Nella ricerca della Verità occorre comunicare. Perché l'esistenza è comunicazione, e nient'altro.
Scopo della comunicazione, e perciò dell'esistenza, è far emergere la Verità.
Non vi è altro scopo.
E la comunicazione è possibile solo in quanto fondata sulla stessa Verità.
Tuttavia la Verità non c'è. Ossia non appare.
D'altronde, se si mostrasse non ci sarebbe più necessità di comunicare...
La comunicazione affronta ogni tipo di difficoltà. E per affrontarle può contare solo sulla fede nella Verità.
La fede è indispensabile.
Di modo che, se non solo manca, ma addirittura al suo posto vi è malafede... allora nessuna autentica comunicazione è possibile!
La malafede non può però mai essere accertata del tutto.
Anche nei comportamenti più ambigui, contraddittori, volgari... vi è sempre la possibilità che questi non dipendano da un'effettiva malafede.
Cioè non si può mai essere certi che siano davvero animati dalla consapevole volontà di sbeffeggiare la Verità.
Tuttavia, per evitare di cadere in una finta comunicazione, perché animata dalla malafede, occorre operare delle scelte.
Evitando di comunicare laddove vi è, seppur soggettivamente, il motivato sospetto di trovarsi a che fare con la malafede.
Una esclusione necessaria, per evitare di cadere in un gorgo vuoto di senso.
Anche solo l'ipotesi di trovarsi di fronte la malafede, suscita un profondo disagio.
Se poi, come nel caso di Putin, si sospetta che vi sia malafede. Ossia che egli sia pienamente consapevole dell'essere nel torto, e vi persista nonostante il dolore causato dal suo agire...
Ecco l'orrore!
Ciao vecchio bob, ciao a tutti, io non so bene cosa intendi per Verità, ma se la Verità fosse in terra, ovverosia partisse dalla terra, non penso proprio che verrebbe a mancare la comunicazione. Di sicuro cesserebbe in tempi relativamente brevi la necessità di comunicare stronzate.
La malafede la puoi accertare al classicissimo 99 per cento, son d'accordo, ma sarebbe già largamente sufficiente per agire in un determinato senso anche se non si trattasse di malafede.
Citandoti : "Se poi, come nel caso di Putin, si sospetta che vi sia malafede. Ossia che egli sia pienamente consapevole dell'essere nel torto, e vi persista nonostante il dolore causato dal suo agire...
Ecco l'orrore!"
"L'orrore!" E' proprio quello con cui termina il pensiero di Marlow di fronte alla vedova del commerciante Kurtz in cuore di tenebra. Alias "Apocalypse now" di Coppola. Ma l'orrore è quello del sospetto, o quello che si manifesta attraverso Putin? A te vecchio bob la non facile risposta, ammessane un'esistenza
Buongiorno a tutti
Ma la verità non richiede in definitiva il Silenzio? Perché la verità di cui possiamo parlare non può essere che relativa (allo scopo/ oggetto del comunicare). In più per comunicare IN Verità (maiuscolo) dobbiamo postulare una Verità condivisa da tutti. Se poi intendiamo che la Verità in definitiva non è altro che la sua ricerca, dobbiamo chiederci se è vera la ricerca che stiamo intraprendendo e cercando di comunicare. Se seguo una strada per giungere in una città devo prima capire se "quella" strada porta effettivamente nella città in cui voglio giungere. Potrebbe darsi che non ci sia poi alcuna città in cui giungere e che la Verità sia nella strada. In questo caso sarebbe una Verità priva di senso, come infatti sarebbe insensato correre su e giù per una strada senza alcuna meta (il topic da me aperto sul non-senso della storia umana in assenza di un Dio). Il senso di una strada è infatti quello di servire a portarti in una meta.
Nel caso di Putin non penso che lui intenda l'orrore come magari lo intendi tu, oppure io: quello che a noi sconvolge, per lui potrebbe essere semplicemente un mezzo per raggiungere un obiettivo che si è dato. Essendo per lui questo obiettivo la convenienza ( per se stesso/proprio potere/stato)certamente non si muove pensando a chi subirà un torto,ma invece se le sue azioni sono giuste o sbagliate in vista dell'obiettivo che si è prefissato.
