Mettendo da parte ciò su cui non possiamo dire nulla di definitivo, ovvero Dio, per quanto riguarda il fondamento della morale non rimane che riflettere intorno all'uomo e alla natura.
Dal punto di vista scientifico possiamo dire che ogni creatura cerca la felicità (benessere, maggiore vitalità, prosperità), e nello stesso tempo che ogni creatura è legata all'altra e al proprio ambiente.
Quest'ultima asserzione (già sostenuta in tanta metafisica, in particolare in quella neoplatonica) può essere dimostrata proprio nel senso della fisica moderna: idealizzando un sistema chiuso (così come nella meccanica si idealizza un sistema con un numero limitato di variabili) si può vedere come la conclusione non possa che essere la seguente: è l'interazione tra le singole creature a decidere la prosperità o la fine della vita nel sistema.
Se ad un'interazione virtuosa, anche se non consapevole, succede un approccio esclusivamente conflittuale (semplificabile in "mors tua vita mea"), la prosperità nel sistema avrà probabilmente all'inizio dei picchi locali per poi estinguersi e lasciare il posto al deserto.
Da una parte la competizione sembra essere un elemento indissolubile di tanti aspetti della natura (la vita dei carnivori e dei parassiti, per esempio), dall'altra è constatabile con tutta evidenza questa interazione virtuosa che sembra essere anche più essenziale, quasi fosse una logica superiore ma immanente la natura stessa e che solo ora abbiamo iniziato a comprendere sul piano scientifico.
La sapienza filosofica (fino a Spinoza) ha sempre cercato di sciogliere questa contraddizione con la conoscenza. Conoscenza di ciò che è essenziale (il legame con il Tutto, la necessità della Natura, l'uomo come espressione del divino e quindi capace di accedere alla Sapienza) rispetto a ciò che è puro accidente (la violenza, l'errore, l'isolamento).
Attraverso la conoscenza filosofica arrivo a capire in modo indubitabile che sono legato a tutte le altre creature, il cui accrescimento in vitalità è quindi anche mio specifico e particolare interesse.
Il sapiente si prende cura degli altri perché gli altri sono parte, per quanto piccola, tenue, di se stesso.
Questo modello era comunque accessibile ai soli filosofi.
Ma a che punto siamo arrivati noi, ora?
Qual'è la vera difficoltà nel fare in modo che l'idea dell'interazione virtuosa come espressione dell'essenza stessa della natura e dell'uomo diventi una nozione comune, scontata, come comune e scontata è la cura per il luogo in cui si abita?
I modelli filosofico-sapienziali da che cosa sono stati sostituiti? I discorsi sull'etica della compassione, dell'empatia quale ruolo hanno in questo fallimento? Tutto quel sentimentalismo morale...
Forse dovremmo ricordarci che ogni emozione (quindi anche la compassione) è una reazione istintiva dell'organismo nel suo complesso ad un evento potenzialmente dannoso o benefico.
Nel dolore che si prova per la sciagura dell'altro l'organismo, saggiamente, ci ricorda, non solo che potrei essere io al suo posto, ma che, in un certo senso, quello sono proprio io, anche se solo in parte, alla lontana. Indubitabilmente quella sciagura, ogni sciagura, è una perdita che mi tocca, concreta, oggettiva, quantificabile, per quanto piccola.
Nella compassione forse emerge dalle profondità dell'organismo un sapere antico ma sempre dimenticato, sempre rimosso.
Noi però veniamo subito catturati dalla nostra stessa commozione, prova della nobiltà del nostro animo. Nasce così lo strano spettacolo della sofferenza, terapeutico in quanto muovendoci alla commozione ci rassicura sul fatto di avere un cuore. Ma il vero messaggio, la vera informazione, che è scientifica, oggettiva, non vagamente sentimentale, e che è: "quel corpo straziato sei anche tu, è una parte di te", finisce ineluttabilmente per andare dispersa.
Il corpo che si decompone porta inevitabilmente alla depressione.
Non credo che la depressione possa essere la base per la compassione.
Credo che la complessità crei non tanto un maggior movimento di un campo chiuso, ma che ingeneri proprio un altro campo.
Inesplorato dai più.
Poi sono arrivati i libri, e con loro la sapienza delle cose antiche.
La legge morale dentro di noi non è affatto così facilmente ottenibile.
Infatti nell'Eutifrone, il primo testo platonico, si apprende che una voce mi impedisce di parlare.
il testo parla del tradimento del figlio col padre.
Mi pare che già basterebbe questo a far capire che siamo molto lontani da quella morale di cui Platone sapeva molte cose, ma che criptava nei testi.
Figuriamoci la Bibbia.
E' risaputo che lo Zohar è un commento alla Bibbia.
In essa si parla dello TZITZUM, del ritiro di DIO dal Mondo.
E infatti barà significa allontanare nella radice.
Non creare...
Se pensiamo di aver capito qualcosa senza studiare veramente l'antichità, non capiremo mai niente del perchè l'anima è superiore al corpo.
Quali trasformazioni ha subito la gnosi per diventare cristianesimo?
Di cosa parla il cristianesimo e cosa è veramente la compassione?
Gesù fa i miracoli per compassione?
O il suo messaggio è tutt'altro.
Il Dio in croce, l'orfeo sbranato..perchè bisogna attraversare la morte per poter rinascere?
A me sembrano domande talmente lontane, che mi pare siamo caduti in un sistema talmento basico, che non riusciremo mai a recuperarle.
Non di certo in tarda età.
Quindi si non rimane che attendere la morte.
E nel frattempo trovare nel tentativo di comprensione (inutile probabilmente...visto che sia bibbia che platone parlano di comunità alla base di questa ricerca...) qualcosa della resistenza a cui nicce allude.
A che punto siamo arrivati dici. Siamo arrivati al punto che le relazioni ( termine che sostituisco al termine "interazione" ma alla fine è uguale). Se da un lato internet èdiventato il nuovo modo di relazionarci assistiamo invece a una non comunicazione. Le relazioni sono sempre di più caratterizzate sulla ricerca di successo, di affermarsi, di apparire e che sono tutti miraggi di felicità. E questo ci porta a fare esperienza dell usa e getta generado nel contempo profondissime ferite nel cuore . Ma mentre sappiamo benissimo come disinfettarci se ci tagliamo nessuno ci insegna come disinfettare le ferite interiori. E noi più che curarle le stordiamo, strodiamo il malessere interiore con droghe , alcool, dipendenza dalla pornografia, dal sesso. E il cuore si chiude , si indurisce e non riusciamo più a fare silenzio interiore perchè abbiamo paura di quello che in quel silenzio ci troviamo ad affrontare. Come esseri umani abbiamo due bisogni fondamentali dell animo, amare ed essere amati. E questa mancanza di riuscire ad amare e di conseguenza di essere amati genera dolore. Quindi ritengo che c'è poco da stare qui a fare trattati filosofici sull etica se non si affronta il vero problema che sta alla radice.
Ma da sempre l'essere umano sembra deviare da quello che dovrebbe essere il suo fine.
A quanto pare in ogni epoca c'è qualcosa che impedirebbe all'uomo di esprimere la sua autentica vocazione. La fame, l'intolleranza religiosa, il razzismo, e ora un certo appiattimento cinico e un'incapacità di comunicare, e via dicendo.
Sicuro che questa rappresentazione sia realistica?
Non è che ci stiamo dimenticando della natura ambigua dell'amore? Della natura malriuscita dell'uomo?
Senza contare che chi di solito a turno fa un'invettiva per esprimere delusione sul genere umano si considera invece meno cinico, più capace di amare, più onesto etc.
Non penso sia l'unica persona decente rimasta su questa terra, o no? Ci saranno da qualche parte altre persone come lui con cui relazionarsi?
Il senso della propria vita non ci viene consegnato bello che fatto dall'ambiente che ci circonda.
Ciascuno di noi se lo costruisce.
Secondo me quello che ai nostri giorni manca in modo specifico è la capacità di immaginare un'avventura, di qualsiasi tipo (spirituale, politica, culturale, comunitaria, etc.), e il coraggio di perseguirla fino in fondo.
Penso per esempio alla scelta di Francesco d'Assisi e dei suoi amici. Al di là del racconto dei miracolosi segni della vocazione, alla fine si è trattato di una scelta radicale e dell'accettazione di tutti i rischi connessi (miseria, persecuzione, incomprensione generale).
Chi prova orrore per le sciocchezze di cui sembrano vivere molte delle persone di oggi può sempre scegliere di avventurarsi in altri paesaggi umani, un po' meno sicuri ma forse più affini a se stesso.
Insomma, non c'è da risolvere nessun problema. È l'uomo ad essere una creatura ontologicamente problematica. Le sue manifestazioni a volte sono grottesche, a volte sono terribile, qualche volta sono intelligenti, ma quasi mai sono pure.
Quindi no, la riflessione filosofica non può aspettare mutamenti improvvisi ed insperati dell'attuale società prima di mettersi finalmente in azione, perché la filosofia serve proprio a capire come orientarci al fine appunto di dare senso al nostro passaggio per questo mondo sgangherato.
Citazione di: Koba II il 06 Novembre 2024, 10:03:25 AMQuindi no, la riflessione filosofica non può aspettare mutamenti improvvisi ed insperati dell'attuale società prima di mettersi finalmente in azione
Del resto non possiamo fare a meno di fare riflessioni filosofiche riguardo a questi argomenti.
Citazione di: Koba II il 06 Novembre 2024, 10:03:25 AMl senso della propria vita non ci viene consegnato bello che fatto dall'ambiente che ci circonda.
Ciascuno di noi se lo costruisce.
il senso della nostra vita non ci viene consegnato per diritto di nascita a quanto pare . dobbiamo dunque cercarlo secondo la tua impostazione, è giusto? sì, ma fino a un certo punto , sono giunto alla conclusione che la mente, ossia la coscienza consapevole del mondo, non è un carattere insensato e fortuito della natura , ma un aspetto assolutamente fondamentale della realtà.
Questo non vuol dire che noi siamo il fine per cui esiste l universo , tutt altro. Credo però che noi esseri umani siamo una parte essenziale dell organizzazione del mondo. I nostri processi mentali si sono evoluti nel modo in cui si sono evoluti perchè riflettono qualcosa del mondo fisico in cui viviamo e se l'essere umano e alla ricerca di un senso , allora potrebbe essere che è la natura che cerca un senso, forse noi stessi siamo ricerca di senso della natura. Per quanto mi riguarda il senso della mia vita mi è dato da qualcosa di molto più grande di me nel quale io sono iscritto e che è natura e Dio propiamente in senso Spinoziano.
Per quanto riguarda l'etica e il filosofare sull etica mi chiedo quali forme di educazione morale ci sono ancora oggi. Il concetto di educazione odierna è ridotto, quando va bene, alle buone maniere. Ne viene che la parte più importante di un essere umano, ovvero la coscienza morale, è lasciata al caso. Si persegue e si trasmettono informazioni a scopi conoscitivi ma ci si guarda bene dal trasmettere formazione, cioè valori, criteri di giudizio , modelli di pensiero e di vita . L'educazione quindi si perde, l'etica viene scambiata per buonismo. Ognuno di noi ha delle caratteristiche peculiari quali sensibilità , intelligenza , sapere, professionalità ma la nostra essenza specifica non è data da ciò che sentiamo, capiamo, facciamo , sappiamo bensì dal modo di cui facciamo uso di ciò che sentiamo, capiamo, facciamo , sappiamo. Noi siamo la nostra modalità, è questo il peso specifico di un essere umano. Ci definiamo Sapiens, ma in questa definizione è in gioco da subito l'etica. Sapienza infatti non è semplicemente conoscenza ma è l'unione di conoscienza e di virtù. Il fatto è che nessuno oggi sa più che cosa sono le 4 virtù cardinali considerandole dei fossili del pensiero. Mentre invece sono i cardini , i pilastri di una vita in armonia con se stessi e con il mondo.
Citazione di: Koba II il 27 Ottobre 2024, 09:54:43 AMDal punto di vista scientifico possiamo dire che ogni creatura cerca la felicità (benessere, maggiore vitalità, prosperità), e nello stesso tempo che ogni creatura è legata all'altra e al proprio ambiente.
Quest'ultima asserzione (già sostenuta in tanta metafisica, in particolare in quella neoplatonica) può essere dimostrata proprio nel senso della fisica moderna: idealizzando un sistema chiuso (così come nella meccanica si idealizza un sistema con un numero limitato di variabili) si può vedere come la conclusione non possa che essere la seguente: è l'interazione tra le singole creature a decidere la prosperità o la fine della vita nel sistema.
C'è una questione di fisica che credo possa essere presa in esame. E' l'entropia. In un sistema (chiuso) l'entropia tende a crescere mai a diminuire. Quindi non è semplicemente l'interazione a decidere come poter prosperare. Ci sono sistemi che tendono a rubare a gli altri l'energia essenziale per continuare a vivere. Continuare a vivere, e quindi a prosperare, vuol dire tentare di mantenere il proprio sistema con una bassa entropia. Questo tentativo porta il sistema, nella sua globabilità, ad aumentare sempre di piu l'entropia totale.
Per cui noi per prosperare singolarmente (o per lo meno tentare di farlo) dobbiamo uccidere il sistema nella sua globalità.
Non possiamo decidere altrimenti.
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Novembre 2024, 09:19:34 AMC'è una questione di fisica che credo possa essere presa in esame. E' l'entropia. In un sistema (chiuso) l'entropia tende a crescere mai a diminuire. Quindi non è semplicemente l'interazione a decidere come poter prosperare. Ci sono sistemi che tendono a rubare a gli altri l'energia essenziale per continuare a vivere. Continuare a vivere, e quindi a prosperare, vuol dire tentare di mantenere il proprio sistema con una bassa entropia. Questo tentativo porta il sistema, nella sua globabilità, ad aumentare sempre di piu l'entropia totale.
Per cui noi per prosperare singolarmente (o per lo meno tentare di farlo) dobbiamo uccidere il sistema nella sua globalità.
Non possiamo decidere altrimenti.
Può essere presa in esame, ma non in modo così semplicistico e giungendo a conclusioni così catastrofiche.
Tanto per cominciare, in che senso nella sua globalità , se stiamo parlando di un sistema chiuso?
E qual'è il sistema chiuso che prendiamo in considerazione?
Citazione di: iano il 07 Novembre 2024, 11:36:32 AMPuò essere presa in esame, ma non in modo così semplicistico e giungendo a conclusioni così catastrofiche.
Tanto per cominciare, in che senso nella sua globalità , se stiamo parlando di un sistema chiuso?
E qual'è il sistema chiuso che prendiamo in considerazione?
Un sistema chiuso può essere un sistema isolato, ma se partiamo dal presupposto che non è possibile isolare un sistema, allora il sistema piu grande in assoluto è l'universo.
Ma credo che si possa rimpicciolire quel sistema. Ad esempio al sistema Sole - Terra. Oppure al sistema Terra - fauna. In sistemi ancora piu piccoli come specie - ambiente. E via discorrendo.
Quella che viene chiamata evoluzione in realtà non è una evoluzione, ma una involuzione. Un degrado.
Fino a che le risorse sono disponibili le differenze non sono cosi accentuate (ma ci sono).
Quanto è vissuto l'uomo sulla Terra? 4 milioni di anni? Gli ultimi duemila anni ci sembrano i piu evolutivi, in realtà stiamo tentando di non scomparire. Stiamo gia arrancando. Non per nulla il sogno è quello di trovare una nuova Terra e di riuscire ad arrivarci il prima possibile. L'entropia terrestre è gia parecchio aumentata e se non succede nulla di catastrofico (colpiti da un pianeta, ad esempio), aumenterà sempre di piu non garantendo la vita sulla Terra.
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Novembre 2024, 18:01:35 PMUn sistema chiuso può essere un sistema isolato, ma se partiamo dal presupposto che non è possibile isolare un sistema, allora il sistema piu grande in assoluto è l'universo.
Ma credo che si possa rimpicciolire quel sistema. Ad esempio al sistema Sole - Terra. Oppure al sistema Terra - fauna. In sistemi ancora piu piccoli come specie - ambiente. E via discorrendo.
Quella che viene chiamata evoluzione in realtà non è una evoluzione, ma una involuzione. Un degrado.
Fino a che le risorse sono disponibili le differenze non sono cosi accentuate (ma ci sono).
Quanto è vissuto l'uomo sulla Terra? 4 milioni di anni? Gli ultimi duemila anni ci sembrano i piu evolutivi, in realtà stiamo tentando di non scomparire. Stiamo gia arrancando. Non per nulla il sogno è quello di trovare una nuova Terra e di riuscire ad arrivarci il prima possibile. L'entropia terrestre è gia parecchio aumentata e se non succede nulla di catastrofico (colpiti da un pianeta, ad esempio), aumenterà sempre di piu non garantendo la vita sulla Terra.
Stiamo arrancando, ma la causa non è l'aumento di entropia.
L'aumento di entropia è dovuto a fenomeni irreversibili naturali, che avvengono cioè anche senza il nostro contributo.
Impropriamente si dice che consumiamo energia, perché l'energia in effetti non si consuma ma si trasforma, e questa trasformazione equivale alla produzione di un lavoro che possiamo sfruttare oppure no.
L'acqua che cade da un dislivello, sia che la trasformiamo in energia elettrica a nostro uso , sia che noi non interveniamo, si trasformerà in ogni caso alla fine in calore che andrebbe ad aumentare la temperatura terrestre se la terra fosse davvero un sistema chiuso. Il problema è che appunto lo stiamo facendo diventare un sistema chiuso, e da ciò deriva l'aumento della temperatura media della terra, con le conseguenze climatiche che sono ormai tragica cronaca quotidiana..
Stiamo andando verso una estinzione di massa la cui causa è l'uomo, ma ammesso e non concesso che che l'uomo sia un fattore contronatura, le estinzioni di massa avvengono in ogni caso per cause propriamente naturali che possono includere l'azione di esseri viventi oppure no.
Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, gli esseri viventi che fin qui sono stati causa con la loro azione di estinzioni di massa non avevano il potere di evitarlo, mentre noi invece si,
perchè ciò che abbiamo dimostrato di saper distruggere , siamo perciò in grado di ricostruire, essendo questo un fenomeno ''naturale'' non irreversibile, diversamente dai fenomeni che generano entropia.
Citazione di: iano il 07 Novembre 2024, 19:11:30 PMStiamo arrancando, ma la causa non è l'aumento di entropia.
Ogni essere vivente: nasce, vive e poi muore.
Quando si nasce l'entropia è bassa. Poi si vive tentando di tenere bassa l'entropia sottraendo risorse dall'esterno. Cosi facendo il resto dell'universo si impoverisce aumentando la sua entropia. Ogni essere vivente muore perchè per abbassare la sua entropia ha bisogno di molta più energia di quella che riesce ad assimilare.
E' una legge della natura. E questa legge si chiama entropia.
Il fatto che l'autore del topic abbia aperto il tema come una ricerca della felicità, probabilmente perchè non ha considerato la legge fisica.
Una considerazione mia personale, che non è una legge fisica (che io sappia almeno), è che più l'entropia è bassa (pensiamo all'uovo intero rispetto alla rottura del guscio) più facilmente il sistema può perdere la sua entropia.
Pensiamo che ne so ai nostri computer...quanto è facile perdere la connessione? Pensiamo alla impossibilità di ripristinare nel breve tempo la connessione di milioni di utenti. Quanti danni verrebbero arrecati? Basta poco. Certo noi pensiamo che tutto sia piuttosto al sicuro e che un guasto molto prolungato nel tempo sia difficile. Ma basta poco. Il sistema che abbiamo creato è così sofisticato, ha una così bassa entropia, che gli basta un piccolo guasto da qualche parte per mettere in ginocchio il sistema.
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Novembre 2024, 19:35:23 PMOgni essere vivente: nasce, vive e poi muore.
Quando si nasce l'entropia è bassa. Poi si vive tentando di tenere bassa l'entropia sottraendo risorse dall'esterno. Cosi facendo il resto dell'universo si impoverisce aumentando la sua entropia. Ogni essere vivente muore perchè per abbassare la sua entropia ha bisogno di molta più energia di quella che riesce ad assimilare.
E' una legge della natura. E questa legge si chiama entropia.
Il fatto che l'autore del topic abbia aperto il tema come una ricerca della felicità, probabilmente perchè non ha considerato la legge fisica.
Una considerazione mia personale, che non è una legge fisica (che io sappia almeno), è che più l'entropia è bassa (pensiamo all'uovo intero rispetto alla rottura del guscio) più facilmente il sistema può perdere la sua entropia.
Pensiamo che ne so ai nostri computer...quanto è facile perdere la connessione? Pensiamo alla impossibilità di ripristinare nel breve tempo la connessione di milioni di utenti. Quanti danni verrebbero arrecati? Basta poco. Certo noi pensiamo che tutto sia piuttosto al sicuro e che un guasto molto prolungato nel tempo sia difficile. Ma basta poco. Il sistema che abbiamo creato è così sofisticato, ha una così bassa entropia, che gli basta un piccolo guasto da qualche parte per mettere in ginocchio il sistema.
L'aumento di entropia si può visualizzare come un aumento medio di disordine nell'universo che avviene in modo irreversibile.
Essendo un aumento medio non si esclude perciò che esistano singolarità locali in cui si abbia una diminuzione di entropia, ciò che equivale ad un aumento locale di ordine, e un esempio di queste singolarità sono gli esseri viventi, che trasformano la disordinata materia inorganica in materia organica ordinata.
Per provare a vedere la cosa in modo più obbiettivo dovresti provare a dismettere gli occhiali del pessimismo cosmico.
Citazione di: iano il 07 Novembre 2024, 19:45:58 PMPer provare a vedere la cosa in modo più obbiettivo dovresti provare a dismettere gli occhiali del pessimismo cosmico.
io ti rispondo volentieri quando fai delle osservazioni interessanti. Ma è già successo altre volte che ti becco a parlare a vanvera, come in questo caso.
Mi prendo l'incarico di non risponderti nemmeno se dici una cosa interessante. Parla pure...
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Novembre 2024, 19:59:25 PMio ti rispondo volentieri quando fai delle osservazioni interessanti. Ma è già successo altre volte che ti becco a parlare a vanvera, come in questo caso.
Mi prendo l'incarico di non risponderti nemmeno se dici una cosa interessante. Parla pure...
Hai ragione, proverò ad evitare di emettere sentenze da psicologo improvvisato. Grazie per avermelo fatto notare.
@ Koba II
Ho trovato i tuoi post pieni di passione e condivisibili.
Ma nella mia ignoranza di cose filosofiche trovo prevedibile che si vivano momenti di vuoto morale, se è vero che la morale, anche quando fosse scritta in noi, noi però siamo un libro che continuamente si riscrive.
Infatti non è un caso che i momenti di ''decadimento'' morale siano il fil rouge della nostra storia.
Il vero problema, se di problema si può parlare, è che questa riscrittura ai giorni nostri procede a tale velocità da sembrare la questione morale continuamente sospesa.
Questioni apparentemente irrisolvibili venivano una volta naturalmente risolte dal cambio generazionale, mentre oggi ce le dobbiamo risolvere, e in gran numero, nell'arco di una sola generazione, senza cioè che il cambio generazionale ci venga in soccorso, per cui a noi non resta che confermare l'obiettiva difficoltà nel risolvere questi problemi.
Tuttavia mi pare che ormai ci siamo ficcati in un imbuto così stretto che dovremo convergere perciò necessariamente tutti sulla stessa ideologia, quella che tu stesso delinei, quella della coscienza ecologica, di cui il santo che citi, San Francesco, è stato profeta.
Ho condiviso di meno invece i riferimenti che fai ciò su che è da considerarsi scientifico e cosa no, intravedendo in ciò una velata sopravvalutazione della scienza, come possibile salvagente cui ancorarsi in questa tempesta morale.
La scienza con la sua tecnologia li vedo più come il vento che genera le tempeste, come è naturale che sia, e che perciò non è comunque da demonizzare.
Dobbiamo derivare da San Francesco la stessa visionaria presunzione di poter portare pace nel mondo, ma in questo mondo qua, e non in quello che ci piace immaginare, fatto di precetti morali scolpiti in modo indelebile sulla pietra, perchè quella pietra stessa è il prodotto, come oggi sappiamo, di continue evoluzioni geologiche.
Citazione di: Koba II il 06 Novembre 2024, 10:03:25 AMSecondo me quello che ai nostri giorni manca in modo specifico è la capacità di immaginare un'avventura, di qualsiasi tipo (spirituale, politica, culturale, comunitaria, etc.), e il coraggio di perseguirla fino in fondo.
Penso per esempio alla scelta di Francesco d'Assisi e dei suoi amici. Al di là del racconto dei miracolosi segni della vocazione, alla fine si è trattato di una scelta radicale e dell'accettazione di tutti i rischi connessi (miseria, persecuzione, incomprensione generale).
In generale manca il coraggio.
Ma non è certo riproponendo vecchi stili di vita, oggi del tutto inacettabili.
Io direi di andare passo per passo.
Le società si organizzano in modo gerarchico, servo-padrone, da sempre.
Ma che cosa le sottende?
Ogni epoca storica ha il suo blocco di pensiero.
Noi veniamo da secoli di oscurantismo religioso risolti dalla divisione tra potere religioso e potere politico.
Il mito dell'illuminismo si è dissolto.
Rimane ancora la gerarchia.
Cosa la sottende?
Direi di ripartire da quanto dice il mio maestro: dal nichilismo.
Il nichilismo con la sua volontà di potenza distruttiva a sorreggerlo.
Perciò è sospetta ogni attività umana.
Chi parla d'amore, poi si rivela essere una persona ipocrita e violenta.
Chi parla di comunità, poi si rivela avido del potere gerarchico che la sottende.
Chi parla di cultura, poi si rivela un cialtrone depensante, attaccatto alla verità dei propri libri, lettera per lettera.
Io capisco la necessità di dover arrivare ad una ricerca spirituale.
O come mi par di capire, una volontà di ritrovare segni di questa spiritualità.
Ma quando leggo autori antichi, mi pare che essi parlino di fede.
Ma la fede davvero ci aiuta a pensare?
E poi fede in che?
Nella propria avventura?
Ma non siamo sempre dalle parti della volontà di potenza?
Le domande che mi vengono in mente sono tante.
Nessuno sa rispondere, nessuno intende nemmeno il senso di questo domandare.
Nell'antichità almeno il senso del domandare era ben presente.
Io non vedo come non si possa ripartire che dalla ultra-filosofia di Leopardi e dal superomismo Nicciano.
Nell'epoca della fredda ragione, sappiamo ancora creare DEI?
Mi pare che nonostante gli sforzi di Nicce, la risposta è ancora no.
Però nel frattempo sono usciti alla luce molti nemici invisibili.
Freud li ha captati, il pensiero critico se li è presi sulle spalle.
Ma già a partire da Fromm, di cui ho iniziato a leggere l'introduzione, si travisa: Freud non si è ancora capito.
Figuriamoci Nietzche o Leopardi.
Buon lavoro a tutti.
La filosofia è l'arte del farsi una domanda e tentare una risposta. Ma non tutti si fanno le stesse domande.
L'etica è quella forma di coivolgimento sociale dove tutti devono attingere per trovare risposte a domande ricorrenti.
Ad esempio ascoltavo una intervista allo scrittore Carofiglio. Pare che lui voglia indicare un'etica mancante: manca l'etica della fortuna.
In cosa consiste? Nella nostra società attuale va di moda l'etica del successo. Ovvero se sono bravo vado avanti. Quindi se assumo un ruolo apicale vuol dire che me lo sono meritato. Siccome sono pochi quelli che ci arrivano, di conseguenza la frustazione di chi non ci è riuscito ha una platea molto piu grande. L'etica della fortuna invece indica che chi è arrivato al successo, sarà anche stato bravo, ma è stato anche fortunato.
La meritocrazia porta a quella frustazione della maggioranza che non riesce ad andare avanti nel successo.
Un amico che aveva capito questo gia molto tempo fa, ricorse ad un trucchetto matematico. Solitamente per vincere un concorso, devi presentarti e fare gli esami. Se sei bravo passi gli esami e se sei piu bravo degli altri che si sono presentati vinci il posto messo a concorso.
Lui aveva capito che per vincere un posto, qualsiasi, non essendo bravo... bisognava farli tutti. Prima o poi a fortuna uno lo avrebbe vinto. Così dopo non so quante volte ci provò, vinse addirittura due concorsi ed ebbe anche la possibilità di scergliersi quale accettare.
Questa è la dimostrazione che esiste un sistema fortunoso nel successo. Manca però l'etica.
Citazione di: Alberto Knox il 06 Novembre 2024, 17:32:16 PM[...]
Per quanto riguarda l'etica e il filosofare sull'etica mi chiedo quali forme di educazione morale ci sono ancora oggi. Il concetto di educazione odierna è ridotto, quando va bene, alle buone maniere. Ne viene che la parte più importante di un essere umano, ovvero la coscienza morale, è lasciata al caso. Si persegue e si trasmettono informazioni a scopi conoscitivi ma ci si guarda bene dal trasmettere formazione, cioè valori, criteri di giudizio , modelli di pensiero e di vita . L'educazione quindi si perde, l'etica viene scambiata per buonismo. Ognuno di noi ha delle caratteristiche peculiari quali sensibilità , intelligenza , sapere, professionalità ma la nostra essenza specifica non è data da ciò che sentiamo, capiamo, facciamo , sappiamo bensì dal modo di cui facciamo uso di ciò che sentiamo, capiamo, facciamo , sappiamo. Noi siamo la nostra modalità, è questo il peso specifico di un essere umano. Ci definiamo Sapiens, ma in questa definizione è in gioco da subito l'etica. Sapienza infatti non è semplicemente conoscenza ma è l'unione di conoscenza e di virtù. Il fatto è che nessuno oggi sa più che cosa sono le 4 virtù cardinali considerandole dei fossili del pensiero. Mentre invece sono i cardini , i pilastri di una vita in armonia con se stessi e con il mondo.
Sull'educazione morale ci si scontra subito con un problema: perché quel determinato insegnamento e non piuttosto un altro? Perché dovremmo addestrare i giovani alle virtù cardinali e non piuttosto al concetto di virtù come "efficacia", come "successo"?
I destinatari di questo disciplinamento infatti prima o poi chiederanno conto del contenuto specifico di tale educazione...
E questi valori, non essendo inscritti nella natura umana ma eredità di una specifica civiltà ormai in declino, quindi "ideali" grandiosi sì ma pur sempre relativi, come possono essere "offerti" in modo persuasivo?
Mah, forse solo nell'ambito di un contesto sociale in cui la cosa più importante sia lo studio paziente, la dedizione per le cose "alte", la critica ragionata e non la polemica fine a se stessa, solo nell'ipotesi di una comunità del genere si potrebbe immaginare un'educazione alle virtù che non sia mero apprendimento basato su una fede religiosa ma riconoscimento di un modello esemplare di convivenza civile.
Citazione di: Koba II il 08 Novembre 2024, 14:58:28 PMe non piuttosto al concetto di virtù come "efficacia", come "successo"?
ma perchè questo criterio esiste già , si chiama "tecnica" dove la parola d'ordine è maggior efficenza in minor tempo. Ma la tecnica non ha nulla a che fare con il dualismo male/bene . Se funzioni, se sei funzionale al sistema e quindi capace di interagire con la tecnica moderna allora il tuo servizio è richiesto, se non sei capace o dimostri di non essere funzionale vieni licenziato. E non c'è ne male ne bene ne giusto ne sbagliato in questo è semplicemente la modalità dell economina.
Citazione di: Koba II il 08 Novembre 2024, 14:58:28 PMI destinatari di questo disciplinamento
Non si tratta di imparare una disciplina , l educazione ha poco a che fare con l'insegnamento. Infatti "In-segnare" significa mettere, imprimere segni dentro la mente. Mentre E-ducare, Educere, significa "tirare fuori" . c'è un bella differenza fra in-mettere e tirarare fuori. E cosa si tira fuori? il tuo prendere sul serio il tuo essere pensante . Condizione indispensabile per agire e pensare in maniera etica.
Citazione di: Koba II il 27 Ottobre 2024, 09:54:43 AMMettendo da parte ciò su cui non possiamo dire nulla di definitivo, ovvero Dio, per quanto riguarda il fondamento della morale non rimane che riflettere intorno all'uomo e alla natura.
Dal punto di vista scientifico possiamo dire che ogni creatura cerca la felicità (benessere, maggiore vitalità, prosperità), e nello stesso tempo che ogni creatura è legata all'altra e al proprio ambiente.
Quest'ultima asserzione (già sostenuta in tanta metafisica, in particolare in quella neoplatonica) può essere dimostrata proprio nel senso della fisica moderna: idealizzando un sistema chiuso (così come nella meccanica si idealizza un sistema con un numero limitato di variabili) si può vedere come la conclusione non possa che essere la seguente: è l'interazione tra le singole creature a decidere la prosperità o la fine della vita nel sistema.
Se ad un'interazione virtuosa, anche se non consapevole, succede un approccio esclusivamente conflittuale (semplificabile in "mors tua vita mea"), la prosperità nel sistema avrà probabilmente all'inizio dei picchi locali per poi estinguersi e lasciare il posto al deserto.
Da una parte la competizione sembra essere un elemento indissolubile di tanti aspetti della natura (la vita dei carnivori e dei parassiti, per esempio), dall'altra è constatabile con tutta evidenza questa interazione virtuosa che sembra essere anche più essenziale, quasi fosse una logica superiore ma immanente la natura stessa e che solo ora abbiamo iniziato a comprendere sul piano scientifico.
La sapienza filosofica (fino a Spinoza) ha sempre cercato di sciogliere questa contraddizione con la conoscenza. Conoscenza di ciò che è essenziale (il legame con il Tutto, la necessità della Natura, l'uomo come espressione del divino e quindi capace di accedere alla Sapienza) rispetto a ciò che è puro accidente (la violenza, l'errore, l'isolamento).
Attraverso la conoscenza filosofica arrivo a capire in modo indubitabile che sono legato a tutte le altre creature, il cui accrescimento in vitalità è quindi anche mio specifico e particolare interesse.
Il sapiente si prende cura degli altri perché gli altri sono parte, per quanto piccola, tenue, di se stesso.
Questo modello era comunque accessibile ai soli filosofi.
Ma a che punto siamo arrivati noi, ora?
Qual'è la vera difficoltà nel fare in modo che l'idea dell'interazione virtuosa come espressione dell'essenza stessa della natura e dell'uomo diventi una nozione comune, scontata, come comune e scontata è la cura per il luogo in cui si abita?
I modelli filosofico-sapienziali da che cosa sono stati sostituiti? I discorsi sull'etica della compassione, dell'empatia quale ruolo hanno in questo fallimento? Tutto quel sentimentalismo morale...
Forse dovremmo ricordarci che ogni emozione (quindi anche la compassione) è una reazione istintiva dell'organismo nel suo complesso ad un evento potenzialmente dannoso o benefico.
Nel dolore che si prova per la sciagura dell'altro l'organismo, saggiamente, ci ricorda, non solo che potrei essere io al suo posto, ma che, in un certo senso, quello sono proprio io, anche se solo in parte, alla lontana. Indubitabilmente quella sciagura, ogni sciagura, è una perdita che mi tocca, concreta, oggettiva, quantificabile, per quanto piccola.
Nella compassione forse emerge dalle profondità dell'organismo un sapere antico ma sempre dimenticato, sempre rimosso.
Noi però veniamo subito catturati dalla nostra stessa commozione, prova della nobiltà del nostro animo. Nasce così lo strano spettacolo della sofferenza, terapeutico in quanto muovendoci alla commozione ci rassicura sul fatto di avere un cuore. Ma il vero messaggio, la vera informazione, che è scientifica, oggettiva, non vagamente sentimentale, e che è: "quel corpo straziato sei anche tu, è una parte di te", finisce ineluttabilmente per andare dispersa.
A me sembra fin troppo ottimistico considerare la cooperazione armoniosa la "sostanza" della natura e la competizione, il mors tua vita mea, come un mero "accidente".
Un esempio di mors tua vita mea puo' essere il fatto che il leone e' un predatore, e, per sopravvivere, deve uccidere e mangiare la gazzella.
La gazzella, dal canto suo, deve sempre scappare al meglio delle sue forze , anche se cio' implica far morire di fame il "povero", per modo di dire, leone.
Di solito, l'accidente e' quello che puo' essere rimosso o omesso senza che cambi la sostanza.
Se invece eliminiamo del tutto la competizione e la violenza da un sistema naturale, spesso abbiamo la morte di almeno una delle sue parti.
Se il leone rinumciassa alla sua "violenza" predatoria, cioe' se non inseguisse piu' la gazzella, morirebbe di fame. Non ha un sistema interno in grado di metabolizzare l'erba, o tanto meno di trarre energia dal sole. Se la gazzella diventasse fatalista o apatica, e non fuggisse piu' alla vista del leone, in breve tempo, non ci sarebbero piu' gazzelle.
La realta' e' che le istanze competitive e individualizzanti, e quelle cooperative e tendenti alla riunificazione del tutto, sono alla pari, in natura, e sono entrambi essenziali.
Non c'e' una gerarchia "ottimistica" in natura, che ponga la cooperazione come la sostanza, e la competizione come mero accidente. E' essenziale per il leone ammazzare la gazzella quando ha fame, come e' essenziale per lui che tutto il sistema ecologico della giungla funzioni, certo anche nei suoi aspetti cooperativi e simbiotici, a partire dal suo stesso branco, come branco di leoni.
Del resto perche' la totalita' si ponga come desiderio, desiderio-del-tutto (che giustifica l'altruismo del sapiente come un ponderato e superiore egoismo, perche' l'altro che soffre davanti al sapiente, e' il sapiente stesso) e' necessario che la totalita' sia mancante, come realta', quantomeno nel cuore di chi in un dato attimo la desidera; cioe' che le istanze egoiche ed egoistiche rivelino la loro sostanzialita', non gia' lo loro accidentalita'. Per esserci desiderio, della totalita', deve esserci mancanza, della totalita', e tale mancanza, deve generare, in chi la avverta, sofferenza. Desiderio
vero, implica mancanza
vera, del desiderato. Se la totalita' fosse gia' perfettamente realizzata, non la desidererebbe, nessuno, anche perche' non ci sarebbe, "nessuno" e intendo nessuno di realmente individuato e individuale, a desiderarla. Per essere in grado di desiderare problematicamente e panicamente il tutto, devi (prima) essere individuo.
Anche l'erbivoro si nutre di esseri viventi, ed esistono pure piante carnivore.
Citazione di: Alberto Knox il 08 Novembre 2024, 15:29:08 PMNon si tratta di imparare una disciplina , l educazione ha poco a che fare con l'insegnamento. Infatti "In-segnare" significa mettere, imprimere segni dentro la mente. Mentre E-ducare, Educere, significa "tirare fuori" . c'è un bella differenza fra in-mettere e tirare fuori. E cosa si tira fuori? il tuo prendere sul serio il tuo essere pensante . Condizione indispensabile per agire e pensare in maniera etica.
Potrei anche essere d'accordo con te ma questo è irrilevante mentre non lo è la domanda che il Protagora della situazione ti porrebbe: da dove ti viene il convincimento che ci sia qualcosa di buono da tirar fuori dalle persone? Dall'etimologia della parola "educare"? La tua teoria morale è fondata solo sull'etimologia? O meglio ancora, c'è un fondamento o ci si deve basare solo sulla persuasione sentimentale della retorica umanistica?
Citazione di: Koba II il 09 Novembre 2024, 10:09:34 AMPotrei anche essere d'accordo con te ma questo è irrilevante mentre non lo è la domanda che il Protagora della situazione ti porrebbe: da dove ti viene il convincimento che ci sia qualcosa di buono da tirar fuori dalle persone? Dall'etimologia della parola "educare"? La tua teoria morale è fondata solo sull'etimologia? O meglio ancora, c'è un fondamento o ci si deve basare solo sulla persuasione sentimentale della retorica umanistica?
Vorrei tornare a precisare che la premessa del mio discorso non si basa sull ortodossia , norme etiche, morale eteronoma, morale sociale. Non hai a che fare con l'ortodossia, hai a che fare con l'ortoprassi.
Sapete Goethe diceva che ci sono i fenomeni ma poi c'è ne uno in particolare che egli definiva
urphaenomen il fenomeno primordiale o orgininario che contiene tutti gli altri e da cui gli altri sono delle semplici esemplificazioni. E qual'è questo urphaenomen?...è la vita. Questo è il fenomeno oiginario e siccome le persone , credo, si vogliono rendere degne del fenomeno vita è necessario deporre le ideologie , le ideologie del sì , le ideologie del no, le ideologie dei libri sacri, le ideologie dei libri non sacri, le ideologie dei libri rossi, dei libri verdi, deporre tutto questo e mettersi con grande spirito di ricerca interiore. Come la chiamate la vostra interiorità?
Ho introdotto la natura come esempio guida dell armonia dei sistemi fisici applicati al sistema sociale . Noi siamo sistemi! e quanto più intruduciamo armonia nelle realzioni sociali, famiglia, gruppo , amici, lavoro, che sono anch'essi sistemi, tanto più noi staremo bene.
Il problema è quello che ho esposto, il creare sistemi porta a un noi che si definisce rispetto a un non-noi. Come risolvere il problema? etica, virtù, giustizia . Tutte cose che sapendo come funzionano ci possono aiutare ma poi è la volontà che fa il resto e se non c'è carburante nella tua volontà tu non combini niente di tutte queste belle nozioni. Come ho detto la questione non può venire confinata in un problema teoretico , è pratico e d'è prettamente un problema di motivazioni.
Così come è stato messo giù nel tema proposto non penso che si possa dire che da un punto di vista scientifico noi si ricerchi la felicità o il benessere. Direi piuttosto, lasciando la scientificità ad altri temi, che noi si abbia semmai un'inclinazione a tenersi distanti dal nostro malessere. Questo naturalmente nulla toglie che comperando un'auto nuova o una casa ci si senta felici almeno per una settimana, ma non mi dilungherò su questa osservazione che a mio vedere porta a ben poco. Questo cercare di tenersi a distanza dai guai quindi varrebbe naturalmente a livello teorico (si veda la discussione in "Psicanalisi" ... e nel frattempo mi accendo una sigaretta che di sicuro mi fa benissimo). Quando dunque mi alzo al mattino, a livelli non propriamente consapevoli, più che ambire al mio benessere cerco più che altro di non fare cazzate che mi arrechino danno. Tutto questo avviene più o meno all'interno di pratiche di routine. Va da sé che all'interno di questa ripetitività io possa cogliere di tanto in tanto qualcosa che migliori il mio agire rendendomi così un poco più felice, ma tutto sommato mi sembra di poter dire che saremmo ben distanti dalla fantomatica ricerca del benessere. Riprendo quindi la domanda posta da Koba:
"Qual'è la vera difficoltà nel fare in modo che l'idea dell'interazione virtuosa come espressione dell'essenza stessa della natura e dell'uomo diventi una nozione comune, scontata, come comune e scontata è la cura per il luogo in cui si abita?"A mio giudizio ci sarebbero almeno un paio di cose che sarebbero d'ostacolo all'attuazione di un'etica più "sana" di quella che da sempre viviamo. Con buona pace dei filosofi che fino ad oggi si sono cimentati nell'impresa, il primo ostacolo sarebbe dovuto alla presenza di ciò che noi chiamiamo il "dono" dell'autocoscienza che tanti pomi avvelenati produsse e produce ancor oggi tanto da chiedersi se si tratti più di una malagrazia che di un dono, e il secondo dall'istituto della proprietà privata che sicuramente favorirebbe il "mors tua vita mea"
difficile individuare il tema di questo topic.
Per me, come ho detto inizialmente, la chiave scientifica è il rapporto che noi abbiamo con l'entropia.
Sembra una cosa distante, ma invece la sento piuttosto centrale.
Quando si fanno discorsi morali, su ciò che è bene o male, il tentativo è di trovare il benessere (anche pensare all'etica della fortuna può diventarlo).
Il benessere può essere un concetto concreto se si individua la causa.
La causa del malessere è dovuta allo squilibrio. Per cui il benessere vuol dire equilibrio.
Come una ballerina che affronta le sue numerose forme di equilibrio sulla punta dei piedi.
L'equilibrio vuol dire pesi e contrappesi. In politichese potrei richiamare al compromesso.
Nessuno ha un equilibrio uguale ad un altro, ognuno deve trovarne uno suo. Ogni volta che succede qualcosa si perde quell'equilibrio iniziale, e se ne deve trovare un altro. Questa è una giostra, alla fine però la fatica che si fa per trovare il prossimo equilibrio è troppo grande. Mente e corpo insieme in sinergia affrontano ogni giorno problemi diversi.
E' vero... meno si affrontano problemi meno spendiamo energia per rimetterci in equilibrio. Ma la bilancia non è stabile, anche se tentiamo di rimanere lontani dai problemi quelli ci vengono a trovare, perchè il nostro corpo e la nostra mente non stanno mai fermi del tutto e questi tendono a perdere equilibrio anche senza far nulla (questo corrisponde all'aumento inesorabile dell'entropia).
Il benessere quindi è equilibrio, pesi e contrappesi, un continuo compromesso tra ciò che la vita ci chiede e quello che possiamo fare per non sentirsi male, anzi magari con la gradevole sensazione di stare addirittura bene, cioè felici.
Citazione di: Il_Dubbio il 09 Novembre 2024, 20:09:52 PMIl benessere quindi è equilibrio, pesi e contrappesi, un continuo compromesso tra ciò che la vita ci chiede e quello che possiamo fare per non sentirsi male, anzi magari con la gradevole sensazione di stare addirittura bene, cioè felici.
Siamo propio sicuri di questo? Siamo sempre alla ricerca di armonia ed equilibrio, convinti che questi siano l'aspetto fondamentale del nostro benessere. Ma è davvero così? o possiamo vedere il valore positivo anche della perdita dell'equilibrio? del resto ci sono famosi aforismi che dicono propio ""Se vuoi fare un passo avanti, devi perdere l'equilibrio per un attimo" oppure "la vita è come andare in bicicletta , per mantenere l'equilibrio devi muoverti" .
Non è forse nei momenti di crisi e quindi di non-equilibrio che noi ci mettiamo in discussione piu profondamente? mettiamo in discussione noi e il nostro rapporto con il mondo circostante e possiamo individuare ciò per cui vale la pena di vivere.
Ritengo che non si può vivere sempre concentrati a mantenere l'equilibrio per sentirci bene, alcune volte bisogna perderlo l'equilibrio , occorre sbilanciarci a volte , se non ci fosse sbilanciamento la vita sarebbe piatta, uniforme, stazionaria. In fisica c'è un nome specifico che si da alla morte ed è esattemente questo "equilibrio termodinamico". è quando un sistema fisico è lontano dall equilibrio termodinamico che manifesta energia termica, cinetica, elettromagnetica.. (questo per ricollegarmi un pò alla tua analogia con l entropia)
Citazione di: Alberto Knox il 10 Novembre 2024, 01:36:11 AMSiamo propio sicuri di questo? Siamo sempre alla ricerca di armonia ed equilibrio, convinti che questi siano l'aspetto fondamentale del nostro benessere. Ma è davvero così? o possiamo vedere il valore positivo anche della perdita dell'equilibrio?
Dipende da quello che intendi. Se ci piace bere e anche tanto, l'aspetto fondamentale del nostro benessere si sposta verso il piacere. Il corpo per un po' ti sta dietro. Tu pensi che provare piacere nel bere ti porta benessere. Ma senza che tu te ne accorga, stai mettendo a rischio l'integrità del tuo corpo. Per cui non c'è equilibrio fra quello che fai, il piacere che tu provi, e il deterioramento del tuo corpo (e anche della mente).
Il concetto di "equilibrio" qui non è da intendere esattamente: fare quello che ci piace.
