Scrive Jung:"Non tutti i sogni hanno la stessa importanza. Già i primitivi distinguevano tra "piccoli" e "grandi" sogni. [...]A ben guardare i piccoli sogni sono frammenti della fantasia che compaiono ogni notte, provengono dalla sfera soggettiva e personale e, quanto al loro significato, si esauriscono nella vita quotidiana. La loro validità non va oltre le oscillazioni quotidiane dell'equilibrio psichico. Vi sono invece sogni pregni di significato, i quali spesso sono conservati nella memoria per tutta la vita, e formano non di rado il nucleo racchiuso nel forziere degli eventi psichici. [...] Essi contengono i cosiddetti «motivi mitologici» o «mitologemi», che io ho definito col termine di archetipi [...] e provengono dagli strati più profondi dell'inconscio collettivo. La loro significatività trapela - a prescindere dall'impressione soggettiva - già fin dalla loro plasticità, che mostra non di rado forza e bellezza poetiche. Essi si presentano perlopiù in periodi decisivi della vita, vale a dire nella prima giovinezza, durante la pubertà, a mezzo del cammino (fra i trentasei e i quarant'anni), e in cospectu mortis ". [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.313]"Come si sa per esperienza, l'inconscio ha una indipendenza estrema. Se non l'avesse, non potrebbe esercitare la sua funzione peculiare: la compensazione della coscienza. La coscienza è ammaestrabile come un pappagallo, non così l'inconscio. Esso è e rimane una parte della natura che non può venir né corretta né corrotta; i suoi segreti possono soltanto essere intravisti, non manipolati." [JUNG: Psicologia e alchimia - pg.52]"I simboli prodotti dall'inconscio significano molto di più di quanto si possa saperne di primo acchito. Essi trovano il loro significato nel tendere, ogni volta che sono compresi, a compensare e a integrare nel senso della totalità un atteggiamento della coscienza non adeguato, che cioè non adempie al suo scopo". [JUNG: Studi sull'Alchimia - pg.323/24]Analogamente, i miti possono essere visti come i grandi sogni o le visioni dell'umanità; e la loro funzione, come nel caso dei sogni individuali, è quella di compensare dialetticamente gli squilibri della coscienza storica attraverso l'apporto di quei contenuti culturali (sentimenti, idee, valori etici, ecc.) che in certi momenti storici "di passaggio" sono carenti o assenti presso le culture nelle quali essi compaiono. Per esempio, la figura evangelica del Dio che si incarna come uomo (Cristo) e come fratello amoroso dell'uomo appare in un'epoca in cui prevaleva la mitica figura vetero-testamentaria - un po' squilibrata - di un Yawè-Padre-padrone, giudice severo e giustiziere iroso e vendicativo. La funzione compensatrice del mito cristiano è evidente: <<La legge per l'uomo, non l'uomo per la legge>>.Dunque, il mito appartiene alla categoria dell'arte: esso è principalmente letteratura (saghe, racconti, poemi, favole, ecc.), ma può anche esprimersi come arte plastica o pittorica. Ed è l'arte sacra rinascimentale quella che maggiormente evidenzia questo carattere compensatorio degli squilibri della visione religiosa dominante. Ebbene, uno degli "squilibri" più fuorvianti dell'esegetica cattolica consiste nell'aver sottratto la figura di Cristo dalla dimensione spirituale-simbolica che le è propria ed averla "secolarizzata" nelle vesti di un personaggio storico reale vissuto duemila anni fa. Cosicché, da una parte il culto di Gesù si trasforma in una vera e propria "idolatria" e, dall'altra, il significato evangelico di "buona novella", di "annuncio di un futuro Messia salvatore-redentore" cade nell'ombra, privando l'intero Disegno di Salvezza del suo "baricentro" futuro naturale, cioè, della sua autentica ragione d'essere. In una certa misura la evangelica "seconda venuta del Messia" o del "Secondo Adamo" (Giovanni 14:1-3, Ebrei 9:28, Apocalisse 22:12, Matteo 24:37-39 e 23-26, Tito 2:11-14, Luca 21:34-36, ecc.) compensa questo squilibrio temporale, ma non abbastanza da lasciar intendere chiaramente che i racconti biblici sono *solo annunci* mitico-simbolici di una Redenzione e di una Salvezza non ancora realizzate (del resto, se l'umanità fosse stata redenta dal "primo Avvento", quale sarebbe lo scopo di un "secondo Avvento"?).Ebbene, l'arte sacra rinascimentale cerca di compensare questo "malinteso spazio-temporale" nelle forme più varie e originali. La più ricorrente è quella che cambia tempo e luogo alla storia di Cristo, trasportandola dall'Israele di duemila anni fa all'Europa contemporanea degli autori, cioè, all'epoca rinascimentale:http://3.bp.blogspot.com/-7l5wmS0M5qE/UhCWhdMjG1I/AAAAAAAAAIo/AdvANjukJOA/s1600/01+Cristo+chiavi,+Perugino.jpg
http://2.bp.blogspot.com/-T-x1QzO9lTM/UhCWO8NTsXI/AAAAAAAAAIA/UE3EQ3VWiiw/s1600/02+Annunciazione,+van+der+Weyden.jpg
http://4.bp.blogspot.com/-4JPQLsKf9Os/UhCWUZ1hpUI/AAAAAAAAAIQ/LH76d4yoXNQ/s1600/03+Annunciazione,+van+Eyck.JPG
http://3.bp.blogspot.com/-peGEp7uwrnc/UhCWTvyOr9I/AAAAAAAAAII/-DuhF85MVGM/s1600/04+Annunciazione,+Botticelli.jpg
http://4.bp.blogspot.com/-WrdZtseFk38/UhCWanRYxXI/AAAAAAAAAIY/U2UfJVH3Wbw/s1600/05+Crocifisso,+Giovanni+Bellini.jpg
http://4.bp.blogspot.com/-cuEfMxJ1CGo/UhCXDHsDnAI/AAAAAAAAAJw/dnkWWVwOFKE/s1600/06+Madonna+con+Bambino,+Cima+da+Conegliano.jpg
http://2.bp.blogspot.com/-T0yDm1sZje0/UhCWgGapi-I/AAAAAAAAAIg/BlvL8WFUskY/s1600/07+Nativit%C3%A0,+David,+1515.jpg