Non guarderei troppo alla propaganda poi, quella purtroppo è diventata tragicamente praticata da tutti, in ogni conflitto dal novecento in poi. Forse da sempre perché alla fine per creare un "nemico" c'è sempre bisogno di una narrazione.
L'unica verita' percepibile che non puo' non essere condivisa e' la caducita' di ogni essere vivente sulla terra , che sia esso sequoia o farfalla ( e non portatemi come esempio la transdifferenziazione in quanto l'invecchiamento non e' l'unica causa di morte). Questo fatto dovrebbe ( ma cosi' evidentemente non e') far riflettere.
Presupporre che sia una Verità e un Satana al posto di conflitti di interesse e potere è sommamente ingenuo e manicheo. La "malafede" è parte integrante, strumento di lotta e sopravvivenza, di questa contrapposta dialettica. La cosa è nota e sviscerata fin dai tempi di Machiavelli. Ancora più indietro, è riscontrabile nei dialoghi di Platone.
Altrettanto ingenuo è presupporre l'esistenza di una comunicazione "oggettiva" per anime belle e in malafede per anime brutte. E trasporre tale convinzione nelle contrapposizioni aspre, pure di questo forum, che non sono nient'altro che la verifica della posizione materiale e ideologica di ciascuno rispetto a ciò che passano la polis e lo spirito del tempo storico vigenti.
Vi sono momenti in cui cade ogni illusione di essere comunque nel giusto.
Ci ritroviamo allora di fronte alla nostra inequivocabile colpa.
Ma rimane un ultimo passo da compiere: ammetterla a noi stessi.
Perché possiamo invece negare l'evidenza. E cadere così nella malafede.
Evitiamo così di andare all'inferno. L'inferno della colpa. Il destino di Caino.
Ma quale è il prezzo?
Il male assoluto.
Abbracciamo il male assoluto pur di sfuggire all'inferno.
Putin è in malafede?
Anche solo l'ipotesi non può non suscitare orrore.
Se ciò non avviene, dovremmo iniziare a preoccuparci..
Putin non è in malafede. Deve unire la Crimea alla Russia ed evitare l'accerchiamento nucleare della Russia europea. In malafede è chi tergiversa su queste geopoliticamente solidissime motivazioni.
Sono pure convinta che avrebbe fatto di tutto per non arrivare a ciò, ma dopo quello che è accaduto in Ucraina dal golpe in poi, non ha avuto altra possibilità di azione. Forse ha perfino aspettato troppo, e si è fatto prendere per il naso a lungo dal comico ucraino, magistrale boomerang o polpetta avvelenata, vincendo le presidenziali contro un atlantista di ferro.
Quando ci ritroviamo davanti il male, e questo male è a causa nostra...
Non vi è più alcuna giustificazione che tenga, nessuna motivazione razionale. Non vi è più nulla che possa toglierci la colpa.
Perché l'Etica viene prima di tutto!
Di fronte a bambini innocenti uccisi, donne stuprate, ospedali bombardati, non vi è alcuna giustificazione possibile.
Si è colpevoli, punto!
E si va all'inferno.
Si va all'inferno per molto meno, una volta presa coscienza delle proprie colpe.
Ma il male più grande, è il non volerci andare, all'inferno. Nonostante sia evidente che ce lo meritiamo.
E questa è la malafede.
Dio abbia pietà di Putin.
Anche dei neonazisti ucraini ? Degli esportatori di libertà con caramelle intelligenti ? Dei garrotatori di popoli con finanza tossica ? Degli sperimentatori biotec su umani adulti e bambini e di chi glielo permette ?
Povero Dio ! Davvero non vorrei essere al suo posto.
Non sono convinto che la vita sia essenzialmente comunicazione. Certo ad un livello base, al livello biologico dell'interazione tra cellule o al livello della sopravvivenza di un individuo all'interno di una società, è vero che non si può prescindere da essa.
Ma se intendiamo dire che si vive essenzialmente per esprimere ad altri ciò che abbiamo dentro, ecco, allora no, preferisco le riflessioni antiche sull'autarchia (che non escludevano l'importanza del dialogo, ma che prevedevano innanzitutto la possibilità di raggiungere una certa tranquillità senza quasi dipendere dalle circostanze esterne e quindi da eventuali interlocutori, dal loro riconoscimento).
