù perché mi sembra un trivia simpatico: lo spirito santo nella bibbia (almeno nelle traduzioni che ho letto io) non "è" uno spitito con una identità quasi personificata come credo sia nell'immaginario collettivo, lo spirito santo è una caratteristica che si "ha", e questa cosa cambia completamente la lettura di cosa sia un dio uno e trino)
Citazione di: Morpheus il 25 Settembre 2025, 15:15:45 PMMi balena in testa una domanda.
Cito Wilhelm Stekel: "Ciò che distingue l'uomo immaturo è che vuole morire nobilmente per una causa, mentre ciò che distingue l'uomo maturo è che vuole umilmente vivere per essa."
Una bella frase, ma mi porta a riflettere: Giordano Bruno è morto per difendere le sue idee, Galilei no. Uno si è sacrificato, l'altro no. Ad uno sguardo superficiale sembrerà questo quello che è accaduto:
"Bruno ha avuto il coraggio di difendere le sue idee, Galilei ha preferito far credere di essersi pentito e dunque abiurò."
Forse è vero, però c'è da dire che Galilei, facendo questo, ha avuto la possibilità di continuare in segreto il suo importante lavoro. Bruno è morto ed è finita lì, Galilei no ed ha continuato a vivere umilmente per la sua causa (la scienza). Si potrebbe controbattere accusandomi di essermi limitato a scegliere un caso particolare in cui il rimanere in vita comportava la continuazione del "nobile lavoro", forse è così. In conclusione, cos'è secondo voi l'immaturità?
A mio modo di vedere la maturità oggi è difendere la propria di causa e giammai quella degli altri.
Sia Bruno che Galileo (eppur si muove) hanno fatto ciò che doveva essere fatto, cioè non tradire se stessi.
Interessante personaggio questo Stekel, in fin dei conti la sua frase potrebbe essere una rilettura della differenza fra coraggio che deve essere dotato di prudenza e temerarietà che appunto non ne ha di prudenza.
Per me l'aforisma di Stekel è indecente.
La maggioranza dei cosiddetti "immaturi" non ha scelto di morire, ha subito la morte per voler vivere dignitosamente. Un esempio recente è Laura Santi, suicida, oppure i membri della Flotilla, che stanno mettendo a rischio la loro vita.
Citazione di: baylham il 26 Settembre 2025, 11:53:17 AMPer me l'aforisma di Stekel è indecente.
La maggioranza dei cosiddetti "immaturi" non ha scelto di morire, ha subito la morte per voler vivere dignitosamente. Un esempio recente è Laura Santi, suicida, oppure i membri della Flotilla, che stanno mettendo a rischio la loro vita.
Non l'avevo pensata in questi termini.
Forse per alcuni, per la maggiorparte di noi che non diventeremo mai Galileo Galilei, la scelta di morire per ciò in cui si crede può diventare un atto di maturità, di consapevolezza dei propri limiti.
Penso sia lecito dubitare che la figura di Gesù avrebbe mai raggiunto miliardi di discepoli su uno span temporale di 2000 anni, senza quel gesto finale, quindi forse non dipende neanche da cosa puoi diventare, ma più da cosa ti è rimasto da dare (formulazione di cui non sono convinto, magari troviamo insieme il modo di migliorarla).
Citazione di: fabriba il 26 Settembre 2025, 11:16:59 AMLa prima domanda che mi sono posto ripensando a questo percorso è:
- la maturità è una cosa che si è, o è una cosa che si ha?*
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L'altra cosa meno interessante forse, è sulla maturità intesa nel senso classico, non nel senso che ho dato io sopra, la maturità che si "è", per capirci.
Quella maturità per cui una volta raggiunta è li e non ce la toglie nessuno... quella maturità è sicuro che la si raggiunga?
... lo spirito santo nella bibbia (almeno nelle traduzioni che ho letto io) non "è" uno spitito con una identità quasi personificata come credo sia nell'immaginario collettivo, lo spirito santo è una caratteristica che si "ha", e questa cosa cambia completamente la lettura di cosa sia un dio uno e trino)
Ritengo che sia "una cosa che si fa", e con un certo sforzo.
il processo di maturazione non è uno switch immediato fra on e off, ma una transizione anche turbolenta. Non penso proprio che sia medaglietta della adultità raggiunta, che nessuno mai toglie. Ogni posizione raggiunta dopo un po' svapora, anche se socialmente molti se la tirano.
Poi , nella mia personalissima visione ed esperienza, ritengo si tratti di una pluralità di processi (alcuni conclusi e svaporati. altri in atto) che ci trasformano in occasione delle diverse fasi relazionali della vita che ci mettono in discussione.
