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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PM

Titolo: Relativismo assoluto
Inserito da: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PM
Salve, volevo condividere con voi questo articolo, per un vostro parere e discussione. La fonte è la rivista L'Indiscreto, lo allego integralmente con il permesso della rivista.

* * *



"Tutto è relativo, e questo è il solo principio assoluto".
August Comte
1. Ogni verità è una persuasione.

La ballerina qua sotto gira a destra o a sinistra?
(http://www.indiscreto.org/wp-content/uploads/2017/09/Spinning_Dancer.gif)
Alcuni sostengono che l'ombrosa fanciulla ruoti in senso orario, mentre altri giurano di percepire il movimento in direzione opposta. Bene, quale che sia la vostra convinzione osservate l'immagine ancora per un po': prima o poi percepirete un improvviso cambio di direzione.
La danzatrice senza volto e la sua inesauribile pirouette non sono soltanto un interessante esperimento di percezione visiva, ma anche uno dei vari esempi di un'idea banale e per molti inaccettabile, il fatto che ogni verità è una credenza.
Qualunque indagine, infatti, così come ogni pensiero, evento e prova è fondato su una magia, ovvero il fatto che, in un modo o nell'altro, determinate sensazioni, parole, visioni e sentimenti ci persuadono che le cose stanno in un modo e non altrimenti.
Alcune verità, di natura più debole, non nascondono la propria mancanza di assolutezza. Che il barista sotto casa sia un brav'uomo, che un abito sia chic, che la persona amata sia la più desiderabile al mondo... per cambiare opinione è sufficiente una truffa, un tradimento, la lente deformante del tempo. Il buon'uomo si rivelerà un manigoldo, l'abito un cencio fuori moda, la prima tra le amanti l'ultima delle attrazioni. Cambiare idea non è sempre facile, ma di certo non impossibile – sebbene il parere più recente venga considerato "quello giusto" fino al seguente giro della ruota.
Altre verità, invece, sono più restie nel rivelare il proprio carattere di credenza e per via della loro cocciutaggine si direbbero persistenti: il dolore, ad esempio, offre un convincimento più antico e longevo delle convenzioni sociali. Si tratta di verità occulte, così sfacciatamente persuasive che, al culmine del proprio carisma, pretendono di non averne affatto, per presentarsi come oggettive. A questa categoria appartiene il sole che sorge ogni mattina, l'arsura cancellata dall'acqua, la gravità che ci àncora i piedi a terra e la legge di non contraddizione che ci trattiene la testa sulle spalle. Anche in questi casi però, si tratta, in misura più o meno importante, di fede: nei sensi, nell'abitudine, nel pensiero. Come le altre, sono verità legate a una forma e ci parlano di un mondo – che, guarda caso, è il nostro.

2. Se il vero è duraturo, il falso è raro.

Davanti alla danza di multiformi persuasioni che si susseguono in modo più o meno tenace, la reazione è duplice: o si relativizza ogni credenza o ci si affida a quelle più persistenti. In breve, si conclude che o non c'è nulla di vero o a esser vere sono le illusioni più ostinate.
Se ho una percezione nitida ma occasionale di un maiale viola seduto al mio fianco che legge queste righe, ad esempio, la considero un'allucinazione. Se più persone vedono il mio commentatore porcino, la veridicità della cosa aumenta e se è possibile ripetere l'esperienza, diciamo invitando il suino a una festa affollata, si dovrà riconoscere che è vero quanto me. La realtà è riducibile a una questione quantitativa, in cui "più appare, più è vera" – a seguire fedelmente il criterio con cui si classifica la veridicità delle cose, saremmo costretti a sostenere che quel che prima non si riusciva a vedere, sentire, toccare o dedurre da calcoli e astrazioni, come gli acari e i quark, non esisteva. Anche se si trattasse di un'unica apparizione, dunque, sarebbe più corretto definire il maiale viola "raro" che "irreale".

3. Una verità è tale solo in relazione ad altre.

La durata però non è una garanzia, perché è limitata dall'incapacità di conoscere il futuro; persino che il sole tramonterà resta una scommessa, per quanto poco azzardata. Anche il migliore dei chiaroveggenti, inoltre, non può recidere il legame che ogni verità ha con le forme a cui è correlata.
Avicenna scrisse che: "chi nega la legge di non contraddizione dovrebbe essere picchiato e bruciato finché non ammette che essere picchiato e bruciato non è lo stesso che non essere picchiato non essere bruciato.". Eppure, se il nervoso filosofo mi scaglia un sasso, nel tentativo di persuadermi con ogni mezzo della falsità di quel che dico, io credo al dolore che provo. Questa credenza, ben supportata dalla sofferenza e dal cranio spaccato, si basa sulla mia forma, in grado di percepire il dolore e di subire fratture. Se invece del sasso il filosofo volesse provare con l'annegamento, la persuasività della testa sommersa si annullerebbe qualora io fossi un pesce: a un cambiamento di forma segue un cambiamento del sistema di credenze. Se infine Avicenna, folle di furia e realtà, finisse col prendersela col sasso, convinto che il minerale la pensi diversamente (cosa peraltro vera) si troverebbe privo di una retorica adatta, perché se non sappiamo com'è essere un pesce, figuriamoci un sasso.
È dunque difficile negare la relatività di ogni verità, che in ultima analisi appare fondata su una credenza, più o meno persuasiva. Anche qualora ci affidassimo a delle potenze esterne nel ruolo di garanti (è vero perché lo dicono i sensi, la scienza, dio o il maiale viola) la verità resta relativa al carisma di tali garanti, ai quali prima o poi si deve credere.

4. Che la verità sia relativa è l'unica verità assoluta?

Il relativismo però pone dei problemi, perché se ogni verità è persuasione, questo vale anche per la veridicità della precedente affermazione: di conseguenza io credo che ogni verità sia una credenza. Diciamo che "La verità è sempre relativa". Quest'ultima però è una verità assoluta?
(http://www.indiscreto.org/wp-content/uploads/2017/09/Schermata-2017-09-20-alle-17.10.55.png)
La contraddizione possiede una meccanica analoga al paradosso del mentitore, con una differenza: la veridicità di tutta la riflessione (R), essendo basata su un processo logico, è anch'essa relativa a delle regole specifiche. All'interno di un insieme di norme in cui è assente il principio di non contraddizione, ad esempio, il valore di (R) cambia. Di conseguenza, la validità o meno di (R) è relativa al principio di non contraddizione: conformemente ad esso, (R) è valido, mentre rispetto alla sua negazione (R) non è valido.
(http://www.indiscreto.org/wp-content/uploads/2017/09/Schermata-2017-09-20-alle-17.11.01.png)
Anche il paradosso si espone fatalmente alla relatività, e, mediante un circolo vizioso che si apre in un regresso infinito, costruisce innumerevoli cerchie di mura a protezione del fatto che ogni verità è relativa (a). Difatti, qualunque prova si opponga al relativismo assoluto è anch'essa congenitamente relativa alla fede in determinate regole: la razionalità è anch'essa un garante, e non è intrinsecamente più valida dei sensi, delle emozioni o del maiale viola. Il mentitore viene per così dire sconfitto dal supermentitore.
 
5. Ma allora va bene tutto?

Fingiamo che vi siate persuasi – per l'appunto – della bontà di quel che è stato finora sostenuto: quali sarebbero le conseguenze? Che non c'è nulla di vero e dunque è possibile credere in qualunque assurdità, dal dio spaghetto al Nazismo? Che si dovrebbe trasformare la vita in una sorta di funerale a loop, in cui si compiange sia le proprie convinzioni che il funerale stesso? Prospettive simili non fanno che rendere allettante un'altra ipotesi, ovvero considerare questo breve testo come un ammasso di sciocchezze. Non è raro che alcune visioni del mondo siano ripudiate perché fanno paura, suonano pericolose rispetto alla morale in voga o risultano semplicemente fastidiose. Un altro motivo per rinnegare l'ipotesi soprastante, forse più nobile dei precedenti, è che questa, seppur non palesemente falsa, pare quantomeno inutile.
Ma una cosa è capire e un'altra è assimilare o addirittura vivere la portata di una credenza. L'attuazione effettiva del relativismo assoluto, infatti, implica la perdita della propria forma, in presenza della quale è congenitamente impossibile abbandonare la totalità delle credenze a essa relativa. Finchè siamo umani, alcune cose, seppur relative, sono quasi obbligate, come la fame, la sete, il sonno e via dicendo. Un punto di vista assoluto, cioè al di fuori delle relazioni, è inapplicabile a qualunque forma finita: anche se la verità è sempre relativa, infatti, lo è rispetto a qualcosa. Si potrebbe dire che ogni certezza presenta delle sfumature congenite: alcune sono valide per una sola persona, altre per decine, centinaia o anche per la totalità degli uomini. Ma non appena la forma dell'uomo cambia, mutano le sue verità. Per fare un esempio, la verità di "gli uomini affogano sott'acqua" è tale finché non appariranno strani mutamenti negli uomini che li portino a sviluppare delle branchie. Al celebre dilemma dell'albero dunque, "se un albero cade in una foresta e nessuno lo sente, fa rumore?", potremmo rispondere che fa rumore finché ci riferiamo a esso come a un albero che cade.
In termini pratici, questo approdo teorico si declina in un'etica che assume come vere le proprie attuali credenze, ma con la consapevolezza che potrebbero essere errate, o che il loro valore potrebbe variare in base alle forme di riferimento. Un piacevole effetto collaterale è mettersi al riparo dalla sclerotizzazione in una forma e da pericolosi fanatismi: in due parole farsi tolleranti e flessibili. Se la prima dote va (apparentemente) più a beneficio altrui che proprio, la seconda ha come conseguenza la capacità di reagire velocemente agli immancabili errori – perché per correggersi si deve accettare che si può sbagliare. E in un certo senso si sbaglia sempre, a voler dar credito a queste pagine.


Francesco D'Isa  (Firenze, 1980), di formazione filosofo e artista visivo, dopo l'esordio con I. (Nottetempo, 2011), ha pubblicato romanzi come Anna (effequ 2014), Ultimo piano (Imprimatur 2015), La Stanza di Therese (Tunué, 2017) e saggi per Hoepli e Newton Compton. Direttore editoriale dell'Indiscreto, scrive e disegna per varie riviste.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Sariputra il 12 Ottobre 2017, 18:52:01 PM
Sto visualizzando . La ballerina ha un bel fisico... ;D
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 12 Ottobre 2017, 19:52:02 PM
Sariputra, (P.S. vedo ora che hai tolto il messaggio precedente

CitazioneIo non percepisco alcun cambio di direzione, mentre mia figlia sì. Che è...son scemo?
La ballerina gira sempre verso destra e nello stesso modo. E' assolutamente vero che gira sempre verso destra.
E' uno dei vantaggi della pratica  della meditazione non cadere in questi trucchi visivi... (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif)  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif)
La percezione del cambiamento è data dal fatto che non si riesce a mantenere, senza pratica, la mente ferma ( un pò di samadhi risolve tutto, non è preoccupante...  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif)).

ciò che segue era in relazione a quello) guarda che dicendo così non fai onore alla pratica della meditazione: verrebbe a significare che essa abbia come risultato una limitazione delle nostre capacità mentali, mentre dovrebbe essere il contrario. Che tu non percepisca il cambiamento di direzione non è una conquista, un vantaggio, ma un limite, poiché è matematicamente dimostrabile che la ballerina può essere percepita come girante in entrambe le direzioni e difatti tua figlia lo dimostra, forse perché, essendo più giovane di te, riesce ad avere una mente meno ferma, più elastica, più capace di prendere in considerazione punti di vista diversi.

Se proprio non riesci ad accorgertene, ti suggerirei un aiuto: prova a coprire con qualcosa l'intera immagine della ballerina; se la copri con le mani bada bene di non lasciare fessure tra le dita. Poi comincia a scoprire un poco l'immagine a partire dal basso, in modo da vedere esclusivamente il piede; in questo modo sarà più facile renderti conto che quello può essere sia un piede sinistro, che gira in senso orario, che un piede destro che gira in senso antiorario. Visto che tu la vedi girare verso destra, significa che ti sembra scontato che il piede che tocca il pavimento sia il sinistro. Ora, con tutta l'immagine coperta, lasciando scoperto solo il piede, comincia a pensare che esso può essere benissimo, invece, un piede destro chegira in senso antiorario. Non sollevare la copertura dell'immagine finché non riesci a percepire come funzionante quest'idea. Tutt'al più scoprila ancora un poco, in maniera da visualizzare un piccola parte dell'altro piede. Dopo che per un po' ti risulta accettabile considerarlo un piede destro, comincia a scoprire sempre di più l'immagine, cercando di stare concentrato sulla percezione di quel piede come piede destro. Pian piano ti accorgerai che risulta del tutto accettabile considerare l'intera ballerina come girante in senso antiorario e quindi poggiante sul suo piede destro.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Sariputra il 12 Ottobre 2017, 20:51:05 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Ottobre 2017, 19:52:02 PMSariputra, (P.S. vedo ora che hai tolto il messaggio precedente
CitazioneIo non percepisco alcun cambio di direzione, mentre mia figlia sì. Che è...son scemo? La ballerina gira sempre verso destra e nello stesso modo. E' assolutamente vero che gira sempre verso destra. E' uno dei vantaggi della pratica della meditazione non cadere in questi trucchi visivi... (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif) La percezione del cambiamento è data dal fatto che non si riesce a mantenere, senza pratica, la mente ferma ( un pò di samadhi risolve tutto, non è preoccupante... (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif)).
ciò che segue era in relazione a quello) guarda che dicendo così non fai onore alla pratica della meditazione: verrebbe a significare che essa abbia come risultato una limitazione delle nostre capacità mentali, mentre dovrebbe essere il contrario. Che tu non percepisca il cambiamento di direzione non è una conquista, un vantaggio, ma un limite, poiché è matematicamente dimostrabile che la ballerina può essere percepita come girante in entrambe le direzioni e difatti tua figlia lo dimostra, forse perché, essendo più giovane di te, riesce ad avere una mente meno ferma, più elastica, più capace di prendere in considerazione punti di vista diversi. Se proprio non riesci ad accorgertene, ti suggerirei un aiuto: prova a coprire con qualcosa l'intera immagine della ballerina; se la copri con le mani bada bene di non lasciare fessure tra le dita. Poi comincia a scoprire un poco l'immagine a partire dal basso, in modo da vedere esclusivamente il piede; in questo modo sarà più facile renderti conto che quello può essere sia un piede sinistro, che gira in senso orario, che un piede destro che gira in senso antiorario. Visto che tu la vedi girare verso destra, significa che ti sembra scontato che il piede che tocca il pavimento sia il sinistro. Ora, con tutta l'immagine coperta, lasciando scoperto solo il piede, comincia a pensare che esso può essere benissimo, invece, un piede destro chegira in senso antiorario. Non sollevare la copertura dell'immagine finché non riesci a percepire come funzionante quest'idea. Tutt'al più scoprila ancora un poco, in maniera da visualizzare un piccola parte dell'altro piede. Dopo che per un po' ti risulta accettabile considerarlo un piede destro, comincia a scoprire sempre di più l'immagine, cercando di stare concentrato sulla percezione di quel piede come piede destro. Pian piano ti accorgerai che risulta del tutto accettabile considerare l'intera ballerina come girante in senso antiorario e quindi poggiante sul suo piede destro.

Guarda che la meditazione consiste nel liberare e controllare la mente non correrci dietro alle illusioni percettive, come fai tu.
Quindi, visto che tu fai l'offeso per niente spesso, penso potresti risparmiarti apprezzamenti e conclusione su quello che capisco non conosci approfonditamente.
Come avrai notato ho modificato il mio post, non perché lo ritenessi sbagliato ma perché , riflettendoci, ho pensato potesse risultare offensivo per fdisa ( mi faccio anche questi scrupoli...). La meditazione di concentrazione non ha nulla a che fare con la capacità di 'prendere in considerazione punti di vista diversi' ( cosa che, per inciso,  visto l'ardore che ci metti nel difendere la tua posizione pare difettare pure a te... :) ).
Non ci pigliamo proprio vero Angelo Cannata; hai forse un'antipatia poco 'relativa' per il Sari, forse? Peccato...
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 12 Ottobre 2017, 20:53:00 PM
Mi spiace che l'abbia presa così, non era mia intenzione.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Sariputra il 12 Ottobre 2017, 20:54:47 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Ottobre 2017, 20:53:00 PMMi spiace che l'abbia presa così, non era mia intenzione.
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Ottobre 2017, 20:53:00 PMMi spiace che l'abbia presa così, non era mia intenzione.

Anche per me non era mia intenzione altre volte , e penso pure per altri...riflettici.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: viator il 12 Ottobre 2017, 21:29:18 PM
Salve. Meravigliosa trattazione. Il succo è che l'assoluto (il Tutto) esiste, essendo semplicemente l'insieme di tutti i relativi (le sue parti).

Noi non possiamo attingervi (l'Assoluto è il contenitore, i relativi il contenuto) e siamo condannati a vagare tra i contenuti appunto relativi.
Quindi se l'assoluto non possiamo percepirlo, esserlo, viverlo, accontentiamoci di poterlo concepire.

Circa poi il fatto che tale visione del mondo (relativismo del quotidiano e sterilità dell'assoluto) non offra speranze ed appigli alla soddisfazione delle nostre egoistiche speranze e convenienze..............ciò genera la nostra scelta esistenziale.

La gente, non essendo interessata alla sterile contemplazione dei concetti, sceglierà di credere a fedi consolatorie, etiche consuetudinarie, promesse più o meno mirabolanti.

Una minoranza, cui appartengo, si limiterà a tirare avanti sperando che il Mondo (cioè l'Assoluto) si senta amato da lui e sia clemente con lui.

Infatti il mio atteggiamento circa ciò che mi circonda è semplicemente il seguente : "Il mondo mi ha fatto ed è quindi giusto che esso faccia di me ciò che più gli piacerà". E non esiste dichiarazione di umiltà più umile di questa.

Dal punto di vista pratico, quotidiano, sbaglierà chi pensi che questa mia sia una dichiarazione rinunciataria e di sterile passività.

Infatti il riconoscere che ogni nostro atto o scelta risulterà - trascorso un tempo adeguato - vano, errato, inutile, non ci esime dal fare secondo coscienza e criterio personali.

Noi siamo i costruttori del mondo (almeno quello umano) ma dobbiamo costruirlo senza la presunzione di esserne i progettisti. Ne siamo solo la manovalanza.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: green demetr il 12 Ottobre 2017, 21:30:34 PM
A parte che io vedo girare solo a destra----
Come al solito con sti esperimenti il mio cervello va in palla.

E continuo a chiedermi.....MA COSA C'ENTRA??????????

Tra l'altro andando contro le regole del forum, fdisa non ha nemmeno scritto di che vuole parlare----


Lasciamo perdere un minimo di presentazione del tema-----ma almeno più o meno, a parole tue----
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 12 Ottobre 2017, 21:51:26 PM
Citazione di: Sariputra il 12 Ottobre 2017, 20:54:47 PM...riflettici.

Nel forum risultano scritti 646 miei messaggi: sfido chiunque a trovarne anche uno solo in cui si trovino

- valutazioni sulle intenzioni delle persone
- giudizi di valore sulle persone o su quanto hanno scritto.

Mi sono sempre limitato a discutere, o mettere in discussione, i contenuti espressi nei messaggi. Mi sembra che lo scopo del forum sia questo: discutere. Non mi sono mai permesso di sminuire il valore di alcuna persona, né di ciò che è stato scritto.

Al contrario, in diversi casi, dopo che ho provato ad esprimere quelle che mi sembravano alcune conseguenze logiche di ciò che veniva scritto, ho constatato che l'interlocutore s'irritava, la metteva sul personale, esprimeva giudizi di valore su di me o su ciò che avevo scritto.

Sfido chiunque a trovare un solo mio messaggio in cui io abbia manifestato irritazione per vedere messo in discussione di ciò che io avevo scritto. Di tutto ciò che io scrivo si può discutere ogni aspetto, anzi, scrivo proprio per questo, affinché ciò che scrivo venga messo in discussione. Ma se uno mi risponde "Hai scritto una scemenza", oppure parla di antipatie personali, significa che egli non ha intenzione di discutere, altrimenti non cambierebbe discorso, ma entrerebbe nel merito di ciò che ho scritto.

A quanto vedo, però, non tutti qui scrivono con il desiderio di vedere messo in discussione ciò che hanno scritto. Ma se non si accetta il discutere, a cosa serve allora il forum?

Poco tempo fa avevo smesso di partecipare a questo forum proprio per questo: per assenza di discussione, di argomentazioni. Argomentare significa ragionare sui contenuti, non certo esprimere giudizi di valore.

Forse hai ritenuto un'offesa il fatto che io abbia scritto "Se proprio non riesci ad accorgertene, ti suggerirei un aiuto": è comprensibile che il "proprio non riuscire ad accorgersi" di una cosa possa essere percepito come inferiorità. Quello che non capisco è il motivo. Io per esempio sono zero nel gioco del calcio, proprio non ci riesco, ma non per questo mi sento un essere inferiore. Sono scarso anche nel ragionare, ed è per questo che cerco di migliorare. Non parliamo poi della mia memoria e della mia cultura: un abisso di vuoto. Non esiste un dovere di saper giocare al calcio per valere qualcosa, così come non esiste un dovere di riuscire a vedere la ballerina in entrambe le direzioni per valere qualcosa. Quindi non capisco l'irritazione per il fatto che ho scritto che matematicamente la ballerina può essere vista ruotare in entrambe le direzioni, quindi chi non ci riesce mostra un limite mentale che, volendo, è possibile superare. Anch'io ho molti limiti mentali proprio sulla matematica: certi tipi di calcoli sono troppo difficili per me, proprio non ce la faccio, ci dovrei studiare moltissimo, mentre per altri sono elementari. È un'offesa riconoscere che la mente umana è limitata?

Citazione di: green demetr il 12 Ottobre 2017, 21:30:34 PM
COSA C'ENTRA??????????

Tra l'altro andando contro le regole del forum, fdisa non ha nemmeno scritto di che vuole parlare----

Lasciamo perdere un minimo di presentazione del tema-----ma almeno più o meno, a parole tue----

Io nel mio computer leggo bene di cosa fdisa vuole parlare, per lo meno, il titolo mi appare: Relativismo assoluto.

Cosa c'entri la ballerina mi sembra chiaro: il vederla girare in un senso piuttosto che in un altro è relativo alla nostra mente, perché matematicamente è possibile che giri sia in un senso che nell'altro.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: green demetr il 12 Ottobre 2017, 21:57:09 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Ottobre 2017, 21:51:26 PM

Io nel mio computer leggo bene di cosa fdisa vuole parlare, per lo meno, il titolo mi appare: Relativismo assoluto.

Cosa c'entri la ballerina mi sembra chiaro: il vederla girare in un senso piuttosto che in un altro è relativo alla nostra mente, perché matematicamente è possibile che giri sia in un senso che nell'altro.

Si ma cosa del relativismo assoluto: della ballerina?? e delle altre nojose informazioni di seguito, sarei felice di leggerle, se prima però qualcuno mi desse il suo punto di vista.

Se gli interessa della ballerina, cioè della forma della ballerina, allora gli interessa della forma????

E la forma della ballerina è l'assoluto????

Angelo sul serio non lo so!  ;)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Sariputra il 12 Ottobre 2017, 22:10:18 PM
@ A.Cannata

Il problema Angelo è che tu sei molto 'sensibile' alle osservazioni che gli altri ti fanno ma, a volte, come tutti noi, non ti accorgi di quelle che fai tu che possono urtare gli altri. Non tutti abbiamo la stessa sensibilità e cose che tu ritieni 'normali' per altri possono risultare 'durette'. Ovviamente questo discorso si può capovolgere e sentirti tu, come è successo, urtato . Per es. una frase tipo " non fai onore alla meditazione' che per te non risulta urtante per chi, come me, si 'diletta' in questo da 35 anni, lo è.  
Ma l'ira che si prova nel momento dobbiamo lasciarla al guado ( parafrasando la famosa storiella zen...). Io l'ho già lasciata e non la porto con me, spero anche te. Alla fine sono stupidaggini... ;)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 12 Ottobre 2017, 22:26:23 PM
Citazione di: green demetr il 12 Ottobre 2017, 21:57:09 PMAngelo sul serio non lo so!  ;)
Mi sembra semplice: il fatto che la ballerina possa sembrar girare in un verso, piuttosto che in un altro, ci fa sospettare che tutte le nostre idee potrebbero essere così: ci sembrano avere certe caratteristiche, mentre invece ne hanno altre. E così il principio di non contraddizione ci potrebbe sembrare coerente, ma chissà, forse non lo è. Ci sembra di aver pensato un'idea, ma chissà, forse ci siamo ingannati.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 12 Ottobre 2017, 22:42:15 PM
My two cents

"Tutto è relativo, e questo è il solo principio assoluto". Appunto già qui si vede l'aporia, la contraddizione interna. Dire prima che "tutto è relativo", arrivare a dire che è un "principio assoluto" e poi dopo aver lanciato il sasso si nasconde la mano (osservazione che non vuole offendere, è solo per ridere) - con questo intendo che si vuole assolutizzare il relativo ;D



Ad ogni modo tutti questi discorsi che sembrano puntare al "relativismo" mi paiono molto più rivolti ad un prospettivismo, un relazionalismo (=ossia dare importanza alle relazioni tra le cose), ad una sorta di "ignoranza socratica" (non pensare di sapere ciò che non si sa), ad un fallibilismo e infine ad un corretto tentativo di voler contestualizzare le cose. Certe verità sono vere in certi contesti ma già riconoscere che certe verità sono vere in certi contesti suggerisce che per così dire ci siano "gerarchie" tra prospettive, ossia che alcune prospettive includano altre prospettive . Per esempio dalla relatività generale si può riprodurre la meccanica newtoniana, che è "vera" per campi gravitazionali deboli. Inoltre il principio di "relatività" in fisica spiega perchè le misure delle grandezze fisiche sono relative al sistema di riferimento. Ma la relatività generale non è "relativista" perchè assume un "assoluto" che spiega le relazioni tra le osservazioni dei vari sistemi di riferimento. Che poi magari in futuro si vedrà che la "relatività" debba essere sostituita con un'altra teoria non ha importanza. Si capirà che la relatività è "vera" in certi contesti, in altri no - mentre la teoria futura sarà "vera" in tutti i contesti conosciuti.


Perchè passare al "relativismo assoluto" (ossia una contraddizione in termini) anziché fermarsi a relazionalismi, prospettivismi, fallibilismi e contestualizzazioni. Perchè essere così volenterosi di negare l'assoluto, cioè dire una cosa che non si può dire (perchè se tutto è relativo dire che "tutto è relativo" è una contraddizione perchè la verità che "tutto è relativo" è relativa e quindi il relativismo assoluto si auto-distrugge) ? Si chiede l'autore ma il relativismo: in realtà è "il bene" se qualcuno lo vivesse veramente? Ma se tutto è relativo, che sarà mai assoluto il modo di vivere il relativismo? E se io vivo il relativismo in modo diverso da un altro? E se qualcuno lo usa come scusante alle sue azioni? Quando si finisce di parlare di assoluti è facile finire nelle contraddizioni e ciò avviene anche per chi appoggia il relativismo assoluto. Di certo il relativismo assoluto, anche se qui è riportato l'esempio di un fenomeno studiato dalla scienza (le illusioni ottiche), non è contemplato dalla scienza. Visto che si vuole capire perchè tale fenomeno avviene e tutte le spiegazioni non sono uguali  ;)



Prima che venga fatta un'altra discussione su come concepire il termine "relativo" faccio un piccolo notabene. Ritengo il termine "relativismo" un nome errato che è soggetto a generare grossi equivoci su posizioni in realtà molto interessanti. Fallibilismo o apertura all'altro e al diverso mi paiono termini molto migliori e che non generano (o almeno generano meno) inconsitenze. Ossia il relativismo assoluto mi pare un altro modo di non riuscire a "non dire più di quello che si conosce" (Wittgenstein).
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: green demetr il 12 Ottobre 2017, 23:12:03 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Ottobre 2017, 22:26:23 PM
Citazione di: green demetr il 12 Ottobre 2017, 21:57:09 PMAngelo sul serio non lo so!  ;)
Mi sembra semplice: il fatto che la ballerina possa sembrar girare in un verso, piuttosto che in un altro, ci fa sospettare che tutte le nostre idee potrebbero essere così: ci sembrano avere certe caratteristiche, mentre invece ne hanno altre. E così il principio di non contraddizione ci potrebbe sembrare coerente, ma chissà, forse non lo è. Ci sembra di aver pensato un'idea, ma chissà, forse ci siamo ingannati.

Beh se fosse quello l'argomento, sarei d'accordo, d'altronde hai già spiegato in sintesi molto bene tu.

Solo che io non considero le idee delle "forme" come fanno gli analitici americani.

A mio parere sono dei trascendentali, come pensava Kant.

E il problema si sposta immediatamente sul problema del giudizio piuttosto che sulle forche caudine infernali del percetto.

Come se l'informazione accurata del percetto, potesse veramente dare il via ad un discorso.

Un discorso presuppone sempre un soggetto.

Ma al di là di queste resistenze, condivido l'intento di mostrare la relatività degli assunti.


Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 12 Ottobre 2017, 23:29:34 PM
Una piccola curiosità: ci sono versioni leggermente modificate di questa danzatrice, che costringono la mente ad accorgersi che essa può danzare in entrambe le direzioni: si trovano a fine pagina di questo sito:


https://en.wikipedia.org/wiki/Talk:Spinning_Dancer
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Kobayashi il 13 Ottobre 2017, 08:50:49 AM
Sinceramente mi sembra un po' squallido pubblicare un proprio articolo nel forum, fare pubblicità a se stessi e alla rivista a cui si collabora, scrivere il proprio curriculum...
Caro Francesco D'Isa, non potevi sintetizzare le tue idee e basta?
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 10:32:20 AM
Non capisco a cosa sia riferita l' osservazione.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Kobayashi il 13 Ottobre 2017, 10:47:51 AM
Beh, l'autore del topic ha inserito un articolo che ha già pubblicato su una testata online.
Alla fine di esso ci sono le informazioni dell'autore, le sue pubblicazioni etc.
Non ti sembra una "manovra" pubblicitaria?
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 14:38:33 PM
Si, ma (per quanto possa sembrare effettivamente un po' inelegante) non credo sia vietato dalle regole del forum.

Scusa, non avevo ancora letto l' intervento iniziale, ma solo la "pag. 2".
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 15:36:07 PM
Risposta a Fdisa:
 
La prima volta che la guardo gira in senso antiorario e continua così fin che non distolgo lo sguardo; la seconda gira, pure ininterrottamente fin che smetto di guardarla, in senso antiorario.
 
Ma non vedo come il fatto che ogni verità sia una credenza (ma non ogni credenza é una verità), e il fatto naturalissimo che le credenze (vere o false a seconda dei casi) siano predicati attribuiti alle sensazioni "brute" (i "dati", tutt' altro che "mitologici", non essendo affatto "le sensazioni necessariamente cariche di teoria", alla faccia di Sellars e di Mc Dowell, secondo me) possa essere considerato "una magia"
Né la consapevolezza (scettica) della fallibilità di ogni credenza umana e quella della relatività di ogni credenza.
(Rileggendo quanto fin qui scritto sulla "magia" dopo aver completato la lettura del tuo articolo, mi rendo conto che si tratta di una metafora o tutt' al più di un' iperbole; non cancello questa osservazione solo perché sono alquanto vanesio).
 
Mi dissocio dagli epiteti caricaturali attribuiti al razionalista (sia pure non conseguente fino in fondo) Avicenna, anche se concordo che perfino il principio di non contraddizione debba essere ritenuto (ma inevitabilmente, certamente, così come tutti i giudizi analitici a priori correttamente ricavati dalle rispettive premesse) vero solo relativamente (alle sue premesse: le definizioni di "essere" e "non essere" oppure quelle di "negazione" ed "affermazione"); peraltro come tutti i giudizi analitici a priori "paga" la sua certezza con la sua inevitabile sterilità autenticamente conoscitiva (cioè conoscitiva "di ciò che é o non é reale, che accade o non accade realmente"); mentre i giudizi sintetici a posteriori "pagano" inevitabilmente la loro "fecondità conoscitiva" con la loro inevitabile incertezza).
Ma i giudizi analitici a priori correttamente condotti sono veri (certamente; per definizione) non relativamente ad alcuna "autorità" che con consista puramente e semplicemente nelle loro premesse e nelle regole logiche arbitrariamente assunte (se vogliamo considerarle come distinte dalle premesse della deduzione).
 
Comunque da quanto dici circa il "ragionamento R" mi pare che concordiamo, anche se personalmente preferisco (anche per ragioni storiche) chiamare la consapevolezza di questi limiti insuperabili della conoscenza "scetticismo" piuttosto che "relativismo".
 

(L' articolo mi é molto piaciuto, e credo che frequenterò la rivista digitale).
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 15:42:50 PM
Citazione di: viator il 12 Ottobre 2017, 21:29:18 PM
Infatti il mio atteggiamento circa ciò che mi circonda è semplicemente il seguente : "Il mondo mi ha fatto ed è quindi giusto che esso faccia di me ciò che più gli piacerà". E non esiste dichiarazione di umiltà più umile di questa.
CitazioneA me pare molto ingiusto: mi ha fatto correre il rischio (finora per fortuna sostanzialmente sventato e anzi sostituito da tante soddisfazioni e pochi dispiaceri; sono ottimista? Non lo so, ma se si: che culo!) senza potermi chiedere il mio  permesso.

Ti sembra giusto imporre a qualcuno una scommessa (con un premio se la vince e una pena se la perde) senza il suo consenso?

Dal punto di vista pratico, quotidiano, sbaglierà chi pensi che questa mia sia una dichiarazione rinunciataria e di sterile passività.

Infatti il riconoscere che ogni nostro atto o scelta risulterà - trascorso un tempo adeguato - vano, errato, inutile, non ci esime dal fare secondo coscienza e criterio personali.

Noi siamo i costruttori del mondo (almeno quello umano) ma dobbiamo costruirlo senza la presunzione di esserne i progettisti. Ne siamo solo la manovalanza.
CitazioneSu questo invece sono perfettamente d' accordo.


P.S.: Ma chi aveva detto che il nuovo forum é più fiacco del vecchio?
Fatico a seguire le tante discussioni interessantissime attualmente in corso (anche l forum di filosofia hanno bisogno di culo).
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: baylham il 13 Ottobre 2017, 15:52:29 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 15:36:07 PM
Ma non vedo come il fatto che ogni verità sia una credenza (ma non ogni credenza é una verità), e il fatto naturalissimo che le credenze (vere o false a seconda dei casi) siano predicati attribuiti alle sensazioni "brute" (i "dati", tutt' altro che "mitologici", non essendo affatto "le sensazioni necessariamente cariche di teoria", alla faccia di Sellars e di Mc Dowell, secondo me) possa essere considerato "una magia"

Accettare che i fatti, le sensazioni siano cariche oppure no di teoria è già una teoria.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 15:52:49 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Ottobre 2017, 21:51:26 PM
Citazione di: Sariputra il 12 Ottobre 2017, 20:54:47 PM...riflettici.

Nel forum risultano scritti 646 miei messaggi: sfido chiunque a trovarne anche uno solo in cui si trovino

- valutazioni sulle intenzioni delle persone
- giudizi di valore sulle persone o su quanto hanno scritto.

CitazioneCitazione da: sgiombo - 12 Ottobre 2017, 08:57:30 am
CitazioneCiò che tu insindacabilmente ritieni...

Angelo Cannata:
Non so da dove tu abbia dedotto che io ritenga "insindacabilmente"

Sgiombo:
(Anche se più che la valutazione di una mia intenzione mi sembra una distorsione).

Secondo me ha ragione (come quasi sempre) Sari e tu faresti bene a seguire il suo consiglio di stare attento e moderare la tua suscettibilità (con questo non voglio negare che qualcosa di simile é presente anche "nel mio occhio", oltre che nel tuo, "fratello").
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 15:55:32 PM
Citazione di: baylham il 13 Ottobre 2017, 15:52:29 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 15:36:07 PM
Ma non vedo come il fatto che ogni verità sia una credenza (ma non ogni credenza é una verità), e il fatto naturalissimo che le credenze (vere o false a seconda dei casi) siano predicati attribuiti alle sensazioni "brute" (i "dati", tutt' altro che "mitologici", non essendo affatto "le sensazioni necessariamente cariche di teoria", alla faccia di Sellars e di Mc Dowell, secondo me) possa essere considerato "una magia"

Accettare che i fatti, le sensazioni siano cariche oppure no di teoria è già una teoria.
CitazioneInfatti Accettare che i fatti, le sensazioni siano cariche oppure no di teoria non é un mero dato (privo di teoria e tutt' altro che mitologico) dell' esperienza cosicente, bensì un giudizio (ovviamente carico di teoria per definizione).
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 16:03:22 PM
CARLO PIERINI, SE CI SEI BATTI UN COLPO!

(Spero di non aver contravvenuto a una regola del forum; e se é così porgo le mani alla bacchetta del Webmster e accetto di buon grado la cancellazione di questo "grido di dolore"), ma l' articolo di Fdisa mi sembrerebbe proprio un' obiezione ben argomentata alle sue fortissimamente coltivate convinzioni.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Garbino il 13 Ottobre 2017, 16:58:18 PM
Relativismo assoluto

Intanto ti do il benvenuto a questo sito e ti faccio i complimenti per questo post che ho trovato molto interessante.
La ballerina secondo la mia percezione ruota in senso orario ma sono riuscito a percepire anche il moto inverso. In fondo ha ragione A. Cannata: è una figura che ruota in senso orario avendo come perno il piede sinistro o è una figura che ruota in senso antiorario avendo come perno il piede destro? Ed è solo una questione di capacità percettiva o di un inganno ottico? In qualche modo mi ricorda un caso analogo che riguardava la percezione dei colori, ma non dobbiamo dimenticare che il test era un' introduzione ad un argomento molto più importante e che riguarda il relativismo. 

Non ti nascondo che condivido ampiamente quello che argomenti e che il nocciolo sia che l' uomo riesca a liberarsi del bisogno metafisico. Condivido anche i tuoi dubbi sugli scenari possibili ma lo ritengo anche un argomento che, per quanto possa ritenersi ed essere importante, allo stato delle cose può essere fuorviante.

P.s. Anch' io sono dell' opinione che la non esistenza di una verità assoluta possa essere considerata l' unica verità assoluta e che non rappresenti una contraddizione. Sto ancora ragionando sulla tua argomentazione in merito che non mi riesce molto chiara, ma è lo stesso, ci sarà tempo per approfondire. 

Garbino Vento di Tempesta
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 13 Ottobre 2017, 17:15:38 PM
Volevo fare una piccola precisazione visto che ieri sono stato troppo "avverso" al relativismo: il relativismo ha meriti. Apre gli occhi sul fatto che molte verità siano prospettiche, sull'importanza delle relazioni e dei contesti. Ma trovo contraddittorio e contro lo spirito del relativismo stesso affermare che "tutte le verità sono relative". Il problema è proprio quel "tutte": afferma una generalizzazione mentre il relativismo che io reputo interessante si astiene da questo tipo di attività. Semmai il relativismo valuta caso per caso (il grado di) "assolutezza" di una verità che viene espressa. E purifica la mente dalla presunzione di pensare di sapere ciò che non può sapere (Socrate).

Dire che "tutte le verità sono relative" ti mette in una prospettiva assoluta e ti costringe ad affermare una generalizzazione insostenibile. Ai relativisti chiedo proprio questo... perchè generalizzate?

Ad ogni modo il "relativismo" che ho in mente è in particolar modo quello epistemologico e quello etico. Riguardo a quello ontologico invece sono pronto invece a rispettarlo, anche se non mi sento di condividerlo. Nel buddhismo, secondo molte scuole, per esempio il principio della coproduzione condizionata asserisce che nessuna "cosa" esiste in modo incondizionato (indipendente) dalle altre "cose" e quindi può essere visto come una sorta di "relativismo ontologico" ma non etico o epistemologico (ma il buddhismo a mio giudizio assume l'esistenza di qualcosa di "incondizionato", il Nirvana - e quindi non è un vero "relativismo ontologico", secondo me. Su come interpretare lo status ontologico di questo "incondizionato" comunque non c'è mai stato vero accordo tra le varie scuole fin dai tempi antichi - e nemmeno c'è pieno accordo tra me e Sariputra  ;D ). Tuttavia il buddhismo non è un relativismo né epistemologico visto che crede nell'esistenza di una Verità che trascende il Buddha stesso, il Dhamma, né etico visto che c'è un canone di perfezione "etica", "incarnato" per così dire nel Buddha stesso (e anche negli Arhat per le scuole Theravada. I Mahayana preferiscono in genere i Bodhisattva).

