Buongiono. Avevo visto un post di ieri sera a cura dell'illustre viator al quale volevo rispondere, ma non l'ho più trovato ... forse ho avuto un'allucinazione. Visto poi che volevo aprire questo topic mi son reso conto che l'illustrissimo già l'aveva a suo tempo aperto e allora riporto il suo incipit sull'argomento:
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"Salve. Lo spunto per questo argomento mi è stato fornito da DonaldDuck attraverso il seguente suo intervento comparso in "Tutto Bene e niente Male" : Cito : "Anche il fatto che si possa parlare di "esistenza" prescindendo dalla mente mi sembra un'altra supposizione gratuita. Tutto quello di cui possiamo parlare è racchiuso nella mente, non si dà, per quanto possiamo sapere o concepire, nessuna realtà senza mente (intesa come centro di coscienza, di soggettività), dato che la realtà è definita dalla mente stessa. Non smetto mai di stupirmi di come si continui ad ignorare questa semplice evidenza".
Se una simile opinione deve venir presa alla lettera senza nulla aggiungervi da parte dell'Autore, questo sarebbe un ottimo Manifesto del Solipsismo."
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Apro questo topic poiché definendomi un solipsista consapevole mi sento quasi offeso dalle opinioni che non solo in questo forum vengono espresse nei confronti di tale posizione. E' altresì ovvio che lo faccio in questa sede perché anche qui sento spesso prese di posizione nei suoi confronti che a mio vedere si costitiscono in giudizi dal sapore vagamente dogmatico. Naturalmente posso anche sbagliarmi, dato che un solipsista non è così sciocco da pensare che la realtà in cui è calato abbia pure delle lacune per consapevolezze che in lui sarebbero evidentemente mal fondate. Auspicherei pertanto che le ostative a questa posizione filosofica venissero espresse da qualcuno di voi, specialmente da parte dei piu scettici al riguardo. Questo invito viene rivolto poiché ho il dubbio che quelli che hanno dato vita a questa corrente filosofica non avessero del tutto chiaro ciò che con essa si dovrebbe intendere. Ringrazio per eventuali interventi
Ciao Daniele22. :)
Sotto un profilo strettamente logico, il "manifesto solipsista" di DonaldDuck non fa una piega; ed infatti non c'è dubbio alcuno che "Tutto quello di cui possiamo parlare è racchiuso nella mente; nè si dà, per quanto possiamo sapere o concepire, nessuna realtà senza mente, dato che la realtà è definita dalla mente stessa."
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Il punto debole del "solipsismo individualistico" in senso stretto di DonaldDuck, è che, se è vero quello che dice, allora lui, tu, e tutto il resto del mondo non esistono in modo oggettivo, ma sono soltanto un parto della mia fantasia individuale; così come lo sono anche il mio stesso corpo, e la mano che sta scrivendo queste parole.
Dovrei quindi usare unicamente la "prima persona singolare" dei verbi, in quanto la "prima persona plurale" sarebbe soltanto un'illusione; ed infatti, così come nella discussione con tre miei amici in un sogno, il "noi", in realtà, è soltanto il mio "io" sognante.
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Personalmente, invece, io propendo per la concezione dell'Advaita Vedanta, che nega l'apparente pluralismo del mondo, sostenendo che in realtà, siamo tutto e tutti "UNO"; ma quell'uno non è il mio "io individuale", il quale ha la stessa sostanza e consistenza di un'onda nel mare o di un singolo raggio di sole, bensì è il mio "Sè universale", cioè, l'"UNO" che è metaforicamente paragonabile al mare o al sole.
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Il che, peraltro, non differisce molto dalla preghiera di Gesù nel Vangelo di Giovanni, il quale pregava: "...perché tutti siano una sola cosa, come tu, Padre, sei in me e io in te, ed essi pure siano anch'essi in noi una cosa sola, e, perché siano tutti perfetti nell'Unità!" (Gv 17,20-26)
Ovvero, come scrisse Paolo: "Chi si unisce al Signore forma con lui UN solo spirito" (1Corinzi 6,15-20); perchè Dio è "Omnia in omnibus" (Colossesi 3, 11).
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In altre parole, per semplificare la mia (opinabile) concezione:
- così come nella discussione con tre miei amici onirici in sogno, quando mi sveglio mi accorgo che eravamo tutti e "quattro" soltanto "uno solo" (cioè il mio "io" individuale);
- così quando mi risveglierò nella morte, penso che mi accorgerò che in realtà tutti e tutto erano/eravamo soltanto "UNO SOLO" (cioè il mio "SE'" universale, o Dio, se preferite).
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Però, proprio per questo, non credo che il mondo sia una parto della mia "mente individuale" (con nome e cognome), la quale, con la morte, secondo me è destinata ad estinguersi e fondersi nella mia "mente universale"; così come tutte le onde, riassorbite nel mare, perdono la loro provvisoria e precaria individualità!
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Un saluto! :)
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P.S.
Da giovane, invece, avevo una visione solipsistica di tipo classico; credo molto simile alla tua!
Complimenti a Eutidemo per il pensiero ben chiaro e ben esposto che desterà in me non poche riflessioni . ::)
Sono molto d'accordo con il pensiero di Eutidemo. Voglio solo aggiungere che anche TUTTO e UNO sono concetti della mente e quindi la loro realtà è una costruzione mentale, una proiezione di essa. La mente, se facciamo il paragone con un fiume,si proietta verso la foce ma, come l'acqua, non scorge la sorgente.
Citazione di: Eutidemo il 12 Dicembre 2022, 11:57:25 AMCiao Daniele22. :)
Sotto un profilo strettamente logico, il "manifesto solipsista" di DonaldDuck non fa una piega; ed infatti non c'è dubbio alcuno che "Tutto quello di cui possiamo parlare è racchiuso nella mente; nè si dà, per quanto possiamo sapere o concepire, nessuna realtà senza mente, dato che la realtà è definita dalla mente stessa."
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Il punto debole del "solipsismo individualistico" in senso stretto di DonaldDuck, è che, se è vero quello che dice, allora lui, tu, e tutto il resto del mondo non esistono in modo oggettivo, ma sono soltanto un parto della mia fantasia individuale; così come lo sono anche il mio stesso corpo, e la mano che sta scrivendo queste parole.
Dovrei quindi usare unicamente la "prima persona singolare" dei verbi, in quanto la "prima persona plurale" sarebbe soltanto un'illusione; ed infatti, così come nella discussione con tre miei amici in un sogno, il "noi", in realtà, è soltanto il mio "io" sognante.
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Ciao Eutidemo, grazie per l'intervento, anche se non mi sembra che tu sia maldisposto nei confronti del solipsismo. Io non so quale fosse l'intenzione di Donalduck quando espresse quel pensiero, ma quel pensiero non corrisponde al mio se gli si vuole attribuire la dimensione di manifesto del solipsismo. E tra l'altro il fatto che io mi definisca un solipsista non c'entra nulla con l'obiezione che voglio fare a siffatto manifesto. Cioè dico, non bisogna mica essere solipsisti per svelare un errore grossolano. Semplicemente la realtà non è definita dalla mente stessa, ma dal corpo e dalla mente stessi. Non c'è nessun parto della fantasia, pur essendocene molti anche in questo forum. Ordunque, va anche bene che il mio personale pensiero sia in transito su quest'universo ... diciamo che non sono molto interessato ... ma purtroppo il mio corpo non la pensa così. E come la pensa il mio corpo? La pensa più o meno come tutti gli altri corpi
Per una filosofia della prassi, il solipsismo è impraticabile in quanto viviamo in un mondo in cui, anche restando nell'immanenza, tutto è relazionato.
