Domanda semplice semplice. :D. Ho notato che ultimamente il tema affiora qua e là fra i vari interventi e quindi perchè non rovinarsi la vita, cercando di rispondere a questa domanda? La mia personale risposta alla domanda è sì, siamo animali, un tipo particolare di animale ma a tutti gli effetti un animale.
Giungo a questa conclusione perchè sono più le funzioni e il processi biologici che ci identificano agli altri animali rispetto a ciò che ci differenzia da loro (poichè le differenze ci sono, eccome). Però a livello di struttura fondamentale, cioè a livello di DNA_RNA, usiamo le stesse regole per vivere, non solo del regno animale ma anche del regno vegetale. Poi, secondo una immagine a cerchi concentrici possiamo riscontrare parentele più o meno lontane, ma il dato di fatto, per quanto possa sembrare poco edificante, è che a quanto ne sappiamo, i nostri più lontani antenati comuni sono i batteri (o i virus, ma predomina il partito filobatterico). Infatti è assolutamente meraviglioso come, oltre al processo di replicazione del DNA, tutti i vertebrati, ad esempio, abbiano le stesse indicazioni di sviluppo morfologico: una spina dorsale in grado di sostenere una testa ben sviluppata che racchiude un cervello e il bilateralismo simmetrico degli organi. In questo modo si può dire che siamo più imparentati con un tirannosauro, piuttosto che con una spugna, ma che tirannosauro ed uomo abbiano avuto un ascendente comune è certo. E poi sempre più vicino, seguendo l'immagine dei cerchi concentrici, mammiferi, primati, primati superiori e homo sapiens. Ma la danza che balliamo, dal punto di vista fisiologico e biologico, ma anche emotivo ed affettivo è la stessa.
Le fazioni di chi si oppone all'uguaglianza uomo-animale, credo che siano sostanzialmente due, la prima è quella dei credenti in una entità superiore, la quale ha prescelto l'uomo come dominatore del mondo e dotato di caratteristiche completamente diverse, ovvero metafisiche. La seconda è composta da coloro che pur non credendo in senso religioso, ritengono l'uomo un entità vivente sostanzialmente diversa dagli altri animali per motivi più strettamente culturali o anche biologici, dovuti alla presenza di un organo ingombrante come il nostro Sistema Nervoso Centrale. Alla luce di questa ulteriore distinzione, mi pongo più in un ottica di continuo "dialogo" fra la nostra parte "animale", che può essere rappresentata dalle fondamenta di una casa, dalle quali non si può sfuggire, e che strutturano tutto il resto, e la parte culturale/cerebrale, che effettivamente ci ha differenziato in modo evidente dal resto del mondo animale. In questo senso la figura mitologica più appropriata per definire l'uomo è quella del centauro, che non a caso era in parte cavallo ed in parte uomo. Ed è, nella mitologia greca, un centauro colui che scoprì e diffuse la medicina fra gli umani, ciò che di più extra-animale ci sia, poichè sa far rinascere, salva la vita e sconfigge "temporaneamente" la morte.
I centauri erano in competizione con gli umani e ci regalarono la polpetta avvelenata medicina che secolo dopo secolo non ha fatto altro che infiacchirci e renderci farmaco- e tecno- dipendenti.
Mettendoci pure del nostro per debilitare l'organismo coi veleni di cui impestiamo l'ambiente e con lavori che minano quel poco che resta della nostra salute.
L'uomo appartiene al regno degli animali idioti. Ma può salvarsi recuperando l'animalità sana perduta, laddove non abbia reso l'ambiente del tutto invivibile, con buone pratiche fisiche.
Chi siamo, dove andiamo, da dove veniamo?
Non abbiamo trovato la risposta, ma allargando la platea di esseri cui riferire la domanda, abbiamo in un colpo solo eliminato tante risposte errate, e non è poco, anche se ovviamente non mancano le resistenze ad accettare la forma più corretta della domanda, essendo state le nostre società fondate su quelle meno corrette.
Molte narrazioni andrebbero in conseguenza adeguate.
Non dovremmo ad esempio più dire che l'uomo sta distruggendo la vita sul pianeta, ma semmai che è la vita (non noi) che tende ad autodistruggersi, e in questa forma riveduta e corretta l'affermazione diviene già meno sostenibile, e il perchè forse potrebbe raccontarcelo Jaocupus con la sua buona competenza in materia.
Ma per quanto noi uomini in particolare ci stiamo impegnando a fare danni, come dice Ipazia, con lo sviluppo delle nostre tecnologie, se non ci riusciamo prima noi, comunque la vita ( non noi) fra cinquecento milioni di anni sarà spazzata via dal pianeta terra per l'espandersi del sole come nana rossa, a meno che la nostra tecnologia non ci consenta di spostarci un pò più in là, perché in fondo ormai lo abbiamo capito che i pianeti sono un pò come le ciliegie: uno tira l'altro.
Così come non c'è nessun dubbio che un diamante sia un minerale e non un animale, allo stesso modo non c'è nessun dubbio che un uomo sia un animale e non un minerale.
Non sussiste alcuna materia di controversia, al riguardo!
***
Dal punto di vista tassonomico, infatti, questa è la sua classificazione:
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Ramo Bilateria
Superphylum Deuterostomia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Infraphylum Gnathostomata
Superclasse Tetrapoda
(clado) Amniota
Classe Mammalia
Sottoclasse Theria
Infraclasse Eutheria
(clado) Boreoeutheria
Superordine Euarchontoglires
(clado) Euarchonta
Ordine Primates
Sottordine Haplorrhini
Infraordine Simiiformes
Parvordine Catarrhini
Superfamiglia Hominoidea
Famiglia Hominidae
Sottofamiglia Homininae
Tribù Hominini
Sottotribù Hominina
Genere Homo
Specie H. sapiens
Assolutamente animali , e' sufficiente vedere come replichiamo anche all'interno del ns stesso "gruppo" e portandola alle estreme conseguenze , la competizione naturale per la sopravvivenza o il miglioramento delle condizioni di vita.
Condivido l immagine che ha dato jacopus riguardo le fondamenta di una casa e le fondamenta dell uomo è il regno animale dopo di che si sale esattamente dal basso , dalle fondamenta animalesca si è arrivati alla specificità umana. E quando l uomo è diventato umano? E in che cosa consiste la specificità umana? Ne parlo di continuo ,sono i miei argomenti.
Bisogna anche notare che gli uomini si possono dividere per categorie o sottoclassi . Come le definiva Leonardo Sascia ? in 5 categorie ; gli uomini , i mezzi uomini , gli omuncoli, i piglia in culo e i quaquaraquá.
Questo per dire che c è bisogno del tuo impegno , il tuo lavoro e la tua dedizione per essere uomo , sì perchè purtroppo si può fallire come esseri umani .
Citazione di: Eutidemo il 29 Dicembre 2022, 05:12:23 AMCosì come non c'è nessun dubbio che un diamante sia un minerale e non un animale, allo stesso modo non c'è nessun dubbio che un uomo sia un animale e non un minerale.
Non sussiste alcuna materia di controversia, al riguardo!
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Ciao Eutidemo, immagino dunque che tu volessi dire che c'è qualche dubbio che un diamante sia un minerale e non un animale, così come c'è qualche dubbio che un uomo sia un animale e non un minerale. Se così fosse, concordo, anche se qui si entra veramente in campi di ricerca scientifica a noi senz'altro ignoti, o almeno ignoti a me. Un saluto
Citazione di: Jacopus il 28 Dicembre 2022, 19:50:05 PMIn questo senso la figura mitologica più appropriata per definire l'uomo è quella del centauro, che non a caso era in parte cavallo ed in parte uomo. Ed è, nella mitologia greca, un centauro colui che scoprì e diffuse la medicina fra gli umani, ciò che di più extra-animale ci sia, poichè sa far rinascere, salva la vita e sconfigge "temporaneamente" la morte.
Proporrei simbolicamente anche un'altra figura mitologica, anch'essa ibridazione di uomo ed animale selvatico: il fauno. Le sue corna a ricordarci che l'animalità non è stata totalmente espulsa dalla nostra testa e le mani impegnate nella musica, che allegoricamente ben rappresenta ciò che, secondo me, più ci distingue dagli altri animali: l'edonismo. Anche alcuni altri animali hanno una loro "interazione tecnica" con il mondo che li circonda, ma tale strumentalizzazione, se non sbaglio, è sempre finalizzata alla soddisfazione di bisogni primari, mentre l'uomo è probabilmente l'unico che produce strumenti (come quelli musicali) con il solo scopo di ottenerne piacere (ossia stimolazione di alcune parti del cervello, rilascio di alcune sostanze, etc. probabilmente per altri cervelli sarebbe strutturalmente impossibile tale "esperienza estetica"). L'asservimento della
tecnica e dell'
intelligenza all'edonismo, al piacevole
contingente e fine a se stesso, come autostimolazione mediata da uno strumento artificiale, credo sia ciò che più radicalmente ci distingue dagli altri animali; ancor più dei viaggi su Marte, della medicina, di internet e delle teorie quantistiche.
L'incertezza della paternità scatena sempre immaginazione e rimozione.
All'unico padre comune infinitamente buono proposto dalla religione, risponde la scienza con il microrganismo primordiale, teoria meno compiacente, certo, ma compensata dall'idea, implicitamente contenuta nell'evoluzionismo, che si vada dal semplice al complesso (e migliore).
Si tratta quindi di due approcci che sostengono il falso. Perché appunto c'è rimozione e all'incertezza è preferibile un falso sicuro che la nuda verità, la quale è tanto ovvia quanto angosciante: tutto il regno animale, cui ovviamente facciamo parte, è il risultato casuale e fallimentare di un "esperimento" della materia vivente. Il regno animale è parassitario, dipende dalle piante che sole riescono a trasformare ciò che è inorganico in materia vivente, ed è dominato dal dolore.
Cit. Kobayashi
tutto il regno animale, cui ovviamente facciamo parte, è il risultato casuale e fallimentare di un "esperimento" della materia vivente. Il regno animale è parassitario, dipende dalle piante che sole riescono a trasformare ciò che è inorganico in materia vivente, ed è dominato dal dolore.
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Chi ci dice che è casuale?
Magari la vita sorge ogni volta che si creano le condizioni.
E perché parassitario e non anche simbiotico?
C'è una interdipendenza fra gli esseri viventi, dove tutti sono utili e nessuno è necessario, e questa è la sostanza
@iano.
Magari la vita sì, ma questa vita, questa natura, così come è evoluta, dipende dal caso (il gioco casuale delle mutazioni genetiche).
Che il regno animale sia parassitario, che non possa esistere senza l'erba, senza l'assemblaggio delle molecole svolto dalle piante a partire da elementi più semplici, direi che è un fatto. Poi certo si sarà pure sviluppata una certa collaborazione tra l'ape e il fiore, ma anche senza l'ape la pianta va avanti, l'ape senza il fiore no.
iano : Immagino sia da intendersi la casualita' del crearsi delle condizioni...........
Kobayashi : Sara' anche dominato dal dolore ma .......no pain no gain ( e meno male che c'e')
Citazione di: atomista non pentito il 29 Dicembre 2022, 15:37:53 PMiano : Immagino sia da intendersi la casualita' del crearsi delle condizioni...........
Kobayashi : Sara' anche dominato dal dolore ma .......no pain no gain ( e meno male che c'e')
Ciascuno deciderà in base alla propria capacità di illudersi se vale la pena continuare a giocare o no.
Di solito la risposta è sì. Il che significa che la propensione all'illusione e al falso sono essenziali alla natura umana (molto più, secondo me, dell'edonismo indicato da phil).
Citazione di: Kobayashi il 29 Dicembre 2022, 14:59:59 PML'incertezza della paternità scatena sempre immaginazione e rimozione.
All'unico padre comune infinitamente buono proposto dalla religione, risponde la scienza con il microrganismo primordiale, teoria meno compiacente, certo, ma compensata dall'idea, implicitamente contenuta nell'evoluzionismo, che si vada dal semplice al complesso (e migliore).
Si tratta quindi di due approcci che sostengono il falso. Perché appunto c'è rimozione e all'incertezza è preferibile un falso sicuro che la nuda verità, la quale è tanto ovvia quanto angosciante: tutto il regno animale, cui ovviamente facciamo parte, è il risultato casuale e fallimentare di un "esperimento" della materia vivente. Il regno animale è parassitario, dipende dalle piante che sole riescono a trasformare ciò che è inorganico in materia vivente, ed è dominato dal dolore.