Ad ogni modo il principio di non contraddizione è stato messo in discussione da molto tempo (in India e Cina fin dall'antichità) e nel secolo scorso sono nate le logiche paraconsistenti (segnalo in merito https://aeon.co/essays/the-logic-of-buddhist-philosophy-goes-beyond-simple-truth). Tuttavia a mio giudizio finché si rimane nel campo della filosofia e soprattutto nell'etica il principio di non contraddizione non lo ritengo così facilmente abbadonabile  ;)

(non vorrei con il mio tono "aggressivo" di ieri aver in qualche modo oscurato il fatto che in realtà apprezzo i meriti della filosofia esposta nell'articolo proposto da Fdisa. La ritengo però incompleta e anche contraddittoria, proprio perchè fa quello che un relativista non dovrebbe fare per rimanere coerente, ossia generalizzare ;) fino a quando però non si erge in questa generalizzazione la ritengo pure coerente e liberante! )
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Carlo Pierini il 13 Ottobre 2017, 19:05:31 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 16:03:22 PM
CARLO PIERINI, SE CI SEI BATTI UN COLPO!

(Spero di non aver contravvenuto a una regola del forum; e se é così porgo le mani alla bacchetta del Webmster e accetto di buon grado la cancellazione di questo "grido di dolore"), ma l' articolo di Fdisa mi sembrerebbe proprio un' obiezione ben argomentata alle sue fortissimamente coltivate convinzioni.

Non ho niente da aggiungere a quanto già ho scritto in proposito. Il post di Fdisa è auto-contraddittorio, quindi privo di qualunque valore assertivo. Ciò conferma il primo principio della logica: la verità non può essere negata; e chi la nega trasforma tutto ciò che dice in un rumore molesto non meritevole di commento. Proprio come te che, nello stesso tempo, neghi e affermi la possibilità del libero arbitrio.
Riguardo alla ballerina, invece, ho notato che ogni volta che sposto lo sguardo dal suo corpo al punto intermedio tra il piede di appoggio e l'ombra che esso proietta sul pavimento, vedo invertire la sua rotazione. Ma tutto ciò non ha niente a che vedere con la verità relativa di certe affermazioni e con la verità assoluta di altre.



L'angolo musicale:
MOZART: Là ci darem la mano, op. Don Giovanni
https://youtu.be/2N0D-kt2fX4
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 19:38:14 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 13 Ottobre 2017, 19:05:31 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 16:03:22 PM
CARLO PIERINI, SE CI SEI BATTI UN COLPO!

(Spero di non aver contravvenuto a una regola del forum; e se é così porgo le mani alla bacchetta del Webmster e accetto di buon grado la cancellazione di questo "grido di dolore"), ma l' articolo di Fdisa mi sembrerebbe proprio un' obiezione ben argomentata alle sue fortissimamente coltivate convinzioni.

 la verità non può essere negata; e chi la nega trasforma tutto ciò che dice in un rumore molesto non meritevole di commento. Proprio come te che, nello stesso tempo, neghi e affermi la possibilità del libero arbitrio.
CitazioneMa quando mai?
(Lo dico senza polemica: citami dove avrei negato e affermato la necessità del libero arbitrio e te ne sarò grato perché mi permetterai di correggere un banale lapsus, possibile fonte di malintesi, in cui potrei essere caduto).


Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Carlo Pierini il 13 Ottobre 2017, 21:00:48 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 19:38:14 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 13 Ottobre 2017, 19:05:31 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 16:03:22 PM
CARLO PIERINI, SE CI SEI BATTI UN COLPO!

(Spero di non aver contravvenuto a una regola del forum; e se é così porgo le mani alla bacchetta del Webmster e accetto di buon grado la cancellazione di questo "grido di dolore"), ma l' articolo di Fdisa mi sembrerebbe proprio un' obiezione ben argomentata alle sue fortissimamente coltivate convinzioni.


la verità non può essere negata; e chi la nega trasforma tutto ciò che dice in un rumore molesto non meritevole di commento. Proprio come te che, nello stesso tempo, neghi e affermi la possibilità del libero arbitrio.

CitazioneMa quando mai?
(Lo dico senza polemica: citami dove avrei negato e affermato la necessità del libero arbitrio e te ne sarò grato perché mi permetterai di correggere un banale lapsus, possibile fonte di malintesi, in cui potrei essere caduto).


...Quando, a proposito dell'uomo, scrivi: <<...Non essendo responsabile del fatto di essere responsabile di ciò che fa, allora (transitivamente) non è responsabile di ciò che fa>>. 
Questo è un gioco di parole in cui affermi sia l'irresponsabilità (la non libertà) dell'uomo, che la sua responsabilità (la sua libertà). Cioè, non hai detto nulla.



MOZART: Laudate Dominum, op. Vesperae solemnes
https://youtu.be/H5cxYJqtz5M
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 22:09:21 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 13 Ottobre 2017, 21:00:48 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 19:38:14 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 13 Ottobre 2017, 19:05:31 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 16:03:22 PM
CARLO PIERINI, SE CI SEI BATTI UN COLPO!

(Spero di non aver contravvenuto a una regola del forum; e se é così porgo le mani alla bacchetta del Webmster e accetto di buon grado la cancellazione di questo "grido di dolore"), ma l' articolo di Fdisa mi sembrerebbe proprio un' obiezione ben argomentata alle sue fortissimamente coltivate convinzioni.


la verità non può essere negata; e chi la nega trasforma tutto ciò che dice in un rumore molesto non meritevole di commento. Proprio come te che, nello stesso tempo, neghi e affermi la possibilità del libero arbitrio.

CitazioneMa quando mai?
(Lo dico senza polemica: citami dove avrei negato e affermato la necessità del libero arbitrio e te ne sarò grato perché mi permetterai di correggere un banale lapsus, possibile fonte di malintesi, in cui potrei essere caduto).


...Quando, a proposito dell'uomo, scrivi: <<...Non essendo responsabile del fatto di essere responsabile di ciò che fa, allora (transitivamente) non è responsabile di ciò che fa>>.
Questo è un gioco di parole in cui affermi sia l'irresponsabilità (la non libertà) dell'uomo, che la sua responsabilità (la sua libertà). Cioè, non hai detto nulla.
CitazioneAmmetto che questa battuta conclusiva, se letta non tenendo conto di tutta l' argomentazione (o anche se maliziosamente isolata da tutta l' argomentazione) che la precede può essere male interpretata.
Ma tenendo conto di tutta l' argomentazione mi sembra evidente che il suo senso non può che essere (e comunque preciso qui a scanso di malintesi che é) che
non affermo che é responsabile e allo stesso tempo non responsabile, ma che in realtà non lo é "e basta", dal momento che se anche apparentemente lo fosse, non essendo autocreato, a ben vedere in realtà non lo sarebbe (e aggiungo che tanto mi basta).


Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 17 Ottobre 2017, 15:13:41 PM
Citazione di: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PMAlcuni sostengono che l'ombrosa fanciulla ruoti in senso orario, mentre altri giurano di percepire il movimento in direzione opposta. [... è] uno dei vari esempi di un'idea banale e per molti inaccettabile, il fatto che ogni verità è una credenza.
Un'illusione ottica non è una dimostrazione (né forte né debole) del fatto che ogni verità è una credenza. Non solo, la proposizione "ogni verità è una credenza" è banalmente falsa perché esistono verità che non sono credenze (infatti, ci sono fatti che non conosciamo). Ma anche se per assurdo per ogni proposizione vera ci fosse un agente che crede tale proposizione, ciò cosa ci direbbe di importante sul relativismo? Non mi è affatto chiaro.
Citazione di: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PMAlcune verità, di natura più debole, non nascondono la propria mancanza di assolutezza
Di che assolutizza parli? A volte fai esempi che mancano di assolutezza perché sono generalizzazioni universali che non valgono sempre ("ogni martedì vado a correre"), altre volte mancano di assolutezza perché il mio giudizio è stato corretto da nuove informazioni ("quel tizio è timido"), altre riguardano dipendenze oggettive ("Il fatto che il gatto respiri dipende da come è fatto"), e altro ancora... Sono esemplari diversi, da trattare in modo diverso, e alcuni non mi paiono neppure molto rilevanti per una discussione filosofica. Altri casi più filosofici rientrano più nel campo del "fallibilismo", che del relativismo.
Citazione di: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PMDavanti alla danza di multiformi persuasioni che si susseguono in modo più o meno tenace, la reazione è duplice: o si relativizza ogni credenza o ci si affida a quelle più persistenti. In breve, si conclude che o non c'è nulla di vero o a esser vere sono le illusioni più ostinate.
Se vogliamo, parrebbe più normare trarre la conclusione "cribio, continuo a sbagliare!", piuttosto che "ah, ma è il mondo che sbaglia, cioè non ci sono verità o falsità". Io, più semplicemente, invece, confermo la correttezza del fallibilismo.
Citazione di: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PM
Avicenna scrisse che: "chi nega la legge di non contraddizione dovrebbe essere picchiato e bruciato finché non ammette che essere picchiato e bruciato non è lo stesso che non essere picchiato non essere bruciato.". Eppure, se il nervoso filosofo mi scaglia un sasso, nel tentativo di persuadermi con ogni mezzo della falsità di quel che dico, io credo al dolore che provo. Questa credenza, ben supportata dalla sofferenza e dal cranio spaccato, si basa sulla mia forma, in grado di percepire il dolore e di subire fratture.
Ed è proprio questo il dolore, una sensazione resa possibile perché tu sei fatto proprio così. Non c'entra nulla il fatto che tu percepisci dolore solo perché tu anatomicamente sei fatto in un certo modo con il fatto che in realtà il dolore è relativo e allora non esiste in modo assoluto. Questo è ancora frutto della confusione che si fa sui termini "assoluto" e "relativo" (assoluto e relativo rispetto a cosa?).
Citazione di: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PMSe invece del sasso il filosofo volesse provare con l'annegamento, la persuasività della testa sommersa si annullerebbe qualora io fossi un pesce: a un cambiamento di forma segue un cambiamento del sistema di credenze.
Anche qui non vedo cosa centri il relativismo...
Citazione di: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PMDiciamo che "La verità è sempre relativa". Quest'ultima però è una verità assoluta?
[...]
Anche il paradosso si espone fatalmente alla relatività
Mi pare il contrario: si espone all'assolutismo, cioè abbiamo un relativismo che implica l'assolutismo, quindi un relativismo contraddittorio.


p.s. Spero che Francesco continui la discussione qui sul forum. La funzione del forum è generare un dibattito, sarebbe un modo scorretto quello di usarlo solo per pubblicizzare un proprio articolo.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 17 Ottobre 2017, 19:53:34 PM
Se per relativismo intendiamo la pretesa di giungere alla conclusione certa che tutto è relativo, è ovvio che il relativismo risulta contraddittorio. Non vedo però, riguardo a questa contraddizione, in cosa si differenzi il fallibilismo, visto che anche il fallibilismo sostiene che non è possibile nella scienza giungere a conoscenze certe: anche questa sarebbe già una pretesa di certezza, se non con la sola differenza di applicarsi alla scienza, mentre il relativismo già in partenza non nasce come applicazione specifica alla scienza, ma direttamente come riflessione filosofica. Non ci vuole molto però ad estendere il fallibilismo anche alla filosofia, con il risultato di ottenere nient'altro che il relativismo.

Ad ogni modo, chiamiamolo pure fallibilismo, per semplicità.

Il ragionamento sull'illusione ottica mi sembra abbastanza semplice: se mi accorgo di essermi sbagliato riguardo ad una percezione, chi mi assicurerà di non sbagliarmi nelle percezioni future o non averlo già fatto in quelle passate?

A questo punto sarà utile tener presente che il fenomeno della percezione non coinvolge soltanto i sensi, ma anche la mente. A sbagliarsi non sono solo i sensi, ma anche la mente. Ora, poiché la mente interviene sia nelle conoscenze percettive che nel semplice riflettere, tanto vale semplificare, lasciare da parte gli errori sensoriali e occuparci solo di quelli mentali.

Ora, è sufficiente anche un solo, minimo, errore mentale per gettare il sospetto su tutte le altre attività mentali: se la mia mente si è sbagliata ora, chi mi assicurerà che non si sbaglierà neanche in futuro e che non si sia sbagliata anche in tutti gli altri casi?

A questo punto è bene notare che l'attribuzione dell'errore a qualche fattore particolare non produce alcun conforto. Cioè, qualcuno potrebbe pensare: "Qui mi sono sbagliato perché c'era questo fattore particolare disturbante; quindi, nei casi in cui non sarà presente questo fattore particolare non avrò motivo di dubitare". Obiezione: il motivo di dubitare ci sarà lo stesso, perché rimarrà sempre il dubbio che siano intervenuti altri fattori particolari di cui non ci accorgiamo. Mi sembra chiaro quindi che aver scoperto la causa di un errore non è di alcun aiuto per confortare le affermazioni in cui quella causa non agisce: chi ci assicurerà che non agiscano altre cause di cui non ci accorgiamo?

Sarà anche utile osservare che il sospetto di errore viene ad investire qualsiasi attività della nostra mente, anche la più elementare che possiamo immaginare. Cioè, possiamo sospettare se, tutte le volte che abbiamo pensato qualcosa, in realtà la nostra mente abbia fatto qualcos'altro, senza che noi ce ne siamo accorti. Cioè, in ogni momento in cui io ritengo di aver pensato qualcosa, chi mi assicurerà che io abbia pensato davvero ciò che ritenevo di pensare? Qualche esempio potrebbe aiutare a capire: "Pensavo di amarti, ma mi accorgo che già allora mi sbagliavo con me stesso"; "Pensavo di aver paura, ma non era così, si trattava solo di inesperienza"; "Pensavo di essere ben concentrato, ma in realtà la mia mente aveva già cominciato a distrarsi, già mentre pensavo di essere concentrato"; "Pensavo di essere sicuro, ma in realtà ora mi accorgo che già allora avevo dei dubbi, solo che cercavo di nasconderli a me stesso, perché la mia mente non riusciva ad accettarli"; "Pensavo di essere concentrato nel discorso, ma ora mi accorgo che in realtà la mia mente era tutta presa dal ricordo di quella bella ragazza" oppure "dal ricordo di quella preoccupazione".

Questi esempi di illusioni mentali ci costringono a dubitare anche della nostra consapevolezza: tutte le volte che io sono consapevole di qualcosa, potrebbe sempre accadere che in realtà la mia mente stia facendo qualcos'altro. Sto pensando di ragionare, con coerenza, ma chi mi assicura che io stia davvero ragionando con coerenza? Sto pensando ad una pietra, ma chi mi assicura che la mia mente stia davvero pensando ad una pietra? Sto pensando che sto provando dolore, ho consapevolezza di provare dolore, ma chi mi assicura che ciò che sta avvenendo nel mio corpo e nella mia mente non sia invece tutt'altro?

Una volta chiarito questo livello di dubitabilità, si può perfino porre questo dubbio: "Sto pensando di dubitare, ma chi mi assicura che io stia davvero dubitando?". Ciò lascia spazio alla possibilità che esistano certezze, ma la possibilità che esistano certezze non dà alcuna garanzia che anche una sola certezza esista davvero.

In questo senso il relativista (o fallibilista) si guarderà bene dal giungere alla conclusione che tutto è relativo: sarebbe una certezza presuntuosa; ma ciò non garantisce che esistano certezze. E quando diciamo che non lo garantisce non possiamo neanche essere certi di ciò che stiamo dicendo e stiamo pensando.

In mezzo a tutto questo dubitare, anche il semplice dire "Mi sembra" potrebbe essere accusato di presunzione di certezza, ma a questo punto mi sembra che si tratti solo di problemi del linguaggio: cioè, a quanto sembra, il nostro linguaggio non contiene la possibilità di semplici verbi che contengano già in sé il dubbio su quello che affermano. Per dubitare del verbo "mi sembra" sono costretto ad aggiungere qualche altro verbo, ma questo mi sembra essere solo un problema di linguaggio, non di certezze garantite: non mi sembra che l'inevitabilità di far apparire il "mi sembra" come se fosse una certezza costituisca garanzia di aver trovato una certezza: a me sembra che abbiamo trovato soltanto un limite del nostro linguaggio.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: sgiombo il 18 Ottobre 2017, 08:30:54 AM
Citazione di: epicurus il 17 Ottobre 2017, 15:13:41 PM


la proposizione "ogni verità è una credenza" è banalmente falsa perché esistono verità che non sono credenze (infatti, ci sono fatti che non conosciamo). Ma anche se per assurdo per ogni proposizione vera ci fosse un agente che crede tale proposizione, ciò cosa ci direbbe di importante sul relativismo? Non mi è affatto chiaro.
CitazioneIn che senso "esistono verità che non sono credenze"?

Verità = credenza vera.

Fatti =/= verità (circa i fatti; ovvero proposizioni vere, proposizioni che affermano la realtà di fatti reali; o negano la realtà di fatti non reali, se non come connotazioni o intensioni di concetti privi di denotazione o estensione reale).

Secondo me "esistono solo fatti".
Fra i fatti che esistono vi sono (anche, fra l' altro) credenze false e (anche, fra l' altro) credenze vere (e possiamo "stenograficamente" chiamare "verità" queste ultime).

E senza almeno un agente che (realmente esiste e) crede qualcosa (che realmente formula un predicato di esistenza o di non esistenza circa qualcosa) non c' é realmente in atto alcuna proposizione vera (stenograficamente: alcuna "verità"), ma casomai (solo potenzialmente! non come effettiva realtà in atto! Come "qualcosa che potrebbe accadere ***o meno***" a seconda delle circostanze future) esiste solo la possibilità teorica che (forse!) prima o poi delle verità vengano ad esistere realmente (= che proposizioni vere vengano formulate); o forse no.
Senza almeno un agente che crede qualcosa esistono solo fatti, e non verità circa fatti: fatti che non conosciamo non sono (quei peculiari fatti che diconsi) "verità",  ma semplici "fatti (in generale)".


Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: viator il 19 Ottobre 2017, 15:18:09 PM
Buongiorno a tutti. Vi comunico che, grazie anche ai vostri profondi interventi, dopo parecchie ore di ponzamenti sono riuscito a scoprire  (non prendetemi per pazzo, vi prego !!) che la Verità Assoluta esiste e che il suo enunciato è il seguente:

                                                                               "TUTTO E' RELATIVO"

Naturalmente qualcuno potrebbe obiettare che il concetto di "tutto" deve includere anche quello di verità. Vero, ma riguardante le verità relative.

                  La chiave di lettura è del tutto semplice : ciascuna cosa è relativa e l'insieme dei relativi costituisce l'Assoluto.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: viator il 19 Ottobre 2017, 15:37:11 PM
Ooooops !! aggiungo una piccola precisazione : l'enunciato "TUTTO E' RELATIVO" (così aborrito dai credenti) e la sua interpretazione "ciascuna cosa (ente, entità, concetto, verità) è relativa, e l'insieme dei relativi consiste nell'Assoluto", dovrebbe soddisfare anche gli stessi credenti, poichè questi dovrebbero certo credere che Dio è il TUTTO e l'ASSOLUTO.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: viator il 19 Ottobre 2017, 21:37:49 PM
Ogni verità è una credenza. Le bugie stanno invece negli armadi. Comunque la prima parte è inoppugnabile, anche se io la preferisco ribaltata come "solo ciò in cui crediamo è per noi vero". Avrete infatti mai visto qualcuno che consideri falso ciò in cui crede ??
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: sgiombo il 20 Ottobre 2017, 08:53:30 AM
Citazione...E i dubbi nelle cassapanche
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: fdisa il 08 Dicembre 2017, 15:57:58 PM
Grazie a tutti per il dibattito e le risposte, purtroppo non mi erano pervenute notifiche e non ho potuto rispondere! Lo farò adesso con calma.
Ho pubblicato l'articolo per intero perché non mi sembrava valesse la pena di semplificarlo ulteriormente, e non mi sono presentato per andare dritto al punto e perché c'è tutto a pedice del testo – in ogni caso, e in ritardo, piacere!
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: fdisa il 08 Dicembre 2017, 16:09:56 PM
Citazione di: Apeiron il 12 Ottobre 2017, 22:42:15 PM
My two cents

"Tutto è relativo, e questo è il solo principio assoluto". Appunto già qui si vede l'aporia, la contraddizione interna. Dire prima che "tutto è relativo", arrivare a dire che è un "principio assoluto" e poi dopo aver lanciato il sasso si nasconde la mano (osservazione che non vuole offendere, è solo per ridere) - con questo intendo che si vuole assolutizzare il relativo ;D
Grazie per la sua risposta! La citazione in apertura è per l'appunto una provocazione ;) L'argomentazione vera e propria è nel §4, in cui si sostiene che l'autodistruzione è apparante, perché é un sottoinsieme di un meta-discorso che la include. L'infinità dei meta discorsi rende infine non contestabile l'assolutezza del relativismo, per quanto sia apparentemente un'aporia.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: fdisa il 08 Dicembre 2017, 16:12:10 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 15:36:07 PM
Risposta a Fdisa:

La prima volta che la guardo gira in senso antiorario e continua così fin che non distolgo lo sguardo; la seconda gira, pure ininterrottamente fin che smetto di guardarla, in senso antiorario.

Ma non vedo come il fatto che ogni verità sia una credenza (ma non ogni credenza é una verità), e il fatto naturalissimo che le credenze (vere o false a seconda dei casi) siano predicati attribuiti alle sensazioni "brute" (i "dati", tutt' altro che "mitologici", non essendo affatto "le sensazioni necessariamente cariche di teoria", alla faccia di Sellars e di Mc Dowell, secondo me) possa essere considerato "una magia"
Né la consapevolezza (scettica) della fallibilità di ogni credenza umana e quella della relatività di ogni credenza.
(Rileggendo quanto fin qui scritto sulla "magia" dopo aver completato la lettura del tuo articolo, mi rendo conto che si tratta di una metafora o tutt' al più di un' iperbole; non cancello questa osservazione solo perché sono alquanto vanesio).

Mi dissocio dagli epiteti caricaturali attribuiti al razionalista (sia pure non conseguente fino in fondo) Avicenna, anche se concordo che perfino il principio di non contraddizione debba essere ritenuto (ma inevitabilmente, certamente, così come tutti i giudizi analitici a priori correttamente ricavati dalle rispettive premesse) vero solo relativamente (alle sue premesse: le definizioni di "essere" e "non essere" oppure quelle di "negazione" ed "affermazione"); peraltro come tutti i giudizi analitici a priori "paga" la sua certezza con la sua inevitabile sterilità autenticamente conoscitiva (cioè conoscitiva "di ciò che é o non é reale, che accade o non accade realmente"); mentre i giudizi sintetici a posteriori "pagano" inevitabilmente la loro "fecondità conoscitiva" con la loro inevitabile incertezza).
Ma i giudizi analitici a priori correttamente condotti sono veri (certamente; per definizione) non relativamente ad alcuna "autorità" che con consista puramente e semplicemente nelle loro premesse e nelle regole logiche arbitrariamente assunte (se vogliamo considerarle come distinte dalle premesse della deduzione).

Comunque da quanto dici circa il "ragionamento R" mi pare che concordiamo, anche se personalmente preferisco (anche per ragioni storiche) chiamare la consapevolezza di questi limiti insuperabili della conoscenza "scetticismo" piuttosto che "relativismo".


(L' articolo mi é molto piaciuto, e credo che frequenterò la rivista digitale)

Grazie mille per il commento e gli stimoli! :)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: fdisa il 08 Dicembre 2017, 16:14:38 PM
Citazione di: Kobayashi il 13 Ottobre 2017, 10:47:51 AM
Beh, l'autore del topic ha inserito un articolo che ha già pubblicato su una testata online.
Alla fine di esso ci sono le informazioni dell'autore, le sue pubblicazioni etc.
Non ti sembra una "manovra" pubblicitaria?
Chiedo scusa se sono stato inelegante, non cercavo pubblicità ma opinioni e per semplicità o inserito tutto l'articolo, riassumerlo sarebbe stato renderlo meno chiaro. Le informazioni a pedice erano anche per presentarmi :)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: fdisa il 08 Dicembre 2017, 16:16:19 PM
Citazione di: Garbino il 13 Ottobre 2017, 16:58:18 PM
Relativismo assoluto

Intanto ti do il benvenuto a questo sito e ti faccio i complimenti per questo post che ho trovato molto interessante.
La ballerina secondo la mia percezione ruota in senso orario ma sono riuscito a percepire anche il moto inverso. In fondo ha ragione A. Cannata: è una figura che ruota in senso orario avendo come perno il piede sinistro o è una figura che ruota in senso antiorario avendo come perno il piede destro? Ed è solo una questione di capacità percettiva o di un inganno ottico? In qualche modo mi ricorda un caso analogo che riguardava la percezione dei colori, ma non dobbiamo dimenticare che il test era un' introduzione ad un argomento molto più importante e che riguarda il relativismo.

Non ti nascondo che condivido ampiamente quello che argomenti e che il nocciolo sia che l' uomo riesca a liberarsi del bisogno metafisico. Condivido anche i tuoi dubbi sugli scenari possibili ma lo ritengo anche un argomento che, per quanto possa ritenersi ed essere importante, allo stato delle cose può essere fuorviante.

P.s. Anch' io sono dell' opinione che la non esistenza di una verità assoluta possa essere considerata l' unica verità assoluta e che non rappresenti una contraddizione. Sto ancora ragionando sulla tua argomentazione in merito che non mi riesce molto chiara, ma è lo stesso, ci sarà tempo per approfondire.

Garbino Vento di Tempesta
Grazie per l'attenzione, resto a disposizione per approfondimenti :)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: fdisa il 08 Dicembre 2017, 16:26:32 PM
Grazie per il tuo commento :)
Ho qualche difficoltà con la formattazione delle citazioni, cerco di fare del mio meglio nel rispondere in breve.

Citazione
Citazione di: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PMAlcuni sostengono che l'ombrosa fanciulla ruoti in senso orario, mentre altri giurano di percepire il movimento in direzione opposta. [... è] uno dei vari esempi di un'idea banale e per molti inaccettabile, il fatto che ogni verità è una credenz

Un'illusione ottica non è una dimostrazione (né forte né debole) del fatto che ogni verità è una credenza. Non solo, la proposizione "ogni verità è una credenza" è banalmente falsa perché esistono verità che non sono credenze (infatti, ci sono fatti che non conosciamo). Ma anche se per assurdo per ogni proposizione vera ci fosse un agente che crede tale proposizione, ciò cosa ci direbbe di importante sul relativismo? Non mi è affatto chiaro.

L'illusione ottica non è intesa come una dimostrazione, ma come una semplice introduzione.
Il fatto che ci siano "fatti (veri) che non conosciamo" è anch'essa una credenza, dunque resta ogni verità è una credenza :)


CitazioneCitazione da: epicuru

Citazione di: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PMAlcune verità, di natura più debole, non nascondono la propria mancanza di assolutezza
Di che assolutizza parli? A volte fai esempi che mancano di assolutezza perché sono generalizzazioni universali che non valgono sempre ("ogni martedì vado a correre"), altre volte mancano di assolutezza perché il mio giudizio è stato corretto da nuove informazioni ("quel tizio è timido"), altre riguardano dipendenze oggettive ("Il fatto che il gatto respiri dipende da come è fatto"), e altro ancora... Sono esemplari diversi, da trattare in modo diverso, e alcuni non mi paiono neppure molto rilevanti per una discussione filosofica. Altri casi più filosofici rientrano più nel campo del "fallibilismo", che del relativismo.

Sì, per verità di natura più debole intendevo esattamente quelle che rientrerebbero nel fallibilismo.
Uso "assoluto" nel senso di vero al di là dell'identità di chi giudichi. Vero per me, per un gatto, per un sasso. Sempre vero.
(Il che a mio parere è già di per sé un concetto errato perché credo appunto che tutto esista solo in relazione ad altro, ma non apro questa ulteriore parentesi)

Citazione di: epicurus il 17 Ottobre 2017, 15:13:41 PMp.s. Spero che Francesco continui la discussione qui sul forum. La funzione del forum è generare un dibattito, sarebbe un modo scorretto quello di usarlo solo per pubblicizzare un proprio articolo.

Lo scopo era il dibattito, la pubblicità la faccio altrove e in altri modi... ora che (spero) di aver attivato le notifiche parteciperò senz'altro!
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: fdisa il 08 Dicembre 2017, 16:32:05 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 17 Ottobre 2017, 19:53:34 PMUna volta chiarito questo livello di dubitabilità, si può perfino porre questo dubbio: "Sto pensando di dubitare, ma chi mi assicura che io stia davvero dubitando?". Ciò lascia spazio alla possibilità che esistano certezze, ma la possibilità che esistano certezze non dà alcuna garanzia che anche una sola certezza esista davvero.

In questo senso il relativista (o fallibilista) si guarderà bene dal giungere alla conclusione che tutto è relativo: sarebbe una certezza presuntuosa; ma ciò non garantisce che esistano certezze. E quando diciamo che non lo garantisce non possiamo neanche essere certi di ciò che stiamo dicendo e stiamo pensando.

In mezzo a tutto questo dubitare, anche il semplice dire "Mi sembra" potrebbe essere accusato di presunzione di certezza, ma a questo punto mi sembra che si tratti solo di problemi del linguaggio: cioè, a quanto sembra, il nostro linguaggio non contiene la possibilità di semplici verbi che contengano già in sé il dubbio su quello che affermano. Per dubitare del verbo "mi sembra" sono costretto ad aggiungere qualche altro verbo, ma questo mi sembra essere solo un problema di linguaggio, non di certezze garantite: non mi sembra che l'inevitabilità di far apparire il "mi sembra" come se fosse una certezza costituisca garanzia di aver trovato una certezza: a me sembra che abbiamo trovato soltanto un limite del nostro linguaggio.

Grazie del commento interessante. L'articolo è tratto da un testo in corso e nel paragrafo precedente si parla proprio del dubbio scettico nelle modalità da lei sottolineate (lo incollo a pedice, sebbene sia una bozza).
Eppure, sembra che il relativista sia costretto dal §4 a questo passo arrogante e apparentemente contraddittorio...


1.1 Lo stallo del dubbio scettico: dubitare è legittimo quanto dubitare del dubbio.


Gli uomini hanno imparato a vivere sotto il peso di un nero fardello, un'enorme gobba dolorante: la supposizione che la "realtà" potrebbe essere soltanto un "sogno". Quanto più terrificante sarebbe se la consapevolezza stessa di essere consapevoli del carattere onirico della realtà fosse anch'essa un sogno, un'allucinazione innata! (V. Nabokov)


Le imperfezioni dei sensi, dei loro potenziamenti (dai telescopi agli acceleratori di particelle), come anche le limitazioni congenite alla medesima forma del pensiero, quali il sentimento, la logica, persino l'intuizione: qualunque terreno può dimostrarsi friabile. E sotto ci attende il vuoto. D'altra parte però, non c'è motivo per cui l'impossibilità di una conoscenza certa debba impedire la sua ricerca, così come l'incapacità nel riprodurre la luce solare non rende inutile la scoperta del fuoco, dell'elettricità o dell'energia nucleare. Il terribile dubbio scettico: «Se vivessimo un inganno a tal punto crudele da non poter nemmeno immaginare, se non sbagliando, cosa si cela al di sotto?» non deve spaventare troppo. Anzitutto perché il più irrisolvibile dei quesiti si presenta comunque in un linguaggio, ed è dunque rivolto a chi è capace di coglierlo. La sua conseguenza naturale sarebbe collassare su se stesso, diventare un buco nero e annichilire ogni parola. Se è tutto un inganno, infatti, perché non dovrebbe esserlo anche il processo mentale che ci porta a dubitare? Il quesito è condannato a uno stallo, perché così come è possibile che "sia tutto un inganno" lo è anche "che sia un inganno che tutto sia ingannevole" e via dicendo... dubitare è legittimo quanto dubitare del dubbio.

Sebbene la fiducia nei nostri mezzi sia spesso sopravvalutata, dunque, e l'arroganza (o l'ottimismo) ci porti talvolta a confondere l'aver imparato a volare con la "conquista dello spazio", anche la sfiducia nichilista presenta delle piaghe incurabili, sotto forma di una regressione all'infinito e alla tendenza ad auto-fagocitarsi.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 08 Dicembre 2017, 17:18:07 PM
Citazione di: fdisa il 08 Dicembre 2017, 16:09:56 PM
Citazione di: Apeiron il 12 Ottobre 2017, 22:42:15 PMMy two cents "Tutto è relativo, e questo è il solo principio assoluto". Appunto già qui si vede l'aporia, la contraddizione interna. Dire prima che "tutto è relativo", arrivare a dire che è un "principio assoluto" e poi dopo aver lanciato il sasso si nasconde la mano (osservazione che non vuole offendere, è solo per ridere) - con questo intendo che si vuole assolutizzare il relativo ;D
Grazie per la sua risposta! La citazione in apertura è per l'appunto una provocazione ;) L'argomentazione vera e propria è nel §4, in cui si sostiene che l'autodistruzione è apparante, perché é un sottoinsieme di un meta-discorso che la include. L'infinità dei meta discorsi rende infine non contestabile l'assolutezza del relativismo, per quanto sia apparentemente un'aporia.

@fdisa,

Il problema è che stai ponendo una teoria epistemologica: il relativismo epistemologico è privo di senso (a differenza di quello ontologico). Poniamo per esempio che io sto alla tua destra. Se tu dici "Apeiron è a destra" dici un'affermazione incompleta perchè il concetto di "destra" è di per sé relativo, ovvero si deve dire che "Apeiron è a destra di fdisa". "Apeiron è a destra" è vero per fdisa ma potrebbe essere falso per Tizio che si trova a destra di me. Però "Apeiron è a destra di fdisa" è vero per ogni soggetto che comprende il significato di "essere a destra di" in quanto nella proposizione hai già specificato il sistema di riferimento. Lo stesso avviene in fisica: "l'automobile viaggia ai 100km/h" è una frase strettamente parlando "relativa", però "l'automobile viaggia ai 100km/h rispetto all'autovelox" è una proposizione valida universalmente. Una volta che hai specificato la prospettiva la proposizione non è più "relativa", bensì ha una validità universale.

Oppure altro esempio. I numeri complessi non sono un sistema "ordinato", ovvero non è possibile definire, presi due elementi dell'insieme, una relazione di maggiorazione, che indico con ">" ("i > 5" - dove i è l'unità immaginaria - non ha senso). Quindi la frase "per ogni coppia di numeri complessi è possibile definire una relazione di maggiorazione" è falsa in quanto contraddice la definizione di "numero complesso". Però allo stesso tempo se considero il sottoinsieme dei numeri reali allora è possibile definire la relazione di maggiorazione, ergo ""5 > 1" è vera nel sottoinsieme dei numeri reali dell'insieme dei numeri complessi" diventa una "verità universale". Una volta che hai specificato il contesto la "verità relativa" diventa assoluta. "Tizio è più alto di Caio e della stessa altezza di Sempronio secondo la mia misurazione" è una "verità universale" anche se con un'altra misura risulta che "Sempronio è più alto di Caio" (e a questo punto si indaga il motivo per cui c'è una contraddizione tra le misure). Quindi una volta che hai specificato il contesto in cui una "proposizione è vera" la proposizione cessa di avere una verità relativa ma diventa a tutti gli effetti "universale".

Dunque anche se ammettiamo il problema dell'infinità delle prospettive - ad esempio poniamo che un'infinità di soggetti dia una descrizione diversa di qualcosa - comunque epistemologicamente quando si dice "secondo la mia prospettiva ..." si enuncia una "verità assoluta". Il relativista quindi non si accorge che in sostanza specificando la "relatività" delle "verità" finisce per trasformare le proposizioni relative in assolute.

Diverso è, per esempio, il "relativismo ontologico" della scuola buddhista Madhyamaka - se non interpreto male. In questa filosofia ogni "cosa" ha un'esistenza relativa, ovvero esiste in quanto "dipendente" da cause (le quali a loro volta dipendono da altre cause ecc ad infinitum...). Quindi l'esistenza è in questo caso relativa e ciò vale per ogni cosa, tuttavia il fatto che "ogni cosa ha un'esistenza relativa" è dal punto di vista epistemologico una "verità universale". Quindi se dal punto di vista ontologico puoi, volendo, costruire una metafisica "completamente relativistica" non lo puoi fare dal punto di vista epistemologico, in quanto appunto in questo caso "ogni cosa non ha un'esistenza indipendente" è una verità universale ecc  

Dal punto di vista linguistico puoi fare volendo come dal punto di vista ontologico. Però se dici che "nel linguaggio L vale la proposizione X" stai facendo una affermazione assoluta...Semmai è più interessante vedere se non è possibile "costruire" un meta-linguaggio che comprende tutti i linguaggi ma questo con il relativismo epistemologico non c'entra molto. Anzi se dimostro che non è possibile costruire tale meta-linguaggio faccio un'affermazione assoluta.

Ripeto in matematica, in fisica, nell'epistemologia (=filosofia della conoscenza) ecc il relativismo è una posizione che è esclusa a-priori. Ciò non è vero per esempio in ontologia, dove puoi avere, volendo, "relativismi ontologici" (come per esempio la "teoria" Madhyamaka - se non l'ho capita male).
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: viator il 09 Dicembre 2017, 12:56:49 PM
Salve. Vediamo di districarci tra contraddizioni, sinonimi veri ed apparenti, trappole logico-verbali.

Anzitutto il termine ASSOLUTO è un sostantivo che viene però costantemente  utilizzato come aggettivo. Naturalmente ciò non è ammesso poichè in questo modo il termine risulterebbe RELATIVIZZATO, cioè riferito a qualcosa di parziale. Ciò tra l'altro spiega il perchè non possano esistere concetti quali un'assoluta certezza, un'assolutà verità etc. etc.

Poi dobbiamo chiederci se l'assoluto possa esistere, cioè se per caso tale termine non possa risultare contradditorio.
Un paio di definizioni abbastanza suggestive di ASSOLUTO : "l'insieme di tutto ciò che è", o anche "ciò che contiene senza essere contenuto da altro più grande di esso".

Entrambe le definizioni non si mostrano però molto soddisfacenti in quanto sia il concetto di "insieme" che quello di "contenuto" sembrano implicare che esista una qualche relazione tra l'assoluto e ciò in cui esso consiste. Sarà così oppure no ??

Prendiamo l'arcinota espressione "tutto è relativo"; essa, elegante e lapidaria, presenta il problema di indurre a credere che anch'essa sia relativa, ed inoltre che - comunque - anche l'insieme di tutte cose risulti relativo (TUTTO è termine che risulta rigoroso e perfetto sinonimo di ASSOLUTO).
Il fatto è che, in nome appunto di una suggestiva lapidarietà, tale espressione einsteniana risulta incompleta.
Il suo enunciato dovrebbe infatti diventare : "TUTTO E' RELATIVO, E L'INSIEME DI TUTTI I RELATIVI SI CHIAMA ASSOLUTO".

Eliminato il termine "contenuto", resta il concetto di "insieme".

I contenuti di un insieme risultano, secondo voi, relativi all'intero insieme ?? Sono cioè funzionali all'esistenza dell'insieme ??

Se l'insieme è costituito da una quantità limitata di elementi, togliendone od aggiungendone alcuni l'insieme stesso si trasformerà in un diverso insieme particolare, ma pur sempre appunto un insieme (scusate le ripetizioni). In questo caso potremmo anche però supporre che esista una relazione tra un qualsiasi insieme ed i suoi specifici contenuti.

Se però l'insieme consiste nel TUTTO (non importa se composto da una quantità finita od infinita di elementi), diventa impossibile aggiungere od eliminare da esso dei qualsiasi contenuti. (non sarà possibile trovare elementi da aggiungere dal di fuori di un tutto, non sarà possibile espellere elementi al di fuori di un tutto). Tale insieme risulterà rigorosamente invariante, immodificabile. E poichè non sarà influenzato dalla quantità finita od infinita dei suoi componenti, non risulterà in relazione con essi !!!

