E' stato un anno veramente difficile, sulla scorta di Heidegger: solo un Dio ci può salvare, ho provato, mio malgrado a vedere il buono delle religioni, delle gnosi, delle massoneria, delle teosofie e dell'antroposofia.
Direi che il video di Cacciari. E' impossibile non vederlo, perchè è il primo contributo serio, ad un proseguimento della filosofia, ha posto fine a quella ricerca (Che sembrava ideale e ingenua, ed effettivamente si è rivelata tale).
Mi lamentavo che in questo 21esimo secolo mancasse un pensiero filosofico, all'altezza dei tempi (non succube dell'abisso dei tempi, in cui ogni filosofia si è zavorrata via).
Finalmente come un destino. Certo proprio quel destino di cui ho sempre parlato. Ovvero il destino Heideggeriano. Sono giunto (bè ci sono sempre stato) alla gigantomachia del Severino. Oltre la transizione delle verità del Sini. E che ha trovato, nel tentativo politico di Cacciari, un dolore profondo, una ingenuità, che era però una necessità, della lotta corpo a corpo INTELLETTUALE (ossia certo politica).
Ma CHe finalmente ha spazzato gli ultimi rimasugli di quelle unghie che hanno solcato il terreno del monte che sarebbe dovuto essere dello spirituale. E che ha fallito, ha fallito di essere spirituale.
(nessun monte, solo una collinetta).
E non nel senso gnostico, di una iniziazione. Direi l'esatto contrario. In quanto lo spirito è su questa terra, non nei cieli, come quelli continuano imperterriti a cercare.
L'hanno capito in pochi.
Ecco che però, Cacciari ha fatto piazza pulita. Direi che infine è così, proprio perchè è sempre stato così.
Se il progresso è la potenza di poter zittire l'altro, e la sua grandezza fosse nel fatto di NON farlo.
Oggi è finita, non può essere più così. La scorreggia intellettuale della scienza è esplosa, e non c'è nessuna via di ritorno.
Sola la scimmia Nicciana, il pappagallo, il verme, (dei cani mi disgusta parlarne) potevano pensare ciò che non erano mai stati in grado di capire. Ossia pensare ad UN destino (non dico IL Destino).
Eppure ne parlavano, ne parlano, in un orgia di delirio, di promiscuità, dove ogni macedonia si mescola nella macedonia altrui. In gioco di rimandi onanistico, sintomo di quella superomismo, di quel gauchismo, di quel messianismo (dove ognuno è messia di se stesso, pazzia totale) che invece è esattamente quello che ogni vero messianismo avrebbe dovuto mettere nella fornace del disprezzo.
Sintomo del prezzo di questi tempi. Ve lo ripeto ancora PARANOIA e all'interno del giro paranoico (ossia del io non faccio, io sono morto) malattia (non esiste malattia nella psicanalisi, ma è per usare le categorie degli animali sopracitati) di questo secolo: la SCHISI.
Ovvero l'isteria.
Siamo diventate tutte delle isteriche.
Non possiamo andare avanti se non per dettame altrui, per telepatia, per telecinesi.
(e ovviamente questo andare avanti, che è l'equilibrista, che va da un capo all'altro. Non solo non capisce che non esiste capo, ma non si rende conto, che un capo porta all'altro nella forma della cerchio. Ossia proprio ha i criteri della religione. Bizzaria che il topic che mi precede parli proprio di questo.
La storia è una zoccola, un topo, a cui piace scherzare col tempo.
Ma ora che è finita non c'è nemmeno più l'intelligenza della satira.
ora
https://www.youtube.com/watch?v=X37Tus0BW-4Tornare indietro non si può più.
E' finita anche la mia utopia, l'utopia del destino, l'utopia heideggeriana.
E lo sapevamo. E lo sapeva anche Heidegger, solo non l'avevo capito.
E' sempre stato in quel discorso sulla potenza, la chiave del destino, ossia della morte del destino. Ma ci dovevo passare, ci sono passato, velocemente come una meteora. Gli Dei sono morti. Non esiste più il tempo su cui possano posare la loro resistenza (che poi era la nostra resistenza, il mio discorso non è mai stato religioso, mi spiace che non si sia capito, me ne dolgo).
Ora rimane solo la resistenza degli uomini.
Senza potenza. Senza destino. Senza comunità dunque.
Rimane l'apparire dei cerchi dell'orizzonte, fino alla fine del mondo si diceva: siamo già alla fine del mondo.
Quello che appare non ci interessa più.
Non possiamo più guarire dall'isteria.
Non rimane che spaccare in 2 il mondo fra supericchi (già morti) e poveri (da uccidere al più presto).
E' questo il comando.
Ma nessuno è in grado di sentirlo (nemmeno i potenti che lo stanno inverando).
Non rimane che come profetizzato da Severino, che la morte.
Non solo la morte individuale, ma proprio di massa.
E questo comando non è forse una religione?
Una religione di morte. (Morte della parola, psicanaliticamente, via Lacan, non morte del corpo, chissenefrega, si muore da sempre)
Ma ora si può lavorare. Era ora. Grazie Cacciari, di cuore!
PS
Hai notato Ipazia, che ci lancia una frecciatina, con quell'accenno al ludens?
E' ora di lavorare. Ciao.
NDR
Ancora sull'isterica (che noi siamo) non solo rimane ferma (rimando il proseguimento all'altrui guida), ma in futuro, comincerà, quando si aggraverà, a camminare all'indietro, e in cerchio!!! che immagine desolante. 8) mI piace. l'aggiungo.
Ma che oggi non ci sia alcuna utopia c'erano forse dei dubbi?
Una prassi politica-economica-tecnica che va avanti per progetti, senza l'ardire di un'offerta di liberazione dell'uomo.
Certo, è così, chiaramente è così, e nel video Cacciari ne ricostruisce bene la storia, fino all'attuale decadenza.
Ma il punto è questo: qual'è il costo che il singolo si trova a dover pagare per riuscire a sopportare questo andare avanti, questo procedere senza un perché? Quali gli assestamenti, le fughe, le operazioni di retroguardia, necessari alla resistenza?
Voglio dire che il punto di partenza anche quando si procede cercando strade inattuali come la riattivazione dello spirito religioso è sempre quello di uno stato di alienazione inevitabile. Per cui si sceglie tra alienazioni diverse, alienazioni più o meno distruttive. Si cercano le forme meno soffocanti per il proprio Io, quelle che consentono ancora di gioire, si costruiscono minuscole strategie con il solo fine di mantenere in se' più umanità possibile anche quando la forma di queste strategie è pretenziosa fino all'assurdo come il recupero di grandi progetti filosofici da alchimia o teosofia...
Si tratta però di capire se l'uomo sia fatto per questo tipo di minimalismo filosofico o se al contrario sia, per sua natura, costretto a spingersi sempre verso visioni utopiche nonostante il tempo presente.
ciao Green,
contribuirei, a mio modo, alla discussione riferendomi al video di Cacciari.
Questo commento è basato sui primi quindici minuti del video.
Cerchiamo di capirci cosa si intende per "tecnica" dal punto di vista filosofico interpretativo come suole dire Cacciari, Galimberti e ancora prima Severino , loro maestro.
La mia personale interpretazione non combacia totalmente con la loro, ed è importantissimo, perché ritengo che solo una minuziosa archeologia della storia, una filologia direi, può far capire come dove storicamente il sistema culturale occidentale è diventato quel che è.
Innanzitutto in Repubblica Platone non presenta una città "ideale"; il dialogo tende a finalizzare il come si costituisce una città, una comunità. Il Bene, il Buono, Platone lo indica nella capacità di chi detiene le redini del governo che deve essere saggio e misurato a equilibrare le esigenze pubbliche e private e presenta anche le forme delle decadenze dei governi monarchici, democratici, populisti.
Parrà strano, ma la storia di Atene e di Roma antica, conoscono molte forme di governo e quindi conobbero anche i motivi delle decadenze di queste forme. Questo è un buon motivo di approfondire gli scritti dei saggi, greci e romani, che analizzarono quei periodi storici.
La tecnica non è il passaggio dallo speculativo antico alla pratica nella modernità, o meglio, bisogna chiarire come avviene questo passaggio e solo in Occidente.
Da sempre la conoscenza tecnologica è accompagnata con i "salti" delle civiltà: età del ferro, del bronzo, ecc. Significa che la metallurgia forgiava strumenti e soprattutto armi da combattimento . Allora significa che se per tecnica intendiamo il solo aspetto pratico delle ricadute delle conoscenze, da sempre ha prevalso la tecnica sul pensiero, intendo che le armi hanno più potere della parola e questo da sempre. Il punto è invece dato dal "salto" della Grecia antica soprattutto in Aristotele, da quanto è documentato dagli scritti. Non è un caso che la scuola artistotelica arriva fino alle porte della modernità. Gli strumenti che hanno accompagnato la potenza moderna della tecnica, sono le teorie degli enunciati, dei postulati, dei teoremi matematici e geometrici pre aristotelici , in aggiunta alle analisi della logica con il sillogisma, con la logica predicativa.
Alle porte della modernità avviene un movimento a cui si dà poca importanza, il Naturalismo.
La conoscenza naturalistica che avviene nel periodo rinascimentale italiano è decisivo, perché persino gli artisti, i pittori, dipingono il mondo così come è, paesaggi naturali non più iconici .
Accade che l'indagine sulla natura non è più quella dei presocratici greci , dove natura e simbolo sono coniugati intimamente nel procedimento del pensiero filosofico. Nel periodo inziale della modernità si indaga il fenomeno fisico in sé e per sé, nel senso di descrizione matematica, geometrica, senza la "magia" antica. Ed è ovvio, una conseguenza culturale, che dovesse nascere un Galileo e poi un Newton, cioè personalità che sapessero strutturare il nuovo pensiero scientifico del fenomeno fisico e naturale depurato da qualsiasi speculazione filosofica. Lo sperimento è un metodo, un protocollo costruito sull'analisi matematica . Questo "salto" è avvenuto solo in Occidente, poiché i postulati, enunciati vengono accompagnati dalla descrizione logica e dalle formule matematiche. La ricaduta è altrettanto ovvia, l'indagine dei fenomeni aiuta a carpire a "rubare" i segreti della natura e a proiettarli nell'artificio culturale, l'alchimia era destinata dal passaggio magico-trasformativo- filosofico a diventare chimica sperimentale, e così per le svariate scienze. Il metodo d'indagine amplifica le forme delle scienze su scala quantitativa e proietta le scoperte negli artefatti che entrano nella quotidianità civile delle comunità umane occidentali .
Il moderno occidentale, spogliando del magico il fenomeno, si sbarazza delle divinità, delle paure che bloccavano lo "spirito" incorporato al fenomeno , per cui è facile arrivare ai tavoli anatomici dove si procede ad indagare i cadaveri umani per capirne la fisiologia, non essendo più il cadavere umano un "tabù" magico.
Questo passaggio è fondamentale per capire cosa davvero ha costruito la tecnica che si muoverà nelle dinamiche esponenziali fino ad oggi e del perché è avvenuto solo in Occidente, non chiarirlo significa costruire un altro "mito" sulla tecnica, oltre a quello prometeico greco.
Quindi: per Platone e Socrate sono decisivi la morale di Bene, Significa allora che l'uomo soprattutto politicamente inteso è fondamentale nella costruzione della Città, della comunità, della nazione o Stato, Socrate dovrà bere la cicuta mortale , perchè aveva criticato fortemente i vari detentori del potere della città di Atene, per mancanza di morale, di competenza, che incide sul livello del governo . Platone e Socrate non se la prendono con il popolo ,ma con il potere , poiché le forme di governo e le decadenze dei cicli di benessere e malessere socio economico sono di fatto gestiti dal potere politico, sulla "polis" e a loro dire, solo chi è un virtuoso e competente al governo , quindi un saggio, proietta la sua virtuosità nella forma del governo e sul popolo creando benessere.
La tecnica è quella forma che sta da sempre fra la speculazione del pensiero e le pratiche umane, ovunque nel mondo. Ma solo in Occidente accade che la strutturazione del pensiero logico matematico diventa propedeutico all'indagine fisica e naturale depurando il fenomeno dal magico, dal divino, poiché a monte avviene che la natura non fa più paura, timore .
Allora significa che l'indagine archeologica della cultura filosofica dovrebbe capire come e quando avvengono le desacralizzazioni sulla natura e infatti la risposta religiosa fu ovviamente persecutiva . A me pare che sia del tutto sottovalutato dai filosofi, il passaggio storico del feudalesimo al commercio borghese , soprattutto lontano da Roma, nella cultura anglosassone, dei commercianti fiamminghi, dei borghesi tedeschi, del primo colonialismo inglese, e di come il protestantesimo e il calvinismo hanno mutato lo scenario di indagine speculativo-pratico. Saranno i filosofi anglosassoni soprattutto a dettare le regole moderne, dove la rappresentazione del "sacro" antico o è lieve o del tutto atea . La rivoluzione tecnica moderna, nasce dalla struttura economica-sociale, dallo scontro fra Papa romano e imperi centro europei, dal commercio europeo che sposta i confini geografici in America, il passaggio dalle civiltà mediterranee a quelle atlantiche e del pacifico.
La sacralità perde forza all'aumentare della forza propulsiva dei "doni" pratici e immanentistici della tecnica che compie alla civiltà creando euforie anche speculative del pensiero filosofico culturale.
Come ogni "rivoluzione" vi sono un concorso di motivazioni che tutte agiscono vettorialmente come un forza verso un determinato fine.
(Per inciso, non capire che la divisone nata allora fra cultura cattolica e protestante anglicana, con tutto ciò che concerne come impostazione e ricaduta pratico culturale, significa non capire oggi i motivi per cui l'Europa è ancora divisa in Nord e Sud)
Quello che mi sembra mancare è proprio la volontà di cambiare. Ormai per cambiamento s'intende solamente arrivare ad una maggiore autodeterminazione individuale. A scavarsi la propria nicchia insomma, la più confortevole possibile. Generalmente s'intende comfort materiale, beni insomma. La felicità come fruizione continua di beni. Magari condita da un po' di mindfulness, giusto per rilassarsi dallo stress nevrotico dato dall'ipervelocità in cui si vive e per avere più consapevolezza, di che cosa non si sa, probabilmente del proprio grado di autodeterminazione e successo. Contatti virtuali sui social. Poca sessualità vera. Onanismo alla massima potenza, se ci dobbiamo basare sui dati relativi all' "uso" dei siti pornografici, largamente in testa alle classifiche. Filosoficamente c'è poco, e quasi tutta minestra riscaldata. Ci si diletta a risolvere enigmi o rebus logici. Poco discorso sull'uomo e moltissimo intorno all'uomo. Le religioni se la passano male. Vivacchiano. Se uno vuole vivere in controtendenza deve risolversi ad entrare in un "gorgo" che si forma nella corrente imperante (tecnoscientifica). Sono gorghi ininfluenti per la corrente stessa, che procede inarrestabile verso il ...il?...Boh! Nessuno lo sa. Quasi tutti viviamo alla giornata, però accendiamo mutui e rateizziamo tutto, confidando nel futuro. Nel gorgo personale ci puoi stare anche bene; magari rinunci ad un pò di tecnologia (se te lo consente la corrente). A volte trovi gorghi ben frequentati e puoi condividere. Condividere è un mantra del nostro tempo. L'eremita classico non esiste più e quindi ti devi reinventare il ruolo, se vuoi "fuggire" dal mondo (non ci riesce nessuno veramente). Magari allevi galline e cerchi di piazzare le uova.
