Pongo la tematica in ambito filosofico, in quanto ritengo che la sicurezza sia la motivazione che porta a molte costruzioni strutturali filosofiche, anche se poteva starci benissimo anche nel forum in attualità e cultura.
Analizzando diversi profili interdisciplinari, che vanno dalla psicologia soprattutto, passando per l'economia, politica, ritengo che la sicurezza vada abbinata al conformismo.
Perchè l'uomo tende ad avere il controllo delle innumerevoli situazioni che la vita propone.
Quando perde il controllo, in qualunque campo, ma soprattutto psicologico, diventa autodistruttivo.
La scienza nasce dal punto di vista motivazionale come predizione. Potremmo dire che gli oracoli, i riti "magici" predittivi erano il tentativo di avere sotto controllo anche il futuro e il futuro per sua natura è instabile, insicuro, rischioso.
Siamo conformisti per natura, nel senso che tendiamo a ritualizzare gesti quotidiani che ci rassicurano ,che non ci fanno perdere tempo ed energie a pensare o fare. Ci sediamo a casa al nostro posto, scegliamo nel letto dove dormire la nostra posizione, lo scandire quotidiano del tempo fanno scoccare i tempi ordinari del fare, del pensare, del leggere, del riposare.
Tutto ciò che rompe la conformità, la sicurezza, la pace, l'equilibrio, che sono personalizzati, rompe "le scatole", perchè si entra nella zona del disagio e delle difficoltà.
Questa sicurezza della conformità è rassicurante, è naturale e diventa forte nel momento in cui i nostri pensieri costruttivi semplici, che sono dicotomici (ognuno ha una propria idea di buono/cattivo, bene/male, ecc.) costruiscono, via via, possibilità di predire, anticipare, gli eventi che la vita propone, così che o siamo confortati dal fatto "...ecco lo sapevo che finiva così", oppure se non riusciamo ad anticipare gli eventi che non rientrando nelle significazioni di senso degli eventi, sconnettono la sicurezza dei nostro nucleo di pensiero.
Perchè questa sicurezza, conformità è importante?
Perché il popolo è conformista, economicamente, politicamente, psicologicamente, perché uscire dal sentiero naturale per rischiare nuovi sentieri....è una scommessa sul futuro.
Ma nonstante tutto esiste l'intraprendenza, la libertà che collidono con la sicurezza.
In politica dall'attentato delle torri gemelli al covid attuale l'antitesi fra maggiore sicurezza porta a minore libertà oppure viceversa.
Filosoficamente stavo pensando: "Chissà cosa direbbe Nietzsche?". Nel senso che la sua idea di natura forse è in contrasto con quanto su esposto.
Voi cosa ne pensate in generale se davvero la sicurezza è una nostra (ma direi di tutti gi esseri viventi)prerogativa naturale?
Direbbe che scambiare -barattare- la libertà con la sicurezza ci rende malati, appunto esseri che non possono essere amati in quanto tali, ma in quanto ponte verso il superuomo.
La libertà non si scambia con niente: chi accetta di sottoporsi ad un potere, vuole potere a sua volta.
Il patto sociale nella sua intima essenza dà, o meglio promette, ad ogni servo un servo, e se uno è collocato "al fondo" nella piramide sociale che ne deriva e non ha nessuno di reale su cui rifarsi delle angherie subite in una gerarchia umana reale, lo ottiene disciplinarmente sul suo stesso corpo, il quanto minimo di potere che paga e giustifica la sua sottomissione ai membri del gradino più alto e alla società stessa, fa del suo stesso corpo un servo, e di se stesso smaterializzato un padrone, creando così allucinatoriamente il gradino ancora più basso di quello occupato da lui che prima non c'era, questa è la bella realtà che sta tornando, o meglio diventando sempre più evidente, dopo torri gemelle e il covid.
Frustrazione-aggressività, che quando non si sfoga diventa auto-aggressiva.
La paga di Giuda. Anche i servi sono padroni di qualcosa, perché la gerarchia sociale non finisce più con i servi, finisce con i nudi corpi.
Salv. Sono convinto che la discussione si svolgerà trascurando la distinzione tra la ricerca della sicurezza ( impulso istintivo generato dalla necessità di autotutela) e la ricerca della certezza (impulso psicomentale consistente nel voler realizzare il predominio del prevedibile sull'ìmprevedibile).
Paradossalmente risulta più ragionevole cercare sicurezze (relative ma possibili) che certezze (le quali fanno parte dell'assoluto irraggiungibile). Saluti.
Chi cerca di sopravvivere, cerca sicurezza e certezze.
Chi vuole vivere, accetta il rischio.
Sembrano esserci leggi di conservazione che regolano il naturale mutamento.
Il topic ho voluto porlo in quanto stavo rileggendo vecchi appunti sula psicologia costruttivista.
La sicurezza inerisce alla stabilità che si forma psicologicamente per confronti fra cose simili e cose diverse. Se si riflette ci si accorge che termini come stabilità, sicurezza, conformità, sono costrutti psicologici che diventano fondanti socialmente. L'instabilità, l'insicurezza, la diversità, tendono ad essere non inclusive o comunque problematiche in tutti i campi culturali.
Pensate, faccio un esempio, all'attuale crisi di governo dentro in un contesto instabile causato dal covid. Instabilità che si associa ad un'altra instabilità che diventa speculazione economica, politica.
Questi costrutti mentali tendono ad anticipare la realtà, a mettere al sicuro se stessi: sono confortanti. Sono confortanti nella misura in cui una persona tende a costruire repliche di eventi , anticipandoli. Queste repliche sono somiglianze di significati riconosciuti all'interno delle nostre esperienze, per quanto siano variabili gli eventi, hanno denominatori comuni che i nostri costrutti mentali riconoscono e su questi noi costruiamo ciò che crediamo . Se riescono ad anticipare gli eventi, diventano affidabili.
Bisognerebbe analizzare più approfonditamente cosa è questa sicurezza per noi , prima di emettere sentenze.
Niko
Ritengo che Nietzsche pensi alla natura in termini meritocratici, "aristocratici". La regola della natura è alla fine negli animali sociali una gerarchia costruita sulla forza "bruta".
Questa forza bruta negli umani viene trasformata dalla cultura. E' questa trasformazione culturale che Nietzsche non accetta, in quanto anti (contro) naturale.
Bisognerebbe allora capire , visto che discutiamo di sicurezza, cosa si intenda per sicurezza naturale e sicurezza culturale: cosa li unisce e cosa li diversifica.
Viator
Sono d'accordo che la sicurezza è una forma di autotutela. Tant'è, altro esempio, che enti privati e pubblici ,come le assicurazioni, fanno "caterve" di soldi sulla sicurezza/rischio.
Ma potrei anche dire che nel mondo fisico si tende alla quiete per quanto l'instabilità momentanea poi tenda ad un riequilibrio, come una convalescenza dopo una malattia(altro esempio).
Non cerchiamo addirittura certezze con la sicurezza, direi più un avvicinamento predittivo, un anticipare gli eventi il cui obbiettivo almeno si avvicina approssimativamente.
In fondo si dice ordinarietà e il contrario straordinarietà ,gli eventi futuri che si attualizzano predittivamente oppure niente affatto previsti.
Non vorrei ricadere nel determinismo/indeterminismo e/o ponderabile/imponderabile.
Penso che la sicurezza sia accettata proprio perché è la più ragionevole.
Andrea Molino
E' pur vero ciò che scrivi . Ma il rischio culturalmente è un calcolo. Nessuno dà un "fido" se non si hanno spalle coperte, quindi sicurezza che se un progetto fallisce, vi sia almeno un paracadute per poter atterrare e non cadere sfracellandosi.
Iano
Esatto: trovo che la legge della conservazione a cui tendono i sistemi fisici, sia simile alla nostra necessità umana di sicurezza.
Chiarisco: la mia posizione non è a favore o contro la sicurezza, ma cerco di capire, analizzare, perché l'uomo tende alla conformità, ordinarietà, persino le nostre faccende quotidiane hanno orari, e siamo "scocciati" se troviamo impicci.
Un altro esempio: il conformismo sociale è la centralità democratica per cui anche i partiti estremistici tendono ad accentrarsi (oggi si dice centrosinistra/centrodestra).
Quando si dice che per governare bisogna perdere gli impulsi estremistici, per cui alla fine tutti i governi finiscono per assomigliarsi, ha a che fare con la grande maggioranza conformistica degli elettori . Ribadisco allora che quel conformismo tende alla sicurezza della propria persona.
Questa sicurezza personale è il voler vivere quietamente, senza problemi d'instabilità, per sé, la propria famiglia, i propri sacrifici, i propri patrimoni........
Allora si capisce che la sicurezza che nasce dalla psicologia umana, la trovi ovunque, in tutte le forme teoretiche e pratiche, compreso i suoi epigoni contrari.
Non credo che la propensione alla sicurezza sia un istinto naturale degli esseri viventi.
Credo che l'unico istinto naturale degli esseri viventi, sia quello di riprodursi, correndo qualunque rischio per raggiungere lo scopo, anche a costo di morire.
La sicurezza è un prodotto variamente elargito dai diversi tipi di aggregazione sociale, e viene pagato con porzioni di libertà.
Purtroppo, la sicurezza provoca assuefazione e ci sono molti spacciatori che offrono roba di scarsa qualità.
Bisogna distinguere fra giovani e vecchi.
Si nasce progressisti e si muore conservatori.
Ma paradossalmente ho l'impressione di vivere in una società dove i ruoli sembrano invertiti.
Non ho mai visto giovani più conservatori di quelli di questa generazione al punto che alla mia veneranda età sento il dovere di fare ancora l'agitatore sociale, sfiorando il ridicolo.
Dal mio punto di vista personale una società stabile si mostra impermeabile ai tentativi di comprenderla, come si potesse declinare in una serie di tabù' "punto e basta" .
Le cose "stanno così ". Non c'è nulla da capire.
Se si vuole comprendere il sistema, condizione necessaria per entrarne a far parte in modo attivo e consapevole, occorre smuovere il sistema , e osservarlo mentre ritorna a un nuovo punto di equilibrio, che di solito è diverso dal precedente.
Se posso farmi una autocritica, per me tutto sembra esaurirsi nel piacere di conoscere, senza una vera intenzione di integrarmi. Anche detto "mancanza di ambizioni" .
Potrebbe essere un meccanismo psicologico col quale si tenda a raffigurarsi ancora giovani.
Ma il problema non risiede certo nel riscontrare presunte eccezioni alla regola, ma quando le regole sembrano invertirsi.
Il motivo è forse che un mondo scosso dalla globalizzazione innescata dai nuovi media non abbia bisogno di ulteriori scosse " per vedere l'effetto che fa " e siccome i giovani sono nativi digitali vivono questo mondo nuovo come uno stato di fatto, mentre i vecchi si agitano per cercare di capirci qualcosa. 😅
Per i giovani di oggi non c'è nulla da capire , come fossero nati vecchi.
Andrea Molino
ma per riprodursi è necessario, negli animali in cui ogni individuo è portatore di un sesso, essere in due. Nasce la gregarietà. Già fra un maschio e una femmina, se vogliono avere un rapporto stabile(sicuro) è in atto un "compromesso": per la stabilità si perde qualcosa nella libertà individuale.
Il branco, il clan, la tribù, fa perdere meno energia per cacciare e per difendersi.
Ma per la stabilità del branco avviene un ordinamento che è dato dai rapporti di forza.
Fin qui è spiegabile la "sicurezza" naturale.
La sicurezza individuale, come scritto precedentemente, è di carattere psicologico che a sua volta fa derivare quella culturale. Nel senso che la psicologia-ragione umana costruisce un nucleo di costrutti dicotomici (bello/brutto, buono/cattivo, ecc.)che ci servono per giudicare gli eventi.
Questa formazione che ognuno personalmente si pone, è il modo che permette di anticipare gli eventi futuri. E' una forma di controllo di eventi esteriori che permettono alla psiche umana di non destabilizzarsi. Se funzionano questi costrutti diventano affidabili, se non funzionano si tendono a mutarli. Questa è un po' la permeabilità e impermeabilità umana.
La sicurezza sociale se potrebbe essere stata originata da quella naturale, ha sempre meno a che fare con questa ultima, tanto più il peso della cultura sociale condiziona tanto da far perdere di vista quella naturale. Intendo dire che il lavoro, lo studio, il denaro, i comfort, le dinamiche politiche, la stessa scienza, non sono più direttamente appartenenti al mondo naturale, per quanto quest'ultimo
sia comunque presente come realtà fisica, come concretezza.
Quindi nel dominio sociale avvengono delle trasformazioni: se ho bisogno di cibo posso non raccogliere e non cacciare, tutto è mediato da altri che me lo presentano in cambio di denaro.
Il denaro quindi mutua la necessità persino di sopravvivere.
Non ho bisogno di decidere il governo di una città, di una regione, di uno Stato. Viene mutuato da un'altrettanto struttura che è la politica.
Tutto ciò, dal cibo al governo, è demandato a strutture apposite.
La sicurezza individuale è quindi avere denaro sufficiente ( e questo sufficiente è problematico anche se in modo diverso fra il "forte" ricco e il "debole" povero) per sopravvivere e avere tempo per le proprie relazioni, passioni. Perdere la possibilità di avere denaro significa come sentirsi allontanato dal branco animale in natura: totale insicurezza, in balia degli eventi.
Iano
Capita anche a me di pormi nella tua stessa sensazione.
Forse i giovani d'oggi hanno le "spalle coperte" come non mai, questo li rassicura dal punto di visto della sopravvivenza. I genitori tendono a proteggere per natura e spesso sono i nonni gli educatori perché i genitori sono intenti a "procacciarsi" denaro.
Il lavoro, come sopra scritto, ha sostituito socialmente ciò che era originariamente il direttamente cacciare e raccogliere, così come il denaro ha sostituito il rapporto diretto uomo/natura, con uomo/cultura che è mediato dalle strutture apposite.
Quante volte abbiamo sentito dire che in fondo c'è chi cucina, lava, stira, fa il letto..........e chi glielo fa fare di andarsene dall'"albergo" tutto pagato?
Nel passaggio fra sicurezza naturale- psicologico/ragione individuale- sociale, quest'ultima è quella che condiziona, nel bene e nel male, di più.
Questo non preoccuparsi del cacciare e raccogliere in realtà non è stato superato, è stato trasformato e modificato dal lavoro-denaro
Forse è più sicuro il sociale dal naturale, dipende dal ruolo dello Stato.
Ma questa "sicurezza" della continuità del lavoro per avere altrettanto continuamente denaro e l'intervento dello Stato in caso di necessità, ha fatto perdere dei requisiti umani?
Citazione di: paul11 il 17 Gennaio 2021, 00:41:32 AM
la sicurezza che nasce dalla psicologia umana, la trovi ovunque, in tutte le forme teoretiche e pratiche, compreso i suoi epigoni contrari.
Concordo e aggiungerei che tale dinamica psicologica ha radici fisiologiche: l'autoconservazione, l'attaccamento alla vita, la spontaneità nella paura di una minaccia, etc. dimostrano che la tendenza alla propria sicurezza è un istinto innato e congenito; così come è istintivo ritrarre il dito che si scotta sul fuoco o il rilascio di adrenalina quando si prospetta un imminente scontro per difendere la propria sicurezza e incolumità (e se il soggetto tende a reazioni come la fuga, anch'essa è comunque orientata dalla ricerca della sicurezza).
Probabilmente l'uomo è perlopiù un animale abitudinario, che non gradisce le cosiddette «interruzioni di schema», che tende a diffidare degli imprevisti, mosso più da «
loss adversion» (paura del danno/perdita, non solo economica) che dalla intraprendenza, dal mettere a rischio la propria sicurezza (generalizzando, parlando su larga scala). La sicurezza è spesso connessa con il noto, con il familiare, per questo ci sentiamo al sicuro a casa nostra e poco al sicuro in contesti che non conosciamo, da cui ci possiamo attendere dubbie sorprese o di cui non conosciamo la provvidenziale via d'uscita (anche se magari sono oggettivamente più sicuri di casa nostra).
Socialmente, la sicurezza comporta una certa avversione o diffidenza per il nuovo; ogni nuova procedura che comporti «lasciare la vecchia strada per la nuova» suscita spesso (sempre ragionando a spanne) un attimo di esitazione, alla ricerca della comprensione di solide buone ragioni per abbandonare ciò di cui si è già sicuri. Tuttavia se il cambiamento parte da noi, da una nostra idea, oppure è nella direzione che ci auguravamo da tempo, non c'è altrettanta resistenza, proprio perché avendolo già anticipato, nella nostra volontà o nelle nostre speranze, è più rassicurante, fino a diventare auspicabile.
Sempre in generale, la ricerca di sicurezza è, secondo me, direttamente proporzionale all'insicurezza percepita: più il contesto è instabile, più si cercherà qualcosa di molto rassicurante (magari abbassando lo
standard della sicurezza), quantitativamente (come è il "così fan tutti") o qualitativamente (contromisure estreme di autotutela, differenti a seconda del contesto). Ad esempio, se i giovani si muovono già in una situazione di radicale incertezza lavorativa, economica, socio-politica, psico-emotiva, etc. è normale che tendano a cercare sicurezze nel nido parentale, nelle "
echo chamber" dei
social, nel disimpegno sociale e (meno paradossalmente di quanto sembri) nell'impegno attivo in questioni oggettivamente mondiali, come il riscaldamento globale (della cui urgenza e importanza si è, appunto, sicuri).
L'insicurezza, persino in filosofia (sempre parlando a grandi linee), non è mai stata ben sopportata, se non come fase "scomoda" da
dover superare (anche a costo di postulazioni audaci o di esiti più estetici che teoretici); se nell'ultimo secolo è emersa una certa pluralizzazione (che comporta minor "sicurezza" dei propri valori, ideali, etc.), il suo contrappasso è stato il (ri)destarsi di correnti e (ri)proposte che (ri)cercano sicurezza esistenziale nei paradigmi «di una volta» (sia politicamente che filosoficamente parlando), in appelli all'emozione (vista l'insicurezza che genera la decifrazione delle complesse realtà sociali; sicurezza/semplicità sarebbe forse un rapporto da approfondire) e in un'ignava assenza di premura (si-curezza: assenza di preoccupazione), sia essa epistemica (nel ragionamento) o sociale (nell'azione e nell'interazione).
Sebbene sia perfettamente logico tendere ad ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo, questa dovrebbe essere considerata una linea guida "locale", da non generalizzare, perché a lungo termine, tende ad elidere il senso della vita, almeno la mia definizione di vita:
"E' vivo tutto ciò che è in grado di andare contro corrente (o se preferite, di contrastare l'entropia)".
La vita "si fa notare" quando agisce in un ambito difficile e mi riferisco a qualunque tipo di vita, dagli esseri unicellulari, agli astronauti.
Insicurezza -> Difficoltà -> Impegno -> Superamento -> Soddisfazione...
Sicurezza -> Comodità -> Divertimento -> Noia -> Nichilismo...
Il bisogno di sicurezza nasce dall'attaccamento in ciò che c'è e dalla constatazione del possibile rischio di una sua perdita.
Il bisogno di sicurezza passa però in secondo piano, nel momento in cui il desiderio di qualcosa nel futuro prevale sull'attaccamento nell'attuale.
Ritengo che nella gioventù contemporanea sia carente questo desiderio di futuro.
Il futuro non rappresenta più, come nelle generazioni passate, l'occasione per nuove migliori possibilità. Perché il giovane non crede che i prossimi anni saranno migliori, ma che, ben che vada, potranno al massimo non essere peggiori dell'oggi.
Questo "sentire" non mi sembra espressione di questa gioventù in sé, e neppure che sia dovuto a una situazione oggettiva.
Piuttosto, proprio adesso che sarebbe il momento più propizio per conoscere il mondo e riflettere (con gli strumenti oggi a disposizione, un tempo inimmaginabili) il pensiero rimane invece come paralizzato. Incapace di pensare se non l'ovvio.
Sono convinto che questo fenomeno sia dovuto al nichilismo. Ossia al convincimento, spesso inconsapevole ma per questo ancor più pernicioso, che niente abbia in definitiva valore.
Nichilismo che era stato combattuto dolorosamente, ma con efficacia, dai nonni nei duri anni della guerra e che ha permesso poi una rinascita. Che è stato tenuto a bada in seguito, memori delle vicende passate. Ma che ora sta tornando.
Eppure abbiamo tutti gli strumenti per continuare a combattere il nichilismo, e magari per riuscire persino ad attraversarlo.
Basterebbe considerare nuovamente i cardini del nostro esistere.
E questi sono l'Inferno e il Paradiso.
Luoghi reali, possibili qui e ora.
Indispensabili.
Perché solo all'Inferno o in Paradiso l'uomo è davvero al sicuro.
Citazione di: Andrea Molino il 17 Gennaio 2021, 17:46:29 PM
Insicurezza -> Difficoltà -> Impegno -> Superamento -> Soddisfazione...
Sicurezza -> Comodità -> Divertimento -> Noia -> Nichilismo...
Senza voler mettere in questione le sequenze proposte, mi sembra comunque che le due "catene" siano in fondo un cerchio (o una spirale?): la «Soddisfazione» porta alla «Sicurezza» (essendo tale soddisfazione un «Superamento» della «Insicurezza» di partenza); poi il «Nichilismo» (sempre senza voler approfondire) può (ri)portare alla «Insicurezza», e così si inizia un altro giro...
Salve Andrea Molino. Citandoti : ""E' vivo tutto ciò che è in grado di andare contro corrente (o se preferite, di contrastare l'entropia)".
Perfetto. Ecco dimostrato che ogni e qualsiasi contraddizione è pura apparenza.
La vita è il frutto dell'entropia avente il preciso effetto di contrastare le conseguenze dell'entropia.
Infatti l'entropia è la matrice della diversificazione, uno dei cui effetti è la vita, la conseguenza della quale è la uniformità della morte. Saluti.
Come già dissi in altra discussione, tra sicurezza e libertà scelgo la seconda. Lo faccio perchè da libera posso gestirmi la sicurezza in condizioni più soddisfacenti delle paranoie sicuritarie che portano alle dittature. Dittatura sanitaria nel caso attuale. Trattati come minus habens che non si sanno gestire, mentre la sicurezza sociale dovrebbe essere garantita di camarille di esperti e politicanti la cui debacle sanitaria si è sperimentata fin dall'inizio nei luoghi, rigorosamente chiusi, Ospedali e RSA, in cui avrebbero dovuto mostrare la loro capacità di produrre sicurezza.
Ma è così ovunque: il potere vive su una insicurezza di fondo da cui lo protegge il suo esercito, pubblico e privato, di guardaspalle lasciando chi è fuori dalla cittadella del potere nella insicurezza - fisica, giuridica, sanitaria, lavorativa, economica - totale. Tanto vale tenersi la libertà è gestirla al meglio in termini autosicuritari, sapendo in partenza che nessuno ti tutelerà.
A me sembra che l approccio sviluppato nel topic sia abbastanza individuale e non tenga conto del fatto che sovente la scelta tra libertà e sicurezza non ha effetto sullo stesso individuo. Il carcere limita la libertà di alcuni individui per aumentare la sicurezza di quelli che sono fuori.. I vincoli all immigrazione limitano la libertà di quelli che sono fuori per aumentare la sicurezza di quelli che sono dentro.
La scelta tra libertà e sicurezza, quindi, più che essere una preferenza, e una scelta di parte, dipende dalla posizione in cui si è.
Citazione di: Phil il 17 Gennaio 2021, 16:05:33 PM
Probabilmente l'uomo è perlopiù un animale abitudinario, che non gradisce le cosiddette «interruzioni di schema», che tende a diffidare degli imprevisti, mosso più da «loss adversion» (paura del danno/perdita, non solo economica) che dalla intraprendenza, dal mettere a rischio la propria sicurezza (generalizzando, parlando su larga scala). La sicurezza è spesso connessa con il noto, con il familiare, per questo ci sentiamo al sicuro a casa nostra e poco al sicuro in contesti che non conosciamo, da cui ci possiamo attendere dubbie sorprese o di cui non conosciamo la provvidenziale via d'uscita (anche se magari sono oggettivamente più sicuri di casa nostra).
Attenzione a pensare romanticamente che essere abitudinari significhi essere conformisti e ossessionati dalla sicurezza.
In realtà non c'è cambiamento costruttivo che non passi attraverso la ripetizione infinita dello stesso gesto.
L'artista è sempre stato più un artigiano che un ribelle ispirato.
Non si diventa maestri spirituali o filosofi o atleti senza decenni di allenamento quotidiano.
Dunque mi pare un'operazione sbagliata dedurre dagli effetti psicologici collaterali di rassicurazione che si provano nella ripetizione, che essa debba condurre necessariamente a forme di vita statiche, chiuse.
Piuttosto la questione della sicurezza va riportata alle caratteristiche specifiche del nostro tempo: come potrebbe esserci impegno al cambiamento sociale e politico se non ci sono più vere idee politiche (idee capaci di esprime una visione del futuro, indicare gli strumenti di lotta etc.)?
Il nichilismo attuale non è, come pensa
bobmax, "nulla ha valore", ma "nulla che trascende la realtà ha valore". Quindi nessuna visione d'insieme, nessun progetto, nessun ragionamento che prendendo distanza dal presente può costruire una visione del futuro e iniziare a costruire un itinerario per raggiungerlo. Ma un ripiegarsi necessario su ciò che è reale. Sul dato di fatto.
Il dato di fatto sarebbe il fondamentro del nichilismo attuale ?
Citazione di: Kobayashi il 18 Gennaio 2021, 08:52:55 AM
Il nichilismo attuale non è, come pensa bobmax, "nulla ha valore", ma "nulla che trascende la realtà ha valore". Quindi nessuna visione d'insieme, nessun progetto, nessun ragionamento che prendendo distanza dal presente può costruire una visione del futuro e iniziare a costruire un itinerario per raggiungerlo. Ma un ripiegarsi necessario su ciò che è reale. Sul dato di fatto.
Sì, nulla che trascende la realtà.
Sarà che per me il "valore" necessariamente trascende la realtà del presente... ma davvero non vedo quale valore possa mai avere il dato di fatto, la cosa, l'evento, la persona che c'è ora nella sua fissità.
Il valore non trascende forse sempre ciò che c'è?
Certamente, ma a partire dai dati di fatto. Altrimenti abbiamo davvero nichilismo: inattuale. Non nel senso di FN, ma in quello di datato, fuori corso, già falsificato. Con epigoni sanguinari davvero poco raccomandabili.
Sempre a partire dai dati di fatto.
Perché non si può certo prescinderne. Ed è proprio per questo vincolo da rispettare sempre che è necessaria la fede nella Verità.
Ma quando piango e quando rido, quando odio e quando amo, non trascendo forse sempre il dato di fatto.
Che diventa "cifra" che allude ad altro?
La merce, l'oggetto che viene consumato, che sia fisico o in formato digitale, sono l'unica cosa che si ritiene avere valore. Ciò che è presente.
L'etica schiacciata dall'ontologia, insomma.
Per rispondere a Ipazia: la condizione di non senso che viene sperimentata da molti e che può essere definita (senza ossessioni di formule) come nichilismo, è caratterizzata secondo me, nel nostro tempo, da questa condanna a ripiegarsi su ciò che è presente, sulla realtà.
Non sto parlando di cause del nichilismo etc., ma sto dicendo che lo stato delle cose appare così. Il nostro presente è questo. È un mondo dominato da uno sviluppo esponenziale del consumismo grazie all'incontro tra capitalismo e tecnologie digitali.
Se si pensa di capire i ragazzi di oggi con le figure del nichilista di inizio Novecento, nauseato dalla vita come effetto della perdita di fondamenti spirituali e metafisici etc., non si va da nessuna parte.
I ragazzi di oggi sono pieni di cose che per loro hanno valore. Studiano. Sono bravi. Ma non mostrano passione. Perché? Perché sono incastrati in un mondo impossibile da cambiare, senza futuro, con un presente che sembra eterno. Si muovono le tecnologie, gli oggetti, ma le persone sono ordinati in flussi specifici, in spazi di libertà sempre più limitati.
Anche quando trascendo il valore d'uso in valore di scambio che obbedisce a leggi trascendenti rispetto all'uso divento "cifra" che allude ad altro, all'essenza stessa del nichilismo attuale, che sta nella trascendenza mercificante, non nel dato di fatto del valore d'uso di un oggetto. Il trascendente ha un lato oscuro alienante dove si annida il nichilismo nell'abisso tra realtà e illusione, verità e falsità. Mai dichiarata, ma ben nascosta perchè funzioni. Fino alla sua epifania finale, quando la desertificazione ha avuto successo.
E con ciò rispondo anche a Kobayashi: la merce, e il suo equivalente generale, il denaro, sono oggetti trascendentali, non meri dati di fatto. Come avevano già capito i padri fondatori. Una scarpa è una scarpa. Se si rompe la si aggiusta, se non si può riparare se ne compra un'altra. Ma 50 paia di scarpe sono oggetto d'uso per un centopiedi, non per un umano. Per un umano sono trascendenza feticistica mossa dalle leggi dello scambio che nulla hanno a che fare con la necessità umana di proteggere le sue appendici inferiori. Eccetto il dato di fatto di partenza di cui sono trascendenza dal carattere feticistico, alienante, ed in quanto tale nichilistico.
