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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: Jacopus il 22 Novembre 2020, 23:02:00 PM

Titolo: Oltre Cartesio
Inserito da: Jacopus il 22 Novembre 2020, 23:02:00 PM
Impossibile sottovalutare Cartesio. È definito il filosofo che ha fondato la modernità. Forse le sue opere sono il vero passaggio tra Medio Evo ed Evo Moderno, piuttosto che un anomalo viaggio verso le Indie o la fine della guerra dei 100 anni.
Dobbiamo a lui, ad esempio, la definitiva emancipazione della filosofia dalla teologia. La "tradizione" per Cartesio non ha alcun senso e viene posta fra le cose "false" e "irreali". Il pensiero di Cartesio è teso verso la nuova scienza empirica, che viene reinterpretata però nel mondo delle idee. Bypassando Bacone è come se Cartesio volesse connettere Galilei a Platone. In questo credo sta parte  della sua grandezza.
Il cogito è la sua arma più potente. La coscienza del singolo è il suo pensiero. Il suo "pensare di pensare" è l'unico fatto reale. Straordinario che da questo movimento apparentemente solipsitico, sia derivato il dominio tecnologico dell'uomo sulla res extensa, in tutte le sue forme.
Detto questo, concordo con Heidegger quando si scaglia contro Cartesio, perché a lui imputa la scissione dell'uomo dalla natura. La mente cartesiana infatti può considerare lo stesso corpo, come un meccanismo da osservare, da gestire, da manipolare e di cui servirsi. Lo stesso processo sarà esteso in lungo e in largo nei successivi cinque secoli.
Quella res cogitans ha così trasformato il mondo, creando la gerarchia fra lei (superiore) e la res extensa ( inferiore).
Il modello cartesiano, per quanto ci possa sembrare assurdo, è ancora vivo fra noi. Molto di più di ogni altro modello filosofico successivo.
Ma oggi, di fronte alla constatazione che la res extensa è stanca di essere usata, e sta iniziando la propria nemesi, occorrerebbe salvare Cartesio da sé stesso. Poiché la soluzione non può essere il ritorno alla tradizione, perché significherebbe ingiustizia e sarebbe comunque improponibile (le donne chiuse in casa durante il ciclo?). Ma la soluzione è anche qualcosa che deve essere oltre Cartesio, mentre finora il pensiero è rimasto ancorato a lui.
È vero vi è tutta la tradizione illuministica che cerca di correggere quella visione, ma ne siamo sicuri? Lo slogan "soviet più elettrificazione" non è ancora cartesiano? E l'ubermensch per essere tale non aveva forse bisogno dei prodigi della tecnica razionalizzatrice e quindi cartesiana.
Cosa dobbiamo cercare oltre le colonne di Cartesio?


Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Ipazia il 23 Novembre 2020, 10:33:16 AM
Cosa dobbiamo cercare oltre le colonne di Cartesio?

Quello che le neuropsicoscienze e la cibernetica hanno già trovato e che potremmo chiamare il "principio di indeterminazione della res umana". Siamo contemporaneamente res cogitans ed extensa. Ma, variando il punto e le tecniche di osservazione, non è possibile determinare le due res contemporaneamente per cui bisogna ritenerle come le due (o più) polarità inseparabili di uno stesso fenomenologico antropos.

Tale soluzione epistemica risolve anche uno dei punti in cui, come dice InVerno, "la fiamma arde ancora": l'enigma psico-somatico umano e le sue funzioni "superiori". Quelle che Kant chiamava: trascendentali.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: paul11 il 24 Novembre 2020, 20:59:23 PM

Cartesio si è illuso sull'uomo calcolativo e ha consegnato da lui  passando per parecchi filosofi in poi fino ad oggi una conoscenza costruita con "calcolo" . Ha(nno) consegnato la filosofia alla tecnoscienza. Molte sarebbero le tematiche contraddittorie da problematizzare.
Ad esempio: che cosa è una "evidenza"?  Lui che ha creduto che chiarezza ed evidenza costruissero la certezza di una conoscenza.
Cartesio ha creduto che attraverso il metodo del dubbio e utilizzando la matematica si potesse costruire la conoscenza...forse la scienza, non sicuramente la filosofia.
Hai accennato sottolineando alcune problematiche.
L'etica ad esempio per Cartesio ,vien dopo la conoscenza, e in attesa che la scienza dirimi le nebbie dell'ignoranza, conviene scegliere....per convenienza. Fra il bianco e il nero ,scegliete il grigio: questo fu il suo consiglio. E traspare ciò che accadrà nei futuri quattro secoli .




Oggi, l'uomo calcolativo passando per le scissioni dell'io e delle cose, divenute soggetto ed oggetto, dallo stesso Cartesio, suggerito da Galileo, la conoscenza poteva costruirsi attraverso le grandezze misurabili , appunto le quantità matematiche. Con il tempo la cultura si è appiattita su una nuova forma di razionalismo dove per razionale si intendeva proprio la misurabilità di quantità di grandezze.
Così tutto ciò che per sua stessa ammissione non era misurabile ,le  qualità, divennero secondarie, anzi irrazionali. Il sogno, la speranza, le idee di solidarietà, fratellanza, l'amore,  sono forme non quantificabili, non matematicamente misurabili. Dove non poteva arrivare la matematica con la misura, e l'evidenza e la chiarezza, divenne buio come la notte.
Qualcosa si è evidenziato nel corso di questi secoli , quanto meno per correggere questa impostazione. Hai ben detto che Heidegger era contrario , perché ha un'impostazione diversa, e aveva capito che l'uomo calcolante aveva obnubilato le qualità umane (per quanto Heidegger sia già in sé un problema).


So solo che l'umanesimo non è  stato umano, e ci ha consegnato un uomo calcolativo e ormai prigioniero del suo stesso sistema: la tecnoscienza.
...ci sarebbe troppo da dire.....
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Ipazia il 24 Novembre 2020, 22:11:51 PM
Citazione di: paul11 il 24 Novembre 2020, 20:59:23 PM

L'etica ad esempio per Cartesio ,vien dopo la conoscenza, e in attesa che la scienza dirimi le nebbie dell'ignoranza, conviene scegliere....per convenienza. Fra il bianco e il nero ,scegliete il grigio: questo fu il suo consiglio. E traspare ciò che accadrà nei futuri quattro secoli .

Ettecredo. Cartesio è andato a morire di freddo in Svezia perchè altrimenti i cattolici talebani francesi l'avrebbero fatto morire di caldo. Non gli sarebbe bastata la sua sua "grigia" prudenza a salvare la pelle. Avesse avuto la libertà di scegliere la sua etica, col cavolo si buttava sul grigio. Erano gli anni di Galileo e del Santo Uffizio. C'era poco da scherzare col fuoco. Nei 4 secoli successivi ci siamo liberati dai roghi degli inquisitori grazie anche a Cartesio e Galileo che non ebbero molto da scegliere in campo etico.

CitazioneSo solo che l'umanesimo non è  stato umano, e ci ha consegnato un uomo calcolativo e ormai prigioniero del suo stesso sistema: la tecnoscienza.
...ci sarebbe troppo da dire.....

L'umanesimo ci ha liberato dai roghi di eretici. E su questo non c'è più nulla da dire. E' storia indelebile.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: paul11 il 26 Novembre 2020, 00:11:46 AM
Citazione di: Ipazia il 24 Novembre 2020, 22:11:51 PM
Citazione di: paul11 il 24 Novembre 2020, 20:59:23 PM

L'etica ad esempio per Cartesio ,vien dopo la conoscenza, e in attesa che la scienza dirimi le nebbie dell'ignoranza, conviene scegliere....per convenienza. Fra il bianco e il nero ,scegliete il grigio: questo fu il suo consiglio. E traspare ciò che accadrà nei futuri quattro secoli .

Ettecredo. Cartesio è andato a morire di freddo in Svezia perchè altrimenti i cattolici talebani francesi l'avrebbero fatto morire di caldo. Non gli sarebbe bastata la sua sua "grigia" prudenza a salvare la pelle. Avesse avuto la libertà di scegliere la sua etica, col cavolo si buttava sul grigio. Erano gli anni di Galileo e del Santo Uffizio. C'era poco da scherzare col fuoco. Nei 4 secoli successivi ci siamo liberati dai roghi degli inquisitori grazie anche a Cartesio e Galileo che non ebbero molto da scegliere in campo etico.

CitazioneSo solo che l'umanesimo non è  stato umano, e ci ha consegnato un uomo calcolativo e ormai prigioniero del suo stesso sistema: la tecnoscienza.
...ci sarebbe troppo da dire.....

L'umanesimo ci ha liberato dai roghi di eretici. E su questo non c'è più nulla da dire. E' storia indelebile.


Cartesio e pure Galileo hanno comunque potuto portare avanti le loro idee.
Il problema è che finiti i roghi dopo sono sorti nuovi fanatismi , chiamati estremismi di  comunisti e
nazi- fascisti oltre che i positivisti scientisti riduzionisti ,tutti atei ....tanti auguri con il delirio dell'IO.
I peggiori stermini di massa e due guerre mondiali sono imputabili alla modernità: fattene una ragione.
.....con una morale da basso ventre.....
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Ipazia il 26 Novembre 2020, 09:38:51 AM
Ce ne vuole prima di pareggiare il conto con i fanatismi abramitici, sanguinari fin da subito - per la componente cristiana, dopo l'editto di Costantino - e che dal muro d'Israele ai tagliagole islamici sono tuttora viralmente attivi. Con qualche recente pillola cristiana dall'Irlanda all'ex Yugoslavia. Il tutto in un tourbillon di preti benedicenti gli opposti eserciti del bene contro il male. Stranamente anche della medesima religione o setta. Ma i preti benedicevano comunque. Con più convinzione se il nemico era una chiara emanazione demoniaca di una religione o eresia avversa.

I crimini della "morale del basso ventre" durano finchè il basso ventre muore, il che accade regolarmente, falsificando i comportamenti beceri che vengono rapidamente superati. Al contrario, i crimini del "mondo dietro il mondo" non finiscono mai perchè fondati su ipse dixit infalsificabili e su demonizzazioni eterne. Anche se la poniamo sul piano di chi ce l'ha più lunga la pulsione omicida la "maestra di vita" dà un responso millenario inequivocabile nella disputa tra trascendenza e immanenza.

Veniamo alla pippa sull' "uomo calcolativo". Nessuno, da Galileo a Wittgenstein, ha esaurito la dimensione antropologica nel calcolo. Marx può essere accusato di tutto, ma non certo di essere stato compiacente verso il pensiero calcolante capitalistico borghese che decostruì fino alle fondamenta ponendo l'uomo, non quantificabile, nel suo focus progettuale sociale. Nietzsche ne fu tentato, ma presto se ne staccò, vedendo i grossolani limiti dell'utilitarismo mercatista da cui la sua "gaia scienza" si allontanò anni luce posizionandosi su un'etica-estetica altamente (im)moralistica, che feconderà il pensiero successivo nel bene e nel male.

Tralasciando il male, sepolto a Stalingrado, resta il bene ancora tutto da realizzare nella sua qualità umanistica, che non è roba da ragionieri. E neppure da talebani dell'Assoluto. Attivi o nostalgici.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Ipazia il 01 Dicembre 2020, 22:34:23 PM
Citazione di: Jacopus il 22 Novembre 2020, 23:02:00 PM
Impossibile sottovalutare Cartesio. È definito il filosofo che ha fondato la modernità. Forse le sue opere sono il vero passaggio tra Medio Evo ed Evo Moderno, piuttosto che un anomalo viaggio verso le Indie o la fine della guerra dei 100 anni.
Dobbiamo a lui, ad esempio, la definitiva emancipazione della filosofia dalla teologia...

E' veramente un passaggio epocale che cancella oltre mille anni di metafisica cristiana e riporta la filosofia ai sentieri interrotti della filosofia classica, riponendo l'ontologia (l'essere) pienamente nella misura umana immanente.

Il cogito è autosufficiente, a prova di dubbio, cosa che neppure un millennio di indottrinamento religioso cristiano e millenni di teismo avevano conseguito.

Neppure il contemporaneo, biscomunicato, Spinoza arriva a tanto dovendosi comunque fondare su un'entità trascendente per compiere la sua traversata verso l'immanenza del Deus sive Natura, non completamente liberata dal cordone ombelicale con la divinità che si realizzerà solo invertendo i termini del postulato in Natura sive Deus. Completando alfine, col cogito cartesiano, il viaggio verso la modernità liberata dai numi.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: viator il 02 Dicembre 2020, 12:05:38 PM
Salve paul11 : Citandoti : "I peggiori stermini di massa e due guerre mondiali sono imputabili alla modernità: fattene una ragione".

Hai ragione. Ma ciò non è accaduto per maggior perversità, aridità, mancanza di valori del pensiero materialistico moderno...........è accaduto solamente a causa della globalizzazione, la quale, già da un paio di secoli, ha incluso una molto maggiore efficacia e celerità nell'individuare e nell'eliminare fisicamente i nemici di turno di questo o di quello.

Si è trattato quindi di un perfezionamento del metodo, non dell'accanimento delle intenzioni. Fattene una ragione.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Jacopus il 02 Dicembre 2020, 17:09:05 PM
Citazione"I peggiori stermini di massa e due guerre mondiali sono imputabili alla modernità: fattene una ragione"


Steven Pinker, in "Il declino della violenza" fa una interessante classifica dei peggiori stermini nella storia dell'uomo. La classifica non è stata calcolata sulla base dei morti complessivi, ma sul rapporto fra morti e viventi fissando come base la popolazione mondiale a metà del XX secolo, il che mi sembra un metodo corretto.


Il primo posto è attribuito alla "Rivolta di AN Lushan", VIII secolo DC: se rapportate alla popolazione del XX secolo, si tratterebbero di 429 milioni di morti.
Al secondo posto ci sono le morti derivanti dalle conquiste mongole di Gengis Khan, del XIII secolo. Se rapportate alla popolazione del XX secolo, si parlerebbe di 278 milioni di morti.
Al terzo posto vi è la tratta degli schiavi mediorientali, fra il VII e il XIX secolo, che ha comportato, rapportandolo al numero dei viventi di metà del XX secolo, a 132 milioni di morti.
Al quarto posto vi è la caduta dei dinastia dei Ming del XVII secolo, che con lo stesso metodo, fa 112.000 milioni di morti.


La seconda guerra mondiale, in questa speciale classifica, con i suoi 55 milioni di morti è nona e la prima guerra mondiale è tredicesima.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: green demetr il 02 Dicembre 2020, 18:03:40 PM

Ciao, la modernità ovviamente.


Naturalmente servirebbe, e qualcuno prima o poi avrebbe dovuto aprire il post.
In effetti le cose da dire (pensando con la mia testa) e da studiare (se mai riesco a superare l'impasse che mi blocca da un quindicennio a questa parte, di leggere, leggere e ancora leggere) sono tante, e tutte di una gravità estrema in quanto a tempo rimasto e ultimi soldati del pensiero disponibili.


Anzitutto perchè parlo di gravità?
Perchè la filosofia, e i filosofi parlano tutti inequivocabilmente di post-modernità.
In tempi in cui la tecnoscienza comincia a prendere non solo voti, ma anche un primo principio di maggioranza parlamentare (immaginando la schiera degli intellettuali disposti a mò di parlamento) verrebbe quasi ovvio parlare di post modernità.
Ossia di liquidare l'intero pensiero, riaffermando la morte della filosofia, ossia sorpassando le vedove di Hegel. (post hegelismo, storicismo, tutte gli ideologismi della vecchia politica di sinistra) e al contempo servendo la filosofia come un museo di scienza naturali, con ogni filosofo ibernato nel suo tempo e nelle sue idee, presupponendole se non proprio dette "antiquate".
Naturalmente ogni accademico difenderà e con esso le istituzioni che lo sorvegliano, la modernità del pensatore a cui si sta dedicando in quel semestre.
Il modello lo sappiamo l'università come baronato, e i suoi studenti come cambiale per sovvenzioni statali, e sempre più private.
In un certo senso questo racchiude quello già detto da Paul, e vanamente contestato da Ipazia.
Naturalmente il soggetto reso oggetto, ossia istituzionalizzato, ossia reso mezzo, e non fine, dall'entità politica sovrana è esattamente quello che la modernità consegna alla cosidetta postmodernità.
L'obiettivo politico della modernità è sempre stato la completa estromissione della Chiesa dagli affari pubblici.
Direi che non ci siamo ancora, la chiesa è sempre pronta all'accomodamento delle cose, ma l'apostasi dei fedeli pende su di loro come una mannaia. Non ci siamo ancora.
Ciò detto, la postmodernità ha il difetto di dimenticare dunque l'intero movimento tellurico che la modernità continua ad esercitare sulla contemporaneità.
E' proprio questa dimenticanza che dovrebbe fare insospettire.
Perchè gli intellettuali stanno dimendicando completamente qualcosa che sta durando da oltre 400 anni?
Ed è qui, che con la mia testa rispondo: per via dell'impasse degli anni '70. Laddove la rivoluzione stava assumendo di già la forma inconscia di reazione, di blocco, di pietrificazione.
In una sola forma di "trauma a contatto con il reale".
Eppure i migliori filosofi a cavallo delle due guerre mondiali, avevano già avvisato di un NECESSARIO ritorno al RIPENSAMENTO della modernità.
E sì che negli anni 50 e 60, il ruolo della massificazione e dei suoi pericoli era già stato paventato, in maniera del tutto realistica.
Perchè lo strutturalismo è stato necessario? perchè di fronte al trauma dell'impossibilità delle rivoluzione, ossia ancora la ricerca dei valori che la rivoluzione francese aveva aiutato a focalizzare e tramandare immortalmente come LIBERTA', FRATERNITA', UGUAGLIANZA, ancora non potevano iverarsi nella vita di ogni giorno, confinati come animali fantastici nel regno delle utopie.
Pendenti come fantasmi, come pericolo, ed infine come delirio, scissione da sè, per infine DIMENTICARSI, con un atto di rassegnazione dell'intelletto, come forza di cambiamento, di propulsione politica progressista e diventare così come già avvenuto con il nazionalsocialismo, uno strumento nelle mani degli infiniti fascismi, nei demoni che abitano l'umanità fin dai primordi.
Ossia nel sogno sadico di rendere l'uomo pura res extensa.
Siamo già nel regno della bio-politica. Tema che già profetizzato da Nietzche, non so come, come primo sintomo dell'arrivo dell'epoca nichilista (e non già del pensiero nichilista, che abita telluricamente ogni nostro gesto, azione e pensiero, già oggi e ieri).
In questo i pensatori più grandi Nietzche e Severino si distanziano da Heidegger, in quanto Heidegger non tradisce mai DIO, nemmeno nel momento che anche lui profetizza, del suo smarrimento.
LA MORTE DI DIO, è già scritta nelle carte del destino.
La grandezza di Heidegger sta tutta nel suo titanismo, forse, e probabilmente senza forse, nel suo delirio di RESISTENZA.
Ma questo sintomo, è in realtà il sintomo del DESTINO.
Io come Heidegger stimo necessario ritornare a pensare il divino, come destino. La fine come l'inizio.
Ossia poichè nessuno può vedere la propria fine, il continuo inizio.
E questo continuo inizio si chiama pensiero pensante, riflessione se vogliamo togliere un pò della magia che risiede in quella parola.
Ma allora riflessione sulla utopia giammai nel suo rifiuto (della utopia).
La post modernità in virtù di quanto detto sopra è dimenticanza della modernità.
Ora bisogna capire perchè la modernità e non l'antichità.
Perchè Cartesio e non Hobbes e Locke, che invece in termini rigorosamente politici ne sono i veri dominatori,
E questo come capite, per un epoca come la nostra diventa quasi una capziosità.
Come ancora a domandarci di Cartesio?Direbbero i depensanti.
Ma ci prendiamo il tempo che serve, tutto il tempo.
La mia è solo una ouverture, un primo passo nell'impossibile (ossia nel detto impossibile).
Con la mia testa sempre lo dico da sempre e lo ricordo ancora una volta.
Cartesio perchè è il primo che INVENTA il soggetto.
Ossia lo pensa, lo vede chiaramente, e lo rende matema, oggetto razionale.
Il soggetto è un oggetto.
Una inversione ad U rispetto all'antichità, che ancora oggi sembra non essere capita.
Il soggetto è il punto (il punto di vista, ragazzi) che si trova nello spazio tempo, costruito in quanto coordinata, storica dunque, di spazio, ossia la serie degli oggetti (Peirce, Kant), e tempo, ossia il pensiero.
Quale è l'errore che viene imputato a Cartesio?
Quello come già detto da Jacopus e Paul, di aver reso coincidenti le due res, ossia di aver diviso, ciò che era indiviso.
Non sono d'accordo ovviamente con la materialista Ipazia, che vede proprio nella coincidenza una evidenza scientifica.
Ma non sono d'accordo anche (o almeno non del tutto) con Paul e Jacopus.
Certo la manualistica dice così.
Certo l'antichità pensava nell'unità della PHYSIS, che non era la nostra fisica, ma qualcosa di olistico e infinitamente più profondo di quanto mai le scienza potranno mai capire.
(La scienza non pensa, cit Heidegger).
Tutto ciò è vero.
Ma è altrettanto vero che nell'antichità MANCA il punto di vista.
Quando Cartesio introduce il demone del dubbio, è lì che siamo nel pieno della potenza della filosofia.
L'io penso, può anche sbagliarsi. Direi che è questo lo scoglio su cui si sono arenati tutti i grandi filosofi (tutti tranne Nietzche, ovvio).
La possibilità dell'errore, richiede la ricerca ultima non di un punto di vista. Ma "DEL" punto di vista.
Diciamo tanto Cartesio, ma in realtà questo era già Bruno e anzi Bruno va molto oltre Cartesio.
Ormai è noto che Cartesio era un Rosacroce.
La direzione di Cartsio non è mai quella che la filosofia successiva gli attribuisce.
E' anzi quella attribuzione, di avere appiattito il soggetto al suo oggetto, l'impossibilità di guardare tridimensionalmente, la filosofia di Cartesio.
In Cartesio la trascendenza ha un valore assoluto.
La sua matematica è solo lo strumento di DIO, non DIO.
E' vero che come ogni matematico cerca DIO, come se fosse LA MATEMATICA, il punto di vista assoluto. E così Bruno.
Sappiamo come sono finiti entrambe le esperienze, nella depressione Cartesio, e nell'immortalità etica in Bruno.
Ma senza comunitarismo, nessun rosacrocianesimo è stato ancora messo in atto. Nessuna arte muratoria, nessuna cabala.
La modernità è anche la magia, il ritorno alla grecità.
Un orizzonte virtualmente infinito, e che fa dell'infinito il suo punto d'approdo.
Troppo per il filosofo in brache, per il filosofo che non sa vedere oltre il palmo del suo naso.
La post modernità è il completo smarrimento del senso.
La morte di qualsiasi tentativo di ripresa della modernità.
L'incapacità di vedere Cartesio e Bruno, oltre Cartesio e Bruno.
Ossia nella loro direzione, nell'analisi metafisica dei loro errori, e non nell'appiattimento delle loro intuizioni, non nel dirottamento di un pensiero che già in nuce contiene tutte le istruzioni per NON CADERE nel MODERNO (figuriamoci nel post moderno).
Perchè il moderno non è altro che ciò che rimane come trauma, quando l'uomo è diviso, reso disponibile ad una analisi atomica, smembrato, reso cifra.
Infine arriveranno anche le grandi nemiche della filosofia che pensa il moderno, ossia i suoi incubi. La sociologia in testa, e subito dietro il suo carnefice la psischatria.
Ossia scienze del depensamento e della negazione dei valori di Libertà, Uguaglianza, Fraternità.
Scienze acefale, senza capo. Meri strumenti del potere politico (e siamo sempre nella modernità, lo STATO è LA MODERNITA', acefala anch'essa, intesa proprio come difesa dell'unità biologica, e giammai del vivente, il vivente è sempre dato in sacrificio al biologico, il bios come ultimo approdo del vivente, come ultima resistenza del vivente, poi si è morti, e forse si è già morti, non si è mai vissuti).


