La verità ha a che fare con la certezza.
Nel senso, che ciò che è certo non ammette più alcun dubbio!
E non essendoci più alcuna possibilità di dubitare... il certo è la Verità che si fa sostanza, da trascendente si fa immanente.
E cosa c'è di più certo della morte?
La morte è, per antonomasia, la Verità in terra.
Epperò forse non ci accorgiamo che la verità della morte, cioè che la morte ci sia, dipende a sua volta da un' altra verità: la verità della vita, che la vita davvero ci sia.
La certezza della morte è condizionata da un'altra certezza, la certezza della vita.
Ma cos'è la vita, di cui sono così certo?
È pure, questa mia certezza sulla vita, una Verità in terra?
Ma Verità di che?
Vi è davvero qui la vita che, in quanto Verità, è incommensurabile rispetto a tutto il resto di ciò che c'è?
Perché se mi si insinua anche solo un piccolo dubbio, che non vi sia in realtà alcuna sostanziale differenza tra ogni cosa del mondo... allora questo dubbio fa inevitabilmente crollare pure la granitica certezza sulla morte.
La morte vista come processo biochimico appare come semplice trasformazione. La morte vista come fine del soggetto è la morte che appare come certezza e verità. E cosa è la fine del soggetto se non la fine della sua relazione con il mondo? Senza relazione non può darsi soggetto e della morte temiamo proprio questo: la fine della nostra relazione con il mondo ( più precisamente ciò che al soggetto appare come "mondo") e in particolare di ciò che amiamo del nostro mondo. Così la morte è stata vista con orrore quando i legami d'amore con il mondo sono forti, ma anche con sollievo e come fuga quando sono dolorosi per il soggetto. La morte è quindi in primis un problema del soggetto che crea "mondi" per non pensare ad essa o per illudersi di sfuggire alla fine di ogni relazione con essi.
Ma verità di che? Verità del piacere, del dolore, della paura del dolore di morire, veritá infine di quel ciuffo di orgoglio che provoca il mio non essere più tra gli altri, di non poter più dire la mia. Ma nulla dice sul fatto che una volta superata la porta che conduce al non essere possa trovarvi ancora un altro essere, assolutamente ignoto altrimenti non potrebbe appartenere al non essere ... personalmente non mi pongo il problema
dal punto di vista della materia non esiste alcuna morte ma solo.una trasformazione
continua.
Per la materia energia esiste solo la vita,l'organica e l'inorganico,niente morte,nessuna.
Aggiungo: tanto più questa verità vale per lo Spirito O:-) 8) :P :))
Se esiste almeno una verità, allora la verità esiste, e questo è vero anche se fosse una verità condizionata, cioè che la morte è certa solo in presenza di vita.
Ma come si fà a provare con certezza assoluta che ogni vivente morirà?
E' sufficiente constatare che finora è andata così?
Ma non c'è neanche bisogno di chiamare in causa la vita per generare questo tipo di dubbio. Perchè...
... tutto ciò che esiste in genere, anche di non vivente, continuerà ad esistere, seppur trasformandosi?
Cioè, ci sarà sempre qualcosa?
Come possiamo dimostrarlo?
Se non sappiamo neanche perchè c'è qualcosa, come possiamo garantire che ci sarà sempre qualcosa?
Secondo me non si può, perchè ogni certezza dipende da una previsione certa del futuro.
Ma lo stesso determinismo, che pur continuiamo ad usare, è smentito oggi dalle stesse leggi della fisica, come la relatività e il principio di indeterminazione.
Non è possibile conoscere contemporaneamente e con precisione infinita lo stato di tutte le parti dell'universo.
Paradossalmente poi, se anche ciò fosse teoricamente possibile, come dice Novelli nel suo ultimo libro ''Materia'', gran parte di queste parti sarebbero impegnate nelle necessarie rilevazioni, quindi da queste escluse, compreso l'osservatore.
Parliamo chiaramente: la natura esiste e ha le sue leggi
Ci sono 4 forze fondamentali che la regolano e non si scappa.
Secondo quello che sappiamo queste 4 leggi sono così ben fatte che funzionano permettendosi anche probabilità e casualità.
La natura non crea nè distrugge ma si trasforma,quindi non conosce morte e morti.
La vita organica, in particolare, segue questa regola aurea ma, di certo, non la violano l'organico "non vivente" e l' inorganico.Quando vedete la vostra ombra non vedete niente di esistente e di vivo, ma una mancanza di luce.
Per rassicurare gli esseri umani bisogna rappresentare la morte come una assenza,una mancanza di vita ma solo per rassicurarli .
In realtà, morte è solo un nome che trasforma un processo di trasformazione naturale in qualcosa di "oggettuale".
Grammaticalmente si chiama "nominalizzazione", un modo per cristallizzare,congelare e oggettivizzare I PROCESSI DI TRASFORMAZIONE!!!
Quindi,gli esseri umani si fanno paura da soli.
Io non ho dubbi sulla verita' della vita in se', e quindi neanche su quella della morte.
Ho dubbi sull'unita' intrinseca del mio psicosoma, ovvero, in due punti:
1) penso che la mia mente potrebbe "comandare", e muovere, un numero indefinito di "miei" corpi (corpi tutti uguali, tutti con dintorni uguali e tutti disseminati indefinitamente nello spazio e nel tempo) e io non me ne accorgerei, stante che quei corpi e i loro dintorni sarebbero tutti uguali, o tutti abbastanza simili da essere sensorialmente da me scambiati per uguali. Essendo un corpo vivente il risultato di una interazione con un ambiente (specificamente nel senso di una registrazione in cui e' coinvolta la coscienza) una volta posta e accettata l'identita' o la simitudine di una serie di corpi, l'identita' o la similitudine di una serie di mondi, abitati da quei corpi, semplicemente ne consegue, e viceversa. La vita, e dunque la coscienza, sa quello che le succede intorno entro una certa distanza spaziale o temporale, ma non sa con certezza, e riguardo a se stessa come fenomeno complessivo, di essere una vita unica, (spazialmente) collocata e (temporalmente) epocale, semplicemente, ai fini della sua stessa sopravvivenza, presume, di esserlo.
Ma la mia vita, dico, e con essa la mia coscienza, potrebbe benissimo essere una potenzialita' diffusa "trasversalmente" nella natura, e attivantesi nei dintorni spaziali o temporali di un certo numero indefinito di centri/corpo. E dunque non avere niente di unico, e conformarsi in ultima analisi alla struttura profonda di un universo a combinazioni finite e ripetute, infinitamente animato dallo stesso quanto di energia e/o infinitamente esteso, che nessun evento unico, di nessun tipo, contiene.
2) penso che a diversi e piu' di uno stati del mio corpo, assolutamente tra di loro distinti, potrebbe corrispondere uno e un solo stato della mia mente, e di nuovo, come nel punto precedente, non me ne accorgerei. Portato all'estremo, questo e' il problema, di implicazioni fantascientifiche, dell'universo simulato o del cervello in vasca. A un livello molto piu' terra terra, la mente non e' l'idea del corpo, o insomma, non e' l'idea adeguata del corpo (Spinoza in questo sbagliava, o meglio: indicava un ideale di difficile realizzazione), e non lo e' perche', e finquando, ci sono microtrasformazioni e microvariazioni del nostro corpo che sfuggono alla nostra mente.
Insomma, il succo di questi due punti e' che l'inganno del genio maligno di Cartesio, potrebbe non riguardare l'oggetto in se', della nostra percezione, ma l'unicita' numerica e fenomenica (la non disseminazione in un contesto piu' vasto), di tale oggetto, e anche di tale percezione stessa.
Non sappiamo se siamo unici, o se un orizzonte di ignoranza e conoscenza limitata ci rende, e ci fa auto-apparire, a noi stessi, unici. Oltre, tale orizzonte, potreppero esserci le nostre viventi "copie", le nostre etimologiche abbondanze.
Il problema e' che se cosi' fosse, la morte non solo non potrebbe distruggere le nostre vite, ma non potrebbe nemmeno minimamente modificarle. Quasi tutti quelli che non pensano che la morte verra' ad annullarli, ad esempio i credenti delle moderne religioni o i credenti nella reincarnazione, pensano (invece) che la morte verra' a cambiarli, in qualche modo. Paradiso, inferno, eccetera. Al di la', e piu' vasta e "capiente" della speranza di cambiare in meglio, nell'attimo della morte di un uomo, c'e' sempre la mera speranza di cambiare. Che riguarda pure gli atei senza ultraterrene speranze, che possono immagginare il trapasso come una "variazione", sia pure assoluta, dall'essere al nulla della loro coscienza del mondo. Un trapasso che e' pace, toglimento del dolore, la cui unica conseguenza retroattiva, e quindi il cui unico prezzo, e', o almeno, dovrebbe essere, la valorizzazione dell'effimero in quanto tale, il godersi la vita finche' si puo'. Eternizzandosi al limite solo nella storia, poetico/tribale, della comunita' umana di appartenenza, o solo nella plasmazione causale, sia pure dimenticata dai posteri, di un futuro glorioso indefinito,
o solo nella genetica, tanto per dire le tre speranze tra virgolette "ultraterrene", di rimedio al non senso della morte, tipiche anche degli atei occidentali.
Se invece assumiamo l'eterno ritorno di ogni vita, ne consegue che la morte non verra' a cancellarci, e questo puo' sembrare bello, ma nemmeno a cambiarci, non verra' in nessun senso a fare di noi qualcosa di diverso da quello che gia' siamo, dolore e orrore intrinseco alla vita compreso. E questo dovrebbe sembrare terribile, soprattutto se non ci accettiamo completamente per come gia' siamo. Siamo consegnati a noi stessi, al caso e agli altri viventi per quanto riguarda ogni variazione, ogni attraversamento di stato e movimento della nostra vita. Nel senso che la morte, in tutta questa danza, non e', e non sara', un ulteriore variazione, un ulteriore movimento. Ma il sigillo dell'eternita' ricadente sulla danza stessa. La misura e il limite di quello che siamo. Non esistono anestesie, non esistono trapassi indolori, non esistono valorizzazioni retroattive dell'effimero ai fini di un futuro immagginario e immagginato di qualche tipo, che sia esso un futuro di giudizio ultraterreno, o uno di annientamento e oblio non importa. E' la vita, a farci divenire, non la morte. Tutto il dolore, connesso al divenire, tutto il dolore di ogni perdita, e' destinato ad essere provato.
Si possono soggettivamente non avere dubbi, ma questo non comporta alcuna verità.
Vale allora come ipotesi di lavoro traendone le conseguenze, come dall'ipotesi opposta, e di quest'ultima le conseguenze mi sembrano più paradossali.
No life, no party. E neppure verità. Tutti i viventi muoiono è il secondo postulato della verità. Sotto il manto incontrovertibile di mamma Natura nel segno mai falsificato dell'immanenza biologica, che non offre appiglio alcuno all'immortalità individuale.
Al dubbio di
@niko rispondo che una copia sincronica e/o diacronica di me non sono io e non vive la mia vita. Non vi è via d'uscita dall'unità psicosomatica nel regno biologico. Solo nella
fantascienza, variamente semanticata.
Ma la certezza della morte può avere due modalità ben distinte.
Perché può essere una previsione, certa quanto si vuole, ma pur sempre una conclusione razionale che deriva dalla osservazione di come il mondo funziona.
Oppure questa certezza può invece derivare da una costatazione diretta, ti ritrovi davanti il morto! E non è più questione di ragionamento. Quel corpo prima era vivo e adesso è morto.
In entrambi i casi è indubbiamente la certezza della vita a donare certezza alla morte.
Ma nel secondo caso, vi è qualcosa in più...
E l'evidenza, di questo qualcosa in più, è in funzione del tuo amore. L'amore per il morto. Che prima era vivo.
Perché la morte, che hai davanti indubitabilmente, ti interroga.
E' la Medusa, che ti fissa, sfidandoti a sostenere il suo sguardo.
Allora, forse, potrà capitare che ti fai coraggio, e accetti la sfida.
Chi, cosa amavo e amo?
Dov'è finito l'oggetto del mio amore?
Prima c'era e ora è diventato nulla...
E più il tuo amore è sincero, e più cercherai l'amato in quel tempo che fu.
E la tua fedeltà non lo lascerà andare! Perché non vi è niente che l'amore lasci andare. L'amore tutto preserva.
Così, tenendo fermo l'amato nel tuo cuore, potrai forse intuire che non se n'è mai andato.
Per la semplice ragione che non c'è neppure mai stato. Non è mai esistito, quell'amato di cui ancora ricordi mille tipicità.
Vi è infatti, e vi è sempre stato, ben di più.
Quel Nulla, che traspare dietro la vita e la morte.
