Penso che Kant additando da filosofo il fallimento (momentaneo, io credo) delle teodicee filosofiche — e in particolare di quella di Leibniz — non negasse la concezione del male quale privatio boni ma ne negasse l'utilità in presenza del male radicale e indicasse per alternativa utile una concezione puramente pragmatica del male.
Voi cosa ne pensate?
Mauro Pastore
Salve Mauro Pastore. Non ho mai capito perchè occorra scomodare i "Mostri Sacri" della storia della filosofia per comprendere l'essenza del male.
A un pistola come me sembra che il buio non esista, ma che "buio" venga chiamato solo ciò che è privo di luce, ovvero il "buio" esprimerebbe solo l'assenza di ciò che è (mi sembra che la luce sia.....no?). Perciò il buio consisterebbe nella relativa assenza della luce.
Sempre a me, sembra che il freddo non esista (lasciamo stare le sensazioni, stiamo parlando di esistenze oggettive, non soggettive).
Io - assieme a quei poverini dei fisici - credo che esista solo il calore (tanto o poco fino quasi allo zero assoluto).
Quindi il gelo assoluto non esiste.
Ugualmente sembra si possa dire del concetto di "vuoto", contrapposto a quello di "pieno" o comunque di "esistente". (scusami ma le le mie ridicole similitudini riguardano solo gli eventuali lettori non molto "smagati", non son certo rivolte e te che sei persona - mi pare - assai dotta).
Ora, proviamo a svolgere tali considerazioni, applicandole ad una "presunta relazione" tra il bene ed il male.
A parer tuo potrebbero esistere sia il bene che il male.......oppure uno dei due concetti (anzi, scusa, UNA DELLE DUE PRESUNTE REALTA') - consistendo nell'assenza del suo opposto - non esiste, coincidendo col nulla?. Saluti ed omaggi.
Citazione di: viator il 28 Novembre 2022, 17:41:41 PMSalve Mauro Pastore. Non ho mai capito perchè occorra scomodare i "Mostri Sacri" della storia della filosofia per comprendere l'essenza del male.
A un pistola come me sembra che il buio non esista, ma che "buio" venga chiamato solo ciò che è privo di luce, ovvero il "buio" esprimerebbe solo l'assenza di ciò che è (mi sembra che la luce sia.....no?). Perciò il buio consisterebbe nella relativa assenza della luce.
Sempre a me, sembra che il freddo non esista (lasciamo stare le sensazioni, stiamo parlando di esistenze oggettive, non soggettive).
Io - assieme a quei poverini dei fisici - credo che esista solo il calore (tanto o poco fino quasi allo zero assoluto).
Quindi il gelo assoluto non esiste.
Ugualmente sembra si possa dire del concetto di "vuoto", contrapposto a quello di "pieno" o comunque di "esistente". (scusami ma le le mie ridicole similitudini riguardano solo gli eventuali lettori non molto "smagati", non son certo rivolte e te che sei persona - mi pare - assai dotta).
Ora, proviamo a svolgere tali considerazioni, applicandole ad una "presunta relazione" tra il bene ed il male.
A parer tuo potrebbero esistere sia il bene che il male.......oppure uno dei due concetti (anzi, scusa, UNA DELLE DUE PRESUNTE REALTA') - consistendo nell'assenza del suo opposto - non esiste, coincidendo col nulla?. Saluti ed omaggi.
Non ho trovato le tue similitudini ridicole...
Io penso che l'assenza di qualcosa sia un esistente, una realtà negativa. Questo penso anche del male. Se il male è radicale, resta vero che è solo una realtà negativa, cioè fatta di assenza; ma notarne in una situazione di radicalità non favorisce la sconfitta del male... Penso dunque che le concezioni di Kant e Leibniz possano essere conciliate, sebbene Kant avesse lasciato dichiarazioni personali tutt'altro che concilianti — a mio avviso non degne della sua filosofia, cioè un sarcasmo e una sorta di
senso comune che non possono essere considerate parte integrante della sua effettiva attività di filosofo.
Mauro Pastore
Salve Mauro Pastore. Citandoti : " resta vero che è solo una realtà negativa, cioè fatta di assenza;".
Ah, credo di aver capito come la cosa funzioni dentro la tua testa.
Per te esistono le realtà negative fatte di assenza di qualsiasi cosa, cioè esiste il nulla, il quale tuttavia può essere reale e quindi - giustamente - esistere.
Grazie e saluti.
Citazione di: viator il 29 Novembre 2022, 11:45:28 AMSalve Mauro Pastore. Citandoti : " resta vero che è solo una realtà negativa, cioè fatta di assenza;".
