Secondo voi, qual è l'origine profonda dell'infelicità umana? Qual è il modo per raggiungere la serenità interiore? Secondo me l'origine profonda dell'infelicità consiste nel desiderio umano di ricevere amore, affetto e rispetto dagli altri esseri umani. Infatti tanto più è forte il desiderio di ricevere attenzioni, rispetto ed amore dagli altri, tanto più si soffre interiormente se gli altri si comportano con te con cinismo, indifferenza, prepotenza o peggio se ti ingannano per usarti fingendo sentimenti che non provano; quindi per raggiungere la serenità (imperturbabilità) interiore bisogna aumentare molto la propria autostima, essere convinti di valere indipendentemente dal giudizio altrui ed abbattere le aspettative (che poi sono in fondo pretese della psiche) di ricevere il bene dagli altri, così anche se nessuno ti considera tu sei convinto comunque di valere e di avere della qualità e rimani indifferente all'atteggiamento negativo altrui, anzi pensi: "Peggio per loro, non mi meritano, sono loro ad essere meschini e nel torto". Se si riesce a raggiungere questo stato allora anche se qualcuno ti insulta non ti lasci prendere dall'ira e dalla sofferenza, ma pensi: "Peggio per lui, è lui ad essere meschino e a contaminare la sua anima, non rispettandomi io non mi lascio corrompere!" e al limite rispondi con calma olimpica, ma senza provare e reprimere ira e sofferenza. Lo stesso vale anche per i complimenti che gli altri possono farti, non bisogna essere dipendenti interiormente nemmeno da quelli, perché chi sa veramente di valere non ha bisogno di conferme dagli altri, quindi anche qui è opportuna l'indifferenza interiore, anche perché il mondo è pieno di adulatori.
Quindi secondo me la ricetta per la serenità consisterebbe nel non fare derivare in nessun modo la propria felicità dagli atteggiamenti altrui, nell'instaurare nella psichiche un'indifferenza di tipo stoico. Che cosa ne pensate?
Il titolo del post cita la "serenita'" , nelle argomentazioni successive si abbina serenita' a felicita'.........
Il primo passo sarebbe chiarire il reale significato ( per Te) di entrambe.
La serenità è possibile, smettendo di credere che siano gli altri a condizionarci, ma che, semmai, siamo noi, con le nostre convinzioni elaborate nel corso della nostra vita, a condizionare noi stessi. Provate ad ascoltare un video di Salvatore Brizzi. Credo che spieghi molto bene certi concetti.
In realtà le mie osservazioni del post si rifanno sostanzialmente alle opinioni sulla felicità del Mental Coach Giacomo Papasidero, lo conoscete? Giacomo Papasidero dice appunto che la fonte dell'infelicità sono proprio le aspettative di ricevere gratificazioni affettive e stima dagli altri, e quindi tali aspettative vanno pian piano diminuite o addirittura eliminate.
Non conosco mental coaches , mai avuto né la nesessita' né il piacere , per essere (certamente) sereno e ( se me ne spiegate il signficato) felice mi e' sufficiente la consapevolezza ( per quanto riguarda me stesso) raggiunta grazie al percorso fatto in quasi 62 anni di vita. In qualche scritto filosofico orientale si legge che la vera ricchezza e' l'assenza di necessita' ( evidentemente le mie necessita' sono adeguate alla effettiva soddisfazione delle stesse) e che la felicita' e' dentro di noi e non viene derivata da qualcosa di "estraneo" (quindi penso di essere stato fortunato ad averla in me per un qualche motivo) . O forse il mio e' solo un grande egoismo , comunque per me stesso il risultato e' buono.
Citazione di: Socrate78 il 19 Maggio 2023, 13:14:13 PMGiacomo Papasidero dice appunto che la fonte dell'infelicità sono proprio le aspettative di ricevere gratificazioni affettive e stima dagli altri, e quindi tali aspettative vanno pian piano diminuite o addirittura eliminate.
Non conosco questo signore, ma trovo che questo suo concetto non sia generalizzabile (ammesso e non concesso che in qualche caso possa rivelarsi parzialmente valido).