Ogni parola è un capitolo virtualmente infinito, e ovviamente ignorato.


La modernità è l'elefante nel negozio di cristalleria.
Bisogna uscire dalla condizione di uomini di carta, è ora di reincarnarsi in esseri viventi.
E poichè questa è carta....la pietrificazione è sempre dietro la porta.


E' per questo che la portante non è MAI l'azione, l'azione è sempre negata, bensì la teoria.
E' la teoria che va sempre vivificata e il pensiero tonificato con essa.
In ballo è la morte del pensiero, tout court, ma in primis quello del soggetto, il primo che va indagato (ripeto l'idealismo è l'unico che continua con Cartesio, al razionalismo DEVE seguire l'intellettualismo, ossia l'idealismo, ossia l'etica. Il Maestro Nietzche invece rompe con esso, e Heidegger ne evita la modalità di approccio susseguente, e quindi è costretto ad inventarsi una analitica diversa, ma proprio per proseguire nell'anima della modernità, non c'è fenomenologia d'altronde senza razionalismo, senza atomismo insomma, cambia l'orizzonte, quell'orizzonte che Cartesio non ha mai ritenuto di dover ridipingere rispetto al suo capolavoro, al suo Piano).


Ecco dunque alcuni punti condensati di quello detto oggi.


1. Post modernità come dimenticanza del problema della modernità
2. Problema della modernità come problema del punto di vista singolo invece che quello universale di Dio. (demone cartesiano, infinit mondi bruniano)
3. Pericolo di morte del pensiero tridimensionale, e accettazione supina del mondo bidimensionale res cogitans come res extensa.


se x è lo spazio e y è il tempo, ovviamente z è DIO.
il soggetto diventa divino, perchè è sempre stato tale.


Saluti bestie.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: green demetr il 02 Dicembre 2020, 18:21:21 PM
Citazione di: Jacopus il 02 Dicembre 2020, 17:09:05 PM
Citazione"I peggiori stermini di massa e due guerre mondiali sono imputabili alla modernità: fattene una ragione"


Steven Pinker, in "Il declino della violenza" fa una interessante classifica dei peggiori stermini nella storia dell'uomo. La classifica non è stata calcolata sulla base dei morti complessivi, ma sul rapporto fra morti e viventi fissando come base la popolazione mondiale a metà del XX secolo, il che mi sembra un metodo corretto.


Il primo posto è attribuito alla "Rivolta di AN Lushan", VIII secolo DC: se rapportate alla popolazione del XX secolo, si tratterebbero di 429 milioni di morti.
Al secondo posto ci sono le morti derivanti dalle conquiste mongole di Gengis Khan, del XIII secolo. Se rapportate alla popolazione del XX secolo, si parlerebbe di 278 milioni di morti.
Al terzo posto vi è la tratta degli schiavi mediorientali, fra il VII e il XIX secolo, che ha comportato, rapportandolo al numero dei viventi di metà del XX secolo, a 132 milioni di morti.
Al quarto posto vi è la caduta dei dinastia dei Ming del XVII secolo, che con lo stesso metodo, fa 112.000 milioni di morti.


La seconda guerra mondiale, in questa speciale classifica, con i suoi 55 milioni di morti è nona e la prima guerra mondiale è tredicesima.


Non ho capito dove vuoi arrivare. Vorresti dire che sei d'accordo con Ipazia?
Ma trattare gli esseri umani come numeri, ed è quello che hai appena fatto (adirittura mettendoli in scala  :o ), non è esattamente quello il problema (dal nazimo in giù)?



Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: green demetr il 02 Dicembre 2020, 18:31:44 PM
Citazione di: viator il 02 Dicembre 2020, 12:05:38 PM
Salve paul11 : Citandoti : "I peggiori stermini di massa e due guerre mondiali sono imputabili alla modernità: fattene una ragione".

Hai ragione. Ma ciò non è accaduto per maggior perversità, aridità, mancanza di valori del pensiero materialistico moderno...........è accaduto solamente a causa della globalizzazione, la quale, già da un paio di secoli, ha incluso una molto maggiore efficacia e celerità nell'individuare e nell'eliminare fisicamente i nemici di turno di questo o di quello.

Si è trattato quindi di un perfezionamento del metodo, non dell'accanimento delle intenzioni. Fattene una ragione.


dove vuoi arrivare (e meno male che in incipit solo l'amore ci salverà, ah ah)? Non capisco proprio.
Ma il metodo è proprio l'invenzione della modernità.
Certo ne troviamo già traccia in Machiavelli e Galileo, ma l'inveramento è solo nella modernità.
Per capire come una mente deviata esegue le sue prassi rileggiti "se questo è un uomo" di Pimo Levi.
Vedi non ti accorgi ti stare come quasi tutti in questo forum, utilizzando un linguaggio che è figlio diretto non della perversione, bensì del fantasma del sadismo. Che in ultima analisi è proprio l'incapacità di amare, di relazionarsi. Tipica di questo mondo erede fetido della modernità.
Ti suggerisco di rimeditare il tuo incipit.
Non sto accusando nessuno ovviamente, penso semplicemente che è facile perdersi nei territori della neo-lingua.
Di buone intezioni sono lastricate le vie dell'inferno. un antico motto popolare con un che di verità.

Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: viator il 02 Dicembre 2020, 19:20:21 PM
Salve green demetr. Grazie dei tuoi interventi che vivacizzano un ambiente come questo, secondo te popolato da troppi stolti.


Per quanto concerne il mio motto (tanto umile quanto criptico) : "Solo l'amore ci salverà", potrei anche discuterne con te. Per poterlo fare, però non sarebbe sufficiente (almeno secondo il mio criterio) aprire un  "nuovo" (sai che palle !!) argomento...........occorrerebbe, per veder garantita la mia partecipazione (sai che guadagno !!), accordarsi preliminarmente od immediatamente sul significato del concetto-cardine, cioè della parola AMORE.


E' un poco quello che dovrebbe succedere per ogni trattazione dei concetti fondamentali e che invece trovo non si verifichi mai : circa Dio, il verbo Essere, il Sè, ed ogni altro concetto elevato qui dentro si è scritto a fiumi, si è affermato a tonnellate, si è citato ad oceani, si è descritto pochissimo (vabbè, i concetti astratti non si prestano molto alle descrizioni, le quali comunque vengono regolarmente confuse con le definizioni)..........ma soprattutto non sono riuscito mai a LEGGERNE UNA VERA (DAL PUNTO DI VISTA LOGICO-FORMALE) DEFINIZIONE che non fosse manieristica bensì frutto di un minimo di struttura logica (Le definizioni possono essere erratissime, ridicole etc., ma ciò non impedisce affatto la loro potenziale logicità).


Ti propongo quindi un giochino : Perchè non mi fornisci una tua definizione di AMORE ? (Definizione di definizione : espressione in forma lapidaria o comunque non prolissa, la quale fornisca un eventuale significato logico di un termine.......tale da poter venir attribuito (il significato logico) SOLO ed UNICAMENTE al termine che si sta cercando di definire).Potrei risponderti dicendoti se sono d'accordo con la tua definizione di AMORE, quindi poi discutere degli effetti della sua esistenza, oppure proporti a mia volta - se non d'accordo con te - una mia definizione di esso (che non ti propongo da ora poichè mi è capitato di accennarne già troppe diverse volte all'interno dei miei abbastanza numerosi interventi passati all'interno del Forum). Per il momento ti saluto.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: green demetr il 02 Dicembre 2020, 22:14:33 PM
Citazione di: viator il 02 Dicembre 2020, 19:20:21 PM
Salve green demetr. Grazie dei tuoi interventi che vivacizzano un ambiente come questo, secondo te popolato da troppi stolti.


Per quanto concerne il mio motto (tanto umile quanto criptico) : "Solo l'amore ci salverà", potrei anche discuterne con te. Per poterlo fare, però non sarebbe sufficiente (almeno secondo il mio criterio) aprire un  "nuovo" (sai che palle !!) argomento...........occorrerebbe, per veder garantita la mia partecipazione (sai che guadagno !!), accordarsi preliminarmente od immediatamente sul significato del concetto-cardine, cioè della parola AMORE.


E' un poco quello che dovrebbe succedere per ogni trattazione dei concetti fondamentali e che invece trovo non si verifichi mai : circa Dio, il verbo Essere, il Sè, ed ogni altro concetto elevato qui dentro si è scritto a fiumi, si è affermato a tonnellate, si è citato ad oceani, si è descritto pochissimo (vabbè, i concetti astratti non si prestano molto alle descrizioni, le quali comunque vengono regolarmente confuse con le definizioni)..........ma soprattutto non sono riuscito mai a LEGGERNE UNA VERA (DAL PUNTO DI VISTA LOGICO-FORMALE) DEFINIZIONE che non fosse manieristica bensì frutto di un minimo di struttura logica (Le definizioni possono essere erratissime, ridicole etc., ma ciò non impedisce affatto la loro potenziale logicità).


Ti propongo quindi un giochino : Perchè non mi fornisci una tua definizione di AMORE ? (Definizione di definizione : espressione in forma lapidaria o comunque non prolissa, la quale fornisca un eventuale significato logico di un termine.......tale da poter venir attribuito (il significato logico) SOLO ed UNICAMENTE al termine che si sta cercando di definire).Potrei risponderti dicendoti se sono d'accordo con la tua definizione di AMORE, quindi poi discutere degli effetti della sua esistenza, oppure proporti a mia volta - se non d'accordo con te - una mia definizione di esso (che non ti propongo da ora poichè mi è capitato di accennarne già troppe diverse volte all'interno dei miei abbastanza numerosi interventi passati all'interno del Forum). Per il momento ti saluto.


mmm non ricordo questa tua definizione di amore. chiedo perdono.
sono molto preso dalle astrazioni che spesso dimentico di ricordare chi dice cosa, e perchè. in effetti sono uno stolto.  :-[


Vedi per me l'amore non esiste, in sè, esiste invece come una specie di aggregatore di senso.


Stando al giochino, ma credo finiamo ot, per cui se ci interessa apriamo spazio di discussione a parte, per me l'amore è la luce che spezza le tenebre.
E' una forza trascendente, che come una gravità attira a sè i corpi e gli oggetti, illuminandone alcuni, e altri no.
L'amore è una forza che costringe alla relazione, perchè spezza la stasi, provoca la vita, e ci costringe a vivere.
Naturalmente è dunque anche causa del trauma dell'ottenebramento della ragione e dell'intelletto.
In questo senso la modernità è la risposta al trauma dell'inadempimento dell'amore, ossia dell'inveramento dell'amore in chiave medievale politica. La chiesa invece che essere progresso è stata monolitismo, fino alla cecità politica.
Basta chiedere a Dante.


Di più ho cominciato a chiarirmi cosa siano i FEDELI D'AMORE, Dante sta trasformandosi in qualcosa che solo a tratti ho intravisto come grandezza di pensiero.
Sono quindi in cammino.


Nel caso particolare mi riferivo in chiave formale, come mi pare piace a te, della capacità di relazione.


Quando ci avviciniamo alla shoà parlando di numeri e di metodo...stiamo dimenticando la fatica del pensare, empatico, di una tragedia che ha colpito un intero popolo e che si è posto come monito eterno a qualsiasi presente-futuro.
L'empatia (una delle forme sotto cui si cela AMORE) è la capacità di entrare a contatto con la psiche altrui.
Non con la sua matricola carceraria. Non con la sua storia di colpe (presunte).
Parlare di numeri anzichè di persone se non proprio di anime mi ha fatto un certo effetto.
Sopratutto se come mi pareva si voleva oltre-passare cartesio.
Oltrepassare Cartesio significa avere a che fare con Cartesio. E quindi capire tutte le consequenzialità storico-politiche che la sua fortuna bibliografica ha e continua ad avere.

Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: davintro il 02 Dicembre 2020, 22:24:17 PM
Citazione di: Ipazia il 01 Dicembre 2020, 22:34:23 PM
Citazione di: Jacopus il 22 Novembre 2020, 23:02:00 PM
Impossibile sottovalutare Cartesio. È definito il filosofo che ha fondato la modernità. Forse le sue opere sono il vero passaggio tra Medio Evo ed Evo Moderno, piuttosto che un anomalo viaggio verso le Indie o la fine della guerra dei 100 anni.
Dobbiamo a lui, ad esempio, la definitiva emancipazione della filosofia dalla teologia...

E' veramente un passaggio epocale che cancella oltre mille anni di metafisica cristiana e riporta la filosofia ai sentieri interrotti della filosofia classica, riponendo l'ontologia (l'essere) pienamente nella misura umana immanente.

Il cogito è autosufficiente, a prova di dubbio, cosa che neppure un millennio di indottrinamento religioso cristiano e millenni di teismo avevano conseguito.

Neppure il contemporaneo, biscomunicato, Spinoza arriva a tanto dovendosi comunque fondare su un'entità trascendente per compiere la sua traversata verso l'immanenza del Deus sive Natura, non completamente liberata dal cordone ombelicale con la divinità che si realizzerà solo invertendo i termini del postulato in Natura sive Deus. Completando alfine, col cogito cartesiano, il viaggio verso la modernità liberata dai numi.


il procedimento tramite cui Cartesio perviene alla certezza del "Cogito ergo sum" ricalca quello agostiniano in cui, in polemica con gli scettici, portando il dubbio alla sua massima radicalità, vengono meno le certezze legate alla conoscenza del mondo esterno ma non la certezza circa il proprio esistere, che per quanto erri, esiste come soggetto errante, "Si fallor, sum". Probabilmente, il significato di soggettività agostiniano si distingue per essere più ampio di quello cartesiano, che si limita all'essere pensante, ma al di là delle differenze, resta comune il principio per cui quanto più lo sguardo si fa "introverso", si rivolge all'interiorità spirituale distogliendosi dall'esperienza sensibile dell'esteriorità, tanto più si avvicina a un livello di verità certe e fondative di quelle empiriche, condizionate alla fallibilità dei sensi (ipotesi dell'allucinazione). Il principio per cui l'idea il sapere di Dio, puro spirito, è il criterio di verità su cui poggiano tutte quelle parziali e limitate della scienza umana è lo stesso per cui, come nella tradizione platonica-agostiniana le verità della matematica hanno un grado di necessità e certezza superiore a quella delle scienze dell'esperienza sensibile, proprio alla luce dell'intelligibilità, immaterialità dei termini che i giudizi matematici mettono in relazione, quella matematica che proprio Cartesio ha in mente come modello a cui la filosofia dovrebbe ispirarsi il più possibile. Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: green demetr il 02 Dicembre 2020, 22:46:23 PM
Citazione di: davintro il 02 Dicembre 2020, 22:24:17 PM
Citazione di: Ipazia il 01 Dicembre 2020, 22:34:23 PM
Citazione di: Jacopus il 22 Novembre 2020, 23:02:00 PM
Impossibile sottovalutare Cartesio. È definito il filosofo che ha fondato la modernità. Forse le sue opere sono il vero passaggio tra Medio Evo ed Evo Moderno, piuttosto che un anomalo viaggio verso le Indie o la fine della guerra dei 100 anni.
Dobbiamo a lui, ad esempio, la definitiva emancipazione della filosofia dalla teologia...

E' veramente un passaggio epocale che cancella oltre mille anni di metafisica cristiana e riporta la filosofia ai sentieri interrotti della filosofia classica, riponendo l'ontologia (l'essere) pienamente nella misura umana immanente.

Il cogito è autosufficiente, a prova di dubbio, cosa che neppure un millennio di indottrinamento religioso cristiano e millenni di teismo avevano conseguito.

Neppure il contemporaneo, biscomunicato, Spinoza arriva a tanto dovendosi comunque fondare su un'entità trascendente per compiere la sua traversata verso l'immanenza del Deus sive Natura, non completamente liberata dal cordone ombelicale con la divinità che si realizzerà solo invertendo i termini del postulato in Natura sive Deus. Completando alfine, col cogito cartesiano, il viaggio verso la modernità liberata dai numi.


il procedimento tramite cui Cartesio perviene alla certezza del "Cogito ergo sum" ricalca quello agostiniano in cui, in polemica con gli scettici, portando il dubbio alla sua massima radicalità, vengono meno le certezze legate alla conoscenza del mondo esterno ma non la certezza circa il proprio esistere, che per quanto erri, esiste come soggetto errante, "Si fallor, sum". Probabilmente, il significato di soggettività agostiniano si distingue per essere più ampio di quello cartesiano, che si limita all'essere pensante, ma al di là delle differenze, resta comune il principio per cui quanto più lo sguardo si fa "introverso", si rivolge all'interiorità spirituale distogliendosi dall'esperienza sensibile dell'esteriorità, tanto più si avvicina a un livello di verità certe e fondative di quelle empiriche, condizionate alla fallibilità dei sensi (ipotesi dell'allucinazione). Il principio per cui l'idea il sapere di Dio, puro spirito, è il criterio di verità su cui poggiano tutte quelle parziali e limitate della scienza umana è lo stesso per cui, come nella tradizione platonica-agostiniana le verità della matematica hanno un grado di necessità e certezza superiore a quella delle scienze dell'esperienza sensibile, proprio alla luce dell'intelligibilità, immaterialità dei termini che i giudizi matematici mettono in relazione, quella matematica che proprio Cartesio ha in mente come modello a cui la filosofia dovrebbe ispirarsi il più possibile. Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.


Interessante questo paragone con Agostino, che sottoscrivo, anche secondo me Cartesio è mal compreso.


D'altronde quando parliamo di modernità lo facciamo in quanto problematica, in quanto solleva problemi. (atomizzazione e possibilità di riduzionismi vari. res cogitans come res extensa, ossia come res, e non credo, ma forse sbaglio che Agostino così pensasse.)


Tu vedi nella modernità una rottura o una una continuazione del canone occidentale, e sopratutto rispetto a questo canone come pensi che la post-modernità si ponga?



Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Ipazia il 02 Dicembre 2020, 23:03:09 PM
Al solito Green spariglia la partita inondandola di quella che il suo maestro in gioventù chiamò "metafore proibite".

Io la faccio più semplice: il cogito cartesiano risolvendo il dubbio totalmente nell'immanenza taglia l'erba sotto i piedi alla trascendenza e lo fa proprio nell'oggetto del contendere metafisico: l'Essere, derubricato ad essere (umano) cogitante.

Che poi da lì sia nato il moderno e il postmoderno con tutte le loro schifezze me ne cale nulla. Alea iacta est. Aleatori i dadi come sempre. Ma almeno sottratti ad alieni disegni intelligenti.

Anche sulle kabale post-trascendenti vedo pochi sviluppi per contrastare l'automa paranoico che va combattuto con gli strumenti dell'etica immanente valorizzando, come dice Telmo Pievani in "Finitudine", la singolarità antropologica, facendosi carico del noblesse oblige che tale singolarità induce. E' il vecchio spirito della terra, Erdgeist, l'unica trascendenza di cui si possa sensatamente dire, e da cui si possa trarre, qualcosa. Come raccomanda il maestro.
.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Ipazia il 02 Dicembre 2020, 23:42:46 PM
Citazione di: davintro il 02 Dicembre 2020, 22:24:17 PM
Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.

Non è necessario essere dei mangiapreti per determinare una rottura con la tradizione religiosa. Anzi, le picconate più poderose vengono da autentici credenti che non si sottomisero supinamente alle verità rilevate. Certamente il francescano Ockham non avrebbe mai pensato che il suo rasoio sarebbe diventato una ghigliottina giacobina. Dante, Galileo, Bruno, Spinoza, Newton e forse anche Descartes erano sinceri e convinti credenti, ma la loro sete di verità ha prodotto l'effetto opposto. Eterogenesi dei fini. A fin di bene in tali casi.

Agostino è un gigante del pensiero e della storia. Se Paolo è la spada del cristianesimo, Agostino ne è l'anima vivente: un acrobata capace di rendere sensuale anche la castità. Il primo di una lunga serie, ma nessuno grande come lui. Certamente da leggere anche solo per il valore del metodo persuasivo, da dirottare verso altri contenuti per quel che mi riguarda.

L'introspezione metodologica risale al "conosci te stesso" che attraversa tutto il pensiero antico, inghiottita per mille anni dal carsismo teologico cristiano e riportata alla superficie dal cogito cartesiano che su questa conoscenza, altra dalla divinità, risolve un dubbio ontologico che evidentemente era già nello spirito del tempo, sintomo ipogeo dell'inadeguatezza delle Risposta allora dominante.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: davintro il 03 Dicembre 2020, 16:17:05 PM
Citazione di: green demetr il 02 Dicembre 2020, 22:46:23 PM
Citazione di: davintro il 02 Dicembre 2020, 22:24:17 PM
Citazione di: Ipazia il 01 Dicembre 2020, 22:34:23 PM
Citazione di: Jacopus il 22 Novembre 2020, 23:02:00 PM
Impossibile sottovalutare Cartesio. È definito il filosofo che ha fondato la modernità. Forse le sue opere sono il vero passaggio tra Medio Evo ed Evo Moderno, piuttosto che un anomalo viaggio verso le Indie o la fine della guerra dei 100 anni.
Dobbiamo a lui, ad esempio, la definitiva emancipazione della filosofia dalla teologia...

E' veramente un passaggio epocale che cancella oltre mille anni di metafisica cristiana e riporta la filosofia ai sentieri interrotti della filosofia classica, riponendo l'ontologia (l'essere) pienamente nella misura umana immanente.