Allora, precisando ulteriormente, dovremmo giungere alla seguente definizione di assoluto :

       "L'ASSOLUTO CONSISTE NELL'INSIEME DI TUTTI I RELATIVI PUR NON ESSENDO IN RELAZIONE CON NESSUNO DI ESSI"

Questa sarebbe tra l'altro anche  la dimostrazione della sinonimia tra TUTTO ed ASSOLUTO e della completa astrattezza di tali concetti.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 09 Dicembre 2017, 13:05:31 PM
Nel momento in cui l'hai spiegato è già diventato relativo, perché dipende dalla spiegazione che ne hai dato tu. Diventa ancora più relativo nel momento in cui io ho provato a comprenderlo, perché si aggiunge la dipendenza dalla mia mente.

Non mi sembra quindi che l'assoluto di cui hai provato a parlare goda di molta assolutezza.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: viator il 09 Dicembre 2017, 18:21:13 PM
Salve caro Angelo. Vedi, ciò che io ho detto dell'assoluto e ciò che tu hai capito - sia di quanto io ho detto che dell'Assoluto stesso - non c'entrano proprio con l'Assoluto. Parole e comprensione fanno infatti parte del relativo. L'Assoluto resta comunque quello che è indipendentemente dal fatto che se ne parli oppure se ne taccia. Salutoni.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: fdisa il 11 Dicembre 2017, 00:14:12 AM
Citazione di: Apeiron il 08 Dicembre 2017, 17:18:07 PM

Diverso è, per esempio, il "relativismo ontologico" della scuola buddhista Madhyamaka - se non interpreto male. In questa filosofia ogni "cosa" ha un'esistenza relativa, ovvero esiste in quanto "dipendente" da cause (le quali a loro volta dipendono da altre cause ecc ad infinitum...). Quindi l'esistenza è in questo caso relativa e ciò vale per ogni cosa, tuttavia il fatto che "ogni cosa ha un'esistenza relativa" è dal punto di vista epistemologico una "verità universale". Quindi se dal punto di vista ontologico puoi, volendo, costruire una metafisica "completamente relativistica" non lo puoi fare dal punto di vista epistemologico, in quanto appunto in questo caso "ogni cosa non ha un'esistenza indipendente" è una verità universale ecc  

Secondo la tua distinzione (e considerato che il testo ha tra le sue influenze anche alcune fonti buddiste), direi che quel che pongo è un relativismo ontologico.

Ma il discorso epistemologico che fai non mi torna del tutto.

1) Se dici che una cosa è assoluta una volta che la poni in relazione a un altro termine, dici che questa è relativa (al termine scelto). Se sono a destra rispetto a te, dire che sono assolutamente a destra rispetto a te non ha senso: o sono a destra in assoluto (cosa impossibile), o sono a destra rispetto a qualcosa, dunque relativamente. 

2) Qualunque tesi, teoria, pensiero o percezione, non può per definizione uscire da una prospettiva epistemologica perché proviene sempre da essa. In questo senso, anche il relativismo ontologico, come tutti i prodotti del pensiero, è una posizione epistemologica.

3) All'affermazione che "Il relativista quindi non si accorge che in sostanza specificando la "relatività" delle "verità" finisce per trasformare le proposizioni relative in assolute." rispondo col §4, sostenendo che l'assolutezza di questa affermazione è contraddittoria solo finché viene osservata dal suo interno; quando si prende in esame la relatività o assolutezza di questa medesima verità ci si espone comunque alla relatività, e così all'infinito, in un precipizio di meta-linguaggi che si aprono sempre al relativismo.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: fdisa il 11 Dicembre 2017, 00:23:35 AM
Citazione di: viator il 09 Dicembre 2017, 12:56:49 PMSe però l'insieme consiste nel TUTTO (non importa se composto da una quantità finita od infinita di elementi), diventa impossibile aggiungere od eliminare da esso dei qualsiasi contenuti. (non sarà possibile trovare elementi da aggiungere dal di fuori di un tutto, non sarà possibile espellere elementi al di fuori di un tutto). Tale insieme risulterà rigorosamente invariante, immodificabile. E poichè non sarà influenzato dalla quantità finita od infinita dei suoi componenti, non risulterà in relazione con essi !!!

Allora, precisando ulteriormente, dovremmo giungere alla seguente definizione di assoluto :

      "L'ASSOLUTO CONSISTE NELL'INSIEME DI TUTTI I RELATIVI PUR NON ESSENDO IN RELAZIONE CON NESSUNO DI ESSI"

Questa sarebbe tra l'altro anche  la dimostrazione della sinonimia tra TUTTO ed ASSOLUTO e della completa astrattezza di tali concetti.

Molto interessante. Ma non mi torna una cosa. Dici "Tale insieme risulterà rigorosamente invariante, immodificabile. E poichè non sarà influenzato dalla quantità finita od infinita dei suoi componenti, non risulterà in relazione con essi". Ma così facendo limiti le varie relazioni possibili all'unica di appartenere o meno all'insieme.Il solo fatto di essere un "insieme di tutti i relativi" inoltre È una relazione del suddetto insieme con i relativi che lo compongono – "che lo compongono", appunto: una relazione.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 11 Dicembre 2017, 12:49:07 PM
@fdisa,

il problema di queste discussioni è che si finisce per entrare nella semantica e non se ne esce più  ;D

Ripartiamo dall'esempio di "Tizio è a destra di Sempronio".
Sempronio dice: "Tizio è a destra"
Caio (un altro soggetto) dice: "la frase è incompleta. in realtà bisogna dire "Tizio è a destra di Sempronio"".

Ergo sulla frase "Tizio è a destra di Sempronio" sono d'accordo tutti e tre. Quindi è una "verità universale", nel senso che è condivisa da tutti. Se poi vogliamo distinguere tra "universale" e "assoluto" possiamo farlo, se "assoluto" è un termine che proprio non ci va giù  ;) in quanto "assoluto" suggerisce che la "verità" sia una "cosa" mentre "universale" sigifica sempliemente che è "vera per ogni soggetto". Nel mio "vocabolario" il "relativismo" non ammette nemmeno verità universali visto che in fin dei conti una verità universale è una verità su cui sono d'accordo tutti i soggetti. Motivo per cui il "buddhismo madhyamaka" lo considero personalmente una forma di "assolutismo" (anche se sarebbe meglio dire "universalismo"), visto che dice che tutte le cose esistono in dipendenza da altre cose (e nel caso del buddhismo madhyamaka - il cui più famoso sostenitore è Nagarjuna - la realizzazione di ciò ha anche valore "soteriologico" cosa che nel "relativismo occidentale" invece non c'è). Spesso le discussioni si basano proprio sulla non-condivisione del "vocabolario". Se mi dici che "ogni verità è relativa - questa è l'unica verità universale" però sbagli in quanto "Tizio è a destra di Sempronio" è una "verità universale". Se dici "ogni verità è relativa - questa è l'unica verità assoluta" sbagli ugualmente in quanto (per quanto detto prima) "assoluto" denota un valore ontologico.



Quindi il "relativismo" che personalmente rispetto è uno che ammette la possibilità di "verità universali", ossia è il "relativismo ontologico". Però poi rimangono problemi* di varia natura che eludono questi discorsi.



*N.B. Ora se ogni cosa esiste in "dipendenza da altro", ovvero ogni esistenza è "relativa" è chiaro che non ci sono nemmeno "punti di vista assoluti" e la "verità" non ha certamente un "aspetto ontologico". Punto di vista che rispetto ma sinceramente non condivido perchè mi sembra un  involontario nichilismo "mascherato". In particolare negando la "sostanzialità" dei soggetti e delle "verità" si dice che a livello ultimo non esiste niente  ;) Ad ogni modo se sei interessato a Nagarjuna e al buddhismo madhyamaka ti consiglio il Mūlamadhyamakakārikā di Nagarjuna (a mio giudizio avere un saggio antico che è d'accordo con quanto si sta proponendo lo ritengo un ottimo aiuto  ;D ). In questa sezione del Forum c'è anche un topic sul buddhismo https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/buddhismo/  se ti va di leggerlo vedi anche che qui nel Forum c'è un ottimo filosofo (Sariputra) che ha (secondo me ;)) una posizione praticamente identica a quella del scuola madhyamaka.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: fdisa il 11 Dicembre 2017, 14:17:32 PM
Citazione di: Apeiron il 11 Dicembre 2017, 12:49:07 PM
@fdisa,

il problema di queste discussioni è che si finisce per entrare nella semantica e non se ne esce più  ;D

Ripartiamo dall'esempio di "Tizio è a destra di Sempronio".
Sempronio dice: "Tizio è a destra"
Caio (un altro soggetto) dice: "la frase è incompleta. in realtà bisogna dire "Tizio è a destra di Sempronio"".

Ergo sulla frase "Tizio è a destra di Sempronio" sono d'accordo tutti e tre. Quindi è una "verità universale", nel senso che è condivisa da tutti. Se poi vogliamo distinguere tra "universale" e "assoluto" possiamo farlo, se "assoluto" è un termine che proprio non ci va giù  ;) in quanto "assoluto" suggerisce che la "verità" sia una "cosa" mentre "universale" sigifica sempliemente che è "vera per ogni soggetto". Nel mio "vocabolario" il "relativismo" non ammette nemmeno verità universali visto che in fin dei conti una verità universale è una verità su cui sono d'accordo tutti i soggetti. Motivo per cui il "buddhismo madhyamaka" lo considero personalmente una forma di "assolutismo" (anche se sarebbe meglio dire "universalismo"), visto che dice che tutte le cose esistono in dipendenza da altre cose (e nel caso del buddhismo madhyamaka - il cui più famoso sostenitore è Nagarjuna - la realizzazione di ciò ha anche valore "soteriologico" cosa che nel "relativismo occidentale" invece non c'è). Spesso le discussioni si basano proprio sulla non-condivisione del "vocabolario". Se mi dici che "ogni verità è relativa - questa è l'unica verità universale" però sbagli in quanto "Tizio è a destra di Sempronio" è una "verità universale". Se dici "ogni verità è relativa - questa è l'unica verità assoluta" sbagli ugualmente in quanto (per quanto detto prima) "assoluto" denota un valore ontologico.



Quindi il "relativismo" che personalmente rispetto è uno che ammette la possibilità di "verità universali", ossia è il "relativismo ontologico". Però poi rimangono problemi* di varia natura che eludono questi discorsi.



*N.B. Ora se ogni cosa esiste in "dipendenza da altro", ovvero ogni esistenza è "relativa" è chiaro che non ci sono nemmeno "punti di vista assoluti" e la "verità" non ha certamente un "aspetto ontologico". Punto di vista che rispetto ma sinceramente non condivido perchè mi sembra un  involontario nichilismo "mascherato". In particolare negando la "sostanzialità" dei soggetti e delle "verità" si dice che a livello ultimo non esiste niente  ;) Ad ogni modo se sei interessato a Nagarjuna e al buddhismo madhyamaka ti consiglio il Mūlamadhyamakakārikā di Nagarjuna (a mio giudizio avere un saggio antico che è d'accordo con quanto si sta proponendo lo ritengo un ottimo aiuto  ;D ). In questa sezione del Forum c'è anche un topic sul buddhismo https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/buddhismo/  se ti va di leggerlo vedi anche che qui nel Forum c'è un ottimo filosofo (Sariputra) che ha una posizione praticamente identica a quella del scuola madhyamaka (iovviamente spero che Sariputra se dico scemenze mi bacchetti a dovere  ;D ).
@Aperion

Ci andiamo chiarendo :)
Non uso assoluto nel senso di universale, sulle verità universali sono perfettamente d'accordo con te. Ma una verità assoluta è tale anche senza accordo tra i soggetti (o senza soggetti senzienti, sostituendo a tizio, caio e sempronio tre sassi).

Ma con buona pace del fatto che ogni questione è anche epistemologica, non vedo alcun errore nel leggere la cosa in termini ontologici – che poi sono quelli del testo* che ho proposto. Non parlo mai di "verità" come idee e opinioni sulle cose, ma come cose stesse. E che la loro natura, quale che sia, sia sempre relativa, è quel che espongo nell'articolo. E che questo non porti a un paradosso – o meglio porti a due paradossi che si annullano – è il tema del §4.

*Nota sulla nota: Questo articolo è parte di un lavoro in corso il cui capitolo successivo tocca proprio gli argomenti della tua nota, a partire dalla filosofia di Nagarjuna (ma non solo lui, con vari analoghi in filosofia antica e moderna, orientale e occidentale, ma anche letteratura e fisicae dell'esistenza come relazione. E in effetti concordo anche a una forma un po' particolare del fatto che "a livello ultimo non esiste niente", ma questo capitolo lo riserverei a un'ulteriore discussione, se pubblicherò un articolo in futuro sul tema lo condividerò volentieri.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 11 Dicembre 2017, 14:59:33 PM
@fdisa,

perfetto  :)  spesso si fa molta confusione su questi temi.

Rovelli mi piace molto. Credo che la sua teoria sia la cosa più simile alla "genesi dipendente" del buddhismo mai apparsa in campo scientifico. Una teoria certamente affascinante e probabilmente è sulla strada giusta. Però sia lui che il buddhismo (come viene usualmente esposto perlomeno) mi lasciano con un senso di "incompletezza" (e quando dico così non è una semplice "perplessità intellettuale" ma è qualcosa di profondo e poco piacevole). Eppure le teorie più "coerenti" e "razionali" sembrano tutte incomplete - quelle più "complete" spesso si perdono nel non-senso.  Ho un "sentore" che ci sia un "di più" e che questo "di più" sia anche legato proprio alla fisica, al fatto che (per esempio) le leggi della fisica sono qualcosa di tanto "concreto" quanto la materia stessa.

Un "orientale" direbbe che è tutta "proliferazione concettuale", però secondo me Platone in un certo senso (quale non so dirtelo) ci ha visto giusto. E la tendenza che vedo nella società occidentale a rinnegare in toto il platonismo mi lascia molto perplesso.

Ovviamente il mio potrebbe essere tutto un delirio  ;D

Precisazione (per il lettore): il buddhismo - per gli orientali - non è nichilismo (vedere il topic). Quello che sto dicendo io è che dalla mia analisi della dottrina emerge un'incompletezza (però è anche vero che ciò che rende completa la dottrina può essere implicito o detto in termini indiretti). Ad ogni modo non sono di certo la migliore fonte di apprendimento del Dhamma... ;D
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: fdisa il 11 Dicembre 2017, 18:22:54 PM
@Aperion

A questo punto ti annoierò col resto del testo, appena pronto :D

Grazie per i consigli!
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: viator il 12 Dicembre 2017, 18:08:03 PM
Salve. Per fdisa : Nel momento in cui parliamo di assoluto contrapposto al relativo, ovvio che ne esaminiamo la relazione. Ma si tratta di relazione semantica e non sostanziale. Al termine "relazione" io attribuisco il seguente significato : "relazione =  condizione per la quale due o più termini sviluppano reciproci rapporti causali od effettuali".

In sostanza, chiediamoci :



Quindi allora dovremo dire Assoluto e Relativi sono e sono sempre stati sincronici e coesistenti e - secondo la definizione iniziale di "relazione" - non sono affatto in relazione tra loro.

Naturalmente, stiamo solo giocando con l'autoreferenzialità delle parole, lo sappiamo, vero ??

Cordialità
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 07 Gennaio 2018, 12:11:51 PM
Segnalo sul tema del relativismo tre link (che rimandano, in realtà alla stessa pagina web) secondo me molto interessanti che possono essere d'ispirazione per le discussioni. Purtroppo la pagina web è in inglese e l'argomentazione in tutti i casi è lunga, quindi non riesco a tradurre in italiano.

Il primo è una confutazione (a mio giudizio, corretta) del "relativismo epistemico"* anche nelle varie sue forme più sofisticate, più precisamente: relativismo etico, relativismo culturale e relativismo "linguistico" (ispirato dal lavoro di Wittgenstein, Rortry, Whorf, Derrida ecc).  Comunque: il link su questa questione è http://www.friesian.com/relative.htm.

Il secondo link per certi versi è un rifiuto di tutte le "ontologie" - ergo è un rifiuto anche del "relativismo ontologico" anche se con quest'ultimo ha interessanti "somiglianze" (così come ha somiglianze con la filosofia di Madhyamaka sulla vacuità, almeno in certe sue varianti). Il link è http://www.friesian.com/undecd-1.htm.

Infine una interessante rirproposizione delle antinomie kantiane. http://www.friesian.com/antinom.htm.

*La versione del "relativismo" di @fdisa ovviamente NON è criticata da questo link
 
Off-Topic:
Purtroppo ad oggi ho due motivi per non andare a fondo nella discussione. Primo: sono temporaneamente troppo impegnato per fare argomentazioni ben fatte (anche a riguardo delle opinioni dell'autore del link che ritengo interessanti ma non sono sempre d'accordo. Anche se ritengo che almeno nel primo link siano difficili da confutare  ;) ). Secondo: questo tipo di discussioni spesso degenera in polemiche non "edificanti" come è successo recentemente in un altro topic. Queste polemiche nascono, secondo me, da una diversa concezione di cosa è la "filosofia", argomento che volendo potrebbe essere trattato separatamente. Personalmente non ho cambiato idea dal secondo post dall'alto che trovate qui (https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/perche-fare-filosofia/15/). Però forse potrebbe essere anche interessante rirproporre a distanza di più di un anno tale discussione (magari fra un po' di tempo)  ;)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: fdisa il 08 Gennaio 2018, 16:30:01 PM
Grazie mille per la segnalazione! Sto lavorando a una versione ampliata e rivista del testo che non mancherò di condividere :)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 08 Gennaio 2018, 20:50:42 PM
Citazione di: Apeiron il 07 Gennaio 2018, 12:11:51 PM...ritengo che almeno nel primo link siano difficili da confutare...

Difficili da confutare per chi non ha chiaro cos'è il relativismo.
Si tratta delle solite argomentazioni che travisano il relativismo come se esso fosse un pensiero autonomo e statico, mentre invece esso non è né autonomo, né statico.

Il relativismo non è un pensiero autonomo, non è un pensiero che nasce da sé stesso. Il relativismo è metafisica portata avanti fino a metterne a nudo le contraddizioni. Il relativismo è la metafisica, la quale scopre di essere autocontraddittoria. Nascendo come metafisica, il relativismo nasce come certezza. Poi si sforza di essere coerente, leale, e scopre che, se deve considerare l'oggetto, per lealtà non può trascurare di considerare anche il soggetto. Da qui vengono immediatamente fuori tutte le autocontraddizioni della metafisica, la quale, in questo modo, se vuole essere leale, viene a trasformarsi in relativismo.

Il relativismo non è un pensiero statico, non è un'ideologia, non è un sistema di idee, non procede per affermazioni categoriche, come la solita affermazione che si è soliti prendere di mira "Tutto è relativo". In quanto metafisica condotta alle sue conseguenze autocontraddittorie, il relativismo è un processo di pensiero che ha una nascita, ha un procedere, ma poi continua ancora a procedere, non ha delle conclusioni.

È questo il vero relativismo che sfido chiunque a confutare. Voglio precisare che la mia sfida non ha nulla di battagliero: ho solo interesse a scoprire i difetti di ogni cosa, e il relativismo ne ha di difetti; ma non sono certo quelli criticati dai metafisici che lo travisano.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: sgiombo il 09 Gennaio 2018, 14:03:01 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 08 Gennaio 2018, 20:50:42 PM
Citazione di: Apeiron il 07 Gennaio 2018, 12:11:51 PM
Da qui vengono immediatamente fuori tutte le autocontraddizioni della metafisica, la quale, in questo modo, se vuole essere leale, viene a trasformarsi in relativismo.

Ovviamente evito di ripetere inutilmente ancora una volta tutte le obiezioni non confutate mie e di altri (sono leggibili nel forum a iosa), per limitarmi a notare che in questa frase, a mio parere estremamente significativa dell' atteggiamento di chi la scrive, non si critica la -pretesa; e onnicomprensivamente (mal-) intesa come un tutto indistinto- "metafisica non relativistica" per suoi veri o presunti errori, in quanto "errata" o "falsa", ma la si condanna invece moralisticamente come (in quanto pretesa essere) "sleale".

Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 09 Gennaio 2018, 15:17:47 PM
Donde evitare di creare nuove polemiche non mi metto a sostenere la metafisica (personalmente non ritengo che la metafisica sia unicamente ciò che pensa Angelo, ma le nostre discussioni in merito non hanno portato a nulla) contro il relativismo (a parte quello ontologico che secondo me è un'altra forma di metafisica per come la intendo io). Quello che faccio è cercare di riassumere l'argomentazione dell'autore del testo (con cui concordo) in poche righe sulle varie forme di "relativismo" che confuta. Spero di riassumere bene... lo faccio per comodità del lettore (non perchè voglio tornare a discutere di questo argomento, almeno per ora). Se eventualmente qualcuno si accorge che non ho capito l'argomentazione dell'autore del link, lo faccia presente ;)

RELATIVISMO EPISTEMOLOGICO (o "cognitivo"...)
In questo caso la posizione è che in sostanza ogni verità è prospettica (Protagora, ad esempio) o "soggettiva". Il problema è che dire "non ci sono verità universali ma solo soggettive" ci fa (se vogliamo ancora usare la logica...) concludere che o anche la frase "non ci sono verità universali ma solo soggettive" contiene una verità soggettiva oppure che essa è una verità universale. Nel secondo caso allora non è più relativismo, nel primo caso la posizione diventa auto-contraddittoria in quanto in fin dei conti si cerca di parlare di altre prospettive quando in realtà a rigore non si potrebbe uscire dalla propria. Non a caso si dice che la propria è una prospettiva e che la propria "visione del mondo" dipende da certi condizionamenti. La stessa affermazione "non ci sono verità universali ma solo soggettive" viene esposta da un soggetto che è condizionato da certe cose piuttosto che altre e quindi anche tale affermazione è a sua volta prospettica e quindi a rigore è auto-contraddittoria perchè parla anche delle altre prospettive utilizzando la propria (e siccome la verità dipende da prospettiva a prospettiva anche la stessa affermazione "non ci sono verità universali ma solo soggettive" è dichiarata da una prospettiva e quindi a rigore non può dire nulla su altre prospettive per quanto espresso dalla posizione stesa). Se infatti la verità dipende dalla prospettiva allora anche l'affermazione ritenuta vera "la verità dipende dalla prospettiva" è a sua volta detta in una prospettiva e non può valere per tutte. Ergo questa posizione che spesso è dichiarata essere meglio delle altre è in fin dei conti inconsistente.

RELATIVISMO LINGUISTICO
In questo caso invece si mette in evidenza il condizionamento del linguaggio. Infatti in fin dei conti anche per filosofare si usa il linguaggio ed è ragionevole pensare che le mappe che ci facciamo sulla realtà dipendono dal linguaggio che usiamo. Il problema però è che estremizzare questa posizione produce un'auto-contraddizione in quanto a questo punto anche la posizione stessa è stata detta in un linguaggio specifico e quindi diviene essa stessa relativa. Quindi in nessun modo può essere presa come una verità valida per tutti i linguaggi (o tutte le grammatiche) e quindi è inconsistente.

RELATIVISMO CULTURALE
Qui il condizionamento è dato dalla cultura. Ci sono culture diverse e esse hanno valori diversi. Da qui si deduce che anche la "verità" e i valori sono dipendenti dal contesto. Il punto è che la stessa posizione viene - a rigore - fatta in un certo contesto ed ergo non può valere - a priori - negli altri contesti. Tuttavia si dice che "i valori dipendono dalla cultura in cui si è"... dicendo questo però si tenta di affermare una "verità" che vale anche per altre culture - inconsistente.

RELATIVISMO ETICO
Questa è la parte più "scottante". Empiricamente (sic!!!) osserviamo che la gente ha una miriade di opinioni su ciò che è "giusto" e ciò che è "sbagliato". Il relativismo etico afferma: "il concetto di giusto varia da soggetto (o comunità) a soggetto (o comunità), non ci possono essere valori universali". Il problema qui è più sottile perchè il relativismo etico ha anch'esso una miriade di posizioni. Una è l'a-moralismo, la negazione che sia possibile definire il concetto di "giusto". Questa posizione ha una miriade di difficoltà pratiche: se non è possibile definire il concetto di "giusto" allora ne segue che l'etica stessa è illusoria, non si possono fare giudizi e quindi A RIGORE non si può nemmeno affermare che "i peggiori crimini sono ingiusti".  Il relativismo etico solito invece dice che "giusto e ingiusto dipendono da soggetto a soggetto": qui però si ha lo stesso problema del relativismo cognitivo, ovvero che se tale posizione è presa per vera allora implica l'esistenza di una meta-prospettiva che sappia dire cosa è giusto per uno e cosa è giusto per l'altro. Inoltre ha lo stesso problema dell'a-moralismo. Se non si ammette che certe azioni sono ingiuste certamente come fa notare @Angelo si elimina il problema di "ostracizzare" per motivi indimostrati certi comportamenti ma allo stesso tempo ciò toglie qualsiasi giustificazione razionale a ritenere che certe azioni sono effettivamente "crimini" (con le ovvie conseguenze del caso). Ergo se il relativismo etico può effettivamente "vantare" la tolleranza in quanto non impone ad un soggetto X l'etica di un altro soggetto Y a rigore non dà alcuna giustificazione sul fatto che certe azioni sono effettivamente "crimini" e quindi di fatto cade nell'a-moralismo.  Ma come ha detto @sgiombo in altri lidi: relativismo =/= tolleranza, rifiuto del relativismo =/= intolleranza. Anche perchè per un relativista a rigore non c'è alcun motivo per cui un relativista può essere o meno tollerante.

RELATIVISMO STORICO
La verità (o i valori) dipende dal contesto storico. Tuttavia se ciò è vero, tale frase è stata pronunciata in un determinato contesto storico e quindi non vale per ogni contesto storico. Quindi il relativismo che dice che invece la verità muta nella storia è inconsistente.

PER TUTTE LE VARIANTI
Se il relativismo vuole presentarsi come posizione "migliore" delle altre e deve convincere gli altri ci sono due problemi. Se è definita migliore introduce una gerarchia che contraddice il relativismo stesso (in quanto se c'è la gerarchia si introduce qualcosa che non è relativo). Se cerca di convincere gli altri diventa una verità universale ma appunto se diventa una verità universale il relativismo è falso.

Secondo me questi tipi di relativismi sono confutati (i primi tre utilizzando un'argomentazione logica), il quarto invece più che altro da un punto di vista pratico (confutazione che ha senso visto che l'etica in fin dei conti è pratica) ma non solo.

Visti questi problemi i proponenti del relativismo devono anch'essi - se sono appunto disposti a fare auto-critica - cercare di risolvere tali obiezioni. Ad oggi non ho trovato alcuna risposta soddisfacente e quindi il relativismo non "mi convince". Anche perchè tali "vie di fuga" o sono anch'esse inconsistenti (dichiarando di non esserlo) o si risolvono nel rifiuto della logica stessa (e se uno rifiuta la logica non è possibile argomentare) oppure assumono una forma di solipsismo epistemologico ("posso conoscere solo ciò che è della mia prospettiva. Non faccio affermazioni sulla prospettiva altrui.") che secondo me ha i suoi problemi.

Detto questo lascio la palla chi ha voglia di discutere di queste obiezioni al relativsmo. A me cercare di confutare una posizione che è già stata (a mio giudizio, ovviamente, con le argomentazioni che ho scritto sopra) confutata non interessa più. Chi vuole continuare a discutere lo faccia, lascio volentieri l'ultima parola.

.

Buona discussione a tutti

P.S. L'autore della pagina web citata fa attacchi ad hominem. Non era mia intenzione essere d'accordo a fare attacchi ad hominem e spero che siano stati ignorati dai lettori. Ergo vorrei che chi legge i link che ho postato non prendesse ciò che dice l'autore con la mia opinione sulla cosa.

Inoltre quando ho parlato di "edificante" mi riferivo al fatto che la polemica spesso non lo è. Se in queste discussioni ho offeso qualcuno o ho usato un linguaggio non adatto al Forum me ne scuso con l'Hotel Logos. Non era comunque intenzionale.

Viceversa non ho perso l'interesse per il relativismo ontologico ma quello è un altro paio di maniche!
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 09 Gennaio 2018, 16:04:16 PM
Citazione di: Apeiron il 09 Gennaio 2018, 15:17:47 PM
Visti questi problemi i proponenti del relativismo devono anch'essi - se sono appunto disposti a fare auto-critica - cercare di risolvere tali obiezioni. Ad oggi non ho trovato alcuna risposta soddisfacente e quindi il relativismo non "mi convince". Anche perchè tali "vie di fuga" o sono anch'esse inconsistenti (dichiarando di non esserlo) o si risolvono nel rifiuto della logica stessa (e se uno rifiuta la logica non è possibile argomentare) oppure assumono una forma di solipsismo epistemologico ("posso conoscere solo ciò che è della mia prospettiva. Non faccio affermazioni sulla prospettiva altrui.") che secondo me ha i suoi problemi.
Ho già dato da parte mia la risposta alle obiezioni: tutti i tipi di relativismo elencati sono ritratti di un relativismo statico, che fa affermazioni categoriche, che giunge a conclusioni definitive. D'altra parte, chi non riesce a pensare in modo non metafisico non può comprendere il relativismo in altro modo che in questo.

Chi dovrebbe rispondere alle obiezioni è la metafisica, perché è la metafisica a fare affermazioni, mentre il relativismo le obietta che in tali affermazioni viene ignorato il soggetto. Fino ad oggi le sole risposte che ho visto dare da parte dei metafisici sono di questo tipo:

- evasione dall'obiezione posta dal relativismo: i metafisici tirano in ballo mille argomenti collaterali, ma mai si confrontano di petto con la questione centrale: l'ignoranza del soggetto;
- pura semplice ripetizione delle affermazioni metafisiche: è così perché è così;
- agitazione di pericoli, timori, paure: il relativismo non può essere accettato perché creerebbe disordini, anarchia, pericoli, mancanza di princìpi etici, crisi dei valori, mancanza di fondamenti e via dicendo; su questo ho già obiettato facendo riferimento alla barzelletta dei carabinieri che preferiscono cercare le chiavi perdute nei posti in cui è più rassicurante cercarle, e non nel luogo buio e pericoloso dove le hanno sentite cadere;
- valutazioni che non entrano nel tema, del tipo "questo discorso non vale niente...", "quest'altro non va bene...", "quello non è intelligente..."; ma questa è una cosa che è possibile fare con qualsiasi argomento senza neanche prendersi la briga di conoscerlo;
- irritazioni, nervosismo, spostamento del discorso sul piano personale.

Aspetto di conoscere qualche metafisico che affronti di petto, senza evasioni, senza mezzi termini, senza cambiare discorso, l'accusa che la metafisica ignora il soggetto.

In questo senso è curioso che sia la metafisica a fare obiezioni al relativismo, come se prima di ciò non fosse stato il relativismo a porle alla metafisica, senza mai avere risposte. Le obiezioni del relativismo alla metafisica sono precedenti per il semplice fatto che ho detto prima: il relativismo non è altro che metafisica che si sforza di essere corretta, e come tale si confronta di petto con il problema di prendere in considerazione il soggetto.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: baylham il 09 Gennaio 2018, 17:43:16 PM
A ben guardare ogni concetto di verità è soggetto alla contraddizione, suppongo per l'autoreferenzialità delle affermazioni sulla verità. 

Comunque la logica non è uno strumento del tutto adeguato alla conoscenza della realtà. In questo senso trovo che la concezione relativistica sia più realistica delle altre.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Phil il 09 Gennaio 2018, 23:03:58 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 09 Gennaio 2018, 16:04:16 PM
Aspetto di conoscere qualche metafisico che affronti di petto, senza evasioni, senza mezzi termini, senza cambiare discorso, l'accusa che la metafisica ignora il soggetto.
Non sono un metafisico (fino a prova contraria  ;D ), né esperto di metafisica, ma sostenere che la metafisica ignora il soggetto potrebbe far pensare che la metafisica non se ne sia mai occupata o lo abbia snobbato, il che mi pare storicamente falso (almeno stando alla storia della filosofia, all'antropologia filosofica e ai suoi manuali...  ;) ). 
Sui modi in cui la metafisica ha tematizzato e problematizzato il soggetto, si può certamente non concordare, tuttavia, se non erro, il soggetto è un tema trattato esplicitamente della metafisica (da S. Agostino a Pascal, da Cartesio a Fichte, etc.).
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 10 Gennaio 2018, 01:56:00 AM
Bisogna vedere in che modo viene trattato. Ovviamente io non mi riferisco al soggetto trattato come oggetto. Se si parla, ad esempio, del problema della conoscenza, del modo in cui il soggetto conosce gli oggetti, in realtà il soggetto viene oggettivizzato, perché il filosofo lo considera comunque in un modo indipendente dal discorso stesso che egli sta facendo.
Considerare il soggetto in maniera non oggettivizzata significa che chi fa un discorso qualsiasi deve tenere in considerazione che egli, come soggetto, è implicato nel discorso che sta facendo e dunque lo sta condizionando.
Ad esempio io in questo messaggio ho parlato di soggetto, ma finora ne ho parlato anch'io in maniera oggettivizzata. Ne parlo in maniera non oggettivizzata quando comincio a parlare di me stesso in quanto qui, ora, nelle cose che sto scrivendo, mentre le sto scrivendo, sono coinvolto e le sto condizionando con tutto il mio essere.
Se tu vuoi pensare a te come soggetto non oggettivizzato devi pensare a te che in questo momento, mentre stai leggendo queste parole, le stai condizionando con la tua mentalità, le caratteristiche del tuo cervello, tutto il tuo essere.
Se qualcuno vuole rispondere a questo messaggio e vuole considerare il soggetto in maniera non oggettivizzata, dovrà pensare a sé stesso nel suo presente, mentre sta scrivendo la risposta e la condizionando attraverso il proprio essere.

È questa la scintilla che fa nascere il relativismo, non è il considerare il soggetto come qualcosa di diverso dal sé del proprio presente e in quanto condizionante l'azione del proprio presente.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 10 Gennaio 2018, 02:22:58 AM
È questo il meccanismo che Gesù riuscì a far scattare quando disse "Chi è senza peccato scagli la prima pietra", come dire "Chi riesce a dimostrare di non essere un soggetto, il quale, nel momento in cui lancia la pietra (oggetto = ob-iectum = lanciato contro, proprio come la pietra che volevano lanciare) è coinvolto nella pietra che sta lanciando, la lanci, cioè parli di oggettività".
In un attimo li fece diventare tutti relativisti.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Phil il 10 Gennaio 2018, 17:30:19 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 10 Gennaio 2018, 01:56:00 AM
Bisogna vedere in che modo viene trattato.
Esatto, e (mal)trattarlo è il contrario di ignorarlo... secondo me, non c'è un solo modo possibile e legittimo di pensare al soggetto, coinvolgendolo nel filosofare, ma ce ne sono molti (questo può essere relativismo... affermare invece che chi non inquadra in un certo modo il soggetto, ignora il soggetto, è una posizione piuttosto forte, non trovi? ;) ).

Se "rimproveriamo" ai non-relativisti di aver pensato al soggetto in modo non-relativista (tautologicamente!), significa che non riusciamo a "vedere" la loro prospettiva dall'interno, ma la giudichiamo dall'esterno con i nostri criteri vincolanti... che non mi pare sia un gesto distintivo del relativismo  :)

Citazione di: Angelo Cannata il 10 Gennaio 2018, 01:56:00 AM
Ne parlo in maniera non oggettivizzata quando comincio a parlare di me stesso in quanto qui, ora, nelle cose che sto scrivendo, mentre le sto scrivendo, sono coinvolto e le sto condizionando con tutto il mio essere.
Se tu vuoi pensare a te come soggetto non oggettivizzato devi pensare a te che in questo momento, mentre stai leggendo queste parole, le stai condizionando con la tua mentalità, le caratteristiche del tuo cervello, tutto il tuo essere.
Quel "mentre", se preso alla lettera, propone uno sdoppiamento forse impossibile: riesci a pensare a te che scrivi la risposta e contemporaneamente pensare a ciò che stai scrivendo, oppure per riflettere seriamente sui condizionamenti interiori ed esteriori del tuo scrivere, devi smettere per un attimo di scrivere?
Se invece è un "mentre" più duraturo, che contempla fasi alterne di scrittura e auto-riflessione, non è necessariamente l'innesco tipico del relativismo: pensa all'introspezione degli esistenzialisti, ad esempio a Kierkegaard; era ben presente soggettivamente ("anima e core" ;D ) in ciò che scriveva, pur non essendo affatto relativista.

Citazione di: Angelo Cannata il 10 Gennaio 2018, 01:56:00 AM
Se qualcuno vuole rispondere a questo messaggio e vuole considerare il soggetto in maniera non oggettivizzata, dovrà pensare a sé stesso nel suo presente, mentre sta scrivendo la risposta e la condizionando attraverso il proprio essere.
[Riecco quell'ambiguo "mentre" :) ]
Eppure quando "penso a x", "x" diventa oggetto del mio pensare; se penso a me, alla mia mentalità, al mio essere qui ed ora, tutti questi elementi sono comunque oggetti del mio pensare a loro.
C'è il mio pensare, l'io-penso (attività) e c'è ciò che il pensiero tematizza (oggetto dell'attività): si pensa sempre a qualcosa, anche quando dirigo l'attività pensante verso aspetti che mi caratterizzano, li oggettivizzo inevitabilmente, pur riflettendo(mi)ci.

Citazione di: Angelo Cannata il 10 Gennaio 2018, 01:56:00 AM
È questa la scintilla che fa nascere il relativismo, non è il considerare il soggetto come qualcosa di diverso dal sé del proprio presente e in quanto condizionante l'azione del proprio presente.
Qui, più che il relativismo, affiora tra le righe quel "solipsismo epistemologico" a cui, se non ricordo male, si riferiva Apeiron...
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 11 Gennaio 2018, 09:42:48 AM
Certo, un relativista non può presentare la sua prospettiva come unica; è sufficiente considerare la mia come quella che io qui e ora considero la più adeguata allo scopo di prendere atto della propria soggettività.

Riguardo alla questione del "mentre", sono d'accordo sul fatto che nel pensare la propria soggettività, anche nel proprio presente, "mentre" la si realizza, ci sia comunque un atto di oggettivazione. Ritengo però che pensarvi nel proprio presente crei una specie di circolo virtuoso, ciò riconduce in continuazione, con insistenza, alla consapevolezza del proprio condizionare ogni pensiero, incluso lo stesso pensiero riguardante l'autocondizionarsi. Invece, nel momento in cui il metafisico pensa alle dinamiche soggettive senza pensare al suo proprio presente, mi sembra che si trovi più a rischio di applicare i suoi concetti dimenticando che proprio nell'applicarli li sta già soggettivizzando.

In sintesi quindi sono d'accordo con le tue obiezioni, ma mi sembra che la via che ho indicato resti la migliore, la più efficace.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: fdisa il 19 Gennaio 2018, 19:51:18 PM
Sono rimasto un po' indietro, evidentemente le notifiche non mi arrivano, mi aggiorno presto sulla discussione.

Nel frattempo, una versione più ampia e argomentata di questo breve saggio è stata pubblicata qua, se vi interessa.
https://fqxi.org/community/forum/topic/3044

È in inglese, se volete posso pubblicare una traduzione. La comunità della fondazione FQXi inoltre è una fonte interessante di materiali che spero possano destare la vostra curiosità, per chi non la conoscesse già.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 25 Gennaio 2018, 19:16:11 PM
@fdisa,

sono riusicito a risponderti solo ora.

Ho letto con interesse il tuo articolo. E ti ringrazio di averlo pubblicato su Logos.  Devo dire però che in effetti mi ha lasciato un po' perplesso alla fine (limite mio probabilmente  ;) ). Motivo per cui vorrei chiederti un chiarimanto.

A pagina 7 citi Nagarjuna (Mūlamadhyamakakārikā, 18-19) - traduzione mia:

"18
Qualsiasi cosa esiste per genesi dipendente,
è stato spiegato essere vacuità [vacuità = non-esistenza di una "essenza intrinseca" *].
Essa [la vacuità] essendo una desingazione dipendente [verità convenzionale?]
è la Via di Mezzo stessa [=la Via di Mezzo  è l'insegnamento del Buddha, secondo Nagarjuna]
19
Qualcosa che non esiste per genesi dipendente,
tale cosa non esiste [ovvero tutte le cose esistono per genesi dipendente e quindi sono vuote],
Perciò non esiste una cosa non vuota."

