Salve a tutti. Voglio confessarvi un mio piccolo "chiodo fisso". E' quello riguardante la presenza – ma soprattutto l'oceanico successo – nel passato di Logos, di un topic titolato "Perchè c'è qualcosa anzichè il nulla" (vedere tra le nostre statistiche).
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/perche-ce-qualcosa-anziche-il-nulla/msg8290/#msg8290 Più volte, incappando in tale quesito, mi sono trovato a considerare, con dell'invidia abbastanza impotente, che da parte mia non sarei mai stato capace di spigermi a partorire un simile dilemma profondamente scespiriano.
Al di là di cio, noto pure, casualmente, di non essere d'accordo con il buon Ceravolo con il suo "incipit"........."«[...] affinché il nulla non esista deve negarsi all'esistenza implicando così l'esistenza stessa. Una logica negativa per cui è necessario che esista l'esistenza per la non esistenza del nulla [...].
[...] Se il "nulla assoluto" è impossibilitato a esistere per la sua identità priva di valore, allora il nulla non può accadere e necessariamente deve accadere qualcos'altro affinché ad accadere non sia il nulla. Che è come dire: il nulla non può esserci, altrimenti il nulla sarebbe, ma se il nulla non può esserci allora "qualcosa"; perché: se non c'è nulla allora o c'è nulla, il che contraddirebbe il non esserci del nulla, o c'è qualcosa." Provo quindi a cimentarmi dando un taglio leggermente diverso alla questione poichè avrei qualche obiezione da opporre se, come credo probabile, trovassi chi argomentasse che IL TUTTO NON ESISTE.
Allorquindi...........PERCHE' MAI (secondo me) ESISTE IL TUTTO E NON SOLO IL QUALCOSA ? Saluti.
Se esistesse il qualcosa sarebbe comunque il tutto non essendoci qualcos'altro. Sarebbe un tutto provinciale, poco cosmopolita, attaccato a vecchie tradizioni e riti da ripetere in qualche borgo di campagna. Se oltre al qualcosa invece pensiamo che possa esistere anche un altro insieme: "il qualcos'altro", occorre decidere come entrano in relazione fra loro, se messi insieme formano il tutto, oppure un qualcosa/qualcos'altro, che non è ancora il tutto ma un allargamento, che potrebbe aver bisogno anche di un "qualcosa d'altro ancora " per perfezionarsi verso una unità che sarà sempre più lontana ad ogni integrazione successiva.
Bisognerebbe anche ripensare allo stesso concetto di tutto, da differenziare rispetto al "t" al "tu" al "tut" e al "tutt", concetti egualmente degni di essere pensati, nonostante le loro tare genetiche, che però ce li rendono più simpatici. Il tutto mi sembra piuttosto presuntuoso, lui è tutto, ed io non posso far altro che inchinarmi. Il tutt lascia un po' di respiro, per non parlare del "t", modesto, quasi invisibile, che lascia fare a tutti i "tutti" possibili.
Salve Jacopus. Apprezzo e sento di dover precisare : Il Tutto, a livello lessicale è composto dall'insieme delle unicità singolari specificabili (la cosa, questa cosa, quella cosa) più l'insieme delle molteplicità plurali specificabili o non specificabili (la categoria delle "altre cose", includente i "qualcos'altro").
Il Tutto viene considerato da me sinonimo (assieme ad alcuni altri) di Assoluto, essendo definibile ANCH'ESSO come "ciò che contiene senza essere contenibile da altro più grande di esso". Saluti.
Il tutto è concetto (antropo)logico riferibile ad un insieme di enti. Un mazzo di carte da briscola è tutto se ha 40 carte con i simboli previsti. Quando esco di casa per una scampagnata faccio un check per vedere se c'è tutto quello che mi serve. Il complemento logico del tutto è la parte. Un set completo di parti costituisce un tutto. Il tutto è quindi l'assemblaggio logico dei qualcosa costituenti. Tutta la popolazione umana è data dalla sommatoria degli umani presenti in un determinato momento. Quindi il tutto non è sempre fisso ma può essere variabile. L'insiemistica è la disciplina logico matematica che si occupa del rapporto tra le parti e il tutto di un insieme.
Salve Ipazia, e grazie della replica. Avrai certo letto la mia personale definizione di TUTTO e quindi avrai capito che - visto che logica matematica ed insiemistica non rappresentano proprio strumenti filosofici - TUTTO=ASSOLUTO nè sono relativi a-, nè fan parte di-, nè sono generati da-.....................
TUTTO, UNO, PERFEZIONE, ASSOLUTO, MONDO, DIO, e qualche altro sono sinonimi rigorosi l'uno dell'altro ed hanno tutti solamente il senso dell'INCLUSIONE. Quello dell'ESCLUSIONE è il NULLA.
Ovviamente si tratterà di concetti antropici sottointendenti - come ho precisato - la sinonimia per un unico concetto fondamentale (l'ESSERE) che ciascuno di noi non può che esprimere attraverso una pluralità di punti di osservazione esistenziali e quindi di corrispondenti denominazioni le quali, essendo appunto plurime, ingannano, fornendo il nostro giudizio circa una loro apparente relatività e non una loro sostanziale sinonimia. Saluti.
Il Tutto metafisico é una chimera, una fantasticheria umana al pari delle figure in maiuscolo che hai elencato. L'unico tutto realmente definibile, plausibile ed utile é il concetto logico-matematico della teoria insiemistica.
Il concetto di insieme non è originario, ma il risultato di un processo.
Questo processo inizia con la divisione del mondo, in parti determinate, operata dal pensiero razionale.
Il pensiero distingue. Il cielo si separa dalla terra. I monti dalle valli. Nascono i "qualcosa".
Che se ne stanno distinti uno dall'altro.
Quando un qualcosa pare assomigliare ad un altro qualcosa... ecco che nasce il due! La somiglianza ha creato il numero.
Dal due deriva poi l'uno. Che ha senso solo in quanto esiste il due. Uno dei due, o tre, o...
L'insieme esprime perciò il risultato di un processo che dopo aver operato la distinzione, ne raggruppa parti simili.
La similitudine si basa su proprietà che caratterizzano una cosa oppure no. Individua perciò una categoria.
Con "tutto" noi indichiamo ogni qualcosa appartenga ad una categoria.
E fin qui va bene...
Tuttavia, occorre rendersi conto che è la categoria che rende possibile l'insieme! È la categoria che lo rende "cosa".