Non sono d'accordo sul fatto che trovare modelli a bassa risoluzione conduca o sia propedeutico alla ricerca di sicurezza, spesso al contrario sono veicoli, anche di nefasti, cambiamenti, anzi, se dovessi additare qualcosa a colpa per l'immobilismo moderno è proprio la maggior consapevolezza della complessità insita in ogni valutazione. Volenti o nolenti, le giovani generazioni attuali sono le più istruite che abbiano mai calcato la faccia della terra, e non gli si può rinfacciare di non andarci coi piedi di piombo. Distinguerei inoltre il conservatorismo dal conformismo, dove il primo è il risultato aggregato di tratti psicologici individuali (tanto che potrebbe essere considerato un tratto psicologico a sua volta) mentre il conformismo è un fenomeno sociale, i due non sono mutualmente esclusivi, anzi possono e spesso danno origine a mescolanze apparentemente ossimoriche come il "progressismo conformista". La ricerca di abitudine e la fuga dal cambiamento ha una valenza darwinistica, e regna indisturbata finchè altri imperativi evoluzionistici non prendono il sopravvento (es. la fame) ogni funzione, anche corporea, tende al risparmio di energia, l'orecchio per esempio filtra continuamente "fuori" i rumori di fondo e tutta una serie di vibrazioni che non non ritiene interessanti processare per mantenere intatta la possibilità di concentrarsi su segnali di allarme...la ricerca della abitudarierà, serve allo stesso modo per filtrare operazioni e redirigere la nostra attenzione su eventi importanti. Infine, in una società la libertà va di pari passo con la responsabilità, chi chiede maggior libertà mantenendo l'irresponsabilità per le proprie azioni, non ha capito molto bene come funziona la questione, provi prima a rendersi responsabile e poi a chiedere di essere libero (ed ad assicurarsi che gli altri siano d'accordo con lui).
Citazione di: Ipazia il 18 Gennaio 2021, 11:35:01 AM
E con ciò rispondo anche a Kobayashi: la merce, e il suo equivalente generale, il denaro, sono oggetti trascendentali, non meri dati di fatto. Come avevano già capito i padri fondatori. Una scarpa è una scarpa. Se si rompe la si aggiusta, se non si può riparare se ne compra un'altra. Ma 50 paia di scarpe sono oggetto d'uso per un centopiedi, non per un umano. Per un umano sono trascendenza feticistica mossa dalle leggi dello scambio che nulla hanno a che fare con la necessità umana di proteggere le sue appendici inferiori. Eccetto il dato di fatto di partenza di cui sono trascendenza dal carattere feticistico, alienante, ed in quanto tale nichilistico.
Beh, è ovvio che il consumismo si basa sulla tendenza a proiettare sugli oggetti qualcosa di "fantasmatico", è ovvio che si deve vedere nelle merci qualcosa che va al di là del bisogno reale. In questo senso vuoi parlare di trascendenza? Va bene, non perdiamoci nelle solite sterili distinzioni linguistiche.
Ma il punto critico sta nel fatto che la nostra società materialista non prevede, non concepisce altro itinerario del desiderio che non sia quello che va a coinvolgere l'accumulo di cose o il consumo immediato.
È questo il ripiegamento di cui parlavo.
Citazione di: Kobayashi il 18 Gennaio 2021, 11:13:54 AM
La merce, l'oggetto che viene consumato, che sia fisico o in formato digitale, sono l'unica cosa che si ritiene avere valore. Ciò che è presente.
L'etica schiacciata dall'ontologia, insomma.
Certamente l'oggetto consumato è quello che oggi si ritiene avere valore.
Ma la questione riguarda proprio cosa valga davvero...
Perché il nichilismo si è sempre nascosto dietro a pseudo valori. Rari sono i momenti in cui è stato vissuto nella sua cruda verità.
Ciò che è diffuso, anche adesso, è in sostanza un nichilismo debole, inconsapevole di se stesso.
Che si aggrappa a "valori" per non guardare in faccia la realtà.
E ora il "valore" è il consumismo.
Ma questa è solo una nuova forma con cui il nichilismo si manifesta, non la sua sostanza che resta la medesima.
Citazione di: Ipazia il 18 Gennaio 2021, 11:35:01 AM
Anche quando trascendo il valore d'uso in valore di scambio che obbedisce a leggi trascendenti rispetto all'uso divento "cifra" che allude ad altro, all'essenza stessa del nichilismo attuale, che sta nella trascendenza mercificante, non nel dato di fatto del valore d'uso di un oggetto. Il trascendente ha un lato oscuro alienante dove si annida il nichilismo nell'abisso tra realtà e illusione, verità e falsità. Mai dichiarata, ma ben nascosta perchè funzioni. Fino alla sua epifania finale, quando la desertificazione ha avuto successo.
Occorre prestare attenzione a non confondere l'attaccamento all'esserci con il genuino desiderio di trascendere.
Perché l'abbandonarsi all'illusione stordente del godimento dell'esserci mondano, non è trascendere. Bensì è il perdersi nell'adorazione dell'immanenza.
Cioè un'altra forma di delirio di volontà di potenza. Che cerca il proprio appagamento nell'oggetto, immaginandone un valore in realtà inesistente.
Questo delirio può avere una sola motivazione possibile: mancanza di fede nella Verità.
L'autentico trascendere richiede infatti di soffrire.
La Verità implica la sofferenza.
Perché si deve affrontare lo sguardo della Medusa.
Phil
A mia volta non posso che concordare con te che hai ulteriormente esplicitato.
L'uomo abitudinario ritengo che lo sia per non sprecare energie. Molti animali sono abitudinari e infatti i cacciatori fanno la "posta", seguono come i conigli le medesime piste.
Sui giovani ho una domanda -considerazione: non è che impegnarsi in tematiche generali come la moda(è un problema reale, ma anche una moda) della sostenibilità ambientale sia a sua volta un modo di sfuggire all'impegno su tematiche molto più "pratiche", più vicine a loro, come ad es. trovare soluzioni nella propria città?
Culturalmente, filosoficamente, quando si ha sentore di periodi di trasformazione strutturale del sistema, generalmente nascono due correnti opposte, conformiste o progressiste (non prendetele solo in termini politici): chi cerca ristabilità e chi cerca rivoluzione.
Andrea Molino
Capisco il tuo ragionamento e non ho , a mio parere, posto che la sicurezza sia "giusta" nel sistema dei valori. Più che altro mi interessa capire perché la "massa", la gran parte delle persone vi tende.
Tu scrivi: "E' vivo tutto ciò che è in grado di andare contro corrente (o se preferite, di contrastare l'entropia)".
Capisco e in fondo hai delle buone ragioni, ma considera anche che la vita viene dalle stesse regole che formulano l'entropia. Le prime forme di vita dovevano avere condizioni ambientali opportune e stabili affinché la vita sorgesse.
Scrivi: La vita "si fa notare" quando agisce in un ambito difficile
Quì semmai avviene una selezione, ma la regola del sistema non è il caos, ma è l'ordine, l'ordinarietà.
Il tuo schema è simile al concetto di permeabilità/impermeabilità dei costrutti psicologici/ ragionamento (che non è detto che siano razionali, perché la psicologia gioca un ruolo fondamentale nella stabilità emotiva), vale a dire che se i nostri costrutti non riescono ad anticipare il futuro degli eventi, tendiamo a modificarli. E' una forma di adattamento a eventi, condizioni, ambienti ,che ci hanno prima messo a disagio(psicologia) e anche in difficoltà(logica) e poi non potendo modificare loro (eventi, ecc.) abbiamo in qualche modo modificato i nostri costrutti per "essere accettati", per essere confortati che gli eventi saranno leggibili dai nostri costrutti che sono costruiti sul significato e senso dell'evento. Quando non riusciamo a farlo tendiamo a deprimerci fino all'esaurimento nervoso e in questo stadio la nostra personale lettura dei fatti è asincronica, non riusciamo a ristabilire quella stabilità emotiva/ragionamento che prima ci permetteva di leggere e capire, fino ad anticipare. In altre parole, quando entriamo in crisi o abbandoniamo quel determinato ambiente che è "contrario" ai nostri costrutti, o ci modifichiamo in modo di poterlo comprendere, o ci deprimiamo rischiando una involuzione emotiva interiore perché i nostri costrutti "cozzano" con quella realtà di eventi.
L'impegno e superamento dipendono quindi da noi, ma anche dal contesto ambientale che detta le condizioni a cui sottostare. La soddisfazione è un'autogratificazione, ma dipende quanto abbiamo "compromesso" di noi stessi per arrivarci. Se per arrivarci bisogna sniffare cocaina.........o sedute psicologiche......
Quale è il connubio fra sicurezza e autenticità?
La noia (meriterebbe un topic a sè) è il presupposto a volte di capolavori artistici. Il non saper fare del proprio tempo a volte induce a riflettere e pensare a cercare alternative.
Se al contrario bisogna essere adrenalinici per forza, daccapo scambiamo l'ordinarietà con la straordinarietà. Va bene un poco di stress, ma troppo porta all'infarto.
La discussione sta evaporando nella complessità sociale senza prima aver finito di analizzare questa "sicurezza".
1) siamo 'd'accordo che la sicurezza naturale è per una vita il cercare cibo e rifugio, tana? Che deriva dalla conservazione dell'energia fisica, dalla propria autoconservazione?
A mio parere è così, ma se ci sono argomenti fondanti che riescono a riporre in discussione, ben vengano.
2) passiamo al grado successivo, alla costruzione di una sicurezza psicologia/ragionata individuale.
Qui il passaggio comincia ad essere difficile e la voglia di fare un topic sulla sicurezza è nata in me dalla riflessione che l'uomo tende "naturalmente" al conformarsi ,come appunto in natura generalmente fa, e questo si porrò come "maggioranza silenziosa, ordinaria" di qualunque sistema sociale-economico-politico. Ma prima di passare al terzo punto ,quello socio culturale, bisogna capire se siamo d'accordo come il singolo individuo costruisce psicologicamente prima e con la ragione poi questa forma di sicurezza interiore ed esteriore, questa protezione autoconservativa.
E' chiaro che è una dinamica, che quindi non va interpretata in toto come ripetitività.
I costrutti, come ho scritto sono dicotomici molto semplici. Esempi banali sono buono/cattivo, giusto/sbagliato, ecc. Su questi noi costruiamo personalistici giudizi che ci permettono di affinare
sia gli aspetti di disagio psicologico che di difficoltà ragionativa. Per ripetizioni non si intendono solo abitudini, ma eventi, contesti, ambienti, in cui i personali costrutti vengono messi in discussione. Perchè questi costrutti con i nuovi eventi, o si fortificano assertivamente, nel senso che l'evento viene letto, viene recepito, decodificato dai costrutti che riescono a comprenderlo e quindi il disagio e la difficoltà sono all portata della persona portatrice di quei costrutti, oppure accade che gli eventi non vengono letti dai costrutti personali per cui entra in gioco la permeabilità o impermeabilità (si potrebbe raffigurare anche come apertura e chiusura mentale). Ogni evento essendo portatore di senso e significati se non vengono compresi dai costrutti o si ha una impermeabilità/chiusura dell'evento per cui si tende a scappare, a rifiutare, oppure si ha una permeabilità, un'apertura e si modifica il proprio costrutto con le nuove signifcazioni che l'evento ha portato.
L'aspettato o inaspettato è quell'evento che è compreso dai costrutti oppure richiede una modificazione. La sicurezza entra in gioco per gli eventi futuri, cioè se i nostri personali costrutti sono in grado di saper leggere gli eventi futuri.
Ad esempio un animale cacciatore ha ben poche istruzioni nei costrutti per comprendere l'evento di un branco di erbivori, la ripetitività delll'evento tende ad affinare, a far diventare esperto nel tempo il cacciatore nei suoi costrutti. Questa ripetititività ,è una conformità, una ordinarietà
L' "animale" sociale umano ha a che fare con una miriade di eventi, situazioni, ambienti, che pongono il dinamismo dei costrutti continuamente in sollecitazione.
Queste situazioni, che sono sempre meno naturali e sempre più culturali possono porre in crisi il sistema dei costrutti personali ,che ribadisco sono interiori per poter leggere il mondo esterno, e lo si riscontra nel disagio psicologico e nella difficoltà razionale, di non sentirsi "bene" in quell'evento, ambiente, di avere difficoltà di apprendere razionalmente, insomma gli sfugge la "chiave di lettura". La sicurezza è quindi il sentirsi a proprio agio , perché i propri costrutti preesistenti riescono ad anticipare gli eventi , riescono a leggerli, interpretarli. Oppure accade il contrario la persona tende a rinchiudersi, a rintanarsi nelle proprie sicurezze, anon esporsi e non cercare eventi che lo pongono in disagio e difficoltà.
3)la sicurezza sociale, che immaginavo che nel forum venisse più discussa, ma sbagliando a mio parere, perché questa sicurezza se vuol essere fondativa deve prendere origine dai primitivi naturali e individuali . Il conformismo, che spesso è interpretata come una "brutta " parola, viene assimilata come un "tirare indietro". Prima di esprimere giudizi di valore, bisognerebbe chiedersi come mai "la maggioranza silenziosa" sociale, economica e politica, quella che fa funzionare il mondo, che ripetitivamente per quarant'anni va a lavorare, torna a casa in famiglia, fa i suoi compiti, paga le tasse, è.....conformista. Forse cerca soprattutto sicurezza o poco altro di più, vive e lascia vivere, non vuole né cerca " rotture di scatole". Ecco, bisognerebbe prima capire se questa ricerca di sicurezza, questa ordinarietà conformistica che permette al mondo ogni santo giorno di poter campare tutti, è davvero stata analizzata, compresa ,capita, prima di poter propinare sprezzanti giudizi.
Trascendenza è tutto ciò che oltrepassa il mero dato di fatto. Ma qui mi fermo perchè OT. Se qualcuno vuole aprire una discussione ci sono.
La sicurezza non è necessariamente in contrapposizione alla libertà. Nelle RSA e ospedali abbiamo visto coniugarsi pandemicamente il massimo di insicurezza col minimo di libertà. L'irresponsabilità riguarda anche chi toglie la libertà, non solo chi la esercita. E la salvezza degli anziani è stata meglio garantita dalla loro libertà che dalla farlocca sicurezza sociale istituzionalizzata. Un mio parente cardiopatico novantenne si è preso il covid in ospedale dove era andato per cure cardiologiche. Fortunatamente asintomatico, ha firmato la lettera di dimissione ed è ancora vivo.
Citazione di: Phil il 17 Gennaio 2021, 18:45:36 PM
Citazione di: Andrea Molino il 17 Gennaio 2021, 17:46:29 PM
Insicurezza -> Difficoltà -> Impegno -> Superamento -> Soddisfazione...
Sicurezza -> Comodità -> Divertimento -> Noia -> Nichilismo...
Senza voler mettere in questione le sequenze proposte, mi sembra comunque che le due "catene" siano in fondo un cerchio (o una spirale?): la «Soddisfazione» porta alla «Sicurezza» (essendo tale soddisfazione un «Superamento» della «Insicurezza» di partenza); poi il «Nichilismo» (sempre senza voler approfondire) può (ri)portare alla «Insicurezza», e così si inizia un altro giro...
Concordo sulla circolarità della prima sequenza, ma alla soddisfazione segue il desiderio di superare difficoltà maggiori, non la sicurezza.
Non concordo sulla circolarità della seconda, perché dal nichilismo non si esce a meno che non intervenga qualcosa o qualcuno a tiracene fuori.
Citazione di: viator il 17 Gennaio 2021, 21:21:47 PM
Salve Andrea Molino. Citandoti : ""E' vivo tutto ciò che è in grado di andare contro corrente (o se preferite, di contrastare l'entropia)".
Perfetto. Ecco dimostrato che ogni e qualsiasi contraddizione è pura apparenza.
La vita è il frutto dell'entropia avente il preciso effetto di contrastare le conseguenze dell'entropia.
Infatti l'entropia è la matrice della diversificazione, uno dei cui effetti è la vita, la conseguenza della quale è la uniformità della morte. Saluti.
Scusa, ma per me, l'idea che la vita sia scaturita dal caos, è la più grande falsità mai prodotta dalla Scienza.
Si tratta di una falsità necessaria per evitare di ammettere l'esistenza di un qualsiasi ente generatore, lo capisco, ma resta un'assurdità.
Sto contraddicendo la scienza moderna riguardo l'origine della vita, ma per fortuna, si tratta solo di una parte della scienza moderna.
Non sono solo. Ci sono molti scienziati che stanno studiando versioni alternative.
In ogni caso, per me entropia e morte sono sinonimi e per definizione l'entropia non può essere matrice di nulla essendo l'annullamento di qualunque energia potenziale.
Citazione di: paul11 il 18 Gennaio 2021, 15:07:19 PM
Andrea Molino
Capisco il tuo ragionamento e non ho , a mio parere, posto che la sicurezza sia "giusta" nel sistema dei valori. Più che altro mi interessa capire perché la "massa", la gran parte delle persone vi tende.
Tu scrivi: "E' vivo tutto ciò che è in grado di andare contro corrente (o se preferite, di contrastare l'entropia)".
Capisco e in fondo hai delle buone ragioni, ma considera anche che la vita viene dalle stesse regole che formulano l'entropia. Le prime forme di vita dovevano avere condizioni ambientali opportune e stabili affinché la vita sorgesse.
Scrivi: La vita "si fa notare" quando agisce in un ambito difficile
Quì semmai avviene una selezione, ma la regola del sistema non è il caos, ma è l'ordine, l'ordinarietà.
Il tuo schema è simile al concetto di permeabilità/impermeabilità dei costrutti psicologici/ ragionamento (che non è detto che siano razionali, perché la psicologia gioca un ruolo fondamentale nella stabilità emotiva), vale a dire che se i nostri costrutti non riescono ad anticipare il futuro degli eventi, tendiamo a modificarli. E' una forma di adattamento a eventi, condizioni, ambienti ,che ci hanno prima messo a disagio(psicologia) e anche in difficoltà(logica) e poi non potendo modificare loro (eventi, ecc.) abbiamo in qualche modo modificato i nostri costrutti per "essere accettati", per essere confortati che gli eventi saranno leggibili dai nostri costrutti che sono costruiti sul significato e senso dell'evento. Quando non riusciamo a farlo tendiamo a deprimerci fino all'esaurimento nervoso e in questo stadio la nostra personale lettura dei fatti è asincronica, non riusciamo a ristabilire quella stabilità emotiva/ragionamento che prima ci permetteva di leggere e capire, fino ad anticipare. In altre parole, quando entriamo in crisi o abbandoniamo quel determinato ambiente che è "contrario" ai nostri costrutti, o ci modifichiamo in modo di poterlo comprendere, o ci deprimiamo rischiando una involuzione emotiva interiore perché i nostri costrutti "cozzano" con quella realtà di eventi.
L'impegno e superamento dipendono quindi da noi, ma anche dal contesto ambientale che detta le condizioni a cui sottostare. La soddisfazione è un'autogratificazione, ma dipende quanto abbiamo "compromesso" di noi stessi per arrivarci. Se per arrivarci bisogna sniffare cocaina.........o sedute psicologiche......
Quale è il connubio fra sicurezza e autenticità?
La noia (meriterebbe un topic a sè) è il presupposto a volte di capolavori artistici. Il non saper fare del proprio tempo a volte induce a riflettere e pensare a cercare alternative.
Se al contrario bisogna essere adrenalinici per forza, daccapo scambiamo l'ordinarietà con la straordinarietà. Va bene un poco di stress, ma troppo porta all'infarto.
Che ci piaccia, oppure no, gli esseri viventi hanno come scopo primario la riproduzione.
Per raggiungere lo scopo, devono sopravvivere abbastanza a lungo.
Per sopravvivere accettano di barattare libertà per sicurezza.
Gli umani possono decidere che la riproduzione non sia il loro scopo primario.
Se non hanno quello scopo, devono trovarne uno alternativo (edonismo, potere, denaro, sapere, avventura, sport, cultura, contemplazione...).
Se non riescono a trovare uno scopo, la loro vita non ha senso e scivoleranno in una forma qualsiasi di annullamento.
Se vivi in una condizione di totale sicurezza, comodità ed illusione, non hai e non vedi alcun problema da risolvere.
Se i modelli a disposizione, appaiono irraggiungibili o si rivelano fatui e deludenti, è difficile avere passioni forti.
Se i nostri figli non hanno uno scopo, ne delle passioni, la responsabilità (inconsapevole) è nostra.
Citazione di: paul11 il 18 Gennaio 2021, 16:01:45 PM
3)la sicurezza sociale, che immaginavo che nel forum venisse più discussa, ma sbagliando a mio parere, perché questa sicurezza se vuol essere fondativa deve prendere origine dai primitivi naturali e individuali . Il conformismo, che spesso è interpretata come una "brutta " parola, viene assimilata come un "tirare indietro". Prima di esprimere giudizi di valore, bisognerebbe chiedersi come mai "la maggioranza silenziosa" sociale, economica e politica, quella che fa funzionare il mondo, che ripetitivamente per quarant'anni va a lavorare, torna a casa in famiglia, fa i suoi compiti, paga le tasse, è.....conformista. Forse cerca soprattutto sicurezza o poco altro di più, vive e lascia vivere, non vuole né cerca " rotture di scatole". Ecco, bisognerebbe prima capire se questa ricerca di sicurezza, questa ordinarietà conformistica che permette al mondo ogni santo giorno di poter campare tutti, è davvero stata analizzata, compresa ,capita, prima di poter propinare sprezzanti giudizi.
Conformismo e anticonformismo sono solo ricadute psicologiche di un aspetto ideologico molto più ampio che riguarda la sicurezza sociale di cui si chiede giustamente la discussione.
Il concetto di sicurezza assume un connotato politico/sociale centrale nel 1651 con la pubblicazione del Leviatano di Thomas Hobbes. Siamo agli albori di due grandi fenomeni storici convergenti: l'inizio della lunga marcia della borghesia verso l'egemonia sociale e l'inizio della globalizzazione degli affari. Affari che solo grandi potenze potevano tutelare dai molti nemici e pericoli che incombevano per terra e per mare. Per tale motivo il '600 divenne il secolo della luna di miele tra la borghesia emergente e l'assolutismo regio, a spese dei signorotti locali ridotti al rango di cortigiani utili nemmeno a sbrigare gli affari di stato che sempre più frequentemente venivano affidati a brillanti funzionari di estrazione borghese. Su questo asse si coagula il modello sicuritario sociale non troppo dissimile dall'attuale: sicurezza negli affari e giuridica garantita da leggi statali al riparo dalle intemperanze del signorotto di turno che aveva furoreggiato tra medioevo e rinascimento.
Non è che prima non esistesse un assioma sicuritario. Esso era incarnato nell'investitura religiosa del sovrano e nell'etica cavalleresca. Ma la prima si era persa nel sadismo&crudeltà delle corti cristiane, papato incluso, e sulla seconda aveva posto la sua sarcastica pietra tombale Cervantes dopo che era già morta insieme alla liceità delle corti. La borghesia reclamava il suo profeta e Hobbes glielo offrì. Un secolo dopo la musica cambierà, ma al momento l'assolutismo regio era il massimo che si poteva richiedere in termini di sicurezza personale e, soprattutto, degli affari. In cambio di una libertà che per la borghesia non c'era mai stata. Ottimo scambio, quindi. Non esente da rischi: i guai di un monarca assoluto inetto e/o sadico&crudele di una grande potenza erano di portata infinitamente superiore di quelli di un qualunque Ezzelino da Romano spazzato via dal signorotto di fianco con la benedizione popolare al seguito. Però la complessità del sistema era tale che anche il monarca assoluto dovette crescere di statura politica e gli esempi di Elisabetta I e Luigi XIV sono eloquenti dei paradigmi richiesti.
Penso che parlando di sicurezza non si possa dimenticare un passo celebre di Toqueville, sulla declinazione della sicurezza in epoca moderna.
"Vedo una folla innumerevole di uomini simili ed uguali che non fanno che ruotare su se stessi, per procurarsi piccoli e volgari piaceri con cui saziano il loro animo. Ciascuno di questi uomini vive per conto proprio ed è estraneo al destino di tutti gli altri: i figli e gli amici costituiscono per lui tutta la razza umana...Al di sopra di costoro si erge un potere immenso e tutelare che si incarica da solo di assicurare loro il godimento dei beni e di vegliare alla loro sorte. È assoluto, previdente è mite
Assomiglierebbe all'autorità paterna, se come questa avesse lo scopo di preparare gli uomini all'età virile, mentre non cerca che di arrestarli irrevocabilmente all'infanzia: è contento che i cittadini si svaghino purché non pensino che a svagarsi...provvede alla loro sicurezza, provvede e garantisce i loro bisogni, guida i loro affari principali...perché non dovrebbe levar loro totalmente il fastidio di pensare e la fatica di vivere?".
Direi che, indipendentemente dal sentirsi in sintonia con questa frase storica, da qui possono iniziare molte riflessioni, su cosa significa sicurezza e libertà per gli antichi e per i moderni.
Andrea Molino
Andrea Molino scrive:
Che ci piaccia, oppure no, gli esseri viventi hanno come scopo primario la riproduzione.
Per raggiungere lo scopo, devono sopravvivere abbastanza a lungo.
Per sopravvivere accettano di barattare libertà per sicurezza.
Appunto, prima una cellula, un organismo deve preservare se stesso in sicurezza, questo è primario , poi può permettersi la riproduzione.
Ma ti vedi una cellula che "pensa" al baratto, oppure al valore d'uso o allo scambio?
Non baratta nulla, è la spinta(istinto) alla conservazione che tende prima di tutto alla sicurezza.
Lo stesso vale per animali più evoluti, come il branco . Il branco è protettivo , è più sicuro nel difendersi e nel procacciarsi cibo: è una prima forma di economia di scala, è conveniente.
Non si tratta, almeno dal mio punto di vista, di giudicare se sia "giusta" la sicurezza. A me interessa prima di tutto che si comprenda che è un'esigenza fisica e naturale. Dopo aver capito ciò è possible verificare tutti gli elementi della sicurezza sociale che sono contraddittori nella cultura umana.
Non sono in disaccordo quindi con le tue considerazioni, ma sbagli se non ammetti che prima di tutto la vita cerca stabilità per vivere e lasciare vivere. Dopo, ripeto, è possible nello specifico umano verificarne irrazionalità, contraddizioni che sono insite nelle istituzioni umane, sia sul piano teoretico e soprattutto pratico.
Faccio un esempio pratico: la cosiddetta "maggioranza silenziosa" è data dalla miriade di persone che quotidianamente e scandita dal tempo eseguono i loro compiti: a scuola, sul lavoro, in famiglia, pagano le tasse e non vogliono altro che starsene tranquilli e che non gli rompano i cosiddetti.
I "radical chic" sono coloro che campano a loro volta sul valore aggiunto che la maggioranza silenziosa gli "regala" e hanno tutto il tempo, di noie e paranoie, di essere pure sprezzanti nei loro confronti. Sono gli epigoni dell'eterno "cazzeggio" inconcludente. Loro sono più liberi, almeno in termini di tempo, ma grazie a coloro che cercano sicurezza.
Prima di poter giudicare la maggioranza silenziosa che cerca sicurezza, bisognerebbe ringraziarli da parte degli addetti del "cazzeggio" che occupano pure posizioni gerarco-funzionali, ruoli nella piramide sociale, piuttosto in alto che in basso e che nulla capiscono o fan finta di capire, o hanno capito benissimo e si prendono gioco di loro.
Se si vuol capire la cosiddetta complessità social culturale, bisogna trovare le chiavi di lettura interdisciplinari e di più domini (fisico, naturale, culturale), vale a dire le "essenze", e la sicurezza è una di queste.
Se si vuol capire come la "maggioranza silenziosa" vota nelle elezioni basta guardarsi i dodici milioni di voti che continuava a prendersi la democrazia cristiana nei suoi anni di fasto e capire perché la votava.
Se si vuol capire il "centralismo democratico", vale a dire tutti i partiti alla fine si assomigliano e tendono negli anni ad "accentrarsi", bisogna capire che quel centro dei voti è tipico della maggioranza silenziosa che cerca tranquillità, che fa sacrifici per sé e per i propri figli, che sostiene l'intera economia, che dà entrate al fisco che lo Stato dovrebbe.....
A me è questo che interessa nella sicurezza, prima ancora di giudicarla, è capire le sue dinamiche naturali, individuali, sociali.
I cosiddetti "grandi pensatori" sono coloro che hanno capito alcune chiavi di lettura per leggere la storia passata e proiettarla nel futuro, anticipandolo. Il nichilismo è proprio la mancanza di queste chiavi di lettura.
Marx ,ad esempio, usa delle sue chiavi di lettura, Nietzsche ne usa altre, Freud altre ancora.....
e poi? Quando scrivo che l'individuo umano ha necessità di costrutti per anticipare gli eventi futuri ed entra in crisi quando quei suoi costrutti personali non lo rendono capace di leggerli, di decodificarli sia dal punto psicologico che della ragione, indico proprio la stessa esigenza,
Il nichilismo culturale, nell'individuo, nella persona, porta ad una crisi con diversi percorsi.
Non c'è mai una totale sicurezza, perché del "diman non v'è certezza". Il più ricco smanierà nella sua sicura insicurezza di accumulare denaro e andrà al club privè off-limits, la maggioranza silenziosa continuerà nella su ricerca di sicurezza e andrà all' osteria, al bar a giocare a tresette con il morto......
Siamo tutti alla ricerca di sicurezze seppur in contesti diversi e a volte opposti., accomunati da identici destini (nascere, vivere, morire) e ricerca di certezze impossibili......quella sicurezza così incerta. Quindi i problemi ci sono sempre, perché i contesti mutano; l'universo è costretto a muoversi al suo interno per poter sussistere.
Ipazia
Il giusnaturalismo di Hobbes è il punto di vista rovesciato da cui ho mosso la questione.
Hobbes e con lui parecchi dopo di lui, considerano lo Stato come "sicurezza" per individui "lupi", al contrario di Rousseau che pensava al "buon selvaggio".
La sicurezza nella modernità la troviamo nel ruolo economico politico di Keynes nel welfare state, in quello stato di benessere che dovrebbe dare maggior sicurezza ai singoli grazie allo stato assistenziale con i suoi opportuni istituti
Jacopus
Dipende dove vuole arrivare con il suo scritto Toqueville.
Mi pare ovvio che chi governi, a qualunque latitudine, cerchi di dispensare quella sicurezza che determina la continuità sociale e conseguentemente la sua continuità a governare.
Se questo "tener buono" il popolo è un cattivo uso di governare, si dimostri l'alternativa.