Il tema che approfondisci Paul, mi sembra importante e collegato con quanto dice Cacciari. Ma un altro tema di fondo riguarda il nucleo della modernità secondo Cacciari, che risiede nella forza incrementale della scienza e della sua ancella, la tecnica. L'utopia diventa allora un fenomeno, giustamente come dici, desacralizzato che si fonda sull'aumento del potere. Potere economico, culturale, scientifico che viene iconizzato da Cacciari nella fantascienza di Verne. Un aumento a cui non si deve chiedere "quanto aumento", perché quell'aumento è geneticamente infinito. Solo agli albori dell'800, l'utopia della crescita infinita è stata messa in discussione, da un lato, dalla tradizione hegeliana(da Fichte a Lenin) dall'altro, dalla tradizione irrazionalista (dal romanticismo a Rosemberg). Non più la crescita infinita, la quale finiva per mistificare ancora il predominio dell'uomo sull'uomo, ma l'evento che spezza il lento fluire del progresso infinito: la rivoluzione. L'utopia assume così una nuova fisionomia, che verrà infine riassorbita dalla storia recente, priva di utopie, che sia quella del progresso illusionista o quello delle rivoluzioni illusioniste anch'esse. Senza utopie l'uomo contemporaneo ancor di più si trova di fronte alla sentenza irriverente che Sileno sputò in faccia a Re Mida.
Questo è il quadro riassunto. Ovvio che fra gli uomini esistono ancora vaste moltitudini che assumono ancora le utopie del progresso, piuttosto che quelle rivoluzionarie, o addirittura quelle ierofaniche. Tutte diventano però nel discorso di Cacciari meccanismi di difesa, consolazioni, rispetto ad un mondo che ci interroga sul suo senso scomparso, poiché senza utopie non è possibile vivere compiutamente, anche in senso mondano e non necessariamente spirituale. Questa è la tesi finale di Cacciari ed è su questo tema che dobbiamo interrogarci in senso filosofico.
Cacciari sembra parlare di se stesso da uomo vecchio e stanco che è, ed esprimere il suo personale disincanto verso le utopie; ma in realtà io direi che le utopie moderne saranno pure esaurite come dice lui, ma quelle contemporanee sono più vive che mai.
Il mondo contemporaneo è una continua crisi, e le utopie dei potenti, che sostanzialmente si avverano sempre di più e/o sono vere da sempre, sono le distopie della stragrande maggioranza delle loro vittime: la mia generazione ha visto le contestazioni no-global, poi l'undici settembre, poi questo disastro del virus (zero virgola cinque per cento di mortalità) strumentalizzato politicamente per costruire un totalitarismo del consenso, l'avvento dell'uomo-virus: ad ogni supposta "emergenza", si è risposto comprimendo i diritti della stragrande maggioranza dei cittadini occidentali e creando facile consenso intorno a una politica e a una comunicazione mediatica del terrore, quindi io ci vedo una rottura della linearità del progresso verso un qualcosa, un sistema-mondo, che è sempre meglio per l'infima minoranza dei dominanti e sempre peggio per i dominati, l'utopia dell'uno è la distopia dell'altro, e in questo non c'è nessun compimento dell'occidente, ma un disvelamento del meccanismo -potrei dire della natura- che vi sta alla base, meccanismo e natura che mi sento facilmente di identificare con il capitalismo in senso marxiano e con la decadenza in senso nietzschano, sappiamo che l'uno inizia da circa l'ottocento, l'altra dai tempi di Socrate, ma strutturalmente hanno molto in comune.
Ma senza andare troppo fuori argomento, direi che il punto è che la decadenza (che è un inversione del ruolo tra debole e forte e un sentimento della direzione entropica e tanatologica del tempo) non può di per se stessa decadere, e il capitalismo (che è un sistema economico, non un Moloch omnicomprensivo) non può finire se non con la rivoluzione o con la rovina comune delle classi in lotta (socialismo o barbarie), quindi il concetto di attimo e di crisi/rivoluzione, sono stati più che mai presenti nella storia recente, solo che non ne è seguita l'utopia per i più, ma per i pochi.
La realtà dell'utopia è molto simile alla posizione del soggetto rispetto alla natura, quindi al discorso che si faceva in precedenza sul dovere, di amare la natura o no.
La natura è come lo stato di cose presenti di un mondo fondato sull'ingiustizia sociale e sull'irresponsabilità dei potenti; la puoi amare, odiare, razionalizzare, conoscere, ignorare, tentare di essere indifferente, ma la natura sempre quella è, sempre sublime e terribile, sempre più grande e più forte delle sue singole parti. Insomma la società è una "seconda natura" rispetto alla natura nel senso tradizionale del termine, alla natura "selvaggia"; ma la posizione di amore, odio, ignoranza o indifferenza del singolo verso la società attuale in cui questo si trova a vivere non è, non costituisce, di per sé, una terza natura, per questo le utopie "buone" raramente si realizzano... esattamente come chi ama, odia, ignora o è indifferente alla natura, non per questo è salvo dai suoi problemi, e dai suoi "doni".
Quello che voglio dire è che la natura nasce, sorge agli occhi dell'uomo, anche dall'oblio dell'artificiale e dell'artificio umano, oltreché dall'azione fisio-chimica delle cosiddette "leggi" della natura e da un "ordine cosmico" in certo grado reale; non possiamo mai dire se ci troviamo in un paesaggio realmente naturale, o in una natura "secondaria" che sorge dall'oblio dell'artificiale. Siamo dunque realmente vincolati da quello che i più credono e dalle convenzioni a cui i più aderiscono, non è, se non in minima misura, una nostra scelta: cose, fenomeni sociali, come il denaro, la legge, la morale, hanno potere vincolante come se fossero, leggi della natura, pur senza realmente essere, leggi della natura: possiamo maneggiare il denaro, amministrare la legge, rispettare al morale eccetera, solo obliando, in una certa qual misura, che tutto ciò sia del tutto artificiale, che le regole di scambio e di utilizzo dei dispositivi e delle conoscenze generazionalmente tramandate siano puramente convenzionali, quindi alla base del "gioco" della tecnoscienza e del sapere come potere, visto come un gioco proattivo, manipolatore, simulativo, incrementabile all'infinito, c'è sempre il gioco del fare finta che non sia un gioco, l'eterna natura dissimulante dell'umano, che non è mai cambiata nemmeno con il passaggio alla modernità, l'oblio dell'artificiale che ri-manifesta il paesaggio naturale; è questa la vera posta in gioco delle utopie e delle distopie: il velo di maya che ci fa accettare l'ingiustizia sociale non durerebbe neanche un secondo se si mostrasse l'artificialità della maggior parte di quello che consideriamo come "naturale", e per fondare una nuova utopia funzionante, che si contrapponga in qualche modo allo stato di cose presente, bisogna ri-tessere il velo di maya e obliarne la fondazione, il contrario esatto di una concezione giuridica o associativa del concetto di fondazione.
A ben vedere, anche in senso psicologico, la promessa stessa di felicità per come essa può essere significativa per l'uomo, non si riferisce mai a un indefinito futuro di felicità, volto all'accumulazione indefinita di qualcosa o tanto meno alla trasformazione indefinita di qualcosa, ma al desiderio e al bisogno di saturare lo "spazio" del futuro con una felicità in qualche modo esperita, quindi passata: nessun uomo può "insegnare" a nessun altro uomo come essere felice, e nessun uomo può auto-rappresentarsi la sua felicità, senza implicare in qualche modo il passato, e questo implica il fallimento delle utopie di progresso eterno, e l'insufficienza delle utopie di crisi: bisogna sempre in qualche modo fare un uso non scontato della storia in vista della propria e altrui felicità, come se la manifestazione improvvisa di futuri alternativi, la scelta, implichi sempre, in qualche modo, un desiderio verso il passato remoto.
cit Kobayashi
"Ma che oggi non ci sia alcuna utopia c'erano forse dei dubbi?"
Ah ah, mi sganci così una bomba atomica?
I dubbi ci sono. Se lo chiedi a me, non è tanto il fatto che l'utopia esistesse o meno. Ma che la comunità diventasse utopia. Nel senso già detto da Cacciari ossia progetto spirituale, politica del comunitarismo. Politica dei sentimenti etc.
Qualcosa di legato all'uomo.
E che nella mia visione, che ha sotteso dai 35 anni, ovvero da quando mi sono ripreso dal disincanto politico, il progetto politico, ossia l'aderenza all'idea di Destino.
Ossia di destinalità, ossia di teleologia.
Dove la ricerca spirituale era esattamente riprendere il punto da subito dopo il "ma mirando e guardando" oltre la collina (politica del moderno) del Leopardi.
In chiave razionale. Hegeliana.
Questo progetto rivoluzionario, come ha detto già Cacciari, è però fallito.
Il destino di CURA (ossia che cosa è l'uomo) è fallito.
Quindi direi di sì. Io avevo un dubbio, che si chiamava progetto filosofico sull'uomo, per l'uomo.
Un progetto sentimentale.
La collina è evidente che è sempre esistita, non era evidente che lo sguardo fosse accecato per sempre.
Infatti fino ad oggi ho sempre guardato OLTRE.
E che cos'è l'oltreuomo nicciano d'altronde?
Ho compiuto un errore grave però, non solo quello metafisico, che mi fu rimproverato a 35 anni, ma anche quello propriamente filosofico. Di credere di poter pensare un Utopia Storica.
Non esiste utopia, da lì si avanza decisamente speditamente, e mentre ti parlo, forse ho anche la chiave per quell'enigma che è umano troppo umano parte seconda (problema che non riuscivo a risolvere). Laddove Nietzche parla con le ombre.
Le ombre ho sempre pensato che fossero reali.
No, un errore grave. Le ombre sono il ricordo di quell'ieri che fu e più non può essere.
Ossia sono esattamente le utopie storiche, gli amici dell'ombra, con cui Nietzche in un analisi psicanalitica ante-litteram, porta il pensiero sul Destino OLTRE.
Non avevo dubbi che fosse così. Mi mancava la chiave.Ora Cacciari me la ha data.
Comunque sia appunto, come sia o non sia, è ora di andare avanti.
Anche rispetto agli altri interventi, sembra che nessuno, compreso te, abbia inteso, il discorso sulla Compiutezza del tempo.
Qua non si tratta più di andare tentoni, sondando la negatività del mondo (come mi pare aver capito sia il tuo progetto, terreno ovvio),o del trovare strategie rivoluzionarie di guerriglia, fuga e attacco, tanto quanto di fare un profondo respiro che dura tutta la filosofia precedente a noi. E buttarla fuori, si tratta di metabolizzare.
Direi da partire da questa premessa.
Lo stesso Cacciari in un intervento del giorno dopo, sembra essersi dimenticato ciò che ha raggiunto, non a caso in un momento di malattia (vedi Nietzche) ossia di avere capito PIENAMENTE quello che il Nietzche ventenne aveva già capito.
Ossia che l'uomo è compiuto nel giro della sua storicità e non come è facilmente fallibile nella suo storicismo.
Non esiste storia. Era un altro tassello, che capivo e non capivo del giovane Nietzche.
Solo ora posso capirlo.
NDR.
La compiutezza sta comunque nella sua negatività.
Non dico che il tuo modo di procedere sia errato.
Solo che siccome in ballo c'è il concetto di filosofia (di cui a te interessa il giusto) e per me è importantissimo: era importante avere in mente il progetto.
Ripensandoci, forse è proprio come dici tu.
Perchè nel sondare il negativo, è proprio come parlare con defunti amici. (le utopie, nostre e altrui).
Si finalmente posso proseguire con Nietzche.
Come dire che oltre "il mirare e guardare", si mirano gli amici morti e si guarda la morte spirituale in faccia.
cit Kobayashi
"Ma il punto è questo: qual'è il costo che il singolo si trova a dover pagare per riuscire a sopportare questo andare avanti, questo procedere senza un perché? Quali gli assestamenti, le fughe, le operazioni di retroguardia, necessari alla resistenza?"
Ok un'altra bomba atomica. (ora sono contento).
Ma infatti Cacciari parla di inferno.
Il prezzo è l'inferno, non c'è altra via.
Se non come nell'intervento video seguente a questo,
https://www.youtube.com/watch?v=YGoYX0V3W6A, ma che è contenuto nel suo ultimo libretto, l'ennesima utopia, e quindi una negazione di quanto detto il giorno prima, di poter usare la scienza e lo spirito, chiarificando il loro significato, ossia esplicitando il loro uso benefico.
Il punto che si è dimenticato è di nuovo che la scienza, per poterlo ha fare ha bisogno del potere tecnico e il potere tecnico è la volontà di distruzione dell'umano: questo solo per dire come il risultato a cui è giunto il Cacciari, è materiale esplosivo e nemmeno lui riesce ancora bene a maneggiarlo.
Non esistono alternative. Ormai si viaggi per telecomando. E il comando è quello a cui la tecnica può raggiungere: cambiamento del DNA, manipolazione mentale fisica, implementazione esoscheletrica in componenti bionici, metallici, chimici, elettrici.
La tecnica non ha più resistenza, e l'economia che non può fare a meno di essa, deve adeguarsi al suo richiedere distruttivo. (per questo non può permettersi che vi sia libertà alcuna umana)
Ossia per essere chiari distruzione dell'umano (dei rimasugli delle lotte dei nostri padri e nonni e bisnonni) ossia per dover eravamo rimasti, dei suoi diritti (fraternità uguaglianza libertà).
E' il fio per non aver realizzato l'utopia.
Tra l'altro l'apocalittica ebraica l'ha già detto).
Il comando divino era: VIVI!
la risposta umana è stata: piuttosto muoio!!!
Semplicemente così.
Per questo il DESTINO APOCALITTICO che è : "Datti da fare fare per VIVERE", è diventato utopia.
Sembra che Heidegger lo avesse capito.
Lo ha spiegato nel video successivo al mio post lo stesso Cacciari.
https://www.youtube.com/watch?v=YGoYX0V3W6ADevo dire che non l'ho mai sentita sta cosa, ma, mi pare ora, che un pensatore della sua altezza, ci fosse già arrivato, era ovvio.
Evidentemente ho sempre pensato di capire Heidegger, e non ciavevo capito na mazza.Il DESTINO di HEIDEGGER,
di cui pure parla, nelle lettere al fratello, pubblicate un anno o due fa.