Nella seguente "Natività" del Ghirlandaio, sull'estremità della colonna centrale è addirittura scolpita in caratteri romani una data: 1485 http://3.bp.blogspot.com/-bfYfaEKcJjw/UhCWliLGpuI/AAAAAAAAAIw/IQ0HTMr40Tc/s1600/08+Nativita,+Ghirlandaio.jpg
Nelle due seguenti raffigurazioni della Natività sono presenti due particolari che non dovrebbero comparire se i dipinti volessero davvero rappresentare una Natività avvenuta 1500 anni prima: due immagini del Crocifisso. La prima (Van der Weyden) è appesa sulla colonna centrale dietro alla Vergine,
http://4.bp.blogspot.com/--BHynI2sR4Q/UhCW77L8X4I/AAAAAAAAAJI/ywq6A2hNENM/s1600/09+Nativit%C3%A0,+Van+der+Weyden.jpg...come per sottolineare che si tratta di una seconda nascita, di un secondo avvento del quale il "Cristo antico" era solo l'annuncio.Nella seconda figura (L. Lotto) il Crocifisso è in alto a sinistra del dipinto:
http://4.bp.blogspot.com/-izAQhteksxI/UhCWqJpMwWI/AAAAAAAAAI4/oxE6aGHgN7I/s1600/10+Nativit%C3%A0,+Lorenzo+Lotto,+1523.jpgUn'altro tentativo di "de-secolarizzare" la figura di Cristo è quello di negare direttamente la sua storicità e di affermare la sua natura di immagine simbolica.Se, infatti, osserviamo questo dipinto di Giotto (il Giudizio finale):http://2.bp.blogspot.com/-Q13GAtrymd8/UhdErnKgoMI/AAAAAAAAAKA/pOPH-oHIr9Y/s1600/Giudizio+Finale,+Giotto.jpgnon è difficile leggervi un messaggio tendente a far apparire l'intera scena evangelica non come un evento storico, ma come una sorta di "scenografia teatrale", una rappresentazione simbolica, un'immagine pura, un racconto mitico ispirato dal cielo. La chiave di questo messaggio è rappresentata dai due angeli (ánghelos = messaggero) in alto a desta e a sinistra della figura nell'atto di srotolare (o di arrotolare) i bordi di quella che appare, così, come una vera e propria immagine di fondo di un palcoscenico allestita da registi celesti.Lo stesso tipo di messaggio è stato espresso anche in altre forme. Per esempio: nelle seguenti rappresentazioni il personaggi sacri sono rappresentati non come persone reali, ma come immagini del personaggio:http://3.bp.blogspot.com/-C_JKu8ibTog/UhfH3WpJdbI/AAAAAAAAAKU/1tR4zdLRwG0/s1600/13+Veronica+sorretta+da+due+angeli+2.pnghttp://4.bp.blogspot.com/-WWQeIbFUMhY/UhfH3KjH2dI/AAAAAAAAAKQ/E20PBAShKvw/s1600/12+van+der+Weyden,+Cristo-veronica+1,+dal+Trittico+Crocefissione,+sec.+XV,+particolare.jpghttp://2.bp.blogspot.com/-iFKUsFcg1fo/UhfH6veVfCI/AAAAAAAAAKo/3gQmq0pnR-Q/s1600/14+Madonna+della+Vallicella.jpgMi fermo qui, ma esistono molte altre opere rinascimentali che cercano di correggere/smentire il dogma cristiano - ancora oggi dominante - di un Gesù storico che ha *realmente* compiuto dei miracoli (moltiplicazione dei pani e dei pesci, trasformazione dell'acqua in vino, resurrezione di Lazzaro, ecc.) e che poi è *realmente* morto, risorto e salito fisicamente al cielo.L'arte, in definitiva, non si limita a riprodurre il mito, ma lo ricrea, lo ripresenta in modo tale da chiarire gli aspetti che nella versione originaria erano stati espressi in maniera oscura o ambigua, se non addirittura errata.Scrive infatti Jung: <<In ciò sta l'importanza sociale dell'arte: essa lavora continuamente all'educazione dello spirito contemporaneo facendo sorgere le forme che più gli difettano. Volgendo le spalle alla manchevolezza presente, l'ispirazione dell'artista si ritrae sino a raggiungere nel suo inconscio l'immagine primordiale che potrà compensare nel modo più efficace I'imperfezione e la parzialità dello spirito contemporaneo. Essa s'impossessa di questa immagine, e traendola dal più profondo inconscio per ravvicinarla alla coscienza, ne modifica la forma in modo che essa possa essere accetta all'uomo d'oggi, a seconda delle sue capacità. Il tipo dell'opera d'arte, cioè, ci permette di trarre conclusioni sul carattere dell'epoca in cui essa è apparsa. Che cosa rappresentano, per la loro epoca, il naturalismo e il realismo? Che cos'è il romanticismo? Che cos'è l'ellenismo? Sono orientamenti dell'arte che misero in luce quanto v'era di più necessario per l'atmosfera spirituale di ogni epoca. L'artista come educatore della sua epoca, ecco un soggetto sul quale oggi ci si potrebbe a lungo intrattenere.I popoli e le epoche hanno, come i singoli individui, i loro orientamenti e i loro caratteristici atteggiamenti interiori. L'espressione "atteggiamento" tradisce già la parzialità inevitabile di ogni orientamento determinato. Orientamento significa esclusione; l'esclusione sta a significare che una determinata quantità di elementi psichici, che potrebbero anch'essi vivere, non sono autorizzati a manifestarsi, poiché non corrispondono più all'atteggiamento generale. L'uomo normale può tollerare senza danno l'indirizzo generale; ma il vero vantaggio per I'artista, è la sua relativa incapacità di adattamento; essa gli permette di tenersi lontano dalle grandi vie comuni, di seguire la propria ispirazione e di scoprire ciò che manca inconsapevolmente agli altri. Come nel singolo individuo l'unilateralità dell'atteggiamento cosciente è corretta da reazioni inconsce di compensazione, così I'arte rappresenta, nella vita delle nazioni e delle diverse epoche, un processo di compensazione spirituale>>. [JUNG: Psicologia e poesia - pp. 48-49]
E' vero. Ci sono sogni e sogni.
Alcuni ti accompagnano per tutta la vita.