Alle specificità rilevate da Phil aggiungerei, con riferimento a questo pensiero, quanto già stigmatizzato da FN: umano (troppo umano) è fare moralismo anche sull'evoluzione naturale.
La natura se ne fotte di successi e insuccessi evolutivi: lancia i dadi e vinca il
migliore, più forte, ... più idoneo.
(detto ciò, anch'io ho più simpatia per chi si nutre di acqua, anidride carbonica e sali minerali, ma è una simpatia umana, che non può fondare alcuna etica, o giudizio di valore, universale)
Citazione di: Kobayashi il 29 Dicembre 2022, 14:59:59 PML'incertezza della paternità scatena sempre immaginazione e rimozione.
All'unico padre comune infinitamente buono proposto dalla religione, risponde la scienza con il microrganismo primordiale, teoria meno compiacente, certo, ma compensata dall'idea, implicitamente contenuta nell'evoluzionismo, che si vada dal semplice al complesso (e migliore).
Si tratta quindi di due approcci che sostengono il falso. Perché appunto c'è rimozione e all'incertezza è preferibile un falso sicuro che la nuda verità, la quale è tanto ovvia quanto angosciante: tutto il regno animale, cui ovviamente facciamo parte, è il risultato casuale e fallimentare di un "esperimento" della materia vivente. Il regno animale è parassitario, dipende dalle piante che sole riescono a trasformare ciò che è inorganico in materia vivente, ed è dominato dal dolore.
Ma questo dolore non chiama in causa proprio te?Di fronte a questo mondo dolente cosa decidi?Vuoi essere o non essere?Ti perdi nel non essere del deserto della esistenza, oppure ne provi infinita compassione, in nome del tuo stesso essere?
L'uomo non appartiene al regno animale, ma lo trascende. La differenza non è quantitativa, ma qualitativa: l'animale vive solo nel presente e non riesce a proiettarsi nel futuro, l'uomo invece è in grado di progettare se stesso nel futuro e di vedersi in un progetto futuro, e quindi oltre ad ESSERE l'uomo ESISTE. Il filosofo e psichiatra Karl Jaspers aveva appunto notato che l'esistenza è una categoria che appartiene solo all'uomo e tutto il regno animale ne è privo, l'animale si limita ad esserci, mentre l'uomo esiste ed è in grado di scegliere.
Osserviamo il comportamento di un qualsiasi animale: in nessun suo atto si nota la presenza di una scelta consapevole, ma soltanto la mera risposta istintiva a stimoli esterni: il gatto o il cane vengono da noi se chiamati, ma non possono scegliere se rimane al loro posto, e se non si muovono è soltanto perché uno stimolo più forte li trattiene dal venire da noi. Un gatto o un cane (e ancor più un insetto) non hanno nessun merito morale per ciò che fanno perché non sono in grado di scegliere, ma sono determinati ad agire da impulsi esterni: anche quando sembrano liberi non sono altro che come robot che agiscono in base ad impulsi genetici e ambientali. Gli animali non si chiedono il perché della vita e il suo senso, essi vivono nel presente e muoiono senza chiedersi il perché della morte: l'uomo non accetta la morte perché ne vede l'ingiustizia, l'animale è semplicemente parte del ciclo della vita, pedina inconsapevole della natura. Gli animali non hanno il senso del bello, infatti non si emozionano di fronte a nessun opera d'arte, essi non hanno il senso del giusto e dell'etico, quando un ape si sacrifica per i propri simili non può scegliere di agire diversamente ed è determinata dalla natura a fare ciò che fa, un animale non può scegliere di non seguire il capobranco, e non si chiede mai se è giusto o sbagliato. L'uomo in sintesi, viste tutte queste facoltà, ha una Coscienza spirituale, mentre l'animale ne è privo, anche quello più evoluto.
Che io sappia nessun animale cucina il cibo. È un'azione fondamentale dell uomo che permette di digerire il cibo in maniera più efficiente, così da non dover addormentarsi dopo mangiato e avere tempo per pensare.
Quanto l'uomo trascenda gli altri animali siamo ancora troppo ignoranti della loro etologia e linguaggio per stabilirlo con certezza. La riduzione degli animali a macchine biologiche incapaci di pensare e prendere decisioni autonome e privi di preferenze di tipo estetico, non mi ha mai convinta.
https://rewriters.it/unestetica-bestiale-vi-spiego-il-senso-artistico-negli-animali/
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Zoomusicologia
Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2022, 22:11:11 PMhttps://rewriters.it/unestetica-bestiale-vi-spiego-il-senso-artistico-negli-animali/
Traggo da questo link quanto segue:
''
Come sottolinea Giorgio Celli nel saggio Arte e biologia: una scommessa evoluzionista il fatto che si possa parlare di una preferenza rispetto a forme, vale a dire di un'estetica animale, avvalora l'ipotesi di "un'emancipazione dall'utilità, di una percezione paga di se stessa". ''
Secondo me parlare di una percezione paga di se stessa dà man forte ai ''trascendentalisti'' della umanità.
Preferisco pensare che la percezione, che tutti gli animali praticano, non sia solo essa a formare il senso estetico, ma valga anche il viceversa, se è vero che il giudizio estetico è anche una funzione del tempo, per cui a furia di gardarle certe cose che appaiono belle diventano brutte e viceversa.
Un pensiero un pò confuso, lo ammetto, ma voglio dire che se il senso estetico dipende dalla pratica, e se questa pratica non è prerogativa umana, allora non c'è nulla di trascendentale nell'uomo.
A livello ancora intuitivo dico che l'estetica ha che fare con la capacità di manipolare simboli, nel senso che scegliere un oggetto fra tanti come bello, equivale ad elevarlo a simbolo, e ciò è vero indipendentemente dall'oggetto scelto, in quanto tale scelta può cambiare nel tempo.
Quando l'uomo delle caverne disegnava sulle pareti, lo dico sempre a livello intuitivo, ''non disegnava animali'', non essenzialmente, ma riproduceva l'atto della percezione degli animali, se è vero che quegli animali ci sembrano verosimiglianti ancora adesso, e l'estetica non è quindi esclusiva dell'uomo, ma comune a chi percepisce.
L'arte è cioè esplicitazione del meccanismo percettivo, esplicitazione che può modificare la percezione stessa.
La pratica dell'arte modifica il giudizio estetico.
@Ipazia
Concordo che non sia affatto facile decifrare esattamente i vissuti interiori degli animali dalla sola osservazione esterna; tuttavia, pur non conoscendo prima della tua segnalazione la zoomusicologia né gli uccelli giardinieri, rilevo il rischio di proiettare criteri estetici umani su forme esteriori dell'agire animale: un nido addobbato secondo simmetria e monocromia (per mimetizzarlo meglio?) è prima di tutto un nido, quindi oggetto utile, anzi, vitale; diverso sarebbe stato se i volatili avessero appeso foglie per ornare un ramo senza poi dargli un uso (un po' come facciamo noi con i quadri). Usare tonalità musicali per comunicare può essere una forma di linguaggio, ma non troppo fine a se stessa se appartiene comunque al «ramo semiotico della musicologia»(cit.); in fondo anche la poesia è comunicazione, ma non una mera "comunicazione di servizio", dunque si tratta di verificare (semmai sia possibile), se la musica venga apprezzata dagli animali perché bella oppure solo riconosciuta perché capiscono cosa comunica, come fosse un comunicato in codice Morse (non proprio il massimo dell'estetica e dell'edonismo). Sul corteggiamento è ben noto che il fine non sia l'espressione di una bellezza estemporanea, quanto l'atto copulatorio a cui, istintivamente, si ambisce. Lo scimpanzé Congo è stato elogiato da Mirò e Dalì, ma lui vedeva davvero bellezza nei suoi dipinti (ed era consapevole che lo fossero)? Peccato non possa dircelo. Si tratta comunque di un filone di ricerca etologica evidentemente molto più fertile di quanto pensassi.
Rispondo a Socrate. Che gli animali siano dei robot fu una definizione di successo di Cartesio, valida fino all'arrivo di un certo Darwin, che studió anche le emozioni degli animali. Se non bastano gli occhi dolci di un cane a convincerci, lo ha fatto l'etologia. Mammiferi ed uccelli soprattutto, hanno una struttura cerebrale del tutto simile alla nostra, hanno il midollo spinale, l'amigdala, l'ippocampo, i lobi frontali e parietali e quindi provano le nostre stesse emozioni, paura, affetto, capacità di prendersi cura della prole ed hanno anche le loro simpatie ed antipatie, al punto che ogni animale ha anche il suo carattere e la sua indole. I sistemi di neurotrasmissione sono gli stessi e quindi anche i mammiferi sono condizionati dagli ormoni che il loro organismo distribuisce in relazione alla situazione in cui si trovano. Ti stupirai ma gli animali più simili a noi, i mammiferi più evoluti hanno anche un senso morale e comprendono le ingiustizie perpetrate non solo su di loro ma anche sui loro simili, prova che i neuroni specchio e l'empatia non sono una prerogativa solo umana. Perfino l'omicidio non è un monopolio umano, visto che gli scimpanzé si battono fra gruppi nemici e qualche volta ci scappa il morto. Ovviamente gli animali sono sicuramente più organizzati a livello istintuale e procedurale ma non mancano i comportamenti che potremmo definire "umani" e che dovremmo in realtà definire come comportamenti "mammifero/uccelliani". Se poi vogliamo ancor più "epater le bourgeois", basti dire che sono state verificate le fasi rem, nel sonno dei ragni, ovvero un indizio molto solido sul fatto che probabilmente anche i ragni sognano. Per non parlare della così umana monogamia che è molto meglio praticata da alcune specie di uccelli, o dell'omosessualità, pratica diffusa oltre che dall'umanità anche da diverse specie animali, ed in modo sistematico, ad esempio, dai bonobo e dai cigni neri.
La grande trasformazione, che ci differenzia dai nostri "parenti" animali, è derivata dall'avvento della technè, che ha allargato non solo i nostri orizzonti ma la nostra stessa configurazione cerebrale. Il nostro cervello è così com'è perché addestrato da centinaia di migliaia di anni a confrontarsi con la tecnica. La tecnica è quasi diventata così una parte del nostro corredo genetico. Senza la tecnica (e con tecnica intendo "cultura" comprensiva di religioni, cacciaviti, costituzioni e vaccini), saremmo sicuramente dei primati un po' strambi e girovaghi, molto attenti a non finire fra le fauci di un leone.
@Phil
Lo è, e a scanso di bias antropomorfici troppo pacchiani, si testano musiche specifiche per animali basate sul loro spettro acustico:
https://www.lifegate.it/musica-per-gatti
... e non solo. Pare comunque che la nostra musica classica abbia un alto indice di gradimento zoomusicale. Soprattutto coi cani. Affinità elettiva. Devo dire che la scorsa estate ho duettato col flauto dolce con gli uccellini che colonizzavano la betulla del mio giardino in una competizione davvero sorprendente: loro rispondevano al tema da me proposto in durata, frequenza, e ritmo. Ovvero, mi imitavano. Solo utilitarismo ?
Citazione di: Phil il 29 Dicembre 2022, 23:00:03 PM@Ipazia
Concordo che non sia affatto facile decifrare esattamente i vissuti interiori degli animali dalla sola osservazione esterna; tuttavia, pur non conoscendo prima della tua segnalazione la zoomusicologia né gli uccelli giardinieri, rilevo il rischio di proiettare criteri estetici umani su forme esteriori dell'agire animale: un nido addobbato secondo simmetria e monocromia (per mimetizzarlo meglio?) è prima di tutto un nido, quindi oggetto utile, anzi, vitale; diverso sarebbe stato se i volatili avessero appeso foglie per ornare un ramo senza poi dargli un uso (un po' come facciamo noi con i quadri). Usare tonalità musicali per comunicare può essere una forma di linguaggio, ma non troppo fine a se stessa se appartiene comunque al «ramo semiotico della musicologia»(cit.); in fondo anche la poesia è comunicazione, ma non una mera "comunicazione di servizio", dunque si tratta di verificare (semmai sia possibile), se la musica venga apprezzata dagli animali perché bella oppure solo riconosciuta perché capiscono cosa comunica, come fosse un comunicato in codice Morse (non proprio il massimo dell'estetica e dell'edonismo). Sul corteggiamento è ben noto che il fine non sia l'espressione di una bellezza estemporanea, quanto l'atto copulatorio a cui, istintivamente, si ambisce. Lo scimpanzé Congo è stato elogiato da Mirò e Dalì, ma lui vedeva davvero bellezza nei suoi dipinti (ed era consapevole che lo fossero)? Peccato non possa dircelo. Si tratta comunque di un filone di ricerca etologica evidentemente molto più fertile di quanto pensassi.