Scopo della comunicazione non è poi necessariamente la verità, anche senza che si finisca nell'ambito della malafede. Basta pensare agli studi di Feyerabend sugli apparati di persuasione costituiti da argomentazioni spesso niente affatto razionali o scientificamente vere, ma puramente funzionali al successo di una nuova teoria. C'è sincerità in questa attività culturale che accompagna, per difenderla, i primi passi di una nuova teoria. Ma in effetti non si può dire che ci sia verità, o che ci sia fino in fondo.
In un certo senso si ripropone, con il tema di questa topic, la questione della sofistica. Cosa dire di un sapere strumentale? Che è in malafede e quindi da condannare? O che è tale perché in fondo non essendoci una verità oggettiva non può che essere funzione del modo di vedere il mondo del singolo soggetto?
E poi, fede nella verità? Direi piuttosto fede e sincerità nella ricerca della mia verità. Esplorazione genuina, trasparente, viscerale (nel rischio) delle ipotesi utili al mio cammino. Nient'altro.
Lo scopo della comunicazione, Bobmax, non è far emergere la verità, ma condividere , accomunando diverse soggettività al fine di una possibile azione comune, ridefinendo di fatto sempre nuovi soggetti agenti.
Se la comunicazione fosse volta alla ricerca della verità il suo raggiungimento varrebbe la fine della comunicazione, e quindi la fine delle dinamiche che ridefiniscono le soggettività.
La verità per gli esseri viventi, una volta raggiunta, avrebbe l'effetto che le leggi della fisica hanno sulla materia, dove i soggetti materiali sono oggettivamente definiti una volta per tutte.
Non dovrebbe essere dunque una prospettiva desiderabile ridurre la vita di fatto ad inerte materia.
La materia certamente possiede la verità, non mente e non è mai in malafede.
Ma noi ci vogliamo davvero ridurre a questo?
Per la materia l'etica, la sua etica, la sua legge, viene prima di tutto, per il motivo che essa non l'ha scelta.
Può esistere qualcosa di paragonabile per un soggetto vivente capace di fare scelte?
La coerenza della realtà appare a noi come materia e la sua incoerenza come vita.
Anche se può sembrare paradossale, l'esistenza è esclusivamente comunicazione.
Pura comunicazione, non esiste nulla che non sia comunicazione.
Al punto, che i poli che appaiono comunicare... sono parte integrante della stessa comunicazione, di per se stessi non esistono! Perché la loro esistenza è funzionale alla comunicazione.
Anche il pensiero altro non è che un dialogo tra me e me.
Per pensare mi scindo e quindi comunico tra me e me.
Me chi?
Ma è proprio quella stessa comunicazione che è me stesso!
Che altro sarei mai?
Un io funzionale all'unità del pensiero, nient'altro che questo.
..................
E la Verità... è lo stesso Essere!
Che forse vogliamo mettere in dubbio che l'Essere non sia l'Esser Vero?
Suvvia...
E la materia non c'entra assolutamente nulla.
Perché la materia è espressione anch'essa della comunicazione. Che altro mai potrebbe essere?
Essendo la comunicazione ricerca della Verità, indubbiamente la ricerca è possibile solo in quanto la Verità non c'è.
Non c'è... in quanto è!
Essere = Verità
................
La malafede non tocca la Verità di per se stessa, che evidentemente prescinde da qualsiasi fede.
La malafede è la scelta consapevole di opporsi alla Verità, di cui si è però consapevoli!
Si vede il male, lo si riconosce come male, e lo si persegue comunque!
Altro che Caino...
Caino è l'eroe archetipo della umanità, che si rende conto del male commesso e si autocondanna.
Ma chi è in malafede... rinnega la propria umanità! Compie la scelta opposta a quella di Caino.
Prego Dio che mai sia possibile una autentica malafede...
Essere=verità è un equazione, Bobmax, che aiuta solo a comprendere il tuo pensiero , che a me però appare ingenuo.
L'ingenuità io la vedo nel confondere le apparenze che derivano dalla realtà con la realtà.
La tua equazione si può applicare solo alla realtà la quale "è vera", ma con la quale abbiamo un rapporto indiretto, mediato.
Non si può invece applicare a ciò che è in quanto ti appare.
Le cose che ci appaiono sono già comprensive di relativa relazione reciproca, per cui ad esempio nulla ci appare senza implicare il suo opposto, la sua negazione, come tu stesso hai ben spiegato altrove.