E quel Nulla è Dio.
Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2024, 15:27:52 PMNo life, no party. E neppure verità. Tutti i viventi muoiono è il secondo postulato della verità. Sotto il manto incontrovertibile di mamma Natura nel segno mai falsificato dell'immanenza biologica, che non offre appiglio alcuno all'immortalità individuale.
Al dubbio di @niko rispondo che una copia sincronica e/o diacronica di me non sono io e non vive la mia vita. Non vi è via d'uscita dall'unità psicosomatica nel regno biologico. Solo nella fantascienza, variamente semanticata.
E come fai a saperlo?
Il problema, e l'oggetto del mio discorso, e' proprio che una tua eventuale copia non saresti tu, perche' neanche tu, saresti tu.
Dati che arrivano allo stesso centro, in forma di percezioni, e che si diramano in uscita, tutti dallo stesso centro, in forma di azioni e volonta': questo e non altro potrebbe essere la vita. Un cuore, con tante vene, oppure un sole, con tanti raggi. E tante situazioni "somatiche", possono circondare, in senso periferico, la stessa psiche, oppure tante psiche, la stessa identica situazione somatica.
Oppure ci puo' essere una corrispondenza non biunivoca intercorrente tra tra due serie, proprie dei due "termini", psiche, e soma, dello "psicosoma", entrambe indefinitamente diffuse.
E nessun cogito, puo' oltrepassare questi dubbi.
Il mondo potrebbe essere unico proprio perche' esso potrebbe non contenere, altre cose, uniche, oltre se stesso. Il mondo non e' come appare, o quantomeno, non e' come appare localmente. Siamo abituati a pensare alla vita come ad una espansione, di conoscenza, rispetto a un grado minimo di conoscenza possibile, in una gerarchia del tipo: il cane (animale) sa piu' del sasso (inanimato), e l'uomo (animale superiore) sa piu' del cane; ma essa, la vita, rispetto ad una eventuale conoscenza migliore e superiore, potrebbe essere una diminuzione, il frutto inoggettivo di un mero sorgere, di un mero delinearsi, di un orizzonte di ignoranza.
O meglio, ci sarebbe bisogno dell'acutezza visiva di un Dio, o del sorvolo di un'aquila, per distinguere dettagli, che, se eventualmente distinti, renderebbero uniche singole parti del mondo, nel mondo, oltre al mondo; dettagli che nessuno distingue. Dettagli che a volte non sono solo dettagli propri delle cose che singolarmente li esprimono, ma rimandano a una inestricabile complessita'. Ad esempio, se vedessi due copie, di te stessa o di qualsiasi altra cosa, in una visione panoramica, potresti ben dire che una e' qui, l'altra e' li'. O una prima, e l'altra dopo. Stante una osservazione di lunga durata. E lo potresti ben dire sebbene le copie in quanto tali ti appaiano ancora come identiche, e quindi perfette. Ad una certa ristrettezza di campo، visivo e conoscitivo, la vita e' impegnata in sforsi produttivi, e riproduttivi: si sta disseminando (e riproducendo, e mantenendo, ed evolvendo, eccetera) nei limiti della immanenza che tanto ti e' cara. Io "allargo" il campo visivo, faccio il contrario dello zoom di una telecamera, e vedo semplicemente quegli stessi sforzi, che altri vedono solo in fieri, nella loro forma compiuta: la vita non si sta, disseminando; e' gia' disseminata. Nel "campo", quando esso e' abbastanza grande da contenere almeno due copie, dello stesso essere, una qui e una li', nel mondo in soggettiva per come lo vedrebbe Dio, o l'aquila, che hanno il campo visivo ampio. Oltre l'immanenza, c'e' solo la compiutezza, del non senso, dell'immanenza stessa, che distrugge finanche le verita' e le finalita' istintuali e di specie, laddove le verita' e le finalita' egoiche e culturali, anche assumendo un punto di vista piu' limitato, gia' si distruggono da sole.
La natura si vive da sola, e il nostro apporto egoico a questo autoviversi della natura e' illusorio, soprattutto nel senso di individualmente, illusorio. Da cui il contrasto, tra vita e natura, e la necessita' di illudersi.
C'e' solo necessita', solo il primo principio, solo possibilita' energeticamente inesauribili, ma combinatoriamente limitate. La morte, in quanto limite, in quanto misura, dovrebbe essere eticamente "usata", per vivere con serieta', e profondita', e coraggio, la vita. Non sorprende che ad oggi sia "rimossa", o meglio, abusata, per fondare il concetto di individuo. Solo davanti alla morte. E quindi solo davanti alla vita. In attesa di incontrare Dio. O il nulla. O la salvezza intesa come possibilita'. Tutte cose che all'atto pratico e a mio personale giudizio non si incontrano mai, perche' non ci sono. Cosi' come l'individuo.
Entia non sunt moltiplicanda praeter necessitatem.
Citazione di: bobmax il 09 Gennaio 2024, 08:12:31 AM[...]
Perché se mi si insinua anche solo un piccolo dubbio, che non vi sia in realtà alcuna sostanziale differenza tra ogni cosa del mondo... allora questo dubbio fa inevitabilmente crollare pure la granitica certezza sulla morte.
Il punto è specificare questa "sostanziale differenza tra ogni cosa del mondo".
Se effettivamente non si riuscisse a osservare alcuna "sostanziale" differenza, se tutto fosse veramente una cosa sola, e se le distinzioni fossero solo illusioni, allora non ci sarebbe vita, e quindi neanche morte.
Ma sembra un ragionamento paradossale che per guadagnare l'eternità divina perde la vita umana...
Citazione di: bobmax il 09 Gennaio 2024, 16:14:33 PM[...]
Così, tenendo fermo l'amato nel tuo cuore, potrai forse intuire che non se n'è mai andato.
Per la semplice ragione che non c'è neppure mai stato. Non è mai esistito, quell'amato di cui ancora ricordi mille tipicità.
Vi è infatti, e vi è sempre stato, ben di più.
Quel Nulla, che traspare dietro la vita e la morte.
E quel Nulla è Dio.
Perché non dovrebbe essere mai esistita la persona amata? Non ci sono solo i miei ricordi a testimoniarne l'esistenza, ma mille segni materiali del suo passaggio su questa terra. Dunque, perché dovrei convincermi che è tutta un'illusione, che la vita e la morte sono solo illusioni, che ogni cosa è Dio, che esiste solo Dio?
Non faccio alcuna esperienza di una cosa del genere, anzi. Quindi dovrei essere spinto a ribaltare le mie certezze solo a partire da un ragionamento convincente. Che per ora non vedo.
Citazione di: niko il 09 Gennaio 2024, 21:32:27 PMLa morte, in quanto limite, in quanto misura, dovrebbe essere eticamente "usata", per vivere con serieta', e profondita', e coraggio, la vita. Non sorprende che ad oggi sia "rimossa", o meglio, abusata, per fondare il concetto di individuo. Solo davanti alla morte. E quindi solo davanti alla vita. In attesa di incontrare Dio. O il nulla. O la salvezza intesa come possibilita'. Tutte cose che all'atto pratico e a mio personale giudizio non si incontrano mai, perche' non ci sono. Cosi' come l'individuo.
Non vedo il sequitur. L'individuo non rimuove la morte ma la certifica e nel suo avere coscienza di ciò amplifica il valore della vita che ha avuto in sorte imparando, se ne ha la consistenza, ad amare e riempire di senso questo fato condiviso.
Citazione di: Koba II il 10 Gennaio 2024, 07:34:30 AMIl punto è specificare questa "sostanziale differenza tra ogni cosa del mondo".
Se effettivamente non si riuscisse a osservare alcuna "sostanziale" differenza, se tutto fosse veramente una cosa sola, e se le distinzioni fossero solo illusioni, allora non ci sarebbe vita, e quindi neanche morte.
Ma sembra un ragionamento paradossale che per guadagnare l'eternità divina perde la vita umana...
Perché non dovrebbe essere mai esistita la persona amata? Non ci sono solo i miei ricordi a testimoniarne l'esistenza, ma mille segni materiali del suo passaggio su questa terra. Dunque, perché dovrei convincermi che è tutta un'illusione, che la vita e la morte sono solo illusioni, che ogni cosa è Dio, che esiste solo Dio?
Non faccio alcuna esperienza di una cosa del genere, anzi. Quindi dovrei essere spinto a ribaltare le mie certezze solo a partire da un ragionamento convincente. Che per ora non vedo.
Non è proprio un ragionamento...
Piuttosto è una constatazione.
"L'amor che move il sole e l'altro stelle" non è il risultato di una riflessione, di un processo logico, ma è ciò che Dante vede.
E perché lo vede?
Lo vede per merito della rivoluzione metafisica che ha attraversato.
Il cuore della questione è infatti sempre metafisico. Cioè, il significato dell'esistenza deriva da ciò che è considerato Vero, e perciò Fondamento della realtà.
La verità di questo fondamento non è supportata da alcunché. Come potrebbe mai esserlo?
È necessariamente un presupposto, una ovvietà.
Che però determina ogni significato dell'esistenza.
Non essendo frutto di un ragionamento, non può mutare tramite riflessione.
Tuttavia il pensiero può iniziare a metterlo in discussione.
E perché dovrebbe farlo?
Perché dovrebbe incominciare a chiedersi quanta "verità" vi sia nel fondamento creduto?
Il motivo per iniziare a dubitare è la cacciata dal paradiso terrestre.
Che coincide con la constatazione della morte.
Un viaggio dell'umanità e del singolo.
Guidato da una sola assillante domanda: "Cosa è importante in questa vita?"
La morte, il male, sospingono a proseguire il viaggio.
Finché, forse, il Fondamento si rivelerà essere ben altro.
Al di là di ogni logica, di ogni ragionamento, il Fondamento si impone da sé medesimo.
Solo allora l'amato potrà tornare a te, in tutta la sua pienezza.
Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2024, 22:49:07 PMEntia non sunt moltiplicanda praeter necessitatem.
La necessita' qui e' che le leggi di natura sono omogenee ed agenti in un ambiente su larga scala omogeneo, e che il secondo principio della termidinamica ha una valenza puramente probabilistica e statistica. Non esiste a livello fondamentale. Esprime "solo" una proprieta' emergente.
Al di sotto di un certo grado di complessita' e molteplicita', ad esempio un universo in cui esistesse solo una particella elementare e per il resto vuoto, il secondo principio semplicemente non esisterebbe e non varrebbe; e al di sopra (universi infinitamente piu' vasti o durevoli del nostro per come lo conosciemo) esisterebbero piu' o meno sporadiche eccezioni: nel senso che le configurazioni che ad oggi diciamo "sommamente improbabili", le uova che cadono a terra, rimbalzano e si ricompongono, e i morti che, cristianamente o atomisticamente, "resuscitano", diventerebbero, localmente e sporadicamente, probabili.
E' difficile da immagginare, ma la resurrezione o non resurrezione di un morto, la ricomposizione o non ricomposizione di un uovo, e' puramente una questione di numero di volte in cui l'uovo si rompe, o l'uomo muore. A parte il simpatico vizio, (emergente), di farci morire molte piu' volte di quante non ne resuscitiamo, e di farci vedere molte piu' uova che restano rotte rispetto a uova che si ricompongono, "mamma" natura non ha nessuna particolare (altra) preferenza per la morte, rispetto alla vita. La vita e' coscienza, la coscienza e' registrazione e passato, il passato in ogni momento e' sommamente improbabile rispetto al futuro (da cui il futuro di morte verso cui procedono tutti i viventi), ma non e' impossibile. E', e resta, una configurazione tra le altre, una configurazione come un'altra, un numero che alla lotteria puo' uscire.
Noi esseri viventi e umani, per le conoscenze scientifiche che al momento abbiamo, per come e' la nostra percezione sensoriale e strumentale, semplicemente abitiamo, e siamo, sul (vasto) gradino intermedio di tutta una grande scala di molteplicita' e complessita' possibili: sul gradino intermedio in cui il secondo principio vale.
E vale in assoluto, come tutte le altre leggi di natura.
Tutto cio' che espande o, per assurdo, riduce, questa scala di molteplicita' e complessita', indebolisce la valenza assoluta del secondo principio. Una previsione statistica vale entro un massimo e un minimo, e basterebbe che la natura fosse al di sopra o al di sotto, di quel massimo o quel minimo, e "gli enti", cioe' la nostra percezione soggettiva degli enti e di quello che essi sono, si moltiplicherebbe, in assoluto, secondo necessita'.
