METAFISICA DELL'ESSERE

Aperto da PhyroSphera, 04 Maggio 2024, 10:11:05 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

PhyroSphera

#45
Citazione di: iano il 27 Giugno 2025, 13:20:57 PMSono giudizi di parte, ma non affrettati, se non per quella parte  in cui vengono forzati per non restarvi invischiati a vita. Io non cerco coerenza nel mio pensiero, ma sono felice di verificarla a posteriori, come il prodotto di un pensiero libero, che rimane comunque sempre uno fra i tanti possibili, da difendere per quel che è, e non per il prestigio che ne posso ricavare.
Per quello che posso capire, e sarò lieto delle tue dotte correzioni, l'espediente di Platone per salvare l'essere e le idee è di sdoppiare l'uno riservando ad ognuno il suo spazio esclusivo.
Non contesto il fatto in sè, perchè l'uno è fatto per essere moltiplicato in una sua descrizione, ma il motivo per cui Platone lo fa, per salvare capre e cavoli, essenti e idee.
In questo modo però gli elementi della descrizioni prendono pregiudizialmente il posto di ciò che viene descritto, cioè dell'uno, o come preferisco dire, della realtà, intesa come mistero che tale rimane, contro la pretesa di poterla conoscere.
Ciò che noi sappiamo è solo come interagirvi, e non c'è un solo modo di farlo, ed ogni diverso modo di interagirvi corrisponde una diversa possibile descrizione nella misura in cui si mostra efficace..
Se dopo aver salvato capre e cavoli si vuol salvare anche la verità si potrà dire che le diverse descrizioni storicamente si susseguono approssimandosi alla verità, ma questa oltre ad essere una arbitraria illazione, e anche un assurdità che si può sostenere solo tacendola.
E ciò che si tace è che questa verità, essendo fatta di parole, darebbe alla parola un potere soprannaturale.
E' il Dio, che facendosi verbo non si degrada, ma trasferisce la sua divinità alla parola.
La stessa cosa si può dire affermando che Dio si è fatto uomo, cioè colui che possiede la parola.
Non è la conoscenza, e in particolare le teorie fisiche, ad approssimarsi alla verità, ma esse progrediscono nel farci sempre più padroni della parola con cui le esprimiamo, e che nel suo progredire oggi diremmo più propriamente linguaggio matematico.
Esso però non toglie perciò validità ad altri linguaggi, come quello usato in filosofia, e anzi di esso/essa la scienza non può fare a meno.
Per quanto il linguaggio matematico sia andato ben oltre le originarie parole, non troverai trattazione matematica che di quelle parole possa fare senza per essere compreso, ad eccezione che affidare la questione ad una macchina , che essendo priva di comprendonio, potrà farne effettivamente senza.
Colgo l'occasione che offre l'utente "iano", la cui posizione è emblematica, per lasciare un ampio discorso necessario, senza dover sottostare ai tempi lunghi dell'editoria.