è quello esattamente nicciano. Quindi non è esattamente un DESTINO. Si capisce meglio forse con il termine Severiniano: l'apparire del cerchio fenomenico.
Il DESTINO è cioè la capacità morale dell'uomo di guardare in faccia questo inferno, che si manifesta davanti a lui.
Non so, mi pare che vi sia qualcosa di metafisico detto così.
Ma ora posso approfondire.
Sono contento, te lo dico. L'idea di lavorare sul pensiero, all'improvviso non la sento come un peso morale.
cit kobayashi
"Voglio dire che il punto di partenza anche quando si procede cercando strade inattuali come la riattivazione dello spirito religioso è sempre quello di uno stato di alienazione inevitabile. Per cui si sceglie tra alienazioni diverse, alienazioni più o meno distruttive. Si cercano le forme meno soffocanti per il proprio Io, quelle che consentono ancora di gioire, si costruiscono minuscole strategie con il solo fine di mantenere in se' più umanità possibile anche quando la forma di queste strategie è pretenziosa fino all'assurdo come il recupero di grandi progetti filosofici da alchimia o teosofia..."
No appunto, ti ho appena spiegato che non è così. Se procedi così non ha veramente senso. Non esiste punto di partenza. Esiste il continuo apparire, che ci invera storicamente.
Ma non esiste un Destino che leghi queste alienazioni, come dici.
Foss'anco il Destino Aporetico, che da S. Giovanni in poi contraddistingue queste visioni ierofantiche, del cristianesimo, magico, scusa non incazzarti. Ma ormai è chiaro che è così. (è questa la mia obiezione al tuo pensiero, non dunque tanto sul procedere "negativo", spero sia più chiaro)
Se procedendo ti alieni, ecco che allora è il telecomando.
E' il comando isterico che ti/ci aliena. Poggiando sulla tua/nostra incapacità a vivere (è quella la vera alienazione originaria, l'incapacità a vivere, che però è solo fittizia, nessuno ci obbliga VERAMENTE a sopravvivere direbbe C.Bene)
Il punto è che ormai è impossibile non obbedire al comando isterico. L'apparire del cerchio dice quello. Guardarlo con coraggio (ossia nell'inferno, nell'olocausto) è l'unica cosa possibile. Prima toccherà ai poveri, ma subito dopo ai ricchi.
Lo ha già spiegato Severino in mille libri e conferenze. Ok conferenze, devo iniziare i libri finalmente ;) .
NB
Qua non si tratta di fare i "piangina", così rispondo anche a Ferraris (che trovi nel secondo video di Cacciari
https://www.youtube.com/watch?v=YGoYX0V3W6A ) che sta insistendo da anni su sta roba. Ma infatti! Lasciamo perdere però, perché siccome uno dei sintomi della paranoia è proprio fare i "piangina", chi è che lo decide, che la posizione di Ferraris non sia di quello di una "piangina" (non è forse lui provocatoriamente ad avere dato via al nuovo realismo italiano? ). Ma al di là della sterile polemica, si sono d'accordo, ma nemmeno come i 2 sembrano essere d'accordo nel dire, che allora bisogna ricadere nella utopia! Cacciari dice che non è utopia ma è un progetto.
Si d'accordo, ma la scienza non lo farà mai, non perché non lo possa fare, ma perché la tecnica oggi non glielo lascia fare.
Che il disincanto equivalga alla morte sentimentale umana, e quindi ad ogni sua utopia, non è essere piangina.
Non so se, come scrive Alexander, manchi la volontà di cambiare, penso che forse la frustrazione sia tale e accompagnata da mancanza di visoni, per cui la volontà se non cade nella rassegnazione, poco ci manca. E' come se ci trascinassimo, ci lasciassimo andare alla corrente senza più voglia di combattere.
E' vero che vista la situazione, si tende a rintanarsi nella propria nicchia di sicurezza confortevole.
Altrettanto vero che c'è poco o nulla di originale filosoficamente, e quel poco è particolare ed interessante, nulla a che fare con le "grandi visoni", le uniche che possono mutare il vento culturale odierno.
Jacopus, almeno per me ciò che dice Cacciari è ormai risaputo, ed è sintesi ,non certo analisi.
Come ho scritto nel post precedente, bisogna far capire cosa sia la tecnica dal punto di vista filosofico culturale, del perché avviene solo in Occidente , in determinate civiltà, quali sono gli strumenti teoretici che hanno promosso questo esponenziale sviluppo dalla modernità e quale cultura filosofica ha a sua volta voluto la tecnoscienza, che è anch'essa un'utopia al tramonto da tempo. Cacciari non poteva che fare sintesi , gli approfondimenti sono nei suoi scritti e di altri che seguono il canone "della potenza tecnoscientifica".
Platone non è utopista e nemmeno la filosofia greca in toto, ribadisco.
A meno che si voglia dire che la morale non c'entra più nulla anche nella politica, che il bene comune è un'utopia, che la comunità pacifica è un sogno, che la possibilità di convivenze di diversità sia irrealizzabile.
Il punto chiave della definizione di utopia è infatti credere, perché è una fede anch'essa, che sia possibile mettere in gioco la propria esistenza e il proprio essere nell'orizzonte della propria vita .
Questa è la "vera" utopia, in senso positivo, cioè pensare ad una società ad una cultura che permetta di vivere meglio . Le "false" utopie sono solo progetti che non mutano il senso della vita, il miglioramento umano della vita , sono progetti che toccano il mondo esterno umano, il sistema ambiente , inteso come meccanismi socio economici, leggi politiche.
La caduta della cultura positivistica del progresso intesa anche come "liberazione" negativa, cioè liberarsi dalla fatica, liberarsi dai condizionamenti , se da una parte ha promosso e permesso che il sistema ambientale, inteso come cultura tecnoscientifica, abbia dato certamente strumenti, "doni", per "sopravvivere" meglio, dall'altra ha invece perso proprio sul fronte del miglioramento umano dell'uomo, perché ha prodotto l'uomo macchina, l'uomo stressato, l'uomo ansioso, l'uomo alienato ancor di più. La dicotomia, la discrepanza fra miglioramento dell'ambiente tecnoscientifico e peggioramento dell'uomo umano come orizzonte di senso umano compiuto, ha messo in luce proprio la fine dell'utopia positivista di un totale progresso .
Le utopie ,quelle vere, non è vero che debbano essere necessariamente "razionali", per essere rivoluzionari c'è ne cessità di una carica irrazionale costruita persino sull'ingenuità e illusione. Per questo i giovani sono più rivoluzionari dei vecchi rassegnati, e da sempre. Intendo dire che l'utopia si nutre della carica emotiva passionale accompagnata dall'idea di cambiamento che deve essere "forte", sentita come realizzabile, per quanto quasi impossibile.
Tutte le utopie moderne sono tecnoscientifiche e volontà di potenza, dal capitalismo al nazismo, dal fascismo al comunismo , questo ben pochi lo hanno capito . Quando Marx attribuisce alla sua teoria
"scientifica" ,anche lui crede al progresso tecnoscientifico , non crede alla divisone delle classi sociali . Le ideologie anti positivistiche sono le due facce dell'identica medaglia, perché cercavano nello stesso progresso positivistico tecnoscientifico ,solo strutturato politicamente e governato in maniera diversa. L'errore è credere che un sistema culturale che ha radicato l'idea di tecnica come potenza ,sia governabile altrimenti dal capitalismo o comunque da una certa idea di progresso .
E' la tecnoscienza che produce l'uomo macchina, che sia a New York, Mosca, o Pechino :questo dobbiamo mettercelo in testa.
Per governare la tecnoscienza, non bisogna più affidarsi a lei come incarnatrice del progresso, ma solo come strumento al servizio, ribadisco al servizio dell'uomo.
Ha ragione Cacciari quando dice del "superumanesimo" quando pensiamo che l'uomo distrugge il pianeta Terra. Ho già scritto sul rapporto con la natura. La modernità ha esaltato lo scontro natura cultura, seppur ambiguamente abbia sostenuto l'uomo naturale costruendone stereotipi culturali falsi. L'uomo ha paura della natura e cerca in tutti i modi di controllare il suo potere , l'uomo può estinguersi cos' come l'intero bios sul pianeta Terra, ma come Marte che si suppone non abbia più bios, è lì nella sua interezza a fare rivoluzioni e rotazione attorno al Sole.
Niko, notevole post. Infatti molti pensano ormai che il prodotto della cultura, che è umana, funzioni come la natura....che è indifferente al nostro destino, al modo in cui la rappresentiamo .
In questo errore di tecnica come destino sono caduti in parecchi ,come se la tecnica non fosse stata una scelta ,una volontà di una cultura che ha promosso la sua espansione. In quanto tale, e non come la natura, ma come cultura, così come fu promossa, è possibile quanto meno gestirla, riprenderla in mano. Lo scontro è interpretativo, perché molti filosofi, fra cui Cacciari, avendo vissuto le utopie, ed essendo stati " sconfitti " hanno battezzato come ineluttabile, come un destino naturale la tecnica, ed è un errore.
Direi quindi questo sulla falsariga da quanto da te scritto. In politica non esiste mai un terreno neutrale, nel senso che c'è sempre e da sempre qualcuno vince e qualcun altro perde, a prescindere dall'esitenza o meno di utopie, c'è chi avanza e chi arranca . La fine dell' utopia, la distopia, il disincanto ,se creano aridità per molta della popolazione che poco o niente spera, per altri è invece terreno fertile per sopravanzare. Su questo sono perfettamente d'accordo. L'errore è pensare che le sconfitte divengano disfatte, Le sconfitte spesso insegnano più delle vittorie , e non è retorica. Se si sa analizzare teoretica e prassi. Infatti a mio parere, ribadisco, i filosofi hanno smesso di pensare in grande e scrivono piccole cose spesso cadendo involontariamente nella retorica "fatalistica", quando non trovano analiticamente la profondità del perché sono accaduti detrminati avvenimenti storici , quando non conoscono il perché sia sia strutturato un mod di pensare, un modo di vivere, un modo di sperare e fare utopie.
Detto stringatamente, poco mi importa che Nietzsche abbia scritto nella seconda metà dell'Ottocento che "Dio è morto"...non l'avevano avvertito che i funerali c'erano già stati da tempo, o che Heidegger quasi un secolo dopo a sua volta dica "ci vorrebbe un Dio....." perché la SUA filosofia si era avvitata su se stessa...
Pur credendo in Dio, ritengo che il destino umano su questo pianeta sia di propria mano degli umani ,che giustizia e iniquità sia il prodotto dell'ignoranza o sapienza umana, dell'indole umana, della natura umana, del genio o stoltezza umana. Sono gli umani che hanno voluto promuovere la tecnica prima come strumento da gestire e governare ai propri fini , ma mantenendo le eterne contraddizioni della storia intera umana. Il vero problema culturale è sovvertire quindi gli opposti , la futura utopia è costruire la società giusta a prescindere dal livello tecnico e solo dopo sarà allora possibile gestire la tecnoscienza . Se l'uomo prima non toglie la propria decadenza, la propria alienazione dal mondo , non promuove se stesso e ne accetta i limiti fisici e naturali come destino e i limiti di conoscenza, smettendo questa volontà di potenza finalizzata al potere, allora può ricostruire luna vera utopia come possibilità in cui immetterci la propria carica passionale emotiva, quella volontà di cambiamento come possibilità . Ma allora bisogna mutare le prassi, e personalmente lo si fa a partire dal sistema giuridico economico che ha costruito privilegi per alcuni e sottomissione per molti , ma non come spirito di rivalsa, ma come spirito di giustizia, per vivere tutti meglio, umanamente meglio e quindi creare le condizioni di pace, sicurezza, tranquillità. In questo mi sento l'ultimo utopista ancora esistente , credo nonostante tutto ancora possible l'emancipazione umana, ma è una questione morale.........e quindi politica.
cit Paul
"La mia personale interpretazione non combacia totalmente con la loro, ed è importantissimo, perché ritengo che solo una minuziosa archeologia della storia, una filologia direi, può far capire come dove storicamente il sistema culturale occidentale è diventato quel che è."
Si ma guarda che è esattamente quello che è sotteso al discorso di Cacciari. Ossia l'importanza del lavoro intellettuale.
Poi egli specifica che però deve essere un lavoro spirituale.
cit Paul
"La tecnica non è il passaggio dallo speculativo antico alla pratica nella modernità, o meglio, bisogna chiarire come avviene questo passaggio e solo in Occidente."
Si lo spiega quando risponde alle domande: oggi lo scienziato non può fare come Gallileo che gli strumenti se li procurava da solo.
Oggi per scomporre, mettiamo l'atomo, c'è bisogno di materiali pregiati, di competenze trasversali, di investimenti di Stato.
Ovvero la pratica moderna rispetto a quella antica, è che oggi è una pratica finanziata dallo stato, con tutti i problemi di accaparraménto delle risorse a livello globale, e quindi un problema anzitutto geo-politico, e successivamente di know-how.
In questo caso gli Stati sono troppo lenti, rispetto alla richiesta scientifica di cambiamento di paradigma, per il semplice motivo che SE può farlo, lo Fa. E' per questo che serve una immissione diretta di capitale, da privati senza le lente intermediazioni statali. I privati dunque sono costretti ad assumersi lo Stato. (in questo caso solo la Cina sta resistendo).
Ma che sia lo Stato direttamente (Cina) o i privati (Occidente) non cambia che la domanda è della tecnica.
Posso andare su Marte? Dammi i soldi. etc...
cit Paul
"Allora significa che se per tecnica intendiamo il solo aspetto pratico delle ricadute delle conoscenze, da sempre ha prevalso la tecnica sul pensiero, intendo che le armi hanno più potere della parola e questo da sempre."
Certo
cit Paul
" Il punto è invece dato dal "salto" della Grecia antica soprattutto in Aristotele, da quanto è documentato dagli scritti. Non è un caso che la scuola artistotelica arriva fino alle porte della modernità. Gli strumenti che hanno accompagnato la potenza moderna della tecnica, sono le teorie degli enunciati, dei postulati, dei teoremi matematici e geometrici pre aristotelici , in aggiunta alle analisi della logica con il sillogisma, con la logica predicativa."
Si il sistema matematico-logico che implementa l'apparato tecnico operativo. Va anche oltre il moderno credo, non capisco perché dici fino al moderno.
cit Paul
" La ricaduta è altrettanto ovvia, l'indagine dei fenomeni aiuta a carpire a "rubare" i segreti della natura e a proiettarli nell'artificio culturale, l'alchimia era destinata dal passaggio magico-trasformativo- filosofico a diventare chimica sperimentale, e così per le svariate scienze. Il metodo d'indagine amplifica le forme delle scienze su scala quantitativa e proietta le scoperte negli artefatti che entrano nella quotidianità civile delle comunità umane occidentali ."
Si certo.
cit Paul
"Il moderno occidentale, spogliando del magico il fenomeno, si sbarazza delle divinità, delle paure che bloccavano lo "spirito" incorporato al fenomeno , per cui è facile arrivare ai tavoli anatomici dove si procede ad indagare i cadaveri umani per capirne la fisiologia, non essendo più il cadavere umano un "tabù" magico.