Io comunque stavo più che altro pensando non tanto a quello che noi facciamo in libertà (ci piace bere, ok allora beviamo), ma quello che proviamo quando veniamo messi alla prova da un accadimento.
Come hai detto tu, ma anche io prima, anche se non facciamo niente, le cose comunque cambiano. Quindi non siamo mai fermi. Siamo esseri in movimento (anche quando crediamo di stare fermi) e le cose cambiano.
Citazione di: Il_Dubbio il 10 Novembre 2024, 10:46:48 AMIo comunque stavo più che altro pensando non tanto a quello che noi facciamo in libertà (ci piace bere, ok allora beviamo)
Davvero pensi di parlare di libertà quando dici "ci piace bere allora ok beviamo"? non è piuttosto una dipendenza l alcool? e perchè si beve? se non per stordire un malessere interiore che non si riesce a curare ma solo a lenire provvisoriamente con l alcool? Essere liberi significa non essere dipendenti dai vizi. E in ogni caso non si è particolarmente liberi e indipendenti se si seguono soltanto i propi desideri qualsiasi essi siano, si può diventare schiavi di una cosa o di un altra , si può essere schiavi del propio egoismo ad esempio.
Oggi giorno parlare di umanità , bontà e gentilezza appare un discorso da moralisti o da buonisti e io cerco di dimostrare che questa impressione è fuorviante. Non è vero che è da moralisti è la logica del sistema originario che è così. Sapete fra gli anni 40 e 45 del secolo scorso ci fu un uomo che ebbe il coraggio di prendere in giro e di scontrarsi con l'ideologia di colui che all epoca era l'uomo più temuto e più potente del mondo, il suo monologo lo riconoscerete ;
"Mi dispiace, ma io non voglio fare l'Imperatore, non è il mio mestiere, non voglio governare ne conquistare nessuno, vorrei aiutare tutti se possibile, ebrei, ariani, uomini neri e bianchi, tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l'un l'altro.
In questo mondo c'è posto per tutti, la natura è ricca, è sufficiente per tutti noi, la vita può essere felice e magnifica, ma noi lo abbiamo dimenticato. L'avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell'odio, ci ha condotti a passo d'oca fra le cose più abbiette, abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha trasformato in cinici, l'avidità ci ha resi duri e cattivi, pensiamo troppo e sentiamo poco.
Più che macchinari ci serve umanità, più che abilità ci serve bontà e gentilezza, senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto..."
monologo finale del film "il grande Dittatore" , che cosa significa quindi nominare umanità , bontà e gentilezza per voi? cioè, tu sei un moralista se vuoi essere trattato con umanità? con gentilezza? No, non sei un moralista se vuoi questo , oppure qualcuno di voi vuole essere trattato male, calpestato nella dignità, offeso se vuoi questo, scusa se te lo dico ma sei uno squilibrato. Nominare queste tre cose significa nominare quello di cui l'essere umano ha più bisogno. Affinchè il sistema società sia fiorente e in armonia , questa armonia è la logica del sistema vita è la stessa logica che permette alla materia di aggregarsi, di trovare relazioni, è la logica cosmica dalla quale veniamo e siamo il prodotto più sofisticato di quella logica.
Citazione di: Alberto Knox il 10 Novembre 2024, 13:23:55 PMDavvero pensi di parlare di libertà quando dici "ci piace bere allora ok beviamo"? non è piuttosto una dipendenza l alcool? e perchè si beve? se non per stordire un malessere interiore che non si riesce a curare ma solo a lenire provvisoriamente con l alcool? Essere liberi significa non essere dipendenti dai vizi. E in ogni caso non si è particolarmente liberi e indipendenti se si seguono soltanto i propi desideri qualsiasi essi siano, si può diventare schiavi di una cosa o di un altra , si può essere schiavi del propio egoismo ad esempio.
Questa mi sembra una obiezione capziosa. Il tema qua non è chiarire cosa si intenda essere liberi, anche perchè poi girando intorno al problema il rischio è parlare del fatto che non sia possibile alcuna libertà di agire.
Mangio il cioccolato perchè mi piace. Vado al mare perchè mi piace...
Il piacere è un sintomo di libertà? Non mi interessa qua capire che il desiderio di voler compiere un'azione sia o meno dovuto alla libertà di compierla, o all'appagamento che quell'azione mi crea quando la compio.
Posso farla o non farla. Questo è importante. Ma come detto, questo discorso ci porta lontano inutilmente dalla tema.
Se io mangio e mi piace mangiare, poi l'indomani ho mal di pancia, il mio corpo mi avvisa che ho esagerato. Tra ciò che ho fatto (in libertà o meno) e ciò che ho subito, per quella azione, si è creato uno squilibrio. Il tuo malessere quindi è ovviamente dovuto a ciò che hai fatto.
Puntualizzo (perchè mi ero dimenticato di farlo nel post precedente) che essendo noi esseri in continuo movimento, equilibrio o squilibrio (cioè anche malessere o benessere) non possono essere una costante. Se si è costantemente in equilibrio, come hai detto tu, si è praticamente morti.
Forse esistono "momenti" di felicità e non una continua e costante vita solo ed esclusivamente di piena felicità (che dovrebbe appartenere al mondo paradisiaco).
@Alberto Knox
Contesto il pensiero che sostiene che l'essere umano abbia come bisogni fondamentali quelli di amare ed essere amato. Ricordo che la necessità di un'azione qual è l'amare, l'odiare o il coltivare fragole tanto per dire nasce da contingenze del qui e ora. Dal mio punto di vista, oltre alle necessità chiamiamole vitali, il bisogno fondamentale di un essere umano resterebbe confinato a un generico "sentirsi vivo". Inoltre, non pensare che le ferite interiori vengano stordite solamente con droghe, alcool etc.; esistono altre forme di stordimento forse più nocive soprattutto perché socialmente apprezzate.
@Koba II
Visto che hai detto che l'essere umano è ontologicamente problematico, a livello filosofico sarebbe interessante conoscere o sforzarsi almeno di conoscere i motivi per cui egli verserebbe in tale situazione, sempre ammesso che gli "altri" non evidenzino tale problematicità e che un compito della filosofia sia quello di essere d'aiuto al pover 'om.
Quanto all'educazione e all'istruzione va da sé che bisognerebbe applicarsi a tirare fuori le potenzialità dell'individuo, ma al tempo stesso bisognerebbe istruire su ciò che è ammesso e ciò che non è ammesso nella comunità
Citazione di: Il_Dubbio il 10 Novembre 2024, 14:16:12 PMForse esistono "momenti" di felicità e non una continua e costante vita solo ed esclusivamente di piena felicità (che dovrebbe appartenere al mondo paradisiaco).
Non ti manchi mai la gioia, e non ti mancherà, se nascerà dentro di te (Seneca).
Occorre fare una distinzione fra felicità e gioia dove la prima è un emozione e come tale non può che essere momentanea e gioia che invece è uno stato dell animo.
Citazione di: daniele22 il 10 Novembre 2024, 15:18:00 PM@Koba II
Visto che hai detto che l'essere umano è ontologicamente problematico, a livello filosofico sarebbe interessante conoscere o sforzarsi almeno di conoscere i motivi per cui egli verserebbe in tale situazione, sempre ammesso che gli "altri" non evidenzino tale problematicità e che un compito della filosofia sia quello di essere d'aiuto al pover 'om.
In effetti la filosofia, pur avendo la tendenza a porsi come conoscenza e pur avendo la mania della teorizzazione, è forse soprattutto terapia del pover 'om.
Forse è nata proprio per questo e solo successivamente si è raccontata di essere stata generata dalla meraviglia.
Terapia del pover 'om nel senso di un esercizio spirituale, di un lavoro di cura di sé che poi concretamente consiste innanzitutto nella difesa della propria singolarità dalle forze che vogliono assoggettarlo, cioè renderlo soggetto comune, manipolabile.
C'è chi ritiene che l'esortazione antica "conosci te stesso" posta all'ingresso del tempio di Apollo a Delfi abbia a che fare con tale terapia.
L'esortazione esprimeva essenzialmente due cose, tutto sommato l'una in contraddizione con l'altra:
1) prendi atto di essere solo un mortale, tu che stai per entrare nel tempio dell'immortale Apollo!
2) cerca di capire che la tua essenza è l'anima, che nella sua purezza è del tutto simile al divino.
Quindi, viene da chiedersi: siamo delle creature miserabili o al contrario siamo, nel fondo di noi stessi, simili a Dio?
Entrambe le cose.
Ma appunto il divino, correttamente compreso, non ha attributi specifici (altrimenti sarebbe un grottesco super uomo con grossi attributi), ma è assenza di costrizioni, di volontà, di desideri, pura libertà.
Nell'anima probabilmente non c'è niente da conoscere, con buona pace dei cultori dell'interiorità lussureggiante.
Ci può essere silenzio, pace. Ma per arrivare a questa meravigliosa assenza bisogna filosofare tutta la vita, cioè difendersi continuamente, con ogni mezzo, dalla violenza degli uomini e del mondo, anche e soprattutto nella forma dei propri pensieri, dei propri desideri, etc.
Citazione di: daniele22 il 10 Novembre 2024, 15:18:00 PMDal mio punto di vista, oltre alle necessità chiamiamole vitali, il bisogno fondamentale di un essere umano resterebbe confinato a un generico "sentirsi vivo".
Ma allora da questo punto di vista è la necessità vitale di ogni essere vivente, probabilmente anche una pianta sente di essere viva e sicuramente uno scimpanzè sente di essere vivo. Allora la questione non è più definire un etica condivisa ma che cosa siamo. Che cosa siamo noi Daniele? che possiamo amare e poi propio a partire da quel sentimento di amore divenire veicoli di morte? (ti amo così tanto che si mi lasci ti ammazzo). Che cosa siamo e che cosa vuol dire essere umani? sai questa domanda fu posta in una conferenza ad una famosa antropologa (di cui mi dimentico sempre il nome) e la domanda era questa "esiste nella storia della paleontropologia un momento che si può indentificare come il distacco dall essere animale all essere umano? un momento che da li si può dire che da quel momento è diventato un essere umano"
la risposta dell antropologa fu la seguente "sì c'è , è stato quando abbiamo rinvenuto in una caverna le osse di uomini primitivi e abbiamo visto un femore lesionato che si era risanato, ovvero un uomo a cui gli si era rotta una gamba era stato curato connettendo l'osso rotto con l altro osso rotto in modo tale da potersi risanare" Questa antropologa aveva individuato nella cura dell altro l umanità. Sarà davvero così? non lo so , penso che l'essere umano non è ad una sola dimensione siamo capaci di amore e di odio , di guerra e pace, archia e anarchia , fedeltà einfedeltà , amicizia e inimicizia ecc ecc. Noi siamo fatti di questa pasta contradditoria che in filosofia si dice antinomica.
Quando pensiamo a noi stessi pensiamo alla coscienza, al subconoscio, l'inconscio le pulsioni che esistono, certo che esistono,dove c'è di tutto cose belle e cose meno belle, siamo natura, tanto più fruttuosa quanto più selvaggia.
Certo noi siamo bios, vita biologica , siamo anche zoé vita animale, zoologia certo e siamo anche psiché, vita psichica, certo siamo anche psiche, ma siamo anche Nous. Non solo, Aristotele diceva " Nous poietikos" che normalemente viene tradotto come "intelletto attivo" poieo, che fa, che agisce , che è in atto. . Ma a me piace tradurre il nous poietikos di Aristotele in "spirito creativo". Il punto qual'è , così concludo, chi ha ragione? chi afferma che queste cose esistono o chi afferma che queste cose non esistono? Ancora una volta, dipende dal lavoro che ci metti ... " non è irrilevante notare come la parte immortale e divina nell uomo
non esista , se non viene attualizzata e focalizzata su ciò che è divino fuori di lui. In altri termini, l'oggetto dei nostri pensieri conferisce immortalità al pensare stesso". questa frase non è di un padre agostiniano , di un monaco benedettino o di una suora . Questa frase viene da una delle menti più rigorose, brillanti e preparate del nostro tempo, colei che scrisse "la banalità del male", colei che scrisse "le origini del totalitarismo" , "vita activa" , "la vita della mente" e tanti altri capolavori. Conosceva alla perfezione la filosofia contemporanea per le sue frequentazioni con heidegger e con i suoi cari amici jaspers, jonas, Edihit. Ebbene Hannah Arendt ci dice che
noi siamo protagonisti della nostra antologia, che noi possiamo , tramite il nostro pensare, attivare o no alcune parti del nostro essere , che se non sono attivate
non esistono.lo capite? che cosa è in gioco nel pensare?
Citazione di: Alberto Knox il 10 Novembre 2024, 15:34:16 PMNon ti manchi mai la gioia, e non ti mancherà, se nascerà dentro di te (Seneca).
Occorre fare una distinzione fra felicità e gioia dove la prima è un emozione e come tale non può che essere momentanea e gioia che invece è uno stato dell animo.
sono termini che ci lasciano senza una descrizione oggettiva.
Dipende dalle situazioni, uno potrebbe attraversare un momento di profonda tristezza e acuto dolore ed essere comunque felice per un momento per aver rivisto una persona cara dopo tanto tempo.
Mentre uno potrebbe vivere un periodo molto felice, praticamente di gioia (come dici tu) per il fatto ad esempio di aspettare un figlio e poi vederlo nascere e crescere.
Comunque secondo me non è il punto chiave. Con questi discorsi stiamo girando attorno al problema principale, o per lo meno a quello che ho individuato io (certamente non mi sogno di sostenere di aver capito perfettamente il contesto del topic).
Citazione di: Il_Dubbio il 10 Novembre 2024, 21:52:40 PMsono termini che ci lasciano senza una descrizione oggettiva.
i termini sono diversi per un motivo. Nel primo caso la felicità è un emozione che viene da qualche cosa di positivo che ci arriva da fuori, una vincita , una macchina nuova , aspettare un figlio e poi vederlo nascere e crescere, incontrare un amico che non si vedeva da tempo. Tutte queste cose sono inerenti a cause esterne a noi e non è molto diverso dal bambino che piange perchè vuole il latte e poi è tutto contento dopo la poppata. La gioia di cui parla Seneca invece è una senerità dell animo che nasce da dentro. Certo che ci sono i momenti difficili ma c'è modo e modo di affrontare la vita.
Citazione di: Il_Dubbio il 10 Novembre 2024, 21:52:40 PMCon questi discorsi stiamo girando attorno al problema principale, o per lo meno a quello che ho individuato io
si parla di etica, natura , emozioni. Mi adeguo al topic
Citazione di: Alberto Knox il 10 Novembre 2024, 22:21:43 PMLa gioia di cui parla Seneca invece è una senerità dell animo che nasce da dentro.
Dovresti definirla meglio. Che l'abbia detta Seneca non fa della serenità dell'animo qualcosa che non possa essere definita come felicità o benessere.
Il topic parla di emozioni certo, anche di etica, ma anche di natura. E la natura delle cose può essere descritta in vari modi. Quelli piu convincenti sono quelli che partono da una tesi, poi procedono verso una antitesi poi alla fine terminano con una sintesi. Oppure incominciano con una teoria, procedono verso una sperimentazione e finiscono con una soluzione.
In che altro modo posso dirla. Incomincio con descriverla con concetti razionali tento di escludere qualsiasi tipo di tesi razionale contraria, poi emetto la sentenza.
Non credo che la filosofia funzioni molto diversamente. Certo la spiritualità si concede spunti (anche interessanti) verso aspetti la cui descrizione è impossibile in quanto altamente soggettiva e poco descrittiva, ma questo è un luogo di filosofia non di spiritualità.
Citazione di: Il_Dubbio il 10 Novembre 2024, 22:49:49 PMNon credo che la filosofia funzioni molto diversamente. Certo la spiritualità si concede spunti (anche interessanti) verso aspetti la cui descrizione è impossibile in quanto altamente soggettiva e poco descrittiva, ma questo è un luogo di filosofia non di spiritualità.
sì ma rilassati, non siamo filosofi di professione. Ad ogni modo approfondirò il tema "gioia" così da chiarire meglio ciò che vado dicendo. Non ora perchè ci vuole tempo e si è fatta una certa.
Citazione di: Il_Dubbio il 10 Novembre 2024, 22:49:49 PMDovresti definirla meglio. Che l'abbia detta Seneca non fa della serenità dell'animo qualcosa che non possa essere definita come felicità o benessere.
illustrerò quindi il mio pensiero. Voi tutti sapete che gli studiosi hanno identificato sei emozioni universali che ogni essere umano vive ; la paura la rabbia, la tristezza la felicità, il disgusto e la sorpresa. Ma le emozioni arrivano quando vogliono loro , sono il primo momento, la prima manifestazione della nostra interiorità che voi potete chiamare mente oppure anima oppure sè, oppure in altri modi ancora. Queste emozioni arrivano, puoi scegliere se avere paura? no arriva e hai paura, poi si tratta di riconoscerla e gestirla. Questo che vale per la paura vale per tutte le altre emozioni ma quando io dico "gioia" non intendo la felicità che è appunto questo primo livello , non intendo nemmeno il secondo livello della vita psichica che è il sentimento , il quale sentimento è un emozione stabilizzata, io continuo ad avere emozioni rabbiose nei confronti di una determinata persona, si stabilizza questa mia emotività e diventa un sentimento che in questo caso si chiama "odio". Non è neanche il terzo livello che è la passione , non è neanche il quarto livello gli ideali ma è una
virtù , la virtù è quella forza interiore di volontà che scaturisce da te quando hai assimilato tutto il percorso che va da sentimento , passione e ideali e diventa tua e diventa capace di governarci. Ora siamo sempre capaci di governarci? parlo per me
no . Qualche volta siamo capaci di governanrci? parlo per me
sì. Quando prendo una decisione ponderata cosa sto facendo se non richiamarmi alla prima delle virtù che i greci chiamano
phronesis e che noi traduciamo in modo fuorviante con "prudenza" . Per quanto concerne la virtù della gioia i Buddhisti sono più accorti di noi occidentali perchè nelle nostre tipologie di virtù la gioia non compare e invece il buddhismo la riconsce come virtù perchè quella gioia interiore non è una felicità che va e viene per come soffia il vento . No è quella gioia che è come un mare calmo a dispetto del reale o a favore del reale è un prendere rifugio dentro di sè a dispetto delle circostanze a volte. Puoi anche non essere felice ma hai una calma, una serenità interiore che è la virtù della gioia.
Ho fatto riferimento a Seneca con quella frase che viene dalle lettere di Seneca a Lucilio . Bene nella lettera 23 dice esattamente " Prima di tutto, caro Lucilio,
impara a gioire...." la felicità non la puoi imparare , è un
emozione! non c'è da imparare niente , non è una virtù , non è un arte , arriva , hai la macchina sei felice una settimana , hai la mammella della mamma sei felice cosa devi imaparare , ti viene naturale.
.
disce gaudere devi imparare! dice Seneca a gioire perchè la gioia è una virtù bisogna imparare. E ricordati Lucilio, continuando nella lettera," gaudium res severa est" , traduco "
la gioia è una cosa seria" cosa pensi lucilio continua Seneca , che tutti quelli che vedi in giro che ridono sono nella gioia? No , la vera gioia è qualcosa di interiore, res severa est , è qualcosa che è dentro come una roccia. Spero un pò di aver chiarito quel è la differenza fra felicità (emozione) e gioia come virtù.
@Alberto Knox
Citandoti:
"Ma allora da questo punto di vista è la necessità vitale di ogni essere vivente, probabilmente anche una pianta sente di essere viva e sicuramente uno scimpanzè sente di essere vivo. Allora la questione non è più definire un etica condivisa ma che cosa siamo."
Ciò che ci differenzia dalla pianta e dallo scimpanzé sarebbe il fatto che probabilmente solo noi riusciremmo a immaginare l'idea di "sentirsi vivi", idea che conduce anche al pensiero di avere gioco, ovvero di avere possibilità di vita; tale necessità sarebbe certamente vissuta pure dalla pianta o dalla scimmia, ma non sarebbe idealizzata. Dovrebbe dunque essere chiaro che di fronte al pensiero "sentirsi vivi", "avere possibilità di vita", si apra tutto l'universo antropologico, nel bene e nel male, tanto per sé stessi quanto per gli altri.
Allora, come dici, la questione sarebbe innanzitutto capire cosa siamo in quanto esseri umani e quindi vedere se vi sia spazio per definire un'etica ampiamente condivisibile.
Infine, per quello che ne so anche altre specie mostrano forme di cura nei confronti dei propri simili; non riusciranno ad aggiustare femori, ma questa è un'altra cosa
@Koba II
In effetti non ho mai pensato che la filosofia fosse nata dallo stupore dato che penso che le persone del sesto secolo avanti Cristo non fossero ingenue a tal punto. Certamente ho sempre pensato che dovesse esserci utile, ma a scuola non mi è riuscito di cogliere questa utilità.
Circa il riferimento al "conosci te stesso" tendo a interpretarlo come un invito a sforzarsi di comprendere l'altro attraverso l'analisi del proprio agire, di comprendere cioè la tua uguaglianza all'altro. Di comprendere infine che le nostre diversità siano imputabili a sorti diverse in cui saremmo incappati a partire dall'impronta genetica assegnataci dai nostri genitori. Sorti diverse che possono anche implicare situazioni di estrema fortuna o sfortuna come ventilato da Dubbio. Solo così pensando per me avrebbe senso la formula per intero che non so se fosse scritta in origine, o manipolata successivamente e che reciterebbe appunto "conosci te stesso e conoscerai il pensiero degli dei". Se così non fosse il detto "conosci te stesso" da solo suonerebbe come un semplice conoscere i propri pregi, difetti e i propri limiti personali; per carità, c'è pure chi non lo fa mentre sarebbe opportuno farlo, ma che tale semplice formula fosse stata posta all'ingresso del tempio di Apollo mi sembrerebbe quasi banalizzare Apollo attribuendogli un monito che se non è alla portata di tutti poco ci manca
Citazione di: daniele22 il 11 Novembre 2024, 11:50:29 AMAllora, come dici, la questione sarebbe innanzitutto capire cosa siamo in quanto esseri umani e quindi vedere se vi sia spazio per definire un'etica ampiamente condivisibile.
Forse possiamo dire di aver identificato perlomeno uno dei punti centrali del tema del topic. Però non essendo l'unico mi interesserebbe sapere anche quali sono gli altri, @ildubbio ad esempio ha visto il fulcro del discorso riportandolo all entropia dei sistemi fisici correlandoli o analogandoli ai sistemi naturali devi viventi quali anche la vita dell uomo . Ma confesso di non averci capito molto.
Citazione di: daniele22 il 11 Novembre 2024, 11:50:29 AMInfine, per quello che ne so anche altre specie mostrano forme di cura nei confronti dei propri simili; non riusciranno ad aggiustare femori, ma questa è un'altra cosa
Sì, questo lo pensato anch'io , è per questo che non sono tanto persuaso dalla spiegazione dell antropologa in questione. Potrebbe essere che la cura sia uno dei punti cardini che identifica l essere umano in quanto facente parte di quelle speci che manifestano la cura verso altri individui della stessa specie ma che non sia il punto cardine decisivo che ci caratterizza come essere umani.
Citazione di: Alberto Knox il 11 Novembre 2024, 11:03:09 AMPer quanto concerne la virtù della gioia i Buddhisti sono più accorti di noi occidentali perchè nelle nostre tipologie di virtù la gioia non compare e invece il buddhismo la riconsce come virtù perchè quella gioia interiore non è una felicità che va e viene per come soffia il vento . No è quella gioia che è come un mare calmo a dispetto del reale o a favore del reale è un prendere rifugio dentro di sè a dispetto delle circostanze a volte. Puoi anche non essere felice ma hai una calma, una serenità interiore che è la virtù della gioia.
Dici (mi è parso di capire anche con quello che dici in seguito) che questa calma e questa serenità interiore si "impara". Potresti essere anche infelice hai detto, ma rimarrai comunque in una condizione di gioia. Quindi non è un'emozione momentanea. In pratica, questo però dovrò cercare di capire, le condizioni di benessere o di malessere verranno mascherate da quello che si è imparato. Hai detto che questa sarebbe una virtù.
La prima cosa che mi verrebbe da chiedere è: in che modo questo soggetto, che ha imparato la virtù della gioia, a liberarsi dal "sentimento" della tristezza, o comunque del malessere momentaneo?
Sono partito da una situazione in cui c'è una dinamica interna dove l'equilibrio viene perso ma poi ritrovato. Dove la tristezza (un tipo di malessere momentaneo) è un malessere da cui devo tentare di liberarmi per ritrovare un certo benessere.
Ora tu chiudi tutto all'interno di confanetto, che chiami gioia... ma allora questo soggetto rimarrà sempre triste interiormente, o anche lui tenterà di liberarsene in qualche modo? Cosa viene risolto con questo stratagemma che tu chiami virtù?
Citazione di: Koba II il 10 Novembre 2024, 17:19:55 PMma è assenza di costrizioni, di volontà, di desideri, pura libertà.
Non era Tommaso che diceva che si raggiunge Dio quando la libertà sposa il desiderio di Dio?
Non capirò mai le posizioni, per esempio dell'India in tutte le salse, di "abbandono del Mondo"
E seguendo Agostino, il desiderio di Dio non è la volontà di portare la luce in questo Mondo?
Come nella tradizione ebraica e greca: in questo Mondo, non nell'Altro (dove è già tutto luce).
E' questo il compito intimo della filosofia, non tanto la terapia, o la resistenza (comunque necessaria) ai mali del Mondo.
Io la vedo così ora. Piano piano la nebbia si dilegua.
Mancano i testi e un serio lavoro a come scrivo.
Citazione di: green demetr il 11 Novembre 2024, 17:44:49 PMNon era Tommaso che diceva che si raggiunge Dio quando la libertà sposa il desiderio di Dio?
Non capirò mai le posizioni, per esempio dell'India in tutte le salse, di "abbandono del Mondo"
E seguendo Agostino, il desiderio di Dio non è la volontà di portare la luce in questo Mondo?
Come nella tradizione ebraica e greca: in questo Mondo, non nell'Altro (dove è già tutto luce).
E' questo il compito intimo della filosofia, non tanto la terapia, o la resistenza (comunque necessaria) ai mali del Mondo.
Io la vedo così ora. Piano piano la nebbia si dilegua.
Mancano i testi e un serio lavoro a come scrivo.
Prendiamo il mito della caverna di Platone. Il filosofo è un prigioniero, come tutti gli uomini, poi vede la luce, si arrampica lungo un sentiero, esce all'aria aperta, e si rende conto fino a che punto la sua vita sia stata nient'altro che uno spettacolo di simulacri, di maschere.
Dopodiché torna indietro a liberare gli altri prigionieri.
Ora, ti chiedo: tu dove ti vedi?
Io penso di essere uno di quelli che intravedendo la luce cerca l'uscita, si arrampica, arriva quasi in cima, poi scivola in basso, si dispera, riprova, si arrampica, rotola, riprova, cade, etc.,
ma non si dispera più. Questo è il punto. All'ennesimo ciclo non si dispera più, e i suoi occhi vedono sempre meglio la luce, anche se è destinata a non uscire mai dalla caverna e rimanere quindi una creatura dell'oscurità.
Citazione di: Koba II il 11 Novembre 2024, 18:21:37 PMQuesto è il punto. All'ennesimo ciclo non si dispera più, e i suoi occhi vedono sempre meglio la luce, anche se è destinata a non uscire mai dalla caverna e rimanere quindi una creatura dell'oscurità.
Il punto temo sia quello del fatto che tu voglia vedere la luce, la luce di quell'Altro Mondo, che però secondo la tradizione cattolica, in maniera per me impossibile, dice essersi incarnata.
Si dice infatti, correggettemi se sbaglio, che il cristo è la luce di questo mondo.
Dunque nella tua metafora, correggimi se sbaglio, quell'uscita della caverna, coincideva con il riconoscimento dello spirito santo nel mondo, in maniera fisica.
Cioè appunto in questa vita.
Francamente so veramente troppo poco, e non riesco a unire la metafora platonica con quella cristiana.
Avendo letto ed essendomi fermato lì, ma da domani è un altro giorno, la metafora platonica è tutt'altro che capita, anzi a mio parere non è capito affatta.
Infatti la filosofia antica è una gnosi, la luce è la conoscenza, la conoscenza dell'altro Mondo.
In Platone visto come il maestro mi bombarda dovrebbe essere bellezza, verità e bontà.
Questi tre verità dell'Altro Mondo, sono quelle che illuminano tramite la saggezza, questo di Mondo.
Abitato dalle tenebre.
E io ricordo che c'è un sole dietro il sole: che poi sarebbe qualcosa di ancora più in altro di queste verità, che dovrebbe essere il Dio, quello per cui Socrate arriva a dire di SAPERE di NON SAPERE.
Ossia Socrate sa delle virtù morali, ma non di quelle divine.
Noi vediamo insomma quelle che, suppongo, verranno chiamate poi le virtù teologali, morali etc...
Nella meditazione ci appaiono nitide, pure, eterne.
Poichè è il desiderio di conoscerle che ci ha portato a loro, nasce nell'uomo virtuoso, ossia il filosofo antico, il desiderio di farle conoscere anche a chi continua volontariamente a consolarsi con le immagini.
Io vivo nel mondo delle immagini, un surrogato fantastico dell'amore NEGATO da questa società.
Forse la differenza mia è che ho voltato la testa e ho visto chiara la luce, ma poi mi sono tornato a vivacchiare.
Nella mia testa bacata non mi è mai venuto in mente che le virtù sono indagabili.
Le davo nel solito delirio di onnipotenza (che sottende la nevrosi da Serfo) come acquisite.
Ma io non ho acquisito proprio un bel niente.
Per questo per me tornere all'antico è qualcosa di indispensabile.
E' una questione morale la lotta contro il nichilismo, difficilissima da vedere, perchè prima c'è quella contro la nevrosi.
Platone sapeva della nevrosi? Penso proprio di sì, è un pensatore troppo grande perchè non l'abbia pensata.
Dietro di lui in fin dei conti c'era già stato Omero (enigmatico) e la drammaturgia greca (anch'essa enigmatica).
Platone le porta ad un livello intellegibile (se uno accetta la questione del tranello, cosa che dubito qualcuno capirà, ma io vado avanti sulla mia strada).
Ecco un bel problema capire che Platone tende tranelli: ti costringe a schierarti, ti costringe a pensare oltre il suo stesso scritto.
Purtroppo devi anche capire che io ho passato la giovinezza sui libri dei francesi, naturalmente non è stato un caso, perchè io stesso ero dentro la lavatrice sociale.
Come sai questi parlano, parlano ma non dicono un cavolo.
Era naturale che dovessi arrivare a Nietzche, perchè Nietzche all'apparenza è un relativista, e invece è tutt'altro.
Ecco quando ho capito che Nietzche chiedeva di VIVERE, è lì che da codardo mi son ritirato.
Ho girato cioè le spalle alla luce.
Vedevo la luce, ma non sapevo che c'era una verità diciamo così mediana.
E' un colle, io penso di raggiungerlo, perchè in fin dei conti parla di valori.
Non sono le vette nicciane, dove metti in gioco proprio la tua vita, anime e corpo.
Ecco forse questa visione corporale nicciana, non è poi tanto distante dalle scelte morali di Bonhoffer, cristiano.
Ma comincio a credere che per arrivare a quelle vette, ci servano per così dire delle casette di montagna, vivibili, non aperte sugli abissi morali, non aperte alle visioni siderali dell'ebraismo, qualcosa di più vivibile, qualcosa che veramente ha a che fare con la polis.
In questo senso questo maestro che è sceso è cioè Platone (non certo Socrate che è invece colui che ci sfida coi suoi tranelli).
Gli altri due sono Agostino e Kant (due filosofi che odio, ma evidentemente mi sbaglio).
Se uno non conosce questi tre, come fa poi a seguire nicce (nella sua visione extra-morale, ossia ancora ulteriore rispetto ai valori tradizionali, il super-uomo non è un barbaro).
Non abitiamo nemmeno le casette di Montagna.
Prima di cercare luce nella tenebra, abituarci alla poca luce (come dici tu) della pianura, andiamo in una di esse.
Spero la scenografia sia stata all'altezza. ;)
Citazione di: Il_Dubbio il 11 Novembre 2024, 14:00:36 PMLa prima cosa che mi verrebbe da chiedere è: in che modo questo soggetto, che ha imparato la virtù della gioia, a liberarsi dal "sentimento" della tristezza, o comunque del malessere momentaneo?
bhè non credo che si possa eliminare la sofferenza, puoi imparare tutte le virtù del mondo , ma i momenti di dolore non li puoi eliminare dalla tua esperienza vitale . Non c'è la formuletta magica che ti esclude dal dolore, ogni essere vivente prova dolore, Prima nobile verità nel bhuddismo.
Citazione di: Il_Dubbio il 11 Novembre 2024, 14:00:36 PMOra tu chiudi tutto all'interno di confanetto, che chiami gioia... ma allora questo soggetto rimarrà sempre triste interiormente, o anche lui tenterà di liberarsene in qualche modo? Cosa viene risolto con questo stratagemma che tu chiami virtù?
sai non è uno stratagemma di mia invenzione , sono cose su cui l'essere umano a riflettuto da 2500 anni a questa parte. Aristotele è forse fra i i filosofi antichi colui che ha rilflettuto più sistematicamente sull etica e sulla virtù. Etimologicamente virtù signifca "forza" essendo la radice latina di virtus la medesima di vir, "uomo forte" , "guerriero" , da cui l aggettivo "virile" . Da qui virtù indica anche "potere" come quando diciamo di poter far qualcosa in virtù di una tale legge. La virtù è innanzitutto un poter fare , una capacità. C'è un opera che dobbiamo compiere , e quanto ci consente di eseguire quest opera si può definire virtù.
La nostra vita non potrebbe esistere senza la dimensione vegetale e la dimensione animale che ne sono la base , tuttavia non è riducibile ad esse. O per lo meno non dovrebbe esserlo se vuole esprimere la sua peculiarità. Nella vita vegetale e animale l'individuo è in funzione della specie; nella vita propiamente umana l'individuo diventa fine a se stesso , diventa ciò che Aristotele chiama "entelechia" termine da lui coniato per dire " ciò che ha il fine in se stesso"
Si accede alla vita propiamente umana quando non si esiste più in funzione di qualcosa di esteriore come la specie o la gloria , la ricchezza,il successo , ovvero di quanto viene tributato dalla dimensione sociale mediante aquisizioni che non hanno senso in se stesse ma solo come strumenti di potere , e di cui il denaro è l esempio più significativo. La vita propiamente umana a cui la virtù consente l accesso è piuttosto quella dove si compie lo specifico lavoro di un individuo umano nella sua irripetibile singolarità. Da questo lavoro personale magari non ne esce un uomo felice ma magari ne esce una persona migliore in un mondo dove tutti vogliono essere i migliori senza curarsi affatto di essere migliori.
Citazione di: green demetr il 11 Novembre 2024, 19:10:35 PMSpero la scenografia sia stata all'altezza. ;)
Sai, in realtà volevo stupirti con effetti speciali...ma costavano troppo. :))
Citazione di: Alberto Knox il 12 Novembre 2024, 00:06:30 AMSai, in realtà volevo stupirti con effetti speciali...ma costavano troppo. :))
:D Niente che una buona lapis non possa compensare. ;)
@Alberto Knox
@Il_Dubbio
Per come la penso il tema della discussione mi è abbastanza chiaro e la mia posizione è stata espressa in modo inequivocabile nel post nr. 22 rispondendo a una domanda chiave posta da Koba, post che però è passato più o meno inosservato. Poco male dato che successivamente, ferma restando la mia opinione, ho cercato e cerco tutt'ora di confrontarmi nel dialogo. A differenza di me, mi sembra che Dubbio si sia attestato su posizioni meno politicizzate introducendo l'entropia per dare una dimensione scientifica al problema e fornendo pure una conclusione; le sue parole, per me abbastanza chiare, furono: "La causa del malessere è dovuta allo squilibrio. Per cui il benessere vuol dire equilibrio.......In politichese potrei richiamare al compromesso". Più che condivisibile, salvo che dal mio punto di vista e per ciò che riguarda l'umanità non si individua l'origine dello squilibrio.
Francamente, infine, mi sembra che tu ti stia perdendo a fare distinzioni filologiche che nello specifico del tema che si sta trattando poco possono essere d'aiuto
@Alberto Knox
@daniele22
La mia è una risposta generale ad ogni idea che l'uomo propone per migliorare la propria esistenza. Come è anche l'idea di etica. L'etica, la filosofia, la religione ed anche la scienza ecc. sono tutte forme per proporre una soluzione al dilemma dell'esistenza. E' qualcosa che si pone per rimediare alla potenza opposta, quella che ci fa desistere, ci fa soffrire, ci fa intristire o morire. Questa potenza opposta è la forza della natura.
L'idea che tutto questo sforzo che fa l'umanità per erigere forme di filosofia, scienza ecc. non sia del tutto senza alcuno scopo, è l'idea che l'umanità intera sia un unico essere vivente che, attraverso la mente (dei miliardi di persone vissute sulla Terra), attraverso il linguaggio e la coscienza, continui a vivere nei millenni forse ancora a venire.
Citazione di: green demetr il 11 Novembre 2024, 19:10:35 PM[...] la filosofia antica è una gnosi, la luce è la conoscenza, la conoscenza dell'altro Mondo.
In Platone visto come il maestro mi bombarda dovrebbe essere bellezza, verità e bontà.
Questi tre verità dell'Altro Mondo, sono quelle che illuminano tramite la saggezza, questo di Mondo.
Abitato dalle tenebre.
E io ricordo che c'è un sole dietro il sole: che poi sarebbe qualcosa di ancora più in altro di queste verità, che dovrebbe essere il Dio, quello per cui Socrate arriva a dire di SAPERE di NON SAPERE.
Ossia Socrate sa delle virtù morali, ma non di quelle divine.
Noi vediamo insomma quelle che, suppongo, verranno chiamate poi le virtù teologali, morali etc...
Nella meditazione ci appaiono nitide, pure, eterne.
Poichè è il desiderio di conoscerle che ci ha portato a loro, nasce nell'uomo virtuoso, ossia il filosofo antico, il desiderio di farle conoscere anche a chi continua volontariamente a consolarsi con le immagini.
Io penso che la filosofia antica sia l'opposto della gnosi, sia cioè paideia. Prediligo l'interpretazione di studiosi come Jaeger, Hadot, Foucault. Esercizio spirituale, formazione, etc.
Del resto il gioco della filosofia è basato sull'argomentare ciò che si ritiene essere vero, per cui la salvezza o quantomeno il cambiamento possono realizzarsi solo attraverso un processo razionale, i cui partecipanti devono essere almeno due.
Lo gnosticismo invece conduce alla salvezza attraverso la sola rivelazione, la cui efficacia, non potendosi basare sulla ragionevolezza intrinseca della dottrina, viene dall'autorevolezza di un Libro, di una setta etc.
La luce viene dal Sole. La luce rappresenta la conoscenza. Ma il Sole non rappresenta la Verità, ma il Bene. Potremmo fare con Platone lo stesso ragionamento di una certa teologia medievale: la verità è tale non per ragioni proprie ma perché emanazione del Bene. È il Bene il criterio della verità, e non il contrario.
Così un certo orientamento teologico sosteneva che le verità che conosciamo come quelle dell'aritmetica non sono indipendenti dalla volontà di Dio: 2+3 è uguale a 5 perché Dio ha voluto fosse così, e non perché Dio, trovando il calcolo corretto, lo ha accettato e dato al mondo.
Credo sarebbe il caso di aprire un topic sulla lettura della Repubblica.
Citazione di: Il_Dubbio il 12 Novembre 2024, 09:40:13 AM@Alberto Knox
@daniele22
La mia è una risposta generale ad ogni idea che l'uomo propone per migliorare la propria esistenza. Come è anche l'idea di etica. L'etica, la filosofia, la religione ed anche la scienza ecc. sono tutte forme per proporre una soluzione al dilemma dell'esistenza. E' qualcosa che si pone per rimediare alla potenza opposta, quella che ci fa desistere, ci fa soffrire, ci fa intristire o morire. Questa potenza opposta è la forza della natura.
L'idea che tutto questo sforzo che fa l'umanità per erigere forme di filosofia, scienza ecc. non sia del tutto senza alcuno scopo, è l'idea che l'umanità intera sia un unico essere vivente che, attraverso la mente (dei miliardi di persone vissute sulla Terra), attraverso il linguaggio e la coscienza, continui a vivere nei millenni forse ancora a venire.
Che l'essere umano si opponga anche vanamente alla forza della natura è per me un'informazione acquisita. L'etica in quanto dottrina è però un animale un po' particolare perché a differenza delle altre discipline si rivolge al comportamento e di fatto sarebbe impossibile vivere senza comportarsi. Possiamo cioè vivere senza le scienze, ma non senza comportarsi. Vi sarebbe poi da dire che queste discipline, scienze, necessitano di comportamenti adeguati perché possano produrre i frutti che noi ci aspettiamo che producano. Visto che a regolare tali discipline vi è o una ricerca di armonia, o, nel caso delle scienze addirittura delle prescrizioni dettate dalla razionalità e logicitá, vien da chiedersi come mai l'etica produca negli individui che ad essa si ispirano dei comportamenti contradditori che almeno apparentemente stridono tanto con una ricerca di armonia quanto con la ragionevolezza
Citazione di: daniele22 il 13 Novembre 2024, 07:58:44 AMChe l'essere umano si opponga anche vanamente alla forza della natura è per me un'informazione acquisita. L'etica in quanto dottrina è però un animale un po' particolare perché a differenza delle altre discipline si rivolge al comportamento e di fatto sarebbe impossibile vivere senza comportarsi. Possiamo cioè vivere senza le scienze, ma non senza comportarsi.
Tu come molti altri rispondono a metà. Se fosse vero che l'essere umano si opponga alla natura (in quanto informazione acquisita) cos'è allora l'etica? Anche l'etica si oppone alla natura, quindi anche i nostri comportamenti si oppongono alla natura, oppure l'etica fa parte di un mondo parallelo alla natura?
Per come è la mia personale visione delle cose, anche se ci fosse una distinzione fra comportamenti naturali e non, tutti i comportamenti sarebbero di opposizione alla natura.
Noi non voliamo come gli uccelli, ma se crediamo che il volo degli uccelli sia naturale e il nostro (con le attrezzature adatte) non lo sia, allora non ci siamo capiti. Per me tutti i comportamenti, da quelli naturali a quelli che non sembrano esserlo, si oppongono alla forza della natura.
L'etica esige che si abbia un comportamento. Questo per te è contro natura oppure no?
Per me sono contro natura anche i comportamenti naturali, e questo forse perchè intendiamo la natura (e la sua forza) in modo differente.
Gli squilibri di cui parlavo alcune pagine dietro, sono una costante naturale nel tempo. I comportamenti, naturali o meno, tendono a ricomporre un equilibrio. Ma il tempo è dalla parte della natura. Noi non possiamo avere alcun comportamento (naturale o meno) che blocchi la forza della natura.
Citazione di: Il_Dubbio il 13 Novembre 2024, 15:15:13 PMTu come molti altri rispondono a metà. Se fosse vero che l'essere umano si opponga alla natura (in quanto informazione acquisita) cos'è allora l'etica? Anche l'etica si oppone alla natura, quindi anche i nostri comportamenti si oppongono alla natura, oppure l'etica fa parte di un mondo parallelo alla natura?
Per come è la mia personale visione delle cose, anche se ci fosse una distinzione fra comportamenti naturali e non, tutti i comportamenti sarebbero di opposizione alla natura.
Noi non voliamo come gli uccelli, ma se crediamo che il volo degli uccelli sia naturale e il nostro (con le attrezzature adatte) non lo sia, allora non ci siamo capiti. Per me tutti i comportamenti, da quelli naturali a quelli che non sembrano esserlo, si oppongono alla forza della natura.
L'etica esige che si abbia un comportamento. Questo per te è contro natura oppure no?
Per me sono contro natura anche i comportamenti naturali, e questo forse perchè intendiamo la natura (e la sua forza) in modo differente.
Gli squilibri di cui parlavo alcune pagine dietro, sono una costante naturale nel tempo. I comportamenti, naturali o meno, tendono a ricomporre un equilibrio. Ma il tempo è dalla parte della natura. Noi non possiamo avere alcun comportamento (naturale o meno) che blocchi la forza della natura.
Mi sembra che che tu abbia preso fischi per fiaschi. Perdona questa piccola nota polemica, ma te la sei cercata; ti invito quindi, prima di parlare a vanvera, di leggere meglio quello che uno scrive. Oppure puoi continuare a non farlo. Nel caso, di sicuro non ti risponderei ... risposta per intero e non mezza risposta.
Comunque, giusto per precisare, tempo fa, non ricordo il tema discusso, espressi il pensiero (e mi rivolgevo a più di una persona) che fosse semplicemente ridicolo sostenere l'idea che l'essere umano potesse andare contro natura dato che siamo parte di essa. Si sosteneva in particolare che l'essere umano si fosse svincolato dalle leggi di natura grazie alla tecnologia. Non ricordo inoltre se nella stessa discussione o in altra, dissi pure che fosse aberrante fare un distinguo tra naturale e artificiale, anche se il distinguo in determinati contesti sarebbe pur lecito. Pertanto, non è certo a me che devi addebitare simili posizioni di pensiero.
Tornando a bomba, sicuramente con parole diverse dal post precedente che già erano distanti da quello che tu hai inteso, io dico che l'etica è un animale un po' particolare perché a differenza delle altre discipline il suo oggetto è esclusivamente il comportamento. Ovverosia, l'oggetto della filosofia, della fisica, della chimica, della danza o del tiro con l'arco, insomma l'oggetto delle discipline umane non è il comportamento come lo sarebbe invece per l'etica. Tutto secondo natura, giusto per rassicurarti. Vi è certamente per queste discipline una scuola di comportamento, quindi un'etica, ma il comportamento non è il loro oggetto. Detto questo a mio giudizio la scuola di comportamento per l'etica sarebbe senz'altro una scuola disastrata. E per affermare questo non ci vuole certo un genio quando ci si guardi attorno. Tanto per dire, ¿ti sembra che i cristiani si comportino seguendo l'etica di Gesù? Ora guarda i liberal liberisti in America che vogliono ritornare ai dazi dopo che se n'erano liberati. Guarda l'Italia, che ripudia la guerra in Costituzione e di fatto vi partecipa inviando armi all'Ucraina che non appartiene né all'Europa, né alla Nato. Oppure anche, visto che in Italia l'etica viene regolata dallo stato di diritto e quindi dalle leggi positive, mi piacerebbe sapere quanti reati si consumano ogni giorno, ma anche quanti trucchetti leciti si compiono per aggirare dette leggi snaturandone il loro senso. E si potrebbe continuare fin che si vuole.
Allora chiedo, e non solo a te ovviamente: visto e considerato che le scuole che reggono tutte le discipline umane hanno dei principi di base che vengono osservati qualora si vogliano ottenere dei risultati, ¿perché i principi di base che reggono le dottrine etiche vengono spensieratamente disattesi? Un saluto
Citazione di: daniele22 il 13 Novembre 2024, 21:13:42 PMMi sembra che che tu abbia preso fischi per fiaschi. Perdona questa piccola nota polemica, ma te la sei cercata; ti invito quindi, prima di parlare a vanvera, di leggere meglio quello che uno scrive. Oppure puoi continuare a non farlo. Nel caso, di sicuro non ti risponderei ... risposta per intero e non mezza risposta.
