Affrontare l'orrore è una sfida ineludibile.
Quando mi coglie l'orrore, il pensiero si arresta e si spalanca l'abisso. Ogni rimedio svapora e mi ritrovo assolutamente solo.
È lo sguardo della Medusa che mi interroga.
Una domanda di senso dove nessun senso è possibile.
Ma proprio qui decido chi sono.
È una decisione per l'eternità.
Tra essere o non essere.
E l'essere inizia a comparire se dalla mia profondità nasce un NO!
Quella che ho davanti è la verità, orrenda ma quella è.
Ciononostante, dico: NO!
Se invece mi metto a disquisire, con un ma, un però, che sì, insomma, quell'orrore ha comunque delle ragioni... ecco che ricado nel non essere.
Il No è necessario per iniziare a essere. Ma è soltanto il primo passo. Perché se lì mi fermo, sono soltanto un'anima bella. Una buona intenzione vuota.
Così devo poi mettermi a scavare, seguendo questo mio assoluto No. Perché devo separare il grano dalla gramigna, per scartare quest'ultima e salvare il grano.
Una operazione tragica, perché non posso assecondare ciò che vorrei, ma solo ciò che è.
Citazione di: bobmax il 08 Novembre 2023, 20:15:00 PMAffrontare l'orrore è una sfida ineludibile.
Quando mi coglie l'orrore, il pensiero si arresta e si spalanca l'abisso. Ogni rimedio svapora e mi ritrovo assolutamente solo.
È lo sguardo della Medusa che mi interroga.
Una domanda di senso dove nessun senso è possibile.
Ma proprio qui decido chi sono.
È una decisione per l'eternità.
Tra essere o non essere.
E l'essere inizia a comparire se dalla mia profondità nasce un NO!
Quella che ho davanti è la verità, orrenda ma quella è.
Ciononostante, dico: NO!
Se invece mi metto a disquisire, con un ma, un però, che sì, insomma, quell'orrore ha comunque delle ragioni... ecco che ricado nel non essere.
Il No è necessario per iniziare a essere. Ma è soltanto il primo passo. Perché se lì mi fermo, sono soltanto un'anima bella. Una buona intenzione vuota.
Così devo poi mettermi a scavare, seguendo questo mio assoluto No. Perché devo separare il grano dalla gramigna, per scartare quest'ultima e salvare il grano.
Una operazione tragica, perché non posso assecondare ciò che vorrei, ma solo ciò che è.
A leggerti mi viene a mente l'inno al suicidio che sta nella firma di koba II. D'altra parte però Fiorella Mannoia ritornella con una semplice constatazione: "come si cambia per non morire, come si cambia per amore, come si cambia per non soffrire, come si cambia per ricominciare". Un saluto
Citazione di: daniele22 il 09 Novembre 2023, 10:47:11 AMA leggerti mi viene a mente l'inno al suicidio che sta nella firma di koba II. D'altra parte però Fiorella Mannoia ritornella con una semplice constatazione: "come si cambia per non morire, come si cambia per amore, come si cambia per non soffrire, come si cambia per ricominciare". Un saluto
La firma di Koba mi lascia qualche perplessità: fino a che punto esprime un autonomo pensiero maturato o non invece un semplice copia e incolla?
Per ora il dubbio resta.
Se con suicidio si intende la morte dell'anima, allora il discorso dovrebbe essere conseguente.
Se invece oscilla...
Citazione di: bobmax il 09 Novembre 2023, 11:56:37 AMLa firma di Koba mi lascia qualche perplessità: fino a che punto esprime un autonomo pensiero maturato o non invece un semplice copia e incolla?
Per ora il dubbio resta.
Se con suicidio si intende la morte dell'anima, allora il discorso dovrebbe essere conseguente.
Se invece oscilla...
Nei confronti della vita parto dal presupposto che debba esserci un buon motivo per andare incontro alla morte in un modo (suicidio) o in un altro (sacrificio).
Se parti dal presupposto che vi sia un'anima si pone la domanda sul da dove arrivi tale anima. Se viene concessa dall'alto vi sono delle conseguenze. Se nasce come nostra idea sul mondo vi sono altre conseguenze. Un saluto
Citazione di: daniele22 il 09 Novembre 2023, 13:50:55 PMNei confronti della vita parto dal presupposto che debba esserci un buon motivo per andare incontro alla morte in un modo (suicidio) o in un altro (sacrificio).
Se parti dal presupposto che vi sia un'anima si pone la domanda sul da dove arrivi tale anima. Se viene concessa dall'alto vi sono delle conseguenze. Se nasce come nostra idea sul mondo vi sono altre conseguenze. Un saluto
Se affronto l'orrore, tenendo saldo il mio NO, allora non posso che cercare la Verità.
In questa ricerca, devo continuamente rifiutare ogni forzatura, cioè ogni pretesa di stabilire io cosa sia "vero" e cosa no. Devo perciò fare un passo indietro e ascoltare.
Allora posso forse incominciare a intravedere come siano in realtà tutti innocenti.
E sono innocenti perché come individui, di per se stessi cioè con una anima individuale, non esistono.
L'anima è nulla.
La morte dell'anima è infatti il riconoscimento di essere nulla.
Possiamo allora ben dire che non muore mai nessuno, per la semplice ragione che nessuno vive.
Ma per rendersene conto occorre affrontare l'orrore, con fede nella Verità.
Anima = Dio = Essere = Nulla
E' molto piu' difficile dire di SI'.
SI', perche' l'orrore non e' separabile dalla gioia e vale la gioia.
SI', perche' il male non e' separabile dal bene e vale il bene.
E' cosi' nel concetto stesso di bene, che e' un concetto ambiguo perche' contiene sia l'emersione del bene dal suo opposto (il bene non e' il male) che la superiorita' stessa del bene (se il bene e' bene, va perseguito e riconosciuto tale nonostante il male, quindi la sua opposizione con il male non e' ne "paritaria" ne "esaustiva", della totalita' del loro reciproco rapporto; e' in un cero senso "gerarchica").
Il mondo si autogiustifica. Il mondo e' la mia vita e io sono ancora vivo. Se sono ancora vivo, e' perche' voglio vivere, o almeno, il mio corpo, il grande rimosso di tutta o quasi la filosofia, qui e ora vuole vivere. A livello istintuale finche' vivo, dico SI'. Quella parte della mia vita che NON e' sotto il mio controllo (il respiro, il battito, il vegetante) ha gia' detto, di SI'. L'unico modo che ho di accordare la ragione all'istinto e' dire (ulteriormente) di SI' anche col cuore e col cervello; non e' possibile il movimento opposto, dire di NO mentre il corpo vive e dice di SI', o meglio e' assolutamente possibile e frequente, ma e', e resta, disarmonico.
Davanti all'orrore bisogna dire di SI'.
E' questo l'abisso e' questo il problema.
Perche' tutto ha una causa e tutto e' interconnesso.