Ecco il mio sogno memorabile fatto a circa 4 anni.
Un uomo in una vasca impasta cemento.
Sul muro di fronte c'e una finestra.
Gli uomini diventano statue ,
ma nessuno si affaccia.
Ma forse i sogni più interessanti sono quelli che a un certo punto della tua vita ti chiedi se li hai vissuti o li hai sognati davvero.
Quelli che si mischiano inestricabilmente col vissuto.
P.S.Nell'Annunciazione di Van Eyck:http://4.bp.blogspot.com/-4JPQLsKf9Os/UhCWUZ1hpUI/AAAAAAAAAIQ/LH76d4yoXNQ/s1600/03+Annunciazione,+van+Eyck.JPGsi noti - nella parete di fondo, in alto - la presenza di una vetrata gotica raffigurante il Cristo Pantocratore:https://www.quadri-e-stampe.it/media/kunstdrucke-poster/eyck-van-jan--maria-verkuendigung-787763.jpgche ribadisce ancora la natura non-storica del "primo Gesù", la sua essenza di mito-annuncio ("Vangelo" deriva da "euangelion": "eu"= "buono" e "àngelos" = "messaggio, notizia"). Un annuncio a cui fa eco il tema centrale del dipinto: l'Annunciazione dell'angelo a Maria.
Nell'arte la dimensione astorica e atemporale del sacro gioca (secondo me) un duplice ruolo: da un lato, serve ad attualizzare il sacro (divinità o altro) inserendolo nella contemporaneità dell'artista, che è un modo per "(re)impossessarsene" e/o per celebrare la vitalità ancora pulsante del sacro, senza relegarlo ad un passato ormai lontano ed emotivamente distante. Da l'altro lato, la traslazione storica che decontestualizza gli eventi (biblici o altro), serve a sottolineare che il valore trascendente del sacro non è legato alla scansione del tempo umanamente intesa, per cui il conforto della Madonna, il sacrificio di Cristo, etc. sono sempre presenti, non hanno data perché il loro "senso" ha "durata" infinita.
Per dirla in sintesi, il sacro può essere presentificato/presantificato dall'autore nella sua epoca perché il suo valore trascende il tempo umano ed è, a suo modo, sempre (nel) presente.
L'appropriazione e la rivisitazione laica dei temi religiosi in quanto classici (ovvero senza tempo) sono una pratica artistica anche della contemporaneità da Dalì (la "crocifissione cubista", la Madonna di Port Ligur, la Pietà) fino a "the other Christ" di Andres Serrano.
P.s.
Sarebbe comunque interessante allargare il discorso anche alle altre religioni.
Dipende.
Lo scopo principale di Jung è quello di impedire alle forze dell'inconscio di sovvertire il regno del soggetto.
Egli chiama i suoi incubi spettri, e con essi va interrogandosi fino alla pazzia della sua ultima produzione.
Ovviamente per me è la seconda parte la parte più interessante.
Sono solo all'inizio del suo capolavoro le nozze mistiche, mysterium coniunctione.
Egli Carlo non indaga il Cristo storico, che è una aberrazione del pensiero altrimenti abissale dell'ebraismo.
Il cristianesimo è una aberrazione.
Per me che sono stato chiamato da lui, in un momento molto triste della mia esistenza, coinciso con la pasqua, è stata dura capire, come potevano convivere le due cose.
Come inizio se vi ricordate, pendevo per la lettura del vangelo di Giovanni.
Ma effettivamente l'utente "bach qualcosa" mi fece capire che il Giovanni è insieme al Paolo il fautore del gesù storico.
Ovvero del Dio che si rende Testimonianza in quanto uomo Gesù.
Oggi comincio a pensare che invece il vangelo mi chiama ma solo nella sua dimensione gnostica.
Che credo sia quella indagata anche da Jung.
Ossia del Cristo Esoterico.
La scelta è fatta per me.
Purtroppo devo ancora leggere i tuoi post sul sogno. Altre urgenze mi chiamano.
In questo senso per quanto riguarda la parte artistica, ho sempre considerato l'arte come una mera estetica, un gioco per annoiati signorotti della borghesia.
Niente a che vedere nè col Cristo Storico, nè con quello Esoterico.
Saluti.
Citazione di: green demetr il 07 Maggio 2019, 00:29:58 AM
In questo senso per quanto riguarda la parte artistica, ho sempre considerato l'arte come una mera estetica, un gioco per annoiati signorotti della borghesia.
Troppa modestia: povera arte. Quasi un regurgito di platonismo, della sua parte più caduca. L'arte vale assai di più: è sempre stata un potente mezzo ideologico a disposizione di poteri Storici e sette Esoteriche ed Essoteriche. Forse è il caso di meditare sulla
prossimità che Wittgenstein pone, e su cui lo stesso Nietzsche si sofferma, tra estetica ed etica, tra καλός e ἀγαθός.
Citazione di: green demetr il 07 Maggio 2019, 00:29:58 AM
In questo senso per quanto riguarda la parte artistica, ho sempre considerato l'arte come una mera estetica, un gioco per annoiati signorotti della borghesia.
Niente a che vedere nè col Cristo Storico, nè con quello Esoterico.
CARLO
E cos'altro è il Vangelo, se non arte letteraria?
Citazione di: Phil il 06 Maggio 2019, 16:07:23 PM
Nell'arte la dimensione astorica e atemporale del sacro gioca (secondo me) un duplice ruolo: da un lato, serve ad attualizzare il sacro (divinità o altro) inserendolo nella contemporaneità dell'artista, che è un modo per "(re)impossessarsene" e/o per celebrare la vitalità ancora pulsante del sacro, senza relegarlo ad un passato ormai lontano ed emotivamente distante. Da l'altro lato, la traslazione storica che decontestualizza gli eventi (biblici o altro), serve a sottolineare che il valore trascendente del sacro non è legato alla scansione del tempo umanamente intesa, per cui il conforto della Madonna, il sacrificio di Cristo, etc. sono sempre presenti, non hanno data perché il loro "senso" ha "durata" infinita.
Per dirla in sintesi, il sacro può essere presentificato/presantificato dall'autore nella sua epoca perché il suo valore trascende il tempo umano ed è, a suo modo, sempre (nel) presente.