Il molteplice, non e' l'eterno in senso mistico o metafisico. Il molteplice e' comunque interrotto, dalla morte, e se e' per questo da tante altre cose, e puo' morire. La morte vale, per il molteplice, come limite e come misura. Ma poi, del singolo ente morto, puo' morire anche la morte. E poi, la morte della sua morte, e poi... e' tutto un ciclo, un ritmo, prima o poi, viaggiando nello spazio o nel tempo si ritorna al punto di partenza.
Anche se ci fosse, anche se esistesse, l'infinitamente differenziato o l'infinitamente complesso, implicante la realta' locale ed assoluta dell'unico, noi non lo capiremmo. Dentro l'infinitamente differenziato o l'infinitamente comesso, sia pure attraversandolo e vedendolo come dal finestrino di un treno, noi viventi continueremmo beatamente a fare i viventi, ad agire e percepire secondo i nostri fini. A costruire, e vedere intenzionalmente, presso l'infinitamente complesso e la differenza infinita, le isole di semplicita'. Le stazioni abitabili. Il cui modello e' l'astrazione, la raccolta concettuale dei simili valenti per uguali. La scala, e' fatta di gradini. C'e' il gradino uno, e c'e' il gradino tre. Noi stiamo sul gradino due. E quello e' tutto il nostro mondo. Non possiamo scendere, e non possiamo salire. Siamo sommamente convinti, che esista l'unico, e che esista l'irreversibile. Ma di sospettare, vale sempre la pena. Soprattutto davanti a una statistica.
Per non parlare di multiversi, immortalita' quantistica, cosmologie cicliche, eoniche o periodiche. Ma non ci vuole la scienza, per capire che la necessita', applicata a delle, limitate, possibilita', non prevede configurazioni uniche o irripetibili. Che all'infinito, tutte le (finite) possibilita' si realizzano, e si realizzano infinitamente.
E' una intuizione che chiunque, puo' avere.
Citazione di: Ipazia il 10 Gennaio 2024, 07:47:39 AMNon vedo il sequitur. L'individuo non rimuove la morte ma la certifica e nel suo avere coscienza di ciò amplifica il valore della vita che ha avuto in sorte imparando, se ne ha la consistenza, ad amare e riempire di senso questo fato condiviso.
Beh, io volevo principalmente dire che e' la societa', attuale, a rimuovere la morte e il suo pensiero.
Non ho mai detto che l'individuo rimuove la morte, ho detto che la morte e' usata per fondare il (falso) concetto di individuo, che individualmente lotta per la sua salvezza.
E, mi dispiace, ma la valorizzazione dell'effimero a partire dalla realta' della morte e' perfettamente iscritta in questa fondazione, nichilistica, del (falso) individuo, che io rifiuto in assoluto.
Chi valuta la vita a partire dal nulla larvale e tombale che secondo lui lo attende, non e' piu' furbo di chi la valuta a partire dall'aldila' con gli angioletti e i diavoloni (o dalla reincarnazione in elefante) che sempre secondo lui lo attende, solo piu' disincantato e moderno. Sempre egli vive in un mondo di mezzi, e non riesce a vedere i fini. Lui come tutti gli altri credenti, e anche di piu', di tutti gli altri credenti. Se andiamo verso il nulla della morte, non ci sono fini, tutto e' tecnico, tutto e' mezzo, tutto e' sopportabile in quanto mezzo, in quanto intermedio finito, in contatto con altro e umanamente attraversabile, se non anche edificante.
Ne deriva, e ne e' di fatto derivata, solo decadenza, illusione, crapula, consumismo, dipendenza dalle cose e dagli altri, nel migliore dei casi: eccessivo stoicismo.
Si sopportano le cose peggiori, e soprattutto le ingiustizie, perche' tanto poi tutto passa, perche' tanto la morte e' una felicita' negativa, una liberazione dal dolore, un riposo. Un sonno senza sogni. Perche' la realta' dell'unico, del finito, richiede il sacrificio, limitato e rassicurante, di una sopportazione del male unica, finita. Ma in realta': niente passa, se noi non lo facciamo passare. E non ci sara' nessuna felicita' negativa, nessun riposo. Meglio valutare la vita a partire dalla vita. Non sopportare nella singola giornata quello che non sopporteremmo in eterno.
Chi ha detto, che il grande moloch dell'individuo, che l'atomo che siamo, non possa, finalmente, dividersi, tra vita e morte.
Cosi' come si e' gia' diviso per nascere.
ci chiedi di guardare la realtà dal punto di vista delle leggi . Come dicevo; dal punto di vista delle leggi del moto (delle molecole di un uovo ad es) un film proiettato a ritroso costituirebbe una sequenza perfettamente accettabile di eventi reali (l'uovo si ricompone dopo la rottura) Ma dal nostro punto di vista tale sequenza invertita è impossibile perchè la maggior parte dei processi fisici che si verficano nel mondo reale è irreversibile. Sono le leggi ad essere reversibili, non l'uovo in se come oggetto fisico.
@nikoCosì è più chiaro, ma è evidente che una società, fondata sulla mistificazione, mistifica anche il senso della vita e della morte che ne è parte. E pensa di risolvere la faccenda per via tossica, come tutto il resto. È la gente che non merita nemmeno la vita che ha ad ambire di più alla vita eterna. Sorella morte, salvaci tu da questi menagrami.
Citazione di: bobmax il 09 Gennaio 2024, 08:12:31 AMLa verità ha a che fare con la certezza.
Nel senso, che ciò che è certo non ammette più alcun dubbio!
E non essendoci più alcuna possibilità di dubitare... il certo è la Verità che si fa sostanza, da trascendente si fa immanente.
E cosa c'è di più certo della morte?
La morte è, per antonomasia, la Verità in terra.
Epperò forse non ci accorgiamo che la verità della morte, cioè che la morte ci sia, dipende a sua volta da un' altra verità: la verità della vita, che la vita davvero ci sia.
La certezza della morte è condizionata da un'altra certezza, la certezza della vita.
Ma cos'è la vita, di cui sono così certo?
È pure, questa mia certezza sulla vita, una Verità in terra?
Ma Verità di che?
Vi è davvero qui la vita che, in quanto Verità, è incommensurabile rispetto a tutto il resto di ciò che c'è?
Perché se mi si insinua anche solo un piccolo dubbio, che non vi sia in realtà alcuna sostanziale differenza tra ogni cosa del mondo... allora questo dubbio fa inevitabilmente crollare pure la granitica certezza sulla morte.
Caro Bobmax leggiamo il Critone.
All'incontrario di quanto vorrebbe la critica dei "signori so tutto io".
Il discorso finale di Socrate in risposta alla chiamata all'onore di Critone, che cosa è?
Un delirio, che richiama quali fantasmi?
Di cosa ha paura Critone, di cosa ha paura Socrate, di cosa ha paura Omero?
E' ovvio che al suo iterno c'è la minaccia di morte.
Non tanto la morte in sè.
Quella è di poco conto: muori, fine del soggetto, dell'assoggettato.
Onore o Morte?Fra questi due capi del sommo Platone passa l'intero pensiero sapienziale.
La Grecia ci surclassa.
Non è un caso se tu invece scegli senza indugio la morte.
Che la morte sia poi nominalmente il contrario della vita cosa cambia?
E' infatti pur vero che potrebbe essere il contrario ed essere la vita mero nominalismo.
All'interno di questo paradigma assilantemente prodotto e riprodotto dalla industria culturale cosa si cela?
La paura. La paura che veramente la vita sia un niente rispetto alla vastità della morte.
Nel Critone Platone fa dire alla maschera di Socrate: " io non lo so".
E il delirio inizia.
Molto difficile da capire persino per uno come me.
La cosa che più mi impressiona è che se la maschera strilla, Platone non cede di un solo centimetro.
Il più grande dei Greci ci invita a un pensiero che va ben oltre i nostri limitatissimi orizzonti.
Il dubbio corrode ogni cosa caro Bobmax, a noi le palle quadrate e fumanti di saper reagire, per la vita, in nome della vita.
Fin quando si è vivi.
PS
come siamo caduti in basso rispetto alla grandezza del passato...è un incubo, qualcuno mi svegli :D
Citazione di: Pensarbene il 09 Gennaio 2024, 09:17:04 AMdal punto di vista della materia non esiste alcuna morte ma solo.una trasformazione
continua.
Per la materia energia esiste solo la vita,l'organica e l'inorganico,niente morte,nessuna.
Non esiste il punto di vista della materia.
Siamo sempre in pieno transumanesimo globalista.
Citazione di: niko il 09 Gennaio 2024, 13:34:36 PMIo non ho dubbi sulla verita' della vita in se', e quindi neanche su quella della morte.
Ho dubbi sull'unita' intrinseca del mio psicosoma, ovvero, in due punti:
1) penso che la mia mente potrebbe "comandare", e muovere, un numero indefinito di "miei" corpi (corpi tutti uguali, tutti con dintorni uguali e tutti disseminati indefinitamente nello spazio e nel tempo) e io non me ne accorgerei, stante che quei corpi e i loro dintorni sarebbero tutti uguali, o tutti abbastanza simili da essere sensorialmente da me scambiati per uguali. Essendo un corpo vivente il risultato di una interazione con un ambiente (specificamente nel senso di una registrazione in cui e' coinvolta la coscienza) una volta posta e accettata l'identita' o la simitudine di una serie di corpi, l'identita' o la similitudine di una serie di mondi, abitati da quei corpi, semplicemente ne consegue, e viceversa. La vita, e dunque la coscienza, sa quello che le succede intorno entro una certa distanza spaziale o temporale, ma non sa con certezza, e riguardo a se stessa come fenomeno complessivo, di essere una vita unica, (spazialmente) collocata e (temporalmente) epocale, semplicemente, ai fini della sua stessa sopravvivenza, presume, di esserlo.
Ma la mia vita, dico, e con essa la mia coscienza, potrebbe benissimo essere una potenzialita' diffusa "trasversalmente" nella natura, e attivantesi nei dintorni spaziali o temporali di un certo numero indefinito di centri/corpo. E dunque non avere niente di unico, e conformarsi in ultima analisi alla struttura profonda di un universo a combinazioni finite e ripetute, infinitamente animato dallo stesso quanto di energia e/o infinitamente esteso, che nessun evento unico, di nessun tipo, contiene.
2) penso che a diversi e piu' di uno stati del mio corpo, assolutamente tra di loro distinti, potrebbe corrispondere uno e un solo stato della mia mente, e di nuovo, come nel punto precedente, non me ne accorgerei. Portato all'estremo, questo e' il problema, di implicazioni fantascientifiche, dell'universo simulato o del cervello in vasca. A un livello molto piu' terra terra, la mente non e' l'idea del corpo, o insomma, non e' l'idea adeguata del corpo (Spinoza in questo sbagliava, o meglio: indicava un ideale di difficile realizzazione), e non lo e' perche', e finquando, ci sono microtrasformazioni e microvariazioni del nostro corpo che sfuggono alla nostra mente.
Insomma, il succo di questi due punti e' che l'inganno del genio maligno di Cartesio, potrebbe non riguardare l'oggetto in se', della nostra percezione, ma l'unicita' numerica e fenomenica (la non disseminazione in un contesto piu' vasto), di tale oggetto, e anche di tale percezione stessa.
Non sappiamo se siamo unici, o se un orizzonte di ignoranza e conoscenza limitata ci rende, e ci fa auto-apparire, a noi stessi, unici. Oltre, tale orizzonte, potreppero esserci le nostre viventi "copie", le nostre etimologiche abbondanze.
Il problema e' che se cosi' fosse, la morte non solo non potrebbe distruggere le nostre vite, ma non potrebbe nemmeno minimamente modificarle. Quasi tutti quelli che non pensano che la morte verra' ad annullarli, ad esempio i credenti delle moderne religioni o i credenti nella reincarnazione, pensano (invece) che la morte verra' a cambiarli, in qualche modo. Paradiso, inferno, eccetera. Al di la', e piu' vasta e "capiente" della speranza di cambiare in meglio, nell'attimo della morte di un uomo, c'e' sempre la mera speranza di cambiare. Che riguarda pure gli atei senza ultraterrene speranze, che possono immagginare il trapasso come una "variazione", sia pure assoluta, dall'essere al nulla della loro coscienza del mondo. Un trapasso che e' pace, toglimento del dolore, la cui unica conseguenza retroattiva, e quindi il cui unico prezzo, e', o almeno, dovrebbe essere, la valorizzazione dell'effimero in quanto tale, il godersi la vita finche' si puo'. Eternizzandosi al limite solo nella storia, poetico/tribale, della comunita' umana di appartenenza, o solo nella plasmazione causale, sia pure dimenticata dai posteri, di un futuro glorioso indefinito,
o solo nella genetica, tanto per dire le tre speranze tra virgolette "ultraterrene", di rimedio al non senso della morte, tipiche anche degli atei occidentali.
