LOGOS

LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: Socrate78 il 18 Novembre 2017, 20:28:36 PM

Titolo: Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Socrate78 il 18 Novembre 2017, 20:28:36 PM
Secondo voi si può parlare veramente e pienamente di responsabilità dell'uomo per le azioni che compie? In una parola, siamo liberi almeno in qualche misura? Mettendo tra parentesi le situazioni estreme in cui si configura un'incapacità di intendere e volere, ormai sembra che le neuroscienze stiano sempre più andando nella direzione di individuare dietro pensieri e sentimenti determinate sostanze chimiche (dopamina, serotonina, glutammato, per citarne alcune....) che a loro volta provocano precisi comportamenti attraverso la connessione tra i neuroni. Quindi è come se l'intero cervello obbedisca ad un codice come il software di un computer, per cui ad una certa concentrazione di un neurotrasmettitore corrisponde un sentimento o un atteggiamento.
Ora, un individuo con comportamento violento, antisociale, refrattario alla morale, sarebbe veramente colpevole dei danni che causa? La sua tendenza a non rispettare le esigenze altrui potrebbe essere data ad esempio da un mancato collegamento tra alcuni tipi di neuroni (quelli dell'empatia, per esempio o dei lobi frontali...) oppure da una concentrazione carente o eccessiva di un certo ormone o neurotrasmettitore.
Se le cose stanno così, io deduco che la responsabilità individuale sia molto meno forte di quanto si pensi e prevalga un notevole condizionamento genetico e biologico nella nostra condotta. Quali sono le vostre opinioni sul rapporto tra struttura genetica/chimica e libertà?
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 18 Novembre 2017, 21:52:27 PM
Buonasera Socrate. Hai rispolverato un classico argomento di discussione di questo forum. In modo molto succinto ti rispondo: sì e no. Siamo responsabili e non siamo responsabili, se presi singolarmente. Credo che la nostra responsabilità debba essere misurata in termini sociali e in termini di estensione temporale non riducibile ad un singolo atto. Per spiegare questo ho bisogno di formulare alcuni esempi.
Nel momento in cui tu stai leggendo queste righe inevitabilmente il tuo plastico cervello si sta modificando e si modificherebbe anche se stessi annusando una pizza ovviamente. Ma la pizza non fornisce criteri di giudizio e di valore mentre le parole sì. Se quello che scrivessi fosse così pieno di significato per te, il tuo cervello si riorganizzerebbe e questo scritto resterebbe inscritto in modo più duraturo fra quelle che potremmo chiamare i modelli di riferimento culturale all'azione. Se lo stesso tipo di messaggio continuasse ad arrivarti, specialmente quando sei molto giovane, o bambino, quella architettura mentale diventerebbe molto solida e tenderebbe a sopravalutare tutto ciò che la conferma e a rimuovere tutto ciò che la contraddice. Ho recentemente letto una lettera che un bambino di Napoli ha spedito a Babbo Natale: il bambino chiedeva un regalo soltanto a Babbo Natale, perché è consapevole che Babbo Natale i regali li va a rubare. Una lettera del genere sarebbe impensabile a Stoccolma per il semplice fatto che l'ambiente e le interazioni sociali sono coerenti verso un modello che rifiuta la trasgressione "rubare", ma ne accetta altre.
Un secondo aspetto è quello che tu stesso hai accennato, relativo al campo delle scoperte genetiche e neuroscientifiche, che stanno mettendo sempre più in crisi l'uomo moderno fondato sull'individualismo e sulla capacità quasi eroica di superare ogni difficoltà. Qui ad esempio si può citare il concetto di metilazione, cioè la trasmissione di generazione in generazione della predisposizione a certe azioni, percui se il padre ha usato cannabis ha attivato una parte del suo codice genetico che ha apprezzato quell'uso, e questo potenziale apprezzamento verrà trasmesso geneticamente ai figli, indipendentemente dai condizionamenti sociali che possono aumentare o diminuire il rischio di entrare in contatto con le sostanze stupefacenti (qui è solo un esempio, non voglio certo aprire il discorso sulle droghe leggere).
Un terzo aspetto è quello relativo alla parte più primitiva della nostra struttura mentale, ancora ordinata per poter fronteggiare la violenza della natura e degli altri esseri umani con altrettanta violenza, sia per paura, sia per deterrenza, sia per difesa del proprio onore.

In tutte questi tre diversi aspetti della natura umana si perviene ad una consistente riduzione del libero arbitrio in senso individuale. E' per questo che ritengo che il libero arbitrio debba essere adottato come libera volontà di un aggregato sociale sufficientemente ampio da modificare il comportamento medio dei soggetti per un periodo di tempo sufficientemente lungo. Ed effettivamente è quello che sta realmente accadendo da qualche secolo a questa parte proprio in molti paesi dell'occidente, come ho accennato in altre discussioni. Tutti i modelli di azioni che teoricamente impongono la condivisione dei comportamenti favoriscono una consapevolezza della libera volontà in termini collettivi e un declino delle ideologie e delle teorie che invece sottolineano l'irriducibilità individuale del libero arbitrio.
Questi modelli di azione sono, a livello politico, la democrazia, a livello economico, il libero scambio delle merci in un sistema capitalistico "responsabile", a livello culturale, l'illuminismo e il pensiero scientifico moderno. E' inevitabile che in società complesse come la nostra le responsabilità siano diffuse.

Detto questo va anche sottolineato che non siamo neppure degli automi lobotomizzati. Abbiamo la nostra parte di responsabilità anche individuale poichè ognuno di noi è dotato di meccanismi di resilienza agli stress ambientali diversi. Non tutti gli abitanti di Scampia sono degli spacciatori (detto per inciso a Scampia ci sono due licei, una serie di attività di contrasto all'illegalità e moltissime attività regolari). La molteplicità dei fattori individuali, fenotipici e genotipici, la complessità sociale, vista anche in chiave storica, l'interdipendenza fra soggetti sociali, i possibili parassitismi e spinte verso l'innovazione, creano un mileu dove le cause esterne e interne dell'agire umano si intersecano.
DIrei che quello che si può affermare con una certa sicurezza è la constatazione della maggiore causalità da parte di fattori esterni,rispetto a quelli individuali e la necessità proprio a partire da questa premessa di individuare dei nuovi paradigmi di responsabilità estesa e globale.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 18 Novembre 2017, 22:34:35 PM
Citazione di: Socrate78 il 18 Novembre 2017, 20:28:36 PM
la responsabilità individuale sia molto meno forte di quanto si pensi e prevalga un notevole condizionamento genetico e biologico nella nostra condotta.
Le neuroscienze, così intese, sembrano poter aggiungere un altro capitolo all'"encomio di Elena" di Gorgia  ;)  stabilendo un interlocutorio dualismo fra l'individuo e il suo corredo genetico-neurologico (come se quest'ultimo non facesse parte dell'individuo...).
Credo che sul piano della responsabilità (civile/penale, etica/morale o altro) il soggetto non si possa assolvere per "manifesto malfunzionamento di neurotrasmettitore x" (anche in caso di "incapacità di intendere e di volere" ci sono conseguenze di tutela per la società, se non erro).
Il motivo di un mio comportamento nocivo (o potenzialmente tale), se inteso in termini esclusivamente chimico-biologico-altro,  non mi può esonerare dall'esserne pubblicamente responsabile (standone le condizioni previste dalla legge), altrimenti viene meno l'imputabilità di qualunque azione, perché il soggetto sarà sempre tutelato dall'"alibi neurologico" (lascio volutamente in disparte la "responsabilità privata" di stampo religioso, che suggerisce tutt'altro paradigma di lettura anche per l'eredità genetica e il corpo che abbiamo ricevuto in sorte...).

Scoprire una causa fisiologica di un comportamento pericolosamente anti-sociale ricondurrebbe la colpa, anzi, il dolo, ad una dimensione sanitaria: "non faccio questo perché sono cattivo, ma perché ho carenza di un enzima (o altro); dunque curatemi, riprogrammatemi e sarò un buon cittadino" (similmente a quanto accade nel "mentale": se ho avuto un'infanzia infelice o ho subito un trauma, resto comunque individualmente responsabile in caso commetta nefandezze).
Scenario distopico che solleva molte spinose questioni "bioeticopolitiche"(si può dire? ;D ), eugenetiche, etc.

P.s. Come accennato da Jacopus, sul libero arbitrio si è già discusso molto altrove, non scendo nel merito per non ripetermi  :)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: viator il 18 Novembre 2017, 23:03:10 PM
Salve. Quesito non originale ma sempre interessante. Prendiamo il caso di una persona che - dal punto di vista clinico e criminologico - risulti CONVENZIONALMENTE in grado di intendere e di volere (cioè sia maggiorenne ed esente da patologie o condizioni riconoscibili che clinicamente ne minorino le facoltà -  l'ASSOLUTA idoneità all'intendere ed al volere d'altra parte non può mai venir certificata poiché è aspetto del tutto metafisico).
Costui commette un delitto. Per sacrosanta convenzione sociale costui è responsabile del proprio agire.

Dal punto di vista etico invece la questione si sdoppia.

Secondo un ragionamento deterministico (di orientamento quindi filosofico-scientifico) si può sostenere che il cosiddetto "libero arbitrio" non esista. Tale ragionamento si limita a percorrere la catena di cause ed effetti che hanno portato al comportamento esaminato e non può che giungere a riconoscere che - per un qualsiasi evento - tale sequenza non poteva che necessariamente condurre all'effetto sul quale ci stiamo soffermando. In altre parole, data una causa od un insieme di cause note, l'effetto che si ottiene è non solo inevitabile, ma al limite addirittura prevedibile (nel caso si possedesse la conoscenza completa di TUTTE le cause che hanno agito). Cìò porterebbe a stabilire la predeterminazione dell'evento e quindi ad escludere che noi si sia in possesso di un libero arbitrio. (le nostre libere scelte - anche le più innocue e casuali - sono in realtà influenzata o determinate da fattori incontrollabili che vanno dalla genetica all'educazione alla competizione, ai sentimenti etc. etc. etc.). In effetti e da questo punto di vista all'uomo è lasciata (spesso ma non sempre) l'ILLUSIONE di poter esercitare un libero arbitrio (avete presente il cavaliere che, avendo scorto il volto della Morte tra la folla di Alma Ata se ne fuggì a spron battuto a Samarcanda, ignorando il fatto che la Morte avesse comunque già in programma il proprio trasferimento ivi per affari urgenti.......??). Notare che questo ragionamento riesce a conciliare due aspetti apparentemente antitetici: il fatalismo (era destino che dovesse succedere) ed il suo opposto - appunto il determinismo - (il caso ed il fato non esistono, agisce solo la meccanica cause-effetti).
Questo tipo di ragionamento permette - giungendo a conoscere il quadro completo delle cause che hanno agito, di CAPIRE, di COMPRENDERE e quindi di GIUSTIFICARE qualsiasi evento e comportamento umano ma, !!! attenzione !!!, il capire ed il giustificare sono una cosa mentre l'ASSOLVERE ed il SOLLEVARE DALLA RESPONSABILITA' sono altro!! E' questa la insensata confusione che viene fatta - spessissimo in modo sconcio perché interessato - a proposito degli aspetti umani, pietistici, emozionali che vengono sollevati in occasione di vicende di cronaca che coinvolgano la responsabilità di certi imputati.

Secondo invece un ragionamento possibilistico (di orientamento moralistico-fideistico) l'uomo possiede la capacità di effettuare delle scelte puramente morali che, applicate con discernimento, gli permettono di scegliere tra bene e male, esercitando un autentico libero arbitrio che secondo i credenti gli è stato attribuito da Dio. Tale visione è assai meno problematica di quella deterministica perché permette di evitare di tormentarsi nell'esame di cause ed effetti ritenuti "bypassabili" dalla volontà umana, e conduce direttamente alla responsabilizzazione del soggetto così come voluto nella pratica dalla società e dal Codice Penale.

Quale dei due atteggiamenti è il migliore ? Occorrono entrambi.

Se si vuole CAPIRE chi si ha davanti si farà bene ad usare il primo approccio al suo caso.
Se invece si vuole o si deve CONDANNARE OD ASSOLVERE.......si dovrà usare il secondo.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Angelo Cannata il 18 Novembre 2017, 23:14:58 PM
Ci sono diversi tipi di critiche, su diversi livelli, che è possibile tener presente in merito alla libertà.

Partiamo dal livello più basso.

Distinguere tra libertà e determinismo implica il ricorso al concetto di causa. Questo concetto però non ha nulla di chiaro, tant'è vero che, se proviamo a cercare in un vocabolario le parole "causa" e "determinare", scopriamo che il vocabolario non riesce a fare altro che usarli in circolo vizioso: per spiegare cosa significa "determinare" fa ricorso alla parola "causa", ma se andiamo a cercare "causa", il vocabolario usa il verbo "determinare". Possiamo arrivare alla stessa conclusione riflettendo su come nasca nel nostro pensiero il concetto di causa: semplicemente osserviamo degli eventi e notiamo che certuni sono sempre collegati nel tempo in successione, cioè, quando c'è il primo c'è sempre anche il secondo; ad esempio, osservo che tutte le volte che do un calcio ad un pallone il pallone parte verso una certa direzione. Il calcio è stato la causa del movimento del pallone. Ma, se ci riflettiamo, in questo caso la parola "causa" significa solo che abbiamo sperimentato i due fenomeni sempre in stretta connessione temporale. Ma perché il pallone parte a muoversi dopo il mio calcio? È inutile rispondere a questa domanda, perché per ogni risposta ci si potrà ancora chiedere il perché, scoprendo quello che ho detto sopra: il concetto di "causa" non ha niente di chiaro. Lo sentiamo familiare solo perché vi facciamo riferimento tutti i giorni e tutti i momenti, senza accorgerci che non è per niente scontato. È un po' come usare la lingua con cui parliamo: a noi sembra chiara, naturalissima, perfino bella, ovvia, scontata, ma basta provare ad usarla con uno straniero per accorgerci che non ha niente di chiaro, niente di scontato.

Dunque dobbiamo abituarci a quest'idea critica: la nostra mente ci inganna in continuazione riguardo a cose che ci sembrano chiare e ovvie: appena cominciamo a rifletterci un poco ci accorgiamo subito che non hanno niente di chiaro o di ovvio. Questo significa che tutto il nostro riflettere è sempre un pensare "obscura per obscuriora", cioè, quando tentiamo di spiegare concetti oscuri, spesso, anzi direi sempre, non ci accorgiamo che i concetti elementari che stiamo usando per spiegarli sono in realtà ancora più oscuri di ciò che dovrebbero spiegare.

Una volta accertato criticamente che in realtà non abbiamo nessuna idea di cosa significhi la parola "causa", ne consegue che i concetti di libertà e di determinismo, che ad essa fanno riferimento, sono creazioni nostre per parlare tra di noi delle nostre esperienze, ma in realtà non hanno nulla di chiaro, di definito, di ovvio.

Questa che ho fatto finora è, diciamo, la critica al livello più basso.

Accertato questo, possiamo comunque provare ad esaminare lo stesso alcune caratteristiche implicate dal concetto di libertà. Possiamo osservare che un nostro gesto può essere libero o non libero. Se c'è una ragione che riesce a spiegarlo, allora non è libero, ma determinato da quella ragione; se non ha spiegazioni, allora è un gesto libero, cioè una creazione dal nulla. A questo punto però ci accorgiamo che approdiamo ad una conclusione bizzarra: se la libertà esiste, essa non deve avere spiegazioni, non deve poter essere spiegata perché, se ha spiegazioni, non è più libertà, ma è effetto di tali spiegazioni. In altre parole, se la libertà esiste, dev'essere impossibile parlarne perché, appena ne parliamo, la facciamo dipendere immediatamente dai concetti con cui ne parliamo, quindi non è più libertà. Questo vale di conseguenza anche per termini strettamente legati a quello di libertà, come "creare".

Possiamo esplorare un'altra critica ancora. Nel caso in cui noi fossimo totalmente determinati, insomma non fossimo altro che computers o orologi, che si muovono in base ai loro meccanismi, da ciò verrebbe a conseguire che anche il nostro interrogarci sul concetto di libertà sarebbe in realtà determinato dai meccanismi che comandano i nostri comportamenti. Significa che perfino la nostra sensazione di aver deciso di interrogarci sull'esistenza della libertà può essere sospettata di illusorietà. Insomma, un computer che mi dice che si sta interrogando sulla propria libertà non ha alcuna possibilità di accorgersi che in realtà è solo un computer che sta ubbidendo ai meccanismi dei propri circuiti. Il problema è che questo è sospettabile anche di noi. Ciò significa che non abbiamo nessuna possibilità di sapere se siamo liberi, perché il dubbio stesso, l'interrogativo stesso può essere sospettato di essere solo una risposta a certi impulsi.

Una volta preso atto di queste critiche di base al concetto di libertà, possiamo procedere ancora ulteriormente. C'è il problema che tutte queste critiche non riescono comunque a dirimere la questione, cioè non riescono ad eliminare in maniera definitiva il sospetto che la libertà esista. Insomma, si tratta di dubbi, non di certezze, e un dubbio, se ha il potere di intaccare qualsiasi certezza, non ha mai tuttavia il potere di distruggerla del tutto, altrimenti non sarebbe più un dubbio; in altre parole, ogni dubbio non può fare a meno di dubitare anche di sé stesso. Insomma, potremmo essere degli orologi, ma il problema è che non riusciamo ad essere sicuri neanche di questo.

Una volta che una riflessione di tipo meccanico, logico, analitico, non riesce a farci approdare a nulla in merito al concetto di libertà, è possibile procedere ancora oltre e buttarci su una ricerca di tipo esistenziale, cioè riguardante il senso dell'esistenza, le nostre sensibilità umane, le dinamiche che riusciamo ad instaurare nelle nostre relazioni in modo da rendercele interessanti, significative, vitali.

A questo punto si tratta di stabilire le ermeneutiche, cioè le chiavi di lettura, i punti di vista, entro cui vogliamo muoverci, in base alla fecondità che vi intravediamo. Ad esempio, è possibile interrogarci sulle nostre responsabilità da un punto di vista politico, oppure morale, o spirituale, religioso, sociale, psicologico, ecc.

Tutta la riflessione fatta sopra sarà importante per evitare di ricadere in ricerche di tipo meccanicistico: se intraprenderemo, ad esempio, una via di approfondimento politico, sarà inutile imboccare di nuovo la strada della ricerca infinita delle cause: ad esempio, è possibile dire che i cattivi politici sono il frutto di cattivi elettori, che i cattivi elettori sono a loro volta il frutto di meccanismi storici e sociali che li hanno condizionati. Approfondire tutto questo sarà interessantissimo, ma sempre cercando di evitare di andare a finire di nuovo nella ricerca di tipo elementare la cui critica ho descritto sopra. Insomma, si tratterà di muoverci su livelli più alti, perché su quelli più bassi abbiamo già visto che non si ricava niente.

Allora, andando al titolo della discussione, piuttosto che chiederci se siamo responsabili delle nostre azioni, si profila più fruttuoso chiederci che senso dare alla nostra sensazione di responsabilità, come sfruttarla, in che modo essa può arricchire le nostre relazioni, quali dinamiche interpersonali può essere fruttuoso indagare e magari coltivare.

In ultima analisi, si tratta di mettere in pratica un criterio di base a cui mi sembra che la filosofia sia ormai pervenuta: piuttosto che chiederci, riguardo a qualsiasi cosa, "che cos'è", si profila più fruttuoso chiederci "cosa possiamo farci".

Menti non abituate a tutto questo discorso penseranno che sia impossibile portare avanti l'approfondimento, visto il totale fallimento delle analisi di base che ho descritto all'inizio. L'esperienza però dimostra che non è così. Ad esempio, un artista non sa le cause ultime meccaniche per cui ha creato un quadro, non sa se egli è solo un orologio che risponde ai propri meccanismi, ma non per questo la sua opera risulta piatta, insignificante. Lo stesso vale non solo per gli artisti, ma per ogni attività umana.

Addirittura si potrà magari scoprire che è vero il contrario: era la vecchia mentalità di conoscere tutto, illudersi di sapere la costituzione, le cause e i meccanismi basilari di ogni elemento dell'essere, ad impoverire la nostra esistenza.

Alla fine il dubbio, lungi dal distruggere i significati, in realtà li libera.

Per quanto riguarda la considerazione delle nostre strutture genetiche/chimiche, la trovo insignificante perché, anche quando fossimo riusciti a ricondurre ogni minuzia di ogni nostro comportamento a precisissime strutture genetiche/chimiche, non avremmo stabilito niente perché tali strutture non sono comunque l'ultimo approdo della ricerca fisico/chimica: oltre le strutture genetiche ci sono le molecole, oltre le molecole ci sono gli atomi e così via, all'infinito: siccome non esiste un punto di arrivo verso il sempre più piccolo e il sempre più analitico, la riconduzione a tali strutture si rivela priva di utilità al fine di discutere sull'esistenza della libertà. Cioè, ci sarà sempre qualcosa di più microscopico di ciò che al momento conosciamo, che non sappiamo se e a quali meccanismi ubbidisce.

In merito alle conseguenze giuridiche a cui ha fatto riferimento Phil, mi sembra che tutto ciò che ho detto abbia una conseguenza utile, in realtà già presente nella giurisprudenza, ma ancora poco valorizzata: ogni pena non può avere di mira il pagamento di un prezzo, perché questo concetto è insensato: per nulla esiste un prezzo in grado di sostituire o riparare il male compiuto; quel che è fatto è fatto, il passato non può essere né cancellato, né modificato. L'unico scopo sensato di qualsiasi pena è la rieducazione. Questo scopo è sensato perché risponde a tutto il discorso che ho fatto, cioè abbandona la ricerca della cause ultime per dedicarsi invece all'arricchimento dell'esistenza, la cui essenza può essere individuata proprio nell'educazione, educarsi, o autoeducarsi, che poi in altre parole è crescere, camminare, divenire.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 18 Novembre 2017, 23:17:59 PM
Non sono d'accordo Viator. Non si tratta di un doppio regime secondo lo scopo di comprendere o condannare. E neppure bisogna tirare in ballo Dio e il bene e il male.
Dal punto di vista giuridico c'e' un processo nel quale si accerta l'intenzionalita' e si condanna o si assolve o si introducono riti alternativi o benefici secondo l'ordinamento vigente. La capacita' di intendere e volere verra' stabilita nei casi concreti dai periti concreti. Grazie alla Costituzione (non a Dio) viviamo in uno stato di diritto.
Altra cosa e' ragionare sul libero arbitrio a proposito dell'agire antisociale. Questa e' una dimensione dove si puo' comprendere oppure condannare moralisticamente o fare riferimento a Dio. La distinzione non e' quindi da un lato comprendere usando tutte le discipline scientifiche e dall'altro giudicare usando vetusti strumenti che mi ricordano piu' uno stato islamico e la sharia che uno stato moderno.
La distinzione corretta e' applicare le norme nei casi concreti di giudizio da un lato e dall'altro permettere a tutte le varie discipline di elaborare le loro teorie, che giocoforza, una volta considerate piu' convincenti finiranno per introdursi anche mel diritto positivo.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 00:16:22 AM
Citazione di: Phil il 18 Novembre 2017, 22:34:35 PM
Il motivo di un mio comportamento nocivo (o potenzialmente tale), se inteso in termini esclusivamente chimico-biologico-altro,  non mi può esonerare dall'esserne pubblicamente responsabile (standone le condizioni previste dalla legge), altrimenti viene meno l'imputabilità di qualunque azione, perché il soggetto sarà sempre tutelato dall'"alibi neurologico" (lascio volutamente in disparte la "responsabilità privata" di stampo religioso, che suggerisce tutt'altro paradigma di lettura anche per l'eredità genetica e il corpo che abbiamo ricevuto in sorte...).

Questa è una scusa bella e buona. Non sta in piedi nemmeno con le stampelle.  :-* 

Se esiste una responsabilità questa non può essere imputabile ad un "mal funzionamento" del sistema, ma deve essere data esclusivamente alla volontà di compiere un atto nocivo.

Facciamo un esempio di atto non volontario ma che è preceduto da un atto volontario. Vediamo dove si annida l'atto volontario.
Un uomo ubriaco corre su un'automobile ed investe un pedone.
L'uomo è ubriaco quindi non ha tutte le facoltà per impedire il reato. Siccome però è ubriaco l'atto non è volontario in quanto le sue capacità sono offuscate dall'alcool. Quando allora l'atto diventa volontario? Da quel che si comprende quando incomincia a bere.
Nel momento in cui incomincia a bere infatti (sicuramente è un recidivo) sa gia che potrebbe commettere atti non volontari.
Ma non arriviamo al punto limite in cui sia completamente privo di ogni inibizione. Basta anche bere poco per essere poco lucidi. Se in quel mentre si investe qualcuno si è responsabili e si accusati di aver commesso un reato.

Analizziamo piu da vicino la questione. Il legislatore dice che se ti metti alla guida dopo aver bevuto (anche un po') sei responsabile. Stai facendo qualcosa contro le regole. Il guidatore che invece si è messo alla guida del mezzo dopo aver bevuto poco (ma basta anche poco per perdere la lucidità sufficiente per evitare delle tragedie) pensa di essere lucido anche se ha bevuto poco, quindi si mette alla guida del mezzo.
Ora analizziamo la questione: "pensa di essere lucido" quindi decide di mettersi alla guida contravvenendo ad una regola.
Solitamente una regola va rispettata e il pensiero va sospeso. Noi siamo per il pensiero libero ma le regole vanno rispettate. Il legislatore quindi prova a far rispettare la regole aumentando le sanzioni. Se uno che ha bevuto poco e, anche senza aver commesso alcun reato,  si mette alla guida, viene fermato e gli si sospende la patente.
Il nocciolo della questione è che la regola (e le eventuali sanzioni) dovrebbe fare da deterrente per evitare che qualcuno commetta un reato.
Quindi regola e sanzioni sono una sorta di imput a processi chimici neurologici che fanno scatenare all'interno dell'individuo la sua reazione di responsabilità.
Ma ci sono individui che invece non reagiscono alle regole e alle sanzioni, non diventano quindi responsabili. Questo cosa vuol dire?  Che regole e sanzioni non bastano. Altrimenti se bastassero regole e sanzioni per raggiungere lo scopo della responsabilità non saremmo testimoni di tanti crimini. Sicuramente regole e sanzioni fanno da deterrente per tanti che gia erano "quasi" responsabili e che avevano bisogno di quelle regole per esserlo con piu coscienza, ma per raggiungere tutti c'è bisogno di altro. E se il legislatore ha messo delle sanzioni, oltre a delle regole, è perche sa che ci sarà chi non diventerà responsabile sono con le sole regole imposte. Ciò vuol dire che sa gia che la responsabilità nel commettere reato non dipende dalla sola conoscenza delle regola. Sa che deve mettere una sanzione per costringere chi ancora non riesce ad essere responsabile a responsabilizzarsi. Per cui chi continua a commettere un reato, seguendo questo criterio di responsabilità, regole e sanzioni, non è ancora responsabile. Se fosse responsabile per davvero, cioè la sua responsabilità dipendesse da un processo chimico neurologico inculcato da regole e sanzioni, nessuno commetterebbe piu crimini. Mentre questo non è vero. Allora se uno commette un crimine la responsabilità è del legislatore che non ha trovato le giuste misure per responsabilizzare i propri cittadini. Oppure se il legislatore sostenesse che il criminale era responsabile solo perche era a conoscenza delle regole e delle sanzioni sta ammettendo implicitamente che regole e sanzioni sono sufficienti per responsabilizzare un individuo. Mentre ciò è falso, altrimenti non ci sarebbero criminali.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 19 Novembre 2017, 00:52:08 AM
Caro Il Dubbio, credo che il concetto di responsabilita' di Phil afferisca al nesso di causalita' fra azione e conseguenze dell'azione. Il classico "dolo" insomma, mentre tu fai riferimento alla responsabilita' come capacita' di autocontrollo.
Sul fatto che lo stato ci stia lavorando da quasi 400 anni hai ragione. Un motivo del Leviathan di Hobbes e' proprio questo ma la responsabilizzazione deve inevitabilmente procedere anche per altre vie. Non si puo' istituire per legge, cosī come non si puo' esportare la democrazia con i cannoni.
Del resto la responsabilizzazione imposta dall'alto (dei cieli o dei parlamenti) spesso crea un diverso tipo di delinquenza di stato, riassumibili in violenze etniche, politiche, religiose. Anche in questo caso dovremmo domandarci se quelle istituzioni sono libere di commettere quei delitti o se sono determinate dalla loro natura e qui si potrebbero fare anche dei raffronti.
In questo modo pero' per quanto la questione sia interessante rischiamo di perdere il nocciolo della discussione di questo topic.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 10:32:14 AM
Citazione di: Jacopus il 19 Novembre 2017, 00:52:08 AM
Caro Il Dubbio, credo che il concetto di responsabilita' di Phil afferisca al nesso di causalita' fra azione e conseguenze dell'azione. Il classico "dolo" insomma, mentre tu fai riferimento alla responsabilita' come capacita' di autocontrollo.

Se esiste una differenza a me sfugge.

Ammettiamo che esista sempre una causa. L'azione quindi è provocata da una causa e questa provoca una conseguenza, ovvero in questo caso il dolo.
Ammettiamo poi che il soggetto sia in realtà una macchina che conmpie delle azioni. Il fine che ci prefiggiamo è di evitare che il soggetto provochi un dolo. Di conseguenza cosa facciamo? Mettiamo una regola che dovrebbe costringere il soggetto a non fare piu azioni che provocherebbero un dolo.
Come per i computer io inserisco una regola di accensione e spegnimento, un software in pratica che regola  il computer quando accendersi e quando spegnersi.
Questo basta? Anche i computer sono macchine particolari che possono andare in conflitto con alcuni software. Magari accidentalmente si inceppa, o meglio si blocca eil meccanismo di accensione e spegnimento non avviene come secondo la regola che abbiamo dettato.
Chi è il responsabile di questo mancato spegnimento o accensione?

Quello che asserisco io è che se la regola imposta dal legislatore non eliminasse la causa che provoca il dolo, allora evidentemente il soggetto che agisce non è responsabile del dolo stesso, essendo lui una macchina a cui è stato imposto un software di conflitto con la macchina stessa.

Per cui se partiamo dalla considerazione che noi siamo in fondo delle macchine che ci accendiamo e spegnamo, la responsabilità della mancata accensione o spegnimento non è imputabile alla macchina ma a chi ha introdotto il software di accensione e spegnimento.  Per cui la responsabilità è dello stato o del legislatore.

Non è una questione di autocontrollo. La macchina non si autocontrolla esegue delle procedure. Queste procedure o le imparara, se è una macchina che riesce a imparare dall'esperienza (ed è credo uno degli obiettivi della I.A.), o gli vengono imposte tramite software.
Ammettiamo che in fondo noi siamo macchine che imparano dall'esperienza e che vengono controllare da programmi di controllo delle procedure.
Se la macchina va in conflitto, ammettiamo che qualcosa non funzioni tra l'esperienza e il controllo delle procedure tramite programmi software imposte dal legislatore, chi è il responsabile di quello che succederà? La macchina o il legislatore? La macchina non può avere responsabilità, lui procede per causalità intriseche alla macchina e che possono essere corrette dalle regole imposte.

Per questo ho risposto nel modo come ho risposto a Phil. E' una scusa bella e buona, prima mi dici che sono una macchina e dentro di me agiscono solo forze conseguenti a delle azioni che non posso controllare, poi mi dici che comunque sei responsabile?
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Socrate78 il 19 Novembre 2017, 11:34:22 AM
E' comunque secondo me abbastanza evidente un fatto: la "libertà" o almeno una parvenza di essa deriva dal pensiero critico, non certo dall'istinto o dal sentimento.
Mi spiego: se io mi trovo in una situazione problematica da cui non so come uscire, ad esempio ho perso il lavoro , se io mi lascio prendere dai sentimenti negativi di fallimento, di frustrazione, è chiaro che non faccio altro che essere succube della situazione: se invece inizio a pensare a trovare una soluzione, lasciando da parte la frustrazione, è possibile che le cose migliorino davvero. Quindi è come se noi avessimo sostanzialmente due parti diverse nella nostra mente/cervello: una, basata sull'analisi critica delle situazioni, ci avvicina alla libertà, l'altra invece, quella reattiva e impulsiva, ci rende più schiavi, più simili ad automi che obbediscono ad impulsi esterni.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 19 Novembre 2017, 11:47:39 AM
Caro Dubbio. Le cose sono leggermente piu' complesse. Noi non siamo una macchina e se e' vero che le nuove scoperte riducono la ns responsabilita' nel senso di " imputazione di un atto a noi stessi in una situazione che prevede alternative", resta comunque un area di libera scelta che singolarmente possiamo orientare. Inoltre e' il ns substrato fisiologico a renderci quello che siamo. L'aggressivita' o l'atto deviante nascono da millenni di storia biologica dell'uomo e non e' certo lo stato a poter rimediare con i suoi 400 anni di eta'.
D'altro canto e' vero anche il contrario. L'umanita' e' nella sua maggioranza altamente morale, visto che segue le regole senza bisogno che ci sia un carabiniere che controlla da vicino.
La differenza fra dolo e responsabilizzazione riguarda la differenza che c'e' fra l'intenzione di commettere un fatto punito dalla legge penale, indipendentemente dal realizzarsi dell'evento (c'e' infatti anche il tentato reato, art 56 cp) e la capacita' di controllare il proprio agire sulla base di reciproche aspettative sociali e su questo versante credere che la pena sia una sorta di software di "off" del comportamento e' vero ma solo se lo si considera come un circuito di emergenza poiche' la nostra socializzazione e quindi il contrasto agli atti delinquenziali avviene prima nel contesto di vita, quello che viene definito Lebenswelt, in contrasto al System di cui e' parte preminente proprio lo Stato e le istituzioni giudiziarie.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: acquario69 il 19 Novembre 2017, 12:21:32 PM
Citazione di: Jacopus il 19 Novembre 2017, 11:47:39 AM
 L'aggressivita' o l'atto deviante nascono da millenni di storia biologica dell'uomo e non e' certo lo stato a poter rimediare con i suoi 400 anni di eta'.

bisognerebbe dirlo a quelle civiltà che proprio a partire da quella data sono state sterminate e che prima hanno vissuti per millenni in sostanziale armonia fra di loro e l'ambiente circostante..dicasi madre natura.
Roba che quest'ultima proprio grazie all'avvento di tale "civiltà progredita" degli ultimi 400 anni ha gia in gran parte distrutto ed e' quella che ha pure cancellato davanti a se un futuro possibile persino a se stesso!
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 19 Novembre 2017, 12:23:29 PM
Non si può essere "liberi da se stessi", non ha senso (pretendere di) parlare di libertà dalle determinazioni che ciò che si é (il nostro modo di essere) imprimono alle nostre scelte (ma casomai da coercizioni o impedimenti estrinseci che impediscono l' esplicarsi delle nostre tendenze comportamentali intrinseche).
Ha senso parlare di libertà delle scelte unicamente intendendola come assenza di coercizioni o impedimenti estrinseci alla propria volontà.

Chi sia vittima di violenza carnale (autentica; non della pretesa -in questo momento molto in voga- di far passare per violenza carnale subita la "prostituzione" -come si dice appropriatamente in lingua italiana- che si é liberissimamente scelto di praticare e cioè l' avere liberissimamente e senza coercizione alcuna rapporti sessuali con un partner più o meno ripugnante in cambio di denaro, direttamente elargito o indirettamente, ad esempio come compenso per una parte in un film o in una fiction") non dispone della libertà di scelta se avere un rapporto sessuale o meno secondo la propria volontà; se uno mi chiude una porta a chiave e io non dispongo di una copia della chiave stessa non sono libero di varcare quella soglia.

Ma "libertà da determinazioni intrinseche" non ha senso: se compio un' azione liberamente (cioè in assenza di coercizioni o impedimenti estrinseci alla mia volontà), allora la compio in conseguenza di quel che sono e dunque di quel che voglio, dipendentemente da come sono (oppure del tutto casualmente).

Quindi "un individuo con comportamento violento, antisociale, refrattario alla morale" per me é del tutto "veramente colpevole dei danni che causa. Se "La sua tendenza a non rispettare le esigenze altrui" é "data ad esempio da un mancato collegamento tra alcuni tipi di neuroni (quelli dell'empatia, per esempio o dei lobi frontali...) oppure da una concentrazione carente o eccessiva di un certo ormone o neurotrasmettitore", allora vuol dire che, a meno che qualcun altro violentemente gli imponga di agire o non agire come agisce o non agisce non come vorrebbe, ma invece in modo contraria alla sua propria volontà, egli é uno spregevole prepotente e si comporta di conseguenza, e che "prima facie" é perfettamente responsabile delle scelte che la sua propria malvagia e spregevole natura (e niente e nessun altro) liberamente (non subendo alcuna coartatazione) determina.

Scrivo "prima facie" perché inevitabilmente (per la forma di necessità in assoluto più inderogabile e cogente, la necessità logica) ci si ritrova ad essere quel che si é e ad agire di conseguenza non per nostra propria libera scelta (e anche se si decide di cambiare e diventare diversi, lo si decide in conseguenza di come si é,non per nostra propria libera scelta, al momento di questa decisione).

Ma così inevitabilmente "va il mondo" così "stanno le cose" e non altrimenti di così potrebbero stare...
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 19 Novembre 2017, 12:28:19 PM
Citazione di: Jacopus il 18 Novembre 2017, 21:52:27 PM

Un secondo aspetto è quello che tu stesso hai accennato, relativo al campo delle scoperte genetiche e neuroscientifiche, che stanno mettendo sempre più in crisi l'uomo moderno fondato sull'individualismo e sulla capacità quasi eroica di superare ogni difficoltà. Qui ad esempio si può citare il concetto di metilazione, cioè la trasmissione di generazione in generazione della predisposizione a certe azioni, percui se il padre ha usato cannabis ha attivato una parte del suo codice genetico che ha apprezzato quell'uso, e questo potenziale apprezzamento verrà trasmesso geneticamente ai figli, indipendentemente dai condizionamenti sociali che possono aumentare o diminuire il rischio di entrare in contatto con le sostanze stupefacenti (qui è solo un esempio, non voglio certo aprire il discorso sulle droghe leggere).
CitazioneNon ho letto alcun articolo sulla metilazione del materiale genetico e le tossicodipendenze, ma dubito assai che la metilazione di alcune basi azotate del DNA di chi fuma cannabis (e in qualsiasi altra circostanza in cui ciò accada) possa interessare il DNA della linea cellulare "germinale" dalla quale sola "darwinianamente" (e non invece "lamarkianamente" da qualsiasi altro clone di cellule "somatiche") si possono trasmettere mutazioni genetiche, o anche solo modulazioni nell' espressione epigenetica del genoma, dalla metilazione stessa indotte, alla discendenza.



Questi modelli di azione sono, a livello politico, la democrazia, a livello economico, il libero scambio delle merci in un sistema capitalistico "responsabile", a livello culturale, l'illuminismo e il pensiero scientifico moderno.
CitazioneSenza assolutamente voler aprire (fra l' altro "fuori argomento") una discussione in proposito, ma unicamente come "doverosa" precisazione liberamente (da coercizioni estrinseche) impostami dalla mia propria natura (le mie convinzioni, ecc.), affermo che secondo me <<un sistema capitalistico "responsabile">> é una contraddizione in termini.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 12:38:29 PM
Citazione di: Jacopus il 19 Novembre 2017, 11:47:39 AM
Caro Dubbio. Le cose sono leggermente piu' complesse. Noi non siamo una macchina e se e' vero che le nuove scoperte riducono la ns responsabilita' nel senso di " imputazione di un atto a noi stessi in una situazione che prevede alternative", resta comunque un area di libera scelta che singolarmente possiamo orientare.

Magari fosse cosi, ma il tema è: le neuroscienze dove credono di andare a scovare quest'area di libera scelta? Il tema è che le neuroscienze non hanno mai trovato un'area simile. Almeno che io sappia.

Alle volte si può far confusione e rendere tale area simile al concetto classico di probabilità.
Nel mio cell. ci sono applicazioni che inseriscono la percentuale di pioggia che può scatenarsi un un luogo. Mi è capitato di leggere perfino l'1% di probabilità.
Se confusamente pensassimo che la probabilità irrisoria sia dovuto ad un caso di libera scelta commetteremmo un errore grave. La probabilità è infatti legata ad una nostra ignoranza nel poter prevedere se in quel luogo scenderà la pioggia o no. Diciamo che per il 99% non pioverà, ma le previsioni non possono cancellare completamente il caso estremo cioè che pioverà. Ma la pioggia che potrebbe scendere anche nella massima improbabilità ha comunque origine classiche.

Nel caso che stiamo analizzando (che per certi versi potrebbe assomigliare ad un caso metereologico) si intende il movimento di sinapsi scariche elettriche ecc. e il loro scambio di informazioni tra il programma base (ad esempio il dna ecc.) e l'esterno (nel nostro caso si analizzava l'innesto di una regola o anche di una sanzione come fonte di conoscenza dell'individuo). Alla fine se in un caso limite uno commette un reato si potrebbe pensare che egli sia responsabile perche ha avuto l'imput da un'area di libera scelta. Oppure come penso farebbero tutti i neurologhi, il risultato imprevedibile è dato dalla procedura di scambio di informazioni fra le diverse aree di interesse che non può appunto essere previsto. Ma la sua imprevedibilità non è dovuta alla libera scelta dell'individuo ma dall'impossibilità di poter eliminare i margini di errore.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 19 Novembre 2017, 12:50:17 PM
Per il momento rispondo solo ad Aquario. La tradizione del buon selvaggio e' ancora ben salda ma poco reale. Gli indiani d'america ancor prima dell'arrivo dell'uomo bianco si massacravano allegramente, e lo stesso accadeva in sudamerica dove erano frequenti sacrifici umani rituali che interessavano centinaia di supplizziandi, tanto per fare i primi due esempi a braccio.  Per completare il quadro, esistono recenti studi che hanno osservato branchi di scimpanze' uccidere senza esitazioni branchi nemici.
Se vogliamo restare entro i confini della storia occidentale, se fossi uscito di casa nel 1400 le possibilita' di morire ammazzato erano notevolmente piu' alte di quelle attuali: di quasi cento volte, tanto per capirci.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 19 Novembre 2017, 12:56:50 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 18 Novembre 2017, 23:14:58 PM
Ci sono diversi tipi di critiche, su diversi livelli, che è possibile tener presente in merito alla libertà.

Partiamo dal livello più basso.

Distinguere tra libertà e determinismo implica il ricorso al concetto di causa. Questo concetto però non ha nulla di chiaro, tant'è vero che, se proviamo a cercare in un vocabolario le parole "causa" e "determinare", scopriamo che il vocabolario non riesce a fare altro che usarli in circolo vizioso: per spiegare cosa significa "determinare" fa ricorso alla parola "causa", ma se andiamo a cercare "causa", il vocabolario usa il verbo "determinare". Possiamo arrivare alla stessa conclusione riflettendo su come nasca nel nostro pensiero il concetto di causa: semplicemente osserviamo degli eventi e notiamo che certuni sono sempre collegati nel tempo in successione, cioè, quando c'è il primo c'è sempre anche il secondo; ad esempio, osservo che tutte le volte che do un calcio ad un pallone il pallone parte verso una certa direzione. Il calcio è stato la causa del movimento del pallone. Ma, se ci riflettiamo, in questo caso la parola "causa" significa solo che abbiamo sperimentato i due fenomeni sempre in stretta connessione temporale. Ma perché il pallone parte a muoversi dopo il mio calcio? È inutile rispondere a questa domanda, perché per ogni risposta ci si potrà ancora chiedere il perché, scoprendo quello che ho detto sopra: il concetto di "causa" non ha niente di chiaro. Lo sentiamo familiare solo perché vi facciamo riferimento tutti i giorni e tutti i momenti, senza accorgerci che non è per niente scontato. È un po' come usare la lingua con cui parliamo: a noi sembra chiara, naturalissima, perfino bella, ovvia, scontata, ma basta provare ad usarla con uno straniero per accorgerci che non ha niente di chiaro, niente di scontato.

Dunque dobbiamo abituarci a quest'idea critica: la nostra mente ci inganna in continuazione riguardo a cose che ci sembrano chiare e ovvie: appena cominciamo a rifletterci un poco ci accorgiamo subito che non hanno niente di chiaro o di ovvio. Questo significa che tutto il nostro riflettere è sempre un pensare "obscura per obscuriora", cioè, quando tentiamo di spiegare concetti oscuri, spesso, anzi direi sempre, non ci accorgiamo che i concetti elementari che stiamo usando per spiegarli sono in realtà ancora più oscuri di ciò che dovrebbero spiegare.

Una volta accertato criticamente che in realtà non abbiamo nessuna idea di cosa significhi la parola "causa", ne consegue che i concetti di libertà e di determinismo, che ad essa fanno riferimento, sono creazioni nostre per parlare tra di noi delle nostre esperienze, ma in realtà non hanno nulla di chiaro, di definito, di ovvio.
CitazioneA me il concetto di "divenire naturale ordinato secondo modalità o regole immutabili universali e costanti" generali astratte (astraibili nel pensiero dalle diverse e mutevoli caratteristiche particolari concrete parimenti naturali) pare chiarissimo; anche se ciò é indimostrabile logicamente né empiricamente constatabile: Hume!.


In ultima analisi, si tratta di mettere in pratica un criterio di base a cui mi sembra che la filosofia sia ormai pervenuta: piuttosto che chiederci, riguardo a qualsiasi cosa, "che cos'è", si profila più fruttuoso chiederci "cosa possiamo farci".


Addirittura si potrà magari scoprire che è vero il contrario: era la vecchia mentalità di conoscere tutto, illudersi di sapere la costituzione, le cause e i meccanismi basilari di ogni elemento dell'essere, ad impoverire la nostra esistenza.
CitazioneSarò vittima della "vecchia mentalità" di cercare di conoscere, ma secondo me in generale il sapere può solo arricchire la nostra esistenza (a partire dal socratico sapere di non sapere tantissime cose).




In merito alle conseguenze giuridiche a cui ha fatto riferimento Phil, mi sembra che tutto ciò che ho detto abbia una conseguenza utile, in realtà già presente nella giurisprudenza, ma ancora poco valorizzata: ogni pena non può avere di mira il pagamento di un prezzo, perché questo concetto è insensato: per nulla esiste un prezzo in grado di sostituire o riparare il male compiuto; quel che è fatto è fatto, il passato non può essere né cancellato, né modificato. L'unico scopo sensato di qualsiasi pena è la rieducazione. Questo scopo è sensato perché risponde a tutto il discorso che ho fatto, cioè abbandona la ricerca della cause ultime per dedicarsi invece all'arricchimento dell'esistenza, la cui essenza può essere individuata proprio nell'educazione, educarsi, o autoeducarsi, che poi in altre parole è crescere, camminare, divenire.
CitazioneSenza pretendere di convincere nessuno (in particolare te), esprimo il mio netto dissenso: la mia propria etica, il mio proprio sentimento di giustizia mi impongono liberamente (da coercizioni estrinseche) di darmi da fare perché chi abbia fatto del male sia adeguatamente punito con "proporzionate" pene (e credo che chi sia veramente pentito del male fatto, possa dimostrare il suo pentimento solo e unicamente richiedendo un inasprimento delle pene eventualmente comminategli, e non affatto furbescamente pretendendone un alleggerimento, o magari di farla del tutto franca).

Anche se ciascuno agisce conseguentemente a come é, ed é come é, in ultima analisi, non per sua libera scelta.

Dal determinismo non sorge necessariamente il fatalismo inerte e passivo: si può ben credere nel determinismo ed essere determinati ad agire con energia anche fortissima!
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 19 Novembre 2017, 14:21:49 PM
Citazione di: Jacopus il 19 Novembre 2017, 12:50:17 PM
Per il momento rispondo solo ad Aquario. La tradizione del buon selvaggio e' ancora ben salda ma poco reale. Gli indiani d'america ancor prima dell'arrivo dell'uomo bianco si massacravano allegramente, e lo stesso accadeva in sudamerica dove erano frequenti sacrifici umani rituali che interessavano centinaia di supplizziandi, tanto per fare i primi due esempi a braccio.  Per completare il quadro, esistono recenti studi che hanno osservato branchi di scimpanze' uccidere senza esitazioni branchi nemici.
Se vogliamo restare entro i confini della storia occidentale, se fossi uscito di casa nel 1400 le possibilita' di morire ammazzato erano notevolmente piu' alte di quelle attuali: di quasi cento volte, tanto per capirci.
CitazionePenso che non pretenda di sostenere che poiché anche prima che vi arrivassero gli Europei gli Americani si ammazzavano a volte fra loro (come gli Europei, e gli appartenenti a qualunque altra etnia), questo giustifichi in qualche modo i genocidi perpetrati dagli Europei ai danni di vari popoli americani!

O no?
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 19 Novembre 2017, 14:32:03 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 10:32:14 AM
Per questo ho risposto nel modo come ho risposto a Phil. E' una scusa bella e buona, prima mi dici che sono una macchina e dentro di me agiscono solo forze conseguenti a delle azioni che non posso controllare, poi mi dici che comunque sei responsabile?
Non a caso avevo preventivamente precisato
Citazione di: Phil il 18 Novembre 2017, 22:34:35 PM
non mi può esonerare dall'esserne pubblicamente responsabile (standone le condizioni previste dalla legge)
"pubblicamente", ovvero è un'esigenza sociale che sia possibile imputare una responsabilità individuale delle proprie azioni (sempre secondo le differenti norme vigenti), altrimenti si gode di una "immunità" socialmente destabilizzante, garantita dall'"alibi neurologico". Il che non toglie che ci possa essere un forte determinismo a monte delle nostre scelte e azioni, ma la vita sociale (da cui si può anche fuggire ;) ) esige, per la sua auto-tutela, che vengano disinnescati i soggetti che possano ledere alla comunità (e sulle modalità di tale disinnesco si apre il problematico scenario "bioeticopolitico" a cui accennavo).
Ovviamente "regole e sanzioni non bastano"(cit.), ma senza di esse è davvero possibile una società popolosa organizzata? La causa del mio infrangere una legge è il fatto che ci sia una legge da poter infrangere (?!) oppure è una mia scelta di cui la legge non può che ritenermi responsabile (altrimenti siamo tutti innocenti di default)?
Anche se la mia scelta non è libera dai meccanismi che la determinano (mi sono dilungato altrove sul libero arbitrio: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/siamo-liberi-di-pensare-cio-che-vogliamo/30/ post #37 e seguenti, anche quelli degli altri utenti meritano la lettura  :) ), la comunità, per il suo "bene", non può darmi una pacca sulla spalla e dirmi "briccone, stavolta l'hai fatta grossa, ma in fondo se ti comporti come un virus rispetto all'ambiente sociale che ti circonda, è solo perché (e)segui il software di conflitto che hai in testa... non ti riteniamo responsabile, continua pure a far danni, è così che deve andare!" ;D .
Secondo me, in una società (ribadisco: privatamente, neurologicamente, religiosamente, la questione cambia molto) non ci può essere dualismo pubblico fra il nostro "sistema operativo" (causa del comportamento) e noi in quanto individui membri della società (che attuiamo il comportamento-causato, causando conseguenze sociali).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: paul11 il 19 Novembre 2017, 16:40:54 PM
Citazione di: Socrate78 il 18 Novembre 2017, 20:28:36 PM
Secondo voi si può parlare veramente e pienamente di responsabilità dell'uomo per le azioni che compie? In una parola, siamo liberi almeno in qualche misura? Mettendo tra parentesi le situazioni estreme in cui si configura un'incapacità di intendere e volere, ormai sembra che le neuroscienze stiano sempre più andando nella direzione di individuare dietro pensieri e sentimenti determinate sostanze chimiche (dopamina, serotonina, glutammato, per citarne alcune....) che a loro volta provocano precisi comportamenti attraverso la connessione tra i neuroni. Quindi è come se l'intero cervello obbedisca ad un codice come il software di un computer, per cui ad una certa concentrazione di un neurotrasmettitore corrisponde un sentimento o un atteggiamento.
Ora, un individuo con comportamento violento, antisociale, refrattario alla morale, sarebbe veramente colpevole dei danni che causa? La sua tendenza a non rispettare le esigenze altrui potrebbe essere data ad esempio da un mancato collegamento tra alcuni tipi di neuroni (quelli dell'empatia, per esempio o dei lobi frontali...) oppure da una concentrazione carente o eccessiva di un certo ormone o neurotrasmettitore.


Se le cose stanno così, io deduco che la responsabilità individuale sia molto meno forte di quanto si pensi e prevalga un notevole condizionamento genetico e biologico nella nostra condotta. Quali sono le vostre opinioni sul rapporto tra struttura genetica/chimica e libertà?
Nel vecchio forum avevo postato, su una discussione simile a questa ,una sentenza di un Tribunale italiano, che addirittura prendeva a pretesto gli alleli.
La neuroscienza sta prendendo il posto dei giudici? I giudici sono talmente confusi  che le perizie delle due parti (difesa ed accusa) con uno pseudo criterio di scientificità, visto che nella filosofia della mente dove si combinano neuroscienze ,cognitivismo, filosofia e direi persino biologia molecolare,non si è ancora in grado di capire cosa sia il rapporto mente/ cervello,cosa è d dove sta la coscienza, fino a che punto esistono condizioni biochimiche che sottraggono gradi di volontà e quindi di libertà di scelte, quanto incide sulle attitudini, motivazioni, comportamenti.
Alla fine la scelta di un comportamento poco socievole se non addirittura anti sociale e pericoloso è di confinarlo in una prigione psichiatrica.E quì viene la contraddizione finale: lo scarcerano per buona condotta quegli stessi periti scientifici che non si capisce bene su quale oggettività hanno parametrato il rapporto di interdizione mentale, con il grado di libertà e volizione.

Io manderei in galera gli scienziati che stanno contribuendo a  incarcerare prima e scarcerare dopo, non si capisce bene su quali criteri, persone che poi finiscono nei notiziari.
Grazie a questa pseudoscienza si è riusciti a confondere ulteriormente i criteri di valori, etici, morali, comportamentali.
Hanno contribuito a togliere il giudizio ai giudici, che da buon Ponzio Pilato si rimettono nelle mani di pseudo critieri di una pseudoscienza, che incarcera magari sani di mente, ma che grazie ad un buon avvocato e sentenze ridicole che fanno giurisprudenza, ottiene attenuanti e si scarcerano malati di mente giudicati sani, che come escono uccidono consorte e figli.

....e nessuno paga......come in politica.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 17:52:21 PM
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2017, 14:32:03 PMovvero è un'esigenza sociale che sia possibile imputare una responsabilità individuale delle proprie azioni (sempre secondo le differenti norme vigenti), altrimenti si gode di una "immunità" socialmente destabilizzante, garantita dall'"alibi neurologico". Il che non toglie che ci possa essere un forte determinismo a monte delle nostre scelte e azioni

La risposta che darei è piu o meno quella che ha dato Paul11

Citazione di: paul11 il 19 Novembre 2017, 16:40:54 PMI giudici sono talmente confusi che le perizie delle due parti (difesa ed accusa) con uno pseudo criterio di scientificità, visto che nella filosofia della mente dove si combinano neuroscienze ,cognitivismo, filosofia e direi persino biologia molecolare,non si è ancora in grado di capire cosa sia il rapporto mente/ cervello,cosa è d dove sta la coscienza, fino a che punto esistono condizioni biochimiche che sottraggono gradi di volontà e quindi di libertà di scelte, quanto incide sulle attitudini, motivazioni, comportamenti.

Il tema è: ma è vero che la scienza stabilisce che il cervello/mente altro non è che una serie di imput-output? Dov'è la responsabilità?

La risposta che ha dato Paul11 è quella che avrei dato io in modo piu diretto.

Indirettamente però ti ho dimostrato che se fosse vero ciò che dice la scienza allora non vi è responsabilità. Tu mi rispondi che le pene corrisposte sono necessarie per un fatto sociale. Ovvero la tua risposta secondo me è simile alla risposta a questa domanda: perchè il cielo di sera è buio? La risposta che daresti tu è perchè abbiamo bisogno socialmente del buio per andare a dormire.  :-*

Non so chi vorrà aprire un altro argomento, ma c'è una domanda conseguenziale. A che servono le pene? Si va in carcere perchè? Se io sto alla tua soluzione si va in carcere non per "scontare" una pena, ma per allontanare, per un po' di tempo, gente che socialmente non è pronta per stare in società. Ma il tempo che questo individuo è lontano dalla società dovrebbe passarlo per "modificare" il suo comportamento per il successivo inserimento. Ma non si fa nulla del genere. Un pedofilo che prende un tot anni di carcere, una volta uscito è sempre un pedofilo. A che serve la proporzionalità di una pena? La propozionalità della pena servirebbe se tu (Stato) fossi in grado di stabilire che il criminale è stato modificato per non commettere altri atti. Per cui se uno ruba appena esce dal carcere, vuol dire che il carcere non è servito a un bel niente. Tanto vale cambiare le regole sulla proporzionalità rispetto al reato commesso. Se uno non riesce proprio a fare a meno di rubare non lo fai piu uscire dal carcere. Per lo meno mi sembra molto meglio questa procedura se fosse vero che far scontare una pena serve per una questione sociale.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 19 Novembre 2017, 18:20:13 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 17:52:21 PM
Indirettamente però ti ho dimostrato che se fosse vero ciò che dice la scienza allora non vi è responsabilità. Tu mi rispondi che le pene corrisposte sono necessarie per un fatto sociale. Ovvero la tua risposta secondo me è simile alla risposta a questa domanda: perchè il cielo di sera è buio? La risposta che daresti tu è perchè abbiamo bisogno socialmente del buio per andare a dormire.  :-*
Il cielo di sera non è buio per convenzione sociale, mentre il giusto e lo sbagliato lo sono  ;)

Non fraintendermi, ho sottolineato l'imprescindibilità della responsabilità individuale di fronte alla legge (a prescindere dal contributo che può dare la neuroscienza), ma non ho affermato che le leggi vigenti siano funzionali alla correzione o reinserimento dei colpevoli in società, anzi, quello è proprio il problema cruciale della giustizia:
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2017, 14:32:03 PM
la vita sociale (da cui si può anche fuggire ;) ) esige, per la sua auto-tutela, che vengano disinnescati i soggetti che possano ledere alla comunità (e sulle modalità di tale disinnesco si apre il problematico scenario "bioeticopolitico" a cui accennavo).
Ovviamente "regole e sanzioni non bastano"(cit.), ma senza di esse è davvero possibile una società popolosa organizzata?
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 19 Novembre 2017, 19:29:15 PM
La nostra libertà non è completa in quanto il nostro inconscio, la nostra biologia, i condizionamenti sociali ecc condizionano le nostre scelte. Però è allo stesso modo "evidente" che abbiamo la facoltà di scegliere ossia abbiamo il libero arbitrio.

Citazione di: Phil il 19 Novembre 2017, 18:20:13 PMIl cielo di sera non è buio per convenzione sociale, mentre il giusto e lo sbagliato lo sono  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif)

Invece questa affermazione è sbagliata considerando proprio la scienza stessa. Il "giusto" e lo "sbagliato" hanno anche fondamenti "biologici" ed evoluzionistici. Il fatto stesso che creiamo convenzioni sociali la dice lunga sul fatto che il "giusto" e lo "sbagliato" derivano dalla nostra natura. Quindi anche considerando la scienza non è possibile affermare che l'etica sia qualcosa di totalmente convenzionale. A meno che non si consideri anche il nostro DNA, il nostro cervello ecc come qualcosa di "convenzionale". Motivo per cui la moralità non è completamente "soggettiva" come afferma il relativismo  ;) non pretendo di convertire nessun "relativista" al mio "fallibilismo" ma affermare così senza problemi che il giusto e lo sbagliato sono convenzioni secondo me è completamente erroneo anche se si considera solo ciò che conosciamo dalla scienza. Nuovamente comunque non capisco questa convinzione per cui l'etica sia totalmente arbitraria.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Socrate78 il 19 Novembre 2017, 20:45:31 PM
Il giusto e lo sbagliato derivano innazitutto dalla natura, infatti fondano la loro ragion d'essere nell'istinto di conservazione, che fa sì che ogni persona (o anche animale in maniera più primitiva...) voglia e desideri ciò che la conserva in vita e rifiuti ciò che può danneggiarla, ucciderla o anche solo privarla di beni importanti.
Ovviamente se quest'istinto non ci fosse, non ci sarebbe nemmeno l'etica, che deriva solo dall'intervento della ragione su qualcosa che è già innato, connaturato alla persona.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 19 Novembre 2017, 20:58:06 PM
Citazione di: Apeiron il 19 Novembre 2017, 19:29:15 PM
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2017, 18:20:13 PMIl cielo di sera non è buio per convenzione sociale, mentre il giusto e lo sbagliato lo sono  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif)
Invece questa affermazione è sbagliata considerando proprio la scienza stessa. Il "giusto" e lo "sbagliato" hanno anche fondamenti "biologici" ed evoluzionistici.
Per quel poco che so in merito, la biologia e l'evoluzionismo, non hanno una morale intrinseca (semmai siamo noi a vedercela, "antropomorfizzandole" ;) ), ovvero non possono fare il bene o il male, piuttosto hanno regole che tendono ad escludere/sopprimere il disfunzionale in favore del funzionale. Non è una questione meramente linguistica (funzionale/giusto vs disfunzionale/sbagliato): il sistema immunitario non prova ad uccidere i virus perché lo ritiene "giusto", ma solo perché è nella sua natura farlo, natura orientata a ciò che è più funzionale (non "giusto") per l'organismo di cui è parte. Il globuli bianchi possono avere dubbi morali/etici? ;D

Citazione di: Apeiron il 19 Novembre 2017, 19:29:15 PM
Il fatto stesso che creiamo convenzioni sociali la dice lunga sul fatto che il "giusto" e lo "sbagliato" derivano dalla nostra natura.
Secondo me, le convenzioni sociali si sono storicamente affermate poiché funzionali alle rispettive società (funzionali e artificiali/convenzionali, non funzionali e innate come il comportamento reattivo del sistema immunitario ;) ), non in quanto giuste o sbagliate in sé: è infatti proprio ogni convenzione a rendere possibile a posteriori tale discrimine... in fondo, se ci fosse un'etica fondata ontologicamente sulla natura e sulla scienza, avremmo quasi risolto i diverbi etici di tutto il mondo. Se tutte le tradizioni morali ritengono sbagliato uccidere a caso, rubare a chiunque e mentire all'autorità, non è perché sono oggettivamente azioni immorali, ma perché, se consentite e legittimate, destabilizzerebbero qualunque società umana. Provare per credere  ;D

Citazione di: Apeiron il 19 Novembre 2017, 19:29:15 PM
Quindi anche considerando la scienza non è possibile affermare che l'etica sia qualcosa di totalmente convenzionale. A meno che non si consideri anche il nostro DNA, il nostro cervello ecc come qualcosa di "convenzionale".
D'altronde, il DNA funziona secondo giustizia divina, secondo una sua "morale desossiribonucleica", o secondo regole biologiche? Se, in un matrimonio "misto", i tratti somatici "scuri" prevalgono su quelli "chiari" del nascituro (se non ricordo male), non è perché "è moralmente giusto sia così", ma perché così è "programmato" dal codice genetico, che non è certo gen-etico in quanto operi sul piano morale (le genetica non è in sé etica, è il nostro manipolarla a porrci quesiti di quel tipo... quesiti che hanno risposte a seconda delle differenti prospettive, etc. non farmi ricominciare con la predica sulla "debolezza" e il pluralismo prospettico ;D ).

Citazione di: Socrate78 il 19 Novembre 2017, 20:45:31 PM
Il giusto e lo sbagliato derivano innazitutto dalla natura, infatti fondano la loro ragion d'essere nell'istinto di conservazione, che fa sì che ogni persona (o anche animale in maniera più primitiva...) voglia e desideri ciò che la conserva in vita e rifiuti ciò che può danneggiarla, ucciderla o anche solo privarla di beni importanti.
Ovviamente se quest'istinto non ci fosse, non ci sarebbe nemmeno l'etica, che deriva solo dall'intervento della ragione su qualcosa che è già innato, connaturato alla persona.
Non fonderei l'etica sull'istinto biologico, altrimenti picchiare selvaggiamente chi mi guarda in modo minaccioso o mi dà una spinta, sarebbe moralmente giusto in quanto rivolto all'auto-difesa  ;D 
D'altronde l'uomo può anche ritenere etico scegliere di suicidarsi, con buona pace dell'autoconservazione  ;)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 22:22:09 PM
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2017, 18:20:13 PM
Non fraintendermi, ho sottolineato l'imprescindibilità della responsabilità individuale di fronte alla legge (a prescindere dal contributo che può dare la neuroscienza), ma non ho affermato che le leggi vigenti siano funzionali alla correzione o reinserimento dei colpevoli in società, anzi, quello è proprio il problema cruciale della giustizia:

Ritorniamo al punto di partenza, la responsabilità individuale di fronte alla legge si basa su cosa? Se tu mi dici che tale responsabilità è necessaria per un fattore sociale non mi stai dicendo che vuoi sostenere che esista una responsabilità individuale. Stai solo sostenendo che la responsabilità individuale viene inserita solo perchè qualcuno deve pagare. Ma quella è solo una regola e questa regola non si basa su nulla.
La giustizia su cosa si basa? Sul dolo o sulla responsabilità? Se io commetto un reato ma nessuno ne subisce un danno sono imputabile o no? Secondo la giustizia si, perche la giustizia si basa sulla responsabilità. Quindi tutto quello che stiamo dicendo va in fumo. Non è il dolo che viene punito ma l'azione arbitraria ed irresponsabile. Il dolo viene punito magari con una pena risarcitoria, ma è un'altra storia.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 19 Novembre 2017, 22:49:51 PM
Non sono sicuro di aver colto appieno il senso delle tue considerazioni, per cui chiedo chiarimenti:
Citazione di: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 22:22:09 PM
Se tu mi dici che tale responsabilità è necessaria per un fattore sociale non mi stai dicendo che vuoi sostenere che esista una responsabilità individuale. Stai solo sostenendo che la responsabilità individuale viene inserita solo perchè qualcuno deve pagare.
Nel momento in cui viene "inserita", non inizia dunque ad esistere socialmente, di fatto e di diritto, dando adito a conseguenze sociali ed individuali piuttosto rilevanti?

Citazione di: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 22:22:09 PM
Se io commetto un reato ma nessuno ne subisce un danno sono imputabile o no? Secondo la giustizia si, perche la giustizia si basa sulla responsabilità.
La giustizia ti punisce se riscontra la tua volontà-dolo di compiere il reato, e se non sei in grado di intendere e di volere o il danno eccede le tue intenzioni, prende comunque provvedimenti, in virtù della tua "responsabilità materiale" nel causare danni... o no?

Citazione di: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 22:22:09 PM
Non è il dolo che viene punito ma l'azione arbitraria ed irresponsabile. Il dolo viene punito magari con una pena risarcitoria, ma è un'altra storia.
Il dolo non viene considerato anche in caso di omicidio, non limitandosi a causare una mera pena risarcitoria?

P.s.
Credo resti importante distinguere l'ambito legale-giuridico, quello filosofico e quello neurologico; sicuramente ci sono delle influenze reciproche, ma anche differenti campi di applicazione (la filosofia può prescindere dalla giurisdizione, che può prescindere dalla neurologia, che può prescindere dalla filosofia, etc.).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 23:11:07 PM
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2017, 22:49:51 PM
P.s.
Credo resti importante distinguere l'ambito legale-giuridico, quello filosofico e quello neurologico; sicuramente ci sono delle influenze reciproche, ma anche differenti campi di applicazione (la filosofia può prescindere dalla giurisdizione, che può prescindere dalla neurologia, che può prescindere dalla filosofia, etc.).

Stiamo cambiando argomento. L'autore del topic fa una consederazione: la responsabilità individuale sia molto meno forte di quanto si pensi e prevalga un notevole condizionamento genetico e biologico nella nostra condotta.

Questa considerazione è vera o no? Tu hai inserito una clausola per cui la responsabilità individuale viene inserita perche altrimenti la società non funzionarebbe. Ma questa risposta non è pertinente. Un giudice ti chiederebbe: risponda alla domanda! Io sto rispondendo alla domanda e dico che se devo seguire alla lettera quello che suggerisce la scienza non abbiamo responsabilità individuali. Ovvero, sempre secondo quel che parrebbe dire la scienza, io non avrei alcuna possibilità di scegliere se compiere un reato o meno. Per cui io non sono responsabile del reato perche la responsabilità non è solo indice di consapevolezza. La consapevolezza di compiere un reato e la libertà di compierlo fanno di me un uomo responsabile.
Quel che fa l'ordinamento giuridico è un altro paio di maniche e possiamo anche discuterlo a parte. Ma la domanda è diretta...
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: iano il 19 Novembre 2017, 23:38:10 PM
Citazione di: Socrate78 il 18 Novembre 2017, 20:28:36 PM
Secondo voi si può parlare veramente e pienamente di responsabilità dell'uomo per le azioni che compie? In una parola, siamo liberi almeno in qualche misura? Mettendo tra parentesi le situazioni estreme in cui si configura un'incapacità di intendere e volere, ormai sembra che le neuroscienze stiano sempre più andando nella direzione di individuare dietro pensieri e sentimenti determinate sostanze chimiche (dopamina, serotonina, glutammato, per citarne alcune....) che a loro volta provocano precisi comportamenti attraverso la connessione tra i neuroni. Quindi è come se l'intero cervello obbedisca ad un codice come il software di un computer, per cui ad una certa concentrazione di un neurotrasmettitore corrisponde un sentimento o un atteggiamento.
Ora, un individuo con comportamento violento, antisociale, refrattario alla morale, sarebbe veramente colpevole dei danni che causa? La sua tendenza a non rispettare le esigenze altrui potrebbe essere data ad esempio da un mancato collegamento tra alcuni tipi di neuroni (quelli dell'empatia, per esempio o dei lobi frontali...) oppure da una concentrazione carente o eccessiva di un certo ormone o neurotrasmettitore.
Se le cose stanno così, io deduco che la responsabilità individuale sia molto meno forte di quanto si pensi e prevalga un notevole condizionamento genetico e biologico nella nostra condotta. Quali sono le vostre opinioni sul rapporto tra struttura genetica/chimica e libertà?
Credo che nel trovarsi al di là o al di qua delle sbarre di una cella giochi un grande ruolo il caso.
Dovrebbe bastare questo ,per quanto possiamo essere cinici , a farci considerare con preoccupazione lo stato delle nostre carceri .
Il sistema giudiziario di fatto serve a proteggere in modo approssimativo ,secondo giudizi probabilistici , la società , più che a giudicare la reale colpevolezza di un cittadino.
Sapere quale ruolo giochi realmente il libero arbitrio ,e in che misura questo sussista , dal punto di vista di una giustizia pratica conta poco.
Dal punto di vista personale invece conta molto.
Chiunque oggi venga considerato un cittadino onesto dovrebbe considerare , alla luce della sua esperienza , quanto sia stato fortunato , a meno che l'esperienza non sia acqua.
Quando sento individui che si considerano integerrimi come fosse un fatto naturale , penso che si siano persi qualcosa per strada , o che l'abbiano rimosso e questo me li fa apparire come poco affidabili .
La coscienza che il male è potenzialmente in noi , qualunque ne possa essere la causa , ultima e non ultima la nostra chimica , è fondamentale.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: viator il 19 Novembre 2017, 23:46:20 PM
Salve. Il problema sarebbe la causa prima. Mia moglie stasera mi ha spaccato una sedia in testa. Vediamo perché. Ha preso la sedia perché era arrabbiata. Era arrabbiata perché non la pensava come me. Non la pensava come me perché ha avuto delle esperienze che hanno indotto il lei convinzioni diverse dalle mie. Le sue esperienze sono state diverse dalle mie perchè è nata in luogo diverso, in un momento diverso, ha fatto studi diversi, possiede una sensibilità diversa, è di sesso diverso dal mio, ha frequentato persone diverse................retrocedendo in questo modo attraverso tutte le cause e tutti gli effetti in cui ha inciampato la sua vita (o la mia o quella di ciascuno) dovremmo giungere alla causa prima.


Anzitutto non si capisce perché noi si consideri che le cause vengano prima degli effetti. Dal momento che ogni evento consiste in una causa che, producendosi, genera simultaneamente il proprio effetto, non ha senso concepire una sequenza temporale di tali due elementi. Si tratta di due sinonimi. Infatti la definizione di "causa" è identica a quella di "effetto" e consiste in "la metà di un'evento".

Comunque noi consideriamo le cause come frutti del passato e gli effetti come frutti del futuro. E' per via dell'andamento del tempo, cioè dell'entropia, ma questo è un discorso molto intrigante che però ora farebbe solo divergere dall'argomento.

Ma esiste una causa prima? In caso positivo avremmo risolto ogni problema filosofico relativo al "libero arbitrio" ed alla responsabilità intrinseca dell'essere umano. Se tutto risale ad una causa priva di effetti a lei precedenti......è lei l'origine del bene, del male, del bello, del brutto....!

Per i credenti la causa prima certo esiste poiché uno degli attributi e delle definizioni di Dio è appunto "Causa Prima". Come dire: prima di Dio c'era il nulla. Come faccia poi ad esserci un nulla, che consisterebbe nel non esserci, fa parte dei misteri della Fede.

Per i non credenti invece non rimane che "attaccarsi" al verbo essere la cui definizione consiste in "la condizione per la quale le cause producono degli effetti" (e gli effetti divengono a loro volta cause).

Quindi la dimensione fondamentale ed "originaria" del Mondo sarebbe semplicemente l'essere delle cose. Un'unicità che noi - inestricabilmente legati alla nostra duplicità esistenziale composta da "noi" e "fuori di noi" - non possiamo percepire nella sua intierezza dovendoci limitare ad assaggiarne ogni volta solamente una delle metà [causa-effetto] [materia-energia] [spazio-tempo] [anima-corpo] [bene-male] etc. etc. etc...........................

Poiché, all'interno di una simile monade, risultano inclusi indistinguibilmente anche i concetti di "prima" e di "dopo", in essa non può esistere il concetto di "causa PRIMA", ma solo un infinito rincorrersi di cause ed effetti fuori da ogni tempo.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 19 Novembre 2017, 23:47:04 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 23:11:07 PM
Tu hai inserito una clausola per cui la responsabilità individuale viene inserita perche altrimenti la società non funzionarebbe. Ma questa risposta non è pertinente. Un giudice ti chiederebbe: risponda alla domanda!
Vostro onore  :) , mi sono concentrato sin dal primo post sul termine "responsabilità", che, a mio giudizio, apre il discorso etico, quindi sociale, quindi politico. L'espressione "responsabilità individuale" ha infatti, almeno per me, una marcata tonalità etica o giuridica, caldamente umana. Se parliamo invece freddamente di "causazione", possiamo mettere in gioco anche le scienze e un approccio meccanicistico-deterministico, in cui un evento causa un altro evento (al di là del fatto che si tratti di eventi che coinvolgono umani, minerali o altro). Per quanto riguarda l'ambito propriamente neuroscientifico, di cui so praticamente nulla di approfondito, ho comunque il vago sentore che confermi l'ipotesi che il libero arbitrio sia un anacronistico baluardo metafisico sempre più vacillante (come già accennavo nella discussione al succitato link al topic "Siamo liberi di pensare ciò che vogliamo?").
Per cui, se dovessi rispondere alla domanda iniziale
Citazione di: Socrate78 il 18 Novembre 2017, 20:28:36 PM
Quali sono le vostre opinioni sul rapporto tra struttura genetica/chimica e libertà?
direi che la prima sembra decisamente tener in scacco la seconda (seconda che, di per sé, al netto del fascino demagogico, è una parola con un senso sempre piuttosto relativo).
Ho concluso e mi rimetto alla clemenza della corte  ;D
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 20 Novembre 2017, 00:03:53 AM
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2017, 23:47:04 PM
Vostro onore  :) , mi sono concentrato sin dal primo post sul termine "responsabilità", che, a mio giudizio, apre il discorso etico, quindi sociale, quindi politico. L'espressione "responsabilità individuale" ha infatti, almeno per me, una marcata tonalità etica o giuridica, caldamente umana. Se parliamo invece freddamente di "causazione", possiamo mettere in gioco anche le scienze e un approccio meccanicistico-deterministico, in cui un evento causa un altro evento (al di là del fatto che si tratti di eventi che coinvolgono umani, minerali o altro).

La domanda è semplice e la fa Socrate78

Secondo voi si può parlare veramente e pienamente di responsabilità dell'uomo per le azioni che compie? In una parola, siamo liberi almeno in qualche misura? Mettendo tra parentesi le situazioni estreme in cui si configura un'incapacità di intendere e volere, ormai sembra che le neuroscienze stiano sempre più andando nella direzione di individuare dietro pensieri e sentimenti determinate sostanze chimiche.

