Se si può partire da qualcosa per giungere logicamente al nulla , perché non si può partire dal nulla per giungere a qualcosa?
Da un punto di vista logico non c'è alcun impedimento e la nostra innegabile preferenza per un verso piuttosto che l'altro è dunque significativa.
Ma le cose stanno cambiando . Nella fisica moderna il nulla guadagna consistenza e il qualcosa diventa sempre più vago.
Impossibile , come logica vorrebbe , non considerarli complementari.
Uno non può esistere senza l'altro, e quindi logicamente uno vale l'altro.
La nostra preferenza in Occidente si è manifestata storicamente nell'orrore per la vacuità .
Si preferiva un universo uno, seppure non compatto.
Se si presentavano buchi si coprivano con eterea pezza.
Maxwell l'ha chiamata campo.
Einstein geometria dello spazio tempo, salvo poi ripensarci, quando si è reso conto che questa geometria possedeva una anima vibrante di onde gravitazionali, rievocando l'etere, senza nominarlo.
A farla breve , nei racconti degli scienziati il qualcosa e il vuoto sembrano scambiarsi continuamente il ruolo , come è logico che sia., vista la loro natura perfettamente speculare.
Siamo invitati dunque a cambiare le nostre preferenze , o meglio a non averne, se non per necessità narrativa.
Così abbiamo accumulato diversi racconti dove qualcosa e nulla si scambiano i ruoli, funzionando tutti bene e dove forse il narratore più disinvolto è stato Newton.
La morale della favola è che dovremmo essere più disinvolti e meno seriosi nell'indagare il mondo coi limiti dei nostri attrezzi riposti nella loro cassetta dove c'è tutto e niente.
Salve iano. Commento provvedendo ad inserire mie repliche
in grassetto all'interno del tuo testo :
Citazione di: iano il 07 Gennaio 2021, 02:39:20 AM
Se si può partire da qualcosa per giungere logicamente al nulla , perché non si può partire dal nulla per giungere a qualcosa? (Che significa "giungere logicamente" ? Argomentare circa l'esistenza del nulla quale ente di partenza o di arrivo di un percorso logico........oppure dimostrare l'esistenza del nulla ?).
Da un punto di vista logico non c'è alcun impedimento e la nostra innegabile preferenza per un verso piuttosto che l'altro è dunque significativa.(Questo secondo te e forse altri. A mio parere il qualcosa (ente reale e concetto) ed il nulla (puro concetto irreale, astratto ed inesistente) rappresentano l'uno la negazione dell'altro, perciò non possono venir congiunti (all'interno della "realtà" o del ragionamento) da nessuna relazione di causa-effetto. Di essi (qualcosa piuttosto che nulla) si può solo argomentare separatamente poichè - appunto - tra i due concetti non può esservi relazione alcuna se non appunto, come ho detto. la reciproca incompatibilità).
Ma le cose stanno cambiando . Nella fisica moderna il nulla guadagna consistenza ("Annammo bene !", direbbe la Sora Lella) e il qualcosa diventa sempre più vago (nel senso che il numero di PURE TEORIE prodotte dalla scienza ha ormai da molto tempo superato il numero di DIMOSTRAZIONI da essa prodotte).
Impossibile , come logica vorrebbe , non considerarli complementari.("Complementari de che ?", direbbe la Sora Cecioni. Complementare è ciò che, unito ad altro, genera una terza cosa in sè diversa - per funzione e significato - dalle due cose prese separatamente. Se al qualcosa attacchiamo il nulla.....cosa mai otterremmo ??).
Uno non può esistere senza l'altro, e quindi logicamente uno vale l'altro.(Non commento per carità di Patria).
La nostra preferenza in Occidente si è manifestata storicamente nell'orrore per la vacuità .
Si preferiva un universo uno, seppure non compatto.
Se si presentavano buchi si coprivano con eterea pezza.
Maxwell l'ha chiamata campo.
Einstein geometria dello spazio tempo, salvo poi ripensarci, quando si è reso conto che questa geometria possedeva una anima vibrante di onde gravitazionali, rievocando l'etere, senza nominarlo.
A farla breve , nei racconti degli scienziati il qualcosa e il vuoto sembrano scambiarsi continuamente il ruolo , come è logico che sia., vista la loro natura perfettamente speculare.
Siamo invitati dunque a cambiare le nostre preferenze , o meglio a non averne, se non per necessità narrativa.
Così abbiamo accumulato diversi racconti dove qualcosa e nulla si scambiano i ruoli, funzionando tutti bene e dove forse il narratore più disinvolto è stato Newton.
La morale della favola è che dovremmo essere più disinvolti e meno seriosi nell'indagare il mondo coi limiti dei nostri attrezzi (su tale morale della favola sono perfettamente d'accordo |) riposti nella loro cassetta dove c'è tutto e niente.
Cordiali saluti.
Concordo.
Vorrei solo aggiungere, che sebbene non dobbiamo dare troppa importanza ai nostri attrezzi, questi posso però pure offrire delle occasioni.
Perché studiandoli ci permettono di giungere al limite.
Le equazioni di Maxwell, per esempio, mostrano, attraverso concetti come la divergenza e il rotore, come il vuoto diventi sostanza per ritornare ad essere vuoto...
Le onde elettromagnetiche si muovono aggrappandosi alle stringhe dei propri stivali...
Iano ha scritto:
"Se si può partire da qualcosa per giungere logicamente al nulla , perché non si può partire dal nulla per giungere a qualcosa?"
--------------------------------------------------------------------------
Rispondo a questa che mi sembra la domanda principale...
A parte il miscuglio tra filosofia e fisica per cui forse alcuni i puristi della prima (quindi non io) ti criticheranno, penso che hai pienamente ragione, dal nulla si può giungere a qualcosa, perché il nulla del nulla è l'essere, il nulla non è stabile, non è auto-riferito, il modo di essere del nulla è non essere se stesso, ma essere l'essere: il nulla è l'effetto ultimo: poiché l'essere è compatto, è ininterrotto, come un tessuto continuo senza strappi, il nulla è nulla; ma anche la causa prima: il nullificarsi del nulla è creazione, è l'essere. Qualcuno ha detto che il nulla non ha in sé la causa e la forza per nullificarsi e questa causa è l'uomo, la coscienza dell'uomo, ma non mi sembra questo il punto fondamentale.
Se in un punto dello spazio c'è una farfalla, io non credo che il nulla preferisca essere nulla nel senso filosofico, o comune, del termine o molto più semplicemente essere la farfalla, se in quel punto c'è qualcosa, non c'è il nulla, ed il nulla compie perfettamente la sua funzione di non esserci, che la compia nullificandosi in se stesso, rimanendo se stesso, o nella farfalla divenendo farfalla, e quindi non-nulla, non fa differenza.
Comunque questo passaggio dal nulla all'essere in non lo vedo come temporale, il nulla è nulla da sempre e il "mondo" qualsiasi cosa sia, è eterno, e noi ne siamo contenuto.
Quindi il passaggio dal nulla a qualcosa mi sembra assurdo se pensato nel tempo, mentre nello spazio, da un punto di vista spaziale, mi sembra "normale", che il nulla generi lo spazio vuoto e il tempo vuoto, che sono le condizioni di essere di qualsiasi altra cosa, come in alcune gnosi e religioni vi è il ritrarsi di Dio come premessa della creazione, Dio inizialmente non deve creare niente, deve nullificarsi perché dalla sua continuità e compattezza emergano lo spazio e il tempo per il mondo, che sono anche spazio e tempo in cui Dio non avrà più pieno "potere" o piena conoscenza, se si pensa che l'uomo, che quello spazio e quel tempo abiterà, avrà libero arbitrio, cioè potrà entro certi limiti muoversi oltre la preveggenza e oltre la volontà di Dio.
Inoltre io non sostengo tanto l'identità tra essere e pensiero, quanto il nulla come differenza tra essere e pensiero: il pensiero ha sempre un oggetto, si riferisce sempre a qualcosa, non c'è il pensiero puro: il pensiero differisce dal suo proprio oggetto per pensarlo, anziché corrispondervi, e in questa differenza noi siamo, sappiamo di percepire, cioè pensiamo che il mondo esista oltre il suo fenomeno, e quindi quello che percepiamo è in termine noto di una differenza che ha il secondo termine nell'ignoto.
Citazione di: iano il 07 Gennaio 2021, 02:39:20 AM
Se si può partire da qualcosa per giungere logicamente al nulla , perché non si può partire dal nulla per giungere a qualcosa?
Da un punto di vista logico non c'è alcun impedimento e la nostra innegabile preferenza per un verso piuttosto che l'altro è dunque significativa.
Ma le cose stanno cambiando . Nella fisica moderna il nulla guadagna consistenza e il qualcosa diventa sempre più vago.
Impossibile , come logica vorrebbe , non considerarli complementari.
Uno non può esistere senza l'altro, e quindi logicamente uno vale l'altro.
"Nulla" è un termine che non indica nulla. E' un'astrazione, un concetto formato per sottrazione-negazione da entità reali, che non ha posto nel mondo dell'esperienza (l'unico che io conosca). E chiamare il vuoto spaziale, quello della fisica, con questo termine, mi sembra un grosso errore.
Quello che la fisica sta rivedendo è il concetto di vuoto, prendendo atto che non c'è nessun vuoto, ma che lo spazio non occupato da materia è comunque occupato da "qualcosa". Del resto le stesse nozioni di energia e di campo, piuttosto anziane ormai, presuppongono che non ci sia nessun "vuoto" e trovo insensato dire che le onde elettromagnetiche si propagano nel "vuoto". Come anche la discussione sull'"etere". L'etere, che altro non è che il mezzo, ovviamente immateriale, attraverso cui si propaga l'energia immateriale, è in sostanza quello che la scienza chiama
campo.
Considerare "spazio privo di materia", "vuoto" e "nulla" sinonimi è solo un residuo di una mentalità veteromaterialistica per cui solo la materia esiste e il resto è "nulla" in quanto non esistente. Un concetto da molto tempo insostenibile nell'ambito della scienza stessa.
Sempre nell'ambito della scienza sopravvive (per alcuni) il concetto di nulla per indicare l'incongrua e insostenibile idea di ciò che "c'era" "prima" (le virgolette stanno a indicare l'intrinseca incongruenza dei termini usati in questa maniera e in questo contesto) dell'ipotetico big-bang, e da cui (altra idea priva di senso) il tutto sarebbe magicamente apparso (ma anche qui basta chiamare la magia "singolarità" è tutto torna ad avere un rassicurante aspetto scientifico).
In pratica il termine "nulla" (al di là dell'uso quotidiano in senso relativo) serve solo per indicare qualcosa che non si capisce per nulla.
Un fondamento per me certo è che il nulla non esiste. Da questa premessa ho tratto alcune conclusioni interessanti ed importanti per la mia, modesta, riflessione filosofica e per la mia vita.
Se qualcuno è in grado di fare un esempio del passaggio da qualcosa al nulla lo ringrazio.