Una mente coerentemente solipsista non riuscirebbe nemmeno a garantire il mantenimento del corpo che la contiene. E non avrebbe nemmeno una lingua - prodotto assolutamente intersoggettivo - con cui dirsi.
Il solipsismo come posizione filosofica, secondo me e' intrinsecamente sconfessato dall'esistenza, al mondo, della sofferenza, la quale rappresenta un fallimento, se non della MENTE, quantomeno della VOLONTA'.
Se il mondo fosse una creazione balzana e stravagante del mio io/ego, sicuramente lo creerei e lo "proietterei", sullo schermo della mia stessa mente, conforme ai miei personali gusti e desideri, e finanche criteri di perfezione, come quando, in un sogno, accortici di stare sognando, riusciamo a modificarne i contenuti e i dettagli, facendo in modo che il sogno si svolga sempre piu' o meno come piace a noi.
Il fatto che al mondo non solo ci sia in generale sofferenza, ma ci sia anche proprio la mia personale sofferenza, cioe' la mia volonta' in gran parte frustrata e inappagata, gia' di per se' dimostra che il mondo non e' un sogno lucido, non e' una creazione diretta della mia volonta'.
Quindi delle due, l'una:
1 o al mondo c'e' altro rispetto al mio io/ego, che non e' tutto ma frammento piu' o meno esiguo del tutto, e non ha potere indefinito e illimitato di plasmare il mondo
2 o il mio io ego, che pure ha in se' il potere di proiettare il mondo, ha parti segrete di se stesso che vogliono soffrire, ed entrano in contrasto con le parti manifeste, che invece non vogliono soffrire.
Penso che, stando cosi' le cose, la stragrande maggioranza delle persone sane di mente sceglie la 1, abbandonando completamente l'ipotesi del solipsismo.
Comunque esiste, e non si puo' negare, anche la possibilita' 2, che porta direttamente nel cuore dell'io onnipotente e protettivo e delle sue reali caratteristiche e proprieta' la "molteplicita' " negante il solipsismo, che di solito l'opinione comune individua invece nel mondo "esterno", lasciando cosi' intatta l'ipotesi del potere protettivo dell'esistenza in un mondo nullo se non fosse per il soggetto.
Insomma o l'altro dall'io, l'oggetto per il soggetto, porta nel mondo la sofferenza, o le parti inespresse del mio io, le istanze segrete di un se' di fatto onnipotente ma conflittuale, portano nel mondo la sofferenza.
Comunque, come da prima nobile verita' del buddismo non si puo' negare che la sofferenza al mondo c'e', e quindi il solipsismo come ipotesi si adombra e si incrina, non come solipsismo della percezione/mente, ma a livello molto piu' essenziale e profondo, come solipsismo della volonta'.
La sofferenza qui intesa nella sua realta' dinamica di differenza e dilazione tra desiderio e realta', insomma come immediatamente manifesto altro-dalla volonta', e quindi, sinteticamente e antropicamente, come altra-volonta'.
Citazione di: Ipazia il 12 Dicembre 2022, 20:40:52 PMPer una filosofia della prassi, il solipsismo è impraticabile in quanto viviamo in un mondo in cui, anche restando nell'immanenza, tutto è relazionato.
Una mente coerentemente solipsista non riuscirebbe nemmeno a garantire il mantenimento del corpo che la contiene. E non avrebbe nemmeno una lingua - prodotto assolutamente intersoggettivo - con cui dirsi.
Grazie per il tuo intervento Ipazia, soprattutto perché ti ho sempre pensata come persona abbastanza ostile al solipsismo, sicuramente in modo non dogmatico per quel che ne so.
Ovvio che viviamo in un mondo relazionato, ma non vedo come il solipsismo non possa sostenere, coltivandolo pure, tale mondo relazionato, ma questo tuo pensiero forse dipende molto da quello che esprimi in successione.
Il termine solipsismo purtroppo esiste anche in psicologia e sicuramente da questa disciplina non viene dipinto in termini positivi, anzi, tutt'altro. Questo fatto può anche influenzare. Personalmente, e qui ti devi fidare, non ho alcun problema con l'alterità, anche se a volte posso perdere le staffe né più né meno di quanto fanno tutti. Per il linguaggio non so proprio che dire, se vuoi che approfondiamo l'argomento sono a disposizione, ma quello di cui parli è riferibile a un imbecille cerebroleso, non al solipsismo. Il corpo Ipazia! Il corpo! Senza corpo col suo sistema nervoso non può esistere alcuna realtà.
Non! "Senza la mente non esiste alcuna realtà". Il corpo tiene la mente coi piedi per terra, non può non farlo perché il corpo sa cos'è il bene, ma soprattutto cos'è il male. E la mente lo sa benissimo, e se questa compie voli pindarici al limite del ridicolo pur che il corpo goda o non stia male non è certo imputabile al solipsismo, almeno quello filosofico. Il solipsista filosofico, e qui te lo dico per esperienza personale, è quello che si rende conto chiaramente che il suo altruismo è un gesto egoistico, o per il corpo o per la mente; oppure, se vuoi metterla in termini discutibili a livello filosofico, il solipsista è quello che si rende conto che il suo discorso (il suo logos) dialoga col proprio corpo prima che esca fuori di lui. E' in questa comprensione che egli realizza che la realtà è una proiezione del proprio corpo mente. Fine di tutta la faccenda. Preciso pure che io ho scoperto per caso di essere un solipsista, me l'ha detto in modo indiretto viator. Avevo qualche sospetto che il mio pensiero fosse eretico, ma non l'avevo inquadrato con una parola. Saluti, anche all'illustrissimo, una tra le menti più vere del forum
@niko : ti risponderò domani
Ma è un problema dell'onda l'esistenza della sofferenza non certo del mare. Quello che all'onda appare come male può essere semplicemente il modo necessario di manifestarsi del mare.
Citazione di: daniele22 il 12 Dicembre 2022, 09:47:08 AM"Salve. Lo spunto per questo argomento mi è stato fornito da DonaldDuck attraverso il seguente suo intervento comparso in "Tutto Bene e niente Male" : Cito : "Anche il fatto che si possa parlare di "esistenza" prescindendo dalla mente mi sembra un'altra supposizione gratuita. Tutto quello di cui possiamo parlare è racchiuso nella mente, non si dà, per quanto possiamo sapere o concepire, nessuna realtà senza mente (intesa come centro di coscienza, di soggettività), dato che la realtà è definita dalla mente stessa. Non smetto mai di stupirmi di come si continui ad ignorare questa semplice evidenza".