Questo passaggio è fondamentale per capire cosa davvero ha costruito la tecnica che si muoverà nelle dinamiche esponenziali fino ad oggi e del perché è avvenuto solo in Occidente, non chiarirlo significa costruire un altro "mito" sulla tecnica, oltre a quello prometeico greco."
Si è così. Il problema del Moderno a cui si riferisce quando si parla di modernità, non è però la questione del balzo scientifico, quanto la riflessione politica sullo Stato. Da Macchiavelli a Schmitt. Per intenderci io ho ascoltato 3 o 4 seminari del prof Giannini
https://www.youtube.com/channel/UCStw6RstJlzF95ZT5PXoMzg/videos.
La cosa non è così facile, senza studio. Bisogna esplicitare tutte queste problematiche, se no parliamo di aria fritta.
C'era un peso morale in me che non mi permetteva di farlo, ora si è dissolto. Penso di doverlo fare a livello morale,
almeno a livello morale. Mi spiace solo che non vi siano forum di Professori, ma visto cosa fa la massa con youtube, facebool etc--, forse è un bene che rimangano privati. Tocca agli esterni come noi, fare qualcosa. Svegliarsi e lavorare, per creare dei discorsi con contenuto specifici, e non sempre generici, benchè poi certo questo rimanga un forum generalista. Forse mi sposterò su uno fatto solo da me.
Ma non un blog. Non ha senso bloggare oggi, ci deve proprio essere chiara l'idea che bisogna dialogare con contenuti. Quindi è il forum il futuro.
cit Paul
"Quindi: per Platone e Socrate sono decisivi la morale di Bene, Significa allora che l'uomo soprattutto politicamente inteso è fondamentale nella costruzione della Città, della comunità, della nazione o Stato, Socrate dovrà bere la cicuta mortale , perchè aveva criticato fortemente i vari detentori del potere della città di Atene, per mancanza di morale, di competenza, che incide sul livello del governo . Platone e Socrate non se la prendono con il popolo ,ma con il potere , poiché le forme di governo e le decadenze dei cicli di benessere e malessere socio economico sono di fatto gestiti dal potere politico, sulla "polis" e a loro dire, solo chi è un virtuoso e competente al governo , quindi un saggio, proietta la sua virtuosità nella forma del governo e sul popolo creando benessere."
Si certo, ma per Cacciari questa si è rivelata utopia, almeno nella formulazione Platonica. (forse sei in disaccordo su questo, aiutami a capire).
Oggi per poter parlare di Etica, bisogna parlare della Modernità.
(se non fosse che anche la modernità si è rivelata una utopia, sotteso al discorso di Cacciari, è che anche il discorso sul moderno, oggi è inutile, in quanto sono discorsi utopici).
Ecco per dire della modernità, non può essere il progetto della somma dei buoni. Infatti lo stato non è la somma dei buoni, ma un soggetto politico, che si conforma, si forma, sulle esigenze tecno-militari del rapporto amico-nemico. La guerra è sempre male.
Su questo l'occidente ha scritto tante volte.
Peccato che l'utopia di scongiurarla, è fallita oggi.
Non si può in quanto la tecnica chiede di non fermarsi più mai più. Il progetto ecologico, sarà la dittatura ecologica etc...etc...(per esempio sta riga nel futuro sarà cancellata 8) )
Parlare di Bene e Male quando TUTTO è male, è una farsa. Come conclude amaramente Cacciari: l'etica non mobilita (e certo aggiungo io! senza comunità nessuna mobilitazione).
cit Paul
". A me pare che sia del tutto sottovalutato dai filosofi, il passaggio storico del feudalesimo al commercio borghese , soprattutto lontano da Roma, nella cultura anglosassone, dei commercianti fiamminghi, dei borghesi tedeschi, del primo colonialismo inglese, e di come il protestantesimo e il calvinismo hanno mutato lo scenario di indagine speculativo-pratico. Saranno i filosofi anglosassoni soprattutto a dettare le regole moderne, dove la rappresentazione del "sacro" antico o è lieve o del tutto atea . La rivoluzione tecnica moderna, nasce dalla struttura economica-sociale, dallo scontro fra Papa romano e imperi centro europei, dal commercio europeo che sposta i confini geografici in America, il passaggio dalle civiltà mediterranee a quelle atlantiche e del pacifico."
Ma no, ma no, perchè sottovalutato? il libro di Cacciari è proprio su Weber (e non solo weber, nel proseguio del libro fa altri nomi, tutti dei giganti del pensiero...e certo bisogna lavorare per recuperarli...sennò è aria fritta! ;) ).
Comunque si, di base si, è come dici, infatti!
cit Paul
"La sacralità perde forza all'aumentare della forza propulsiva dei "doni" pratici e immanentistici della tecnica che compie alla civiltà creando euforie anche speculative del pensiero filosofico culturale.
Come ogni "rivoluzione" vi sono un concorso di motivazioni che tutte agiscono vettorialmente come un forza verso un determinato fine.
(Per inciso, non capire che la divisone nata allora fra cultura cattolica e protestante anglicana, con tutto ciò che concerne come impostazione e ricaduta pratico culturale, significa non capire oggi i motivi per cui l'Europa è ancora divisa in Nord e Sud)
"
Si vedi andando avanti nel video, Cacciari spiega che anche l'ultima stagione dell'utopia, ossia quella messianica (dopo quella fallimentare idealistico-marxiana) è fallita.
Non esiste la filosofia-religione, o è filosofia, o è religione, o è indagine spirituale, o è cristianesimo.
Et voilà.
errore
cit alexander
"Quello che mi sembra mancare è proprio la volontà di cambiare. Ormai per cambiamento s'intende solamente arrivare ad una maggiore autodeterminazione individuale. A scavarsi la propria nicchia insomma, la più confortevole possibile"
Certo Alexander, è il processo dello zombie. Che va distinto da quello contiguo e complementare del vampiro. (per future lezioni psicanalitiche).
cit Alexander
"Generalmente s'intende comfort materiale, beni insomma. La felicità come fruizione continua di beni. Magari condita da un po' di mindfulness, giusto per rilassarsi dallo stress nevrotico dato dall'ipervelocità in cui si vive e per avere più consapevolezza, di che cosa non si sa, probabilmente del proprio grado di autodeterminazione e successo. Contatti virtuali sui social. Poca sessualità vera. Onanismo alla massima potenza, se ci dobbiamo basare sui dati relativi all' "uso" dei siti pornografici, largamente in testa alle classifiche. Filosoficamente c'è poco, e quasi tutta minestra riscaldata."
Metodologicamente forse sono cose risapute, ma è proprio l'incremento del rilassamento dalla nevrosi inevitabile a cui siamo sottoposti, che è la chiave per capire la rivoluzione industriale 4.0 che sta per arrivare. Realtà virtuale, robotica etc.
Per la nostra sopravvivenza questo rilassamento è proprio quello che chiederemo con più forza. L'ubbidienza assoluta ad uno stato nevrotico continuo, in cambio dell'ora d'aria del nuovo ordine di piaceri che sta per arrivare.
(altro che scienza spirituale) Ma certo.
Il forum è solo un attività secondaria, nell'ordine dei piaceri anche io vorrò la realtà virtuale, e anche con foga.
Nel senso che per capire cosa ti succede e del perchè pure tu farai così, bisogna essere disincantati, attenti. Non superficiali.
cit Alexander
"Ci si diletta a risolvere enigmi o rebus logici. Poco discorso sull'uomo e moltissimo intorno all'uomo. Le religioni se la passano male. Vivacchiano. Se uno vuole vivere in controtendenza deve risolversi ad entrare in un "gorgo" che si forma nella corrente imperante (tecnoscientifica). Sono gorghi ininfluenti per la corrente stessa, che procede inarrestabile verso il ...il?...Boh! Nessuno lo sa."
E no!
Il filosofo lo sa. Vedi Heidegger, Severino e a quanto detto da Cacciari, recentissima scoperta di alcuni appunti anche il Gentile.
L'ho già detto no? Si va verso la morte (sentimentale, utopico sociale, umanista, etc..).
Cosa rimane? ciò che sarebbe la transizione della Verità di Sini.
Ce lo ha detto Cacciari e ancora prima Nietzche, l'uomo compiuto, inverato dalla storia. Ossia noi stessi, Certo! ;)
Le salme se preferisci ;) l'esoscheletro, l'ipersfera.
Non è che non lo si sa, lo si sa, lo si sa da tempo.
E' che nessuno ha capito la questione sentimentale, a parte Lacan ovvio, e Nietzche, sempre Nietzche, non c'è niente da fare 8)
(le figure intermedie e post-maestro, leopardi Heidegger certo tutta la questione dell'alienazione, della noia della malattia, della vecchiaia. appunto la NON VITA).
Siamo zombie no? lo hai detto tu in ouverture, no? dove si va? e dove va lo zombie secondo te? in cerca della morte dei vivi, di chi vuole vivere.
Ma perchè non è già chiaro adesso?
Forse quello che ti chiedi è come fare a salvare il sentimento?
Non si può. O meglio volendo ti immoli, come Nietzche suggerisce. Ossia bisogna rimanere fedeli alla Terra. Sempre. (e vallo a capire il Nietzche dove è arrivato, io non ne ho idea, ho appena solcato un vallo. Guarda è già tanto!)
cit Alexander
"Quasi tutti viviamo alla giornata, però accendiamo mutui e rateizziamo tutto, confidando nel futuro. Nel gorgo personale ci puoi stare anche bene; magari rinunci ad un pò di tecnologia (se te lo consente la corrente). A volte trovi gorghi ben frequentati e puoi condividere. Condividere è un mantra del nostro tempo. L'eremita classico non esiste più e quindi ti devi reinventare il ruolo, se vuoi "fuggire" dal mondo (non ci riesce nessuno veramente). Magari allevi galline e cerchi di piazzare le uova."
zombie allevatori di galline? 8)
:D non proprio quello che volevamo sentirci dire. ;)
Citazione di: Jacopus il 25 Febbraio 2021, 20:45:54 PM
poiché senza utopie non è possibile vivere compiutamente, anche in senso mondano e non necessariamente spirituale. Questa è la tesi finale di Cacciari ed è su questo tema che dobbiamo interrogarci in senso filosofico.
E' vero che Cacciari ragiona ancora su questa impossibilità sentimentale, però in realtà lui stesso si era risposto, con quella bella intuizione del tempo compiuto.
E' venuto quel tempo in cui l'uomo non è più sentimentale, ma mero accidente storico.
In questo senso va riletto Nietzche ventenne (!!).
Il sentimento non è più oggetto della ricerca (è evidente che Cacciari oscilla ancora tra un pensiero positivo, ma utopico, come egli in un momento di straordinari lucidità, ha riassunto magistralmente), ma come Nietzche nel "viandante e la sua ombra" ossia umano troppo umano parte seconda, il sentimento diventa quello di un MORTO amico con cui dialogare.
Spero che lo stesso Cacciari riesca a recuperare questa mia intuzione, questa ineluttabile svolta, che a questo punto il suo stesso pensiero di un nicce illuminista dovrebbe portare.
D'altronde lo stesso Agamben sempre più convintamente allega al compito dell'archeologia quello di trovare una rivitalizzazione nel tempo contemporaneo.
Ecco l'archeologia è però anch'essa un amico morto!(spero Agamben riesca a recuperare l'intuizione di Cacciari e la mia). Bisogna veramente tentare di raggiungere Nietzche, per poter salvare il sentimento.
La scienza della parola di Lacan e di Verdiglione, o il transito della verità di Sini, sono il futuro di quella che potrà ancora chiamarsi filosofia, ma che con la filosofia come ricerca spirituale in sè non avrà più a che fare.
La filosofia sarà solo uno strumento della difesa sentimentale, in quanto dialogo con la sua stessa morte.
Temi drammatici, che immagino ci vorranno anni per dipanarli. Vedo lo stesso Cacciari in difficoltà, ma ha il merito di avergli dato un nome. Era ora!
Buona notte a tutti gli insonni
C'è un male profondo che scorre, neanche tanto sotterraneo. Il primario di pediatria dell'ospedale Bambin Gesù ha detto che ormai, ogni benedetto giorno, si presenta al pronto soccorso un bambino o un ragazzino con ferite da autolesionismo. La media è di uno al giorno. Solo in un ospedale. I tentativi di suicidio tra i giovani sono aumentati di circa il 30%.C'è qualcosa di perversamente malato in una società in cui i bambini si fanno del male da soli. Era questo il mondo che sognavano i nostri vecchi? Più giustizia, più speranza, più giorni di sole? E invece vien giù una pioggia torrenziale che lava via le speranze, i sogni stessi.
Molti diventano "complottari", ma lo fanno per urlare:"Ehi! Guardate che anch'io esisto e questo mondo non mi va bene. Non vi credo più." Dubitano di tutto, anche di quello che non si dovrebbe dubitare. Tanti sono giovani, anche istruiti. Ormai è l'unica forma di ribellione che è rimasta, ma verrà normalizzata presto. Dubitare per sopravvivere dentro. Anche nei sentimenti (eh, già Green Demetr), nelle passioni, magari con un elmo cornuto sulla testa. Farsa e tragedia nello stesso tempo. Non resta molto altro, ma tranquilli, viene presto un mondo dove questi stupidi rideranno della loro rivolta sterile e indecorosa. E' l'irrazionalità vitale che cerca di resistere alla normalizzazione, al fisicismo imperante. Presto però sarà pronta la pillola del "giorno prima", non abbiamo nulla da temere. Saremo "ristorati". E per finire non può mancare l'"andrà TUTTO bene", ovviamente.
cit Niko
"Cacciari sembra parlare di se stesso da uomo vecchio e stanco che è, ed esprimere il suo personale disincanto verso le utopie; ma in realtà io direi che le utopie moderne saranno pure esaurite come dice lui, ma quelle contemporanee sono più vive che mai."
E ma quello è il problema! non è certo la soluzione.
cit Niko
"Il mondo contemporaneo è una continua crisi, e le utopie dei potenti, che sostanzialmente si avverano sempre di più e/o sono vere da sempre, sono le distopie della stragrande maggioranza delle loro vittime: la mia generazione ha visto le contestazioni no-global, poi l'undici settembre, poi questo disastro del virus (zero virgola cinque per cento di mortalità) strumentalizzato politicamente per costruire un totalitarismo del consenso, l'avvento dell'uomo-virus: ad ogni supposta "emergenza", si è risposto comprimendo i diritti della stragrande maggioranza dei cittadini occidentali e creando facile consenso intorno a una politica e a una comunicazione mediatica del terrore, quindi io ci vedo una rottura della linearità del progresso verso un qualcosa, un sistema-mondo, che è sempre meglio per l'infima minoranza dei dominanti e sempre peggio per i dominati, l'utopia dell'uno è la distopia dell'altro, e in questo non c'è nessun compimento dell'occidente, ma un disvelamento del meccanismo -potrei dire della natura- che vi sta alla base, meccanismo e natura che mi sento facilmente di identificare con il capitalismo in senso marxiano e con la decadenza in senso nietzschano, sappiamo che l'uno inizia da circa l'ottocento, l'altra dai tempi di Socrate, ma strutturalmente hanno molto in comune."