Ne abbiamo visti di spacciatori di politiche, economie, culture per evidenziare più il loro narcisismo e megalomania trattando quel "popolo" sprezzantemente. Ci sono miriadi di traditori del popolo che nel vaniloquio delle loro parole furono i primi a prendersi poteri investiture, cattedre, ....e conto in banco, fregandosene altamente del popolo. Furono i "megafoni" della libertà , delle retoriche e nulla fecero o tentarono, perché si sentivano "avanguardie", invece quella maggioranza silenziosa erano bifolchi e come tali alla fine furono trattati . Loro sono spariti compreso i Toqueville e i radical chic mentre la maggioranza silenziosa sussiste.....e li ha sempre mantenuti.
Ne conosco solo uno che in tutta la storia dell'umanità amò davvero il popolo.
Il discorso è ben più profondo e dare colpe alle "masse conformiste", significa non aver capito nulla o ben poco di ciò che cerca la gente semplice.
Come ha ben evidenziato da qualche parte Inverno, non abbiamo mai avuto un popolo più acculturato come oggi.....eppure. Significa che una "presa di coscienza" deriva da ben altro.
Quando in filosofia si parla spesso a sproposito di metafisica, di trascendenza, di astrazioni, in verità le più colossali astrazioni appartengono alla storia umana inondata da false speranze, falsi
ideali a cui troppi han creduto, mandando al macello non loro che stavano dietro le scrivanie, ma proprio quelle persone appartenenti alla maggioranza silenziosa spedita sulle barricate o al fronte in prima linea ad ammazzare altre maggioranze silenziose la cui unica colpa è stata di stare sotto una bandiera diversa.
Se parliamo di popolazione in termini di quantità, concordo che sia necessaria una
comprensione delle dinamiche che la abitano, prima di applicare criteri
valutativi (condizionati a loro volta dallo stesso contesto che vorrebbero giudicare). Il "bipolarismo" (
@Andrea) che da un lato abbraccia una visione epico-titanica, per cui «alla soddisfazione segue il desiderio di superare difficoltà maggiori, non la sicurezza»(cit.) e dall'altro è quasi fatalista affermando che «dal nichilismo non si esce a meno che non intervenga qualcosa o qualcuno a tiracene fuori»(cit.), è una prospettiva schiettamente personale, ma non credo applicabile all'indole della massa. L'individuo medio, suppongo, non anela ad affrontare «difficoltà maggiori» (semmai, appunto, alla sicurezza) e non vive nell'attesa che qualcuno "lo tiri fuori" dal nichilismo (non sapendo nemmeno di esserci, soprattutto considerata la "volatilità semantica" dell'espressione).
Altrettanto poco rappresentativo mi pare l'appello di
Kobayashi all'artista e all'atleta, che sono comunque delle minoranze; nondimeno: la «ripetizione infinita dello stesso gesto»(cit.) esclude «il cambiamento costruttivo»(cit.), poiché se il gesto è davvero lo stesso non c'è cambiamento; inoltre, la «ripetizione infinita dello stesso gesto» e i «decenni di allenamento quotidiano»(cit.) non sono forse mossi da una ricerca di rassicurazione, ovvero espressione del tentativo di pervenire ad una sicurezza nell'esecuzione (che limiti imprevisti e sbagli) e che renda sicuro e stabile il proprio ruolo (e stipendio) nel proprio settore?
Citazione di: paul11 il 18 Gennaio 2021, 15:07:19 PM
Sui giovani ho una domanda -considerazione: non è che impegnarsi in tematiche generali come la moda(è un problema reale, ma anche una moda) della sostenibilità ambientale sia a sua volta un modo di sfuggire all'impegno su tematiche molto più "pratiche", più vicine a loro, come ad es. trovare soluzioni nella propria città?
Il fascino di tematiche globali che spingono all'attivismo fa trasparire il nesso fra con
formarsi e la si
curezza: la "forma" accogliente rassicura, l'informazione condivisa e il paradigma a cui ci si conforma rendono sicuri di poter appartenere ad una maggioranza, ad un branco coeso, di poter procedere
facilmente per imitazione, più che per ragionamento/consapevolezza. Più il tema è generico e mondiale (come il clima), più farai parte di un movimento numeroso, più sarai sicuro di trovare chi concorda con te e meno avrai responsabilità di fare qualcosa di significativo e mirato, essendo un problema di dimensioni immense e tu già fieramente schierato fra coloro che prendono posizione "impegnata" in merito. In fondo, non risulta più facile e "rassicurante" (se non narcisistico) manifestare per "la pace e la solidarietà nel mondo" piuttosto che regalare la propria coperta ad un senza tetto oppure fare un giorno di volontariato alla Caritas (piuttosto che usare un giorno per andare a manifestare in un'altra città)?
Citazione di: paul11 il 20 Gennaio 2021, 00:29:35 AM
Come ha ben evidenziato da qualche parte Inverno, non abbiamo mai avuto un popolo più acculturato come oggi.....eppure. Significa che una "presa di coscienza" deriva da ben altro.
Il livello culturale (qui inteso come indice di scolarizzazione) non credo intacchi la ricerca di sicurezza (né la coscienza) degli individui e forse il
gap fra livello culturale medio e complessità della società è maggiore ora che molti secoli fa; una massa di laureati (quindi specializzati in qualcosa, molto poco probabilmente nella
comprensione della società che li circonda) deve far fronte ad una attualità caleidoscopica che richiede competenze trasversali (di ragionamento, pensiero critico, etc.) non acquisibili in molte lauree. Per cui il giovane contadino del '500, pur avendo magari problemi con l'aritmetica di base, forse riusciva a comprendere il suo "piccolo e semplice" mondo circostante (e a dargli un senso), meglio di quanto un
millennial con
master riesca a destreggiarsi nelle interazioni multidisciplinari (fra statistiche,
information pollution, sovrastimolazione da
social, etc.) della società globalizzata.
Più la società si fa complessa, più "ragionarla" e decifrarla è difficile (per competenze, tempo, energie, etc.), ma avendo l'innata tendenza (necessità?) alla valutazione spiccia (senza analisi adeguata, soprattutto data appunto la complessità attuale), l'imitazione e la semplificazione risultano un
escamotage sociale decisamente allettante e rassicurante (sicuro nel suo essere riverbero della maggioranza), almeno per la "massa silenziosa e indaffarata" di cui si è parlato sopra (le ripercussioni collaterali spaziano dalla "manipo
labilità di gregge" all'astensione politica, etc.). Chiaramente qui si potrebbero innestare molte considerazioni sociologiche, storiche ed antropologiche sullo sfaccettato rapporto semplicità/sicurezza/socialità, e suppongo che tutte dovrebbero considerare come parametro rilevante la pervasività sociale della ricerca di sicurezza (soprattutto di chi, al di qua di ideali e processi storici epocali, "tiene famiglia" e mutuo da pagare).
Phil
Penso che il nichilismo, per l'uomo della "massa silenziosa", sia avvertito come decadimento di relazioni personali e di un mondo che mutando toglie le sue letture esterne, individualizzandosi, riconoscendosi sempre meno nel sociale si "rintana" nella sua sicurezza, nei suoi riti quotidiani.
Penso che soprattutto nei giovani, ma non solo, siano i social, internet, a presentarsi come veicolo di una sia pur labile sicurezza riconoscendosi, come giustamente scrivi, nel branco, un tentativo d'identità eterico di community, ma non così radicato nella coscienza personale.
Infatti l'alto grado relativo di scolarizzazione non porta necessariamente ad aumentare di posizioni di coscienza. Per coscienza intendo una presa di posizione forte nel nucleo dei propri costrutti, radicalmente dicotomica che porta per conseguenza a stabilire nettamente ad esempio il rapporto buono/cattivo, giusto/sbagliato. Chi ha forti prese di coscienza tende a costruirsi il rapporto amici/nemici .
Penso che vi siano, in qualche modo, costrutti di sicurezza anche in generazioni precarie come quelle esistenti, proprio se si accetta paradossalmente l'apparente dicotomia stabilità/instabilità, sicurezza/insicurezza. Se si ritiene che la precarietà appartiene a questo tempo e non solo nel lavoro,
famiglia, che si sono disgregate risetto alle figure della tradizione che dava quanto meno maggiori "certezze", sicurezze, l'unica "fede" rimane in se stesso ,accettando mobilità sociale, mobilità geografica, precariato. Quando il mare è così tempestoso, con rapidi mutamenti, forse l'unico modo per galleggiarvi è assecondarlo ,è troppo più potente di noi. Si accettano, direi per forza, gli stilemi sociali di tendenza nei vari contesti, da una parte per "non sentirsi tagliati fuori" e dall'altra per sopravvivervi, "perchè il mondo oggi è così". Se così fosse ,non so quanto di identità e autenticità individuale viene necessariamente compromessa, nella sfera affettiva, emotiva e quindi psicologica. A mio parere porta necessariamente ad un indebolimento psicologico .
Lo vediamo nei delitti "strani" di giovani coppie, lo vediamo per altra parte in padri soprattutto che sterminano la famiglia tradizionale. Quando si perde la "propria" sicurezza individualizzata, poiché mentalmente questi costrutti sono singolarità anche se le dicotomie che le formano sono universalmente di tutti gli umani , crolla tutto il mondo perché crolla la propria sicurezza che teneva in piedi le relazioni proprie personali e sociali.
Penso che dietro il termine complessità che se ci pensiamo c'è sempre stata, dall'antico al medievale al moderno , in quanto il grado di comprendere davvero il mondo da parte del singolo individuo è sempre stato "immane". Nelle società diciamo più semplici la "maggioranza silenziosa" era analfabeta e le sue apparenti certezze, sicurezze erano alla sua portata di mano , comprendeva quanto gli bastava per sopravvivere. Oggi è la rapidità del mutamento che fa sì che non sedimentino più "certezze" per costruire sicurezze. Fino a non molti anni fa era l'esperienza dell'anziano a "dettare legge", oggi si è obsoleti a quarant'anni se non ci si aggiorna continuamente.
L'instabilità, ripeto, o fa rintanare nelle proprie sicurezze il tradizionalista, se può, mentre il giovane che non può è costretto a misurarsi nell'instabilità e insicurezza e questo movimento "tellurico" dove il mondo cambia e si riconfigura in rapidità, non ha tempo per sedimentare in sicurezze e questo in un contesto dove magari la famiglia tradizionale non è più il paracadute, il salvagente.
Direi quindi che la sicurezza della maggioranza silenziosa in realtà è una continua e maggior individualizzazione, singolarità di persone e sempre meno sociale come identità, è disgregazione.
Il comportamento del tradizionalista è diverso oggettivamente, per condizioni esterne del mondo, rispetto al giovane, e si esplica nelle differenze spesso di vedute fra padri e figli fino all'incomunicabilità. Il problema è profondo, intimo e riguarda anche questa "sicurezza"
....ma a ben vedere ,anche se per condizioni diverse, con l'avanzamento dell'età è un grosso problema anche per gli anziani, come può sentirsi al sicuro? E spesso si lascia andare alle onde di quel mare tempestoso, accettando, fin che può, i propri riti quotidiani come un porto dove ancora sentirsi al sicuro.
Citazione di: paul11 il 20 Gennaio 2021, 00:29:35 AM
Ipazia
Il giusnaturalismo di Hobbes è il punto di vista rovesciato da cui ho mosso la questione.
Hobbes e con lui parecchi dopo di lui, considerano lo Stato come "sicurezza" per individui "lupi", al contrario di Rousseau che pensava al "buon selvaggio".
La sicurezza nella modernità la troviamo nel ruolo economico politico di Keynes nel welfare state, in quello stato di benessere che dovrebbe dare maggior sicurezza ai singoli grazie allo stato assistenziale con i suoi opportuni istituti
Direi che tutti e tre questi momenti sono superati, ma descrivono benissimo la parabola storica, strutturale e sovrastrutturale, della civiltà borghese, con il suo precipitato in progress di strategie assicurative.
Riprendendo il più realistico modello hobbesiano e tenendo conto della natura non solo feroce, ma pure intelligente, sociale e, con un topos alla moda,
resiliente, del lupo, possiamo seguire la sua parabola antropologica a partire dai lupicini borghesi di Hobbes, vessati da branchi di lupi aristocratici, che cercano riparo tra le zanne possenti (in bocca al lupo) del lupone alfa Leviatano. Un secolo dopo i lupicini sono cresciuti in pelo e zanne al punto di poter fare a meno del lupo Leviatano e rivendicano, con Rousseau, i pieni poteri. Ma altre mutazioni lupine si affacciano alla scena del mondo e in Russia hanno morso assai. Con la crisi del '29 si stanno diffondendo, peggio di sarscov2, ovunque: non più spettri ma branchi voraci dalle zanne assai affilate. Non resta che ricorrere alle strategie keynesiane per tenerli buoni e sperare, ma soprattutto lavorare, perchè lo stato dei lupi proletari fallisca. Qui la storia di Keynes e del welfare state finisce, inclusa la sua appendice più truce e fallimentare, quella fascista.
Lo stadio attuale, integralmente postmoderno e neoborghese, che vede sempre il branco capitalistico al comando, dopo la grande vittoria dell'89 del novecento ha iniziato a smantellare il welfare state riportando nel mercato, ovvero in chi se lo può permettere, la sicurezza economica, sociale ed esistenziale. Con effetti esilaranti del tipo che non ci si può fidare nemmeno dei propri figli. Durerà ? Ai posteri ...
Spero di non abbassare il livello del Topic perchè, a mio avviso, la risposta alla domanda sulla sicurezza proposta nell'incipit dell'autore del Thread, mi pare di una semplicità assoluta, quasi banale.
Si percorre un certo percorso, ci si siede in un certo posto la prima volta e, se non ci sono stati problemi, lo si ripete all'infinito. E' la cosa più comoda ma, in realtà, anche quella più saggia. Ed in questo siamo tutti uguali.
Se voi chiedete ad un prete come si posizionano i fedeli in Chiesa lui vi risponderà: nello stesso posto, sempre! E guai a cambiare. :D Al mare l'ombrellone, i negozi per la spesa, etc. La lista è completa, totale. Ed anche con le persone, il lavoro, etc. subentra una dinamica simile.
Finchè non succede qualcosa di male, qualcosa che ci crei un problema o qualcosa che ci suggerisca un netto miglioramento non cambieremo mai nulla.
Ipazia
Chissà come mai i neo-neo keynesiani al diverso approccio dell'Europa del qui ed ora, festeggiano ai 200 e passa miliardi di investimenti elargiti allo Stato italiano? E per inciso proprio quando si tratta di costruire il piano del ricovery found....saltano i governi.... Lì c'è un "magna magna" sul tavolo da banchettare e nessun partito vuole essere tagliato fuori compreso i loro elettori.
La sicurezza della "maggioranza silenziosa" è a prescindere dalla forma di governo , che sia un dittatore o democratico , basta che si lasci vivere ordinatamente, regolarmente, senza impicci economico politici, hanno ben altro a cui pensare.
Hobbes sbaglia a ritenere che l'uomo "standard" sia un lupo e la sua visione è vista dal monarca sul popolo da limitare. La sicurezza per lui viene dal governo, quando invece è il popolo stesso che lo richiede. Quindi è distorta e capovolta la visione.
Rousseau dice che il "buon selvaggio", rovesciando l'immagine hobbesiana, per costruire una comunità, una società, rinuncia a parte della sua libertà contrattando (il suo capolavoro è "Il contratto sociale).
Ma se il singolo libero rinuncia a questa sua fantomatica libertà è perché contratta un cambiamento che gli conviene con la comunità, che gli è utile=sicurezza.
Keynes assurge alla notorietà con il piano economico con la grande crisi statunitense che riversò in Europa inflazioni gigantesche. La repubblica di Weimar i se è fallita deve ringranziare gli USA... e poi venne Hitler.
Si sa che la dottrina keynesiana è espansiva, non restrittiva, in cui il ruolo dello Stato è fondamentale (e giù impropri da parte dei liberisti). Se c'è crisi l'interventismo dello Stato con i suoi piani d'investimento deve garantire continuità produttiva e quindi del lavoro e salario ai lavoratori.
Il welfare state o stato del benessere è la messa in sicurezza delle instabilità economiche sulla maggioranza silenziosa che cerca proprio questo. Quando l'assistenza e previdenza diventa statale, anche se non è un'invenzione keynesiana appartiene già alle prime forme di benessere che risalgono addirittura a Matternich , significa che la sanità e l'educazione scolastica sono gratuiti e Keynes infatti dirà che questo è denaro risparmiato soprattutto dagli strati dei salariati.
Quando Mussolini, in Italia, porrà pensioni e assegni famigliari , raggiungerà il massimo della sua fortuna politica proprio da quella "maggioranza silenziosa". Quando la Rivoluzione d'Ottobre, nonostante non decolleranno i soviet, pone assistenza e previdenza al centro del suo piano politico raggiunge l'obiettivo di stabilizzare quella maggioranza silenziosa.
Il welfare non è affatto morto, salterebbe l'intero Occidente.
Se dico che la privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite è da quasi un secolo in atto, significa che la grande borghesia ha banchettato al tavolo dello Stato. Il liberismo è semmai una dottrina morta, direi opportunisticamente ipocrita, quando qualcuno di questi epigoni alza la voce, in realtà vuol patteggiare privilegi e prebende da parte dello Stato . Lo Stato è divenuto politicamente colui che tiene buona la massa da una parte as-sicurandole continuità e dall'altra è completamente in mano ai poteri forti economici che con la finanza costantemente la ricatta. Il liberismo è quindi una farsa, perché non è mai esistita una competizione vera. Fin dai tempi del colonialismo inglese, lo ribadisco perchè l'ho già scritto altrove, , ebbero privilegi le Compagnie delle Indie e i Lloyd, e parliamo dei primi anni dell'Ottocento , che patteggiarono con la corona inglese proprio quel "rischio economico dell'investimento" che è entrato nel diritto di tutti gli Stati Occidentali con la divisione di persona fisica e persona giuridica.
Le società di capitale rischiano SOLO il capitale sociale, non quello privato patrimoniale dell'imprenditore, che poi sono gli azionisti. Se fallisce le procedure del diritto fallimentare per pagare i creditori , contemplano i beni del SOLO PATRIMONIO SOCIALE. Mettiamoci ben in testa questo perché è fondamentale per capire la storia del diritto e perchè difficilmente vedrete imprenditori che continuamente falliscono prendere pasti caldi alla comunità di S. Egidio .E questo sancisce il fallimento del riformismo socialista nei vari parlamenti occidentali , che mai toccò e volle toccare il privilegio insito nei codici degli Stati.
Il diritto occidentale ha poggiato il privilegio economico dentro i suoi codici civili, questo è una delle chiavi come la sicurezza della maggioranza silenziosa. E questo privilegio è pure stato spacciato per "libertà". Il lavoratore subordinato o prestatore di lavoro è contrattualmente perdente secondo i codici verso il datore( e i giudici del lavoro lo sanno....): questo deriva proprio dall'origine del privilegio . Il datore PUO' minacciare chiusure ,vedi Italsider di Taranto, può delocalizzarsi, vedi chiusure di stabilimenti in un luogo per aprirne dove reputa più opportuno e non c'è Stato contro il singolo imprenditore che per far ritirare le richieste gli regala denaro con vie di credito agevolato, decontribuzione, defiscalizzazione, ecc. Basta un piano industriale al ministero dell'economia e richieste di casse integrazioni al ministero del lavoro per fare ciò che all'imprenditore conviene, per mettere in sicurezza salari e stipendi ridotti, e chi ci guadagna? Ovviamente l'imprenditore: e questo sarebbe "liberismo"? Questo è ricatto legalizzato . Questa "tiretera" bisogna dirlo, non è per i piccoli imprenditori a titolo personale, vale a dire che sono commercianti, artigiani, coltivatori che invece si fanno anche loro il mazzo per avere quel margine di sicurezza che banche e Stato spesso non danno.: e vivono del loro lavoro ,difficilmente speculabile come le grandi aziende fanno o potrebbero fare.
Quella maggioranza silenziosa non parla intellettualismi , è fatta di onestà ,ordine, speranze (perché tutti sperano), e la speranza spesso sa di sacrificio per un mondo migliore, più sicuro, non hanno farneticazioni per la testa, borbottano per il mal governo, ma domani alla stessa ora si svegliano, lavorano, danno ogni mese denaro alle casse del fisco, dell'inps, degli istituti statali che basa la sua economia delle entrate proprio su questa maggioranza silenziosa che con la propria onestà e dignità cercando quella sicurezza mantiene in sicurezza da sempre gli Stati.
La mia non vuole essere una elegia alla maggioranza silenziosa, ma che vi debba essere del rispetto sì, nonostante ovvi limiti umani.
Era mia interesse far pensare che nonostante infiniti pensieri intellettuali, capi popolo, avanguardie
ideologiche e culturali , quella massa silenziosa ambisce a cose semplici da semplici umani che spesso quelle avanguardie non ne tengono conto.
Il paradosso se volete è che negli anni di piombo , nel Settanta dello scorso secolo , avanguardie di tutti i tipi colpivano uomini di Stato suscitando proprio in quella maggioranza silenziosa che loro volevano smuovere ,sollevare, esattamente il contrario dei loro attentati. Intendo dire che chiunque si prefigga mete politiche, che sia un riformista o un rivoluzionario, se non ha chiaro cosa vuol dire per un determinato periodo storico la "sicurezza" di quella maggioranza silenziosa, fallirà l'ambizione. I grandi ideali, di qualunque colore e latitudine siano, se non tengono conto di che cosa vuole e cerca la maggioranza silente, perde di vista la realtà .
Freedom
Sì, la realtà delle pratiche è fatta di abitudini, consuetudini, perché sono confortanti , danno sicuri punti di riferimento anche psicologici ,oltre che cognitivi e materiali.
Quando si fanno test alle persone e analisti dicono che alcuni comportamenti sono irrazionali, fanno l'errore di pensare che le persone non vivono con un libro di logica in tasca, che persino i loro errori logici gli sono in qualche modo di conforto e non mollano sicurezze interiori per assecondare equazioni matematiche e logiche formali . D'altra parte uno stesso logico come Wittgenstein, nel secondo periodo, riconosce che il linguaggio umano è multiforme, sfuggente, diffiicilmente inquadrabile, proprio come la vita .
Quei terroristi negli anni di piombo ,cosa studiavano per compiere attentati? Le abitudini di colui al quale avrebbero compiuto l'attentato, questo è il paradosso con quanto scritto scopra.
Capisci che l'uomo è un abitudinario e cerchi con gli attentati di smuovere gli infiniti comportamenti abitudinari di una moltitudine silenziosa con le sue altrettanto abitudini e sicurezze confortanti , per dargli cosa? Insicurezza, instabilità, assommare guai ai problemi consuetudinari che già la gente ha? Le bollette di luce, telefono, gas, ecc. sono consuetudini economiche se ci si pensa bene, è tutto così cadenzato che persino i call center rompono i cosiddetti per cambiare l'abitudine dell'utente e consumatore. In marketing si dice che è meglio mantenere un cliente che farsene uno nuovo , perché quello nuovo costa di più in fatica e negoziati.
E infatti persino i brand storici sono abitudini, certi prodotti storici sono abitudini , perché "vai sul sicuro".
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-sicurezza/msg49147/#msg49147
Ciao Paul buon anno (no astrologicamente parlando non lo sarà per nessuno ;) ),
Ti rispondo alla domanda generale iniziale.
Vedi è proprio la troika ad avanzare l'ipotesi che più sicurezza è uguale a meno libertà.
E' abbastanza strano che una persona dalla tua caratura filosofica possa intendere come qualità naturale, due aggettivi, sicuro e libero, che invece fanno parte dell'ideologia.
Io vedo nella libertà la possibilità di creare relazioni personali, non nel senso di persona a persona, ma bucando quella dimensione intra-personale, che tanta psichiatria sta studiando e implementando in nuove forme del fascimo di massa.
Già lo sappiamo da dove arriveranno queste minacce.
Invece la dimensione a cui alludo è proprio quella che Nietzche ha proposto in termini filosofici, ossia quello della malattia, del momento di apertura all'invasione dell'altro, sarebbe stato poi a noi, decidere di non farlo diventare l'Altro, il grande fratello, il giudice, il punitore etc..
Io penso che l'opera di Nietzche non abbia a che fare con il naturale, e d'altronde non mi pare che tu abbia mai visto il Maestro se non come, al massimo, un rappresentate di una estetica che poi, seguendo alcune tue intuizioni,sarebbe diventa una mera metafisica vuota, e sterile.
Ecco ti rispondo su Nietzche, allargando poi il discorso anche su altri orizzonti, che riguardano anche il nostro in fin dei conti.
No in Nietzche non vi è il regno del naturale, e va da sè nemmeno del materiale.
E' una filosofia degli spiriti liberi, per gli spiriti liberi, al di là del colasso a cui l'uomo Nietzche è andato, qualcuno pensa inevitabilmente, ma io no, incontro.
D'altronde lui sapeva benissimo di essere la goccia pesante prima della tempesta, ma da perfetto paranoico, la tempesta non l'ha mai affrontata.
Per capire simili temi bisogna andare a pensatori che hanno pensato in questi termini.
E comunque sia saremmo molto lontanti dai tuoi interessi sul mondo naturale (e su cui mi trovi in disaccordo, non tanto sull'indagine del naturale, sia essa fenomenologica, come io preferisco, o conoscitiva, come mi pare tu persegua meglio, ma quanto sul fatto che ogni naturalismo è sempre un giusnaturalismo, e questi tempi lo ri-ribadisco, ma appunto è di nuovo il ripresentarsi del solito mai risolto problema della modernità, che si riaffaccia, stavolta con un carico forse definitivo; come la pscianalisi già sa da tempo, e per cui è sabotata già da tanto tempo. Ricordo per l'ennesima volta che la figura preconizzata da Lacan per il futuro era, ed è ormai evidente, il campo di concentramento, o meglio la scritta che campeggia su di quello "il lavoro rende liberi", quindi ci starebbe anche tutta il discorso sulla menzogna, ma insomma l'orizzonte filosofico da impegnare sarebbe troppo diverso da quanto sia mai emerso da questo forum, e per non essere ingenerosi rispetto al nostro benamato forum, anche dal dibatitto pubblico culturale italiano, e non solo).
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-sicurezza/msg49167/#msg49167
ti rispondo al tuo primo intervento.
allora Kobayashi... ti rendi conto che stai rispondendo ad uno che dice: "probabilmente l'uomo è perlopiù un animale abitudinario,".
Cristo santo, l'uomo NON è un animale...
ah ah. (temo sta riga verrà editata dall'admin, disperato, ah ah.)
Comunque passiamo ai nostri discorsi seri.
"Dunque mi pare un'operazione sbagliata dedurre dagli effetti psicologici collaterali di rassicurazione che si provano nella ripetizione, che essa debba condurre necessariamente a forme di vita statiche, chiuse." cit Kobayashi
Ma infatti la ripetizione è uno dei cardini del "critical cultural studies" purtroppo non sono mai andato a concentrarmi molto su quelli.
Ti prego di perdonare le mie inesattezze, e vado a tentoni, come mio solito.
La ripetizione, come atto rivoluzionario, la stasi come attesa del medianico, della rottura dell'ordine, siamo già alle intuizioni estreme di un Agamben, nelle sue analisi sulla ritualità dell'ordine certosino.
Ma anche esattamente come spieghi tu, la ripetizione, come gesto automatico di ri-adattamento infinito alle dimensioni cangianti temporali.
Ecco quindi la ripetizione come categoria hegeliana di sintesi.
Dirò di più esattamente come il problema dei problemi nel senso stretto freudiano: il fort-da ossia il riannodamento del filo da parte dei bambini.
Il filo viene in un atto di follia disparato dal suo gomitolo, ecco che si inscenano le forme del riaggomitolamento del bambino, con tecniche sempre più elaborate, sino a soluzioni cervellotiche.
Il filo non è mai riaggomitolato in maniera diretta.
Poi Freud si concentrava sul fatto che il filo è tenuto solo da una sponda. L'energia spesa per ottenere la giusta tensione del filo, è esattamente la forma del godimento del bambino.
Il bambino è dunque perverso, non solo nel suo panteismo dell'uso dell'oggetto, ma anche delle trame per usare quell'oggetto.
Questa tensione è anche la tensione adulta dell'arte, della religione, in una trasposizione e trasfigurazione delle prime forme IMMAGINATIVE del soggetto. (e mi pare sia quello che dici tu in estrema sintesi).
Vado avanti:
Ossia il soggetto si fa tramite il linguaggio, fatto dell'asse corpo-parola.
Ma è dunque la parola la vera dimensione imperativa che irrompe nell'uomo.
E' solo tramite la parola che il vero io si deduce dal proprio essere soggetti a qualcosa (al proprio godimento, continuerà Lacan).
Ecco lasciami perdere e ascolta:
Dunque ciò che si dipana dalla ripetizione è ben altro, da ciò che la troika vorrebbe, e dell'oscurantismo intellettuale odierno.
Naturalmente la grandezza del critico degli studi culturali sarebbe quella di capire, che il nodo, il foglio mondo si parte a scrivere solo dall'immagine che si forma a partire dall'ordine originario, e non dovrebbe come invece fa, ripiegarsi oscenamente nella contemplazione di quell'ordine, che diventa gerarchia.
Potere TEO-politico, TEO-sofico, TEO-cratico.
Ripetizione a pappagallo dell'ordine della troika, del padre, della società etc.etc.
E di cui Il Dio non ha nulla a che fare.
Il Dio è sempre invece la traiettoria, il senso, dell'immaginazione, l'astrologia lunare piuttosto che quella solare.
Ossia la sua topologia (infine ci arriva Lacan con le sue sperimentazioni bizzarre, ma che Dio sia uno spazio per me è evidente).
Spero di essere stato abbastanza cane di Derrida per confondere le idee e irritare ;) come ai bei vecchi tempi!
" Ma un ripiegarsi necessario su ciò che è reale. Sul dato di fatto." cit Kobayashi
Non ci si può ripiegare Kobayashi, se non prima scombinando le cose.
Ormai il partito è vittima della propria ideologia.
Se una volta la menzogna poteva aver senso per educare le persone, ora il problema è capire che quella menzogna non serve più.