Ma, alla fine, se ci riduciamo a legare la nostra superiorità specifica all'essere capaci di far cose inutili, cioè fini a se stesse, significa che siamo messi all'angolo del ring.
E magari inutili solo perchè ce ne sfugge l'utilità.
Secondo me la chiave per capirne l'utilità è vedere come queste pratiche apparentemente fini a se stesse modifichino la nostra percezione, posto che una evoluzione percettiva possa considerarsi cosa almeno potenzialmente utile.
Ora, se non vogliamo negare l'evidenza, e cioè che l'evoluzione della percezione sia un fatto animale, non possiamo andare a cercare nelle modalità in cui questa evoluzione avviene il discrimine fra noi e gli altri animali.
Quando io disegno il bue sulla parete della caverna, non sto a rigore riproducendo un bue, ma sto riproducendo la percezione che io ho del bue, e riprodurre la percezione del bue equivale a prender coscienza della percezione del bue, in quanto del bue possedevo già coscienza, e la percezione di ciò di cui prendiamo coscienza muta in conseguenza di ciò.
in questo modo l'arte muta la nostra percezione, e quindi non è necessariamente fine a se stessa.
@Ipazia
Da profano (mi) chiedo: quei gatti hanno vissuto davvero un'esperienza estetica? Una melodia tarata ad hoc sullo stesso range di frequenze dei naturali vocalizzi del gatto, risulta certamente più felinamente amichevole dei Queen e dei Beatles, essendo, appunto, più simile alla voce di altri gatti (senza offesa per Mercury e Lennon). I gatti hanno trovato quella melodia bella, o semplicemente affine alla propria "voce", quindi non ostile, non allarmante né spaventosa? Mi pare resti in gioco il rischio della suddetta proiezione (come per i dipinti di Congo): facciamo partire la musica in "mi(cio) maggiore", il felino ne imita i toni (studiati per essere felini), si avvicina alla fonte sonora (come fosse un altro gatto) e concludiamo che gli piaccia... tuttavia ciò dimostra che il gatto prova piacere musicale, estetico, oppure solo che non percepisce quei suoni (che noi chiamiamo «musica») come avversi, bensì rasserenanti come la presenza di un proprio simile?
Nel mio piccolo, ho ascoltato il brano linkato e, pur non essendo un gatto, sotto le note (capziose?) musicali, ho riconosciuto nitidamente prima il suono delle fusa e poi il suono di un gatto che lecca il cibo in una ciotola... sicuramente, anche togliendo le (pur minimali) melodie aggiunte, queste due sonorità sono ben note, ben apprezzate dai gatti e sufficienti per suscitare attrattiva; utilitaristicamente, non esteticamente.
Per gli uccellini amanti del flauto dolce, vale la stessa domanda: esperienza di piacere estetico, imitazione a pappagallo (pur non essendo tali), tentativo di comunicazione o suono non ostile?
Non fraintendermi, non ho certezze in merito, sono solo molto sospettoso degli umani e di come interpretino alcune loro ricerche, sempre scivolando verso categorie (troppo?) antropizzate.
@iano
Non a caso, non ho parlato di «superiorità», bensì di differenza; l'arte è utile, a suo modo, per alcuni (non per tutti) gli umani, ma di quell'utilità, contingente ed autostimolatoria, che si basa sull'edonismo (di per sé non certo spiacevole), magari antidoto o catarsi per i dispiaceri della vita (per quanto la produzione dell'arte non vada confusa con la sua fruizione). Non è la percezione in sé a renderci, per me, differenti dagli animali, ma il fatto che siamo disposti ad usare la tecnica pur di provare percezioni piacevoli e non direttamente utili alla sopravvivenza; alienandoci, per brevi istanti, dalla schiavitù dei bisogni primari ci alieniamo dalla dittatura dell'animalità: ci impadroniamo di un istante che non è l'istante in cui vive l'animale sempre vigile e "focalizzato", ma l'istante in cui godiamo per qualcosa di cui potremmo anche fare a meno, ma nondimeno cerchiamo perché... ci piace.
Citazione di: Socrate78 il 29 Dicembre 2022, 18:28:07 PMOsserviamo il comportamento di un qualsiasi animale: in nessun suo atto si nota la presenza di una scelta consapevole, ma soltanto la mera risposta istintiva a stimoli esterni: il gatto o il cane vengono da noi se chiamati, ma non possono scegliere se rimane al loro posto, e se non si muovono è soltanto perché uno stimolo più forte li trattiene dal venire da noi. Un gatto o un cane (e ancor più un insetto) non hanno nessun merito morale per ciò che fanno perché non sono in grado di scegliere, ma sono determinati ad agire da impulsi esterni: anche quando sembrano liberi non sono altro che come robot che agiscono in base ad impulsi genetici e ambientali.
Ennesima conferma dell'idiozia degli uomini, che, non solo sono anche loro robot determinati da impulsi genetici e ambientali, ma, a differenza dei "sereni animali", come li chiama un poeta, neanche sanno di esserlo....
Il bue che dice cornuto all'asino, e dell'uomo, naturalmente, qui, neanche l'ombra...
Tutto è riducibile ad una prospettiva utilitarista: il gioco, l'affettività, l'estetica, la ricerca scientifica e filosofica.
Ma possiamo pure sondare altre prospettive, e chi ha un rapporto costante con animali solitamente lo sperimenta. E lo può fare soltanto uscendo da una logica antropocentrista e cercando, coi nostri limitati mezzi conoscitivi, di sintonizzarsi con la psicologia dell'animale. Il quale, a certi livelli evolutivi, fa altrettanto col bipede umano con cui si relaziona.
Citazione di: Socrate78 il 29 Dicembre 2022, 18:28:07 PML'uomo non appartiene al regno animale, ma lo trascende. La differenza non è quantitativa, ma qualitativa: l'animale vive solo nel presente e non riesce a proiettarsi nel futuro, l'uomo invece è in grado di progettare se stesso nel futuro e di vedersi in un progetto futuro, e quindi oltre ad ESSERE l'uomo ESISTE. Il filosofo e psichiatra Karl Jaspers aveva appunto notato che l'esistenza è una categoria che appartiene solo all'uomo e tutto il regno animale ne è privo, l'animale si limita ad esserci, mentre l'uomo esiste ed è in grado di scegliere.
Osserviamo il comportamento di un qualsiasi animale: in nessun suo atto si nota la presenza di una scelta consapevole, ma soltanto la mera risposta istintiva a stimoli esterni: il gatto o il cane vengono da noi se chiamati, ma non possono scegliere se rimane al loro posto, e se non si muovono è soltanto perché uno stimolo più forte li trattiene dal venire da noi. Un gatto o un cane (e ancor più un insetto) non hanno nessun merito morale per ciò che fanno perché non sono in grado di scegliere, ma sono determinati ad agire da impulsi esterni: anche quando sembrano liberi non sono altro che come robot che agiscono in base ad impulsi genetici e ambientali. Gli animali non si chiedono il perché della vita e il suo senso, essi vivono nel presente e muoiono senza chiedersi il perché della morte: l'uomo non accetta la morte perché ne vede l'ingiustizia, l'animale è semplicemente parte del ciclo della vita, pedina inconsapevole della natura. Gli animali non hanno il senso del bello, infatti non si emozionano di fronte a nessun opera d'arte, essi non hanno il senso del giusto e dell'etico, quando un ape si sacrifica per i propri simili non può scegliere di agire diversamente ed è determinata dalla natura a fare ciò che fa, un animale non può scegliere di non seguire il capobranco, e non si chiede mai se è giusto o sbagliato. L'uomo in sintesi, viste tutte queste facoltà, ha una Coscienza spirituale, mentre l'animale ne è privo, anche quello più evoluto.
Tradisci il tuo nickname ....... quanta superbia . E' in questa ottica che l'homo sapiens ( ritenendosi l'eletto ) si levera' delle palle. Bravo
A ciò aggiungo la ricerca interiore (introspezione) ,le domande di senso , la consapevolezza di non essere pienamente consapevoli ,sapere di pensare e la ricerca Spirituale.
Citazione di: Ipazia il 30 Dicembre 2022, 08:33:20 AMTutto è riducibile ad una prospettiva utilitarista: il gioco, l'affettività, l'estetica, la ricerca scientifica e filosofica.
Se per utilitarismo intendi finalismo, non ci sono dubbi: c'è sempre un perché e uno scopo, tanto nel cercare cibo quanto nell'ascoltare musica. Il discrimine, secondo me, è la "natura" di tale fine: i fini degli animali
sembrano sempre fortemente connessi ai bisogni primari; anche il legame con l'uomo quale fornitore di cibo, tana e cure non è "amore animale" puramente disinteressato (fermo restando che anche gli animali, soprattutto in quanto tali, sappiano ben essere diffidenti verso gli sconosciuti di altra specie, per cui un umano non vale certo l'altro). L'edonismo umano ha invece come fine/utilità il piacere, quello non fondamentale per la sussistenza (non è il piacere di mangiare quando si ha fame) e l'impiego della tecnica per qualcosa di piacevole, ma non necessario, credo separi nettamente l'uomo dall'animale, aprendo una dimensione in cui anche il contingente ha valore (dimensione cognitivamente inaccessibile all'utilitarismo animale, secondo me, sempre profano in materia).
Spoiler del "doppio fondo" di questo approccio: quali sono i prerequisiti per poter usare stabilmente la tecnica per attività edonistiche? Astrazione concettuale (ingegno e creatività), sperimentazione manipolatoria (metodo e scienza), capacità di tramandare quanto appreso (dimensione storico-linguistica). Il bearsi in tale ricerca del piacere, ben oltre i bisogni primari, racchiude dunque tutti gli ingredienti che rendono vanitoso l'uomo e che costituiscono ogni cultura umana. Sto rovesciando il rapporto fra estetica ed
humanitas, o è la nostra cultura a volersi prendere così sul serio da degradare l'estetica a frivolezza, perché la "missione" e la "dignità" dell'uomo nel cosmo sono ben altri? Questo è l'"antropocentrismo ermeneutico" di cui diffido; non "innalzo" gli animali a creature estetiche, ma "abbasso" l'uomo ad animale onanistico (se proprio vogliamo utilizzare i soliti parametri di "verticalità" cari all'uomo).
Perché un animale non potrebbe mai capire, ad esempio, la fame di denaro di un uomo che ha comunque la pancia piena e una tana? Perché l'animale non può capire il gusto, squisitamente umano, di trastullarsi con la tecnica, fatta di giocattoli costosi e di esperienze edonistiche. Ritornando all'inizio: qual è l'utilità/finalità della ricchezza, del potere, dell'avidità, del giocare la lotteria, dell'essere contenti di avere un buon conto in banca? Solo la prospettiva futura di
basilari cibo e tana? Solitamente no, siamo onesti; se così fosse non saremmo umani/edonisti (e sì, anche la morale, la filosofia, la scienza, etc. ricadono in questa iperdeclinazione contemporanea della "natura estetica" dell'uomo, ma per intravvederla bisogna uscire da quell'antropocentrismo di matrice ideologica di cui, chi più chi meno, siamo tutti imbevuti sin dai tempi dell'umanesimo).
L'uomo è un animale. La differenza principale è qualitativa: gli altri animali immaginano, prevedono l'immediato futuro, l'uomo il lontano futuro. Daniel Gilbert ha evidenziato questa differenza in modo per me convincente in Stumbling on Happiness.
