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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: PhyroSphera il 09 Gennaio 2024, 01:11:06 AM

Titolo: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: PhyroSphera il 09 Gennaio 2024, 01:11:06 AM
C'è nel pensiero di Nietzsche una componente universale: l'appello ai valori, il richiamo ai corsi e ricorsi storici che mostrano illusorio un certo estremismo progressista... Eppure la sua filosofia non è quel che sembra a prima vista. Alla volontà di potenza e contro l'ottimismo del socialismo reale di Marx e compagnia, aveva già inoltrato il non abbastanza ricordato Max Stirner, la dottrina dell'Eterno Ritorno l'avevano già gli Stoici. Ugualmente per la fase illuministica e per quella romantica ed anche per quella decadente. Nulla in sé di tanto originale se non fosse stato per il suo magnetismo, che rendeva la sua retorica, o se vogliamo i suoi sofismi, simili a una grande ruota che trascinava pregiudizi e bassezze per allontanarli da chi ben disposto... Eppure resta il lato negativo di questa "dinamite":  la trasvalutazione di tutti i valori ripresentava il mito della forza del paganesimo antico in una situazione ormai non più favorevole, la avversione al cristianesimo segnava il passo alle future degenerazioni naziste. Sicché, diversamente dalla rabbia di Marx ed Engels ma con conseguenze ugualmente disastrose, fu la sua attività politico-filosofica — pur essendo doveroso riconoscerne l'altezza e sublimità. Il suo invito all'ambizione individualista più esasperata e a "cavalcare" i movimenti socialisti fu occasione per le dittature di Mussolini e Hitler, il suo timore per la debolezza cristiana era del tutto inconsapevole che la Cristianità esiste a causa dei limiti umani in situazioni di crisi o mancanza che necessitano la presenza diretta di Dio (a riguardo Nietzsche fu falso maestro!)... Egli vedeva il mondo comprendendolo assai parzialmente e di lui resta altro di unico e grandioso: la sua filologia, la sua critica musicale (nonostante il valore non più attuale di essa (quasi da sùbito, a dire il vero)), la sua poesia, finanche le sue brevi e poche (e pochissimo note) composizioni musicali. La Destra non ha da imparare dal suo scarso distacco verso i movimenti socialisti e deve stare in guardia dalla sua incomprensione del significato del messaggio biblico di Paolo su Gesù (le apparenze possono ingannare); in fin dei conti a tante sue trovate filosofiche ad effetto lui stesso aveva posto fine e allora è inutile rinnovarne il fuoco irresponsabilmente... Ma fino a quando faranno girare per l'Europa e per il mondo lo spettro del comunismo di Marx ed Engels, col suo potere omologante e contro le differenze, il fantasma del 'superuomo' nietzschiano avrà nonostante tutto ancora qualcosa da comunicare. A patto di non essere ingenui e pedissequi.

Mauro Pastore
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: PhyroSphera il 09 Gennaio 2024, 01:14:54 AM
Scrivevo questo messaggio per fare da contrappunto a questo altro, qui al link seguente:

https://www.barbadillo.it/112253-lattualita-di-nietzsche-secondo-il-pensatore-non-conformista-julien-rochedy/?fbclid=IwAR2hHlRu_TpU2Oa3IisjqK_E2u4GpoErvyzbr7RynhaHjZUsSkT6ZQiKo44
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: daniele22 il 09 Gennaio 2024, 08:22:39 AM
Non conosco Nietzsche a parte qualche aforisma; uno tra questi suggeriva di guardarsi da coloro in cui è forte l'istinto a punire, che corrisponde invece a ciò che fa la nostra destra. Dall'idea che me ne sono fatto tenderei a pensare che molte persone abbiano ideologicizzato il coraggio 
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: Pensarbene il 10 Gennaio 2024, 10:52:53 AM
"non sappia la destra quel fa la sinistra" è una frase che indica il lato oscuro del cristianesimo: il portare all'estremo un essere buono che non è UMANO.
Mi sono chiesto come mai un tale modo di essere del tutto ipotetico e fuori perfino da una "logica divina" abbia sedotto così tante persone.
Poi ho capito che, più l'amore è seduttivo e incondizionato più danni fa trasformandosi nel suo contrario.
Basta un amore  serenamente e PACATAMENTE  umano.
Chi esce dalla pacatezza, su questo pianeta in ogni ambito della vita, entra in un inferno insospettabile,insospettato inaspettato .

 
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 11 Gennaio 2024, 02:26:45 AM
Il tentativo di rendere "politico" Nietzche mi fa sorridere, e di certo non ho tempo da perdere con questo o quello intellettuale, sono tutti ugualmente ingiusti per non dir di peggio.
Pensavo di aver allontanato questi discorsi dal forum e invece come l'erba cattiva tornano ancora e ancora e ancora.
Ma poi lo sappiamo vero che il Nazismo era tutt'uno col crisitianesimo vero?
Per non parlare del fascismo.
Poi che il comunismo leninista abbia completamente travisato marx, basta leggere il pensatore di treviri, per accorgersene.
In marx l'unica cosa che conta è trovare una economia che possa dirsi socialista, e questa economia era quella capitalista.
Che poi le sinistre storiche invasate, dall'urss alla cina, e quelle naziste contemporanee ancor piu invasate e deliranti, sinistroidi per l'appunto, abbiano prodotto gli stessi deliri, mi paiono discorsi irrelati.

Tranne la codardia, ecco è questo che Nietzche non ha mai sopportato.
E i sottoprolet di cui parla Marx cosa sono se non questa masnada di dannati da girone infernale?
Lascia perdere Maurizio.
Se la gnosi si occupa del male, è perchè il male non ha nome, lo trovi ovunque.
Questa non è una buona idea per sottomettersi. Insisto.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: PhyroSphera il 12 Gennaio 2024, 22:56:51 PM
Il nazismo tutt'uno col cristianesimo? I nazisti amavano i pagani e il fanatismo di Hitler era altra cosa dal fondamentalismo cristiano. Il fatto poi che c'erano falsi cristiani, questo è altro conto.

Che Nietzsche non fosse un pensatore politico, è assurdo sostenerlo.

(Non mi chiamo Maurizio, comunque.)


Mauro Pastore 
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 13 Gennaio 2024, 19:10:30 PM
Citazione di: PhyroSphera il 12 Gennaio 2024, 22:56:51 PMIl nazismo tutt'uno col cristianesimo? I nazisti amavano i pagani e il fanatismo di Hitler era altra cosa dal fondamentalismo cristiano. Il fatto poi che c'erano falsi cristiani, questo è altro conto.

Che Nietzsche non fosse un pensatore politico, è assurdo sostenerlo.

(Non mi chiamo Maurizio, comunque.)


Mauro Pastore
Non so cosa dirti, ascolta su youtube i video che parlano del sole nero, oppure i revival pagani, secondo te perchè la croce uncinata?
Per quanto riguarda il cristianesimo ascolta Barth e la sua polemica contro la chiesa che fece nel suo "lettere ai romani".
Vogliamo parlare dei patti lateranensi?
I cristiani chi odiano: gli ebrei, è dura a morire il concetto di deicidi...cose ridicole. ;)
PS 
Scusa Mauro, Maurizio era un capetto che conoscevo...
PPS
Nietzche non è mai stato un pensatore politico, rifiutò anche il tentativo della sorella di farlo diventare tesserato.
Nietzche è un pensatore metafisico, per l'esattezza un anti-metafisico.
Egli anzi criticò aspramente la piccola politica borghese dei suoi anni, e di quella dei sottoprolet.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: PhyroSphera il 16 Gennaio 2024, 09:45:52 AM
Citazione di: green demetr il 13 Gennaio 2024, 19:10:30 PMNon so cosa dirti, ascolta su youtube i video che parlano del sole nero, oppure i revival pagani, secondo te perchè la croce uncinata?
Per quanto riguarda il cristianesimo ascolta Barth e la sua polemica contro la chiesa che fece nel suo "lettere ai romani".
Vogliamo parlare dei patti lateranensi?
I cristiani chi odiano: gli ebrei, è dura a morire il concetto di deicidi...cose ridicole. ;)
PS
Scusa Mauro, Maurizio era un capetto che conoscevo...
PPS
Nietzche non è mai stato un pensatore politico, rifiutò anche il tentativo della sorella di farlo diventare tesserato.
Nietzche è un pensatore metafisico, per l'esattezza un anti-metafisico.
Egli anzi criticò aspramente la piccola politica borghese dei suoi anni, e di quella dei sottoprolet.


La croce uncinata è un simbolo diverso dalla croce cristiana.
Il movimento cristiano non va considerato come se tutto fosse evidente. La fede è un fatto interiore e se si resta alla esteriorità si possono scambiare i falsi cristiani per veri. Inutile citare Barth.

Mauro Pastore 
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 16 Gennaio 2024, 17:13:43 PM
Citazione di: PhyroSphera il 16 Gennaio 2024, 09:45:52 AMLa croce uncinata è un simbolo diverso dalla croce cristiana.
Il movimento cristiano non va considerato come se tutto fosse evidente. La fede è un fatto interiore e se si resta alla esteriorità si possono scambiare i falsi cristiani per veri. Inutile citare Barth.

Mauro Pastore
Allora diciamo i ricercatori spirituali che meditano sul cristo.
Perchè per me i cristiani sono coloro che aderiscono alla chiesa.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: Autodidatta il 17 Gennaio 2024, 18:39:07 PM
Citazione di: PhyroSphera il 09 Gennaio 2024, 01:11:06 AMC'è nel pensiero di Nietzsche una componente universale: l'appello ai valori, il richiamo ai corsi e ricorsi storici che mostrano illusorio un certo estremismo progressista... Eppure la sua filosofia non è quel che sembra a prima vista. Alla volontà di potenza e contro l'ottimismo del socialismo reale di Marx e compagnia, aveva già inoltrato il non abbastanza ricordato Max Stirner, la dottrina dell'Eterno Ritorno l'avevano già gli Stoici. Ugualmente per la fase illuministica e per quella romantica ed anche per quella decadente. Nulla in sé di tanto originale se non fosse stato per il suo magnetismo, che rendeva la sua retorica, o se vogliamo i suoi sofismi, simili a una grande ruota che trascinava pregiudizi e bassezze per allontanarli da chi ben disposto... Eppure resta il lato negativo di questa "dinamite":  la trasvalutazione di tutti i valori ripresentava il mito della forza del paganesimo antico in una situazione ormai non più favorevole, la avversione al cristianesimo segnava il passo alle future degenerazioni naziste. Sicché, diversamente dalla rabbia di Marx ed Engels ma con conseguenze ugualmente disastrose, fu la sua attività politico-filosofica — pur essendo doveroso riconoscerne l'altezza e sublimità. Il suo invito all'ambizione individualista più esasperata e a "cavalcare" i movimenti socialisti fu occasione per le dittature di Mussolini e Hitler, il suo timore per la debolezza cristiana era del tutto inconsapevole che la Cristianità esiste a causa dei limiti umani in situazioni di crisi o mancanza che necessitano la presenza diretta di Dio (a riguardo Nietzsche fu falso maestro!)... Egli vedeva il mondo comprendendolo assai parzialmente e di lui resta altro di unico e grandioso: la sua filologia, la sua critica musicale (nonostante il valore non più attuale di essa (quasi da sùbito, a dire il vero)), la sua poesia, finanche le sue brevi e poche (e pochissimo note) composizioni musicali. La Destra non ha da imparare dal suo scarso distacco verso i movimenti socialisti e deve stare in guardia dalla sua incomprensione del significato del messaggio biblico di Paolo su Gesù (le apparenze possono ingannare); in fin dei conti a tante sue trovate filosofiche ad effetto lui stesso aveva posto fine e allora è inutile rinnovarne il fuoco irresponsabilmente... Ma fino a quando faranno girare per l'Europa e per il mondo lo spettro del comunismo di Marx ed Engels, col suo potere omologante e contro le differenze, il fantasma del 'superuomo' nietzschiano avrà nonostante tutto ancora qualcosa da comunicare. A patto di non essere ingenui e pedissequi.

Mauro Pastore
Molte culture e filosofie hanno avuto la concezione dell'eterno ritorno. Credo che ciò che rende unica la teoria di Nietzsche sia "L'eterno ritorno dell'uguale" a cui deve far fronte l'Oltreuomo. Da qui "l'amor fati" e l'eroica potenza della volontà di poter volere ed amare ciò che è già accaduto e ritornerà ad accadere infinite volte sempre allo stesso modo.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: Ipazia il 17 Gennaio 2024, 20:57:06 PM
Il ciclo di nascita e morte, giovinezza e vecchiaia, le stagioni, il cuore pulsante della natura che ripete sempre gli stessi cicli con piccolissime variazioni, gettando fuori dalle sue orbite le creature dell'hybris e i loro deliri divini.

L'oltreuomo diviene tale per la semplice accettazione del suo fato evolutivo che ha imparato ad amare senza trucchi e senza inganni. Soprattutto: senza illusioni ultramondane.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: Autodidatta il 17 Gennaio 2024, 21:52:44 PM
Citazione di: Ipazia il 17 Gennaio 2024, 20:57:06 PMIl ciclo di nascita e morte, giovinezza e vecchiaia, le stagioni, il cuore pulsante della natura che ripete sempre gli stessi cicli con piccolissime variazioni, gettando fuori dalle sue orbite le creature dell'hybris e i loro deliri divini.

L'oltreuomo diviene tale per la semplice accettazione del suo fato evolutivo che ha imparato ad amare senza trucchi e senza inganni. Soprattutto: senza illusioni ultramondane.
Interessante commento Ipazia. Da dove viene quel "con piccolissime variazioni"?
Per quanto riguarda l'Oltreuomo, egli diviene tale, a me sembra, perché impara ad amare ciò su cui la sua volontà non ha più nessun potere, ovvero il passato. E lo ama a tal punto, da amare il fatto che esso ritornera (come è già ritornato) nello stesso identico modo con cui gli si è presentato infinite volte.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 17 Gennaio 2024, 22:21:05 PM
Citazione di: Autodidatta il 17 Gennaio 2024, 18:39:07 PMMolte culture e filosofie hanno avuto la concezione dell'eterno ritorno. Credo che ciò che rende unica la teoria di Nietzsche sia "L'eterno ritorno dell'uguale" a cui deve far fronte l'Oltreuomo. Da qui "l'amor fati" e l'eroica potenza della volontà di poter volere ed amare ciò che è già accaduto e ritornerà ad accadere infinite volte sempre allo stesso modo.

ciao autodidatta ben tornato.
io lo disprezzo, ma visto che ormai siamo nel mondo dominato da questi traditori del pensiero, a cui la maggioranza, e quindi anche un autodidatta si affida, ti rimando a cacciari.

Il superuomo vuole il tramonto del tempo, ossia della circolarità che il demone, ossia la scimmia (coloro che agiscono per induzione e giammai per deduzione) vorrebbe che tutti abbracciassero: ossia l'eterno ritorno dell'uguale.
Nietzche non ama le scimmie cha amano la ripetizione, anzi le detesta.
Qua sta facendo confusione tra l'amor fati della volontà dell'uomo a diventare superuomo, ossia dio, con il suo opposto ossia la volontà dell'umano troppo umano che vuole permanere nel suo immobilismo ebete (l'ebetismo dei vari galimberti e company)
nietzche non è autore per tutti!
mi dispiace deluderti  ;)

Per capire cosa sia l'industria culturale ti rimando a minima moralia, il testo fondamentale per qualsiasi autodidatta.
lasciando perdere l'introduzione  ;) in cui rimanda ad hegel, altro autore difficile difficile.
ma adorno si capisce anche senza hegel  ;)

Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 17 Gennaio 2024, 22:22:45 PM
Citazione di: Ipazia il 17 Gennaio 2024, 20:57:06 PMIl ciclo di nascita e morte, giovinezza e vecchiaia, le stagioni, il cuore pulsante della natura che ripete sempre gli stessi cicli con piccolissime variazioni, gettando fuori dalle sue orbite le creature dell'hybris e i loro deliri divini.

L'oltreuomo diviene tale per la semplice accettazione del suo fato evolutivo che ha imparato ad amare senza trucchi e senza inganni. Soprattutto: senza illusioni ultramondane.
:D si l'esatto opposto di quello che hai detto.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 17 Gennaio 2024, 22:27:42 PM
Citazione di: Autodidatta il 17 Gennaio 2024, 21:52:44 PMInteressante commento Ipazia. Da dove viene quel "con piccolissime variazioni"?
Per quanto riguarda l'Oltreuomo, egli diviene tale, a me sembra, perché impara ad amare ciò su cui la sua volontà non ha più nessun potere, ovvero il passato. E lo ama a tal punto, da amare il fatto che esso ritornera (come è già ritornato) nello stesso identico modo con cui gli si è presentato infinite volte.

al contrario, il superuomo verrà quando esso avrà imparato a distruggere costantemente il passato, in un atto eterno di creazione, giammai di ripetizione.

quando avrai letto adorno, sarai già nella psicanalisi (a me manca fromm) laddove le intuizioni nicciane vengono messe in forma ben formata.

La paranoia, la ripetizione, il controllo del tempo, il fantasma di padronanza, tutti questi sintomi dell'uomo contemporaneo,possono esere risolti solo tramite la capacità di uscire da ciò che pensiamo di essere, e invece non siamo necessariamente.
la cura in freud e company consiste nella ricreazione di un sè volto alla felicità.

naturalmente freud e co, come adorno fa notare, parla di una felicità borghese, in nice la felicità è cosmica.

