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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: doxa il 10 Novembre 2019, 22:27:46 PM

Titolo: Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: doxa il 10 Novembre 2019, 22:27:46 PM
(https://manipolazione.files.wordpress.com/2016/04/asset-v1-edcast2092tj69fall-2015typeassetblockpublic-speaking-skills.jpg)

Stasera posso usare verso di voi  la "legge del contrappasso" per "analogia" alla vostra colpa di "intellettualismo"  filosofico ?

L'intellettualismo indica l'atteggiamento  di chi pone in primo piano l'attività dell'intelletto per comprendere ed analizzare concetti e fenomeni.

Ma c'è chi critica l'intellettualismo, perché produrrebbe un modo di pensare astratto, astruso e lontano dai dal linguaggio della gente comune. Perciò l'intellettualismo così inteso assume un valore negativo e gli anti-intellettuali ridicolizzano le élite intellettuali.  


L'anti-intellettualismo si caratterizza con la  predominanza  dell'emotività a scapito  del ragionamento logico e argomentativo. Il linguaggio, semplificato e diretto mira alla persuasione e manipolazione degli ascoltatori e del lettori, non all'analisi critica e al ragionamento.

L'anti-intellettualismo ha talmente permeato la politica e la società che esso si esprime non solo in quelle forze e movimenti che si oppongono alle élite al potere, ma viene ampiamente utilizzato anche dalle elite dominanti, che vengono accusate di essere intellettuali e quindi distanti dai veri bisogni dei cittadini.
Questo fenomeno può essere spiegato in parte con il fatto che la politica è sempre più arte retorica e persuasiva e poco arte del fare. In questo senso la retorica anti-intellettuale si presta ad un tale approccio.

Secondo studi americani effettuati per analizzare il linguaggio ed i discorsi dei candidati alla presidenza, risulta che, nei dibattiti, ha due volte maggiori possibilità di successo chi impiega un approccio (un linguaggio) anti-intellettuale rispetto a chi non impiega un tale approccio.

L'anti-intellettualismo è un fenomeno che ha radici antiche, tuttavia nel mondo contemporaneo, a causa di fattori economici, politici, sociali e tecnologici, ha assunto un ruolo di primo piano. Per questo merita un'attenzione particolare.

Johan Huizinga nel suo libro titolato "La crisi della civiltà", scrisse: "I pensieri del giorno vogliono agire all'istante. Invece in questo mondo le grandi idee si sono affermate solo con grande lentezza". Ne è un esempio la religione. Le  sue intuizioni sui valori e sulla società si proiettano nel lungo periodo, ben oltre la vita di una singola generazione o di un modello economico e politico. Per questa sua visione di lungo periodo la religione preserva valori forti, svolge un ruolo di coesione sociale. Ma questo ruolo può favorire anche la funzione di controllo sociale,  e l'uso dei valori religiosi può diventare un potente strumento politico.
Mi sembra che in gran parte della storia le religioni hanno svolto proprio questo ruolo, macchiandosi spesso di errori e colpe gravi.

Fortunatamente nei secoli recenti in Occidente si è realizzata un apparente, maggiore separazione tra Stato e organizzazioni religiose, accanto allo sviluppo del pensiero scientifico autonomo dalla religione. Proprio questo processo permette oggi alle religioni di recuperare un forte ruolo morale, occupando "meno" l'ambito della politica.

Così è se vi piace, oppure "Così è (se vi pare)", usando il titolo di un'opera teatrale di Luigi Pirandello.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: bobmax il 11 Novembre 2019, 17:49:49 PM
Secondo me, il diffuso rifiuto dell'intellettualismo ha diverse motivazioni.
La necessaria astrazione richiesta dal pensiero intellettuale è solo una di queste e forse non la principale.

Indubbiamente stiamo assistendo ad una accelerazione del nostro vivere quotidiano. Ci stiamo concentrando sempre più sul presente.

Questo fenomeno ritengo non sia un male in sé. 
Un male è invece l'incremento dell'angoscia esistenziale che tale accelerazione può comportare nei nostri cuori.
Perché che si vada più veloci, può pure permettere di comprendere più in fretta i problemi da affrontare e come eventualmente risolverli.

A fronte di questa maggior velocità ci ritroviamo però con una generale minor profondità di pensiero.

In particolare presso quelli che dovrebbero essere gli "intellettuali".
Che non vengono sovente rifiutati tanto per la loro "astrazione", quanto per la loro verbosità inconcludente.
Una verbosità che non nasconde, alla gente comune che stupida non è, il loro sostanziale vuoto di pensiero.

Occorrerebbero autentici intellettuali, con profondità di pensiero e capaci di esprimersi con la sintesi che è ormai indispensabile.

Purtroppo ci ritroviamo, a causa di una selezione che premia la fedeltà a scapito del merito, con una "élite" intellettuale per lo più mediocre. Incapace di contrastare persino i più beceri e ottusi demagoghi.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: baylham il 18 Novembre 2019, 22:48:19 PM
L'inconcludenza mi sembra l'esito normale di una riflessione intellettuale. Se fosse il contrario la filosofia o la scienza non avrebbe ragione di esistere.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 19 Novembre 2019, 12:32:29 PM
Un superamento dialettico dell'antinomia si trova nel pensiero di un maestro che recità così

I filosofi hanno solo diversamente interpretato il mondo, si tratta invece di trasformarlo.
(Die Philosophen haben die Welt nur verschieden interpretirt; es kommt aber darauf an, sie zu verändern)


(L'originale non è per vezzo intellettualistico ma per l'accesso diretto alla fonte di quel pensiero per chi se ne volesse ermeneuticamente dilettare)

La filosofia della prassi è un buon antidoto alla degenerazione intellettualistica del pensiero filosofico per il semplice motivo che la realtà non concede scappatoie al flatus vocis inconcludente e pone di sbaglia immediatamente, o comunque in tempi umani e verificabili, di fronte al suo err(o/a)re.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: baylham il 20 Novembre 2019, 14:15:56 PM
Per esempio, questo argomento di discussione oppure in generale il forum Logos sono concludenti o inconcludenti?

Il compito della filosofia o della scienza è la trasformazione del mondo? Il compito mi appare ingenuo, anzi erroneo: in una relazione reciproca, uomo-mondo, il risultato del processo non è determinabile da una delle parti.

Apprezzo molto l'intellettualismo.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 20 Novembre 2019, 17:24:33 PM
Citazione di: baylham il 20 Novembre 2019, 14:15:56 PM
Per esempio, questo argomento di discussione oppure in generale il forum Logos sono concludenti o inconcludenti?

Per me hanno senso se concludono qualcosa, se scambiando le idee le moltiplicano. Altrimenti e chiacchiericcio, magari intellettuale. A qualcuno piace e i gusti non si discutono.

CitazioneIl compito della filosofia o della scienza è la trasformazione del mondo? Il compito mi appare ingenuo, anzi erroneo: in una relazione reciproca, uomo-mondo, il risultato del processo non è determinabile da una delle parti.

Il compito di ogni sapere è la trasformazione del mondo altrimenti non è sapere. La filosofia ritengo rientri nel sapere e sta a lei dimostrare di non essere "aria fritta (cit)". Tutte le filosofie che hanno avuto successo sono filosofie della prassi cominciando da quella che gli antichi chiamavano filosofia naturale.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: viator il 20 Novembre 2019, 22:04:53 PM
CitazionePer esempio, questo argomento di discussione oppure in generale il forum Logos sono concludenti o inconcludenti?

Altra citazione


Per me hanno senso se concludono qualcosa, se scambiando le idee le moltiplicano. Altrimenti e chiacchiericcio, magari intellettuale. A qualcuno piace e i gusti non si discutono.


Nessuna singola discussione od intervento risultano concludenti. Ovvio. Le eventuali conclusioni, se qualcuno vorrà trarle, verranno estratte dall'insieme di una certa moltepicità di discussoni ed interventi.
Quali conclusioni raggiungono l'arte o la scienza o la volontà di avere dei figli ?
Tutti gli artisti, gli scienziati, gli aspiranti genitori fanno ciò che fanno nella speranza, fiducia, desiderio, presuntuosa certezza di giungere alla conclusione che si prefiggono.
Ma il raggiungimento del loro scopo non è loro opera. Le conclusioni di quello che hanno fatto - se saranno riconosciute - saranno opera del destino o di chi giudicherà le loro opere.

Perciò noi dobbiamo continuare a discutere, a fare arte, a studiare, a copulare senza aspettarci conclusioni. Le quali però verranno al di là di ogni nostra specifica aspettativa in proposito. Saluti.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: baylham il 21 Novembre 2019, 00:43:28 AM
Citazione di: Ipazia il 20 Novembre 2019, 17:24:33 PM
CitazioneIl compito della filosofia o della scienza è la trasformazione del mondo? Il compito mi appare ingenuo, anzi erroneo: in una relazione reciproca, uomo-mondo, il risultato del processo non è determinabile da una delle parti.

Il compito di ogni sapere è la trasformazione del mondo altrimenti non è sapere. 

Il sapere trasforma il mondo, ma il mondo trasforma il sapere: per questo motivo il processo trascende le parti della relazione.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 21 Novembre 2019, 09:50:08 AM
Citazione di: baylham il 21 Novembre 2019, 00:43:28 AM
Citazione di: Ipazia il 20 Novembre 2019, 17:24:33 PM
CitazioneIl compito della filosofia o della scienza è la trasformazione del mondo? Il compito mi appare ingenuo, anzi erroneo: in una relazione reciproca, uomo-mondo, il risultato del processo non è determinabile da una delle parti.

Il compito di ogni sapere è la trasformazione del mondo altrimenti non è sapere.

Il sapere trasforma il mondo, ma il mondo trasforma il sapere: per questo motivo il processo trascende le parti della relazione.

Certamente, infatti volevo aggiungerlo e ti ringrazio di averlo fatto. Il rapporto è dialettico, retroattivo. Lo è anche materialmente: il sapere ha prodotto la lente che ha aumentato il sapere sul mondo. Dal sapere al potere il passo è breve e in ciò sta la trasformazione del mondo, che riguarda anche la filosofia per un animale metafisico come siamo. Se ben guardiamo non solo le filosofie, ma anche le religioni della prassi, sono quelle che più hanno trasformato il mondo.