CARLO
Certo, il mito è tutto questo; esprime valori universali, in un certo senso eterni. Ma esso è rivolto all'uomo storico reale, quindi è anche dialogo vivo con la storia. Non si limita, cioè, a "far piovere" sulla storia immagini archetipe universali ma, attraverso di esse, risponde dialetticamente agli interrogativi e alle inquietudini epocali dell'uomo storico, del popolo particolare in cui esso fiorisce; proprio come il sogno fa con l'individuo:
<<Se la nostra interpretazione di un sogno non ha fatto centro, o se rimane in qualche modo incompleta, potremo constatarlo eventualmente sulla scorta del sogno successivo. Per esempio il motivo precedente viene ripetuto un'altra volta in una versione più chiara, oppure la nostra precedente interpretazione viene demolita da una parafrasi di tono ironico, oppure ancora, ecco subentrare invece un'opposizione diretta, accanita. [...]
La ricompensa per l'interpretazione esatta è un soffio di vitalità, mentre l'interpretazione errata si condanna da sé ristagnando, suscitando resistenza, dubbio e soprattutto reciproco insabbiamento>>. [JUNG: Psicologia dell'inconscio - pg.175]
<< «È senz'altro probabile che i miti corrispondano ai residui di fantasie e di desideri di intere nazioni, e cioè ai sogni secolari della giovane umanità» (Freud). Anche Rank vede parimenti nel mito il sogno collettivo di tutto un popolo>>. [JUNG: Simboli della trasformazione - pg.37]
<<Come nella storia dei popoli gli archetipi appaiono sotto forma di miti, così si presentano anche in ciascun individuo, e il loro effetto è più potente; è, cioè, maggiore la loro antropomorfizzazione della realtà, là dove la coscienza è più limitata o più debole e dove, di conseguenza, la fantasia può sopraffare i dati del mondo esterno. Questa condizione è indubbiamente presente nel bambino durante i suoi primi anni di vita>>. [JUNG: Archetipi e inconscio collettivo - pg.70]
Citazione di: Ipazia il 07 Maggio 2019, 08:10:19 AM
Forse è il caso di meditare sulla prossimità che Wittgenstein pone, e su cui lo stesso Nietzsche si sofferma, tra estetica ed etica, tra καλός e ἀγαθός.
Per come la vedo (
en passant rispetto al topic): in pubblico, l'etico è estetico (è "bello" fare ciò che è giusto); in privato, l'estetico è etico (è "giusto" fare ciò che è bello).
Non a caso, la forza radicale del giudizio divino sarebbe quella di poter sbirciare anche nel privato (fin dentro l'intimo della psiche?).
Attualmente, il rovesciamento dialettico fra etico ed estetico, mi pare sempre più malcelato (per quanto dissimulato ai limiti dell'inconsapevole), essendo nell'epoca delle "case di vetro", della privacy difficile da tutelare, della religione/morale fai-da-te, dei sincretismi concilianti, etc.
Che, sotto le loro mentite spoglie assolutistiche, καλός e ἀγαθός cambino di pari passo con le epoche, è il classico segreto del Pulcinella omertoso: «si sa, ma non si dice».
La dialettica è congiuntiva, convergente: è bello fare ciò che è giusto ed è giusto fare ciò che è bello.
Quindi l'estetica (arte) non è una compensazione, ma parte integrante della filosofia, collettiva e individuale. Come la tecnologia, utilizzabile nel bene e nel male, che la filosofia insegna a discriminare. Secondo lo spirito dei tempi. Si sa e conviene, in ossequio alla verità, pure dirlo.
Citazione di: Ipazia il 07 Maggio 2019, 20:24:09 PMLa dialettica è congiuntiva, convergente: è bello fare ciò che è giusto ed è giusto fare ciò che è bello.
Non vorrei deviare troppo il discorso proposto da Carlo, ma il fatto che possa sembrare «bello fare ciò che è giusto», per me confonde la bellezza
estetica con la "bellezza spirituale", delle "anime belle" (per quello scrissi «bello» fra virgolette). Ciò che è giusto, per definizione, andrebbe fatto, ed è un fare etico che in sé non (ri)guarda all'estetica; ad esempio, se è giusto rinchiudere un colpevole, non mi pare ci sia bellezza
estetica in tale azione (per quanto si possano scrivere anche poesie al riguardo, ma la
scelta etica e la
scelta estetica a malapena si sfiorano).
Viceversa, «è giusto fare ciò che è bello», senza mettere il «giusto» fra virgolette, rischia di subordinare il giusto al bello che è, almeno socialmente, inaccettabile (difficilmente una mamma darà tale consiglio al proprio figlio)
Se consideriamo le due espressioni assieme, dialettizzandole con un ardito
coup de theatre, mi pare che il senso classico di etica ed estetica vada in cortocircuito, producendo un leggero residuo estetico: è infatti una frase ad effetto (estetico); la morale che ne traspare (assist; te ne dovevo almeno uno) è «la morale dell'esteta», per quanto sia una (est)etica ad alto rischio inattualità (e immoralità, almeno comunemente intesa).
Chiaramente, è possibile talvolta fare un gesto bello e giusto, ma l'eccezione non fa
la regola; inoltre, le regole del bello
estetico non sono le regole del giusto
etico (a quanto sembra); la loro occasionale convergenza è forse solo una fortuita (fortunata?) eterogenesi dei fini.
Citazione di: Phil il 07 Maggio 2019, 22:20:21 PM
Citazione di: Ipazia il 07 Maggio 2019, 20:24:09 PMLa dialettica è congiuntiva, convergente: è bello fare ciò che è giusto ed è giusto fare ciò che è bello.
PHIL
...
se è giusto rinchiudere un colpevole, non mi pare ci sia bellezza estetica in tale azione (per quanto si possano scrivere anche poesie al riguardo, ma la scelta etica e la scelta estetica a malapena si sfiorano).
