L'esperienza e la ragione

Aperto da Alberto Knox, 30 Aprile 2025, 23:44:54 PM

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Phil

Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 18:50:57 PMNon è l essere consapevole di un evento che lo fa esistere o meno.
Tuttavia, se non c'è nessuno ad isolare ed identificare quell'evento da tutto il resto della realtà, quell'evento non esiste in quanto tale (ossia isolato e identificato), ma esiste solo tutta la realtà (di cui quello che sarebbe stato un evento isolato se qualcuno lo avesse identificato, fa parte).
Se non hai il concetto di «evento», «albero», «alieno» o «pianeta», non possono esserci per te né eventi, né alberi, né alieni, né pianeti (esisteranno per qualcun'altro); quel che c'è "al loro posto" è una realtà priva di determinazioni (che in quanto tali richiedono sempre a priori qualcuno che le ponga tramite identificazione; v. sopra: assenza determinata, non assoluta).
Facendo un ulteriore passo: se non c'è un soggetto (quindi né tu né qualcun altro) identificante e discriminante, non possono esserci identità e discriminazioni, c'è solo realtà in divenire (e anche questi, «realtà» e «divenire», sono concetti, quelli più basilari che riescono a costeggiare il senso di questo discorso liminare).
In precedenza ho già fatto l'esempio del tramonto: il tramonto esiste solo se c'è qualcuno (umano o simile) in un determinato luogo, in una determinata ora, con in mente il concetto di tramonto (che quindi isola e identifica quell'evento separandolo da tutto il resto). Senza quell'osservatore identificante, come potrebbe esserci un tramonto? Per chi (considerando che il tramonto è un fenomeno ottico solo per qualcuno, per il suo sguardo verso l'orizzonte)? Senza occhio che guarda all'orizzonte, il tramonto non esiste (come fenomeno isolato e identificato).
Lo stesso, di certo con più "fatica teoretica", si può applicare anche alle identificazioni dei singoli eventi e dei singoli enti. Quando proviamo a pensarli "senza di noi", di fatto, continuiamo a pensarli per noi, quindi non rispettiamo la condizione del "senza di noi": pensiamo all'albero, lo identifichiamo e diciamo «certo che c'è l'albero anche senza di noi», ma se ce lo stiamo immaginando, se lo pensiamo distinto da tutto il resto, allora è come se fossimo lì (con le nostre categorie di classificazione degli enti), mentre il presupposto è che non ci siamo... e allora chi identifica l'albero, distinguendolo da tutta l'altra realtà?

Alberto Knox

Citazione di: Phil il 05 Maggio 2025, 19:31:04 PMTuttavia, se non c'è nessuno ad isolare ed identificare quell'evento da tutto il resto della realtà, quell'evento non esiste in quanto tale (ossia isolato e identificato), ma esiste solo tutta la realtà (di cui quello che sarebbe stato un evento isolato se qualcuno lo avesse identificato, fa parte).


Con un passo successivo possiamo asserire che se non pongo la mia attenzione su il ragno che in questo momento sta formando una piccola ragnatela nell angolo del mio soffitto tale ragno non esiste in quanto tale (ossia isolato e identificato dall osservatore) . Sta di fatto che mi accorgo di molte ragnatele che non avevo isolato e identificato nel mentre venivano formate dal mio ospite zampettante. Però mi accorgo che l esempio non è leale perchè mentre il rumore è un evento , la ragnatela permane nel tempo.
Citazione di: Phil il 05 Maggio 2025, 19:31:04 PMFacendo un ulteriore passo: se non c'è un soggetto (quindi né tu né qualcun altro) identificante e discriminante, non possono esserci identità e discriminazioni, c'è solo realtà in divenire (e anche questi, «realtà» e «divenire», sono concetti, quelli più basilari che riescono a costeggiare il senso di questo discorso liminare).
E questo è il problema dell identità . Anche questo è uno strumento concettuale che diamo alla Res , chiamiamo gli alberi alberi per separarli dal resto della realtà, ma che cosa sia un abelro in se stesso non lo possiamo sapere.
Se il rumore dell albero che cade esiste perchè ne ho il concetto e posso isolarlo dagli altri eventi attorno a me (che non è altro che il focalizzare l evento) è indice di determinazione della realtà allora con un passo successivo , se la conoscienza è costruzione di concetto e esperienza allora non c'è differenza di principio tra il fatto che noi conosciamo l'oggetto X e il fatto che noi lo costruiamo. E questo non può essere vero.
Dire che quello che c'è risulta determinato da quello che ne sappiamo (concetto, isolazione e identificazione) è una radicalizzazione all ennesima potenza di kant.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 18:06:58 PMè in quel "Se" a monte della proposizione che dobbiamo trovare una quadra. Personalmente non ritengo che il rumore  di un albero sia il prodotto della nostra interazione con la realtà perchè vorrebbe dire che laddove l uomo, per come è siffatto , è escluso dalla percezione sensibile e concettuale allora non vi è nulla.
Vi è sempre la realtà, ma retrocessa ad ipotesi necessaria, o promossa ad ente unico, come ciò senza di cui nessuna emergenza è possibile.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Phil

Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 20:13:46 PMSta di fatto che mi accorgo di molte ragnatele che non avevo isolato e identificato nel mentre venivano formate dal mio ospite zampettante. Però mi accorgo che l esempio non è leale perchè mentre il rumore è un evento , la ragnatela permane nel tempo.
Esatto, solo nel momento in cui di fatto isoli e identifichi le ragnatele, queste "escono" dalla realtà indistinta (in cui già esistevano, proprio come il ragno, sebbene non in quanto tali) ed entrano nella realtà determinata, nella tua classificazione di «ragnatela».
Con il suono accade lo stesso; gnoseologicamente entrambi (ragnatela e suono) esistono per te (o per chiunque altro) solo quando vengono identificati, altrimenti sono realtà indistinta (potremmo quasi dire: "non-ragnatela" e "non-suono", o comunque non esistono come ragnatela e suono).
Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 20:13:46 PMse la conoscienza è costruzione di concetto e esperienza allora non c'è differenza di principio tra il fatto che noi conosciamo l'oggetto X e il fatto che noi lo costruiamo. E questo non può essere vero.
Questo è in realtà un "passo falso", perlopiù a causa del non sequitur introdotto dall'«allora»; provo quindi a riformulare: se la conoscenza è "costruzione di concetto" (rappresentazione di un fenomeno nella coscienza, e sua interpretazione secondo paradigmi cognitivi) ed esperienza (ossia rapporto con ciò che c'è "fuori di noi", la cosiddetta realtà esterna), allora c'è molta differenza, di principio e di fatto, fra affermare che noi conosciamo l'oggetto x e affermare che noi costruiamo l'oggetto x.
La costruzione delle chiavi interpretative (concetti, categorie, etc.) non va confusa con la costruzione di ciò che viene interpretato, per quanto le chiavi interpretative risultino ovviamente condizionanti l'interpretazione. Riprendiamo il tuo esempio (senza scomodare ancora Giulio Cesare e Superman): la tua coscienza può (ri)conoscere la ragnatela, identificandola e interpretandola come tale, ma non può "costruirla come esperienza" (poiché nell'esperienza c'è una componente passiva, non intenzionale, una "sintesi passiva" diceva Husserl, se non ricordo male). Detto ancora più banalmente: sei stato tu a identificare la ragnatela, ma sei stato tu a farla?
Non a caso, non puoi guardare un muro senza ragnatela e costruire l'esperienza di percepire (o far emergere nella coscienza la rappresentazione di) una ragnatela. Come ricordato, c'è dialettica fra ontologia ed epistemologia o, più semplicemente, la realtà "risponde", dà feedback, non è un insieme di pezzi Lego con cui poter costruire a piacimento sia un castello che un'astronave.
Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 20:13:46 PMDire che quello che c'è risulta determinato da quello che ne sappiamo (concetto, isolazione e identificazione) è una radicalizzazione all ennesima potenza di kant.
Il neo sulla guancia del ragno che ha tessuto la tela, c'è o non c'è adesso?
E se c'è già da una settimana, non puoi forse determinarlo solo dopo averlo identificato e studiato? L'esistenza del neo risulta quindi determinata (ma non "costruita") da quello che ne sai, prima è solo una realtà possibile e indeterminata.