Se una simile opinione deve venir presa alla lettera senza nulla aggiungervi da parte dell'Autore, questo sarebbe un ottimo Manifesto del Solipsismo."
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Ma la mente intesa come centro di coscienza, di soggettività, non esclude che l'esistenza venga condivisa da diverse menti, che sia cioè intersoggettiva, senza che perciò debba coincidere con la realtà.
Il senso di un mondo che si interfacci con la realtà, senza esserla, se non per quella parte della realtà che è la stessa creazione mentale, è che ci si possa vivere in esso, non perchè è reale, ma perchè condiviso, se la vita è relazione.
Se tutti si interfacciano con la realtà allo stesso modo, quell'interfaccia diventa una realtà di fatto.
l'umanità nel suo insieme è certamente solipsista e se l'individuo solipsista vive in questo mondo, in questa interfaccia attuale, si illude solo di essere solipsista, anche se nessuno può dimostrargli il contrario.
Ciao a tutti! :)
Le vostre sono considerazioni molto acute, argute e interessanti, alcune da me condivisibili altre meno; ma sono talmente tante, che, ribadendo quanto ho scritto, mi manca però il tempo per rispondere a tutte, e non voglio far torto a nessuno!
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Aggiungerò soltanto, in generale, che, il fatto che "la nostra percezione sia il risultato di una nostra interazione con la realtà esterna", è senz'altro possibile; però si tratta soltanto di una mera "congettura", in quanto ciò che "esperiamo" è solo mentale.
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Ed infatti tutto dipende dalla nostra fede nel "nesso di causalità" tra il presunto "noumeno" (cioè il "fuoco in se stesso"), ed il "fenomeno" (cioè il "fuoco per come si presenta alla nostra mente" la luce, il calore ecc.); cioè noi diamo per scontato che l'oggetto esterno "fuoco", per via sensoriale e poi percettiva, provochi l'effetto mentale interno "fuoco".
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Ovviamente, lo do per scontato anch'io, però mi rendo conto che è solo una "congettura"; come è una "congettura" l'esistenza del resto del mondo, il mio stesso corpo, amici, parenti, scienziati, medici, psicologi e membri di LOGOS compresi, perchè di nessuna di queste cose io ho mai avuto una "esperienza" veramente "diretta".
E' tutta roba che mi si manifesta solo al livello mentale!
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In effetti, a voler essere pignoli, il "nesso di causalità" noi lo riscontriamo solo tra "fenomeni" (cioè l'"immagine mentale" del fuoco causa l'"immagine mentale" del calore), ma non abbiamo modo di riscontrarlo tra il presunto inconoscibile "noumeno" e il constatato conoscibile "fenomeno" (cioè che esista fuori della mente un "fuoco in se stesso", che causa attraverso i presunti sensi l'"immagine mentale" del fuoco, la quale, a sua volta, causa '"immagine mentale" calore).
Si tratta di due livelli diversi, uno "presunto" ed uno "constatato", tra i quali è quindi un po' azzardato dedurre un nesso di causalità; tutto quello che è stato scientificamente dimostrato al riguardo, infatti, potrebbe essere soltanto un sogno della (mia?) mente.
Per cui quello che è stato scientificamente dimostrato, dimostra tutto, meno se stesso!
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Il che sarebbe però un po' paradossale (ed anche contraddittorio), perchè l'universo non può certo essere il "sogno individuale di Pinco Pallino", impiegato del catasto residente a Pisciocavallo; è molto meglio pensare che si tratti di un "sogno della mente di Dio", di cui la "mia mente" è soltanto un transitorio epifenomeno transeunte; così come le onde sono solo sporadiche e temporanee manifestazioni del mare, e i raggi di luce sono solo singole manifestazioni del sole.
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Un saluto a tutti! :)
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In metafisica tutti i parti della "mente" sono legittimi, ma poi è la realtà il giudice che li assolve o li condanna una volta cresciuti.
Siamo animali duali, sul limite tra un dentro mentale e un fuori effettuale in cui la macchia corporea umana non lascia spazio a pratiche solipsistiche assolutamente coerenti.
Avendo Daniele posto la questione in termini filosofico esistenziali e eutidemo in termini classicamente metafisici, ho risposto con la mia filosofia della prassi che tiene conto della dualità psicosomatica che accompagna ogni umano, e probabilmente ogni vivente nel dentro della sua insondabile mente e nel fuori del suo materico e vulnerabile corpo, dalla nascita alla morte.
All'atto esistenziale pratico, anche la mia prassi di vita è marcatamente solipsistica, con una sua costantemente verificata dose di pessimismo che mi ha portato alla scelta di non fornire i miei geni incarnati ai padroni del mondo, ma questa scelta, a suo modo metafisicamente estrema, non mi porta a legittimare una posizione metafisica integralisticamente solipsistica.
Semmai un solipsismo temperato, centrato sul valore assoluto della unicità di ogni vivente (per sé, non per chi vuole mettere il suo cappello sulla vita altrui), da valorizzare al meglio, ma sempre nella consapevolezza della relazionalità del nostro esistere: dentro e fuori.