Comunque, giusto per precisare, tempo fa, non ricordo il tema discusso, espressi il pensiero (e mi rivolgevo a più di una persona) che fosse semplicemente ridicolo sostenere l'idea che l'essere umano potesse andare contro natura dato che siamo parte di essa. Si sosteneva in particolare che l'essere umano si fosse svincolato dalle leggi di natura grazie alla tecnologia. Non ricordo inoltre se nella stessa discussione o in altra, dissi pure che fosse aberrante fare un distinguo tra naturale e artificiale, anche se il distinguo in determinati contesti sarebbe pur lecito. Pertanto, non è certo a me che devi addebitare simili posizioni di pensiero.
Ma no, il mio contro-natura non vuol dire quello che hai capito tu.
Noi siamo parte della natura è vero, ma è proprio la natura che agisce contro se stessa.
Altrimenti vivresti nel paradiso, dove non succede nulla e tutti vivono in gioia e beatitudine.
Noi agiamo per andare contro la natura delle cose, cioè agiamo sempre per mettere le cose in equilibrio, mentre la natura, nel tempo, fa esattamente il contrario.
La natura sembra che abbia messo le cose in equilibrio, ad esempio creando casualmente la nostra casa, il sistema solare, dandoci l'acqua e l'ossigeno ecc. Se tutto questo lo immaginiamo come un mondo perfetto ci chiederemmo perchè questo sistema cosi "materno" crei i terremoti, oppure perchè la Terra sia bombardata da asteroidi, alcuni catastrofici o comunque molti potenzialmente pericolosi. Perchè esistono le malattie, perchè muoriamo...
Noi, ma non solo noi come esseri viventi, tutto ciò che esiste, è in perenne squilibrio. Noi, nel nostro piccolo, tentiamo di rimettere equilibrio alle cose della natura...così facendo tentiamo di andare contro la natura.
Ma per me non è una cosa negativa... solo che mi pare non l'abbiate capita. E quindi pensate che mi sia bruciato il cervello tanto da parlare a vanvera. ??? ::) :-[ ;D
p.s.
ho parlato di entropia che è un concetto, meglio definita come grandezza, che misura il disordine di un sistema fisico.
Ho detto che tutto l'universo, nel suo insieme, tende al disordine. Quindi la natura ha questa direzione. Casualmente l'ordine è stabilito localmente, ad esempio sulla Terra con gli esseri viventi che sfruttano il sistema solare dove abitano. Ma tendenzialmente la natura procede verso il disordine. L'ho gia detto qualche decina di volte, ma se non viene compreso questo...allora vi lascio discutere delle vostre cose in santa pace.
Citazione di: Il_Dubbio il 13 Novembre 2024, 21:54:52 PMLa natura sembra che abbia messo le cose in equilibrio, ad esempio creando casualmente la nostra casa, il sistema solare, dandoci l'acqua e l'ossigeno ecc. Se tutto questo lo immaginiamo come un mondo perfetto ci chiederemmo perchè questo sistema cosi "materno" crei i terremoti, oppure perchè la Terra sia bombardata da asteroidi, alcuni catastrofici o comunque molti potenzialmente pericolosi. Perchè esistono le malattie, perchè muoriamo...
Perchè? Perchè il particolare equilibrio raggiunto sulla terra è il frutto di eventi più o meno catastrofici ancora in corso.
Perchè i microrganismi che non ci uccidono, causandoci malattie, ''ci ingrassano''.
Citazione di: Il_Dubbio il 13 Novembre 2024, 21:54:52 PML'ho gia detto qualche decina di volte, ma se non viene compreso questo...allora vi lascio discutere delle vostre cose in santa pace.
Io l'ho compreso il tuo punto di vista, tanto è vero che l'ho criticato.
Partendo dal dato che tutto tende al disordine e dandolo per buono fino a prova contraria, mi sembra che all'interno del sistema universo tanto noi quanto i canguri o i batteri, questi ultimi due probabilmente a livelli inconsapevoli e in modi più contenuti, ci si dia da fare per opporsi all'entropia dell'universo. Immagino quindi che questo spendere faccia parte della natura. Comunque, il fatto che Il_Dubbio dica che la natura agisce contro sé stessa non mi sembra una osservazione molto acuta, anzi mi sembra un'osservazione arrogante. Mi manca proprio l'idea che un individuo possa giudicare l'operato della natura. Può essere in ogni caso che io non abbia i mezzi per comprendere la profondità di tale pensiero.
Resto pertanto fermo al mio primo intervento in questo tema e che riporto in parte di seguito:
"A mio giudizio ci sarebbero almeno un paio di cose che sarebbero d'ostacolo all'attuazione di un'etica più "sana" di quella che da sempre viviamo. Con buona pace dei filosofi che fino ad oggi si sono cimentati nell'impresa, il primo ostacolo sarebbe dovuto alla presenza di ciò che noi chiamiamo il "dono" dell'autocoscienza che tanti pomi avvelenati produsse e produce ancor oggi tanto da chiedersi se si tratti più di una malagrazia che di un dono, e il secondo dall'istituto della proprietà privata che sicuramente favorirebbe il "mors tua vita mea"."
Una piccola aggiunta: probabilmente la proprietà privata è solo una conseguenza di una "autocoscienza" assai affettata da un protagonismo del tutto inopinato anche se naturale
Citazione di: daniele22 il 14 Novembre 2024, 09:00:40 AM"A mio giudizio ci sarebbero almeno un paio di cose che sarebbero d'ostacolo all'attuazione di un'etica più "sana" di quella che da sempre viviamo. Con buona pace dei filosofi che fino ad oggi si sono cimentati nell'impresa, il primo ostacolo sarebbe dovuto alla presenza di ciò che noi chiamiamo il "dono" dell'autocoscienza che tanti pomi avvelenati produsse e produce ancor oggi tanto da chiedersi se si tratti più di una malagrazia che di un dono,
Il mio punto di vista sulla questione risolve il dilemma.
Questo è un dilemma abbastanza avanzato. Non è da oggi che ce lo chiediamo.
Il fatto è che lo vediamo sempre dal punto di vista particolare. Cioè ci chiediamo cos'è oppure come si crea, dove sta...ecc.
Ci siamo chiesti anche a cosa serve.
Anch'io inizialmente mi soffermavo sul particolare. Da un certo punto di vista sembra proprio non essere molto utile, anzi anche dannoso.
Nel vecchio forum c'erano, come oggi, discussioni accese anche su queste questioni. Ce n'era uno, tra tutti gli utenti, che continuava a dire che si doveva partire dalla memoria, era quella la soluzione. Ma io ero concentrato nel particolare, volevo capire come si attivava e non mi sembrava che la memoria avesse un ruolo principale.
Mentre partendo dall'idea dell'ordine, l'autocoscienza diventa la questione principale, in quanto sarebbe capace di mettere ordine agli eventi. Potrebbe metterli in ordine temporale,spaziale, di importanza, o di grandezza ecc.
Noi stessi siamo il frutto di questa memoria del genere umano che continuamo a portare alla luce con le ricerche, gli scavi, gli studi. Siamo coscienti di una storia, perfino di una evoluzione che ci porta addirittura a prevedere eventi futuri.
La domanda a cosa serve la coscienza riceve quindi una risposta. Non ci sarebbe un "genere umano" senza questa memoria, senza l'ausilio di una coscienza in grado di riconoscere le cose e di "ordinarle".
Ma come per tutte le cose, questa memoria, e quindi anche il tipo di ordine stabilito posteriormente, potrebbe essere perso con il tempo. Oppure non essere possibile recuperare elementi importanti per ricostruire la storia nella sua integrità. Ed è in questo che consiste la "dispersione", ovvero l'elemento che contrasta il lavoro di riordino.
La natura che agisce contro se stessa...
Il secondo principio della termodinamica non afferma nulla che non sia a tutti noto, tanto da esser considerato da alcuni, quando lo sentono enunciare, una ovvietà.
Bella scoperta ti dicono ridacchiando, chiunque sa che che il calore passa dai corpi caldi a quelli freddi!
Ma assumono poi un aria seria e preoccupata, quando gli spieghi che ciò comporterà in un futuro, per quanto molto in là da venire, la certa fine del mondo.
Il principio lo si può enunciare anche come una perdita media di ordine irreversibile.
In questa diversa forma il principio appare già un poco meno ovvio, ma ancora ben intuibile, se di cosa sia ordine abbiamo intuito.
Ma possiamo noi limitarci alll'intuito, o dovremmo provare dell'ordine a darne una definizione?
Questo è quello che gli scienziati si propongono sempre di fare, consci del fatto che una volta che di ciò che intuiamo diamo una definizione, l'intuito non ha più cittadinanza, e che se ancora pur lo si usa occorre farlo con accortezza,, perchè una volta data la definizione, l'oggetto che viene definito, non coincide più potenzialmente con quello della nostra intuizione.
Trarre conseguenze filosofiche da questi principi fisici riguardanti concetti così definiti dovrebbe comportare che i filosofi ben li conoscano prima di trarne conseguenze tragiche o meno, il che non sempre è vero, e inoltre continuano ad usare l'intuito in via esclusiva senza usare accortezza alcuna.
Quindi, al di là della definizione che danno gli scienziati di ordine, essendo libera tale definizione, voi filosofi, in piena potenziale autonomia dagli scienziati, come provereste a definirlo senza ricorrere all'intuito?
Più in generale mi chiedo, può il filosofo esercitare la sua disciplina senza ricorrere necessariamente all'intuito, oppure in ciò sta il suo limite?
Per tacere di quel detto e non detto per cui in forma indiretta, senza dichiaralo in forma chiara, si ritiene anzi l'intuito come come forma mentale superiore al ragionamento.
E stante la mia ignoranza vi chiedo se nella storia della filosofia vi sia stato qualcuno che delle due forme mentali abbia provato a cercare il comun minimo denominatore, o una qualche possibile loro relazione.
<<Mettendo da parte ciò su cui non possiamo dire nulla di definitivo, ovvero Dio, per quanto riguarda il fondamento della morale non rimane che riflettere intorno all'uomo e alla natura.>>
Riflettevo sull'uomo e la natura per cercare il fondamento della morale.
Per noi l'etica non ha un fondamento nella natura. Perchè la natura cosa ci insegnerebbe di fondamentale? Ci insegna che le cose non hanno un fine. Non c'è uno scopo. Se sono cosi è perchè casualmente sono capitate in quel modo. Mentre l'etica ha un fine, serve per indirizzare un comportamento invece che un altro.
L'uomo e la natura sono chiaramente, o vagamente, la stessa cosa. Ma mentre la natura non insegue alcun fine, l'uomo sembra cercarne uno.
Quando queste cose diventano ovvie, allora ci si chiede se il fondamento della morale non abbia un fine come sembrerebbe suggerire la natura, oppure ne avrebbe uno come sembrerebbe suggerire la natura dell'uomo.
Quando si separano la natura e l'uomo come se fossero entità differenti è già evidente che c'è una separazione a cui dovremmo dare spiegazione.
Questa dovrebbe essere una risposta razionale. Non una risposta "intuitiva", ma seguita da un ragionamento. Se il ragionamento parte da una nozione di fisica, poco importa. L'importante che abbia un senso.
Io mi aspettavo piu un dialogo sul concetto di ordine in senso filosofico. Magari mi aspettavo che qualcuno venisse a dirmi che dopo tutto l'ordine potrebbe essere soggettivo, quindi che non esista un ordine "naturale". Insomma una costruzione filosofica. Mi accorgo però che qua di filosofia ce ne è ben poca. Non c'è alcuna voglia di costruire un percorso... nessuna voglia di fare filosofia.
Citazione di: Il_Dubbio il 15 Novembre 2024, 00:03:01 AM<<Mettendo da parte ciò su cui non possiamo dire nulla di definitivo, ovvero Dio, per quanto riguarda il fondamento della morale non rimane che riflettere intorno all'uomo e alla natura.>>
Riflettevo sull'uomo e la natura per cercare il fondamento della morale.
Per noi l'etica non ha un fondamento nella natura. Perchè la natura cosa ci insegnerebbe di fondamentale? Ci insegna che le cose non hanno un fine. Non c'è uno scopo. Se sono cosi è perchè casualmente sono capitate in quel modo. Mentre l'etica ha un fine, serve per indirizzare un comportamento invece che un altro.
L'uomo e la natura sono chiaramente, o vagamente, la stessa cosa. Ma mentre la natura non insegue alcun fine, l'uomo sembra cercarne uno.
Quando queste cose diventano ovvie, allora ci si chiede se il fondamento della morale non abbia un fine come sembrerebbe suggerire la natura, oppure ne avrebbe uno come sembrerebbe suggerire la natura dell'uomo.
Quando si separano la natura e l'uomo come se fossero entità differenti è già evidente che c'è una separazione a cui dovremmo dare spiegazione.
Questa dovrebbe essere una risposta razionale. Non una risposta "intuitiva", ma seguita da un ragionamento. Se il ragionamento parte da una nozione di fisica, poco importa. L'importante che abbia un senso.
Io mi aspettavo piu un dialogo sul concetto di ordine in senso filosofico. Magari mi aspettavo che qualcuno venisse a dirmi che dopo tutto l'ordine potrebbe essere soggettivo, quindi che non esista un ordine "naturale". Insomma una costruzione filosofica. Mi accorgo però che qua di filosofia ce ne è ben poca. Non c'è alcuna voglia di costruire un percorso... nessuna voglia di fare filosofia.
Se l'essere umano pretende di separarsi dalla natura la spiegazione razionale è che egli è un individuo che in questo caso specifico usa ben poco la sua intelligenza.
Giusto per fare un goccio di filosofia, non troppa, trovo insulso dire che la vita non abbia un senso, altrimenti non vedo alcun motivo per cui moltissime persone si dannino l'anima per esprimere opinioni sulla realtà o su parti di essa. Trovo cioè che la formula "la vita non ha senso" sia solo un luogo comune buono per sedicenti filosofi di mezza tacca
Citazione di: Il_Dubbio il 15 Novembre 2024, 00:03:01 AMIo mi aspettavo piu un dialogo sul concetto di ordine in senso filosofico. Magari mi aspettavo che qualcuno venisse a dirmi che dopo tutto l'ordine potrebbe essere soggettivo, quindi che non esista un ordine "naturale". Insomma una costruzione filosofica. Mi accorgo però che qua di filosofia ce ne è ben poca. Non c'è alcuna voglia di costruire un percorso... nessuna voglia di fare filosofia.
Ma perchè tu ti aspetti da noi ciò di cui non ci dai esempio?
Citazione di: daniele22 il 18 Novembre 2024, 12:56:45 PMSe l'essere umano pretende di separarsi dalla natura la spiegazione razionale è che egli è un individuo che in questo caso specifico usa ben poco la sua intelligenza.
Giusto per fare un goccio di filosofia, non troppa, trovo insulso dire che la vita non abbia un senso, altrimenti non vedo alcun motivo per cui moltissime persone si dannino l'anima per esprimere opinioni sulla realtà o su parti di essa. Trovo cioè che la formula "la vita non ha senso" sia solo un luogo comune buono per sedicenti filosofi di mezza tacca
In questo momento sto scegliendo un modo per risponderti. Ho diverse scelte.
In primo luogo metti nella prima frase, insieme: essere umano, natura e intelligenza. Quindi mi sembra che tu sostenga che la natura esprima una intelligenza. Oppure vuoi dire che l'intelligenza della natura si esprima attraverso l'operato dell'uomo? Ma se la natura ha bisogno dell'uomo per diventare intelligente, fino alla comparsa dell'uomo la natura come ha operato?
In secondo luogo non ho capito da dove trai la certezza che io abbia detto che l'essere umano non abbia senso. Non mi pare stessi parlando del senso della vita. Al limite parlavo delle finalità di un comportamento etico. Un comportamento etico è un comportamento naturale? Se mi rispondi si, allora troviamo questo comportamento nella natura.
In terzo luogo pensavo di risponderti formulando la questione in questi termini: un essere intelligente dovrebbe essere naturale quanto un un essere stupido, oppure un essere stupido non è più un essere naturale? Se la natura è sempre intelligente, allora perché crea esseri stupidi?
La mia risposta a tutto questo è che la natura non opera con intelligenza. Non fa la cosa più giusta secondo un'etica (magari creando solo esseri stupidi). La natura percorre una via caotica e non ha alcuno scopo. Un giorno crea, il giorno successivo distrugge. Senza alcuna logica.
Chiaramente tu mi dirai che l'uomo è un risultato della natura. Io ti rispondo di si, ma non è stata una scelta ponderata ed intelligente della natura. Oggi tu sei a chiederti sulle scelte etiche, perché credi di dover ponderare queste secondo un "ordine" di importanza. Alla natura delle scelte che stai per fare non gliene può fregare di meno.
se non sarai contento della mia risposta, rivolgiti alla natura... abbraccia un albero e chiedi cosa devi fare. O:-)
Citazione di: Il_Dubbio il 18 Novembre 2024, 20:02:09 PMLa mia risposta a tutto questo è che la natura non opera con intelligenza. Non fa la cosa più giusta secondo un'etica (magari creando solo esseri stupidi). La natura percorre una via caotica e non ha alcuno scopo. Un giorno crea, il giorno successivo distrugge. Senza alcuna logica.
tutto sta a cosa si intende con natura ovviamente. Ho già detto che la natura non è solo estensione cioè l'mabiente, gli alberi , gli oceani la fauna e la flora. Ma è anche res cogitans è anche pensiero. Per trovare questo pensiero bisogna guardare con attenzione. Noi vediamo che il pesce grande mangia il pesce piccolo per poi essere mangiato a sua volta da un pesce ancora più grande e quindi poniamo il conflitto come legge naturale del più forte in una lotta continua per la sopravvivenza , eccola qua la carta costituzionale della natura , lotta per la vita. E questo è senz altro vero ma esso non può essere il fondamento perchè se lo fosse la natura non potrebbe neppure esistere. Infatti, perchè il pesce grande possa mangiare il pesce piccolo deve prima di tutto essere un pesce. Il fondamento della natura non è quindi la competizione e il conflitto ma la
generazione come indica lo stessso termine natura che deriva da "nascor" che significa "nascere". Consideriamo il pesce, il fiume in cui vive e il pianeta che lo ospita . Qual'è la logica che rende possibile i fenomeni "acqua" , "pesce" e "pianeta"? noi esseri umani possiamo identificare un fondamento logico nei fenomi naturali quali acqua , pesce, e pianeta? Io penso di sì, è da quando son qui che argomento attorno alla logica aggregativa dei sistemi naturali di cui noi esseri umani siamo una delle tante espressioni. Allora è vero che la natura -non gliene frega niente delle tue idee di etica o di non etica, la natura ci prevede come suoi funzionari per il proseguo della specie e basta . Fine per il quale occorre nutrirsi , elaborare informazioni , evitare il pericolo e quindi difesa e quindi aggressività ma l imperativo biologico radicale numero uno è quello della riproduzione motivo per il quale siamo forniti di impulso sessuale , dal punto di vista della natura noi siamo al servizio della specie. E quindi noi cosa siamo qui a fare? vi basta pensare di essere in funzione della specie? (riprenderò la domanda)
Citazione di: Il_Dubbio il 18 Novembre 2024, 20:02:09 PMChiaramente tu mi dirai che l'uomo è un risultato della natura. Io ti rispondo di si, ma non è stata una scelta ponderata ed intelligente della natura.
Se esseri coscienti sono il risultato della natura ,o per meglio dire, espressione della natura che cos'è questa coscienza ...se non...a sua volta...natura?
Citazione di: Alberto Knox il 18 Novembre 2024, 21:50:14 PMSe esseri coscienti sono il risultato della natura ,o per meglio dire, espressione della natura che cos'è questa coscienza ...se non...a sua volta...natura?
Io sto parlando di "scelte". La natura è tante cose. Ma tentare di fare una cosa invece di un'altra è una scelta (parliamo di etica no?). La natura però non sceglie. Non ha scelto di creare i dinosauri, poi avendo visto che si era sbagliata e ha mandato giù un asteroide per distruggerli.
Nella natura non c'è un ordine intelligente. E comunque non ho introdotto io l'argomento "intelligenza". Anche nelle scelte etiche ci si pone il dilemma di trovare risposte intelligenti. Ma l'etica si basa sull'intelligenza? Sicuramente l'etica si deve basare su un "ordine" (che la natura non ha) di cose principali e cose secondarie. Ma chi decide cosa sia principale e cosa secondario?
La risposta che ho dato io è piuttosto asettica. La prima cosa è che noi esseri umani attraverso la coscienza creiamo l'etica e con quella stabiliamo un ordine alle cose (ora non mi interessa se sia un ordine intelligente oppure no), mentre la natura opera casualmente. Non fa "scelte". Non ha nemmeno un'etica, tanto è vero che non gli fregherebbe nulla se domani vincesse il più forte che ammazza tutti i più deboli. Anzi magari qualche cultore della teoria vagamente darwiniana della legge del più forte apprezzerebbe anche. Per fortuna non agiamo così, o per lo meno noi ci siamo dati un'etica, che continuo a sostenere essere in contrasto con la natura e le sue leggi.
A me sembra che la natura, a certe condizioni, sia più etica dell'umana specie. La legge del più forte è una legge tutta umana. In Natura una legge del più forte, in termini di semplice potenza, non funzionerebbe perchè minerebbe l'equilibrio vitale fra le specie. Esattamente quello che sta facendo l'uomo in questa epoca, innescando la sesta estinzione di massa. Prima estinzione di massa provocata da una singola specie. In realtà io penso che homo sapiens sia stato fornito, come in una sorta di esperimento, di un "eccesso" sia nel bene che nel male, soprattutto un eccesso di ricerca di potenza. E inoltre abbiamo creato una cultura di artefatti umani così complessa che ormai incide sulla nostra stessa struttura biologica. Artefatti culturali che ci persuadono di essere etici o malvagi a seconda della prospettiva, mentre la pulsione primordiale del resto del mondo animale è fondato esclusivamente sulla ricerca del mantenimento della vita.
La cultura, unita ad un cervello notevole, ci ha condotto ad un intraprendere un viaggio che nessuna altra specie aveva sperimentato sul pianeta terra. In questa relazione sbilenca fra umanità e natura, dobbiamo domandarci se vale la pena sentirci superiori e diversi dal resto della natura, se questa diversità diventa l'alibi per distruggere la natura e contemporaneamente noi stessi.
Citazione di: Jacopus il 18 Novembre 2024, 22:47:34 PMA me sembra che la natura, a certe condizioni, sia più etica dell'umana specie.
La differenza è che mentre le nostre sono delle scelte, quelle della natura non lo sono. Quando abbiamo bisogno di incolpare qualcuno lo facciamo tenendo conto di quanto abbia influito la sua consapevolezza di commettere un atto contrario all'etica (ora si parla di quello, ma possiamo generalizzare quanto si vuole). Non possiamo incolpare la natura. Non riusciremmo nemmeno a incolpare un gatto per aver mandato in frantumi un vaso.
Prima che tu rispondessi stavo invece immaginando quanto noi abbiamo cambiato la natura ordinando le cose per le nostre esigenze. Pensavo ad esempio ai tunnel sotto le montagne, alle strade dove prima c'era il verde, alle città dove prima c'erano le foreste.
Lo abbiamo fatto perché avevamo bisogno di stare comodi. Del resto oggi senza le strade le abitazioni, le città, internet, il riscaldamento e tutto il resto, che vita sarebbe? Abbiamo sbagliato l'approccio con la natura e sarebbe stato meglio rimanere nelle caverne?
Io comunque sia prima ancora di capire se e quando un comportamento sia etico, devo poter stabilire cosa vuol dire un comportamento etico. I comportamenti umani sono scelte, queste sono scelte consapevoli, ovvero sono fatte per ottenere un risultato migliore, o piu giusto, o anche etico. La natura invece non ha dei comportamenti, ma segue delle regole e delle leggi. Queste leggi naturali avevano creato le montagne e le foreste. Siamo arrivati noi e abbiamo bucato le montagne e abbattuto le foreste.
Che questo sia stato sbagliato o meno, le nostre sono state scelte. Per cui i comportamenti etici saranno altre scelte, forse continueranno ad essere sbagliate, ma si differenzieranno da ciò che non è stata una scelta.
Citazione di: Il_Dubbio il 18 Novembre 2024, 23:54:06 PMChe questo sia stato sbagliato o meno, le nostre sono state scelte. Per cui i comportamenti etici saranno altre scelte, forse continueranno ad essere sbagliate, ma si differenzieranno da ciò che non è stata una scelta.
La prosecuzione di questo ragionamento giunge alla fine, cioè a distinguere le scelte secondo un principio. Questo principio mi porta a considerare tutte le scelte fatte in base ad un ordine.
Ad esempio le montagne sono state distribuite dalla natura senza alcun ordine prestabilito. Mentre se pensiamo ai tunnel creati apposta per costruirci sotto le strade, queste invece hanno un ordine. Non c'è una scavatrice che scava tunnel a caso, ma vengono scavate solo le montagne che servono per costruire la strada.
La stessa cosa succede per tutte le regole che abbiamo introdotto, pensiamo alle multe o alle pene in seguito a delle infrazioni o colpe gravi. Anche queste sono state ordinate seguendo il principio secondo cui la multa è piu alta se l'infrazione è ritenuta piu grave, cosi anche le pene per reati piu gravi.
Per creare ogni cosa noi seguiamo questo principio.
Parlando di etica, ora cosa ci serve sapere? Esiste gia un ordine etico?
Se astraiamo dalla natura la coscienza, avremo un semplice agire per tentativi .
Se aggiungiamo la coscienza non cambia la sostanza, perchè si continuerà ad agire a caso, ma si eviterà tendenzialmente di ripetere ''errori'' già fatti. Si continuerà ad agire a caso perchè anche quando escludi da un dado alcune facce, sempre un dado rimane.
Parlare di errori inoltre è fuorviante, perchè ciò che può rivelarsi un errore in un contesto può risultare la cosa giusta quando il contesto cambia.
E' pur vero che tutte le società sembrano reggersi su un etica, per cui sembra logico pensare che quando questa venisse a decadere le società crolleranno.
Però se un agire può considerarsi corretto in un contesto stabile, essendo in effetti solamente adeguato a quel contesto, è quando cambia il contesto che l'etica risulta inadeguata decadendo, laddove per etica si intenda il prevalere di un comportamento che si è mostrato essere adeguato in un contesto sociale relativamente stabile.
L'aspirazione ad un etica assoluta potrebbe essere quindi solo il contraltare di un desiderio di stabilità.
Quindi forse più che basarsi su un etica, è da uno stato sociale, inteso come un vivere comune dentro un ambiente relativamente stabile, che inevitabilmente sorgerà naturalmente un etica.
Cercare di mantenere quell'etica equivale a cercare di mantenere stabile un ambiente che però essendo naturale sarà comunque soggetto a cambiamenti.
Funzionale a questo tentativo è predicare un etica assoluta, per cui quando il contesto cambierà, piuttosto che ammettere che inadeguata sia ormai quell'etica, si cercherà di raddrizzare la natura per adeguarla a quell'etica.
Allora se giusta si è giudicata l'etica in assoluto, e il mondo non sembra più corrispondervi, come se si fosse messo al contrario, si cercherà di raddrizzarlo dando la caccia all'untore, che di volta in volta si individuerà nello zingaro, nell'omosessuale, nel clandestino, secondo un copione che non cambia.
Se un etica assoluta veramente c'è sarebbe quella di mandare al macero questo copione, anche quando ciò non risultasse funzionale al mantenimento di uno stato sociale, ammettendo uno stato a quello superiore che l'umanità intera comprenda in tutta la sua ricca diversità, nessuno escluso.
Se poi ciò non fosse del tutto possibile, in subordine evitare ogni estremizzazione che un etica possa dettarci, per quanto a noi possa sembrare giusta, perchè non è dato a noi giudicare cosa sia in assoluto giusto e cosa sbagliato.
Dunque, se come pare , non sia evitabile usare questa presunzione giudicante e punitiva, ricordarsi che non esiste un etica superiore alla compassione, anche se non è scritto in nessuna costituzione, perchè è l'unica legge etica che vale sempre, e non cambia al naturale cambiamento dell'ambiente vitale, finché un umanità ci sarà.
La compassione è un assicurazione sui nostri errori di giudizio, anche se non risarcirà del tutto dal danno che potremo provocare con le scelte che non possiamo comunque esimerci dal fare.
Nello specifico la compassione può essere definita come il comportamento che deriva dalla consapevolezza che qualunque sia la posizione in cui ci troviamo, quella di essere giudicanti o giudicati, le parti potrebbero essere state invertite, dipendendo ciò solo da quel CASO dalla soggezione del quale non potremo mai del tutto liberarci.
Una società stabile e ordinata, retta da rigide leggi morali perfettamente rispettate, gode della immutabile salute di un cadavere, e realizza pienamente il nostro desiderio di eterna stabilità, perchè una società morta non morirà mai.
CitazioneIo comunque sia prima ancora di capire se e quando un comportamento sia etico, devo poter stabilire cosa vuol dire un comportamento etico. I comportamenti umani sono scelte, queste sono scelte consapevoli, ovvero sono fatte per ottenere un risultato migliore, o piu giusto, o anche etico. La natura invece non ha dei comportamenti, ma segue delle regole e delle leggi. Queste leggi naturali avevano creato le montagne e le foreste. Siamo arrivati noi e abbiamo bucato le montagne e abbattuto le foreste.
Che questo sia stato sbagliato o meno, le nostre sono state scelte. Per cui i comportamenti etici saranno altre scelte, forse continueranno ad essere sbagliate, ma si differenzieranno da ciò che non è
Assolutamente. È proprio così. O meglio il nostro repertorio di scelte è estremamente più vasto di quello di un cane o di una scimmia e ciò dipende ancora una volta dall'interazione fra un cervello complesso e una cultura complessa, l'uno e l'altra contemporaneamente causa e conseguenza dell'altro. Rispetto a gallerie, cellulari, penicillina e bidet, ovvio che sono miglioramenti della nostra condizione, ma bisogna considerare il rovescio della medaglia. Se nel Pacifico c'è un'isola di rifiuti di plastica grande come la Francia, bisogna riconoscere che il nostro forgiare il mondo, se da un lato ci fa vivere più comodamente, dall'altro crea le premesse, in futuro, per farci vivere molto scomodi.
Quello che è ancora difficile da capire è la capacità sempre più limitata da parte del mondo fisico di assorbire il nostro "consumo" del mondo. Leggi Serge Latouche su questo argomento. È molto istruttivo. Con questo concordo con te sul fatto che homo sapiens non è più natura, né naturans nè naturata.
Citazione di: Il_Dubbio il 18 Novembre 2024, 20:02:09 PMIn primo luogo metti nella prima frase, insieme: essere umano, natura e intelligenza. Quindi mi sembra che tu sostenga che la natura esprima una intelligenza. Oppure vuoi dire che l'intelligenza della natura si esprima attraverso l'operato dell'uomo? Ma se la natura ha bisogno dell'uomo per diventare intelligente, fino alla comparsa dell'uomo la natura come ha operato?
Posso pure essermi sbagliato ad attribuirti il pensiero che la vita non ha senso, ma il tuo discorso sulla finalità dava perlomeno un margine di plausibilità a quello che sembra essere stato un mio fraintendimento. Però la tua interpretazione del mio pensiero (quella citata qui sopra) mi sembra inventata di sana pianta. Non ho mai detto che la natura esprime un'intelligenza, così come non ho mai personificato la natura quasi come se essa fosse un Dio. Inoltre mi astengo di esprimere giudizi sulla natura come invece fai tu. Già nel post nr. 57 avevo espresso che certi giudizi fossero arroganti e ribadisco il concetto. In ogni caso il mio pensiero che hai commentato così come si evince nella parte da me citata era questo: "Se l'essere umano pretende di separarsi dalla natura la spiegazione razionale è che egli è un individuo che in questo caso specifico usa ben poco la sua intelligenza."
Parafrasi: l'essere umano fa parte della natura ed è da sciocchi pensare che non possa esserlo.
Rigetto naturalmente tutto il resto del tuo discorso che poggia su quel madornale errore interpretativo.
Per quello che riguarda la pretesa di un'etica, dato che si vive in democrazia e non in regime di anarchia, mi sembrerebbe quantomeno legittimo che una persona avesse la pretesa che, qualora fosse vittima di un abuso, venisse punito l'autore dell'abuso.
Concludendo, la filosofia non si compie nelle sterili stanze della nostra mente dove sembra lecito dire di tutto, ma confrontandosi con la realtà mondana
Citazione di: daniele22 il 19 Novembre 2024, 09:04:26 AM In ogni caso il mio pensiero che hai commentato così come si evince nella parte da me citata era questo: "Se l'essere umano pretende di separarsi dalla natura la spiegazione razionale è che egli è un individuo che in questo caso specifico usa ben poco la sua intelligenza."
Parafrasi: l'essere umano fa parte della natura ed è da sciocchi pensare che non possa esserlo.
Rigetto naturalmente tutto il resto del tuo discorso che poggia su quel madornale errore interpretativo.
Io non lo vedo come un errore interpretativo. Sicuramente volevi
solo dire che l'essere umano fa parte della natura quindi è errato dire che non possa esserlo. Io su questo avevo gia risposto di si. Cioè che è chiaro che faccia parte della natura.
Ma questo non vuol dire che entrambi gli enti abbiano comportamenti uguali.
Non credo di aver interpretato male, in quanto ho utilizzato la logica. Tu hai dichiarato che un essere umano si esprima attraverso una intelligenza. Nella stessa frase però dichiari che la natura e l'uomo sono la stessa cosa. E' ovvio attribuire quindi alla natura una intelligenza. Poi ti sei sbagliato, non volevi dire questo, ma è questo ciò che è scritto.
Però se rileggi io avevo diversi modi per risponderti. Proprio perché non pretendevo di aver intuito perfettamente il tuo pensiero.
Per quanto riguarda i giudizi che io darei sulla natura, non mi sembrano pertinenti. Non ho espresso un giudizio. Non ho detto che la natura fa le cose sbagliate o cattive. Ho solo individuato un tipo di comportamento naturale distinto da un comportamento umano.
Se non sei d'accordo...amen.
Citazione di: Jacopus il 19 Novembre 2024, 07:04:38 AMQuello che è ancora difficile da capire è la capacità sempre più limitata da parte del mondo fisico di assorbire il nostro "consumo" del mondo. Leggi Serge Latouche su questo argomento. È molto istruttivo. Con questo concordo con te sul fatto che homo sapiens non è più natura, né naturans nè naturata.
Io proverei a vedere il bicchiere mezzo pieno, perchè se è maturale che organismi viventi siano causa di estinzione di massa, come è già avvenuto, la novità è che noi, in quanto causa di una nuova estinzione già in atto, per la prima volta siamo organismi viventi in grado di invertire la rotta.
Mi preoccupa però il fatto che questa inversione debba avvenire passando per una snaturalizzazione dell'uomo per le molte conseguenze negative aggiuntive che potrebbe avere questa assunzione, che vanno dalla più innocua alla più disastrosa.
Mi sembra infatti di intravedere già una storia che si ripete dove pochi uomini puri ''naturali'' si salvano dentro un arca di nuova concezione.
La scommessa è salvarsi tutti, da uomini qual siamo, come la natura, e non noi, ha deciso che fossimo, e se ci riusciremo questo sarà ancora da annoverare fra gli eventi naturali.
Ma qualcuno potrebbe obiettare che se tutto è natura allora nulla lo è, e questo è vero.
E' evidente che il termine ''natura'' nasce per distinguere la realtà in ciò che è natura da ciò che non lo è al fine di darne una descrizione, ma il pericolo è che qualcuno andando oltre la funzione del termine creda che la descrizione coincida con la realtà, traendone conseguenze potenzialmente disastrose e ipotesi complottiste messe in atto da uomini contronatura, nuova versione degli uomini empi.
Infatti quanti di questi uomini che lanciano l'allarme di una crescente innaturalità dell'uomo non stanno così' sottintendendo una autodichiarezazione di appartenenza a una élite umana eccezionalmente buona, chiamandosi fuori contraddittoriamente dalla naturale umanità che vogliono denunciare, per cui se quella è naturalmente empia, sarebbero loro ad essere innaturalmente buoni?
Già intravedo folle di minolli e sarchiaponi che supplicano il nuovo Noè di prenderli con se.
Non vorrei che ci spacciassimo tutti per umane chimere pur di poterci salvare.
Non so se riusciremo a salvarci dalla tragedia, ma salviamoci almeno da questa commedia.
Citazione di: Il_Dubbio il 19 Novembre 2024, 09:50:12 AMIo non lo vedo come un errore interpretativo. Sicuramente volevi solo dire che l'essere umano fa parte della natura quindi è errato dire che non possa esserlo. Io su questo avevo gia risposto di si. Cioè che è chiaro che faccia parte della natura.
Ma questo non vuol dire che entrambi gli enti abbiano comportamenti uguali.
Non credo di aver interpretato male, in quanto ho utilizzato la logica. Tu hai dichiarato che un essere umano si esprima attraverso una intelligenza. Nella stessa frase però dichiari che la natura e l'uomo sono la stessa cosa. E' ovvio attribuire quindi alla natura una intelligenza. Poi ti sei sbagliato, non volevi dire questo, ma è questo ciò che è scritto.
Però se rileggi io avevo diversi modi per risponderti. Proprio perché non pretendevo di aver intuito perfettamente il tuo pensiero.
Per quanto riguarda i giudizi che io darei sulla natura, non mi sembrano pertinenti. Non ho espresso un giudizio. Non ho detto che la natura fa le cose sbagliate o cattive. Ho solo individuato un tipo di comportamento naturale distinto da un comportamento umano.
Se non sei d'accordo...amen.
Per ciò che riguarda I giudizi che non esprimi, citandoti:
"
Noi siamo parte della natura è vero, ma è proprio la natura che agisce contro se stessa.'
Cosa ne sai della natura tanto da affermare che agisce contro sé stessa?
E ancora, sempre citandoti:
"
La natura percorre una via caotica e non ha alcuno scopo. Un giorno crea, il giorno successivo distrugge. Senza alcuna logica."
Sul fatto che non si intravveda uno scopo sono d'accordo, ma ti ricordo che ad oggi, sempre che tu non riesca a mettere tutto in discussione, vale ancora la sentenza che nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Pertanto la seconda parte del tuo pensiero non avrebbe alcuna legittimità.
Giungo infine alla tua logica, a me incomprensibile, sempre citandoti:
"Non credo di aver interpretato male, in quanto ho utilizzato la logica. Tu hai dichiarato che un essere umano si esprima attraverso una intelligenza. Nella stessa frase però dichiari che la natura e l'uomo sono la stessa cosa. E' ovvio attribuire quindi alla natura una intelligenza. Poi ti sei sbagliato, non volevi dire questo, ma è questo ciò che è scritto."
Ordunque dovresti dirmi dove avrei dichiarato che la natura e l'uomo sono la stessa cosa e che l'avrei pure scritto. Nel caso tu facessi orecchie da mercante, o continuassi su questa linea, invito esplicitamente un moderatore delle tematiche filosofiche a intervenire in proposito dato che ritengo offensivo mettermi in bocca parole che non ho mai detto e che tra l'altro, qualora le avessi dette, sarebbero assai stupide. In ogni caso le parole del moderatore, in quanto espressione di terzietà, potrebbero pure suggerirmi che sono io a sbagliarmi
Citazione di: Jacopus il 19 Novembre 2024, 07:04:38 AMSe nel Pacifico c'è un'isola di rifiuti di plastica grande come la Francia, bisogna riconoscere che il nostro forgiare il mondo, se da un lato ci fa vivere più comodamente, dall'altro crea le premesse, in futuro, per farci vivere molto scomodi.
Si ok, ma siamo arrivati già ai giudizi. Come dicevo in risposta a daniele, non giudico l'operato della natura. Se arriva un terremoto e distrugge una città questo evento non è voluto dalla natura per farci del male. Mentre se è l'uomo che spedisce delle bombe su una città, per distruggerla, allora io sarei autorizzato a giudicare questo operato. Ma se arriviamo già ai giudizi, poi perdiamo il motivo per cui saremmo autorizzati a giudicare.
Non basta dire infatti che l'uomo è consapevole quindi è "colpevole" di un atteggiamento.
Io sto cercando di trovare una distinzione fra un comportamento eticamente giusto ed uno non giusto. Ma non sono ancora arrivato al "giudizio". Il principio, alla base di un comportamento consapevole (che sia giusto o sbagliato) si basa su un
ordine che l'uomo trova (o cerca) in un dato istante, lo persegue per un certo tempo, e lo utilizza come metro per le proprie azioni.
Non fa le cose a caso. Ma come si costituisce un ordine etico?
Non è come costruire le strade, o progettare armamenti di distruzione. Queste attività vengono svolte dall'alto. Non siamo tutti ingegneri o generali dell'esercito. O tutti fisici nucleari.
Un ordine etico invece può mai essere ordinato dall'alto? Perché io sento che la guerra è sbagliata, ma alle volte è giustificabile?
Cosa mai può giustificare una guerra?
L'etica, credo, non parte dall'alto, parte dal basso. E noi le guerre ancora oggi le giustifichiamo come eticamente giuste in casi particolari. Ma quando esistono le eccezioni, allora l'ordine con cui stiamo costruendo la nostra etica non è solida. Perché non lo è? Perché continuamente nascono eccezioni, queste comportano azioni per riequilibrare l'ordine. Sara quello precedente o un nuovo, l'importante che l'ordine sia ricomposto.
Citazione di: Il_Dubbio il 19 Novembre 2024, 11:23:13 AMNon basta dire infatti che l'uomo è consapevole...
la consapevolezza rimanda a quel "conosci te stesso" di cui avevate discusso te e Daniele ma io sono d'accordo che la consapevolezza da sola non basta. Hai detto infatti che l etica viene dal basso e da li riprenderò cominciando con la mia definizione di etica che è nient altro che questa;
percezione e
attuazione della
responsabilità personale. Ecco la dimensione che viene dal basso, prima c'è la percezione , l ascolto, la dimensione passiva . Noi esseri umani siamo intelligenza e volontà . l'intelligenza significa capire e per capire bisogna prima di tutto ascoltare, sentire . l'intelligenza vive anzitutto di una dimensione passiva , poi certo c'è anche l intelletto attivo, creativo ma alla base c'è l ascolto e l analisi dei dati che poi certo vanno ponderati per avere effettivamente la conoscienza. Per quanto riguarda l'etica la percezione è un sentimento, è appunto un sentire . Ma sentire che cosa? che c'è qualcosa di più importante di te, del tuo interesse personale e che devi rispettare . Vi è mai capitato? la sentite questa cosa? sto dicendo delle cose che interpretano la vostra vita oppure no? la percezione è come l'estetica che è una parola Greca
aìsthesis, che significa "sensazione, percezione, sentimento" . Ci sono persone che sono sorde alla dimensione estetica, ci sono persone che guardano un quadro e l'unica cosa che sanno pensare è "quanto costa?" .
Analfabetismo estetico , è possibile che fra le persone vi sia anche un analfabetismo etico? ma insomma , chiedetevelo, io penso di sì , guardando il comportamento di alcune persone. Ma poi penso se sono sempre stati così, anche quando erano bambini o se invece lo sono diventati a seguito della durezza della vita perchè la vita può essere dura e toglierti sensibilità e delle volte neache per colpa tua ma per una serie di circostanze , di tragedie e uno si anestetizza lui stesso perchè ha sofferto così tanto che non ne vuole più sapere e allora si chiude , diventa cattivo ma nel senso latino del termine , prigioniero , imprigionato dalla sofferenza che la vita gli ha dato . Forse una delle frasi più belle di Gesù è quando ha detto "non giudicate". Ma se voi non siete sordi alla dimensione etica allora sapete e sentite da voi stessi che siete chiamati ad essere
responsabili! termine molto bello che viene dal latino "respònsus" che significa rispondo. E anche in altre lingue che non vengono dal latino responsabilità ha la stessa radice di rispondere. Quindi c'è una domanda a cui dobbiamo rispondere , tutto è una domanda sapete? i tuoi figli sono una domanda, tua moglie è una domanda i tuoi vicini sono una domanda, l'albero , gli animali , la ambiente sono una domanda verso di noi , domanda di attenzione, domanda di cura , domanda di rispetto. Attuazione della responsabilità personale significa che voglio rispondere , che ne sento il dovere e voglio rispondere in maniera giusta e questa è l attuazione perchè l etica è questa duplice dinamica di ascolto e di azione.
Io non sono Bhuddista ma avete mai sentito parlare dell ottuplice sentiero del Bhudda? prima nobile verità; Dukka, tutto soffre. Seconda nobile verità ; la cuasa del dolore che è Trishna ovvero desiderio intenso, la brama, la concupiscenza.
Terza nobile verità ; possiamo superare il dolore . quarta nobile verita ; come superare il dolore? attraverso il nobile ottuplice sentiero di cui il primo sentiero dice : retta visione.
Uno dice che cosa c'entra con l etica? ..e c'entra perchè quella visione di cui parla il bhudda è inerente a come vedi il mondo, a come guardi al prossimo e come guardi te stesso naturalmente. Con che occhi guardi il mondo? io penso che possiamo elencare almeno due modi, quello del conquistatore animato da una volontà di potenza e quello del difensore che si costruisce la sua confort zone in modo tale di avere la sensazione illusoria di sentirsi al sicuro. Retta visione significa quindi superare il desiderio concupiscente di voler conquistare, dominare, prevalere e dall altro canto vincere la paura e distendere lo sguardo sul mondo per quello che è , retta visione e questo tocca l'interiorità umana laddove questa interiorità diventa al contempo etica, spiritualità e filosofia, non c'è più distinzione fra le discipline quando vai a toccare la vita interiore nel suo senso più profondo. Volete un esempio su come si fa a toccare la vita e di conseguenza la vera filosofia?
Einstein , tanto per passare dall oriente all occidente, scrisse un libro , una raccolta di saggi, che invito tutti ad avere nella propia libreria dal titolo " come io vedo il mondo" pubblicato nel 1934 e leggendolo alla pagina 28 dell edizione italiana Abert Einstein dice così ; "Il vero valore di un essere umano si determina esaminando...." esaminando cosa? cosa esaminate voi per capire il valore di un essere umano? lo spessore del portafoglio? vabbhè, ovvio che no. Allora che cosa? il quoziente intellettivo? già questo potrebbe essere meglio che il portafoglio , la sua saggezza. Oppure che cosa? dalla sua capacità di amare ? dalla sua benevolenza? dal suo cuore ? il testo continua citando una cosa diversa da tutte queste possibilità che ho elencato.
Dopo aver cercato di rispondere da voi stessi sentite ora come finisce la citazione ;
"... il vero valore di un essere umano si determina esaminando in quale misura e in che senso egli è giunto a liberarsi dell io. "
Egli..è giunto... a liberarsi..dell io..
io inteso come Ego , alla fine è una questione di raddrizzare lo sguardo, di non voler carpire, afferrare, conquistare , possedere e questo è l ego , se io mi libero da questo ego predatorio guardo il mondo per quello che è. è da questo sguardo che discende un certo tipo di filosofia anzichè un altro, da qui discende un certo tipo di Spiritualità.
Citazione di: Alberto Knox il 19 Novembre 2024, 23:14:23 PM"... il vero valore di un essere umano si determina esaminando in quale misura e in che senso egli è giunto a liberarsi dell io. "
Si, ma si può vivere senza l'io? Io credo di no.
Quindi ti liberi dell'io, ma solo per ricostruirlo diversamente, acquisendo la coscienza della sua relatività.
E perchè mai poi questa operazione dovrebbe comportare l'acquisizione di un etica di livello superiore?
Ciò comporterà vedere la realtà con occhi nuovi, ma non sarà una visione superiore, ma solo diversa, acquisendo coscienza della relatività del modo in cui la realtà ci appare.
Se non il nuovo io, però la coscienza della sua relatività potrebbe comportare effettivamente un etica superiore.
Partendo dall'amore per se stessi, si giunge all'amore per gli altri, se il nostro essere è relativo, se il nostro ''essere io'' è casuale, e avremmo perciò potuto essere ognuno degli altri, se non c'è una predestinazione nell'essere ciò che siamo.