Il Nulla è la materia prima di una filosofia farlocca che sul nichilismo ha fatto fortuna. Il nichilismo è sempre di qualcun altro. Per i teisti è la mancanza della (loro) "spiritualità" nelle visioni del mondo a-teistiche. Per il potere è tutto ciò che lo mette in discussione (l'ultima variante è stata chiamata "negazionismo"). Per FN, e qui mi permetto di sottoscrivere, è il "mondo dietro il mondo" delle religioni. Se c'è qualcosa che più si avvicina al nulla metafisico penso sia proprio quanto indicato da FN. Anche la religione capitalistica è nullificante della dimensione umana perchè pone il suo Tutto nell'accumulazione di capitali, ma al Capitale ci crede, per cui non la si può definire nichilista. Anzi è fin troppo piena: delle carabattole materiali, pubblicitarie ed ideologiche con cui asfissia le nostre vite. Il Nulla nel capitalismo è un lusso che pochi si possono permettere.
Citazione di: baylham il 10 Gennaio 2021, 16:52:53 PM
Un fondamento per me certo è che il nulla non esiste. Da questa premessa ho tratto alcune conclusioni interessanti ed importanti per la mia, modesta, riflessione filosofica e per la mia vita.
Se qualcuno è in grado di fare un esempio del passaggio da qualcosa al nulla lo ringrazio.
Beh c'è chi pensa che dopo la morte ci sia il nulla, quindi se il corpo si disperde, la coscienza, o anima, si può pensare che non si disperda altrettanto nei suoi componenti fondamentali come il corpo (ad esempio perché essa, a differenza del corpo, la si pensa come unitaria) quindi, o pensiamo che sopravvia in qualche modo, o che si annulli.
Poi io penso che il nulla sia nullificato da sempre nell'essere, quindi non c'è reciprocità, immagino il passaggio dal nulla a qualcosa, ma non di qualcosa al nulla, il nulla è sorgivo, perché genera l'abisso dello spazio e del tempo in maniera
irreversibile e non lo riaccoglie, è il non-ritorno, e, come si può pensare a una direzione di non-ritorno per la morte, altrettanto la si può pensare per la vita.Comunque, il mio pensiero del passaggio del nulla a qualcosa è spaziale, non temporale, quindi non c'è prima il nulla e poi qualcosa, ma c'è il nulla che in un certo senso è il vuoto, della realtà o della coscienza; o anche il limite, o il contenitore, dell'essere.
Salve niko. Per me non ci siamo.Nel nulla tu ci infili troppe cose. Alla fine poi, dopo averlo riempito ben bene, dichiari che esso potrebbe essere il contenitore di ciò che nega l'esistenza del nulla stesso, cioè l'essere. Saluti.
Citazione di: viator il 10 Gennaio 2021, 20:41:55 PM
Salve niko. Per me non ci siamo.Nel nulla tu ci infili troppe cose. Alla fine poi, dopo averlo riempito ben bene, dichiari che esso potrebbe essere il contenitore di ciò che nega l'esistenza del nulla stesso, cioè l'essere. Saluti.
E' la realtà che è difficile... l'essere è un modo di essere determinato del nulla, che quindi non è solo indeterminato, contiene tutto (comunque, soprattutto qui, con l'essere intendo l'insieme degli enti, ciò che c'è).
Il nulla è anche la fine delle opposizioni, quindi lo abbiamo sia quando un opposto prevale in modo assoluto sull'altro, sia quando gli opposti sono perfettamente in equilibrio.
Io penso per esempio a luce e tenebre, è
nulla quando abbiamo la tenebra senza un minimo di luce, o la luce senza un minimo di tenebra, ma anche quando abbiamo un perfetto equilibrio tra luce e tenebra per cui nulla emerge... quindi del nulla non sappiamo nulla, neanche se è un contenitore con un contenuto assoluto, o un contenitore con una varietà di contenuti che attualmente non può emergere...
Sappiamo solo che nella nostra
esperienza comune cogliamo la luce, perché in essa c'è un minimo di tenebra e viceversa, quindi ci facciamo un'idea del nulla, non tanto come toglimento dei contenuti concreti dell'esperienza, quanto come toglimento delle sue modalità, delle sue leggi, potrei dire.
Da dentro l'essere, non possiamo dire se apparteniamo, o no, a una totalità nulla.
Citazione di: niko il 10 Gennaio 2021, 19:07:31 PM
il mio pensiero del passaggio del nulla a qualcosa è spaziale, non temporale, quindi non c'è prima il nulla e poi qualcosa, ma c'è il nulla che in un certo senso è il vuoto, della realtà o della coscienza; o anche il limite, o il contenitore, dell'essere.
Questo accenno ad una "topologia del nulla" mi ha ricordato il concetto di luogo-
basho di Nishida (scuola di Kyoto), a suo modo una rivisitazione "zen" della
chora di Platone;
qui un articolo su Nishida e un nulla meno "all'occidentale".
Citazione di: baylham il 10 Gennaio 2021, 16:52:53 PM
Un fondamento per me certo è che il nulla non esiste. Da questa premessa ho tratto alcune conclusioni interessanti ed importanti per la mia, modesta, riflessione filosofica e per la mia vita.
Se qualcuno è in grado di fare un esempio del passaggio da qualcosa al nulla lo ringrazio.
Il nulla è il non esserci.
Ed è proprio ciò che c'è, l'esistente, a originare il nulla.
Perché il nulla è la negazione dell'esistente.
E la negazione ha una forza insopprimibile. Che si nutre della stessa forza di ciò che nega.
Più ciò che c'è "esiste" davvero, cioè è certo, pulsante di vita, e più il nulla che gli corrisponde è altrettanto vero.
Perché la forza, che fa sì che l'esistente sia, già annuncia la propria dissoluzione.
Ma non è proprio questo nulla a donare valore all'esistente?
Perché poi, alla fin fine, che importa dell'esistente in sé, se non attraverso l'amore?
E cosa amo, per davvero?
Non vi è come oggetto d'amore sempre un qualcosa che sfuma nel nulla e viceversa?
Qualcosa, che se cerco di afferrarlo per farlo mio, non ho forse già perduto?
Quindi, sì, ogni qualcosa passa nel nulla continuamente.
E dal nulla nasce ogni cosa.
Lo possiamo ben vedere, quando assistiamo alla nascita e alla morte di chi amiamo.
Citazione di: bobmax il 10 Gennaio 2021, 22:21:13 PM
Il nulla è il non esserci.
Ed è proprio ciò che c'è, l'esistente, a originare il nulla.
Perché il nulla è la negazione dell'esistente.
E la negazione ha una forza insopprimibile. Che si nutre della stessa forza di ciò che nega.
Più ciò che c'è "esiste" davvero, cioè è certo, pulsante di vita, e più il nulla che gli corrisponde è altrettanto vero.
Esatto. Questo è il punto di partenza della discussione.
Non mi aspettavo che qualcuno potesse negare questa banale , in fondo , assunzione.
Ma per uscire da questa banalità dovremmo trarne le conclusioni , magari alla luce dei nuovi orientamenti della fisica.
Una cosa forse meno banale da dire è che non dobbiamo dare per scontato che il qualcosa sia ben definito , e in egual misura lo sarà quindi anche la sua negazione , cioè il nulla.
Chiamatelo vuoto se volete, ma in questa discussione io non faccio differenza fra il nulla e il vuoto.
Accettate questa grossolanità, se volete.
Per Newton qualcosa non può stare che dentro il vuoto, e il nulla e il qualcosa condividono i confini, e siccome i confini sono qualcosa, i confini del nulla non ne fanno parte, restando inclusi nel qualcosa.
Questa discussione vorrebbe togliere legittimità alla classica domanda, " perché esiste qualcosa e non nulla" , evidenziandone la mancanza di senso , perché nulla e qualcosa possono esistere solo insieme.
Nulla non è ciò che non esiste, ma è ciò che non è qualcosa.
Ammiro il coraggio di Newton che ha chiamato il nulla col suo nome, quando prima e dopo di lui lo si è riempito di fantomatici eteri e campi, dove il campo ha almeno una rappresentazione matematica , ma dove l'etere era solo fantasia.
Naturalmente non si fa' nessun peccato a dare nomi diversi al nulla , i quali però tradiscono solo un nostro disagio psicologico, senza avere altra utilità.
Come detto però i confini del qualcosa e del nulla non sono mai ben definiti , e un qualcosa che non ha confini ben definiti non è veramente un qualcosa, e il nulla che quei confini condivide non è veramente nulla.
Questa mi sembra una buona chiave filosofica per leggere la nuova fisica.
Se poi qualcuno mi da' una buona definizione di qualcosa, di modo che non rimangano incertezze , allora mi rimangio tutto.
Ma se queste incertezze sono invece connaturate al qualcosa non dovremmo allora sorprenderci che le nuove teorie fisiche le inglobino in se', chiamandole col loro nome, senza comprensibili , ma omissibili, remore.
Citazione di: baylham il 10 Gennaio 2021, 16:52:53 PM
Un fondamento per me certo è che il nulla non esiste. Da questa premessa ho tratto alcune conclusioni interessanti ed importanti per la mia, modesta, riflessione filosofica e per la mia vita.
Se qualcuno è in grado di fare un esempio del passaggio da qualcosa al nulla lo ringrazio.
Sempre interessanti i tuoi post, ma, scorrettamente ;D ,
vorrei prendere il tuo come esempio del disagio che il nulla ci provoca ( non dico a te , ma a tutti noi).Siccome poi pecco di cultura filosofica, ma non di fantasia, mi immagino FN come quel coraggioso che ha pagato con la pazzia il sincero tentativo di superare questo disagio.Nel tal caso lo metto fra i miei eroi, che sono tutti quelli che provano a chiamare le cose col loro nome.Nessun riferimento personale a te, rinnovandoti la mia stima.😊
Il nulla è silenzio. Perché nel silenzio nulla si può dire.
Qualcosa è linguaggio. Di qualcosa si può dire.
Qualcosa venne in essere quando un'impercettibile vibrazione ruppe il silenzio.
Scusa ,davvero scusa , la battuta irriverente. Mi scappa.....
In principio erano le orecchie , ma.non c'era nulla da sentire.... :)
Le cose stanno diversamente Alexander.
Se le parole non fossero divise dalle pause di silenzio non sarebbero parole,e ci si accorge del silenzio solo quando un suono finisce.
Non hai proprio capito cosa intendo. E non mi preme neppure spiegarlo meglio. Secondo me disquisire sul nulla è proprio "nulla" (usando parole poi). Solo una grande perdita di tempo.
Ok.
Comunque grazie per il tuo intervento e spero di non averti offeso.
Però non è il caso di prendersi troppo sul serio.
In questo triste periodo cerchiamo di stare un po' tutti in allegria , almeno fra noi.
Non sono in grado di argomentare nel concreto della discussione pero' ," per stare un po' tutti in allegria" disquisirei d'altro.
Il disagio psicologico è qualcosa, non nulla, quindi esso conferma soltanto che il nulla non esiste.
La morte è un processo, non è nulla. La mia morte futura non è un passaggio al nulla, è l'inizio di altro: i miei genitori, alcuni miei amici, miliardi di uomini sono morti, ma non sono diventati, passati o sfumati nel nulla.
Se la mia capacità di percezione, degli strumenti di percezione, della realtà da osservare sono sotto o sopra una soglia, percepirò il vuoto, l'assenza. Ma la mia percezione del vuoto, del silenzio, non è un nulla, è una conferma che il nulla non esiste.
Se il nulla non esiste, non è una forza, non è una negazione, non è un campo d'attrazione o d'origine.
Origine e fine dell'esistente che non esistono proprio perché il nulla non esiste.
Non è il nulla a non esistere.