Argomenti molto difficili, spero di starti incuriosendo.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: Jacopus il 17 Gennaio 2024, 22:45:27 PM
Anche secondo me, rispetto all'eterno ritorno, l'interpretazione giusta è quella di Green. La scommessa è quella di riuscire a cambiare perfino il passato per non lasciarsi condizionare e creare così le premesse di una umanità che va oltre perfino la sua storia. Un compito paradossale ma che spiega bene un punto centrale di Nietzsche. Ed anche la sua valutazione (negativa) della storia dell'uomo, ritenuta il vero freno inibitore della sua forza vitale.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: Ipazia il 17 Gennaio 2024, 23:07:47 PM
Il passato è il Dio di green. L'eterno ritorno è quello di Dioniso, dei cicli naturali. Gli idealisti dovrebbero smetterla di insudiciare Nietzsche con una trasvalutazione spiritualista. La fede nella terra è chiaramente invocata da Zarathustra. Solo così si diviene "quello che si è".
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: Jacopus il 17 Gennaio 2024, 23:19:55 PM
Credo che l'eterno ritorno di Nietzsche non abbia nulla di spirituale ma sia una trans valutazione sia dello spirito che della natura. Oltre la descrizione ciclica antica ma anche oltre la descrizione escatologica successiva. In questa "esplosione" vitale sta il bello e il brutto di Nietzsche. Un autore difficile da maneggiare e difficile da far schierare a destra come a sinistra. Nella mia personale bacheca filosofica è una specie di confine, come una sorta di ultimo filosofo in grado di filosofare, apparentemente, in modo creativo. Anche in questo cercando di restare fedele al concetto di "eterno ritorno" come cancellazione della tradizione storica e filosofica.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: Ipazia il 18 Gennaio 2024, 08:23:33 AM
Difficile da maneggiare, concordo. "Per tutti e per nessuno". Filosofare col martello produce danni anche su ciò che merita di essere conservato e sviluppato. Questo è il limite superabile di Nietzsche. Una visione darwiniana ottocentesca che necessitava ancora di mirabolanti escatologie transumananti. Ma la critica del passato teista è ineccepibile e nel suo superamento sta l'(oltre)umanesimo sempre attuale. Pure letto da sinistra come eternamente ritornante alla platonica repubblica dei filosofi, apollineamente interpretata da Raffaello, e dionisiacamente incarnata da una ricerca infinita di armoniche stelle danzanti.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: niko il 18 Gennaio 2024, 10:45:48 AM
Se Dio e' morto, il passato non puo' e non deve diventare, per l'uomo, il nuovo feticcio a cui inchinarsi, il nuovo Dio.

Dio deve restare morto.

Ma Dio, in Nietzsche significa l'inattingibile alla volonta' umana, l'essere sottratto al divenire. Quindi, dire che:

"il passato non deve essere pensato come tradizionalmente viene pensato Dio, con le sue stesse divine caratteristiche, prendendone il posto",

significa dire che il passato deve essere pensato come diveniente, e disponibile alla volonta' umana, e in un qualche senso modificabile. Se Dio e' l'indiveniente e l'immodificabile, il giusto modo di pensare il passato e' pensarlo come un non Dio, come un qualcosa di diverso da Dio.

Ma l'unico modo di rendere il passato modificabile, cangiante e festoso, e oggetto leggittimo di una volonta' cangiante e festosa, e' pensare che esso ritorni. E non che ritorni secondo micro cicli in linea di principio conoscibili, ma secondo mega cicli anche singolarmente piu' grandi di ogni estensione abbaracciabile dalla coscienza e dalla conoscenza umana: il ritorno del passato si compie anche grazie all'oblio intrinseco proprio del trapassato, del passato non piu' noto perche' non piu' memorico; insomma non potrebbe proprio compiersi come processo interamente cosciente.

Se il passato ritorna, e questo e' il punto fondamentale, allora ritorna disponibile alla umana volonta', ritorna sotto le nostre mani, perche' noi a questo punto, accettando e accattato che ritorni, questo benedetto passato, lo possiamo prendere "per le corna" a partire dal presente e dal futuro, nell'attimo stesso in cui ci esso ritorna e ci ritorna in faccia. E non sempre e solo "per la coda", inseguendolo vanamente, accettando sempre e solo la sua (presunta, e ormai insostenibile) natura teoretica, indistruttibile, lineare e divina, che fu creduta natura propria di Dio, e ora, in tempi meno teologici, ma altrettanto decadenti, e' creduta natura propria del passato.

Ma perche' ritorni disponibile alla umana volonta', il passato deve tornare disponibile alla umana non-conoscenza, alla dimensione della tenebra, dell'inoggettuale e dell'istintuale, a cui pure, deve essere recuperato; insomma il passato ci torna "sotto le mani", solo se in una certa misura ci sfugge "da sotto gli occhi", solo se e' qualcosa di molto di piu' del passato inteso come passato memorico e teoretico: per questo poi, nella metafora, il ciclo cosmico e' qualcosa di molto di piu', di molto piu' lungo anche come durata, del ciclo rammemorabile dall'uomo.

Il futuro viene quando, in senso doppio, e forte, il passato e' passato; il futuro e' il passare del passato nel senso del suo tornare (continuamente) disponibile alla volonta', insomma in questa concezione non c'e' il tempo, e' la volonta' stessa, che manda avanti, e che come una talpa che scava si getta indietro, il tempo.

Dire che passato e futuro sono uguali, che sono due cicli che si corrispondono, vuol dire anche dire che passato e futuro sono sommamente inadatti a contenere il bene e il male, che, invece, sono, e restano, diversi. Ogni sia pur grande pensiero umano che abbia mai pensato l'eskaton, cioe' il futuro migliore del passato, o che abbia mai pensato la decadenza, cioe' il passato migliore del futuro, e' un pensiero superato, da abbandonare.

L'uomo deve farsene qualcosa di diverso, e di nuovo, di bene e male, piuttosto che collocarli alternativamente nel passato o nel futuro, piuttosto, insomma, che continuare a giocare al solito vecchio gioco del mondo teoretico (esemplarmente greco/gnostico) e del mondo fideistico (esemplarmente cristiano).

Se passato e futuro sono uguali, allora e' il nichilismo (sono morte sia la decadenza, che l'eskaton) ma e' anche la possibilita' della inconecepibile, immensa liberta'; se passato e futuro sono uguali, discreti, e formano due cicli sostanzialmente autosufficienti e autocausati, il passato e' liberato, dal gravoso compito, di essere (solo) la causa del futuro, e il futuro e' liberato dalla gravosa minorita', di essere (solo) l'effetto del passato. La sfida, e' immagginare il passato come qualcosa di diverso, dalla mera causa del futuro, e il futuro come qualcosa di diverso, dal mero effetto del passato.

Il passato ha in se' tutte le cause e tutti gli effetti (e' causa sui) e il futuro, doppiamente, pure.

E adesso, che non li possiamo piu' pensare "uniti" in un rapporto causale, e nemmeno, per quanto detto prima, in un rapporto etico-morale, in che (nuovo) rapporto li pensiamo?

In un rapporto libero, di desiderio, come fossero due amanti che si amano, ma che all'occorrenza camminano anche sulle loro gambe, non hanno bisogno, l'uno dell'altro per esistere, e non sono l'uno, il modello di perfezione irraggiungibile dell'altro.

La volonta' vuole, fare in modo che il futuro stia in piedi da solo, e vuole, fare in modo che altrettanto il passato, stia in piedi da solo, per collocarsi nel punto di contatto, nell'attimo, tra i due cicli ed essere cosi' libera di essere, libera di iniziare.
La volonta' non e' sconfitta quando un generico determinismo si impone, come concezione, su un generico libero arbitrio: la volonta' e' sconfitta quando il passato e' la causa del futuro. E finche' non saranno, due cicli uguali e completi, il passato sara' sempre, quello che ai fini della volonta' esso non deve essere, ovvero la causa del futuro, il suo precompletamento.

Il doppio mondo, dionisiaco, e' l'unica alternativa, al mondo dietro il mondo, apollineo. Se non vuoi, chimere metafisiche, e non puoi, volere il nulla, allora, per esclusione, vuoi cio' che c'e', vuoi riplasmare il cosmo in un suo ciclo successivo. Non vuoi che oltre il velo del non ancora rivelato ci sia il diverso, ma che ci sia l'uguale, desiderato sotto il segno del desiderio.
Si tratta di affermare che il desiderio, il vero desiderio nel cuore di un uomo, non puo' essere tolto da un oggetto, o da una filosofia della rassegnazione, ma solo, infinitamente, da un'altro uomo, altro uomo che agira' in corrispondenza e in servizio al nostro, presente, desiderio, solo se lui ha liberamente in se', lo stesso identico desiderio. Per questo, il superuomo vorrebbe vivere infinitamente e infinite volte la propria vita, nonostante tutto il dolore che questo comporterebbe. Non si tratta, di trovare una risposta alla precarieta' dell'essere, alla morte propria, che e' il falso problema dei falsi problemi, l'assurdita' stessa della metafisica. Ma una risposta alla precarieta' del divenire, alla morte dell'altro (e quindi al lutto come unica esperienza reale possibile della morte).

Se il passato non diviene, non tutto diviene. Se non tutto diviene, non c'e' salvezza per l'uomo.

Che e' salvezza dalla salvezza, salvezza nonostante l'inevitabilita' e la certezza della salvezza; salvezza nonostante il fatto che la vita, reale e corporea, in noi, scegliera', e sceglierebbe, sempre e comunque di vivere e di vivere ancora, nonostante tutta l'immensita' del dolore.

E anche chi si suicida, si suicida sempre contro la vita, e non mai contro la volonta' di vivere.

Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: PhyroSphera il 18 Gennaio 2024, 13:16:27 PM

Direi che dire ritorno è sufficiente senza specificare 'ritorno dell'uguale', perché se qualcosa di diverso accade non è un ritorno. Il fatto che intellettuali di grido come il Cacciari se ne siano scordati è sintomatico dell'assurdità e incapacità del tentativo di sinistra di accattivarsi l'opera di Nietzsche. Sanno di aver ricevuto una opposizione cui non possono reagire e si rifugiano in tattiche di aggiramento che obiettivamente raggiungono solo il ridicolo.

Mauro Pastore 
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: Autodidatta il 18 Gennaio 2024, 13:30:05 PM
Citazione di: green demetr il 17 Gennaio 2024, 22:21:05 PMciao autodidatta ben tornato.
io lo disprezzo, ma visto che ormai siamo nel mondo dominato da questi traditori del pensiero, a cui la maggioranza, e quindi anche un autodidatta si affida, ti rimando a cacciari.

Il superuomo vuole il tramonto del tempo, ossia della circolarità che il demone, ossia la scimmia (coloro che agiscono per induzione e giammai per deduzione) vorrebbe che tutti abbracciassero: ossia l'eterno ritorno dell'uguale.
Nietzche non ama le scimmie cha amano la ripetizione, anzi le detesta.
Qua sta facendo confusione tra l'amor fati della volontà dell'uomo a diventare superuomo, ossia dio, con il suo opposto ossia la volontà dell'umano troppo umano che vuole permanere nel suo immobilismo ebete (l'ebetismo dei vari galimberti e company)
nietzche non è autore per tutti!
mi dispiace deluderti  ;)

Per capire cosa sia l'industria culturale ti rimando a minima moralia, il testo fondamentale per qualsiasi autodidatta.
lasciando perdere l'introduzione  ;) in cui rimanda ad hegel, altro autore difficile difficile.
ma adorno si capisce anche senza hegel  ;)


Ciao Green.
Non è proprio l'amor fati a permettere all'oltreuomo di "godere" dell'eterno ritorno dell'uguale? Una trasformazione della volontà dell'umano che le permetta di abbracciare cio che è stato e ciò che ancora per infinite volte sarà. Certo, questo può farlo colui che ha vissuto quel momento, quella vetta del pensiero, delle emozioni etc.. che giustifichi il suo piacere nel pensarla ripetersi infinite volte.
Vedo l'eterno ritorno dell'uguale come la vera rivincita della volontà dell'uomo, che invece di rodersi l'anima per ciò che estato, ne abbraccia i momenti che sono stati degni di essere vissuti.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 18 Gennaio 2024, 19:45:34 PM
Citazione di: Autodidatta il 18 Gennaio 2024, 13:30:05 PMCiao Green.
Non è proprio l'amor fati a permettere all'oltreuomo di "godere" dell'eterno ritorno dell'uguale? Una trasformazione della volontà dell'umano che le permetta di abbracciare cio che è stato e ciò che ancora per infinite volte sarà. Certo, questo può farlo colui che ha vissuto quel momento, quella vetta del pensiero, delle emozioni etc.. che giustifichi il suo piacere nel pensarla ripetersi infinite volte.
Vedo l'eterno ritorno dell'uguale come la vera rivincita della volontà dell'uomo, che invece di rodersi l'anima per ciò che estato, ne abbraccia i momenti che sono stati degni di essere vissuti.

Al contrario è invece uno dei sintomi della nostra epoca, l'illusione di godere di un presente infinito: ma il tempo non può essere fermato, e la nevrosi emerge fino alle conseguenze mortifere contemporanee, che per quel che mi riguarda significa che la gente non pensa più a niente.


Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 18 Gennaio 2024, 20:01:17 PM
Citazione di: niko il 18 Gennaio 2024, 10:45:48 AMSe Dio e' morto, il passato non puo' e non deve diventare, per l'uomo, il nuovo feticcio a cui inchinarsi, il nuovo Dio.

Dio deve restare morto.

Ma Dio, in Nietzsche significa l'inattingibile alla volonta' umana, l'essere sottratto al divenire. Quindi, dire che:

"il passato non deve essere pensato come tradizionalmente viene pensato Dio, con le sue stesse divine caratteristiche, prendendone il posto",

significa dire che il passato deve essere pensato come diveniente, e disponibile alla volonta' umana, e in un qualche senso modificabile. Se Dio e' l'indiveniente e l'immodificabile, il giusto modo di pensare il passato e' pensarlo come un non Dio, come un qualcosa di diverso da Dio.

Ma l'unico modo di rendere il passato modificabile, cangiante e festoso, e oggetto leggittimo di una volonta' cangiante e festosa, e' pensare che esso ritorni. E non che ritorni secondo micro cicli in linea di principio conoscibili, ma secondo mega cicli anche singolarmente piu' grandi di ogni estensione abbaracciabile dalla coscienza e dalla conoscenza umana: il ritorno del passato si compie anche grazie all'oblio intrinseco proprio del trapassato, del passato non piu' noto perche' non piu' memorico; insomma non potrebbe proprio compiersi come processo interamente cosciente.

Se il passato ritorna, e questo e' il punto fondamentale, allora ritorna disponibile alla umana volonta', ritorna sotto le nostre mani, perche' noi a questo punto, accettando e accattato che ritorni, questo benedetto passato, lo possiamo prendere "per le corna" a partire dal presente e dal futuro, nell'attimo stesso in cui ci esso ritorna e ci ritorna in faccia. E non sempre e solo "per la coda", inseguendolo vanamente, accettando sempre e solo la sua (presunta, e ormai insostenibile) natura teoretica, indistruttibile, lineare e divina, che fu creduta natura propria di Dio, e ora, in tempi meno teologici, ma altrettanto decadenti, e' creduta natura propria del passato.

Ma perche' ritorni disponibile alla umana volonta', il passato deve tornare disponibile alla umana non-conoscenza, alla dimensione della tenebra, dell'inoggettuale e dell'istintuale, a cui pure, deve essere recuperato; insomma il passato ci torna "sotto le mani", solo se in una certa misura ci sfugge "da sotto gli occhi", solo se e' qualcosa di molto di piu' del passato inteso come passato memorico e teoretico: per questo poi, nella metafora, il ciclo cosmico e' qualcosa di molto di piu', di molto piu' lungo anche come durata, del ciclo rammemorabile dall'uomo.

Il futuro viene quando, in senso doppio, e forte, il passato e' passato; il futuro e' il passare del passato nel senso del suo tornare (continuamente) disponibile alla volonta', insomma in questa concezione non c'e' il tempo, e' la volonta' stessa, che manda avanti, e che come una talpa che scava si getta indietro, il tempo.

Dire che passato e futuro sono uguali, che sono due cicli che si corrispondono, vuol dire anche dire che passato e futuro sono sommamente inadatti a contenere il bene e il male, che, invece, sono, e restano, diversi. Ogni sia pur grande pensiero umano che abbia mai pensato l'eskaton, cioe' il futuro migliore del passato, o che abbia mai pensato la decadenza, cioe' il passato migliore del futuro, e' un pensiero superato, da abbandonare.

L'uomo deve farsene qualcosa di diverso, e di nuovo, di bene e male, piuttosto che collocarli alternativamente nel passato o nel futuro, piuttosto, insomma, che continuare a giocare al solito vecchio gioco del mondo teoretico (esemplarmente greco/gnostico) e del mondo fideistico (esemplarmente cristiano).

Se passato e futuro sono uguali, allora e' il nichilismo (sono morte sia la decadenza, che l'eskaton) ma e' anche la possibilita' della inconecepibile, immensa liberta'; se passato e futuro sono uguali, discreti, e formano due cicli sostanzialmente autosufficienti e autocausati, il passato e' liberato, dal gravoso compito, di essere (solo) la causa del futuro, e il futuro e' liberato dalla gravosa minorita', di essere (solo) l'effetto del passato. La sfida, e' immagginare il passato come qualcosa di diverso, dalla mera causa del futuro, e il futuro come qualcosa di diverso, dal mero effetto del passato.

Il passato ha in se' tutte le cause e tutti gli effetti (e' causa sui) e il futuro, doppiamente, pure.

E adesso, che non li possiamo piu' pensare "uniti" in un rapporto causale, e nemmeno, per quanto detto prima, in un rapporto etico-morale, in che (nuovo) rapporto li pensiamo?

In un rapporto libero, di desiderio, come fossero due amanti che si amano, ma che all'occorrenza camminano anche sulle loro gambe, non hanno bisogno, l'uno dell'altro per esistere, e non sono l'uno, il modello di perfezione irraggiungibile dell'altro.

La volonta' vuole, fare in modo che il futuro stia in piedi da solo, e vuole, fare in modo che altrettanto il passato, stia in piedi da solo, per collocarsi nel punto di contatto, nell'attimo, tra i due cicli ed essere cosi' libera di essere, libera di iniziare.
La volonta' non e' sconfitta quando un generico determinismo si impone, come concezione, su un generico libero arbitrio: la volonta' e' sconfitta quando il passato e' la causa del futuro. E finche' non saranno, due cicli uguali e completi, il passato sara' sempre, quello che ai fini della volonta' esso non deve essere, ovvero la causa del futuro, il suo precompletamento.