Il futuro e' solo oscurita' e nebbia, dove magari si annidano le utopie e i paradisi, ma, quantomeno del bene presente e passato possiamo dire con assoluta certezza che esso non esisterebbe, senza quel male che ora contemiamo e che ci fa orrore. Se abbiamo capito che tutto e' interconnesso. Che il problema non e' forgiare un mondo qualsiasi, ma QUESTO, mondo. Che appena gli sposti un capello, non e' piu' se stesso, ma un altro. Che ha bisogno di ogni contributo infinitesimale e infinitesimalmente confluente di ogni sua parte per essere quello che e', per la sua ipseita'. Perfino del nostro. E dunque del nostro SI' nonostante tutti gli orrori presenti e futuri. Che tanto, questo tipo di SI' confluente nel tutto, che noi glielo diamo o no, in un modo o nell'altro il mondo se lo prende. Darglielo in modo "volontario", o meglio esistenzialmente sostenibile e' un nostro, problema.
Il corpo vivente è ja-sager a priori di ogni metafisica e solo su questo si può fondare una metafisica veridica.
Grande lezione di F.N.
Il corpo è inafferrabile quanto la mente. Solo che cambia più lentamente e quindi ci dà una illusione di maggiore SOLIDITÀ. Non sono d'accordo quando Bobmax dice che l' IO individuale non esiste. Esiste ma è della stessa natura di corpo e mente: cambia anche lui, ma ancora più lentamente e sottilmente del corpo e della mente. Questo ci dà una ancor maggiore sensazione di DURATA. L' anima, per chi ci crede, non si identifica, se non nelle credenze semplici e ingenue della gente comune, con nessuno dei tre composti, essendo una TRASFIGURAZIONE (vedi monte Tabor).
Citazione di: Pio il 09 Novembre 2023, 15:09:22 PMIl corpo è inafferrabile quanto la mente. Solo che cambia più lentamente e quindi ci dà una illusione di maggiore SOLIDITÀ. Non sono d'accordo quando Bobmax dice che l' IO individuale non esiste. Esiste ma è della stessa natura di corpo e mente: cambia anche lui, ma ancora più lentamente e sottilmente del corpo e della mente. Questo ci dà una ancor maggiore sensazione di DURATA. L' anima, per chi ci crede, non si identifica, se non nelle credenze semplici e ingenue della gente comune, con nessuno dei tre composti, essendo una TRASFIGURAZIONE (vedi monte Tabor).
Se qualcosa cambia, vuol dire che l'essenza di quel qualcosa permane.
È il permanere, di ciò che identifica quel qualcosa, ha permettere il suo cambiamento.
Se davvero tutto mutasse, non vi sarebbe mutamento. Mutamento di che?
Ma pure il permanere riceve la sua ragion d'essere da ciò che non permane.
Il non mutamento è un assurdo tanto quanto il totale mutamento.
In questo gioco, l'io è un puro nulla. Non muta e non permane.
Vuole.
Ma la volontà dell'io, affrontando l'orrore, si rivela man mano illusione.
Citazione di: bobmax il 09 Novembre 2023, 14:14:30 PMSe affronto l'orrore, tenendo saldo il mio NO, allora non posso che cercare la Verità.
In questa ricerca, devo continuamente rifiutare ogni forzatura, cioè ogni pretesa di stabilire io cosa sia "vero" e cosa no. Devo perciò fare un passo indietro e ascoltare.
Allora posso forse incominciare a intravedere come siano in realtà tutti innocenti.
E sono innocenti perché come individui, di per se stessi cioè con una anima individuale, non esistono.
L'anima è nulla.
La morte dell'anima è infatti il riconoscimento di essere nulla.
Possiamo allora ben dire che non muore mai nessuno, per la semplice ragione che nessuno vive.
Ma per rendersene conto occorre affrontare l'orrore, con fede nella Verità.
Anima = Dio = Essere = Nulla
Tendo a rifiutare un dialogo che non vuol essere tale. Come fai a dire che l'anima è nulla e poi parlare della morte dell'anima? Come fa a morire qualcosa che è nulla? Lo so. Tu vuoi salvare la libera scelta con la fede nella Verità con la v maiuscola, ma per me questi sono solo arzigogoli mentali per nulla efficaci, oppure efficaci per chi creda veramente in Dio, nella Verità. Noi siamo, io mi tiro fuori se permetti, semplicemente degli idioti perché non abbiamo ancora capito bene cosa sia l'umana intelligenza e per questo saremmo innocenti delle nostre gratuite barbaridad. Un saluto
Citazione di: daniele22 il 09 Novembre 2023, 18:33:27 PMTendo a rifiutare un dialogo che non vuol essere tale. Come fai a dire che l'anima è nulla e poi parlare della morte dell'anima? Come fa a morire qualcosa che è nulla? Lo so. Tu vuoi salvare la libera scelta con la fede nella Verità con la v maiuscola, ma per me questi sono solo arzigogoli mentali per nulla efficaci, oppure efficaci per chi creda veramente in Dio, nella Verità. Noi siamo, io mi tiro fuori se permetti, semplicemente degli idioti perché non abbiamo ancora capito bene cosa sia l'umana intelligenza e per questo saremmo innocenti delle nostre gratuite barbaridad. Un saluto
Eppure, che altro sarebbe mai un dialogo, se non un discorso sulla Verità?
Quale comunicazione sarebbe possibile senza fondarsi sul Vero?
La morte dell'anima è il riconoscimento della propria nullità individuale.
E allo stesso tempo, attraverso la compassione per il male nel mondo, è l'inizio della metamorfosi.
Non vi è alcuna libera scelta individuale da salvare. Semmai, è l'Uno che inizia il ritorno a se stesso.
Ritorno, metamorfosi, non sono indolori.
Solo la Verità può dare una risposta al perché dell'orrore.
Ma questa Verità può essere peggiore di qualsiasi altro orrore.
È il rischio radicale.
Rischio però inevitabile, dove si gioca tutto: essere o non essere.
La vita si presenta con un susseguirsi di situazioni. E alcune di esse, vicine o lontane, suscitano in me orrore.
Non di rado appaiono in antitesi, e l'una prevalendo sull'altra ne sminuirebbe l'orrore. È come se vi fossero orrori in definitiva accettabili... mentre altri no.
Ma è davvero così?
Vi è differenza tra un male e l'altro, quando entrambi, se sono onesto con me stesso, non sono che orrendi?
Devo tenere fermo il mio NO!
La strage insensata del 7 ottobre è orrenda. Punto.
Ed è orrendo allo stesso modo lo strazio dei bambini sotto le bombe. Punto.
Non posso però fermarmi qui a fare l'anima bella, che in fin dei conti sa tanto di ipocrisia.
Devo approfondire, resistere al ribrezzo per cercare di valutare le cause. Non quelle che mi piacerebbe vi fossero, proprio quelle che ci sono!
E allora seguire il filo del male, evitando di mistificarlo.
Gli israeliani questo loro governo lo hanno voluto, ed è stata la ignorante supponenza di questi governanti a contribuire all'acerbarsi dei rapporti, alimentando l'odio.
Ma osservare che i palestinesi non sono Hamas, vuol forse dire, come alcuni dicono, che ne sono ostaggi?
Hamas cattivi ma palestinesi buoni?
Su quanti specchi vogliamo arrampicarci pur di non affrontare l'orrore?
E l'orrore qui è che evidentemente i palestinesi odiano gli ebrei più di quanto amino i propri figli!
L'odio è ragione di vita, più della stessa vita dei figli.
Ma l'odio consuma energia.
E chi fornisce questa energia?
Come fanno a campare i palestinesi?