La domanda parla di responsabilità dell'uomo (nella sua interezza) per le sue azioni. Se sostituisci una pietra all'uomo, puoi chiederti: la pietra è responsabile nel aver causato la rottura di una vetrina del negozio? Si se ritieni che il concetto di responsabilità sia dovuto ad una casuazione, no se ritieni la pietra incapace di intendere e volere. Quindi un uomo è resposabile di aver lanciato la pietra contro una vetrina? Si, se ritieni che l'uomo sia la causa prima della rottura del vetro. no se ritieni l'uomo responsabile di intendere e di volere la rottura della vetrina.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 20 Novembre 2017, 08:31:37 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2017, 00:03:53 AM
un uomo è resposabile di aver lanciato la pietra contro una vetrina? [...] no se ritieni l'uomo responsabile di intendere e di volere la rottura della vetrina.
Non ti seguo...
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 20 Novembre 2017, 14:20:40 PM
Citazione di: Phil il 20 Novembre 2017, 08:31:37 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2017, 00:03:53 AM
un uomo è resposabile di aver lanciato la pietra contro una vetrina? [...] no se ritieni l'uomo responsabile di intendere e di volere la rottura della vetrina.
Non ti seguo...


stavo sottolineando la doppia natura del concetto di responsabilità a cui tu ti sei aggrappato.
Responsabile nel senso che ne è la causa oppure responsabile nel senso che ha agito volontariamente.
Siccome tu stai affermando, e io ti sto venendo dietro, che non siamo liberi, allora evidentemente non siamo responsabili perche non siamo liberi nella seconda versione di responsabilità. Siamo invece responsabili nel senso che è possibile risalire alla causa dell'azione, cioè risalire fino all'uomo. 
Ma questo tipo di responsabilità è pari a quella che daresti ad una pietra che ha rotto una vetrina.
Quindi siamo responsabili come lo sarebbe una pietra.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: viator il 20 Novembre 2017, 15:28:09 PM
Salve. Va ovviamente introdotta la distinzione tra causa, responsabilità, colpa, dolo e - in campo giudiziario - la premeditazione.

Se la vettura che sto guidando viene speronata da altra che ha perso il controllo e che sospinge la mia a travolgere un pedone, la vettura che stavo guidando ha causato dei danni al pedone senza mia responsabilità, colpa, dolo o premeditazione.
Se la vettura di mia proprietà viene presa di nascosto da mio figlio che non possiede la patente e che provoca un incidente, io avrò la responsabilità civile dell'incidente e la colpa di non aver sorvegliato i comportamenti di mio figlio.
Il dolo configura una colpa che si è instaurata come immediata conseguenza della volontà di nuocere od infrangere la legge..
Infine la premeditazione presuppone la preparazione mentale e/o materiale svolta dal reo per organizzare il reato.

Quindi la causa è un fattore di ordine fisico e logico-filosofico.
La responsabilità, di ordine etico e social-civilistico
La colpa ed il dolo, di ordine morale, psicologico e penale.
Infine la premeditazione interessa solmente il Codice Penale.

Questa è l'importanza del preciso significato delle parole che si intendano usare. In mancanza di  chiarezza condivisa, tutto ciò che si dice diventa pura divagazioni spannometrica. Cordialità a tutti.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 20 Novembre 2017, 16:12:33 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2017, 14:20:40 PM
stavo sottolineando la doppia natura del concetto di responsabilità a cui tu ti sei aggrappato.
[...] Quindi siamo responsabili come lo sarebbe una pietra.
Personalmente non vedo alcuna doppia natura nel concetto di responsabilità per come l'ho trattato: non a caso ho distinto accuratamente fra la responsabilità sociale (che innesca quella giudiziaria, etc.) e la causazione meccanicistica (che non ha alcun valore etico o sociale). Ho anche precisato come siano possibili anche ulteriori approcci (filosofici, religiosi, etc.) che restano un po' in disparte, ma sono nondimeno pertinenti.
Restando sulla responsabilità, non credo sia possibile paragonare l'uomo alla pietra (semmai ci fossero dubbi in merito ;D ): la pietra è un oggetto inanimato e inerme,  mentre l'uomo è un soggetto che ha una sua volontà che, seppur inaggirabile e deterministicamente condizionata, gli consente di interagire attivamente con il mondo che lo circonda.

Resta dunque, secondo me, molto importante scegliere il campo d'indagine, prima di parlare di "responsabiità" in generale (vedi le distinzioni di viator, se non vuoi badare alle mie  :) ): se studiamo la rottura della vetrina da un punto di vista strettamente fisico, la categoria di responsabilità è inapplicabile; si parlerà di impatto, di forze, di attrito, di traiettoria, etc. e non vi sarà alcuna differenza fra l'uomo e una catapulta (poiché si analizza l'evento solo da un punto di vista matematico). Se invece parliamo della decisione umana di lanciare il sasso per rompere la vetrina, non possiamo non considerare il contesto sociale in cui tale fatto avviene: chi è che potrebbe ritenere responsabile o meno il lanciatore del sasso? Un altro uomo? Un giudice? Una divinità? Lui stesso? A seconda della risposta, si apre un campo di indagine differente, con categorie e scenari differenti.
Sostenere che, qualunque sia il campo di indagine, l'uomo ha lanciato il sasso perchè così ha deciso, e non poteva decidere altrimenti (come forse insinuerebbero le neuroscienze), non inficia affatto le differenti conseguenze: forse lui si sentirà in colpa, forse un giudice lo condannerà, forse qualcuno gli chiederà il perchè, forse una divinità lo considererà un peccato, etc.

La responsabilità è una categoria umana (quindi i sassi li lascerei da parte ;) ), tipica dell'etica (anche nel soliloquio interiore) e della giurisprudenza (che la inserisce in una tassonomia) e il giocare a definirla e imputarla è infatti un hobby squisitamente umano. La responsabilità è sempre tale nei confronti di qualcun'altro (fosse anche, metaforicamente, l'angioletto che abbiamo sulla spalla  ;D ).

Prova a passare alla meta-domanda: a che serve l'imputazione della responsabilità?
La risposta può aiutarti a rispondere a "siamo responsabili delle nostre azioni?"  ;)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: paul11 il 20 Novembre 2017, 18:35:19 PM
Mi sembra che si faccia un polverone.

la via biochimica, neurologica o le sentenze di Tribunali che fanno giurisprudenza, mutano le formulazioni delle scienze forensi e di criminologi e in quanto tale anche la storia positivistica del diritto di almeno un secolo e più a questa parte.
Se una persona è storia enarrazione, prima era la "fedina penale" che parlava di una propensione ad un crimine.
Domani sarà il DNA di un nascituro a "bollarlo" con alleli nel cromosoma. E torniamo a prima di Beccaria. Ci sarà una nuova malattia che per via genetica deciderà la propensione al sociale, all'antisociale, un carattere buono da quello cattivo a prescindere dal comportamento tenuto, in quanto saranno aggravanti o abbuoni nel giudizio finale nel caso in cui vi fossero liti giudiziarie o indagini della forza pubblica.
Non si dimentichi che etica e morale sono pratica, prassi, pragmatica che a loro volta diventano teoretica ,usi e costumi, convenzioni sociali nei sistemi di organizzazione sociale, fino alla politica ed economia.

Il "diverso" nel branco animale è isolato, non so nel branco umano un domani che un'informazione della cromatina o del DNA venga statisticamente accertato come dato probatorio in un processo giudiziario, come alcune sentenze argomentano,
divenga dirompente. Muterebbe di fatto il sistema valoriale del potere giuridico, che perderebbe proprio il concetto etico per risolversi in una forma di oggettività biochimico Dna che sia.Se l'aspetto valoriale etico apparteneva anche alla possibilità di "redimersi" da parte di colui che avesse compiuto un crimine attraverso la pena detentiva , domani chi si fiderebbe a lasciare a piede libero una persona "bollata2 come propensa al crimine?
Fin quando i giudici non pagano pegno e l'opinione pubblica, come già oggi fa, "monta una caso" e spinge il popolo a propendere verso una tesi "scientifica", finirà che gli stessi giudici nascondendosi dietro il dato scientifico "oggettivo" per perdere loro stessi la responsabilità di prendersi una difficile scelta se liberare dalla pena, mandarlo ai domiciliari, oppure liberarlo, lo bolleranno di fatto.

In sunto: si sta perdendo ormai da tempo il filo logico della morale e dell'etica e questo spazio è stato e sarà sempre più preso da una pretesa scientificità basata su un determinismo biochimico che in quanto tale bollerà tutta la vita una persona
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 20 Novembre 2017, 21:22:31 PM
Queste discussioni sul libero arbitrio sono fenomenali. In qualche giorno si redigono pagine e pagine di commenti. 8).
Dico la mia, sulla base degli ultimi interventi. Confesso che quelli precedenti non li ho letti.
Si potrebbe riassumere il tutto attraverso due figure della commedia dell'arte: lo "scienziato" e il "moralista".
Lo scienziato afferma che tutti i comportamenti dell'uomo sono determinati, vuoi dalle condizioni sociali, o dai cromosomi, o dall'indeterminismo, ovvero dalla casualità della vita. Non c'è spazio alla libera volontà, e più gli strumenti scientifici si affineranno e più sarà semplice scoprire tutti i moventi dell'azione umana, dove all'uomo spetta il ruolo di semplice spettatore agito da forze esterne. In caso di crimine, lo scienziato sarà tutto dalla parte del criminale, che fa i suoi crimini senza alcuna responsabilità reale. E' solo il sistema penale, lo stato o chi per lui a condannarlo per saziare l'opinione pubblica inorridita.
Il moralista invece proclama che tutti i comportamenti dell'uomo dipendono dalla sua libera volontà. Non importa se l'agente vive nelle baraccopoli di Dakar o nel quartiere elegante di Sinkfoarer a Copenaghen. In entrambi i casi se il soggetto vuole si comporterà moralmente perché c'è una luce dentro di lui, anima o quant'altro che non lo farà deviare e farà il bene o il male, a seconda che sia un soggetto buono o un soggetto malevolo. In questo caso, il moralista pende tutto dalla parte della vittima e tende a formare un mondo manicheo dove si fronteggiano il bene e il male.
Sto esagerando, ma la verità, secondo il mio parere, come al solito sta nel mezzo. Escludere i contesti sociali o la genetica è da stupidi: ormai vi sono testi che confermano questa verità e non ve li sto a segnalare, ma sono fondati su solide basi scientifiche e se permettete io credo ancora nella scienza. Escludere il libero arbitrio e la capacità di resilienza delle persone, ognuna unica e non replicabile è ugualmente una fandonia, altrimenti non potrebbe essere neppure fondata la teoria darwinista, che suppone lo sviluppo evolutivo a partire da modifiche rispetto a regole canoniche, determinate dai mutamenti ambientali.
Come al solito non siamo dei, non siamo demoni e non siamo neppure macchine. Un pò dipendiamo dall'ambiente esterno (mondo) e interno (biologia) e un pò abbiamo uno spirito nella macchina che probabilmente non sarà mai trovato neppure in futuro e che rende così interessante l'avventura umana.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 20 Novembre 2017, 21:54:26 PM
Citazione di: Phil il 20 Novembre 2017, 16:12:33 PM

Restando sulla responsabilità, non credo sia possibile paragonare l'uomo alla pietra (semmai ci fossero dubbi in merito ;D ): la pietra è un oggetto inanimato e inerme,  mentre l'uomo è un soggetto che ha una sua volontà che, seppur inaggirabile e deterministicamente condizionata, gli consente di interagire attivamente con il mondo che lo circonda.


Mi spiace ma quello che esprimi è contraddittorio. Volontà e determinismo non possono stare insieme.

Il fatto che la pietra sia inanimata e l'uomo animato non conduce ad alcuna nuova nozione. Anche la pietra è animata. Ammettiamo che si stacchi da un balcone e vada a finire su una vetrina (rompendosi), essa sarà "animata" dalla forza di gravitazione. L'uomo invece è animato per altri motivi ma nessuna di queste è imputabile ad una volontà. Tale forza (la forza di volontà) non esiste, o meglio la scienza non l'ha trovata e tu stai sostenendo che non c'è. Quindi non capisco perche ora ti appigli ad essa per non ammettere che in caso di reato un uomo non è responsabile delle sue azioni anche qualora si decida che invece la sua azione sia stata volontaria.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Socrate78 il 20 Novembre 2017, 21:59:19 PM
Però è anche possibile che esista un mondo impalpabile che la scienza non riesce a sondare, eppure sia esistente,: la fisica quantistica dice ad esempio che, a livelli dell'infinitamente piccolo (quanti di energia) le leggi deterministiche della materia non valgono più o meglio sono inadeguate a descrivere il comportamento di quel tipo di realtà, dando luogo al principio di indeterminazione, l'opposto della prevedibilità delle leggi materiali. Quindi ciò conduce a sospettare che la libertà possa esistere, giusto?
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 20 Novembre 2017, 22:10:09 PM
Citazione di: Socrate78 il 20 Novembre 2017, 21:59:19 PM
Però è anche possibile che esista un mondo impalpabile che la scienza non riesce a sondare, eppure sia esistente,: la fisica quantistica dice ad esempio che, a livelli dell'infinitamente piccolo (quanti di energia) le leggi deterministiche della materia non valgono più o meglio sono inadeguate a descrivere il comportamento di quel tipo di realtà, dando luogo al principio di indeterminazione, l'opposto della prevedibilità delle leggi materiali. Quindi ciò conduce a sospettare che la libertà possa esistere, giusto?

Per il momento lascia perdere la meccanica quantistica, anche li dentro non c'è espressa alcuna forza di volontà. Quindi è inutile richiamarla. So che molti lo fanno, ma al momento io credo che richiamarsi alla meccanica quantistica per "sperare" di salvare il libero arbitrio ci porta lontano e con le idee ancora piu confuse  :) .
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: paul11 il 20 Novembre 2017, 22:36:46 PM
Citazione di: Jacopus il 20 Novembre 2017, 21:22:31 PM
Queste discussioni sul libero arbitrio sono fenomenali. In qualche giorno si redigono pagine e pagine di commenti. 8).
Dico la mia, sulla base degli ultimi interventi. Confesso che quelli precedenti non li ho letti.
Si potrebbe riassumere il tutto attraverso due figure della commedia dell'arte: lo "scienziato" e il "moralista".
Lo scienziato afferma che tutti i comportamenti dell'uomo sono determinati, vuoi dalle condizioni sociali, o dai cromosomi, o dall'indeterminismo, ovvero dalla casualità della vita. Non c'è spazio alla libera volontà, e più gli strumenti scientifici si affineranno e più sarà semplice scoprire tutti i moventi dell'azione umana, dove all'uomo spetta il ruolo di semplice spettatore agito da forze esterne. In caso di crimine, lo scienziato sarà tutto dalla parte del criminale, che fa i suoi crimini senza alcuna responsabilità reale. E' solo il sistema penale, lo stato o chi per lui a condannarlo per saziare l'opinione pubblica inorridita.
Il moralista invece proclama che tutti i comportamenti dell'uomo dipendono dalla sua libera volontà. Non importa se l'agente vive nelle baraccopoli di Dakar o nel quartiere elegante di Sinkfoarer a Copenaghen. In entrambi i casi se il soggetto vuole si comporterà moralmente perché c'è una luce dentro di lui, anima o quant'altro che non lo farà deviare e farà il bene o il male, a seconda che sia un soggetto buono o un soggetto malevolo. In questo caso, il moralista pende tutto dalla parte della vittima e tende a formare un mondo manicheo dove si fronteggiano il bene e il male.
Sto esagerando, ma la verità, secondo il mio parere, come al solito sta nel mezzo. Escludere i contesti sociali o la genetica è da stupidi: ormai vi sono testi che confermano questa verità e non ve li sto a segnalare, ma sono fondati su solide basi scientifiche e se permettete io credo ancora nella scienza. Escludere il libero arbitrio e la capacità di resilienza delle persone, ognuna unica e non replicabile è ugualmente una fandonia, altrimenti non potrebbe essere neppure fondata la teoria darwinista, che suppone lo sviluppo evolutivo a partire da modifiche rispetto a regole canoniche, determinate dai mutamenti ambientali.
Come al solito non siamo dei, non siamo demoni e non siamo neppure macchine. Un pò dipendiamo dall'ambiente esterno (mondo) e interno (biologia) e un pò abbiamo uno spirito nella macchina che probabilmente non sarà mai trovato neppure in futuro e che rende così interessante l'avventura umana.
ciao Jacopus,
a mio parere non si tratta di scendere a patti fra scienza e morale, visto che entrambe hanno ragione di essere, la scienza perchè  esprime ragionevoli e probanti studi, ma non può a mio parere applicarli alla morale.
Si tratta di capire prima di tutto che l'uomo è natura e cultura e le due forme a volte coincidono e a volte collidono.
Non si può, ad esempio lasciare la morale alle mission e codici etici di multinazionali che finalizzano al profitto i loro comportamenti presentandosi come moralisti del profitto, perchè a questo stiamo arrivando.
La morale si è spostata dal mondo politico, dalla filosofia morale e del diritto all'ipocrita mondo della speculazione del profitto e se questa esigenza è nata negli ultimi decenni in praticamente  tutte le multinazionali è perchè negli utenti di servizi e consumatori è presente un'esigenza morale, ma di cui ancora non sappiamo bene la natura, da dove nasca in noi.

Uscita dai luoghi "sacri" del diritto e dei tribunali e dal sistema politico come "buon governo" costituito e costruito su i valori costituzionali si è assistito ad un paradosso,, la morale è trasmigrata in istituti scientifici ed economici che nulla hanno a che fare con la morale e troppo con il compromesso del "vil denaro".

Come avevo scritto precedentemente, essendo morale ed etica soprattutto prassi, nel momento in cui viene ritenuto finito il tempo della religione che prescrive "sopra" l'uomo, si è trattato di dover trovare la natura della morale dentro la natura umana: sino ad allora è fallito questo tentativo per cui oggi è "solo" prassi la morale e per questo trasmigra dai luoghi deputati storicamente a quelli falsamente e ambigui.

La tesi storica che la morale non è divina, ma  è umana, perde forza nel momento in cui la si applica correlandola agli istinti animali, come dire che l'etologia spiega l'uomo.Quindi è stato ovvio il percorso successivo di spostare dalla filosofia alle scienze la necessità di trovare una soluzione  sull'origine della natura morale.prima ci ha tentato la psicanalisi poi la biochimica.

Ma il fatto che non si conosca affatto l'origine, non sposta di una virgola l'evidenza che esiste; il problema è semmai
che senza una "costituzione" originaria e fondativa della morale, diventa opinione  e in quanto tale manipolabile strumentalizzabile.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 20 Novembre 2017, 23:14:22 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2017, 21:54:26 PM
Mi spiace ma quello che esprimi è contraddittorio. Volontà e determinismo non possono stare insieme.
Anche basandomi sull'esperienza, mi pare possano stare pacificamente assieme: voglio comprare un gelato al limone, non voglio un gelato alla fragola; non posso non volere ciò che voglio, e la mia volontà, per quanto possa essere condizionata deterministicamente da un substrato biologico (ho già detto di essere ignorante in materia, vero? ;D ), comporta comunque desideri e scelte ben chiare e non casuali.
Stando a questa ipotesi (non certezza), c'è il determinismo e c'è la volontà che esso condiziona (il libero arbitrio è altro paio di maniche); a me non suona troppo assurdo...

Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2017, 21:54:26 PM
Tale forza (la forza di volontà) non esiste, o meglio la scienza non l'ha trovata e tu stai sostenendo che non c'è.
Quale mia frase ti ha dato questa fallace impressione? Non certo quella che tu stesso hai citato
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2017, 21:54:26 PM
Citazione di: Phil il 20 Novembre 2017, 16:12:33 PM
l'uomo è un soggetto che ha una sua volontà
Non so cosa ti abbia spinto a ritenermi responsabile ;D  di un'affermazione contraria rispetto a ciò che ho scritto...

Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2017, 21:54:26 PM
Quindi non capisco perche ora ti appigli ad essa per non ammettere che in caso di reato un uomo non è responsabile delle sue azioni anche qualora si decida che invece la sua azione sia stata volontaria.
Sembra che tu voglia proprio farmelo dire, e lo farei volentieri se rispecchiasse il mio pensiero  ;) ,  ma mi pare di aver già ribadito ampiamente che, secondo me, la responsabilità appartiene alla società umana e, stando al suo contesto di pertinenza, quello della giurisprudenza, esiste come concetto ed è ben definito (rileggi pure con calma i miei precedenti messaggi per ulteriori conferme, oltre che per alcune domande che attendono ancora una risposta  ;) ).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 20 Novembre 2017, 23:57:38 PM
Citazione di: Phil il 20 Novembre 2017, 23:14:22 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2017, 21:54:26 PM
Mi spiace ma quello che esprimi è contraddittorio. Volontà e determinismo non possono stare insieme.
Anche basandomi sull'esperienza, mi pare possano stare pacificamente assieme

No. Il determinsmo stabilisce una condizione matematica secondo la quale se si conoscono le condizioni iniziali di un sistema si può prevedere (almeno in linea di principio) la sua evoluzione nel futuro.
Per volontà si intende invece qualcosa di diverso. Se anche si conoscessero le condizioni iniziali, nel momento in cui agisce la forza di volontà il processo di evoluzione diventa imprevedibile in modo ontologico. Per questo Socrate78 ha richiamato la meccanica quantistica in quanto si differenzia dal determinismo proprio per la sua imprevedibilità "ontologica". Ma sia nella meccanica classica sia in quella quantistica non esiste una funzione che possiamo chiamare "volontaria"...
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 21 Novembre 2017, 00:29:17 AM
CitazioneNo. Il determinsmo stabilisce una condizione matematica secondo la quale se si conoscono le condizioni iniziali di un sistema si può prevedere (almeno in linea di principio) la sua evoluzione nel futuro. 
Per volontà si intende invece qualcosa di diverso. Se anche si conoscessero le condizioni iniziali, nel momento in cui agisce la forza di volontà il processo di evoluzione diventa imprevedibile in modo ontologico. Per questo Socrate78 ha richiamato la meccanica quantistica in quanto si differenzia dal determinismo proprio per la sua imprevedibilità "ontologica". Ma sia nella meccanica classica sia in quella quantistica non esiste una funzione che possiamo chiamare "volontaria"...

Non credo che in campo sociale si possa parlare di determinismo e neppure di meccanica quantistica. Molto più prosaicamente la capacità di decidere con la propria testa in modo autonomo esiste, così come esistono i condizionamenti sociali e anche quelli materiali, che non mi permettono di essere un astronauta o un capitano di un vascello rompighiaccio. Un determinismo assoluto significherebbe che già cinque milioni di anni fa era prevedibile che ora io sarei stato davanti ad una tastiera a scrivere su un forum di filosofia, il che mi sembra piuttosto improbabile, anche se affascinante come trama di un romanzo di fantascienza di serie B.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 21 Novembre 2017, 10:19:49 AM
Caro Phil  :) ammetto che non sono chiaro talvolta. Ad ogni modo il discorso della biologia l'ho "usato" come una sorta di "tranello".


Lasciamo stare la "morale divina" (non credo d'aver mai tirato in ballo Dio, almeno non direttamente e al massimo come "esempio"...). Il mio discorso sulla morale si basava su un ragionamento di questo tipo. Se affermiamo che "il giusto e lo sbagliato" sono convenzioni, abitrarietà, ecc allora siamo costretti a dire che in fin dei conti "giusto" e "sbagliato" sono concetti che nascono "non naturalmente" - ossia che in fin dei conti noi siamo "altro" rispetto alla natura. Se ad esempio valesse il rigido determinismo (o l'indeterminismo di alcune interpretazioni della meccanica quantistica) non avremo la possibilità di dire che la morale è convenzionale, visto che nessuno "decide" che la morale è convenzionale. Ergo siamo costretti a dire che la morale è in realtà un fenomeno analogo a tutti gli altri. E quindi in questo caso, in mancanza di libero arbitrio, non è possibile pensare al concetto di "responsabilità" in quanto l'uomo diventa equiparabile ad altri fenomeni naturali "inanimati".

Se invece ammettiamo l'esistenza di una qualche forma di libertà allora è possibile "affrancarci" dalla natura. Ergo è possibile solo in questo caso essere "artefici del nostro destino" e scegliere arbitrariamente la nostra "morale". Le convenzioni però da un punto strettamente evoluzionistico (credo... chi ne sa di più, per favore, mi bastoni se dico cavolate) nascono proprio da quei comportamenti "sociali" che troviamo nel mondo animale, dal quale ovviamente deriviamo. Ergo "qualcosa in noi" ci spinge a fare convenzioni e ci spinge a farle in modo che in genere creino "ordine" tra gli individui. Ma mentre nel mondo animale noi diciamo che è "la loro natura" a scegliere determinate gerarchie di individui (mi riferisco al "capobranco") e di "comportamenti" visto che riteniamo (giustamente?) che non hanno "libero arbitrio" ma sono mossi dall'istinto, nell'uomo invece se diciamo che ha libero arbitrio diciamo anche che crea "convenzioni" arbitrariamente. Cosicché per esempio l'etica scelta in una comunità non può essere paragonata in alcun modo a quella di un'altra perchè osserviamo delle differenze. Ma nuovamente questo è dimenticarsi del fatto che tra gli uomini esistono somiglianze. E ci dimentichiamo che è proprio la vita comunitaria talvolta a "scolpire" l'uomo in una certe direzione anziché in un'altra e quindi le differenze talvolta vengono proprio dal contesto sociale in cui è (il quale è stato scelto in modo "libero" in origine). A mio giudizio se si riconosce che esiste sia il libero arbitrio che una enorme somiglianza tra gli individui è necessario ammettere che "ciò che è bene" per "me" "assomigli" a "ciò che è bene" per un altro, a meno che non si creda in una sorta di "anima" che ci distingua in modo completo l'uno dall'altro. In un'ottica materialista, riduzionista ecc questo è completamente assurdo in quanto in fin dei conti in quest'ottica siamo chiaramente simili. Nuovamente però se diciamo che vi è il libero arbitrio e la reponsabilità siamo costretti a non abbracciare un materialismo stretto, bensì dobbiamo ammettere che "qualcosa" sfugga alle leggi di natura (materiale). Questo qualcosa se appartiene al mondo oggettivo deve anch'esso avere una sua natura e dobbiamo asserire che deviazioni da questa "natura" sono paragonabili alle patologie del corpo, e quindi in ultima analisi dobbiamo ammettere che in questo scenario la responsabilità morale sia qualcosa di "oggettivo".
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 21 Novembre 2017, 14:20:45 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2017, 23:57:38 PM


No. Il determinsmo stabilisce una condizione matematica secondo la quale se si conoscono le condizioni iniziali di un sistema si può prevedere (almeno in linea di principio) la sua evoluzione nel futuro.

Per volontà si intende invece qualcosa di diverso. Se anche si conoscessero le condizioni iniziali, nel momento in cui agisce la forza di volontà il processo di evoluzione diventa imprevedibile in modo ontologico. 



Citazione

Questo é un paralogismo.

Volontà e determinismo possono stare benissimo insieme, né più né meno che volontà e indeterminismo (così come inerzia passiva e indeterminismo e inerzia passiva e determinismo).

Il fatto che il futuro sia (in linea teorica, di principio, non necessariamente in pratica, di fatto) perfettamente prevedibile non impedisce affatto in alcun modo e per nessun motivo logico o empirico a chiunque di agire con grandissima forza di volontà, di fare sforzi di volontà anche inauditi, "titanici" (per il fatto che ciò sia prevedibile).
Infatti non impone per nulla che chiunque, per il fatto di sapere che il futuro implica da parte sua titanici sforzi di volontà, si adagi nell' inerzia passiva (che sarebbe anzi contraddittorio!) e  non profonda (i prevedibili; ed eventualmente previsti di fatto. Il che é del tutto irrilevante) titanici, inauditi sforzi di volontà.

Che le proprie azioni siano prevedibili o meno, determinate necessariamente o meno, é del tutto irrilevante circa l' agire: chi ha forza di volontà compie comunque sforzi di volontà di intensità per così dire "direttamente proporzionali" alla propria forza di volontà stessa (e alla forza delle aspirazioni e desideri che lo guidano), tanto se ciò é necessario e prevedibile quanto se é del tutto imprevedibile.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 21 Novembre 2017, 14:42:09 PM
Per Apeiron

A meno di credere nel soprannaturale e nel suo interferire "immanentisticamente" con la natura, non si può ammettere che la cultura possa contraddire la natura, dalla quale sorge e nella quale rimane integrata.

Dunque l' indeterminismo o é (almeno in qualche misura) naturale e anche culturale, o se non é naturale nemmeno può essere culturale.

Ma a mio parere ciò che conta per l' uomo e per l' eticità delle sue scelte é la libertà da coercizioni estrinseche (subite contro la propria volontà) e non il libero arbitrio come indeterminismo intrinseco delle proprie scelte; che coincidendo con la casualità dell' agire non sarebbe compatibile con qualsiasi sensata valutabilità etica possibile dell' agire stesso: in caso di determinismo si agisce bene se si é buoni, male se si é malvagi, ma agire indeterministicamente (liberoarbitrariamente) non può signifire altro che agire a casaccio, cioé "bene" se si é fortunati, "male" se si é sfortunati.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 21 Novembre 2017, 15:07:00 PM
Citazione di: Jacopus il 21 Novembre 2017, 00:29:17 AM
CitazioneNo. Il determinsmo stabilisce una condizione matematica secondo la quale se si conoscono le condizioni iniziali di un sistema si può prevedere (almeno in linea di principio) la sua evoluzione nel futuro.
Per volontà si intende invece qualcosa di diverso. Se anche si conoscessero le condizioni iniziali, nel momento in cui agisce la forza di volontà il processo di evoluzione diventa imprevedibile in modo ontologico. Per questo Socrate78 ha richiamato la meccanica quantistica in quanto si differenzia dal determinismo proprio per la sua imprevedibilità "ontologica". Ma sia nella meccanica classica sia in quella quantistica non esiste una funzione che possiamo chiamare "volontaria"...

Non credo che in campo sociale si possa parlare di determinismo e neppure di meccanica quantistica. Molto più prosaicamente la capacità di decidere con la propria testa in modo autonomo esiste, così come esistono i condizionamenti sociali e anche quelli materiali, che non mi permettono di essere un astronauta o un capitano di un vascello rompighiaccio. Un determinismo assoluto significherebbe che già cinque milioni di anni fa era prevedibile che ora io sarei stato davanti ad una tastiera a scrivere su un forum di filosofia, il che mi sembra piuttosto improbabile, anche se affascinante come trama di un romanzo di fantascienza di serie B.


Chiariamoci. La domanda è: siamo responsabili delle nostre azioni oppure tutto deve essere "ridotto" a una mera combinazione di eventi?
C'è chi stabilisce una supremazia della opinione scientifica. La quale non è in grado di stabilire se esista la possibilità che la combinazione degli eventi sia interrotta da qualche forma di volontà. Ragion per cui la si esclude. Che ci sia o meno non ha al momento importanza, l'importante è che si escluda che la scienza sia in possesso di teorie scientificamente provate e verificate che ammettano una qualche forma di volontà. Io la escludo. Se invece mi porti qualche referente autorevole e l'opinione della comunità scientifica a riguardo di queste prove te ne sarò grato perche io le ignoro.

Dopo di che dobbiamo chiarire il punto che riguarda il determinismo. Il determinismo non è un approccio filosofico che riguarda solo la fisica, riguarda tutto l'universo e quindi anche noi. Siamo influenzati? A determinare l'influenza è un virus. Abbiamo una infezione? A determinare l'infezione è un batterio. C'è una rivolta popolare perchè manca il pane? A determinare la rivolta popolare è la mancanza del pane. Causa ed effetto, causa ed effetto.
Il problema è semmai di tipo epistemologico. La conoscenza precisa di un evento futuro è data dalla precisione delle nostre conoscenze sulle condizioni iniziali. Siccome la vita biologica non è nata ieri e nemmeno l'altro ieri, addirittura possiamo stabilire che i maggiori ingredienti che ci strutturano giungono da stelle consumate e le stelle si sono formate a seguito di un evento ancora piu remoto qual è stato probabilmente il big bang, è chiaro che non siamo in grado di stabilire al momento quali erano le condizioni iniziali, probabilmente le condizioni iniziali erano quelle indeterministiche proprie della meccanica quantistica, quindi è impossibile prevedere se domani avverrà pioverà con esattezza anche quando le probabilità sono minime (la mia è una esagerazione ma non piu di tanto). I sistemi fisici però funzionano bene con questo paradigma perche gli esperimenti si fanno in laboratorio (per cui è possibile dire che siano sistemi isolati) e si riesce comunque a controllare l'errore stastico. E di questi sistemi, di cui si conosce le condizioni iniziali, si riesce a prevedere deterministicamente la loro evoluzione futura.

Non esiste un altro paradigma. Il suo contrario è l'indeterminismo della meccanica quantistica. Ma va ricordato che esiste un indeterminismo epistemologico e uno ontologico. Solo quest'ultimo è associabile (al momento in cui parlo è il piu quotato) alla meccanica quantistica. Per cui i sistemi biologici funzionano con il paradigma indeterministico epistemologico. Ci sono casi in cui si è associato la meccanica quantistica a fattori biologici (ci sono studi seri e sperimenti credo altrettanto seri), ma nulla al momento ci è dato di sapere a riguardo se esista una parentela con le nostre funzioni biologiche. La comunità scientifica è concorde quindi nel ritenere il cervello e tutto quello che gli gira intorno un sistema classico a cui possiamo associare il paradigma deterministico che al limite possiamo chiamare indeterminismo epistemologico. 

Quindi non so cosa tu intenda per determinismo assoluto. E ancora di più mi è completamente incomprensibile la "volontà di agire".

Io rispondevo Phlil perche da un lato sostiene l'opinione scientifica a riguardo della nostra impossibilità nell'agire liberamente, dall'altro lato questa volontà la fa rientrare dalla finestra, come mi sembra faccia anche tu, sostenendo una incomprensibile associazione tra volontà e sistema sociale. Come se il sistema sociale arrivi da un universo parallelo dove le cose funzionano diversamente da qua.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: InVerno il 21 Novembre 2017, 16:00:44 PM
Il fatto che la nostra coscienza\libero arbitrio possa risultare una "finzione" originata da processi neurologici non ha niente da spartire con la nostra "responsabilità". Viviamo e ci regoliamo in un mondo di "finzioni utili", il libero arbitrio al massimo può essere l'ultimo di una lista lunga quanto un vocabolario, anche i soldi sono una "finzione", qualcuno ha voglia di prendere un accendino e dare fuoco al proprio patrimonio? il cosidetto (finto) "libero arbitrio" è un attributo necessario per essere (finti) agenti morali in una (finta) società morale dove ci possono essere addebitate (finte) responsabilità. E' tutta una finzione, non solo il libero arbitrio, per questo non c'è alcuna contraddizione.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 21 Novembre 2017, 16:50:13 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 20 Novembre 2017, 23:57:38 PM
Il determinsmo stabilisce una condizione matematica secondo la quale se si conoscono le condizioni iniziali di un sistema si può prevedere (almeno in linea di principio) la sua evoluzione nel futuro.
Per volontà si intende invece qualcosa di diverso.
Non mi stupirei se le (neuro)scienze ci stessero appunto invitando a ripensare proprio la concezione di volontà, innestandola in un orizzonte deterministico... non sono affatto in grado di citarti fonti e nomi, eppure, per quel che vale, sono disposto a ritenerlo plausibile (oltre che interessante).

Citazione di: Il_Dubbio il 21 Novembre 2017, 15:07:00 PM
Io rispondevo Phlil perche da un lato sostiene l'opinione scientifica a riguardo della nostra impossibilità nell'agire liberamente,
Liberamente da cosa? Liberamente dalla nostra volontà? Sicuramente no; come accennavo, non possiamo non volere ciò che vogliamo  ;)  Possiamo ritenere la volontà una forza totalmente libera da ogni radice materiale, quasi fosse un'anima? Certo, la metafisica lo fa da sempre... tuttavia, se usciamo dalla metafisica (e non è certo obbligatorio  ;D ), forse si aprono valide alternative.
Citazione di: Il_Dubbio il 21 Novembre 2017, 15:07:00 PM
dall'altro lato questa volontà la fa rientrare dalla finestra [...] sostenendo una incomprensibile associazione tra volontà e sistema sociale.
Per "incomprensibile associazione fra volontà e sistema sociale"(cit.) intendi le leggi e gli ordinamenti che imputano le differenti "responsabilità"? Magari si possono non condividere, ma, stando alla storia dell'uomo, hanno una loro pragmatica ragion d'essere, no? ;D

Se ammettiamo che un determinismo neurologico possa condizionare la volontà, non per questo dobbiamo per forza smantellare le organizzazioni sociali attuali: al di là di cosa sia il sole, se splenda per determinismo, per sua volontà parzialmente libera o per libero arbitrio, quando fa troppo caldo preferisco comunque ripararmi all'ombra  ;)

Citazione di: Il_Dubbio il 21 Novembre 2017, 15:07:00 PM
Come se il sistema sociale arrivi da un universo parallelo dove le cose funzionano diversamente da qua.
Credo al riguardo risulti ancora cruciale la domanda che ti avevo già proposto
Citazione di: Phil il 20 Novembre 2017, 16:12:33 PM
meta-domanda: a che serve l'imputazione della responsabilità?
La risposta può aiutarti a rispondere a "siamo responsabili delle nostre azioni?"  ;)
la risposta è per te ontologica, epistemologica, quantistica, sociale, neurologica, convenzionale (o "finzione" per dirla con InVerno) o altro?
Ovviamente puoi anche non rispondere  :)

Citazione di: Apeiron il 21 Novembre 2017, 10:19:49 AM
Se affermiamo che "il giusto e lo sbagliato" sono convenzioni, abitrarietà, ecc allora siamo costretti a dire che in fin dei conti "giusto" e "sbagliato" sono concetti che nascono "non naturalmente" - ossia che in fin dei conti noi siamo "altro" rispetto alla natura.
Non direi che in tal caso noi saremmo altro rispetto alla natura, ma piuttosto le nostre convenzioni sarebbero altro rispetto alla natura... e mi pare piuttosto legittima come osservazione.
Pensa allo sport: la vittoria, la sconfitta, la fama, etc. sono convenzioni umane che sono certamente "altro" rispetto alla natura, eppure "funzionano" e condizionano masse ingenti di persone. Se sostituisci "vittoria" con "giusto" e "sconfitta" con "sbagliato" mi pare, mutatis mutandis, un buon parallelismo esemplificativo del convenzionalismo della morale.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Socrate78 il 21 Novembre 2017, 17:01:16 PM
Il problema resta però il fatto che "buono" e "malvagio" non sono categorie assolute, infatti bisogna sempre chiedersi in rapporto a chi si è buoni e a chi si è malvagi .L'eroe ad esempio che sacrifica la propria vita per un ideale è buono o è malvagio? Per la collettività è sicuramente un eroe, ma per se stesso è malvagio visto che si priva del bene più grande, cioè della propria vita, quindi può esserci male più grande fatto a se stessi? All'opposto chi antepone il proprio interesse a quello altrui, sarà cattivo per coloro che obiettivamente sono danneggiati dal suo agire, ma per se stesso è buono visto che persegue la propria convenienza.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 21 Novembre 2017, 17:53:59 PM
Citazione di: Phil il 21 Novembre 2017, 16:50:13 PM

Citazione di: Il_Dubbio il 21 Novembre 2017, 15:07:00 PM
Io rispondevo Phlil perche da un lato sostiene l'opinione scientifica a riguardo della nostra impossibilità nell'agire liberamente,
Liberamente da cosa? Liberamente dalla nostra volontà? Sicuramente no; come accennavo, non possiamo non volere ciò che vogliamo  ;)  Possiamo ritenere la volontà una forza totalmente libera da ogni radice materiale, quasi fosse un'anima? Certo, la metafisica lo fa da sempre... tuttavia, se usciamo dalla metafisica (e non è certo obbligatorio  ;D ), forse si aprono valide alternative.

Me la spieghi meglio perchè non l'ho capita.
Non solo non esiste la volontà ora ci inventiamo un ulteriore paradigma ancora piu inimmaginabile?

E' chiaro che volontà e libertà sono sinonimi. Altrimenti qual è la differenza? Se fossi libero potrei volere di volere, altrimenti mi sto ingannando.
Ciò che io chiamo volontario, nel paradigma deterministico, è una pure illusione. Io credo di volere qualcosa, ma in realtà ciò che io credo di volere lo ha deciso una causa esterna alla mia credenza. Per cui se io credo di volere non sto esprimendo una libera scelta, sto solo credendo di essere libero di volere.
Nemmeno il pensiero è libero. Non posso essere libero di pensare di volere. Se penso di volere è perche una causa mi ha costretto a pensarlo.

Ben inteso (P.S.), ma credo si sia capito, a me sta cosa che pare voler dire la scienza non mi sta bene. Non la voglio... :-*
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 21 Novembre 2017, 18:32:22 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 21 Novembre 2017, 17:53:59 PM
Me la spieghi meglio perchè non l'ho capita.
[...]ora ci inventiamo un ulteriore paradigma ancora piu inimmaginabile?
La digressione sulla credenza in un'anima volitiva è l'accenno ad un'alternativa che ha ancora i suoi fautori; personalmente non sono fra essi, tuttavia, per completezza, è corretto ricordare che ci sono anche altri paradigmi a disposizione, oltre al proprio  :)

Citazione di: Il_Dubbio il 21 Novembre 2017, 17:53:59 PM
Non solo non esiste la volontà
Secondo me la volontà esiste (non lo ripeto più, tranquillo ;D ), la questione è come possiamo definirla alla luce delle neuroscienze. Se intendiamo la volontà come "funzione mentale che ci fa scegliere un'opzione piuttosto che un'altra", essa non mi pare in necessario contrasto con il determinismo (ovvero ciò che orienterebbe la volontà senza che essa ne sia consapevole): scelgo il gelato al limone perché lo voglio, ma tale volere è il frutto di interazioni neurali o altri meccanismi fisiologici. La mia volontà è in tal caso l'esplicazione cosciente di meccanismi di cui non sono cosciente. C'è la volontà che compie la scelta (che non è casuale ma voluta), e c'è il determinismo neurologico che predetermina tale volontà di scegliere proprio il gusto limone. Per come la vedo, può essere anche così, senza cancellare la parola volontà dal vocabolario, ma "aggiornandola" al determinismo  ;)
Ciò che il determinismo elimina è invece il libero arbitrio (che quindi non è sinonimo di volontà, se intesa come sopra, soprattutto finché rimane presente l'ambigua parola "libero").

Quindi, con la dovuta postilla semantica sulla parola "volontà", in questo:
Citazione di: Il_Dubbio il 21 Novembre 2017, 17:53:59 PM
Io credo di volere qualcosa, ma in realtà ciò che io credo di volere lo ha deciso una causa esterna alla mia credenza. Per cui se io credo di volere non sto esprimendo una libera scelta, sto solo credendo di essere libero di volere.
Nemmeno il pensiero è libero. Non posso essere libero di pensare di volere. Se penso di volere è perche una causa mi ha costretto a pensarlo.
rivedo molto la mia opinione (come da post già linkati) sull'assenza di effettivo libero arbitrio.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 21 Novembre 2017, 19:32:22 PM
Citazione di: Phil il 21 Novembre 2017, 18:32:22 PM

Citazione di: Il_Dubbio il 21 Novembre 2017, 17:53:59 PM
Non solo non esiste la volontà
Secondo me la volontà esiste (non lo ripeto più, tranquillo ;D ), la questione è come possiamo definirla alla luce delle neuroscienze. Se intendiamo la volontà come "funzione mentale che ci fa scegliere un'opzione piuttosto che un'altra", essa non mi pare in necessario contrasto con il determinismo (ovvero ciò che orienterebbe la volontà senza che essa ne sia consapevole): scelgo il gelato al limone perché lo voglio, ma tale volere è il frutto di interazioni neurali o altri meccanismi fisiologici. La mia volontà è in tal caso l'esplicazione cosciente di meccanismi di cui non sono cosciente. C'è la volontà che compie la scelta (che non è casuale ma voluta), e c'è il determinismo neurologico che predetermina tale volontà di scegliere proprio il gusto limone. Per come la vedo, può essere anche così, senza cancellare la parola volontà dal vocabolario, ma "aggiornandola" al determinismo  ;)
Ciò che il determinismo elimina è invece il libero arbitrio (che quindi non è sinonimo di volontà, se intesa come sopra, soprattutto finché rimane presente l'ambigua parola "libero").

Anche per me la volontà esiste, ma la domanda era riferita a ciò che la scienza ci suggerisce. Quindi la volontà secondo la scienza può anche esistere ma è illusoria.
Non posso volere ciò che voglio se non sono libero, quindi la libertà è imprescindibile.
Quello che vuoi sostenere tu secondo me è contradditorio o almeno illusorio.

Secondo me c'è solo una possibilità. Che la scienza stia facendo cilecca. Ma per capire se sta facendo cilecca o meno, dovremmo metterci d'accordo sul motivo per cui non può esistere una volontà senza libertà. Se sostituisci volontà con il determinismo hai praticamente chiuso tutti i discorsi.

Quindi ovviamente io non riesco a seguirti.

Io una mia idea me la sono fatta. Non è un'idea scientifica (ma potrebbe diventarla). Escludo comunque a priori che la scienza sia sulla buona strada.

Se vuoi ne discutiamo meglio in un altro argomento piu specifico, perchè questo secondo me è esaurito per quel che ho da dire.

Te lo scrivo in un paio di righe: la volontà è un pensiero cosciente. Facciamo conto che sia una cellula. Ho un pensiero perchè mi è stato inculcato in modo deterministico da un fattore esterno al pensiero. "Pensa" quindi a questa cellula creata in modo deterministico. In questo pensiero tu hai una scelta tra un paio di gusti di gelato. Fragola o limone. Se la cellula si isola dal tutto il resto ti rimane solo un pensiero con una doppia possibilità.  Da questo pensiero/cellula si stacca un pensiero piu piccolo/cellula piu piccola. Hai scelto fragola. Se non c'è stato alcun altro condizionamento per questa scelta,  il pensiero fragola è sorto in modo libero.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Socrate78 il 21 Novembre 2017, 20:16:08 PM
#Il dubbio: Di grazia, come fa la cellula/pensiero ad isolarsi da tutto il resto? Se io scelgo fragola, è perché la fragola esercita su di me un senso di piacere, di attrazione che il limone non mi dà, quindi anche qui la fragola DETERMINA la scelta. Per agire come tu descrivi, in modo svincolato dai condizionamenti, sarebbe necessario che mi "buttassi" a dire fragola mettendo tra parentesi il piacere che la fragola mi dà, ma è impossibile o estremamente arduo, non trovi? Ciò sarebbe possibile solo se fragola e limone fossero per me opzioni indifferenti, quindi sostanzialmente per te la libertà consiste in una sorta di superiore distacco dal mondo, giusto?
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 21 Novembre 2017, 20:31:06 PM
CitazioneChiariamoci. La domanda è: siamo responsabili delle nostre azioni oppure tutto deve essere "ridotto" a una mera combinazione di eventi?
C'è chi stabilisce una supremazia della opinione scientifica. La quale non è in grado di stabilire se esista la possibilità che la combinazione degli eventi sia interrotta da qualche forma di volontà. Ragion per cui la si esclude. Che ci sia o meno non ha al momento importanza, l'importante è che si escluda che la scienza sia in possesso di teorie scientificamente provate e verificate che ammettano una qualche forma di volontà. Io la escludo. Se invece mi porti qualche referente autorevole e l'opinione della comunità scientifica a riguardo di queste prove te ne sarò grato perche io le ignoro.
Ce ne sono parecchi di testi in questo senso.
Ovviamente si tratta di soft sciences, scienze cioè che non possono prevedere soltanto misurazioni quantitative e situazioni sperimentali che riproducano esattamente la realtà oggettiva, ovvero di scienze imparentate con la criminologia, la filosofia morale e una serie di discipline che fanno comunque riferimento e si confrontano giustamente con il nuovo campo delle neuroscienze e della genetica: metaetica, etica normativa, psicologia morale. Pensa che ora esiste anche la neuroetica proprio per far parlare questi due diversi universi della conoscenza.
Quello che ci dicono le hard sciences, ovvero neuroscienze e genetica non sono l'ultima parola, ma semplicemente servono a vincolare e a spiegare meglio l'accettabilità delle teorie morali e metaetiche, che hanno inevitabilmente un substrato sociale e storico, relativamente indipendente dalle scienze naturalistiche.
Pensare a due modelli di pensiero completamente opposti: la scienza e la filosofia (in questo caso la filosofia pratica) è, secondo me, errato.

Dovremmo in qualche modo "incardinare le teorie morali, comprese quelle relative al libero arbitrio/determinismo, su una psicologia che non sia il mero prodotto della immaginazione di filosofi o studiosi creativi e fantasiosi, ma che sia congruente con ciò che la scienza oggi ha da dirci". Solo in questo modo possiamo andare avanti nella conoscenza. Senza ritenere la scienza l'unica depositaria del sapere, ma anche confrontandoci con la scienza e accettando quello che si scopre con il metodo scientifico, che non è stato così inefficace nella storia dell'uomo, se siamo onesti con noi stessi.
Ti consiglio di leggere: Mario de Caro, mente e morale (Luiss), Berzagora Betsos, Colpevoli si nasce? (Cortina), e per contrappasso una studiosa che non crede nella libera volontà ma che ha scritto un libro che è già comunque un classico, Churchland, L'Io come cervello.
Buona lettura.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 21 Novembre 2017, 21:02:08 PM
Citazione di: Socrate78 il 21 Novembre 2017, 20:16:08 PM
#Il dubbio: Di grazia, come fa la cellula/pensiero ad isolarsi da tutto il resto?

In realtà non è un isolamento spaziale a cui pensavo, ma un isolamento temporale. Il tempo è importante perche mette in successione gli eventi. L'evento A viene prima dell'evento B. Ora ammettiamo che ci sia un evento X che non riconosca la successione tra A e B.
X può essere messo prima di A o prima di B oppure messo anche dopo A e B.

In relatività è una cosa possibile se gli eventi sono lontani spazialmente. A e B sono eventi che succedono da parti diverse. Ma A con concorderà con B sulla successione degli eventi e un osservatore C (distante da A e B in forte avvicinamento verso B) non concorderebbe  con A, penserà cioè che B sia successa prima dell'evento A.
Chiaro che tradurre tutto ciò nel nostro cervello diventa problematico ma non si può avere tutto dalla vita  ;D
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 21 Novembre 2017, 21:32:29 PM
Citazione di: Socrate78 il 21 Novembre 2017, 17:01:16 PM
L'eroe ad esempio che sacrifica la propria vita per un ideale è buono o è malvagio? Per la collettività è sicuramente un eroe, ma per se stesso è malvagio visto che si priva del bene più grande, cioè della propria vita, quindi può esserci male più grande fatto a se stessi?

Con gli antichi stoici (e non solo; fra gli altri ad esempio il cristiano Severino Boezio) credo che "la virtù é premio a se stessa".
E dunque morire virtuosamente é bene (ed é "premiante" per chi lo scelga), sopravvivere malvagiamente é male (ed é castigante per chi lo scelga nella convinzione che la "virtù" sia il sommo bene).
Dunque, se "virtuosi", si affronta la morte "virtuosa" felicemente e si disdegna come fonte di infelicità (rimorsi, perdita di autostima, vergogna "ben fondata e giusta, meritata", autocommiserazione, ecc.) la sopravvivenza ignominiosa e contraria alla "virtù premio a se stessa".
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 21 Novembre 2017, 21:54:26 PM
X IL Dubbio

Per poter determinare la propria volontà, per essere liberi (dotati di libero arbitrio) nel senso "assoluto" in cui tu intendi il concetto bisognerebbe essere Dio.

Solo chi fosse "causa sui" (ammesso che questo sia di un autentico, sensato concetto e non una sequenza di parole autocontraddittoria e dunque insignificante alcunché, come sono fortemente propenso a credere) potrebbe dire che ciò che vuole é frutto della sua volontà in ultima analisi, e non solo  a certe condizioni, entro certi limiti che ne esulano e la condizionano, e non di una volontà che gli é capitato di trovarsi ad esercitare non per sua scelta.

Chiunque altro o si trova ad agire casualmente, fortuitamente, oppure, se agisce per come é (deterministicamente), lo fa in seguito al come si é trovato ad essere del tutto indipendentemente dalla sua volontà, non per una sua scelta (certo si può anche decidere di cambiare, ma di nuovo lo si fa o casualmente o, se deterministicamente, dipendentemente da come si é al momento di assumere questa decisione; e lo si é del tutto indipendentemente dalla poprria volontà, da una propria scelta).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 21 Novembre 2017, 22:59:55 PM
Sì quando parlavo di "natura" intendevo "materia", perdonate l'equivoco  ;D

@Phil e @sgiombo, il fenomeno che tu descrivi è l'emergentismo. In sostanza tu ritieni che la coscienza e i concetti di "giusto" e "sbagliato", "responsabilità" ecc "emergano" in modo analogo a quando in fisica si dice che ad esempio le fasi "liquida" e "solida" sono proprietà emergenti (visto che ovviamente le singole particelle non si possono trovare in queste fasi). Questa teoria è l'unica che per me ha senso da un punto di vista scientifico, l'unica che può dare un'idea di cosa sia la "coscienza" senza andare a tirar fuori "cose strane"  ;) ad ogni modo ogni liquido per esempio ha la caratteristica di adattarsi al contenitore e ogni solido ha la caratteristica di avere una struttura regolare. Il "giusto" e lo "sbagliato" però agiscono sia a livello individuale, sia a livello sociale e ritengo che sia bene non confondere gli ambiti. In ambo i casi però avremo chiaramente differenti individui e differenti società. Chiaramente non nego né le differenze individuali né quelle tra le varie società, così come non nego la differenza tra l'acqua e un altro liquido. Però da "fisico" ritengo che a dispetto di queste differenze abbia senso parlare di "proprietà" condivise: ossia che abbia senso parlare del fatto che ci siano cose "sbagliate", così come tutti i solidi hanno una struttura ordinata. Il problema che ho io quando sento dire che le regole morali siano "mere convenzioni" è proprio questo: si vedono i vari liquidi e dall'ovvio fatto che sono diversi si deduce che non è possibile parlare del "liquido". Per esempio anche la frase "l'acqua è salutare per la salute del corpo" a livello delle particelle non ha senso, visto che "salute" è un concetto che nasce in un contesto in cui c'è un essere vivente. Però così come esiste in medicina la possibilità di distinguere tra "salute" e "malattia" (che sono di  fatto concetti "emergenti"). E anche se sono emergenti noi li trattiamo come "oggettivi", anche perchè non farlo solitamente non è proprio una buona scelta  ;D Mi sorprende quindi che nel caso del "relativismo" si tende a sottolineare l'arbitrarietà e le differenze (che ovviamente esistono) ma ci si "dimentica" le cose in comune, quando per esempio nella scienza (che al giorno d'oggi è la base di tutta la visione "occidentale" del mondo) si cerca di fare esattamente l'opposto, ossia quello di trovare la spiegazione universale di tutti i fenomeni (ossia la "teoria del tutto") dato che questo procedimento di unificazione proprio nella scienza ha dato ottimi risultati: l'elettromagnetismo come unione di elettricità e magnetismo, la teoria della relatvità ristretta come unione tra elettromagnetismo e meccanica, la teoria dell'evoluzione come unificazione per così dire "delle specie" (che ci ha mostrato che gli orientali nel loro affermare che non siamo così diversi dagli animali avevano buoni motivi per dirlo  ;) ). Posso capire un tentativo più cauto di "unificare" in ambito etico ma appellarsi di continuo alle differenze mi pare semplicemente tra le altre cose un ragionamento non conforme alla scienza.
Tornando in topic, ossia nella questione del libero arbitrio vorrei anzitutto dire che l'emergentismo in realtà non postula l'esistenza di "nulla di spiritico"  ;D però mentre è un assioma che ad esempio nel caso della fase solida è possibile spiegare la fase partendo dai livelli "inferiori", nel caso della libertà umana è un po' diverso perchè si ha un salto qualitativo completamente nuovo. Se vogliamo accettare il concetto di responsabilità morale dobbiamo postulare (se volete alla Kant) che è possibile per un essere umano almeno in determinate situazioni scegliere tra due o più alternative in modo "sufficientemente" libero dalle costrizioni esterne. Ossia per esempio io potevo anche non scrivere questo post - la mia decisione però non è né dovuta al fato né a sistemi casuali. Ovviamente non sono un "dio" e quindi la mia libertà è condizionata, per esempio posso scrivere su questo forum perchè la connessione di casa stasera funziona, tuttavia la responsabilità morale ha senso se e solo se è possibile per me scegliere in modo autonomo. Se si scarta questo assioma secondo me cade tutto l'edificio dell'etica  ;) il che sinceramente mi pare piuttosto pericoloso...
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 21 Novembre 2017, 23:44:10 PM
Citazione di: sgiombo il 21 Novembre 2017, 21:54:26 PM
X IL Dubbio

Per poter determinare la propria volontà, per essere liberi (dotati di libero arbitrio) nel senso "assoluto" in cui tu intendi il concetto bisognerebbe essere Dio.

Solo chi fosse "causa sui" (ammesso che questo sia di un autentico, sensato concetto e non una sequenza di parole autocontraddittoria e dunque insignificante alcunché, come sono fortemente propenso a credere) potrebbe dire che ciò che vuole é frutto della sua volontà in ultima analisi, e non solo  a certe condizioni, entro certi limiti che ne esulano e la condizionano, e non di una volontà che gli é capitato di trovarsi ad esercitare non per sua scelta.

Chiunque altro o si trova ad agire casualmente, fortuitamente, oppure, se agisce per come é (deterministicamente), lo fa in seguito al come si é trovato ad essere del tutto indipendentemente dalla sua volontà, non per una sua scelta (certo si può anche decidere di cambiare, ma di nuovo lo si fa o casualmente o, se deterministicamente, dipendentemente da come si é al momento di assumere questa decisione; e lo si é del tutto indipendentemente dalla poprria volontà, da una propria scelta).

Non c'è bisogno di essere Dio. Se l'obiettivo è quello di rendere plausibile il concetto di libertà o di volontà basta cambiare punto di vista. Non è detto che quel  punto di vista debba essere un ente superemo a vederlo. Se quel punto di vista è possibile allora siamo sulla buona strada. Ma non tutte le cose possibili sono reali. Quindi alla fine andrà verificato se quella possibilità è reale. Ma non ci siamo ancora arrivati  8) . Come non siamo arrivati ancora a comprendere le cose reali. La volonta/libertà magari è una cosa reale erroneamente spostata nelle cose non possibili. Tutto sta nel rendere piu semplice possibile le domande che ci poniamo e di chiarire all'osso ogni porzione di domanda in modo che non ci siano equivoci. Altrimenti andiamo a ruota e ripetiamo costantemente le stesse cose senza arrivare mai al dunque.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 22 Novembre 2017, 11:07:12 AM
Per Apeiron
 
Personalmente ritengo che dalla neurofisiologia (dai cervelli) possano emergere unicamente i comportamenti "coscienti" (ma che sarebbero neurologicamente del tutto indistinguibili da come sono se fossero incoscienti, "propri di zombi" anziché di animali coscienti), non certo le esperienze coscienti che "li accompagnano e vi corrispondono biunivocamente", esistendo in un "diverso piano ontologico trascendente", che non fanno parte degli "insiemi integrati di eventi fenomenici di coscienza" (delle determinate esperienze fenomeniche coscienti) cui i cervelli considerati appartengono, ma costituiscono altri, diversi "insiemi integrati di eventi fenomenici di coscienza" (determinate altre, diverse esperienze fenomeniche coscienti), uno per ciascun cervello (vivo e regolarmente funzionante, non in coma).
 
Concordo con parte del resto del tuo intervento (in particolare contro il relativismo), ma non con la pretesa di adeguare scopi e scelte filosofici agli scopi e scelte scientifiche.
 
Inoltre dissento dal fatto che il libero arbitrio sia una conditio sine qua non dell' etica, essendo invece convinto proprio dell' esatto contrario (l' etica presuppone per me necessariamente il determinismo), ma per carenza di tempo non ripeto qui le argomentazioni che già più volte ho proposto nel forum.
 
Per Il Dubbio
 
La possibilità di diversi punti vi sta non c' entra.
 
Casomai c' entra con la prevedibilità di fatto o meno di ciò che accade, non con il suo accadere deterministicamente (prevedibilmente in linea teorica o di principio o meno)
 
Se non si é "causa sui" (se si é stati soprannaturalmente creati in un qualche modo, conseguentemente al quale si vuole ciò che si vuole, o si si é naturalmente –per esempio per evoluzione biologica- venuti ad essere in un qualche modo conseguentemente al quale si vuole ciò che si vuole), allora in ultima analisi non si é responsabili delle proprie scelte in quanto non si é responsabili del modo in cui si é, conseguentemente al quale si vuole ciò che si vuole e si sceglie ciò che si sceglie.
Questo in caso di determinismo.

Invece in caso di indeterminismo (= libero arbitrio = casualità) non si é responsabili per il fatto che necessariamente di agisce del tutto " a casaccio" e non per (inesistenti) proprie qualità morali (non si é causa di ciò che si fa, e dunque non se ne é responsabili.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 22 Novembre 2017, 15:10:04 PM
Ne ho combinata un'altra. Nella frase "@Phil e @sgiombo, quello che "tu".." il "tu"era riferito a Phil. LOL


Citazione di: sgiombo il 22 Novembre 2017, 11:07:12 AMPer Apeiron  Personalmente ritengo che dalla neurofisiologia (dai cervelli) possano emergere unicamente i comportamenti "coscienti" (ma che sarebbero neurologicamente del tutto indistinguibili da come sono se fossero incoscienti, "propri di zombi" anziché di animali coscienti), non certo le esperienze coscienti che "li accompagnano e vi corrispondono biunivocamente", esistendo in un "diverso piano ontologico trascendente", che non fanno parte degli "insiemi integrati di eventi fenomenici di coscienza" (delle determinate esperienze fenomeniche coscienti) cui i cervelli considerati appartengono, ma costituiscono altri, diversi "insiemi integrati di eventi fenomenici di coscienza" (determinate altre, diverse esperienze fenomeniche coscienti), uno per ciascun cervello (vivo e regolarmente funzionante, non in coma).  Concordo con parte del resto del tuo intervento (in particolare contro il relativismo), ma non con la pretesa di adeguare scopi e scelte filosofici agli scopi e scelte scientifiche.  Inoltre dissento dal fatto che il libero arbitrio sia una conditio sine qua non dell' etica, essendo invece convinto proprio dell' esatto contrario (l' etica presuppone per me necessariamente il determinismo), ma per carenza di tempo non ripeto qui le argomentazioni che già più volte ho proposto nel forum.  
Aspetta ma la tua posizione è quella di Spinoza? Ossia il parallellismo psico-fisico? Ti ho (sempre) scambiato per un kantiano al di fuori ovviamente dell'ambito politico ;D

Ad ogni modo vorrei precisare una cosa. Non credo che "la materia" sia più fondamentale della "mente" ma in modo simile a te, sgiombo, ritengo che siano due aspetti della realtà complementari. Quindi per me in un certo senso anche la particelle hanno una "mente" - o più precisamente un "aspetto mentale" - e ad evidenza di ciò porto la regolarità dei fenomeni. La coscienza invece è una proprietà "emergente" della mente e il suo emergere è in parallelo a quello dei comportamenti coscienti. La coscienza quindi è un fenomeno emergente a meno che non si creda come fanno quasi tutte le filosofie indiane che esista un qualche tipo di coscienza che rimane dopo la morte (che non ha niente di "corrispondente" nel mondo materiale  ;)  - su cui sorprendentemente la mia attuale posizione è un agnosticismo anche se razionalmente ammetto che non c'è alcuna evidenza di tale "coscienza".). Quindi ritengo che sia necessario separare le due cose ossia "mente" e "coscienza" (quest'ultima richiede la consapevolezza di sé). La mia posizione è una sorta di "panpsichismo".



Riguardo invece alla questione della libertà. Se con "determinismo" intendi "fatalismo" ossia che tutte le nostre azioni sono in realtà inevitabili, anche se ci "pare" che non sia così non posso essere d'accordo, anche se per un periodo ero convinto di ciò per l'influenza del grande Spinoza. Voglio dire se passo col rosso ha senso che venga multato perchè potevo fare altro a differenza invece della tegola che mi cade in testa, la quale invece "ha compiuto" un'azione "libera" perchè non poteva fare nient'altro (ossia è un'azione spontanea). Ritengo invece che l'etica ha senso perchè possiamo "in qualche modo" scegliere di fare una determinata azione invece di un'altra anche se ammetto che capire come ciò avviene è quasi impossibile e semmai c'è evidenza del contrario. Tuttavia seguendo Kant per me è un postulato della "ragione pratica". Credo però che sia interessante notare che in molte tradizioni religiose la "vera libertà" non è la possibilità di decidere tra varie alternative (che in realtà ci causa indecisioni e ci fa sentire "persi" - e quindi in un certo senso è una schiavitù), bensì la "vera libertà" è rinunciare alla "pretesa" di auto-determinazione (nelle religioni dove è presente una Divinità Personale come "Realtà Ultima" questa libertà è "affidarsi alla divinità" come ad esempio Socrate che nell'Apologia dice "ateniesi voi siete mei amici e vi rispetto ma obbedisco al dio.". In altre ovviamente no... Lo scrivo in piccolo perchè è solo un esempio  ;D ). Quindi tu intendi che l'etica coincide nell'abbandonarsi al "determinismo" (in un certo senso ricorda molto il daoismo e lo stoicismo). Però uno può anche decidere di non farlo,no? (chiaramente puoi non rispondere se non hai tempo adesso...)

Se fosse inevitabile essere virtuosi o meno, che senso ha tutta questa discussione sulla responsabilità?  ;) Altrimenti la responsabilità di un uomo sarebbe veramente diversa da quella di una tegola che mi cade in testa in una giornata ventosa?
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 22 Novembre 2017, 16:24:54 PM
Citazione di: sgiombo il 22 Novembre 2017, 11:07:12 AM

Invece in caso di indeterminismo (= libero arbitrio = casualità) non si é responsabili per il fatto che necessariamente di agisce del tutto " a casaccio" e non per (inesistenti) proprie qualità morali (non si é causa di ciò che si fa, e dunque non se ne é responsabili.

Mi accorgo, ma penso se ne accorgano tutti quando rispondono ad un mess., che è difficile capire da un post o pochi post chi hai difronte, quale sia la sua conoscenza e quello che vuole dire con quella frase. E' molto intrigante perchè ci permette di confrontare delle idee, ma la difficoltà è comprendere su cosa si poggiano tutti i nostri discorsi.

Ad esempio la frase che ho citato dalla tua controrisposta sembra appoggiarsi credo su un fraintendimento. Il libero arbitrio non è uguale alla casualità, come l'indeterminismo non esprime una casualità. Al limite la casualità potrebbe essere la "causa" di tale paradigma.

Il determinismo e l'indeterminismo esprimono una risposta alla domanda: che tipo di conoscenza possiamo avere di un evento futuro?
Come ho gia detto anche l'indeterminismo può assomigliare al determinismo quando è epistemico (e il contrario). Ovvero quando non è possibile conoscere tutte le variabili di un sistema.
Ad esempio: un calciatore tira una punizione verso la rete avversaria. Potremmo stabilire se segnarà o se tirerà fuori solo potendo elaborare istantaneamente tutte le variabili che producono il calcio al pallone: quindi la forza impressa al pallone, il punto preciso di battuta ,  la sua traiettoria, il possibile vento( che frena o aumenta la velocità della palla) ecc. Ammettiamo di essere riusciti a fare tutto questo calcolo nella massima precisione potremmo prevedere se la palla entrerà in rete o meno (e facciamo finta che non ci sia nemmeno un portiere  :D ). Oppure potremmo fare un calcolo approssimato. Piu i nostri calcoli ci dicono che la palla va al centro della porta piu è improbabile che vada fuori dai pali. Se invece il nostro calcolo approssimato ci dice che sta andando piu o meno sul palo, allora la nostra conoscenza diventa meno certa, in fondo basta aver sbagliato poco da una parte o dall'altra per non riuscire piu a fare una previsione che propenda per una o l'altra sorte. Diremo che dovremo dividere per 3 le probabilità (palo/dentro/fuori). Poi dipende anche dalla dipensione del palo rispostto alla porta. Se il palo ha lo spessore di foglio di carta mentre la palla ha delle dimensioni regolari da football, le percentuali aumenteranno per il dentro e fuori e diminuiranno drasticamente per il palo.

Insomma quello che voglio dire con questo esempio è che i concetti di determinsimo e indeterminsmo riguardano la qualità della nostra conoscenza.
Ho gia detto che l'indeterminsimo può essere distinto in epistemologico e ontologico. Il primo assomiglia alla precisione che possiamo avere nel seguire la traiettoria di una palla. Se la palla si avvicina troppo al palo e il palo fosse sottilissimo, avremmo un indeterminismo epistemologico. Mentre se al posto di una palla lanciassi un fotone (ammettendo che la direzione sia sempre verso il palo) la nostra conoscenza sarebbe indeterministica in modo ontologico. O meglio non potremmo conoscere nemmeno in modo approssimato la direzione del fotone. Solo quando è passato oltre il palo, in caso mettessimo una tela dietro per rilevare il punticino che rilascia, potremmo sapere se abbiamo fatto gol oppure no. Nel caso deterministico invece questa conoscenza avviene in tempo reale solo basandoci sulle variabili in gioco e quindi almeno un attimo prima che la palla si schianti contro il palo o vada in rete oppure fuori.  

Approfitto perche ci sta Aperion (che per lo meno studiando fisica queste cose sono per lui, o la saranno, come il pane quotidiano  ;D ), in caso dica cavolate (molto grosse, perche comunque quelle piccole sono sicuro di spararle in continuazione ma senza volontà  ;D) può anche, volendo, precisare meglio questi aspetti. Non vorrei quindi che i discorsi siano troppo volatili e si abbia di alcuni concetti base delle descrizioni fuorvianti, altrimenti faremmo discorso fra sordi.   :)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 22 Novembre 2017, 18:15:56 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 21 Novembre 2017, 19:32:22 PM
la volontà è un pensiero cosciente. Facciamo conto che sia una cellula. Ho un pensiero perchè mi è stato inculcato in modo deterministico da un fattore esterno al pensiero. "Pensa" quindi a questa cellula creata in modo deterministico. In questo pensiero tu hai una scelta tra un paio di gusti di gelato. Fragola o limone. Se la cellula si isola dal tutto il resto ti rimane solo un pensiero con una doppia possibilità.  Da questo pensiero/cellula si stacca un pensiero piu piccolo/cellula piu piccola. Hai scelto fragola. Se non c'è stato alcun altro condizionamento per questa scelta,  il pensiero fragola è sorto in modo libero.
Credo di aver capito l'esempio; forse il nodo della questione allora è: come si stacca il pensiero più piccolo, e perché è proprio quello sul gusto fragola?
Se non c'è stato né condizionamento fisico né motivo intelligibile di questo distacco, allora, come osserva Sgiombo, si tratterebbe di pura casualità che (a differenza di Sgiombo) non identificherei con il libero arbitrio comunemente inteso.

Citazione di: Apeiron il 21 Novembre 2017, 22:59:55 PM
il fenomeno che tu descrivi è l'emergentismo. In sostanza tu ritieni che la coscienza e i concetti di "giusto" e "sbagliato", "responsabilità" ecc "emergano" in modo analogo a quando in fisica si dice che ad esempio le fasi "liquida" e "solida" sono proprietà emergenti
Mi pare che l'emergentismo abbia comunque una dimensione ontologica, mentre, per come intendo il convenzionalismo etico, di ontologico c'è solo il condizionamento dell'ambiente sociale circostante (ovvero, per me, la morale non ha radice ontologica individuale, è solo una lettura valutativa dell'agire umano, una convenzione "socialmente utile" da cui è nato il diritto, proprio come dalla convenzionale lingua orale è nata la convenzionale lingua scritta...).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 22 Novembre 2017, 19:27:36 PM
Citazione di: Phil il 22 Novembre 2017, 18:15:56 PM
Credo di aver capito l'esempio; forse il nodo della questione allora è: come si stacca il pensiero più piccolo, e perché è proprio quello sul gusto fragola?
Se non c'è stato né condizionamento fisico né motivo intelligibile di questo distacco, allora, come osserva Sgiombo, si tratterebbe di pura casualità che (a differenza di Sgiombo) non identificherei con il libero arbitrio comunemente inteso.

Se hai seguito anche l'esempio che ho fatto sul tiro che un calciatore fa ad una palla nel tentativo di mandarla in porta (per fare gool) la questione non è se la libertà si esprima casualmente ma semmai se la variabile classica ( nell'esempio del calcio ad un pallone tale variabile si può identificare con la forza impressa, il vento che devia il pallone in volo ecc. ecc.), che  conduce ad un comportamento libero, esiste. Ovvero se esiste una variabile, anche se ignota, che determina la scelta fatta.

Ritorniamo alla mia ipotesi che almeno nelle intenzioni ci fa uscire da questo imbroglio. Riprendo il concetto di cellula di pensiero. Fragola o limone?
Ammettiamo che abbia scelto fragola. Ammettiamo che i due gelati siano davanti a me e ne possa prendere uno allungando una mano.
Se ho scelto fragola la mano sinistra si allunga verso il gelato prescelto. Per fare questa azione, (allungare una mano), ho bisogno di un imput. Un conto è dire che ho allungato la mano sinistra perche un neurone si è mosso automaticamente sprigionato da una scarica elettrica dovuta all'odore intenso della fragola (tutto questo in modo autonomo proprio mentre io sto credendo di stare per scegliere uno dei due gelati), un conto è dire che la cellula di pensiero abbia ristretto la sua attenzione verso la fragola scatenando l'imput che  ha permesso alla mano sinistra (invece che quella destra) di allungarsi verso il gelato di fragola.

Tu (lo anticipo) ti chiederai che vuol dire fisicamente "restringere" l'attenzione su una delle due possibilità. Qui secondo me entra in gioco la coscienza per cui entriamo in un luogo ignoto. La coscienza è come un faro che illumina cose che in se non esprimono luminosità (o sostanze, come in questo caso, che non hanno odori), per cui l'attenzione verso un'odore non è esprimibile con un imput. Se la coscienza fosse un imput avremmo risolto tutti i nostri problemi e sapremmo riprodurre una macchina cosciente. Nel momento in cui la coscienza si è attivata diventa autonoma rispetto al resto, diventa una cellula di pensiero. Con il suo faro tiene a fuoco un paio di soluzioni: fragola o limone. Poi restringe il suo campo e si concentra su fragola. La scelta è fatta ed è stata fatta in modo autonomo.

Faccio un esempio pratico. Una stanza è buia. Il nostro cervello è buio. Non ci sono pile elettriche all'interno della stanza e non ci sono pile elettriche all'interno del cervello. Entriamo noi ed invece la stanza si illumina. Se non entravamo noi la stanza poteva anche essere perfettamente illuminata dal sole, ma sempre buia era. Questo perche in realtà il Sole non esprime la visione delle cose è solo un mezzo che usiamo (attraverso gli occhi) di vedere. La visione delle cose quindi è autonoma rispetto a ciò che è la stanza e cosa sta facendo il Sole senza di noi. La coscienza quindi esprime un salto di qualità, e per cui è l'unica che può dare l'imput in autonomia concentrando la sua attenzione su dei particolari invece che su altri. Tramite la coscienza chiaramamente possiamo valutare la differenza fra gli odori, e sicuramente gli imput arrivano esternamente rispetto alla gradevolezza o meno di uno di essi. Ma la scelta alle volte può dipendere solo dalla volontà espressa della coscienza che restringe il campo su una di esse anche in maniera casuale o in controtendenza anche solo per ripicca verso qualcuno che tenta di scoprire il motivo per cui ha scelto fragola  ;D.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 22 Novembre 2017, 21:09:13 PM
Citazione di: Apeiron il 22 Novembre 2017, 15:10:04 PM
Ne ho combinata un'altra. Nella frase "@Phil e @sgiombo, quello che "tu".." il "tu"era riferito a Phil. LOL


Citazione di: sgiombo il 22 Novembre 2017, 11:07:12 AMPer Apeiron  Personalmente ritengo che dalla neurofisiologia (dai cervelli) possano emergere unicamente i comportamenti "coscienti" (ma che sarebbero neurologicamente del tutto indistinguibili da come sono se fossero incoscienti, "propri di zombi" anziché di animali coscienti), non certo le esperienze coscienti che "li accompagnano e vi corrispondono biunivocamente", esistendo in un "diverso piano ontologico trascendente", che non fanno parte degli "insiemi integrati di eventi fenomenici di coscienza" (delle determinate esperienze fenomeniche coscienti) cui i cervelli considerati appartengono, ma costituiscono altri, diversi "insiemi integrati di eventi fenomenici di coscienza" (determinate altre, diverse esperienze fenomeniche coscienti), uno per ciascun cervello (vivo e regolarmente funzionante, non in coma).  Concordo con parte del resto del tuo intervento (in particolare contro il relativismo), ma non con la pretesa di adeguare scopi e scelte filosofici agli scopi e scelte scientifiche.  Inoltre dissento dal fatto che il libero arbitrio sia una conditio sine qua non dell' etica, essendo invece convinto proprio dell' esatto contrario (l' etica presuppone per me necessariamente il determinismo), ma per carenza di tempo non ripeto qui le argomentazioni che già più volte ho proposto nel forum.  
Aspetta ma la tua posizione è quella di Spinoza? Ossia il parallellismo psico-fisico? Ti ho (sempre) scambiato per un kantiano al di fuori ovviamente dell'ambito politico ;D
CitazioneSi, come Spinoza credo che res extensa e res cogitans divengano "parallelamente", in reciproca corrispondenza biunivoca senza reciprocamente interferire.
E ciascuna di esse (come gli "attributi" spinoziani) diviene in corrispondenza biunivoca con qualcosa che ha molte importanti caratteristiche della spinoziana "Sostanza" (divina), oltre che del kantiano "noumeno" o cosa in sé.
Di Spinoza respingerei l' infinità degli attributi che mi sembrano una sorta di "residuo" di una concezione aprioristica "anselmiana" della divinità come "infinitamente inesauribile" che ritengo  espressione di pregiudizi infondati e insostenibile; preferisco in proposito applicare il rasoio di Ockam e limitami ad accettare l' esistenza dei due attributi constatabili, materiale e mentale (e sospendere il giudizio circa tutta l' infinità di enti ed eventi che potrebbero essere ed accadere realmente, oltre a quelli che sono effettivamente constatabili e constatati).