(Tralasciando il verso etico, che è altra cosa e potrebbe offrire qualche punto in più a riflessioni filosofiche e religiose meno attivistiche, ma la cui ineffettualità alla distanza rende comunque perdenti. Anche sul piano etico.)
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: InVerno il 21 Novembre 2019, 18:36:43 PM
Che io sappia dietro all'anti-intellettualismo storicamente c'è sempre un movente politico, e spesso una lotta di classe, e spesso finisce nel sangue. Ma non tutto l'anti-intellettualismo è uguale, non scambierei per esempio la critica all'accademismo con le rivalse di moderni buzzurri che vorrebbero gli altri cadere al loro livello, e con gli altri non intendo le accademie, ma proprio tutti gli altri.

Questa è una foto che è stata fatta recentemente a degli appunti di un discorso di Trump, un noto "anti-intellettualista", appunti attraverso i quali il suddetto avrebbe voluto difendersi da accuse di impeachment, cioè tenere la barra dritta della leadership della nazione più importante del globo.
(https://www.motherjones.com/wp-content/uploads/2019/11/GettyImages-1188927586.jpg?w=1300)
Se l'antintellettualismo conduce ad una leadership che scrive i discorsi cruciali con l'uniposca sulle salviette di un aereo, (e quello che produce leggendoli, è una cacofonia logica di assoluta incomprensibilità ai normodotati) forse conviene tenersi gli intellettualisti? Ca va sans dire..
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Phil il 23 Novembre 2019, 00:42:47 AM
Citazione di: baylham il 20 Novembre 2019, 14:15:56 PM
Per esempio, questo argomento di discussione oppure in generale il forum Logos sono concludenti o inconcludenti?
Domanda con gradevole "doppio fondo" filosofico, velato dall'assonanza fra «concludente» e «conclusivo», entrambi derivati da «chiudere» («claudere»). La filosofia, o più umilmente, il ragionare in questo forum, dove (si) conclude e/o che cosa dischiude?
I discorsi concludenti e conclusivi su un argomento spettano, di diritto e di fatto, alle scienze ("scienze della natura" diceva Dilthey) con le loro verifiche empiriche, dimostrazioni oggettive, esperimenti, validità extra-soggettive, etc. alla filosofia "appartiene" (con compito talvolta socialmente ingrato) molto di ciò che è fuori da tali conclusioni inconfutate. All'epoca dei fisici presocratici, la filosofia "doveva" deontologicamente interrogarsi sull'archè, sulle sostanze, etc. perché erano domande senza riposta concludente (tantomeno conclusiva); poi la scienza ha fornito risposte solide che hanno sollevato la filosofia da tale inadatto incarico. Oggi la filosofia può discutere di etica, politica, etc. perché nessuna «scienza dello spirito» (ancora Dilthey) ha proposto risultati così concludenti e conclusivi da risolvere tutte le divergenze alla luce di un'"oggettività", al punto da rendere inopportuna o impraticabile ulteriore proficua riflessione. E forse è proprio questo il punto: in assenza di un'evidenza conclusiva, la pluralità dei discorsi filosofici (o, più poveramente, forumistici), presenta molteplici approcci concludenti, uno per ogni prospettiva che sia ben argomentata e minimamente compatibile con la lettura del reale circostante (quindi non ogni prospettiva solo in quanto tale). L'apertura del discorso filosofico si basa sull'inconclusa ricerca di una soluzione definitiva, quindi sull'apertura dei possibili orizzonti di senso, concludenti nei rispettivi risultati (più o meno teoretici), ma non conclusivi per l'interrogazione di partenza. La condizione di possibilità della riflessione filosofica è quindi l'assenza di un discorso concluso in quanto "risolto" (e l'inconcludenza logico-semantica di alcune interrogazioni, filosofiche e non, rivela come alcune questioni siano falsi problemi, effetti collaterali di un domandare maldestro o malposto).

Quando una prospettiva filosofica si ritiene conclusa (da un autore, un metodo, un approccio, etc.) e definitiva (ogni chiusura è sempre, a suo modo, sia una fine che il fine), smette di essere filosofica e, purtroppo per lei, le viene chiesto di dar conto delle sue "verità" conclusive (ed è qui che spesso proliferano circoli viziosi, fallacie varie, etc.).
Alcuni osserveranno che anche questa stessa prospettiva pluralista e inconclusiva (ma non inconcludente) della filosofia sembra spacciarsi a sua volta come conclusiva e definitiva (oltre che definitoria); tuttavia così non può essere, perché essa prevede esattamente l'esistenza di altre posizioni divergenti (ma non per questo di minor legittimità filosofica), ognuna ritenentesi conclusiva (o almeno concludente), il che conferma proprio la suddetta pluralità e l'inconclusività (assoluta) di ogni singola posizione (sempre fino a prova contraria, in attesa di prove inconfutate o almeno confutabili, come direbbe Popper).


P.s.
Notoriamente non tutti gli approcci filosofici hanno avuto lo stesso successo storico, la stessa quantità di proseliti, la stessa diffusione culturale, etc. ma, secondo me, non è questo un criterio filosofico per valutarne l'inconcludenza (logica) o la conclusività (quei fattori possono ben essere criteri storici, sociologici, antropologici, etc.).
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 23 Novembre 2019, 10:15:20 AM
Citazione di: Phil il 23 Novembre 2019, 00:42:47 AM
P.s.
Notoriamente non tutti gli approcci filosofici hanno avuto lo stesso successo storico, la stessa quantità di proseliti, la stessa diffusione culturale, etc. ma, secondo me, non è questo un criterio filosofico per valutarne l'inconcludenza (logica) o la conclusività (quei fattori possono ben essere criteri storici, sociologici, antropologici, etc.).

Magistrale come sempre  :D

Però non saprei da dove la filosofia potrebbe trarre un criterio per determinare la conclusività di certe filosofie di successo se non dai dati storici, sociologici, antropologici, che la testimoniano. A prescindere, e spesso contro, ogni loro concludenza logica  ;D
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Sariputra il 23 Novembre 2019, 11:12:04 AM
La filosofia ha ancora molta importanza, secondo me. Basti pensare che la scienza studia e si dà da fare per salvare vite umane (per es. la ricerca medica) o per distruggerle (per es. la ricerca militare), ma non sa dire perché lo fa (al netto dell'interesse economico s'intende...). Il perché la vita sia o non sia un valore è infatti un problema filosofico e non una questione scientifica.
La scienza ci dimostra la complessità della vita e delle leggi che la regolano, ma non basta un generico 'senso di meraviglia' personale (opinabile tra l'altro..) per 'infondere' un valore alla stessa...
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: viator il 23 Novembre 2019, 14:29:13 PM
Salve Sariputra. "Il perché la vita sia o non sia un valore è infatti un problema filosofico e non una questione scientifica".
Filosoficamente è un valore per chi fa filosofia non nichilistica.
Scientificamente la vita non è un valore ma (con significato immensamente più valido e profondo) una necessità. Saluti.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Phil il 23 Novembre 2019, 15:06:54 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Novembre 2019, 10:15:20 AM
Però non saprei da dove la filosofia potrebbe trarre un criterio per determinare la conclusività di certe filosofie di successo se non dai dati storici, sociologici, antropologici, che la testimoniano. A prescindere, e spesso contro, ogni loro concludenza logica  ;D
Direi che della concludenza se ne occupa la logica, della conclusività se ne occupa l'ermeneutica (del successo storico la storiografia, delle ripercussioni sociali la sociologia, etc.). Secondo me, per restare sul piano filosofico, non bisogna impantanarsi nei dati che fanno statistica e/o storia, per mantenere chiara la distinzione fra ciò che la filosofia fa (produce orizzonti di senso) e ciò che essa fa fare (attuazioni storiche, sociologiche, antropologiche, etc. di tali orizzonti); la filosofia fa riflessioni politiche, esistenziali, estetiche, etc. e fa fare rivoluzioni, apostasie, opere artistiche, etc. ma questo secondo gruppo non è propriamente un filosofare perché presuppone che sia stata già fatta una filosofia d'innesco (e chiaramente l'architetto deve considerare la fattibilità di ciò che chiede di fare al muratore). Inoltre, per riprendere un'immagine à la page, direi che è comunque importante saper distinguere il fritto della nonna da quello del McDonald's; fermo restando che "non di solo fritto vive l'uomo".
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 23 Novembre 2019, 20:24:41 PM
L'orizzonte di senso da dove lo trae la filosofia ?
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: viator il 23 Novembre 2019, 21:16:50 PM
Salve Ipazia. "L'orizzonte di senso da dove lo trae la filosofia ?".
Dall'istinto di sopravvivenza mentalmente interpretato. Utilizzando l'unica arma mentale - l'intelligenza - allo scopo di contrastare vanamente ma inevitabilmente il frutto di ciò che a sua volta generò l'intelligenza. La consapevolezza della propria mortalità rivelataci dell'acquisizione di una coscienza. Saluti.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Phil il 23 Novembre 2019, 21:21:02 PM
Secondo me, l'orizzonte di senso ogni filosofia lo fonda più di quanto lo tragga; l'orizzonte di senso, come dicevo, è la concludenza (e talvolta la conclusione) del filosofare di un filosofo: ogni autore ci propone infatti il suo orizzonte di senso da interpretare (ermeneutica), ponderare, attualizzare, etc.
Dove fonda una filosofia o, per semplificare, un autore, il suo orizzonte di senso? Chiaramente sul suo filosofare. Su cosa si fonda tale filosofare? Sui ragionamenti dell'autore. Su cosa di fondano tali ragionamenti? Su osservazioni, interpretazioni, intuizioni, etc. Su cosa di fondano queste osservazioni, interpretazioni, etc.? Sull'imprinting culturale, sulle esperienze vissute, sulle pregresse riflessioni dell'autore, etc.
Almeno mi pare sia questa, in breve, la catena (aporie e tautologie comprese).
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 23 Novembre 2019, 22:59:12 PM
Citazione di: Phil il 23 Novembre 2019, 21:21:02 PMSecondo me, l'orizzonte di senso ogni filosofia lo fonda più di quanto lo tragga; l'orizzonte di senso, come dicevo, è la concludenza (e talvolta la conclusione) del filosofare di un filosofo: ogni autore ci propone infatti il suo orizzonte di senso da interpretare (ermeneutica), ponderare, attualizzare, etc. Dove fonda una filosofia o, per semplificare, un autore, il suo orizzonte di senso? Chiaramente sul suo filosofare. Su cosa si fonda tale filosofare? Sui ragionamenti dell'autore. Su cosa di fondano tali ragionamenti? Su osservazioni, interpretazioni, intuizioni, etc. Su cosa di fondano queste osservazioni, interpretazioni, etc.? Sull'imprinting culturale, sulle esperienze vissute, sulle pregresse riflessioni dell'autore, etc. Almeno mi pare sia questa, in breve, la catena (aporie e tautologie comprese).