Il doppio mondo, dionisiaco, e' l'unica alternativa, al mondo dietro il mondo, apollineo. Se non vuoi, chimere metafisiche, e non puoi, volere il nulla, allora, per esclusione, vuoi cio' che c'e', vuoi riplasmare il cosmo in un suo ciclo successivo. Non vuoi che oltre il velo del non ancora rivelato ci sia il diverso, ma che ci sia l'uguale, desiderato sotto il segno del desiderio.
Si tratta di affermare che il desiderio, il vero desiderio nel cuore di un uomo, non puo' essere tolto da un oggetto, o da una filosofia della rassegnazione, ma solo, infinitamente, da un'altro uomo, altro uomo che agira' in corrispondenza e in servizio al nostro, presente, desiderio, solo se lui ha liberamente in se', lo stesso identico desiderio. Per questo, il superuomo vorrebbe vivere infinitamente e infinite volte la propria vita, nonostante tutto il dolore che questo comporterebbe. Non si tratta, di trovare una risposta alla precarieta' dell'essere, alla morte propria, che e' il falso problema dei falsi problemi, l'assurdita' stessa della metafisica. Ma una risposta alla precarieta' del divenire, alla morte dell'altro (e quindi al lutto come unica esperienza reale possibile della morte).

Se il passato non diviene, non tutto diviene. Se non tutto diviene, non c'e' salvezza per l'uomo.

Che e' salvezza dalla salvezza, salvezza nonostante l'inevitabilita' e la certezza della salvezza; salvezza nonostante il fatto che la vita, reale e corporea, in noi, scegliera', e sceglierebbe, sempre e comunque di vivere e di vivere ancora, nonostante tutta l'immensita' del dolore.

E anche chi si suicida, si suicida sempre contro la vita, e non mai contro la volonta' di vivere.


Per quello che ho letto, Nietzche è assolutamente antimetafisico, quindi rigetto le accuse che mi ha portato Ipazia.
Nemmeno mi soffermerei così tanto sui cicli cosmici, il meccanicismo di Nietzche è dovuto come già detto da Ipazia dal fatto che è un autore dell'800.
E di fatto la sua filosofia non sa che farsene di quei principi fisici, in quanto è una filosofia della volontà.
Una volontà liberatrice della storia anzitutto come almeno Jacopus concorda con me.
Penso che egli cercasse di inventare una nuova etica, completamente umana, e che e non lasciasse alcuno spazio a qualsiasi metafora, allegoria, anagogia.
Il discorso di Nice non è il mio, ma un potentissimo propellente anzitutto agli errori dellla metafisica, ma sopratutto alla creazione di un nuovo dio, come egli si chiamerà firmandosi Cristo.
Infatti questo trasformazione richiama a fondo kierkegaard, di cui gadamer ci aveva dato un video bellissimo in quel della rai e che ho postato nel 3d aperto da koba.
Come a dire che l'antimetafisica di Nietzche apre necessariamente a Kierkegaard.
(e quindi di nuovo san agostino, boezio e platone).

Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 18 Gennaio 2024, 20:04:55 PM
Citazione di: PhyroSphera il 18 Gennaio 2024, 13:16:27 PMDirei che dire ritorno è sufficiente senza specificare 'ritorno dell'uguale', perché se qualcosa di diverso accade non è un ritorno. Il fatto che intellettuali di grido come il Cacciari se ne siano scordati è sintomatico dell'assurdità e incapacità del tentativo di sinistra di accattivarsi l'opera di Nietzsche. Sanno di aver ricevuto una opposizione cui non possono reagire e si rifugiano in tattiche di aggiramento che obiettivamente raggiungono solo il ridicolo.

Mauro Pastore
Citando il pessimo Cacciari intendevo dire solo che almeno lui fa notare che non è il viandante che parla dell'eterno ritorno, ma la scimmia.
E quindi le interpetazioni idiote della contemporaneità, figlie dell'industria culturale, forse ma forse vanno rilette con sdegno.
(Non che Cacciari poi disegni un Nietzche credibile, il suo appiattimento al pensiero americano va ben oltre un discorso di semplice ignoranza, come nel caso di tanti altri, ma di una sua sottile diabolicità)
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: niko il 18 Gennaio 2024, 23:21:12 PM
Citazione di: green demetr il 18 Gennaio 2024, 20:01:17 PMPer quello che ho letto, Nietzche è assolutamente antimetafisico, quindi rigetto le accuse che mi ha portato Ipazia.
Nemmeno mi soffermerei così tanto sui cicli cosmici, il meccanicismo di Nietzche è dovuto come già detto da Ipazia dal fatto che è un autore dell'800.
E di fatto la sua filosofia non sa che farsene di quei principi fisici, in quanto è una filosofia della volontà.
Una volontà liberatrice della storia anzitutto come almeno Jacopus concorda con me.
Penso che egli cercasse di inventare una nuova etica, completamente umana, e che e non lasciasse alcuno spazio a qualsiasi metafora, allegoria, anagogia.
Il discorso di Nice non è il mio, ma un potentissimo propellente anzitutto agli errori dellla metafisica, ma sopratutto alla creazione di un nuovo dio, come egli si chiamerà firmandosi Cristo.
Infatti questo trasformazione richiama a fondo kierkegaard, di cui gadamer ci aveva dato un video bellissimo in quel della rai e che ho postato nel 3d aperto da koba.
Come a dire che l'antimetafisica di Nietzche apre necessariamente a Kierkegaard.
(e quindi di nuovo san agostino, boezio e platone).




I cicli cosmici sono, invece, fondamentali.

Non c'e' antinomia alcuna, in Nietzsche, tra eterno ritorno come principio deterministico naturale, da una parte, e come destino antropologico, dall'altra.

Per quanto alcuni interpreti "umanistici", di Nietzsche, come ad esepio Lewith, abbiano voluto vedere tale antinomia.

La volonta' vive ogni volta (diciamo pure: ad ogni ciclo) lo "sforzo" di far ritornare il mondo e il tempo identicamente, realmente.
NON c'e' un determinismo meccanico o destinale che si sostituisca alla volonta' nel riplasmare il mondo, c'e' semmai una volonta' che deve ripetere un compito apparentemente assurdo infinite volte, insomma un determinismo della volonta', che pero', e' assurdo solo per chi non lo ama e non lo comprende.

Ogni volta, il mondo potrebbe virtualmente non riplasmarsi identico, e, ogni volta, ad opera della volonta' e dell'eterogenesi dei fini intrinseca alle azioni di tutti i viventi, esso si riplasma identico; ogni volta c'e' la fatica, e ogni volta, c'e' il senso psicosomatico del se' e illusione dell'unico, l'incombere della morte, su ogni attore individuale, di tale innumerabile riplasmazione.
Ogni volta, non e' la stessa volta della volta precedente; "ritornano" solo le forze attive, quelle che non hanno mai valorizzato l'effimero nella pretesa di verita' di una qualche metafisica sia pure atea, quelle che hanno gia' dimostrato, di meritare il loro ritorno desiderandolo.
Ma il problema, non e' quello della morte, e' quello del lutto: che non muoia l'altro, che ti puo' desiderare retrospettivamente, a partire dal futuro, nei momenti in cui tu, non sai (ancora) desiderarti.

Il sistema e' dionisiacamente, e anche teoreticamente, cioe' apollineamente, doppio, espansivo nella direzione e nella dimensione del doppio; cioe', SE davvero nella tua vita c'e' un attimo di gioia immenso per cui tu personalmente rivivresti la tua vita infinitamente infinite volte nonostante il dolore (motivazione alla riplasmazione attiva, del mondo), allora, ANCHE l'attimo in cui tu comprendi teoreticamente, e impersonalmente, la realta' e la necessita' dell'eterno ritorno, e' un secondo attimo di gioia altrettanto immenso (contemplazione della riplasmazione passiva).
Non rivivresti la tua vita per un (solo) attimo, passato, ma per (almeno) due attimi, di cui uno passato e uno presente: attimo presente per cui puoi essere pago, anche esperienzialmente, della sensazione che ti darebbe rivivere la tua vita sapendo di riviverla.

E questi due attimi, che entrambi possono "stare" nell'interiorita' e nell'autocomprensione di un singolo uomo, stanno tra di loro (anche), figurativamente, come uomo e superuomo.

L'uomo, che e' l'attimo immenso del demone inteso nel suo senso intimistico, di ricordo felice singolarmente redimente il mondo ma insussistente nella sua fraintesa e illusiva singolarita', e', risiede, nel (tuo) passato; il superuomo, che e' una autocomprensione positiva del se' e del mondo sempre disponibile anche nel momento di massima disperazione, autocomprensione che, appunto, recupera tutto il tuo passato memore e noto, e non solo il tuo ricordo felice, alla disponibilita' della tua volonta' pur senza apparentemente cambiarlo, e' nel (tuo) presente.
E il (tuo) futuro dovrebbe cambiare, grazie a questa rivelazione, perche' dovrebbero cambiare le tue priorita'.


Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: PhyroSphera il 19 Gennaio 2024, 12:37:23 PM
Citazione di: green demetr il 18 Gennaio 2024, 20:04:55 PMCitando il pessimo Cacciari intendevo dire solo che almeno lui fa notare che non è il viandante che parla dell'eterno ritorno, ma la scimmia.
E quindi le interpetazioni idiote della contemporaneità, figlie dell'industria culturale, forse ma forse vanno rilette con sdegno.
(Non che Cacciari poi disegni un Nietzche credibile, il suo appiattimento al pensiero americano va ben oltre un discorso di semplice ignoranza, come nel caso di tanti altri, ma di una sua sottile diabolicità)
L'eterno ritorno è in Nietzsche un pensiero che non esclude la libertà e non è un'illusione, è un richiamo alla realtà, oltre gli inganni del progresso, non qualcosa che esiste per gli stupidi. Nietzsche lo coniugava alla possibilità della creatività ma non pensava che si potesse andare oltre di esso.

Mauro Pastore 
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 21 Gennaio 2024, 00:27:31 AM
Citazione di: niko il 18 Gennaio 2024, 23:21:12 PMI cicli cosmici sono, invece, fondamentali.

Non c'e' antinomia alcuna, in Nietzsche, tra eterno ritorno come principio deterministico naturale, da una parte, e come destino antropologico, dall'altra.

Per quanto alcuni interpreti "umanistici", di Nietzsche, come ad esepio Lewith, abbiano voluto vedere tale antinomia.

La volonta' vive ogni volta (diciamo pure: ad ogni ciclo) lo "sforzo" di far ritornare il mondo e il tempo identicamente, realmente.
NON c'e' un determinismo meccanico o destinale che si sostituisca alla volonta' nel riplasmare il mondo, c'e' semmai una volonta' che deve ripetere un compito apparentemente assurdo infinite volte, insomma un determinismo della volonta', che pero', e' assurdo solo per chi non lo ama e non lo comprende.

Ogni volta, il mondo potrebbe virtualmente non riplasmarsi identico, e, ogni volta, ad opera della volonta' e dell'eterogenesi dei fini intrinseca alle azioni di tutti i viventi, esso si riplasma identico; ogni volta c'e' la fatica, e ogni volta, c'e' il senso psicosomatico del se' e illusione dell'unico, l'incombere della morte, su ogni attore individuale, di tale innumerabile riplasmazione.
Ogni volta, non e' la stessa volta della volta precedente; "ritornano" solo le forze attive, quelle che non hanno mai valorizzato l'effimero nella pretesa di verita' di una qualche metafisica sia pure atea, quelle che hanno gia' dimostrato, di meritare il loro ritorno desiderandolo.
Ma il problema, non e' quello della morte, e' quello del lutto: che non muoia l'altro, che ti puo' desiderare retrospettivamente, a partire dal futuro, nei momenti in cui tu, non sai (ancora) desiderarti.

Il sistema e' dionisiacamente, e anche teoreticamente, cioe' apollineamente, doppio, espansivo nella direzione e nella dimensione del doppio; cioe', SE davvero nella tua vita c'e' un attimo di gioia immenso per cui tu personalmente rivivresti la tua vita infinitamente infinite volte nonostante il dolore (motivazione alla riplasmazione attiva, del mondo), allora, ANCHE l'attimo in cui tu comprendi teoreticamente, e impersonalmente, la realta' e la necessita' dell'eterno ritorno, e' un secondo attimo di gioia altrettanto immenso (contemplazione della riplasmazione passiva).
Non rivivresti la tua vita per un (solo) attimo, passato, ma per (almeno) due attimi, di cui uno passato e uno presente: attimo presente per cui puoi essere pago, anche esperienzialmente, della sensazione che ti darebbe rivivere la tua vita sapendo di riviverla.

E questi due attimi, che entrambi possono "stare" nell'interiorita' e nell'autocomprensione di un singolo uomo, stanno tra di loro (anche), figurativamente, come uomo e superuomo.

L'uomo, che e' l'attimo immenso del demone inteso nel suo senso intimistico, di ricordo felice singolarmente redimente il mondo ma insussistente nella sua fraintesa e illusiva singolarita', e', risiede, nel (tuo) passato; il superuomo, che e' una autocomprensione positiva del se' e del mondo sempre disponibile anche nel momento di massima disperazione, autocomprensione che, appunto, recupera tutto il tuo passato memore e noto, e non solo il tuo ricordo felice, alla disponibilita' della tua volonta' pur senza apparentemente cambiarlo, e' nel (tuo) presente.
E il (tuo) futuro dovrebbe cambiare, grazie a questa rivelazione, perche' dovrebbero cambiare le tue priorita'.



La vontà di apertura a qualsiasi possibilità futura, e nel futuro ad una nuova apertura verso il futuro etc....
E' la formula impossibile di creatività che Nice si illude di poter arrivare, ma che è il contrario dell'eterno ritorno.
il mio maestro l'ha chiamata serendipity (formula matematica), che comprende anche la patafisica a cui il mio maestro aderì all'epoca.
Oggi quel progetto è fallito.
Ovviamente è fallito, se prima non ci concentra con le coazioni della ripetizione.
Nietzche lo aveva già detto è la scimmia che fa il discorso sull'eterno ritorno.
Eterno ritorno è la ripetizione, oggi malattia del secolo nota come coazione a ripetere. arma di distruzione di massa del pensiero.
abbiamo una scimmia sulle spalle.....ma nice ce l'aveva già detto.
come l'industria culturale sia riuscita a ribaltare tutto questo è incredibile.

io non so se tu parli di creazione o se è la scimmia sulla tua spalla a suggerirti le cose.
ripeto leggi minima moralia non domani ma subito, ora adesso!!!
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: niko il 21 Gennaio 2024, 12:33:28 PM
Citazione di: green demetr il 21 Gennaio 2024, 00:27:31 AMLa vontà di apertura a qualsiasi possibilità futura, e nel futuro ad una nuova apertura verso il futuro etc....
E' la formula impossibile di creatività che Nice si illude di poter arrivare, ma che è il contrario dell'eterno ritorno.
il mio maestro l'ha chiamata serendipity (formula matematica), che comprende anche la patafisica a cui il mio maestro aderì all'epoca.
Oggi quel progetto è fallito.
Ovviamente è fallito, se prima non ci concentra con le coazioni della ripetizione.
Nietzche lo aveva già detto è la scimmia che fa il discorso sull'eterno ritorno.
Eterno ritorno è la ripetizione, oggi malattia del secolo nota come coazione a ripetere. arma di distruzione di massa del pensiero.
abbiamo una scimmia sulle spalle.....ma nice ce l'aveva già detto.
come l'industria culturale sia riuscita a ribaltare tutto questo è incredibile.

io non so se tu parli di creazione o se è la scimmia sulla tua spalla a suggerirti le cose.
ripeto leggi minima moralia non domani ma subito, ora adesso!!!



Non c'e' contraddizione tra eterno ritorno e creazione, perche' la volonta' non e' libera, non e' una liberta' del volere.

Cosi' come non c'e' contraddizione tra dimensione antropologica e dimensione naturalistica dell'eterno ritorno.

L'atto di ricreare in serie identica il mondo, il ciclo temporale, e' semplicemente il farsi esplicito di una volonta' implicita che sta (risiede) in tutti i viventi e che vuole vivere nonostante l'immensita' del (loro) dolore: questa volonta', istintuale deve farsi esplicita nel superuomo.

In questo senso, il ciclo temporale e' sia una possibilita' che una necessita'.

Vediamo meglio:

Una possibilita' >

Perche' esso, il ciclo temporale, certo non si compie da solo se non lo compi tu (a costo anche di mille sforzi e mille sofferenze).

Non e' e non rappresenta una sostituzione, o una prostituzione, dell'uomo o del soggetto (e della sua "dignita' ") ad opera del fato o di chissa' quali forze esterne.

Non esiste SOLO il tempo ciclico: esiste ANCHE il tempo lineare, che la volonta' deve, ogni volta contraddire. Il tempo ciclico e' un tempo "emergente come vincitire", ma non e' un tempo unico, non e' l'unica forma del tempo: la linearita', sconfitta, dalla volonta', idealmente, dovrebbe sopravvivere solo nel fatto, fantasmatico e gettato sulla sfondo, ma non percio' meno reale, che i cicli temporali, contemplati in serie sono, e restano, ineffabilmente diversi. L'uno non e' l'altro. E la loro diversita' e' una trascendenza che valorizza l'ultimo come eskaton, come teleologia; e' ognuno dei cicli e', o e' stato ultimo. 
Non si tratta di costruire la ripetibilita' dell'attimo presente al termine del ciclo presente, o "lungo" esso (la ripercorribilita' dell'attimo sul ciclo data la limitatezza del ciclo stesso), ma la proiezione "orizzontale" dell'attimo presente sulla serie dei cicli come attimo nuovo, costato gioie e dolori nuovi, ai viventi che di fatto sempre vivono a stento, a fatica. Insomma il trascendimento del ciclo nella serie dei cicli, eterno ritorno del differente, il che di fatto espande, ad ogni ciclo, la serie (che va pensata come una molla/spirale, con uno spessore, esistenziale, tridimensionale, e non come una serie di cicli invisibili perche' sovrapposti e coincidenti, apparenti esclusivamente nell'uno) soddisfando una volonta' "espansiva" e non una "intrappolata", nel singolo ciclo inteso come unica realta', perche' conserva la forma minima della differenza, sia pure intesa come differenza solo temporale tra identici.)

Una necessita'> 

Perche' comunque il ciclo si compie, in quanto la volonta' non e' liberta' del volere, e' volonta' di potenza.
Vivere nonostante il dolore e' quello che la vita ha voluto finora (dato di fatto), che vuole adesso (altro dato di fatto), e, con ogni probabilita', quello che vorra' in futuro (facilissima induzione).

Se la vita vuole vivere nonostante il dolore, riprodurra' il dolore pur di ritornare in quanto vita.

Del resto, che cosa mai potrebbe impedirglielo? 