Se non teniamo ben presente questa condizione, finiamo con l'estendere il concetto di insieme laddove non è più sostenuto da alcuna categoria.
Finiamo cioè con intendere pure il Tutto come un qualcosa!
Ma questo è solo il risultato di un corto circuito del pensiero razionale che non si avvede dei propri stessi limiti.
Il Tutto non è affatto qualcosa!
Non è affatto un insieme.
Per la semplice ragione che non vi è altro.
Seppur paradossalmente (per il pensiero razionale) il Tutto, non essendo qualcosa non c'è, equivale al Nulla.
Difatti, è un grave malinteso confondere l'esserci con l'Essere.
Ci sono i qualcosa.
L'Essere non c'è, in quanto è!
Nell'esserci, Essere = Nulla.
Citazione di: bobmax il 14 Agosto 2020, 05:19:43 AM
...
E fin qui va bene...
Tuttavia, occorre rendersi conto che è la categoria che rende possibile l'insieme! È la categoria che lo rende "cosa".
Se non teniamo ben presente questa condizione, finiamo con l'estendere il concetto di insieme laddove non è più sostenuto da alcuna categoria.
Finiamo cioè con intendere pure il Tutto come un qualcosa!
Ma questo è solo il risultato di un corto circuito del pensiero razionale che non si avvede dei propri stessi limiti.
Il Tutto non è affatto qualcosa!
Non è affatto un insieme.
Per la semplice ragione che non vi è altro.
Seppur paradossalmente (per il pensiero razionale) il Tutto, non essendo qualcosa non c'è, equivale al Nulla.
Difatti, è un grave malinteso confondere l'esserci con l'Essere.
Ci sono i qualcosa.
L'Essere non c'è, in quanto è!
Nell'esserci, Essere = Nulla.
Il corto circuito del pensiero razionale è cercare contenuti di verità trascendent/e/ale in categorie logiche che hanno una loro utilità ma sono solo adattamenti rappresentativi antropomorfici della realtà: Tutto, Nulla, Qualcosa, Dio, Uno, Infinito, Assoluto, Essere,...
In tale obnubilamento della ragione la metafisica ha molte più colpe della logica-matematica, che almeno è consapevole dei suoi
arte-fatti.
Il pensiero razionale pareva aver trovato una buona mediazione tuttologica nell'
Universo (di Spinoza e Galileo). Ma anche l'Universo ha perso la sua verginità tuttologica non appena se ne sono teorizzati di diversi (multiverso), antitetici, paralleli e chi più ne ha più ne metta. La realtà si diverte a giocare a dadi coi sogni metafisici delle sue creature più immaginifiche.
.
E' solo un problema di umana limitatezza. Il materialismo con la sua fisica che viene considerato estraneo, contradditorio, conflittuale, intrinsecamente negante rispetto allo spiritualismo con la sua metafisica.
Cioè invece la complementarietà tra la fisica "nota" e quella ignota.
Ma i concetti che ho dato per sinonimi.......fanno parte del mondo fisico o di quello metafisico ?
Essi non sono altro che la manifestazione fisicamente a noi ignota che nasce dalla fisiologia della mente, la quale, saldamente basata appunto sulla fisicità materiale di un cervello, si svolge attraverso la modulazione dei flussi elettromagnetici (la fisicità immateriale del'energia). L'espressione "corrrenti di pensiero" dice qualcosa a qualcuno ?.
La metafisica esiste solamente per il credente. Per tutti gli altri esiste solo "l'oltre la fisica attuale". Saluti.
Io penso che se il nulla esistesse, l'essere non sarebbe l'insieme degli esistenti, infatti se il nulla esistesse, allora l'essere sarebbe non semplicemente l'insieme di tutti gli esistenti, ma l'insieme di tutti gli esistenti meno il nulla, e ci sarebbe un super-essere superiore all'essere stesso (un tutto metafisico di qualche tipo) che comprenderebbe l'essere come insieme degli esistenti, più il nulla.
Per quanto riguarda l'essere, l'essere della parte è prerequisito per essere parte dell'insieme che l'essere è, per il super-essere no, e il super-essere si compone indifferentemente di parti essenti, e di almeno una parte non essente.
Infatti la caratteristica principale del nulla è di non appartenere all'essere come sua parte, e quindi l'esistenza del nulla mette in crisi il pensiero dell'essere come pensiero dell'insieme totale di tutte le parti possibili e immaginabili di un qualcosa che a vario titolo "c'è"; se c'è il nulla ci sono parti non essenti del tutto, parti che a buon titolo si possono chiamare parti del tutto, ma non parti dell'essere, quindi se c'è il nulla, ne consegue che l'essere non si identifica col tutto, e che il tutto è superiore all'essere.
Io giocando con le categorie metafisiche per quanto me lo consente la mia intelligenza, penso che solo il tutto è uno, le parti del tutto sono di conseguenza il non-uno (per ogni ente estratto dal tutto e considerato separatamente, deve valere l'equivalenza
non-tutto=non-uno, questa cosa non è il tutto, quindi questa cosa non è una, non è unica).
Il tutto infinito che immagino io si compone però anche di parti anch'esse propriamente e singolarmente infinite, non contiene parti infinitesime ad esso non sovrapponibili e incommensurabili -micro parti che, se esistessero, prive di ogni altra funzione, dovrebbero esistere solo per diletto dell'uomo e a conferma del suo modo di vedere le cose-, quindi in definitiva anche qualsiasi numero non infinito con cui pensiamo di contare una qualsiasi cosa che riscontriamo esistente, compresa la nostra stessa vita, è un'illusione.
Nel tutto infinito continuo, che corrisponde all'universo, passano solo le serie infinite discrete che lo compongono, quindi (solo) il tutto è uno, nel senso di infinito continuo; la parte compositiva del tutto è non-una, nel senso di parte arbitrariamente estratta di una serie infinita discreta, che "sta attraversando" il tutto (e noi in un certo punto la cogliamo, e spesso pensiamo che esista "solo lì", in quanto l'abbiamo colta, solo lì) e la cui ripetizione è infinitamente possibile.
L'Essere non coincide con l'esistere. Perché l'Essere è ciò che fa sì che l'esistenza sia.
Mentre l'esistenza rimanda inevitabilmente al proprio fondamento: L'Essere.
Perciò, l'Essere non è l'insieme di ciò che esiste. Ne è l'origine!
In quanto origine, in quanto fondamento dell'esistenza, l'Essere non può ridursi ad esistente.
