Ci sono cose che nessuno è capace di spiegarci in modo chiaro , dando cioè risposte soddisfacenti e complete, e che perciò a fatica possiamo quindi comprendere, quando le comprendiamo, ma che, una volta comprese, non saremo a nostra volta capaci di spiegare ad altri in modo chiaro.
Grande è l'ignoranza sotto il cielo e sovente sotto il paradigma, niente.
Citazione di: Ipazia il 28 Luglio 2023, 22:50:36 PMGrande è l'ignoranza sotto il cielo e sovente sotto il paradigma, niente.
Sembra una citazione alla Bobmax ;D
ma credo che tu abbia colto il cuore di ciò su cui stavo riflettendo.
La mia affermazione è un pò rivoluzionaria,
e sinceramente non mi aspettavo che qualcuno la cogliesse così bene, perchè dico che si può capire qualcosa senza essersela prima spiegata, e che quindi semmai la spiegazione segue alla comprensione, e il suo scopo è condividere, perchè anche altri comprendano senza bisogno necessariamente di ripercorrere il sentiero che mi ha portato a comprendere.
Non sempre però una spiegazione si trova, e la cosa può essere condivisa allora solo col tempo, perchè il percorso di comprensione equivale ad ''un prendere confidenza'', con un evento, con una procedura, finché queste non acquistino patente di ovvietà, e si prende confidenza appunto con una lunga frequentazione, ed ovvio è ciò che appare ''vero'', senza bisogno di essere spiegato.
Perchè quindi non possiamo comprendere la meccanica quantistica?
Perchè non possiamo farne esperienza, nemmeno indirettamente, e non potremo quindi entrare in confidenza con essa, banalizzandola, dandole del tu.
Ma quello che è importante capire secondo me è che, se la meccanica quantistica ci appare astrusa, le teorie che l'hanno preceduta, come la gravità di Newton ad esempio, non sono da meno, ma essendo più vicine alla nostra esperienza, col tempo sono divenute per noi ovvie, o quasi.
Direi quindi, cara Ipazia, parafrasandoti, che sotto il paradigma non cè nulla di ciò che ci aspettavamo.
In altri termini, ''non c'è mai nulla da capire'' davvero.
Penso che si è capito davvero una cosa quando questa si presenta chiara e distinta alla mente . Se pensi di aver capito ma non te lo sai spiegare vuol dire che c'è un problema . Sant Agostino scrisse sul tempo" se me lo chiedo lo so, ma se mi dicono di spiegarlo non lo so più" bhè io credo che non è che lo sai poi così tanto bene mio caro Agostino. Ci possono essere le intuizioni, quello è sempre possibile, quindi ho l'intuizione di qualcosa che però non riesco a spiegare ma questa intuizione si può dire conoscenza?
Il titolo della discussione ricalca appunto la celebre "confessione" di Agostino d'Ippona sul tempo. Oggetto astratto che per un neoplatonico, tutto preso dall'onnipotenza dell'Essere, non poteva che essere un enigma assoluto. Come per Severino. Al contrario, niko è tutto preso dal divenire sul quale elabora teoretiche non meno complicate.
La risposta, se c'è, è: simplex sigillum veri. Cominciando dalla percezione, così come il nostro intelligere ci consente. Il più pragmatico Tommaso d'Aquino formulò l'adaequatio rei et intellectus, che ritengo un buon viatico iniziale verso la conoscenza.
Così procedette Newton con la gravità: si tiene fede alla fenomenologia, si calcolano delle costanti e non ci si danna l'anima sulle cause: eziologia del sapere.
Se non conosci l'eziologia assoluta, occupati di quella più abbordabile delle teorie, che un padre ce l'hanno semper certo.
La quantistica nasce dalla chimica spiegando tutta la disciplina con una constatazione controteoretica per l'epoca: natura facit saltum. Da lì tutta una fisica del discreto - i quanti - e l'abbandono progressivo della dogmatica del continuo. Perfino con qualche enigma irrisolto nel principio altrettanto dogmatico di causa effetto, come nel caso dell'entanglement.
Di fronte a ciò non resta che prendere atto, pirandellianamente, che "così è se vi pare". E ci pare quello che la nostra mente riesce a comprendere (e i nostri strumenti riescono a risolvere), facendo pure essa qualche salto di tanto in tanto.
Bellezza del divenire, e dell'ignoto che ci dona, direbbe Eraclito.
