Secondo voi gli animali hanno un grado di consapevolezza nelle loro azioni e nei loro atteggiamenti e comportamenti o sono più che altro puro istinto? A mio avviso la coscienza è presente, sia pure ad un livello meno evoluto rispetto al nostro, anche negli animali, i loro versi che a noi sembrano puri versi senza significato in realtà hanno un ben preciso senso nelle dinamiche di branco, hanno il significato di attacco, obbedienza al capobranco, divisione in gruppi, solidarietà di gruppo, ecc. Quindi è come se il verso animale fosse l'equivalente di una "parola" meno evoluto e l'animale a suo modo pensasse nella sua testa in versi, senza la parola, ma con un significato. L'animale che marca il territorio non pensa sicuramente le parole "Questo è il mio spazio", ma comunque elaborerebbe a mio parere a suo modo un pensiero equivalente all'idea di possesso. Così pure quando un animale si prepara ad attaccare, a difendersi con atteggiamenti mirati, anche lì ci sarebbe un pensiero legato ad idee di attacco, difesa, resa, ecc. Il branco dimostra inoltre empatia e solidarietà verso i membri sofferenti che vengono aiutati, quindi è come se l'animale comprendesse che sta accadendo qualcosa di grave e cerca di porvi rimedio.
Di conseguenza è corretto dire che anche nell'animale esiste una forma di "ragione" (meno evoluta dell'umana) che sostiene l'istinto e lo guida?
Direi proprio di sì e se potessimo comunicare con loro, abbattendo un altro muro della nostra ignoranza, chissà quante cose ci insegnerebbero sui loro mondi per noi inaccessibili.
Il termine coscienza è un termine polisemantico. Occorre prima definire questo termine. Se ho inteso bene, il senso che vuoi dargli è quello di una "intelligenza" in qualche modo appartenente alla categoria dell'intelligenza umana, ma con meno quantità. In questo senso si potrebbe allargare il discorso anche alle piante, che attraverso le radici comunicano tra loro attraverso neurotrasmettitori simili a quelli che usiamo noi, ad esempio per avvertirsi reciprocamente di un pericolo. Le scimmie superiori (bonobo, scimpanzè, gorilla ed urang-tang) si esprimono in versi ma ogni verso ha un significato preciso, c'è un verso che significa "predatore dal cielo" e quindi tutti a guardare in alto, un altro verso invece significa "predatore da terra" e quindi tutti scappano sugli alberi. E' stato perfino osservato che in presenza di una carcassa, qualche scimmia furba emettesse il verso "predatore da terra", per sbafarsi il pranzo senza concorrenti, ma senza l'effettiva presenza di predatori. Un comportamento davvero "molto umano". Del resto una razionalità finalizzata alla sopravvivenza della specie, intesa in senso filogenetico ed ontogenetico (gruppo e individuo) è necessaria, altrimenti la specie si estingue.
Quello che ci differenzia in modo specifico dal mondo animale è in realtà il "logos", quello che facciamo in un modo un pò strampalato in questo forum. Le domande su chi siamo, da dove veniamo, perchè siamo, dove andremo, perchè siamo proprio così e non altrimenti, cosa c'è nello spazio, e cosa dopo lo spazio, sono tutte domande riflessive ed autoriflessive che gli animali ancora non si pongono e che noi ci poniamo per una serie piuttosto lunga di circostanze, riassumibili nella combo micidiale "evoluzione della tecnica" + "Sistema nervoso centrale e periferico estremamente complesso e sofisticato". Non si può escludere che allo stesso traguardo possano giungere anche altre specie fra alcune centinaia di migliaia di anni. E' solo l'interazione fra tecné (τεχνική) ed encefalos (γκέφαλος) ad averci permesso questo salto in avanti, che in tanti modi continuiamo a raccontarci, con le religioni, i miti, la cultura, la scienza, la filosofia, la spiritualità.
Ciao Socrate.
Concedimi la battuta.
Come potrebbe esserci inferiore un animale che pensa in versi?
Più seriamente mi pare che progrediamo nel riscontrare continuità fra noi e la natura cui apparteniamo, o regrediamo verso la natura , dopo aver progredito marcando le differenze.
