Riprendendo Hegel, non si può dire che qualche cosa è contro natura poiché questa qualche cosa, esistendo, fa parte della natura stessa.
A volte si dice che un qualcosa non è naturale, ad esempio: un fulmine che cade a cielo aperto.
Questo poiché in "natura" (nella vita di tutti i giorni) non succede. Non perché l'evento non si possa verificare, ma perché normalmente non ci sono le condizioni per farlo accadere.
Trovo quindi insensato commentare la caduta di fulmine a cielo aperto con: "Questo evento non è naturale"
Quando invece si dovrebbe dire (e forse lo si intende come accezione della parola "naturale") :"Questo evento non è comune/ è straordinario/ecc"
Trovo anche stupido il separare l'uomo dalla natura dicendo ad esempio: "gli OGM sono contro natura"; e questo per 2 motivi diversi:
1)Gli OGM sono naturali in quanto si possono creare
2)Anche nel caso in cui ci si riferisca al termine "naturale" con l'accezione di "legge naturale" (quale è quella del minimo sforzo: per cui non si verifica ordinariamente la caduta di un fulmine a cielo aperto), si sta commettendo un errore a non pensare che il motivo per cui vengono creati gli OGM sia lo stesso che fa cadere un fulmine durante un temporale: la legge del minimo sforzo.Questo perché noi siamo delle "cose" naturali e quindi obbediamo alle leggi della natura.Il creare gli OGM fa parte della manifestazione del "minimo sforzo" nella produzione di alimenti o organismi che ci siano utili e adatti alle nostre esigenze.
Citazione di: Voltaire il 02 Novembre 2016, 22:21:47 PM
Riprendendo Hegel, non si può dire che qualche cosa è contro natura poiché questa qualche cosa, esistendo, fa parte della natura stessa.
A volte si dice che un qualcosa non è naturale, ad esempio: un fulmine che cade a cielo aperto.
Questo poiché in "natura" (nella vita di tutti i giorni) non succede. Non perché l'evento non si possa verificare, ma perché normalmente non ci sono le condizioni per farlo accadere.
Trovo quindi insensato commentare la caduta di fulmine a cielo aperto con: "Questo evento non è naturale"
Quando invece si dovrebbe dire (e forse lo si intende come accezione della parola "naturale") :"Questo evento non è comune/ è straordinario/ecc"
Trovo anche stupido il separare l'uomo dalla natura dicendo ad esempio: "gli OGM sono contro natura"; e questo per 2 motivi diversi:
1)Gli OGM sono naturali in quanto si possono creare
2)Anche nel caso in cui ci si riferisca al termine "naturale" con l'accezione di "legge naturale" (quale è quella del minimo sforzo: per cui non si verifica ordinariamente la caduta di un fulmine a cielo aperto), si sta commettendo un errore a non pensare che il motivo per cui vengono creati gli OGM sia lo stesso che fa cadere un fulmine durante un temporale: la legge del minimo sforzo.Questo perché noi siamo delle "cose" naturali e quindi obbediamo alle leggi della natura.Il creare gli OGM fa parte della manifestazione del "minimo sforzo" nella produzione di alimenti o organismi che ci siano utili e adatti alle nostre esigenze.
Citazione"L' ignoranza é come la notte in cui tutte la vacche sembrano scure" (sempre Hegel, filosofo da me scarsissimamente conosciuto e ancor meno amato)
Si, in ultima analisi tutto é naturale.
Anche fare un sorpasso azzardato e andare a sbattere contro un TIR da duecento tonnellate in un tragico scontro frontale (o portare l' umanità al' estinzione in conseguenza della distruzione delle condizioni naturali della sua sopravvivenza).
Oppure guidare con prudenza e campare bene e a lungo (o limitare le produzioni e i consumi in modo da non segare il ramo su cui siamo appollaiati come umanità).
La natura può essere tante cose diverse: bellezza, bruttezza, magnanimità, taccagneria, divertimento, noia, conoscenza, ignoranza, vita, morte...
La natura é sempre quella, ma gli effetti delle scelte che naturalissimamente (tutte naturalissimamente) compiamo possono essere assi diversi...
Citazione di: Voltaire il 02 Novembre 2016, 22:21:47 PM
Riprendendo Hegel, non si può dire che qualche cosa è contro natura poiché questa qualche cosa, esistendo, fa parte della natura stessa.
A volte si dice che un qualcosa non è naturale, ad esempio: un fulmine che cade a cielo aperto.
Questo poiché in "natura" (nella vita di tutti i giorni) non succede. Non perché l'evento non si possa verificare, ma perché normalmente non ci sono le condizioni per farlo accadere.
Trovo quindi insensato commentare la caduta di fulmine a cielo aperto con: "Questo evento non è naturale"
Quando invece si dovrebbe dire (e forse lo si intende come accezione della parola "naturale") :"Questo evento non è comune/ è straordinario/ecc"
Trovo anche stupido il separare l'uomo dalla natura dicendo ad esempio: "gli OGM sono contro natura"; e questo per 2 motivi diversi:
1)Gli OGM sono naturali in quanto si possono creare
2)Anche nel caso in cui ci si riferisca al termine "naturale" con l'accezione di "legge naturale" (quale è quella del minimo sforzo: per cui non si verifica ordinariamente la caduta di un fulmine a cielo aperto), si sta commettendo un errore a non pensare che il motivo per cui vengono creati gli OGM sia lo stesso che fa cadere un fulmine durante un temporale: la legge del minimo sforzo.Questo perché noi siamo delle "cose" naturali e quindi obbediamo alle leggi della natura.Il creare gli OGM fa parte della manifestazione del "minimo sforzo" nella produzione di alimenti o organismi che ci siano utili e adatti alle nostre esigenze.
Non posso che essere d'accordo.
La stupidità presunta, (per quel che mi riguarda lapalissiana), va però spiegata.
E non può altro che essere nel background culturale, cattolico ahimè. Siamo alle solite. :-\
Poi è ovvio che almeno per quel che riguarda gli ogm, bisogna fare i conti con la sostenibilità organica del corpo.
Però qui apriremmo il 3d sulla bio-etica, troppo vasto, ma che di sicuro contiene anche questo 3d.
Citazione di: green demetr il 03 Novembre 2016, 10:17:16 AM
Citazione di: Voltaire il 02 Novembre 2016, 22:21:47 PM
Riprendendo Hegel, non si può dire che qualche cosa è contro natura poiché questa qualche cosa, esistendo, fa parte della natura stessa.
A volte si dice che un qualcosa non è naturale, ad esempio: un fulmine che cade a cielo aperto.
Questo poiché in "natura" (nella vita di tutti i giorni) non succede. Non perché l'evento non si possa verificare, ma perché normalmente non ci sono le condizioni per farlo accadere.
Trovo quindi insensato commentare la caduta di fulmine a cielo aperto con: "Questo evento non è naturale"
Quando invece si dovrebbe dire (e forse lo si intende come accezione della parola "naturale") :"Questo evento non è comune/ è straordinario/ecc"
Trovo anche stupido il separare l'uomo dalla natura dicendo ad esempio: "gli OGM sono contro natura"; e questo per 2 motivi diversi:
1)Gli OGM sono naturali in quanto si possono creare
2)Anche nel caso in cui ci si riferisca al termine "naturale" con l'accezione di "legge naturale" (quale è quella del minimo sforzo: per cui non si verifica ordinariamente la caduta di un fulmine a cielo aperto), si sta commettendo un errore a non pensare che il motivo per cui vengono creati gli OGM sia lo stesso che fa cadere un fulmine durante un temporale: la legge del minimo sforzo.Questo perché noi siamo delle "cose" naturali e quindi obbediamo alle leggi della natura.Il creare gli OGM fa parte della manifestazione del "minimo sforzo" nella produzione di alimenti o organismi che ci siano utili e adatti alle nostre esigenze.
Non posso che essere d'accordo.
La stupidità presunta, (per quel che mi riguarda lapalissiana), va però spiegata.
E non può altro che essere nel background culturale, cattolico ahimè. Siamo alle solite. :-\
Poi è ovvio che almeno per quel che riguarda gli ogm, bisogna fare i conti con la sostenibilità organica del corpo.
Però qui apriremmo il 3d sulla bio-etica, troppo vasto, ma che di sicuro contiene anche questo 3d.
CitazioneDi fatto buona parte (probabilmente maggioritaria) di chi si oppone all' uso degli OGM non é cattolica ed é più o meno, e in molti casi del tutto, emancipata dal presunto "solito" background culturale, cattolico (e un' altra parte é cattolica ma ragiona laicamente); e la sua opposizione deriva da un laicissimo "principio prudenza" per il quale, stante la "potenza trasformativa" (in senso costruttivo come distruttivo; con molteplici effetti, previsti e non previsti) raggiunta dalle odierne forze produttive sociali (per dirla a la Marx e Engels; o comuqnue delle tecniche disponibili), é necessario (sarebbe necessario!) "andare -razionalisticamente- con i piedi di piombo" prima di introdurre nuove produzioni e nuovi consumi onde evitare possibili danni alla salute di tutti noi e perfino non improbabili fatali, irrimediabili conseguenze per l' umanità intera e la sua sopravvivenza.
Molto meglio accorgersi che si poteva fare un sorpasso che si é evitato piuttosto che accorgresi che non si poteva fare e ci si sta schiantando a duecentocinquanta-trecento all' ora complessivi in uno scontro frontale con un TIR da duecento quintali (...e ve lo dice un automobilista, ma soprattutto motociclista, alquanto spericolato!).
E (contrariamente alla metafora del sorpasso, che é per questo inadeguata), i rischi mortali che la potenza raggiunta dalle forze trasformative comporta riguardano irreversiblmente l' intera umanità, non uno o pochi individui!
P.S.: sono ateo e comunista; ma se qualcuno mi taccia di "cattocomunismo" mi fa involontariamente quello che personalmente ritengo un complimento!
Hai trascurato completamente l'opposizione tra naturale ed artificiale, dove con il secondo si intende prodotto dall'uomo. I prodotti transgenici non sono contro natura, bensì non sono naturali perché sono il risultato di una tecnologia umana.
La tua argomentazione è una giusta critica al giusnaturalismo. Tuttavia è possibile immaginare qualcosa di impossibile e quindi contro natura, ad esempio è contro natura che l'uomo possa volare senza strumenti artificiali.
Citazione di: sgiombo il 03 Novembre 2016, 10:54:36 AM
Citazione di: green demetr il 03 Novembre 2016, 10:17:16 AM
Citazione di: Voltaire il 02 Novembre 2016, 22:21:47 PM
Riprendendo Hegel, non si può dire che qualche cosa è contro natura poiché questa qualche cosa, esistendo, fa parte della natura stessa.
A volte si dice che un qualcosa non è naturale, ad esempio: un fulmine che cade a cielo aperto.
Questo poiché in "natura" (nella vita di tutti i giorni) non succede. Non perché l'evento non si possa verificare, ma perché normalmente non ci sono le condizioni per farlo accadere.
Trovo quindi insensato commentare la caduta di fulmine a cielo aperto con: "Questo evento non è naturale"
Quando invece si dovrebbe dire (e forse lo si intende come accezione della parola "naturale") :"Questo evento non è comune/ è straordinario/ecc"
Trovo anche stupido il separare l'uomo dalla natura dicendo ad esempio: "gli OGM sono contro natura"; e questo per 2 motivi diversi:
1)Gli OGM sono naturali in quanto si possono creare
2)Anche nel caso in cui ci si riferisca al termine "naturale" con l'accezione di "legge naturale" (quale è quella del minimo sforzo: per cui non si verifica ordinariamente la caduta di un fulmine a cielo aperto), si sta commettendo un errore a non pensare che il motivo per cui vengono creati gli OGM sia lo stesso che fa cadere un fulmine durante un temporale: la legge del minimo sforzo.Questo perché noi siamo delle "cose" naturali e quindi obbediamo alle leggi della natura.Il creare gli OGM fa parte della manifestazione del "minimo sforzo" nella produzione di alimenti o organismi che ci siano utili e adatti alle nostre esigenze.
Non posso che essere d'accordo.
La stupidità presunta, (per quel che mi riguarda lapalissiana), va però spiegata.
E non può altro che essere nel background culturale, cattolico ahimè. Siamo alle solite. :-\
Poi è ovvio che almeno per quel che riguarda gli ogm, bisogna fare i conti con la sostenibilità organica del corpo.
Però qui apriremmo il 3d sulla bio-etica, troppo vasto, ma che di sicuro contiene anche questo 3d.
CitazioneDi fatto buona parte (probabilmente maggioritaria) di chi si oppone all' uso degli OGM non é cattolica ed é più o meno, e in molti casi del tutto, emancipata dal presunto "solito" background culturale, cattolico (e un' altra parte é cattolica ma ragiona laicamente); e la sua opposizione deriva da un laicissimo "principio prudenza" per il quale, stante la "potenza trasformativa" (in senso costruttivo come distruttivo; con molteplici effetti, previsti e non previsti) raggiunta dalle odierne forze produttive sociali (per dirla a la Marx e Engels; o comuqnue delle tecniche disponibili), é necessario (sarebbe necessario!) "andare -razionalisticamente- con i piedi di piombo" prima di introdurre nuove produzioni e nuovi consumi onde evitare possibili danni alla salute di tutti noi e perfino non improbabili fatali, irrimediabili conseguenze per l' umanità intera e la sua sopravvivenza.
Molto meglio accorgersi che si poteva fare un sorpasso che si é evitato piuttosto che accorgresi che non si poteva fare e ci si sta schiantando a duecentocinquanta-trecento all' ora complessivi in uno scontro frontale con un TIR da duecento quintali (...e ve lo dice un automobilista, ma soprattutto motociclista, alquanto spericolato!).