Si ma appunto l'utopia rivoluzionaria è evaporata.
Io non credo che si possa parlare di utopia dei ricchi, ma di destino incrementale della tecnica. "Che ne sanno della vita i ricchi? al massimo possono tentare a indovinare" (cit Celine)
cit Niko
"Ma senza andare troppo fuori argomento, direi che il punto è che la decadenza (che è un inversione del ruolo tra debole e forte e un sentimento della direzione entropica e tanatologica del tempo) non può di per se stessa decadere, e il capitalismo (che è un sistema economico, non un Moloch omnicomprensivo) non può finire se non con la rivoluzione o con la rovina comune delle classi in lotta (socialismo o barbarie), quindi il concetto di attimo e di crisi/rivoluzione, sono stati più che mai presenti nella storia recente, solo che non ne è seguita l'utopia per i più, ma per i pochi."
I ricchi non hanno utopia, solo noia. Appunto non esiste felicità umana, ma loro che ne sanno? Sotteso sempre al video di Cacciari.
cit Niko
"La realtà dell'utopia è molto simile alla posizione del soggetto rispetto alla natura, quindi al discorso che si faceva in precedenza sul dovere, di amare la natura o no."
Ma il discorso sulla natura come ti ha spiegato Cacciari nelle risposte che ha dato nel finale, è una ideologia, instaurata dalla tecnica e dal suo bisogno incrementale, che ad oggi spinge le scienze dell'IT (industria tecnlogica) e della comunicazione, e che Sloterdijk chiama Sfera, e io sulla scorta di Baudrillard chiamo Ipersfera, e di cui la green ecology, con la letterina della Greta a Draghi (cioè è già avvenuto, quello che prospettavo ironicamente, ma appunto la velocità del cambiamento si mangia anche qualsiasi possibile ironia), è semplicemente solo una delle infinite mimesi. Ovvero la potenza della Realtà Virtuale.
La capacità dell'intero sistema industriale di convertirsi in un immensa produttrice di bolle virtuali, come i giovani ventenni oggi le chiamano, nella più totale tranquillità.
Insomma non è un problema. E' un problema di chi insiste nel voler vedere l'utopia.
cit Niko
" Insomma la società è una "seconda natura" rispetto alla natura nel senso tradizionale del termine, alla natura "selvaggia"; ma la posizione di amore, odio, ignoranza o indifferenza del singolo verso la società attuale in cui questo si trova a vivere non è, non costituisce, di per sé, una terza natura, per questo le utopie "buone" raramente si realizzano... esattamente come chi ama, odia, ignora o è indifferente alla natura, non per questo è salvo dai suoi problemi, e dai suoi "doni".
Ma vedi riproponi ancora la questione ideologica come problematica (non lo è per le nuove generazioni dai millenials in su). In realtà è la questione sentimentale ad essere sotto-attacco. O distinguiamo, o rimarrai sempre nel tuo discorso fatalista. E allora ha ragione Ferraris a parlare di "piangina".
cit Niko
"fenomeni sociali, come il denaro, la legge, la morale, hanno potere vincolante come se fossero, leggi della natura, pur senza realmente essere, leggi della natura: possiamo maneggiare il denaro, amministrare la legge, rispettare al morale eccetera, solo obliando, in una certa qual misura, che tutto ciò sia del tutto artificiale, che le regole di scambio e di utilizzo dei dispositivi e delle conoscenze generazionalmente tramandate siano puramente convenzionali, quindi alla base del "gioco" della tecnoscienza e del sapere come potere, visto come un gioco proattivo, manipolatore, simulativo, incrementabile all'infinito, c'è sempre il gioco del fare finta che non sia un gioco, l'eterna natura dissimulante dell'umano, che non è mai cambiata nemmeno con il passaggio alla modernità, l'oblio dell'artificiale che ri-manifesta il paesaggio naturale; è questa la vera posta in gioco delle utopie e delle distopie"
si infatti, vedo che capisci benissimo la questione dell'infosfera (dell'antropocene, come è alla moda dire), della sfera, dell'ipersfera etc..
Ma poi in coda mi dici che questa è la posta dell'utopia?
Non capisco proprio.
Se il fenomeno (supposto naturale, non essendo mai naturale) si conforma come quello dell'apparire dell'immagine all'interno dell'infosfera (Ossia dei simulacri come diceva Baudrillard), è chiaro che è di nuovo un simbolo (e rientra nella tradizione magica, incantatoria, ingenua). Se le utopie rivoluzionarie e messianiche sono morte, che sono le più recenti, quella magica a maggior ragione, è morta da tempo.
(e nell'antropocene, quali volevi che fosse l'utopia? se non quella utopica magica, che tra l'altro è quella dei ricchi, appunto illusioni!)
cit Niko
"il velo di maya che ci fa accettare l'ingiustizia sociale non durerebbe neanche un secondo se si mostrasse l'artificialità della maggior parte di quello che consideriamo come "naturale", e per fondare una nuova utopia funzionante, che si contrapponga in qualche modo allo stato di cose presente, bisogna ri-tessere il velo di maya e obliarne la fondazione, il contrario esatto di una concezione giuridica o associativa del concetto di fondazione."
Esatto, e per togliere il velo magico, cosa c'è di meglio che seguire con attenzione il disvelamento fenomenico storico?
L'antropocene, non come ricerca spirituale (figuriamoci) ma come apparire dei morti discorsi del passato (gnosi e compagnia bella).
Discorsi di morte, che velano il discorso di morte della tecnica.
Sembra proprio una schisi nella vita nevvero? E infatti è così, isteria all'interno dell'orizzonte paranoico.
La risposta sarebbe trovare il discorso morto di vita (l'utopia certo), che sia mimesi del discorso di morte reale (come nel caso dell'utopia magica contemporanea), ovvero che si contrappone alla vita reale. Cioè al sentimento. O lo diciamo o giriamo a vuoto! Non è questione del sapere e basta quindi!
Noi sappiamo che queste utopie sono sintomi di un discorso di morte, che fa finta di essere di vita. Ha il volto magico di Greta (al di là di Greta).
E' la telepatia. Si sintonizzano tutti su quel discorso.
Le domande che fanno a Cacciari sono le domande di Greta.
Capisci Niko? Ma Cacciari sorride, amaramente.
Cit Niki
"A ben vedere, anche in senso psicologico, la promessa stessa di felicità per come essa può essere significativa per l'uomo, non si riferisce mai a un indefinito futuro di felicità, volto all'accumulazione indefinita di qualcosa o tanto meno alla trasformazione indefinita di qualcosa, ma al desiderio e al bisogno di saturare lo "spazio" del futuro con una felicità in qualche modo esperita, quindi passata:"
Si, dannazione si.
infatti è così vedo che anche tu intuisci qualcosa nella direzione giusta. Passata, dunque morta.
Non passata dunque futura. Non esiste felicità, lo dice Cacciari no?
E' il dialogo che ci porta oltre. Lo spazio futuro va riempito col dialogo coi morti. E' ora di prendere commiato da loro.
Il viandante e la sua ombra di Nietzche, mi capisci?
cit Niko
" nessun uomo può "insegnare" a nessun altro uomo come essere felice, e nessun uomo può auto-rappresentarsi la sua felicità, senza implicare in qualche modo il passato, e questo implica il fallimento delle utopie di progresso eterno, e l'insufficienza delle utopie di crisi: bisogna sempre in qualche modo fare un uso non scontato della storia in vista della propria e altrui felicità, come se la manifestazione improvvisa di futuri alternativi, la scelta, implichi sempre, in qualche modo, un desiderio verso il passato remoto."
Un desiderio verso il presente (non verso il passato come scrivi) che si nutre nel dialogo con gli amici morti. L'archeologia del sapere intesa da Agamben.
Se è un desiderio verso il passato per il passato, è ancora una volta un sotterrarsi.
Ci sei quasi, ma lo sviamento finale, potrebbe essere il sintomo di un discorso paranoico ben più vasto di quel che credi (forse).
Buon lavoro.
Citazione di: paul11 il 26 Febbraio 2021, 23:13:32 PM
Non so se, come scrive Alexander, manchi la volontà di cambiare, penso che forse la frustrazione sia tale e accompagnata da mancanza di visoni, per cui la volontà se non cade nella rassegnazione, poco ci manca. E' come se ci trascinassimo, ci lasciassimo andare alla corrente senza più voglia di combattere.
E' vero che vista la situazione, si tende a rintanarsi nella propria nicchia di sicurezza confortevole.
Altrettanto vero che c'è poco o nulla di originale filosoficamente, e quel poco è particolare ed interessante, nulla a che fare con le "grandi visoni", le uniche che possono mutare il vento culturale odierno.
Jacopus, almeno per me ciò che dice Cacciari è ormai risaputo, ed è sintesi ,non certo analisi.
Come ho scritto nel post precedente, bisogna far capire cosa sia la tecnica dal punto di vista filosofico culturale, del perché avviene solo in Occidente , in determinate civiltà, quali sono gli strumenti teoretici che hanno promosso questo esponenziale sviluppo dalla modernità e quale cultura filosofica ha a sua volta voluto la tecnoscienza, che è anch'essa un'utopia al tramonto da tempo. Cacciari non poteva che fare sintesi , gli approfondimenti sono nei suoi scritti e di altri che seguono il canone "della potenza tecnoscientifica".
Platone non è utopista e nemmeno la filosofia greca in toto, ribadisco.
A meno che si voglia dire che la morale non c'entra più nulla anche nella politica, che il bene comune è un'utopia, che la comunità pacifica è un sogno, che la possibilità di convivenze di diversità sia irrealizzabile.
Il punto chiave della definizione di utopia è infatti credere, perché è una fede anch'essa, che sia possibile mettere in gioco la propria esistenza e il proprio essere nell'orizzonte della propria vita .
Questa è la "vera" utopia, in senso positivo, cioè pensare ad una società ad una cultura che permetta di vivere meglio . Le "false" utopie sono solo progetti che non mutano il senso della vita, il miglioramento umano della vita , sono progetti che toccano il mondo esterno umano, il sistema ambiente , inteso come meccanismi socio economici, leggi politiche.
La caduta della cultura positivistica del progresso intesa anche come "liberazione" negativa, cioè liberarsi dalla fatica, liberarsi dai condizionamenti , se da una parte ha promosso e permesso che il sistema ambientale, inteso come cultura tecnoscientifica, abbia dato certamente strumenti, "doni", per "sopravvivere" meglio, dall'altra ha invece perso proprio sul fronte del miglioramento umano dell'uomo, perché ha prodotto l'uomo macchina, l'uomo stressato, l'uomo ansioso, l'uomo alienato ancor di più. La dicotomia, la discrepanza fra miglioramento dell'ambiente tecnoscientifico e peggioramento dell'uomo umano come orizzonte di senso umano compiuto, ha messo in luce proprio la fine dell'utopia positivista di un totale progresso .
Le utopie ,quelle vere, non è vero che debbano essere necessariamente "razionali", per essere rivoluzionari c'è ne cessità di una carica irrazionale costruita persino sull'ingenuità e illusione. Per questo i giovani sono più rivoluzionari dei vecchi rassegnati, e da sempre. Intendo dire che l'utopia si nutre della carica emotiva passionale accompagnata dall'idea di cambiamento che deve essere "forte", sentita come realizzabile, per quanto quasi impossibile.
Tutte le utopie moderne sono tecnoscientifiche e volontà di potenza, dal capitalismo al nazismo, dal fascismo al comunismo , questo ben pochi lo hanno capito . Quando Marx attribuisce alla sua teoria
"scientifica" ,anche lui crede al progresso tecnoscientifico , non crede alla divisone delle classi sociali . Le ideologie anti positivistiche sono le due facce dell'identica medaglia, perché cercavano nello stesso progresso positivistico tecnoscientifico ,solo strutturato politicamente e governato in maniera diversa. L'errore è credere che un sistema culturale che ha radicato l'idea di tecnica come potenza ,sia governabile altrimenti dal capitalismo o comunque da una certa idea di progresso .
E' la tecnoscienza che produce l'uomo macchina, che sia a New York, Mosca, o Pechino :questo dobbiamo mettercelo in testa.
Per governare la tecnoscienza, non bisogna più affidarsi a lei come incarnatrice del progresso, ma solo come strumento al servizio, ribadisco al servizio dell'uomo.
Ha ragione Cacciari quando dice del "superumanesimo" quando pensiamo che l'uomo distrugge il pianeta Terra. Ho già scritto sul rapporto con la natura. La modernità ha esaltato lo scontro natura cultura, seppur ambiguamente abbia sostenuto l'uomo naturale costruendone stereotipi culturali falsi. L'uomo ha paura della natura e cerca in tutti i modi di controllare il suo potere , l'uomo può estinguersi cos' come l'intero bios sul pianeta Terra, ma come Marte che si suppone non abbia più bios, è lì nella sua interezza a fare rivoluzioni e rotazione attorno al Sole.
Niko, notevole post. Infatti molti pensano ormai che il prodotto della cultura, che è umana, funzioni come la natura....che è indifferente al nostro destino, al modo in cui la rappresentiamo .
In questo errore di tecnica come destino sono caduti in parecchi ,come se la tecnica non fosse stata una scelta ,una volontà di una cultura che ha promosso la sua espansione. In quanto tale, e non come la natura, ma come cultura, così come fu promossa, è possibile quanto meno gestirla, riprenderla in mano. Lo scontro è interpretativo, perché molti filosofi, fra cui Cacciari, avendo vissuto le utopie, ed essendo stati " sconfitti " hanno battezzato come ineluttabile, come un destino naturale la tecnica, ed è un errore.
Direi quindi questo sulla falsariga da quanto da te scritto. In politica non esiste mai un terreno neutrale, nel senso che c'è sempre e da sempre qualcuno vince e qualcun altro perde, a prescindere dall'esitenza o meno di utopie, c'è chi avanza e chi arranca . La fine dell' utopia, la distopia, il disincanto ,se creano aridità per molta della popolazione che poco o niente spera, per altri è invece terreno fertile per sopravanzare. Su questo sono perfettamente d'accordo. L'errore è pensare che le sconfitte divengano disfatte, Le sconfitte spesso insegnano più delle vittorie , e non è retorica. Se si sa analizzare teoretica e prassi. Infatti a mio parere, ribadisco, i filosofi hanno smesso di pensare in grande e scrivono piccole cose spesso cadendo involontariamente nella retorica "fatalistica", quando non trovano analiticamente la profondità del perché sono accaduti detrminati avvenimenti storici , quando non conoscono il perché sia sia strutturato un mod di pensare, un modo di vivere, un modo di sperare e fare utopie.