CARLO
Io direi che "bello" e "giusto" sono fratelli di sangue
solo nell'accezione
più alta (o più profonda) di significato di entrambi i termini. Infatti la giustizia non è affatto bella quando sbatte in galera un criminale, ma è semplicemente
utile alla collettività. Per essere anche bella dovrebbe agire in modo tale da indurre il criminale a prendere piena consapevolezza del crimine commesso e a condividere fino in fondo lo stesso dolore procurato alle vittime, tanto da essere mosso ad un sincero atto di pentimento e di sottomessa implorazione di perdono. ...Ecco, tutto ciò sarebbe anche bello, così com'è bella, per esempio, la scena del pentimento e della richiesta di perdono da parte di fra' Cristoforo ai congiunti dell'uomo da lui assassinato:
https://youtu.be/jGySJwka750?t=375
...o la conversione dell'Innominato:
https://youtu.be/24uvvFjY6iI
Ma in questi casi è la giustizia divina che ha agito, non la giustizia carceraria.
Citazione di: Carlo Pierini il 07 Maggio 2019, 23:43:46 PM
Citazione di: Phil il 07 Maggio 2019, 22:20:21 PM
Citazione di: Ipazia il 07 Maggio 2019, 20:24:09 PMLa dialettica è congiuntiva, convergente: è bello fare ciò che è giusto ed è giusto fare ciò che è bello.
PHIL
...
se è giusto rinchiudere un colpevole, non mi pare ci sia bellezza estetica in tale azione (per quanto si possano scrivere anche poesie al riguardo, ma la scelta etica e la scelta estetica a malapena si sfiorano).
CARLO
Io direi che "bello" e "giusto" sono fratelli di sangue solo nell'accezione più alta (o più profonda) di significato di entrambi i termini. Infatti la giustizia non è affatto bella quando sbatte in galera un criminale, ma è semplicemente utile alla collettività. Per essere anche bella dovrebbe agire in modo tale da indurre il criminale a prendere piena consapevolezza del crimine commesso e a condividere fino in fondo lo stesso dolore procurato alle vittime, tanto da essere mosso ad un sincero atto di pentimento e di sottomessa implorazione di perdono. ...Ecco, tutto ciò sarebbe anche bello, così com'è bella, per esempio, la scena del pentimento e della richiesta di perdono da parte di fra' Cristoforo ai congiunti dell'uomo da lui assassinato:
https://youtu.be/jGySJwka750?t=375
...o la conversione dell'Innominato:
https://youtu.be/24uvvFjY6iI
Ma in questi casi è la giustizia divina che ha agito, non la giustizia carceraria.
P. S.
...E adesso una breve sintesi:
https://youtu.be/c9CxZnsbY04
Citazione di: Carlo Pierini il 07 Maggio 2019, 23:43:46 PM
Io direi che "bello" e "giusto" sono fratelli di sangue solo nell'accezione più alta (o più profonda) di significato di entrambi i termini. Infatti la giustizia non è affatto bella quando sbatte in galera un criminale, ma è semplicemente utile alla collettività. Per essere anche bella dovrebbe agire in modo tale da indurre il criminale a prendere piena consapevolezza del crimine commesso e a condividere fino in fondo lo stesso dolore procurato alle vittime, tanto da essere mosso ad un sincero atto di pentimento e di sottomessa implorazione di perdono. ...
Sì, tralasciando l'ipotesi trascendente, mi pare questo il significato della relazione etica-estetica che nel loro limite trascendentale - in alto - si congiungono. Portando la questione al livello del suolo, una società umana deve tendere ad un grado di bellezza e armonia tale da rendere raccapricciante ogni sua violazione etica. Prevenendo, piuttosto che punendo e redimendo il crimine. Venendo ancora più terra-terra: il degrado estetico è presupposto di degrado morale. Laddove si lavora per la bellezza (nel territorio, lavoro, rapporti sociali ed umani) si lavora anche per la giustizia. L'assenza delle quali produce una reazione emotiva, il disgusto, in cui è difficile - ed in ciò sta pure una dimostrazione empirica - districare la componente etica dall'estetica. Pensiamo ad una catasta di cadaveri da pulizia politico-etnico-religiosa.
Più che come compensazione (concetto
psicologico) vedrei pertanto l'arte come completamento della sfera
antropologica nel "tutto" etico-estetico-tecnologico che caratterizza l'universo antropologico. L'assenza di bellezza che si vede nelle lavorazioni centrate sullo sfruttamento umano è indicatore di degrado morale. La ricerca ha prodotto persino una sua scienza della bellezza applicata al lavoro: si chiama ergonomia. L'architettura lo fa nel campo dell'ethos per eccellenza: l'abitare.
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 10:09:24 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 07 Maggio 2019, 23:43:46 PM
Io direi che "bello" e "giusto" sono fratelli di sangue solo nell'accezione più alta (o più profonda) di significato di entrambi i termini. Infatti la giustizia non è affatto bella quando sbatte in galera un criminale, ma è semplicemente utile alla collettività. Per essere anche bella dovrebbe agire in modo tale da indurre il criminale a prendere piena consapevolezza del crimine commesso e a condividere fino in fondo lo stesso dolore procurato alle vittime, tanto da essere mosso ad un sincero atto di pentimento e di sottomessa implorazione di perdono. ...
IPAZIA
Sì, tralasciando l'ipotesi trascendente, mi pare questo il significato della relazione etica-estetica che nel loro limite trascendentale - in alto - si congiungono.
CARLO
Se tralasci "l'ipotesi trascendente", <<in alto>> significa solo <<ad alta quota sul livello del mare>>.
Al mio paese, infatti, il termine <<trascendentale>> è un aggettivo che significa <<di natura trascendente>> o <<riferito a ciò che è trascendente>>, checché ne dica Kant con le sue mistificazioni verbali tese a
separare - artificiosamente e in modo assoluto - l'Io ("trascendent-ale")
da Dio ("trascendente").
Il tuo paese vale al tuo paese. Kant è riconosciuto ovunque. Prima dell'evoluzionismo, il suo trascendentale ha liberato il cogito dai fantasmi ultraterreni. Di questo, Dio-che-non-c'è gliene renda merito.
"In alto" significa che le funzioni della psiche da cui prendono forma tanto l'etica che l'estetica si incrociano, come le funzioni trascendentali matematiche, in un punto molto alto della parabola evolutiva antropologica laddove il "tutto" antropologico approda hegelianamente alla piena autocoscienza di sè.
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 13:09:38 PM
Il tuo paese vale al tuo paese. Kant è riconosciuto ovunque. Prima dell'evoluzionismo, il suo trascendentale ha liberato il cogito dai fantasmi ultraterreni. Di questo, Dio-che-non-c'è gliene renda merito.