Ad ogni modo vorrei precisare una cosa. Non credo che "la materia" sia più fondamentale della "mente" ma in modo simile a te, sgiombo, ritengo che siano due aspetti della realtà complementari. Quindi per me in un certo senso anche la particelle hanno una "mente" - o più precisamente un "aspetto mentale" - e ad evidenza di ciò porto la regolarità dei fenomeni. La coscienza invece è una proprietà "emergente" della mente e il suo emergere è in parallelo a quello dei comportamenti coscienti. La coscienza quindi è un fenomeno emergente a meno che non si creda come fanno quasi tutte le filosofie indiane che esista un qualche tipo di coscienza che rimane dopo la morte (che non ha niente di "corrispondente" nel mondo materiale  ;)  - su cui sorprendentemente la mia attuale posizione è un agnosticismo anche se razionalmente ammetto che non c'è alcuna evidenza di tale "coscienza".). Quindi ritengo che sia necessario separare le due cose ossia "mente" e "coscienza" (quest'ultima richiede la consapevolezza di sé). La mia posizione è una sorta di "panpsichismo".
CitazionePer quanto mi riguarda non credo che la regolarità del divenire naturale (determinismo; per lo meno "debole" o "probabilistico-statistico", se non anche "forte" o "meccanicistico", come con Bohm sono convinto in barba a Bohr, Heisenberg e "compagnia conformistica") giustifichi un pampsichismo per me oscuro e comunque non provabile e non necessario per spiegare adeguatamente alcunché (Ockam!), per il quale ogni particella avrebbe un correlato cosciente (e anche ogni oggetto formato da particelle, come é innanzitutto il caso di un cervello umano o animale funzionante? E come logicamente potrebbe essere inteso sensatamente il fatto che a un cervello corrisponde una coscienza e inoltre a ciascuna particella che lo costituisce un' altra -"elementarissima"- coscienza? E che magari ne corrispondano anche altre ancora alle parti arbitrariamente considerabili del cervello come telencefalo, diencefalo, midollo allungato, o nucleo caudato, o corteccia in toto o corteccia frontale oppure occipitale o area motoria primaria, ecc., in un' "infinità" di possibili arbitrarie suddivisioni mereologiche?).


Inoltre non comprendo come, in che senso, la coscienza possa essere una proprietà emergente della mente: per me sia la mente (i pensieri, i fenomeni "interiori") che la materia (i fenomeni "esteriori") son parti diverse ma coesistenti di ciascuna esperienza fenomenica cosciente: "accanto" alla visione esteriore materiale di mari, pianure e montagne sentiamo interiormente mentalmente ricordi, sentimenti, concetti, ragionamenti, ecc. nell' ambito dello stesso, unico flusso di "dati di coscienza" fenomenici.




Riguardo invece alla questione della libertà. Se con "determinismo" intendi "fatalismo" ossia che tutte le nostre azioni sono in realtà inevitabili, anche se ci "pare" che non sia così non posso essere d'accordo, anche se per un periodo ero convinto di ciò per l'influenza del grande Spinoza. Voglio dire se passo col rosso ha senso che venga multato perchè potevo fare altro a differenza invece della tegola che mi cade in testa, la quale invece "ha compiuto" un'azione "libera" perchè non poteva fare nient'altro (ossia è un'azione spontanea). Ritengo invece che l'etica ha senso perchè possiamo "in qualche modo" scegliere di fare una determinata azione invece di un'altra anche se ammetto che capire come ciò avviene è quasi impossibile e semmai c'è evidenza del contrario. Tuttavia seguendo Kant per me è un postulato della "ragione pratica". Credo però che sia interessante notare che in molte tradizioni religiose la "vera libertà" non è la possibilità di decidere tra varie alternative (che in realtà ci causa indecisioni e ci fa sentire "persi" - e quindi in un certo senso è una schiavitù), bensì la "vera libertà" è rinunciare alla "pretesa" di auto-determinazione (nelle religioni dove è presente una Divinità Personale come "Realtà Ultima" questa libertà è "affidarsi alla divinità" come ad esempio Socrate che nell'Apologia dice "ateniesi voi siete mei amici e vi rispetto ma obbedisco al dio.". In altre ovviamente no... Lo scrivo in piccolo perchè è solo un esempio  ;D ). Quindi tu intendi che l'etica coincide nell'abbandonarsi al "determinismo" (in un certo senso ricorda molto il daoismo e lo stoicismo). Però uno può anche decidere di non farlo,no? (chiaramente puoi non rispondere se non hai tempo adesso...)
CitazioneAnche per il grande, anzi grandissimo (pure per me) Spinoza la libertà é accattare la necessità (deterministica).
 
Ho argomentato molte altre volte nel forum e non ho molto tempo per cui sarò telegrafico:
 
Per me
 
"libero arbitrio" = "indeterminismo" = "casualismo";
 
dunque le scelte vengono prese "a casaccio", e non dimostrano per nulla se chi le compie é eticamente buono (ma casomai semplicemente fortunato) o malvagio (ma casomai semplicemente sfortunato).
 
Mentre:
 
"determinismo" = "dipendere della scelte da come determinatamente é l' agente";
 
Dunque  se chi le compie é buono le scelte sono eticamente buone e non meramente fortunate (e dimostrano la magnanimità del loro autore, non la sua fortuna), mentre se chi le compie é malvagio sono eticamente malvagie e non meramente sfortunate (e dimostrano la malvagità del loro autore, non la sua sfortuna).




Se fosse inevitabile essere virtuosi o meno, che senso ha tutta questa discussione sulla responsabilità?  ;) Altrimenti la responsabilità di un uomo sarebbe veramente diversa da quella di una tegola che mi cade in testa in una giornata ventosa?
CitazioneLa tegola cade perché ha un certo peso ed é collocata in un certo modo sul tetto: é in conseguenza di questi fatti che (deterministicamente) cade (e non per caso; come sarebbe in caso -mi scuso per lì' orrendo gioco di parole- di indeterminismo o casualismo).
 
Analogamente un uomo agisce più o meno bene oppure male perché ha certe qualità morali e si trova ad applicarle a determinate situazioni compiendo scelte conseguenti: é in conseguenza di questi fatti che (deterministicamente) agisce eticamente più o meno bene o più o meno male (e non per caso, più o meno fortunatamente o più o meno sfortunatamente; come sarebbe in caso di libero arbitrio = indeterminismo casualismo).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 22 Novembre 2017, 21:11:29 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 22 Novembre 2017, 16:24:54 PM
Citazione di: sgiombo il 22 Novembre 2017, 11:07:12 AM

Invece in caso di indeterminismo (= libero arbitrio = casualità) non si é responsabili per il fatto che necessariamente di agisce del tutto " a casaccio" e non per (inesistenti) proprie qualità morali (non si é causa di ciò che si fa, e dunque non se ne é responsabili.

Insomma quello che voglio dire con questo esempio è che i concetti di determinsimo e indeterminsmo riguardano la qualità della nostra conoscenza.
Ho gia detto che l'indeterminsimo può essere distinto in epistemologico e ontologico. Il primo assomiglia alla precisione che possiamo avere nel seguire la traiettoria di una palla. Se la palla si avvicina troppo al palo e il palo fosse sottilissimo, avremmo un indeterminismo epistemologico. Mentre se al posto di una palla lanciassi un fotone (ammettendo che la direzione sia sempre verso il palo) la nostra conoscenza sarebbe indeterministica in modo ontologico. O meglio non potremmo conoscere nemmeno in modo approssimato la direzione del fotone. Solo quando è passato oltre il palo, in caso mettessimo una tela dietro per rilevare il punticino che rilascia, potremmo sapere se abbiamo fatto gol oppure no. Nel caso deterministico invece questa conoscenza avviene in tempo reale solo basandoci sulle variabili in gioco e quindi almeno un attimo prima che la palla si schianti contro il palo o vada in rete oppure fuori.  
CitazioneCon Bohm dissento dalla interpretazione conformistica "di Copenhagen" della meccanica quantistica e ritengo che l' indeterminismo quantistico sia epistemico e non ontologico.

Ma in etica il problema del determinismo é da intendersi in senso ontologico: Indipendentemente dalla soggettiva prevedibilità o meno di fatto delle azioni umane, o esse sono oggettivamente deterministiche, cioè prevedibili per lo meno in linea puramente teorica o di principio, e allora sono più o meno buone perché la bontà etica dell' agente le determina in quanto tali, o più o meno cattive perché la malvagità etica dell' agente le determina in quanto tali, oppure non sono prevedibili nemmeno in linea teorica di principio, ovvero liberoarbitrarie, ovvero casuali, e allora sono solo più o meno fortunate o più o meno sfortunate aleatoriamente, "a casaccio", dipendentemente dalla sorte (e non dalle eventuali qualità etiche, ammesso che abbia qualche senso parlarne in questo caso) più o meno buona dell' agente cui indeterministicamente (= casualmente) capita di compierle.

*********

A proposito della tua risposta successiva a Phil, non comprendo cosa possa essere una "cellula di pensiero" (non credo certo un neurone).

Inoltre rilevo che per la chiusura causale del mondo fisico un cervello non può fornire input né ricevere output dal pensiero, che del mondo fisico materiale non fa parte, non può in alcun modo interagire col cervello e con il resto del mondo fisico (non c' é cartesiana ghiandola pineale che tenga).


Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 22 Novembre 2017, 21:13:34 PM
Citazione di: Phil il 22 Novembre 2017, 18:15:56 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 21 Novembre 2017, 19:32:22 PM
la volontà è un pensiero cosciente. Facciamo conto che sia una cellula. Ho un pensiero perchè mi è stato inculcato in modo deterministico da un fattore esterno al pensiero. "Pensa" quindi a questa cellula creata in modo deterministico. In questo pensiero tu hai una scelta tra un paio di gusti di gelato. Fragola o limone. Se la cellula si isola dal tutto il resto ti rimane solo un pensiero con una doppia possibilità.  Da questo pensiero/cellula si stacca un pensiero piu piccolo/cellula piu piccola. Hai scelto fragola. Se non c'è stato alcun altro condizionamento per questa scelta,  il pensiero fragola è sorto in modo libero.
Credo di aver capito l'esempio; forse il nodo della questione allora è: come si stacca il pensiero più piccolo, e perché è proprio quello sul gusto fragola?
Se non c'è stato né condizionamento fisico né motivo intelligibile di questo distacco, allora, come osserva Sgiombo, si tratterebbe di pura casualità che (a differenza di Sgiombo) non identificherei con il libero arbitrio comunemente inteso.
CitazioneE qui ovvamente ti chiederei di illustrare in che senso non cmpiresti questa identificazione, contrariamente a me.


Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 22 Novembre 2017, 21:44:29 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 22 Novembre 2017, 19:27:36 PM
Qui secondo me entra in gioco la coscienza per cui entriamo in un luogo ignoto. [...] Nel momento in cui la coscienza si è attivata diventa autonoma rispetto al resto, diventa una cellula di pensiero. Con il suo faro tiene a fuoco un paio di soluzioni: fragola o limone. Poi restringe il suo campo e si concentra su fragola. La scelta è fatta ed è stata fatta in modo autonomo.
Quindi, se ho ben capito, il problema della scelta viene spostato dalla volontà alla coscienza: la coscienza restringe il campo, si concentra e sceglie la fragola... ma in base a cosa la coscienza sceglie proprio la fragola?
O meglio (sempre se non ho frainteso) la coscienza spinge la volontà a rivolgersi alla fragola (giusto?); come avviene questo "passaggio di consegne"?

Citazione di: Il_Dubbio il 22 Novembre 2017, 19:27:36 PM
La coscienza quindi esprime un salto di qualità, e per cui è l'unica che può dare l'imput in autonomia concentrando la sua attenzione su dei particolari invece che su altri.
Al di là della "stanza di Schrodinger" ;D , l'autonomia della coscienza sarebbe che essa è indipendente da altro che le faccia compiere restringimenti di campo; tuttavia, tali restringimenti vengono fatti dalla coscienza senza una causa oppure, avendo una causa interna alla coscienza, rientrano in un causalimo/determinismo?

Citazione di: Il_Dubbio il 22 Novembre 2017, 19:27:36 PM
la scelta alle volte può dipendere solo dalla volontà espressa della coscienza che restringe il campo su una di esse anche in maniera casuale
Se tale autonomia consente alla coscienza anche di "restringere il campo in maniera casuale", in base a cosa la coscienza si ritrova ad agire casualmente oppure secondo criteri oppure per impenetrabile autonomia?
Come possiamo verificare che si tratti di una scelta davvero casuale? Credo che "il caso" sia più difficile da identificare di quanto si creda (salvo scambiarlo per non conoscenza delle cause...).

P.s. Sono domande (forse troppe, e me ne scuso) che mi aiuteranno a capire meglio la tua interessante prospettiva (la mia l'ho lasciata in cantina per ora  ;) ), non prenderle come critiche fine a se stesse  :)



Citazione di: sgiombo il 22 Novembre 2017, 21:13:34 PM
Citazione di: Phil il 22 Novembre 2017, 18:15:56 PM
Se non c'è stato né condizionamento fisico né motivo intelligibile di questo distacco, allora, come osserva Sgiombo, si tratterebbe di pura casualità che (a differenza di Sgiombo) non identificherei con il libero arbitrio comunemente inteso.
E qui ovvamente ti chiederei di illustrare in che senso non cmpiresti questa identificazione, contrariamente a me.
Mi appello alla definizione generale di "libero arbitrio" in cui libertà e casualità non coincidono: agire liberamente non equivale ad agire a caso, almeno stando al senso comune (ne parlammo già  ;)  messaggio 6, a cui segue la tua risposta al messaggio 7, https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/sull'-etica/).
Il che non attenua affatto la mia estrema diffidenza circa la legittimità semantica dell'espressione "libero arbitrio" (quasi un ossimoro, se non si intende banalmente la libertà da circonvenzioni o ipnotismi  ;D ).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 22 Novembre 2017, 22:04:40 PM
Citazione di: Phil il 22 Novembre 2017, 21:44:29 PM

Citazione di: sgiombo il 22 Novembre 2017, 21:13:34 PM
Citazione di: Phil il 22 Novembre 2017, 18:15:56 PM
Se non c'è stato né condizionamento fisico né motivo intelligibile di questo distacco, allora, come osserva Sgiombo, si tratterebbe di pura casualità che (a differenza di Sgiombo) non identificherei con il libero arbitrio comunemente inteso.
E qui ovvamente ti chiederei di illustrare in che senso non cmpiresti questa identificazione, contrariamente a me.
Mi appello alla definizione generale di "libero arbitrio" in cui libertà e casualità non coincidono: agire liberamente non equivale ad agire a caso, almeno stando al senso comune (ne parlammo già  ;)  messaggio 6, a cui segue la tua risposta al messaggio 7, https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/sull'-etica/).
Il che non attenua affatto la mia estrema diffidenza circa la legittimità semantica dell'espressione "libero arbitrio" (quasi un ossimoro, se non si intende banalmente la libertà da circonvenzioni o ipnotismi  ;D ).
CitazioneQuella discussione finiva così:

CitazioneIl problema sta tutto in quel "libera ma non casuale".

Secondo me fra "casualità" e determinismo [...] tertium non datur.

Quindi mi sembra che il libero arbitrio sia l' antitesi dell' agire e/o scegliere a seconda delle (essendo determinati dalle) proprie qualità etiche.

Da quel che ricordo (anche dopo la conferma dell'enciclopedia), "libero ma non casuale" è il fulcro del libero arbitrio (almeno per come è solitamente inteso nel linguaggio filosofico), per cui dovrebbe costituire proprio un "tertium" che responsabilizza l'uomo agli occhi della divinità, che ha deciso di lasciarlo libero di fare il bene o il male (altrimenti crolla tutta l'impalcatura soteriologica: peccato, perdono, punizione, beatitudine, redenzione, etc. perdono di senso se l'uomo non è imputabile delle sue scelte, ma soltanto una "risultante condizionata" di biologia, habitat culturale ed eventi contingenti vissuti). 
Ovviamente si può non esser d'accordo, ma credo che per i sostenitori del libero arbitrio quel "tertium libero ma non casuale", sia quasi un dogma... 

Citazione
CitazioneQuesto é ciò che pensano i sostenitori del libero arbitrio.

Ma io non lo sono, e credo invece che la "libertà di fare il bene o il male", intesa non nel senso del non dover subire coercizioni estrinseche, imposte ineluttabilmente da altri con la forza (con forza soverchiante quella di che subisce la coercizione estrinseca stessa), bensì nel senso del non essere intrinsecamente determinata dal proprio modo d essere (più o meno buoni o più o meno malvagi, per l' appunto) non possa avere nessun altro significato (e mi piacerebbe che i sostenitori del libero arbitrio così inteso me ne mostrassero uno) che quello di un agire del tutto casuale, aleatorio, esattamente come se prima di compiere una scelta si lanciasse una moneta e la si compisse in base al risultato del lancio: testa o croce (scelta che non dimostrerebbe affatto le qualità morali positive o negative di chi la operasse, ma casomai solamente la sua fortuna o sfortuna) .

Certo che se il libero arbitrio per qualcuno é un dogma, non c' niente da discutere: o lo si accetta (acriticamente) o lo si respinge (acriticamente o, come credo sia il mio caso, in seguito a critica razionale).

Dunque, se ho ben capito, tu sospendi il giudizio sul fatto che il libero arbitrio sia sinonimo di casualità o meno, essendo incompatibile col determinismo e citi (senza aderirvi né avversarla, a quanto mi par di capire) la tesi dei sostenitori della diversità del libero arbitrio sia dal determinismo che dal casualismo.

Ma per parte mia continuo a non vedere come possa logicamente darsi un "tertium" fra necessità-prevedibilità almeno in linea teorica di principio e possibilità-imprevedibilità anche in linea teorica o di principio.

Fra l' altro in questa stessa risposta a Il Dubbio affermi (più sopra):

Al di là della "stanza di Schrodinger" ;D , l'autonomia della coscienza sarebbe che essa è indipendente da altro che le faccia compiere restringimenti di campo; tuttavia, tali restringimenti vengono fatti dalla coscienza senza una causa oppure, avendo una causa interna alla coscienza, rientrano in un causalimo/determinismo?" (evidenziazione in grassetto mia),

Che mi pare sposare la mia tesi del "tertiuim non datur".


Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 22 Novembre 2017, 22:48:21 PM
Citazione di: sgiombo il 22 Novembre 2017, 22:04:40 PM
Dunque, se ho ben capito, tu sospendi il giudizio sul fatto che il libero arbitrio sia sinonimo di casualità o meno, essendo incompatibile col determinismo e citi (senza aderirvi né avversarla, a quanto mi par di capire) la tesi dei sostenitori della diversità del libero arbitrio sia dal determinismo che dal casualismo.

Ma per parte mia continuo a non vedere come possa logicamente darsi un "tertium" fra necessità-prevedibilità almeno in linea teorica di principio e possibilità-imprevedibilità anche in linea teorica o di principio.

Fra l' altro in questa stessa risposta a Il Dubbio affermi (più sopra):

Al di là della "stanza di Schrodinger" ;D , l'autonomia della coscienza sarebbe che essa è indipendente da altro che le faccia compiere restringimenti di campo; tuttavia, tali restringimenti vengono fatti dalla coscienza senza una causa oppure, avendo una causa interna alla coscienza, rientrano in un causalimo/determinismo?"(evidenziazione in grassetto mia),

Che mi pare sposare la mia tesi del "tertiuim non datur".
Ho cercato di tenere separati la "definizione generale" e il "senso comune" dalla mia personale opinione sulla faccenda, per non confondere troppo le acque  ;) 
La mia opinione, a farla breve, è che il nesso causa/effetto non abbia consistenza ontologica ma sia solo una modalità di default con cui interpretiamo gli eventi; tale meccanismo interpretativo può essere inteso come logicamente "invasivo" della nostra visione del mondo, al punto da rendere inconcepibile il caso, il libero arbitrio, etc. tuttavia il caso e il libero arbitrio sono concetti comunque differenti, pur non essendo accettati dal determinismo, in quanto "indeterministici" (che è come dire che l'ateismo non accetta tutte le divinità, ma può rispettare la differenza concettuale fra Zeus, il dio biblico, Manitù, etc.).
Il libero arbitrio è, per chi lo sostiene, un legittimo tertium fra causazione e casualità, in quanto è causa delle scelte del singolo partendo da un orizzonte di libertà di scelta (altro concetto non necessariamente condivisibile  ;) ).

La domanda che pongo a Il Dubbio è impostata per cercare di essere compatibile con la sua prospettiva (differente dalla mia) per poterla capire meglio; inoltre, a pensarci bene, il suo approccio potrebbe contemplare anche la possibilità di un tertium in veste di "autonomia della coscienza" (ma aspetto che mi chiarisca la sua impostazione prima di sbilanciarmi).
Un altro tertium (il terzo!?) potrebbe essere il classico "motore immobile" o divinità... d'altronde, trovare un tertium è sempre un buon esercizio concettuale  ;D
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 22 Novembre 2017, 23:32:22 PM
Per Phil

mi spiace ma non ho capito la domanda se me la puoi impostare nuovamente.

Per sgiombo

non riesco a seguire quello che dici perche probabilmente inserisci i tuoi commenti nelle citazioni e non capisco dove risiede il commento e dove la citazione
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 23 Novembre 2017, 00:32:07 AM
Citazione di: Phil il 22 Novembre 2017, 21:44:29 PM
Quindi, se ho ben capito, il problema della scelta viene spostato dalla volontà alla coscienza: la coscienza restringe il campo, si concentra e sceglie la fragola... ma in base a cosa la coscienza sceglie proprio la fragola?
O meglio (sempre se non ho frainteso) la coscienza spinge la volontà a rivolgersi alla fragola (giusto?); come avviene questo "passaggio di consegne"?


scusa ho visto ora questo commento non mi ero accorto prima.

Cerco di risponderti sperando che tu comprenda che è solo una speranza la mia di riuscere a trovare un modo alternativo di vedere la questione.

Come ho cercato di dire quando ho parlato della stanza buia illuminata dalla coscienza, la mia impressione è che la coscienza aggiunga qualcosa alla realtà.
Se tu vivi in un mondo bidimensionale puoi camminare su una superficie, ma se vivi in un mondo tridimensionale vivresti in un mondo con una liberta di movimento in piu. Per cui la tua liberta aumenta rispetto a prima. Prima ti muovevi solo avanti o indietro, in una situazione tridimensionale puoi scegliere  anche di andare su o giu.
La coscienza aumenta infatti la nostra prospettiva, su questo io credo non ci sia nessuno che discordi. Una stanza si illumina,acquista odori, sapori e significati che senza la coscienza non esisterebbero. E' come passare da una bidimensione ad una tridimensione. Questa libertà acquisita dalla coscienza è sfruttata per muoversi più liberamente rispetto a prima.
La realtà di cui noi facciamo esperienza è sempre bidimensionale, fatta di imput output. Neuroni, scariche elettriche ecc. Ma noi viviamo al di sopra di queste dimensioni, come infatti le viviamo dal di dentro o come se fossimo fuori da loro. Ovvero le viviamo in modo diverso. Questo è un grado di libertà che ci permette di non essere soggetti in modo rigoroso agli impt output che stanno alla base.

Io penso ad una retta. Essa è formata da due punti. A e B. Giacciono su un piano. A è l'imput e la B l'output. La coscienza forma la punta di un triangolo. E' sopra il piano e può avere diverse posizioni rispetto al piano.  Questa rappresenta la sua libertà in senso geometrico. Ma trovare un modo migliore per rappresentare la coscienza non è semplice. Comunque sia risulta essere una "prospettiva" diversa e da questa prospettiva controlla la realtà in modo diverso. Su questo io credo che pochi abbiano dei dubbi.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 23 Novembre 2017, 08:57:17 AM
Citazione di: Phil il 22 Novembre 2017, 22:48:21 PM
Citazione di: sgiombo il 22 Novembre 2017, 22:04:40 PM
Dunque, se ho ben capito, tu sospendi il giudizio sul fatto che il libero arbitrio sia sinonimo di casualità o meno, essendo incompatibile col determinismo e citi (senza aderirvi né avversarla, a quanto mi par di capire) la tesi dei sostenitori della diversità del libero arbitrio sia dal determinismo che dal casualismo.

Ma per parte mia continuo a non vedere come possa logicamente darsi un "tertium" fra necessità-prevedibilità almeno in linea teorica di principio e possibilità-imprevedibilità anche in linea teorica o di principio.

Fra l' altro in questa stessa risposta a Il Dubbio affermi (più sopra):

Al di là della "stanza di Schrodinger" ;D , l'autonomia della coscienza sarebbe che essa è indipendente da altro che le faccia compiere restringimenti di campo; tuttavia, tali restringimenti vengono fatti dalla coscienza senza una causa oppure, avendo una causa interna alla coscienza, rientrano in un causalimo/determinismo?"(evidenziazione in grassetto mia),

Che mi pare sposare la mia tesi del "tertiuim non datur".
Ho cercato di tenere separati la "definizione generale" e il "senso comune" dalla mia personale opinione sulla faccenda, per non confondere troppo le acque  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif)
La mia opinione, a farla breve, è che il nesso causa/effetto non abbia consistenza ontologica ma sia solo una modalità di default con cui interpretiamo gli eventi; tale meccanismo interpretativo può essere inteso come logicamente "invasivo" della nostra visione del mondo, al punto da rendere inconcepibile il caso, il libero arbitrio, etc. tuttavia il caso e il libero arbitrio sono concetti comunque differenti, pur non essendo accettati dal determinismo, in quanto "indeterministici" (che è come dire che l'ateismo non accetta tutte le divinità, ma può rispettare la differenza concettuale fra Zeus, il dio biblico, Manitù, etc.).
Il libero arbitrio è, per chi lo sostiene, un legittimo tertium fra causazione e casualità, in quanto è causa delle scelte del singolo partendo da un orizzonte di libertà di scelta (altro concetto non necessariamente condivisibile  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif) ).

La domanda che pongo a Il Dubbio è impostata per cercare di essere compatibile con la sua prospettiva (differente dalla mia) per poterla capire meglio; inoltre, a pensarci bene, il suo approccio potrebbe contemplare anche la possibilità di un tertium in veste di "autonomia della coscienza" (ma aspetto che mi chiarisca la sua impostazione prima di sbilanciarmi).
Un altro tertium (il terzo!?) potrebbe essere il classico "motore immobile" o divinità... d'altronde, trovare un tertium è sempre un buon esercizio concettuale  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif)

CitazioneScusa la franchezza, ma mi sembri decisamente reticente, mi sembra che continui ad esporre la concezione del libero arbitrio come tertium fra caso e necessità deterministica, non sblilanciandoti sulle tue convinzioni o sul tuo sospendere il giudizio in proposito (e fin qui: niente da dire da parte mia) ma anche pretendendo senza addurre argomenti che sia coerente e non logicamente impossibile.

Quindi torno a ripetere la domanda (che non é: come la pensa chi crede nel "tertium datur": grazie, questo lo so già! Ma invece):

Come può essere ritenuto logicamente corretto, coerente, non contraddittorio, sensato (pretendere di) affermare che accade realmente qualcosa e anche il suo contrario, che accade realmente qualche cosa (la prevedibilità almeno, in linea teorica o di principio, degli eventi reali)  e anche che tale stessa identica, unica cosa (la prevedibilità, almeno in linea di principio,  degli eventi reali) non accade.

Qui non si tratta di stabilire se in alternativa al determinismo si dà un qualche tipo di indeterminismo fra vari possibili (per esempio un indeterminismo più o meno forte: del tutto caotico oppure probabailistico-statistico come quello dell' interpretazione conformistica della meccanica quantistica, o eventuale altro ovviamente da definire per quanto succintamente e non semplicemente da postulare del tutto vagamente come "chissà cosa potrebbe essere", in analogia al credere al Dio di Abramo o a Giove o a Manitù (allo scegliere un qualche teismo fra gli altri), ma di qualcosa di analogo allo stabilire se qualche divinità c' é o non c'é (allo scegliere fra teismo in generale -o teismi- e ateismo).

Infatti anche pretendendo di identificare il preteso "indeterminismo liberoarbitrario" con l'' indeterminismo debole (quantistico conformistico), la questione dell' etica non cambierebbe nella sostanza: una persona buona agirebbe frequentemente bene e infrequentemente male nella misura in cui il divenire reale sarebbe deterministico (prevedibile almeno in linea teorica o di principio: nelle proporzioni approssimative fra gli eventi reciprocamente alternativi in serie sufficientemente numerose di casi) ovvero "deterministicamente" (e reciprocamente una persona malvagia), casualmente (fortunatamente o meno, in modo eticamente irrilevante) in ciascun singolo caso, ovvero nella misura in cui il divenire reale sarebbe indeterministico.
Ovvero: l' etica necessiterebbe comunque del determinismo (= prevedibilità almeno teorica o di principio del divenire reale), e avrebbe senso solo nella misura (limitata, in questo caso) in cui il divenire reale fosse deterministico.


Comprendo inoltre bene che il nesso causa-effetto non é dimostrabile logicamente né provabile empiricamente (Hume!) ma non la metafora del "default (a meno che non significhi proprio questo).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 23 Novembre 2017, 09:04:28 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 22 Novembre 2017, 23:32:22 PM

Per sgiombo

non riesco a seguire quello che dici perche probabilmente inserisci i tuoi commenti nelle citazioni e non capisco dove risiede il commento e dove la citazione
CitazioneQuando la citazione non appare graficamente chiara come tale (sfondo violetto) di solito (slvo dimenticanze) la "metto fra virgolette" e in corsivo.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 23 Novembre 2017, 09:10:28 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 23 Novembre 2017, 00:32:07 AM



Come ho cercato di dire quando ho parlato della stanza buia illuminata dalla coscienza, la mia impressione è che la coscienza aggiunga qualcosa alla realtà.
Se tu vivi in un mondo bidimensionale puoi camminare su una superficie, ma se vivi in un mondo tridimensionale vivresti in un mondo con una liberta di movimento in piu. Per cui la tua liberta aumenta rispetto a prima. Prima ti muovevi solo avanti o indietro, in una situazione tridimensionale puoi scegliere  anche di andare su o giu.
La coscienza aumenta infatti la nostra prospettiva, su questo io credo non ci sia nessuno che discordi. Una stanza si illumina,acquista odori, sapori e significati che senza la coscienza non esisterebbero. E' come passare da una bidimensione ad una tridimensione. Questa libertà acquisita dalla coscienza è sfruttata per muoversi più liberamente rispetto a prima.
La realtà di cui noi facciamo esperienza è sempre bidimensionale, fatta di imput output. Neuroni, scariche elettriche ecc. Ma noi viviamo al di sopra di queste dimensioni, come infatti le viviamo dal di dentro o come se fossimo fuori da loro. Ovvero le viviamo in modo diverso. Questo è un grado di libertà che ci permette di non essere soggetti in modo rigoroso agli impt output che stanno alla base.

Io penso ad una retta. Essa è formata da due punti. A e B. Giacciono su un piano. A è l'imput e la B l'output. La coscienza forma la punta di un triangolo. E' sopra il piano e può avere diverse posizioni rispetto al piano.  Questa rappresenta la sua libertà in senso geometrico. Ma trovare un modo migliore per rappresentare la coscienza non è semplice. Comunque sia risulta essere una "prospettiva" diversa e da questa prospettiva controlla la realtà in modo diverso. Su questo io credo che pochi abbiano dei dubbi.
CitazioneConcordo che la coscienza aggiunga qualcosa alla realtà fisica materiale (non é riducibile ad essa, non emerge da essa, non le sopravviene, qualsiasi cosa di non trascendente questi concetti possano significare).

Ma la chiusura causale del mondo fisico impedisce che questo ulteriore "qualcosa" interferisca casualmente col mondo fisico stesso.

Per restare nella metafora, i segmenti sopra la retta che disegnano triangoli non possono modificare il decorso della retta stessa, non la cambiano minimamente.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 23 Novembre 2017, 12:10:23 PM
@Phil per certi versi anche le proprietà di liquidi "non esistono" e sono il prodotto della nostra ignoranza (ovvero perchè ci fanno comodo), visto che non esistono a livello "fondamentale". Ma ciò tuttavia non rende meno reali né le proprietà del liquido né la stessa etica. Infatti producono entrambi effetti empirici e sono molto ultili nella descrizione dei fenomeni.

@sgiombo, non sono d'accordo sul discorso del determinismo. Voglio dire che se quando faccio un'azione, la faccio "per necessità" allora il concetto di "responsabilità morale" è completamente privo di senso (motivo per cui Spinoza non mi soddisfava). Sul resto puntualizzo che la "mente" che hanno, secondo me, gli oggetti "inanimati" è una mente "priva del senso di sé", quindi non è una coscienza. E come emergono i processi coscienti così emerge anche il senso del sé (per il parallellismo...). Viceversa non mi è chiaro nel tuo caso come possa emergere il "senso del sé" (ovviamente questo è off-topic, quindi non so se sia legittimo continuare. Per me andrebbe bene farlo, ma non voglio andar contro le regole  ;D ). Così mentre gli oggetti inanimati si muovono spontaneamente, noi abbiamo invece la "mediazione" della coscienza che da appunto il "tertium" tra il determinismo e l'indeterminismo.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 23 Novembre 2017, 14:25:56 PM
Citazione di: Apeiron il 23 Novembre 2017, 12:10:23 PM
@sgiombo, non sono d'accordo sul discorso del determinismo. Voglio dire che se quando faccio un'azione, la faccio "per necessità" allora il concetto di "responsabilità morale" è completamente privo di senso (motivo per cui Spinoza non mi soddisfava). Sul resto puntualizzo che la "mente" che hanno, secondo me, gli oggetti "inanimati" è una mente "priva del senso di sé", quindi non è una coscienza. E come emergono i processi coscienti così emerge anche il senso del sé (per il parallellismo...). Viceversa non mi è chiaro nel tuo caso come possa emergere il "senso del sé" (ovviamente questo è off-topic, quindi non so se sia legittimo continuare. Per me andrebbe bene farlo, ma non voglio andar contro le regole  ;D ). Così mentre gli oggetti inanimati si muovono spontaneamente, noi abbiamo invece la "mediazione" della coscienza che da appunto il "tertium" tra il determinismo e l'indeterminismo.
CitazioneSu determinismo, libero arbitrio ed etica anche a me a questo punto non resta che constatare l' insanabile dissenso.

Circa il senso del sé (autocoscienza), a mio parere (contrariamente alla coscienza) ne sono dotati a quanto pare soltanto gli uomini, grazie alla loro elevata capacità di astrarre, inferire, ragionare in generale, e probabilmente in particolare attraverso la mediazione del linguaggio.
Essa per così dire "emerge dalla coscienza" nel senso che ne é uno sviluppo possibile, non necessario (senza coscienza non può esserci autocoscienza, mentre senza autocoscienza può esserci coscienza).
Ma mi pare che possa benissimo sorgere da una coscienza come quella umana, la quale, similmente a quella di per lo meno molti altri animali, sorge a sua volta con la comparsa degli organi di senso e di sistemi nervosi.
Non vedo invece in cosa possa consistere la coscienza di entità, come gli atomi, che non hanno organi di senso e sistemi nervosi che ne regolino l' agire.
Gli oggetti inanimati si muovono spontaneamente nel senso che seguono puramente e semplicemente le leggi di natura, "punto e basta"; mentre invece gli animali dotati di organi di senso e sistemi nervosi, senza ovviamente contravvenire le leggi di natura, si comportano in maniera ben più complessa perseguendo (più o meno rudimentalmente, elementarmente) scopi come il sopravvivere e il riprodursi attraverso l' "applicazione intenzionale" del divenire naturale ordinato in modo tale che permetta di conseguirli (per quanto possibile), in questo cambiando in qualche misura la natura (le sue caratteristiche particolari concrete) nel rispetto-applicazione-assecondamento per così dire "malizioso" o finalizzato dei suoi immutabili modi ordinati generali astratti di divenire.
Tutto ciò accade per il funzionamento fisiologico del sistema nervoso, perfettamente riducibile alle leggi generali astratte della natura inorganica nelle condizioni particolari concrete della materia vivente, e senza alcuna "mediazione" della coscienza, che violerebbe la chiusura causale del mondo fisico (anche se la coscienza non ci fosse non cambierebbe nulla in tutto ciò). Dunque deterministicamente, e non attraverso un logicamente impossibile "tertium" tra il determinismo e l'indeterminismo.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 23 Novembre 2017, 19:30:24 PM
Citazione di: sgiombo il 23 Novembre 2017, 09:10:28 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 23 Novembre 2017, 00:32:07 AM
CitazioneConcordo che la coscienza aggiunga qualcosa alla realtà fisica materiale (non é riducibile ad essa, non emerge da essa, non le sopravviene, qualsiasi cosa di non trascendente questi concetti possano significare).

Ma la chiusura causale del mondo fisico impedisce che questo ulteriore "qualcosa" interferisca casualmente col mondo fisico stesso.

Per restare nella metafora, i segmenti sopra la retta che disegnano triangoli non possono modificare il decorso della retta stessa, non la cambiano minimamente.
giombo una nota di servizio, io credo tu debba scrivere sulla parte bianca e lasciare le citazioni per interventi di altri utenti o anche per riportare una tua frase precedente. Io trovo molta difficoltà a distinguere il tuo intervento dalla citazione. Comunque se ti riesce difficile cercherò di stare piu attento io...lo dicevo per evitare che io faccia confusione con i messaggi
-----------------------------------------------

Comunque ritorno al problema che avanzavi.
Io concordo che il problema è proprio il tuo punto di vista e devo fare uno sforzo dialettico intuitivista per farti cambiare idea.

Ora cercherò di farti cambiare il tuo punto di vista in questo modo. La base su cui partire però l'ho gia scritta a Phil. Riguarda la coscienza come l'incrocio fra due lati di un triangolo. Alla base, il terzo lato, corrisponde ad una retta dove sono in sequenza tutti gli imput output che riconosciamo come una sequenza deterministica.
Il primo imput(per semplicità immaginiamo che sia solo un bit di informazione) troviamo l'angolo formato dalla base  con il lato che scorre su verso il punto di incrocio che rappresenta la coscienza. Potremmo anche immaginare che la lunghezza di questo lato sia proporzionale ad un certo liv. di coscienza.

Ora immaginiamo che la sequenza deterministica della base sia tutta l'informazione che ci serve per adempiere al nostro obiettivo, ovvero stabilire a priori come gli eventi si evolveranno. Ovvero per stabilire che tra l'evento A e l'avento B (che formano i due angoli dei base del nostro immaginario triangolo)   non serva alcuna altra informazione per conoscere lo stato di B seguendo il vettore AB, allora possiamo dedurre che la coscienza non abbia alcun ruolo.
Invece io sostengo che l'intera informazione che determina l'evento B sia una sintesi tra il lato di base (chiamiamola ipotenusa) e i due cateti.

Per cui l'informazione è maggiore rispetto alla sequenza di base, per questo motivo non basta conoscere il movimento di neuroni scariche elettriche ecc, perche quella non è tutta l'informazione che seve per determinare l'evento B. Quindi questo "qualcosa" (come lo chiami tu) interferisce sostanzialmente e causalmente (cioè ne è, con l'altra informazione di base, un'aggiunta causale fondamentale) con gli eventi futuri.

Del resto potremmo sostenere che vedere ed essere coscienti del Sole non è la stessa cosa che utilizzare la luce del Sole  per orientarci sul terreno dove camminiamo. Per quest'ultima infatti non abbiamo bisogno di sapere ed essere coscienti che li sopra davanti a noi ad illuminare la strada c'è una stella che chiamiamo Sole. Tutta questa infomazione in piu non esisterebbe se non fossimo coscienti. Gli occhi servono a tutti per orientarsi e vedere gli oggetti in modo che si distinguano fra loro, riconoscere l'amico dal nemico ecc. Se si è coscienti e si elaborano coscientemente i concetti come staimo cercando di fare noi, l'informazione cambia, non voglio dire che aumenti, ma non sarà piu esattamente quella che ci si aspetta quando si tenti di calcolare la sequenza di bit o di imput output di base, come del resto fanno tutti gli scienziati.
Spero di essere stato chiaro..non aggiungo altro per non aumentare informazioni che possono confondere gli imput output di base  ;D
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 23 Novembre 2017, 19:31:15 PM
Citazione di: sgiombo il 23 Novembre 2017, 08:57:17 AM
mi sembra che continui ad esporre la concezione del libero arbitrio come tertium fra caso e necessità deterministica, non sblilanciandoti sulle tue convinzioni
La mia posizione, provvisoria e opinabile, è questa:
Citazione di: Phil il 22 Novembre 2017, 22:48:21 PM
La mia opinione, a farla breve, è che il nesso causa/effetto [...] può essere inteso come logicamente "invasivo" della nostra visione del mondo, al punto da rendere inconcepibile il caso, il libero arbitrio, etc.
ma proprio essendo provvisoria e opinabile, non smentisce nessun tipo di tertium (le opinioni non falsificano ;) ), ovvero non escludo che il libero arbitrio possa essere una legittima "terra di mezzo", anche se per il momento, per quel che capisco, non mi pare ciò sia sufficientemente verosimile.

Citazione di: sgiombo il 23 Novembre 2017, 08:57:17 AM
Quindi torno a ripetere la domanda (che non é: come la pensa chi crede nel "tertium datur": grazie, questo lo so già! Ma invece):

Come può essere ritenuto logicamente corretto, coerente, non contraddittorio, sensato (pretendere di) affermare che accade realmente qualcosa e anche il suo contrario, che accade realmente qualche cosa (la prevedibilità almeno, in linea teorica o di principio, degli eventi reali)  e anche che tale stessa identica, unica cosa (la prevedibilità, almeno in linea di principio,  degli eventi reali) non accade.
Non direi che il libero arbitrio sostenga che la prevedibilità accade e, allo stesso tempo, non accade: la questione è piuttosto in quali casi accada e in quali altri entra invece in gioco l'ipotetica libertà, che (per gli amici del libero arbitrio, ma non per me) non sarebbe deterministicamente causata.
Mi pare un tertium legittimo; ovviamente solo se si accettano le premesse secondo cui ci può essere una libertà decisionale non casuale e non causata (per i "dettagli tecnici", però, devi chiedere ai fautori del libero arbitrio  ;D ).

Citazione di: sgiombo il 23 Novembre 2017, 08:57:17 AM
Comprendo inoltre bene che il nesso causa-effetto non é dimostrabile logicamente né provabile empiricamente (Hume!) ma non la metafora del "default (a meno che non significhi proprio questo).
Si, con "default" (in senso computazionale, non economico) intendevo "automatismo", l'automatismo con cui parliamo di spazio, tempo, causa/effetto, etc. in quanto a priori dei nostri ragionamenti.


Citazione di: Apeiron il 23 Novembre 2017, 12:10:23 PM
@Phil per certi versi anche le proprietà di liquidi "non esistono" e sono il prodotto della nostra ignoranza (ovvero perchè ci fanno comodo), visto che non esistono a livello "fondamentale". Ma ciò tuttavia non rende meno reali né le proprietà del liquido né la stessa etica. Infatti producono entrambi effetti empirici e sono molto ultili nella descrizione dei fenomeni.
Si, sia le proprietà dei liquidi che l'etica indubbiamente ci servono, sono fondamentali nei rispettivi ambiti (e il fatto che siano semplici convenzioni concettuali, non ne sminuisce la funzionalità; anche il codice della strada, pur essendo reale e di origine convenzionale, è fondamentale per la circolazione reale di macchine e persone reali sulle nostre strade reali... eppure, ontologicamente, è contingente, non necessario. Non è una "proprietà essenziale dell'essere", per dirla all'antica  ;D ).
La differenza fra "reale" e "convenzionale" mi fa tornare in mente Patanjali... sbaglio?  ;)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 23 Novembre 2017, 21:43:56 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 23 Novembre 2017, 19:30:24 PM
Citazione di: sgiombo il 23 Novembre 2017, 09:10:28 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 23 Novembre 2017, 00:32:07 AM
CitazioneConcordo che la coscienza aggiunga qualcosa alla realtà fisica materiale (non é riducibile ad essa, non emerge da essa, non le sopravviene, qualsiasi cosa di non trascendente questi concetti possano significare).

Ma la chiusura causale del mondo fisico impedisce che questo ulteriore "qualcosa" interferisca casualmente col mondo fisico stesso.

Per restare nella metafora, i segmenti sopra la retta che disegnano triangoli non possono modificare il decorso della retta stessa, non la cambiano minimamente.

Ora cercherò di farti cambiare il tuo punto di vista in questo modo. La base su cui partire però l'ho gia scritta a Phil. Riguarda la coscienza come l'incrocio fra due lati di un triangolo. Alla base, il terzo lato, corrisponde ad una retta dove sono in sequenza tutti gli imput output che riconosciamo come una sequenza deterministica.
CitazioneMa per la chiusura causale del mondo fisico non possono esservi input né output fra il mondo fisico materiale stesso e la coscienza, ma casomai solo fra il mondo fisico materiale e il cervello.




Per cui l'informazione è maggiore rispetto alla sequenza di base, per questo motivo non basta conoscere il movimento di neuroni scariche elettriche ecc, perche quella non è tutta l'informazione che seve per determinare l'evento B. Quindi questo "qualcosa" (come lo chiami tu) interferisce sostanzialmente e causalmente (cioè ne è, con l'altra informazione di base, un'aggiunta causale fondamentale) con gli eventi futuri.
CitazioneLo impedisce la chiusura causale del mondo fisico: nulla accade nel mondo fisico materiale se non per concatenazioni causa-effetto stabilite dalle leggi del divenire del mondo fisico materiale stesso: nulla di materiale (per esempio nessuna forma di energia-lavoro può essere aggiunto o sottratto da parte della coscienza alla materia (massa e/o energia) costante (non diminuisce né aumenta) in continua trasformazione secondo proporzioni definite nel mondo fisico materiale; né informazione alcuna, che non potrebbe che essere costituita da eventi, essendo che tutti gli eventi (gli scambi di informazioni, gli input e gli output verso e da qualsivoglia sistema di elaborazione dell' informazione stessa) che accadono nel mondo fisico materiale regolati inderogabilmente dalle leggi naturali, senza punto interferenze extramateriali-naturali.


Del resto potremmo sostenere che vedere ed essere coscienti del Sole non è la stessa cosa che utilizzare la luce del Sole  per orientarci sul terreno dove camminiamo. Per quest'ultima infatti non abbiamo bisogno di sapere ed essere coscienti che li sopra davanti a noi ad illuminare la strada c'è una stella che chiamiamo Sole. Tutta questa infomazione in piu non esisterebbe se non fossimo coscienti. Gli occhi servono a tutti per orientarsi e vedere gli oggetti in modo che si distinguano fra loro, riconoscere l'amico dal nemico ecc.
CitazioneL' orientamento nel camminare viene regolato del cervello e non dalla coscienza (che potrebbe benissimo non coesistervi (trascendendolo, cioè senza punto interferirvi, senza scambiare materia o informazione con esso) e nulla nel mondo fisico materiale cambierebbe (nemmeno potremmo accorgercene.



Se si è coscienti e si elaborano coscientemente i concetti come staimo cercando di fare noi, l'informazione cambia, non voglio dire che aumenti, ma non sarà piu esattamente quella che ci si aspetta quando si tenti di calcolare la sequenza di bit o di imput output di base, come del resto fanno tutti gli scienziati.
CitazioneCiò che scambia materia (massa e/o energia) ed informazione col resto del mondo fisico, secondo le leggi naturali del divenire di quest' ultimo, é solo il cervello, e non la coscienza.


Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 23 Novembre 2017, 21:50:17 PM
Citazione di: Phil il 23 Novembre 2017, 19:31:15 PM
Citazione di: sgiombo il 23 Novembre 2017, 08:57:17 AM
mi sembra che continui ad esporre la concezione del libero arbitrio come tertium fra caso e necessità deterministica, non sblilanciandoti sulle tue convinzioni
La mia posizione, provvisoria e opinabile, è questa:
Citazione di: Phil il 22 Novembre 2017, 22:48:21 PM
La mia opinione, a farla breve, è che il nesso causa/effetto [...] può essere inteso come logicamente "invasivo" della nostra visione del mondo, al punto da rendere inconcepibile il caso, il libero arbitrio, etc.
ma proprio essendo provvisoria e opinabile, non smentisce nessun tipo di tertium (le opinioni non falsificano ;) ), ovvero non escludo che il libero arbitrio possa essere una legittima "terra di mezzo", anche se per il momento, per quel che capisco, non mi pare ciò sia sufficientemente verosimile.
CitazioneSe (sforzandomi non poco) ben capisco, ciò significa che per te potrebbe forse accadere realmente qualcosa e anche, contemporaneamente, non alternativamente ma bensì complementarmente, concomitantemente, il suo contrario o forse no; secondo te potrebbe forse accadere realmente qualche cosa (la prevedibilità almeno, in linea teorica o di principio, degli eventi reali) e anche contemporaneamente, non alternativamente ma bensì complementarmente, concomitantemente, non accadere di tale stessa identica, unica cosa (la prevedibilità, almeno in linea di principio, degli eventi reali) o forse no.
 
Ma la logica (e le definizioni di "reale", "non reale", "accadere", "non accadere") lo impedisce di certo, e non "forse sì o forse no".



Citazione di: sgiombo il 23 Novembre 2017, 08:57:17 AM
Quindi torno a ripetere la domanda (che non é: come la pensa chi crede nel "tertium datur": grazie, questo lo so già! Ma invece):

Come può essere ritenuto logicamente corretto, coerente, non contraddittorio, sensato (pretendere di) affermare che accade realmente qualcosa e anche il suo contrario, che accade realmente qualche cosa (la prevedibilità almeno, in linea teorica o di principio, degli eventi reali)  e anche che tale stessa identica, unica cosa (la prevedibilità, almeno in linea di principio,  degli eventi reali) non accade.
Non direi che il libero arbitrio sostenga che la prevedibilità accade e, allo stesso tempo, non accade: la questione è piuttosto in quali casi accada e in quali altri entra invece in gioco l'ipotetica libertà, che (per gli amici del libero arbitrio, ma non per me) non sarebbe deterministicamente causata.
CitazioneNo, scusa, ma il libero arbitrio afferma che la prevedibilità, per lo meno in linea teorica, di principio, non sempre accade (in "questo" o in "quest' altro caso" accade l' imprevedibilità), e invece il determinismo afferma che la prevedibilità, per lo meno in linea teorica, di principio accade sempre (e la non prevedibilità non accade in nessun caso: né in "questo", né in "quest' altro").
 
Comunque mi par (forse!) di capire che per te (come per me) il libero arbitrio (contrariamente che per i "suoi amici", dai quali tu la pensi diversamente) non accade, essendo la libertà (evidentemente da coercizioni estrinseche e non dal determinismo intrinseco agli agenti, altrimenti si cade palesemente in contraddizione!) deterministicamente causata.



Mi pare un tertium legittimo; ovviamente solo se si accettano le premesse secondo cui ci può essere una libertà decisionale non casuale e non causata (per i "dettagli tecnici", però, devi chiedere ai fautori del libero arbitrio  ;D ).
CitazioneNessun dubbio sulla legittimità di credere nel libero arbitrio: ci mancherebbe altro!
 
Ma ciò non implica affatto la sua compatibilità logica col determinismo!
Che infatti non si dà manco per nulla.

Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 23 Novembre 2017, 22:27:08 PM
Citazione di: sgiombo il 23 Novembre 2017, 21:43:56 PMCiò che scambia materia (massa e/o energia) ed informazione col resto del mondo fisico, secondo le leggi naturali del divenire di quest' ultimo, é solo il cervello, e non la coscienza.

Continuo a non essere molto concorde con te su come imposti le risposte. Cosi non riesco nemmeno a mettere in evidenza le tue frasi rispetto alle mie.

Va bhe...

rispondo alla tua riflessione.

Tu dici non è la coscienza ma è il cervello. Sai dirmi allora cosa sia la coscienza? Come viene fuori?

Ti facci questa analogia. C'è un automobile che ha messo il navigarore. Alla guida c'è un elaboratore elettronico. Non c'è la coscienza. Deve andare da A a B.
In caso di mancanza di coscienza il navigatore porta l'auto in perfetto orario da A fino a B.

Mettiamoci ora la coscienza. Ammettiamo che durante il percorso la coscienza avverta la presenza di un ufo, ovvero un oggetto non identificato. Come si comporterebbe un'automobile con navigatore che guida elettronicamente e che è programmato ad andare da a A verso B e come si comporterebbe un'automobile in presenza di una coscienza? Entrambi potrebbero registrare l'oggetto non identificato ma i comportamenti potrebbero essere differenti. Se il programma dell'automobile senza coscienza non trova nell'ufo uno ostacolo al suo cammino, proseguirà dritto. Una coscienza potrebbe rallentare la sua corsa per identificare l'oggetto. Quindi arriverà in ritardo rispetto all'auto senza coscienza. Con questo ti ho dimostrato come la coscienza modifica la sequenza di imput e output programmati alla partenza.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 23 Novembre 2017, 23:09:00 PM
Citazione di: sgiombo il 23 Novembre 2017, 21:50:17 PM
Se (sforzandomi non poco) ben capisco, ciò significa che per te potrebbe forse accadere realmente qualcosa e anche, contemporaneamente, non alternativamente ma bensì complementarmente, concomitantemente, il suo contrario o forse no;[...]
Nessun dubbio sulla legittimità di credere nel libero arbitrio: ci mancherebbe altro!
Ma ciò non implica affatto la sua compatibilità logica col determinismo!
Non parlavo da un piano veritativo assoluto (a cui logica e definizioni si applicano, sancendone le eventuali contraddizioni), ma su piano (da te suggerito) personale, quindi (nel mio caso) ermeneutico (che quindi è in grado di aprirsi a più paradigmi): intendo che per me il determinismo è una chiave di lettura che esclude il libero arbitrio, ma essendo una mia opinione (provvisoria) che esso sia l'approccio più verosimile, non posso ritenere insensata e/o confutata un'opinione differente, come quella che sostiene invece il libero arbitrio.
Sarebbe per me contraddittorio se io li ammettessi entrambi come veri (determinismo e libero arbitrio) nella medesima prospettiva, invece li tengo logicamente distinti, senza però ritenere indubbiamente falso nessuno dei due (almeno fino a prova contraria). Si tratta della solita differenza dal dire "è certamente così" e "credo possa essere così".

Ad esempio, per quanto riguarda la coscienza, non sapendo esattamente cos'è (ignoranza mia) ed essendo diffidente verso ogni presunta trascendenza che non sia un prodotto di un'astrazione compiuta dalla mente umana (come la trascendenza dei concetti), posso supporre che ciò che si chiama "coscienza" possa anche rientrare nel determinismo, risultando un tassello materiale nella "chiusura causale del mondo". Eppure, se qualcuno mi dice che la coscienza è invece immateriale, anzi una trascendenza ontologica di cui facciamo esperienza immanente (ipotesi che d'istinto mi suona paradossale), ovvero un fattore fuori dal determinismo che nondimeno interagisce con esso, ebbene tale ipotesi non posso ritenerla totalmente assurda (pur restando perplesso), essendo la coscienza, come ricordava Il Dubbio, "un luogo ignoto"(cit).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:08:24 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 23 Novembre 2017, 22:27:08 PM
Citazione di: sgiombo il 23 Novembre 2017, 21:43:56 PMCiò che scambia materia (massa e/o energia) ed informazione col resto del mondo fisico, secondo le leggi naturali del divenire di quest' ultimo, é solo il cervello, e non la coscienza.

Continuo a non essere molto concorde con te su come imposti le risposte. Cosi non riesco nemmeno a mettere in evidenza le tue frasi rispetto alle mie.

Va bhe...

rispondo alla tua riflessione.

Tu dici non è la coscienza ma è il cervello. Sai dirmi allora cosa sia la coscienza? Come viene fuori?
CitazioneRisposta di Sgiombo:

Il fatto é che non é la coscienza ad essere nel cervello, ma invece il cervello ad essere nella coscienza: é, in quanto insieme-successione di sensazioni direttamente  di materia cerebrale (se viene aperta la scatola cranica e ci si guarda dentro) o (...preferibilmente; e come di solito fortunatamente accade!) indirettamente come immagini neurologiche ricavate dall' applicazione di macchinari come la RM alla materia cerebrale stessa, nella coscienza -chiamiamola per comodità "coscienza-1"- di chi compie le osservazioni; la quale é un' altra diversa coscienza rispetto a quella -chiamiamola "coscienza-2"- che si può credere (non dimostrare né mostrare) esista e divenga "parallelamente al", e in corrispondenza biunivoca col, cervello esaminato (quella nell' ambito della quale, per esempio, avvengono determinate sensazioni visive allorché nel corrispondente cervello che si trova nella coscienza-1 di chi lo osserva avvengono determinati eventi neurofisiologici nella corteccia occipitale).

E tale cervello (nella coscienza1 (e nelle altre coscienze di ogni altro per lo meno potenziale osservatore) diviene nell' ambito del mondo fisico materiale che di tali coscienze é parte ("esse est percipi", Berkeleey), secondo le leggi proprie del divenire naturale, nel quale la coscienza2 non può essere in alcun modo trovata: ogni coscienza contiene sensazioni materiali (comprese quelle di cervelli) e mentali, ma non altre coscienze (non avrebbe senso!). Le coscienze che si può credere corrispondano ai vari cervelli funzionanti esperibili nell' ambito della propria (di coscienza) bisogna ammettere che trascendano la propria, includente i cervelli osservati.

Ti facci questa analogia. C'è un automobile che ha messo il navigatore. Alla guida c'è un elaboratore elettronico. Non c'è la coscienza. Deve andare da A a B.
In caso di mancanza di coscienza il navigatore porta l'auto in perfetto orario da A fino a B.

Mettiamoci ora la coscienza. Ammettiamo che durante il percorso la coscienza avverta la presenza di un ufo, ovvero un oggetto non identificato. Come si comporterebbe un'automobile con navigatore che guida elettronicamente e che è programmato ad andare da a A verso B e come si comporterebbe un'automobile in presenza di una coscienza? Entrambi potrebbero registrare l'oggetto non identificato ma i comportamenti potrebbero essere differenti. Se il programma dell'automobile senza coscienza non trova nell'ufo uno ostacolo al suo cammino, proseguirà dritto. Una coscienza potrebbe rallentare la sua corsa per identificare l'oggetto. Quindi arriverà in ritardo rispetto all'auto senza coscienza. Con questo ti ho dimostrato come la coscienza modifica la sequenza di imput e output programmati alla partenza.

CitazioneRisposta di Sgiombo:

Se percepisce l' UFO la coscienza, allora il navigatore senza coscienza (al cui funzionamento la coscienza successivamente creata corrisponde biunivocamente al modo in cui le coscienze reali si può ammettere corrispondano ai cervelli "naturali") deve comportarsi esattamente come come se lo percepisse.
Dunque l' aggiunta della coscienza al navigatore non cambierebbe nulla del mondo fisico esattamente come non cambia nulla nel mondo fisico reale la presenza (fuori di esso) delle coscienze ai cervelli biunivocamente corrispondenti: nell' uno (fittizio) e negli altri (reali) casi la presenza o l' assenza della coscienza -fuori del mondo fisico, trascendente il mondo fisico- non fa (non farebbe) la ben che minima differenza nel mondo fisico materiale stesso (non ci sarebbe modo di accorgersi che é stata "aggiunta" (ma fuori di esso, trascendendolo) al navigatore, esattamente come nel mondo reale non ci sarebbe modo di accorgersi se a qualche cervello venisse "sottratta" la rispettiva coscienza (trascendente).

Gli input e gli output fra mondo materiale naturale e cervelli che vi appartengono, esattamente come gli input e gli output reali fra mondo materiale naturale e navigatore che vi appartiene, avvengono del tutto indipendentemente dall' esserci (o meno) delle rispettive esperienze coscienti, che al mondo materiale naturale invece non appartengono.  
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 24 Novembre 2017, 15:39:18 PM
@sgiombo. L'insanabile dissenso nasce dal fatto che tu sei uno "spinozista" e io no  ;)  Le nostre posizioni chiaramente non possono essere conciliate in quanto per me è impossibile convincere un "razionalista" dell'esistenza di un tertium, il che ovviamente è assurdo da un punto di vista logico. Ma è anche vero che la "ragione pratica" - ossia la ragione che si occupa dell'etica - nasce proprio dall'esigenza di "gestire" proprio la questione della responsabilità. E "automaticamente" quando si giudica un comportamento è chiaro che (secondo me) nascano in modo automatico "idee" come l'azione morale e la conseguenza dell'azione morale. Supponi dunque di tornare all'esempio del "semaforo rosso": se passo col rosso è "giusto" che mi becco la multa, se non passo col rosso invece è "giusto" che non venga punito (in questo caso siccome la responsabilità me la becco solo quando trasgredisco la legge). Ovviamente se io passo col rosso commetto un'infrazione mentre se non lo faccio io non commetto l'infrazione e la mia "coscienza morale" in caso io abbia compiuto il "crimine" mi dice "non avresti dovuto farlo". Chiaramente questo non dimostra né l'esistenza di un tertium tra determinismo e indeterminismo e nemmeno l'esistenza di un agente che possa "controllare" le sue azioni, motivo per cui la tua posizione è "logicamente corretta". Spinoza d'altronde aveva "costruito" esattamente in questo modo la metafisica del mondo ed è partito dal postulato che non ci fossero salti logici nella natura, ossia che tutto poteva essere spiegato (cosa che pensarono anche Hegel e Schopenhauer. Sinceramente non mi ricordo cosa pensava Marx su questa questione ma mi pare che anche Engels - che ha fondato l'aspetto "teorico-metafisico" del marxismo - fosse sostanzialmente d'accordo). Oggi l'idea in realtà è condivisa da molti fisici per i quali, anche se in molti ritengono che a livello quantistico sia in vigore l'indeterminismo probabilistico, ritengono che l'idea di "libero arbitrio" sia completamente assurda. Ergo si hanno due alternative: o il libero arbitrio è una illusione - o più precisamente è un'idea che nasce dalla nostra sostanziale ignoranza del funzionamento della nostra mente - oppure il libero aribitrio è reale, come ci suggerisce la "forma" delle idee che vengono prodotte dalla ragion pratica. Il punto è che se si ammette che il libero arbitrio è solo una illusione epistemologica a mio giudizio le azioni sono inevitabili e quindi i giudizi sono anch'essi illusori. Spinoza potrebbe dire che la "liberazione" è proprio riconoscere che appunto in fin dei conti tutto avviene in modo necessario e che la "perfetta realizzazione" è proprio questo. Io invece ritengo che il libero arbitrio descrive qualcosa di reale, ossia che per così dire abbiamo per così dire "la scelta" - Spinoza che toglie ogni valore ontologico alla scelta ovviamente direbbe che sono un illuso. Ad ogni modo in qualche modo ritengo anche io che il "perfetto realizzato" è "spontaneo", perchè a questo punto in un certo senso (che ammetto di non comprendere) ha "rinunciato" al libero arbitrio, ossia alla tendenza di controllare ecc (da qui l'importanza della rinuncia/resa). Tuttavia a mio giudizio l'etica descrive qualcosa di ontologico e non ha solo valore di "approssimazione". Se qualcuno è interessato o non gli sembra chiaro quanto sto dicendo, posso espandere questo argomento ancora (mi rivolgo a "qualcuno" perchè credo che sia una questione interessante - d'altronde abbiamo fatto già sei pagine di discussione  ;D )


Riguardo invece alla "mente"... a causa del parallellismo psico-fisico qui ritengo che così come il corpo ci sembra "un'unità" astratta dal resto delle cose anche per la mente valga un principio simile e che quindi non esista davvero un "centro" mentale che definisca il "mio io" (questa posizione ricorda l'anatta, il principio del "non-sé", del buddhismo). E così la complessità del corpo è in "corrispondenza biunivoca" alla complessità della mente e nel caso del corpo umano c'è secondo anche libero arbitrio (che ovviamente si riflette anche sul mondo materiale). Ritengo quindi che al corpo "X" si associ una mente "Y" che sia speculare per complessità. Ma siccome non credo che esistano "particelle isolate" (ovvero "incondizionate", libere dai condizionamenti) allora nemmeno le particelle sono degli "io". Motivo per cui la loro identità è solo qualcosa di "convenzionale" (come tra l'altro lo è anche la nostra). Ergo è errato dal punto di vista meta-fisico dire che sia noi esseri umani che le particelle abbiano un "io", ma è corretto dire che noi esseri umani abbiamo un senso dell'io, nato dal fatto che siamo talmente complessi da poterci pensare separati. Sinceramente non so come riuscire a far stare in piedi il mio sistema metafisico visto che a causa della mia credenza nel libero arbitrio ritengo anche con un "sistema complesso" come l'uomo riesce ad avere autonomia, pur non avendo un "centro" (il quale sembra essere automatico da postulare se si postula il libero arbitrio). Sinceramente non so come chiudere il cerchio e quindi a dire il vero sull'esistenza "ontologica" dell'io (nell'uomo - e anche negli animali) riservo dubbi. Nella pratica tuttavia vivo come se avessi un io. Quindi boh  :) (tra l'altro l'esistenza del libero arbitirio senza l'esistenza dell'"io" è uno dei problemi irrisolti - per me - del buddhismo...)


@Phil, ti sorprenderà ma non conosco Patanjali (sulle scuole non buddhiste della filosofia indiana ho solo letto letteratura secondaria al massimo, quindi non so molto ;) ). Ad ogni modo credo che nella filosofia indiana la "convenzionalità" sia un po' più "reale" (scusa il gioco di parole ma non so veramente come dirlo) di quello che pensiamo noi. Per esempio il buddhismo nega l'esistenza dell'io a livello di realtà ultima ma al contempo afferma il libero aribitrio, cosa che per me è fuori dalla mia comprensione (e credo che ciò lo facciano anche l'Advaita Vedanta, il daoismo ecc). Sinceramente io sono convinto che il libero arbitrio descriva qualcosa di "reale" e non solo "convenzionale" mentre sull'esistenza dell'"io individuale" a causa della mia attrazione ai vari sistemi filosofi buddhisti, vedanta ecc  non so ancora esprimermi. Però ecco ritengo che il libero arbitirio (e quindi la responsabilità) si riferiscano a qualcosa di "reale". Ovviamente la mia posizione ha una debolezza abbastanza evidente, nel senso che non è "logicamente consistente" in quanto non è possibile nel mio sistema far derivare il libero arbitrio. D'altronde al Buddha si attribuisce questa frase "profondo...è questo Dhamma, difficile da vedere, difficile da realizzare...oltre i limiti della ragione..deve essere sperimentato dal saggio" (MN 72)  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:42:13 PM
Citazione di: Phil il 23 Novembre 2017, 23:09:00 PM
Citazione di: sgiombo il 23 Novembre 2017, 21:50:17 PM
Se (sforzandomi non poco) ben capisco, ciò significa che per te potrebbe forse accadere realmente qualcosa e anche, contemporaneamente, non alternativamente ma bensì complementarmente, concomitantemente, il suo contrario o forse no;[...]
Nessun dubbio sulla legittimità di credere nel libero arbitrio: ci mancherebbe altro!
Ma ciò non implica affatto la sua compatibilità logica col determinismo!


Risposta di Phil:


Non parlavo da un piano veritativo assoluto (a cui logica e definizioni si applicano, sancendone le eventuali contraddizioni), ma su piano (da te suggerito) personale, quindi (nel mio caso) ermeneutico (che quindi è in grado di aprirsi a più paradigmi): intendo che per me il determinismo è una chiave di lettura che esclude il libero arbitrio, ma essendo una mia opinione (provvisoria) che esso sia l'approccio più verosimile, non posso ritenere insensata e/o confutata un'opinione differente, come quella che sostiene invece il libero arbitrio. 

CitazioneRisposta di Sgiombo:
Scusa, ma questo non c' entra proprio nulla con quello di cui stavamo discutendo.

Che non era la sensatezza o meno delle ipotesi reciprocamente alternative, fra loro incompatibili, del determinismo e del libero arbitrio (che anche per me non sono dimostrabili essere vera né essere falsa entrambe; e ciascuna di esse, considerata separatamente dall' altra, é logicamente coerente e perfettamente sensata), ma invece l' insensatezza di un' ipotesi che pretenda autocontradittoriamente di integrare o "rendere reciprocamente compatibili" tali due ipotesi.
Phil:
Sarebbe per me contraddittorio se io li ammettessi entrambi come veri (determinismo e libero arbitrio) nella medesima prospettiva, invece li tengo logicamente distinti, senza però ritenere indubbiamente falso nessuno dei due (almeno fino a prova contraria). Si tratta della solita differenza dal dire "è certamente così" e "credo possa essere così".
CitazioneSgiombo:
Alla buonora!

(Sembra; ma non si sa mai...) che finalmente convenga con  me che libero arbitrio e determinismo sono reciprocamente contraddittori, incompatibili l' uno con l' altro (non considerabili entrambi assieme come veri)!

Phil:
Ad esempio, per quanto riguarda la coscienza, non sapendo esattamente cos'è (ignoranza mia) ed essendo diffidente verso ogni presunta trascendenza che non sia un prodotto di un'astrazione compiuta dalla mente umana (come la trascendenza dei concetti), posso supporre che ciò che si chiama "coscienza" possa anche rientrare nel determinismo, risultando un tassello materiale nella "chiusura causale del mondo". Eppure, se qualcuno mi dice che la coscienza è invece immateriale, anzi una 
trascendenza ontologica di cui facciamo esperienza immanente (ipotesi che d'istinto mi suona paradossale), ovvero un fattore fuori dal determinismo che nondimeno interagisce con esso, ebbene tale ipotesi non posso ritenerla totalmente assurda (pur restando perplesso), essendo la coscienza, come ricordava Il Dubbio, "un luogo ignoto"(cit).

CitazioneSgiombo:
La coscienza non può essere un tassello materiale nella "chiusura causale del mondo" (fisico) per il semplice fatto che il mondo fisico é fatto di materia, compresa quella cerebrale, esperita nell' ambito di coscienze (che la percepiscono per l' appunto coscientemente) e sarebbe assurdo pretendere che una coscienza contenesse altre coscienze da essa stessa diverse; ogni coscienza** contiene cervelli a (-l funzionamento di) ciascuno dei quali si può credere corrisponda biunivocamente un' esperienza cosciente* (diversa da quella** di chi osserva i cervelli, non assurdamente inclusa in essa**, ovviamente!) trascendente i cervelli stessi: per esempio nel cervello la coscienza* corrispondente al quale presenta -supponiamo- la visione di un multicolore arcobaleno non si trova nessun multicolore arcobaleno (che, per assurdo, sarebbe comunque interno alla coscienza** di chi osservasse tale cervello e non alla coscienza* ad esso corrispondente), bensì solamente neuroni e altre cellule, assoni, sinapsi, potenziali d' azione, mediazioni trans-sinaptiche, ecc. -roba grigiastro-rossastra- a loro volta costituiti da molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.: tutt' altra roba!).

La coscienza é in parte immateriale (sensazioni o esperienze coscienti di pensieri, sentimenti, ecc.), in parte materiale (sensazioni o esperienze coscienti di mari, montagne, pianure, alberi, animali, ecc.).

E infatti la coscienza non interagisce col cervello (come mi sembra pretenda invece Il Dubbio, che parla di input" e output" fra l' una e l' altro) ma diviene "parallelamente su un piano ontologico separato, trascendente: dunque nessun assurdità, al massimo qualche perplessità!

Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 15:52:18 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:08:24 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 23 Novembre 2017, 22:27:08 PM
CitazioneRisposta di Sgiombo:

Il fatto é che non é la coscienza ad essere nel cervello, ma invece il cervello ad essere nella coscienza: é, in quanto insieme-successione di sensazioni direttamente  di materia cerebrale (se viene aperta la scatola cranica e ci si guarda dentro) o (...preferibilmente; e come di solito fortunatamente accade!) indirettamente come immagini neurologiche ricavate dall' applicazione di macchinari come la RM alla materia cerebrale stessa, nella coscienza -chiamiamola per comodità "coscienza-1"- di chi compie le osservazioni; la quale é un' altra diversa coscienza rispetto a quella -chiamiamola "coscienza-2"- che si può credere (non dimostrare né mostrare) esista e divenga "parallelamente al", e in corrispondenza biunivoca col, cervello esaminato (quella nell' ambito della quale, per esempio, avvengono determinate sensazioni visive allorché nel corrispondente cervello che si trova nella coscienza-1 di chi lo osserva avvengono determinati eventi neurofisiologici nella corteccia occipitale).

E tale cervello (nella coscienza1 (e nelle altre coscienze di ogni altro per lo meno potenziale osservatore) diviene nell' ambito del mondo fisico materiale che di tali coscienze é parte ("esse est percipi", Berkeleey), secondo le leggi proprie del divenire naturale, nel quale la coscienza2 non può essere in alcun modo trovata: ogni coscienza contiene sensazioni materiali (comprese quelle di cervelli) e mentali, ma non altre coscienze (non avrebbe senso!). Le coscienze che si può credere corrispondano ai vari cervelli funzionanti esperibili nell' ambito della propria (di coscienza) bisogna ammettere che trascendano la propria, includente i cervelli osservati.

Non sono sicuro di aver compreso quello che dici.
Il neurologo vede i neuroni muoversi. Giusto? Facciamo finta che siano solo i neuroni responsabili delle nostre sensazioni.
Mentre tui stai percependo ad esempio il colore rosso, il neuroscienziato vede solo i neuroni. Il rosso è la tua sensazione cosciente, i neuroni la parte che riguarda la coscienza del neurologo. Ammettiamo tu sia in macchina e il semaforo ti segnala il colore rosso, tu sai che devi pigiare il freno per fermare la macchina.
Per il neurologo cosa causa il movimento del piede sul freno? I neuroni. Ma non è il neurone che fa da imput al tuo piede, quel neurone deve restituirti la sensazione del rosso, che il neuroscienziato non vede. Per cui l'informazione che vien data al piede di fermasi lo da il neurone o la tua sensazione del rosso?
Rispondi a questa domanda e poi mi dici se solo guardando il cervello e i movimenti all'interno hai la possibilità di prevedere il tuo comportamento al semaforo.

Ho detto, il determinismo è una successione di imput output con il quale puoi prevedere l'evento futuro. Sta di fatto però che questo determinismo nel nostro cervello non c'è perche chiunque guardasse al suo interno non avrebbe possibilità di accedere a tutta l'informazione chiusa a guscio nella coscienza.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 24 Novembre 2017, 16:38:08 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 15:52:18 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:08:24 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 23 Novembre 2017, 22:27:08 PM
CitazioneRisposta di Sgiombo:

Il fatto é che non é la coscienza ad essere nel cervello, ma invece il cervello ad essere nella coscienza: é, in quanto insieme-successione di sensazioni direttamente  di materia cerebrale (se viene aperta la scatola cranica e ci si guarda dentro) o (...preferibilmente; e come di solito fortunatamente accade!) indirettamente come immagini neurologiche ricavate dall' applicazione di macchinari come la RM alla materia cerebrale stessa, nella coscienza -chiamiamola per comodità "coscienza-1"- di chi compie le osservazioni; la quale é un' altra diversa coscienza rispetto a quella -chiamiamola "coscienza-2"- che si può credere (non dimostrare né mostrare) esista e divenga "parallelamente al", e in corrispondenza biunivoca col, cervello esaminato (quella nell' ambito della quale, per esempio, avvengono determinate sensazioni visive allorché nel corrispondente cervello che si trova nella coscienza-1 di chi lo osserva avvengono determinati eventi neurofisiologici nella corteccia occipitale).

E tale cervello (nella coscienza1 (e nelle altre coscienze di ogni altro per lo meno potenziale osservatore) diviene nell' ambito del mondo fisico materiale che di tali coscienze é parte ("esse est percipi", Berkeleey), secondo le leggi proprie del divenire naturale, nel quale la coscienza2 non può essere in alcun modo trovata: ogni coscienza contiene sensazioni materiali (comprese quelle di cervelli) e mentali, ma non altre coscienze (non avrebbe senso!). Le coscienze che si può credere corrispondano ai vari cervelli funzionanti esperibili nell' ambito della propria (di coscienza) bisogna ammettere che trascendano la propria, includente i cervelli osservati.

Il Dubbio:
Non sono sicuro di aver compreso quello che dici. 
Il neurologo vede i neuroni muoversi. Giusto? Facciamo finta che siano solo i neuroni responsabili delle nostre sensazioni.

Risposta di Sgiombo:
I neuroni sono (costituiti da) nostre sensazioni (indirette, per il tramite del microscopio).
Dunque non possono essere responsabili delle nostre sensazioni (includenti essi stessi).
E infatti la neurofisiologia dimostra che sono responsabili unicamente di fatti come trasmissioni di potenziali d' azione, eccitazioni o inibizioni trans-sinaptiche di altri neuroni, movimenti muscolari, ecc.
 
 
 
Il Dubbio:
Mentre tu stai percependo ad esempio il colore rosso, il neuroscienziato vede solo i neuroni. Il rosso è la tua sensazione cosciente, i neuroni la parte che riguarda la coscienza del neurologo.

Risposta di Sgiombo:
Esatto!

Il Dubbio:
Ammettiamo tu sia in macchina e il semaforo ti segnala il colore rosso, tu sai che devi pigiare il freno per fermare la macchina.
Per il neurologo cosa causa il movimento del piede sul freno? I neuroni. Ma non è il neurone che fa da imput al tuo piede, quel neurone deve restituirti la sensazione del rosso, che il neuroscienziato non vede. Per cui l'informazione che vien data al piede di fermarsi lo da il neurone o la tua sensazione del rosso? 

Risposta di Sgiombo:
Quel neurone non può restituirmi alcuna sensazione di rosso; si trova nella coscienza del neurologo che sta studiando il mio cervello, e non nella mia (nella quale si trova invece la sensazione di rosso).
 