L'unica verità è la realtà la quale per esistere non implica il suo opposto, la non realtà.
Ma per noi rimane solo una ipotesi necessaria logicamente, che per essere tale non deve contraddirsi.
Ma tutto ciò che ne deriva, che ci appare, ammette il suo opposto, la sua negazione.
La realtà è come una retta, che tu puoi pensare solo se ne possiedi già una descrizione, e in base a quella descrizione che possiedi essa ti appare, e quindi non c'è un modo univoco in cui essa ti può apparire, perché ogni descrizione non è univoca.
Puoi descriverla ad esempio come discontinua, quantizzata, o, a piacere come continua.
in effetti è quello che abbiamo sempre fatto, scegliendo una descrizione o un altra in funzione del nostro agire, cioè del modo in cui ci rapportiamo con la realtà.
La verità esiste, ma è il punto di partenza e non di arrivo.
Non è da cercare, perché c'è già.
Ma essa non è, perché l'essere deriva da essa come apparenza.
l'ingenuità consiste nel credere che, laddove non ci appaia la mediazione che produce l'essere, allora la mediazione non c'è.
Quando ignoriamo la mediazione che a partire dalla realtà produce l'essere, confondiamo l'essere, nel suo apparirci immediato, come solida e indubitabile realtà.
Ma quando siamo noi in modo cosciente, coscienti della mediazione usata, a produrre l'essere, che siano i quanti della meccanica quantistica, o i campi magnetici della teoria elettromagnetica, allora la loro solidità viene meno.
Ma questi fantasmi, che sembrano sospesi a metà strada fra l'esistenza e la non esistenza, esistono non meno di ciò che ci appare solido, evidente, ma solo a causa della nostra ignoranza dei processi che li generano.
Ciò che è vero non è ciò che appare, ma ciò che produce quella apparenza che chiamiamo essere.
Quindi Bobmax, quella che per te è una uguaglianza, verità=essere, per me è una perfetta diseguaglianza, per cui l'essere non è la verità, ma ciò che riusciamo a derivarne in modo relativo e funzionale a ciò che oggi siamo e che domani non saremo.
L'ingenuità ha luogo quando le necessarie semplificazioni attraverso le quali interagiamo con la realtà non sono note, o vengono dimenticate, posto anche che dimenticarle a bella posta, o meglio non averle costantemente presenti, sia una necessità.
Un esempio di semplificazione è rifarsi all'uomo come qualcosa di immutabile. Questo essere se stessi per l'eternità è il premio che ci promettono le religioni, ma in soldoni si tratta della necessaria semplificazione logica, che nasce terra terra, del tenere fermo un soggetto che fermo non è, espansa fino alla gloria dei cieli.
Come si fa anche solo a dubitare che l'Essere non sia la stessa Verità?
Posso dubitare di tutto, ma non che Essere = Esser Vero!
Ed è inutile, fuorviante, chiedersi cosa sia mai la Verità...
Perché equivale a chiedersi cosa sia l'Essere.
Pretesa assurda di cercare di ridurre l'Assoluto a cosa!
Ma anche questa pretesa assurda sarebbe comunque comprensibile... Occorre però che non sia motivata dalla malafede.
Ossia dall'essere ormai consapevoli che l'esserci non basta a se stesso, ma il voler invece che comunque lo sia!
Brama di esserci, ad ogni costo.
Ciao Bobmax.
Non solo ha senso chiedersi cosa siano la verità e l'essere, ma io ho provato a dare anche delle risposte.
Il dubbio sulle nostre convinzioni è inevitabile , più che possibile, quando ne conosciamo l'origine. Impossibile esercitare il dubbio invece quando non la conosciamo.
Non possiamo scegliere se dubitare, ma possiamo scegliere di mettere in luce l'origine dell'essere, da cui poi segue inevitabile il dubbio, e la possibilità stessa di esercitare il dubbio è indice del buon fine della nostra ricerca. La ricerca in se' però non è necessaria.
L'indubitabilità ha origine nell'ignoranza della genesi dell'essere, per cui esso ci appare in quanto tale, e ci appare tanto più solido/indubitabile/evidente quanto maggiore è la nostra ignoranza su quella genesi.
Il risvolto positivo di questa ignoranza è di non vivere dentro un continuo dubbio, ciò che sarebbe impossibile fare, perché il dubbio è nemico dell'azione.Ecco perché i filosofi non sono uomini di azione, ma di pensiero.