iano

#19
Citazione di: Phil il 05 Maggio 2025, 18:26:50 PMVi è infatti il nulla come sunyata (v. buddismo), ossia assenza determinata (non assoluta): assenza di identificazione, cristallizzazione e discriminazione (in oggetti, concetti, alberi, suoni, etc.) da parte dell'uomo; il che equivale a dire che "c'è ciò che c'è, nel divenire che è" (consapevolezza che l'uomo può avere anche nell'ascoltare, in presenza, il rumore dell'albero che cade, se riesce a non identificare l'albero come albero, il rumore come rumore, etc. impresa non facile, ma "illuminante").
Sono d'accordo, anche se tutti i termini del tuo post non mi sono chiari, e in particolare l'assenza determinata in opposizione all'essere assoluta.
Io comunque intendo che è possibile tornare al nulla rispetto a ciò che fino un certo punto abbiamo inteso come realtà, nel senso che l'emergenza ammette l'operazione inversa, con la quale è possibile annullarla.
questa operazione inversa come ben dici non è per nulla facile, ma vale la pena tentarla, perchè nel realizzarla apprendiamo il processo di emergenza, che possiamo quindi coscientemente poi riprodurre, facendo risorgere un nuovo mondo dal nulla.
Possiamo cambiare quindi le emergenze producendone di nuove una volta appreso il processo, restando il fatto che di esse non possiamo comunque fare a meno, perchè se fra esse non vi è pur alcun fondamento della realtà, essendo vero semmai il contrario, non possiamo vivere che indirettamente la realtà dentro  un mondo di quelle emergenze fatto.
Poi il fatto che costruire questi mondi è possibile ci potrebbe dire indirettamente qualcosa della realtà, ma già il sapere che la realtà queste costruzione ammette non è poco.
Potremmo azzardare ad esempio che se la pseudorealtà in cui viviamo è coerente, è perchè coerente è la realtà di fondo, quella vera, quella realtà che è vera perchè nasce da un affermazione che non può essere smentita.
Qualunque discriminazione che facciamo sulla realtà, affermando le emergenze di cui sarebbe fatta, contiene in nuce una ingiustizia sociale, per cui se non possiamo fare a meno di costruire su esse le nostre società, possiamo però sempre ricostruirle su nuove emergenze quando iniziano a farci male, come scarpe divenute troppo strette.
La notizia cattiva è che siamo costretti a vivere in una gabbia fatta di emergenze. La notizia buona è che non siamo condannati all'ergastolo, e che la speranza di un mondo nuovo è più giusto deve sempre sorreggerci.
E' una rivoluzione, ma non necessariamente violenta, come mi pare, correggimi se sbaglio, il buddismo suggerisce.

Più in breve si tratta ogni volta di rifare pace con noi, perchè questa pace va sempre rinnovata, in quanto esseri sempre mutevoli. Si tratta di inseguire continuamente la felicità che deriva dal sentirci pienamente ogni volta noi stessi nel cambiamento.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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Alberto Knox