@Eutidemo : Non ti devi certo scusare con tutti dato che il topic in questione l'ho aperto io. Piuttosto avresti potuto rispondere a me, dato il tuo avallo sul manifesto del solipsismo sul quale invece io ti contestavo l'esistenza di un errore grossolano che però è pure fondamentale. Tra l'altro segnalo quella che a mio giudizio è una cosa poco sostenibile, o espressa male e sarebbe determinata dall'errore grossolano non evidenziato nel manifesto: il nesso causale tra il noumeno ed il fenomeno può essere certamente una fede mentale, ma sarebbe in prima battuta una fede sul fatto che se lasci la mano sul fuoco te la bruci. Un saluto
@ Pio : Circa la tua riflessione sull'onda: qualche giorno fa Kobayashi, contestando qualcuno che sosteneva che il male è assenza di bene rilevava giustamente che viviamo più che altro in mezzo al male e che il bene venga più che altro come sollievo dal male. Pertando, il mare sarebbe il dolore, mentre l'onda la naturalezza con la quale il pensiero cerca di sfuggire al mare
@niko : Contesto la prima parte del discorso, ma per ora lasciamo perdere. Delle due ipotesi che metti in campo la seconda non mi è del tutto chiara, ma la numero 1 è senz'altro vera e così mi collego a @Ipazia la quale nel suo ultimo intervento sostiene che tutti i parti della mente sono legittimi, ma è la realtà il giudice che li assolve e condanna una volta cresciuti. Mi vien da chiederle se prevede che la realtà li risolverà con rivolte sanguinose, con guerre oppure con la ragione, dato pure, e qui mi si conceda un po' di propaganda, che il capitalismo senza dubbio alcuno è un parto metafisico. Alla fine mi sembra che l'intervento di @iano sia il più sensato di tutti, anche se ventilato da Ipazia. L'intersoggettività intesa pure come forma di espressione democratica dovrebbe essere infatti il metro con cui si afferma l'individuo, però al solipsismo che nulla è se non una parola come tante altre, riconosco senz'altro un valore pratico determinante nella società odierna: cioè che la sua sentenza sul fondamentale egoismo dell'individuo sia importante. Un egoismo che dovrebbe manifestarsi anche come altruismo di gruppo, di affettività, di compassione reciproca, anche tra pochi singoli, cosa di cui abbiamo quotidianamente anche testimonianza. Un egoismo quindi che in teoria dovrebbe manifestarsi più marcatamente altruista, ma ne sarebbe inibito e impedito da un mostro metafisico che ci domina e da una mentalità un po' "soggetto a rischio". E allora è facile per il solipsista riconoscere chi è altruista da chi vende chiacchiere spacciandole per potenziali azioni altruistiche, proprio perché è ben trincerato nella convinzione che l'altruismo è una concessione dell'egoismo, e siccome la realtà odierna ci ha condotti ad una diffidenza esasperata, renderla manifesta, data una eventuale pubblica ammissione della pregnanza dell'egoismo nell'individuo, contribuirebbe a mettere molto più agevolmente il venditore di fumo con le spalle al muro
@Bobmax : ciao vecchio Bob, l'altro giorno ti ho chiesto qualcosa circa le colpe dei padri e la salvezza dei credenti. Beh, io non credo in Dio, ma dato che sarebbe infinitamente più potente di me lascio a lui l'incombenza semmai di giudicarmi. Nel topic che ho in piedi con Green Demetr, speriamo stia bene, sulla "Fenomenologia dello Spirito di Hegel" dico pure che secondo me la sensazione (interiore) è quella che darebbe origine a qualsiasi tipologia di fede. Siccome le sensazioni a volte si rilevano esatte potrebbe essere benissimo che il Dio dei cristiani esista, per quel che ne so io. Ma da solipsista consapevole, in virtù della consapevolezza dell'egoismo che è nell'individuo, pretendo pure la coerenza alla dottrina di Cristo per quelli che si dicono cristiani, specialmente dal Papa; non ci si accontenta più del siamo peccatori, pena il loro essere reclutati subito tra i venditori di chiacchiere metafisiche senza star lì a pensarci tanto. E' per questo che ti chiedevo sulla salvezza
Bene, se qualcuno deve aggiungere qualcosa lo faccia
Citazione di: Pio il 13 Dicembre 2022, 00:40:34 AMMa è un problema dell'onda l'esistenza della sofferenza non certo del mare. Quello che all'onda appare come male può essere semplicemente il modo necessario di manifestarsi del mare.
Forse sono stato troppo lungo e non chiaro...
Sostanzialmente il solipsismo si puo' intendere in due modi, quindi, possiamo dire ci sono due tipi di solipsismo: o (1) io proietto il mondo come un Dio gnostico o biblico, quindi secondo autocoscienza E secondo volonta' , facendone di fatto un sogno lucido in cui io decido cosa succede e chi incontro, oppure (2) io proietto il mondo si', ma come un semplice e scalcagnato IO (tipico di certa filosofia moderna da Cartesio in poi), cioe' in qualche modo lo proietto SOLO secondo autocoscienza, in maniera "meramente" proiettiva ed illusiva, con la volonta' che resta sullo sfondo e puo' ben essere frustrata, lasciando spazio all'implicazione della sofferenza.
Ora, la 1 la si scarta subito perche' chiunque con un minimo di sale in zucca puo' constatare che lui non e' onnipotente e beato come il Dio biblico: al mondo c'e' la sofferenza, e lui stesso soffre.
Con cio', fine del solipsismo del Dio, resta solo da analizzare il solipsismo dell'io.
La 2 e' aporetica, nessuno puo' dimostrare ne' che sia vera, ne' che sia falsa.
Pero' e aporetica ed inquietante, perche' io, proiettando il mondo a prescindere dalla mia volonta', sono RESPONSABILE, di tutta la sofferenza che c'e' nel mondo, e della mia sofferenza; se il mondo e' interamente e senza residuo proiezione dell'io, e l'io soffre, e l'io non sa e non "ammette" di voler soffrire, allora ci sono parti e frazioni dell'io, altrettanto proiettive del mondo, ma non manifeste e non espresse, che in qualche modo vogliono soffrire e lo fanno soffrire.
Insomma se al mondo ci sono solo io, la sofferenza non si spiega in altro modo se non che von una mia responsabilita' personale, per quanto non volontaria.
L'io solipsistico può ritenere la sofferenza umana come una illusoria proiezione della sua mente, al pari della felicità umana.j Vana ogni ricerca di senso in questa proiezione cinematografica in cui tutto si equivale e diventa reale solo nel regista dello spettacolo: l'io solipsistico.
Citazione di: Ipazia il 13 Dicembre 2022, 16:17:55 PML'io solipsistico può ritenere la sofferenza umana come una illusoria proiezione della sua mente, al pari della felicità umana.j Vana ogni ricerca di senso in questa proiezione cinematografica in cui tutto si equivale e diventa reale solo nel regista dello spettacolo: l'io solipsistico.
Forse qui non si e' capito che non si tratta solo di un film: il termine "proiettare", ai fini di questo discorso, significa "essere causa".
Nel solipsismo, l'io ha piu' realta' del mondo perche' l'io e' causa del mondo, e non vale il viceversa.
Questa, e non un'altra, e' la nostra premessa, naturalmente se vogliamo argomentare per assurdo che il solipsismo valga.
Ora, io penso che nessuno, potendo scegliere, sceglierebbe quel fritto misto di felicita' e sofferenza che e' mediamente la vita.
Tutti, potendo scegliere sceglierebbero la perfetta felicita'.
Quindi, se io proietto il mondo, e il mondo mi rimanda il misto di felicita' e sofferenza, se proprio mi incaponisco e per qualche ragione non voglio scartare l'affermazione di base che:
"io proietto il mondo" (quindi ne sono unica causa)
devo mio malgrado ammettere che non ho il controllo della mia stessa proiezione, insomma che io si' proietto il mondo, ma un po' a casaccio, con dei notevoli errori di sistema che creano problemi non solo ai personaggi di finzione con cui l'ho popolato, ma finanche a me che ne sono il "regista", non come lo farebbe un dio onnipotente e beato.
E' per questo che io trovo l'ipotesi del solipsismo estremamente inquietante.
Se uno la guarda bene, in fondo non e' un'ipotesi paranoica, di controllo sopra ogni cosa, ma angosciosa, di assenza del controllo.
Io proietto un mondo che non e' quello che voglio. Quindi al mondo non c'e' nessun altro che me, a cui domandare il perche', di questa strana differenza, intercorrente tra volere e realta'.
Tanto che potrei dubitare di essere trasparente a me stesso e di avere in me una volonta' univoca in grado di risolversi nel decidere qualsiasi cosa, pur mantenendo il potere "sommo" di proiettare, come la causa l'effetto, il mondo.
Molto bello questo sviluppo critico, ma l'attività creatrice dell'io solipsistico "proiettivo" la vedo alquanto forzata.
Mi pare piuttosto una resa di fronte alla realtà, percepita per qualche strano motivo così com'è, ma senza alcuna possibilita di verifica dall'antro in cui l'io solipsistico confina se stesso.