E (contrariamente alla metafora del sorpasso, che é per questo inadeguata), i rischi mortali che la potenza raggiunta dalle forze trasformative comporta riguardano irreversiblmente l' intera umanità, non uno o pochi individui!
Siamo d'accordo sul lato della prudenza, ma potremmo anche dire della sostenibilità.
D'altronde se proprio vogliamo fare un breve off-topic, gli ogm sarebbero necessari, in quanto il boom demografico non accenna a diminuire, e anzi dovrebbe aumentare, parliamo di numeri da capogiro.
Visto il generico aumento della prospettiva di vita. Chi nutrirà questa gente?
Falso ideologico o mera constatazione non saprei. Diciamo che pone il problema intellettuale.
x baylham
credo che anche l'artificiale sia da contemplare come naturale in quanto frutto del lavoro. (e il lavoro è naturale)
Citazione di: green demetr il 03 Novembre 2016, 11:11:12 AM
Siamo d'accordo sul lato della prudenza, ma potremmo anche dire della sostenibilità.
D'altronde se proprio vogliamo fare un breve off-topic, gli ogm sarebbero necessari, in quanto il boom demografico non accenna a diminuire, e anzi dovrebbe aumentare, parliamo di numeri da capogiro.
Visto il generico aumento della prospettiva di vita. Chi nutrirà questa gente?
Falso ideologico o mera constatazione non saprei. Diciamo che pone il problema intellettuale.
x baylham
credo che anche l'artificiale sia da contemplare come naturale in quanto frutto del lavoro. (e il lavoro è naturale)
CitazioneNon vedo come l' uso deglo OGM potrebbe -di per sé- risolvere il problema (per me squisitamente politico; necessitante di soluzioni politiche) della sovapopoplazione (umana); preciso questa mia convinzione anche se mi rendo conto che forse quanto da me negato non é precisamente quello che afferma Green Demetr (forse non é letteralmente un' obiezione a quanto qui sopra sostenuto).
Per me sperare in un mirabolante incremento della produzione di fattori nutritivi grazie agli OGM, oltre che irrealistico (e non affatto ingenuamente e disinterssatamente porpagandato da imprese transnazionali e ricercatori), é, allo stato attuale delle conoscenze, pericoloso; e in ogni caso, anche ammesso e non concesso, potrebbe al massimo dare un limitatissimo contributo al problema, che richiederebbe ben altro per ressere risolto.
Concordo pienamente con le precisazioni di Baylham.
Citazione di: sgiombo il 03 Novembre 2016, 11:37:43 AM
Per me sperare in un mirabolante incremento della produzione di fattori nutritivi grazie agli OGM, oltre che irrealistico (e non affatto ingenuamente e disinterssatamente porpagandato da imprese transnazionali e ricercatori), é, allo stato attuale delle conoscenze, pericoloso;
Pericoloso? ti riferisci al problema degli allergeni?
Indubbiamente servirebbe più tempo per constatare gli effetti sopratutto se si vorrà allargare il discorso di vendita in scala mondiale.
Sul problema politico, siamo d'accordo, anche se immagino di diversa opinione su come questo avverrà.
Citazione di: green demetr il 03 Novembre 2016, 12:07:14 PM
Citazione di: sgiombo il 03 Novembre 2016, 11:37:43 AM
Per me sperare in un mirabolante incremento della produzione di fattori nutritivi grazie agli OGM, oltre che irrealistico (e non affatto ingenuamente e disinterssatamente porpagandato da imprese transnazionali e ricercatori), é, allo stato attuale delle conoscenze, pericoloso;
Pericoloso? ti riferisci al problema degli allergeni?
Indubbiamente servirebbe più tempo per constatare gli effetti sopratutto se si vorrà allargare il discorso di vendita in scala mondiale.
Sul problema politico, siamo d'accordo, anche se immagino di diversa opinione su come questo avverrà.
CitazionePenso che sia pericoloso, oltre all' uso massiccio che sarebbe necessario di OGM, soprattutto cullarsi nell' illusione che possa dare un importante contributo alla soluzione del problema (come sembrerebbero suggerire i professoroni spesso intervistati in TV).
Citazione di: green demetr il 03 Novembre 2016, 11:11:12 AM
credo che anche l'artificiale sia da contemplare come naturale in quanto frutto del lavoro. (e il lavoro è naturale)
Esatto, l'uomo fa parte della natura e così le sue creazioni
Il discorso non è semplice.
Di sicuro l'uomo non è fuori dalla natura, essendone comunque un prodotto e quindi il medio (naturale) con cui la natura si produce e soprattutto si conosce, ma vi si trova come in bilico, dove questo stare in bilico si traduce sia nel domandarsi sulla natura (come se essa fosse qualcosa che si può considerare in oggetto, separata e diversa da noi), sia in un'angoscia originaria che pone l'uomo a interrogarsi su se stesso, sulla sua natura e a voler trasformare la natura per poterla abitare sicuro e tranquillo.
Di per sé la natura pare non essere interessata per nulla all'essere umano, né di meno né di più di quanto possa interessarle una pulce o un lombrico che, al contrario dell'uomo sono a tutti gli effetti nella natura e quindi non si pongono quel problema esclusivamente umano che consiste nel potersi continuare a ritrovare in ciò che la natura comunque dispone (magari anche e soprattutto, almeno su questo pianeta, a mezzo dell'uomo stesso, un mezzo che si illude di essere il demiurgo che sceglie e crea ciò che vuole per i fini che lui progetta).
Il discorso sugli OGM è un discorso che andrebbe anch'esso inteso nel suo ambito perfettamente naturale e insieme antropologico. E' da quando sono stati scoperti agricoltura e allevamento (non così tanto tempo fa dopotutto, meno di una decina di millenni or sono, un tempo che su scala cosmica è meno di un battito di ciglia) che gli esseri umani hanno progettato e prodotto OGM. Sono OGM (progettati e manipolati dall'uomo) praticamente tutto il cibo "naturale" di cui ci cibiamo e gran parte degli animali che abbiamo addomesticato: ciò che andrebbe considerato non è l'OGM in quanto tale, ma il fattore potenza, ossia l'entità rispetto al tempo con cui oggi si possono produrre queste trasformazioni, ed è la prospettiva che questa potenza pone su se stessa (e illude magari di risolvere problemi come la fame, che hanno ben poco a che vedere con la "soluzione" OGM). Il problema è che l'uomo è chiamato sempre più a vivere in una continua modificazione che lui stesso induce, senza riuscire a modificare se stesso con pari velocità, dunque, nella misura in cui egli stesso è natura, non è capace più di comprendersi né di ritrovarsi in ciò che va facendo, anche quando lo fa con grande competenza tecnica.
Dopotutto, parafrasando Sgiombo, il problema non è l'autostrada, ma come riusciamo (o meglio, non riusciamo) ad andare in autostrada.
Nulla è contro-natura.
Ho seri dubbi che ciò che sia artificiale diventi naturale soltanto perché è l' uomo, elemento naturale, ad interagire con ciò che è naturale e trasformandolo appunto in prodotti artificiali. C' è qualcosa che non mi torna e poco logico in questo ragionamento. Ma anche ammesso e non concesso che gli OGM possano essere considerati naturali, ciò non ne inficia la possibile pericolosità. Non è infatti che la bomba atomica, se considerata naturale, tutto ad un tratto possa diventare anche innocua.
Sono d' accordissimo con Maral e Sgiombo sul fatto che sia prevalente il come riusciamo o non riusciamo ad andare in autostrada, ma che soprattutto nel contesto degli OGM non sappiamo affatto dove l' autostrada conduce e se le fondamenta resisteranno. A mio avviso, la strada ( o autostrada ) che si è intrapresa con gli OGM è molto pericolosa e dagli effetti che potrebbero essere devastanti. Quello che assolutamente ignoriamo sono gli effetti sulla natura, compreso l' uomo che ne farebbe ( ne fa ) uso alimentandosi.
Poi sinceramente trovo veramente illusorio e sono profondamente pessimista sulla possibilità che gli OGM potrebbero risolvere la fame nel mondo quando attualmente vengono distrutte tonnellate di prodotti naturali perché considerati in eccedenza al fabbisogno del mercato. L' unico vantaggio economico a cui il capitalismo può tendere è la diminuzione dei costi di produzione che garantisce automaticamente guadagni maggiori. Oppure, e ciò mi spaventa ancor di più, che gli studi sugli OGM possano essere utili alla realizzazione di armi bio-chimiche, che non è assolutamente da scartare.
Ultima cosa che volevo aggiungere e su cui volevo far riflettere è che da quando è stato approvato l' uso dei cereali per la produzione di idrocarburi, le farine in commercio per l' uso alimentare stanno sempre più peggiorando di qualità, come di riflesso è peggiorata la qualità del pane e della pasta e di tutti gli altri articoli alimentari che vengono prodotti con i cereali.
E' inutile velarsi gli occhi, questo è il capitalismo e c' è poco da illudersi. Soprattutto sugli OGM.
Garbino Vento di Tempesta
Per evitare equivici, come sempre credo convenga partire dalla definizione dei termini in gioco:
1) cosa si intende per "natura"?
2) il "contro" del contro-natura, va inteso come semplice
negazione (non-naturale) o come ciò che si
oppone all'inerzia e alle tendenze della natura?
3) per naturale possiamo intendere lo "spontaneo ed innato" (come le stagioni o gli istinti) e per contro-natura il "tecnologico" o l'"artificiale" (il proiettare la propria immagine su un monitor a 100 km di distanza)?
Domandone: se l'uomo è
per natura "
homo technicus" (la clava, la ruota, la capanna, etc. sono un
prodotto artificiale di tecnica ma frutto della
naturale ragione umana), non è per lui "
naturale" essere arrivato, nei millenni, alla manipolazione genetica? Dove finisce la tecnica-naturale (se c'è) e dove inizia la tecno
logia contro-natura?
Citazione di: Voltaire il 03 Novembre 2016, 12:44:03 PM
Citazione di: green demetr il 03 Novembre 2016, 11:11:12 AMcredo che anche l'artificiale sia da contemplare come naturale in quanto frutto del lavoro. (e il lavoro è naturale)
Esatto, l'uomo fa parte della natura e così le sue creazioni
In ciò sarei cauto, almeno dal punto di vista strettamente logico: l'uomo fa parte della natura, ma questo non vale necessariamente per tutte le sue produzioni (ciò è sicuramente plausibile, ma non semplicemente per "proprietà transitiva"), proprio come il pizzaiolo è membro dell'arte culinaria, ma quando ti porge lo scontrino ti dà qualcosa che non rientra esattamente nell'ambito culinario :)
Citazione Non è infatti che la bomba atomica, se considerata naturale, tutto ad un tratto possa diventare anche innocua
Come non mi sembra che sia innocuo un buco nero, un asteroide, un terremoto eccCitazioneCitazione da Phil:
CitazionePer evitare equivici, come sempre credo convenga partire dalla definizione dei termini in gioco:
1) cosa si intende per "natura"?
2) il "contro" del contro-natura, va inteso come semplice negazione (non-naturale) o come ciò che si oppone all'inerzia e alle tendenze della natura?
3) per naturale possiamo intendere lo "spontaneo ed innato" (come le stagioni o gli istinti) e per contro-natura il "tecnologico" o l'"artificiale" (il proiettare la propria immagine su un monitor a 100 km di distanza)?
Domandone: se l'uomo è per natura "homo technicus" (la clava, la ruota, la capanna, etc. sono un prodotto artificiale di tecnica ma frutto della naturale ragione umana), non è per lui "naturale" essere arrivato, nei millenni, alla manipolazione genetica? Dove finisce la tecnica-naturale (se c'è) e dove inizia la tecnologia contro-natura?
3)Il tecnologico è tanto spontaneo quanto lo sono le stagioni, in quanto è tappa evolutiva dell'uomoSarebbe come dire che gli le ali che i volatili hanno sviluppato durante l'evoluzione non siano spontanee2)entrambi poiché nulla si oppone alla natura e nulla può essere qualcosa che nella natura non è compreso1)La natura è la realtà, il suo manifestarsi e svolgersi, prendendo la definizione da wikipedia:"La natura è l'insieme di tutte le cose esistenti considerato nella sua forma complessiva, nella totalità cioè dei fenomeni e delle forze che in esso si manifestano."Vedila così: il sottoinsieme uomo fa parte dell'insieme natura
Citazione proprio come il pizzaiolo è membro dell'arte culinaria, ma quando ti porge lo scontrino ti dà qualcosa che non rientra esattamente nell'ambito culinario (http://www.riflessioni.it.cloud.seeweb.it/logos/Smileys/default/smiley.gif)
Secondo questo ragionamento anche un prodotto creato dall'uomo non è artificiale
Credo sia logico considerare comunque l'uomo un elemento della natura e quindi anche ciò che produce e trasforma. Non è detto però che quello che l'uomo produce e trasforma e soprattutto il modo con cui lo fa vada a vantaggio della sopravvivenza dell'uomo stesso (dell'uomo, ripeto, non della natura come tale, ma semmai della natura intesa come quel contesto che garantisce all'essere umano di esistere). Quando parliamo di "naturale" e di minaccia alla "natura" da parte dell'attività antropica, in realtà questa minaccia riguarda quel contesto ecologico, culturale e sociale (frutto di millenni di trasformazioni umane) in cui l'uomo può abitare, ove il poter abitare va inteso sia in senso fisico che psichico. Quando ci troviamo in una cosiddetta "riserva naturale", tra prati verdi e montagne innevate, ci troviamo comunque in un ambiente che da millenni è stato profondamente modificato dagli esseri umani. Ambienti davvero naturali sono rimasti pochissimi sul pianeta e comunque anche questi hanno subito modificazioni indirette da parte dell'uomo.