Citazione di: Alberto Knox il 31 Luglio 2023, 01:48:41 AMCi possono essere le intuizioni, quello è sempre possibile, quindi ho l'intuizione di qualcosa che però non riesco a spiegare ma questa intuizione si può dire conoscenza?
Magari no. Però c'è sempre la possibilità che diversa sia solo l'apparenza.
E' sufficiente l'intuizione/percezione del tempo per usarlo, ma una migliore conoscenza determina un uso più mirato.
Quindi, sia la percezione che la conoscenza sono finalizzate all'agire, più o meno consapevole.
Però se diamo alla conoscenza un valore assoluto , se la conoscenza è il fine e non il mezzo, la realtà ci apparirà distorta attraverso questa lente metafisica.
Vero è che l'acquisizione di conoscenza, e l'uso della conoscenza, fanno parte di due processi in genere separati, nel senso che non aiuta la conoscenza mirarla subito a uno scopo, il che potrebbe indurre a credere che la conoscenza sia fine a se stessa, o in subordine sia la fase nobile, seguita purtroppo poi dall'uso degradante, dalla vituperata tecnologia, la fase decadente, nichilista.
La conoscenza non è condizione necessaria per interagire con la realtà, ma è uno dei modi per interagire, dove si fà uso spinto di coscienza.
Se sò usare il tempo posso dire di averlo compreso, ma se devo insegnare ad usarlo ad altri che non sapessero cosa fosse, se devo spiegarglielo , è un altra storia.
La spiegazione però è solo un mezzo di condivisione, e non una strada in cui progredire verso uno scopo finale.
Non c'è nessuno scopo finale.
E' un vivere alla giornata, per chi se la sà godere, e fra le godurie è compresa la ricerca della conoscenza, ma senza essere necessariamente prioritaria, perchè in effetti se ne può fare anche a meno.
L'importante è non giocare a castrare le nostre naturali propensioni, e quella verso la conoscenza è certamente una di queste.
Ma se la conoscenza rimane fine a se stessa, alla fine, scavando scavando, dietro ogni conoscenza, troveremo il vuoto bobmaxiano, un vuoto che invece come dice Bobmax, avremmo dovuto aver cura di riempire.
La conoscenza è un vuoto contenitore da riempire, e se lo facciamo la realtà sembrerà davvero prendere la sua forma.
Citazione di: iano il 31 Luglio 2023, 07:25:24 AMLa conoscenza è un vuoto contenitore da riempire, e se lo facciamo la realtà sembrerà davvero prendere la sua forma.
Esiste un solo bene, la conoscenza. Ed esiste un solo male, la presunzione di sapere.
(cit dal film "Socrate")
Citazione di: Alberto Knox il 31 Luglio 2023, 10:36:24 AMEsiste un solo bene, la conoscenza. Ed esiste un solo male, la presunzione di sapere.
(cit dal film "Socrate")
Quella di Socrate cos'è se non presunzione di sapere, che vi è un solo bene, e che lui sà qual'è?
Vi è un solo bene, la conoscenza, dirà il filosofo, come il falegname direbbe che non vi è bene più alto e nobile di una sega e il fabbro giurerà che la sostanza prima dell'universo è il fuoco;
ognuno col suo bel paraocchi.
Citazione di: iano il 31 Luglio 2023, 14:13:04 PMpuò essere, ma non credo che questa elevazione della conoscenza a fine ci aiuti a comprendere cosa sia davvero la conoscenza, in quanto strumento.
conoscenza è strettamente legato al tema "capire" di cui si stava discutendo, per quello ho messo la citazione. Per capire, e qui anche Ipazia per una volta tanto ha detto bene, è necessaria una
corrispondenza fra gli schemi concettuali e la realtà
Adaequatio rei et intellectus certo. Ma anche senza scomodare la realtà (rei), anche in un racconto fantasy una strega non può essere in grado di volare nel capitolo 3 e non esserlo più nel capitolo 4 senza una spiegazione logica o che sia almeno soddisfacente per il lettore. Un altro punto fondamentale è la spiegazione , ovvero il linguaggio. Forse Sant Agostino si era scontrato con i limiti del linguaggio nel cercare di descrivere (spiegare) il tempo. E qui sono perfettamente d'accordo con Wittgestein, " i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo" Questo punto è particolarmente interessante.
Citazione di: Alberto Knox il 31 Luglio 2023, 14:43:41 PM... Un altro punto fondamentale è la spiegazione , ovvero il linguaggio. Forse Sant Agostino si era scontrato con i limiti del linguaggio nel cercare di descrivere (spiegare) il tempo. E qui sono perfettamente d'accordo con Wittgestein, " i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo" Questo punto è particolarmente interessante.