Citazione di: Phil il 05 Maggio 2025, 23:03:43 PMRiprendiamo il tuo esempio (senza scomodare ancora Giulio Cesare e Superman): la tua coscienza può (ri)conoscere la ragnatela, identificandola e interpretandola come tale, ma non può "costruirla come esperienza"
sì è abbastanza chiaro  dove ho inciapato Phil. Mi sono fregato con quel "e esperienza" .
Citazione di: Phil il 05 Maggio 2025, 23:03:43 PMIl neo sulla guancia del ragno che ha tessuto la tela, c'è o non c'è adesso?
E se c'è già da una settimana, non puoi forse determinarlo solo dopo averlo identificato e studiato? L'esistenza del neo risulta quindi determinata (ma non "costruita") da quello che ne sai, prima è solo una realtà possibile e indeterminata.
è chiaro che più studio il ragno e più scoprirò cose di cui ero all oscuro. Il risultato della mia analisi che porta esistenza di neo e di macchie e di peli sulla testa e sulla faccia del ragno è ovviamente reale e dimostrabile e verificabile da chiunque faccia analoga analisi sul mio simpatico ospite . Sta di fatto che analisi , determinazione dei risultati e modalità di descrizione non creano nessuna realtà che prima non c'era . certo era nel regno del possibile e non ancora rilevato dalla mia osservazione ma la mia osservazione non crea realtà, si limita a vedere quello che già c'è , la realtà così come mi appare dal microscopio non è un elaborazione concettuale . Per di più parliamo di casi particolari, non tutti i ragni hanno le macchie e  i neo sulla guancia. Ora , lasciando perdere il ragno , se la conoscienza è costruzione di concetto ,  che differenza c'è fra l'oggetto che ci si presenta in quanto tale e che chiamerò X e quello che sappiamo sull oggetto X? innanzitutto stiamo allora parlando di ontologia (quello che c'è) e non dipende dagli schemi concettuali ed epistemolgia (quello che sappiamo dell 'oggetto X)  che dipende dagli schemi concettuali.
A questo punto la filosofia basata sul concetto come costruzione del sapere fa un ragionamento alquanto sottile; dal momento che il sapere dipende dagli schemi concettuali , allora la conoscenza è intrinsicamente costruzione (di idee, di concetti, di teorie, di formule) . Esattamente come avviene in matematica in cui conoscere che 6 più 2 fa 8 equivale a costruire l addizione 6+2=8 . In questo maniera è facile giungere a nuove conclusioni , ovvero che la sfera dell essere coincide in larga misura con quella del conoscibile e che il conoscibile  equivale essenzialmente al costruibile.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#21
Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 20:13:46 PMse la conoscienza è costruzione di concetto e esperienza allora non c'è differenza di principio tra il fatto che noi conosciamo l'oggetto X e il fatto che noi lo costruiamo. E questo non può essere vero.
In effetti io credo che noi possiamo conoscere solo le nostre costruzioni, perchè i dati che ricaviamo dall'esperienza sono lettera morta finché non gli diamo un significato, interpretandoli.
La realtà sensibile, cioè la realtà come ci appare, è il frutto di un lavoro di interpretazione sedimentato, per questo vedere equivale a comprendere, essendo il vedere il frutto di tutto questo lavoro,
essendo  questa immediatezza di comprensione il capolinea   di un duro e lungo lavoro evolutivo.
Quanto possa essere duro questo lavoro ce lo suggerisce il lavoro degli scienziati, che quella comprensione tentavano di ricostruire.
Un lavoro in cui non c'è nulla da capire, perchè la costruzione di una teoria equivale alla sua comprensione.
Se diciamo dunque di non comprendere è solo perchè ci aspettiamo di replicare l'immediatezza di cui sopra, restandone delusi, quando invece dovremmo rallegrarci di riuscire in qualche secolo a fare il lavoro che in milioni di anni ha fatto l'evoluzione.
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Alberto Knox

Citazione di: iano il Oggi alle 00:13:04 AMIn effetti io credo che noi possiamo conoscere solo le nostre costruzioni, 
Conosciamo solo le nostre costruzioni ma puoi dire che conoscendo solo le costruzioni conosci l oggetto al pari di come conoscendo che 6+2 fa otto equivale a scrivere 6+2=8?         Più in generale, se non c è distinzione fra costruzione conoscitiva e oggetto conosciuto in che cosa si differenza allora? Ci si ritrova a ridire che la mappa non è il territorio. 
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#23
Citazione di: Alberto Knox il Oggi alle 08:23:31 AMConosciamo solo le nostre costruzioni ma puoi dire che conoscendo solo le costruzioni conosci l oggetto al pari di come conoscendo che 6+2 fa otto equivale a scrivere 6+2=8?        Più in generale, se non c è distinzione fra costruzione conoscitiva e oggetto conosciuto in che cosa si differenza allora? Ci si ritrova a ridire che la mappa non è il territorio.
Si,  il mondo non è la realtà, cosi come la mappa  non è il mondo , secondo fasi di emergenza che susseguendosi producono maggiore astrazione, astrazioni di astrazioni in una successiva perdita di concretezza.
L'oggettività nasce da una fase di emergenza, nella successiva nascono le dozzine (dodici uova), dove un gruppo di oggetti diventano uno solo, ma diverso da ognuno di loro, meritandosi un suo nome, la dozzina appunto, e nella successiva nascono i numeri, che non si riferiscono a un gruppo di oggetti precisi, e perciò ogni gruppo possono contare, divenendo ''oggettivamente'' distinti da essi, meritandosi perciò a loro volta un nome tutto loro, ad esempio il dodici.
 Il mondo che cosi viene a crearsi è il nostro modo di vivere la realtà che si evolve insieme a noi.
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Phil