L'Essere non esiste.
In quanto non esistente, per darne un'idea si può solo considerarlo Nulla. Non certo per definirlo! Ma per confermare l'impossibilità di una definizione.
Nulla significa non esistente.
Non significa nient'altro che questo.
Ipotizzare l'esistenza del Nulla è una contraddizione in termini.
Non può esservi "qualcosa" che sia nulla!
Affermare che Essere = Nulla vuol dire semplicemente constatare la non esistenza dell'Essere.
-------
La scienza si occupa di tutto quello che c'è.
Se intendiamo con "fisica" la scienza, oltre la fisica non c'è nulla.
E infatti l'unica autentica metafisica è metafisica del Nulla.
Ogni altra pretesa metafisica non può che essere una fantasia.
Ma la metafisica del Nulla non è vuota come potrebbe sembrare ad uno sguardo superficiale.
La metafisica del Nulla è un'apertura al mondo spirituale.
Citazione di: bobmax il 15 Agosto 2020, 23:14:13 PM
L'Essere non coincide con l'esistere. Perché l'Essere è ciò che fa sì che l'esistenza sia.
Mentre l'esistenza rimanda inevitabilmente al proprio fondamento: L'Essere.
Perciò, l'Essere non è l'insieme di ciò che esiste. Ne è l'origine!
In quanto origine, in quanto fondamento dell'esistenza, l'Essere non può ridursi ad esistente.
L'Essere non esiste.
In quanto non esistente, per darne un'idea si può solo considerarlo Nulla. Non certo per definirlo! Ma per confermare l'impossibilità di una definizione.
Nulla significa non esistente.
Non significa nient'altro che questo.
Ipotizzare l'esistenza del Nulla è una contraddizione in termini.
Non può esservi "qualcosa" che sia nulla!
Affermare che Essere = Nulla vuol dire semplicemente constatare la non esistenza dell'Essere.
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La scienza si occupa di tutto quello che c'è.
Se intendiamo con "fisica" la scienza, oltre la fisica non c'è nulla.
E infatti l'unica autentica metafisica è metafisica del Nulla.
Ogni altra pretesa metafisica non può che essere una fantasia.
Ma la metafisica del Nulla non è vuota come potrebbe sembrare ad uno sguardo superficiale.
La metafisica del Nulla è un'apertura al mondo spirituale.
Penso che esista sia una tradizione filosofica secondo cui l'essere è
la causa degli enti, che una altrettanto degna e importante secondo cui esso è
l'insieme degli enti.
Se lo poni come causa, ovvero se poni l'essere come causa dell'ammasso di enti e non come ammasso di enti in sé, fai bene a dire che non esiste, appunto perché la causa non è l'effetto, e la causa in generale di tutti gli esistenti, deve essere non-esistente (ovvero deve essere in linea generale diversa dal suo effetto), da cui tutte le identificazioni di Dio con il nulla o, l'assoluto, o con l'Essere con la E maiuscola nel senso che dici tu, contrapposto all'esistere, sono tutti modi per dire che la causa degli essenti non è essente, quindi al limite Dio è, ma non
c'è, nel senso non c'è come ci sono tutte le altre cose.
Però se invece poniamo l'essere semplicemente come l'insieme degli enti, è corretto dire che il nulla non è (o
i nulla non sono, ammesso che siano più d'uno) elemento di quell'insieme.
Però se, esplorando le possibilità di quest'altro modo di porre le cose, per assurdo a un certo punto poniamo che il nulla, almeno a certe condizioni particolari, sia (ad esempio per giustificare il divenire), e però teniamo fermo quello che avevamo definito prima, che il nulla non è elemento dell'insieme essere, allora sono ipotizzabili insiemi più capienti dell'essere, appunto i tutti metafisici, simili al tao orientale per intenderci, di cui si parla nel topic. A questo punto la mia riflessione è che secondo me è solo una smania nella ricerca delle cause che fa preferire la concezione di essere come causa dell'ente (e quindi la distinzione tra esistenza ed essenza, che è un platonismo che ha avuto molta fortuna in metafisica e in tutta la cultura occidentale, ma non è certo un dogma indiscutibile) a quella molto più realistica dell'essere come collezione/ammasso di enti; il problema è che siamo psicologicamente inquietati dal fatto che in questa seconda concezione l'ammasso è incausato, e quindi non ci soddisfa come quella in cui c'è un Dio o una causa suprema da cui deriva tutto. Secondo perché non si riflette abbastanza sul fatto che anche una concezione puramente effettuale degli enti è un abisso, se in quanto esistenti siamo effetto e fenomeno di quello che avviene nell'inesistente il mondo non ha potenza e non ha valore, è un sogno in cui tutto è già deciso da altri, o, che è lo stesso, da parti di noi che ci saranno "altre", cioè inaccessibili, per sempre, quindi comunque tutto deciso da altri... essere puramente nell'effetto vuol dire non essere nulla, non avere vero potere ne vera proprietà su nulla, e il nulla in cui risiedono le nostre "cause" è l'unica cosa/dimensione che ha valore, insomma il mondo alla rovescia della metafisica contro cui giustamente ribellarsi...Perché ad assumerlo per vero e a prenderlo sul serio, il "mondo" della metafisica, né consegue che il nulla da cui derivano le cause dell'essere è l'essere (il vero essere), e noi, appunto perché siamo nell'essere nel senso comune del termine, cioè nell'effetto di queste cause misteriose e di fatto indimostrabili, siamo il nulla...
Citazione di: niko il 16 Agosto 2020, 14:42:30 PM
Secondo perché non si riflette abbastanza sul fatto che anche una concezione puramente effettuale degli enti è un abisso, se in quanto esistenti siamo effetto e fenomeno di quello che avviene nell'inesistente il mondo non ha potenza e non ha valore, è un sogno in cui tutto è già deciso da altri, o, che è lo stesso, da parti di noi che ci saranno "altre", cioè inaccessibili, per sempre, quindi comunque tutto deciso da altri... essere puramente nell'effetto vuol dire non essere nulla, non avere vero potere ne vera proprietà su nulla, e il nulla in cui risiedono le nostre "cause" è l'unica cosa/dimensione che ha valore, insomma il mondo alla rovescia della metafisica contro cui giustamente ribellarsi...
Perché ad assumerlo per vero e a prenderlo sul serio, il "mondo" della metafisica, né consegue che il nulla da cui derivano le cause dell'essere è l'essere (il vero essere), e noi, appunto perché siamo nell'essere nel senso comune del termine, cioè nell'effetto di queste cause misteriose e di fatto indimostrabili, siamo il nulla...