*Nota sul concetto di "essenza intrinseca". Per il lettore: Nagarjuna sostiene che una cosa ha una identità se e solo se esiste in modo incondizionato, ovvero se esiste indipendentemente da altro. Per esempio il concetto filosofico di "Dio" è incondizionato. Una fiamma dipendendo dalla presenza di combustibile e comburente, no. Per Nagarjuna una fiamma non ha qualcosa che le dà un'identità e tutte le cose esistono in modo condizionato, ergo tutto è "vuoto di essenza intrinseca", ovvero nulla esiste in modo indipendente e quindi identità stabili non possono essere trovate. Questa fu poi la posizione presa dalla scuola Madhyamaka  del buddhismo Mahayana.



Un ragionamento analogo lo fai tu. Per esempio dici che la velocità di un corpo ha un valore che dipende dal sistema di riferimento ecc. Fisici come Rovelli sostengono che tutta l'esistenza sia relazionale, ovvero che non esistono "enti" indipendenti, proprio come sosteneva Nagarjuna. Ovviamente se tutta l'esistenza è fatta in questo modo allora anche le nostre prospettive sul mondo non sono assolute, indipendenti, incondizionate ecc



Ergo sia per @fdisa che per Nagarjuna tutta l'esistenza è relazione. Ma proprio nella conclusione c'è una cosa che non capisco: in sostanza finisci per rigettare il principio di non-contraddizione, dicendo che dove esso non vale allora la frase "ogni verità è relativa" non è paradossale. E qui sta per me il problema che invalida tutto quanto. Ovvero perchè rigettarlo solo adesso? In fin dei conti dal tuo articolo ho letto che la velocità, il rosso ecc ma anche cose concrete come l'acqua ecc sono relazioni. Fin qui la tua prospettiva è consistente: ovvero semplicemente dici che ogni cosa è relazione (il Relazionalismo Ontologico di cui parlavamo). Poi però non ti limiti a questo, passi ad analizzare il valore epistemologico delle tue affermazioni, confondendo secondo me "verità" e "realtà" (ovvero "mappa" e "territorio"), e sostieni che allora ogni "verità" è "opinione", come dicevano tra l'altro i sofisti. Perchè passare all'epistemologia?


In sostanza, ok poniamo che tu abbia ragione e che tutte le cose siano relazioni. Ci può stare. Dire però che "tutte le cose sono relazioni" non significa dire che "tutte le verità sono opinioni", ma semplicemente significa dire una verità universale (che a meno che uno non sia platonico o simie non ritiene essere una "realtà") sulla realtà. Dire poi che "la vacuità", ovvero che tutto esiste in modo dipendente, ovviamente non ha un'esistenza intrinseca: in fin dei conti se dico che in una stanza non ci sono rinoceronti (parafrasando Russell e Wittgenstein  ;D ) non significa affermare l'esistenza di una "cosa" che corrisponde alla proprietà di "assenza di rinoceronti". Sinceramente non vedo tutto questo problema di passare dall'ontologia (intesa come creazione di mappe, concettualizzazioni, sul territorio, realtà) all'epistemologia, parlando della "relazionalità" delle verità. Sinceramente non andrei oltre all'ontologico.



Ma è anche vero che lo stesso Nagarjuna è stato interpretato in modo simile a quanto dici tu. Ma la cosa non ha prodotto altro che "sofismi". Se tu per esempio mi dici che "ogni verità è opinione (o credenza)" cadi come ben dici tu in contraddizione. Per "cavartela" assumi che il principio di non-contraddizione può non valere. Ma a questo punto che senso ha discutere se in modo aribitrario diciamo che la regola con cui si discute e con cui si cerca di conoscere la realtà (anche al solo livello di mappe e territori, senza niente di "troppo metafisico") ad un certo punto non vale più. In sostanza così chiudi il dibattito ma non hai dimostrato che hai ragione. Semplicemente dichiari di aver vinto, sostenendo che ciò che ti contraddice in fin dei conti non vale. Non voglio ovviamente essere polemico ma non riesco a capire questo tuo passaggio dall'ontologia all'epistemologia (ne avevamo tra l'altro discusso tempo fa e mi sembravi d'accordo sulla questione)  ;)



Ti segnalo però che c'è un'interpretazione scettica di Nagarjuna. Ovvero che lui criticava la nostra capacità di concettualizzare la realtà: ovvero che ogni nostra descrizione della realtà è convenzionale, non ci sono descrizioni ultime. Per esempio sempre Nagarjuna nella stessa opera afferma:


"Coloro che creano costrutti sul Buddha,
che è oltre ogni costrutto e senza esaurimento (nota mia: cosa vuol dire "esaurimento"?),
sono danneggiati dai loro costrutti:
Non riescono a vedere il Tathagatha (nota mia: sinonimo il Buddha).

Quella che è la natura del Tathagatha
è la natura di questo mondo.
Non c'è natura del Tathagatha.
Non c'è natura del mondo."


In questa interpretazione Nagarjuna sta rigettando il pensiero "essenzialistico" e sta dicendo che "la vacuità è vuota" perchè nessuna descrizione potrà mai comprendere la realtà. Questo tipo di pensiero, per esempio, appare anche in occidente. Per esempio molti pensatori cristiani dicono che Dio è ineffabile, oltre ogni concetto ecc. Nagarjuna sembra applicarlo anche a tutta la realtà, compresa quella quotidiana. In sostanza perfino descrivere una sedia è impossibile. (Segnalo di nuovo questa pagina in inglese, http://www.friesian.com/undecd-1.htm). In questo senso la filosofia di Nagarjuna è simile a quella scettica dell'Antica Grecia (= il pirronismo). E questo ha senso, dal punto di vista soteriologico del buddhismo: in fin dei conti il nirvana è la cessazione del "prapanca", ovvero della "proliferazione concettuale". Se si "trascende" (uso questa parola in quanto se non è un "trascendere" è un nichilismo) la concettualizzazione in fin dei conti si raggiunge la calma, non si distingue più tra "io" e "non-io", "interno" ed "esterno" ecc. Forse questa interpretazione scettica è ancora più fondata di quella ontologica, per quanto riguarda Nagarjuna. Su questo sempre Nagarjuna dice che "la vacuità è liberarsi da ogni opinione", idea estremamente simile a quella di Pirrone, per esempio ;)



Oppure si può arrivare alle logiche para-consistenti, vedi https://aeon.co/essays/the-logic-of-buddhist-philosophy-goes-beyond-simple-truth. Il problema di questo tipo di logiche è che in realtà non rifiutano il principio di non contraddizione per quanto riguarda la verità (e quindi l'epistemologia): infatti se io dico, per esempio, "è vero che il fiume esiste e non esiste" non dico "è vero e falso che...". In sostanza il principio di non contraddizione non può applicarsi alla verità, per definizione di "verità". Altrimenti togliendolo, l'argomentazione è priva di senso e si generano sofismi (ovviamente non sono d'accordo con Priest, l'autore dell'articolo, quando "invalida" il principio di non contraddizione nei riguardi verità - secondo me esso è un a-priori di ogni argomentazione ecc).

Sul fatto che Nagarjuna non era un relativista "epistemologico" secondo me è sufficiente dire che credeva all'esistenza dei 31 piani di rinascita (e che la vita in ciascuno di essi fosse limitata nel tempo, impermanente - "anicca" e quindi causa di sofferenza e "dukkha") ma soprattutto nel karma (e quindi in particolare l'etica era universale.).
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: fdisa il 26 Gennaio 2018, 12:07:14 PM
Grazie per la tua lettura e risposta!

> Ergo sia per @fdisa che per Nagarjuna tutta l'esistenza è relazione. Ma proprio nella conclusione c'è una cosa che non capisco: in sostanza finisci per rigettare il principio di non-contraddizione, dicendo che dove esso non vale allora la frase "ogni verità è relativa" non è paradossale. E qui sta per me il problema che invalida tutto quanto. Ovvero perchè rigettarlo solo adesso? In fin dei conti dal tuo articolo ho letto che la velocità, il rosso ecc ma anche cose concrete come l'acqua ecc sono relazioni. Fin qui la tua prospettiva è consistente: ovvero semplicemente dici che ogni cosa è relazione (il Relazionalismo Ontologico di cui parlavamo). Poi però non ti limiti a questo, passi ad analizzare il valore epistemologico delle tue affermazioni, confondendo secondo me "verità" e "realtà" (ovvero "mappa" e "territorio"), e sostieni che allora ogni "verità" è "opinione", come dicevano tra l'altro i sofisti. Perchè passare all'epistemologia?

Hai ragione, devo ammettere che l'ordine dovrebbe essere inverso; l'articolo è un adattamento di un lavoro in corso che è stato un po' frettoloso, per via della scadenza del bando, e ho dovuto piegarlo alle sue esigenze. Se si legge prima la dichiarazione epistemologica (tutte le verità sono relative) e poi quella ontologica (tutte le COSE sono relative) forse acquista più linearità. È per questo che nel teso ho inserito un forzoso "facciamo un passo indietro...".

> Ma è anche vero che lo stesso Nagarjuna è stato interpretato in modo simile a quanto dici tu. Ma la cosa non ha prodotto altro che "sofismi". Se tu per esempio mi dici che "ogni verità è opinione (o credenza)" cadi come ben dici tu in contraddizione. Per "cavartela" assumi che il principio di non-contraddizione può non valere. Ma a questo punto che senso ha discutere se in modo aribitrario diciamo che la regola con cui si discute e con cui si cerca di conoscere la realtà (anche al solo livello di mappe e territori, senza niente di "troppo metafisico") ad un certo punto non vale più. In sostanza così chiudi il dibattito ma non hai dimostrato che hai ragione. Semplicemente dichiari di aver vinto, sostenendo che ciò che ti contraddice in fin dei conti non vale. Non voglio ovviamente essere polemico ma non riesco a capire questo tuo passaggio dall'ontologia all'epistemologia (ne avevamo tra l'altro discusso tempo fa e mi sembravi d'accordo sulla questione) 

Il mio procedimento è in realtà simile a quello della "vacuità della vacuità". Il passaggio molto schematicamente è "ogni verità è relativa" > "è relativo che ogni verità è relativa?" > ""è relativo che ogni verità è relativa?" è relativo" > ecc.

Questa è un'affermazione epistemologica. Ma se con N. affermo che non solo ogni verità, ma ogni cosa è relativa, il discorso vale pari pari dal punto di vista ontologico.

In generale, per la maggioranza è più difficile mandare giù la questione ontologica che epistemologica, per questo ho toccato anche quella...
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 26 Gennaio 2018, 18:17:30 PM
@fdisa grazie della risposta!

Personalmente sono molto più perplesso dal relativismo epistemico di quello ontologico. Il primo nega le verità universali (con ogni conseguenza possibile). Se è vero il primo infatti anche "tutte le cose sono vuote" è una contraddizione, una falsità. Il secondo invece dice che "tutte le cose sono vuote", dice una verità universale e non ha alcuna contraddizione  ;) 

Secondo me quello ontologico è molto più profondo e interessante. E credo che sia quello che ad esempio Rovelli espone nella sua teoria relazionale  :)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Il_Dubbio il 27 Gennaio 2018, 01:24:11 AM
il relativismo assoluto vuol dire che: la somma dei relativi è assoluta

la ballerina gira a destra o a sinistra o, ugualmente e senza contraddizione, gira in entrambi i sensi.

Qualcuno diceva che le cose nascono per un qualche tipo di relazione e non c'è nulla di assoluto. Ma le relazioni causano dei relativi. A parte il fatto che il meccanismo di relazione deve pur essere un assoluto (altrimenti non avremmo alcuna relazione),  in ogni caso ogni relativo è vero perchè fa parte di un insieme di relativi. L'insieme ha un valore assoluto.

Le nostre verità soggette ai nostri principi, per esempio di non contraddizione, fanno parte di sottoinsiemi. Ad esempio se diciamo tutti che la Luna brilla nel cielo e nessuno ha mai messo in dubbio questa verità, vuol dire che il sottoinsieme delle verità relative riguardanti la Luna sono vere. Nulla vieta di supporre una verità assoluta dove la Luna è assente nella visione assoluta nell'insieme dei relativi.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 27 Gennaio 2018, 10:18:30 AM
Com'è possibile parlare di assoluto, visto che, appena lo pensiamo, lo stiamo già facendo dipendere dalla nostra mente? Assoluto da cosa?
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 28 Gennaio 2018, 12:55:44 PM
@fdisa forse ho generato un po' di confusione.

L'esistenza relativa significa che una cosa non esiste per sé stessa ma come conseguenza di altro. Per esempio un albero esiste in conseguenza dell'attività solare, del seme ecc quindi non esiste indipendentemente dal resto delle cose. Per Nagarjuna ciò significa che esso è "vuoto" di "esistenza intrinseca" e quindi di "identità". Il che è un ragionamento interessante, in fin dei conti. Il relativismo ontologico dice che tutte le cose sono come l'albero, ovvero esistono grazie a determinate condizioni.

Il fatto che la "vacuità" sia vuota secondo me singifica semplicemente che anche il relativismo ontologico è una mappa, ovvero è un modello ontologico. Ma se ogni cosa in fin dei conti è priva di una identità proprio (perchè non può esseere pensata separata dal resto) allora segue chiaramente che in un certo senso "non esiste". In sostanza a livello "fondamentale" non c'è nessun "ente" e la vacuità stessa è una semplice mappa. Mappa che però per Nagarjuna è certamente la migliore. Tuttavia di per sé il relativismo è una "verità universale" (e NON assoluta...).

Dire che però Nagarjuna, per esempio, fosse un relativista epistemico è dire un'altra cosa. In sostanza mentre per Nagarjuna tutti i soggetti se liberi dall'illusione (avidya) concordano sul fatto che la mappa del relativismo ontologico è la migliore (e quindi anche sul fatto che nessun ente in realtà esiste - "no-thingness", nessuna cosa...). Il relativismo epistemico però è una posizione ben diversa: una mappa universale non ci può essere. Il punto è che dire questo significa cadere in contraddizione. Ma a questo punto non c'è più alcun criterio per capire cosa è vero e cosa non lo è ecc. Questa è la differenza tra i due relativismi. Per un relativista epistemico è impossibile che tutti i soggetti concordino che è vero il relativismo ontologico (o "genesi dipendente" o "vacuità").

Ma è anche vero che forse Nagarjuna aveva intenzione di "trascendere" anche la posizione del "no-thingness", andando oltre ogni opinione. Trascendendo quindi ogni "opinione" si sarebbe raggiunta l'imperturbabilità (ma ciò significa che la "realtà" non può essere concettualizzata... ma ciò non toglie che la "vacuità" sia la migliore mappa).

Quindi mentre l'ontologia riguarda la creazione di modelli sulla realtà, l'epistemologia riguarda il rapporto tra modelli e realtà. Dire che però nessun modello riesce ad "afferrare" la realtà-così-com'è è ben diverso da dire che non esistono modelli migliori di altri, che non esiste un modello migliore di tutti ecc. Anzi è una posizione molto radicale e ha un obbiettivo preciso: l'imperturbabilità (un po' come Pirrone, il quale tra l'altro forse è stato influenzato da alcuni monaci indiani). Ma non credo proprio che Nagarjuna rifiutasse il principio di non-contraddizione: in fin dei conti la sua religione (il buddhismo) mira alla realizzazione della "realtà-così-come-è"... Non direbbe mai che non è possibile realizzarla  :) 

Non so se mi sono spiegato meglio
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Phil il 28 Gennaio 2018, 16:28:20 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 27 Gennaio 2018, 01:24:11 AM
Qualcuno diceva che le cose nascono per un qualche tipo di relazione e non c'è nulla di assoluto. Ma le relazioni causano dei relativi. [...] il meccanismo di relazione deve pur essere un assoluto (altrimenti non avremmo alcuna relazione) 
Secondo me, il meccanismo di relazione in-solubile (più che as-soluto) è la relazione mente/mondo: i problemi della fondazione dell'identità, della relazione fra le identità, dell'identità della presunta verità, etc. originano tutti dalla relazione (biologica, anzitutto) mente-mondo. Relazione che è di per sé relativa (immanente) a ogni mente che si relaziona al mondo, secondo quel prospettivismo inaggirabile del vivere coscientemente in prima persona (e quindi il mondo è sempre, di base, il "mio" mondo, il mondo-per-me, relativo alla mia relazione con esso... ed ecco perché gli altri potrebbero essere zombie, potrei essere una farfalla che sogna, etc.).

Citazione di: Apeiron il 28 Gennaio 2018, 12:55:44 PM
Il fatto che la "vacuità" sia vuota secondo me singifica semplicemente che anche il relativismo ontologico è una mappa, ovvero è un modello ontologico. Ma se ogni cosa in fin dei conti è priva di una identità proprio (perchè non può esseere pensata separata dal resto) allora segue chiaramente che in un certo senso "non esiste". In sostanza a livello "fondamentale" non c'è nessun "ente" e la vacuità stessa è una semplice mappa.
Direi che è tuttavia una mappa in cui non sono tracciate frontiere (che separano le identità), senza nomi di città, mari o monti (che identificano), senza nemmeno le linee delle coordinate topografiche (che sono una meta-mappa arbitraria, assente nel territorio tangibile).
A questo punto, più che una mappa, otteniamo un ritratto, una foto in scala, che magari non ci dice molto, proprio perché in fondo nemmeno la realtà ci dice molto spontaneamente, siamo piuttosto noi a farla "parlare" dal nostro ventre (scienziati e filosofi sono ventriloqui! ;D ), estorcendole informazioni basate sulle identità che noi stessi circoscriviamo convenzionalmente.
Intendiamoci: ciò è estremamente utile, ormai inevitabile, ci serve a muoverci nel mondo, a impostare il gioco della vita razionalizzata in società (anche se talvolta significa fantasticare su un'ontologia che possa guidarci oltre l'orizzonte umano, fino all'agognata cosa-in-sè).

Citazione di: Apeiron il 28 Gennaio 2018, 12:55:44 PM
Ma è anche vero che forse Nagarjuna aveva intenzione di "trascendere" anche la posizione del "no-thingness", andando oltre ogni opinione. Trascendendo quindi ogni "opinione" si sarebbe raggiunta l'imperturbabilità (ma ciò significa che la "realtà" non può essere concettualizzata... ma ciò non toglie che la "vacuità" sia la migliore mappa).
La presunta realtà può essere concettualizzata (e infatti lo è), ma farlo significa imporre una sovrastruttura alla realtà, un filtro razionalizzato che, in un certo senso, adombrandola tramite identità arbitrarie, ce la rende più oscura...
Se non c'è "qualcosa" (no-thingness), allora non c'è identità; se non c'è identità, non c'è opinione; se non c'è opinione, non c'è migliore/peggiore; se non c'è migliore/peggiore, resta solo una realtà che non è "qualcosa"  ;)

Citazione di: Apeiron il 28 Gennaio 2018, 12:55:44 PM
Quindi mentre l'ontologia riguarda la creazione di modelli sulla realtà, l'epistemologia riguarda il rapporto tra modelli e realtà. Dire che però nessun modello riesce ad "afferrare" la realtà-così-com'è è ben diverso da dire che non esistono modelli migliori di altri, che non esiste un modello migliore di tutti ecc.
Eppure, per dire che nessun modello afferra la realtà così com'è, dovremmo poter (ri)conoscere la realtà così com'è (o almeno fondare la sua possibilità): per dire che nessuno ha dato la risposta giusta, dovrei prima sapere qual'è, o almeno se c'è... la fisica newtoniana è stata la riposta giusta per molto tempo e, nella banale vita quotidiana, lo è ancora.
Uscendo dal quotidiano, per me, c'è invece una saggezza "gustosamente insipida" nel pensare che una non-mappa, sotto sotto, è la mappa migliore  :)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 29 Gennaio 2018, 12:37:15 PM
PHIL
Direi che è tuttavia una mappa in cui non sono tracciate frontiere (che separano le identità), senza nomi di città, mari o monti (che identificano), senza nemmeno le linee delle coordinate topografiche (che sono una meta-mappa arbitraria, assente nel territorio tangibile).
A questo punto, più che una mappa, otteniamo un ritratto, una foto in scala, che magari non ci dice molto, proprio perché in fondo nemmeno la realtà ci dice molto spontaneamente, siamo piuttosto noi a farla "parlare" dal nostro ventre (scienziati e filosofi sono ventriloqui! (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif) ), estorcendole informazioni basate sulle identità che noi stessi circoscriviamo convenzionalmente.
Intendiamoci: ciò è estremamente utile, ormai inevitabile, ci serve a muoverci nel mondo, a impostare il gioco della vita razionalizzata in società (anche se talvolta significa fantasticare su un'ontologia che possa guidarci oltre l'orizzonte umano, fino all'agognata cosa-in-sè).

Risposta di APEIRON
Sì concordo che in ultima analisi la "vacuità della vacuità" costringe ad abbandonare tutte le mappe e quindi di fatto non è una mappa. In genere tale espressione secondo me ha due significati, non necessariamente distinti. Primo: la vacuità non è una "realtà effettiva", così come l'assenza di rinoceronti non è una "cosa". L'altro significato è che come ben fai notare tu ogni mappa è un "ventriloquio", ergo per liberarsi dalla nostra prospettiva bisogna "liberarsi" da tutte le mappe, vacuità/genesi dipendente/relativismo ontologico compreso. Quello che rimane è l'esperienza diretta, aldilà di ogni costruzione concettuale.

 PHIL
La presunta realtà può essere concettualizzata (e infatti lo è), ma farlo significa imporre una sovrastruttura alla realtà, un filtro razionalizzato che, in un certo senso, adombrandola tramite identità arbitrarie, ce la rende più oscura...
Se non c'è "qualcosa" (no-thingness), allora non c'è identità; se non c'è identità, non c'è opinione; se non c'è opinione, non c'è migliore/peggiore; se non c'è migliore/peggiore, resta solo una realtà che non è "qualcosa"  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif)

Risposta di APEIRON
A livello ultimo Nagarjuna probabilmente concorderebbe con te. Ma ti direbbe che esistono, per esempio, il karma e il ciclo delle rinascite ecc. Come riuscire a concilirare queste due cose? In fin dei conti la scuola madhyamaka dice esplicitamente che il "soggetto" è un costrutto che imponiamo sulla realtà. Come superare l'empasse? Ecco, questo è una delle cose che non convince del buddhismo, specie madhyamaka. L'unica possibilità che rimane è riconoscere che "qui e ora" siamo "convinti" che le "cose" esistano. La "mappa migliore" è quella che porta alla "liberazione" da tale convinzione. Il problema è che, chiaramente, come ben fai notare non c'è né identitòà, non c'è opionione, non c'è "peggiore/migliore" a livello ultimo. A livello "convenzionale" sì, però. E per tutti gli esseri "non risvegliati" la vita "di fatto" è nella "realtà convenzionale", non ultima: ovvero per noi esistono "cose". La migliore "mappa" però è quella che, come una zattera, ci porta al realizzare la vacuità. Una volta realizzata la "no-thingness" si è trascesa la realtà convenzionale e quindi solo a questo punto si può abbandonare la distinzione tra "migliore e peggiore". Il problema della filosofia di Nietzsche è che vuole saltare dalla zattera prima del raggiungimento effettivo dell'altra sponda e questa importantissima distinzione distingue Nagarjuna e i buddhisti madhyamaka dai nichilisti, secondo me. Non a caso i buddhisti credono nell'efficacia della moralità, nel karma ecc. Nietzsche (e altri "relativisti") no. (Inoltre il karma vale allo stesso modo per tutti i soggetti, ergo è una verità universale ma non assoluta (o "ultima")).

PHIL
Eppure, per dire che nessun modello afferra la realtà così com'è, dovremmo poter (ri)conoscere la realtà così com'è (o almeno fondare la sua possibilità): per dire che nessuno ha dato la risposta giusta, dovrei prima sapere qual'è, o almeno se c'è... la fisica newtoniana è stata la riposta giusta per molto tempo e, nella banale vita quotidiana, lo è ancora.
Uscendo dal quotidiano, per me, c'è invece una saggezza "gustosamente insipida" nel pensare che una non-mappa, sotto sotto, è la mappa migliore  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/smiley.gif)

Risposta di APEIRON
Se per te una non-mappa è la migliore mappa (o più precisamente: è migliore anche della mappa migliore  :)  paradossale, no? Ma a noi i paradossi piacciono) allora direi che la tua "visione delle cose" è simile a quella del buddhismo madhyamaka. Ma qui c'è l'inghippo: questi filosofi indiani sono certamente convinti dell'esistenza di verità universali (genesi dipendente, karma, rinascite, bene/male ecc) che valgono per tutti i soggetti. Ma ironicamente a livello ultimo questi soggetti non ci sono (anatman, non-sé), quindi a livello ultimo le verità universali in realtà sono una sorta di "velo illusorio" da "oltrepassare". Ovvero: per i soggetti, per gli "esseri senzienti" ci sono verità universali. Ma è anche vero che a livello ultimo vige l'anatman secondo questa visione delle cose!

Personalmente la ritengo una filosofia molto affascinante, ma non  mi convince completamente. Paradossalmente ero più convinto del fatto che il mio "io" fosse un "epifenomemo" prima di studiare le filosofie buddhiste, advaita vedanta ecc una volta studiate seriamente però mi sono reso conto invece di quanto è "paradossale" che il mio "io" non sia sostanziale. Paradossalmente si può dire che lo studio del buddhismo mi ha fatto ri-scoprire l'io. Paradossale, no? Eppure a me i paradossi affascinano ecc
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Il_Dubbio il 29 Gennaio 2018, 19:38:12 PM
Citazione di: Phil il 28 Gennaio 2018, 16:28:20 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 27 Gennaio 2018, 01:24:11 AM
Qualcuno diceva che le cose nascono per un qualche tipo di relazione e non c'è nulla di assoluto. Ma le relazioni causano dei relativi. [...] il meccanismo di relazione deve pur essere un assoluto (altrimenti non avremmo alcuna relazione)
Secondo me, il meccanismo di relazione in-solubile (più che as-soluto) è la relazione mente/mondo: i problemi della fondazione dell'identità, della relazione fra le identità, dell'identità della presunta verità, etc. originano tutti dalla relazione (biologica, anzitutto) mente-mondo. Relazione che è di per sé relativa (immanente) a ogni mente che si relaziona al mondo, secondo quel prospettivismo inaggirabile del vivere coscientemente in prima persona (e quindi il mondo è sempre, di base, il "mio" mondo, il mondo-per-me, relativo alla mia relazione con esso... ed ecco perché gli altri potrebbero essere zombie, potrei essere una farfalla che sogna, etc.).


Questo sembra un altro giochino filosofico. Siamo sempre nella medesima situazione di quando ci domandavamo qual è la domanda migliore che potremmo fare al genio. 

Che domanda ci stiamo ponendo? Ma ancora, di cosa vogliamo parlare? Se il punto di partenza è l'esperienza che noi abbiamo del mondo, cioè se partiamo gia dal considerare la relazione tra la nostra mente e il mondo, sembra che ce la siamo gia data una risposta.
Nella mia breve risposta ho invece fatto riferimento alla relazione più che agli "oggetti" messi in relazione. Ad esempio che relazione è quella tra la mia mente e il mondo? Se fosse simmetrica, io esisto (come coscienza di me stesso) in quanto ho una relazione con il mondo. Ma posso dire, cosi allegramente, che il mondo esiste solo perchè ha una relazione con me?
Per cui questa relazione può essere di due tipi, simmetrica o a-simmetrica. Ora il punto di partenza per poter parlare di assoluti o relativi è (credo) decidere se la relazione tra le nostre menti e il mondo è di tipo simmetrico o viceversa è a-simmetrico.
Se fosse a-simmetrico credo sia possibile gia poter sostenere che la relazione tra la nostra mente e il mondo assomiglia ad (come spesso ci ricordano gli scienziati fisici) una rottura di simmetria. Rompendosi la simmetria secondo me è chiaro che non è possibile piu sostenere che la relazione tra la nostra mente e il mondo determini in qualche modo il mondo stesso, per cui dobbiamo dare per scontato anche che il mondo è un oggetto che esiste a prescindere dalla nostra mente. Per cui il mondo è reale, mentre noi ci illudiamo di vederlo cosi com'è intrinsecamente ma non è vero. Il mondo è un oggetto che ha una sua realtà intrinseca.

Tutti i discorsi filosofici quindi io credo si dissolverebbero se stabiliamo quale risposta dare alla domanda: la nostra relazione con il mondo è simmetrica o a-simmetrica?
Credo che le domande (filosofiche) risulterebbero ancora interessanti se si stabilisse che la risposta sia la prima. Ma non credo si possa scavalcare questa domanda e passare immediatamente alle relazioni tra gli oggetti se non abbiamo ancora capito quale sia e di che tipo sia questa relazione.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Il_Dubbio il 29 Gennaio 2018, 20:39:57 PM
in un certo senso io sono dalla parte della "vacuità" di certi discorsi filosofici. Chiaramente il discorso filosofico nasce nella nostra mente, e potremmo anche stabilire che il mondo reale la fuori abbia contribuito a creare nelle nostre menti certi discorsi filosofici. Se la relazione che hanno i nostri discorsi (filosofici o meno) con il mondo esterno fossero simmetrico, sembrebbe che la fuori ci siano i nostri discorsi filosofici. E' mai possibile?
Allora come nascono questi discorsi se non esiste nulla la fuori che assomiglia ad un discorso filosofico?
E' chiaro che se non c'è simmetria, mente e realtà fuori sono entità che vivono in relazione ma che sono anche entità esistenti non dipendi dalla loro relazione.
Quello che pensa il filosofo non dipende dalla realtà, e la realtà non dipende da quello che pensa il filosofo.

Per finire, se la relazione fosse assimetrica sarebbe una relazione vera per tutti i soggetti. Per cui non è possibile dire che ogni relazione raggiunge una verità (per dirla in altro modo, che tutto è relativo e questo sarebbe l'assoluto), o che sia la relazione a identificare una realtà. La realtà esisterebbe a prescindere dalle relazioni.

Come ho gia detto sopra, sarebbe molto più interessante se la risposta fosse per una relazione simmetrica. Ma non credo che si possa dire che queste due idee (simmetria o assimetria) siano relative. Relative a cosa? O vale una o l'altra...per cui il tipo di relazione (come ho tentato di dire due post prima di questo) è di tipo assoluto.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Phil il 29 Gennaio 2018, 22:25:22 PM
Citazione di: Apeiron il 29 Gennaio 2018, 12:37:15 PM
L'unica possibilità che rimane è riconoscere che "qui e ora" siamo "convinti" che le "cose" esistano. La "mappa migliore" è quella che porta alla "liberazione" da tale convinzione. Il problema è che, chiaramente, come ben fai notare non c'è né identità, non c'è opionione, non c'è "peggiore/migliore" a livello ultimo. A livello "convenzionale" sì, però. E per tutti gli esseri "non risvegliati" la vita "di fatto" è nella "realtà convenzionale", non ultima: ovvero per noi esistono "cose".
Le due realtà, convenzionale e "ultima" (che sarebbe poi "prima", sia onto-logicamente che crono-logicamente), sono due prospettive che comportano uno strabismo quasi schizofrenico (il rischio c'è  ;D ), ma che, in fondo, secondo me, non si escludono necessariamente: pur avendo intuito la realtà ultima, posso attenermi alle regole del "gioco di società" che mi circonda, secondo il quale esistono cose, identità, valori, il mio "io", etc.
Non sono convinto che intravvedere la realtà ultima sia un punto di non ritorno, anzi... non scommetterei che una volta compresa la realtà ultima, il mio corpo debba sublimarsi in un raggio di luce o ascendere nel paradiso dei Budda  ;D  e anche le presunte verità assolute (non parlo da buddista!) risultano plausibilmente tali solo nella realtà convenzionale, poiché in quella "ultima" la categoria di verità o di contraddizione non potrebbero (im)porsi; il karma, i piani dell'esistenza, etc. fanno parte della narrazione convenzionale che invita ad orientarsi verso l'altra realtà, tuttavia costituiscono, sempre secondo me, l'ultimo bordo della zattera da lasciarsi alle spalle quando si tratta di scendere...

Per mediare fra le due realtà. si tratterebbe piuttosto di (re)installarsi nel "mondo" da cui si è partiti (vedi "parabola del bue"), seppur con una consapevolezza profondamente differente, che ci faccia tenere a mente che la convenzionalità per cui ci affaccendiamo, è una sovrastruttura artificiale che si erige a picco sulla realtà ultima (forse non c'è altra alternativa all'affaccendarsi... anche in un monastero avremmo faccende convenzionali da sbrigare, seppur con serafica serenità  :) ).


Citazione di: Il_Dubbio il 29 Gennaio 2018, 19:38:12 PM
Che domanda ci stiamo ponendo? Ma ancora, di cosa vogliamo parlare? Se il punto di partenza è l'esperienza che noi abbiamo del mondo, cioè se partiamo gia dal considerare la relazione tra la nostra mente e il mondo, sembra che ce la siamo gia data una risposta. [...] Ma posso dire, cosi allegramente, che il mondo esiste solo perchè ha una relazione con me?
Non ho confuso il "mondo-in-sé" con il "mio mondo": ho affermato che il mio mondo (in quanto pensato da me) si fonda nella mia relazione prospettica con il mondo(-in-sé), non che "il mondo(-in-sé) esiste perché ha una relazione con me" (non sono così idealista  ;D ).
Il mondo-in-sé è un presupposto onto-logico, il mio mondo è un vissuto come minimo neuro-logico, che mi spinge ad essere "ventriloquo" del mondo-in-sé che interrogo, facendogli parlare la mia lingua secondo le mie categorie mentali, trasformandolo in mio mondo (e magari anche della comunità culturale in cui vivo).

Citazione di: Il_Dubbio il 29 Gennaio 2018, 19:38:12 PM
Per cui questa relazione può essere di due tipi, simmetrica o a-simmetrica. Ora il punto di partenza per poter parlare di assoluti o relativi è (credo) decidere se la relazione tra le nostre menti e il mondo è di tipo simmetrico o viceversa è a-simmetrico.[...] Ma non credo che si possa dire che queste due idee (simmetria o assimetria) siano relative. Relative a cosa? O vale una o l'altra...per cui il tipo di relazione (come ho tentato di dire due post prima di questo) è di tipo assoluto.
Secondo me, simmetria e asimmetria fra mente e mondo, sono inevitabilmente relative (immanenti e contingenti) alla stessa mente umana che pensa il problema della relazione mente-mondo...
Per decidere su asimmetria o simmetria, dovremmo infatti rispondere alla meta-domanda: come verificare che tale relazione sia simmetrica o asimmetrica, se non prescindendo/uscendo dalla relazione mente-mondo? Davvero è possibile andare oltre tale relazione, oppure ogni congettura sulla relazione mente-mondo partirà viziosamente dall'interno della stessa relazione mente-mondo (e quindi non potrà essere "oggettivamente attendibile" nel discriminare asimmetria e simmetria)?

Restando nella relazione mente-mondo (ammesso e non concesso che sia possibile uscirne, almeno da vivi  ;) ), forse il modo più innocuo di pensare al mondo (inteso come realtà), salvaguardandolo dalla deformazione della mente individuale, è cercare quella visione della realtà "ultima" a cui si riferiva Apeiron coinvolgendo il buddismo: più sospendiamo i meccanismi razionali gnoseologici, più il nostro punto di vista perde di "mentalità umana" e diventa quasi, asintoticamente, esperienza del mondo in sé, per quanto umanamente possa essere compreso (ma non scientificamente "spiegato").
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Il_Dubbio il 30 Gennaio 2018, 00:02:42 AM
Citazione
Secondo me, simmetria e asimmetria fra mente e mondo, sono inevitabilmente relative (immanenti e contingenti) alla stessa mente umana che pensa il problema della relazione mente-mondo...
Per decidere su asimmetria o simmetria, dovremmo infatti rispondere alla meta-domanda: come verificare che tale relazione sia simmetrica o asimmetrica, se non prescindendo/uscendo dalla relazione mente-mondo? Davvero è possibile andare oltre tale relazione, oppure ogni congettura sulla relazione mente-mondo partirà viziosamente dall'interno della stessa relazione mente-mondo (e quindi non potrà essere "oggettivamente attendibile" nel discriminare asimmetria e simmetria)?

Se ci si chiede come verificare una o l'altra relazione vuol dire che non ci troviamo piu in ambito filosofico ma scientifico.  Cioè se non so dare una risposta prima ancora di una verifica sperimentale vuol dire che non so che pesci prendere per cui aspetto il responso di una sperimentazione. Nemmeno una teoria scientifica funzionerebbe in questi termini. Una teoria scientifica da delle risposte, poi la verifica sperimentale stabilisce se quelle erano giustificate o meno.

Però io sono molto fermo sulla questione che riguarda il tipo di domanda che ci poniamo.
Siccome so che questo mio intendo parte da molto lontano ripropongo (solo visualizzato) l'interrogativo che facevo nel vecchio forum.
https://www.riflessioni.it/forum/filosofia/13458-cose-una-domanda.html

il fatto che io ponga come base, per future congetture, una domanda è di vitale importanza.
come scrivevo allora: ammettendo che le balene esistano, in che modo esiste una domanda sulle balene?

Esiste una relazione fra il mondo osservato dalla mente e le domande che ci poniamo su questa relazione? Secondo me è qui che si instaura la frattuta fra il mondo esterno  e la mente. Come infatti, è difficile rispondere a questa domanda in quanto le domande non hanno spessore oggettivo. Non c'è qualcosa (che all'epoca chiamavo spessore, come un anello di un albero) che faccia da relazione tra il mondo e la mente che corrisponda ad una domanda.
La domanda rappresenta, in questo contesto, il punto di relazione tra la mente ed il mondo esterno.
Potremmo anche dire che la tipologia delle domande siano relative, ma non credo siano relative la motivazione che le scatenano.
Per cui la domanda E' la relazione.
Il mondo esterno e la nostra mente sono collegate da domande. Il tipo di domanda può essere relativo al contesto, ma ciò che le scatena ha il "profumo" di assoluto.
Chiaramente qui per assoluto intendo ciò che non dipende da altro se no da se stesso e per giunta valga per ogni tipo di relazione dello stesso tipo.

Non voglio dire che non si possa essere coscienti del mondo senza porsi delle domande, ma il tipo di relazione con il mondo vien posto da una domanda.
Fateci caso, pensateci. Siete soli su una montagna guardando l'orizzonte. Siete coscienti di essere li in quel momento e tutto sembra cosi bello. Siete presi dalla bellezza che quasi vi dimenticate di essere voi a vedere quell'orizzonte. All'improvviso vi chiedete qualcosa: sono veramente io che sto guardando l'orizzonte?  Quella è la frattura. Quella domanda vi manda in tilt...

la filosofia, ma non solo, è fatta di domande. Noi non esisteremmo come specie umana se non avessimo incominciato a farci domande. Ma credo sia opportuno incominciare a guardare alle domande come un anello di congiunzione, ovvero una relazione fra il mondo esterno e noi.
Dove si dice che le cose esistono perche esiste una relazione fra loro, deve valere la relazione come un assoluto.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Mymind il 30 Gennaio 2018, 10:06:07 AM
Io più che di un relativismo assoluto, parlerei della relativizzazione dell'assoluto all'interno dell'individuale in un determinato momento, che può modificarsi o meno producendo un susseguirsi di assoluti-individuali.
Come se l'assoluto fosse rappresentato dallo 0 e tutti gli altri numeri rappresentassero il relativo; quindi tramite i numeri possiamo arrivare allo 0, ma cambiando sempre il modo con cui arrivarci (individualità dell'attimo). Ovviamente non sarà un vero assoluto(che si rappresenterebbe meglio col simbolo dell'infinito e quindi irraggiungibile) ma un assoluto-personale, anche se pare un termine contraddittorio(credo sia un limite dell'utilizzo delle parole, spero Wittgenstein mi perdoni)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 30 Gennaio 2018, 15:28:39 PM
PHIL
Le due realtà, convenzionale e "ultima" (che sarebbe poi "prima", sia onto-logicamente che crono-logicamente), sono due prospettive che comportano uno strabismo quasi schizofrenico (il rischio c'è  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif) ), ma che, in fondo, secondo me, non si escludono necessariamente: pur avendo intuito la realtà ultima, posso attenermi alle regole del "gioco di società" che mi circonda, secondo il quale esistono cose, identità, valori, il mio "io", etc.
Non sono convinto che intravvedere la realtà ultima sia un punto di non ritorno, anzi... non scommetterei che una volta compresa la realtà ultima, il mio corpo debba sublimarsi in un raggio di luce o ascendere nel paradiso dei Budda  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif)  e anche le presunte verità assolute (non parlo da buddista!) risultano plausibilmente tali solo nella realtà convenzionale, poiché in quella "ultima" la categoria di verità o di contraddizione non potrebbero (im)porsi; il karma, i piani dell'esistenza, etc. fanno parte della narrazione convenzionale che invita ad orientarsi verso l'altra realtà, tuttavia costituiscono, sempre secondo me, l'ultimo bordo della zattera da lasciarsi alle spalle quando si tratta di scendere...