Dietro le quinte vi è una forza corruttiva, che mantiene un popolo purché continui a odiare? Affinché odii più di quanto ami i propri figli?
L'orrore si approfondisce e sembra spalancarsi l'inferno.
Citazione di: bobmax il 09 Novembre 2023, 23:23:02 PMEppure, che altro sarebbe mai un dialogo, se non un discorso sulla Verità?
Quale comunicazione sarebbe possibile senza fondarsi sul Vero?
La morte dell'anima è il riconoscimento della propria nullità individuale.
E allo stesso tempo, attraverso la compassione per il male nel mondo, è l'inizio della metamorfosi.
Non vi è alcuna libera scelta individuale da salvare. Semmai, è l'Uno che inizia il ritorno a se stesso.
Ritorno, metamorfosi, non sono indolori.
Per rispondere alla tua prima domanda, tu stai facendo un monologo più che un dialogo, e sai perché? Perché queste che seguono sono parole tue:"La verità non deriva certo dal linguaggio.
Il linguaggio e la verità hanno infatti la medesima origine: la determinazione.
Ma il linguaggio necessita pure della verità, in quanto accordo tra ciò che è determinato.
Il linguaggio cerca perciò di esprimere il determinato e la sua verità.
Non vi potrebbe essere nessun linguaggio senza che prima non vi fosse una verità."
Allora, come già disse Myskin, dico anch'io che il Nulla è un "niente" di cui si ha coscienza. E tale coscienza corrisponde a ciò che sta scritto nel vocabolario per cercare di inquadrarlo, di determinarlo. Pertanto, se vuoi sostenere un dialogo non hai legittimità alcuna a uguagliare termini della lingua che non sono uguali, poiché così facendo generi solo confusione linguistica e al tempo stesso incomprensione nel tuo interlocutore. Quando giungi poi a sentenza sulla morte dell'anima pretendendo pure che l'anima sia nulla qui arriviamo pure all'illogicità del discorso. Ti invito quindi a riflettere sulla bella sura 96 tradotta dal Corano ... si sa mai che a qualcuno non gli salti di lanciare una fatwa:
https://ilcorano.net/il-sacro-corano/96-sura-al-alaq-laderenza/
Ti confesso che se fossi un islamico forse sarei un sunnita, nel senso che quando stramaledico gli inglesi posso farlo fino a un certo punto, perché l'aspetto grottesco della vicenda umana sta nel fatto che forse tutte le strade portano a roma. Infatti il padre di un mio amico soleva dire che "la verità sta sotto al culo del papa". Ma dato che ami il monologo divengo monologante pure io e ti sfido dicendo che pure la verità è uguale al nulla, intendendo il nulla come vanità di tutti i discorsi monologhi sulla verità, sull'essere, su dio etc, giacché la verità è quello che si fa, ma purtroppo è pure quello che si dice, dato che esiste l'azione del dire. Pertanto non necessiterebbe alcuna fede nella verità bastando invece e solamente il ricordo di ciò che si fa, se vuoi, la fede in quello che si è fatto.
Comunque sono d'accordo con la tua pretensione alla scelta della fede nella Verità, però, per quello che riguarda il conflitto israelo-palestinese il 7 ottobre proviene da quello che si potrebbe chiamare un esperimento forse inconscio da fisica quantistica che ebbe inizio nel 48. Il sistema era già isolato, bastava solo il via con carta dell'ONU ... "e guardare di nascosto l'effetto che fa" ... "Vengo anch'io! - no tu no!"
Citazione di: daniele22 il 10 Novembre 2023, 14:58:07 PMPer rispondere alla tua prima domanda, tu stai facendo un monologo più che un dialogo, e sai perché? Perché queste che seguono sono parole tue:
"La verità non deriva certo dal linguaggio.
Il linguaggio e la verità hanno infatti la medesima origine: la determinazione.
Ma il linguaggio necessita pure della verità, in quanto accordo tra ciò che è determinato.
Il linguaggio cerca perciò di esprimere il determinato e la sua verità.
Non vi potrebbe essere nessun linguaggio senza che prima non vi fosse una verità."
Allora, come già disse Myskin, dico anch'io che il Nulla è un "niente" di cui si ha coscienza. E tale coscienza corrisponde a ciò che sta scritto nel vocabolario per cercare di inquadrarlo, di determinarlo. Pertanto, se vuoi sostenere un dialogo non hai legittimità alcuna a uguagliare termini della lingua che non sono uguali, poiché così facendo generi solo confusione linguistica e al tempo stesso incomprensione nel tuo interlocutore. Quando giungi poi a sentenza sulla morte dell'anima pretendendo pure che l'anima sia nulla qui arriviamo pure all'illogicità del discorso. Ti invito quindi a riflettere sulla bella sura 96 tradotta dal Corano ... si sa mai che a qualcuno non gli salti di lanciare una fatwa:
https://ilcorano.net/il-sacro-corano/96-sura-al-alaq-laderenza/
Ti confesso che se fossi un islamico forse sarei un sunnita, nel senso che quando stramaledico gli inglesi posso farlo fino a un certo punto, perché l'aspetto grottesco della vicenda umana sta nel fatto che forse tutte le strade portano a roma. Infatti il padre di un mio amico soleva dire che "la verità sta sotto al culo del papa". Ma dato che ami il monologo divengo monologante pure io e ti sfido dicendo che pure la verità è uguale al nulla, intendendo il nulla come vanità di tutti i discorsi monologhi sulla verità, sull'essere, su dio etc, giacché la verità è quello che si fa, ma purtroppo è pure quello che si dice, dato che esiste l'azione del dire. Pertanto non necessiterebbe alcuna fede nella verità bastando invece e solamente il ricordo di ciò che si fa, se vuoi, la fede in quello che si è fatto.
Comunque sono d'accordo con la tua pretensione alla scelta della fede nella Verità, però, per quello che riguarda il conflitto israelo-palestinese il 7 ottobre proviene da quello che si potrebbe chiamare un esperimento forse inconscio da fisica quantistica che ebbe inizio nel 48. Il sistema era già isolato, bastava solo il via con carta dell'ONU ... "e guardare di nascosto l'effetto che fa" ... "Vengo anch'io! - no tu no!"
Riporti ciò che ho scritto sul linguaggio, ma comunque vuoi il vocabolario...
È la Verità l'argomento!
Neppure qualche dubbio sulla efficacia del dizionario?
Non vedendo, per la ennesima volta, alcuna apertura chiudo qui.
Definitivamente.
Citazione di: bobmax il 10 Novembre 2023, 15:30:44 PMRiporti ciò che ho scritto sul linguaggio, ma comunque vuoi il vocabolario...
È la Verità l'argomento!
Neppure qualche dubbio sulla efficacia del dizionario?
Non vedendo, per la ennesima volta, alcuna apertura chiudo qui.
Definitivamente.
Mi rendi gran favore perché dialogare col nulla, oltre che ad esser cosa sciocca, fa sprecare inutili energie ... ed è proprio per questo che sarebbe cosa sciocca. Rispetto comunque il tuo essere una persona e tolgo volentieri il disturbo
Citazione di: bobmax il 10 Novembre 2023, 07:41:46 AMSu quanti specchi vogliamo arrampicarci pur di non affrontare l'orrore?