Il cogito è autosufficiente, a prova di dubbio, cosa che neppure un millennio di indottrinamento religioso cristiano e millenni di teismo avevano conseguito.

Neppure il contemporaneo, biscomunicato, Spinoza arriva a tanto dovendosi comunque fondare su un'entità trascendente per compiere la sua traversata verso l'immanenza del Deus sive Natura, non completamente liberata dal cordone ombelicale con la divinità che si realizzerà solo invertendo i termini del postulato in Natura sive Deus. Completando alfine, col cogito cartesiano, il viaggio verso la modernità liberata dai numi.


il procedimento tramite cui Cartesio perviene alla certezza del "Cogito ergo sum" ricalca quello agostiniano in cui, in polemica con gli scettici, portando il dubbio alla sua massima radicalità, vengono meno le certezze legate alla conoscenza del mondo esterno ma non la certezza circa il proprio esistere, che per quanto erri, esiste come soggetto errante, "Si fallor, sum". Probabilmente, il significato di soggettività agostiniano si distingue per essere più ampio di quello cartesiano, che si limita all'essere pensante, ma al di là delle differenze, resta comune il principio per cui quanto più lo sguardo si fa "introverso", si rivolge all'interiorità spirituale distogliendosi dall'esperienza sensibile dell'esteriorità, tanto più si avvicina a un livello di verità certe e fondative di quelle empiriche, condizionate alla fallibilità dei sensi (ipotesi dell'allucinazione). Il principio per cui l'idea il sapere di Dio, puro spirito, è il criterio di verità su cui poggiano tutte quelle parziali e limitate della scienza umana è lo stesso per cui, come nella tradizione platonica-agostiniana le verità della matematica hanno un grado di necessità e certezza superiore a quella delle scienze dell'esperienza sensibile, proprio alla luce dell'intelligibilità, immaterialità dei termini che i giudizi matematici mettono in relazione, quella matematica che proprio Cartesio ha in mente come modello a cui la filosofia dovrebbe ispirarsi il più possibile. Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.


Interessante questo paragone con Agostino, che sottoscrivo, anche secondo me Cartesio è mal compreso.


D'altronde quando parliamo di modernità lo facciamo in quanto problematica, in quanto solleva problemi. (atomizzazione e possibilità di riduzionismi vari. res cogitans come res extensa, ossia come res, e non credo, ma forse sbaglio che Agostino così pensasse.)


Tu vedi nella modernità una rottura o una una continuazione del canone occidentale, e sopratutto rispetto a questo canone come pensi che la post-modernità si ponga?




Non so cosa tu intenda precisamente con "canone occidentale", provando a ipotizzare, considerando il contesto della discussione (si parla del rapporto Cartesio-filosofia cristiana), si tratti della tradizione metafisica antica e medievale di stampo trascendentista, si potrebbe intendere Cartesio come momento di snodo della modernità, interpretabile in ottiche tra loro contrapposte. Ci starebbe bene la citazione della lettura di Cartesio fatta da Del Noce (non l'ho ancora letto direttamente, ma è sempre un costante ed esplicito riferimento del mio professore di Filosofia Morale, che è uno dei principali studiosi del suo pensiero), per cui da Cartesio discendono due percorsi opposti. Il primo, germanico, prosegue con Kant, Hegel e gli epigoni di quest'ultimo, compreso Marx, questo filone intende il Cogito, principio fondativo e vincolante ogni realtà e ogni pretesa di verità che lo presuppone, come Cogito umano, vede dunque l'uomo come arbitrio ultimo della verità, ed essendo il mondo il limite entro cui un pensiero e un agire umano, sono possibili, ne discenderà l'assolutizzazione del mondano, un esito immanentista e antireligioso. C'è però un secondo filone della modernità, "latino", che da Cartesio fa derivare istanze spiritualistiche presenti in autori moderni come Pascal, Vico, Rosmini, che vede nel primato epistemologico del Cogito, non l'assolutizzazione dell'uomo, in quanto il Cogito non è propriamente l'uomo nell'insieme delle sue dimensioni, ma la sua componente interiore e spirituale, certamente presente all'uomo, ma distinta dalla componente materiale ed esteriore, che è il riflesso della finitezza umana, e dunque vede il Cogito come indicatore di una realtà responsabile della possibilità per l'uomo di giungere alla certezza della propria esistenza, ma che non si identifica con l'uomo, sintesi di materia e spirito, ma con Dio puro spirito: se la verità di cui l'uomo non può dubitare attiene alla sua componente spirituale, allora la Verità assoluta, fondativa di tutte le altre dovrebbe identificarsi con la verità di un Pensiero, puramente spirituale, cioè divino. Siamo in pieno agostinismo.


Capire in che misura i due filoni contrapposti siano legittimati a porsi come prosecutori della lezione cartesiana è collegata all'annosa questione della distinzione interiorità-immanenza. Identificando i due concetti dovremmo dar ragione, da un lato al filone immanentista/idealista che fa coincidere l'idea dell'autocoscienza come punto di partenza metodologico assolutamente valido di ogni conoscenza, con l'idea dell'uomo misura di ogni verità, escludendo ogni verità trascendente i limiti del suo sapere, e di contro, a quella corrente del pensiero cattolico più rigidamente ancorata alla scolastica tomista, che vede pensiero moderno e metafisica classica e cristiana come acerrimi nemici senza possibilità di integrazione. Se invece, come sarebbe corretto dal mio punto di vista, immanenza e interiorità vanno distinte, allora l'interiorizzazione del luogo da assumere come punto di partenza della ricerca della verità non comporta alcuna assolutizzazione della conoscenza umana, nessun immanentismo, perché la verità che abita in interiore homine non coincide col pensiero del soggetto a cui l'interiorità è riferita, dato che è il soggetto stesso, l'uomo, ha essere sempre, in buona parte, "fuori di sé", condizionato dalla materia e dalle distrazioni del mondo esterno. Il Dio agostiniano è più intimo all'uomo di quanto l'uomo sia intimo a se stesso, la sua interiorità è lo spazio che, percorso, porta al riconoscimento di un'Oltre, e non ha nulla a che vedere con l'immanenza dell'idealismo moderno.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Jacopus il 05 Dicembre 2020, 18:29:04 PM
CitazioneNon ho capito dove vuoi arrivare. Vorresti dire che sei d'accordo con Ipazia? Ma trattare gli esseri umani come numeri, ed è quello che hai appena fatto (adirittura mettendoli in scala   ), non è esattamente quello il problema (dal nazimo in giù)?



Scusami Green. Sono stato impegnato in questi ultimi giorni e non sono riuscito a rispondere prima.
E' vero che la classifica di Pinker relativamente ai più grandi massacri della storia è quantitativa e pertanto assonante con la famosa frase attribuita a Stalin "una morte è una tragedia, un milione di morti è statistica". Ma nel caso di Pinker si tratta di riformare una visione della storia, secondo la quale la violenza ha raggiunto l'apice con la modernità, mentre è esattamente il contrario. Come ho già detto in molti altri post, l'incidenza di omicidi ogni 100.000 persone in Europa occidentale, negli ultimi mille anni è crollato in modo spettacolare. Oggi siamo intorno ad 1-2 omicidi/anno ogni 100.000 persone mentre in altri periodi (come il magnifico rinascimento), abbiamo raggiunto percentuali di 80-100 omicidi/anno ogni 100.000 abitanti. Tanto per dare un'idea significherebbe che a Roma dovrebbero esserci, solo per pareggiare la partita con il Rinascimento, 2700 omicidi all'anno e in Italia 54.000 omicidi all'anno. Invece nel 2019, in Italia sono stati commessi 307 omicidi, come è facile appurare dalle statistiche pubbliche del Ministero dell'Interno, il che ci rende uno dei paesi con il minor rischio di essere vittime di un omicidio al mondo (percentuale 0.5 omicidi ogni 100.000 persone).
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: viator il 05 Dicembre 2020, 19:33:24 PM
Salve Green. Citando la tua replica a jacopus : "Non ho capito dove vuoi arrivare. Vorresti dire che sei d'accordo con Ipazia? Ma trattare gli esseri umani come numeri, ed è quello che hai appena fatto (adirittura mettendoli in scala   ), non è esattamente quello il problema (dal nazimo in giù)?".Capisco che una certa visione del mondo non tolleri una visione impersonale delle realtà personali.Si tratta però di una visione del mondo del tutto manichea, che vorrebbe stabilire l'ennesimo tabù spiritual-antropologico.A questo punto sarebbe bene, per alcuni, evitare (per ragioni etiche) la enumerazione, il conteggio, i censimenti e le statistiche di qualsiasi genere che riguardino (per carità....anche solo eventualmente, possibilmente, marginalmente) valori, vicende, sentimenti collettivi perchè le collettività sono composte di casi singoli.Della persona umana e delle sue umane vicende - per costoro - sarebbe lecito parlare solo in termini esistenziali, intimistici e soprattutto rigorosamente PERSONALI (E' ovvio che se si parla di due o più individui-persone non si potrà che deprimere, diluire, svilire i sacri, santi e tabuici contenuti del totem personalistico, disperdendone il senso ed il valore all'interno di una impersonalità indefinita e tendendenzialmente moltitudinaria. Saluti.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Ipazia il 06 Dicembre 2020, 08:35:34 AM
Ritornando alla discussione principale su Cartesio da altri topic sull'anima e sul dubbio (immanente e trascendente), e replicando all'ultimo post di davintro, è indubbio lo snodo metafisicamente evolutivo della centralità posta da Cartesio al rapporto cogito/essere. Lo sdoppiamento eventuale di tale snodo, anche solo per i nomi citati da davintro, evidenzia lo sbilanciamento tra il grande fiume della tradizione immanentista ed il rivolo della restaurazione animistica in un iperuranio di anime cogitanti che rimanda al classico medello creazionista.

Anche il dualismo delle res è un rilancio verso il superamento del monismo animistico della Genesi, subordinante il mondo alla volontà umana su mandato di quella divina. La res extensa acquista, dopo Cartesio, una sua (conoscibile) autonomia, che il sars-cov-2 ci rammenta quotidianamente.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Jacopus il 06 Dicembre 2020, 19:07:31 PM
Citazioneil procedimento tramite cui Cartesio perviene alla certezza del "Cogito ergo sum" ricalca quello agostiniano in cui, in polemica con gli scettici, portando il dubbio alla sua massima radicalità, vengono meno le certezze legate alla conoscenza del mondo esterno ma non la certezza circa il proprio esistere, che per quanto erri, esiste come soggetto errante, "Si fallor, sum". Probabilmente, il significato di soggettività agostiniano si distingue per essere più ampio di quello cartesiano, che si limita all'essere pensante, ma al di là delle differenze, resta comune il principio per cui quanto più lo sguardo si fa "introverso", si rivolge all'interiorità spirituale distogliendosi dall'esperienza sensibile dell'esteriorità, tanto più si avvicina a un livello di verità certe e fondative di quelle empiriche, condizionate alla fallibilità dei sensi (ipotesi dell'allucinazione). Il principio per cui l'idea il sapere di Dio, puro spirito, è il criterio di verità su cui poggiano tutte quelle parziali e limitate della scienza umana è lo stesso per cui, come nella tradizione platonica-agostiniana le verità della matematica hanno un grado di necessità e certezza superiore a quella delle scienze dell'esperienza sensibile, proprio alla luce dell'intelligibilità, immaterialità dei termini che i giudizi matematici mettono in relazione, quella matematica che proprio Cartesio ha in mente come modello a cui la filosofia dovrebbe ispirarsi il più possibile. Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.


Buonasera Davintro. Con i miei tempi cerco di stare dietro alla discussione. L'interpretazione che poni è stata lungamente dibattuta. Sinceramente a me sembra il tentativo di ogni "tradizione" di far rientrare nei suoi canoni anche gli eretici e gli apostati, meglio se in articulo mortis.
Cartesio fa parte di quel gruppo di pensatori che rischiarono l'autodafè per porsi contro il pensiero della tomistica scolastica. Cartesio da questo punto di vista fu molto prudente ma anche lui subì una conseguenza pesante rispetto alla sua libertà di pensiero, risultando impresentabile come docente presso qualsiasi università dell'epoca. Farlo rientrare nel novero della tradizione è poco realistico.
Racconto un episodio buffo quanto noto. Un giovane seminarista che diverrà a sua volta filosofo, Malebranche, si racconta che svenne alla lettura della prefazione de "L'uomo", l'ultima opera di Cartesio, pubblicata postuma, se non ricordo male. Lo svenimento, in realtà fu dovuto alla grande ispirazione che Malebranche trasse, credendo che quel sistema rendeva la sostanza dell'anima pura e indipendente da ogni manipolazione relativa al pensiero magico e contadino.
In essa Cartesio fa quello che viene considerato il primo "esperimento mentale scientifico". Suppone che Dio costruisca un automa, in tutto e per tutto uguale all'uomo, da lui creato in precedenza, e da questa supposizione trae la conclusione, molte pagine dopo (dove sperava che la commissione dell'index librorum prohibitorum non sarebbe mai giunta) che quell'automa è esattamente l'uomo, che si muove, si agita, ha passioni, sulla base dei suoi componenti "meccanici". Ma non solo l'uomo, Cartesio va oltre, perchè dice esplicitamente che le leggi "del fuoco" che agitano il cuore dell'uomo sono le stesse che governano tutti gli altri corpi animati e inanimati.
Insomma, Cartesio lascia a Dio lo spazio del creatore iniziale, ma è solo una captatio benevolentiae nei confronti dei domenicani controriformisti. La cosa non lo interessa minimamente. Le leggi della natura (e l'uomo rientra nella natura, in quanto res extensa) vanno studiate senza alcun condizionamento teologico.
Si racconta anche che in un altro libro fu l'editore a pregare Cartesio di aggiungere un capitolo su Dio, perchè altrimenti sarebbe stato difficile venderlo.
Insomma Cartesio, ben lungi da essere un prosecutore della tradizione scolastico-aristotelica, era però un uomo prudente. Nel discorso sul metodo si appella al pubblico per dire che se si pongono degli ostacoli alla scienza si mettono degli ostacoli alla libertà e al progresso dell'umanità. Insomma mette le mani avanti, perchè in odore di eresia. Ed è possibile interpretare anche in questo senso la distinzione netta fra res cogitans/Dio e res extensa/uomini. Dio viene in qualche modo accettato, diplomaticamente, ma sterilizzato da ogni condizionamento sulla comprensione del mondo.
In questo modo si parla di "scolastica cartesiana", ovvero di un sistema filosofico che tende a tranquillizzare l'ordine cristiano affinchè la ricerca scientifica non sia vista come un nemico. E' questo anche il significato del dualismo cartesiano.
Ma l'etica di Cartesio è evidente. Per lui la realtà è la realtà della scienza e la morale non può illudersi di non doversi confrontare con essa. A Dio e alla religione viene lasciato uno spazio di rappresentanza, come ai re nei governi democratici moderni, ma ha il solo scopo di non essere perseguitato.
Per allargare lo sguardo si può dire che vi sono due direzioni del pensiero, alla vigilia dell'epoca moderna, una tende a sviluppare teorie sincretistiche ancora intrise di credenze magiche, astrologiche, alchimistiche, di neoplatonismo. Cartesio invece è straordinario perchè abbandona tutto ciò. E' un ingegnere, che eventualmente si rifà a Leonardo, perchè comprende che la matematica può essere applicata alla realtà. la matematica non è più un gioco per iniziati, che richiama nella sua perfezione alla metafisica. Invece attraverso l'algebra può permettere uno studio della realtà che è una realtà meccanica. Le scienze meccaniche, la fisica e la matematica sono le discipline cartesiane per eccellenza.
Una delle grandi intuizioni di Cartesio è stata inoltre quella di considerare l'unità di tutte le discipline scientifiche perchè tutte rispondono allo stesso metodo investigativo. Una intuizione che ha attraversato i secoli fino a giungere a noi, nell'epoca dell'interdisciplinarietà, dove risulta evidente come non sia possibile studiare la biologia senza conoscere la genetica e l'antropologia o la sociologia senza conoscere la psicologia e la teoria politica.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: davintro il 06 Dicembre 2020, 20:09:04 PM
Citazione di: Jacopus il 06 Dicembre 2020, 19:07:31 PM
Citazioneil procedimento tramite cui Cartesio perviene alla certezza del "Cogito ergo sum" ricalca quello agostiniano in cui, in polemica con gli scettici, portando il dubbio alla sua massima radicalità, vengono meno le certezze legate alla conoscenza del mondo esterno ma non la certezza circa il proprio esistere, che per quanto erri, esiste come soggetto errante, "Si fallor, sum". Probabilmente, il significato di soggettività agostiniano si distingue per essere più ampio di quello cartesiano, che si limita all'essere pensante, ma al di là delle differenze, resta comune il principio per cui quanto più lo sguardo si fa "introverso", si rivolge all'interiorità spirituale distogliendosi dall'esperienza sensibile dell'esteriorità, tanto più si avvicina a un livello di verità certe e fondative di quelle empiriche, condizionate alla fallibilità dei sensi (ipotesi dell'allucinazione). Il principio per cui l'idea il sapere di Dio, puro spirito, è il criterio di verità su cui poggiano tutte quelle parziali e limitate della scienza umana è lo stesso per cui, come nella tradizione platonica-agostiniana le verità della matematica hanno un grado di necessità e certezza superiore a quella delle scienze dell'esperienza sensibile, proprio alla luce dell'intelligibilità, immaterialità dei termini che i giudizi matematici mettono in relazione, quella matematica che proprio Cartesio ha in mente come modello a cui la filosofia dovrebbe ispirarsi il più possibile. Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.


Buonasera Davintro. Con i miei tempi cerco di stare dietro alla discussione. L'interpretazione che poni è stata lungamente dibattuta. Sinceramente a me sembra il tentativo di ogni "tradizione" di far rientrare nei suoi canoni anche gli eretici e gli apostati, meglio se in articulo mortis.
Cartesio fa parte di quel gruppo di pensatori che rischiarono l'autodafè per porsi contro il pensiero della tomistica scolastica. Cartesio da questo punto di vista fu molto prudente ma anche lui subì una conseguenza pesante rispetto alla sua libertà di pensiero, risultando impresentabile come docente presso qualsiasi università dell'epoca. Farlo rientrare nel novero della tradizione è poco realistico.
Racconto un episodio buffo quanto noto. Un giovane seminarista che diverrà a sua volta filosofo, Malebranche, si racconta che svenne alla lettura della prefazione de "L'uomo", l'ultima opera di Cartesio, pubblicata postuma, se non ricordo male. Lo svenimento, in realtà fu dovuto alla grande ispirazione che Malebranche trasse, credendo che quel sistema rendeva la sostanza dell'anima pura e indipendente da ogni manipolazione relativa al pensiero magico e contadino.
In essa Cartesio fa quello che viene considerato il primo "esperimento mentale scientifico". Suppone che Dio costruisca un automa, in tutto e per tutto uguale all'uomo, da lui creato in precedenza, e da questa supposizione trae la conclusione, molte pagine dopo (dove sperava che la commissione dell'index librorum prohibitorum non sarebbe mai giunta) che quell'automa è esattamente l'uomo, che si muove, si agita, ha passioni, sulla base dei suoi componenti "meccanici". Ma non solo l'uomo, Cartesio va oltre, perchè dice esplicitamente che le leggi "del fuoco" che agitano il cuore dell'uomo sono le stesse che governano tutti gli altri corpi animati e inanimati.
Insomma, Cartesio lascia a Dio lo spazio del creatore iniziale, ma è solo una captatio benevolentiae nei confronti dei domenicani controriformisti. La cosa non lo interessa minimamente. Le leggi della natura (e l'uomo rientra nella natura, in quanto res extensa) vanno studiate senza alcun condizionamento teologico.
Si racconta anche che in un altro libro fu l'editore a pregare Cartesio di aggiungere un capitolo su Dio, perchè altrimenti sarebbe stato difficile venderlo.
Insomma Cartesio, ben lungi da essere un prosecutore della tradizione scolastico-aristotelica, era però un uomo prudente. Nel discorso sul metodo si appella al pubblico per dire che se si pongono degli ostacoli alla scienza si mettono degli ostacoli alla libertà e al progresso dell'umanità. Insomma mette le mani avanti, perchè in odore di eresia. Ed è possibile interpretare anche in questo senso la distinzione netta fra res cogitans/Dio e res extensa/uomini. Dio viene in qualche modo accettato, diplomaticamente, ma sterilizzato da ogni condizionamento sulla comprensione del mondo.
In questo modo si parla di "scolastica cartesiana", ovvero di un sistema filosofico che tende a tranquillizzare l'ordine cristiano affinchè la ricerca scientifica non sia vista come un nemico. E' questo anche il significato del dualismo cartesiano.
Ma l'etica di Cartesio è evidente. Per lui la realtà è la realtà della scienza e la morale non può illudersi di non doversi confrontare con essa. A Dio e alla religione viene lasciato uno spazio di rappresentanza, come ai re nei governi democratici moderni, ma ha il solo scopo di non essere perseguitato.
Per allargare lo sguardo si può dire che vi sono due direzioni del pensiero, alla vigilia dell'epoca moderna, una tende a sviluppare teorie sincretistiche ancora intrise di credenze magiche, astrologiche, alchimistiche, di neoplatonismo. Cartesio invece è straordinario perchè abbandona tutto ciò. E' un ingegnere, che eventualmente si rifà a Leonardo, perchè comprende che la matematica può essere applicata alla realtà. la matematica non è più un gioco per iniziati, che richiama nella sua perfezione alla metafisica. Invece attraverso l'algebra può permettere uno studio della realtà che è una realtà meccanica. Le scienze meccaniche, la fisica e la matematica sono le discipline cartesiane per eccellenza.
Una delle grandi intuizioni di Cartesio è stata inoltre quella di considerare l'unità di tutte le discipline scientifiche perchè tutte rispondono allo stesso metodo investigativo. Una intuizione che ha attraversato i secoli fino a giungere a noi, nell'epoca dell'interdisciplinarietà, dove risulta evidente come non sia possibile studiare la biologia senza conoscere la genetica e l'antropologia o la sociologia senza conoscere la psicologia e la teoria politica.