Ma la pluralità degli individui, con i loro diversi punti di vista, ci consente a un tempo di essere uomini di azione e di pensiero.
La verità la si può possedere solo per fede, e la fede è il punto a partire dal quale si esercita la ragione.
Se possiamo ragionare è perché possediamo, sia quando lo sappiamo, sia quando non lo sappiamo, una fede.
Ma la vera fede, cioè quella fede che coincide con la verità, quella che più attrae la mia attenzione, non è quindi quella dichiarata, e la mia indagine filosofica è volta a scovarla.
Perché?
Perché mi piace farlo. Perché è la mia attitudine.
Ma una volta trovata la genesi dell'essere il dubbio segue in automatico. Ti appare evidente allora che ciò che è avrebbe potuto diversamente essere, e questo viene esemplificato dagli enti costruiti dalla scienza, con la loro mancanza di solidità/evidenza, dei quali, potendo dubitare, inevitabilmente dubiteremo.
Se ci sono dunque cose sulle quali affermi di non poter dubitare, posto che non sia un dovere il dubitare, io ho provato a spiegarti il perché non puoi dubitarne.
Da un punto di vista filosofico io sono il tuo alter ego, e mi sembra di comprenderti bene, ma dubito che tu mi comprenda.
Al fine di prevenire le sempre gradite e puntuali critiche di Ipazia, voglio specificare che la mancanza di solidità/evidenza degli enti creati dalla scienza, io ho imparato a vederla come un pregio e non come un difetto.
Non esiste alcun essere se non come astrazione che facciamo della realtà attraverso la nostra interazione con essa, e l'essere è dunque il mediatore di questo rapporto.
Se questa consapevolezza rischia di farci perdere il senso di realtà necessario all'azione, la scommessa è appunto quella di potenziare, piuttosto che no, la nostra azione, anche in mancanza di una inamovibile e univoca narrazione della realtà entro cui vivere.
Questo secondo me è il nostro attuale nodo evolutivo da sbrogliare.
Il problema di fatto si potrebbe considerare risolto se limitassimo la comunità degli uomini a quella degli scienziati, se non fosse che il vero potere della scienza sta nella condivisione al fine di un agire comune, e la ricerca della verità se va bene, funziona solo come movente, e in tal senso è la benvenuta, per quanto in se' insensata.
L'unico vero impedimento ad andare avanti, e il pensarsi già avanti, per intercessione dello spirito santo.
Non che abbiamo un preciso punto verso il quale avanzare.
Andare avanti non è una espressione felice in effetti, ma in qualche modo bisogna che andiamo, senza paura di sbagliare strada, perché sono molte le strade che percorriamo insieme, ed è importante continuare a farlo insieme.
Non possiamo fare a meno del punto di vista di Bobmax come di quello di Iano,di Daniele o di Jacopus, perché la soluzione non è mai univoca ed è già implicita nella plurale diversità.
Non so, Iano, se tu possa essere un mio alter ego.
Ritengo che in te, così come in Ipazia, vi sia maggior innocenza, di quanta non ne alberghi in me.
Innocenza tuttavia non significa essere nel giusto, ma solo di non avere colpe.
Vi vedo innocenti, magari non del tutto... ma comunque più di quanto lo possa essere io.
Forse pure io lo fui. Ma non tornerei mai indietro, neppure per tutta la felicità del mondo.
Niente vale quanto la Verità.
Di modo che, sebbene vi siano senz'altro tra noi delle affinità, ci ritroviamo in mondi temporali diversi.
Il tuo, o comunque quello in cui ti ostini a rimanere, a mio parere si configura ancora come paradiso terrestre. Dove io non tornerei mai.
Credo che la malafede sia solo uno strumento.
La domanda parrebbe però virare su una sorta di essenza della malafede.
Francamente è una ipotesi molto lontana dal mio apparato ideologico, quindi non riesco a capirla nemmeno fino in fondo.
Cosa ci sarebbe in ballo: la verità contro la malafede?
L'essere nella verità e l'essere nella malafede?
Effettivamente mi pare o una questione ideale, che sfocia in un manicheismo ingenuo oppure una questione psicologica:
perché qualcuno vorrebbe essere nella malafede (rimanere dentro l'orizzonte della malafede)?
