Secondo la concezione del filosofo Vero Tarca: "il positivo, in quanto separato dal negativo, viene ad essere qualcosa di negativo"; ed infatti, anche il positivo, proprio in quanto si differenzia dal negativo, viene ad essere a sua volta negativo (appunto perché, in quanto differente dal negativo è non-negativo e cioè negativo nei confronti del negativo).
***
Sinceramente, tale ragionamento non mi convince troppo!
***
Ed infatti, dire che "il positivo, in quanto differente dal negativo è non-negativo e cioè negativo nei confronti del negativo", è come dire che "l'essere", in quanto differente dal "non essere", di conseguenza "non è" neanch'esso": ma, a mio parere "l'essere non è...non essere", e, quindi, è" .
Come è noto, invero, sia linguisticamente che nella logica, due negazioni fanno un'affermazione; il che significa che l'"essere" "non è" (nè può essere) ciò che "non è"; e, proprio per questo, come logica conseguenza, "è"!
Questo, secondo me, vuol dire che essere "negativo" nei confronti del "negativo" significa essere "positivo", e non "negativo" come afferma Tarca.
***
Per fare un esempio, se, dopo aver fatto un tampone, io chiedo: "Sono risultanto negativo?" e il medico mi risponde: "Mi dispiace, ma la mia risposta è negativa!", vuol dire che, purtroppo, sono risultato "positivo" al tampone.
O no?
***
D'altronde lo stesso Tarca ammette che, in base al suo assunto: "Ci troviamo in un'antinomia micidiale: se il positivo non differisce dal negativo allora è negativo, e se invece differisce da esso allora da capo viene ad essere negativo (rispetto al negativo); in ogni caso, insomma, il positivo viene ad essere negativo. Io compendio tutto questo nel seguente 'mantra': <<Il negativo del negativo è negativo>>".
***
Il mio 'mantra', invece, è: <<Il negativo del negativo è positivo>>".
***
Voi cosa ne pensate?
***
Nel nostro esserci mondano, la verità è tale solo in quanto negazione di ogni possibile falsità.
Un'affermazione è vera proprio perché nega ogni possibilità contraria.
A = A
Nega ogni altra possibilità: B, C, D...
Quindi il positivo si regge sul negativo, negandolo.
L'esistenza sulla non esistenza.
Tuttavia questo non avviene per l'Essere.
Perché l'Essere non necessita di alcun non Essere.
Essendo Essere = Nulla.
Coincidenza degli opposti.
Se perciò non vi è più bisogno del negativo, la Verità (e quindi l'Essere, il Positivo...) è negazione della negazione.
Non nel senso che nega qualcosa! Ma nel senso che ne fa a meno.
È l'Uno.
Rilevamento interessante.
Penso che la tua soluzione sia giusta, e il suo un sofismo.
Questo perché l'essere (assecondando Heidegger che parla di "esserci" per distinguere l'essere dall'essere-nel-tempo) non abita il tempo.
Dire che il positivo é prima negazione del negativo significa distinguere due tempi in cui il positivo cambia stato... Per cui la negazione di una negazione, matematicamente meno per meno, é un positivo e basta, distinguere le parti "meno" "per" "meno" é sofismo da professori di retorica... Che manca di sostanza.
Chi pensa troppo all'albero smette di vedere la foresta, un caso lampante di.
Ciao Bobmax,
la tua riflessione é molto buona.
anche 0=0(x) é uno spunto, per quanto riguarda il legame tra nulla ed essere (i due assoluti della metafisica, che fuori da spazio e tempo debbono essere uno, perché si verifichi la magia metafisica del mago kabalistico per così definirlo, colui che invoca il mondo dal nulla).
Grazie per la lettura.
Citazione di: JE il 04 Marzo 2022, 14:10:15 PMRilevamento interessante.
Penso che la tua soluzione sia giusta, e il suo un sofismo.
Questo perché l'essere (assecondando Heidegger che parla di "esserci" per distinguere l'essere dall'essere-nel-tempo) non abita il tempo.
Dire che il positivo é prima negazione del negativo significa distinguere due tempi in cui il positivo cambia stato... Per cui la negazione di una negazione, matematicamente meno per meno, é un positivo e basta, distinguere le parti "meno" "per" "meno" é sofismo da professori di retorica... Che manca di sostanza.
Chi pensa troppo all'albero smette di vedere la foresta, un caso lampante di.
Mi fa piacere che tu sia d'accordo con me; si vede che nessuno di noi due è un professore di filosofia ;)
Citazione di: bobmax il 04 Marzo 2022, 14:09:19 PMNel nostro esserci mondano, la verità è tale solo in quanto negazione di ogni possibile falsità.
Un'affermazione è vera proprio perché nega ogni possibilità contraria.
A = A
Nega ogni altra possibilità: B, C, D...
Quindi il positivo si regge sul negativo, negandolo.
L'esistenza sulla non esistenza.
Tuttavia questo non avviene per l'Essere.
Perché l'Essere non necessita di alcun non Essere.
Essendo Essere = Nulla.
Coincidenza degli opposti.
Se perciò non vi è più bisogno del negativo, la Verità (e quindi l'Essere, il Positivo...) è negazione della negazione.
Non nel senso che nega qualcosa! Ma nel senso che ne fa a meno.
È l'Uno.
Anche se non sono sicuro di aver compreso del tutto il resto del tuo ragionamento (per mia pochezza, non per la scarsità delle tue capacità espressive), sono comunque d'accordo con la tua conclusione; cioè che l'"
Essere", negazione della negazione, corrisponde all'"
Uno".
Il "
Due" è soltanto un'illusione!
;)
Citazione di: Eutidemo il 04 Marzo 2022, 14:22:03 PMCitazione di: JE il 04 Marzo 2022, 14:10:15 PMRilevamento interessante.
Penso che la tua soluzione sia giusta, e il suo un sofismo.
Questo perché l'essere (assecondando Heidegger che parla di "esserci" per distinguere l'essere dall'essere-nel-tempo) non abita il tempo.
Dire che il positivo é prima negazione del negativo significa distinguere due tempi in cui il positivo cambia stato... Per cui la negazione di una negazione, matematicamente meno per meno, é un positivo e basta, distinguere le parti "meno" "per" "meno" é sofismo da professori di retorica... Che manca di sostanza.