E l'orrore qui è che evidentemente i palestinesi odiano gli ebrei più di quanto amino i propri figli!
L'odio è ragione di vita, più della stessa vita dei figli.
Ma l'odio consuma energia.
E chi fornisce questa energia?
Come fanno a campare i palestinesi?
Dietro le quinte vi è una forza corruttiva, che mantiene un popolo purché continui a odiare? Affinché odii più di quanto ami i propri figli?
L'orrore si approfondisce e sembra spalancarsi l'inferno.
L'inferno palestinese si chiama Israele ed è tale da 75 anni di oppressione e pulizia etnica impunita. L'inferno nazista durò solo 12 anni e venne duramente punito.
Si arrampica sugli specchi chi tergiversa di fronte a questo orrore chiedendosi ipocritamente: "perché ci odiano (israeliani e complici) così tanto ?"
Buongiorno bobmax.
Non è che io abbia bisogno di confrontarmi con altro orrore per convincermi di non avere un'anima ma solo brandelli di coscienza. Anzi, sono ancora vivo proprio per questo, perché tra questi stati mentali provvisori ritorna, di tanto in tanto, quello luminoso, capace di immaginarsi una missione, per se stessi, diciamo di tipo religioso, ma modesta, povera, domestica, senza teologia, alla Charles de Foucauld per intenderci, ma non nel deserto algerino, piuttosto nei nostri di deserti, più spaventosi.
Ma non capisco nel tuo discorso come immaginandomi un nulla io possa poi liberarmi dall'orrore. L'essere è nulla? Ovvero non c'è niente? Ma ciò che ha provocato l'orrore che cos'è? Non è un qualcosa che in realtà non si può neutralizzare giudicandolo solo apparenza? Rimane. Ha una sua positività. Non c'è nessun discorso che possa cancellarlo.
Per la stessa ragione, in riferimento all'intervento di Niko, non capisco come si possa dire sì alla vita. Come se si potesse dare un giudizio complessivo ad una serie infinitamente variegata di condizioni che vanno dalla gioia immensa alla disperazione e alla miseria.
Siamo in vita, per ora. Tutto qua.
Dire sì alla vita, ovvero fondare su di essa la propria scala di valori, è il primo passo per umanizzarla e togliere il terreno sotto i piedi del nichilismo.
Citazione di: Koba II il 12 Novembre 2023, 07:51:43 AMBuongiorno bobmax.
Non è che io abbia bisogno di confrontarmi con altro orrore per convincermi di non avere un'anima ma solo brandelli di coscienza. Anzi, sono ancora vivo proprio per questo, perché tra questi stati mentali provvisori ritorna, di tanto in tanto, quello luminoso, capace di immaginarsi una missione, per se stessi, diciamo di tipo religioso, ma modesta, povera, domestica, senza teologia, alla Charles de Foucauld per intenderci, ma non nel deserto algerino, piuttosto nei nostri di deserti, più spaventosi.
Ma non capisco nel tuo discorso come immaginandomi un nulla io possa poi liberarmi dall'orrore. L'essere è nulla? Ovvero non c'è niente? Ma ciò che ha provocato l'orrore che cos'è? Non è un qualcosa che in realtà non si può neutralizzare giudicandolo solo apparenza? Rimane. Ha una sua positività. Non c'è nessun discorso che possa cancellarlo.
Per la stessa ragione, in riferimento all'intervento di Niko, non capisco come si possa dire sì alla vita. Come se si potesse dare un giudizio complessivo ad una serie infinitamente variegata di condizioni che vanno dalla gioia immensa alla disperazione e alla miseria.
Siamo in vita, per ora. Tutto qua.
Perche' il SI' ALLA vita, se detto in modo saggio, e' sempre un SI' NELLA vita.
E' un SI' della voce, che, che proviene da qualche ben precisa parte, e che dalla vita si fa comprendere, e non un SI' del pensiero, che la vita pretenderebbe di comprendere.
Un SI che prevede dei NO, ma non si ferma ad essi, un SI alla qualita' della vita. Il tempo niente nega, ma ha qualita' sovvertitrici e qualita' conservatrici apparentemente opposte che ognuno vorrebbe distribuire e far valere per i vari aspetti della sua vita in modo diverso. Il SI e il NO, illuminati dall'esperienza, diventano BASTA e l'ANCORA, cominciano a riferirsi alle potenzialita' conservative ed enantiodromiche proprie ed interne del tempo nel suo agire sulle persone e sulle cose, di un tempo che in fondo e' sempre lo stesso.
Ed e' un SI nella vita che tiene conto del si' DELLA vita, cioe' del residuo imperscrutabile della "nostra" corporea e molteplice volonta' che, anche contro il nostro consenso, vuole vivere, e vuole riprodursi, e, oltre la riproduzione stessa e a completamento di essa vuole morire, vuole fare spazio, al servizio della altrui, e non solo egoicamente cocepita, vita.
Dobbiamo la vita ad una animalita' impersonale e cieca che, tra le altre simpatiche cose che vuole "per noi", vuole il nostro nichilismo, soprattutto sessuto e sessuale, e la nostra morte.
E se gli dobbiamo la vita, la dobbiamo amare, nella misura in cui se amiamo una cosa, amiamo le sue cause, vicine e remote.
Darwin, prima ancora di Marx.
Come la penna non e' il
non-essere della matita, e la luce non e' (solo) la negazione della tenebra, tu, rispetto alla tua vita, non sei la negazione di quello che non ti piace, ma l'affermazione di quello che ti piace.
Il fatto e' che tuoi SI' si portano dietro i tuoi NO, i tuoi NO, non si portano dietro i tuoi si'.
La rivelazione che si puo' essere felici per il passato, avviene nel presente.
Tutte le identita' basate sulla negazione sono eterodeterminate ed eterodeterminanti. Se basi la tua identita' sull'odio non sei qualcuno, sei il contrario di qualcun altro. Che nel suo (eventuale) autonomo determinarsi certamente ti determinera'. L'odiato, l'oggetto dell'odio, ti precede logicamente, e quindi, in un certo senso, siano sempre li', anche temporalmente.
Quando il passato e' voluto, il vuoluto e' passato, e si puo' incominciare a volere qualcosa di relativamente nuovo. Diventare tu la cosa, o meglio il valore, o se vogliamo il simbolo, di cui chi ti odiera' sara' finalmente (lui) il (mero) contrario.
Perche' essere ombre, meri contrari non e' bello. Ed e' meglio lasciarlo agli altri.
Non può esserci un «sì» davvero consapevole se non si è contemplata autenticamente la dimensione del «no», e la firma di Koba lo dice perentoriamente, anche a chi si rintana nel «sì» proprio per non contemplare la dimensione del «no», ma quello è un «sì» biologico-animale, istintivo, che fugge dal «no» come il dito fugge dalla spina che lo punge; non un «sì» di chi sceglie consapevolmente il «sì», giorno per giorno.