A parte che in via di principio non credo ad alcun "maestro di felicità", e poi non vedo parentela tra serenità e felicità, trovo che stima e gratificazioni affettive siano e restino un feedback importante e molto coadiuvante dell'equlibrio personale, in modo del tutto sano.
Trovo che la serenità fondi su un solido Equilibrio interiore, che si nutre anche del saper cogliere (con intelligenza e sensibilità) le altrui manifestazioni positive quanto quelle negative, possibilmente capendole e capendone i perchè. Anche perchè...hanno sempre un perchè! (molto formativo, per chi lo coglie; e vale anche per quelle manifestazioni di stima e affetto che...ben guardate...NON sono di stima e/o affetto, ma solo di vario opportunismo).
Estraniarsi da questo pacato processo di riflessione, a mio parere, conduce soltanto a deliri di onnipotenza e onniscienza solipstici, che finiscono per isolare ancor più drasticamente nell'infelicità della <non comunicazione>, rendendola granitica e irrimediabile.
E d'altra parte : se quello della <comunicazione> è un bisogno umano, suggerire di "fregarsene e pontificare in proprio e da uno scranno e dall'<alto> di un immaginario piedistallo <faidate>... è la ricetta sicura per essere sempre più isolati in delirante solipsismo e scansati dagli altri come molesti deliranti, giacchè il <metodo> non affronta nè permette di affrontare il problema, bensì illude di poterlo aggirare con quel faidate che della Comunicazione è proprio l'opposto.
Citazione di: atomista non pentito il 19 Maggio 2023, 14:54:57 PMNon conosco mental coaches , mai avuto né la nesessita' né il piacere , per essere (certamente) sereno e ( se me ne spiegate il signficato) felice mi e' sufficiente la consapevolezza ( per quanto riguarda me stesso) raggiunta grazie al percorso fatto in quasi 62 anni di vita. In qualche scritto filosofico orientale si legge che la vera ricchezza e' l'assenza di necessita' ( evidentemente le mie necessita' sono adeguate alla effettiva soddisfazione delle stesse) e che la felicita' e' dentro di noi e non viene derivata da qualcosa di "estraneo" (quindi penso di essere stato fortunato ad averla in me per un qualche motivo) . O forse il mio e' solo un grande egoismo , comunque per me stesso il risultato e' buono.
Per "essere sereno" io intendo quello stato di quiete, di pace interiore, di imperturbabilità, che non può essere scalfita da alcuna persona o alcun avvenimento esteriore.
Diversa è la felicità, che invece dipende da ciò che è esterno a noi.
Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 19 Maggio 2023, 15:50:16 PMDiversa è la felicità, che invece dipende da ciò che è esterno a noi.
Questa non l'avrei capita, e quindi provo a chiedere.
In che senso la felicità dipenderebbe da ciò che è esterno a noi ?
Per me la felicità è una di quelle condizioni estatiche (un po' come l'innamoramento, ma assai più rara di questo) in cui provi (senza uso di sostanze psicotrope) un così pieno e perfetto senso di compiutezza in armonia col tutto che...pensi felicemente "potrei e vorrei morire adesso, perchè tutto è perfetto."
Non ho vent'anni, sono abbastanza positiva, sono stata e sono anche abbastanza fortunata se considero ciò che la vita mi ha riservato fino ad oggi (e anche del tutto a prescindere da miei "meriti"), eppure...cosa sia la Felicità l'ho provato UNA sola volta nella mia vita, e non aveva alcun nesso con tappe iconografiche tipo "giorno del matrimonio" o "giorno della nascita dei figli" o "giorno di un grande riconoscimento intellettual-professionale"...