Il linguaggio matematico senza quello filosofico diventa muto. Sicuramente non bisogna dimenticare i poteri della filosofia e io non l'ho fatto. Ma il linguaggio matematico non è il linguaggio della conoscenza. Le scienze empiriche sono tante e nessuna assurge, né fisica né matematica... né neurologia né sociologia... né psicologia - alcuni vedono al vertice il metodo psicoanalitico e si sbagliano di più, innanzitutto perché i metodi sono solo metodi, quindi perché le analisi non sono teorie.
A parte il fatto che tu non hai considerato questi limiti delle scienze empiriche - quelle oggi perlopiù indicate come la totalità della scienza, ma non continuo con questo per non entrare nel merito di questioni linguistiche - io noto che tu porti avanti una posizione intellettuale agnostica. Entro questa posizione ti muovi con alquanta coerenza, ma i rapporti con gli altri?
La visione agnostica non è fatta per interagire con tutto. Conoscenze misteriose non sono allontanamenti dalla verità. Tu dici del mistero della realtà e di dover agire in e con essa, e affermi che in relazione a questa azione si produce la verità. Ma questo piano relativo non è l'unico. Se noi consideriamo le imprese nella vita, troviamo che con esse si raggiungono verità ultime, ma non nel senso che esse ineriscono alle imprese. Come lo schiudersi di una porta: dopo l'impresa si ottiene una verità sulla vita, non sull'impresa stessa. Questo è pragmatismo, quel che tu sostieni è prassi.
Mentre si ignorano verità ultime si vive al cospetto della realtà ultima e questa non appare differente a chi ignora e ciò è problematico.
Durante l'evo antico prima della diffusione e del prevalere del cristianesimo nel mondo ellenista si pensava a un generico astratto logos che poteva essere sia Dio che mondo. Quale astrazione del pensiero, una potenza strabiliante; ma le esigenze di vivere ancora o sopravvivere rendevano necessaria l'attenzione sulla differenza Dio/mondo. Solo con la fede cristiana si definì il Logos assoluto in distinzione netta dal relativo logos, riconoscendo che il primo non era gestibile arbitrariamente, che fondamentalmente procede da sé stesso. Storicamente va riconosciuto che il pensiero neoplatonico afferma che del logos non se ne dispone. Durante l'evo moderno riappare l'indistinzione, ma secondo il concetto di ragione. Si sa dei fasti e delle esagerazioni dell'Illuminismo. La dialettica e il razionalismo possono essere da un lato esenti dalla debolezza di chi pensa un logos generico, dall'altro lato ne possono essere una estremizzazione. Possiamo e dobbiamo farci una ragione di tutto, ma si tratta di un costrutto. Per questo l'identità di realtà e razionalità rischia di diventare un idolo e di fatto accadde - da qui le polemiche contro Hegel.
Ritornando all'indistinzione, l'agnosticismo può sembrare il modo di pensare più obiettivo. Di fatto l'hegelismo tendeva a fare dei costrutti razionali la chiave per comprendere e risolvere tutto, filosoficamente ciò è un relativismo polemico contro qualsiasi assolutismo. Con Feuerbach, Marx e i marxiani tale tendenza diveniva estrema, antiteologica ed antireligiosa, disconoscente la tradizione filosofica e i valori della filosofia occidentale. Si usava e si usa la prassi in opposizione alla teoria ma ciò non deve ingannare perché non esiste prassi priva di presupposto teorico e allora l'opporsi è solo apparente. Prevale così una cieca identificazione tra realtà e ragione.