Qui cogli il cuore della questione!
Occorre tuttavia, ne sono convinto, fare ancora un altro passo.
Perché l'abisso, il tutto è già deciso da altri, il non avere vero potere... sono tutte considerazioni che si reggono in definitiva su che cosa?
Non si reggono forse su un presupposto dato per scontato?
E questo presupposto, questa "verità", non è forse l'io?
Senza io non vi è più chi dovrebbe ribellarsi. E neppure più alcun motivo per ribellarsi...
Ma l'io non lo posso annullare. E se mai ciò accadesse non sarebbe comunque per una mia libera scelta...
Sarebbe però una scelta di chi?
Se come "io" sono un'illusione, il riconoscerlo non mi fa ritrovare all'origine del Tutto?
Ciò che credevo di essere, non era in realtà che il figlio unigenito che finalmente torna a casa?
Riguardo all'esistenza vorrei aggiungere che l'esistenza è frutto della scissione.
Senza scissione non può esservi esistenza.
Perché l'esistenza necessita dell'altro.
E' l'altro a far in modo che l'esistenza sia.
Io esisto perché c'è altro da me.
Il rosso esiste perché non è l'unico colore.
Il suono esiste perché c'è il silenzio.
Il monte esiste perché c'è la valle.
La luna esiste perché c'è il vuoto attorno.
L'altro è indispensabile per l'esistenza.
E l'altro... non è mai il nulla!
L'altro è sempre qualcosa.
Il vuoto, per esempio, non è nulla!
Ipotizzare l'esistente come fosse un isola circondata dal nulla è un non senso!
Perché il nulla non c'è.
Di modo che il Tutto, non avendo alcun altro... non esiste.
L'Uno non esiste, perché non c'è altro.
Ma l'Uno è lo stesso Essere, e quindi è pure Nulla.
Questione logica nota: Omnis determinatio est negatio ;) Ogni ente esiste in quanto differenziato da altro ente: Ipazia non è Bobmax.
La metafisica sovente dimentica un suo simpatico antico prodotto intellettuale: simplex sigillum veri.
Penso che la particolare ragione del tuo assillo consista nella più generale ed assillante impossibilità logica della ragione di ridurre il "Tutto Esistente" ed indifferenziato ad un " qualcosa" di razionalmente distinto, chiaro e distinguibile da ciò che distinguibile non è. Il Tutto Esistente ,infatti, non può essere la semplice somma delle parti, perché il risultato di qualsiasi somma non è mai il Tutto, e, quindi, il Tutto non può considerarsi logicamente divisibile. Il " Tutto" trascende , quindi, le parti, a tal punto che esse non possono nemmeno chiamarsi sue. Pare , dunque, che la ragione non possa che essere dalla Tua nel distinguere il "Qualcosa" come estraneo dal "Tutto" , un Tutto indistinto, razionalmente ineffabile, indicibile, sacro ed inquietante...ma pur sempre "esistente" e di gran lunga più vero delle fantomatiche "parti" in cui la ragione immagina di poterlo affettare.
Salve and1972rea. Infatti il concetto di "Tutto" coincide con quello di "Assoluto", dal momento che essi sono entrambi identicamente definibili come "Ciò che contiene senza essere contenuto da altro più grande di esso" e "Ciò che consiste nell'insieme delle sue parti senza essere in relazione con alcuna di esse e neppure con la totalità di esse".
Tutto ed Assoluto restano tali e quali anche al variare del numero dei loro contenuti, (almeno sino alla soglia della duplicità), quindi non sono influenzabili da essi contenuti, quindi non sono relativi ad essi. Saluti.
Comunque, in parole semplici, il tutto non esiste perché se è il tutto, allora è anche uno, non partecipa della dualità dell'esistenza, deve includere in se stesso come elemento compositivo davvero tutto, quindi, a fianco a "ciò che c'è", intendo a fianco all'insieme degli enti, anche il divenire come storia e destino, la nullità e la soggettività dell'esistenza, insomma varie cose che con l'esistenza nel senso comune del termine hanno poco a che fare.
In altre parole, l'insieme degli enti, istantaneamente considerato, è giocoforza solo una parte del tutto e non il tutto, quantomeno perché:
1: esiste il divenire, quindi l'insieme degli enti istantaneamente considerato, cambia, e tutte le conformazioni possibili coesistono nel tutto.
2: esiste la soggettività, quindi la coscienza, o comunque la mente che guarda e rispecchia il tutto, o meglio e più modestamente, alcune singole parti del tutto, deve essere inclusa, nel tutto
3: esiste il nulla, nel senso che anche l'insieme degli enti istantaneamente considerato, più il divenire, più la soggettività, è un superinsieme che può ancora essere considerato, sia se stesso, che il negativo di un immanifesto che non vi compare come elemento, anzi deve, essere considerato il negativo di un immanifesto che non vi compare come elemento, perché sia determinato, cioè pensabile.
Quindi il tutto è l'insieme degli enti istantaneamente considerato, più tutto quello che è stato e sarà, più le percezioni e i vissuti di tutti i viventi che lo hanno abitato e lo abiteranno, più il nulla, che è un "resto" estraneo alla totalità spazio temporale e al vissuto che però, appena concepito, necessita di un tutto ri-comprensivo più grande in cui includerlo perché resti salda la definizione di tutto del tutto (la tuttità del tutto pare brutto), quindi il nulla esiste nel senso di essere incluso nel tutto, anche se non esiste nel senso comune dell'esistere; quindi il tutto che esiste, cioè, in altre parole, l'ammasso degli enti considerato qui e ora, è (solo) una minima parte del tutto, che non è il tutto, quindi, come volevasi dimostrare, il tutto non esiste.
PS a voler complicare un po' il discorso, se consideriamo le teorie fisiche moderne dell'universo blocco, la relatività generale eccetera, possiamo anche dire che il passato e il futuro esistono, e ci sono, quanto e come il presente, quindi rientrano nella parte di tutto "che esiste", ma anche messa così, resta comunque il fatto che la vita e il nulla non "esistono" nello stesso senso in cui esiste la totalità dello spazio e del tempo, allo stesso modo in cui prima ho sostenuto che queste realtà ulteriori "non esistono" nello stesso senso in cui si può dire che esista il presente.