La coscienza stessa necessità di fittizie differenziazioni , se si vuol prendere coscienza di qualcosa, le quali in se' però diversamente non sembrano essere necessarie, ma caratterizzano certamente chi ne fa' uso e ne segnano nel bene e nel male la strada.
Assumendo forte coscienza di noi possiamo affermare qualcosa di forte su di noi, di essere un esempio nella natura, da seguire o da fuggire , secondo le mode e gli umori dei tempi, come noi fossimo altro dalla natura, cui invece apparteniamo, coscienza compresa , seppur diversamente diffusa, per caso o per necessità di specie.
@ Jacopus.
Concordo con te.
In effetti esistono animali che ci superano in materia grigia, senza però superarci in intelligenza.
Gran parte del loro cervello infatti è delegato a gestire sensi di gran lunga superiori ai nostri, quindi a funzioni che invece noi abbiamo delocalizzato grazie alla tecnica.
In cosa altro consiste infatti la scienza se non nel vedere il mondo con occhi nuovi?
Non è un caso quindi che si tenda ad associare tecnica ad alienazione, ma si può vedere questa anche in senso positivo, specie quando dopo le prime inevitabili difficoltà, riusciamo a coordinare ciò che sta dentro e fuori di noi.
Siamo in un certo senso un animale "diffuso", ma non ne abbiamo ancora piena coscienza, seppur oggi privarci dello smartphone è come tagliarci una mano.
A dimostrazione di ciò l'avversione per la tecnologia è riferita sempre all'ultima moda tecnologica che contingentemente ci scombussola la vita, ma non è mai retroattiva.
La forte coscienza di se' ha come conseguenza inevitabile la possibilità di poter negare questo se', divenendo così altro da noi.
È pur vero che ogni animale diventa altro da se', ma la coscienza, nel bene e nel male , è un modo diverso di farlo, percorrendo scorciatoie evolutive.
Si cresce imparando a dire di no a tutto ciò che la nostra coscienza ci propone.
Salve Socrate78. Citandoti : "Secondo voi gli animali hanno un grado di consapevolezza nelle loro azioni e nei loro atteggiamenti e comportamenti o sono più che altro puro istinto?"
Per rispondere è sufficiente stabilire quale sia il significato dei termini "coscienza"........ma soprattutto "CONSAPEVOLEZZA".
La consapevolezza la si possiede quando si è in grado (attraverso il possesso della RAGIONE) di prevedere gli effetti che avranno le cause che ci circondano e le cause delle nostre proprie azioni.
E' perciò perfettamente ovvio - A MIO PARERE - che gli animali privi di ragione non possiedano in alcun modo tale consapevolezza.
La coscienza è funzione più sfumata perchè implicante il sapere discernere (cioè saper modulare i propri comportamenti) la propria individualità dalla alterità, gestendo i rapporti di utilità/nocività tra noi ed il resto del mondo.
Nel mondo animale esiste la coscienza collettiva, sotto forma istintuale, la quale domina quasi completamente le esistenze individuali.
Nel mondo umano, grazie all'emergere della ragione la quale permette appunto di raggiungere delle consapevolezze individuali, la coscienza individuale TENDE ad affiancarsi e poi persin quasi ad affermarsi sulla istintuale coscienza di specie. Saluti.
Secondo me Viator non è proprio vero ciò che dici, ad esempio spesso mi è capitato di vedere documentari in cui i cani salvano altri cani in difficoltà, li aiutano, e quindi significa che sono a loro modo in grado di percepire l'effetto negativo che una precisa causa (un annegamento, un incidente, ecc.) ha su di loro. E' come se il cane prevedesse che l'altro cane si troverà in pericolo e quindi lo aiuta. Non è forse così?
Questo numero di MIND, con numerosi servizi, è specificamente dedicato al tema; lo sto ancora leggendo, e lo trovo molto interessante!
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Citazione di: Socrate78 il 21 Aprile 2021, 22:40:32 PM
Secondo me Viator non è proprio vero ciò che dici, ad esempio spesso mi è capitato di vedere documentari in cui i cani salvano altri cani in difficoltà, li aiutano, e quindi significa che sono a loro modo in grado di percepire l'effetto negativo che una precisa causa (un annegamento, un incidente, ecc.) ha su di loro. E' come se il cane prevedesse che l'altro cane si troverà in pericolo e quindi lo aiuta. Non è forse così?