A mio parere a partire dalla verità, se come dici, non si manifesta, allora siamo sempre tutti dentro la malafede (infatti sapendo che non esiste, continuiamo ad agire come se tutto fosse vero).
Forse si tratta di fare un passo indietro e di riconsiderare il rapporto che ci unisce (o meno) con la verità.
Per quel che mi riguarda (vedi discussione su Hegel) è ovvio che questo rapporto si dispiega nella storia, ed è la storia a dire se stiamo nella verità.
Solo allora la questione della malafede diventa una questione etica.
Certo una etica ingenua, poichè come detto da prima, la malafede è semplicemente una politica. Cercavo solo di stare nello spirito della domanda iniziale. ;)
@Green Demetr
Mi pare evidente che la Verità prescinda da qualsiasi fede. Buona o cattiva che sia.
Il discorso riguarda infatti la fede nella Verità.
Si può avere fede nella Verità oppure non averla.
Tuttavia la mancanza di fede nella Verità non implica necessariamente una fede nella non verità. Che è malafede
Cioè la mancanza di fede consiste nel convincimento che non esista alcun assoluto, che il relativo sia l'essenza della realtà.
Ma la malafede è un passo ulteriore. Perché consiste nell'andare oltre al relativismo.
E si va oltre quando il relativista si imbatte nel bene e nel male, che pari non sono, ma decide di forzare il gioco.
Ossia di stabilire cosa è bene e cosa male, di voler crederli veri!, a prescindere da quanto in realtà avverte.
Rifiuta il dubbio, che gli mostra la possibilità concreta di essere in errore, pur di affermare la propria verità!
Più si è consapevoli della bontà del dubbio e più si è in malafede.
Caino non è in malafede. Ha fede nella Verità, e nel momento in cui diventa consapevole della sua azione questa stessa fede lo conduce all'inferno.
Hitler, per quanto si sappia, insiste invece nella propria malafede.
Citazione di: bobmax il 14 Marzo 2022, 16:49:34 PMCioè la mancanza di fede consiste nel convincimento che non esista alcun assoluto, che il relativo sia l'essenza della realtà.
Per me la realtà è assoluta, ma si manifesta a noi in modo relativo.
Il relativismo quindi è un limite insuperabile di cui bisogna fare virtù.
Ogni rappresentazione della realtà è fatta in ''malafede'', perché la assumiamo come fosse la realtà, con diverso grado di ingenuità, al fine di rapportarci con essa, sapendo però che non lo è.
Che male ci vedi in ciò?
Io non lo capisco.
Avremo sempre una rappresentazione falsa della realtà, ma funzionale, e il fissarsi sulla sua falsità altro non fa che minarne la funzione.
Dubitare della rappresentazione della realtà non è neanche una opzione, perché con certezza sarai portato a dubitarne quando conosci la genesi di quella rappresentazione, e ciò è utile perché ti consente di modificarla alla bisogna.
Non puoi invece dubitare, e quindi non puoi modificare una rappresentazione, di cui ignori la genesi.
Non puoi dubitare quindi di ciò che ti appare evidente di per sé, ma ciò non implica la sua verità, ma solo la tua ignoranza.
Perché mai dovrebbe essere vero ciò che a te appare evidente?
Chi ti ha concesso questo privilegio?
La ragione dovrebbe quindi suggerirti di dubitare di tutto, anche se non perciò è necessario e/o conveniente doverlo fare.
Non è sbagliato, ma neanche saggio ad esempio dubitare di ciò che vedo, anche se ciò che vedo è una rappresentazione relativa della realtà di cui, a differenza delle rappresentazioni scientifiche, io non ne conosco la genesi. Se dubitassi in continuazione di ciò che vedo, senza avere una buona ragione per farlo, non farei altro che rendere inefficace una utile rappresentazione della realtà che ho ricevuto gratuitamente, in eredità.
Citazione di: iano il 14 Marzo 2022, 18:10:47 PMCitazione di: bobmax il 14 Marzo 2022, 16:49:34 PMCioè la mancanza di fede consiste nel convincimento che non esista alcun assoluto, che il relativo sia l'essenza della realtà.
Per me la realtà è assoluta, ma si manifesta a noi in modo relativo.
Il relativismo quindi è un limite insuperabile di cui bisogna fare virtù.