Salve niko. Sorvolo sulla tua affermazione circa l'esistenza del nulla, appunto perchè tutte queste considerazioni che facciamo sono fondate sul significato del verbo "essere", il quale permane intrinsecamente impenetrabile anche se io continuo ad azzardare che l"essere" sia "la dimensione al cui interno le cause generano i propri effetti".
Il Tutto, l'Assoluto, Dio, il Bene, il Male, il Nulla non esistono fisicamente.
Essi sono puri concetti astratti (non materialmente basati), cioè frutti del pensare, essendo il pensiero la FORMA (cioè la struttura immateriale) che di volta in volta viene assunta dalle connessioni neuronali esistenti all'interno del nostro cervello.
Hai presenti gli archi che si producono tra i poli delle grandi macchne elettriche se opportunamente caricati ? (lampi anche assai ramificati a seconda della resistenza dell'aria dell'ambiente in cui scoccano ?).
Ecco, il pensiero è ciò, ovviamente a livelli di energia immensamente più bassi. Saluti.
Sì, ma una volta che lo hai pensato, il tutto come concetto intendo, non lo hai pensato bene se ci metti dentro, in questo ipotetico "contenitore", solo tutto ciò che esiste, nel presente, o anche nella totalità del tempo e dello spazio se essa fosse conoscibile, e sostieni con questo di aver finito, ci sono cose che in un certo senso "sono" senza esistere materialmente o dualmente, quindi il tutto non esiste, perché si compone di parti esistenti e parti inesistenti, quindi non esiste tutto, quindi non esiste come tutto, quindi non esiste il tutto.
Ad esempio, con la coscienza e la vita di un essere intelligente, per dire, si ha già qualche difficoltà a sostenere che esista nel tempo, in un certo senso sì e in un certo senso no, e difficoltà assoluta a sostenere che esista nello spazio, decisamente no, eppure essa fa parte del tutto; ci rendiamo anche conto che il passato, il futuro, ciò che è solo possibile e i futuri ipotetici non esistono nello stesso senso in cui esiste il presente, eppure fanno parte del tutto, eccetera. Anche gli assurdi, come i cerchi quadrati, i bastoncini con due estremità destre, 2+2=5 eccetera, non esistono né nello stesso senso in cui esiste il presente, ne nello stesso senso in cui esistono gli ipotetici e i possibili, eppure fanno ancora parte del tutto, eccetera. Alla fine, con tutte queste considerazioni, l'esistenza mi pare più parte infinitesimale del tutto, che vera essenza del tutto, come appunto il presente, che non solo sembra non esistere perché fuggevole, ma anche, considerandolo staticamente, perché infinitesimale in un'immensità più grande, e indiscernibile comunque come singolo rispetto alle sue ripetizioni, anche ammesso che esista in questa immensità come serie.
Se bastasse un dizionario di filosofia per capire la filosofia......
In metafisica, ma non solo, un termine lo si deve relazionare.
Il nulla a quale categoria e insieme matematico appartiene? Quali elementi compongono l'insieme " nulla"?
E daccapo..... la metafisica per essere una filosofia seria ha necessità che il principio originario, un archè, il tutto, l'uno, ecc si relazioni a qualunque cosa esista: un lombrico, un umano, un asteroide, ecc. Se qualcosa non vi rientra, non è una filosofia seria, perché genera aporie, antinomie, contraddizioni.
Se un cosa ( un ente, un essente filosofico) esiste, il "nulla" esiste?
Se una cosa "è" può dirsi che possa essere anche non-è?
Se il nulla è, che cosa è il non- è del nulla (il tutto o qualcosa)?
La negazione diventa parte di alcune metafisiche per potere accedere, poter spiegare, alcune contraddizioni esistenti, come per la metafisica sono le apparenze divenienti.
Se il tutto non-è, possiamo dire che si dia il nulla al suo posto?
Se allora il nulla è, noi veniamo dal nulla, e potremmo ad es. predicare una filosofia nichilista.
@Niko
L'essere non è solo l'insieme degli esistenti, qui ed ora, ma anche di chi è già esistito e di chi esisterà. Se nell'insieme dell'essere ci fossero solo gli esistenti qui ed ora, allora il nulla è il passato (di chi ora non esiste più) e il futuro( di chi ancora non esiste, ma esisterà).Il nulla quindi è, se l'essere è solo applicabile agli attuali esistenti.
E non è solo collocabile agli essenti, ma anche alla conoscenza. Quindi l'essere comprende anche ciò che ancora non si conosce, ma "è", in quanto c'è ma ancora sconosciuto.
Infatti poi dici del super-essere che comprenderebbe essenti, (in quanto enti esistenti) più almeno una parte di inessenti (non più esistenti o ancora non esistenti)
Semplificherei come ho espresso precedentemente. L'essere = Tutto, che non ha un tempo, e quindi
"è" da sempre e per sempre.
Se nulla è, vale a dire se ontologicamente fosse accettato, è chiaro che entra in collisione con l'essere. Ma il vero problema metafisico e problematizzato da alcuni filosofi, è quando il nulla
è, sebbene non venga accettato ontologicamente, ma si rileva come contraddizione.
La nostra attuale cultura accetta di fatto il nulla, per questo alcuni la definiscono contraddittoria:
la vita che viene dal nulla e scompare nel nulla,: l'universo stesso che viene dal nulla fino a sparire in un lontano futuro.
Per questo se il tutto fosse l'insieme che comprende due insiemi(o sottoinsiemi) l'essere, inteso come essenti come esseri esistenti e il nulla quindi come non-essenti, si entra in un'aporia, in una contraddizione del fondamento . E qui allora se dovessimo dare uno statuto di essente anche al nulla, dovremmo accettare che il non-è esiste, e che quindi il mondo si dà come anche come contraddizione che "vive" che è essente.
Allora il non-essere o non-uno è parte del Tutto e si mostra al mondo attraverso le contraddizioni e ciò potrebbe spiegare il dualismo ; appena dopo il principio del fondamento nascono i "contrari" , ad ogni termine positivo si accompagna un negativo. Il dualismo può spiegare la storia, l'ignoranza umana, lo stato umano nel mondo.
La teoria insiemistica, "ingenua" di Cantor, spiega che ad ogni tipologia di numero: naturale, reale, razionale, irrazionale, ecc, è un insieme e ognuno di questi insiemi ha numeri infinitesimali .
@bobmax
Sono d'accordo che l'Essere non coincide con l'esistere, soprattutto in termini temporali (passato, presente, futuro) come ho già espresso.