Salve Socrate78. Certo è come dici tu. Hai colto nel segno puntando sulla ridicola irrealtà DI UN MIO RAGIONAMENTO ETOLOGICO DEL TUTTO GENERALISSIMO, demolendolo, riducendolo a polvere logica.........attraverso l'esempio costituito da simpaticissime, nobilissime, sentimentalissime, altruistiche e verissime casistiche le quali - però - rappresentano solamente delle ECCEZIONI tratte dalla cronaca del più pittoresco dei buonismi. Io non ho mai negato chegli animali possano affezionarsi ad altri animali oppure all'uomo. La vera e sincera abnegazione (negazione della propria esistenza a favore di altri) tra l'altro e infatti è proprio rappresentata dalla fedeltà canina, non certo dal (finto, perchè psichicamente solo egoistico) altruismo umano. Saluti.
Ho letto il problema posto da Socrate. Secondo me gli animali sanno benissimo quel che fanno. Certo, agiscono d'istinto, ma nessuno ha mai dimostrato che noi non lo facciamo. Potrebbe benissimo essere che noi d'istinto ci si rivolga alla ragione, e questa, di conseguenza, moduli nei modi più convenienti l'istinto selvaggio. Se si prova a immaginare un mondo senza regole orali o scritte, probabilmente anche noi vivremmo di puro istinto.
Daniele 22. Talvolta possiamo agire d'istinto, cioè impulsivamente, ma non lo facciamo sempre. Proprio il mondo con regole orali e scritte è uno dei motivi per cui non lo facciamo sempre. L'altro motivo risiede nella morfologia del nostro cervello, che ha una neocorteccia molto più sviluppata di tutti gli altri animali, compresi quelli più vicini a noi, i primati superiori. E nella neocorteccia vi sono le funzioni dell'autocontrollo, ovvero il "freno a mano" di tutte le impulsività ed istintualità che invece risiedono nelle zone più antiche del cervello, il sistema limbico e il cosiddetto cervello rettiliano. Si tratta di una tripartizione un pò semplicistica, ma rende ancora l'idea di come il cervello umano sia una costruzione stratificata, sviluppatasi in questo modo, nel corso di almeno un milione di anni, a partire dai primati ancestrali, dai quali discendiamo.
Inoltre, neppure gli animali superiori agiscono sempre d'istinto. I cani sono in grado di capire gli ordini che gli vengono dati e si potrebbe disquisire sul significato da dare a questa obbedienza. Altri animali, di solito primati, in condizioni sperimentali, apprendono comportamenti nuovi che non sarebbero comprensibili se ci rifacessimo, per loro, solo all'istinto. Insomma non c'è differenza qualitativa fra noi e gli animali, se pensi che anche il più piccolo moscerino condivide con noi non solo una buona percentuale di dna, ma anche la struttura corporea, il cosiddetto bauplan (infatti è strutturato in modo speculare con al centro una spina dorsale, come noi e a differenza di altri bauplan più remoti, come quello delle seppie o delle meduse). La differenza è quantitativa, nel senso che un cervello più sviluppato, come il nostro, ha permesso di raggiungere degli obiettivi, che, a cascata, ci hanno reso quello che siamo oggi.
Salve. Citando da jacopus : "E nella neocorteccia vi sono le funzioni dell'autocontrollo, ovvero il "freno a mano" di tutte le impulsività ed istintualità che invece risiedono nelle zone più antiche del cervello, il sistema limbico e il cosiddetto cervello rettiliano".
Autocontrollo, volontà, ragione, coscienza, "freno a mano" sono tutte funzioni che possono venir esplicate alla condizione di non intralciare funzione ed effetto dell'istinto fondamentale, quello di sopravvivenza. Diversamente la psiche (struttura ospitante e funzione madre di tale ISTINTO........porrà il proprio veto e quindi le nostre bellissime funzioni "superiori ma subordinate" saranno costrette a subire le scelte istintuali automatiche, le quali rappresentano appunto una reazione automatica di autotutela che DEVE avere la precedenza su ogni e qualsiasi FACOLTA' di scelta individuale e circostanziale.