Il nichilismo e' l'eclissi delle cause e dei fini, ma laddove non si e' causati ne' finalizzati, si e' desiderati retrospettivamente a partire dal futuro; non c'e' un passaggio alla liberta' e al regno della liberta', ma una transvalutazione di tutti i valori: il superuomo fonda come desiderio quello che nella modernita' nichilistica non puo' piu' essere fondato come causa o come fine: lui, il superuomo, si auto desidera, e quindi implicitamente desidera (anche) noi, che siamo (figuriamo) tra le sue cause. Noi che, in quanto "temporalmente" esauriti, non possiamo piu' desiderarci se non come sue cause, che in qualche modo dobbiamo rispindere, e corrispindere, a una chiamata evolutiva.

Il desiderio come desiderio umano e dell'uomo:  uomo e superuomo si desiderano attraverso il tempo.

Dunque, tirando le somme:

La creazione in Nietzsche ha senso perche' si iscrive come un negativo, e come una sovversione, in un'epoca di eteronomia e anticreativita', e perche' la implica, una tale epoca. Sia in particolare, come momento storico presente e decadente da superare; sia in generale, come sogno, tentativo, vicenda e impossibilita' di una creazione umana che sia definitiva e (dunque) distruttrice e trattenitrice di tutte le altre possibili creazioni, insomma come vissuto attivo del platonismo e del cristianesimo in quanto manifestazioni della volonta' di potenza.
Il che e' archetipico e di monito anche per tutte le grandi creazioni umane precedenti e successive, probabili e possibili; perche' si riferisce in generale alla convenzionalita' e alla pericolosita' e all'oblio filogenetico della fondazione di tutti i valori.

In un tempo eternamente ritornante e insensato, tu puoi "creare", istituire il "nuovo" nel ciclo eterno del tempo, solo nella misura in cui il ritmo stesso di questo tempo, che in definitiva in quanto ritmo non e' in tuo potere, si riferisce specificamente all'oblio e alla presenza (enantiodromica, e alternata) della creativita' e del suo opposto: l'eteronomia e la non creativita'; e solo nella misura in cui tu, di questo, di questa alternanza fondamentale, oltreche' della creazione stessa, ne sei consapevole.



Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 22 Gennaio 2024, 21:17:55 PM
Citazione di: niko il 21 Gennaio 2024, 12:33:28 PMNon c'e' contraddizione tra eterno ritorno e creazione, perche' la volonta' non e' libera, non e' una liberta' del volere.

Cosi' come non c'e' contraddizione tra dimensione antropologica e dimensione naturalistica dell'eterno ritorno.

L'atto di ricreare in serie identica il mondo, il ciclo temporale, e' semplicemente il farsi esplicito di una volonta' implicita che sta (risiede) in tutti i viventi e che vuole vivere nonostante l'immensita' del (loro) dolore: questa volonta', istintuale deve farsi esplicita nel superuomo.

In questo senso, il ciclo temporale e' sia una possibilita' che una necessita'.

Vediamo meglio:

Una possibilita' >

Perche' esso, il ciclo temporale, certo non si compie da solo se non lo compi tu (a costo anche di mille sforzi e mille sofferenze).

Non e' e non rappresenta una sostituzione, o una prostituzione, dell'uomo o del soggetto (e della sua "dignita' ") ad opera del fato o di chissa' quali forze esterne.

Non esiste SOLO il tempo ciclico: esiste ANCHE il tempo lineare, che la volonta' deve, ogni volta contraddire. Il tempo ciclico e' un tempo "emergente come vincitire", ma non e' un tempo unico, non e' l'unica forma del tempo: la linearita', sconfitta, dalla volonta', idealmente, dovrebbe sopravvivere solo nel fatto, fantasmatico e gettato sulla sfondo, ma non percio' meno reale, che i cicli temporali, contemplati in serie sono, e restano, ineffabilmente diversi. L'uno non e' l'altro. E la loro diversita' e' una trascendenza che valorizza l'ultimo come eskaton, come teleologia; e' ognuno dei cicli e', o e' stato ultimo.
Non si tratta di costruire la ripetibilita' dell'attimo presente al termine del ciclo presente, o "lungo" esso (la ripercorribilita' dell'attimo sul ciclo data la limitatezza del ciclo stesso), ma la proiezione "orizzontale" dell'attimo presente sulla serie dei cicli come attimo nuovo, costato gioie e dolori nuovi, ai viventi che di fatto sempre vivono a stento, a fatica. Insomma il trascendimento del ciclo nella serie dei cicli, eterno ritorno del differente, il che di fatto espande, ad ogni ciclo, la serie (che va pensata come una molla/spirale, con uno spessore, esistenziale, tridimensionale, e non come una serie di cicli invisibili perche' sovrapposti e coincidenti, apparenti esclusivamente nell'uno) soddisfando una volonta' "espansiva" e non una "intrappolata", nel singolo ciclo inteso come unica realta', perche' conserva la forma minima della differenza, sia pure intesa come differenza solo temporale tra identici.)

Una necessita'>

Perche' comunque il ciclo si compie, in quanto la volonta' non e' liberta' del volere, e' volonta' di potenza.
Vivere nonostante il dolore e' quello che la vita ha voluto finora (dato di fatto), che vuole adesso (altro dato di fatto), e, con ogni probabilita', quello che vorra' in futuro (facilissima induzione).

Se la vita vuole vivere nonostante il dolore, riprodurra' il dolore pur di ritornare in quanto vita.

Del resto, che cosa mai potrebbe impedirglielo?

Il nichilismo e' l'eclissi delle cause e dei fini, ma laddove non si e' causati ne' finalizzati, si e' desiderati retrospettivamente a partire dal futuro; non c'e' un passaggio alla liberta' e al regno della liberta', ma una transvalutazione di tutti i valori: il superuomo fonda come desiderio quello che nella modernita' nichilistica non puo' piu' essere fondato come causa o come fine: lui, il superuomo, si auto desidera, e quindi implicitamente desidera (anche) noi, che siamo (figuriamo) tra le sue cause. Noi che, in quanto "temporalmente" esauriti, non possiamo piu' desiderarci se non come sue cause, che in qualche modo dobbiamo rispindere, e corrispindere, a una chiamata evolutiva.

Il desiderio come desiderio umano e dell'uomo:  uomo e superuomo si desiderano attraverso il tempo.

Dunque, tirando le somme:

La creazione in Nietzsche ha senso perche' si iscrive come un negativo, e come una sovversione, in un'epoca di eteronomia e anticreativita', e perche' la implica, una tale epoca. Sia in particolare, come momento storico presente e decadente da superare; sia in generale, come sogno, tentativo, vicenda e impossibilita' di una creazione umana che sia definitiva e (dunque) distruttrice e trattenitrice di tutte le altre possibili creazioni, insomma come vissuto attivo del platonismo e del cristianesimo in quanto manifestazioni della volonta' di potenza.
Il che e' archetipico e di monito anche per tutte le grandi creazioni umane precedenti e successive, probabili e possibili; perche' si riferisce in generale alla convenzionalita' e alla pericolosita' e all'oblio filogenetico della fondazione di tutti i valori.

In un tempo eternamente ritornante e insensato, tu puoi "creare", istituire il "nuovo" nel ciclo eterno del tempo, solo nella misura in cui il ritmo stesso di questo tempo, che in definitiva in quanto ritmo non e' in tuo potere, si riferisce specificamente all'oblio e alla presenza (enantiodromica, e alternata) della creativita' e del suo opposto: l'eteronomia e la non creativita'; e solo nella misura in cui tu, di questo, di questa alternanza fondamentale, oltreche' della creazione stessa, ne sei consapevole.




La necessità del futuro nei cicli naturali io la chiamo semplicemente possibilità.
Comunque si, questo potrebbe benissimo essere stata la visione di Nietzche.
Ma Nietzche non lo leggerei mai come un semplice positivista.
Infatti benchè sono d'accordo con te con questa visione, io ritengo, e testo alla mano di Umano Troppo Umano, e ora che sto scolpendo lentamente dentro di me il dovere della lettura, presto anche del resto dell'opera nicciana, mi aspetto piuttosto una lettura degli aspetti critici che si frappongono a questa visione utopica e vitalistica.
Compito dell'uomo è superarli perchè giunga l'uomo che è già dopo tutti i suoi pregiudizi morali.
Siamo in una fase storica che d'altronde grida l'urgenza del ritorno ad un etica critica.
Riuscirà l'umanità a togliersi la scimmia?
Se devo basarmi sul livello di atroce demenza contemporaneo, la mia risposta è no.



Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: niko il 23 Gennaio 2024, 09:53:02 AM
Citazione di: green demetr il 22 Gennaio 2024, 21:17:55 PMLa necessità del futuro nei cicli naturali io la chiamo semplicemente possibilità.
Comunque si, questo potrebbe benissimo essere stata la visione di Nietzche.
Ma Nietzche non lo leggerei mai come un semplice positivista.
Infatti benchè sono d'accordo con te con questa visione, io ritengo, e testo alla mano di Umano Troppo Umano, e ora che sto scolpendo lentamente dentro di me il dovere della lettura, presto anche del resto dell'opera nicciana, mi aspetto piuttosto una lettura degli aspetti critici che si frappongono a questa visione utopica e vitalistica.
Compito dell'uomo è superarli perchè giunga l'uomo che è già dopo tutti i suoi pregiudizi morali.
Siamo in una fase storica che d'altronde grida l'urgenza del ritorno ad un etica critica.
Riuscirà l'umanità a togliersi la scimmia?
Se devo basarmi sul livello di atroce demenza contemporaneo, la mia risposta è no.






Il futuro e' necessario perche':

>Noi esistiamo e diveniamo

>dunque il passato obbiettivamente non ci ha impedito, in assoluto, dall'origine del tempo ad oggi, di esistere e di divenire, determinando esso stesso in quanto passato, in un ipotetico punto della storia dopo, l'origine, e prima, di noi, del punto in cui siamo noi, uno stato definitivo immutabile del tempo e del cosmo e mantenendo tale stato in eterno; unica condizione, questa, che impedirebbe, in assoluto a qualcosa, di esistere e divenire, a prescindere dalla probabilita', e dalla fortunosita', della nostra, personale esistenza.
In maniera molto simile all'illuminazione che ebbe Cartesio con il cogito, ma implicando in essa anche il corpo: noi siamo qualcosa, e qualcosa esiste e diviene. E' ben difficile, dubitarne.

>ma non c'e' un'origine del tempo (in quanto non c'e' Dio, e non c'e' un paradigma creazionista).

> dunque, meglio dovremmo dire, che il passato non ci ha impedito, di esistere e divenire, da infinito tempo, su un perenne "sfondo", naturale, dove avvengono gli eventi. La potenza infinita del passato, non ci ha impedito di essere e di divenire. Cio' di immanente e di terreno che ci permette di divenire ora, come proprieta' impersonale della natura, ci permette in realta' a ben vedere di divenire da sempre.

>dunque non c'e', non esiste, uno stato definitivo e cristallizzato (fisicamente ed eticamente escatologico) del mondo e del tempo nel passato (se ci fosse, ci avrebbe impedito di essere entita' viventi e divenienti qui ed ora, in quanto durerebbe tutt'ora, nella sua immobilita' negatrice del divenire, e quindi anche del nostro, divenire), e il passato e' infinito, dunque ha gia' manifestato almeno una volta (in realta': infinite, volte) la totalita' delle sue combinazioni e possibilita', e tra queste combinazioni e possibilita' non vi e', lo stato escatologico, che, nonostate la potenzialita' di espressione totale posta dall'incombere di un tempo perenne, non si e' manifestato.

>e non vi sara' uno stato escatologico neppure nel futuro, poiche' la totalita' del tempo futura, e' speculare e simmetrica a quella passata: non solo, all'infinito tutte le possibilita' si realizzano, ma se ci sono un passato, un presente e un futuro, e uno sfondo increato "ateo" e "naturalistico" su cui avvengono gli eventi, tale per cui la presenza di qualunque cosa nel tempo e presso il tempo su questo sfondo e' sempre spartiacque tra due meta' sostanzialmente uguali, basta la mezza/infinita' del (solo) passato, per dedurre l'esaurimento di tutte le possibilita' presso questa, "parziale", per modo di dire, infinita' e, quindi, per dedurre qualcosa di sensato sul futuro. Se non c'e' lo stato escatologico nella totalita' temporale passata, non c'e' neanche in quella futura. Perche' il tempo, illimitato, translato da una meta' all'altra con il presente come spartiacque, in un certo senso non sarebbe piu' lo stesso, ma le possibilita', limitate, resterebbero sempre le stesse, e gli elementi limitati discreti e combinabili (diciamo cosi' gli "atomi"), sempre gli stessi.

> il futuro e' necessario. Non solo, possibile.
Se non c'e' uno stato definitivo del mondo nel passato, non ce n'e' uno neanche nel futuro. Il tempo del riposo non c'e' per il mondo, e dunque, all'infinito, non c'e' nemmeno per noi.
Si va verso la vita, non verso la fine. Compresa la nostra, di vita, che ritornera' identica proprio perche' non e' che una possibilita' tra le le altre. Con la volonta' ad amarla e a sospingerla, e a struggersi, ogni volta come se fosse unica. Anche questo e' cogito, anche questo e' destino: siamo sopravvissuti, fino ad ora, alla violenza puramente negatrice, e cieca, e cancellatrice, che crediamo di vedere nell'infinito; gli sopravvivremo.
Non evitiamo ora gli inganni e le seduzioni, i tormenti e le necessarie imposizioni, le sottigliezze e i rivoli, di questa immensa struttura riproducente la vita e dalla vita riprodotta: non li eviteremo neanche in futuro.

Nell'eterno ritorno si pone il problema della salvezza del divenire e quindi il problema del lutto, della morte dell'altro agli occhi e alla prospettiva interna del se' (sopravvivra', avra' mai salvezza, il divenire? Questa, e' la domanda) e non quello della salvezza dell'essere, e quindi della morte propria, e del se' (sopravvivra', avra' mai salvezza l'essere? Questa, non e', una domanda sensata).
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: Pio il 23 Gennaio 2024, 10:05:26 AM
Lo stato escatologico è inteso in senso umano, riguarda l'uomo e non il tempo naturale del divenire. L'uomo nuovo nell'escatologia cristiana vive nel rinnovamento, non nella cristallizzazione. Infatti vengono profetizzati " cieli nuovi e terra nuova". È  quindi un tempo rinnovato non un tempo cristallizzato, immobile. Credo sia anche la visione ebraica del tempo.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: niko il 23 Gennaio 2024, 10:38:45 AM
Citazione di: Pio il 23 Gennaio 2024, 10:05:26 AMLo stato escatologico è inteso in senso umano, riguarda l'uomo e non il tempo naturale del divenire. L'uomo nuovo nell'escatologia cristiana vive nel rinnovamento, non nella cristallizzazione. Infatti vengono profetizzati " cieli nuovi e terra nuova". È  quindi un tempo rinnovato non un tempo cristallizzato, immobile. Credo sia anche la visione ebraica del tempo.

Gia' ma questo stato paradisiaco meraviglioso, se e' eterno non c'e' mai stato, perche' non perdura tutt'ora, e nell'attimo presente (invece) si soffre, e c'e' la sofferenza, che dello stato paradisiaco e' il contrario.

Se non e' eterno forse c'e' stato in passato, ok, questo al limite si puo' anche concedere, ma tale stato "nuovo", felicemente rinnovato, era caduco ed effimero, prova ne e'... il fatto che non c'e' piu'.

E quindi io posso immagginare un paradiso con tutte le caratteristiche di un eventuale paradiso perduto e in piu' anche eterno, e il paradiso nella mia immagginazione sarebbe piu' bello, e piu' completo, e piu' rassicurante, del paradiso reale, che non ha l'attributo dell'eternita', a differenza di quello che immaggino io, che invece ce l'ha.

Vedi, quale e' il punto? Che per dire che un paradiso eterno che non c'e' mai stato in passato ci possa (invece) essere nel presente e nel futuro, bisogna immagginare una strutfura asimmetrica del tempo, in cui il futuro, costituisca una differenza assoluta rispetto al passato. 
E pure che un eventuale "presente mistico", in cui il regno di Dio e' presagito, e vissuto selettivamente dagli eletti, la costituisca, una differenza temporale assoluta del genere.

Oppure ci potrebbero essere stati dei paradisi effimeri che non danno nessuna sicurezza: eta' dell'oro, piuttosto che paradisi. Ma non mi pare, che il cristianesimo e l'ebraismo si limitino a teorizzare quelli effimeri, rinunciando del tutto a parlare di quelli eterni, e soprattutto a prometterli agli uomini.

Non e' possibile, una nuova caduta dopo il paradiso. Quindi il tempo non e' ciclico. Si promette di entrare in un futuro assolutamente diverso dal passato. O, che e' lo stesso, di presagirlo in un presente mistico che vale solo per alcuni.

Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: Pio il 23 Gennaio 2024, 12:35:13 PM
Infatti nelle religioni abramitiche il tempo non è ciclico. I cieli e terra nuovi parlano di un futuro diverso nella qualità da tutto ciò che c'è stato, che non è nemmeno un ritorno all'Eden. È una visione di fede s'intende. Il tempo è una retta che va dal caos primigenio, attraversa la caduta,  fino a questa visione di un cosmo rinnovato, dove "leone e agnello pascolano insieme" che intendo simbolicamente come un tempo dove cessa ogni conflitto.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: Pensarbene il 23 Gennaio 2024, 12:49:41 PM
Dal punto di vista logico, del buon senso e dell'esperienza umana noi non dovremmo esistere come non potrebbe esistere ciò che esiste.
Ogni volta io leggo qui e altrove l'inpossibilitã di capire l'esistente se non dandogli una patente di infinità di per sè stesso o di creazione divina.
Come diceva Hawking , il problema del Nulla è il fatto che non esiste ma serve come escamotage per evitare il problema dell'esistere ...dell'esistente.

Io la vedo così: se non si può dimostrare che l'esistente è infinito in ogni direzione oppure, se non si può dimostrare che è retto da una eternità divina, allora bisogna ammettere che L'ESISTENTE NON ESISTE AFFATTO,NON PUÒ ESISTERE E, IN PRATICA, È UNA ILLUSIONE DEL NULLA.
Questa è logica non è religione o ateismo.
Se uno sceglie l'esistente come infinito sa che non può dimostrarlo, se uno sceglie l'esistente come creazione e/o emanazione della divinitå  sa che non può dimostrarlo 
Se uno nega Dio o lo afferma sa che non può pretendere di  dimostrare  e  condividere unanimemente queste scelte.
Allora,resta il Nulla come risposta, una risposta che io non amo e non condivido ma che posso capire logicamente.
Il Nulla risponde a tutte le domande perchè le anNulla tutte,
il Nulla anNulla tutto e tutti  e io non lo sottovaluterei affatto perchè ,secondo me , sta facendo quello che sta scritto nella Storia Infinita  facendo, purtroppo,fin troppo bene, il suo lavoro!




Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: niko il 23 Gennaio 2024, 13:27:20 PM
Citazione di: Pensarbene il 23 Gennaio 2024, 12:49:41 PMDal punto di vista logico, del buon senso e dell'esperienza umana noi non dovremmo esistere come non potrebbe esistere ciò che esiste.
Ogni volta io leggo qui e altrove l'inpossibilitã di capire l'esistente se non dandogli una patente di infinità di per sè stesso o di creazione divina.
Come diceva Hawking , il problema del Nulla è il fatto che non esiste ma serve come escamotage per evitare il problema dell'esistere ...dell'esistente.

Io la vedo così: se non si può dimostrare che l'esistente è infinito in ogni direzione oppure, se non si può dimostrare che è retto da una eternità divina, allora bisogna ammettere che L'ESISTENTE NON ESISTE AFFATTO,NON PUÒ ESISTERE E, IN PRATICA, È UNA ILLUSIONE DEL NULLA.
Questa è logica non è religione o ateismo.
Se uno sceglie l'esistente come infinito sa che non può dimostrarlo, se uno sceglie l'esistente come creazione e/o emanazione della divinitå  sa che non può dimostrarlo
Se uno nega Dio o lo afferma sa che non può pretendere di  dimostrare  e  condividere unanimemente queste scelte.
Allora,resta il Nulla come risposta, una risposta che io non amo e non condivido ma che posso capire logicamente.
Il Nulla risponde a tutte le domande perchè le anNulla tutte,
il Nulla anNulla tutto e tutti  e io non lo sottovaluterei affatto perchè ,secondo me , sta facendo quello che sta scritto nella Storia Infinita  facendo, purtroppo,fin troppo bene, il suo lavoro!







Anche il nulla e' una ipotesi, perche' per avere senso come ipotesi deve essere pensato cone uno zero matematico, una totalita' nulla, insomma una totalita' composta da "parti" solo relativamente essenti, e solo nella misura in cui opposte rispetto ad altre parti, squilibrate.

Noi non viviamo nel nulla, viviamo nell'esistente, ma essendoci un velo di ignoranza su quello che possiamo conoscere, e quello che sta oltre il velo ci rimane inconoscibile, non possiamo escludere nemmeno che l'essente ed esistente che (localmente) conosciano, a distanze e livelli superiori a quelli della nostra conoscibilita' faccia parte di una totalita' nulla, cioe' che oltre il velo vi sia la struttura dell'anti-esistenza, che annullerebbe l'esistente ai fini del valore di esistenza attribuibile (o non attribuibile) alla totalita'.

Noi potremmo essere nella parte +1, oltre il velo della nostra conoscenza potrebbe giacere la parte -1, e il mondo potrebbe a nostra insaputa valere 0, come totalita'.

Sarebbe un pan-ateismo, cioe' un sistema in cui il Dio, inesistente, si identifica integralmente con il cosmo e la natura, altrettanto inesistente. Tutto e' Dio, che non c'e' e che non e' ne' vero ne' credibile, e c'e' solo il nulla

Ogni male e ogni sofferenza sarebbe giustificata, cioe' annullata, data la totalita' nulla del mondo-vero, e l'affermazione secondo cui esiste solo cio' che e' parziale e intrinsecamente limitato rispetto al mondo vero nullo, con controparte annullante rispetto al mondo esistente inconoscibile per dei nostri, e indifferenti al mondo, limiti. Ma qualcosa mi dice che tutto cio' non funziona, e che non e' cosi'.

Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: Pensarbene il 23 Gennaio 2024, 16:38:02 PM
diciamo che gli esseri umani non si fidano di niente e di nessuno,  neppure di loro stessi.
Quindi vivono in una paranoia normalizzata  in cui ogni variabile inaspettata  viene vista come ostile, pericolosa e fobica..
Il COVID ha dato una lezione epocale all'umanità proprio per questo.
"Essi preferiscono il nulla all'imprevisto,figurarsi al vero se fosse tutto il contrario di quello che pensano essere...
Per questo non sapranno mai  quello che li stenderebbe psicologicamente,
esistenzialmente,culturalmente.
Mi spiace dirlo ma è così:apparisse Dio in persona  e facesse miracoli epocali tipo fare apparire un altro sole, troverebbero il modo di valutare la cosa attribuendola a qualche ignota forza naturale o fenomeno cosmico.
Sono fatti così..."
dice un mio amico sorridendo e ha ragione.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: PhyroSphera il 26 Gennaio 2024, 15:52:58 PM
Citazione di: Pio il 23 Gennaio 2024, 10:05:26 AMLo stato escatologico è inteso in senso umano, riguarda l'uomo e non il tempo naturale del divenire. L'uomo nuovo nell'escatologia cristiana vive nel rinnovamento, non nella cristallizzazione. Infatti vengono profetizzati " cieli nuovi e terra nuova". È  quindi un tempo rinnovato non un tempo cristallizzato, immobile. Credo sia anche la visione ebraica del tempo.
Beh, però cielo e terra ritornano anche per la dottrina cristiana.

Mauro Pastore 
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: PhyroSphera il 26 Gennaio 2024, 15:55:52 PM
Citazione di: Pio il 23 Gennaio 2024, 12:35:13 PMInfatti nelle religioni abramitiche il tempo non è ciclico. I cieli e terra nuovi parlano di un futuro diverso nella qualità da tutto ciò che c'è stato, che non è nemmeno un ritorno all'Eden. È una visione di fede s'intende. Il tempo è una retta che va dal caos primigenio, attraversa la caduta,  fino a questa visione di un cosmo rinnovato, dove "leone e agnello pascolano insieme" che intendo simbolicamente come un tempo dove cessa ogni conflitto.
In realtà anche le religioni abramitiche attribuiscono alla natura i cicli. Solo che il loro messaggio originale si riferisce all'àmbito del soprannaturale.

Mauro Pastore 
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 09 Febbraio 2024, 23:30:50 PM
Citazione di: niko il 23 Gennaio 2024, 09:53:02 AMIl futuro e' necessario perche':

Nell'eterno ritorno si pone il problema della salvezza del divenire e quindi il problema del lutto, della morte dell'altro agli occhi e alla prospettiva interna del se' (sopravvivra', avra' mai salvezza, il divenire? Questa, e' la domanda) e non quello della salvezza dell'essere, e quindi della morte propria, e del se' (sopravvivra', avra' mai salvezza l'essere? Questa, non e', una domanda sensata).

Non mi pare sia questa la strada.
Anzitutto perchè il tempo, almeno il tempo filosofico, non certo quello scientifico (che pone l'unità di misura), riguarda il soggetto.
Il divenire in sè è cioè una domanda priva di senso, se non ne diamo il termine di paragone.
Non mi pare tu lo faccia.


Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: niko il 10 Febbraio 2024, 14:05:35 PM
Citazione di: green demetr il 09 Febbraio 2024, 23:30:50 PMNon mi pare sia questa la strada.
Anzitutto perchè il tempo, almeno il tempo filosofico, non certo quello scientifico (che pone l'unità di misura), riguarda il soggetto.
Il divenire in sè è cioè una domanda priva di senso, se non ne diamo il termine di paragone.
Non mi pare tu lo faccia.





Il termine di paragone e' che tu non devi vivere aspettando il ritorno dei tuoi attimi felici passati (e intendo, il primo bacio? La prima ubriacatura con gli amici? La presenza delle persone care ormai morte? Fai tu, che ti conosci meglio di quanto ti possa conoscere io, come definizione di "attimo felice").
Ma che anche l'attimo potenzialmente presente in cui tu realizzi la verita' dell'eterno ritorno (questo attimo!) e' un attimo felice. Lo e' teoreticamente, anche se magari non praticamente. Vale quanto quello del primo bacio eccetera eccetera. Perche' e' in questo attimo, che tu hai ricevuto una notizia che, se sei un superuomo e nella misura in cui sei un superuomo, ti rende felice. E cioe' la notizia che tutto, tutto il bene e tutto il male della tua vita, dovra' ritornare a te.

Il mondo si supera, supera se stesso e si trascende, ma verso un doppio mondo dionisiaco, non verso un alter-mondo metafisico.
E, per farlo, per sdoppiarsi come fa una cellula in un futuro identico a un passato identico, con un labile e poi subito perduto punto di contatto tra i due cerchi, richiede la tua partecipazione.

Se tu fossi certo, di dover rivivere la stessa vita innumerevoli volte, dovresti cambiare le tue priorita'. Diverresti significativamente, perche' e nella misura in cui saresti certo di ritornare, a partire dal punto in cui ne saresti certo.

E nel tuo divenire, saresti capace, finalmente, di accettare l'uomo. Che, dalla sua propria prospettiva, vorrebbe rivivere solo piccolissima parte del suo tempo, e non tutto il suo tempo, ma solo perche' il suo tempo lo ha vissuto male, senza la forza, e il coraggio, di viverlo pienamente.
Senza l'intuizione e l'accettazione dell'eterno ritorno.
Ma tu non potresti lo stesso odiarlo o svalutarlo, perche', se tu sei il superuomo, l'uomo e' la tua causa, il tuo appiglio nel tempo.

Il tipo di uomo capace di rivolere l'uomo, e' solo ed esclusivamente il tipo di uomo capace di rivolere, anche, e simultaneamente all'uomo, tutto il resto del mondo, le nuvole, le stelle, i lupi, le rocce eccetera: l'uomo e' la cosa del mondo piu' volente e dolente, e quindi l'ultimo limite del superuomo, la cosa del mondo piu' difficile da volere dalla prospettiva, successiva, e dunque esterna, di chi, proprio al volerlo, avrebbe infinita altra alternativa.

Uomo e superuomo, si desiderano e si supportano a distanza nel tempo. In un gioco in cui conta la salvezza del divenire non dell'essere.

Tutto ritorna uguale attraverso il tempo, con la differenza, non da poco,  di essere voluto, e superato, e distrutto, e obliato, e ricostruito ogni volta. E in questa differenza inestinguibile presso la serie degli identici, sta la verita' del divenire.

Verita' sempre a rischio e precaria, verita' da rimettere alla prova e da ridimostrare sempre.

Ogni ciclo temporale potrebbe essere l'ultimo, l'ultimo prima della fine e del precipitare escatologico di tutta la serie dei cicli in uno stato inedito cristallizzato, definitivo o infinitamente caotico, perche' non c'e', un automatismo del ritorno, una garanzia meccanica del ritornare. O almeno, non c'e' la garanzia del ritornare di una certa specifica forma determinata.

Il ritornare, della forma determinata che siamo e in cui viviamo, aspetta l'assenso, della volonta'.



Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 11 Febbraio 2024, 02:39:08 AM
Citazione di: niko il 10 Febbraio 2024, 14:05:35 PMIl termine di paragone e' che tu non devi vivere aspettando il ritorno dei tuoi attimi felici passati (e intendo, il primo bacio? La prima ubriacatura con gli amici? La presenza delle persone care ormai morte? Fai tu, che ti conosci meglio di quanto ti possa conoscere io, come definizione di "attimo felice").
Ma che anche l'attimo potenzialmente presente in cui tu realizzi la verita' dell'eterno ritorno (questo attimo!) e' un attimo felice. Lo e' teoreticamente, anche se magari non praticamente. Vale quanto quello del primo bacio eccetera eccetera. Perche' e' in questo attimo, che tu hai ricevuto una notizia che, se sei un superuomo e nella misura in cui sei un superuomo, ti rende felice. E cioe' la notizia che tutto, tutto il bene e tutto il male della tua vita, dovra' ritornare a te.

Il mondo si supera, supera se stesso e si trascende, ma verso un doppio mondo dionisiaco, non verso un alter-mondo metafisico.
E, per farlo, per sdoppiarsi come fa una cellula in un futuro identico a un passato identico, con un labile e poi subito perduto punto di contatto tra i due cerchi, richiede la tua partecipazione.

Se tu fossi certo, di dover rivivere la stessa vita innumerevoli volte, dovresti cambiare le tue priorita'. Diverresti significativamente, perche' e nella misura in cui saresti certo di ritornare, a partire dal punto in cui ne saresti certo.

E nel tuo divenire, saresti capace, finalmente, di accettare l'uomo. Che, dalla sua propria prospettiva, vorrebbe rivivere solo piccolissima parte del suo tempo, e non tutto il suo tempo, ma solo perche' il suo tempo lo ha vissuto male, senza la forza, e il coraggio, di viverlo pienamente.
Senza l'intuizione e l'accettazione dell'eterno ritorno.
Ma tu non potresti lo stesso odiarlo o svalutarlo, perche', se tu sei il superuomo, l'uomo e' la tua causa, il tuo appiglio nel tempo.

Il tipo di uomo capace di rivolere l'uomo, e' solo ed esclusivamente il tipo di uomo capace di rivolere, anche, e simultaneamente all'uomo, tutto il resto del mondo, le nuvole, le stelle, i lupi, le rocce eccetera: l'uomo e' la cosa del mondo piu' volente e dolente, e quindi l'ultimo limite del superuomo, la cosa del mondo piu' difficile da volere dalla prospettiva, successiva, e dunque esterna, di chi, proprio al volerlo, avrebbe infinita altra alternativa.

Uomo e superuomo, si desiderano e si supportano a distanza nel tempo. In un gioco in cui conta la salvezza del divenire non dell'essere.

Tutto ritorna uguale attraverso il tempo, con la differenza, non da poco,  di essere voluto, e superato, e distrutto, e obliato, e ricostruito ogni volta. E in questa differenza inestinguibile presso la serie degli identici, sta la verita' del divenire.

Verita' sempre a rischio e precaria, verita' da rimettere alla prova e da ridimostrare sempre.

Ogni ciclo temporale potrebbe essere l'ultimo, l'ultimo prima della fine e del precipitare escatologico di tutta la serie dei cicli in uno stato inedito cristallizzato, definitivo o infinitamente caotico, perche' non c'e', un automatismo del ritorno, una garanzia meccanica del ritornare. O almeno, non c'e' la garanzia del ritornare di una certa specifica forma determinata.

Il ritornare, della forma determinata che siamo e in cui viviamo, aspetta l'assenso, della volonta'.




Il tempo come ciclo, il tempo come ritorno, il tempo come fine, precipizio, il tempo come volontà.
Come può un solo concetto avere dentro tutto e il suo contrario.
Questa non è filosofia.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: niko il 11 Febbraio 2024, 11:46:12 AM
Citazione di: green demetr il 11 Febbraio 2024, 02:39:08 AMIl tempo come ciclo, il tempo come ritorno, il tempo come fine, precipizio, il tempo come volontà.
Come può un solo concetto avere dentro tutto e il suo contrario.
Questa non è filosofia.


Eppure l'eterno ritorno e' la forma piu' semplice possibile di una antimetafisica: la "fine", il precipizio, di cui parli tu non c'entrano niente, se non forse da un punto di vista psicologico, come effetto, che puo' fare questa concezione del tempo agli uomini.

Invece della fine, c'entra, davvero, il "fine", lo scopo.

Il fine del tempo, e' nel tempo. Il fine dello spazio, e' nello spazio.

E' questo il concetto fondamentale.
Il concetto che non c'e' nessun mondo dei fini a parte. Nessun iperuranio, nessun paradiso, nessuna dimensione divina, nessuna dimensione immateriale umana nel senso hegeliano o platonico di "spirito" in cui si decidano, "in separata sede", i fini, degli uomini o delle cose. Invece, nell'eterno ritorno, si afferma che Il mondo delle cose, e' (direttamente) anche il mondo dei fini. Semplice, ed elegante. Contraddittorio solo per chi e' (ancora) psicologicamente, piuttosto che logicamente, in Platone.

E non ho detto, si badi bene, che il fine del tempo sia in un certo, punto, in qualche modo preferenziale, del tempo, (il momento di un "avvenimento topico" qualsivoglia), e non ho nemmeno detto che il fine dello spazio sia una certa, disposizione dello spazio (la disposizione "migliore" delle cose). Intendevo in senso totale.
Intendevo che:

Il fine del tempo e' in (tutto) il tempo: in tutti gli attimi, di tutto il tempo.

Il fine dello spazio e' (in tutto) lo spazio: tutte le didposizioni possibili, di tutto lo spazio.

Se tempo e spazio concettualmente, sommati insieme formano altri concetti come: "il mondo" o "la natura", allora possiamo dire che il fine del mondo e' nel mondo, e il fine della natura e' nella natura.

Il disporsi della "storia" biologica, naturale e umana in una serie infinita di cicli identici, non e' che il dispiegarsi della natura/mondo che raggiunge i suoi fini, ripercorrendo, ed espandendo nella ripetizione, tutti gli attimi del "suo" tempo e tutte le disposizioni del "suo" spazio, che definiscono i "suoi" fini. E tutto questo, senza, "fine".

Tu vuoi delle cose, ad esempio mangiare, essere felice, essere amato, essere in salute, e la natura, personificata in questa allegoria pure, vuole delle cose: rioercorrere tutti i sui attimi, di cui nessuno e' finale, nessuno e' iniziale, nessuno e' intermedio, nessuno e' preferenziale.

Non mi pare, che sia difficile da capire.

Tu giungi a un compromesso, tra felicita' e realta', nel senso che quello che vuoi e che hai, non ti rende completamente e ininterrottamente felice, e la natura personificata, la volonta' di potenza, pure, giunge a un compromesso tra sua felicita' e sua realta', perche' al "termine" di ogni ciclo, non e' paga e ne inizia un'altro: per aquisire parte significativa di cio' che costituisce il suo scopo, del tempo e nel tempo, deve perderne, altra parte, quindi il ciclo non e' mai riconoscibile come tale se non per convenzione di qualcuno, di inesistente, che lo guardasse dall'esterno, e la natura e' sempre, all'inseguimento, di se stessa. Non ha una quieta e felice "memoria", dove depositare quello che perde, procedendo, per quadagnare altro, quindi, proprio nel suo procedere, deve tornare costantemente alla realta' materiale del "perduto", e porvi rimedio.