Se la tecnologia resta a mio avviso un fenomeno del tutto naturale, lo sviluppo tecnologico, per quello che ha provocato soprattutto dalla rivoluzione industriale in avanti, con la scoperta delle fonti di energia fossili, ha determinato in modo esponenziale un rischio di impatto enorme per la vita dell'uomo sul pianeta (dell'uomo e non della natura), oltre a un modo di pensare e quindi di vivere (in uno stato di pressocché totale dipendenza dai prodotti tecnologici) che ci rende praticamente impossibile uscire da questa corsa sempre più accellerata.
Personalmente sono contrario agli OGM e alle manipolazioni genetiche, non abbiamo ancora una scienza in grado di valutare la complessità dei fenomeni ecosistemici, per non parlare di quelli sociali da cui lo scienziato pensa sia lecito per lui tirarsi fuori, limitandosi al discorso tecnico per come lo studia in condizioni di riproducibilità controllata. Non solo, ma lo stesso controllo proprio dell'operatività scientifica tende a nascondere o a sottovalutare la probabilità del fenomeno imprevisto in contesti più complessi. Purtroppo però mi rendo anche conto che di fatto ci sono ben poche vie di uscita: il prodotto tecnologico comunque lo si veda, esercita sulla stragrande maggioranza degli esseri umani un effetto seduttivo irresistibile, legato alla potenza facilitante che sembra poter offrire a chi lo possiede. Gli OGM (o altri modi per progettare e modificare il genoma con la bio ingegneria) prima o poi ce li ritroveremo ovunque, come oggi ovunque si trovano ovunque cellulari, computer, automobili e via dicendo e ci sembra del tutto "naturale" e anche indispensabile il possederli.
Citazione di: maral il 04 Novembre 2016, 20:14:33 PM
Credo sia logico considerare comunque l'uomo un elemento della natura e quindi anche ciò che produce e trasforma. Non è detto però che quello che l'uomo produce e trasforma e soprattutto il modo con cui lo fa vada a vantaggio della sopravvivenza dell'uomo stesso (dell'uomo, ripeto, non della natura come tale, ma semmai della natura intesa come quel contesto che garantisce all'essere umano di esistere). Quando parliamo di "naturale" e di minaccia alla "natura" da parte dell'attività antropica, in realtà questa minaccia riguarda quel contesto ecologico, culturale e sociale (frutto di millenni di trasformazioni umane) in cui l'uomo può abitare, ove il poter abitare va inteso sia in senso fisico che psichico. Quando ci troviamo in una cosiddetta "riserva naturale", tra prati verdi e montagne innevate, ci troviamo comunque in un ambiente che da millenni è stato profondamente modificato dagli esseri umani. Ambienti davvero naturali sono rimasti pochissimi sul pianeta e comunque anche questi hanno subito modificazioni indirette da parte dell'uomo.
Se la tecnologia resta a mio avviso un fenomeno del tutto naturale, lo sviluppo tecnologico, per quello che ha provocato soprattutto dalla rivoluzione industriale in avanti, con la scoperta delle fonti di energia fossili, ha determinato in modo esponenziale un rischio di impatto enorme per la vita dell'uomo sul pianeta (dell'uomo e non della natura), oltre a un modo di pensare e quindi di vivere (in uno stato di pressocché totale dipendenza dai prodotti tecnologici) che ci rende praticamente impossibile uscire da questa corsa sempre più accellerata.
Non c'è niente di più naturale che l'estinzione di una specie, a prescindere che sia una, quell'altra o la stessa specie la causa.
"
Non è detto però che quello che l'uomo produce e trasforma e soprattutto il modo con cui lo fa vada a vantaggio della sopravvivenza dell'uomo stesso"Condivido pienamente, ciò è dovuto dal fatto che certe azioni dell'uomo sono state inconsapevoli (non si conoscevano le conseguenze dell'inquinamento durante la rivoluzione industriale), e certe sono purtroppo (vedi ora cina) consapevoli.
Quindi per quanto insensato possa sembrare l'uomo può danneggiarsi a tal punto da estinguersi, ma ciò non prescinde il fatto che questo processo sia naturalissimo.
Citazione di: Voltaire il 04 Novembre 2016, 19:39:59 PMLa natura è la realtà, il suo manifestarsi e svolgersi, prendendo la definizione da wikipedia: "La natura è l'insieme di tutte le cose esistenti considerato nella sua forma complessiva, nella totalità cioè dei fenomeni e delle forze che in esso si manifestano."
Se accettiamo questa definizione, per cui "natura" e "realtà" sono in fondo sinonimi, allora ovviamente non si può porre il contro-natura, se non come parente dell'irrealtà; a questo punto "artificiale" e "tecnologico" diverrebbero sottoinsiemi di "natura"... se non fosse che la stessa Wikipedia (fonte della definizione precedente) definisce "artificiale" (in "wiktionary") come "prodotto con mezzi tecnologici a imitazione del naturale" e pone tra i sinonimi di "artificiale" l'espressione "non naturale" e come contrario di "artificiale" proprio "naturale"... il che lascia sospettare che l'artificiale non sia un sottoinsieme del naturale... che sia tutta una questione di definizioni?P.s.Confesso pubblicamente un personale disagio nel guardare l'automobile ed affermare "anche lei fa parte della natura!", perchè, nel mio modestissimo vocabolario personale, "ente" e "elemento naturale" non sono sinonimi... fermo restando il problema di definizione posto nel "domandone" ;D
P.p.s.
Citazione di: Voltaire il 04 Novembre 2016, 20:51:46 PMl'uomo può danneggiarsi a tal punto da estinguersi, ma ciò non prescinde il fatto che questo processo sia naturalissimo.
Concordo pienamente.
Credo che la questione sembri ingarbugliata semplicemente perché non si sta tenendo conto dei linguaggi in cui ci si vuole muovere; in base ai linguaggi scelti cambia anche la definizione di natura.
Se scegliamo di usare un linguaggio che si sforza di essere radicale, basilare, fondamentale, teorico, possiamo affermare che natura coincide con realtà e dunque anche un'automobile fa parte a tutti gli effetti della natura.
Se invece scegliamo di muoverci in un linguaggio più superficiale, corrente, quotidiano, più vicino agli usi sociali, allora natura non coincide con realtà, ma con ciò che viene ritenuto tale nel liguaggio sociale corrente. In questo contensto un'automobile non fa parte della natura.
Una volta chiarito ciò, è facile renderci conto che il secondo tipo di linguaggio, essendo dipendente dalle condizioni storico-geografiche di ogni società, è soggetto a variabilità, cosicché ciò che può essere ritenuto naturale in una certa società può non esserlo in un'altra.
Anche il primo linguaggio, ovviamente, è soggetto alle sue variabilità, poiché siamo pur sempre noi a stabilire se e in che misura un linguaggio può essere considerato davvero radicale e teorico. Sarà comunque più facile addentrarsi anche in questa questione, una volta chiarito in che tipo di discorso ci si sta muovendo.
C'è naturalmente (!) anche la possibilità di intrecciare, porre in dialogo i due linguaggi; anche in questo caso, comunque, credo che aver almeno tentato di distinguere i due linguaggi consenta di muoversi in tutta la questione in modo molto più agevole.
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Novembre 2016, 07:23:43 AMCredo che la questione sembri ingarbugliata semplicemente perché non si sta tenendo conto dei linguaggi in cui ci si vuole muovere; in base ai linguaggi scelti cambia anche la definizione di natura. Se scegliamo di usare un linguaggio che si sforza di essere radicale, basilare, fondamentale, teorico, possiamo affermare che natura coincide con realtà e dunque anche un'automobile fa parte a tutti gli effetti della natura. Se invece scegliamo di muoverci in un linguaggio più superficiale, corrente, quotidiano, più vicino agli usi sociali, allora natura non coincide con realtà, ma con ciò che viene ritenuto tale nel liguaggio sociale corrente. In questo contensto un'automobile non fa parte della natura. Una volta chiarito ciò, è facile renderci conto che il secondo tipo di linguaggio, essendo dipendente dalle condizioni storico-geografiche di ogni società, è soggetto a variabilità, cosicché ciò che può essere ritenuto naturale in una certa società può non esserlo in un'altra. Anche il primo linguaggio, ovviamente, è soggetto alle sue variabilità, poiché siamo pur sempre noi a stabilire se e in che misura un linguaggio può essere considerato davvero radicale e teorico. Sarà comunque più facile addentrarsi anche in questa questione, una volta chiarito in che tipo di discorso ci si sta muovendo. C'è naturalmente (!) anche la possibilità di intrecciare, porre in dialogo i due linguaggi; anche in questo caso, comunque, credo che aver almeno tentato di distinguere i due linguaggi consenta di muoversi in tutta la questione in modo molto più agevole.
Non è una questione di definizioni, il fatto che la natura coincida con la realtà non è una definizione astratta ma è frutto di un processo logico che parte dalla definizione d'uso comune.
Un automobile non è contro natura perché è manifestazione evolutiva e spontanea dell'uomo.
Così come non lo è un alveare o un formicaio, poiché questi sono espressioni delle necessità e bisogni della propria specie: le api costruiscono un alveare perché gli va a favore.
L'invenzione dell'automobile va a favore degli uomini, l'unica differenza tra l'ape e l'uomo è che l'ultimo conosce molto più dell'ape, ha valore evolutivo maggiore e di conseguenza ha più impatto sul mondo.
Se si identifica il "contro natura" come qualcosa che si oppone al regolare svolgimento delle cose, ci si può rendere conto di come la natura sia contro natura. (I dinosauri se ne stavano lì tutti belli e tranquilli nella loro evoluzione, e poi arriva la natura ad ucciderli)
Allora voi direste :"si ok ma la natura non è contro natura perché mantiene la caratteristica comune della natura: l'istintività, l'essere inconscia, mentre ciò che fa l'uomo è conscio e quindi può essere contro natura"
Al che io vi rispondo con una domanda: se l'uomo è conscio delle sue azioni allora perché ha voluto che si creassero fabbriche che inquinassero il suo stesso ambiente fino a soffocarlo?
Ricapitolando:
Se si assume il "contro natura" come qualcosa che si oppone alla natura allora anche la natura è contro natura
Certe azioni dell'uomo ritenute "contro natura" per via della sua consapevolezza sono in realtà ciò di più naturale ed istintivo possa esistere
Dunque la soluzione è che la natura coincida col reale e che di fatto nulla sia contro natura
Edit:
E' ovvio che se si cambiano le definizioni alle parole si riesce a dire quello che si vuole, ma allora a sto' punto dico che un pomodoro è una mela e un albero è una cicogna
Citazione di: Voltaire il 05 Novembre 2016, 13:32:58 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Novembre 2016, 07:23:43 AMCredo che la questione sembri ingarbugliata semplicemente perché non si sta tenendo conto dei linguaggi in cui ci si vuole muovere; in base ai linguaggi scelti cambia anche la definizione di natura. Se scegliamo di usare un linguaggio che si sforza di essere radicale, basilare, fondamentale, teorico, possiamo affermare che natura coincide con realtà e dunque anche un'automobile fa parte a tutti gli effetti della natura. Se invece scegliamo di muoverci in un linguaggio più superficiale, corrente, quotidiano, più vicino agli usi sociali, allora natura non coincide con realtà, ma con ciò che viene ritenuto tale nel liguaggio sociale corrente. In questo contensto un'automobile non fa parte della natura. Una volta chiarito ciò, è facile renderci conto che il secondo tipo di linguaggio, essendo dipendente dalle condizioni storico-geografiche di ogni società, è soggetto a variabilità, cosicché ciò che può essere ritenuto naturale in una certa società può non esserlo in un'altra. Anche il primo linguaggio, ovviamente, è soggetto alle sue variabilità, poiché siamo pur sempre noi a stabilire se e in che misura un linguaggio può essere considerato davvero radicale e teorico. Sarà comunque più facile addentrarsi anche in questa questione, una volta chiarito in che tipo di discorso ci si sta muovendo. C'è naturalmente (!) anche la possibilità di intrecciare, porre in dialogo i due linguaggi; anche in questo caso, comunque, credo che aver almeno tentato di distinguere i due linguaggi consenta di muoversi in tutta la questione in modo molto più agevole.
Non è una questione di definizioni, il fatto che la natura coincida con la realtà non è una definizione astratta ma è frutto di un processo logico che parte dalla definizione d'uso comune.
Un automobile non è contro natura perché è manifestazione evolutiva e spontanea dell'uomo.
Così come non lo è un alveare o un formicaio, poiché questi sono espressioni delle necessità e bisogni della propria specie: le api costruiscono un alveare perché gli va a favore.
L'invenzione dell'automobile va a favore degli uomini, l'unica differenza tra l'ape e l'uomo è che l'ultimo conosce molto più dell'ape, ha valore evolutivo maggiore e di conseguenza ha più impatto sul mondo.
Se si identifica il "contro natura" come qualcosa che si oppone al regolare svolgimento delle cose, ci si può rendere conto di come la natura sia contro natura. (I dinosauri se ne stavano lì tutti belli e tranquilli nella loro evoluzione, e poi arriva la natura ad ucciderli)
Allora voi direste :"si ok ma la natura non è contro natura perché mantiene la caratteristica comune della natura: l'istintività, l'essere inconscia, mentre ciò che fa l'uomo è conscio e quindi può essere contro natura"
Al che io vi rispondo con una domanda: se l'uomo è conscio delle sue azioni allora perché ha voluto che si creassero fabbriche che inquinassero il suo stesso ambiente fino a soffocarlo?