Se la mano entra in contatto con del metallo rovente............sarà dura aspettare tempi e modi delle nostre "facoltà raziocinanti" le quali magari vorrebbero farci fare bella figura imponendoci di emulare le gesta di Muzio Scevola. Saluti.
Ciao Jacopus. So qualcosa del cervello più o meno nei termini che tu descrivi, ma mi sembra che tu non abbia capito quel che volevo dire. Dico soltanto che il nostro istinto è quello di agire con la mente quando i valori e i costumi a cui siamo abituati ci obblighino in un certo senso a farlo. Quando parto al mattino e vado a lavorare, fintanto che non arrivo al lavoro non è che debbo pensare a quel che faccio, lo faccio d'istinto. Se trovo un intoppo nel tragitto, d'istinto agisco con la mente per trovare una soluzione. Immagino che gli altri, gli animali (quasi come noi non lo fossimo), facciano più o meno lo stesso. Quello invece su cui dissento è che tu attribuisca ad un maggiore sviluppo del nostro cervello il fatto che siamo quel che siamo
Una differenza quantitativa oltre ad essere una ipotesi più semplice è più aderente ai fatti.
Le nostre società civili e religiose sono state fondate però sull'ipotesi qualitativa.
Ciao Daniele e benvenuto.
Ma non è contraddittorio riferirsi alla mente relativamente all'istinto?
Certamente la realtà non corrisponde del tutto ai nostri schematismi semplificativi, che possono quindi sempre essere rivisti, e mi pare sia ciò che tu faccia, ma non mi è chiaro per qual motivo.
Mi pare infatti tu introduca complicazioni la cui necessità andrebbe giustificata.
Una risposta ragionata negli schematismi che usiamo è ben distinta da una risposta istintiva, e per ogni tipo di risposta possiamo trovare un buon motivo nel fatti noti.
Come fa' l'istinto a rivolgersi alla ragione?
In un certo senso possediamo diversi cervelli individuabili in diverse zone abbastanza distinte fisicamente e questo sembra confermare la bontà delle nostre schematizzazioni.
Ma la differenza sostanziale direi che la fa' il modo in cui comunicano queste parti, e se mente e istinto avessero fra loro l'intima confidenza che tu sembri attribuirgli, allora potremmo considerarli una cosa sola.
Non sono esperto della questione però e mi fermò qui.
Ciao Iano e grazie per il benvenuto. Per quale motivo faccio cosa?
Non trovo contradditorio riferirmi alla mente in relazione all'istinto poiché in ogni caso le risposte che noi diamo all'ambiente trovano sempre nella conoscenza la fonte di tali risposte. Nella nostra conoscenza noi sappiamo, anche se non sempre lo facciamo consapevolmente, che possiamo ricorrere al ragionamento per risolvere un problema. Pertanto, il ragionamento è una delle nostre conoscenze a cui possiamo attingere per muoverci. Infatti a volte ci si dice "ci penserò su un pochino". Ma anche muovendoci d'istinto attingiamo alle nostre conoscenze, quindi mi sembra lecito poter dire che d'istinto ci si affidi al pensiero (inteso come nostra conoscenza)
Scusami Iano, ma ho letto la tua risposta solo parzialmente. Non so come mai. Ora ho capito il senso del tuo chiederti un motivo. Chiaro è che non vorrei creare difficoltà, ma cerco solo di esprimere quel che penso. Può essere non esatto quel che sostengo, comunque non ritengo che istinto e ragione siano la stessa cosa, giacché l'istinto ci fa agire e la ragione per essere tale deve almeno ricordare l'esperienza che le ha fatto compiere l'istinto ed eventualmente integrare o disintegrare i ricordi delle esperienze precedenti
Ok.
Posso convenire che la conoscenza intervenga sempre , ma allora dobbiamo riguardare l'istinto come conoscenza sedimentata, cioè non cosciente, e perciò non facilmente modificabile.
Conviene forse meglio distinguere bene fra ragione e istinto , seppure esista fra di essi una continuità che ognuno di noi ha sicuramente sperimentato nel corso della sua vita.
Ciò che facciamo ripetitivamente , col passare del tempo tendiamo a farlo sempre più senza pensarci.