Quella Felicità dipendeva proprio dal MIO sentire in quel momento, per una serie di congiunture assolutamente casuali, che nel volgere della stessa giornata avevano iper-appagato OGNI mia più fantastica e meravigliosa aspettativa "cosmica" DI QUEL MIO MOMENTO STORICO.
noi abbiamo bisogno che le nostre azioni , nel tempo vengano riconosciute. Vogliamo venire pesati dal prossimo in base a quello che diciamo e che facciamo. E ne abbiamo bisogno per costruire la nostra identità. L'identità è prettamente un affare pubblico. Altro che no alle aspettative. Se vivi come un eremita può anche adare bene. Ma noi non siamo eremiti. Se una maestra dice "sei un somaro" allo studente e questo va a casa e i genitori gli dicono la stessa cosa allora comincia a pensare di non essere all altezza delle aspettative e comincia a nutrire senso di ineguatezza e di incapacità. Se invece viene aiutato con gentilezza e comprensione allora questo ragazzo non pensa di essere inadeguato. Non condivido l'idifferenza egocentrica (che sa di narcisismo) nei confronti delle critiche , cioè, quando le critiche sono negative le devo ignorare e quando sono belle invece le posso accogliere . No per me è esercitare l'arte della gentilezza non di certo dell indifferenza.
l'uomo per essere sereno ha bisogno di tre cose ; umanità , bontà e gentilezza. Ma il primo che deve essere umano col prossimo , buono e gentile ovviamente sei tu. L'amore non ammette che non venga almeno un pochino corrisposto . Qualcosa torna sempre indietro.
Citazione di: atomista non pentito il 19 Maggio 2023, 10:29:23 AMIl titolo del post cita la "serenita'" , nelle argomentazioni successive si abbina serenita' a felicita'.........
Il primo passo sarebbe chiarire il reale significato ( per Te) di entrambe.
Probabilmente la connessione sta nel fatto che per provare momenti di felicità bisogna raggiungere prima uno stato di serenità interiore che non è banale strumento anestetico, ma sentirsi in sintonia con la realtà, che ha un dentro e un fuori. Un dentro che dipende dalla nostra evoluzione interiore e un fuori che è la proiezione di questa evoluzione che ha imparato a convivere col fuori che lo è totalmente.
Raggiunta questa serenità interiore, i momenti di felicità di cui parla Claudia K ci arrivano l'improvviso e fanno dire, come il poeta: "fermati, sei bello".
Le neuroscienze hanno grossolanamente correlato lo stato mentale con la frequenza delle registrazioni e.e.grafiche. Le tecniche di meditazione, apprese o acquisite sul campo, agiscono su queste frequenze e inducono quello stato di equilibrio omeostatico mentale che ci permette di galleggiare leggeri nel fluire del mondo.
Omeostasi che, ricordandoci di cosa siamo fatti, diffida dei nicciani "pensatori dai culi di pietra", e abbina il benessere mentale a quello fisico. Verità già nota agli antici saggi orientali e occidentali. Ciascuno secondo le proprie capacità, direbbe Marx.
La soluzione non è nella indifferenza in sé al dolore.
Ma può invece essere in ciò che motiva questa indifferenza.
Perché il distacco dal dolore può anche derivare da una chiusura, che rafforza la insensibilità agli stimoli esterni.
Ma in questo modo la corazza con cui ci isoliamo non fa che impoverirci ed è destinata prima o poi a sgretolarsi.
Diverso è il caso se l'indifferenza al dolore deriva dalla massima apertura. Cioè dall'amore verso tutto e tutti.
Allora abbiamo l'autentico distacco. Che è appunto distacco non dagli altri, ma da noi stessi.
Se questo genere di mondi vi ignora,siete a posto.
Citazione di: Claudia K il 19 Maggio 2023, 23:13:13 PMQuesta non l'avrei capita, e quindi provo a chiedere.
In che senso la felicità dipenderebbe da ciò che è esterno a noi ?
Per me la felicità è una di quelle condizioni estatiche (un po' come l'innamoramento, ma assai più rara di questo) in cui provi (senza uso di sostanze psicotrope) un così pieno e perfetto senso di compiutezza in armonia col tutto che...pensi felicemente "potrei e vorrei morire adesso, perchè tutto è perfetto."