Neanche questo, mi sembra inconcepibilmente difficile, da capire.

Tutto questo e', semmai, difficile da accettare, nel senso che a un popolo di individui abituati al cristianesimo e al platonismo, (morali servili...) quindi al concetto opposto di "fine del tempo fuori dal tempo" (Dio, l'idea), e di "fine dello spazio fuori dallo spazio" (altri mondi che a vario titolo contengano, Dio o l'Idea: paradisi, iperurani), questo concetto di fine del tempo dentro il tempo e di fine dello spazio dentro lo spazio, fa orrore. Secondo loro, c'e' un inizio del tempo fuori dal tempo, e un fine/scopo del tempo fuori dal tempo, che e' Dio, o e' l'idea.

In loro, l'infinita' del compito, di perfezionamento mistico, o storico, dell'uomo nel senso di una filosofia della storia, e' data dall'impossibilita' dell'uomo, finito, di assimilarsi completamente al Dio infinito. Nell'eterno ritorno, l'infinita' di un compito di fatto infinito, che non coinvolge solo l'uomo, ma certo anche, l'uomo, al contrario, e' data dalla sua stessa, infinita, possibilita': finito un ciclo eonico, finito un anno cosmico, se ne puo' sempre ri/incominciare un'altro: e' proprio la "banalita' " di una costruzione e distruzione, e ridisposizione, sostanzialmente materica, e materiale, sostanzialmente energetica ed energizzante, a renderla infinita.

Ovviamente, anche nell'eterno ritorno il discorso sulla metafisica e sulla spiritualita' non e' (ingenuamente) eluso, ma riportato, marxianamente direi, con i piedi per terra: la "forma" complessa prolungata e dettagliata del mondo, che la natura deve costantemente distruggere e ricostruire, comprende le azioni volontarie e i benche' minimi sentimenti e pensieri, e ricordi, e corpi,  di tutti i viventi, che rientrano nel ciclo come attimi, degni e alla pari con gli altri, del tempo e quindi come perseguibili scopi e micro-scopi ad opera della natura/volonta' di potenza.
E qui e' il vero abisso: nel senso che e' "schopenahueriamente" previsto, che ogni essere vivente abbia il corpo e la testa infarciti di illusioni, di fatue rappresentazioni, di istinti corporali "noumenici", e quindi indefinibili e innominabili, per fare la sua parte, secondo un copione, di uno spettacolo, di cui ogni singolo vivente fraintende gli scopi; cioe' egli fraintende che lo scopo fondamentale della vita, di ogni vita, e' riportare in vita, ciclicamente il mondo (e magari si aspetta, "leopardianamente" dalla benevolenza della natura la sua felicita' individuale o chissa' quali altri "doni"). Ogni singolo vivente, tranne forse il superuomo, che non fraintende lo scopo della vita, ma lo intende.

Ma sta di fatto che nel mondo c'e' la vita, e quindi il ritorno del mondo deve essere volontario, e derivare dalla somma, sia pure incalcolabile, delle azioni dei viventi. E dei loro impulsi e pensieri.

Ogni vivente deve esprimere un proprio ed intimo consenso al "ritorno" quanto meno inconsapevole, deve essere guidato dal suo stesso fato a ritornare.

Il suo proprio e intimo consenso al "ritorno", ogni essere lo esprime essenzialmente vivendo, e quindi riconfermando che la sua gioia in se' valga il suo dolore, e che ogni sua resistita e insistita agonia, sia migliore della (sua) morte. Ogni ciclo, potrebbe essere l'ultimo, ma non e', l'ultimo. O almeno, non lo e' mai stato fino ad ora. Ovvero il ciclo presente ci intertoga nella sua presenza, e' diverso dagli altri, esprime il ritorno non di tutte le forze, ma solo delle forze attive .

Su questo intimo consenso, che e' la vitalita' stessa dei corpi, si aggiungono, le illusioni metafisiche.
Che non sono spazzatura in assoluto, funzionano nella misura in cui potenziano questo intimo consenso e lo supportano quando manca, permettendo anche loro, pur in quanto illusioni, il ritorno del mondo.

insomma anche le illusioni metafisiche, sono ovviamente, previste e centellinate dalla natura, anche esse contribuiscono, se nella giusta dose e nel giusto tempi, al ritorno del mondo.

E infatti Nietszche  non propone di buttarle al cesso le illusioni metafisiche (del resto come, anche lui, potrebbe?), ma di giocare liberamente con esse, sapendo che sono illusioni. E che non tutte le illusiini sono uguali. E che le illusioni si valutano in base all'utile. Che non e' un utile fisso, ma un utile che varia seconfo lo spazio, e il tempo e il carattere degli individui che di certe illusioni si illudono.

Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 16 Febbraio 2024, 15:11:06 PM
Citazione di: niko il 11 Febbraio 2024, 11:46:12 AMEppure l'eterno ritorno e' la forma piu' semplice possibile di una antimetafisica: la "fine", il precipizio, di cui parli tu non c'entrano niente, se non forse da un punto di vista psicologico, come effetto, che puo' fare questa concezione del tempo agli uomini.

Invece della fine, c'entra, davvero, il "fine", lo scopo.

Il fine del tempo, e' nel tempo. Il fine dello spazio, e' nello spazio.

E' questo il concetto fondamentale.
Il concetto che non c'e' nessun mondo dei fini a parte. Nessun iperuranio, nessun paradiso, nessuna dimensione divina, nessuna dimensione immateriale umana nel senso hegeliano o platonico di "spirito" in cui si decidano, "in separata sede", i fini, degli uomini o delle cose. Invece, nell'eterno ritorno, si afferma che Il mondo delle cose, e' (direttamente) anche il mondo dei fini. Semplice, ed elegante. Contraddittorio solo per chi e' (ancora) psicologicamente, piuttosto che logicamente, in Platone.

E non ho detto, si badi bene, che il fine del tempo sia in un certo, punto, in qualche modo preferenziale, del tempo, (il momento di un "avvenimento topico" qualsivoglia), e non ho nemmeno detto che il fine dello spazio sia una certa, disposizione dello spazio (la disposizione "migliore" delle cose). Intendevo in senso totale.
Intendevo che:

Il fine del tempo e' in (tutto) il tempo: in tutti gli attimi, di tutto il tempo.

Il fine dello spazio e' (in tutto) lo spazio: tutte le didposizioni possibili, di tutto lo spazio.

Se tempo e spazio concettualmente, sommati insieme formano altri concetti come: "il mondo" o "la natura", allora possiamo dire che il fine del mondo e' nel mondo, e il fine della natura e' nella natura.

Il disporsi della "storia" biologica, naturale e umana in una serie infinita di cicli identici, non e' che il dispiegarsi della natura/mondo che raggiunge i suoi fini, ripercorrendo, ed espandendo nella ripetizione, tutti gli attimi del "suo" tempo e tutte le disposizioni del "suo" spazio, che definiscono i "suoi" fini. E tutto questo, senza, "fine".

Tu vuoi delle cose, ad esempio mangiare, essere felice, essere amato, essere in salute, e la natura, personificata in questa allegoria pure, vuole delle cose: rioercorrere tutti i sui attimi, di cui nessuno e' finale, nessuno e' iniziale, nessuno e' intermedio, nessuno e' preferenziale.

Non mi pare, che sia difficile da capire.

Tu giungi a un compromesso, tra felicita' e realta', nel senso che quello che vuoi e che hai, non ti rende completamente e ininterrottamente felice, e la natura personificata, la volonta' di potenza, pure, giunge a un compromesso tra sua felicita' e sua realta', perche' al "termine" di ogni ciclo, non e' paga e ne inizia un'altro: per aquisire parte significativa di cio' che costituisce il suo scopo, del tempo e nel tempo, deve perderne, altra parte, quindi il ciclo non e' mai riconoscibile come tale se non per convenzione di qualcuno, di inesistente, che lo guardasse dall'esterno, e la natura e' sempre, all'inseguimento, di se stessa. Non ha una quieta e felice "memoria", dove depositare quello che perde, procedendo, per quadagnare altro, quindi, proprio nel suo procedere, deve tornare costantemente alla realta' materiale del "perduto", e porvi rimedio.

Neanche questo, mi sembra inconcepibilmente difficile, da capire.

Tutto questo e', semmai, difficile da accettare, nel senso che a un popolo di individui abituati al cristianesimo e al platonismo, (morali servili...) quindi al concetto opposto di "fine del tempo fuori dal tempo" (Dio, l'idea), e di "fine dello spazio fuori dallo spazio" (altri mondi che a vario titolo contengano, Dio o l'Idea: paradisi, iperurani), questo concetto di fine del tempo dentro il tempo e di fine dello spazio dentro lo spazio, fa orrore. Secondo loro, c'e' un inizio del tempo fuori dal tempo, e un fine/scopo del tempo fuori dal tempo, che e' Dio, o e' l'idea.

In loro, l'infinita' del compito, di perfezionamento mistico, o storico, dell'uomo nel senso di una filosofia della storia, e' data dall'impossibilita' dell'uomo, finito, di assimilarsi completamente al Dio infinito. Nell'eterno ritorno, l'infinita' di un compito di fatto infinito, che non coinvolge solo l'uomo, ma certo anche, l'uomo, al contrario, e' data dalla sua stessa, infinita, possibilita': finito un ciclo eonico, finito un anno cosmico, se ne puo' sempre ri/incominciare un'altro: e' proprio la "banalita' " di una costruzione e distruzione, e ridisposizione, sostanzialmente materica, e materiale, sostanzialmente energetica ed energizzante, a renderla infinita.

Ovviamente, anche nell'eterno ritorno il discorso sulla metafisica e sulla spiritualita' non e' (ingenuamente) eluso, ma riportato, marxianamente direi, con i piedi per terra: la "forma" complessa prolungata e dettagliata del mondo, che la natura deve costantemente distruggere e ricostruire, comprende le azioni volontarie e i benche' minimi sentimenti e pensieri, e ricordi, e corpi,  di tutti i viventi, che rientrano nel ciclo come attimi, degni e alla pari con gli altri, del tempo e quindi come perseguibili scopi e micro-scopi ad opera della natura/volonta' di potenza.
E qui e' il vero abisso: nel senso che e' "schopenahueriamente" previsto, che ogni essere vivente abbia il corpo e la testa infarciti di illusioni, di fatue rappresentazioni, di istinti corporali "noumenici", e quindi indefinibili e innominabili, per fare la sua parte, secondo un copione, di uno spettacolo, di cui ogni singolo vivente fraintende gli scopi; cioe' egli fraintende che lo scopo fondamentale della vita, di ogni vita, e' riportare in vita, ciclicamente il mondo (e magari si aspetta, "leopardianamente" dalla benevolenza della natura la sua felicita' individuale o chissa' quali altri "doni"). Ogni singolo vivente, tranne forse il superuomo, che non fraintende lo scopo della vita, ma lo intende.

Ma sta di fatto che nel mondo c'e' la vita, e quindi il ritorno del mondo deve essere volontario, e derivare dalla somma, sia pure incalcolabile, delle azioni dei viventi. E dei loro impulsi e pensieri.

Ogni vivente deve esprimere un proprio ed intimo consenso al "ritorno" quanto meno inconsapevole, deve essere guidato dal suo stesso fato a ritornare.

Il suo proprio e intimo consenso al "ritorno", ogni essere lo esprime essenzialmente vivendo, e quindi riconfermando che la sua gioia in se' valga il suo dolore, e che ogni sua resistita e insistita agonia, sia migliore della (sua) morte. Ogni ciclo, potrebbe essere l'ultimo, ma non e', l'ultimo. O almeno, non lo e' mai stato fino ad ora. Ovvero il ciclo presente ci intertoga nella sua presenza, e' diverso dagli altri, esprime il ritorno non di tutte le forze, ma solo delle forze attive .

Su questo intimo consenso, che e' la vitalita' stessa dei corpi, si aggiungono, le illusioni metafisiche.
Che non sono spazzatura in assoluto, funzionano nella misura in cui potenziano questo intimo consenso e lo supportano quando manca, permettendo anche loro, pur in quanto illusioni, il ritorno del mondo.

insomma anche le illusioni metafisiche, sono ovviamente, previste e centellinate dalla natura, anche esse contribuiscono, se nella giusta dose e nel giusto tempi, al ritorno del mondo.

E infatti Nietszche  non propone di buttarle al cesso le illusioni metafisiche (del resto come, anche lui, potrebbe?), ma di giocare liberamente con esse, sapendo che sono illusioni. E che non tutte le illusiini sono uguali. E che le illusioni si valutano in base all'utile. Che non e' un utile fisso, ma un utile che varia seconfo lo spazio, e il tempo e il carattere degli individui che di certe illusioni si illudono.


Tu parli come se fossimo immortali, ma non lo siamo.
Non esiste un senso del mondo, ma un senso del mondo secondo la nostra opinione.
Esiste però un senso del sè che abita il mondo, e che non ha alcuna relazione con esso.
In Nietzche è questo senso del sè che fa i "conti" con il senso del mondo attribuito dagli altri.
In primis ovviamente il castratore primordiale, che Nietzche identifica nella nostra società col cristianesimo.
L'eterno ritorno, è ciò che sussurra il demone del male, ossia il demone che vorrebbe che il sè rimanesse vittima del suo castratore.
Ossia che il senso del mondo che il suo castratore ha in mente, permanga immutato.
La fortuna dell'eterno ritorno in chiave metafisica fantastica è merito della scuola post-modernista francese. Con le sue politiche organiche (e quindi neo-darwiniste, per quel che mi riguarda) di un sè fantastico astorico e sopratutto dissociato.
Nietzche era l'esatto opposto, uno dei tanti paradossi per cui oggi Nietzche è molto letto, e completamente frainteso.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: niko il 16 Febbraio 2024, 19:54:20 PM
Citazione di: green demetr il 16 Febbraio 2024, 15:11:06 PMTu parli come se fossimo immortali, ma non lo siamo.
Non esiste un senso del mondo, ma un senso del mondo secondo la nostra opinione.
Esiste però un senso del sè che abita il mondo, e che non ha alcuna relazione con esso.
In Nietzche è questo senso del sè che fa i "conti" con il senso del mondo attribuito dagli altri.
In primis ovviamente il castratore primordiale, che Nietzche identifica nella nostra società col cristianesimo.
L'eterno ritorno, è ciò che sussurra il demone del male, ossia il demone che vorrebbe che il sè rimanesse vittima del suo castratore.
Ossia che il senso del mondo che il suo castratore ha in mente, permanga immutato.
La fortuna dell'eterno ritorno in chiave metafisica fantastica è merito della scuola post-modernista francese. Con le sue politiche organiche (e quindi neo-darwiniste, per quel che mi riguarda) di un sè fantastico astorico e sopratutto dissociato.
Nietzche era l'esatto opposto, uno dei tanti paradossi per cui oggi Nietzche è molto letto, e completamente frainteso.



Tu la fai come al solito troppo complicata...

Io non ho detto che siamo immortali, ho detto che dobbiamo agire in ogni situazione, e valutarla, (e rammemorarla, se passata, e cercare di prevederne per quanto possibile le conseguenze, future) come se dovessimo rivivere tale situazione infinitamente, perche' cosi' sara'...

E' impossibile, non capire che la nostra vita e'
 -solo- la vita della Necessita', e per di piu' solo un frammento, di essa, e che, in quanto tale, non ha niente, di speciale. 
Che posizionalmente siamo periferici rispetto ad ogni centro, anche rispetto al "centro" che sarebbe la nostra presunta unicita' e irripetibilita' come esseri viventi, nel grande gioco dell'universo e dell'infinita' del tempo. 

Infinita', si', lo dico chiaramente... infinita', che in matematica e' corrispondenza biunivoca tra insieme e un suo sottoinsieme proprio, e in Zaratustra, alla porta carraia, sempre e ancora corrispondenza, tra passato ed "eternita' ". 

E insomma, basta una potenza, parziale, antropologica, del tempo, ad esempio quello che noi chiamiamo "passato", il passato del tempo, il passato come parte del tempo, la parte passata del tempo, per "esprimere", come fenomeno, tutto il tempo. O meglio, per numerarlo, per contarlo. Come sono piu' che sufficienti allo scopo di "contare" biunivocamente i numeri, i numeri pari, o i numeri primi. I numeri primi, non sono "di meno", meno capienti, o meno potenti, dei numeri naturali in generale. Gli attimi del passato, non sono di meno, degli attimi del tempo. Capirlo, dopo un po' di tentativi lo capiscono tutti. Poi, dopo averlo capito, si tratta di crederlo. O di continuare a credere ai padreterni antropomorfici che iniziano il mondo, iniziano il tempo, gli danno forma lineare, mettono l'uomo a guardia della creazione, consolano il giusto sofferente invece di imporre la felicita' come legge (e i sofferenti come trasgressori) e tutte quelle robe li'.

Insomma ci siamo decentrati dalla terra dantesca e aristotelica, col sole che gira intorno a nostra maggor gloria, ma non dalla convinzione, biblica, mediocre, cattocomunista, che la "nostra" vita appartenga proprio a noi, o al limite in comproptieta' a noi e ai nostri dei antropomorfici, e non anche, tragicamente, a noi e alla, non per niente antropomorfica, natura.

E cosi', dopo il geocentrismo, con grande sforzo noi bipedi tetrestri abbiamo concepito l'eliocentrismo, ma veramente non abbiamo capito l'essenziale, di tutto quello che veramente c'era da capire, e ci riguardava, e ci strizzava l'occhio, nella metafora di tutto questo gran giramento di "sfere", e di presunte calotte, cristalline, e del suo divenire (gaiamente) scientifico: decisamente, no. Invece, Invece di capire intendo, abbiamo esternalizzato il dato di fatto, o se vogliamo la contemplazione, di come realmente, e disillusivamente rispetto alle bibbie e alle Commedie, precedenti, funzionino il giorno e la notte qui sulla nostra scalcinata terra e (come al solito) ci siamo fermati li'. 

Beata ignoranza, nel possibile e mai intrapreso cammino, non cristiano, della scienza, nel messaggio copernicano originale, eravamo noi, che avremmo dovuto, tramontare.

Kant, ci dicono nella filosofia nozionistica che si studia a scuola, che abbia compiuto un "rivoluzione" simile. A quella di Copernico. Dalla centralita' dell'oggetto, a quella del soggetto, di conoscenza. E ne derivava una, per i suoi tempi innovativa, legge morale: agisci in modo che ogni tua massima.... eccetera eccetera.