Ecco perché parlo al plurale di maturazioni che vedo sedimentarsi disordinatamente le une sopra le altre in un processo che - almeno per il sottoscritto- mi auguro possa proseguire ininterrotto, pur ammettendo essersi rallentato assai. :(
Lo spirito santo è un concetto cristiano (trinitario e personificante) che si è sovrapposto alla concezione ebraica di un singolo dio aniconico, il cui spirito aleggiava sulle acque ( cioè una situazione ancora indistinta) per poi portare ordine definendo le coppie di opposti successivamente descritte nella Genesi.
per non andare off-topic , potremmo tirarla un po' per i capelli e farne una allusione al passaggio da una fase di immaturità caotica ad una più matura che distingue e crea l' ordina attraverso la separazione di concetti opposti. ci sta?
devo essere più disciplinato... lo spirito santo dovevo lasciarlo fuori da sta cosa 😅
Però l'idea che la maturità sia rappresentabile come una forma di ordine interiore la trovo convincente, oltre a riuscirmi facile da visualizzare.
Non sono molto d'accordo con Stekel. Il discorso sulla maturità, come è già stato notato è complesso, stratificato, polifonico. A Bruno e Galilei potrei sostituire il capitano Schettino e il capitano della Linea d'Ombra per offrire una dicotomia completamente diversa e forse più sintonizzata.
Il primo distinguo da farsi è quello fra una maturazione biologica e una culturale. La prima è finalizzata alla riproduzione sessuata, che ha come corollario la capacità di ottenere risorse per la prole e garantire sicurezza alla prole stessa fino alla ripetizione del ciclo.
Poiché siamo centauri, questa maturazione non basta più. La maturità è anche un processo culturale collegato alla società di appartenenza e pertanto un uomo considerato maturo nella Cina attuale è molto diverso dall'uomo maturo del periodo ellenistico.
Terza osservazione che si interseca con le altre due: vi è una maturazione esterna, data dall'apprendimento e dall'applicazione sagace di quell'apprendimento che rende la maturità una acquisizione di saggezza (vedi Phil).
Ma vi è anche una maturità interiore, che è diversa dall'apprendimento e che può essere riassunta attraverso quattro poli: individuazione, responsabilità, integrazione e riflessività.
Quarta osservazione: affinché vi sia una efficace maturazione (culturale) servono maestri efficaci. I maestri efficaci sono quelli che trasmettono e modellano quei quattro poli.
Quinta osservazione: la maturazione passa anche atttraverso la formazione definitiva dei lobi frontali (importanti perché sono la sede principale dell'autocontrollo) che si conclude attorno ai 25 anni. Questo dato è interessante ai fini del discorso. Infatti mentre l'organismo passa dallo stato infantile a quello adulto attorno ai 13/15 anni, bisogna aspettare altri dieci terribili anni affinché si ripristini la coerenza fra corpo e cervello, rendendo così possibile la commissione di molte nefandezze da parte degli adolescenti e tardo/adolescenti. Si è molto discusso a proposito di questa a-sincronia e una possibile interpretazione intende questo "errore" come voluto, affinché in quei dieci anni homo sapiens possa "sperimentare" nuove vie. Come dice Conrad nella Linea d'Ombra: "il giovane, chiuso il cancello dell'infanzia, entra in un giardino incantato, qui perfino le ombre brillano promettenti, ogni sentiero ha la sua seduzione....".
E questo ci porta ad una ulteriore conclusione, ovvero che la maturità essendo Bildung (come dicono i tedeschi), è anche rigidità. Si è trovato un modello e si interpreta quel modello. Ed allora serve uno come Iano, che non si identifica con le sue idee, ma anche uno come Daniele che giustamente evidenzia che maturità è un po' marciscenza. Del resto La linea d'ombra, un Bildungsroman per eccellenza, lo fa capire: la maturità avviene quando si diviene consapevoli della propria possibile morte, ma nonostante ciò (e forse a causa di ciò) si continua a svolgere la propria parte (o curare il proprio giardino).
PS: per Fabriba: faccio finta di non aver letto che non ti piace Conrad (grrr).
Citazione di: Jacopus il 26 Settembre 2025, 23:28:38 PMPS: per Fabriba: faccio finta di non aver letto che non ti piace Conrad (grrr).
Magari ero troppo ....immaturo per capirlo ;D
Ci ridò un'occhiata magari (devo dire la verità, anche Benni -che pure mi era piaciuto- l'ho riguardato recentemente per ovvi motivi e gli ho riconosciuto un genio che non avevo compreso a suo tempo)
Citazione di: Jacopus il 26 Settembre 2025, 23:28:38 PM.. La maturità è anche un processo culturale collegato alla società di appartenenza e pertanto un uomo considerato maturo nella Cina attuale è molto diverso dall'uomo maturo del periodo ellenistico....
@ tutto molto molto interessante, grazie.
In particolare la frase che segnalo mi fa tornare a mente la concezione di Spengler delle culture/civiltà che incanala attraverso i binari ferrati di un percorso simil-biologico di infanzioa-givinezza maturotà e vecchiaia. . Non avendolo letto e conoscendolo solo attraverso l'interessante critica di Fulvio Jesi (che scrisse l'introduzione al "Tramonto dell'occidente") chiedo se e come i concetti di immaturità e maturità si possano applicare alla storia delle culture