Dunque all'origine della catena causale dell'orizzonte di senso troviamo l'imprinting culturale, le esperienze vissute, - l'istinto di conservazione mentale ... dice viator - , ovvero un insieme di fattori socioculturali, anche molto materiali, che il filosofo sistematizza in conclusioni che originano l'orizzonte di senso. Ma allora la mia domanda successiva è: perchè Platone e non Carneade ? Mi rispondo da sola così saltiamo un passaggio. Non tutti gli orizzonti di senso si equivalgano, ovvero certe altezze "orizzontali" vengano replicate da miriadi di Carneadi senza nulla aggiungere - o molto poco - al Platone che quell'orizzonte ha fissato. Questo polarizzarsi personale ed epocale di determinati orizzonti non potrebbe avere a che fare con una lettura più "sentita" del reale circostante tale da prenotare il successo di una filosofia, in sintonia con l'ermeneutica che interpreta le ragioni di quel successo ?

Ovvero, esemplificando: non è che l'idea di un principio spirituale unitario di Platone sollevasse l'orizzonte dal coacervo terra-terra di idoli d'ogni sorta fornendo al modello trascendente un orizzonte a cui si farà riferimento per qualche millennio a seguire ? Se è così: è sensato trarre dalla storia, sociologia, antropologia anche la koinè da cui ogni grande interprete del suo tempo è partito per porre il suo orizzonte di senso.
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Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Phil il 24 Novembre 2019, 00:35:18 AM
Citazione di: Ipazia il 23 Novembre 2019, 22:59:12 PM
perchè Platone e non Carneade ? Mi rispondo da sola così saltiamo un passaggio. Non tutti gli orizzonti di senso si equivalgano, ovvero certe altezze "orizzontali" vengano replicate da miriadi di Carneadi senza nulla aggiungere - o molto poco - al Platone che quell'orizzonte ha fissato. Questo polarizzarsi personale ed epocale di determinati orizzonti non potrebbe avere a che fare con una lettura più "sentita" del reale circostante tale da prenotare il successo di una filosofia, in sintonia con l'ermeneutica che interpreta le ragioni di quel successo ?
Decisamente sì; è il senso della mia battuta sulle fritture che non sono tutte uguali e, aggiungo ora, non soddisfano ugualmente i palati del grande pubblico; per quanto anche i gusti dei palati mutino con il tempo: i Protagora, i Gorgia, i Buddha, i Diogene, i Lao Tzu, persino i Carneade, etc. sono ad esempio più "appetibili" oggi che magari mille anni fa; inversamente, proprio Platone risulta oggi un po' più insipido di mille anni fa; altri, di cui magari si sono perse le tracce, non sono stati appetibili in passato né lo sono ora. Ciò che è cambiato è sia il "sentire", che la lettura della "realtà circostante".

Citazione di: Ipazia il 23 Novembre 2019, 22:59:12 PM
esemplificando: non è che l'idea di un principio spirituale unitario di Platone sollevasse l'orizzonte dal coacervo terra-terra di idoli d'ogni sorta fornendo al modello trascendente un orizzonte a cui si farà riferimento per qualche millennio a seguire ?
Eppure la constatazione del successo di quel modello, trattandosi di una constatazione storiografica, non va per me confusa con la sua valutazione filosofica; guardare ad oriente giova sempre per attingere differenti possibilità di pensiero e differenti successi storici, oppure si può semplicemente considerare come la cultura analitico-americana, nata "tardi", recepisca le nostre filosofie antiche. Non a caso oggi si sta rivalutando proprio il "terra-terra" (inteso come materialismo) da cui Platone (neoplatonici, etc.) sembrava averci emancipato e, altro esempio, molte riflessioni sul linguaggio degli antichi sofisti potrebbero essere impeccabilmente assegnate ai neopositivisti logici di inizio novecento (e l'antica dottrina buddista del non-io, anatta, risulta più compatibile con le attuali scienze cognitive, di quanto lo siano molte delle dottrine occidentali successive al buddismo).

Citazione di: Ipazia il 23 Novembre 2019, 22:59:12 PM
è sensato trarre dalla storia, sociologia, antropologia anche la koinè da cui ogni grande interprete del suo tempo è partito per porre il suo orizzonte di senso.
Concordo; volevo solo sottolineare l'importanza di distinguere l'approccio storico, quello antropologico, etc. da quello specificamente filosofico, senza che ciò significhi rifiutare il prezioso legame contestuale fra una filosofia e l'epoca in cui è stata pensata e/o si è affermata; fare storia della filosofia non è fare filosofia, per quanto indubbiamente partire dalla prima agevoli la seconda.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: baylham il 24 Novembre 2019, 11:47:44 AM
Citazione di: Phil il 23 Novembre 2019, 00:42:47 AM
Citazione di: baylham il 20 Novembre 2019, 14:15:56 PM
Per esempio, questo argomento di discussione oppure in generale il forum Logos sono concludenti o inconcludenti?
Domanda con gradevole "doppio fondo" filosofico, velato dall'assonanza fra «concludente» e «conclusivo», entrambi derivati da «chiudere» («claudere»). La filosofia, o più umilmente, il ragionare in questo forum, dove (si) conclude e/o che cosa dischiude?
I discorsi concludenti e conclusivi su un argomento spettano, di diritto e di fatto, alle scienze ("scienze della natura" diceva Dilthey) con le loro verifiche empiriche, dimostrazioni oggettive, esperimenti, validità extra-soggettive, etc. alla filosofia "appartiene" (con compito talvolta socialmente ingrato) molto di ciò che è fuori da tali conclusioni inconfutate. All'epoca dei fisici presocratici, la filosofia "doveva" deontologicamente interrogarsi sull'archè, sulle sostanze, etc. perché erano domande senza riposta concludente (tantomeno conclusiva); poi la scienza ha fornito risposte solide che hanno sollevato la filosofia da tale inadatto incarico. Oggi la filosofia può discutere di etica, politica, etc. perché nessuna «scienza dello spirito» (ancora Dilthey) ha proposto risultati così concludenti e conclusivi da risolvere tutte le divergenze alla luce di un'"oggettività", al punto da rendere inopportuna o impraticabile ulteriore proficua riflessione. E forse è proprio questo il punto: in assenza di un'evidenza conclusiva, la pluralità dei discorsi filosofici (o, più poveramente, forumistici), presenta molteplici approcci concludenti, uno per ogni prospettiva che sia ben argomentata e minimamente compatibile con la lettura del reale circostante (quindi non ogni prospettiva solo in quanto tale). L'apertura del discorso filosofico si basa sull'inconclusa ricerca di una soluzione definitiva, quindi sull'apertura dei possibili orizzonti di senso, concludenti nei rispettivi risultati (più o meno teoretici), ma non conclusivi per l'interrogazione di partenza. La condizione di possibilità della riflessione filosofica è quindi l'assenza di un discorso concluso in quanto "risolto" (e l'inconcludenza logico-semantica di alcune interrogazioni, filosofiche e non, rivela come alcune questioni siano falsi problemi, effetti collaterali di un domandare maldestro o malposto).

Non condivido la netta distinzione tra scienza e filosofia. Secondo me la scienza, come la filosofia, non è concludente, non è conclusiva. 
La filosofia discute anche di scienza, in particolare di epistemologia e di gnoseologia, e viceversa.
Sono entrambe metaforicamente esplorazioni.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Phil il 24 Novembre 2019, 13:46:36 PM
Citazione di: baylham il 24 Novembre 2019, 11:47:44 AM
Non condivido la netta distinzione tra scienza e filosofia. Secondo me la scienza, come la filosofia, non è concludente, non è conclusiva.
La filosofia discute anche di scienza, in particolare di epistemologia e di gnoseologia, e viceversa.
Sono entrambe metaforicamente esplorazioni.
Indubbiamente ci sono punti di contatto e di scambio fra i due ambiti (come osservava il citato Dilthey), ma credo che la divergenza essenziale non venga mai compromessa, in virtù della specificità e settorialità dei rispettivi discorsi, metodi, approcci e conclusioni (tanto innegabili quanto, talvolta, provvisorie). Quando la filosofia si declina in epistemologia non entra nel merito delle procedure, dei dati, degli strumenti, etc. in un modo che possa definirsi scientifico; se non sbaglio, resta solitamente su un piano meno specialistico, più interdisciplinare (l'epistemologia non si differenza troppo a seconda che si parli di biologia, chimica, fisica, etc. la cui distinzione è invece preliminare per ogni impostazione e applicazione scientifica). Nel discutere di scienza, la filosofia non rinnega la sua differenza essenziale rispetto alla scienza, non si con-fonde con essa.
Quando la scienza si dà alla filosofia, il discorso diventa più ambiguo, proprio perché la filosofia ha coordinate di discorso molto più ampie e meno pragmatiche (v. distinzione fra ciò che la filosofia fa e ciò che essa fa fare), potendosi giovare di una apparente "carta bianca" che alla scienza è preclusa dalla strutturale esigenza di calcoli, esperimenti e dimostrazioni (empiriche o teoriche, ma mai solo "filosofiche").
La filosofia sconfina spesso nell'estetica, nell'esistenzialismo, nella politica, etc. ambiti che per la scienza sono quasi solo delle divagazioni, ma che per lo scienziato hanno quel tepore umano che non può lasciarlo indifferente. Inoltre, nella scienza è sempre più rilevante l'apporto dei macchinari e dell'informatica; alla filosofia bastano carta e penna, anzi, matita (di quelle con la gomma inclusa). Storicamente, non è poi da sottovalutare come la scienza abbia sottratto terreno d'indagine alla filosofia, ma non viceversa; è sensato dire che la scienza sia nata da una costola della filo-sophia, ma credo anche si possa osservare, senza voler provocare la nota suscettibilità dei filosofi, che la scienza ha risolto problemi nati in filosofia (all'interno di una collaborazione basata sulla complicità a cui ho accennato in precedenza).
Direi che quindi la distinzione fra le due è piuttosto marcata, anche se la separazione non è certo radicale né priva di punti di contatto; se non altro perché la filosofia in quanto disciplina corteggia la scienza (affascinata dalle sue certezze), lo scienziato in quanto uomo corteggia la filosofia (mosso dalle sue incertezze).