Fare un salto e dire «sì», non significa "togliere il terreno sotto i piedi" al nichilismo, significa piuttosto togliersi dal terreno, sperando che il salto ce ne tenga lontani; eppure c'è una gravità e il terreno resta lì, inesorabile. Alcune forme di riflessione (o, più concretamente, di meditazione) insegnano a toccare la spina senza pungersi, a restare per terra senza sentire il bisogno di saltare, ma ciò richiede che la "mente istintiva" sia addomesticata, nonostante interagisca in una cultura che da millenni invita costantemente a salti verso il cielo, più che a passeggiate sul terreno. Se ci si riconosce come "terrestri", ogni salto sarà un diversivo, una variazione della passeggiata, mentre se ci si crede destinati al volo, allora la terra, che sostiene il nostro peso, ci farà sentire troppo pesanti.
Citazione di: Koba II il 12 Novembre 2023, 07:51:43 AMBuongiorno bobmax.
Non è che io abbia bisogno di confrontarmi con altro orrore per convincermi di non avere un'anima ma solo brandelli di coscienza. Anzi, sono ancora vivo proprio per questo, perché tra questi stati mentali provvisori ritorna, di tanto in tanto, quello luminoso, capace di immaginarsi una missione, per se stessi, diciamo di tipo religioso, ma modesta, povera, domestica, senza teologia, alla Charles de Foucauld per intenderci, ma non nel deserto algerino, piuttosto nei nostri di deserti, più spaventosi.
Ma non capisco nel tuo discorso come immaginandomi un nulla io possa poi liberarmi dall'orrore. L'essere è nulla? Ovvero non c'è niente? Ma ciò che ha provocato l'orrore che cos'è? Non è un qualcosa che in realtà non si può neutralizzare giudicandolo solo apparenza? Rimane. Ha una sua positività. Non c'è nessun discorso che possa cancellarlo.
Per la stessa ragione, in riferimento all'intervento di Niko, non capisco come si possa dire sì alla vita. Come se si potesse dare un giudizio complessivo ad una serie infinitamente variegata di condizioni che vanno dalla gioia immensa alla disperazione e alla miseria.
Siamo in vita, per ora. Tutto qua.
Buongiorno Koba II
Scusami se mi permetto, ma ho l'impressione che tu stia attraversando un passaggio cruciale. Dove tutto può essere perduto, oppure ritrovato.
Me lo fa sospettare la tensione oscillante che riscontro in ciò che scrivi.
Affrontare lo sguardo della Medusa, con cui la vita a volte ci fissa, richiede uno sforzo, diciamo così, pressoché sovrumano.
Perché i nostri schemi logici si rivelano inadeguati.
Il riconoscimento della nullità della tua anima, il che significa il tuo stesso non esistere in quanto "io", deriva semmai da quei rari momenti mentali luminosi. Non dalla constatazione di avere solo brandelli di coscienza. Perché questa constatazione è la disperata volontà di mantenere l'esistenza del tuo io.
Certamente le strade della nostra evoluzione sono molteplici.
Ma anche solo per provare a iniziare a percorrerne una, occorre tener fermo ciò che per noi vale sopra ogni cosa.
Non ho detto che puoi liberarti dall'orrore. Ma che l'orrore può liberarti da te stesso, cioè da quello che pensi di essere.
Occorre però cambiare completamente prospettiva. Cioè non intendere più l'etica, il bene e il male, una mera eventualità della esistenza. Ma comprendere come l'esistenza sia invece funzionale all'emergere del bene e del male.
Il bene e il male vengono a me come richiamo dell'Essere.
D'altronde vi è una differenza fondamentale tra "esistere" e "essere".
Perché esiste ciò che sta a valle della scissione soggetto/oggetto.
Esiste cioè solo ciò che è qualcosa. Che può essere oggetto per un soggetto.
Mentre l'essere è a monte della scissione.
L'essere permette l'esistere, ma, non potendo essere ridotto a qualcosa, a sua volta non esiste.
Nulla significa, e significa soltanto, non esistenza.
Solo questo significa Nulla: non esiste.
Abbiamo così il paradosso, solo apparente però, che Essere = Nulla.
E qui vi sono quei tuoi momenti mentali luminosi...
Perché che l'Essere/Nulla sia il Bene, dipende solo da te.
Non è forse questo lo scopo della tua vita?
Figlio unigenito?
Dobbiamo tornare a Parmenide, Plotino, Anselmo, Echkart, Cusano...
I fin dei conti sarebbe sufficiente la mistica cristiana.
Citazione di: Phil il 12 Novembre 2023, 11:42:04 AMNon può esserci un «sì» davvero consapevole se non si è contemplata autenticamente la dimensione del «no», e la firma di Koba lo dice perentoriamente, anche a chi si rintana nel «sì» proprio per non contemplare la dimensione del «no», ma quello è un «sì» biologico-animale, istintivo, che fugge dal «no» come il dito fugge dalla spina che lo punge; non un «sì» di chi sceglie consapevolmente il «sì», giorno per giorno.
È il "sì" di chi sceglie consapevolmente di fare i conti con la spina.
CitazioneFare un salto e dire «sì», non significa "togliere il terreno sotto i piedi" al nichilismo, significa piuttosto togliersi dal terreno, sperando che il salto ce ne tenga lontani; eppure c'è una gravità e il terreno resta lì, inesorabile. Alcune forme di riflessione (o, più concretamente, di meditazione) insegnano a toccare la spina senza pungersi, a restare per terra senza sentire il bisogno di saltare, ma ciò richiede che la "mente istintiva" sia addomesticata, nonostante interagisca in una cultura che da millenni invita costantemente a salti verso il cielo, più che a passeggiate sul terreno. Se ci si riconosce come "terrestri", ogni salto sarà un diversivo, una variazione della passeggiata, mentre se ci si crede destinati al volo, allora la terra, che sostiene il nostro peso, ci farà sentire troppo pesanti.
Non funziona così lo Jasager. Non c'è nessun salto, piuttosto una buca, una fossa, che si scava sotto i piedi del nichilista, che invece ha molto da spartire coi voli pindarici dell'idealista.
Si resta fedeli alla terra e alle sue inesorabili leggi, spine comprese.
Si resta fedeli alla terra e alle sue inesorabili leggi, spine comprese. Che è quello che si fa spontaneamente, finché non si sceglie il suicidio.
Si tratta solo di dare dignità metafisica a tale atto spontaneo senza complicarsi inutilmente il pensiero con giustificazioni "a priori". Come fanno gli altri viventi, in cui il "no", essendo motivato dalla conservazione della vita, è ancora un "sì": negazione di negazione.
Mettiamola in questi termini. Inizialmente c'era il "Sì" biologico/istintivo (Phil). Poi attraverso millenni di pensiero, dalle grotte di Lascaux in poi, l'uomo ha scoperto il "No". Chiamiamolo "No" originario. Il rimedio a quel No, fu il "Sì" della Metafisica che però non resse al nuovo modello della scienza empirica, che propagò il "Sì" tecnico ( la tecnè di Severino). Quel Sì aveva però un successore nel "No" nichilista, poiché nessuna tecnè sarà mai in grado di spiegare e far accettare i nostri limiti, che destano "orrore". Non resta che trovare nella storia dell'uomo, quei "Sì" che superino la metafisica e la tecnica. La mia predilezione per il Si è di natura pratica. Solo attraverso il Sì, per quanto limitato, possiamo mantenere viva la speranza e restare fedeli al sapere aude di Kant e al suo maestro, Ulisse. Il no è cibo per menti contemplative e di solito contente della loro vita e che trovano nel No, un motivo di piacevole attività, come quella indicata da Lukacs, che le aveva domiciliate presso l'Hotel Abisso. Sinteticamente e retoricamente: il no è otium, il sí è negotium.