Perché ciò che non esiste è sempre e solo qualcosa che avrebbe potuto esistere.
Di modo che, seppur paradossalmente ma non troppo, il nulla esiste.
Perché esiste l'assenza.
E la forza dell'assenza è tanta quanta la complementare forza della presenza.
Ed è proprio per questa ragione che l'esistente non ha mai propriamente un inizio e una fine.
Perché non è mai davvero esistente.
Ma è proprio in quanto l'amato non è mai stato davvero esistente, che non è mai perduto definitivamente.
E di questo possiamo averne contezza domandandoci chi, cosa, amiamo.
Citazione di: baylham il 11 Gennaio 2021, 12:13:38 PM
Il disagio psicologico è qualcosa, non nulla, quindi esso conferma soltanto che il nulla non esiste.
La morte è un processo, non è nulla. La mia morte futura non è un passaggio al nulla, è l'inizio di altro: i miei genitori, alcuni miei amici, miliardi di uomini sono morti, ma non sono diventati, passati o sfumati nel nulla.
Se la mia capacità di percezione, degli strumenti di percezione, della realtà da osservare sono sotto o sopra una soglia, percepirò il vuoto, l'assenza. Ma la mia percezione del vuoto, del silenzio, non è un nulla, è una conferma che il nulla non esiste.
Se il nulla non esiste, non è una forza, non è una negazione, non è un campo d'attrazione o d'origine.
Origine e fine dell'esistente che non esistono proprio perché il nulla non esiste.
Dopo la morte inizia dell'"altro", uno stato "successivo" del mondo, in cui non c'è (più) la coscienza del morto, quindi la morte viene pensata da molti come nulla, come annullamento
di coscienza, della coscienza, non dico che si debba per forza condividere questa opinione, ma bisognerebbe quantomeno conoscerla, e rispettarla così com'è, senza stravolgerla con giri di parole strani.
La morte non è trasformazione di coscienza, ma proprio annullamento, perché è ben difficile spiegare, soprattutto in senso ateo e scientifico e senza postulare paradisi o reincarnazioni, o fantasmi vari, in cosa, dopo la morte, la coscienza di un poveretto che è morto dovrebbe essersi "trasformata"...
Quindi la morte, la morte degli esseri coscienti e autocoscienti, è la smentita della famosa massima: "tutto si trasforma e nulla si distrugge".
Semmai, e nulla si distrugge nel mondo materiale, ma nell'animico, ovvero nel sommamente semplice, non può darsi la scomposizione del sommamente semplice in componenti frazionati di esso che diversamente si ricompongono, o con esse stesse o col mondo esterno anch'esso pensato come composto di parti e passibile di varie possibilità di aggregazione di queste parti, il che ci induce a prendere posizione nella "dicotomia" dello stabilire se il sommamente semplice sia immortale, indistruttibile,
o radicalmente mortale nel senso proprio dell'annullamento, a meno che non pensiamo, oltre la suddetta dicotomia, che anche la coscienza, o anima, sia composita, e allora potrebbe avere strati mortali e strati immortali, o avere una possibilità di "resurrezione" nel ricorrere del rapporto combinatorio tra le sue stesse parti che la genera, o addirittura di altre parti simili.
Il nulla non esiste, ma non vedo perché dovrebbe non esistere nella forma di coincidere semplicemente con se stesso e non nella forma di essere l'essere, quindi è proprio da un punto di vista dinamico, che ogni fourclusione del nulla fallisce, oltre la soglia della percezione c'è il vuoto, ma in questo vuoto
c'è del tempo, quanto meno perché poi, ad altre condizioni, la percezione meglio definita di qualcosa oltre il vuoto ritorna, quindi il vuoto tra le percezioni vale come intervallo, e poi perché anche nel vuoto puoi pensare e ricordare, attività che pur essendo adimensionali, e quindi non dipendenti dallo spazio, richiedono tempo. Siete sempre to o l'altro, come attività interiore o manifestazione fenomenologica, che fate in modo che questo vuoto non sia nulla, ma finché l'intervallo tra due percezioni distinte non si colma, o non si attribuisce realtà, o valore di inizio, di origine, al pensiero formulato nel vuoto, il vuoto
potrebbe essere nulla, e la mediazione temporale che colma il vuoto sta a ricordarlo.
Il processo del morire poi, è interessante anche perché in natura non vi sono interazioni istantanee, quindi, mentre la filosofia e il senso comune distinguono dicotomicamente tra vita e morte, in natura il processo di morte si compie nel tempo, come tutti gli altri e senza distinzione particolare dagli altri, e vi è interregno, e intervallo, e mediazione, tra vita e morte.
Ma cosa altro potrebbe essere la coscienza, e la vita che contempla se stessa in questo intervallo se non nulla? L'agonia come inizio della morte stante il perdurare della vita, intendo, che secondo natura è necessario si compia nel tempo, e non ha quell'istantaneità che ha nel nostro pensiero e nel concetto che ci facciamo di essa... Che ci si impieghi un secondo, o un miliardo di anni a morire, in quel frangente non si è né nella vita, né nella morte... non è un intervallo vuoto tra due pieni, tra due stati dell'essere, ma un divenire, che quando non può più essere divenire, per la coscienza che si contempla mentre muore, passa al nulla, e non all'essere, quindi un divenire che ha in sé la sua propria ragione d'essere, che la trae finalisticamente dal nulla, non causalmente dall'essere, un divenire che non è in nessun senso un compimento...
La morte è un passaggio al nulla?
Un'estate torrida andando al lavoro in bicicletta ho visto per molti giorni un gatto morto sul ciglio della strada. Giorno dopo giorno il suo corpo veniva mangiato dai vermi delle mosche e emanava un odore di putrefazione sempre più forte, finché non sono rimaste che la pelliccia rinsecchita e lo scheletro. Se la morte di un vivente è un esempio di passaggio al nulla non lo trovo molto convincente. Se ci riferisce alla coscienza, è un processo del sistema nervoso centrale, un processo per cui vale quanto sopra. I miei genitori sono morti, il loro corpo, la loro coscienza, che sono certo avessero, non c'è più, come nel caso del gatto, eppure non c'è il nulla, nessun passaggio al nulla. Sono certo che altrettanto la mia morte non comporterà alcun passaggio al nulla.
------------
Perché esiste un granellino di sabbia piuttosto che il nulla, l'essere, Dio? Perché il nulla, l'essere, Dio non esistono proprio perché esiste un granellino di sabbia.
Se non ho capito male sul nulla, sull'essere e su Dio si basano la filosofia orientale, occidentale e tutte le religioni. Ma io sono affezionato al granellino di sabbia.
Ciao Baylham.
Mi spiace per i tuoi genitori.
Non so se può esserti d'aiuto, ma io sto cercando di affermare che qualcosa e il nulla sono due attrezzi usati dall'uomo per catalogare la realtà, che non hanno però un diretto corrispondente reale.
Non sono neanche perfetti , perché nel loro uso ci rendiamo conto che non riusciamo a determinare un loro confine preciso. Questo mi pare ci suggeriscono i recenti sviluppi della fisica.
Temere di diventare nulla con la morte è quindi come avere paura dei fantasmi.
Una paura che nasce da troppa presunzione.
Ci prendiamo troppo sul serio, e crediamo alle storie che inventiamo.
In questo senso siamo dei bambini troppo,cresciuti, il che non sarebbe un male in se'.
Tutt'altro, se non fosse che abbiamo perso il vero senso del gioco e abbiamo perso il divertimento.
Il nulla non porta al nichilismo più di quanto non vi porti un cacciavite a meno che non carichiamo il cacciavite di "contenuti" superflui alla sua stretta utilizzazione.
La storia della fisica si potrebbe raccontare come il gioco del "facciamo che noi eravamo..."
Facciamo che esistono le forze che agiscono a distanza.
Facciamo che non agiscono a distanza, e che , anzi , non esistono proprio.
Tutte queste storie, diverse le une dalle altre ,che assegnano diversi ruoli di volta in volta al nulla e al qualcosa funzionano tutte bene , e questo è ciò che conta.
Facciamo che queste storie eranoper noi ....fonte di divertimento e non di lugubri profezie.
Fai bene Baylham a essere affezionato al tuo granellino di sabbia.
Tienilo stretto questo tuo amore.
Dovesse comparire pure Dio, chiedendoti di seguirlo e di abbandonare il tuo amore, non farlo.
Sarebbe solo un inganno.
Perché nel tuo amore è la Verità.
Ciò che davvero è quel granellino di sabbia, tornerà a te.
E lo riconoscerai.
Perché non ti ha mai davvero abbandonato.
Io non dico che la morte di un vivente sia un passaggio al nulla, dico che questa opinione esiste in filosofia ed è degna di rispetto, e, scusate se lo dico, già il fatto che voialtri argomentiate contro usando esempi di tipo esperienziale o sentimentale, e quindi non di tipo rigorosamente filosofico o logico, la dice lunga su quanto l'opinione in sé sia difficile da confutare;
se nulla passa al nulla, allora tutto si trasforma,
se allora tutto si trasforma, io ho chiesto: "in cosa si trasforma la coscienza, lo "spirito" di un vivente evoluto dopo la morte?"
Nessuna risposta che non vada sul mistico o sul poetico, e poco vi rendete conto dei problemi
logico-filosofici intrinseci nelle vostre risposte...
voi dite: un vivente muore ma dopo di lui non c'è il nulla, il tessuto dell'essere è ancora continuo, non lacerato; dopo di lui, e la sua morte, c'è ancora mondo che va avanti e la continuità dell'essere; allora, dico io, chi testimonia del campo di coscienza nullo di quel vivente espulso dall'essere e dal mondo, che non è più? Della verità di quel campo di coscienza? Lui stesso? Allora il nostro concetto di nulla è una tomba che eternizza la verità del soggetto, anche in mancanza di percezione e di attività...
oppure il campo di coscienza proprio non c'è e non ha senso chiedersi della sua verità?
Allora non avete confutato quello che c'era da confutare, la morte è un passaggio al nulla.
La coscienza si trasforma, come il corpo putrefatto si scinde nei suoi elementi compositivi? Ok, allora da ciò la mia domanda: in cosa essa si trasforma?
Salve niko. Citandoti ; "se nulla passa al nulla, allora tutto si trasforma,
se allora tutto si trasforma, io ho chiesto: "in cosa si trasforma la coscienza, lo "spirito" di un vivente evoluto dopo la morte?.
In pratica, senza accorgertene, prima ti sei dato la risposta, poi hai posto la domanda !.
"tras-forma !, La coscienza, la quale è una struttura psichica la quale come appunto qualsiasi STRUTTURA possiede una FORMA..........................alla morte del soggetto che ospita la STRUTTURA, cambia (vede sciogliersi, dissolversi, scomporsi, disunirsi) la propria FORMA.
Certo sarai troppo giovane per conoscere il gioco del MECCANO (vedi WP).
I pezzi verranno utilizzati (in ambito cosmico perciò attraverso un percorso troppo ampio e complesso per venir da noi ricostruito) per costruire nuove strutture le quali svolgeranno nuove funzioni.
Quindi il destino dell'immateriale coscenziale è identico a quello del materiale corporeo :
Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Saluti.