Nell' ambito dell' esperienza cosciente del neurologo é il neurone (i neuroni) che determina (-no) le contrazioni muscolari atte a fare agire il piede sul pedale del freno.
Invece nell' ambito della mia esperienza cosciente accade la sensazione del rosso del semaforo e conseguentemente la decisione di schiacciare il pedale del freno; ma questo non ha alcun effetto sul mio piede, che si muove unicamente in conseguenza degli eventi neurofisiologici del mio cervello (ai quali la mia visione del semaforo rosso e la mia decisione di frenare corrispondono separatamente, senza interagirvi casualmente ma per così dire "accadendo in parallelo" ad essi, nella mia coscienza).
 

 
Il Dubbio:
Rispondi a questa domanda e poi mi dici se solo guardando il cervello e i movimenti all'interno hai la possibilità di prevedere il tuo comportamento al semaforo.

Risposta di Sgiombo:
In linea puramente teorica, di principio, esistendo una corrispondenza biunivoca fra il funzionamento del mio cervello (nella coscienza del neurologo; o almeno potenzialmente in quelle di altri osservatori) e la mia coscienza, sarebbe possibile, conoscendo per filo e per segno la situazione funzionale del mio cervello, prevedere le mie azioni.
In pratica é impossibile perché non si riuscirà mai a conseguire tutte le conoscenze neurofisiologiche necessarie con la dovuta precisione.
 
 

Il Dubbio:
Ho detto, il determinismo è una successione di imput output con il quale puoi prevedere l'evento futuro. Sta di fatto però che questo determinismo nel nostro cervello non c'è perche chiunque guardasse al suo interno non avrebbe possibilità di accedere a tutta l'informazione chiusa a guscio nella coscienza.

Risposta di Sgiombo:
Questo determinismo nel nostro cervello ontologicamente c' é, anche se non ne avremo mai epistemologicamente una conoscenza sufficiente a prevedere le nostre azioni.
 
Certo che chi guardasse in un cervello non avrebbe possibilità di accedere alla coscienza che a quel cervello corrisponde ma in esso (contrariamente a neuronoìi,a ssoni, ecc.), non é affatto compresa, essendo invece al contrario quel cervello ad essere compreso nella coscienza di chi lo osservase.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 24 Novembre 2017, 18:33:53 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:42:13 PM
Scusa, ma questo non c' entra proprio nulla con quello di cui stavamo discutendo.

Che non era la sensatezza o meno delle ipotesi reciprocamente alternative, fra loro incompatibili, del determinismo e del libero arbitrio [...]ma invece l' insensatezza di un' ipotesi che pretenda autocontradittoriamente di integrare o "rendere reciprocamente compatibili" tali due ipotesi.
Come ti suggerivo in precedenza, per avere delucidazioni su tale ipotesi del libero arbitrio che interagisce con il determinismo (come sostiene qualcuno, Jacopus e Apeiron se non ho frainteso) dovresti chiedere lumi ai diretti interessati, non a me che la ritengo ipotesi poco verosimile (tuttavia, non la valuto contraddittoria solo perché ha dei presupposti differenti dalla mia prospettiva: così come una logica polivalente non rende contraddittoria una logica bivalente... si tratta di distinguere attentamente la contraddittorietà interna dalla differenza di paradigma).

Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:42:13 PM
(Sembra; ma non si sa mai...) che finalmente convenga con  me che libero arbitrio e determinismo sono reciprocamente contraddittori, incompatibili l' uno con l' altro (non considerabili entrambi assieme come veri)!
Non "sono", ma "potrebbero essere" contraddittori... a meno che non resto arroccato all'interno della prospettiva che trovo più attendibile, dimenticando che in fondo non è indubbiamente "vera" (non posso davvero sostenere che determinismo e libero arbitrio siano contraddittori se esiste almeno un'altra prospettiva che riesce a coniugarli... pur non trovandola verosimile).

Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:42:13 PM
La coscienza non può essere un tassello materiale nella "chiusura causale del mondo" (fisico) per il semplice fatto che il mondo fisico é fatto di materia, compresa quella cerebrale, esperita nell' ambito di coscienze (che la percepiscono per l' appunto coscientemente) e sarebbe assurdo pretendere che una coscienza contenesse altre coscienze da essa stessa diverse; [...]
La coscienza é in parte immateriale (sensazioni o esperienze coscienti di pensieri, sentimenti, ecc.), in parte materiale (sensazioni o esperienze coscienti di mari, montagne, pianure, alberi, animali, ecc.).

E infatti la coscienza non interagisce col cervello (come mi sembra pretenda invece Il Dubbio, che parla di input" e output" fra l' una e l' altro) ma diviene "parallelamente su un piano ontologico separato, trascendente: dunque nessun assurdità, al massimo qualche perplessità![/font][/size][/color]
Non mi stupirebbe se la coscienza fosse invece solo materiale (ipotesi discutibile ovviamente ;) ), e avesse una "radice" da qualche parte nel cervello, così come, se non erro, la memoria...
Il fatto che io viva "in prima persona" i miei vissuti, secondo me, non ha necessariamente bisogno di una trascendenza (che apre il solito problema di spiegare il suo rapporto con l'immanenza, neurologica ma non solo).
Se penso ad un automa che (invento ;D ) quando percepisce un suono alza "pavlovianamente" il braccio perché è programmato per farlo, potrei giustamente pensare che l'insieme dei circuiti, fusibili, etc. che eseguono i comandi del software (anzi, "sistema operativo"), sia un insieme ordinato e funzionante che tuttavia non coincide con la sua "esperienza" di rispondere al suono alzando il braccio, perché tale evento è "vissuto in prima persona" solo dal software che lo "abita" e che, deterministicamente ;), reagisce in un determinato modo ad un evento esterno.
Dall'esterno possiamo valutare le performance del software, controllare l'intensità e la localizzazione degli impulsi, visualizzarne lo spettro elettromagnetico(?!), ma non sapremo mai come l'automa "viva" dall'interno l'operato del software (o meglio, come il sistema operativo processi se stesso). Ciò non toglie che il software sia allocato materialmente da qualche parte (niente "software trascendente") e che faccia agire deterministicamente l'automa.

Se rendiamo questo esempio dell'"alzare il braccio dell'automa" esponenzialmente più complesso, con numerose variabili ambientali, supponendo anche un'interazione fra automi, e sostituiamo fusibili, circuiti stampati e processori con neuroni, sinapsi e aree del cervello, credo di intravvedere una possibile spiegazione di come la coscienza individuale sia imperscrutabile dagli altri pur essendo materiale (ovvero senza scomodare la trascendenza)  :)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 18:42:37 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 16:38:08 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 15:52:18 PM
Risposta di Sgiombo:
Quel neurone non può restituirmi alcuna sensazione di rosso; si trova nella coscienza del neurologo che sta studiando il mio cervello, e non nella mia (nella quale si trova invece la sensazione di rosso).

Nell' ambito dell' esperienza cosciente del neurologo é il neurone (i neuroni) che determina (-no) le contrazioni muscolari atte a fare agire il piede sul pedale del freno.
Invece nell' ambito della mia esperienza cosciente accade la sensazione del rosso del semaforo e conseguentemente la decisione di schiacciare il pedale del freno; ma questo non ha alcun effetto sul mio piede, che si muove unicamente in conseguenza degli eventi neurofisiologici del mio cervello (ai quali la mia visione del semaforo rosso e la mia decisione di frenare corrispondono separatamente, senza interagirvi casualmente ma per così dire "accadendo in parallelo" ad essi, nella mia coscienza).



Non è cosi per un fatto sperimentale. Ti avevo risposto gia all'inizio (non ricordo ora se precisamente a te o Phli) che secondo me la cellula pensiero/cosciente è una cellula temporale piu che spaziale. Cioè tu metti solitamente, come è giusto che sia, in sequenza i fatti in modo che il primo fatto avvenga prima del suo effetto. Quindi l'effetto arriva dopo la sua presunta causa. Se arrivasse prima l'effetto della causa la sequenza sarebbe errata da un punto di vista temporale.

Ora tu dici giustamente e intuitivamente, il neurone è della stessa sostanza  del rosso, solo che il rosso rappresenta la senzazione cosciente, il neurone (e il suo movimento) la rappresentazione che ne ha il neuroscienziato.

Gli esperimenti invece cosa dicono?
Gli esperimenti dicono che il neurone si muove prima che io abbia la rappresentazione del rosso. Quindi la stessa sostanza che attribuisci al neurone/rosso si attivano in modo diverso e non sincrono tra la rappresentazione del rosso e il movimento del neurone stesso.
Quindi non è la mia sensazione del rosso che attiva il neurone che fa muovere il piede sul freno. La sequenza temporale dei fatti che neuoroscienziato misura non tiene conto dell'esperienza cosciente. E' come se noi avessimo una esperienza in differita di quello che è invece gia successo.
Per cui la situazione è ben piu grave.
Qui la responsabilità (di cui parla il tema che stiamo affrontando) non esisterebbe nemmeno in linea di principio se seguissimo alla lettera l'esperienza del neuoroscienziato.

Visto allora che tu ti sei giustamente appellato alla sostanza (cioè il neurone è tale solo per il neuroscienziato ma è rosso per il soggetto che ne fa esperienza) perche non ci troviamo in accordo con la sequenza temporale? Per quale motivo lo scienziato debba essere convinto che ciò che vede in modo sequenziale è presumibilmente ciò che succede nella realtà dei fatti e non lo sarebbe invece per l'esperienza cosciente?
Io sono convinto di vedere prima il rosso e poi, dopo aver visto rosso, spingo il piede sul freno. Perche lo scienziato vede prima il neurone che spinge sul freno e  poi l'attivazione del neurone/rosso nella mia esperienza cosciente?

Per questo motivo avevo, nel mio appello, suggerito che la soluzione potrebbe essere nella sequenza temporale. Dove lo scienziato suppone che la sua visione dei fatti è oggettiva e quindi scientificamente valida, io suppongo che invece la sequenza dei fatti sia soggettiva e non immediatamente rilevabile dall'esperienza che ne fa lo scienziato.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:24:51 AM
Citazione di: Apeiron il 24 Novembre 2017, 15:39:18 PM
@sgiombo. L'insanabile dissenso nasce dal fatto che tu sei uno "spinozista" e io no  ;)  Le nostre posizioni chiaramente non possono essere conciliate in quanto per me è impossibile convincere un "razionalista" dell'esistenza di un tertium, il che ovviamente è assurdo da un punto di vista logico (evidenziazione in grassetto mia).Citazione da: Apeiron - Fri Nov 24 2017 15:39:18 GMT+0100 (ora solare Europa occidentale)

CitazioneA me basta questa ammissione.
Ne prendo atto.
Citazione di: Apeiron il 24 Novembre 2017, 15:39:18 PM

Ma è anche vero che la "ragione pratica" - ossia la ragione che si occupa dell'etica - nasce proprio dall'esigenza di "gestire" proprio la questione della responsabilità. E "automaticamente" quando si giudica un comportamento è chiaro che (secondo me) nascano in modo automatico "idee" come l'azione morale e la conseguenza dell'azione morale.
CitazioneSu questo sono perfettamente d' accordo.



Supponi dunque di tornare all'esempio del "semaforo rosso": se passo col rosso è "giusto" che mi becco la multa, se non passo col rosso invece è "giusto" che non venga punito (in questo caso siccome la responsabilità me la becco solo quando trasgredisco la legge). Ovviamente se io passo col rosso commetto un'infrazione mentre se non lo faccio io non commetto l'infrazione e la mia "coscienza morale" in caso io abbia compiuto il "crimine" mi dice "non avresti dovuto farlo". Chiaramente questo non dimostra né l'esistenza di un tertium tra determinismo e indeterminismo e nemmeno l'esistenza di un agente che possa "controllare" le sue azioni, motivo per cui la tua posizione è "logicamente corretta". Spinoza d'altronde aveva "costruito" esattamente in questo modo la metafisica del mondo ed è partito dal postulato che non ci fossero salti logici nella natura, ossia che tutto poteva essere spiegato (cosa che pensarono anche Hegel e Schopenhauer. Sinceramente non mi ricordo cosa pensava Marx su questa questione ma mi pare che anche Engels - che ha fondato l'aspetto "teorico-metafisico" del marxismo - fosse sostanzialmente d'accordo). Oggi l'idea in realtà è condivisa da molti fisici per i quali, anche se in molti ritengono che a livello quantistico sia in vigore l'indeterminismo probabilistico, ritengono che l'idea di "libero arbitrio" sia completamente assurda. Ergo si hanno due alternative: o il libero arbitrio è una illusione - o più precisamente è un'idea che nasce dalla nostra sostanziale ignoranza del funzionamento della nostra mente - oppure il libero aribitrio è reale, come ci suggerisce la "forma" delle idee che vengono prodotte dalla ragion pratica. Il punto è che se si ammette che il libero arbitrio è solo una illusione epistemologica a mio giudizio le azioni sono inevitabili e quindi i giudizi sono anch'essi illusori. Spinoza potrebbe dire che la "liberazione" è proprio riconoscere che appunto in fin dei conti tutto avviene in modo necessario e che la "perfetta realizzazione" è proprio questo. Io invece ritengo che il libero arbitrio descrive qualcosa di reale, ossia che per così dire abbiamo per così dire "la scelta" - Spinoza che toglie ogni valore ontologico alla scelta ovviamente direbbe che sono un illuso. Ad ogni modo in qualche modo ritengo anche io che il "perfetto realizzato" è "spontaneo", perchè a questo punto in un certo senso (che ammetto di non comprendere) ha "rinunciato" al libero arbitrio, ossia alla tendenza di controllare ecc (da qui l'importanza della rinuncia/resa). Tuttavia a mio giudizio l'etica descrive qualcosa di ontologico e non ha solo valore di "approssimazione". Se qualcuno è interessato o non gli sembra chiaro quanto sto dicendo, posso espandere questo argomento ancora (mi rivolgo a "qualcuno" perchè credo che sia una questione interessante - d'altronde abbiamo fatto già sei pagine di discussione  ;D )
CitazionePer parte mia ritengo che il libero arbitri sia un' illusione in quanto ritengo che esista una realtà in sé o noumeno (solo per qualche aspetto analogo alla sostanza spinoziana, per altri no: non si é divino) che trascende le manifestazioni fenomeniche (almeno per qualche aspetto analoghe ai due constatabili fra gli infiniti attributi spinoziani) ma che é con esse in rapporto di corrispondenza puntuale e univoca.
E che nella realtà in sé esistano "enti" ai quali corrispondono esperienze fenomeniche coscienti (delle quali cui sono i soggetti) e che sono tali che a se stessi si manifestano (in qualità di oggetti e riflessivamente soggetti di coscienza) come i propri pensieri, sentimenti, ecc. (la res cogitans), e ad altri enti noumenici soggetti di coscienza si manifestano in qualità di oggetti non riflessivamente soggetti di coscienza) come cervelli (o forse solo cortecce cerebrali, o forse interi sistemi nervosi centrali): res extensa, come sono in generale i fenomeni manifestanti a soggetti in sé di coscienza oggetti da essi stessi diversi).
Quindi, essendo il divenire del mio cervello ("me" come mi manifesto fenomenicamente dall' esterno ad altri soggetti di coscienza da me diversi) deterministico (se la conoscenza scientifica del mondo fenomenico materiale o res cogitans é possibile e vera), ed essendo esso biunivocamente corrispondente al divenire mio proprio di ente in sé soggetto di coscienza, il mio stesso divenire (fra l' altro le mie scelte) é "sostanzialmente o praticamente deterministico" (anche se é difficile se non impossibile comprendere bene in che senso preciso: di qui le virgolette) e comunque con ogni evidenza univoco, necessitato, non libero.

Ma questo per me lungi dall' essere incompatibile con l' etica, ne é anzi una conditio sine qua non, dal momento che solo se le mie scelte dono determinate dalle (necessarie in seguito alle; e dunque dimostranti le) mie qualità morali (più o meno positive o negative) possono essere ritenute eticamente rilevanti, mentre se non sono in alcun modo determinate, ovvero se sono liberoarbitrarie, ossia casuali (non conseguenti a, non necessitate da -e dunque non dimostranti il- mio modo di essere, le mie qualità morali) possono solo essere considerate più o meno felicemente fortunate (senza meriti né colpe da parte mia).


Riguardo invece alla "mente"... a causa del parallellismo psico-fisico qui ritengo che così come il corpo ci sembra "un'unità" astratta dal resto delle cose anche per la mente valga un principio simile e che quindi non esista davvero un "centro" mentale che definisca il "mio io" (questa posizione ricorda l'anatta, il principio del "non-sé", del buddhismo). E così la complessità del corpo è in "corrispondenza biunivoca" alla complessità della mente e nel caso del corpo umano c'è secondo anche libero arbitrio (che ovviamente si riflette anche sul mondo materiale).
CitazioneMa allora viene a mancar la chiusura causale del mondo fisico, del quale non si può più dire che diviene secondo leggi naturali, e la conoscenza scientifica non é più pssibile.



Ritengo quindi che al corpo "X" si associ una mente "Y" che sia speculare per complessità. Ma siccome non credo che esistano "particelle isolate" (ovvero "incondizionate", libere dai condizionamenti) allora nemmeno le particelle sono degli "io". Motivo per cui la loro identità è solo qualcosa di "convenzionale" (come tra l'altro lo è anche la nostra).
CitazioneConcordo che qualsiasi ipotizzabile suddivisione mereologica della realtà (anche le più strampalate) é del tutto arbitraria e convenzionale (ma solo alcune "funzionano" ai fini della conoscenza, in particolare scientifica, del mondo e di un adeguato comportamento finalizzato in esso).



Ergo è errato dal punto di vista meta-fisico dire che sia noi esseri umani che le particelle abbiano un "io", ma è corretto dire che noi esseri umani abbiamo un senso dell'io, nato dal fatto che siamo talmente complessi da poterci pensare separati. Sinceramente non so come riuscire a far stare in piedi il mio sistema metafisico visto che a causa della mia credenza nel libero arbitrio ritengo anche con un "sistema complesso" come l'uomo riesce ad avere autonomia, pur non avendo un "centro" (il quale sembra essere automatico da postulare se si postula il libero arbitrio). Sinceramente non so come chiudere il cerchio e quindi a dire il vero sull'esistenza "ontologica" dell'io (nell'uomo - e anche negli animali) riservo dubbi. Nella pratica tuttavia vivo come se avessi un io. Quindi boh  :) (tra l'altro l'esistenza del libero arbitirio senza l'esistenza dell'"io" è uno dei problemi irrisolti - per me - del buddhismo...)
CitazioneConcordo anche che solo noi uomini, e nemmeno gli animali a noi più affini, oltre ad essere coscienti, siamo anche autocoscienti; ma non vedo in che senso possano considerarsi coscienti (arbitrariamente, per fede, senza che sia dimostrabile né men che meno empiricamente constatabile!) altre "cose" che animali dal comportamento più o meno complesso e (almeno apparentemente) finalizzato.


Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
Citazione di: Phil il 24 Novembre 2017, 18:33:53 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:42:13 PM
Scusa, ma questo non c' entra proprio nulla con quello di cui stavamo discutendo.

Che non era la sensatezza o meno delle ipotesi reciprocamente alternative, fra loro incompatibili, del determinismo e del libero arbitrio [...]ma invece l' insensatezza di un' ipotesi che pretenda autocontradittoriamente di integrare o "rendere reciprocamente compatibili" tali due ipotesi.
Come ti suggerivo in precedenza, per avere delucidazioni su tale ipotesi del libero arbitrio che interagisce con il determinismo (come sostiene qualcuno, Jacopus e Apeiron se non ho frainteso) dovresti chiedere lumi ai diretti interessati, non a me che la ritengo ipotesi poco verosimile (tuttavia, non la valuto contraddittoria solo perché ha dei presupposti differenti dalla mia prospettiva: così come una logica polivalente non rende contraddittoria una logica bivalente... si tratta di distinguere attentamente la contraddittorietà interna dalla differenza di paradigma).
CitazioneNon ti ho chiesto delucidazioni (so già cosa pensano quelli che autocontraddittoriamente pretendono di conciliare libero arbitrio e determinismo e libero arbitrio ed etica).
Ti ho invece proposto considerazioni mie (e chiesto un tuo parere in proposito; ma se non ne vuoi sapere di darmelo, pazienza! Me ne farò una ragione).

Conosco e trovo applicabile ai problemi pratici e filosofici che mi si pongono la logica (bivalente?) che non ammette contraddizioni.
Se esistono altre logiche polivalenti e ti interessa discuterne con me (sapere cosa ne penso; se penso che siano applicabili ai problemi del libero arbitrio, determinismo, etica, ecc., e come) dovresti previamente darmene un' adeguata illustrazione,


Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:42:13 PM
(Sembra; ma non si sa mai...) che finalmente convenga con  me che libero arbitrio e determinismo sono reciprocamente contraddittori, incompatibili l' uno con l' altro (non considerabili entrambi assieme come veri)!
Non "sono", ma "potrebbero essere" contraddittori... a meno che non resto arroccato all'interno della prospettiva che trovo più attendibile, dimenticando che in fondo non è indubbiamente "vera" (non posso davvero sostenere che determinismo e libero arbitrio siano contraddittori se esiste almeno un'altra prospettiva che riesce a coniugarli... pur non trovandola verosimile).
CitazioneCome ho fatto bene a precisare prudenzialmente "ma non si sa mai...)!

Non "potrebbero essere" vere, ma lo invece sono assolutamente, idubbiamente!
Per definizione.
E indipendentemente da qualsiasi eventuale arroccamento in qualsiasi eventuale prospettiva o meno.

E come mai, di grazia, l' "altra prospettiva" riuscirebbe (N.B.: non pretenderebbe! Senza riuscirci) a coniugare libero arbitrio e determinismo?
(E che ci sia chi lo pretende -erroneamente!- lo so già, grazie: non é una risposta a questa domanda, e non ho alcun bisogno che me lo dica un' ennesima volta ancora).



Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:42:13 PM
La coscienza non può essere un tassello materiale nella "chiusura causale del mondo" (fisico) per il semplice fatto che il mondo fisico é fatto di materia, compresa quella cerebrale, esperita nell' ambito di coscienze (che la percepiscono per l' appunto coscientemente) e sarebbe assurdo pretendere che una coscienza contenesse altre coscienze da essa stessa diverse; [...]
La coscienza é in parte immateriale (sensazioni o esperienze coscienti di pensieri, sentimenti, ecc.), in parte materiale (sensazioni o esperienze coscienti di mari, montagne, pianure, alberi, animali, ecc.).

E infatti la coscienza non interagisce col cervello (come mi sembra pretenda invece Il Dubbio, che parla di input" e output" fra l' una e l' altro) ma diviene "parallelamente su un piano ontologico separato, trascendente: dunque nessun assurdità, al massimo qualche perplessità![/font][/size][/color]
Non mi stupirebbe se la coscienza fosse invece solo materiale (ipotesi discutibile ovviamente ;) ), e avesse una "radice" da qualche parte nel cervello, così come, se non erro, la memoria...
CitazioneIo invece mi stupirei tantissimo (peraltro questo é un periodo ipotetico dell' irrealtà) se in un cervello (che é nella coscienza* di chi lo osserva), anziché o in aggiunta a neuroni, assoni, sinapsi ecc., si trovasse qualche elemento della coscienza**  del "titolare" di tale cervello (che assurdamente dovrebbe autocontraddittoriamente essere parte della diversa, altra coscienza* dell' osservatore del cervello stesso).



Il fatto che io viva "in prima persona" i miei vissuti, secondo me, non ha necessariamente bisogno di una trascendenza (che apre il solito problema di spiegare il suo rapporto con l'immanenza, neurologica ma non solo).
CitazioneLa trascendenza é relativa, non monadica: é il rapporto fra cervello (neurologia) ed esperienza.

Problema che peraltro mi pare di aver dimostrato avere una soluzione plausibile (ovviamente posso sbagliare; ma preferirei che mi si dicesse dove e come).

Se penso ad un automa che (invento ;D ) quando percepisce un suono alza "pavlovianamente" il braccio perché è programmato per farlo, potrei giustamente pensare che l'insieme dei circuiti, fusibili, etc. che eseguono i comandi del software (anzi, "sistema operativo"), sia un insieme ordinato e funzionante che tuttavia non coincide con la sua "esperienza" di rispondere al suono alzando il braccio, perché tale evento è "vissuto in prima persona" solo dal software che lo "abita" e che, deterministicamente ;), reagisce in un determinato modo ad un evento esterno.

Dall'esterno possiamo valutare le performance del software, controllare l'intensità e la localizzazione degli impulsi, visualizzarne lo spettro elettromagnetico(?!), ma non sapremo mai come l'automa "viva" dall'interno l'operato del software (o meglio, come il sistema operativo processi se stesso). Ciò non toglie che il software sia allocato materialmente da qualche parte (niente "software trascendente") e che faccia agire deterministicamente l'automa. 

Se rendiamo questo esempio dell'"alzare il braccio dell'automa" esponenzialmente più complesso, con numerose variabili ambientali, supponendo anche un'interazione fra automi, e sostituiamo fusibili, circuiti stampati e processori con neuroni, sinapsi e aree del cervello, credo di intravvedere una possibile spiegazione di come la coscienza individuale sia imperscrutabile dagli altri pur essendo materiale (ovvero senza scomodare la trascendenza)  :)
CitazioneA parte Pavlov, che secondo me non c' entra, il software o il sistema operativo sono interamente compresi nella coscienza* di chi osservi "in terza persona" l' automa; e se l' automa ha una sua coscienza** vissuta "in prima persona" (cosa indimostrabile), allora si tratta di tutt' altra cosa dal sistema operativo stesso reale nella coscienza* che osserva l' automa.

Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 25 Novembre 2017, 11:37:53 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 18:42:37 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 16:38:08 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 15:52:18 PM
Risposta di Sgiombo:
Quel neurone non può restituirmi alcuna sensazione di rosso; si trova nella coscienza del neurologo che sta studiando il mio cervello, e non nella mia (nella quale si trova invece la sensazione di rosso).

Nell' ambito dell' esperienza cosciente del neurologo é il neurone (i neuroni) che determina (-no) le contrazioni muscolari atte a fare agire il piede sul pedale del freno.
Invece nell' ambito della mia esperienza cosciente accade la sensazione del rosso del semaforo e conseguentemente la decisione di schiacciare il pedale del freno; ma questo non ha alcun effetto sul mio piede, che si muove unicamente in conseguenza degli eventi neurofisiologici del mio cervello (ai quali la mia visione del semaforo rosso e la mia decisione di frenare corrispondono separatamente, senza interagirvi casualmente ma per così dire "accadendo in parallelo" ad essi, nella mia coscienza).



Il Dubbio:
Non è cosi per un fatto sperimentale. Ti avevo risposto gia all'inizio (non ricordo ora se precisamente a te o Phli) che secondo me la cellula pensiero/cosciente è una cellula temporale piu che spaziale. Cioè tu metti solitamente, come è giusto che sia, in sequenza i fatti in modo che il primo fatto avvenga prima del suo effetto. Quindi l'effetto arriva dopo la sua presunta causa. Se arrivasse prima l'effetto della causa la sequenza sarebbe errata da un punto di vista temporale. 

Risposta di Sgiombo:
Non riesco a capire queste considerazioni su "prima", "poi", "causa", "effetto".

Ma nessun fatto (osservazione) consente di rilevare da parte tua (nell' ambito della tua coscienza**) la mia coscienza* nel mio cervello (ma solo neuroni, assoni, sinapsi, ecc.) e viceversa



Il Dubbio:
Ora tu dici giustamente e intuitivamente, il neurone è della stessa sostanza  del rosso, solo che il rosso rappresenta la senzazione cosciente, il neurone (e il suo movimento) la rappresentazione che ne ha il neuroscienziato.
CitazioneRisposta di Sgiombo:
Sia il rosso nella coscienza* dell' osservato (da parte del neuroscienziato) che i neuroni nella coscienza** dello scienziato stesso sono sensazioni coscienti. Coesistenti e biunivocamente corrispondenti; ma diverse, reciprocamente trascendenti, accadenti in diverse esperienze coscienti.

Il Dubbio:
Gli esperimenti invece cosa dicono?
Gli esperimenti dicono che il neurone si muove prima che io abbia la rappresentazione del rosso. Quindi la stessa sostanza che attribuisci al neurone/rosso si attivano in modo diverso e non sincrono tra la rappresentazione del rosso e il movimento del neurone stesso.
CitazioneRisposta di Sgiombo:
Forse ti confondi con i celebri esperimenti di Libet, che riguardano le decisioni coscienti  di agire.
La neurologia dice che contemporaneamente a una certa determinata situazione cosciente (nella coscienza* del soggetto di osservazione scientifica) si rilevano necessariamente (da parte dei ricercatori, nelle loro rispettive esperienze coscienti** di osservatori, diverse, altre "cose" dalla coscienza* dell' osservato) certi determinati eventi neurofisiologici in un certo determinato cervello (quello oggetto di osservazione scientifica).

Il Dubbio:
Quindi non è la mia sensazione del rosso che attiva il neurone che fa muovere il piede sul freno. La sequenza temporale dei fatti che neuoroscienziato misura non tiene conto dell'esperienza cosciente.
E' come se noi avessimo una esperienza in differita di quello che è invece gia successo.
Per cui la situazione è ben piu grave.
Qui la responsabilità (di cui parla il tema che stiamo affrontando) non esisterebbe nemmeno in linea di principio se seguissimo alla lettera l'esperienza del neuoroscienziato.
CitazioneRisposta di Sgiombo:
Ti sbagli: nulla di "differito".

Negli esperimenti di Libet prima della coscienza della decisione (nelle coscienze* delle "cavie umane") i ricercatori (nelle loro coscienze**) rilevavano (su indicazione delle "cavie stesse") determinati eventi nell' area motoria primaria del lobo frontale; ma l' azione cosciente delle cavie umane era contemporanea alle leggermente successive scariche dei motoneuroni piramidali.
Che erano causate prima e indipendentemente dalla volontà cosciente delle cavie umane da quell' altra attività neuronale, quegli altri "determinati eventi" di cui sopra).

Il Dubbio:
Visto allora che tu ti sei giustamente appellato alla sostanza (cioè il neurone è tale solo per il neuroscienziato ma è rosso per il soggetto che ne fa esperienza) perche non ci troviamo in accordo con la sequenza temporale? Per quale motivo lo scienziato debba essere convinto che ciò che vede in modo sequenziale è presumibilmente ciò che succede nella realtà dei fatti e non lo sarebbe invece per l'esperienza cosciente?
Io sono convinto di vedere prima il rosso e poi, dopo aver visto rosso, spingo il piede sul freno. Perche lo scienziato vede prima il neurone che spinge sul freno e  poi l'attivazione del neurone/rosso nella mia esperienza cosciente?
CitazioneRisposta di Sgiombo:
MI sembra di aver già dimostrato che gli esperimenti di Libet non sono pertinenti.
Quando nella tua esperienza cosciente* accade la visione del rosso, nell' esperienza cosciente** degli scienziati che ti osservano viene rilevata una certa determinata attività neurologica del tuo cervello (contemporaneamente); invece quando schiacci il pedale del freno viene rilevata un' altra, diversa certa determinata attività neurofisiologica (pure contemporaneamente).

Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 25 Novembre 2017, 12:38:41 PM
@Phil, non hai frainteso se la intendi in questo modo. Non sto dicendo che abbiamo una libertà "incondizionata/assoluta", bensì abbiamo una libertà "condizionata", ovvero le nostre scelte sono sì libere però sono estremamente condizionate dall'ambiente, dai processi del nostro organismo ecc. Il fatalismo (che in realtà può non esseere determinista. Anche se tutto andasse a caso d'altronde non avremo "libertà") non mi piace perchè mi pare una visione estrema e apertamente contraddittoria rispetto alla nostra "intuizione" di sentirci "liberi di scegliere" e (secondo me) rispetto alla "ragione pratica". Ovviamente siccome nessuna legge della fisica lascia spazio a questa "via di mezzo", la mia posizione non è strettamente parlando "razionale", bensì "solo" ragionevole.

@sgiombo, però fai conto che il mio "assurdo" significa appunto che rispetto alla nostra attuale conoscenza è "assurdo". Può darsi che in futuro si scopra qualche indizio che ci faccia capire che una "libertà condizionata" c'è. La fisica è tutta scritta in modo matematico (Spinoza sarebbe fiero di ciò) e "immettere" la libertà umana in un sistema matematico ritengo che sia impossibile. Però è impossibile (o assurdo) da un punto di vista "razionalistico" perchè fin dall'inizio non si ammette che possano esistere questi "salti logici" nella realtà (e tra l'altro tra dialettica hegeliana, coincidientia oppositorum, catuskoti, la moderna logica paraconsistente ecc non mi sorprenderebbe che anche la realtà si comporti in modo, per così dire, "illogico"). Vorrei poi precisare come il fatalismo in effetti ha senso sia nel caso del probabilismo (o in genere dell'indeterminismo) che nel caso del determinismo - in ogni caso è impossibile "affrancarci" dalla catena di cause ed effetti. Detto questo "constato" l'insanabile differenza e rispetto il tuo dissenso - "respectful disagreement" direbbero gli anglofoni  ;)

Concordo però con te che in un certo senso se avessimo il "libero arbitrio totale" senza restrizioni e senza condizioni saremo a-morali in quanto non avremo alcuna restrizione nel nostro comportamento. Quindi è proprio il fatto che la nostra libertà è condizionata, ossia che le nostre azioni (a livello di pensiero, parola o azione concreta) hanno conseguenze e sono in (grossa?) parte a loro volta causate da altri fattori, che ha senso parlare di etica. Se potessimo "fare quello che vogliamo" non avrebbe alcun senso parlare d'etica. Quindi sì il "fatalismo" è in parte corretto nel mettere in chiaro la catena causale (deterministica o meno) ma, per così dire, è (per me) incompleto. Non a caso ho una buona stima in realtà dei "fatalisti" come lo furono Spinoza, Schopenhauer ecc. Forse te l'ho già chiesto ma hai mai letto Schopenhauer (in particolare "Il Mondo come Volontà e Rappresentazione", "sulla libertà del volere umano", "sul fondamento della morale" - che ritengo essere i suoi capolavori)? In caso ti consiglio fortemente di leggerlo.  ;) Tra l'altro anche se la sua conoscenza delle filosofie e religioni indiane è - devo ammetterlo - un po' superficiale, in realtà le ha, secondo me, comprese più di quello che solitamente gli interpreti ammettono.


Riguardo infine alla questione della "mente". Direi di dire che l'uomo è autocosciente. Gli animali sono senzienti (chi più, chi meno. Una formica lo è meno di un cane, ovviamente.). "Il resto" invece ha una mente "non senziente". Per esempio, possiamo dire che la "mente" del computer è il suo "software". In sostanza l'evidenza che ci sia una "mente" (estremamente elementare! non sono un animista  ;D ) anche nell'atomo di idrogeno è che anch'esso "elabora" le informazioni, interagisce con il suo ambiente, ha comportamenti regolari, redistribuisce la sua energia ecc. Alcuni per esempio stanno pensando che l'intero universo possa essere paragonato ad un "computer quantistico" (non sono d'accordo visto che l'uomo è ben più sviluppato di un computer quantistico e dei fenomeni inanimati). Quindi se ci pensi l'idea secondo me non è così balzana come sembra. Anche perchè se non ammetti l'esistenza della mente negli enti inanimati crolla il parallellismo psico-fisico. Se sparisse tutta la vita senziente nel cosmo dovrebbe sparire anche l'"attributo" mentale dell'universo e rimarrebbe solo quello "materiale". Non credo che tu sostieni questo.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 25 Novembre 2017, 13:22:16 PM
Citazione di: Apeiron il 25 Novembre 2017, 12:38:41 PM
@Phil, non hai frainteso se la intendi in questo modo. Non sto dicendo che abbiamo una libertà "incondizionata/assoluta", bensì abbiamo una libertà "condizionata", ovvero le nostre scelte sono sì libere però sono estremamente condizionate dall'ambiente, dai processi del nostro organismo ecc. Il fatalismo (che in realtà può non esseere determinista. Anche se tutto andasse a caso d'altronde non avremo "libertà") non mi piace perchè mi pare una visione estrema e apertamente contraddittoria rispetto alla nostra "intuizione" di sentirci "liberi di scegliere" e (secondo me) rispetto alla "ragione pratica". Ovviamente siccome nessuna legge della fisica lascia spazio a questa "via di mezzo", la mia posizione non è strettamente parlando "razionale", bensì "solo" ragionevole.
CitazioneMa, da buoni filosofi, dobbiamo cercare "verità" (presunte) che necessariamente non contraddicano le nostre "intuizioni" o non invece la verità quale che sia (sia pure in contrasto con le "nostre" intuizioni?

@sgiombo, però fai conto che il mio "assurdo" significa appunto che rispetto alla nostra attuale conoscenza è "assurdo". Può darsi che in futuro si scopra qualche indizio che ci faccia capire che una "libertà condizionata" c'è.
CitazionePer me il "tertiun" che "non datur" fra libero arbitrio e determinismo é un' impossibilità logica; non potrà mai accadere che qualcosa sia e anche non sia allo stesso tempo e per gli stessi aspetti.


La fisica è tutta scritta in modo matematico (Spinoza sarebbe fiero di ciò) e "immettere" la libertà umana in un sistema matematico ritengo che sia impossibile. Però è impossibile (o assurdo) da un punto di vista "razionalistico" perchè fin dall'inizio non si ammette che possano esistere questi "salti logici" nella realtà (e tra l'altro tra dialettica hegeliana, coincidientia oppositorum, catuskoti, la moderna logica paraconsistente ecc non mi sorprenderebbe che anche la realtà si comporti in modo, per così dire, "illogico"). Vorrei poi precisare come il fatalismo in effetti ha senso sia nel caso del probabilismo (o in genere dell'indeterminismo) che nel caso del determinismo - in ogni caso è impossibile "affrancarci" dalla catena di cause ed effetti. Detto questo "constato" l'insanabile differenza e rispetto il tuo dissenso - "respectful disagreement" direbbero gli anglofoni  ;)
CitazioneLogicamente o "illogicamente" (cioé in maniera logicamente scorretta) si può parlare, pensare (o pretendere di parlare, di pensare).

Ma la realtà o é/accade realmente o non é/non accade realmente (e non ha senso pretendere che fosse /accadesse logicamente o meno).

Comunque concordo circa il disaccordo (e mi compiaccio molto della tua rara correttezza).

Concordo però con te che in un certo senso se avessimo il "libero arbitrio totale" senza restrizioni e senza condizioni saremo a-morali in quanto non avremo alcuna restrizione nel nostro comportamento. Quindi è proprio il fatto che la nostra libertà è condizionata, ossia che le nostre azioni (a livello di pensiero, parola o azione concreta) hanno conseguenze e sono in (grossa?) parte a loro volta causate da altri fattori, che ha senso parlare di etica.

Se potessimo "fare quello che vogliamo" non avrebbe alcun senso parlare d'etica.
CitazioneSecondo me fraintendi e non concordi con me.
Infatti per me non siano morali perché condizionati estrinsecamente (se lo siamo al punto di essere costretti ad agire o non agire, responsabile del nostro agire o meno sarebbe evidentemente chi ci costringe e non noi: per me se non potessimo (e quando di fatto non possiamo) "fare quello che vogliamo" non avrebbe alcun senso parlare d'etica; a nostro riguardo), ma perché intrinsecamente condizionati (dalle mostre qualità etiche, più o meno buone o cattive, per l' appunto, e non dal caso).



Quindi sì il "fatalismo" è in parte corretto nel mettere in chiaro la catena causale (deterministica o meno) ma, per così dire, è (per me) incompleto. Non a caso ho una buona stima in realtà dei "fatalisti" come lo furono Spinoza, Schopenhauer ecc. Forse te l'ho già chiesto ma hai mai letto Schopenhauer (in particolare "Il Mondo come Volontà e Rappresentazione", "sulla libertà del volere umano", "sul fondamento della morale" - che ritengo essere i suoi capolavori)? In caso ti consiglio fortemente di leggerlo.  ;) Tra l'altro anche se la sua conoscenza delle filosofie e religioni indiane è - devo ammetterlo - un po' superficiale, in realtà le ha, secondo me, comprese più di quello che solitamente gli interpreti ammettono.
CitazionePurtroppo non l' ho (ancora; speriamo bene!) letto (come sono anche del tutto digiuno delle filosofie orientali).

Ma non credo che il determinismo ("fatalismo" non mi piace: suggerisce passività, inerzia, mentre si può ben essere deterministi e attivissimi!) possa essere sensatamente completato con elementi di casualismo (se non sotto forma di divenire ordinato "debole", considerabile a seconda dei gusti tanto un "determinismo "debole" quanto un "indeterminismo "debole", ovvero di probabilismo: casualismo dei singoli eventi, determinismo delle loro proporzioni).


Riguardo infine alla questione della "mente". Direi di dire che l'uomo è autocosciente. Gli animali sono senzienti (chi più, chi meno. Una formica lo è meno di un cane, ovviamente.). "Il resto" invece ha una mente "non senziente". Per esempio, possiamo dire che la "mente" del computer è il suo "software". In sostanza l'evidenza che ci sia una "mente" (estremamente elementare! non sono un animista  ;D ) anche nell'atomo di idrogeno è che anch'esso "elabora" le informazioni, interagisce con il suo ambiente, ha comportamenti regolari, redistribuisce la sua energia ecc. Alcuni per esempio stanno pensando che l'intero universo possa essere paragonato ad un "computer quantistico" (non sono d'accordo visto che l'uomo è ben più sviluppato di un computer quantistico e dei fenomeni inanimati). Quindi se ci pensi l'idea secondo me non è così balzana come sembra. Anche perchè se non ammetti l'esistenza della mente negli enti inanimati crolla il parallellismo psico-fisico. Se sparisse tutta la vita senziente nel cosmo dovrebbe sparire anche l'"attributo" mentale dell'universo e rimarrebbe solo quello "materiale". Non credo che tu sostieni questo.
CitazioneMa che significa "mente non senziente"?
MI sembra una contraddizione.
Il computer ha il suo modo di trattare algoritmicamente  l' "informazione" (in senso tecnico, non come sapere consapevole) come il cervello ha il suo.
Ma i trattamenti algoritmici di informazioni sono eventi fisici "regolari" esattamente come tutti gli altri, compresi quelli riguardanti gli atomi di idrogeno; e solo degli eventi degli animali (comportamenti finalizzati) mi sembra ragionevole ipotizzare che possano essere "accompagnati da" coscienza.

Non mi sembra che ammettere che solo a determinati casi del divenire del noumeno (soggetti di coscienza; corrispondenti fenomenicamente* alla vita di animali vista** da altri animali) e non ad altro corrispondano esperienze fenomeniche coscienti: l' ipotesi mi sembra stia bene in piedi malgrado la negazione (o per lo meno la sospensione del giudizio, trattandosi di cose malcomprensibili) di coscienza nel resto del noumeno stesso.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 25 Novembre 2017, 15:31:59 PM
@sgiombo anzitutto ti ringrazio del compiacimento  :) comunque lasciami puntualizzare un paio di cose.


SGIOMBO


CitazioneSecondo me fraintendi e non concordi con me.
Infatti per me non siano morali perché condizionati estrinsecamente (se lo siamo al punto di essere costretti ad agire o non agire, responsabile del nostro agire o meno sarebbe evidentemente chi ci costringe e non noi: per me se non potessimo (e quando di fatto non possiamo) "fare quello che vogliamo" non avrebbe alcun senso parlare d'etica; a nostro riguardo), ma perché intrinsecamente condizionati (dalle mostre qualità etiche, più o meno buone o cattive, per l' appunto, e non dal caso).


APEIRON

Non sono più convinto di ciò che ho detto poco fa, lo ammetto  ;D in sostanza il mio discorso era: se fossimo onnipotenti (se fossimo "liberi di fare ciò che vogliamo e di volere ciò che vogliamo") allora saremo "oltre la morale" in quanto "possiamo fare ciò che vogliamo". In realtà questo è banalmente falso se si ritiene che alcune azioni sono "giuste" e altre "no". Chiedo perdono dell'errore   ;D 

Ad ogni modo ritengo che le nostre qualità etiche siano condizionate da molti fattori sia esterni che interni (non a caso per esempio dopo un dialogo con un'altra persona posso cambiare). Se il mio carattere fosse "incondizionato" questo mutamento dipenderebbe solo dalla mia volontà. Il che ha come "infelice" esito che in questo caso potrei anche decidere di non imparare ad essere "buono". Quindi "fortunatamente" siamo "condizionati"!

La critica che muovevo al "determinismo" (concordo che "fatalismo" è un termine un po' brutto, però non riesco a trovare un termine che includa tutte quelle filosofie che negano la libertà del volere) era che in realtà non abbiamo alcun potere di mutare le nostre qualità in quanto non appena scegliamo di mutare in realtà la nostra scelta di mutare è "necessaria" secondo l'ordine degli eventi (necessaria né più né meno del movimento delle palle da biliardo...). E se c'è il parallellismo tra mente e materia allora anche i nostri pensieri in realtà sono "inevitabili". Di certo nel caso del determinismo si può avere una "crescita" però in realtà anche tale crescite è inevitabile. Così come è inevitabile il mio eventuale regresso ad uno stato meno "moralmente" elevato e così via. Tutto è inevitabile e rigido.

Quello che non mi torna è proprio questa "inevitabilità" portata al (logico) estremo.


SGIOMBO


CitazioneMa che significa "mente non senziente"?
MI sembra una contraddizione.
Il computer ha il suo modo di trattare algoritmicamente  l' "informazione" (in senso tecnico, non come sapere consapevole) come il cervello ha il suo.
Ma i trattamenti algoritmici di informazioni sono eventi fisici "regolari" esattamente come tutti gli altri, compresi quelli riguardanti gli atomi di idrogeno; e solo degli eventi degli animali (comportamenti finalizzati) mi sembra ragionevole ipotizzare che possano essere "accompagnati da" coscienza.

Non mi sembra che ammettere che solo a determinati casi del divenire del noumeno (soggetti di coscienza; corrispondenti fenomenicamente* alla vita di animali vista** da altri animali) e non ad altro corrispondano esperienze fenomeniche coscienti: l' ipotesi mi sembra stia bene in piedi malgrado la negazione (o per lo meno la sospensione del giudizio, trattandosi di cose malcomprensibili) di coscienza nel resto del noumeno stesso.


APEIRON
La cosa che può avvicinarsi di più a "mente non senziente" è la mente che "rimane" quando dormiamo senza sogni (anche in questo caso in fin dei conti processiamo le informazioni e reagiamo all'ambiente), solo che chiaramente un atomo non può "svegliarsi" ;D  a causa della nostra "autocoscienza" ovviamente non ci è possibile "immaginarci" tale stato, così come abbiamo difficoltà ad immaginarci quando dormiamo senza sognare. Quando tu dici che la coscienza (che per te è sinonimo di mente) è presente sono negli animali (e nell'uomo) mi sembra di trovare una "rottura di simmetria" (  ;D ) tra i due aspetti (materiale e mentale) del tuo sistema. Quindi se pensi all'evoluzione del Cosmo in cui chiaramente al Big Bang non c'erano animali vuoi dire che la mente è emersa? Se rispondi "sì" non ho nulla da criticarti, solo che in tal caso non puoi più dire che è "parallelismo". Ti prego dunque di chiarire questo punto  ;) per me c'è una sorta di gradazione nell'aspetto mentale e la materia inanimata h aper così dire il grado "minimo" di mente (ovviamente non posso portarti una prova empirica di ciò, semplicemente mi sembra un ragionamento che torna "per simmetria"). Ovviamente è una mia teoria però è anche vero che il buon Spinoza sarebbe, credo, d'accordo ;)




CitazioneMa, da buoni filosofi, dobbiamo cercare "verità" (presunte) che necessariamente non contraddicano le nostre "intuizioni" o non invece la verità quale che sia (sia pure in contrasto con le "nostre" intuizioni?



Concordo. Però secondo me talvolta quando riconosciamo la nostra "limitatezza" possiamo prendere una posizione "ragionevole" quando pare essere particolarmente opportuna  ;) d'altronde ad esempio anche le stesse teorie scientifiche prima esistevano come "speculazioni" (talvolta sembravano piuttosto assurde) e dopo sono state ben formalizzate (anche se ammetto che in questo caso la situazione è diversa  ;D ).



Su Schopenhuer è famosa la sua "citazione" attribuitagli da Einstein (non credo che sia "letterale" ma comunque non è una descrizione errata del suo pensiero). "Noi siamo liberi di fare quello che vogliamo, ma non siamo liberi di volere ciò che vogliamo". Secondo me invece in parte siamo sia liberi di volere ciò che vogliamo che liberi di fare ciò che vogliamo ;)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 25 Novembre 2017, 17:29:57 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
Conosco e trovo applicabile ai problemi pratici e filosofici che mi si pongono la logica (bivalente?) che non ammette contraddizioni.
Se esistono altre logiche polivalenti e ti interessa discuterne con me (sapere cosa ne penso; se penso che siano applicabili ai problemi del libero arbitrio, determinismo, etica, ecc., e come) dovresti previamente darmene un' adeguata illustrazione,
Non ho le competenze per farlo, le studiai molti anni fa da autodidatta; tuttavia mi permetto di consigliarle perché le ho trovate molto "illuminanti"...

Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
E come mai, di grazia, l' "altra prospettiva" riuscirebbe (N.B.: non pretenderebbe! Senza riuscirci) a coniugare libero arbitrio e determinismo?
(E che ci sia chi lo pretende -erroneamente!- lo so già, grazie: non é una risposta a questa domanda, e non ho alcun bisogno che me lo dica un' ennesima volta ancora).
Sono incline al determinismo materialista (senza nostalgia della trascendenza); se quindi mi chiedi spiegazioni sull'"altra prospettiva", non posso che rimandarti a chi la "abita" dall'interno  :)

Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
Io invece mi stupirei tantissimo (peraltro questo é un periodo ipotetico dell' irrealtà)
Perdona la pedanteria, ma mi pare sia un periodo ipotetico della possibilità (e questo è un assist per le logiche polivalenti  ;) ).
Comunque, dicevi:
Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
Io invece mi stupirei tantissimo [...] se in un cervello (che é nella coscienza* di chi lo osserva), anziché o in aggiunta a neuroni, assoni, sinapsi ecc., si trovasse qualche elemento della coscienza**  del "titolare" di tale cervello (che assurdamente dovrebbe autocontraddittoriamente essere parte della diversa, altra coscienza* dell' osservatore del cervello stesso).
Personalmente non riscontro nessuna contraddizione/assurdità nell'ipotesi che elementi di una coscienza siano percepiti da altre coscienze esterne (con il dovuto slittamento di vissuto): se osservo qualcuno soffrire, osservo il suo vissuto doloroso, il suo essere cosciente del dolore, ma è chiaro che io non senta "in prima persona" il suo dolore. Nella mia "coscienza" (uso il tuo linguaggio, sospendendo la richiesta di definizioni linguistiche ;) ) entra anche il dolore che lui prova nella sua coscienza, sebbene, ovviamente, per me risulta "in terza persona". Quindi l'elemento "dolore" della sua coscienza non è inaccessibile alla mia, è solo localizzato (inevitabilmente) fuori dal mio corpo, "in terza persona".
Oppure penso alla già citata memoria: nessuno dall'esterno può "sfogliare" la mia memoria (almeno credo! ;D ), ma ciò non toglie che (azzardo) la mia memoria sia localizzata materialmente da qualche parte nel mio cervello, nell'"area x" che può entrare nelle coscienze altrui; anche se, ovviamente, non la vivranno "in prima persona" dall'interno come faccio io, bensì dall'esterno, in "terza".
Se invece intendi semplicemente dire che i vissuti personali non possono essere vissuti "in prima persona" anche dagli altri, non capisco come ciò falsifichi l'ipotesi che il software "coscienza" sia installato fisicamente nel nostro cervello.

Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
La trascendenza é relativa, non monadica: é il rapporto fra cervello (neurologia) ed esperienza.
"Strumentalizzare" una trascendenza è sempre una mossa "vincente" (è una constatazione, non una critica  :) ) perché non può essere falsificata: l'agire di una trascendenza è solo ipotizzabile, consente quindi di passare dall'osservazione di un evento ad una sua spiegazione "fideistica". Oppure si può dire che è possibile studiare la trascendenza come l'immanenza?  ;)
Come dimostrare che in ogni questione irrisolta, la risposta non sia in fondo il portentoso "passepartout della trascendenza"?  ;D
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 25 Novembre 2017, 18:43:18 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 11:37:53 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 18:42:37 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 16:38:08 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 15:52:18 PM
Nell' ambito dell' esperienza cosciente del neurologo é il neurone (i neuroni) che determina (-no) le contrazioni muscolari atte a fare agire il piede sul pedale del freno.
Invece nell' ambito della mia esperienza cosciente accade la sensazione del rosso del semaforo e conseguentemente la decisione di schiacciare il pedale del freno; ma questo non ha alcun effetto sul mio piede, che si muove unicamente in conseguenza degli eventi neurofisiologici del mio cervello (ai quali la mia visione del semaforo rosso e la mia decisione di frenare corrispondono separatamente, senza interagirvi casualmente ma per così dire "accadendo in parallelo" ad essi, nella mia coscienza).


Ma questa è una tua interpretazione. Facciamo il caso che i tempi di visualizzazione non siano sfasati (come negli esperimenti Libet) ma in parallelo, come dici tu (evidentemente hai sotto mano altri esperimenti che dicono che vanno in parallelo). Cerchiamo di capire e di visualizzare i nostri punti di vista.

Abbiamo due neuroni (per semplicità faccio finta che ce ne siano solo due) uno è il neurone del rosso uno è il neurone che parte per schiacciare il piede sul freno.

Ora secondo te il neurone del rosso è conseguente al neurone del "freno" o va in parallelo? Se va in parallelo come fa ad attivarsi il neurone del freno se non è ancora visibile (in modo cosciente) il rosso? Tu sei su una strada in lontananza vedi un semaforo verde. Il neurone del freno si attiva quando il semaforo è rosso oppure quando è ancora verde?

Si possono trovare varie possibilità:
1) il neurone del freno si attiva prima del neurone del rosso, ma evidentemente se si attiva prima vuol dire che il neurone del freno ha visto gia l'attivazione del rosso. Ovvero il neurone del freno ha una visione cieca. Ammetiamo che la sequenza temporale fra verde e rosso sia oggettiva, avremmo una risposta soggettiva diretta (ovvero in parallelo) a cui manca la visione del rosso. E' questo che vuoi dire? Questo è quello che dice Libet che tu dici essere superato.

2) il neurone del freno e del rosso si attivano contemporaneamente e istantaneamente al cambiamento del segnale luminoso. Se tutto fosse istantaneo e in parallelo, come mi sembra tu abbia detto, il neurone del freno si comporterebbe in modo simile al primo caso, in quanto il neurone del rosso non ha il tempo per segnalare al neurone del freno di attivarsi. Quindi il neurone del freno ha una visione cieca del segnale rosso.

3) Al cambiamento del segnale luminoso esiste una frazione di secondo (come mi sembra anche giusto che sia) che passa fino a che il segnale luminoso arrivi dalle parti della nostra retina. E' possibile quindi che il segnale, dovuto ad un certo meccanismo che abbiamo imparato a gestire in modo automatico, vada prima a colpire il neurone del freno e poi di rimando anche a quello della nostra sensazione del rosso. Un volta che il neurone del freno è gia partito, deve fare un certo tragitto prima che dia l'effettivo movimento al piede, nel frattempo si attiva anche quello della sensazione cosciente. A questo punto due sono le cose a) la sensazione del rosso può disattivare il neurone del freno (ad esempio perche si pensa che le condizioni a contorno permettono di passare anche con il rosso e qui torniamo alla questione della responsabilità responsabilità) per cui ha comunque un ruolo attivo alla decisione finale b) il neurone del rosso arriva in ritardo, cioè dopo che il neurone del freno ha gia fatto quello per cui è predisposto a fare, cioè spingere il piede sul freno per frenare l'automobile.

In seguito a queste tre differenti considerazioni, torniamo invece al secondo parallelismo per guardare le varie possibilità.
Il secondo parallelismo (quello che mi sembra tu abbia voluto ricordare in modo piu preciso) riguarda invece la sostanza dell'informazione partendo dallo stesso oggetto. Ovvero il neurone del rosso è un oggetto che si muove nel cervello per il neuroscienziato, ma è anche (in parallelo) l'esperienza cosciente del rosso. Tu stabilisci una certa parità tra le due  informazione poiche presumi che l'oggetto sia lo stesso. Io invece concludo dicendo che il neurone del rosso che attiva l'esperienza del rosso, ha una informazione diversa e piu dettagliata della sostanza che trasporta. Quindi finisco dicendo che la stessa sostanza (il neurone) comporta per il neurologo un certo quantitativo di informazione ma non tutta l'informazione che vi è contenuta, la quale è elaborata con precisione dall'esperienza del rosso. Questa esperienza può, anzi deve essere determinante per un cambiamento dell'esito finale (o per lo meno questa è la mia tesi). Dove infatti il neurologo vede soltanto un neurone esso non è solo un neurone, per cui non può avere l'intera informazione che gli serve per prevedere in modo deterministico il risultato.
Attenzione che io non sostengo che il risultato finale sia un risultato indeterministico in senso ontologico, in quanto l'informazione contenuta all'interno del neurone che attiva l'esperienza del rosso, è essa stessa oggettiva, solo che trattasi di una variabile con incognita.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 25 Novembre 2017, 20:36:57 PM
Citazione di: Apeiron il 25 Novembre 2017, 15:31:59 PM
Ad ogni modo ritengo che le nostre qualità etiche siano condizionate da molti fattori sia esterni che interni (non a caso per esempio dopo un dialogo con un'altra persona posso cambiare). Se il mio carattere fosse "incondizionato" questo mutamento dipenderebbe solo dalla mia volontà. Il che ha come "infelice" esito che in questo caso potrei anche decidere di non imparare ad essere "buono". Quindi "fortunatamente" siamo "condizionati"!

La critica che muovevo al "determinismo" (concordo che "fatalismo" è un termine un po' brutto, però non riesco a trovare un termine che includa tutte quelle filosofie che negano la libertà del volere) era che in realtà non abbiamo alcun potere di mutare le nostre qualità in quanto non appena scegliamo di mutare in realtà la nostra scelta di mutare è "necessaria" secondo l'ordine degli eventi (necessaria né più né meno del movimento delle palle da biliardo...).
CitazioneMa il fatto che sia "necessaria" secondo l'ordine degli eventi (necessaria né più né meno del movimento delle palle da biliardo...), non ne fa una scelta meno nostra, di cui saremmo meno responsabili (noi non siano meno "noi" per il fatto di esserlo necessariamente, anzi!): ed é anzi appunto per questo che ne siamo responsabili e ne assumiamo il merito o la colpa, per il fatto che dipende necessariamente (e non aleatoriamente) dalle nostre qualità morali e non dal caso esattamente come il movimento della palla da biliardo dipende necessariamente (e non aleatoriamente) dalla sua massa, dalla forza di gravità, dall' energia e dalla direzione con cui é stata colpita e non dal caso.



E se c'è il parallellismo tra mente e materia allora anche i nostri pensieri in realtà sono "inevitabili". Di certo nel caso del determinismo si può avere una "crescita" però in realtà anche tale crescite è inevitabile. Così come è inevitabile il mio eventuale regresso ad uno stato meno "moralmente" elevato e così via. Tutto è inevitabile e rigido.

Quello che non mi torna è proprio questa "inevitabilità" portata al (logico) estremo.
CitazioneA me pare che così stiano le cose e non si si possa far niente.
Ma il fatto che così stiano le cose e non si si possa far niente include il fatto che chi é (necessariamente) generoso e magnanimo (necessariamente) agisce bene, chi é (necessariamente) gretto e meschino (necessariamente) agisce male, che chi ha (necessariamente) una grande forza di volontà compia (necessariamente) sforzi "eroici", chi é (necessariamente) una "pappamolla" (necessariamente) subisce passivamente di tutto di più, ecc. (l' avverbio tra parentesi non mi sembra poi così importante).






SGIOMBO





APEIRON
La cosa che può avvicinarsi di più a "mente non senziente" è la mente che "rimane" quando dormiamo senza sogni (anche in questo caso in fin dei conti processiamo le informazioni e reagiamo all'ambiente), solo che chiaramente un atomo non può "svegliarsi" ;D  a causa della nostra "autocoscienza" ovviamente non ci è possibile "immaginarci" tale stato, così come abbiamo difficoltà ad immaginarci quando dormiamo senza sognare. Quando tu dici che la coscienza (che per te è sinonimo di mente) è presente sono negli animali (e nell'uomo) mi sembra di trovare una "rottura di simmetria" (  ;D ) tra i due aspetti (materiale e mentale) del tuo sistema. Quindi se pensi all'evoluzione del Cosmo in cui chiaramente al Big Bang non c'erano animali vuoi dire che la mente è emersa? Se rispondi "sì" non ho nulla da criticarti, solo che in tal caso non puoi più dire che è "parallelismo". Ti prego dunque di chiarire questo punto  ;) per me c'è una sorta di gradazione nell'aspetto mentale e la materia inanimata h aper così dire il grado "minimo" di mente (ovviamente non posso portarti una prova empirica di ciò, semplicemente mi sembra un ragionamento che torna "per simmetria"). Ovviamente è una mia teoria però è anche vero che il buon Spinoza sarebbe, credo, d'accordo ;)
CitazioneMa per me il dormire senza sogni é "nulla di cosciente", essendo, come ben dici, per me  la coscienza sinonimo di mente; ma anche di sensazioni materiali).
 
Sì, certamente, al contrario del pampsichismo, ammettere coscienza fenomenica in corrispondenza solo di parte e non di tutto il divenire del noumeno é asimmetrico.
Ma, tenendo comunque conto che parlare del noumeno oltre il "minimo sindacalmente indispensabile" per spiegarci i fenomeni che viviamo, é comunque qualcosa di "molto "arrischiato" (in termini di sua possibile verità o falsità, se non addirittura di sua effettiva comprensibilità o sensatezza), mi sembrerebbe più ragionevole che il pampsichismo; soprattutto per la inevitabile "arbitrarietà mereologica" per la quale la "realtà indistinta o grezza considerata in toto" può essere "ritagliata" fra diversi enti ad libitum, in "un' infinità" di maniere anche reciprocamente alternative (oltre che complementari): in che senso un' atomo del mio cervello potrebbe essere soggetto di una pur effimera esperienza cosciente, ma anche la molecola di cui fa parte potrebbe essere essere soggetto di un' altra esperienza cosciente, e così pure la cellula che contiene la molecola, e anche il tessuto di cui fa parte la cellula, ecc.?





Su Schopenhuer è famosa la sua "citazione" attribuitagli da Einstein (non credo che sia "letterale" ma comunque non è una descrizione errata del suo pensiero). "Noi siamo liberi di fare quello che vogliamo, ma non siamo liberi di volere ciò che vogliamo". Secondo me invece in parte siamo sia liberi di volere ciò che vogliamo che liberi di fare ciò che vogliamo ;)
CitazioneQui invece concordo con Schopenhauer (e credo di poter dire con Spinoza, oltre che probabilmente  con Einstein, se la sua dubbia citazione era accompagnata da consenso da parte sua, come sarei propenso a credere: "Dio non gioca a dadi"!).
 
 
Ma lascia che a mia volta mi compiaccia nuovamente con te per il tuo dialogare correttamente e costruttivamente, senza "svicolare" o "menare il can per l' aia" o "cambiare le carte in tavola", essendo anche disposto a cambiare opinione se razionalmente convinto (ovviamente cerco di fare così anch' io, per quanto mi é possibile).
Discutere con te é un vero piacere!
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 25 Novembre 2017, 20:49:40 PM
Citazione di: Phil il 25 Novembre 2017, 17:29:57 PM


Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
E come mai, di grazia, l' "altra prospettiva" riuscirebbe (N.B.: non pretenderebbe! Senza riuscirci) a coniugare libero arbitrio e determinismo?
(E che ci sia chi lo pretende -erroneamente!- lo so già, grazie: non é una risposta a questa domanda, e non ho alcun bisogno che me lo dica un' ennesima volta ancora).
Sono incline al determinismo materialista (senza nostalgia della trascendenza); se quindi mi chiedi spiegazioni sull'"altra prospettiva", non posso che rimandarti a chi la "abita" dall'interno  :) 
CitazioneQuindi "stavolta" sembrerebbe (ma non si sa mai...) che concordi con me, per quanto un po' poco convintamente (sei "incline" a farlo).





Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
Io invece mi stupirei tantissimo (peraltro questo é un periodo ipotetico dell' irrealtà)
Perdona la pedanteria, ma mi pare sia un periodo ipotetico della possibilità (e questo è un assist per le logiche polivalenti  ;) ).
CitazioneDissento: ribadisco che per me é assolutamente "dell' impossibilità", per le considerazioni di logica (bivalente) da me più volte esposte.
Ma se per te é possibile gradirei che argomentassi come.



Comunque, dicevi:
Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
Io invece mi stupirei tantissimo [...] se in un cervello (che é nella coscienza* di chi lo osserva), anziché o in aggiunta a neuroni, assoni, sinapsi ecc., si trovasse qualche elemento della coscienza**  del "titolare" di tale cervello (che assurdamente dovrebbe autocontraddittoriamente essere parte della diversa, altra coscienza* dell' osservatore del cervello stesso).
Personalmente non riscontro nessuna contraddizione/assurdità nell'ipotesi che elementi di una coscienza siano percepiti da altre coscienze esterne (con il dovuto slittamento di vissuto): se osservo qualcuno soffrire, osservo il suo vissuto doloroso, il suo essere cosciente del dolore, ma è chiaro che io non senta "in prima persona" il suo dolore.
CitazioneAppunto, questo non é affatto il fatto che elementi di una coscienza siano percepiti da altre coscienze esterne (con il dovuto slittamento di vissuto): tu osservi dall' esterno, intersoggettivamente, "in terza persona" non il suo vissuto doloroso, il suo essere cosciente del dolore, ma lui, col suo cervello e il suo comportamento (non provi il suo dolore, ma casomai un tuo dolore, suscitato empaticamente dal suo di cui hai notizia ma che non senti in prima persona: sarebbe "tuo" e non "suo"); infatti, come dici bene, è chiaro che tu non senta "in prima persona" dall' interno, soggettivamente il suo dolore, ché altrimenti assurdamente la sua coscienza sarebbe nella tua coscienza, senza soluzione di continuità con la tua, mentre logicamente (bivalentemente) non può che esserne fuori", ben distinta, in discontinuità, in trascendenza.



Nella mia "coscienza" (uso il tuo linguaggio, sospendendo la richiesta di definizioni linguistiche ;) ) entra anche il dolore che lui prova nella sua coscienza, sebbene, ovviamente, per me risulta "in terza persona".

Quindi l'elemento "dolore" della sua coscienza non è inaccessibile alla mia, è solo localizzato (inevitabilmente) fuori dal mio corpo, "in terza persona".
CitazioneQuindi l'elemento "dolore" della sua coscienza è inaccessibile alla tua, è solo la tua conoscenza del fatto che esista (per la sua mimica e il suo comportamento e/o le sue parole, senza le quali non ne sapresti nulla: infatti non lo provi!) che é localizzata (inevitabilmente) fuori dalla sua coscienza, "in terza persona".




Oppure penso alla già citata memoria: nessuno dall'esterno può "sfogliare" la mia memoria (almeno credo! ;D ), ma ciò non toglie che (azzardo) la mia memoria sia localizzata materialmente da qualche parte nel mio cervello, nell'"area x" che può entrare nelle coscienze altrui; anche se, ovviamente, non la vivranno "in prima persona" dall'interno come faccio io, bensì dall'esterno, in "terza".
CitazioneE' ivi localizzata nel senso che se non ci fossero determinate esperienze acquisite per esperienza dal tuo cervello (in altre coscienze**) nella tua coscienza* non potrebbero esserci i ricordi che vi possono essere evocati parallelamente a determinati eventi neurofisiologici accadenti nel tuo cervello (in altre coscienze**).



Se invece intendi semplicemente dire che i vissuti personali non possono essere vissuti "in prima persona" anche dagli altri, non capisco come ciò falsifichi l'ipotesi che il software "coscienza" sia installato fisicamente nel nostro cervello.
CitazionePer il semplice fatto che il software "comportamento impropriamente detto cosciente", installato fisicamente nel cervello di chi tu osservi nella tua esperienza cosciente** non é affatto la coscienza* del "titolare" di tale cervello che stai osservando, ma ben altra, diversa cosa con essa necessariamente coesistente e biunivocamente corrispondente.



Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
La trascendenza é relativa, non monadica: é il rapporto fra cervello (neurologia) ed esperienza.
"Strumentalizzare" una trascendenza è sempre una mossa "vincente" (è una constatazione, non una critica  :) ) perché non può essere falsificata: l'agire di una trascendenza è solo ipotizzabile, consente quindi di passare dall'osservazione di un evento ad una sua spiegazione "fideistica". Oppure si può dire che è possibile studiare la trascendenza come l'immanenza?  ;)
Come dimostrare che in ogni questione irrisolta, la risposta non sia in fondo il portentoso "passepartout della trascendenza"?  ;D
CitazioneNon capisco proprio la faccenda della "strumentalizzazione".
Che le mie ipotesi sul noumeno e sulle altre esperienze fenomeniche coscienti non siano dimostrabili né falsificabili) l' ho sempre sostenuto chiarissimamente per primo io stesso.
Quel che é certamente falso (credo di aver dimostrato) é che le esperienze coscienti siano nei cervelli, mentre in realtà sono i cervelli ad essere nelle esperienze coscienti.
 
La trascendenza della coscienza rispetto alla materia, nelle mie argomentazioni, non é un portentoso "passepartout", ma una condizione necessaria, indispensabile per salvaguardare la chiusura causale del mondo fisico (in alternativa a logicamente -secondo la logica bivalente- assurde identificazioni di coscienza e cervello o pretese di trovare coscienze in cervelli o eliminazioni della coscienza,).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 25 Novembre 2017, 21:22:06 PM
per sgiombo

scusa mi dispiace ripertelo, ma il modo in cui usi il forum non è adeguato alla facilità di lettura.

Sto facendo uno sforzo, ma leggendo anche solo quello che scrivi appena sopra questo mio intervento non si capisce a cosa stai rispondendo e quali sono i tuoi interventi. Non mi sembra molto complicato usare il forum in modo adeguato...basta mettere la barra della tua risposta al di sotto della citazione. Rendere la tua risposta essa stessa una citazione è errato e comporta un aumento di confusione. Spero tu comprenda che questa procedura è necessaria per rendere fluida e allo stesso tempo comprensibile la lettura.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 25 Novembre 2017, 21:24:46 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 25 Novembre 2017, 18:43:18 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 11:37:53 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 18:42:37 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 16:38:08 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 15:52:18 PM
Nell' ambito dell' esperienza cosciente del neurologo é il neurone (i neuroni) che determina (-no) le contrazioni muscolari atte a fare agire il piede sul pedale del freno.
Invece nell' ambito della mia esperienza cosciente accade la sensazione del rosso del semaforo e conseguentemente la decisione di schiacciare il pedale del freno; ma questo non ha alcun effetto sul mio piede, che si muove unicamente in conseguenza degli eventi neurofisiologici del mio cervello (ai quali la mia visione del semaforo rosso e la mia decisione di frenare corrispondono separatamente, senza interagirvi casualmente ma per così dire "accadendo in parallelo" ad essi, nella mia coscienza).



Il dubbio:
Ma questa è una tua interpretazione.
CitazioneSgiombo:
MI sembra l' unica compatibile con la chiusura causale del mondo fisico, e dunque con la sua conoscibilità scientifica.

Il Dubbio:
Facciamo il caso che i tempi di visualizzazione non siano sfasati (come negli esperimenti Libet) ma in parallelo, come dici tu (evidentemente hai sotto mano altri esperimenti che dicono che vanno in parallelo). Cerchiamo di capire e di visualizzare i nostri punti di vista.

Abbiamo due neuroni (per semplicità faccio finta che ce ne siano solo due) uno è il neurone del rosso uno è il neurone che parte per schiacciare il piede sul freno.

Ora secondo te il neurone del rosso è conseguente al neurone del "freno" o va in parallelo? Se va in parallelo come fa ad attivarsi il neurone del freno se non è ancora visibile (in modo cosciente) il rosso? Tu sei su una strada in lontananza vedi un semaforo verde. Il neurone del freno si attiva quando il semaforo è rosso oppure quando è ancora verde?
CitazioneSgiombo:
Infatti, parallelamente (contemporaneamente) alla visione nella mia coscienza* del rosso e poi alla decisione di frenare, in coscienze** di osservatori del mio cervello prima "si attiva il neurone della visione del rosso" che "attiva (poi) quello della decisione di frenare".

Il Dubbio:
Si possono trovare varie possibilità:
1) il neurone del freno si attiva prima del neurone del rosso, ma evidentemente se si attiva prima vuol dire che il neurone del freno ha visto gia l'attivazione del rosso. Ovvero il neurone del freno ha una visione cieca. Ammetiamo che la sequenza temporale fra verde e rosso sia oggettiva, avremmo una risposta soggettiva diretta (ovvero in parallelo) a cui manca la visione del rosso. E' questo che vuoi dire? Questo è quello che dice Libet che tu dici essere superato.
CitazioneSgiombo:
Assurdo!

Il Dubbio:
2) il neurone del freno e del rosso si attivano contemporaneamente e istantaneamente al cambiamento del segnale luminoso. Se tutto fosse istantaneo e in parallelo, come mi sembra tu abbia detto, il neurone del freno si comporterebbe in modo simile al primo caso, in quanto il neurone del rosso non ha il tempo per segnalare al neurone del freno di attivarsi. Quindi il neurone del freno ha una visione cieca del segnale rosso.
CitazioneSgiombo:
Assurdo (e non l'ho detto)!

Come prima vedo il rosso e poi freno (tutto ciò nella mia coscienza*), così nel mio cervello prima é attivo "il neurone del vedere rosso" e poi ("attivato da questo") é attivo il neurone del frenare (tutto ciò nelle coscienze** di chi osservasse il mio cervello)
r frenare l'automobile. 
IL Dubbio:
3) Al cambiamento del segnale luminoso esiste una frazione di secondo (come mi sembra anche giusto che sia) che passa fino a che il segnale luminoso arrivi dalle parti della nostra retina. E' possibile quindi che il segnale, dovuto ad un certo meccanismo che abbiamo imparato a gestire in modo automatico, vada prima a colpire il neurone del freno e poi di rimando anche a quello della nostra sensazione del rosso.

Un volta che il neurone del freno è gia partito, deve fare un certo tragitto prima che dia l'effettivo movimento al piede, nel frattempo si attiva anche quello della sensazione cosciente. A questo punto due sono le cose a) la sensazione del rosso può disattivare il neurone del freno (ad esempio perche si pensa che le condizioni a contorno permettono di passare anche con il rosso e qui torniamo alla questione della responsabilità responsabilità) per cui ha comunque un ruolo attivo alla decisione finale b) il neurone del rosso arriva in ritardo, cioè dopo che il neurone del freno ha gia fatto quello per cui è predisposto a fare, cioè spingere il piede sul freno per frenare l'automobile. 
CitazioneSgiombo:
Fisiologicamente molto improbabile.
Non é che prima freniamo e dopo vediamo il semaforo rosso!

Il Dubbio:

I seguito a queste tre differenti considerazioni, torniamo invece al secondo parallelismo per guardare le varie possibilità.
Il secondo parallelismo (quello che mi sembra tu abbia voluto ricordare in modo piu preciso) riguarda invece la sostanza dell'informazione partendo dallo stesso oggetto. Ovvero il neurone del rosso è un oggetto che si muove nel cervello per il neuroscienziato, ma è anche (in parallelo) l'esperienza cosciente del rosso.
CitazioneSgiombo:
Nemmeno per sogno!

La mia esperienza del vedere rosso (nella mia coscienza*) é tutt' altra cosa del contemporaneo "movimento del neurone del rosso" (in coscienze** di osservatori del mio cervello, altre, diverse dalla mia*)


Il Dubbio:
Tu stabilisci una certa parità tra le due  informazione poiche presumi che l'oggetto sia lo stesso. Io invece concludo dicendo che il neurone del rosso che attiva l'esperienza del rosso, ha una informazione diversa e piu dettagliata della sostanza che trasporta.
CitazioneSgiombo:
? ?  ?

Il Dubbio
Quindi finisco dicendo che la stessa sostanza (il neurone) comporta per il neurologo un certo quantitativo di informazione ma non tutta l'informazione che vi è contenuta, la quale è elaborata con precisione dall'esperienza del rosso.
Questa esperienza può, anzi deve essere determinante per un cambiamento dell'esito finale (o per lo meno questa è la mia tesi). 

CitazioneSgiombo:
L' esperienza del rosso accade in una coscienza* (la mia), quella del neurone in un' altra coscienza** (quella del neurologo): sono due eventi diversi!

IL Dubbio:
Dove infatti il neurologo vede soltanto un neurone esso non è solo un neurone, per cui non può avere l'intera informazione che gli serve per prevedere in modo deterministico il risultato.
CitazioneSgiombo:
Il neurologo in linea di principio (e di fatto le neuroscienze ne hanno dato spettacolari conferme) può avere (nella sua coscienza**) tutta l' informazione che vuole sul mio cervello, ma la mia esperienza cosciente* del rosso e della decisione di frenare é un' altra, ben diversa "cosa" (ben diversi fatti, in ben diverse coscienze, seppur necessariamente coesistenti)!