Fuori dalla dialettica bipolare fra «no» e «sì», c'è l'epochè; ma non solo quella che "sa di non sapere", ma anche quella che ha capito, o meglio "visto" (perché è esperienza a suo modo "sensoriale", in quanto de-astrattiva) il "nullo fondamento", il sunyata, che è la base di ogni dire (affermare o negare che sia). Alla fine è la candida semplicità del «bisogna coltivare il nostro giardino» (Voltaire) elevata alla potenza della consapevolezza zen; è il saper toccare la spina senza pungersi, gesto che tuttavia richiede concentrazione, e quando si è davvero concentrati solitamente si tiene la "bocca metafisica" chiusa (né «Si» né «No» titaneggianti).
Partendo da questo (s)fondamento, si può saltare, dedicarsi all'arte, impegnarsi in politica, fare guerre, etc. proprio come chi non è consapevole del(lo) (s)fondamento; la differenza sta tutta nell'incomunicabile "sapore" che si sente nell'agire.
E sempre "sì" rimane (saporosamente metafisico, cullato dalla ninfa Epochè ;D ). Tra vita e morte, essere e non essere, tertium non datur.
@ Phil: "nessun giardino è un'isola".
@Ipazia
Quando si annulla la domanda, non c'è più «sì» e non c'è più «no» (e non c'è più metafisica).
@Jacopus
Eppure la morte di ogni giardino, da sempre, è sempre e solo la sua.
CitazioneEppure la morte di ogni giardino, da sempre, è sempre e solo la sua
Scegliendo di non titaneggiare, direi: "sono d'accordo, non concordo". E ho ragione in entrambi i casi.
Il SI' alla vita non e' un'anestesia contro i molteplici orrori, e' un SI' che si deve (o quantomeno che si puo') dire, ad essa, nonostante tutti gli orrori.
La vita e' divenire, mentre la metafisica vive di assoluti.
Non solo non c'e' dolore senza gioia e non c'e' gioia senza dolore, ma, di piu', questa alternanza e' esperienziale nel tempo del vissuto di ognuno, nel senso che ogni piacere reale ed esperibile termina (proprio temporalmente) o con il dolore o con la morte/oblio, e ogni dolore termina o con il piacere o con la morte/oblio.
La morte, e i suoi surrogati di sonno, oblio ed ebbrezza, rendono non banale, non dicotomica e non diretta l'alternanza tra dolore e piacere ponendo anche l'oblio stesso, il termine neutro, come termine terzo possibile dell'alternanza (e' questo che diceva Epicuro quando diceva che ogni dolore o e' sopportabile o, se e' insopportabile, e' preannuncio della morte: in ogni caso il saggio anche quando soffre non prende il dolore come un assoluto, perche' sa che verra' immancabilmente o il piacere o la morte a liberarlo dal dolore, e ugualmente non prende la gioia e il piacere come un assoluto, perche' anche quando prova gioia sa che verra' inevitabilmente o il dolore o la morte a "guastargliela", per quante "precauzioni" si possano umanamente prendere per conservare questi stati piacevoli).
Ma la "rivelazione" che l'alternanza tra dolore e piacere si produce -anche- da sola ed e' un destino dell'uomo, che non vive di solo piacere, ne' di solo dolore, ma della loro alternanza, e' il primo passo per liberarsi da tutte le esistenze inautentiche e socialmente codificate che ci riducono a cacciatori sistematici di piacere e ad evitatori compulsivi di dolore azzerando la nostra piu' profonda umanita'.
E' cone se la domanda del saggio, soprattutto del saggio orientale, fosse:
"Ma se l'alternanza tra dolore e piacere, secondo la mia esperienza magari riconsiderata con un po' piu' di umilta' e un po' meno di titanismo si produce in me da sola, come le onde del mare che vanno e vengono, perche' io, che sono saggio o almeno che vorrei esserlo, dovrei passare la mia vita a cercare compulsivamente il piacere (come se l'alternanza che da sempre sperimento NON fosse il mare, come NON si producesse da sola), e a evitare compulsivamente il dolore?
Come se il mare dipendesse da me.
Ma non dipende, da me.
Non c'e' colpa, non c'e' merito quando l'onda, una tra le mille altre, nasce, si infrange o si ritira, ma di piu', non c'e' alcun modo pratico possibile per trattenerla, un'onda, o potenziarla, o farla essere in qualche modo diversa da quello che e' "
Il saggio fa lavorare da soli gli automatismi della vita umana per avere tempo ed energie per altro, rispetto a quello che nella vita umana e' automatico. Per questo, si accontenta di una ciotola di riso sciapo ottenuta chiedendo l'elemosina. Perche' la prima cosa che egli ha capito essere automatica e' l'alternanza tra piacere e dolore. Verra' lo stesso il piacere, anche se non lo cerchi, e verra' lo stesso il dolore, anche se credi di cercare di evitarlo. E il libero scopo di una vita che voglia elevarsi ed essere spiritualmente migliore non puo' essere nulla di quello che in essa e' (gia') inevitabile e necessario. Se viene da solo, non e' uno scopo. Ne' il piacere, ne' il dolore sono scopi. Perche' vengono da soli.
La cosa a cui bisigna dire di SI' e' qualcosa di molto piu' complesso, e ha molto piu' a che fare con l'alternanza tra piacere e dolore e la loro struttura complessiva che non con piacere e dolore singolarmente considerati.
Quello che c'e' e' il mare. E al mare puoi dire di SI'.
La vita non e' disposta a soffrire pur di godere, e' disposta a soffrire pur di divenire. Pur di superarsi.
Io non sono un piu' un "io" se porto dentro di me la contraddizione della mia gioia e della mia sofferenza simultaneamente considerate e dico di SI' ad entrambe.
Il desiderio non e' la realta' (forma sintetica della sofferenza), ed e' la realta' (forma sintetica del piacere).
Non e' vero, che c'e' una parte dell'anima fatta per la gioia, poi un'altra diversa fatta per la sofferenza e questo rende sopportabile la contraddizione, della mia gioia e della mia sofferenza costitutive della mia coscienza e del mio passato, distribuendone i termini tra piu' soggetti, uno per ogni termine.
L'anima e' una. E se io dico SI', scompare. Nel mare. Dell'alternanza e del divenire tra i suoi contenuti.
Se dico di SI' a TUTTO quello che c'e' dentro.
Pure se quello che c'e' dentro e' contraddittorio. Pure se non ha dicibilita'. Pure se non ha senso.
Citazione di: Phil il 13 Novembre 2023, 21:41:23 PM@Ipazia
Quando si annulla la domanda, non c'è più «sì» e non c'è più «no» (e non c'è più metafisica).
La domanda si annulla quando il sapore si unisce al sopore (saporosamente) tra le braccia della ninfa Epochè. Ma appena capita di dover curare il giardino, la mano torna mano e la spina, spina.
La domanda ritorna di soppiatto pure nelle vie della salvezza orientale, laddove il Soggetto è così protagonista del proprio disegno intelligente da puntare all'illuminazione anestetica, che an
nulla la domanda, ovvero il samsara dei "sì" e dei "no": metafisicamente.