Ah, credo di aver capito come la cosa funzioni dentro la tua testa.
Per te esistono le realtà negative fatte di assenza di qualsiasi cosa, cioè esiste il nulla, il quale tuttavia può essere reale e quindi - giustamente - esistere.
Grazie e saluti.
Credi sbagliato. Comunque nemmeno tu diresti che l'assenza è il nulla. Se uno studente fa assenza a scuola, si tratta pur sempre di un evento non di un nulla.
Mauro Pastore
Citazione di: PhyroSphera il 29 Novembre 2022, 12:11:53 PMSe uno studente fa assenza a scuola, si tratta pur sempre di un evento non di un nulla.
Considerando la differenza ontologica fra ente ed evento (l'affiorare all'esistenza dell'ente è un evento, ma l'evento non è in sé un ente), il mancato evento che esistenza ha? Cosa esiste nel mancato evento che lo differenzia dal nulla, se non l'evento (avvenuto) che qualcuno (ente) lo abbia pensato e, in un certo senso, atteso?
Se uno studente non va a scuola, ciò è davvero in sé un evento? Se lo è, in cosa si differenzia (se è il caso) dal non indossare certi orecchini da parte della maestra, dal non inciampare del bidello, dal non crollare della scuola e da altri letteralmente
infiniti possibili mancati eventi? La maestra (ente) segna (evento) l'assenza dello studente solo perché c'era
aspettativa al riguardo; non perché l'assenza in quanto tale sia un evento (come non lo è anche per gli altri casi suddetti), ma perché l'evento
atteso della presenza non accade (entro tempi e luoghi prestabiliti). Non siamo quindi sul piano ontologico, ma sul piano
psicologico dell'attesa di un evento, il cui non realizzarsi non è evento ontologico (non accade "nulla"), bensì evento psicologico in chi realizza (in entrambi i sensi) la non corrispondenza fra la sua attesa (aspettativa, o simile) e gli eventi reali.
La differenza ontologica fra eventi che accadono ed eventi che non accadono si risolve tutta nel gioco retorico che pensa l'assenza come "presenza menomata" ma pur sempre "(pseudo)presenza" della possibilità mancata? Davvero l'esistere nel mondo (ente e/o evento) è affiancabile ontologicamente all'esistere in potenza (né ente né evento mondano, ma solo evento "mentale")? Quanto senso ha un'"ontologia dell'assenza", del evento mancato, della realtà non realizzata, o ciò non è forse più una psicologia che un'ontologia?
Salve Phil. Fortunatamente ci sei tu che, con parole più prolisse di quelle che avrei potuto usare io, hai la pazienza di rettificare gli ortaggi che nascono curvi e che, GRAZIE ALLA LORO ELASTICITA' TISSUTALE MA NON MENTALE, torneranno a disporsi secondo la loro naturale tensione curvilinea.
Personalmente io sono stufo di intervenire in un orto che produce ormai assai più zucchine che (assai più saporite) zucche.
L'aspetto patetico è che occorrerebbe confrontarsi con chi, pur sfoggiando mastodontiche letture filosofiche (la solita storia : non basta leggere tutto per crearsi una grande mente).............si mostra incapace di discernere la differenza tra un concetto (l'assenza oppure il nulla) ed un non-ente (una assenza oppurre il nulla). Saluti.
Citazione di: Phil il 29 Novembre 2022, 15:11:21 PMConsiderando la differenza ontologica fra ente ed evento (l'affiorare all'esistenza dell'ente è un evento, ma l'evento non è in sé un ente), il mancato evento che esistenza ha? Cosa esiste nel mancato evento che lo differenzia dal nulla, se non l'evento (avvenuto) che qualcuno (ente) lo abbia pensato e, in un certo senso, atteso?
Se uno studente non va a scuola, ciò è davvero in sé un evento? Se lo è, in cosa si differenzia (se è il caso) dal non indossare certi orecchini da parte della maestra, dal non inciampare del bidello, dal non crollare della scuola e da altri letteralmente infiniti possibili mancati eventi? La maestra (ente) segna (evento) l'assenza dello studente solo perché c'era aspettativa al riguardo; non perché l'assenza in quanto tale sia un evento (come non lo è anche per gli altri casi suddetti), ma perché l'evento atteso della presenza non accade (entro tempi e luoghi prestabiliti). Non siamo quindi sul piano ontologico, ma sul piano psicologico dell'attesa di un evento, il cui non realizzarsi non è evento ontologico (non accade "nulla"), bensì evento psicologico in chi realizza (in entrambi i sensi) la non corrispondenza fra la sua attesa (aspettativa, o simile) e gli eventi reali.