Il Dubbio:
Attenzione che io non sostengo che il risultato finale sia un risultato indeterministico in senso ontologico, in quanto l'informazione contenuta all'interno del neurone che attiva l'esperienza del rosso, è essa stessa oggettiva, solo che trattasi di una variabile con incognita.
CitazioneSgiombo:
Nessun neurone (nella coscienza** di chi osservi il mio cervello) attiva (ma casomai vi coesiste e biunivocamente corrisponde) l' esperienza del rosso nella mia coscienza*: l' unica cosa che attiva il "neurone del rosso" é "il neurone" motore che determina lo schiacciamento del pedale del freno (nel mio cervello, presente in coscienze** che lo osservino).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 25 Novembre 2017, 21:30:09 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 25 Novembre 2017, 21:22:06 PM
per sgiombo

scusa mi dispiace ripertelo, ma il modo in cui usi il forum non è adeguato alla facilità di lettura.

Sto facendo uno sforzo, ma leggendo anche solo quello che scrivi appena sopra questo mio intervento non si capisce a cosa stai rispondendo e quali sono i tuoi interventi. Non mi sembra molto complicato usare il forum in modo adeguato...basta mettere la barra della tua risposta al di sotto della citazione. Rendere la tua risposta essa stessa una citazione è errato e comporta un aumento di confusione. Spero tu comprenda che questa procedura è necessaria per rendere fluida e allo stesso tempo comprensibile la lettura.
CitazioneNon nego di essere un imbranato telematico e di "litigare spesso" con la grafica del forum.

Ma finora queste lamentele mi sono giunte solo da te (e ho scritto decine o più probabilmente centinaia di interventi discutendo con decine di interlocutori.
Mi sembra che sia comunque chiaro qali affermazioni siano mie e quali dei miei interlocutori.
Già mi sforzo di scrivere l' autore delle varie affermazioni discutendo con te, e mi costa una certa fatica (e spero che apprezzi la buona volontà); non puoi pretendere che lo faccia sempre con tutti.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 25 Novembre 2017, 21:57:46 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 21:30:09 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 25 Novembre 2017, 21:22:06 PM
CitazioneNon nego di essere un imbranato telematico e di "litigare spesso" con la grafica del forum.

Ma finora queste lamentele mi sono giunte solo da te (e ho scritto decine o più probabilmente centinaia di interventi discutendo con decine di interlocutori.
Mi sembra che sia comunque chiaro qali affermazioni siano mie e quali dei miei interlocutori.
Già mi sforzo di scrivere l' autore delle varie affermazioni discutendo con te, e mi costa una certa fatica (e spero che apprezzi la buona volontà); non puoi pretendere che lo faccia sempre con tutti.

prendi questa mia richiesta come un esperimento. Secondo me tu non stai utilizzando tutta l'informazione contenuta nella tua coscienza. Molte (troppe) cose le fai "automaticamente". Se tu invece prestassi attenzione, mettessi al centro la tua coscienza  troveresti un modo migliore per rendere fluibile la dialettica. Nel precendete messaggio (riguardalo meglio) se uno non fosse il protagonista del discorso non potrebbe capire chi sta rispondendo alla citazione e di chi sia la citazione.
Mi sa che tu hai un'idea della coscienza proporzionale a come la usi.  :-* (è una battuta  ;D )
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 25 Novembre 2017, 22:15:52 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 20:49:40 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
Io invece mi stupirei tantissimo (peraltro questo é un periodo ipotetico dell' irrealtà)
Citazione di: Phil il 25 Novembre 2017, 17:29:57 PM
Perdona la pedanteria, ma mi pare sia un periodo ipotetico della possibilità (e questo è un assist per le logiche polivalenti  ;) ).
Dissento: ribadisco che per me é assolutamente "dell' impossibilità", per le considerazioni di logica (bivalente) da me più volte esposte.
Ma se per te é possibile gradirei che argomentassi come.
Scusa, pensavo tu parlassi dal punto di vista grammaticale: se non erro, il periodo ipotetico "della possibilità" è quello con il condizionale (mi stupirei tantissimo > possibile), il periodo ipotetico "dell'irrealtà" è quello con il condizionale passato (mi sarei stupito tantissimo > ma non è accaduto, irrealtà).
Ti ho preso troppo alla lettera  ;D


Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 20:49:40 PM
Citazione di: Phil il 25 Novembre 2017, 17:29:57 PM
Se invece intendi semplicemente dire che i vissuti personali non possono essere vissuti "in prima persona" anche dagli altri, non capisco come ciò falsifichi l'ipotesi che il software "coscienza" sia installato fisicamente nel nostro cervello.
Per il semplice fatto che il software "comportamento impropriamente detto cosciente", installato fisicamente nel cervello di chi tu osservi nella tua esperienza cosciente** non é affatto la coscienza* del "titolare" di tale cervello che stai osservando, ma ben altra, diversa cosa con essa necessariamente coesistente e biunivocamente corrispondente.
Non afferro: il fatto che io non possa osservare la coscienza di un altro dall'interno, in prima persona, dimostra che la sua coscienza non ha radice materiale? Ciò sarebbe vero se (e solo se) fosse vero il presupposto che tutto ciò che è materiale sia già stato osservato... e la storia della scienza ci insegna che non è affatto così, anzi, il progresso scientifico della conoscenza del corpo umano è basato proprio sulla capacità di osservare ciò che fino ad un giorno prima non si riteneva possibile osservare (magari etichettandolo come trascendente  ;)  ).
Il dolore, ad esempio, è tutto materiale (dalla terminazione nervosa interessata fino al cervello), anche se il vissuto della sua esperienza diretta, in prima persona, è riservata inevitabilmente solo al diretto interessato (ma non per questo diciamo che la sofferenza è trascendente, è solo una sensazione vissuta individualmente, giusto?).
Nel mio piccolo, la tua dimostrazione non mi convince, e concordo con te solo in parte; ci separa il tuo postulare una coscienza trascendente, estranea al determinismo materiale, che quindi nel tuo caso diventa "determinismo parziale" poiché lascia fuori dalla sua chiusura qualcosa...

Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 20:49:40 PM
La trascendenza della coscienza rispetto alla materia, nelle mie argomentazioni, non é un portentoso "passepartout", ma una condizione necessaria, indispensabile per salvaguardare la chiusura causale del mondo fisico
Al contrario, se posso dissentire, la trascendenza impedisce la chiusura del mondo fisico, esattamente nel "punto" in cui tale trascendenza dovrebbe far irruzione nel mondo fisico per condizionarlo (v. presunta "coscienza"  ;) ). Il mondo fisico è chiuso se non ha spiragli e spifferi che si insinuano dall'esterno non-fisico... la "condizione necessaria"(cit.) della trascendenza la considero (opinione mia :) ) un "passepartout" perché è infalsificabile ed è necessaria solo se si deve trovare subito una risposta a qualunque interrogativo (non parlo di te, è propria del filosofo l'estrema difficoltà a ristagnare troppo nel "non so", sarà questione di horror vacui?  ;D )
Restano intanto ancora aperte le domande:
Citazione di: Phil il 25 Novembre 2017, 17:29:57 PM
si può dire che è possibile studiare la trascendenza come l'immanenza?  ;)
Come dimostrare che in ogni questione irrisolta, la risposta non sia in fondo il portentoso "passepartout della trascendenza"?
D'altronde, la storia ci suggerisce che la trascendenza è sempre tale... fino a prova contraria  ;D
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:13:17 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 25 Novembre 2017, 21:57:46 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 21:30:09 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 25 Novembre 2017, 21:22:06 PM
CitazioneNon nego di essere un imbranato telematico e di "litigare spesso" con la grafica del forum.

Ma finora queste lamentele mi sono giunte solo da te (e ho scritto decine o più probabilmente centinaia di interventi discutendo con decine di interlocutori.
Mi sembra che sia comunque chiaro qali affermazioni siano mie e quali dei miei interlocutori.
Già mi sforzo di scrivere l' autore delle varie affermazioni discutendo con te, e mi costa una certa fatica (e spero che apprezzi la buona volontà); non puoi pretendere che lo faccia sempre con tutti.

Il Dubbio:
prendi questa mia richiesta come un esperimento. Secondo me tu non stai utilizzando tutta l'informazione contenuta nella tua coscienza. Molte (troppe) cose le fai "automaticamente". Se tu invece prestassi attenzione, mettessi al centro la tua coscienza  troveresti un modo migliore per rendere fluibile la dialettica. Nel precendete messaggio (riguardalo meglio) se uno non fosse il protagonista del discorso non potrebbe capire chi sta rispondendo alla citazione e di chi sia la citazione.
Mi sa che tu hai un'idea della coscienza proporzionale a come la usi.  :-* (è una battuta  ;D )
CitazioneRisposta di Sgiombo:

Altra battuta da parte mia:

Mi sa che tu cerchi troppo il pelo nell' uovo e trascuri la sostanza delle cose per dare troppa importanza alle apparenze (a parte il fatto che secondo me é importante capire e valutare se corretto ciò che si legge in prima istanza, anche per evitare di interpretarlo pregiudizialmente, indipendentemente da chi lo scrive; cosa che può essere necessaria per meglio comprendere e criticare solo in determinati casi).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
Citazione di: Phil il 25 Novembre 2017, 22:15:52 PM


Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 20:49:40 PM
Citazione di: Phil il 25 Novembre 2017, 17:29:57 PM
Se invece intendi semplicemente dire che i vissuti personali non possono essere vissuti "in prima persona" anche dagli altri, non capisco come ciò falsifichi l'ipotesi che il software "coscienza" sia installato fisicamente nel nostro cervello.
Per il semplice fatto che il software "comportamento impropriamente detto cosciente", installato fisicamente nel cervello di chi tu osservi nella tua esperienza cosciente** non é affatto la coscienza* del "titolare" di tale cervello che stai osservando, ma ben altra, diversa cosa con essa necessariamente coesistente e biunivocamente corrispondente.
PHIL:
Non afferro: il fatto che io non possa osservare la coscienza di un altro dall'interno, in prima persona, dimostra che la sua coscienza non ha radice materiale?
CitazioneSgiombo:
"Radice materiale della coscienza" non so che significhi.

l fatto che tu non possa osservare la coscienza di un altro dall'interno, in prima persona, dimostra che la sua coscienza non é il suo cervello (nè software, sistemi operativi o algoritmi o simili secondo i quali il suo cervello eventualmente funzionasse) , che invece puoi (teoricamente, in linea di principio) osservare dall' esterno, in terza persona.

Phil:
Ciò sarebbe vero se (e solo se) fosse vero il presupposto che tutto ciò che è materiale sia già stato osservato... e la storia della scienza ci insegna che non è affatto così, anzi, il progresso scientifico della conoscenza del corpo umano è basato proprio sulla capacità di osservare ciò che fino ad un giorno prima non si riteneva possibile osservare (magari etichettandolo come trascendente  ;)  ).
CitazioneSgiombo:
Auguri sinceri nella ricerca della coscienza* correlata a un cervello all' interno di quel cervello, nell' ambito della tua coscienza** (é una battuta ironica: non potrai trovarvi che cellule, assoni, sinapsi, ecc. e mai una coscienza*, per il semplice fatto che non la coscienza* é nel cervello, ma invece il cervello é nella coscienza**). 

Phil:
Il dolore, ad esempio, è tutto materiale (dalla terminazione nervosa interessata fino al cervello), anche se il vissuto della sua esperienza diretta, in prima persona, è riservata inevitabilmente solo al diretto interessato (ma non per questo diciamo che la sofferenza è trascendente, è solo una sensazione vissuta individualmente, giusto?).
CitazioneSgiombo:
Il ("vissuto del") dolore é una cosa in una coscienza*, i meccanismi fisiologici del dolore sono tutt' altra cosa, per quanto necessariamente coesistente (ma se non vi coesistesse non cambierebbe nulla nel mondo fisico materiale) in altre coscienze**.

Pjhil:
Nel mio piccolo, la tua dimostrazione non mi convince, e concordo con te solo in parte; ci separa il tuo postulare una coscienza trascendente, estranea al determinismo materiale, che quindi nel tuo caso diventa "determinismo parziale" poiché lascia fuori dalla sua chiusura qualcosa...
CitazioneSgiombo:
(Nel mio piccolo) Non é determinismo parziale perché non lascia fuori nulla di interferente col determinismo materiale, che dunque é completo, integrale nella sua chiusura.

Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 20:49:40 PM
La trascendenza della coscienza rispetto alla materia, nelle mie argomentazioni, non é un portentoso "passepartout", ma una condizione necessaria, indispensabile per salvaguardare la chiusura causale del mondo fisico
Citazione da: sgiombo - 25 Novembre 2017, 20:49:40 pm

Phil:
Al contrario, se posso dissentire, la trascendenza impedisce la chiusura del mondo fisico, esattamente nel "punto" in cui tale trascendenza dovrebbe far irruzione nel mondo fisico per condizionarlo (v. presunta "coscienza"  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif) ). Il mondo fisico è chiuso se non ha spiragli e spifferi che si insinuano dall'esterno non-fisico... la "condizione necessaria"(cit.) della trascendenza la considero (opinione mia (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/smiley.gif) ) un "passepartout" perché è infalsificabile ed è necessaria solo se si deve trovare subito una risposta a qualunque interrogativo (non parlo di te, è propria del filosofo l'estrema difficoltà a ristagnare troppo nel "non so", sarà questione di horror vacui?  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif) )
Restano intanto ancora aperte le domande:

CitazioneSgiombo:
HO mai affermato da qualche parte che non puoi dissentire ? ? ? 

Se in italiano le parole hanno un senso qualcosa di trascendente dal mondo fisico nè é escluso, non vi interferisce causalmente, id est: ne rispetta la chiusura causale (l'assenza di "spiragli e spifferi che si insinuano dall'esterno non-fisico", se così vogliamo pittorescamente dire).

La coscienza é talora "presunta" erroneamente essere nel cervello, mentre sono i cervelli ad essere realmente nelle coscienze.

La trascendenza può esser usata in molti diversissimi modi.
Da parte mia di fatto per spiegare (mi sembra molto bene) i rapporti mente-cervello compatibilmente con le osservazioni introspettive e scientifiche disponibili e non affatto come un "passepartout" né per alcun preteso "orror vacui".


Citazione da: Phil - 25 Novembre 2017, 17:29:57 pm
CitazionePhil:
si può dire che è possibile studiare la trascendenza come l'immanenza?  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif) 
Come dimostrare che in ogni questione irrisolta, la risposta non sia in fondo il portentoso "passepartout della trascendenza"?

D'altronde, la storia ci suggerisce che la trascendenza è sempre tale... fino a prova contraria  


Citazione
Sgiombo:
In filosofia (ontologia, metafisica) si studiano tanto immanenza quanto trascendenza, cercando di non confonderle ovviamente.

La banale tautologia "che la trascendenza è sempre tale" non ce la insegna affatto a storia, ma la logica (duale).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 26 Novembre 2017, 11:37:39 AM
CitazioneMa il fatto che sia "necessaria" secondo l'ordine degli eventi (necessaria né più né meno del movimento delle palle da biliardo...), non ne fa una scelta meno nostra, di cui saremmo meno responsabili (noi non siano meno "noi" per il fatto di esserlo necessariamente, anzi!): ed é anzi appunto per questo che ne siamo responsabili e ne assumiamo il merito o la colpa, per il fatto che dipende necessariamente (e non aleatoriamente) dalle nostre qualità morali e non dal caso esattamente come il movimento della palla da biliardo dipende necessariamente (e non aleatoriamente) dalla sua massa, dalla forza di gravità, dall' energia e dalla direzione con cui é stata colpita e non dal caso.


Qui concordo con te: se l'azione non dipendesse "necessariamente" da noi, non avrebbe senso parlare di responsabilità, visto che in caso contrario potremo "nasconderci dietro" al fatto che è stato il "caso" a causare tutto ciò. Quando ammetto l'esistenza del libero arbitrio non ammetto alcunché di aleatorio: sono io che faccio X_1, penso Y_1 e dico Z_1. Il punto è che a differenza del determinismo credo che ho l'alternativa di fare X_1 al posto di X_2. E qui viene il "bello": le mie qualità morali mi faranno per così dire avere una "predisposizione" di scegliere X_1 o X_2, ma la scelta la faccio sempre nel presente. Ergo se "X_1" è non passare col rosso e "X_2" è passare col rosso e sono di fretta se ho una "buona indole" difficilmente deciderò di passare col rosso (e viceversa se non ho una buona indole) ma comunque "tutto si decide" in quel momento  :) ovviamente se "non passo col rosso" dipende in modo necessario dalla mia scelta e quindi non posso nascondermi dietro il caso. Inoltre concordo che sarò più incline a fare determinate azioni rispetto ad altre proprio per la mia "qualità morale", che dipende da una miriade di fattori!

CitazioneA me pare che così stiano le cose e non si si possa far niente.
Ma il fatto che così stiano le cose e non si si possa far niente include il fatto che chi é (necessariamente) generoso e magnanimo (necessariamente) agisce bene, chi é (necessariamente) gretto e meschino (necessariamente) agisce male, che chi ha (necessariamente) una grande forza di volontà compia (necessariamente) sforzi "eroici", chi é (necessariamente) una "pappamolla" (necessariamente) subisce passivamente di tutto di più, ecc. (l' avverbio tra parentesi non mi sembra poi così importante).

Direi io: il fatto che chi è generoso e magnanimo tende ad agire bene, chi è gretto e meschino tende ad agire male ecc. La scelta però avviene nel momento presente.

CitazioneMa per me il dormire senza sogni é "nulla di cosciente", essendo, come ben dici, per me  la coscienza sinonimo di mente; ma anche di sensazioni materiali).
 
Sì, certamente, al contrario del pampsichismo, ammettere coscienza fenomenica in corrispondenza solo di parte e non di tutto il divenire del noumeno é asimmetrico.
Ma, tenendo comunque conto che parlare del noumeno oltre il "minimo sindacalmente indispensabile" per spiegarci i fenomeni che viviamo, é comunque qualcosa di "molto "arrischiato" (in termini di sua possibile verità o falsità, se non addirittura di sua effettiva comprensibilità o sensatezza), mi sembrerebbe più ragionevole che il pampsichismo; soprattutto per la inevitabile "arbitrarietà mereologica" per la quale la "realtà indistinta o grezza considerata in toto" può essere "ritagliata" fra diversi enti ad libitum, in "un' infinità" di maniere anche reciprocamente alternative (oltre che complementari): in che senso un' atomo del mio cervello potrebbe essere soggetto di una pur effimera esperienza cosciente, ma anche la molecola di cui fa parte potrebbe essere essere soggetto di un' altra esperienza cosciente, e così pure la cellula che contiene la molecola, e anche il tessuto di cui fa parte la cellula, ecc.?

Curiosità/domanda: quindi ritieni la mente "svanisca" quando non si sogna  :) ?
Ad ogni modo la differenza pratica tra le due nostre posizioni è molto piccola e sottile. Capisco la tua perplessità sull'arbitrarietà mereologica, però in fin dei conti alla fine cos'è ad esempio "l'ente corpo umano" se non un insieme composto di parti? Se perdo un arto il mio corpo può considerarsi "lo stesso" di prima o meno? Secondo me anche dal punto di vista materiale c'è un'arbitrarietà. Dal punto di vista mentale invece possiamo chiedersi se ad esempio perdo la mia memoria sono lo stesso di prima o sono divero? Se perdo la capacità di udire la mia coscienza è cambiata o meno? Così come il corpo è in fin dei conti considerato un'unità in virtù della relazione tra le parti, anche la nostra mente forse potrebbe essere considerata un'unità in modo simile al corpo. Spesso in fin dei conti accade che mentre sto compiendo un'azione ricordo un fatto totalmente diverso e mi toglie la concentrazione. Se fossi veramente "unitario" forse non ci sarebbero questi conflitti. Ma la nostra unità mentale forse non è diversa da quella del corpo - e che quindi la nostra autocoscienza "emerga" proprio come il corpo emerge. Ma questo è negare "l'essenzialità" dell'io. Se invece ammetto che ho in me una "sostanza" allora posso pensare che in me è presente un "io" definito e separato. Nella fisica quantistica posso rappresentare una funzione d'onda nello spazio delle posizioni (e in questo caso il suo modulo quadro in un punto è la densità di probabilità di trovare la particella in quel punto) e anche nello spazio dei momenti (e in questo caso il suo modulo quadro per un determinato valore della quantità di moto è la densità di probabilità di trovare la particella con una tale quantità di moto). Le due descrizioni sono diverse ma della stessa cosa. Quindi per un ragionamento simile anche l'atomo per me "è mente" così come è "particella", anche se la sua "mente" è ad un livello completamente rudimentale e la cosa che può avvicinarsi di più è l'esperienza che abbiamo del sonno senza sogni. Ovviamente sono solo speculazioni che potrebbero essere fraintese come pseudoscienza ma in realtà quello che sto dicendo non suggerisce alcunché di paranormale  ;)



SGIOMBO
Ma lascia che a mia volta mi compiaccia nuovamente con te per il tuo dialogare correttamente e costruttivamente, senza "svicolare" o "menare il can per l' aia" o "cambiare le carte in tavola", essendo anche disposto a cambiare opinione se razionalmente convinto (ovviamente cerco di fare così anch' io, per quanto mi é possibile).
Discutere con te é un vero piacere!

APEIRON
Il compiacimento è reciproco  :)


P.S. (off-topic ma potrebbe essere interessante) Non è intervenuto alcun "mentalista" - ovvero chi prende la posizione che la mente sia l'aspetto fondamentale della realtà, il che in un forum di filosofia mi sorprende  ;D. Ritengo personalmente una prospettiva molto interessante anche il mentalismo. Comunque questo video Ted di Donald Hoffman (scienziato cognitivo) https://www.ted.com/talks/donald_hoffman_do_we_see_reality_as_it_is?language=it ritengo che sia una versione moderna e interessante dell'"idealismo". Nel mio caso ritengo che sia vero che esistono sia la mente che la materia ma concordo con quanto dice Hoffman che "quello che vediamo, udiamo..." è una rappresentazione della realtà. 
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 26 Novembre 2017, 12:48:57 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
"Radice materiale della coscienza" non so che significhi.
Con "radice materiale della coscienza" non intendo che la coscienza sia il cervello, ma che sia una funzione che potrebbe (possibilità ;) ) essere localizzata nel cervello, come la sotto-funzione del ricordo, la sotto-funzione del dolore, etc. le chiamo (goffamente) sotto-funzioni perché interagiscono con la coscienza (proprio come un software si installa nel sistema operativo).

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
l fatto che tu non possa osservare la coscienza di un altro dall'interno, in prima persona, dimostra che la sua coscienza non é il suo cervello (nè software, sistemi operativi o algoritmi o simili secondo i quali il suo cervello eventualmente funzionasse) , che invece puoi (teoricamente, in linea di principio) osservare dall' esterno, in terza persona.
Prova a pensare ad una "dimostrazione per assurdo": se la sua coscienza fosse nel (non "il") suo cervello, tu la potresti osservare? Se qualcuno scoprisse che la coscienza è dovuta ad una parte x del cervello, come la memoria alla parte y o il dolore alla parte z, etc. potresti convenire che la coscienza ha una radice materiale nel cervello? Direi di si... altrimenti dovremmo dire che la memoria, il dolore, etc. sono trascendenti il cervello (e tuttavia questa trascendenza dialoga con l'immanenza neurologica che dà vita a memoria e dolore... e rieccoci alla trascendenza che impedisce la chiusura causale dell'immanenza   :)  ).

Non so se questo esempio artificioso può aiutarmi a spiegare la mia diffidenza verso la tua "dimostrazione": se ho ben capito la tua prospettiva, nel caso della vista, sosterresti che non possiamo vedere ciò che un soggetto vede in prima persona, ma solo gli organi (connessioni, etc.) con cui esso vede; per cui la sua vista risulterebbe trascendente il suo cervello... se installiamo delle microtelecamere all'interno degli occhi del soggetto e indossiamo degli occhiali per la realtà virtuale (che quindi non ci consentono di vedere altro fuori da ciò che ci mostrano), possiamo vedere in prima persona esattamente ciò che egli vede in prima persona. Ma questa esperienza non toglie che la sua vista abbia la radice materiale nel suo sistema ottico (che sfocia nel suo cervello, etc.).; non è quindi solo una questione di prospettiva (prima o terza persona), ma di come la materia (l'apparato ottico in questo caso) alimenti ciò che viene chiamato coscienza, alimenti causalmente, quindi deterministicamente, quindi anche la coscienza potrebbe (possibilità) avere una "localizzazione materiale" (e il fatto che io viva in prima persona solo la mia, non dimostra fuor di dubbio che non sia comunque "ancorata fisiologicamente"; proprio come il mio vivere il mio dolore non dimostra affatto che esso non derivi da interazioni materiali e fisiologiche...).

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
non la coscienza* é nel cervello, ma invece il cervello é nella coscienza**).
Prendo spunto: non ho affatto coscienza del mio cervello (forse perché ne ho troppo poco  ;D ), mi limito a fidarmi quando mi dicono che la mia testa contenga un cervello che funziona in un certo modo, etc. ma non sono cosciente di esso, non lo percepisco, non sento come funziona... potrebbe non esserci o essere altro da come me ne parlano. Eppure il fatto che io non lo senta e non ne abbia coscienza, dimostra che non c'è? Per la coscienza vale il discorso inverso: la "sento" e ne sono (auto)cosciente, ma questo dimostra che non possa essere nel mio cervello?

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
(Nel mio piccolo) Non é determinismo parziale perché non lascia fuori nulla di interferente col determinismo materiale, che dunque é completo, integrale nella sua chiusura
Se non erro, lascia fuori la coscienza trascendente, che non è forse necessaria per determinare materialmente l'uomo? Tu saresti un uomo anche se non avessi la tua coscienza? Se la risposta è "no", allora quella trascendenza condiziona il materiale (che quindi resta aperto, come dicevo, proprio nel "punto" in cui entra in gioco la trascendenza).

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
La trascendenza può esser usata in molti diversissimi modi.
Da parte mia di fatto per spiegare (mi sembra molto bene) i rapporti mente-cervello compatibilmente con le osservazioni introspettive e scientifiche disponibili
Tali "osservazioni introspettive e scientifiche disponibili" maneggiano la trascendenza? Ciò contraddice:
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
Se in italiano le parole hanno un senso qualcosa di trascendente dal mondo fisico nè é escluso
osservazione con cui concordo.


Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
La banale tautologia "che la trascendenza è sempre tale" non ce la insegna affatto a storia, ma la logica (duale).
La storia infatti ci insegna, come dicevo (ironico corsivo mio):
Citazione di: Phil il 25 Novembre 2017, 22:15:52 PM
D'altronde, la storia ci suggerisce che la trascendenza è sempre tale... fino a prova contraria  ;D

Questo è forse il passaggio più importante per spiegare la mia divergenza:
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
In filosofia (ontologia, metafisica) si studiano tanto immanenza quanto trascendenza, cercando di non confonderle ovviamente.
La filosofia, correggimi se sbaglio, non studia affatto la trascendenza: la postula, la (pre)suppone, la inserisce negli angoli ciechi della conoscenza, ma non la studia in quanto suo "oggetto", poiché la trascendenza, in quanto tale, non c'è... non c'è nell'immanenza dove siamo noi.
Per definizione, la trascendenza trascende la sua stessa possibilità di essere studiata da enti-umani che possono conoscere deterministicamente solo l'immanenza  ;)  (se invece facciamo "un salto nella fede", al prezzo di accantonare però il determinismo materiale, allora usando il "portentoso passepartout" si spalancano i cancelli di mille trascendenze  ;D ).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 26 Novembre 2017, 15:17:42 PM
Citazione di: Apeiron il 26 Novembre 2017, 11:37:39 AM
CitazioneMa il fatto che sia "necessaria" secondo l'ordine degli eventi (necessaria né più né meno del movimento delle palle da biliardo...), non ne fa una scelta meno nostra, di cui saremmo meno responsabili (noi non siano meno "noi" per il fatto di esserlo necessariamente, anzi!): ed é anzi appunto per questo che ne siamo responsabili e ne assumiamo il merito o la colpa, per il fatto che dipende necessariamente (e non aleatoriamente) dalle nostre qualità morali e non dal caso esattamente come il movimento della palla da biliardo dipende necessariamente (e non aleatoriamente) dalla sua massa, dalla forza di gravità, dall' energia e dalla direzione con cui é stata colpita e non dal caso.
Qui concordo con te: se l'azione non dipendesse "necessariamente" da noi, non avrebbe senso parlare di responsabilità, visto che in caso contrario potremo "nasconderci dietro" al fatto che è stato il "caso" a causare tutto ciò. Quando ammetto l'esistenza del libero arbitrio non ammetto alcunché di aleatorio: sono io che faccio X_1, penso Y_1 e dico Z_1. Il punto è che a differenza del determinismo credo che ho l'alternativa di fare X_1 al posto di X_2. E qui viene il "bello": le mie qualità morali mi faranno per così dire avere una "predisposizione" di scegliere X_1 o X_2, ma la scelta la faccio sempre nel presente. Ergo se "X_1" è non passare col rosso e "X_2" è passare col rosso e sono di fretta se ho una "buona indole" difficilmente deciderò di passare col rosso (e viceversa se non ho una buona indole) ma comunque "tutto si decide" in quel momento  :) ovviamente se "non passo col rosso" dipende in modo necessario dalla mia scelta e quindi non posso nascondermi dietro il caso. Inoltre concordo che sarò più incline a fare determinate azioni rispetto ad altre proprio per la mia "qualità morale", che dipende da una miriade di fattori!
CitazioneMa o la tua qualità morale, interagendo con tutto il resto, determina necessariamente la tua azione, oppure, oppure questa dipende dal caso.

Non riesco a scorgere alcun "tertuim" logicamente possibile, non contraddittorio col resto del ragionamento (salvo quel "misto" di caso -comunque caso fortuito, privo di valenza etica,nella misura in cui "vige"!- e determinismo che é il "divenire ordinato o deterministico debole" -id est: "divenire disordinato o indeterministico debole"- ossia probabilistico statistico.




CitazioneA me pare che così stiano le cose e non si si possa far niente.
Ma il fatto che così stiano le cose e non si si possa far niente include il fatto che chi é (necessariamente) generoso e magnanimo (necessariamente) agisce bene, chi é (necessariamente) gretto e meschino (necessariamente) agisce male, che chi ha (necessariamente) una grande forza di volontà compia (necessariamente) sforzi "eroici", chi é (necessariamente) una "pappamolla" (necessariamente) subisce passivamente di tutto di più, ecc. (l' avverbio tra parentesi non mi sembra poi così importante).
Direi io: il fatto che chi è generoso e magnanimo tende ad agire bene, chi è gretto e meschino tende ad agire male ecc. La scelta però avviene nel momento presente.
CitazioneD' accordo, ma il fatto che la scelta avviene in un determinato istante presente e che sia solo probabilisticamente prevedibile (in pratica, di fatto) non toglie che:

o é deterministica (prevedibile in linea teorica, di principio),

oppure casuale (imprevedibile anche in linea teorica, di principio).




CitazioneMa per me il dormire senza sogni é "nulla di cosciente", essendo, come ben dici, per me  la coscienza sinonimo di mente; ma anche di sensazioni materiali).

Sì, certamente, al contrario del pampsichismo, ammettere coscienza fenomenica in corrispondenza solo di parte e non di tutto il divenire del noumeno é asimmetrico.
Ma, tenendo comunque conto che parlare del noumeno oltre il "minimo sindacalmente indispensabile" per spiegarci i fenomeni che viviamo, é comunque qualcosa di "molto "arrischiato" (in termini di sua possibile verità o falsità, se non addirittura di sua effettiva comprensibilità o sensatezza), mi sembrerebbe più ragionevole che il pampsichismo; soprattutto per la inevitabile "arbitrarietà mereologica" per la quale la "realtà indistinta o grezza considerata in toto" può essere "ritagliata" fra diversi enti ad libitum, in "un' infinità" di maniere anche reciprocamente alternative (oltre che complementari): in che senso un' atomo del mio cervello potrebbe essere soggetto di una pur effimera esperienza cosciente, ma anche la molecola di cui fa parte potrebbe essere essere soggetto di un' altra esperienza cosciente, e così pure la cellula che contiene la molecola, e anche il tessuto di cui fa parte la cellula, ecc.?
Curiosità/domanda: quindi ritieni la mente "svanisca" quando non si sogna  :) ?
CitazioneSì, vi sono lassi di tempo in cui non abbiamo punto coscienza, ovvero non percepiamo alcuna sensazione fenomenica, né materiale, né mentale (allo stesso modo svanisce anche la materia: "esse est percipi", B. & H).

Ad ogni modo la differenza pratica tra le due nostre posizioni è molto piccola e sottile. Capisco la tua perplessità sull'arbitrarietà mereologica, però in fin dei conti alla fine cos'è ad esempio "l'ente corpo umano" se non un insieme composto di parti? Se perdo un arto il mio corpo può considerarsi "lo stesso" di prima o meno? Secondo me anche dal punto di vista materiale c'è un'arbitrarietà. Dal punto di vista mentale invece possiamo chiedersi se ad esempio perdo la mia memoria sono lo stesso di prima o sono divero? Se perdo la capacità di udire la mia coscienza è cambiata o meno? Così come il corpo è in fin dei conti considerato un'unità in virtù della relazione tra le parti, anche la nostra mente forse potrebbe essere considerata un'unità in modo simile al corpo. Spesso in fin dei conti accade che mentre sto compiendo un'azione ricordo un fatto totalmente diverso e mi toglie la concentrazione. Se fossi veramente "unitario" forse non ci sarebbero questi conflitti. Ma la nostra unità mentale forse non è diversa da quella del corpo - e che quindi la nostra autocoscienza "emerga" proprio come il corpo emerge. Ma questo è negare "l'essenzialità" dell'io. Se invece ammetto che ho in me una "sostanza" allora posso pensare che in me è presente un "io" definito e separato. Nella fisica quantistica posso rappresentare una funzione d'onda nello spazio delle posizioni (e in questo caso il suo modulo quadro in un punto è la densità di probabilità di trovare la particella in quel punto) e anche nello spazio dei momenti (e in questo caso il suo modulo quadro per un determinato valore della quantità di moto è la densità di probabilità di trovare la particella con una tale quantità di moto). Le due descrizioni sono diverse ma della stessa cosa. Quindi per un ragionamento simile anche l'atomo per me "è mente" così come è "particella", anche se la sua "mente" è ad un livello completamente rudimentale e la cosa che può avvicinarsi di più è l'esperienza che abbiamo del sonno senza sogni. Ovviamente sono solo speculazioni che potrebbero essere fraintese come pseudoscienza ma in realtà quello che sto dicendo non suggerisce alcunché di paranormale  ;)
CitazioneD' accordo.
Anche le mie contro il pampsichismo non sono, inevitabilmente, che congetture alquanto "campate in aria": già dobbiamo (se vogliamo spiegarci il mondo; secondo me ovviamente) ammettere per fede che altri uomini e e animali abbiano coscienza e che ci sia un noumeno che comprende noi stessi come entità soggetti, oltre oggetti fra altri oggetti, di esperienza fenomenica cosciente e che i cervelli corrispondono alle coscienze; parlare ulteriormente del noumeno e dei suoi eventuali rapporti con "altro di cosciente" é qualcosa di inevitabilmente molto "precario" e insicuro.





P.S. (off-topic ma potrebbe essere interessante) Non è intervenuto alcun "mentalista" - ovvero chi prende la posizione che la mente sia l'aspetto fondamentale della realtà, il che in un forum di filosofia mi sorprende  ;D. Ritengo personalmente una prospettiva molto interessante anche il mentalismo. Comunque questo video Ted di Donald Hoffman (scienziato cognitivo) https://www.ted.com/talks/donald_hoffman_do_we_see_reality_as_it_is?language=it ritengo che sia una versione moderna e interessante dell'"idealismo". Nel mio caso ritengo che sia vero che esistono sia la mente che la materia ma concordo con quanto dice Hoffman che "quello che vediamo, udiamo..." è una rappresentazione della realtà.  

CitazioneLo guarderò certamente.

Grazie.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2017, 12:48:57 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
"Radice materiale della coscienza" non so che significhi.
Con "radice materiale della coscienza" non intendo che la coscienza sia il cervello, ma che sia una funzione che potrebbe (possibilità ;) ) essere localizzata nel cervello, come la sotto-funzione del ricordo, la sotto-funzione del dolore, etc. le chiamo (goffamente) sotto-funzioni perché interagiscono con la coscienza (proprio come un software si installa nel sistema operativo).
CitazioneQualsiasi software o sistema operativo implementando il quale (da parte di chi?) funzionasse eventualmente un cervello  (nelle coscienze** di suoi osservatori) non potrebbe essere che ben altro che la coscienza* in divenire in maniera biunivocamente corrispondente a tale cervello (con relativo software) trascendendolo.
Altrimenti si avrebbe un pateracchio senza senso costituito da una coscienza (la coscienza**) contenente un' altra, diversa coscienza (la coscienza*) da essa del tutto diversa ma contemporaneamente sua parte senza soluzioni di continuità (senza soluzioni di continuità si ha una sola esperienza cosciente, la coscienza**).

Infatti se vedo un coloratissimo arcbaleno (nella mia coscienza*) il software eventualmente implementato in tale circostanza sull' hardware "mio cervello" nelle coscienze** di chi osservasse il mio cervello sarebbe tutt' altro che un coloratissimo arcobaleno.





Prova a pensare ad una "dimostrazione per assurdo": se la sua coscienza fosse nel (non "il") suo cervello, tu la potresti osservare?
CitazioneIn linea di principio sì, con uno specchio.

Se qualcuno scoprisse che la coscienza è dovuta ad una parte x del cervello, come la memoria alla parte y o il dolore alla parte z, etc. potresti convenire che la coscienza ha una radice materiale nel cervello? Direi di si... altrimenti dovremmo dire che la memoria, il dolore, etc. sono trascendenti il cervello (e tuttavia questa trascendenza dialoga con l'immanenza neurologica che dà vita a memoria e dolore... e rieccoci alla trascendenza che impedisce la chiusura causale dell'immanenza   :)  ).
CitazioneLa parte y del cervello non sono i ricordi della coscienza* corripondente a tale cervello, ma ciò che vi corrisponde nelle coscienze** di osservatori di esso.
Ergo, non posso convenire.

Trascendenti il cervello sono i ricordi, il dolore ecc., non ovviamente (direi: per definizione) i meccanismi neurofisiologici cerebrali a d essi corrispondenti (in altre, diverse coscienze, solitamente; a parte il "cervellotico -sic!- caso limite dello specchio con cui uno guardasse il proprio cervello).

Non so se questo esempio artificioso può aiutarmi a spiegare la mia diffidenza verso la tua "dimostrazione": se ho ben capito la tua prospettiva, nel caso della vista, sosterresti che non possiamo vedere ciò che un soggetto vede in prima persona, ma solo gli organi (connessioni, etc.) con cui esso vede; per cui la sua vista risulterebbe trascendente il suo cervello...
CitazioneEsatto.

se installiamo delle microtelecamere all'interno degli occhi del soggetto e indossiamo degli occhiali per la realtà virtuale (che quindi non ci consentono di vedere altro fuori da ciò che ci mostrano), possiamo vedere in prima persona esattamente ciò che egli vede in prima persona.
CitazioneNo!
Esattamente come se ci mettiamo nella sua stessa posizione (qualche istante dopo) vediamo solo ciò che nella nostra esperienza cosciente corrisponde a ciò che lui vede nella sua (in virtù della corrispondenza di entrambe le visioni alle medesime circostanze in sé o noumeniche).
Ma non ha senso pretendere di stabilire se ciò che vedo io é uguale (anziché biunivocamente corrispondente) o meno a ciò che vede lui, poiché a nessuno é dato di "sbirciare nelle coscienze altrui".

Ma questa esperienza non toglie che la sua vista abbia la radice materiale nel suo sistema ottico (che sfocia nel suo cervello, etc.).; non è quindi solo una questione di prospettiva (prima o terza persona), ma di come la materia (l'apparato ottico in questo caso) alimenti ciò che viene chiamato coscienza, alimenti causalmente, quindi deterministicamente, quindi anche la coscienza potrebbe (possibilità) avere una "localizzazione materiale" (e il fatto che io viva in prima persona solo la mia, non dimostra fuor di dubbio che non sia comunque "ancorata fisiologicamente"; proprio come il mio vivere il mio dolore non dimostra affatto che esso non derivi da interazioni materiali e fisiologiche...).
Citazionele vie ottiche non alimentano alcuna visione nella coscienza* del "titolare" d quel corpo, occhi e cervello", ma solo i meccanismi neurofisiologici che vi corrispondono in altre coscienze** di osservatori di tale sistema corpo-occhi-cervello.



Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
non la coscienza* é nel cervello, ma invece il cervello é nella coscienza**).
Prendo spunto: non ho affatto coscienza del mio cervello (forse perché ne ho troppo poco  ;D ), mi limito a fidarmi quando mi dicono che la mia testa contenga un cervello che funziona in un certo modo, etc. ma non sono cosciente di esso, non lo percepisco, non sento come funziona... potrebbe non esserci o essere altro da come me ne parlano. Eppure il fatto che io non lo senta e non ne abbia coscienza, dimostra che non c'è? Per la coscienza vale il discorso inverso: la "sento" e ne sono (auto)cosciente, ma questo dimostra che non possa essere nel mio cervello?
CitazioneMa dove avrei mai sostenuto che il tuo cervello non c' é ? ! ? ! ? !

Esserci =/= essere in una determinata sede (può accadere in qualsiasi altra sede reale).

Infatti la tua coscienza non é nel tuo cervello,  (ci sono solo cellule assoni, sinapsi, ecc. costituite da molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.: tutt' altro che la tua esperienza fenomenica cosciente!), ma non affatto per questo no c' é!




Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
(Nel mio piccolo) Non é determinismo parziale perché non lascia fuori nulla di interferente col determinismo materiale, che dunque é completo, integrale nella sua chiusura
Se non erro, lascia fuori la coscienza trascendente, che non è forse necessaria per determinare materialmente l'uomo? Tu saresti un uomo anche se non avessi la tua coscienza? Se la risposta è "no", allora quella trascendenza condiziona il materiale (che quindi resta aperto, come dicevo, proprio nel "punto" in cui entra in gioco la trascendenza).
CitazioneErri!
Infatti la coscienza trascendente, in quanto tale, é fuori al mio cervello e dal suo determinismo.
E non determina proprio nulla nel mio corpo.

Se non avessi la mia coscienza non sarei quello che sono, ma la mia coscienza trascende il mio corpo, non vi interagisce (vi diviene "parallelamente su un altro piano ontologico trascendente" in corrispondenza biunivoca: un certo determinato stato mentale e nessun altro per un certo determinato stato cerebrale e nessun altro.
Altrimenti andrebbe a farsi benedire la chiusura causale del mondo fisico, e dunque la sua conoscibilità scientifica: sarebbero possibili "disegni intelligenti", madonne che piangono sangue (maschile), miracoli di San Gennaro e di Padre Pio e chi più ne ha più ne metta.
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
La trascendenza può esser usata in molti diversissimi modi.
Da parte mia di fatto per spiegare (mi sembra molto bene) i rapporti mente-cervello compatibilmente con le osservazioni introspettive e scientifiche disponibili
Tali "osservazioni introspettive e scientifiche disponibili" maneggiano la trascendenza? Ciò contraddice:
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
Se in italiano le parole hanno un senso qualcosa di trascendente dal mondo fisico nè é escluso
osservazione con cui concordo.
CitazioneMa che significa "maneggiare la trascendenza"???
Sarebbe come "mangiare la bellezza" o "annusare un conflitto mondiale"!!!

Se qualcosa trascende il mondo fisico ne é escluso.
Ma da ciò non consegue affatto che non se ne possa parlare (si può "maneggiare teoricamente" benissimo, per dirlo in maniera alquanto pittoresca)!!!



Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
La banale tautologia "che la trascendenza è sempre tale" non ce la insegna affatto a storia, ma la logica (duale).
La storia infatti ci insegna, come dicevo (ironico corsivo mio):
Citazione di: Phil il 25 Novembre 2017, 22:15:52 PM
D'altronde, la storia ci suggerisce che la trascendenza è sempre tale... fino a prova contraria  ;D
CitazioneScusamì, ma non capisco proprio l' ironia.
E comunque allora letteralmente é vero che La banale tautologia "che la trascendenza è sempre tale" non ce la insegna affatto a storia, ma la logica (duale).



Questo è forse il passaggio più importante per spiegare la mia divergenza:
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 09:43:35 AM
In filosofia (ontologia, metafisica) si studiano tanto immanenza quanto trascendenza, cercando di non confonderle ovviamente.
La filosofia, correggimi se sbaglio, non studia affatto la trascendenza: la postula, la (pre)suppone, la inserisce negli angoli ciechi della conoscenza, ma non la studia in quanto suo "oggetto", poiché la trascendenza, in quanto tale, non c'è... non c'è nell'immanenza dove siamo noi.
Per definizione, la trascendenza trascende la sua stessa possibilità di essere studiata da enti-umani che possono conoscere deterministicamente solo l'immanenza  ;)  (se invece facciamo "un salto nella fede", al prezzo di accantonare però il determinismo materiale, allora usando il "portentoso passepartout" si spalancano i cancelli di mille trascendenze  ;D ).
CitazioneMa non arrampichiamoci sugli specchi, per favore!

Se una disciplina, nei suoi studi, postula o ipotizza (o al limite dimostra) la trascendenza, allora ne fa oggetto di studio, la sottopone a studio, la studia (tutti sinonimi in lingua italiana); ovviamente, non potendo essere tale disciplina una scienza naturale, la studierà con metodi diversi da quelli delle scienze naturali.

Che la trascendenza non ci sia nell' immanenza (in quella "dove ci siamo noi", per parlre alquanto impropriamente e sgangheratamente, e in nessun altra possibile immanenza) é un' altra banale tautologia.

Che non dimostra affatto che la trascendenza sia un concetto privo di denotato reale, per quanto astratto.

Per definizione la trascendenza non trascende affatto -manco per niente!- la sua stessa possibiltà di essere studiata da enti umani: può benissimo essere trattata teoricamente, studiata da chiunque.
Che qualcosa di trascendente realmente ci sia o meno (cosa indimostrabile, come ho sempre vigorosissimamente sostenuto; ma indispensabile, ovviemante a mio modesto parere, per comprendere, per esempio, i rapporti mente-cervello).

E dagliela con questa menata ridicolmente polemica -e del tutto fuori bersaglio!- del "passepartout"!

Ci vuole della fede per credere nel noumeno e nei suoi rapporti con i fenomeni materiali (in particolare i cervelli) e mentali. come ho sempre sostenuto vigorosissimamente a chiarissime lettere (dove starebbe mai l' obiezione alle mie argomentazioni???).
Ma non mi risulta altro modo di comprendere razionalmente -fra l' altro- i rapporti fra mente e cervello.
Men che meno l' assurda, platealmente contraddittoria pretesa che la coscienza sia nel cervello (sotto forma di software, sistemi operativi o altro implementati dai neuroni, mentre invece sono i cervelli con i neuroni e gli eventuali software o sistemi operativi che questi eventualmente implementassero, ad essere nelle coscienze!
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 26 Novembre 2017, 19:56:46 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Ma dove avrei mai sostenuto che il tuo cervello non c' é ? ! ? ! ? !
Da nessuna parte, per questo ho esordito con "prendo spunto"(cit.), ovvero ho preso spunto dal tuo parlare del cervello nello spazio, per fare alcune considerazioni sulla sua (auto)percezione.

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Esserci =/= essere in una determinata sede (può accadere in qualsiasi altra sede reale).
Un esserci non spazializzato, faccio fatica a pensarlo, giacché anche la fantasia, secondo me, ha uno spazio cerebrale; so che non concorderai, ma questa è la mia opinione (fermo restando che, per me, concetti, idee, etc. non sono trascendenti ma astratti, e come astrazioni mentali possono avere una loro minuscola "fisicità" nel cervello).

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Erri!
Infatti la coscienza trascendente, in quanto tale, é fuori al mio cervello e dal suo determinismo.
E non determina proprio nulla nel mio corpo.
Se è fuori dal tuo cervello e non determina proprio nulla nel tuo corpo, come possiamo parlarne?
Quando dico che è improbabile fare esperienza della trascendenza, intendo proprio questo.

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Se non avessi la mia coscienza non sarei quello che sono, ma la mia coscienza trascende il mio corpo, non vi interagisce (vi diviene "parallelamente su un altro piano ontologico trascendente" in corrispondenza biunivoca: un certo determinato stato mentale e nessun altro per un certo determinato stato cerebrale e nessun altro.
Eppure tale stato mentale, tu lo vivi... sei in grado di vivere la trascendenza? Piuttosto paradossale, direi...

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Altrimenti andrebbe a farsi benedire la chiusura causale del mondo fisico, e dunque la sua conoscibilità scientifica: sarebbero possibili "disegni intelligenti", madonne che piangono sangue (maschile), miracoli di San Gennaro e di Padre Pio e chi più ne ha più ne metta.
Non concordo, direi che se, per ipotesi, anche la coscienza fosse materiale, il mondo fisico sarebbe invece ancora più chiuso (non essendoci trascendenza, tutto sarebbe conchiuso nel fisico, no?) e quei fenomeni non sarebbero altro che, appunto, fenomeni fisici.

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Ma che significa "maneggiare la trascendenza"???
Ammetto che ho usato un'espressione imprecisa e approssimativa (pur credendo che il contesto la spiegasse adeguatamente...).


Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Ma non arrampichiamoci sugli specchi, per favore!

Se una disciplina, nei suoi studi, postula o ipotizza (o al limite dimostra) la trascendenza, allora ne fa oggetto di studio, la sottopone a studio, la studia (tutti sinonimi in lingua italiana); ovviamente, non potendo essere tale disciplina una scienza naturale, la studierà con metodi diversi da quelli delle scienze naturali.
Non colgo l'arrampicamento: potresti farmi un esempio di studio della trascendenza? Non discorsi sulla trascendenza (religione, metafisica, etc.), ovvero impalcature concettuali che la presuppongono (come nel tuo caso, in modo funzionale per risolvere un problema), ma casi in cui essa venga individuata (non in modo opinabile) e studiata (ovvero analizzata, non postulata).
Se invece per "metodi diversi da quelli delle scienze naturali", intendi usare la trascendenza come "pezza" per tappare gli strappi nel tessuto della nostra conoscenza, allora si tratta pur sempre di "studi sartoriali"  ;D

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Che la trascendenza non ci sia nell' immanenza (in quella "dove ci siamo noi", per parlre alquanto impropriamente e sgangheratamente, e in nessun altra possibile immanenza) é un' altra banale tautologia.
Tautologia che mi pare renda assai problematica l'ambizione di voler studiare la trascendenza, ma attendo l'esempio suddetto per avere chiarimenti.

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Che non dimostra affatto che la trascendenza sia un concetto privo di denotato reale, per quanto astratto.
Un concetto con un "denotato reale astratto"?! Sono incuriosito da alcuni esempi, così al volo non inquadro a cosa alludi...

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
E dagliela con questa menata ridicolmente polemica -e del tutto fuori bersaglio!- del "passepartout"!
Nessuna polemica, volevo solo scherzarci un po' su, ma prendo atto che non hai gradito  :)

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Ci vuole della fede per credere nel noumeno e nei suoi rapporti con i fenomeni materiali (in particolare i cervelli) e mentali. come ho sempre sostenuto vigorosissimamente a chiarissime lettere (dove starebbe mai l' obiezione alle mie argomentazioni???).
Concordo, ci vuole fede, perché, siamo fuori dalla possibile falsificazione.

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Ma non mi risulta altro modo di comprendere razionalmente -fra l' altro- i rapporti fra mente e cervello.
Ok, è meglio di niente (lo vedi l'orror vacui in azione? ;) ), il che non giustifica una confusione fra spiegazione razionale verificabile e una soluzione trascendentale "di comodo": se non sappiamo fare chiarezza nel rapporto mente/cervello, l'escamotage del trascendentale funziona, ma non confondiamolo con la razionalità applicata.

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Men che meno l' assurda, platealmente contraddittoria pretesa che la coscienza sia nel cervello
Finora, correggimi pure, ho sempre e solo parlato di "ipotesi", non di "pretesa"; probabilmente non sono riuscito a spiegarmi... sicuramente, se facciamo spazio alla trascendenza nell'immanenza, questa risolverà tutti i nostri problemi di interpretazione del mondo (dal noumeno, al rapporto mente/corpo, etc.) si tratta solo di innestarla al punto in cui si ferma la nostra conoscenza attendibilmente verificata   ;)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 26 Novembre 2017, 22:36:35 PM
CitazioneMa o la tua qualità morale, interagendo con tutto il resto, determina necessariamente la tua azione, oppure, oppure questa dipende dal caso.

Non riesco a scorgere alcun "tertuim" logicamente possibile, non contraddittorio col resto del ragionamento (salvo quel "misto" di caso -comunque caso fortuito, privo di valenza etica,nella misura in cui "vige"!- e determinismo che é il "divenire ordinato o deterministico debole" -id est: "divenire disordinato o indeterministico debole"- ossia probabilistico statistico.

Forse perchè l'attuale matematica è troppo arretrata per dare un concetto soddisfacente?  ;)


CitazioneD' accordo, ma il fatto che la scelta avviene in un determinato istante presente e che sia solo probabilisticamente prevedibile (in pratica, di fatto) non toglie che:

o é deterministica (prevedibile in linea teorica, di principio),

oppure casuale (imprevedibile anche in linea teorica, di principio).

Di nuovo: hai scelto di limitarti a questi assiomi. Scelta comprensibile e rispettabile ma non è l'unica possibile. Per la nostra attuale matematica un'alternativa che possa essere una "libera scelta" è assurda.

CitazioneSì, vi sono lassi di tempo in cui non abbiamo punto coscienza, ovvero non percepiamo alcuna sensazione fenomenica, né materiale, né mentale (allo stesso modo svanisce anche la materia: "esse est percipi", B. & H).

Ok, quindi se sparissero un giorno tutte le coscienze, la materia svanirebbe? (anzi magari non avrebbe nemmeno senso di parlare di "tempo" - ovvero sparite tutte le coscienze sarebbe la Fine)

CitazioneD' accordo.
Anche le mie contro il pampsichismo non sono, inevitabilmente, che congetture alquanto "campate in aria": già dobbiamo (se vogliamo spiegarci il mondo; secondo me ovviamente) ammettere per fede che altri uomini e e animali abbiano coscienza e che ci sia un noumeno che comprende noi stessi come entità soggetti, oltre oggetti fra altri oggetti, di esperienza fenomenica cosciente e che i cervelli corrispondono alle coscienze; parlare ulteriormente del noumeno e dei suoi eventuali rapporti con "altro di cosciente" é qualcosa di inevitabilmente molto "precario" e insicuro.

Già. Guarda a caso le questioni più interessanti in fin dei conti sono tutte ai limiti - se non oltre - delle nostre capacità  :(
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 27 Novembre 2017, 13:33:11 PM
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2017, 19:56:46 PM

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Esserci =/= essere in una determinata sede (può accadere in qualsiasi altra sede reale).
Un esserci non spazializzato, faccio fatica a pensarlo, giacché anche la fantasia, secondo me, ha uno spazio cerebrale; so che non concorderai, ma questa è la mia opinione (fermo restando che, per me, concetti, idee, etc. non sono trascendenti ma astratti, e come astrazioni mentali possono avere una loro minuscola "fisicità" nel cervello).
CitazioneMi dispiace per la tua fatica: cerca di fare uno sforzo.

Anche per me i concetti astratti non sono trascendenti (l' esperienza fenomenica cosciente propria di chi li pensa).
Infatti accadono (accade il pensarli) nell' ambito delle coscienze; le quali comprendono anche sensazioni di cervelli (in determinati, non frequenti casi) ma non si trovano nei cervelli, ché altrimenti ci sarebbe l' impossibile assurdità di coscienze dentro altre coscienze (il mio vedere "il tuo vedere un albero che tu stai guardando" scrutando nel tuo cervello: l' albero assurdamente presente nel tuo cervello -ammesso e non concesso- sarebbe comunque visto da me e non da te che non staresti guardando nel tuo cervello ma altrove); e infatti nel tuo cervello non potrei vedere che cellule, assoni, sinapsi, ecc.: cose ben diverse dall' albero che sarebbe il contenuto della tua esperienza mentre tu lo stai guardando (e io sto guardando nel tuo cervello).

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Erri!
Infatti la coscienza trascendente, in quanto tale, é fuori al mio cervello e dal suo determinismo.
E non determina proprio nulla nel mio corpo.
Se è fuori dal tuo cervello e non determina proprio nulla nel tuo corpo, come possiamo parlarne?
Quando dico che è improbabile fare esperienza della trascendenza, intendo proprio questo.
CitazionePossiamo parlarne perché é coscienza, dunque vi é chi (io) la vive, la percepisce e ne può riferire a te a e ad altri.

Della trascendenza (rispetto alla propria coscienza) non si può fare esperienza per definizione.
Ma ciò non significa che non possa esservi qualcosa che trascende la propria coscienza, che non se ne possa sensatamente parlare e dunque e che non si possa anche sensatamente parlare in generale, astrattamente di trascendenza.
In tutt' altro ordine di cose (scientifico, non filosofico), nemmeno di un quark si può fare esperienza, ma ciò non toglie possa essere reale e che se ne possa parlare sensatamente.

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Se non avessi la mia coscienza non sarei quello che sono, ma la mia coscienza trascende il mio corpo, non vi interagisce (vi diviene "parallelamente su un altro piano ontologico trascendente" in corrispondenza biunivoca: un certo determinato stato mentale e nessun altro per un certo determinato stato cerebrale e nessun altro.
Eppure tale stato mentale, tu lo vivi... sei in grado di vivere la trascendenza? Piuttosto paradossale, direi...
CitazioneCerto che no!
Niente di paradossale: vivo il mio stato mentale e ipotizzo, per spiegare molte cose (fra le quali i rapporti mente-cervello evitando di negare contro l' evidenza dei fatti l' esistenza delle coscienze diverse dai cervelli né la chiusura causale del mondo fisico comprendente i cervelli) la trascendenza fra di essi.

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Altrimenti andrebbe a farsi benedire la chiusura causale del mondo fisico, e dunque la sua conoscibilità scientifica: sarebbero possibili "disegni intelligenti", madonne che piangono sangue (maschile), miracoli di San Gennaro e di Padre Pio e chi più ne ha più ne metta.
Non concordo, direi che se, per ipotesi, anche la coscienza fosse materiale, il mondo fisico sarebbe invece ancora più chiuso (non essendoci trascendenza, tutto sarebbe conchiuso nel fisico, no?) e quei fenomeni non sarebbero altro che, appunto, fenomeni fisici.
CitazioneCerto, se la coscienza fosse materiale.

Ma di materiale nella testa c' é solo il cervello, non la coscienza* del "titolare" di tale testa e di tale cervello, "il tutto" nelle coscienze** di chi lo osservasse: sono i cervelli ad essere nelle coscienze e non viceversa.
Se "la coscienza fosse materiale" (e ubicata nel cervello), allora sarebbe qualche processo neurofisiologico e non la coscienza: tutt' altro!


Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Ma non arrampichiamoci sugli specchi, per favore!

Se una disciplina, nei suoi studi, postula o ipotizza (o al limite dimostra) la trascendenza, allora ne fa oggetto di studio, la sottopone a studio, la studia (tutti sinonimi in lingua italiana); ovviamente, non potendo essere tale disciplina una scienza naturale, la studierà con metodi diversi da quelli delle scienze naturali.
Non colgo l'arrampicamento: potresti farmi un esempio di studio della trascendenza?
CitazioneI miei interventi nel forum.
Non discorsi sulla trascendenza (religione, metafisica, etc.), ovvero impalcature concettuali che la presuppongono (come nel tuo caso, in modo funzionale per risolvere un problema), ma casi in cui essa venga individuata (non in modo opinabile) e studiata (ovvero analizzata, non postulata).
Se invece per "metodi diversi da quelli delle scienze naturali", intendi usare la trascendenza come "pezza" per tappare gli strappi nel tessuto della nostra conoscenza, allora si tratta pur sempre di "studi sartoriali"  ;D
CitazioneForse ti sfugge che c' é qualche differenza fra filosofia e scienze naturali.
Che la prima non é altrettanto vincolata delle seconde le seconde all' individuazione a posteriori di fatti che ne confermino le ipotesi.


"Uso" la trascendenza (reciperoca fra mente e cervello) come ipotesi razionale, sensata e fondata per fare della buona filosofia e non della "sartoria" (nemmeno in senso metaforico).
E che sia un' ipotesi indimostrabile (ma necessaria a spiegare tante cose fra le quali i rapporti mente-cervello senza cadere in assurdità) l' ho sempre sostenuto a chiarissime lettere: non può essere un' obiezione contro le mie tesi!

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Che la trascendenza non ci sia nell' immanenza (in quella "dove ci siamo noi", per parlre alquanto impropriamente e sgangheratamente, e in nessun altra possibile immanenza) é un' altra banale tautologia.
Tautologia che mi pare renda assai problematica l'ambizione di voler studiare la trascendenza, ma attendo l'esempio suddetto per avere chiarimenti.
CitazioneGià fatto.

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Che non dimostra affatto che la trascendenza sia un concetto privo di denotato reale, per quanto astratto.
Un concetto con un "denotato reale astratto"?! Sono incuriosito da alcuni esempi, così al volo non inquadro a cosa alludi...
CitazioneSubito accontentato:
La bellezza (o credi che Monica Bellucci sia brutta? Id est: che la bellezza non ne sia una caratteristica astratta ma non per questo non realissima?).
O la cattiveria (o credi che Totò Reina fosse buono? Id est. che la cattiveria non ne fosse una caratteristica astratta ma non per questo non realissima)?.
E così ricchezza (ma anche coglionaggine): Marchionne.
Ecc., ecc., ecc.


Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Ci vuole della fede per credere nel noumeno e nei suoi rapporti con i fenomeni materiali (in particolare i cervelli) e mentali. come ho sempre sostenuto vigorosissimamente a chiarissime lettere (dove starebbe mai l' obiezione alle mie argomentazioni???).
Concordo, ci vuole fede, perché, siamo fuori dalla possibile falsificazione.
CitazioneBene!
Infatti  non stiamo parlando di scienza  ma di filosofia.
Che non sia dimostrabile l' ho sempre sostenuto a chiarissime lettere, come che sia necessario per comprendere i rapporti mente-cervello ( e non solo).

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Ma non mi risulta altro modo di comprendere razionalmente -fra l' altro- i rapporti fra mente e cervello.
Ok, è meglio di niente (lo vedi l'orror vacui in azione? ;) ), il che non giustifica una confusione fra spiegazione razionale verificabile e una soluzione trascendentale "di comodo": se non sappiamo fare chiarezza nel rapporto mente/cervello, l'escamotage del trascendentale funziona, ma non confondiamolo con la razionalità applicata.
CitazioneMi sembra di aver fatto molta chiarezza e nessuna confusione, di non aver proposto alcune soluzione "di comodo" e non avere usato nessun "escamotage".
E inoltre di essere stato molto razionalista.
Ma se ti ostini nei tuoi irrazionali e confusi pregiudizi fisicalistici di comodo sulla mente (a credere che possa essere nel cervello) non puoi capirlo.

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Men che meno l' assurda, platealmente contraddittoria pretesa che la coscienza sia nel cervello
Finora, correggimi pure, ho sempre e solo parlato di "ipotesi", non di "pretesa"; probabilmente non sono riuscito a spiegarmi...
CitazioneMI correggo subito:
Assurda, platealmente contraddittoria pretesa che la coscienza possa essere nel cervello.

sicuramente, se facciamo spazio alla trascendenza nell'immanenza, questa risolverà tutti i nostri problemi di interpretazione del mondo (dal noumeno, al rapporto mente/corpo, etc.) si tratta solo di innestarla al punto in cui si ferma la nostra conoscenza attendibilmente verificata   ;)
CitazioneInfatti l' ho innestata precisamente al punto in cui si ferma la nostra conoscenza attendibilmente verificata.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 27 Novembre 2017, 13:45:43 PM
Citazione di: Apeiron il 26 Novembre 2017, 22:36:35 PM
CitazioneMa o la tua qualità morale, interagendo con tutto il resto, determina necessariamente la tua azione, oppure, oppure questa dipende dal caso.

Non riesco a scorgere alcun "tertuim" logicamente possibile, non contraddittorio col resto del ragionamento (salvo quel "misto" di caso -comunque caso fortuito, privo di valenza etica,nella misura in cui "vige"!- e determinismo che é il "divenire ordinato o deterministico debole" -id est: "divenire disordinato o indeterministico debole"- ossia probabilistico statistico.

Forse perchè l'attuale matematica è troppo arretrata per dare un concetto soddisfacente?  ;)
CitazioneSecondo me si tratta di logica.

Ma non vedo in che senso un suo progresso potrebbe portare all' ammissibilità di contraddizioni.


CitazioneD' accordo, ma il fatto che la scelta avviene in un determinato istante presente e che sia solo probabilisticamente prevedibile (in pratica, di fatto) non toglie che:

o é deterministica (prevedibile in linea teorica, di principio),

oppure casuale (imprevedibile anche in linea teorica, di principio).

Di nuovo: hai scelto di limitarti a questi assiomi. Scelta comprensibile e rispettabile ma non è l'unica possibile. Per la nostra attuale matematica un'alternativa che possa essere una "libera scelta" è assurda.
CitazioneA me basta che sia l' unica scelta razionale, logica, non assurda perché (per una scelta irrazionale) ho scelto di essere razionalista.

CitazioneSì, vi sono lassi di tempo in cui non abbiamo punto coscienza, ovvero non percepiamo alcuna sensazione fenomenica, né materiale, né mentale (allo stesso modo svanisce anche la materia: "esse est percipi", B. & H).

Ok, quindi se sparissero un giorno tutte le coscienze, la materia svanirebbe? (anzi magari non avrebbe nemmeno senso di parlare di "tempo" - ovvero sparite tutte le coscienze sarebbe la Fine)
Citazionela materia (come il pensiero) ovviamente svanirebbe perché é nelle coscienze, é "fenomeno".
Ma se esistono (anche) cose in sé o noumeno, allora queste non necessariamente svanirebbero (e un po' brancolando inevitabilmente nel buio -come sempre parlando di noumeno- si può forse dire che in qualche senso potrebbe continuare a divenire nel tempo (come per chi non sia panpsichista) avveniva prima della comparsa di animali senzienti).

Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 27 Novembre 2017, 17:44:09 PM
Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 13:33:11 PM
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2017, 19:56:46 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Esserci =/= essere in una determinata sede (può accadere in qualsiasi altra sede reale).
Un esserci non spazializzato, faccio fatica a pensarlo, giacché anche la fantasia, secondo me, ha uno spazio cerebrale; so che non concorderai, ma questa è la mia opinione (fermo restando che, per me, concetti, idee, etc. non sono trascendenti ma astratti, e come astrazioni mentali possono avere una loro minuscola "fisicità" nel cervello).
Mi dispiace per la tua fatica: cerca di fare uno sforzo.
Non ce la faccio proprio  ;D , per me quel "ci" dell'esserci, indica uno spazio (in un determinato tempo). Certo, se togliamo quel "ci", abbiamo "Essere", e allora possiamo tranquillamente lasciarci andare a metafisiche che trascendono la spazialità.

Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2017, 19:56:46 PM
Se è fuori dal tuo cervello e non determina proprio nulla nel tuo corpo, come possiamo parlarne?
Quando dico che è improbabile fare esperienza della trascendenza, intendo proprio questo.
Possiamo parlarne perché é coscienza, dunque vi é chi (io) la vive, la percepisce e ne può riferire a te a e ad altri.
Il fatto che tu la viva dimostra che sia trascendentale? Semmai il contrario, stando alla definizione di trascendentale  ;)
Infatti se, come osservi:
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Della trascendenza (rispetto alla propria coscienza) non si può fare esperienza per definizione.
allora la coscienza non può essere trascendentale. C.v.d. (scherzo, non t'adirare! ;D )

Inoltre, se sostieni che:
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Ma ciò non significa che non possa esservi qualcosa che trascende la propria coscienza, che non se ne possa sensatamente parlare
allora la coscienza, di nuovo, non è trascendente e siamo d'accordo (aldilà dell'hobby di speculare poi sulla trascendenza)!

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 13:33:11 PM
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2017, 19:56:46 PM
Non colgo l'arrampicamento: potresti farmi un esempio di studio della trascendenza?
I miei interventi nel forum.
Tu stesso, correggimi pure, hai ammesso che la trascendenza ti serve per spiegare e conciliare alcune spinose questioni; ricorrere ad un concetto indeterminato (e per questo tremendamente duttile, come un jolly ;D ) per redimere interrogativi, non significa studiarlo ma postularlo per poi utilizzarlo (ad esempio c'è chi ricorre a una divinità per spiegare il bene e il male: usa il concetto di dio, non lo studia, se non a posteriori in un circolo vizioso di petitio principii).

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 13:33:11 PM
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2017, 19:56:46 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Che non dimostra affatto che la trascendenza sia un concetto privo di denotato reale, per quanto astratto.
Un concetto con un "denotato reale astratto"?! Sono incuriosito da alcuni esempi, così al volo non inquadro a cosa alludi...
Subito accontentato:
La bellezza (o credi che Monica Bellucci sia brutta? Id est: che la bellezza non ne sia una caratteristica astratta ma non per questo non realissima?).
Ad essere precisi, la bellezza, la cattiveria, etc. non hanno un "denotato reale astratto": la bellezza della Bellucci non è astratta (nè è astratta la Bellucci ;D ), il suo essere bella (che non è la bellezza in sé) non è astratto proprio perché è reale, ai tuoi occhi (la bellezza reale è incarnata nel suo corpo dal tuo sguardo valutativo) ed idem per gli altri esempi. Se parliamo di un "denotato reale" credo che esso, per definizione, non possa essere anche astratto. Non confonderei la bellezza (astratta) con ciò che è bello (reale)  ;)

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 13:33:11 PM
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2017, 19:56:46 PM
Concordo, ci vuole fede, perché, siamo fuori dalla possibile falsificazione.
Bene!
Infatti  non stiamo parlando di scienza  ma di filosofia.
Che non sia dimostrabile l' ho sempre sostenuto a chiarissime lettere, come che sia necessario per comprendere i rapporti mente-cervello ( e non solo).
Se parliamo di filosofia, sostenere che la fede nella trascendenza infalsificabile è necessaria per comprendere i rapporti mente-cervello, ci spingiamo più verso un approccio dogmatico (quindi poi parlare di "ipotesi razionale" e di "essere razionalisti" diventa ambiguo  ;) ).

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 13:33:11 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Men che meno l' assurda, platealmente contraddittoria pretesa che la coscienza sia nel cervello
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2017, 19:56:46 PMFinora, correggimi pure, ho sempre e solo parlato di "ipotesi", non di "pretesa"; probabilmente non sono riuscito a spiegarmi...
MI correggo subito:
Assurda, platealmente contraddittoria pretesa che la coscienza possa essere nel cervello.
Ok, prendo atto che hai letto la mia ipotesi come una "pretesa" di una possibilità (il che conferma che non mi sono proprio saputo spiegare!  :)  ).

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 13:33:11 PM
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2017, 19:56:46 PM
sicuramente, se facciamo spazio alla trascendenza nell'immanenza, questa risolverà tutti i nostri problemi di interpretazione del mondo (dal noumeno, al rapporto mente/corpo, etc.) si tratta solo di innestarla al punto in cui si ferma la nostra conoscenza attendibilmente verificata   ;)
Infatti l' ho innestata precisamente al punto in cui si ferma la nostra conoscenza attendibilmente verificata.
Applicazione impeccabile, allora... vedrai che sicuramente funzionerà! ;D
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 27 Novembre 2017, 19:53:50 PM
Citazione di: Phil il 27 Novembre 2017, 17:44:09 PM

Non ce la faccio proprio  ;D , per me quel "ci" dell'esserci, indica uno spazio (in un determinato tempo). Certo, se togliamo quel "ci", abbiamo "Essere", e allora possiamo tranquillamente lasciarci andare a metafisiche che trascendono la spazialità.
CitazioneDunque la bellezza, caratteristica sia di Monica Bellucci sia di maia Grazia Cucinotta, non essendo in nessun luogo, in quanto concetto astratto, per te non ci sarebbe?
Se sono brutte loro, chi sarebbe bella per te?
(Si vede che ho una certa età, eh? E per non passare per un dinosauro non ho nemmeno citato il non plus ultra, cioè LIz Taylor!).

La metafisica per me non é una parolaccia e studiandola non "ci si lascia andare" a nulla di sconveniente.
Anche perché la realtà in toto non é limitata alla sola materia (res extensa, spazialmente "dispiegata" e ubicata), al solo oggetto di studio della scienza fisica.


Il fatto che tu la viva [la mia coscienza, N.d.R.] dimostra che sia trascendentale? Semmai il contrario, stando alla definizione di trascendentale  ;)
CitazioneMa infatti ho sempre sostenuto che la mia coscienza* trascende (= é trascendente; e non trascendentale) il mio cervello il quale fa parte di altre coscienze** diverse dalla mia: dunque la vivo io e non chi osserva il mio cervello (come assurdamente sarebbe, secondo quanto da te ritenuto possibile, se la potesse percepire o "trovare" nel mio cervello).

Infatti se, come osservi:
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Della trascendenza (rispetto alla propria coscienza) non si può fare esperienza per definizione.
allora la coscienza non può essere trascendentale. C.v.d. (scherzo, non t'adirare! ;D )
CitazioneNon mi adiro affatto, ma non dimostri proprio un tubo (e non adirarti nemmeno tu): vedi appena qui sopra.

Inoltre, se sostieni che:
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Ma ciò non significa che non possa esservi qualcosa che trascende la propria coscienza, che non se ne possa sensatamente parlare
allora la coscienza, di nuovo, non è trascendente e siamo d'accordo (aldilà dell'hobby di speculare poi sulla trascendenza)!
CitazioneAllora di nuovo non hai capito un accidente, si vede che ti dedichi all' hobby di fraintendere (lo dico senza alcuna ira):
Non esiste il trascendere in assoluto, non ha senso, ma solo trascendenza come rapporto fra due parti distinte della realtà (che in alternativa potrebbero essere in rapporto di immanenza): nella fattispecie la mia coscienza e il mio cervello.

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 13:33:11 PM
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2017, 19:56:46 PM
Non colgo l'arrampicamento: potresti farmi un esempio di studio della trascendenza?
I miei interventi nel forum.
Tu stesso, correggimi pure, hai ammesso che la trascendenza ti serve per spiegare e conciliare alcune spinose questioni; ricorrere ad un concetto indeterminato (e per questo tremendamente duttile, come un jolly ;D ) per redimere interrogativi, non significa studiarlo ma postularlo per poi utilizzarlo (ad esempio c'è chi ricorre a una divinità per spiegare il bene e il male: usa il concetto di dio, non lo studia, se non a posteriori in un circolo vizioso di petitio principii).
CitazioneE' determinatissimo: a parte quello che ne scrivo personalmente nel forum, ti invito a cercarne il significato su qualsiasi dizionario.
Jolly, deus ex machina, circolo vizioso, petitio principi non hanno nulla a che vedere con le mie argomentazioni perfettamente logiche, coerenti e metafisicamente sobrie (fino a eventuale prova contraria).

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 13:33:11 PM
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2017, 19:56:46 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2017, 16:24:00 PM
Che non dimostra affatto che la trascendenza sia un concetto privo di denotato reale, per quanto astratto.
Un concetto con un "denotato reale astratto"?! Sono incuriosito da alcuni esempi, così al volo non inquadro a cosa alludi...
Subito accontentato:
La bellezza (o credi che Monica Bellucci sia brutta? Id est: che la bellezza non ne sia una caratteristica astratta ma non per questo non realissima?).
Ad essere precisi, la bellezza, la cattiveria, etc. non hanno un "denotato reale astratto": la bellezza della Bellucci non è astratta (nè è astratta la Bellucci ;D ), il suo essere bella (che non è la bellezza in sé) non è astratto proprio perché è reale, ai tuoi occhi (la bellezza reale è incarnata nel suo corpo dal tuo sguardo valutativo) ed idem per gli altri esempi. Se parliamo di un "denotato reale" credo che esso, per definizione, non possa essere anche astratto. Non confonderei la bellezza (astratta) con ciò che è bello (reale)  ;)
CitazioneA essere precisi bellezza, cattiveria, ecc, hanno proprio denotati reali astratti.
La Bellucci non é astratta (per fortuna!) ma la bellezza (la sua in particolare e la bellezza in generale in grado ancor maggiore sì, eccome!

reale =/ concreto

e astratto =/ da irreale.

...A proposito di "confondere.

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 13:33:11 PM
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2017, 19:56:46 PM
Concordo, ci vuole fede, perché, siamo fuori dalla possibile falsificazione.
Bene!
Infatti  non stiamo parlando di scienza  ma di filosofia.
Che non sia dimostrabile l' ho sempre sostenuto a chiarissime lettere, come che sia necessario per comprendere i rapporti mente-cervello ( e non solo).
Se parliamo di filosofia, sostenere che la fede nella trascendenza infalsificabile è necessaria per comprendere i rapporti mente-cervello, ci spingiamo più verso un approccio dogmatico (quindi poi parlare di "ipotesi razionale" e di "essere razionalisti" diventa ambiguo  ;) ).
CitazioneNo, caro mio.
Dogmatico sarebbe dire: é vero perché "ipse dixit" (e dunque non può non essere vero) , non argomentare la verità di un assunto (e dunque invitare chi voglia a cercare di dimostrarlo falso).

Quindi il mio é limpidissimo e inequivocissimo (credo il superlativo sia consentito) razionalismo.



Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 13:33:11 PM
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2017, 19:56:46 PM
sicuramente, se facciamo spazio alla trascendenza nell'immanenza, questa risolverà tutti i nostri problemi di interpretazione del mondo (dal noumeno, al rapporto mente/corpo, etc.) si tratta solo di innestarla al punto in cui si ferma la nostra conoscenza attendibilmente verificata   ;)
Infatti l' ho innestata precisamente al punto in cui si ferma la nostra conoscenza attendibilmente verificata.
Applicazione impeccabile, allora... vedrai che sicuramente funzionerà! ;D
CitazioneFunziona (al presente).


E infatti resto in paziente attesa che qualcuno mi dimostri che non funziona.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 27 Novembre 2017, 21:15:47 PM
Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 19:53:50 PM
Dunque la bellezza, caratteristica sia di Monica Bellucci sia di maia Grazia Cucinotta, non essendo in nessun luogo, in quanto concetto astratto, per te non ci sarebbe?
La bellezza, secondo me, è un concetto astratto (non trascendente) e se proprio devo scommettere (ma senza pretesa ;) ) dove sia, direi... nel cervello (che me la fa individuare, riconoscere e vivere... alzandomi la pressione! ;D )

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 19:53:50 PM
Anche perché la realtà in toto non é limitata alla sola materia (res extensa, spazialmente "dispiegata" e ubicata), al solo oggetto di studio della scienza fisica.
Dal '900 in poi questo assioma è meno solido che in passato, ma resta ancora attualismo e siamo ben lontani da dimostrare il contrario (anche perché la trascendenza è sempre un passo più in là di noi, nell'indimostrabilità  ;)  )


Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 19:53:50 PM
Ma infatti ho sempre sostenuto che la mia coscienza* trascende (= é trascendente; e non trascendentale) il mio cervello [...]
Non esiste il trascendere in assoluto, non ha senso, ma solo trascendenza come rapporto fra due parti distinte della realtà
"Due parti distinte della realtà" che si "trascendono"? Stiamo ancora usando un linguaggio filosofico, oppure per "trascendere" intendiamo banalmente essere distinte e separate? Se è così, ecco spiegato il motivo per cui non ti capivo  ;D

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 19:53:50 PM
E' determinatissimo: a parte quello che ne scrivo personalmente nel forum, ti invito a cercarne il significato su qualsiasi dizionario.
Sul dizionario si parla anche di "trascendenza" fra cervello e coscienza? Oppure quello è uno dei mille usi della generica definizione di trascendenza (vero "coltellino svizzero" della metafisica, che, riconoscerai, non è stato individuato e usato da tutti allo stesso modo, e questo è davvero eloquente  ;) )?

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 19:53:50 PM
Jolly, deus ex machina, circolo vizioso, petitio principi non hanno nulla a che vedere con le mie argomentazioni perfettamente logiche, coerenti e metafisicamente sobrie (fino a eventuale prova contraria).
La "quasi prova contraria", da quel che ho capito (ma probabilmente ho frainteso :) ), è che presupponi la trascendenza della coscienza, non la dimostri; poi la usi e tutto funziona, ma non hai forse tu stesso detto che tale trascendenza richiede "fede" (ovvero non dimostrazione, figuriamoci "prova contraria")?
Partendo dalla non falsificiabilità della trascendenza, fai seguire argomentazioni perfettamente logiche, ma se viene messa in dubbio tale trascendenza, si svela il circolo vizioso; del tipo: la trascendenza è la causa della non reperibilità fisica della coscienza nel cervello - la coscienza non è stata fisicamente reperita - allora la trascendenza è davvero la causa della non reperibilità della coscienza. Che è come dire (parafrasando una vecchia puntata dei Simpson): ho in mano un sasso che tiene lontane da me le tigri - intorno a me non vedo tigri - allora è davvero il sasso che tiene lontane le tigri  ;D

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 19:53:50 PM
A essere precisi bellezza, cattiveria, ecc, hanno proprio denotati reali astratti.
La Bellucci non é astratta (per fortuna!) ma la bellezza (la sua in particolare e la bellezza in generale in grado ancor maggiore sì, eccome!
Userei il linguaggio differentemente: la bellezza-della-Bellucci non è astratta, è concreta in quanto imminente alla Bellucci (infatti, se non esistesse la Bellucci, neppure in foto o altro, non esisterebbe nemmeno la sua bellezza). La bellezza astratta, in quanto tale, è quella che esiste a prescindere da un ente individuale di riferimento. La bellezza-della-Bellucci non è bellezza astratta (astratta da che?) ;)

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 19:53:50 PM
Dogmatico sarebbe dire: é vero perché "ipse dixit" (e dunque non può non essere vero) , non argomentare la verità di un assunto (e dunque invitare chi voglia a cercare di dimostrarlo falso).
Quindi il mio é limpidissimo e inequivocissimo (credo il superlativo sia consentito) razionalismo.
Secondo me, argomentare la verità di ciò che si presuppone (vedi sopra) è dogmatismo, da cui può certo conseguire ottimo razionalismo che, tuttavia, gira in questo caso su un circolo vizioso imperniato sulla indimostrabile trascendenza (intesa filosoficamente), a differenza del razionalismo epistemologico.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 28 Novembre 2017, 12:59:47 PM
@sgiombo non è una contraddizione, è un "salto logico" (personalmente nel fatto d'essere "autonomi" non vedo di per sé contraddizioni. Ovviamene l'esistenza di un ente autonomo chiaramente è incompatibile con l'attuale conoscenza scientifica  ;) ). La cosa è un po' diversa. Comunque ammetto che non riesco a spiegare questo "salto", anche se magari in futuro sarà possibile "dimostrare" che "emerge" ad un certo punto la capacità di fare scelte che sono "autonome".  

La tua posizione sul fenomeno-noumeno mi ha fatto ricordare questo passo di Schopenhauer:
"Presa come filosofia, ella sarebbe inoltre materialismo: ma questo porta fin dalla nascita, come abbiamo veduto, la morte nel cuore, perché passa sopra al soggetto e alle forme della conoscenza; le quali nondimeno vanno premesse tanto per la più bruta materia, da cui il materialismo vorrebbe muovere, quanto per la materia organica, a cui vuol pervenire. Imperocché «nessun oggetto senza soggetto» è il principio, che rende per sempre impossibile ogni materialismo. Sole e pianeti, senza un occhio che li veda e un intelletto che li conosca, si possono bensì esprimere a parole: ma queste parole sono per la rappresentazione un sideroxylon. È vero d'altra parte che la legge di causalità e l'osservazione e la ricerca della natura, che su quella si fonda, ci conducono necessariamente alla certezza che ogni più perfetto stato organico della materia ha seguito nel tempo uno stato più grossolano: che cioè gli animali sono comparsi prima degli uomini, i pesci prima degli animali terrestri, le piante anche prima dei pesci, la materia inorganica prima della organica; che quindi la materia primitiva ha dovuto traversare una lunga serie di modificazioni, innanzi che il primo occhio si aprisse. E tuttavia l'esistenza del mondo intero rimane sempre dipendente da questo primo occhio che si è aperto – fosse pure stato l'occhio di un insetto – come dall'indispensabile intermediario della conoscenza, per la quale e nella quale esclusivamente il mondo esiste, e senza la quale esso non può nemmeno essere pensato: perché il mondo è semplicemente rappresentazione; e tale essendo, abbisogna del soggetto conoscente come fondamento della sua esistenza. Anzi, quella medesima lunga successione di tempi, riempita da innumerevoli trasformazioni, attraverso cui la materia si elevò di forma in forma fino all'avvento del primo animale conoscente, può esser pensata soltanto nell'identità di una coscienza: di cui essa costituisce la serie delle rappresentazioni e la forma della conoscenza. Senza quest'identità, tale successione perde ogni senso e non è più nulla. Così vediamo da un lato l'esistenza del mondo intero dipendere di necessità dal primo essere conoscente, per quanto sia quest'ultimo ancora imperfetto; e dall'altro lato con la stessa necessità questo primo animale conoscente dipendere in tutto e per tutto da una lunga catena anteriore di cause e di effetti, alla quale esso viene ad aggiungersi come un piccolo anello. Queste due opposte vedute, a ciascuna delle quali siamo invero condotti da una pari necessità, si potrebbero dire anch'esse un'antinomia nella nostra facoltà conoscitiva..." (Mondo Come Volontà e Rappresentazione, Tomo I, Libro I)

Secondo me una qualche forma di panpsichismo evita questo paradosso (anche se chiaramente ammetto di brancolare nel buio a riguardo della "mente" che può avere un sasso  ;D  di certo a differenza dell'animale non è strettameente parlando cosciente!)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 28 Novembre 2017, 18:15:17 PM
Per Phil

Constato che continui a credere e (a ripetere) che:

-la coscienza stia nel cervello (per esempio starebbe nel cervello, dove nessuno lo troverà mai, il pensiero del concetto di "bellezza") mentre accade l' esatto contrario e nel cervello ci sono solo cellule, vasi ecc. (un po' diversi dal pensiero della bellezza!), e non vi si potrà mai trovare altro
.
-Il pensiero sia materia e la sua esistenza come realtà diversa dalla materia sia un assioma indimostrabile e poco solido e non un' inoppugnabile constatazione di fatto.

-Negare la trascendenza come una condizione indimostrabile (in generale, aprioristicamente; quindi in particolare fra coscienza e cervello e fra diverse coscienze), senza punto dimostrare che non esiste realmente né proporre valide spiegazioni alternative dei rapporti fra mente e cervello e fra le diverse coscienze.

-Rifiutare un linguaggio filosofico per discutere di una questione che trascende (stavolta in senso figurato, metaforico) le scienze naturali (anche se se ne deve tenere conto) ed é filosofica.
E non distinguere fra due diversi modi in cui parti della realtà possono essere diverse (distinte, separate): trascendenza e immanenza reciproca (e che sulla trascendenza, come sull' immanenza i vari filosofi hanno detto cose diverse é ovvio: meno male! Come é ovvio che nella definizione di "trascendenza" dei dizionari non si accenni al caso particolare della trascendenza fra mente e cervello; che fra l' altro da moltissimi é rifiutata).
Le tue pretese in proposito sono un tipico super-mega-coltellino galattico con cui si fa di tutto e di più nel più sfrenato arbitrio e senza fondamento alcuno.
O un "ragionamento" alla Simpson che vede circoli viziosi dove non ce ne sono affatto.

-Inventare pretese contraddizioni e pretesi circoli viziosi (da cui fra l' altro affermi contraddittoriamente che possa conseguire un qualche "razionalismo"!) nelle mie tesi sulla trascendenza mente – cervello, il suo carattere ipotetico e il suo non essere superata da alcuna ipotesi alternativa (ovviamente a mio modesto parere) per spiegare e comprendere i rapporti mente-cervello.

Confondere "immanente" con "concreto".


Non vedo pertanto l' utilità di continuare a ripetere gli stessi argomenti (corretti e tutt' altro che "fideistici", e "viziosamente circolari"): tempo perso!
(Lo so, non ho una gran pazienza).

Pertanto, con tutto il dovuto rispetto, la discussione con te per quanto mi riguarda finisce qui; mi aspetto una risposta con le solite pretese e malposte ironie, battute che vorrebbero essere divertenti e con la solita abbondanza di faccine che ridono (forse la tua mamma ti fa sempre gli gnocchi...), ma per non cadere in tentazione di perdere altro tempo (ho un carattere polemico), non la leggerò nemmeno.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 28 Novembre 2017, 18:44:45 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Novembre 2017, 12:59:47 PM
@sgiombo non è una contraddizione, è un "salto logico" (personalmente nel fatto d'essere "autonomi" non vedo di per sé contraddizioni. Ovviamene l'esistenza di un ente autonomo chiaramente è incompatibile con l'attuale conoscenza scientifica  ;) ). La cosa è un po' diversa. Comunque ammetto che non riesco a spiegare questo "salto", anche se magari in futuro sarà possibile "dimostrare" che "emerge" ad un certo punto la capacità di fare scelte che sono "autonome".  
CitazioneNon posso capire cosa intendi per "salto", dal momento che tu stesso dici di non riuscire a spiegarlo.

La tua posizione sul fenomeno-noumeno mi ha fatto ricordare questo passo di Schopenhauer:
"Presa come filosofia, ella sarebbe inoltre materialismo: ma questo porta fin dalla nascita, come abbiamo veduto, la morte nel cuore, perché passa sopra al soggetto e alle forme della conoscenza; le quali nondimeno vanno premesse tanto per la più bruta materia, da cui il materialismo vorrebbe muovere, quanto per la materia organica, a cui vuol pervenire. Imperocché «nessun oggetto senza soggetto» è il principio, che rende per sempre impossibile ogni materialismo. Sole e pianeti, senza un occhio che li veda e un intelletto che li conosca, si possono bensì esprimere a parole: ma queste parole sono per la rappresentazione un sideroxylon. È vero d'altra parte che la legge di causalità e l'osservazione e la ricerca della natura, che su quella si fonda, ci conducono necessariamente alla certezza che ogni più perfetto stato organico della materia ha seguito nel tempo uno stato più grossolano: che cioè gli animali sono comparsi prima degli uomini, i pesci prima degli animali terrestri, le piante anche prima dei pesci, la materia inorganica prima della organica; che quindi la materia primitiva ha dovuto traversare una lunga serie di modificazioni, innanzi che il primo occhio si aprisse. E tuttavia l'esistenza del mondo intero rimane sempre dipendente da questo primo occhio che si è aperto – fosse pure stato l'occhio di un insetto – come dall'indispensabile intermediario della conoscenza, per la quale e nella quale esclusivamente il mondo esiste, e senza la quale esso non può nemmeno essere pensato: perché il mondo è semplicemente rappresentazione; e tale essendo, abbisogna del soggetto conoscente come fondamento della sua esistenza. Anzi, quella medesima lunga successione di tempi, riempita da innumerevoli trasformazioni, attraverso cui la materia si elevò di forma in forma fino all'avvento del primo animale conoscente, può esser pensata soltanto nell'identità di una coscienza: di cui essa costituisce la serie delle rappresentazioni e la forma della conoscenza. Senza quest'identità, tale successione perde ogni senso e non è più nulla. Così vediamo da un lato l'esistenza del mondo intero dipendere di necessità dal primo essere conoscente, per quanto sia quest'ultimo ancora imperfetto; e dall'altro lato con la stessa necessità questo primo animale conoscente dipendere in tutto e per tutto da una lunga catena anteriore di cause e di effetti, alla quale esso viene ad aggiungersi come un piccolo anello. Queste due opposte vedute, a ciascuna delle quali siamo invero condotti da una pari necessità, si potrebbero dire anch'esse un'antinomia nella nostra facoltà conoscitiva..." (Mondo Come Volontà e Rappresentazione, Tomo I, Libro I)

Secondo me una qualche forma di panpsichismo evita questo paradosso (anche se chiaramente ammetto di brancolare nel buio a riguardo della "mente" che può avere un sasso  ;D  di certo a differenza dell'animale non è strettameente parlando cosciente!)
CitazioneHo evidenziato in grassetto un' affermazione da cui dissento (concordando in gran parte con il resto).
 
(Premesso che spero prima o poi di leggere Schopenhauer; sebbene sia vecchio e la morte non mi sia lontana...) distinguerei l' esperienza fenomenica cosciente, cui appartiene (anche, oltre al mentale) ciò che le scienze naturali conoscono, con il suo soggetto, dalla conoscenza (circa l' esperienza fenomenica cosciente), cioè (le sensazioni coscienti de-) il pensiero che certi fenomeni sono-divengono in un certo modo stando che effettivamente, almeno in parte, tali fenomeni sono-divengono in un tale certo modo (peraltro il soggetto della conoscenza non può ovviamente non essere anche il medesimo delle sensazioni fenomeniche di cui ha conoscenza; ma non è vero che basti essere soggetto di coscienza fenomenica, per esempio alla maniera del "primo essere conoscente, per quanto sia quest'ultimo ancora imperfetto" per esserlo anche di conoscenza; ovviamente dei fenomeni coscienti).

Concordo che quando si parla del noumeno e della possibile coscienza soggettiva propria di sue parti i cui corrispettivi fenomenici dei quali noi siamo soggetti (di coscienza) non sono chiaramente agenti per scopi si percorre un terreno minato e dunque la cautela é d' obbligo.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 28 Novembre 2017, 21:15:08 PM
Citazione di: sgiombo il 28 Novembre 2017, 18:15:17 PM
Pertanto, con tutto il dovuto rispetto, la discussione con te per quanto mi riguarda finisce qui; mi aspetto una risposta con le solite pretese e malposte ironie, battute che vorrebbero essere divertenti e con la solita abbondanza di faccine che ridono (forse la tua mamma ti fa sempre gli gnocchi...), ma per non cadere in tentazione di perdere altro tempo (ho un carattere polemico), non la leggerò nemmeno.
Secondo me, le considerazioni e i commenti non sono dovuti, sono un regalo (Natale si avvicina ;) ) che facciamo agli altri, e talvolta a noi stessi (perché consentono agli altri di darci qualcosa). Se nel mio ultimo messaggio non hai trovato spunti degni di tue considerazioni, ma solo noiosi "dejà vu", è più che condivisibile il tuo voler porre fine alla discussione (io invece avevo trovato spunti nel tuo ultimo post e per questo ho commentato, alimentandola).

Per quanto riguarda l'uso delle faccine, non le uso per schernire (spero davvero tu non le abbia interpretate così), ma per suggerire semmai un tono sereno (e talvolta persino autoironico), magari quando cerco di non appesantire troppo la seriosità dell'argomento ricorrendo a qualche metafora (che indubbiamente possono non piacere a tutti), oppure quando muovo un'obiezione, per indicare che la muovo con leggerezza, con il sorriso, senza ostile antagonismo (non è mica una competizione, no?  :) ).

Le pretese e le illogicità che mi imputi, non sono riuscito a trovarle (almeno c'ho provato, pazienza!), comunque grazie per avermele segnalate; ho invece trovato che il nostro confronto mi sia servito a riflettere su questo tema, soprattutto in virtù delle nostre discordanze (altrimenti tutto si sarebbe ridotto ad uno sterile e laconico "sono d'accordo!").

Non ci crederai (eppure lo scrivo lo stesso  ;D ), ma mi aspettavo che avresti prima o poi scritto un "post di congedo" (in cui avresti detto, come hai fatto altre volte, "da ora in poi taccio, ma non acconsento"), per cui ho cercato di sfruttare subito al meglio i miei post (e mi ritengo abbastanza soddisfatto, non avevo altre domande in faretra). Grazie quindi per la pazienza e per gli spunti!


P.s.
Ovviamente non ho scritto questo post solo per farti riflettere un po' sulla tua aspettativa del "mi aspetto una risposta con le solite pretese e malposte ironie" (cit.), né per farti notare che, se lo hai letto, non hai rispettato la tua profezia del "non la leggerò nemmeno". Semplicemente, se mi credi, credo in ciò che ho scritto (faccine comprese  ;D ).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 29 Novembre 2017, 00:22:27 AM
ma poi dopo tutte queste discussioni sui particolari, la risposta l'abbiamo data?

Posso chiedere ad ogni etente che è intervenuto una risposta secca con a seguito una sua brevissima opinione sulla domanda: siamo responsabili delle nostre azioni?

Parto io.

Siamo responsabili? Si!

Motivazione: Io credo che la coscienza racchiuda una certa informazione criptata (non accessibile) che causa le nostre azioni. Perchè questa informazione riesca ad essere determinante per la nostra responsabilità, esse devono essere libere dalla materia. Questa libertà lo si deve al fatto che l'informazione criptata nella coscienza siano in realtà composte da cellule temporali che agiscono in modo retroattivo rispetto alla visione deterministica di un osservatore esterno.
questa è la mia estrema sintesi.

per voi invece la risposta quale sarebbe?
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 29 Novembre 2017, 00:54:05 AM
Essendo un "compatibilista" la mia risposta non può che essere sì/no. Non siamo responsabili perché la nostra storia individuale e sociale e lo stesso indeterminismo casuale ci conducono a fare quello che facciamo ma siamo responsabili perché accanto a questa innegabile verità c'è sempre una possibilità di scelta individuale irriducibile e opaca alla spiegazione causale. E' innegabile che ogni essere umano che fosse inchiodato ad un rigido determinismo non farebbe altro che rivoltarsi contro di esso e fare "cose a caso" proprio per rivendicare la propria libertà.
Si potrebbe anche rovesciare il problema e dire che siamo responsabili individualmente della storia e dell'evoluzione della società, ovvero se crediamo in una certa idea di società, le nostre azioni devono essere rivolte all'attuazione di quell'ideale, proprio per mutare i presupposti deterministici dell'azione vista in termini generali.
Inoltre ad un rigido determinismo si presentano due problemi di non poco conto: quello della responsabilità delle proprie azioni, che può essere risolto in modo stoico, come fa Sgiombo, rivendicando la necessità di una responsabilità individuale per la serena convivenza civile, anche se logicamente essa sarebbe  inesistente. C'è inoltre da capire come il determinismo rigido possa giustificare l'evoluzione del mondo, poichè se tutto è deterministicamente orientato, siamo sempre vissuti e sempre vivremo oltre che nel migliore, anche nell'unico dei mondi possibili, il che mi sembra riduttivo e poco edificante per la storia dell'umanità.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Angelo Cannata il 29 Novembre 2017, 00:58:31 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 29 Novembre 2017, 00:22:27 AM
Si!

Personalmente penso che ritenere di aver trovato risposte sia una delle cose più micidiali che possano esistere. Lo stesso vale per quanto riguarda il ricercare, se viene effettuato con la convinzione di dover andare ad approdare a qualcosa di finalmente definitivo, conclusivo.
Spero di non cadere mai in questi tranelli della mente.
Per me ricercare ha senso solo come apertura ad infinite altre ricerche. Si cerca per poter cercare ancora e cercare meglio, non per smettere di cercare.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Angelo Cannata il 29 Novembre 2017, 01:00:05 AM
Non nego la possibilità di soffermarsi su qualcosa, ma dico, appunto, soffermarsi, sempre come sosta provvisoria.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Efonyo il 29 Novembre 2017, 01:25:38 AM
La risposta a questa domanda dipende dalla risposta ad un altro quesito: dove si trova la coscienza?

Se la coscienza attraversa le cose, allora essa non pilota alcun tipo di organismo, lascia che il corpo ed i pensieri scorrano su di essa, è un fiume dell'esistenza. La sua volontà non è altro che il fluire del mondo, in pratica non possiede una volontà, la consapevolezza illude la nostra anima che egli controlli il mondo materiale ed i suoi eventi.

Ma se associamo la mente ad un pilota automobilistico, che ha a disposizione sterzo, marcia e freni, ed il corpo è l'auto, allora di conseguenza noi risulteremo responsabili delle nostre azioni, risultati.

Quando elaboro le mie idee e visioni fantastiche spesso i risultati che ottengo come rappresentazioni mentali non coincidono con la mia volontà, la volontà si ferma su ciò che la mia anima conosce, non su ciò che sconosce!

Se io mi prefisso di disegnare ad esempio un sole carnivoro con statue al posto dei denti, alla fine invece immagino una rana dalla pancia a ventilatore dove fuoriesce l'intestino con otto occhi di dinosauro e alette d'angelo!

Quindi? Siamo responsabili in parte delle nostre azioni, il pensiero è una forma di comando ma il suo potere è ridotto nel mondo materiale e neurologico, quindi finisce che il sistema nervoso controlla la nostra anima e i suoi pensieri, la coscienza non ha proprio massimo controllo su sé stessa, quindi siamo responsabili su quei piccoli particolari in cui ci stiamo concentrando nel momento.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 29 Novembre 2017, 15:50:44 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 29 Novembre 2017, 00:22:27 AM
Posso chiedere ad ogni etente che è intervenuto una risposta secca con a seguito una sua brevissima opinione sulla domanda: siamo responsabili delle nostre azioni?
Per rispondere con una "risposta secca" (come da richiesta), preferirei "affrontare" una parola meno ambigua di "responsabilità"; nell'ambiguità, le risposte sono inevitabilmente molteplici:
- se per "responsabilità" intendiamo "causa efficiente", scommetterei sul "si" (altrimenti saremmo burattini  ;D ). Le nostre azioni sono causate da qualcosa (definibile in molti modi: mente, volontà, anima, coscienza, karma...) che ci costituisce (senza di essa non saremmo chi/cosa siamo), che ci identifica in quanto "noi", quindi "noi" siamo responsabili di ciò che facciamo (ne siamo la causa).
- se per "responsabilità" intendiamo, "imputabilità di fronte alla legge (umana o divina)", ovviamente la risposta è "si" (almeno finché si vive in una società che ha leggi che prevedono responsabilità giuridica individuale, o si crede in un culto che prevede responsabilità morale individuale).
- se per "responsabilità" intendiamo "controllo totale" (non solo causale), allora ne deriva un dualismo fra "noi" e le "nostre azioni", con la volontà chiamata a fare da intermediario; la questione diventa allora "siamo arbitri/autori della nostra volontà?"; la risposta secondo me, è "no", poiché non possiamo scegliere cosa volere (semmai, vogliamo ciò che scegliamo), ovvero non possiamo volere ciò che non vogliamo.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 29 Novembre 2017, 16:29:24 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 29 Novembre 2017, 00:22:27 AM
ma poi dopo tutte queste discussioni sui particolari, la risposta l'abbiamo data?

Posso chiedere ad ogni etente che è intervenuto una risposta secca con a seguito una sua brevissima opinione sulla domanda: siamo responsabili delle nostre azioni?

Parto io.

Siamo responsabili? Si!


CitazioneSecondo me no.

Infatti pur essendo determinista (per fede, non perché sia dimostrabile; e nemmeno é dimostrabile l' indeterminismo), e dunque ritenendo che l' agire sia dovuto alle qualità morali dell' agente, e non casuale, come sarebbe invece in caso di indeterminismo, tuttavia mi rendo conto nessuno (se non forse un Dio, ammesso che esista; ma non lo credo) é responsabile del fatto di trovarsi ad essere così com' é, e conseguentemente di essere determinato ad agire così come agisce (e anche se si può decidere di cambiare, lo si fa conseguentemente a come si é, al momento di prendere questa decisione, non per propria libera scelta.

Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 29 Novembre 2017, 16:49:22 PM
Secondo me sì, siamo responsabili. Abbiamo facoltà di scelta e dobbiamo rispondere alla scelte che facciamo.

@sgiombo. Non so spiegarti la questione del "salto" perchè non riesco, con le mie attuali conoscenze, a riuscire a capire come "qualcosa" riesca ad "affrancarsi" dalla catena causale di cause e conseguenze (ossia ad avere un controllo parziale su tale catena). Il "salto" di cui parlo è proprio questa capacità di avere un controllo parziale... controllo parziale che secondo le attuali conoscenze è del tutto impossibile!

Di per sé non ci vedo personalmente non vedo nulla di "illogico". Però ammetto che le varie scoperte scientifiche in un certo senso finiscono per rendere questo "salto" sempre meno probabile   :)

Comunque il tuo punto di vista sul problema mente-materia è molto interessante e originale ;)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 29 Novembre 2017, 23:02:54 PM
Citazione di: Apeiron il 29 Novembre 2017, 16:49:22 PM
SNon so spiegarti la questione del "salto" perchè non riesco, con le mie attuali conoscenze, a riuscire a capire come "qualcosa" riesca ad "affrancarsi" dalla catena causale di cause e conseguenze (ossia ad avere un controllo parziale su tale catena). Il "salto" di cui parlo è proprio questa capacità di avere un controllo parziale... controllo parziale che secondo le attuali conoscenze è del tutto impossibile!


Anch'io ho cercato di spiegare questo "salto". Ma evidentemente non sono riuscito nell'impresa.
L'alternativa è ciò che ho detto a Phil, l'uomo non è responsabile delle sue azioni.

Quello che cercavo di capire erano le motivazioni (tipo quelle di Phil) a metà strada fra una responsabilità secca ed una ammorbidita. Secondo me si è spaziato troppo su fattori che non risolvono la questione. Per questo ho chiesto un si o un no. Perche un ni mi sembra una risposta del tipo democristiana (partito di maggioranza relativa ormai scomparsa dopo la prima repubblica, per chi è abbastanza vecchio da ricordarselo  :P )
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 30 Novembre 2017, 12:17:31 PM
@Il_Dubbio da un punto di vista pragmatico la questione non ha importanza. Possiamo accettare che siamo "liberi" e andare avanti (un po' come ha fatto Kant se lo conosci  :) ). Da un punto di vista logico le obiezioni di sgiombo sono impeccabili: a meno che non ci sia questo "salto" che "generi" una realtà "libera" (in parte) sono impeccabili. E lui di conseguenza (come Spinoza e Schopenhauer) prende tutte le conseguenze di ciò.

Rimane dunque da "scegliere" come fare: rinunciare alla responsabilità morale mi pare piuttosto assurdo dal punto di vista "pratico-esistenziale" (semmai si può essere aperti a ridefinirla a seconda dei contesti e delle esigenze, un po' come farebbe, credo, Angelo Cannata). A questo punto però dobbiamo, da "filosofi", nuovamente concepire una morale quando tutto va contro alla nostra "convinzione" di essere liberi. Si può fare come sgiombo e accettare che essa sia illusoria (e in un certo senso che la vera libertà è riconoscere che sia illusoria, a la Spinoza, Schopenhauer...). Viceversa si può invece ritenere di essere liberi e responsabili. Ma nuovamente è completamente assurdo pensare che il "mondo esterno" e i processi "interiori" non ci influenzino. Non siamo in realtà, in senso ultimo, artefici del nostro destino se con ciò intendiamo una libertà "incondizionata". Siccome personalmente ritengo che la libertà (intendo il "salto", il libero arbitrio) sia essenziale per parlare di responsabilità ovviamente sono nella posizione molto goffa di postulare una cosa che non esiste per dare una giustificazione a-posteriori alle mie convinzioni.

Poi tra l'altro potremo ad esempio riuscire a "dimostrare" l'esistenza del libero arbitrio? Scientificamente, per esempio, come potremo dimostrare l'esistenza del libero arbitrio? Che osservazione potrebbe farci concludere della sua esistenza?
Furono queste domande che costrinsero Kant ad accettare il libero arbitrio e l'esistenza di un "agente" in quanto dal punto di vista fenomenico è impossibile "dedurre" l'esistenza (o meno) del libero arbitrio (e personalmente anche a dimostrare la sua non-esistenza... ovviamente questo vale anche per l'unicorno rosa che vive in un mondo a noi inacessibile... però ritengo che il libero arbitrio sia una questione ben più importante dell'unicorno rosa anche se come animale è affascinante  ;D ). Si possono fare ipotesi, si possono creare modelli ma come potremo in fin dei conti dedurre dall'osservazione dei fenomeni (che è la base della scienza) il libero arbitrio? Più che altro la facilità con cui viene definito illusione solitamente deriva dall'incapacità diffusa al giorno d'oggi di ammettere l'esistenza di qualcosa solo perchè non c'è evidenza empirica (è da notare però che sgiombo, Spinoza, Schopenhauer e altri hanno ragioni ben più profonde di questa per rifiutare il libero arbitrio ;)). Sinceramente questa tendenza ad ammettere l'esistenza solo del concreto senza avere un minimo di apertura a realtà "non deducibili" dall'empiria mi sembra piuttosto un limite del pensiero moderno o addirittura (almeno in certi casi, ma ritengo in più casi di quanto si pensi) una "scusa" per non indagare a fondo la realtà...
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 30 Novembre 2017, 12:49:53 PM
CitazionePer questo ho chiesto un si o un no. Perche un ni mi sembra una risposta del tipo democristiana (partito di maggioranza relativa ormai scomparsa dopo la prima repubblica, per chi è abbastanza vecchio da ricordarselo  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/tongue.gif) )
Se è per questo allora dovremmo annoverare fra i democristiani Sigmund Freud e tutta una lunga serie di suoi seguaci, gran parte della scuola di Francoforte, Eschilo, Shakespeare e probabilmente molti altri che adesso non mi vengono in mente.
Tra l'altro il "ni" è la risposta che viene data a questa domanda da parte di una posizione delle scienze sociali e filosofiche in merito al problema della opposizione libero arbitrio/determinismo: il compatibilismo.
Ultima annotazione: rispetto alla attuale classe politica inizio a provare della sincera nostalgia per la democrazia cristiana.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 30 Novembre 2017, 17:15:40 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 29 Novembre 2017, 23:02:54 PM
Quello che cercavo di capire erano le motivazioni (tipo quelle di Phil) a metà strada fra una responsabilità secca ed una ammorbidita.
Dispiego una responsabilità "a ventaglio", cercando di assecondare il ventaglio semantico della parola responsabilità  :)   finché non viene definita nettamente, almeno per come la si vuole intendere in questa sede, diventa difficile, per me, fare chiarezza.

Ad esempio: se compio una scelta ragionata, secondo alcuni miei motivi, poi uno psicologo mi suggerisce che probabilmente ho agito per una motivazione inconscia (che mi sfuggiva al momento della valutazione cosciente), in che misura sono responsabile della mia scelta (se lo sono)?
- si potrebbe dire che l'inconscio è comunque una parte essenziale di me, quindi sono comunque totalmente responsabile (in quanto "causa efficiente" delle conseguenze della scelta). In quest'ottica la responsabilità è legata all'individuo nel suo complesso psico-fisico (come secondo la legge);
- si potrebbe sostenere che, non essendo consapevole dell'ingerenza determinante dell'inconscio (che, da dietro le quinte, ha dettato la mia scelta) e non avendo quindi potuto ragionare e decidere in piena coscienza e "libertà"(prendiamola per buona ;) ) sulla scelta, la mia responsabilità è attenuata ("scaricando" parte della responsabilità al famigerato inconscio). In quest'ottica la responsabilità è (de)legata sopratutto alla volontà, ovvero non sono responsabile di azioni e scelte che esulano dalla mia volontà cosciente (il resto rientra nella categoria "alibi"...).
- si potrebbe pensare che io non sia altro che il risultato di una congerie di fattori e condizionamenti esterni-ambientali e interni-neurofisiologici, per cui la mia imputabilità individuale è mera convenzione per utilità sociale, ma deterministicamente, non potevo scegliere altrimenti. In quest'ottica la responsabilità è elemento artificiale ed arbitrario, quasi un non-senso dal punto di vista logico-razionale (ovvero non è possibile scelta ma solo esecuzione della direzione indicata da ciascuna causa... a sua volta derivata deterministicamente da una causa precedente, etc.).
- in ottica compatibilista (grazie Jacopus, non la conoscevo!) non so come potrebbe essere interpretata la responsabilità, forse avendo agito come ho voluto (ma è forse possibile il contrario, salvo casi di costrizione esterna?), sarei ritenuto responsabile.
"Fate il vostro gioco!" come si direbbe se fossimo al tavolo verde  ;D


P.s.
Nel mio primo post ho citato l' "encomio di Elena" di Gorgia, alludendo a come sia oggi possibile rivisitarlo, ampliandolo; per chi non lo conoscesse, mi permetto di allegarlo (copio e incollo da Wikipedia; corsivo mio):
"L'Encomio di Elena è un testo del filosofo sofista Gorgia da Lentini.
In esso l'autore si pone l'obiettivo di scagionare Elena, moglie di Menelao, dalla terribile colpa di aver provocato, abbandonando il marito per seguire Paride a Troia, la sanguinosa guerra di Troia.[...]
Elena è innocente, poiché il movente del suo gesto è esterno alla sua responsabilità. Schematizzando, Elena può aver agito per questi motivi:

1. Per decreto degli dèi: non si era potuta opporre al fato;
2. Era stata rapita con la forza;
3. Era stata persuasa dalle parole di Paride;
4. Era stata vinta dalla passione amorosa;
5. Per volere della sorte;
6. Decreto di necessità (destino)".

A ciò, oggi potremmo aggiungere:
7. una pulsione del suo inconscio l'aveva spinta a farlo
8. la situazione deterministica (versione disincantata del punto 6) che aveva preceduto quell'evento non poteva che produrre esattamente quel risultato.

A questo punto, sembra quasi più difficile imputare la responsabilità che non imputarla... allora, in fondo (come chiedevo all'inizio), prima di chiederci se lo siamo dovremmo chiederci: che significa "essere responsabili"?
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 30 Novembre 2017, 22:06:26 PM
Citazione di: Jacopus il 30 Novembre 2017, 12:49:53 PM
CitazionePer questo ho chiesto un si o un no. Perche un ni mi sembra una risposta del tipo democristiana (partito di maggioranza relativa ormai scomparsa dopo la prima repubblica, per chi è abbastanza vecchio da ricordarselo  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/tongue.gif) )
Se è per questo allora dovremmo annoverare fra i democristiani Sigmund Freud e tutta una lunga serie di suoi seguaci, gran parte della scuola di Francoforte, Eschilo, Shakespeare e probabilmente molti altri che adesso non mi vengono in mente.
Tra l'altro il "ni" è la risposta che viene data a questa domanda da parte di una posizione delle scienze sociali e filosofiche in merito al problema della opposizione libero arbitrio/determinismo: il compatibilismo.
Ultima annotazione: rispetto alla attuale classe politica inizio a provare della sincera nostalgia per la democrazia cristiana.

Non mi pare che ci possa essere una "compatibilità" tra libero arbitrio e determinsimo. Se qualche filosofo l'ha ammessa vuol dire che non ha capito cosa è il determinismo.
Anche qualora si dica che io sarei libero di agire secondo la mia volontà, ma non avrei libertà di volere, secondo me si commette un errore grammaticale. Io non potrei agire nemmeno secondo il mio volere proprio perche non ho scelto liberamente cosa volere.
Se hai qualche argomentazione plausibile sul compatibilismo ti invito a scriverla in modo che quel ni diventi una strada alternativa invece che una non-risposta. Purtroppo io non ne vedo strade alternative. Il tentativo el compatibilismo (almeno per quel pochino che ho capito) è un po' paradossale, si tenta di prendere termini che hanno una loro collocazione precisa e gli si da una definizione diversa.
Cosicchè dire che noi potremmo agire liberamente perche faremmo ciò che vogliamo sembra davvero una gran bella idea, ma dopo però aver chiarito che quello che fai non l'hai scelto tu... riporta la  tesi al punto di partenza . Mi sembra davvero bizzarra come idea (bizzarra è un termine soft...visto che siamo in un forum aperto al pubblico) per essere innovativa. Mi chiedo se quando pensano a ste cose siano sobri  :'( .
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 30 Novembre 2017, 22:49:41 PM
per  Jacopus

voglio essere preciso. Quando dico che questi autori non sanno cosa è il determinismo è perche sostengo che anche qualora si supponga che io sia libero di volere ciò che voglio (anche se non posso volere di volere ciò che voglio) si sancisce una rottura all'evoluzione deterministica.
Io voglio una mela. Per i compatibilismi sarei libero di non volerla? Se la risposta fosse si, allora chi ce la da questa liberta di non volere una mela?  Deterministicamente parlando se vuoi una mela te la prendi e basta. Oppure non la prendi. Ma se non la prendi non l'hai deciso tu, ma l'evoluzione deterministica.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: viator il 30 Novembre 2017, 22:53:24 PM
Salve. In altro intervento del Forum evidenziavo la differenza tra causa, colpa, dolo, premeditazione secondo il Diritto. Queste sono le gradazioni e le modalità che investono la nostra responsabilità sociale dal punto di vista civile o penale. Che è quello MORALE, essendo la morale l'insieme delle consuetudini e dei comportamenti ammessi (ma solo perché convenzionali, ampiamente condivisi e soprattutto SOCIALMENTE VANTAGGIOSI) dalla società.

Il fatto è che la responsabilità sociale prende in considerazione esclusivamente gli EFFETTI di ciò che facciamo, senza dover e poter curarsi delle CAUSE, le quali nel migliore dei casi potranno venir considerate attentuanti od aggravanti dei nostri atti.


In termini etici (l'etica è l'insieme e la gerarchia dei valori che ciascuno di noi si dà nel decidere come comportarsi - perciò risulta rigorosamente individuale - infatti a questo mondo esistono circa sette miliardi di etiche poco o tanto diverse) ed in termini filosofici, la responsabilità individuale è cosa diversa.


In altro intervento ancora (vedi in "Il principio naturale del bene") citavo quello che io appunto considero il principio naturale che rende ciascuno responsabile (cioè tenuto a rispondere, a rendere conto) di ciò che fa : "Nessuno distrugga o sottragga ciò che non sia in grado, all'occorrenza, di poter rigenerare o restituire".


Tale principio, talmente generico da prestarsi ad incomprensioni anche profonde, è quello che genera ogni nostra eventuale responsabilità ETICA personale. Il suo senso sarebbe che l'uomo è responsabile di tutti i propri comportamenti ingiustificati, egoistici e soprattutto irreversibili che mette in atto pur potendoli evitare.


Quindi la responsabilità etica di una persona (parlo di quella negativa, poiché quella positiva si chiamerà merito) si concreta quando questa agisce senza tener conto di star danneggiando o di poter danneggiare ingiustificatamente o irrimediabilmente altri che siano persone, beni, o natura.
Naturalmente tali criteri si applicheranno anche ai comportamenti che ledono aspetti immateriali, quindi anche all'interno dei rapporti affettivi, psicologici, etici tra le persone.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 30 Novembre 2017, 23:19:13 PM
Citazione di: viator il 30 Novembre 2017, 22:53:24 PM

Il fatto è che la responsabilità sociale prende in considerazione esclusivamente gli EFFETTI di ciò che facciamo, senza dover e poter curarsi delle CAUSE, le quali nel migliore dei casi potranno venir considerate attentuanti od aggravanti dei nostri atti.


Si avevo letto il tuo intervento, ma penso che il diritto dovrebbe obbligatoriamente inserire in ogni caso solo attenuanti se dovessimo seguire esattamente le nostre attuali conoscenze scientifiche. Poi è chiaro che il diritto segue gli effetti (va bhe chiaro fino ad un certo punto ma ci sta) ma nessuno dovrebbe subire aggravanti ma solo attenuanti. Oppure sarebbe meglio eliminarle entrambe visto che non si può essere responsabili di nulla. Attenuanti o aggravanti non hanno senso alcuno.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 01 Dicembre 2017, 00:14:11 AM
Citazione di: Phil il 30 Novembre 2017, 17:15:40 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 29 Novembre 2017, 23:02:54 PM
Quello che cercavo di capire erano le motivazioni (tipo quelle di Phil) a metà strada fra una responsabilità secca ed una ammorbidita.
Dispiego una responsabilità "a ventaglio", cercando di assecondare il ventaglio semantico della parola responsabilità  :)   finché non viene definita nettamente, almeno per come la si vuole intendere in questa sede, diventa difficile, per me, fare chiarezza.


In questa sede il termine responsabilità è determinata dalla domanda di socrate78 il quale si chiede: siamo liberi almeno in qualche misura?

La risposta è si o no. Se la risposta è si allora va spiegata la misura di questa libertà. Ed io non obbietto che la misura sia infinita. Al limite può essere circoscritta, ma non è possibile annacquare il concetto di libertà solo perchè dobbiamo infilarlo per forza dove sicuramente non entrerà mai.

A proposito del ventaglio. Io credo che la responsabilità (in senso deterministico) possa essere paragonata ad un'onda che si propaga al contrario. La maggiore responsabilità ce l'ha il cerchio piu ampio possibile. Piu l'onda si restringe verso il soggetto meno si avverte la responsabilità. Quando l'onda tocca il soggetto abbiamo l'effetto. Questo effetto è dovuto all'evoluzione dell'onda che si è spostata dal cerchio piu grande al piu piccolo.
Per cui è ammissimile dire che la responsabilità è distribuita in modo proporzionale a chi circonda il soggetto (il cerchio piuu grande è piu responsabile). Per cui in soldoni (ed in modo grossolano) partendo dal cerchio piu piccolo: alla famiglia, allo stato, alla comunità umana, all'universo intero.
Ad un certo punto lo Stato è piu responsabile del soggetto. Anzi il soggetto essendo il punto finale è infinitamente meno responsabile, tanto che possiamo dire che non lo sia per nessuna ragione responsabile. Il soggetto stesso diventa infatti solo l'effetto di ciò che ha prodotto l'universo intero, la comunità umana, lo Stato e infine la famiglia.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 01 Dicembre 2017, 00:46:40 AM
Chi crede esclusivamente al libero arbitrio o al determinismo fa di solito una scelta on/off di tipo cibernetico. Fortunatamente o sfortunatamente la vita umana è più complessa. Se io voglio uccidere qualcuno ma non ci riesco per cause esterne alla mia volontà come ad esempio nel caso che fra il mio proiettile e l'obiettivo si frapponga inaspettatamente un ostacolo, il determinismo è assolutamente casuale mentre il libero arbitrio voleva ben altra conseguenza.
Comunque tornando al tema richiesto da Il Dubbio. Posso volere la mela deterministicamente perchè ho fame, perché voglio dimostrare alla mia amante che ho dei denti forti, perchè sono egoista oppure perchè voglio donarla al povero. Essendo noi umani di solito confusi e poco chiari anche con noi stessi non è escluso che vogliamo anche cose contraddittorie. Vorremmo mangiare la mela ma anche sentirci buoni e donarla al povero. Magari quello che facciamo oggi in preda all'egoismo non lo facciamo domani in preda all'altruismo.

Sarà la mia forma mentis (magari deterministicamente organizzata) ma a me non risulta così difficile coniugare nello stesso spazio determinismo e libero arbitrio. Un libero arbitrio assoluto non può esistere: significherebbe semplicemente essere preda di un delirio di onnipotenza ed essere curati dal più vicino centro di salute mentale. Un completo determinismo invece è più sottile da scardinare. Iniziamo però con il considerare due aspetti: uno è quello che ci ha fornito Phil. La psicologia ci ha mostrato con mille esempi che spesso ciò che vogliamo consapevolmente non è uguale a ciò che è inscritto nella nostra parte interiore più profonda (inconscio, secondo un termine famoso). Eppure già sapere che esiste questa parte inconsapevole ci mette in guarda, lavorare con essa e su di essa ci rende sicuramente più consapevoli e più liberi delle nostre azioni.
Allora l'azione parte dall'Io razionale e consapevole o da quello affettivo e fortemente caotico dell'inconscio o da un giusto mix fra i due? Anche in questo caso dipende: dipende dalle persone, ci sono persone che sono una specie di equazione di secondo grado vivente ed altre che si lasciano condurre dal fiume sotteraneo delle emozioni.
ma c'è un altro aspetto da considerare che è quello storico. Il libero arbitrio è una invenzione recente. Per secoli vigeva un determinismo di fatto nella vita umana: pensate che il contadino medievale potesse pensare di sposare la principessa o più semplicemente di fare il mugnaio? Il suo libero arbitrio si limitava al massimo nello scegliere che tipo di potatura fare.
E' la modernità per prima a far crescere la domanda sul libero arbitrio, connessa allo sviluppo del pensiero critico e della scienza moderna, ma quella stessa domanda produce delle conseguenze sul libero arbitrio. Purtroppo o per fortuna siamo contemporaneamente l'oggetto e il soggetto del nostro studio sul L.A., che non è dato una volta per tutte e che cambia in relazione ai periodi storici e alle culture. Una cultura fatalista "alla sia fatta la volontà di Dio" lascia ben poco spazio al libero arbitrio e porta di solito a violenze inaudite. Una cultura calvinista per la quale occorre dimostrare sulla terra il proprio valore attraverso il lavoro, libera le potenzialità dell'uomo e pur nel determinismo apparente, permette all'uomo di incidere in modo potente nel suo rapporto con il mondo e quindi ampliare le possibilità di scelta, che rendono il determinismo sempre più un canale solo parzialmente preordinato, come un castello dove ad ogni sala si aprono comunque sale diverse dove poter entrare.
Questo discorso che sto facendo non è privo di conseguenze etiche, perchè come ho già detto, un mondo completamente deterministico è l'unico mondo possibile, oltre al migliore e ci esime da ogni responsabilità. E' stato detto che il determinismo è un'etica per pigri. Un mondo dove vige anche un libero arbitrio ben temperato ci orienta ad un mondo che può essere cambiato solo attraverso il nostro intervento e come dicevo prima il fatto di crederci (soggetto) modifica anche la realtà (oggetto).

Se volete aggiungo altra carne al fuoco perchè pur ritenendo il compatibilismo il criterio che più mi si addice è interessante anche quello che viene chiamato "indeterminismo causale": " lungo la catena causale che conduce all'azione interviene in qualche punto rilevante un cruciale elemento di indeterminismo. E' tale elemento a rendere possibiile il fare altrimenti: in questa prospettiva infatti le azioni non sono il prodotto di una causazione deterministica, quindi potrebbero non accadere, anche se in presenza dello stesso passato e delle stesse leggi di natura...l'idea è quella di una causalità indeterministica che non necessiti l'effetto ma aumenti semplicemente le probabilità che esso accada: in questo modo l'effetto non è sempre determinato da una stessa causa" (De Caro, libero arbitrio, una introduzione, Laterza). E' un modo per far entrare la fisica quantistica nel conflitto in discussione fra L.A. e D.
Ed anche questo aspetto di indeterminatezza dovrebbe essere considerato come terzo elemento che interagisce con gli altri due e che rendono altamente imprevedibile l'azione umana.
In tutto ciò però dobbiamo continuare ad avere la nostra bussola, i nostri valori, la nostra "fede" nell'autonomia e nella libertà dell'uomo e nella capacità di criticare il reale e le istituzioni mondane.
Al termine di questo post un pò confuso vi ringrazio per l'attenzione e vi saluto.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 01 Dicembre 2017, 18:01:16 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 30 Novembre 2017, 22:49:41 PM
per  Jacopus

voglio essere preciso. Quando dico che questi autori non sanno cosa è il determinismo è perche sostengo che anche qualora si supponga che io sia libero di volere ciò che voglio (anche se non posso volere di volere ciò che voglio) si sancisce una rottura all'evoluzione deterministica.
Io voglio una mela. Per i compatibilismi sarei libero di non volerla? Se la risposta fosse si, allora chi ce la da questa liberta di non volere una mela?  Deterministicamente parlando se vuoi una mela te la prendi e basta. Oppure non la prendi. Ma se non la prendi non l'hai deciso tu, ma l'evoluzione deterministica.
CitazioneSgiombo:

Concordo interamente su incompatibilità (contraddizione logica!) fra determinismo e libero arbitrio (= casualismo, indeterminismo).

Ma per "compatibilismo" in filosofia morale si intende il ritenere il determinismo compatibile con la responsabilità morale (al contrario dei fautori del libero arbitrio).

Io personalmente sarei ancor più drastico, ritenendo il determinismo non solo compatibile ma necessario alla responsabilità morale (almeno "prima facie") e l' indeterminismo (in cui rientra il caso del libero arbitrio) incompatibile.

Dico "prima facie" perché, anche in caso di determinismo (inesistenza del libero arbitrio)  nessuno é causa sui e dunque non é per sua volontà (né conseguentemente per sua responsabilità, in ultima analisi, "a ben vedere") che si trova ad essere come é e conseguentemente ad agire come agisce.

Ma chissenfrega?

Non per questo il generoso e magnanimo smetterà di comportarsi generosamente e magnanimamente e di disprezzare il gretto e meschino o lo farà con minor convinzione!
Nè il gretto e meschino smetterà di comportarsi grettamente meschinamente e di commiserare il generoso e magnanimo o lo farà con minor convinzione!
Citazione Il Dubbio:
Deterministicamente parlando se vuoi una mela te la prendi e basta. Oppure non la prendi. Ma se non la prendi non l'hai deciso tu, ma l'evoluzione deterministica.

CitazioneSgiombo:
L' hai deciso tu (e nessun altro!) deterministicamente, in quanto facente parte a pieno titolo dell' evoluzione deterministica della realtà.

Ma non per questo un onesto apprezzerà meno la tua onestà se ti sarai astenuto dal furto (nell' ipotesi che non fosse giustificato) e disprezzerà meno la tua disonestà se non te ne sarai astenuto, e viceversa un disonesto.

Il determinismo non implica per nessun motivo necessariamente un atteggiamento di passivo fatalismo, né alcuna attenuazione della propria forza di volontà da parte di chi ne divenga convinto!


XCitazione  Jacopus:
Chi crede esclusivamente al libero arbitrio o al determinismo fa di solito una scelta on/off di tipo cibernetico. Fortunatamente o sfortunatamente la vita umana è più complessa

Questo discorso che sto facendo non è privo di conseguenze etiche, perchè come ho già detto, un mondo completamente deterministico è l'unico mondo possibile, oltre al migliore e ci esime da ogni responsabilità. E' stato detto che il determinismo è un'etica per pigri. Un mondo dove vige anche un libero arbitrio ben temperato ci orienta ad un mondo che può essere cambiato solo attraverso il nostro intervento e come dicevo prima il fatto di crederci (soggetto) modifica anche la realtà (oggetto).


CitazioneSgiombo:

(Per un determinista) Fortunatamente o sfortunatamente la vita umana è più complessa, unicamente nel senso che é complicato e di fatto incalcolabile, imprevedibile come in ogni casi del tutto deterministicamente si svolga.

Il determinismo non implica affatto che questo sia il migliore dei mondi possibili (= pensabili accadere).

E non é affatto un'etica per pigri.
Un mondo deterministico non é affatto incompatibile con un mondo che può essere cambiato anche attraverso il nostro intervento e il fatto di crederci (soggetto agente deterministicamente) modifica anche la realtà (oggetto).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 01 Dicembre 2017, 22:48:26 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 01 Dicembre 2017, 00:14:11 AM
In questa sede il termine responsabilità è determinata dalla domanda di socrate78 il quale si chiede: siamo liberi almeno in qualche misura?

La risposta è si o no.
Chiarire il concetto di "responsabilità" appellandosi a "libertà", non ristringe il campo semantico, anzi... è una parola ancora più ambigua  ;)

Siamo liberi dalla nostra stessa volontà? C'è una meta-volontà che ci fa decidere cosa volere?
Siamo liberi dalle pulsioni inconsce, da tutto ciò che ci "anima" senza che nemmeno ne abbiamo consapevolezza conscia?
Siamo liberi dalla sedimentazione dei vissuti ed esperienze biografiche che hanno strutturato (e strutturano) la nostra "visione del mondo"?
Siamo liberi dai condizionamenti del nostro corpo (percezioni, sinapsi, funzioni neurologiche, etc.)?
Secondo me, la risposta comune a tutte queste domande è "no", per cui anche le scelte che compirò in futuro saranno condizionate da tutti questi fattori, ovvero saranno non-assolutamente-libere... e, d'altronde, anche in questo mio post, dov'è la libertà?! ;D
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 01 Dicembre 2017, 23:17:00 PM
CitazioneSgiombo says:
Un mondo deterministico non é affatto incompatibile con un mondo che può essere cambiato anche attraverso il nostro intervento e il fatto di crederci (soggetto agente deterministicamente) modifica anche la realtà (oggetto).
Ma se è deterministico, quel cambiamento era già scritto nel determinismo e quindi può essere cambiato in un solo unico senso, quello che la storia compie e quindi ad essere deterministici fino in fondo è razionale la shoah, facebook, la corruzione, il terremoto di Lisbona, il crollo di Wall Street, l'infibulazione, i processi per stregoneria, la religione pastafariana, curarsi con la medicina cinese, il colonialismo e tutto il resto.
Se invece lasciamo spazio alla possibilità di molti mondi possibili, solo alcuni dei quali portatori del senso di eudaimonia (guarda cosa mi tocca citare!), allora il senso del libero arbitrio, temperato da un'ovvia cornice deterministica, ha anche un valore etico e di responsabilità nei confronti della storia, che il determinismo in sè non ha e non può avere.
Essere responsabili in questo senso è davvero un senso di responsabilità che esula dall'azione singola e diventa responsabilità collettiva. Immagino in modo paradossale che il libero arbitrio possa essere esercitato solo collettivamente, solo allargando le possibilità di azione delle persone.
Il determinismo e il libero arbitrio, se ci pensate fanno riferimento a due mondi ideologici contrapposti: da un lato il determinismo presuppone che ognuno stia al suo posto, incasellato dal suo essere in quel modo in quel momento. Il libero arbitrio ci permette di pensare altrimenti ed è stato inevitabile confrontarsi con esso proprio quando le possibilità di vita e di scelta si sono moltiplicate.
Pensare a questo dilemma solo in termini logici non è corretto, a mio parere, e questa mi sembra una chiara lezione marxiana (lasciatemi amare Marx pur non amando il socialismo reale) che mi ha insegnato a trattare la sovrastruttura culturale come un modello da indagare, perché nasconde sempre in sè relazioni di dominio.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 02 Dicembre 2017, 10:15:16 AM
Citazione di: Phil il 01 Dicembre 2017, 22:48:26 PM
Chiarire il concetto di "responsabilità" appellandosi a "libertà", non ristringe il campo semantico, anzi... è una parola ancora più ambigua  ;)

Siamo liberi dalla nostra stessa volontà? C'è una meta-volontà che ci fa decidere cosa volere?
Siamo liberi dalle pulsioni inconsce, da tutto ciò che ci "anima" senza che nemmeno ne abbiamo consapevolezza conscia?
Siamo liberi dalla sedimentazione dei vissuti ed esperienze biografiche che hanno strutturato (e strutturano) la nostra "visione del mondo"?
Siamo liberi dai condizionamenti del nostro corpo (percezioni, sinapsi, funzioni neurologiche, etc.)?
Secondo me, la risposta comune a tutte queste domande è "no", per cui anche le scelte che compirò in futuro saranno condizionate da tutti questi fattori, ovvero saranno non-assolutamente-libere... e, d'altronde, anche in questo mio post, dov'è la libertà?! ;D

La conclusione è secondo me giusta, ed infatti non possiamo recriminare una responsabilità ove non ci fosse una libertà.

Questa conclusione non ci rende però meno liberi nel cercare una alternativa o un pertugio ove infilarci la libertà. Siamo liberi di cercarla o no?
Cosa ci spinge a cercare qualcosa che sembra non esserci? Ci spinge la consapevolezza di un dilemma. Se tutto ciò che fosse inconscio rimanesse tale (cioè inconcio) non avremmo la consapevolezza delle nostre pulsioni inconsce. Quindi ovviamente cercare di rendere conscio ciò che è inconscio in una certo senso ci rende piu liberi, o per lo meno saremmo "consapevoli" (per cui responsabili) che i nostri atti siano dovuti a un tale impulso. Conoscere, ovvero essere consapevoli di un impulso, non ci rende meno determinati dall'impulso, ma ovviamente il fatto di essere consapevoli (quindi coscienti) almeno ci fa agire con consapevolezza e quindi responsabilità. Io però immagino che la consapevolezza sia anche una specie di forza contraria all'impulso. Se l'impulso è molto forte la forza di volontà per respingere l'impulso deve essere altrettanto forte. Ammettiamo che esista questa forza di volontà. Io mi chiedo, se non fossi stato consapevole, avrei questa forza di volontà che per lo meno tenta di sconfiggere l'impulso? Questa consapevolezza quindi serve per il nostro agire responsabile. Siccome però la scienza non sa come nasce questa consapevolezza, non può nemmeno dire che io non sia libero solo perche loro vedono solo impulsi. Per questo motivo io dico si siamo responsabili, lo dico perche do alla consapevolezza un valore che non possiamo registrare tramite le nostre osservazioni scientifiche dove esistono solo impulsi. La coscienza non è un impulso. Magari scatta per un impulso, ma una volta che diventa consapevolezza agisce in modo alle volte anche autoritario, reagendo contro gli impulsi. Chi gliela da questa autorità? Glila da non un impulso, ma solo perchè è diventata coscienza o consapevolezza.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 02 Dicembre 2017, 12:45:39 PM
Sul discorso libertà-responsabilità concordo perchè se non ci fosse libertà allora i giudizi morali sarebbero semplici descrizioni arbitrarie. In fin dei conti se non c'è libertà, non c'è nemmeno merito, non ha senso parlare di ricompensa, punizione ecc in fin dei conti uno che è "virtuoso" e ha "lavorato su sé stesso" era "destinato" ad essere così. Perchè dunque ammirarlo? Siamo in questo caso veramente diversi da marionette o automi?

La libertà c'è ma è condizionata. Se sono chiuso in una stanza non posso uscire, quindi non sono assolutamente libero di muovermi. Non sono libero di volare. Non sono libero dal condizionamento sociale, non sono libero dalle malattie ecc è una libertà ristretta, ma c'è. E tra l'altro questa libertà "condizionata" è causa, per noi, di molta sofferenza. Il fatto che la libertà sia condizionata è la causa, in fin dei conti, della nostra miseria e quindi in un certo senso non siamo liberi. Non è possibile per noi controllare la realtà. Anzi senza andare distanti non controlliamo  nemmeno il nostro stesso corpo visto che è destinato ad ammalarsi, decadere ecc. Motivo per cui la "libertà" condizionata che abbiamo è una sorta di "prigione". Secondo me è essenziale la libertà per la morale, per l'etica. Se tutto fosse fuori dal nostro controllo allora meriti, ricompense ecc sono concetti completamente privi di senso.

Tuttavia quando sono consapevole sono "libero" di fare qualcosa o qualcos'altro.

La scienza secondo me non può dimostrare l'esistenza del "libero arbitrio" perchè non è possibile definire un esperimento che riesca a "rilevarlo".
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 02 Dicembre 2017, 13:31:02 PM
Citazione di: Jacopus il 01 Dicembre 2017, 23:17:00 PM
CitazioneSgiombo says:
Un mondo deterministico non é affatto incompatibile con un mondo che può essere cambiato anche attraverso il nostro intervento e il fatto di crederci (soggetto agente deterministicamente) modifica anche la realtà (oggetto).
Ma se è deterministico, quel cambiamento era già scritto nel determinismo e quindi può essere cambiato in un solo unico senso, quello che la storia compie e quindi ad essere deterministici fino in fondo è razionale la shoah, facebook, la corruzione, il terremoto di Lisbona, il crollo di Wall Street, l'infibulazione, i processi per stregoneria, la religione pastafariana, curarsi con la medicina cinese, il colonialismo e tutto il resto.
Se invece lasciamo spazio alla possibilità di molti mondi possibili, solo alcuni dei quali portatori del senso di eudaimonia (guarda cosa mi tocca citare!), allora il senso del libero arbitrio, temperato da un'ovvia cornice deterministica, ha anche un valore etico e di responsabilità nei confronti della storia, che il determinismo in sè non ha e non può avere.
CitazioneNecessario =/= razionale.
 
Se si crede nel determinismo ci si può benissimo battere deterministicamente, anche con straordinaria energia, per sovvertire il mondo presente da cima a fondo: il determinismo (e/o la credenza nel determinismo) non lo vieta né impedisce in alcun modo!

Anzi, impone necessariamente di farlo e chi lo fa!

E magari ci si può rassegnare passivamente allo stato di cose corrente credendo nel libero arbitrio e nell' indeterminismo: l
' indeterminismo non lo vieta né impedisce in alcun modo.


Il determinismo e il libero arbitrio, se ci pensate fanno riferimento a due mondi ideologici contrapposti: da un lato il determinismo presuppone che ognuno stia al suo posto, incasellato dal suo essere in quel modo in quel momento. Il libero arbitrio ci permette di pensare altrimenti ed è stato inevitabile confrontarsi con esso proprio quando le possibilità di vita e di scelta si sono moltiplicate.
Pensare a questo dilemma solo in termini logici non è corretto, a mio parere, e questa mi sembra una chiara lezione marxiana (lasciatemi amare Marx pur non amando il socialismo reale) che mi ha insegnato a trattare la sovrastruttura culturale come un modello da indagare, perché nasconde sempre in sè relazioni di dominio.
CitazioneScusa la franchezza, ma queste mi sembrano proprio colossali sciocchezze.
Il determinismo non mi impedisce affatto di (anzi, deterministicamente me lo impone! Pensa un po'!) di indagare le sovrastrutture culturali, politiche, ideali e la struttura economica della società e di applicare (deterministicamente: e allora?!) questo studio con grandissimo impegno alla lotta vigorosissima (deterministica: e allora?!) per cambiare lo stato di cose presenti.
  
Notazioni a margine:
 
Amo tantissimo la nostra splendida lingua italiana e non mi piace punto il brutto (ab-) uso dell' inglese in suo luogo quando se ne può fare benissimo, meravigliosamente a meno.
L' inglese sta invadendo la nostra cultura (altro che la pretesa "invasione" -agitata continuamente da vittime o colpevoli di pregiudizi in maggiore o minor misura fascisti e razzisti- dei migranti per fame o per scampare alla violenza inaudita che l' imperialismo occidentale ha loro arrecato e arreca; entrambe)!

E io (credo deterministicamente! E allora?!) mi batto con estremo vigore contro questa invasione (quella vera): lungi da me il subirla passivamente!

(E con questo credo fra l' altro di aver esemplificato molto chiaramente il fatto che il determinismo non implica affatto necessariamente una passiva accettazione dello stato di cose corrente).
 
Non condivido il concetto di "Shoah", che a mio parere tende a rendere unica ed eccezionale quella che invece é stata, purtroppo, una terribile, mostruosa persecuzione razzistica far le tante altre altrettanto terribili e mostruose accadute ed ancora in corso (credere che un razzismo sia "speciale" sottintende, per lo meno inconsapevolmente, una pretesa eccezionalità o superiorità della pretesa razza che ne é vittima rispetto a tutte le altre ...e questo ha un nome ben preciso in italiano e nelle altre lingue).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 02 Dicembre 2017, 13:56:50 PM
Citazione di: Apeiron il 02 Dicembre 2017, 12:45:39 PM
Sul discorso libertà-responsabilità concordo perchè se non ci fosse libertà allora i giudizi morali sarebbero semplici descrizioni arbitrarie.

In fin dei conti se non c'è libertà, non c'è nemmeno merito, non ha senso parlare di ricompensa, punizione ecc 

CitazioneConcordo anch' io.

Ma questa consideraione vale per la libertà da costrizioni o impedimenti estrinseci, non per l' intrinseco libero arbitrio!

Sarebbero semplici considerazioni arbitrarie i giudizi morali che venissero formulati a proposito delle azioni di chi fosse forzatamente costretto da altri ad agire contro la propria volontà (deterministica o meno; e secondo me lo stesso varrebbe anche se la propria volontà fosse liberoarbitraria = indeterministica = non determinata dal proprio modo di essere, dalla proprie qualità morali, ma invece casuale).



in fin dei conti uno che è "virtuoso" e ha "lavorato su sé stesso" era "destinato" ad essere così. Perchè dunque ammirarlo? Siamo in questo caso veramente diversi da marionette o automi?
CitazioneE perché no?

Perché mai dovrei ammirare meno uno virtuoso per il fatto che era "destinato" ad esserlo?

Nessuno di noi ha scelto di nascere quello che é nato e come é nato e conseguentemente di diventare per esperienza quello che é (diventato).

La mia reazione a questo fatto ovvio e ineludibile é:

E chissenefrega?

I virtuosi continuano a destare in me esattamente la stessa ammirazione di prima che me ne rendessi conto, e i viziosi esattamente lo stesso disprezzo: non un nanogrammo di più, non un nanogrammo di meno!
Ciò avviene necessariamente, deterministicamente: E allora?!
Per quanti sforzi faccia non riesco proprio a vedere perché mai questa consapevolezza dovrebbe indurmi ad apprezzare meno chi é degno di ammirazione e a disprezzare meno chi é degno di disprezzo.



Secondo me è essenziale la libertà per la morale, per l'etica. Se tutto fosse fuori dal nostro controllo allora meriti, ricompense ecc sono concetti completamente privi di senso.
CitazioneFuori del nostro controllo del tutto indipendentemente dal fatto che ciò accada deterministicamente o indeterministìticamente!

E' la mancanza di libertà da costrizioni estrinseche subite contro la nostra volontà, e non la determinatezza (ovvero: la non casualità fortuita) della nostra volontà che renderebbe meriti, ricompense ecc. concetti completamente privi di senso.

Ma secondo me li renderebbe altrettanto privi di senso la casualità fortuita (= il libero arbitrio); in maggiore o minor misura: nella misura in cui si desse.



Tuttavia quando sono consapevole sono "libero" di fare qualcosa o qualcos'altro.

La scienza secondo me non può dimostrare l'esistenza del "libero arbitrio" perchè non è possibile definire un esperimento che riesca a "rilevarlo".
CitazionePer forza:

O é possibile la conoscenza scientifica e non c' é il libero arbitrio,  oppure c' é il libro arbitrio e non la possibilità della conosenza scientifica.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: acquario69 il 02 Dicembre 2017, 14:02:07 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 02 Dicembre 2017, 10:15:16 AM
 Conoscere, ovvero essere consapevoli di un impulso, non ci rende meno determinati dall'impulso, ma ovviamente il fatto di essere consapevoli (quindi coscienti) almeno ci fa agire con consapevolezza e quindi responsabilità. Io però immagino che la consapevolezza sia anche una specie di forza contraria all'impulso. Se l'impulso è molto forte la forza di volontà per respingere l'impulso deve essere altrettanto forte. Ammettiamo che esista questa forza di volontà. Io mi chiedo, se non fossi stato consapevole, avrei questa forza di volontà che per lo meno tenta di sconfiggere l'impulso? Questa consapevolezza quindi serve per il nostro agire responsabile. Siccome però la scienza non sa come nasce questa consapevolezza, non può nemmeno dire che io non sia libero solo perche loro vedono solo impulsi. Per questo motivo io dico si siamo responsabili, lo dico perche do alla consapevolezza un valore che non possiamo registrare tramite le nostre osservazioni scientifiche dove esistono solo impulsi. La coscienza non è un impulso. Magari scatta per un impulso, ma una volta che diventa consapevolezza agisce in modo alle volte anche autoritario, reagendo contro gli impulsi. Chi gliela da questa autorità? Glila da non un impulso, ma solo perchè è diventata coscienza o consapevolezza.

In aggiunta a questa tua corretta osservazione aggiungerei pure un altra riflessione in analogia a come il potere costituito fa di tutto,e attualmente in maniera sempre più feroce,per alimentare i nostri impulsi =(quindi per renderci sudditi e alla fine pure consenzienti in maniera inconsapevole) e contemporaneamente, ed anche come sua stessa diretta conseguenza, all'eliminazione di ogni possibile consapevolezza = (libertà)

Dunque da questo punto di vista siamo responsabili della nostre azioni e della nostra stessa libertà.
fra parentesi, coloro che agiscono per dominare gli altri non sono altrettanto liberi ma sono anch'essi condizionati da altrettanti impulsi, diciamo rovesciati, ma pur sempre tali da cui sono anch'essi dominati.

La liberta e' appunto una totale presa di coscienza o consapevolezza, che si svicola da qualsiasi presa di posizione e che risiede nella nostra più intima natura e che non può dunque essere, per le ragioni sopra,di origine "inferiore", come pure una certa moderna psicologia vuole farci credere, come se dovesse esistere soltanto questa
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 02 Dicembre 2017, 18:53:35 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 02 Dicembre 2017, 10:15:16 AM
La conclusione è secondo me giusta, ed infatti non possiamo recriminare una responsabilità ove non ci fosse una libertà.

Questa conclusione non ci rende però meno liberi nel cercare una alternativa o un pertugio ove infilarci la libertà. Siamo liberi di cercarla o no?
Forse una domanda collaterale è "vogliamo cercarla, o no?" e, soprattutto, se lo vogliamo, "perché?" (vedi considerazioni all'ultimo paragrafo).

Citazione di: Il_Dubbio il 02 Dicembre 2017, 10:15:16 AM
Conoscere, ovvero essere consapevoli di un impulso, non ci rende meno determinati dall'impulso, ma ovviamente il fatto di essere consapevoli (quindi coscienti) almeno ci fa agire con consapevolezza e quindi responsabilità. Io però immagino che la consapevolezza sia anche una specie di forza contraria all'impulso. Se l'impulso è molto forte la forza di volontà per respingere l'impulso deve essere altrettanto forte.
Magari ci saranno impulsi contrari, ma pur sempre impulsi/pulsioni/motiv-azioni (che rimandano ad un motivo/causa)  ;)  L'impulso alla ricerca della consapevolezza può essere tanto "istintivo" o con "movente inconscio" quanto altri impulsi. Abbiamo deciso liberamente di innescare tale impulso o esso si innesca nella nostra volontà, non per nostra volontà?

Su questo:
Citazione di: Il_Dubbio il 02 Dicembre 2017, 10:15:16 AM
cercare di rendere conscio ciò che è inconscio in una certo senso ci rende piu liberi, o per lo meno saremmo "consapevoli" (per cui responsabili) che i nostri atti siano dovuti a un tale impulso
che trova riflessi in questo:
Citazione di: Apeiron il 02 Dicembre 2017, 12:45:39 PM
Tuttavia quando sono consapevole sono "libero" di fare qualcosa o qualcos'altro.
ho le mie perplessità. Ad esempio, quante persone sono ben consapevoli di un loro vizio/difetto ma non riescono ad affrancarsene (voi direte "liberarsene")? Oppure, scendendo banalmente nel fisico, sapere perché ho gli occhi blu (non è vero! ;D ) non me ne rende responsabile e nemmeno mi consente di cambiarli.
Secondo me, non sempre la conoscenza/consapevolezza è autentica possibilità di controllo.


Citazione di: Apeiron il 02 Dicembre 2017, 12:45:39 PM
La scienza secondo me non può dimostrare l'esistenza del "libero arbitrio" perchè non è possibile definire un esperimento che riesca a "rilevarlo".
Il che pone il libero arbitrio su un piano non epistemologico, non scientifico. D'altronde la tradizione che ci tramanda il libero arbitrio è metafisica (che non è sempre sinonimo di teologica ;) ), trascendentale.


Citazione di: Apeiron il 02 Dicembre 2017, 12:45:39 PM
Secondo me è essenziale la libertà per la morale, per l'etica. Se tutto fosse fuori dal nostro controllo allora meriti, ricompense ecc sono concetti completamente privi di senso.
Questa mi pare un'osservazione molto profonda e da approfondire.
Deve essere il libero arbitrio a fondare l'etica, oppure l'etica a rendere inconfutabile, presupponendolo, il libero arbitrio?

La spontanea necessità di tutelare la libertà che spesso avvertiamo e il connesso rifiuto/disagio nel contemplare la sola possibilità che essa non ci sia; questa necessità e questo rifiuto sono su un piano ontologico, culturale o psicologico?
Quando ci ritroviamo ad ammettere candidamente che vogliamo/desideriamo salvaguardare a priori la libertà (che "altrimenti l'etica si sfalderebbe" può essere anche solo un'argomentazione surrettizia), non pecchiamo, seppur in buona fede, di una certa "fragilità di paradigma" che innesca meccanismi di spaventata e caparbia difesa dei propri fondamenti?
Ci hanno/siamo cresciuti considerando la libertà come una condizione essenziale, un valore da difendere, qualcosa di bello e potente, per cui è normale che (un po' come quando abbiamo scoperto che non c'era un Padre, ma solo padri, nonni, bisnonni, australopitechi, etc. ;D ) la sola ipotesi che la libertà non esista possa causare vertigine esistenziale. Eppure, sul piano epistemologico, tale spaesamento è un sintomo che va affrontato per proseguire, non dovrebbe essere inteso come un inibitore del ragionamento.

Un'ulteriore domanda sulla questione potrebbe dunque essere: se la libertà non fosse possibile, saremmo davvero disposti ad ammetterlo, e a "rimappare" il nostro mondo di conseguenza?
In un'ottica deterministica la domanda sembra perdere di senso, poiché la riposta sarebbe deterministicamente causata; tuttavia, anche meccanismi come la resilienza, il dubbio, il cambio paradigmatico, etc. mantengono comunque una pulsante tonalità esistenziale, proprio in quanto vissuti, al di là del fatto che non potesse andare diversamente (considerata la catena causale da cui scaturiscono).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 02 Dicembre 2017, 20:52:38 PM
Citazione di: Phil il 02 Dicembre 2017, 18:53:35 PM
Magari ci saranno impulsi contrari, ma pur sempre impulsi/pulsioni/motiv-azioni (che rimandano ad un motivo/causa)  ;)  L'impulso alla ricerca della consapevolezza può essere tanto "istintivo" o con "movente inconscio" quanto altri impulsi. Abbiamo deciso liberamente di innescare tale impulso o esso si innesca nella nostra volontà, non per nostra volontà?

ho le mie perplessità. Ad esempio, quante persone sono ben consapevoli di un loro vizio/difetto ma non riescono ad affrancarsene (voi direte "liberarsene")? Oppure, scendendo banalmente nel fisico, sapere perché ho gli occhi blu (non è vero! ;D ) non me ne rende responsabile e nemmeno mi consente di cambiarli.
Secondo me, non sempre la conoscenza/consapevolezza è autentica possibilità di controllo.


Al momento non è molto interessante la domanda: come nasce la coscienza. Ti ho già risposto infatti (se leggi meglio) "magari essa stessa nascerà da un impulso" ma quando diviene coscienza le cose cambiano ed essa diventa autoritaria.  Con questo ti ho risposto alla prima frase.