Ricapitolando:
Se si assume il "contro natura" come qualcosa che si oppone alla natura allora anche la natura è contro natura
Certe azioni dell'uomo ritenute "contro natura" per via della sua consapevolezza sono in realtà ciò di più naturale ed istintivo possa esistere
Dunque la soluzione è che la natura coincida col reale e che di fatto nulla sia contro natura
Edit:
E' ovvio che se si cambiano le definizioni alle parole si riesce a dire quello che si vuole, ma allora a sto' punto dico che un pomodoro è una mela e un albero è una cicogna
CitazioneIl concetto di "valore evolutivo" non é scientifico (biologico) e non vedo che senso possa avere (se non di pura, arbitraria preferenza soggettiva): l' evoluzione della vita non risponde a finalità e non si realizza "più" o "meglio" in qualche specie piuttosto che in qualche altra.
E la morte (di individui e specie: estinzione) non é affatto incompatibile con la vita ma ne é anzi parte integrante e conditio sine qua non: il suo contrario non é "vita", bensì "nascita", ed entrambi sono aspetti ineliminabili della vita: senza ciascuna di esse -nascita e morte- non ci sarebbe vita e senza vita non ci sarebbe nessuna di esse, né nascita, né morte).
La coscienza (a livelli più o meno complessi e sofisticati a seconda dei casi) ragionevolmente può essere considerata comune a moltissime specie animali (per lo meno; e forse addirittura a tutte), oltre a quella umana (non c' é ragione per ritenere che non ne siano dotati, fra le tantissime altre specie, cani, gatti, cavalli, scimmie, ecc., al contrario dell' autocoscienza, che é quasi sicuramente unicamente umana, almeno sul pianeta Terra).
Il fatto di fare (anche) danni a se stessi (giacché non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, e spesso la soddisfazione, magari "eccessiva", dell' una impedisce un' adeguata soddisfazione dell' altra esigenza) non é affatto innaturale: spesso molti animali cadono naturalissimamente in "trappole mortali" (sia artificiali che naturali, queste ultime) in quanto per assicurarsi un vantaggio limitato (solitamente cibo) si procurano uno svantaggio "individualmente illimitato" (la morte).
E oggi l' umanità possiede i mezzi per procurarsi in molti modi lo svantaggio "collettivamente illimitato" dell' "estinzione prematura e di sua propria mano" (in cambio di "piatti di lenticchie" alquanto miserabili).
Nella "res extensa" nulla può accadere di sopra- o preter- -naturale, se di essa é possibile conoscenza scientifica (vera); e di essa fa parte a pieno titolo l' umanità (non esaurendosi in essa, secondo me: ne é parte ma non é limitato all' esserne parte, é anche altro: la "res cogitans").
Dunque ciò che si riferisce alla parte materiale dell' uomo, al corpo degli individui della specie "homo sapiens" e alla specie considerata come concetto biologico é in ultima istanza naturale, anche se in particolare é (anche) "artificiale", "culturale", (che non sono concetti contrari e inconciliabili rispetto a quello di "naturale": ne sono sottoinsiemi caratterizzati da importanti peculiarità unicamente loro proprie, che non contraddicono i modi e le caratteristiche più generali o generici del divenire naturale, ma ne sono espressioni, o casi particolari: un po' come l' essere un "mammifero" non contraddice l' essere un "vertebrato", né un "animale", nè un vivente", né un "oggetto naturale").
Di fatto c' é un' accezione "forte", un senso più immediatamente letterale (ma "estensionalmente più largo") del concetto di "natura" come "res extensa in toto", genericamente intesa, includente (anche) tutto ciò che é umano o culturale o artificiale, ecc.; e c' é un' accezione più "debole" o meno immediatamente letterale (ma "estensionalmente più limitata") del concetto di natura come "res extensa ad esclusione di ciò che é umano".
CitazioneDi fatto c' é un' accezione "forte", un senso più immediatamente letterale (ma "estensionalmente più largo") del concetto di "natura" come "res extensa in toto", genericamente intesa, includente (anche) tutto ciò che é umano o culturale o artificiale, ecc.; e c' é un' accezione più "debole" o meno immediatamente letterale (ma "estensionalmente più limitata") del concetto di natura come "res extensa ad esclusione di ciò che é umano".
Si potrebbe dire che c'è un'accezione ancora più forte (che condivido) che include nella "natura" (intesa, come dice Voltaire, nel senso di realtà per come si manifesta) anche la res cogitans, o, se si vuole, "l'autocoscienza" che è un fenomeno del tutto naturale in quanto realmente accade (anzi potremmo dire, che è solo in relazione ad essa che qualsiasi cosa effettivamente accade, res extensa e cogitans comprese come tali). Ma il problema che chiede ragione della natura della "natura" dando risposte forti o deboli, non è ovviamente solo una faccenda linguistica, a cui basta il vocabolario giusto a risolverlo, perché l'uomo effettivamente, proprio in quanto "naturalmente" cosciente dell'accadere e del proprio accadere si vede gettato fuori dalla natura e questo da un lato lo terrorizza e lo angoscia, dall'altro gli dà il senso di poter progettare il proprio dominio umano sulla natura che gli si presenta davanti in visione panoramica. Poi magari scopre che non è per nulla così, che non domina proprio nulla, in quanto comunque egli resta sempre nella natura, ma ci resta, lo ripeto, sentendosene in qualche misura sempre rigettato tanto da considerare "artificiale" quello che lui naturalmente fa.
Per il lombrico ad esempio non è così, il lombrico è del tutto nella natura e lì ci sta contento e soddisfatto (mi si perdonino i termini antropomorfici e mi perdonino i lombrichi, ma è per rendere l'idea tra esseri umani). In realtà tra il lombrico e l'uomo esistono forme di coscienza e probabilmente anche di autocoscienza intermedie che sarebbero interessanti da esplorare, ma non vi è dubbio a mio avviso che l'uomo è di per sé una grande anomalia naturale, una sorta di contraddizione vivente, ossia è veramente nella natura sentendosene al di fuori.
L'uomo appartiene ala natura ,ma è anche cultura.
Mi sembrerebbe strano ,per assurdo, che due marziani in un futuro remoto, spero, vedano esplodere il pianeta Terra per la terza guerra mondiale a suon di bombe atomiche e dicano è il prodotto naturale di un bipede terrestre.
I lavoro è trasformazione, ma all'interno di leggi naturali. nel momento cui l'uomo ha raggiunto un livello di conoscenza e quindi di cultura tale da alterarne la biochimica o la fisica della particelle ha la possibilità di uscire dalle regole naturali attraverso la propria conoscenza culturale.L'inquinamento non è un prodotto naturale, ma altera i cicli naturali ,gli ecosistemi, portiamo ormai fuori dai loro Habitat naturali animali attraverso aerei, navi e non conosciamo affatto gli impatti degli ogm. Salvo accorgerci che parecchi tumori purtroppo emergono grazie alla sintesi artificiale
di molecole non naturali
Citazione di: paul11 il 06 Novembre 2016, 00:24:33 AM
L'uomo appartiene ala natura ,ma è anche cultura.
Certamente, è anzi la cultura che dà il senso della natura dell'uomo, ma a sua volta come possiamo considerare la cultura se non come espressione propria della
natura umana? Certo, le auto e le fabbriche che inquinano, le bombe nucleari e via dicendo non si trovano direttamente nell'ambiente in cui l'uomo vive come si potrebbero trovare i funghi buoni e velenosi: ci vogliono degli esseri umani che le pensino, le progettino e le costruiscano, ma ciò non toglie che essendo questi esseri umani comunque esistenti in natura, mi pare lecito e opportuno considerarli il mezzo con il quale la natura si attua. Analogamente i nidi degli uccelli, le tane dei castori, i termitai non sono come tali presenti in natura, occorrono uccelli, castori e termiti a realizzarli, ma non per questo considererei il nido di una rondine un prodotto artificiale. La effettiva differenza dell'uomo sta nel progetto che egli costruisce in vista di un fine dettato dalla sua consapevolezza di esistere e quindi da un'esistenza che si presenta per l'uomo come una domanda che sorge e risorge di continuo nella sua coscienza, ma anche questo fa parte della natura, a meno di non voler pensare che questa particolarità umana non venga da un extra mondo, da una sorta di fantastica "Isola che non c'è" ma che deve pur esserci per rendere conto all'uomo della stranezza dell'uomo.
Si tratta di una stranezza molto pericolosa e angosciante, non c'è dubbio, ma è un pericolo e un'angoscia che riguarda solo l'essere umano, non la natura che in sé lo include come fatto infinitesimo e del tutto marginale. Quando arriveremo a capire che i nostri modi di pensare, di produrre e di fare sono proprio noi che mettono in discussione a tutti i livelli, non certo il creato, non certo il mondo, non certo l'universo intero, ma quella nicchia minimale e infinitesima e finora unica dell'universo in cui possiamo esistere per il modo del tutto contingente in cui in essa possiamo trovare dimora, forse cominceremo a porre più attenzione alla nostra natura e ci sentiremo un po' meno demiurghi aventi un mondo lì fuori come un puro oggetto a disposizione del finalismo del soggetto e scopriremo che noi siamo questo mondo, noi siamo il nostro oggetto, senza nessun mandato speciale da parte di un extra mondo.
In fondo si potrebbe anche dirla così: l'uomo è quel prodotto naturale dell'universo con cui l'universo viene naturalmente a conoscersi e questo espone ogni uomo a un rischio costante che si traduce nella consapevolezza del suo stesso poter morire, consapevolezza in cui si scopre uguale a ogni altro uomo e allo stesso tempo unico rispetto a tutto ciò che non come uomo ci appare.
Storicamente il concetto di contro-natura si fonda sul contrasto con l'idea di un ordine naturale ontologicamente fondato su un'idea di creazione e di volontà divina.
Uscendo fuori da questa visione, il concetto di contro-natura si ripropone come critica nei confronti di un'evoluzione della società umana vista come aliena rispetto a una bellezza della natura, cioè della vita nel suo complesso non-umano. Da qui la domanda delle cento pistole: "Quando e come l'uomo da essere naturale, diventa contro-natura?"
Citazione di: maral il 05 Novembre 2016, 20:12:56 PM
CitazioneDi fatto c' é un' accezione "forte", un senso più immediatamente letterale (ma "estensionalmente più largo") del concetto di "natura" come "res extensa in toto", genericamente intesa, includente (anche) tutto ciò che é umano o culturale o artificiale, ecc.; e c' é un' accezione più "debole" o meno immediatamente letterale (ma "estensionalmente più limitata") del concetto di natura come "res extensa ad esclusione di ciò che é umano".
Si potrebbe dire che c'è un'accezione ancora più forte (che condivido) che include nella "natura" (intesa, come dice Voltaire, nel senso di realtà per come si manifesta) anche la res cogitans, o, se si vuole, "l'autocoscienza" che è un fenomeno del tutto naturale in quanto realmente accade (anzi potremmo dire, che è solo in relazione ad essa che qualsiasi cosa effettivamente accade, res extensa e cogitans comprese come tali). Ma il problema che chiede ragione della natura della "natura" dando risposte forti o deboli, non è ovviamente solo una faccenda linguistica, a cui basta il vocabolario giusto a risolverlo, perché l'uomo effettivamente, proprio in quanto "naturalmente" cosciente dell'accadere e del proprio accadere si vede gettato fuori dalla natura e questo da un lato lo terrorizza e lo angoscia, dall'altro gli dà il senso di poter progettare il proprio dominio umano sulla natura che gli si presenta davanti in visione panoramica. Poi magari scopre che non è per nulla così, che non domina proprio nulla, in quanto comunque egli resta sempre nella natura, ma ci resta, lo ripeto, sentendosene in qualche misura sempre rigettato tanto da considerare "artificiale" quello che lui naturalmente fa.
Per il lombrico ad esempio non è così, il lombrico è del tutto nella natura e lì ci sta contento e soddisfatto (mi si perdonino i termini antropomorfici e mi perdonino i lombrichi, ma è per rendere l'idea tra esseri umani). In realtà tra il lombrico e l'uomo esistono forme di coscienza e probabilmente anche di autocoscienza intermedie che sarebbero interessanti da esplorare, ma non vi è dubbio a mio avviso che l'uomo è di per sé una grande anomalia naturale, una sorta di contraddizione vivente, ossia è veramente nella natura sentendosene al di fuori.
CitazioneConsiderazioni che trovo interessanti e in gran parte condivido.
Dissento soprattutto sull' affermazione che "l' autocoscienza" (...) è un fenomeno del tutto naturale in quanto realmente accade" [e fin qui sono d' accordo; anche se accade al di fuori della res cogitans: non é naturale-materiale] "(anzi potremmo dire, che è solo in relazione ad essa che qualsiasi cosa effettivamente accade, res extensa e cogitans comprese come tali)".
Per me qualsiasi cosa effettivamente accada (salvo ovviamente fatti di coscienza e autocoscienza), accade anche indipendentemente dalla nostra (eventuale) coscienza (e conoscenza) di ciò che accade (compresa l' esistenza di noi stessi, ossia anche dalla nostra autocoscienza).
Ma ne abbiamo già ampiamente dibattuto senza trovare un consenso in altre discussioni e non vorrei riaprire la questione.
Citazione di: paul11 il 06 Novembre 2016, 00:24:33 AM
L'uomo appartiene ala natura ,ma è anche cultura.
Mi sembrerebbe strano ,per assurdo, che due marziani in un futuro remoto, spero, vedano esplodere il pianeta Terra per la terza guerra mondiale a suon di bombe atomiche e dicano è il prodotto naturale di un bipede terrestre.
CitazionePersonalmente non mi pare che dovrebbero avere difficoltà a considerarlo naturale (oltre che artificiale nel senso di "un particolare sottoinsieme di ciò che é naturale").
Anche tante altre specie si sono estinte naturalmente per avere abusato delle risorse disponibili nelle loro nicchie ecologiche.
(Per la cronaca, temo che se la Clinton vincerà le lezioni americane il rischio di olocausto nucleare aumenterà terribilmente).