@iano
Tralascio volutamente sia gli aspetti sociali ed esistenziali a cui hai accennato, sia la differenza fra assenza determinata ed assoluta, perché sono due deviazioni che ci porterebbero offtopic; invece la questione della coerenza merita una riflessione:
Citazione di: iano il 05 Maggio 2025, 23:19:05 PMPotremmo azzardare ad esempio che se la pseudorealtà in cui viviamo è coerente, è perchè coerente è la realtà di fondo, quella vera, quella realtà che è vera perchè nasce da un affermazione che non può essere smentita.
Affermare che «è coerente la realtà di fondo» è comunque una proiezione delle nostre categorie (quella di coerenza) sulla realtà, stiamo ancora parlando non di come la realtà è, ma di come la identifichiamo (un po' come quando diciamo che è oggettivo che i corpi cadono realmente verso il basso: stiamo usando il concetto di «basso» e quello di «cadere» pensando che siano propri della realtà, quando sono invece propri della descrizione umana della realtà).


Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 23:47:35 PMsì è abbastanza chiaro  dove ho inciapato Phil. Mi sono fregato con quel "e esperienza" .
Nessun inciampo o, per dirla diversamente, parlando di conoscenza è inevitabile inciampare nell'esperienza del mondo esterno, altrimenti non sarebbe conoscenza (e ancor meno scienza). L'esperienza è infatti ciò che distingue, in modo prezioso e inequivocabile, la differenza fra te che identifichi la ragnatela (partendo dalla passività della percezione) e te che costruisci la ragnatela (costruzione che non rientra nell'esperienza di nessuno, salvo tu sia un ragno che scrive su un forum, oppure tu possa percepire ragnatele a tuo piacimento, anche dove la realtà non lo consente).
Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 23:47:35 PMse la conoscienza è costruzione di concetto ,  che differenza c'è fra l'oggetto che ci si presenta in quanto tale e che chiamerò X e quello che sappiamo sull oggetto X?
Permane l'ingannevolezza di quel «se», poiché la conoscenza non è solo costruzione di concetto; non si può trascurare che sia anzitutto esperienza di ciò che ci circonda (v. sopra), per quanto istantaneamente mediata dai nostri paradigmi. Come detto, c'è distinzione dialettica fra input del mondo esterno ed elaborazione della coscienza; non possiamo scindere totalmente l'oggetto in quanto tale (il fantomatico noumeno) da ciò che sappiamo su di esso: nel momento in cui guardi il ragno, stai già applicando sincronicamente quello che sai su di esso (è un ragno, ha quel colore, è un animale, è piccolo, tesse la ragnatela, etc.). Ciò che sai del regno condiziona il tuo sguardo sul ragno, ma non "costruisce" il ragno, lo identifica e lo isola dal resto, ma ciò è possibile solo perché il ragno è realtà, senza essere una tua costruzione (ma al massimo solo una tua identificazione, isolandolo dal resto).
Identificare non è costruire; così come, di notte, dirigere una lampada verso un albero, lo illumina, lo manifesta nella nostra coscienza, lo identifica, ma non lo costruisce (se non lo illuminassimo, potremmo comunque sbatterci e farci male perché è realtà, a prescindere dal nostro identificarlo come albero, o abete, o tronco, o ostacolo, etc.).