Chi pensa troppo all'albero smette di vedere la foresta, un caso lampante di.
Mi fa piacere che tu sia d'accordo con me; si vede che nessuno di noi due è un professore di filosofia ;)
Per quanto riguarda l'accademia e "l'accademicità" la penso come Nietzsche nella sua famosa critica:
Mi fido più di un contadino riflessivo da cui emerge un pensiero spontaneo, che di un intellettuale la cui busta paga dipende dalla mole di pagine prodotte, il più delle volte almeno. Certamente si giudica l'argomento... Ma nella mia esperienza ci azzecca di più il primo!
Questi argomenti, che mettono tanti in soggezione per via della propria apparente profondità..........si prestano meravigliosamente alle ciance filosofiche, alimentando continuamente discussioni divertenti ma rigorosamente inutili e persin umoristiche (vedi ad esempio il "perchè esiste il qualcosa e non il nulla" e molte altre "serissime" discussioni qui da noi ospitate.
Molto semplicemente (parer mio, ovviamente) esse sono basate sulla più elementare delle distinzioni, la quale viene ACCURATAMENTE EVITATA (o magari semplicemente NON CONSIDERATA per relativa ignoranza) da tutti coloro che inaugurano gli argomenti - appunto - di tale "taglio" filosofico.
La distinzione è quella costituita tra gli attributi della "cosa" (in questo caso, la sua negatività, comunque la si voglia intendere) e l'essenza della "cosa" (la famosa "cosa in sè").
Gli attributi della "cosa" possono infatti essere in numero anche infinito e tranquillamente pure tra loro contraddittorii pur riguardando la medesima, singola ed unica "cosa in sè".
Ogni e qualsiasi "cosa in sè" invece, limitandosi a consistere in qualcosa anche se privata di ogni attributo...............possiede la propria essenza.
L'essenza di una "cosa in sè" consiste nel risultar in un ente, cioè in qualcosa di riconoscibile e di definibile dotato di una sua propria descrizione (a differenza delle entità - ad es. : Dio, l'Assoluto, il Tutto, l'Uno ed altri concetti totalizzanti ed astratti - le quali esistono solo astrattamente poichè non sono descrivibili umanamente).
L'essenza di una analisi clinica negativa (o positiva) non è altro che l'essere (ente) ciò che permette di raggiungere lo scopo per la quale il processo di analisi è stato (in questo caso umanamente e scientificamente) creato. Il fornire un risultato clinico.
Il fatto che essa risulti positiva, negativa e la relatività dei concetti di positivo e negativo.....in realtà servono solo a "far polvere dialettica" se non si tiene conto che gli "attributi in sè" non esistono, e che quindi con essi si può giostrare a ruota libera.
Quindi l'analisi clinica (o la locomotiva o la poesia d'amore, lo sputo, la sedia etc. etc.) consiste in una causa o strumento che deve produrre l'effetto o scopo per il quale la "cosa in sè = analisi clinica oppure etc. etc.) è stata generata.
Quindi l'essere ed il possedere un'essenza sono conseguenza del semplice concatenamento delle cause e degli effetti, attraverso il quale ogni "cosa in sè" nasce per adempiere al proprio scopo, diventando quindi lo STRUMENTO della PROPRIA FUNZIONE. Contestazioni logiche saranno gradite (anche se i tempi chiamerebbero a ben altre tragiche serietà !). Grazie e saluti.
Citazione di: Eutidemo il 04 Marzo 2022, 13:21:17 PM***
Il mio 'mantra', invece, è: <<Il negativo del negativo è positivo>>".
***
Voi cosa ne pensate?
***
Eutidemo mi fai disperare sempre :D
Tarca ha detto che il positivo è qualcosa di negativo, e infatti anche tu ammetti che il negativo del negativo è positivo.
La notazione logica è risaputa p = ¬(¬p)
Come volevasi dimostrare. Dire p e dire negare di non p è la stessa cosa. ;)
Citazione di: JE il 04 Marzo 2022, 15:24:49 PMCitazione di: Eutidemo il 04 Marzo 2022, 14:22:03 PMCitazione di: JE il 04 Marzo 2022, 14:10:15 PMRilevamento interessante.
Penso che la tua soluzione sia giusta, e il suo un sofismo.
Questo perché l'essere (assecondando Heidegger che parla di "esserci" per distinguere l'essere dall'essere-nel-tempo) non abita il tempo.
Dire che il positivo é prima negazione del negativo significa distinguere due tempi in cui il positivo cambia stato... Per cui la negazione di una negazione, matematicamente meno per meno, é un positivo e basta, distinguere le parti "meno" "per" "meno" é sofismo da professori di retorica... Che manca di sostanza.
Chi pensa troppo all'albero smette di vedere la foresta, un caso lampante di.
Mi fa piacere che tu sia d'accordo con me; si vede che nessuno di noi due è un professore di filosofia ;)
Per quanto riguarda l'accademia e "l'accademicità" la penso come Nietzsche nella sua famosa critica:
Mi fido più di un contadino riflessivo da cui emerge un pensiero spontaneo, che di un intellettuale la cui busta paga dipende dalla mole di pagine prodotte, il più delle volte almeno. Certamente si giudica l'argomento... Ma nella mia esperienza ci azzecca di più il primo!
Come, infatti, recita il famoso proverbio popolare: 'Contadino: scarpe grosse e cervello fino' ;)
Ciao Viator. :)
Hai ragione nel dire i concetti di positivo e di negativo, in realtà servono solo a "far polvere dialettica" se non si tiene conto che gli "attributi in sè" non esistono, e che quindi con essi si può giostrare a ruota libera.
Tanto più se si cerca di applicarli a concetti astratti, i quali, secondo me, sono assolutamente "impredicabili".
Come, appunto:
- l'essere
- il non essere
***
Dei quali, con Parmenide, non siamo in grado di dire altro che: "L'essere è e non può non essere; il non essere non è e non può essere".
***
Un saluto! :)
***
Ciao GreenDemetr. ;)
Non capisco perchè ti faccio disperare!