Citazione di: daniele22 il 29 Dicembre 2022, 10:58:32 AMCiao Eutidemo, immagino dunque che tu volessi dire che c'è qualche dubbio che un diamante sia un minerale e non un animale, così come c'è qualche dubbio che un uomo sia un animale e non un minerale. Se così fosse, concordo, anche se qui si entra veramente in campi di ricerca scientifica a noi senz'altro ignoti, o almeno ignoti a me. Un saluto
La mia era solo
un'iperbole di carattere
paradossale (
"ex absurdo"). Un saluto :)
Citazione di: baylham il 30 Dicembre 2022, 11:47:11 AML'uomo è un animale. La differenza principale è qualitativa: gli altri animali immaginano, prevedono l'immediato futuro, l'uomo il lontano futuro. Daniel Gilbert ha evidenziato questa differenza in modo per me convincente in Stumbling on Happiness.
A me pare che riuscire a prevedere solo l'immediato futuro, o riuscire a prevedere il lontano futuro, sia una differenza di carattere meramente "quantitativo", e non certo "qualitativo".
Altrimenti molti nostri politici non apparterrebbero alla specie umana! ;D
Un saluto! :)
Citazione di: Phil il 30 Dicembre 2022, 11:30:25 AMPerché un animale non potrebbe mai capire, ad esempio, la fame di denaro di un uomo che ha comunque la pancia piena e una tana? Perché l'animale non può capire il gusto, squisitamente umano, di trastullarsi con la tecnica, fatta di giocattoli costosi e di esperienze edonistiche. Ritornando all'inizio: qual è l'utilità/finalità della ricchezza, del potere, dell'avidità, del giocare la lotteria, dell'essere contenti di avere un buon conto in banca? Solo la prospettiva futura di basilari cibo e tana? Solitamente no, siamo onesti; se così fosse non saremmo umani/edonisti
Ha quasi cometamente ragione, se non fosse per il fatto che l'uomo, l'uomo esistente nell'era capitalista almeno, se resta realmente senza un centesimo (indigente intendo, e non semplicemente povero) rischia davvero la vita e la pelle sua e a volte anche dei suoi cari. A differenza degli animali non ha a disposizione mezzi naturali e fisici, e neanche storico-sociali di natura non capitalistica, che gli permettano di sopravvivere al di fuori della relazione interumana (feticistica) mediata dal denaro.
Se prede gli ultimi spicci, perde in aspettativa di vita e in potenziale successo riproduttivo se figli non ne ha ancora avuti (va a dormire in macchina o a fare il barbone, come tanti "invisibili" italiani e non) quindi non tanto il denaro in se', ma la l'ombra e la minaccia della sua assenza suscita a buone ragioni anche nell'uomo sano di mente terrori animali, nel senso di atavici, e si deve obbedire a determinati comandi sociali, e familistico/familiari, sotto la minaccia concreta e reale dell' ASSENZA del denaro.
Come del resto in generale e' terrorizzante l'essere esclusi dal branco per un animale che puo' sopravvivere solo in branco.
La nostra "bella" forma di inclusione in un branco che permetta la sopravvivenza e' il denaro. E naturalmente non riconosciamo il diritto universale di tutti alla sopravvivenza, quindi non riconosciamo il diritto universale di tutti al denaro.
C'e' sempre gente in buon numero che viene eliminata piu' o meno visibilmente o piu' o meno lentamente per dinamiche interne ed equilibri di potere di branco.
Il trastullarsi con il sogno -lucido e ludico, come sogno- che il denaro dia l'onnipotenza o la felicita', in conclusione, e' una compensazione assolutamente irreale di una minaccia reale, ovvero che la mancanza e la perdita non voluta di somme importanti di denaro, quasi sempre, nell'inudibile contesto sociale e "di branco" umano a cui tutti gli uomini sono incatenati, da' come conseguenza la mancanza di potenza, e l'infelicita'.
Come nella lezione di Marx, proletarizzazione e' eliminazione di tutte le forme di autoproduzione (agraria, artigianale e in generale comunitaria e solidale) affinche' la possibilità di sopravvivenza di un individuo qualsiasi si polarizzi sulla dicotomia tra l'essere borghese o l'essere proletario di tale individuo, insomma affinche' la sopravvivenza e l'inclusione come possibilita' genericamente umana si focalizzi sull'esistenza e sul possesso del denaro in se'.
E se c'e' un processo storico che a tutti o quasi gli uomini viventi e pensanti al giorno d'oggi in ogni parte del mondo appaia "compiuto", o "irreversibile", e' proprio questo.
Citazione di: baylham il 30 Dicembre 2022, 11:47:11 AML'uomo è un animale. La differenza principale è qualitativa: gli altri animali immaginano, prevedono l'immediato futuro, l'uomo il lontano futuro. Daniel Gilbert ha evidenziato questa differenza in modo per me convincente in Stumbling on Happiness.
Ma se la differenza è quanto lontano prevedono, allora la differenza è quantitativa.
Pardon, aveva già risposto Eutidemo.
Citazione di: baylham il 30 Dicembre 2022, 11:47:11 AML'uomo è un animale. La differenza principale è qualitativa: gli altri animali immaginano, prevedono l'immediato futuro, l'uomo il lontano futuro. Daniel Gilbert ha evidenziato questa differenza in modo per me convincente in Stumbling on Happiness.
Oserei di più: gli animali vivono nel presente, gli umani si dannano la vita e l'anima pensando al futuro.
Questo rende i viventi non
teleolopatici decisamente più felici degli umani anche per quanto riguarda la sfera edonistica.
@niko
L'animale estetico (l'uomo) è prima di tutto sempre animale, con i suoi bisogni primari inderogabili; la differenza rispetto altri animali emerge, come dicevo, dopo che sono stati soddisfatti i bisogni primari.
La naturale sopraffazione fisica, basata sulla violenza diretta, ha pian piano lasciato il posto, in gran parte del globo, alla sopraffazione economica, confermando quanto la sopraffazione sia connaturata all'uomo (sapiens, faber, economicus, etc. non sembra fare molta differenza), o forse suggerendo che tale sopraffazione sia connaturata quasi più all'habitat della nostra specie che all'abitante, risultando un'istanza di organizzazione e selezione piuttosto trasversale a tempi e luoghi.
Come accennato altrove, l'«etica del pavimento e della scarpa» (sto constatando, non esaltando) ha favorito il successo sociale basato su doti sempre meno fisiche (sportivi e buttafuori a parte) creando "spirali" economiche basate anche sul superfluo edonismo di qualcuno (lusso) che fornisce il necessario a qualcun altro (stipendio), in una dinamica che in natura credo non abbia paragoni. Il denaro come simulacro di un valore, di un potenziale indefinito (nel senso che può tradursi in cibo o in capricci) è ciò che meglio rappresenta l'alienazione umana dalle dinamiche naturali e, come giustamente osservi, il suo scopo primario resta indubbiamente quello di soddisfare bisogni primari, tuttavia che possa anche essere impiegato per edonismi contingenti è, secondo me, la vera cesura radicale rispetto all'animalità, che pare non contemplare nemmeno la possibilità di tale contingenza (almeno finché non vedremo uno scoiattolo barattare una delle sue tante ghiande con una foglia, perché la trova bella).
L uomo pare anche essere l unico essere vivente in grado di modificare l ambiente a seconda delle propie esigenze ma non è stato in grado (e i fatti lo dimostrano) di mantenere un rapporto equilibrato al cambiamento reciproco con l ambiente. Il modificarsi dell ambiente infatti ha modificato l uomo stesso. HA modificato l etica, la ragione, il modo di comunicare e con internet siamo diventati un villaggio globale ,in quanto ha permesso l accomulazione e la trasmissione di un sapere comune oltre alla comunicazione immediate a grandi distanze. Tutto questo, e altro, ha favorito un accelarazione dell evoluzione socio/culturale ma le modalità innate di azione e di reazione istintuali non possono essere state in grado di seguire l evoluzione accelerata storico/culturale (in quanto organiche e quindi più lente) e rimangono ancora legate a quello che l ambiente (la natura)non modificato aveva dato all uomo come al resto degli animali. Di conseguenza le due evoluzioni (organiche e sicio/culturali) non sono perfettamente simcronizzate con le condizioni di civiltà in cui l uomo è venuto a trovarsi ad opera delle sue attività mentali.
Non si può certo dire che l uomo sia cattivo sin dall infanzia, ma non è neppure abbastanza buono per corrispondere alle esigenze della socetà umana colta e civile che egli stesso ha creato. E , a differenza dell animale selvatico , l uomo civilizzato non può più affidarsi ciecamente a quanto gli suggeriscono gli istinti.
Visto che la discussione è improntata nel trovare le differenze fra uomini e animali , questa è senz altro una da tener sempre a mente.
Citazione di: Phil il 30 Dicembre 2022, 19:17:50 PM@niko
La naturale sopraffazione fisica, basata sulla violenza diretta, ha pian piano lasciato il posto, in gran parte del globo, alla sopraffazione economica, confermando quanto la sopraffazione sia connaturata all'uomo (sapiens, faber, economicus, etc. non sembra fare molta differenza), o forse suggerendo che tale sopraffazione sia connaturata quasi più all'habitat della nostra specie che all'abitante, risultando un'istanza di organizzazione e selezione piuttosto trasversale a tempi e luoghi.
Petitio principii. Dal riscontro fenomenologico alla causalità senza una analisi approfondita delle circostanze storiche, salvo un accenno rattoppante ad un habitat
generico.
Citazione di: Ipazia il 06 Gennaio 2023, 09:20:37 AMPetitio principii. Dal riscontro fenomenologico alla causalità senza una analisi approfondita delle circostanze storiche, salvo un accenno rattoppante ad un habitat generico.
La
petitio principii è una fallacia e, in quanto tale, riguarda un'
argomentazione o un tentativo di dimostrazione; non ha senso se invocata su una
descrizione. L'analisi della
causalità del fenomeno non intacca la validità del
riscontro fenomenologico.
Esplicitando la descrizione: alla sopraffazione fisica è seguita (o meglio, si è aggiunta) quella economica; l'uomo tende a sopraffare e a gerarchizzare/discriminare, su scala planetaria, sia prima che dopo il capitalismo. Lo fa
contro la sua natura, da millenni e pur cambiando forma di sopraffazione? Questa è una tesi (controfattuale già in partenza) che richiederebbe eventualmente argomentazioni e dimostrazioni.
Restando sempre sul piano della descrizione: la combinazione scarsità/necessità di risorse (e/o di denaro) spinge alla sopraffazione, più o meno violenta, più o meno economica, più o meno legalizzata. Non mancano certamente le eccezioni, ma anche la casistica, su larga scala (l'
habitat di riferimento non è «generico», bensì globale), credo descriva senza troppi dubbi il differente peso statistico fra possesso e condivisione, competizione e collaborazione, etc.
Non c'è "toppa", non c'è inganno (né fallacia): questa è la
descrizione "etologica" di ciò che accade
da sempre fra gli uomini sulla
terra; ci sono poi i cieli delle divinità e delle utopie e lì si entra nel campo minato delle fallacie e/o dell'infalsificabilità (quindi preferisco restarne fuori).
Se l'unica soluzione all'accesso alle risorse è la ferocia imperialistica, abbiamo toppato tutto. Ovviamente per i follower del Capitale la natura umana può essere declinata solo così. E laddove non funziona così, c'è sempre un "democrazia" da esportare con le bombe e la corruzione. Riconfermando il paradigma e la petitio principii.
D'accordo con Ipazia. L'homo homini lupus è un'ideologia disconfermata dalla storia, dall'etologia e più recentemente dalle neuroscienze. A parte il fatto che i lupi sono animali socievoli ed hanno delle regole ben precise per non diventare inutilmente feroci. A parte questo, sapiens è l'essere vivente più neuroplastico che ci sia sulla terra. Lo puoi addestrare alla ferocia oppure alla bontà, fatti salvi i bisogni primari, ovviamente, ma talvolta neppure quelli, considerando gli atti di eroismo e di martirio di cui la storia è piena. Che sapiens possa essere terribile lo sappiamo ma sappiamo anche che può essere meraviglioso. È la narrazione tossica del capitalismo a farci credere che siamo "l'un contro l'altro armati".