Se procediamo considerando l'Assoluto e il relativo in qualità di verbo, ciò implica azione e ragione; ciò che è verbale in distinzione da ciò che è logico è dello stesso piano della dialettica razionale. Per un verso si evitano i conflitti tra pratiche della logica e della dialettica, per altro verso con tanta rigorosità in più l'illusione sui costrutti razionali può farsi più tenace fino all'inganno.
Agnosticamente tacendo la opposizione Dio-mondo - che non è un contrasto! - ci si attesta su un registro linguistico panteista; e il verbo si costituisce come alternativa della parola, perché questa contiene anche l'irrazionale, al contempo lo stesso generico verbo ruota sempre attorno a un generico logos. Se detto logos non serviva, non serve adeguatamente alle esigenze vitali, la sopravvalutazione di detto verbo diventa servizio di morte. Muoiono sentimenti importanti e finiscono emozioni preziose, ma ciò solo nelle premesse, perché nel restante ci sono le morti concrete degli esseri.
Hegel, non Leibniz, costruiva una teodicea filosofica dove il riconoscimento, nella storia anche dei suoi tempi, di un macello accadeva non durante una impresa per uscirne o farne uscire ma in una prassi che lo assumeva fatalisticamente come passaggio necessario. Ugualmente Marx, anche se questi rovesciava i termini della questione: non i gendarmi armati di fucili ma la plebe armata di pietre e il relativo macello erano assunti a passaggio necessario. Così la mondanità assunta a rimedio della mondanità andava producendo il disastro del totalitarismo, nel XX° Secolo devastante, consistente nel porre in atto una conclusione razionale senza tollerare quella altrui anzi facendo della propria la chiave universale di azione e realizzazione. Solo se si resta o si torna alla distinzione Dio/mondo, Logos/logos, Verbo/verbo, se ne viene a capo. Però procedendo nella illusione che la posizione agnostica sia punto di vista privilegiato, si perviene alla supervalutazione della generica parola, secondo l'illusione che l'alterità psicologica sia l'unica. Questo disastro finale è ravvisabile nell'esistenzialismo marxista. L'ammissione delle illusioni sulla ragione cedeva ad inganni sulla irrazionalità: la rabbia proletaria eletta a giudizio assoluto, a comando irreprensibile; il sentimento della fine di un'epoca trasformato in sentimento antioccidentale; lo spettacolo del negativo esibito come cifra del reale, di un reale nemico che non si rispetta sognandolo morto... le interpretazioni estreme della noia (Sartre), della peste (Camus) e quindi la falsa certezza che i regimi liberali e soprattutto le istituzioni religiose e spirituali che li sostenevano terminassero da sole, la speranza che la sindrome di immunodeficienza acquisita fosse la punizione per "i borghesi", per "i ricchi del mondo", constatando invece che essa non era il frutto di un vizio benestante ma in massima e decisiva parte la conseguenza di una scelta di vita incautamente edonista, in cui la medicina faceva effetto contrario: il rimedio materiale idoleggiato, senza accorgersi che la guarigione deve partire da una disposizione interiore, compiacendosi dei farmaci, diventa oggetto che fiacca, indebolisce, perturba, distrae. E' purtroppo nel tentativo mistico della estrema sinistra di sostituire allo Spirito la Materia il punto debole per un immenso numero di guai e difficoltà.

Il concetto di differenza ontologica Essere/ente viene in aiuto quanto quello della reductio ad unum, nel pensiero contemporaneo declinato fenomenologicamente. Se si resta o ci si arresta ai fenomeni, se per salvare l'idea si smarriscono i fenomeni o viceversa, non se ne verrà mai a capo. Unità ed essere sono una compresenza necessaria. Non è possibile far fronte alle necessità senza volgersi a un trascendente Uno e senza distinguere l'essere dal nulla, Dio dal mondo.


MAURO PASTORE

PhyroSphera

Citazione di: iano il 27 Giugno 2025, 14:59:39 PMNoi siamo il verbo, non Dio.
Se invece Dio è verbo allora possiamo aspirare a una verità ciarliera, se non allo stesso Dio.
Rimandando vivamente alla mia replica precedente, aggiungo una valida proposta di reazione all'emblematica attestazione citata qui su. Considerare tutta l'ampiezza dei significati nella distinzione Parola/parola. Senza pregiudizi per la filosofia che ritrova le proprie premesse.

MAURO PASTORE

iano

#47
Citazione di: PhyroSphera il 28 Giugno 2025, 07:26:50 AMColgo l'occasione che offre l'utente "iano", la cui posizione è emblematica, per lasciare un ampio discorso necessario, senza dover sottostare ai tempi lunghi dell'editoria.