***
Ed infatti, Tarca ha detto che il "positivo" è qualcosa di "negativo", cosa che io non ammetto affatto; ed infatti, al contrario, io sostengo che il "negativo" del "negativo" è "positivo", e non è affatto "negativo", come invece sostiene lui.
***
Ed invero, quando io ho scritto (testualmente) che, "sia linguisticamente che nella logica, due negazioni fanno un'affermazione", ho affermato discorsivamene la stessa "identica" verità espressa dalla tua ineccepibile formula, che condivido in pieno (p = ¬(¬p)
E, cioè, che, dire "p" e dire di "negare non p" è esattamente la stessa cosa.
***
Per cui, visto che anche noi due stiamo dicendo esattamente la stessa cosa (a differenza di quello che dice Tarca), non riesco proprio a capire perchè ti faccio disperare!
Semmai sei tu che fai disperare me!
:D
***
Un saluto! :)
***
P.S. (per Greedemetr e per tutti gli altri)
- un "nonnonno" (cioè che non ha nipoti) è il contrario, o meglio, il "negativo" di "nonno";
- un "nonnonnonno" (cioè che ha nipoti), invece, è soltanto un "positivo", per quanto bizzarro e ridondante, SINONIMO di "nonno"!
Non so se ho reso l'idea!
;)
Citazione di: JE il 04 Marzo 2022, 14:12:09 PManche 0=0(x) é uno spunto, per quanto riguarda il legame tra nulla ed essere (i due assoluti della metafisica, che fuori da spazio e tempo debbono essere uno, perché si verifichi la magia metafisica del mago kabalistico per così definirlo, colui che invoca il mondo dal nulla).
Sì, e ciò dovrebbe rasserenare.
Essere = Nulla
Perciò:
Nulla -> Essere -> Nulla...
Non è forse proprio questo il gioco dell'amore?
Che tutto crea e tutto annichilisce.
Nell'esserci mondano, il positivo è, nella sua essenza, un negativo.
Perché condizione necessaria per il positivo è la determinazione.
Positivo è tale solo in quanto determinato.
Ma per determinare, occorre negare qualsiasi altra diversa possibile determinazione.
A = A è la positività stessa.
E infatti è negazione di ogni altra possibilità. Cioè negazione di ogni qualcosa che non sia proprio quel A determinato.
Quindi il positivo è il negativo del negativo.
Attenzione però!
Con positivo e negativo si intende sempre qualcosa.
Se prescindiamo dal qualcosa, per esempio considerando il Tutto, che non può assolutamente essere qualcosa, allora la negazione della negazione assume ben diverso significato.
Il Positivo è infatti negazione della negazione, non perché neghi qualcosa, ma perché sta oltre lo stesso principio di non contraddizione.
Citazione di: Eutidemo il 05 Marzo 2022, 11:25:23 AMCiao GreenDemetr. ;)
Non capisco perchè ti faccio disperare!
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Ed infatti, Tarca ha detto che il "positivo" è qualcosa di "negativo", cosa che io non ammetto affatto; ed infatti, al contrario, io sostengo che il "negativo" del "negativo" è "positivo", e non è affatto "negativo", come invece sostiene lui.
***
Ed invero, quando io ho scritto (testualmente) che, "sia linguisticamente che nella logica, due negazioni fanno un'affermazione", ho affermato discorsivamene la stessa "identica" verità espressa dalla tua ineccepibile formula, che condivido in pieno (p = ¬(¬p)
E, cioè, che, dire "p" e dire di "negare non p" è esattamente la stessa cosa.
***
Per cui, visto che anche noi due stiamo dicendo esattamente la stessa cosa (a differenza di quello che dice Tarca), non riesco proprio a capire perchè ti faccio disperare!
Semmai sei tu che fai disperare me!
:D
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Un saluto! :)
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Mi fai disperare perchè usi formalismi laddove vi sono dei connotati e usi connotati laddove sono dei formlismi. Ma lo dico in maniera scherzosa, mica sono quelli i problemi della vita ;)
Tarca dice che "qualcosa" del negativo sta nel positivo, ossia appunto il fatto di negare che qualcosa sia negabile.
Invece mi sembra tu annoti connotativamente che qualcosa è sia positivo che negativo, ma non è così.
Non so se Tarca si riferisca a sistemi dialettici o a cosa d'altro, quindi non so risponderti sulla parte connotativa.
Io ho fatto una notazione sulla fase descrittiva, e cioè formale dell'assunto.
Infatti stiamo dicendo la stessa come come Tarca.
Probabilmente questo dilemma nella vita reale comporta se applicato a oggetti e/o azioni ben altre problematiche, ma io non so a cosa si riferisca Tarca .
Citazione di: Eutidemo il 04 Marzo 2022, 13:21:17 PMSecondo la concezione del filosofo Vero Tarca: "il positivo, in quanto separato dal negativo, viene ad essere qualcosa di negativo"; ed infatti, anche il positivo, proprio in quanto si differenzia dal negativo, viene ad essere a sua volta negativo (appunto perché, in quanto differente dal negativo è non-negativo e cioè negativo nei confronti del negativo).
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Sinceramente, tale ragionamento non mi convince troppo!
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Ed infatti, dire che "il positivo, in quanto differente dal negativo è non-negativo e cioè negativo nei confronti del negativo", è come dire che "l'essere", in quanto differente dal "non essere", di conseguenza "non è" neanch'esso": ma, a mio parere "l'essere non è...non essere", e, quindi, è" .
Come è noto, invero, sia linguisticamente che nella logica, due negazioni fanno un'affermazione; il che significa che l'"essere" "non è" (nè può essere) ciò che "non è"; e, proprio per questo, come logica conseguenza, "è"!
Questo, secondo me, vuol dire che essere "negativo" nei confronti del "negativo" significa essere "positivo", e non "negativo" come afferma Tarca.
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Per fare un esempio, se, dopo aver fatto un tampone, io chiedo: "Sono risultanto negativo?" e il medico mi risponde: "Mi dispiace, ma la mia risposta è negativa!", vuol dire che, purtroppo, sono risultato "positivo" al tampone.
O no?