Detto stringatamente, poco mi importa che Nietzsche abbia scritto nella seconda metà dell'Ottocento che "Dio è morto"...non l'avevano avvertito che i funerali c'erano già stati da tempo, o che Heidegger quasi un secolo dopo a sua volta dica "ci vorrebbe un Dio....." perché la SUA filosofia si era avvitata su se stessa...
Pur credendo in Dio, ritengo che il destino umano su questo pianeta sia di propria mano degli umani ,che giustizia e iniquità sia il prodotto dell'ignoranza o sapienza umana, dell'indole umana, della natura umana, del genio o stoltezza umana. Sono gli umani che hanno voluto promuovere la tecnica prima come strumento da gestire e governare ai propri fini , ma mantenendo le eterne contraddizioni della storia intera umana. Il vero problema culturale è sovvertire quindi gli opposti , la futura utopia è costruire la società giusta a prescindere dal livello tecnico e solo dopo sarà allora possibile gestire la tecnoscienza . Se l'uomo prima non toglie la propria decadenza, la propria alienazione dal mondo , non promuove se stesso e ne accetta i limiti fisici e naturali come destino e i limiti di conoscenza, smettendo questa volontà di potenza finalizzata al potere, allora può ricostruire luna vera utopia come possibilità in cui immetterci la propria carica passionale emotiva, quella volontà di cambiamento come possibilità . Ma allora bisogna mutare le prassi, e personalmente lo si fa a partire dal sistema giuridico economico che ha costruito privilegi per alcuni e sottomissione per molti , ma non come spirito di rivalsa, ma come spirito di giustizia, per vivere tutti meglio, umanamente meglio e quindi creare le condizioni di pace, sicurezza, tranquillità. In questo mi sento l'ultimo utopista ancora esistente , credo nonostante tutto ancora possible l'emancipazione umana, ma è una questione morale.........e quindi politica.
Ma Cacciari non dice che è ineluttabile, dice che è fede. E infatti lo ammetti anche tu. Non dice che devi smettere di progettare secondo una tua fede.
Non è filosofia però. A meno che tu intenda dire che esista una filosofia-esoterica, ma appunto se vai avanti nel video Cacciari ti spiega che ANCHE questo tentativo è fallito. O è religione o è Scienza, non può esistere un ibrido.
Certo questa cosa la puoi negare. Ma non vedo come. La religione Platonica è quella gnostica, tanto per capirci. Il sole dietro al sole della caverna platonica. Bisogna stare attenti, è una china pericolosa. Buon lavoro comunque. Nella mia prospettiva leggerò i contributi, ben accetti, sempre, come quelli di antiche idee morte, ma non per questo non ravvivabili nella utopia morta. Ed è con quell'utopia morta, che voglio proseguire a capire Nietzche. Nel dialogo come abbiamo sempre fatto. (non su Nietzche però ;) per carità ;) )
Citazione di: Alexander il 27 Febbraio 2021, 00:49:06 AM
Buona notte a tutti gli insonni
C'è un male profondo che scorre, neanche tanto sotterraneo. Il primario di pediatria dell'ospedale Bambin Gesù ha detto che ormai, ogni benedetto giorno, si presenta al pronto soccorso un bambino o un ragazzino con ferite da autolesionismo. La media è di uno al giorno. Solo in un ospedale. I tentativi di suicidio tra i giovani sono aumentati di circa il 30%.C'è qualcosa di perversamente malato in una società in cui i bambini si fanno del male da soli. Era questo il mondo che sognavano i nostri vecchi? Più giustizia, più speranza, più giorni di sole? E invece vien giù una pioggia torrenziale che lava via le speranze, i sogni stessi.
Molti diventano "complottari", ma lo fanno per urlare:"Ehi! Guardate che anch'io esisto e questo mondo non mi va bene. Non vi credo più." Dubitano di tutto, anche di quello che non si dovrebbe dubitare. Tanti sono giovani, anche istruiti. Ormai è l'unica forma di ribellione che è rimasta, ma verrà normalizzata presto. Dubitare per sopravvivere dentro. Anche nei sentimenti (eh, già Green Demetr), nelle passioni, magari con un elmo cornuto sulla testa. Farsa e tragedia nello stesso tempo. Non resta molto altro, ma tranquilli, viene presto un mondo dove questi stupidi rideranno della loro rivolta sterile e indecorosa. E' l'irrazionalità vitale che cerca di resistere alla normalizzazione, al fisicismo imperante. Presto però sarà pronta la pillola del "giorno prima", non abbiamo nulla da temere. Saremo "ristorati". E per finire non può mancare l'"andrà TUTTO bene", ovviamente.
Ma no dai, i sentimenti li proteggeremo, dobbiamo solo lavorare su come.
E comunque sia ANDRA' TUTTO BENE :D :D :D
Buona notte anche a te.
Citazione di: green demetr il 24 Febbraio 2021, 23:00:34 PM
PS
Hai notato Ipazia, che ci lancia una frecciatina, con quell'accenno al ludens?
E' ora di lavorare. Ciao.
Si, è proprio ora di lavorare perchè Ipazia non riduce l'antropologico ad edonismo ma, come ho ben precisato, alla sacra triade
faber, ludens, sapiens che messa insieme edifica il
ludus serissimo dell'avventura antropologica.
Avventura costellata di utopie in cui, molto opportunamente, Cacciari pone F.Bacon a snodo di passaggio dall'antico al moderno, ovvero dalla certezza
deduttiva dell'antica metafisica incentrata su agathè/bonum all'incertezza
induttiva della nuova che procede per
augmentum scientiarum, nel quale è già implicita la provvisorietà di ogni utopia e pure del suo antipode che oggi va per la maggiore, la distopia (tecnoscientifica anzichè no).
Rispetto alle quali, marxianamente, prendo le mie distanze, riducendo pure le velleità dell'augmentum scientiarum (progresso) alla dimensione, come insegna Cacciari, del
progetto più o meno riuscito del quale successo o fallimento solo a posteriori possiamo giudicare *. Peraltro solo provvisori e sempre rinascenti dalle loro ceneri. Il che autorizza ogni genere di fede inclusa la mia nelle contraddizioni del sistema capitalistico, di marxiana memoria.
E' in tale indeterminatezza, fatta di fratture redentive che rilanciano il logos antropologico, il grande gioco della storia, non riducibile alla felicità, dice Cacciari (e pure Nietzsche), e alle volgarizzazioni (neo)pietiste di essa, che si rivelano miseria filosofica al pari di quanto osservò Marx rispetto alla "filosofia della miseria" di Proudhon a cui contrappose la sua "miseria della filosofia".
Che ultimamente assistiamo ad una "miseria della scienza" non tragga in inganno. La storia procede per progetti (era così anche al tempo di Platone solo che i tempi erano più lenti per la miseria della tecnica disponibile) soggetti a falsificazione. Sono le regole del grande gioco. Regole stabilite dalla grande madre che si diverte a confondere le pretese dei padri metafisici, fisici e ideologici. Del resto: mater semper certa. Ce lo rammentano Nietzsche e pure Cacciari.
* A tal proposito, in un suo libro degli anni ruggenti, quando non doveva tingersi i capelli, Cacciari citò liberamente, forse da Nietzsche o Wittgenstein o qualcun altro finis Austriae, questo aforisma: "merita di essere signore del suo tempo colui che si limita ad anticiparlo". Parole profetiche da porre ad epigrafe della postmodernità, al netto di ogni demonizzazione.
Tra i tanti assist del video di Cacciari ce n'è uno che va sottolineato: la globalizzazione della koinè tecnoscientifica europea che per almeno cinque secoli ha dato fiato alle trombe della primogenitura occidentale su scala planetaria. E' un dato reale che però enfatizza oltre misura il crollo, anche a livello di immaginario utopico, di tale leadership, scippata prima dal Nordamerica ed ora pure dall'Asia, che sta mettendo in seria difficoltà tutto il complesso militare-industriale-ideologico Occidentale integrato. E' pur vero che la finanziarizzazione (parola orribile anche da scrivere e pronunciare) del potere politicoeconomico ha le sue solide basi ancora in occidente e nelle sue monete, ma è un vantaggio di corto respiro che, come spiega Green nel topic sicurezza, si sta diluendo nella tecnologia blockchange che genera un equivalente generale del denaro apolide. Marx docet anche nella sempre maggiore globalizzazione della forma denaro.
E quindi ? Si ritorna tutti ai blocchi di partenza. Chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto, scurdámmoce 'o ppassato... Ma non il presente e il futuro in cui, più che le topgun, conta la materia grigia dei bookmaker politici a cui , forse, la pazienza e riflessività asiatica offrono, non solo sul piano filosofico, una marcia in più. Soprattutto nella capacità di assecondare e governare gli eventi piuttosto che, trumpianamente, contrastarli col petto in fuori. In particolare quando hanno la forza di un uragano, come le nuove tecnologie dimostrano di avere.
Citazione di: green demetr il 27 Febbraio 2021, 00:50:47 AM
cit Niko
"Cacciari sembra parlare di se stesso da uomo vecchio e stanco che è, ed esprimere il suo personale disincanto verso le utopie; ma in realtà io direi che le utopie moderne saranno pure esaurite come dice lui, ma quelle contemporanee sono più vive che mai."
E ma quello è il problema! non è certo la soluzione.
cit Niko
"Il mondo contemporaneo è una continua crisi, e le utopie dei potenti, che sostanzialmente si avverano sempre di più e/o sono vere da sempre, sono le distopie della stragrande maggioranza delle loro vittime: la mia generazione ha visto le contestazioni no-global, poi l'undici settembre, poi questo disastro del virus (zero virgola cinque per cento di mortalità) strumentalizzato politicamente per costruire un totalitarismo del consenso, l'avvento dell'uomo-virus: ad ogni supposta "emergenza", si è risposto comprimendo i diritti della stragrande maggioranza dei cittadini occidentali e creando facile consenso intorno a una politica e a una comunicazione mediatica del terrore, quindi io ci vedo una rottura della linearità del progresso verso un qualcosa, un sistema-mondo, che è sempre meglio per l'infima minoranza dei dominanti e sempre peggio per i dominati, l'utopia dell'uno è la distopia dell'altro, e in questo non c'è nessun compimento dell'occidente, ma un disvelamento del meccanismo -potrei dire della natura- che vi sta alla base, meccanismo e natura che mi sento facilmente di identificare con il capitalismo in senso marxiano e con la decadenza in senso nietzschano, sappiamo che l'uno inizia da circa l'ottocento, l'altra dai tempi di Socrate, ma strutturalmente hanno molto in comune."
Si ma appunto l'utopia rivoluzionaria è evaporata.
Io non credo che si possa parlare di utopia dei ricchi, ma di destino incrementale della tecnica. "Che ne sanno della vita i ricchi? al massimo possono tentare a indovinare" (cit Celine)
cit Niko
"Ma senza andare troppo fuori argomento, direi che il punto è che la decadenza (che è un inversione del ruolo tra debole e forte e un sentimento della direzione entropica e tanatologica del tempo) non può di per se stessa decadere, e il capitalismo (che è un sistema economico, non un Moloch omnicomprensivo) non può finire se non con la rivoluzione o con la rovina comune delle classi in lotta (socialismo o barbarie), quindi il concetto di attimo e di crisi/rivoluzione, sono stati più che mai presenti nella storia recente, solo che non ne è seguita l'utopia per i più, ma per i pochi."
I ricchi non hanno utopia, solo noia. Appunto non esiste felicità umana, ma loro che ne sanno? Sotteso sempre al video di Cacciari.
cit Niko
"La realtà dell'utopia è molto simile alla posizione del soggetto rispetto alla natura, quindi al discorso che si faceva in precedenza sul dovere, di amare la natura o no."
Ma il discorso sulla natura come ti ha spiegato Cacciari nelle risposte che ha dato nel finale, è una ideologia, instaurata dalla tecnica e dal suo bisogno incrementale, che ad oggi spinge le scienze dell'IT (industria tecnlogica) e della comunicazione, e che Sloterdijk chiama Sfera, e io sulla scorta di Baudrillard chiamo Ipersfera, e di cui la green ecology, con la letterina della Greta a Draghi (cioè è già avvenuto, quello che prospettavo ironicamente, ma appunto la velocità del cambiamento si mangia anche qualsiasi possibile ironia), è semplicemente solo una delle infinite mimesi. Ovvero la potenza della Realtà Virtuale.
La capacità dell'intero sistema industriale di convertirsi in un immensa produttrice di bolle virtuali, come i giovani ventenni oggi le chiamano, nella più totale tranquillità.
Insomma non è un problema. E' un problema di chi insiste nel voler vedere l'utopia.
cit Niko
" Insomma la società è una "seconda natura" rispetto alla natura nel senso tradizionale del termine, alla natura "selvaggia"; ma la posizione di amore, odio, ignoranza o indifferenza del singolo verso la società attuale in cui questo si trova a vivere non è, non costituisce, di per sé, una terza natura, per questo le utopie "buone" raramente si realizzano... esattamente come chi ama, odia, ignora o è indifferente alla natura, non per questo è salvo dai suoi problemi, e dai suoi "doni".
Ma vedi riproponi ancora la questione ideologica come problematica (non lo è per le nuove generazioni dai millenials in su). In realtà è la questione sentimentale ad essere sotto-attacco. O distinguiamo, o rimarrai sempre nel tuo discorso fatalista. E allora ha ragione Ferraris a parlare di "piangina".
cit Niko
"fenomeni sociali, come il denaro, la legge, la morale, hanno potere vincolante come se fossero, leggi della natura, pur senza realmente essere, leggi della natura: possiamo maneggiare il denaro, amministrare la legge, rispettare al morale eccetera, solo obliando, in una certa qual misura, che tutto ciò sia del tutto artificiale, che le regole di scambio e di utilizzo dei dispositivi e delle conoscenze generazionalmente tramandate siano puramente convenzionali, quindi alla base del "gioco" della tecnoscienza e del sapere come potere, visto come un gioco proattivo, manipolatore, simulativo, incrementabile all'infinito, c'è sempre il gioco del fare finta che non sia un gioco, l'eterna natura dissimulante dell'umano, che non è mai cambiata nemmeno con il passaggio alla modernità, l'oblio dell'artificiale che ri-manifesta il paesaggio naturale; è questa la vera posta in gioco delle utopie e delle distopie"
si infatti, vedo che capisci benissimo la questione dell'infosfera (dell'antropocene, come è alla moda dire), della sfera, dell'ipersfera etc..
Ma poi in coda mi dici che questa è la posta dell'utopia?
Non capisco proprio.
Se il fenomeno (supposto naturale, non essendo mai naturale) si conforma come quello dell'apparire dell'immagine all'interno dell'infosfera (Ossia dei simulacri come diceva Baudrillard), è chiaro che è di nuovo un simbolo (e rientra nella tradizione magica, incantatoria, ingenua). Se le utopie rivoluzionarie e messianiche sono morte, che sono le più recenti, quella magica a maggior ragione, è morta da tempo.