Gli stereotipi del torpore, della "salvezza orientale", dell'illuminazione come "santificazione", etc. vanno bene per gli orientalismi ottocenteschi (senza offesa per Hegel, Nietzsche & co.). Non è un caso se l'arte zen del "giardino" (in entrambi i sensi), che guida la mano fra le spine senza pungersi, non è fatta di pennichelle (e tantomeno di domande metafisiche).
Citazione di: bobmax il 12 Novembre 2023, 17:13:07 PMBuongiorno Koba II
Scusami se mi permetto, ma ho l'impressione che tu stia attraversando un passaggio cruciale. Dove tutto può essere perduto, oppure ritrovato.
Me lo fa sospettare la tensione oscillante che riscontro in ciò che scrivi.
Affrontare lo sguardo della Medusa, con cui la vita a volte ci fissa, richiede uno sforzo, diciamo così, pressoché sovrumano.
Perché i nostri schemi logici si rivelano inadeguati.
Il riconoscimento della nullità della tua anima, il che significa il tuo stesso non esistere in quanto "io", deriva semmai da quei rari momenti mentali luminosi. Non dalla constatazione di avere solo brandelli di coscienza. Perché questa constatazione è la disperata volontà di mantenere l'esistenza del tuo io.
Certamente le strade della nostra evoluzione sono molteplici.
Ma anche solo per provare a iniziare a percorrerne una, occorre tener fermo ciò che per noi vale sopra ogni cosa.
Non ho detto che puoi liberarti dall'orrore. Ma che l'orrore può liberarti da te stesso, cioè da quello che pensi di essere.
Occorre però cambiare completamente prospettiva. Cioè non intendere più l'etica, il bene e il male, una mera eventualità della esistenza. Ma comprendere come l'esistenza sia invece funzionale all'emergere del bene e del male.
Il bene e il male vengono a me come richiamo dell'Essere.
D'altronde vi è una differenza fondamentale tra "esistere" e "essere".
Perché esiste ciò che sta a valle della scissione soggetto/oggetto.
Esiste cioè solo ciò che è qualcosa. Che può essere oggetto per un soggetto.
Mentre l'essere è a monte della scissione.
L'essere permette l'esistere, ma, non potendo essere ridotto a qualcosa, a sua volta non esiste.
Nulla significa, e significa soltanto, non esistenza.
Solo questo significa Nulla: non esiste.
Abbiamo così il paradosso, solo apparente però, che Essere = Nulla.
E qui vi sono quei tuoi momenti mentali luminosi...
Perché che l'Essere/Nulla sia il Bene, dipende solo da te.
Non è forse questo lo scopo della tua vita?
Figlio unigenito?
Dobbiamo tornare a Parmenide, Plotino, Anselmo, Echkart, Cusano...
I fin dei conti sarebbe sufficiente la mistica cristiana.
Bobmax, sei stato molto chiaro.
Anch'io credo che l'esistenza che ci si staglia davanti, con soggetti che credono di essere questo e quest'altro e cose desiderate, macchinazioni, sfruttamento degli altri e soprattutto di se stessi, non sia nulla. Autentica apparenza. Inganno.
Ma prima di questa scissione tra soggetto e oggetto, prima che il convincimento di avere un Io diventasse certezza indubitabile, non c'era nessuno. La speculazione metafisica ci descrive un mondo originario all'inizio di tutto, l'Essere, a cui attribuisce uno splendore divino.
Quindi come giustamente dici tu, l'esistenza che sperimentiamo ogni giorno, nell'orrore o anche soltanto nel nonsenso, è nulla. E questa esperienza di nulla ci riporta, per effetto della mancanza sentita, all'essere, e soprattutto alla possibilità di diventare puro strumento di bene, pura manifestazione di luce. Con le parole più concrete del Vangelo, operatori di pace.
Queste esperienze spirituali sono però solo fratture dell'esistenza consueta. Le occupazioni del mondo, quelle a cui nessuno di noi può venir meno (a meno di scegliere la strada del monaco del deserto) ci ricacciano nella battaglia, continuamente, senza scampo, almeno fino a quando non saremo morti.
Questo per dire che lo sguardo della mistica è uno sguardo dall'alto, dall'essere pacificato, mentre a noi, a me, servono strumenti dal basso, per riuscire a resistere e intravedere di tanto in tanto la luce che viene dalle fratture di questo mondo.
Citazione di: Phil il 14 Novembre 2023, 11:35:36 AMGli stereotipi del torpore, della "salvezza orientale", dell'illuminazione come "santificazione", etc. vanno bene per gli orientalismi ottocenteschi (senza offesa per Hegel, Nietzsche & co.). Non è un caso se l'arte zen del "giardino" (in entrambi i sensi), che guida la mano fra le spine senza pungersi, non è fatta di pennichelle (e tantomeno di domande metafisiche).
Forse ho esagerato giocando su un mio lapsus, ma, oltre gli stereotipi occidentali, dichiaro la mia profonda stima - ab origine - per una civiltà filosofica che all'inizio del suo percorso spirituale (e metafisico) pone la sofferenza piuttosto che Prometeo. Che impernia la questione filosofica sul Soggetto piuttosto che su iperuranici mondi "sopra" il mondo. "Dietro" li pone anche il pensiero orientale, ma velati, non pomposamente solari. Altro elemento di superiorità metafisica.
L'occidente si salva col dubbio socratico, subito travisato dalle certezze platoniche, che se ne dichiarano indebitamente eredi.
Anche la salvezza orientale ha un andamento inverso rispetto a quella occidentale: dal basso verso l'alto. Senza "Deus ex machina". Al punto che, malgrado le intrusioni feticistiche paganeggianti, è difficilmente collocabile in ambito religioso essendo, nella sua essenza, senza numi.
Questo vantaggio iniziale spiega anche la resistenza della cultura orientale all'Armageddon ideologico occidentale: toccarne la spina, senza pungersi; laddove il Soggetto conosce strade alternative al gregge e ai suoi pastori celesti e, soprattutto, terreni.
Citazione di: Ipazia il 15 Novembre 2023, 08:39:21 AMAnche la salvezza orientale ha un andamento inverso rispetto a quella occidentale
Nota fondamentale: nel succitato zen, che non è un buddismo qualunque, in realtà non c'è salvezza perché non c'è nessuno da salvare (quindi non c'è metafisica soteriologica o animistica). I rituali, i discorsi sulle usanze e la condotta, etc. servono per suggerire (senza suonare i campanelli porta a porta o fare i missionari) una
via per
stare al mondo, non per
andare in altri mondi. Quella del "premio" è la traduzione popolare per le menti più semplici e per le altre culture, che aprono le orecchie solo se sentono parlare di ricompense e "guadagni" (d'altronde la dialettica premio/castigo funziona da sempre e ovunque con tutti gli animali, l'"uomo esistenzialista" non fa eccezione).
Che le 4 nobili verità siano imperniate sulla sofferenza la dice lunga su quanta salvezza ci sia anche nella filosofia orientale germinata dall'Illuminato.
Salvezza dalla sofferenza mentale che si innesta sulla sofferenza fisica e sull'impermanenza.