CARLO
Il Dio-che-non-c'è non può rendergliene merito, perché il
"trascendente" kantiano indica proprio la realtà divina.
Quindi considerare il
"trascendent-ale" come qualcosa che è assolutamente altro dal "trascendente" è solo una truffa verbale di chi vuole tenere il piede in due staffe, cioè di chi vuole esiliare il "trascendente" in un limbo inaccessibile all'esperienza umana. Il "trascendent-ale" kantiano, infatti, non è né immanenza, né trascendenza, né carne né pesce, non sta né in cielo né in terra, come tutte le mistificazioni filosofico-verbali o le invenzioni truffaldine degne di questo nome.
Una mistificazione, cioè, studiata a tavolino a fini commerciali: vendere la propria filosofia al mercato più ampio possibile, quello degli ateo-agnostici, e quello dei credenti! Una pagliacciata da "Arlecchino servo di due padroni".
Da Wikipedia:
<<Al centro della commedia "Arlecchino servitore di due padroni"
troviamo Truffaldino, servo di due padroni, che, per non svelare il suo inganno e per perseguire il suo unico intento, ovvero mangiare a sazietà, intreccia la storia all'inverosimile, creando solo equivoci e guai>>.
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 10:09:24 AM
una società umana deve tendere ad un grado di bellezza e armonia tale da rendere raccapricciante ogni sua violazione etica.
Questo "dovere" (im)posto dal basso all'alto, racconta di un dover-essere desiderato, che ha luogo "altrove" (nelle altezze iperuraniche) e rappresenta l'ottimo; mi sembra nondimeno un dovere, o meglio, un
volere etico che cerca appoggio sull'estetica, trovandolo solo nel "bello" di una politica utopica.
Per me la "bellezza" dell'armonia sociale (per quanto auspicabile) è una metafora e ha ben poco di estetico (nel senso di "artistico", con cui se ne parlava nel topic).
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 10:09:24 AM
il degrado estetico è presupposto di degrado morale.
L'estetica dell'urbanistica di massa, il pubblico decoro, etc. non mi pare siano il cuore dell'estetica dell'arte (né l'estetica filosoficamente intesa). Chi conosce le periferie problematiche sa che la loro brutta presentazione agli occhi dei visitatori non è né causa né effetto della moralità di chi vi risiede, ma solo effetto del livello di reddito e dell'occupazione lavorativa degli abitanti, oltre che della tipologia di interventi pubblici.
Se mettessimo le riproduzioni di capolavori artistici sulle pareti di una fabbrica cinese e facessimo vestire i suoi operai da Armani (non è un messaggio promozionale, sostituitelo a piacere), il fatto che loro lavorino 12 ore al giorno, senza ferie, etc. diventerebbe più "bello e giusto"?
Che in un'officina meccanica ci sia grasso, pareti "affumicate", puzza di gomma e benzina, calendario Pirelli, etc. lo rende un ambiente moralmente degradante?
L'estetica Il decoro non è l'etica.
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 10:09:24 AM
Laddove si lavora per la bellezza (nel territorio, lavoro, rapporti sociali ed umani) si lavora anche per la giustizia.
Assunto che non mi convince: in fondo, i boss mafiosi hanno belle ville, gare d'appalto illegali costruiscono anche bei condomini, i "caporali" danno lavoro cancellando la brutta scena dei disoccupati in strada, etc. o anche, più banalmente, un
writer che lavora a un graffito (illegale), un cittadino che decora con i fiori l'aiuola di una rotonda pubblica (illegale), non lavorano per la giustizia, tuttavia lavorano, a loro modo, per una bellezza estetica.
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 10:09:24 AM
una reazione emotiva, il disgusto, in cui è difficile - ed in ciò sta pure una dimostrazione empirica - districare la componente etica dall'estetica. Pensiamo ad una catasta di cadaveri da pulizia politico-etnico-religiosa.
Anche Guernica di Picasso rappresenta una scena "brutta" moralmente, ma è anche brutta esteticamente? Se non distinguiamo etico ed estetico finiamo in ostaggio del linguaggio metaforico (con annessa sindrome di Stoccolma).
Il suscitare disgusto per il suo
contenuto (guerra, etc.) proposto dall'arte, non è il suscitare disgusto per la sua mera presenza (cadaveri, etc.) proposto dalla realtà immediata; è proprio il "meccanismo" di mediazione/rappresentazione che rende tali l'arte e l'estetica (evitando, per amor di sintesi, i dibattiti più contemporanei in merito).
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 10:09:24 AM
L'assenza di bellezza che si vede nelle lavorazioni centrate sullo sfruttamento umano è indicatore di degrado morale.
Rimanga fra noi, in confidenza, piramidi e templi non piacciono nemmeno a me, ma non diciamolo in giro...
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 10:09:24 AM
La ricerca ha prodotto persino una sua scienza della bellezza applicata al lavoro: si chiama ergonomia.
L'ergonomia non è il dominio della funzionalità, concedendo il minimo sindacale alla bellezza nel suo asservimento a scopi di vendita (non all'estetica)?
Nonostante la vaga parentela, il
design non è sinonimo di ergonomia; non a caso Vitruvio distingueva fra «bellezza» e «funzionalità» (con «solidità» a completare la sua "trinità progettuale").
Citazione di: Phil il 08 Maggio 2019, 15:53:58 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 10:09:24 AM
una società umana deve tendere ad un grado di bellezza e armonia tale da rendere raccapricciante ogni sua violazione etica.
Questo "dovere" (im)posto dal basso all'alto, racconta di un dover-essere desiderato, che ha luogo "altrove" (nelle altezze iperuraniche) e rappresenta l'ottimo; mi sembra nondimeno un dovere, o meglio, un volere etico che cerca appoggio sull'estetica, trovandolo solo nel "bello" di una politica utopica.
Per me la "bellezza" dell'armonia sociale (per quanto auspicabile) è una metafora e ha ben poco di estetico (nel senso di "artistico", con cui se ne parlava nel topic).
Chiaro che si tratta di un modello ideale, ma vale pure come ricetta. La
città ideale è sintesi di bellezza architettonica e funzionalità degli spazi urbani per l'armonica fruibilità della polis, nel rispetto della triade vitruviana.
Citazione di: Phil il 08 Maggio 2019, 15:53:58 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 10:09:24 AM
il degrado estetico è presupposto di degrado morale.