Come sempre, descrivere non comporta affatto giudicare (in positivo o negativo); tuttavia, un giudizio, per essere saldo e fondato, ha bisogno di basarsi su una descrizione. La descrizione che ci propone la storia (che non conosce petitio principii ma fatti, interpretabili ma non ad libitum), in attesa di proporzionate smentite storiografiche (non ideologiche), mi sembra priva di dubbi: da sempre e ovunque, l'uomo si organizza in modo piramidale e gerarchico, con chi sta sopra intento a sopra-ffare chi sta sotto; ripeto: non più tanto con la violenza fisica, ma piuttosto con la sovra-posizione economica o sociale (magari persino con un pizzico di compassione, ma in concreto non è prassi consueta "retrocedere" per solidarietà con il basso, al limite gli si scarica il proprio superfluo perché "a Natale siamo tutti più buoni"). La sopraffazione non comporta l'ingenuo annientamento di chi sta sotto, poiché egli è necessario a chi sta sopra, ma una decisa e palese discriminazione in termini di potere, di possibilità, di godimento delle risorse, etc.
Possiamo appellarci all'empatia, alle onlus, ai beau geste, all'istinto materno, etc. ma la storia dell'uomo, fino a prova contraria, testimonia inequivocabilmente che la sua natura (con buona pace di minoranze ed eccezioni), all'atto pratico, resta quella verticalizzante della sopraffazione: la geopolitica, l'economia, la sociologia, etc. non ci raccontano altro, pur con tutti gli ammorbidimenti diplomatici e le "rimozioni" della contemporaneità (e anche la nostra vita personale, per quel che vale, suppongo sia facilmente incasellabile, non a caso, fra "qualcuno sopra" e "qualcuno sotto").
Ammesso che la storia ci proponga il quadro da te delineato, Phil, le indagini più recenti in campo neuroscientifico ci dicono che questa "tracotanza" dell'uomo è il risultato di una storia culturale dell'umanità e non un tratto per così dire genetico/biologico dell'uomo. In questo modo è possibile pensare ad un diverso tipo di società. Se invece si conclude pensando che sapiens sia geneticamente sopraffattore, allora non resta altro che rassegnarsi alla logica che Manzoni cita nell'Adelchi, ovvero che nel mondo non resta che fare violenza o subirla.
Citazione di: Jacopus il 06 Gennaio 2023, 18:58:16 PMle indagini più recenti in campo neuroscientifico ci dicono che questa "tracotanza" dell'uomo è il risultato di una storia culturale dell'umanità e non un tratto per così dire genetico/biologico dell'uomo. In questo modo è possibile pensare ad un diverso tipo di società.
Concordo che non sia una questione di mera genetica; nel passo già citato da
Ipazia avevo infatti osservato che le forme di sopraffazione sono mutate «confermando quanto la sopraffazione sia connaturata all'uomo (
sapiens,
faber,
economicus, etc. non sembra fare molta differenza), o forse suggerendo che
tale sopraffazione sia connaturata quasi più all'habitat della nostra specie che all'abitante, risultando un'istanza di organizzazione e selezione piuttosto trasversale a tempi e luoghi».
Pensare ad un diverso tipo di società è certamente possibile, ma credo abbia tanto più senso quanto più sia ancorato alla
descrizione della società attuale; se l'uomo ha il "potenziale neurologico" per essere altro, non può essere insignificante il fatto che non riesca mai ad esserlo più di tanto: vuoi per motivi ambientali, vuoi per tradizioni culturali, dalla tribù più sperduta ed "anacronistica" alla metropoli più democratica e tecnologica, il denominatore comune è sempre la divisione verticale dei ruoli e dei poteri, con conseguente divisione "di diritto" delle risorse e delle possibilità sociali. Sintomatico (e ancora descrittivo) è che le varie direzioni politiche del "mondo evoluto", non si siano dimostrate capaci di emanciparsi dalla sopraffazione, tenendo ancora ben imbrigliato quel quasi messianico "potenziale di poter essere altro".
Inoltre, la spontaneità con cui è spuntata anche la "sopraffazione 2.0" dei vari "
ing" (
mobbing,
stalking,
bullying,
shaming, etc.) conferma l'ennesima mutazione di forma (per quanto insignificante, in questa sua forma, a livello globale) di un processo relazionale a quanto pare radicato, se non nella genetica, in una certa socialità piuttosto "
triggering" (considerando come tale "tendenza a sottomettere" non sia quello che viene propugnato a scuola, eppure riesce comunque ad emergere, come elaborazione di un disagio o altro, e quantomeno come un meccanismo che pare ritrovare una risonanza in pulsanti "inclinazioni limbiche").
Sicuramente la società, dagli assiri in poi, in quanto "organizzazione complessa", è strutturata in forme gerarchiche e di fatto, solo la società differenziata (e quindi gerarchica), come la chiamava Durkheim, rispetto alla società segmentaria, riesce a mettere in moto il benessere così come lo conosciamo nel XXI secolo BC.
Di per sè la gerarchia non è violenta, anzi può difendere la società dalla violenza. La gerarchia in qualche modo è la corrispondenza sociale della diversità dei singoli esseri umani. Per quanto sia bello da pensare (in realtà neppure tanto), non siamo tutti uguali. Siamo tutti molto differenti, proprio ma non solo, a causa di quella società differenziata e complessa in cui siamo inseriti. E pertanto la gerarchia e la distribuzione di poteri diversi non deve scandalizzarci. Lo scandalo sta nella misura in cui questa distribuzione non è più collegata con il merito oppure la scala delle differenze diventa troppo lunga.
Un altro aspetto diverso della violenza contemporanea è legato all'anomia (altro concetto di Durkheim), ovvero all'assenza di legami forti, quasi tribali, presenti nelle antiche società contadine, dove il controllo era fatto dai capifamiglia. In una società dove prevale il continuo spostamento alla ricerca di migliori condizioni di vita, questo controllo viene meno. Non ci sentiamo più parte di un gruppo, di un clan, di una famiglia allargata, ma siamo tutti soli di fronte alla "gente". Forse per questo è molto attraente far parte di una loggia massonica, di un gruppo di tifosi, di un partito politico di estrema destra, o di una chiesa eretica.
Detto questo, vi sono elementi che indicano come nel percorso storico dall'uomo della pietra ad oggi, la violenza sia notevolmente diminuita. In Europa Occidentale si commettono mediamente 2 omicidi ogni 100.000 abitanti. Nel medioevo si arrivava anche a 100 (cfr Pinker: il declino della violenza). Tanto per capire, come se in una città come Genova, di 600.000 abitanti, vi fossero 600 omicidi all'anno. Non siamo arrivati a tanto neppure in piena era del terrorismo o della guerra di mafia. Oppure pensa al tribunale di Norimberga. Per quanto si possa giustamente accusare di essere una forma di giustizia un pò pelosa, si tratta del primo caso di processo intentato ad autorità militari, che in precedenza non si sono mai sognate di poter essere processate per aver avviato una guerra.
Inevitabilmente noi sapiens siamo ciò che ci accade intorno. La guerra in Ucraina ad esempio, anche se finisse oggi, avrà bisogno di altri cento anni per finire davvero, poichè il trauma, ciò che è avvenuto ha lasciato tracce indelebili in chi ha fatto esperienza di quella guerra. E quel trauma sarà trasferito ai figli, fino ai nipoti (ci sono studi molto seri sul passaggio del trauma dei campi di concentramento nazisti, fino appunto alla generazione dei nipoti). Se invece immaginiamo un cenacolo di persone che si votano al bene e si prodigassero per il prossimo, quelle persone acquisirebbero automaticamente quel tipo di comportamento, che diverrebbe la loro "natura". In questo senso noi siamo "neuroplasticamente adattabili". Ma come puoi ben capire, le strutture sociali potrebbero avere interessi contrastanti rispetto all'accettazione di questa nostra flessibilità, oppure manipolarla, proprio perchè adattabile a qualsiasi interesse in cui si crede. Lo stesso essere convinti del detto "homo homini lupus" lo rende vero, proprio a causa della capacità dell'uomo di essere ciò che crede.
Questo è un punto importante: gerarchia non implica automaticamente sopraffazione e sfruttamento. Ideologicamente, sì.
E si torna alla questione di analizzare le dinamiche sociali più approfonditamente di quanto gli "habitat" edificati dalle classi dominanti abbiano interesse a fare. Habitat in cui, tralasciando tutte le altre leve del potere, l'intelligenza del padrone è sempre più avanti dell'intelligenza dello schiavo. Fino a far apparire del tutto "naturale", quello che naturale non è, ma solo storicamente determinato.
Storia che, presa coscienza del problema, genera anche le sue alternative. Nelle quali, tra le altre cose, anche la violenza cambia di segno in lotta di liberazione. Solitamente più per necessità che per utopia.
Non intendendo la sopraffazione come mera "violenza della clava", piuttosto arginata dalle legislazioni moderne e, come già detto, trasmutata in forme di sopraffazione più strumentali, mi riesce difficile ricordare (ma qui fate bene a diffidare della mia memoria) una gerarchizzazione sociale che non implichi sopra-fazione: sia nel senso di essere "retti" da chi sta sotto, sia nel senso di avere vantaggi rispetto a chi sta sotto (continuando per semplicità con questa icastica metafora delle verticalità). Banalizzando: in una tribù, pur senza denaro e altri orpelli moderni, il capo villaggio è tale per la sopraffazione che esercita sugli altri, nel senso che decide lui come gli altri debbano comportarsi, associando a questo potere magari anche il "benefit" della capanna più grande e la fiducia dei guerrieri che ne applicano la legge. In una società più complessa la piramide è ben più strutturata, ma i meccanismi che denotano la verticalizzazione restano perlopiù i medesimi. Non credo sia questione né di ideologia né di natura plastica del cervello: stando ai fatti, mi pare che ovunque la gerarchia abbia sempre comportato oggettivamente privilegi per chi sta sopra a spese di chi sta sotto (e questo non è quello che le classi dominanti hanno interesse a raccontare, eppure è così lampante che non serve nemmeno che lo ammettano).
Forse non sarà la natura umana o è questione di contingente "determinazione storica" (l'unica ovunque e da sempre, tranne sparute mosche bianche? Normale allora che qualcuno la scambi per "naturale"; più difficile sostenere che la natura sia ben altra ma non riesca mai ad affiorare), tuttavia quando Ipazia ricorda che «l'intelligenza del padrone è sempre più avanti dell'intelligenza dello schiavo»(cit.), magari si può non concordare sull'intelligenza, ma va riconosciuto che stando sopra il padrone ha di certo risorse e vantaggi che ne agevolano le modalità di sopraffazione (ripeto, nei modi contemporanei, non tramite violenza o vessazione fisica). Così come è altrettanto innegabile che talvolta «la violenza cambia di segno in lotta di liberazione»(cit. Ipazia) confermando come, a proposito di natura umana, l'aggressività sia uno strumento spontaneo, non solo per chi se ne serve per restare in alto, ma anche per chi vuole (ri)emergere, poiché la verticalità non è, appunto, solo questione di ideologia, ma soprattutto di funzionalità e livello di benessere. Sintomatico che le "alternative" ad una gerarchizzazione sfocino puntualmente in un'altra gerarchizzazione che ripete la sottomissione del basso all'alto, seppur in forme differenti (quando membri "del basso" sono riusciti a salire un po' sono diventati borghesia, disprezzata da chi invece non è riuscito ad emergere; anche questo è un sintomo di come sia la natura umana, quella dei libri di storia, prima che di antropologia o neuroscienze).
Non sto dicendo che la gerarchia concettualmente funziona solo se chi sta sotto viene sfruttato, tuttavia mi pare che l'animale umano tenda sempre e ovunque a declinarla in quel modo, il che mi fa sospettare che il suo rapporto con l'habitat e con i suoi simili non sia questione di recente deformazione ideologico-capitalistica della sua buona natura, ma prassi oggettiva del suo relazionarsi in modo strutturato agli altri e al mondo (e qui c'è lo "svincolo autostradale" per uscire dalla strada della descrizione storico-antropologica ed entrare nella progettazione del "mondo che vorremmo").
Sta cosa del servo e del padrone a me fa venire in mente Hegel quando diceva che il servo al servizio del padrone aquisisce abilità manuali e tecniche di un mestiere al quale diviene sempre più esperto e sempre più indispensabile e il padrone , non lavorando, sempre meno conoscitore del mestiere e perciò sempre più dipendente dalle abilità lavorative del servo così che in realtà non è il servo alle dipendenze del padrone ma l opposto.
Anche noi abbiamo creato dei servi da cui ora siamo dipendenti . Pensate a quando non troviamo il cellulare o il pc non funziona .
Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2023, 11:39:11 AMNon intendendo la sopraffazione come mera "violenza della clava", piuttosto arginata dalle legislazioni moderne e, come già detto, trasmutata in forme di sopraffazione più strumentali, mi riesce difficile ricordare (ma qui fate bene a diffidare della mia memoria) una gerarchizzazione sociale che non implichi sopra-fazione: sia nel senso di essere "retti" da chi sta sotto, sia nel senso di avere vantaggi rispetto a chi sta sotto (continuando per semplicità con questa icastica metafora delle verticalità).
In effetti dalla preistoria non ci siamo ancora schiodati. Si sono inventate anche investiture divine per prorogarla sine die, ma questo non significa che non ci schioderemo mai.
CitazioneBanalizzando: in una tribù, pur senza denaro e altri orpelli moderni, il capo villaggio è tale per la sopraffazione che esercita sugli altri, nel senso che decide lui come gli altri debbano comportarsi, associando a questo potere magari anche il "benefit" della capanna più grande e la fiducia dei guerrieri che ne applicano la legge.
Salvo investiture divine farlocche, questa situazione nelle piccole comunità non si verifica mai. Il capovillaggio è primo inter pares, viene nominato da un consiglio più o meno ampio di componenti il gruppo sociale, consiglio che partecipa pure alle decisioni "etiche" della convivenza. In modo che il capo villaggio non sia sopraffatto dalle decisioni che deve prendere sulla vita altrui.
CitazioneIn una società più complessa la piramide è ben più strutturata, ma i meccanismi che denotano la verticalizzazione restano perlopiù i medesimi. Non credo sia questione né di ideologia né di natura plastica del cervello: stando ai fatti, mi pare che ovunque la gerarchia abbia sempre comportato oggettivamente privilegi per chi sta sopra a spese di chi sta sotto (e questo non è quello che le classi dominanti hanno interesse a raccontare, eppure è così lampante che non serve nemmeno che lo ammettano).
La gerarchia nelle organizzazioni sociali è artefatta quanto la loro divisione in classe. Sarebbe "naturale" se vi fosse uno scontro fisico tra gli aspiranti al trono, invece l'organizzazione sociale classista permette a qualsiasi debosciato di comandare, purchè disponga di un esercito di gorilla.
CitazioneForse non sarà la natura umana o è questione di contingente "determinazione storica" (l'unica ovunque e da sempre, tranne sparute mosche bianche? Normale allora che qualcuno la scambi per "naturale"; più difficile sostenere che la natura sia ben altra ma non riesca mai ad affiorare), tuttavia quando Ipazia ricorda che «l'intelligenza del padrone è sempre più avanti dell'intelligenza dello schiavo»(cit.), magari si può non concordare sull'intelligenza, ma va riconosciuto che stando sopra il padrone ha di certo risorse e vantaggi che ne agevolano le modalità di sopraffazione (ripeto, nei modi contemporanei, non tramite violenza o vessazione fisica).
Bontà tua, ma così ci allontaniamo da physis ed ethos ed entriamo incapprettati nella polis.
CitazioneCosì come è altrettanto innegabile che talvolta «la violenza cambia di segno in lotta di liberazione»(cit. Ipazia) confermando come, a proposito di natura umana, l'aggressività sia uno strumento spontaneo, non solo per chi se ne serve per restare in alto, ma anche per chi vuole (ri)emergere, poiché la verticalità non è, appunto, solo questione di ideologia, ma soprattutto di funzionalità e livello di benessere.
Scambiare la violenza politica per aggressività animale odora tanto di ideologia darwinista sociale. Storicamente determinata una polis, come affermava un tale, "la guerra è il proseguimento della politica con altri mezzi". Insomma: artificio. Che quando parte dal basso è per lo più imposto da circostanze storiche insopportabili, che perseguito complottando per gusto di complotto.
CitazioneSintomatico che le "alternative" ad una gerarchizzazione sfocino puntualmente in un'altra gerarchizzazione che ripete la sottomissione del basso all'alto, seppur in forme differenti (quando membri "del basso" sono riusciti a salire un po' sono diventati borghesia, disprezzata da chi invece non è riuscito ad emergere; anche questo è un sintomo di come sia la natura umana, quella dei libri di storia, prima che di antropologia o neuroscienze).
Condivido il finale, che nega la natura naturale della fantomatica "natura umana". Checchè ne dicano i tromboni del sistema classista, i libri di storia sono ancora aperti e ci si può scrivere una storia totalmente diversa dalla preistoria, liberandoci dei debosciati e dei loro gorilla. Ammetto comunque che le prime sperimentazioni non siano state entusiasmanti, ma prima o poi il più pesante dell'aria volerà. Quantomeno vale la pena di provarci vista la schifezza dello "stato di cose reali" spacciate per "naturali".
CitazioneNon sto dicendo che la gerarchia concettualmente funziona solo se chi sta sotto viene sfruttato, tuttavia mi pare che l'animale umano tenda sempre e ovunque a declinarla in quel modo, il che mi fa sospettare che il suo rapporto con l'habitat e con i suoi simili non sia questione di recente deformazione ideologico-capitalistica della sua buona natura, ma prassi oggettiva del suo relazionarsi in modo strutturato agli altri e al mondo (e qui c'è lo "svincolo autostradale" per uscire dalla strada della descrizione storico-antropologica ed entrare nella progettazione del "mondo che vorremmo").
Il Capitale non ha fatto nient'altro che prendere dalla storia la forma di dominio che gli è più congegnale, coniugando all'ennesima potenza: know-how, gerarchia e politica. Rigettando pure quel "noblesse oblige" che dava un'incipriata etica alla dominazione aristocratica.
Responsabilità che è funzionale all'organizzazione sociale gerarchica tanto quanto la dissolutezza. Pillola rossa o blu ?
Se il capovillaggio è "primo inter pares" solitamente non sono tutti indiscriminatamente "pares", magari (vado per stereotipo) c'è il consiglio di anziani che comanda i giovani guerrieri che proteggono le donne; e già così la piramide gerarchica ha quattro gradini i cui membri non sono "pares" per potere, ruolo sociale, etc. Nondimeno il villaggio globale di miliardi di persone esterne alla piccola tribù, conferma quanto su larga scala tale disparità resti tale, mutatis mutandis, anche quando non c'è da cacciare cibo e combattere per l'accesso al fiume.
A scanso di equivoci, questo intendo con «naturalità» o con «natura umana»: non lo stadio primordiale della tribù o l'istinto animale, ma naturalità come spontaneità che porta sempre al medesimo risultato (gerarchia) a prescindere da luoghi, tempi e livello di sviluppo tecnologico. La gerarchizzazione è dunque artefatta tanto quanto è artefatta la costruzione ed uso di strumenti tecnici: entrambe sono tendenze spontanee che denotano la natura umana e, non a caso, il manifestarsi di entrambe prescinde appunto da luoghi, tempi e livello di sviluppo tecnologico (come ci suggeriscono la storia e l'antropologia).
Nella polis come nella metropoli è quindi naturale che l'uomo si strutturi in gerarchia, perché non ha mai fatto altrimenti e perché il suo habitat e il suo cervello (razionalità, creatività, istinto di sopravvivenza, finalismo, etc.) lo spingono a farlo.
C'è la possibilità di una svolta storica, di un mutamento della natura umana, di una società globale senza gerarchie? Le "costanti etologiche" dell'uomo non sembrano vacillare più di tanto nonostante gli otto miliardi di individui e i millenni di storia, per cui la domanda forse è: pillola per sognare un futuro migliore o pillola per restare sincronizzati con l'attualità? Lsd o mentina? Nella mia grigia serenità apolitica, preferisco la seconda.
Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2023, 15:50:23 PMC'è la possibilità di una svolta storica, di un mutamento della natura umana, di una società globale senza gerarchie?
No, ma c'è la possibilità di gerarchie, non di dominio, ma amministrative.
Tertium datur tra LSD e mentina.
Stavolta temo che, a malincuore, "tertium non datur", nel senso che nella realtà di tale terzo non scorgo traccia; possiamo augurarcelo, magari "vederlo" in "sogni lucidi", ma in ogni gerarchia amministrativa che mi viene in mente, l'amministrazione ha una sua piramide verticale e non è indifferente stare sopra o sotto, fintanto che l'amministratore decide cosa possono e devono fare gli amministrati, fintanto che gli amministratori si accordano fra loro "sopra" gli amministrati, fintanto che lo stipendio dell'amministratore non è quello dell'usciere, etc.
Un domani non sarà più così? Chissà: c'è la realtà e c'è la possibilità, c'è la storia e c'è il futuro, c'è la descrizione e c'è il progetto.
Il tuo concetto di "amministrare" è tarato sulla società classista, resa paradigmatica, laddove esiste solo il comandare. Vi sono altri modi di amministrare e occupare un livello gerarchico: attraverso il consenso e l'autorevolezza delle proprie competenze professionali. In particolare, quando si amministra un bene comune come la polis, rendendo un servizio qualificato. "La sovranità appartiene al popolo..."; bene, basta realizzarlo.
"Al mondo non resta che far torto o patirlo". Se questo fosse l'habitus "naturale" dell'uomo non dovremmo sentire alcun disagio nell'ascoltare questa frase dell'Adelchi. Ed invece, a meno che non si abbia una personalità antisociale, una frase del genere non possiamo accettarla, almeno su di noi. Basterebbe questo per riflettere sulla nostra vera "natura".
Oppure pensiamo al ruolo della donna. Come è stato possibile trasportarla da una concezione "naturale" di semi/animalità ad un livello sostanzialmente paritario con l'uomo? Semplicemente abbiamo adattato il nostro cervello a questa nuova immagine e, fatto ancora più eclatante, anche la donna si è adattata ed ha finito per ricoprire gli stessi ruoli dell'uomo, grazie al potere di questa immagine riflessa su di sè, non più come soggetto sentimentaloide "Angelo del focolare", ma come soggetto dotato delle stesse qualità umane, prima concepite appannaggio del solo membro maschio dei sapiens.
Non c'è stato bisogno di alcuna rivoluzione violenta ma di un lento processo di emancipazione durato almeno quattro secoli, dalla regina Elisabetta I, ad oggi. In questo processo molte forze hanno tentato di contrastare questo percorso e tuttora queste forze sono più che vive nei tre quarti del mondo odierno.
Questo per dire che nulla è scritto in modo "naturale" nella storia dell'uomo, perché paradossalmente la "natura" ha fatto questa scommessa, nel momento in cui ci ha dotato di un cervello che non si era mai visto prima, nella lenta processione delle specie viventi ed estinte. Occorre ora capire se è stata una scommessa vincente oppure no.
Ma chi si professa discepolo del "Was ist Aufklarung" non può far altro che seguire questa scommessa.
Non so che neurologi consulti Jacopus, ma l'ultima volta che lessi qualcosa a riguardo mi si raccontava, a torto o ragione non saprei, che i sistemi ormonali che regolano le gerarchie sociali predatano evoluzionisticamente l'arrivo degli animali sulla terra ferma, e sono rimasti lì, hanno visto passare gli assiri ed i comunisti e li hanno salutati con la manina. Essendo che la caratteristica principale degli animali l'abilità di essere animati, cioè di muoversi - non me ne vogliano gli esperti di tassonomia - ogni zolla di terra diventa terra di conquista e competizione. A mio avviso la cultura al contrario ha costantemente tentato di mitigare l'impatto delle gerarchie, in maniera molto, molto lenta, parlo di un trend che, almeno io, vedo, in migliaia di anni, e che non ha niente a che fare con le convizioni politiche, fino ad arrivare ad oggi, dove persone che in natura sarebbero morte per competizione nel primo anno di vita, arrivano tranquillamente all'ospizio, anche nel cattivissimo capitalismo. Comunque, penso in generale sul tema del thread, che sarà praticamente impossibile arrivare a capo della natura e consistenza del monolite nero, almeno finchè il soggetto che studia e l'oggetto di studio combaceranno. Per questo penso che lo sviluppo dei computer e dell'IA, sempre che continueremo a svilupparlo, potrà fornire qualche risposta in parallelo. Un computer degli anni '70 era in grado di risolvere semplici operazioni, oggi dipinge quadri e compone musica classica di difficile riconoscimento rispetto a quella umana, eppure è sempre in principio lo stesso sistema, con la spina e le ventole. La quantità può illudere o alludere ad una differenza qualitativa, la forma geometrica che meglio rappresenta, secondo me, questo effetto, è quella della spirale. Ci sono molte teorie riguardo a cosa possa essere questo quid, io stesso ne ho una che non ho mai sentito da nessuna parte, perciò suppongo personale, ma penso neanche abbia senso che la dica, non credo sia niente più che un esperimento mentale, così come gli altri che hanno tentato di rispondere alla stessa domanda. Saluti.