La differenza ontologica fra eventi che accadono ed eventi che non accadono si risolve tutta nel gioco retorico che pensa l'assenza come "presenza menomata" ma pur sempre "(pseudo)presenza" della possibilità mancata? Davvero l'esistere nel mondo (ente e/o evento) è affiancabile ontologicamente all'esistere in potenza (né ente né evento mondano, ma solo evento "mentale")? Quanto senso ha un'"ontologia dell'assenza", del evento mancato, della realtà non realizzata, o ciò non è forse più una psicologia che un'ontologia?
Ma lo studente che resta a casa e non va a scuola è pur sempre un evento.
Mauro Pastore
Citazione di: viator il 29 Novembre 2022, 17:03:26 PMSalve Phil. Fortunatamente ci sei tu che, con parole più prolisse di quelle che avrei potuto usare io, hai la pazienza di rettificare gli ortaggi che nascono curvi e che, GRAZIE ALLA LORO ELASTICITA' TISSUTALE MA NON MENTALE, torneranno a disporsi secondo la loro naturale tensione curvilinea.
Personalmente io sono stufo di intervenire in un orto che produce ormai assai più zucchine che (assai più saporite) zucche.
L'aspetto patetico è che occorrerebbe confrontarsi con chi, pur sfoggiando mastodontiche letture filosofiche (la solita storia : non basta leggere tutto per crearsi una grande mente).............si mostra incapace di discernere la differenza tra un concetto (l'assenza oppure il nulla) ed un non-ente (una assenza oppurre il nulla). Saluti.
La realtà non è fatta solo di enti anche di entità. Esistono anche i fatti. Sei tu patetico con la tua superbia.
Mauro Pastore
Salve Mauro. Hai ragione. E facile trovarmi repulsivo e talvolta anche superbo.
Ma dimmi un poco se sei daccordo nel considerare l'Ente come "ciò che nella sua essenza risulta definible e riconoscibile............ed invece l'Entità " ciò che nella sua essenza risulta indefinible ed irriconoscibile". Ad esempio un Ministero è un Ente mentre Dio sarebbe una Entità.
Molta gente, qui e fuori di qui, sbarra gli occhi stralunata nell'udire una simie domanda. Secondo te una simile distinzione potrebbe avere un senso ?. Saluti.
Citazione di: PhyroSphera il 29 Novembre 2022, 21:43:19 PMMa lo studente che resta a casa e non va a scuola è pur sempre un evento.
Certo, lo
stare a casa dello stud
ente è un evento; le mie osservazioni (e le mie domande) erano sull'assenza (fra)intesa come evento ontologico (e non psicologico); sulla
presenza a casa dello studente credo siamo tutti concordi.
Citazione di: Phil il 29 Novembre 2022, 22:41:35 PMCerto, lo stare a casa dello studente è un evento; le mie osservazioni (e le mie domande) erano sull'assenza (fra)intesa come evento ontologico (e non psicologico); sulla presenza a casa dello studente credo siamo tutti concordi.
Citazione di: Phil il 29 Novembre 2022, 22:41:35 PMCerto, lo stare a casa dello studente è un evento; le mie osservazioni (e le mie domande) erano sull'assenza (fra)intesa come evento ontologico (e non psicologico); sulla presenza a casa dello studente credo siamo tutti concordi.
Il Festival dell'Incredibile prosegue : ora si fa bordello tra "evento" e "circostanza" oppure "condizione".
Gli eventi sono ciò che accade, intendendosi che al loro interno agiscono delle cause e degli effetti. Ripeto, le cause AGISCONO, cioè sono fonte di trasformazioni che porterannno agli effetti.
Le circostanze o condizioni sono null'altro che la pura ed immobile "sceneggiatura" di una situazione, non sono ciò che in sè trasforma (la causa) o che viene trasformato (l'effetto).
Lo starsene a casa dell'alunno è circostanza che potrà anche essere causa di conseguenze, ma in sè non costituisce un evento poichè non genera attivamente alcun divenire (infatti l'ASSENZA implica la mancanza degli effetti invece conseguenti ad una PRESENZA, come già qui detto ma anche come non verrà mai capito da qualcuno. Saluti.
@viator
Quando parlo con un interlocutore che usa un determinato vocabolario, cerco nel mio piccolo di usare il suo stesso vocabolario nella convinzione che ciò agevoli la comprensione reciproca. Più che forzarlo ad usare il mio vocabolario, se mi interessa comprendere la sua posizione, preferisco sforzarmi di capire prima di tutto il suo vocabolario (altrimenti più che parlare delle sue idee si finisce con il dissertare sul suo vocabolario e delle differenze con il mio, che non è quello che solitamente mi interessa).