La settorialità delle discipline e il fattore umano extra-disciplinare ci ricollegano al discorso di partenza sull'intellettualismo: visto dall'interno, ogni settore non è mai intellettualistico per gli addetti ai lavori, ma può esserlo visto dall'esterno, quando i contenuti della sua specificità marcano la differenza nozionistica (e non solo) rispetto ad un pubblico non specializzato. Ad esempio, il contesto popolare dei mass media presuppone che la massa non sia, per definizione, competente di alcune tematiche specifiche, per cui citare nei dettagli una teoria settoriale o l'opinione di uno specialista, può essere letto come intellettualismo (usato per affabulare e convincere, oppure per confondere e azzittire l'interlocutore, sia esso singolare o plurale). Inversamente, l'anti-intellettualismo non è forse il dare in pasto alla massa (o a un individuo) informazioni divulgative, semplificate e sintetiche, digeribili senza troppo sforzo (e magari associabili spontaneamente ad emozioni primarie)?
Dietro questo uso dell'anti-intellettualismo c'è a sua volta l'"intellettualismo" delle discipline che si occupano della comunicazione, sebbene quando vengono trattate in pubblico corrono appunto il rischio di essere tacciate di intellettualismo (almeno se la platea non è incuriosita da quelle discipline e disposta ad approfondirle, magari per "legittima difesa").
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: baylham il 24 Novembre 2019, 19:37:19 PM
Nei corsi di economia che ho frequentato l'epistemologia, in particolare Popper e Kuhn, era propedeutica e le veniva dato uno speciale rilievo. Molti insegnanti, specie i più giovani, tenevano degli spazi aperti alle altre discipline. La metafora della scienza come una palafitta costruita su sabbie mobili era ben avvertita, le certezze erano apparenti.

Sono d'accordo che i contenuti, i metodi della filosofia siano distinti da quelli della scienza, ma entrambe partecipano alla conoscenza: se uno scienziato approfondisce il suo campo di studio finisce coll'imbattersi in problemi schiettamente filosofici e viceversa.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Phil il 24 Novembre 2019, 21:11:40 PM
A proposito di intellettualismo, credo che questa storiella possa risultare simpaticamente eloquente:

Un giovanotto ebreo, figlio di una di quelle famiglie secolarizzate, laiche, progressiste, moderne, dopo la laurea in logica e dialettica socratica, vuole darsi un'infarinatura di cose ebraiche. Si sa... fa cosi chic! Si reca dunque da un grande rabbino e gli dice:
"Rabbino, vorrei arrotondare la mia cultura con un po' di ebraismo. Mi
darebbe qualche lezioncina?". "Capisco giovanotto - risponde il rabbino - ma tu hai studiato il nostro Toyre? la Bibbia nostra
intendo, il Talmud?". "Andiamo rabbino! Io sono laureato in Logica e Dialettica socratica! Non so se mi spiego!". "D'accordo figliolo questa è una bella cosa, ma "leshon ha Kodesh" la nostra lingua santa, l'ebraico lo conosci? E l'aramaico?". "Rabbino, lei mi sta solo facendo perdere tempo. Mi faccia un test! Mi metta alla prova per vedere se sono all'altezza!". "Come tu vuoi, figliolo". Il rabbino alza di scatto due dita proprio davanti agli occhi del baldanzoso
giovane e...: "Attento giovanotto! Due uomini scendono dallo stesso
camino: uno ha la faccia sporca e l'altro ce l'ha pulita, chi si lava
la faccia?". "Hahaha! Ma rabbino, questa è una domanda per bambini
deficienti! È evidente. Quello con la faccia sporca". "Sbagliato
figliolo. Quando quello con la faccia sporca vede che l'altro ce l'ha
pulita, pensa di avere la faccia pulita e non si lava la faccia. E
quello con la faccia pulita che vede che l'altro ce l'ha sporca, pensa
di avere la faccia sporca e quindi si lava la faccia". "Ah!... Certo
rabbino! Come ho potuto cadere in una trappola cosi' banale. La prego,
mi sottoponga ad un altro test per favore, comincio a capire... Molto,
molto sottile!". "Va bene figliolo, come tu vuoi, non c'è problema!
Attento". Di nuovo il rabbino fa scattare le due dita in alto: "Due
uomini scendono dallo stesso camino: uno ha la faccia sporca e l'altro
ce l'ha pulita, chi si lava la faccia?". "Rabbino, non sono mica
scemo, lo abbiamo già detto. Quello con la faccia pulita". "Sbagliato
figliolo. Quello con la faccia sporca vede che l'altro ce l'ha pulita,
pensa di avere la faccia pulita e non si lava. Quello con la faccia
pulita vede l'altro con la faccia sporca, pensa di avere la faccia
sporca e si lava la faccia. Ma... quando quello con la faccia sporca
vede che quello con la faccia pulita si lava la faccia, pensa di
doversi anche lui lavare la faccia. Quindi tutti e due... si lavano il
faccia". "Ah! mmm... certo ...il ribaltamento dialettico ...molto
arguto... Vede rabbino, sono un po' freddino... La prego, mi faccia
un'altra domanda". "Come tu vuoi, figliolo, non c'è problema". Ancora
una volta il rabbino alza le due dita di scatto: "Molto attento,
ragazzo! Due uomini scendono dallo stesso camino: uno c'ha la faccia
sporca e l'altro ha la faccia pulita, chi si lava la faccia?".
"Rabbino, insomma non mi esasperi! Non lo abbiamo appena detto? Sono
totalmente d'accordo con lei. Tutti e due si lavano la faccia!".
"Sbagliato figliolo. Vedi, quando quello con la faccia sporca vede
quello con la faccia pulita, pensa di avere la faccia pulita e non si
lava la faccia. Cosi, quando quello con la faccia pulita vede che
l'altro con la faccia sporca non si lava la faccia, pensa anche lui
che non c'e' nessuna ragione per lavarsi la faccia. Quindi... nessuno
dei due si lava la faccia". Lo studente è quasi a pezzi, ma per non
essere umiliato dice: "Adesso ho capito, rabbino, ne sono sicuro.
Riconosco di essere stato presuntuoso, ma lei non deve negarmi
un'ultima domanda. La scongiuro!". "Va bene, come tu vuoi, figliolo,
come vuoi. Allora vediamo...". Il rabbino immancabilmente fa scattare
in su le due dita e...: "Molto, molto attento mio caro giovanotto! Due
uomini scendono dallo stesso camino, uno ha la faccia sporca e l'altro
ha la faccia pulita. Chi si lava la faccia?". "Pietà di me, rabbino!
Me l'ha appena detto e io ne convengo assolutamente, non insista!
Nessuno dei due. Nessuno dei due si lava la faccia. Non è cosi?".
"Sbagliato figliolo. Senti figliolo, ma come puoi pensare che due
uomini scendano dallo stesso camino, e abbiano uno la faccia sporca e
l'altro la faccia pulita! L'intera questione è un'idiozia! Passa la
tua vita a rispondere a stupide questioni della tua dialettica... e
vedrai cosa capirai di ebraismo!". 
(da "L'ebreo che ride", di Moni Ovadia; tratto da qui).
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 25 Novembre 2019, 09:58:12 AM
Citazione di: baylham il 24 Novembre 2019, 19:37:19 PMSono d'accordo che i contenuti, i metodi della filosofia siano distinti da quelli della scienza, ma entrambe partecipano alla conoscenza: se uno scienziato approfondisce il suo campo di studio finisce coll'imbattersi in problemi schiettamente filosofici e viceversa.

Sono d'accordo. La figura e l'opera di Carlo Rovelli sono esemplificativi di questa evoluzione che diviene sempre più obbligata man mano che la materia (in tutti i sensi) scientifica si fa più rarefatta. L'epistemologia è l'anello - non più mancante - di questo processo di unificazione del sapere.

Unificazione che non è marcia trionfale ma crinale pericoloso, lungo il quale solo il verbo di Ockham (epistemologo ante litteram) ci può salvare da scivoloni fatali.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: baylham il 25 Novembre 2019, 11:30:20 AM
Citazione di: Ipazia il 25 Novembre 2019, 09:58:12 AM
Citazione di: baylham il 24 Novembre 2019, 19:37:19 PMSono d'accordo che i contenuti, i metodi della filosofia siano distinti da quelli della scienza, ma entrambe partecipano alla conoscenza: se uno scienziato approfondisce il suo campo di studio finisce coll'imbattersi in problemi schiettamente filosofici e viceversa.

Sono d'accordo. La figura e l'opera di Carlo Rovelli sono esemplificativi di questa evoluzione che diviene sempre più obbligata man mano che la materia (in tutti i sensi) scientifica si fa più rarefatta. L'epistemologia è l'anello - non più mancante - di questo processo di unificazione del sapere.

Unificazione che non è marcia trionfale ma crinale pericoloso, lungo il quale solo il verbo di Ockham (epistemologo ante litteram) ci può salvare da scivoloni fatali.

Penso che gli scivoloni, gli errori irreparabili siano essenziali, facciano parte del processo normale della scienza, della filosofia: il mondo risponde no alle tue interrogazioni.