Sembra che in conseguenza di azioni ripetitive si modifichi significativamente il cervello.
Così un pianista ha un suo specifico cervello, e un piastrellista un altro, detto in soldoni.
Questo non è certo un esempio di comportamento istintivo , ma da l'idea di come si costituisca l'istinto.
In effetti esso deriva comunque da esperienza e conoscenza.
Le stesse cose si possono fare sia pensandole che non pensandole.
Meno abbiamo bisogno di pensarle più abbiamo acquisito mestiere, e per gli animali l'istinto è un po' il mestiere di vivere.
Se ci capita di fare occasionalmente un mestiere diverso dal nostro e' bene pensare a cio' che facciamo.
In un certo senso l'uomo è un animale senza un vero .mestiere che deve sempre pensare a cio' che fa'
Non ha un mestiere se il bicchiere è mezzo vuoto, ma li ha tutti se è mezzo pieno.
Così ci adattiamo a qualunque tipo di officina naturale, e abbiamo anche imparato ad edificarne di nostre su progetto.
Comunque ogni distinzione che facciamo è artificiosamente funzionale a un relativo contesto, che a buon diritto può essere il nostro pensiero, volendolo illustrare.
Citazione di: daniele22 il 28 Aprile 2021, 20:33:47 PM
Ho letto il problema posto da Socrate. Secondo me gli animali sanno benissimo quel che fanno. Certo, agiscono d'istinto, ma nessuno ha mai dimostrato che noi non lo facciamo. Potrebbe benissimo essere che noi d'istinto ci si rivolga alla ragione, e questa, di conseguenza, moduli nei modi più convenienti l'istinto selvaggio. Se si prova a immaginare un mondo senza regole orali o scritte, probabilmente anche noi vivremmo di puro istinto.
L'istinto è il consolidamento di precedenti elaborazioni razionali coscienti.
Una volta consolidate certe scelte queste vanno a fare parte dell'istinto, diventano scelte istintive.
Lo sviluppo della capacità razionale dell'uomo è probabilmente dipeso dal possedere le corde vocali e mani prensili con il pollice opponibile.
Ma questa capacità razionale umana non ha nessuna differenza qualitativa con una qualsiasi altra razionalità animale.
Su cosa mai si fonderebbe questa fantomatica differenza qualitativa?
La differenza è sempre e solo quantitativa.
Per cui anche la coscienza è necessariamente ovunque, seppur in misura diversa a seconda delle condizioni.
Non solo negli animali, perciò, ma in ogni sistema che abbia relazioni, vi è necessariamente coscienza, seppur rudimentale.
Interessante in proposito è il testo "La mente cosciente" di David Chalmers.
Buongiorno a tutti
Gli animali, chi più chi meno, hanno sicuramente un certo grado di coscienza. Quanto non è dato sapere con certezza. Facciamo fatica a valutare il nostro stesso livello di coscienza. Per dire: io non so quanto sia cosciente Bobmax, per esempio. Noi facciamo coscientemente distinzioni e diamo giudizi: io sono un uomo; io sono una donna; io sono un uomo scemo; io sono una donna brutta; io sono un uomo più scemo di Eutidemo; io sono una donna più brutta di Ipazia; ecc. Non so quanto un animale sappia coscientemente fare distinzioni e quanto invece, come penso, reagisca d'istinto: scappo perché percepisco un suono minaccioso; mi avvento perché percepisco la minaccia, ecc. Non penso sia solo un discorso quantitativo, ma se lo è la differenza è enorme. Anche noi spesso agiamo d'istinto, ma poi viene la domanda autoriflessiva: perché ho agito così? Perché ho fatto questo? Sarebbe interessante poter capire se, per esempio, la leonessa si pone delle domande in tal senso: perché ho divorato questo cucciolo, invece che quel vecchio gnu? Perché devo cacciare al posto di quel fannullone del leone ?