Per mediare fra le due realtà. si tratterebbe piuttosto di (re)installarsi nel "mondo" da cui si è partiti (vedi "parabola del bue"), seppur con una consapevolezza profondamente differente, che ci faccia tenere a mente che la convenzionalità per cui ci affaccendiamo, è una sovrastruttura artificiale che si erige a picco sulla realtà ultima (forse non c'è altra alternativa all'affaccendarsi... anche in un monastero avremmo faccende convenzionali da sbrigare, seppur con serafica serenità  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/smiley.gif) ).

Risposta di APEIRON

Penso che almeno certi buddhisti Mahayana sarebbero d'accordo con te! E anzi su questo è nata la controversia tra i Mahayana e le altre scuole del "primo buddhismo", Theravada compreso. Nel Theravada una volta "raggiunto" il Risveglio, una volta che si è compresa la "verità ultima", non c'è più nient'altro da fare: il monaco continua la sua esistenza enll'imperturbabilità fino alla morte fisica. Alla morte cessano tutte le sensazioni ecc e "rimane" solo l'incondizioato, il nirvana (lo status del monaco risvegliato come forse avrai sentito è indescrivibile). L'idea è però che ottenere la verità ultima corrisponde alla cessazione. Già però prima dell'anno zero alcuni gruppo ritenevano che in realtà i monaci discepoli non avevano finito "il cammino", visto che, secondo loro, esso finisce con la "Buddhità". In sostanza questi monaci erano in disaccordo sul fatto che la cessazione fosse permanente - quasi che fosse un "reame" altro da quello nostro. E nacque l'idea del "nirvana non permanente": in questo "stato" è possibile ritornare nel samsara per aiutare gli esseri senzienti. Ergo l'idea che dici tu del fatto che nemmeno la verità ultima è definitiva ha un riflesso anche dal punto di vista - diciamo - esistenziale. Se niente è fisso, d'altronde, non c'è nemmeno il concetto di "irreversibilità" (ovviamente il "beato" che ritorna non è lo stesso di quello che è "partito", non è differente ecc). In fin dei conti N. (il nostro amico Nagarjuna) diceva che l'obbiettivo della dottrina della "vacuità" non era quello di creare una nuova visione delle cose, ma di liberare la mente da ogni visione delle cose. Da qui la famosa (e malcompresa) equazione samsara=nirvana. Ovviamente un Theravada che si rifà al buddhismo più "antico" tutto questo è problematico: alla morte fisica del "risvegliato" vi è la "fine". Se le ho sparate grosse sul "nirvana non eterno" ( apratisthita-nirvana) spero che il @Sari mi bacchetti a dovere. Comunque lo stesso N. dice chiaramente che "l'obbiettivo è liberarsi da ogni visione delle cose", quindi non mi sorprenderebbe se anche il suo testo va letto in quest'ottica (in fin dei conti a livello di verità ultima ci dice che non possiamo dire né che le cose nascono né che vengono distrutte né che non esistono né che non non-esistono né che sono permanenti ecc)

Per quanto mi riguarda concordo con te. Secondo me voler "scappare" dal mondo "convenzionale" ha senso fino ad un certo punto. La cosa da cui dobbiamo scappare sono le illusioni, i modi sbagliati di vivere ecc, non dobbiamo scappare dalla vita. In sostanza non dobbiamo "essere schiavi" delle convenzioni ma dobbiamo vederle per quello che sono, strumenti per noi. Ma dimenticare le convenzioni secondo me porta fuori strada. Su questo direi che sono d'accordo. Ma come forse hai capito, secondo me le concettualizzazioni sono più di convenzioni  ;)



Il problema che ho con i relativismi "occidentali" è che in realtà rimuovendo le gerarchie delle convenzioni finiscono per andare dritti nel nichilismo. Ma i "relativisti", gli scettici del mondo antico (Pirrone, N. ecc) erano ben consapevoli dell'importanza delle gerarchie e infatti non a caso molto spesso erano anche molto "moralisti" (nel senso che avevano un fortissimo codice etico). Di certo per quanto convenzionale fosse la morale, questi filosofi seguivano codici rigidissimi, ben diversi dalla "vita aldilà del bene e del male" di Nietzsche &co. Purtroppo questo è un punto che vedo poco sottolineato quando si fanno confronti tra il "postomodernismo", Nietzsche ecc da una parte e Pirrone, N. & co dall'altra. C'è una differenza sottile ma cruciale e per la sua sottigliezza a maggior ragione deve essere rimarcata con molta enfasi ;)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 02 Febbraio 2018, 11:06:23 AM
Perdonate l'autocitazione ma lo faccio per fare una precisazione su una parte del mio intervento. Quando ho scritto:

E anzi su questo è nata la controversia tra i Mahayana e le altre scuole del "primo buddhismo", Theravada compreso. Nel Theravada una volta "raggiunto" il Risveglio, una volta che si è compresa la "verità ultima", non c'è più nient'altro da fare: il monaco continua la sua esistenza enll'imperturbabilità fino alla morte fisica.


Ho sovrapposto due cose, in realtà. La prima è che per i Mahayana l'ideale da seguire è quello del "Bodhisattva", ovvero quello di rimanere nel samsara per aiutare "gli esseri senzienti": secondo loro gli altri "veicoli" per il Risveglio sono in qualche modo "carenti". Nel caso dei Theravada anche loro riconoscono che l'ideale "Bodhisattva" è il più alto ed eroico ma lo considerano una rarità (qualche individuo ogni migliaia di anni) e quindi consigliano il "veicolo" del "discepolo". L'altra cosa è che per alcuni Mahayana effettivamente chi finisce il percorso del "discepolo" non ha ancora raggiungo l'obbiettivo completo - ovvero la "Buddhità". Ma questo in teoria è solo una posizione di alcuni Mahayana, non di tutti (nuovamente mi affido al @Sari  :) ).

Detto questo ne approfitto per sapere come secondo voi il "relativismo ontologico" può spiegare le regolarità della natura (le cosiddette "leggi della fisica")... Non riesco a trovare alcuna risposta soddisfacente  :)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 02 Febbraio 2018, 12:24:20 PM
Citazione di: Apeiron il 02 Febbraio 2018, 11:06:23 AMDetto questo ne approfitto per sapere come secondo voi il "relativismo ontologico" può spiegare le regolarità della natura (le cosiddette "leggi della fisica")... Non riesco a trovare alcuna risposta soddisfacente  :)
Apeiron, so che sicuramente lo avrai spiegato in altri contesti, ma potresti spiegarmi precisamente cosa intendi tu per "relativismo ontologico"? Intendi solo il concetto "ogni cosa dipende da altro in termini causali" (come mi pare di ricordare da qualche post in questa discussione, ma forse mi sbaglio) o altro?
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 02 Febbraio 2018, 17:52:10 PM
@epicurus,

per "relativismo ontologico" intendo la posizione per cui ogni cosa non può esistere per sé stessa (o anche che tutto è contingente...). Per esempio un albero necessita di nutrimento, nasce se il seme trova un luogo adatto ecc. Un elettrone esiste a meno che non trovi una sua anti-particella o un protone con cui si "unisce" (per dare un neutrone - come nelle stelle di neutroni). Le rocce rimangono intatte fino a quando non interviene l'erosione. E così via. In sostanza è la negazione che ci siano cose che non siano contingenti - l'esistenza dei tutte le cose dipende dalle circostanze (ne consegue che in un certo senso sono "prive di identità propria", visto che necessitano di "altro". Per esempio un pezzo di legno può essere modellato - se avesse un'identità fissa non potrebbe succedere ciò...). E così via.

Se vuoi quindi è la posizione per cui "non ci sono cose che esistono non contingenti (o "condizionate")".
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 06 Febbraio 2018, 12:36:46 PM
Citazione di: Apeiron il 02 Febbraio 2018, 17:52:10 PM
@epicurus,

per "relativismo ontologico" intendo la posizione per cui ogni cosa non può esistere per sé stessa (o anche che tutto è contingente...). Per esempio un albero necessita di nutrimento, nasce se il seme trova un luogo adatto ecc. Un elettrone esiste a meno che non trovi una sua anti-particella o un protone con cui si "unisce" (per dare un neutrone - come nelle stelle di neutroni). Le rocce rimangono intatte fino a quando non interviene l'erosione. E così via. In sostanza è la negazione che ci siano cose che non siano contingenti - l'esistenza dei tutte le cose dipende dalle circostanze (ne consegue che in un certo senso sono "prive di identità propria", visto che necessitano di "altro". Per esempio un pezzo di legno può essere modellato - se avesse un'identità fissa non potrebbe succedere ciò...). E così via.

Se vuoi quindi è la posizione per cui "non ci sono cose che esistono non contingenti (o "condizionate")".
Grazie della spiegazione. Mi pare che l'accezione tradizionale (almeno nella filosofia occidentale) di "relativismo ontologico" sia differente, ma poco importa.

Nella tua accezione, in pratica, significa "non esistono oggetti/eventi logicamente necessari" ("necessità" intesa come "necessità logica"; o almeno io l'ho intesa così, non so tu). Allora anch'io sono relativista ontologico in questa interpretazione.  ;)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 09 Febbraio 2018, 00:20:19 AM
@epicurus, non capisco se hai capito  ;D



Necessità logica = X è un ente necessario.


Quello che sto dicendo io è un po' più forte: dico che ciascuna cosa, per così dire, deve la sua esistenza ad altro.
Per esempio io devo riuscire a mangiare per vivere. Un elettrone non deve incontrare per strada un positrone. Un fiore deve essere ben idratato. Un sasso rimane tale sotto certe condizioni...
Ergo l'ente non solo non è un ente necessario, ma non puoi pensarlo esistente se non in relazione con altro. Gli "enti" esistono quindi per "inter-dipendenza": questo influenza quello e quello influenza questo. Io necessito dell'ambiente per vivere ma allo stesso tempo io modifico l'ambiente, vivendo. Non puoi pensare né me né l'ambiente come "indipendenti" perchè interagiamo...

Il "relativismo ontologico" dice: "nessuna cosa esiste indipendentemente". Chiaramente ciò significa anche "nessuna cosa può essere concepita in modo indipendente..." e così via.

Detto questo, per curiosità, quale ti risulta essere l'"accezione tradizionale" del relativismo ontologico?
(non credo che in effetti almeno prima del 1850/1900 sia mai entrato nel pensiero occidentale... prima di allora era solo presente in molte scuole buddhiste - e solo lì, fra l'altro!)

P.S.

Forse qui capisci perchè molti buddhisti arrivano a dire che portato alle sue "naturali" conseguenze perfino dire che "ogni cosa non esiste indipendentemente" è problematico. Non a caso per loro la realtà divisa "per cose" è semplicemente una costruzione concettuale. In realtà procedendo con l'analisi, secondo loro, si scopre che non ci sono nemmeno "cose":  "no-thingness", vacuità, "shunyata" (in fin dei conti se le cose non si possono pensare indipendenti l'una dalle altre forse non si possono nemmeno considerare "cose")...

In realtà tracce di questa dottrina si notano in oriente in altre tradizioni, per esempio il daoismo. Nello Zhuangzi, composto sicuramente prima dell'introduzione del buddhismo in Cina, si legge: "la comprensione degli uomini dei tempi antichi andava lontano. Fino a dove? Così lontano che alcuni di loro non credevano che ci fossero cose [!] - così lontano, alla fine, dove nulla può essere aggiunto. Quelli di grado dopo di loro riconoscevano l'esistenza delle cose ma non riconoscevano confini tra di loro..." (Zhuangzi, Capitolo 2, tradotto dall'inglese da https://terebess.hu/english/chuangtzu.html#2)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Il_Dubbio il 09 Febbraio 2018, 10:52:06 AM
Citazione di: Apeiron il 09 Febbraio 2018, 00:20:19 AM

Quello che sto dicendo io è un po' più forte: dico che ciascuna cosa, per così dire, deve la sua esistenza ad altro.

se questa logica fosse assoluta dovrebbe valere anche per l'universo stesso. Non ti pare? Oppure l'hai già inclusa?
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 10 Febbraio 2018, 00:31:12 AM
@Il_Dubbio - come ho cercato di far notare, questa non è la mia "visione delle cose" anche se chiaramente mi affascina molto! E il dubbio che poni è serio (e non poteva essere altrimenti, visto il nickname  ;D ) secondo me.

Forse un relativista ontologico ti direbbe che il "tutto" non può essere un oggetto di indagine... oppure che non è possibile definire l'universo come più cose ecc. In sostanza potrebbe farti riflettere sull'assunzione che fai: ovvero che si può considerare il "tutto" come "cosa unica". Se ciò non è possibile, allora la tua domanda non può portare ad una vera obiezione, secondo me.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Il_Dubbio il 10 Febbraio 2018, 01:05:39 AM
Citazione di: Apeiron il 10 Febbraio 2018, 00:31:12 AM

Forse un relativista ontologico ti direbbe che il "tutto" non può essere un oggetto di indagine... oppure che non è possibile definire l'universo come più cose ecc. In sostanza potrebbe farti riflettere sull'assunzione che fai: ovvero che si può considerare il "tutto" come "cosa unica". Se ciò non è possibile, allora la tua domanda non può portare ad una vera obiezione, secondo me.

Io obietterei che l'origine dell'universo è  la stessa, quindi deve essere considerato come una cosa unica. Contrariamente l'universo non avrebbe un'unica origine e le parti che lo compongono essere scollegate fra loro tanto da comporre molti universi.  Ma ogni parte ha una sua origine e quindi essere considerata una "cosa unica". Per cui alla fine affettando ogni sua parte, si va a finire nel sostenere che ogni singola interazione è un universo.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 11 Febbraio 2018, 12:25:38 PM
Ebbene se l'universo è una cosa unica ed è originato. Come è avvenuto ciò?
1) si è originato dal nulla? Ma il nulla come fa ad originare qualcosa?
2) si è originato da altro? In tal caso non esiste indipendentemente (e quindi esiste relativamente)!
3) si è originato da sé? Ma l'auto-originazione è autocontraddittoria
4) è un processo ciclico (che non è mai iniziato e non finirà mai - altrimenti si torna ad una delle alterative sopra)? Ecco forse questa effettivamente è l'unica  ;D ma allo stesso modo se non accettiamo che il passato e il futuro esistono, il presente è "originato" da ciò che lo precedeva, ergo non esiste indipendente da altro e quindi esiste relativamente.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Il_Dubbio il 11 Febbraio 2018, 14:14:08 PM
Citazione di: Apeiron il 11 Febbraio 2018, 12:25:38 PM
Ebbene se l'universo è una cosa unica ed è originato. Come è avvenuto ciò?
1) si è originato dal nulla? Ma il nulla come fa ad originare qualcosa?
2) si è originato da altro? In tal caso non esiste indipendentemente (e quindi esiste relativamente)!
3) si è originato da sé? Ma l'auto-originazione è autocontraddittoria
4) è un processo ciclico (che non è mai iniziato e non finirà mai - altrimenti si torna ad una delle alterative sopra)? Ecco forse questa effettivamente è l'unica  ;D ma allo stesso modo se non accettiamo che il passato e il futuro esistono, il presente è "originato" da ciò che lo precedeva, ergo non esiste indipendente da altro e quindi esiste relativamente.


la mia risposta è nell'altro argomento (viaggiare nel tempo). Se ipotizzo la preesistenza degli enti non ho bisogno di pormi tutte quelle domande.
Potremmo magari chiederci perche esistano quegli enti invece di non esistere (domanda secolare) ma non perche si siano creati enti dal nulla, visto che la preesistenza negherebbe la creazione in quanto tale.

Nella mia teoria personale aggiungo solo una postilla (che potrebbe esserci o no..a me farebbe piacerebbe che ci fosse): la coscienza ha il privilegio di poter intravedere le storie e in minima parte forse anche scegliere quella che si ritiene migliore.  Ma nessuno ha capacità di creare storie  dal nulla. Per cui non ho bisogno di inventarmi un relativismo relazionale; al limite potrei pensare di relazionare la storia che io vivo con quella che scelgo ogni volta che prendo una decisione. Ma non saremmo piu nel bisogno di dover intravedere per forza la presenza di cose solo tramite la relazione fra cose, in quanto queste preesistono.

certo non mancherebbero altri dubbi da risolvere... o se forse se ne aprono di nuove. Però che l'universo sia un ente (unico) non credo possa riceve molte obiezioni.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 12 Febbraio 2018, 11:05:00 AM
Citazione di: Apeiron il 09 Febbraio 2018, 00:20:19 AMQuello che sto dicendo io è un po' più forte: dico che ciascuna cosa, per così dire, deve la sua esistenza ad altro.
Se uno mi chiedesse "ciascuna cosa deve la sua esistenza ad altro?", risponderei "spiegami meglio".

Se parliamo di una pianta o un animale è semplice: entrambi, per esempio, necessitano di acqua e di un'atmosfera. Ma quando si inizia a parlare di sassi ed elettroni le cose iniziano a complicarsi: da un certo punto di vista non necessitano di nulla per continuare ad esistere. Allora poi si devono introdurrei i controfattuali: "se ci passa sopra uno schiacciasassi allora il sasso viene distrutto, quindi deve la sua esistenza al fatto che non sia finito sotto ad uno schiacciasassi", oppure "se un elettrone si scontra con un positrone entrambi si annichiliscono, quindi l'elettrone deve la sua esistenza al fatto che non abbia incontrato un positrone".

Ok, ovviamente ritengo vere queste osservazioni, ma mi stonano un (bel) po' con l'affermazione "ciascuna cosa deve la sua esistenza ad altro". Tant'è che poi ti spingi addirittura a dire una cosa del tipo "ogni cosa deve la sua esistenza al passato", che per me stravolge completamente il discorso.

Preferisco di gran lunga il discorso messo in altri termini (come tu stesso hai fatto): tutti gli oggetti interagiscono con altri oggetti. Ecco, questa è un'affermazione più chiara e onesta.  ;D

Inoltre, questa concezione di assoluto buonsenso io non la chiamerei "relativismo ontologico", perché secondo me sarebbe forviante per molte persone, ma questo è un discorso di secondo piano.

Riguardo all'universo intero (cioè "tutto ciò che esiste", anche se fosse un multiverso), è ovvio che quando si dice "tutti gli oggetti interagiscono con altri oggetti" è indispensabile avere almeno due oggetti. Ma se si prende tutto l'universo, ovvio che non può interagire con nient'altro (per definizione). (Ed è per questo che non si può trattare l'universo come se fosse un oggetto, come non si può trattare il concetto insiemistico di universo come se fosse un insieme.) Ma, dal punto di vista filosofico, questo fatto non mi pare molto interessante qui.

Citazione di: Apeiron date=1518132019Detto questo, per curiosità, quale ti risulta essere l'"accezione tradizionale" del relativismo ontologico?
Stavo pensando alla tesi secondo cui non esiste un mondo "là fuori" oggettivo, ma che ogni individuo vive (e crea) il proprio mondo.

Citazione di: Apeiron date=1518132019
Forse qui capisci perchè molti buddhisti arrivano a dire che portato alle sue "naturali" conseguenze perfino dire che "ogni cosa non esiste indipendentemente" è problematico. Non a caso per loro la realtà divisa "per cose" è semplicemente una costruzione concettuale. In realtà procedendo con l'analisi, secondo loro, si scopre che non ci sono nemmeno "cose":  "no-thingness", vacuità, "shunyata" (in fin dei conti se le cose non si possono pensare indipendenti l'una dalle altre forse non si possono nemmeno considerare "cose")...
Secondo me tali buddisti hanno colto una verità, ma hanno tratto conseguenze sbagliate da essa. E' vero che è tramite il nostro linguaggio e i nostri schemi concettuali che decidiamo di "ritagliare" il mondo come vogliamo, ma non è che questi modi diversi di ritagliarlo generino immagini false del mondo, sono tutte immagini legittime prodotte per scopi diversi.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 12 Febbraio 2018, 13:17:09 PM
@epicurus,
più che altro ho fatto molta confusione. Quello che volevo dire è che a loro modo anche elettroni, sassi ecc non possono essere pensati esistenti senza "il resto" perchè appunto come ben dici tu in quest'ottica niente si può veramente "astrarre". Ad ogni modo, secondo me l'esistenza relativa o dipendente può avere diversi significati. Anche se, poniamo, l'elettrone non interagisse con niente (lo so che le particelle libere in fin dei conti sono un'astrazione...) comunque in linea di principio potrebbe essere distrutto. Già questo, secondo me, mostra che la sua esistenza non è "indipendente".

Ma sono d'accordo con te che già pensare in questo modo in fin dei conti è una astrazione. Per certi versi la fisica supporta l'ipotesi che ogni cosa interagisce con le altre (per esempio anche adesso, senza accorgemene, "sento" l'attrazione della galassia di Andromeda).  

Sul discorso del "relativismo ontologico"... posso capire la tua perplessità. Però il negare che ogni cosa esiste "assolutamente" come la chiameresti? Sull'acccezione tradizionale, ha il suo senso, ma secondo me è una "sottospecie" di questo. In fin dei conti "tutto interagisce" include che tutte le prospettive sono appunto prospettive, senza che vi sia contraddizione come nel caso del relativismo "epistemico".



(Riguardo alla matematica, per esempio, non riesco ad applicare tale "teoria"... per quanto riguarda la "realtà concreta" invece sono d'accordo che è vero ;) )

Per quanto riguarda i buddhisti. Fai conto che anche loro dibattono su questo, specie i tibetani (ma non ne so molto). Ad ogni modo parlano di due verità: convenzionale e ultima. "Verità" e non "bugie"  ;D

@Il_Dubbio, capisco quanto dici ma non ti pare un po' troppo "tirata" l'ipotesi dell'"universo-blocco"?  :)

P.S. @epicurus, dimenticavo poi di dirti che è molto interessante poi l'appunto sul "Tutto" come l'insieme universo!
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 12 Febbraio 2018, 15:29:34 PM
Citazione di: Apeiron il 12 Febbraio 2018, 13:17:09 PM
Quello che volevo dire è che a loro modo anche elettroni, sassi ecc non possono essere pensati esistenti senza "il resto" perchè appunto come ben dici tu in quest'ottica niente si può veramente "astrarre". Ad ogni modo, secondo me l'esistenza relativa o dipendente può avere diversi significati. Anche se, poniamo, l'elettrone non interagisse con niente (lo so che le particelle libere in fin dei conti sono un'astrazione...) comunque in linea di principio potrebbe essere distrutto. Già questo, secondo me, mostra che la sua esistenza non è "indipendente".

Ma sono d'accordo con te che già pensare in questo modo in fin dei conti è una astrazione. Per certi versi la fisica supporta l'ipotesi che ogni cosa interagisce con le altre (per esempio anche adesso, senza accorgemene, "sento" l'attrazione della galassia di Andromeda).
Ma un elettrone che non interagisce con niente non può essere distrutto perché per essere distrutto deve interagire con qualcosa. Come detto nel mio precedente post, io sostituirei il parlare forviante di "enti che necessitano altri enti per esistere" con il parlare meno problematico e preciso di "enti che interagiscono con altri enti". Sei d'accordo?

Citazione di: Apeiron il 12 Febbraio 2018, 13:17:09 PMSul discorso del "relativismo ontologico"... posso capire la tua perplessità. Però il negare che ogni cosa esiste "assolutamente" come la chiameresti?
E' quell'"esistere assolutamente" che mi da noia, perché i termini "assoluto" e "assolutamente" sono stati abusati nella filosofia, tanto da essere (secondo me) inutilizzabili senza lunghe spiegazioni, e allora tanto vale rimuovere tali termini e andare subito al sodo con le spiegazioni.  ;D

La tesi (tra l'altro davvero poco controversa) secondo cui ogni oggetto interagisce con altri oggetti la chiamerei "ontologia interattiva".  ;)

Citazione di: Apeiron il 12 Febbraio 2018, 13:17:09 PM
Sull'acccezione tradizionale, ha il suo senso, ma secondo me è una "sottospecie" di questo. In fin dei conti "tutto interagisce" include che tutte le prospettive sono appunto prospettive, senza che vi sia contraddizione come nel caso del relativismo "epistemico".
Mi puoi spiegare meglio questo punto? Perché "tutto interagisce" implica che non esistano fatti oggettivi e che ogni persona abbia un proprio mondo?

Citazione di: Apeiron il 12 Febbraio 2018, 13:17:09 PM(Riguardo alla matematica, per esempio, non riesco ad applicare tale "teoria"... per quanto riguarda la "realtà concreta" invece sono d'accordo che è vero ;) )
Diciamo che l'insieme Universo ha dei problemi di consistenza logica. Ma questo ci porterebbe troppo lontano... quello che volevo dire è che considerare l'universo fisico (cioè tutto l'esistente) come oggetto ci porta al nonsense in vari contesti (vedi anche il cercare il senso dell'universo o la sua causa).

Citazione di: Apeiron il 12 Febbraio 2018, 13:17:09 PMPer quanto riguarda i buddhisti. Fai conto che anche loro dibattono su questo, specie i tibetani (ma non ne so molto). Ad ogni modo parlano di due verità: convenzionale e ultima. "Verità" e non "bugie"  ;D
Questa separazione mi puzza.  ;D
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 12 Febbraio 2018, 17:07:20 PM
Citazione di: viator il 09 Dicembre 2017, 18:21:13 PM
Salve caro Angelo. Vedi, ciò che io ho detto dell'assoluto e ciò che tu hai capito - sia di quanto io ho detto che dell'Assoluto stesso - non c'entrano proprio con l'Assoluto. Parole e comprensione fanno infatti parte del relativo. L'Assoluto resta comunque quello che è indipendentemente dal fatto che se ne parli oppure se ne taccia. Salutoni.
Il problema è che in questo modo hai preteso di parlare di ciò che presumi indipendente dal tuo parlare. Ma appena ne parli ne è già dipendente, quindi come puoi pretendere di parlarne? Lo stesso si applica al pensarlo: appena pensi l'assoluto, esso non è più assoluto, perché sta dipendendo dalla tua mente. Quindi come fai a dire di essere riuscito a parlare dell'assoluto o essere riuscito a pensarlo?
L'assoluto non diventa assoluto solo perché tu pensi di averlo pensato tale: bisogna fare i conti con la critica del pensare l'assoluto. Come fai a dimostrare di essere riuscito a parlare dell'assoluto, a riferirti ad esso, a pensarlo, o a indicarlo ad altri, se appena fai qualunque di queste cose non puoi più sapere di cosa hai parlato, visto che l'hai immediatamente reso dipendente dalla tua mente?
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 13 Febbraio 2018, 13:58:55 PM
EPICURUS
Ma un elettrone che non interagisce con niente non può essere distrutto perché per essere distrutto deve interagire con qualcosa. Come detto nel mio precedente post, io sostituirei il parlare forviante di "enti che necessitano altri enti per esistere" con il parlare meno problematico e preciso di "enti che interagiscono con altri enti". Sei d'accordo?

APEIRON
Sì sono d'accordo  ;)  In fin dei conti l'elettrone libero non interagisce con niente (tuttavia non si può dire che sia indistruttibile...). Effettivamente i concetti sono un po' diversi... Ci si può chiedere però: esiste qualcosa che non interagisce nella natura?



EPICURUS
E' quell'"esistere assolutamente" che mi da noia, perché i termini "assoluto" e "assolutamente" sono stati abusati nella filosofia, tanto da essere (secondo me) inutilizzabili senza lunghe spiegazioni, e allora tanto vale rimuovere tali termini e andare subito al sodo con le spiegazioni.  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif)

La tesi (tra l'altro davvero poco controversa) secondo cui ogni oggetto interagisce con altri oggetti la chiamerei "ontologia interattiva".  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif)

APEIRON
Ok, secondo me "assoluto" semplicemente significa "indipendente". Se una cosa esiste in modo assoluto, allora la sua esistenza non dipende dalle condizioni "esterne" ecc per esempio "l'imperturbabilità stoica" (senza tirar fuori qualcosa di troppo "metafisico") è una calma interiore imperturbabile, indipendente da ciò che avviene, ergo è in un certo senso "assoluta". 

"Ontologia interattiva"... nome Fantastico!  :)  :)



La mia "obiezione" a questa "ontologia" è che ho dei dubbi che sia "universale"...


EPICURUS
 Mi puoi spiegare meglio questo punto? Perché "tutto interagisce" implica che non esistano fatti oggettivi e che ogni persona abbia un proprio mondo?


APEIRON
Devo essermi spiegato male. Ciò che intendevo è che se "tutto interagisce" allora non ci può essere alcuna "prospettiva superiore" che riesce a vedere, per così dire, tutta la rete di interazioni. Quindi ogni prospettiva risulta parziale, incompleta. Se ti va di leggerti una storiella indiana: leggiti quella degli uomini ciechi e dell'elefante, in cui ognuno scambiava una parte dell'elefante con l'elefante stesso. Ciò non significa però che (1) non ci sia l'elefante, (2) che non ci sia qualcosa di comune tra le prospettive, (3) che ci siano prospettive più "complete" di altre ecc quindi sì ogni "soggetto" ha la sua prospettiva (per fare un collegamento forse un po' forzato col "primo Wittgenstein" cerca di pensare alla connessione tra "io" e (mio) mondo). Nota che non è "relativismo epistemico" questa forma di prospettivismo.



Faccio notare però che effettivamente non ho detto le cose nel modo giusto. Il "prospettivismo" e l'"ontologia interattiva" ( ;D ) sono a-priori due cose diverse. Però se vi sono solo dei soggetti che interagiscono... capisci perchè dicevo che è una "sottospecie"!



EPICURUS

Diciamo che l'insieme Universo ha dei problemi di consistenza logica. Ma questo ci porterebbe troppo lontano... quello che volevo dire è che considerare l'universo fisico (cioè tutto l'esistente) come oggetto ci porta al nonsense in vari contesti (vedi anche il cercare il senso dell'universo o la sua causa).


APEIRON
Per certi versi concordo, per altri no. Ma concordo che probabilmente quando si parla di "tutto l'universo" si rischia di "andare oltre" i limiti della filosofia stessa. Con tutti i rischi del caso  :P



EPICURUS

Questa separazione mi puzza.  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif)



APEIRON
https://plato.stanford.edu/entries/twotruths-india/
https://plato.stanford.edu/entries/twotruths-tibet/


Se sei interessato (e l'inglese non ti fa fastidio  ;) ) ti consiglio questi due link. Credo che spieghino molto meglio di me la cosa  ;D (oppure chiedi al @Sari  ;D )
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 14 Febbraio 2018, 11:58:37 AM
Molto lieto che la mia espressione "ontologia interattiva" ti sia piaciuta.  ;D

Tu ti chiedi se la tesi "ogni cosa interagisce con altro" sia vera o meno. Io direi che è vera per ogni cosa presente nel nostro universo o per cui ci dovrebbe interessare qualcosa. O almeno che interessa me.  :D

Un ente che non interagisce con nulla me lo immagino come una dimensione puntiforme... ma la trovo una fantasia al massimo grado, altro che viaggi nel tempo.  :)


Citazione di: Apeiron il 13 Febbraio 2018, 13:58:55 PM
EPICURUS
Mi puoi spiegare meglio questo punto? Perché "tutto interagisce" implica che non esistano fatti oggettivi e che ogni persona abbia un proprio mondo?

APEIRON
Devo essermi spiegato male. Ciò che intendevo è che se "tutto interagisce" allora non ci può essere alcuna "prospettiva superiore" che riesce a vedere, per così dire, tutta la rete di interazioni. Quindi ogni prospettiva risulta parziale, incompleta. Se ti va di leggerti una storiella indiana: leggiti quella degli uomini ciechi e dell'elefante, in cui ognuno scambiava una parte dell'elefante con l'elefante stesso. Ciò non significa però che (1) non ci sia l'elefante, (2) che non ci sia qualcosa di comune tra le prospettive, (3) che ci siano prospettive più "complete" di altre ecc quindi sì ogni "soggetto" ha la sua prospettiva (per fare un collegamento forse un po' forzato col "primo Wittgenstein" cerca di pensare alla connessione tra "io" e (mio) mondo). Nota che non è "relativismo epistemico" questa forma di prospettivismo.

Faccio notare però che effettivamente non ho detto le cose nel modo giusto. Il "prospettivismo" e l'"ontologia interattiva" ( ;D ) sono a-priori due cose diverse. Però se vi sono solo dei soggetti che interagiscono... capisci perchè dicevo che è una "sottospecie"!
Conoscevo la simpaticissima storiella dei ciechi e dell'elefante.  ;D
Comunque dire che l'ontologia interattiva è un sottoinsieme del prospettivismo equivale a dire che l'ontologia interattiva implica necessariamente il prospettivismo. A parte che trovo ragionevole e molto sensato pensare che non vi possa essere un ente epistemico in grado di conoscere ogni cosa, ma non credo che (a livello logico) sia corretto dire che l'ontologia interattiva implichi tale prospettivismo. Possiamo ipotizzare un ente, chiamiamolo "interattivissimo" (tu potresti chiamarlo "anti-assoluto"), che interagisce con ogni altro oggetto...

Citazione di: Apeiron il 13 Febbraio 2018, 13:58:55 PM
https://plato.stanford.edu/entries/twotruths-india/
https://plato.stanford.edu/entries/twotruths-tibet/


Se sei interessato (e l'inglese non ti fa fastidio  ;) ) ti consiglio questi due link. Credo che spieghino molto meglio di me la cosa  ;D (oppure chiedi al @Sari  ;D )
Grazie, vedo che c'è moltissima carne sul fuoco qui... leggerò tutto con calma.  ;)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 16 Febbraio 2018, 14:45:14 PM
@epicurus,

ok, concordo. Quello che possiamo dire è che tra "ontologia interattiva" e "prospettivismo" ci sia una forte, diciamo, affinità. Ovvero che sono due prospettive che stanno molto bene accoppiate, anche se in effetti possono "vivere" separatamente!
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 16 Febbraio 2018, 16:17:59 PM
@Aperion.

Concordo sul loro legame.  ;)

A proposito delle teorie delle due verità... Ho letto un po', anche se ho trovato l'esposizione nell'enciclopedia di Stanford davvero confusionaria. Non ho molto da aggiungere, infatti le teorie sulle due verità sono davvero tantissime e alcune diversissime tra loro. Bisognerebbe discuterne una alla volta (o almeno raggruppando quelle similari). Come puoi immaginare, in generale ho delle critiche su come si è impostato il problema o sull'uso del linguaggio in tali contesti.  ;D
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 16 Febbraio 2018, 18:01:22 PM
EPICURUS
Ho letto un po', anche se ho trovato l'esposizione nell'enciclopedia di Stanford davvero confusionaria ... infatti le teorie sulle due verità sono davvero tantissime e alcune diversissime tra loro...

APEIRON
personalmente essendo l'argomento un po' "particolare" mi sarei aspettato di peggio (è anche vero però che la questione mi interessa da un po' di anni, quindi ci sono un po' "abituato"). Riguardo al numero di teorie, sì concordo (e non sono tutte!): questo ti fa capire quanto già i buddhisti stessi avessero idee diverse sulla questione. Il filosofo/monaco Nagarjuna è stato interpretato in moltissimi modi diversi. Ad ogni modo mi pare che si concordi su: 1) la "migliore" descrizione convenzionale del mondo è quella della Coproduzione Condizionata ("Dependent Origination") 2) a livello ultimo le distinzioni sono solo apparenti 3) a rigore la "verità ultima" è oltre ogni concettualizzazione, quindi l'unica cosa da fare è stare nel "Silenzio" ("su ciò di cui non si può parlare si deve tacere" diceva Wittgesntein). Il punto è che differiscono su come questi tre punti siano in relazione tra loro.

EPICURUS
Come puoi immaginare, in generale ho delle critiche su come si è impostato il problema o sull'uso del linguaggio in tali contesti.  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif)

APEIRON
Mi immagino che hai qualche critica sul linguaggio, ma non saprei dirti a cosa ti riferisci sui contesti, vedremo  ;D Anche perchè molti concetti in effetti per noi sono molto diversi (per capire a cosa mi riferisco magari leggiti anche qualcosa sul "samsara", "karma" ecc). Tuttavia secondo me molte di quelle teorie sono un esempio storico di "ontologia interattiva".
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 19 Febbraio 2018, 11:40:25 AM
Citazione di: Apeiron il 16 Febbraio 2018, 18:01:22 PM
1) la "migliore" descrizione convenzionale del mondo è quella della Coproduzione Condizionata ("Dependent Origination")
2) a livello ultimo le distinzioni sono solo apparenti
3) a rigore la "verità ultima" è oltre ogni concettualizzazione, quindi l'unica cosa da fare è stare nel "Silenzio" ("su ciò di cui non si può parlare si deve tacere" diceva Wittgesntein).

Il punto (1) è, come osservi tu, una versione di ciò che io ho chiamato "ontologia interattiva". Dico "una versione" perché c'è quel riferimento alla descrizione convenzionale che già fa assunzioni che io non faccio. Cioè, che vi sia una distinzione tra verità convenzionali e verità ultime. Ho letto che alcune scuole intendono questa distinzione come ontologica (ci sono fatti convenzionali e fatti ultimi), mentre altre la intendono come gnoseologica (il mondo è fatto in un unico modo, e ci sono descrizioni convenzionali di questo o descrizioni ultime).

Ancora, magari ho capito male, ma per alcuni la distinzione tra convenzionale e ultimo è solo ed esclusivamente la distinzione tra fatti composti/dipendenti e fatti atomici/indipendenti, ma per altri sembra riguardare altre questioni più profonde. Ad esempio "ogni distinzione è una verità convenzionale" non avrebbe senso interpretata come "ogni distinzione è un fatto interdipendente" perché qui si sta parlando di un concetto. Capisco dire che quel oggetto concreto o quel fatto tangibile è interconnesso a molti altri oggetti e fatti, ma dire "La negazione logica è interdipendente con altri fatti o oggetti" lo trovo insensato. Oppure posso renderlo sensato parlando di una sorta di olismo semantico, ma è un'altra cosa ben diversa.

Collegandomi al punto (2): se le distinzioni sono solo convenzionali (qui 'convenzionale' non significa più dipendente? forse significa qualcosa di simile a 'illusoriamente falso'?), allora anche la distinzione convenzionale/ultimo è apparente. Si ricade in una contraddizione così, però. (E' questo il caso di emptiness of emptiness?)

Sul punto (3): leggevo (spero di non sbagliarmi) che per alcuni la verità ultima può solo essere concettualizzata, in contrapposizione con la verità convenzionale che è concreta. Ma poi cosa significa "verità non concettuale"? Alcuni parlano di verità ultima come in termini di punti spaziali e istanti temporali... ma non sono questi tra gli esempi più forti di concettualizzazione e, alcuni potrebbero dire, di convenzionalità?

In generale, mi pare che molto spesso usino toni, argomentazioni e parole altisonanti, rischiando così molte volte di cadere in tranelli linguistici. Ma la questione è semplice: tutta la realtà (o tutta la realtà che vale la pena conoscere) interagisce. Cos'altro aggiungere a riguardo?  :D
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 19 Febbraio 2018, 12:47:14 PM
Citazione di: epicurus il 19 Febbraio 2018, 11:40:25 AM
Citazione di: Apeiron il 16 Febbraio 2018, 18:01:22 PM1) la "migliore" descrizione convenzionale del mondo è quella della Coproduzione Condizionata ("Dependent Origination") 2) a livello ultimo le distinzioni sono solo apparenti 3) a rigore la "verità ultima" è oltre ogni concettualizzazione, quindi l'unica cosa da fare è stare nel "Silenzio" ("su ciò di cui non si può parlare si deve tacere" diceva Wittgesntein).
Il punto (1) è, come osservi tu, una versione di ciò che io ho chiamato "ontologia interattiva". Dico "una versione" perché c'è quel riferimento alla descrizione convenzionale che già fa assunzioni che io non faccio. Cioè, che vi sia una distinzione tra verità convenzionali e verità ultime.