La mia propensione per l'intellettualismo, che concretamente è rivolta alla scienza e alla filosofia, non significa che auspichi la separazione dell'intelletto dai sentimenti: per esempio il piacere che mi dà il lavoro intellettuale è un sentimento.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 25 Novembre 2019, 20:31:09 PM
Certamente, l'amor culturae è il motore della conoscenza.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Sariputra il 26 Novembre 2019, 23:34:19 PM
Il problema principale che si riscontra in moltissimi intellettuali è l'ipocrisia. I filosofi poi sono , tra gli intellettuali, i più ipocriti. Se invece di leggere i loro testi filosofici si leggono le loro biografie vien spontaneo esclamare: "dio! Che razza di ipocrisia!"...E' vero che lo siamo un pò tutti, ipocriti intendo, ma in un tipo intellettuale è ben più disgustoso, perchè queste persone pretendono di avere una sorta di 'autorità' data dal loro saper usare meglio di altri l'intelletto...Così, come dice quel famoso passo evangelico, più ti 'elevi' più vieni 'abbassato' dalla tua miseria esistenziale stessa. E' vero che queste persone son capaci di farti credere, con incredibili giravolte e ghirighori linguistici, che anche l'ipocrisia non è un male, semmai un vezzo, un tocco di classe; e mentre son capaci di stigmatizzare l'incoerenza del poveraccio, del buzzurro, non vedono letteralmente la "trave nei loro occhi". Poi c'è anche questa idea che l'intellettuale, in fin dei conti,  è importante per le sue idee e non è così determinante che le metta in pratica. E' come se un tuo amico ti consigliasse un certo ristorante, ma che lui si tenesse  ben lontano dal frequentare, preferendone altri...
L'intellettuale poi ama la politica. Forse sarebbe più esatto dire che usa la politica. Non sei un intellettuale serio se non ti occupi di politica e non la usi per farci su una bella carriera da intellettuale che si occupa di politica. L'importante è occuparsene, non importa da che parte, ma occupatene perdiana...
Quando sono triste mi guardo delle belle scene in tv di intellettuali che discutono sui problemi del mondo e fanno politica. Devo dire che , per un pò, funziona...è rasserenante. Dopo tutto...vedere che ci sono persone così argute che si occupano del bene comune ti tira su...senti nascere quasi una speranza...quasi...per un pò...poi iniziano a litigare fra loro, ad insultarsi, a fare commedia grottesca, a latrare indispettiti e capisci che, se queste sono le persone che sanno usare l'intelletto meglio della massa dei pecoroni, si comprende il perché siam messi così bene... :(
Ci sono però anche intellettuali che adoro. Per esempio c'è un tale Guido che mi telefona spessissimo e che vorrebbe che lo aiutassi a convincere medici e farmacisti, o loro apprendisti, a dedicare parte del loro preziosissimo tempo gratis per le persone che sono nel bisogno e che non hanno i centocinquanta euri minimi a 'botta' che ci vogliono per farti visitare da cristiano (o da musulmano , se preferite...). E' un filosofo laureato che non ha potuto far fortuna negli ambienti intellettuali, me è preparatissimo, sissignori...Se ho un dubbio...che so...su Fichte (non è che mi vengano spesso dubbi su Fichte o chi per lui, devo ammetterlo, ma è per fare un esempio...) Guido mi tiene due ore al telefono per spiegarmi l'evoluzione del pensiero filosofico dalla caduta dell'Impero Romano d'Occidente ai giorni nostri. E' un mito... ma non è ancora riuscito a convincere uno, che sia uno, medico o farmacista a dare del tempo gratis per i poveracci..
Ecco, Guido è un vero intellettuale coerente. Ha classificato e messo in ordine una biblioteca ridotta al lumicino solo per il piacere di farlo. Peccato che, vista l'età, non possa più guidare l'auto col buio, come il sottoscritto peraltro, e questo lo fa soffrire parecchio. Sto tentando di convertirlo al Buddhismo, ma è troppo intellettuale per farlo. Se gli dico "lascia andare" lui istintivamente afferra ancor più saldamente il libro che ha in mano e se lo nasconde nel cappotto... :) Eh il karma non è ancora 'maturo' per lui.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 27 Novembre 2019, 09:05:28 AM
Scagli la prima pietra chi è senza peccato, cominciando dalla filosofia che ha inventato gli intoccabili, ma salva le formiche. Non è una critica ad personam filosofica, ma è la constatazione che la coerenza manca in qualsiasi visione del mondo fin qui formulata e che la questione non è dovuta ad una certa innata imperfezione umana, ma alla oggettiva difficoltà di trovare il filo di arianna che congiunga in un logos soddisfacente la santissima trinità dell'universo antropologico: physis, ethos e nomos. Quando ci riusciremo, la filosofia diventerà scienza. E i comportamenti umani diventeranno più razionali e responsabili. Soprattutto meno ipocriti, a loro insaputa.
.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: bobmax il 27 Novembre 2019, 09:08:53 AM
Sariputra, mi sa che il tuo amico Guido non può proprio abbracciare il Buddismo, così come nessun altro credo.

È il destino di ogni autentico intellettuale non poter mai essere "convertito".

Riguardo all'ipocrisia di tanti "pseudo" intellettuali... sarebbe sufficiente vi fossero più bambini a gridare: "Il re è nudo!".

Forse questi bimbi preziosi stanno ora arrivando. Sta a noi invogliarli a gridare.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 27 Novembre 2019, 09:31:54 AM
Il problema non è l'ipocrisia consapevole, ma quella inconsapevole dell'ignoranza indottrinata, addomesticata, omologata. E' questa il terreno su cui germoglia e prospera l'ipocrisia consapevole.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: bobmax il 27 Novembre 2019, 09:57:38 AM
Ma l'ipocrisia non sta forse proprio in quel labile confine tra consapevolezza e inconsapevolezza?

Posso essere davvero ipocrita se ne sono del tutto consapevole?

E se non ne sono per nulla consapevole, come posso essere ipocrita?

Quando sono consapevole, per davvero... non è più una questione di "sapere" ma di "essere".


Non so di comportarmi male, sono io stesso il male.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 27 Novembre 2019, 13:02:49 PM
Citazione di: bobmax il 27 Novembre 2019, 09:57:38 AM
Ma l'ipocrisia non sta forse proprio in quel labile confine tra consapevolezza e inconsapevolezza ?

Non solo e non prevalentemente. Vi è un'ipocrisia del potere consapevole e un'ipocrisia, che sarebbe più corretto definire opportunismo, più o meno pavido e pigro, di chi lo subisce. Sul confine - non proprio labile - vi sta il cortigiano ("vil razza dannata") che ha un posto privilegiato nei confronti del potere della cui ipocrisia è altrettanto consapevole, in simbiosi con un evidente opportunismo nel supportarlo. L'intelligentsia, insomma, di cui parla Sariputra.

CitazionePosso essere davvero ipocrita se ne sono del tutto consapevole?

Certamente. E Machiavelli ha fatto lezione in materia. Ad uno dei massimi gerarchi nazisti è attribuito il postulato fondamentale di tale consapevolezza: "ripetete una menzogna milioni di volte e diventerà una verità". Superfluo osservare come su questo principio si fondino anche le fortune millenarie di molte e variegate ideologie e dei media contemporanei.

CitazioneE se non ne sono per nulla consapevole, come posso essere ipocrita?

Infatti si tratta per lo più di pavido e pigro opportunismo, conformismo, tartufismo. La stessa scommessa di Pascal non ne è immune.

CitazioneQuando sono consapevole, per davvero... non è più una questione di "sapere" ma di "essere".
Non so di comportarmi male, sono io stesso il male.

Sapere l'ipocrisia è conditio sine qua non di essere potere. La coppia è indissolubile. Se vuoi, chiamalo male.  Machiavelli lo chiamava "arte di governo". Giuseppe Conte è perfetto interprete di ciò. Continuiamo a morire democristiani.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: bobmax il 27 Novembre 2019, 14:48:58 PM
Sì, occorre intenderci sul termine "ipocrisia". Perché non mi riferisco al "giudizio" dato dall'esterno, verso chi ci appare appunto "ipocrita". Piuttosto nel mio intervento parlavo dell'ipocrisia di cui si è o meno consapevoli. Tu stessa avevi tirato in ballo la consapevolezza...
 
Cioè, sono ipocrita verso me stesso o no? Mi racconto falsità su me stesso, simulo a me stesso di essere diverso da quello che in realtà sono?
 
Di modo che Macchiavelli non c'entra nulla.
Perché non insegna ad essere ipocriti, tutt'altro!
Magari, il suo insegnamento può farci risultare ipocriti agli occhi degli altri. Ma non ad essere ipocriti in noi stessi! Perché insegna come comportarci, anche simulando e falsificando, ma senza alcuna falsità in noi stessi!
 
Insomma, Ipazia, un conto è il giudizio che possono dare gli altri su di me, magari considerandomi un ipocrita, un altro la mia consapevolezza di essere ipocrita.
 
E non posso essere "davvero" consapevole di essere ipocrita, perché nel momento che ne divengo consapevole... non posso più essere ipocrita!
 
Questa fine dell'ipocrisia, coincide con l'ingresso nell'inferno.
 
Stranamente, ciò che non posso assolutamente perdonare a me stesso, ha invece, più approfondisco, una completa giustificazione se lo noto nell'altro...
 
Perché, Ipazia, occorre guardare l'essere umano per quello che è, non per quello che vorremmo fosse...
Perciò evitando ogni pregiudizio, almeno per quanto possibile.
 
E lo vediamo davvero per quello che è... quando ci prende la compassione.
 
Autentica, motivata, compassione!
Che non ha niente a che vedere con il "vogliamoci bene", non è un "buonismo".
 
Perché proviene direttamente dall'Essere.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 27 Novembre 2019, 15:22:55 PM
Ho trattato la dimensione sociale dell'ipocrisia perchè è in questa dimensione che si può rispondere alla giusta invettiva di Sariputra, cercando di approfondirne la meccanica nei suoi aspetti cinici da un lato e opportunistici dall'altro.

Sul piano individuale, soggettivo, anche il mafioso più efferato avrà coltivato la dose di bias (o falsa coscienza usando una prospettiva etica) necessaria a giustificare il suo operato senza sentirsi un ipocrita. Su questo concordo con te.