Quindi forse dovremmo rivalutare il caso dal punto di vista etico, piuttosto che cercare di far derivare l'etica da un principio d'ordine.
Se diamo retta alla saggezza popolare, chi non fà non sbaglia, e questa è l'unica etica infallibile e perfetta. L'unico comportamento etico possibile è astenersi dall'agire.
Io temo che la conoscenza di un etica perfetta, come principio comportamentale definitivo, se questo poi fosse per ipotesi seguito immancabilmente da tutti, ciò equivarrebbe all'essere soggetti a leggi naturali simili a quelle che regolano il comportamento della materia.
Alla fine dunque non resterebbe che fare ricorso al libero arbitrio per contravvenirvi, restando questo l'unico modo per sentirsi ancora vivi, perchè solo una pietra dell'essere soggetta a leggi naturali immutabili non soffre, perchè incosciente dell'esser soggetta a un principio a cui non può contravvenire.
Paradossalmentye se le cose andassero davvero come ''speriamo'', se trovassimo questo ''disiato'' principio d'ordine etico universale, sapremmo allora come fare ad andare in paradiso, perseguendo , ''con sguardo dritto'' un moto rettilineo uniforme, dimentichi ormai dei sentieri irrazionali su cui ci conduceva amore.
Fintanto che non si provi un senso di vergogna di fronte a una nostra azione, o anche di fronte a una nostra non azione, ogni discorso sull'etica vale meno di zero
Citazione di: Alberto Knox il 19 Novembre 2024, 20:34:07 PMla consapevolezza rimanda a quel "conosci te stesso" di cui avevate discusso te e Daniele ma io sono d'accordo che la consapevolezza da sola non basta. Hai detto infatti che l etica viene dal basso e da li riprenderò cominciando con la mia definizione di etica che è nient altro che questa; percezione e attuazione della responsabilità personale.
[...]
Alcuni chiarimenti.
Non c'è l'etica, ma diverse possibili opzioni etiche, diverse concezioni etiche.
Quindi quando si parla del contenuto dell'etica bisognerebbe chiarire di quale etica si sta parlando e su quale basi si fonda (una specifica religione, o metafisica, o concezione della natura etc.).
Su ciò che hai scritto inerente la chiamata e la risposta, la comprensione e l'azione: si tratta semplicemente di un fatto biologico, l'empatia, che prevede la capacità di immedesimarsi nello stato emotivo dell'altro e che comporta poi reazioni quasi automatiche.
Per esempio se ora mentre sto scrivendo dovessi sentire il mio vicino di casa urlare, automaticamente interromperei ciò che sto facendo per andare a vedere ciò che succede.
Non avrebbe alcun senso elogiare il mio comportamento. Piuttosto sarebbe significativo da un punto di vista psicopatologico se io, nonostante le urla del vicino, continuassi indisturbato a scrivere.
Comunque se si volesse discutere di un'etica naturale, mettendo al suo centro proprio empatia e comportamenti di cura degli altri, dovremmo immaginare ciascuno con una posizione specifica nello spettro dell'empatia, dal valore 0 dello psicopatico al 10 del santo, e dovremmo chiederci: dato che ciascuno riceve tale posizione dalla natura e in parte dall'ambiente in cui cresce, quale funzione concreta e utile avrebbe la morale, nella sua classica riflessione?
Possibile risposta: quella di "costringere", "addestrare", o "persuadere", più persone possibile con valori bassi a comportamenti in linea con valori alti dello spettro dell'empatia.
Limitarsi all'elogio del comportamento di chi ha già valori alti o altissimi non servirebbe a nulla.
Le cose però non sono così semplici. Basta riflettere sul concetto di banalità del male della Arendt. Cioè su come i meccanismi sociali ed economici, le strutture burocratiche e lavorative in cui siamo inseriti possano farci dimenticare che in ultimo le nostre decisioni, a cascata, si ripercuotono alla fine sulla reale vita degli altri.
Cioè, anche volendo partire da dati scientificamente controllabili, dalle osservazioni dell'etologia etc., ci si imbatte subito su fattori culturali che possono mutare radicalmente la traiettoria naturale dei nostri comportamenti, favorendo azioni criminali e tuttavia perfettamente accettate sia dalla coscienza dell'attore che dall'ambiente sociale che lo circonda.
La storia della religione è, a questo riguardo, esemplare nella sua ambiguità, nell'includere contemporaneamente norme naturali basilari e mostruosità.
Citazione di: Koba II il 20 Novembre 2024, 09:26:17 AMAlcuni chiarimenti.
Non c'è l'etica, ma diverse possibili opzioni etiche, diverse concezioni etiche.
ho già detto che parlare di norme etiche non serve a niente , non si tratta di parlare di ortodossia, si tratta di parlare di ortoprassi. Cosa significa opzioni etiche? che davanti ad una certa situazione si agisce in un modo oppure in un altro e quando si agisce in modo etico? Quando sai che la cosa giusta da fare risponde ad una legge morale universale di cui kant aveva identificato come imperativo categorico il quale volle fondare un etica non più solo eteronoma (bisogna fare il bene perchè lo dice il papa , bisogna fare il bene perchè lo dice gesù ecc) ma autonoma, bisogna fare il bene per il bene stesso che si impone, per il senso di rispetto verso il bene. Ebbene kant nella morale autonoma non può che fondarla su due cose che non hanno niente a che fare con la ragione. Primo il sentimento, perchè è propio il sentire questo rispetto verso il senso del dovere che può far scaturire questo tipo di morale autonoma e il secondo è l'imperativo categorico certo. Quello che il fulcro del mio filosofare si fonda sul pensiero che non c'è eitica ,
non c'è etica senza l'emozione vitale di un uomo nel sentirsi al cospetto di qualcosa di più grande e di più importante di sè. imperativo categorico, l'etica nasce da questa percezione di
dovere. Bonum faciendum, malum vitandum ("il bene va fatto, il male evitato"). Questo gerundivo latino di Tommaso d'Aquino rivive nell imperativo categorico kantiano. Quindi tanto la morale eteronoma quanto la morale autonoma sono sotto questa dimensione imperativa del
dovere.Citazione di: Koba II il 20 Novembre 2024, 09:26:17 AMQuindi quando si parla del contenuto dell'etica bisognerebbe chiarire di quale etica si sta parlando e su quale basi si fonda (una specifica religione, o metafisica, o concezione della natura etc.).
Sì, io ho indicato la mia definizione di etica e l 'ho argomentanta (
percezione e
attuazione della
responsabilitàpersonale) che però non viene da me stesso ma dal mio lavoro di studio su kant come ho appena detto, ma anche su Buddha, da Seneca , da Platone, da Aristotele, da Socrate , da Hannah Arendt, da Sarte anche , coa diceva Sartre, siamo come attori che vengono mandati in scenza senza un copione e senza nessun suggeritore che possa dirci cosa dobbiamo fare e cosa dobbiamo dire . Per questo metteva in risalto la responsabilità , perchè siamo noi stessi che dobbiamo scegliere cosa dire e cosa fare. Sarebbe troppo bello leggere un trattato filosofico o la Bibbia per sapere come bisogna vivere. Sartre mette in evidenza propio il fatto che l uomo non può mai sfuggire alla propia responsabilità per quello che fa . Siamo chiamati a rispondere e devi rispondere. L'uomo deve fare le propie scelte e non può affermare che dobbiamo tutti adeguarci a certe aspettative borghesi di norme etiche e circa il modo in cui dobbiamo vivere per sfuggire ad esse . Chi scivola così nella folla anonima è solo un massificato e impersonale , è in fuga da se stesso e vive una vita di menzogne . La libertà umana invece ci impone di fare qualcosa di noi stessi , di esistere in modo autentico. PEr che cosa vuoi vivere? per andare a lavorare nella multinazionale e rispondere al datore di lavoro tutto il giorno sì signore , mi dispiace, ho fatto male? oppure vivere per qualcosa di piu grande e piu importante? ovviamente queste cose che dico le ho imparate dai libri è ovvio io sono il più misero fra i miserabili per parlare di etica che sia chiaro.
Citazione di: Koba II il 20 Novembre 2024, 09:26:17 AMSu ciò che hai scritto inerente la chiamata e la risposta, la comprensione e l'azione: si tratta semplicemente di un fatto biologico, l'empatia, che prevede la capacità di immedesimarsi nello stato emotivo dell'altro e che comporta poi reazioni quasi automatiche.
Per esempio se ora mentre sto scrivendo dovessi sentire il mio vicino di casa urlare, automaticamente interromperei ciò che sto facendo per andare a vedere ciò che succede
Il tuo esempio del prestare soccorso fa riferimento più a normative civiche che etiche. è chiaro che dobbiamo prestare soccorso . Il sentire la domanda che viene dagli animali, dai tuoi figli ecc nasce dalla propia sensibilità e ho detto anche che la vita a volte te ne può privare, ti anestetizza. E allora non senti niente e io devo parlare a chi sente non posso parlare a chi non sente o a chi fa finta di non sentire che mi sto rivolgendo alla vostra interiorità.
Citazione di: daniele22 il 20 Novembre 2024, 08:54:58 AMFintanto che non si provi un senso di vergogna di fronte a una nostra azione, o anche di fronte a una nostra non azione, ogni discorso sull'etica vale meno di zero
sono d'accordo, l'etica ha origine dal sentire e se tu non senti come si fa a parlare di etica?
Citazione di: iano il 20 Novembre 2024, 05:28:14 AMSi, ma si può vivere senza l'io? Io credo di no.
Quindi ti liberi dell'io, ma solo per ricostruirlo diversamente, acquisendo la coscienza della sua relatività.
E perchè mai poi questa operazione dovrebbe comportare l'acquisizione di un etica di livello superiore?
Ciò comporterà vedere la realtà con occhi nuovi, ma non sarà una visione superiore, ma solo diversa, acquisendo coscienza della relatività del modo in cui la realtà ci appare.
Se non il nuovo io, però la coscienza della sua relatività potrebbe comportare effettivamente un etica superior
Non si tratta di uccidere l'io , ho detto che io è inteso come Ego. L'Ego non è il tuo vero io interiore. Nessuna etica superiore , già il volere qualcosa di superiore è un inganno. Etica significa avere il coraggio di rispondere in modo autentico. Cioè prendi qualcosa da te stesso e rispondi va bene? vuoi capire come fare per sentire la domanda che ti viene posta ? smettila di parlare! smettila di voler essere il migliore impegnandoti se mai ad essere migliore (che sono due cose ben diverse) , smettila con questa brama di volere capire sempre tutto. E poniti con umiltà dinanzi al mondo , avere il coraggio di allargare le braccia dire "Eccomi qua, mondo! sono nudo! al tuo cospetto, spogliato dalle mille ideologie e dalle mie mille maschere, esiste un messaggio? c''è un messaggio per me e per la mia vita mondo?" questo devi fare
Citazione di: Alberto Knox il 20 Novembre 2024, 12:18:40 PMho già detto che parlare di norme etiche non serve a niente , non si tratta di parlare di ortodossia, si tratta di parlare di ortoprassi. Cosa significa opzioni etiche? che davanti ad una certa situazione si agisce in un modo oppure in un altro e quando si agisce in modo etico? Quando sai che la cosa giusta da fare risponde ad una legge morale universale di cui kant aveva identificato come imperativo categorico il quale volle fondare un etica non più solo eteronoma (bisogna fare il bene perchè lo dice il papa , bisogna fare il bene perchè lo dice gesù ecc) ma autonoma, bisogna fare il bene per il bene stesso che si impone, per il senso di rispetto verso il bene. Ebbene kant nella morale autonoma non può che fondarla su due cose che non hanno niente a che fare con la ragione. Primo il sentimento, perchè è propio il sentire questo rispetto verso il senso del dovere che può far scaturire questo tipo di morale autonoma e il secondo è l'imperativo categorico certo. Quello che il fulcro del mio filosofare si fonda sul pensiero che non c'è eitica , non c'è etica senza l'emozione vitale di un uomo nel sentirsi al cospetto di qualcosa di più grande e di più importante di sè. imperativo categorico, l'etica nasce da questa percezione di dovere.
Io concordo con te , e quindi indirettamente con gli autori da cui con lodevole ammissione di modestia trai il tuo pensiero, illustrandolo oltretutto in modo chiaro a me che lo ignoro, e noto soltanto come l'imperativo categorico possa provenire da fuori di noi, come da dentro di noi, nella misura in cui non sappiamo di possederlo.
Se viene da dentro di noi, non perciò non potremo dirlo categorico, seppur non assoluto, perchè non posso contravvenire a ciò cui non sapendo di possedere non posso perciò inibire.
La provenienza interna comporterebbe però che da lì derivino anche le azioni che io compio' o chi per me che condivida quel nocciolo ''etico'' ignoto, e che io stesso a posteriori posso giudicare come malvagie sia se compiute da me , con senso di vergogna, sia da altri, con senso di indignazione.
Stante ciò, grazie all'azione della coscienza, e non essendo quel principio etico a me esterno, e non essendo perciò in assoluto immutabile, per quanto difficile da modificare, io posso sperare appunto di modificarlo.
Non posso però sperare di modificarlo per portarlo a un ideale ancora esterno a me, come io credo, se quel nocciolo interno duro è il frutto di esperienze di vita stratificate e condensatesi in quel nocciolo che io ho solo ereditato, potendovi a mia volta pur contribuire alla sua definizione.
Dico ciò in senso evoluzionistico.
Se siamo arrivati fin qui è perchè mediamente ci siamo comportati bene, ma ogni comportamento è giusto quando è adeguato all'ambiente, tenendo conto che l'ambiente cambia, e che la stessa iterazione di un comportamento ''giusto'' può cambiare l'ambiente come sta avvenendo, fino a divenire ''sbagliato''.
Il nocciolo duro etico che possediamo comporta da un alto un grado di irresponsabilità nel nostro agire alleggerito dall'aver eredidato in parte la soluzione dei nostri problemi in quel nocciolo, mentre rimane tutta nostra la responsabilità di rimodellarlo stante il suo essere relativo che lo rende plasticamente adattabile all'ambiente che cambia.
Io sospetto che quello che chiamiamo problema etico, in un mondo in cui sembra ognuno sembra ormai libero di agire come gli pare, senza dogmi morali che tengano, è solo un problema di incapacità di adattare l'etica a un ambiente che troppo velocemente cambia, e di cui il nostro comportamento ''virtuoso'' precedente, obbediente a dogmi affermati, ne è la causa stessa.
E' il tempo in cui si costituisce il nostro nocciolo etico a non essere più compatibile coi cambiamenti ambientali.
Cosa dobbiamo fare dunque?
Il primo passo è criticare quello che è stato finora il nostro fare, seppur lo avessimo mai considerato virtuoso, compiacendoci del fatto che non derivando da principi immutabili, lo possiamo cambiare.
Citazione di: Alberto Knox il 20 Novembre 2024, 12:35:55 PMNon si tratta di uccidere l'io , ho detto che io è inteso come Ego. L'Ego non è il tuo vero io interiore.
Non cadere nel facile errore che l'errore stia solo negli altri, atteggiandoci al savamarola di turno.
Per quanto nella mia ignoranza possa non distinguere l'io dall'ego, mi pare una questione di lana caprina.
Piuttosto mi sembra che in accordo col mio precedente post, possiamo metterci in ascolto di noi stessi, come tu predichi, soltanto se c'è dentro di noi qualcosa con cui interloquire, e che io ho chiamato nocciolo duro etico.
Si tratterebbe solo di cambiare statuto ai comportamenti malvagi rinominatoli come inadeguati, e a noi resterebbe la responsabilità di comportarci in modo adeguato al contesto, non essendovi un comportamento giusto in assoluto.
Non c'è comportamento per quanto si giudichi giusto che non diventi inadeguato se reiterato senza limite alcuno, ciò che può succedere quando si creda che esistano dogmi morali assoluti, immodificabili, e da seguire ciecamente.
Detto ciò è inevitabile che uno stato sociale si fondi su dogmi etici considerati assoluti, stante che il fondamento di uno stato è quello di stare, e non di mutare.
ma il fatto stesso che non esistono stati eterni dimostra che non esistono dogmi etici assoluti.
Il problema non è che viviamo in un epoca di decadenza morale, ma che a questa naturale decadenza, in quanto ogni etica possiede una data di scadenza, non riusciamo a produrre nulla di nuovo adeguato ai tempi.
Nel farlo riproduciamo vecchie modalità non più adeguate.
Non facciamo in tempo a criticare una nuova tecnologia al fine poi di interiorizzarla che già una nuova si propone, per cui no fai in tempo a sentire parlare della nuova industria 2.0, che già la versione industria 4.0 appare all'orizzonte, con tutti i problemi etici che ciò comporta, e che non riusciamo più a trattare per adeguarli a questi mutamenti, mentre noi stiamo ancora qui a discutere di immutabili imperativi comportamentali, mentre il mondo cambia a velocità luminare.
Citazione di: iano il 20 Novembre 2024, 13:06:23 PME' il tempo in cui si costituisce il nostro nocciolo etico a non essere più compatibile coi cambiamenti ambientali.
Cosa dobbiamo fare dunque?
Il primo passo è criticare quello che è stato finora il nostro fare, seppur lo avessimo mai considerato virtuoso, compiacendoci del fatto che non derivando da principi immutabili, lo possiamo cambiare.
Il principio immutabile è il bene però credo di aver capito cosa stai dicendo .l ambiente sociale cambia ad opera delle nostre attività specificamente umane , con l entrata di nuovi tipi di problemi interculturali e cosmopolitiche , trent anni fa in italia non avevamo a che fare con una società multietnica così come oggi ed ecco che nascono nuove esigenze. Trent anni fa non si parlava di intelligenza artificiale e in un mondo che così cambia io ritengo che abbiamo bisogno di fare alleanza tra scienza e filosofia , tra religioni , abbiamo bisogno di un alleanza fra tutte le persone che hanno a cuore l umanità perchè siamo messi male, abbiamo qualche problema e non piccolo, di tutti i tipi . Allora o si depone la volontà di potenza anche a livello di filosofie , anche a livello di religioni , il primato, l assolutezza , la singolarità e si un pò piu umili e fraterni fra ricercatori spirituali ascoltando quello che le grandi filoosfie e le grandi religioni hanno da insegnare e ciascuno fa sintesi dentro di sè così per come è capace o si fa questo oppure le forze dell indifferenza all etica, le forze del capitale, delle multinazionali, dell economia e dell efficenza a tutti i costi compreso le forze artificiali dell intelligenza artificiale ci toglieranno l umanità . La macchina avrà l intelligenza umana e noi non saremo più macchinisti della macchina ma saremo macchinari che è già più intelligente rispetto a noi . Già escono i libri dal titolo "machina sapiens" ma più sapiente di noi homo e quindi non facciamo altro che consegnare ad un dispositivo non umano la nostra pecurialità e adesso il dispositivo sa fare meglio di noi, piu velocemente di noi , più efficacemente di noi quelle cose che fino a ieri erano specifiche nostre e domani sarà sempre di più perchè è autopoietica l intelligenza artificiale lo sapete cosa significa questo? io non voglio sembrare apocalittico o luddista , capisco l'importanza di una società dove tutto funziona efficacemente però se il funzionamento della società è a discapito della capacità di anarchia , di ribellione , di sogno , di utopia, di decidere , di sognare qualche cosa di diverso si perde lo specifico umano. Sarà allora la macchina a dirci cosa è etico e cosa no? cosa bisogna fare e cosa no? così che saremo delle brave rotelline che girano nell argoritmo sociale? personalmente non voglio diventare una rotellina.
Citazione di: iano il 20 Novembre 2024, 14:04:54 PMma il fatto stesso che non esistono stati eterni dimostra che non esistono dogmi etici assoluti.
Sono pienamente d accordo, gia Sartre diceva che l'essere umano non possiede alcuna natura eterna e immutabile a cui può fare riferimento. Siamo condannati ad essere liberi e questa libertà impone che siamo noi stessi a dover scegliere come vogliamo vivere. Gli esseri umani possono sbagliare , ma questa possibilità di sbaglio e di trovare la propia risposta , o in altre parole, di riempire lo spazio vuoto in maniera autonoma e resposnabile anche sbagliando e col rischio di perderdersi è il sale dell umanità e se questo spazio vuoto viene riempito da un nuovo oracolo , che si chiami chat gpt o altro , che sa già tutte le risposte e noi non facciamo altro che eseguire quello che il programma ci dice ,anche se ce lo dice in modo perfetto , si perde la specificità umana. è questo il pericolo .
Citazione di: Alberto Knox il 20 Novembre 2024, 14:28:13 PMIl principio immutabile è il bene però credo di aver capito cosa stai dicendo .l ambiente sociale cambia ad opera delle nostre attività specificamente umane , con l entrata di nuovi tipi di problemi interculturali e cosmopolitiche , trent anni fa in italia non avevamo a che fare con una società multietnica così come oggi ed ecco che nascono nuove esigenze. Trent anni fa non si parlava di intelligenza artificiale e in un mondo che così cambia io ritengo che abbiamo bisogno di fare alleanza tra scienza e filosofia , tra religioni , abbiamo bisogno di un alleanza fra tutte le persone che hanno a cuore l umanità perchè siamo messi male, abbiamo qualche problema e non piccolo, di tutti i tipi . Allora o si depone la volontà di potenza anche a livello di filosofie , anche a livello di religioni , il primato, l assolutezza , la singolarità e si un pò piu umili e fraterni fra ricercatori spirituali ascoltando quello che le grandi filoosfie e le grandi religioni hanno da insegnare e ciascuno fa sintesi dentro di sè così per come è capace o si fa questo oppure le forze dell indifferenza all etica, le forze del capitale, delle multinazionali, dell economia e dell efficenza a tutti i costi compreso le forze artificiali dell intelligenza artificiale ci toglieranno l umanità . La macchina avrà l intelligenza umana e noi non saremo più macchinisti della macchina ma saremo macchinari che è già più intelligente rispetto a noi . Già escono i libri dal titolo "machina sapiens" ma più sapiente di noi homo e quindi non facciamo altro che consegnare ad un dispositivo non umano la nostra pecurialità e adesso il dispositivo sa fare meglio di noi, piu velocemente di noi , più efficacemente di noi quelle cose che fino a ieri erano specifiche nostre e domani sarà sempre di più perchè è autopoietica l intelligenza artificiale lo sapete cosa significa questo? io non voglio sembrare apocalittico o luddista , capisco l'importanza di una società dove tutto funziona efficacemente però se il funzionamento della società è a discapito della capacità di anarchia , di ribellione , di sogno , di utopia, di decidere , di sognare qualche cosa di diverso si perde lo specifico umano. Sarà allora la macchina a dirci cosa è etico e cosa no? cosa bisogna fare e cosa no? così che saremo delle brave rotelline che girano nell argoritmo sociale? personalmente non voglio diventare una rotellina.
io ti capisco bene, e volentieri mi unirei al tuo lamento per simpatia, ma temo che il problema non sia nuovo, seppur tale si presenti.
E' un problema che in altri tempi si risolveva col ricambio generazionale, mentre oggi non più, perchè tale è la velocità del cambiamento, e di tanto è aumentata la lunghezza della nostra vita, che ci tocca il difficile compito mai prima affrontato dall'umanità, di dover vivere più vite in una, laddove alla morte, che comunque prima o poi arrifìverà, si aggiunge un potente senso di alienazione mai provato nel passaggio da una vita all'altra.
Si tratta propriamente della difficile arte di reincarnarsi in altro da se, mai prima sperimentata, perchè una volta ancor prima di provare a cimentarci in quell'arte la morte di metteva da parte per raggiunti limiti di età .
Gli eroi muoiono giovani e belli, e a noi sopravvissuti invece lo specchio cosa ci restituisce, quand'anche carichi di cosmetici ritardanti la vecchiaia? :))
Una decadenza morale che sarebbe evento solito, se non per quanto si dimostri stagnante.
Il problema non sono le macchine che ci superano in corsa, ma il fatto che non facciamo in tempo a saltargli in groppa, il che una volta non era un problema, perchè ancora prima di provare a cavalcarle eravamo già morti, e a nuovi fantini era lasciato il compito, tanto difficile per i vecchi, quanto facile per i giovani su quel cavallo in corsa nati.
Citazione di: iano il 20 Novembre 2024, 14:41:24 PMio ti capisco bene, e volentieri mi unirei al tuo lamento per simpatia, ma temo che il problema non sia nuovo, seppur tale si presenti.
E' un problema che in altri tempi si risolveva col ricambio generazionale, mentre oggi non più, perchè tale è la velocità del cambiamento, e di tanto è aumentata la lunghezza della nostra vita, che ci tocca il difficile compito mai prima affrontato dall'umanità, di dover vivere più vite in una, laddove alla morte, che comunque prima o poi arrifìverà, si aggiunge un potente senso di alienazione mai provato nel passaggio da una vita all'altra.
Si tratta propriamente della difficile arte di reincarnarsi in altro da se, mai prima sperimentata, perchè una volta ancor prima di provare a cimentarci in quell'arte la morte di metteva da parte per raggiunti limiti di età .
Gli eroi muoiono giovani e belli, e a noi sopravvissuti invece lo specchio cosa ci restituisce, quand'anche carichi di cosmetici ritardanti la vecchiaia? :))
Una decadenza morale che sarebbe evento solito, se non per quanto si dimostri stagnante.
"Quel che nasce dalla polvere è polvere , ma ciò che nasce dallo spirito è spirito. E io ora rinasco a nuova vita ."
(San Francesco D assisi anno 1200 . ) allora la vita era molto più breve di quella di oggi eppure già allora si rinasceva a quanto pare.
Citazione di: Alberto Knox il 20 Novembre 2024, 14:59:21 PM"Quel che nasce dalla polvere è polvere , ma ciò che nasce dallo spirito è spirito. E io ora rinasco a nuova vita ."
(San Francesco D assisi anno 1200 . ) allora la vita era molto più breve di quella di oggi eppure già allora si rinasceva a quanto pare.
Bellissima citazione.
Si ma appunto si rinasceva solo dopo la morte, mentre adesso ci tocca rinascere ancora in vita, e non escludo che il mio amato Francesco avrebbe trovato in ciò al pari d noi difficoltà, per quanto santo.
Citazione di: iano il 20 Novembre 2024, 15:03:26 PMBellissima citazione.
Si ma appunto si rinasceva solo dopo la morte, mentre adesso ci tocca rinascere ancora in vita, e non escludo che il mio amato Francesco avrebbe trovato in ciò al pari d noi difficoltà, per quanto santo.
Era vivo quando lo ha detto. Ed era ripudiato da tutti fra l altro ,dalla famiglia ,dai suoi stessi amici , dalla sua città.
Io trovo che possiamo trovare tutte le scuse del mondo possibili immaginabili per cercare di sottrarci dalla responsailità personale. Ma non si può , noi siamo chiamati a rispondere , e devi rispondere . Questo dice Sartre
Citazione di: Alberto Knox il 20 Novembre 2024, 15:07:12 PMEra vivo quando lo ha detto. Ed era ripudiato da tutti fra l altro dalla, famiglia ,dai suoi stessi amici , dalla sua città.
Io trovo che possiamo trovare tutte le scuse del mondo possibili immaginabili per cercare di sottrarci dalla responsailità personale.
Si, hai ragione, però non mi pare che io cerchi scuse, e anzi mi pare di fustigare a mia volta chi ci prova, esagerando perfino nel farlo, rasentando l'offesa personale, della qual cosa chiedo scusa a tutti voi. Il mio è solo un invito ad affrontare le difficoltà senza nascondersele, anche quando ci appaiano insormontabili.
Anzi a dire il vero, io amo le sfide impossibili, per cui è come invitarmi a pasta e ceci, pronto ad ammettere sportivamente la probabile sconfitta, felice comunque di aver partecipato.
Citazione di: Alberto Knox il 19 Novembre 2024, 20:34:07 PMHai detto infatti che l etica viene dal basso e da li riprenderò cominciando con la mia definizione di etica che è nient altro che questa; percezione e attuazione della responsabilità personale.
troppo poco secondo me per un concetto dell'etica che parta dal basso, ma non per questo è niente, anzi.
Le etiche che partono dall'alto sono quelle principalmente destinate ad un numero ristretto di persone. Penso ad esempio all'etica professionale di un medico, oppure di un avvocato o un politico.
Un'etica che accomuna tutti gli uomini potrebbe essere la somma algebrica della "percezione e attuazione della responsabilità personale" di tutti gli uomini. Ovvero quel sentire comune che si avverte in ogni luogo, che sia familiare o lavorativo, e perfino al di la dei confini nazionali. Che accomuna i bianchi e i neri, quelli del sud e del nord e perfino quelli ricchi e quelli poveri. E' un sentire che trascende le proprie origini, addirittura anche la nostra stretta percezione o responsabilità personale.
Questa è un'etica il cui ordine si costruisce. Non c'è. La natura non ce l'ha data in dote.
L'etica non è solo un sentimento, è anche conoscenza, rispetto sicuramente, ma è soprattutto un modo per ordinare tutti questi aspetti in modo che sia in grado di prendere delle decisioni.
Io leggo tutti questi vostri bei commenti, ma non ci trovo nulla di interessante, perchè poi le decisioni le lasciamo sempre agli altri. Poi al bar sosteniamo una tesi o l'altra tanto comunque su quello che abbiamo da dire o da fare non dipende la vita o la morte di qualcuno.
faccio un esempio un po' macrabo:
due persone sono in pericolo di vita tu puoi salvarne solo una. Ma devi scegliere una soltanto nel breve tempo di 60 minuti, altrimenti moriranno entrambi.
Cosa fai? Quali sono le tue prime azioni...
p.s. io non lo so, ma se parto da un certo ordine etico, in cui ad esempio le due persone si sono trovate in quella situazione in circostanze sfortunate, la prima cosa che penserei è che la sfortuna decida chi debba morire. Per cui tirerò a sorte chi salvare.
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2024, 16:08:26 PMLe etiche che partono dall'alto sono quelle principalmente destinate ad un numero ristretto di persone. Penso ad esempio all'etica professionale di un medico, oppure di un avvocato o un politico.
non avevo afferato che vi fosse un etica che parte dal basso e un etica che parte dall alto. Salta fuori adesso sta cosa del dottore , dell avvocato e del politico. Non lo ritengo quindi penso che dovrai argomentare a proposito.
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2024, 16:08:26 PMIo leggo tutti questi vostri bei commenti, ma non ci trovo nulla di interessante, perchè poi le decisioni le lasciamo sempre agli altri.
Mi viene da risponderti ; parla per te.
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2024, 16:08:26 PMfaccio un esempio un po' macrabo:
due persone sono in pericolo di vita tu puoi salvarne solo una. Ma devi scegliere una soltanto nel breve tempo di 60 minuti, altrimenti moriranno entrambi.
Cosa fai? Quali sono le tue prime azioni...
Ma non eri tu che ti lamentavi della scarsa argomentazione filosofica a riguardo del tema? Se questo è il tuo modo di filosofare per me va bene , mi aspetto però che non mi si venga a criticare sul mio .
Citazione di: Alberto Knox il 20 Novembre 2024, 17:35:43 PMMi viene da risponderti ; parla per te.
Ma infatti io parlavo per me. Sono io che non trovo argomenti interessanti.
A cosa vi serve fare filosofia o, come in questo particolare argomento, parlare di etica se poi ciò che scrivete o sostenete non ha una ragione pratica?
E' chiaro che ad un certo punto vi metto di fronte a delle scelte di natura etica per capire se avete in testa un ordine etico e sapreste come comportarvi. Perchè il mondo è pieno di gente che predica bene e rozzola male.
Qua invece non siamo nemmeno alla predica... è più un parlare in politichese, qualcosa che non vuol dire nulla nonostante le tante parole.
Però come ho detto vi lascio parlare tranquilli...se così vi sentite al sicuro, potete passare dei bei pomeriggi senza che siate disturbutati da qualcuno che invece vorrebbe quagliare qualcosa.
Io sto gia utilizzando un mio ordine etico. E chiaramente non mi metto a parlare e discutere con chi mi fa perdere solo il mio tempo. Lo utilizzo in modo diverso. E' una questione etica anche questa.
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2024, 20:57:47 PMIo sto gia utilizzando un mio ordine etico. E chiaramente non mi metto a parlare e discutere con chi mi fa perdere solo il mio tempo. Lo utilizzo in modo diverso. E' una questione etica anche questa.
Se e quando riritornerai su questo forum, magari con modi meno pretenziosi, vorrà dire che noi non avremo sprecato il nostro di tempo, e comunque sarai sempre il benvenuto, e saremo sempre ben disposti a perdere il nostro con te, come abbiamo già fatto, e non perchè possediamo un etica di ''ordine' superiore, ma perchè ci viene dal cuore.
Citazione di: Alberto Knox il 20 Novembre 2024, 17:35:43 PMCitazioneIo leggo tutti questi vostri bei commenti, ma non ci trovo nulla di interessante, perchè poi le decisioni le lasciamo sempre agli altri.
Mi viene da risponderti ; parla per te.
mi riferivo alle tue ultime parole. Come fai a dire che noi tutti facciamo scegliere sempre gli altri e noi non decidiamo mai? sicuramente a volte decidiamo. E decidiamo secondo il nostro intendimento e secondo la nostra percezione per come siamo capaci.
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2024, 20:57:47 PME' chiaro che ad un certo punto vi metto di fronte a delle scelte di natura etica per capire se avete in testa un ordine etico e sapreste come comportarvi. Perchè il mondo è pieno di gente che predica bene e rozzola male.
quella non è una domanda di natura etica , quello è un esempio estremo che fa affiorare un dilemma. Chi salvo? ma la questione di fondo è sempre la salvezza e scegliere uno anzichè l altro non inficia la dimensione salvifica della nostra azione.
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2024, 20:57:47 PMA cosa vi serve fare filosofia o, come in questo particolare argomento, parlare di etica se poi ciò che scrivete o sostenete non ha una ragione pratica?
La questione è questa , quando tu ti assumi le domande che gli altri sono, quando tu rispondi così come sei capace , alla luce delle tue possibilità e alla luce delle tue competenze e dei tuoi carismi e rispondi alle domande di cura degli altri sei più uomo o meno uomo? io son convinto che siam più uomini ma devo motivarla questa cosa , ecco la ragion pratica, la devo motivare . Che cosa a che fare la logica della cura con la logica dell umanità? perchè non è per niente evidente oggi sopratutto ma anche a ben guardare nel medioevo ai tempi di Dante fino a scendere ai tempi di Seneca e anche fino a scendere ai tempi dei faraoni d' Egitto non è per niente evidente che essere uomini veramente significa assumere la cura perchè c'è una buona parte dell umanità che dice che essere uomini significa il contrario ; dominare, vincere , imporsi. Il filosofo maggior mente osannato e rispettato dai filosofi contemporanei è forse Friedrich Nietzsche la cui filosofia sapete bene non si basava sulla cura e perchè è così osannato? ma perchè sa esprimere al meglio quello che è il sentire del nostro tempo ,il nostro tempo è in balia di questa concezione del principio del dominio, della volontà di potenza , non è la volontà di cura , anzi questa la metti da parte dicendo che è moralismo etico e Nietzsche ritiene che l'etica sia un pensiero assolutamente sbagliato, un idiozia. I grandi pensatori all insegna dell etica a cui io faccio riferimento e che sono Platone , Gesù e Kant tutti e tre vengono bollati come idioti! da Nietzsche e perchè sono idioti ? perchè non capiscono la logica della vita e della natura, la logica della vita e della natura non ha niente a che fare con la cura . la logica della vita e della natura ha a che fare con la volontà di potenza
Wille zur Macht . Con il predominio, il terriorio , il sottomettere. Hai studiato la storia , studia la storia ragazzo guarda come procede , hai studiato la natura , guarda come procede pesce grande mangia il pesce piccolo e quello piccolo mangia quello ancora piu piccolo e tutti mangiano tutti
Bellum omnium contra omnes .
Questa è la struttura e tu mi vieni a parlare di bene mi vieni a parlare di cura?
sei un idiota! non capisci nulla! e dico nulla perchè siamo su un forum ma se fossimo altrove dire una cosa un pò più icastica , direbbe Nietzsche , se fosse qui. è forte la filosofia di Nietzsche ma è il discorso che si fa è il discorso che a volte facciamo e che fanno i nostri figli , uno cerca di educare i figli al bene e all onestà e poi entra e ti dice ma quale onestà e quale bene , la potenza , l affermazione , la grandezza dammi il coltello tutti hanno il coltello voglio anch io il coltello perchè così sarò forte e gli altri avranno paura e io esisto, consisto, persisto e mi porteranno rispetto. Guardate le notizie di cronaca Bologna 5 settembre 2024 morto ragazzo di 16 anni. Arrestato un coetaneo. riprendo un pezzetto dell articolo "poco dopo essere arrivato all'ospedale Maggiore che si trova a una manciata di metri dal luogo dove era stato accoltellato. E dietro a questa tragedia c'è l'ombra del bullismo."
veramente è il mondo che deve porsi con umiltà di fronte ad ogni e dico ogni essere umano appena nato chiedendogli scusa per il genere di mondo in cui è nato!
E poi lasciarlo così com'è in modo tale che ne esca una vera e reale individualità e non un esemplare del millenario gregge.
Il mondo non ha alcun diritto nè tanto meno il dovere di imporre a chicchessia qualsivoglia cosa.
Il mondo cominci a rinnegare sè stesso e cambiare registro,dinamiche e contenuti.
Fin a quel momento per me questo mondo è e resta un "motel"
Citazione di: Alberto Knox il 20 Novembre 2024, 12:21:40 PMsono d'accordo, l'etica ha origine dal sentire e se tu non senti come si fa a parlare di etica?
Certo che allo stato attuale delle cose, in teoria almeno, l'etica origina dal sentire, ma non sono d'accordo che il sentimento debba dirimere la questione dell'etica. In primo luogo il tuo sentire, quello di Alberto intendo, ti fa dire che vi siano cose più importanti della propria vita, cosa che io contesto. Nel senso che può essere senz'altro che io ritenga più importante della mia vita quella di una persona alla quale sono legato da grande affettività, ma si tratterebbe di un caso particolare. Può anche essere che in una situazione emotivamente coinvolgente uno possa pure compiere quello che si chiama un gesto eroico, magari dimenticando completamente quali possano essere le conseguenze del suo sacrificio per delle persone che di sicuro gli sono più care dello sconosciuto che intende salvare, ma pure qui ci si troverebbe in un caso particolare dato che non tutti fanno gli eroi. Per il resto ritengo che la mia vita valga di più di tutti gli ucraini o dei russi messi insieme, e anche di tutte le vite di quelli che ogni giorno muoiono di fame. Sarò pure uno stronzo, ma dal mio punto di vista sono solo uno che non è ipocrita. In seconda battuta contesto l'imperativo categorico kantiano, dato che il dover essere poggia tutto sulla certezza della libertà di scelta, cosa tutta da dimostrare. Tra l'altro io la nego, ma mi guardo bene dal porre come fondamento dell'etica il fatto che non sarei depositario di tale libertà. Pertanto, se di fondamenti dell'etica si deve parlare, se ne parli piuttosto affidandoci a dei principi di realtà stabiliti dalla ragione più che dai sentimenti che a mio vedere sono senza ombra di dubbio i promotori delle nostre argomentazioni razionali, ma al tempo stesso deformerebbero la realtà quando la si confronti con la ragione "pura", la quale corrisponderebbe alla ragione di tutti, che a sua volta in ultima analisi corrisponderebbe alla ragione umana. Ed è per questo che ho fatto riferimento al senso di vergogna che tu hai approvato; proprio perché quello è uno dei luoghi in cui si manifesta un probabile conflitto tra sentimento e ragione
Sono d'accordo con te che i sentimenti possono essere distorti, ma penso che senza un senso di empatia e compassione non si possa apprezzare appieno la situazione.
L'imperativo categorico dice: "devi perché devi", punto.
La legge morale per essere universale deve essere svuotata da ogni contenuto, da ogni definizione del bene. Il bene è tale perché si è agito solo per dovere, non perché si riteneva essere bene compiere quella determinata azione.
In sintesi, l'imperativo categorico esprime la purezza delle intenzioni.
Siamo ancora lì purtroppo, al Vangelo.
E quindi ad un'etica il cui fondamento ha bisogno di un Dio.
Come in effetti ammette lo stesso moralizzatore sgrammaticato Alberto Knox quando con grande ingenuità afferma che condizione dell'etica sarebbe il sentimento di qualcosa di più grande di noi.
Ma come? Non lo sa che ogni giorno ci sono tanti atei o materialisti sprovvisti di spiritualità trascendente che fanno il bene non perché sentano qualcosa di più grande ma perché vedono qualcosa di più piccolo, di più fragile, e per questo decidono di prendersene cura?
"Tu devi!". "Devi e basta!". "Devi, devi, deviiiiii!!!!".
Ma chi è che parla?
(Nietzsche e Freud cosa risponderebbero?)
Ma no, io non devo affatto. Io voglio! Voglio essere felice, e voglio la prosperità di coloro che mi stanno attorno. All'elogio del dovere sostituisco l'elogio dell'eudaimonìa.
In questi casi non bisogna avere dubbi: buttare via Kant, tenersi Aristotele!
Citazione di: TugA il 21 Novembre 2024, 11:20:01 AMSono d'accordo con te che i sentimenti possono essere distorti, ma penso che senza un senso di empatia e compassione non si possa apprezzare appieno la situazione.
Ciao TugA e benvenuto nel forum. Certo che i sentimenti e l'empatia concorrono, ma il senso del mio discorso era un pò più ampio. Seguendo cioè il citato eroe del mio post precedente, magari poi si scopre che aveva salvato un pezzo di merda e contestualmente messo in crisi le persone a lui più care. In ogni caso, ampliando il panorama, si scopre pure che l'essere umano è assai astuto e non manca, a volte inconsapevolmente, ma anche no, che l'altro strumentalizzi i tuoi sentimenti facendoti fare quello che vuole. Scemo lui ... si dirà. Certo, si può metterla pure così ... e infatti tra i truffatori si dice che nasce un cucco al giorno e beato chi lo cucca ... Ma non si pensi che il mondo dei non truffatori non sfrutti in modo più sottile l'arte dell'astuzia. Allora dico che se allo scemo insegni, a livelli istituzionali però, che l'essere umano, almeno l'uomo per quel che posso sostenere, è fondamentalmente egoista e di riflesso pure altruista, e non mancano certo le evidenze di entrambe le modalità, si vedrà che lo scemo prima o dopo impara e comincia a prendere le misure. Ma deve dirglielo l'istituzione statale, soprattutto perché lo scemo di turno saremmo tutti noi che pur sapendolo (che l'uomo è innanzitutto egoista) ancora taluni fanno finta che non sia così. A molti va bene, ma non so fino a che punto non essendo tra questi, ma a tanti altri va male di sicuro. Per questo mi appello alla ragione per parlare di etica
Citazione di: Koba II il 21 Novembre 2024, 14:17:48 PMCome in effetti ammette lo stesso moralizzatore sgrammaticato Alberto Knox quando con grande ingenuità afferma che condizione dell'etica sarebbe il sentimento di qualcosa di più grande di noi.
Ma come? Non lo sa che ogni giorno ci sono tanti atei o materialisti sprovvisti di spiritualità trascendente che fanno il bene non perché sentano qualcosa di più grande ma perché vedono qualcosa di più piccolo, di più fragile, e per questo decidono di prendersene cura?
con qualcosa piu grande e piu importante di te io intendo qualcosa di più importante del tuo mero tornaconto, del tuo interessere particolare che può essere Dio, può essere il bene comune, può essere la natura , può essere l amore per la famiglia. Che molti atei abbiano un comportamento alcquanto responsabile e onesto e che viceversa ci sono molti così detti credenti che definire etico il loro comportamento sarebbe come minimo imbarazzante questo lo so perfettamente mio caro kobas.
E per quanto riguarda l attacco del moralizzatore sgrammaticato non c'è problema perchè tanto lo sapevo che sarei stato bollato come moralista e quando parlo di sentimenti sarei stato etichettato come sentimentalista e quando parlo di bene di buonista. Ma certo che è così, non vi è mai capitato che qualcuno vi dica "scusa non è per farti la morale però..." quasi che parlare di morale sia una cosa che è meglio evitare , quasi che ti guardano male e quindi si mette le mani avanti chiedendo scusa. Ma che cosa vuoi tu dagli altri se non essere trattato con umanità, con bontà, con gentilezza? definisciti moralista se vuoi questo , definisciti buonista. Così va bene secondo voi? spero che ci sia stato almeno un lettore che abbia visto che io non sono affatto un moralista . la legge morale universale non ti dice che cosa fare in quella o l altra situazione ti dice che cosa fare in tutte le situazioni. Quindi che morale devo fare se non rivolgermi a ciò che per voi è giusto!
Citazione di: Alberto Knox il 21 Novembre 2024, 14:57:31 PMcon qualcosa piu grande e piu importante di te io intendo qualcosa di più importante del tuo mero tornaconto, del tuo interessere particolare che può essere Dio, può essere il bene comune, può essere la natura , può essere l amore per la famiglia. Che molti atei abbiano un comportamento alcquanto responsabile e onesto e che viceversa ci sono molti così detti credenti che definire etico il loro comportamento sarebbe come minimo imbarazzante questo lo so perfettamente mio caro kobas.
E per quanto riguarda l attacco del moralizzatore sgrammaticato non c'è problema perchè tanto lo sapevo che sarei stato bollato come moralista e quando parlo di sentimenti sarei stato etichettato come sentimentalista e quando parlo di bene di buonista. Ma certo che è così, non vi è mai capitato che qualcuno vi dica "scusa non è per farti la morale però..." quasi che parlare di morale sia una cosa che è meglio evitare , quasi che ti guardano male e quindi si mette le mani avanti chiedendo scusa. Ma che cosa vuoi tu dagli altri se non essere trattato con umanità, con bontà, con gentilezza? definisciti moralista se vuoi questo , definisciti buonista. Così va bene secondo voi? spero che ci sia stato almeno un lettore che abbia visto che io non sono affatto un moralista . la legge morale universale non ti dice che cosa fare in quella o l altra situazione ti dice che cosa fare in tutte le situazioni. Quindi che morale devo fare se non rivolgermi a ciò che per voi è giusto!
Ma guarda che qui tutti stiamo parlando di morale: essendo l'argomento del topic non potrebbe essere altrimenti...
A parte te però non mi pare che nessuno si esibisca in discorsi di esortazione. Ed essendo questo un forum di filosofia e non la chat del telefono amico...
Siamo qui per riflettere, non per commuoverci e dire "sì devo cambiare vita!".
Ma la cosa che più conta è che dovresti analizzare con attenzione gli spunti critici contenuti nel mio post e in quello di daniele22: nei tuoi accenni all'etica di Kant ci sono errori importanti.
Citazione di: Koba II il 21 Novembre 2024, 15:52:44 PMMa la cosa che più conta è che dovresti analizzare con attenzione gli spunti critici contenuti nel mio post e in quello di daniele22: nei tuoi accenni all'etica di Kant ci sono errori importanti.
uno di tale errori è sicuramente ritenere , come da te riportato, che l'imperativo categorico sia un devi che viene dall esterno e non da dentro di te. Non dovete pensare che l imperativo categorico sia riferito ad una legge che sta là in alto con un triangolo in testa e ti punta il dito dicendo "devi rendere il portafoglio che hai trovato!!! o verrai punitoooo" no , se tu trovi un portafoglio lo sai che cosa è giusto faree te lo dice la tua coscienza, la tua coscienza morale. Poi puoi anche decidere di tenertili i soldi, cosa vuoi che me ne frega ? non sono io che vi sto facendo la morale lo capisci o no?