Se invece assumiamo l'eterno ritorno di ogni vita, ne consegue che la morte non verra' a cancellarci, e questo puo' sembrare bello, ma nemmeno a cambiarci, non verra' in nessun senso a fare di noi qualcosa di diverso da quello che gia' siamo, dolore e orrore intrinseco alla vita compreso. E questo dovrebbe sembrare terribile, soprattutto se non ci accettiamo completamente per come gia' siamo. Siamo consegnati a noi stessi, al caso e agli altri viventi per quanto riguarda ogni variazione, ogni attraversamento di stato e movimento della nostra vita. Nel senso che la morte, in tutta questa danza, non e', e non sara', un ulteriore variazione, un ulteriore movimento. Ma il sigillo dell'eternita' ricadente sulla danza stessa. La misura e il limite di quello che siamo. Non esistono anestesie, non esistono trapassi indolori, non esistono valorizzazioni retroattive dell'effimero ai fini di un futuro immagginario e immagginato di qualche tipo, che sia esso un futuro di giudizio ultraterreno, o uno di annientamento e oblio non importa. E' la vita, a farci divenire, non la morte. Tutto il dolore, connesso al divenire, tutto il dolore di ogni perdita, e' destinato ad essere provato.
Il problema del genio maligno è quello che il mondo coincide con quanto percepiamo e percepiamo univocamente.
per questo cartesio aveva bisogno di dio.
per quanto riguarda il ritorno della materia vorrebbe dire che siamo in un universo chiuso.
concezione ottocentesca oggi ampiamente superata.
l'universo non è chiuso ma in costante espansione.
dunque nessun ritorno.
prima che qualcuno mi rimproveri il nietzche, si l'ho già detto, questa interpetazione nice la prese dal boscovich, pensatore croato.
E' una semplice cosmologia da cui nice prese spunto per pensare il tempo.
l'eterno ritorno non va da esser preso nel fisico, anche se nice questo errore macro lo fece. punto e a capo.
(lo fece pure einstein....)
Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2024, 15:27:52 PMNo life, no party. E neppure verità. Tutti i viventi muoiono è il secondo postulato della verità. Sotto il manto incontrovertibile di mamma Natura nel segno mai falsificato dell'immanenza biologica, che non offre appiglio alcuno all'immortalità individuale.
Al dubbio di @niko rispondo che una copia sincronica e/o diacronica di me non sono io e non vive la mia vita. Non vi è via d'uscita dall'unità psicosomatica nel regno biologico. Solo nella fantascienza, variamente semanticata.
Ma che è sta roba?
E quindi?
Il giorno in cui voi materialisti mi spiegherete in cosa consiste e dove è situato il pensiero umano, sarà sempre un bel giorno.
Ah beata immanenza della greggia.
Citazione di: bobmax il 09 Gennaio 2024, 16:14:33 PMMa la certezza della morte può avere due modalità ben distinte.
Perché può essere una previsione, certa quanto si vuole, ma pur sempre una conclusione razionale che deriva dalla osservazione di come il mondo funziona.
Oppure questa certezza può invece derivare da una costatazione diretta, ti ritrovi davanti il morto! E non è più questione di ragionamento. Quel corpo prima era vivo e adesso è morto.
In entrambi i casi è indubbiamente la certezza della vita a donare certezza alla morte.
Ma nel secondo caso, vi è qualcosa in più...
E l'evidenza, di questo qualcosa in più, è in funzione del tuo amore. L'amore per il morto. Che prima era vivo.
Perché la morte, che hai davanti indubitabilmente, ti interroga.
E' la Medusa, che ti fissa, sfidandoti a sostenere il suo sguardo.
Allora, forse, potrà capitare che ti fai coraggio, e accetti la sfida.
Chi, cosa amavo e amo?
Dov'è finito l'oggetto del mio amore?
Prima c'era e ora è diventato nulla...
E più il tuo amore è sincero, e più cercherai l'amato in quel tempo che fu.
E la tua fedeltà non lo lascerà andare! Perché non vi è niente che l'amore lasci andare. L'amore tutto preserva.
Così, tenendo fermo l'amato nel tuo cuore, potrai forse intuire che non se n'è mai andato.
Per la semplice ragione che non c'è neppure mai stato. Non è mai esistito, quell'amato di cui ancora ricordi mille tipicità.
Vi è infatti, e vi è sempre stato, ben di più.
Quel Nulla, che traspare dietro la vita e la morte.
E quel Nulla è Dio.
A parte che questo nulla è il tutto, vale sempre ricordarlo ai non addetti al linguaggio blumaxiano.
Si e aggiungo che il corpo davanti a me, come nella lezione di tolstoj, non ci appare mai come lo STESSO CORPO che fino ad un attimo prima era abitato dal soffio divino.
Dove è andato quel soffio?
E' andato via come un vento che passa sul deserto che siamo, e che torneremo ad essere una volta morti.
Ma vivi, ed è quello che conta, è che siamo un deserto comunicante spazzato via dai venti e dalle tempeste del DIO, o meglio degli DEI.
Nietzche docet quello che l'ebraismo docet.
E ultimora ultimora quello che l'orfismo docet.
A presto verso nuovi poetici NULLA (plurale).
Perchè è ovvio e la filosofia sapienziale lo sa, che noi stessi siamo parte di quel soffio (non l'unico, ma uno degli infiniti soffi)
Citazione di: Koba II il 10 Gennaio 2024, 07:34:30 AMIl punto è specificare questa "sostanziale differenza tra ogni cosa del mondo".
Se effettivamente non si riuscisse a osservare alcuna "sostanziale" differenza, se tutto fosse veramente una cosa sola, e se le distinzioni fossero solo illusioni, allora non ci sarebbe vita, e quindi neanche morte.
Ma sembra un ragionamento paradossale che per guadagnare l'eternità divina perde la vita umana...
Perché non dovrebbe essere mai esistita la persona amata? Non ci sono solo i miei ricordi a testimoniarne l'esistenza, ma mille segni materiali del suo passaggio su questa terra. Dunque, perché dovrei convincermi che è tutta un'illusione, che la vita e la morte sono solo illusioni, che ogni cosa è Dio, che esiste solo Dio?
Non faccio alcuna esperienza di una cosa del genere, anzi. Quindi dovrei essere spinto a ribaltare le mie certezze solo a partire da un ragionamento convincente. Che per ora non vedo.
Qui credo che sia anche colpa del linguaggio blumaxiano.
Io ho interpretato l'esatto opposto. Ossia che l'amore persiste anche da morti.
Come dice Montale "avevamo inventato un fischio per riconoscerci da morti"
anche il soffio dell'amore è uno degli infiniti soffi
la materia non c'entra niente
Citazione di: Ipazia il 10 Gennaio 2024, 07:47:39 AMNon vedo il sequitur. L'individuo non rimuove la morte ma la certifica e nel suo avere coscienza di ciò amplifica il valore della vita che ha avuto in sorte imparando, se ne ha la consistenza, ad amare e riempire di senso questo fato condiviso.
La morte blocca! cara Ipazia, bizzarro che ancora non l'hai capito.
Citazione di: green demetr il 11 Gennaio 2024, 00:57:30 AMIl problema del genio maligno è quello che il mondo coincide con quanto percepiamo e percepiamo univocamente.
per questo cartesio aveva bisogno di dio.
per quanto riguarda il ritorno della materia vorrebbe dire che siamo in un universo chiuso.
concezione ottocentesca oggi ampiamente superata.
l'universo non è chiuso ma in costante espansione.
dunque nessun ritorno.
prima che qualcuno mi rimproveri il nietzche, si l'ho già detto, questa interpetazione nice la prese dal boscovich, pensatore croato.
E' una semplice cosmologia da cui nice prese spunto per pensare il tempo.
l'eterno ritorno non va da esser preso nel fisico, anche se nice questo errore macro lo fece. punto e a capo.
(lo fece pure einstein....)
L'universo non e' chiso, e' piatto su larga scala.
Il fatto che il risultato sperimentale osservato della "piattezza" sia "sorprendente", cioe' statisticamente improbabile di per se' rispetto a tutta una piu' ampia gamma di risultati attesi teoricamente possibili e assolutamente diversi dal risultato effettivo della piattezza, depone a favolre delle teorie dell'inflazione, che spiegano la ragione della piattezza al di la' della sua apparente improbabilita'.
L'espansione (che non e' la stessa cosa dell'inflazione) non e' (affatto) di per se' un'argomento contro una cosmologia ciclica, semmai una certa qualita'/durevolezza/velocita' dell'espansione, che ne implica la durata eterna, lo e'.
Ma esistono cosmologie cicliche anche in presenza di espanzione o inflazione eterna, cambia solo la qualita' e la natura dell'elemento ciclico, non piu' "seminale", o "ritmico" (mondi che si contraggono e si espandono), cioe', ma diffuso (mondi simili ad altri mondi, e quindi potenzialmente e localmente uguali) o palingenetico (strutture in cui estremo passato ed estremo futuro dell'universo sono contigui e si toccano, essendo con cio' il contrario esatto, di due estremi possibili e distanti di una dimensione o di un ritmo).
L'eterno ritorno deriva dalla premessa che ci siano possibilita' finite in un tempo infinito, non e' una teoria che necessita di chissa' quale pezza d'appoggio scientifica.
E' pure matematicamente sbagliato, come concezione, Nietzsche non poteva saperlo, perche' anche rimescolando combinazioni finite di elementi discreti indistruttibili per un tempo infinito, non si ottiene mai la periodicita' della stessa identica sequenza, ma (solo) un caos di sequenze identiche tra loro arbitrariamente lunghe, proprio come nelle cifre dopo la virgola dei numeri irrazionali. L'effetto sulla vita pero' sarebbe identico, perche' noi abitiamo spazi arbitariamente vasti ma non infiniti, e tempi, arbitrariamenze lunghi non infiniti. Non necessitiamo percio' di nessuna mistica e inequivoca seguenza definita periodica, per essere riprodotti e reintegrati nel nostro corpo e nella nostra vita, solo di una serie di sequenze galleggianti nel caos abbastanza vaste da farci stare comodi, nei nostri, relativi, ritorni.
Il punto e' sempre, e solo, e semplicemente, che la vita prodotta dalle sequenze entro certi limito ritornanti, non avrebbe memoria, di essere o non essere "nostra", la nostra vita o quella di un altro, perche' gia' da ora, non ha la qualita' intrinseca di essere o non essere "nostra". E' una vita e basta. E' quello che succede quando certe cause, producono certe conseguenze.
La domanda "dove?" E "quando?" queste cause, le cause insomma della vita in generale e della nostra vita, producano queste consequenze, insomma l'effettualita' della nostra vita come vita vissuta, non ha proprio senso, perche' e' un "dove" e un "quando" di circostanze materiali favorevoli, non di punti su una mappa o date su un calendario. Quindi, quando ci si interroga sulla collocazione di una vita, compresa la nostra, di vita, bisogna solo chiedersi "a quali condizioni" non dove, e non quando.
La "collocazione", non e' una vera collocazione, ma un generica potenzialita' della natura, trasversale alla natura stessa. E se le possibilita' sono finite e il tempo infinito, la vita e' infinitamente ritornante, pur non dipendendo (affatto) da un eterno ritorno strettamente eonico, cioe' matematicamente esatto nel suo essere periodico. Ci sono le isole di abitabilita' nel mare del caos, e la vita e' direttamente l'insieme delle isole, a distanza finita e variabile tra di loro, l'arcipelago/costellazione.
Per la gioia dell'individuo, e delle morali dell'unico e dell'effimero, che hanno sostituito il Dio nietzscheanamente morto. Tenendo saldo l'egoismo "animico", cioe' psicosomatico, degli eterni "fedeli" alla ricerca della loro "salvezza". Che non troveranno mai, perche' la concepiscono come una possibilita', (mi devo salvare) invece che come una dura e disantropica necessita' (mi devo salvare, dalla salvezza e nonostante la salvezza. Che e' certa, e che riguarda anche il dolore, l'assurdo e il male). Nessuno, si deve salvare, se non nel senso di abitare dignitosamente l'eternita' della sua propria vita.
Citazione di: Alberto Knox il 10 Gennaio 2024, 13:07:03 PMci chiedi di guardare la realtà dal punto di vista delle leggi . Come dicevo; dal punto di vista delle leggi del moto (delle molecole di un uovo ad es) un film proiettato a ritroso costituirebbe una sequenza perfettamente accettabile di eventi reali (l'uovo si ricompone dopo la rottura) Ma dal nostro punto di vista tale sequenza invertita è impossibile perchè la maggior parte dei processi fisici che si verficano nel mondo reale è irreversibile. Sono le leggi ad essere reversibili, non l'uovo in se come oggetto fisico.