Salve. Solito "casino" concettuale generato dal fatto che dei tre termini :
- ISTINTO istruzioni immodificabili a base genetica che rappresentano l'unica dotazione psichica individuale presente alla nascita di un individuo, umano o animale che sso sia. Ridotto agli originali e minimi termini psichici od addirittura chimici, tutti gli organismi possiedono UN SOLO e PRECISO ISTINTO : quello di sopravvivenza, il quale governa e si relaziona con il resto del sistema nervoso (ove presente, ciòè nelle specie abbastanza complesse) oppure con il resto della struttura organica a base semplicemente chimica (per le specie prive di sistema nervoso). Mano a mano che una specie si mostra più evoluta, complessa, ovvio che l'istinto di base si manifesterà in modi sempre più variegati, complessi, mediati (più o meno apparentemente) dalle altre funzioni psichiche o mentali.......sino a quasi non poter più risultare riconoscibile. Perciò avremo le confusioni con i sottostanti..............
- RIFLESSI (o automatismi appresi o reazioni riflesse), cioè quei comportamenti, quelle scelte automatiche, quelle reiterazioni, quei "tic nervosi" o "manie", quelle "abilità" che qualcuno qui dentro chiama istintuali ma che invece sono il frutto della cultura, dell'esperienza, delle eventuali nevrosi individuali affrontate nel corso dell'esistenza dell'individuo. I riflessi possono essere volontari (intenzionali) oppurre automatici (la volontà cosciente potrebbe opporsi, ma rinuncia farlo). La confusione quindi procede circa il significato di.....................
- FACOLTA', cioè semplicemente il decidere di voler fare ciò che "liberamente" siamo in grado di poter fare., non impediti psichicamente dall'stinto e non condizionati (anzi, augurabilmente favoriti) dai riflessi che animano la nostra vita mentale.
....................dicevo quindi sopra,...............dal fatto che dei tre termini nessuno si cura di fornire definizione condivisibile dagli altri interlocutori, per cui ogni intervenente ne parla appropriatamente, sensatamente,profondamente ma................solo dall'interno del proprio personale concetto di essi termini (o della propria eventuale confusione mentale in proposito) sul quale si insiste senza darsi la cura di DEFINIRLO. Saluti a tutti.
Citazione di: iano il 28 Aprile 2021, 23:56:51 PM
Comunque ogni distinzione che facciamo è artificiosamente funzionale a un relativo contesto, che a buon diritto può essere il nostro pensiero, volendolo illustrare.
Ammetto che quando nel post precedente dissi che istinto e ragione non sono la stessa cosa sono stato un attimo precipitoso. Tengo quindi in sospeso tale giudizio. Mi sembra comunque che siamo su di una stessa linea di vedute. Il mio pensiero in generale parte dal presupposto, dalla fede se vuoi, che noi umani si sia né più né meno che degli animali, anche se tutti i nostri costrutti teorici, religioni comprese, contribuirebbero a gettarci un po' di fumo negli occhi distraendoci da tale realtà. Da questo presupposto di fede, ho cercato di trovare una via che potesse ricondurmi al presupposto, questa volta però con lo strumento della ragione. Confesso peraltro che la validità di questo mio pensare è convalidata solo da me stesso ... sigh! ... Ciao
Salve Daniele22. Ma la questione sarebbe semplicissima, considerando che noi si sia ANCHE animali. E dove mai sarebbe allora il problema del dover distinguere il ciò che siamo dal ciò che ANCHE siamo ?.
Il finto problema culturale del "ciò che siamo" è stato generato e viene mantenuto in vita - presso le masse - da coloro che sono convinti (o che hanno "interesse") circa il mito dell' uomo quale essere "superiore" (invece che semplicemente "diverso"), "unico", "spiritualmente rigettante la fisicità, la biologia, la morte etc. etc. etc. etc. etc. etc".
Purtroppo la maggioranza delle persone non diventerà mai adulta. E magari ha pure ragione, poichè solo restando inconsapevoli bimbi si riesce a restare inconsapevoli della morte.
E il colmo dei colmi sarebbe che la inconsapevolezza della morte è proprio ciò che accomuna il bimbo umano all'animale !!. Saluti.