I lavoro è trasformazione, ma all'interno di leggi naturali. nel momento cui l'uomo ha raggiunto un livello di conoscenza e quindi di cultura tale da alterarne la biochimica o la fisica della particelle ha la possibilità di uscire dalle regole naturali attraverso la propria conoscenza culturale.L'inquinamento non è un prodotto naturale, ma altera i cicli naturali ,gli ecosistemi, portiamo ormai fuori dai loro Habitat naturali animali attraverso aerei, navi e non conosciamo affatto gli impatti degli ogm. Salvo accorgerci che parecchi tumori purtroppo emergono grazie alla sintesi artificiale
di molecole non naturali
CitazionePreciserei (scusa la pignoleria) che se, come concordo, il lavoro è trasformazione, ma all'interno di leggi naturali, allora l' uomo non ha la possibilità di uscire dalle regole naturali attraverso la propria conoscenza culturale (ma solo di impiegarle utilmente e finalisticamente adeguandovisi nel suo agire). Ed é proprio per questo che imprudentemente rischia di autodistruggersi (ma forse é anche quello che intendevi dire tu).
Citazione di: anthonyi il 06 Novembre 2016, 09:29:39 AMStoricamente il concetto di contro-natura si fonda sul contrasto con l'idea di un ordine naturale ontologicamente fondato su un'idea di creazione e di volontà divina. Uscendo fuori da questa visione, il concetto di contro-natura si ripropone come critica nei confronti di un'evoluzione della società umana vista come aliena rispetto a una bellezza della natura, cioè della vita nel suo complesso non-umano. Da qui la domanda delle cento pistole: "Quando e come l'uomo da essere naturale, diventa contro-natura?"
In sintesi è corretto, anche se alcuni termini li muterei.Se esiste una regola naturale, la cultura è artificio spesso finalizzata contro la natura.Si tratterebbe quindi di dire ontologicamente la regola della natura, e quale cultura ontologicamente ha strumenti e finalità contro quelle regole naturali.Mi pare ovvio che l'uomo non è necessariamente contro la natura e anzi ne faccia parte.Ma l'uomo con l'artificio della conoscenza può alterare regole fondamentali della natura.Non basta dire che l'uomo è natura, perchè la plastica non è naturale, vale a dire il prodotto della sua tecnologia e non di trasformazioni naturali chimico-fisiche.Quindi è la tecnica finalizzata l'espressione di una conoscenza.Ma dove ontologicamente l'uomo ha compiuto scelte nel momento in cui decide di finalizzare in un modo o in un altro la sua conoscenza.Daccapo, allora se la conoscenza diventa capacità di creazione di un mondo culturale che si pone dialetticamente con il mondo naturale interpretandolo,è in questa interpretazione relazionale frauomo-natura-cultura che sta la controversia.
Citazione di: sgiombo il 06 Novembre 2016, 11:29:35 AM
Citazione di: paul11 il 06 Novembre 2016, 00:24:33 AML'uomo appartiene ala natura ,ma è anche cultura. Mi sembrerebbe strano ,per assurdo, che due marziani in un futuro remoto, spero, vedano esplodere il pianeta Terra per la terza guerra mondiale a suon di bombe atomiche e dicano è il prodotto naturale di un bipede terrestre.
CitazionePersonalmente non mi pare che dovrebbero avere difficoltà a considerarlo naturale (oltre che artificiale nel senso di "un particolare sottoinsieme di ciò che é naturale"). Anche tante altre specie si sono estinte naturalmente per avere abusato delle risorse disponibili nelle loro nicchie ecologiche. (Per la cronaca, temo che se la Clinton vincerà le lezioni americane il rischio di olocausto nucleare aumenterà terribilmente).
I lavoro è trasformazione, ma all'interno di leggi naturali. nel momento cui l'uomo ha raggiunto un livello di conoscenza e quindi di cultura tale da alterarne la biochimica o la fisica della particelle ha la possibilità di uscire dalle regole naturali attraverso la propria conoscenza culturale.L'inquinamento non è un prodotto naturale, ma altera i cicli naturali ,gli ecosistemi, portiamo ormai fuori dai loro Habitat naturali animali attraverso aerei, navi e non conosciamo affatto gli impatti degli ogm. Salvo accorgerci che parecchi tumori purtroppo emergono grazie alla sintesi artificiale di molecole non naturali
CitazionePreciserei (scusa la pignoleria) che se, come concordo, il lavoro è trasformazione, ma all'interno di leggi naturali, allora l' uomo non ha la possibilità di uscire dalle regole naturali attraverso la propria conoscenza culturale (ma solo di impiegarle utilmente e finalisticamente adeguandovisi nel suo agire). Ed é proprio per questo che imprudentemente rischia di autodistruggersi (ma forse é anche quello che intendevi dire tu).
Non nego la possibilità di includere ,ma non so se come sottoinsieme, l'uomo che si fa cultura dentro le regole di natura, perchè la cultura umana vuole negare la morte ,la propria morte individuale o di appartenenza e sarebbe capace di tutto , di alterare l'intera natura, pur di raggiungere il proprio fine.Questa qualità, questa capacità è impossibilitata da gli altri essere viventi come vegetali o animali.Il prodotto culturale può non solo essere plastica, ma un lagher, un'ideologia di sterminio o di prevaricazione: è ancora natura?La natura a mio modesto parere non è solo la tavola degli elementi chimico-fisici che l'uomo per sua qualità ha potuto conoscere e addirittura manipolarle e plasmarle.Ma se la natura ontologicamente è un ordine, è un dominio, non è assolutamente detto che la cultura ne sia parte solo perchè l'uomo è fisicamente naturale e composto da quegli stessi elementi chimico-fisici che può manipolare.Il salto tecnologico, ad esempio la manipolazione dell'energia atomica, e il salto della bioingegneria lo pongono dialetticamente in relazione fra il proprio dominio culturale e un ordine e dominio naturale, deve porsi un problema di compatibilità o come si dice di sostenibilità, ma proprio perchè se li pone signifca che la potenza della conoscenza umana se anche fosse dentro l'ordine naturale o un suo sottoinsieme, non può negare la domanda. Perchè ci sono culture più o meno pacifiche, più o meno tecnologiche, più o meno accettano le regole di natura.Quindi è la nostra stessa interpretazione di uomo,natura e cultura che può mutare non tanto la natura, ma la nostra cultura e conseguentemente la natura.Termini come alienazione, schizofrenia non sono forse il processo dialettico di natura umana e di cultura che diventa sociale che si manifesta come malattia del disagio umano?Il tema della discussione è molto vasto è molto complesso.Ad esempio l'interpretazione che sia naturale che un uomo forte e intelligente prevarichi sul debole è giusto? E' naturale? Quindi di nuovo l'interpretazione dei domini apre a problematiche anche etiche e a volte giustificative di comportamenti : "naturali"o "contro-natura"?
Citazione se la natura ontologicamente è un ordine, è un dominio, non è assolutamente detto che la cultura ne sia parte solo perchè l'uomo è fisicamente naturale e composto da quegli stessi elementi chimico-fisici che può manipolare.
L'ordine della natura non è morale
Ciò che è naturale non è anche bello/giusto
Tant'è che se tu metti a confronto la tua idea di morale con la natura, questa non trova riscontro in essa.
La morale a mio parere deriva dal porsi dei problemi sulle azioni compiute o da compiersi, ed in natura non credo ci siano molte cose che si pongono questi problemi
Citazione di: Voltaire il 06 Novembre 2016, 13:00:33 PMCitazione se la natura ontologicamente è un ordine, è un dominio, non è assolutamente detto che la cultura ne sia parte solo perchè l'uomo è fisicamente naturale e composto da quegli stessi elementi chimico-fisici che può manipolare.
L'ordine della natura non è morale Ciò che è naturale non è anche bello/giusto Tant'è che se tu metti a confronto la tua idea di morale con la natura, questa non trova riscontro in essa. La morale a mio parere deriva dal porsi dei problemi sulle azioni compiute o da compiersi, ed in natura non credo ci siano molte cose che si pongono questi problemi
Appunto perchè l'etica non è nella natura, da qualche parte scaturisce, e da dove se non dalla cultura di un essere umano che interpreta la sua natura e il mondo con cui è in relazione?
Il problema è quale ontologia dare alla natura e quali sono le sue regole e se l'uomo è davvero dentro queste regole per poter dire che ontologicamente è davvero parte.La mia risposta è che la cultura umana può andare contro le regole di natura per qualità umane legate all'intellettività, alla conoscenza, alla coscienza,
Il fatto stesso che ci si ponga la domanda fra natura e contro natura significa che c'è una dialettica, una problematica. Se l'uomo fosse solo natura non si porrebbe il problema.
L'etica non è nella natura esattamente come nella natura non c'è l'appartamento o la casa in cui abiti. L'etica è un prodotto umano, ma essendo il fare umano un fare che è in natura i prodotti dell'uomo restano prodotti di natura, proprio come il nido di una rondine che può essere fatto solo da una rondine.
Certo che la natura introduce nell'uomo una problematica, è quella che ho tentato di spiegare e per la quale l'uomo non è un lombrico e il suo mondo non può essere letteralmente lo stesso di un lombrico, ma questa problematica non sta nell'esserci una "natura" e una "non natura" che chiamiamo cultura, una res extensa e una res cogitans ciascuna per conto suo, la prima del mondo e la seconda dell' "isola che non c'è". La problematica appartiene tutta alla natura umana per come essa è naturalmente nel mondo, è la stessa natura umana, ossia è il modo umano di vivere la propria naturale presenza e questo modo umano, naturale, proietta naturalmente l'uomo fuori dalla natura, lo fa sentire come se ne fosse fuori, spaventato e solo, diverso da ogni altro essere che ha intorno a sé, ma allo stesso tempo convinto dalla sua immaginaria posizione esterna su un'altura ben recintata, di poter godere di viste panoramiche portentose sulla natura stessa e di condurla dove e come vuole, come se fosse una materia a completa disposizione d'uso della sua "non natura" (leggasi cultura) che se ne sta fuori dal mondo per conto suo.
Non so se rendo l'idea, ma mi rendo conto che accettare il fatto che noi, le nostre culture e i nostri prodotti (compresa la macchina che si guida da sé, di cui si parla in un altro topic, o i pomodori di forma cubica per inscatolarli meglio) sono comunque espressioni di natura, dopo secoli e secoli, millenni di pensiero in senso contrario, con tutte le suggestioni di grande potenza con cui questo pensiero ha gratificato, spronato e a momenti alterni tranquillizzato l'essere umano, può non essere facile. La natura dell'uomo è anomala rispetto al resto dei viventi (o meglio l'uomo stesso avverte nella propria esistenza una profonda anomalia, dunque si immagina una non natura in cui sogna di poter meglio abitare e la progetta), ma, per quanto la immagini e la progetti, essa resta comunque natura in cui si sentirà ancora angosciato e quindi ancora capace di modificarla per poterci stare.
Il problema vero è: dato che la natura umana ha per natura questa anomalia, come si può convivere umanamente con essa? E' possibile conviverci o dobbiamo continuare a immaginarci mondi che non ci sono da progettare e costruire per poterci stare? (in altre parole "cosa davvero ci manca nella nostra naturale mancanza?"). E la risposta è tutt'altro che facile. ma già aver pensato la domanda può aiutarci. Si può cominciare a rifletterci sopra anziché ripetere in eterno gli stupefacenti giochi illusionistici fatti di auto che si guidano da sé e di pomodori cubici di cui poi non si può più fare a meno.
Citazione di: paul11 il 06 Novembre 2016, 12:05:05 PM
Non nego la possibilità di includere ,ma non so se come sottoinsieme, l'uomo che si fa cultura dentro le regole di natura, perchè la cultura umana vuole negare la morte ,la propria morte individuale o di appartenenza e sarebbe capace di tutto , di alterare l'intera natura, pur di raggiungere il proprio fine.
Questa qualità, questa capacità è impossibilitata da gli altri essere viventi come vegetali o animali.
Il prodotto culturale può non solo essere plastica, ma un lagher, un'ideologia di sterminio o di prevaricazione: è ancora natura?
La natura a mio modesto parere non è solo la tavola degli elementi chimico-fisici che l'uomo per sua qualità ha potuto conoscere e addirittura manipolarle e plasmarle.
Ma se la natura ontologicamente è un ordine, è un dominio, non è assolutamente detto che la cultura ne sia parte solo perchè l'uomo è fisicamente naturale e composto da quegli stessi elementi chimico-fisici che può manipolare.
CitazioneAllorché (nei casi in cui) la cultura umana vuole negare la morte, la propria morte individuale o di appartenenza e sarebbe capace di tutto , di alterare l'intera natura, pur di raggiungere il proprio fine, essa del tutto naturalmente (come insieme di fenomeni naturali) pretende illusoriamente, inanemente di contraddire le "regole" oggettive e non alterabili ad libitum della natura (ma invece impiegabili, adeguandosi ad esse, come mezzi per il conseguimento di scopi, purché realistici).
La natura ontologicamente è un ordine, è un dominio, e la cultura ne é parte e non può non esserne parte nel senso che l'uomo è fisicamente naturale e composto da quegli stessi elementi chimico-fisici che può manipolare: non dispone (né l' uomo, né altri) di "poteri soprannaturali" in grado di sospenderne il corso secondo le leggi oggettive che lo regolano alterandole o contravvenendo ad esse ad libitum.
Vado ad approfondire la questione cercando un colloquio. Lo faccio in con 2 post (perdono admin!) Il primo è più un dialogo privato con Maral, ma magari per futuri utenti interessati (penso ad un DAVINTRO per esempio), me ne scuso, il secondo più rivolto a chi condivide in parte le cose con me.( e mi concentro su dove sia il dissenso) grazie per la pazienza a chi lo leggerà (di agile lettura non è).