Citazione di: Koba II il 21 Novembre 2024, 15:52:44 PMA parte te però non mi pare che nessuno si esibisca in discorsi di esortazione.
l'unico discorso di esortazione forse lo avuto parlando con Iano, ma poi per il resto sono discorsi attorno l etica e che cos'è l etica , lo detto
percezione e
attuazione della
responsabilità personale. E poi ho argomentato, non va bene ? non ti piace? e allora specifica dove non va bene che andiamo a parlarne. O forse vuoi che cambio impostazione così come lo vorrebbero in tanti qui dentro.
Citazione di: Koba II il 21 Novembre 2024, 14:17:48 PMfanno il bene non perché sentano qualcosa di più grande ma perché vedono qualcosa di più piccolo, di più fragile, e per questo decidono di prendersene cura?
Vuoi sapere com'è l etica di Nietzsche riguardo a quei deboli a quei fragili di cui parli ?
Citazione di: daniele22 il 21 Novembre 2024, 09:37:09 AMIn primo luogo il tuo sentire, quello di Alberto intendo, ti fa dire che vi siano cose più importanti della propria vita, cosa che io
Ma io questo non l ho mai detto, non mi sono mai permesso di toccare la sacralità della vita di ognuno qui dentro, la tua vita è sacra, cosa c'è di più sacro della vita e quando uno muore per un altro si dice appunto "sacrificio" in riferimento della sacralità della vita. No Daniele niente è più importante della tua vita , sono 18 pagine che ripeto le medesime cose , ho parlato sull importanza secondo me fondamentale di
sentire (e non solo capire) che c'è qualcosa di più grande e di più importante di te ovvero non della tua vita biologica ma del tuo interesse personale, del tuo tornaconto privato, del tuo ego in pratica . A questo mi riferisco ma lo detto più di una volta. Ho fatto anche l esempio di Einstein a riguardo.
Citazione di: daniele22 il 21 Novembre 2024, 09:37:09 AMPertanto, se di fondamenti dell'etica si deve parlare, se ne parli piuttosto affidandoci a dei principi di realtà stabiliti dalla ragione più che dai sentimenti che a mio vedere sono senza ombra di dubbio i promotori delle nostre argomentazioni razionali, ma al tempo stesso deformerebbero la realtà quando la si confronti con la ragione "pura", la quale corrisponderebbe alla ragione di tutti, che a sua volta in ultima analisi corrisponderebbe alla ragione umana. Ed è per questo che ho fatto riferimento al senso di vergogna che tu hai approvato; proprio perché quello è uno dei luoghi in cui si manifesta un probabi
Ma kant fonda la sua morale sulla ragione pratica ma nello stesso tempo inchioda la pura ragione alla logica antinomica. che cosa significa? bhè che ci sono tante ragioni per dire si alla vita e altrettante ragioni per dire no alla vita , tante argomentazioni ragionevoli per supporre l 'esistenza di Dio e altrettanti argomentazioni ragionevoli per sostenere la non esistenza di Dio. ci sono ragione per sostere la libertà e ci ragioni per sostenere la non libertà. Ci sono ragioni valide a sotegno del bene e ragioni valide a sostegno del male. Perchè devi fare il bene Daniele? anche quando nessuno ti vede, perchè ? perchè fare il bene se e più conveniente il male? o il non bene, senza tirare in ballo il male, se questo può andare a nostro favore? Se non riusciamo rispondere a questa domanda ogni spiegazione di un fondamento etico rimane monca. Fare il bene ci rende felici forse? non una forzatura forse?
Citazione di: Alberto Knox il 21 Novembre 2024, 16:25:20 PMuno di tale errori è sicuramente ritenere , come da te riportato, che l'imperativo categorico sia un devi che viene dall esterno e non da dentro di te. Non dovete pensare che l imperativo categorico sia riferito ad una legge che sta là in alto con un triangolo in testa e ti punta il dito dicendo "devi rendere il portafoglio che hai trovato!!! o verrai punitoooo" no , se tu trovi un portafoglio lo sai che cosa è giusto faree te lo dice la tua coscienza, la tua coscienza morale. Poi puoi anche decidere di tenertili i soldi, cosa vuoi che me ne frega ? non sono io che vi sto facendo la morale lo capisci o no?l'unico discorso di esortazione forse lo avuto parlando con Iano, ma poi per il resto sono discorsi attorno l etica e che cos'è l etica , lo detto percezione e attuazione della responsabilità personale. E poi ho argomentato, non va bene ? non ti piace? e allora specifica dove non va bene che andiamo a parlarne. O forse vuoi che cambio impostazione così come lo vorrebbero in tanti qui dentro.
Vuoi sapere com'è l etica di Nietzsche riguardo a quei deboli a quei fragili di cui parli ?
Ti sei sentito attaccato e ora ti stai difendendo, e tralasci le cose importanti. La mia, sul "moralizzatore", era solo una battuta. Andiamo oltre.
Passiamo cioè a Kant: lo so bene che lui ci presenta l'imperativo categorico come una voce interiore, diciamo così. Ma al di là delle sue intenzioni, il fatto che questa etica non riesca a stare in piedi senza porre anche l'ipotesi di Dio e dell'immortalità dell'anima (perché il giusto deve pur essere felice e se questo mondo con le sue regole glielo impedisce ci deve essere qualcosa al di là, qualcosa deve essere congetturato etc...), dico che la necessità argomentativa di queste due ulteriori idee deve essere preso come il sintomo di qualcosa che non va, che non funziona.
Per questo ho fatto riferimento alla purezza delle intenzioni: cioè l'espressione di un certo tipo di cristianesimo, guarda caso quello in cui è cresciuto il nostro Immanuel, un tipo di cristianesimo che alla fine sembra essere il vero contenuto del formalismo kantiano.
Si potrebbe però obiettare in difesa di Kant che la morale evangelica stessa non ha bisogno di Dio, è universale, e che quindi siamo con il formalismo kantiano in perfetta sintonia. In questo caso Kant avrebbe soltanto dato un'espressione filosofica rigorosa a una verità già appresa.
Ma è così?
Io non credo.
In assenza di un Dio c'è da chiedersi veramente da dove arrivi l'invito al dovere.
Anzi c'è da chiedersi che cosa nasconde questa
devozione al dovere.
Secondo me fa parte della storia delle malattie dell'anima tedesca.
E ci voleva il filosofo tedesco meno tedesco, cioè Nietzsche, per smascherare questa degenerazione.
Ps.: Post 87 "[...] Ebbene Kant nella morale autonoma non può che fondarla su due cose che non hanno niente a che fare con la ragione". Questo è uno degli errori di cui parlavo e che ho cercato di chiarire all'inizio del post precedente.
Citazione di: Koba II il 21 Novembre 2024, 17:09:32 PMIn assenza di un Dio c'è da chiedersi veramente da dove arrivi l'invito al dovere.
Conosci una vita che sia indipendente dall animalità e dalla vegalità? e una vita anche che sia indipendente da tutto il resto del mondo sensibile? te lo dico io no. Là dove c'è vita c'è animalità (o vegalità) là dove c'è vita c'è energia, materia , c'è tempo, c'è spazio. Eppure senti cosa dice Kant, e lo può provare? no non lo può provare , lo sente , lo trascrive e ci comunica questa esperienza;
Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me...-(Dove con cielo stellato si intende l'ordine cosmico)e poicontinua ..."
Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell'oscurità, o fossero nel trascendente, fuori del mio orizzonte: io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza. La prima comincia dal posto che io occupo nel mondo sensibile esterno, ed estende la connessione in cui mi trovo, a una grandezza interminabile, con mondi e mondi, e sistemi di sistemi; e poi ancora ai tempi illimitati del loro movimento periodico, del loro principio e della loro durata. La seconda comincia dal mio io invisibile , dalla mia personalità, e mi rappresenta in un mondo che ha la vera infinitezza, ma che solo l'intelletto può penetrare, e con cui (ma perciò anche in pari tempo con tutti quei mondi visibili) io mi riconosco in una connessione non semplicemente accidentale (contingente), ma universale e necessaria. Il primo spettacolo di una quantità innumerevole di mondi annulla la mia importanza di creatura animale che deve restituire nuovamente al pianeta (un semplice punto nell'universo) la materia della quale si formò, dopo essere stata provvista per breve tempo (e non si sa come) della forza vitale. Il secondo, invece, eleva infinitamente il mio valore, come valore di una intelligenza, mediante la mia personalità in cui la legge morale mi manifesta una vita indipendente dall'animalità e anche dall'intero mondo sensibile, almeno per quanto si può riferire dalla determinazione conforme a fini della mia esistenza mediante questa legge: la quale determinazione non è ristretta alle condizioni e ai limiti di questa vita, ma si estende all'infinito..."la può provare forse? no, lo sente e lo trascrive . Che cosa siamo noi rispetto all universo, meno che un puntino di polvere eppure come siamo messi a livello di informazione interiore rispetto al resto dell universo? Questo non ci deve far pensare? Per Finire inserisco il commento a questo brano da parte di una grande Filosofa la quale va tutta la mia stima e la mia ammirazione, parlo di Hanna Harendt, la quale scrisse queste due righe di commento: "Dunque, ciò che ci salva dall annientamento, dall essere un semplice puntino nell infinità dell universo è questo "io invisibile" capace da solo di contrapporsi all universo infinito."
Citazione di: Koba II il 21 Novembre 2024, 17:09:32 PMPs.: Post 87 "[...] Ebbene Kant nella morale autonoma non può che fondarla su due cose che non hanno niente a che fare con la ragione". Questo è uno degli errori di cui parlavo e che ho cercato di chiarire all'inizio del post precedente
Sì ma dal momento che la ragione è consegnata all antinomia delle scelte altrettannto ragionevoli una rispetto all altra pur essendo contradditorie , allora ha dovuto, per come ho capito io, introdurre come fondamento della sua morale autonoma non la ragione (la quale è inchiodata all antinomia) ma al sentimento e al senso del dovere.
Citazione di: Alberto Knox il 21 Novembre 2024, 16:25:20 PMuno di tale errori è sicuramente ritenere , come da te riportato, che l'imperativo categorico sia un devi che viene dall esterno e non da dentro di te.
Quanto meno il non considerare che possa venire da dentro, è pregiudiziale.
E questo è paradossale, perchè si scarta a priori proprio l'ipotesi che renderebbe più semplice spiegare il perchè del nostro sgarrare dai supposti principi etici assoluti, e la spiegazione sarebbe appunto che assoluti non sono.
Il comportamento etico a me pare prevalente , per cui uno dovrebbe chiedersi il perchè di questa prevalenza, piuttosto che chiedersi il perchè delle ''eccezioni''.
Sarebbe come chiedersi come mai, avendo vinto il partito etico col 70% dei voti, il 30% gli abba votato contro?
Insomma qui si guarda alla pagliuzza e non si vede la trave, e non dico ciò per sminuire la gravità che la pagliuzza comporta.
Cioè si da per scontato il bene, invece di plaudire ad esso, e si pone la lente di ingrandimento sul male.
Naturalmente il mio discorso poggia sull'ipotesi che il bene sia maggioritario, il che sarebbe da dimostrare.
Certo non lascerei il giudizio alla nostra emotività, di modo che il giudizio dipenderebbe così dal nostro essere tendenzialmente pessimisti piuttosto che ottimisti, tanto è vero che io ipotizzo la prevalenza del bene essendo ottimista.
Mettiamo allora da parte per un attimo l'emotività e proviamo a mettere su un sistema di misura ''etico''.
Fatta la misura poi ognuno potrà decidere se mantenere la convinzione che l'etica stia fuori di noi oppure dentro, avendo miglior cognizione del problema da risolvere.
Citazione di: Alberto Knox il 21 Novembre 2024, 18:00:29 PMSì ma dal momento che la ragione è consegnata all antinomia delle scelte altrettannto ragionevoli una rispetto all altra pur essendo contradditorie , allora ha dovuto, per come ho capito io, introdurre come fondamento della sua morale autonoma non la ragione (la quale è inchiodata all antinomia) ma al sentimento e al senso del dovere.
Se l'istanza etica è interna a noi allora è propriamente attraverso il sentimento che si esterna.
Se invece è esterna allora siamo di fronte ad un imperativo, il ''devi'', se non addirittura il ''deviiiiii'' di chi gridando pensa perciò di aver ragione, ma in mancanza della certa conoscenza di questo imperativo, e disperando di poterlo conoscere, semplicemente ci si condanna all'inconcludenza nel migliore dei casi, e nel peggiore a cercare il sistema di imporre agli altri l'imperativo che ci illudiamo di aver trovato.
il paradosso è che in questi casi, non riuscendolo trovare dentro di se l'imperativo, lo si va ricercare negli scritti di autorevoli autori, come se loro chissà da dove lo avrebbero tratto, se non da dentro di se, salvo che non siano profeti illuminati dal Dio di turno.
Se l'imperativo etico è esterno a noi c'è un alternativa ad affidarsi a un profeta? Direi di no.
Io però preferisco puntare sull'umanità e da ciò che la sostanzia, piuttosto che su qualcosa ad essa aliena, fosse pure un Dio.
Alla fine la questione mi sembra si riduca a quanto abbiamo fiducia in noi prima, e nel nostro prossimo poi.
Io, chiamatemi scemo, ma questa fiducia nel prossimo, me compreso, ce l'ho, anche perchè comunque non vedo alternative praticabili.
Citazione di: Koba II il 12 Novembre 2024, 17:05:32 PMCredo sarebbe il caso di aprire un topic sulla lettura della Repubblica.
Io mi ritengo un allievo di Platone, e prima di arrivare alla lettura delle opere politiche, mi devo confrontare con quelle filosofiche e i loro giochi e rimandi interni.
La verità non è un mero discorso esterno, ma un discorso esterno interiorizzato.
Se il fine è essere immagine di Dio, o vivere secondo l'esempio del Cristo, questo va valutato severamente.
Quando leggo Focault e in generale tutta la filosofia francese del novecento non posso che provare un ribrezzo ed un orrore per quello che mi hanno fatto.
Per Focault non esistono leggi fisse, ma leggi interne al dispositivo, che poi sarebbe la società. Questo modo di pensare è il contrario di quello che, per quel poco che sto leggendo, appartiene alle virtù etiche.
Per me la virtù etica è ciò che si scopre nell'indagine fra l'io e Dio.
Non appartiene al soggetto, per cui ti rimando a Hegel.
La mia è sempre stata un indagine sulla salvezze. Ma evidentemente non è solo mia. Nelle Confessioni che ho appena aperto, se ne parla subito senza indugi.
Faccio fatica a vedere la gnosi come qualcosa che ragioni per libri scritti, senza vissuto.
Il vissuto è naturalmente il rapporto tra il mortale che noi siamo e lo strano richiamo al divino, che ne è poi il suo destino, e la vera ricerca.
La ricerca degli esercizi spirituali l'avevo letta all'epoca e non mi era piaciuta, ma dovrei rivederla oggi se coicide con il grande messaggio antico.
Il vero non riguarda una proposizione logica come vorrebbe Aristotele, il vero sono anche gli Dei, i miti, gli aruspici. Negare la parte diremmo oggi inconscia della ricerca mi pare faccia parte del bagaglio errato della modernità.
Io me ne sono disfatto con gran soddisfazione.
Jaeger va letto, ma il suo concetto ampliato, mi sembra di ricordare dalla lettura del maestro. Forse era proprio nel senso dell'accettazione della dimensione che oggi diremmo etichettandola (erroneamente) epica, o tragediografa.
Citazione di: iano il 21 Novembre 2024, 23:25:25 PMNaturalmente il mio discorso poggia sull'ipotesi che il bene sia maggioritario, il che sarebbe da dimostrare.
Il fatto sta nella verità della sua portata etica. Anche i nazisti erano maggioritari, e così i comunisti, e così i capitalisti-consumisti.
Una maggioranza può dire che un comportamento etico sia relativista, ma questo non vuol dire affatto che la virtù che lo rende vero, sia potenzialmente falsa.
Il fatto che nella società relativista non riusciamo più a capire l'antichità su su fino a Kant, dimostra solo quanto il sudiciume morale sia diffuso in questa società.
A partire dal suo carattere anti-sessuale.
La filosofia di Nietzche non è fin dei conti un relativismo, ma una critica al relativismo culturale.
Le sue pagine terse vanno diritto al punto della verità morale che non può che essere che singolare e naturale.
La mia discrasia col cristianesimo è dovuta proprio all'assunzione nel regno del naturale di ciò che è anti-naturale.
Ma in realtà il critianesimo ha riflettuto parecchio sull'amore.
Creando per esempio il concetto di pietà.
La pietà è un valore, l'obbedienza alle leggi no, questa lezione di Tommaso mi ha parecchio impressionato. L'obbedienza è dovuta SOLO se è rispettata la pietà.
Nel nostro tempo le leggi hanno abdicato in maniera abnorme.
La pace universale di cui delirava Kant, è possibile solo se le anime diventano cristiane, ossia eredi della cultura gnostico-ebraica-greco-romana.
Ma io sto parlando al vento, perchè prima di andare a questi studi, noi dobbiamo anzitutto capire che siamo dentro un mondo che dice reale ciò che è fantastico e psicotico ciò che è reale.
Il relativismo è diventato l'ombra stessa del grande nemico, del diavolo, della bestia.
Se non sentiamo le bestie bibliche, questo è dovuto alla modernità.
In generale trovo straordinario la caduta degli Dei.
E certo quando l'umanità cede proprio sulla sua stessa umanità, la fine di un Leopardi scandagliatore acuto dell'incomprensione fra gli uomini, si carica di potenza drammatica.
Il Dio, la sua perdita, e il ritorno alla sua ricerca, tutto questo sta dentro la virtù cristiana.
Non possiamo ancora dirci cristiani, non possiamo pensare che si è detto tutto, molto rimane da indagare. Per noi moderni che poi abbiamo dimenticato tutto, la cosa diventa enorme.
Nel mio piccolo ho iniziato a scavare.
Per quanto rigurda l'imperativo categorico, credo si tratti di una facoltà del giudizio puro.
Ma è nella ragione pratica che questo imperativo trova applicazione, ossia nella nostra libertà di scelta.
Il puro è ciò che riguarda l'astratto, e così le sue antinomie.
Non è il regno degli uomini e del sentimento, ma è il regno della ragione.
Ma la purezza è semplicemente un prembolo alla scelta non pura della ragione pratica, ossia libera.
Inoltre kant è andato avanti con l'estetica, dove forse il discorso religioso rientra dall'uscio da cui era stata cacciata, ossia appunto da quello della ragion pura.
Vi è anche un opera postuma, dove secondo Baldini lo studioso Hosle ha fatto notare come Kant cerchi di far rientrare nel puro la questione storica, ossia del soggetto, critica che Hegel stesso gli fece, senza veramente riuscirci.
Penso che l'antichità sia un maestro superiore alla modernità, di cui Kant è solo una strana eccezione.(per quanto io non lo sopporti :D )
Citazione di: green demetr il 22 Novembre 2024, 01:26:58 AMAnche i nazisti erano maggioritari, e così i comunisti, e così i capitalisti-consumisti.
Intendevo una distribuzione unifome media del bene nello spazio, ciò che non esclude concentrazioni del male locali, e il paradosso è che queste concentrazioni sono figlie di imperativi etici che vengono condivisi, tipo predestinazioni razziali e destini divini in generale, mentre non potrebbero avvenire in presenza di una relatività di opinioni uniformemente diffusa.
Ovviamente io non credo che dell'andare alla ricerca di questi imperativi morali, come fai tu, ci sia nulla da temere.
Il mio timore inizia quando, e se, dai risultati della propria ricerca personale si passa poi all'indottrinamento del popolo riuscendoci, perchè in questo modo, nel bene e nel male, vengono a potenziarsi le conseguenze di quella convinzione non più solo personale.
Altra cosa è la reciproca influenza di filosofie che nel dialogo si ibridano fra loro, non compromettendo l'uniformità nella distribuzione della ricchezza di opinioni.
Questa non è solo una mia convinzione, ma una cosa che sento proprio a pelle, così che quando esprimendo una mia opinione trovo qualcuno che vi concordi pienamente, mi chiedo dove ho sbagliato. :)
Mi sento cioè responsabile delle opinioni che riesco ad inculcare nella testa altrui, per cui quando mi sento dire che su nulla di ciò che ho scritto concordano, tiro un sospiro di sollievo.
Non so se succede solo a me questa cosa, ma è come se la mia libertà di pensiero da quel momento in poi ne venisse condizionata, dovendo rispettare le aspettative che negli altri ho indotto.
Provo soddisfazione invece quando la condivisione di un mio input diventi motivo di ricerca personale per coloro che lo condividono, e non quindi solo il punto di arrivo.
Una ricerca che possa arrivare a un punto di arrivo definitivo per me equivale alla morte intellettuale, cioè alla fine del piacere di stare qui o altrove a discutere con voi, magari aprendo la bocca per alternare alle parole fette di salame e gotti di Nero D'Avola. :))
Citazione di: Alberto Knox il 21 Novembre 2024, 16:58:09 PMMa io questo non l ho mai detto, non mi sono mai permesso di toccare la sacralità della vita di ognuno qui dentro, la tua vita è sacra, cosa c'è di più sacro della vita e quando uno muore per un altro si dice appunto "sacrificio" in riferimento della sacralità della vita. No Daniele niente è più importante della tua vita , sono 18 pagine che ripeto le medesime cose , ho parlato sull importanza secondo me fondamentale di sentire (e non solo capire) che c'è qualcosa di più grande e di più importante di te ovvero non della tua vita biologica ma del tuo interesse personale, del tuo tornaconto privato, del tuo ego in pratica . A questo mi riferisco ma lo detto più di una volta. Ho fatto anche l esempio di Einstein a riguardo.
Ma kant fonda la sua morale sulla ragione pratica ma nello stesso tempo inchioda la pura ragione alla logica antinomica. che cosa significa? bhè che ci sono tante ragioni per dire si alla vita e altrettante ragioni per dire no alla vita , tante argomentazioni ragionevoli per supporre l 'esistenza di Dio e altrettanti argomentazioni ragionevoli per sostenere la non esistenza di Dio. ci sono ragione per sostere la libertà e ci ragioni per sostenere la non libertà. Ci sono ragioni valide a sotegno del bene e ragioni valide a sostegno del male. Perchè devi fare il bene Daniele? anche quando nessuno ti vede, perchè ? perchè fare il bene se e più conveniente il male? o il non bene, senza tirare in ballo il male, se questo può andare a nostro favore? Se non riusciamo rispondere a questa domanda ogni spiegazione di un fondamento etico rimane monca. Fare il bene ci rende felici forse? non una forzatura forse?
Va bene, non ho usato le tue parole precise, ma la sostanza resta la stessa dato che il mio tornaconto è per certo implicato con la mia vita. In ogni caso non considero la vita come qualcosa di sacro, altra frase fatta molto in voga ad oggi. Per mio conto la vita di chiunque andrebbe doverosamente rispettata in ragione di quanto costui rispetti la tua. A livelli di quello che indichi come mero tornaconto personale ti concedo che se non ho problemi economici restituisco senz'altro il portafoglio, ma non più di questo. Intendi cioè che se fossi come si suol dire "preso con le bombe" non proverei certo vergogna a non restituirlo ... figurati poi un anarcoide come il sottoscritto che potrebbe pure non restituirlo solo per dispetto ideologico.
Per quello che riguarda Kant, che era un credente anche se un po' controverso, l'imperativo categorico non sarebbe sostenibile se non da un credente, a livello teorico però. Perché in pratica è un'altra faccenda. Se proprio devo pensare a Kant infatti me l'immagino come un filosofo che si è nutrito di libri e di corrispondenza con altri, ma che si sia ben poco calato nel tessuto sociale popolare, e dicendo popolare non intendo certo quello dei suoi pari, nonostante fosse figlio di un artigiano. Ma si dice pure che avesse dei grandi pregiudizi nei confronti degli ignoranti. Grave mancanza e probabilmente decisiva. Dall'altra parte invece, quella dell'ateo o agnostico che sia, la libertà di scelta, che sarebbe infine quella che dà legittimazione alla formulazione dell'imperativo categorico, sarebbe completamente insostenibile da un punto di vista logico razionale giacché ogni scelta sarebbe condizionata da qualcosa, vedi sopra la scelta dell'uomo agiato e la scelta dell'uomo "ciapà cóe bombe". Non pensare inoltre che un imprenditore, o pure un operaio, a fronte di una sventura generica che li colga a cinquanta o cinquantacinque anni non possano trovarsi pure loro "presi con le bombe" e di conseguenza mutare certe coordinate relativamente alle loro posizioni etico/morali. E allora ¿a chi dovremo chiedere cosa è bene e cosa è male se non a noi stessi e nel nome del proprio tornaconto di quel momento, materiale o spirituale che esso sia? Magari, dico, fosse così semplice inquadrare il bene e il male come fossero cristallizzabili nella semplice formula dell'imperativo categorico. Alberto, bisogna essere realisti nell'affrontare filosoficamente ciò che chiamiamo realtà. Comunque, mi sembra di cogliere nel tuo pensiero quasi una pretesa a voler identificare dovere e volontà. Se così fosse non sarei certo in disaccordo, ma ne deve passare ancora assai molta di acqua sotto i ponti prima che si possa scorgere la giustezza di una simile identificazione
Citazione di: daniele22 il 22 Novembre 2024, 07:41:22 AME allora ¿a chi dovremo chiedere cosa è bene e cosa è male se non a noi stessi e nel nome del proprio tornaconto di quel momento, materiale o spirituale che esso sia? Magari, dico, fosse così semplice inquadrare il bene e il male come fossero cristallizzabili nella semplice formula dell'imperativo categorico. Alberto, bisogna essere realisti nell'affrontare filosoficamente ciò che chiamiamo realtà
Sicuramente tu hai toccato almeno una parte di quello che noi chiamiamo realtà . Se guardiamo la storia infatti le cose stanno così, dove le bombe sono da sempre cadute sull uomo. Mi viene in mente un momento dell opera di primo levi, un uomo a cui le bombe sulla testa non sono certo mancate. Nel proseguo di "se questo è un uomo " dal titolo "la tregua" . Vado a memoria;
Dopo la liberazione a opera dell'Armata Rossa, Levi stringe amicizia con un ex prigioniero greco, Mordo Nahum il quale lo rimprovera e gli dice "ma non hai capito niente , non lo sai che la cosa più importante sono le scarpe prima ancora del cibo , perchè se non hai le scarpe, il cibo non lo riesci ad andare a prendere" .."sì ma adesso la guerra è finita" risponde Primo Levi e Mordo Nahum lo guarda come uno che sa verso chi non sa e gli risponde "guerra è sempre".
Oggi noi possiamo dirlo ancora che "guerra è sempre"?
abbiamo ragioni per dirlo perchè devi lottare per far valere i tuoi diritti sul lavoro, lottare per trovare lavoro, lottare per pagare le bollette , lottare per non farsi fregare dal prossimo e quindi da questo punto di vista noi a cosa siamo chiamati ad avere cura o a lottare? sì noi possiamo dire che "guerra è sempre" ma possiamo anche dire "anche etica è sempre" ecco la dialettica antinomica che si inserisce nel tuo stesso terreno di toccare la realtà, abbiamo tante ragioni per dire "arma virunque cano" (così inizia il poeta Publio virgilio Marone nelle Eneide ), canto alle armi e all uomo , ma uomo inteso come vir , cioè come guerriero è chiaro. Abbiamo tante ragioni per dire questo e quindi l 'odio e quindi la forza e quindi l'oppressione e quindi la vittoria e quindi la selezione e abbiamo altrettanto ragioni per dire che canto l amore, che canto il bene , che canto la giustizia, che canto la cura . Da un punto di vista logico razionale non le abbiamo queste ragioni forse? E quindi certo che siamo chiamati a lottare per il nostro stare bene ma in questa sede stiamo parlando di etica ed etica non significa fare quello che ci conviene.
Ho scritto adesso sul pc "etica significato" e il primo dizionario che mi è uscito dice esattamente ; etica
/è·ti·ca/
sostantivo femminile- Dottrina o indagine speculativa intorno al comportamento pratico dell'uomo di fronte ai due concetti del bene e del male.
Io vi voglio dire che dal punto di vista del bilancio storico noi non siamo in grado di dire se ci sono più motivi fondati per amare o per odiare, per servire il male o per servire il bene , se volere la furbizia, la scaltrezza , l affare personale e quindi la disonoestà quando conviene che non il bene , la giustizia , l'onestà.
Citazione di: Alberto Knox il 22 Novembre 2024, 20:21:37 PMdal punto di vista del bilancio storico
Magari sei nell'epoca sbagliata a livello storico per poterti solo permettere qualche bilancio. E comunque appunto il fatto che questo bilancio sia fallimentare, dice tutto su questa epoca buja.
Il relativismo va combattuto.
Citazione di: green demetr il 23 Novembre 2024, 00:19:58 AMIl relativismo va combattuto.
oppure compreso. Tu lo conosci il filosofo Pascal? conoscerai senz altro alcuni dei suoi aforismi, che troviamo molto spesso nei baci Perugina , una di questi aforismi dei cioccolatini dice così " Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce" ma se si va a leggere la pagina del libro "i pensieri" e non solo quel pezzettino dei baci perugina scopri che anzitutto lui stava parlando della matematica tanto per cominciare e non di cose astratte e sentimentali e cosa diceva? Che in matematica ci sono due tipi di affermazioni, ci sono le affermazioni come 2+2 fa 4 e sono quelle che noi dimostriamo con i nostri ragionamenti o il teorema di pitagora ecc. e quelle sarebbero le ragioni della ragione , la ragione che dimostra ma attenzione in matematica non c'è niente in assoluto, non c'è un teorema che vale in assoluto . La somma degli angoli di un triangolo è 180°
se siamo nella geometria euclidea 2+2 fa 4
se siamo nell aritmetica dei numeri interi . E questi sono gli assiomi, cioè delle affermazioni non dimostrate da cui si parte che pascal chiama le ragioni del cuore e perchè lo diceva? perchè per capire quali devono essere le ragioni del cuore , cioè gli assiomi da cui derivare le nostre affermazioni bisogna usare un qualche cosa che non è la ragione che lui chiama "cuore" ma che un matematico chiamerebbe "intuizione" si intuiscono gli assiomi . Aristotele diceva "è segno di buona educazione sapere quando fermarsi" e lui intendeva quando si dimostrano le cose ,non si può andare indietro all infinito, ad un certo punto si parte da cose che si accetta come base di partenza. Al punto che ci sono tre tipi di geometrie ognuna con i suoi assiomi. la geometria eulcidea, la geometria sferica in cui la somma degli angoli di un triangolo è maggiore di 180° e la geometria iperbolica dove la somma è minore di 180°.
2x3 fa sei e 3x2 fa sempre sei se l aritmetica che stai utlizzando è quella dei numeri interi ma ci sono altri ambiti della matematica che si chiamano ambiti non commutativi in cui l operazione di moltiplicazione non è commutativa se uno fa 2x3 viene una cosa e se fa 3x2 ne viene un altra e questa si chiama algebra delle matrici il cui prodotto non è commutativo. Questo tanto per dare una risposta a livello logico alla tua affermazione che il relativismo va combattuto.
CitazioneIl relativismo va combattuto.
Alcuni esempi di civiltà dove il relativismo è stato combattuto: 1) socialismo reale, 2) nazifascismo 3) società medioevale, 4) attuali società islamiche integraliste.
Alcuni esempi di civiltà dove il relativismo non è stato combattuto: 1) antica Grecia e antica Roma, 2) Rinascimento, 3) Mondo occidentale.
Ho ovviamente tagliato con l'accetta una storia molto più complessa, ma se vogliamo restare in un ambito didattico, direi che le differenze fra i due tipi di civiltà, pro o contro il relativismo, sono notevoli. Altra cosa è cercare un fondamento non relativista in un ambiente che però deve accettare la presenza di principi e valori non assoluti e totali. Questa è la vera difficoltà della nostra epoca ed anche il nostro incubo, poichè da un lato si sentono le voci di chi vagheggia un ritorno a società chiuse nei loro valori assoluti e dall'altro chi, relativizzando tutto, distrugge ogni valore.
Citazione di: Jacopus il 23 Novembre 2024, 13:41:45 PMQuesta è la vera difficoltà della nostra epoca ed anche il nostro incubo, poichè da un lato si sentono le voci di chi vagheggia un ritorno a società chiuse nei loro valori assoluti e dall'altro chi, relativizzando tutto, distrugge ogni valore.
Io penso di ogni epoca. Puoi indicare forse un momento nella storia dove puoi dire " no , qui è solo amore " .
L'odio è strutturale che la cosa ci piaccia o no . è a questo fuoco tempestoso che la vita ti consegna .
Ma questo fatto che sia l odio che l amore è strutturale deve poter far nascere una domanda fondamentale ; tu da che parte stai? Conosci chi era Don Renato Milani? era un sacerdote cattolico ricordato sostanzialmente per due cose primo per i suoi contributi favorevoli all'obiezione di coscienza rispetto al servizio militare che fino ad allora era considerato d'obbligo. E secondo per la scuola. Era stato mandato in un paesino, il più povero della Toscana (Barbiana)dove c'era molta ignoranza e lui capisce che prima ancora che fare il prete deve dare istruzione , educazione, perchè senza la conoscienza non c'è propio niente. Il quale faceva scrivere ai ragazzi la scritta
"I care" in inglese e di appenderlo sulla porta come motto della scuola .
"I care" ovvero "mi prendo cura" in netta contrapposizione al motto delle camice nere "me ne frego!" chi ha ragione, Don Milani o le camice nere? se ci mettiamo dal punto di vista semplicemente del bilancio storico io dico che non lo sappiamo va bene?
Citazione di: Jacopus il 23 Novembre 2024, 13:41:45 PMAlcuni esempi di civiltà dove il relativismo è stato combattuto: 1) socialismo reale, 2) nazifascismo 3) società medioevale, 4) attuali società islamiche integraliste.
Alcuni esempi di civiltà dove il relativismo non è stato combattuto: 1) antica Grecia e antica Roma, 2) Rinascimento, 3) Mondo occidentale.
Ho ovviamente tagliato con l'accetta una storia molto più complessa, ma se vogliamo restare in un ambito didattico, direi che le differenze fra i due tipi di civiltà, pro o contro il relativismo, sono notevoli. Altra cosa è cercare un fondamento non relativista in un ambiente che però deve accettare la presenza di principi e valori non assoluti e totali. Questa è la vera difficoltà della nostra epoca ed anche il nostro incubo, poichè da un lato si sentono le voci di chi vagheggia un ritorno a società chiuse nei loro valori assoluti e dall'altro chi, relativizzando tutto, distrugge ogni valore.
Credo sia propriamente l'esigenza di dover tagliare le cose con l'accetta a non essere da alcuni percepita come una necessità descrittiva.
Se pure esistessero assoluti ciò non garantisce che noi li si possa percepire come tali.
Viceversa possediamo la capacità di credere assoluto ciò che potrebbe non esserlo.
La capacità di credere mi sembra quindi fondamentale rispetto all'esistenza di assoluti, nel senso che senza di essa, sia che gli assoluti esistano, sia che non esistano, noi non staremmo qui a parlarne.
Infatti, in che forma dovrebbe presentarsi un assoluto o una verità, perchè chi non avesse la capacità di credere possa riconoscerli come tali?
Viceversa chi ha questa capacità vede ovunque segni degli assoluti in cui pone fede, e io credo che questa capacità sia a noi connaturata, ma ciò non garantisce che tutti si condivida gli stessi assoluti.
Cioè la capacità di credere nell'assoluto non esclude il relativismo, relativismo che può sopravvivere solo a condizione che gli assoluti non esistano, o in alternativa che esistendo non possiamo dimostrarne l'esistenza.
Gli assoluti io credo abbiano una funzione sociale, perchè senza di essi una società non avrebbe valori.
Ma quanto essi siano relativi possiamo capirlo solo osservando società esterne alla nostra, o ponendoci comunque fuori di essa, e ciò equivale a perdere i valori che la fondano.
E' comunque possibile rientrare nella società una volta divenuti eccentrici ad essa, ma solo dando valore all'appartenenza che potremo praticare solo rispettando certi valori nonostante l'aver acquisito la coscienza della loro relatività.
Per un essere sociale l'appartenenza è il vero valore che può assumere diverse vesti, e succede che chi diversamente da noi si veste, anche in presenza della coscienza della relatività delle vesti, a noi non potrà non apparirci eccentrico nel suo abbigliarsi.
E' un discorso antico come la filosofia. Da una parte la posizione eleatica, per cui il "Tutto è uno e non è il molteplice" e dall'altra la posizione socratica, che non vedeva "nulla di strano se qualcuno mi vedesse come uno e molti". (Dal Parmenide di Platone, (128 B, 129 C). Il volersi affrancare dall'inevitabile presenza del tutto e del molteplice (presenza inscindibile) è la causa di molti mali umani e, contemporanemente, di beni. Se l'uomo non si fosse considerato assoluto (ab-solutus) e unico, staremmo ancora nell'Eden, in completa armonia con la natura ma preda della natura stessa e dei suoi sicari (tigri dai denti a sciabola nel macro, e yersina pestis nel micro). Oggi quella assolutezza mostra un volto nuovo, e nuovi sicari. Sicari sistemici e creati dallo stesso apprendista stregone chiamato uomo. Il relativismo ed il molteplice necessariamente emergono da questa incapacità dell'ab-solutus di governare il mondo ed anche da processi culturali, da teorie scientifiche (il relativismo è anche una teoria scientifica piuttosto nota), dalla comprensione che il relativismo baratta certezze in cambio di mitezza dei costumi e della legge.
L'assoluto risiede, giustamente come fa notare Iano, dentro di noi. Non siamo parte di una colonia pluricellulare, ma siamo ognuno di noi separato tragicamente da ogni altro essere vivente. Eppure è vero anche l'opposto. Noi siamo come dice Socrate, uno e molti: unus ego et multi in me è una frase ricorrente nella cultura elleno-latina. Forse l'ha coniata Zenone, ma ha trovato un grande successo, fino ad essere riproposta da M. Yourcenair, quando, due millenni dopo fa parlare l'imperatore Adriano.
Forse il modo più umano (e più difficile) di affrontare questo problema è quello di accettare la coprensenza di assolutismo e relativismo. L'ambivalenza tragica è ciò che ci rende propriamente umani.
Citazione di: Alberto Knox il 23 Novembre 2024, 12:11:46 PMQuesto tanto per dare una risposta a livello logico alla tua affermazione che il relativismo va combattuto.
Ma non hai risposto proprio a niente, hai solo fatto un giro di parole solo per dire che 2 pere più due pere non fa 4 pere.
Nel mio mondo invece, non quello iperbolico, vedo che ci sono quattro pere.
E quindi distinguo tra te che sei un sofista-relativista e io che intanto comincio a determinare cosa è reale e cosa no.
La filosofia non è nemmeno iniziata, tu e buona parte di questo forum, se non tutta, l'avete fatta finire prima.
E quindi di nuovo: il relativismo va combattuto.
Citazione di: Jacopus il 23 Novembre 2024, 13:41:45 PMAlcuni esempi di civiltà dove il relativismo è stato combattuto: 1) socialismo reale, 2) nazifascismo 3) società medioevale, 4) attuali società islamiche integraliste.
Tu confondi la battaglia al relativismo, con quelli che l'hanno abbracciato a piene mani, a pieni polmoni, instaurando leggi deliranti, anti-naturaliste, ossia anti-realiste.
Infatti oggi il relativismo ha un nome: le società del contrario, eh sì, è tutto dentro l'occidente. Vedo che mastro Kierkegaard, mastro Nietzche, non sono stati letti affatto.
Ovviamente l'unica società che si è pensata naturalista (ossia spiritualista) è stata quella greca. Senza oggetto non vi è natura, non vi è spirito.
Putroppo a partire da Aristotele si è cominciato a parlare di dualismo, il quale dualismo è diventato relativismo.
Se una cosa è una cosa (e basta), perchè no: una cosa non è una cosa (e basta)!
Rilegettevi Nietzche.
Nel mio mondo chi parla di filosofia senza sapere di filosofia, deve almeno sapermi dire se una mela è una mela.
Se comincia a fare questione su quello, il resto è solo demagogia, sofismo.
Citazione di: Jacopus il 23 Novembre 2024, 13:41:45 PMQuesta è la vera difficoltà della nostra epoca ed anche il nostro incubo, poichè da un lato si sentono le voci di chi vagheggia un ritorno a società chiuse nei loro valori assoluti e dall'altro chi, relativizzando tutto, distrugge ogni valore.
Non vedo la difficoltà basta tornare ai valori antichi che sfociano nella sintesi cristiana.
Valori che creano società aperte, democratiche, e non il loro contrario come qualche idiota (Popper) sosteneva.
Citazione di: Alberto Knox il 23 Novembre 2024, 14:13:09 PMhi ha ragione, Don Milani o le camice nere? se ci mettiamo dal punto di vista semplicemente del bilancio storico io dico che non lo sappiamo va bene?
Direi che non va bene per niente, per questo, per quanto bizzarro possa sembrare, visto che la filosofia mette in dubbio qualsiasi cosa, prima di ri-costruirlo alla luce della ragione.
Tu parlavi di Pascal, non l'ho ancora letto, figurati mi manca Agostino e la Bibbia, ho cominciato le Confessioni: ma già lì, nelle prime due pagine, cosa emerge?
Emerge un urgenza assoluta di unire ciò che è finito da ciò che per definizione non lo può essere. Sant'Agostino filosofo, teologo e mistico nello stesso momento.
Pascal non so se fosse stato anche teologo, ma di certo filosofo e mistico con sicurezza. Ho visto il film della Rai (quando la Rai aveva ancora un peso culturale) su di lui: Pascal aveva frequenti febbri, l'intera sua vita, benchè in apparenza povera, era risucchiata nello scontro tra il pensiero-passione e il suo oggetto Dio.
Non c'era posto per altro. La ragione quando è grande, quando è filosofia tocca inevitabilmente la questione del Dio.
Il fatto che oggi Dio sia morto, non può essere una scusa, i testi di questi grandi mistici sono ancora lì ad aspettarci.
Il Dio va fatto rinascere, non in maniera fideistica, anche se in Agostino la Fede fa parte della ragione, ma sulle spalle di pensatori infiniti come Leopardi e Nietzche, e probabilmente, lo avevo snobbato, anche Kierkegaard.
Non vedo come si possa ripartire se non facendo i conti con la modernità.
Per questo la questione del relativismo va affrontata radicalmente dal suo nascere: la mela è una mela signori.
Citazione di: iano il 23 Novembre 2024, 20:15:17 PMPer un essere sociale l'appartenenza è il vero valore che può assumere diverse vesti, e succede che chi diversamente da noi si veste, anche in presenza della coscienza della relatività delle vesti, a noi non potrà non apparirci eccentrico nel suo abbigliarsi.
Ma è proprio questo l'effetto del relativismo, che negando l'unione con l'assoluto, ossia col Dio, non con il suo sostituo formale, da ripetere a pappagallo, fornisce l'assist a che qualsiasi relativismo possa prendere il posto dell'assoluto.
E infine eccoci alla società del contrario, una società che non si basa sul valore unitario presente in ciascuno, ma quello di una accettazione supina, in nome di disvalori, ossia di una sostituzione del valore con il suo opposto.
Allora si che arriva il socialismo reale, e l'europa nazista senza dimenticare l'Impero, ossia la negazione della libertà, detta ironicamente dalla democratura soft neo-liberismo.
Tutto ciò è dovuto al nichilismo che qui nel forum abbiamo più volte provato ad affrontare.
L'individuo è stato ridotto ad animale, a specie, fra le specie, e dunque alla macelleria intellettuale, che presto diventa macelleria reale.
Ma siccome la macelleria è prima intellettuale che reale, eccoci con il ritorno forte, fortissimo, dell'antisemitismo.
L'antisemitismo è reale. Ma la gente dice che la mela è in realtà una pera.
Nel mio mondo filosofico, la mela non è una pera.
Citazione di: Jacopus il 23 Novembre 2024, 21:45:45 PME' un discorso antico come la filosofia. Da una parte la posizione eleatica, per cui il "Tutto è uno e non è il molteplice" e dall'altra la posizione socratica, che non vedeva "nulla di strano se qualcuno mi vedesse come uno e molti". (Dal Parmenide di Platone, (128 B, 129 C). Il volersi affrancare dall'inevitabile presenza del tutto e del molteplice (presenza inscindibile) è la causa di molti mali umani e, contemporanemente, di beni. Se l'uomo non si fosse considerato assoluto (ab-solutus) e unico, staremmo ancora nell'Eden, in completa armonia con la natura ma preda della natura stessa e dei suoi sicari (tigri dai denti a sciabola nel macro, e yersina pestis nel micro). Oggi quella assolutezza mostra un volto nuovo, e nuovi sicari. Sicari sistemici e creati dallo stesso apprendista stregone chiamato uomo. Il relativismo ed il molteplice necessariamente emergono da questa incapacità dell'ab-solutus di governare il mondo ed anche da processi culturali, da teorie scientifiche (il relativismo è anche una teoria scientifica piuttosto nota), dalla comprensione che il relativismo baratta certezze in cambio di mitezza dei costumi e della legge.
L'assoluto risiede, giustamente come fa notare Iano, dentro di noi. Non siamo parte di una colonia pluricellulare, ma siamo ognuno di noi separato tragicamente da ogni altro essere vivente. Eppure è vero anche l'opposto. Noi siamo come dice Socrate, uno e molti: unus ego et multi in me è una frase ricorrente nella cultura elleno-latina. Forse l'ha coniata Zenone, ma ha trovato un grande successo, fino ad essere riproposta da M. Yourcenair, quando, due millenni dopo fa parlare l'imperatore Adriano.
Forse il modo più umano (e più difficile) di affrontare questo problema è quello di accettare la coprensenza di assolutismo e relativismo. L'ambivalenza tragica è ciò che ci rende propriamente umani.
Molto interessante per me questo excursus filosofico, per me che ignoro anche questi argomenti basilari della filosofia.
Mi pare che l'essere uno e molti mini l'essere nelle sue fondamenta, e porti acqua al mulino che macera i miei pensieri, laddove la moltitudine può considerarsi una manifestazione dell'uno, con il quale non possa farsi però coincidere , se univoca non mostra d'essere, cioè se esso non è fatto di molteplicità, ma molteplice e il suo modo di manifestarsi, che in molteplicità appunto si traduce.
La ricerca dell'assoluto è quindi la ricerca di una descrizione univoca della realtà, nella convinzione che la verità, se c'è, noi si possa sperare di affermarla, ma una descrizione assoluta dell'uno è impossibile ad affernmarsi come vera se relativo è il linguaggio col quale si prova a farlo, perchè per quanto noi si cerchi di perfezionarlo, esso resta relativo nella sua essenza.
Possiamo allora attribuire il vero essere solo all'uno, ma anche qui non so quanto sia propria l'attribuzione, in quanto la nostra idea dell'essere si basa sulla distinzione che possiedono le cose, cioè dal fatto che posseggono quei confini di cui la geometria tratta, ma di cui con Platone non riscontriamo poi esistere in modo perfetto nella realtà, senza negarne però Platone l'esistenza, seppur di imperfetta forma.
Ma cosa succede se poi questi confini, più che imperfetti, ciò che Platone non poteva sapere, una volta indagati, non si trovano?
Cioè se la loro caratteristica non è propriamente l'imperfezione, ma il mostrarsi sfuggenti, per cui l'iperuranio non è propriamente separato dalla realtà, ma è un applicazione che su essa facciamo, credo artificiosamente confini dove nell'uno , in quanto tale, non ve ne sono, ciò che ci permette di darne una descrizione.
Così quando andiamo a cercare i confini dell'universo impropriamente proiettiamo si di esso la relatività delle nostre descrizioni, perchè i confini son ciò che rendono molteplice l'uno, e non ciò che lo sostanzia, e allo stesso modo, se i confini sono ciò che definiscono l'essere come ciò che da altri esseri si distingue, attribuiamo perciò impropriamente una esistenza all'uno.