[/size]Ciao Viator, non capisco cosa tu voglia dire. Quale sarebbe la distinzione tra essere animali ed essere ANCHE animali? Io sosterrei che noi si appartenga al regno animale e pertanto saremmo animali. Se lo siamo in tutto e per tutto e rivolgendo quindi il mio pensiero al nostro tessuto sociale, sarebbe in un certo senso logico aspettarsi che qualsiasi essere umano difenda la propria posizione sociale anche attraverso una dissimulata disonestà (almeno finché regga). Mi aspetterei quindi che il nostro comportamento umano fosse più diretto nei confronti del suo simile, meno ipocrita o falso, e teso a smascherare queste disonestà proprio in virtù di una consapevolezza che sa che l'animale tira l'acqua al proprio mulino coi mezzi a sua disposizione. La falsità, purtroppo, è uno dei mezzi più usati dagli umani per ottenere qualcosa. Saluti[size=78%]
Salve daniele22. Mi dispiace che tu non riesca a capire. Forse ho usato un concetto troppo complicato per un essere umano. Colpa del fatto che io sono anche UNA BESTIA.
Cercherò di farla più semplice : un essere vivente che non faccia altro che nutrirsi, defecare e riprodursi, lo considero un animale, dando a tale termine un significato perfettamente neutro, cioè considerandolo di pari "dignità" con qualsiasi altro.
Un essere vivente il quale, oltre a nutrirsi, defecare, riprodursi..........sia ANCHE capace di giocare a scacchi......io lo definisco un animale umano. Saluti.
Ciao Viator, ora ho capito meglio e colgo il senso della tua domanda. Nella mia risposta alla domanda di Socrates, cercavo di sostenere che in fondo la conoscenza e l'intelligenza sarebbero un'ineluttabilità della vita. Detto ciò, riterrei importante un'idea che giustifichi il fondamento e l'evoluzione dell'essere umano così come appare oggi ai miei (nostri?) occhi. Soprattutto perché l'immagine che ne ho non è molto edificante. Forse sto sognando, forse sto andando fuori tema, ma sapere su cosa si fondi la cosiddetta autoconsapevolezza di esistere, o almeno di tracciarne una via, a mio giudizio sarebbe l'unica avventura intellettuale che ci sia rimasta. Ciao
Salve daniele22. Ciascuno giudichi se l'autoconsapevolezza sia per l'uomo un dono od una tragedia.E' la semplice conseguenza dell'esserci "evoluti" (dell'aver perciò raggiunto il più elevato grado complicazione dello sviluppo biologico) sino all'essere in grado di percepire - attraverso lo sviluppo della coscienza - sia la condizione di solitudine esistenziale del singolo che la condizione condivisoria del rapporto con l'alterità dei nostri simili.
Il possesso della coscienza viene considerato un dono dagli idealisti, i quali credono di poterla usare quale trampolino per poter raggiungere traguardi etici sempre più "elevati", viene invece utilizzato in modi assai pià pratici o persino cinici dai materialisti, i quali la usano per speculare sul suo utilizzo più immediato, strumentale ed utilitario.
Ovvio infine che, una volta preso atto dell'esitenza in noi di una coscienza, finiremo tutti comunque per fare di necessità virtù, considerandola l'espressione di un valore sacro ed irrinunciabile ed erigendola inoltre a tabù. Saluti.
Ciao Viator, per quel che mi riguarda l'autoconsapevolezza non è nè tragedia nè dono, restando semplicemente quel che è. Contesto senz'altro la tua idea che si abbia raggiunto il più elevato grado di complicazione dello sviluppo biologico, dato che non ho strumenti per questo caso a determinare cosa sia più elevato. Non conosco nemmeno su cosa ti fondi per affermare tale più alto grado. Ciao
Salve daniele22. Vedo che sembri avere le idee chiare. Complimenti.
Mi dispiace solo che ti sia difficile riuscire a stabilire il maggiore o minore grado di complessità di una qualche struttura (per esempio un cervello, un orologio di precisione, un discorso filosofico) paragonata ad altre strutture o manifestazioni comunemente ritenute meno complicate (ad esempio una singola cellula, una clessidra, un grugnito). Salutissimi.
P.S. Se ti viene in mente qualcosa di più complesso, versatile, efficiente (anche in via energetica) del nostro cervello.............per favore comunicamelo. Risaluti.
Probabilmente hai ragione Viator e cercherò pertanto di rivedere la mia posizione. Ciao
Riviste le mie posizioni, ribadisco che l'uomo è un animale e non anche un animale. Non metto certo in dubbio l'efficenza umana, ma la sua deficenza.