iano

#25
Citazione di: Phil il Oggi alle 11:23:48 AMIdentificare non è costruire; così come, di notte, dirigere una lampada verso un albero, lo illumina, lo manifesta nella nostra coscienza, lo identifica, ma non lo costruisce (se non lo illuminassimo, potremmo comunque sbatterci e farci male perché è realtà, a prescindere dal nostro identificarlo come albero, o abete, o tronco, o ostacolo, etc.).
Se da un continuo isoli funzionalmente una parte hai costruito un oggetto.
Assegnare identità a una parte di un continuo in ragione del mostrasi ciò funzionale alla nostra sopravvivenza (evitare direttamente di sbattere nella realtà, scansando indirettamente l'albero), significa costruire il mondo in cui viviamo, fatto di alberi, necessario alla nostra sopravvivenza, o meglio necessario per vivere attraverso esso indirettamente la realtà.
Ma questo è solo un esempio, perchè non è corretto, come mi facevi notare a proposito della coerenza, intendere come suoi propri i concetti attraverso i quali descriviamo e/o percepiamo la realtà, quindi la continuità o quantizzazione non sono proprietà della realtà, ma utili applicazioni che facciamo su di essa, di modo che essa ci apparirà, o riusciremo immaginarla funzionalmente, come continua piuttosto che quantizzata.
Ci sono secondo me buoni motivi ''filosofici'' per lasciare la realtà sullo sfondo della rappresentazione mondana, per il motivo che tutti quegli attributi che diamo all'oggettività, come l'esistenza di cose separate dalle altre, per quanto ciò faccia parte della nostra percezione sensibile, poi non riusciamo di fatto a dimostrarla.
Non riusciamo cioè a trovare l'esatto confine fra le cose, per quanto può convenire assegnarlo convenzionalmente, facendo una applicazione della matematica sulla realtà, talchè, quando di questa applicazione manchi la coscienza, possiamo credere quei confini come reali.
Dobbiamo epurare la filosofia da tutte le scorie della nostra percezione, non per sostituirvi qualcosa di più vero, ma per relativizzarla, come metodo fra tanti possibili di rapportarsi con la realtà.
Cioè, quando ricaviamo dati coi nostri strumenti e li interpretiamo, agendo di conseguenza sulla realtà, non stiamo facendo altro che diversamente percepirla, con l'avvertenza che quanto più avremo coscienza del processo, più astratto ci apparirà il risultato, e quanto meno ne abbiamo coscienza, come avviene per la percezione naturale, tanto più il risultato ci apparirà concreto.
La conoscenza è sempre un astrazione, ma non sempre dell'essere astrazione abbiamo coscienza, e la concretezza è un velo posto su questa coscienza.
Per quanto riguarda la percezione scientifica noi di questa concretezza ci sentiamo orfani, ma piuttosto che ammetterlo, diremo assurde le sue teorie, indipendentemente da quanto utili possano mostrasi, rivendicando in tal senso maldestramente a volte un primato della filosofia, facendogli un cattivo servigio, e solo per dissimulare la nostra irrazionale umana insoddisfazione.

Stiamo costruendo col sudore della fronte un nuovo paradiso in terra, immaginario, ma concretamente vivibile, dove la conoscenza non è più peccato.
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iano