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D'altronde lo stesso Tarca ammette che, in base al suo assunto: "Ci troviamo in un'antinomia micidiale: se il positivo non differisce dal negativo allora è negativo, e se invece differisce da esso allora da capo viene ad essere negativo (rispetto al negativo); in ogni caso, insomma, il positivo viene ad essere negativo. Io compendio tutto questo nel seguente 'mantra': <<Il negativo del negativo è negativo>>".
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Il mio 'mantra', invece, è: <<Il negativo del negativo è positivo>>".
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Voi cosa ne pensate?
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Confesso che ho dato solo una rapida scorsa agli interventi. Vorrei introdurre una dimensione temporale. Positivo e negativo, vita e morte. Il positivo corrisponde ad una tesi, afferma qualcosa per la prima volta. Il negativo corrisponde all'antitesi; nega l'affermazione precedente. Tenta di uccidere la tesi. Il negativo del negativo è positivo? Innanzitutto dovrebbe corrispondere alla sintesi. Cosa fa la sintesi? Riequilibra tesi ed antitesi negando non la tesi, visto che è già stata negata dall'antitesi, bensì adeguandola all'antitesi. La sintesi diviene così almeno per un istante coincidente colla nuova tesi. Per me, eutidemo, il tuo mantra è buono
Citazione di: daniele22 il 05 Marzo 2022, 21:50:59 PMConfesso che ho dato solo una rapida scorsa agli interventi. Vorrei introdurre una dimensione temporale. Positivo e negativo, vita e morte. Il positivo corrisponde ad una tesi, afferma qualcosa per la prima volta. Il negativo corrisponde all'antitesi; nega l'affermazione precedente. Tenta di uccidere la tesi. Il negativo del negativo è positivo? Innanzitutto dovrebbe corrispondere alla sintesi. Cosa fa la sintesi? Riequilibra tesi ed antitesi negando non la tesi, visto che è già stata negata dall'antitesi, bensì adeguandola all'antitesi. La sintesi diviene così almeno per un istante coincidente colla nuova tesi. Per me, eutidemo, il tuo mantra è buono
Mi sono espresso male .... Cosa fa la sintesi? Riequilibra tesi ed antitesi negando non la tesi, visto che è già stata negata dall'antitesi, bensì l'antitesi che è il suo ultimo punto di riferimento. Il risultato della negazione produce l'aggiustamento della tesi. Etc. etc. Il tuo mantra resta sempre buono eutidemo
Ciao Bobmax. :)
Secondo me, il "negativo del negativo" è soltanto un sinonimo di "positivo"; allo stesso modo con cui un "animale a quattro zampe" non è altro che il sinonimo di un "animale quadrupede".
***
Tutto il resto sono soltanto fumisterie paralogistiche!
***
Ripeto, quindi, il mio esempio:
- un "nonnonno" (cioè che non ha nipoti) è il contrario, o meglio, il "negativo" di "nonno";
- un "nonnonnonno" (cioè che ha nipoti), invece, è soltanto un "positivo", per quanto bizzarro e ridondante, SINONIMO di "nonno"!
Nessuno riuscirà mai a convincermi del contrario.
***
Un saluto! :)
***
Citazione di: daniele22 il 05 Marzo 2022, 21:50:59 PMCitazione di: Eutidemo il 04 Marzo 2022, 13:21:17 PMSecondo la concezione del filosofo Vero Tarca: "il positivo, in quanto separato dal negativo, viene ad essere qualcosa di negativo"; ed infatti, anche il positivo, proprio in quanto si differenzia dal negativo, viene ad essere a sua volta negativo (appunto perché, in quanto differente dal negativo è non-negativo e cioè negativo nei confronti del negativo).
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Sinceramente, tale ragionamento non mi convince troppo!
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Ed infatti, dire che "il positivo, in quanto differente dal negativo è non-negativo e cioè negativo nei confronti del negativo", è come dire che "l'essere", in quanto differente dal "non essere", di conseguenza "non è" neanch'esso": ma, a mio parere "l'essere non è...non essere", e, quindi, è" .
Come è noto, invero, sia linguisticamente che nella logica, due negazioni fanno un'affermazione; il che significa che l'"essere" "non è" (nè può essere) ciò che "non è"; e, proprio per questo, come logica conseguenza, "è"!
Questo, secondo me, vuol dire che essere "negativo" nei confronti del "negativo" significa essere "positivo", e non "negativo" come afferma Tarca.
***
Per fare un esempio, se, dopo aver fatto un tampone, io chiedo: "Sono risultanto negativo?" e il medico mi risponde: "Mi dispiace, ma la mia risposta è negativa!", vuol dire che, purtroppo, sono risultato "positivo" al tampone.
O no?
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D'altronde lo stesso Tarca ammette che, in base al suo assunto: "Ci troviamo in un'antinomia micidiale: se il positivo non differisce dal negativo allora è negativo, e se invece differisce da esso allora da capo viene ad essere negativo (rispetto al negativo); in ogni caso, insomma, il positivo viene ad essere negativo. Io compendio tutto questo nel seguente 'mantra': <<Il negativo del negativo è negativo>>".
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Il mio 'mantra', invece, è: <<Il negativo del negativo è positivo>>".
***
Voi cosa ne pensate?
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Confesso che ho dato solo una rapida scorsa agli interventi. Vorrei introdurre una dimensione temporale. Positivo e negativo, vita e morte. Il positivo corrisponde ad una tesi, afferma qualcosa per la prima volta. Il negativo corrisponde all'antitesi; nega l'affermazione precedente. Tenta di uccidere la tesi. Il negativo del negativo è positivo? Innanzitutto dovrebbe corrispondere alla sintesi. Cosa fa la sintesi? Riequilibra tesi ed antitesi negando non la tesi, visto che è già stata negata dall'antitesi, bensì adeguandola all'antitesi. La sintesi diviene così almeno per un istante coincidente colla nuova tesi. Per me, eutidemo, il tuo mantra è buono
Sebbene il tuo ragionamento sia un po' più complesso, ed alquanto diverso dal mio, mi fa piacere, però, che tu sia arrivato alle mie medesime conclusioni! ;)
Ciao Eutidemo
Il nonno è colui che ha nipoti.
Invece colui che non ha nipoti è un "non nonno".
Quando affermo che tizio è nonno, cosa sto dicendo?
Che tizio possiede una caratteristica, quella di avere dei nipoti.