Buonasera Jacopus
Non a caso hai citato, in riferimento all'opposizione a Cartesio, tomismo o scolastica aristotelica-domenicana, che costituiscono l'orientamento teologico prevalente nella Chiesa cattolica, ma non sono, fortunatamente, l'unico filone interno al complesso della tradizione metafisica cristiana. Accanto ad essi troviamo la via platonico-agostiniana, che, per l'appunto, gran parte degli aderenti alle posizioni tomiste o scolastiche hanno sempre visto con occhio sospettoso, timorose che, erroneamente a mio modesto avviso, ma ciò non conta nulla, la via dell'interiorità conducesse ad esiti immanentistici, per i quali le verità teologiche finirebbero relativizzate all'interno della soggettività umana che rivolgendosi a se stessa le ricerca. E proprio a questo filone agostiniano dell'interiorità pensavo soprattutto riguardo l'analogia con Cartesio, e non, almeno non primariamente, all'impostazione tomista, scolastica, o a un certo modo di intenderla. Certamente il Dio cartesiano non è a tutti gli effetti quello agostiniano, non è il Dio che si invoca, a cui ci si rivolge come un padre, nella Confessioni, è un Dio che rientrerebbe nell'ambito di una metafisica razionalista che anche un Voltaire, anticlericale ma non ateo, non avrebbe problemi a concepire, ma comunque un Dio trascendente. Quindi, prima di stabilire quanto l'esito teista sia conclusione necessaria del pensiero di Cartesio bisognerebbe accordarsi sull'accezione con cui intendere l'idea di Dio, quella della fede nelle Scritture, nelle rivelazioni storiche, dei dogmi, oppure il Dio dei filosofi a cui il deismo si ferma, il Dio Causa Prima incausata che rende ragione della realtà dell'uomo, in particolare nella componente spirituale attestata dal Cogito. Il risconto di un disinteresse, di una tematizzazione forzata, atta a evitare problemi con il clima culturale dell'epoca, non aiuta più di tanto a sbrogliare la questione. Cartesio formula diverse prove dell'esistenza di Dio. Ora, un conto è riconoscere come motivo principale di questo impegno dei condizionamenti esterni alla propria volontà piuttosto che un sincero interesse personale, un altro arrivare a pensare che lo stesso merito dell'argomentazione e le conclusioni che ne derivino siano stati viziati per giungere a un esito che la stessa ragione cartesiana, in piena libertà, non avrebbe condiviso: cioè, il fatto che Cartesio si sia sentito forzato a occuparsi del tema teologico, inteso in generale, senza che gli interessasse poi così tanto, non implica che nell'effettivo approccio al tema egli abbia formulato argomenti e conclusioni della cui logica egli non fosse convinto. E se, accettando la sua buonafede, la convinzione in merito c'era, allora sarebbe corretto dire che comunque Dio è l'esito necessario della sua filosofia, in quanto conclusione coerente con le sue premesse, indipendentemente dal fatto che, fuori dal contesto politico e culturale dell'epoca, immaginandolo in piena libertà intellettuale, avrebbe preferito non occuparsene.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: green demetr il 07 Dicembre 2020, 15:34:12 PM
Citazione di: Ipazia il 02 Dicembre 2020, 23:03:09 PM
Al solito Green spariglia la partita inondandola di quella che il suo maestro in gioventù chiamò "metafore proibite".

Io la faccio più semplice: il cogito cartesiano risolvendo il dubbio totalmente nell'immanenza taglia l'erba sotto i piedi alla trascendenza e lo fa proprio nell'oggetto del contendere metafisico: l'Essere, derubricato ad essere (umano) cogitante.

Che poi da lì sia nato il moderno e il postmoderno con tutte le loro schifezze me ne cale nulla. Alea iacta est. Aleatori i dadi come sempre. Ma almeno sottratti ad alieni disegni intelligenti.

Anche sulle kabale post-trascendenti vedo pochi sviluppi per contrastare l'automa paranoico che va combattuto con gli strumenti dell'etica immanente valorizzando, come dice Telmo Pievani in "Finitudine", la singolarità antropologica, facendosi carico del noblesse oblige che tale singolarità induce. E' il vecchio spirito della terra, Erdgeist, l'unica trascendenza di cui si possa sensatamente dire, e da cui si possa trarre, qualcosa. Come raccomanda il maestro.
.


E' proprio seguendo Pievani e soci che si finisce nell'automa paranoide, con le stesse caratteristiche di quello Cristiano.
Dissento pertanto e anzi rilancio (non che mi aspetto tu lo faccia):
A fare i pappagallo (e non intendo solo Pievani) non si va da nessuna parte.

E comunque il postmodernismo è esattamente un materialismo, sennò non si capiscono posizioni sotto-sopra di gente come Galimberti.

Il materialismo è la deiezione di qualsiasi etica.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: green demetr il 07 Dicembre 2020, 15:53:13 PM
Citazione di: davintro il 03 Dicembre 2020, 16:17:05 PM

Non so cosa tu intenda precisamente con "canone occidentale", provando a ipotizzare, considerando il contesto della discussione (si parla del rapporto Cartesio-filosofia cristiana), si tratti della tradizione metafisica antica e medievale di stampo trascendentista, si potrebbe intendere Cartesio come momento di snodo della modernità, interpretabile in ottiche tra loro contrapposte. Ci starebbe bene la citazione della lettura di Cartesio fatta da Del Noce (non l'ho ancora letto direttamente, ma è sempre un costante ed esplicito riferimento del mio professore di Filosofia Morale, che è uno dei principali studiosi del suo pensiero), per cui da Cartesio discendono due percorsi opposti. Il primo, germanico, prosegue con Kant, Hegel e gli epigoni di quest'ultimo, compreso Marx, questo filone intende il Cogito, principio fondativo e vincolante ogni realtà e ogni pretesa di verità che lo presuppone, come Cogito umano, vede dunque l'uomo come arbitrio ultimo della verità, ed essendo il mondo il limite entro cui un pensiero e un agire umano, sono possibili, ne discenderà l'assolutizzazione del mondano, un esito immanentista e antireligioso. C'è però un secondo filone della modernità, "latino", che da Cartesio fa derivare istanze spiritualistiche presenti in autori moderni come Pascal, Vico, Rosmini, che vede nel primato epistemologico del Cogito, non l'assolutizzazione dell'uomo, in quanto il Cogito non è propriamente l'uomo nell'insieme delle sue dimensioni, ma la sua componente interiore e spirituale, certamente presente all'uomo, ma distinta dalla componente materiale ed esteriore, che è il riflesso della finitezza umana, e dunque vede il Cogito come indicatore di una realtà responsabile della possibilità per l'uomo di giungere alla certezza della propria esistenza, ma che non si identifica con l'uomo, sintesi di materia e spirito, ma con Dio puro spirito: se la verità di cui l'uomo non può dubitare attiene alla sua componente spirituale, allora la Verità assoluta, fondativa di tutte le altre dovrebbe identificarsi con la verità di un Pensiero, puramente spirituale, cioè divino. Siamo in pieno agostinismo.


Capire in che misura i due filoni contrapposti siano legittimati a porsi come prosecutori della lezione cartesiana è collegata all'annosa questione della distinzione interiorità-immanenza. Identificando i due concetti dovremmo dar ragione, da un lato al filone immanentista/idealista che fa coincidere l'idea dell'autocoscienza come punto di partenza metodologico assolutamente valido di ogni conoscenza, con l'idea dell'uomo misura di ogni verità, escludendo ogni verità trascendente i limiti del suo sapere, e di contro, a quella corrente del pensiero cattolico più rigidamente ancorata alla scolastica tomista, che vede pensiero moderno e metafisica classica e cristiana come acerrimi nemici senza possibilità di integrazione. Se invece, come sarebbe corretto dal mio punto di vista, immanenza e interiorità vanno distinte, allora l'interiorizzazione del luogo da assumere come punto di partenza della ricerca della verità non comporta alcuna assolutizzazione della conoscenza umana, nessun immanentismo, perché la verità che abita in interiore homine non coincide col pensiero del soggetto a cui l'interiorità è riferita, dato che è il soggetto stesso, l'uomo, ha essere sempre, in buona parte, "fuori di sé", condizionato dalla materia e dalle distrazioni del mondo esterno. Il Dio agostiniano è più intimo all'uomo di quanto l'uomo sia intimo a se stesso, la sua interiorità è lo spazio che, percorso, porta al riconoscimento di un'Oltre, e non ha nulla a che vedere con l'immanenza dell'idealismo moderno.


Il canone occidentale è quello che viene riportato in fin dei conti dalle antologie letterarie.
Certamente è quello della metafisica prima classica e poi cristiana.

Concordo con il tuo professore che ha voluto dare una piega al discorso che si concentri sulla priorità del discorso politico.
Naturalmente Del Noce, ovvero Rosmini.
Quello che mi piace di Rosmini è l'aver distinto tra concetto di persona (politica dell'individuo sociale), e concetto di Dio. Laddove l'etica è la politica cristiana applicata al sociale.
(molto in soldoni). Ossia la chiave latina.
Quello che non mi piace del buon Rosmini, è il fraitendimento del soggetto.
Infatti per Rosmini il soggetto è già l'esser uomo integro, naturale.

Della chiave tedesca invece adoro il lungo cammino per raggiungere la consapevolezza del soggetto come costruzione. Dove la politica è di tipo storico-sociale legata proprio a quella concezione di soggetto.

Come però abbiamo già detto, entrambe hanno caratteristiche di trascendenza.
Non sono così distanti come si vorrebbe far credere.

Sono felice che sei passato dalla parte di noi metafisici. (anche se suppongo questo epiteto non ti piacerà ;) ).
E quindi dopo anni di incomprensione ci troviamo molto vicini.  ;)


Non hai risposto al problema della postmodernità invece. Ossia come la politica da individuale passi a quella statale (ossia la riduzione di qualsiasi individuale sotto il dominio dellla macchina sia a livello generale che della macchina statale in senso stretto). Prova a discuterne con il tuo prof.
;)
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: green demetr il 07 Dicembre 2020, 15:59:45 PM
Citazione di: Jacopus il 05 Dicembre 2020, 18:29:04 PM
CitazioneNon ho capito dove vuoi arrivare. Vorresti dire che sei d'accordo con Ipazia? Ma trattare gli esseri umani come numeri, ed è quello che hai appena fatto (adirittura mettendoli in scala   ), non è esattamente quello il problema (dal nazimo in giù)?



Scusami Green. Sono stato impegnato in questi ultimi giorni e non sono riuscito a rispondere prima.
E' vero che la classifica di Pinker relativamente ai più grandi massacri della storia è quantitativa e pertanto assonante con la famosa frase attribuita a Stalin "una morte è una tragedia, un milione di morti è statistica". Ma nel caso di Pinker si tratta di riformare una visione della storia, secondo la quale la violenza ha raggiunto l'apice con la modernità, mentre è esattamente il contrario. Come ho già detto in molti altri post, l'incidenza di omicidi ogni 100.000 persone in Europa occidentale, negli ultimi mille anni è crollato in modo spettacolare. Oggi siamo intorno ad 1-2 omicidi/anno ogni 100.000 persone mentre in altri periodi (come il magnifico rinascimento), abbiamo raggiunto percentuali di 80-100 omicidi/anno ogni 100.000 abitanti. Tanto per dare un'idea significherebbe che a Roma dovrebbero esserci, solo per pareggiare la partita con il Rinascimento, 2700 omicidi all'anno e in Italia 54.000 omicidi all'anno. Invece nel 2019, in Italia sono stati commessi 307 omicidi, come è facile appurare dalle statistiche pubbliche del Ministero dell'Interno, il che ci rende uno dei paesi con il minor rischio di essere vittime di un omicidio al mondo (percentuale 0.5 omicidi ogni 100.000 persone).



Si avevo capito quale era l'orizzonte di quel discorso.
Ossia una difesa della modernità. Peccato che sia un discorso a partire dalla modernità.
Era questa la mia critica. Ossia un rigetto di qualsiasi critica della modernità stessa.
Ripeto non ha senso fare discorsi in scala.
Poi capisco: siamo già abbasta stressati dal quotidiano. Ti esento dal rispondere, tranquillo avevo capito  ;)
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: green demetr il 07 Dicembre 2020, 16:14:05 PM
Citazione di: viator il 05 Dicembre 2020, 19:33:24 PM
Salve Green. Citando la tua replica a jacopus : "Non ho capito dove vuoi arrivare. Vorresti dire che sei d'accordo con Ipazia? Ma trattare gli esseri umani come numeri, ed è quello che hai appena fatto (adirittura mettendoli in scala   ), non è esattamente quello il problema (dal nazimo in giù)?".Capisco che una certa visione del mondo non tolleri una visione impersonale delle realtà personali.Si tratta però di una visione del mondo del tutto manichea, che vorrebbe stabilire l'ennesimo tabù spiritual-antropologico.A questo punto sarebbe bene, per alcuni, evitare (per ragioni etiche) la enumerazione, il conteggio, i censimenti e le statistiche di qualsiasi genere che riguardino (per carità....anche solo eventualmente, possibilmente, marginalmente) valori, vicende, sentimenti collettivi perchè le collettività sono composte di casi singoli.Della persona umana e delle sue umane vicende - per costoro - sarebbe lecito parlare solo in termini esistenziali, intimistici e soprattutto rigorosamente PERSONALI (E' ovvio che se si parla di due o più individui-persone non si potrà che deprimere, diluire, svilire i sacri, santi e tabuici contenuti del totem personalistico, disperdendone il senso ed il valore all'interno di una impersonalità indefinita e tendendenzialmente moltitudinaria. Saluti.


Veramente è il contrario, è la sociologia (figlia putrida del modernismo) con i suoi discorsi numerici spersonalizzanti, a creare tabù.
(ti ricordo che il tabù è il luogo da non percorrere, il luogo dove cessa il dialogo, il luogo dove risiede la colpa, e dunque la "giusta" punizione)
Nè più nè meno che come qualsiasi altra casta sacerdotale ha fatto e continua a fare oggi.

A meno che per te, essere ebreo in tempo nazista significasse essere reo di non aderire al pensiero numerante.

In quella fattispecie ovviamente mi arrendo ai tuoi fantasmi sadici, gli stessi della sociologia, tanto per essere chiari.

Fa sorridere questo continuo attacco alle scelte personali, la spiritualità è una scelta personale: non ha nulla a che fare con la filosofia critica, razionale.
Che poi sarebbe il sotto-topic presupposto da questo topic stesso.

Altra cosa l'intellettualità. Ma qui non mi pare di averla tirata in ballo.
E comunque l'intellettuale dovrebbe abbaterli i tabù. Non lo fa, lo sappiamo tutti, e va bene, il coraggio ormai è un miraggio, ma non è che allora bisogna dire che in mancanza di quello eriga LUI i tabù. E' ridicolo Viator, non credi?
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: green demetr il 07 Dicembre 2020, 16:27:51 PM
Citazione di: Jacopus il 06 Dicembre 2020, 19:07:31 PM
Citazioneil procedimento tramite cui Cartesio perviene alla certezza del "Cogito ergo sum" ricalca quello agostiniano in cui, in polemica con gli scettici, portando il dubbio alla sua massima radicalità, vengono meno le certezze legate alla conoscenza del mondo esterno ma non la certezza circa il proprio esistere, che per quanto erri, esiste come soggetto errante, "Si fallor, sum". Probabilmente, il significato di soggettività agostiniano si distingue per essere più ampio di quello cartesiano, che si limita all'essere pensante, ma al di là delle differenze, resta comune il principio per cui quanto più lo sguardo si fa "introverso", si rivolge all'interiorità spirituale distogliendosi dall'esperienza sensibile dell'esteriorità, tanto più si avvicina a un livello di verità certe e fondative di quelle empiriche, condizionate alla fallibilità dei sensi (ipotesi dell'allucinazione). Il principio per cui l'idea il sapere di Dio, puro spirito, è il criterio di verità su cui poggiano tutte quelle parziali e limitate della scienza umana è lo stesso per cui, come nella tradizione platonica-agostiniana le verità della matematica hanno un grado di necessità e certezza superiore a quella delle scienze dell'esperienza sensibile, proprio alla luce dell'intelligibilità, immaterialità dei termini che i giudizi matematici mettono in relazione, quella matematica che proprio Cartesio ha in mente come modello a cui la filosofia dovrebbe ispirarsi il più possibile. Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.


Buonasera Davintro. Con i miei tempi cerco di stare dietro alla discussione. L'interpretazione che poni è stata lungamente dibattuta. Sinceramente a me sembra il tentativo di ogni "tradizione" di far rientrare nei suoi canoni anche gli eretici e gli apostati, meglio se in articulo mortis.
Cartesio fa parte di quel gruppo di pensatori che rischiarono l'autodafè per porsi contro il pensiero della tomistica scolastica. Cartesio da questo punto di vista fu molto prudente ma anche lui subì una conseguenza pesante rispetto alla sua libertà di pensiero, risultando impresentabile come docente presso qualsiasi università dell'epoca. Farlo rientrare nel novero della tradizione è poco realistico.
Racconto un episodio buffo quanto noto. Un giovane seminarista che diverrà a sua volta filosofo, Malebranche, si racconta che svenne alla lettura della prefazione de "L'uomo", l'ultima opera di Cartesio, pubblicata postuma, se non ricordo male. Lo svenimento, in realtà fu dovuto alla grande ispirazione che Malebranche trasse, credendo che quel sistema rendeva la sostanza dell'anima pura e indipendente da ogni manipolazione relativa al pensiero magico e contadino.
In essa Cartesio fa quello che viene considerato il primo "esperimento mentale scientifico". Suppone che Dio costruisca un automa, in tutto e per tutto uguale all'uomo, da lui creato in precedenza, e da questa supposizione trae la conclusione, molte pagine dopo (dove sperava che la commissione dell'index librorum prohibitorum non sarebbe mai giunta) che quell'automa è esattamente l'uomo, che si muove, si agita, ha passioni, sulla base dei suoi componenti "meccanici". Ma non solo l'uomo, Cartesio va oltre, perchè dice esplicitamente che le leggi "del fuoco" che agitano il cuore dell'uomo sono le stesse che governano tutti gli altri corpi animati e inanimati.
Insomma, Cartesio lascia a Dio lo spazio del creatore iniziale, ma è solo una captatio benevolentiae nei confronti dei domenicani controriformisti. La cosa non lo interessa minimamente. Le leggi della natura (e l'uomo rientra nella natura, in quanto res extensa) vanno studiate senza alcun condizionamento teologico.
Si racconta anche che in un altro libro fu l'editore a pregare Cartesio di aggiungere un capitolo su Dio, perchè altrimenti sarebbe stato difficile venderlo.
Insomma Cartesio, ben lungi da essere un prosecutore della tradizione scolastico-aristotelica, era però un uomo prudente. Nel discorso sul metodo si appella al pubblico per dire che se si pongono degli ostacoli alla scienza si mettono degli ostacoli alla libertà e al progresso dell'umanità. Insomma mette le mani avanti, perchè in odore di eresia. Ed è possibile interpretare anche in questo senso la distinzione netta fra res cogitans/Dio e res extensa/uomini. Dio viene in qualche modo accettato, diplomaticamente, ma sterilizzato da ogni condizionamento sulla comprensione del mondo.
In questo modo si parla di "scolastica cartesiana", ovvero di un sistema filosofico che tende a tranquillizzare l'ordine cristiano affinchè la ricerca scientifica non sia vista come un nemico. E' questo anche il significato del dualismo cartesiano.
Ma l'etica di Cartesio è evidente. Per lui la realtà è la realtà della scienza e la morale non può illudersi di non doversi confrontare con essa. A Dio e alla religione viene lasciato uno spazio di rappresentanza, come ai re nei governi democratici moderni, ma ha il solo scopo di non essere perseguitato.
Per allargare lo sguardo si può dire che vi sono due direzioni del pensiero, alla vigilia dell'epoca moderna, una tende a sviluppare teorie sincretistiche ancora intrise di credenze magiche, astrologiche, alchimistiche, di neoplatonismo. Cartesio invece è straordinario perchè abbandona tutto ciò. E' un ingegnere, che eventualmente si rifà a Leonardo, perchè comprende che la matematica può essere applicata alla realtà. la matematica non è più un gioco per iniziati, che richiama nella sua perfezione alla metafisica. Invece attraverso l'algebra può permettere uno studio della realtà che è una realtà meccanica. Le scienze meccaniche, la fisica e la matematica sono le discipline cartesiane per eccellenza.
Una delle grandi intuizioni di Cartesio è stata inoltre quella di considerare l'unità di tutte le discipline scientifiche perchè tutte rispondono allo stesso metodo investigativo. Una intuizione che ha attraversato i secoli fino a giungere a noi, nell'epoca dell'interdisciplinarietà, dove risulta evidente come non sia possibile studiare la biologia senza conoscere la genetica e l'antropologia o la sociologia senza conoscere la psicologia e la teoria politica.


Cartesio ERA un alchimista, in precisazione un Rosacroce.
Chi credete l'abbia avvelenato?


Il problema che tu poni Jacopus è più riguardo la ricezione che oggi ha cartesio sui libri di scuola, che è una ricezione della postmodernità.


Ossia PROPRIO una NON ricezione delle istanze del Modernismo. Laddove Cartesio pone il cogito, il postmodernismo capisce la MACCHINA.


Ma la RES materiale di Cartesio è in realtà la RES gnostica. L'impossibilità di leggere lo gnosticismo è esattamente ANCORA e sempre per via del CRISTIANESIMO.


La MACCHINA è l'inveramento del CRISTIANESIMO che non conosce la GNOSI, ossia del CRiSTIANESIMO CHE RIFIUTA LE SUE ORIGINI, se non proprio la sua stessa esistenza, VEDI IL VANGELO DI GIOVANNI E DI FILIPPO.

Credere nell'uomo e non nella trascendenza, è quello il PECCATO DEFINITIVO. Grazie a DIO tra poco è tutto finito.


Fare dell'uomo, che si dice trascendenza, uomo in quanto fatto di carne, è l'assoluto disprezzo di qualsiasi forma di critica, autocritica etc....
Eppure Gesù continua a ripeterlo, non per nome mio ma per nome SUO verrà il regno dei cieli.


La completa deiezione, di questa istanza modernista, che comprende infine che la verità è dentro l'uomo (VEDI CARTESIO), e non fuori.
Fa esplodere tutti i fantasmi che da sempre sono l'incubo dell'occidente.
Con le sue stragi, le sue bieche cecità, il suo potere di perversione di tutto ciò che è giusto, santo e naturale, come dice il maestro Nietzche.


No il modernismo va reinteso, proprio in chiave morale. E' il postmodernismo e i suoi deliri di potere che và ricusato.

Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: davintro il 07 Dicembre 2020, 17:14:08 PM
Citazione di: green demetr il 07 Dicembre 2020, 15:53:13 PM
Citazione di: davintro il 03 Dicembre 2020, 16:17:05 PM

Non so cosa tu intenda precisamente con "canone occidentale", provando a ipotizzare, considerando il contesto della discussione (si parla del rapporto Cartesio-filosofia cristiana), si tratti della tradizione metafisica antica e medievale di stampo trascendentista, si potrebbe intendere Cartesio come momento di snodo della modernità, interpretabile in ottiche tra loro contrapposte. Ci starebbe bene la citazione della lettura di Cartesio fatta da Del Noce (non l'ho ancora letto direttamente, ma è sempre un costante ed esplicito riferimento del mio professore di Filosofia Morale, che è uno dei principali studiosi del suo pensiero), per cui da Cartesio discendono due percorsi opposti. Il primo, germanico, prosegue con Kant, Hegel e gli epigoni di quest'ultimo, compreso Marx, questo filone intende il Cogito, principio fondativo e vincolante ogni realtà e ogni pretesa di verità che lo presuppone, come Cogito umano, vede dunque l'uomo come arbitrio ultimo della verità, ed essendo il mondo il limite entro cui un pensiero e un agire umano, sono possibili, ne discenderà l'assolutizzazione del mondano, un esito immanentista e antireligioso. C'è però un secondo filone della modernità, "latino", che da Cartesio fa derivare istanze spiritualistiche presenti in autori moderni come Pascal, Vico, Rosmini, che vede nel primato epistemologico del Cogito, non l'assolutizzazione dell'uomo, in quanto il Cogito non è propriamente l'uomo nell'insieme delle sue dimensioni, ma la sua componente interiore e spirituale, certamente presente all'uomo, ma distinta dalla componente materiale ed esteriore, che è il riflesso della finitezza umana, e dunque vede il Cogito come indicatore di una realtà responsabile della possibilità per l'uomo di giungere alla certezza della propria esistenza, ma che non si identifica con l'uomo, sintesi di materia e spirito, ma con Dio puro spirito: se la verità di cui l'uomo non può dubitare attiene alla sua componente spirituale, allora la Verità assoluta, fondativa di tutte le altre dovrebbe identificarsi con la verità di un Pensiero, puramente spirituale, cioè divino. Siamo in pieno agostinismo.


Capire in che misura i due filoni contrapposti siano legittimati a porsi come prosecutori della lezione cartesiana è collegata all'annosa questione della distinzione interiorità-immanenza. Identificando i due concetti dovremmo dar ragione, da un lato al filone immanentista/idealista che fa coincidere l'idea dell'autocoscienza come punto di partenza metodologico assolutamente valido di ogni conoscenza, con l'idea dell'uomo misura di ogni verità, escludendo ogni verità trascendente i limiti del suo sapere, e di contro, a quella corrente del pensiero cattolico più rigidamente ancorata alla scolastica tomista, che vede pensiero moderno e metafisica classica e cristiana come acerrimi nemici senza possibilità di integrazione. Se invece, come sarebbe corretto dal mio punto di vista, immanenza e interiorità vanno distinte, allora l'interiorizzazione del luogo da assumere come punto di partenza della ricerca della verità non comporta alcuna assolutizzazione della conoscenza umana, nessun immanentismo, perché la verità che abita in interiore homine non coincide col pensiero del soggetto a cui l'interiorità è riferita, dato che è il soggetto stesso, l'uomo, ha essere sempre, in buona parte, "fuori di sé", condizionato dalla materia e dalle distrazioni del mondo esterno. Il Dio agostiniano è più intimo all'uomo di quanto l'uomo sia intimo a se stesso, la sua interiorità è lo spazio che, percorso, porta al riconoscimento di un'Oltre, e non ha nulla a che vedere con l'immanenza dell'idealismo moderno.


Il canone occidentale è quello che viene riportato in fin dei conti dalle antologie letterarie.
Certamente è quello della metafisica prima classica e poi cristiana.

Concordo con il tuo professore che ha voluto dare una piega al discorso che si concentri sulla priorità del discorso politico.
Naturalmente Del Noce, ovvero Rosmini.
Quello che mi piace di Rosmini è l'aver distinto tra concetto di persona (politica dell'individuo sociale), e concetto di Dio. Laddove l'etica è la politica cristiana applicata al sociale.
(molto in soldoni). Ossia la chiave latina.
Quello che non mi piace del buon Rosmini, è il fraitendimento del soggetto.
Infatti per Rosmini il soggetto è già l'esser uomo integro, naturale.

Della chiave tedesca invece adoro il lungo cammino per raggiungere la consapevolezza del soggetto come costruzione. Dove la politica è di tipo storico-sociale legata proprio a quella concezione di soggetto.

Come però abbiamo già detto, entrambe hanno caratteristiche di trascendenza.
Non sono così distanti come si vorrebbe far credere.

Sono felice che sei passato dalla parte di noi metafisici. (anche se suppongo questo epiteto non ti piacerà ;) ).
E quindi dopo anni di incomprensione ci troviamo molto vicini.  ;)


Non hai risposto al problema della postmodernità invece. Ossia come la politica da individuale passi a quella statale (ossia la riduzione di qualsiasi individuale sotto il dominio dellla macchina sia a livello generale che della macchina statale in senso stretto). Prova a discuterne con il tuo prof.
;)


Beh, considerato che penso di essere tra i pochi nel forum a difendere l'idea di una conoscenza razionale della metafisica e della dimensione intelligibile del reale, in contrasto con le posizioni di tipo materialista e relativista, imperanti nel panorama attuale filosofico, anche fuori del forum, la qualifica di "metafisico" non può che farmi piacere... probabilmente avevamo, e abbiamo, concezioni di cosa significa "metafisica" differenti (posso sbagliarmi, eventualmente correggimi pure... immagino che nella tua accezione non sia prevista la fondazione razionale, almeno non nel senso della tradizione platonica-aristotelica, e poi degli argomenti teologici della filosofia cristiana). Poco male, considerato che le definizioni sono convenzioni, e che i fraintendimenti possono almeno in parte essere superati, recuperando l'intenzione di significato dell'interlocutore riguardo un singolo termine, contestualizzandolo all'interno del discorso nel suo complesso. Almeno spero sia così fra noi, se avverti una maggiore vicinanza mi fa piacere.


Per quanto riguarda il problema dell'asservimento dell'individuo nella macchina statale, proprio in questi giorni pensavo appunto che prima o poi mi piacerebbe aprire un topic apposito sul tema di come la secolarizzazione, intesa come immantentizzazione dell'idea di Assoluto, trasferita da Dio alle strutture di potere mondane sia la base culturale dell'idea di uomo come essere il cui valore vien fatto coincidere con la sua appartenenza e utilità alle strutture, con tutte le implicazioni immaginabili in sede politico. Mi interesserebbe approfondire la discussione in una discussione ad hoc, qua mi limiterei a scrivere che ben prima del Postmoderno, già la traiettoria "tedesca" (per restare nello schema di Del Noce),  moderna, dell'idealismo, per cui l'Assoluto si risolve nell'insieme delle forme in cui l'uomo interagisce col mondo e con la storia, sia l'origine di tale trasferimento della coscienza della dignità dell'uomo, da un fondamento trascendente a uno coincidente con gli interessi di un potere mondano come può essere, tra gli altri, lo Stato, con legittimazione ideologica dei vari totalitarismi novecenteschi annessi a tutto ciò.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Jacopus il 07 Dicembre 2020, 17:18:58 PM
Stavolta rispondo prima a Green e mi lascio Davintro per un altro giorno.
Rispetto alla modernità non è affatto vero che la difenda. O meglio, proprio perchè difendo la modernità ne critico la sua attuale deriva. La critica e la critica della critica, sono, a partire da Socrate, uno degli elementi caratterizzanti della modernità, il cui modello è possibile ritrovare a partire dalla cultura ellenistica.
Fare discorsi in scala ha esattamente senso come farli in modo esistenzialista. L'essere umano è uno straniero ed ogni straniero va accolto nella sua peculiarità. Solo in questo modo è possibile provare a fermare la violenza. Ma questa considerazione nasce all'interno della cultura occidentale e moderna, esattamente come le statistiche e i partiti di massa con annessi campi di concentramento. Le statistiche e l'individuo hanno significati diversi ma non autoescludenti. Uno dei più significativi esperimenti di filosofia del novecento è stato quello della scuola di Francoforte, che tentò proprio di avere un doppio sguardo, esistenzialista, su ogni singola e pura vita, e sociologico. Fermarsi all'individuo può essere un importante antidoto alla violenza, ma non permette la comprensione delle società moderne, neppure in chiave filosofica, a meno che la filosofia non si voglia arroccare in una dimensione anacronistica e priva di ogni riferimento con le altre discipline.


A proposito di Cartesio non sapevo che fosse un alchimista, ma nell'introduzione ai "Discorso sul metodo" (1637) l'accusa all'alchimia è esplicitata con chiarezza: Cartesio parla esplicitamente delle promesse degli alchimisti, delle predizioni degli astrologi, delle imposture dei maghi e delle vanterie di coloro che fanno vanto di sapere più di ciò che non sanno, e le definisce tutte cattive dottrine, esempi di un sapere incapace di distinguere il vero dal falso. Questo è quanto.
Rispetto all'eterna diatriba tra res cogitans e res extensa, io resto del mio parere. La res cogitans fu un artificio, "una macchina nella macchina" per liberare le forze prometeiche insite nello sguardo scientifico moderno. Il vero interesse di Cartesio era nella res extensa e nella sua capacità di interpretare e modificare il mondo, in qualità di scienziato e, soprattutto, ingegnere. Ovvio che su questa diatriba difficile scrivere la parola fine. Vi sono grandissimi pensatori che hanno difeso l'una e l'altra posizione, ma a me, personalmente, sembra molto più corretta quella che piazza Descartes sul piatto della res extensa.


Andare oltre Cartesio, come suggerivo nel titolo del post, ha per me un significato di coerenza con il viaggio della modernità, che deve essere in grado di correggere sè stessa, se vuole sopravvivere come idea culturale. Se non lo saprà fare, saremo in balia dei venti regressivi della storia, dei miti dell'età dell'oro, della fine della storia o della storia non più come freccia, ma come cerchio dei corsi e ricorsi o delle élite paretiane, in eterna lotta per la sopraffazione belluina. In tutto ciò vedo, comunque, poca correlazione fra Cartesio e il cristianesimo. Cercherò di approfondire, visto che Cartesio mi intriga molto. E comunque grazie per la piacevole discussione, a te e a tutti gli altri intervenuti.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: green demetr il 07 Dicembre 2020, 17:40:51 PM
x jacopus.


E' contro gli alchimisti perchè ritenuti ebrei, mentre lui sposa una alchimia cristiana, appunto rosacroce.
Questo per dire di come tu fraintenda tout court Cartesio.
Che è famoso per il cogito, e dunque per la separazione del pensiero dalle cose del Mondo.
Mentre nel medioevo alle cose superiori corrispondo quelle inferiori, per Cartesio non è cosi.
E' il post moderno, in quanto scuola del non pensiero, dei benpensanti che DEPENSANO, che arriva la mania per le res extensa, fino all'instupidimento delle scuole realiste o neorealiste.
Il gatto è un gatto....ma non mi dite!
Il postmodernismo è questo, una resa alla domanda di senso.
Ora volermi etichettare di esistenzialismo, mi fa solo ridere.
In quanto sotto l'etichetta di esistenzialista sta la scritta irrazionalista.
Ora mi pare molto più esistenzialista, nel senso di esizialista, il post-moderno contemporaneo depensante la realtà in quanto realtà e basta.
C'è veramente qualcosa di magico ed infantile in tutto questo crollo del pensiero.


Ora io non posso mettere in discussione la tua buona fede. Se credi che sociologia e politica possano essere complementari e non in battaglia e/o allenza STRUMENTALE, io non posso che seguitare che allora sei vittima di questo mondo che va all'incontrario.
In cui è la realtà a decidere della volontà.
(la domanda sorge spontanea: e chi la decide la realtà? la realtà stessa? La res extensa all'improvviso pensa!!! siamo caduti dal teologismo depensante della caste sacerdotali all'ecomunismo depensato delle caste politiche, ed questa la scomoda verità: da un dogma si è passati all'altro....povero cartesio!!!).


Ma su queste incomprensioni reciproche credo, troveremo terreno più fertile altrove  ;)
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Jacopus il 07 Dicembre 2020, 18:56:24 PM
x Green


Sul discorso Cartesio-alchimia-rosacroce ti rimando a questo breve articolo dell'espresso:
https://areeweb.polito.it/didattica/polymath/htmlS/info/BIBLIOID/Eco%20Cartesio%20Aczel.htm
Il mio fraintendimento di Cartesio lo rimando quindi al mittente.

Rispetto al tuo discorso successivo che la realtà sia da studiare in quanto realtà, se oggi è scontato, non lo era ai tempi di Cartesio e lo dobbiamo a lui e agli altri costruttori del metodo scientifico se oggi abbiamo questo concetto di realtà. La richiesta del senso da parte del metodo scientifico non è così assente come tu intendi. Tutt'altro. Il metodo scientifico chiede che la realtà delle cose sia fondata su prove che non sono la "tradizione", perchè una bugia, anche se ripetuta 10.000 anni resta una bugia, ed in questo Cartesio è il diretto erede del pensiero filosofico greco. Il grande salto è dato proprio dalla capacità di pensare attraverso il cogito, il mondo e la relazione fra le parti (pezzi dice Cartesio) del mondo. Ma quel mondo non ha più un velo trascendentale, che serve per annebbiare le menti e per governare i deboli. Il mondo è fatto di materie che agiscono come forze, come meccanismi di orologi o di mulini a vento, come dice Cartesio. Che il gatto sia il gatto, lo dobbiamo proprio a Cartesio, perchè prima di lui (e anche dopo, in verità, ma le teorie scientifiche non sono mai sincronizzate con la cultura dell'epoca) il gatto poteva essere benissimo una strega o una divinità.
Il cogito è, se vuoi, l'estrema conseguenza della sfida dell'individuo alle strutture convenzionali della sua epoca. Se Dio non può essere più considerato il primo motore immobile, occorre stabilire un punto di partenza ad una nuova storia, e questa nuova storia è l'individuo che pensa (nuova per modo di dire). Un pensiero che deve essere autonomizzato dalla tradizione e che deve avere un nuovo sguardo sulle cose. In questo sta il nesso fra cogitationes ed extensiones. Ed è per questo, che, giustamente come fai notare, non esiste più una separazione fra cose superiori e inferiori. Tutte le cose rispondono alle stesse leggi della res extensa, perfino l'uomo, come scriverà nell'Homme.
Oggi quel nuovo sguardo è diventato in realtà uno sguardo vecchio e pericoloso, al punto che la trascendenza ci potrebbe apparire come la soluzione.
In merito al discorso che fai su alleanze fra sociologia e politica, in realtà non capisco. Quello che io intendevo dire è che Cartesio, molti secoli fa ebbe una intuizione che oggi è pane quotidiano, ovvero la necessità che gli studi per essere produttivi e geniali, devono spesso essere interdisciplinari. Sono spesso lavori di équipe quelli più generativi ed innovativi.
Che l'attuale epoca sia depensante è in parte vero, ma certo ciò non imputabile nè al metodo scientifico, nè alla modernità in quanto categoria storica generale, che viene distinta dal pensiero medioevale e antico. Del resto ogni epoca ha avuto un suo profilo di pensiero ed ogni epoca ha avuto i suoi problemi nel gestire il pensiero e la costruzione della realtà attraverso il pensiero. Ma pensare all'oggi come a qualcosa di peggiore dello ieri è un giochino rassicurante ma inconcludente.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Lou il 07 Dicembre 2020, 20:42:49 PM
Citazione di: davintro il 06 Dicembre 2020, 20:09:04 PM
Citazione di: Jacopus il 06 Dicembre 2020, 19:07:31 PM
Citazioneil procedimento tramite cui Cartesio perviene alla certezza del "Cogito ergo sum" ricalca quello agostiniano in cui, in polemica con gli scettici, portando il dubbio alla sua massima radicalità, vengono meno le certezze legate alla conoscenza del mondo esterno ma non la certezza circa il proprio esistere, che per quanto erri, esiste come soggetto errante, "Si fallor, sum". Probabilmente, il significato di soggettività agostiniano si distingue per essere più ampio di quello cartesiano, che si limita all'essere pensante, ma al di là delle differenze, resta comune il principio per cui quanto più lo sguardo si fa "introverso", si rivolge all'interiorità spirituale distogliendosi dall'esperienza sensibile dell'esteriorità, tanto più si avvicina a un livello di verità certe e fondative di quelle empiriche, condizionate alla fallibilità dei sensi (ipotesi dell'allucinazione). Il principio per cui l'idea il sapere di Dio, puro spirito, è il criterio di verità su cui poggiano tutte quelle parziali e limitate della scienza umana è lo stesso per cui, come nella tradizione platonica-agostiniana le verità della matematica hanno un grado di necessità e certezza superiore a quella delle scienze dell'esperienza sensibile, proprio alla luce dell'intelligibilità, immaterialità dei termini che i giudizi matematici mettono in relazione, quella matematica che proprio Cartesio ha in mente come modello a cui la filosofia dovrebbe ispirarsi il più possibile. Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.


Buonasera Davintro. Con i miei tempi cerco di stare dietro alla discussione. L'interpretazione che poni è stata lungamente dibattuta. Sinceramente a me sembra il tentativo di ogni "tradizione" di far rientrare nei suoi canoni anche gli eretici e gli apostati, meglio se in articulo mortis.
Cartesio fa parte di quel gruppo di pensatori che rischiarono l'autodafè per porsi contro il pensiero della tomistica scolastica. Cartesio da questo punto di vista fu molto prudente ma anche lui subì una conseguenza pesante rispetto alla sua libertà di pensiero, risultando impresentabile come docente presso qualsiasi università dell'epoca. Farlo rientrare nel novero della tradizione è poco realistico.
Racconto un episodio buffo quanto noto. Un giovane seminarista che diverrà a sua volta filosofo, Malebranche, si racconta che svenne alla lettura della prefazione de "L'uomo", l'ultima opera di Cartesio, pubblicata postuma, se non ricordo male. Lo svenimento, in realtà fu dovuto alla grande ispirazione che Malebranche trasse, credendo che quel sistema rendeva la sostanza dell'anima pura e indipendente da ogni manipolazione relativa al pensiero magico e contadino.
In essa Cartesio fa quello che viene considerato il primo "esperimento mentale scientifico". Suppone che Dio costruisca un automa, in tutto e per tutto uguale all'uomo, da lui creato in precedenza, e da questa supposizione trae la conclusione, molte pagine dopo (dove sperava che la commissione dell'index librorum prohibitorum non sarebbe mai giunta) che quell'automa è esattamente l'uomo, che si muove, si agita, ha passioni, sulla base dei suoi componenti "meccanici". Ma non solo l'uomo, Cartesio va oltre, perchè dice esplicitamente che le leggi "del fuoco" che agitano il cuore dell'uomo sono le stesse che governano tutti gli altri corpi animati e inanimati.
Insomma, Cartesio lascia a Dio lo spazio del creatore iniziale, ma è solo una captatio benevolentiae nei confronti dei domenicani controriformisti. La cosa non lo interessa minimamente. Le leggi della natura (e l'uomo rientra nella natura, in quanto res extensa) vanno studiate senza alcun condizionamento teologico.
Si racconta anche che in un altro libro fu l'editore a pregare Cartesio di aggiungere un capitolo su Dio, perchè altrimenti sarebbe stato difficile venderlo.
Insomma Cartesio, ben lungi da essere un prosecutore della tradizione scolastico-aristotelica, era però un uomo prudente. Nel discorso sul metodo si appella al pubblico per dire che se si pongono degli ostacoli alla scienza si mettono degli ostacoli alla libertà e al progresso dell'umanità. Insomma mette le mani avanti, perchè in odore di eresia. Ed è possibile interpretare anche in questo senso la distinzione netta fra res cogitans/Dio e res extensa/uomini. Dio viene in qualche modo accettato, diplomaticamente, ma sterilizzato da ogni condizionamento sulla comprensione del mondo.
In questo modo si parla di "scolastica cartesiana", ovvero di un sistema filosofico che tende a tranquillizzare l'ordine cristiano affinchè la ricerca scientifica non sia vista come un nemico. E' questo anche il significato del dualismo cartesiano.
Ma l'etica di Cartesio è evidente. Per lui la realtà è la realtà della scienza e la morale non può illudersi di non doversi confrontare con essa. A Dio e alla religione viene lasciato uno spazio di rappresentanza, come ai re nei governi democratici moderni, ma ha il solo scopo di non essere perseguitato.
Per allargare lo sguardo si può dire che vi sono due direzioni del pensiero, alla vigilia dell'epoca moderna, una tende a sviluppare teorie sincretistiche ancora intrise di credenze magiche, astrologiche, alchimistiche, di neoplatonismo. Cartesio invece è straordinario perchè abbandona tutto ciò. E' un ingegnere, che eventualmente si rifà a Leonardo, perchè comprende che la matematica può essere applicata alla realtà. la matematica non è più un gioco per iniziati, che richiama nella sua perfezione alla metafisica. Invece attraverso l'algebra può permettere uno studio della realtà che è una realtà meccanica. Le scienze meccaniche, la fisica e la matematica sono le discipline cartesiane per eccellenza.
Una delle grandi intuizioni di Cartesio è stata inoltre quella di considerare l'unità di tutte le discipline scientifiche perchè tutte rispondono allo stesso metodo investigativo. Una intuizione che ha attraversato i secoli fino a giungere a noi, nell'epoca dell'interdisciplinarietà, dove risulta evidente come non sia possibile studiare la biologia senza conoscere la genetica e l'antropologia o la sociologia senza conoscere la psicologia e la teoria politica.