Credo che la "parola archimedea", nel titolo del topic, sia la «e» perché allude al rapporto fra «nulla« e «qualcosa», che è un rapporto (comunemente parlando) di negazione logica. Specificare che tale negazione sia «logica», potrebbe essere superfluo perché la negazione non può non esserlo: anche nelle varie dialettiche, nelle teologie, nei dialeteismi, nei relativismi, etc. la negazione è pur sempre inserita in un discorso anzitutto logico (non necessariamente paraconsistente) prima che interpretativo e/o onto-logico.
Notoriamente la logica non è il mondo, ma il mo(n)do che più ci risulta comprensibile nel ragionare, in quanto dotati di determinate strutture mentali,
imprinting culturali, etc. Risulta per questo sempre importante, secondo me, distinguere i concetti con un referente reale e i concetti puramente astratti (il
bottom-up dal
top-down, le verità di fatto da quelle di ragione, il corrispodentismo dal coerentismo, etc.).
Pur in tutta la sua sconfinata fertilità, che spazia dal poetico al quantistico passando per il filosofico, il nulla mi pare anzitutto generato,
concettualmente, dalla negazione dell'esistere quadrimensionale comunemente inteso: non ci si imbatte nel nulla, al massimo si pensa
al nulla (non
il nulla), teorizzandolo. Una domanda interessante, che in quanto domanda non è scevra dalla precomprensione da cui origina, è questa:
Citazione di: niko il 13 Gennaio 2021, 14:24:59 PM
chi testimonia del campo di coscienza nullo di quel vivente espulso dall'essere e dal mondo, che non è più? Della verità di quel campo di coscienza?
Uno dei presupposti impliciti di questa domanda, se non la fraintendo, è (sorvolando la questione dell'"espulsione", carica di "latenza") che ci
debba essere tale testimonianza, tale "resto" (dopo aver "pagato" il fio dell'esistenza, come già ricordato da altri), un'eredità della verità del campo di coscienza che fu. Su cosa si fonda tale dovere? Sulla certezza che tutto si trasforma, lasciando sempre una qualche traccia di resto. Eppure, resto di cosa, esattamente? Di «verità», «coscienza»; concetto puramente formale il primo e attività concettualizzata la seconda («concettualizzata» non significa priva di referente reale/materiale, ma piuttosto "convenzionalmente identificata e circoscritta"). In fondo, allora, non è un po' come chiedersi (solito esempio): qual è il resto della luce quando spegniamo una lampadina? Che ne è della "verità" del precedente stato (illuminazione) e cosa testimonia l'assenza della luce che non è più, ma un tempo fu?
Si potrebbe facilmente richiamare anche la consueta metafora computazionale: quando spengo l'automa, cosa resta della sua attività interna, di tutti i suoi processi di elaborazione, autogestione, etc. (supponendo, per amor di parallelismo, che non sia più possibile riaccenderlo)?
Il paragone forse è meno spurio di quanto sembri: se l'essere coscienti è molto
affine all'avere attività cerebrale, attività (se non ricordo male) anche elettrica, forse la domanda che chiede in che cosa si trasforma la coscienza dopo la morte, può trovar risposta (certo non da me) più nelle leggi
concettuali che spiegano le mutazioni della materia e l'elettricità, piuttosto che ricorrendo al nulla (per quanto,
concettualmente, se il nulla è affine, seppur non coincidente, alla negazione, possiamo ben dire che l'esser-spenti è il nulla/negazione dell'esser-accesi; tuttavia è un discorso puramente logico, non ontologico, come non lo è il nulla che in esso viene evocato).
Esatto Phil. In questa discussione conta la congiunzione, e mai discussione fu' fatta deragliare più di questa dal suo cuore, cosa di cui mi rendo spesso colpevole anch'io, quindi sono ben tollerante , ma della vita e della morte proprio io non volevo scrivere ne' leggere.
L'introduzione del post di Phil invece è propriamente in tema.
Non mi pare di dover aggiungere altro a quanto gia' scritto.
Ma forse posso focalizzare meglio il tema della discussione.
Non si parla qui del disaggio che ci provoca la morte ese saremo dopo quella nulla "o" qualcosa.
Semmai si parla del disagio , che è sempre,esisisto in varia misura , ma che recentemente è esploso, sull'idea che dobbiamo farci del mondo sulla base delle recenti teorie fisiche di successo, e credo possa essere di aiuto provare a rivedere le consolidate basi filosofiche.
Nulla sembra più solido di "qualcosa" come la materia.
Ma è proprio così?
Perché lo pensate se lo pensate?
È ovvio che se questo qualcosa è ben definito anche la sua negazione il nulla, lo sarà .
Ma se non siete in grado di dargli una buona definizione, allora chiedersi che fine faremo dopo la morte , per tornare al tema che vi è caro, è una domanda priva di senso.
Come facciamo a dire che fine farà ciò che non sappiamo ben dire cosa sia?
Perché, se pure il corpo contiene un anima, questo corpo è materia che noi non sappiamo definire perfettamente .
Figuriamoci ciò che essa eventualmente contenga.
Quindi non ne parliamo più?
No. Conviene parlarne ma senza fare grandi balzi perché la pedana per spiccare il salto non è poi così stabile e "solida".
Salve iano. Citandoti : "Come facciamo a dire che fine farà ciò che non sappiamo ben dire cosa sia?".
Hai perfettamente ragione. Ma siamo tuttavia certi che ciò che non sappiamo dire esattamente cosa sia, una volta che "muoia" o si "trasformi" (poichè tutto muore o si trasforma, non è forse vero ?), si trasformerà in altra cosa anche se probabilmente non sapremo esattamente in cosa d'altro. No ?.
Quindi non ha la minima importanza sapere cosa diventi cosa. La certezza resta "Nulla si crea, nulla di distrugge, tutto si trasforma"..................alla faccia delle nostre consapevolezze, nomenclature e definizioni. Salutoni.
Un saluto e anche a te Viator.
Tutto si trasforma,OK. Ripartiamo da qui.
Ma chi certifica i mutamenti con certezza?
Perché se tutto muta anche la nostra percezione muta.
Non voglio dire con ciò che ci inventiamo tutto. Tutt'altro.
Voglio dire che la cinghia di trasmissione fra realtà è percezione non è così tesa.
Non voglio quindi dire che prendiamo lucciole per lanterne , se non occasionalmente e senza troppi danni.
La cosa sembra essere più complicata e quindi interessante.
Percepiamo doppio.
Quella che percepivamo come sostanza solida , con la quale ci sembrava di ergere inespugnabili barriere contro il nulla, sembra avere natura multipla. O meglio multipla è la nostra percezione .
Ci vediamo doppio, ma invece di andare dall'oculista , dobbiamo ammettere che ci vediamo meglio, come in una realtà aumentata.
Questa visione multipla ad alcuni fa' comprensibilmente venire il mal di testa.
Però il tutto funziona a meraviglia.
Se qualcosa è allo stesso tempo corpuscolo è onda , non significa come correntemente si ammette , che è l'una e l'altra cosa insieme con duplice natura.
Ma significa che non è ne' l'una ne' l'altra cosa, e che in fondo a noi potrebbe non interessare cosa sia veramente (qui lo dico e qui lo nego) e a noi basta prendere atto che corpuscoli e onde sono invenzioni della nostra percezione / scienza che come virus con i loro peduncoli agganciano la realtà introducendovisi è entrando con essa in simbiosi.
Ma se questi strumenti sono invenzioni, seppur non gratuite, ma non univoche, allora si apre per noi tutto un nuovo mondo. Basta mettersi gli occhiali giusti per vederlo. Lenti multifocali. Li costruiamo noi. Tutta roba artigianale di più o meno fine fattura. 😊
La storia non è per nulla diversa da quella delle lenti di Galileo.
Non ne hanno la forma ,ma ne hanno tutta la sostanza.
È sempre la stessa vecchia storia che a noi però sembra per pregiudizio sempre nuova e fatichiamo a riconoscerla.
Salve iano :
Citazione di: iano il 14 Gennaio 2021, 02:01:31 AM
Perché se tutto muta anche la nostra percezione muta.[Questa è appunto lasemplice conferma che tutto muta].
Non voglio dire con ciò che ci inventiamo tutto. Tutt'altro.[Questa invece introduce la distinzione tra realtà ed illusione, la quale distinzione non ci riguarda. A noi basta che - vero od illusorio che sia ciò che ci circonda.......esso funzioni nel procurarci la felicità.....od almeno la serenità].
Saluti.
Anche in un mondo in cui tutto si trasforma, il nulla potrebbe essere l'irriconoscibile, ovvero non è affatto detto che, dato un mondo in cui tutto si trasforma, ne consegua un'organizzazione lineare della realtà per cui ogni cosa che si è trasformata conserva traccia e resto della forma precedente, potrebbe appunto esistere il nulla come non riconoscibilità e perdita della traccia.
Il nulla non è solo il vuoto, basta che si rompa la congenericità della natura, che emerga un dopo, assolutamente diverso da un prima, o un qui, assolutamente diverso da un lì, e nella differenza tra due epoche, o luoghi, del mondo irriconducibili l'uno all'altro, e del tutto scollegati, l'uno con l'altro, vivrebbe il nulla: nulla di conoscenza e di comunicazione. Noi siamo abituati a ragionare in senso aristotelico, con potenza ed atto, o in senso Hegeliano, per cui il vero è l'intero, e quindi secondo noi, per dire, da un seme, nasce una rosa, che fa un altro seme, da cui nasce un'altra rosa eccetera.
Ma non tutto quello che cambia, cambia così o secondo questa logica; non è stata ad esempio compreso il senso o il limite finale e materiale dell'evoluzione del vivente, quindi per esempio da un batterio nasce un pesce, che diventa dinosauro, che diventa scimmia, che diventa uomo, ma dove vada a parare tutto questo processo, o che fine abbia, o se sia reversibile o no, o se sia unico o no, nessuno lo sa; ma soprattutto la traccia di cui parliamo ora, il modo in cui i viventi si conservano l'uno nell'altro tramite il codice genetico, e il modo in cui la materia inanimata si conserva nel vivente che è pur sempre fatto di atomi e molecole, e l'animale si conserva nel vivente culturalmente evoluto come l'uomo, oltre ad essere una traccia non visibilmente ciclica e reversibile, ovvero parte da un punto ma non si sa quando se e come tornerà su se stessa, è anche una traccia che può in qualsiasi momento interrompersi, ad esempio la vita stessa nel suo complesso può estinguersi, o estinguersi la vita evoluta, o scomparire l'universo in modo tale che la materia inanimata stessa non esiste più.
La continuità della traccia è dunque questione di fede, ma certo noi, in quanto viventi, non siamo direttamente l'attività elettrica del nostro cervello, ma l'effetto di tale attività, e quindi il nulla dell'effetto allo scomparire della sua causa mi pare abbastanza indiscutibile: l'attività elettrica si trasformerà in altro, ma scomparirà la nostra coscienza come effetto di un suo stato in particolare trasfigurato ed evoluto in altri. Quindi la continuità, della catena causale, e il fatto che il futuro sia in linea di principio deducibile dal passato e dal presente, e l'interazione, di tutto lo spazio con i suoi contenuti, determinano la nullità del nulla, e la continuità di un mondo che procede per trasformazioni lasciando però traccia.