Nietzche docet!
E Nietzche fa anche notare che invece quella menzogna "la morale (per i non vedenti e non udenti)" è ormai diventata il più infernale dei feticci, adorata e usata senza più alcun criterio.
Il mondo ormai delira. (E non nel senso giusto).
Come fa notare il grandissimo Rubino (incommensurabile pensatore contemporaneo, criminologo) ormai anche la nostra vecchia cara idea della dimostrazione gallileana, che ci ha portato fuori dalla vecchia metafisica, rischia di diventare un peso mortale da sostenere. Varrebbe a dire che ormai la mole dei BIG DATA tutti LOGICAMENTE e IMPECCABILMENTE conformi alle leggi della logica e del buon senso, gli uni smententi gli altri.
Un maelstrom che sta fagocitando tutto e tutti. Che meraviglia (prima di essere mangiati ;) ).
a proposito del tuo intervento secondo
"Ma non mostrano passione. Perché? Perché sono incastrati in un mondo impossibile da cambiare, senza futuro, con un presente che sembra eterno. Si muovono le tecnologie, gli oggetti, ma le persone sono ordinati in flussi specifici, in spazi di libertà sempre più limitati." cit Kobayashi
Si è un analisi perfetta, ma non per questo i giovani se la possono cavare così, ai miei nipoti e ai loro amici non so quanti improperi ho mandato. Solo per scoprire che le passioni ce le hanno, semplicemente non sono più politiche.
Ormai sanno con sicurezza qualcosa che molti di noi non riescono ancora ad accettare (vero Ipazia?): che la politica sia finita.
Per ritrovare uno spazio politico, stanno aspettando che la nostra generazione molli la presa.
Troppo legati a vecchi modelli e con una marea di preconcetti.
Il loro problema è che questo è un paese di vecchi.
Li capisco benissimo, ma non accetto questa sfiducia nel politico tout court, infatti andando avanti nella discussione, il loro politico è ancora più stantio e retrogrado di quanto uno possa pensare ( e qualche utente in precedenza lo ha scritto anche). Il che è incredibile, come possano convivere così spontaneamente vecchissimi errori della politica, e adesioni al mondo iper-sferico (sloterdijk, byon chul etc..) contemporaneo.
Per me una schisi impossibile, un rompicapo con cui la noia ha piantato la sua bandiera sul mio cranio.
Nessun segno delle schiume (come in prefazione all'ultimo tomo della trilogia sloterdikiana, e ma io sono ancora al primo tomo ;) ).
Paul sul tuo secondo intervento:
"La discussione sta evaporando nella complessità sociale senza prima aver finito di analizzare questa "sicurezza".
1) siamo 'd'accordo che la sicurezza naturale è per una vita il cercare cibo e rifugio, tana? Che deriva dalla conservazione dell'energia fisica, dalla propria autoconservazione?
A mio parere è così, ma se ci sono argomenti fondanti che riescono a riporre in discussione, ben vengano." cit Paul
Direi di non confondere l'istinto di auto-conservazione, mimetizzandolo come "sicurezza naturale".
L'uomo si adatta al suo ambiente, la sicurezza è invece è un assunto sociale, e dunque il discorso non è vero che si evaporizzato nella complessità sociale.
Il discorso della sicurezza fa parte della complessità del LINGUAGGIO sociale.
A mio parere anche qui si rivela un tuo modo di sopravvivere al rompicapo di cui parlavo a Kobayashi: ma è un sopravvivere dell'ideologia, non del tuo soggetto.
In fin dei conti stai aderendo alla troika, la tua ideologia non trovando più spazi, si allinea, accettandone le premesse, con l'unico spazio a noi rimasto, appunto il suo (della troika).
Niente di male eh! piuttosto che impazzire ;) !
Se ti interessa c'è questo ramo della filosofia americana, cool di destra, che si rifà proprio ai principi "l'uomo è un amnimale, in particolare un granchio" che si rifanno a Jordan Peterson.
Oppure a quelli europei con il principio "l'uomo è un aninale, in particolare un lobrico" della nuova filosofia cool di sinistra (assolutamente filo-darwiniana) del filosofo Meilleseux.
"La sicurezza è quindi il sentirsi a proprio agio , perché i propri costrutti preesistenti riescono ad anticipare gli eventi , riescono a leggerli, interpretarli. Oppure accade il contrario la persona tende a rinchiudersi, a rintanarsi nelle proprie sicurezze, anon esporsi e non cercare eventi che lo pongono in disagio e difficoltà." cit Paul
Come ho dimostrato sopra la sicurezza è solo la premessa per sentirsi liberi di agire in uno spazio "permesso".
Ecco al di là di questo possiamo anche parlare di sicurezza.
Diciamo che qua tocchi un problema psichico molto importante.
Secondo me l'agio (non deriverà forse da agire?) è proprio la possibilità di entrare in uno spazio di interazione.
Come già capito dai grandi bilogi di inizio 900, Plessner su tutti, l'uomo è quell'animale (e ridagli!) capace di agire nella maniera più plastica possibile. E dunque l'animale con un vasto campo di agio. Non a caso l'uomo è l'unico "animale" che sa sopravvivere in qualsiasi situzione naturale, dalla più fredda, alla più calda. Talmente plastico da cambiare anche la situzione naturale a suo "vantaggio", ossia a suo agio.
In effetti l'uomo, e qui parlo io, ha sempre la capacità di riflettere e riadeguarsi ai propri progetti, vedi la mia risposta al concetto di ripetizione, nella mia prima risposta a Kobayashi.
Quindi ciò che conta è il progetto dello spazio, piuttosto che lo spazio stesso. Infatti l'ipersfera va proprio in quella direzione, sa benissimo di dover rilanciare ancora ed ancora la proprio auto-progettazione, ossia la progettazione della tecnica stessa.
"Ecco, bisognerebbe prima capire se questa ricerca di sicurezza, questa ordinarietà conformistica che permette al mondo ogni santo giorno di poter campare tutti, è davvero stata analizzata, compresa ,capita, prima di poter propinare sprezzanti giudizi.
"
La filosofia sta cosa che dici l'ha rimuginata per secoli.
Mi pare che qualche punto, anche all'iterno dello spazio della troika sia venuto fuori qua sul forum.
Forse ci dovresti dire molto più schiettamente cosa pensi che siano questi principi primitivi, che impedirebbero un certo conformismo.
Io non credo che esistano per inciso.
Ma non riesco a immaginarli anche "facendo finta che" fossero reali. (a meno che tu intenda la metafisica, in quel caso sarei d'accordo di principio)
Che la politica sia morta Ipazia lo sa. Ha votato m5s per avere l'ennesima conferma arrivata puntuale come la morte. L'utopia aristotelica dell'animale politico era già stata ridotta dall'umanista di Treviri ad agenzia d'affari della borghesia. Ci crede alla politica, e ne ha ben donde, lo Spirito neohegheliano del Capitale, impartito urbi et orbi a media unificati. Altro che astrologia ! I tarocchi li trovi tutte le mattine sul sole24h. Organo ufficiale del magna-magna privato con sudore pubblico. Si stanno magnando anche il welfare trasferendolo al loro feudo esclusivo, il mercato. Anche questo si sa.
Con rinnovata stima a Demetra Verde.
La filosofia è morta. La religione è agonizzante. La politica si è impagliata da sola da un pezzo. In compenso gli ultimi indios mangiano pizza con coca-cola@ Zero. Che "palle" di mondo, ragazzi! Persino gli ultraottantenni reclamano sicurezza e s'incazzano con i giovani.
Ma no. Rimane l'homo faber che manda avanti la baracca, l'homo ludens che si gode la vita per quello che può dare e l'homo sapiens che cerca di capirci qualcosa. Lasciare zoon politikon al suo destino cloacale non è la fine del mondo, ma solo del mondo schiavistico che lo ha generato e continua ad alimentarlo.
Green
ben ritrovato e buon anno anche a te.
La libertà è un termine più idealistico, la sicurezza è invece espressione dell'ordine fisico e naturale, è autoconsevazione per la propria continuità. Quindi la prima prende origine dalla cultura, la seconda dai fondamenti universali fisico-naturali, questo fa sì che la priorità sia la sicurezza e poi viene la libertà.
Le relazioni esistono anche senza libertà. Personalmente considero il termine libertà "ambiguo", nel senso che ha moltitudine di declinazioni e predicati. Il pensiero umano è libero per antonomasia, la fattualità invece della libertà è vincolata e condizionata. Si tratta quindi inizialmente sulla libertà di dividerla in teoretica e prassi. Di dichiarare cosa è la libertà ,di definirla prima teoreticamente, e poi nella pratica della realtà verificarne i limiti.
Continuo a pensare che Nietzsche amasse i presocratici e indirizzato in una estetica musicale, in una dimensione umana naturale che è certamente per certi versi una"spiritualità ". Ma non è uno spirito libero, o almeno bisognerebbe chiarire cosa si intende.
Quando Nietzsche scrive di un aristocratico guerriero , l'ambiguità di alcuni suoi scritti fa interpretare per alcuni la crudeltà naturale nel pensiero di Nietzsche.
Ma proprio per quanto ho scritto in questo topic, il capobranco invece ha responsabilità verso il debole, perché il capo deve difendere il branco in testa contro gli attacchi .La relazione forte-debole in Nietzsche è esattamente il contrario di quanti lo hanno voluto interpretare come un epigone della violenza. Il guerriero aristocratico in Nietzsche proprio per la sua super-riorità , si sente in dovere di difendere i suoi simili ,proprio come il capobranco che guida, governa, attacca e difende esponendosi in prima persona. Io vi trovo un' idea romantico-decadentistica, nel senso migliore del termine, ciò che non è nelle responsabilità della cultura ,della politica, dell'economia.
La responsabilità è un dovere "istituzionale", in Nietzsche è un dovere naturale, fuori dalla cultura dominante e dalla sua struttura. L'inizio di Zarathustra è di uomo che vuol rivelare una verità, i ldesiderio di accomunarsi , ma non viene capito, compreso e mostrerà le tre metamorfosi umane, il cammello il leone, il bambino. In Zarathustra alla fine accoglie nella sua caverna e li sfama i deboli e mediocri personaggi, ma sente il bisogno di uscire dalla caverna, dal "lazzo" che emanano con l'aquila che è in cielo e il serpente che striscia per terra e l'uomo che ha i piedi in terra e la testa in cielo e sentire i raggi di sole su di sé. Nietzche non rifiuta i deboli, i mediocri sono quelli culturali non naturali, e li rifocilla, perché sono suoi simili. Io vi trovo la stessa metafora del capobranco in natura dove l'ordine interno è dettato da chiare gerarchie non mediate dalla cultura umana che ha reso mediocri anche i governanti. Il dovere implicito, naturale del rispetto gerarchico e delle sfide interne al branco per determinare capi e dominanti , è una forma di meritocrazia che in natura è dettata dalla forza bruta, nella cultura..........dall'ipocrisia. Non è il migliore degli uomini che governa,colui che dovrebbe avere il talento naturale, l'erudizione, la sensibilità umana, il dovere morale del ruolo del governo , l'onestà, eccetera. Nietzsche è anti culturale perché capisce che la struttura culturale ha sedimentato una forma umana disumanizzata con relazioni ipocrite, false, pur di arrivare al potere. Il suo è un "ritorno" alle origini, della tragedia, della filosofia, della natura umana , e il suo è un accettare il destino naturale senza quindi culturalmente e fattivamente violentare la natura e oserei dire anche i deboli . Il capobranco, il superuomo, ha delle prerogative naturali di libertà che i deboli non hanno per natura, ma li mette in sicurezza, accettando i ruoli reciproci, dove ognuno sta al suo posto, si cementa naturalmente la comunità, perché allora la dignità è riconosciuta reciprocamente, dal debole al forte, dal forte al debole, accettandosi possono fraternamente solidarizzare e il branco, la comunità diventa forte anche con i deboli di natura.
Nietzsche arriva vicino alla perfezione della comunità, come davvero dovrebbe essere. Dove il genio, l'uomo di talento , proprio perché nasce con queste prerogative, li mette al servizio della comunità e di chi non ha questi talenti, guadagnandosi il rispetto dei deboli ,la riconoscenza, e a sua volta mettendoli in sicurezza e riconoscendo a sua volta il dovere fondamentale di una comunità, la responsabilità, l'avere cura. Nietzsche quindi non è un a-morale o im-morale, è contro un tipo di moralità e moralismo utilizzato culturalmente per ridurre a mediocre, intristito, un uomo che per natura non lo deve essere, Nietzsche è per la felicità individuale e sociale. in questo è molto "spirituale" e per l'accettazione del destino umano che è naturale, per l'autenticità umana
Quindi ritornando in topic sulla sicurezza questa è insita, implicita nelle forme naturali in cui individui simili di natura, ma diversi per caratteristiche naturali ,si uniscono costruendo la prima necessità, mettere tutti i componenti del branco in sicurezza.
Che ci sia del platonismo da Repubblica dei filosofi in FN è indubbio, corretto da un impeto post darwiniano legittimante anche fisicamente il ruolo del leader rivestito di caratteri guerrieri, peraltro non assenti nell'ideale platonico. La sintesi letteraria coeva, già in fase crepuscolare, è la Castalia del "Gioco delle perle di vetro" di H.Hesse. Eppure qualcosa non funziona e la sicurezza tra quelle mura di pietra e filosofia non regge all'inquietudine dello spirito libero che alla fine è costretto ad abbandonare pure quella estrema, utopica, repubblica dei sapienti.
Tramontate le utopie, inizia col delirio altamente simbolico ed epocale di FN, il delirio delle distopie. Letterarie e reali. Di cui Orwell è l'indiscusso profeta. Fino alla liquefazione attuale in un mare di bit. Roboticamente così sicuri da gestire miliardi di connessioni e opinioni nel mondo virtuale da cui questo romantico forum è ancora, in maniera rassicurante, lontano. Una piccola Castalia in cui poter ancora giocare le proprie biglie di vetro. Senza neppure l'illusione di Josef Knecht di poter trovare qualcosa di meglio là fuori.
Citazione di: paul11 il 23 Gennaio 2021, 13:03:47 PM
Green
ben ritrovato e buon anno anche a te.
La libertà è un termine più idealistico, la sicurezza è invece espressione dell'ordine fisico e naturale, è autoconsevazione per la propria continuità. Quindi la prima prende origine dalla cultura, la seconda dai fondamenti universali fisico-naturali, questo fa sì che la priorità sia la sicurezza e poi viene la libertà.
Le relazioni esistono anche senza libertà. Personalmente considero il termine libertà "ambiguo", nel senso che ha moltitudine di declinazioni e predicati. Il pensiero umano è libero per antonomasia, la fattualità invece della libertà è vincolata e condizionata. Si tratta quindi inizialmente sulla libertà di dividerla in teoretica e prassi. Di dichiarare cosa è la libertà ,di definirla prima teoreticamente, e poi nella pratica della realtà verificarne i limiti.
Continuo a pensare che Nietzsche amasse i presocratici e indirizzato in una estetica musicale, in una dimensione umana naturale che è certamente per certi versi una"spiritualità ". Ma non è uno spirito libero, o almeno bisognerebbe chiarire cosa si intende.
Quando Nietzsche scrive di un aristocratico guerriero , l'ambiguità di alcuni suoi scritti fa interpretare per alcuni la crudeltà naturale nel pensiero di Nietzsche.
Ma proprio per quanto ho scritto in questo topic, il capobranco invece ha responsabilità verso il debole, perché il capo deve difendere il branco in testa contro gli attacchi .La relazione forte-debole in Nietzsche è esattamente il contrario di quanti lo hanno voluto interpretare come un epigone della violenza. Il guerriero aristocratico in Nietzsche proprio per la sua super-riorità , si sente in dovere di difendere i suoi simili ,proprio come il capobranco che guida, governa, attacca e difende esponendosi in prima persona. Io vi trovo un' idea romantico-decadentistica, nel senso migliore del termine, ciò che non è nelle responsabilità della cultura ,della politica, dell'economia.
La responsabilità è un dovere "istituzionale", in Nietzsche è un dovere naturale, fuori dalla cultura dominante e dalla sua struttura. L'inizio di Zarathustra è di uomo che vuol rivelare una verità, i ldesiderio di accomunarsi , ma non viene capito, compreso e mostrerà le tre metamorfosi umane, il cammello il leone, il bambino. In Zarathustra alla fine accoglie nella sua caverna e li sfama i deboli e mediocri personaggi, ma sente il bisogno di uscire dalla caverna, dal "lazzo" che emanano con l'aquila che è in cielo e il serpente che striscia per terra e l'uomo che ha i piedi in terra e la testa in cielo e sentire i raggi di sole su di sé. Nietzche non rifiuta i deboli, i mediocri sono quelli culturali non naturali, e li rifocilla, perché sono suoi simili. Io vi trovo la stessa metafora del capobranco in natura dove l'ordine interno è dettato da chiare gerarchie non mediate dalla cultura umana che ha reso mediocri anche i governanti. Il dovere implicito, naturale del rispetto gerarchico e delle sfide interne al branco per determinare capi e dominanti , è una forma di meritocrazia che in natura è dettata dalla forza bruta, nella cultura..........dall'ipocrisia. Non è il migliore degli uomini che governa,colui che dovrebbe avere il talento naturale, l'erudizione, la sensibilità umana, il dovere morale del ruolo del governo , l'onestà, eccetera. Nietzsche è anti culturale perché capisce che la struttura culturale ha sedimentato una forma umana disumanizzata con relazioni ipocrite, false, pur di arrivare al potere. Il suo è un "ritorno" alle origini, della tragedia, della filosofia, della natura umana , e il suo è un accettare il destino naturale senza quindi culturalmente e fattivamente violentare la natura e oserei dire anche i deboli . Il capobranco, il superuomo, ha delle prerogative naturali di libertà che i deboli non hanno per natura, ma li mette in sicurezza, accettando i ruoli reciproci, dove ognuno sta al suo posto, si cementa naturalmente la comunità, perché allora la dignità è riconosciuta reciprocamente, dal debole al forte, dal forte al debole, accettandosi possono fraternamente solidarizzare e il branco, la comunità diventa forte anche con i deboli di natura.
Nietzsche arriva vicino alla perfezione della comunità, come davvero dovrebbe essere. Dove il genio, l'uomo di talento , proprio perché nasce con queste prerogative, li mette al servizio della comunità e di chi non ha questi talenti, guadagnandosi il rispetto dei deboli ,la riconoscenza, e a sua volta mettendoli in sicurezza e riconoscendo a sua volta il dovere fondamentale di una comunità, la responsabilità, l'avere cura. Nietzsche quindi non è un a-morale o im-morale, è contro un tipo di moralità e moralismo utilizzato culturalmente per ridurre a mediocre, intristito, un uomo che per natura non lo deve essere, Nietzsche è per la felicità individuale e sociale. in questo è molto "spirituale" e per l'accettazione del destino umano che è naturale, per l'autenticità umana
Quindi ritornando in topic sulla sicurezza questa è insita, implicita nelle forme naturali in cui individui simili di natura, ma diversi per caratteristiche naturali ,si uniscono costruendo la prima necessità, mettere tutti i componenti del branco in sicurezza.
Caro amico, non capisco perchè continui a usare Nietzche come pietra del paragone.
La visione del tuo Nietzche è estetizzante, e dell'estetica (che è sempre una etica) più brutta, quella che nella storia prende i nomi di giacobinismo, del traditento di Robespierre su Marat (sopratutto) su su fino all'aberrazione della scienza nazista, dell'egeneutica, temporaneamente sospesa in america, e oggi completamente finanziata dalle lobby della supremazia bianca (suprematisti),
Non ci sto a questo gioco sporco, che stai facendo. Nietzche non è nulla di quello che dici.
Per quanto riguarda la sicurezza più importante della libertà, è una sciocchezza, infatti è proprio la libertà che permette alle lobby di mettere sotto scacco il globo, d'altronde una volta inventato il concetto di globo, il passo era molto breve. Possono farlo, hanno la libertà di farlo, non gli interessa la sicurezza, gli interessa la forza, il potere.
La sicurezza di cui parli è quella dell'animale, della nicchia di territorio (inteso nel sensp più ampio, anche intellettuale, pscicologico) di cui dispone. Ma è proprio nell'agio (e quindi nella libertà di questo agio) che subentra la sicurezza, che altro poi non è che una identità.
Nietzche è il sovvertitore di qualsiasi identità, e dunque è il portatore dello scontro politico fra individuo e società.
Il suo è un individuo libero, e il suo sogno, il suo "uomo oltre l'uomo" ossia oltre la sua identità. oltre i lacci della sua stessa morale, è la comunità degli esseri liberi.
L'uomo libero da solo non ha alcuna libertà senza una comunità con cui trascendere. Come leggevo dalla terza di copertina di un libro della Butler, un vivente che riconosca il vivente altrui.
Ma in quella riconoscenza c'è l'intera ridda della letteratura, delle emozioni, ciò che garantisce che l'uomo non sia un animale (e quindi di per scontro, nel mondo dell'ipersfera, un robot, un automa, come già Cartesio testimoniava: e d'altronde a proposito di Cartesio mi dispiace che non si sia colta l'idea della Modernità, ossia del problema politico della modernità, ossia il problema della relazione individuo-stato, e dunque come vedi la filosofia tratta di questo tema da sempre).
A me dispiace vedere che la tua ossessione su ciò che sia archetipo ti abbia reso cieco su ciò che ci circonda, ma d'altronde a te, e ai vecchi utenti del forum (che come hai notato sono già evaporati da tempo, non a caso) il problema mimetico del nostro tempo è proprio l'idea di ciò che sia naturale, come se esistesse il concetto di Natura. Cosa che vi ho detto mille volte: non esiste.
Ora rimaniamo pure nei nostri luoghi isolati. Sinceramente questo che viviamo a me pare solo la punta dell'iceberg, la rottura effettiva della storia, e non solo della religione, sta per arrivare.
(e no, non sto parlando di apocalisse, sto parlando di come molto più razionali, molto più umane, molto più facilmente visibile, a chi veda oltre il palmo del proprio naso).
Vabbè ragioneremo di granchi e lombrichi nel prossimo futuro, per ora, fin quando la libertà esiste, io mi esprimo. Per la abiura c'è ancora tempo.
saluti amico.
Citazione di: Ipazia il 23 Gennaio 2021, 20:20:07 PM
Che ci sia del platonismo da Repubblica dei filosofi in FN è indubbio, corretto da un impeto post darwiniano legittimante anche fisicamente il ruolo del leader rivestito di caratteri guerrieri, peraltro non assenti nell'ideale platonico. La sintesi letteraria coeva, già in fase crepuscolare, è la Castalia del "Gioco delle perle di vetro" di H.Hesse. Eppure qualcosa non funziona e la sicurezza tra quelle mura di pietra e filosofia non regge all'inquietudine dello spirito libero che alla fine è costretto ad abbandonare pure quella estrema, utopica, repubblica dei sapienti.
Tramontate le utopie, inizia col delirio altamente simbolico ed epocale di FN, il delirio delle distopie. Letterarie e reali. Di cui Orwell è l'indiscusso profeta. Fino alla liquefazione attuale in un mare di bit. Roboticamente così sicuri da gestire miliardi di connessioni e opinioni nel mondo virtuale da cui questo romantico forum è ancora, in maniera rassicurante, lontano. Una piccola Castalia in cui poter ancora giocare le proprie biglie di vetro. Senza neppure l'illusione di Josef Knecht di poter trovare qualcosa di meglio là fuori.
Esatto concordo.
A proposito della tua interessante riflessione sul mondo digitale (non ho letto le perle di vetre, ma altre opere di Hesse si) io credo che questo forum sia già all'interno del dispositivo della massificazione.
Penso d'altronde che le vecchie utopie della sinistra (usare la rete come forma rivoluzionaria) si stanno regolarmente dimostrando infondate.
Adesso ci si rende conto sempre di più (quando ormai è troppo tardi) dell'importante delle reti territoriali, dunque all'interno della propria zona di residenza. (ma è proprio da lì che vengo, ed è proprio lì la crisi vera e più profonda, tanto per dire di quanto la sinistra abbia procrastinato e de-pensato da tempo, troppo tempo).
Penso che, nell'Iper-Sfera, la filosofia abbia la possibilità di ragionare forse sulla sua forma più radicale di ragionamento: ovvero quella su se stessa (con gran gioia di Phil ;) )
Purtroppo io vedo nella visione ludica, da te illustrata, di questa opportunità, lo sfociare sempre più aperto, della filosofia tout court, nella sua dimensione pop. Cosa ne pensi? (mi pare che il gioco delle perle, si riferisse comunque ad una metafisica, tutt'altro che stupida, quant'anco inventata, nelle mani di Hesse, mentre vedo vagonate di stupidità dalle nuove generazioni di filosofi pop, per dirla tutta).a
Perlomeno sarà libera dai lacci di confronto col l'etica (che ormai sarà dettata dalla troika in maniera diretta, senza più alcuna opposizione), cosa non necessariamente negativa, visto gli esiti, a mio modo di vedere, imbarazzanti della filosofie contemporanee, che girano come zombie sulla stessa carcassa da vent'anni a questa parte.
Viva la FN POP! :D
Green
Se dovessi prendere seriamente questo scritto tipico di uno scoppiato, dovrei disintegrarti in termini filosofici . Se devo seguire il tuo altalenante umorale pensiero dovrei risponderti da scoppiato.
Tieniti pure il "tuo" Nietzsche di cui non hai mai avuto un' idea organizzata, chiara e organica.
L'estetica non è affatto l'etica.
soliti altisonanti "lobby", "scacco al globo". E allora? Se sono lì a comandare, bisogna farsene una ragione. Se si vuole percorrere una via critica bisogna saper smontare la complessità e vederne i termini primitivi, e per far questo porsi giuste domande , non i soliti epiteti che non dicono ormai niente .
Primi scrivi che la libertà è più importante della sicurezza e poi citi che:
L'uomo libero da solo non ha alcuna libertà senza una comunità con cui trascendere
E secondo te la costruzione di una comunità da cosa nasce? Dall'esigenza di esseri liberi o sicuri?
E' esattamente il concetto opposto da te scritto. Mettiti d'accordo prima con il tuo pensiero.
Perché se la libertà dell'individuo deve passare da quella comunità, significa che prima deve esserci sicurezza e poi può emergere la libertà. Significa che l'uomo è sociale per natura, termine che tu ancora non vuoi capire. Siamo portatori individuali di sesso diverso, abbiamo bisogno almeno di una coppia per poterci riprodurre, direbbe un biologo. L'animale sociale nasce da questa necessità, senza tanti intellettualismi ed elucubrazioni. Noi siamo corpo fisico nella natura, e mentalmente, linguisticamente lo trascendiamo nella cultura: siamo natura e cultura.
Porre la cultura negando la natura, significa fare fantasie, astrattezze, interpretare l'ippogrifo e il virus del covid per uno zoologo sullo stesso piano del sesso degli angeli.
Saluti anche te ciao....e cerca di essere meno scoppiato.
Salve paul11. Citandoti : "Perché se la libertà dell'individuo deve passare da quella comunità, significa che prima deve esserci sicurezza e poi può emergere la libertà".
Secondo me quella che emerge dalla condizione social-comunitaria non si chiama libertà ma invece (questione di sfumature, dirà qualcuno, sbagliandosi di grosso) "facoltà".
La facoltà è la condizione al cui interno si possono effettuare delle scelte anche trovandosi all'interno di una "sovracondizione" (quella socialcomunitaria, appunto) in cui la libertà è comunque relativissima, condizionata, regolamentata.
Infatti il problema lessical-filosofico, ogni volta che qui dentro si è parlato di libertà, è stato appunto quello di omettere l'esatta distinzione tra i due concetti. Saluti a tutti.
Citazione di: paul11 il 25 Gennaio 2021, 14:31:57 PM
Green
Se dovessi prendere seriamente questo scritto tipico di uno scoppiato, dovrei disintegrarti in termini filosofici . Se devo seguire il tuo altalenante umorale pensiero dovrei risponderti da scoppiato.
Tieniti pure il "tuo" Nietzsche di cui non hai mai avuto un' idea organizzata, chiara e organica.
L'estetica non è affatto l'etica.
soliti altisonanti "lobby", "scacco al globo". E allora? Se sono lì a comandare, bisogna farsene una ragione. Se si vuole percorrere una via critica bisogna saper smontare la complessità e vederne i termini primitivi, e per far questo porsi giuste domande , non i soliti epiteti che non dicono ormai niente .
Primi scrivi che la libertà è più importante della sicurezza e poi citi che:
L'uomo libero da solo non ha alcuna libertà senza una comunità con cui trascendere
E secondo te la costruzione di una comunità da cosa nasce? Dall'esigenza di esseri liberi o sicuri?
E' esattamente il concetto opposto da te scritto. Mettiti d'accordo prima con il tuo pensiero.
Perché se la libertà dell'individuo deve passare da quella comunità, significa che prima deve esserci sicurezza e poi può emergere la libertà. Significa che l'uomo è sociale per natura, termine che tu ancora non vuoi capire. Siamo portatori individuali di sesso diverso, abbiamo bisogno almeno di una coppia per poterci riprodurre, direbbe un biologo. L'animale sociale nasce da questa necessità, senza tanti intellettualismi ed elucubrazioni. Noi siamo corpo fisico nella natura, e mentalmente, linguisticamente lo trascendiamo nella cultura: siamo natura e cultura.
Porre la cultura negando la natura, significa fare fantasie, astrattezze, interpretare l'ippogrifo e il virus del covid per uno zoologo sullo stesso piano del sesso degli angeli.
Saluti anche te ciao....e cerca di essere meno scoppiato.
Non si può ridurre la complessità a termini primitivi, è un controsenso.
Il pensiero nicciano è antisistematico per definizione. Inoltre non è certo la prima volta che divergiamo su tale autore e su come si debba leggerlo.
Non capisco bene quale pulsante della tua sensibilità ho toccato per darmi dello scoppiato.
Le lobby esistono, non sono "termini altisonanti", nè unicorni (se è per questo..). Sono dispiaciuto e anche un pò seccato.