Cosa significa avere una caratteristica?
Significa appartenere ad una categoria.
E la categoria che cos'è?
Il risultato di una divisione, con la quale si distingue, da tutto quello che c'è, ciò che appartiene a quella categoria da ciò che non le appartiene.
La categoria "nonno" identifica, cioè distingue cosa è nonno da cosa non lo è.
Di fronte a qualsiasi ente, si stabilisce se è nonno oppure no.
Come si fa a stabilirlo?
Lo si esamina.
Prima di esaminarlo, quell'ente non appartiene ad alcuna categoria.
Questo è importante!
Non vi è alcuna categoria originaria!
Perciò prima di esaminarlo quell'ente non appartiene ad alcuna categoria, perché non ha alcuna caratteristica.
Solo "dopo" averlo esaminato l'ente può rientrare in una categoria.
E per farlo rientrare si prende la sua iniziale negatività: non appartiene ad alcuna categoria, e la si nega.
Tizio prima di esaminarlo è un "non nonno" così come è un non qualsiasi altra categoria.
Tizio all'inizio è non qualsiasi cosa!
Questo "non" generalizzato viene poi negato riguardo al "non nonno"
Il positivo è perciò il risultato di una negazione.
Se non si comprende questo, non si può avere idea di cosa significhi la coincidenza degli opposti, così come che ogni determinazione è una negazione.
Ma il problema non è tanto l'incomprensione di Cusano o di Spinoza. Piuttosto se non si afferra questo si intende l'Uno come ciò che si regge, deriva, dal due.
Mentre è tutto l'opposto.
Essere = Nulla
Citazione di: bobmax il 06 Marzo 2022, 07:51:05 AMCiao Eutidemo
Il nonno è colui che ha nipoti.
Invece colui che non ha nipoti è un "non nonno".
Quando affermo che tizio è nonno, cosa sto dicendo?
Che tizio possiede una caratteristica, quella di avere dei nipoti.
Cosa significa avere una caratteristica?
Significa appartenere ad una categoria.
E la categoria che cos'è?
Il risultato di una divisione, con la quale si distingue, da tutto quello che c'è, ciò che appartiene a quella categoria da ciò che non le appartiene.
La categoria "nonno" identifica, cioè distingue cosa è nonno da cosa non lo è.
Di fronte a qualsiasi ente, si stabilisce se è nonno oppure no.
Come si fa a stabilirlo?
Lo si esamina.
Prima di esaminarlo, quell'ente non appartiene ad alcuna categoria.
Questo è importante!
Non vi è alcuna categoria originaria!
Perciò prima di esaminarlo quell'ente non appartiene ad alcuna categoria, perché non ha alcuna caratteristica.
Solo "dopo" averlo esaminato l'ente può rientrare in una categoria.
E per farlo rientrare si prende la sua iniziale negatività: non appartiene ad alcuna categoria, e la si nega.
Tizio prima di esaminarlo è un "non nonno" così come è un non qualsiasi altra categoria.
Tizio all'inizio è non qualsiasi cosa!
Questo "non" generalizzato viene poi negato riguardo al "non nonno"
Il positivo è perciò il risultato di una negazione.
Se non si comprende questo, non si può avere idea di cosa significhi la coincidenza degli opposti, così come che ogni determinazione è una negazione.
Ma il problema non è tanto l'incomprensione di Cusano o di Spinoza. Piuttosto se non si afferra questo si intende l'Uno come ciò che si regge, deriva, dal due.
Mentre è tutto l'opposto.
Essere = Nulla
"O
mnis determinatio est negatio"Però ti sei dimenticato del "nonnonnonno"!;)
Eutidemo,
ogni ente è un nonnonno prima di essere categorizzato.
Dopo di che, se si scopre che non è un nonnonno... allora appartiene alla categoria dei nonni.
Ma vi appartiene perché si nega che sia nonnonno.
Quindi, dal nonnonnonno -> nonno.
Se no è inutile che scrivi omnis determinatio est negatio, senza esserne conseguente
Citazione di: bobmax il 06 Marzo 2022, 07:51:05 AMCome si fa a stabilirlo?
Lo si esamina.
Prima di esaminarlo, quell'ente non appartiene ad alcuna categoria.
Questo è importante!
Non vi è alcuna categoria originaria!
Con tutto il rispetto vecchio bob, dal mio punto di vista (l'eretico che nega tutte le antitesi) compi un errore che probabilmente compiono tutti, e ciò mette un po' a disagio eutidemo che sostiene la sua tesi.
Il tuo errore consiste in quel "lo si esamina".. Il fatto è che non siamo noi a esaminare l'ente, l'entità, la categoria, infine il sostantivo, per realizzarlo. Sarebbe invece il contrario: è l'ente, o anche il sostantivo a esaminare noi. E lo fa tramite la sensazione. Che effetto ti fa scorgere in un testo una parola sconosciuta?
Ciao Bobmax. :)
Su questo siamo perfettamente d'accordo:
- un nonno è colui che ha nipoti;
- colui che non ha nipoti è un "non nonno";.
- un "nonnonnonno" (cioè uno che ha nipoti), invece, è soltanto un "positivo", per quanto bizzarro e ridondante, SINONIMO di "nonno"!
Così come un "animale a quattro zampe" è, allo stesso modo, un "positivo", SINONIMO di "quadrupede"!
Comunque te le rigiri, le cose stanno esattamente così!
***
Per il resto, non è affatto vero che Tizio, prima di esaminarlo, sia un "non nonno" (così come è un non qualsiasi altra categoria).
Ed infatti, prima di esaminarne la situazione, si ignora se Tizio:
- sia un nonno;
- oppure sia un nonnonno.
***
Per cui, dire che che Tizio, ancora prima di esaminarlo, sia un "nonnonno", costituisce una affermazione erronea, in quanto anticipa un giudizio che, in realtà, potrà essere dato soltanto "dopo" aver verificato le effettive condizioni familiari del soggetto da verificare.
Prima di esaminarlo, infatti, a volerlo proprio definire:
- non è affatto un "nonnonno";
- bensì è un "non si sa se sia un nonno o un non nonno"
***
Sono d'accordo con te che la categoria "nonno" identifica, cioè distingue cosa è nonno da cosa non lo è (il che è ovvio); ma non vedo cosa c'entri col nostro tema!