Se non ho frainteso il vocabolario di Mauro quando parla di «evento» scrivendo «Se uno studente fa assenza a scuola, si tratta pur sempre di un evento non di un nulla»(cit.) e poi «Ma lo studente che resta a casa e non va a scuola è pur sempre un evento» (cit.) credo che lui abbia poi capito il senso delle mie osservazioni (in cui ho cercato di parlare la sua lingua) sull'evento della presenza a casa dello studente.
Altri, con altri vocabolari o con il vocabolario "giusto", possono anche restare spaesati, tuttavia se il focus del discorso è sui contenuti, credo che l'importante sia anzitutto assicurarsi un vocabolario condiviso per capirsi, ad esempio dando ad «evento» lo stesso significato.
Al posto di «evento» possiamo usare «fatto», «condizione» o altro, oppure soffermarci sulle differenze di significato fra ciascuno di tali termini, tuttavia se li sostituisci, impropriamente, alle frasi di Mauro che ho citato, nondimeno il "succo" della conversazione e delle mie osservazioni, non a caso, non cambia poi di molto.
Citazione di: Phil il 29 Novembre 2022, 15:11:21 PMConsiderando la differenza ontologica fra ente ed evento (l'affiorare all'esistenza dell'ente è un evento, ma l'evento non è in sé un ente), il mancato evento che esistenza ha? Cosa esiste nel mancato evento che lo differenzia dal nulla, se non l'evento (avvenuto) che qualcuno (ente) lo abbia pensato e, in un certo senso, atteso?
Se uno studente non va a scuola, ciò è davvero in sé un evento? Se lo è, in cosa si differenzia (se è il caso) dal non indossare certi orecchini da parte della maestra, dal non inciampare del bidello, dal non crollare della scuola e da altri letteralmente infiniti possibili mancati eventi? La maestra (ente) segna (evento) l'assenza dello studente solo perché c'era aspettativa al riguardo; non perché l'assenza in quanto tale sia un evento (come non lo è anche per gli altri casi suddetti), ma perché l'evento atteso della presenza non accade (entro tempi e luoghi prestabiliti). Non siamo quindi sul piano ontologico, ma sul piano psicologico dell'attesa di un evento, il cui non realizzarsi non è evento ontologico (non accade "nulla"), bensì evento psicologico in chi realizza (in entrambi i sensi) la non corrispondenza fra la sua attesa (aspettativa, o simile) e gli eventi reali.
La differenza ontologica fra eventi che accadono ed eventi che non accadono si risolve tutta nel gioco retorico che pensa l'assenza come "presenza menomata" ma pur sempre "(pseudo)presenza" della possibilità mancata? Davvero l'esistere nel mondo (ente e/o evento) è affiancabile ontologicamente all'esistere in potenza (né ente né evento mondano, ma solo evento "mentale")? Quanto senso ha un'"ontologia dell'assenza", del evento mancato, della realtà non realizzata, o ciò non è forse più una psicologia che un'ontologia?
Che sciocca elucubrazione la tua! Pensa l'intero evento dell'esempio che ti ho fatto, quel che accade non solo a scuola ma anche a casa: il restare a casa va pensato assieme al non esser presente a scuola, l'assenza è una lontananza, non è il nulla. Limitando il pensiero a un solo luogo dell'evento e non prendendo atto della limitazione attuata, si pensa l'assenza come nulla e si tratta evidentemente di un clamoroso errore logico. Ma a che pro ragionare tanto allora, per sbagliare sulle cose più immediate? L'assenza ha un valore ontologico, invito te piuttosto a farti un esame psicologico, per renderti conto che usi il ragionamento contro la spontaneità psicologica. Se uno dice "non è andato a scuola" si deve pensare all'intero evento, anche al luogo dove si è rimasti. Il resto continualo tu.
Mauro Pastore
Citazione di: Phil il 30 Novembre 2022, 20:32:12 PM@viator
Quando parlo con un interlocutore che usa un determinato vocabolario, cerco nel mio piccolo di usare il suo stesso vocabolario nella convinzione che ciò agevoli la comprensione reciproca. Più che forzarlo ad usare il mio vocabolario, se mi interessa comprendere la sua posizione, preferisco sforzarmi di capire prima di tutto il suo vocabolario (altrimenti più che parlare delle sue idee si finisce con il dissertare sul suo vocabolario e delle differenze con il mio, che non è quello che solitamente mi interessa).