#26
Non so se l'assoluto sopravviverà, venendogli a mancare il supporto dell'evidenza che ci regala la nostra percezione naturale, ma bisogna trovare il coraggio di relativizzarla, per camminare su più gambe, diverse, ma coordinate fra di loro nell'andare, una delle quali è la scienza.
L'assoluto in fondo cos'è, se non un modo dissimulato, stante il doveroso mostrare umiltà, di affermare la nostra divinità?
Perchè non può essere che un Dio quell'essere che a un impercettibile cenno delle sue palpebre si ritrova la realtà, in tutta la sua evidenza, prostrata ai suoi piedi.
Questo è solo il residuo del vecchio paradiso, da cui non siamo stati cacciati, ma da cui stiamo uscendo per gradi, riattivando quella evoluzione che nel paradiso era rimasta sospesa;
perchè un paradiso fatto solo per gli uomini, che per averne diritto quindi devono restare per sempre tali, qualunque cosa siano.
L'assoluto è l'eterna sospensione dell'essere dal divenire.
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Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Citazione di: Phil il Oggi alle 11:23:48 AMpoiché la conoscenza non è solo costruzione di concetto; non si può trascurare che sia anzitutto esperienza di ciò che ci circonda (v. sopra), per quanto istantaneamente mediata dai nostri paradigmi. Come detto, c'è distinzione dialettica fra input del mondo esterno ed elaborazione della coscienza
Condivido e apprezzo questa mediazione e distinzione  che fai tra oggetto percepito dai sensi (esperienza)  e oggetto conosciuto dall intelletto , mediazione concettuale che è rappresentazione , identificazione ed elaborazione dei dati provenienti dall esperienza.
Non condivido quando dici che avendo identificato l'oggetto o il ragno allora tale realtà esce da uno stato di realtà indeterminato ed entra in uno stato determinato di realtà ( determinato dall osservatore).
Sebbene il tutto risulti squisitamente kantiano, non sono d'accordo. La realtà non entra e non esce da nessuna parte. Non si tratta di voler  riformulare una definizione di realtà ma al tempo stesso siamo sempre noi a definirla. chi è che definisce la realtà ? l esperimento o l'esperimentatore ? se anche  le leggi fisiche sono approssimazioni di quello che succede, noi vediamo i fenomeni non le leggi. Allora che diritto abbiamo di definire la realtà in un modo o nell altro? Di nuovo si ricade nel costruzionismo e quindi di nuovo si ricade ad un modello e il modello è astrazione della realtà . Di nuovo si arriva all uomo e alle sue idee. Interpretazioni, teorie, modelli, sono tutti artefici della mente. Se parlaimo in termini di realtà che viene determinata dalla nostra identificazione stiamo ancora parlando di uomini, non di realtà.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Phil

Citazione di: iano il Oggi alle 14:05:10 PMSe da un continuo isoli funzionalmente una parte hai costruito un oggetto.
Non so se sia solo un fraintendimento linguistico, ma per «costruire» (con-struire, "accumulare assieme") intendo comporre, usare elementi separati per creare un nuovo elemento (come con le lego o i mattoni, ma anche come differenti categorie costruiscono un paradigma). Ossia costruire è il processo inverso di isolare, identificare, etc. nel costruire molteplici elementi convergono in un'unità più "grande", il costruito, mentre nell'isolare-identificare un singolo elemento è estratto (o as-tratto) da una totalità più "grande" (uso le virgolette perché «grande» forse è termine inappropriato e generico, ma spero si capisca comunque il senso di ciò che intendo).
Per chiarire meglio come differenzio il costruire dall'identificare: se taglio una fetta da una torta, non costruisco una fetta, ma la isolo dalla totalità di cui fa(ceva) parte; così come se isolo il ragno da tutto ciò che vedo, lo identifico, non lo costruisco. Viceversa, se sommo in modo appropriato gli ingredienti "costruisco" una torta, così come se sommo differenti qualità del ragno ne costruisco la descrizione (e qui riemerge la dialettica fra ciò che vedo, fuori, e le categorie, dentro, con cui il visto viene identificato, fosse anche in modo fallace o illusorio).

Citazione di: Alberto Knox il Oggi alle 14:58:05 PMNon condivido quando dici che avendo identificato l'oggetto o il ragno allora tale realtà esce da uno stato di realtà indeterminato ed entra in uno stato determinato di realtà ( determinato dall osservatore).
[..] La realtà non entra e non esce da nessuna parte.
«Determinato» e «indeterminato» sono da intendere dal punto di vista dell'osservatore, non assoluto. Con «entrare», termini forse ambiguo, intendevo l'entrare della realtà determinata del ragno (in quanto fenomeno isolato) nella coscienza dell'osservatore, non l'entrare della realtà in generale (che come giustamente osservi, «non entra e non esce da nessuna parte»).

Alberto Knox

Citazione di: Phil il Oggi alle 15:14:12 PMDeterminato» e «indeterminato» sono da intendere dal punto di vista dell'osservatore, non assoluto
Il ragno che ho visto io (determinandolo come realtà identificata)  lo puoi vedere e identificare anche tu semplicemente verificandolo tu stesso, così lo può fare anche il resto del mondo, perchè allora non può essere una determinzione assoluta? Se un esperimento è verificabile , riproducibile e confermabile  riportando il medisimo risultato non ha forse buon diritto di venire inteso come determinazione assoluta ? oppure il tuo è un atto di cautela?
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