***
Ed infatti:
- non è affatto vero che, prima di esaminarlo, quell'ente non appartiene ad alcuna categoria;
- è invece vero che, prima di esaminarlo, "noi" non sappiamo ancora a quale categoria appartenga, bensì sia indubbio che senz'altro appartiene ad una qualche categoria.
***
Tu confondi la "gnoseologia" con l'"ontologia", usando i due termini in senso molto lato; cioè, nel senso di "ciò che noi sappiamo" di un ente, e ciò che quell'ente sostanzialmente "è", a prescindere da quello che noi sappiamo di lui.
***
Il concetto di "categoria originaria", per come lo usi tu, secondo me non ha alcun senso; ed infatti, Giovanni appartiene di per sè alla "categoria" dei nonni o dei nonnonni, indipendentemente da quello che noi sappiamo di lui!
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Ed infatti, prima di esaminarlo ogni ente appartiene già ad una sua specifica categoria, perché già possiede per conto suo la caratteristica che lo inquadra oggettivamente in quella determinata categoria; ad esempio, se Giovanni ha dei nipoti, appartiene senz'altro alla categoria dei nonni, anche se tu ancora non lo sai, perchè ancora non hai esaminato la sua condizione.
Mi pare ovvio!
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Per cui è senz'altro errato affermare, come fai tu, che: "Solo dopo averlo esaminato l'ente può rientrare in una categoria."
Semmai, possiamo dire che "Solo dopo averlo esaminato, noi siamo in grado di sapere in quale categoria rientra un determinato ente".
Il che è una cosa completamente diversa!
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La circostanza che il positivo sia il risultato di una negazione, in verità, non significa affatto che il positivo sia un negativo; significa solo che la doppia negazione vale come un'affermazione.
Come si insegna fin dalle elementari!
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Quanto a Cusano e Spinoza, non sono certo Vangelo!
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Essere = Nulla è come dire che 1 = 0.
Cioè, almeno secondo me, è un assoluto controsenso!
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Un saluto! :)
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Citazione di: daniele22 il 06 Marzo 2022, 13:50:45 PMCon tutto il rispetto vecchio bob, dal mio punto di vista (l'eretico che nega tutte le antitesi) compi un errore che probabilmente compiono tutti, e ciò mette un po' a disagio eutidemo che sostiene la sua tesi.
Il tuo errore consiste in quel "lo si esamina".. Il fatto è che non siamo noi a esaminare l'ente, l'entità, la categoria, infine il sostantivo, per realizzarlo. Sarebbe invece il contrario: è l'ente, o anche il sostantivo a esaminare noi. E lo fa tramite la sensazione. Che effetto ti fa scorgere in un testo una parola sconosciuta?
Le parole di per se stesse non hanno alcun significato. Tutta la loro "verità" è nella realtà che eventualmente evocano.
È la realtà, e solo la realtà, ad avere senso.
Le parole permettono una "sistemazione" dei significati della realtà. Una sistemazione utile, ma che nulla aggiunge al senso di ciò che c'è.
Anzi, questa utilità ha un prezzo: la inevitabile perdita di profondità.
Perché la parola inevitabilmente opera una distinzione.
Evoca un significato, ma ne esclude altri.
Mentre la realtà non è mai determinabile del tutto.
Di modo che quando ci ritroviamo con un sostantivo sconosciuto, esso di per se stesso non significa proprio nulla.
Proprio perché di per se stessa qualsiasi parola non ha alcun significato. E quindi non può influire in alcun modo su di noi.
Se viceversa influisce, la fa solo indirettamente, attraverso la realtà evocata.
E questa evocazione può avvenire attraverso mille richiami. I quali alla fin fine sempre alla realtà si riferiscono.
Sì Eutidemo, sul fatto che inizialmente Tizio sia un non nonno ho esagerato.
Perché pure questa è una categoria, la categoria dei non nonni.
Mentre Tizio non appartiene ad alcuna categoria.
È infatti indeterminato.
Comunque la positività, cioè l'affermazione che Tizio è nonno, nasce necessariamente dalla negazione del suo eventualmente essere un non nonno.
Tizio viene determinato attraverso la negazione di ciò che avrebbe potuto viceversa essere.
Non vi è alcuna differenza tra gnoseologia e ontologia. Perché se prescindi dalla conoscenza vi è solo l'indeterminato.
Questa non è una considerazione capziosa, un ragionamento di lana caprina. Perché riguarda ciò che c'è di più prezioso: la verità.
Occorre sempre tenere presente che la verità, nell'esserci mondano, può essere ricercata e approfondita quanto si vuole, ma vi è un limite invalicabile. Che vanifica ogni nostra velleità di giungere a Dio.
Questo limite è che la verità, per esserci, è costretta a costantemente negare ogni possibile falsità contraria.
La verità è tale solo perché nega ogni possibile falsità!
Quindi sì, la verità dell'uno è nel suo negare di essere zero.
Ma questo aspetto, che può sembrare banale a un occhio superficiale... è invece ciò che l'Assoluto deve necessariamente superare.
La Verità non necessita di negare alcunchè!
@vecchio bob. Partiamo un po' alla volta. Un non-nonno non è una categoria. Questa è solo una forzatura della logica. Un non-nonno non può esistere perché nega l'evidenza in terra del nonno. Quel che compie il non-nonno è negare l'idea del nonno, che può benissimo essere negata con le parole. Ma dove ti porta questa via se non alle fantasticherie della mente? La mente ha bisogno di prove sensibili. E' vero che anche le parole di un libro sono sensibili, ma se raccontano cose che non stanno né in cielo, né in terra, né in mare, ci si chiederà prima o poi di cosa stiano parlando
Mi sa non è chiaro cosa sia una categoria.
Il non bianco è una categoria, per esempio.
Forse è proprio questa non chiarezza a far supporre che le parole abbiano significato di per se stesse.
Parole che vivono di vita propria...
Buona continuazione.
Ciao Bobmax
Se vogliamo "giocare con le parole", come faceva Gorgia da Leontini, e spingere al limite massimo, come fai tu, il concetto di "categoria", allora non è vero che, prima di accertarne lo "stato di famiglia", Tizio non appartenga ad alcuna categoria.