Ma se l'uno non esiste allora di cosa stiamo parlando?
Stiamo parlando di ciò che possiamo indurre a partire dalle sue molteplici manifestazioni, le quali hannoproprietà che impropriamente tenderemo ad attribuirgli, identificando impropriamente l'esigenza descrittiva con ciò che descriviamo.
In effetti dell'uno, tutto ciò che sappiamo è che esso si presta a una descrizione , e che questa descrizione non essendo univoca, da ognuna di esse non possiamo trarre proprietà da attribuirgli.
Citazione di: green demetr il 23 Novembre 2024, 22:59:06 PMMa è proprio questo l'effetto del relativismo, che negando l'unione con l'assoluto, ossia col Dio, non con il suo sostituo formale, da ripetere a pappagallo, fornisce l'assist a che qualsiasi relativismo possa prendere il posto dell'assoluto.
Non so se vi sia un assoluto, ma so che vi è, a quanto pare, una esigenza inderogabile di assoluto, per cui non mi sembra strano che diversi relativismi distribuiti nello spazio e nel tempo ne abbiano preso il posto. Non mi sembra neanche strano che nel susseguirsi di queste attribuzioni di assolutezza, fra l'una e l'altra vi siano momenti di disorientamento che diciamo nichilismo quando impervio sembra il passaggio.
Non nego la possibilità dell'unione con Dio fuori da ogni formalità, nego solo che ad essa si possa dare appunto una forma assoluta,
perchè una forma assoluta è una contraddizione in termini, essendo la sostanza della forma di essere relativa.
Seppure noi fossimo assoluti per l'unione che si realizza in Dio, ciò non comporta purtroppo in automatico che assoluto sia il linguaggio col quale ne tessiamo le lodi, per cui se una verità esiste noi potremo sentirla, ma non esprimerla, di modo da far convenire gli altri su ciò che noi sentiamo, se essi già non la sentono a loro volta.
Però questo è quello che, ponendo fede nel fatto che dell'assoluto possa darsi una espressione, proviamo sempre a fare, e ciò si è tradotto in nazismo, comunismo reale, e religioni varie, su cui si fondano le società.
Il mio sospetto è che per animali sociali l'unico vero valore sia solo la società che realizza il loro essere, essendo solo alibi per crearle le fondamenta assolute su cui si prova a fondarle.
Quindi mi chiedo perchè per fondare le società sia inevitabile questo passaggio per l'assoluto.
In effetti è inevitabile solo quando queste società si abbia l'esigenza di allargarle oltre la grandezza per la quale naturalmente si formano, come è la grandezza di una famiglia o di un clan, dovendosi creare in modo artificioso un senso di appartenenza a qualcosa di più innaturalmente esteso, come ad esempio la patria o la nazione, operazione che in qualche modo va in porto, ma non acquisendo mai sembianze di naturalezza, sempre passibile di contestazione.
Inevitabilmente tutto ciò traduce la nostra unione con Dio in una unione col proprio Dio, realizzando quella relatività che si vorrebbe fuggire.
E non mi convince neanche il tuo disperato sotterfugio di cercare l'assoluto nella saggezza di uomini passati, essendoti evidente nessun uomo esistente, cioè nel suo presente, mostri di meritare di essere idolatrato, cercando nel passato l'uomo della futura provvidenza, che però quando poi arriva, non manca mai di deluderci.
Citazione di: green demetr il 23 Novembre 2024, 22:22:56 PMMa non hai risposto proprio a niente, hai solo fatto un giro di parole solo per dire che 2 pere più due pere non fa 4 pere.
Nel mio mondo invece, non quello iperbolico, vedo che ci sono quattro pere.
Attenzione Green , io ho parlato di numeri interi non di pere. E dipende dall ambito matematico che stai usando se una certa operazione fa un certo risultato . Nemmeno nella matematica esiste un assolutismo come puoi pretendere che emerga dai giochi dei tuoi pensieri?
Citazione di: green demetr il 23 Novembre 2024, 22:22:56 PMNel mio mondo invece, non quello iperbolico, vedo che ci sono quattro pere.
Ma queste sono verità semplici, che tu veda quattro pere e puoi dire che sono pere e non mele hai detto una verità , ma ci sono due tipi di verità, quelle semplici il cui contrario è ovviamente un assurdo e le verità profonde, il cui contrario, è un altra verità.
Citazione di: green demetr il 23 Novembre 2024, 22:22:56 PME quindi distinguo tra te che sei un sofista-relativista e io che intanto comincio a determinare cosa è reale e cosa no.
Attenzione Green, non mi piace quello che hai detto >:(
Citazione di: green demetr il 23 Novembre 2024, 22:22:56 PME quindi di nuovo: il relativismo va combattuto.
il tuo relativismo invece non lo vedi.
Citazione di: green demetr il 23 Novembre 2024, 22:48:20 PMIl fatto che oggi Dio sia morto, non può essere una scusa, i testi di questi grandi mistici sono ancora lì ad aspettarci.
ma perchè continuate a considerare oggi nel dire che oggi Dio è morto invece ieri..ma ieri che cosa?
barbari, crociate , roghi , olocausto , persecuzioni , integralismo di destra , milioni di morti, integralismo di sinistra, milioni di morti , estremisti islamici, milioni di morti. Dove nella storia la mano di Dio ha fermato le guerre , le tragedie , gli assassinii , gli attentati , i soprusi , le guerre . quindi non mi saltare fuori con "eh ma oggi dio è morto , l ha detto Nice " ma perfavore. Anzi oggi abbiamo la costituzione che tutela almeno alcuni diritti , ieri non avevamo neache quello. Non si tratta di dire che Dio è morto.
Citazione di: Alberto Knox il 23 Novembre 2024, 12:11:46 PMChe in matematica ci sono due tipi di affermazioni, ci sono le affermazioni come 2+2 fa 4 e sono quelle che noi dimostriamo con i nostri ragionamenti o il teorema di pitagora ecc. e quelle sarebbero le ragioni della ragione , la ragione che dimostra ma attenzione in matematica non c'è niente in assoluto, non c'è un teorema che vale in assoluto . La somma degli angoli di un triangolo è 180° se siamo nella geometria euclidea 2+2 fa 4 se siamo nell aritmetica dei numeri interi . E questi sono gli assiomi, cioè delle affermazioni non dimostrate da cui si parte che pascal chiama le ragioni del cuore e perchè lo diceva? perchè per capire quali devono essere le ragioni del cuore , cioè gli assiomi da cui derivare le nostre affermazioni bisogna usare un qualche cosa che non è la ragione che lui chiama "cuore" ma che un matematico chiamerebbe "intuizione" si intuiscono gli assiomi
La notizia buona è che la matematica è assoluta.
La notizia cattiva è che i suoi assiomi sono arbitrari.
E' assoluta, cioè vera indipendentemente dai tempi e dai luoghi, nel senso che assunti certi assiomi la cui assunzione non è necessaria, e applicando una logica precisamente definita, scelta fra tante, otterremo sempre gli stessi risultati, per cui il teorema di Pitagora era vero per Pitagora, come è vero per noi, e sempre vero sarà, così vero che ... potremmo anche smettere di parlare di verità, facendo ancora un passo avanti rispetto a Pitagora, parlando invece di corretta e verificabile deduzione logica, per cui correttamente il teorema di Pitagora deriva dal fare certe precise assunzioni applicando una precisa logica.
Certo, ci potremmo chiedere, se arbitraria è la scelta degli assiomi, perchè ne scegliamo alcuni. e non altri, e qui effettivamente si potrebbe credere che a questa scelta presiedano le ragioni del cuore, trattandosi di quelle intuizioni che sorgono non si sa come, ma che sorgono comunque da dentro di noi, e possiamo presumere per essi carattere di assolutezza solo se ciò da cui sorgono lo è.
Gira e rigira ciò che io dico assoluto può esserlo solo se io lo sono, e in particolare posso affermarlo solo se il mio linguaggio è assoluto.
La preoccupazione di chi va' in cerca dell'assoluto è solo una preoccupazione rivolta verso di se.
2+2=4, non ha un significato assoluto, se assoluti non sono gli assiomi e la logica da cui lo possiamo deriviare come un teorema, assoluta è la deduzione logica che si fa a partire dagli assiomi. Cioè, scelti gli assiomi e la logica da applicare, la deduzioni che facciamo non derivano più da una nostra scelta relativa, ma hanno un carattere assoluto.
In effetti chi tira in ballo l'esempio 2+2=4, come assoluta verità. sta dando, senza averne necessariamente coscienza, un valore assoluto al suo intuito, perchè nella misura in cui dei numeri abbiamo intuizione, è evidente che 2+2=4 .
E' significativo che si scelga questo come esempio, e non il teorema di Pitagora, del quale invece non si può fare a meno di darne dimostrazione, non apparendoci esso intuitivo.
Il problema è che se tutti questi esempi vogliamo farli ricadere sotto allo stesso quadro teorico al fine di poter affermare che la matematica è una, se non tutto è intuibile, ma tutto si presta ad essere dimostrato, allora dovremo accettare che il dover dimostrare che 2+2=4, non è cosa superflua, ma necessaria come lo è dover dimostrare il teorema di Pitagora.
La notizia cattiva dunque è che noi non siamo assoluti, come non lo era Pitagora.
La notizia buona è che divenendo siamo andati oltre Pitagora e Platone, sebbene alcuni si attardino ancora a replicarne in fotocopia i ragionamenti, incapaci di apprezzare l'aggiuntiva ricchezza che può comportare il divenire, cercando di recuperare quel senso di sicurezza che sempre si perde nei momenti di crisi, nella fissità dell'essere.
E a questo punto a me sorge anche uno scrupolo.
Perchè io mi dovrei adoperarmi a strappare ad alcuni la loro coperta di Linus, se da essa so che dipende la loro salute mentale?
Vero è però che questo scrupolo trova un limite quando provano a propormi quella copertura psicologica come idolo da adorare, soluzione assoluta a tutti i nostri mali.
Ogni tentativo di trovare un assoluto nell etica così come nelle religioni è destinato al fallimento . Perchè se hai una filosofia etica assoluta sei esclusivista , così come per la spiritualità, se hai una religione che difenisci verità assoluta, la tua religione è esclusivista perchè chi non la penserà come te , sarà considerato un nemico. Fin tanto che si vorrà l assolutismo e quindi devo fare in modo che il mondo diventi Cristiano e che ci sia la croce che regni su tutto o la mezza luna che regni su tutto , un altra con un altro simbolo che dice la stessa cosa , fin quando è questo è volontà di potenza, è politica , è POTERE, non è Spiritualità.
Io sono contrario al relativismo perchè nasconde una palese ipocrisia.
Il relativista conosce bene Einstein quindi sceglie sempre il ruolo dell'osservatore in un sistema di coordinate in cui spazio,tempo e velocità della luce sono variabili controllabili e verificabili.
Il relativista mente perchè se considerasse relativisticamente il suo relativismo, dovrebbe relativizzarlo al punto di farne una certezza o una evanescenza.
Il relativista è astuto,simile a Lucifero,parente di Satana e collega dell'Arcangelo Michele e di tutti gli altri : relativizza tutto e tutti perchè, in fondo,lui è....Dio e può farlo...
Si fa molti amici ma non fidati e il resto gli interessa solo come pubblico plaudente.
Invece, l'assolutista è un relativista onesto:
a) si mostra per quello che è
b)impone o cerca di imporre quello che pensa veramente
c)si fà pochi "amici fidati" e il resto non gli interessa purché lo seguano
Quindi, il relativismo mette tutti quanti in un mare di guai, in tutte e due le versioni!
La relatività,sorella buona del relativismo, sembra migliore ma, come ha detto Einstein,ha messo il mondo in un terribile guaio!
Non solo quella della famosa teoria ma, in generale, tutta la relatività.
Per fortuna,sulla terra,niente è relativo se non nella mente degli uomini perché la natura è autoritaria e assolutista:
provate a violare una delle sue leggi!
La natura viola in continuazione le sue leggi, tanto che nell'infinitamente piccolo le regole sono diverse dall''infinitamente grande. Noi siamo homo sapiens e non bacteria, per tutta una serie di variazioni genetiche che possono essere considerate violazioni della regola della trasmissione genica. La teoria inflazionistica, che è una delle teorie più accreditate rispetto alle origini dell'universo, si fonda sull'avvento di una variazione fra i rapporti delle quattro forze fisiche fondamentali, ovvero una violazione del loro equilibrio. La natura ha leggi che non sono affatto perfette ed è proprio grazie alla loro imperfezione che si è sviluppata la vita.
In ogni caso, qui, spero che si parli di assolutismo e relativismo in ambito etico e sociale, poiché, se applichiamo le regole scientifiche al mondo umano, torniamo a commettere un errore, come esemplificato, ormai da più di un secolo dal darwinismo sociale, una specie di imitazione scorretta e manipolatrice della teoria evoluzionistica.
Inoltre, è vero che l'assolutismo non è ipocrita ma paga l'assenza di ipocrisia con la violenza e la polarizzazione bene/male, fino agli eccessi di Arnaldo di Citeaux e di chiunque crede di avere in mano la verità etica da imporre con la forza.
C'è un quadro, di A. Lorenzetti, che si può ammirare a Siena, nel palazzo Pubblico, dove c'è una rappresentazione della Giustizia, sovrastata dalla sapienza che la regola dall'alto e collegata con dei fili alla Concordia, che la regola dal basso e che rappresenta le mille voci della società. Già allora, agli albori del rinascimento, si considerava la giustizia un fatto ben poco assolutista. Ogni visione assoluta è l'anticamera della tirannia, e in ciò comprendo anche la visione assolutista del denaro, che è l'attuale tirannia.
non dobbiamo cadere nell errore di volere che le altre menti si adeguino a pensare come noi , non è nemmeno possibile anche solo ipotizzarlo, dobbiamo invece essere d'accordo con noi stessi e cercare di non fare mai il contrario di ciò che pensiamo. Per il resto teniamo conto di tutte le opinioni anche se siamo in disaccordo con esse.
Citazione di: Alberto Knox il 22 Novembre 2024, 19:37:46 PMSicuramente tu hai toccato almeno una parte di quello che noi chiamiamo realtà . Se guardiamo la storia infatti le cose stanno così, dove le bombe sono da sempre cadute sull uomo. Mi viene in mente un momento dell opera di primo levi, un uomo a cui le bombe sulla testa non sono certo mancate. Nel proseguo di "se questo è un uomo " dal titolo "la tregua" . Vado a memoria;
Dopo la liberazione a opera dell'Armata Rossa, Levi stringe amicizia con un ex prigioniero greco, Mordo Nahum il quale lo rimprovera e gli dice "ma non hai capito niente , non lo sai che la cosa più importante sono le scarpe prima ancora del cibo , perchè se non hai le scarpe, il cibo non lo riesci ad andare a prendere" .."sì ma adesso la guerra è finita" risponde Primo Levi e Mordo Nahum lo guarda come uno che sa verso chi non sa e gli risponde "guerra è sempre".
Oggi noi possiamo dirlo ancora che "guerra è sempre"?
abbiamo ragioni per dirlo perchè devi lottare per far valere i tuoi diritti sul lavoro, lottare per trovare lavoro, lottare per pagare le bollette , lottare per non farsi fregare dal prossimo e quindi da questo punto di vista noi a cosa siamo chiamati ad avere cura o a lottare? sì noi possiamo dire che "guerra è sempre" ma possiamo anche dire "anche etica è sempre" ecco la dialettica antinomica che si inserisce nel tuo stesso terreno di toccare la realtà, abbiamo tante ragioni per dire "arma virunque cano" (così inizia il poeta Publio virgilio Marone nelle Eneide ), canto alle armi e all uomo , ma uomo inteso come vir , cioè come guerriero è chiaro. Abbiamo tante ragioni per dire questo e quindi l 'odio e quindi la forza e quindi l'oppressione e quindi la vittoria e quindi la selezione e abbiamo altrettanto ragioni per dire che canto l amore, che canto il bene , che canto la giustizia, che canto la cura . Da un punto di vista logico razionale non le abbiamo queste ragioni forse? E quindi certo che siamo chiamati a lottare per il nostro stare bene ma in questa sede stiamo parlando di etica ed etica non significa fare quello che ci conviene.
"Agisci soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale".
Riformulata pure con:"Agisci in modo tale che la massima della tua azione possa diventare una legge universale della natura" Questo c'è scritto su Wp e a mio vedere tali parole esprimono una chiara volontà di potere. Mi sembra cioè, da come si esprime, che la massima, cosa nella quale è contenuto il principio soggettivo, la si voglia imporre come principio oggettivo. Devi volere insomma. Un bel coraggio ci vuole, tanto da confondersi con la superbia, o col fascismo. Ma a ragion veduta non aveva mica tutti i torti, infatti è quello che faccio pure io. Il torto sarebbe quindi semmai in coloro che ne danno un'interpretazione assai opinabile, tu tra questi, pensando che possano esservi delle azioni sempre inequivocabilmente giuste o ingiuste. Non so poi come se la sbrighi Kant, ma non ha molta importanza dato che è morto già da mò. Mi viene però in mente ora uno stralcio di un dialogo passato in cui dicevo:"Dico semplicemente che non è l'azione a determinare l'immoralità del gesto."Tu mi rispondevi dicendo:"Hai ragione ma questo vale anche per l azione morale. Non è tanto l azione in sè nel suo concretizzarsi ma piuttosto è l'intenzione che ci mettiamo dentro."¿Perché, mi chiedo ora, vorresti dirmi che devo sempre restituire il portafoglio a prescindere dal fatto che io sia ricco o povero?A sentirti dovrei rimestare sull'intenzione che ci ho messo dentro. Ma non c'era alcuna intenzione immorale nell'impossessarmi di quel portafoglio, dato che se avevo fortuna soddisfacevo il mio tornaconto. E a restituirlo non avrei più di tanto contribuito al bene comune, avrei solo dato un buon esempio di non si capisce bene cosa.Insomma, l'intenzione era buona o cattiva? Era buona, per me ovviamente, perché l'intenzione è strettamente connessa alla massima, ovvero al principio soggettivo che dovrebbe consentirmi di distinguere il principio oggettivo che regola ciò che è bene e ciò che è male. E allora, dato che voglio, desidero, imporre la mia massima come legge universale e che questa massima è quella che muove la mia intenzione devo dire innanzitutto che penso di essere un osservatore molto acuto quando voglio ... la famosa superbia ... e in quanto osservatore acuto ho notato, principio soggettivo dunque, ho notato che il novantanove per cento delle persone sottoscriverebbero il mio principio soggettivo ... chissà poi con quali poteri io possa avere notato qualcosa che non è ancora successo, misteri! ... Ho notato infine, somma delle somme, che l'individuo è mosso dal proprio tornaconto, materiale e spirituale, e rimarco spirituale perché quest'ultimo concetto si perde nelle nebulose delle menti umancelesti, termine coniato dall'illustre viator, la buona sorte sempre l'accompagni. Chiaro sarebbe che questo mio notare forma tutte le mie intenzioni, buone a mio giudizio perché vogliono imporre la famosa legge universale che sarebbe pertanto: "Agite sempre assecondando il vostro tornaconto", ma è qui che casca l'asino. E pensare che c'è scritto pure nella Bibbia qualcosa che rimanda al manifestarsi della spiritualità (il personale senso della vita) perché Dio a un certo punto rimprovera i due poveretti dicendo loro che si erano incautamente cibati dell'albero della conoscenza del bene e del male e che ne avrebbero di conseguenza patito molti guai. In questo senso quindi, per mio conto sarebbe fin troppo facile liquidare la questione dicendo che san Francesco era bravo e Totò Riina era un empio .... perché forse erano bravi tutti e due, o matti patocchi entrambi, sicuramente poco normali. Qui mi fermo e attendo una tua replica
Citazione di: daniele22 il 24 Novembre 2024, 14:51:28 PM"Agisci soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale".
Riformulata pure con:
"Agisci in modo tale che la massima della tua azione possa diventare una legge universale della natura"
Questo c'è scritto su Wp e a mio vedere tali parole esprimono una chiara volontà di potere. Mi sembra cioè, da come si esprime, che la massima, cosa nella quale è contenuto il principio soggettivo, la si voglia imporre come principio oggettivo. Devi volere insomma. Un bel coraggio ci vuole, tanto da confondersi con la superbia, o col fascismo.
Ma no Daniele, non si confonde con la superbia e con fascismo. Wikipedia può dare delle buone indicazioni ma poi è lo studio approfondito che ti fa capire davvero le cose . La legge morale di kant gira attorno a quella che viene definita la regola aurea; "non fare agli altri quello che non vorresti che gli altri facessero a te" oppure in positivo "fai agli altri quello che vorresti che gli altri facciano a te" . Non è un assoluto perchè sei tu stesso che devi scegliere se aderirvi o meno. La domanda che ci si può chiedere è perchè, perchè devo fare agli altri quello che vorrei che gli altri facciano a me? sarebbe piu conveniente che gli altri facciano gli onesti mentre io faccio quello che piu mi conviene a seconda delle circostanze. Tu stesso devi rispondere a quel perchè.
Citazione di: daniele22 il 24 Novembre 2024, 14:51:28 PMPerché, mi chiedo ora, vorresti dirmi che devo sempre restituire il portafoglio a prescindere dal fatto che io sia ricco o povero?
Io non ti dico affatto di restituire il portafoglio. Io sto presentando quello che è la legge morale kantiana. c'è una bella differenza fra le due cose. ma comunque ancora una volta Tu stesso devi rispondere a quel perchè.
Citazione di: daniele22 il 24 Novembre 2024, 14:51:28 PM"Agite sempre assecondando il vostro tornaconto"
Se il tuo tornaconto è a discapito dell altro non puoi chiamare questo etica lo chiamerai col suo nome "Egoismo" .
Citazione di: Jacopus il 24 Novembre 2024, 13:10:10 PMLa natura viola in continuazione le sue leggi, tanto che nell'infinitamente piccolo le regole sono diverse dall''infinitamente grande. Noi siamo homo sapiens e non bacteria, per tutta una serie di variazioni genetiche che possono essere considerate violazioni della regola della trasmissione genica. La teoria inflazionistica, che è una delle teorie più accreditate rispetto alle origini dell'universo, si fonda sull'avvento di una variazione fra i rapporti delle quattro forze fisiche fondamentali, ovvero una violazione del loro equilibrio. La natura ha leggi che non sono affatto perfette ed è proprio grazie alla loro imperfezione che si è sviluppata la vita.
In ogni caso, qui, spero che si parli di assolutismo e relativismo in ambito etico e sociale, poiché, se applichiamo le regole scientifiche al mondo umano, torniamo a commettere un errore, come esemplificato, ormai da più di un secolo dal darwinismo sociale, una specie di imitazione scorretta e manipolatrice della teoria evoluzionistica.
Inoltre, è vero che l'assolutismo non è ipocrita ma paga l'assenza di ipocrisia con la violenza e la polarizzazione bene/male, fino agli eccessi di Arnaldo di Citeaux e di chiunque crede di avere in mano la verità etica da imporre con la forza.
C'è un quadro, di A. Lorenzetti, che si può ammirare a Siena, nel palazzo Pubblico, dove c'è una rappresentazione della Giustizia, sovrastata dalla sapienza che la regola dall'alto e collegata con dei fili alla Concordia, che la regola dal basso e che rappresenta le mille voci della società. Già allora, agli albori del rinascimento, si considerava la giustizia un fatto ben poco assolutista. Ogni visione assoluta è l'anticamera della tirannia, e in ciò comprendo anche la visione assolutista del denaro, che è l'attuale tirannia.
la natura non viola le sue 4 leggi al punto che atei e credenti sono d'accordo sul fatto che l'universo e la vita terrena sono governati da una logica ferrea che può essere matenatizzata.
Questo vale anche per il mondo subatomico perchè i fenomeni studiati sono ripetibili e verificabili,non sono casuali e seguono una logica naturale.
Semmai è la loro interpretazione filosofica che appare illogica che ciò è dovuto a attuali carenze di metodo e matematizzazione.
Detto questo, io dico che il relativismo e l'assolutismo si assomigliano molto, mentre condivido in pieno quello che scrive Alberto Knox perchè soggettivizza e individualizza senza escludere condivisioni.
Questa è la via giusta anche per l'etica:
non esiste un'etica unica, ma una condivisione di valori basata sul confronto e una sana soggettività.
Citazione di: Alberto Knox il 24 Novembre 2024, 17:59:18 PMSe il tuo tornaconto è a discapito dell altro non puoi chiamare questo etica lo chiamerai col suo nome "Egoismo" .
Infatti io sostengo che l'essere umano è egoista e di riflesso pure altruista visto che è un animale sociale. Ma di fondo è egoista e per certo non ho alcuna pretesa che l'altro mi restituisca il portafoglio perduto, anche se gradirei senz'altro il gesto. Ed è pertanto a questo egoismo di fondo che un'etica deve adeguarsi.La formula sottesa dall'imperativo categorico non è tirannica solo quando non prescrive quello che devo fare. E infatti, pur avendo voluto adeguarmi alla formula dell'imperativo categorico, io non ho prescritto, bensì ho solo descritto solo quello che tutti fanno, ed è per questo che la legge universale da me proposta possiede almeno un poco più di titolo per definirla "legge". In altre parole non oppongo un controverso all'universo (umano) originando il "diverso". E soprattutto, mettendo il dito nella piaga, non generando il dualismo "egoista" in opposizione a chi si pensa erratica-mente "altruista"; cosa che fanno le menti di quelli che vivono con gli occhi aperti in un mondo preconfezionato a "sua propria immagine e somiglianza". E infatti sono sempre fermo al finale del mio post nr.22 su questo tema. Contestami quindi, come faccio io. Comunque, soddisfando in parte te e Kant, la formula "non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te" la tengo buona anch'io come minimo sindacale in capo all'essere altruisti di riflesso. Quella in positivo mi convince molto meno, soprattutto perché non è ben stabile nemmeno l'altra. In questo caso, meglio non fare che fare.Concludendo, la tua pretesa opprime il mio senso della vita, la mia spiritualità. Se ti opprime la mia, ricorda che il mio punto di vista è solo adeguato ai dati sensibili, a ciò che vedo, non è proprio un "votate La Trippa", pertanto dovresti addurre altre cause ai malanni che si compiono nel mondo, piuttosto che proporre prescrizioni che messe alla prova dei fatti si sciolgono come neve al sole
No, non mi sento per niente oppresso ,anzi mi sento felice della tua dimostrazione di abilità dialettica . Complimenti ragazzo adesso basta con Kant . Attenzione Daniele, stai per batterti con me :)
Citazione di: misummi il 24 Novembre 2024, 17:59:27 PMQuesta è la via giusta anche per l'etica:
non esiste un'etica unica, ma una condivisione di valori basata sul confronto e una sana soggettività.
Condivido anch'io pienamente questa conclusione, però non direi che l'universo è governato da leggi universali assolute, posto che queste siano le leggi fisiche che conosciamo, se poi funzionano solo relativamente a certe scale.
Inoltre le leggi fisiche, per essere tali, devono essere falsificabili, per cui per statuto non si candidano proprio ad essere assolute.Assoluto è ciò che non può negarsi, e le leggi morali non hanno questa caratteristica nella misura in cui le si può affermare.
Quindi trovare le leggi morali, se esistono, equivale a metterle in discussione.
La natura è materiale ed energetica, logico che abbia leggi e segua una logica.
Invece i pensieri umani non occupano spazio tempo e dimensioni ,sono immateriali e quindi non seguono.leggi,valori ecc....a meno che uno ne abbia per conto suo.
Ciò che va combattuto del relativismo non è la posizione filosofica in sé, ma l'uso strumentale che di esso si fa per il perseguimento dei propri interessi.
Il pericolo, fin da quando la questione è stata affrontata con la massima chiarezza da Platone nei dialoghi "Protagora" e "Gorgia", non è tanto il sofista, che rimane un uomo di cultura tutto sommato inoffensivo, ma l'Alcibiade di turno: giovane ricco che cerca gli strumenti per abbattere i limiti della legge e prendersi tutto.
Quindi il problema teorico è intrecciato in modo indissolubile fin dall'inizio alla questione dell'educazione.
E il problema dell'educazione si lega al problema della fondazione di uno stato giusto: il problema della giustizia.
Dunque, la soluzione teorica al problema del relativismo etico, cioè la fondazione epistemica dell'etica, è funzionale alla costruzione di una comunità giusta.
Ma esiste qualcosa di indubitabile in ambito etico?
No.
L'episteme attuale, cioè la scienza, se interrogata può dare indicazioni limitate all'etologia.
Un minimalismo biologico su cui non si può certo costruire alcuna educazione.
In sintesi: per scampare al pericolo del tiranno si finisce per assoggettarsi ad una metafisica.
Questo è l'itinerario di Platone.
Inutile dire che con il cristianesimo tutto è peggiorato: infatti si può anche accettare che ci sia un Dio, con attributi più o meno incomprensibili, ma non che l'uomo sia diverso da com'è. Le fantasie evangeliche: amare il prossimo, ed essere quindi amati da perfetti sconosciuti (la cosa mi fa venire brividi di orrore), tutto questo "ciarpame" sentimentale, che ha dissolto dall'interno l'antichità...
Beh... basta così, per adesso.
Citazione di: Alberto Knox il 24 Novembre 2024, 22:48:29 PMNo, non mi sento per niente oppresso ,anzi mi sento felice della tua dimostrazione di abilità dialettica . Complimenti ragazzo adesso basta con Kant . Attenzione Daniele, stai per batterti con me :)
Grazie a te per il tributo e grazie a te pure per esserti fermato. Non è da tutti. Penso comunque che una buona dialettica sia scontata se è retta da una fede ben solida. E la mia sembra esserlo, almeno a me.
Se poi vuoi metterla come una divertente sfida all'Ok Corral penso che potresti vincere solo se ti presentassi col tuo nome, perché qualsiasi altro grande filosofo della storia che tu possa invocare lo stroncherei senz'altro qualora rilevassi nel suo dire una contrarietà al mio pensiero. E sai perché? Perché tutti costoro avrebbero a mio vedere fallito non individuando chiara-mente il punto di riferimento delle loro argomentazioni. È sicuramente immaginabile che qualcuno ne abbia parlato, ma la via di ricerca che si apriva sarebbe stata puntualmente snobbata ... sempre sotto la bandiera del proprio tornaconto, magari inconsapevole, ma animalescamente intuibile. Errore madornale dal punto di vista della ragione.
Insomma, secondo me è il sistema a essere in profonda crisi. Il sistema è quello che si è insediato naturalmente alcune migliaia di anni fa e che, affidandoci al concetto di entropia, è passato da uno stato di ordine primordiale a uno stato di disordine odierno in ragione della frammentazione del potere primevo in vari potentati minori che per forza di cose, confliggendo tra loro, non possono che aver prodotto e produrre a oggi grandi dissipazioni di energia rispetto a quella primordiale. Va da sé che, oltre allo sfruttamento del territorio sul quale non m'intrigo, l'energia di cui parlo e che si spreca è quella che si riferisce al concetto di giustizia, una giustizia che non è più in grado di garantire seriamente ciò che i suoi codici stabiliscono, bistrattati così come sono nella loro formazione da vari potentati influenti
Citazione di: daniele22 il 26 Novembre 2024, 10:39:35 AMSe poi vuoi metterla come una divertente sfida all'Ok Corral penso che potresti vincere solo se ti presentassi col tuo nome, perché qualsiasi altro grande filosofo della storia che tu possa invocare lo stroncherei senz'altro qualora rilevassi nel suo dire una contrarietà al mio pensiero. E sai perché? Perché tutti costoro avrebbero a mio vedere fallito non individuando chiara-mente il punto di riferimento delle loro argomentazioni.
Bhè non mi chiamo certo Alberto knox ovviamente, mi chiamo Daniele, sì come te. E adesso che sono uscito allo scoperto dovrò impegnarmi molto se non voglio uscirne totalmente sconfitto dal nostro amichevole confronto che io ho definito in modo un pò gogliardico con "combattimento" ma che in realtà è solo confronto. E poi mancherebbe l arbitro fra l altro. I grandi filosofi del passato avevano tentanto di stabilire una sorta di terreno comune per quanto riguarda l etica . Questi filosofi cercarono altresì un modo per formalizzare il ragionamento umano fornendo delle regole inattacabili di deduzione logica. Seguendo procedimenti concordati di argomentazione razionale speravano di eliminare la confusione , l incomprensione e le controversie che caratterizzano le relazioni umane. Bisogna dire che questo obbiettivo, ammesso che fosse possibile, non è stato mai realizzato. Il mondo è piu che mai afflitto da grandi controversie e diversità di pensiero , diversità di religioni le cui ognuno di esse pretende essere il detentore della verità assoluta. A dire che l assolutismo o meglio la verità assoluta va combattuta sono le milioni di persone che a causa di essa sono state uccise. Per queste ragioni io, daniele, non posso sostenere una verità assoluta anche ammesso che ci sia. Sostengo invece l alleanza fra scienza e fede, e fra le varie grandi tradizioni spirituali , le differenze non devono piu indicare una verità assoluta ma punti di vista da rispettare reciprocamente e arricchire in modo reciproco il pensiero . Sarà solo tramite il rispetto delle differenze e trarne insegnamento che l essere umano potrà forse cominciare a capire cosa sia vivere in maniera etica.
Citazione di: Alberto Knox il 26 Novembre 2024, 11:08:22 AMBhè non mi chiamo certo Alberto knox ovviamente, mi chiamo Daniele, sì come te. E adesso che sono uscito allo scoperto dovrò impegnarmi molto se non voglio uscirne totalmente sconfitto dal nostro amichevole confronto che io ho definito in modo un pò gogliardico con "combattimento" ma che in realtà è solo confronto. E poi mancherebbe l arbitro fra l altro. I grandi filosofi del passato avevano tentanto di stabilire una sorta di terreno comune per quanto riguarda l etica . Questi filosofi cercarono altresì un modo per formalizzare il ragionamento umano fornendo delle regole inattacabili di deduzione logica. Seguendo procedimenti concordati di argomentazione razionale speravano di eliminare la confusione , l incomprensione e le controversie che caratterizzano le relazioni umane. Bisogna dire che questo obbiettivo, ammesso che fosse possibile, non è stato mai realizzato. Il mondo è piu che mai afflitto da grandi controversie e diversità di pensiero , diversità di religioni le cui ognuno di esse pretende essere il detentore della verità assoluta. A dire che l assolutismo o meglio la verità assoluta va combattuta sono le milioni di persone che a causa di essa sono state uccise. Per queste ragioni io, daniele, non posso sostenere una verità assoluta anche ammesso che ci sia. Sostengo invece l alleanza fra scienza e fede, e fra le varie grandi tradizioni spirituali , le differenze non devono piu indicare una verità assoluta ma punti di vista da rispettare reciprocamente e arricchire in modo reciproco il pensiero . Sarà solo tramite il rispetto delle differenze e trarne insegnamento che l essere umano potrà forse cominciare a capire cosa sia vivere in maniera etica.
Ah! Daniele pure tu ... chissà che possa essere di buon auspicio. Comunque qui nel forum sei Alberto Knox e in ogni caso non ti porre pena per la mancanza di un arbitro. In democrazia l'arbitro lo fanno i voti nell'apposita urna.
Tra le molte che dissi qui nel forum, alcune anche esagerate e altamente offensive, prenderò l'ultima in ordine cronologico:
"Per mio conto sarebbe fin troppo facile liquidare la questione dicendo che san Francesco era bravo e Totò Riina era un empio .... perché forse erano bravi tutti e due, o matti patocchi entrambi, sicuramente poco normali."
Di fronte a una osservazione del genere qualcuno tra voi potrebbe avere pensato che si tratti della solita boutade del daniele22. Qualcuno potrebbe aver reputato talmente odioso quel pensiero tanto da incasellarmi sine ulla dubitatione nel cestino delle persone schifose. Magari qualcuno è stato sfiorato dall'idea che forse posso avere ragione .... e via dicendo. Ma il filosofo, che tutto interroga, dovrebbe sentirsi in obbligo di chiedere lumi per tanto ardire. Perché tutto fa da maestro al filosofo, tutto il cosmo, tutte le cose, tutti gli animali e tutte le persone hanno qualcosa da insegnare al filosofo, e lo insegnano, lo dicono al bene e al male del suo sentire, ma se questi rigetta senza una ponderata critica, vedi Riina, difficilmente sarà un buon filosofo, ma in fondo non sarà nemmeno una brava persona. Questo, qualora l'empatizzare fosse una caratteristica delle brave persone. E in questo senso appoggio il detto buddhista che recita "quando incontri il Buddha uccidilo" ... non con la pistola immagino. In tema dunque a quel pensiero, è chiaro che è un bene che Totò Riina sia stato fermato. Questo è stato un comportamento corretto per quello che riguarda il mio senso etico, ma resta intatto il mio pensiero "provocatore"; anche Totò Riina poteva essere una brava persona, o almeno, sarebbero le persone che sono state più vicine a lui a poter esprimere giudizi più attendibili nel merito, ma non ho mai indagato e poi è solo un esempio
Citazione di: daniele22 il 26 Novembre 2024, 19:25:56 PMComunque qui nel forum sei Alberto Knox
Solo Knox andrà benissimo grazie.
Citazione di: daniele22 il 26 Novembre 2024, 19:25:56 PM"Per mio conto sarebbe fin troppo facile liquidare la questione dicendo che san Francesco era bravo e Totò Riina era un empio .... perché forse erano bravi tutti e due, o matti patocchi entrambi, sicuramente poco normali."
Di fronte a una osservazione del genere qualcuno tra voi potrebbe avere pensato che si tratti della solita boutade del daniele22. Qualcuno potrebbe aver reputato talmente odioso quel pensiero tanto da incasellarmi sine ulla dubitatione nel cestino delle persone schifose. Magari qualcuno è stato sfiorato dall'idea che forse posso avere ragione .... e via dicendo. Ma il filosofo, che tutto interroga, dovrebbe sentirsi in obbligo di chiedere lumi per tanto ardire.
Non ho chiesto spiegazione perchè avevo già risposto a questa tua osservazione al post n°81
"Ci sono persone che sono sorde alla dimensione estetica, ci sono persone che guardano un quadro e l'unica cosa che sanno pensare è "quanto costa?" .
Analfabetismo estetico , è possibile che fra le persone vi sia anche un analfabetismo etico? ma insomma , chiedetevelo, io penso di sì , guardando il comportamento di alcune persone. Ma poi penso se sono sempre stati così, anche quando erano bambini o se invece lo sono diventati a seguito della durezza della vita perchè la vita può essere dura e toglierti sensibilità e delle volte neache per colpa tua ma per una serie di circostanze , di tragedie e uno si anestetizza lui stesso perchè ha sofferto così tanto che non ne vuole più sapere e allora si chiude , diventa cattivo ma nel senso latino del termine , prigioniero , imprigionato dalla sofferenza che la vita gli ha dato . Forse una delle frasi più belle di Gesù è quando ha detto "non giudicate". "
E ora riprendo, non giudicate disse , ma Gesù disse anche "perchè non giudicate da voi che cosa è giusto?" siamo chiamati a giudicare le azioni ingiuste, quelle sì, le azioni , propio a causa che siamo responsabili delle nostre azioni vanno giudicate e in taluni casi punite come nel caso di Riina. Aveva commesso diversi delitti quindi ecco che è stato giusto giudicarlo e condannarlo. Non dico che non fosse anche una brava persona del resto anche un serial killer prova amore e a cura dei propi figli. è propio perchè siamo capaci d amore e di odio, di gesti di carezze e colpi di pistola che dobbiamo scegliere come vogliamo agire e quindi , in difinitiva , la persona che vogliamo essere.
Citazione di: daniele22 il 26 Novembre 2024, 19:25:56 PME in questo senso appoggio il detto buddhista che recita "quando incontri il Buddha uccidilo" ... non con la pistola immagino.
Se il buddha è la meta verso cui tendere durante il percorso personale . Se è questo una volta giunti a quella saggezza di spirito occorre passare oltre e lasciarlo alle spalle. Un pò come disse anche il filosofo Wittgeinstein ; "egli deve , per così dire , gettare via la scala a pioli dopo esservi salito..."
Buddha è solo un maestro che indica una via , e una volta aquisito, una volta raggiunto lo devi lasciare per un altro maestro, il tuo, il maestro interiore. Ecco , in questo senso devi uccidere il Buddha.
O almeno, in questo senso lo interpreto io.
Citazione di: iano il 24 Novembre 2024, 00:57:39 AMcioè nel suo presente, mostri di meritare di essere idolatrato, cercando nel passato l'uomo della futura provvidenza, che però quando poi arriva, non manca mai di deluderci.
La questione non riguarda gli altri, ma noi stessi.
Quindi l'intero tuo post è chiaramente oscurato da questo errore.
Tu parli di Stato, ma lo Stato si regge su delle leggi formali, che negano la natura.
La ricerca di Dio invece si basa sulle virtù, cui il fine è il bene comune naturale.
Il continuo bombardamento fatto dai relativisti ha prima minato e poi fatto esplodere il diritto naturale, a mio parere questo risultato è delle politiche formali, tutto forma e niente sostanza umana, che di fatto ha reso gli uomini superficiali e incapaci di intendere e volere. politiche che si fondano sull'odio della persona ricordiamolo.
Tu parli di idolatria ma sei tu che idolatri il vitello d'oro, alle persone interessa ormai solo i soldi, o di far male alle persone, se questo ti va bene.
Tieniti il tuo Dio.
Citazione di: Alberto Knox il 24 Novembre 2024, 01:24:43 AMil tuo relativismo invece non lo vedi.
Ti sto prendendo come modello per fare un discorso generale, ovviamente non conoscendoti non posso fare, come si fa nel reale, un discorso personale, comunque va bene, parliamo di relativisti in generale.
Le verità è semplicemente un discorso logico, a me non interessa tanto.
Non credo affatto all'assoluto, e infatti questa posizione l'ho già criticata nella mia discussione su Hegel.
Ma credo nella ricerca della verità in quanto verità umana, quindi che riguarda i sentimenti e le relazioni.
Tutto il resto non mi interessa.
Per me la salvezza è un sentimento che si sposa con la relazione.
Non è una mero istinto sessuale.
Avendo fallito nel mondo reale, ora sto provando a istaurarlo con gli antichi del passato.
I discorsi sono ancora lì.
Si tratta di ragionare insieme a questi grandi.
Sempre meglio che sragionare insieme a vanagloriosi.
Quindi direi di correggere assoluto e verità con ricerca: ma non è che la ricerca nel passato non abbia dato frutti.
E' che questi frutti sono stati dimenticati in nome del fatto che questa verità e questo assoluto, che io uso per dire Dio, sono stati sepolti da gente e correnti filosofiche che non posso che riconoscere oggi come oggi se non come pura malvagità.
Citazione di: Alberto Knox il 24 Novembre 2024, 01:39:22 AMAnzi oggi abbiamo la costituzione che tutela almeno alcuni diritti , ieri non avevamo neache quello. Non si tratta di dire che Dio è morto.
La costituzione si basa su dei principi morali.
Tutti puntualmente calpestasti, perciò non diciamo cavolate.
Siamo in una delle più feroci tirannie e non te ne sei ancora accorto.
Fantastico.
Almeno una volta c'era la domenica del villaggio, oggi trovi solo carogne in giro, gente che non sa più ragionare.
Gli errori delle tirannie del passato sono sempre gli stessi: distruzione della persona, distruzione del diritto naturale.
E' un loop infinito.
Quando si parla di morte di Dio, si parla di morte dei valori, non di morte di un presunto salvatore esterno, tipico manifestazione della paranoia, detta anche loop, girare sempre e solo sugli stessi argomenti, sulle stesse facce, sull'omologazione tirannica e devastante la vita anzitutto: ma secondo te è un caso che l'occidente sia in forte denatalità?
Prova a farti questa domanda, e prova a pensare alla mancanza di valori.
Magari proprio da quelli cristiani Casa, Chiesa, Famiglia, Educazione, Patria.
Dove la patria è l'unione delle precedenti.
Devi passare da una descrizione di DIo fumettistica, quella del barbone che sta sulla nuvoletta, ad una di ampia astrazione, per poter vedere il nemico invisibile: il nichilismo. ( questo si intende per morte di Dio).
Citazione di: Alberto Knox il 26 Novembre 2024, 22:58:04 PMSolo Knox andrà benissimo grazie.Non ho chiesto spiegazione perchè avevo già risposto a questa tua osservazione al post n°81
"Ci sono persone che sono sorde alla dimensione estetica, ci sono persone che guardano un quadro e l'unica cosa che sanno pensare è "quanto costa?" .
Analfabetismo estetico , è possibile che fra le persone vi sia anche un analfabetismo etico? ma insomma , chiedetevelo, io penso di sì , guardando il comportamento di alcune persone. Ma poi penso se sono sempre stati così, anche quando erano bambini o se invece lo sono diventati a seguito della durezza della vita perchè la vita può essere dura e toglierti sensibilità e delle volte neache per colpa tua ma per una serie di circostanze , di tragedie e uno si anestetizza lui stesso perchè ha sofferto così tanto che non ne vuole più sapere e allora si chiude , diventa cattivo ma nel senso latino del termine , prigioniero , imprigionato dalla sofferenza che la vita gli ha dato . Forse una delle frasi più belle di Gesù è quando ha detto "non giudicate". "
E ora riprendo, non giudicate disse , ma Gesù disse anche "perchè non giudicate da voi che cosa è giusto?" siamo chiamati a giudicare le azioni ingiuste, quelle sì, le azioni , propio a causa che siamo responsabili delle nostre azioni vanno giudicate e in taluni casi punite come nel caso di Riina. Aveva commesso diversi delitti quindi ecco che è stato giusto giudicarlo e condannarlo. Non dico che non fosse anche una brava persona del resto anche un serial killer prova amore e a cura dei propi figli. è propio perchè siamo capaci d amore e di odio, di gesti di carezze e colpi di pistola che dobbiamo scegliere come vogliamo agire e quindi , in difinitiva , la persona che vogliamo essere.
Siamo tutti cattivi nel senso di prigionieri. L'induismo ha ben chiara questa nozione che viene messa bene in luce all'interno della Baghavad Gita nel dialogo tra Krishna e Arjuna.
Volevo solo dire che non sono favorevole alla cultura della personificazione del male e del bene, cosa assai praticata all'interno del nostro plurimillenario sistema socio economico. Nessuno conosce la metafisica che regola l'azione dell'individuo e nessuno può giudicare nel senso di sentenziare pubblicamente l'immoralità di una persona o di un gruppo di persone. Così agendo potresti incappare nella calunnia; puoi dire di sicuro e a buon titolo "no, non è la mia via". Non è questione quindi di mancanza di estetica, ma di un'estetica che ci piace o non ci piace. Per questo ho detto che il mondo parla ai nostri sentimenti. Ma il dato certo, non metafisico, quello provocato da questo "parlare del mondo" qual è? È la conoscenza del proprio dolore e piacere fisico; tale conoscenza, a mio vedere, fa da base d'appoggio a tutte le metafisiche che regolano la vita, non solo quella di un individuo, ma quella dei vari popoli. Tant'è che gli indiani del nord America, così almeno si narra, non riuscivano a capire perché i bianchi mentissero. Probabilmente, opinione personalissima, era perché non avevano i soldi ... erano anche poveri tecnologicamente a dirla tutta. E allora vedi che non ha nemmeno tanto senso dire che non c'è un senso della vita in cui tutti si possono identificare. Poiché il danaro, oggetto metafisico per eccellenza, non può non contribuire a dare un senso per la vita nella società in cui esso opera.