(e nell'antropocene, quali volevi che fosse l'utopia? se non quella utopica magica, che tra l'altro è quella dei ricchi, appunto illusioni!)
cit Niko
"il velo di maya che ci fa accettare l'ingiustizia sociale non durerebbe neanche un secondo se si mostrasse l'artificialità della maggior parte di quello che consideriamo come "naturale", e per fondare una nuova utopia funzionante, che si contrapponga in qualche modo allo stato di cose presente, bisogna ri-tessere il velo di maya e obliarne la fondazione, il contrario esatto di una concezione giuridica o associativa del concetto di fondazione."
Esatto, e per togliere il velo magico, cosa c'è di meglio che seguire con attenzione il disvelamento fenomenico storico?
L'antropocene, non come ricerca spirituale (figuriamoci) ma come apparire dei morti discorsi del passato (gnosi e compagnia bella).
Discorsi di morte, che velano il discorso di morte della tecnica.
Sembra proprio una schisi nella vita nevvero? E infatti è così, isteria all'interno dell'orizzonte paranoico.
La risposta sarebbe trovare il discorso morto di vita (l'utopia certo), che sia mimesi del discorso di morte reale (come nel caso dell'utopia magica contemporanea), ovvero che si contrappone alla vita reale. Cioè al sentimento. O lo diciamo o giriamo a vuoto! Non è questione del sapere e basta quindi!
Noi sappiamo che queste utopie sono sintomi di un discorso di morte, che fa finta di essere di vita. Ha il volto magico di Greta (al di là di Greta).
E' la telepatia. Si sintonizzano tutti su quel discorso.
Le domande che fanno a Cacciari sono le domande di Greta.
Capisci Niko? Ma Cacciari sorride, amaramente.
Cit Niki
"A ben vedere, anche in senso psicologico, la promessa stessa di felicità per come essa può essere significativa per l'uomo, non si riferisce mai a un indefinito futuro di felicità, volto all'accumulazione indefinita di qualcosa o tanto meno alla trasformazione indefinita di qualcosa, ma al desiderio e al bisogno di saturare lo "spazio" del futuro con una felicità in qualche modo esperita, quindi passata:"
Si, dannazione si.
infatti è così vedo che anche tu intuisci qualcosa nella direzione giusta. Passata, dunque morta.
Non passata dunque futura. Non esiste felicità, lo dice Cacciari no?
E' il dialogo che ci porta oltre. Lo spazio futuro va riempito col dialogo coi morti. E' ora di prendere commiato da loro.
Il viandante e la sua ombra di Nietzche, mi capisci?
cit Niko
" nessun uomo può "insegnare" a nessun altro uomo come essere felice, e nessun uomo può auto-rappresentarsi la sua felicità, senza implicare in qualche modo il passato, e questo implica il fallimento delle utopie di progresso eterno, e l'insufficienza delle utopie di crisi: bisogna sempre in qualche modo fare un uso non scontato della storia in vista della propria e altrui felicità, come se la manifestazione improvvisa di futuri alternativi, la scelta, implichi sempre, in qualche modo, un desiderio verso il passato remoto."
Un desiderio verso il presente (non verso il passato come scrivi) che si nutre nel dialogo con gli amici morti. L'archeologia del sapere intesa da Agamben.
Se è un desiderio verso il passato per il passato, è ancora una volta un sotterrarsi.
Ci sei quasi, ma lo sviamento finale, potrebbe essere il sintomo di un discorso paranoico ben più vasto di quel che credi (forse).
Buon lavoro.
Molto rapidamente: io sarò pure su una posizione paranoide, ma tu mi sembri su una posizione abbastanza per così dire "romantica" se pensi che i ricchi provino noia come sentimento prevalente e non lottino per i loro interessi, costruendo, vittoria per vittoria, le loro utopie.
La tecnica implica per sua principale conseguenza storica, direi, che i ricchi solo ricchi tendenzialmentenon esistono, o, al limite, sempre meno possono esistere all'avanzare della tecnica: più la tecnica "incrementa" più necessariamente i ricchi sono anche-potenti, quindi vivono tutto il dramma e la gamma completa delle emozioni nel detenere e cercare di mantenere il potere e il controllo, come vedi la mia posizione posizione "paranoide" si contrappone alla tua posizione romantica: il modo determinato in cui i ricchi hanno cambiato il mondo, dal mio punto di vista e per quello che ho potuto vedere nella mia generazione, non è certo per la noia, ma per il potere.
Poi non capisco io, come fai a dire che il discorso sulla natura è ideologia? Banalmente, io volevo dire che si può dissimulare verso il bene o verso il male, quindi una futura società utopica sarà basata lo stesso sull'oblio dell'artificiale che genererà una seconda (e non mai una terza) natura, penso che questo aspetto dell'uomo non cambierà mai, forse così sarà per l'individuo post umano, ma a te da altre cose che hai scritto altrove mi sembra che non piace la categoria del bene, e nemmeno del post umano, quindi la metto nel modo in cui la mettete tu e Cacciari:
la felicità non esiste!
questo è un po' il punto chiave, quindi la felicità terrena promessa delle utopie moderne è stata criticata principalmente in due modi.
1 perché banale e squallida, 2 perché impossibile.
Cacciari faceva l'esempio di Leopardi e Schopenhauer come esempi di autori che hanno mosso simili critiche, ma tanti altri ce ne potrebbero essere.Quello che è importante notare, è che per entrambi questi problemi, quello per cui la felicità è impossibile, e quello per cui la felicità quando collegata a beni materiali o a definizioni della felicità stessa massificate, è falsa e squallida, la soluzione possibile è una misura della felicità: infatti la felicità terrena se "misurata", ovvero considerata, dal suo interno si polarizza in un meglio e in un peggio, per cui sarà pure vero che non si può essere completamente felici, ma ci possono essere modi sensati di quantificare, o meglio di calcolare, la felicità, al fine di per preferire un quanto maggiore di felicità piuttosto che un quanto minore, insomma un'arte del vivere che venga dalla mensura intesa più che in senso greco classico, in senso in senso ellenistico ed epicureo, e su tale arte del vivere potrebbero fare presa le utopie "riscuotendosi" così dalla critica che in precedenza avevamo visto, soprattutto dalla critica numero 2, impossibilità della felicità terrena; ma non è tutto, perché se invece consideriamo la felicità terrena come misurata nel suo complesso, non quindi una misura delle articolazioni interne della felicità terrena ma una misura della felicità terrena stessa come entità unica rispetto ad altro, ne risulta che questo uno della felicità terrena, si coniuga con i vari altro della felicità intesa nei modi considerati tradizionalmente più "nobili", come felicità in senso religioso, spirituale, estetico, artistico, erotico eccetera, insomma la mensura è anche misura del trascendibile rispetto alla trascendenza, o, in parole, più semplici, è il prima vivere e poi filosofare di aristotelica memoria, che se preso sul serio, è il presupposto, cognitivo e psicologico, e non il vano fronzolo, di tutte le altre forme di felicità, e così le utopie contemporanee potrebbero risollevarsi dalla critica numero 1, quella secondo cui la felicità terrena è squallida e intrinsecamente insufficiente: sia in risposta ad una critica che all'altra insomma, bisogna avere misura per avere relazione, quindi l'utopia non contende allo stato di cose presenti l'incremento all'infinito della tecnica, ma il momento propriamente creativo, che in negativo si può vedere anche come un oblio dell'artificiale che genera la natura, cosa di cui parlavo prima. Il fatto è che per Cacciari l'utopia é, di per se stessa, l'incremento all'infinito della tecnica e del sapere, è questo che la caratterizza, e quindi la distingue dalle forme chiuse delle scorrettamente dette "utopie" antiche, come la Repubblica di Platone eccetera, ma io sono su una posizione più barbosamente marxista per cui quello che davvero caratterizza la modernità è l'incremento all'infinito del denaro-capitale e la tecnica è al servizio, è ancella di questo scopo, scopo che non deriva dalla noia, ma semmai dalla lotta per il potere con tutta la conseguente gamma delle emozioni umane al seguito.Quindi secondo me abbiamo, incremento all'infinito del denaro, da cui solo consegue, l'incremento all'infinito della tecnica, e il concetto di capitale è l'unione di lavoro vivo con lavoro morto, di "macchine" in senso lato e forza lavoro, quindi accanto alla tecnica come evento e fenomeno di cui parliamo da un po', non c'è l'uomo nella sua presunta libertà, ma l'uomo in una relazione sociale e di produzione ben determinata, quella del lavoro salariato: è per questo che la tecnica poi viene spesso recepita e descritta come un destino. Quindi è ovvio che io veda l'utopia come la rottura di questa relazione determinata che incatena l'uomo alla macchina e l'inizio di relazioni altre (tra uomini e uomini, macchine e uomini e macchine e macchine) al momento presente solo supponibili e immaginabili, e non come un competere di un modo di produzione su un altro, o di un' "idea" su di un altra, sul piano dell'incremento all'infinito della tecnica. Non dovrebbe essere una rottura della linearità del tempo, ma della relazione, quindi non qualcosa che riguardi i rapporti tra padri e figli o tra vivi e morti, ma tra fratelli, tra persone che in qualche modo si possano guardare negli occhi nella stessa generazione.
Ma penso anche che inevitabilmente, o almeno io da una prospettiva umana immagino questo come inevitabile, che, qualsiasi utopia seguirà al presente, il fondamento giuridico, o mitico, di tale utopia, sarà sempre meno importante dell'oblio del fondamento stesso e dell'assunzione della società umana come natura, questo finché l'uomo sarà uomo, insomma.
Salve. Piacevole sonata. Io sono il cavernicolo che la fa semplice semplice.
Esiste la natura la quale esprime l'uomo, il quale pensa di adattare a sè ciò che l'ha generato. Ma in realtà riesce solo a pervertire sè stesso credendo di poter pervertire la natura.
In pratica stiamo assistendo allo spettacolo del figlio che vorrebbe mostrare al genitore nuovi modi di fare sesso. Ma pensa tu !!. Saluti.
Apprezzo Cacciari, così come Galimberti e Severino. Con tutti e tre ho avuto modo d'interloquire di persona, percependone la sostanziale onestà intellettuale.
Tuttavia, la grande cultura, la brillante intelligenza, non sono loro sufficienti per comprendere davvero in che cosa consista la tecnica.
Quando discettano sulla tecnica non parlano di un proprio vissuto, ma solo di una congettura, di un sentito dire.
La loro è una conoscenza prettamente intellettuale, non derivata dall'esperienza.
Ma vi sono cose, nel mondo, che occorre vivere in prima persona per poterne avere un'idea almeno un po' adeguata.
La tecnica altro non è che il fare dell'uomo.
E il fare, se lo viviamo con intensità, se ci immergiamo in questo nostro stesso agire che cambia il mondo, è autentica meraviglia. Che inevitabilmente coglie chi fa, se solo osserva se stesso nella propria azione.
Questa meraviglia ci ha condotto lungo la strada della volontà di potenza.
E non poteva che andare così.
La volontà di potenza aspira a dominare il mondo, ma in realtà cerca solo il proprio annichilimento.
Ed è proprio in quella meraviglia l'annuncio, la promessa della beatitudine.
CitazioneIn pratica stiamo assistendo allo spettacolo del figlio che vorrebbe mostrare al genitore nuovi modi di fare sesso
Correggerei nel seguente modo: "in pratica stiamo assistendo allo spettacolo del figlio che
mostra al genitore nuovi modi di fare sesso (come ad esempio la clonazione della pecora dolly o la ricomposizione genetica dei virus indeboliti a scopo vaccinale)."
Citazione di: bobmax il 27 Febbraio 2021, 19:54:37 PM
...
Questa meraviglia ci ha condotto lungo la strada della volontà di potenza.
E non poteva che andare così.
La volontà di potenza aspira a dominare il mondo, ma in realtà cerca solo il proprio annichilimento.
Ed è proprio in quella meraviglia l'annuncio, la promessa della beatitudine.
Condivido tutto ciò che precede, ma il Wille zur Macht come deus ex machina non mi ha mai convinto fino in fondo. Sarà la mia formazione marxista, ma lo trovo una risposta ingenua alla complessità antropologica e un atteggiamento infantile di fronte alla Macht reale, la natura.
Il delirio tecnoscientifico non è l'unica obbligata strada dell'evoluzione antropologica e basta un granello di sabbia, o un piccolo virus, perchè tutte le velleità vadano in frantumi e si torni alle alchimie dentro un vaso di Pandora.
Come dice Green, c'è da lavorare.
Citazione di: Jacopus il 27 Febbraio 2021, 21:06:32 PM
CitazioneIn pratica stiamo assistendo allo spettacolo del figlio che vorrebbe mostrare al genitore nuovi modi di fare sesso
Correggerei nel seguente modo: "in pratica stiamo assistendo allo spettacolo del figlio che mostra al genitore nuovi modi di fare sesso (come ad esempio la clonazione della pecora dolly o la ricomposizione genetica dei virus indeboliti a scopo vaccinale)."
Salve jacopus. Scherzando circa le reciproche pedanterie, ti faccio notare che tu hai parlato di nuove modalità riproduttive (quella dei virus, tra l'altro, non si chiama neppure riproduzione ma replicazione).....non di nuovi modi di fare sesso. Saluti.
Citazione di: Ipazia il 27 Febbraio 2021, 21:13:43 PM
Citazione di: bobmax il 27 Febbraio 2021, 19:54:37 PM
...
Questa meraviglia ci ha condotto lungo la strada della volontà di potenza.
E non poteva che andare così.
La volontà di potenza aspira a dominare il mondo, ma in realtà cerca solo il proprio annichilimento.
Ed è proprio in quella meraviglia l'annuncio, la promessa della beatitudine.
Condivido tutto ciò che precede, ma il Wille zur Macht come deus ex machina non mi ha mai convinto fino in fondo. Sarà la mia formazione marxista, ma lo trovo una risposta ingenua alla complessità antropologica e un atteggiamento infantile di fronte alla Macht reale, la natura.
Il delirio tecnoscientifico non è l'unica obbligata strada dell'evoluzione antropologica e basta un granello di sabbia, o un piccolo virus, perchè tutte le velleità vadano in frantumi e si torni alle alchimie dentro un vaso di Pandora.
Come dice Green, c'è da lavorare.
Ma è proprio in quella meraviglia che occorre scavare.
Solo quando l'agire nel mondo suscita finalmente meraviglia, possiamo iniziare a scavare.
Voglio aprire la mia mano e questa si apre...
Avrei potuto non aprirla, ma invece così ho voluto.
E il mondo è cambiato a causa della mia volontà!
Agisco sul divenire!
Metto un mattone sopra l'altro e costruisco un muro.
Prima il muro non c'era, e ora la mia mano lo fa essere. Per mia volontà.
Avrei potuto non volerlo, e il muro non sarebbe.
Meraviglia!