Le cose, sono irreversibili, perche' per essere quello che sono, sono composte da troppe parti, che devono assemblarsi in sequenza ordinata e necessaria.
La legge della natura, che pur domina le singole parti, non ricompone la cosa.
Un mondo con meno parti, del nostro, con meno possibili combinazioni, sarebbe piu' facilmente reversibile.
E uno con con piu' parti anche, sarebbe in assoluto piu' caotico del nostro ai fini di un'aquila che lo sorvolasse o di un dio che lo vedesse dall'alto, ma piu' facilmente revesibile ai fini del poco che, in quanto piccoli ometti viventi, ci riguarda, che e' sempre una super-parte concettuale di parti, circondata da intervalli arbitrariamente caotici.
L'irreversibilita', come anche prima ho detto, e' un intermedio di una scala.
C'e' chi ci crede, che esista insuperabilmente solo tale intermedio, e chi no.
Citazione di: niko il 11 Gennaio 2024, 15:35:49 PML'universo non e' chiso, e' piatto su larga scala.
Il fatto che il risultato sperimentale osservato della "piattezza" sia "sorprendente", cioe' statisticamente improbabile di per se' rispetto a tutta una piu' ampia gamma di risultati attesi teoricamente possibili e assolutamente diversi dal risultato effettivo della piattezza, depone a favolre delle teorie dell'inflazione, che spiegano la ragione della piattezza al di la' della sua apparente improbabilita'.
L'espansione (che non e' la stessa cosa dell'inflazione) non e' (affatto) di per se' un'argomento contro una cosmologia ciclica, semmai una certa qualita'/durevolezza/velocita' dell'espansione, che ne implica la durata eterna, lo e'.
Ma esistono cosmologie cicliche anche in presenza di espanzione o inflazione eterna, cambia solo la qualita' e la natura dell'elemento ciclico, non piu' "seminale", o "ritmico" (mondi che si contraggono e si espandono), cioe', ma diffuso (mondi simili ad altri mondi, e quindi potenzialmente e localmente uguali) o palingenetico (strutture in cui estremo passato ed estremo futuro dell'universo sono contigui e si toccano, essendo con cio' il contrario esatto, di due estremi possibili e distanti di una dimensione o di un ritmo).
L'eterno ritorno deriva dalla premessa che ci siano possibilita' finite in un tempo infinito, non e' una teoria che necessita di chissa' quale pezza d'appoggio scientifica.
E' pure matematicamente sbagliato, come concezione, Nietzsche non poteva saperlo, perche' anche rimescolando combinazioni finite di elementi discreti indistruttibili per un tempo infinito, non si ottiene mai la periodicita' della stessa identica sequenza, ma (solo) un caos di sequenze identiche tra loro arbitrariamente lunghe, proprio come nelle cifre dopo la virgola dei numeri irrazionali. L'effetto sulla vita pero' sarebbe identico, perche' noi abitiamo spazi arbitariamente vasti ma non infiniti, e tempi, arbitrariamenze lunghi non infiniti. Non necessitiamo percio' di nessuna mistica e inequivoca seguenza definita periodica, per essere riprodotti e reintegrati nel nostro corpo e nella nostra vita, solo di una serie di sequenze galleggianti nel caos abbastanza vaste da farci stare comodi, nei nostri, relativi, ritorni.
Il punto e' sempre, e solo, e semplicemente, che la vita prodotta dalle sequenze entro certi limito ritornanti, non avrebbe memoria, di essere o non essere "nostra", la nostra vita o quella di un altro, perche' gia' da ora, non ha la qualita' intrinseca di essere o non essere "nostra". E' una vita e basta. E' quello che succede quando certe cause, producono certe conseguenze.
La domanda "dove?" E "quando?" queste cause, le cause insomma della vita in generale e della nostra vita, producano queste consequenze, insomma l'effettualita' della nostra vita come vita vissuta, non ha proprio senso, perche' e' un "dove" e un "quando" di circostanze materiali favorevoli, non di punti su una mappa o date su un calendario. Quindi, quando ci si interroga sulla collocazione di una vita, compresa la nostra, di vita, bisogna solo chiedersi "a quali condizioni" non dove, e non quando.
La "collocazione", non e' una vera collocazione, ma un generica potenzialita' della natura, trasversale alla natura stessa. E se le possibilita' sono finite e il tempo infinito, la vita e' infinitamente ritornante, pur non dipendendo (affatto) da un eterno ritorno strettamente eonico, cioe' matematicamente esatto nel suo essere periodico. Ci sono le isole di abitabilita' nel mare del caos, e la vita e' direttamente l'insieme delle isole, a distanza finita e variabile tra di loro, l'arcipelago/costellazione.
Per la gioia dell'individuo, e delle morali dell'unico e dell'effimero, che hanno sostituito il Dio nietzscheanamente morto. Tenendo saldo l'egoismo "animico", cioe' psicosomatico, degli eterni "fedeli" alla ricerca della loro "salvezza". Che non troveranno mai, perche' la concepiscono come una possibilita', (mi devo salvare) invece che come una dura e disantropica necessita' (mi devo salvare, dalla salvezza e nonostante la salvezza. Che e' certa, e che riguarda anche il dolore, l'assurdo e il male). Nessuno, si deve salvare, se non nel senso di abitare dignitosamente l'eternita' della sua propria vita.
Nel tuo ragionamento che ho seguito con qualche difficoltà, dai per certo la conoscenza del tempo.
Inoltre fai il solito errore dei materialisti scientisti di pensare a un punto di vista assoluto, quando la stessa scienza ammette che non esiste alcun punto assoluto.
Mi accontento di smantellare filosoficamente l'assunto temporale, a cui rimando ad altre discussioni su Nietzche e su Heidegger che da 15 anni porto avanti a strappi e brusche frenate.
Rimando sopratutto alla mia discussione sulla fenomenologia dello spirito, a mio modo di vedere ancora oggi l'unica base vera di partenza per poter pensare alla salvezza dello spirito, ossia dell'anima, ossia dell'io, ossia del nostro punto di vista decentrato dal soggetto che SEMPRE SIAMO.
Il problema della scienza contemporanea è che essa ritiene di poter far a meno del pensiero individuale, e FORZATAMENTE, con la FORZA BRUTA non fa che annichilire il mondo, come abbiamo già visto con la PANDEMENZA, i virus di laboratorio secretati dalle forze americane, per non parlare dei progetti senza alcun controllo che la CINA fa sui proprio sottoprolet, 1miliardo di topi da laboratorio da torturare a piacimento.
E' questo il punto della scienza delle isole felici che non implodono e che per questo fatto (DELIRIO TUTTO TUO) SPIEGANO IL MALE NEL MONDO. (dando a cina e usa la possibilità delle torture infinite).
No grazie io torno a nice, alle sue palle fumanti, alla sua capacità di guardare l'abisso del tempo, e di sputarci contro, in una fiammata di pazia EPICA AMOROSA E DESTINALE
salvo poi venire sbranato dalle sue stesse paure...e che paure deve aver destato. :))
No niko, le soluzioni "semplici" del mathema e della scienza non mi convinceranno MAI. 8)
Citazione di: niko il 11 Gennaio 2024, 15:48:25 PMUn mondo con meno parti, del nostro, con meno possibili combinazioni, sarebbe piu' facilmente reversibile.
sì sarebbe più facilmente reversibile ma stai parlando di universi ipotetici , di cosa sia possibile . Nulla vieta che ci possano essere altri universi magari con 10 dimensioni spaziali o un universo dove la velocità della luce sia il doppio rispetto al nostro universo. I fisici ne elaborabono molti tipi di "universo giocattolo" tramite le loro simulazioni. Quindi personalmente non sono uno che ritiene che il nostro sia il solo mondo possibile , dico solo che se una teoria si fonda su ciò che è possibile senza dare altri contributi che il possibile, è debole. Cosa vieta che fra le 200 miliardi di galassie ci possa essere un mondo abitato da esseri alti 10 cm e magari con la pelle blu?
La nascita dell'universo l'hanno intuita i filosofi yin yang e io ve la propongo modernizzata :
Da un punto di vista geometrico, è possibile tracciare una linea retta infinita e creare due piani infiniti che la attraversano. Questi piani sono piatti e si estendono all'infinito insieme alla linea.
Se distribuiamo l'energia lungo la linea, questa si espande all'infinito lungo la linea e sui piani laterali. Poi si riconcentra fino alla singolarità e nasce il Big Bang.
In questo modo, l'universo può essere visto come una geometria di base composta da una linea infinita, due piani infiniti e l'energia distribuita su di essi.
Questa visione è interessante e offre una prospettiva alternativa sulla nascita dell'universo.
In particolare, risponde alla domanda su cosa c'è sotto e sopra il cosmo piatto. In questo modello, non c'è nulla "sotto" o "sopra" il cosmo piatto, perché l'universo è infinito in tutte le direzioni.
Inoltre spiega la geometria di base del cosmo ed è in accordo con quello che diceva Hawking quando parlava di geometria eterna da cui sarebbe nato l'universo stesso!
Prima la geometria, poi l'energia,quindi la singolarità e poi il Big Bang.
Da lì l'espansione e la relativa nascita della materia.
La natura funziona in questo modo: costruisce senza creare e distruggere niente e nessuno sulla base e in base a una geometria e matematica altamente evolute e sofisticate .
Aggiungete l'Informazione e avrete il quadro completo dell'universo e della natura.
NB discussa e sistematizzata con chat AI
Citazione di: green demetr il 11 Gennaio 2024, 21:45:22 PMNel tuo ragionamento che ho seguito con qualche difficoltà, dai per certo la conoscenza del tempo.
Inoltre fai il solito errore dei materialisti scientisti di pensare a un punto di vista assoluto, quando la stessa scienza ammette che non esiste alcun punto assoluto.
Mi accontento di smantellare filosoficamente l'assunto temporale, a cui rimando ad altre discussioni su Nietzche e su Heidegger che da 15 anni porto avanti a strappi e brusche frenate.
Rimando sopratutto alla mia discussione sulla fenomenologia dello spirito, a mio modo di vedere ancora oggi l'unica base vera di partenza per poter pensare alla salvezza dello spirito, ossia dell'anima, ossia dell'io, ossia del nostro punto di vista decentrato dal soggetto che SEMPRE SIAMO.
Il problema della scienza contemporanea è che essa ritiene di poter far a meno del pensiero individuale, e FORZATAMENTE, con la FORZA BRUTA non fa che annichilire il mondo, come abbiamo già visto con la PANDEMENZA, i virus di laboratorio secretati dalle forze americane, per non parlare dei progetti senza alcun controllo che la CINA fa sui proprio sottoprolet, 1miliardo di topi da laboratorio da torturare a piacimento.
E' questo il punto della scienza delle isole felici che non implodono e che per questo fatto (DELIRIO TUTTO TUO) SPIEGANO IL MALE NEL MONDO. (dando a cina e usa la possibilità delle torture infinite).
No grazie io torno a nice, alle sue palle fumanti, alla sua capacità di guardare l'abisso del tempo, e di sputarci contro, in una fiammata di pazia EPICA AMOROSA E DESTINALE
salvo poi venire sbranato dalle sue stesse paure...e che paure deve aver destato. :))
No niko, le soluzioni "semplici" del mathema e della scienza non mi convinceranno MAI. 8)
Io ho parlato di isola di abitabilita', non di isole felici.
Non esistono punti di vista assoluti, solo possibilita' assolute (materialmente e strutturalmente determinate) della formazione di un punto di vista relativo, in quanto la vita fa parte della natura.
Ovviamente, non puoi comprendere bene Nietzsche se non comprendi la verita' anche cosmologica e naturalistica, oltreche' antropologica, dell'eterno ritorno.
L'eterno ritorno soddisfa la volonta' di potenza; cioe' esso e' sia un destino granitico inevitabile che una possibilita' fantasmatica effimera sorgente tra altre, che necessita (ad ogni ciclo) del contributo vitale e sofferto della volonta' (di ogni volonta') per realizzarsi.
Ci sono almeno due possibilita': il mondo con la vita, e il mondo senza vita. La pianura e il deserto. Il destino meccanico inteso come assolutamente meccanico (Laplace) e una liberta' magari solo illusoria, ma vissuta dagli esseri coscienti come fosse reale.
Poiche' e' il mondo con la vita, la pianura, a ritornare, il ritorno, e dunque il destino, non si compie meccanicamente, o matematicamente o asetticamente. C'e' bisogno di un assenso, e di un contributo, inconscio di tutti i viventi alla possibilita' del ritorno.
C'e' bisogno del "si'!" alla vita pronunciato dalla vita, da ogni vita, come condizione del ritorno eonico del cosmo, e questo e' vero anche se la vita, ogni vita, contiene in se' il male, e ogni si' alla vita, e' anche un si' al male.