Se la creazione ha a che fare con la volontà di potenza, quella dell'io solipsistico è inesorabilmente condannata ad una condizione di impotenza.
Citazione di: niko il 13 Dicembre 2022, 12:51:17 PMForse sono stato troppo lungo e non chiaro...
Sostanzialmente il solipsismo si puo' intendere in due modi, quindi, possiamo dire ci sono due tipi di solipsismo: o (1) io proietto il mondo come un Dio gnostico o biblico, quindi secondo autocoscienza E secondo volonta' , facendone di fatto un sogno lucido in cui io decido cosa succede e chi incontro, oppure (2) io proietto il mondo si', ma come un semplice e scalcagnato IO (tipico di certa filosofia moderna da Cartesio in poi), cioe' in qualche modo lo proietto SOLO secondo autocoscienza, in maniera "meramente" proiettiva ed illusiva, con la volonta' che resta sullo sfondo e puo' ben essere frustrata, lasciando spazio all'implicazione della sofferenza.
Ora, la 1 la si scarta subito perche' chiunque con un minimo di sale in zucca puo' constatare che lui non e' onnipotente e beato come il Dio biblico: al mondo c'e' la sofferenza, e lui stesso soffre.
Con cio', fine del solipsismo del Dio, resta solo da analizzare il solipsismo dell'io.
La 2 e' aporetica, nessuno puo' dimostrare ne' che sia vera, ne' che sia falsa.
Pero' e aporetica ed inquietante, perche' io, proiettando il mondo a prescindere dalla mia volonta', sono RESPONSABILE, di tutta la sofferenza che c'e' nel mondo, e della mia sofferenza; se il mondo e' interamente e senza residuo proiezione dell'io, e l'io soffre, e l'io non sa e non "ammette" di voler soffrire, allora ci sono parti e frazioni dell'io, altrettanto proiettive del mondo, ma non manifeste e non espresse, che in qualche modo vogliono soffrire e lo fanno soffrire.
Insomma se al mondo ci sono solo io, la sofferenza non si spiega in altro modo se non che von una mia responsabilita' personale, per quanto non volontaria.
Ciao niko, intervengo perché mi sembrava che il tuo post fosse diretto a me, più che a Pio, comunque Pio può benissimo sentirsi parte in causa, non so. Il tuo discorso non mi sembra più di tanto sensato. Intanto parli di mente sempre dimenticando il corpo. Riguardo al punto 1 non ti sembra che un semplice individuo come E.Musk faccia già quel che vuole abbastanza senza peraltro sapere se si tratti di un solipsista? Forse dovrà accontentarsi di essere un Dio tra altri Dei, ma si dice che chi si accontenta gode. Al punto 2 fai entrare in scena la volontà di cui parlerò più avanti. Ti dirò quindi che il solipsismo è solo un modo di approcciarsi alla conoscenza rispetto ad un altro. Non vi sarebbe nulla di più. O separi il conoscitore da quel che conosce, o non lo separi. Pertanto, visto che almeno nella nostra tradizione abbiamo sempre agito separandolo (il conoscitore dal conosciuto), possiamo ovviamente constatare che i prodotti della nostra conoscenza attuale sono nelle nostre mani, perfettibili ma abbastanza efficienti mi sembra. Ora si tratta di decidere se sia il caso di introdurre l'individuo con la sua conoscenza personale integrandolo con la nostra conoscenza collettiva, oppure no. Cosa cambia? Prima di dire cosa cambia ci sarebbero da fare un paio di osservazioni. La prima è un distinguo tra la conoscenza collettiva e quella individuale. Il distinguo è rivolto alla qualità e non all'adeguatezza o alla quantità. La seconda riguarda la volontà. Per quel che attiene alla volontà bisogna pur dire che tu eserciti più o meno costantemente una volontà: pochi sarebbero cioè i momenti di completo abbandono. Pertanto, quando scrivi qui dentro eserciti una volontà che di sicuro è quella che ti fa digitare i pensieri, ma non è che l'espressione di questi pensieri sia avulsa da una volontà che a noi è senz'altro sconosciuta in tutto e per tutto. E' però cosa certa che quel che scrivi attinge ad una conoscenza, ma questa conoscenza a cui attingi è appunto qualitativamente identificabile con la conoscenza collettiva? No, dico io, qui si tratta di una conoscenza costituitasi su una memoria personale che è al tempo stesso emozionale e razionale, mentre la conoscenza collettiva resta praticamente nei campi di esistenza della sola memoria razionale. Dato che qui siamo in un luogo dove sembra ci sia poco da guadagnare, sia in termini di danaro che di potere, il problema più di tanto non si pone, ma in altri luoghi? Evidenzio quindi un problema abbastanza attuale. Come fai a distinguere una persona onesta nella sua azione o nella sua espressione di pensiero, da una disonesta? In parole povere, quanta vita collettiva è inquinata da coscienze o conoscenze individuali che non agiscono in modo onesto, ovvero agiscono conformemente alle leggi, ma non conformemente all'etica di una persona per bene in tutti i sensi? Per tale motivo io auspicherei che il conoscitore sarebbe meglio integrarlo nel conosciuto, e vedere così da fuori l'unità criticandola sotto una nuova luce, tutto al fine di intervenire in modi più efficaci per noi nella nostra cara realtà umana
Creiamo anche incubi e paure con la nostra mente , quindi si , la sofferenza della vita potrebbe essere una nostra costruzione, ovviamente inconsapevole. Quanto dolore ci creiamo inutilmente? Personalmente tantissimo. Non voglio soffrire eppure creo la mia sofferenza in continuazione, causa ignoranza del mio vero bene, credo.
E' difficile per me stabilire se il solipsismo sia una filosofia sostenibile.
Effettivamente ho sempre creduto che per certi versi tutto il mondo, quello che io penso sia reale e che sia fuori dalla mia esperienza mentale, esista "oggettivamente". Però anche questa è una convinzione che mi lascia qualche dubbio. Dopo tutto esisterebbe un mondo reale se non ci fosse una mente che lo percepisca cosciententemente? Un universo senza qualcuno che lo guardi sarebbe reale? Sembrerebbero "reali" molto piu le "relazioni" fra le menti che il mondo esterno alle menti stesse. D'altra parte le considerazioni su un mondo che invece esiste solo perchè è pensato, non avrebbero senso se non ci fosse un mondo reale da pensare. In altre parole perche pensiamo a quel mondo e solo a quello, e che ci sembra reale, anche se sappiamo che non lo è, e non ad altri mondi? Se non ci fosse un mondo reale la fuori allora perche tutti siamo d'accordo su alcuni (o molti) aspetti che ci accomunano? Sembrerebbe che siamo noi a dare al mondo delle sembianze, che riconosciamo in modo comune, mentre il mondo non ha alcuna caratteristica particolare oggettiva. Il mondo come un quadro nero (direi morto) e le menti come tanti pennarelli colorati che ravvivano cose prima inanimate.
Per certi versi questo non è poi cosi lontano dalla mia visione iniziale (dovrei dire kantiana): vediamo le cose (il mondo la fuori) attraverso la nostra mente, non possiamo vederle cosi come sono, ma possiamo farcene un'idea alle volte anche troppo colorata rispetto a quelle che sono realmente. Magari sono proprio nere.