E' però interessante notare che, ogni volta che ci pensiamo come dotati di libero arbitrio, ogni volta che pensiamo di esercitare la nostra libertà, pensiamo di spezzare una catena causale almeno nel suo senso rigidamente deterministico, perché da una causa, pensiamo che possano derivare più effetti e ne "scegliamo" uno, e il nulla ritorna come effetto scartato dall'esercizio della libertà; quindi di sfuggita noterei che, ogni volta che abbiamo fede nel libero arbitrio, facciamo un atto di fede opposto a quello che facciamo quando pensiamo che l'insieme delle trasformazioni lasci traccia, prima o poi un essere libero, se mai ce ne sarà uno sulla terra o se mai noi pensassimo fino in fondo di esserlo, esercitando la sua libertà, spezza l'insieme degli effetti che abbiamo causato in vita anche oltre la nostra vita, fa epoca dando inizio ad un'epoca che ci esclude, o noi stessi, esercitando la libertà che crediamo di avere, spezziamo la catena causale dei nostri antenati morti e li escludiamo spazialmente e temporalmente, per questo nulla e libertà si implicano.
Quindi, riflettendo sul significato di in-ri-conoscibile, irriconoscibile secondo me è ciò che può essere conosciuto solo una volta, ciò che non è passibile di conoscenza duale o doppia perché in esso la traccia si è persa, mentre il riconoscibile è passibile di conoscenza doppia, perché conserva traccia di quello che un tempo era e fu, e perché può, in linea di principio ritornare.
Dunque direi che l'esperienza, e la vita racchiusa dai limiti della nascita e della morte hanno senso in questa discussione più della fisica, l'esperienza è la scienza dell'in-ri-conoscibile, mentre la conoscenza considerata a prescindere dalla vita è scienza del ri-conoscibile, perché la traccia lineare di residuo tra le trasformazioni potrebbe, al mondo, esserci in assoluto, non esserci in assoluto, o essere creata dalla vita stessa, insomma, nonostante i processi entropici in senso fisico, la coscienza ricorda gli stati precedenti della materia, e nonostante i processi identici in senso fisico, la coscienza costituisce differenza: per fare un esempio semplice; la lancetta dell'orologio giunge a un certo punto ad esempio sulle 12, e, stante che l'orologio funzioni e che passi abbastanza tempo, vi ri-giunge un numero indefinito di volte, creando una circostanza concreta di stati fisicamente identici in cui solo la coscienza di un vivente può distinguere questi stati e attimi e capire che c'è una differenza tra 12 primo, 12 secondo, 12 terzo eccetera, una differenza che non è in natura, nel senso che non è nella natura oggettuale ed organica delle cose, ma che è nella coscienza come espressione della vita.
E ugualmente per i processi entropici come la morte, ma anche la rottura di un oggetto ordinato, come un piatto o un bicchiere, è solo la coscienza a ricordare lo stato ordinato precedente dell'universo, lo stato entropicamente più disordinato conseguente al futuro sta al meno disordinato conseguente al passato come un irriconoscibile, e solo la coscienza come testimone lo rende riconoscibile.
Il passato, è dunque realmente il luogo, della coscienza? L'universo contiene solo trasformazioni reversibili, come in un modello ekpirotico e per eoni, e quindi passato e coscienza si implicano, oppure va verso la morte, o anche solo verso una variabilità tale da implicare l'irriconoscibile, e quindi passato e coscienza si oppongono, e il vivente fa da testimone di quanto secondo natura è "gettato" al non ritorno?
Quindi da un discorso in cui si è partiti dando per scontata l'esistenza della traccia di tempo lineare tra le trasformazioni, io propongo il trilemma della traccia che potrebbe non esistere, esistere, o non esistere nell'inorganico ed essere specificamente creata dalla vita cosciente, ma almeno due "corni" del trilemma implicano il nulla, poiché se non c'è traccia lineare intercorrente tra le trasformazioni, c'è l'irriconoscibile, se la vita testimonia della traccia, finita la vita, stante che essa non sia ciclica o eterna, finirà anche la traccia, e, per come credo di aver vagamente compreso la fisica moderna, non è esatto dire che la materia non è né corpuscolo né onda, ne che è corpuscolo e onda insieme, ma che è corpuscolo o onda a seconda delle circostanze, manifesta una possibilità trasformatoria in questo senso, quindi la presenza, o no, della traccia intercorrente tra le trasformazioni per ordinare il mondo anche qui ricorre; infatti il collasso della funzione d'onda, la decoerenza, gli esperimenti della doppia fenditura e dei percorsi laser, ci dicono che la materia è tutte e due le cose tra corpuscolo e onda, nel senso che si trasforma dall'una all'altra. Per completezza, andrebbe detto che è possibile una descrizione solo-ondulatoria della materia e non una solo-corpuscolare, ovvero anche la forma di corpuscolo può essere descritta come un'onda concentrata e statica e non viceversa, e questo significa che una descrizione dinamica prevale su una statica e non viceversa, abbiamo qualcosa che vibra nel vuoto-nulla, ma questo perché ogni oggetto è riducibile all'insieme della sue interazioni, non ha, in senso fisico, residuo ontologico una volta che si è descritto correttamente e completamente con che cosa esso interagisca, il che vuol dire anche che il tutto non è deducibile dalla parte, io giungo alla descrizione corretta e completa di un oggetto descrivendo con cosa esso interagisce, e ho ottime probabilità di restare ignorante sulla conoscenza di con cosa interagisce a sua volta la cosa che interagisce con l'oggetto che ho, sia pure correttamente, descritto, non dedurrò mai l'universo da nessuna delle sue parti, un sistema chiuso ha meno informazione, e quindi meno stati possibili, dello stesso sistema osservato da un terzo elemento/osservatore, non solo l'universo, se lo osservo, mi mostra aspetti di sé stesso a caso, ma il fatto stesso che lo sto osservando aumenta la gamma di aspetti possibili da cui verrà "scelto" quello che mi mostrerà, quindi è il grande sogno filosofico e teologico del rapporto tra micro e macrocosmo che viene spazzato via dalla fisica moderna, e il detto "non sappiamo se sappiamo o se non sappiamo" mi rappresenta molto di più del detto "so di non sapere" : non possiamo sapere nemmeno quanto del mondo è grazie a noi, e quanto sarebbe stato, anche senza di noi, la prudenza riconduce ogni cosa che ci sembra frutto del nostro atto di creare, alla possibilità del molto più modesto atto di trovare.
PS il carattere del mio testo a volte più grande è un difetto di redazione, quindi non voglio attribuirgli alcun significato particolare.
L'uomo è la misura di tutte le cose. Tuttavia la logica e quindi la scienza non sono attrezzate sul problema dell'esistenza del nulla.
Logicamente l'esistenza del nulla è contradditoria: se il nulla esiste allora il nulla non esiste; se il nulla non esiste allora il nulla esiste.
Una meravigliosa rappresentazione grafica-logica di questa contraddizione è offerta dall'insieme vuoto della teoria degli insiemi di Cantor, dalla quale si evidenza che il nulla non è la negazione dell'ente o diveniente, che, per inciso, per me sono equivalenti:
A U 0 = A
A U \A = 0
dove U è il simbolo di unione e \ di negazione
Questa è la massima espressione grafica-logica della contraddizione dell'esistenza del nulla
O =
Il vuoto non mi appare proprio vuoto, ma popolato di onde gravitazionali, di radiazioni elettromagnetiche, di masse, di energia, di osservatori, di scienza e di filosofia, di domande, risposte e contraddizioni.
Sono perfettamente d'accordo che la materia non sia solida, però eviterei di sbatterci la testa. Mi basta come ho già detto, una insignificante differenza, un granellino di sabbia, per la mia conclusione: le cose non sono o divengono nulla.
PS
I miei genitori sono morti da diversi anni, il lutto è finito, non è una tragedia, non provo dolore ma un buon ricordo affettuoso.
Citazione di: baylham il 31 Gennaio 2021, 12:04:47 PM
Logicamente l'esistenza del nulla è contradditoria: se il nulla esiste allora il nulla non esiste; se il nulla non esiste allora il nulla esiste.
Una meravigliosa rappresentazione grafica-logica di questa contraddizione è offerta dall'insieme vuoto della teoria degli insiemi di Cantor, dalla quale si evidenza che il nulla non è la negazione dell'ente o diveniente, che, per inciso, per me sono equivalenti:
A U 0 = A
A U \A = 0
dove U è il simbolo di unione e \ di negazione
Questa è la massima espressione grafica-logica della contraddizione dell'esistenza del nulla
O =
Ho provato a ripassare un po' di insiemistica e, correggimi se sbaglio, mi pare che l'unione (U) fra A (insieme pieno) e ~A (non-A) non corrisponda a Ø (insieme vuoto) né a 0 (zero), ma all'unione di A con tutto ciò che è non-A; quindi, verosimilmente, il risultato sarà A più l'infinto al suo esterno.
L'intersezione (∩) fra A e ~A è Ø, essendo appunto uno la negazione dell'altro.
Riguardo «O = » (cit.) è logicamente completabile in «O = O», a dimostrazione di come non vi sia alcuna contraddizione, ma una semplice identità
concettuale, seppur priva di identità empirica e referente
estensionale, ma avente comunque un'esistenza logico-astratta (per questo possiamo formalizzarla e parlarne).
Salve baylham. Non farmi troppo caso se mi permetto di fare un poco di umorismo alla faccia dei geni della logica (d'altra parte l'umorismo penso sia meglio di nulla). Perciò inserisco miei commenti
grassettati all'interno del tuo testo :
Citazione di: baylham il 31 Gennaio 2021, 12:04:47 PML'uomo è la misura di tutte le cose. Tuttavia la logica e quindi la scienza non sono attrezzate sul problema dell'esistenza del nulla.(Giustamente. Tu troveresti sensato star ad attrezzare un camper per intraprendere un viaggio verso il nulla ?).
Logicamente l'esistenza del nulla è contradditoria: se il nulla esiste allora il nulla non esiste; se il nulla non esiste allora il nulla esiste. (Allora facciamo come gli imbecilli come me : se il nulla non esiste, allora non esiste).
Una meravigliosa rappresentazione grafica-logica di questa contraddizione è offerta dall'insieme vuoto della teoria degli insiemi di Cantor, dalla quale si evidenza che il nulla non è la negazione dell'ente o diveniente, che, per inciso, per me sono equivalenti:
A U 0 = A
A U \A = 0
dove U è il simbolo di unione e \ di negazione
Questa è la massima espressione grafica-logica della contraddizione dell'esistenza del nulla
O =(Vedi, il dimostrare la contradditorietà di ciò che manca (che non esiste, il nulla appunto) non mi sembra esercizio meraviglioso, ma futile - al massimo divertente. Infatti consiste nell'utilizzare qualcosa che esiste (la logica, dei simboli, etc.) per supporre ciò che non esiste. In questo caso non è il nulla ad essere contradditorio (come farebbe, visto che non esiste ?).......bensì è la logica ad esserlo !).
Il vuoto non mi appare proprio vuoto (se il vuoto ti appare non vuoto, vuol dire che non può esistere. L'impercepibile (al di fuori quindi della tua e nostra possibilità di percezione) può esistere solo consistendo in qualcosa (a meno che noi si stia parlando di VUOTO LOCALE, RELATIVO) altrimenti non potrebbe essere (impercepibile significa "esistente al di fuori dei nostri sensi" e non certo "inesistente") ma popolato di onde gravitazionali, di radiazioni elettromagnetiche, di masse, di energia, di osservatori, di scienza e di filosofia, di domande, risposte e contraddizioni.