Buonasera Jacopus
Non a caso hai citato, in riferimento all'opposizione a Cartesio, tomismo o scolastica aristotelica-domenicana, che costituiscono l'orientamento teologico prevalente nella Chiesa cattolica, ma non sono, fortunatamente, l'unico filone interno al complesso della tradizione metafisica cristiana. Accanto ad essi troviamo la via platonico-agostiniana, che, per l'appunto, gran parte degli aderenti alle posizioni tomiste o scolastiche hanno sempre visto con occhio sospettoso, timorose che, erroneamente a mio modesto avviso, ma ciò non conta nulla, la via dell'interiorità conducesse ad esiti immanentistici, per i quali le verità teologiche finirebbero relativizzate all'interno della soggettività umana che rivolgendosi a se stessa le ricerca. E proprio a questo filone agostiniano dell'interiorità pensavo soprattutto riguardo l'analogia con Cartesio, e non, almeno non primariamente, all'impostazione tomista, scolastica, o a un certo modo di intenderla. Certamente il Dio cartesiano non è a tutti gli effetti quello agostiniano, non è il Dio che si invoca, a cui ci si rivolge come un padre, nella Confessioni, è un Dio che rientrerebbe nell'ambito di una metafisica razionalista che anche un Voltaire, anticlericale ma non ateo, non avrebbe problemi a concepire, ma comunque un Dio trascendente. Quindi, prima di stabilire quanto l'esito teista sia conclusione necessaria del pensiero di Cartesio bisognerebbe accordarsi sull'accezione con cui intendere l'idea di Dio, quella della fede nelle Scritture, nelle rivelazioni storiche, dei dogmi, oppure il Dio dei filosofi a cui il deismo si ferma, il Dio Causa Prima incausata che rende ragione della realtà dell'uomo, in particolare nella componente spirituale attestata dal Cogito. Il risconto di un disinteresse, di una tematizzazione forzata, atta a evitare problemi con il clima culturale dell'epoca, non aiuta più di tanto a sbrogliare la questione. Cartesio formula diverse prove dell'esistenza di Dio. Ora, un conto è riconoscere come motivo principale di questo impegno dei condizionamenti esterni alla propria volontà piuttosto che un sincero interesse personale, un altro arrivare a pensare che lo stesso merito dell'argomentazione e le conclusioni che ne derivino siano stati viziati per giungere a un esito che la stessa ragione cartesiana, in piena libertà, non avrebbe condiviso: cioè, il fatto che Cartesio si sia sentito forzato a occuparsi del tema teologico, inteso in generale, senza che gli interessasse poi così tanto, non implica che nell'effettivo approccio al tema egli abbia formulato argomenti e conclusioni della cui logica egli non fosse convinto. E se, accettando la sua buonafede, la convinzione in merito c'era, allora sarebbe corretto dire che comunque Dio è l'esito necessario della sua filosofia, in quanto conclusione coerente con le sue premesse, indipendentemente dal fatto che, fuori dal contesto politico e culturale dell'epoca, immaginandolo in piena libertà intellettuale, avrebbe preferito non occuparsene.
A me pare che il dio cartesiano funga da garante e che tale ruolo sia dato da una una preoccupazione strettamente gnoseologica: la corrispondenza tra ordo rerum et ordo idearum, detta grossolanamente, non una dualità meramente linguistica, ma sostanziale., nel caso cartesiano di cui si discorre.  ( e tenendo fermo e dato per ovvio il punto della teoria corrispondentista della verità  - discutibile) Una garanzia di verità.
In ciò mi trovo in sintonia con davintro, quando parla di dio  dei filosofi.
L'ascendenza agostiniana ritengo risuoni, certamente: nella componente di privatio di chiarezza e distinzione, che assomiglia assai alla privatio boni di Agostino, così come nella idea di infinito ed eterno del cogito, che non può derivarla da se medesimo.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Jacopus il 08 Dicembre 2020, 10:44:42 AM
In virtù di questa discussione mi capita sovente di pensare a Cartesio e non nascondo una certa crescente ammirazione, non in senso assoluto, ma calando Cartesio nella sua epoca. In questo modo non si può rimanere affascinati dal suo modo di pensare, in grado di fare tabula rasa del pensiero tradizionale e nello stesso tempo farlo con una astuta prudenza, onde evitare quanto accaduto pochi decenni o anni prima a due grandi pensatori italiani.
La sua frase più famosa "cogito ergo sum", ad esempio, è impostata come un sillogismo cui manca la prima parte. Ma la prima parte, data la generalità della conclusione, non può che essere "tutti gli esseri viventi pensano", e quindi "penso, dunque sono". In caso contrario, se avesse voluto restringere il campo avrebbe dovuto formulare il sillogismo come "penso, dunque sono un uomo", oppure "penso  dunque sono dotato di anima".
Il principio rivoluzionario di Cartesio è insito in quella prima parte del sillogismo, che non viene neppure scritta ma che, similmente al "de Orbitum" di Keplero o aI "dialogo sopra i due massimi sistemi", sposta l"essere umano dal centro della scena alla periferia, e cerca così nuovi tipi di relazioni, non più fondate su un "sopra" metafisico e un "sotto" terreno.

Tutti gli esseri viventi pensano e tutti gli esseri viventi sono interdipendenti attraverso il pensiero.
È probabile che mi sia spinto troppo in là in questa interpretazione che avrebbe bisogno di uno studio più approfondito di Cartesio, ma ve la offro come una sorta di illuminazione spontanea, fatta per dare luce a questa giornata uggiosa di dicembre.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: baylham il 08 Dicembre 2020, 11:45:54 AM
Moltissime specie animali hanno una mente, ma solo poche hanno la capacità di pensare. Per pensare serve un linguaggio che la maggioranza delle specie viventi non ha: "cogito ergo sum" è latino, "penso dunque sono" italiano.

Cartesio dubitava particolarmente della validità dei sillogismi.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: paul11 il 08 Dicembre 2020, 12:23:32 PM
Citazione di: Jacopus il 08 Dicembre 2020, 10:44:42 AM
e cerca così nuovi tipi di relazioni, non più fondate su un "sopra" metafisico e un "sotto" terreno.



E fino a quando questa mendacio perseverata nella modernità esisterà  non si capirà mai la meta-fisica, l'oltre la fisica.
Ma dove e quando mai Platone, in testi come Repubblica dove discute sulla struttura sociale e politica divide
il sopra e il sotto.
Cartesio apre all'IO e perde la realtà . Guarda il mondo dal punto di vista umano ,con i suoi limiti e pregi.
Ma che cosa sia mai l'IO? Cosa sarà mai la coscienza? Cosa sarai mai la psiche?
La risposta "soffia nel vento" ancora. E' solo cambiata la prospettiva di osservazione: i problemi fondamentali
che non furono superati dai metafisici antichi e spesso neppure capiti sono ancora nell'orizzonte della post modernità.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: viator il 08 Dicembre 2020, 13:06:29 PM
Salve Paul11: Citandoti : "Ma che cosa sia mai l'IO? Cosa sarà mai la coscienza? Cosa sarai mai la psiche?".

Mah, facciamo che siano puri concetti immateriali. I concetti son quelle cose che, pur esistendo, non sono materialmente generati (causati) e neppure materialmente generanti (quindi sono privi di effetti materiali).
Essi sono immaterialmente generati ed immaterialmente generanti. Nel senso che costituiscono una realtà (perchè esistono) programmante (perchè io, coscienza e psiche generano -programmandoli senza direttamente realizzarli - gli effetti materiali che sarà poi invece il nostro corpo materiale a realizzare).

Naturalmente la loro immaterialità è tale poichè basata non sulla materia, bensì sul suo complemento, cioè l'energia, ente notoriamente non-materiale.

In definitiva, diciamo che io, coscienza e psiche non sono altro che la forma (l'insieme delle relazioni energetiche, poste ciascuna al suo proprio livello) delle energie che fanno vivere la nostra materialità corporale. Saluti.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Phil il 08 Dicembre 2020, 13:27:43 PM
Citazione di: Jacopus il 08 Dicembre 2020, 10:44:42 AM
La sua frase più famosa "cogito ergo sum", ad esempio, è impostata come un sillogismo cui manca la prima parte. Ma la prima parte, data la generalità della conclusione, non può che essere "tutti gli esseri viventi pensano", e quindi "penso, dunque sono".
[Pedante postilla di logica]
Se il sillogismo fosse:
- tutti gli esseri viventi pensano
- io penso
- quindi sono un essere vivente (esisto)
si tratterebbe della fallacia dell'affermazione del conseguente (tipica di molte petitio principii del pensiero metafisico); ovvero p q; q; ⊢ p, che è la versione fallace del modus ponens: p q; p; ⊢ q.
Il sillogismo valido, almeno se "dobbiamo" mantenere la prima premessa, è (potremmo raffigurarlo anche insiemisticamente):
- tutti gli esseri viventi pensano (chiunque è vivo, pensa; pq)
- sono un essere vivente (p)
- quindi penso (q)
poiché è p ad implicare q, non viceversa. L'esempio da manuale è: se piove, uso l'ombrello; piove; quindi uso l'ombrello. Tuttavia ciò non comporta che uso l'ombrello solo se piove (se piove uso l'ombrello; uso l'ombrello; quindi piove), posso infatti usare l'ombrello anche per altri motivi (togliere una ragnatela dal soffitto, etc.).

Se invece volessimo sillogizzare il motto cartesiano con la logica classica (non quella modale), potremmo dire:
- tutti i pensanti sono viventi (premessa implicita)
- sono pensante (cogito)
- quindi sono vivente (ergo sum).


P.s.
Ricordo che l'essere formalmente valido, non comporta l'essere necessariamente vero: dipende dalla compilazione dei valori di verità delle singole proposizioni (compilazione tanto più problematica quanto più sono astratti e/o inverificabili gli elementi delle proposizioni, come dimostrano l'etica, la teologia, l'estetica, etc. che infatti non si fondano sulla verità "oggettuale-oggettiva" dei loro "sillogismi", ma sulla loro validità formale meta-fisica; il che potrebbe suggerire un ripensamento del concetto di «verità» in ambito metafisico, come suggerito dalla postmodernità, ma già non siamo più in tema con Cartesio).
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: paul11 il 08 Dicembre 2020, 14:22:02 PM
Citazione di: viator il 08 Dicembre 2020, 13:06:29 PM
Salve Paul11: Citandoti : "Ma che cosa sia mai l'IO? Cosa sarà mai la coscienza? Cosa sarai mai la psiche?".

Mah, facciamo che siano puri concetti immateriali. I concetti son quelle cose che, pur esistendo, non sono materialmente generati (causati) e neppure materialmente generanti (quindi sono privi di effetti materiali).
Essi sono immaterialmente generati ed immaterialmente generanti. Nel senso che costituiscono una realtà (perchè esistono) programmante (perchè io, coscienza e psiche generano -programmandoli senza direttamente realizzarli - gli effetti materiali che sarà poi invece il nostro corpo materiale a realizzare).

Naturalmente la loro immaterialità è tale poichè basata non sulla materia, bensì sul suo complemento, cioè l'energia, ente notoriamente non-materiale.

In definitiva, diciamo che io, coscienza e psiche non sono altro che la forma (l'insieme delle relazioni energetiche, poste ciascuna al suo proprio livello) delle energie che fanno vivere la nostra materialità corporale. Saluti.


Esercizio filosofico

L'IO = quindi sarebbe un contenitore? Fisico, meta-fisico, o cos'altro?
Concetti? Cosa sono= prodotti da che cosa? Fisico o meta-fisico?
Im-materiali? Quindi non sono nel dominio fisico-sensibile, non fanno parte delle percezioni sensoriali. Quindi sono meta-fisici
Ma esistono? Cosa significa esistere? L'essere è accomunabile con il termine esistenza? L'esistenza percorre solo il dominio del sensible= percepibile attraverso i sensi , oppure vale anche per gli enti im-materiali ? Esistere sia per il dominio fisico che meta-fisico?


Io, coscienza e psiche  genero .E' definibile, daccapo, l'IO, la coscienza la psiche, se non hanno consistenza fisica come potrebbero generare? Si capisce  che vi è commistione fra fisica e meta-fisica?
L'energia non è materiale? Quindi è im-materiale = meta-fisica.
La forma = relazione. Ma le relazioni (ad es. "IO penso") ci dicono cosa è(ontologia) l'IO e la predicazione "penso"? La relazione ci dice il processo gnoseologico( di conoscere, pensare,ecc.) ma nulla ci dicono cosa sia il pensiero e cosa sia l'IO.


Eppure non sapendo nulla deduciamo che fisicamente ,come corpo, viviamo.  Ma vivere è uguale ad esistere? Vivere = esistere sono uguali ad essere?


Ma se fosse che enti im-materiali = meta-fisici (oltre  la fisica) ci diano la consapevolezza che esistiamo , significa che prima sta la meta-fisica e solo dopo la fisica. In  quanto se un IO e la predicazione "penso" fossero im-materiali, la deduzione di esistere (fisicamente) sarebbe una conseguenza.




Quindi è corretto che Cartesio premetta che il cogito non faccia parte del dominio sensibile, non è fisica (materialità, res extensa per Cartesio) eppure l'oltre-fisica (meta-fisica) interagisce con la fisica dandoci consapevolezza di esistere .
E allora "giochiamo":  se Cartesio avesse scritto "Sum, ergo cogito" sarebbe stata la stessa cosa?
Sum= sono...ma qualunque cosa che esiste è? E per affermare che "sum" implicitamente significa che lo penso . Solo gli esseri che pensano sono?

Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Ipazia il 08 Dicembre 2020, 20:40:57 PM
La postulazione di Cartesio è razionalistica: posso dubitare di tutto ma non del mio pensiero che dubita di tutto. Per dubitare mi serve almeno una cosa: il pensiero. Sulla cui esistenza non posso dubitare, perchè per dubitare del pensiero dovrei comunque pensare confutando il mio dubbio. Attestata la sua invalicabile tautologia il pensiero diventa l'unico fondamento gnoseologico certo di un contenuto ontologico - la vexata quaestio dell'essere - certo.

Sul Cartesio alchimista, non dubito che si sia interessato anche all'unica "scienza" della materia disponibile al suo tempo, date le sue caratteristiche di ricercatore polivalente. Che si sia reso conto ben presto dell'infondatezza dell'approccio magico, imparentato con l'astrologia, di quella ricerca, lo dimostra il fatto che se ne allontanò dedicando le sue attenzioni mature alla fisica e alla matematica.

Che il pensiero abbia bisogno di un linguaggio, ripeto, vorrei qualche fonte autorevole che ne sostenga la tesi. La mia impressione è che il pensiero sia antecedente al linguaggio e segua criteri propri, come la memoria nelle sue varie articolazioni sensoriali. Prelinguistiche per loro natura.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: viator il 08 Dicembre 2020, 22:22:05 PM
 Salve Paul11. D'ora in poi cercherò di ricordarmi di chiamarti Maestro.


Per quanto il gioco venga facile all'insegnante (raffica di domande dall'apparenza discorsiva elementare ma dall'approfondibilità filosofico-lessicale insondabile), cercherò di stare al gioco facendo l'alunno ignorante ma volonteroso. Ovviamente non riuscirò a soddisfare le tue attese docenziali ma non preoccuparti...........una bocciatura in più non mi cambierà la vita.
Dunque : Esercizio filosofico : replico grassettando :

L'IO = quindi sarebbe un contenitore? No, è una forma astratta. E' la geometria di una struttura (e non l'insieme dei componenti la struttura). L'insieme delle relazioni che connettono e fanno funzionare reciprocamente la memoria, la coscienza ed il raziocinio per produrre delle consapevolezze mentali utilizzabili per gestire la propria vita. Anche lo Stato, per spiegarci, è una forma astratta consistente nell'insieme delle relazioni che connettono etc. etc. etc. per produrre il funzionamento della vita della Società.

Fisico, meta-fisico, o cos'altro? Vedi tu, sulla base di quanto detto sopra, ma soprattutto di quanto dirò più avanti.
Concetti? Cosa sono= prodotti da che cosa? I concetti sono enti astratti prodotti dalla (ma non consistenti in-) attività cogitativa utilizzando gli strumenti del linguaggio, in quanto destinati essenzialmente (ma non esclusivamente) alla comunicazione.  L'attività cogitativa consiste nella produzione - da parte della coscienza di un flusso modulaile di potenziali elettroneurali, quindi fisicissimi benchè IM-MATERIALI perchè semplicemente estranei benchè COMPLEMENTARI alla materia la quale è appunto la dimensione fisica MATERIALE.

Fisico o meta-fisico? Circa la metafisica, essa per me (accetta la solitudine  di un "bastian contrario") non è "l'oltre la fisica estraneo ed incompatibile con la fisica", bensì "l'oltre la fisica che, risultando non spiegato dalla fisica nota, o verrà un dì spiegato dalle scienze fisiche o non verrà mai spiegato dalla fisica". Quindi, anche per concetti, cogitazioni e pensato, vedi tu dove metterli.
Im-materiali? Quindi non sono nel dominio fisico-sensibile, non fanno parte delle percezioni sensoriali. Quindi sono meta-fisici. Vedi qui sopra.

Ma esistono? Cosa significa esistere? Al di là del letterale "essere al di fuori di qualcosa o di qualcuno", esistere significa risultare effetto di ciò che precede e contestualmente risultare causa di ciò che segue". Anche qui, vedi da te se quanto trattato sinora esiste o meno.
L'essere è accomunabile con il termine esistenza? . L'essere è "la condizione per la quale le cause producono i loro effetti". Ovvero la condizione che permette l'instaurarsi dell'esistenza.
L'esistenza percorre solo il dominio del sensible= percepibile attraverso i sensi , oppure vale anche per gli enti im-materiali ? Immateriale non significa necessariamente spirituale o metafisico, come appunto ho rozzamente accennato qui sopra. Infatti l'immateriale energetico..........(vedi sempre qui sopra). Perciò, sempre sulla base della mia definizione (vedi ancora qui sopra) di esistere........non vi è distinzione esistenziale tra il sensibile ed il concepibile. Basta che l'uno o l'altro risultino effetti e poi cause di qualcosa, ed essi entrambi saranno da considerare esistenti.
Esistere sia per il dominio fisico che meta-fisico? Fatta sempre salva la mia precisazione circa il "metafisico", avrei già risposto qui sopra.
Io, coscienza e psiche  genero .E' definibile, daccapo, l'IO, la coscienza la psiche. Dell'IO ho trattato all'inizio.
.....,se non hanno consistenza fisica come potrebbero generare? Si capisce  che vi è commistione fra fisica e meta-fisica?L'energia non è materiale? Quindi è im-materiale = meta-fisica. Anche qui, tener presente quanto ho accennato circa la natura contemporaneamente fisica ed immateriale dell'ìenergia e circa il significato da me attribuito al termine "metafisica."
La forma = relazione. Ma le relazioni (ad es. "IO penso") ci dicono cosa è(ontologia) l'IO e la predicazione "penso"? No, non ce lo dicono.
La relazione ci dice il processo gnoseologico( di conoscere, pensare,ecc.) ma nulla ci dicono cosa sia il pensiero e cosa sia l'IO. Cosa io penso sia l'IO e cosa possa essere il pensiero....non ce lo dice la forma=insieme delle relazioni, ma lo accenno io qui sopra.

Eppure non sapendo nulla deduciamo che fisicamente ,come corpo, viviamo.  Ma vivere è uguale ad esistere? Vivere = esistere sono uguali ad essere?  Vivere è termine biologico-psicologico, relativo quindi ad un ritrettissimo aspetto incluso nella condizione dell'essere.
Ma se fosse che enti im-materiali = meta-fisici (oltre  la fisica) ci diano la consapevolezza che esistiamo , significa che prima sta la meta-fisica e solo dopo la fisica. In  quanto se un IO e la predicazione "penso" fossero im-materiali, la deduzione di esistere (fisicamente) sarebbe una conseguenza. L'equivoco qui riguarda sempre il significato di "immateriale" che per te significa spirituale e metafisico, per me – diversamente – "estraneo alla materia" ma magari "appartenente al dominio della fisica ma non della materia (bensì dell'energia)".

Quindi è corretto che Cartesio premetta che il cogito non faccia parte del dominio sensibile, non è fisica (materialità, res extensa per Cartesio) eppure l'oltre-fisica (meta-fisica) interagisce con la fisica dandoci consapevolezza di esistere . Cartesio, grandissimo genio, speculava utilizzando ciò che risultava noto o ragionevolmente ipotizzabile ai tempi suoi. Un pò troppo l'attendersi proiezioni ed ipotesi neurologiche, elettrologiche, evolutivistiche, neurofisiologiche da lui o dai suoi contemporanei. Inoltre non esiste-esisteva solo il dominio sensibile esteriore (quello cui accenna appunto C.) E il dominio sensibile interiore, emozionale, tanto per intenderci.......quello riguardante il concetto attuale (ben diverso da quello classico) di psiche ?.
E allora "giochiamo":  se Cartesio avesse scritto "Sum, ergo cogito" sarebbe stata la stessa cosa? Assolutamente no. Sarebbe incorso in un volgare effetto di capovolgimento causa-effetto. L'essere non permette ritorni di fiamma.
Sum= sono...ma qualunque cosa che esiste è? Già fornito qui sopra addietro il mio punto di vista.
E per affermare che "sum" implicitamente significa che lo penso . No comment.
Solo gli esseri che pensano sono ? Anche a ciò mi sembra di aver già implicitamente risposto sopra.




Naturalmente il gioco è bello quando non dura troppo, per cui ti comunico di non poterti assicurare la mia disponibilità per futuri esami-interrogatori. Abbiti intanto i miei deferenti saluti che ti prego di voler estendere anche ad eventuali tuoi colleghi del Consiglio di Istituto.
Sono a loro disposizione ma solo per materie diverse da quelle che abbiamo trattato oggi.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: paul11 il 10 Dicembre 2020, 14:51:08 PM

Scusa se ho perturbato ;) E' solo un esercizio filosofico, senza maestri e allievi, e istituti collegiali giudicanti.
Lo scopo è riflettere sulle singole parole  termini, fino alle proposizioni articolate di argomenti e farsi una propria congettura, idea,  misurandosi cone pensieri diversi filosofici , con gli altri e con se stessi........per migliorare, capire (carpire ,com-prendere). Penso che che sia utile, anche se fosse  solo a noi stessi.


L'IO, inaugurato da Cartesio, ha una tale problematicità che già ai suoi contemporanei ebbe chi ne fosse favorevole e chi ne mostrò critiche. Poi con Kant, Husserl e tutto il Novecento, passando per la psicologia e lo psicologismo filosofico, fino al cognitivismo attuale.
Quell' IO verrà analizzato, frammentato, ricostruito e rianalizzato, parecchie volte.
Molti, e penso anche tu, lo ragionano  come "processo", come relazione .
Sempre molti lo confondono con altri termini, ammesso che sia una confusione.
Ad esempio  un pensatore contemporaneo , Dennet scrive: «A che cosa serve la coscienza, se un'elaborazione dell'informazione perfettamente inconsapevole è capace, in linea di principio, di conseguire tutti i fini per i quali si supponeva che esistesse la mente cosciente?»
Ma cosa intende per coscienza Dennet? E' chiaro che il processo di conoscenza, che ci informa e informa qualcuno, è" freddo" in un calcolatore, ma è proprio quello che voleva Descartes.
Sarà Brentano, prendendo il termine "intenzionalità" dalla scolastica medievale come "coscienza intenzionale"  costruendo la psicologia empirica a suddividere: rappresentazione, giudizio ,sentimento. Ancora Wittgenstein scriverà nel Tractaus: 5.63: «Io sono il mio
mondo»; 5.632: «Il soggetto non appartiene al mondo, ma è un limite del mondo».
Descartes (Cartesio è il nome italianizzato) ha necessità di una meta-fisica in cui vi è un Dio per potere enunciare un IO e che i giudizi del metodo dell'evidenza per conoscere le cose del mondo (res extensa) in quanto ritine Dio il garante che non vi sia un'impostura, una falsità nel fondamento , affinchè noi possiamo davvero conoscere il vero e non un "allucinazione"
Scrive Wittgenstein non nel Tractaus improntato sulla logica formale e su giudizi veri nel mondo dei fatti, ma nelle Ricerche filosofiche: "Io posso sapere che pensa l'altro, non quello che penso io".
"Soltanto dal confronto con i concetti psicologici ricavo l'idea di un contenuto della memoria."
" In psicologia sussistono metodi sperimentali e confusione concettuale".