Il linguaggio matematico senza quello filosofico diventa muto. Sicuramente non bisogna dimenticare i poteri della filosofia e io non l'ho fatto. Ma il linguaggio matematico non è il linguaggio della conoscenza. Le scienze empiriche sono tante e nessuna assurge, né fisica né matematica... né neurologia né sociologia... né psicologia - alcuni vedono al vertice il metodo psicoanalitico e si sbagliano di più, innanzitutto perché i metodi sono solo metodi, quindi perché le analisi non sono teorie.
A parte il fatto che tu non hai considerato questi limiti delle scienze empiriche
Non mi riconosco nell'occasione giusta che dici, per un anteprima del tuo scritto, nella quasi totalità dei punti.
Cominciamo dal primo.
Io riconosco i limiti della scienza, o meglio, è mio intento  ridimensionarla rispetto alle aspettative improprie che ha suscitato, con conseguenti meriti inopinatamente attribuitigli , perché ritengo ciò intralci  una fruttuosa applicazione del metodo.
Al contrario mi pare che tu queste aspettative ancora coltivi, seppur deluso dai risultati attuali, per cui invochi la vera scienza e i veri scienziati.
A me i risultati invece  soddisfano pienamente, ma li considero per quel che sono.
Senza scendere ulteriormente nel dettaglio degli altri punti per cui sono occasione impropria per l'anteprima del tuo scritto, mi limito alla più importante.
Io non cerco nessuna verità, neanche quella che possa giungere per illuminazione, che è comunque l'unica che riesco a concepire come possibile, non comunicabile  a parole, se appunto  ciarlando non la si è raggiunta.
E' quella verità che si origina dal porre, in maniera più o meno cosciente, fede, e a cui nessuna ragione può giungere, e anzi, senza la quale nessuna ragione potrebbe procedere.
La ragione non può giungere alla verità, perchè la segue, senza aggiungervi altro.
Per me però, almeno finche illuminazione non mi folgori, non esiste alcuna verità, ma solo ipotesi su ci ragionare.
Più precisamente non esistono verità che si possono esprime a parole, perchè non appena che le si esprimesse, io non mancherei di negarle, potendosi negare tutto ciò che si può definire.
Sono più interessato a ciò che non si può negare, per il motivo che non avrebbe senso farlo, come le ipotesi, perchè, piuttosto che negarle, sarebbe sufficiente non farle.
Scriviamo con la mano, ma ciò che scriviamo vale poco, se la scrittura non ci prende la mano.

PhyroSphera

Citazione di: iano il 28 Giugno 2025, 15:41:16 PMNon mi riconosco nell'occasione giusta che dici, per un anteprima del tuo scritto, nella quasi totalità dei punti.
Cominciamo dal primo.
Io riconosco i limiti della scienza, o meglio, è mio intento  ridimensionarla rispetto alle aspettative improprie che ha suscitato, con conseguenti meriti inopinatamente attribuitigli , perché ritengo ciò intralci  una fruttuosa applicazione del metodo.
Al contrario mi pare che tu queste aspettative ancora coltivi, seppur deluso dai risultati attuali, per cui invochi la vera scienza e i veri scienziati.
A me i risultati invece  soddisfano pienamente, ma li considero per quel che sono.
Senza scendere ulteriormente nel dettaglio degli altri punti per cui sono occasione impropria per l'anteprima del tuo scritto, mi limito alla più importante.
Io non cerco nessuna verità, neanche quella che possa giungere per illuminazione, che è comunque l'unica che riesco a concepire come possibile, non comunicabile  a parole, se appunto  ciarlando non la si è raggiunta.
E' quella verità che si origina dal porre, in maniera più o meno cosciente, fede, e a cui nessuna ragione può giungere, e anzi, senza la quale nessuna ragione potrebbe procedere.
La ragione non può giungere alla verità, perchè la segue, senza aggiungervi altro.
Per me però, almeno finche illuminazione non mi folgori, non esiste alcuna verità, ma solo ipotesi su ci ragionare.
Più precisamente non esistono verità che si possono esprime a parole, perchè non appena che le si esprimesse, io non mancherei di negarle, potendosi negare tutto ciò che si può definire.
Sono più interessato a ciò che non si può negare, per il motivo che non avrebbe senso farlo, come le ipotesi, perchè, piuttosto che negarle, sarebbe sufficiente non farle.
Non sopravanzo nessuno se dico che non hai consapevolezza del tuo ruolo sociale, della moltitudine culturale cui tu appartieni, di quello che avete combinato e combinate tutti assieme.
Tu dici che non pensi esista la verità, ma io non avevo riempito la mia replica di frammenti della verità assoluta. Ad esempio quel che dicevo sulla matematica scienza tra tante è una verità relativa al mondo e che ognuno pensa a modo suo.
Il tuo modo, il vostro modo di trattare le scienze ha per destino necessario eccessi positivisti o negativisti. Io non ci sono dentro questo destino alla cui fine c'è l'impossibilità a conservare le scienze.
Essere agnostici a fronte di certi orizzonti non solo intellettuali e rifiutare necessarie distinzioni, procedere come chi invece non si è chiuso le idee, questo è un cammino verso la rovina e se interviene il totalitarismo è peggio. L'Assoluto non è un contenuto della materia e non esiste in un orizzonte materiale; esiste una verità superiore di cui comprendiamo solo parti e questo l'agnosticismo non permette di capire. Quindi date certe premesse limitate, bisogna moderare il pensiero; il che non significa limitatezza di mente ma del punto di partenza di chi pensa, deliberato o no che fosse.