No, credo proprio che si sia scontrato coi limiti del suo statico mondo neoplatonico fondato sull'Uno alle prese con la scandalosa cinematicità del soggetto del divenire, il tempo. Il limite insuperabile è metafisico e ontologico, non semantico.
Nel qual caso l'aforisma di LW andrebbe riscritto: "i limiti del mio mondo sono i limiti del mio linguaggio".
Accadde la stessa cosa nella scienza quando il tempo divenne da assoluto, relativo e l'universo da continuo, discreto: si dovette inventare un nuovo linguaggio, anche nel calcolo.
"En archè en ò logos" vale per la fenomenologia dello spirito umano, ma, a monte: "en archè en ò physis".
E ciò crea molte meno difficoltà gnoseologiche e semantiche agli epicurei ispirati da Eraclito che ai platonici ispirati dall'ideale parmenideo e dal suo monistico iperuranio, come Agostino che lo traduce in cristianesimo.
Credo che ''il nostro mondo'' e il nostro linguaggio si rincorrano continuamente.
S. Agostino entra a pieno titolo in questa discussione, anche se non l'ho aperta pensando a lui.
Pensavo più alle nostre piccole quotidianità.
Alla difficoltà che abbiamo a spiegare qualcosa, sorprendendoci, perchè avendola ben capita, pensavamo perciò di poterla ben spiegare agli altri.
Ma è proprio quando proviamo a spiegarla agli altri che realizziamo, che la nostra comprensione non è comprensiva di spiegazione, e che una spiegazione a noi in effetti non serve.
Per quanto ci autoesaltiamo, esaltando il linguaggio, nessuna capacità linguistica eguaglia la nostra nostra capacità di apprendere per imitazione, senza saper traslare questo processo in parole sic et simpliciter. Così la spiegazione dovrà essere inventata, e seguirà la comprensione. Altre volte sarà il linguaggio a dover essere rincorso.
La percezione del tempo è comune a tutti, e a tutti è comune il non saperlo dire.
Ma ci sono percezioni ''più riservate'', non comuni a tutti, che riguardano le nostre piccole esperienze di vita, e il mio intento non detto era di provare a tirarvele fuori.
Citazione di: Ipazia il 01 Agosto 2023, 07:31:56 AMNo, credo proprio che si sia scontrato coi limiti del suo statico mondo neoplatonico fondato sull'Uno alle prese con la scandalosa cinematicità del soggetto del divenire, il tempo. Il limite insuperabile è metafisico e ontologico, non semantico.
Bhè ma poi la diede la sua spiegazione, affrontando il problema metafisico e onotologico del divenire ma non è di questo che dovremmo occuparci in questa sezione quanto più all affermazione "lo so , ma se me lo chiedono non lo so più" è un affermazione retorica che vuole esprimere semplicemente che il linguaggio, cioè la spiegazione linguistica, è e sarà sempre imperfetta, un pallido riflesso delle nostre idee. Compito di ognuno è cercare di ricreare , nel miglior modo possibile, quel mondo interiore delle idee ed esplicandole in parole.
Citazione di: Ipazia il 01 Agosto 2023, 07:31:56 AMNel qual caso l'aforisma di LW andrebbe riscritto: "i limiti del mio mondo sono i limiti del mio linguaggio".
Non solo in tal caso, andrebbe sempre riscritta così, i limiti del mio mondo, quali sono i limiti del mio mondo? possiamo fare un analogia di un pesce rosso nella sua boccia, così come i pesce pensa che i limiti del suo mondo siano le pareti della boccia , la nostra mancanza di vocabolario rappresenta quella prigione, imprigiona i nostri pensieri e con essi anche le nostre percezioni insieme al nostro ragionamento. Tuttavia è opinione diffusa e sbagliata ritenere che usare parole complesse e una sintassi elaborata sia sinonimo di buona letteratura , niente di più lontano dalla realtà, in quanto una frase di cinque parole semplici può trasmettere al lettore molto di più che tre paragrafi di sintassi elaborate che però girano in tondo.
Citazione di: Ipazia il 01 Agosto 2023, 07:31:56 AM"En archè en ò logos" vale per la fenomenologia dello spirito umano, ma, a monte: "en archè en ò physis".