La comprensione parte da quelle "verità"; poi però, verso la fine dell'ottuplice sentiero, si arriva alle domande (koan, se vuoi) «Chi è anatman? Chi deve "salvarsi" da cosa?». Il sapore del silenzio a tali domande, fa tutta la differenza fra l'essere vegani, recitare i sutra, etc. e il capire lo spunto zen.
Citazione di: bobmax il 10 Novembre 2023, 07:41:46 AMSolo la Verità può dare una risposta al perché dell'orrore.
Ma questa Verità può essere peggiore di qualsiasi altro orrore.
È il rischio radicale.
Rischio però inevitabile, dove si gioca tutto: essere o non essere.
La vita si presenta con un susseguirsi di situazioni. E alcune di esse, vicine o lontane, suscitano in me orrore.
Non di rado appaiono in antitesi, e l'una prevalendo sull'altra ne sminuirebbe l'orrore. È come se vi fossero orrori in definitiva accettabili... mentre altri no.
Ma è davvero così?
Vi è differenza tra un male e l'altro, quando entrambi, se sono onesto con me stesso, non sono che orrendi?
Devo tenere fermo il mio NO!
La strage insensata del 7 ottobre è orrenda. Punto.
Ed è orrendo allo stesso modo lo strazio dei bambini sotto le bombe. Punto.
Non posso però fermarmi qui a fare l'anima bella, che in fin dei conti sa tanto di ipocrisia.
Devo approfondire, resistere al ribrezzo per cercare di valutare le cause. Non quelle che mi piacerebbe vi fossero, proprio quelle che ci sono!
E allora seguire il filo del male, evitando di mistificarlo.
Gli israeliani questo loro governo lo hanno voluto, ed è stata la ignorante supponenza di questi governanti a contribuire all'acerbarsi dei rapporti, alimentando l'odio.
Ma osservare che i palestinesi non sono Hamas, vuol forse dire, come alcuni dicono, che ne sono ostaggi?
Hamas cattivi ma palestinesi buoni?
Su quanti specchi vogliamo arrampicarci pur di non affrontare l'orrore?
E l'orrore qui è che evidentemente i palestinesi odiano gli ebrei più di quanto amino i propri figli!
L'odio è ragione di vita, più della stessa vita dei figli.
Ma l'odio consuma energia.
E chi fornisce questa energia?
Come fanno a campare i palestinesi?
Dietro le quinte vi è una forza corruttiva, che mantiene un popolo purché continui a odiare? Affinché odii più di quanto ami i propri figli?
L'orrore si approfondisce e sembra spalancarsi l'inferno.
Non è che sembra spalancarsi l'inferno è che cominci a vedere il male, ossia il dominio dell'uomo sull'uomo.
Il vero male assoluto è quello che tu stesso con questa tua strana filosofia che oscilla tra l'essere e il nulla: ossia l'incapacità di scegliere, l'incapacità di fare qualcosa della propria libertà di pensiero.
Chi decide che la libertà di pensiero è di abbatterlo, è quello il male assoluto.
La pervasività dell'idee dell'arianesimo, la dilagante inerzia di fronte alla propaganda nazista, equivale alla propaganda anti-giudaica contemporanea.
Con uno sguardo mediatico ancora più impressivo.
Se il covid aveva la scusa della paura rispetto al PROPRIO CORPO, qua la paura del pensiero dell'Altro, dell'indomabile, del popolo eletto, eletto al proprio posto...qua non c'entra la paura, la paura dell'altro, qua c'è proprio l'ODIO SENZA FINE dell'uomo che GENERA la volontà di affermazione dell'uomo contro l'uomo.
L'odio nasce da una mancanza di pensiero, da un litania, da un rosario cantato all'infinito: l'ebreo è cattivo.
Una demenza che non può avere scusa.
QUESTO è il MALE.
Vederlo poi nelle forme irrazionali del delirio di massa, prima rinchiuso come una blatta nei suoi monolocali da pezzente, e poi uscito come un animale ferito, un cane rabbioso.
UN MALEDETTO LUPO è questo MONDO.
Altro che noi siamo niente...queste cavolate lasciamole ai deliri dell'oriente, con le sue cataste, con i suoi pezzenti, peggio di noi.
con le sue idee di socialismo reale. ossia di nazismo allo stato puro.
La mancanza di pensiero politico, di azione ragionata.
Il tempo per una nuova umanità è lontanissimo altro che età dell'acquario!!!
A me una sfiga dietro l'altra....e che cavolo.
BEH scusate i continui sfoghi!!!! :))
Citazione di: Koba II il 15 Novembre 2023, 05:56:54 AMBobmax, sei stato molto chiaro.
Anch'io credo che l'esistenza che ci si staglia davanti, con soggetti che credono di essere questo e quest'altro e cose desiderate, macchinazioni, sfruttamento degli altri e soprattutto di se stessi, non sia nulla. Autentica apparenza. Inganno.
Ma prima di questa scissione tra soggetto e oggetto, prima che il convincimento di avere un Io diventasse certezza indubitabile, non c'era nessuno. La speculazione metafisica ci descrive un mondo originario all'inizio di tutto, l'Essere, a cui attribuisce uno splendore divino.
Quindi come giustamente dici tu, l'esistenza che sperimentiamo ogni giorno, nell'orrore o anche soltanto nel nonsenso, è nulla. E questa esperienza di nulla ci riporta, per effetto della mancanza sentita, all'essere, e soprattutto alla possibilità di diventare puro strumento di bene, pura manifestazione di luce. Con le parole più concrete del Vangelo, operatori di pace.
Queste esperienze spirituali sono però solo fratture dell'esistenza consueta. Le occupazioni del mondo, quelle a cui nessuno di noi può venir meno (a meno di scegliere la strada del monaco del deserto) ci ricacciano nella battaglia, continuamente, senza scampo, almeno fino a quando non saremo morti.
Questo per dire che lo sguardo della mistica è uno sguardo dall'alto, dall'essere pacificato, mentre a noi, a me, servono strumenti dal basso, per riuscire a resistere e intravedere di tanto in tanto la luce che viene dalle fratture di questo mondo.
Sì, Koba II, solo rare fratture della esistenza.
Che annunciano una possibile metamorfosi. Il passaggio dal non essere all'essere, che resta però solo mera possibilità.
Il fare, ne sono convinto, è indispensabile. Perché solo l'azione può provocare, forse e chissà quando, l'aprirsi di una frattura.
Alterno momenti di apertura all'altro, cercando di fare qualcosa di bene, per poi richiudermi. La mia disponibilità non è mai totale.
Leggendo Margherita Porete, ho iniziato a comprendere come, almeno per me, l'inferno sia inevitabile.
E l'inferno non sta in un immaginario aldilà. Ma è qui, ora. Vi posso accedere in ogni momento, mi è sufficiente pensare alle mie colpe ed eccomi all'inferno! Luogo senza speranza, da dove è impossibile uscire, per la semplice ragione che sono io stesso a condannarmici. Perché così è giusto!
In effetti, come osserva Margherita Porete, l'uomo è al sicuro solo in due luoghi: il Paradiso e l'Inferno.
Solo lì infatti, Dio, il Bene, è certo.
Il Paradiso non dipende da me, e può intravedersi in quei rari momenti luminosi.
Che però è tutto quello che conta, per sperare nell'impossibile.
Che le fratture dell'esistenza ti conducano sempre più avanti.
Ti auguro ogni bene.