Tutto questo parlare però non mi smove ancora dal dubbio che sta sotto. Ma se io non ci fossi, o non fossi mai stato, o quando non ci sarò più, esisterà qualcosa? Razionalmente mi verrebbe da dire di no. Quindi sono solipsista? Non ho ancora deciso :-\
È un dubbio che si supera facilmente ogni volta che lo stomaco reclama il cibo e ci si dà una martellata sul dito. La realtà oggettiva incombe beffarda sullo scetticismo metafisico, costretto ad arrampicarsi sul vetro della percezione per conservare una parvenza di razionalità.
Post interessante. Il nucleo dell'indagine è conoscitivo con qualche puntata sul campo dell'azione etica. Puntate inevitabili poiché il modo con cui il soggetto crede di conoscere il mondo, condiziona la sua azione, come ha fatto rilevare Niko.
La mia posizione è inevitabilmente ed ellenisticamente "mesotes", ovvero mediana, sia a livello conoscitivo che a livello etico.
Ma occorre anche fare una premessa. La cultura occidentale rincorre da millenni anche la posizione antidialettica dell'Uno, che riduce le differenze e il polemos. In questo processo i giochi sono sempre a somma zero. C'è un vincitore e un vinto, c'è un soggetto ed un oggetto, c'è una azione e un azionato. Soggetto ed oggetto in questo modo sono entrambi reificati e finisce per non esistere più nessun soggetto vero. La possibile reazione è quella di rifugiarsi nel proprio solipsismo, ed è la soluzione più facile ma anche più sterile. L'altra, che aprirebbe un'altro vasto discorso è quello di aggiungere un altro elemento alla diade soggetto/oggetto, ovvero, l'intersoggettività, come ha fatto notare Iano e, prima di lui, una corrente molto nutrita di postmarxisti.
Per me l'intersoggettivita' incombe quasi come una martellata sulle dita o come lo stomaco che reclama, volenti o più spesso purtroppo nolenti. Perché molto spesso si preferirebbe aver poco a che fare con gli altri esseri umani. È un po' pesante psicologicamente questa "pressione" sociale al DOVERE quasi di interagire sempre. Considerato come BENE anche se dentro di te non senti tutto questo bene oggettivamente. Anzi. Il compromesso continuo stanca e logora. Così quando gli anni passano ti va anche bene interagire meno. È quasi in sollievo.
La prima intersoggettività, di cui è impossibile non farsene una ragione senza impazzire, è il nostro corpo.
Da lì seguono tutte le altre, con i derivati mentali di empatia e antipatia, che il nostro libero arbitrio permette di tarare entro i margini di libertà che ci sono concessi e che abbiamo, anche mentalmente, conquistato.
Ma questo riguarda il solipsismo esistenziale, non quello metafisico che è totalmente insensato nella sua inattuabilità.
ciao Pio. Non so quanti anni hai, ma io che ho superato la cinquantina da un pezzo, non posso fare altro che concordare. Ma questa condizione, a mio parere, deriva proprio da quel processo che esclude l'intersoggettività su un piano paritario, per affermare il modello soggetto/oggetto, dove c'è sempre un vincitore e un vinto, un incube ed un succube, che possono anche sostituirsi nei ruoli, come accade di solito dopo le rivoluzioni, ma che non lascia scampo alla logica finale.
Una ulteriore precisazione, perchè i pensieri portano sempre altri pensieri. L'Uno occidentale è diverso dall'Uno orientale di cui ha parlato Eutidemo. L'Uno occidentale è alimentato dalla Potenza ed il suo simbolo è l'Eroe. L'Uno orientale è alimentato dall'equilibrio e il suo simbolo è l'Alveare. Sono suggestioni, che alimentano altri discorsi ed uno soprattutto. Se l'Uno occidentale è potenza e gioco a somma zero, come è stato possibile che la democrazia sia stata inventata in Occidente?
Nella mia ignoranza e consapevole di avere convinzioni sul SOLIPSISMO quantomeno fumose sono andato a "vedermi" un po' di pagine relative a tale pensiero traendone una certezza. Difficilmente avremo neo solipsisti fra gli Ucraini che cercano di non morire di freddo quest'inverno , fra i tanti che tentano di non morire di fame nel mondo o anche meno drammaticamente fra i contadini che stanno preparando la terra per il nuovo anno o i muratori che stanno magari tirando su muri all'addiaccio. Qui la consapevolezza che i disagi piu' o meno drammatici NON sono generati autonomamente dal soggetto sara' evidente.
Citazione di: Pio il 14 Dicembre 2022, 09:57:25 AMPer me l'intersoggettivita' incombe quasi come una martellata sulle dita o come lo stomaco che reclama, volenti o più spesso purtroppo nolenti. Perché molto spesso si preferirebbe aver poco a che fare con gli altri esseri umani. È un po' pesante psicologicamente questa "pressione" sociale al DOVERE quasi di interagire sempre. Considerato come BENE anche se dentro di te non senti tutto questo bene oggettivamente. Anzi. Il compromesso continuo stanca e logora. Così quando gli anni passano ti va anche bene interagire meno. È quasi in sollievo.
Mi sembra ( ma posso sbagliarmi) che il solipsismo abbia poco a che vedere con l'essere degli "orsi" ( lo sono anch'io e sempre piu') Anzi , l'essere asociale e' , a mio parere la vera negazione del solipsismo.... ( ossia si individua benissimo che il problema percepito e' generato fuori di noi e non da noi)
Ciao Daniele22.
Temo di aver fatto un po' di confusione tra il tuo topic e quello mio; il quale, partendo dalla percezione del tempo rispetto alla sua realtà, è finito per scantonare anche quello nel contiguo tema del "solipsismo".
Per cui le mie scuse vanno rivolte principalmente a te, più che a tutti gli altri.
***
Ed infatti devo proprio aver perso il "filo" del tuo ragionamento!
***
Pertanto mi limito alla tua ultima osservazione: "Il nesso causale tra il noumeno ed il fenomeno può essere certamente una fede mentale, ma sarebbe in prima battuta una fede sul fatto che se lasci la mano sul fuoco te la bruci."
***
Il che mi ricorda l'aneddoto di quel saggio indù, il quale cercava di convincere un re che il mondo era illusorio; allora il monarca gli scatenò contro una tigre, ed il saggio indù non perse tempo ad arrampicarsi in fretta e furia su un albero per sfuggirgli.
Allora il re gli chiese: "Se è vero che è tutto un sogno, perchè, non appena ho scatenato la tigre, ti sei arrampicato in tutta fretta su quell'albero?"
E il saggio indù gli rispose: "Perchè anche in sogno, se mi vedo aggredito da una tigre, mi arrampico in tutta fretta su un albero. Tu no?"
***
Pertanto se metto una mano sul fuoco me la brucio senz'altro:
- o a livello "onirico psicologico", se mi sto sognando la cosa come un "io individuale" che dorme, e che ancora non si è risvegliato, nel suo letto, alla sua coscienza "individuale";
- ovvero a livello "onirico fenomenologico", se mi sto sognando la cosa come "Sè universale", che che ancora non si è risvegliato alla sua vera natura cosmica, non avendo ancora perso la sua illusione "individuale".