Per me la discussione può finire qui.
Viator
La tua precisione sulla facoltà relazionata alla libertà è giusta
Green
Prima di tutto il termine "scoppiato" ,se non lo hai capito ,è un eufemismo , è rivolto al "come" e "cosa" esprimi e non direttamente alla tua persona. Se in qualche modo ti senti offeso personalmente , allora ti chiedo scusa, ma la mia intenzione era altra.
Questo forum si sta abituando, assuefacendosi , al fatto che vengono espresse sentenze senza argomentazioni, cosa che probabilmente sta bene, ma contraddice lo "statuto" le condizioni del forum .
Che tu, o chi per esso, non sia d'accordo con quanto abbia argomentato, mi va benissimo, nel senso che è il sale della dialettica, è il contendere delle argomentazioni. Ma persino i giudici nei tribunali ,quando proclamano una sentenza, devono depositare in tribunale le motivazioni ,affinchè gli avvocati possano preparare, se lo ritengono opportuno, un appello.
Allora si tratta di argomentare e possibilmente in maniera seria, diversamente me lo si dice se questo forum è diventato un social alla tiktok o vuole diventarlo per sopravvivenza. e allora il sottoscritto fa altre scelte, più della metà dei post sarebbero da cassare, fuori dalla motivazione argomentativa della discussione, o solo un sì sono d'accordo o schematici inespresse negazioni
Dici che la libertà viene prima della sicurezza: dimostralo .
Ho dato un'interpretazione del perchè ritengo che Nietzsche sposi la causa della natura, mi rispondi che non è vero, e non argomenti: dimostralo .
Non mi interessano plebisciti di sì o di no, mi interessano argomenti che sostengano tesi a favore o tesi contrarie, perchè è da interessanti discussioni e contro tesi che nascono ispirazioni. Non mi interessa avere ragione, detto in altri termini, mi interessano motivazioni, pensieri espressi.
Dici che non si può ridurre la complessità in primitivi, e come costruiscono le case e le cattedrali? Con mattoni su mattoni rispettando regole di statica. Come è costruita la scienza naturale e umanistica? Con postulati ,enunciati ed assiomi ,cioè primitivi.
Ho chiarito?
ciao
Da parte mia posso dire che la critica all'uso filosofico del concetto di natura, sostenuta da Green Demetr, è assolutamente condivisibile.
Il concetto di natura presuppone una visione filosofica implicita, una metafisica e quindi una concezione specifica del potere, che però viene celata dalla presunta naturalità e originarietà dell'immagine di uomo che si sostiene. Si tratta cioè di una manovra ideologica (che sia consapevole oppure no non importa).
Se Nietzsche avesse condotto la genealogia della morale della tradizione occidentale cristiana per poi mostrare l'uomo naturale e i suoi veri valori, non sarebbe stato molto diverso da un pensatore dell'illuminismo e certamente non avrebbe ossessionato la filosofia del Novecento. Piuttosto il problema è che questo processo di smascheramento (e di riedificazione dei valori) non ha mai fine.
A me sta bene quello che puoi pensare.
Ma visto che condividi l'idea di natura di Green, che francamente non ho capito e che a mio parere ha eluso per sostenere come te il concetto di libertà , perché è questo in realtà che vi accomuna, se riuscita ad esplicarla questa idea ?
Facilito in questo modo.
La deduzione da compiere è: la sicurezza appartiene ai tre domini da me descritti: a)natura; b)umano individuale ;c)umano sociale. Mentre la libertà non appartiene al dominio naturale. ,ma solo a quello umano individuale e umano sociale.
Quindi la sicurezza è un'essenza universale, mentre la libertà appartiene alla sola universalità umana.
1)Se la libertà appartenesse, come sostengo, al solo dominio umano e non a quello naturale e 2) se l'uomo è "composto" da una parte fisico naturale(il corpo fisico) e da qualità intellettive "non direttamente naturali", che comunque caratterizzano le qualità e le facoltà solo della specificità umana, 3) significa che la libertà è un prodotto culturale ,non naturale.
Conclusione: la libertà è un prodotto ideologico, mentre la sicurezza permane in tutti i domini.
Se riuscite a smontare l'argomentazione........bene.....con altrettante argomentazioni, per cortesia.
Che esistano tre domini (natura, socialità, individualità) lo dice la tua metafisica; certo, lo so anch'io che c'è qualcosa di biologico, che siamo un corpo, ma già nel momento in cui passo a osservarlo, descriverlo, utilizzo categorie, concetti filosofici, che sono espressione della metafisica a cui il mio pensiero appartiene. Dunque le conseguenze del tuo ragionamento sono già presenti nell'ontologia implicita delle tue premesse.
In questo senso Green Demetr può dire che non esiste la natura: si tratta sempre delle interpretazioni che l'essere umano da a ciò che c'è là fuori. Interpretazioni che ovviamente non sono mai totalmente soggettive, ma il prodotto di una cultura in continuo mutamento.
Volendo poi stare al tuo ragionamento e quindi facendo finta di aderire alle tue categorie: nella natura non ci sarebbe libertà ma solo istinto? Ecco, già questa asserzione mi sembra arbitraria e semplicistica. La natura che io finora ho avuto modo di osservare è tutt'altro che necessità. Cani e gatti hanno certamente una vita interiore complessa. Sognano. Hanno dunque un inconscio? È plateale che facciano delle scelte. Della necessità a cui sarebbero condotti nell'azione si può dire lo stesso dell'essere umano.
Dunque non credo si possa asserire con certezza che la libertà appartiene al solo ambito umano, per cui la tua argomentazione smette a questo punto di funzionare...
Del resto non è che si tratta di smontare le argomentazioni degli altri, o di sognarne la distruzione filosofica, si tratta di cercare di comprendere la complessità (spesso implicita) delle visioni che vengono proposte nel dialogo. Per questo motivo sarebbe buona cosa non dare per scontato che l'altro sia un sempliciotto, che dietro alle sue visioni ci sia solo superficialità o puro desiderio di parlare.
Kobayashi
Prima di tutto mi sembra strano che sia tu che Green non abbiate postato sul topic "Credete nel libero arbitrio ?" visto che ne volete essere epigoni.
Visto che i tre domini li ho inventati io, inventane tu altri, basta che mi dimostri che la libertà vien prima dell sicurezza.
Cerchiamo di capirci che cosa sia la metafisica, oltre la fisica, per la filosofia.
Nè Platone e neppure Aristotele, eludono la natura, la realtà, la fisica. Se lo facessero si farebbe fantasia, non filosofia.
Se ho separato, appunto, il dominio naturale da quello culturale, è proprio perché noi umani linguisticamente interpretiamo tutto, dalla realtà alla natura, dal concreto reale, al pensiero astratto.
Ma dobbiamo sapere che l'ippogrifo è un ente astratto originalmente prelevato dalla realtà naturale di un cavallo. Perché se confondiamo i piani di sviluppo del pensiero, allora giochiamo linguisticamente con le parole, senza un senso e un significato che invece sono propri nel linguaggio conoscitivo: sempre se vogliamo conoscere o invece dire "parole in aria". I giochi di parole ,finalizzare retoricamente con le proposizioni, è tipico della sofistica.
Ho volutamente tenuto i "piedi in terra" aprendo la discussione sulla sicurezza , proprio per capire se è un concetto anche per noi umani fondamentale ,quanto l'autoconservazione dell'energia, quanto l'efficacia e l'efficienza tipica nella natura. Io non so perché le api costruiscono le celle degli alveari in forma esagonale (chi glielo ha insegnato?), altrettanto non so perché i minerali "crescono" seguendo precisi schemi geometrici , probabilmente sono frutto di quell'efficienza ed efficacia "misteriosa" che è della natura, della fisica. Questa è già meta-fisica, interpretare oltre la fisica e la natura ciò che però in natura ontologicamente "è" cioè sussiste indipendentemente dal mio essere: è così ed è evidente. Il "come" io interpreto può aprire ad un pensiero scientifico, metafisico, estetico artistico, etico morale, ecc.
Ciò che continuo a cercare nel forum sono espressioni di pensiero corrette e coerenti e non mi importa in quale dominio lo si vogliano collocare.
Tu dici che la scelta è un presupposto della libertà. Anche un leone quando caccia in un branco di erbivori deve scegliere la preda e lo fa in funzione dle meccanismo efficacia ed efficienza quanto sopra detto, vale a dire deve correre meno possible(perdere meno energia) per procurarsi quel cibo che gli da energia per sopravvivere, quindi sceglie la preda più isolata, più debole.
Se lo portassimo quel leone dentro il bancone della macelleria nel supermercato non si farebbe influenzare dagli spot pubblicitari come per noi, forse, e ridico forse, sceglierebbe il primo pezzo di carne a lui più vicino.
Che poi e lo ridico daccapo, quell'autoconservazione, quella efficacia ed efficienza, quella tattica e strategia che va dalla mutazione della proteina spike del covid, al leone quando caccia , che chiamiamo istinti, potrebbero, e ridico potrebbero essere i primi abbozzi di una costruzione logica............forse, non scarterei l'ipotesi a priori. Ma questo significherebbe che c'è una linea continua fra natura e umano, non solo come corpo fisico metabolico , ma anche come espressione di quelle qualità ,facoltà umane che sono così evidenti nell'uomo e molto meno evidenti nella natura, ma in alcuni di essi, i mammiferi ,qualcosa c'è.
Continuo a considerare il "salto" fra primati e uomo tutt'ora quasi invalicabile anche fisicamente,
Costruire nel cervello fisico due aree linguistiche e ce ne accorgiamo quando un ictus colpisce l'area linguistica della parola , costruire una laringe modulabile per creare le parole, con tanto di muscoli e innervazioni che arrivano alle due aree nel cervello......è un "bel salto".
Ecco perché tendo a dividere il dominio naturale da quello umano, perché le facoltà umane sono state sviluppate proprio grazie all'hardware del corpo fisico ,che ha permesso al software, al linguaggio di esaltarle quelle facoltà. Ed ecco anche perché la libertà la colloco nel dominio, o sfera, o piano, o quello che tu vuoi ,tipicamente umano.
se stò ancora perdendo tempo a scrivere nel forum è proprio perchè penso e spero che vi siano esseri che come me si interrogano, si pongono domande, hanno bisogno di confronti .
Adatto che non conosco gli scriventi del forum personalmente, è ciò che scrivono che mi danno l'idea di quel che sono: è il loro linguaggio che li espone al giudizio, e tutti quanti fate come me.
Quindi non mi pongo il problema di chi legge, scrive, chi sia, mi interessa il confronto il punto di vista originale, se riesce a darmi pensieri nuovi, costrutti da rielaborare, riflettere, se non fosse così smetterei immediatamente.
Non mi dilungo molto, anche se spero di avere il tempo per farlo. Qui vorrei solo sottolineare che, "a mio parere", la posizione di Paul è quella più corretta, tra l'altro avvallata ampiamente dagli studi neuroscientifici. Abbiamo un corpo e un cervello fisico. Niente di più naturale. Quella è la base per ogni altra cosa, compresa la cultura che modifica tutto ma che non può prescindere dalla nostra natura biologica. Insomma siamo un centauro, non più solo natura, ma neppure solo cultura.
Salve kobayashi. Citandoti : "Volendo poi stare al tuo ragionamento e quindi facendo finta di aderire alle tue categorie: nella natura non ci sarebbe libertà ma solo istinto? Ecco, già questa asserzione mi sembra arbitraria e semplicistica. La natura che io finora ho avuto modo di osservare è tutt'altro che necessità. Cani e gatti hanno certamente una vita interiore complessa. Sognano. Hanno dunque un inconscio? È plateale che facciano delle scelte. Della necessità a cui sarebbero condotti nell'azione si può dire lo stesso dell'essere umano.
Dunque non credo si possa asserire con certezza che la libertà appartiene al solo ambito umano, per cui la tua argomentazione smette a questo punto di funzionare...".
E' plateale che facciano delle scelte, ma il "quid" non è la capacità (o necessita ?) di scegliere, bensì il poter riconoscere da cosa è generata tale capacità.
Stante che tutte le forme di vita possiedono qualcosa di simile ad un sistema nervoso.........stante che tale sistema nervoso diviene sempre più complesso mano a mano che la tassonomia converge verso la specie umana............alla fine, esiste un qualcosa che il sistema nervoso umano possiede in via esclusiva rispette ad ogni altra specie ?.
La risposta è sì. Istinto, reattività, emozioni etc. possiamo trovarli tranquillamente in numerosissime specie diverse da quella umana. Il loro insieme si chiama psichismo. Possedere uno psichismo e solo uno psichismo significa essere in balia dell'istinto e degli stimoli esterni alla nostra scatola cranica. Quindi impedisce di essere autonomamente liberi.
Solo noi – dicono – possiediamo – oltre ad una psiche, anche una MENTE, cioè quella tale struttura cerebral-nervosa la quale, tra le proprie funzioni, ospita il RAZIOCINIO, una delle cui espressioni sarebbe il LIBERO ARBITRIO (inteso non in senso filosofico, senso del quale si è discusso troppo assai qui dentro, ma assai più specificamente inteso come facoltà MENTALE di poter scegliere tra OPZIONI RAZIONALI).
Quella qui sopra descritta è la LIBERTA', cioè la facoltà di poter scegliere tra più opzioni.
Naturalmente mi si potrà dire che anche un insetto – all'interno di un labirinto – sembra manifestare la libertà di poter scegliere tra percorsi ed uscite diverse.
Ciò è verissimo, ma qui si torna a dover considerare non la capacità di scegliere tra soluzioni possibili, ma la causa, l'origine, il movente della scelta.
La libertà umanamente intesa, a differenza della sempre solo apparente libertà psico-comportamentale degli animali, consiste nel nostro poter decidere la nostra scelta assecondando l'istinto (lo psichismo fondamentale che anche noi possediamo)..........oppure nel nostro voler scegliere diversamente da quanto suggerito dall'istinto, quindi sulla base di motivazioni e pulsioni ben diverse ed evolutivamente "superiori". Cioè nel nostro voler scegliere secondo coscienza, etica, morale, conoscenza ed altre motivazioni irraggiungibili dagli altri animali.
Ovvio allora che la libertà (sempre relativa al possibile) sia qualcosa di specificamente umano. Saluti.
In effetti, sovente ci si trova in disaccordo non tanto per le diverse opinioni sullo specifico tema in discussione, ma a causa di una diversa interpretazione delle premesse. Sì dà cioè per scontato ciò che in realtà non lo è. In questo modo l'argomento in discussione è inficiato in origine. Proprio a causa di ciò che viene diversamente postulato.
E sarebbe perciò proprio questo a dover essere prima discusso.
Dal mio punto di vista, termini come Natura o Libertà, hanno una connotazione ben definita. E tale da renderli incompatibili l'un l'altro.
Secondo me infatti con "Natura" si intende tutto quello che c'è, sia fisico sia mentale.
E quello che c'è, c'è solo perché effetto di qualcos'altro che c'è stato prima.
Viceversa il "Libero arbitrio" consiste nella facoltà di essere origine incondizionata di eventi.
Questi eventi possono essere mentali o fisici.
Perciò, nella stessa identica situazione, chi è dotato di libero arbitrio può generare eventi diversi.
Quale evento verrà effettivamente generato dipende da se stesso e da nient'altro.
Di modo che il libero arbitrio è incompatibile con la natura.
Sono convinto che questa inconciliabilità tra libertà e natura sia ravvisabile pure in Nietzsche.
E in lui magari più che in tanti altri filosofi.
Perché la contraddizione tra ciò che c'è e la libera volontà si manifesta in N. sino alla disperazione della volontà di potenza che affronta l'eterno ritorno.
In N. l'io non vuole morire.
Nonostante abbia lui stesso sperimentato certamente questa morte, l'io non ne è stato mai davvero sconfitto, ed è sempre risorto attraverso la volontà di potenza.
Una volontà che si nutre dell'illusione dell'io.
Mentre è anch'essa nient'altro che manifestazione di Dio.
Citazione di: paul11 il 26 Gennaio 2021, 10:15:33 AM
Conclusione: la libertà è un prodotto ideologico, mentre la sicurezza permane in tutti i domini.
Se riuscite a smontare l'argomentazione........bene.....con altrettante argomentazioni, per cortesia.
I dati di fatto smontano meglio di qualsiasi argomentazione: metti un cane alla catena o un animale selvatico in gabbia e tutta l'ideologia svapora lasciando la libertà nella sua archetipica evoluzione
naturale.
Riducendo libertà e natura a ideologia, le si ingabbia entrambe. Ma loro sono brave ad evadere. E FN ci racconta
come e
perchè.
Cit. paul11: "Io non so perché le api costruiscono le celle degli alveari in forma esagonale (chi glielo ha insegnato?), altrettanto non so perché i minerali "crescono" seguendo precisi schemi geometrici , probabilmente sono frutto di quell'efficienza ed efficacia "misteriosa" che è della natura, della fisica. Questa è già meta-fisica, interpretare oltre la fisica e la natura ciò che però in natura ontologicamente "è" cioè sussiste indipendentemente dal mio essere: è così ed è evidente. Il "come" io interpreto può aprire ad un pensiero scientifico, metafisico, estetico artistico, etico morale, ecc."
E infatti l'osservazione fatta da me e, credo, anche da Green sta proprio nel fatto che appena quel qualcosa che c'è smette di essere qualcosa di duro e informe entra a far parte di una specifica concezione filosofica la quale, del resto, ha potuto inglobarlo e quindi conoscerlo solo perché già disponeva di una categoria adeguata. Solo perché si dispone di una cultura ci si può rapportare all'oggetto.
Ricordiamoci però che le osservazioni di Green erano rivolte nello specifico alla tendenza, riscontrata anche in altre discussioni (quella sull'origine della crudeltà, per esempio), di voler comprendere fenomeni del mondo umano attraverso osservazioni e conoscenze sul mondo della natura (ingenuamente considerate oggettive, neutrali).
Dovrebbe essere quindi chiaro che non mettevo in discussione, ovviamente, che esiste l'ambito della natura, la nostra appartenenza al biologico. Così come, non essendo un malato di mente, non intendevo sostenere che il mondo viene costruito dal semplice arbitrio dell'uomo.
Esempio: pensiamo alla concezione di natura umana di un paio di secoli fa e all'idea presente in essa di una certa concezione della sessualità "normale" da cui segue una legislazione per controllare espressioni considerate aberranti...
Un esercizio di biopolitica che naturalmente noi ora disapproviamo, dall'alto delle nostre verità scientifiche sulla natura umana ... che però forse contengono, ed è questo il punto, qualcosa attinente i valori, la concezione filosofica di essere umano, ma che, esattamente come due secoli fa, rimane nascosto sotto l'apparente neutralità della nostra concezione dominante.
Jacopus
grazie per la convalida
Viator
Sono completamente d'accordo sulla tua interpretazione della facoltà di libertà.
Per fare un esempio "forte", solo un uomo può fare delle "scelte di vita". Può decidere di fare volontariato nel mondo, può decidere di mettere l'abito talare, può decidere un certo mestiere artigiano su un ventaglio di possibilità, può decidere persino di fare il militare mercenario, fino a fare il terrorista, può sposare una idea di vita buddista vivendo in comunità, ecc.
Ma proprio queste posizioni "forti" pongono in essere facoltà mentali umane superiori, dove, diciamo pure la struttura psichica, le motivazioni, la propria personalità e carattere si relazionano a termini spesso etico-morali.
Infatti la pluralità di individui umani è data proprio dalle differenziazioni fra di noi, fisicamente, psichicamente, intellettivamente, tanto che ognuno di noi potrebbe essere un "unicum", cosa che invece non accade o meno nella natura.
Bobmax
Mi fa piacere la tua parte iniziale del post. Questo è il motivo per cui dovrebbe richiedersi le argomentazioni, servono a capirci, diversamente non c'è dialogo.
Faccio un esempio: "Per me la libertà è un valore morale". Ma cosa si intende per libertà, cosa si intende per valore morale. Chiarire e chiedere chiarimenti spesso significa non portare avanti discussioni, o chiuderle, perché ognuno di noi ha in testa definizioni personali .
Quindi hai ragione quando ognuno di noi esprime un concetto che è nella nostra "testa" non è detto che nell'"altra testa" quel concetto dia identico, per cui si procede, date premesse falsamente condivise ,in discussioni incomprensibili dai diversi punti di vista che ognuno ha.
Per esempio il tuo concetto di natura non è uguale al mio perché ci inserisce anche il mentale , ma potrebbe essere condivisibile filosoficamente, L'importante è capirci già nelle premesse per poi verificare successivamente i concetti dialettici da argomentare e chiarire.
Tu definisci un libero arbitrio "forte", incondizionato . A mio parere non esiste, prima di tutto proprio per ragioni fisco-naturali . Si riscontra infatti in filosofia e teologia in coloro che ritengono che l'anima "s'impossessi di un corpo fisico", dove quest'ultimo lo rende prigioniero.
L'uomo corporeo fisico materiale ha delle precondizioni sussistenti per poter sopravvivere, come ogni essere vivente, e questo può costruire fortissime, forti, o deboli condizioni, ma sempre condizioni che esistono e insistono sempre, dalla nascita ,alla morte, passando purtroppo anche per malattie.
L'uomo a mio parere ha quindi gradi di libertà fisica, ha la massima libertà nel pensiero (ognuno può pensare per sé incondizionatamente, niente lo limita se non se stesso).
Ipazia
La gabbia e la catena sono condizioni forti fisiche che limitano spazialmente l'area di libertà .
Il concetto è se il cane e l'animale selvatico sono CONSAPEVOLI di cosa sia la libertà.
Un cane addomesticato, ma arrivo a dire anche un animale selvatico addomesticato (dipende...) potrebbe essere portato anche senza guinzaglio, e torna dal padrone/a.
La sua possibilità di scelta, se di scelta si può parlare, è invece condizionata dalla sicurezza che il padrone/a gli da che è più forte della possibilità di "essere libero". L'etologia insegna che chi da da mangiare al cane è il suo capobranco .
Kobayaschi
capisco ciò che hai scritto. E' fuori di dubbio che noi interpretiamo tutto, danna natura, alla sicurezza ,alla libertà e quant'altro . Le categorie le ha esplicitate per primo Aristotele nella sua opera "Organon" insieme ai sillogismi, ecc. Senza categorie e classificazioni si rimane nel limbo del pensiero fino a se stesso , non esiste scienza prima ancora che filosofia. Furono proprio gli approcci logico argomentativi, furono le categorie a predisporre la possibilità che il pensiero conoscitivo diventasse induttivo e deduttivo, che sapesse dato un fenomeno fisico naturale, un evento, disporlo linguisticamente, con la parola, con le matematiche nel mentale, sapendo descriverlo, rappresentarlo .
Senza tutto ciò si fa opinione e giochi di parole, si può dire di tutto e il contrario di tutto. E c'è bisogno di un dato reale ,concreto fisico, per costruire qualunque idea che abbia senso e significato , condivisibile anche da altri, diversamente si fa solipsismo.
Che la cultura ,mutando reinterpreti vecchi concetti, annettendo nuovi concetti , ci sono anche i neologismi ogni anno, e ne faccia sparire altri, è tipico della cultura "dominante".
Comunque rimango del pensiero che la sicurezza anticipi la libertà e sorga già dalla natura.
Una comunità umana la prima cosa che fa è costruire fortificazioni, mura di cinta, castelli, urbanistiche, architetture che seguano la prima necessità di autodifesa, di autoconservazione.
Altrettanto mi preme dire che non sono contrario alla libertà, tutt'altro, se pensiamo alle lotte per i diritti civili, sociali. Ecco queste valgono la pena dire che sono conquiste di civiltà. La libertà rispetto alla sicurezza è un "valore aggiuntivo" che marchia in termini qualitativi la storia dell'umanità, soprattutto per la base sociale, gli strati di quella maggioranza silenziosa che acquisiscono dignità sociale e civile
Ciao Paul11
Sono lieto che ci troviamo d'accordo sui necessari postulati.
E su questi è senz'altro legittimo avere idee differenti.
Tuttavia, una volta chiarito questo aspetto fondamentale, occorre proseguire.
E proseguendo occorre essere conseguenti con le proprie idee.
Ovvero bisogna chiarire a noi stessi cosa davvero intendiamo postulare.
E poi trarne le conseguenze, senza cadere in contraddizione.
Questi due requisiti:
1) Chiarire i postulati.
2) Valutarne le conseguenze.
non sono affatto banali.
Perché richiedono di non lasciarsi andare con pensieri vaghi. Ma tenere fermi i propri concetti.
Costi quello che costi!
Nello specifico.
Se si vuole distinguere il fisico dal mentale va benissimo.
Però poi bisogna dire come fa il fisico a evolvere a prescindere dal mentale e viceversa...
E se si tira in ballo un fantomatico libero arbitrio "forte", poi bisogna dire cosa sia un libero arbitrio "debole".
Ma senza disquisire sui tanti condizionamenti!
Occorre dire chiaramente in cosa consiste l'incondizionato, che deve pur esserci se un libero arbitrio esiste davvero, debole quanto si vuole...
Insomma, se vuoi davvero fare una analisi devi andare sino in fondo.
In caso contrario non si va da nessuna parte.
La libertà non ha postulati, primitivi ultimi è una composizione di motivazioni umane.
Invece la sicurezza è direttamente relazionata ad una oggettività naturale, l'autoconservazione, che significa dare continuità alla propria esistenza.
La libertà è una formulazione soggettiva, non oggettiva, ed è tipicamente umana poiché nasce dalla consapevolezza di Sè. Diventa "oggettivazione della soggettivazione umana" nel momento in cui la si vuol far entrare nella cultura, vale a dire il passaggio dalla problematica della libertà intesa personalmente, individualmente, a quella sociale che è condivisione di motivazioni e obiettivi.
La libertà quindi si auto fonda come problematica individuale e sociale nel solo dominio umano.
Per fisico e naturale si intende ciò che sussiste indipendentemente dalla speculazione del pensiero umano quindi si evolve al di fuori della volontà umana. L'uomo osserva prima di interpretare e non è che con la sola interpretazione noi mutiamo le condizioni fisiche e naturali del mondo ,semmai da questa speculazione consapevole nasce nell'uomo prima la certezza che la sua esistenza ha dei vincoli, ha un destino naturale, e poi cerca di "liberarsene". La libertà è quindi la non accettazione dello stato umano nell'esistenza e può avere origini diverse. La prima origine è naturale e fisica, la natura e il destino naturale è più forte della volontà umana, la seconda è nella comunità sociale che per cementarsi deve costruire limiti e vincoli personali, poiché la regolazione e l'ordinamento sociale non rispecchia necessariamente ciò che potrebbe essere lo stato individuale e personale del singolo, la terza è psichica, pedagogica educativa, in quanto è la cultura della comunità che istruisce , forma, educa la personalità, il carattere del singolo individuo, fin quando la consapevolezza di sé è maturata e può iniziare a contestare quella stessa cultura che lo ha formato, ne deriva che è sempre la non accettazione di qualcosa che motiva la libertà.
Essendo la consapevolezza di avere vincoli e condizioni materiali e naturali e condizionamenti mentali, psichici, la libertà tentando di liberarsi da questi ne è inversamente proporzionale .
Al crescere della libertà dovrebbe accadere una diminuzione delle condizioni e vincoli, e viceversa.
Una libertà quindi "forte" è lo stato in cui l'uomo è meno assoggettato ai vincoli e viceversa per quella debole.
Ma essendo la libertà una motivazione che scaturisce dal mentale e non dal fisico naturale, a sua volta ha due aspetti. Il primo è quello fisico naturale, è tentare di sottrarre vincoli e condizioni all'esistenza fisica, attraverso la conquista scientifica, la medicina ad esempio, l'allungamento del tempo di vita e delle condizioni di vita, il secondo è conquista civile e sociale, è l'emancipazione della donna (gender), è l'eguaglianza "razziale", ma soprattutto la lotta fra ricco e povero , poiché il ricco ha maggiori possibilità materiali di poter fare ciò che la volontà esprime.
Lo stato mentale di "sentirsi" libero è un costrutto del tutto personale, non sociale, non materiale, parecchio problematizzato in filosofia.
.....ma qui dovrei scrivere un libro, non un post.
Citazione di: paul11 il 27 Gennaio 2021, 12:10:08 PM
La libertà è una formulazione soggettiva, non oggettiva, ed è tipicamente umana poiché nasce dalla consapevolezza di Sè. Diventa "oggettivazione della soggettivazione umana" nel momento in cui la si vuol far entrare nella cultura, vale a dire il passaggio dalla problematica della libertà intesa personalmente, individualmente, a quella sociale che è condivisione di motivazioni e obiettivi.
La libertà quindi si auto fonda come problematica individuale e sociale nel solo dominio umano.
Postilla logica: a prescindere dal tema della libertà (concordo sia una formulazione soggettiva, con tutte le conseguenze fondazionali del caso), trovo sia contradditorio parlare di autofondamento, soprattutto per tematiche, caratteristiche o proprietà
individuali: per autofondarsi (o per "fare qualcosa"),
x deve già esistere (come "agente"), quindi deve essere già fondata (su qualcosa che non è lei, perché la precede); per cui l'autofondazione è tale solo in teoria, mentre di fatto essa è spesso il nascondimento di una genealogia sfuggente, eppur logicamente necessaria.
Questo vale almeno se intendiamo per «fondamento» qualcosa che rende possibile
e sensato qualcos'altro. Nemmeno gli assiomi, logici e matematici, sono autofondanti, ma solo convenzionalmente accettati come veri: il loro fondamento non è in loro stessi o nel mondo esterno (se non si confonde il
fondamento di un assioma con l'eventuale falsificazione di alcune sue
applicazioni), ma nel loro essere considerati tali da una comunità (che accetta che per un punto passino infinite rette, che quell'unità di misura sia stabilita e formalizzata in quel determinato modo, etc.). Sul piano fondazionale si tratta dunque di fondamenti assiomatici «anapodittici» (ovvero fondati sull'evidenza, direbbe Aristotele) o «indecidibili» (ovvero aporetici nel proprio sistema, direbbe Godel), ma non realmente
autofondanti.