Così siamo ritornati ancora alla faccenda della morale autonoma che io contesto e che sembra essere contestata anche nell'articolo che ti propongo. In particolare nell'intervista si accenna alle fasi di crescita del bambino così come ne parlai con Athena, desaparecida, nel tema del libero arbitrio
https://www.avvenire.it/agora/pagine/vittorio-gallese-l-essere-umano-e-corpo-in-movimento
Citazione di: green demetr il 27 Novembre 2024, 00:23:42 AMDevi passare da una descrizione di DIo fumettistica, quella del barbone che sta sulla nuvoletta,
Il Dio con l aureola al neon in testa che sta sulla nuvola e premia e condanna l ho superato da un bel pezzo. Per il resto dici morte dei valori, e io di cosa ho parlato all inizio? che nessuno sa piu che cosa sono le virtù e ho denunciato la ancanza di un educazione all etica lasciandola così al caso. Ora però voglio riflettere sull ultimo post di Daniele22. Anzi, fallo anche tu, mi interessa anche il tuo punto di vista dopo tutto.
Citazione di: green demetr il 27 Novembre 2024, 00:01:44 AMTu parli di idolatria ma sei tu che idolatri il vitello d'oro, alle persone interessa ormai solo i soldi, o di far male alle persone, se questo ti va bene.
Tieniti il tuo Dio.
Vai Green, prescelto dal Signore, e costruisci un arca...
Citazione di: daniele22 il 27 Novembre 2024, 09:31:54 AMhttps://www.avvenire.it/agora/pagine/vittorio-gallese-l-essere-umano-e-corpo-in-movimento
Articolo interessante.
Molte cose che ho scritto recentemente, nei post su neurobiologia e in quelli su Spinoza, sono in effetti in linea con ciò che viene detto nell'intervista.
Partire da ciò che siamo realmente e quindi capire che non può esserci mai puro disinteresse, puro senso del dovere. Questo non significa dire che l'uomo è machiavellico. Certe rappresentazioni dell'uomo come profondamente egoista sembrano essere in realtà basati sul narcisismo dei manuali di psicopatologia.
In realtà essendo poco vitale per sé la manipolazione degli altri (perché alla fine gli altri scappano), la cura delle relazioni, lo sforzo dell'equilibrio e della salute in esse, esprime l'ambizione di una prosperità che è sia individuale che comunitaria, anzi che è individuale proprio perché comunitaria.
E questo fuori da ogni retorica sentimentale di cui anche qui ci si abbandona troppo spesso.
La commozione per l'empatia per esempio: nulla su cui sbrodolare, ma prodigioso fatto biologico, che è potenzialmente arma di manipolazione o strumento per sintonizzarsi con l'altro.
Citazione di: Koba II il 27 Novembre 2024, 15:20:43 PMArticolo interessante.
Molte cose che ho scritto recentemente, nei post su neurobiologia e in quelli su Spinoza, sono in effetti in linea con ciò che viene detto nell'intervista.
Partire da ciò che siamo realmente e quindi capire che non può esserci mai puro disinteresse, puro senso del dovere. Questo non significa dire che l'uomo è machiavellico. Certe rappresentazioni dell'uomo come profondamente egoista sembrano essere in realtà basati sul narcisismo dei manuali di psicopatologia.
In realtà essendo poco vitale per sé la manipolazione degli altri (perché alla fine gli altri scappano), la cura delle relazioni, lo sforzo dell'equilibrio e della salute in esse, esprime l'ambizione di una prosperità che è sia individuale che comunitaria, anzi che è individuale proprio perché comunitaria.
E questo fuori da ogni retorica sentimentale di cui anche qui ci si abbandona troppo spesso.
La commozione per l'empatia per esempio: nulla su cui sbrodolare, ma prodigioso fatto biologico, che è potenzialmente arma di manipolazione o strumento per sintonizzarsi con l'altro.
A me è piaciuto soprattutto il "se vorremo e se saremo capaci" finale. Di Spinoza conosco praticamente nulla, a parte il Dio sive natura. Ricordo però l'orribile bolla di cacciata dalla comunità ebraica. Riguardo alla narrazione dei dati scientifici avrei qualche cosa da chiedere, o che venisse precisata. Ma c'è una cosa che contesto in particolare ed è il suo pensiero finale sul fuoco. Mi convince poco "l'invenzione del fuoco", anzi, non mi convince per nulla. Tanto che io direi: Sbattendo casualmente sul fuoco, imparandolo quindi e affezionandovisi, il corpo in movimento nell'ambiente, le relazioni che instaura e le affezioni (odio et amo) a cui va soggetto (persone e cose) cominciarono a strutturare il linguaggio umano fino a giungere un giorno (neanderthal?, sapiens?) a farci parlare attorno al fuoco.Questa è la brutta bestia da affrontare da parte di una specie che osa addirittura proclamarsi Sapiens. Ma mi facciano il piacere! ... auspico una più feconda umiltà nel nome della ragione
Citazione di: Alberto Knox il 27 Novembre 2024, 12:19:42 PMOra però voglio riflettere sull ultimo post di Daniele22. Anzi, fallo anche tu, mi interessa anche il tuo punto di vista dopo tutto.
Tu hai parlato di estetica, non di etica, ossia dei costumi entro i quali vige il relativismo contemporaneo.
A Daniele22 non rispondo nemmeno, infatti nega la libertà della scelta morale.
A questo giochetto da neuroscienziati pluripagati per dire sciocchezze io non ci sto.
La morale è autonoma e si trova nel mondo iperuranico platonico, ammesso che uno ne inizi la ricerca spirituale.
La morale autonoma che si dice tale all'interno di un sistema è ovviamente una balla.
Quindi starei a quello che mi hai risposto correttamente, ossia che oggi non si fa studiare più la morale (antica) a scuola.
Infatti si fa studiare l'amoralità, il relativismo, un filosofo contro l'altro etc.
Citazione di: green demetr il 27 Novembre 2024, 23:41:47 PMA Daniele22 non rispondo nemmeno, infatti nega la libertà della scelta morale.
Credo che la stia semplicemente ridefinendo. Daniele sostiene che quello che noi chiamiamo,libero arbitrio, morale autonoma , etica , non è il risultato del singolo individuo, da una ragione del cuore del singolo, ma come risultato di una determinata cultura di una determinata società.
Citazione di: green demetr il 27 Novembre 2024, 23:41:47 PMA questo giochetto da neuroscienziati pluripagati per dire sciocchezze io non ci sto.
l'articolo di Daniele è in perfatta sincronia con quel che afferma il Buddhismo. Difatti , se hai letto, il termine "condividui" è riportato quasi tale e quale nel libro del buddhismo che ho a casa io . Cosa dice l articolo?
"Per capire la nostra unicità, la nostra singolarità, si deve partire dallo spazio condiviso, noi-centrico formato dalle nostre somiglianze di funzionamento e di ambiente. La nostra natura corporea impara ad esprimersi creando abitudini e riti, mimeticamente condivisi dai membri del gruppo sociale. Da ciò nascono le nostre istituzioni religiose, politiche ed economiche, in una parola, la nostra Cultura.
Le pratiche sociali reciprocamente cambiano la nostra intelligenza corporea. L'introduzione del linguaggio diventa un vero game-changer, ridefinendo l'intelligenza corporea stessa. Parlare di
condividui significa sostenere che in ognuno di noi coesiste una somiglianza con l'altro che precede e fonda la differenza. "
Cosa dice il mio libro?
"...Gli insegnamenti del Buddha affrontano e sviluppano i concetti "se stesso" e "altri" , ossia rifacendosi alla teoria dell "anattà", in base a questa teoria ciascun sè (sia esso inteso come semplice elemento fisico o come singolo individuo vivente) non è nè costituito nè pensato come entità separata, come ente autonomo, come atomo indipendente. Questa aquisizione teorica non va assunta in senso debole, ossia considerando che ciascun ente entra in relazione con altri enti, ma va colta in senso forte considerando che ciascun ente è sempre e necessariamente costituito da relazioni. Nel caso specifico dei rapporti fra individui , ciò significa che ciascun io non solo non si sviluppa ,
ma addirittura non esiste indipendentemente dall esistenza di altri io. Tali assunti si dispiegano anche a livello
etico dove ciscun individuo, sia nei comportamenti attivi che in quelli passivi , viene formato dalle connessioni prodotte da tali comportamenti :
la forma generale della connessione che qualifica i suoi condizionamenti genetici e ambientali qualifica anche le condizioni etiche . Ciascuno insomma, risulta essere qualcuno solo in quanto è luogo di raccolta , di arrivo e di partenza di molteplici funzioni e relazioni , in tal senso l'idea di "individuo" corrispondente all immagine di un punto isolato , si dovrebbe sostituire come più realistica a quella di
"dividuo" , corrispondente all immagine di un luogo di passaggio di infinite rette. .."
la noti una certa somiglianza o no? e comuque non lo sai che devi dare forza ed energia all antitesi per poi scavare in profondità se vuoi fare emergere la tua tesi? pala e piccone sono gli strumenti non la tua aria da supponente so tutto io.
Non capisco una cosa: perchè parlare di fine del mondo per un mondo,quello umano, che è gia finito da un pezzo essend'ora tutto a pezzi?
@Alberto Knox @Koba IICiao Danalberto, stai attento a non avvalorare troppo la mia tesi giacché potresti non accorgerti di valicare il famoso punto di non ritorno. Mi rivolgo pure a Koba dato che in un post aveva menzionato Alcibiade e non mi era chiaro quel che intendesse. Sorvolo quindi sul linguaggio e torno sull'intervista:
[
Voi parlate di "condividui", viene prima il noi dell'io: in che modo e che implicazioni comporta?
«Per capire la nostra unicità, la nostra singolarità, si deve partire dallo spazio condiviso, noi-centrico formato dalle nostre somiglianze di funzionamento e di ambiente. La nostra natura corporea impara ad esprimersi creando abitudini e riti, mimeticamente condivisi dai membri del gruppo sociale .......................... Parlare di condividui significa sostenere che in ognuno di noi coesiste una somiglianza con l'altro che precede e fonda la differenza. Da qui nasce anche la convinzione che sia la dimensione sociale e non quella individuale a definire l'umano. Le conseguenze sono molte, sia da un punto di vista esistenziale che da quello etico-politico».]Tutto ok, però lo stesso Kant sosteneva che generare nuovi vocaboli quando non ve ne sia necessità corrisponda a una pretesa di legiferare in campo linguistico che ha scarsamente successo. Dal punto di vista che si rivolge alla morale quindi ¿qual è la necessità di parlare di condividui quando il dolore e il piacere, che sono responsabili delle affettività, sono percepiti dal singolo?
Si parla inoltre di "mimeticamente condivisi"; immagino pertanto che si voglia riferire il fatto che che le tradizioni affermate siano realtà condivise sì da tutti, ma non necessariamente accettate con benvoglienza da tutti. Essendo quindi che la questione etica nel nostro stato di diritto è retta soprattutto dalla tradizione comprensiva delle leggi positive che in essa sono già inscritte, mi chiedo quale valore abbia la figura del ribelle in questa società. Perché qualora l'etica dovesse attenersi alla ragione e non al sentimento la figura del ribelle non potrebbe certo essere liquidata attraverso una semplice espressione di maggioranze. Buon fine settimana
Citazione di: daniele22 il 29 Novembre 2024, 08:03:11 AMqual è la necessità di parlare di condividui quando il dolore e il piacere, che sono responsabili delle affettività, sono percepiti dal singolo?
Dolore e piacere sono sperimentati nel singolo, ma sono prodotti in punti di una geografia più vasta rispetto ai confini del nostro corpo. Quando la malattia si abbatte sul corpo di un amico, il suo dolore, almeno in parte, coinvolge anche noi, per cui non si può nemmeno parlare di "un suo dolore", ma del nostro dolore (che ha tuttavia punte di intensità differenti, evidentemente).
Si può naturalmente agire in modo da restringere quel confine al perimetro del nostro corpo, ma bisognerebbe capire quanto di psicopatologico ci sia in un'azione, meglio, in una regressione del genere.
Prima dell'inutile giudizio moralistico di "egoista", senz'altro un comportamento di ritiro di sé avrà un carattere difensivo, sarà la reazione a "turbolenze ambientali" ingestibili.
Nei casi estremi, quando l'ambiente è radicalmente alieno e violento, una soluzione è la psicosi: il delirio come l'unica strategia per connettersi agli altri, per abitare lo spazio comune.
Certo gli studi che i due autori avanzano, di psicologia evolutiva, di neurobiologia, di psicologia sociale etc. sono importanti perché mostrano la scientificità di questa originaria "espansione dell'Io", diciamo così.
Mi piace che la questione sia posta al di fuori delle solite polemiche culturali su comunità-individualismo etc., al di fuori della retorica sulla solidarietà etc.
Citazione di: Alberto Knox il 28 Novembre 2024, 10:49:35 AMpala e piccone sono gli strumenti non la tua aria da supponente so tutto io.
Io non so un cavolo di niente a-priori.
Sono i fatti che parlano: cosa vuole che mi interessi degli orientali e dei loro dogmi comunisti?
Ma non vede come sono messi?
Ma lei lo sa che la parola libertà questa gente non sa neanche che vuol dire?
E non serve che lei mi argomenti per spirito hegeliano, perchè quando parlo con questa gente, ragiona ancora a CASTE e lo stesso Hegel era un collaborazionista dello stato di terrore.
No grazie io mi tengo l'occidente e la battaglia nicciana a metter in discussione l'intera storia dell'occidente.
Una storia di libertà (colpo) e prigionia (contra-colpo).
Ad est c'è solo prigionia, e basta vedere come sono fatte le loro società.
Vede a me interessa la libertà.
Se Daniele22 ha deciso di darsi in pasto a questa ennesima forma di materialismo gretto, in nome di non so bene quale etica condivisa pregressa.
A me interessano i fatti.
Il tempo per gli idealismi sopratutto quelli globalisti del "cervello unico"(almeno per me) è finito.
Ormai capisco che persino il comunitarismo è una vana nozione: ogni individuo è responsabile del bene a se stesso, non agli altri.
E tutti quelli che dicono che bisogna sottostare agli altri, prima mi devono far vedere che hanno dignità di se stessi.
O tutta la discussione sull'Altro diventa, come è diventata, una barzelletta, salvo scoprire a 50 o giù di lì, che era una barzelletta FIN DALL'INIZIO.
Non è vero industria culturale? (mi pare che qui nessuno abbia preso in mano i minima moralia, non ho detto critica dell'illuminismo, che è un testo difficilissimo e che richiede la lettura di Hegel (e di cui ho già portato in questo forum tutte le cose più importanti...chi vorrà. sempre che abbiano i soldi per tenerlo aperto, leggerà).
Citazione di: misummi il 28 Novembre 2024, 13:31:57 PMNon capisco una cosa: perchè parlare di fine del mondo per un mondo,quello umano, che è gia finito da un pezzo essend'ora tutto a pezzi?
Perchè lo scopo della vita umana è di rispondere a questa macerie, a questo dolore senza fine.
In maniera spirituale, in maniera morale.
La nostra libertà sta tutto in questa risposta.
E la grandezza dell'uomo sta tutta nella ricerca a questa risposta.
La salvezza è sapere (moralmente parlando) rispondere.
Ognuno al livello da cui parte, da cui parla e di CUI parla.
Citazione di: daniele22 il 29 Novembre 2024, 08:03:11 AMPerché qualora l'etica dovesse attenersi alla ragione e non al sentimento la figura del ribelle non potrebbe certo essere liquidata attraverso una semplice espressione di maggioranze.
Eh ma certo, ma Albert ti ha citato mentre sostenevi che non c'è libertà.
Se non c'è libertà perchè porsi la questione della ribellione?
La risposta risiede naturalmente dall'erranza dell'articolo, probabilmente finanziato dai soliti filantropisti che amano l'ordine sociale, ma odiano gli individui.
Citazione di: Koba II il 29 Novembre 2024, 15:00:44 PMMi piace che la questione sia posta al di fuori delle solite polemiche
:D Stai scherzando spero, sono tutte scienze inventate, e inventate da chi?
Da chi vuolo far emergere l'individuo?
Persino Daniele ha capito che la parola mimetico è stata astutamente considerata come "dato scientifico".
E' sempre la questione anfibologica di Aristotele.
Citazione di: green demetr il 30 Novembre 2024, 02:58:18 AMPerchè lo scopo della vita umana è di rispondere a questa macerie, a questo dolore senza fine.
In maniera spirituale, in maniera morale.
La nostra libertà sta tutto in questa risposta.
E la grandezza dell'uomo sta tutta nella ricerca a questa risposta.
La salvezza è sapere (moralmente parlando) rispondere.
Ognuno al livello da cui parte, da cui parla e di CUI parla.
penso che tu abbia confuso una constatazione con una resa. Questo genere di mondi dura pochi milioni di anni e poi decade.Quindi ricomincia e cjsì via. Si chiama selezione planetaria ed è un rinnovamento quasi totale di speci animali e vegetali con annessa risistemazione climatica.
È già successo in passato e succederà ancora. L'umanità non è la Regina del pianeta,la Natura lo è ed essa stessa è parte della Natura di questa area di spazio galattico.
L'umanitá sta semplicemente seguendo la Natura volente o nolente,la Terra si sta liberando della vecchia pelle ed essendo un mondo ancora sostanzialmente rettiliano lo fa in silenzio e pazientemente.
Poi c'è un'altra questione che è duro dire: i mammiferi umani hanno fallito come specie e come tali.
Hanno dimostrato che la riproduzione mammifera umana,l'allevamento dei figli, la problematicità intrinseca della specie e la sua fragilità psichica non sono convenienti dal punto di vista evolutivo.La linea evolutiva migliore sarebbe stata quella dei mammiferi ovipari oppure di rettili intelligenti.
Purtroppo l',interferenza sui mammiferi primati da parte di imprudenti stra avvisati ha originato il pasticcio attuale.
A questo punto è ovvio che la Natura,nel quadro del suo rinnovarsi ciclico, metterà fine al disastro in un modo che non sarà molto ....allegro e piacevole.
Questa è la verità, noi cambiamo le nostre cellule ogni sette anni,la natura cambia le sue ogni tot milione di anni.
Siccome questo è intuito seppur in forma subliminalmente quasi impercettibile,gli esseri umani fanno di tutto per stare a galla e fanno una paura
specifica e individuale palese.
Mi spiace dire queste cose,sono umana anch'io,ho la mia età e grazie a Dio e a tutto il resto compresa me,sto relativamente bene.
Mi spiace per l'umanità ma sono stati fatti sbagli madornali in un remoto passato che non possono essere riparati. La linea evolutiva mammifera umana non è la più adatta e migliore per questo pianeta, quindi muterà in qualcosa d'altro che per il momento non è dato sapere.
Citazione di: misummi il 30 Novembre 2024, 06:14:27 AMHanno dimostrato che la riproduzione mammifera umana,l'allevamento dei figli, la problematicità intrinseca della specie e la sua fragilità psichica non sono convenienti dal punto di vista evolutivo.La linea evolutiva migliore sarebbe stata quella dei mammiferi ovipari oppure di rettili intelligenti.
E in base a che decidi queste cose?
Forse che tu c'eri?
Harari? ARARA' :D
Citazione di: misummi il 30 Novembre 2024, 06:14:27 AMpenso che tu abbia confuso una constatazione con una resa
Veramente avevo capito fosse una domanda.
La resa non so da dove l'hai ricavata.
Se invece stai parlando della tua resa all'imponderabile, non so cosa dirti.
Penso che le cose misurabili sono quelle a livello umano.
Harari e compagnia bella sono finanziati dai DEM collusi con i comunisti cinesi (non so se a soldi, sicuramente a ideologia, e in chiari e oscuri rapporti con l'islam politico).
Quindi non venire a fare grandi discorsi senza nè capo nè coda, e chiediti come mai vogliono che tu ragioni come se fossi una specie, e non un individuo.
Come se il tuo pensiero fosse e dovesse essere sociale, e non individuale.
Di come ti tolgano le castagne dal fuoco, dicendoti che tu non sei responsabile a te stessa, ma ad una specie, a quanto pare mal riuscita.
Ma non ti preoccupare che arrivano i super computer a salvarci la pelle.
Sei molto ingenua.
Ti consiglio di leggere Adorno, sempre che tu abbia a cuore quello che è successo sotto il nazismo e che si sta replicando sotto altri nomi e altri mezzi, oggi. I minima moralia, il libro che mi ha cambiato la vita.
La filosofia è sforzo a pensare con la propria testa.
Non con quella dei presunti rettiliani.
Devo scappare Ciao! Ciao! :) ;)
Citazione di: misummi il 30 Novembre 2024, 06:14:27 AMLa linea evolutiva mammifera umana non è la più adatta e migliore per questo pianeta, quindi muterà in qualcosa d'altro che per il momento non è dato sapere.
Hai raccontato l'evoluzione in modo sostanzialmente corretto, ma al modo di una favola della ''cattiva notte''.
In effetti nell'evoluzione non ci sono buoni o cattivi ma solo gli adatti di turno in un continuo turn over in un ambiente che cambia in continuazione, e non cambia la teoria se siamo noi umani a provocare i cambiamenti , non essendo neanche una novità nella storia della terra.
La novità starebbe nel fatto, ma è da vedere se succederà, che avendone coscienza, noi possiamo invertire la tendenza.
Non esisterà mai un linea evolutiva definitiva sia che la elegga Dio o la natura.
C'è secondo me un qui pro quo di fondo.
Non possiamo descrivere l'evoluzione della vita se non adottando l'escamotage di suddividerla in specie, specie che in se però non esistono, esistendo solo gli individui viventi il cui numero ci impedisce appunto di descriverne l'evoluzione ''niminandoli'' uno per uno, per cui dovremo nominare gruppi di essi la cui origine sta solo quindi in una convenzione,
adottando cioè un criterio che, seppur a volte sembra venire da se, tanto che ci viene naturale adottarlo, rimane pur sempre arbitrario.
Il problema dell'essere arbitrario starebbe nella difficolta a condividere questa classificazione, e senza questa condivisione la teoria dell'evoluzione, come qualunque teoria scientifica resterebbe lettera morta.
Ed effettivamente è questa la difficolta che abbiamo nel comprendere le teorie scientifiche, nell'accettare ad esempio che la realtà possa essere descritta ''come se fosse fatta'' di quanti, mentre non abbiamo difficolta a comprendere la teoria dell'evoluzione, anche quando non dovessimo accettarla, perchè ci viene ''naturale'' il modo in cui dividiamo gli individui viventi in specie, anche se questo è vero fino a un certo punto, perchè poi quando si scende nel dettaglio le cose si fanno più complicate, roba da specialisti, come Linneo e i suoi epigoni naturalisti.
stai parlando a te stesso,cambia registro e magari ti leggo.
Concludendo io credo che le teorie scientifiche non abbiano una sostanza diversa da quella delle favole, ma che a differenza delle classiche favole hanno una aderenza diretta con i fatti, e non solo eventualmente indiretta per la saggezza che possono contenere.
La differenza fra le favole e le teorie scientifiche è che le prime sono volutamente inventate, ma per quanto inventate sarà difficile sostenere che nascano dal nulla, mentre le seconde sono necessariamente inventate seppur sia evidente che non nascano dal nulla. Sia le une che le altre possono comunque, ognuna a modo suo, indicarci come muoverci nella realtà, pur essendo entrambe sostanzialmente irreali, non coincidendo cioè con la realtà.
Non coincide ad esempio con la realtà che esista una specie umana, anche se questa è la nostra percezione, e se non esiste allora non può dominare il pianeta. Esiste solo una vita che si arrabatta chiedendo ad ogni suo individuo componente , diverso da ogni altro, di dare il suo irripetibile contributo.
Il pericolo che corre oggi la filosofia è di trasformarsi nella più classica delle favole basandosi solo sulla propria percezione della realtà, perchè come constato su questo forum, anche chi sente il giusto dovere di far riferimento alla scienza, spesso la deforma volutamente o meno, per ricondurla alla propria percezione.
Però io credo che la filosofia non possa accettare questo limite, che limite non era quando tutta la nostra scienza era effettivamente racchiusa nella nostra naturale percezione.
Oggi però si richiede di provare a trascendere una naturale percezione, che comunque ci terremo cara, ma senza più poter fare riferimento ad essa in modo esclusivo.
Citazione di: misummi il 30 Novembre 2024, 07:50:50 AMstai parlando a te stesso,cambia registro e magari ti leggo.
Che ci si esprima per compiacere il proprio prossimo è umano, però forse un forum di filosofia è il posto meno adatto per farlo.
Certo ci teniamo tutti ad essere letti, ma non può ridursi a questo il contenuto dei nostri scritti.
Sono certo che ne converrai e vorrai perciò non interrompere un dialogo solo perchè non si mostra compiacente il tuo interlocutore.
Spero quindi che tu possa trovare nei miei successivi post motivo per continuarlo.
iano,rileggi quello che ho scritto.Io discuto per il piacere di discutere e non per compiacere o essere compiaciuta.Quando uno ararareggia :)) lo lascio ararareggiare senza alcun problema
Citazione di: iano il 30 Novembre 2024, 08:09:46 AMNon coincide ad esempio con la realtà che esista una specie umana, anche se questa è la nostra percezione, e se non esiste allora non può dominare il pianeta.
Mi spiego meglio.
Se la teoria dell'evoluzione è una necessaria favola, la sua utilità ha però un limite.
Se le specie sono una necessità narrativa, il chiedersi poi quale specie domini il pianeta, va oltre la stretta necessità per cui la favola è nata.
Infine, se da un lato mi aspetto che qualcuno possa vedere nel mio ''provocatorio'' punto di vista una volontà di denigrare la scienza, essendo un rischio che ho deciso di correre, non essendo comunque questa la mia intenzione, mi riterrò in ogni caso soddisfatto se da questa mia provocazione qualcuno trarrà motivo per rivalutare l'importanza delle favole, categoria nella quale rientrano a pieno titolo le teorie filosofiche, credendo io ormai sia chiaro che in tal modo non intenda denigrarle, anzi...
In ogni favola c'è sempre un aderenza alla realtà, però, almeno nella misura in cui ne abbiamo coscienza, non dovremmo confondere la favole con la realtà, tenendo conto che non sempre questa coscienza vi è, non dipendendo ciò del tutto dalla nostra volontà. Teniamo solo conto che questa nostra capacità rimane attiva anche indipendentemente dalla nostra volontà
Il nostro mondo, quello in cui viviamo, nasce in effetti dalla nostra capacità di immedesimarci nelle favole che ci raccontiamo.
Pare a me che si tenga troppo poco conto di questa nostra naturale capacità che si traduce in chiaro nel nostro amore per il teatro, amore che noi, a differenza dei greci, che ad esso edificavano ''templi'' non secondi a quelli degli dei, mostriamo più pudore nel mostrare, come se si trattasse di una favola, che è si per adulti, ma pur sempre una favola.
E' invece l'espressione più evidente della nostra creatività grazie alla quale riusciamo a campare dentro a questa realtà.
Può in effetti il teatro fare più degli dei, del quale essi sono solo personaggi e questa secondo me è il punto di vista da cui bisognerebbe considerare l'impresa scientifica, come parte comunque non esaustiva dell'umana impresa.
Citazione di: iano il 30 Novembre 2024, 07:50:22 AMHai raccontato l'evoluzione in modo sostanzialmente corretto, ma al modo di una favola della ''cattiva notte''.
Dopo tutti questi miei post dovrebbe esserti chiaro che io volevo lodarti, piuttosto che no, permettendomi solo di farti notare che della tua favola è uscita una edizione aggiornata e corretta, nominata teoria dell'evoluzione, e di cui comunque non uscirà mai l'edizione definitiva.
Per cui non è mai il caso di fasciarsi troppi la testa prendendo per vera una edizione che non è definitiva, senza pur trovare in ciò motivo di fuggire le nostre responsabilità, che restano comunque individuali, e non riferibili ad entità che ci comprendano e/o a noi superiori, compresa l'umanità come specie.
Citazione di: misummi il 30 Novembre 2024, 08:51:11 AMiano,rileggi quello che ho scritto.Io discuto per il piacere di discutere e non per compiacere o essere compiaciuta.Quando uno ararareggia :)) lo lascio ararareggiare senza alcun problema
ok :), l'ho letto solo adesso.
Però per quanto qui ci fustighiamo verbalmente a vicenda poi restiamo sempre amici.
A volte è solo questione di aver la pazienza di vedere quale sia il valore di ognuno di noi, che non sempre viene fuori a prima botta, e di cui anche il nostro ''buon'' Green ti assicuro non manca.
Citazione di: iano il 30 Novembre 2024, 09:39:48 AMok :), l'ho letto solo adesso.
Però per quanto qui ci fustighiamo verbalmente a vicenda poi restiamo sempre amici.
A volte è solo questione di aver la pazienza di vedere quale sia il valore di ognuno di noi, che non sempre viene fuori a prima botta, e di cui anche il nostro ''buon'' Green ti assicuro non manca.
siete sado masochisti?
Detti questo,mi piace la tua idea di considerare la scienza come una favola per adulti.
Però, se gli adulti fossero davvero adulti, pensi che gli piacerebbe ancora come favola?
A me, ad esempio, la tavola dei gemelli di Einstein non mi diverte perchè è troppo ....fantastica. Credere che la materia energia rallenti o acceleri le sue trasformazioni temporali per via della velocjmità mi sembra un manifesto futurista non una bella fiaba!
Citazione di: misummi il 30 Novembre 2024, 11:36:13 AMsiete sado masochisti,allora senti questa: "un masochista incontra un sadico e lo implora:picchiamiii!!!
E il sadico: Non ci penso nemmeno !"
Capita?
L'ho capita, e diffonderò il verbo. :D
Però è vero, per comprendere gli altri un pò di sano masochismo ci vuole.
Il trucco credo stia nel restare se stessi immedesimandosi in diverse parti, accettando la fatica di essere attori.
E' anche se ci pensi una rivalsa sul destino che ti ha assegnato la tua parte, senza che tu potessi sceglierla.
Citazione di: iano il 30 Novembre 2024, 11:40:11 AML'ho capita, e diffonderò il verbo. :D
Però è vero, per comprendere gli altri un pò di sano masochismo ci vuole.
Il trucco credo stia nel restare se stessi immedesimandosi in diverse parti, accettando la fatica di essere attori.
E' anche se ci pensi una rivalsa sul destino che ti ha assegnato la tua parte, senza che tu potessi sceglierla.
Possibile che tu non abbia ancora capito che "misummi" è solo la quarta manifestazione dello stesso utente?
"hystoricum", "pensarebene", "pandizucchero", e ora "misummi".
Citazione di: Koba II il 30 Novembre 2024, 12:05:00 PMPossibile che tu non abbia ancora capito che "misummi" è solo la quarta manifestazione dello stesso utente?
"hystoricum", "pensarebene", "pandizucchero", e ora "misummi".
Non mi sono sfuggite le coincidenze, e l'ho anche scritto.
Ho scritto, ''ti prego dimmi che non sei il revival di Pensarbene, ma non ho avuto risposta e il post non l'ho più ritrovato... cancellato forse.
Il cambiamento nella eventuale nuova reincarnazione comunuque non è male, perchè avrebbe perso molta della sua permalosità.
Deve avere ragione aspirante filosofo, oppure è che a fingere di essere virtuosi per ingannare il prossimo si resti invischiati nella parte che si recita come resuscitando a vita nuova ancora in vita, a riprova della funzione terapeutica di questo forum.
Infatti comincio a chiedermi se fra di noi ce ne sia uno normale, e che non sia un manicomio quello al quale ci siamo iscritti.
Certamente non era normale uno che si era presentato con un ''Non credete perciò che io meriti il premi Nobel?'', una volta capito che non stava scherzando.
Se questi post non verranno cancellati, sentiremo cosa ha da dire Misummi, che sembra effettivamente l'ultimo nickname di chi si è stufato di inventarseli.
Se pure così stanno le cose, gli rinnovo comunque il benvenuto in questo forum.
a proposito di favole,iano, ho scritto qualche post fa:
"Detti questo,mi piace la tua idea di considerare la scienza come una favola per adulti.
Però, se gli adulti fossero davvero adulti, pensi che gli piacerebbe ancora come favola?"
Questo è un discorso interessante da fare,perchè gli esseri umani amano le affabulazioni di ogni genere.
Pensa che tutta la specie o quasi recita la favola della Bella Addormentata nel B(F)osco nell'attesa di un miracolo o di una catastrofe
La potenza delle favole è insospettata e insospettabile e chi lo capisce ha nelle mani il mondo.
Citazione di: misummi il 30 Novembre 2024, 13:48:23 PMPerò, se gli adulti fossero davvero adulti, pensi che gli piacerebbe ancora come favola?"
Cara Misummi o caro Pensarbene, se uno ha una naturale capacità di credere, come io ho supposto abbia l'uomo, ciò può trasformarsi in creduloneria, o in alternativa nel riuscire ad affrontare con la giusta leggerezza questa vita, ma senza esagerare fino ad esporsi al ridicolo, come faceva Pensarbene.
La differenza fra il bambino e l'adulto è che il bambino ci crede e che l'adulto crede di non crederci più, perchè non è da adulti credere ancora nelle favole.
Intravedo in prospettiva nuovi modi, ma non del tutto praticabili ancora per noi, riservati agli uomini che verranno, ai quali ben appariranno le nostre scienze come favole, come a noi appaiono quelle degli uomini che furono.
Non è chiamandole scienza che le favole cambiano natura.
Ma la verità è che si tratta di una capacità innata, e che abbia inoltre come io penso una valenza vitale, per cui non è certo intenzione mia ridicolizzare questa capacità.
Questo mondo può essere pure una illusione (dove ad illusione io do un senso positivo) nella quale sia vitale però immergersi, e il modo che abbiamo noi di farlo, forse ancora primitivo, è quello di crederci.
Certo non è dichiarandosi ''uomo nuovo'' , cambiando nome o nickname che lo si diventa, ma è comunque un modo di iniziare ad immedesimarsi nella parte, capire come si fa a immergersi in una nuova illusione vitale sapendo di farlo, rendendo obsoleta la capacità di credere che fin qui ci ha sostenuto, divenendo produttori consapevoli di favole necessarie per interfacciarci con la realtà, senza perciò dover fare necessariamente della realtà una favola.
Citazione di: iano il 30 Novembre 2024, 13:43:21 PMInfatti comincio a chiedermi se fra di noi ce ne sia uno normale, e che non sia un manicomio quello al quale ci siamo iscritti.
Anch'io sempre più spesso mi chiedo la stessa cosa.
Trovo che sia un po' preoccupante.
Che questo forum sia in realtà solo la chat interna di un "sanatorio" alpino per melanconici con disturbi più o meno severi della personalità?
Allora sì che certi messaggi risulterebbero del tutto comprensibili...
Citazione di: Koba II il 30 Novembre 2024, 14:29:56 PMAnch'io sempre più spesso mi chiedo la stessa cosa.
Trovo che sia un po' preoccupante.
Che questo forum sia in realtà solo la chat interna di un "sanatorio" alpino per melanconici con disturbi più o meno severi della personalità?
Allora sì che certi messaggi risulterebbero del tutto comprensibili...
Si, però questo forum è la trasposizione digitale del manicomio che sta fuori, dove tutto è normale e nulla lo è, laddove esso ha anzi il pregio di aver reso ciò più evidente.
D'altronde non era pensabile che il potersi nascondere dietro un nickname non dovesse aver nel bene e nel male un qualche effetto.
Basta solo ricordarsi che il mondo di fuori esiste ancora, e per esserne certi a Giugno ci siamo ritrovati alcuni di noi a casa del nostro stimato amico e moderatore Inverno.
Spero che l'esperienza molto piacevole possa rinnovarsi con maggiore partecipazione nel futuro.
Siamo uomini o nickname?... direbbe oggi Totò.
Tranquilli, siamo ancora uomini come abbiamo dimostrato riunendoci davanti a un fiasco di vino. :))
È da masochisti definirsi matti in un contesto dove si discute anche,giustamente, il concetto di normalità.
Citazione di: green demetr il 30 Novembre 2024, 03:11:52 AM:D Stai scherzando spero, sono tutte scienze inventate, e inventate da chi?
Da chi vuolo far emergere l'individuo?
Persino Daniele ha capito che la parola mimetico è stata astutamente considerata come "dato scientifico".
E' sempre la questione anfibologica di Aristotele.
La frase del brano citato da daniele22 in cui si parla di mimetismo: "Abitudini e riti, mimeticamente condivisi dai membri del gruppo sociale".
S'intende il fatto, caratteristico degli animali più complessi, quindi anche dell'uomo, che l'apprendimento è basato sull'imitazione.
Anche il desiderio è mimetico, cioè si desidera ciò che l'altro desidera. (Leggere Girard o andare in un asilo a osservare come i bambini desiderano sempre i giochi degli altri non perché siano più belli ma perché appunto posseduti da altri).
Da qui poi la necessità di capire, nel corso della propria vita, quale sia il proprio desiderio. Questione che forse non è altro che una nuova espressione di mimetismo: quello appunto della ricerca di una singolarità, di una unicità, mito romantico di cui la nostra società è ancora imbevuta.
CitazioneAnch'io sempre più spesso mi chiedo la stessa cosa.
Trovo che sia un po' preoccupante.
Che questo forum sia in realtà solo la chat interna di un "sanatorio" alpino per melanconici con disturbi più o meno severi della personalità?
Allora sì che certi messaggi risulterebbero del tutto comprensibili...
Anche in questo caso si tratterebbe di filosofia. Un tipo di conoscenza, secondo la filosofia greca, è proprio il pensiero "delirante", che ha il suo Dio protettore in Dioniso, come il pensiero razionale lo ha in Athena.
Citazione di: daniele22 il 29 Novembre 2024, 08:03:11 AMAlberto Knox
Koba II
Ciao Danalberto, stai attento a non avvalorare troppo la mia tesi giacché potresti non accorgerti di valicare il famoso punto di non ritorno.
No figurati so bene quello che faccio ;) . La tua tesi dice in sostanza che è la cultura a fondare la morale e così l'etica forte del tuo articolo che spiega le dinamiche della psico/sociologia , relazione e imitazione. Ma poi si capisce che questo da solo non può bastare perchè come hai detto anche tu. come si spiegano allora i ribelli. Se la morale fosse totalmente fondata dalla società non dovremmo pensare alla morale e all etica tutti allo stesso modo? questo topic è l'evidenza vivente che le cose non stanno così. La mia tesi è che il primato spetta alla morale individuale e non alla morale sociale. Benchè sono d'accordo con talune assunzioni che rimandano al comportamento sociale appreso per imitazioni ma già Sartre diceva che l'essere umano non possiede alcuna natura eterna e immutabile a cui può fare riferimento. Le domande esistenziali sono, per loro natura, domande che ogni essere umano si deve porre di nuovo ad ogni generazione. E le domande esistenziali includono l'etica.
Citazione di: Koba II il 30 Novembre 2024, 16:36:10 PMS'intende il fatto, caratteristico degli animali più complessi, quindi anche dell'uomo, che l'apprendimento è basato sull'imitazione.
Anche il desiderio è mimetico, cioè si desidera ciò che l'altro desidera.
Non mi pare che tu desideri quello che desidera un altro.
Ancora con questa storia degli animali?
Non so cosa dirti, visto che lo ripeto da anni: io non sono un animale.
Invece al di là del solito riduzionismo della sciiiiienzia.
Ti riporto quello che ha scritto Daniele22
"
Si parla inoltre di "mimeticamente condivisi"; immagino pertanto che si voglia riferire il fatto che che le tradizioni affermate siano realtà condivise sì da tutti, ma non necessariamente accettate con benvoglienza da tutti. Essendo quindi che la questione etica nel nostro stato di diritto è retta soprattutto dalla tradizione comprensiva delle leggi positive che in essa sono già inscritte, mi chiedo quale valore abbia la figura del ribelle in questa società."La mimesi è la questione anfibologica di aristotele, ossia il presentarsi di un problema con le fattezze di un altro.
Per me Harari e co. sono semplici prestigiatori, clown buffoneschi che vogliono la distruzione dell'individuo.
Citazione di: Koba II il 30 Novembre 2024, 16:36:10 PMDa qui poi la necessità di capire, nel corso della propria vita, quale sia il proprio desiderio. Questione che forse non è altro che una nuova espressione di mimetismo: quello appunto della ricerca di una singolarità, di una unicità, mito romantico di cui la nostra società è ancora imbevuta.
Il desiderio? francamente questa continua oscillazione tra la negazione del desiderio, catalogato a mera pattume umano, e all'improvviso addirittura necessità di conoscerlo, mi fa sempre venire un gran mal di testa.
A meno che tu creda veramente che vi sia questo desiderio di Dio.
Il desiderio a mio parere è sempre legato al sesso.
Tutto il resto è una sublimazione.
La differenza sta tra le sublimazioni, sono esse mere proiezioni (vuote di senso, di orizzonte) o sono esse transfert? rapporto amicale, conoscenza, virtù?
Il mito dell'eroe romantico, che vive tutt'ora sotto le varie saghe super-eroistiche è stato completamente spogliato della sua epica.
Epica che è da ricercare negli antichi.
Non è che a ogni nascita, si riparte da zero.
Ci sono tremila anni di pensiero che pesano sulle spalle di Nietzche e Leopardi.
Non sarà certo la pusillanimità di questa epoca a dargli fine.
Quale è la virtù suprema cristiana? La temperanza che porta al martirio.
Io non lo chiamarei mito individualistico moderno.
Io lo chiamo presa completa della missione etica che compete l'uomo, all'altezza dell'uomo, e perciò all'altezza del singolo.
In un tempo che non investe più nella cultura, e anzi ne fa il suo zimbello, vi è una tale distorsione delle cose che ogni volta mi sorprende.
Mi sembra chiaro che il cristianesimo ha perso la sua battaglia contro il nichilismo, ma non l'individuo che voglia dirsi e voglia essere fino in fondo cristiano.
L'individuo poi per me è quello che abbiamo detto leggendo Hegel, è l'io che ragiona sulla negatività.
Stento a credere che dai una possibilità alle scienze contemporanee.
Sono il male assoluto, a ogni livello del ceto sociale, visto che tanto ti da fastidio parlare di individui.
Noi non siamo una specie animale. Trattabile entomologicamente come va tanto di moda fare.
Non diciamo sciocchezze dai. Riprendiamo seriamente il confronto.
Citazione di: iano il 30 Novembre 2024, 08:09:46 AMma che a differenza delle classiche favole hanno una aderenza diretta con i fatti,
Quali fatti di grazia? Tu c'eri? :D
Citazione di: iano il 30 Novembre 2024, 08:25:06 AMOggi però si richiede di provare a trascendere una naturale percezione, che comunque ci terremo cara, ma senza più poter fare riferimento ad essa in modo esclusivo.
Modo di ragionare che ha come obiettivo il fatto che il singolo non debba decidere più, ma debba decidere la comunità.
La filosofia che non si basa sulle favole, ma si basa sui fatti, capisce benissimo che questa narrativa, è si una fiaba, per i bifolchi che accettano la tirannia del pensiero di Altri. Leggiti la personalità autoritaria di Adorno.
Salve.
Citazione di: iano il 30 Novembre 2024, 08:55:15 AMPuò in effetti il teatro fare più degli dei, del quale essi sono solo personaggi e questa secondo me è il punto di vista da cui bisognerebbe considerare l'impresa scientifica, come parte comunque non esaustiva dell'umana impresa.
Un conto è la favola del Mondo che si autocelebra come progressiva sorte.
Un conto è la favola che il Mondo è un abisso.
Il primo porta ad individui chiusi nel bias della falsità storica e disumana, se non proprio inumana, fino al delirio del transumano.
La seconda porta ad individui chiusi nel loro bias della verità storica, umana, comunitaria e morale.
A livello scientifico il primo bias porta a falsità e panzane colossali, il secondo a progressive verità, nate dall'impegno quotidiano, allo scontro con la Natura.
Ti consiglio di leggere Leopardi.
Citazione di: iano il 30 Novembre 2024, 09:33:30 AMPer cui non è mai il caso di fasciarsi troppi la testa prendendo per vera una edizione che non è definitiva, senza pur trovare in ciò motivo di fuggire le nostre responsabilità, che restano comunque individuali
:D e ci volevano tutti quei post sopra per dire finalmente una verità?
Citazione di: misummi il 30 Novembre 2024, 11:36:13 AMCredere che la materia energia rallenti o acceleri le sue trasformazioni temporali per via della velocjmità mi sembra un manifesto futurista non una bella fiaba!
:D intendi dire la teoria della relatività per cui un corpo accelerando acquista massa, ossia curva tra le pieghe dello spazio tempo?
Si proprio una fiaba :D
Citazione di: misummi il 30 Novembre 2024, 15:20:59 PMÈ da masochisti definirsi matti in un contesto dove si discute anche,giustamente, il concetto di normalità.
Il masochismo e il sadismo sono cose legate alla sessualità.
Mi pare invece che tu sia più un narciso/a, non è vero "io sono io"? :D
Citazione di: green demetr il 30 Novembre 2024, 20:37:17 PMQuali fatti di grazia? Tu c'eri? :D
Ci sono, e anche tu se volessi potresti esserci, visto che si parla di esperimenti di fisica ripetibili.
Citazione di: green demetr il 30 Novembre 2024, 20:49:24 PM:D e ci volevano tutti quei post sopra per dire finalmente una verità?
Io ci arrivo per gradi, non avendo testi sacri cui fare riferimento.
siamo sicuri che Dio non giochi a dadi?
L'inorganico è un caos funzionale regolato da casualità legali naturali.
Ad esempio,dicono gli studiosi del sole: al centro c'è qualcosa di inimmaginabile,una danza critica di quark,protoni e elettroni,un inferno radioattivo,caldissimo e densissimo.
Pritoni e rlettroni si fanno e si sfanno unendosi e dividendosi probabilmente in base a quella che in quantshcdysfsnknjn vjntinhaziobf
Citazione di: green demetr il 30 Novembre 2024, 21:01:47 PMIl masochismo e il sadismo sono cose legate alla sessualità.
Mi pare invece che tu sia più un narciso/a, non è vero "io sono io"? :D
Se vuoi sapere come la penso sull'Io umano e individuale leggi Eros e civiltà di Herbert Marcuse.
La prospettiva orfico narcisistica creativa, la liberazione del genere umano e una automazione che dia solo l'essenziale!
Citazione di: iano il 01 Dicembre 2024, 02:42:33 AMCi sono, e anche tu se volessi potresti esserci, visto che si parla di esperimenti di fisica ripetibili.
Non mi risulta che si possa tornare indietro nel tempo.
Ma va bene se si deve mandare il tutto in vacca.
Facciamolo, io non rispondo più.
Citazione di: misummi il 01 Dicembre 2024, 06:06:46 AMSe vuoi sapere come la penso sull'Io umano e individuale leggi Eros e civiltà di Herbert Marcuse.
La prospettiva orfico narcisistica creativa, la liberazione del genere umano e una automazione che dia solo l'essenziale!
ararà
mi hai seccato con queste follie.
Citazione di: green demetr il 02 Dicembre 2024, 23:48:25 PMNon mi risulta che si possa tornare indietro nel tempo.
Ma va bene se si deve mandare il tutto in vacca.
Facciamolo, io non rispondo più.
Non so cosa hai capito. Io ho detto che gli esperimenti fisici sono ripetibili. Cosa c'entra il tornare indietro nel tempo?
Non devi rispondere per forza a tutti, me compreso, se non hai abbastanza tempo.
In questo modo potrai dare risposte più ponderate.
Citazione di: iano il 03 Dicembre 2024, 05:58:54 AMNon so cosa hai capito. Io ho detto che gli esperimenti fisici sono ripetibili. Cosa c'entra il tornare indietro nel tempo?
Non devi rispondere per forza a tutti, me compreso, se non hai abbastanza tempo.