UN PUNTO TECNICO (filosofia avanzata)
cit. Maral
"essendone comunque un prodotto e quindi il medio (naturale) con cui la natura si produce e soprattutto si conosce, ma vi si trova come in bilico, dove questo stare in bilico si traduce sia nel domandarsi sulla natura (come se essa fosse qualcosa che si può considerare in oggetto, separata e diversa da noi), sia in un'angoscia originaria che pone l'uomo a interrogarsi su se stesso, sulla sua natura e a voler trasformare la natura per poterla abitare sicuro e tranquillo."
La questione del medio di memoria heidegeriana, rappresenta la tecnicità ontologica del fondamento.
Ossia qualcuno si sta domandando sopra qualcosa.
La domanda dunque sarebbe cosa è contro cosa, visto il topic.
Ma il "cosa" nella tradizione dell'idealismo diventa Fenomeno, dunque non si dà mai come Natura.
Piuttosto come Mondo. Allora raffiniamo i termini, SE vogliamo dire che la Natura è il Mondo, allora possiamo dire che è il problema del soggetto che si avvinghia alsuo oggetto il Mondo (come rappresentazione).
Ma come fa notare Heideger (e l'idealismo tedesco in generale) il mondo non si da come rappresentazione, ma come negazione, abbiamo dunque uno scarto.
Questo scarto si dà come disponibilità del Mondo stesso. L'animale lombrico è povero di Mondo, in quanto gli manca la parte trascendente, l'uomo si dà come riflessione, speculazione, sui resti, sullo scarto, che il Mondo gli lascia. In questo modo si forma un oggetto, che fenomeologicamente si dà disponibile ad una ricchezza supplementare (di cui la ricchezza del Mondo-Uomo).
Ossia come tecnica, la manipolazione dell'oggetto duro, povero "naturale", diventa altro da ciò che è (e in questo risulterebbe il nichilismo severiniano).
Questa supplementarietà diventa MISTIFICAZIONE, di ciò che è CONTRO.
Il passaggio è semplice, poichè il cattolicesimo si dà come volontà di un DIO (che non esiste), allora ha bisogna di trovare una formula di potere, di potenza, di IUS (che garantisca quella volontà).
Che ritrova facilmente nel giuridico romano, quello del PATER FAMILIA. (ossia nel patrimonio, dio vuole che tu abbia potere secolare)
(e quindi secondo le ricerche di focault hai il diritti di seviziare, di torturare, di indagare le intenzioni, tramite la CONFESSIONE, affinchè della chiesa sia il regno di DIO).
La famiglia per mimesi è dunque per il cattolicesimo romano LA NATURA.
Dunque quel contra si dà come contro il protestantesimo, che invece fa dell'individuo LA NATURA. Infatti la Tecnica "decolla" con l'industria INDIVIDUALE.
C'è un associazionismo così naif, quasi al limite del ridicolo (se non proprio marcatamente ridicolo, e questa è la mia posizione) fra MINACCIA della FAMIGLIA (idea patriarcale, gerarchica, secolare, dove è la chiesa che ha il patrimonio, essendo il PATER stesso, DIO, volere di DIO) e individualismo (protestante, di matrice ebraica etc...etc...etc...) che FANNO passare COME TECNICA (del capitalismo).
Esiste allora un modo di vivere "naturale" (voluto da DIO, la famiglia, come patrimonio della famiglia, e quindi della chiesa) ed uno CONTRO (del demonio, quei cattivoni dei capitalisti etc...etc...).
Si tratta ovvio di una mistificazione COME SE LA NATURA FOSSE DIO, come se quella disponibilità originaria del MONDO, andasse ingnorata a favore di un trascendentismo assoluto, idelizzato come POSITIVO, secolare (quando invece è dal medioevo che ci si accorge che è NEGATIVO).
E' il problema del giusnaturalismo, ovviamente, come Nietzche cerca di all'infinito di argomentare .(e in cui, a proposito, caro Garbino continui a inciampare).
Ovviamente quel "sicuro e tranquillo" del borghese cattolico (caro MARAL), si riferisce al suo patrimonio, fuor di metafora la mistificazione serve solo a chi IGNORA la Filosofia.(quella vera, quella che dal medioevo porta alla fenomenologica contemporanea).
Peccato che poi di fronte alla minaccia, si ritiri in ballo all'infinto, quella mistificazione che a brevi pennellate ho cercato di illustrare.
Il problema invece sarebbe da porre solo sulla sostenibilità, è inutile chiudere gli occhi come se fossimo già morti (aaaah non ci sono più i valori di famiglia, aaaahh qua ci vuole il pugno duro etc...etc...etcc......).
Il problema è la disponibilità biologica del mondo, che è da ri-leggere meglio come la "rappresentazione tecnica della disponibilità del mondo".
x es.
Nel caso degli OGM, creo il grano perfetto che non si ammala mai, ma qualcosa NEGA quella rappresentazione di disponibilità, e si sottrae, fenomenicamente con la formazione di una peluria esterna, che rende il prodotto grano altro da quello che era (una nuova specie diremmo), producendo un impennata NON PREVISTA di casi di celiachia, fra la popolazione più giovane.
Quello che fa il grano perfetto è diventare sostanzialmente incommestibile (secondo alcuni, proteggendosi anche dall'uomo, che ovviamente è una fascinazione del pensiero, ma che illustra bene cosa stia avvenendo, in maniera naif, ma simpatica) , a questo punto la tecnica si da fare per produrre nuovi innesti staminali che blocchino quella peluria portando a non so più che effetti (non sono aggiornato, mi spiace.) Insomma il reale mette sempre in scacco il progetto fenomenico stimato.
A me interessa ovviamente il quadro generale. Lo slittamento rappresentativo della disponibilità sarebbe in fine dei conti il problema dell'eco-sistema.
Problema politico del Tecnico, NON dell'ETHOS, dell'ETICA, che fa parte dell'utopico (cristiano, perchè a me pare distopia).
E quindi raddoppio con questa considerazione quella dell'amico maral.
cit maral
"L'etica non è nella natura esattamente come nella natura non c'è l'appartamento o la casa in cui abiti. L'etica è un prodotto umano, ma essendo il fare umano un fare che è in natura i prodotti dell'uomo restano prodotti di natura, proprio come il nido di una rondine che può essere fatto solo da una rondine."
cit maral
"che accettare il fatto che noi, le nostre culture e i nostri prodotti (compresa la macchina che si guida da sé, di cui si parla in un altro topic, o i pomodori di forma cubica per inscatolarli meglio) sono comunque espressioni di natura,....può non essere facile."
Proprio per questo suggerisco di non usare la parola natura. Meglio sempre Mondo, di modo che anche chi approccia la filosofia per la prima volta, inizia a smaliziarsi sul dizionario che dall'inizio del 900 si usa nel mondo filosofico "avanzato".
cit maral
".... che la natura umana ha per natura questa anomalia, come si può convivere umanamente con essa? E' possibile conviverci o dobbiamo continuare a immaginarci mondi che non ci sono da progettare e costruire per poterci stare? (in altre parole "cosa davvero ci manca nella nostra naturale mancanza?"). E la risposta è tutt'altro che facile. ma già aver pensato la domanda può aiutarci. Si può cominciare a rifletterci sopra anziché ripetere in eterno gli stupefacenti giochi illusionistici fatti di auto che si guidano da sé e di pomodori cubici di cui poi non si può più fare a meno.La problematica appartiene tutta alla natura umana per come essa è naturalmente nel mondo, è la stessa natura umana, ossia è il modo umano di vivere la propria naturale presenza e questo modo umano, naturale, proietta naturalmente l'uomo fuori dalla natura, lo fa sentire come se ne fosse fuori, spaventato e solo, diverso da ogni altro essere che ha intorno a sé, ma allo stesso tempo convinto dalla sua immaginaria posizione esterna su un'altura ben recintata, di poter godere di viste panoramiche portentose sulla natura stessa e di condurla dove e come vuole, come se fosse una materia a completa disposizione d'uso della sua "non natura" (leggasi cultura) che se ne sta fuori dal mondo per conto suo."
E' sempre un piacere confrontarsi con posizioni simili. A mio parere però bisogna anche lasciar perdere. Nel senso che avendo vissuto in università 2 anni fa, ho solo potuto constatare come ormai il punto di vista scientista, si sia imposto, in maniera direi irrevocabile.
La questione secondo me Maral è che veramente "alla Sgiombo" la gente creda vi sia veramente una coincidenza REALE tra soggetto e oggeto, ma al contrario di Sgiombo, che per lo meno "ritratta se stesso" alla luce dello suo scetticismo, o alla luce di considerazioni ideali (come dice lui, di buon senso), che comunque lo rendono per lo meno critico, e quindi in grado di fornire un "sano" polemos, quest'altri, i giovani, smaliziati su considerazioni boriose come quelle scettiche e del tutto ignoranti dei risvolti culturali, in cui loro stessi sono invischiati, MAI e poi mai si sognerebbero di domandarsi di qualsivoglia cosa INTERNO al loro stesso domandare.
Perciò stesso immobilizzata dalla sua angoscia la società occidentale è destinata a ripetere ossessivamente lo stesso errore, vittima dello schizoidismo che noi siamo quello che siamo, quando invece è che "possiamo solo credere a quello che siamo in base a quello che gli altri dicono che siamo".
Ovviamente la scienza con la sua promessa di durezza, di risposte che durano (ma quando mai! la scienza sta andando così veloce, che non sa più lei stessa che dire dei suoi stessi risultati...LOL), vince facile.
Un pressapochismo così non si era mai visto, questo è certo. Frantumati dalle miriadi di informazioni, l'individuo si schianta contro ognuna di esse (informazione), ogni qual volta credono sia un risultato definitivo, e non "in fieri".
La profezia di Carmelo Bene sul male del giornalismo sta venendo a galla in tutta la sua virulenza (le informazioni non informano dei fatti, ma informano direttamente i fatti).
Ascoltavo su Disputationes Romanes, canale YouTube "Romanae Disputationes - 16_11_02 - MAURO MAGATTI - Tecnologia e filosofia nell'era del tecnonichilismo"come lo slittamento a cui la filosofia (idealista-fenomenologica ovvio) dovrà rispondere sarà la questione della "digitalizzazione della vita umana".
Non so se il progetto del potere sia effettivamente quello, avrei dei dubbi seri, ma non è così improbabile che avvenga (sebbene come forma di mimesi).
Voglio dire hai ragione a dire che capire quale sia la domanda è un enorme passo avanti, ma solo sul piano formale.
Non è che la gente non abbia un suo simbolico, l'importante è dare sempre l'alternativa, teoretica ovvio, alla questione del potere e delle sue mimesi o tecniche che siano (tecniche di discorso appunto).
Rimanere troppo a lungo su questioni, che voglio dire hanno già un centinaio di anni sul groppone, contiene un problema mica tanto secondario, e che appunto il panorama fenomenico cambia, e bisogna essere duttili. Vale a dire. A che serve la pedagogia se non esiste nemmeno la comunità che lo possa sostenere?
Tanto vale fare affondare ogni individuo scientista nel suo baratro d'angoscia e passare ad altro. Anche perchè mi pare siano più angosciati, chi ha visto in faccia l'angoscia, da chi la fugge per tutta la vita.(di fatto vivendola tutta la vita).
Ecco in tutto questo marasma (e abbiamo perso già qualche utente illustre, ricordo quello che parlava di labirinto filosofico)
Cosa centri la natura e il contro-natura? semplicemente NIENTE.
Ormai la chiesa è vittima della sua stessa paranoia.
Io avrei altro da pensare. (perdona gli ultimi 3 paragrafi, solito scarico emotivo, paranoico, ovvio).
Insomma che il forum svolga anche il suo ruolo terapeutico per Giove!!!! ;)
DISCUSSIONE GENERALE.
cit. Phil
"In ciò sarei cauto, almeno dal punto di vista strettamente logico: l'uomo fa parte della natura, ma questo non vale necessariamente per tutte le sue produzioni (ciò è sicuramente plausibile, ma non semplicemente per "proprietà transitiva"), proprio come il pizzaiolo è membro dell'arte culinaria, ma quando ti porge lo scontrino ti dà qualcosa che non rientra esattamente nell'ambito culinario."
Sì ma quella è la rappresentazione, come se esistesse un ambito cullinario, di cui lo scontrino minaccia l'esisteza etica.
Ma nel caso del Mondo, e non della Natura, che non vuol dire assolutamente niente, si intende proprio l'oggetto, qualsiasi oggetto, a cui il soggetto si china, si piega, fino a sfracellarcisi contro (Severino docet).
Il Mondo conserva SEMPRE Costitutivamente, in quanto non è soggetto, ma oggetto, una sua durezza di fondo (severino docet), che si sottrae e si da trascendentemente come Negatività come DIO.
Come dire che lo scontrino è DIO.
Ma DIO non è LA NATURA. Se DIO fosse qualcosa, allora sarebbe un bel problema, ampiamente superato dal medioevo in poi.
La filosofia è comunque il Pharmacon a quella minaccia da Platone in poi. (e in fin dei conti anche prima, sebbene nella forma religosa e del mito).
Non serve a nulla cercare di fermare il mondo, in quanto il MONDO si da come APPARENZA, fenomenologia del diveniente.
Si tratterebbe di seguire questa apparenza per trovarne il senso (negativo si intende). Oppure di eliminarlo (l'apparente dico, severino docet).
cit Phil
"definisce "artificiale" (in "wiktionary") come "prodotto con mezzi tecnologici a imitazione del naturale" e pone tra i sinonimi di "artificiale"l'espressione "non naturale" e come contrario di "artificiale" "
Si ma contrario è una accezione linguistica, formale, e concorderai con me, che dietro il formalismo della, del tutto arbitraria, codificazione, permane un senso giuridico, giusnaturalista in breve Politico. Mi sembra di questo stiamo parlando. Non giochiamo con le parole come un "cane di Derrida" (come diceva un mio caro amico).