Sono perfettamente d'accordo che la materia non sia solida (forse volevi dire "non sia monolitica"), però eviterei di sbatterci la testa. Mi basta come ho già detto, una insignificante differenza, un granellino di sabbia, per la mia conclusione: le cose non sono o divengono nulla.
PS
I miei genitori sono morti da diversi anni, il lutto è finito, non è una tragedia, non provo dolore ma un buon ricordo affettuoso.
Saluti.
Grazie Phil, mi hai anticipato, stavo per correggere, ho messo il segno dell'unione invece di quello dell'intersezione o prodotto logico e nell'ultima uguaglianza la O invece di 0.
La contraddizione per me è invece espressa chiaramente, graficamente, nella prima identità, dove il segno 0, l'esistenza del nulla, è identico allo spazio vuoto " ", l'inesistenza del nulla.
Sottolineo che \A è la negazione di A, non 0, quindi il nulla non è la negazione di un ente o diveniente che sia.
In breve che il nulla esista o non esista nulla cambia di A.
Citazione di: baylham il 31 Gennaio 2021, 12:04:47 PM
L'uomo è la misura di tutte le cose. Tuttavia la logica e quindi la scienza non sono attrezzate sul problema dell'esistenza del nulla.
L'uomo è la misura di tutte le cose.
Frase ancora attualissima, che andrebbe reinterpretata alla luce della nuova fisica , ed in effetti viene reinterpretata dalla MQ quando dice che le cose esistono solo nel momento in cui le misuriamo.
Cioè, quella che poteva sembrare una pedanteria filosofica è divenuta una necessità descrittiva.
Isolo con spaziatura questa frase per sottolinearne la rilevanza filosofica, che è quella che dovrebbe più interessare a noi.
Parimenti il nulla viene reinterpretato continuamente dagli scienziati, prestandosi addirittura ad essere un fil Rouge per scrivere una storia della scienza.
L'evoluzione della scienza è l'evoluzione del concetto di nulla, che esiste per quel che ne sappiamo solo come concetto.
Ma la stessa cosa possiamo e dobbiamo dire anche per "le cose" il cui concetto si è evoluto in parallelo, e non potrebbe essere diversamente , a quello del nulla.
Associare la realtà alle cose, piuttosto che al nulla è una distorsione culturale, e a dimostrazione di ciò i relativi concetti sono soggetti a revisioni e ripensamenti continui,mostrandosi quindi attrezzi preziosi , quanto malleabili, che consentono agli scienziati di far quadrare in modo accettabile le loro teorie, di modo che queste prendano forma oltre a mostrare sostanza di pratica utilità.
Questa forma comunque non è da confondere mai con la realtà intera , essendone semmai parte che si relaziona dinamicamente con la restante .
La realtà è fatta di nulla e di qualcosa solo nella misura in cui questi concetti fanno parte di noi, e, in quanto tali manipolabili,e , di fatto, storicamente e utilmente manipolati.
Potremmo delineare un quadro filosofico della nuova scienza nel seguente modo:
Quando indaghi la supposta concretezza delle cose ti accorgi che sono fatte di nulla più che altro, e quando indaghi il cosiddetto nulla ci trovi sempre qualcosa di troppo.
Questi sono i fatti.
Di fondo c'è un problema psicologico più che filosofico.
La nostra necessità di stabilità, che traduciamo con l'esigenza di stare coi piedi su qualcosa di concreto, tende a sorvolare sul fatto indiscutibile che il nostro rapporto con la realtà è dinamico, e che ciò che deriva da questo rapporto, compresi i concetti di qualcosa e di nulla, è quindi soggetto a cambiamenti continui.
Dal punto di vista della "statica" essi appaiono vaghi e sfuggenti, ma dal punto di vista della "dinamica" essi stanno facendo solo il loro lavoro, e nel farlo il nulla si sporca le mani e il qualcosa a volte sembra aver dimenticato a casa la tuta da lavoro , e come accade in certi incubi, si trova nudo in mezzo alla folla.😄
Citazione di: iano il 07 Gennaio 2021, 02:39:20 AM
Se si può partire da qualcosa per giungere logicamente al nulla , perché non si può partire dal nulla per giungere a qualcosa?
Da un punto di vista logico non c'è alcun impedimento e la nostra innegabile preferenza per un verso piuttosto che l'altro è dunque significativa.
Ma le cose stanno cambiando . Nella fisica moderna il nulla guadagna consistenza e il qualcosa diventa sempre più vago.
Impossibile , come logica vorrebbe , non considerarli complementari.
Uno non può esistere senza l'altro, e quindi logicamente uno vale l'altro.
La nostra preferenza in Occidente si è manifestata storicamente nell'orrore per la vacuità .
Si preferiva un universo uno, seppure non compatto.
Se si presentavano buchi si coprivano con eterea pezza.
Maxwell l'ha chiamata campo.
Einstein geometria dello spazio tempo, salvo poi ripensarci, quando si è reso conto che questa geometria possedeva una anima vibrante di onde gravitazionali, rievocando l'etere, senza nominarlo.
A farla breve , nei racconti degli scienziati il qualcosa e il vuoto sembrano scambiarsi continuamente il ruolo , come è logico che sia., vista la loro natura perfettamente speculare.
Siamo invitati dunque a cambiare le nostre preferenze , o meglio a non averne, se non per necessità narrativa.
Così abbiamo accumulato diversi racconti dove qualcosa e nulla si scambiano i ruoli, funzionando tutti bene e dove forse il narratore più disinvolto è stato Newton.
La morale della favola è che dovremmo essere più disinvolti e meno seriosi nell'indagare il mondo coi limiti dei nostri attrezzi riposti nella loro cassetta dove c'è tutto e niente.
Se ci fosse il nulla e non qualcosa salterebbe la teoria del big bang, salterebbero interi laboratori, intere schiere di scienziati e sopratutto intere file di investimenti. :D
Mi sa che questa disinvoltura
non ce la possono fare :D
Ciao Green.
Direi che hai sintetizzato alla perfezione.
Quel qualcosa , per il tanto o nulla che vale, ha il valore del nostro rapporto con la realtà.
Alla fine si riesce a dire qualcosa di veramente serio solo quando smettiamo di prenderci troppo sul serio. :D
L'uomo è misura di tutte le cose, per cui ogni uomo ha la sua misura.
Condivido in parte le tue considerazioni sull'evoluzione della scienza rispetto alla materia, alle cose, non condivido assolutamente che le cose siano o diventino nulla, in entrambi i sensi, dal nulla a qualcosa e da qualcosa al nulla.
Non penso di avere rapporti con la realtà, ma di essere parte della realtà e non un nulla. Realtà che non esiste, in coerenza con i risultati espressi dalla meccanica quantistica e dalla fisica contemporanea, come da te riferiti, "dato che non è misurabile".
Qualche volta mi svegliava di soprassalto l'incubo di scivolare nel vuoto tipico dell'alpinista lungo una cengia, ma era paura della morte, non del nulla. Sei sicuro che il problema psicologico, il disagio, l'orrore del nulla non sia il tuo? Preferirei discutere di filosofia, di scienza, di logica, non di psicologia sul tema in oggetto (eccetto l'inconscio di Freud che forse è attinente). Altrimenti non lamentare che si discuta di coscienza e di morte.
Mi sono scervellato con gusto diverse notti a riflettere sul nulla per giungere alla sopra esposta contraddizione, l'ironia è più che sufficiente.
Citazione di: baylham il 31 Gennaio 2021, 21:19:12 PM
L'uomo è misura di tutte le cose, per cui ogni uomo ha la sua misura.
In effetti abbiamo due punti di vista abbastanza diversi.
Lo capisco dalla suddetta tua interpretazione della famosa frase da te citata.
Io per uomo intendo umanità, e per misura intendo scienza, e non il risultato di una esperienza soggettiva, per quanto condotta con coscienziosità e rigore.
Ma come appunto dicevo , la,frase si presta a diverse interpretazioni.
Io comunque non mi sono lamentato della deriva data alla discussione ,cosa a cui io stesso sono colpevolmente aduso, ma al suo completo deragliamento.
Deragliamento dovuto alla associazione nulla morte.
Volevo parlare di un nulla al quale rivendico vitale attualità nel suo dipanarsi storico concettuale, che sopravvive rivitalizzandosi alle caduche generazioni umane.
Salve iano. Citandoti : "Deragliamento dovuto alla associazione nulla morte.
Volevo parlare di un nulla al quale rivendico vitale attualità nel suo dipanarsi storico concettuale, che sopravvive rivitalizzandosi alle caduche generazioni umane".
Ma allora, se capisco quanto tu rivendichi qui sopra, a te non interessava aprire un topic sul nulla quale ipotetica entità (entità : "ciò che esiste - quindi è causa di effetti - pur non risultando in qualcosa di ulteriormente specificabile")...............bensì intendevi trattare del nulla quale puro concetto.
Quindi saresti d'accordo sul fatto che il nulla non esiste (quale noumeno,cioè quale "cosa in sè"), ma ne esiste il concetto astratto, inteso come evocazione di una assenza del qualcosa?. Saluti.
In effetti la logica è un processo particolarmente semplice.
Tuttavia, forse proprio a causa della sua semplicità, non è raro che ci conduca a risultati erronei.
Perché la difficoltà non è tanto nello strumento in sé, che seppur semplice non è tuttavia banale, ma nel decidere come alimentarlo.
Sono infatti sempre le informazioni che utilizziamo in ingresso a determinare la correttezza del ragionamento logico.
Perché se questi input sono corretti lo sarà anche necessariamente il risultato. Ma se non lo sono, l'errore è inevitabile.
Considerare per esempio il vuoto come sinonimo del nulla determina inevitabilmente un errore logico.
Perché il vuoto non è nulla, ma è puro spazio.
Così come presumere di poter attualizzare l'infinito, coma fa Cantor con il suo teorema. Un teorema fasullo. Tanto osannato da chi gioca con l'infinito. Senza accorgersi che lo stesso procedimento applicato ai numeri naturali ne dimostrerebbe la non numerabilità...
Semplicemente anteponendo ad ogni numero tanti zeri quanti ne sono necessari.
Il nulla è il non esserci.
Ed essendo la negazione dell'esserci trae tutta la sua forza dall'esserci stesso, negandolo.
Qualche esempio dell'esistenza della mancanza, e quindi del nulla:
L'universo è illimitato ma finito.
Cosa c'è fuori? Il Nulla!
Ritenere che vi sia il vuoto è prima di tutto un grave errore logico!
Prima del Big Bang cosa c'era?
Il Nulla!
Pensare ad un "prima" è un altro errore.
Quale è la mia origine e quale sarà la mia destinazione?
Ma il Nulla!
Che altro dovrebbe mai essere...
Citazione di: viator il 31 Gennaio 2021, 22:22:18 PM
Salve iano. Citandoti : "Deragliamento dovuto alla associazione nulla morte.
Volevo parlare di un nulla al quale rivendico vitale attualità nel suo dipanarsi storico concettuale, che sopravvive rivitalizzandosi alle caduche generazioni umane".
Ma allora, se capisco quanto tu rivendichi qui sopra, a te non interessava aprire un topic sul nulla quale ipotetica entità (entità : "ciò che esiste - quindi è causa di effetti - pur non risultando in qualcosa di ulteriormente specificabile")...............bensì intendevi trattare del nulla quale puro concetto.