Ed infatti, in tal caso, almeno per quanto concerne la nostra conoscenza "soggettiva" del suo stato, Tizio, per noi, appartiene alla categoria dei "non so se sia un nonno o un nonnonno".
;)
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La quale categoria è, sì, "relativamente" indeterminata (come la categoria dei "belli" e dei "brutti"): ma solo fino ad un certo punto.
Ed infatti se Tizio avesse 16 anni, potremmo senz'altro ascriverlo alla categoria dei "non so se sia un padre o un non padre", ma, sicuramente, non lo ascriveremmo mai alla categoria dei "non so se sia un nonno o un nonnonno"; perchè solo un imbecille potrebbe inserirlo in tale categoria.
;D
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Ciò non toglie, comunque, che Tizio, se è novantenne, sappia perfettamente se appartiene:
- alla categoria dei "nonni".
- oppure alla categoria dei "nonnonni".
E, questo, a prescindere da quello che noi sappiamo di lui.
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Peraltro, l'affermazione che Tizio è nonno, discende, molto semplicemente, dal fatto che ha dei nipoti, e da nient'altro; ed infatti, è da questo che consegue la "negazione del suo essere un non nonno", e non viceversa!
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Secondo me, sbagli nel sostenere che "non vi è alcuna differenza tra gnoseologia e ontologia; perché se prescindi dalla conoscenza vi è solo l'indeterminato".
Ed infatti, salvo a voler cadere nel solipsismo, a prescindere dalla tua conoscenza, Tizio sa con perfetta "determinazione" se lui è nonno o no; questo non dipende affatto dalla tua conoscenza, ma dalla sua.
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Anzi, a dire il vero non dipende neanche dalla sua conoscenza, perchè Tizio potrebbe benissimo avere dei nipoti senza neanche saperlo lui stesso; ma anche in quel caso, "oggettivamente", sarebbe con perfetta "determinazione" un nonno a tutti gli effetti!
Senza "se" e senza "ma"!
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Mi fa piacere, comunque, che adesso, scrivendo "la verità dell'uno è nel suo negare di essere zero", riconosci l'equazione:
se:1 ≠ 0
allora:Essere ≠ Nulla
;)
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Come diceva Parmenide: "L'essere è e non può non essere, il non essere non è e non può essere".
Ciò che muta, è solo "apparenza"; così come le scene di un film su uno schermo bianco fisso, immobile, e sempre uguale a se stesso!
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Almeno, io la vedo così!
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Un saluto :)
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Eutidemo, nessuna determinazione esiste di per se stessa. La determinazione è sempre il risultato di un atto.
Il supporre che la realtà sia determinata a prescindere, cioè che sia composta davvero da enti distinti uno dall'altro, è la grande illusione.
Non solo il divenire è apparenza, lo è pure il molteplice. A maggior ragione il molteplice!
Ossia l'illusione della separazione.
Se nomini Parmenide, poi ne devi essere conseguente.
E se ne sei conseguente, allora occorre mettere in discussione la effettiva realtà delle categorie.
1!= 0
Siamo nel molteplice
Ma...
Essere = Nulla
Questa è la Realtà.
Cioè il Tao.
Dove il principio di contraddizione non ha alcun valore, con buona pace di Severino e del suo Parmenide.
Mi stupisce questo tuo rifiuto della coincidenza Essere - Nulla.
Incoerente con la tua pur apprezzata mistica.
Dio = Nulla
È una necessità Etica.
Ciao vecchio bob, tu dici all'inizio del Topic che "Le parole di per se stesse non hanno alcun significato. Tutta la loro "verità" è nella realtà che eventualmente evocano." Questo che dici è per me sacrosanto ed è proprio quel che sostengo anch'io.
Allora è sufficiente che io urli "fuoco" e tutti quelli che odono possono aspettarsi che da qualche parte vi sia un fuoco. Ma se io grido "non-fuoco" cosa pensano di questo urlo: che daniele22 stia dicendo una cosa che non ha senso, più che pensare che non vi sia alcun fuoco. Un non-nonno, prima di venire categorizzato come non-nonno sarà sicuramente categorizzato come persona. Sarà solo un problema che riguarda la realtà dei nonni a farlo passare di categoria, appunto da persona a non-nonno. Ma precipuamente sarà sempre una persona.
La nostra vita è una vita necessariamente rivolta all'insegna del senso, e non del significato come magari vorremmo. Il significato rappresenta una pretesa umana assurda (a meno che che non sia malafede per ottenere luridi scopi) che ci sta portando dritti dritti in fondo al burrone
Ciao Bobmax. ;)
Anche questa volta non hai risposto a tono a nessuna delle mie repliche, ma hai ulteriormente scantonato per la tangente; sia pure in modo molto interessante!
***
Comunque, seguendo le tue ulteriori divagazioni sul tema, non è affatto vero che la determinazione è "sempre" il risultato di un "atto".
Ed invero:
- se io sparo a qualcuno, lui passa indubbiamente dalla categoria dei vivi alla categoria dei morti come risultato di un mio specifico "atto" (criminale);
- ma se qualcuno muore perchè gli cade un meteorite in testa, lui passa indubbiamente dalla categoria dei vivi alla categoria dei morti, ma non come risultato di un "atto", bensì come risultato di un "fatto" (naturale).
***
Quanto al fatto che la realtà sia determinata a prescindere, cioè che sia composta da enti distinti uno dall'altro, secondo me, occorre distinguere:
- a livello per così dire "noumenico", anche io, come te, sono convinto che si tratti soltanto di una grande illusione (o Maya, se preferisci);
- a livello per così dire "fenomenico", invece, non c'è dubbio che esistano enti distinti tra di loro, a prescindere da come noi le categorizziamo concettualmente.
***
Sempre a livello "noumenico", o "metafisico" se preferisci, anche io, come te, sono convinto che non solo il "divenire" è apparenza, ma lo è pure il "molteplice"; anzi, secondo me, il il "divenire" e il "molteplice" sono solo due facce di una stessa medaglia, la prima "temporale" e la seconda "spaziale".
Un esempio!