Sono solo esempi.
Quell' Io è ancora tutto da esplorare


Fisico e meta-fisico sono due domini che non sono contrapposti, come spesso si pensa in questo forum, e come un certo scientismo di "bassa levatura" ha tentato di fare.
Scrive Descartes:" «La filosofia  è come un albero, le cui radici sono la metafisica, il tronco è la fisica e i rami che escono da questo tronco sono tutte le altre scienze».


Essere- Esistenza Essendo grande la disquisizione se percorressimo la storia dell'intero percorso filosofico e rimanendo al solo Cartesio, già in lui l'Essere, secondo l'ontologia tradizionale, comincia a perdere "consistenza" a pro dell'esistenza.  Cartesio è ancora nel meta-fisico per due motivi.
Per dare consistenza al Cogitans, al pensiero e per dare consistenza all'oggetto della conoscenza (la res extensa). La storia dirà che la metafisca perderà consistenza già  nel pensiero empirista ,essendo anti metafisici anche manifestamente. Il punto è che l'ontologia, man mano diventa impraticabile ,mentre sale l'accento sui processi, sul "come" il pensiero conosce, sugli strumenti linguistici, concettuali , cresce insomma la gnoseologia.
Oggi è davvero confuso dire che cosa sono i "contenitori", cosa sono ontologicamente, e sono proliferizzati i termini simili aumentando questa confusione. Nel mentre si è analizzato parecchio, in filosofia e non solo, l'atto conoscitivo : fra me e il mondo  e/o il mondo e me ,come costruisco la conoscenza , problematizzando anche il concetto di Realtà.
L'esistenza diventa conseguente  nella storia del pensiero moderno. Si accentua l'arco temporale, in cui l'IO si determina nella propria esistenza.


Per quanto riguarda il " cogito ergo sum" ridefinibile rovesciandolo nel mio esempio  in "sum,  ergo cogito", bisogna sapere che Descartes lo ha fatto  in un certo senso davvero.  In Meditazioni metafisiche  del 1641,  in luogo del cogito si ha : ego sum, ego existo.  «Questo che pronunzio: Io sono, Io esisto», scrive infatti Descartes, è vero «per tanto tempo per quanto è da me proferito o concepito nella mente». Nella II Meditazione, invece, alla domanda «che cosa, dunque, sono Io? Si risponde: una cosa che pensa.È solo in seguito, nella III Meditazione, che la res cogitans è interpretata come una sostanza, e distinta realmente dalla res extensa, cioè dai corpi materiali, compreso il corpo umano.


Saluti
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Jacopus il 10 Dicembre 2020, 15:56:37 PM
Se ipotizziamo, per gioco, ad un ipotetico Cartesio vissuto nel XIII secolo invece che nel XVII, la massima di questo Cartesio medioevale sarebbe stata Deus est, ergo sum. In questo vi è tutta la sostanza e l'importanza di Cartesio. Farlo diventare un prosecutore della filosofia precedente può essere vero, visto che nulla nasce dal nulla, ma a mio giudizio è molto più interessante guardarlo come un argonauta, un iniziatore di una nuova modalità di pensiero.
Che non manchino i riferimenti a Dio è inevitabile, ma i riferimenti sono estemporanei e servono a non essere incriminato dalla Santa Inquisizione, e nonostante quei riferimenti, Cartesio ci arrivò vicino, al punto da andare a chiedere aiuto in Svezia (dove tragicomicamente morì). Ovviamente nel fiume dei riferimenti a Cartesio esistono interpretazioni di tutti i tipi ed anche questo è un indizio della grandezza del filosofo, perchè solo i grandi filosofi sono rivoltati da ogni parte, al punto che riescono a dire tutto e il contrario di tutto. La mia interpretazione, che in realtà non è la mia ma anch'essa parte di una tradizione interpretativa, è appunto che Dio, nella filosofia cartesiana sia periferico e venga usato come alibi, o al massimo come Dio astratto. Il vero garante del pensiero di Cartesio non è Dio, ma il pensiero stesso. Un pensiero però che non va considerato come "rimuginìo interno o psicologismo vacuo" ma come pensiero che agisce nel mondo della res extensa.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Ipazia il 10 Dicembre 2020, 20:53:42 PM
Citazione di: paul11 il 10 Dicembre 2020, 14:51:08 PM
Scusa se ho perturbato ;) E' solo un esercizio filosofico, senza maestri e allievi, e istituti collegiali giudicanti.
Lo scopo è riflettere sulle singole parole  termini, fino alle proposizioni articolate di argomenti e farsi una propria congettura, idea,  misurandosi cone pensieri diversi filosofici , con gli altri e con se stessi........per migliorare, capire (carpire ,com-prendere). Penso che che sia utile, anche se fosse  solo a noi stessi.

Volendo si può mettere tutto al suo posto. Con calma e metodo, ma sono almeno una decina di discussioni prima di arrivare ad una sintesi ragionata. Partendo dalla natura è anche più semplice che partendo dai numi. Simplex sigillum veri  :)

CitazioneL'IO, inaugurato da Cartesio, ha una tale problematicità che già ai suoi contemporanei ebbe chi ne fosse favorevole e chi ne mostrò critiche. Poi con Kant, Husserl e tutto il Novecento, passando per la psicologia e lo psicologismo filosofico, fino al cognitivismo attuale.
Quell' IO verrà analizzato, frammentato, ricostruito e rianalizzato, parecchie volte.
Molti, e penso anche tu, lo ragionano  come "processo", come relazione .
Sempre molti lo confondono con altri termini, ammesso che sia una confusione.

La psiche umana è una galassia di molteplici piani e funzioni che passano, usando una grammatica freudiana, dall'Es al Super Io, dal cuore emotivo al cervello razionale, dall'istinto all'ideologia. Tra questi antipodi, l'Io è la sintesi incarnata in un essere umano. In senso attivo e passivo: verbo, sostanza e attributo.

CitazioneAd esempio  un pensatore contemporaneo , Dennet scrive: «A che cosa serve la coscienza, se un'elaborazione dell'informazione perfettamente inconsapevole è capace, in linea di principio, di conseguire tutti i fini per i quali si supponeva che esistesse la mente cosciente?»
Ma cosa intende per coscienza Dennet? E' chiaro che il processo di conoscenza, che ci informa e informa qualcuno, è" freddo" in un calcolatore, ma è proprio quello che voleva Descartes.

Descartes aveva qualche giustificazione in più di Dennet. Viaggiando, l'utopia umanistica si è acidificata in distopia e le magnifiche e progressive sorti in un inferno capitalistico inumanizzato. Ma il bambino, l'umano, continua a rigenerarsi e passerà anche questa nottata

Citazione...Wittgenstein scriverà nel Tractaus: 5.63: «Io sono il mio
mondo»; 5.632: «Il soggetto non appartiene al mondo, ma è un limite del mondo».

Il soggetto è il margine metafisico di un mondo divenuto alfine autocosciente. E' il trascendentale che si ripiega misticamente su se stesso chiedendosi la ragione del suo, e dell'universale, esistere. Per cui:

CitazioneDescartes (Cartesio è il nome italianizzato) ha necessità di una meta-fisica in cui vi è un Dio per potere enunciare un IO e che i giudizi del metodo dell'evidenza per conoscere le cose del mondo (res extensa) in quanto ritine Dio il garante che non vi sia un'impostura, una falsità nel fondamento , affinchè noi possiamo davvero conoscere il vero e non un "allucinazione"

Cartesio mostra la necessità di una metafisica immanente, affinchè noi possiamo davvero conoscere il vero (γνῶθι σεαυτόν, gnōthi seautón) e non una "allucinazione" ultraterrena che rimanda la risposta altrove.

CitazioneFisico e meta-fisico sono due domini che non sono contrapposti, come spesso si pensa in questo forum, e come un certo scientismo di "bassa levatura" ha tentato di fare.
Scrive Descartes:" «La filosofia  è come un albero, le cui radici sono la metafisica, il tronco è la fisica e i rami che escono da questo tronco sono tutte le altre scienze».

Invertendo le parti l'albero filosofico, inclusa la "causa finale", risulta più verosimile. Le radici sono la terra (FN), la filosofia è il frutto. E lasciamo ai fisici l'incombenza di reggere il tronco.

CitazioneEssere- Esistenza Essendo grande la disquisizione se percorressimo la storia dell'intero percorso filosofico e rimanendo al solo Cartesio, già in lui l'Essere, secondo l'ontologia tradizionale, comincia a perdere "consistenza" a pro dell'esistenza.  Cartesio è ancora nel meta-fisico per due motivi.
Per dare consistenza al Cogitans, al pensiero e per dare consistenza all'oggetto della conoscenza (la res extensa). La storia dirà che la metafisca perderà consistenza già  nel pensiero empirista ,essendo anti metafisici anche manifestamente. Il punto è che l'ontologia, man mano diventa impraticabile ,mentre sale l'accento sui processi, sul "come" il pensiero conosce, sugli strumenti linguistici, concettuali , cresce insomma la gnoseologia.
Oggi è davvero confuso dire che cosa sono i "contenitori", cosa sono ontologicamente, e sono proliferizzati i termini simili aumentando questa confusione. Nel mentre si è analizzato parecchio, in filosofia e non solo, l'atto conoscitivo : fra me e il mondo  e/o il mondo e me ,come costruisco la conoscenza , problematizzando anche il concetto di Realtà.
L'esistenza diventa conseguente  nella storia del pensiero moderno. Si accentua l'arco temporale, in cui l'IO si determina nella propria esistenza.

La confusione nasce dal fatto che tanto il materialismo volgare (scientismo) che le fughe nella trascendenza (religione) vogliono ridurre la realtà ad un unico principio e fine, ad un monismo dogmatico in entrambi i fronti contrapposti.

Invece l'evoluzione si presenta come una serie di salti che alla fine hanno prodotto specie biologiche capaci di porsi come soggetti (relativamente) autonomi di fronte al mondo con gradi diversi di autocoscienza e coscienza, evolutesi infine in capacità di pensiero astratto, croce metafisica e delizia tecnologica della specie umana.

CitazionePer quanto riguarda il " cogito ergo sum" ridefinibile rovesciandolo nel mio esempio  in "sum,  ergo cogito", bisogna sapere che Descartes lo ha fatto  in un certo senso davvero.  In Meditazioni metafisiche  del 1641,  in luogo del cogito si ha : ego sum, ego existo.  «Questo che pronunzio: Io sono, Io esisto», scrive infatti Descartes, è vero «per tanto tempo per quanto è da me proferito o concepito nella mente». Nella II Meditazione, invece, alla domanda «che cosa, dunque, sono Io? Si risponde: una cosa che pensa.È solo in seguito, nella III Meditazione, che la res cogitans è interpretata come una sostanza, e distinta realmente dalla res extensa, cioè dai corpi materiali, compreso il corpo umano.

Il cogito risolve il dubbio ontologico, non la dialettica soggetto pensante-oggetto pensato, che rimane anche cartesianamente in tutta la sua biunivoca, reversibile, realtà. Cosa di cui il padre del cogito ontologico era intuitivamente consapevole e spiega l'ondeggiamento tra materia e pensiero, materialismo e idealismo. La dialettica metafisica, e una fisica sempre più relativistica fino all'indeterminismo, aggiungeranno altra carne, e legna, al fuoco.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: davintro il 10 Dicembre 2020, 23:07:12 PM
L'appartenenza di Cartesio alla metafisica è argomentabile dal fatto che il metodo del dubbio iperbolico, teso a ipotizzare l'allucinazione come setaccio selezionante la certezza del pensiero, è proprio ciò che nessuna scienza naturale potrebbe applicare pena la squalifica di ogni affermazione circa la verità dei propri risultati: i contenuti sensibili sono assumibili come rappresentanti la realtà oggettiva a condizione di concepire le facoltà percettive del soggetto come adeguate a rispecchiare tale realtà, l'ipotesi dell'allucinazione è sufficiente a mettere in discussione ogni risultato sperimentale. Perciò le scienze empiriche utilizzano, senza tematizzarla e discuterla, la nozione filosofica di corrispondenza tra percezione soggettiva e realtà oggettiva, cioè l'efficienza delle facoltà percettive, "senza tematizzarla e discuterla" in quanto tale operazione è impedita dall'essere la sensibilità il canale di apprensione dei contenuti di tali scienze: la sensibilità non può mettere in discussione se stessa e giudicarsi criticamente adeguata a valutare la corrispondenza dei suoi contenuti con la realtà, perché, come è evidente, per farlo dovrebbe mettere in discussione anche il suo mettere in discussione e così via all'infinito, senza mai giungere al punto di trovare un criterio fondante la valutazione esterno a ciò che si valuta. La corrispondenza percezione sensibile-realtà oggettiva è invece ciò che tramite il dubbio Cartesio intende mettere in discussione, per quanto solo metodologicamente, tramite l'ipotesi dell'allucinazione, alla luce dunque di un approccio non naturalistico, ma metafisico, rinvenendo e tematizzando esplicitamente il presupposto filosofico che le scienze empiriche utilizzano implicitamente per sostenersi, senza però poterlo legittimare.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Jacopus il 11 Dicembre 2020, 08:25:04 AM
Per Davintro. Se fosse vero quello che dici, Cartesio, invece di essere il fondatore di un nuovo pensiero, non sarebbe altro che un decadente e poco interessante epigono della filosofia medievale. La cosa non mi sembra realistica. Cartesio leggeva molto più gli scritti scientifici della sua epoca che i testi metafisici dei padri della Chiesa. La sua attenzione al pensiero dell'uomo è il primo attestato di autonomia dell'uomo rispetto a Dio e della filosofia rispetto alla teologia. Il suo cogito e la sua metafora sulla "realtà allucinata" vanno letti in relazione al resto della sua opera, che sottolinea l'importanza delle leggi meccaniche e della matematica. Quest'ultima interpretata come modello per indagare il mondo fisico e no di certo come dimostrazione teorica della perfezione del cielo come preferiscono fare i pitagorici di ogni tempo. Cartesio, lo ripeto, era un ingegnere che cercava di fondare l'ingegneria con la filosofia.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Phil il 11 Dicembre 2020, 16:02:28 PM
L'ipotesi metodologica dell'allucinazione (o simili), suo malgrado, inibisce proprio il pensiero che pone come indubitabile: si può dubitare di tutto, ma non del proprio esistere in quanto esser-pensante; tuttavia, i contenuti del proprio pensare potrebbero comunque essere allucinazioni, inganni del Maligno, etc. per cui, una volta acclarata l'indubitabilità dell'esistenza del pensiero (che non coincide necessariamente con la prima persona singolare del «sum», ma non divaghiamo), nel momento in cui lo si usa, rivolgendolo all'altro-da-sé (qualunque "cosa" tale "altro" sia), ci si espone inevitabilmente al rischio dell'inganno, dell'allucinazione, etc. (anche se si decidesse di passare la propria vita in "meditazione eremitica" bisognerebbe necessariamente muoversi in un mondo di possibili apparenze, convenzioni e "come se").
Nondimeno tale appello alla "realtà" circostante non comporta che
Citazione di: davintro il 10 Dicembre 2020, 23:07:12 PM
la sensibilità non può mettere in discussione se stessa e giudicarsi criticamente adeguata a valutare la corrispondenza dei suoi contenuti con la realtà, perché, come è evidente, per farlo dovrebbe mettere in discussione anche il suo mettere in discussione e così via all'infinito, senza mai giungere al punto di trovare un criterio fondante la valutazione esterno a ciò che si valuta.
perché il problema del regresso all'infinito del fondamento non riguarda l'empiria, come dimostra proprio Cartesio "regredendo" fino all'indubitabile fondamento dell'«ergo sum». Il cogito è di fatto una "conclusione" non metafisica, ma fisica, nel senso di "esperienza (cerebrale) individuale" (il solipsismo è infatti dietro l'angolo): il pensare è percepito come vissuto evidente (della propria attività neurologica, che sappiamo essere empiria), esattamente come l'esistere. «Cogito ergo sum» è un'induzione (non una deduzione) fondata sulla percezione del proprio pensare (e pensarsi) da cui deriva la "conferma percettiva" del proprio esistere.
Alla fine di tutte le epochè fenomenologiche, se seguiamo Cartesio, indubitabile è l'Io empirico (in qualunque realtà, fittizia o meno, sia posta la sua sussistenza), non quello trascendentale (come può accadere invece nella fenomenologia meta-fisica Husserliana, genuinamente attenta al dubbio nelle premesse, meno in alcuni aspetti del suo sviluppo).

Andando dunque "oltre Cartesio": dato per assodato che al di fuori dell'esistenza del pensare (ovvero del suo accadere), si può dubitare di tutto, i sensi risultano pur sempre un "punto di arresto" (l'unico disponibile seppur dubitabile), di conferma o smentita, per il pensiero che voglia rivolgersi alla conoscenza del mondo ("offertoci" dal Genio Maligno, da una divinità, dalla natura o altro): se anche essi ci ingannano, se anche stiamo vivendo in un sogno, in questo sogno i sensi ci indicano che le mele cadono in basso (o meglio, ciò che definisco «mela» cade in ciò che mi appare «basso» dalla mia prospettiva) e studiando tale caduta si può formulare una regola che ci consente di calcolare traiettorie di cannoni per abbattere le mura dei castelli nemici (o quantomeno avere l'illusione di farlo). Se anche tutto ciò è un inganno, un allucinazione, etc. i sensi ci forniscono feedback non casuali per approntare procedure e regole che funzionano, separandole da quelle che non funzionano, nella realtà in cui il cogitante-esistente ha coscienza di agire (sia tale realtà onirica, diabolica o altro). Magari quelle regole e procedure non descriveranno la Verità (magari siamo un "cervello di farfalla in vasca"), ma non pongono il problema di autofondarsi: il paventato "mettere in discussione all'infinito", si arresta, da un lato, al cogito, dall'altro all'evidenza percettiva della mela che cade (il perché, come e "dove" cada è già un'altra storia).
Finché il rapporto sensi/realtà "funziona" (non sempre, ovviamente) in quello che potremmo chiamare (prendendo in prestito la felice espressione di Margolis) un "pragmatismo senza fondamento assoluto" (che consente di distinguere la funzionalità dalla non-funzionalità), non mi pare ci sia bisogno di «mettere in discussione il mettere in discussione e così via all'infinito» (come accade tanto quanto più ci si allontana dai sensi e ci si avventura nella fisica teorica o nella meta-fisica: lo stesso Aristotele risolse il problema del cosiddetto "regresso epistemico", ovvero del giustificare la giustificazione e così via, facendo appello alla giustificazione immediata e anapodittica che, nel cercare di conoscere la nostra "realtà", per non rischiare di costruire un sistema coerente che poi non abbia un'applicazione nel reale, mi pare non possa che essere fondata sull'"evidenza empirica", con tutte le dubitanti virgolette del caso).
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: davintro il 11 Dicembre 2020, 16:32:49 PM
Citazione di: Jacopus il 11 Dicembre 2020, 08:25:04 AM
Per Davintro. Se fosse vero quello che dici, Cartesio, invece di essere il fondatore di un nuovo pensiero, non sarebbe altro che un decadente e poco interessante epigono della filosofia medievale. La cosa non mi sembra realistica. Cartesio leggeva molto più gli scritti scientifici della sua epoca che i testi metafisici dei padri della Chiesa. La sua attenzione al pensiero dell'uomo è il primo attestato di autonomia dell'uomo rispetto a Dio e della filosofia rispetto alla teologia. Il suo cogito e la sua metafora sulla "realtà allucinata" vanno letti in relazione al resto della sua opera, che sottolinea l'importanza delle leggi meccaniche e della matematica. Quest'ultima interpretata come modello per indagare il mondo fisico e no di certo come dimostrazione teorica della perfezione del cielo come preferiscono fare i pitagorici di ogni tempo. Cartesio, lo ripeto, era un ingegnere che cercava di fondare l'ingegneria con la filosofia.