Infine, è proprio perchè tengo conto dell'uomo così com'è - col suo indissociabile io - che trovo impraticabile l'entrata nell'inferno, sia quella materiale del chandala o spirituale di Kierkegaard, in cambio della Verità. Se poi l'unica alternativa è il Nulla/morte, è come andar di notte. L'uomo va cercato nella sua immanenza (con tutta la compassione o empatia umanamente possibile). E' l'unico luogo in cui si ha qualche probabilità di trovarlo. La lanterna di Diogene.
.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: bobmax il 27 Novembre 2019, 16:03:40 PM
Citazione di: Ipazia
Infine, è proprio perchè tengo conto dell'uomo così com'è - col suo indissociabile io - che trovo impraticabile l'entrata nell'inferno, sia quella materiale del chandala o spirituale di Kierkegaard, in cambio della Verità.

Non tieni ancora conto dell'uomo così com'è.
La tua sofferenza lo dimostra.

Quando ciò avverrà, ogni giudizio su di lui si rivelerà inopportuno, e proverai solo compassione.

Prima, però, occorre andare all'inferno.
E all'inferno si va, non tanto per il nostro giudizio sugli altri, ma per aver constatato ciò che noi stessi siamo.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Sariputra il 27 Novembre 2019, 16:27:24 PM
Il poeta e drammaturgo russo Majakovskij non era molto tenero con la specie degli intellettuali :

"In una nave che affonda gl'intellettuali sono i primi a fuggire, subito dopo i topi e molto prima delle puttane."

In effetti è interessante vedere come gli intellettuali che parlano di politica e di cose che gli altri dovrebbero fare siano pronti ad abbandonare la nave che imbarca velocemente acqua e, fingendosi quasi esser stati prigionieri della stessa, siano pronti a farsi 'salvare' da quella che invece veleggia col vento in poppa...
Spesso questi personaggi dall'acuto intelletto, che erano pappa e ciccia col potere avendo da questi  ricevuti fama e agiatezza, alla rovina del medesimo ne siano diventati i più fieri avversari. Mostrando inediti scritti, apparsi per miracolo, diventano pronti a rendere giustizia del loro operato di eroici oppositori e dirsi 'usati' dall'infame potere, che invece per loro, se fosse stato possibile, se...

Naturalmente ci sono anche intellettuali intellettualmente onesti...che è come dire che ci sono contadini agricolturalmente onesti o prostitute p....mente oneste. Sì...ma nel resto del tempo?
Ecco cosa dice P.P.Pasolini, uno che più intellettuale di così si muore:

Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere.

Pierpaolo parla di 'mestiere'. Usare il cervello è un mestiere e il vero intellettuale sa perché lo usa, mentre il bifolco chiaramente no. E' per questo motivo che il buzzurro segue le idee dell'intellettuale, non essendo sicuro delle proprie, non sapendo manco perché gliene vengano di proprie in testa.
Ma che succede se uno è scemo e pensa invece di essere un acuto intellettuale? Almeno uno scemo che sa di essere scemo è uno scemo puro e onesto. Ma uno scemo che si crede intellettuale mi sembra quasi scemo due volte (è vero, questa l'ho biecamente tratta da Moliere...ma è troppo vera!  :) ).
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 27 Novembre 2019, 17:43:44 PM
Citazione di: bobmax il 27 Novembre 2019, 16:03:40 PM
Citazione di: Ipazia
Infine, è proprio perchè tengo conto dell'uomo così com'è - col suo indissociabile io - che trovo impraticabile l'entrata nell'inferno, sia quella materiale del chandala o spirituale di Kierkegaard, in cambio della Verità.

Non tieni ancora conto dell'uomo così com'è.
La tua sofferenza lo dimostra.

Quando ciò avverrà, ogni giudizio su di lui si rivelerà inopportuno, e proverai solo compassione.

Prima, però, occorre andare all'inferno.
E all'inferno si va, non tanto per il nostro giudizio sugli altri, ma per aver constatato ciò che noi stessi siamo.

Mah. Ti dirò che il primo uomo così com'è di cui tengo conto è una donna, per cui provo certamente compassione, ma sulla quale, superato l'amor dei, e assai più dell'amor fati, esercito la nobile e salutare arte dell'amor proprio e dell'autostima ad esso connessa.

Quella stessa donna che, tra l'inferno sopra menzionato e la morte, si concede un tertium che oltrepassa la sofferenza godendosi pacatamente, come insegna Lucrezio, lo spettacolo stratificato di pensiero umano di cui parla Sini, grande teatro del mondo nelle sue molteplici intersezioni col grande spettacolo della natura.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: bobmax il 27 Novembre 2019, 18:13:43 PM
François de La Rochefoucauld ha descritto in maniera esemplare l'amor proprio (inteso come amore di sé):
 
"L'amor proprio è amore di sé e di ogni cosa per sé; rende gli uomini idolatri di sé stessi, e li renderebbe tiranni degli altri se la fortuna ne desse loro i mezzi; non indugia mai fuori di sé, e si sofferma su argomenti estranei come le api sui fiori, per trarne ciò che gli è necessario. Nulla è più impetuoso dei suoi desideri, nulla è più segreto dei suoi progetti, nulla più astuto della sua condotta; le sue sottigliezze non si possono descrivere, le sue trasformazioni superano quelle delle metamorfosi, le sue finezze quelle della chimica. Non si possono sondare le profondità né penetrare le tenebre dei suoi abissi. Là è al riparo dagli occhi più perspicaci; egli vi compie mille giri viziosi. Spesso è invisibile anche a se stesso, vi concepisce, vi nutre, vi alleva, senza saperlo, un gran numero di affetti e di odi; ne forgia di così mostruosi che, quando vengono alla luce, li rinnega o non può risolversi ad ammetterli. Da questa notte che lo protegge nascono le ridicole convinzioni che ha di sé; da qui derivano i suoi errori, le sue ignoranze, le sue rozzezze e le sue idiozie sul suo conto; la persuasione che i suoi sentimenti siano morti quando sono solo addormentati, l'idea di non aver più voglia di correre non appena si rilassa, e di aver perduto tutti i piaceri già appagati. Ma questa fitta oscurità che lo nasconde a se stesso, non gli impedisce di vedere perfettamente ciò che è esterno a lui, cosa che lo rende simile ai nostri occhi, che scoprono tutto, e sono ciechi solo per sé stessi. Invero, quando si tratta dei suoi maggiori interessi, dei suoi affari più importanti, allorché la violenza dei suoi desideri ridesta tutta la sua attenzione, vede, sente, capisce, immagina, sospetta, penetra, indovina tutto; si è quindi tentati di credere che ciascuna delle sue passioni abbia una specie di magia sua propria. Niente è così intimo e così forte come i suoi legami, che cerca inutilmente di rompere alla vista delle estreme sciagure che lo minacciano. Eppure talvolta, in poco tempo e senza alcuno sforzo, fa quello che non gli è riuscito di fare in parecchi anni e con tutto ciò di cui era capace; da qui si potrebbe concludere assai verosimilmente che è lui stesso ad accendere i suoi desideri, e non la bellezza e il merito delle cose che ne sono oggetto; che il suo piacere è il pregio che le fa risaltare, e il belletto che le impreziosisce; che corre dietro a sé stesso, che segue il proprio gusto quando segue le cose di suo gusto. Esso incarna tutti i contrari: è imperioso e obbediente, sincero e dissimulato, misericordioso e crudele, timido e audace. Ha inclinazioni differenti secondo la diversità dei temperamenti che lo guidano, e lo votano ora alla gloria, ora alle ricchezze, ora ai piaceri; cambia secondo il mutare dell'età, della fortuna e dell'esperienza; ma gli è indifferente averne parecchie o una sola, perché si divide tra parecchie e si concentra su una quando gli è necessario o gli piace. È incostante, e oltre ai cambiamenti che derivano da cause estranee, ve ne sono un'infinità che nascono dal suo intimo; è incostante per incostanza, per leggerezza, per amore, per novità, per stanchezza e per nausea; è capriccioso, a volte lo si vede al lavoro con la massima sollecitudine, alle prese con fatiche incredibili, per ottenere cose che non gli portano alcun vantaggio o che addirittura gli sono nocive, ma che persegue perché le desidera. È bizzarro, e spesso concentra ogni sua attenzione nelle occupazioni più frivole; trova tutto il piacere nelle più sciatte, e conserva tutta la fierezza nelle più spregevoli. È presente in tutti gli stati della vita, in tutte le condizioni; vive dappertutto, vive di tutto, vive di niente; si accontenta delle cose come della loro privazione; passa perfino dalla parte di chi lo combatte, entra nei loro disegni e, cosa ammirevole, insieme a loro odia se stesso, trama per la propria dannazione, lavora per la propria rovina. Infine si preoccupa solo di esistere, e pur di esistere accetta di essere nemico di sé stesso. Non bisogna dunque stupirsi se talora si accompagna alla più rigida austerità, se entra così audacemente in società con essa per distruggersi, dato che, nel momento stesso in cui si sgretola da una parte si ricompone dall'altra; quando si pensa che abbia rinunciato al proprio piacere, non fa che sospenderlo, o mutarlo, e anche quando è sconfitto e si crede di essersene liberati, lo si ritrova trionfante della sua stessa disfatta. Ecco il ritratto dell'amor proprio, di cui tutta la vita è soltanto una grande e lunga agitazione; il mare ne è un'immagine sensibile, e l'amor proprio trova nel flusso e nel riflusso delle sue onde continue una fedele espressione della successione turbolenta dei suoi pensieri, dei suoi eterni movimenti."
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 27 Novembre 2019, 19:50:05 PM
François de La Rochefoucauld era un nobile maschio il cui amor proprio era garantito da servi e dame senza che lui se ne dovesse minimamente occupare e sul quale poteva limitarsi a sermoneggiare nella sua smisurata autostima. Per una donna, sprovvista di servitù, costretta a lavorare in un mondo ancora sostanziamente misurato sul maschile, l'amor proprio e l'autostima sono il ricettario minimo della sopravvivenza materiale, intellettuale e affettiva. Varie pillole in rete.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: InVerno il 27 Novembre 2019, 20:34:36 PM
Citazione di: Sariputra il 27 Novembre 2019, 16:27:24 PMIl poeta e drammaturgo russo Majakovskij non era molto tenero con la specie degli intellettuali :
"In una nave che affonda gl'intellettuali sono i primi a fuggire, subito dopo i topi e molto prima delle puttane."
Effettivamente il suddetto si suicidò sulla affondante barca sovietica, il che lo inserisce totalmente nella sua descrizione ma non lo salva dalla propria ipocrisia. Egli stesso era un intellettuale, sempre che intellettuale sia qualcuno che sbarca il lunario solamente attraverso il suo intelletto, in quanto non mi risulta che abbia mai zappato un acro. Alla fine dell'ottocento e agli inizi del novecento di anti-intellettualisti pullulava sopratutto tra gli intellettuali, quale sarebbe la soluzione di questo cortocircuito? Chi stabilisce quali siano gli intellettuali a favore dello status quo, e quali no? Majakovskij avrà avuto più di una ragione di prendersela con gli intellettuali conservatori, salvo egli stesso trasformarsi in uno di essi subito dopo la rivoluzione. Morto un intellettuale se ne fa un altro, uno nuovo magari, è per questo che l'anti intellettualismo ha a che fare con la lotta di classe, è un pretesto per una sostituzione all'apice gerarchico, è antielitismo filosofico, populismo letterario. Una società sana e dinamica muta da se, non aspetta di incancrenirsi ed arroccarsi finchè la violenza dell' "anti-intellettualismo" non la travolge. Nel conformismo odierno, quello pruriginoso del politically correct, molti vedono un intellettualismo facile da sfondare. Ma cosa sono disposti a portare, coloro che li vogliono sostituire? C'è stata una società priva di intellettuali, si chiamava america, almeno finchè era composta solo di ex galeotti e poveracci in cerca d'oro..
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: bobmax il 27 Novembre 2019, 21:49:16 PM
Citazione di: Ipazia il 27 Novembre 2019, 19:50:05 PM
François de La Rochefoucauld era un nobile maschio il cui amor proprio era garantito da servi e dame senza che lui se ne dovesse minimamente occupare e sul quale poteva limitarsi a sermoneggiare nella sua smisurata autostima. Per una donna, sprovvista di servitù, costretta a lavorare in un mondo ancora sostanziamente misurato sul maschile, l'amor proprio e l'autostima sono il ricettario minimo della sopravvivenza materiale, intellettuale e affettiva. Varie pillole in rete.