L'estetica dell'urbanistica di massa, il pubblico decoro, etc. non mi pare siano il cuore dell'estetica dell'arte (né l'estetica filosoficamente intesa). Chi conosce le periferie problematiche sa che la loro brutta presentazione agli occhi dei visitatori non è né causa né effetto della moralità di chi vi risiede, ma solo effetto del livello di reddito e dell'occupazione lavorativa degli abitanti, oltre che della tipologia di interventi pubblici.
Infatti ho detto presupposto, non sintomo o prodotto. Un bene comune ben manutenuto stimola l'etica della sua buona conservazione. Lasciato degradare stimola il degrado e svalorizza l'esistenza che vi si svolge.
CitazioneSe mettessimo le riproduzioni di capolavori artistici sulle pareti di una fabbrica cinese e facessimo vestire i suoi operai da Armani (non è un messaggio promozionale, sostituitelo a piacere), il fatto che loro lavorino 12 ore al giorno, senza ferie, etc. diventerebbe più "bello e giusto"?
Che in un'officina meccanica ci sia grasso, pareti "affumicate", puzza di gomma e benzina, calendario Pirelli, etc. lo rende un ambiente moralmente degradante?
L'estetica Il decoro non è l'etica.
Ipotesi assai forzata. Un ambiente di lavoro scadente non veste Armani e non mette riproduzioni artistiche nei suoi cessi lerci. Nella mia lunga esperienza di ambienti di lavoro ho sempre verificato che le buone condizioni ambientali vanno di pari passo con il rispetto verso i lavoratori e stimolano buone relazioni lavorative (etica).
Citazione di: Phil il 08 Maggio 2019, 15:53:58 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 10:09:24 AM
Laddove si lavora per la bellezza (nel territorio, lavoro, rapporti sociali ed umani) si lavora anche per la giustizia.
Assunto che non mi convince: in fondo, i boss mafiosi hanno belle ville, gare d'appalto illegali costruiscono anche bei condomini, i "caporali" danno lavoro cancellando la brutta scena dei disoccupati in strada, etc. o anche, più banalmente, un writer che lavora a un graffito (illegale), un cittadino che decora con i fiori l'aiuola di una rotonda pubblica (illegale), non lavorano per la giustizia, tuttavia lavorano, a loro modo, per una bellezza estetica.
I bei condomini fatti con la sabbia che crollano accanto ai palazzi secolari ? ;D Nulla da dire sulle ville dei boss, ma il territorio che le circonda ? ;D I caporali prosperano sulla brutta scena delle baraccopoli e dello sfruttamento inumano. La bellezza è un valore sociale che ha un costo economico incompatibie col degrado sociale: quando si investe in bellezza sui beni comuni e si lavora per conservarla si produce anche giustizia sociale perchè si socializza a vantaggio di tutta la popolazione una parte della ricchezza sociale privatizzata. Se poi viene fatto anche di libera gratuita iniziativa si compie un gesto altamente etico insieme al gesto estetico.
Citazione di: Phil il 08 Maggio 2019, 15:53:58 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 10:09:24 AM
una reazione emotiva, il disgusto, in cui è difficile - ed in ciò sta pure una dimostrazione empirica - districare la componente etica dall'estetica. Pensiamo ad una catasta di cadaveri da pulizia politico-etnico-religiosa.
Anche Guernica di Picasso rappresenta una scena "brutta" moralmente, ma è anche brutta esteticamente? Se non distinguiamo etico ed estetico finiamo in ostaggio del linguaggio metaforico (con annessa sindrome di Stoccolma).
Il suscitare disgusto per il suo contenuto (guerra, etc.) proposto dall'arte, non è il suscitare disgusto per la sua mera presenza (cadaveri, etc.) proposto dalla realtà immediata; è proprio il "meccanismo" di mediazione/rappresentazione che rende tali l'arte e l'estetica (evitando, per amor di sintesi, i dibattiti più contemporanei in merito).
Il brutto artistico è un invito etico alla catarsi, memoria, indignazione, reazione. Esso non è sussumibile al brutto reale nella sua brutta valenza etico/estetica di una catasta di morti ammazzati resa nella sua in-mediatezza.
Citazione di: Phil il 08 Maggio 2019, 15:53:58 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 10:09:24 AM
L'assenza di bellezza che si vede nelle lavorazioni centrate sullo sfruttamento umano è indicatore di degrado morale.
Rimanga fra noi, in confidenza, piramidi e templi non piacciono nemmeno a me, ma non diciamolo in giro...
Se il risultato di quelle lavorazioni talvolta è ingannevole, non lo è di certo la lavorazione in atto. Lì bisogna andare per giudicare dell'eticità delle condizioni di lavoro. Bisogna frequentare i luoghi di lavoro, non limitarsi all'esito produttivo. E spesso si conferma il rapporto diretto tra etica ed estetica.
Citazione di: Phil il 08 Maggio 2019, 15:53:58 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 10:09:24 AM
La ricerca ha prodotto persino una sua scienza della bellezza applicata al lavoro: si chiama ergonomia.
L'ergonomia non è il dominio della funzionalità, concedendo il minimo sindacale alla bellezza nel suo asservimento a scopi di vendita (non all'estetica)?
Nonostante la vaga parentela, il design non è sinonimo di ergonomia; non a caso Vitruvio distingueva fra «bellezza» e «funzionalità» (con «solidità» a completare la sua "trinità progettuale").
L'ergonomia è l'adeguamento della macchina, del processo produttivo e del munufatto all'uomo, quindi in controtendenza rispetto al dogma capitalistico di adeguamento dell'uomo alla macchina e al manufatto. Infatti nei luoghi di lavoro va insegnata ed imposta per legge. Alla fine risulta anche più produttiva della sua assenza e questa è la sua carta vincente (dimostrando tra l'altro che lavoro e capitale non hanno alcuna progettualità comune a prescindere). Il design è altra cosa, pur avendo una correlazione con l'ergonomia nella comune partecipazione alla "causa formale" della produzione e fruizione di un bene d'uso. Non a caso la rivoluzione funzionalista della secessione viennese puntò molto sul design innovando anche il gusto estetico.