Anche per macrodinamiche o concetti generali (come la cultura, la lingua, la legge, etc.) mi pare ingannevole parlare di autofondazione: c'è sempre almeno un fattore (più o meno noto) a fondare ed innescare fenomeni di massa che sembrano autopoietici, sia esso un preciso evento storico o la decisione di un gruppo di persone o una tendenza che si consolida o altro. Il fondamento, in quanto tale, ha in sé l'esser differente da ciò che è fondato (e che, logicamente, non può autofondarsi, per quanto detto sopra).
Soprattutto se parliamo di «problematica»(cit.), individuale o sociale che sia, essa non può che fondarsi su altro da lei, ovvero su tutte quelle
precondizioni (siano esse empiriche, concettuali, interpretative o altro) che conferiscono al problema una specifica identità, fondandolo e caratterizzandolo.
Paul11, su che base affermi che la consapevolezza di sé è un'esclusiva umana?
Essendo la libertà un "sentire" come può questo sentire agire sul mondo fisico facendo diminuire le condizioni e i vincoli?
E come può la libertà auto fondarsi? Come ben rileva Phil.
Mi sembra che con tutto il tuo discorso non affronti mai la questione. L'analisi non può consolidarsi se rimaniamo su affermazioni arbitrarie...
Forse questo avviene per l'orrore di ciò che potresti trovare scavando sul serio?
Ma è proprio per questo che dobbiamo fare appello a tutta la nostra fede nella Verità!
Per affrontare l'indicibile.
Phil
Se leggi più accuratamente asserisco che la libertà non è un primitivo, perché appartiene solo al dominio umano.
L'uomo ha una volontà , e può decidere ciò che reputa più opportuno, sai quante cose irrazionali teoriche e pratiche sono state seminate nella storia umana? L'uomo può autofondare ciò che ritiene per volontà più opportuno a sé ,indipendentemente dall'interpretazione "corretta"sulla natura. L'aporia infatti è implicita quando scrivo "oggettivazione della soggettivazione umana" che vuol significare che l'uomo se la canta come vuole, che sia logica o irrazionalità. Se la libertà è un fatto nel momento in cui la motivazione ha spinto uomini a crederci e morirci , non può essere eluso. Per quegli uomini era un paradigma. Può fondare infatti un'aporia proprio perchè non è un oggetto appartenente alla fisica e alla natura. Questo è l'origine del discrimine che ho posto in tutta la discussione
Può benissimo autofondare anche una contraddizione logica e proprio perché l'assiomatizzazione delle scienze è comunque un atto di arbitrarietà (libero "arbitrio").
Gli assiomi li formula la soggettività umana, non l'oggettività naturale.
L'importante è che gli assiomi fondativi di una scienza abbiano regole interne tali da poter sviluppare conseguenti teorie. Queste teorie sono convalidate dalla stessa scienza, se la relazione fra teoria e prassi funziona. Questo è il punto. Un dittatore può dichiararsi come "mandato da Dio", se la società ci crede, e la convenzione lo approva, si va vanti così; quindi la sua autoproclamazione sarà suffragata dalle pratiche: gli obbediscono, sono servili, seguono i suoi dettami.
La stessa cosa avviene in geometria e matematica. Se gli assiomi seguono le relazioni fra loro sviluppano teoremi applicabili nella teoria e convalidate dalla pratica.
L'epistemologo Feyerabend diceva che vi sono molte teorie nelle diverse discipline, è l'uso che determina la sua affermazione sulle altre.
Se è la stessa evidenza pratica ad essere presa per vera dalla cultura, è la prassi che porta alla teoretica e daccapo attraverso il percorso inverso è possible che una teoresi riesca a descrivere in maniera pertinente quella prassi determinata.
Se misuro il perimetro e l'area di una stanza per pitturarla e trasformarla in occorrente di vernice da acquistare, se il teorema funziona, allora è giusto e tutti lo usano . La funzionalità pratica decide se le teorie sono giuste.
Nella cultura prettamente umana, molte concezioni, come la libertà sono certamente aporetiche. Perché per dichiarare una libertà che non trovo in natura, utilizzo lo stesso arbitrio della libertà.
Quindi ha poca importanza se la convenzione o Euclide ha deciso i postulati della geometria, e tanto meno se un suo postulato sulle parallele è stato mutato per sviluppare la geometria sferica , iperbolica e frattali , ma la geometria euclidea si studia ancora a scuola come la gravità di Newton perché sono i più utilizzati nelle pratiche.
La libertà non essendo un primitivo è ,come ho scritto, un insieme di motivazioni, quindi è un mezzo non un fine, è quel qualcosa che mi permette di.....per il desiderio, il piacere o altro che chiamano in causa la libertà. Quindi il primitivo della libertà va cercato nelle sue motivazione , nella sua intenzionalità .
Citazione di: paul11 il 27 Gennaio 2021, 00:28:41 AM
Ipazia
La gabbia e la catena sono condizioni forti fisiche che limitano spazialmente l'area di libertà .
Il concetto è se il cane e l'animale selvatico sono CONSAPEVOLI di cosa sia la libertà.
Un cane addomesticato, ma arrivo a dire anche un animale selvatico addomesticato (dipende...) potrebbe essere portato anche senza guinzaglio, e torna dal padrone/a.
La sua possibilità di scelta, se di scelta si può parlare, è invece condizionata dalla sicurezza che il padrone/a gli da che è più forte della possibilità di "essere libero". L'etologia insegna che chi da da mangiare al cane è il suo capobranco .
Tornando alla filosofia, la mia citazione di FN non è casuale e si condensa nel paradigma nicciano:
diventare ciò che si è. Per FN questo era
il percorso di liberazione e ne aveva ben donde perchè si trattava di liberare "ciò che si è" da gabbie millenarie di ideologia - metafisica e religiosa - che lo avevano imprigionato. Il migliore Kulturkampf di FN sta proprio in questa intuizione libertaria antimoralistica, che si aggancia, scavalcando millenni di riflessione filosofica, alla grande intuizione della filosofia classica: gnôthi sautòn.
Il testamento di FN è che la libertà - prima di ogni incrostazione ideologica - consiste nel seguire la strada che l'evoluzione naturale ci ha concesso. Volare se abbiamo le ali, nuotare se abbiamo branchie e pinne, ecc. Goderci la vita, per quello che ci può dare, se siamo creature animate. L'assenza di libertà è l'incrostazione ideologica (religiosa, metafisica, politica, feticistica,...) che impedisce il pieno dispiegarsi di "essere quello che si è", negando e demonizzando (vedi:
l'ideale ascetico) tutto ciò che è fonte di piacere e libera affermazione vitale nella condizione umana. Ovvero negazione di tutto ciò che l'evoluzione ha deciso per noi nel lungo cammino del suo agire.
Per gli animali che seguono la legge dell'istinto è tutto può semplice perchè non hanno bisogno di diventare quello che sono. Se mutano il loro comportamento, nell'impatto che hanno con l'uomo nei processi di domesticazione, lo fanno, al netto di ogni zavorra ideologica, seguendo una loro naturale componente simbiotica e socializzante integrabile con la socialità umana.
In tale visione, di cui siamo debitori a FN,
natura e
libertà coincidono e
sicurezza non si contrappone alla libertà, ma è il risultato evolutivo di efficaci strategie di sopravvivenza che spesso, ma non sempre, hanno un carattere sociale.
Piccolo excursus, forse OT. "Diventare ciò che si è" è un nobile sport per chi è già qualcuno, a meno che non si sia repressi e costretti ad una vita da filologhi a causa di una famiglia repressiva (in questo caso, in presenza di una mente fervida, una vasta erudizione e un clima culturale adatto, allora si possono scrivere piccoli capolavori tradotti in Italia da Adelphi). Va bene per l'aristocrazia, meno bene per coloro che non possono scegliere di vivere in parco della Vittoria o Viale dei Giardini. Preferisco la versione sartriana: "ognuno sia libero di essere ciò che gli altri hanno fatto di lui". Nessuna volontà di potenza e nessun falso impeto naturalistico ma il giusto compromesso fra libertà umana e condizionamenti.
Citazione di: paul11 il 27 Gennaio 2021, 19:28:19 PM
asserisco che la libertà non è un primitivo, perché appartiene solo al dominio umano.
L'uomo ha una volontà , e può decidere ciò che reputa più opportuno, [...] L'uomo può autofondare ciò che ritiene per volontà più opportuno a sé
Il fatto che «la libertà non è un primitivo, perché appartiene solo al dominio umano»(cit.), fatto su cui concordo (essendo «libertà» un concetto con cui
interpretare umanamente anche il non-umano), non giustifica né dimostra che «l'uomo può
autofondare ciò che ritiene per volontà più opportuno»(cit., corsivo mio) poiché quest'ultima affermazione resta una contraddizione in termini: se l'uomo fonda qualcosa sulla sua volontà (o altre inclinazioni, bisogni, etc.), tale qualcosa non è
autofondato, bensì, appunto, fondato sulla volontà (o altro) che non è tale qualcosa.
Se infatti (e qui quasi concordiamo): «il primitivo della libertà va cercato nelle sue motivazioni, nella sua intenzionalità»(cit.), la libertà non si «
autofonda come problematica» (come suggerivi nella citazione che ho riportato nell'altro post), ma è fondata nei moventi della motivazione, dell'intenzionalità, della volontà, etc. che sono altro dalla libertà, (che quindi non si
autofonda, v. sopra). Partendo da questi fondamenti (e/o altri) può essere affrontato il discorso (che ho già svolto altrove
ad abundantiam) che relaziona la libertà come maggior/minore
possibilità (d'azione o di scelta) alla volontà, al determinismo, etc.
Citazione di: Jacopus il 27 Gennaio 2021, 21:27:38 PM
Piccolo excursus, forse OT. "Diventare ciò che si è" è un nobile sport per chi è già qualcuno, a meno che non si sia repressi e costretti ad una vita da filologhi a causa di una famiglia repressiva (in questo caso, in presenza di una mente fervida, una vasta erudizione e un clima culturale adatto, allora si possono scrivere piccoli capolavori tradotti in Italia da Adelphi). Va bene per l'aristocrazia, meno bene per coloro che non possono scegliere di vivere in parco della Vittoria o Viale dei Giardini. Preferisco la versione sartriana: "ognuno sia libero di essere ciò che gli altri hanno fatto di lui". Nessuna volontà di potenza e nessun falso impeto naturalistico ma il giusto compromesso fra libertà umana e condizionamenti.
"Diventare ciò che si è" viene prima di ogni declinazione umana ed è la presa d'atto (amor fati) di essere parte di un flusso evolutivo le cui ragioni vanno rispettate ed hanno un carattere paradigmatico di fronte ad ogni condizionamento, cui sono richieste solide giustificazioni. Assenti in gran parte del ciarpame ideologico contro cui FN si scaglia.
Phil
Cerchiamo di capirci.
Autocitaz.
Gli assiomi li formula la soggettività umana, non l'oggettività naturale.
Significa che l'agente conoscitivo è sempre e comunque l'uomo interpretante.
Diciamo allora così:
La libertà non è giustificata nel dominio naturale e fisico, e non è un primitivo nel dominio prettamente umano; ma si evidenzia come "pretesa" della volontà.
La contraddizione prima di essere logica è umana. Lo stesso procedimento si potrebbero fare su termini come eguaglianza, fratellanza, solidarietà, ovvero sui principi costitutivi. Riuscire a rendere logici i processi che nascono su base emotivi e psichici è un bello sforzo e solo dopo vengono concettualizzati.
Ripeto l'esempio, se ci si fa uccidere per la libertà, ritenuta chi un'ideale, chi un valore (etico-morale o solo di diritto?) pensi davvero che sia pura logica che ha motivato il martire per la libertà ?
Fin da qualche post fa ho scritto in testa al post 65:
La libertà non ha postulati, primitivi ultimi è una composizione di motivazioni umane.
La confusione che spesso si tende a fare è ritenere la libertà un fine, invece è un inizio per altri scopi , perché la libertà è semplicemente togliere le condizioni e i vincoli che non fanno esprimere i veri motivi, che sono desideri o altro. Quindi la liberta è un mezzo per aprire a maggiore possibilità.
Questo "autofonda" su cui si contorce la logica, è un preciso atto di volontà umana a prescindere dalla correttezza logica o dalla irrazionalità del procedimento . Tu dici che invece sarebbe a questo punto la volontà il fondativo, penso che l'atto di volizione è anch' esso un mezzo per arrivare a qualcosa, come lo è l'intelletto o la mente. Sono semplici mezzi e contenitori se non vengono attivati dinamicamente, se non si "movimentano". C'è una doppia contraddizione quindi: la prima è che la libertà non si trova nel dominio fisico naturale, la seconda che la retorica umana ha posto come vessillo occidentale, in realtà nasconde altri mezzi e primitivi nei desideri. A me è questo che premeva arrivare, dopo interventi che ritenevano più fondativa la libertà della sicurezza e chi scrive che arriva prima della sicurezza.
Sia chiaro ,anche me interessa la libertà .
Esatto , alla fine del tuo post esprimi quello che anch'io ritengo sulla libertà.
Ipazia
Ho interpretazioni diverse di Nietzsche e una l'ho presentata ricevendo dinieghi.
Jacopus pone delle buone ragioni che ha espresso.
Noi con la libertà ci facciamo utopie, pretendendo di uscire da una gabbia ci infiliamo in altre gabbie, che a volte sono fisiche come una prigione e altre sono mentali e me interessa soprattutto la gabbia mentale, senza sottovalutare quelle fisiche.
Sostengo, come da ultimi post, che in realtà dietro la libertà fantomatica si nascondano motivazioni, intenzioni, desideri e spesso si sceglie l'avere che l'essere ciò che si è. Ma cosa poi siamo? Chi davvero conosce se stesso? Buddha si libera dai desideri per l'illuminazione, si libera proprio dalle premesse motivazionali per spegnere le passioni , la strada sembrerebbe inversa da quella di Nietzsche, se si vuole essere davvero liberi non sono le strutture esterne che sono da liberare dalle condizioni, ma dalle nostre stesse contraddizioni intime per questo facevo l'esempio delle scelte di vita del monaco, di chi vuole invece potere e denaro, di chi invece vuol essere avventuriero.
Iin realtà noi nasciamo per essere condizionati, così spiega la psicologia e così si pone la maieutica di Socrate e gli insegnamenti . Se nasciamo con facoltà superiori a quelle che si trovano negli altri organismi naturali, inizialmente abbiamo strumenti potenti e una tabula rasa di esperienza, come una lavagna pulita tutta da scrivere con l'esperienza. Noi passiamo necessariamente per insegnamenti, formazioni, istruzioni e queste sono comunque esperienze che fonderanno, segneranno la nostra personalità , il nostro carattere. Questo condizionamento è necessario per formarci , non c'è alternativa,. Il problema è quindi il "buon insegnamento" : cosa dire per insegnare e come dire per formare. E' impossible fare tabula rasa, tornare indietro alla tabula rasa originaria da bambini o tornare indietro nella storia, potrà suonare come una condanna umana, ma è così. Semmai bisogna fare esercizio critico delle proprie esperienze personali e dell'esperienze culturali che la storia porta con sé.
Citazione di: Ipazia il 27 Gennaio 2021, 21:09:36 PM
Il testamento di FN è che la libertà - prima di ogni incrostazione ideologica - consiste nel seguire la strada che l'evoluzione naturale ci ha concesso. Volare se abbiamo le ali, nuotare se abbiamo branchie e pinne, ecc. Goderci la vita, per quello che ci può dare, se siamo creature animate. L'assenza di libertà è l'incrostazione ideologica (religiosa, metafisica, politica, feticistica,...) che impedisce il pieno dispiegarsi di "essere quello che si è", negando e demonizzando (vedi: l'ideale ascetico) tutto ciò che è fonte di piacere e libera affermazione vitale nella condizione umana. Ovvero negazione di tutto ciò che l'evoluzione ha deciso per noi nel lungo cammino del suo agire.
Sicuramente la libertà, nella concretezza della vita, è soprattutto "non essere soggetti a ...", essere svincolati da forme di assoggettamento esteriori e interiori, per cui la sua analisi non può non rivolgersi anche al potere.
Però qui inizia il problema. Se per N. liberazione significa soprattutto emancipazione da morali e religioni, per noi significa piuttosto opposizione rispetto ad un potere che cancella ogni alleanza per relegare il singolo ad un destino di consumo.
L'edonismo è funzionale a questo capitalismo. Non si tratta più per il potere di disciplinare il lavoratore perché il lavoratore non c'è più, al suo posto c'è l'imprenditore di se stesso (per usare un'espressione in voga all'inizio del neoliberismo), colui che deve continuamente massimizzare i profitti anche se questi non sono al momento reali ma solo nella forma delle informazioni private che rilascia sui social o dei continui aggiornamenti professionali nella speranza di poter essere sempre considerato una risorsa utilizzabile.
Per cui inevitabilmente essere liberi oggi significa tutt'altro. E forse la direzione è quella opposta dell'astinenza, della disciplina, dell'ascetismo, del diventare un problema per il capitalismo, dello sforzo per riannodare alleanze con altri "ribelli" etc.
Ma è un percorso tutto da studiare.
Il principio di non contraddizione deve essere rispettato, sempre.
Quando capita di non poter risolvere la contraddizione, allora dobbiamo fermarci.
Può darsi che manchino ancora degli elementi, conosciuti i quali la contraddizione potrà essere risolta, oppure può essere che ci troviamo effettivamente di fronte a un limite insuperabile.
In entrambi i casi il pensiero, se prosegue, non può che cadere nell'irrazionalità.
Il limite, a prescindere se insuperabile o meno, si manifesta anche mediante circoli logici e tautologie.
Ma questi vanno riconosciuti e, se si ama davvero la Verità, devono metterci in gioco in prima persona.
Se viceversa la fede nella Verità latita, si prosegue noncuranti. E un eventuale appello alla correttezza dello svolgimento dell'analisi non ha alcun fondamento.
Citazionelimite insuperabile.
per Bob. Non ho capito esattamente a cosa ti riferisca, in questo post, quando scrivi di necessità di non contraddittorietà. In ogni caso, la vita umana, nel suo dispiegarsi nella praxis, è inevitabilmente e continuamente contraddittoria, e il limite insuperabile che stabilisce in modo continuativo la contraddizione è la nostra natura mortale. Il compito è quello di comprendere e usare a nostro vantaggio quelle contraddizioni. Volerle eliminare dalla praxis, per assenza di tutte le conoscenze e i particolari, è un sogno assolutista. La vita non è perfezione o reductio ad unum.
Citazione di: Kobayashi il 28 Gennaio 2021, 08:53:31 AM
Sicuramente la libertà, nella concretezza della vita, è soprattutto "non essere soggetti a ...", essere svincolati da forme di assoggettamento esteriori e interiori, per cui la sua analisi non può non rivolgersi anche al potere.
Però qui inizia il problema. Se per N. liberazione significa soprattutto emancipazione da morali e religioni, per noi significa piuttosto opposizione rispetto ad un potere che cancella ogni alleanza per relegare il singolo ad un destino di consumo.
L'edonismo è funzionale a questo capitalismo. Non si tratta più per il potere di disciplinare il lavoratore perché il lavoratore non c'è più, al suo posto c'è l'imprenditore di se stesso (per usare un'espressione in voga all'inizio del neoliberismo), colui che deve continuamente massimizzare i profitti anche se questi non sono al momento reali ma solo nella forma delle informazioni private che rilascia sui social o dei continui aggiornamenti professionali nella speranza di poter essere sempre considerato una risorsa utilizzabile.
Per cui inevitabilmente essere liberi oggi significa tutt'altro. E forse la direzione è quella opposta dell'astinenza, della disciplina, dell'ascetismo, del diventare un problema per il capitalismo, dello sforzo per riannodare alleanze con altri "ribelli" etc.
Ma è un percorso tutto da studiare.
L'ideale ascetico di cui tratta FN è quello che dirotta la volontà di potenza sulla repressione degli istinti naturali, demonizzando la natura e la sessualità e ponendo l'ideale in un mondo dietro il mondo del quale hanno la chiave i titolari della repressione. Cosa su cui la psicologia e pedagogia del '900 svilupperanno un discorso di liberazione. Ma cosa di segno opposto alla gabbia del feticismo capitalistico fondato sulla merce dal quale è cosa buona e giusta astenersi, cercando di inventare altri percorsi.
I quali, caro Paul11 e metafisici dell'assoluto-assoluto e assoluto-relativo, hanno una loro fondazione "naturale" che i grandi pensatori hanno cercato di individuare nei loro sistemi non esenti da bias, ma sui quali bias vale la pena di soffermarsi perchè costituiscono i tasselli delle migliori sintesi possibili.
Il fondamento di tutto, inclusi i voli e le astrazioni della metafisica, è la natura col suo carattere evolutivo e dialettico. La natura fornisce ad ogni vivente il suo pacco genetico comprensivo di gradi di libertà, dispositivi biologici di sicurezza e una centrale operativa per sfangarsela. Su questo "pacco" FN fonda la sua filosofia. Tenendo meno conto del
contropacco (il filo di Anassimandro) su cui invece fonda il suo pensiero il Buddha enunciando le 4 nobili verità che realizzano il percorso della liberazione dall'immanentissimo dolore: fisico e mentale. Epicuro, restando niccianamente fedele alla terra, ha una posizione intermedia che le recupera entrambe perchè dialettica, che trovo sia la più corrispondente alla saggezza filosofica.
In tutti costoro il fondamento, l'archè, va cercato nell'evoluzione naturale e per quel che riguarda il mio pensiero ritengo che tale assioma valga anche nelle sovrastrutture ideali e ideologiche che sono peculiari della "natura" umana: libertà (la gabbia), sicurezza (cibo e salute), giustizia, uguaglianza, ... Al netto di ogni relativismo o assolutismo metafisici espandentisi nel vuoto.
P.S. la misura di tutte le cose non è le cose, il
fondamento della misura. Ogni tanto, seppur metafisicheggianti, spezziamo una lancia a favore del
referente !
Citazione di: Jacopus il 28 Gennaio 2021, 09:40:28 AM
Citazionelimite insuperabile.
per Bob. Non ho capito esattamente a cosa ti riferisca, in questo post, quando scrivi di necessità di non contraddittorietà. In ogni caso, la vita umana, nel suo dispiegarsi nella praxis, è inevitabilmente e continuamente contraddittoria, e il limite insuperabile che stabilisce in modo continuativo la contraddizione è la nostra natura mortale. Il compito è quello di comprendere e usare a nostro vantaggio quelle contraddizioni. Volerle eliminare dalla praxis, per assenza di tutte le conoscenze e i particolari, è un sogno assolutista. La vita non è perfezione o reductio ad unum.
Jacopus, la contraddizione è errore del pensiero.
Come si può trarre vantaggio dal proprio pensiero che erra?
Cosa significa affermare che la natura è in contraddizione?
La natura è in errore con se stessa?
Cosa sta succedendo nel mondo?
Leggendo le tante irrazionalità che compaiono nel forum cadono le braccia.
Da chi afferma che il fatto stesso che un animale messo in gabbia vuole uscirne ciò dimostra la libera volontà!
A chi sostiene che il desiderio di libertà nasce necessariamente dal libero arbitrio!
E via fantasticando...
Allora hanno proprio ragione i vari Salvini, Fontana, Gallera, ad affermare anche le più grandi assurdità. Tanto... è lo stesso.
Condivido ciò che ha espresso Jacopus ed è quello che ho cercato di scrivere nella risposta a Phil.
L'uomo non cammina per il mondo e la vita con un libro di logica formale in tasca. La logica è uno strumento "asettico", le motivazioni e l'uso lo decide l'uomo.
Se la società, le comunità, gli Stati ,il mondo umano insomma, fa emergere contraddizioni e continuano a sussistere, significa che il problema è umano ,non logico.
Se è vero, se si è d'accordo che la libertà sia un "fenomeno", un concetto umano, l'analisi logica può permettere di evidenziarne le contraddizioni, ma è comunque la vita umana a decidere se, cosa, e come oppure al contrario abbandonare . Noi siamo umanamente contraddittori, questa è una delle verità umana, siamo ignoranti e cerchiamo conoscenza per migliorarci intimamente e e migliorare la società . Sono i segni, i segnali individuali e sociali che fanno emergere la contraddittorietà fra teoresi e prassi Si può avere la migliore Costituzione di uno Stato, ma il popolo non sapendolo gestire, perché non sa gestire se stesso, decade ugualmente.
La sicurezza non è un valore morale quando sorge dalla necessità intrinseca ed implicita ad autoconservarsi per sopravvivere. La libertà non ha questa prerogativa , ne ha altre.
Quando Platone "fa parlare" Socrate della differenza fra piacere e virtù morali relazionate alla temperanza, non viene indicato il termine libertà, viene indicato in Repubblica quando discute sulle forme di governo. Il sottoscritto che si ritiene anarchico pensa alla libertà quasi assoluta socialmente, senza comandi, ordinamenti, regole: è una comunità che si autoregola. L'utopia sta nel fatto che per esercitare una libertà "suprema" deve essere necessariamente altissimo il livello di responsabilità.
Se non è la legge dell'ordinamento a limitare i rapporti sociali, significa che le regole devono essere dentro l'uomo, per cui è l'uomo che deve sapere il suo limite di rispetto nelle relazioni con gli altri. Quì la libertà diventerebbe un valore morale, dove ogni persona sa autolimitarsi, sapendo di non arrecare al prossimo danni materiali o emotivi, anzi, dove la solidarietà e la fratellanza sono al di sopra di ogni forma edonistica , è il singolo individuo umano che si mette a disposizione per il bene comune Ma dove esiste una comunità di questa qualità umana? Ci riuscirà l'uomo un giorno a vivere comunitariamente? Quando Platone in Repubblica indica i Custodi gestire persino il lato affettivo come una "comune" anarchica, dove mogli e figli sono comuni, teme che la privatizzazione , il possesso, il senso di proprietà degli affetti, della moglie figli, induca i Custodi della Repubblica al privato ,perdendo il bene comune. Platone è attento al rapporto fra privato e pubblico, poiché sapevano che ogni forma di governo, dalla tirannia alla repubblica, al populismo presenta caratteristiche in ciascuna che se non vengono corrette e limitate decadono facendo decadere tutto il sistema della Città.
Se si estende quindi il concetto di sicurezza nel sociale, avviene che la stabilità di una forma di governo deve sempre tener presente la relazione fra privato e pubblico e quando la libertà viene interpretata come forma egoistica dove la proprietà e il possesso, il "mio" rispetto al "bene comune" del "nostro" è superiore, quella comunità inevitabilmente decade. La libertà diventa antinomica alla sicurezza, nell'eccedenza del "mio" rispetto al "nostro", della privatizzazione rispetto allo Stato . Dall'altra parte chi governa la comunità, lo Stato, deve saper rispettare i singoli individui che la compongono, sapendo che le motivazioni devono esse stesse condurre al bene comune e non al privato. Nel nostro tempo in cui la relazione fra privato e pubblico è negoziale e a volte conflittuale, si tende a pensare allo Stato come un divoratore delle proprie ricchezze private. La libertà allora quì non è più un "valore morale", è un mezzo per mantenere e aumentare le ricchezze private, fosse anche ai danni dello Stato e di chi governa. Decade il senso dello Stato per alimentare gli egoismi privati , aumenta il divario fra ricchi e poveri aumenta la loro conflittualità e la democrazia tende a decadere, come disse già Platone, in populismo, a chi "grida" di più.
Il libertarismo anarchico è opposto al liberismo economico proprio per un diverso senso e motivazione del concetto di libertà e sicurezza.
Allora potrebbe significare che le motivazioni alla libertà umana, nel sociale, hanno fini diversi quando la libertà non è più un "liberarsi da qualcosa" per qualcosa d'altro , dove il fine "voglio stare bene , voglio stare meglio di adesso" ,dalle motivazioni transitano per desideri o virtù, per piaceri o dedizioni. Se la libertà passa per la fratellanza e la solidarietà umana, il fine è uno stare meglio socialmente perché mi appaga individualmente; se invece la motivazione passa per il proprio tornaconto egoistico, allora la comunità è un peso perché ciò che conta è il "mio" privato .
La libertà nel sociale con solidarietà e fratellanza cerca la sicurezza comune, l'egoista con la libertà cerca la sicurezza personale fosse anche ai danni della comunità.
Altra postilla di logica, stavolta sulla logica: fare attenzione alla forma e al linguaggio logico, non significa assolutizzare la logica (se si ha la flessibilità ermeneutica di riconoscere i propri assoluti senza tuttavia ritenere necessario che anche gli altri debbano averne). Ad esempio, distinguere fra «autofondare» e «fondare», fra «rapporto dialettico» e «contraddizione», fra «fondamento» e «condizionamento», etc. non indica la velleità di trasformare ogni ragionamento in un sillogismo o, tantomeno, proporre di valutare tutto l'agire umano usando la sola logica come "pietra di paragone"; è semmai un invito a mantenere salde e chiare le categorie del discorso, affinché sia più comprensibile (se si può sostituire «autofondare» con «fondare», senza rilevare importanti cambi di significato, forse conviene riflettere sulla differenza fra le due espressioni, perché un lettore perplesso potrebbe chiedere di dar conto del valore di quell'«auto-»).
Fare attenzione alla logica significa (secondo me), da un lato, guardarsi dal proiettarla sul mondo al punto da confonderla con l'ontologia o l'antropologia, affermando ad esempio che la contraddittorietà sia del mondo (ipostatizzando la logica) e non delle categorie usate per leggerlo; dall'altro lato, cercare di usare la logica per evitare che il discorso perda di coerenza interna, di aderenza (ma non «identificazione») con il reale o incappi in fallacie.