Tu, come parte del sistema ritornante, vivrai sempre il piu' asettico, e duro, e gelido dei destini (il ritorno del cosmo), come una (calda) scelta. Perche' e', una scelta. L'unica scelta possibile. Tutto e' ritornante, perche' tutto e' voluto, anche nel senso, tragico, di "non piu' voluto", voluto nel passato. Dalla limitatezza delle possibita', e dalla negativizzazione dei voluti attuali, sorge, necessario, il ritorno, dei voluti precedenti. La volonta', manda avanti il tempo, e non si placa, neanche quando il tempo, inteso come grande libbro, e ridda di contenuti innumerevoli ma non infiniti, lo ha fatto scorrere, e visualizzato, nella sua interezza, anzi: li', la signora Volonta', inizia per davvero.
Il punto della salvezza, e' che la salvezza e' certa, ma non e' desiderabile in assoluto, come ho gia' detto.
Il vero concetto di essere salvi, e' il concetto di essere salvi anche nel male, nell'assurdo e nel dolore: il si' alla vita al costo del male. E gli uomini sono deboli, proprio perche' non vogliono, essere, salvi anche nel male, cioe' salvi in modo vero e completo, come natura li crea e li ripropone. Vogliono il bene, ma non anche il "male", il quale male pero', e' nient'altro che il prezzo e la remota catena causale del bene, che loro credono di volere. E quindi non lo ottengono, il bene, perche' una cosa, una cosa correttamente intesa e compresa, e' anche il suo prezzo e le sue cause, non e' separabile, dal suo prezzo e dalle sue cause. La versione della cosa separata dal suo prezzo e dalle sue, storiche e filogenetiche, e non ideali, cause, e' la versione metafisicamente adulterata, platonizzata, della cosa.
L'amore per l'amato, l'amore vissuto e carnale, porta all'amore per il tutto, non a quello per il nulla. Perche' l'amato, per essere davvero quello che e' e non altro, si porta dietro il mondo, (e' stato creato, cosi' com'e' dal mondo) e si porta dietro te (l'amato e', anche istantaneamente, creato cosi' com'e' da te, soprattutto, ma non solo, nel momento in cui siete insieme). Non ha un se' separato, come non ce lo hai tu. Quindi pacchetto unico: se ti prendi l'amato, ti prendi anche te stesso e il mondo. Se rifiuti l'amato, rifiuti anche te stesso e il mondo.
E cosi' pure, "pacchetto unico", vale anche per la vita: se la ami, devi accettare pure il male, che ne fa parte.
E la struttura ciclica e insensata del tempo, che ne fa parte.
Devi voler essere salvo anche nel male, non in una vita metafisica purgata e purificata dal male. La vita, senza male, e' solo una mezza vita. E noi siamo programmati, naturalisticamente e biologicamente, per volerla tutta, la vita. Siamo davanti a una salvezza problematica, da adattare e gestire, non davanti a una salvezza teleologica da ottenere in quanto obbiettivo.
La salvezza, e' sicuro che la otterremo, ma non e' (affatto) sicuro che, una volta che l'avremo ottenuta, ci piacera'.
Anzi, gia' non piace, quasi a nessuno, e la realizzazione, che gia' non piaccia, codesta fantomatica salvezza, quasi a nessuno, e' il dato bruto sotto i nostri occhi. La civilta' e' il fallimento, dell'uomo. Funziona, come sistema di salvezza, ma non funziona, come sistema di felicita'.
E' questo il motivo per prendere sul serio la vita. Per non aver paura di quello di cui non c'e' da aver paura, e per aver paura di quello di cui c'e' da aver paura. Non come l'uomo attuale, che scappa dalle tigri di carta, e non scappa, dalle tigri vere.
Citazione di: Alberto Knox il 12 Gennaio 2024, 02:34:13 AMsì sarebbe più facilmente reversibile ma stai parlando di universi ipotetici , di cosa sia possibile . Nulla vieta che ci possano essere altri universi magari con 10 dimensioni spaziali o un universo dove la velocità della luce sia il doppio rispetto al nostro universo. I fisici ne elaborabono molti tipi di "universo giocattolo" tramite le loro simulazioni. Quindi personalmente non sono uno che ritiene che il nostro sia il solo mondo possibile , dico solo che se una teoria si fonda su ciò che è possibile senza dare altri contributi che il possibile, è debole. Cosa vieta che fra le 200 miliardi di galassie ci possa essere un mondo abitato da esseri alti 10 cm e magari con la pelle blu?
Si certo, io parto dalla possibilita' che le possibilita' siano finite, e quindi, le loro combinazioni, sempre entro certi limiti ripetute. E che almeno il tempo, se non probabilmente anche lo spazio, sia infinito.
E vivo il fatto che le possibilita' siano finite e almeno il tempo infinito, come una condizione di intelligibilita' ed esistenza. Ci credo, ma credo anche che ci siano ottime ragioni per crederlo.
Ad esempio, non vedo, in senso filogenetico, come io personalmente avrei potuto venire all'esistenza, insomma esserci ed essere cosi' come sono e non altro, tra possibilita' numericamente infinite, e possibilita' del darsi di differenze assolute, in una struttura non congenere.
Il fatto che io esisto, per me dimostra che la struttura e' congenere, non contiene differenze assolute, e quindi le possibilita' di esistenza degli enti stessi nella loro differenza, sono limitate.
Se il tempo fosse finito, non vedo perche' cavolo il mio pensiero non ha bisogno assoluto del concetto di finitudine o di quello di destino escatologico, per pensare (anche) il concetto di tempo. Il tempo nel mio cervello, mi sembrerebbe molto piu' "fico", e insieme essenziale e semplice, del tempo reale nella natura reale, e tutto questo atteggiamento, un filino presuntuoso.
Se lo spazio fosse finito, non vedo perche' io non ho bisogno del pensiero di un limite, di un grande muro o un grande ritorno al punto di partenza cosmico, per pensare lo spazio.
Di nuovo, lo spazio nella mia testa, funzionerebbe meglio, e con neno arzigogoli, dello spazio reale.
Citazione di: Pensarbene il 12 Gennaio 2024, 07:26:23 AMSe distribuiamo l'energia lungo la linea, questa si espande all'infinito lungo la linea e sui piani laterali. Poi si riconcentra fino alla singolarità e nasce il Big Bang.
cioè, prima l'energia si espande all infinito lungo la linea e sui piani laterali "e poi" si riconcentra in un punto fino alla singolarità. Perchè? se l'espansione è infinita non può arrivare alla fine e poi tornare indietro.
Citazione di: Pensarbene il 12 Gennaio 2024, 07:26:23 AMAggiungete l'Informazione e avrete il quadro completo dell'universo e della natura.
Aggiungete un pò di zucchero , farina e livieto e avete anche una bella torta.
Citazione di: niko il 12 Gennaio 2024, 12:11:07 PMSe il tempo fosse finito, non vedo perche' cavolo il mio pensiero non ha bisogno assoluto del concetto di finitudine o di quello di destino escatologico, per pensare (anche) il concetto di tempo. Il tempo nel mio cervello, mi sembrerebbe molto piu' "fico", e insieme essenziale e semplice, del tempo reale nella natura reale, e tutto questo atteggiamento, un filino presuntuoso.
Se lo spazio fosse finito, non vedo perche' io non ho bisogno del pensiero di un limite, di un grande muro o un grande ritorno al punto di partenza cosmico, per pensare lo spazio.
Posso contenere nella mia mente ( non senza difficoltà) la distanza che c'è fra casa mia e il mio luogo di lavoro e il tempo che ci impiego a percorrere questa distanza, però non riesco a contenere la distanza che ci separa dal centro della nostra galassia , puoi forse contenere mentalmente 28000 anni luce ? dove un anno luce corrisponde a novemila500 miliardi di km? No , non lo puoi contenere mentalmente , ed è per questo che abbiamo il concetto di illimitato. o se preferisci, di infinito.
Citazione di: Alberto Knox il 12 Gennaio 2024, 13:12:08 PMPosso contenere nella mia mente ( non senza difficoltà) la distanza che c'è fra casa mia e il mio luogo di lavoro e il tempo che ci impiego a percorrere questa distanza, però non riesco a contenere la distanza che ci separa dal centro della nostra galassia , puoi forse contenere mentalmente 28000 anni luce ? dove un anno luce corrisponde a novemila500 miliardi di km? No , non lo puoi contenere mentalmente , ed è per questo che abbiamo il concetto di illimitato. o se preferisci, di infinito.
I limiti al tempo e allo spazio, sono tutti tentativi antropomorfici di costruirsi una natura a misura d'uomo simile all'uomo.
Sono il mito della creazione divina, del giudizio e della paura, da cui non ci siamo mai affrancati.
La natura non ha, confini e date di scadenza. Noi si'. La nostra reale differenza dalla natura ci turba. E cosi' la esorcizziamo.
Ma cio' che genera, non e' e non puo' essere generato. E cio' che genera non e' un Dio, e neanche un principio astratto.
Citazione di: niko il 12 Gennaio 2024, 14:00:38 PMI limiti al tempo e allo spazio, sono tutti tentativi antropomorfici di costruirsi una natura a misura d'uomo simile all'uomo.
Non sono io a mettere i limiti al tempo e allo spazio, l'universo è ancora in creazione non è un avvenimento avvenuto una volta e adesso è il risultato no. Tra miliardi di anni ci saranno cose completamente nuove che non riusciamo nemmeno ad immaginare
Citazione di: niko il 12 Gennaio 2024, 11:50:24 AMIo ho parlato di isola di abitabilita', non di isole felici.
Non esistono punti di vista assoluti, solo possibilita' assolute (materialmente e strutturalmente determinate) della formazione di un punto di vista relativo, in quanto la vita fa parte della natura.
Ovviamente, non puoi comprendere bene Nietzsche se non comprendi la verita' anche cosmologica e naturalistica, oltreche' antropologica, dell'eterno ritorno.
L'eterno ritorno soddisfa la volonta' di potenza; cioe' esso e' sia un destino granitico inevitabile che una possibilita' fantasmatica effimera sorgente tra altre, che necessita (ad ogni ciclo) del contributo vitale e sofferto della volonta' (di ogni volonta') per realizzarsi.
Ci sono almeno due possibilita': il mondo con la vita, e il mondo senza vita. La pianura e il deserto. Il destino meccanico inteso come assolutamente meccanico (Laplace) e una liberta' magari solo illusoria, ma vissuta dagli esseri coscienti come fosse reale.
Poiche' e' il mondo con la vita, la pianura, a ritornare, il ritorno, e dunque il destino, non si compie meccanicamente, o matematicamente o asetticamente. C'e' bisogno di un assenso, e di un contributo, inconscio di tutti i viventi alla possibilita' del ritorno.
C'e' bisogno del "si'!" alla vita pronunciato dalla vita, da ogni vita, come condizione del ritorno eonico del cosmo, e questo e' vero anche se la vita, ogni vita, contiene in se' il male, e ogni si' alla vita, e' anche un si' al male.
Tu, come parte del sistema ritornante, vivrai sempre il piu' asettico, e duro, e gelido dei destini (il ritorno del cosmo), come una (calda) scelta. Perche' e', una scelta. L'unica scelta possibile. Tutto e' ritornante, perche' tutto e' voluto, anche nel senso, tragico, di "non piu' voluto", voluto nel passato. Dalla limitatezza delle possibita', e dalla negativizzazione dei voluti attuali, sorge, necessario, il ritorno, dei voluti precedenti. La volonta', manda avanti il tempo, e non si placa, neanche quando il tempo, inteso come grande libbro, e ridda di contenuti innumerevoli ma non infiniti, lo ha fatto scorrere, e visualizzato, nella sua interezza, anzi: li', la signora Volonta', inizia per davvero.
Il punto della salvezza, e' che la salvezza e' certa, ma non e' desiderabile in assoluto, come ho gia' detto.
Il vero concetto di essere salvi, e' il concetto di essere salvi anche nel male, nell'assurdo e nel dolore: il si' alla vita al costo del male. E gli uomini sono deboli, proprio perche' non vogliono, essere, salvi anche nel male, cioe' salvi in modo vero e completo, come natura li crea e li ripropone. Vogliono il bene, ma non anche il "male", il quale male pero', e' nient'altro che il prezzo e la remota catena causale del bene, che loro credono di volere. E quindi non lo ottengono, il bene, perche' una cosa, una cosa correttamente intesa e compresa, e' anche il suo prezzo e le sue cause, non e' separabile, dal suo prezzo e dalle sue cause. La versione della cosa separata dal suo prezzo e dalle sue, storiche e filogenetiche, e non ideali, cause, e' la versione metafisicamente adulterata, platonizzata, della cosa.