Per quanto riguarda la tua perplessità, se fosse solo quella sarebbe facile rispondere.
Se noi non fossimo consapevoli delle malattie potremmo mai cercarne una cura? E' chiaro che non tutti riusciranno ad ottenere una cura, ma il fatto di cercarne una lo si deve alla coscienza della malattia. Ancora oggi ci sono malattie incurabili (purtroppo) ma ci sono anche tale malattie che ieri non erano curabili oggi ti basta prendere un'aspirina (tanto per esagerare) per curarle. Qualcosa serve la coscienza..o no? Fai caso di ritrovarti in un mondo dove nessuno è cosciente di nulla, esisterebbero le malattie? O per giunta una loro cura? In un mondo deterministico cos'è una malattia da curare? L'azione prevista (cioè curare) non è un'azione impulsiva ma riflessiva. Prima di ogni cosa va preso coscienza della malattia poi si tenta di trovarne una cura. Ma la ricerca di una cura non è determinata dalla malattia, poiche alla natura non gliene frega niente che esista una malattia da curare.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 02 Dicembre 2017, 22:22:34 PM
Non a caso, avevo specificato che (corsivo mio):
Citazione di: Phil il 02 Dicembre 2017, 18:53:35 PMSecondo me, non sempre la conoscenza/consapevolezza è autentica possibilità di controllo.
il che non significa che non lo sia mai, ma che, restando in tema, essere consapevoli di una catena causale (determinismo), o di una singola causa che ci determina (esempio del colore degli occhi), o che determina le nostre scelte (esempio del carattere), non comporta, per me, poter agire retroattivamente sulla stessa causa o essere più liberi da essa, uscendo dai paletti che tali condizionamenti pongono.
Ad esempio, la consapevolezza che ci sia un inconscio in generale, non mia aiuta ad individuare il ruolo del mio inconscio; se riuscirò a metterlo un po' a fuoco sarà a causa del fatto che il mio inconscio non è particolarmente "chiuso e imperscrutabile", oppure a causa dell'aiuto di un buon terapeuta, oppure a causa di ore di meditazione yoga, oppure... ma mai solamente a causa della consapevolezza che, in generale, ho un inconscio.
Per questo dicevo che la sola consapevolezza del nostro determinismo non implica un aumento di libertà, né può emanciparci da esso (a meno che esso stesso non predetermini le cause di tale emancipazione, il che sarebbe apparentemente contraddittorio...).

Ovvero, se sono consapevole che la mia educazione, il mio contesto di crescita e quello attuale, il mio Dna, etc. mi condizionano, questa consapevolezza, da sola, non mi consente di modificare il loro influsso sulla mia attuale visione del mondo. Questa stessa consapevolezza e la possibilità di applicarla causando modifiche, non è a sua volta causata da limiti intrinseci e parametri predeterminati proprio da ciò che essa stessa vuole cambiare?  ;)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 10:19:28 AM
Citazione di: Phil il 02 Dicembre 2017, 22:22:34 PM
Non a caso, avevo specificato che (corsivo mio):
Citazione di: Phil il 02 Dicembre 2017, 18:53:35 PMSecondo me, non sempre la conoscenza/consapevolezza è autentica possibilità di controllo.
il che non significa che non lo sia mai, ma che, restando in tema, essere consapevoli di una catena causale (determinismo), o di una singola causa che ci determina (esempio del colore degli occhi), o che determina le nostre scelte (esempio del carattere), non comporta, per me, poter agire retroattivamente sulla stessa causa o essere più liberi da essa, uscendo dai paletti che tali condizionamenti pongono.
Ad esempio, la consapevolezza che ci sia un inconscio in generale, non mia aiuta ad individuare il ruolo del mio inconscio; se riuscirò a metterlo un po' a fuoco sarà a causa del fatto che il mio inconscio non è particolarmente "chiuso e imperscrutabile", oppure a causa dell'aiuto di un buon terapeuta, oppure a causa di ore di meditazione yoga, oppure... ma mai solamente a causa della consapevolezza che, in generale, ho un inconscio.
Per questo dicevo che la sola consapevolezza del nostro determinismo non implica un aumento di libertà, né può emanciparci da esso (a meno che esso stesso non predetermini le cause di tale emancipazione, il che sarebbe apparentemente contraddittorio...).

Ovvero, se sono consapevole che la mia educazione, il mio contesto di crescita e quello attuale, il mio Dna, etc. mi condizionano, questa consapevolezza, da sola, non mi consente di modificare il loro influsso sulla mia attuale visione del mondo. Questa stessa consapevolezza e la possibilità di applicarla causando modifiche, non è a sua volta causata da limiti intrinseci e parametri predeterminati proprio da ciò che essa stessa vuole cambiare?  ;)


Non direi. Il fatto che tu hai stabilito di avere un inconscio e dopo aver preso coscienza che l'incoscio ti porta a fare alcune azioni che magari non vorresti fare, ti porta ad esempio a farti seguire da un terapeuta. L'azione conseguente: mi faccio seguire da un terapeuta, rompe la sequenza causale deterministica del tuo inconscio. Senza l'aiuto del terapeuta il tuo inconscio avrebbe continuato a determinare le tue azioni. Mentre con l'aiuto di un buon terapeuta, queste azioni sono limitate o addirittura eliminate. 
Il fatto, invece, di non essere liberi di aver un inconscio diverso da quello che abbiamo non è rilevante. Non possiamo aver avuto una famiglia diversa, non possiamo essere nati in un dato luogo ecc. Ma nel momento in cui prendiamo coscienza di quello che siamo in parte possiamo (e dobbiamo) accettarlo, in parte possiamo modificarlo. La domanda secondo me piu interessante è: la modifica (eventuale) è deterministica o libera?
Sicuramente la coscienza ci permette di prendere atto di uno stato. In fisica lo stato di una particella è dato ad esempio dalla conoscenza della posizione e della sua quantità di moto. Se non vi sono altre forze in gioco la particella continuerà nella sua evoluzione deterministica. Per quanto ci riguarda lo stato della nostra individualità è data dalla conoscenza (presa atto) di una storia. Questa storia in caso non ci fossero altre forze in gioco, evoleverà in modo determinato dallo stato di partenza. Sta di fatto però che una volta che noi abbiamo stabilito il nostro stato (ad esempio una malattia o un focolaio di insofferenza dovuto al nostro inconscio) non rimaniamo inermi difronte a questa situazione. Se siamo ammalati andremo dal medico curante, se abbiamo un problema psicologico andremo da un terapeuta.
Questa forma di cambiamento dello stato di partenza è dovuto alla coscienza. Forse non riusciremo a curarci dalla malattia o il terapeuta non riuscirà ad aiutarci per il nostro problema psicologico, ma gioco forza alcuni ci riusciranno altri no. Ma il sol fatto di avere acquisito una libertà in piu (vado dal medico una volta che ho capito di essere ammalato, oppure vado dal terapeuta se ho un problema psicologico) ci rende piu liberi. Il problema, come dicevo ad inzio periodo, è stabilire se anche andare dal medico o dal terapeuta è una forma di determinismo. Sicuramente con la coscienza si aprono strade nuove e quindi il linea di principio queste strade sono sintomo di libertà (un conto è dover andare per forza dritto, un conto e trovare sulla strada maestra un bivio).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 10:30:37 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 10:19:28 AMSicuramente la coscienza ci permette di prendere atto di uno stato. In fisica lo stato di una particella è dato ad esempio dalla conoscenza della posizione e della sua quantità di moto. Se non vi sono altre forze in gioco la particella continuerà nella sua evoluzione deterministica. Per quanto ci riguarda lo stato della nostra individualità è data dalla conoscenza (presa atto) di una storia. Questa storia in caso non ci fossero altre forze in gioco, evoleverà in modo determinato dallo stato di partenza.

Volevo approfondire un momento questo punto perchè forse è quello cruciale.

Partiamo da un particella. Ammettiamo di conoscere il suo stato (posizione e quantità di moto). Se la particella è in posizione A evoleverà in B secondo una traiettoria prestabilita dalla nostra conoscenza del suo stato.

Immaginiamo di essere noi una particella. Se noi in quanto particella potessimo stabilire il nostro stato di partenza, le leggi della fisica non ci permetterebbero di deviare dal nostro percorso determinato dalla conoscenza del nostro stato.

Ciò che invece succede a noi è che una volta preso atto di uno stato possiamo modificare il nostro percorso, quasi fregandocene delle leggi che gli osservatori esterni pensavano ci governassero. Spero che l'esempio sia preso con le dovute molle...

Un conto è dire che la particella devia dal suo percorso perche si scontra con un'altra particella, un conto è dire che all'interno della particella succede qualcosa che la fa deviare dal suo percorso. Ed infondo io credo che questo è ciò che ci succede ed è per questo che le leggi deterministiche a noi non vanno piu bene.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 03 Dicembre 2017, 13:51:19 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 10:19:28 AM
Il fatto che tu hai stabilito di avere un inconscio e dopo aver preso coscienza che l'incoscio ti porta a fare alcune azioni che magari non vorresti fare, ti porta ad esempio a farti seguire da un terapeuta. L'azione conseguente: mi faccio seguire da un terapeuta, rompe la sequenza causale deterministica del tuo inconscio. Senza l'aiuto del terapeuta il tuo inconscio avrebbe continuato a determinare le tue azioni.
Siamo proprio sicuri che la catena causale si rompa così facilmente? Se avessi un'avversione inconscia per la medicina e le terapie, ciò sarebbe la causa della mia scelta coerente di non andare dal terapeuta  ;)  Se invece decido di andarci è magari perché sono (ma non ho scelto di esserlo!) una persona che si fida delle terapie, o del consiglio di un amico, o a causa di altri fattori... dov'è la rottura della catena causale? :)

Il determinismo dell'inconscio (o di altri fattori) non comporta che siano disabilitate le possibilità di cambiamento (la vita è mutamento  :) ), ma che tali cambiamenti non siano totalmente liberi, in quanto sempre vincolati al contesto da cui si originano (appunto, deterministicamente). Probabilmente è impossibile conoscere tutti i fattori (neurologici, psicologici, etc.) che determinano una nostra scelta, e anche conoscendoli, come accennavo, non significa poterli disinnescare liberamente (ovvero in qualunque modo si voglia... e già ciò significherebbe che non si è liberi dalla propria volontà, che non è libera dai soliti fattori, etc.  ;) ).

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 10:19:28 AM
La domanda secondo me piu interessante è: la modifica (eventuale) è deterministica o libera?
Credo anch'io che la questione centrale sia questa, anche se la ponevo in altri termini:
Citazione di: Phil il 02 Dicembre 2017, 22:22:34 PM
Questa stessa consapevolezza e la possibilità di applicarla causando modifiche, non è a sua volta causata da limiti intrinseci e parametri predeterminati proprio da ciò che essa stessa vuole cambiare?  ;)
Per considerazioni, vedi in seguito.

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 10:19:28 AM
il sol fatto di avere acquisito una libertà in piu [...] ci rende piu liberi.
Tautologia che non ci aiuta però a dimostrare l'eventuale influsso di una fantomatica libertà sul determinismo...

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 10:19:28 AM
Sicuramente con la coscienza si aprono strade nuove e quindi il linea di principio queste strade sono sintomo di libertà (un conto è dover andare per forza dritto, un conto e trovare sulla strada maestra un bivio).
Questa ipotetica libertà è proprio il problema della domanda di cui sopra, e ancor più il nodo della meta-domanda che ponevo a te e ad Apeiron: "se la libertà non fosse possibile, saremmo davvero disposti ad ammetterlo, e a "rimappare" il nostro mondo di conseguenza?" (autocit.).
Ma restiamo sulla domanda principale: possiamo certo convogliare la nostra "nostalgia di libertà e trascendenza" sulla coscienza, ma si tratterebbe poi di darle uno statuto valido epistemologicamente, e (ne discutevo con sgiombo) è una velleità molto impegnativa che rischia di approdare ad un dogmatismo "circolare".

Quando ci troviamo ad un bivio, la libertà della scelta è, secondo me, solo apparente: nel momento in cui scegliamo (scusa se mi ripeto) la nostra scelta di quale strada prendere è comunque deterministicamente causata da fattori da cui non siamo liberi: la nostra volontà anzitutto, poi le condizioni psico-fisiche del momento, l'eredità dei vissuti in situazioni simili o pertinenti, etc. tutti fattori che convergono in ciò che chiamiamo individuo (una risultante dinamica di interazioni fisiologiche, ambientali-culturali, etc.).
Si ritorna dunque alla domanda "riflessiva":
Citazione di: Phil il 01 Dicembre 2017, 22:48:26 PM
anche in questo mio post, dov'è la libertà?!
la cui risposta (so che ami le "risposte secche" ;D ), secondo me (se intendiamo "libertà assoluta"), è: "non c'è".
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 03 Dicembre 2017, 14:23:30 PM
@sgiombo, sì ne abbiamo già parlato e le nostre "convinzioni" (se così possiamo definirle) su questo argomento sono differenti. Spero che il "linguaggio severo" non ti sia risultato offensivo. Esso è dovuto all'"ardore" della ricerca.

@Phil, ti rispondo solo a questa domanda: "Deve essere il libero arbitrio a fondare l'etica, oppure l'etica a rendere inconfutabile, presupponendolo, il libero arbitrio?"

Sì perchè per sua natura il "dovere" etico necessita anche la "libertà" di "non seguirlo". Più precisamente se non potessimo "scegliere" il male allora la distinzione tra male e bene sarebbe meramente convenzionale secondo me. In sostanza è un "dovere" qualitativamente diverso rispetto al fatto che "il sasso deve cadere" oppure al fatto che "l'elettrone deve seguire una legge probabilistica" o altre forme di indeterminismo. C'è una differenza qualitativa che rende l'etica, per così dire, "superiore" ad altre discipline. Questa almeno è la mia opinione e il motivo per cui tengo a precisare che l'etica si riferisce a qualcosa di "reale" e non qualcosa di esclusivamente soggettivo anche se chiaramente l'etica vera e più alta secondo me non è formata da "leggi esterne", bensì è qualcosa di "interiore" e "sentito da dentro" (e mi si permetta di dire che l'osservazione emprica pur non "giustificando" l'etica è importantissima. Visto che in fin dei conti è empiricamente che vediamo che, per esempio, gli assetati soffrono per mancanza d'acqua e quindi "dobbiamo" dare loro da bere...).


Mi spiace ma ora sono piuttosto esausto e non continuo la discussione (almeno per un po'). Leggerò con piacere il dibattito tra di voi  ;)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 03 Dicembre 2017, 14:49:26 PM
Mi sembra evidente che molti trovino inoddisfacente, frustrante il determinismo.
Come se ci rendesse qualcosa di simile a marionette o automi.

Ma credo che la realtà nella misura in cui non può che essere quella che é vada accettata per quello che é.
E nella misura in cui é cambiabile possa essere il caso di agire per cambiarla; ma in questo il credere nel determinismo non é assolutamente un ostacolo per nessuna plausibile ragione: il credere nel determinismo non comporta affatto necessariamente la passività di fronte al mondo, ma semplicemente significa pensare che tanto se si é rassegnati e passivi, quanto se si agisce anche vigorosissimamente e fortissimamente per cambiare il mondo, ciò che si fa e/o non si fa lo si fa e/o non lo si fa non per caso o contingentemente o eventualmente, ma invece necessariamente, in forza del determinismo del divenire reale di cui facciamo parte: tutto qui!

D' altra parte la logica ci impone necessariamente che:
o facciamo quel che facciamo a casaccio (il che non credo si particolarmente gratificante) per l' indeterminismo casuale del divenire della realtà di cui facciamo parte,
oppure che lo facciamo perché il determinismo causale del divenire della realtà di cui facciamo parte lo impone,
per le stesse ineludibili ragioni (logiche) per le quali qualcosa é oppure non é.

Se una particella devia dal suo percorso perché si scontra con un'altra particella o se all'interno della particella succede qualcosa che la fa deviare dal suo percorso, si tratta sempre di eventi deterministici e non casuali.
Perché noi o agiamo deterministicamente come una particella o come una marionetta o un automa, solo particolarmente complicati (tali che i fattori comunque deterministici in gioco nel nostro comportamento sono talmente tanti e talmente complessi che di fatto non é possibile prevederlo, oppure ci comportiamo indeterministicamente, casualmente, liberoarbitrariamente, senza alcun criterio costante, senza ragione, in maniera imprevedibile anche in linea teorica, di principio, cioè come banderuole.

Il fatto é che o si é marionette (sia pure molto complesse) o si é banderuole, e non esiste alcun mondo possibile (= pensabile sensatamente, coerentemente, non contraddittoriamente, in modo logicamente corretto e dunque sensato) che non cada necessariamente, inevitabilmente in uno di questi due casi reciprocamente alternativi (o in una qualche commistione o sintesi di queste due alternative):

Necessariamente non può darsi altro che:

o siamo marionette, o siamo banderuole (oppure, al limite, siamo in qualche misura, per qualche aspetto, "per ceti versi" marionette e in qualche complementare misura, per qualche altro aspetto, "per ceti altri versi" banderuole.


Infatti per eludere questo dilemma, dovremmo essere delle sorta di divinità (causae sui; o si dice eiusdem? Insomma cause di noi stessi; che peraltro, oltre ad essere comunque palesemente falso se sensato, mi sembrerebbe esso stesso un concetto autocontraddittorio).

Possono esistere solo marionette e banderuole: nient' altro!

E tutto sommato sono ben contento di essere una marionetta, la marionetta che sono, con i miei pregi e i miei difetti, con le mie rassegnazioni, debolezze, passività e con i miei sforzi per cambiare in meglio la realtà.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 03 Dicembre 2017, 14:53:28 PM
Citazione di: Apeiron il 03 Dicembre 2017, 14:23:30 PM
@sgiombo, sì ne abbiamo già parlato e le nostre "convinzioni" (se così possiamo definirle) su questo argomento sono differenti. Spero che il "linguaggio severo" non ti sia risultato offensivo. Esso è dovuto all'"ardore" della ricerca.


Per Aepiron.
Leggo il tuo intervento dopo l' invio del mio.
Mi scuso innanzitutto io per primo per la mia tendenzialmente strabordante vis polemica (che assolutamente non vuole essere offensiva;men che meno verso un interlocutore di correttezza esemplare come te.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Apeiron il 03 Dicembre 2017, 16:16:40 PM
Citazione di: sgiombo il 03 Dicembre 2017, 14:53:28 PM
Citazione di: Apeiron il 03 Dicembre 2017, 14:23:30 PM@sgiombo, sì ne abbiamo già parlato e le nostre "convinzioni" (se così possiamo definirle) su questo argomento sono differenti. Spero che il "linguaggio severo" non ti sia risultato offensivo. Esso è dovuto all'"ardore" della ricerca. Per Aepiron. Leggo il tuo intervento dopo l' invio del mio. Mi scuso innanzitutto io per primo per la mia tendenzialmente strabordante vis polemica (che assolutamente non vuole essere offensiva;men che meno verso un interlocutore di correttezza esemplare come te.

Tranquillo :) non ho avvertito una particolare polemica da parte tua. Solo che adesso non sono molto in "vena" di discutere  ;) 

Anicca/impermanenza in azione  :(
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 16:44:46 PM
Citazione di: Phil il 03 Dicembre 2017, 13:51:19 PM
Siamo proprio sicuri che la catena causale si rompa così facilmente? Se avessi un'avversione inconscia per la medicina e le terapie, ciò sarebbe la causa della mia scelta coerente di non andare dal terapeuta  ;)  Se invece decido di andarci è magari perché sono (ma non ho scelto di esserlo!) una persona che si fida delle terapie, o del consiglio di un amico, o a causa di altri fattori... dov'è la rottura della catena causale? :)


Bisogna cercare di tenere la barra dritta (è un modo di dire perchè si eviti di mescolare tutto e non capire piu nulla).

Eravamo arrivati ad essere concordi sul fatto che la libertà e per conseguenza la responsabilità, secondo le attuali conoscenze scientifiche, è solo una mera dicitura astratta e senza senso che serve per incolpare qualcuno (perche qualuno deve pur pagare almeno il dolo)?
Questa oramai l'abbiamo già discussa. Non voglio tornare su quel punto.

Io ho tenuto la barra dritta ed ho detto, ok ammettiamo invece che sia la scienza che non riesca a vedere dove si annida la libertà e quindi la responsabilità, vediamo cosa succede.
Per farlo ti ho parlato della coscienza che potrebbe pure essere una trasformazione di un impulso, ma che nel momento in cui diventa coscienza apre nuove strade che in precedenza non c'erano. Non è l'impulso che crea direttamente una strada (come se fosse un trapano che fa un buco su un muro) l'impulso in questo caso (sempre ammesso che sia un impulso, ma quello è un discorso a parte) rende la realtà vissuta in prima persona per cui rende i concetti come se fossero un oggetti manipolabili. Mi sembrava che l'esempio fosse gia di per se sufficiente a giustificare questa mia supposizione. Ho detto infatti che se hai una malattia ora che sei cosciente della malattia oltre a subirla, come farebbe qualsiasi essere (animato o meno), puoi anche combatterla in modo alternativo o anche parallelo ai vari automatismi gia presenti. Tu questa strada non ce l'avevi prima. La coscienza quindi interrompe la sequenza deterministica dovuta all''evoluzione da uno stato precedente e può anche andare a modificarlo, modificando quindi anche la sua evoluzione nel futuro. 

Il fatto che questa nuova scelta possa essere intesa anch'essa in modo deterministico è un'affare che possiamo vedere dopo. Secondo me comunque con risposta secca (come piace a me  :P ) nn lo è piu per una ragione relativa alla conoscenza che ne avrebbe un osservatore che deve stabilire quali sono le strade che può seguire un essere cosciente in alternativa a quelle tracciate dallo studio esclusivo degli oggetti che in esso si muovono. In altre parole la coscienza aumenta le variabili in gioco in modo che tali variabili siano nascoste dall'osservazione esterna. Questo è il terzo livello della discussione. Nel quarto dovremmo afforntare se queste alternative siano o meno libere in senso assoluto. Al momento io sto dicendo che essere sembrano libere relativamente all'osservazione esterna (di un neurologo tanto per fare un nome di uno specialista). E' un po come la discussione epistemica sulla meccanica quantistica, per chi ne mastica un pochino, le particelle sembrano scegliere a caso il loro stato durante la misura oppure sono costrette a trovarsi con quello stato per delle variabili classiche? Se esistono queste variabili esse comunque non potremmo vederle, per questo vengono nominate "nascoste". Ed è un po' forse ciò succede qui da noi nel nostro cervello... la coscienza a mio modo di vedere apre delle strade alternative che in precedenza non c'erano. Ora se queste alternative siano o meno scelte per qualche ragione o meno, queste sembrano essere nascoste. Siccome però per me questo è gia il quarto livello della discussione io mi concentrei prima sul terzo cosi da tenere la barra dritta.  ;)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 03 Dicembre 2017, 20:09:23 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 16:44:46 PM
Ho detto infatti che se hai una malattia ora che sei cosciente della malattia oltre a subirla, come farebbe qualsiasi essere (animato o meno), puoi anche combatterla in modo alternativo o anche parallelo ai vari automatismi gia presenti. Tu questa strada non ce l'avevi prima. La coscienza quindi interrompe la sequenza deterministica dovuta all''evoluzione da uno stato precedente e può anche andare a modificarlo, modificando quindi anche la sua evoluzione nel futuro.  

Il fatto che questa nuova scelta possa essere intesa anch'essa in modo deterministico è un'affare che possiamo vedere dopo.
Secondo me è invece un'istanza da valutare proprio a questo punto, altrimenti si spezza il determinismo fra esterno all'uomo (supponiamo, l'agente patogeno che ci attacca) e interno all'uomo (i meccanismi di scelta che, plausibilmente, non agiscono a caso). Non credo sia infatti corretto dividere la catena deterministica in esterna e interna: il determinismo, se lo consideriamo tale, è interazione di molteplici cause, passaggio da "in potenza" a "in atto", indifferentemente dalla nostra discriminazione fra il piano umano e quello non-umano.
Altrimenti ci ritroviamo imbrigliati in infinite sotto-catene deterministiche: quella della malattia, quella delle difese immunitarie, quella del dottore, quella del traffico mentre andiamo in farmacia, quella dello spiffero che ci fa starnutire, quella che ha portato i fazzoletti di carta nelle nostre tasche, etc. l'interazione fra loro è casuale o deterministica? Sono un'unica catena o mille catene "rizomatiche"?

La consapevolezza umana di una malattia, non è necessariamente estranea al determinismo: le cause di tale consapevolezza possono ben essere deterministiche, così come le conseguenze di tale consapevolezza (reazioni, scelte, etc.). Non intenderei (come ci consiglia anche sgiombo) il determinismo solo come una forma di rassegnata passività rispetto agli eventi, per cui se arriva una malattia il determinismo comporta subirla fino a morire perché un fattore (l'agente patogeno) spinge in quella direzione. La difficoltà insormontabile sta proprio nel districarsi fra le interazioni di tutti i fattori coinvolti dal determinismo, anche quelli contrastanti (come nel calcolo della risultante dell'interazione fra forze): l'agente patogeno, il sistema immunitario (che reagisce deterministicamente), le decisioni del soggetto coinvolto (causate deterministicamente dalla sua volontà, esperienze pregresse, etc.) e così via...


Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 16:44:46 PM
Secondo me comunque con risposta secca (come piace a me  :P ) nn lo è piu per una ragione relativa alla conoscenza che ne avrebbe un osservatore che deve stabilire quali sono le strade che può seguire un essere cosciente in alternativa a quelle tracciate dallo studio esclusivo degli oggetti che in esso si muovono.
Quindi il determinismo è tale solo se osservabile adeguatamente da un'agente esterno? Concettualmente mi pare un requisito non confutatorio: se qualcosa non può essere osservato da terzi non è forse plausibile?
Se sono da solo nel bosco, le tonalità emotivo-esistenziali dei miei vissuti non sono osservabili da un osservatore esterno, eppure non ne dubito, essi "accadono" in me...

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 16:44:46 PM
In altre parole la coscienza aumenta le variabili in gioco in modo che tali variabili siano nascoste dall'osservazione esterna. Questo è il terzo livello della discussione.
Senza scomodare la coscienza, direi che le variabili in gioco sono sempre eccedenti le concrete possibilità di calcolo, sia dell'osservatore esterno che del diretto interessato: si può approssimare, intuire, supporre, ma la certezza assoluta del determinismo che guida le azioni di una persona non credo sia mai ottenibile (basta ciò per confutare l'ipotesi del determinismo radicale? Io voto "no" :) ).
Se conosco davvero bene una persona, potrò intuire che in una determinata situazione reagirà in un determinato modo, e magari indovino, ma un minimo margine di errore di valutazione è ineludibile; e ciò può accadere anche con me stesso, ovvero l'essere di cui sono più cosciente (non ti è mai capitato di stupirti per come hai reagito ad una situazione, pur conoscendoti dalla nascita? ;D ).

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 16:44:46 PM
Nel quarto dovremmo afforntare se queste alternative siano o meno libere in senso assoluto. Al momento io sto dicendo che essere sembrano libere relativamente all'osservazione esterna (di un neurologo tanto per fare un nome di uno specialista).
Non per "bruciare le tappe", ma circa la libertà assoluta di tali alternative ho già motivato le mie perplessità nei post precedenti  :)  Sulla libertà relativa dall'osservazione altrui, mi sembra poco rilevante ai fini del discorso puramente teorico sul determinismo, anche se rende decisamente problematico restare in binari epistemologici  :)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 20:35:35 PM
Citazione di: Phil il 03 Dicembre 2017, 20:09:23 PM
Secondo me è invece un'istanza da valutare proprio a questo punto, altrimenti si spezza il determinismo fra esterno all'uomo (supponiamo, l'agente patogeno che ci attacca) e interno all'uomo (i meccanismi di scelta che, plausibilmente, non agiscono a caso). Non credo sia infatti corretto dividere la catena deterministica in esterna e interna: il determinismo, se lo consideriamo tale, è interazione di molteplici cause, passaggio da "in potenza" a "in atto", indifferentemente dalla nostra discriminazione fra il piano umano e quello non-umano.

ok, io ci ho provato a mantenere la barra dritta. Se tu credi che sia in questo punto che vada affrontato il problema di quarto livello evidentemente il problema che ho sollevato come anticamera a questo, non lo hai valutato attentamente. Per cui per me è difficile proseguire il dibattito.
Il fatto che dica che non sia corretto dividere la catena deterministica in esterna e interna è una tua decisione. Io la vedo diversamente. L'ho spiegata ed ero pronto a dibatterla... però devo trovare un interlocutore che sia disposto a seguire passo passo il ragionamento. Avevamo gia dibattutto tanto sul fatto che noi non siamo responsabili secondo la scienza e che per esserlo avremmo bisogno di essere liberi e credo che siamo arrivati ad un accordo..ora che stavamo entrando nel problema profondo non posso ritornare indietro e nemmeno è pensabile arrivare gia a delle conclusioni senza passare attraverso dei passaggi chiave come quello della coscienza e del suo ruolo. Non so chi in precedenza aveva detto addirittura che la coscienza non serve a nulla... se partiamo da questo presupposto e non siamo disposti a seguire un certo ragionamento tesa a conferire alla coscienza invece un ruolo strategico, è inutile continuare. Ognuno rimane nella sua posizione e la finiamo qua.  :)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 03 Dicembre 2017, 22:20:20 PM
Citazione di: Apeiron il 03 Dicembre 2017, 16:16:40 PM
Citazione di: sgiombo il 03 Dicembre 2017, 14:53:28 PM
Citazione di: Apeiron il 03 Dicembre 2017, 14:23:30 PM@sgiombo, sì ne abbiamo già parlato e le nostre "convinzioni" (se così possiamo definirle) su questo argomento sono differenti. Spero che il "linguaggio severo" non ti sia risultato offensivo. Esso è dovuto all'"ardore" della ricerca. Per Aepiron. Leggo il tuo intervento dopo l' invio del mio. Mi scuso innanzitutto io per primo per la mia tendenzialmente strabordante vis polemica (che assolutamente non vuole essere offensiva;men che meno verso un interlocutore di correttezza esemplare come te.

Tranquillo :) non ho avvertito una particolare polemica da parte tua. Solo che adesso non sono molto in "vena" di discutere  ;)  

Anicca/impermanenza in azione  :(
CitazioneGrazie.

Vorrei però scusarmi anche con tutti gli altri.

Ultimamente perdo facilmente la pazienza. 
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 05 Dicembre 2017, 20:50:50 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 20:35:35 PM
Se tu credi che sia in questo punto che vada affrontato il problema di quarto livello evidentemente il problema che ho sollevato come anticamera a questo, non lo hai valutato attentamente.
Da quel che ho capito, usi il terzo livello per preimpostare (deterministicamente  ;D ) la risposta alla domanda portante del quarto; nella mia prospettiva, il terzo è invece una postilla marginale la cui spiegazione è compresa nel quarto (come ho cercato di argomentare parlando dell'osservatore...).

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 20:35:35 PM
Il fatto che dica che non sia corretto dividere la catena deterministica in esterna e interna è una tua decisione.
Decisione fra l'altro assai opinabile, tuttavia, a mio giudizio, distinguere fra contrastanti catene deterministiche senza relazionarle, significa escludere il determinismo da una visione meccanicistica d'insieme (quella del determinismo risultante da ciò che, ai nostri occhi giudicanti, sembra contrastante), con il rischio di scivolare in un umanesimo (antropocentrico) poco epistemico.

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 20:35:35 PM
nemmeno è pensabile arrivare gia a delle conclusioni senza passare attraverso dei passaggi chiave come quello della coscienza e del suo ruolo. [...] se [...]  non siamo disposti a seguire un certo ragionamento tesa a conferire alla coscienza invece un ruolo strategico, è inutile continuare.
Che è come leggere un libro giallo aspettandosi che l'assassino sia il maggiordomo; aspettativa legittima... almeno se fra i personaggi il maggiordomo c'è  ;)
Fuor di metafora, la definizione stessa di coscienza è spesso plurivoca (a seconda del proprio approccio), e ciò può indurci nella tentazione di mettere in tale definizione quello che ci serve a far quadrare il cerchio per come vorremmo fosse (v. discorso sulla disponibilità a contemplare la possibilità che non ci sia l'assassino, perché non c'è nemmeno il morto  ;D ).

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 20:35:35 PM
Io la vedo diversamente. L'ho spiegata ed ero pronto a dibatterla... però devo trovare un interlocutore che sia disposto a seguire passo passo il ragionamento.
Al di là delle divergenze che hai rilevato, non lascerei che un solo interlocutore indisciplinato, impedisca ad altri di leggere la tua visione del tema (e tanto meno a te di esporla), sarebbe un peccato... :)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: paul11 il 06 Dicembre 2017, 01:10:40 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 20:35:35 PM
Citazione di: Phil il 03 Dicembre 2017, 20:09:23 PM
Secondo me è invece un'istanza da valutare proprio a questo punto, altrimenti si spezza il determinismo fra esterno all'uomo (supponiamo, l'agente patogeno che ci attacca) e interno all'uomo (i meccanismi di scelta che, plausibilmente, non agiscono a caso). Non credo sia infatti corretto dividere la catena deterministica in esterna e interna: il determinismo, se lo consideriamo tale, è interazione di molteplici cause, passaggio da "in potenza" a "in atto", indifferentemente dalla nostra discriminazione fra il piano umano e quello non-umano.

ok, io ci ho provato a mantenere la barra dritta. Se tu credi che sia in questo punto che vada affrontato il problema di quarto livello evidentemente il problema che ho sollevato come anticamera a questo, non lo hai valutato attentamente. Per cui per me è difficile proseguire il dibattito.
Il fatto che dica che non sia corretto dividere la catena deterministica in esterna e interna è una tua decisione. Io la vedo diversamente. L'ho spiegata ed ero pronto a dibatterla... però devo trovare un interlocutore che sia disposto a seguire passo passo il ragionamento. Avevamo gia dibattutto tanto sul fatto che noi non siamo responsabili secondo la scienza e che per esserlo avremmo bisogno di essere liberi e credo che siamo arrivati ad un accordo..ora che stavamo entrando nel problema profondo non posso ritornare indietro e nemmeno è pensabile arrivare gia a delle conclusioni senza passare attraverso dei passaggi chiave come quello della coscienza e del suo ruolo. Non so chi in precedenza aveva detto addirittura che la coscienza non serve a nulla... se partiamo da questo presupposto e non siamo disposti a seguire un certo ragionamento tesa a conferire alla coscienza invece un ruolo strategico, è inutile continuare. Ognuno rimane nella sua posizione e la finiamo qua.  :)
Questo discorso fa sovvenire ricordi di Kant.
Kant divide il mondo sensibile dall'intellegibile, il fenomeno dal noumeno.L'esterno potrebbe essere dominato dal sistema deterministico, ma è l'"io sono" mentale che prende coscienza di se stesso mentalmente.
la morale ,sempre Kant costituirebbe il legame fra il mondo del noumeno e quello del fenomeno, fra l'intelletto mentale e il fenomeno del mondo sensibile.
L'intelletto si muove nella forma logica e francamente mi sarebbe difficile sostenere che sia deterministico, perchè già Cartesio diceva analisi-sintesi-enumerazione, vale a dire conosco osservando tutto, ad un certo punto faccio opera di sintesi di ciò che osservo e infine ordino e classifico il conosciuto. Allora potrebbe voler dire che già il conoscere seleziona volontariamente
ciò che riteniamo importante da ciò che non lo è. Tant' che ognuno di noi ha una sua opinione su varie argomentazioni, ha una sua soggettivazione su come interpretare il mondo.
Potremmo sostenere che l'atto del conoscere e dell' autocoscienza di sè con l'io sono" sia un effetto materiale?
Eppure la mente logica e intellettiva muove un corpo fisico attraverso il dominio fisico .E', daccapo, sostenibile che sia il corpo a dominare ed essere causa dei processi intellettivi della mente? Oppure è il contrario?
.L'uomo è natura e cultura e da sempre si dibatte nei due domini.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 06 Dicembre 2017, 01:32:48 AM
Citazione di: Phil il 05 Dicembre 2017, 20:50:50 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 20:35:35 PM
Se tu credi che sia in questo punto che vada affrontato il problema di quarto livello evidentemente il problema che ho sollevato come anticamera a questo, non lo hai valutato attentamente.
Da quel che ho capito, usi il terzo livello per preimpostare (deterministicamente  ;D ) la risposta alla domanda portante del quarto; nella mia prospettiva, il terzo è invece una postilla marginale la cui spiegazione è compresa nel quarto (come ho cercato di argomentare parlando dell'osservatore...).


Purtroppo comprendo che i problemi sono un po' tosti da spiegare a chi non ha le basi culturali.
Io tento di costruire le basi. Quando si presume che una certa sequenza sia deterministica lo si fa in base a cosa? Proviamo a dare una spiegazione: si presume  che un dato evento sia stato causato da un altro evento.  O magari da una successione di eventi o da un contesto di eventi. Un'automobile è stata, ad esempio, creata con pezzi differenti messi assieme. L'automobile quindi è una costruizione  di tanti eventi. L'assemblaggio di una automobile possiamo ricostruirlo in modo deterministico e possiamo anzi dobbiamo prevederlo in anticipo altrimenti non uscirà un'automobile ma solo una bicicletta.  Per sapere se si formerà una nuvola di pioggia domani su Livorno possiamo ricreare lo stesso assemblaggio utilizzato per costruire un'automobile?
Per la nuvola di Livorno abbiamo un assemblaggio parziale, per cui la nostra conoscenza se pioverà a Livorno è indeterminata da una certa incertezza dovuta alla conoscenza sul tipo di assemblaggio che ricostruiva la nuvola. Anche se la nostra conoscenza sulla nuvola di Livorno è indeterminata, cosa ci fa pensare che invece la sua formazione sia determinata? Cadiamo quindi in un problema epistemologico (filososia della conoscenza).
Ora ci chiediamo come nasce la coscienza (come se la coscienza fosse appunto come una automobile o una nuvola)?
Questo punto l'abbiamo saltato. Io però ho detto, ammettiamo che la sua costruzione sia come quella che si usa per costruire automobili o nuvole, quindi in definitiva deterministica. Dopo aver ammesso per ipotesi questo punto, mi chiedo, c'è una differenza fra un'automobile, una nuvola ed una coscienza?
Ammesso e non concesso che siano tre costruizioni deterministiche ti propongo questo gioco fantasioso:
assembliamo l'automobile con la coscienza e la nuvola (ammettiamo che l'automobile possa anche volare come una nuvola).
Ora abbiamo sicuramente un pezzo, di questo assemblaggio stano, di cui conosciamo praticamente tutto, un'altro pezzo che conosciamo solo una parte, ed un pezzo che non conosciamo per niente.
Cosa succede?. C'è una parte di osservatori che darà la colpa alla nuvola se non sappiamo quando l'automobile farà cadere la pioggia su Livorno. Tutto sommato mi sembra ragionevole. E la coscienza? Dopo tutto anche la coscienza fa parte dell'ingranaggio assemblato. Per cui se fa parte dell'ingranaggio a qualcosa deve pure servire.
Quindi abbiamo una macchina, un insieme di particelle di acqua e una coscienza. Se a Livorno avevamo solo l'1% di probabilità di pioggia e piove a chi daremo la colpa di questa discrepanza tra la bassa percentuale di previsione di pioggia e il fatto che in realtà poi stia piovendo? Sicuramente alla nostra ignoranza delle condizioni a contorno. Ce ne fregheremo della coscienza anzi quella la confonderemo con la nuvola.

Io invece sto cercando di dire che la coscienza aumenta le variabili in gioco, e le probabilità di stabilire un dato evento aumentano enormemente in presenza di una coscienza. Queste variabili non sono deterministiche, perche non sono strettamente la somma dei pezzi che assemblano la macchina.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 06 Dicembre 2017, 16:28:36 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 06 Dicembre 2017, 01:32:48 AM
Quando si presume che una certa sequenza sia deterministica lo si fa in base a cosa?
Direi in base alla categoria di causa/effetto, che è un a priori della nostra comprensione del mondo (come lo spazio, il tempo, etc.).

Citazione di: Il_Dubbio il 06 Dicembre 2017, 01:32:48 AM
Anche se la nostra conoscenza sulla nuvola di Livorno è indeterminata, cosa ci fa pensare che invece la sua formazione sia determinata?
Sempre la suddetta categoria di causa/effetto... oppure possiamo ritenere che la nuvola sia senza causa (ma dimostrarlo epistemologicamente non mi pare facile  ;D ).

Citazione di: Il_Dubbio il 06 Dicembre 2017, 01:32:48 AM
ti propongo questo gioco fantasioso:
assembliamo l'automobile con la coscienza e la nuvola (ammettiamo che l'automobile possa anche volare come una nuvola).
Ora abbiamo sicuramente un pezzo, di questo assemblaggio stano, di cui conosciamo praticamente tutto, un'altro pezzo che conosciamo solo una parte, ed un pezzo che non conosciamo per niente.
Se non lo conosciamo per niente, come possiamo individuarlo esattamente e parlarne adeguatamente? Potrebbe essere solo una congettura che ha valore esplicativo, o un concetto ereditato da metafisiche passate, o una metafora della nostra incapacità di darci un senso?

Citazione di: Il_Dubbio il 06 Dicembre 2017, 01:32:48 AM
Quindi abbiamo una macchina, un insieme di particelle di acqua e una coscienza. Se a Livorno avevamo solo l'1% di probabilità di pioggia e piove a chi daremo la colpa di questa discrepanza tra la bassa percentuale di previsione di pioggia e il fatto che in realtà poi stia piovendo? Sicuramente alla nostra ignoranza delle condizioni a contorno.
Mi sembra estremamente ragionevole.

Citazione di: Il_Dubbio il 06 Dicembre 2017, 01:32:48 AM
Io invece sto cercando di dire che la coscienza aumenta le variabili in gioco, e le probabilità di stabilire un dato evento aumentano enormemente in presenza di una coscienza. Queste variabili non sono deterministiche, perche non sono strettamente la somma dei pezzi che assemblano la macchina.
Non ho ben capito se stai scrivendo un giallo in cui hai deciso che l'assassino è il maggiordomo, oppure se stai leggendo un giallo e presupponi che l'assassino sia il maggiordomo...
Forse lo scoprirò nelle prossime puntate  :)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 06 Dicembre 2017, 21:46:17 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 06 Dicembre 2017, 01:32:48 AM


Quando si presume che una certa sequenza sia deterministica lo si fa in base a cosa? Proviamo a dare una spiegazione: si presume  che un dato evento sia stato causato da un altro evento.  O magari da una successione di eventi o da un contesto di eventi. Un'automobile è stata, ad esempio, creata con pezzi differenti messi assieme. L'automobile quindi è una costruizione  di tanti eventi. L'assemblaggio di una automobile possiamo ricostruirlo in modo deterministico e possiamo anzi dobbiamo prevederlo in anticipo altrimenti non uscirà un'automobile ma solo una bicicletta.  Per sapere se si formerà una nuvola di pioggia domani su Livorno possiamo ricreare lo stesso assemblaggio utilizzato per costruire un'automobile?
Per la nuvola di Livorno abbiamo un assemblaggio parziale, per cui la nostra conoscenza se pioverà a Livorno è indeterminata da una certa incertezza dovuta alla conoscenza sul tipo di assemblaggio che ricostruiva la nuvola. Anche se la nostra conoscenza sulla nuvola di Livorno è indeterminata, cosa ci fa pensare che invece la sua formazione sia determinata? Cadiamo quindi in un problema epistemologico (filososia della conoscenza).
CitazioneSe la conoscenza scientifica (vera) della natura materiale é possibile, allora il divenire naturale é deterministico (per lo meno in senso "debole" cioè probablistico.
Questo é indimostrabile (Hume!); ma é una conditio sine qua non della conoscenza scientifica.
 
Prescindendo dalla questione del tipo di determinismo considerare ("forte" o "meccanicistico" oppure "debole" o "probabilistico"), in ogni caso bisogna distinguere fra determinismo epistemologico (personalmente preferirei denominarlo "gnoseologico") e determinismo metafisico (personalmente preferirei denominarlo "ontologico").
Il caso dell' auto é quello di un determinismo metafisico e anche epistemologico: tutto diviene secondo leggi universali e costanti ed é prevedibile, calcolabile sia in linea di principio (d. m.) sia in linea di fatto (d.e.).
Invece il caso della meteorologia (es.:pioggia oggi a Livorno) e quello della neurologia (tanto più quanto più complessa é la neurologia; il massimo noto di complessità neurologica é quello della neurologia umana: es: scelte comportamentali umane) é quello di un determinismo metafisico ma non epistemologico: tutto diviene secondo leggi universali e costanti ed é prevedibile, calcolabile solo in linea di principio (d. m.), ma non in linea di fatto (non d.e.).
Il d.m. "sottostante" oggettivamente al soggettivo non d.e. consente però, almeno talora, di realizzare conoscenze per lo meno probabilistiche: esempi.: la probabilità che oggi a Livorno piova é dell1%; la probabilità che trovando un portafogli cerchi il proprietario che l' ha perso per ridarglielo e dl 90%.
A farci pensare che la meteorologia di Livorno o la mia decisione di restituire il portafogli trovato siano deterministici (metafisicamente) é il fatto che crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera): se crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera) e riteniamo non metafisicamente deterministici il tempo che fa oggi a Livorno e la mia decisione circa il portafogli trovato, allora adiamo in contraddizione.
Se invece non crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera), allora possiamo credere che il tempo che fa oggi a Livorno e la mia decisione circa il portafogli trovato non siano deterministici senza cadere in contraddizione.



Ora ci chiediamo come nasce la coscienza (come se la coscienza fosse appunto come una automobile o una nuvola)?
Questo punto l'abbiamo saltato. Io però ho detto, ammettiamo che la sua costruzione sia come quella che si usa per costruire automobili o nuvole, quindi in definitiva deterministica.
CitazioneLa coscienza non c' entra: che io sia cosciente (per te e gli altri che osservano il mio cervello e il conseguente no comportamento; ovviamente non per me che della mia coscienza ho la conoscenza più certa di qualsiasi altra) o meno non fa alcuna differenza nel mio comportamento (es: nel fatto che restituisca il portafogli a chi l' ha smarrito o meno, in conseguenza deterministica di eventi neurofisiologici accadenti nel mio cervello, e non di ciò che accade nella mia coscienza in corrispondenza biunivoca con essi).



Dopo aver ammesso per ipotesi questo punto, mi chiedo, c'è una differenza fra un'automobile, una nuvola ed una coscienza?
Ammesso e non concesso che siano tre costruizioni deterministiche ti propongo questo gioco fantasioso:
assembliamo l'automobile con la coscienza e la nuvola (ammettiamo che l'automobile possa anche volare come una nuvola).
Ora abbiamo sicuramente un pezzo, di questo assemblaggio stano, di cui conosciamo praticamente tutto, un'altro pezzo che conosciamo solo una parte, ed un pezzo che non conosciamo per niente.
Cosa succede?. C'è una parte di osservatori che darà la colpa alla nuvola se non sappiamo quando l'automobile farà cadere la pioggia su Livorno. Tutto sommato mi sembra ragionevole. E la coscienza? Dopo tutto anche la coscienza fa parte dell'ingranaggio assemblato. Per cui se fa parte dell'ingranaggio a qualcosa deve pure servire.
Quindi abbiamo una macchina, un insieme di particelle di acqua e una coscienza. Se a Livorno avevamo solo l'1% di probabilità di pioggia e piove a chi daremo la colpa di questa discrepanza tra la bassa percentuale di previsione di pioggia e il fatto che in realtà poi stia piovendo? Sicuramente alla nostra ignoranza delle condizioni a contorno. Ce ne fregheremo della coscienza anzi quella la confonderemo con la nuvola.

Io invece sto cercando di dire che la coscienza aumenta le variabili in gioco, e le probabilità di stabilire un dato evento aumentano enormemente in presenza di una coscienza. Queste variabili non sono deterministiche, perche non sono strettamente la somma dei pezzi che assemblano la macchina.
CitazioneSe crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera), allora fra un'automobile, una nuvola e un cervello umano c'é una differenza unicamente di "grado di complessità"; la quale fa sì che dell' automobile si possa disporre di una conoscenza sufficientemente precisa e completa da attribuirle (riconoscerle) un d.e., mentre della nuvola e del cervello si può avere una coscienza non sufficientemente precisa e completa per potere attribuire loro un d.e., ma solo un d.m.
La coscienza non c'entra: essa é la realtà nell' ambito della quale determinismi, indeterminismi ecc. accadono (o meno).
 
Se a Livorno avevamo solo l'1% di probabilità di pioggia e piove non abbiamo nessuna colpa da attribuire a nessuno per nessuna discrepanza: se c' era l' 1% di probabilità che piovesse, allora nessuno ci avena garantito in alcun modo che non sarebbe piovuto!
Semplicemente dicesi, un po' volgarmente ma molto espressivamente "sfiga" (e il contrario "culo").
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 06 Dicembre 2017, 22:51:38 PM
CitazioneSe la conoscenza scientifica (vera) della natura materiale é possibile, allora il divenire naturale é deterministico (per lo meno in senso "debole" cioè probablistico.
Questo é indimostrabile (Hume!); ma é una conditio sine qua non della conoscenza scientifica.
 
Prescindendo dalla questione del tipo di determinismo considerare ("forte" o "meccanicistico" oppure "debole" o "probabilistico"), in ogni caso bisogna distinguere fra determinismo epistemologico (personalmente preferirei denominarlo "gnoseologico") e determinismo metafisico (personalmente preferirei denominarlo "ontologico").
Il caso dell' auto é quello di un determinismo metafisico e anche epistemologico: tutto diviene secondo leggi universali e costanti ed é prevedibile, calcolabile sia in linea di principio (d. m.) sia in linea di fatto (d.e.).
Invece il caso della meteorologia (es.:pioggia oggi a Livorno) e quello della neurologia (tanto più quanto più complessa é la neurologia; il massimo noto di complessità neurologica é quello della neurologia umana: es: scelte comportamentali umane) é quello di un determinismo metafisico ma non epistemologico: tutto diviene secondo leggi universali e costanti ed é prevedibile, calcolabile solo in linea di principio (d. m.), ma non in linea di fatto (non d.e.).
Il d.m. "sottostante" oggettivamente al soggettivo non d.e. consente però, almeno talora, di realizzare conoscenze per lo meno probabilistiche: esempi.: la probabilità che oggi a Livorno piova é dell1%; la probabilità che trovando un portafogli cerchi il proprietario che l' ha perso per ridarglielo e dl 90%.
A farci pensare che la meteorologia di Livorno o la mia decisione di restituire il portafogli trovato siano deterministici (metafisicamente) é il fatto che crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera): se crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera) e riteniamo non metafisicamente deterministici il tempo che fa oggi a Livorno e la mia decisione circa il portafogli trovato, allora adiamo in contraddizione.
Se invece non crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera), allora possiamo credere che il tempo che fa oggi a Livorno e la mia decisione circa il portafogli trovato non siano deterministici senza cadere in contraddizione.

Un passo davvero ben scritto. Effettivamente la conoscenza scientifica moderna presuppone che i fenomeni naturali, l'oggetto della conoscenza, siano prevedibili e possibilmente "ripetibili in laboratorio". La scoperta dell'America nasce dall'applicazione di questo metodo, ad esempio. Purtroppo nel caso delle società umane questo metodo si scontra con molteplici problemi, indipendentemente dal problema che via sia un'anima, un fantasma nella macchina, usando le parole di Ryle, o se preferite una coscienza. Ed anche applicando un metodo probabilistico, che ritengo parzialmente condivisibile, i problemi restano.
Ovviamente riconosco alla scienza enormi meriti, relativamente all'ampliamento della conoscenza dei fattori causali che possono far comprendere come evolvono, come pensano, e come agiscono gli uomini e le organizzazioni umane. Scienze di svariato genere, dalle modaiole neuroscienze alla criminologia, dalla sociologia  alla psicologia e alla storia. Un campo dove si vive in bilico fra soft sciences e hard sciences
Ma andiamo per ordine.
Intanto coloro che devono decidere sul binomio L.A./D. sono allo stesso tempo soggetti alle leggi del L:.A./D. e ciò condiziona parecchio la loro ricerca, non essendo scienziati neutrali che si occupano di protoni o di vasodilatazione. Un pò come chiedere a dei nazisti di giudicare il nazismo (semplifico).
In secondo luogo il libero arbitrio è inevitabilmente condizionato dal clima culturale di una data epoca. Se milioni di persone pensano che sia inevitabile mangiare cavallette perchè un totem lo impone, la maggioranza di quelle persone lo faranno. Saranno ampiamente determinate in quella scelta dal conformismo di quella epoca. Se emerge un pensiero critico, dove si impone la necessità di valutare in modo più razionale le scelte, è possibile che quella scelta non venga più rispettata in modo così vasto. Si creeranno le premesse per l'avvento di stili comportamentali differenti. E il processo viene accelerato da tutta una serie di mutamenti di lungo periodo, per cui all'uomo moderno è concesso di scegliere il suo destino in un modo mai accaduto nel passato.
Se quel pensiero critico viene ristretto, ad esempio dall'avvento di una dittatura, le opzioni potrebbero nuovamente diminuire. Se ci si oppone all'emersione delle masse, si può accettare l'idea nobile del cavaliere romantico che si oppone con la sua volontà alle "magnifiche sorti e progressive". E' stato anche questo pensiero romantico fondato sul mito del superuomo, slegato da ogni legame universale, a creare le premesse della seconda guerra mondiale, che forse non ci sarebbe stata, se quella corrente culturale non si fosse profondamente innestata in Germania, con decorrenza fratelli Grimm e Sturm und Drang.
In terzo luogo, l'essere umano deve potersi pensare libero, almeno parzialmente, nella sua volontà. C'è un passo significativo di Dostoevskij, dove lo scrittore dice a proposito dell'uomo, trasformato da uno scienziato in tasto di un pianoforte: "ma questo non basta, perfino nel caso che diventasse un tasto di pianoforte, a dimostrarglielo perfino con le scienze naturali e matematicamente, anche allora non rinsavirebbe, ma, al contrario, farebbe apposta qualcosa, unicamente per pura ingratitudine: precisamente per tenere duro...se voi direte che anche tutto questo si può calcolare secondo la tabella, il caos, la tenebra, la maledizione, sicchè la sola possibilità di un calcolo preventivo fermerebbe tutto e la ragione riprenderebbe i suoi diritti, in questo caso l'uomo diventerà pazzo, apposta per essere privo di ragione e tenere duro! Io ci credo, ne rispondo, perché infatti tutto il compito dell'uomo pare che consista effettivamente solo in questo: che l'uomo dimostri a se stesso ogni momento che è un uomo e non una canna d'organo".
Non ha valore scientifico quello che dice Dostoevskij, eppure questa frase risuona in me in modo molto vero.
Per concludere (ma davvero leggete tutto?): viviamo in un ambiente deterministico, con freni deterministici diversi in ognuno di noi, perché le possibilità di scelta non sono uguali per tutti, c'è chi ne ha di più e chi meno, ma che tuttavia appunto permette una libertà di azione che è in parte "casualità", in parte fondata dai processi storici e culturali, in parte dall'esigenza interiore e fortissima di ognuno di noi di sentirsi fautore del proprio destino.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 07 Dicembre 2017, 00:53:19 AM
Citazione di: sgiombo il 06 Dicembre 2017, 21:46:17 PMInvece il caso della meteorologia (es.:pioggia oggi a Livorno) e quello della neurologia (tanto più quanto più complessa é la neurologia; il massimo noto di complessità neurologica é quello della neurologia umana: es: scelte comportamentali umane) é quello di un determinismo metafisico ma non epistemologico: tutto diviene secondo leggi universali e costanti ed é prevedibile, calcolabile solo in linea di principio (d. m.), ma non in linea di fatto (non d.e.)

Mi spiace. La distinzione fra indeterminismo epistemologico ed ontologico (che tu chiami metafisico) è un bel po' diversa. Io l'ho anche scritta qualche post fa.
Episteme sta per conoscenza. Indeterminismo epistemico significa che non possiamo conoscere, ma si ritiene che l'informazione sia comunque  reale.
In caso di indeterminismo ontologico rimane la nostra impossibilità di conoscere, ma lo si attribuisce alla non realtà dell'informazione che per questo motivo è non conoscibile.
Per cui non comprendo il significato di indeterminismo metafisico che qui mi sembra fuori luogo.


Citazione di: Phil il 06 Dicembre 2017, 16:28:36 PMNon ho ben capito se stai scrivendo un giallo in cui hai deciso che l'assassino è il maggiordomo, oppure se stai leggendo un giallo e presupponi che l'assassino sia il maggiordomo... Forse lo scoprirò nelle prossime puntate :)

Non ho compreso l'ironia. Se ci fosse un altro indiziato potremmo sempre valutarlo a parte. Siccome si parla però sempre di presunto colpevole anche quando sembra ovvio che sia il nostro indiziato (per giunta unico) non vedo a cosa serva domandarsi se per me è l'assassino o solo un presunto tale. Se avessimo seguito soltanto la tua proposta ora non avremmo alcun assassinio; quindi a che pro chiedersi se io sto presumendo un colpevole o accusando un assassino?
Mi sembra che il problema che tu poni non sia sul chi sia l'assassino ma se ci sia stato un morto. Per cui è difficile metterci d'accordo. Ti avevo chiesto di seguire il ragionamento, ma mi sembra che tu non lo stia seguendo e ciò crea un muro di incomprensione insanabile.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 07 Dicembre 2017, 10:06:04 AM
Citazione di: Jacopus il 06 Dicembre 2017, 22:51:38 PM


In terzo luogo, l'essere umano deve potersi pensare libero, almeno parzialmente, nella sua volontà. C'è un passo significativo di Dostoevskij, dove lo scrittore dice a proposito dell'uomo, trasformato da uno scienziato in tasto di un pianoforte: "ma questo non basta, perfino nel caso che diventasse un tasto di pianoforte, a dimostrarglielo perfino con le scienze naturali e matematicamente, anche allora non rinsavirebbe, ma, al contrario, farebbe apposta qualcosa, unicamente per pura ingratitudine: precisamente per tenere duro...se voi direte che anche tutto questo si può calcolare secondo la tabella, il caos, la tenebra, la maledizione, sicchè la sola possibilità di un calcolo preventivo fermerebbe tutto e la ragione riprenderebbe i suoi diritti, in questo caso l'uomo diventerà pazzo, apposta per essere privo di ragione e tenere duro! Io ci credo, ne rispondo, perché infatti tutto il compito dell'uomo pare che consista effettivamente solo in questo: che l'uomo dimostri a se stesso ogni momento che è un uomo e non una canna d'organo".
Non ha valore scientifico quello che dice Dostoevskij, eppure questa frase risuona in me in modo molto vero.
Per concludere (ma davvero leggete tutto?): viviamo in un ambiente deterministico, con freni deterministici diversi in ognuno di noi, perché le possibilità di scelta non sono uguali per tutti, c'è chi ne ha di più e chi meno, ma che tuttavia appunto permette una libertà di azione che è in parte "casualità", in parte fondata dai processi storici e culturali, in parte dall'esigenza interiore e fortissima di ognuno di noi di sentirsi fautore del proprio destino.

CitazioneAlmeno altrettanto bene scritte delle mie da cui prendono spunto sono queste considerazioni.

Mi sembra che concordino nella sostanza con quelle precedentemente sostenute da Apeiron e che come queste confondano la libertà da coercizioni estrinseche con il libero arbitrio come indeterminismo intrinseco.

Per restare alla metafora di Dostoevskij, credo (per parte mia ovviamente; il grande russo, che purtroppo conosco solo per sentito dire, probabilmente pensava come te) che all' uomo ripugni di essere come un tasto di pianoforte o una canna d' organo per il fatto che é il misucista a decidere quando deve emettere la sua nota, non il fatto che, se lo decidesse lui autonomamente, emetterebbe necessariamente la "sua" nota secondo le sue proprie, intrinseche caratteristiche costitutive, e non una nota a casaccio, una volta il "fa", un' altra il "do" o il "mi bemolle" del tutto indipendentemente dalla sua propria "personalità di tasto di pianoforte" o "di canna d' organo" non qualsiasi ma "caratterizzata -o da una certa fisionomia".

Se fossi, poniamo (evito esempi più seri ma più "politicamente caratterizzati" per non urtare la suscettibilità di nessuno), un tifoso dell' Inter, sarei frustrato se un gruppo di facinorosi ultras del Milan, minacciandomi con bastoni, mi imponesse di gridare "Viva il Milan e abbasso l' Inter!". Ma invece non sarei frustrato per nulla -anzi!- se, potendo liberamente esprimermi, la mia "fede interista" mi imponesse (del tutto prevedibilmente: chi mai penserebbe che potesse succedere il contrario?) di gridare "Viva l' Inter e abbasso il Milan!".
Sarei anzi fiero del fatto che questo "grido di battaglia" nascerebbe non imprevedibilmente, per caso, come potrebbe teoricamente accadere in stato di ubriachezza, per l' uso di droghe psicotrope o in un delirio da febbre altissima, oppure se gettassi una moneta e scegliessi di gridare "viva l' Inter!" in caso di esito "testa", "viva il Milan!" in caso di esito "croce", ma invece del tutto prevedibilmente in quanto dettatomi (ovvero determinato) dalla mia "fede interista", dalle mie peculiari caratteristiche personali e dalle mie proprie autonome, "creative" convinzioni.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 07 Dicembre 2017, 10:08:13 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Dicembre 2017, 00:53:19 AM
Citazione di: sgiombo il 06 Dicembre 2017, 21:46:17 PMInvece il caso della meteorologia (es.:pioggia oggi a Livorno) e quello della neurologia (tanto più quanto più complessa é la neurologia; il massimo noto di complessità neurologica é quello della neurologia umana: es: scelte comportamentali umane) é quello di un determinismo metafisico ma non epistemologico: tutto diviene secondo leggi universali e costanti ed é prevedibile, calcolabile solo in linea di principio (d. m.), ma non in linea di fatto (non d.e.)

Mi spiace. La distinzione fra indeterminismo epistemologico ed ontologico (che tu chiami metafisico) è un bel po' diversa. Io l'ho anche scritta qualche post fa.
Episteme sta per conoscenza. Indeterminismo epistemico significa che non possiamo conoscere, ma si ritiene che l'informazione sia comunque  reale.
In caso di indeterminismo ontologico rimane la nostra impossibilità di conoscere, ma lo si attribuisce alla non realtà dell'informazione che per questo motivo è non conoscibile.
Per cui non comprendo il significato di indeterminismo metafisico che qui mi sembra fuori luogo.

CitazioneMi dispiace a mia volta, ma "non la possiamo conoscere ma si ritiene che l' informazione sia comunque reale" non significa altro che "in linea teorica, di principio (non di fatto, il che é impossibile) se la conoscessimo potremmo calcolare e prevedere tutto", cioè la (pretesa) "mia" definizione di indeterminismo gnoseologico o epistemico, (per definizione coesistente con un determinismo ontologico ovvero metafisico).
E invece "non la possiamo conoscere e si ritiene che l' informazione non sia nemmeno comunque reale", ovvero "nemmeno in linea teorica, di principio (oltre che fatto), non la potremmo mai conoscere e dunque non potremmo calcolare e prevedere tutto" é la (pretesa) "mia" definizione di indeterminismo ontologico o metafisico.


Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 07 Dicembre 2017, 11:59:52 AM
Citazione di: sgiombo il 07 Dicembre 2017, 10:08:13 AMMi dispiace a mia volta, ma "non la possiamo conoscere ma si ritiene che l' informazione sia comunque reale" non significa altro che "in linea teorica, di principio (non di fatto, il che é impossibile) se la conoscessimo potremmo calcolare e prevedere tutto", cioè la (pretesa) "mia" definizione di indeterminismo gnoseologico o epistemico, (per definizione coesistente con un determinismo ontologico ovvero metafisico).
E invece "non la possiamo conoscere e si ritiene che l' informazione non sia nemmeno comunque reale", ovvero "nemmeno in linea teorica, di principio (oltre che fatto), non la potremmo mai conoscere e dunque non potremmo calcolare e prevedere tutto" é la (pretesa) "mia" definizione di indeterminismo ontologico o metafisico.

Avevo letto male... se ho capito bene questo passaggio ci troviamo d'accordo.

Il fatto però è che tu pretendi di dare alla scienza un ruolo che non può avere. Ci sono eccezioni in cui la scienza può restituire una conoscenza determinata in senso assoluto. Ma la maggior parte delle nostre conoscenze scientifiche sono del tipo indeterminismo epistemico o come lo chiami tu determinismo ontologico (al dire il vero non usavo questo termine preferendo scrivere sempre indeterminismo epistemico).

Esiste effettivamente anche un'altra distinzione. L'indeterminismo ontologico si divide in due parti. La prima dice che in linea di principio i fatti sono determinati, ma c'è una impossibilità ontologica di conoscerli. C'è poi l'indeterminismo ontologico (a cui facevo io riferimento) che dice che i fatti (ovvero i processi di casuazione) non esistono, ovvero sono a-casuati (senza causa). Praticamente un effetto è senza una causa. In questo caso si rompe in maniera definitiva la catena che lega un effetto ad una causa precedente.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 07 Dicembre 2017, 15:29:22 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Dicembre 2017, 11:59:52 AM


Avevo letto male... se ho capito bene questo passaggio ci troviamo d'accordo.

Il fatto però è che tu pretendi di dare alla scienza un ruolo che non può avere. Ci sono eccezioni in cui la scienza può restituire una conoscenza determinata in senso assoluto. Ma la maggior parte delle nostre conoscenze scientifiche sono del tipo indeterminismo epistemico o come lo chiami tu determinismo ontologico (al dire il vero non usavo questo termine preferendo scrivere sempre indeterminismo epistemico).

Esiste effettivamente anche un'altra distinzione. L'indeterminismo ontologico si divide in due parti. La prima dice che in linea di principio i fatti sono determinati, ma c'è una impossibilità ontologica di conoscerli. C'è poi l'indeterminismo ontologico (a cui facevo io riferimento) che dice che i fatti (ovvero i processi di casuazione) non esistono, ovvero sono a-casuati (senza causa). Praticamente un effetto è senza una causa. In questo caso si rompe in maniera definitiva la catena che lega un effetto ad una causa precedente.

CitazioneA questo punto mi corre l' obbligo di fare un' ulteriore precisazione.

Non ho nemmeno mai preteso di attribuire alla scienza (le scienze naturali) un ruolo che non può avere.
Ho infatti sempre sostenuto che nel caso di sistemi di elevatissima complessità come la meteorologia o la neurologia (soprattutto umana) non può che ammettere di non poter andare oltre la conoscenza probabilistica - statistica (che in molti di questi casi é l' unica possibile) la quale é propria di un (relativo) indeterminismo gnoseologico o epistemico.
Al quale però nulla vieta, "in sede filosofica" e non scientifica, di affiancare la credenza in un determinismo ontologico.
Ed anzi lo impone la coerenza logica: se qualche scienziato che si interessasse anche di filosofia volesse porsi il problema filosofico determinismo-liberoarbitrio (oltre ovviamente ai filosofi che se ne interessano per così dire "istituzionalmente"), credendo alla possibilità della conoscenza scientifica (vera) e all' indeterminismo (in generale, e in particolare al libero arbitrio umano) cadrebbe in contraddizione.



Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 07 Dicembre 2017, 15:46:46 PM
Citazione di: sgiombo il 07 Dicembre 2017, 15:29:22 PMA questo punto mi corre l' obbligo di fare un' ulteriore precisazione.

Non ho nemmeno mai preteso di attribuire alla scienza (le scienze naturali) un ruolo che non può avere.
Ho infatti sempre sostenuto che nel caso di sistemi di elevatissima complessità come la meteorologia o la neurologia (soprattutto umana) non può che ammettere di non poter andare oltre la conoscenza probabilistica - statistica (che in molti di questi casi é l' unica possibile) la quale é propria di un (relativo) indeterminismo gnoseologico o epistemico.
Al quale però nulla vieta, "in sede filosofica" e non scientifica, di affiancare la credenza in un determinismo ontologico.
Ed anzi lo impone la coerenza logica: se qualche scienziato che si interessasse anche di filosofia volesse porsi il problema filosofico determinismo-liberoarbitrio (oltre ovviamente ai filosofi che se ne interessano per così dire "istituzionalmente"), credendo alla possibilità della conoscenza scientifica (vera) e all' indeterminismo (in generale, e in particolare al libero arbitrio umano) cadrebbe in contraddizione.
Mi spieghi meglio questa coerenza logica? In cosa consiste piu in dettaglio?
Hai detto che la credenza in un determinismo ontologico lo impone una coerenza logica. Cosicchè ad ogni tipo di conoscenza probabilistica gli si imporebbe un determinismo ontologico per coerenza logica? E per quale motivo?
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 07 Dicembre 2017, 16:43:38 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Dicembre 2017, 00:53:19 AM
Se avessimo seguito soltanto la tua proposta ora non avremmo alcun assassinio; quindi a che pro chiedersi se io sto presumendo un colpevole o accusando un assassino?
Mi sembra che il problema che tu poni non sia sul chi sia l'assassino ma se ci sia stato un morto.
Esatto; se non accertiamo l'effettiva presenza di un morto, che senso ha cercarne l'assassino?
Ovvero, prima di dibattere sul come e dove si "attiva" una forma di libertà, bisognerebbe essere certi, epistemologicamente (non "romanticamente"  ;) ), che essa ci sia davvero...

Citazione di: Il_Dubbio il 07 Dicembre 2017, 00:53:19 AM
Ti avevo chiesto di seguire il ragionamento, ma mi sembra che tu non lo stia seguendo e ciò crea un muro di incomprensione insanabile.
Finora credo di capire come procedono le indagini; tuttavia, se non c'è un morto certo, oppure se sono addirittura proprio le indagini a "crearlo" (fantasmaticamente), mi è solo venuto spontaneo chiedere spiegazioni in merito (un po' come il giornalista curioso che, per far luce su alcune questioni collaterali, finisce con l'intralciare le indagini  ;D ).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 07 Dicembre 2017, 22:00:23 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Dicembre 2017, 15:46:46 PM
Citazione di: sgiombo il 07 Dicembre 2017, 15:29:22 PMA questo punto mi corre l' obbligo di fare un' ulteriore precisazione.

Non ho nemmeno mai preteso di attribuire alla scienza (le scienze naturali) un ruolo che non può avere.
Ho infatti sempre sostenuto che nel caso di sistemi di elevatissima complessità come la meteorologia o la neurologia (soprattutto umana) non può che ammettere di non poter andare oltre la conoscenza probabilistica - statistica (che in molti di questi casi é l' unica possibile) la quale é propria di un (relativo) indeterminismo gnoseologico o epistemico.
Al quale però nulla vieta, "in sede filosofica" e non scientifica, di affiancare la credenza in un determinismo ontologico.
Ed anzi lo impone la coerenza logica: se qualche scienziato che si interessasse anche di filosofia volesse porsi il problema filosofico determinismo-liberoarbitrio (oltre ovviamente ai filosofi che se ne interessano per così dire "istituzionalmente"), credendo alla possibilità della conoscenza scientifica (vera) e all' indeterminismo (in generale, e in particolare al libero arbitrio umano) cadrebbe in contraddizione.
Mi spieghi meglio questa coerenza logica? In cosa consiste piu in dettaglio?
Hai detto che la credenza in un determinismo ontologico lo impone una coerenza logica. Cosicchè ad ogni tipo di conoscenza probabilistica gli si imporebbe un determinismo ontologico per coerenza logica? E per quale motivo?
CitazioneUn determinismo ontologico per coerenza logica (per non cadere in contraddizione) non si impone necessariamente al solo indeterminismo gnoseologico (con eventuale conoscenza probabilistica-statistica), che di per sé potrebbe anche coesistere con un indeterminismo ontologico, ma invece a un indeterminismo gnoseologico che si accompagni con la credenza nella possibilità di conoscenza scientifica (vera): é infatti quest' ultima che, anche in caso di soggettivo indeterminismo gnoseologico conseguente i limiti della conoscenza scientifica stessa, impone che il divenire naturale oggettivo sia caratterizzato da un determinismo ontologico).
Qui mi esprimo in generale e non prendo in considerazione l' indeterminismo quantistico perché:
a) a mio parere non cambia i termini filosofici della questione;
b) personalmente seguo l' interpretazione deterministica "a variabili nascoste" di Bohm e non quella conformistica "di Copenhagen".
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 07 Dicembre 2017, 22:42:52 PM
Citazione di: sgiombo il 07 Dicembre 2017, 22:00:23 PMUn determinismo ontologico per coerenza logica (per non cadere in contraddizione) non si impone necessariamente al solo indeterminismo gnoseologico (con eventuale conoscenza probabilistica-statistica), che di per sé potrebbe anche coesistere con un indeterminismo ontologico, ma invece a un indeterminismo gnoseologico che si accompagni con la credenza nella possibilità di conoscenza scientifica (vera): é infatti quest' ultima che, anche in caso di soggettivo indeterminismo gnoseologico conseguente i limiti della conoscenza scientifica stessa, impone che il divenire naturale oggettivo sia caratterizzato da un determinismo ontologico).
lasciando perdere la m.q. (la parte che non ho citato) non ho capito il senso di questa frase che invece cito.

A me sembra che usiamo termini differenti per dire la stessa cosa... però poi sostituendo i termini di vengono fuori cose assurde. Quindi dovremmo accordarci su come usarli.
nel particolare:
Il determismo ontologico è pari all'indeterminismo epistemico ( Io uso scrivere indeterminismo epistemico, come ho scritto sopra).
Il tuo indeterminismo gnoseologico è invece pari all'indeterminismo epistemico (io non uso mai il termine gnoseologico).
Quindi sostituendo i termini vien fuori che l'indetermismo epistemico non si impone all'indeterminismo epistemico?
La frase cosi è priva di senso. Poi non capisco cosa vuoi dire con il "non si impone". Se il concetto espresso è quello comune, allora in un duello fra due litiganti se uno non si impone vuol dire che alle volte finisco alla pari. Il problema è che determinismo ontologico e indeterminismo gnoseologico nascevano gia alla pari... espressi entrambi con indeterminismo epistemico...quindi che vuoi dire?
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 08 Dicembre 2017, 08:59:16 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Dicembre 2017, 22:42:52 PM


A me sembra che usiamo termini differenti per dire la stessa cosa... però poi sostituendo i termini di vengono fuori cose assurde. Quindi dovremmo accordarci su come usarli.
nel particolare:
Il determismo ontologico è pari all'indeterminismo epistemico ( Io uso scrivere indeterminismo epistemico, come ho scritto sopra).
Il tuo indeterminismo gnoseologico è invece pari all'indeterminismo epistemico (io non uso mai il termine gnoseologico).
Quindi sostituendo i termini vien fuori che l'indetermismo epistemico non si impone all'indeterminismo epistemico?
La frase cosi è priva di senso. Poi non capisco cosa vuoi dire con il "non si impone". Se il concetto espresso è quello comune, allora in un duello fra due litiganti se uno non si impone vuol dire che alle volte finisco alla pari. Il problema è che determinismo ontologico e indeterminismo gnoseologico nascevano gia alla pari... espressi entrambi con indeterminismo epistemico...quindi che vuoi dire?
CitazioneSi, personalmente preferisco usare il termine "indeterminismo gnoseologico" con lo stesso significato del correntemente usato "indeterminismo epistemico" (legato ai limiti soggettivi della conoscenza di fatto: un "determinismo gnoseologico ovvero metafisico" essendo rilevabile e scientificamente conoscibile soltanto in relativamente pochi casi molto particolari del divenire naturale, con non troppi e non troppo complicati fattori in gioco, dei quali si possa avere una conoscenza sufficientemente completa e precisa); e lo stesso per quanto riguarda "determinismo (oppure indeterminismo) ontologico" e "determinismo (oppure indeterminismo) metafisico" (indipendente dai limiti soggettivi della conoscenza che se ne può di fatto avere, ma invece proprio della realtà naturale materiale nella sua oggettività).

Usando i termini correnti viene fuori che un determinismo metafisico (ovvero ontologico) per coerenza logica (per non cadere in contraddizione) non si impone necessariamente al solo indeterminismo epistemico (ovvero gnoseologico; con eventuale conoscenza probabilistica-statistica), il quale di per sé potrebbe anche coesistere senza necessariamente cadere in contraddizione con un indeterminismo (pure) metafisico (ovvero ontologico), ma invece a un indeterminismo epistemico (ovvero) gnoseologico che si accompagni con (assunto in aggiunta a-) la credenza nella possibilità di conoscenza scientifica (vera; sia pure in parte maggiore o minore di fatto relativamente indeterministica, probabilistica): é infatti la (possibilità di) conoscenza scientifica (vera) che, anche in caso di soggettivo indeterminismo epistemico (ovvero gnoseologico) conseguente i limiti soggettivi della conoscenza scientifica stessa, impone che il divenire naturale oggettivo sia caratterizzato da un determinismo metafisico (ovvero ontologico).
Infatti senza la conditio sine qua non (indimostrabile: Hume!) del divenire naturale oggettivamente ordinato secondo modalità o regole generali astratte universali e costanti (= il determinismo metafisico ovvero ontologico; e non invece con l' indeterminismo metafisico ovvero ontologico) la conoscenza scientifica (= per l' appunto la conoscenza delle leggi universali e costanti del divenire naturale) non sarebbe possibile per un' impossibilità logica (contraddizione).


Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 08 Dicembre 2017, 10:47:43 AM
Citazione di: Phil il 07 Dicembre 2017, 16:43:38 PM
Esatto; se non accertiamo l'effettiva presenza di un morto, che senso ha cercarne l'assassino?
Ovvero, prima di dibattere sul come e dove si "attiva" una forma di libertà, bisognerebbe essere certi, epistemologicamente (non "romanticamente"  ;) ), che essa ci sia davvero...