Quindi saresti d'accordo sul fatto che il nulla non esiste (quale noumeno,cioè quale "cosa in sè"), ma ne esiste il concetto astratto, inteso come evocazione di una assenza del qualcosa?. Saluti.
In un certo senso.
La nostra conoscenza procede per concetti astratti.
Ma l'astrazione è una relazione sulla cui natura si può discutere.
Si può pensare, io credo ingenuamente , a un rapporto diretto fra noi e la realtà ,in base a una relazione univoca, per quanto per altri versi sfuggente.
Questa visione porta storicamente a dolorose necessarie revisioni e imbarazzanti ritrattazioni.
Da questa lunga serie di penose vicende dovremmo credo trarre qualche conclusione infine, e in parte a ciò ci spinge anche la nuova scienza.
Esiste una realtà, ma non è fatta ne' di nulla ne' di qualcosa, essendo questi solo concetti che deriviamo dalla realtà, e che sono quindi relativi a noi quanto alla realtà, non dimenticando che quel noi non è statico, e che quindi una relazione univoca fra noi e quella realtà dovrebbe perciò apparire come retaggio di una concezione , appunto, ingenua.
A dimostrazione di ciò quei concetti siamo costretti a revisionarli in continuo , una pezza qui è una li' finché possiamo.
Naturalmente in una concezione che ritengo non ingenua invece ci sentiremo liberi di manipolare quei concetti e potrebbe rivelarsi una strategia più proficua.
Non esiste nessuna materia e nessun vuoto , ma esiste qualcosa che si può relazionare con questi concetti in un rapporto dinamico.
Non conosciamo i limiti di questa relazionabilita',ma il limite più grosso lo imponiamo noi quando la immaginiamo statica ed univoca con termini definibili, anche quando di fatto non ancora ben definiti, una volta per tutte.
La teoria degli insiemi, così come tutta la matematica, è inadatta a trattare il nulla.
Perché l'ambito della matematica è sempre e solo il qualcosa.
E il qualcosa è tale perché si distingue in un contesto.
Il contesto è esserci.
Non importa quanto allarghiamo l'ambito e quindi il contesto, è sempre esserci.
E l'esserci è il regno dei qualcosa.
Anche se ipotizziamo che non vi sia alcun qualcosa, quel "vi" significa che è sempre presupposto un contesto dove potrebbe esservi qualcosa.
Di modo che l'insieme vuoto si riferisce necessariamente a "qualcosa" di cui è vuoto.
Anche lo zero non ha alcun significato di per se stesso. Ma lo ha solo nel contesto a cui si riferisce.
Infatti, scrivere:
0 =
non ha alcun significato.
Mentre lo ha scrivere:
A - A = 0
Quindi lo zero, l'insieme vuoto, non hanno niente a che vedere con il Nulla. Perché sempre relativi all'esserci.
Mentre il Nulla è negazione dell'esserci.
È perciò lo stesso contesto ad essere negato.
Concetti come zero o insieme vuoto sono inapplicabili. Come qualsiasi altro concetto, che non sia appunto la negazione dell'esserci.
Il Nulla non può essere oggetto originario di un pensiero da cui poter derivare secondariamente l'Essere, in quanto, se da un punto di vista semantico-concettuale Essere e Nulla sono idee reciprocamente implicabili nel loro significato (il pensiero di uno implica l'altro e viceversa), dal punto di vista fenomenologico-intuitivo, cioè il punto di vista che considera il pensiero nella sua attività concreta e dinamica di apprensione della realtà, ogni atto di pensiero richiede sempre il pensare "qualcosa", cioè il pensare che ciò che sto pensando è qualcosa di altro dal Nulla, cioè il pensare l'Essere, cosicché l'idea dell'Essere è presenza necessaria e universale di ogni possibile pensiero. In un certo senso lo è anche il Nulla, in quanto il pensiero di un'idea implica anche la comprensione del significato dell'idea opposta, per avere il pensiero dell'Essere devo avere anche il pensiero del Nulla, ma, come detto, questa reciprocità vale dal punto di vista statico "formale" delle relazioni fra concetti, non da quello dinamico e psicologico degli atti di pensiero: l'Essere è una nozione costantemente oggetto di un atto, di un'intuizione della mente: quando penso a un albero, a una pietra, a una persona, penso anche che questi enti sono "qualcosa", oggetti in qualche modo determinabili con delle proprietà da attribuire nei giudizi, qualcosa di diverso dal Nulla, cioè il pensiero di questi enti è sempre fondato e accompagnato dal pensiero dell'Essere come categoria onnicomprensiva. Da questo punto di vista, mentre il pensiero del Nulla, pur implicato in quello dell'Essere, può essere visto come frutto di un'astrazione derivata, per cui penso l'Essere, e poi, per negazione, penso anche il suo opposto, il pensiero dell'Essere è un pensiero diretto, in quanto l'Essere è proprietà che cogliamo come costantemente presente nelle cose che sono oggetti concreti degli atti di pensiero nella nostra esperienza storica: in sintesi, si può dire che mentre il pensiero del Nulla è una deduzione che esplicita un concetto implicito nell'Essere, un suo corollario, per quanto in rapporto di opposizione, l'Essere è oggetto di un'intuizione diretta, in quanto presente in ogni oggetto che il pensiero concretamente apprende. L'Essere è contenuto dell'intelletto, intuitivo e immediato, il Nulla è contenuto della ragione mediatrice.
Il vuoto di cui parla la fisica, mi pare possa essere inteso in due modi, o come un'approssimazione per indicare uno spazio di cui non si riesce provvisoriamente a indagarne i contenuti, oppure nello stesso senso in cui si intende filosoficamente il Nulla. Nel primo caso non si può parlare di coincidenza tra vuoto e Nulla, dato che il "vuoto" indicherebbe un'assenza che non è reale, ma solo espressione di un provvisorio limite del nostro sapere sulla realtà, (esattamente come il "caso"...), mentre il Nulla dovrebbe essere opposizione reale ed assoluta all'Essere, non un Essere non ancora riconosciuto come tale. Se si invece si vuole far coincidere pienamente i due concetti allora, mi pare, va da sè, che anche il vuoto della fisica risponda alle stesse caratteristiche che in sede filosofica sono attribuibile al Nulla, nei modi in cui ho provato a parlarne prima. In quanto determinazione del pensiero umano, la fisica come ogni altra scienza segue i princìpi necessari del pensiero, individuabili filosoficamente, compresa per l'appunto l'universalità della presenza dell'idea dell'Essere come fondatrice di ogni altro pensiero e di ogni concettualizzazione, e nessuna scoperta fisica può detronizzare questi princìpi senza che la stessa razionalità soggetto della scoperta finisca con l'invalidarsi.
Citazione di: davintro il 01 Febbraio 2021, 17:50:00 PM
Il vuoto di cui parla la fisica, mi pare possa essere inteso in due modi, o come un'approssimazione per indicare uno spazio di cui non si riesce provvisoriamente a indagarne i contenuti, oppure nello stesso senso in cui si intende filosoficamente il Nulla. Nel primo caso non si può parlare di coincidenza tra vuoto e Nulla, dato che il "vuoto" indicherebbe un'assenza che non è reale, ma solo espressione di un provvisorio limite del nostro sapere sulla realtà, (esattamente come il "caso"...), mentre il Nulla dovrebbe essere opposizione reale ed assoluta all'Essere, non un Essere non ancora riconosciuto come tale. Se si invece si vuole far coincidere pienamente i due concetti allora, mi pare, va da sè, che anche il vuoto della fisica risponda alle stesse caratteristiche che in sede filosofica sono attribuibile al Nulla, nei modi in cui ho provato a parlarne prima. In quanto determinazione del pensiero umano, la fisica come ogni altra scienza segue i princìpi necessari del pensiero, individuabili filosoficamente, compresa per l'appunto l'universalità della presenza dell'idea dell'Essere come fondatrice di ogni altro pensiero e di ogni concettualizzazione, e nessuna scoperta fisica può detronizzare questi princìpi senza che la stessa razionalità soggetto della scoperta finisca con l'invalidarsi.
La fisica si guarda bene dal teorizzare un vuoto assoluto e pure dal farci sopra dei ricami metafisici. All'epoca di Torricelli si chiamava vuoto una differenza di pressione che conteneva ancora parecchie molecole al suo interno. Oggi possiamo fare gli stessi esperimenti in un laboratorio spaziale in cui il vuoto è decisamente più consistente, ma rimane comunque un qualcosa definito dalla rarefazione delle particelle. Le ultime teorie fisiche hanno ipotizzato la "granularità" della spaziotempo tagliando definitivamente, in fisica, la testa al toro Nulla. Horror vacui ? Non so. Intanto i fisici vanno avanti per la loro strada.
Il sogno inconfessato di molti lettori di fantascienza è stato quello di partire su un astronave alla scoperta dell'universo.
Ma la fantascienza ha dovuto cedere il passo alla scienza in fatto di meraviglie e sorprese con le quali sollazzare la nostra fantasia.
Questo significa che quel viaggio è iniziato, ma non tutti, non avendolo scelto, sono coscienti di essersi imbarcati.
Quelli che ne hanno invece coscienza si saranno già accorti che le aspettative , quantomeno nella loro forma, andranno deluse, ma ciò che dovrebbe importare , così si consoleranno , è la sostanza.
La sostanza è quella di un progresso , che in verità non si è mai arrestato, nella nostra interazione con la realtà, la cui esistenza si può convenientemente supporre, se non proprio provare, perché ciò ci semplifica la vita e la comprensione delle cose.
Il pianeta che stiamo abbandonando non è propriamente la terra. Non necessariamente.
Stiamo abbandonando un modo di relazionarci con ciò che è altro da noi, con quella supposta realtà altro da noi.
Stiamo certamente semplificando nel delineare questo confine, perché come tutti i confini, quando poi li si cerca sul campo si mostrano sfuggenti.
Ma ci serve ciò per giustificare la dinamica del processo di conoscenza, come risultato di una relazione fra due distinti supposti tali.
Ma cercare di comprendere la natura intima e sostanziale di questi due distinti, anche per la loro genesi ipotetica è tutto un altro paio di maniche.
Ciò nonostante si tende a spingersi con le semplificazioni oltre il necessario, affermando che ciò che risulta dalla relazione di questi due ipotizzati distinti, sebbene perfettibile, equivalga alla loro sostanza, che è fatta di materia come di nulla, o vuoto ( preferisco in questa discussione continuare a prescindere dalla loro differenza , per semplicità) e di quant'altro ( termine orribile, ma che qui ci stava bene).
Abbandonare, se fosse necessario, o modificare anche profondamente le attuali risultanze concettuali di questa relazione fra distinti, è un po' come decidere di abbandonare il mondo sensoriale ,in favore di un mondo variato, se non aumentato, laddove credo impropriamente sia di moda parlare invece di realtà aumentata.
La realtà non può essere aumentata ovviamente , ma la contraddizione che questo modo di dire ci regala è forse indice di una nuova, quanto ancora confusa , presa di coscienza.
L'uomo che oggi si imbarca sull'astronave in partenza crede di essere lo stesso che sognava di prendere come residenza l'universo, ma si sbaglia. È un altro uomo il quale ha avuto la fortuna di vivere più vite in una.