Se la cultura, la filosofia, l'agire umano, etc. non si basano solo sulla logica (ed è evidente sia così), non credo ciò possa concedere la licenza poetica di ragionare trascurando la logica perché «in fondo c'è anche molto altro che muove le dinamiche umane». Come tutti gli strumenti, la logica ha un campo di applicazione ben delimitato (seppur più ampio e utile di quanto si possa talvolta pensare), al cui interno essa può essere usata più o meno attentamente, senza che ciò comporti l'estremizzazione di aderire ad un improbabile "riduzionismo logico", cieco alla complessità delle questioni umane.
Perché la logica ha a che fare con la sicurezza? La solidità di una prospettiva logica, recepita come stabile e valida (a prescindere dal fatto che lo sia davvero), è direttamente proporzionale alla sicurezza che essa fonda e infonde, sicurezza offerta da una proposta politica o da un gruppo sociale di appartenenza (ciascuno fondato su una sua logica), sicurezza della propria visione del mondo e talvolta anche del proprio posto nel mondo (per questo la logica merita attenzione, non assolutizzazione).
Phil, apprezzo molto la tua pacatezza.
Una qualità che mi manca e che tanto avrei voluto avere. Mi sarei risparmiato un sacco di svarioni...
Tuttavia, mi domando se questa prudenza nell'interloquire sia sempre l'approccio migliore.
Perché ho l'impressione che invece lo possa essere solo in certe condizioni.
Quando cioè gli interlocutori condividono già un sottinteso comune.
E questa base comune è la fede nella Verità. Anche se tu qui arriccerai il naso...
Se viceversa questa fede è insufficiente, la pacatezza può rivelarsi inefficace e magari ciò che si dice viene preso sottogamba.
Citazione di: bobmax il 28 Gennaio 2021, 11:17:41 AM
Cosa sta succedendo nel mondo?
Leggendo le tante irrazionalità che compaiono nel forum cadono le braccia.
Da chi afferma che il fatto stesso che un animale messo in gabbia vuole uscirne ciò dimostra la libera volontà!
Cadono certamente le braccia di fronte al travisamento dei commenti altrui. La gabbia dimostra il fondamento naturale, istintivo, della libertà, non la
libera volontà o
libero arbitrio che divengono solitamente delle corbellerie metafisiche, per come vengono (mal)trattate.
Posso concordare con molte cose dell'ultimo post di Paul11, ma allora la
sicurezza di cui tratta la discussione non è filosofico-metafisica, ma antropologica e andrebbe meglio posta nella sezione culturale-sociale. Lasciando la povera physis e l'area turbolenta dei massimi sistemi dormire i loro sonni più o meno tranquilli.
Citazione di: Phil il 28 Gennaio 2021, 12:38:01 PM
Altra postilla di logica, stavolta sulla logica: fare attenzione alla forma e al linguaggio logico, non significa assolutizzare la logica (se si ha la flessibilità ermeneutica di riconoscere i propri assoluti senza tuttavia ritenere necessario che anche gli altri debbano averne). Ad esempio, distinguere fra «autofondare» e «fondare», fra «rapporto dialettico» e «contraddizione», fra «fondamento» e «condizionamento», etc. non indica la velleità di trasformare ogni ragionamento in un sillogismo o, tantomeno, proporre di valutare tutto l'agire umano usando la sola logica come "pietra di paragone"; è semmai un invito a mantenere salde e chiare le categorie del discorso, affinché sia più comprensibile (se si può sostituire «autofondare» con «fondare», senza rilevare importanti cambi di significato, forse conviene riflettere sulla differenza fra le due espressioni, perché un lettore perplesso potrebbe chiedere di dar conto del valore di quell'«auto-»).
Fare attenzione alla logica significa (secondo me), da un lato, guardarsi dal proiettarla sul mondo al punto da confonderla con l'ontologia o l'antropologia, affermando ad esempio che la contraddittorietà sia del mondo (ipostatizzando la logica) e non delle categorie usate per leggerlo; dall'altro lato, cercare di usare la logica per evitare che il discorso perda di coerenza interna, di aderenza (ma non «identificazione») con il reale o incappi in fallacie.
Se la cultura, la filosofia, l'agire umano, etc. non si basano solo sulla logica (ed è evidente sia così), non credo ciò possa concedere la licenza poetica di ragionare trascurando la logica perché «in fondo c'è anche molto altro che muove le dinamiche umane». Come tutti gli strumenti, la logica ha un campo di applicazione ben delimitato (seppur più ampio e utile di quanto si possa talvolta pensare), al cui interno essa può essere usata più o meno attentamente, senza che ciò comporti l'estremizzazione di aderire ad un improbabile "riduzionismo logico", cieco alla complessità delle questioni umane.
Perché la logica ha a che fare con la sicurezza? La solidità di una prospettiva logica, recepita come stabile e valida (a prescindere dal fatto che lo sia davvero), è direttamente proporzionale alla sicurezza che essa fonda e infonde, sicurezza offerta da una proposta politica o da un gruppo sociale di appartenenza (ciascuno fondato su una sua logica), sicurezza della propria visione del mondo e talvolta anche del proprio posto nel mondo (per questo la logica merita attenzione, non assolutizzazione).
Fa sempre piacere quando un relativista espone i suoi principi perchè si dispone alfine di un punto di attacco alla sua visione del mondo. Qui è accaduto e gli slittamenti logici dal preambolo alla conclusione sono assai "maieutici", ma pure un tantino deludenti. Si inizia dalle aurate stelle del rigore logico e si finisce alle mammifere stalle della "logica di ciascuno" passando per un nodo di congiunzione - il rifiuto del "riduzionismo logico" - che è una toppa peggiore del buco, perchè ben venga il riduzionismo logico se mi permette di distinguere il nobile strumento della razionalità umana dalla fede; ovvero dalla materia prima della "logica di ciascuno".
La quale fede è senz'altro il ricettacolo rassicurante di miliardi di umani, ciascuno con la sua, dalla religione alla politica, economia, su su fino alla scienza medesima, come hanno dimostrato i deliri di empirismo cattedratico connessi alla gestione della pandemia in cui tutti i criteri logici sono franati in una psicosi collettiva globale.
Tornando alle sicurezze mentali per i cultori della logica, siano concesse pure a me un paio di postille: dialettica e contraddizione viaggiano su piani onto-logici, e quindi semantici, differenti; ed è notorio a chiunque si diletti di scienza e logica che i fondamenti sono oltremodo condizionanti.
Citazione di: Ipazia il 29 Gennaio 2021, 10:26:28 AM
Si inizia dalle aurate stelle del rigore logico e si finisce alle mammifere stalle della "logica di ciascuno" passando per un nodo di congiunzione - il rifiuto del "riduzionismo logico" - che è una toppa peggiore del buco,
Non so quanto nel mio post si parli della «logica di ciascuno» (se intesa soggettivisticamente): riferendomi al «gruppo sociale di appartenenza» ho aggiunto in parentesi «ciascuno fondato su una sua logica», riferendomi alla logica
condivisa che tiene coeso e riconoscibile ciascun gruppo sociale (senza alludere individualmente ai singoli membri).
Il rifiuto del "riduzionismo logico" è per me contestualizzato nel riconoscimento della complessità dei moventi (culturali, istintivi, etc.) e dei sensi che scandiscono l'agire umano, con riferimento a quando
paul11 ci ricordava che la gente non basa la propria vita solo sui manuali di logica e in ulteriore aggiunta alla suddetta molteplicità delle logiche, stavolta intese non solo in senso matematico-formale (dei vari gruppi sociali, delle proposte politiche, etc.). Rifiutando, in tal senso, il "riduzionismo logico" (ma non certo la logica
tout court), non cerco quindi di tappare il buco (delimitato dalla logica, le sue aporie, etc.), ma anzi di tenerlo bene aperto, poiché quel buco (affacciato sulla complessità del molteplice) è l'unico spioncino da cui possiamo osservare la vastità delle gesta umane (senza che le dinamiche di senso siano oscurate troppo dalla logica dell'osservatore).
La molteplicità delle "stalle", degli orizzonti di senso e delle fedi, è un dato di fatto: cercare di capirne le differenti "logiche" (e se e quanto siano logiche) è un gesto ermeneutico; sollecitarle direttamente con domande per saggiarne il fondamento (fuori da pretese veritative assolutistiche) è un gesto maieutico; usare la propria "logica di senso" per correggerle o bacchettarle, è un gesto fondato sulla fede in una Verità unica (come quella proposta da
Bobmax). A scanso di equivoci: sto parlando di scienze umane, di interpretazioni del mondo, di
senso, non della logica scientifica "oggettivistica" che collauda un vaccino o manda navicelle su Marte.
Riguardo alle differenze che invitavo a tener presenti c'è anche quella fra dialettica e contraddizione, proprio perché, come osservi, viaggiano su piani onto-logici differenti; l'osservazione che «i fondamenti sono oltremodo condizionanti»(cit.) credo renda ancora più necessario distinguere fra fondamento e condizionamento, ovvero fra il condizionamento
necessario operato da ciò che fonda e il condizionamento
contingente che può sopraggiungere in seguito.
Interessante quello che scrive Emile Benveniste nel suo "Vocabolario delle istituzioni indoeuropee" sulla nozione di libertà: il significato originario non è "essere libero da" ma è costruito positivamente sul concetto di appartenenza ad una comunità o una cerchia ristretta di persone che si considerano amici.
L'uomo libero si distingue dallo schiavo e dallo straniero proprio perché viene da una stirpe, da una comunità.
Se fosse libero solo perché non soggetto al potere di altri potrebbe far valere il proprio privilegio nei confronti dello schiavo, ma non dello straniero.
Citazione di: Phil il 29 Gennaio 2021, 13:32:03 PM
A scanso di equivoci: sto parlando di scienze umane, di interpretazioni del mondo, di senso, non della logica scientifica "oggettivistica" che collauda un vaccino o manda navicelle su Marte.
A scanso di equivoci si supererebbe la questione avendo chiara la differenza tra logica e ideo-logica. Non è un caso se una delle più feconde scuole di scienze umane parte proprio dalla critica dell'ideologia, senza scomodare la logica scientifica "oggettivistica".
Ci striamo inoltrando nel campo dell'antropologia - come da citazione di Benveniste e ultimo post di chi ha proposto la discussione - nel quale la sicurezza ha connotazioni sociopolitiche e non naturalistiche o metafisiche. Anche in tal caso trovo semplicistica la contrapposizione tra sicurezza e libertà. A dimostrazione di ciò basti pensare alla libertà per una donna di girare la notte da sola senza fare cattivi incontri. Solo una società che abbia a cuore, e nel suo dna culturale, la sua sicurezza le può concedere tale libertà. Quindi in tal caso non vi è contrapposizione, ma sinergia, tra le due caratteristiche sociali considerate.
Qualcuno mi ha suggerito microinterventi per il proseguio del pensare.
Ci provo, anche se mi piace ricordare che il pensare è la totalità del referente a cui alcuni alludono o almeno credo (vedi il post sciptum poco chiaro di Ipazia, veda la Ipazia di correggerlo, perchè non si capisce).
ne scelgo 2 (sperando non siano troppe)
cit Phil[
"cercare di usare la logica per evitare che il discorso perda di coerenza interna, di aderenza (ma non «identificazione») con il reale o incappi in fallacie."
Devi specificare cosa intendi con aderenza, se non è identificazione.
Cosa è la coerenza interna? Se non che una forma formale? Ma poco prima alludevi all'importanza di non farlo diventare un pensiero solo sulla forma? quale sarebbe la coerenza interna rispetto alla forma, che non sia una forma? Mi pare che, come al solito, ti sei buttato in uno degli infiniti cortocircuiti. Esplicare grazie.
E vediamo se lo fai, perchè mi pare che spesso non lo fai.
Grazie.
cit Phil
"Perché la logica ha a che fare con la sicurezza?
sicurezza offerta da una proposta politica o da un gruppo sociale di appartenenza (ciascuno fondato su una sua logica)"
E quale sarebbe la forma ben formata della logica di qualsiasi gruppo di appartenenza, o meglio, come tu scrivi, in un breve lasso di lucidità, gruppo politico.
Perchè mi pare che tu non ne parli, e non ne parli proprio mai.
Solo dopo puoi arrogare che il modello dell'assoluto sia errato.
Citazione di: Kobayashi il 29 Gennaio 2021, 17:09:42 PM
Interessante quello che scrive Emile Benveniste nel suo "Vocabolario delle istituzioni indoeuropee" sulla nozione di libertà: il significato originario non è "essere libero da" ma è costruito positivamente sul concetto di appartenenza ad una comunità o una cerchia ristretta di persone che si considerano amici.
L'uomo libero si distingue dallo schiavo e dallo straniero proprio perché viene da una stirpe, da una comunità.
Se fosse libero solo perché non soggetto al potere di altri potrebbe far valere il proprio privilegio nei confronti dello schiavo, ma non dello straniero.
Secondo me Kobayashi "sicuro" deriva da "sè" - "curo".
Ossia della cura di se stessi, per poi stare con gli altri.
Un tema che nell'ermeneutica di Focault, è appena accenato, prima che il nostro sbarellasse sulla questione del sè.
Ossia delle forme di cura del sè, fino alla sicurezza delle carcerci etc...giù giù fino all'impossibilità della politica di liberarsi della giurisdizione.
Lungi da me voler parlare dei processi storici, allora non mi rimane che segnalarti come forse la parola sicurezza non c'entra niente con la sua coerenza interiore, grammatico formale, che si rifà ad un referente generale, bensì al suo spostamento semantico.
Manca sempre (almeno) un passaggio ai pensieri corti amico mio.
cit Ipazia
"A dimostrazione di ciò basti pensare alla libertà per una donna di girare la notte da sola senza fare cattivi incontri."
A proposito di ideologia, dovresti finalmente, un bel giorno, quando mai, spiegare come può una donna andare in giro di notte SENZA FARE cattivi INCONTRI. ;D
Perchè l'ideologia si nutre delle sue frasi fatte. Basta ripeterle a pappagallo.
Citazione di: green demetr il 31 Gennaio 2021, 19:13:03 PM
Ci provo, anche se mi piace ricordare che il pensare è la totalità del referente a cui alcuni alludono o almeno credo (vedi il post sciptum poco chiaro di Ipazia, veda la Ipazia di correggerlo, perchè non si capisce).
"P.S. la misura di tutte le cose non è le cose, il fondamento della misura. Ogni tanto, seppur metafisicheggianti, spezziamo una lancia a favore del referente !"
Il referente, l'universo, è il fondamento oggettivo della misura che può avere tutti i sacri crismi della logica, ma sempre a quel referente si deve applicare, rendendo aporetica ogni posizione metafisica relativista forte. Da Spinoza in poi la questione non è mutata.
Citazione di: green demetr il 31 Gennaio 2021, 19:28:20 PM
cit Ipazia
"A dimostrazione di ciò basti pensare alla libertà per una donna di girare la notte da sola senza fare cattivi incontri."
A proposito di ideologia, dovresti finalmente, un bel giorno, quando mai, spiegare come può una donna andare in giro di notte SENZA FARE cattivi INCONTRI. ;D
Perchè l'ideologia si nutre delle sue frasi fatte. Basta ripeterle a pappagallo.
Stavolta sono io a non capire. Ho usato un eufemismo soft. Avrei potuto essere realisticamente più truculenta.
Citazione di: green demetr il 31 Gennaio 2021, 19:13:03 PM
Devi specificare cosa intendi con aderenza, se non è identificazione.
Cosa è la coerenza interna? Se non che una forma formale? Ma poco prima alludevi all'importanza di non farlo diventare un pensiero solo sulla forma? quale sarebbe la coerenza interna rispetto alla forma, che non sia una forma?
Provo volentieri a spiegarmi meglio. L'aderire presuppone la
differenza fra qualcosa che aderisce e ciò a cui esso aderisce; la logica formale ha aderenza con il reale nel momento in cui, ad esempio, assegniamo i valori di verità alle proposizioni, passando dal valutare la
validità formale di un sillogismo al deciderne la
verità. Questa aderenza fra logica ed evidenza, verifica, etc. àncora il discorso evitando che vada alla deriva nei mondi possibili smettendo di parlare del mondo attuale. La logica aiuta il discorso a non perdere di aderenza, richiedendone la massa in atto (v. la compilazione dei valori di verità), tuttavia non c'è «identificazione» perché, per dirlo in sintesi, il discorso
sul mondo non
è (non si identifica con) il mondo.
Questa istanza di «aderenza», di adesione fra il ragionamento puramente formale e fatti, evidenze, fenomeni, etc. esterni al soggetto, è un "meccanismo di pensiero" che si basa,
per me, su un duplice monito: non ridurre tutto a una questione esclusivamente formale (perdendo aderenza con il "contenuto", il mondo) e non esimersi dal dare una forma coerente, comprensibile, una "logica", al proprio paradigma di lettura del mondo (così da non perdere il senso della relazione fra le categorie usate nel paradigma).
Con «coerenza interna» mi riferisco a un paradigma o, se preferisci, una lettura del mondo che non sia contraddittoria con se stessa, ovvero che, seppur solo abbozzata ed
in fieri, si ponga il problema di essere il più possibile funzionale (nel dar un senso coerente al mondo) e funzionante (nel non incepparsi in contraddizioni e ambigue licenze poetiche); fermo restando che, come detto, tale coerenza formale deve "riempirsi", o almeno cercare di aderire, alla realtà, al mondo esterno.
Citazione di: green demetr il 31 Gennaio 2021, 19:13:03 PM
E quale sarebbe la forma ben formata della logica di qualsiasi gruppo di appartenenza, o meglio, come tu scrivi, in un breve lasso di lucidità, gruppo politico.
Perchè mi pare che tu non ne parli, e non ne parli proprio mai.
Non intendo che ci sia
una unica «forma ben formata della logica di qualsiasi gruppo di appartenenza»(cit.), nel senso che c'è una medesima logica per tutti i gruppi; infatti poi specifico: «ciascuno secondo la sua logica». Proprio per questa assenza di unicità, non posso parlarti della «forma ben formata»(cit.), assoluta o ideale o altro, di
qualsiasi gruppo politico. Come suggerito sopra, secondo me la forma (o l
e differenti form
e) va utilizzata in aderenza al contenuto, o meglio, ai differenti contenuti (valori, proposte, etc.) dei vari gruppi politici. Non nascondo un manifesto disinteresse per la filosofia politica (almeno nei miei post), ma mi concederai che mettersi a discorrere qui delle molteplici logiche (non solo in senso formale) dei differenti orientamenti politici sarebbe comunque piuttosto
off topic (oltre a non essere per me un tema coinvolgente).
P.s.
Citazione di: green demetr il 31 Gennaio 2021, 19:13:03 PM
Solo dopo puoi arrogare che il modello dell'assoluto sia errato.
Non credo (né credo di aver affermato) che «il modello dell'assoluto sia errato», soprattutto se parliamo di "logica" (formale o intesa in senso lato); magari lo ritengo infalsificabile (che non significa errato), poco funzionale e funzionante (v. sopra), ma qualunque sia il mio giudizio in merito, non lo ritengo una "certezza oggettiva" (tantomeno una verità che mi "arrogo"), ma solo un'opinione, una prospettiva (e in quanto tale suscettibile alle più disparate peripezie esegetiche della suddetta aderenza che, dimenticavo, ovviamente non è sempre uguale per tutti, come ben dimostra la stimolante plurivocità di questo forum).
Citazione di: Phil il 31 Gennaio 2021, 21:53:35 PM
Citazione di: green demetr il 31 Gennaio 2021, 19:13:03 PM
Devi specificare cosa intendi con aderenza, se non è identificazione.
Cosa è la coerenza interna? Se non che una forma formale? Ma poco prima alludevi all'importanza di non farlo diventare un pensiero solo sulla forma? quale sarebbe la coerenza interna rispetto alla forma, che non sia una forma?
Provo volentieri a spiegarmi meglio. L'aderire presuppone la differenza fra qualcosa che aderisce e ciò a cui esso aderisce; la logica formale ha aderenza con il reale nel momento in cui, ad esempio, assegniamo i valori di verità alle proposizioni, passando dal valutare la validità formale di un sillogismo al deciderne la verità. Questa aderenza fra logica ed evidenza, verifica, etc. àncora il discorso evitando che vada alla deriva nei mondi possibili smettendo di parlare del mondo attuale. La logica aiuta il discorso a non perdere di aderenza, richiedendone la massa in atto (v. la compilazione dei valori di verità), tuttavia non c'è «identificazione» perché, per dirlo in sintesi, il discorso sul mondo non è (non si identifica con) il mondo.
Questa istanza di «aderenza», di adesione fra il ragionamento puramente formale e fatti, evidenze, fenomeni, etc. esterni al soggetto, è un "meccanismo di pensiero" che si basa, per me, su un duplice monito: non ridurre tutto a una questione esclusivamente formale (perdendo aderenza con il "contenuto", il mondo) e non esimersi dal dare una forma coerente, comprensibile, una "logica", al proprio paradigma di lettura del mondo (così da non perdere il senso della relazione fra le categorie usate nel paradigma).
Con «coerenza interna» mi riferisco a un paradigma o, se preferisci, una lettura del mondo che non sia contraddittoria con se stessa, ovvero che, seppur solo abbozzata ed in fieri, si ponga il problema di essere il più possibile funzionale (nel dar un senso coerente al mondo) e funzionante (nel non incepparsi in contraddizioni e ambigue licenze poetiche); fermo restando che, come detto, tale coerenza formale deve "riempirsi", o almeno cercare di aderire, alla realtà, al mondo esterno.
Citazione di: green demetr il 31 Gennaio 2021, 19:13:03 PM
E quale sarebbe la forma ben formata della logica di qualsiasi gruppo di appartenenza, o meglio, come tu scrivi, in un breve lasso di lucidità, gruppo politico.
Perchè mi pare che tu non ne parli, e non ne parli proprio mai.
Non intendo che ci sia una unica «forma ben formata della logica di qualsiasi gruppo di appartenenza»(cit.), nel senso che c'è una medesima logica per tutti i gruppi; infatti poi specifico: «ciascuno secondo la sua logica». Proprio per questa assenza di unicità, non posso parlarti della «forma ben formata»(cit.), assoluta o ideale o altro, di qualsiasi gruppo politico. Come suggerito sopra, secondo me la forma (o le differenti forme) va utilizzata in aderenza al contenuto, o meglio, ai differenti contenuti (valori, proposte, etc.) dei vari gruppi politici. Non nascondo un manifesto disinteresse per la filosofia politica (almeno nei miei post), ma mi concederai che mettersi a discorrere qui delle molteplici logiche (non solo in senso formale) dei differenti orientamenti politici sarebbe comunque piuttosto off topic (oltre a non essere per me un tema coinvolgente).
P.s.
Citazione di: green demetr il 31 Gennaio 2021, 19:13:03 PM
Solo dopo puoi arrogare che il modello dell'assoluto sia errato.
Non credo (né credo di aver affermato) che «il modello dell'assoluto sia errato», soprattutto se parliamo di "logica" (formale o intesa in senso lato); magari lo ritengo infalsificabile (che non significa errato), poco funzionale e funzionante (v. sopra), ma qualunque sia il mio giudizio in merito, non lo ritengo una "certezza oggettiva" (tantomeno una verità che mi "arrogo"), ma solo un'opinione, una prospettiva (e in quanto tale suscettibile alle più disparate peripezie esegetiche della suddetta aderenza che, dimenticavo, ovviamente non è sempre uguale per tutti, come ben dimostra la stimolante plurivocità di questo forum).
Il solito loop inutile.
Se il contenuto a cui il discorso deve aderire non è verificabile secondo una logica fondamentale, allora esistono infinite logiche.
E se esistono logiche infinite esistono infiniti gruppi politici.
Ma poichè tu non ti interessi ai gruppi politici, stai parlando di una logica che si poggia su delle logiche che non conosci,
Perciò l'inutilità del tuo assunto è che non sarai mai in grado di indicare l'aderenza di qualcosa a qualcos'altro.
(e dunque intutile, secondo ovvio il mio giudizio politico).
Invece se vogliamo andare avanti, devi, o dovresti ammettere che il contenuto è quello fenomenologico, il cui assunto di base è proprio l'unica aderenza possibile, quella ad un originario, poi frainteso dalla filosofia con un assoluto.
Ma non esiste una ab-soluzione, qualcosa che si assolve da se stesso. Qualunque principio auto-creatore, auto-ponente, non è mai un originario, è anzi l'infinito porsi politico, senza testa, senza pensiero, della politica contemporanea.
Da cui il discorso sul moderno a partire da Cartesio. (ovverso il discorso della politica, se lo trovate vedete il proffesore Giannini docente a Venezia, sono online le sue lezioni magistrali per quest'anno, veramente magistrali, veramente ottimo)
Ci vorrebbe insomma un gruppo di lettura a partire da Cartesio. (cartesio che poi si divide in spinoza e lebniz, che poi continua con tutti gli autori dell'800 (anche quelli pre-romantici come kante e leopardi) per arrivare finalmente alla grande scuola tedesca (hegel nietzche) e finisce finalmente nella sintesi di severino.
Ci vorrebbero gruppo di lettura...ma non riesco a leggere, ormai sono 12 anni di impossibilità alla lettura...vedremo se mi sbloccherò mai. La crisi corrente si sta adoperando a questo, infatti ho finito le sciocchezze individuali. Non funzionano più.
Addio o a presto. ;)
So benissimo che in fin dei conti non sei, e non sei mai staso un formalista all'americana caro Phil, è che vorrei di più da te. Ma va bene così.
cit Paul
"La sicurezza non è un valore morale quando sorge dalla necessità intrinseca ed implicita ad autoconservarsi per sopravvivere. La libertà non ha questa prerogativa , ne ha altre.
Quando Platone "fa parlare" Socrate della differenza fra piacere e virtù morali relazionate alla temperanza, non viene indicato il termine libertà, viene indicato in Repubblica quando discute sulle forme di governo. Il sottoscritto che si ritiene anarchico pensa alla libertà quasi assoluta socialmente, senza comandi, ordinamenti, regole: è una comunità che si autoregola. L'utopia sta nel fatto che per esercitare una libertà "suprema" deve essere necessariamente altissimo il livello di responsabilità."
Ma siamo d'accordo, il fatto è che la libertà che si fonda su forme di governo che prevedano una massa di schiavi alla sua base, come nel caso di Platone.
Dimentica proprio il concetto di libertà.
Io non capisco questa ammirazione verso Platone. Posso capire sui concetti metafisici di Platone, non ne ho idea però di quali siano, forse legati alla suo archetipo.
Su quello mi piace seguirti.
Ma non possiamo far finta che Platone stia parlando da una società che (in quanto società nei termini moderni, nemmeno esisteva) si basava su valori antidemocratici.
Il punto non è tanto nell'adattamento dell'uomo al sopravvivere.
Quanto nella forma del vivere, che parte dal sopravvivere.
Paragonare il sopravvivere (ossia la schiavitù nei termini Platonici, che ammette la schiavitù), come il sopravvivere dell'elite a cui Platone appartiene. Non è stessa cosa che parlare del sopravvivere dello schiavo. in quanto considerato alla stregua della bestia, ossia non considerato.
La rivoluzione francese è la rivoluzione degli oppressi, il suo grido di libertà, è della stessa libertà di cui godono le elite di sopravvivere (libertà= sopravvivenza), ma di poter sognare un domani migliore (libertà= libertà politica), come Platone lo sognava delle sue elite (in questo senso ben venga un socialismo, un libertarismo un qualsiasi altra soluzione ad alto contenuto morale).
In questo senso, il tentativo di sovvertimento top down che la rivoluzione era riuscita a inziare, con quest'ultimo scacco politico, a livello planetario, è l'ennesimo down-top che riporta le cose a prima della rivoluzione.
In questo senso i temi che si andremo ad affrontare, andranno emendati, uno per uno, anche raccogliendo in cocci di quello che è rimasto. Il compito del filosofo è soprattutto storico, non so sei d'accordo su questo Paul.
Ogni cosa va sempre all'infinito emendata. Questo è l'uomo, non l'uomo delle elite, ma l'uomo in sè, se vogliamo universale.
Citazione di: Ipazia il 31 Gennaio 2021, 19:39:53 PM
Stavolta sono io a non capire. Ho usato un eufemismo soft. Avrei potuto essere realisticamente più truculenta.
:D :D :D Per carità!! Non vorrei tirassi in ballo L'Africa, tentiamo di difendere il nostro piccolo orticello storicista ;) su quello siamo alleati. :)
Ciao Green,
gli antichi erano più avanti di noi......
Se lo schiavo è diverso dal padrone ,non è un problema di libertà, ma di diseguaglianza.
La rivoluzione comunista non ha reso più libero, ma più eguali.
Quindi attenzione a non confondere il mezzo con lo scopo .
Il privilegiato nella società borghese, vuole libertà per essere più libero e costruire quindi più diseguaglianza. Se non si capisce l'assunto fondamentale non si capisce nemmeno il fallimento teoretico e pratico di libertà e eguaglianza.
In natura, o se si vuole per natura, noi individui del genere umano, ma anche negli animali , la gerarchia della forza "bruta" animale viene spostata sulla "meritocrazia". In natura il più forte generalmente guida il branco carnivoro, in altre come nelle capre è la femmina più anziana che guida, eccetera. Merito e anzianità....guarda caso costituirono il passaggio dalla natura alla cultura.
Il problema umano culturale, amio parere, è che quel "merito" e la sua meritocrazia non può essere il discriminante per cui una persona è privilegiata troppo rispetto a chi ,faccio un esempio non ha talento. Questa meritocrazia detto in parole succinte non può discriminare su altri principi che sono la solidarietà e la fratellanza per tenere insieme la comunità . Perchè si costituiscono direi delle legittime pretese di chi vive nella miseria e di chi sperpera nell'agio (estremizzo il concetto per far capire). Come ho già scritto, la libertà ,che ritengo un concetto solo e tipicamente umano, nasce dalla consapevolezza che chi non ha talenti non è che aspira ad essere come il "migliore" "il genio",
perché è comunque consapevole dei suoi limiti e sa che l'altro gli è superiore per talento .
Quindi il meno talentuoso è disposto a farsi guidare dal più talentuoso , a patto che questi non se ne approfitti: questo per me è essenziale e prende il nome di giustizia, giustizia sociale.