Sì ok, concordo. Però fai conto che il buddhismo non è solo filosofia, ma "soteriologia" e "vedere la realtà come essa è" è l'obbiettivo del buddhismo*. La (1) in effetti è utilizzata come la "zattera metafisica". In realtà ad un certo punto devi abbandonare anche tale "teoria" sul mondo. Detto ciò "l'ontologia interattiva" è in effetti una posizione quasi unica nella storia pre-contemporanea sia in oriente che in occidente.Ad ogni modo le cose non solo interagiscono, ma devono la loro esistenza all'interazione. Questo è un punto fondamentale. Altrimenti si potrebbe confondere la cosa con una sorta di "pluralismo" di sostanze che interagiscono ma che possono esistere anche se si rimuovono da questo contesto interattivo.

* intendo che l'ultima cosa che intendono fare è cercare di fare un  "sistema metafisico" perfetto basato sulla verità convenzionale ;)


Citazione di: epicurus il 19 Febbraio 2018, 11:40:25 AM
Ho letto che alcune scuole intendono questa distinzione come ontologica (ci sono fatti convenzionali e fatti ultimi), mentre altre la intendono come gnoseologica (il mondo è fatto in un unico modo, e ci sono descrizioni convenzionali di questo o descrizioni ultime). Ancora, magari ho capito male, ma per alcuni la distinzione tra convenzionale e ultimo è solo ed esclusivamente la distinzione tra fatti composti/dipendenti e fatti atomici/indipendenti, ma per altri sembra riguardare altre questioni più profonde. Ad esempio "ogni distinzione è una verità convenzionale" non avrebbe senso interpretata come "ogni distinzione è un fatto interdipendente" perché qui si sta parlando di un concetto. Capisco dire che quel oggetto concreto o quel fatto tangibile è interconnesso a molti altri oggetti e fatti, ma dire "La negazione logica è interdipendente con altri fatti o oggetti" lo trovo insensato.

Sì, come vedi c'è una gamma di opinioni molto grande. Grosso modo (da quanto ho capito), alcune scuole (quelle più "antiche") ritengono che c'è la distinzione "ontologica", ovvero che ci sono "realtà ultime irriducibile", tra cui il "Nirvana". La Theravada per esempio ritiene che gli aspetti irriducibili dell'esperienza (ah, altra cosa: il Buddhismo in genere parla quasi sempre della realtà che può essere "sperimentata" - è molto empirico, se non "empirista") sono 4: materia (rupa), mente (citta), fattori mentali (cetastika), Nirvana. Le prime tre però esistono come prodotti delle "interazioni", sono condizionate. Il Nirvana è l'unica realtà non-condizionata: non "sorge" e non "cessa". Ma non ti so dire molto. Non conosco molto l'Abhidhamma della scuola Theravada.

Le scuole Mahayana in genere propendono per quella gnoseologica. In sostanza dicono che ogni concettualizzazione che ci facciamo è provvisoria. Non è possibile arrivare agli "elementi irriducibili" dell'esperienza. Motivo? A causa del fatto che le "cose" interagiscono tra di loro e siccome le cose per esistere dipendono da queste interazioni, queste condizioni, non è possibile trovare una "cosa" che esiste a livello "fondamentale".

Non mi metto a cercare di interpretare quello che dice ogni scuola, ma ti dico come l'ho capita io. Se sei interessato a capire le posizioni della scuole, secondo me dovresti studiarti i loro testi o leggerti qualche libro di qualche studioso. Questo per dirti che non devi prendermi troppo sul serio. E preferisco parlare a nome della "mia interpretazione" piuttosto che dire la "scuola X dice che"... o quando lo faccio c'è un "secondo me".

Al di là delle enormi differenze tra le varie (sotto-sotto)-scuole secondo me su quanto segue sono d'accordo:

Ma tutte le scuole concordano che tutto ciò che "sorge" e "cessa" (e quindi anche "esiste") a causa di determinate condizioni non ha una "identità fissa". Infatti non può essere nemmeno pensato all'infuori della rete interattiva in cui è inserito. Ad esempio se osservi un fuoco che brucia il combustibile, noi normalmente pensiamo che la fiamma sia una cosa "distinta" dal combustibile che sta bruciando. Nella nostra immaginazione astraiamo l'oggetto "fiamma" dall'oggetto "combustibile" e diciamo che la "fiamma" per non estinguersi necessita del "combustibile". I buddhisti ti dicono che se la "fiamma" avesse una "sua" identità potrebbe esistere non solo concettualmente ma anche ontologicamente "separata" dal combustibile. In realtà la separazione in "due cose" distinte è a livello epistemologico, non ontologico. Assegniamo due "nomi" a due "cose" per un'utilità pratica. Tuttavia se studi meglio la situazione capisci che in realtà la "distinzione netta" che la nostra mente concettuale fa è sbagliata. Ma non è sbagliata nel senso che il fenomeno di combustione non sta avvenendo, è sbagliato interpretare la combustione come un'interazione tra due "cose". In realtà la divisione è puramente di comodo, convenzionale. In modo simile quando noi vediamo una pianta automaticamente tendiamo a ritenerla come un "essere" che è "astratto" dal resto delle cose. In realtà a ben vedere pensare a questa distinzione non ha molto senso: la pianta non puoi veramente "ritenerla" come una unità indipendente che interagisce col "resto delle cose". O più semplicemente pensa ad un tavolo. Dove inizia il "tavolo"? Dove finisce? Dov'è che si può tracciare il confine tra il "tavolo" e il "non-tavolo"? Un buddhista ti direbbe ogni "tentativo" di definizione di "tavolo" in realtà fallisce, perchè è arbitraria. Puoi definire il tavolo in moltissimi modi e nessuno di essi può essere "migliore" di un altro. Perchè? perchè il tavolo non esiste separamente dal resto delle cose, gli atomi della sua superficie continuano a interagire con il pavimento e l'aria della stanza. Non puoi realmente tracciare una netta distinzione. Ogni "mappa" che ci facciamo è in un certo senso arbitraria. Possiamo dividere il mondo in moltissimi modi diversi ma nessuno riesce a "catturare" la "realtà". Se esistessero veramente "cose" allora si potrebbe tracciare una "distinzione netta" tra di esse? Ma in realtà il buddhista forse ti direbbe che per ogni cosa è come per il tavolo, non puoi tracciare distinzioni nette. Quindi anche la versione buddhista dell'"ontologia interattiva" è una mappa arbitraria, anche se in un certo senso è la migliore approssimazione della realtà. Ovviamente è "più giusto" dire che il fuoco dipende dal combustibile, rispetto a dire che il fuoco non dipende dal combustibile. Ma anche quella "più giusta" non può "catturare" la realtà, perchè già "classificare" il mondo come "composto" da enti distinti che interagiscono e che per esistere necessitano di tale interazione è un'approssimazione.

D'altronde se ci pensi in un mondo dove i confini tra le "cose" non sono definiti, dove pare impossibile fare una distinzione netta tra gli "oggetti"  come possiamo pretendere che la logica e la nostra ragione che lavora con concetti "astratti" (e "fissi") possa "catturare" un mondo in divenire, ambiguo e così via. Il linguaggio non funziona perchè necessita che gli oggetti che si nominano in qualche senso siano "fissi". Ma in un mondo in cui interagisce tutto, dove ogni cosa è in continuo divenire ecc come si può riuscire a credere che una divisione in "oggetti distinti" possa veramente essere più "di un'approssimazione"?

A questo punto si capisce perchè si parla di "emptiness" o "vacuità". In realtà non ci sono "identità fisse" e il mondo è privo di esse. Non ci sono né alberi né tavoli né fiamme se non a livello convenzionale. Tuttavia allo stesso tempo noi vediamo una realtà ben "differenziata" con alberi, tavoli e fiamme. Quindi la "vacuità" ci dice che in realtà le cose non si possono dire che né esistono (in tal caso si potrebbe tirare una netta distinzione tra di loro) né che non esistono (perchè appunto se non esistessero non potrebbero nemmeno essere percepite). A questo livello però uno potrebbe ancora tentare di "catturare" la realtà con una serie di concetti, come quello che le cose né esistono né non esistono. Però un buddhista forse ti direbbe che

La vacuità della vacuità si riferisce, credo, al fatto che perfino dire che "non ci sono distinzioni nette" è ancora un teorizzare, un cercare di "concettualizzare" la realtà. Dunque in realtà la realtà non può in alcun modo essere compresa veramente tramite i concetti. Ogni descrizione che ne fai è ben che vada approssimativa, parziale. Non riesci a "comprendere" l'elefante, ma rischi di scambiare l'elefante per le sue parti. Ergo la "realtà ultima" è  "inespressibile".

Se vuoi l'ontologia interattiva è "provvisoria" perchè è ancora essa stessa "arbitraria". D'altronde parla di "entità" che tra di loro interagiscono. Ma se non si riesce veramente a distinguere in un modo che sia senza "ambiguità" e senza "approssimazioni" gli enti come puoi dire che ci siano "enti" che interagiscono? ;) "Enti" così "poco definiti" possono veramente essere concettualizzati?

Quindi in definitiva: come deve essere la realtà affinché possa essere "compresa" con la logica, il linguaggio ecc? E la realtà è così? Credo che queste siano le domande su cui si fonda la dottrina delle due verità ;)  

P.S. So di non aver risposto completamente alle tue perplessità, ma ti posso solo dare una mia opinione sulla cosa. Niente di più. Magari su cose specifiche che hai evidenziato, a cui non ho dato risposta, ci tornerò. Ma non su tutte, anche perchè non conosco la filosofia di tutte le scuole che erano presenti nei due articoli e inoltre di quelle che conosco non posso dire di avere una conoscenza così approfondita.

@epicurus comunque quando ho scritto: "Non mi metto a cercare di interpretare quello che dice ogni scuola, ma ti dico come l'ho capita io. Se sei interessato a capire le posizioni della scuole, secondo me dovresti studiarti i loro testi o leggerti qualche libro di qualche studioso. Questo per dirti che non devi prendermi troppo sul serio. E preferisco parlare a nome della "mia interpretazione" piuttosto che dire la "scuola X dice che"... o quando lo faccio c'è un "secondo me" implicito." Mi riferivo a dire che in sostanza, non è che sono una "fonte attendibile". E chiaramente non c'è da sorprendersi se l'articolo della SEP è confusionario, anche perchè riassumere una letteratura così vasta in poche pagine è impossibile. Viceversa ci sono libri molto seri pubblicati su queste cose ;) comunque secondo me l'idea comune è che l'ontologia interattiva fa in modo che non ci siano sostanze... piuttosto che discutere il pensiero di ogni scuola caso per caso, secondo me è più "fruttuoso", paradossalmente, cercare di capire se l'argomento sull'"ambiguità" che dicevo ha senso o meno! ;) poi in un secondo momento si può passare a vedere le opinioni sulle scuole.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 20 Febbraio 2018, 15:25:59 PM
Citazione di: Apeiron il 19 Febbraio 2018, 12:47:14 PM
Citazione di: epicurus il 19 Febbraio 2018, 11:40:25 AM
Il punto (1) è, come osservi tu, una versione di ciò che io ho chiamato "ontologia interattiva". Dico "una versione" perché c'è quel riferimento alla descrizione convenzionale che già fa assunzioni che io non faccio. Cioè, che vi sia una distinzione tra verità convenzionali e verità ultime.

Sì ok, concordo. Però fai conto che il buddhismo non è solo filosofia, ma "soteriologia" e "vedere la realtà come essa è" è l'obbiettivo del buddhismo*.
* intendo che l'ultima cosa che intendono fare è cercare di fare un  "sistema metafisico" perfetto basato sulla verità convenzionale ;)
Certo, ma non sarà questo a fermare la mia investigazione filosofica.  ;D

Citazione di: Apeiron il 19 Febbraio 2018, 12:47:14 PMAd ogni modo le cose non solo interagiscono, ma devono la loro esistenza all'interazione. Questo è un punto fondamentale. Altrimenti si potrebbe confondere la cosa con una sorta di "pluralismo" di sostanze che interagiscono ma che possono esistere anche se si rimuovono da questo contesto interattivo.
Rilancio. Io sostengo che il concetto stesso di "oggetto perfettamente semplice che non interagisce con nulla" non sia tanto una chimera metafisica, ma un nonsenso.

Citazione di: Apeiron il 19 Febbraio 2018, 12:47:14 PM
Non mi metto a cercare di interpretare quello che dice ogni scuola, ma ti dico come l'ho capita io.
Certo, nessun problema. Io analizzerò quello che tu dici, a prescindere dalla fonte.

Citazione di: Apeiron il 19 Febbraio 2018, 12:47:14 PM
[Se] osservi un fuoco che brucia il combustibile, noi normalmente pensiamo che la fiamma sia una cosa "distinta" dal combustibile che sta bruciando. Nella nostra immaginazione astraiamo l'oggetto "fiamma" dall'oggetto "combustibile" e diciamo che la "fiamma" per non estinguersi necessita del "combustibile". I buddhisti ti dicono che se la "fiamma" avesse una "sua" identità potrebbe esistere non solo concettualmente ma anche ontologicamente "separata" dal combustibile. In realtà la separazione in "due cose" distinte è a livello epistemologico, non ontologico. Assegniamo due "nomi" a due "cose" per un'utilità pratica. Tuttavia se studi meglio la situazione capisci che in realtà la "distinzione netta" che la nostra mente concettuale fa è sbagliata. Ma non è sbagliata nel senso che il fenomeno di combustione non sta avvenendo, è sbagliato interpretare la combustione come un'interazione tra due "cose". In realtà la divisione è puramente di comodo, convenzionale. [...] O più semplicemente pensa ad un tavolo. Dove inizia il "tavolo"? Dove finisce? Dov'è che si può tracciare il confine tra il "tavolo" e il "non-tavolo"? Un buddhista ti direbbe ogni "tentativo" di definizione di "tavolo" in realtà fallisce, perchè è arbitraria. Puoi definire il tavolo in moltissimi modi e nessuno di essi può essere "migliore" di un altro. Perchè? perchè il tavolo non esiste separamente dal resto delle cose, gli atomi della sua superficie continuano a interagire con il pavimento e l'aria della stanza. Non puoi realmente tracciare una netta distinzione. Ogni "mappa" che ci facciamo è in un certo senso arbitraria. Possiamo dividere il mondo in moltissimi modi diversi ma nessuno riesce a "catturare" la "realtà". Se esistessero veramente "cose" allora si potrebbe tracciare una "distinzione netta" tra di esse? Ma in realtà il buddhista forse ti direbbe che per ogni cosa è come per il tavolo, non puoi tracciare distinzioni nette. Quindi anche la versione buddhista dell'"ontologia interattiva" è una mappa arbitraria, anche se in un certo senso è la migliore approssimazione della realtà. [...]
D'altronde se ci pensi in un mondo dove i confini tra le "cose" non sono definiti, dove pare impossibile fare una distinzione netta tra gli "oggetti"  come possiamo pretendere che la logica e la nostra ragione che lavora con concetti "astratti" (e "fissi") possa "catturare" un mondo in divenire, ambiguo e così via. Il linguaggio non funziona perchè necessita che gli oggetti che si nominano in qualche senso siano "fissi". Ma in un mondo in cui interagisce tutto, dove ogni cosa è in continuo divenire ecc come si può riuscire a credere che una divisione in "oggetti distinti" possa veramente essere più "di un'approssimazione"?
Aperion, qualche post fa io scrissi: "Secondo me tali buddisti hanno colto una verità, ma hanno tratto conseguenze sbagliate da essa. E' vero che è tramite il nostro linguaggio e i nostri schemi concettuali che decidiamo di "ritagliare" il mondo come vogliamo, ma non è che questi modi diversi di ritagliarlo generino immagini false del mondo, sono tutte immagini legittime prodotte per scopi diversi."

Dopo quanto hai scritto (e quello che ho letto online, per ora) confermo questa mia osservazione. Se io posseggo una collezione di fumetti, posso decidere di ordinarli secondo vari criteri. Potrei per esempio ordinarli prima di tutto in modo cronologico, oppure per testate, per casa editrice, per genere, ecc... Ci sono vari modi per descrivere la mia collezione ipotetica di fumetti, i criteri scelti sono arbitrari ovviamente, ma se non commetto errori in ogni caso ho prodotto una descrizione vera e oggettiva della mai collezione. Se si dovesse chiamare tale descrizione "convenzionale" io lo troverei molto forviante. Dirò di più: posso scegliere criteri di ordinamento diversi a seconda dello scopo che mi sono prefissato, anzi, posso avere più descrizioni diverse e vere in contemporanea della mia collezione fatte con diversi criteri, e servirmi della descrizione più appropriata per un determinato scopo a seconda delle esigenze.

A volte ci fa comodo parlare della fiamma e del combustibile, altre volte ci fa comodo parlare di molecole e reazioni chimiche, altre volte di atomi e leggi fisiche fondamentali, altre volte vogliamo parlare dell'incendio nella sua interezza. Non stiamo dicendo il falso, non stiamo parlando di convenzioni, stiamo scegliendo il livello di analisi da adottare che riteniamo più adatto per lo scopo particolare del momento.

E' ovvio che il linguaggio è un sistema convenzionale di comunicazione, ma questo significa che tutte le proposizioni siano convenzionali. Se io dico "Mario ha paura dei serpenti", ciò non è una verità convenzionale, sarebbe altamente forviante dirlo.

Hai scritto che il linguaggio non funziona perché necessiterebbe di oggetti "fissi"... Ma sappiamo tutti che il linguaggio funziona, quindi devo considerare questo come una riduzione all'assurdo di ciò che stai scrivendo? Certo, ci possono essere errori di comprensione per la vaghezza del linguaggio, siamo sempre in qualche modo imprecisi... Ma non è nulla che trascende le nostre capacità di spiegazione e specificazione. E, soprattutto, il linguaggio funziona, funziona perché è l'ossatura della nostra società, della nostra intelligenza e della nostra personalità.

Inoltre il linguaggio non necessità di oggetti "fissi"; perché dici questo? E' grazie al linguaggio che l'uomo ha potuto approfondire la realtà e capire ad esempio concetti legati alla fisica delle particelle. Ma anche prima della fisica moderna, già si sapeva che il linguaggio ha dei limiti, come ogni cosa umana (paradosso del sorite e affini). Ma, ripeto, malgrado i suoi limiti, il linguaggio funziona: le persone sanno cos'è un tavolo e si capiscono in generale quando parlano di tavoli. Non è vero che, come dici tu, puoi definire il tavolo come vuoi e nessun modo è migliore di un altro. Se guardi cosa dicono i dizionari e le enciclopedie ma soprattutto come usano quella parola i parlandi italiani, allora lì hai un modo per riferirti ai tavoli, ma se io dico "i tavoli sono democrazie che libellulano" allora il mio modo di definire tale termine è sbagliato, o almeno deviante e quindi non fruibile con lo scopo di comunicare.

Quest'idea bizzarra di dire che tutto è convenzionale perché interagisce, come dicevo, è davvero forviante. Tant'è che tu spingi al discorso agli atomi quando parli della vaghezza del termine "tavolo"... ma ovviamente anche il discorso su atomi, quark e affini non è che un discorso convenzionale secondo te. E allora com'è il vero mondo di ritagliare il mondo? Non c'è un vero mondo di ritagliare il mondo, o meglio un modo di presentare il mondo senza ritagliarlo... perché tale concetto non ha senso. E non ha nemmeno motivo di essere: io ritaglio il mondo come voglio, basta che sia un ritaglio fedele al mondo, ed efficace per gli scopi che abbiamo.

Citazione di: Apeiron il 19 Febbraio 2018, 12:47:14 PM
La vacuità della vacuità si riferisce, credo, al fatto che perfino dire che "non ci sono distinzioni nette" è ancora un teorizzare, un cercare di "concettualizzare" la realtà. Dunque in realtà la realtà non può in alcun modo essere compresa veramente tramite i concetti. Ogni descrizione che ne fai è ben che vada approssimativa, parziale. Non riesci a "comprendere" l'elefante, ma rischi di scambiare l'elefante per le sue parti. Ergo la "realtà ultima" è  "inespressibile".
Ma se una verità concettuale è comunque una verità (cioè non è una falsità) allora dire che la distinzione tra convenzionale e ultimo è una verità convenzionale, non significa, come tu dici, che è falso che la realtà possa essere compresa tra concetti (perché così facendo riduci la verità convenzionale al falso, cosa che non vuoi tu e neppure la maggior parte della filosofia buddista). Inoltre, ciò a me pare una palese contraddizione, quindi una confutazione della questione.

Citazione di: Apeiron il 19 Febbraio 2018, 12:47:14 PMSe vuoi l'ontologia interattiva è "provvisoria" perchè è ancora essa stessa "arbitraria". D'altronde parla di "entità" che tra di loro interagiscono. Ma se non si riesce veramente a distinguere in un modo che sia senza "ambiguità" e senza "approssimazioni" gli enti come puoi dire che ci siano "enti" che interagiscono? ;) "Enti" così "poco definiti" possono veramente essere concettualizzati?
Qui vale il discorso fatto più sopra. Inoltre, aggiungo, perché tu ipotizzi che "ente" e "ente fisso" siano sinonimi? Io posso tranquillamente parlare di enti composti da parti che cambiano nel tempo e che sono riferibili in modo fuzzy. E possiamo quindi ritornare a parlare di ontologia interattiva.

Ipotizza che si scopra il livello ultimo di semplicità fisica a cui tutti i discorsi su tavoli, alberi e pianeti si possono ridurre... in questo modo avremmo i tuoi "enti" atomici con cui costruire un (assurdo e inutilizzabile, aggiungo io) linguaggio perfetto, dove gli enti sono perfettamente definiti (in realtà ci sarebbero altri problemi, ma è poco rilevante per questa discussione). Ma, ovviamente, tale entità atomiche interagirebbero tra loro, quindi neppure questi potranno far parte dei discorsi sulle verità ultime. Si ritorna a quanto da me detto più volte: la verità ultima è un abbaglio linguistico. Come dicono anche alcune tradizioni buddiste, è proprio la vacuità (cioè il fatto che gli oggetti mutano e interagiscano tra loro) che rende reali, veri, gli oggetti. Parlare di oggetti immutabili, atomici e assolutamente indipendenti è parlare di "non-oggetti", di verità massimamente concettuali e convenzionali.

Citazione di: Apeiron il 19 Febbraio 2018, 12:47:14 PMP.S. So di non aver risposto completamente alle tue perplessità, ma ti posso solo dare una mia opinione sulla cosa. Niente di più. Magari su cose specifiche che hai evidenziato, a cui non ho dato risposta, ci tornerò. Ma non su tutte, anche perchè non conosco la filosofia di tutte le scuole che erano presenti nei due articoli e inoltre di quelle che conosco non posso dire di avere una conoscenza così approfondita.

@epicurus comunque quando ho scritto: "Non mi metto a cercare di interpretare quello che dice ogni scuola, ma ti dico come l'ho capita io. Se sei interessato a capire le posizioni della scuole, secondo me dovresti studiarti i loro testi o leggerti qualche libro di qualche studioso. Questo per dirti che non devi prendermi troppo sul serio. E preferisco parlare a nome della "mia interpretazione" piuttosto che dire la "scuola X dice che"... o quando lo faccio c'è un "secondo me" implicito." Mi riferivo a dire che in sostanza, non è che sono una "fonte attendibile". E chiaramente non c'è da sorprendersi se l'articolo della SEP è confusionario, anche perchè riassumere una letteratura così vasta in poche pagine è impossibile. Viceversa ci sono libri molto seri pubblicati su queste cose ;) comunque secondo me l'idea comune è che l'ontologia interattiva fa in modo che non ci siano sostanze... piuttosto che discutere il pensiero di ogni scuola caso per caso, secondo me è più "fruttuoso", paradossalmente, cercare di capire se l'argomento sull'"ambiguità" che dicevo ha senso o meno! ;) poi in un secondo momento si può passare a vedere le opinioni sulle scuole.
Nessun problema, Apeiron. Come dicevo più sopra, in questo topic mi dedicherò alla discussione delle idee da te proposte senza assumere nient'altro.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 21 Febbraio 2018, 10:22:05 AM
@epicurus,

grazie della tua ottima risposta   ;)


CitazioneEpicurus

Aperion, qualche post fa io scrissi: "Secondo me tali buddisti hanno colto una verità, ma hanno tratto conseguenze sbagliate da essa. E' vero che è tramite il nostro linguaggio e i nostri schemi concettuali che decidiamo di "ritagliare" il mondo come vogliamo, ma non è che questi modi diversi di ritagliarlo generino immagini false del mondo, sono tutte immagini legittime prodotte per scopi diversi."

Dopo quanto hai scritto (e quello che ho letto online, per ora) confermo questa mia osservazione. Se io posseggo una collezione di fumetti, posso decidere di ordinarli secondo vari criteri. Potrei per esempio ordinarli prima di tutto in modo cronologico, oppure per testate, per casa editrice, per genere, ecc... Ci sono vari modi per descrivere la mia collezione ipotetica di fumetti, i criteri scelti sono arbitrari ovviamente, ma se non commetto errori in ogni caso ho prodotto una descrizione vera e oggettiva della mai collezione. Se si dovesse chiamare tale descrizione "convenzionale" io lo troverei molto forviante. Dirò di più: posso scegliere criteri di ordinamento diversi a seconda dello scopo che mi sono prefissato, anzi, posso avere più descrizioni diverse e vere in contemporanea della mia collezione fatte con diversi criteri, e servirmi della descrizione più appropriata per un determinato scopo a seconda delle esigenze.

A volte ci fa comodo parlare della fiamma e del combustibile, altre volte ci fa comodo parlare di molecole e reazioni chimiche, altre volte di atomi e leggi fisiche fondamentali, altre volte vogliamo parlare dell'incendio nella sua interezza. Non stiamo dicendo il falso, non stiamo parlando di convenzioni, stiamo scegliendo il livello di analisi da adottare che riteniamo più adatto per lo scopo particolare del momento.

E' ovvio che il linguaggio è un sistema convenzionale di comunicazione, ma questo significa che tutte le proposizioni siano convenzionali. Se io dico "Mario ha paura dei serpenti", ciò non è una verità convenzionale, sarebbe altamente forviante dirlo.

Hai scritto che il linguaggio non funziona perché necessiterebbe di oggetti "fissi"... Ma sappiamo tutti che il linguaggio funziona, quindi devo considerare questo come una riduzione all'assurdo di ciò che stai scrivendo? Certo, ci possono essere errori di comprensione per la vaghezza del linguaggio, siamo sempre in qualche modo imprecisi... Ma non è nulla che trascende le nostre capacità di spiegazione e specificazione. E, soprattutto, il linguaggio funziona, funziona perché è l'ossatura della nostra società, della nostra intelligenza e della nostra personalità.

Inoltre il linguaggio non necessità di oggetti "fissi"; perché dici questo? E' grazie al linguaggio che l'uomo ha potuto approfondire la realtà e capire ad esempio concetti legati alla fisica delle particelle. Ma anche prima della fisica moderna, già si sapeva che il linguaggio ha dei limiti, come ogni cosa umana (paradosso del sorite e affini). Ma, ripeto, malgrado i suoi limiti, il linguaggio funziona: le persone sanno cos'è un tavolo e si capiscono in generale quando parlano di tavoli. Non è vero che, come dici tu, puoi definire il tavolo come vuoi e nessun modo è migliore di un altro. Se guardi cosa dicono i dizionari e le enciclopedie ma soprattutto come usano quella parola i parlandi italiani, allora lì hai un modo per riferirti ai tavoli, ma se io dico "i tavoli sono democrazie che libellulano" allora il mio modo di definire tale termine è sbagliato, o almeno deviante e quindi non fruibile con lo scopo di comunicare.

Quest'idea bizzarra di dire che tutto è convenzionale perché interagisce, come dicevo, è davvero forviante. Tant'è che tu spingi al discorso agli atomi quando parli della vaghezza del termine "tavolo"... ma ovviamente anche il discorso su atomi, quark e affini non è che un discorso convenzionale secondo te. E allora com'è il vero mondo di ritagliare il mondo? Non c'è un vero mondo di ritagliare il mondo, o meglio un modo di presentare il mondo senza ritagliarlo... perché tale concetto non ha senso. E non ha nemmeno motivo di essere: io ritaglio il mondo come voglio, basta che sia un ritaglio fedele al mondo, ed efficace per gli scopi che abbiamo.


Allora qui stai mettendo alla luce molti punti interessanti, cercherò di rispondere bene.

Anzitutto se usiamo l'esempio della collezione di francobolli... sì l'esempio calza. Infrangendo il mio "giuramento" di parlare solo delle mie idee, ti consiglio di dare un'occhiata al pensiero del Lama Tsongkhapa, della scuola Gelug (quella del Dalai Lama). In sostanza secondo lui la "realtà convenzionale" è qualcosa di oggettivo e reale e non è dovuto ad una distorsione del nostro pensiero. Ogni nostra convenzione può produrre un modo corretto di vedere le cose. Se dunque io posso ritagliare la realtà in diversi modi e ognuno di essi ha la sua "validità", allora posso pensare che per ogni ritaglio posso distinguere il vero dal falso. In questo caso chiaramente la distinzione convenzionale-ultimo dal punto di vista epistemologico non ha senso.


C'è un problema, però. se ogni "verità" di questo tipo necessita un apposito ritaglio allora questa verità dipende dalla convenzione scelta: una comunità con un linguaggio darebbe una altra "verità". Ma se ciò è vero, allora tutte devo ammettere che in ogni convenzione è possibile distinguere il vero dal falso. Così facendo, ottengo un paradosso: questa mia nuova "intuizione" di per sé nasce in una determinata convenzione (la mia) e però ha pretesa di valere anche per altre. Se infatti dico che per ogni ritaglio è possibile distinguere il vero dal falso, allora questa mia stessa affermazione - pur nascendo in una determinata convenzione - ha "pretesa" di validità per ogni altra convenzione. Ergo, quello che sto sottointendendo è che c'è qualcosa "dietro" alle convenzioni. Questa potrebbe essere una critica a questo tipo di filosofia: così facendo si fanno affermazioni che sono convenzionli sulla realtà che va oltre la propria convenzione. E qui entra in gioco l'"inespressibilità" della verità ultima: il fatto stesso che riconosciamo che stiamo facendo ritagli che pur dandoci una "verità" (oggettiva, universale...) convenzionale, riconosciamo appunto essere dei ritagli e niente di più. Per questo motivo secondo me il buddhismo non è "relativista": riconosce le verità universali MA allo stesso tempo riconosce che queste verità si basano su "prospettive" che vengono riconosciute come arbitrarie. L'unica "vera" prospettiva, è quella che vede la realtà così come è, ovvero senza alcun ritaglio convenzionale. Infatti è proprio la nostra consapevolezza di ritagliare la realtà che ci costringe ad ammettere che la nostra è una "verità convenzionale" e non ultima. Ma se vogliamo esprimerci, dobbiamo fare un ritaglio, quindi utilizzare la verità convenzionale ecc. Questo dovrebbe farti capire da dove viene "l'inespressibilità".



CitazioneMa se una verità concettuale è comunque una verità (cioè non è una falsità) allora dire che la distinzione tra convenzionale e ultimo è una verità convenzionale, non significa, come tu dici, che è falso che la realtà possa essere compresa tra concetti (perché così facendo riduci la verità convenzionale al falso, cosa che non vuoi tu e neppure la maggior parte della filosofia buddista). Inoltre, ciò a me pare una palese contraddizione, quindi una confutazione della questione.


Ecco, questa secondo me è questa è una questione piuttosto "controversa". Dal punto di vista epistemologico, dire che la verità convenzionale è falsa, non ha senso. Su questo posso darti ragione. Tuttavia per "difendere" chi dice che la verità convenzionale è un tipo molto sottile di "illusione", pensa a questo. Se dunque non ritaglio, osservo la realtà prima di ogni "arbitraria organizzazione della stessa". Solo così io posso comprendere "come è la realtà" indipendentemente da come decido io di "organizzarla". Quindi il problema secondo me è semplicemente o linguistico o di "enfasi".  Considera anche questo: il "liberato" è "andato oltre" ogni convenzione. In sostanza la sua mente non vede più la "realtà" attraverso un arbitrario ritaglio. Ergo dal suo punto di vista le "verità convenzionali" sono già un qualcosa che noi poniamo sulla realtà.




CitazioneQui vale il discorso fatto più sopra. Inoltre, aggiungo, perché tu ipotizzi che "ente" e "ente fisso" siano sinonimi? Io posso tranquillamente parlare di enti composti da parti che cambiano nel tempo e che sono riferibili in modo fuzzy. E possiamo quindi ritornare a parlare di ontologia interattiva.

Ipotizza che si scopra il livello ultimo di semplicità fisica a cui tutti i discorsi su tavoli, alberi e pianeti si possono ridurre... in questo modo avremmo i tuoi "enti" atomici con cui costruire un (assurdo e inutilizzabile, aggiungo io) linguaggio perfetto, dove gli enti sono perfettamente definiti (in realtà ci sarebbero altri problemi, ma è poco rilevante per questa discussione). Ma, ovviamente, tale entità atomiche interagirebbero tra loro, quindi neppure questi potranno far parte dei discorsi sulle verità ultime. Si ritorna a quanto da me detto più volte: la verità ultima è un abbaglio linguistico. Come dicono anche alcune tradizioni buddiste, è proprio la vacuità (cioè il fatto che gli oggetti mutano e interagiscano tra loro) che rende reali, veri, gli oggetti. Parlare di oggetti immutabili, atomici e assolutamente indipendenti è parlare di "non-oggetti", di verità massimamente concettuali e convenzionali.


Sì questa è la critica che è stata fatta da Nagarjuna &co alle altre scuole. Possiamo pensare di usare appunto un punto di vista "fuzzy" che produce le "verità convenzionali". Allo stesso tempo però come hai già ben detto perfino questa è una "sovrapposizione" arbitraria. Tuttavia secondo me è ancora ben pensabile riuscire a "vedere" la realtà prima di queste "sovrapposizioni". Tuttavia se chiediamo come è la "realtà" dietro ogni convenzione non possiamo avere una risposta "sensata": anche la risposta in fin dei conti sarebbe "convenzionale". Questo secondo me è il motivo dell'inespressibilità della "verità ultima" e il motivo per cui la stessa "vacuità" è "vuota". Infatti la vacuità stessa è un concetto che nasce da un ritaglio (arbitrario) e quindi non può per forza riguardare la "realtà ultima"!



CitazioneRilancio. Io sostengo che il concetto stesso di "oggetto perfettamente semplice che non interagisce con nulla" non sia tanto una chimera metafisica, ma un nonsenso.


Mah, qui non sono d'accordo  ;D  secondo te quando i fisici parlano di "elettrone come particella libera" dicono non-sensi?



CitazioneCerto, ma non sarà questo a fermare la mia investigazione filosofica.  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif)


Nemmeno la mia. Era solo per farti considerare che dal loro punto di vista quando comprendiamo che la "verità convenzionale" è convenzionale dovremmo "distaccarci" da essa. Non esserne più dipendenti. Forse con questa osservazione ti sarà più chiaro perchè molti finiscono per andare a parlare di "verità ultima inespressibile"  ;)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 23 Febbraio 2018, 18:12:41 PM
Citazione di: Apeiron il 21 Febbraio 2018, 10:22:05 AM
@epicurus, grazie della tua ottima risposta   ;)
Grazie a te per il dialogo stimolante.  :D

Citazione di: Apeiron il 21 Febbraio 2018, 10:22:05 AM
Citazione di: epicurusAperion, qualche post fa io scrissi: "Secondo me tali buddisti hanno colto una verità, ma hanno tratto conseguenze sbagliate da essa. E' vero che è tramite il nostro linguaggio e i nostri schemi concettuali che decidiamo di "ritagliare" il mondo come vogliamo, ma non è che questi modi diversi di ritagliarlo generino immagini false del mondo, sono tutte immagini legittime prodotte per scopi diversi."

Dopo quanto hai scritto (e quello che ho letto online, per ora) confermo questa mia osservazione. Se io posseggo una collezione di fumetti, posso decidere di ordinarli secondo vari criteri. Potrei per esempio ordinarli prima di tutto in modo cronologico, oppure per testate, per casa editrice, per genere, ecc... Ci sono vari modi per descrivere la mia collezione ipotetica di fumetti, i criteri scelti sono arbitrari ovviamente, ma se non commetto errori in ogni caso ho prodotto una descrizione vera e oggettiva della mai collezione. Se si dovesse chiamare tale descrizione "convenzionale" io lo troverei molto forviante. Dirò di più: posso scegliere criteri di ordinamento diversi a seconda dello scopo che mi sono prefissato, anzi, posso avere più descrizioni diverse e vere in contemporanea della mia collezione fatte con diversi criteri, e servirmi della descrizione più appropriata per un determinato scopo a seconda delle esigenze.

A volte ci fa comodo parlare della fiamma e del combustibile, altre volte ci fa comodo parlare di molecole e reazioni chimiche, altre volte di atomi e leggi fisiche fondamentali, altre volte vogliamo parlare dell'incendio nella sua interezza. Non stiamo dicendo il falso, non stiamo parlando di convenzioni, stiamo scegliendo il livello di analisi da adottare che riteniamo più adatto per lo scopo particolare del momento.

E' ovvio che il linguaggio è un sistema convenzionale di comunicazione, ma questo significa che tutte le proposizioni siano convenzionali. Se io dico "Mario ha paura dei serpenti", ciò non è una verità convenzionale, sarebbe altamente forviante dirlo.

Hai scritto che il linguaggio non funziona perché necessiterebbe di oggetti "fissi"... Ma sappiamo tutti che il linguaggio funziona, quindi devo considerare questo come una riduzione all'assurdo di ciò che stai scrivendo? Certo, ci possono essere errori di comprensione per la vaghezza del linguaggio, siamo sempre in qualche modo imprecisi... Ma non è nulla che trascende le nostre capacità di spiegazione e specificazione. E, soprattutto, il linguaggio funziona, funziona perché è l'ossatura della nostra società, della nostra intelligenza e della nostra personalità.

Inoltre il linguaggio non necessità di oggetti "fissi"; perché dici questo? E' grazie al linguaggio che l'uomo ha potuto approfondire la realtà e capire ad esempio concetti legati alla fisica delle particelle. Ma anche prima della fisica moderna, già si sapeva che il linguaggio ha dei limiti, come ogni cosa umana (paradosso del sorite e affini). Ma, ripeto, malgrado i suoi limiti, il linguaggio funziona: le persone sanno cos'è un tavolo e si capiscono in generale quando parlano di tavoli. Non è vero che, come dici tu, puoi definire il tavolo come vuoi e nessun modo è migliore di un altro. Se guardi cosa dicono i dizionari e le enciclopedie ma soprattutto come usano quella parola i parlandi italiani, allora lì hai un modo per riferirti ai tavoli, ma se io dico "i tavoli sono democrazie che libellulano" allora il mio modo di definire tale termine è sbagliato, o almeno deviante e quindi non fruibile con lo scopo di comunicare.

Quest'idea bizzarra di dire che tutto è convenzionale perché interagisce, come dicevo, è davvero forviante. Tant'è che tu spingi al discorso agli atomi quando parli della vaghezza del termine "tavolo"... ma ovviamente anche il discorso su atomi, quark e affini non è che un discorso convenzionale secondo te. E allora com'è il vero mondo di ritagliare il mondo? Non c'è un vero mondo di ritagliare il mondo, o meglio un modo di presentare il mondo senza ritagliarlo... perché tale concetto non ha senso. E non ha nemmeno motivo di essere: io ritaglio il mondo come voglio, basta che sia un ritaglio fedele al mondo, ed efficace per gli scopi che abbiamo.