Non ho vent'anni, sono abbastanza positiva, sono stata e sono anche abbastanza fortunata se considero ciò che la vita mi ha riservato fino ad oggi (e anche del tutto a prescindere da miei "meriti"), eppure...cosa sia la Felicità l'ho provato UNA sola volta nella mia vita, e non aveva alcun nesso con tappe iconografiche tipo "giorno del matrimonio" o "giorno della nascita dei figli" o "giorno di un grande riconoscimento intellettual-professionale"...
Quella Felicità dipendeva proprio dal MIO sentire in quel momento, per una serie di congiunture assolutamente casuali, che nel volgere della stessa giornata avevano iper-appagato OGNI mia più fantastica e meravigliosa aspettativa "cosmica" DI QUEL MIO MOMENTO STORICO.
Vedi una persona cara che non vedevi da tempo: sei felice; la tua squadra del cuore vince: sei felice... ecc... ecc... Una volta che la persona cara se ne va per la sua strada e tu per la tua, cessa la felicità; la volta successiva la tua squadra del cuore perde: cessa la felicità... ecc... ecc...
Perciò la felicità arriva dall'esterno. Invece, la serenità è dentro di noi. Quando non ci si lascia condizionare dagli eventi esterni, ma si è veramente sé stessi, allora si è sereni.
Felicità e tristezza sono come nuvole nel cielo: arrivano e vanno, ma il cielo è sempre sereno, sopra le nuvole. Così dovremmo essere noi.
Qui: http://www.federicafrasconi.com/coaching/?p=114 credo che sia spiegato molto bene.
In primo luogo l'indifferenza come atteggiamento esistenziale è impossibile, dura poco.
In secondo luogo non vedo quale sia il nesso tra indifferenza e serenità o peggio ancora felicità.
In ogni caso la serenità non dipende da te o dalla tua volontà, questo mi sembra il difetto di fondo di qualunque "ricetta" proposta. Il volontarismo, di cui la volontà di potenza è un'espressione, ha la stessa logica di "tirarsi su per i capelli".
Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 20 Maggio 2023, 17:54:01 PMVedi una persona cara che non vedevi da tempo: sei felice; la tua squadra del cuore vince: sei felice... ecc... ecc... Una volta che la persona cara se ne va per la sua strada e tu per la tua, cessa la felicità; la volta successiva la tua squadra del cuore perde: cessa la felicità... ecc... ecc...
Perciò la felicità arriva dall'esterno.
Sei "felice"? (per me la felicità è davvero altro, ma questo esula. Forse. Intendo dire che quelle indicate possono essere situazioni rallegranti e liete, ma...di lì alla felicità...ce ne corre!).
Comunque si vogliano definire gli stati lieti e rallegranti di cui sopra, essi risultano comunque lieti e rallegranti in rapporto al TUO sentire (e aggiungerei anche : in rapportro al TUO sentire di QUEL momento).
Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 20 Maggio 2023, 17:54:01 PMInvece, la serenità è dentro di noi. Quando non ci si lascia condizionare dagli eventi esterni, ma si è veramente sé stessi, allora si è sereni.
Che la serenità abbia radici in noi non avrei grossi dubbi.
Ho dubbi insormontabili, invece, sul fatto che la serenità (in un percorso che mi suona anche ossimorico) possa derivare dalla soppressione della comunicazione e del confronto in un umano che anche di questi vive e necessita.
La serenità fonda sull'Equilibrio interiore, e questo - per quell'animale sociale che è l'umano - non si costruisce indossandoo paraocchi. Piuttosto si costruisce facendo tesoro dei feedback che (positivi o negativi che siano, nella vita reale come in quella virtuale) ci danno la misura del come siamo percepiti. Tra l'altro : qui stiamo parlando tra adulti, che è lecito presumere abbiano potuto confrontarsi con tanti contesti differenti, e non tra adolescenti che disgraziatamente hanno esperito (per dire) "soltanto" una famiglia incurante o vessatoria, oppure una classe scolastica bullizzante. Casi nei quali srebbe urgentissimo rappresentare all'adolescente che le tristi realtà esperite NON sono "la realtà" e che c'è comunque un mond intero che lo attende.