Sti giochini lasciamoli agli americani e alla loro filosofia da settimana enigmistica.
cit. VOLTAIRE
"Dunque la soluzione è che la natura coincida col reale e che di fatto nulla sia contro natura."
Che poi sarebbe a dire che allora tutto è naturale. Ma ovviamente non è così, il reale non è il naturale, perchè si darebbe come affermazione positiva, legale, come se esistesse qualcosa che si dice naturale, o reale.
Così facendo si da adito solo al facile polemismo del bastian-contrario, che ha tutto il diritto di dire che se esiste un naturale, allora esiste anche un non-naturale.
Infatti per quanto tu ti sforzi qualsiasi realismo, è di base ingenuo, in quanto presuppone che veramente esista una coincidenza uno a uno fra oggetto e soggetto.
Invece come già detto il problema è politico.
cit. MARAL
"se si vuole, "l'autocoscienza" che è un fenomeno del tutto naturale in quanto realmente accade (anzi potremmo dire, che è solo in relazione ad essa che qualsiasi cosa effettivamente accade, res extensa e cogitans comprese come tali)."
Caro Maral il problema con l'auto-"qualsiasi-cosa-tu-voglia-aggiungerci" è sempre lo stesso, il giusnaturalismo, chi decide infatti di questa AUTONOMIA?
Direi invece che il fenomeno accade proprio per differenza col reale. Che poi noi lo codifichiamo in base ai criteri di somiglianza (Peirce) è solo una questione formale.
Da non fare assolutamente confondere il formale con il reale...a Severino gli viene un colpo!!! :P
La co-scienza è la speculazione, è il mirroring (come balbetta la neuroscienza) del RESTO col reale. Di modo che il reale, non è il reale, ma è il SEGNO, il simbolo.(PEIRCE; LACAN; SINI; ci scommetto anche SEVERINO).
Il segno testimonia che vi è un resto NEGATIVO, che la memoria ferma come rappresentazione, maschera, e formula come positivo.
Ma fare di quel positivo il "legale", è cadere nella trappola solita, della religione, come se quel positivo fosse il reale, (e invece è solo una rappresentazione).
cit. MARAL
"proprio in quanto "naturalmente" cosciente dell'accadere e del proprio accadere si vede gettato fuori dalla natura e questo da un lato lo terrorizza e lo angoscia, dall'altro gli dà il senso di poter progettare il proprio dominio umano sulla natura che gli si presenta davanti in visione panoramica. Poi magari scopre che non è per nulla così, che non domina proprio nulla, in quanto comunque egli resta sempre nella natura, ma ci resta, lo ripeto, sentendosene in qualche misura sempre rigettato tanto da considerare "artificiale" quello che lui naturalmente fa."
Credo che siamo d'accordo su questo punto: però andrebbe riscritto così, se accettassi la critica che ti muovo.
io sostituierei naturalmente come costitutivamente (soggetto-oggetto) accompagnato (co-) "dalle proprie rappresentazioni trascendenti (arricchenti di mondo, o nei
termini di severino come circolo apparente degli esistenti) del MONDO".(Scienza)
Ovviamente questo arricchimento del mondo costitutivo, in quanto resto disponibile, produce una trasformazione panoramica del Mondo stesso, che diventa così a sua
volta resto (si presterebbe cioè ad una politica, se la gente capisse!), e restituisce la "sua sottrazione" al soggetto, che COSTITUTIVAMENTE CAMBIA CON ESSO.
Il problema ovviamente è il politico, di cui ANDERS (credo, non avendolo letto direttamente) testimonia come incapacità del nuovo soggetto (l'uomo) di RIPOSIZIONARSI nello stesso panorama di MONDO, che lui stesso ha "modificato".
E cioè la modificazione della rappresentazione del MONDO, non va di pari passo con la rappresentazione politica del "soggetto modificato" che ha di essa.
Per questo il problema della tecno-scienza, ossia della tecnica, ossia della scienza è un problema SOLO della rappresentazione di senso della centralità del soggetto
all'interno di quel panorama, centralità che fin da GALILEI è sempre pià sbugiardata come MISTIFICAZIONE, e INGNORANZA.
In quanto la centralità non è dell'uomo ma dei suoi adepti prelati e similia, che vedono il proprio panorama sbriciolato fin alle attuali radicali questioni sulla
NASCITA E LA MORTE.(ovviamente non esiste niente di questo FRAINTENDIMENTO, questioni boriose, che altro non fanno che creare ancora più ritardo con i paesaggi di mondo che la scienza descrive.(e di cui l'uomo è veramente alla periferia della periferia della periferia).
Parlare di Natura invece che di Rappresentezione come vedi ti preclude la visione del problema politico: Beh non è un caso!
cit. MARAL
"In fondo si potrebbe anche dirla così: l'uomo è quel prodotto naturale dell'universo con cui l'universo viene naturalmente a conoscersi e questo espone ogni uomo a un rischio costante che si traduce nella consapevolezza del suo stesso poter morire, consapevolezza in cui si scopre uguale a ogni altro uomo e allo stesso tempo unico rispetto a tutto ciò che non come uomo ci appare."
Assolutamente sì, e aggiungo anche che quella angoscia della morte è però la causa del perdurare della legge positiva (e di cui il giusnaturalismo è solo una parte).
Causa psicologica che riguarda ahimè anche il filosofare che nascendo come farmacon, come strumento produttore di senso per la salvezza del soggetto, ritiene essere la
verità questione reale e non meramente formale. Dimodochè ogni filosofo uccide chi lo precede etc..etc...
Fra i filosofi che invece ragionano tramite la psicanalisi (Zizek) possiamo trovare la soluzione come produzione teoretica a costante rivoluzione di qualsiasi pensiero
dominante (che si mimetizza come pensiero positivo). Come dire se abitiamo la periferia, cominciamo anche a stare dentro la nostra nuova condizione di marginalità.
(cosa che la scienza con il suo costante cambio del punto di vista, già fa da Galileo in poi).
cit. anthonyi
"Storicamente il concetto di contro-natura si fonda sul contrasto con l'idea di un ordine naturale ontologicamente fondato su un'idea di creazione e di volontà divina.
Uscendo fuori da questa visione, il concetto di contro-natura si ripropone come critica nei confronti di un'evoluzione della società umana vista come aliena rispetto a una bellezza della natura, cioè della vita nel suo complesso non-umano. Da qui la domanda delle cento pistole: "Quando e come l'uomo da essere naturale, diventa contro-natura?"
Concordo, come già sottolineato, sull'idea che la natura sia "volontà divina" (e con la necessità di uscire da quella visione). Non capisco PERO' perchè ci riproponi la stessa domanda del contro-natura.
Facendolo sei di nuovo dentro al giusnaturalismo.
Che poi questa domanda sia fonte di cento pistole puntate contro, beh da Galileo in poi conosciamo benissimo i metodi di intimidamento del potere. :( Solo che ora le pistole ce le puntiamo direttamente noi contro. Al potere solo il sadico piacere di vedere il bagno di sangue dei poveretti. :(
cit. Voltaire
"La morale a mio parere deriva dal porsi dei problemi sulle azioni compiute o da compiersi, ed in natura non credo ci siano molte cose che si pongono questi problemi."
Ma infatti la mimesi del potere è impedire che qualcuno si ponga il problema dell'azione. Cosa che insistendo sul concetto di Natura sebbene ampliandolo in senso di Cultura, non cambierebbe la presunzione che esista qualcosa come se fosse naturale o meno. E quindi dirottando la discussione, il polemos intellettuale, da una questione di politica della sostenibilità o se proprio vogliamo di eco-sistema, ad una mero specchio per le allodole se si ha il diritto o meno di porsi quella domanda. Perchè è chiaro se la Natura è quella cosa romantica come ci viene insegnata sui banchi di scuola delle elementari (rispetto per la natura e altre baggianate simili, compresi i rendiconti FAO, che con mio grande orrore, presumono soluzioni all'interno del capitalismo, come se fosse possibile.....), allora non capiremo mai veramente cosa vuol dire sostenibilità per il semplice fatto che ci siamo preclusi il campo di indagine come rappresentazione fenomenica che cambia soggetto e oggetto.
E come vada, vada, la scienza non si ferma di certo. (ultimamente mi piace chiudere con questo qualunquismo...ahi ahi :-[ :P :P )
Non posso non precisare che, contrariamente a quanto attribuitomi da Green Dementr, non sostengo che soggetto e oggetto (dell' esperienza fenomenica; e men che meno della conoscenza) coincidono.
Sostengo solo che tanto il soggetto che l' oggetto dell' esperienza fenomenica cosciente, indimostrabili, né tantomeno mostrabili esistere, (se esistono; come comunque di fatto credo arbitrariamente; come tutte le persone comunemente ritenute sane di mente, secondo me) sono cose in sé, noumeno e non fenomeni.
C' é una certa difficoltà di spiegarci / comprenderci fra alcuni di noi e mi pareva il caso di fare questa precisazione da parte mia (é per lo meno meglio sapere che non ci si comprende che attribuisìrci reciprocamemte convinzioni che non abbiamo, illudendoci falsamente di comprenderci).
Citazione di: sgiombo il 07 Novembre 2016, 07:49:14 AM
Non posso non precisare che, contrariamente a quanto attribuitomi da Green Dementr, non sostengo che soggetto e oggetto (dell' esperienza fenomenica; e men che meno della conoscenza) coincidono.
Sostengo solo che tanto il soggetto che l' oggetto dell' esperienza fenomenica cosciente, indimostrabili, né tantomeno mostrabili esistere, (se esistono; come comunque di fatto credo arbitrariamente; come tutte le persone comunemente ritenute sane di mente, secondo me) sono cose in sé, noumeno e non fenomeni.
C' é una certa difficoltà di spiegarci / comprenderci fra alcuni di noi e mi pareva il caso di fare questa precisazione da parte mia (é per lo meno meglio sapere che non ci si comprende che attribuisìrci reciprocamemte convinzioni che non abbiamo, illudendoci falsamente di comprenderci).
Premesso come al solito che fai bene a precisare.
E abbi pazienza! secondo il buon senso come fanno 2 noumeni a incontrarsi?????? Se non a buon senso concludendo che coincidano (indimostrabilmente) come soggetto e oggetto?????(almeno questo l'ho capito????)
Come fai bene a specificare, effettivamente non ci capiamo proprio noi 2. Ma per necessita di portare quello che io ritengo un errore, parlo dell'errore stesso, mi spiace metterti in mezzo.
Perchè non è detto che Maral condivida la mia ipotesi di errore che fai, con la sua.
Citazione di: green demetr il 07 Novembre 2016, 20:00:11 PM
Citazione di: sgiombo il 07 Novembre 2016, 07:49:14 AM
Non posso non precisare che, contrariamente a quanto attribuitomi da Green Dementr, non sostengo che soggetto e oggetto (dell' esperienza fenomenica; e men che meno della conoscenza) coincidono.
Sostengo solo che tanto il soggetto che l' oggetto dell' esperienza fenomenica cosciente, indimostrabili, né tantomeno mostrabili esistere, (se esistono; come comunque di fatto credo arbitrariamente; come tutte le persone comunemente ritenute sane di mente, secondo me) sono cose in sé, noumeno e non fenomeni.
C' é una certa difficoltà di spiegarci / comprenderci fra alcuni di noi e mi pareva il caso di fare questa precisazione da parte mia (é per lo meno meglio sapere che non ci si comprende che attribuisìrci reciprocamemte convinzioni che non abbiamo, illudendoci falsamente di comprenderci).
Premesso come al solito che fai bene a precisare.
E abbi pazienza! secondo il buon senso come fanno 2 noumeni a incontrarsi?????? Se non a buon senso concludendo che coincidano (indimostrabilmente) come soggetto e oggetto?????(almeno questo l'ho capito????)
Come fai bene a specificare, effettivamente non ci capiamo proprio noi 2. Ma per necessita di portare quello che io ritengo un errore, parlo dell'errore stesso, mi spiace metterti in mezzo.
Perchè non è detto che Maral condivida la mia ipotesi di errore che fai, con la sua.
CitazioneSono abbastanza paziente.
Ma chi ha mai detto che soggetto e oggetti dell' esperienza fenomenica cosciente, i quali non possono essere che "cose in sé" o nuomena (dal momento che si postula esistano anche allorché i fenomeni coscienti non accadono: per esempio ciascuno di noi esiste anche durante il sonno senza sogni; o no?) "si incontrano???????
Io no di certo!!!!!!!!
Io affermo semplicemente che si può ipotizzare e credere (non: dimostrare né tantomeno mostrare) che a una certa determinata situazione del soggetto in rapporto con altre "entità noumeniche" da esso diverse corrispondono certe determinate sensazioni naturali materiali e non altre nell' esperienza cosciente "propria" di quel soggetto e a una certa determinata situazione del soggetto in rapporto con se stesso vi corrispondano certe determinate sensazioni mentali e non altre.
E che per esempio (secondo quanto dimostrato dalle neuroscienze) quando nelle esperienze coscienti di cui sono soggetti osservatori (ricercatori, sperimentatori) compaiono certi determinati stati fisiologici di un certo determinato cervello e solo quelli (di fatto indirettamente per il tramite dell' imaging neurologico funzionale), allora nell' esperienza cosciente di cui é soggetto quella stessa entità noumenica in sé che é oggetto delle loro osservazioni (nelle quali si manifesta fenomenicamente come tale certo determinato cervello in tale certo determinato stato funzionale) compaiono certe determinate sensazioni fenomeniche coscienti (materiali e/o mentali a seconda dei casi) e solo quelle.