Sì, vi è ancora una diffusa mentalità maschilista. Che non ha alcuna ragion d'essere.
E lunga è ancora la strada.

Tuttavia un conto è la giustizia, l'uguaglianza, il rispetto di se stessi, un altro l'amore di sé.
Perché con "amour propre" La Rochefoucauld intende l'amore di sé stessi.

Che non ha nulla a che vedere con il rispetto di se stessi, con l'uguaglianza di genere e con il superamento  di ogni altra differenziazione. Visto che ogni differenza di valore è infatti solo un'illusione.

Differenze da annullare, proprio attraverso l'annullamento dell'io.

La psicologia, riducendo lo spirituale alla psiche, ci vuole convincere che se non amiamo noi stessi non possiamo amare gli altri.
Sembrerebbe tanto ovvio...

E invece è gravemente fuorviante, perché esalta l'io, lo rafforza, illudendoci così di avere maggior possibilità di amare.

Mentre l'amore non nasce da un io, ma dal suo annullamento:
Mi perdo in te.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: baylham il 28 Novembre 2019, 09:14:16 AM
Citazione di: bobmax il 27 Novembre 2019, 21:49:16 PMDifferenze da annullare, proprio attraverso l'annullamento dell'io. La psicologia, riducendo lo spirituale alla psiche, ci vuole convincere che se non amiamo noi stessi non possiamo amare gli altri. Sembrerebbe tanto ovvio... E invece è gravemente fuorviante, perché esalta l'io, lo rafforza, illudendoci così di avere maggior possibilità di amare. Mentre l'amore non nasce da un io, ma dal suo annullamento: Mi perdo in te.

L'aspirazione, pretesa che l'io possa annullarsi mi appare una esaltazione dell'io all'ennesima potenza.
L'unico modo per annullare definitivamente l'io è la morte, sinceramente preferisco vivere.

Degli altri amo proprio le differenze, tra cui quelle intellettuali, per restare in tema.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 28 Novembre 2019, 09:56:16 AM
Sulle molteplici sfumature dell'amor proprio ci vorrebbe una discussione a parte. Ma giustamente InVerno riporta al topic ...

Citazione di: InVerno il 27 Novembre 2019, 20:34:36 PM
Citazione di: Sariputra il 27 Novembre 2019, 16:27:24 PMIl poeta e drammaturgo russo Majakovskij non era molto tenero con la specie degli intellettuali :
"In una nave che affonda gl'intellettuali sono i primi a fuggire, subito dopo i topi e molto prima delle puttane."
Effettivamente il suddetto si suicidò sulla affondante barca sovietica, il che lo inserisce totalmente nella sua descrizione ma non lo salva dalla propria ipocrisia. Egli stesso era un intellettuale, sempre che intellettuale sia qualcuno che sbarca il lunario solamente attraverso il suo intelletto, in quanto non mi risulta che abbia mai zappato un acro. Alla fine dell'ottocento e agli inizi del novecento di anti-intellettualisti pullulava sopratutto tra gli intellettuali, quale sarebbe la soluzione di questo cortocircuito? Chi stabilisce quali siano gli intellettuali a favore dello status quo, e quali no? Majakovskij avrà avuto più di una ragione di prendersela con gli intellettuali conservatori, salvo egli stesso trasformarsi in uno di essi subito dopo la rivoluzione. Morto un intellettuale se ne fa un altro, uno nuovo magari, è per questo che l'anti intellettualismo ha a che fare con la lotta di classe, è un pretesto per una sostituzione all'apice gerarchico, è antielitismo filosofico, populismo letterario. Una società sana e dinamica muta da se, non aspetta di incancrenirsi ed arroccarsi finchè la violenza dell' "anti-intellettualismo" non la travolge. Nel conformismo odierno, quello pruriginoso del politically correct, molti vedono un intellettualismo facile da sfondare. Ma cosa sono disposti a portare, coloro che li vogliono sostituire? C'è stata una società priva di intellettuali, si chiamava america, almeno finchè era composta solo di ex galeotti e poveracci in cerca d'oro..

...e lo fa con indicazioni assai feconde che potrebbero portare al cuore della questione:

nell'epoca contemporanea ha ancora senso, e a che profondità sociale, questa supposta antitesi ?

Per rispondere bisogna andare ben più indietro del far west, prima che comparisse lo strumento che ha permesso il nascere di una casta intellettuale, la scrittura. Assenza largamente presente anche nel far west. Ma nelle primissime civiltà monumentali provviste di scrittura essa divenne l'ascensore sociale che permise ad una casta privilegiate di passare dal sudore della fronte al sudore del cervello.

Il tutto dominato da una casta aristocratica e guerriera che non necessariamente era incolta come quella cristiana medioevale, ma tanto in Grecia che a Roma esprimeva essa stessa i suoi intellettuali: filosofi e, più demi monde, artisti.

Fin dall'inizio scribi e farisei, cortigiani/funzionari e preti, si divisero il lavoro intellettuale che nelle teocrazie ebraiche, cristiane e musulmane finì con l'unificarsi intorno al Libro Unico della religione dominante che svolgeva anche le funzioni di sussidiario scolastico. Le donne escluse per definizione.

In tale contesto storico la figura dell'anti-intellettuale coincide con quella dell'analfabeta il che escluderebbe una contrapposizione di tipo ideologico, ma puramente sociologica.

Le cose iniziano a mutare con il rinascimento e l'emergere di una nobiltà borghese di estrazione mercantile; la trasformazione si completa con la rivoluzione industriale che, attraverso l'applicazione della scienza alla produzione, costringe il potere ad acculturare le masse operaie almeno al livello elementare di comprendere un'istruzione scritta e fare misure e conteggi elementari. Tale necessità si è dilatata con il progresso tecnoscientifico fino al momento fatale, denunciato nei ruggenti anni '60 da Paolo Pietrangeli in cui "oggi anche l'operaio vuole il figlio dottore...non c'è più morale, Contessa"

Che è la mia storia, combinatasi, per fortuite circostanze storiche, con la diversa morale predicata da D.Fo e don Milani: "l'operaio sa 100 parole, il padrone 1000. Per questo è lui il padrone". La qual cosa spinse me, e buona parte della mia generazione, ad approfondire oltre alle letture scolastiche dell'ascensore sociale anche una marea di titoli e fonti atte a colmare il "master gap". Facendo di noi, morale della favola, degli intellettuali. Ma intellettuali/anti-intellettuali di quel partito/non-partito che dava l'assalto al cielo (salvo scoprire poi di che materia fosse fatto il cielo della supremazia politica ineluttabilmente capitalistica).

Tutte le epoche rivoluzionarie producono questa figura di intellettuale-anti (tipo Majakovskij), che è l'unica figura capace di contrapporsi all'intellettuale organico al potere (capitalista o sovietico che sia). Oggi l'antagonista - depositario dell'alfabeto del potere - è l'hacker, l'intellettuale-anti per eccellenza. Lo scoperchiatore wikileaks delle tombe comuni della democrazia: perseguitato più che mai.

Nel frattempo il polverone di quei media che l'hacker sventra si espande nella preconfezionata contrapposizione tra funzionari del potere e curva sud, teorema ottimo per riconfermare, tautologicamente, l'asfittico cerchio ermeneutico del sempre risorto apologo di Menenio Agrippa incentrato sulla "competenza".

Temo che: "Una società sana e dinamica muta da se, non aspetta di incancrenirsi ed arroccarsi finchè la violenza dell' "anti-intellettualismo" non la travolge" sia di là da venire e non possa nemmeno rimandare ad un "arcadico", purtroppo incolto, far west, ma possa realizzarsi solo in una inedita società che superi la contrapposizione tra sudore della fronte e sudore del cervello. Una società senza classi, ma con molto intelletto. Che permetta a ciascuno di essere, come raccomandava Engels, un po' architetto e un po' carrettiere, nell'arco della sua unica e irripetibile vita.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: bobmax il 28 Novembre 2019, 11:40:57 AM
Citazione di: baylham il 28 Novembre 2019, 09:14:16 AM
Citazione di: bobmax il 27 Novembre 2019, 21:49:16 PMDifferenze da annullare, proprio attraverso l'annullamento dell'io. La psicologia, riducendo lo spirituale alla psiche, ci vuole convincere che se non amiamo noi stessi non possiamo amare gli altri. Sembrerebbe tanto ovvio... E invece è gravemente fuorviante, perché esalta l'io, lo rafforza, illudendoci così di avere maggior possibilità di amare. Mentre l'amore non nasce da un io, ma dal suo annullamento: Mi perdo in te.