***
In entrambi i casi, evito sempre di mettere la mano sul fuoco!
***
D'altronde, sogni a parte, nel mondo fenomenico esistono alcune malattie mentali a causa delle quali il soggetto crede di stare fisicamente bruciando; ed invece è soltanto un evento "mentale" (come, d'altronde, tutto il resto).
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Un saluto!
***
Citazione di: daniele22 il 13 Dicembre 2022, 18:23:24 PMCiao niko, intervengo perché mi sembrava che il tuo post fosse diretto a me, più che a Pio, comunque Pio può benissimo sentirsi parte in causa, non so. Il tuo discorso non mi sembra più di tanto sensato. Intanto parli di mente sempre dimenticando il corpo. Riguardo al punto 1 non ti sembra che un semplice individuo come E.Musk faccia già quel che vuole abbastanza senza peraltro sapere se si tratti di un solipsista? Forse dovrà accontentarsi di essere un Dio tra altri Dei, ma si dice che chi si accontenta gode. Al punto 2 fai entrare in scena la volontà di cui parlerò più avanti. Ti dirò quindi che il solipsismo è solo un modo di approcciarsi alla conoscenza rispetto ad un altro. Non vi sarebbe nulla di più. O separi il conoscitore da quel che conosce, o non lo separi. Pertanto, visto che almeno nella nostra tradizione abbiamo sempre agito separandolo (il conoscitore dal conosciuto), possiamo ovviamente constatare che i prodotti della nostra conoscenza attuale sono nelle nostre mani, perfettibili ma abbastanza efficienti mi sembra. Ora si tratta di decidere se sia il caso di introdurre l'individuo con la sua conoscenza personale integrandolo con la nostra conoscenza collettiva, oppure no. Cosa cambia? Prima di dire cosa cambia ci sarebbero da fare un paio di osservazioni. La prima è un distinguo tra la conoscenza collettiva e quella individuale. Il distinguo è rivolto alla qualità e non all'adeguatezza o alla quantità. La seconda riguarda la volontà. Per quel che attiene alla volontà bisogna pur dire che tu eserciti più o meno costantemente una volontà: pochi sarebbero cioè i momenti di completo abbandono. Pertanto, quando scrivi qui dentro eserciti una volontà che di sicuro è quella che ti fa digitare i pensieri, ma non è che l'espressione di questi pensieri sia avulsa da una volontà che a noi è senz'altro sconosciuta in tutto e per tutto. E' però cosa certa che quel che scrivi attinge ad una conoscenza, ma questa conoscenza a cui attingi è appunto qualitativamente identificabile con la conoscenza collettiva? No, dico io, qui si tratta di una conoscenza costituitasi su una memoria personale che è al tempo stesso emozionale e razionale, mentre la conoscenza collettiva resta praticamente nei campi di esistenza della sola memoria razionale. Dato che qui siamo in un luogo dove sembra ci sia poco da guadagnare, sia in termini di danaro che di potere, il problema più di tanto non si pone, ma in altri luoghi? Evidenzio quindi un problema abbastanza attuale. Come fai a distinguere una persona onesta nella sua azione o nella sua espressione di pensiero, da una disonesta? In parole povere, quanta vita collettiva è inquinata da coscienze o conoscenze individuali che non agiscono in modo onesto, ovvero agiscono conformemente alle leggi, ma non conformemente all'etica di una persona per bene in tutti i sensi? Per tale motivo io auspicherei che il conoscitore sarebbe meglio integrarlo nel conosciuto, e vedere così da fuori l'unità criticandola sotto una nuova luce, tutto al fine di intervenire in modi più efficaci per noi nella nostra cara realtà umana
Ciao, non posso dirti altro che il vero solipsismo come posizione filosofica si colloca al di la' di ogni possibile distinzione o integrazione tra conoscente e conosciuto, poiche' essa afferma l'esistenza -certa e certificabile- del solo conoscente.
Il conosciuto, e quindi l'altro dall'io, resta in un limbo di pura fenomenicita' ed effettualita' in cui potrebbe anche non esistere; per questo questa posizione e' considerata estrema, e spesso anche criticata in senso etico, poiche' molti si aspettano che il solipsista, proprio per il suo essere solipsista, debba necessariamente essere anche in un certo qual grado superbo, ed egoista (se io "creo" il mondo, in qualche modo io sono Dio, o comunque il centro e il punto di emanazione del mondo: gli altri non esistono, se non al massimo come ombre e fantasmi).
Forse tu fraintendi quello che chiami "solipsismo" per una molto piu' moderata, e diffusa, posizione soggettivista, o spiritualista, in cui, appunto l'integrazione di conoscente e conosciuto e' POSSIBILE, perche' si parte dal presupposto che il conosciuto ESISTA, o quantomeno, SUSSISTA (Heghel, Kant, Cartesio eccetera).
In questo caso sarebbe solo questione di termini, e sul forum saresti in buona compagnia.
La storiella di Eutidemo assomiglia a quella del guru inseguito dall'elefante che risponde all'incirca allo stesso modo: è la mia fallace rappresentazione del guru che fugge dall'elefante, non io.
Ma io, ridotto alla mia mente, chi sono ? Se la tigre illusoria sbrana il guru, cosa resta della mente solipsistica del guru ? Cosa resta del suo io reale ?
Bisognerebbe essere nella mente del guru per saperlo. Potrebbe ri-proiettarsi o continuare a proiettare il film. O invece un nuovo film. In ogni caso direi che, per esistere, deve necessariamente proiettarsi e creare realtà. Potrebbe sparire tutta la realtà solo se il "proiettore" si spegne. Ma per farlo dovrebbe esercitare una "forza" contraria almeno uguale a quella che ha utilizzato per proiettare la realtà. Con una immagine: se lancio un macigno devo esercitare una forza enorme per arrestarlo. L'"arresto" però coinciderebbe con la fine di TUTTO. Così il mondo va avanti con tutti i difetti perché NON PUÒ PROPRIO FERMARSI di proiettarsi in avanti. Così mi sembra.
Mi scuso ancora una volta con niko, ti risponderò domani voglia la buona sorte.
Scuse più che accettate Eutidemo, ci mancherebbe. Una volta stazionai in India durante un paio di mesi. Nei primi dieci giorni mi pareva di vivere in fumetto di Jacovitti, hai presente? Salami, matite e quant'altro a confonderti la testa. Mi ritenni davvero fortunato del fatto che fossimo in due. Dell'induismo conosco la Bhagavad Gita di cui ho letto il testo e devo dire che mi ha davvero sorpreso. Mi ha colpito intanto, in relazione alla conoscenza, la descrizione delle tre qualità in cui si trova a vivere l'individuo: le traduceva con Purezza Passione e Ignoranza. Ma quel che mi ha sorpreso fu che queste tre non fossero libere, bensì vincolate da qualcosa che non ricordo bene cosa fosse. La traduzione del testo era esplicitamente dedicata al lettore di lingua italiana. Insomma, l'ho trovata ben articolata e calzante. Però, sinceramente, mi è dispiaciuto che il guerriero Arjuna si sia fatto convincere da Krishna alla battaglia, pure se ho espresso ben altre opinioni sulla guerra in corso, ma almeno non avevo Krishna di fronte a me. Sarei quasi curioso di rileggerlo con gli occhi di oggi e son quasi certo che convincerei Krishna che non vale la pena, o in alternativa Arjuna a disobbedire.