In questo modo potrai dare risposte più ponderate
e non restarci secco
@iano
Confesso che la tua immagine "siamo la trasposizione digitale del manicomio che sta là fuori" mi ha fatto proprio ridere: azzeccatissima e tragicomica. Un motivo in più per prendere come faro guida per l'etica la ragione
@Alberto Knox
Rispondo a te per tutti dato che vorresti avvalorare un poco la mia tesi e ritorno al finale del mio post d'esordio, il numero 22:
"A mio giudizio ci sarebbero almeno un paio di cose che sarebbero d'ostacolo all'attuazione di un'etica più "sana" di quella che da sempre viviamo. Con buona pace dei filosofi che fino ad oggi si sono cimentati nell'impresa, il primo ostacolo sarebbe dovuto alla presenza di ciò che noi chiamiamo il "dono" dell'autocoscienza che tanti pomi avvelenati produsse e produce ancor oggi tanto da chiedersi se si tratti più di una malagrazia che di un dono".
Lasciamo stare questo primo ostacolo e ragioniamo sul secondo, la proprietà privata, costituitasi spontaneamente come conseguenza probabile dell'autocoscienza.
Allora io dico che fintanto che esista la proprietà privata esisterà sempre qualcuno che tenta di rubarla. Questo è perfettamente normale, dato pure che se diamo per buona la massima della Arendt "nessuno ha il diritto di obbedire" se ne dovrà dedurre logicamente che tutti si abbia il diritto a disobbedire.
Per rispondere alla tua domanda quindi, e di riflesso a quel satanasso di Green, dirò intanto che sono un relativista che trova l'assoluto nella ragione, proprio come Einstein lo trovò nella velocità della luce. La ragione naturalmente sarebbe quell'involucro dove dovrebbe trovarsi la capacità raziocinante retta dalla logica. Sono inoltre un anarchico, un ribelle che non riconosce alcun ordine costituito da altri, e nemmeno, eventualmente, da quello formalizzato da altri anarchici nei loro vari scritti ... diciamo che mi piace Fabrizio De André ... Conseguentemente sono per forza di cose un fuorilegge e in un certo senso rappresento la "materia oscura" del sistema società. Non che io sia necessariamente un contravventore tout court perché non corrisponde a questo il mio senso per la vita, la mia spiritualità. In questa stessa chiave cioè, se gli indiani nordamericani non capivano perché i bianchi mentissero, nulla toglie che anche loro potessero farlo, almeno in determinate situazioni. Ma evidentemente, a loro vedere, per i bianchi era proprio un vizio. Pertanto, e rispondendo finalmente alla tua domanda, assecondando la mimesi, uno può benissimo imitare il ribelle, il fuorilegge. Ricorda comunque che ho pubblicato l'articolo perché era favorevole alla mia tesi, ma l'articolo a me non dice nulla di nuovo a trent'anni di distanza dalla scoperta dei neuroni specchio ... scoperta scientifica coi tempi della scienza, ma già intuibile da ben prima da parte di persone che avessero l'abitudine di guardarsi attorno. Non so pertanto quali siano le conseguenze sull'etica e sulla politica ventilate dal professore perché non ne fa certo menzione, ma, per dirla alla Virgilio, temo i professionisti e i doni che recano, Cacciari compreso visto che lo nomina. In quanto al "condividuo", manco fosse un sugo da cacciare sulla pasta, non vedo proprio la necessità di tale creazione mentale. Anche perché non dice nulla di nuovo rispetto a un più semplice e comprensibile "l'individuo è egoista e altruista di riflesso". Tra l'altro, alla domanda il noi viene prima dell'io, risponderei perentoriamente no!, e non in modo ambiguo. L'io viene prima del noi perché il dolore dell'altro, per quanto compartecipato, non è il mio, e questo fa tutta la differenza. Concludendo, io propendo sempre per una morale eteronoma; questo naturalmente è da intendersi non come scelta, ma come dato di fatto. Accade del resto anche per la conoscenza. La mia conoscenza non è autonoma, ma, giusto per offrire uno spiraglio alle tue istanze, come si diceva tempo fa con Phil, ognuno ci mette un po' di farina del suo sacco. La mia pretesa quindi, in virtù del traviamento di una mente da correggere, è che non siano i sentimenti, a volte assai bizzarri, a regolare il nostro comportamento, ma la ragione. Il corollario che ne esce dice quindi che la libertà di scelta, fandonia di una mente traviata, non esiste, mentre esiste la possibilità di cambiamento nei comportamenti quando si realizzino nuove consapevolezze. Certo che se uno invoca Dio o un alieno come creatore dell'umano e della sua autocoscienza, da ribelle, agnostico, ma soprattutto da rivoluzionario radicale quale mi ritengo, non posso che dire che non ne scorgo ancora la necessità
Citazione di: daniele22 il 03 Dicembre 2024, 08:14:52 AMSono inoltre un anarchico, un ribelle che non riconosce alcun ordine costituito da altri, e nemmeno, eventualmente, da quello formalizzato da altri anarchici nei loro vari scritti
Potrei dire che hai l animo irrequieto di Billy the kid tanto per rimanere in tema. E io non voglio propio fare la parte di Pat Garret .
Citazione di: daniele22 il 03 Dicembre 2024, 08:14:52 AMLa ragione naturalmente sarebbe quell'involucro dove dovrebbe trovarsi la capacità raziocinante retta dalla logica.
Tagore scriveva ; una mente che è solo logica
è come un coltello che è solo lama, fa sanguinare la mano che lo usa.
Che cosa voleva dire? che certo la ragione, la logica , l analisi sono importanti perchè senza di essa come fai a vivere ma noi oltre che fare analisi (analizzare con la logica) abbiamo biosogno di fare
sintesi. E per fare sintesi è necessario chiamare in causa la sensibilità che non sono solo i 5 sensi ma senso come "significato" , senso come "senso di direzione" e senso come "sentire interiore" che in mancanza di altri termini io chiamo "sentimento".
Citazione di: daniele22 il 03 Dicembre 2024, 08:14:52 AMla libertà di scelta, fandonia di una mente traviata, non esiste, mentre esiste la possibilità di cambiamento nei comportamenti quando si realizzino nuove consapevolezze.
penso di aver ben chiarito che la libertà non vuole dire "sei libero di fare tutto quello che vuoi" ma , e riprendendo ancora Rabindranath Tagore ; La libertà che significa unicamente indipendenza è priva di qualsiasi significato. La perfetta libertà consiste nell'armonia che noi realizziamo non per mezzo di quanto conosciamo, ma di ciò che siamo. fine della citazione e ricomincio io..
La libertà, esattamente come la verità, non è qualcosa che si contempla come facevano gli antichi Greci con i loro discorsoni ma è qualcosa che si fa. Ancora una volta abbiamo a che fare con l'ortoprassi.
Citazione di: daniele22 il 03 Dicembre 2024, 08:14:52 AMIn quanto al "condividuo", manco fosse un sugo da cacciare sulla pasta, non vedo proprio la necessità di tale creazione mentale. Anche perché non dice nulla di nuovo rispetto a un più semplice e comprensibile "l'individuo è egoista e altruista di riflesso". Tra l'altro, alla domanda il noi viene prima dell'io, risponderei perentoriamente no!, e non in modo ambiguo
il cosidetto "condividuo" o "dividuo" significa, per come io lo capito, che il prossimo non sei tu che mi stai davanti ma dice che il prossimo sono io nel mio approssimarmi a te. Non so se è chiaro.
Citazione di: daniele22 il 03 Dicembre 2024, 08:14:52 AM@iano
Confesso che la tua immagine "siamo la trasposizione digitale del manicomio che sta là fuori" mi ha fatto proprio ridere: azzeccatissima e tragicomica. Un motivo in più per prendere come faro guida per l'etica la ragione
Però non ricordo di averlo scritto.
@iano
Tuo danno o tuo beneficio, non saprei. Comunque l'hai scritto proprio all'interno di questo topic
@Alberto Knox
Lasciamo Billy kid alla leggenda ... e lasciamo pure Tagore. Comunque, se vuoi seriamente contestarmi dovresti smetterla di prendere a spizzichi e bocconi il mio pensiero cercando di trascinarmi ancora, per esempio, a dover discutere sulla libertà. Dovresti invece contrapporre l'autorevolezza del tuo pensiero che noto essere arroccato nel dover essere. Cosa che io contesto.
Detto questo, la razionalità e le parole che esprime, esternazione dei sentimenti compresa, costituisce il territorio pubblico al quale ci si dovrebbe rivolgere per compiere l'analisi, come tu stesso dici. Non più di una settimana fa però ti dissi che stavi opprimendo il mio senso per la vita, la mia spiritualità. Non essendo uso a contraddirmi a meno di una giusta causa che mi imponga a farlo, penso pertanto di essere uno che tiene in buon conto la sensibilità, mia o altrui, e inoltre comprendo benissimo il tuo pensiero. Tu però parli dei sensi come fossero slegati dai sentimenti. Se così fosse ti troverei in errore. Tale errore potresti scoprirlo solo se avessi analizzato attentamente il linguaggio umano. Come dovrebbe essere noto io sostengo che la cura del fuoco formò la morfologia (semantica compresa) e la sintassi della lingua umana senza che noi ce ne dessimo proprio conto. Detta cura, se analizzata, mette ben in evidenza il dualismo voluttuario/necessario in cui si sviluppa tutto il percorso storico dell'esistenza umana da quando se ne abbia memoria. Probabilmente pure in altre specie, viste da noi, sarebbe rintracciabile tale dualismo, ma saremmo solo noi ad avere ritualizzato la cura del fuoco. Saresti dunque in errore perché è proprio dai sensi che in origine noi si percepisce malessere o benessere. Ed è grazie alla libertà (fantasia) compositiva a cui si presta la nostra lingua razionale che un giorno saremmo approdati a comporre storie, miti e sentimenti. Non che io pretenda di detronizzarli, però, in senso etico/morale, mi viene a mente l'orazione funebre di Marcantonio "il male che gli uomini fanno sopravvive loro, il bene viene spesso sepolto con le loro ossa". Ma questa formula vale pure al contrario dico io: il bene che gli uomini fanno sopravvive loro, il male viene spesso sepolto con le loro ossa. E allora cos'è tutto questo starnazzare?
La sintesi mi chiedi. Io te l'ho già detta la mia sintesi: ci sono almeno due ostacoli etc etc, così come detto nel mio post numero 22. O sei in grado di contestare questo o non andiamo da nessuna parte.
In sintesi ancora e riallacciandomi al pensiero di Ratzinger esposto in Tematiche filosofiche - Psicanalisi - post 217 dico semplicemente questo: La mia ragione mi suggerisce che un mondo fondato sul dover essere è pura follia, qualcosa di irrealizzabile se non con la costrizione più o meno violenta (vedi ddl 1660 o nuovo codice stradale tanto per dire) o con l'intruppamento della volontà, cosa quest'ultima che a me sembra essere la via perseguita anche dall'attuale "sinistra", a suo modo ovviamente che sarebbe quello di addolcirti la pillola, vedi amore, bellezza e amenità. Questo non esclude che nel mio mondo debba comunque esercitarsi un quantum di dover essere in connessione con le esigenze della comunità, ma esclude senza dubbio alcuno che il dover essere ne sia il fondamento; insomma, non desidero attingere il cibo da questa merda di società ... Toh!! Prendete e mangiatene tutti, a me questa roba fa schifo
Citazione di: daniele22 il 11 Dicembre 2024, 12:03:55 PMQuesto non esclude che nel mio mondo debba comunque esercitarsi un quantum di dover essere in connessione con le esigenze della comunità, ma esclude senza dubbio alcuno che il dover essere ne sia il fondamento
questa è la tua conclusione perchè dovrei insistere a controbatterla?
Detta così sembra che questo "dover essere" sia sinonimo di costrizione , cioè io mi costringo ad agire in conformita con una certa etica morale autonoma o eteronoma che sia. Non è questo che ho presentato io però. Se torniamo all imperativo categorico esso non dice nient altro che quello che la legge morale dice dentro di te. Sei tu a decidere cosa scegliere
non c'è una costrizione se sei tu a formulare la legge alla quale ti adegui. Ma avevamo detto niente più kant quindi non voglio contestare niente. Cosa devo contestare? contesto che il fondamento dell etica lo riponi nella ragione e nella logica questo è ovvio per quanto concerne la mia impostazione filosofica non posso fare altrimenti. La logica è come il calcolo e il calcolo , lasciato a se stesso, ti trasforma in calcolatore. Per la logica è ragionevole far fuori un competitore se il propio imperativo logico è fondato sull io. Il lavoro piu stupefacente dell universo non sono due occhi che brillano di intelligenza e di logica ma il lavoro piu stupefacente sono due occhi che brillano di intelligenza , di bontà e gentilezza. Esistono persone così? poche ma io le ho viste ed è per loro che io voglio continuare a crederci.
daniele ha scritto:
"A mio giudizio ci sarebbero almeno un paio di cose che sarebbero d'ostacolo all'attuazione di un'etica più "sana" di quella che da sempre viviamo. Con buona pace dei filosofi che fino ad oggi si sono cimentati nell'impresa, il primo ostacolo sarebbe dovuto alla presenza di ciò che noi chiamiamo il "dono" dell'autocoscienza che tanti pomi avvelenati produsse e produce ancor oggi tanto da chiedersi se si tratti più di una malagrazia che di un dono, e il secondo dall'istituto della proprietà privata che sicuramente favorirebbe il "mors tua vita mea" .
Chi è che chiama dono l autocoscenza? ho sentito persone chiamare dono la vita ma non l autocoscienza anche perchè sarebbe poco saggio, non è ancora chiaro se possiamo definire autocoscienza autentica o coscienza simulata quella che crediamo essere autocoscienza. Ma anche se fosse di regalato non c'è niente, tutto è frutto di evoluzione e di lavoro. Avremmo potuto anche avere le ali allora avremmo detto , grazie al dono delle ali...?
Per quanto riguarda la propietà privata essa è nata il primo istante incui l'uomo tracciò il primo confine con un bastone solcando il terreno con una linea. è naturale stabilire le zone di pertinenza, questa è casa mia e non è anche casa tua perchè se no chi ti impedisce di parcheggiare la tua macchina nel mio garage mentre io sono a lavoro? se ricordo bene eliminare la propietà privata era un sogno dei comunisti di prima generazione.
Citazione di: Alberto Knox il 11 Dicembre 2024, 23:32:20 PMquesta è la tua conclusione perchè dovrei insistere a controbatterla?
Detta così sembra che questo "dover essere" sia sinonimo di costrizione , cioè io mi costringo ad agire in conformita con una certa etica morale autonoma o eteronoma che sia. Non è questo che ho presentato io però. Se torniamo all imperativo categorico esso non dice nient altro che quello che la legge morale dice dentro di te. Sei tu a decidere cosa scegliere non c'è una costrizione se sei tu a formulare la legge alla quale ti adegui. Ma avevamo detto niente più kant quindi non voglio contestare niente. Cosa devo contestare? contesto che il fondamento dell etica lo riponi nella ragione e nella logica questo è ovvio per quanto concerne la mia impostazione filosofica non posso fare altrimenti. La logica è come il calcolo e il calcolo , lasciato a se stesso, ti trasforma in calcolatore. Per la logica è ragionevole far fuori un competitore se il propio imperativo logico è fondato sull io. Il lavoro piu stupefacente dell universo non sono due occhi che brillano di intelligenza e di logica ma il lavoro piu stupefacente sono due occhi che brillano di intelligenza , di bontà e gentilezza. Esistono persone così? poche ma io le ho viste ed è per loro che io voglio continuare a crederci.
daniele ha scritto:
"A mio giudizio ci sarebbero almeno un paio di cose che sarebbero d'ostacolo all'attuazione di un'etica più "sana" di quella che da sempre viviamo. Con buona pace dei filosofi che fino ad oggi si sono cimentati nell'impresa, il primo ostacolo sarebbe dovuto alla presenza di ciò che noi chiamiamo il "dono" dell'autocoscienza che tanti pomi avvelenati produsse e produce ancor oggi tanto da chiedersi se si tratti più di una malagrazia che di un dono, e il secondo dall'istituto della proprietà privata che sicuramente favorirebbe il "mors tua vita mea" .
Chi è che chiama dono l autocoscenza? ho sentito persone chiamare dono la vita ma non l autocoscienza anche perchè sarebbe poco saggio, non è ancora chiaro se possiamo definire autocoscienza autentica o coscienza simulata quella che crediamo essere autocoscienza. Ma anche se fosse di regalato non c'è niente, tutto è frutto di evoluzione e di lavoro. Avremmo potuto anche avere le ali allora avremmo detto , grazie al dono delle ali...?
Per quanto riguarda la propietà privata essa è nata il primo istante incui l'uomo tracciò il primo confine con un bastone solcando il terreno con una linea. è naturale stabilire le zone di pertinenza, questa è casa mia e non è anche casa tua perchè se no chi ti impedisce di parcheggiare la tua macchina nel mio garage mentre io sono a lavoro? se ricordo bene eliminare la propietà privata era un sogno dei comunisti di prima generazione.
Alla tua prima domanda rispondo: perché dovresti in primo luogo capire che la tua posizione di pensiero è semplicemente sbagliata sul piano della ragione rispetto a quello che io immagino sia il tuo desiderio, ma posso anche sbagliarmi.
La tua legge morale la cui ambizione è divenire legge universale non è sicuramente costrittiva per te, ma è costrittiva verso di me, a meno che non sia ecumenica tanto da comprendere pure la mia. Io sono invece giunto all'ecumenismo imponendo la legge universale: agite sempre assecondando il vostro tornaconto ... e aggiungo ora ... e vedrete che tutto si risolve come per magia quando vi renderete conto che la proprietà privata è l'ostacolo da superare perché si riduca il conflitto. Questo non significa eliminare la proprietà privata. Significa porre una prospettiva. Significa iniziare un processo di riconversione economica che apre a nuovi orizzonti di ricerca e di iniziative politiche in cui la proprietà privata (il capitale) è destinato a insufflare l'energia sufficiente per giungere a finalizzare questa nuova conversione.
Tutto questo discorso è in subordine al "Se vuoi questo, devi fare in tal modo", che rimanda all'imperativo categorico: ¿Se vuoi questo, la tua legge morale che desideri divenga legge universale ... cos'e che vuole? Se vuoi la guerra, agisci in un modo, il tuo; se vuoi la riappacificazione agisci col mio: assecondando il tuo tornaconto superando però la questione del capitale. Non ci sono grigi, si tratta proprio di manicheismo allo stato puro.
Il resto del tuo discorso è sofistica di bassa lega e non merita replica perché dimostra assoluta ignoranza da parte tua nei miei confronti; e questo non può essere vero. Se vuoi controbattermi filosoficamente devi andare sul linguaggio, su cosa significhi autocoscienza
Citazione di: daniele22 il 12 Dicembre 2024, 08:52:16 AMSe vuoi controbattermi filosoficamente devi andare sul linguaggio, su cosa significhi autocoscienza
prima mi dovrai dimostrare di avere autocoscienza e non una coscienza simulata. Solo allora comincerò a parlare di autocoscienza.
Citazione di: daniele22 il 12 Dicembre 2024, 08:52:16 AMTutto questo discorso è in subordine al "Se vuoi questo, devi fare in tal modo", che rimanda all'imperativo categorico:
No Daniele questo in kant rimanda all imperativo ipotetico. vuoi laurearti? allora devi studiare. Vuoi comprare una casa? allora devi lavorare. Kant pone dunque un netto distacco fra i desideri dell io che rispondo all imperativo ipotetico al "devi" dell imperativo categorico , il quale risponde alla legge morale. Per kant questa legge siamo noi stessi a formularla , adeguandoci a tale legge la volontà rimane libera perchè siamo noi stessi ad aver formulato la legge alla quale ci adeguiamo.
Citazione di: daniele22 il 12 Dicembre 2024, 08:52:16 AMQuesto non significa eliminare la proprietà privata. Significa porre una prospettiva. Significa iniziare un processo di riconversione economica che apre a nuovi orizzonti di ricerca e di iniziative politiche in cui la proprietà privata (il capitale) è destinato a insufflare l'energia sufficiente per giungere a finalizzare questa nuova conversione.
tutto molto bello , lo dice anche Telmo Pievani, purtroppo la logica dell economia ha tutta un altra prospettiva, sono più libere le merci di circolare che non gli esseri umani. A questo punto siamo arrivati.
Citazione di: Alberto Knox il 12 Dicembre 2024, 11:05:36 AMprima mi dovrai dimostrare di avere autocoscienza e non una coscienza simulata. Solo allora comincerò a parlare di autocoscienza.No Daniele questo in kant rimanda all imperativo ipotetico. vuoi laurearti? allora devi studiare. Vuoi comprare una casa? allora devi lavorare. Kant pone dunque un netto distacco fra i desideri dell io che rispondo all imperativo ipotetico al "devi" dell imperativo categorico , il quale risponde alla legge morale. Per kant questa legge siamo noi stessi a formularla , adeguandoci a tale legge la volontà rimane libera perchè siamo noi stessi ad aver formulato la legge alla quale ci adeguiamo.tutto molto bello , lo dice anche Telmo Pievani, purtroppo la logica dell economia ha tutta un altra prospettiva, sono più libere le merci di circolare che non gli esseri umani. A questo punto siamo arrivati.
Testa dura cuore tenero? Vai a sapere. Non so se la tua capraggine sia vera, simulata oppure se mi sfuggano i tuoi scopi dato che non posso per certo saperli; due belle parole non palesano certo l'intenzione di chi le dice ... il diavolo veste Prada ... Dovresti comunque essere più accorto e rileggere meglio quello che avevo scritto. Soprattutto perché in Italia più di un terzo della popolazione è analfabeta funzionale. In ogni caso, quando mi spiegherai cosa significhi che io debba dimostrare di non avere una coscienza simulata, forse, e dico forse perché nemmeno volevo replicare a questo tuo ultimo intervento, forse appunto ti spiegherò come l'imperativo categorico sia nulla più di un caso particolare dell'imperativo ipotetico. Una costruzione da topi di biblioteca, da menti umancelesti in ultima analisi. Non mi associare poi a Telmo Pievani per favore, non me lo nominare proprio, primo perché mi sta antipatico, ma sopratutto perché dubito assai che uno che pensa al linguaggio come a un'invenzione possa sposare le mie idee. Cacciari forse; anzi, dopo avere capito che non leggerò il suo "Metafisica concreta", troppo impegnativo per i miei gusti (mi sono bastate le prime cinque pagine, ho finito il primo capitolo comunque), chiedo a Koba e a Ipazia che hanno letto il testo se in questo vi si parli di etica. Dato che il libro me l'hanno regalato mi impegnerei anche a tradurre, come già sottolineò donna Ipazia e se lo dice lei figuriamoci io, parti di questo ... non troppo lunghe però, punti problematici insomma
Quello che ti ho chiesto non c entra niente con il discorso, mi interessava solo sapere cosa rispondevi. Ad ogni modo la risposta esatta è che nessuno può dimostrare ad un altra persona di avere autocoscienza.
Citazione di: Alberto Knox il 12 Dicembre 2024, 18:20:25 PMQuello che ti ho chiesto non c entra niente con il discorso, mi interessava solo sapere cosa rispondevi. Ad ogni modo la risposta esatta è che nessuno può dimostrare ad un altra persona di avere autocoscienza.
Ovvio, ogni conoscenza fondata sul linguaggio è metafisica. Poi però c'è metafisica che si confronta con la realtà linguistica condivisa e quella che invece è campata per aria e trova vaghe alleanze che stanno assieme più o meno per interessi materiali, vedi imperativo categorico su misura e non per tutti. Alberto, questa discussione con te mi sta annoiando. Non mi dici nulla di quello che già conosco, mentre tu non ti interessi affatto delle mie balzane idee che non comprendi. Sai benissimo che tutti e due desideriamo un mondo migliore, ma tu stai posato nel tuo assolutismo personale che è quello di un mondo che è già oltre il suo tramonto. Non vedo altro che concludere il dialogo
Citazione di: daniele22 il 12 Dicembre 2024, 20:57:15 PMOvvio, ogni conoscenza fondata sul linguaggio è metafisica
Sì va bene non c'è nessun problema , vai ad annoiarti da un altra parte piuttosto. Ma un ultima osservazione, la tua risposta è incompleta. la conoscenza fondata sul linguaggio fa a capo la coscienza che è consapevolezza del mondo . L autocoscienza va oltre. Indica la capacità di essere consapevoli di essere un io pensante . L'autocoscienza è il riconoscimento del propio sè. Per questo non me lo puoi dimostrare.
Citazione di: Alberto Knox il 12 Dicembre 2024, 18:20:25 PMQuello che ti ho chiesto non c entra niente con il discorso, mi interessava solo sapere cosa rispondevi. Ad ogni modo la risposta esatta è che nessuno può dimostrare ad un altra persona di avere autocoscienza.
Lo si può dimostrare,ad esempio, con comportamenti di rispetto e di amore per gli altri,rispetto e amore che implicano una coscienza dei propri aspetti positivi e negativi e una scelta cosciente di quelli positivi.
Cosa che facciamo tutti,dappertutto, volenti o nolenti, a meno che uno non pensi di essere meglio o peggio degli altri
Perciò l'autocoscienza è cosa del tutto normale nel vivere quotidiano.
Citazione di: Alberto Knox il 12 Dicembre 2024, 23:55:06 PMSì va bene non c'è nessun problema , vai ad annoiarti da un altra parte piuttosto. Ma un ultima osservazione, la tua risposta è incompleta. la conoscenza fondata sul linguaggio fa a capo la coscienza che è consapevolezza del mondo . L autocoscienza va oltre. Indica la capacità di essere consapevoli di essere un io pensante . L'autocoscienza è il riconoscimento del propio sè. Per questo non me lo puoi dimostrare.
Alla fine ti sei dunque esposto. Penso in realtà che non vi siano cose dimostrabili proprio perché in natura sembra non esistere una legge che esprima una successione fatale di fenomeni. Puoi sì dimostrare l'uguaglianza di due triangoli in geometria, ma non nel terreno; lì, probabilmente, non potresti nemmeno dimostrare l'esistenza di un triangolo. Autocoscienza. La diatriba tra me e il mainstream è data dal fatto che io penso che la consapevolezza di essere un io pensante sia giunta né più né meno attraverso il conoscere il mondo, senza cioè arbitrari battesimi divini o scientifici di comodo. Questo non posso dimostrarlo così come nessuno dimostra il contrario, ma posso farlo vedere in modi più plausibili rispetto al mainstream.
Tempo fa Jacopus aprì il topic "il linguaggio" che ovviamente si arenò in vista del pericolo. In tema di fiutare il pericolo, tanto per dire, ti faccio anche notare che tanto misummi quanto Jacopus, facendo riferimento al mio post nr 233 sul topic Psicanalisi, avrebbero a mio giudizio aggirato la mia domanda edulcorandola proprio perché ne fiutavano il pericolo. Faccio anche notare che Jacopus, sempre in questi giorni, ha ammesso a PhyroSphera che siamo tutti un po' dogmatici altrimenti ci mancherebbe la terra sotto i piedi. Riporto ora una parte del mio intervento, il numero 110 all'interno del topic "Il linguaggio", al fine di inquadrare quel che io intendo per autocoscienza:
Per chiarire meglio il mio precedente intervento volevo dire che se si riscontra che uno scimpanzé (non dico necessariamente tutti gli scimpanzé) sia in grado di ingannare per propri scopi un suo simile e se ho parlato di "simulazione" di un messaggio intenderei quindi che la simulazione sarebbe un indizio concreto del fatto che un individuo possa essere consapevole dell'uso che sta facendo del suo messaggio comunicativo, vero o ingannevole che sia; ovvero che un individuo sia consapevole di voler comunicare qualcosa. Senza tale contrasto, dal punto di vista dello studente umano, sarebbe difficile stabilire se un animale sia consapevole di quello che "dice".
Questa sarebbe dunque la mia risposta a quello che dici in merito alla conoscenza di sé stessi, ovvero dell'autocoscienza
la mia osservazione esprime un concetto basilare, la conoscenza del mondo (tramite linguaggio o tramite esperienza empirica) è espressione della coscienza. Ora anche un computer a intelligenza artificiale può dimostrarmi di riconoscere una figura come il triangolo , lo stesso puoi dimostrare tu ad un altra persona. Nel primo caso abbiamo una coscienza simulata in una macchina nel secondo una coscienza consapevole del mondo e del propio sè pensante che definiamo autocoscienza. Ma ne uomo ne macchina può dimostrare ad un altra persona di avere autocoscienza di sè. Lo stesso vale per lo scimpanzè che elude un altro esemplare mettendo in campo un gioco di astuzia attraverso il linguaggio. Certo si potrebbe desumere, dal suo comportamento, che vi sia autocoscienza. Ma non lo può dimostrare e non possiamo certo avere accesso alla sua mente per poterlo sperimentare . la comunicazione attraverso il linguaggio non può essere quindi prova di autocoscienza ma di sola coscienza. Chi ha deciso nello scimpanzè di mettere in campo il linguaggio simulato? il suo sè o il suo corpo, o la spinta della selezione naturale o l'istinto? o meccanismo evolutivo di strategia . Il fatto che un animale simuli un linguaggio non mi dice nulla sulla sua autocoscienza. Sta di fatto che tutti i viventi comunicano con un linguaggio propio e hanno la loro esperienza del mondo sono dunque coscienti ma abbiamo visto che anche un computer o un robot a i.a. forte può apprendere per esperienza, dimostrare di riconoscere una figura, mettere in campo un linguaggio , di saper creare un disegno artistico addirittura. Diremo dunque che la macchina è autocosciente? no? e perchè? Se una macchina dovrebbe dirci "so di essere un io pensante" che motivo avremmo di dubitarne? in fin dei conti l'unica cosa di diverso che possiamo dire sulla nostra sensazione soggettiva del propio sè è che possiamo esprimerla con parole mentre eventualmente quella di un animale no.
Citazione di: Alberto Knox il 14 Dicembre 2024, 12:00:24 PMDiremo dunque che la macchina è autocosciente? no? e perchè? Se una macchina dovrebbe dirci "so di essere un io pensante" che motivo avremmo di dubitarne? in fin dei conti l'unica cosa di diverso che possiamo dire sulla nostra sensazione soggettiva del propio sè è che possiamo esprimerla con parole mentre eventualmente quella di un animale no.
L'osservatore può benissimo identificarsi con parte di ciò che osserva, ma senza poter dimostrare a se stesso che esso è ciò con cui si identifica, se la sensazione di esserlo, perchè a ciò equivale l'autocoscienza, non vale una dimostrazione.
Alcuni giovani sembrano non volersi separare dal loro smartphone come noi non ci vorremmo mai separare dalle nostre mani.
Lo smartphone non è autocoscienze, ma neanche le nostre mani lo sono.
Lo smartphone non è autocoscienze, ma neanche le nostre mani lo sono.
Dove inizia e dove finisce il nostro corpo, questo è il vero problema.
Noi non siamo il nostro smartphone come non siamo le nostre mani.
Lo smartphone (la macchina) non è autocosciente, ma neanche le nostre mani ( parte del nostro corpo) lo sono.
Quale parte del corpo è autocosciente in senso stretto?
E se anche individuassimo quella parte come potremmo stabilire il suo esatto confine?
Come potremmo dire qui finisce l'essenziale e oltre vi è solo un accessorio non strettamente necessario, come sono ad esempio le mani o uno smartphone?
L'unica possibile spiegazione a mio parere è che la realtà in se non possiede confini, compresi quelli che consideriamo essere i nostri.
I confini sono quindi solo un modo di vedere la realtà, compresi noi che ne facciamo parte.
E' tutta un illusione, ma detto non in senso dispregiativo, perchè da questa illusione dipende la nostra sopravvivenza, qualunque cosa noi siamo.
E' dunque un illusione da tenersi ben stretta, ma è anche solo uno dei tanti modi possibili di vedere la realtà.
Certamente ci terremo ben strette le nostre mani, per quanto possano essere un illusione, e per lo smartphone si vedrà, anche se quest'ultimo non è certo un problema che riguardi un vecchio come me. Il mio problema semmai è il vedere avanzare le rughe sulle mie mani, e non mi consola sapere che si tratti solo di un illusione. :))
Citazione di: Alberto Knox il 14 Dicembre 2024, 12:00:24 PMla mia osservazione esprime un concetto basilare, la conoscenza del mondo (tramite linguaggio o tramite esperienza empirica) è espressione della coscienza. Ora anche un computer a intelligenza artificiale può dimostrarmi di riconoscere una figura come il triangolo , lo stesso puoi dimostrare tu ad un altra persona. Nel primo caso abbiamo una coscienza simulata in una macchina nel secondo una coscienza consapevole del mondo e del propio sè pensante che definiamo autocoscienza. Ma ne uomo ne macchina può dimostrare ad un altra persona di avere autocoscienza di sè. Lo stesso vale per lo scimpanzè che elude un altro esemplare mettendo in campo un gioco di astuzia attraverso il linguaggio. Certo si potrebbe desumere, dal suo comportamento, che vi sia autocoscienza. Ma non lo può dimostrare e non possiamo certo avere accesso alla sua mente per poterlo sperimentare . la comunicazione attraverso il linguaggio non può essere quindi prova di autocoscienza ma di sola coscienza. Chi ha deciso nello scimpanzè di mettere in campo il linguaggio simulato? il suo sè o il suo corpo, o la spinta della selezione naturale o l'istinto? o meccanismo evolutivo di strategia . Il fatto che un animale simuli un linguaggio non mi dice nulla sulla sua autocoscienza. Sta di fatto che tutti i viventi comunicano con un linguaggio propio e hanno la loro esperienza del mondo sono dunque coscienti ma abbiamo visto che anche un computer o un robot a i.a. forte può apprendere per esperienza, dimostrare di riconoscere una figura, mettere in campo un linguaggio , di saper creare un disegno artistico addirittura. Diremo dunque che la macchina è autocosciente? no? e perchè? Se una macchina dovrebbe dirci "so di essere un io pensante" che motivo avremmo di dubitarne? in fin dei conti l'unica cosa di diverso che possiamo dire sulla nostra sensazione soggettiva del propio sè è che possiamo esprimerla con parole mentre eventualmente quella di un animale no.
Con questa pretesa di dover dimostrare l'esistenza dell'autocoscienza ti stai impaludando in un terreno dal quale difficilmente potrai cavare qualcosa di buono. Tra l'altro, circa lo scimpanzé, affermavo semplicemente non che lo scimpanzé sia provvisto di autocoscienza, bensì che in merito alla coscienza di sé lo studio umano incontrasse un indizio (non una prova) concreto del fatto che lo scimpanzé potesse essere consapevole del messaggio che voleva comunicare. Quel che io ho trattenuto è che lo scimpanzé nella sua unità psico/somatica abbia attuato quello che ha attuato tenendo conto che per vivere si avvale di una mente, altro concetto indimostrabile .... Ma in quanto essere umano che parla la sua propria lingua ¿posso forse dimostrare l'esistenza dell'amore o dell'odio? O della virtù, dell'amicizia, o della morale? Posso riconoscerli proprio perché è anche di questi concetti che si parla senza bisogno di dimostrare nulla. E così, parlando tra noi pure di un io che pensa a sé stesso, riconosciamo pure l'autocoscienza. Se quello che vuoi dire fosse che l'amore o l'antipatia li vedi coi tuoi occhi mentre l'autocoscienza no, ti dico che questa è la stessa relazione che nella nostra lingua vi è tra un sostantivo che ha un referente sensibile come una rosa e un altro, come amicizia ad esempio, che ha come referente vari riti sociali che riferiscono appunto al concetto; oppure come giustizia che oltre ai riti mostra pure oggetti di riferimento come laurea in giurisprudenza, giudici, avvocati, aule di giustizia o carceri.
Nel caso dell'autocoscienza, o coscienza anche, è chiaro che in questi concetti vi sia un conflitto storico tra una concezione religiosa e una scientifica della vita. Se a livello teorico le due posizioni sono distanti, a livello di dottrina etica questa polemica sembra senz'altro sanabile. In ogni caso, per un agnostico come me il termine coscienza fa riferimento alla neurologia e alla psicologia, quindi neurologi, psichiatri psicologi pastiglie e ... "e un ambo se sogno a papà!"
ho detto che ogni essere vivente per vivere possiede un centro di elaborazione delle informazioni, anche una pianta o un batterio. E questa è la facoltà del pensiero. Pensare non è altro che elaborazione di informazioni , cosa che anche un computer sa fare egragiamente. Se hai visto nello scimpanzè un indizio della sua possibile autocoscienza che dire allora del robot che disegna un opera d'arte del tutto in modo indipendente e unica nel suo genere? Se un robot è in grado di rispondere , domandare, interagire attivamente alle conversazioni e attività umane non è indizio che vi sia consapevolezza? ah ma in questo caso è progammato mi direte , e perchè lo scimpanzè non lo è?
non ho intenzione di dilungarmi o infossarmi sul tema della dimostrazione , di sicuro esistono livelli di coscienza o gradi , un ricercatore ha detto che una formica presa da sola non è una formica , lo diventa solo inserita in un contesto, ovvero all interno della società formicaio. Insomma preferisco parlare di livelli di coscienzialità che non di autocoscienza di cui le vostre congetture non mi lasciano affatto persuaso.
Citazione di: daniele22 il 15 Dicembre 2024, 07:25:32 AMNel caso dell'autocoscienza, o coscienza anche, è chiaro che in questi concetti vi sia un conflitto storico tra una concezione religiosa e una scientifica della vita.
Non ho seguito tutto il tuo dibattito con Alberto, però mi pare che il conflitto di base dal quale possiamo derivare ogni altro sia quello fra essere e divenire, cioè un classico della filosofia.
Io non ho motivo di credere che la mia autocoscienza o coscienza sia diversa dalla tua, e pensare che sia diversa da quella dello scimpanzé mi pare solo uh modo di complicare inutilmente la questione.
La differenza sta nel fatto che noi possiamo comunicare, e quindi condividere le nostre sensazioni, mentre lo stesso non possiamo fare con lo scimpanzé.
Nella misura in cui vi sia condivisione secondo me ha senso parlare di cose comunicabili ma non dimostrabili, quanto di quelle condivise e dimostrabili.
La dimostrazione in se serve però strettamente solo per le cose che vogliamo condividere, e quando si decide di adottarla, come si fa in ambito scientifico, anche ciò che a noi appare ovvio ad essa deve sottostare.
Così facendo il risultato che si ottiene è che non vi sia nulla di ovvio a questo mondo.
A voler dare alle cose eteree la stessa consistenza delle concrete passando per una dimostrazione, a me pare che il risultato che si ottiene è l'esatto contrario, e cioè che si inizi a dubitare della consistenza di ciò che concreto ci appariva.
Non c'è nulla di ovvio a questo mondo, ma allo stesso tempo la nostra sopravvivenza si basa sul fatto che a questo mondo vi siano indiscutibili ovvietà.
Sapersi barcamenare fra questi due opposti poli non è cosa facile, e a ciò può soccorrerci la filosofia.
Il sapere di non sapere Socratico io non lo interpreto come un invito a colmare le nostre lacune, ma lo interpreto come un disimparare ciò che crediamo di sapere, per acquisire coscienza del meccanismo che conduce alla conoscenza.
Cioè si tratta di percorrere il percorso della conoscenza all'incontrario, per andare poi avanti in esso con maggiore consapevolezza, e in questo tentativo a me pare di aver compreso che tutto ciò che è oggetto della nostra conoscenza non è fatto con diverse sostanze, eteree o concrete.
il percorso che inizia col sapere di non sapere può dirsi a mio parere concluso quando giungo alla consapevolezza di non sapere di sapere.
L'essenza stessa dell'essere potrebbe derivare da questo non sapere di sapere, come costituito da una conoscenza inattaccabile in quanto non sottoponibile a critica quanto parimenti non dimostrabile.
Nessuna verità che si riuscisse a sottoporre a critica razionale supererebbe la prova, e possiamo parlare di verità solo nella misura in cui esse si sottraggono alla critica, e solo finché vi si sottraggono.
Le verità che condividiamo sono ciò che ci fanno uomini, e per quanto si riesca a sottoporre a critica una verità ce ne saranno sempre di nuove che ad essa si sottrarranno.
Ci sarà dunque sempre qualcosa che avrà l'apparenza dell'essere, più o meno concreto che sia, ma non possiamo garantire che ciò che per noi è, e che condividiamo, e che ci fa gli uomini che siamo, sia stato tale per i nostri antenati e che lo sarà per i nostri pronipoti.
L'essere è il modo in cui si propone a noi la realtà e da ciò dipende la nostra sopravvivenza, cioè quell'essere è a noi strettamente legato non meno che alla realtà, per cui non possiamo escludere che esso non cambi quando noi cambiamo, a parità di realtà.
Citazione di: iano il 15 Dicembre 2024, 12:12:50 PMIo non ho motivo di credere che la mia autocoscienza o coscienza sia diversa dalla tua, e pensare che sia diversa da quella dello scimpanzé mi pare solo uh modo di complicare inutilmente la questione.
fin quando fai equivalere i due termini è inutile che parli . con coscienza e autocoscienza non ci si riferisce alla medesima cosa.
Citazione di: iano il 15 Dicembre 2024, 12:12:50 PMLa differenza sta nel fatto che noi possiamo comunicare, e quindi condividere le nostre sensazioni, mentre lo stesso non possiamo fare con lo scimpanzé.
qui poi non hai fatto altro che ripetere a pappagallo quello che già avevo detto io
Citazione di: Alberto Knox il 14 Dicembre 2024, 12:00:24 PMDiremo dunque che la macchina è autocosciente? no? e perchè? Se una macchina dovrebbe dirci "so di essere un io pensante" che motivo avremmo di dubitarne? in fin dei conti l'unica cosa di diverso che possiamo dire sulla nostra sensazione soggettiva del propio sè è che possiamo esprimerla con parole mentre eventualmente quella di un animale no.
Per il resto del tuo discorso non hai fatto altro che aggirare la questione , ma la questione è ancora lì, intatta .O la affronti in modo diretto oppure è completamente inutile girarci intorno.
Citazione di: Alberto Knox il 15 Dicembre 2024, 15:11:44 PMfin quando fai equivalere i due termini è inutile che parli . con coscienza e autocoscienza non ci si riferisce alla medesima cosa.
Una risposta ingiustificatamente aggressiva la tua.
Ma proviamo a restare sul tema, senza farci prendere dall'emotività.
Dunque se qualcuno prova a ridurre ad unità cose che pur sembrano diverse, come coscienza ed autocoscienza, per te è a prescindere in errore?
E in ragione di cosa?
Forse del primato che tu attribuisci alle tue sensazioni?
Citazione di: iano il 15 Dicembre 2024, 12:12:50 PMNon ho seguito tutto il tuo dibattito con Alberto, però mi pare che il conflitto di base dal quale possiamo derivare ogni altro sia quello fra essere e divenire, cioè un classico della filosofia.
Si iano, per quel che attiene alla parte che ho citato puoi metterla pure così. Solo che, da entrambe le parti, si vuol far finta che la stella polare indichi da sempre e per sempre il luogo dove è situato il nostro polo nord celeste. Cosa che invece non è
Citazione di: Alberto Knox il 15 Dicembre 2024, 10:11:03 AMho detto che ogni essere vivente per vivere possiede un centro di elaborazione delle informazioni, anche una pianta o un batterio. E questa è la facoltà del pensiero. Pensare non è altro che elaborazione di informazioni , cosa che anche un computer sa fare egragiamente. Se hai visto nello scimpanzè un indizio della sua possibile autocoscienza che dire allora del robot che disegna un opera d'arte del tutto in modo indipendente e unica nel suo genere? Se un robot è in grado di rispondere , domandare, interagire attivamente alle conversazioni e attività umane non è indizio che vi sia consapevolezza? ah ma in questo caso è progammato mi direte , e perchè lo scimpanzè non lo è?
non ho intenzione di dilungarmi o infossarmi sul tema della dimostrazione , di sicuro esistono livelli di coscienza o gradi , un ricercatore ha detto che una formica presa da sola non è una formica , lo diventa solo inserita in un contesto, ovvero all interno della società formicaio. Insomma preferisco parlare di livelli di coscienzialità che non di autocoscienza di cui le vostre congetture non mi lasciano affatto persuaso.
Guarda ben che non sono mica il papa dacché ti rivolgi a me dandomi del voi. È già la seconda volta da quando ci conosciamo che mi apostrofi con un voi, la prima fu con un voi atei. Ma io sono io, misummi insomma, sicuramente eterodiretto, ma con un po' di farina del mio sacco. Mi hai sinceramente stancato. Ti ho contestato la legge morale autonoma e l'imperativo categorico dimostrandoti praticamente che nell'assieme con l'imperativo ipotetico è un cane che si morde la coda. Ti ho contestato l'assurdità delle tue pretese di dimostrazione circa l'autocoscienza. Tu fai orecchie da mercante e ti riproponi ora dicendo che gli esseri viventi sarebbero uno sterile centro di elaborazione dati. Saremmo dunque ben fortunati che un computer non provi emozioni e magari si metta in testa che noi lo stiamo sfruttando, perché allora vorrei proprio vedere come elaborerebbe i dati. Per quel che riguarda invece l'osservazione del ricercatore sulla formica, assai stranota peraltro, sembra dirci proprio che noi si sia eterodiretti per quel che riguarda la conoscenza (adattamento allo stare assieme) e il comportamento, il quale tende a mettere in gioco la conoscenza che si ha dello stare in gruppo; etica quindi.
Io ho comunicato, comunque, la mia visionaria visione del mondo secondo i canoni della mia ragione; fatalità coincidono con la mia fede, proprio assecondando i canoni di quel pensiero di Ratzinger citato nel post su "Psicanalisi". Dato quindi che per come ti esprimi sembra che tu non abbia in grande apprezzamento la nostra società .... (grande respiro constatativo) ... Eppure la realtà è ben strana. A volte vien da pensare, per certe persone, se siano dominate dal desiderio di una società migliore, dalla paura di una società peggiore, o da una vaga indifferenza ... Comunque qui si stava parlando anche di etica
Riposatevi se siete stanco :))
Citazione di: iano il 15 Dicembre 2024, 22:57:56 PMUna risposta ingiustificatamente aggressiva la tua.
Ma proviamo a restare sul tema, senza farci prendere dall'emotività.
Dunque se qualcuno prova a ridurre ad unità cose che pur sembrano diverse, come coscienza ed autocoscienza, per te è a prescindere in errore?
E in ragione di cosa?
Forse del primato che tu attribuisci alle tue sensazioni?
Lo vedete come è facile creare disarmonia? Risentimento . Lo capite che cosa c è in gioco quando nomino umanità, bontà, gentilezza a riguardo delle relazioni umane? Non si tratta di norme etiche , perbenismi , moralismi. Quando io parlo di queste cose non sto parlando di morale , parlo di fisica. Lo sai che respiri? Prendi consapevolezza di questa relazione armoniosa la quale se verrebbe a mancare noi in pochi secondi cesseremmo di vivere.
La legge del più forte. Facciamo finta che non esista. O meglio, facciamo finta che non esistesse. Sono qui in una radura in mezzo a un mucchio di persone all'alba della neonata società umana. È mattina. Uno si erge tra molti dicendo ad alta voce: Dài ragazzi! sarebbe meglio che ci dessimo una calmata e stabilissimo un minimo di regole. Faccio una proposta. La nostra tradizione è questa e questa resta, quindi, ognuno è libero di fare ciò che vuole basta che non rubi o non ammazzi ... Bene perdiana! io ci sto, era ora! e torno al lavoro. A un tratto succede che ripercorro durante l'arco di una giornata a grandissima velocità tutta la storia umana quasi come la vivessi, troppo forse, ma impressionante comunque; tanto che ora sono qui alle cinque della sera di questa vigilia natalizia, già stanco di questa fatica ... ripenso all'assenso di stamattina