Esatto: l'Essere è origine.
E qui si aprono le divergenze: L'Essere "è", è prima di ogni esistenza ,se è originario e fondamento e quindi non coincide necessariamente con l'esistenza, ma è possibile che appaia nel mondo come esistenza.
Se io, tu....o chiunque, possiamo dire, cioè possiamo parlarne, discuterne, problematizzarlo, dell'Essere, significa che qualche relazione fra noi che esistiamo, che siamo nell'insieme degli esistenti, c'è. Non potremmo dire nulla di ciò che nemmeno come pensiero sarebbe pensabile.
C'è quindi una relazione fra l'Essere e l'esistenza. Ed è l'esistenza stessa che chiama in causa l'Essere.
La causa della vita, da chi o cosa mai sarebbe data? Noi viviamo, esistiamo, è un fatto prima ancora di un'opinione o interpretazione. Se L'essere allora fosse origine, ribadisco, una relazione causale fra esistenza ed Essere è necessaria.
Per quale motivo l'"io" dovrebbe essere un'illusione? Semmai l"io" che è, in quanto siamo noi singoli individui umani, è qualcosa relazionato alla coscienza e consapevolezza di essere.
Poi questo essere può essere coerente o contraddittorio , in funzione delle relazioni fra essere ed esistenza, richiamate dalla coscienza e consapevolezza.
Il nostro singolo e individuale essere, è necessariamente relazionato all'Essere originario e fondamento e colma la frattura fra divenire ed eterno.
Altro ancora sarebbe dire "perché noi umani, in quanto essenti intelligenti, siamo nel divenire"?
@ per tutti
Non può esserci una netta frattura fra ciò che esiste e ciò che è , fra ciò che è fuori dal tempo e quindi eterno e ciò che appare nel divenire degli essenti, che nascono e muoiono, che appaiono e scompaiono. Questo ragionamento era già chiaro nei suoi problemi in Platone ,prima ancora che in Aristotele. Entrambi non ritenevano corretto ciò che Parmenide aveva sancito , che ciò che è non può divenire, vale a dire passare dall' è al non-è.. Ma il divenire è altrettanto un fatto come la vita che vi appare, come noi stessi naturalmente e fisicamente.
Ritengo che la filosofia che accetta la contraddizione del fondamento spieghi e superi quelle originarie che comunque l'avevano internamente più intuita che capita.
Perchè accettare la contraddizione significa cercare anche nell'esistenza la sua essenza, l'essere.
La posizione di Parmenide è di un essere umano che diviene eppure nega logicamente: come dire che la logica partorita da un essente diveniente nega se stesso.
Un'altra posizione è accettare l'essere come eterno e gli essenti come divenienti, compreso l'uomo, ma ponendo l'episteme, la verità negli eterni.
Altra posizione è accettare l'episteme negli eterni , e porre il divenire in contraddizione, come due sistemi, due mondi che girano su stessi come perni .
La posizione più moderna, nasce e si origne come esistenza umana, come vita che cerca il senso nello svelamento ,aletheia, dell'Essere.
Salve paul11 : Citandoti : "La nostra attuale cultura accetta di fatto il nulla, per questo alcuni la definiscono contraddittoria:
la vita che viene dal nulla e scompare nel nulla,: l'universo stesso che viene dal nulla fino a sparire in un lontano futuro".
Non conosco aspetti e manifestazioni istituzionali della "nostra attuale cultura" che accettino l'esistenza del nulla. Giustamente tu precisi "di fatto", quindi penso che in luogo di Cultura tu intenda riferirti a "modi di esprimersi", "mentalità", "espressioni discorsive" o altre superficiali tipologie di esternazione.
Dal punto di vista di niko, la confusione consiste nel venir come abbagliato dal concetto : il concetto di "nulla" esiste certamente (niko non sa che "esistere" significa fare parte di una qualsiasi catena sequenziale di cause che producano - come ovvio - degli effetti.
Il concetto di nulla sarà quindi effetto di una certa attività neurocerebrale (quella predisponente il cervello alla generazione di concetti), causa di ulteriori un poco diverse attività energetiche neurocerebrali (consistenti appunto nella comparsa del concetto), effetto di ulteriori poco diverse attività energetiche neurocerebrali (la relazione con altri concetti ai quali quello di "nulla" deve agganciarsi all'interno del pensiero concettuale in svolgimento)................e tutto questo se si tace. Mettendosi invece a parlare o scrivere del "nulla", sai quali assai più imponenti catene di cause-effetti si possono sviluppare da un semplice concetto !.
Dicevo comunque che niko (che saluto), abbagliato dall'esistenza dei concetto di "nulla", pensa che dietro di esso possa nascondersi la realtà del nulla, la quale ovviamente non esiste poichè, se esistesse, si chiamerebbe "qualcosa". Saluti.
Dopo aver letto questo (peraltro) interessantissimo ed intrigante confronto sono addivenuto ( per cio' che sono riuscito a capire ossia non tutto) ad una conclusione e , per esprimerla , utilizzo per sintesi una frase che e' ascrivibile alla mia terra natia ( si usa in dialetto che qui per comprensione generale traduco) ossia : "avete proprio il " buon tempo" ( staccato)
Citazione di: atomista non pentito il 22 Ottobre 2020, 07:59:57 AM
Dopo aver letto questo (peraltro) interessantissimo ed intrigante confronto sono addivenuto ( per cio' che sono riuscito a capire ossia non tutto) ad una conclusione e , per esprimerla , utilizzo per sintesi una frase che e' ascrivibile alla mia terra natia ( si usa in dialetto che qui per comprensione generale traduco) ossia : "avete proprio il " buon tempo" ( staccato)
Ciao Atomista
Sono Dante :)
La tocchi piano, eh? ;D Però è vero,di tutte le discussioni filosofiche che sono adesso in cima alla lista questa è quella che veramente non capisco neanch'io.E' il classico esempio diq uello che io chiamo "pensiero circolare".Una riflessione continua senza sbocco.Un ingarbugliare il pensiero all'interno di termini astratti che hanno un senso se messi in relazione ad altro e non per se stessi.
Capisco che capire la filosofia, ma siamo nel forum di filosofia, è un poco ostico per coloro che non vi sono avvezzi. Il "buon tempo" è per coloro che cercano un senso nella vita, per altri che sono
il gregge e vengono menati al pascolo dai pastori, gli lascio tutto il tempo di brucare e digerire.