Non a caso, Deleuze assimilava Nietzsche, a Kant.

I postmoderni francesi, che non ti piacciono.

Stiamo sempre li': Nietzsche, e Kant, sembrano contraddirsi:

Kant: "agisci in modo tale che quello che fai, possa valere come legge vincolante per tutti, per tutti gli altri esseri razionali, che si venissero a trovare nella tua medesima situazione, in cui tu, ora, agisci". Cosi' facendo, non avrai altro premio, che quello di aver testimoniato la liberta', cioe' la conduzione razionale, su questa terra, della tua volonta'. La sua morale e' l'universale, soggettivo.

Nietzsche: "Agisci in modo tale che quello che fai possa valere come legge vincolante manco per niente per tutti (Nietzsche se ne fregava, di queste cose) ma per te stesso nel tuo dover rivivere all'infinito..." Anche a prescindere un momento dagli altri, e dal loro inattingibile vissuto, Sei tu stesso, che ti verrai a trovare, molteplicemente, nella medesima situazione, in cui ora, agisci. L'universale, oggettuale e oggettivo.

Ma si riconciliano per il fatto di amare la molteplicita' in noi, la costellazione. La natura, per l'uno, la cultura, la societa', per l'altro. Tutte realta' che non fanno uno. Che non valorizzano l'effimero. Che trascendono l'individuo nei molti.

Cosa altro mai si potrebbe amare? Il tempo puo' passare, solo perche' e' infinito, cioe' autocontenuto, fin dentro le sue parti, sovrabbondantemente. E cosi' pure, e con esso, l'uomo. Che deve passare nel suo considerarsi unico, sottratto, dai suoi soccorritori metafisici, alla stretta della Necessita'.

Questo attimo non potrebbe mai passare, se fosse solo passato (cioe' cristallizzato, teoretico e inattingibile alla volonta') se fosse solo presente (eterno, sensoriale ed arbitrariamente esteso) o se fosse solo futuro (attendistico, inoggettuale e messianico). Il fatto che questo attimo sia gia', triplicemente, passato, e presente, e futuro; il fatto dunque, che esso, questo attimo, non sia solo un punto su una singola circonferenza, potenzialmente passibile di ritorno per chi, distrattamente, la percorresse, ma sia gia' presente, gia' proiettato (a cadenzati intervalli) su piu' circonferenze, di piu' cicli eonici temporali, e' condizione, del suo comporsi in figura discreta con altri attimi, e, quindi, del suo passare.
Questo attimo passa perche' vi confluiscono i tre aspetti del tempo. E' in gioco la "salvezza" del divenire, non quella dell'essere. Non devi temere la morte, ma devi temere quello che e' peggio, della morte. Non devi temere la perdita, ma l'infelicita' e la frustrazione. Proprio come gli animiali, che hanno tento da insegnarci.

Poi, se vuoi farmi dire che ho detto che siamo immortali...

Non c'e' un demone del male. C'e' solo una priorita' del positivo e del differente, per cui, chi davanti ad essa e' solo un oppositore, o solo un imitatore, e' un immeritevole di ritornare, diciamo pure un malvagio. Non ti puoi opporre, all'eterno ritorno, e non puoi nemmeno esaurirlo in un autoscimmiottarti. Gli opposti, fanno uno. I differenti, fanno coppia, o gruppo, in un contesto piu' ampio, nel numero, o nell'almeno tre. Molteplicita' irriducibile. Costellazione. Che vedra' l'uomo divenire. Amabile come mezzo, come tramite. E non "fine", in tutti i sensi, del mondo.


Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 17 Febbraio 2024, 22:00:33 PM
Citazione di: niko il 16 Febbraio 2024, 19:54:20 PMTu la fai come al solito troppo complicata...

Io non ho detto che siamo immortali, ho detto che dobbiamo agire in ogni situazione, e valutarla, (e rammemorarla, se passata, e cercare di prevederne per quanto possibile le conseguenze, future) come se dovessimo rivivere tale situazione infinitamente, perche' cosi' sara'...

E' impossibile, non capire che la nostra vita e'
 -solo- la vita della Necessita', e per di piu' solo un frammento, di essa, e che, in quanto tale, non ha niente, di speciale.
Che posizionalmente siamo periferici rispetto ad ogni centro, anche rispetto al "centro" che sarebbe la nostra presunta unicita' e irripetibilita' come esseri viventi, nel grande gioco dell'universo e dell'infinita' del tempo.

Infinita', si', lo dico chiaramente... infinita', che in matematica e' corrispondenza biunivoca tra insieme e un suo sottoinsieme proprio, e in Zaratustra, alla porta carraia, sempre e ancora corrispondenza, tra passato ed "eternita' ".

E insomma, basta una potenza, parziale, antropologica, del tempo, ad esempio quello che noi chiamiamo "passato", il passato del tempo, il passato come parte del tempo, la parte passata del tempo, per "esprimere", come fenomeno, tutto il tempo. O meglio, per numerarlo, per contarlo. Come sono piu' che sufficienti allo scopo di "contare" biunivocamente i numeri, i numeri pari, o i numeri primi. I numeri primi, non sono "di meno", meno capienti, o meno potenti, dei numeri naturali in generale. Gli attimi del passato, non sono di meno, degli attimi del tempo. Capirlo, dopo un po' di tentativi lo capiscono tutti. Poi, dopo averlo capito, si tratta di crederlo. O di continuare a credere ai padreterni antropomorfici che iniziano il mondo, iniziano il tempo, gli danno forma lineare, mettono l'uomo a guardia della creazione, consolano il giusto sofferente invece di imporre la felicita' come legge (e i sofferenti come trasgressori) e tutte quelle robe li'.

Insomma ci siamo decentrati dalla terra dantesca e aristotelica, col sole che gira intorno a nostra maggor gloria, ma non dalla convinzione, biblica, mediocre, cattocomunista, che la "nostra" vita appartenga proprio a noi, o al limite in comproptieta' a noi e ai nostri dei antropomorfici, e non anche, tragicamente, a noi e alla, non per niente antropomorfica, natura.

E cosi', dopo il geocentrismo, con grande sforzo noi bipedi tetrestri abbiamo concepito l'eliocentrismo, ma veramente non abbiamo capito l'essenziale, di tutto quello che veramente c'era da capire, e ci riguardava, e ci strizzava l'occhio, nella metafora di tutto questo gran giramento di "sfere", e di presunte calotte, cristalline, e del suo divenire (gaiamente) scientifico: decisamente, no. Invece, Invece di capire intendo, abbiamo esternalizzato il dato di fatto, o se vogliamo la contemplazione, di come realmente, e disillusivamente rispetto alle bibbie e alle Commedie, precedenti, funzionino il giorno e la notte qui sulla nostra scalcinata terra e (come al solito) ci siamo fermati li'.

Beata ignoranza, nel possibile e mai intrapreso cammino, non cristiano, della scienza, nel messaggio copernicano originale, eravamo noi, che avremmo dovuto, tramontare.

Kant, ci dicono nella filosofia nozionistica che si studia a scuola, che abbia compiuto un "rivoluzione" simile. A quella di Copernico. Dalla centralita' dell'oggetto, a quella del soggetto, di conoscenza. E ne derivava una, per i suoi tempi innovativa, legge morale: agisci in modo che ogni tua massima.... eccetera eccetera.

Non a caso, Deleuze assimilava Nietzsche, a Kant.

I postmoderni francesi, che non ti piacciono.

Stiamo sempre li': Nietzsche, e Kant, sembrano contraddirsi:

Kant: "agisci in modo tale che quello che fai, possa valere come legge vincolante per tutti, per tutti gli altri esseri razionali, che si venissero a trovare nella tua medesima situazione, in cui tu, ora, agisci". Cosi' facendo, non avrai altro premio, che quello di aver testimoniato la liberta', cioe' la conduzione razionale, su questa terra, della tua volonta'. La sua morale e' l'universale, soggettivo.

Nietzsche: "Agisci in modo tale che quello che fai possa valere come legge vincolante manco per niente per tutti (Nietzsche se ne fregava, di queste cose) ma per te stesso nel tuo dover rivivere all'infinito..." Anche a prescindere un momento dagli altri, e dal loro inattingibile vissuto, Sei tu stesso, che ti verrai a trovare, molteplicemente, nella medesima situazione, in cui ora, agisci. L'universale, oggettuale e oggettivo.

Ma si riconciliano per il fatto di amare la molteplicita' in noi, la costellazione. La natura, per l'uno, la cultura, la societa', per l'altro. Tutte realta' che non fanno uno. Che non valorizzano l'effimero. Che trascendono l'individuo nei molti.

Cosa altro mai si potrebbe amare? Il tempo puo' passare, solo perche' e' infinito, cioe' autocontenuto, fin dentro le sue parti, sovrabbondantemente. E cosi' pure, e con esso, l'uomo. Che deve passare nel suo considerarsi unico, sottratto, dai suoi soccorritori metafisici, alla stretta della Necessita'.

Questo attimo non potrebbe mai passare, se fosse solo passato (cioe' cristallizzato, teoretico e inattingibile alla volonta') se fosse solo presente (eterno, sensoriale ed arbitrariamente esteso) o se fosse solo futuro (attendistico, inoggettuale e messianico). Il fatto che questo attimo sia gia', triplicemente, passato, e presente, e futuro; il fatto dunque, che esso, questo attimo, non sia solo un punto su una singola circonferenza, potenzialmente passibile di ritorno per chi, distrattamente, la percorresse, ma sia gia' presente, gia' proiettato (a cadenzati intervalli) su piu' circonferenze, di piu' cicli eonici temporali, e' condizione, del suo comporsi in figura discreta con altri attimi, e, quindi, del suo passare.
Questo attimo passa perche' vi confluiscono i tre aspetti del tempo. E' in gioco la "salvezza" del divenire, non quella dell'essere. Non devi temere la morte, ma devi temere quello che e' peggio, della morte. Non devi temere la perdita, ma l'infelicita' e la frustrazione. Proprio come gli animiali, che hanno tento da insegnarci.

Poi, se vuoi farmi dire che ho detto che siamo immortali...

Non c'e' un demone del male. C'e' solo una priorita' del positivo e del differente, per cui, chi davanti ad essa e' solo un oppositore, o solo un imitatore, e' un immeritevole di ritornare, diciamo pure un malvagio. Non ti puoi opporre, all'eterno ritorno, e non puoi nemmeno esaurirlo in un autoscimmiottarti. Gli opposti, fanno uno. I differenti, fanno coppia, o gruppo, in un contesto piu' ampio, nel numero, o nell'almeno tre. Molteplicita' irriducibile. Costellazione. Che vedra' l'uomo divenire. Amabile come mezzo, come tramite. E non "fine", in tutti i sensi, del mondo.



Il tuo pensiero rapsodico continua a ruotare intorno alle fantasi dei postmodernisti.
Il tempo è storico, in quanto noi lo conosciamo come tale.
Non ha alcuna importanza che essa sia infinito.
Se tu invece come i postmodernisti credi nel fantastico e che il tempo passato possa di nuovo tornare presente, ti faccio notare che è proprio la posizione del paranoico, ossia di colui che non vuol morire.
Le coazioni a ripetere del nostro tempo sono figlie bastarde di un modo di vedere e di pensare il reale completamente fuori dai confini limitati, molto limitati che noi conosciamo, talmente limitati che lo spirito della vendetta, materiale bollente della critica nicciana, inficia gli oggetti nella loro ricerca spirituale (e in quanto tale eminientemente filosofica, in quanto critica del proprio conoscere) e li trasforma in ulteriori castratori, ossia soggetti limitati che invidiano chi immaginano possa NON ESSERE limitato e percià stesso INVENTANO i limiti.
In Nietzche questi concetti sono evidentissimi se solo lo si leggesse.
Passo e chiudo, non sono interessato ai francesini.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: niko il 18 Febbraio 2024, 12:07:24 PM
Citazione di: green demetr il 17 Febbraio 2024, 22:00:33 PMIl tuo pensiero rapsodico continua a ruotare intorno alle fantasi dei postmodernisti.
Il tempo è storico, in quanto noi lo conosciamo come tale.
Non ha alcuna importanza che essa sia infinito.
Se tu invece come i postmodernisti credi nel fantastico e che il tempo passato possa di nuovo tornare presente, ti faccio notare che è proprio la posizione del paranoico, ossia di colui che non vuol morire.
Le coazioni a ripetere del nostro tempo sono figlie bastarde di un modo di vedere e di pensare il reale completamente fuori dai confini limitati, molto limitati che noi conosciamo, talmente limitati che lo spirito della vendetta, materiale bollente della critica nicciana, inficia gli oggetti nella loro ricerca spirituale (e in quanto tale eminientemente filosofica, in quanto critica del proprio conoscere) e li trasforma in ulteriori castratori, ossia soggetti limitati che invidiano chi immaginano possa NON ESSERE limitato e percià stesso INVENTANO i limiti.
In Nietzche questi concetti sono evidentissimi se solo lo si leggesse.
Passo e chiudo, non sono interessato ai francesini.


E invece non dovresti chiudere, perche' non hai capito proprio niente, di quello che ho scritto.

Non e' il tempo passato a tornare presente, e' che se un singolo "atomo" di tempo (in altre e piu' comuni parole: un singolo "attimo", del tempo) non fosse insieme, e triplicemente:

passato> e presente> e futuro

Se non fosse tutto questo, dico, esso, l'atomo/attimo, del tempo, non potrebbe comporsi, in figura discreta con altri "atomi" di tempo (altri attimi, vicini e lontani) a garanzia del fatto stesso del "passare". Della composizione differenziale, articolata, e certo anche qualitativamente (oltreche' quantitativamente) differenziata della figura del tempo. Ovvero: a garanzia dell'ubiquita' del divenire, e del rapporto molteplice, e non riconducibile ad unita', intercorrente tra tutti gli enti.

Tutto questo perche' :

> il passato non e' piu', (e, in quanto oggetto, ci domina, nel senso che non e' attingibile alla volonta')

> il presente ha un carattere "eterno" ai fini della coscienza e della percezione>

> e il futuro ha un carattere irreale e autocontraddittorio, insomma non e' ancora.

Ovvero, in parole semplicissime, una "roba", una entita', inesistente (il passato, considerato nel suo essere isolato e "puro", e anche il futuro, considerato nel suo essere isolato e "puro"), o, che e' lo stesso, una roba
iper-esistente (il presente, "puro", nel suo essere sovrabbondante e continuo), non puo' comporsi con altro a formare strutture complesse. E la buona filosofia dovrebbe indagare la complessita', e l'alterita', se (tu...) permetti.

Quello di cui parlo da un sacco di post non e' un evento, e' una struttura.

Sant'Agostino, risolveva il problema dell'inconcepibilita', e della non figurabilita', delle dimensioni del tempo se considerate singolarmente, con il concetto di "anima": e' l'anima, in sant'Agostino, a rendere possibile non tanto il tempo, quanto il "passare" del tempo, il passare come carattere del tempo, il valore sintetico e unitario del tempo, tanto per dire; il Nietzsche interpretato da Deleuze, risolve questo stesso problema, il problema dell'inesistenza separata di passato, presente e futuro, con il concetto di: "valore sintetico dell'attimo", e, quindi, in parole piu' semplici, con il concetto di "struttura".

Ora, sei tu, che, da cinque post, affermi che questa "struttura" (che e', una struttura) sia (invece) un "evento", (cioe' sei tu che me la meni, scusa il francesismo, ora con il realismo, un post fa con il concetto psicologico di paranoia, e due post fa con la pretesa di immortalita', tutte cose che con l'argomento di cui stiamo parlando non c'entrano niente) o perche' non hai fatto uno sforzo minimo per comprendermi, o, temo, perche' vuoi a tutti i costi avere ragione.

L'evento, che secondo te e' un evento, del passato che "ritorna", non e' possibile, quindi, hai ragione tu.

Sai che c'e'?

E' vero, quindi hai ragione tu.
Mi arrendo. Se fossi un po' piu' interessato agli argomenti scientifici, avresti pure potuto citarmi la termodinamica, il secondo principio eccetera, a rafforzare la tua tesi.

Solo che tu, dimostri di non aver capito perche', e' vero.

Cioe', perche', hai ragione.

Cioe': perche' nel mondo c'e' la vita.

Quindi ogni "ripetizione", eonica o psicoanalitica, del passato, proprio per essere completa, proprio per essere includente del fenomeno vita, e non solo dell'inorganico, deve essere voluta. Deve essere un voluto. Un oggetto di volonta'. E quindi, non e' una ripetizione. E nemmeno una opposizione "dialettica" nel senso platonico o hegeliano del termine. E quindi, da cinque post qui non parliamo di un evento (come dici tu), ma di una struttura (come dico io).

E' il vivente che, reagendo volontaristicamente al passato che ritorna, annulla l'eventualita' del ritornare del passato come evento.

Cioe', se (e solo se) tu sai, dell'eterno ritorno come fato e come destino, le tue priorita' etiche, (e pratiche, e eudaimonistiche) dovrebbero cambiare.

Non e' un evento. E' semmai la relazione numerabile equipotente della parte io/corpo, con il tutto, mondo/universo decentrato, che costituisce (la riconoscibilita' di) un'infinito.

Non microcosmico, ma microfisico tu sei. Ospitante non il cosmo, ma la natura.

La tua vita, e' la vita della necessita'.
Non al netto delle illusioni. Ma al lordo, delle illusioni, che la rafforzano, e durano, solo e soltanto finche' la rafforzano.

E quindi, che il tempo storico sia infinito, c'entra.

Molto piu' delle fantasie, che ti fai tu.


Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 22 Febbraio 2024, 01:41:23 AM
Ma che è una partita a scacchi tra sistemi fantastici?  :))

@niko tu continui a dire che Deleuze ha risolto...Deleuze inizia il sue millepiani, con l'affermazione: l'uomo è una macchina....

Punto.Ho buttato i miei vent'anni appresso a questi filosofi ballerini come li chiamava Carmelo Bene.

Certo se esistesse una struttura originaria...etc...non solo Deleuze ma anche Derrida, per non parlare di Focault.

Se esistesse saremmo delle macchine.
Io non sono una macchina.
Punto e a capo, non è questione di avere ragione, anche se ho ragione.

Ma poi dove l'hai letto che ho parlato di evento?