Le "onde", in realtà, sono "mare", ma nascono come singole "onde" nel "tempo", e, per quel breve attimo in cui emergono dalla superficie del mare, si distinguono nello "spazio" l'una dall'altra!
***
Però, non riesco minimamente a capire cosa c'entri questo con le "categorie", con le quali l'intelletto opera la sintesi dei molteplici dati "sensibili"; i quali, essendo forme costitutive dell'esperienza, riguardano il mondo fenomenico dell'"apparenza", e non dell'"essere" (ovvero, in termini di Advaita Vedanta, riguardano il mondo illusorio della Maya, e non certo la realtà del Brahaman).
***
Quanto all'essere, se "fosse" equivalente al nulla, non "sarebbe"; il che costituirebbe una palese contraddizioni in termini.
***
Tuttavia, quanto alla tua equivalenza Dio = Nulla, la posso senz'altro accettare in termini "eckartiani".
Al riguardo, ti rinvio al sermone di Meister Eckart, "Surrexit autem Saulus de terra apertisque oculis nihil videbat", laddove scrive: "Questa parola, che ho detto in latino, la scrive san Luca nel suo Vangelo a proposito di san Paolo, e suona così: «Paolo si alzò da terra e, con gli occhi aperti, vide il nulla». Mi pare che questa piccola parola abbia un quadruplice senso. Il primo è questo: quando egli si alzò da terra, vide con gli occhi aperti il nulla, e questo nulla era Dio; perché, quando egli vide Dio, lo chiama un nulla. Il secondo senso: quando egli si alzò, vide null'altro che Dio. Il terzo: in tutte le cose, egli non vide altro che Dio. Il quarto: quando vide Dio, vide tutte le cose come un nulla."
Poi spiega il senso giusto, secondo lui (ed anche secondo me).
***
Un saluto! :)
***
Eutidemo, l'atto è atto del pensiero.
La determinazione è frutto dell'atto del pensiero.
Non vi è alcuna determinazione di per se stessa.
Un conto è esserci ma un altro è essere.
È inutile leggere o copiare tutti i sermoni di Eckhart, se ne non ci si avvede di questa fondamentale differenza.
Inoltre, pure qui non fai che riconfermare la incoerenza.
Non si può stare con un piede in due staffe.
O Dio (Nulla) o l'esserci.
Torno a dire, e per l'ultima volta, che la questione è Etica.
Ma pure su questo sorvoli...
L'inutilità di partecipare a questo forum si fa sempre più evidente.
Ciao Bobmax :)
Secondo me tu fai un
"fritto misto" indigeribile di "
gnoseologia", "
ontologia", ed "
etica", il che crea una gigantesca
confusione concettuale; la quale è aggravata dal fatto che confondi anche l'approccio "
noumenico" con quello "
fenomenico".
Fondamentalmente, però, mi sembra di aver capito che, fondamentalmente, abbiamo tutti e due una "
Weltanschauung" molto simile; anche se il nostro approccio è alquanto diverso.
***Inoltre tendi troppo ad omettere le specificazioni e i predicati, il che rende poco comprensibile quello che intendi esprimere; ad esempio, l'"
atto" non è solo quello del "
pensiero", per cui non puoi sottintendere tale specificazione.
Intendo cioè dire che:
- non puoi limitarti a scrivere, come la volta scorsa, che:
"la determinazione è sempre il risultato di un atto";- bensì, come molto più chiaramente ed esplicitamente hai scritto adesso, avresti dovuto precisare che, almeno secondo te:
"la determinazione è frutto dell'atto del pensiero".***Tanto precisato, sono d'accordo con te che "
la determinazione è frutto dell'atto del pensiero", dal punto di vista "
umano" e, per così dire, "
tassonomico"; ad esempio:
- la farfalla
"papilio palinurus" ha ali con bande verdi brillanti, con riflessi blu e gialli, che possono raggiungere gli 8 o i 10 centimetri di apertura.
(https://i.postimg.cc/906fFSCf/PAPIL.jpg)- la farfalla
"parnassius apollo" invece, è più piccola ed è riconoscibile per il corpo bianco e per le macchie a forma di occhio sulle ali.
(https://i.postimg.cc/2Sf5sP0c/APOLLO.jpg)***Pertanto:
- sono d'accordo con te che la "
determinazione" della prima farfalla nella categoria "
papilio palinurus" e della seconda farfalla nella categoria ""
parnassius apollo" "
sia senz'altro frutto di un atto del pensiero", dal punto di vista "
umano" e, per così dire, "
tassonomico";
- non sono invece d'accordo con te che "
non vi sia alcuna determinazione di per se stessa", in quanto le due farfalline esistevano, con il loro "
genere prossimo" e le loro "
differenze specifiche", da molto prima che l'"
homo sapiens" e il dott. Mendel calcassero il suolo del nostro pianeta, e le "
classificassero".
***"
Cosa c'è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserverebbe sempre il suo stesso profumo" ( Shakespeare "
Romeo e Giulietta": atto II, scena II")
***Quanto al fatto che "
un conto è esserci ma un altro conto è essere", secondo me, tu fai troppo spesso ricorso a formule "
icastiche" ma alquanto "
oscure", in stile "
eracliteo"; cioè, che
suonano bene, ma significano poco.Forse intendevi dire che che
"un conto è esistere ma un altro conto è essere"; il che sarebbe stato senz'altro più chiaro, però non molto attinente al nostro discorso (salvo esplicitazione).
***Quanto a Meister Eckart, ho letto e meditato pressochè tutto quello che ha scritto; e, a parte il "
Commento al Vangelo di Giovanni" -di cui ammetto di non aver capito granchè-, mi sembra di aver compreso abbastanza bene il suo pensiero (che, per alcuni aspetti, ha dei punti in comune anche con l'Advaita Vedanta).
***Quanto a tenere i piedi in due staffe, non capisco proprio a che cosa ti riferisci; ed infatti ti ho spiegato benissimo che intendo Dio come un "
nihil" nel senso "
apofatico" di Eckart (e non solo suo).
***Per concludere, secondo me, mescolare "
etica" e "
metafisica" è un errore colossale; ancora peggio di confondere "
gnoseologia", "
ontologia"!
Significa "
buttare tutto in caciara"!***Un saluto! :)
***