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 17:15:18 PM
Chiaro che si tratta di un modello ideale, ma vale pure come ricetta. La città ideale è sintesi di bellezza architettonica e funzionalità degli spazi urbani per l'armonica fruibilità della polis, nel rispetto della triade vitruviana.
Eppure, quanta immoralità potrebbe abitare comodamente la città ideale... bella e dannata, perché no?
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 17:15:18 PM
Un bene comune ben manutenuto stimola l'etica della sua buona conservazione. Lasciato degradare stimola il degrado e svalorizza l'esistenza che vi si svolge.
Un monumento abbandonato alle intemperie, mal conservato, svalorizza l'
esistenza che si svolge nei suoi pressi? Questione di "valori", quindi non entro nel labirinto del tema, per quanto ben manutenuto (non sento la mia esistenza svalorizzata/svalutata quando frequento un posto non esattamente ben mantenuto, ma forse ti sembrerà un'opinione di parte).
L'arte orientale ha alcune categorie estetiche che considerano l'azione del tempo, il consumato e persino il vistosamente aggiustato, molto rilevanti; tuttavia, non me la sento di valutare da questo la loro moralità.
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 17:15:18 PM
Nella mia lunga esperienza di ambienti di lavoro ho sempre verificato che le buone condizioni ambientali vanno di pari passo con il rispetto verso i lavoratori e stimolano buone relazioni lavorative (etica).
I meccanici reclamano giustizia (almeno il mio... fidati). Scherzi a parte, al di là delle mie e delle tue esperienze, ho capito (ormai/finalmente) che per «estetica» non ti riferisci all'arte, ma al decoro e a «buone condizioni ambientali» e per «etica» puoi arrivare a comprendere anche le "carte dei valori" e le certificazioni etiche (tipo sa8000; non esattamente questione filosofica, ma apprezzo la versatilità).
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 17:15:18 PM
La bellezza è un valore sociale che ha un costo economico incompatibie col degrado sociale: quando si investe in bellezza sui beni comuni e si lavora per conservarla si produce anche giustizia sociale perchè si socializza a vantaggio di tutta la popolazione una parte della ricchezza sociale privatizzata.
Si, il pubblico decoro è un valore sociale, non la bellezza dell'arte (hai presente l'arte contemporanea? Spiega pure al popolo che è bella...); per questo ricordavo il legame fra estetica ed arte.
Scommetterei che il mecenatismo e i biglietti di ingresso possono stimolare e tutelare l'arte più di quanto farebbe la divisione equa della ricchezza privatizzata... per quanto, non lo nego, sarebbe "bello" se non ci fossero più poveri e tutti avessimo lo stesso stipendio ("bello", non
esteticamente bello).
Resto convinto che se confondiamo l'etica (comunista o altro, niente di personale) con l'estetica, non rispettiamo l'arte e facciamo un uso metaforico (da virgolette) del "moralmente bello"; ma forse è, come sempre, solo una questione di vocabolario.
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 17:15:18 PM
Se il risultato di quelle lavorazioni talvolta è ingannevole, non lo è di certo la lavorazione in atto. Lì bisogna andare per giudicare dell'eticità delle condizioni di lavoro. Bisogna frequentare i luoghi di lavoro, non limitarsi all'esito produttivo.
Mi stai invitando ad andare a controllare come lavoravano gli schiavi egizi? Comunque, non ero ironico, a me
esteticamente non piacciono davvero (templi e piramidi, non le condizioni di lavoro degli schiavi egizi, per le quali dovrei giudicare il prodotto
eticamente e quindi non avrebbe senso usare "mi piace/non mi piace"... o forse no?).
καλός si manifesta fenomenologicamente in vari modi soggettivi e collettivi, bassi e alti, va dal decoro all'arte restando nel suo alveo naturale, il piano estetico. Anche ἦθος ha uno spettro semantico complesso che va dai modi di vita consuetudinari al diritto alle norme tecniche di tutela degli umani e dell'ambiente, definendo nel complesso il piano etico.
I due piani si intersecano continuamente nella dimensione esistenziale umana e dal loro intreccio nasce l'ambiente umano. L'arte moderna è sperimentazione estetica che non sempre riesce. Laddove riesce produce nuovi paradigmi estetici. Ma è impresa ardua perchè il passato abbonda di modelli pregevoli capaci di difendere alla grande i paradigmi da essi imposti. Così come nella scienza e in filosofia nessuna nega la ricerca, ma solo ciò che vale resiste all'ingiuria del tempo, domina il territorio del trascendentale umano e lo fa risuonare nel profondo.
Riguardo la dialettica etica/estetica, un esempio della "delicatezza sociale", della problematicità demoscopica sottesa al mischiare in piazza estetica ed etica, può essere il recente caso della
fontana di Ontani a
Vergato.
Il fatto che sia stata
"farcita" con il letame è un gesto di dissenso etico espresso in modo "estetico", o un gesto estetico ("parassitare" l'opera dell'artista, "completare" la fredda scultura con caldi elementi organici, "urbanizzare" il candore immacolato del basamento con un richiamo alla vita biologica che circonda la statua, etc.) che non ha velleità etiche?
Propenderei per la prima; certo, per uno che sporca ce ne saranno dieci che puliscono e mille che contemplano la bellezza dell'opera. Tuttavia, oltre alle critiche ricevute, non estetiche, ma etiche (offensiva per i bambini, etc.) ed esoteriche (richiamo al satanico, etc.), è previsto anche l'arrivo di un sedicente
esorcista che eseguirà riti e preghiere. Personalmente, considererei quel rito come una
performance estetica (non estatica), un evento artistico, eppure sarebbe possibile vederci anche qualcosa di etico (religioso), essendo coinvolte comunque preghiere e concetti religiosi.
Inevitabile che esporre l'arte in luogo pubblico produca anche contraccolpi sociali e questo non è certo il primo caso (eloquente anche
questo). L'esigenza della comunità, secondo me, è però proprio quella di identificare tali contraccolpi: dove finisce l'estetico e dove inizia l'etico; altrimenti si rischia di fomentare la confusione nelle menti del popolo fra scaramanzia, gusti artistici, esoterismo, politica,
gossip, sterco e
selfie.
Forse ciò può essere obiettivo tipico dell'estetica contemporanea, ma non dell'etica.
Vista la fontana suppongo che la contestazione sia sul piano estetico e mi sento anche di condividerla.