Quello di cui si va' alla scoperta non sono nuovi pianeti e nuove galassie susseguentesi in una fantastica teoria di vuoti e di pieni, ma nuovi concetti che per comodità, più che altro, manterranno , almeno all'inizio, una parentela coi vecchi, per quanto problematica, come appunto succede spesso fra parenti, così uguali sulla carta, ma così diversi nei fatti.
È possibile , nello svolgersi di questo viaggio, che alcuni di noi si ritrovino con una sensazione di deja ' vu, come se questo viaggio l'avessero già fatto, e , arrivati alla meta , avere la piacevole sensazione di trovarsi a casa propria, cosa che li ripagherà delle avverse emergenze del viaggio. Uno di quei viaggi che mentre li fai,e col senno di poi, non avresti mai intrapreso.
Un viaggio che si chiama vita.
Questo rendere simile il nulla al vuoto, a mio parere non è corretto.
Del vuoto e pieno ne hanno argomentato da Democrito ad Anassagora, vale a dire i presocratrici quando tentarono di capire la natura. Se non ricordo male ,persino Cartesio riteneva che non ci fosse il vuoto (che non è il nulla).
Il nulla non mi pare nemmeno poter indicare la negazione dell'essere, vale adire il non-essere che non equivale a nulla, perchè il non-essere è ancora predicabile nella dialettica negativa, nella paralogia, il nulla è un termine più annichilito di un "niente" o di un numero come lo "zero"., anche se l'uso comune della parola niente e nulla è simile.
Già la sua definizione grammaticale, come pronome indefinito e invariabile che lo riconduce appunto essendo invariabile come avverbio, diventa una sostantivizzazione .
Non mi trovo molto d'accordo nemmeno con le definizioni di treccani e wikipedia del termine nulla in filosofia. Loro tendono a far partire dalla celeberrima frase di Parmenide che se l'essere è non può anche non essere, per cui il divenire non esisterebbe; Platone accetterà invece la tesi perché il divenire è talmente evidente che non si può negare, per cui accetterà sia l'essere come termine ,diciamo eterno contrapposto al divenire .Ma l'immutabilità dell'essere rimane nella metafisica come principio originario e vero, mentre il divenire mutevole delle molteplicità degli enti rimane il dominio della falsificazione.
La frase altrettanto forte di Severino che l'essere non può venire dal "nulla" o finire nel "nulla" è l'assurdo logico che è più forte della contraddizione
L'alterità citato dal dizionario di filosofia treccani ,per me non è niente affatto il nulla, è "alterazione", è diversità per giustificare nel Sofista di Platone la molteplicità degli enti e non ha a che fare con il nulla. Quando nel Sofista, lo straniero si pone dialetticamente con Teeteto e gli dice che i contrari di bello e giusto, non-bello, non-giusto, sono di pari entità designatrice e identificatrice di un qualcosa ,non di un nulla dimostrando che la negazione di un ente è un altrettanto ente.
Il nulla non è ad esempio un anti-universo o un contro-universo rispetto al nostro universo , in quanto per quanto fantastico per chi potrebbe pensarlo rispetto all'universo che "è", è un altro "è" contrario al nostro, sarebbe una "alterità" un qualcosa di altro rispetto al nostro universo.
Il nulla è quindi più che un niente, un vuoto, uno zero, è un assurdo, ma proprio perche non è nemmeno un "non-è".
Quindi per me il nulla è un assurdo .
Citazione di: iano il 31 Gennaio 2021, 21:36:38 PM
Citazione di: baylham il 31 Gennaio 2021, 21:19:12 PM
L'uomo è misura di tutte le cose, per cui ogni uomo ha la sua misura.
In effetti abbiamo due punti di vista abbastanza diversi.
Lo capisco dalla suddetta tua interpretazione della famosa frase da te citata.
Io per uomo intendo umanità, e per misura intendo scienza, e non il risultato di una esperienza soggettiva, per quanto condotta con coscienziosità e rigore.
Ma come appunto dicevo , la,frase si presta a diverse interpretazioni.
Io comunque non mi sono lamentato della deriva data alla discussione ,cosa a cui io stesso sono colpevolmente aduso, ma al suo completo deragliamento.
Deragliamento dovuto alla associazione nulla morte.
Volevo parlare di un nulla al quale rivendico vitale attualità nel suo dipanarsi storico concettuale, che sopravvive rivitalizzandosi alle caduche generazioni umane.
Anch'io intendo l'assioma di Protagora come te e non può essere diversamente posto che chi vede la realtà attraverso un microscopio o telescopio vede, ed è in grado di misurare,
qualcosa, laddove chi non dispone di quegli strumenti vede Nulla. Ma anche chi vede una realtà aumentata attraverso un tubo, al di fuori del tubo non vede un tubo, per cui è necessario che la realtà si formi attraverso una pluralità di tubi fisici e mentali .
Parlo di
necessità non arbitrariamente perchè di mezzo ci va il fare e non solo il pensare. Fino ai tempi di Bach i musicisti taravano i loro strumenti con le canne dell'organo della chiesa municipale il che rendeva impossibile suonare assieme a musicisti di altre municipalità con diapason diversi. La misura di tutte le cose è plurale e va presidiata in musei e dizionari per poter fare e comunicare qualsiasi cosa.
Tornando al nulla metafisico esso non è il vuoto e neppure la morte perchè entrambi sono qualcosa. Forse assomiglia più all'ignoto (che sgomentava Pascal, ma non Gagarin). Il nulla metafisico è un limite, come l'infinito (apeiron), irraggiungibili e postulabili solo concettualmente; svaporanti appena il limite sia superato. Avendo chiara questa natura concettuale, gli
assoluti si, e ci, liberano da tante paturnie metafisiche.
@Ipazia.
Concordo.
Ma aggiungo che se il nulla è concettuale , lo è anche il qualcosa.
Il fatto che storicamente abbiamo avuto preferenza alla manipolazione del qualcosa , piuttosto che del nulla, nei nostri laboratori , e che ci sia stata quindi una disparità di trattamento , non cambia il fatto che qualcosa e nulla nascono concettualmente con parto gemellare, e non cambia anche se qualcosa ci sembra toccare con mano piuttosto che nulla.
Che ci sia la sensazione di un contatto diretto con la realtà, tattile, non mi sembra un argomento dirimente , se ci si pensa bene.
Che argomento sarebbe.....questo esiste perché lo tocco?
Naturalmente viene facile da dire, sembra banale, ma proprio per questo diffido di questo argomento.
L'ovvio è un velo da sollevare.
Detto ciò, quanto adesso affermo, qui lo dico e qui lo nego, nel senso che è un pensiero in divenire.
Non credo che si possa eliminare la metafisica, ma anzi occorre rivalutarla come va' rivalutato il nulla, perché così come i confini del nulla e del qualcosa tendono a sfuggire quando li indaghiamo da vicino, lo stesso vale per i confini fra la fisica e la metafisica.
Comunque nel dubbio continuo a tifare per la fisica, perché va' anche bene perdere la buona sensazione tattile dei piedi per terra, ma sollevando un piede per volta..😊
Saggia decisione, anche perchè in questo pianeta per organismi con la nostra massa e caratteristiche somatiche la forza di gravità non perdona e si rischia di perdere pure quel poco di qualcosa che ci riguarda assai da vicino. Prima che il nulla scenda sulle nostre vite. O le accolga, secondo la preferenza personale.
Citazione di: Ipazia il 02 Febbraio 2021, 18:44:53 PM
Parlo di necessità non arbitrariamente perchè di mezzo ci va il fare e non solo il pensare. Fino ai tempi di Bach i musicisti taravano i loro strumenti con le canne dell'organo della chiesa municipale il che rendeva impossibile suonare assieme a musicisti di altre municipalità con diapason diversi. La misura di tutte le cose è plurale e va presidiata in musei e dizionari per poter fare e comunicare qualsiasi cosa.
Questa tua osservazione ,pur considerandola pienamente condivisibile, ha continuato a girarmi nel cervello , e quindi sento il bisogno di commentarla comunque.
Mi chiedo se questa "necessità " sia stata sentita a un certo punto , da diventar leva per la costruzione di sistemi di registrazione dell'esperienza da tramandare, oltre il mezzo orale, o seppure , questa costruzione, qualunque sia stata la spinta che l'abbia promossa, non poteva poi non avere i suoi effetti, come succede per tutte le tecnologie una volta che vengono in essere.
Tutto ciò sembra aver avuto conseguenze positive, ed è bene sottolineare ancora che si tratta di tramandare l'esperienza umana.
Se viene avversata il motivo potrebbe risiedere nel fatto che diventi un vincolo nella naturale tensione a trasmettere la propria esperienza.
Bisogna specificare adesso ,scritto o verbale, quale tipo di racconto stiamo facendo.
Riesco a immaginare un tempo del mito in cui, o non saprei come meglio dire, in cui questa distinzione non era necessaria. Non era ancora nato l'oggettivo perché del soggettivo non si aveva cognizione.
Non dovrebbe essere difficile qui osservare come fisica e metafisica nascano insieme.
edit
Citazione di: iano il 05 Febbraio 2021, 10:28:49 AM
Citazione di: Ipazia il 02 Febbraio 2021, 18:44:53 PM
Parlo di necessità non arbitrariamente perchè di mezzo ci va il fare e non solo il pensare. Fino ai tempi di Bach i musicisti taravano i loro strumenti con le canne dell'organo della chiesa municipale il che rendeva impossibile suonare assieme a musicisti di altre municipalità con diapason diversi. La misura di tutte le cose è plurale e va presidiata in musei e dizionari per poter fare e comunicare qualsiasi cosa.
Questa tua osservazione ,pur considerandola pienamente condivisibile, ha continuato a girarmi nel cervello , e quindi sento il bisogno di commentarla comunque.
Mi chiedo se questa "necessità " sia stata sentita a un certo punto , da diventar leva per la costruzione di sistemi di registrazione dell'esperienza da tramandare, oltre il mezzo orale, o seppure , questa costruzione, qualunque sia stata la spinta che l'abbia promossa, non poteva poi non avere i suoi effetti, come succede per tutte le tecnologie una volta che vengono in essere.
Tutto ciò sembra aver avuto conseguenze positive, ed è bene sottolineare ancora che si tratta di tramandare l'esperienza umana.
Se viene avversata il motivo potrebbe risiedere nel fatto che diventi un vincolo nella naturale tensione a trasmettere la propria esperienza.
Bisogna specificare adesso ,scritto o verbale, quale tipo di racconto stiamo facendo.
Riesco a immaginare un tempo del mito in cui, o non saprei come meglio dire, in cui questa distinzione non era necessaria. Non era ancora nato l'oggettivo perché del soggettivo non si aveva cognizione.
Non dovrebbe essere difficile qui osservare come fisica e metafisica nascano insieme.
La necessità di trasmettere la propria esperienza è originariamente di ordine pratico. I papiri più antichi trattano prevalentemente di contabilità. Lo scriba è un funzionario statale. La letteratura arriverà molto dopo, quando si perfezioneranno i sistemi di produzione della "carta" su cui memorizzare il pensiero. La standardizzazione del quale, in lingue fruibili da chiunque, è un passo necessario perchè la memorizzazione giunga a buon fine.
Fisica e metafisica nascono insieme e gli antichi la definirono
filosofia naturale fino ai tempi moderni. E' un sentire l'episteme che merita di essere rilanciato per defeticizzare la scienza e smagare gli esperti.