Il tuo è un processo alle intenzioni. Il morto effettivamente è l'intenzione di trovare il morto. Infatti i morti non ne vediamo in giro, ma è appunto l'intenzione di trovarne uno che ci fa sospettare che ci sia il morto. In un sistema perfettamente deterministico dove non ci sono morti, perche esiste l'intenzione di troverne uno? Non è spiegabile epistemologicamente come vorresti che sia il punto di partenza per una eventuale ricerca. Non può essere romantica poiche l'intenzione esiste, o meglio è un dato di fatto. Tu potrai obiettare che l'intenzione di trovare un morto anche se non sembra esserci nessun morto in giro è stato attivato in modo deterministico.
Io non ho detto che questo non sia possibile, ho detto però che nel momento in cui si attiva l'intenzione di trovare un morto viene aperta una strada in piu che prima non c'era, ovvero cercare un morto che non si vede. In un mondo senza la coscienza, quindi senza alcun tipo di "intenzione" di cercare strade alternative, ci ritroveremmo in un mondo deterministico. L'intenzione di... scardina invece questo processo freddo e senza fini di concatenazioni di causa ed effetti direi assolutamente banali (per non usare il termine di casuali). 
In un mondo deterministico non ci sono intenzioni. Anche voler presumere che l'attivazione di una intenzione sia dovuta ad una fase di causazione deterministica, una volta attivata l'intenzione il processo deterministico si interrompe. Si interrompe perche aumentano i gradi di libertà imposti dal processo sottostante.
Perchè aumentano i gradi di libertà? L'ho gia spiegato con un esempio che ripropongo:
In una situazione deterministica un essere vivente si ritrova ad essere tale per delle ragioni determinate da una successione finita di processi che possiamo chiamare casuali (per intendeci senza alcun fine). Per cui se quel essere si ammala (viene colpito da un virus) il suo corpo in modo deterministico e programmato, tenterà di uscirne vivo. L'essere è animato solo ed esclusivamente da processi deterministici. Quindi se il suo corpo guarirà sarà dovuto alla sua determinata forma di auto-medicazione. Se i suoi poteri auto-medicativi falliscono perirà. Noi invece essendo esseri coscienti siamo in grado di concepire la malattia. Sappiamo che la malattia è stata attivata in modo deterministico, ma proprio perche conosciamo il suo processo evolutivo, possiamo intervenire per cambiare il suo processo futuro. Quindi avere intenzione di guarire non è un processo deterrministico, perche avere intenzione di guarire vuol dire prendere coscienza di un processo anche fino al suo compimento ed intervenire prima che esso sia compiuto. E questa tu non la chiami una forma di libertà?
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 08 Dicembre 2017, 16:21:22 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 08 Dicembre 2017, 10:47:43 AM
Anche voler presumere che l'attivazione di una intenzione sia dovuta ad una fase di causazione deterministica, una volta attivata l'intenzione il processo deterministico si interrompe. Si interrompe perche aumentano i gradi di libertà imposti dal processo sottostante.
Attivare un'intenzione deterministicamente causata e deterministicamente causante (le conseguenze di tale attivazione), non credo interrompa il determinismo... sempre se ammettiamo che il determinismo possa comprendere anche l'interiorità dell'uomo (inconscio, sinapsi, etc.) e non limitarsi solo l'esteriorità degli oggetti inanimati e del mondo esterno.
Il "morto" viene fuori se rileviamo oggettivamente della libertà (e allora iniziano le indagini); se invece la presupponiamo, allora dobbiamo coerentemente tracciarle un'area estranea al rapporto causa/effetto (e mi sembra difficile pensare, magari per limite mio, a qualcosa che non sia ritenuto causato da altro).

Citazione di: Il_Dubbio il 08 Dicembre 2017, 10:47:43 AM
Quindi avere intenzione di guarire non è un processo deterrministico, perche avere intenzione di guarire vuol dire prendere coscienza di un processo anche fino al suo compimento ed intervenire prima che esso sia compiuto. E questa tu non la chiami una forma di libertà?
Come accennavo, il determinismo non è pensabile solo come esterno all'uomo: l'inconscio, la volontà, etc. potrebbero essere deterministicamente causate (anche se non è facile individuare esattamente da cosa, essendo molti, e dinamici, i fattori coinvolti), così come le decisioni che a loro volta causano.
Se decido di curarmi, è una scelta libera dalla mia volontà, dalle mie credenze, della mia fiducia nella scienza, dalla mia voglia di restare vivo, etc.? Se è libera, libera da quale determinismo pertinente?

P.s.
Non voglio "fuorviarti" dalla spiegazione della tua prospettiva; se poni domande interessanti sulla mia, mi viene spontaneo ragionarci e rispondere (pur prendendo atto che abbiamo presupposti differenti  :)  ).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 09 Dicembre 2017, 18:07:47 PM
Citazione di: Phil il 08 Dicembre 2017, 16:21:22 PM
Attivare un'intenzione deterministicamente causata e deterministicamente causante (le conseguenze di tale attivazione), non credo interrompa il determinismo... sempre se ammettiamo che il determinismo possa comprendere anche l'interiorità dell'uomo (inconscio, sinapsi, etc.) e non limitarsi solo l'esteriorità degli oggetti inanimati e del mondo esterno.

Secondo me sono su piani differenti.
Ammettiamo che il concetto di malattia sia un imput, quindi P (imput) deve dare necessariamente M (malattia).
Io non credo a questa forma di uguaglianza. Non credo si possa trasformare un tipo di informazione deterministica fino a quel punto.
Prendiamo il concetto di infinito. E' possibile immaginare qualcosa a cui può essere aggiunto qualcos'altro e poi ancora qualcosa ecc. Ma come è possibile che ci sia un qualcosa di definito e determinato che ti faccia immaginare una successione infinita? Che tipo di imput può essere mai? Tu hai neuroni sinapsi ecc. Il sistema dovrebbe essere binario o giu di li. Nessuna macchina con quegli ingredienti, potrà avere il senso di infinito poichè ci vorrebbero infiniti imput per dargli un senso di infinito in senso compiuto.
Per cui immaginare la compiutezza di una malattia ed anche il senso temporale nel quale esso si svolge, non è una cosa che può fare un imput di tipo deterministico. Deterministico vuol appunto descrivere la compiutezza di uno stimolo nel determinare il suo effetto. Ma tra gli stimoli noti e la compiutezza (l'effetto) ricavato (malattia, infinito ecc.)  c'è un'abisso.
I nostri scienziati lavorano in modo deterministico, sono come quei topolini che imparando dall'esperienza, scoprono i meccanismi per trovare il cibo. Questi meccanismi entrano nelle nostre teorie fisiche e se fossimo tutti topolini sapremmo come trovare il cibo senza sbagliare un colpo.
Ma i topolini reali anche se hanno qualcosa a che fare con la maggior parte degli scienziati, per il modo come scoprono le proprie teorie, non potrebbero diventare dei matematici.
C'è una barzelletta (o forse un fatto vero) che lessi da qualche parte, dove si raccontava che uno studente universitario andò alla lavagna e il professore gli chiese di tracciare una retta (o meglio semi retta  ;D ) . Lo studente forse emozionato, si dimenticò di tracciare i tre puntini. Il professore non si scompose e chiese allo studente di completare la retta. Lo studente si ricordò forse dei puntini mancanti e li tracciò. Ma il professore gli chiese di costruirgli una retta, quindi gli chiese di continuare a mettere puntini, fino a che lo studente non arrivò nei pressi della porta d'uscita dove lo attendeva il professore che cosi potè dargli un bel calcetto mandandolo fuori dall'aula. Lo studente è ancora fuori a tracciare la retta che chiese inizialmente il professore.  ???  ::)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 09 Dicembre 2017, 23:54:35 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 09 Dicembre 2017, 18:07:47 PM
Ammettiamo che il concetto di malattia sia un imput, quindi P (imput) deve dare necessariamente M (malattia).
Io non credo a questa forma di uguaglianza. Non credo si possa trasformare un tipo di informazione deterministica fino a quel punto.
Il determinismo, o il semplice rapporto causa/effetto, pongono necessità potenziali, ma non fattuali: se piove mentre cammino in strada dovrei bagnarmi; se apro l'ombrello, la sua interferenza con la pioggia non sconfessa il determinismo potenziale che lega il piovere al bagnarsi... semplicemente c'è un determinismo contrastante (se proprio vogliamo declinare il determinismo al plurale, scomponendolo) che è quello dell'aprire l'ombrello, che modifica l'attuarsi della catena deterministica (parziale) del piovere, almeno in quel metro quadro in cui mi riparo.

Come mai ho deciso di aprire l'ombrello? C'è un perché... e perché ho preso l'ombrello prima di uscire? C'è un perché... e così via...  ripeto: secondo me, la ragione umana stenta a pensare fuori dalla catena causale.
Credo infatti che la domanda:
Citazione di: Il_Dubbio il 09 Dicembre 2017, 18:07:47 PM
Prendiamo il concetto di infinito. E' possibile immaginare qualcosa a cui può essere aggiunto qualcos'altro e poi ancora qualcosa ecc. Ma come è possibile che ci sia un qualcosa di definito e determinato che ti faccia immaginare una successione infinita?
non tenga presente che noi non pensiamo davvero a una successione infinita (poiché occorrerebbe un tempo infinito per pensarla come tale  ;) ), semmai pensiamo al concetto di infinito, ma senza identificarlo estensivamente o "visivamente". Per cui si tratta comunque di un concetto (de)finito, per quanto vago e aleatorio.
I puntini alla fine di una semiretta sono un segno finito che simboleggia convenzionalmente l'infinito, ma non è l'infinito (la cui esistenza è, non a caso, un'esigenza concettuale più che pratica).
Quando pensi all'infinito (o ad una successione infinita) a cosa pensi? Al simbolo di infinito? A un punto di fuga prospettico minuscolo? Qualunque cosa sia, non sarà mai infinito (né l'infinito in quanto tale), ma solo una sua immagine finita (altrimenti non potresti pensarla): un ente finito non può fare esperienza (nemmeno mentale) dell'infinito, può solo concettualizzarlo con un concetto finito.

Citazione di: Il_Dubbio il 09 Dicembre 2017, 18:07:47 PM
Ma tra gli stimoli noti e la compiutezza (l'effetto) ricavato (malattia, infinito ecc.)  c'è un'abisso.
Più che un abisso, ci sono sicuramente molteplici fattori, anche contrastanti (come l'ombrello) che interagiscono fra loro; tuttavia, la nostra incapacità di considerarli tutti in tempo reale, non inficia teoreticamente la categoria gnoseologica di causa/effetto: in fondo, puoi pensare razionalmente qualcosa che non sia causato da altro? Io non ce la faccio  :)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Citazione di: Phil il 09 Dicembre 2017, 23:54:35 PM
Il determinismo, o il semplice rapporto causa/effetto, pongono necessità potenziali, ma non fattuali

L'esempio dell'ombrello che ti ripara dalla pioggia ti fa pensare solo alla mancata registrazione di un effetto. Non sei tu a bagnarti ma l'ombrello.
Nel caso del mio esempio non c'è una mancata registrazione. Per cui basta dire che la pioggia bagna l'ombrello o in sua mancanza te, che ne sei sprovvisto.
Qui invece un pensiero registrato dalla nostra mente (malattia, infinito ecc.) deve essere prodotto in modo conseguenziale da una serie di cause. Per cui la causa potenzialmente determina il pensiero. Per tornare in pieno nell'argomento, il pensiero causato da una causa materiale fatta di neuroni sinapsi ecc, causa direttamente la mia azione. Per cui se piove allora il pensiero automaticamente mi fa tornare in mente l'ombrello da aprire. Tutto diventa automatico, determinato e senza alcuna libertà di scelta. Ma se torniamo all'origine del problema, gia lo stesso pensiero deve essere insito nella sua causa. E se ci pensi un attimo (utilizzando appunto il tuo pensiero) che motivo ci sarebbe di avere un pensiero se bastarebbe l'automatismo? Non mi sembra utile pensare di aprire l'ombrello se vedo piovere. Basterebbe l'automatismo, in caso di pioggia automaticamente apro l'ombrello. Un po' quello che succede ai meccanismi ormai indispensabili che si utilizzano nelle automobili tipo airbag. In caso di urti dovuti ad incidenti stradali, l'aumobile (senza pensarci) meccanicamente estrae un cuscino salvavita.
Il mondo determinato, freddo, senza scopi o fini, me lo immagino cosi, senza pensieri...
Perchè avere invece il pensiero dell'infinito?
Tu dici che è un pensiero finito. Mi sa che sbagli. In modo automatico e deterministico sarebbe un pensiero finito (utilizzando comunque il pensiero che in se non avrebbe ragione di esistere) mentre noi lo chiamiamo infinito...per quale motivo lo chiamiamo in modo differente? Quale tipo di meccanismo potrebbe innescare un pensiero in generale e poi anche uno che ci fa immaginare l'infinito? Non ci sono ragioni che il pensiero sia utile, visto che comunque esso è solo un mezzo per far scatenare una nostra azione. Ma se non ci fosse il pensiero l'azione potrebbe avvenire comunque (come se fossimo tanti airbag) poiche non è il pensiero che scatena l'azione ma l'automatismo o per lo meno questo è quello che dici tu (ma non sei da solo). Per cui il pensiero è inutile. Ma anche a volerlo utilizzare per farci aprire l'ombrello in caso di pioggia, non c'è ragione alcuna di farci venire pensieri ancora piu inutili come quello dell'infinito. Poi deve esistere una ragione razionale che descriva il pensiero come un effetto di una causa materiale. Invece arriviamo alla conclusione che è inutile e non razionalmente descrivibile.

Magari almeno una potremmo verificare: io credo invece che sia utile anche se non razionalmente descrivibile. L'infinito a cosa serve? Chiedilo ai matematici. A cosa vi serve il concetto di infinito? Ma non solo, a cosa serve il concetto di punto (che è il contrario del concetto di infinitamente grande)? Se l'infinito è utilizzato in matematica, il punto è utilizzato in fisica, come infatti una particella la si intende come un punto. Ma come, mi dirai, la particella è un punto? Si, per i fisici tale è (almeno fino a prova contraria). Ma come si fa a costruire teorie su concetti impossibili da determinare in modo causale? Come fai a costruire un pensiero dove si dice che un punto è una particella? Quali ingredienti servono? Noi senza la possibilità di astrarre concetti impalpabili, non saremmo quello che siamo. Solo che un concetto impalpabile sarebbe casuato da un ingrediente palpabilissimo come un neurone o una sinapsi ecc. Come è possibile tutto ciò?
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 10 Dicembre 2017, 13:07:58 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM


Quale tipo di meccanismo potrebbe innescare un pensiero in generale e poi anche uno che ci fa immaginare l'infinito? Non ci sono ragioni che il pensiero sia utile, visto che comunque esso è solo un mezzo per far scatenare una nostra azione. Ma se non ci fosse il pensiero l'azione potrebbe avvenire comunque (come se fossimo tanti airbag) poiche non è il pensiero che scatena l'azione ma l'automatismo o per lo meno questo è quello che dici tu (ma non sei da solo). Per cui il pensiero è inutile. Ma anche a volerlo utilizzare per farci aprire l'ombrello in caso di pioggia, non c'è ragione alcuna di farci venire pensieri ancora piu inutili come quello dell'infinito. Poi deve esistere una ragione razionale che descriva il pensiero come un effetto di una causa materiale. Invece arriviamo alla conclusione che è inutile e non razionalmente descrivibile.

CitazioneMa infatti il pensiero cosciente (e in generale la coscienza) é effettivamente inutile per il comportamento (umano in particolare), il quale é determinato unicamente, interamente, solo ed esclusivamente da determinati eventi neurofisiologici cerebrali ed accadrebbe esattamente nello stesso modo in cui accade se per assurdo non vi coesistesse (senza punto interferire punto con il mondo fisico) la coscienza: potrebbe benissimo darsi (non v' é modo di dimostrare che sia impossibile) che qualcuno degli altri uomini oltre a ciascuno di noi non siano che delle specie di zombi privi di coscienza che si comportano esattamente come se fossero coscienti  ma senza esserlo; nulla cambierebbe al di fuori della loro "privata", soggettiva coscienza (che verrebbe meno), nel mondo materiale "pubblico", intersoggettivamente valutabile e nel suo determinismo (indimostrabile: Hume! E necessario per non cadere in contraddizione se si crede che se la conoscenza scientifica di esso é possibile).

E' inutile trovare una spiegazione razionale del fatto che il pensiero sarebbe un effetto di una causa materiale per il semplice fatto che non può esserlo: cause materiali determinano unicamente affetti materiali.

Comunque non é detto che debbano esistere solo cose utili.
Per esempio il sublime piacere della musica é perfettamente inutile (anzi, leggermente dannoso in termini di fitness: mentre un antico nostro progenitore si distraeva godendo dei suoni emessi dal suo rudimentale tam tam o zufolo, era molto più esposto al pericolo di cadere vittima di un predatore che se non avesse avuto il desiderio di godere della musica), ma ciononostante per nostra grande fortuna esiste!

Magari almeno una potremmo verificare: io credo invece che sia utile anche se non razionalmente descrivibile. L'infinito a cosa serve? Chiedilo ai matematici. A cosa vi serve il concetto di infinito? Ma non solo, a cosa serve il concetto di punto (che è il contrario del concetto di infinitamente grande)? Se l'infinito è utilizzato in matematica, il punto è utilizzato in fisica, come infatti una particella la si intende come un punto. Ma come, mi dirai, la particella è un punto? Si, per i fisici tale è (almeno fino a prova contraria). Ma come si fa a costruire teorie su concetti impossibili da determinare in modo causale? Come fai a costruire un pensiero dove si dice che un punto è una particella? Quali ingredienti servono? Noi senza la possibilità di astrarre concetti impalpabili, non saremmo quello che siamo. Solo che un concetto impalpabile sarebbe casuato da un ingrediente palpabilissimo come un neurone o una sinapsi ecc. Come è possibile tutto ciò?
CitazioneA mio parere "ingredienti palpabilissimi" come i neuroni non potrebbero nemmeno causare fenomeni coscienti palpabilissimi come (la visione e la palpazione di) una roccia o un blocco di acciaio.

Ma credo (indimostrabilmente) che alla visione o alla palpazione di una roccia o di un blocco di acciaio, così come a qualsiasi pensiero, anche il più astratto (nell' ambito di una coscienza*) coesistano necessariamente certi determinati eventi neurofisiologici (e nessun altro) a tali altre sensazioni o fenomeni biunivocamente corrispondenti (attualmente o almeno potenzialmente nelle ben altre, diverse coscienze** di chi osservasse un certo determinato cervello e nessun altro).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Phil il 10 Dicembre 2017, 15:34:01 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Per cui se piove allora il pensiero automaticamente mi fa tornare in mente l'ombrello da aprire. Tutto diventa automatico, determinato e senza alcuna libertà di scelta. Ma se torniamo all'origine del problema, gia lo stesso pensiero deve essere insito nella sua causa. E se ci pensi un attimo (utilizzando appunto il tuo pensiero) che motivo ci sarebbe di avere un pensiero se bastarebbe l'automatismo?
Il determinismo (che è un'ipotesi interpretativa, non una certezza) sostiene proprio che il pensiero è automatismo... seppur inconsapevole (perché ho pensato proprio questo? è un caso? Parafrasando qualcuno che conoscerai: il mio cervello gioca a dadi? ;) ).
Dare un "motivo" ai fatti e alla realtà in generale, non credo dovrebbe farci concludere che il motivo sia ontologicamente radicato nei fatti e nella realtà; è la nostra visione antropocentrica a proiettarlo nel mondo (proprio come accade con il "senso": è una nostra esigenza rintracciarlo, ma ontologicamente... non ha senso ;D ).

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Perchè avere invece il pensiero dell'infinito?
Tu dici che è un pensiero finito. Mi sa che sbagli. In modo automatico e deterministico sarebbe un pensiero finito (utilizzando comunque il pensiero che in se non avrebbe ragione di esistere) mentre noi lo chiamiamo infinito...per quale motivo lo chiamiamo in modo differente? Quale tipo di meccanismo potrebbe innescare un pensiero in generale e poi anche uno che ci fa immaginare l'infinito?
Immaginiamo l'infinito o solo il concetto di infinito? Per immaginare l'infinito serve un tempo infinito; per immaginare il concetto di infinito basta un simbolo finito... dopo aver concettualmente pensato la negazione logica di finito.
Come facciamo ad immaginare ciò che non esiste? Capacità d'astrazione e rielaborazione di idee e immagini: altrimenti come faccio ad immaginarmi alto come un grattacielo che prendo a calci nel sedere un tirannosauro? ;D

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Non ci sono ragioni che il pensiero sia utile, visto che comunque esso è solo un mezzo per far scatenare una nostra azione. [...] Per cui il pensiero è inutile.
Secondo me, l'utilitarismo è un'altra concettualizzazione umana proiettata sulla realtà: utile per chi/cosa? In fondo, cosa è davvero utile in (o per la) natura? Se l'utile è una opinabile categoria umana, ovvero soggettiva, non oggettiva, allora è "fuori tema" se ci poniamo questioni epistemologiche o gnoseologiche che vogliano andare oltre al "prospettivismo antropologico" (per indagare "ciò che è", non "come ci sembra").

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Poi deve esistere una ragione razionale che descriva il pensiero come un effetto di una causa materiale. Invece arriviamo alla conclusione che è inutile e non razionalmente descrivibile.
Appurato che possono esistere anche "cose" che noi valutiamo (non che "sono") inutili agli occhi di qualcuno, distinguerei il "razionalmente descrivibile" dal "razionalmente descritto"  ;)  D'altronde, se non erro, il progresso della scienza consiste proprio nel passare dall'uno all'altro...

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
L'infinito a cosa serve? Chiedilo ai matematici. A cosa vi serve il concetto di infinito?
Scommetto che serve a (im)porre una fine all'omonimo "regresso ad infinitum" (Zenone docet!) postulando una "fine" definita concettualmente ma infinita estensivamente.
Come lo abbiamo pensato? Negando concettualmente il finito. E il fatto che non riusciamo a pensarlo quantitativamente ci rincuora che sia davvero infinito  :)

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Noi senza la possibilità di astrarre concetti impalpabili, non saremmo quello che siamo. Solo che un concetto impalpabile sarebbe casuato da un ingrediente palpabilissimo come un neurone o una sinapsi ecc. Come è possibile tutto ciò?
Le allucinazioni, i ricordi, i sogni, il concetto di negazione, sono tutti decisamente impalpabili... ma davvero non sono causati da qualcosa di palpabile? Senza cervelli (vivi), tali entità impalpabili esisterebbero lo stesso? Chissà...

P.s.
Per me, è più probabile che siamo tutti cervelli in vasca, piuttosto che esistano fantasmi, anime e altre entità immateriali che ci "possiedono" pilotandoci ;D
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 11 Dicembre 2017, 12:15:47 PM
Tutte le mie argomentazione non sono bastate a quanto pare nemmeno a suscitare perplessità sulle vostre tesi.
Al dire il vero se credo di aver capito la tesi di Phil non ho ancora compreso quella di sgiombo.
Suppongo che sia praticamente la stessa tesi con diverse sfumature.

Faccio un ultimo tentativo. Vediamo un po'. Il pensiero del tempo che scorre. Solitamente io propendo a credere che deterministicamente le azioni siano concatenate in causa ed effetto in modo automatico e direi momento per momento. Il pensiero cosciente del tempo invece scardina questa concatenazione fine a se stessa e si concede il lusso di ritenere di poter determinare un'azione anche lontana nel tempo. Questi salti temporali (progammo oggi cosa mangiare domani, o dove andare a Natale ecc.) non sarebbero possibili senza un programma che stabilisca il concetto di tempo. Ma il programma che stabilisce il concetto di tempo è comunque un'azione causata nel tempo e nello spazio, e non si comprende come invece il pensiero possa superare il freddo determinismo sottostante ed agire superando in altezza la loro concatenazione. Guardare dall'alto una concatenazione di eventi che mi porterà a decidere cosa mangiare domani o dove andare a Natale, non è identica alla concatenazione temporale di causa ed effetto che provoca un'azione istantanea. Qui parliamo invece di un'azione comandata per stabilire un ordine temporale degli eventi che si vuole mettere uno dietro l'altro per compiere un'azione lontana nel tempo. Tutto questo senza la coscienza, e la coscienza del pensiero del tempo non si potrebbe fare. Mi fermo qua... pensateci un attimo prima di rispondere e se ne avete voglia ;)
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 11 Dicembre 2017, 17:11:49 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 11 Dicembre 2017, 12:15:47 PM
 Il pensiero del tempo che scorre. Solitamente io propendo a credere che deterministicamente le azioni siano concatenate in causa ed effetto in modo automatico e direi momento per momento. Il pensiero cosciente del tempo invece scardina questa concatenazione fine a se stessa e si concede il lusso di ritenere di poter determinare un'azione anche lontana nel tempo. Questi salti temporali (progammo oggi cosa mangiare domani, o dove andare a Natale ecc.) non sarebbero possibili senza un programma che stabilisca il concetto di tempo. Ma il programma che stabilisce il concetto di tempo è comunque un'azione causata nel tempo e nello spazio, e non si comprende come invece il pensiero possa superare il freddo determinismo sottostante ed agire superando in altezza la loro concatenazione. Guardare dall'alto una concatenazione di eventi che mi porterà a decidere cosa mangiare domani o dove andare a Natale, non è identica alla concatenazione temporale di causa ed effetto che provoca un'azione istantanea. Qui parliamo invece di un'azione comandata per stabilire un ordine temporale degli eventi che si vuole mettere uno dietro l'altro per compiere un'azione lontana nel tempo. Tutto questo senza la coscienza, e la coscienza del pensiero del tempo non si potrebbe fare. Mi fermo qua... pensateci un attimo prima di rispondere e se ne avete voglia ;)
Non vedo proprio come, se si crede che "deterministicamente le azioni siano concatenate in causa ed effetto in modo automatico e direi momento per momento", si possa in maniera logicamente coerente, non contraddicendosi, sostenete anche che " Il pensiero cosciente del tempo invece scardina questa concatenazione fine a se stessa e si concede il lusso di ritenere di poter determinare un'azione anche lontana nel tempo".

Perché mai la previsione del tempo futuro e la programmazione delle proprie azioni remote nel tempo non dovrebbero essere deterministiche (o meglio: non avere un correlato materiale deterministico, che effettivamente causa quelle azioni) se deterministico é complessivamente il mondo nell' ambito del quale tali azioni accadono?
Pretendere che non lo siano significa né più né meno che contraddire la immediatamente precedente affermazione circa l' automatica concatenazione deterministica delle azioni.

Se la conoscenza scientifica (vera) del mondo materiale naturale é possibile, allora non é la tua coscienza che nell' ambito del mondo fisico stesso determina quello che farai a Natale: tutto nel mondo fisico accadrebbe esattamente nello stesso modo in cui accade ("fra l' altro" deterministicamente, se ne é possibile la conoscenza scientifica) se per assurdo il tuo cervello non fosse "accompagnato" dalla tua coscienza (senza interferirvi ma solo divenendo con essa in reciproca, biunivoca corrispondenza; un solo certo determinato stato cerebrale per ogni certo determinato stato di coscienza e nessun altro e viceversa).
E se la conoscenza scientifica del mondo fisico é possibile, allora ciò che il tuo cervello farà fare al tuo corpo (che del mondo fisico fanno parte), anche in un remoto futuro programmato con largo anticipo (nell' ambito della tua coscienza a determinati eventi neurofisiologici propri del tuo cervello biunivocamente corrispondente), non può che rientrare nel generale, ineccepito e ineccepibile determinismo del mondo fisico.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 11 Dicembre 2017, 22:19:08 PM
Citazione di: sgiombo il 11 Dicembre 2017, 17:11:49 PMNon vedo proprio come, se si crede che "deterministicamente le azioni siano concatenate in causa ed effetto in modo automatico e direi momento per momento", si possa in maniera logicamente coerente, non contraddicendosi, sostenete anche che "Il pensiero cosciente del tempo invece scardina questa concatenazione fine a se stessa e si concede il lusso di ritenere di poter determinare un'azione anche lontana nel tempo".

Non mi sono spiegato bene. Se io volessi programmare una vacanza a Natale devo ripercorrere una serie di azioni da compiere nel tempo. Eè giustificata l'idea che il fatto che io compia un'azione ora, essa sia dovuta ad una causa  precisa di questo momento. Ma non è giustificato ritenere che tutte le azioni che io devo compiere fino a Natale (ad esempio preparare le valige, fare i biglietti aereo, pernottare una camaera d'albergo ecc.) abbiano una connotazione deterministica che non abbia bisogno del supporto della coscienza. La natura non fa programmi per il futuro e la concatenazione deterministica è senza fini. Se la natura fa un programma questo programma viene mutato milioni di volte in modo casuale e magari ci vogliono milioni di anni perche sia funzionale. Non sarebbe invece possibile programma in modo deterministico un viaggio a Natale cioè fra 10 giorni. 10 giorni sono un tempo troppo breve perche la natura riesca a programmare un viaggio visto che la natura non si chiede cosa farò a Natale. Il determinismo non si sposa per nulla con le finalità. La natura determina la tua azione in un dato momento in modo casuale. Se hai un desiderio di un viaggio a Natale non è detto che tu sappia come programmare il viaggio. E visto che hai poco tempo per farlo la natura non ti aiuta. Non puoi pensare che una volta che il tuo desiderio sia diventato un imperativo tu abbia sappia anche come organizzarlo. La natura forse ce la farebbe, in modo deterministico. ad organizzarti un viaggio ma forse dovrai aspettare qualche milione di anni o forse piu, il tempo che ci vorrà ad una scimmia per scrivere la Divina Commedia battendo a caso i tasti delle lettere.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 12 Dicembre 2017, 12:15:23 PM
X Il Dubbio
 
 
Credo che si stiano chiarendo i dissensi.
 
A me sembra perfettamente giustificato ritenere che tutte le azioni che io devo compiere fino a Natale (ad esempio preparare le valige, fare i biglietti aereo, pernottare una camera d'albergo ecc.) abbiano una connotazione deterministica che non abbiano alcun bisogno del supporto-interferenza causale della coscienza.
 
Anche se concordo che La natura non fa programmi per il futuro e la concatenazione deterministica è senza fini.
Credo anzi che se si ritiene che la mia coscienza eserciti effetti indeterministici sul mondo materiale naturale del quale il mio corpo e la mia coscienza fanno parte e inoltre si ritiene possibile la conoscenza scientifica (vera) del mondo naturale materiale stesso si cade in contraddizione, dal momento che é una conditio sine qua non (indimostrabile: Hume!) della conoscenza scientifica stessa il divenire regolare secondo modalità universali e costanti astraibili (da parte del pensiero) dai fatti particolari concreti.
 
Pe me l' afinalistico determinismo naturale (limitatamente a determinati eventi neurofisiologici accadenti nei cervelli umani e animali) é "accompagnato" su un diverso, incomunicante, trascendente "piano ontologico" da coscienza, con la quale é appunto in rapporti di trascendenza-corrispondenza biunivoca.
Per esempio allorché nella mia coscienza accade che faccia programmi per realizzare scopi, senza alcuna loro interferenza causale, impossibile, se é possibile la conoscenza scientifica del mondo materiale naturale, nell' ambito di quest' ultimo accadono certi determinati eventi neurofisiologici (proprio quelli e non affatto altri) nel mio cervello (proprio quello e non un altro), che a tali miei eventi di coscienza corrispondono biunivocamente.
La natura non si pone scopi e non fa programmi, ma nel suo ambito accadono determinati eventi cerebrali che coesistono e corrispondono biunivocamente al porsi scopi e fare programmi nell' ambito di determinate coscienze; eventi neurofisiologici cerebrali perfettamente deterministici che deterministicamente causano i preparativi delle azioni finalizzate e programmate e le azioni stesse (senza nessun impossibile "cortocircuito temporale" fra eventi cerebrali corrispondenti a finalità coscienti e programmazioni coscienti ed eventi naturali: per la semplicissima concatenazione causale deterministica degli eventi cerebrali stessi e fra questi e i muscoli corporei).
 
Il cervello di Dante era ben diverso da quello di una scimmia, e aveva corrispondenze coscienti (nella coscienza di Dante) ben diverse da quelle di una scimmia (nella rispettiva coscienza).

E in corrispondenza biunivoca-non interferenza causale-trascendenza coi pensieri della creazione-elaborazione mentale dantesca della Divina Commedia il cervello di Dante del tutto deterministicamente e senza nulla di soprannaturale o misterioso ha prodotto (causato) le azioni del corpo di Dante consistenti nello scrivere (ed eventualmente nel sussurrare a tratti a se stesso o ad altri) il testo della Divina Commedia.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 13 Dicembre 2017, 00:30:04 AM
Su un punto Sgiombo ha ragione. Il metodo della scienza moderna necessariamente presuppone il determinismo. E nel mondo naturale questo principio ha funzionato e funziona benissimo. La causa produce degli effetti, che sono riproducibili sperimentalmente e si possono misurare. A sua volta altre cause potranno produrre altri effetti, fino a creare il nostro mondo "artificiale" e "scientifico".
Mi inchino a questa potenza che mi permette di dormire al caldo, circondato da gadget elettronici e con la pancia piena.
Tuttavia sempre in nome della conoscenza (che è pur sempre un "desiderata" della scienza) credo che questo metodo se portato, come oggi accade, a paradigma esclusivo non può che far danni, poichè l'uomo è indivisibilmente, in questa diatriba fra libera volontà e determinismo, sia il soggetto che vuole conoscere che l'oggetto da conoscere. Una situazione piuttosto incresciosa e ben poco scientifica.
Inoltre gli esseri umani sono curiosi. Se un signore di Amburgo si irrigidisce nella convinzione che le sue azioni sono deterministicamente calibrate si comporterà di conseguenza, riuscendo ad essere determinato e un pò noioso. Invece un signore di Parigi, nella convinzione di essere un libero sognatore si comporterà in modo astruso e irrazionale proprio per conformarsi al suo anticonformismo.
L'obiezione che comunque entrambi sono determinati dalla loro costituzione e dalle loro ideologie non mi convince, o meglio mi rende ancora più convinto della necessità di lasciare uno spazio alle ideologie che sono benevole rispetto al libero arbitrio, visto che in questo modo possiamo potenziare un certo grado di libertà "costruito socialmente" agli individui.
Sulla scia della tradizione del "sospetto" che accomuna pensatori eterogenei come Marx e Nietzsche, a costo di ripetermi, ritengo che l'espansione del metodo scientifico all'azione umana non debba e non possa colonizzarla del tutto, poichè questa espansione è soltanto il frutto di un pensiero unidirezionale e classificatorio, che nasce in modo potente a partire dall'Illuminismo, splendida creatura bifronte ed ambigua come poche.
Il determinismo in fondo è lo strumento ideale per un potere che voglia creare il suo giardino, potenziare certe capacità, assorbirne altre, organizzare il mondo sociale, come se fosse una grande fabbrica dove ognuno risponde ad una esigenza deterministicamente creata. L'idea di progresso è un'idea deterministica, come quella del comunismo, come quella del nazismo, come quella della eugenetica.
Il determinismo mi sembra facilmente associabile a tutti i tentativi politici di uniformare e di assolutizzare il conflitto e la dialettica fra i gruppi di esseri umani, mentre il libero arbitrio lo collego inevitabilmente alla fenomenologia, all'esistenzialismo, alla scoperta dell'essere umano, singolo individuo, indeterminabile, indecifrabile, mosso da passioni ambigue e contraddittorie, capace di amare il proprio cane e sterminare milioni di persone.
Il determinismo scientifico estremo, quello incompatibilista, è il braccio teorico dell'autoritarismo se applicato all'azione umana.
Chiudo la pappardella citando Hans Jonas: "A suscitare in noi un senso di dovere è la semplice verità, nè esaltante, nè sconfortante, che l'uomo autentico è già sempre esistito in tutti i suoi estremi, nella grandezza e nella meschinità, nella felicità e nel tormento, nell'innocenza e nella colpa; in breve in tutta l'ambiguità che gli è connaturata. Volerla eliminare significa voler eliminare l'uomo e la sua incommensurabile libertà".
A voi la parola.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 13 Dicembre 2017, 00:33:06 AM
Citazione di: sgiombo il 12 Dicembre 2017, 12:15:23 PM


Anche se concordo che La natura non fa programmi per il futuro e la concatenazione deterministica è senza fini.
Credo anzi che se si ritiene che la mia coscienza eserciti effetti indeterministici sul mondo materiale naturale del quale il mio corpo e la mia coscienza fanno parte e inoltre si ritiene possibile la conoscenza scientifica (vera) del mondo naturale materiale stesso si cade in contraddizione, dal momento che é una conditio sine qua non (indimostrabile: Hume!) della conoscenza scientifica stessa il divenire regolare secondo modalità universali e costanti astraibili (da parte del pensiero) dai fatti particolari concreti.

Anche se vagamente credo di aver capito mi farebbe piacere che tu fossi piu chiaro.

Come ho gia detto la conoscenza scientifica in rari casi è precisa, molto piu spesso è indeterminata e si affronta questa indeterminatezza attraverso  calcoli probabilistici.

Se poi dovessi rispondere come se avessi compreso appieno la tua riflessione, direi che è alquanto improbabile che noi si possa comprendere la natura  se non fossimo dotati di coscienza indeterminata. Nessuna legge deterministica impone la comprensione dell'infinito o degli enti geometrici come il punto o la retta poichè essi non sono dimostrabili scientificamente ma sono soltanto intuibili (tramite la coscienza). Per cui nessuna scienza sarebbe possibile senza la possibilità di intuire qualcosa che non è dimostrabile. Tutte le nostre conoscenze si basano su assiomi che si ritengono vere ma non dimostrabili. Nessun ente non cosciente potrebbe fare una operazione del genere. Determinare quindi la verità di un'assiona non può essere di natura deterministica se poi si verifica che almeno una parte delle teorie che su quelle si basano, risultano vere o per lo meno verificate scientificamente.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 13 Dicembre 2017, 14:18:54 PM
X Jacopus:

Concordo che la realtà non si esaurisce nell' universo naturale - materiale intersoggettivamente constatabile e scientificamente conoscibile, e dunque che la conoscenza (possibile ed auspicabile) non é limitata alla conoscenza scientifica (propriamente detta, o "in senso stretto", quella delle scienze naturali). 

Ribadisco invece il mio totale dissenso dall' affermazione che la credenza nel determinismo (la convinzione deterministica dell' "uomo di Amburgo") implichi (o "determini": sic!) la conseguenza di un comportamento necessariamente "noioso" (e men che meno fatalisticamente abulico e passivo), mentre la credenza nell' indeterminismo (la convinzione indeterministica dell' "uomo di Parigi") implichi necessariamente la conseguenza di un comportamento estroso e creativo.

E questo indipendentemente dal fatto che l' eventuale determinismo sia condizionato da un' ideologia o da qualsiasi altra "cosa" e dall' eventuale uso di ideologie deterministiche da parte del "potere" a scopo di dominio (nonché dal fatto che per me sia l' idea generica di progresso sia quella di comunismo possono essere coniugate tanto col determinismo quanto con l' indeterminismo: su un piano gnoseologico o epistemologico progresso e/o comunismo possono essere considerati solo possibili o anche necessariamente certi (cioé di fatto prevedibili come inevitabili o meno); e si può credere che il futuro sia progressivo e/o comunistico sia se si é deterministi (come necessità), sia se si é indeterministi (come possibilità.

Credo che un essere umano, individuale (e anche collettivamente l' umanità), epistemicamente per lo meno possa essere in qualche misura indecifrabile, mosso da passioni ambigue e contraddittorie, capace di amare il proprio cane e sterminare milioni di persone in perfetta compatibilità con un determinismo metafisico e anche con convinzioni da parte sua deterministiche: perché non dovrebbe essere possibile (ipoteticamente) che deterministicamente uno abbia pulsioni contraddittorie, ami i suoi cani e stermini una pretesa razza umana? Non vedo nessuna contraddizione in questa ipotesi!.

Pur apprezzando Jonas, ritengo che l' ambiguità umana (a mio parere limitata, anche se ovviamente non quantitativamente misurabile) é perfettamente compatibile con il determinismo (oggettivo) e con convinzioni (soggettive) deterministiche, così come il sentire un forte senso del dovere.


X Il Dubbio

La nascita e lo sviluppo delle geometrie da parte del soggetto umano sono compatibili sia con il determinismo, sia con l' indeterminismo, e inoltre sia con la credenza nell' indeterminismo, sia con la credenza nel' determinismo.
Così come la conoscenza episodica-aneddottica della natura (che, ovviamente, come qualsiasi conoscenza, accadrebbe "per definizione" necessariamente nell' ambito di un' esperienza cosciente).
Mentre ripeto che la sua consocenza scientifica implichi logicamente il determinismo.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 13 Dicembre 2017, 16:52:30 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Dicembre 2017, 14:18:54 PM

X Il Dubbio

La nascita e lo sviluppo delle geometrie da parte del soggetto umano sono compatibili sia con il determinismo, sia con l' indeterminismo, e inoltre sia con la credenza nell' indeterminismo, sia con la credenza nel' determinismo.
Così come la conoscenza episodica-aneddottica della natura (che, ovviamente, come qualsiasi conoscenza, accadrebbe "per definizione" necessariamente nell' ambito di un' esperienza cosciente).
Mentre ripeto che la sua consocenza scientifica implichi logicamente il determinismo.

Non comprendo il succo del tuo discorso.

Io rispondevo a questa tua affermazione precedente:
"Credo anzi che se si ritiene che la mia coscienza eserciti effetti indeterministici sul mondo materiale naturale del quale il mio corpo e la mia coscienza fanno parte e inoltre si ritiene possibile la conoscenza scientifica (vera) del mondo naturale materiale stesso si cade in contraddizione".

Mi devi puntare il tuo dito sulla contraddizione perchè io non ce la vedo. A parte che non comprendo che cosa vuoi sostenere con la conoscenza scientifica (vera).
Perchè ce n'è anche una falsa?
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 13 Dicembre 2017, 18:00:55 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 13 Dicembre 2017, 16:52:30 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Dicembre 2017, 14:18:54 PM

X Il Dubbio

La nascita e lo sviluppo delle geometrie da parte del soggetto umano sono compatibili sia con il determinismo, sia con l' indeterminismo, e inoltre sia con la credenza nell' indeterminismo, sia con la credenza nel' determinismo.
Così come la conoscenza episodica-aneddottica della natura (che, ovviamente, come qualsiasi conoscenza, accadrebbe "per definizione" necessariamente nell' ambito di un' esperienza cosciente).
Mentre ripeto che la sua consocenza scientifica implichi logicamente il determinismo.

Non comprendo il succo del tuo discorso.

Io rispondevo a questa tua affermazione precedente:
"Credo anzi che se si ritiene che la mia coscienza eserciti effetti indeterministici sul mondo materiale naturale del quale il mio corpo e la mia coscienza fanno parte e inoltre si ritiene possibile la conoscenza scientifica (vera) del mondo naturale materiale stesso si cade in contraddizione".

Mi devi puntare il tuo dito sulla contraddizione perchè io non ce la vedo. A parte che non comprendo che cosa vuoi sostenere con la conoscenza scientifica (vera).
Perchè ce n'è anche una falsa?

CitazioneIl "vera" é effettivamente pleonastico (è un mio vizio inveterato la ridondanza).

La contraddizione sta fra il divenire deterministico (per lo meno in senso "debole" o probabilistico statistico) che é una conditio sine qua non della possibilità di conoscenza scientifica (se il divenire naturale é casuale non si  possono astrarre da esso leggi universali e costanti), per quanto indimostrabile (Hume!), e il libero arbitrio o qualsiasi altra forma di indeterminismo.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 14 Dicembre 2017, 01:16:55 AM
Citazione di: sgiombo il 13 Dicembre 2017, 18:00:55 PMLa contraddizione sta fra il divenire deterministico (per lo meno in senso "debole" o probabilistico statistico) che é una conditio sine qua non della possibilità di conoscenza scientifica (se il divenire naturale é casuale non si  possono astrarre da esso leggi universali e costanti), per quanto indimostrabile (Hume!), e il libero arbitrio o qualsiasi altra forma di indeterminismo.

Non ho capito, la frase non mi sembra corretta. Non mi dice un granchè. Me la riscrivi?

contraddizione fra il divenire deterministico... e cosa?
Mi sembra come se tu dica che ci sia una contraddizione fra la conoscenza deterministica e una indeterministica. Ma non mi sembra una contraddizione, potrebbe essere magari, l'indeterminismo, un limite alla conoscenza.

Comunque io sono d'accordo che la conoscenza (quella vera..ma che potrebbe anche non corrispondere con quella scientifica) si basi sul determinismo. Ma allora mi si deve spiegare il motivo per cui si scelgano verità non dimostrate per costruire teorie scientifiche sulle quali si basano le nostre conoscenze.
Come si fa a scegliere gli assioni in modo deterministico? Qualcuno mi risponda... perchè fino ad ora ho letto sono divagazioni sul tema.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 14 Dicembre 2017, 09:07:35 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 14 Dicembre 2017, 01:16:55 AM


Non ho capito, la frase non mi sembra corretta. Non mi dice un granchè. Me la riscrivi?

contraddizione fra il divenire deterministico... e cosa?
Mi sembra come se tu dica che ci sia una contraddizione fra la conoscenza deterministica e una indeterministica. Ma non mi sembra una contraddizione, potrebbe essere magari, l'indeterminismo, un limite alla conoscenza.

Comunque io sono d'accordo che la conoscenza (quella vera..ma che potrebbe anche non corrispondere con quella scientifica) si basi sul determinismo. Ma allora mi si deve spiegare il motivo per cui si scelgano verità non dimostrate per costruire teorie scientifiche sulle quali si basano le nostre conoscenze.
Come si fa a scegliere gli assioni in modo deterministico? Qualcuno mi risponda... perchè fino ad ora ho letto sono divagazioni sul tema.

CitazioneA questo punto sono io a faticare a capirti.

Per evitare contraddizioni fra determinismo e indeterminismo a mio parere basta distinguere fa le rispettive accezioni metafisiche od ontologiche (riferite all' oggettività del reale) e quelle epistemologiche o gnoseologiche (riferite alla soggettività della conoscenza del reale).

Se affermi che la conoscenza vera si basa sul determinismo*, allora tu stesso inevitabilmente sottintendi che fra l' affermazione della verità della conoscenza (secondo me solo quella scientifica) e quella dell' indeterminismo (per esempio del libero arbitrio inteso non come libertà da coercizioni estrinseche ma come intrinseco casualismo) vi é una contraddizione (questo é un giudizio analitico a priori).

Si scelgono (se si vuole) verità non dimostrate (e non dimostrabili) per costruire teorie scientifiche sulle quali si basano le nostre conoscenze "in mancanza di meglio": perché non esistono possibili verità dimostrate che non siano di giudizi analitici a priori (non portatori di nuove conoscenze circa il reale ma meri esplicitatori di conoscenze di già postulate implicitamente nelle premesse), né conoscenze empiricamente provate che non siano giudizi sintetici a posteriori relativi a immediate esperienze sensibili particolari concrete in atto (che sono conoscenze episodiche o aneddottiche, non scientifiche).

Gli assiomi (nei giudizi analitici  priori) si scelgono arbitrariamente; e se tutte  le scelte umane sono deterministiche ovviamente anche questa scelta (arbitraria), come ogni altra scelta, avviene deterministicamente (e anche questo é un giudizio analitico a priori).

_______________________________________
* Ma secondo me questo non vale per la conoscenza vera in generale, ma soltanto per quella scientifica; che non é l' unica possibile.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 15 Dicembre 2017, 08:31:48 AM
Rilancio. Attraverso Dostoevskij. Sempre lui. Dimitri uno dei fratelli Karamazov, e' follemente innamorato della figlia del capitano del suo reggimento. Si da il caso che il codesto capitano si indebiti al punto da tentare il suicidio e pertanto Dimitri propone a lui un regalo di Tremila rubli per ripianare il debito a condizione che sia la figlia a ritirarlo. Quando vede la fanciulla a casa sua Dimitri viene posseduto da una serie contrastante di intenzioni che rende poco convincente ogni teoria deterministica pura applicata all uomo.
Il primo pensiero e' quello di profittare in modo violento, trattando la ragazza come una prostituta (approccio negativo), poi si riprende e pensa che il "beu geste" gli permettera' di chiedere la sua mano l'indomani (approccio morale) ma ancora una voce gli suggerisce che l'indomani sara' scacciato dai servi visto che ormai la donazione e' stata fatta e giunge ad odiare quella ragazza prima adorata (approccio negativo) e quindi al momento dei fatti la irride e le dice che non ha intenzione di donare alcunche', salvo darle all'ultimo momento 4.000 rubli invece di 3.000.
L'esempio dimostra come l'essere umano concreto sia mosso da motivazioni contrastanti ben poco determinabili in assoluto e rispetto alle quali le decisioni sono adottate sempre in funzione di un senso morale libero e autonomo e scarsamente prevedibile. La scienza se veramente si vuole occupare di comportamento umano non puo' adottare categorie sperimentali da hard science ma deve confrontarsi con la storia del pensiero umano poiche' da almeno 6000 anni siamo usciti dalla natura pur continuando a farne parte e ipotizzare un determinismo assoluto e', ripeto, una copertura ideologica di un assolutismo politico.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: baylham il 15 Dicembre 2017, 09:27:00 AM
Che la realtà sia deterministica o indeterministica è una questione aperta, presumo insolubile: la realtà potrebbe avere, manifestare entrambe queste componenti. Un modello in questo senso è l'evoluzionismo darwiniano che combina un processo indeterministico, le variazioni genetiche casuali, con uno deterministico, la selettività ambientale. Un altro esempio è il gioco dei dadi che combina relazioni deterministiche per un risultato strutturalmente indeterministico.

Perciò anche se la relazione tra due fatti A e B  fosse di natura deterministica (A->B), nulla vieta che il sistema deterministico A->B nel suo insieme possa essere considerato come il prodotto di un processo indeterministico.

Ritengo invece fuorviante, confondente, la contrapposizione tra libertà e determinismo. La libertà è contrapposta alla servitù, all'oppressione, non al determinismo. Che da A segua B necessariamente non dà alcuna indicazione sulla libertà o costrizione della relazione tra A e B.

Per complicare il tema, la libertà forse non si accompagna con la responsabilità, ma con l'irresponsabilità, il non dover rispondere di qualcosa a qualcuno. Inoltre la libertà forse non si accompagna con la volontà o la scelta, ma con l'essere sciolto dalla volontà e dalla scelta.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 15 Dicembre 2017, 10:42:38 AM
CitazioneChe la realtà sia deterministica o indeterministica è una questione aperta, presumo insolubile: la realtà potrebbe avere, manifestare entrambe queste componenti. Un modello in questo senso è l'evoluzionismo darwiniano che combina un processo indeterministico, le variazioni genetiche casuali, con uno deterministico, la selettività ambientale. Un altro esempio è il gioco dei dadi che combina relazioni deterministiche per un risultato strutturalmente indeterministico.

Perciò anche se la relazione tra due fatti A e B  fosse di natura deterministica (A->B), nulla vieta che il sistema deterministico A->B nel suo insieme possa essere considerato come il prodotto di un processo indeterministico.

Ritengo invece fuorviante, confondente, la contrapposizione tra libertà e determinismo. La libertà è contrapposta alla servitù, all'oppressione, non al determinismo. Che da A segua B necessariamente non dà alcuna indicazione sulla libertà o costrizione della relazione tra A e B.

Per complicare il tema, la libertà forse non si accompagna con la responsabilità, ma con l'irresponsabilità, il non dover rispondere di qualcosa a qualcuno. Inoltre la libertà forse non si accompagna con la volontà o la scelta, ma con l'essere sciolto dalla volontà e dalla scelta.

Sul primo periodo sono parzialmente d'accordo, poichè comunque non c'è spazio anche in quella interpretazione, di spazio alla libertà umana.
invece la contrapposizione libertà/determinismo è vecchia di almeno duemila anni e con essa si sono confrontati tutti i maggiori pensatori umani almeno dal momento in cui è stata creata la prima religione (re-ligo: legare a consuetudini e azioni, e quindi determinarle). La libertà è opposta alla servitù in un senso ma se indico il mio comportamento come determinato da fattori che non controllo, allora è ovvio che ci si deve interrogare sulla mia libertà e fatto ancora più pregnante sulla mia responsabilità morale. Infatti per quanto ci si possa argomentare, se sono determinato non ho nessuna responsabilità e posso tranquillamente macchiarmi di qualsiasi nefandezza ed essere assolutamente innocente, a meno che di non voler dividere il mondo in determinati malvagi e determinati buoni, il che mi sembra ancora più assurdo.

Sul fatto che la libertà non si accompagna alla responsabilità è un altro tema molto interessante e bisogna ovviamente intenderci con cosa si intende con libertà e con responsabilità. La libertà di fare quello che si vuole è una libertà di natura, ma come ho detto precedentemente noi ormai ne siamo fuori, poichè la cultura che abbiamo costruito nel corso degli ultimi seimila anni ha prodotto delle conseguenze ineluttabili sulla nostra storia, per quanto continuiamo ad essere organismi biologici.
E quindi la libertà andrebbe ricompresa all'interno di una visione etica della vita, alla luce di principi di responsabilità appunto che la rendono in qualche modo, questa sì, necessaria, ma senza la certezza che questa necessarietà sia determinata una volta per tutte. L'uomo può fare delle scelte, queste scelte condizionano altre scelte, ma grazie a quella che si chiama genericamente "coscienza" possiamo anche estraniarci da noi stessi e fare scelte non determinate. Di questo sono sostanzialmente convinto, ed è anche per questo che non continuiamo a vivere nelle caverne.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: baylham il 15 Dicembre 2017, 15:21:33 PM
Jacopus ti propongo questo esempio.

Percorro normalmente per andare in una determinata montagna una strada con un limite di velocità di 70 Km orari. Normalmente non controllo la velocità sul tachimetro. Da alcuni mesi hanno introdotto un controllore di velocità, adesso controllo sempre la velocità sul tachimetro. Se la mia volontà è libera, indeterministica, e la strada è deterministica sia prima che dopo l'introduzione del controllo di velocità perché prima mi sentivo libero ed adesso non mi sento libero, ma costretto, obbligato?
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Jacopus il 15 Dicembre 2017, 16:34:50 PM
La mia idea non e' quella di escludere i condizionamenti genetici, epigenetici, sociali, storici, familiari... ma di far rilevare che accanto ad una parte che ci determina c'e' anche una parte necessariamente libera. Quella parte che ad esempio innova e che e' pertanto intimamente connessa con lo sviluppo dell'uomo.
Inoltre il tuo esempio e' tipicamente riduttivo. Forse conosci gli esperimenti di Libet che credette di dimostrare l'assenza di libera volonta' perche' dimostro' che l'azione fisica di schiacciare un tasto precedeva la volonta' di schiacciarlo di qualche micromillesimo di secondo. Ma la vita sociale non consiste nello schiacciare bottoni o viaggiare su strade controllate. Le scelte umane possono essere estremamente complesse, conflittuali, tragiche. Non le risolviamo con gli esperimenti tipo "lanciamo l'uomo grasso".
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 15 Dicembre 2017, 17:17:03 PM
Citazione di: Jacopus il 15 Dicembre 2017, 10:42:38 AM
CitazioneInfatti per quanto ci si possa argomentare, se sono determinato non ho nessuna responsabilità e posso tranquillamente macchiarmi di qualsiasi nefandezza ed essere assolutamente innocente, a meno che di non voler dividere il mondo in determinati malvagi e determinati buoni, il che mi sembra ancora più assurdo.

Se sei determinato da altri che ti costringono ad agire o a non agire indipendentemente dalla o magari contro la tua libertà, allora sei innocente di qualsiasi nefandezza ti si costringa a fare (colpevole ne sarà invece chi ti costringe).

Ma invece se sei libero da costrizioni intrinseche e determinato ad agire dalle tue proprie qualità morali, allora del bene e del male che farai sarai responsabile tu.

Non trovo nulla di assurdo (anzi! Sarebbe assurdo il contrario!) nel considerare che chi abbia qualità morali buone, se libero da costrizioni estrinseche, sia da queste determinato ad agire bene (e invece non agisca a caso, cioé indeterministicamente!), mentre chi ha qualità morali cattive sia da queste determinato ad agire male (e invece non agisca a caso, cioé indeterministicamente!) . 
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 15 Dicembre 2017, 17:26:13 PM
Citazione di: Jacopus il 15 Dicembre 2017, 16:34:50 PM
La mia idea non e' quella di escludere i condizionamenti genetici, epigenetici, sociali, storici, familiari... ma di far rilevare che accanto ad una parte che ci determina c'e' anche una parte necessariamente libera. Quella parte che ad esempio innova e che e' pertanto intimamente connessa con lo sviluppo dell'uomo.
Inoltre il tuo esempio e' tipicamente riduttivo. Forse conosci gli esperimenti di Libet che credette di dimostrare l'assenza di libera volonta' perche' dimostro' che l'azione fisica di schiacciare un tasto precedeva la volonta' di schiacciarlo di qualche micromillesimo di secondo. Ma la vita sociale non consiste nello schiacciare bottoni o viaggiare su strade controllate. Le scelte umane possono essere estremamente complesse, conflittuali, tragiche. Non le risolviamo con gli esperimenti tipo "lanciamo l'uomo grasso".
CitazionePrecisazione un po' pignola.

Veramente Libet, se non ha cambiato opinione negli ultimi tempi, é un fautore del libero arbitrio.
Sono altri neurologi e soprattutto filosofi che (secondo me giustamente) hanno interpretato i suoi esperimenti come neganti il libero arbitrio ed affermanti il determinismo dell' agire umano, contrariamente all' interpretazione che ne ha dato lui.

Ovviamente gli esperimenti di Libet non vanno generalizzati all' agire umano complessivo (che segue un determinismo ontologico molto più complicato -vedi i personaggi di Dostoeskij- e dunque gnoseologicamente inafferrabile); ma qualcosa di molto importante sull' agire umano ci dicono (peraltro non li ritengo necessari per provare il determinismo e negare del libero arbitrio, se si crede alla possibilità di conoscenza scientifica: basta in questo caso, la cogenza logica, onde evitare di cadere in contraddizione).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: baylham il 15 Dicembre 2017, 18:12:27 PM
Il semplice esempio che ho proposto non è riduttivo, indica ciò che non mi convince: primo, la netta dicotomia tra la volontà indeterministica e l'ambiente in cui opera deterministico. Secondo, l'equazione libertà = indeterminismo, illibertà = determinismo.

Ho già espresso la mia predilezione per l'ipotesi di una combinazione di processi deterministici e indeterministici all'opera nella realtà. Questa mia preferenza si riferisce anche alla volontà.

Sulla complessità dell'uomo e non solo sono perfettamente d'accordo.

Se la volontà di commettere un crimine è determinata da uno o più motivi o fattori stabili a maggior ragione c'è la responsabilità individuale e la reazione di altri per ristabilire la norma e contrastare il crimine, magari agendo su quei motivi o fattori. Sottolineo che non credo affatto ad un gene criminale mentre credo che il crimine sia un fatto sociale e vada affrontato con politiche sociali (senza l'illusione o pretesa di eliminare il crimine).


Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 16 Dicembre 2017, 09:53:02 AM
MI sento in dovere di fare due precisazioni sui miei ultimi due brevi interventi.

Nel penultimo (#204) c'è un lapsus che stravolge completamente il senso del secondo periodo:

Ma invece se sei libero da costrizioni intrinseche e determinato ad agire dalle tue proprie qualità morali, allora del bene e del male che farai sarai responsabile tu,

anziché:

Ma invece se sei libero da costrizioni estrinseche e determinato ad agire dalle tue proprie qualità morali, allora del bene e del male che farai sarai responsabile tu.

Circa il successivo (#205) vorrei precisare che l' accenno a Dostoeskij, malgrado la sua stringatezza che potrebbe apparire "sommariamente liquidatoria", non intende minimamente sminuirne la grandezza come artista (letterato) e come conoscitore dell' animo umano ("filosofo in senso lato"); il fatto che la diversità dei miei interessi principali e la "brevità della vita" o mancanza di tempo mi impedisca di seguire le arti e la letteratura come pure mi piacerebbe poter fare non mi induce a sottovalutare queste altissime espressioni della cultura umana e i più geniali dei loro cultori e a considerarli senza il dovuto rispetto.

Credo anzi che la profondità  e la genialità di autori come Dostoevskij stia anche nel fatto di trattare nelle loro opere soprattutto i casi di scelte e comportamenti umani psicologicamente più complessi e sofferti, e dunque "gnoseologicamente meno deterministici" (mentre lo sono comunque a mio parere ontologicamente): narrare di personaggi "tutti d' un pezzo", nel bene o nel male (onestissimi ovvero santi, oppure perfidissimi malvagi rispettivamente) le cui scelte eticamente buone o cattive a seconda dei casi sarebbero facilissimamente e prevedibilissimamente scaturite (ovvero dettate deterministicamente) dalle loro qualità morali "granitiche" e totalmente prive di tentennamenti e incertezze sarebbe stato di gran lunga più banale dal punto di vista artistico nonché dell' illustrazione dell' animo umano e dei suoi problemi.
Senza nulla togliere al Manzoni, tra un fra Cristoforo (personaggio ispirato probabilmente a un mio concittadino realmente vissuto; mi scuso per la vanità) o un Don Rodrigo e (probabilmente, poiché non li conosco) i personaggi di Dostoevskij non c' é confronto!
(Ma nei Promessi sposi ci sono anche una Gertrude e un Innominato!).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 16 Dicembre 2017, 13:19:38 PM
Citazione di: Jacopus il 15 Dicembre 2017, 08:31:48 AM
L'esempio dimostra come l'essere umano concreto sia mosso da motivazioni contrastanti ben poco determinabili in assoluto e rispetto alle quali le decisioni sono adottate sempre in funzione di un senso morale libero e autonomo e scarsamente prevedibile. La scienza se veramente si vuole occupare di comportamento umano non puo' adottare categorie sperimentali da hard science ma deve confrontarsi con la storia del pensiero umano poiche' da almeno 6000 anni siamo usciti dalla natura pur continuando a farne parte e ipotizzare un determinismo assoluto e', ripeto, una copertura ideologica di un assolutismo politico.

CitazioneQui mi sembra che venga colto il "nocciolo della questione".
E dunque l' esposizione del mio dissenso può essere più chiaramente espressa.


Le decisioni umane vengono (di norma) adottate sempre in funzione di un senso morale libero e autonomo e scarsamente prevedibile, secondo me nel senso che:
la libertà e autonomia rispetto a coercizioni estrinseche alla propria volontà é premessa indispensabile, conditio sine qua non per l' attribuzione di responsabilità morale alle azioni od omissioni di ognuno;
la conoscibilità limitata (relativamente alla loro complessità, "numerosità" e non quantificabilità) dei fattori oggettivamente (ontologicamente o metafisicamente) deterministici del comportamento umano é il motivo dell' indeterminismo (gnoseologico o epistemologico) della soggettiva conoscenza che se ne può di fatto avere, del frequente, probabilmente preponderante indeterminismo gnoseologico od ontologico (imprevedibilità, incalcolabilità di fatto) del comportamento umano stesso.


Sono perfettamente d' accordo che
La scienza se veramente si vuole occupare di comportamento umano non puo' adottare categorie sperimentali da hard science.
Ma secondo me questo perché sarebbe assurdo e non realistico (non é certamente così che si vivono le scelte che si é chiamati a compiere nella vita!) pretendere un di fatto impossibile calcolo e previsione del comportamento umano attraverso l' osservazione (scientifica) "dall' esterno" e in terza persona" del cervello umano, con la sua "mostruosa" complessità (bisognerebbe conoscere con precisione "un' infinità" di dettagli neurologici!
Si deve invece usare l' introspezione (per sé) e il resoconto verbale (per gli altri) degli eventi di coscienza mentali, in quanto osservati "dall' interno" e "in prima persona", i quali in ciascuno di noi corrispondono biunivocamente senza interferirvi al proprio cervello quale é presente e potenzialmente studiabile scientificamente nel mondo fisico - materiale (normalmente percepibile solo da altri e per lo più indirettamente -per fortuma!- per il tramite degli apparati di osservazione della neurologia); e questo comporta inevitabilmente la rinuncia alla misurabilità e alla "matematizzabilità" propria delle scienze naturali: un sentimento può essere al massimo "ponderato" o "soppesato", mai letteralmente "pesato", cioé misurato; fra due desideri contrastanti (per esempio quello di arricchirsi trattenendo un portafoglio smarrito pieno di soldi e quello di essere onesti restituendolo al legittimo proprietario) già può essere difficile stabilire quale é maggiore, certamente é impossibile misurare di quanto lo sia, onde calcolare la preferibilità fra insiemi intrinsecamente coerenti e oggettivamente reciprocamente incompatibili di più desideri).


Secondo me siamo "andati oltre" la natura, senza mai inesorabilmente poterne uscire, l' abbiamo per così dire "ulteriormente sviluppata" senza poterla negare o eludere sostanzialmente da quando abbiamo inventato il linguaggio (probabilmente alcune decine di migliaia di anni fa) e questo ci impone, per conoscerci, di non fare affidamento su un impossibile determinismo gnoseologico o epistemologico, che comunque non inficia il naturale, ineludibile determinismo ontologico o metafisico.


Quella al determinismo assoluto di essere una copertura ideologica di un assolutismo politico mi sembra un' accusa infondata.
Sicuramente i Nazisti (credo di poter dire, per quanto pochissimo li conosca) avevano per lo più convinzioni ideologiche decisamente irrazionalistiche e indeterministiche (Nietzche, Heidegger, ecc.); e questo dimostra (storicamente) che si può essere filosoficamente indeterministi (e irrazionalisti) e politicamente assolutisti.
Più difficile mi é trovare esempi di democraticismo e tolleranza politica coesistenti con determinismo filosofico, ma semplicemente per il fatto che secondo me nella storia si sono finora dati ben pochi e decisamente limitati e imperfetti casi di democrazia reale (e non del tutto fittizia, come é a mio parere la "nostra" occidentale capitalistica-imperialistica).
Ma nell' antichità molti stoici erano sostanzialmente deterministi e propugnatori della tolleranza e libertà di pensiero, mentre alcuni rivoluzionari francesi erano decisamente deterministi e fautori, per lo meno soggettivamente (sinceramente), (fra l' altro) della più integrale tolleranza e democrazia (e alla repressione della controrivoluzione e al terrore rivoluzionario sono ricorsi obtorto collo come necessaria, inevitabile risposta alla repressione al terrore controrivoluzionari, proprio al fine sincerissimo di poter realizzare la massima tolleranza e democrazia possibile).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 16 Dicembre 2017, 13:26:33 PM
Citazione di: sgiombo il 14 Dicembre 2017, 09:07:35 AMSe affermi che la conoscenza vera si basa sul determinismo*, allora tu stesso inevitabilmente sottintendi che fra l' affermazione della verità della conoscenza (secondo me solo quella scientifica) e quella dell' indeterminismo (per esempio del libero arbitrio inteso non come libertà da coercizioni estrinseche ma come intrinseco casualismo) vi é una contraddizione (questo é un giudizio analitico a priori).

Parlavo della conoscenza scientifica o epistemica. La conoscenza è tale se è possibile descrivere ogni passaggio di stato nel continuo di spazio e di tempo.
Quindi A si evolve in B. Si conosce quindi sia A che B e si descrive il passaggio nel tempo e nello spazio dei  due eventi.
Il problema è che noi per arrivare a descrivere un tale evento diamo per scontato che tra A e B esista un rapporto di causa ed effetto. Se non ci fosse questa descrizione non potremmo conoscere il motivo per cui abbiamo A e B. Ciò che diamo per scontato però non è descrivibile allo stesso modo.
Potremmo dire che siamo consapevoli che esista sempre un rapporto tra due eventi perche non conosciamo alcun evento B che non sia una conseguenza di A. Ma che questa affermazione sia vera o falsa non è una conseguenza di un determinato evento, ma di una somma di eventi. Quando potremmo affermare che esista sempre un evento precendente che causa un effetto futuro? Mai, perche per poter affermare una tale verità avremmo bisogno di descrivere l'intero arco di eventi. Solo alla fine potremmo escludere che non esista un evento non causato. Per cui la stessa affermazione che esista sempre una causa, utilizzando il metodo descrittivo per poter affermare o negare una verità, essendo priva del supporto descrittivo non può diventare una Conoscenza con la C. maiuscola.
Per cui come è possibile adottare un metodo conoscitivo se manca il fondamento di questa conoscenza? Come ci siamo arrivati a intuire questa (presunta) verita che ci impone di trovare sempre una causa ad ogni cosa? Allora, o dobbiamo ammettere che questa verita essendo determinata in modo arbitrario può essere falsa, oppure dovremmo ammettere che noi siamo in grado di scegliere verità senza che esista alcuna causa (descrittiva).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 16 Dicembre 2017, 15:06:42 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 16 Dicembre 2017, 13:26:33 PM


Parlavo della conoscenza scientifica o epistemica. La conoscenza è tale se è possibile descrivere ogni passaggio di stato nel continuo di spazio e di tempo.
Quindi A si evolve in B. Si conosce quindi sia A che B e si descrive il passaggio nel tempo e nello spazio dei  due eventi.
Il problema è che noi per arrivare a descrivere un tale evento diamo per scontato che tra A e B esista un rapporto di causa ed effetto. Se non ci fosse questa descrizione non potremmo conoscere il motivo per cui abbiamo A e B. Ciò che diamo per scontato però non è descrivibile allo stesso modo.
Potremmo dire che siamo consapevoli che esista sempre un rapporto tra due eventi perche non conosciamo alcun evento B che non sia una conseguenza di A. Ma che questa affermazione sia vera o falsa non è una conseguenza di un determinato evento, ma di una somma di eventi. Quando potremmo affermare che esista sempre un evento precendente che causa un effetto futuro? Mai, perche per poter affermare una tale verità avremmo bisogno di descrivere l'intero arco di eventi. Solo alla fine potremmo escludere che non esista un evento non causato. Per cui la stessa affermazione che esista sempre una causa, utilizzando il metodo descrittivo per poter affermare o negare una verità, essendo priva del supporto descrittivo non può diventare una Conoscenza con la C. maiuscola.
Per cui come è possibile adottare un metodo conoscitivo se manca il fondamento di questa conoscenza? Come ci siamo arrivati a intuire questa (presunta) verita che ci impone di trovare sempre una causa ad ogni cosa? Allora, o dobbiamo ammettere che questa verita essendo determinata in modo arbitrario può essere falsa, oppure dovremmo ammettere che noi siamo in grado di scegliere verità senza che esista alcuna causa (descrittiva).


Il tuo linguaggio mi sembra un po' oscuro (non sono sicuro di averti pienamente capito).

Se intendi dire che la concatenazione causale degli eventi non é dimostrabile né constatabile empiricamente con certezza, che é "degna di dubbio" (come pure la sua negazione) sono perfettamente d' accordo: é in sostanza la critica razionale humeiana della causalità.

Ma ha senso (é logicamente corretto) ammettere la possibilità della conoscenza scientifica e credere che questa sia vera (sia pure ovviamente in maniera limitata, relativa) unicamente alla condizione necessaria che questa tesi indimostrabile della concatenazione causale degli eventi naturali (ovvero del divenire naturale ordinato secondo modalità universali e costanti, ossia "deterministico") sia vera.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 17 Dicembre 2017, 00:23:09 AM
Citazione di: sgiombo il 16 Dicembre 2017, 15:06:42 PM

Il tuo linguaggio mi sembra un po' oscuro (non sono sicuro di averti pienamente capito).

Se intendi dire che la concatenazione causale degli eventi non é dimostrabile né constatabile empiricamente con certezza, che é "degna di dubbio" (come pure la sua negazione) sono perfettamente d' accordo: é in sostanza la critica razionale humeiana della causalità.

Ma ha senso (é logicamente corretto) ammettere la possibilità della conoscenza scientifica e credere che questa sia vera (sia pure ovviamente in maniera limitata, relativa) unicamente alla condizione necessaria che questa tesi indimostrabile della concatenazione causale degli eventi naturali (ovvero del divenire naturale ordinato secondo modalità universali e costanti, ossia "deterministico") sia vera.

Parli di logica e di ovviamente limitata e relativa...tutto questo perà non ha nulla a che vedere con la verita.

Non intendevo dire che la concatenazione causale degli eventi è indimostrabile.  Sono partito anzi dall'ammettere per ipotesi che noi si abbia certamente esperienza solo di concatenazioni causali. E' una verità indimostrabile Il fatto che si debba ritenere che tutte le concatenazioni siano causali.
Questo atteggiamento, cioè quello di ritenere che tutti gli eventi siano causati, non ha fondamento. E per quale motivo dovremmo accettare una verità simile?
Come scegliamo le nostre verità?
E' da parecchio che la scienza ha capito l'antifona e non sostiene piu alcuna verità. Dice sempre: sino a prova contraria. Ammettendo quindi sempre l'errore e implicitamente non sostenendo alcuna verità. 
La credenza che la concatenazione casuale sia vera perciò non ha fondamento. Potremmo solo dire che è presumilbilmente vera...ma la presunzione che lo sia non può essere deterministica. Come si fa a determinare una presunzione di verità? Davvero non ha alcun senso... non so come spiegarlo altrimenti.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 17 Dicembre 2017, 09:54:10 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 17 Dicembre 2017, 00:23:09 AM
Citazione di: sgiombo il 16 Dicembre 2017, 15:06:42 PM

Il tuo linguaggio mi sembra un po' oscuro (non sono sicuro di averti pienamente capito).

Se intendi dire che la concatenazione causale degli eventi non é dimostrabile né constatabile empiricamente con certezza, che é "degna di dubbio" (come pure la sua negazione) sono perfettamente d' accordo: é in sostanza la critica razionale humeiana della causalità.

Ma ha senso (é logicamente corretto) ammettere la possibilità della conoscenza scientifica e credere che questa sia vera (sia pure ovviamente in maniera limitata, relativa) unicamente alla condizione necessaria che questa tesi indimostrabile della concatenazione causale degli eventi naturali (ovvero del divenire naturale ordinato secondo modalità universali e costanti, ossia "deterministico") sia vera.

Parli di logica e di ovviamente limitata e relativa...tutto questo perà non ha nulla a che vedere con la verita.
Non intendevo dire che la concatenazione causale degli eventi è indimostrabile.  Sono partito anzi dall'ammettere per ipotesi che noi si abbia certamente esperienza solo di concatenazioni causali. E' una verità indimostrabile Il fatto che si debba ritenere che tutte le concatenazioni siano causali. 
Questo atteggiamento, cioè quello di ritenere che tutti gli eventi siano causati, non ha fondamento. E per quale motivo dovremmo accettare una verità simile?
Come scegliamo le nostre verità?
E' da parecchio che la scienza ha capito l'antifona e non sostiene piu alcuna verità. Dice sempre: sino a prova contraria. Ammettendo quindi sempre l'errore e implicitamente non sostenendo alcuna verità.  
La credenza che la concatenazione casuale sia vera perciò non ha fondamento. Potremmo solo dire che è presumilbilmente vera...ma la presunzione che lo sia non può essere deterministica. Come si fa a determinare una presunzione di verità? Davvero non ha alcun senso... non so come spiegarlo altrimenti.
Citazione
Citazione
Le concatenazioni causali (anche se non tutte, ma solo parte) degli eventi che esperiamo le ammetti "per ipotesi" perché sono indimostrabili, oppure ritieni che siano dimostrabili (anche se non in tutti i casi di "concatenazioni" -sequenze?- di eventi?).

In questo secondo caso mi piacerebbe sapere come lo si dimostra.

Ripeto che la concatenazione causale degli eventi non é dimostrabile (Hume!).
Ma non si può, senza cadere in contraddizione (contravvenendo la logica), credere alla possibilità della conoscenza scientifica e allo stesso tempo negarla (la concatenazione causale degli eventi, ovvero il divenire naturale ordinato secondo leggi universali e costanti).

Quello della fallibilità della scienza é un altro discorso: certo che la scienza può sbagliare (e correggersi), ma semplicemente la conoscenza scientifica non può darsi se il divenire naturale non é ordinato secondo modalità universali e costanti bensì disordinato, caotico: se si "sceglie" (si crede) che non ci sia determinismo e contemporaneamente che ci sia possibilità di conoscenza scientifica si cade in contraddizione.

Veramente per me non ha senso il preteso concetto di "determinare una presunzione di verità".
Una verità la si crede, la si postula, se ne dubita, ma non la si "determina" (casomai accade deterministicamente).
Nè si determina una "presunzione di verità": casomai può accade deterministicamente che la si pensi (che si pensi che presumibilmente qualche affermazione sia vera).
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: Il_Dubbio il 17 Dicembre 2017, 10:24:21 AM
Citazione di: sgiombo il 17 Dicembre 2017, 09:54:10 AMRipeto che la concatenazione causale degli eventi non é dimostrabile (Hume!).
Ma non si può, senza cadere in contraddizione (contravvenendo la logica), credere alla possibilità della conoscenza scientifica e allo stesso tempo negarla (la concatenazione causale degli eventi, ovvero il divenire naturale ordinato secondo leggi universali e costanti).

Come ho gia detto, se le nostre presunte verità le scegliessimo in modo deterministico per quale ragione esse debbano essere vere e accettate?
Non hai scelta quando accetti una verità. Ed anche se la presumi soltanto vera anche questa presunzione, essendo una posizione determinata e non avendo alcuna fondamento conoscitivo, non vorrà di nulla di piu.

Sto cercando di portarti nel mia contraddizione: se io pensassi che scelga le mie verità in modo deterministico, non potrei pretendere che siano accettate, visto che non le ho scelte.
Per cui non credere alle presunte conoscenze scientifiche, essendo una possibilità deterministica, diventa una possibilità esattamente identica a quella dove si determina invece di credere ad esse.   Negare o credere non sono in contraddizione. Non lo sono perchè in un sistema deterministico non esista la contraddizione. Chi nega è determinato a negare e chi crede è determinato a credere. Tutto quello che stai dicendo va benissimo se incominci a non accettare il crudo determinismo che ti accompagna.
Titolo: Re:Siamo responsabili delle nostre azioni?
Inserito da: sgiombo il 17 Dicembre 2017, 14:51:35 PM
Non ho alcuna intenzione di cadere in alcuna contraddizione, cioé di di negare (ovvero credere in negativo) e affermare (ovvero credere in positivo) le stesse, medesime tesi, né di negare il determinismo

E non mi sembra di alcuna utilità ripetere ulteriormente le mie solite obiezioni alle tue solite affermazioni.

Mi sembra evidente che tutto ciò che avevamo da dire sulla questione l' abbiamo già detto e ripetuto fino alla nausea.
Chi ha voglia di rifletterci su ci rifletta.