La società" perfetta" a mio parere dovrebbe coniugare solo alcune fondamentali premesse, la prima è la sicurezza sociale individuale che permetta da vivere dignitosamente, senza tanti inutili fronzoli consumistici, il secondo consentire e dare la possibilità a chi ha talento di potere seguire la sua strada, perché una società culturalmente, scientificamente dotata dai più "bravi" e capaci è giusto che ne siano a capo, il terzo fondamentale è che chi ha questo talento e sarà sicuramente più ricco , non lo sia troppo rispetto a chi ha poco talento, perché o vige la solidarietà e fratellanza, oppure si genera odio e invidia. Chi ha talento, detto in altre parole, deve metterlo al servizio della comunità e quella comunità composta anche dai meno talentuosi avrà rispetto di lui.
Il circolo virtuoso ,proprio come nelle virtù, funziona se non si superano i limiti se non si eccede e il capitalismo non ha ( per sua natura) questo limite, la democrazia occidentale nel sistema liberale, non funziona politicamente quando addirittura crea praticamente una doppia stortura: la prima è di arricchire sempre di più i ricchi e impoverendo sempre più i poveri, il secondo è consentire che non funzioni né la meritocrazia e neppure la virtuosità della solidarietà sociale, mandando al potere degli inetti e incapaci, quindi smentendo la stessa meritocrazia che il liberismo in teoria vorrebbe fosse.
Nella realtà nostra, capitalistica e liberale, non è vero che i più capaci e talentuosi sono le "guide" della società , semmai sono i più biechi e meschini spesso con strane carriere di servilismo ad arrivare.
Platone, ricordiamocelo, fu scomodo al potere di Atene, tanto da esserne ucciso , trovò sempre da ridire ai governi che non seguivano le virtù e decadevano .E gli antichi a differenza di noi hanno vissuto praticamente tutte le forme di governo: dalla monarchia, all'aristocrazia, alla repubblica, alla democrazia, dal populismo alla tirannia......sia in Atene che a Roma.
Platone in "Repubblica" dice sostanzialmente cosa occorra affinché la Città funzioni bene e in maniera virtuosa. Il maniscalco che è bravo nel suo mestiere, faccia il maniscalco, l'agricoltore che conosce il suo mestiere, faccia l'agricoltore........ognuno sta al posto suo pertinente e chi governa ha la responsabilità del popolo intero, che sia un tiranno o un democratico e deve rispettarne le altrui competenze e deve mantenerle, senza mortificarlo.
L'equità e la giustizia sociale sta nel mantenere gli equilibri dove ciascuno può vivere dignitosamente, umanamente, materialmente. Sempre Platone ,come ho scritto, sa benissimo della corruttibilità che sta proprio nel potere e non o molto meno, nel popolo . Per questo è fortemente critico contro i poteri, non contro il popolo, perchè ritiene che il comportamento del popolo derivi dal modo di governare. Sa che la ricchezza privata di chi ha il potere è contraddittoria con la carica pubblica del potere sulla polis e ciò corrompe lo stesso Stato.
A me piacerebbe che un deputato e senatore dei nostri tempi presentasse il suo patrimonio, (non mi basta la denuncia IRPEF) PRIMA dell'investitura e poi la ripresenti a fine mandato..........se si è arricchito ....devolve al popolo la differenza. E vedremmo meno carrieristi......incapaci e inetti.
Identifico il temine sopravvivere come natura e il vivere come cultura. Quindi ritengo giusto che il vivere nella cultura umana, debba prima di tutto garantire la sopravvivenza materiale, fisica a tutti.
Chi erano gli schiavi? Un carcerato a vita come lo consideri? I deportati e i prigionieri di guerra come li definiresti? Erano nella stragrande maggioranza prigionieri di guerra, e forse per alcuni versi, non certamente tutti, avevano spiragli migliori .
Nella Roma antica, non so in Grecia, potevano addirittura comprare la loro libertà: i liberti.
Se la compravano questa libertà è perché per qualcosa ricevevano denaro .
Non vorrei essere frainteso, non stò benedicendo la schiavitù, sia chiaro, ma se l'alternativa fosse stata farsi una vita in carcere o essere uccisi a sangue freddo come prigionieri dopo una battaglia.......Erano servi senza nessun diritto, o pochi, ma potevano se erano talentuosi inserirsi nella società.
Uno dei primi a gridare libertà, fu Hegel con i suoi compagni di camera Holderlin e Schelling all'epoca della rivoluzione francese. Ma perché non ha scritto un libro sulla libertà, perché i filosofi generalmente non lo hanno mai fatto? Perché e lo ribadisco è implicito nella natura umana della consapevolezza, la libertà non è un fine è un mezzo, e nel momento in cui pensa e scrive un filosofo è il momento più libero che abbia ,crea ,costruisce un pensiero. Per Hegel è lo spirito il fine, una idea di spirito. La libertà nasce come il rifiuto di un limite, vissuto , e spesso interpretato, come costrizione mortificante del proprio essere e del proprio agire. Trovami nel codice civile vigente il termine libertà ......è implicito nel diritto , nel fare imprenditoriale, nel pensare umano, nel limite fra due diritti che litigano ,cioè la mia libertà finisce dove inizia la tua.....ma è intesa come persona che detiene in quanto cittadino dei diritti personali e materiali.
Per finire, l'uomo culturale, pone il problema della libertà come differenza e quindi come motivazione rivendicativa sociale , per cui ,a mio parere, la libertà non è antitesi né con la sicurezza e neppure con l'eguaglianza. Ritengo che il valore più alto sia la giustizia, che è anch'essa culturale, ma anticamente veniva interpretata come natura, natura metafisica, tanto che Platone pone il Bene come principio paradigmatico universale, che costruisce semmai l'equilibrio fra libertà, sicurezza, eguaglianza, e diventa "bene comune", o "bene pubblico" nella società umana.
Allora quella che tu definisci "elite" platonica, è l'uomo di talento, opportunamente formato (e la filosofia ne era il mezzo) al governo della Città, che ha caratteristiche umane e morali superiori, che è vigile, attento a quel bene comune, affinchè la città sia florida e i cittadini felici e virtuosi.
Agamben dice che nessuno può prevedere il futuro, ma se vogliamo almeno tentarci di capire, allora bisogna guardare indietro all"archeologia": sono d'accordo.
Salve paul11. Citandoti : "A me piacerebbe che un deputato e senatore dei nostri tempi presentasse il suo patrimonio, (non mi basta la denuncia IRPEF) PRIMA dell'investitura e poi la ripresenti a fine mandato..........se si è arricchito ....devolve al popolo la differenza. E vedremmo meno carrieristi......incapaci e inetti."
Mah, penso che la cosa si possa fare ! Non credo ci saranno serie obiezioni da parte degli interessati. Dovrebbe essere sufficiente fondare un nuovo movimento chiamato magari "N(u)ove Stelle - i Cinque Stelle sono impegnati in altre manovre e non potrebbero collaborare).
Tornando ai Rappresentanti del Popolo coinvolti, ovviamente essi non avranno la minima idea di cosa siano i conti esteri, le tangenti in contanti, i regali ai prestanome, il nepotismo extrafiscale.......................... Idealistici saluti.
cit Phil
"Con «coerenza interna» mi riferisco a un paradigma o, se preferisci, una lettura del mondo che non sia contraddittoria con se stessa, ovvero che, seppur solo abbozzata ed in fieri, si ponga il problema di essere il più possibile funzionale (nel dar un senso coerente al mondo) e funzionante (nel non incepparsi in contraddizioni e ambigue licenze poetiche); fermo restando che, come detto, tale coerenza formale deve "riempirsi", o almeno cercare di aderire, alla realtà, al mondo esterno."
Stavo pensando che in fin dei conti, la tua è una politica.
(Ci eravamo lasciati male, sul fatto che non vuoi interessarti alla politica)
Infatti fai l'errore gravissimo di non intendere che se presupponi una logica funzionale, allora essa sarà funzionale ad una idea di mondo, infatti tu parli di senso del mondo.
E mi pare che effettivamente sia così.
Ma è l'aderenza che costringe, poichè la potenza della funzione è legata alla rappresentazione del fenomeno, ad ipotizzare, ALLORA un mondo funzionale come senso stesso del Mondo.
Che poi è esattamente ciò che compete alla scienza.
La scienza riproduce un Mondo, che è il frutto della sua funzione logica, di ripetizione dell'esperimento.
Di cambiamento della condizione iniziale, in una successiva.
E' all'interno di questo cambiamento, che la logica riempie, ancillarmente, e se funzionale (quale tu proponi), delle stesse categorie, che invece dovrebbe controllare, all'interno di una ricostruzione di UN mondo fra i mondi.
E che invece finisce per raccontare solo UN mondo senza poter per questo affermare che ne esistano altri.
In quanto se formalmente corretta, non possono pre-esisterle.
Ovviamente l'attacco della filosofia è proprio sul carattere postulante di tale affermazioni.
SE ovviamente intese non al funzionamento della stessa, logica, ma del senso del mondo.
La logica sotterra qualsiasi nozione del mondo, allorquando stesso, utilizza le categorie della scienza.
Motivo di perenne discussione fra noi.
Infatti è politica. Ed è il motivo per cui fai resistenza, al non adoperarla. Il che è già qualcosa. 8)
Cit Paul
"Allora quella che tu definisci "elite" platonica, è l'uomo di talento, opportunamente formato (e la filosofia ne era il mezzo) al governo della Città, che ha caratteristiche umane e morali superiori, che è vigile, attento a quel bene comune, affinchè la città sia florida e i cittadini felici e virtuosi.
Agamben dice che nessuno può prevedere il futuro, ma se vogliamo almeno tentarci di capire, allora bisogna guardare indietro all"archeologia": sono d'accordo."
Si forse ci siamo parzialmente riallineati.
Ma secondo me l'uso delle parole ha uno specimen filosofico-politico.
A mio parere parlare di sicurezza, e non di differenza di sicurezza, o meglio ancora di libertà, rischia di diventare, per te, un grave problema di carattere positivo rispetto ai saperi che sono in marcia contro Platone, e non solo.
MA
Come forse hai letto, e ti consiglio vivamente il video che cito nel topic da me aperto sulla compiutezza dei tempi.
Ormai è ora di voltare pagina.
Non solo Platone, ma ormai più nemmeno il rinascimento (che poi era la strada che stavo seguendo) può più fare niente.
Quindi rimane la parte storica, per capirci, per intenderci meglio. Credo cha la parte politica, in fin dei conti quella più propriamente filosofica, ha oggi ormai dismesso, per sempre, la sua giacchetta storicista.
Che sia ripartire da Platone o addirittura prima o dopo, oggi ha smesso di avere senso.
Non ci può essere più ripartenza.
In questo senso, l'analisi archeologica del concetto di sicurezza, che senso avrebbe?
Nè più nè meno che quello logico formale. Infatti entrambi i metodi ripetono a pappagallo quello che INGSOC ha già deciso in partenza.
Fino ad oggi è stata una resistenza da lontano. Oggi non c'è più resistenza.
Benvenuti nell'età della sicurezza, della politica e di qualsiasi altra parola CHE "verrà ripensata".
Dunque che fare? che era poi l'antica domanda che facevo già nell'altro forum, ora solo in lettura.
E' semplice si tratta di procedere avanti. Di diventare storici, l'archeologia rimane come nei piedi della mia citazione, una semplice suono, una melodia di uno splendido passato, che era presente, ed ora è diventato niente.
Si tratta di mettere in melodia, in tragedia, in commedia ciò che ormai non può che procedere in un agonica involuzione su se stessa. La linea retta del marxismo, e il cerchio delle religioni, diventeranno un punto sbiadito nelle memorie. Anzi non ci saranno più memorie. E dovremo/dovrò abituarmi a questo semplice scandire i giorni i secondi e le ore. 8)
Forse non è più filosofia, è diventata qualcos'altro, come nelle intuizioni più nere di Sini. Nere ovviamente per me. Per lui solo l'ennesimo transito.
L'archeologia storica aiuta ad approfondire tematiche fondamentali per avere un migliore esercizio critico sul presente.
La sicurezza sociale significa che ognuno tende alla propria tranquillità economica prima di tutto e poi ai comfort, proprie passioni, tempo libero, ecc.
Sono convinto che chi eserciti il potere queste cose le sa e l'analitica pragmatista ha affinato gli strumenti socio economici. Il punto è che chi sta meglio vuole stare sempre più meglio e quindi necessariamente confligge con chi vorrebbe solo tranquillità e non mira chissà cos'altro. E questo non solo è ingiusto, ma controproducente al fine di una comunità di qualunque estensione e luogo geografico. Quindi la sicurezza sociale di chi ha le redini del potere non corrisponde alla sicurezza sociale dei singoli componenti del popolo, perché i primi rompono le scatole ai secondi.
Bisogna fare altri tipi di analisi che né socialismi ,nè comunismi o quant'altro hanno saputo o voluto fare. Il popolo DEVE sapere che l'economia non è sommatoria neutra, c'è sempre qualcuno che guadagnando di più immiserisce altri e questo ribadisco, va contro l'esigenza della sicurezza.
Quello che guadagna di più è il primo a urlare di essere "più libero", non vuole che gli si facciano i conti in tasca, non vuole essere controllato , vuole continuare a speculare economicamente nel sotterfugio . La trasparenza politica si scontra da sempre contro l'oscurantismo privato.
Questa privacy che serve a niente al popolano, se non a cliccare in continuazione sui siti in internet peri cookies e firmare pacchi di carte per fare operazioni elementari e comuni, sono il retrobosco dove si nascondono i prestanome, i prestaborse, e i loro capi bastone, perchè il sistema economico è simile ad un sistema mafioso.
Bisogna allora scoperchiare i privilegi giuridici sedimentati nella storia, personalità giuridica divisa dalla personalità fisica, bisogna far capire come il sistema bancario genera denaro dal nulla , come sia una farsa e una illusione pensarci che tutti diventeremmo più ricchi , questa corsa di illusi alla mobilità sociale, di credere che i propri figli diventeranno chissà cosa.........
Se vogliamo riprenderci noi stessi, è ora di smascherare i miti della modernità che sono ben più oscuri , ben sedimentati e inculcati nella mente popolare
Salve paul11. Citandoti : "bisogna far capire come il sistema bancario genera denaro dal nulla".
Finanziariamente sono un ignorante, ma questa per me è nuova: pensavo invece che gli interessi sul capitale fossero il corrispettivo :
- in piccola parte, del rischio di inesigibilità di un prestito;
- in assai più gran parte, il corrispettivo monetario, finanziario, dell'aumento del volume dei beni prodotti da quella certa società la quale mette in banca i propri soldi. Se nel 2020 il raccolto di grano è stato di 1000 tonnellate al prezzo di mercato medio di 100 Euro, in banca ci saranno 100.000 Euro. Se poi nel 2021 il raccolto sarà di 1200 tonnellate al prezzo di mercato (leggermente diminuito per via dell'abbondanza del raccolto) di 90 Euro............... gli Euro in banca diventeranno 108.000.
Non saprei..........qualcuno più esperto potrebbe spiegarmi ?. Saluti.
Più correttamente: la forma denaro genera valore dal nulla. Un nulla particolare, un nulla politico, un nulla fatto di potere politico.
Bisogna fare un discorso originario.
Una moneta , una banconota, un titolo, sono fisicamente dei pezzi di carta che trasformano un bene fisico/naturale in "pezzi di carta" che a loro volta ritrasformano in beni fisici .Uno è natura .l'altro è "convenzione "culturale.
Qual è il paradigma di un'invenzione di una moneta e poi della banconota bancaria e infine della moneta elettronica? La convertibilità del corso legale di una moneta deciso da una sovranità.
C'è l'obbligo di accettare una moneta di corso legale, ma nel codice civile è anche scritto che il deposito bancario è PROPRIETA' della banca, non più del depositante, dietro una "promessa di debito" della banca di restituire il denaro. Bisogna capire bene le strade della costruzione del debito/credito per capire il meccanismo economico finanziario.
Fin quando le banconote, che sono emesse dalla banca centrale e non direttamente dallo Stato (lo stato conia la moneta ed è prettamente per ragioni fiscali) che infatti hanno apposta la firma del presidente della banca centrale, erano convertibile in un bene fisico, l'oro e storicamente metalli preziosi fino al ...nickel di cui erano costituite le monete sovrane, significava che portando una banconota in banca ,quest'ultima doveva dare il corrispettivo in oro in cambio della moneta.
Cominciamo allora a focalizzare alcuni concetti: la moneta metallica storica, poi la banconota bancaria, trasformano, cambiano un bene fisico in una quantità di oro contenuta nella moneta, in una quantità di oro che ra la riserva bancaria fino agli anni Settanta del secolo scorso e infine in una "promessa di pagamento".
Per essere chiari quando vi è una convertibilità, come c'è stata in oro, la quantità di banconote messe dalla banche centrali non poteva superare (teoricamente) la quantità convertibile di oro depositati appunto come riserve nei forzieri delle banche.
E' questa "riserva obbligatoria bancaria" che è saltata, ed è saltato il paradigma della convertibilità della banconota. Significa che le banconote vengono prodotte dalle banche centrali dal "nulla". Qualcuno potrebbe dire che non è proprio così, perché le banche centrali, ma anche quelle commerciali, acquistano titoli e azioni, ma attenzione.....tutto ,ma proprio tutto è costruito sulla "promessa di pagamento", non c'è nulla di paradigma fisico in questo.
Se prima c'era il limite fisico dell'oro a cui doveva corrispondere le quantità in valore cambiario, era appunto la quantità d'oro a limitare l'emissione di banconote.
Queste promesse di debito sono antiche e già allora esisteva l'usura, in quanto un prestito era determinato da un saggio d'interesse sul capitale e fin dall'antichità ciclicamente avveniva che i sovrani azzeravano i debiti poiché l'economia era "drogata" dalle promesse di pagamenti e adatto che la generazione dell'interesse economico è sempre superiore al capitale inziale, la quantità di denaro non era più sufficiente a coprire tutte le promesse di pagamento .........i saggi d'interesse allora salgono , i prezzi di mercato salgono, l'inflazione sale, e infine può avvenire una svalutazione della moneta o il collasso monetario .
Quindi ricordiamoci che è storico che l'economia tenda prima o poi ciclicamente a creare crisi economica.
Il termine banconota nasce dalla "nota di banco" che un finanziere ,le prime banche emettevano ad esempio verso un commerciante. Era il primo titolo di "pagherò". Nel medioevo portare con sé nei viaggi commerciali la moneta fisica era rischioso per via dei furti, svaligiamenti, assalti a carrozze.
Questo titolo ovviava anche questo problema, e permetteva al commerciante di presentare all'arrivo del viaggio il titolo di nota di banco presso le già allora esistenti "filiali" bancarie, per riscuotere il denaro e fare commercio. Così nacque la cambiale il Toscana, così nascerà l'assegno...ormai obsoleti.
La famiglia Medici , con Cosimo , nasce dal commercio e dalla finanzia, non nasce da origini di nobiltà. Divenne così potente da prestare denaro ad esempio a Napoli nella sua ricostruzione del tempo. La famiglia Rotchschild finanziava persino le guerre agli imperatori.
Il peso della finanza non è una scoperta moderna, è semmai moderno il sistema giuridico economico che di fatto legittima i privati a creare titoli di debito dietro una promessa di debito di un "pagherò".
Ritornando alle banche attuali, la banca centrale, banca d'Italia, o BCE in Europa, decide la quantità di riserve in banconote che deve detenere obbligatoriamente qualunque banca commerciale.
Dovrebbe essere l'1% sui depositi, il 35% sui mutui ipotecari su immobili, ecc.
Significa che il rapporto fra riserve obbligatorie detenute dalle banche non copre assolutamente la quantità di debito di tutte le transazioni economiche, significa che se tutti vanno a riscuotere banconote in banca chiudendo i conti correnti, non c'è banconota sufficiente.
Significa che questa economia tende ovviamente a gonfiarsi a creare bolle economiche che si concluderanno con insolvenze, anche per quella generazione di interesse economico che ulteriormente aumenta giorno dopo giorno i montanti finali rispetto ai capitali iniziali .
La banca, l'economia vive sul debito e sulla diluizione temporale dei debiti/crediti, delle attività e passività, dei conti patrimoniali e del conto economico .
Lo Stato sovrano cosa fa? Nulla......e questo è il vero punto fra rapporto pubblico e privato, fra costruzione di privilegi giuridico economici , fra legalità e legittimità.
Una banca centrale per quanto sancita e voluta da un ordinamento sovrano, quale può essere uno Stato o una federazione di Stati ,come gli USA o come chissà la futura Europa, è di fatto svincolata giuridicamente dallo Stato sovrano, anzi è la banca centrale che finanzia il debito pubblico dello Stato acquistando insieme alle banche commerciali nelle aste dei tioli il debito.....ed è ovvio il ricatto economico dell'intero sistema bancario verso lo Stato.
Ulteriormente bisogna dire, riferito a dati di due ,tre anni fa, che la quantità di moneta fisica era meno dell1%, che la quantità di banconote era meno del 7% e che più del 90% complessivo era "moneta elettronica". Se teniamo conto che le banconote non sono emesse dallo Stato ,ma dalle banche centrali, .....cosa diavolo controllo lo Stato, quale è il ruolo dello Stato all'interno del complesso sistema economico e giuridico?
Spero di aver non dico chiarito, ma posto in risalto alcune perplessità.
La conclusione è che quella "sicurezza" che il tranquillo e onesto e laborioso cittadino compie ogni giorno per costruirsela, in realtà è anche questa un'utopia in questo sistema distorto.
Come in un ossimoro: questa sicurezza è insicura.
Salve paul11- Grazie della lezione. Quindi il discorso finanziario, portato alla sua attualità, genera il proprio utile e la propria "necessità" sul fatto che esistano i debiti pubblici degli stati che nessun "politico" può e vuole veder "ripianato". Anche perchè - dinnanzi ad una simile prospettiva di rigore ed onestà amministrativa, i primi ad opporsi sarebbero appunto banche e finanza.
In parole semplici, il mercatismo va avanti grazie ad una sorta di "Catena di S.Antonio" fino a che qualcuno dirà "Stop, finora abbiamo scherzato ! Chi ha dato ha dato............chi ha avuto ha avuto..........sgomberati i morti ed i feriti inizia il prossimo giro". Saluti.
Citazione di: paul11 il 25 Febbraio 2021, 15:06:01 PM
L'archeologia storica aiuta ad approfondire tematiche fondamentali per avere un migliore esercizio critico sul presente.
La sicurezza sociale significa che ognuno tende alla propria tranquillità economica prima di tutto e poi ai comfort, proprie passioni, tempo libero, ecc.
Sono convinto che chi eserciti il potere queste cose le sa e l'analitica pragmatista ha affinato gli strumenti socio economici. Il punto è che chi sta meglio vuole stare sempre più meglio e quindi necessariamente confligge con chi vorrebbe solo tranquillità e non mira chissà cos'altro. E questo non solo è ingiusto, ma controproducente al fine di una comunità di qualunque estensione e luogo geografico. Quindi la sicurezza sociale di chi ha le redini del potere non corrisponde alla sicurezza sociale dei singoli componenti del popolo, perché i primi rompono le scatole ai secondi.
Bisogna fare altri tipi di analisi che né socialismi ,nè comunismi o quant'altro hanno saputo o voluto fare. Il popolo DEVE sapere che l'economia non è sommatoria neutra, c'è sempre qualcuno che guadagnando di più immiserisce altri e questo ribadisco, va contro l'esigenza della sicurezza.
Quello che guadagna di più è il primo a urlare di essere "più libero", non vuole che gli si facciano i conti in tasca, non vuole essere controllato , vuole continuare a speculare economicamente nel sotterfugio . La trasparenza politica si scontra da sempre contro l'oscurantismo privato.
Questa privacy che serve a niente al popolano, se non a cliccare in continuazione sui siti in internet peri cookies e firmare pacchi di carte per fare operazioni elementari e comuni, sono il retrobosco dove si nascondono i prestanome, i prestaborse, e i loro capi bastone, perchè il sistema economico è simile ad un sistema mafioso.
Bisogna allora scoperchiare i privilegi giuridici sedimentati nella storia, personalità giuridica divisa dalla personalità fisica, bisogna far capire come il sistema bancario genera denaro dal nulla , come sia una farsa e una illusione pensarci che tutti diventeremmo più ricchi , questa corsa di illusi alla mobilità sociale, di credere che i propri figli diventeranno chissà cosa.........
Se vogliamo riprenderci noi stessi, è ora di smascherare i miti della modernità che sono ben più oscuri , ben sedimentati e inculcati nella mente popolare
Si è vero. Infatti mi correggo, più che contare le ore, bisogna lavorare sodo sul'archeologia dei saperi.
Citazione di: viator il 26 Febbraio 2021, 13:04:22 PM
Salve paul11- Grazie della lezione. Quindi il discorso finanziario, portato alla sua attualità, genera il proprio utile e la propria "necessità" sul fatto che esistano i debiti pubblici degli stati che nessun "politico" può e vuole veder "ripianato". Anche perchè - dinnanzi ad una simile prospettiva di rigore ed onestà amministrativa, i primi ad opporsi sarebbero appunto banche e finanza.
In parole semplici, il mercatismo va avanti grazie ad una sorta di "Catena di S.Antonio" fino a che qualcuno dirà "Stop, finora abbiamo scherzato ! Chi ha dato ha dato............chi ha avuto ha avuto..........sgomberati i morti ed i feriti inizia il prossimo giro". Saluti.
Si aggiungo qualcosa rispetto a Paul
Il meccanismo credito:debito è ciò che garantisce l'investimento generale.
La bolla sarebbe un credito infinito rispetto ad un investimento generale infinito futuro.
Il processo di moltiplicazione per cui se tutti i creditori andassero in banca a ritirare denaro contante, non ce ne sarebbe abbastanza, si sta via via risolvendo grazie all'introduzione delle blockchain, ossia un tessuto informatico che garantisca la possibilità di scambio DIRETTO, via moneta elettronica, senza bisogno della cambiale carta moneta.
Questo sarà sempre più importante perchè l'intero sistema mondiale si sta cablando su una riconversione informatica planetaria e servono crediti altissimi. (pensiamo alle somme da capogiro per andare su marte, giusto per scegliere qualcosa di non polemico, ma gli ambiti sensibili sono tantissimi, molti li conosceremo tra qualche anno, se non proprio che tra qualche mese.
Naturalmente la moltiplicazione viene garantita dagli stati e dalle banche centrali, che contrattano sulle forme di rimborso, rispetto ai crediti emessi, sopratutto a livello monetario (certo anche asset azionari, beni di stato etc..etc...)
Questa cosa (economia di greenberg) è salita agli onori delle cronache a partire dal 1989, quando di fronte alla crisi delle insolvenze degli stati e dei privati, si è ricorso ad un incremento di pompaggio di denaro (quantitative easing) di dimensioni 1 a 80 (mettiamo). Quindi se lo stato aveva un debito di 1 (e non riusciva a ridarlo indietro, in termini di pil) ora ha un debito di 80 fittizio (ma un credito da reinvestire per guadagnare almeno quell'1 reale!!! cosa che si fa ancora fatica a fare, è questo il problema dell'italietta)
Dopo la pandemia si è immesso ancora più denaro, e ora siamo tipo 1 a 100 (poi uno si va a vedere le effettive grandezze del quantitative easing, per esempio in america quest'anno c'è il 20% in più di moneta (credito).
Siamo al passaggio decisivo per l'Italia, se non ce la fa nemmeno ora, nemmeno con Draghi, che riscuote per lo meno la fiducia per non subire i solito attacchi specultativi, che stanno mettendo le banche in croce.
Bè ragazzi sperimao di no DAI.
Non è per niente una catena di San Antonio dunque, è anzi un problema ciclopico, a cui il mondo dei privati, delle banche e degli stati deve porre rimedio, tramite una AUGMENTATIO tecnica dei bisogni e delle commodities.
L'Italia per ora se la sta cavando vendendo tutti i suoi asset, le sue aziende etc...ma è evidente che prima o poi dovrà dotarsi delle sovrastrutture per l'implementazione algoritmica delle commodities della nuova rivoluzione informatica, realtà aumentata etc..
Cosa che dovrebbe risolvere il problema delle insolvenze.
Purtroppo l'immobilismo partitico, le mafie, la speculazione finanziaria al ribasso del nostro paese, ci hanno messo in una urgenza di conversione, che temo spazzerà via tutte quelle attività di medio-piccola impresa.
Per cui si sta già parlando di un allargamento delle risorse destinate al reddito sociale.
Ossia alla massa di nuovi poveri che inevitabilmente l'Italia vedrà crescere sempre di più.Ma gradualmente e con ammortizzatori sociali (vedi tutto il tema dei rimborsi per le mancate entrate).
E' un processo lungo e doloroso, le cui priorità saranno l'ascesa delle BIG PHARMA, prima piani-antivaccinali, e poi economy green, col lo scopo mica tanto occulto, di pianificare una necessità di commodities (la salute come commodities, anzitutto, green economy= industria 4.0 (vitual gaming (realtà aumentata), social networking, social control, social behaviourism, social dependency..etc..etc...ci aggiorneremo man mano che le meraviglie si affacceranno sul mercato)
Insomma una società globale sempre più interconnessa e debitrice dei creditori che gli lo permetteranno (i grandi gruppi industriali).
Per stare in tema: la sicurezza sarà il credito a cui un lavoro di nuovo genere (non so bene quale) farà da contrappeso debitorio.
Quindi un sistema ben pensato, nessun "sistema Ponzi". Razionalmente bisogna saper dire le cose come stanno.
ps
naturalmente il tema dell'nflazione, del terrore dei mercati, del default degli stati, sarà sempre un controcanto sterile alla questione principale. Ossia la corsa alle nuove comodità!!! (beni di consumo)
Salve Green Demetr. Grazie anche a te. Serviva proprio il tuo intervento per capire come l'umanità riuscirà a sopravvivere semplicemente gonfiando "a dirigibile" la propria voracità di benefits, utilities, commodities. Saluti.