Ma...quando un adulto dovesse rifugiarsi nell'idea che per star bene dovrebbe non dar più retta a nessuno...io qualcosa di MOLTO preoccupante ce lo vedrei eccome.
E non è un caso che i centri di igiene mentale pullulino di personalità che (anche senza coaching online) hanno abbracciato questa "teoria" per ritrovarsi del tutto out da tutto (da tutto quel che avrebbero agognato e che trovarono più easy rifiutare, piuttosto che riflettere).
Citazione di: baylham il 20 Maggio 2023, 17:58:05 PMIn primo luogo l'indifferenza come atteggiamento esistenziale è impossibile, dura poco.
In secondo luogo non vedo quale sia il nesso tra indifferenza e serenità o peggio ancora felicità.
In ogni caso la serenità non dipende da te o dalla tua volontà, questo mi sembra il difetto di fondo di qualunque "ricetta" proposta. Il volontarismo, di cui la volontà di potenza è un'espressione, ha la stessa logica di "tirarsi su per i capelli".
Mi pare del tutto condivisibile.
Come non comprendere che, in una certa misura, siamo dipendenti da fattori che esulano dalla nostra possibilità di intervento?
Condivido chi propone "bontà, umanità e gentilezza". Sono indubbiamente modi di essere che aiutano enormemente ad avvicinarsi alla serenità. Mi permetto di aggiungere anche accettazione di quanto non possiamo cambiare.
E nell'accettazione di quanto non possiamo cambiare ci sta anche, paradossalmente, l'assenza (si spera temporanea) della serenità.
Citazione di: Claudia K il 20 Maggio 2023, 22:19:59 PMSei "felice"? (per me la felicità è davvero altro, ma questo esula. Forse. Intendo dire che quelle indicate possono essere situazioni rallegranti e liete, ma...di lì alla felicità...ce ne corre!).
Comunque si vogliano definire gli stati lieti e rallegranti di cui sopra, essi risultano comunque lieti e rallegranti in rapporto al TUO sentire (e aggiungerei anche : in rapportro al TUO sentire di QUEL momento).
Che la serenità abbia radici in noi non avrei grossi dubbi.
Ho dubbi insormontabili, invece, sul fatto che la serenità (in un percorso che mi suona anche ossimorico) possa derivare dalla soppressione della comunicazione e del confronto in un umano che anche di questi vive e necessita.
La serenità fonda sull'Equilibrio interiore, e questo - per quell'animale sociale che è l'umano - non si costruisce indossandoo paraocchi. Piuttosto si costruisce facendo tesoro dei feedback che (positivi o negativi che siano, nella vita reale come in quella virtuale) ci danno la misura del come siamo percepiti. Tra l'altro : qui stiamo parlando tra adulti, che è lecito presumere abbiano potuto confrontarsi con tanti contesti differenti, e non tra adolescenti che disgraziatamente hanno esperito (per dire) "soltanto" una famiglia incurante o vessatoria, oppure una classe scolastica bullizzante. Casi nei quali srebbe urgentissimo rappresentare all'adolescente che le tristi realtà esperite NON sono "la realtà" e che c'è comunque un mond intero che lo attende.
Ma...quando un adulto dovesse rifugiarsi nell'idea che per star bene dovrebbe non dar più retta a nessuno...io qualcosa di MOLTO preoccupante ce lo vedrei eccome.
E non è un caso che i centri di igiene mentale pullulino di personalità che (anche senza coaching online) hanno abbracciato questa "teoria" per ritrovarsi del tutto out da tutto (da tutto quel che avrebbero agognato e che trovarono più easy rifiutare, piuttosto che riflettere).
Non lasciarsi condizionare dagli eventi esterni credo non sia sinonimo di soppressione della comunicazione e del confronto umano. C'è una storiella che Osho raccontava spesso, di un padre cui morì un figlio. Quel padre non si addolorò per aver perso quel figlio (che amava tanto), gettando nella confusione più totale amici, parenti e conoscenti, convinti che quel padre dovesse provare dolore. Le parole di quel padre furono: "Perché dovrei affliggermi ora? Mi stato fatto dono di quel figlio, mi è stato tolto quel dono." Quel padre non poteva essere, ovviamente, felice. Era, tuttavia, sereno.
Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 21 Maggio 2023, 07:52:07 AMNon lasciarsi condizionare dagli eventi esterni credo non sia sinonimo di soppressione della comunicazione e del confronto umano.
Io mi sono attenuta all'assunto di Socrate, che era "
la ricetta per la serenità consisterebbe nel non fare derivare in nessun modo la propria felicità dagli atteggiamenti altrui, nell'instaurare nella psiche un'indifferenza di tipo stoico. Che cosa ne pensate?" E questa auspicata (non da me) indifferenza agli atteggiamenti altrui...cos'è, se non una artificiosa e forzosa interruzione del flusso di comunicazione e confronto? Ma poi che senso avrebbe, questa "blindatura", se non quello di indurre a forme deliranti ? Gli atteggiamenti altrui hanno sempre un perchè, normalmente correlato ai nostri atteggiamenti. Per cui : riflettere sui possibili perchè può solo farci crescere (e anche bene). Per contro, e come già detto: i centri di igiene mentale, ma anche i social e persino i forum, pullulano di persone che hanno "scelto" la via APPARENTE dell'impermeabilità agli atteggiamenti altrui, col solo risultato di essere vissuti come deliranti; e il colmo dei colmi è che, anche nella loro irragionevole tracotanza solipsistica, non fanno altro che continuare a <comunicare disperatamente> e solo apparendo puntualmente fuori luogo. Come dire che anche questi cercano atteggiamenti positivi altrui e ne hanno bisogno, ma sono completamente sbandati nella LORO comunicazione. ------------------Quanto ad Osho...una volta tanto mi delude: nel mio niente...quando ho perso una persona amatissima (ma anche un gatto o un cane) non ho mai pensato a quel che in lui/lei avevo perso io, ma ho sempre pensato a quel che lui/lei avevano perso della vita.
Citazione di: Claudia K il 21 Maggio 2023, 09:19:07 AME questa auspicata (non da me) indifferenza agli atteggiamenti altrui...cos'è, se non una artificiosa e forzosa interruzione del flusso di comunicazione e confronto?
------------------
Quanto ad Osho...una volta tanto mi delude: nel mio niente...quando ho perso una persona amatissima (ma anche un gatto o un cane) non ho mai pensato a quel che in lui/lei avevo perso io, ma ho sempre pensato a quel che lui/lei avevano perso della vita.
Indifferenza significa essere "sportivi" e non "tifosi", secondo me, ossia capire l'importanza delle situazioni, ma non farsi coinvolgere più del necessario, non divenirne schiavi. Conosco persone che quando perde la loro squadra del cuore, vanno a dormire senza cenare, e spesso non riescono nemmeno a dormire! Se perde la mia squadra del cuore, io mangio e dormo ugualmente... giusto per fare un esempio.
In 64 anni di vita ho perso diversi punti di riferimento, passati a miglior vita, che mi hanno costretto a rivedere la mia vita, non potendo più contare su di loro.
Su Osho: chi o cosa ti dice che la morte sia una perdita per chi se ne va? se invece fosse una liberazione? Nel caso di chi soffre da tanto tempo per esempio, io credo che la morte sia una liberazione, se non altro dalle sofferenze. Ho conosciuto più di una persona, morta dopo aver sofferto parecchio. Poi ci sono le morti improvvise (o presunte tali) di chi se ne va (mio padre per esempio) lasciando parenti e amici nello sgomento più totale (ma questo era il tipo di morte auspicato dal mio papà: senza sofferenza)...
Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 21 Maggio 2023, 10:13:36 AMSu Osho: chi o cosa ti dice che la morte sia una perdita per chi se ne va? se invece fosse una liberazione?
Converrai che non è questa la "regola", no? :)
Scrivendo pensavo alla mia primissima esperienza con l'idea di morte, che risale a quando ero bambina.
Mi era stato regalato un amatissimo gattino, molto carino e vivace, e...da stupidella...mi venne la pessima idea di fargli un bagnetto con tanto di bagno schiuma profumato.