L'amore per l'amato, l'amore vissuto e carnale, porta all'amore per il tutto, non a quello per il nulla. Perche' l'amato, per essere davvero quello che e' e non altro, si porta dietro il mondo, (e' stato creato, cosi' com'e' dal mondo) e si porta dietro te (l'amato e', anche istantaneamente, creato cosi' com'e' da te, soprattutto, ma non solo, nel momento in cui siete insieme). Non ha un se' separato, come non ce lo hai tu. Quindi pacchetto unico: se ti prendi l'amato, ti prendi anche te stesso e il mondo. Se rifiuti l'amato, rifiuti anche te stesso e il mondo.
E cosi' pure, "pacchetto unico", vale anche per la vita: se la ami, devi accettare pure il male, che ne fa parte.
E la struttura ciclica e insensata del tempo, che ne fa parte.
Devi voler essere salvo anche nel male, non in una vita metafisica purgata e purificata dal male. La vita, senza male, e' solo una mezza vita. E noi siamo programmati, naturalisticamente e biologicamente, per volerla tutta, la vita. Siamo davanti a una salvezza problematica, da adattare e gestire, non davanti a una salvezza teleologica da ottenere in quanto obbiettivo.
La salvezza, e' sicuro che la otterremo, ma non e' (affatto) sicuro che, una volta che l'avremo ottenuta, ci piacera'.
Anzi, gia' non piace, quasi a nessuno, e la realizzazione, che gia' non piaccia, codesta fantomatica salvezza, quasi a nessuno, e' il dato bruto sotto i nostri occhi. La civilta' e' il fallimento, dell'uomo. Funziona, come sistema di salvezza, ma non funziona, come sistema di felicita'.
E' questo il motivo per prendere sul serio la vita. Per non aver paura di quello di cui non c'e' da aver paura, e per aver paura di quello di cui c'e' da aver paura. Non come l'uomo attuale, che scappa dalle tigri di carta, e non scappa, dalle tigri vere.
La serendipity che descrivi si perderebbe nel tempo, che tu ritieni cosa certa, quando non lo è.
Ammettiamo che esista questo ciclo energetico per cui (ma non mi dici come, non mi indichi quale teoria fisica lo proverebbe a ipotizzare) le cose ritornino, compresa la nostra volontà di vita.
Tu non segui Nietzche perchè Nietzche afferma una volontà di dominio del tempo (come qualsiasi paranoico), tu affermi una salvezza che è già in atto nella volontà di vita, e che però non "viaggia" sola nel tempo, ma viene accompagnata dal male.
Certo io amo i corpi, e questo amore abbatte il tempo, non lo vuole dominare.
Il male che è anche il marcescimento dei nostri corpi (anzi oggi pare l'unico male, verso cui ogni più perfida metafisica scientifica e spirituale si adopera per nascondere alla vista) a mio avviso non è un male in sè, è anzi l'apertura al discorso della salvezza, perchè mentre il corpo marcisce, l'anima si espande sempre di più, sempre un pochino di più, erano le certezze della mia infanzia, poco ancora conoscevo di come invece la Paura si mangia l'anima.
E la paura principale è quella del tempo e della morte, che nessuna serendipity potrà mai sciogliere.
E' invece il culto dei corpi, che diventa culto dell'eroismo, del mito, della magia, ossia tutto quanto l'antichità ha pensato, dei corpi giovani.
Non l'esatto contrario della vita eterna dei nostri giorni.
Vita del corpo attenzione, e non, come dovrebbe essere dell'anima.
In Nietzche il tentativo di una prosopopea moderna assume la dimensione di un lavoro immane, a testimonianza del suo genio assoluto.
Nessuno può stare a fianco di Nietzche, perchè morti sono gli Dei e MORTA è la Magia.
Nietzche ricostruisce la MAGIA, e la gente e i popoli impazziscono contro di lui.
Questa sono le parziali verità che provo a dirti.
Tu invece mi vorresti far credere che la PAURA, che la MORTE sono nostre con-sorelle.
Ti sbagli amico, quelle ci mangiano l'anima, e senza anima non c'è magia, non c'è nemmeno amore infinito dell'amata.
Nietzche non conobbe l'orfismo, e fraintese Platone, il dioniso impazzisce di fronte ad Orfero e manda le erinni a Sbranarlo.
Nietzche nella sua altezza vertiginosa non conosce la vertigine ancora più alta del passato.
Tu invece caro niko mi parli del tempo come una sicumera.
Ancora non hai capito che parli il linguaggio della fisica contemporanea, che come tutte le scienze crede di poter salvare, quando non ha la minima idea di cosa sia questa salvezza.
La scienza è un omino piccolo piccolo gretto e violento.
Un orrore.
Se poi chiedi a me:
Fin dall'infanzia sapevo che l'universo è infinito, perchè Dio è infinito.
Che la scienza, quelle dei dati reali, certi, dica esattamente quello che ho pensato fin dall'inizio, non mi fa nè caldo nè freddo.
Certo l'universo è infinito e l'energia in esso si perde, oppure no, chi ce lo dice che esistano altre isole felici a distanza di parsec?
Parliamoci chiaro l'ipotesi del big bang è pura fanciulleria, financo nella sua versione di ciò che viene prima dello spazio e del tempo.
E chi ci dice che non siano avvenuti numerosi big bang a distanza di parsec? tali per cui nel vuoto dell'infinito ci pare che il nostro universo, in realtà la nostra parte di universo, abbia un centro.
Io mi fermo ai dati reali caro niko, libero di pensare che la fisica contenga i misteri della salvezza nella sua ripresentazione delle stesse cose.
A me basta l'infernale ripetizione dei giorni e delle notti, delle persone, tutte uguali, tutti manichini impagliati, uno spettacolo teatrale di infimo ordine.
Meglio la letteratura, con le sue tigri di carta, che però rimandano a tigri reali che oggi NON VOGLIAMO VEDERE. (evidentemente ci basta la paura della morte e la paura dell'altro).
E si cari impagliati, avere la carne richiede anche il morire, da eroi, come ci insegna la grecia antica.
Citazione di: niko il 12 Gennaio 2024, 14:00:38 PMI limiti al tempo e allo spazio, sono tutti tentativi antropomorfici di costruirsi una natura a misura d'uomo simile all'uomo.
Sono il mito della creazione divina, del giudizio e della paura, da cui non ci siamo mai affrancati.
La natura non ha, confini e date di scadenza. Noi si'. La nostra reale differenza dalla natura ci turba. E cosi' la esorcizziamo.
Ma cio' che genera, non e' e non puo' essere generato. E cio' che genera non e' un Dio, e neanche un principio astratto.
Ti propongo questa variazione sul tema.
E se la Natura generasse lo spazio, ma non il tempo?
E se il tempo non fosse una curvatura dello spazio, ma bensì una attributo del pensiero?
Ecco che allora noi generiamo il tempo.
Citazione di: green demetr il 12 Gennaio 2024, 16:11:59 PMTi propongo questa variazione sul tema.
E se la Natura generasse lo spazio, ma non il tempo?
E se il tempo non fosse una curvatura dello spazio, ma bensì una attributo del pensiero?
Ecco che allora noi generiamo il tempo.
Si ma non vedo come, noi si possa generare il tempo.
A parte le idee bizzarre del platonicissimo sant'Agostino in merito.
Il tempo e' una quarta dimensione integrata dello spazio, non credo sia esatto dire che ne e' la curvatura.
In senso filosofico, il tempo e' la forza che tutto sovverte e distrugge e, insieme, la forza che tutto conserva.
Io penso che chi e' infelice, e' connesso con la sua volonta' agli aspetti enantiodromici e negativi del tempo (vuole cambiare, vuole una vita diversa da quella che ha: invoca il tempo come forza che tutto sovverte, compreso il suo dolore), chi e' felice a quelli conservativi e positivi (vuole conservarsi, accetta l'eterno ritorno come circuito conservativo ed espansivo di uno spacifico contenuto del tempo, di una specifica "scena", in cui egli e', appunto, felice, e della felicita' "assaporata" ne vorrebbe ancora e sempre di piu').
Citazione di: green demetr il 12 Gennaio 2024, 16:02:24 PMLa serendipity che descrivi si perderebbe nel tempo, che tu ritieni cosa certa, quando non lo è.
Ammettiamo che esista questo ciclo energetico per cui (ma non mi dici come, non mi indichi quale teoria fisica lo proverebbe a ipotizzare) le cose ritornino, compresa la nostra volontà di vita.
Tu non segui Nietzche perchè Nietzche afferma una volontà di dominio del tempo (come qualsiasi paranoico), tu affermi una salvezza che è già in atto nella volontà di vita, e che però non "viaggia" sola nel tempo, ma viene accompagnata dal male.
Certo io amo i corpi, e questo amore abbatte il tempo, non lo vuole dominare.
Il male che è anche il marcescimento dei nostri corpi (anzi oggi pare l'unico male, verso cui ogni più perfida metafisica scientifica e spirituale si adopera per nascondere alla vista) a mio avviso non è un male in sè, è anzi l'apertura al discorso della salvezza, perchè mentre il corpo marcisce, l'anima si espande sempre di più, sempre un pochino di più, erano le certezze della mia infanzia, poco ancora conoscevo di come invece la Paura si mangia l'anima.
E la paura principale è quella del tempo e della morte, che nessuna serendipity potrà mai sciogliere.
E' invece il culto dei corpi, che diventa culto dell'eroismo, del mito, della magia, ossia tutto quanto l'antichità ha pensato, dei corpi giovani.
Non l'esatto contrario della vita eterna dei nostri giorni.
Vita del corpo attenzione, e non, come dovrebbe essere dell'anima.
In Nietzche il tentativo di una prosopopea moderna assume la dimensione di un lavoro immane, a testimonianza del suo genio assoluto.
Nessuno può stare a fianco di Nietzche, perchè morti sono gli Dei e MORTA è la Magia.
Nietzche ricostruisce la MAGIA, e la gente e i popoli impazziscono contro di lui.
Questa sono le parziali verità che provo a dirti.
Tu invece mi vorresti far credere che la PAURA, che la MORTE sono nostre con-sorelle.
Ti sbagli amico, quelle ci mangiano l'anima, e senza anima non c'è magia, non c'è nemmeno amore infinito dell'amata.
Nietzche non conobbe l'orfismo, e fraintese Platone, il dioniso impazzisce di fronte ad Orfero e manda le erinni a Sbranarlo.
Nietzche nella sua altezza vertiginosa non conosce la vertigine ancora più alta del passato.
Tu invece caro niko mi parli del tempo come una sicumera.
Ancora non hai capito che parli il linguaggio della fisica contemporanea, che come tutte le scienze crede di poter salvare, quando non ha la minima idea di cosa sia questa salvezza.
La scienza è un omino piccolo piccolo gretto e violento.
Un orrore.
Se poi chiedi a me:
Fin dall'infanzia sapevo che l'universo è infinito, perchè Dio è infinito.
Che la scienza, quelle dei dati reali, certi, dica esattamente quello che ho pensato fin dall'inizio, non mi fa nè caldo nè freddo.
Certo l'universo è infinito e l'energia in esso si perde, oppure no, chi ce lo dice che esistano altre isole felici a distanza di parsec?
Parliamoci chiaro l'ipotesi del big bang è pura fanciulleria, financo nella sua versione di ciò che viene prima dello spazio e del tempo.
E chi ci dice che non siano avvenuti numerosi big bang a distanza di parsec? tali per cui nel vuoto dell'infinito ci pare che il nostro universo, in realtà la nostra parte di universo, abbia un centro.
Io mi fermo ai dati reali caro niko, libero di pensare che la fisica contenga i misteri della salvezza nella sua ripresentazione delle stesse cose.
A me basta l'infernale ripetizione dei giorni e delle notti, delle persone, tutte uguali, tutti manichini impagliati, uno spettacolo teatrale di infimo ordine.
Meglio la letteratura, con le sue tigri di carta, che però rimandano a tigri reali che oggi NON VOGLIAMO VEDERE. (evidentemente ci basta la paura della morte e la paura dell'altro).
E si cari impagliati, avere la carne richiede anche il morire, da eroi, come ci insegna la grecia antica.
La vita vuole vivere nonostante il male, quindi, nella sua realta' e nella sua ingiudicabile "proggettualita' ", essa, la vita, e' fin da ora protesa a (ri)creare nei minimi dettagli esattamente
questo mondo, non un altro.
L'eone. L'euroboro. L'anno cosmico.
La sottile differenza tra il doppio mondo, dionisiaco, e il mondo dietro il mondo, apollineo e razionale.