Individuare un carattere metafisico che accomunerebbe Cartesio ai pensatori antichi e medioevale non implica il negarne la qualifica di pensatore originale, riducendolo a mero ripetitore, in quanto questo carattere resta un'indicazione generica che poi ogni autore formula sulla base delle sue personali riflessioni. Altrimenti, dovremmo considerare un Tommaso d'Aquino mero epigono e prosecutore di Agostino, solo perché entrambi condividevano il fatto di incentrare il loro pensiero sull'approdo teologico cristiano. L'attenzione al pensiero dell'uomo, fintanto che lo si intenda come punto di partenza metodologico di una riflessione atta poi al riconoscimento di una realtà esistente oggettivamente, al di là dell'essere pensata da un uomo, non implica l'assolutizzazione di tale pensiero e, conseguentemente, del mondo in cui l'uomo si trova a esistere. Un conto è l'individuazione del luogo, della dimensione da eleggere come punto di partenza della ricerca, un altro la conclusione della ricerca, che può essere il riconoscimento di un' ulteriorità rispetto l'ente da cui il metodo prende le mosse. La matematica è a tutti gli effetti espressione della metafisica, essendo i termini che le sue proposizioni relazionano entità intelligibili e non sensibili, e il fatto di applicarla alla fisica non comporta la sua materializzazione, anzi conferma quello che scrivevo nel messaggio precedente, la dipendenza delle scienze naturali da presupposti epistemici di natura intelligibile, cioè metafisici, tra cui per l'appunto, le astrazioni matematiche. Cosa che peraltro non vale all'inverso: mentre la fisica (materialità) necessita di una matematica (spiritualità), questa può sussistere anche senza questa, se non dal punto di vista dell'apprensione, dello studio per una mente umana (questione di un innatismo più o meno forte), quantomeno dal punto di vista dei criteri fondativi delle pretese di verità. Esiste una metafisica esplicita, tematizzata dalla filosofia, oggetto specifico delle sue speculazioni, e una metafisica implicita, complesso di nozioni intelligibili di cui ogni altra scienza ed esperienza quotidiana si serve, che applica, anche senza porla come oggetto di attenzione e riflessione, ammesso e non concesso che a Cartesio non interessasse la prima accezione di metafisica, certamente ribadisce la necessità della seconda, e per questo vede la matematica, ramo della metafisica, come modello di evidenze a cui vorrebbe far ispirare la filosofia. A porre la fisica, empiria sensibile come modello per la filosofi, sarà invece piuttosto Kant (da qui i limiti speculativi della sua Critica, a mio parere), che non a caso considererà le preposizioni matematiche come sintetiche, cioè pensabili a partire dalle intuizioni estetiche tramite cui esperiamo il mondo fisico, cosa su cui non credo proprio Cartesio avrebbe concordato.[/size]
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Phil il 11 Dicembre 2020, 20:11:23 PM
Andando ulteriormente oltre Cartesio, radicalizzando il suo dubbio metodico, si potrebbe dubitare anche del fatto che ci sia un "io" a pensare: come escludere che io non sia un "avatar", comandato da un misterioso altrove in cui "qualcuno" mi invia i pensieri che credo di pensare autonomamente, quando in verità essi sono solo una sua scelta, un suo "input"? A tal punto esisteremmo almeno in due, io-avatar e lui-giocatore, ma posso comunque avere certezza solo della mia esistenza, essendo egli solo un'ipotesi (non verificabile, per ora).
Se fosse nato oggi, Cartesio, oltre ad apprezzare i vari esperimenti mentali (la suddetta vasca, lo Swampman, gli "zombie filosofici", etc.) magari si sarebbe posto una domanda simile, dopo aver osservato un videogioco di ruolo o aver letto le ipotesi di N. Bostrom.
Effettivamente, possiamo esser certi di percepire i pensieri, ma non di esserne l'origine (come una cassa stereo riproduce i suoni il cui input nasce effettivamente "altrove"). Quindi, ricorrendo al latinorum, il motto del Cartesio del terzo millennio sarebbe forse «percipio cogitationem, ergo sum» (percepisco il pensiero, quindi esisto), poiché anche essere un burattino telecomandato o una cassa stereo è comunque una forma di esistenza, che per sapersi indubitabilmente tale, deve sentire/percepire consapevolmente qualcosa: non è necessario essere la fonte del pensiero, è sufficiente esserne almeno consapevoli "riproduttori senzienti", esperienza di esistenza "minima" che è, credo, fuori da ogni possibile dubbio.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: and1972rea il 13 Dicembre 2020, 13:00:42 PM
Oltre Cartesio giunse Kant, il quale fece notare che il " penso, quindi sono una cosa che pensa" è dire troppo; significa, infatti, inserire una proposizione di apparente verità evidente nel potenziale circolo vizioso del " penso, quindi Io potrei essere frutto del mio stesso pensiero" ,in quanto il concetto di "cosa" non può che trovarsi già dentro alle categorie del mio pensiero. Il fatto che questa cosa pensante ( semmai il concetto di "cosa" dovesse sussistere con altro ,diverso e da me insondabile statuto ontologico noumenicamente anche fuori di me) non possa essere estesa nelle categorie mentali di spazio e tempo credo che anche Cartesio lo dedusse evidentemente dal non poterla logicamente  riprodurre nella materia; se riproduco me stesso in quanto cosa materiale dinanzi a me , non vedrò più me stesso , ma un altro me  ( un altro da me ) in un'altra cosa , la quale condivide con me lo stesso passato materiale ,ma non con altrettanta certezza lo stesso futuro , e che non condivide con me , quindi, né lo stesso tempo ,né lo stesso spazio. Come ad affermare in tutta evidenza che , mentre da una cosa spaziotemporalmente estesa si possono ottenere per astrazione e analogia innumerevoli altre cose identicamente estese, da una cosa pensante questo non è logicamente attuabile ; sembra, quindi, che anche Cartesio andò oltre sé stesso quando si accorse ,in fondo, che il pensiero è materiale ( e con esso l'intero Esistente) e fatto di una materia non circoscrivibile alle povere categorie geometriche e conoscitive ( soggetto , oggetto, fenomeno etc. ) con cui osserviamo e costruiamo il nostro mondo; Che l'unicità materica di cui è costituita una molecola d'acqua ( ma l'esempio potrebbe valere per ogni costituente dell'intero universo fisico conoscibile )a partire da uno dei propri ioni per finire ai fermioni e bosoni che la abitano  non sia riproducibile è oramai cartesianamente evidente non tanto per un fatto probabilistico-congiunturale, ma per l'attuale impossibilità epistemica del pensiero logico.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: paul11 il 15 Dicembre 2020, 13:00:30 PM
 L'IO di Cartesio è ancora fondato sull'ontologia metafisica. L'opera "Discorso sul metodo" capitolo 4 "Le prove dell'esistenza di Dio e dell'anima umana, ossia i fondamenti della metafisica", lo esplica chiaramente. Quindi sono completamente errate diverse interpretazioni. 
Semmai è la gnoseologia,  la conoscenza, che tende alla modernità .
Quando Cartesio sintetizza il metodo conoscitivo, tende a quello sperimentalismo scientifico classico : evidenza; analisi;  sintesi; enumerazione;  revisione.


L'originalità di Cartesio, che apre alla modernità , è il nuovo "punto di vista" che è quell'IO e il suo procedimento conoscitivo.
Ma è solo dopo che si entra apertamente e chiaramente nella cosiddetta modernità.
Quando l'IO non essendo più fondato sull'ontologia metafisica, diventa "ambiguo", poco chiaro,  proliferazione di terminologie.  Quando un IO non ha più fondamento, si tende agli effetti ,non sapendo le cause. Le cause diventeranno a-priori in Kant, quali sono le cause che determinano l'intellezione, cosa spinge quell'IO a conoscere, e come la conoscenza costruisce verità?
Ci si sposterà sui processi, sulle relazioni fra IO-Mondo, per cui il linguaggio sarà analizzato.
Ma anche il Mondo a ben vedere sarà un problema: che cosa è la Realtà?


L'io , non essendo più fondato sulla metafisica,  diventerà " trascendentario", "trascendenza", spostando i concetti  dal dominio metafisico a quello più materico ed empirico. 


Anche i termini, ribadisco, sono problemi, tant'è che se ne inventeranno parecchi "naif".
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: Ipazia il 15 Dicembre 2020, 21:02:51 PM
Diciamo che nel cap.4 del Metodo Cartesio cannibalizza l'argomento caro pure a Spinoza di una deducibilità di Dio a partire dal concetto di perfezione.

Una specie di gradus ad Parnassum - marchettaro in ossequio alla "morale corrente" (satanicamente definita "provvisoria") - che permette ad entrambi (ma pure a Galileo quando afferma che se Dio ci ha dato l'intelligenza la Chiesa non può impedirci di usarla) di ascendere non al paradiso delle verità rivelate, ma al paradiso negletto e pericoloso della ragione, che della deducibilità di ontologie dal concetto di perfezione non sa cosa farsene.
.
Titolo: Re:Oltre Cartesio
Inserito da: and1972rea il 25 Dicembre 2020, 23:54:32 PM
Citazione di: paul11 il 15 Dicembre 2020, 13:00:30 PM
L'IO di Cartesio è ancora fondato sull'ontologia metafisica. L'opera "Discorso sul metodo" capitolo 4 "Le prove dell'esistenza di Dio e dell'anima umana, ossia i fondamenti della metafisica", lo esplica chiaramente. Quindi sono completamente errate diverse interpretazioni. 
Semmai è la gnoseologia,  la conoscenza, che tende alla modernità .


Scriveva Cartesio:"...da tutto ciò conobbi che ero una sostanza la cui essenza o natura sta solo nel pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo..." e che, al pari di qualsiasi altra sostanza materiale oggi fisicamente conosciuta , non ha nemmeno bisogno di alcun tempo deterministicamente calcolabile per emergere fenomenicamente dinanzi ai nostri sensi. Cartesio, quindi ,fu un antimetafisico ante litteram ,un materialista puro quindi, che conferiva all'anima , contro ogni dottrina formalistico- aristotelica del tempo , non l'attributo di forma sostanziale o "sostanzializzante" , ma quello di sostanza in sé e per sé; d'altronde, tutta la più verace dottrina cristiana , da sempre profondamente antiplatonica, predica da millenni non certo l'esistenza e la resurrezione delle anime, ma soltanto quella dei corpi ( così come recitato nel loro "credo") materiali.
Titolo: Oltre Cartesio
Inserito da: paul11 il 26 Dicembre 2020, 00:50:18 AM
Visto che si prende una porzione di proposizione per fare Cicero pro domo mea; allora citiamo interamente Cartesio dall'opera "Discorso sul metodo.
Prendo l'incipit e proseguiamo diligentemente cosa argomenta Cartesio .


.....da tutto ciò conobbi che ero una sostanza la cui essenza o natura sta solo nel
pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse.
Dopo di ciò, considerai in generale quel che si richiede ad una proposizione perché sia vera e certa; infatti, poiché ne avevo appena trovata una che sapevo essere tale,
pensai che dovevo anche sapere in che cosa consiste questa certezza. E avendo notato che non c'è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire
la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo
molto chiaramente e molto distintamente sono tutte vere; e che c'è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente.
In seguito a ciò, riflettendo sul fatto che dubitavo, e che di conseguenza il mio essere non era del tutto perfetto, giacché vedevo chiaramente che conoscere è una perfezione maggiore di dubitare, mi misi a cercare donde avessi appreso a pensare qualcosa di più perfetto di quel che ero; e conobbi in maniera evidente che doveva essere da una natura che fosse di fatto più perfetta. Per quel che riguarda i pensieri che avevo di molte altre cose fuori di me, come il cielo, la terra, la luce, il calore, e
mille altre, non mi davo molta pena di cercare donde mi venissero, giacché non notavo in essi nulla che li rendesse superiori a me, e perciò potevo credere che, se
erano veri, dipendevano dalla mia natura in quanto dotata di qualche perfezione; e se non lo erano, mi venivano dal nulla, cioè erano in me per una mia imperfezione.
Ma non potevo dire lo stesso dell'idea di un essere più perfetto del mio: perché, che mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere
il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava
che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in sé tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per
spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio. A questo aggiunsi che, poiché conoscevo qualche perfezione di cui mancavo del tutto, non ero il solo essere esistente (userò qui liberamente, se non vi spiace, alcuni termini della Scuola), ma occorreva necessariamente che ce ne fosse qualche altro più perfetto, dal quale dipendevo e dal quale avevo ottenuto tutto quel che avevo. Giacché se ne fossi stato solo e indipendente da ogni altro e avessi così avuto da me stesso tutto quel poco che partecipavo dell'essere perfetto, avrei potuto avere da me, per la stessa ragione, tutto il di più che sapevo mancarmi, ed essere per tanto io stesso infinito, eterno, immutabile, onnisciente, onnipotente, avere insomma tutte le perfezioni che potevo vedere in Dio
Titolo: Oltre Cartesio
Inserito da: Ipazia il 26 Dicembre 2020, 18:08:08 PM
Cartesio qui cita la scolastica per salvarsi le terga e lo fa con un argomento caro ai metafisici teisti: il concetto di perfezione (Anche Spinoza nell'Etica parte da questa postulazione ingannevolmente deduttiva). Il quale, ontologicamente, non dimostra nulla, ma rimanda all'iperuranio platonico delle idee perfette, revisionato e corretto con la denominazione Dio in salsa cristiana. Facendo ciò Cartesio ha tolto agli inquisitori la possibilità di tacciarlo di miscredenza ed eresia.

Che il cogito cogiti cose fantastiche non sminuisce la sua autosufficiente ed indubitabile peculiarità cogitante, perchè fantasticare è un attributo, una modalità, non la sostanza del pensiero.
Titolo: Oltre Cartesio
Inserito da: Jacopus il 30 Dicembre 2020, 19:10:47 PM
Non è possibile comprendere il pensiero filosofico del 600 se si resta avulsi dal clima di rigida "caccia alle streghe", messa in atto dalla Controriforma. Un indizio ce lo da lo stesso Cartesio, sulla cui lapide, presso l'abbazia di Saint Germain des Pres, volle fosse scritto "bene qui latuit, bene vixit". ("E' vissuto bene chi bene si è celato").
Titolo: Oltre Cartesio
Inserito da: Ipazia il 30 Dicembre 2020, 20:45:18 PM
Riecheggiando il grandissimo Epicuro: Λάθε βιώσας, che insegnava il "vivi nascosto" avendo ben compreso la natura dello zoòn politikòn.
Titolo: Oltre Cartesio
Inserito da: davintro il 31 Dicembre 2020, 00:07:03 AM
Penso sia fuori discussione che il timore di aver problemi con i poteri e le autorità dell'epoca abbia significativamente influenzato le espressioni pubbliche del pensiero degli intellettuali, tuttavia trovo forzato l'ipotesi che dipinge Cartesio più o meno come una sorta di ateo o positivista ante litteram che avrebbe solo simulato una posizione teista per paura del rogo. Perché, tra tutte le attività possibili immaginabili, una persona timorosa di aver problemi nel trovarsi tacciato di eresia, avrebbe dovuto proprio impicciarsi di filosofia, e proprio di argomenti così inerenti al campo teologico, al punto d intitolare una delle sue opere principali "Meditazioni metafisiche", quando avrebbe potuto, per amor di comodità, limitarsi unicamente a trattar argomenti puramente naturalistici e cosmologici in un contesto in cui sarebbe stato molto più semplice evitare, limitandosi di pervenire a tesi contrastanti con il Magistero dell'epoca? Quest'ultimo approccio era pienamente fattibile (mica tutti i scienziati del 1600 erano Copernico o Galilei... Pascal si è dedicato anch'esso a studi naturalistici senza, a quel che so, incappare in conflitti con la sua fede, intendo in relazione questi studi naturalistici, non mi sto riferendo ora alla questione del Giansenismo). Oppure si sarebbe potuto godere la vita dell'aristocratico che impiega il tempo in occupazioni non teoretiche, considerando come non certo la scelta di dedicarsi alla Scienza o alle Lettere fosse per lui una costrizione necessaria al guadagnarsi da vivere... Perché un timoroso del rogo avrebbe dovuto scegliere un campo di indagine così contiguo alla teologia col rischio di vedere le sue tesi, anche involontariamente, scrutate dai teologi alla ricerca del cavillo a partire da cui imbastire una processo di eresia? Non sarebbe un pò come se un cinofobo invece di allontanarsi alla vista di un pitbull ringhiante, gli si avvicinasse cercando di abbracciarlo? Perché un uomo ostile o indifferente alla metafisica o alla teologia e al contempo timoroso di aver problemi con l'autorità, avrebbe dovuto dissimulare un teismo, con la duplice conseguenza, da un lato, di umiliare la sua buona coscienza esprimendo tesi a cui lui stesso non credeva, e dall'altro di ricadere comunque, ripeto, suo malgrado, in sospetti di eresia, sulla base di interpretazioni delle sue opere da parte di teologi, abili a cogliere tra le righe del teismo dissimulato l''autentico pensiero eretico che emerge contro la stessa volontà dell'autore? La soluzione più logica non sarebbe stata quella di non scherzare col fuoco ed evitare ogni riferimento esplicito a concetti come "Dio" o "anima" dedicando i suoi studi ad ambiti il più possibile neutri rispetto ad essi?
Titolo: Oltre Cartesio
Inserito da: Ipazia il 01 Gennaio 2021, 00:33:18 AM
Perchè era un genio universale, un ricercatore della verità in ogni ambito fisico e metafisico. Un figlio dell'umanesimo rinascimentale sullo stampo di Leonardo, convinto che alla fine la verità avrebbe prevalso sulla superstizione dominante da cui doversi, pena la vita, tutelare e nascondere. Invidio epoche in cui questa fede nella vittoria della verità fu possibile.
Titolo: Oltre Cartesio
Inserito da: Ipazia il 01 Gennaio 2021, 11:04:45 AM
Una chiave realmente rivoluzionaria del pensiero di Renè Descartes è quella della "morale provvisoria" con cui, finalmente, la storia europea riprende a camminare dopo oltre mille anni di immobilità teologica fondata su una morale assoluta. Tale intuizione etica viaggia parallela al Deus sive Natura del coevo Spinoza e si innesta in quella narrazione dell'universo che, con piena consapevolezza, colse il nostro Galileo quale apriti sesamo della verità: naturale e, di conseguenza, etica.

Se Dio è Natura solo la conoscenza della natura ci può offrire basi solide su cui fondare l'etica e poichè l'avventura epistemica è sempre in progress la morale non può che essere provvisoria; il che non implica una banalizzazione etica ma l'adeguamento di essa alla migliore conoscenza della natura conseguita. Inclusa la conoscenza di quella specifica, ma per noi essenziale, conoscenza della natura umana. Materiale e spirituale. Soma e psiche.
Titolo: Oltre Cartesio
Inserito da: and1972rea il 01 Gennaio 2021, 12:20:26 PM
Citazione di: paul11 il 26 Dicembre 2020, 00:50:18 AM
Visto che si prende una porzione di proposizione per fare Cicero pro domo mea; allora citiamo interamente Cartesio dall'opera "Discorso sul metodo.
Prendo l'incipit e proseguiamo diligentemente cosa argomenta Cartesio .


.....da tutto ciò conobbi che ero una sostanza la cui essenza o natura sta solo nel
pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse.
Dopo di ciò, considerai in generale quel che si richiede ad una proposizione perché sia vera e certa; infatti, poiché ne avevo appena trovata una che sapevo essere tale,
pensai che dovevo anche sapere in che cosa consiste questa certezza. E avendo notato che non c'è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire
la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo
molto chiaramente e molto distintamente sono tutte vere; e che c'è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente.
In seguito a ciò, riflettendo sul fatto che dubitavo, e che di conseguenza il mio essere non era del tutto perfetto, giacché vedevo chiaramente che conoscere è una perfezione maggiore di dubitare, mi misi a cercare donde avessi appreso a pensare qualcosa di più perfetto di quel che ero; e conobbi in maniera evidente che doveva essere da una natura che fosse di fatto più perfetta. Per quel che riguarda i pensieri che avevo di molte altre cose fuori di me, come il cielo, la terra, la luce, il calore, e
mille altre, non mi davo molta pena di cercare donde mi venissero, giacché non notavo in essi nulla che li rendesse superiori a me, e perciò potevo credere che, se
erano veri, dipendevano dalla mia natura in quanto dotata di qualche perfezione; e se non lo erano, mi venivano dal nulla, cioè erano in me per una mia imperfezione.
Ma non potevo dire lo stesso dell'idea di un essere più perfetto del mio: perché, che mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere
il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava
che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in sé tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per
spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio. A questo aggiunsi che, poiché conoscevo qualche perfezione di cui mancavo del tutto, non ero il solo essere esistente (userò qui liberamente, se non vi spiace, alcuni termini della Scuola), ma occorreva necessariamente che ce ne fosse qualche altro più perfetto, dal quale dipendevo e dal quale avevo ottenuto tutto quel che avevo. Giacché se ne fossi stato solo e indipendente da ogni altro e avessi così avuto da me stesso tutto quel poco che partecipavo dell'essere perfetto, avrei potuto avere da me, per la stessa ragione, tutto il di più che sapevo mancarmi, ed essere per tanto io stesso infinito, eterno, immutabile, onnisciente, onnipotente, avere insomma tutte le perfezioni che potevo vedere in Dio
Estrapolando , quindi, grazie a quanto fatto sopra qualche proposizione in più da quest'opera ,non ci si può che persuadere via via sempre più dell' approdo antimetafisico a cui Cartesio sarebbe giunto; non la perfezione al di là della Natura delle "cose", scissa da esse, quindi , ma la perfezione dentro la propria natura ( "res" cogitans) e dentro la natura delle cose del mondo ( res extensa) , le quali cose, se hanno un ché di Vero, di materialmente , concretamente Vero, cioè, se "esistono" al di là del loro errante , e ,quindi, inconsistente apparire, non possono che contenere,  o, meglio, essere contenute nella perfezione.
Estrapolando , quindi, grazie a quanto fatto sopra qualche proposizione in più da quest'opera ,non ci si può che persuadere via via sempre più dell' approdo antimetafisico a cui Cartesio sarebbe giunto; non la perfezione al di là della Natura delle "cose", scisse da esse, quindi , ma la perfezione dentro la propria natura ( "res" cogitans) e dentro la natura delle cose del mondo ( res extensa) , le quali cose, se hanno un ché di Vero, di materialmente , concretamente Vero, cioè, se "esistono" al di là del loro errante , e ,quindi, inconsistente apparire, non possono che contenere,  o, meglio, essere contenute nella perfezione.
Titolo: Oltre Cartesio
Inserito da: viator il 01 Gennaio 2021, 13:03:14 PM
Salve and1972rea. Citandoti : "................le quali cose, se hanno un ché di Vero, di materialmente , concretamente Vero, cioè, se "esistono" al di là del loro errante , e ,quindi, inconsistente apparire, non possono che contenere,  o, meglio, essere contenute nella perfezione".Come concetto è altamente poetico, purtroppo però del tutto smontabile dal punto di vista logico-filosofico.Se la perfezione è (come credo proprio dovrebbe essere) "la condizione al cui interno nulla è modificabile" (pena - ovviamente - l'uscita dallo-, la perdita dello stato di perfezione)........spiegami come al suo interno possa trovarsi qualcosa di "errante", cioè di mutevole....................Saluti.
Titolo: Oltre Cartesio
Inserito da: and1972rea il 01 Gennaio 2021, 15:07:42 PM
Citazione di: viator il 01 Gennaio 2021, 13:03:14 PMSalve and1972rea. Citandoti : "................le quali cose, se hanno un ché di Vero, di materialmente , concretamente Vero, cioè, se "esistono" al di là del loro errante , e ,quindi, inconsistente apparire, non possono che contenere,  o, meglio, essere contenute nella perfezione".Come concetto è altamente poetico, purtroppo però del tutto smontabile dal punto di vista logico-filosofico.Se la perfezione è (come credo proprio dovrebbe essere) "la condizione al cui interno nulla è modificabile" (pena - ovviamente - l'uscita dallo-, la perdita dello stato di perfezione)........spiegami come al suo interno possa trovarsi qualcosa di "errante", cioè di mutevole....................Saluti.

Be', ringrazio per la nota di apprezzamento poetico  , ma si tratta solo dell'interpretazione frammentaria di Cartesio da parte del comune uomo della strada che ha scorso qui e là qualche suo rigo soffermandosi a riflettere; non pretendo ,quindi , di fare mie le sue posizioni, ma potrebbe darsi che , potendo farlo ,lui ti risponderebbe con la seguente immagine; l'errore e l'imperfezione che sembrano emergere dalle cose contengono una vacuità simile a quelle illusioni ottiche che convincono  nell'immediatezza l'osservatore della loro piena sussistenza salvo poi disincantarlo nel momento in cui esse vengono a cessare. Quindi , hai ragione: la perfezione piena di ciò che  è non può contenere qualcosa di vacuo, che è nulla se non per il fiato della voce che serve per esprimerlo.