Se riteniamo la vita una questione meramente biologica o termodinamica, vale a dire che appare con la nascita e scompare con la morte fisica, pensiamo superficialmente che noi siamo solo trasformazione di energia, metabolismo che comprende azioni anaboliche o di costruzione e cataboliche di distruzione,
Ma prima dell'apparizione della vita con la nascita e dopo la sparizione con la morte? Il nulla detta l'attuale cultura nichilista.
Tutte le azioni culturali del nostro tempo sono intrise dal non-senso: in economia, in politica, nelle scienze, ma anche in parecchie filosofie.
Il dualismo in filosofia come in Platone, è spiegato come contrasto ed opposto, poiché il divenire, come ho scritto in altra discussione fu interpretato come differenza. L'acqua per scorrere necessita di un dislivello, l'elettricità agisce per differenze di potenziali, il magnetismo per polarità, positivo e negativo, diversi.
La nostra cultura è andata oltre e ha scelto la "scissione". Ha separato le discipline del sapere preferendo la quantità alla qualità, ha separato la vita biologica dalla nuda vita giuridicamente fino dal diritto romano, come se la vita, la nostra vita, fosse concepita dallo Stato, ha scisso la ragione e i sentimenti, ha scisso la fisica dalla metafisica, ha scisso la mente dal cervello, ha scisso la coscienza dalla tecnica.
Che ne è di un umano fatto a brandelli? Una pecora del gregge che bruca inconsapevole e mortificata, come se il suo senso fosse trasformare : mangiare ,digerire, defecare, pe poi rimangiare.......
Siamo noi stessi ridotti ad un "qualcosa", non avendo più senso nel tutto. E avendone terrore, poichè se quel qualcosa non è relazionato nel tutto, quel tutto terrorizza, in quanto siamo solo parti, parzialità, allora per contrapposto esaltiamo i piaceri e le voluttà della vita per dimenticare il momento di quando avverrà il trapasso con la morte, in quanto la morte non ha più senso essendo interpretato come il momento della sparizione, del non senso.
Trovo strano trovare il senso della vita in elucubrazioni astratte. Personalmente trovo piu' "sensato" , un senso della vita "pratico" , ma non per questo necessariamente allineato ( al gregge). Sul fatto di non capire .... bah , io riconosco i miei limiti ma vedo che ( fortuna loro) pare esista chi limiti non ha.
Citazione di: atomista non pentito il 22 Ottobre 2020, 07:59:57 AM
Dopo aver letto questo (peraltro) interessantissimo ed intrigante confronto sono addivenuto ( per cio' che sono riuscito a capire ossia non tutto) ad una conclusione e , per esprimerla , utilizzo per sintesi una frase che e' ascrivibile alla mia terra natia ( si usa in dialetto che qui per comprensione generale traduco) ossia : "avete proprio il " buon tempo" ( staccato)
Salve Atomista. Intervento appropriato, il tuo. Quando inaugurai il presente argomento, scrissi chiaramente di star facendolo per poter ironizzare (per chi fosse interessato ad ironizzare) od approfondire (per chi volesse approfondore) o semplicemente commentare (come stai facendo tu) circa un argomento ed un quesito evidentemente assurdi ed inutili per chiunque non fosse incline alla masturbazione intellettuale.
Infatti la masturbazione (di qualsiasi genere) è la classica attività da "buon tempo", e non viene mai praticata quando si è in preda ad assilli importanti, del tipo della fame, della paura, della diarrea. Inoltre la masturbazione è attività dotata di senso umano individuale (il raggiungimento di un qualche tipo di piacere egoistico) ma priva di utilità e di senso umano socio-collettivo, nonchè di senso naturale.
Personalmente considero la masturbazione un manieristico passatempo che non dovrebbe scandalizzare nè i minorenni nè i maggiorenni, ma solo qualche manicheo.
Circa il senso di certe cose, ciascuno è libero di cercarselo o di inventarselo.Io sono convinto che il senso della vita non risieda certo nella filosofia masturbatoria o professionale, e neppure in altre attività solo apparente più "produttive".........ma solamente in un unico comportamento al quale la vita stessa ci richiama (fregandosene se ciascuno di noi può o vuole rispondere singolarmente al richiamo) : contribuire, attraverso la riproduzione, alla conservazione della vita senza preoccuparsi troppo del suo senso,che è quello appunto che sto descrivendo. Saluti.
Sono del tutto in accordo con quanto scritto da Viator , non avrei saputo pero' esprimerlo in modo cosi' compiuto.
Magari più tardi darò una risposta più complicata ad altre cose che sono state dette, per ora volevo rilevare solo che quello che ha scritto Paul11
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Se riteniamo la vita una questione meramente biologica o termodinamica, vale a dire che appare con la nascita e scompare con la morte fisica, pensiamo superficialmente che noi siamo solo trasformazione di energia, metabolismo che comprende azioni anaboliche o di costruzione e cataboliche di distruzione,[/size]Ma prima dell'apparizione della vita con la nascita e dopo la sparizione con la morte? Il nulla detta l'attuale cultura nichilista.
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Mi pare un po' eccessiva come posizione, proprio nel senso che la posizione che con la morte finisce tutto non è affatto una posizione "antifilosofica" ma una posizione filosofica come tante altre, non c'è, direi, un nesso necessario tra pensare che ci sia altro oltre la vita biologica e interessarsi di filosofia.
Molti filosofi del passato, anche grandi, erano molto vicini a pensare che con la morte finisse tutto o qualcosa di simile, mi vengono in mente gli atomisti, ma anche Aristotele che non credeva nell'immortalità dell'anima.