Io ti faccio notare solo che noi siamo quello che sappiamo essere, per via della memoria, che formula materiali astratti predittivi.

L'evento è l'esatto opposto di questo, è infatti l'elemento dell'angoscia che si abbatte su questi elementi predittivi.

La filosofia di Nietzche gloria eterna al pensiero individuale contro lo Stato, ribalta ogni modalità predittiva ( e quindi non potrà mai essere che era per l'eterno ritorno, casomai il contrario...COME E', se lo leggessi...te lo dice Cacciari te lo dice Severino, chi parla è la SCIMMIA....non Nietzche...OH SIGNUR!!!)
In questo senso Nietzche certo rinnega la grande tradizione che il cristianesimo e in particolare Agostino inaugura.
Il tempo non è altro che la nostra anima.
Lo capisci leggendo un buon libro.
Un buon libro è per sempre.
I francesini sono brutti libri scritti da brutte persone.
Mi dispiace che ti FIDI di loro.
Cosa c'entra la filosofia con questi fideismi MAI lo capirò.


Per quanto riguarda la questione che piu ti interessa, ossia il qui e ora.
Per me non è questione di alcuna struttura.
Libero di ragionarci sopra, di pensarla, di porla, ma poi ci devi anche fare i conti.
Io ci faccio i conti con hegel, che si pone, ok qui e ora....ma qui dove? e ora quando?
Non mi paiono domande banali.
Io personalmente anche senza aver letto mai agostino, la pongo come lui.
La mia anima si conosce SOLO nel qui ed ora.
E trova senso nel suo passato ordinato che tende al futuro di una sua (dell'anima) vita immortale.
ma di cosa sia questa immortalità e di cosa sia il futuro IO NIENTE SO.
(sai l'angoscia).
E' proprio questo il SENSO, che pur non sapendo un cavolo, noi tendiamo all'infinito.
Ma tendendo all'infinito noi conosciamo solo il qui e l'ora.
E quello che vediamo è il male.


Ecco che con il tema del male torniamo a nietzche, che salta la parte metafisica, che lui ODIA con tutto se stesso.
E che io invece AMO con tutto me stesso.

ha ragione lui o io?

sono domande senza senso caro niko-
basta con la psicologia spiccia, se qualcuno ha qualcosa da dire parli se no taccia!

e se ti interessano i francesini, lascia perdere nietzche!!! te lo consiglio.

Vatti a leggere meillesaux, che vedrai ti piacerà tanto.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: niko il 24 Febbraio 2024, 16:09:05 PM
Il passato non puo' essere la verita' del passare, perche', quando non e' oblio, e' il luogo dell'immodificabile, e solo una memoria umana immodificabile lo coglie e lo attinge: il passato rappresenta il teoretico come la vittoria della conoscenza sulla volonta'.

Ma neanche il futuro, puo' essere la verita' del passare, perche' esso, il futuro, non e' nulla se non, (come in parte dici anche tu) la promessa o la predizione umana, promessa o predizione, formulata inevitabilmente nel presente o nel passato. 

Ma neanche il presente puo' essere la verita' del passare, perche' il presentd e' solo un lungo attimo eterno, un attimo dilatato per l'eternita'.

Dunque solo l'identita' di passato presente e futuro, e dunque l'annullamento della differenza temporale, sono la verita' del passare, la verita' del divenire. Che dischiude la differenza intrinseca delle cose e nelle cose, al prezzo, sopportabile, di perdere la (presunta) differenza del e nel tempo.

Da cui il fatto che ogni attimo, e' sia passato, che presente, che futuro.

La struttura, e' fatta delle differenze (reali) intercorrenti tra gli attimi, e non dalle differenze (illusorie, e frutto di pura proiezione umana) tra le qualita' del tempo.

Il Nietzsche filosofo del divenire, deve dire l'eterno ritorno, per dire la differenza delle cose (e tra le cose), contro tutti i luoghi della metafisica e dell'anima, cioe' contro tutti i luoghi e gli stereotipi della differenza del tempo (e nel tempo).

Secondo il metafisico, la "differenza del tempo", (cioe' il senso della vita e la verita' della coscienza come soggetto, il fatto stesso che il tempo abbia un senso) si rivela nelle cose, secondo l'uomo tragico, recuperato in parte nel superuomo, la differenza delle cose, si rivela nel tempo.

Per questo, dall'eterno ritiorno non si puo' prescindere.

E si deve fare una scelta.

Che prevede di accettare il divenire nella sua tragicita', e non mitigarla.

Il terrore del passare (eternalismo filosofico classico, che inventa l'idea) e del non passare (spirito rivoluzionario moderno, principalmente: cristologico, scientifico e socialista), sono gia' mitigazioni, psicologiche, del rerrore originario del divenire.

Che deve essere affrontato.

Per questo, le mitigazioni, non sono la verita'.

Non c'e' una parte migliore del tempo.

E nemmeno una parte del tempo assolutamente differente dalle altre.

Per questo l'uomo e' una macchina.

Non nel senso che abbia cartesianamente un corpo macchinico, un corpo macchina, ma nel senso che l'uomo non e' in assoluto differente dall'inorganico e dalle sze leggi, con l'inorganico e con le sue leggi confina, e si mischia.

Scusa se insisto eh, ma provo a restituirti la dignita' di un pensiero che mi pare tu non capisca, preso come sei dalla metafisica e dalle sue presunte, e non genealogiche, e non utilitaristiche, verita'.









Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 28 Febbraio 2024, 02:57:38 AM
"1.Il terrore del passare (eternalismo filosofico classico, che inventa l'idea) e del non passare (spirito rivoluzionario moderno, principalmente: cristologico, scientifico e socialista), sono gia' mitigazioni, psicologiche, del terrore originario del divenire."
2.Che deve essere affrontato.
3.Per questo, le mitigazioni, non sono la verita'.
4.Non c'e' una parte migliore del tempo." cit niko, numeri di green

Finalmente qualcuno sta parlando.
Il punto 4 è l'effetto diretto del punto 1.
Il punto 3 è un corollario.
Il punto 2 è di nuovo quella mitigazione che pretende di dimenticare il terrore.
Il terrore non si affronta, si vive.
L'intero occidente non sa niente.

Ma a proposito delle mitigazioni che poi sono solo fantasie, spesso, per non dire sempre, hanno bisogno di un apparato giuridico-militare per imporle(ed è tutto il problema del sottosuolo del mondo che abita sia l'occidente che l'oriente);all'altro(ed è tutto il problema platonico-nicciano-freudiano).


"5.E nemmeno una parte del tempo assolutamente differente dalle altre."cit niko, numeri di green
Questo è un falso corollario, perchè ammetterebbe che esiste un tempo migliore, che invece a monte abbiamo negato esistere, se non nella testa del tiranno, aggiungeri in nota io.

"6.Per questo l'uomo e' una macchina."cit niko, numeri di green
Che c'è hai finito di parlare? Bravo taci e taci a lungo.
Non saprei nemmeno da dove cominciare, forse dicendo di primo acchito: ma cosa diamine c'entra?
Le frasi coi punti, come dice il mio maestro, non portano da nessuna parte, se non nella direzione della fantasia manipolatoria dell'intellettuale contemporaneo.
Ma qui c'è proprio un problema di nesso causa-effetto, che richiederebbe di tornare alle elementari.
Hai una torta tagliata in 6 parti, siamo in tre a quante fette spettano ciascuno?
Ecco prova a rispondere a questa, e poi torniamo a dire ***** sul forum.
Grazie.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: niko il 02 Marzo 2024, 22:40:58 PM
Citazione di: green demetr il 28 Febbraio 2024, 02:57:38 AM"1.Il terrore del passare (eternalismo filosofico classico, che inventa l'idea) e del non passare (spirito rivoluzionario moderno, principalmente: cristologico, scientifico e socialista), sono gia' mitigazioni, psicologiche, del terrore originario del divenire."
2.Che deve essere affrontato.
3.Per questo, le mitigazioni, non sono la verita'.
4.Non c'e' una parte migliore del tempo." cit niko, numeri di green

Finalmente qualcuno sta parlando.
Il punto 4 è l'effetto diretto del punto 1.
Il punto 3 è un corollario.
Il punto 2 è di nuovo quella mitigazione che pretende di dimenticare il terrore.
Il terrore non si affronta, si vive.
L'intero occidente non sa niente.

Ma a proposito delle mitigazioni che poi sono solo fantasie, spesso, per non dire sempre, hanno bisogno di un apparato giuridico-militare per imporle(ed è tutto il problema del sottosuolo del mondo che abita sia l'occidente che l'oriente);all'altro(ed è tutto il problema platonico-nicciano-freudiano).


"5.E nemmeno una parte del tempo assolutamente differente dalle altre."cit niko, numeri di green
Questo è un falso corollario, perchè ammetterebbe che esiste un tempo migliore, che invece a monte abbiamo negato esistere, se non nella testa del tiranno, aggiungeri in nota io.

"6.Per questo l'uomo e' una macchina."cit niko, numeri di green
Che c'è hai finito di parlare? Bravo taci e taci a lungo.
Non saprei nemmeno da dove cominciare, forse dicendo di primo acchito: ma cosa diamine c'entra?
Le frasi coi punti, come dice il mio maestro, non portano da nessuna parte, se non nella direzione della fantasia manipolatoria dell'intellettuale contemporaneo.
Ma qui c'è proprio un problema di nesso causa-effetto, che richiederebbe di tornare alle elementari.
Hai una torta tagliata in 6 parti, siamo in tre a quante fette spettano ciascuno?
Ecco prova a rispondere a questa, e poi torniamo a dire ***** sul forum.
Grazie.


Nulla puo' essere solo-passato, perche' sarebbe consegnato al suo non passare, al suo essere inattingibile alla volonta'.

Nulla puo' essere solo-futuro, perche' sarebbe l'oggetto di una attesa eterna, e di nuovo, sarebbe consegnato al suo non passare.

L'eterno ritorno e' l'unico tempo che "passa", in quanto ogni passato e' anche futuro, e ogni futuro, anche passato.

Poi, per me l'uomo e' una macchina perche' non e' una differenza assoluta dall'inorganico, e perche' trasforma energia. Non e' il corpo, ed essere la macchina, della mente, e proprio tutto l'uomo, che e' macchina, che deve fare i conti con la necessita', con il suo essere previsto, dalla necessita', come possibilita'.

Davanti all'eternita', della nostra vita in quanto vita della necessita', il dolore per la frustrazione, e' piu' grande, del dolore per la perdita. La struttura, in un certo senso ti restituisce quello che hai perso, ma non ti da, quello che non hai avuto mai. E cosi', ogni vita si trova costretta a espandersi, a prendere quello che non ha, perche' la motivazione del conservarsi, del mantenere quello che si ha, non e' motivazione sufficiente, a vivere. Davanti al concetto cristiano di vita come prova, di vita come preparazione alla morte, di vita per la morte, la modernita' non ha fatto altro che costruire un'altro culto dell'effimero, un'altro Dio. La vita, terrena, puo' essere offerta a Dio perche' e' effimera. Ugualmente, puo' essere offerta ad un io astratto e divinizzato, perche' e' effimera.

Ma non e' effimera manco per niente. Perche' risponde a necessita', cioe' non c'e' bisogno che si ripeta, per dimostrare che sia ripetibile. Basta considerare che ci muovono le stesse feree leggi che muovono gli oggetti, o le macchine. Quello che resta, in assenza dell'evento e' la legge, come possibilita' dell'evento. E la legge non conosce casi singoli.
Tutto quello che facciamo e che sopportiamo in quanto casi singoli, tutto quello che facciamo in quanto, (avendo vome motivazione) "si vive una volta sola" e "tutto passa, basta sopportarlo una, o comunque un numero finito di volte" e' falso, e probabilmente non dovremmo ne' farlo, e ne' sopportarlo.

Tutto passa, anche la fine. Il cui passare, impone sempre un nuovo inizio. 



Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 03 Marzo 2024, 04:00:50 AM
Citazione di: niko il 02 Marzo 2024, 22:40:58 PMpunto 1 Nulla puo' essere solo-passato, perche' sarebbe consegnato al suo non passare, al suo essere inattingibile alla volonta'.


punto 2 Poi, per me l'uomo e' una macchina perche' non e' una differenza assoluta dall'inorganico, e perche' trasforma energia. Non e' il corpo, ed essere la macchina, della mente, e proprio tutto l'uomo, che e' macchina...

punto 3 Davanti all'eternita', della nostra vita...


Come ti dicevo il pensare di essere immortale punto 1 e 3, fa parte di un delirio paranoide.
Non so se c'è un problema medico o è mera fuffa filosofica, perciò mi astengo dal proseguire.

Sul punto 2, credo che negli ultimi 15 anni, o quello che è stato, mi sono già espresso più volte.
E ritengo anche che sia il problema TRAVE NELL'OCCHIO dell'occidente intendo a trovare evasioni sempre più pericolose e bigotte.
Questo prima del 2020.
Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: niko il 03 Marzo 2024, 23:29:10 PM
Citazione di: green demetr il 03 Marzo 2024, 04:00:50 AMCome ti dicevo il pensare di essere immortale punto 1 e 3, fa parte di un delirio paranoide.
Non so se c'è un problema medico o è mera fuffa filosofica, perciò mi astengo dal proseguire.

Sul punto 2, credo che negli ultimi 15 anni, o quello che è stato, mi sono già espresso più volte.
E ritengo anche che sia il problema TRAVE NELL'OCCHIO dell'occidente intendo a trovare evasioni sempre più pericolose e bigotte.
Questo prima del 2020.



Ma vatti a curare le tue, di paranoie, e' incredibile, su un forum di filosofia, che la gente non abbia la capacita' di astrazione necessaria per distinguere:

eternita' della vita>>>  da immortalita'...

io piu' che dirti che l'immortalita' non c'entra un fico secco, con nessuna delle cose che ho finora detto, non posso fare.

Non so se consideri paranoici tutti quelli che credono nell'aldila' o nella reincarnazione, e tutti quelli che fanno considerazioni etiche o pratiche rispetto alla presunta eternita' della loro vita, ma a questo punto, per il tuo stesso silloggismo, dovresti...

Abbiamo l'ottanta per cento di cristiani qui in Italia, che dici? Abbiamo il 80% di paranoici?

O (forse) bisogna distinguere eternita' della vita da immortalita'?

Dovresti anche auto considerarti paranoico, se sei teista al punto di credere nell'aldila' o nella bibblica sopravvivenza dei giusti.

Per il tuo stesso silloggismo.

Che equipara:

Tutti quelli che credono nell'eternita' della propria vita>>> a: tutti quelli che credono nell'immortalita'.
E, siccome tutti quelli che credono nell'immortalita' sono paranoici; anche tutti quelli che credono nell'eternita' della propria vita, lo sono.

Io, se davvero fossi paranoico, ti farei il piacere di pensare che qui, su questo punto mi hai voluto prendere in giro apposta.

Mi hai fatto un brutto tiro, perche' ti sto antipatico.

Invece, vedi, non sono paranoico, e non te lo faccio.

Astrai come puoi. Ragioni, come puoi. Discerni le parole, come puoi.

Che dire...

Spero che tu abbia un intendimento un po' piu' letterale, almeno con i colori dei semafori.


Titolo: Re: In che senso Nietzsche oggi?
Inserito da: green demetr il 05 Marzo 2024, 23:22:01 PM
Citazione di: niko il 03 Marzo 2024, 23:29:10 PMMa vatti a curare le tue, di paranoie, e' incredibile, su un forum di filosofia, che la gente non abbia la capacita' di astrazione necessaria per distinguere:

eternita' della vita>>>  da immortalita'...

io piu' che dirti che l'immortalita' non c'entra un fico secco, con nessuna delle cose che ho finora detto, non posso fare.

Non so se consideri paranoici tutti quelli che credono nell'aldila' o nella reincarnazione, e tutti quelli che fanno considerazioni etiche o pratiche rispetto alla presunta eternita' della loro vita, ma a questo punto, per il tuo stesso silloggismo, dovresti...

Abbiamo l'ottanta per cento di cristiani qui in Italia, che dici? Abbiamo il 80% di paranoici?

O (forse) bisogna distinguere eternita' della vita da immortalita'?

Dovresti anche auto considerarti paranoico, se sei teista al punto di credere nell'aldila' o nella bibblica sopravvivenza dei giusti.

Per il tuo stesso silloggismo.

Che equipara:

Tutti quelli che credono nell'eternita' della propria vita>>> a: tutti quelli che credono nell'immortalita'.
E, siccome tutti quelli che credono nell'immortalita' sono paranoici; anche tutti quelli che credono nell'eternita' della propria vita, lo sono.

Io, se davvero fossi paranoico, ti farei il piacere di pensare che qui, su questo punto mi hai voluto prendere in giro apposta.

Mi hai fatto un brutto tiro, perche' ti sto antipatico.

Invece, vedi, non sono paranoico, e non te lo faccio.

Astrai come puoi. Ragioni, come puoi. Discerni le parole, come puoi.

Che dire...

Spero che tu abbia un intendimento un po' piu' letterale, almeno con i colori dei semafori.



Niko ti avevo risposto più in profondità.
Ma il pc si è disconnesso a caso.
Riassumo.
1. Mai pensavo ti saresti offeso, volevo fare semplicemente una caricatura, per dire, ovviamente che per me quella di Deridda che tu difendi tanto, è una filosofia fuffa.
2. Ti chiedo anche se non ci conosciamo personalmente scusa. Sono stato indelicato in un momento storico che è delicato.
Penso che tu abbia una razionalità e una astrazione molto interessanti, i medici lasciamoli stare fuori (che è meglio in generale 8) ).
3. Va bene lasciamo stare da parte la nostra discordanza proprio sul merito della frase.
4. Rilancio: ok, ma anche se la tua interpretazione coincide con quella di Derrida, ossia che ogni momento va vissuto al suo massimo, cioè che dobbiamo accettare ogni cosa che accade perchè noi possiamo dire: HO VISSUTO!
Non trovi che questa idea in fin dei conti nasconda il suo esatto contrario: ossia che la storia sia PRE-DETERMINATA, e perciò stessa immutabile.
Non era forse questo l'obiezione di Nietzche ai socialisti, ai progressisti (anche nelle loro forme anarchiche?).
E' Nietzche il sommo pensatore della genealogia della morale, proprio in chiave storica.
Dove ogni momento non è MAI indentico a se stesso, ma frutto della volontà creatrice.