L'aspirazione, pretesa che l'io possa annullarsi mi appare una esaltazione dell'io all'ennesima potenza.
L'unico modo per annullare definitivamente l'io è la morte, sinceramente preferisco vivere.

Degli altri amo proprio le differenze, tra cui quelle intellettuali, per restare in tema.

Baylham hai colto il cuore della questione!

L'io non può certo auto annullarsi.
Ma non perché ciò necessiterebbe un'infinita potenza... Non può perché proprio non esiste.

Per cui il suo annullarsi consiste nello svanire dell'illusione.

Chi è allora colui che decide l'annullamento?
Se io non esisto, se la mia libertà è un'illusione, chi sospinge questa mia ricerca della Verità?

Non è questa stessa domanda a qualificare l'intellettuale? A prescindere dalla sua cultura e erudizione?

Potrà egli allora percepire come le differenze, intellettuali o meno non importa, siano solo delle occasioni, necessarie affinché si manifesti l'amore.
Ma in sé stesse inesistenti.

Perché l'amore, Baylham, ama se stesso...
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: InVerno il 29 Novembre 2019, 12:42:06 PM
Citazione di: Ipazia il 28 Novembre 2019, 09:56:16 AMTemo che: "Una società sana e dinamica muta da se, non aspetta di incancrenirsi ed arroccarsi finchè la violenza dell' "anti-intellettualismo" non la travolge" sia di là da venire e non possa nemmeno rimandare ad un "arcadico", purtroppo incolto, far west, ma possa realizzarsi solo in una inedita società che superi la contrapposizione tra sudore della fronte e sudore del cervello. Una società senza classi, ma con molto intelletto. Che permetta a ciascuno di essere, come raccomandava Engels, un po' architetto e un po' carrettiere, nell'arco della sua unica e irripetibile vita.
L'architetto-carrettiere avrà mille parole per rispondere ad un padrone economico, ma non gli basteranno per le dieci mila di un intellettuale. In una società altamente specializzata esistono intellettuali di categoria, perciò difficilmente il "beta" potrà trasformare la società marxianamente, certo gli sarà molto utile per accedere alla borghesia, come quasi tutti i marxisti hanno poi effettivamente fatto, trovandosi a essere quelli con mille parole in una società dove la scomparsa della classe media ha ingrassato la fila di quelli con dieci. Non è un caso che la sinistra sia passata in tutto il mondo dal lato conservatore dello spettro politico. Il "recente" utilizzo di bambini nella retorica sociale, è l'esempio lampante di un bisogno profondo di antintellettualità, di irrazionalità emotiva, di fede, di ricerca di purezza. La complessità del mondo specializzato rende gli individui insicuri su tutti gli ambiti che escono il proprio percorso di studi. A questa insicurezza non si può rispondere con una laurea magistrale, l'antivaccinista reclama la possibilità di decidere di virologia con dieci parole, onde evitare di subire supinamente le decisioni degli "intellettuali". Gli sforzi dei divulgatori sono flebili singhiozzi, in un sistema che per spirito autoconservativo tende all'oscurantismo.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 29 Novembre 2019, 13:21:49 PM
@InVerno

Non si tratta di negare la specializzazione e competenza tecnica, ma di evitare la mistificazione che inventa 10000 parole per nascondere il fatto che ne conosce realmente solo 10, ovvero quelle della propria disciplina. E' tale falsificazione che rende impresentabile l'intellettuale e permette a chi ha una laurea in filologia classica di pontificare nel campo virologico. O, a chi serve un padrone, di dar da intere che i tarocchi finanziari sono stati inventati per il bene dell'umanità e non si possono modificare.  Nel qual caso: ben venga l'incompetenza, il far west e la Rivoluzione. Ma basta anche  la riflessione non specialistica di un nativo americano di incerta individuazione e in molte versioni:

Quando l'ultimo albero viene abbattuto, l'ultimo pesce mangiato e l'ultimo torrente avvelenato, ti renderai conto che non puoi mangiare il denaro.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: InVerno il 30 Novembre 2019, 09:39:57 AM
Non sto giudicando, sto descrivendo, un pò perchè penso che questo fenomeno sia parte di un onda più alta - che questo topic non ha ancora provato a decifrare - un pò perchè non c'è realmente niente di nuovo sotto il sole. La commistione tra fideismo ed economia non è cosa nuova. Ma non c'è bisogno di andare a risvegliare i capi indiani, sarà che vivo nella mia  bolla informativa, ma raramente mi è capitato di trovare un  intellettuale favorevole al consumismo, insieme a ToroSeduto c'è la creme della nostra intelligenza occidentale, il consumismo è un frutto basso che possono raccogliere persino i nani, è una "filosofia" talmente facile da attaccare che raramente si trova qualcuno disposto a difenderla anche nel mondo occidentale..Permane per inerzia, ma non per colpa degli intellettuali onestamente.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Phil il 30 Novembre 2019, 13:15:52 PM
In fondo, quando parliamo di "intellettuali", oggi, a chi ci riferiamo? 
I settori della conoscenza, come ricorda InVerno, sono così specialistici e sufficientemente ricchi di contenuti da render obsoleta la figura dell'intellettuale tout court, interdisciplinare, la cui parodia è forse quella dell'opinionista tuttologo, specialista in nulla ma minimamente competente in tutto. I docenti universitari, i ricercatori, gli scrittori sono probabilmente ritenuti intellettuali nei rispettivi ambiti; pare che l'intellettuale di oggi sia definibile come colui che, anche senza essere ammesso al Mensa, vive d'accademia e/o di carta stampata abbinata a qualifiche "elevate", preferibilmente in ambito umanistico (quanti definirebbero Einstein un intellettuale?), essendo nondimeno uno specialista, quasi un "tecnico" della sua disciplina (nel senso che sa usarla bene e ne conosce gli strumenti, non nel senso che si occupi di sola pratica senza teorizzare nulla); gli altri sono semplici opinionisti (e forumisti).

P.s.
@InVerno
Chiedo senza retorica (non essendo competente): se venisse meno il consumismo, ormai, non ci sarebbe uno stallo o una crisi economica con sgradevoli ripercussioni sociali? Cosa intendi parlando di intellettuali (s)favorevoli al consumismo o con «"filosofia" facile da attaccare»? Qual'è il rapporto oggi fra (eventuale "compito" degli) intellettuali e consumismo?
L'ondata ecologica, ad esempio, in fondo non altera le dinamiche consumistiche, le rende saggiamente compatibili con l'ambiente, ma come "meccanismo" di massa resta tale (il "consumismo verde" è pur sempre consumismo, quando il verde non è addirittura strumentalizzato a scopi di marketing).
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: InVerno il 30 Novembre 2019, 13:47:28 PM
L'ondata ecologica ha diverse gradazioni, a seconda di chi la interpreta per bias confermativo e per soluzioni accettate..il "green washing" è solo una pratica delle tante, forse quella del mainstream, ma sono spesso gli esperti a metterla alla berlina, e spesso sono i semplici a caderci in pieno.. Consumare significa distruggere, ma se lo chiamassimo distruggere, il suo valore sarebbe meno neutrale di quanto appare, compito degli intellettuali è formare le parole del discorso, e le università in alcuni casi si adoperano..c'è un intero ramo di discussione che verte sul chiamarlo "riscaldamento globale" o  "cambiamento climatico" e ad ingegnerizzare memeticamente il discorso. Troppo catastrofismo spinge all'inazione, poco catastrofismo anche, compito dell'intellettuale è trovare un "sweet spot" lessicale che conveisca il significato e determini l'azione voluta.  Il compito degli intellettuali è anche quello di religare queste parole in un credo che sappia trasformare la società. Non si può superare questa sfida individualmente, con quello che io chiamo "ecologismo  della lampadina", lavarsi la coscienza dividendo la spazzatura è forse la pratica più controproducente del "green washing". Serve un nuovo lessico, un nuovo discorso... anche gli economisti possono adoperarsi, con un pò di fantasia, smetterla di misurare una nazione con un indice (GDP) creato in tempo di guerra per misurare il numero di carrarmati potrebbe essere un inizio per non vedere l'economia nazionale come una protesi della guerra. Ci sono così tanti ambiti dove impegnarsi che se anche ci mettessimo tutti all'opera non basterebbe un secolo, putroppo crediamo troppo al presente per immaginare il futuro.. che è il sintomo di un conformismo dilagante e imperante.
Titolo: Re:Intellettualismo e anti-intellettualismo
Inserito da: Ipazia il 30 Novembre 2019, 15:49:51 PM
Citazione di: InVerno il 30 Novembre 2019, 09:39:57 AM
Non sto giudicando, sto descrivendo, un pò perchè penso che questo fenomeno sia parte di un onda più alta - che questo topic non ha ancora provato a decifrare - un pò perchè non c'è realmente niente di nuovo sotto il sole. La commistione tra fideismo ed economia non è cosa nuova. Ma non c'è bisogno di andare a risvegliare i capi indiani, sarà che vivo nella mia  bolla informativa, ma raramente mi è capitato di trovare un  intellettuale favorevole al consumismo, insieme a ToroSeduto c'è la creme della nostra intelligenza occidentale, il consumismo è un frutto basso che possono raccogliere persino i nani, è una "filosofia" talmente facile da attaccare che raramente si trova qualcuno disposto a difenderla anche nel mondo occidentale..Permane per inerzia, ma non per colpa degli intellettuali onestamente.

La citazione del nativo americano non è riducibile al consumismo, ma riguarda una cultura in cui si producono dieci paia di scarpe, cellulari, vestiti, auto,...dove ne basterebbe uno. Il motore di tale processo non è il nano consumatore ma il gigante Capitale che solo così può valorizzarsi in profitto. Un profitto che ignora del tutto le leggi naturali e conosce solo il loro prezzo di mercato. E' questo il fondamento della cultura moderna in cui si gioca anche il Kulturkampf tra intellettuali e antiintellettuali o, meglio, intellettuali-anti. Ben più a fondo della partita tra competenti e incompetenti.
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