All'uscita dal bagnetto...il poverino era tramortito, e avevo poco da massaggiarlo con asciugamani...sembrava stesse proprio per morire.
Me lo tenevo in braccio, avvolto, e lo portai alla finestra, dove gli piaceva tanto andare per guardare il mondo... Ma non alzava neanche la testolina, e so io i pianti che mi feci pensando con dolore a quanta vita gli avessi fatto perdere...
Poi si riposò e tornò in forma come prima, ma...l'idea che possa morire chiunque non desideri morire...per me è straziante.
Inutile dire che dopo il gattino mi sono trovata a vivere lo stesso sentimento verso persone a me carissime...e sempre in quel modo l'ho letta, non avendo mai conosciuto personalmente persone che avrebbero davvero voluto morire.
Il tutto con massimo rispetto per quei casi estremi (tipo DJ Fabo), in cui probabilmente io stessa invocherei il suicidio assisitito.
Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 21 Maggio 2023, 10:13:36 AMIndifferenza significa essere "sportivi" e non "tifosi", secondo me, ossia capire l'importanza delle situazioni, ma non farsi coinvolgere più del necessario, non divenirne schiavi.
Forse è solo un problema linguistico, ma per me l'indifferenza è l'indifferenza (= impermeabilità, più o meno), e non ha nulla a vedere con l'Equibrio (di cui mi sembra che tu parli, chiamandolo indifferenza) che, invece, è quello che consente di accogliere-ponderare-riflettere, senza tentazioni disperanti in caso di altrui disapprovazione e senza orgasmi in caso di altrui approvazione.
Tutto ha un perchè, nelle relazioni umane: se ci impegniamo a rifletterlo (senza scomporci) possiamo crescere; se "svoltiamo" con "e che mi frega? Io so' IO!" possiamo solo scavarci la fossa con le NOSTRE mani. ;)
P.S. : riflettere sui perchè delle relazioni umane, oltretutto, è affascinante e divertentissimo.
Le emozioni non sono buone o cattive,positive o negative,sono emozioni e basta Dunque accettarle tranquillamente e viverle si conseguenza è la cosa migliore.
Il problema sta nell'idealizzarne alcune demonizzandone altre.
Gioia,ira,tristezza,ecc...sono i portanti della vita emotiva e affettiva,tutte quanti importanti e ...normali,se si considerano tali e non se ne fa una tragedia.
Lo stoicismo torna attualissimo in un'epoca in cui l'eterodirezione assume mostruose dimensioni tecnoscientifiche paragonabili solo al deterioramento della sfera antropologica e alla insolubilità delle problematiche metropolitane rivelatesi tutto il contrario della utopia rinascimentale della "città ideale".
Già quel sensibile termometro sociale che fu Hannah Arendt, di fronte alle critiche della comunità ebraico-israeliana di amare poco la sua etnia per non averne nascosto le corresponsabilità di fronte alla violenza nazista, rispose che lei non amava le patrie, ma solo i suoi amici.
Qui non si tratta di "tirarsi su per i capelli", ma di ponderare i limiti della propria volontà di potenza vitale di fronte agli aggregati antropologici reali e alla natura.
Ponderazione a cui l'atteggiamento stoico fornisce, fin dalla sua nascita, strumenti essenziali di sopravvivenza mentale e spirituale. Cominciando dalla consapevolezza di "essere per la morte" fin dalla propria nascita, come racconta l'episodio di Osho.
La natura non si Imbriglia e non si imbroglia,l'essere umano in linea con llil.meglio della specie e la sua individualità,evita schemi,modelli,interferenze e si comporta di conseguenza.
Se c'è un prezzo da pagare lo paga,se può scegliere il minor dei mali e dei prezzi lo faccia senza tradire mai sè stesso.
Essere sereni e' avere la capacita' ( che deriva da innumerevoli fattori /attori spesso indipendenti dalla ns volonta') di "addomesticare" cio' che viviamo. E' una capacita' ed una fortuna. Uno dei piu' grandi "doni" che si possano ricevere.