Citazione di: InVerno il 08 Gennaio 2023, 09:12:25 AMEssendo che la caratteristica principale degli animali l'abilità di essere animati, cioè di muoversi - non me ne vogliano gli esperti di tassonomia - ogni zolla di terra diventa terra di conquista e competizione.
Ma c'è un "piccolo" problema evolutivo: siamo predatori non predabili che si moltiplicano a macchia d'olio. Non resterebbe che il cannibalismo se ...
CitazioneA mio avviso la cultura al contrario ha costantemente tentato di mitigare l'impatto delle gerarchie, in maniera molto, molto lenta, parlo di un trend che, almeno io, vedo, in migliaia di anni, e che non ha niente a che fare con le convizioni politiche, fino ad arrivare ad oggi, dove persone che in natura sarebbero morte per competizione nel primo anno di vita, arrivano tranquillamente all'ospizio,
... non attivassimo dispositivi culturali che permettono la convivenza umana, capaci di "sublimare" le gerarchie del branco, le quali, si badi bene, si basano sul merito (bestiale) e non sugli artifici giuridici e militari delle società classiste che, piuttosto che il più forte, come avviene nel branco naturale, premiano il più malriuscito purchè "figlio di ..." fin dalla notte dei tempi "civili". Quindi il "lucido sogno" è ripristinare il giusnaturalismo (senza assi ereditari) che premia i "benriusciti", ritarati sul metro di una civilizzazione civile (ingegno, abilità, abnegazione, talento organizzativo, onestà materiale e intellettuale, ...)
Citazioneanche nel cattivissimo capitalismo.
Mai dire mai: un virus che discrimina attempati e malriusciti secondo il criterio della mercificazione umana l'abbiamo già in corso di sperimentazione. Si tratta solo di perfezionarlo.
Penso che l'essere umano sia un semplice animale come tutti gli altri e che le distinzioni che noi proponiamo per elevarlo sarebbero secondo me nulla più che una conferma che un animale abbia i suoi modi di esserlo che riguardano, oltre l'individuo, anche la specie in cui è inserito. L'estrapolazione che fa Jacopus dall'Adelchi "Al mondo non resta che far torto o patirlo", può benissimo essere ridotta ad una esistenza della coppia forte/debole. Allora, come ha già ventilato inVerno, il più debole forse potrebbe con uno stratagemma prevaricare il più forte e invertire secondo lo stesso schema il nuovo ordine. Ma allora cosa abbiamo capito?
Opinione molto personale: in una società prevalentemente eterosessuale la donna ha un grande potere, ed è il potere della "gnocca". Mi viene in mente un varietà televisivo che si intitolava "Mai di sabato signora Lisistrata" e che andava in onda quand'ero piccolo. Il varietà era tra l'altro ispirato ad una commedia di Aristofane in cui le donne proclamarono lo sciopero della "gnocca" per far cessare la guerra. Non dico altro se non auspicare un re-incontro tra uomo e donna. Siccome poi noto che le mie speculazioni molto astratte mi portano pensare ai vortici, mi piacerebbe che inVerno, il quale vede "spirali" dicesse qualcosa in merito
@InVerno
Se l'uomo ha anche una sua "natura estetico-edonistica" (nel senso che dicevo in precedenza), di cui fa parte il delegare compiti ai computer per guadagnare in ozio o produttività (a seconda dei casi), le analisi "etologiche" che l'AI potrebbe fornire sull'animale-uomo non credo saranno gradite al narcisismo umano. L'AI potrebbe essere uno di quegli specchi così limpidi e sinceri tanto da "meritare" reazioni luddiste (tanto quanto sono bistrattate, non a caso, le correnti estremamente razionaliste in filosofia).
Ben venga la condivisione del tuo "esperimento mentale", sia esso in stile Turing, Davidson o... Logos. Come detto, nel mio piccolo preferisco la verosimiglianza del "gusto menta" (sembra menta ma non è) ai viaggi in stile LSD (Lenin, Stalin, Deng-Xiaoping) che prima iniziano con un incantato «supponiamo che l'umano non si comporti più da umano...» per poi svegliarsi con hangover piuttosto infausti; ma lasciando da parte i miei gusti personali, credo abbia sempre senso esporre la propria teoria: in questo forum ne abbiamo lette di cotte e di crude, ed è forse proprio questo il bello.
CitazioneInverno scrive: Non so che neurologi consulti Jacopus, ma l'ultima volta che lessi qualcosa a riguardo mi si raccontava, a torto o ragione non saprei, che i sistemi ormonali che regolano le gerarchie sociali predatano evoluzionisticamente l'arrivo degli animali sulla terra ferma, e sono rimasti lì, hanno visto passare gli assiri ed i comunisti e li hanno salutati con la manina.
Consulto quelli che di solito cito, Pinker, Panksepp, Benjamin (Jessica non Walter), Northoff, Ledoux, con incursioni nel mondo della psicoanalisi nella sua versione klein-Winnicot-Bowlby. Tutta gente che ha solide basi scientifiche (sono quasi tutti medici) ma che comprendono come il cervello, data la sua natura anomala, non può essere studiato solo scientificamente, proprio per il motivo a cui alludi anche tu, ovvero sull'anomalia di un oggetto di studio studiato dallo stesso oggetto (l'uomo che studia sè stesso insomma).
Tornando alla morfologia del SNC, quello che dici è corretto, ma immagina il cervello umano come una costruzione paleontologica vivente, dove sono conservati cervelli precedenti a cui si sono aggiunti cervelli successivi, poichè questo è accaduto. La natura cerca di non buttare via niente, se questo non è troppo energivoro, basti pensare al coccige, che non ha alcun funzione, se non nel ricordarci che un tempo potevamo esibire una splendida coda.
A livello di protoencefalo accade quello che tu dici. Gli ormoni vanno e vengono e attivano i neurotrasmettitori giusti. Se un orso dovesse far capolino sulla tua strada, sicuramente l'andrenalina farà il suo sporco lavoro nel tuo organismo. Idem nel caso in cui dovessi acarrezzare il tuo cane fedele. In quel caso sarà l'ossitocina a farla da padrone. Ma accanto a questi meccanismi ormonali che non sono stati annullati ma che, anzi, continuano ad avere importanti funzioni vitali, esiste un cervello superiore, sovrapposto a quelli che vengono tradizionalmente definiti protoencefalo e mesencefalo, che viene invece chiamato "neocorteccia", che ha una proporzione molto elevata sul peso complessivo del nostro cervello, che non ha eguali in natura. Ed è qui, nella neocorteccia, che ci distinguiamo dagli altri esseri viventi (rispetto ai quali comunque condividiamo tutte le modalità di funzionamento e anche lo stesso sviluppo morfologico). E' nella neocorteccia che si attivano quelle capacità di "pensare altrimenti", "pensare in modo lungimirante", "trovare alternative". Nel momento in cui si sviluppò la tecnica, questa nostra eredità biologica ha interagito con la cultura, amplificando il nostro "pensare altrimenti" e la nostra capacità di non seguire eventuali pattern biologici, ma costruire quelli che ritenevamo culturalmente più adatti. E siccome abbiamo vinto la sfida con la natura, in termini di sopravvivenza della specie (almeno per ora), possiamo tranquillamente dedicarci a tutti gli esperimenti in termini di violenza, aggressività, benevolenza, pace, cooperazione, individualismo. Come del resto ci confermano gli studi antropologici, sulle diverse tendenze di diverse popolazioni, le une più inclini alla violenza e le altre più inclini alla cooperazione e benevolenza. Eppure tutti hanno biologicamente lo stesso cervello.
Siamo il frutto della nostra storia culturale, molto più che della nostra storia biologica. In ogni caso, non bisognerebbe dimenticare nè l'una, nè l'altra.
Penso che i dati che cita Jacopus probabilmente saranno esatti, ma quel che vi sarebbe di sbagliato è la loro interpretazione. A comandare un sistema nervoso sarebbe il primo cervello che è nato, non l'ultimo. L'ultimo, quello linguistico o artistico, altro non potrebbe fare che mediare i segnali che provengono da quello più arcaico. O si sta da una parte, o si sta dall'altra
Citazione di: Ipazia il 07 Gennaio 2023, 16:41:01 PMNo, ma c'è la possibilità di gerarchie, non di dominio, ma amministrative. Tertium datur tra LSD e mentina.
Quindi libera impresa in libero mercato, che bella notizia, ipazia si sta convertendo! 😀
Citazione di: anthonyi il 09 Gennaio 2023, 07:06:35 AMQuindi libera impresa in libero mercato, che bella notizia, ipazia si sta convertendo! 😀
No, perché l'esproprio di beni comuni, detto eufemisticamente "privatizzazione", non è ammesso. E ancor meno la trasmissione ereditaria di tale espropriazione. Libera impresa/mercato di sè e dei propri talenti, a blocchi di partenza e traguardo bene allineati.
Grazie per le risposte, purtroppo essendo in viaggio ho solo ritagli di tempo per rispondere, provo a riassumere.
@Ipazia, sono rimasto sorpreso quando hai confermato, finalmente - perchè leggevo ma non riuscivo appunto a rispondere - che gerarchia non implica automaticamente sopraffazione, detto da te suppongo valga doppio, anche date le precisazioni sul termine di Phil, rimane un retrogusto sadomaso che mi lascia perplesso sul valore della neurologia a riguardo. Intendo dire, che data un rappresentazione riduzionistica delle gerarchie come rapporti di forza, la neocorteccia ed i neurologi possono dire tante cose, ne possono dire meno a chi ha una visione più "olistica" del rapporto gerarchico. Non nego il ruolo della forza, ma lo vedo al massimo aumentare di importanza man mano che le gerarchie passano dall'informale al formale, dalla spontaineità alla reiterazione. Specialmente nelle gerarchie come la famiglia, che è un pò la "scuola" di tutte le gerarchie che abbiamo fatto tutti, ma anche in quelle para-informali pare che tutto quel bel armamentario "positivo" di collaborazione ed empatia, siano parti prevalenti della relazione gerarchica, l'abilità del "gerarca" di accedere a strumenti coercitivi è quasi sempre un ultima ratio nel caso in cui abbia fallito il resto. Anche la forza e la disparità di trattamento e compensazione, rientrano spesso in una narrativa che le rende accettabili solamente come fattore di moltiplicazione del risultato cooperativo, nel caso in cui il risultato fa schifo, la forza può davvero poco nel tenere insieme la combriccola. Ma se non è la conditio sine qua non, non vedo il senso di sottolinearlo lessicalmente come vettore principale della gerarchia, se non in termini ideologici.
@Daniele, curiosamente, a modo tuo, hai toccato un punto dirimente sulla questione, non uomo-animali, ma delle gerarchie. Perlomeno, io se fossi invitato ad un duello con l'egualitarismo, probabilmente sceglierei la selezione sessuale delle donne come proiettile d'argento. Anche quella degli uomini produce risultati, ma le donne hanno un investimento vitale molto più importante con la gravidanza, perlomeno finchè gli uomini non interiorizzeranno istintivamente la paura di pagare alimenti e perdere la casa. La questione ha delle ramificazioni storiche, ad esempio la relazione tra l'egualità imposta dell'URSS e il collasso demografico dello stesso paese, che dimostrano come pur con tutti gli sforzi del caso, alle donne la storia che un maschio vale uno, proprio pare non andare giù, e preferiscano lo "sciopero". Oggi stesso, con il decadimento di istituti come il matrimonio, vediamo che le donne sempre più libere di scegliere il partner che gli aggrada, concentrino le loro attenzione in maniera per niente egualitaria (ipergamia) e altre cosuccie interessanti, compreso il fatto che continuano imperterrite a selezionare per capacità di "soppraffazione", nonostante i "buoni sentimenti" siano così celebrati in tv. Si dirà che se HappyDays avesse dato tutta la "gnocca" a Ritchie anzichè a Fonzie, le neocorteccie delle donne avrebbero imparato a premiare i "good boys", lo si può dire, ignorando le evidenze descrittive e transculturali del contrario. Curiosamente, proprio ieri parlavo con una signora che si definiva marxista e femminista allo stesso tempo, niente di nuovo, ma dentro di me sorridevo perchè pensavo che un pò come il bastone di Asclepio, conteneva nella sua testa sia il veleno che la cura.