Certamente considerare l'effimerità della vita è una posizione filosofica, che non porta necessariamente a conclusioni nichiliste, uno può pensare di sopravvivere esclusivamente nella catena di causa ed effetto, come dice Massimo nel film "il Gadiatore": "quello che facciamo in vita riecheggia nell'eternità", cioè la vita come effetto dell'"intelligenza" temporanea che la causa, sarà causa di altri effetti all'infinito, il che può portare a posizioni molto moraliste e di autosacrificio e tutt'altro che nichiliste, che effetto fa la tua vita sul tutto di cui essa fa parte in vista del potere di questo effetto di essere a sua volta causa di altri effetti non si misura certo con la durata e la piacevolezza edonistica della tua singola vita; non è nichilista neanche la relativizzazione dell'infinità del dolore e l'arte di vivere che si può imparare e trarre assumendo la morte come "consolatrice": se dopo la morte finisce tutto, tutto è più facile da sopportare, anche la rigidità di una morale avvertita dal singolo come necessaria, ma solo fino a un certo punto convincente. Insomma si può pensare che la morte non sia solo "consolatrice", ma anche il meccanismo fisiologico di "spegnimento" della coscienza trasceso un certo limite che poi a ben vedere è il limite di relazione possibile col mondo della coscienza stessa, per cui "ogni dolore è sopportabile", ma non nel senso che ogni dolore sia sopportabile in assoluto come verità universale che imponga una morale della ricompensa, ma nel senso specificamente epicureo che i dolori insopportabili determinano oblio e morte in colui che li subisce, non hanno conseguenze avvertibili non in assoluto, ma proprio e specificamente per chi di più ne è vittima, quindi ogni dolore è sopportabile per noi, l'orrore e il non-senso del mondo ci è risparmiato dai meccanismi intrinseci di disaggregazione e cessazione della coscienza, di cui la morte è solo il più evidente, ma anche sonno, oblio, estasi, rimozione, giocano in piccolo lo stesso ruolo della morte: se nessun dolore avvertito nel qui e ora come tale spegne del tutto la coscienza, nessun dolore è solo e semplicemente per la coscienza un black-out, c'è qualcosa da imparare, e qualcosa di meglio o di peggio da fare in ogni dolore, cioè in ogni dolore rimane possibile l'attività cosciente e consapevole, e quindi l'esercizio della virtù. Folle è assumere il dolore come eterno, chi assume il dolore come eterno di fatto si equipara agli dei e si considera immortale; ogni dolore che avvertiamo, proprio per come funziona biologicamente la vita, è destinato a mutare alternativamente o in piacere o in oblio/morte, ma è proprio prescindendo del tutto da questa alternativa e dall'importanza che possiamo attribuirgli, che possiamo comprendere e considerare l'alternativa in sé e la conseguenza fondamentale che ne deriva, ovvero che considerare il dolore che ci colpisce, e di cui siamo consapevoli come invariante nel tempo ed eterno sia sempre e comunque errato. La conclusione non è dunque che il dolore eterno di per sé non esista, è che grazie ai meccanismi fondamentali della natura ne abbiamo pietoso oblio.
Poi la considerazione che con la morte finisca tutto può portare a una presunzione di diritto al godimento dell'effimero che per quanto nichilista nei suoi presupposti può portare a rivendicazioni politiche utili e necessarie altrimenti impossibili, un volta ho letto che al culmine della rivoluzione francese è comparso all'entrata del cimitero di Parigi un bel cartello con la scritta:
"la morte è un sonno eterno".
Non so se questo sia vero, ma questo cartello se è mai esistito è l'antennato diretto delle fucilate sparate dalla folla sugli orologi durante la Comune del 1871, il concetto è che se la morte è un sonno eterno abbiamo diritto a pane dignità in vita, non ci crediamo più che se facciamo "i bravi" sulla terra abbiamo la vita eterna come ce la raccontano i preti; anche la famosa scommessa di Pascal non è a costo zero se si scommette sulla vita eterna, dato che questa scommessa si porta appresso una morale codificata che dice cosa devi e non devi fare per guadagnartela, la vita eterna, e se quando muori trovi invece il nulla, hai sprecato la tua unica vita nel seguire regole assurde mentre magari altri che queste regole le hanno ignorate se la sono goduta di più; ovviamente, per precisare meglio, quando sei morto non puoi sapere se il nulla che hai trovato lo hai trovato solo per te, perché non sei stato abbastanza conforme alle regole e sei stato oggetto di un giudizio divino negativo, quindi quel nulla è un problema tuo non generalizzabile, agli occhi della divinità "avresti potuto far meglio", o se quel nulla è semplicemente e indistintamente il destino di tutti, di tutta l'umanità, perché in verità tutta la religione o morale di riferimento con cui l'umanità sperava di guadagnarsi la vita eterna era di per sé solo una grande e falsa "cavolata", quindi, se stessero così le cose, quel nulla è un problema di tutti, e nessuno "avrebbe potuto far meglio", ma il punto è che per te che muori e trovi il nulla questa alternativa è assolutamente irrilevante, è esattamente lo stesso, quando trovi il nulla, hai ingombrato inutilmente la tua vita con regole per l'ottenimento di una vita eterna che non ottieni, quindi hai sacrificato un quantitativo di libertà per niente, libertà che in alternativa poteva essere usata per il godimento di piaceri più effimeri e terreni, quindi scommettere sulla vita eterna non è a costo zero. Insomma il "memento mori" si può rovesciare contro i moralisti, se quando muoio incontro un giudizio devo vivere conformemente a certe regole esteriori anche se non da me pienamente comprese e accettate, se quando muoio incontro il nulla, devo prendere e godere tutto quello che posso e seguire solo la mia personale legge nella misura in cui da solo me la do e la comprendo, insomma "memento mori" è uno dei motti più a doppio senso che possano esistere, se lo si riflette bene, o "vivi con moderazione", o "ogni lasciata è persa".
Salve Paul11. Citandoti : "Se riteniamo la vita una questione meramente biologica o termodinamica, vale a dire che appare con la nascita e scompare con la morte fisica, pensiamo superficialmente che noi siamo solo trasformazione di energia, metabolismo che comprende azioni anaboliche o di costruzione e cataboliche di distruzione,[/size]Ma prima dell'apparizione della vita con la nascita e dopo la sparizione con la morte? Il nulla detta l'attuale cultura nichilista".
Scusa ma a me sembra che il nichilista sia tu. Fai confusione tra la vita come fenomeno cosmico (nella sua veste collettiva biologica) e la vita come condizione esistenziale del singolo. L'apparire alla nascita e lo scomparire alla morte (cioè la ipotesi nichilistica - nulla prima e nulla dopo) è espressione di una egoistica (per quanto naturale e comprensibile) preoccupazione per il proprio personale COSCENZIALE destino valutato in chiave solipsistica.L'apparizione e la scomparsa di ciascuno di noi individualmente (in corporalità e/o spiritualità-coscenzialità) non ha alcun effetto sulla via biologica nel suo complesso. Certo la cosa è grave per chi pensa che il senso del mondo consista nell'esistenza di qualcuno a noi vicino o di noi stessi.Certo, si può chiamare la nostra scomparsa "morte della vita", così come alcuni la chiamano "vita oltre la morte"......................., ma sarebbe un giochino troppo facile per delle persone veramente ragionevoli. Saluti.