Se si intende logos come logica e come relazione allora en arché en o logos è valido sia per la fenomelogia dello spirito umano quanto alla realtà fenomenica di physis . Nella massima di "en archè en ò physis" intendendo phisis come la totalità di tutto sia vivente e non vivente è implicito chè l'archè, ovvero il principio costitutivo , sia in esso stesso in accordo al motto Epicureo "nulla viene dal nulla" . En archè en ò logos risponde al come sia possibile che il principio costitutivo comprende sia il principio da cui il mondo scaturisce , ed è un principio di relazione e di logica, sia le singole cose derivate da esso .
Citazione di: Ipazia il 01 Agosto 2023, 07:31:56 AME ciò crea molte meno difficoltà gnoseologiche e semantiche agli epicurei ispirati da Eraclito che ai platonici ispirati dall'ideale parmenideo e dal suo monistico iperuranio, come Agostino che lo traduce in cristianesimo.
bhè la difficoltà , come la complessità è solo una questione di gusto evidentemente
Citazione di: iano il 01 Agosto 2023, 09:32:37 AMMa ci sono percezioni ''più riservate'', non comuni a tutti, che riguardano le nostre piccole esperienze di vita, e il mio intento non detto era di provare a tirarvele fuori.
cosa intendi con "percezioni più riservate"? messa così la domanda mi pare aver più un risvolto che riguarda l'estetica e l arte, più che una percezione della realtà, le porte dell esperienza con la realtà , i sensi , sono comuni a tutti, è il sapore che può cambiare , ma questo rimanda più a uno stato dell animo , a un gusto personale di vedere il mondo, che ad una propietà sensoriale , una percezione riservata. Credo
Citazione di: Alberto Knox il 01 Agosto 2023, 15:09:10 PMcosa intendi con "percezioni più riservate"? messa così la domanda mi pare aver più un risvolto che riguarda l'estetica e l arte, più che una percezione della realtà, le porte dell esperienza con la realtà , i sensi , sono comuni a tutti, è il sapore che può cambiare , ma questo rimanda più a uno stato dell animo , a un gusto personale di vedere il mondo, che ad una propietà sensoriale , una percezione riservata. Credo
''Percezioni riservate'' nel senso che, diversamente da quella del tempo, nascono da esperienze non comuni a tutti.
Esperienze che ti rendono esperto in qualcosa.
E' proprio chiamarle percezioni nella misura in cui ti rendi conto che non puoi trasferirle ad altri , spiegandole, e gli altri possono acquisirle solo ripercorrendo il tuo percorso in modo autonomo, o per imitazione.
Le percezioni non si possono spiegare, ma solo condividere.
Basta allora una mezza parola per capirsi fra due che quello stesso percorso hanno fatto.
Io e te non sappiamo dire cosa sia il tempo, ma non abbiamo nessuna difficoltà a capire di cosa stiamo parlando, e non si sà bene come, siamo certi di riferirci alla stessa cosa, come ci riferiremmo alla Luna, ma senza poterla indicare.
Se condividiamo una esperienza particolare basta un accenno per richiamarla e riconoscerla, e per riconoscerci come portatori di una particolare percezione.
Citazione di: iano il 01 Agosto 2023, 16:41:09 PM''Percezioni riservate'' nel senso che, diversamente da quella del tempo, nascono da esperienze non comuni a tutti.
Esperienze che ti rendono esperto in qualcosa.
a sto punto sarei curioso di sapere quali esperienze non comuni a tutti hai avuto e che ti han reso esperto in qualcosa...
Citazione di: Alberto Knox il 01 Agosto 2023, 17:02:45 PMa sto punto sarei curioso di sapere quali esperienze non comuni a tutti hai avuto e che ti han reso esperto in qualcosa...
Temevo questa risposta scontata.
Prova a sforzarti e a guardare nella tua esperienza se trovi qualcosa.
Ma nulla necessariamente di trascendentale.
La discussione che ho aperto credo possa stare logicamente in piedi anche in mancanza di una mia esperienza al riguardo. Non credi?
Una volta trovata una percezione di questo tipo, se la troviamo, sarà allora interessante confrontarla con una percezione non riservata, ad esempio la percezione del tempo, e il confronto può aiutarci a capire la genesi di quest'ultima, per fare un passo più in là di S.Agostino, raccogliendone la sfida.
Citazione di: iano il 01 Agosto 2023, 17:04:27 PMTemevo questa risposta scontata.
Prova a sforzarti e a guardare nella tua esperienza se trovi qualcosa.
Ma nulla necessariamente di trascendentale.
è più banale il fatto che continui a rigirarmi il quesito invece di rispondere secondo la tua esperienza fidati.