Citazione di: Alberto Knox il 05 Gennaio 2023, 21:21:09 PML uomo pare anche essere l unico essere vivente in grado di modificare l ambiente a seconda delle propie esigenze ma non è stato in grado (e i fatti lo dimostrano) di mantenere un rapporto equilibrato al cambiamento reciproco con l ambiente. Il modificarsi dell ambiente infatti ha modificato l uomo stesso. HA modificato l etica, la ragione, il modo di comunicare e con internet siamo diventati un villaggio globale ,in quanto ha permesso l accomulazione e la trasmissione di un sapere comune oltre alla comunicazione immediate a grandi distanze. Tutto questo, e altro, ha favorito un accelarazione dell evoluzione socio/culturale ma le modalità innate di azione e di reazione istintuali non possono essere state in grado di seguire l evoluzione accelerata storico/culturale (in quanto organiche e quindi più lente) e rimangono ancora legate a quello che l ambiente (la natura)non modificato aveva dato all uomo come al resto degli animali. Di conseguenza le due evoluzioni (organiche e sicio/culturali) non sono perfettamente simcronizzate con le condizioni di civiltà in cui l uomo è venuto a trovarsi ad opera delle sue attività mentali.
I castori dove li mettiamo ?
Citazione di: atomista non pentito il 09 Gennaio 2023, 10:10:11 AMI castori dove li mettiamo ?
Sì va bene allora mettiamoci anche la talpa che scava gallerie e le formiche . intendevo cambiamenti radicali dell intero habitat
Il fatto che il sapiens modifichi con il proprio comportamento l'habitat comune piu' di cio' che fa il castoro o la talpa o la formica non lo rende diverso da questi. Ha solo evoluto modalita' diverse che probabilmente gli si ritorcono contro. Sempre animale e' ( piu' "scemo" alla fine dei giochi nonostante le "divine commedie" i "michelangeli ", i "raffaelli" , i "marx" e gli "einstein" passando per i "nietsche")
Mi pare che qui nessuno abbia detto che l uomo non appartiene al regno animale ed è un peccato perchè altrementi avrei chiesto ; allora cos'è ? ..
C'e' un punto interrogativo alla fine del titolo di questa discussione..........
L' essere umano è un IBRIDO. Carne e cultura , con la seconda che lentamente va a prevalere sulla prima. Nel futuro, nel metaverso, quando ci accoppieremo, anche sessualmente, con esseri virtuale, creati da noi stessi, l'ibridazione sarà completata. Dire che l'uomo fa parte del regno animale non è errato, ma è solo una parte di verità. L'essere umano è un essere ibrido. L'unico che conosciamo al momento.
Sì, il titolo ha una certa ambiguità in cui il "regno animale" funge da petitio principii di qualcosa che andrebbe rigorosamente definito, evitando così tanti sofismi e voli pindarici. Il "regno animale" esiste solo nella concettualizzazione umana. Ma che almeno sia rigorosa con cosa intende per ciò.
Biologicamente sono appartenenti al regno animale gli organismi eucarioti (cioè con DNA separato dal resto della cellula), mobili, eterotrofi (cioè che si servono di altri organismi per sopravvivere, a differenze delle piante che sono autotrofe). Forse c'è anche qualcos'altro ma queste direi che sono le caratteristiche più importanti. Quindi sapiens appartiene a questo regno, indubitabilmente. Però, detto così, finisce il gusto. Infatti la domanda successiva è: "ma tutta questa cultura, i cucchiai, la letteratura, le armi, il fuoco, Enea, la psicoanalisi, le crociate, la scrittura, la risonanza magnetica funzionale, l'ironia e le religioni ci hanno in qualche modo trasportato in un nuovo regno (del tutto immanente, dal mio punto di vista, ma comunque diverso dal regno animale)?
Citazione di: Jacopus il 09 Gennaio 2023, 14:24:16 PMBiologicamente sono appartenenti al regno animale gli organismi eucarioti (cioè con DNA separato dal resto della cellula), mobili, eterotrofi (cioè che si servono di altri organismi per sopravvivere, a differenze delle piante che sono autotrofe). Forse c'è anche qualcos'altro ma queste direi che sono le caratteristiche più importanti. Quindi sapiens appartiene a questo regno, indubitabilmente. Però, detto così, finisce il gusto. Infatti la domanda successiva è: "ma tutta questa cultura, i cucchiai, la letteratura, le armi, il fuoco, Enea, la psicoanalisi, le crociate, la scrittura, la risonanza magnetica funzionale, l'ironia e le religioni ci hanno in qualche modo trasportato in un nuovo regno (del tutto immanente, dal mio punto di vista, ma comunque diverso dal regno animale)?
E' un falso problema, che nasce dal fatto che ogni volta che suddividiamo l'esistente in gruppi nominali, al fine di dominarlo culturalmente, iniziamo a credere che siccome hanno un nome allora esistono, dimenticando che il nome lo abbiamo dato noi.
Vero allora è che i nomi si possono diversamente ridistribuire, ma per quanto ciò si possa arbitrariamente fare, ci vuole un buon motivo per farlo, e al momento non vedo un buon motivo per creare nuovi regni.
Ma se volessimo farlo, suggerisco ''il regno di quelli che creano regni'', che è il regno dei regni, perchè senza di esso nessun altro regno esisterebbe.
Il problema vero è invece un altro, che sul modo in cui dividiamo l'esistente nominandolo, costruiamo le nostre società, assegnando diritti e doveri a coloro che abbiamo nominato, ma che non abbiamo nominato in funzione e in previsione di assegnarli diritti e doveri, per cui è prevedibile che non mancheranno contraddizioni nominali con le quali convivere .
Citazione di: Jacopus il 09 Gennaio 2023, 14:24:16 PMPerò, detto così, finisce il gusto. Infatti la domanda successiva è: "ma tutta questa cultura, i cucchiai, la letteratura, le armi, il fuoco, Enea, la psicoanalisi, le crociate, la scrittura, la risonanza magnetica funzionale, l'ironia e le religioni ci hanno in qualche modo trasportato in un nuovo regno (del tutto immanente, dal mio punto di vista, ma comunque diverso dal regno animale)?
Certo, finisce il gusto perché abbiamo intriettato quella cesura tra corpo e anima che catechisticamente dovrebbe farci entrare nel "regno di Dio". O del dio moderno, la Tecnoscienza.
Su suggerimento di iano direi di farla finita con questo tormentone dei regni, limitandoci alla constatazione che siamo animali con facoltà cerebrali particolari che ci differenziano da tutti gli altri animali. Argomento sviluppato ne "l'ape e l'architetto" del 1976 (M.Cini e colleghi) a partire da una frase di Marx nel Capitale.
@InVerno
Sulla "gerarchia", buona e cattiva, bisognerebbe aprire un discussione ad hoc (merito, compenso, differenziazione sociale, divisione del lavoro, etc)
Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2023, 15:50:57 PMSu suggerimento di iano direi di farla finita con questo tormentone dei regni, limitandoci alla constatazione che siamo animali con facoltà cerebrali particolari che ci differenziano da tutti gli altri animali.
Non c'è dubbio che le montagne che spezzano la pianura abbiano per noi una fascinazione e ad ognuna di queste fascinazioni diamo un nome.
Ciò però non significa che non vi sia continuità fra montagne e pianure, perchè quando vogliamo capire dove inizia e finisce una montagna dobbiamo metter da parte la fascinazione e chiamare un triste geometra che tracci quattro righe più o meno a caso.
Ma se le righe sono tirate a caso allora la montagna non esiste in sè, esiste però una fascinazione che vogliamo delineare.
Indicare la causa della fascinazione, che però non sappiamo precisamente determinare. Di sicuro esiste solo la fascinazione.
Esiste la percezione della montagna, ma non la montagna.
E cosa è la scienza se non l'esplicitazione di questa naturale percezione, di modo che si possa riprodurre a piacimento, provando a tirare linee più o meno a caso, per dire poi con blasfema, umana presunzione, qualcosa esiste dentro queste linee .
Ma come facciamo metterci d'accordo sulle linee da tirare, di modo che valgano per tutti.
E' sufficiente che qualcuno le tiri, e. che poi tutti insieme ci dimentichiamo che qualcuno le abbia tirate, ed è così che procede una comune cultura, tanto più solida, quanto dimentica delle proprie origini, perciò elegantemente mitizzabili.
Vuoi mettere un uomo abbigliato secondo la moda divina del momento e del luogo?
Fà un figurone.
Cit: iano
"E' un falso problema, che nasce dal fatto che ogni volta che suddividiamo l'esistente in gruppi nominali, al fine di dominarlo culturalmente, iniziamo a credere che siccome hanno un nome allora esistono, dimenticando che il nome lo abbiamo dato noi.
Vero allora è che i nomi si possono diversamente ridistribuire, ma per quanto ciò si possa arbitrariamente fare, ci vuole un buon motivo per farlo, e al momento non vedo un buon motivo per creare nuovi regni.
Ma se volessimo farlo, suggerisco ''il regno di quelli che creano regni'', che è il regno dei regni, perchè senza di esso nessun altro regno esisterebbe."
Sottoscrivo il pensiero e aggiungo che si potrebbe fare una petizione in tal senso ... ah ah ah ah! ...Aggiungo pure che sarebbe ora che le capacità cerebrali particolari che ci differenziano da tutti gli altri animali si rendessero conto dell'abbaglio che hanno preso e che ci riportassero ad essere uguali a tutti gli altri animali ... con le nostre particolarità
Io ponendo la questione in termini filosofici, sono arrivato alla conclusione che il dominio e' piu' reale dell'obbedienza, poiche' l'obbedienza comporta sempre autosservazione e autodominio.
Si puo' obbedire a un comando qualsiasi solo se si ha il controllo del proprio corpo e un certo grado di facolta' di percezione della comunicazione dell'altro, a cui conformarsi nelle azioni; quindi una minima scintilla di dominio riluce sempre, nella cosiddetta obbedienza: tale scintilla e' appunto il dominio mente-su-corpo esercitato da parte dell'hegeliano, e non solo, "servo" come condizione minima affinche' egli possa "servire", ovvero, piu' prosaicamente: ascoltare ed eseguire.
Mentre, asimmetricamente il dominio non comporta in modo necessario e necessitato anche autosservazione e autodominio; esso puo' avvenire secondo capriccio, pulsione o istinto.
Si puo' comandare anche a "corpo libero", o a "mente assente"; e piu' profondamente, la vera ragione del lottare infinitamente per il dominio e l'autoaffermazione in tutti i viventi e' il non sottomettere se stessi a nulla, quindi neanche a se stessi; una figura universale dell'estroversione/esteriorita' come oggetto del desiderio, in se' assolutamente provitale, se pure antiumana.
Si entra universalmente e spontaneamente in una GERARCHIA con la SEGRETA SPERANZA DI COMANDARE, di non essere gli ultimi e l'ultima ruota del carro in essa, e di ricevere, dai miracoli infiniti della gerachia stessa, un "servo" su cui proiettare il proprio desiderio di dominio, per non dire sadismo; e, solo di fronte a tale ineludibile speranza, si accetta come contropartita, l'ingombrante presenza di un "signore", di qualcuno che signoreggera' su di noi.
Poi, e qui entriamo nel merito della vicenda specificamente umana, ogni operaietto o soldatino appartenente all' "esercito dei trombati", quelli per cui la promessa del vero e naturale patto sociale illuministico che recitava;
"ad ogni servo, sia dato un servo"
non si e' avverata, poiche' essa di fatto era fin dall'inizio una promessa che voleva cavare l'infinito dal finito, un pozzo di san Patrizio o una catena di sant'Antonio, riceve come surrogato di un "servo", da usare e abusare nient'altro che il proprio stesso corpo, alla condizione specifica di identificarsi con la propria stessa mente.
Di operare una scissione che prima non c'era.
Cosi' inizia l'uomo, e dunque la filosofia.