Ogni rappresentazione della realtà è fatta in ''malafede'', perché la assumiamo come fosse la realtà, al fine di rapportarci con essa, sapendo che non lo è.
Che male ci vedi in ciò?
Io non lo capisco.
Mi pare di aver chiarito la differenza tra mancanza di fede nella Verità e malafede.
Non saprei che altro aggiungere.
Ma forse, per cogliere la differenza, occorre aver fede nella Verità...
Giusta lamentala la tua,Bobmax, ma io non riesco a capirti pur sforzandomi.
''Fede nella verità'' è una frase a cui non riesco a dare un senso, e riesco a tradurla solo in fede nella realtà intesa come materia su cui la ragione si esercita producendo le sue ''falsità'' funzionali, tese ad una interazione possibile con la realtà.
Per me la fede in qualcosa è il necessario punto di partenza, ma tutto ciò che segue quel punto iniziale non abbisogna di alcuna fede per me, ma solo di esercizio della ragione, la quale in sé non è poi chissà quale gran cosa, ma è quello di cui disponiamo, e a me non resta altro da fare che esercitarla al meglio facendo lo slalom fra i tanti paletti metafisici di troppo.
banalmente è lo stesso esercizio che si prova afre in matematica quando si cerca di eliminare le ipotesi ridondanti e quindi non necessarie.
In tal senso io delle ipotesi di verità e di fede, ne tengo solo una, perché l'altra è di troppo.
Il tuo discorso non lo capisco, ma ne ricavo comunque una impressione di ridondanza circolare, che non saprei meglio precisare.
D'altronde se tu sei giunto alla fede nella verità per un tuo percorso personale sul quale non puoi darci precise istruzioni, siamo anche giustificati a non capire.
Comunque lo sforzo di capire il tuo punto di vista mi ha aiutato a meglio esplicitare il mio, coniando ex novo il termine ''falsità funzionali''. ;)
Detto in soldoni, il sapere che non esistono teorie fisiche vere, ma solo utili, mi consente di meglio padroneggiarle e io non credo di poter aspirare a più di questo. In questo modo cerco di fare del mio limite virtù, per quel che può valere.
Forse è una povera aspirazione, hai ragione tu, ma questa è la mia strada. Forse l'ingenuo sono io o forse sei tu. Chi può dirlo?
L'unica mia certezza è che diversi punti di vista sono meglio di uno solo.
Citazione di: bobmax il 14 Marzo 2022, 18:29:05 PMCitazione di: iano il 14 Marzo 2022, 18:10:47 PMCitazione di: bobmax il 14 Marzo 2022, 16:49:34 PMCioè la mancanza di fede consiste nel convincimento che non esista alcun assoluto, che il relativo sia l'essenza della realtà.
Per me la realtà è assoluta, ma si manifesta a noi in modo relativo.
@vecchio bob
Come può la mancanza di fede consistere in una fede?
@iano
E' invece il contrario. La realtà è relativa, ma si manifesta, solo per i nostri occhi individuali però, in modo assoluto. E proprio per tale motivo è relativa all'osservatore, il quale infatti si diletta ad osservarla, componendola anche mentendo spudoratamente
La malafede esiste ma, socialmente declinata, è una condizione peculiare della politica. La covidemia è stata, ed è, una mostruosa montatura politico sanitaria di malafede al pari delle montature dei regimi totalitari che ricorrono sovente nei paragoni.
Anche l'attività finanziaria è costruita sulla malafede che converte in ricchezza reale processi meramente speculativi, a danno di chi produce beni reali.
Demonizzare la malafede ci sta, ma la coorte dei malfidi è così ampia, che non si vivrebbe più.
Quanti, prostrati di fronte alle divinità negli svariati templi, sono in buonafede ? Fino a che punto e lecito considerarli tali ? E distinguere tra buonafede e demenza ? E malafede e opportunismo ?
Citazione di: iano il 12 Marzo 2022, 07:02:23 AMSe ci sono dunque cose sulle quali affermi di non poter dubitare, posto che non sia un dovere il dubitare, io ho provato a spiegarti il perché non puoi dubitarne.
Da un punto di vista filosofico io sono il tuo alter ego, e mi sembra di comprenderti bene, ma dubito che tu mi comprenda.
"Se vuoi essere un cercatore di verità, è necessario che tu abbia dei dubbi, per quanto possibile, su tutte le cose"
Renè Descartes.