Perché ciò che avviene può sembrare davvero ovvio, ma se lo osservo con attenzione, se riesco ad avvertire in cosa consiste per davvero quello che avviene davanti a me... posso rendermi conto che questa mia interpretazione non sta in piedi.
È impossibile che io possa agire sul divenire!
Citazione di: bobmax il 27 Febbraio 2021, 22:49:08 PM
Perché ciò che avviene può sembrare davvero ovvio, ma se lo osservo con attenzione, se riesco ad avvertire in cosa consiste per davvero quello che avviene davanti a me... posso rendermi conto che questa mia interpretazione non sta in piedi.
È impossibile che io possa agire sul divenire!
Perché pensi che il divenire sia impossibile.
Un'interpretazione alternativa è possibile: l'io, il potere, l'azione, il pensare, il conoscere, il divenire sono possibili.
Citazione di: paul11 il 26 Febbraio 2021, 23:13:32 PM
A meno che si voglia dire che la morale non c'entra più nulla anche nella politica, che il bene comune è un'utopia, che la comunità pacifica è un sogno, che la possibilità di convivenze di diversità sia irrealizzabile.
Il bene oltre che essere un termine morale è anche economico, per cui si comprende l'importanza dell'economia, dell'analogia e dei doppi sensi.
Il bene comune non è un'utopia. Tutti o molti vogliono il bene comune, perciò il bene comune è privato: tutti o molti vogliono il denaro, la ricchezza, il reddito, l'utile, il benessere, la felicità, perciò sono privati.
La compiutezza del tempo è la sua incompiutezza; la fine dell'utopia è l'inizio del luogo, il trionfo della religione, della morte è il trionfo dell'ateismo e della vita.
Nuovamente il doppio senso, l'identità degli opposti di Eraclito, l'eterno ritorno, che tanto piace a Nietzsche e ai suoi estimatori.
Citazione di: Kobayashi il 25 Febbraio 2021, 10:31:10 AM
Si tratta però di capire se l'uomo sia fatto per questo tipo di minimalismo filosofico o se al contrario sia, per sua natura, costretto a spingersi sempre verso visioni utopiche nonostante il tempo presente.
Devo dare merito a Cacciari, ed anche a te, di chiarezza espositiva.
Una specie di reset di troppe analisi con poche sintesi.
La mia personale utopia, che asseconda la mia pigrizia nel leggere manuali di filosofia, spinto comunque dalla mia natura a produrla, consiste nell'illusione che la mia ignoranza aiuti a vedere ciò che si nasconde dietro alla giungla di analisi.
Avendo poche analisi da esibire infatti è più facile per me giungere a sintesi.
Per gli altri il mio invito, se posso permettermi il suggerimento, è semplificare.
Sfrondare il superfluo. Operazione non facile per chi possiede ampia cultura, ma non impossibile da farsi come dimostra Cacciari potersi fare.
Nella mia semplificazione il singolo, come l'umanità intera, procedono per tentativi ed errori, cosa propria di tutti gli animali, ma con il plus di pesante apporto di coscienza per il singolo, che nell'umanita' si fa' scienza.
Queste, scienza e coscienza, comportano di mettere a frutto le proprie esperienze in termini di previsioni per il futuro.
Un futuro che però come dice Cacciari non ha fine ed è di fatto imprevedibile, ma che non possiamo fare a meno di prevedere, per nostri motivi strutturali di animali coscienti.
Non possiamo fare a meno di fare previsioni provandole sul campo.
Si può dire anche che viviamo di utopie deluse, laddove utopia è la scommessa sul futuro che trascende il singolo, e che quindi chiama in causa scienza e tecnologia industriale.
L'unica pecca che rilevo nel discorso di Cacciare è la distinzione, come vi fosse un punto di discontinuità, fra industrialita' e artigianalita', come una analisi di troppo, in base alle premesse che ho fatto.
Perché dunque ci appare che le utopie siano giunte a termine? Forse per una analisi di troppo spinti da impazienza?
Credo perché nel nostro progresso, che tale resta storicamente, anche se non si può sapere dove vada nel bene e nel male, viviamo una crisi storica di proporzioni insolite dove ogni utopia , ogni previsione, rimane sospesa da sembrar morta.
La fine di questa crisi ,perché ogni crisi ha una fine, sarà segnata dalla nascita di una nuova, in proporzione perfino grande ,utopia, la quale sarà,in un ripetersi storico, messa alla prova dei fatti, verificata e cestinata probabilmente come le precedenti.
La storia delle utopie in sostanza ci dice, che va' bene sbagliare nel nostro procedere umano, ma che conviene farlo tutti insieme
Può essere piacevole esercizio filosofico provare ad indovinare le nuove utopie che si profilano, cercandone gli indizi, ma sicuramente la nostra urgenza attuale è quella di capire come fare a ricompattarci.
Ciò può sembrare frustrante, specie nella prospettiva del singolo, che non vede un fine alle sue fatiche.
E per fortuna, aggiungo io, perché l'utopica fine delle sue fatiche equivaleva al suo annullamento.
No si sarebbe esso liberato, ma ci si sarebbe liberati di lui.
Ma, finché la scienza rimane l'arte collettiva delle previsioni e delle prove, il singolo può stare tranquillo.
Ci sarà sempre bisogno del suo apporto in quanto latore di diversità.
A cosa servirebbero infatti i singoli se fossero tutti uguali?
Allora si che finirebbe ogni progresso, ovunque vada, e con esso ogni utopia a corollario.
Come singoli dovremmo chiederci non cosa la scienza può fare per noi, ma cosa noi...etc...etc...
E questo magari ci aiuterebbe a farci sentire ancora vivi.
A cercarci la nostra fatica vitale, piuttosto che fuggirla, anche se detto da un pigro strutturale come me, questa frase trasuda pesante autoironia.
Ho esagerato nel semplificare?
Può darsi. Ma la semplificazione è la necessaria benzina del nostro procedere, nel bene e nel male.
Credere nelle utopie significa credere nelle nostre inevitabili semplificazioni, e questo ci consente di andare avanti insieme, compatti, forti delle nostre diverse individualità.
Forse dovremmo saggiamente imparare a vivere stabilmente sul confine fra illusione e disillusione invece di saltare continuamente di qua' e di la' dal confine.
Vivere sul confine fra illusioni e disillusioni è un po' come sognare sapendo di sognare, ma da svegli.
Una nuova coscienza che non sembra ostare alla prosecuzione del sogno.
E questa è la mia previsione per la prossima utopia a venire.
Citazione di: baylham il 02 Marzo 2021, 00:03:45 AM
Citazione di: bobmax il 27 Febbraio 2021, 22:49:08 PM
Perché ciò che avviene può sembrare davvero ovvio, ma se lo osservo con attenzione, se riesco ad avvertire in cosa consiste per davvero quello che avviene davanti a me... posso rendermi conto che questa mia interpretazione non sta in piedi.
È impossibile che io possa agire sul divenire!
Perché pensi che il divenire sia impossibile.
Un'interpretazione alternativa è possibile: l'io, il potere, l'azione, il pensare, il conoscere, il divenire sono possibili.
Se mi osservo agire nel mondo, cercando di mantenere il maggior distacco possibile da ogni "verità" scontata, può cogliermi la meraviglia!
Voglio muovere la mia mano e questa... si muove!
Vi è qualcosa di arcano in tutto questo.
Come posso io, colui che pensa, colui che vuole, agire effettivamente nel mondo modificandolo?
La cosa non dovrebbe sorprendermi. È il mio stesso corpo che pensa, che vuole. Ed è sempre questo corpo a generare questo mio io. Io sono frutto di questo corpo, che essendo appunto un corpo interagisce nel mondo.
Un corpo, puro corpo senz'anima.
Questo sono e nient'altro, se agisco nel mondo.
Ma donde nasce allora questa sofferenza per il male?
E come mai mi coglie a volte la compassione per il dolore del mondo?
E perché cresce in me sempre più forte l'odio per me stesso? Al punto da non avere alcun futuro che l'inferno?
Chi sono davvero io?
Citazione di: bobmax il 02 Marzo 2021, 10:24:53 AM
Ma donde nasce allora questa sofferenza per il male?
Da una componente evolutiva denominata psiche, sede dell'autocoscienza umana.
CitazioneE come mai mi coglie a volte la compassione per il dolore del mondo?
Così come spiega Cacciari non c'è nessun mondo da salvare e, aggiungo io, nessun mondo dolente: siamo noi che ci dobbiamo salvare e il dolore è una faccenda tutta nostra.
CitazioneE perché cresce in me sempre più forte l'odio per me stesso? Al punto da non avere alcun futuro che l'inferno?
Questa è una questione tutta tua. Se non sai trovare una soluzione chiedi allo psicologo, confessore, iman, guru,...secondo la tua fede.
CitazioneChi sono davvero io?
bobmax, hic et nunc.
Salve Ipazia. Cinico come mio solito, prevedo che quell'"ingrato" di bobmax non ti ringrazierà della tua premura nel rispondere ai suoi insondabili quesiti esistenziali.Per bobmax : scusami se sono così malevolo nell'attribuirti un difetto che - credimi - nelle questioni filosofiche è quasi una virtù Salutoni ad entrambi.
In effetti vi è come una smania di soffocare ogni velleità di analisi, di approfondimento.
Interventi che non aggiungono nulla ma cercano di troncare sul nascere qualsiasi discorso.
Il vuoto.
Alcuni qui sono degli specialisti.
Tra parentesi Cacciari parla dell'utopia, non della compassione.
Lui sa la differenza, avendo pure scritto una introduzione a un testo di Vannini.
Altri evidentemente non sanno neppure di cosa si tratti.
Cacciari ironizza sull'antromorfismo, banale al netto di ogni analisi, che recita: "salvare la Terra". La compassione, a voler essere analitici, è altra cosa, riguardante la cura dell'umano nella Terra.
Ciao Green, ho visto il video di Cacciari nei cui confronti avrei delle osservazioni da fare.
In primo luogo il parlare di Utopia dovrebbe implicare prioritariamente una differenziazione tra Utopia positiva e Utopia negativa.
L'Utopia positiva è l'affermazione che il presente va verso un futuro di felicità, che è appunto la realizzazione dell'Utopia.
L'Utopia negativa è invece l'affermazione che il presente è sbagliato, e bisogna cambiarlo per realizzare un futuro di felicità.
In secondo luogo, avendo notato l'ossessività con la quale il filosofo ripropone il concetto che: "La scienza è potenza" non posso fare a meno di rilevare la necessità di una disambiguazione per il concetto di potere, che può essere potere dell'uomo sulla natura, e potere dell'uomo sull'uomo. Per me è indubbio che il concetto in questione è accettabile inteso nei termini di un potere sulla natura, ma contiene prospettive problematiche se inteso nei termini di potere dell'uomo sull'uomo.
Infine un'osservazione sul rapporto tra fine dell'Utopia e concetto di decadenza. La decadenza può essere definita un'utopia invertita sull'asse del tempo, se nell'utopia si vede una felicità proiettata nel futuro, nella decadenza si vede una felicità proiettata nel passato (Ah che bello quando c'era la lira! Che belli gli anni 60 quando si trovava lavoro e si viveva nel Boom! Ah che bello quando c'era lui, che faceva arrivare tutti i treni in orario! Ah che bello, dicevano gli italici sottomessi ai popoli barbari, quando c'era Roma!). Le decadenze sono tante, perchè tanti sono i periodi storici che hanno costruito il loro mito utopico, rispetto al quale ci si sente decadenti.
Ma questa non è la sola strada per la fine dell'Utopia, se l'Utopia è un sogno di felicità futura, la fine di questo sogno si realizza anche quando questo sogno viene appagato, quando realizza questa felicità, e questa credo sia la chiave di spiegazione dei tempi moderni, di utopie che finiscono perchè la felicità non la vedi più nel futuro o nel passato, ma la vivi nel presente.
Citazione di: anthonyi il 08 Marzo 2021, 08:15:31 AM
Ciao Green, ho visto il video di Cacciari nei cui confronti avrei delle osservazioni da fare.
In primo luogo il parlare di Utopia dovrebbe implicare prioritariamente una differenziazione tra Utopia positiva e Utopia negativa.
L'Utopia positiva è l'affermazione che il presente va verso un futuro di felicità, che è appunto la realizzazione dell'Utopia.
L'Utopia negativa è invece l'affermazione che il presente è sbagliato, e bisogna cambiarlo per realizzare un futuro di felicità.
In secondo luogo, avendo notato l'ossessività con la quale il filosofo ripropone il concetto che: "La scienza è potenza" non posso fare a meno di rilevare la necessità di una disambiguazione per il concetto di potere, che può essere potere dell'uomo sulla natura, e potere dell'uomo sull'uomo. Per me è indubbio che il concetto in questione è accettabile inteso nei termini di un potere sulla natura, ma contiene prospettive problematiche se inteso nei termini di potere dell'uomo sull'uomo.
Infine un'osservazione sul rapporto tra fine dell'Utopia e concetto di decadenza. La decadenza può essere definita un'utopia invertita sull'asse del tempo, se nell'utopia si vede una felicità proiettata nel futuro, nella decadenza si vede una felicità proiettata nel passato (Ah che bello quando c'era la lira! Che belli gli anni 60 quando si trovava lavoro e si viveva nel Boom! Ah che bello quando c'era lui, che faceva arrivare tutti i treni in orario! Ah che bello, dicevano gli italici sottomessi ai popoli barbari, quando c'era Roma!). Le decadenze sono tante, perchè tanti sono i periodi storici che hanno costruito il loro mito utopico, rispetto al quale ci si sente decadenti.
Ma questa non è la sola strada per la fine dell'Utopia, se l'Utopia è un sogno di felicità futura, la fine di questo sogno si realizza anche quando questo sogno viene appagato, quando realizza questa felicità, e questa credo sia la chiave di spiegazione dei tempi moderni, di utopie che finiscono perchè la felicità non la vedi più nel futuro o nel passato, ma la vivi nel presente.
Cacciari intende parlare ad un uditorio di filosofi, non al pubblico di Greta.
Che Greta abbia un utopia va benissimo, quello che non torna è il rendiconto filosofico.
La filosofia soprattutto quella che interessa me, ossia la metafisica, ha in sè un nucleo religioso di salvezza promessa.
Questo filone di pensiero ermetico, nascosto, è però quello che si vede come iceberg nei progetti politici.
Mi rendo che bisogna dire cosa sia questo iceberg nascosto, e non nascondo che il lavoro che sottende questa mia nuova avventura, mi rende infelice a livelli preoccupanti.
Il fatto di essere romantico è proprio quello che un amico mi rimprovera, lo stesso amico che mi ha fatto notare come io penso e agisco (non agisco) da una prospettiva paranoica.
Ecco anche questo va esplicitato, così non vuol dire niente. Mi spiace, ho sempre usato il forum, come sfogo.
Sul potere come spiegazione e non la noia.
Non starò qui a ricordarti di Leopardi e Baudelaire e su su fino a Kafka.
La noia pianta bandiere sul cranio. Le bandiere sono il potere, ma è la noia che le impianta.