Anzitutto se usiamo l'esempio della collezione di francobolli... sì l'esempio calza. Infrangendo il mio "giuramento" di parlare solo delle mie idee, ti consiglio di dare un'occhiata al pensiero del Lama Tsongkhapa, della scuola Gelug (quella del Dalai Lama). In sostanza secondo lui la "realtà convenzionale" è qualcosa di oggettivo e reale e non è dovuto ad una distorsione del nostro pensiero. Ogni nostra convenzione può produrre un modo corretto di vedere le cose. Se dunque io posso ritagliare la realtà in diversi modi e ognuno di essi ha la sua "validità", allora posso pensare che per ogni ritaglio posso distinguere il vero dal falso. In questo caso chiaramente la distinzione convenzionale-ultimo dal punto di vista epistemologico non ha senso.
Grazie del consiglio di lettura, mi ricordo vagamente di essermi imbattuto anche in questo pensatore, ma i ricordi sono vaghi e quindi ci ritornerò sopra.  ;)

Citazione di: Apeiron il 21 Febbraio 2018, 10:22:05 AM
C'è un problema, però. se ogni "verità" di questo tipo necessita un apposito ritaglio allora questa verità dipende dalla convenzione scelta: una comunità con un linguaggio darebbe una altra "verità". Ma se ciò è vero, allora tutte devo ammettere che in ogni convenzione è possibile distinguere il vero dal falso. Così facendo, ottengo un paradosso: questa mia nuova "intuizione" di per sé nasce in una determinata convenzione (la mia) e però ha pretesa di valere anche per altre. Se infatti dico che per ogni ritaglio è possibile distinguere il vero dal falso, allora questa mia stessa affermazione - pur nascendo in una determinata convenzione - ha "pretesa" di validità per ogni altra convenzione. Ergo, quello che sto sottointendendo è che c'è qualcosa "dietro" alle convenzioni. Questa potrebbe essere una critica a questo tipo di filosofia: così facendo si fanno affermazioni che sono convenzionli sulla realtà che va oltre la propria convenzione.
Secondo me, il problema qui è ancora che l'uso che stai facendo di "convenzionale" è altamente forviante. Così non si riesce a capire la grandissima differenza tra queste due proposizioni: (1) "La lettera 'A' è la prima lettera dell'alfabeto italiano" e (2) "Ora sono seduto su una sedia". Ogni teoria che non riesce a capire questa differenza sostanziale importante, secondo me, è una teoria fallace.

La verità di (1) dipende interamente da una stipulazione o convenzione. Al contrario, (2) dipende principalmente da com'è fatto il mondo. Dico 'principalmente' perché è ovvio che prima di tutto dobbiamo capire il significato di (2) (e il linguaggio è uno strumento in buona parte basato sulle convenzioni), ma successivamente dobbiamo confrontarci con il mondo.

Tornando alla tua osservazione, non vi è alcun paradosso perché lo stesso concetto di "verità", non è un concetto divino, calati dall'altro, immutabile e definito da un dio o dalla realtà stessa. Pure tale concetto è aperto e assume sgnificati specifici in vari contesti. Consideriamo, ad esempio, come l'uso di "vero" in "è vero che 2+2=4" è assai diverso da "è vero che il mio fatto è salito sul divano". Possiamo poi pensare discorsi estetici o etici dove potrebbe non comparire il concetto di vero; ma non solo: anche il famoso esempio di gioco linguistico di Wittgenstein dei muratori (in cui usano il linguaggio per passarsi mattoni, pilastri, lastre e travi) non prevede il concetto di "vero".

Inoltre, assumere che ci siano affinità e collegamenti tra diversi "contesti concettuali" non è affatto da vedere con preoccupazione, anzi, è assolutamente normale e aspettato. I motivi, penso, sono due: a) la realtà è una sola; b) malgrado il cambiamento di schemi concettuali (dovuto ad interessi epistemici differenti), l'uomo è sempre l'uomo, non abbiamo a che fare con enti senzienti radicalmente alieni. Da qui si hanno contesti concettuali con somiglianze, intersezioni e contaminazioni. D'altro canto anche i contesti concettuali sono aperti e modificabili.

Citazione di: Apeiron il 21 Febbraio 2018, 10:22:05 AM
E qui entra in gioco l'"inespressibilità" della verità ultima: il fatto stesso che riconosciamo che stiamo facendo ritagli che pur dandoci una "verità" (oggettiva, universale...) convenzionale, riconosciamo appunto essere dei ritagli e niente di più. Per questo motivo secondo me il buddhismo non è "relativista": riconosce le verità universali MA allo stesso tempo riconosce che queste verità si basano su "prospettive" che vengono riconosciute come arbitrarie. L'unica "vera" prospettiva, è quella che vede la realtà così come è, ovvero senza alcun ritaglio convenzionale. Infatti è proprio la nostra consapevolezza di ritagliare la realtà che ci costringe ad ammettere che la nostra è una "verità convenzionale" e non ultima. Ma se vogliamo esprimerci, dobbiamo fare un ritaglio, quindi utilizzare la verità convenzionale ecc. Questo dovrebbe farti capire da dove viene "l'inespressibilità".
[...]
Dal punto di vista epistemologico, dire che la verità convenzionale è falsa, non ha senso. Su questo posso darti ragione. Tuttavia per "difendere" chi dice che la verità convenzionale è un tipo molto sottile di "illusione", pensa a questo. Se dunque non ritaglio, osservo la realtà prima di ogni "arbitraria organizzazione della stessa". Solo così io posso comprendere "come è la realtà" indipendentemente da come decido io di "organizzarla". Quindi il problema secondo me è semplicemente o linguistico o di "enfasi".  Considera anche questo: il "liberato" è "andato oltre" ogni convenzione. In sostanza la sua mente non vede più la "realtà" attraverso un arbitrario ritaglio. Ergo dal suo punto di vista le "verità convenzionali" sono già un qualcosa che noi poniamo sulla realtà.

Ritorniamo al nodo del problema. Io dico "tu stai facendo dei ritagli della realtà, non stai parlando della verità ultima": è questo frutto di un ritaglio della realtà, oppure è una verità ultima? Se sì (come tu sostieni), allora la tua tesi cade nella contraddizione. Non si può trovare una contraddizione in una teoria e poi dire "ah, be', questo dimostra solo che la teoria ti porta all'inesprimibilità, e l'inesprimibilità è bene". E' una soluzione troppo comoda e, allo stesso tempo, troppo scomoda: non solo le contraddizione diverrebbero possibili, ma, anzi, diverrebbero verità e prova di una verità ultima dietro di essa.

Prima di tutto cerchiamo di trovare delle teorie coerenti (gli stessi filosofi buddisti considerano questo scopo di massima priorità), poi vediamo dove queste ci portano.

Citazione di: Apeiron il 21 Febbraio 2018, 10:22:05 AM
CitazioneRilancio. Io sostengo che il concetto stesso di "oggetto perfettamente semplice che non interagisce con nulla" non sia tanto una chimera metafisica, ma un nonsenso.


Mah, qui non sono d'accordo  ;D  secondo te quando i fisici parlano di "elettrone come particella libera" dicono non-sensi?
L'elettrone libero è un concetto massimamente astratto (massimamente convenzionale?) che identificherebbe un oggetto che comunque non è perfettamente indipendente da tutto il resto: l'elettrone è nato in qualche modo e l'elettrone è comunque soggetto alle leggi fondamentali della fisica (se, per esempio, la legge di conservazione della carica elettrica cessasse di valere, allora la vita di quell'elettrone potrebbe prendere una piega molto diversa...). Inoltre, l'elettrone libero presuppone uno spaziotempo "vuoto" in cui muoversi... e sappiamo che lo spaziotempo non è più un concetto banale come una volta. In più, tale elettrone ha una massa (a riposo) e un raggio, quindi è possibile concepire sottoparti di tale elettrone. Oltre al fatto che nel concetto stesso di "elettrone" è implicito tutta una serie di comportamenti quando questo interagisce con qualcosa, e sono proprio questi controfattuali che definiscono qualcosa come "elettrone". L'elettrone libero è un concetto fittizio che ha un'utilità pratica ma è sensato solo nella misura nella quale quell'elettrone poi lo si concepisce interagente con altre particelle. Altrimenti si rischia di perdere pure le sensatezza di velocità, massa a riposo, carica elettrica, ecc...


Citazione di: Apeiron il 21 Febbraio 2018, 10:22:05 AM
Tuttavia se chiediamo come è la "realtà" dietro ogni convenzione non possiamo avere una risposta "sensata": anche la risposta in fin dei conti sarebbe "convenzionale".  [...]
Era solo per farti considerare che dal loro punto di vista quando comprendiamo che la "verità convenzionale" è convenzionale dovremmo "distaccarci" da essa. Non esserne più dipendenti. Forse con questa osservazione ti sarà più chiaro perchè molti finiscono per andare a parlare di "verità ultima inespressibile"  ;)
Ma questo non ti fa suonare un campanellone d'allarme? Come scrivevo sopra, riguardo alla contraddizione, questo non ti fa sorgere il dubbio che tutta questa teoria della verità ultima e della verità convenzionale sia insensata? Un teoria che porta alla contraddizione e subito dopo all'inesprimibilità...

Come ho già detto, non noti anche a tu che una verità ultima (una proposizione vera che concerne una realtà dove nulla interagiscono con alcunché) è proprio una concettualizzazione al massimo grado? Cioè il contrario di dove si vorrebbe andare...

Poi consideriamo anche questo problema: il collegamento tra verità convenzionale e verità ultima. Come possiamo pensare che "dietro" alle verità convenzionali ci siano le verità ultime, cioè che in qualche modo le verità ultime causino (o spieghino) le verità convenzionali? Tale collegamento è precluso aprioristicamente proprio per com'è caratterizzata la verità ultima... Quindi, ancora, considerare le verità ultime dietro alle verità convenzionali illusorie è un nonsense.

Perché continuare allora ad ostinarsi a dividere le verità in due, dove una verità è simile ad un'illusione mentre l'altra è la verità più nobile e autentica ma irraggiungibile o raggiungibile solo da persone considerate illuminate (che poi comunque non potrebbero esprimere tale concetto)? Le dicotomie perfette sono sempre sospette, ancora di più poi se un elemento della dicotomia è più bello/autentico/vero/superiore/figo dell'altro.
Perché non accettare, invece, l'idea più semplice e genuina che ho proposto per la mia collezione di fumetti che vi sono più modi possibili e legittimi di catalogare la realtà, ma che non vi è un modo di catalogare della realtà secondo un criterio scelto dalla realtà stessa? Tale criterio non c'è perché tale concetto non ha proprio senso.

La mia visione generale su questa questione è sostanzialmente quella di Hilary Putnam, chiamata in vari modi: "realismo pluralistico", "pluralismo concettuale", o altro ancora. Purtroppo tale tesi la si trova principalmente su libri e articoli ma poco online gratis. Però una sua presentazione c'è a questa pagina: https://www.cairn.info/revue-internationale-de-philosophie-2001-4-page-417.htm
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 24 Febbraio 2018, 11:14:25 AM
Cit. epicurus
Grazie del consiglio di lettura, mi ricordo vagamente di essermi imbattuto anche in questo pensatore, ma i ricordi sono vaghi e quindi ci ritornerò sopra.  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif)

In realtà di lui ho letto solo "letteratura secondaria". Però da quanto ho capito è vicino alla tua posizione...

Tornando alla tua osservazione, non vi è alcun paradosso perché lo stesso concetto di "verità", non è un concetto divino, calati dall'altro, immutabile e definito da un dio o dalla realtà stessa. Pure tale concetto è aperto e assume sgnificati specifici in vari contesti. Consideriamo, ad esempio, come l'uso di "vero" in "è vero che 2+2=4" è assai diverso da "è vero che il mio fatto è salito sul divano". Possiamo poi pensare discorsi estetici o etici dove potrebbe non comparire il concetto di vero; ma non solo: anche il famoso esempio di gioco linguistico di Wittgenstein dei muratori (in cui usano il linguaggio per passarsi mattoni, pilastri, lastre e travi) non prevede il concetto di "vero".

Inoltre, assumere che ci siano affinità e collegamenti tra diversi "contesti concettuali" non è affatto da vedere con preoccupazione, anzi, è assolutamente normale e aspettato. I motivi, penso, sono due: a) la realtà è una sola; b) malgrado il cambiamento di schemi concettuali (dovuto ad interessi epistemici differenti), l'uomo è sempre l'uomo, non abbiamo a che fare con enti senzienti radicalmente alieni. Da qui si hanno contesti concettuali con somiglianze, intersezioni e contaminazioni. D'altro canto anche i contesti concettuali sono aperti e modificabili.


Sul fatto che ci siano più "tipi" di verità sono d'accordo. Chiaramente una proposizione empirica e una proposizione matematica non sono la stessa cosa e quindi effettivamente non c'è alcun paradosso. Il problema è quando consideri, per esempio, proposizioni sulla realtà. Se per esempio 10 osservatori guardano una montagna da prospettive diverse tutti vedranno una cosa diversa. Se uno dei dieci osservatori dice "anche le altre osservazioni sono prospettiche" allora la sua "verità" non è valida solo nella sua prospettiva ma anche per l'altrui. Quindi non si può dire che il fatto che abbiamo una certa prospettiva sulla realtà significa che non possiamo parlare delle altre. Lo stesso per le "verità convenzionali" secondo i buddhisti. Non è che siano "errate" il problema è che dipendono da come si guarda la realtà. Ma non appena si capisce questo, si "trascende" per così dire la "verità convenzionale", comprendendo appunto che è prospettica, un tipo di ritaglio.




Ritorniamo al nodo del problema. Io dico "tu stai facendo dei ritagli della realtà, non stai parlando della verità ultima": è questo frutto di un ritaglio della realtà, oppure è una verità ultima? Se sì (come tu sostieni), allora la tua tesi cade nella contraddizione. Non si può trovare una contraddizione in una teoria e poi dire "ah, be', questo dimostra solo che la teoria ti porta all'inesprimibilità, e l'inesprimibilità è bene". E' una soluzione troppo comoda e, allo stesso tempo, troppo scomoda: non solo le contraddizione diverrebbero possibili, ma, anzi, diverrebbero verità e prova di una verità ultima dietro di essa.

Prima di tutto cerchiamo di trovare delle teorie coerenti (gli stessi filosofi buddisti considerano questo scopo di massima priorità), poi vediamo dove queste ci portano.


Qui sollevi il paradosso  ;D se io mi accorgo che posso fare solo "mappe" e dico che "le mappe sono mappe" sono anche costretto a dire che per accorgermi di ciò sto usando un'altra mappa. E che quindi anche la distinzione tra "verità ultima" e "verità convenzionale" a rigore è un'altra sovrapposizione che mettiamo noi. Tornando all'esempio della montagna... se mi accorgo che tutti i punti di osservazione mi danno una prospettiva parziale e incompleta della stessa, ciò non significa che ci sia una prospettiva che "le includa tutte" (la "verità ultima"). In realtà è anche lecito pensare che di prospettive ce ne siano moltissime, tutte convenzionali. Ma dire una cosa del genere è una verità convenzionale o ultima? In realtà... convenzionale, secondo Nagarjuna. La vacuità della vacuità ovvero riconoscere che tra tutte queste prospettive non esiste una "preferenziale".


L'elettrone libero è un concetto massimamente astratto (massimamente convenzionale?) che identificherebbe un oggetto che comunque non è perfettamente indipendente da tutto il resto: l'elettrone è nato in qualche modo e l'elettrone è comunque soggetto alle leggi fondamentali della fisica (se, per esempio, la legge di conservazione della carica elettrica cessasse di valere, allora la vita di quell'elettrone potrebbe prendere una piega molto diversa...). Inoltre, l'elettrone libero presuppone uno spaziotempo "vuoto" in cui muoversi... e sappiamo che lo spaziotempo non è più un concetto banale come una volta. In più, tale elettrone ha una massa (a riposo) e un raggio, quindi è possibile concepire sottoparti di tale elettrone. Oltre al fatto che nel concetto stesso di "elettrone" è implicito tutta una serie di comportamenti quando questo interagisce con qualcosa, e sono proprio questi controfattuali che definiscono qualcosa come "elettrone". L'elettrone libero è un concetto fittizio che ha un'utilità pratica ma è sensato solo nella misura nella quale quell'elettrone poi lo si concepisce interagente con altre particelle. Altrimenti si rischia di perdere pure le sensatezza di velocità, massa a riposo, carica elettrica, ecc...

Ok, ma questo non significa che l'elettrone libero sia un concetto insensato. Semplicemente è un concetto ben comprensibile e "astratto". Inoltre se lui fosse l'unica particella nell'universo sarebbe "immortale". DI per sé è un concetto sensato. Sono d'accordo che in realtà di particelle libere non esistono, tuttavia ciò non significa che non si possono pensare  ;)  



Ma questo non ti fa suonare un campanellone d'allarme? Come scrivevo sopra, riguardo alla contraddizione, questo non ti fa sorgere il dubbio che tutta questa teoria della verità ultima e della verità convenzionale sia insensata? Un teoria che porta alla contraddizione e subito dopo all'inesprimibilità...

Come ho già detto, non noti anche a tu che una verità ultima (una proposizione vera che concerne una realtà dove nulla interagiscono con alcunché) è proprio una concettualizzazione al massimo grado? Cioè il contrario di dove si vorrebbe andare...

Poi consideriamo anche questo problema: il collegamento tra verità convenzionale e verità ultima. Come possiamo pensare che "dietro" alle verità convenzionali ci siano le verità ultime, cioè che in qualche modo le verità ultime causino (o spieghino) le verità convenzionali? Tale collegamento è precluso aprioristicamente proprio per com'è caratterizzata la verità ultima... Quindi, ancora, considerare le verità ultime dietro alle verità convenzionali illusorie è un nonsense.


Se non posso esprimeere una verità ultima dietro la verità convenzionale, allora la verità ultima è che la verità convenzionale (il "ritaglio") è convenzionale. Se non è possibile esprimere una verità ultima che spieghi quelle convenzionali non rimane altro che riconoscere le verità convenzionli come convenzionali. Ovvero il Silenzio. Questa è la "trascendenza" per Nagarjuna: la fine della proliferazione concettuale.
La "verità ultima" è inespressibile perchè è ciò che rimane quando "abbandoni" tutte le convenzioni. Ovvero finisci di creare mappe e ti godi il territorio, il paesaggio. La dicotomia però c'è. In genere (nel nostro profondo) crediamo che la verità "convenzionale" sia ultima. Quello che il Madhyamaka sta dicendo è che in realtà dobbiamo comprendere che ogni verità che possiamo esprimere è convenzionale, che la "vacuità" ci è servita come concetto per dimostrare che ogni verità che diceva di essere ultima, in realtà o è inconsistente o è arbitraria e che nemmeno la vacuità è una verità ultima. A questo punto non rimane che il Silenzio, la "verità inespressibile", la pura contemplazione ecc...
Il Madhyamaka quindi ha usato la vacuità come strumento per "liberarsi". Se nemmeno essa è la verità ultima, allora ciò che rimane è il puro silenzio!


Grazie per il link, comunque e per il "realismo pluralistico". Ci penserò.

P.S. Altro esempio:
1) L'acqua a 100°C al livello del mare non bolle. ("falso")
2) L'acqua a 100°C al livello del mare bolle. ("verità convenzionale", "ritaglio"...)
3) A livello atomico non esiste il concetto di temperatura o di transizione di fase, quello che avviene è un aumento dell'energia cinetica degli atomi ("verità convenzionale", "ritaglio").
4) (3) è più vera di (2) perrchè è più fondamentale ("falso" perchè stiamo giudicando la verità di una proposizione con criteri diversi)
5) (2) e (3) sono verità nel loro ambito di validità. Vero!
6) (2) e (3) sono entrambe verità ultime, descrivono le "cose come sono". Falso, visto che sono "ritagli".
7) Non esiste una "verità superiore" formulabile dalla quale si possono ricavare sia (2) che (3).
8 ) allo stesso tempo però dobbiamo ammettere che (2) e (3) sono verità prospettiche, ritagli.
9) ne consegue che possiamo solo formulare verità prospettiche. Ma siccome ci accorgiamo della loro parzialità, esse sono incomplete. Dire che descrivono il fenomeno come esso è è dire il falso, perchè esprimono solo una verità parziale.
10) Per apprendere il fenomeno così come è, dobbiamo fermarci nell'analisi.

Leggi anche se ti va https://plato.stanford.edu/entries/madhyamaka/

Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Eutidemo il 25 Febbraio 2018, 08:06:03 AM
Io la vedo girare senza alcun dubbio SEMPRE A DESTRA, cioè in senso orario. ;D
Ho anche usato il trucco dello specchio suggerito nel LINK fornitoci gentilmente da Cannata*, ma sempre a destra la vedo girare!!! ::)
Come è possibile?
Qualcuno sa suggerirmi un altro metodo, per vederla ruotare in senso antiorario?

* "I was unable to switch directions (clockwise only), until holding it up to a mirror. When I held my laptop in front of mirror, I saw it still moving clockwise. Once I removed it from the mirror I saw it spinning anti-clockwise. After doing this, I only need to think of a mirror for it to switch directions every 180 degrees. By thinking of the mirror over my couch I can change the direction of the rotation. This is a very strange and cool experience"
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 25 Febbraio 2018, 09:58:50 AM
Dipende da cosa guardi. Nella pagina che avevo indicato

https://en.wikipedia.org/wiki/Talk:Spinning_Dancer

bisogna guardare l'immagine facendo attenzione alla linea bianca che è stata aggiunta tra una coscia e l'altra. È l'aggiunta di quella linea a costringere la mente a non poter più pensare come le pare e piace. Più precisamente, la seguente immagine in movimento

https://en.wikipedia.org/wiki/Talk:Spinning_Dancer#/media/File:Right_spinning_dancer.gif

non può essere considerata come rotante in senso orario, per chi guardi la danzatrice dall'alto: la linea bianca disegnata costringe la mente a considerarla rotante in senso antiorario.

Nelle immagini in cui la linea bianca non c'è, è la mente a supplirla, a immaginarla a suo piacimento, e quindi può avvenire il fenomeno di non riuscire a vederla girare in senso opposto a quello in cui ci sembra più istintivo vederla.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Eutidemo il 25 Febbraio 2018, 13:17:04 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 25 Febbraio 2018, 09:58:50 AM
Dipende da cosa guardi. Nella pagina che avevo indicato

https://en.wikipedia.org/wiki/Talk:Spinning_Dancer

bisogna guardare l'immagine facendo attenzione alla linea bianca che è stata aggiunta tra una coscia e l'altra. È l'aggiunta di quella linea a costringere la mente a non poter più pensare come le pare e piace. Più precisamente, la seguente immagine in movimento

https://en.wikipedia.org/wiki/Talk:Spinning_Dancer#/media/File:Right_spinning_dancer.gif

non può essere considerata come rotante in senso orario, per chi guardi la danzatrice dall'alto: la linea bianca disegnata costringe la mente a considerarla rotante in senso antiorario.

Nelle immagini in cui la linea bianca non c'è, è la mente a supplirla, a immaginarla a suo piacimento, e quindi può avvenire il fenomeno di non riuscire a vederla girare in senso opposto a quello in cui ci sembra più istintivo vederla.


Grazie, ho capito :)
Adesso ci provo ;)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Eutidemo il 25 Febbraio 2018, 14:05:25 PM
Ho provato anche col metodo suggerito da Cannata, ma io vedo la ballerina ruotare  sempre in senso orario; non c'è niente da fare! ::)
Allora, per verificare in quale direzione "EFFETTIVAMENTE" ruota la ballerina, ho preso le istantanee di quattro "frames" cronologicamente sequenziali; e risulta che essa gira "inequivocabilmente" a DESTRA, in senso orario...e non in senso antiorario come può sembrare a qualcuno per una illusione ottica! ;)
(http://i68.tinypic.com/k50ki.jpg)
C'è poco da fare: il piede è sequenzialmente:
-  prima sulle 9 (mia prima istantanea);
-  poi sulle 12 ( (mia seconda istantanea);
-  poi sulle 3 (mia terza istantanea);
-  poi sulle 6 (mia quarta istantanea);
e così via, esattamente come le lancette di un orologio!
Per cui, secondo me, l'asserzione di FDISA per cui: "Ogni verità è una credenza", andrebbe a mio parere modificata nel seguente modo: "Ogni credenza resta tale se non può essere sperimentalmente dimostrata, mentre diventa una verità se si riesce a dimostrare sperimentalmente che è tale." (possibilimente, in modo ripetuto, statistico, e con il metodo del "doppio cieco").  :)
Ovviamente questo vale per il mondo "fenomenico", e, soprattutto, a livello "macroscopico", cosiddetto "newtoniano"; a livello "microscopico" delle particelle subatomiche, invece, in taluni casi entra in gioco il "principio d'indeterminazione di Heisenberg".
Molti confondono i due livelli, con esiti concettualmente "esiziali"; perchè non si possono mescolare le mele con le pere, nè i "quanta" con i cocomeri!
Peraltro, quanto sopra vale per l'aspetto "fenome ;D nico" (macro e micro) della realtà, mentre, per quanto concerne quello "noumenico" il discorso è COMPLETAMENTE diverso; ma non intendo trattarne qui, perchè andrei decisamente "off topic". ;)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 25 Febbraio 2018, 14:35:26 PM
Citazione di: Eutidemo il 25 Febbraio 2018, 14:05:25 PM
C'è poco da fare: il piede è sequenzialmente:
Sì, ma quale piede, il destro o il sinistro? È proprio lì l'ambiguità. Invece le versioni con linea bianca costringono la mente a non poter stabilire a piacimento di quale piede si tratta.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Eutidemo il 25 Febbraio 2018, 14:38:26 PM
COROLLARIO
Chiedo umilmente VENIA, perchè, riguardo alla ballerina, ho scritto una "cappellata" colossale! ;D  ;D  ;D
Ed infatti, non è possibile verificare in quale direzione ruoti "EFFETTIVAMENTE" la ballerina, in quanto, trattandosi di un'OMBRA, le mie istantanee non dimostrano assolutamente NIENTE; considerato, cioè, che la posizione 12 e 6 sono di fatto intercambiabili! ;)
Per cui, il fatto che la ballerina a me "sembri" girare a destra, visto che la mia dimostrazione non è valida, resta una mera "credenza"; la quale vale "esattamente" come la credenza opposta, e, cioè, che giri verso sinistra. :)
Resta fermo, però, (ed è anzi convalidato), il mio successivo discorso: e, cioè, che "Ogni credenza -come la mia riguardo alla ballerina- resta tale se non può essere sperimentalmente dimostrata, mentre diventa una verità se si riesce a dimostrare sperimentalmente che è tale." (possibilimente, in modo ripetuto, statistico, e con il metodo del "doppio cieco").  :) 
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Eutidemo il 25 Febbraio 2018, 14:43:01 PM
Scusa, Cannata...ho inviato il mio "corollario" prima di leggere il tuo post. ::)
Ora verifico anche con la linea bianca che dici tu; ma, effettivamente, anche senza linea bianca non credo che sia possibile dimostrare l'EFFETTIVA direzione in cui ruota la ballerina.
Non con il mio metodo dei "frames", almeno! :-[
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 25 Febbraio 2018, 14:49:00 PM
Certo, senza linea bianca non è possibile, perché la figura può essere interpretata col piede destro che sta a terra e l'altro che gira, oppure col sinistro che sta a terra e il destro che gira. La linea bianca, a seconda di come viene segnata, costringe forzatamente la mente a stabilire che il piede che sta a terra è obbligatoriamente il destro oppure obbligatoriamente il sinistro.

Riguardo alle credenze, gli esperimenti valgono in ambito scientifico, ma non in ambito filosofico, perché la filosofia è più esigente della scienza. La filosofia ci fa osservare che qualsiasi esperimento è pur sempre soggettivo perché alla fine l'ultima parola siamo sempre noi a darla, cioè noi soggetti. Siamo noi a stabilire che 2+2 fa quattro; anche quando ci accorgiamo che il fare 4 è confermato da tanti altri tipi di calcoli e prove, ogni calcolo e ogni prova viene alla fine pur sempre valutato dalla nostra mente, quindi alla fine è sempre la nostra mente la quale, per verificare la propria affidabilità, non può fare a meno di ottenere risposte che in realtà vengono ultimamente fornite da essa stessa. Siamo tutti sempre nella situazione dell'oste: oste, com'è il vino? L'oste ti dice che è buono, perché è lui a produrlo. Non c'è verità che non sia inquinata dall'intervento della nostra mente.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PM
@epicurus,

interessanti le idee di Putman!

Comunque sono ancora dell'idea che pur essendoci più "verità" dovute a come si ritaglia la Realtà, ciò non toglie che ci sia la Realtà appunto  ;D 

il problema è quando si pretende che che queste visioni parziali diano la totalità! Ovvero quando si scambia la coda dell'elefante per l'elefante, per intenderci  ;) 
Se si vuole andare oltre alla totalità, non resta che... smettere di cercare di rinchiudere tutta la realtà in una concettualizzazione.

"su ciò di cui non si puo parlare si deve tacere" (Wittgenstein)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 26 Febbraio 2018, 12:43:27 PM
Parto dalla questione specifica dell'elettrone libero, poi mi concentro sulla questione generale.

Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2018, 11:14:25 AM
L'elettrone libero è un concetto massimamente astratto (massimamente convenzionale?) che identificherebbe un oggetto che comunque non è perfettamente indipendente da tutto il resto: l'elettrone è nato in qualche modo e l'elettrone è comunque soggetto alle leggi fondamentali della fisica (se, per esempio, la legge di conservazione della carica elettrica cessasse di valere, allora la vita di quell'elettrone potrebbe prendere una piega molto diversa...). Inoltre, l'elettrone libero presuppone uno spaziotempo "vuoto" in cui muoversi... e sappiamo che lo spaziotempo non è più un concetto banale come una volta. In più, tale elettrone ha una massa (a riposo) e un raggio, quindi è possibile concepire sottoparti di tale elettrone. Oltre al fatto che nel concetto stesso di "elettrone" è implicito tutta una serie di comportamenti quando questo interagisce con qualcosa, e sono proprio questi controfattuali che definiscono qualcosa come "elettrone". L'elettrone libero è un concetto fittizio che ha un'utilità pratica ma è sensato solo nella misura nella quale quell'elettrone poi lo si concepisce interagente con altre particelle. Altrimenti si rischia di perdere pure le sensatezza di velocità, massa a riposo, carica elettrica, ecc...

Ok, ma questo non significa che l'elettrone libero sia un concetto insensato. Semplicemente è un concetto ben comprensibile e "astratto". Inoltre se lui fosse l'unica particella nell'universo sarebbe "immortale". DI per sé è un concetto sensato. Sono d'accordo che in realtà di particelle libere non esistono, tuttavia ciò non significa che non si possono pensare  ;) 
Nel mio passo che tu citi non sono riuscito a spiegare bene quello che intendevo. Infatti non era mia intenzione dire che "elettrone libero" è un nonsense. Io dicevo che è un nonsense il concetto di "ente perfettamente indipendente e semplice", ma, in quel passo, ho spiegato perché tale etichetta non si può applicare all'elettrone libero. Non si può applicare perché l'elettrone libero non è perfettamente semplice (ha una massa e una dimensione) e non è perfettamente indipendente (è comunque stato generato, è sotto il dominio delle leggi fisiche e dipende da un particolare tipo di spaziotempo). Inoltre la definizione dell'elettrone è anche controfattuale, cioè come si comporterebbe se si trovasse in alcune circostanze anziché altre. Se ci fosse solo un elettrone nell'universo (e questa situazione rimanesse tale per sempre), quello non sarebbe un elettrone.

Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2018, 11:14:25 AM
Tornando alla tua osservazione, non vi è alcun paradosso perché lo stesso concetto di "verità", non è un concetto divino, calati dall'altro, immutabile e definito da un dio o dalla realtà stessa. Pure tale concetto è aperto e assume sgnificati specifici in vari contesti. Consideriamo, ad esempio, come l'uso di "vero" in "è vero che 2+2=4" è assai diverso da "è vero che il mio fatto è salito sul divano". Possiamo poi pensare discorsi estetici o etici dove potrebbe non comparire il concetto di vero; ma non solo: anche il famoso esempio di gioco linguistico di Wittgenstein dei muratori (in cui usano il linguaggio per passarsi mattoni, pilastri, lastre e travi) non prevede il concetto di "vero".

Inoltre, assumere che ci siano affinità e collegamenti tra diversi "contesti concettuali" non è affatto da vedere con preoccupazione, anzi, è assolutamente normale e aspettato. I motivi, penso, sono due: a) la realtà è una sola; b) malgrado il cambiamento di schemi concettuali (dovuto ad interessi epistemici differenti), l'uomo è sempre l'uomo, non abbiamo a che fare con enti senzienti radicalmente alieni. Da qui si hanno contesti concettuali con somiglianze, intersezioni e contaminazioni. D'altro canto anche i contesti concettuali sono aperti e modificabili.


Sul fatto che ci siano più "tipi" di verità sono d'accordo. Chiaramente una proposizione empirica e una proposizione matematica non sono la stessa cosa e quindi effettivamente non c'è alcun paradosso. Il problema è quando consideri, per esempio, proposizioni sulla realtà. Se per esempio 10 osservatori guardano una montagna da prospettive diverse tutti vedranno una cosa diversa. Se uno dei dieci osservatori dice "anche le altre osservazioni sono prospettiche" allora la sua "verità" non è valida solo nella sua prospettiva ma anche per l'altrui. Quindi non si può dire che il fatto che abbiamo una certa prospettiva sulla realtà significa che non possiamo parlare delle altre. Lo stesso per le "verità convenzionali" secondo i buddhisti. Non è che siano "errate" il problema è che dipendono da come si guarda la realtà. Ma non appena si capisce questo, si "trascende" per così dire la "verità convenzionale", comprendendo appunto che è prospettica, un tipo di ritaglio.
Attenzione però a non confondere la mia tesi del pluralismo concettuale con un'altra. Io non parlo di generiche prospettive, altrimenti si ricade nell'esempio (che non mi rappresenta) che fai tu della montagna. Non è che basta che ci siano 10 persone diverse e 1 montagna che abbiamo già 10 prospettive vere non riducibili tra loro. Io parlo di schemi concettuali che formano "contesti concettuali", non differenzio per singola testa. La mia tesi non è che 10 persone sono in posizioni diverse quindi disegnano la stessa montagna in modi diversi. Non affermo questo.

Prendiamo l'essere umano. Possiamo considerarlo come un agente intenzionale e dire "Marco vuole comprare un gelato"; oppure come un agente razionale e dire "Per Marco il pay-off di 'Comprare un gelato' ha un valore significativo non nullo"; oppure la biologia parlerà di molecole ed evoluzione, oppure la fisica parlerà di particelle; ecc... E ogni proposizione ha senso (e fa pare di una rete inferenziale) proprio in virtù del fatto di essere dentro un dato contesto concettuale. Questo io intendo quando dico che ci sono più descrizioni vere e (potenzialmente) non riducibili tra loro. Non c'è nulla da trascendere, perché la realtà è qui di fronte a noi e spetta a noi scegliere che schemi concettuali usare per descriverla.

E quindi non c'è alcuna contraddizione. La biologia dice una cosa, la psicologia ne dice un'altra, tutto qui. Non sono descrizioni prospettiche, o meglio, tale termine potrebbe essere forviante: preferisco evitare l'etichetta sintetica e spiegare la cosa nel dettaglio come sto facendo.

Tu allora potresti dire (e, con altre parole, lo hai detto): "Ma la tua tesi del pluralismo concettuale non è forse un voler parlare oltre ai confini di quello che ti è concesso?". No, al contrario di quanto tu affermi, ciò non porta ad una contraddizione. Il discorso che stiamo facendo è, ovviamente, anche questo un discorso collocato in un contesto concettuale, che potremmo chiamare "discorso filosofico". Ma questa tesi non ricade in contraddizioni perché le diverse descrizioni del mio pluralismo non sono descrizioni illusorie (in qualche modo false), ma sono tutte descrizioni vere.

D'altro canto, la tua tesi si basa su una distinzione che la tesi stessa definisce in sostanza falsa. Mi ripeto: non c'è modo poetico per tamponare la contraddizione, una contraddizione è una contraddizione. E, come dicevo, anche per i filosofi buddisti una contraddizione indica una tesi falsa.

Tu dici che se si può solo parlare usando mappe, allora il dire "le mappe sono mappe" è una mappa a sua volta. Io dico: certo che lo è, ma questa non è una contraddizione. La contraddizione emerge quando tu affermi una cosa come: "si può parlare solo usando mappe" e poi aggiungi "si può parlare usando mappe ma anche non usandole". Ecco la contraddizione.

Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2018, 11:14:25 AM
Ma questo non ti fa suonare un campanellone d'allarme? Come scrivevo sopra, riguardo alla contraddizione, questo non ti fa sorgere il dubbio che tutta questa teoria della verità ultima e della verità convenzionale sia insensata? Un teoria che porta alla contraddizione e subito dopo all'inesprimibilità...

Come ho già detto, non noti anche a tu che una verità ultima (una proposizione vera che concerne una realtà dove nulla interagiscono con alcunché) è proprio una concettualizzazione al massimo grado? Cioè il contrario di dove si vorrebbe andare...

Poi consideriamo anche questo problema: il collegamento tra verità convenzionale e verità ultima. Come possiamo pensare che "dietro" alle verità convenzionali ci siano le verità ultime, cioè che in qualche modo le verità ultime causino (o spieghino) le verità convenzionali? Tale collegamento è precluso aprioristicamente proprio per com'è caratterizzata la verità ultima... Quindi, ancora, considerare le verità ultime dietro alle verità convenzionali illusorie è un nonsense.


Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2018, 11:14:25 AM
Se non posso esprimeere una verità ultima dietro la verità convenzionale, allora la verità ultima è che la verità convenzionale (il "ritaglio") è convenzionale.
No, significa che i concetti dicotomici verità ultima/verità convenzionale sono mal formulati, vista la contraddizione. Se non puoi esprimere qualcosa, allora non la puoi esprime, non è che poi la esprimi. :D 

Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2018, 11:14:25 AM
Se non è possibile esprimere una verità ultima che spieghi quelle convenzionali non rimane altro che riconoscere le verità convenzionli come convenzionali.
O rigettare tale dicotomia. ;D

Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2018, 11:14:25 AMOvvero il Silenzio. Questa è la "trascendenza" per Nagarjuna: la fine della proliferazione concettuale.
La "verità ultima" è inespressibile perchè è ciò che rimane quando "abbandoni" tutte le convenzioni. Ovvero finisci di creare mappe e ti godi il territorio, il paesaggio.
Come per la collezione di fumetti non esiste una catalogazione più vera di altre (perché "scelta dalla collezione stessa"), così è anche per tutto il resto della realtà: non esiste una catalogazione della realtà scelta dalla realtà stessa. E non è che non c'è perché una legge fisica lo vieti o perché noi poveri umani siamo limitati... non c'è perché ciò è un concetto senza senso.

I problemi della tua tesi sono molteplici. Primo fra tutti, come dicevo, è contraddittoria. Secondo, è inutilmente ingombrante perché deve coinvolgere verità inesprimibili. Terzo, manca di potere esplicativo.

Spiego il terzo punto. Manca di potere esplicativo perché il silenzio, ovviamente, non spiega nulla, non può essere una risposta. La verità ultima non spiega nulla perché è inesprimibile e pure il collegamento tra la verità ultima e la verità convenzionale è inesprimibile. La verità ultima è un "universo" non solo completamente slegato dal nostro ma anche inesprimibile. Se voglio sapere perché mia mamma sbatte la porta, perché il bitcoin è troppo volatile, come può volare il calabrone, com'è fatta la Terra e come si muove rispetto al sole, come funzionano i protocolli di posta elettronica, ecc., la verità ultima non serve a nulla.

La verità ultima è logicamente impossibile, metafisicamente ingombrante e non ci dice nulla del nostro mondo... non so proprio di cosa farmene.  ;D
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 26 Febbraio 2018, 12:52:05 PM
Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PM
@epicurus,
interessanti le idee di Putman!
Mi fa piacere tu le abbia trovate interessanti. Purtroppo lì sono espresse in modo sintetico.