Per quanto mi riguarda non mi intendo di niente men che meno esperto di niente. Le mie percezioni derivano sia dall esperienza naturale con la realtà sia da aperture mentali che han dato a queste esperienze un certo sapore. Un certo modo di vedere il mondo.
Citazione di: Alberto Knox il 01 Agosto 2023, 17:16:18 PMè più banale il fatto che continui a rigirarmi il quesito invece di rispondere secondo la tua esperienza fidati.
Mi fido, ma se non ti racconto le mie esperienze è perchè temo tu potresti contestarle affondando così l'argomento.
Per questo ti ho chiesto se l'argomento secondo te sta in piedi da solo, senza bisogno di esempi che lo rafforzino.
Và da sè poi che il mio argomento nasce da esperienze, anche banali, personali, perchè sarei un genio filosofico se me lo fossi inventato dal nulla.
le esperienze personali in quanto tali non sono contestabili o criticabili da un esterno ai fatti vissuti. Ad ogni modo sarà meglio che qualcuno più lungimirante di me accolga il tuo proposito . Per ora rimango in ascolto.
Citazione di: Alberto Knox il 01 Agosto 2023, 17:35:19 PMle esperienze personali in quanto tali non sono contestabili o criticabili da un esterno ai fatti vissuti.
Ok. Il punto è che le esperienze sono soggettive, ma ''inspiegabilmente'' a volte coincidenti, così che riconosciamo a fiuto chi ha fatto le nostre stesse esperienze.
A fiuto sò che io e te per tempo percepiamo/intendiamo la stessa cosa intendiamo, come vedere la luna, ma senza poterla indicare.
Dunque da cosa nasce questa certezza?
Citazione di: iano il 01 Agosto 2023, 16:41:09 PM''Percezioni riservate'' nel senso che, diversamente da quella del tempo, nascono da esperienze non comuni a tutti.
Esperienze che ti rendono esperto in qualcosa.
E' proprio chiamarle percezioni nella misura in cui ti rendi conto che non puoi trasferirle ad altri , spiegandole, e gli altri possono acquisirle solo ripercorrendo il tuo percorso in modo autonomo, o per imitazione.
Le percezioni non si possono spiegare, ma solo condividere.
Basta allora una mezza parola per capirsi fra due che quello stesso percorso hanno fatto.
Io e te non sappiamo dire cosa sia il tempo, ma non abbiamo nessuna difficoltà a capire di cosa stiamo parlando, e non si sà bene come, siamo certi di riferirci alla stessa cosa, come ci riferiremmo alla Luna, ma senza poterla indicare.
Se condividiamo una esperienza particolare basta un accenno per richiamarla e riconoscerla, e per riconoscerci come portatori di una particolare percezione.
Questa condizione è stata definita da studiosi come Polanyi e Kuhn "conoscenza tacita", passando dall'epistemologia agli affari nei fatidici anni della "fine della storia". Che gli affaristi siano così interessati a questa questione dimostra che non è di lana caprina e il transumanesimo ci fa molto affidamento per plasmare le coscienze del futuro penetrando molto a fondo nella loro "intimità" intuitiva.
Restando nella parte meno truce e alienabile della questione, direi di rifarsi ai due che ho citato, che scrissero in tempi non sospetti. Purtroppo in rete si trova molto la parte affaristica e poco quella epistemologica.
Sul rapporto tra mondo e linguaggio direi che vi è una grande biunivocità, per cui a volte arriva prima l'uno e a volte l'altro. Quando arriva prima il linguaggio, elaborante un'intuizione, siamo nella condizione della "conoscenza tacita" che precede una scoperta (Kuhn).
@ Ipazia.
Grazie davvero. :)
Buona fortuna Iano, sono le coordinate di uno studio . Vediamo come te la cavi 8)
Citazione di: Alberto Knox il 01 Agosto 2023, 23:11:38 PMBuona fortuna Iano, sono le coordinate di uno studio . Vediamo come te la cavi 8)
Male, a meno che non abbia già intuito l'argomento, come in questo caso, e questa sarebbe materia per una discussione gemella di questa, del come si possa capire davvero qualcosa leggendo un autore senza riuscire ad immedesimarsi nel percorso che lo ha portato a scrivere il libro.
E' massimamente utile leggere un libro,quando ciò equivale a mettere due percorsi autonomi a confronto, il tuo e quello dell'autore.
Molti invece nei libri cercano la saggezza, e perciò ne leggono tanti, ma è già tanto quando anche in un solo libro trovano se stessi.
A volte certi libri sembrano leggerti dentro.