Se non ho frainteso il vocabolario di Mauro quando parla di «evento» scrivendo «Se uno studente fa assenza a scuola, si tratta pur sempre di un evento non di un nulla»(cit.) e poi «Ma lo studente che resta a casa e non va a scuola è pur sempre un evento» (cit.) credo che lui abbia poi capito il senso delle mie osservazioni (in cui ho cercato di parlare la sua lingua) sull'evento della presenza a casa dello studente.
Altri, con altri vocabolari o con il vocabolario "giusto", possono anche restare spaesati, tuttavia se il focus del discorso è sui contenuti, credo che l'importante sia anzitutto assicurarsi un vocabolario condiviso per capirsi, ad esempio dando ad «evento» lo stesso significato.
Al posto di «evento» possiamo usare «fatto», «condizione» o altro, oppure soffermarci sulle differenze di significato fra ciascuno di tali termini, tuttavia se li sostituisci, impropriamente, alle frasi di Mauro che ho citato, nondimeno il "succo" della conversazione e delle mie osservazioni, non a caso, non cambia poi di molto.
Non è questione di vocabolario. L'evento riguarda casa e scuola e ovviamente l'assenza è una lontananza quindi non è un nulla.
Mauro Pastore
Salve Phil. Grazie delle tue precisazioni. Non intendevo certo riferirmi alla forma od alla sostanza della tua prosa. D'altra parte, essendo io un incolto, sarà naturale che io cerchi di colmare la mia mancanza di formazione culturale con qualcosa che mi permetta di partecipare al Forum.
Purtroppo non possiedo altra "arma" che la pedanteria.
Circa la comprensione/comprensibilità degli altrui termini e discorsi.....credo che il lettore medio, qui dentro, possa incappare in incomprensioni :
- in taluni casi, a causa della eccessiva elaboratezza del linguaggio di coloro che sfoggiano pesantissimi bagagli culturali..............
- in altri casi (cioè quando leggono del mio), a causa del mio eccesso di pedanteria terminologica.
............e credo che il risultato finale dei due diversi approcci lessicali sopra riportati.........risulti complessivamente equivalente ai fini di una - sempre difettante poichè irraggiungibile - comprensione universale. Saluti.
@Mauro
Non ho affermato che "l'assenza sia un nulla"(?), bensì che lo stud-ente non è coinvolto in nessun evento ontologico a scuola, ma solo a casa, dove è pres-ente; a scuola accade l'evento psicologico dell'attesa della presenza dello studente che, non accadendo, non realizzandosi, ha come evento-effetto la registrazione della sua assenza da parte della maestra (credo concorderemo sul fatto che un evento psicologico può causare un evento ontologico... nel dubbio: un bimbo che non riceve un regalo a Natale, per la delusione, piange. L'assenza del regalo, che non essendo stato comprato ed essendo in quanto sorpresa una "variabile ignota", non è un ente chiaramente identificabile, tale assenza è per te comunque "lontananza"? Di quale ente, non essendo identificabile? Tale "regalo" non esiste più, o meglio, solo sul piano psicologico, piuttosto che ontologico? Non sto paragonando il regalo allo studente, intendiamoci, l'esempio mi serve per provare a capire meglio).
Se non si coglie la differenza fra evento psicologico ed evento ontologico, fra assenza come presenza attesa e assenza come mera possibilità mancata, fra ente presente (lo studente a casa) ed evento presente (la maestra che in quel momento ne segna l'assenza), etc. concordo che tutto possa sembrare un'elucubrazione poco chiara. Per chiarire, le domande già poste credo possano giovare (o, quantomeno, aggirarle non giova).
@viator
Concordo con te che il comprendere e il farsi comprendere (v. poco sopra) non sia un'impresa facile, anzi sia talvolta persino compito faticoso, quando ci vengono poste domande a cui poter (non «dover») rispondere, messaggi che meritano una rilettura calma, perché scritti male o piuttosto "densi", etc. aggiungerei che le incomprensioni non riguardano purtroppo solo il "lettore medio", ma ogni lettore in quanto tale; tuttavia se si è motivati a comprendere, può capitare talvolta che la comprensione sia un fenomeno persino piacevole, oltre che, a suo modo, utile. Resta il fatto che non sempre gli sforzi danno buon esito, ma forse c'è un sottile edonismo, quasi ludico, anche nel solo provarci.
Tornando al tema, il male radicale richiederebbe un contrapposto bene radicale. Terreno insidioso per qualsiasi volo pindarico metafisico che neppure il sillogistico Kant risolse. Meglio funziona la dialettica, tendente di suo alla sintesi, che dissolve qualsiasi radicalità e resta più attenta all'ontologia causale che alla psicologia sintomatica.