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PMComunque sono ancora dell'idea che pur essendoci più "verità" dovute a come si ritaglia la Realtà, ciò non toglie che ci sia la Realtà appunto  ;D
Su questo concordo io e concorda anche Putnam. :D

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PMil problema è quando si pretende che che queste visioni parziali diano la totalità!
Io non credo che tutte queste descrizioni diano la totalità. Il concetto stesso di "descrizione totale della realtà" non ha senso per la mia tesi, come puoi immaginare. Visto che il numero di contesti concettuali non è fisso, ma aperto alla creatività e all'intelligenza dell'uomo.

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PMSe si vuole andare oltre alla totalità, non resta che... smettere di cercare di rinchiudere tutta la realtà in una concettualizzazione.
Riformulo quanto da te detto sopra e lo rigiro a te: il problema è quando si pretende di andare oltre la totalità (o anche solo volerla raggiungere).  ;D

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PM"su ciò di cui non si puo parlare si deve tacere" (Wittgenstein)
Se tu non dicessi nulla sulla questione, non avessi una tesi, allora saresti coerente. Ma invece ne hai di cose da dire.  ;D
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Eutidemo il 26 Febbraio 2018, 14:53:50 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 25 Febbraio 2018, 14:49:00 PM
Certo, senza linea bianca non è possibile, perché la figura può essere interpretata col piede destro che sta a terra e l'altro che gira, oppure col sinistro che sta a terra e il destro che gira. La linea bianca, a seconda di come viene segnata, costringe forzatamente la mente a stabilire che il piede che sta a terra è obbligatoriamente il destro oppure obbligatoriamente il sinistro.

Riguardo alle credenze, gli esperimenti valgono in ambito scientifico, ma non in ambito filosofico, perché la filosofia è più esigente della scienza. La filosofia ci fa osservare che qualsiasi esperimento è pur sempre soggettivo perché alla fine l'ultima parola siamo sempre noi a darla, cioè noi soggetti. Siamo noi a stabilire che 2+2 fa quattro; anche quando ci accorgiamo che il fare 4 è confermato da tanti altri tipi di calcoli e prove, ogni calcolo e ogni prova viene alla fine pur sempre valutato dalla nostra mente, quindi alla fine è sempre la nostra mente la quale, per verificare la propria affidabilità, non può fare a meno di ottenere risposte che in realtà vengono ultimamente fornite da essa stessa. Siamo tutti sempre nella situazione dell'oste: oste, com'è il vino? L'oste ti dice che è buono, perché è lui a produrlo. Non c'è verità che non sia inquinata dall'intervento della nostra mente.

***
LA BALLERINA
Caro Cannata,
come giustamente osservi tu, senza la linea bianca "di forzatura", la figura può essere interpretata col piede destro che sta a terra e l'altro che gira, oppure col sinistro che sta a terra e il destro che gira; però, la cosa strana è che, sottoponendo al test alcuni amici, quasi tutti tendono (come me) a vedere il movimento in senso orario. 
Eppure, in teoria, senza la linea bianca "di forzatura", non c'è alcun motivo logico per preferire una direzione invece dell'altra; ed allora perchè mai "si tende" a scegliere la direzione sinistra>destra?
Riflettendoci meglio, sempre ammesso che sia universalmente valida la mia minuscola rilevazione "pseudo-statistica" (il che sarebbe da verificare anche in questo "thread"), , secondo me, nel caso di specie, non si tratta di una mera "illusione ottica", come pensavo all'inizio; bensì potrebbe trattarsi di una predisposizione "tendenziale" del cervello umano a concepire il movimento -e non solo quello- da sinistra a destra.
Vi siete mai chiesti, infatti, perchè il rubinetto (come la vite), si ruota da sinistra a destra?
E perchè mai le porte, in genere, si aprano da sinistra a destra?
Ed il motivo per il quale, appunto, le lancette dell'orologio si muovano anche loro da sinistra a destra?
E come mai nella maggior parte dei videogiocchi a scorrimento orizzontale, ci si muove da sinistra verso destra? 
Per non parlare della scrittura (sebbene alcuni popoli scrivano da destra a sinistra e dall'alto in basso)!
Di primo acchito si potrebbe ipotizzare che ciò dipenda dal fatto che l'uomo è prevalentemente "destrorso", pare in conseguenza dell'iper-sviluppo dei centri di Broca e Wernicke; il che giustificherebbe varie cose (tipo l'apertura delle porte), ma non tutto.
Tra l'altro, tale tendenza sinistra-destra non vale solo in ambito "dinamico", ma anche per le immagini "statiche".
A tale riguardo, Peter Walker, docente presso l'Università di Lancaster, ha analizzato migliaia di dipinti e fotografie presenti su "Google Images",  e tale analisi ha confermato quanto già noto, e cioè l'esistenza di una convenzione grafica che "....prevede di rappresentare un soggetto inclinato nella direzione in cui si muove, e di aumentare l'inclinazione per suggerire una maggiore velocità"; ma l'aspetto originale della ricerca è l'avere evidenziato che IL VERSO DELL'INCLINAZIONE E' SEMPRE VERSO DESTRA! 
Stanislas Dehaene, parecchi anni fa, scoprì il cosiddetto "effetto SNARC" (Spatial-Numerical Association of Response Codes), in base al quale pare che il nostro cervello adotti un'organizzazione spaziale delle informazioni legate agli ordini di grandezza, e in particolare che esista una linea numerica mentale che posiziona a sinistra i numeri piccoli e a destra quelli grandi.
Però, a quanto ho visto su INTERNET, esperimenti condotti con individui di cultura araba (che scrivono e leggono da destra verso sinistra) non hanno consentito di fare chiarezza e di la comunità scientifica ancora discute sulla natura biologica e/o culturale dell'effetto SNARC.

***
CREDENZE ED ESPERIMENTI
Caro Cannata,
quanto al fatto che gli esperimenti valgono in ambito scientifico, ma non in ambito filosofico, pur essendo PERFETTAMENTE d'accordo che si tratta di due ambiti separati, non riesco a capire bene il senso di tale affermazione; sarebbe come dire il settebello vale a scopa, ma non a briscola! 
Come noto, invero, fu Galileo Galilei ad applicare per la prima volta il cosiddetto "metodo scientifico sperimentale", e, cioè:
1. Osservare un fenomeno e porsi delle domande.
2. Formulare un'ipotesi, cioè una possibile spiegazione del fenomeno.
3. Compiere un esperimento per verificare se l'ipotesi è corretta.
4. Analizzare i risultati.
5. Ripetere l'esperimento anche in modi diversi, e, soprattutto farlo ripetere da diverse persone (soprattutto da quelle che non ne condividono i risultati).
6. Giungere ad una conclusione e formulare una regola comunemente accettata, in mancanza di validi esperimenti in contrario.
Ma tale metodo, si scontrò con quello "filosofico dell'epoca"!
Per esempio, secondo l'"opinione" della filosofia scolastica allora vigente, i corpi celesti, essendo per logico postulato "perfetti", dovevano essere completamenti sferici e lisci; mentre invece, con il cannocchiale, Galileo si era accorto che la nostra luna è ricca di asperità naturali.
Poichè gli scolastici non ci volevano credere, Galileo  gliele fece vedere con il loro occhi attraverso il cannocchiale...ma quelli rimasero fermi nella loro opinione, sostendo che:
- "se è vero che tale strumento ingrandisce l'immagine, vuol dire che la distorce, per cui quel che fa vedere non è affidabile";
;D

- "anche ammesso che l'immagine sia affidabile, chi ci dice che l'intera superficie della luna non sia ricoperta per parecchi chilometri da una perfetta e glabra sfera trasparente di ghiaccio, che ingloba al suo interno le asperità che noi vediamo"?
;D

Ecco così "filosoficamente" salvata la presunta "perfetta sfericità" dei corpi celesti; come pure il fatto che la terra era ferma, ed il sole gli girava intorno.
Mera questione di contrasto tra opinioni soggettive?
Io non direi!
In realtà, come dicevo all'inizio, i due ambiti, pur essendo connessi, sono nettamente separati: la scienza si occupa della fisica e del mondo fenomenico, cioè della "trama" della realtà, mentre la filosofia si occupa della metafisica e del mondo noumenico, cioè dell'"ordito" della realtà.
Guai a confondere i due livelli: sarebbe come se degli scienziati si sentissero autorizzati a dimostrare sperimentalmente l'esistenza (o l'inesistenza) di Dio, ovvero dei filosofi si sentissero autorizzati a dimostrare l'esistenza (o l'inesistenza) del meccanismo evolutivo.
L'unico autentico ed indispensabile punto di contatto fra le due "aree", è tra quella parte della filosofia detta ETICA, e quella parte della scienza detta TECNOLOGICA; ed infatti, almeno a mio avviso, è lecito ed anzi necessario che la filosofia morale valuti l'impatto etico di certe scoperte, e, soprattutto, di certe invenzioni.
Ma questo è un aspetto specifico e particolare, che non va confuso con quello generale di cui sopra; e che riguarda precipuamente la RICERCA in quanto tale (scientifica e filosofica).
***
Alla luce di quanto sopra, passo a commentare le tue affermazioni, alcune condivisibili in pieno, altre meno.
1)
<<La filosofia ci fa osservare che qualsiasi esperimento è pur sempre soggettivo perché alla fine l'ultima parola siamo sempre noi a darla, cioè noi soggetti.>>
---
Questo assunto è sicuramente vero, anche se direi che questo ce lo fa osservare il buon senso, ancor prima della filosofia; ed è proprio partendo da tale ovvia considerazione, che il metodo scientifico adotta tutte le cautele possibili ed immaginabili per rendere "il più oggettivo possibile" il risultato di una osservazione o di un esperimento.
Ciò in quanto:
a) Innanzitutto, un esperimento serio, ove possibile, viene sempre effettuato "in cieco o in doppio cieco";  il che descrive un modo per definire un esperimento scientifico dove viene impedito ad alcune delle persone coinvolte di conoscere informazioni che potrebbero portare a effetti di "aspettativa soggettiva", conscia o inconscia, così da invalidarne i risultati .
b) In ogni caso, anche se effettuato con tutte le cautele possibili (tra cui quella di sopra è solo una delle principali), un singolo esperimento vale meno che niente, se non viene confermato altrove anche da altri sperimentatori, tanto meglio se scettici al riguardo.
Tutto questo evita la possibilità di errori?
Sicuramente no.
La limita ad un minimo sostanzialmente irrilevante?
Sicuramente sì.
E quando una cosa è "definitivamente" ed "oggettivamente" dimostrata, l'ultima parola è detta, e non c'è diversa opinione soggettiva che possa smentirla.
Per esempio, il celeberrimo esperimento dell'argento vivo realizzato da Torricelli nella primavera del 1644 a Firenze, dimostrò  che la natura non aborre il vuoto e che l'aria ha un suo peso, a differenza da quanto allora sostenuto dai tolemaici; è una realtà ormai "oggettivamente" accertata, e, chi volesse "soggettivamente" sostenere il contrario, sarebbe ritenuto un imbecille o un ignorante.
E potrei andare avanti con migliaia di altri esempi di esperimenti ed osservazioni che hanno accertato realtà ormai universalmente riconosciute come "oggettive"; e che nessuno può più, ormai, "soggettivamente", contestare, se non passando, appunto, per un imbecille o un ignorante.
2)
<<Siamo noi a stabilire che 2+2 fa quattro; anche quando ci accorgiamo che il fare 4 è confermato da tanti altri tipi di calcoli e prove, ogni calcolo e ogni prova viene alla fine pur sempre valutato dalla nostra mente, quindi alla fine è sempre la nostra mente la quale, per verificare la propria affidabilità, non può fare a meno di ottenere risposte che in realtà vengono ultimamente fornite da essa stessa.>>
---
Dire che 2+2 fa quattro non è una verità sperimentale acquisita dalla scienza; la quale, in base agli esperimenti, si occupa soltanto di "giudizi sintetici a posteriori", e non di "giudizi analitici a priori".
Dire che 2+2 fa quattro, infatti (come un po' tutta la matematica), è in fondo una "tautologia"; cioè, come dire che un quadrupede ha quattro zampe: ma, di sicuro, non è una "opinione soggettiva" (come non lo è il resto della matematica)!
3)
<<Siamo tutti sempre nella situazione dell'oste: oste, com'è il vino? L'oste ti dice che è buono, perché è lui a produrlo. Non c'è verità che non sia inquinata dall'intervento della nostra mente.>>
---
Anche questo è molto vero, ma se interpretato nel modo sbagliato può essere anche molto fuorviante e pericoloso; ed infatti, se è vero che molte cose sono opinabili, molte altre non lo sono affatto.
Per esempio, se mi faccio la bizzarra opinione di poter volare fuori dalla finestra battendo le braccia come se fossero ali, temo, purtroppo, che farei una brutta fine in pochi secondi; ed infatti, la verità inesorabile della legge di gravità, non è certo modificabile dall'intervento della nostra mente. :D
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 26 Febbraio 2018, 15:23:46 PM
Citazione di: epicurus il 26 Febbraio 2018, 12:52:05 PM
Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PM
@epicurus,
interessanti le idee di Putman!
Mi fa piacere tu le abbia trovate interessanti. Purtroppo lì sono espresse in modo sintetico.

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PMComunque sono ancora dell'idea che pur essendoci più "verità" dovute a come si ritaglia la Realtà, ciò non toglie che ci sia la Realtà appunto  ;D
Su questo concordo io e concorda anche Putnam. :D

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PMil problema è quando si pretende che che queste visioni parziali diano la totalità!
Io non credo che tutte queste descrizioni diano la totalità. Il concetto stesso di "descrizione totale della realtà" non ha senso per la mia tesi, come puoi immaginare. Visto che il numero di contesti concettuali non è fisso, ma aperto alla creatività e all'intelligenza dell'uomo.

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PMSe si vuole andare oltre alla totalità, non resta che... smettere di cercare di rinchiudere tutta la realtà in una concettualizzazione.
Riformulo quanto da te detto sopra e lo rigiro a te: il problema è quando si pretende di andare oltre la totalità (o anche solo volerla raggiungere).  ;D

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PM"su ciò di cui non si puo parlare si deve tacere" (Wittgenstein)
Se tu non dicessi nulla sulla questione, non avessi una tesi, allora saresti coerente. Ma invece ne hai di cose da dire.  ;D


Beh, @epicurus, sono ancora ingabbiato nelle mia mente "relativa"  ;D  ;D  scherzo! In realtà quella questione del "tacere" è il classico paradosso dell'"ineffabilità" in fin dei conti!

Riguardo alla questione della totalità... è piuttosto curioso, non trovi? Per dire che la nostra verità è un "ritaglio" o una "visione parziale" dobbiamo quasi ammettere questa "totalità" che non si riesce a raggiungere. Infatti parlare di "parzialità" necessita che ci sia la "totalità" (o l'oltre la totalità). In sostanza "totalità", "verità ultima" ecc sono quasi tutti "concetti-limite", che dobbiamo ammettere per: (1) riconoscere che si possono distinguere le "verità" parziali dalle "falsità" parziali (2) che le verità parziali sono verità parziali. Allo stesso tempo però la distinzione tra "parzialità" e "totalità" la facciamo col nostro punto di vista parziale. Ergo a rigore anche la disttinzione "parzialità" e "totalità" deriva da una visione parziale.  E qui arriva il paradosso!  dovremo taceere, eppure... ;D  ;D  ;D

Molto curioso, devo dire.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 26 Febbraio 2018, 16:20:46 PM
Citazione di: Apeiron il 26 Febbraio 2018, 15:23:46 PM
Beh, @epicurus, sono ancora ingabbiato nelle mia mente "relativa"  ;D  ;D  scherzo! In realtà quella questione del "tacere" è il classico paradosso dell'"ineffabilità" in fin dei conti!
Un paradosso che non sei obbligato ad accettare se passi al lato oscuro della forza con me.  ;D
Paradosso con il quale sei pure incoerente (parlando invece di tacere).  ;)

Citazione di: Apeiron il 26 Febbraio 2018, 15:23:46 PM
Riguardo alla questione della totalità... è piuttosto curioso, non trovi? Per dire che la nostra verità è un "ritaglio" o una "visione parziale" dobbiamo quasi ammettere questa "totalità" che non si riesce a raggiungere. Infatti parlare di "parzialità" necessita che ci sia la "totalità" (o l'oltre la totalità). In sostanza "totalità", "verità ultima" ecc sono quasi tutti "concetti-limite", che dobbiamo ammettere per: (1) riconoscere che si possono distinguere le "verità" parziali dalle "falsità" parziali (2) che le verità parziali sono verità parziali. Allo stesso tempo però la distinzione tra "parzialità" e "totalità" la facciamo col nostro punto di vista parziale. Ergo a rigore anche la disttinzione "parzialità" e "totalità" deriva da una visione parziale.
Riprendo il mio ormai famoso esempio della collezione di fumetti. Certo che c'è una totalità, cioè l'insieme di tutti i miei fumetti. Ma non c'è una totalità di catalogazioni possibili, perché ogni giorno potrei inventarmi un nuovo modo di ordinarli a seconda di una mia esigenza particolare.

Vedi come tutta la metafisica fumosa evapora con il pluralismo concettuale? Dopo essermi sbarazzato delle iperconcettualizzazioni buddiste non mi resta che godermi il mondo nella sua semplicità e ricchezza.  :D

Sono riuscito a farti almeno intravedere il fascino della mia posizione?  ;D  ;D

Citazione di: Apeiron il 26 Febbraio 2018, 15:23:46 PME qui arriva il paradosso!  dovremo taceere, eppure... ;D  ;D  ;D

Molto curioso, devo dire.
Eppure se si tacesse la filosofia buddista non esisterebbe... Ma sopratutto, se si tacesse, si starebbe semplicemente in silenzio, come sta in silenzio un fiore, nulla più.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Sariputra il 26 Febbraio 2018, 16:37:18 PM
Mi sono imbattuto in questa citazione, da una riflessione di Costanzo Preve, sull'argomento 'relativismo, che mi sembra interessante...
Ma prima di tutto vorrei salutare il caro Eutidemo che è tornato a scrivere sul forum e i cui interventi sono sempre preziosi e, soprattutto, molto chiari e che a me personalmente mancavano...
Mi auguro che la tua salute sia relativamente buona, o che i tuoi eventuali disturbi siano assolutamente sopportabili ... :)


"La migliore definizione di relativismo è quella di Assolutizzazione Unilaterale di uno dei due poli ( in correlazione essenziale ) di assoluto e di relativo"
( Costanzo Preve)


La trovo piuttosto interessante... 


Ovviamente molti 'relativisti' cadono frequentemente in questa gaffe perniciosa, che fa parte delle cose da non dire alla propria donna in modo Assoluto: "Amore! Mi ami ancora?- "Sì, relativamente..." :)


Però, però...avete mai riflettuto sul fatto che il relativismo, soprattutto etico, è diffuso soprattutto tra le classi più agiate, quelle per così dire dominanti, più colte e alla moda, mentre le credenze più inverosimili sono il pane quotidiano del popolino, dei buzzurri e degli inadeguati al mondo, che sono sempre assolutamente incacchiati con quelli sopra... ?
Pertanto sembra quasi, il relativismo, una forma di etnocentrismo che agisce nei rapporti interni delle società complesse e stratificate. I comportamenti degli 'strati' della popolazione subalterni e periferici vengono disprezzati e respinti fuori dalla "cultura dominante", perché non collimano con i valori dei ceti colti e dominanti. Più in generale non coincidono con i modi ufficiali di vedere il mondo...
Quanto disprezzo si aggira nei "piani alti e colti" della società verso i credenti/creduloni/buzzurri e con l'abito fuori moda ormai da più di due anni? Quelli che hanno ancora il telefonino Nokia a tastoni perché lo smartfone costa troppo e  perché temono di non saperlo poi usare ?...

Non so, riflessioni personali così...a getto libero!!

Ma poi...mi chiedo anche...si può essere relativamente assolutisti? No perché...io spesso mi sento così. Sono un relativo che tende all'assoluto e spesso mi sovvien l'eterno e le morte stagioni e la presente, e viva, e il suon di lei e il naufragar m'è dolce in questo mare...il naufrago è il relativo e l'eterno mare l'assoluto . Che bella immagine poetica... e spirituale.
Prima che lo diciate voi, lo dico io: non è filosofia. E vabbè. Non di sola filosofia vive l'uomo...
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Sariputra il 26 Febbraio 2018, 16:45:33 PM
cit.Epicurus:
Sono riuscito a farti almeno intravedere il fascino della mia posizione?  

Ammazza!...Affascinante come un catalogo Bolaffi!  ;D  ;D  ;D
E' molto pluralistico...David Coulthard diceva: "Le opinioni sono come il b..o del culo...ognuno ne ha una!"
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 26 Febbraio 2018, 16:54:41 PM
Citazione di: Sariputra il 26 Febbraio 2018, 16:45:33 PM
cit.Epicurus:
Sono riuscito a farti almeno intravedere il fascino della mia posizione?  

Ammazza!...Affascinante come un catalogo Bolaffi!  ;D  ;D  ;D
Io parlo di arte fumettistica e l'inconscio tuo e di Aperion vi portano alla filatelia... non di soli francobolli vive l'uomo.  ;D
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Angelo Cannata il 27 Febbraio 2018, 09:18:15 AM
Citazione di: Eutidemo il 26 Febbraio 2018, 14:53:50 PMTutto questo evita la possibilità di errori?
Sicuramente no.
La limita ad un minimo sostanzialmente irrilevante?
Sicuramente sì.
La filosofia si distingue dalla scienza perché è più esigente. La scienza si accontenta di ciò che è sperimentabile, ciò che può essere sufficiente per le sue applicazioni, le sue necessità. La filosofia non si accontenta di ciò.
In filosofia non esiste l'irrilevante, non esistono dati troppo piccoli per essere presi in considerazione. In filosofia una cosa è o non è. In ambito scientifico un elettrone, o una sua infima parte, può anche essere considerato zero in confronto all'intero universo o alla somma di tutti gli universi di cui scientificamente è possibile avere idea. In filosofia no. In filosofia non esiste il trascurabile. La filosofia pretende la totalità, il tutto. Prendiamo ad esempio il problema della conoscenza della verità. Se in base a criteri, ragionamenti, esperimenti, venisse fuori che possiamo conoscere ogni minuzia dell'intero universo, tranne solo un'infima particella, la scienza conclude che sì, è possibile conoscere l'intero universo. La filosofia invece conclude no, definitivamente no, perché quell'infima particella impedisce di dire sì.
Questo avviene perché la filosofia non si pone in partenza scopi pratici, come fa la scienza; la filosofia vuole esplorare il massimo, e il massimo è ciò che chiamiamo anche "tutto". Ma se è tutto è tutto, non esistono parti irrilevanti.

Inoltre, alla filosofia non interessano in partenza le conseguenze pratiche: la filosofia vuole sapere come stiamo in fatto di conoscenza, quali possibilità abbiamo di sapere se esiste la verità. Se io voglio sapere se esiste la verità, non posso anteporre a ciò il mio bisogno di non morire, il rischio di diventare pazzo, il rischio di pensare di poter volare e buttarmi dalla finestra. La filosofia non può scendere a compromessi con niente, con nessun timore, nessun pericolo. Intanto si indaga, si cerca di capire. Se poi verranno fuori rischi e pericoli si vedrà, ma anteporre rischi e pericoli significherebbe condizionare la ricerca, impedirsi già in partenza di stabilire come stanno le cose.
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 27 Febbraio 2018, 13:00:06 PM
@epicurus mi ero dimenticato di risponderti ad un messaggio. Lo faccio ora

Nel mio passo che tu citi non sono riuscito a spiegare bene quello che intendevo. Infatti non era mia intenzione dire che "elettrone libero" è un nonsense. Io dicevo che è un nonsense il concetto di "ente perfettamente indipendente e semplice", ma, in quel passo, ho spiegato perché tale etichetta non si può applicare all'elettrone libero. Non si può applicare perché l'elettrone libero non è perfettamente semplice (ha una massa e una dimensione) e non è perfettamente indipendente (è comunque stato generato, è sotto il dominio delle leggi fisiche e dipende da un particolare tipo di spaziotempo). Inoltre la definizione dell'elettrone è anche controfattuale, cioè come si comporterebbe se si trovasse in alcune circostanze anziché altre. Se ci fosse solo un elettrone nell'universo (e questa situazione rimanesse tale per sempre), quello non sarebbe un elettrone.


Su questo direi che concordiamo. Ad ogni modo ritengo che l'elettrone libero è il perfetto esempio di "entità dipendente ma indistruttibile". Il problema è che è un'astrazione (a questo punto entrerebbe un enorme discorso sull'ontologia delle astrazioni, ma semmai lo facciamo un'altra volta...).

Prendiamo l'essere umano. Possiamo considerarlo come un agente intenzionale e dire "Marco vuole comprare un gelato"; oppure come un agente razionale e dire "Per Marco il pay-off di 'Comprare un gelato' ha un valore significativo non nullo"; oppure la biologia parlerà di molecole ed evoluzione, oppure la fisica parlerà di particelle; ecc... E ogni proposizione ha senso (e fa pare di una rete inferenziale) proprio in virtù del fatto di essere dentro un dato contesto concettuale. Questo io intendo quando dico che ci sono più descrizioni vere e (potenzialmente) non riducibili tra loro. Non c'è nulla da trascendere, perché la realtà è qui di fronte a noi e spetta a noi scegliere che schemi concettuali usare per descriverla.

E quindi non c'è alcuna contraddizione. La biologia dice una cosa, la psicologia ne dice un'altra, tutto qui. Non sono descrizioni prospettiche, o meglio, tale termine potrebbe essere forviante: preferisco evitare l'etichetta sintetica e spiegare la cosa nel dettaglio come sto facendo.

Ok, su questo sono d'accordo. Effettivamente ho confuso le acque. Tuttavia sei d'accordo sulla "parzialità" delle prospettive, in quanto dici che "la realtà è qui di fronte a noi e spetta a noi...".
Sono "verità", però sono verità dipendenti. Dipendenti proprio da quei schemi concettuali di cui parli. Tuttavia essendoci una "realtà" che noi ritagliamo, ne segue che si può anche parlare della "totalità" e così via. Questa "verità ultima" dunque diventa "manifesta" quando non siamo più dipendenti dai concetti (ammesso che ciò sia possibile).

In sostanza i concetti sono come "occhiali colorati". Se cambiamo uno schema cambiamo gli "occhiali". Produciamo delle verità che saranno "vere" ma solo fino a quando utilizziamo un certo colore (ho trovato questa analogia in un forum americano...). Finché non troviamo il modo di vivere senza occhiali, non potremo mai sapere però cosa si prova a "vedere la realtà senza mediazioni". Dunque la "trascendenza" è perfettamente sensata.


Tu allora potresti dire (e, con altre parole, lo hai detto): "Ma la tua tesi del pluralismo concettuale non è forse un voler parlare oltre ai confini di quello che ti è concesso?". No, al contrario di quanto tu affermi, ciò non porta ad una contraddizione. Il discorso che stiamo facendo è, ovviamente, anche questo un discorso collocato in un contesto concettuale, che potremmo chiamare "discorso filosofico". Ma questa tesi non ricade in contraddizioni perché le diverse descrizioni del mio pluralismo non sono descrizioni illusorie (in qualche modo false), ma sono tutte descrizioni vere.

D'altro canto, la tua tesi si basa su una distinzione che la tesi stessa definisce in sostanza falsa. Mi ripeto: non c'è modo poetico per tamponare la contraddizione, una contraddizione è una contraddizione. E, come dicevo, anche per i filosofi buddisti una contraddizione indica una tesi falsa.

Tu dici che se si può solo parlare usando mappe, allora il dire "le mappe sono mappe" è una mappa a sua volta. Io dico: certo che lo è, ma questa non è una contraddizione. La contraddizione emerge quando tu affermi una cosa come: "si può parlare solo usando mappe" e poi aggiungi "si può parlare usando mappe ma anche non usandole". Ecco la contraddizione.



Ottimo punto! nonostante il disaccordo sulla trascendenza direi che sono d'accordo (comunque ci rifletto in questi giorni!).

Spiego il terzo punto. Manca di potere esplicativo perché il silenzio, ovviamente, non spiega nulla, non può essere una risposta. La verità ultima non spiega nulla perché è inesprimibile e pure il collegamento tra la verità ultima e la verità convenzionale è inesprimibile. La verità ultima è un "universo" non solo completamente slegato dal nostro ma anche inesprimibile. Se voglio sapere perché mia mamma sbatte la porta, perché il bitcoin è troppo volatile, come può volare il calabrone, com'è fatta la Terra e come si muove rispetto al sole, come funzionano i protocolli di posta elettronica, ecc., la verità ultima non serve a nulla.

Non serve a nulla finché ragioni in senso pragmatico. Ma come ti dicevo, se pensi all'analogia degli occhiali colorati, la verità ultima è un perfetto concetto sensato. Tuttavia è "inesprimibile" perchè appunto se potessi esprimerla dovrei non utilizzare alcuna mediazione concettuale, il che è impossibile.

Posso capire non "interessarsene" perchè è "inutile", però mi sembra ben lontana dall'essere contraddittoria.

Riprendo il mio ormai famoso esempio della collezione di fumetti. Certo che c'è una totalità, cioè l'insieme di tutti i miei fumetti. Ma non c'è una totalità di catalogazioni possibili, perché ogni giorno potrei inventarmi un nuovo modo di ordinarli a seconda di una mia esigenza particolare.

Vedi come tutta la metafisica fumosa evapora con il pluralismo concettuale? Dopo essermi sbarazzato delle iperconcettualizzazioni buddiste non mi resta che godermi il mondo nella sua semplicità e ricchezza.  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/cheesy.gif)

Sono riuscito a farti almeno intravedere il fascino della mia posizione?  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif)  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif)

Sì, sei riuscito  ;D

tuttavia non riesci ad intravedere il fascino della distinzione con la"verità ultima"  ;D  ;D

La metafisica non evapora semplicemente perchè nessuno ha mai voluto esprimere la "verità ultima" secondo certi schemi concettuali. Riguardo alla "verità convenzionale" sono d'accordo con te:  il numero di "schemi" è inimmagginabile. E ciascuno ha le sue "verità universali".

Un paradosso che non sei obbligato ad accettare se passi al lato oscuro della forza con me.  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif)
Paradosso con il quale sei pure incoerente (parlando invece di tacere).  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif)

Grazie della proposta! Ma non trovando alcuna contraddizione (anche grazie a te!  ;) ) e siccome credo che la tua posizione è "inclusa" nella mia, direi che non passo al lato oscuro  ;D  Anche perché tu avrai moltissime verità, io ne ho una in più  ;D  ;D  ;D  ;D  ;D ;D

Non cado in contraddizione perché la "verità ultima" è quando togli gli schemi concettuali, non quando ne aggiungi un altro.

O come anche il Daodejing, pur non essendo buddista, dice "chi segue il Dao ogni giorno toglie" ;)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 02 Marzo 2018, 15:55:31 PM
Provo a tirare un po' le (mie) somme sulla tua teoria.  ;)

1) INCOERENZA:
a. Ci sono verità ultime.
b. Le verità ultime sono le uniche descrizioni vere del mondo, del mondo com'è veramente.
c. Le verità ultime non sono esprimibili.
------------------
Quindi (deduzione logica):
d. "Ci sono verità ultime" non è una descrizione vera del mondo.

Da qui l'incoerenza.

2) IRRILEVANZA:
Le verità ultime hanno un potere esplicativo pari a zero perché il silenzio, ovviamente, non spiega nulla, non può essere una risposta. Il tuo silenzio è uguale al silenzio che fa un sasso.

La verità ultima non spiega nulla perché è inesprimibile e pure il collegamento tra la verità ultima e la verità convenzionale è inesprimibile. La verità ultima è un "universo" non solo completamente slegato dal nostro ma anche inesprimibile. Se voglio sapere perché mia mamma sbatte la porta, perché il bitcoin è troppo volatile, come può volare il calabrone, com'è fatta la Terra e come si muove rispetto al sole, come funzionano i protocolli di posta elettronica, ecc., la verità ultima non spiega nulla.

Per rispondere a questo tu dici che la verità ultima non serve alcun scopo pratico, ma è sensato come è sensata l'analogia degli occhiali colorati.

Innanzitutto non capisco il collegamento tra ciò che viene prima il ma e ciò che viene dopo.  ;D

Riguardo alla mancanza di scopo pratico, mi pare un eufemismo. Io direi che non ha alcuno scopo... cioè solitamente si differenza tra pratico e teorico, ma il teorico ha influenza sul pratico. La fisica più teorica è collegata esplicativamente alla fisica più pratica. Ma qui stiamo parlando di completa e assoluta indipendenza tra verità ultima e verità convenzionale. Non c'entra la differenza tra pratico e teorico, il fatto è che la verità ultima non ha nulla a che fare con il nostro universo. E allora si carica anche di assoluta irrilevanza per l'uomo e l'universo in cui vive.

Riguardo alla metafora degli occhiali colorati, non credo che sia una buona metafora in questo contesto. Ciò che noi vediamo senza lenti colatore e ciò che noi vediamo con le lenti, è assolutamente legato. La fisica ci spiega bene il legame tra queste due visioni e del cosa sta succedendo. E poi noi comprendiamo sia cosa vediamo con le lenti sia cosa vediamo senza. Ma la verità ultima è una cosa inesprimibile e assolutamente indipendente da tutto... da qui l'insensatezza.

3) PROBLEMA DEL LEGAME
Che poi ritorno a chiedere: se noi diciamo che in qualche modo la verità ultima è responsabile di come noi erroneamente vediamo il mondo (cioè la verità convenzionale), allora mi pare che dobbiamo dire che vi è un legame tra verità ultima e verità convenzionale, no? Ma allora non è più una verità ultima, cioè assolutamente indipendente da tutto.

4) SUPERFLUITÀ
Tu affermi che la mia teoria è inclusa nella tua. Con molti distinguo e precisazioni, potrei essere d'accordo. Ma allora perché non propendere per la mia teoria che è più parsimoniosa?  ;D
Anche perché non è che tu hai solo una verità in più, ne hai probabilmente un'infinità in più. (Ma anche la qualità è importante... ma per questo valgono i punti precedenti.)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 03 Marzo 2018, 13:18:10 PM
@ciao epicurus, provo a risponderti.

Citazione di: epicurus il 02 Marzo 2018, 15:55:31 PMProvo a tirare un po' le (mie) somme sulla tua teoria. ;) 1) INCOERENZA: a. Ci sono verità ultime. b. Le verità ultime sono le uniche descrizioni vere del mondo, del mondo com'è veramente. c. Le verità ultime non sono esprimibili. ------------------ Quindi (deduzione logica): d. "Ci sono verità ultime" non è una descrizione vera del mondo. Da qui l'incoerenza.

Ok... vediamo. "C'è il semaforo rosso" è una verità "parziale". A livello atomico "c'è il semaforo rosso" non ha senso, tuttavia ciò non inficia la verità di tale proposizione nella nostra vita. Tuttavia per me la "verità ultima" è semplicemente quella non mediata da concettualizzazioni. Se per te il termine "verità" si applica solo a qualcosa che può dare origine ad una concettualizzazione, allora sono d'accordo. Tuttavia, mi sembra che anche tu ammetti che parlare di "parzialità" ha senso solo in relazione a "ciò che non è parziale" ecc

Secondo me il nostro attuale dissidio nasce sul significato che diamo al termine "verità".

Citazione di: epicurus il 02 Marzo 2018, 15:55:31 PM
2) IRRILEVANZA: Le verità ultime hanno un potere esplicativo pari a zero perché il silenzio, ovviamente, non spiega nulla, non può essere una risposta. Il tuo silenzio è uguale al silenzio che fa un sasso. La verità ultima non spiega nulla perché è inesprimibile e pure il collegamento tra la verità ultima e la verità convenzionale è inesprimibile. La verità ultima è un "universo" non solo completamente slegato dal nostro ma anche inesprimibile. Se voglio sapere perché mia mamma sbatte la porta, perché il bitcoin è troppo volatile, come può volare il calabrone, com'è fatta la Terra e come si muove rispetto al sole, come funzionano i protocolli di posta elettronica, ecc., la verità ultima non spiega nulla. Per rispondere a questo tu dici che la verità ultima non serve alcun scopo pratico, ma è sensato come è sensata l'analogia degli occhiali colorati. Innanzitutto non capisco il collegamento tra ciò che viene prima il ma e ciò che viene dopo. ;D Riguardo alla mancanza di scopo pratico, mi pare un eufemismo. Io direi che non ha alcuno scopo... cioè solitamente si differenza tra pratico e teorico, ma il teorico ha influenza sul pratico. La fisica più teorica è collegata esplicativamente alla fisica più pratica. Ma qui stiamo parlando di completa e assoluta indipendenza tra verità ultima e verità convenzionale. Non c'entra la differenza tra pratico e teorico, il fatto è che la verità ultima non ha nulla a che fare con il nostro universo. E allora si carica anche di assoluta irrilevanza per l'uomo e l'universo in cui vive. Riguardo alla metafora degli occhiali colorati, non credo che sia una buona metafora in questo contesto. Ciò che noi vediamo senza lenti colatore e ciò che noi vediamo con le lenti, è assolutamente legato. La fisica ci spiega bene il legame tra queste due visioni e del cosa sta succedendo. E poi noi comprendiamo sia cosa vediamo con le lenti sia cosa vediamo senza. Ma la verità ultima è una cosa inesprimibile e assolutamente indipendente da tutto... da qui l'insensatezza.

Vero: spiego il movimento dei pianeti supponendo che ci siano "pianeti", ovviamente  ;D tuttavia d'altro canto scopro che i "pianeti" rimangono oggetti distinti solo a livello macroscopico e dunque parlare di pianeti è una descrizione parziale. Parziale però di che?  ;D La "verità ultima" non si riferisce ad un universo slegato dal nostro. Semmai, ti direbbe forse un buddhista, è il nostro universo correttamente compreso. D'altronde non può essere esprimibile in quanto le concettualizzazioni sono sempre parziali.

Non è come un silenzio di un sasso perchè il sasso è senza coscienza e invece il "Buddha" sì, visto che "vede la realtà così come è" ;D  riguardo alle lenti...lenti= mediazione. senza lenti = "visione diretta". C'è una relazione tra la visione senza lente e quella con le lenti. Ma mentre la visione con le lenti è una costruzione, quella senza lenti no. Puoi comprendere quella senza lenti ragionando su quella con le lenti. Tuttavia non c'è una relazione di "causa" tra le due, per così dire...


Citazione di: epicurus il 02 Marzo 2018, 15:55:31 PM
3) PROBLEMA DEL LEGAME Che poi ritorno a chiedere: se noi diciamo che in qualche modo la verità ultima è responsabile di come noi erroneamente vediamo il mondo (cioè la verità convenzionale), allora mi pare che dobbiamo dire che vi è un legame tra verità ultima e verità convenzionale, no? Ma allora non è più una verità ultima, cioè assolutamente indipendente da tutto.

La luce del giorno rimane se ci sono le nubi che la nascondono?  :) Non è che togliere le convenzioni "produce" la "verità ultima". Semplicemente la "svela"! Effettivamente puoi dire che c'è una relazione tra le due. Ma mentre quella "parziale" la ottieni con una costruzione che "sovrapponi" a quella "ultima", quella ultima la ottieni rimuovendo le sovrapposizoni. 

Citazione di: epicurus il 02 Marzo 2018, 15:55:31 PM
4) SUPERFLUITÀ Tu affermi che la mia teoria è inclusa nella tua. Con molti distinguo e precisazioni, potrei essere d'accordo. Ma allora perché non propendere per la mia teoria che è più parsimoniosa? ;D Anche perché non è che tu hai solo una verità in più, ne hai probabilmente un'infinità in più. (Ma anche la qualità è importante... ma per questo valgono i punti precedenti.)

Anche io preferisco in genere le spiegazioni semplici. In questo caso per quanto detto sopra, direi che in realtà siamo d'accordo...
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: epicurus il 06 Marzo 2018, 12:46:16 PM
Apeiron, mi pare che siamo arrivati ad uno stallo: ci stiamo ripetendo più o meno sempre le stesse risposte. ;D

Direi di fermarci qui, in attesa di qualche nuova riflessione o argomentazione da parte di uno di noi (o di un altro forumista che si volesse aggiungere). O intravedi margini di novità? Che dici?  :)
Titolo: Re:Relativismo assoluto
Inserito da: Apeiron il 07 Marzo 2018, 18:16:05 PM
@epicurus, va bene.

Dichiaro il pareggio  ;D 

Grazie per la conversazione! Alla prossima.