E' ora che il mondo dietro il mondo, che vive di sempre lucida differenza, ceda il passo al doppio mondo, che vive di riplasmazione dell'identico grazie all'attraversamento dell'oblio.
Alla vita va bene, che i sogni restino sogni. Nella vita ci siamo noi che desideriamo, e la vita, esattamente cosi' per come noi siamo, con i nostri desideri frustrati ci desidera. Non c'e' altro, non c'e' speranza. C'e' al limite forse amore, senza speranza.
A volte, il desiderio urta contro un nero ostacolo, come una lastra di ossidiana che taglia la vista.
Il confine del mondo; di questo, mondo. che rende l'Essere piccolo piccolo. E scarno l'Avere. E consunte le mani. E roca la voce dalle grida.
Ma a volte, oltre l'ostacolo, non c'e' l'oggetto del desiderio, c'e' un (banalissimo) altro uomo capace di desiderare, e quindi di sopportare, il tuo stesso, identico desiderio. Un banalissimo altro uomo che quindi, nel suo assurgere e sorgere al potere in quel muto, e mutevole Oltre, nel suo assurgere alla destra del Padre, sotto la guida del giusto e reale desiderio, non (ri)fara' il mondo per come ti piace, ma per come e'. Con te dentro che desideri, e nella misura in cui, desideri.
E proprio cosi' lo rifara' con il tuo folle e inconfessabile consenso. Di piu', con il tuo politico e acclamante mandato. Di te che sei dall'altra parte dell'ostacolo, e desideri. Un desiderio che ti puo' togliere solo l'altro uomo, e solo l'altro uomo che lo equaglia e lo condivide. Non mai quello che oggettualmente lo soddisfa. Perche' e' desiderio di amore. E quindi, non desiderio di nulla. Ma desiderio del tutto, del doppio dionisiaco. Oltre l'ostacolo non c'e' un mondo migliore. C'e' questo mondo, che fu sotto il segno della necessita', riattraversato sotto il segno della volonta'. Ma a parte questo, senza nessuna altra differenza.
La fisica quantistica, i dati noti e...il buon senso esistenziale come pure l'ovvio terreno insegnano tutto quello che è utile sapere oggi per quanto riguarda la verità e la morte.
La fisica quantistica ci dice che non si perde nessuna informazione, mai.
I dati di ogni ambito scientifico ci insegnano verità SEMPRE relative in ogni caso laddove la probabilità "gioca" un ruolo importante, ad esempio nel mondo subatomico.
Ma la probabilità e il caso giocano anche in modo diverso e spesso coperto anche nelobdo mediano nostro e nel macro cosmo.
Quando esplode una supernova la materia viene espulsa al 20% della velocità della luce, una velocità che ne determina una seppur minima variazione di massa. Questo in un'area perturbata gravitazionalmente
che genera radiazioni e onde gravitazionali in ogni direzione nello spazio.
In teoria,secondo la teoria del caos , se una Ipernova esplodesse in un certo momento e località potrebbe innestare una mutazione significativa a livello locale e poi zonale e cosmica..Lo stesso potrebbe essere capitato a una coppia di umani un milione di anni fa essendo finiti in una zona radioattiva a causa di un meteorite:le radiazioni non sono necessariamente fatali se non ci fosse radioattività non ci sarebbe vita.A volte le radiazioni possono innestare una mutazione inaspettata e minima ma tale da avviare un processo di riassestamento RNA significativo.
Quindi non esiste morte e non esiste vita,ma solo esistenza infinita in infinita trasformazione.
Noi,sulla terra, chiamiamo vita la forma e il livello di esistenza del pianeta ma dovremmo parlare di ESISTENZA TERRENA nel quadro di una ESISTENZA UNIVERSALE INFINITA E IN CONTINUA TRASFORMAZIONE SPAZIALE,TEMPORALE DIMENSIONALE.
Di più,non ci è dato di sapere!
Citazione di: niko il 12 Gennaio 2024, 23:32:04 PMSi ma non vedo come, noi si possa generare il tempo.
A parte le idee bizzarre del platonicissimo sant'Agostino in merito.
Il tempo e' una quarta dimensione integrata dello spazio, non credo sia esatto dire che ne e' la curvatura.
In senso filosofico, il tempo e' la forza che tutto sovverte e distrugge e, insieme, la forza che tutto conserva.
Io penso che chi e' infelice, e' connesso con la sua volonta' agli aspetti enantiodromici e negativi del tempo (vuole cambiare, vuole una vita diversa da quella che ha: invoca il tempo come forza che tutto sovverte, compreso il suo dolore), chi e' felice a quelli conservativi e positivi (vuole conservarsi, accetta l'eterno ritorno come circuito conservativo ed espansivo di uno spacifico contenuto del tempo, di una specifica "scena", in cui egli e', appunto, felice, e della felicita' "assaporata" ne vorrebbe ancora e sempre di piu').
Ma è proprio l'accettazione che è impossibile, in quanto nessuno vuole essere divorato dal tempo, non importa che sia una curvatura o un meccanismo mentale di adattamento della vita organica in quella inorganica.
Se però cominciamo a vedere il tempo come una questione evolutiva mentale, le cose possono cambiare assai.
Pensa anche alla funzione della memoria, alla nostra capacità di vivere il momento qui e ora o di vivere lutti infiniti.
Diversa la cosa dello spazio, lo spazio non rientra nella nostra linea evolutiva, e infatti la sua spaventosa abnormità inorganicità ci è totalmente astrusa.
Altra cosa ancora è il matema che prodigiosamente lo (spazio) riesce a pensare, persino nella sua abnormità (delle distanze, delle energie etc..)
La domanda che vorrei farti è però questa ma questo matema, che sia quello che ci proponi, o un altro, che riesce a ridurre la comlessità a concetti pensabili e "maneggiabili" (in quanto concetti matematici), basta all'angoscia che sempre ci accompagna?
O credi come Aristotele che l'angoscia sia solo una delle emozioni, e non la fondamentale?
Citazione di: Pensarbene il 13 Gennaio 2024, 08:28:12 AMLa fisica quantistica, i dati noti e...il buon senso esistenziale come pure l'ovvio terreno insegnano tutto quello che è utile sapere oggi per quanto riguarda la verità e la morte.
La fisica quantistica ci dice che non si perde nessuna informazione, mai.
I dati di ogni ambito scientifico ci insegnano verità SEMPRE relative in ogni caso laddove la probabilità "gioca" un ruolo importante, ad esempio nel mondo subatomico.
Ma la probabilità e il caso giocano anche in modo diverso e spesso coperto anche nelobdo mediano nostro e nel macro cosmo.
Quando esplode una supernova la materia viene espulsa al 20% della velocità della luce, una velocità che ne determina una seppur minima variazione di massa. Questo in un'area perturbata gravitazionalmente
che genera radiazioni e onde gravitazionali in ogni direzione nello spazio.
In teoria,secondo la teoria del caos , se una Ipernova esplodesse in un certo momento e località potrebbe innestare una mutazione significativa a livello locale e poi zonale e cosmica..Lo stesso potrebbe essere capitato a una coppia di umani un milione di anni fa essendo finiti in una zona radioattiva a causa di un meteorite:le radiazioni non sono necessariamente fatali se non ci fosse radioattività non ci sarebbe vita.A volte le radiazioni possono innestare una mutazione inaspettata e minima ma tale da avviare un processo di riassestamento RNA significativo.
Quindi non esiste morte e non esiste vita,ma solo esistenza infinita in infinita trasformazione.
Noi,sulla terra, chiamiamo vita la forma e il livello di esistenza del pianeta ma dovremmo parlare di ESISTENZA TERRENA nel quadro di una ESISTENZA UNIVERSALE INFINITA E IN CONTINUA TRASFORMAZIONE SPAZIALE,TEMPORALE DIMENSIONALE.
Di più,non ci è dato di sapere!
Il problema che sollevi è uno dei fulcri essenziali della filosofia, sia che sia quella malvagia aristotelica, che quella nobile platonica.
Infatti noi sappiamo di sapere, ma questo sapere come si costruisce?
Ecco che magari la lettura di un buon manuale per i licei, potrebbe cominciare ad aiutare.
Se chiedi a me: non penso che il metodo, che questi manuali insegnano, riveli il vero compito della filosofia, che è eminentemente etico, ma può ben illustrare come arrivare a pensare comparativamente la validità di diversi sistemi e non di uno solo.
La teoria della complessità aiuta a capire come la filosofia facile dei non addetti ai lavori sbagli nell'indicare che tutto sia relativo, infatti la statistica è una branca rilevante, se non la maggiore, a livello contemporaneo, che sia impiegata nei grandi spazi, nei piccoli, o nella finanza, per stabilire modelli che sono il contrario del relativo, ma anzi concettualizzano una sana realtà ben tangibile e su cui lavorare.
Da una parte quindi apprezzo il tuo sforzo interpretativo perchè mi pare che vada nella giusta direzione, di una teoria dell'uno per usare vecchi termini ormai in disuso e totalmente ignari delle vette a cui il matema (la complessità delle scienze matematiche e fisiche) è arrivato.
Citazione di: green demetr il 13 Gennaio 2024, 17:31:58 PMMa è proprio l'accettazione che è impossibile, in quanto nessuno vuole essere divorato dal tempo, non importa che sia una curvatura o un meccanismo mentale di adattamento della vita organica in quella inorganica.
Se però cominciamo a vedere il tempo come una questione evolutiva mentale, le cose possono cambiare assai.
Pensa anche alla funzione della memoria, alla nostra capacità di vivere il momento qui e ora o di vivere lutti infiniti.
Diversa la cosa dello spazio, lo spazio non rientra nella nostra linea evolutiva, e infatti la sua spaventosa abnormità inorganicità ci è totalmente astrusa.
Altra cosa ancora è il matema che prodigiosamente lo (spazio) riesce a pensare, persino nella sua abnormità (delle distanze, delle energie etc..)
La domanda che vorrei farti è però questa ma questo matema, che sia quello che ci proponi, o un altro, che riesce a ridurre la comlessità a concetti pensabili e "maneggiabili" (in quanto concetti matematici), basta all'angoscia che sempre ci accompagna?
O credi come Aristotele che l'angoscia sia solo una delle emozioni, e non la fondamentale?
La vita vuole vivere nonostante il male, il non senso e il dolore, e, perfino chi si suicida, in fondo si suicida sempre contro la vita e non mai contro la volonta' di vivere, in quanto anche il suicida, vorrebbe un'altra vita, una vita diversa da quella che c'e'.
Non e' un matema, e' un fatto.
Il nostro ego, desidera e costruisce mondi migliori, il nostro corpo, desidera e costruisce proprio questo mondo.
Desidera e costruisce sempre e solo la sua vita al prezzo della sua sofferenza.
Tutto quello che ritorna, deve essere voluto ogni volta.
La volonta' crea, e la volonta' esiste, perche', e fintantoche', essa ha qualcosa di reale e di vissuto da causare e da creare.
In altre parole, la volonta' esiste solo perche', e fintanto che, il
passato di per se' stesso
non e', la causa del presente e del futuro.
Se il passato divenisse, per assurdo, la causa, (laplaceana e deterministica) del futuro, la volonta', come forza creatrice principale verrebbe immediatamente uccisa, espulsa: espulsa dall'equazione del matema.
Dio e' morto, e il passato non puo' e non deve, divenire il nuovo Dio.
La volonta' si mantiene all'esistenza, si mantiene in vita, costruendo cicli temporali e "universi" materialmente identici, cioe' cicli temporali autocontenuti e autosufficienti, ovvero, dimensioni antropiche del tempo (come passato, presente e futuro)
potenzialmente legate da nessi logici, e ideologici, piu' immagginifici e complessi del mero e brutale nesso causale. Principalmente, nessi di desiderio, nessi di amore, nessi di spinoziana consustanzialita'.
Il movimento del tempo e' un movimento volontario perche' e' un movimento che continuamente fa si' che il passato sia causa sui, e non (gia' piu') causa del futuro; come se, continuamente, qualcosa nel tempo e dal tempo fosse spinto indietro. Il futuro causa sui e non (gia' piu') effetto del passato; come se qualcosa, fosse spinto avanti. Quando i due doppi cerchi, temporali, e i due identici mondi, che ne risultano, non hanno piu' bisogno, l'uno dell'altro per esistere, possono iniziare, a intrattenete tra di loro un rapporto libero. Nel loro contiguo punto di contatto, puo' sorgere l'attimo. Questo attimo. Un rapporto fecondo. Perche' non causale. Aperto all'altro.
La questione non e' che, e se, il tempo passi, la questione e' che, e se, il tempo possa, e voglia, passare.
Cosi', Dio resta morto, e non risorge.
Il che, per gli oltreuomini e' un bene.