@sgiombo
Appunto! le mappature (della neuroscienza dei pallini che si accendono) del cervello sia mentale che sensoriale coincidono.
E' esattamente quello che ho detto: Sei un monista radicale CVD.
Che fa a pugni col tuo essere un comunista engeliano, che invece sa benissimo che la storia di quei pallini se ne infischia.
Quindi grazie Hume e Occam che fate capire a Sgiombo, che la cosa è perlomeno non dimostrabile. ;)
Citazione di: green demetr il 08 Novembre 2016, 15:19:53 PM
@sgiombo
Appunto! le mappature (della neuroscienza dei pallini che si accendono) del cervello sia mentale che sensoriale coincidono.
E' esattamente quello che ho detto: Sei un monista radicale CVD.
Che fa a pugni col tuo essere un comunista engeliano, che invece sa benissimo che la storia di quei pallini se ne infischia.
Quindi grazie Hume e Occam che fate capire a Sgiombo, che la cosa è perlomeno non dimostrabile. ;)
CitazioneInnanzitutto sono comunista e non dogmatico (non seguo il materialismo dialettico; ma malgrado questo apprezzo moltissimo Friederch Engels, anche più che Karll Marx): ai tempi del grandissimo Stalin sarei stato un simpatizzante, un "compagno di Strada" come fu per qualche anno Jaen Paul Sartre, mentre non mi sarebbe stato possibile iscrivermi al Partito, né avrei preteso di farlo.
Non vedo perché, senza necessariamente cadere in un piatto eclettismo senza principi, non si possa apprezzare criticamente di un autore come di un movimento filosofico o più generalmente culturale, o anche politico, parte delle tesi di fondo respingendone altra parte.
Comunque come "comunusta engelsiano" (e soprattutto proprio come engelsiano) non posso non pensare che, lungi dall' "infischiarsene" della storia naturale (compreso quanto ne dicono le neuroscienze), la storia umana ne é parte integrante e ne é condizionata, anche se ovviamente non si limita ad essa ma "la supera dialetticamente" (in accordo con il materialismo dialettico).
Secondo le neuroscienze, per come personalmente ritengo vadano rettamente intese e filosoficamente criticate, coscienza e cervello non sono la stessa cosa anche se non si dà l' una senza l' altro e -sottolineo- viceversa. E anche se molti neuroscienziati (filosoficamente molto "scarsi") pensano a parer mio assurdamente che la coscienza sia nel cervello (dove non si trova altro che neuroni, assoni, potenziali d' azione, ecc.: tutt' altro!), mentre invece é il cervello (osservato) ad essere nella coscienza di chi lo osserva ("esse est percipi") e la coscienza biunivocamente corrispondente a tale cervello osservato non é né in esso, né ovviamente in alcuna altro luogo delle coscienze degli osservatori del cervello stesso.
Insomma un cervello é una cosa (nell' ambito di determinate esperienze coscienti), l' esperienza cosciente ad esso biunivocamente corrispondente é un' altra, diversa cosa (diversa dalle esperienze degli osservatori delle quali tale cervello osservato fa parte).
Non sono un "monista assoluto" o "radicale" ma un "dualista dei fenomeni, monista del noumeno" (dunque per lo meno relativo e "moderato" come monista; e chissenefrega? Penserai; e probabilmente non solo tu: beh, credo sia mio diritto correggere le interpretazioni errate delle mie convinzioni): penso che in un certo senso, per così dire un certo cervello e la corrispondente esperienza fenomenica cosciente siano "la stessa cosa in sé" quale "fenomenicamente si manifesta" rispettivamente ad altri soggetti di esperienza fenomenica e a se stessa (nel primo caso come oggetto di percezione fenomenica altrui, nel secondo come oggetto di percezione fenomenica propria, ovvero come sia soggetto che oggetto).
Non finirò mai di ringraziare il grande Guglielmo di Ockam e soprattutto il grandissimo David Hume per tutto ciò di fondamentale che mi hanno insegnato!
Uno dei problemi è che, come spesso accade, il termine viene usato con significati differenti, senza mai ben specificarli.
Esiste la contrapposizione naturale-artificiale per distinguere i prodotti "tecnologici" umani da quelli in cui la volontà umana non interviene.
Ed esiste la contrapposizione naturale-soprannaturale per distinguere fenomeni di cui si conoscono i meccanismi per mezzo della scienza dagli altri (la cui esistenza è, come sappiamo, molto discussa).
Ed esiste la contrapposizione naturale-contronatura intendendo con quest'ultimo termine atti e pensieri che vanno in direzione opposta a quella che si suppone sia suggerita dall'"ordine naturale delle cose", quell'ordine che ci sembra di vedere nel mondo.
In generale porsi il problema se qualcosa sia o no "naturale" lo considero fuorviante. Ognuno di questi significati affronta problemi diversi e sollecita riflessioni di diversa natura. E in ogni caso il problema non è stabilire la naturalità o meno, ma dare una valutazione delle cose sulla base di cosa si ritenga giusto o sbagliato, vantaggioso o dannoso.
Il problema degli OGM non è stabilire se sono o no "naturali", ma quanto possano essere rischiosi per la salute e quanto valga la pena di affrontare questi rischi.
Bisogna però aggiungere che questa contrapposizione uomo-natura è anche figlia di quella concezione (che ritengo radicalmente sbagliata) che vede l'uomo come una sorta di anomalia nell'ambito dell'universo e la coscienza come un "epifenomeno" piuttosto che un elemento fondante dell'esistenza.
Il termine "soprannaturale" può solo servire a definire e insieme mistificare la nostra ignoranza. Non so se esistono spiriti e fantasmi, ossia delle entità coscienti disincarnate, ma se esistono, è chiaro che sono naturali quanto tutto il resto. Se ne fosse accertata l'esistenza, si tratterebbe di incorporare questa nuova conoscenza con le altre consolidate, non di creare una categoria di conoscenza a parte.
Forse la contrapposizione più insensata è quella rappresentata dal termine "contronatura". E' chiaro, per fare un esempio classico, che se un omosessuale è tale, lo è perché questa è la sua natura. Perfino un serial killer con i suoi istinti sadici, deve queste tendenze alla sua natura, dato che la loro presenza non è stata determinata dal soggetto. Il termine acquista senso solo in una prospettiva fideistica in cui la "natura" si identifica con una presunta "volontà del nostro creatore" a cui non è lecito opporsi. Posizioni che semplicemente non possono essere oggetto di discussione, in quanto esplicitamente irrazionali.
In definitiva, se si abbandonassero i discorsi su natura e la naturalità, si risparmierebbero inutili disquisizioni spesso viziate da un'ambiguità irrisolta sul significato del termine, e si guadagnerebbe in chiarezza, precisione e correttezza logica.
Citazione di: green demetrMa il "cosa" nella tradizione dell'idealismo diventa Fenomeno, dunque non si dà mai come Natura.
Piuttosto come Mondo. Allora raffiniamo i termini, SE vogliamo dire che la Natura è il Mondo, allora possiamo dire che è il problema del soggetto che si avvinghia alsuo oggetto il Mondo (come rappresentazione).
Direi che la natura non è in fondo che l'iniziale trasposizione mitica del mondo, ossia tutto ciò che si dà accadendo e presentandosi nel significato si manifesta come ciò che ci comprende nel nostro accadere e ci rigetta fuori di sé, nel nulla di un mai accaduto. E' questa contraddizione che richiede continuamente un'interpretazione che non può mai giungere a conclusione, al massimo a una sospensione.
Il sentimento mitico è la prima forma di interpretazione, nasce dai riti che sono prassi ripetute che consentono all'essere umano, consapevole del suo sentirsi trattenuto e rigettato dall'esistenza, proprio in virtù del poterli ripetere, di prendere dimora nel mondo. La tecnica ha il medesimo significato del rito (il rito è una forma di tecnica e ogni tecnica una forma di rito), la tecnica nasce per la riproduzione di ciò che nel mondo ci trattiene e ci trattiene al mondo. La ripetizione dei riti da sola tuttavia non basta, occorre una garanzia che supplisca all'errore di riproduzione: la condivisione dei riti a livello sociale e pubblico è una prima garanzia, la nascita degli Dei (gli eterni privilegiati) con le loro teogonie è una seconda e più potente garanzia, la promessa di un mondo fuori dal mondo, a sua volta garantita dall'amore di un solo vero Dio immensamente onnipotente e buono è una garanzia ancora più grande. Le stesse metafisiche fino ad arrivare alla unica vera scienza che si costruisce dandosi un metodo sono ancora garanzie. Il processo è quello di un perenne tentativo di addomesticamento del mondo che iniziò nei primi riti tribali, nella scoperta dei riti dell'agricoltura, ma a ogni tentativo il mondo che credevamo addomesticato ripresenta, insieme al suo modo di comprenderci, il suo modo di negarci e in quanto negazione di farci resistenza, perché proprio in virtù di quella resistenza noi veniamo a esistere, perché è solo in virtù di una condanna a morte che noi viviamo.
Trasformiamo il mondo in quanto il mondo continuamente ci trasforma, ma le due cose non avvengono mai simultaneamente, perché in mezzo ci sta la consapevolezza di esistere, dettata da un mondo che si presenta davanti anziché solo includerci, è solo per questo che immaginiamo un fuori e un dentro, un corpo e un'anima, un mondo e un altro impossibile mondo depositario di garanzie assolute, in cui, se non più Dio, la tecnologia tutto potrà, poiché essa, per definizione, è l'essenza di ogni potenza, con essa si sa come fare riproducendo quante volte si vuole quello che occorre fare per vincere qualsiasi resistenza.
Questo è il quadro "naturale" dell'umano alla perenne ricerca della sua "natura", ossia del suo mondo. Di "contro natura" in questo discorso non vi è nulla, se non la traduzione di un'esistenza che per natura si sente dalla natura rigettata, poi ognuno viva del pharmacon che crede gli possa offrire maggior garanzia, per come il mondo glielo presenta.
Esistendo in un mondo umano, in una comunità plurale di esseri umani, di esseri viventi e di cose e solo per la relazione che ognuno intrattiene con gli altri questo discorso non può che essere un discorso etico e politico, laddove etica è la dimensione del mio discorso con un "tu" che ogni volta si pone e si ripropone come origine di "me stesso", mentre politica è la prosecuzione di questo discorso quando "tu" e "io" possiamo diventare "noi" e il molteplice (io, tu) torna a essere uno (noi, noi e voi). La politica continua dall'etica il cui presupposto è nel primo modo di sentire l'altro e quindi nella assunzione di responsabilità di un me stesso nei confronti di ciò da cui posso nascere e rinascere e che, proprio per questo, ogni volta, con la sua differente presenza che resiste, mi condanna a morire.
Per questo il senso di responsabilità e di cura per l'altro (per la differenza che resiste e resistendo mi nega e negandomi mi fa ogni volta rinascere per riaccogliermi nel mondo in cui mi condanna a morire) non è il risultato di un comandamento sovra naturale, non è una trascendente sovrastruttura a fronte di un naturale e mondano presunto egoismo, ma fa parte anch'esso della natura-mondo, esattamente come il suo contrario che solo nell'uomo si presentano come distinti e divisi.
Citazione di: Donalduck il 08 Novembre 2016, 21:46:19 PMUno dei problemi è che, come spesso accade, il termine viene usato con significati differenti, senza mai ben specificarli.
Scusa ti faccio un esempio:
Se ti do' la legge di einstein E=m(c)^2 ti sembrerebbe un problema se non ti specificassi quando usarla?
Non credo, è universale, il che vale a dire che vale per ogni "situazione sfumata" che si sta prendendo in considerazione.
Come hai dimostrato tu anche se si esplicitano tutti i significati di "naturale" si arriva alla conclusione che questo debba coincidere col reale.
Dunque non vedo il problema
Sarebbe un problema se si riuscisse a trovare un accezione di "naturale" che non obbedisca a quanto detto sopra e nei post precedenti.
CitazioneIn generale porsi il problema se qualcosa sia o no "naturale" lo considero fuorviante.[...]E in ogni caso il problema non è stabilire la naturalità o meno, ma dare una valutazione delle cose sulla base di cosa si ritenga giusto o sbagliato, vantaggioso o dannoso
Difatti
CitazioneIl problema degli OGM non è stabilire se sono o no "naturali", ma quanto possano essere rischiosi per la salute e quanto valga la pena di affrontare questi rischi.
Bisogna però aggiungere che questa contrapposizione uomo-natura è anche figlia di quella concezione (che ritengo radicalmente sbagliata) che vede l'uomo come una sorta di anomalia nell'ambito dell'universo e la coscienza come un "epifenomeno" piuttosto che un elemento fondante dell'esistenza.
Ammetto che si è generata un po' di confusione con l'esempio degli OGM, quello che intendevo dire era semplicemente:
"
Trovo anche stupido il separare l'uomo dalla natura dicendo ad esempio: "gli OGM sono contro natura"; e questo per 2 motivi diversi:"Il mio intento nell'introdurre questo esempio non era quello di giustificare gli OGM, ma di dimostrare come anche la cosa che ci sembra più contro natura di tutte sia in realtà naturalissima, aldilà delle implicazioni e problemi legati agli OGM
Citazione In definitiva, se si abbandonassero i discorsi su natura e la naturalità, si risparmierebbero inutili disquisizioni spesso viziate da un'ambiguità irrisolta sul significato del termine, e si guadagnerebbe in chiarezza, precisione e correttezza logica.
Abbandono, come dico io, dato dal fatto che il naturale debba necessariamente coincidere col reale, il che esclude posizioni di sorta sul significato di naturale poiché, questo, ha un senso estremamente limitato.