Nota Bene:
Quanto alla anteprima che hai menzionato, è una tua illazione.


MAURO PASTORE

iano

#49
Citazione di: PhyroSphera il 30 Giugno 2025, 16:28:55 PMEssere agnostici a fronte di certi orizzonti non solo intellettuali e rifiutare necessarie distinzioni, procedere come chi invece non si è chiuso le idee, questo è un cammino verso la rovina e se interviene il totalitarismo è peggio. L'Assoluto non è un contenuto della materia e non esiste in un orizzonte materiale; esiste una verità superiore di cui comprendiamo solo parti e questo l'agnosticismo non permette di capire. Quindi date certe premesse limitate, bisogna moderare il pensiero; il che non significa limitatezza di mente ma del punto di partenza di chi pensa, deliberato o no che fosse.




MAURO PASTORE
Per darti conto di quanto sia agnostico, sono andato a cercare il significato del termine, perchè certo, avrei potuto esserlo senza saperlo.
Alla fine ho concluso che per potermi dire agnostico avrei dovuto dare alla verità un maggior valore di quello che gli do, cioè come attuale, mentre per me rimane solo parte preminente della storia del pensiero.
Credo dunque di stare oltre l'agnosticismo, perchè io non dico che la verità non si può conoscere, ma che non c'è, ed essa non è contenuta quindi nella materia, ne tantomeno  oltre essa.
Quella della verità è per me una fissa fuori dal tempo, ma certamente se ne parliamo, questo concetto in qualche modo si è originato, e questo è ciò che riguardando la verità. unicamente mi può interessare.
Avere una vasta cultura filosofica, come tu ce l'hai, comporta di potervi restare invischiati, cosa che a me, con la mia ignoranza, non può succedere.
Ciò che per te richiede moderazione di pensiero, per me è libertà di pensiero incondizionata, o condizionata da ciò che non riesco dominare, la quale naturalmente comunque scema nel tempo, venendo meno la capacità di elaborarlo con l'età, o perchè giunge a coerenza. Io a quella vecchiaia e a quella coerenza sono giunto, e di come etichettarli si può certamente discutere.

Se a te questa altrui libertà di pensiero può far paura, e perciò vorresti dominare le naturali dinamiche del pensiero, io lo comprendo, ma ti assicuro che per me non è nessun problema, ma anzi è motore di vita cui poter dare un senso.
La vita che non ha senso, benché possa a te apparire l'esatto contrario, è quella che  riusciamo a moderare imbrigliandola dentro a leggi morali che la fanno somigliare a quella imbrigliata dentro a leggi naturali, che perciò morta ci apparirà.
Lasciamo dunque il nostro pensiero libero di morire secondo la sua propensione naturale.
Scriviamo con la mano, ma ciò che scriviamo vale poco, se la scrittura non ci prende la mano.

iano

Citazione di: PhyroSphera il 30 Giugno 2025, 16:28:55 PMNota Bene:
Quanto alla anteprima che hai menzionato, è una tua illazione.
E dunque quello che hai scritto: ''Colgo l'occasione che offre l'utente "iano", la cui posizione è emblematica, per lasciare un ampio discorso necessario, senza dover sottostare ai tempi lunghi dell'editoria.'' io l'ho male interpretato?
Cosa volevi dire veramente allora?
Scriviamo con la mano, ma ciò che scriviamo vale poco, se la scrittura non ci prende la mano.

Discussioni simili (5)