La tua simpatica storiella mi fa pensare a due cose:
a) per fortuna che c'era l'albero, che non è poco; infatti il monarca probabilmente lo vedeva pure lui, ma forse non si è posto più di tanto il problema.
b) che quell'unico lemma (solipsismo) per due discipline diverse intobida le acque al punto che se volessimo intenderlo in senso filosofico forse sarebbe quasi meglio dimenticarselo senza sostituirlo
Da ultimo, non mi è chiaro il concetto di Sè universale, ma proprio non riesco a cogliere quello che vuoi dire
Citazione di: Ipazia il 14 Dicembre 2022, 15:33:54 PMLa storiella di Eutidemo assomiglia a quella del guru inseguito dall'elefante che risponde all'incirca allo stesso modo: è la mia fallace rappresentazione del guru che fugge dall'elefante, non io.
Ma io, ridotto alla mia mente, chi sono ? Se la tigre illusoria sbrana il guru, cosa resta della mente solipsistica del guru ? Cosa resta del suo io reale ?
Del suo
"io" "
individuale", che non è affatto "
reale" (solipsistico o meno che esso sia) non resta assolutamente niente; il che, però, consente al suo
"sè" "
universale" di risvegliarsi nell'unica autentica "
realtà", che è quella dell'"
UNO" e dell'"
ESSERE"!
Ciao Daniele22 :)
Anche io ho letto più volte la Bhagavad Gita, con diversi commenti; il migliore dei quali è quello di Raphael, che ti suggerisco di leggere.
https://www.ilgiardinodeilibri.it/libri/__bhagavadgita-canto-beato-raphael-libro.php
***
Se, però, vuoi avere un'idea più precisa dell'Advaita Vedanta, e del significato di "sè universale", dovresti leggerti qualche apposito testo introduttivo; ma adesso non me ne viene in mente nessuno.
***
Per rendere l'idea del "sè universale", l'unico esempio che mi viene in mente, è quello (che mi è personalmente capitato) del risveglio da un sogno, nel quale discutevo con tre amici i quali volevano convincermi che loro esistevano, e che avevano una mente autonoma rispetto alla mia.
"Altrimenti come faremmo a stare qui, tutti e quattro, a discutere, seduti intorno ad un tavolo a bere birra!" dicevano sghignazzando.
Poi mi sono svegliato, e mi sono reso conto che nessuno dei quattro esisteva realmente (compreso il mio "io" onirico, che era molto più giovane di me), e che tutti e quattro eravamo soltanto un "uno" che si era illuso di essere in "quattro".
Ovviamente, tale aneddoto non ha niente a che vedere con il "sè universale", ma è solo un esempio che, forse, ti può aiutare a capire di che cosa si tratta.
Sempre che esista sul serio qualcosa del genere, ovviamente; perchè io lo suppongo per superare il solipsismo, ma non ne sono affatto sicuro!
***
Un saluto :)
***
Curioso questo sè universale che continua ad agire (anche qui) come io individuale. Non poteva restarsene nel suo sè universale senza complicare la vita agli io individuali ?
Cmq le tigri si arrampicano sugli alberi meglio degli umani , nella concretezza e nei sogni. Fate vobis
Ciao Atomista. :)
Dipende dall'albero.
Ed infatti:
a)
Se il tronco è sottile, ed ha rami anche in basso, l'uomo (che è una scimmia) ci si arrampica sopra facilmente, mentre la tigre no; ed infatti il tronco non gli offre una superficie sufficiente per arrampicarcisi sopra con i suoi artigli, mentre dei rami non sa cosa farsene perchè non ha zampe prensili.
(https://i.postimg.cc/2jFC8KWG/TIGRE-A.jpg)b)
Se, invece, il tronco è largo, e non ha rami anche in basso, l'uomo (che è una scimmia) non è in grado di arrampicarcisi, perchè non trova appigli; la tigre invece sì, perchè il tronco gli offre una superficie sufficiente per arrampicarcisi sopra con i suoi artigli, e i rami non gli servono, perchè non ha zampe prensili.
(https://i.postimg.cc/bN7ScMfT/TIGRE-B.jpg)***
Un saluto! :)
***
Citazione di: atomista non pentito il 15 Dicembre 2022, 09:43:53 AMCmq le tigri si arrampicano sugli alberi meglio degli umani , nella concretezza e nei sogni. Fate vobis
Infatti quella dell'elefante è più credibile, per la salvezza del primate umano.
@niko : Mi sembra che tu carichi del tutto ingiustificatamente il solipsismo filosofico con le negatività del solipsismo in psicologia. Detto ciò, la tua definizione mi sembra condivisibile, ma io te ne offro un aspetto da altro angolo, più connesso all'etica che alla teoria, e mi sembra pure di averlo già detto. Ti sembra giusto che io, a prescindere che tu sappia se sono o no un solipsista in senso filosofico, nella prospettiva di compiere uno studio sulla realtà non debba tener conto di come il conoscitore influenzi i campi del conosciuto? Penso che sarebbe stoltissima cosa non farlo, roba che si fa attualmente
@Eutidemo: Grazie per il consiglio sulla traduzione. Riprendo dunque la tua conclusione e vediamo quel che ho capito.
"Pertanto se metto una mano sul fuoco me la brucio senz'altro:
- O a livello "onirico psicologico", se mi sto sognando la cosa come un "io individuale" che dorme, e che ancora non si è risvegliato, nel suo letto, alla sua coscienza "individuale".
- Ovvero a livello "onirico fenomenologico", se mi sto sognando la cosa come "Sè universale", che ancora non si è risvegliato alla sua vera natura cosmica, non avendo ancora perso la sua illusione "individuale".
Sono andato su WP per darmi un'idea della distinzione tra "sé" ed "io" e ne ho raccolto, io, l'informazione che l' "io" venga strutturato dal "sé", ovvero dalla personalità.
Interpretazione della tua conclusione:
Sarei dunque io, daniele22, presuntamente desto e calato nella mia realtà presunta vera, che esprimo un pensiero sui sogni per farmi un'idea dei rischi che corro presumendo che la mia realtà sia presunta vera, reale, pesante, o non sia invece solo un parto della mia mente. Nel mio caso personale quando mi posi il problema, forse perché di natura sono un pragmatico, lo giudicai ininfluente ai fini pratici e lo gettai subito alle ortiche. Ma dovendomelo porre rifletterei per prima cosa sul fatto che io sono consapevole dell'esistenza dei sogni. Di cosa sono fatti i sogni? Di fenomeni, dico io. Quindi, fintanto che sogno del rischio di bruciarmi o di non bruciarmi mettendo una mano sul fuoco, quando mi sveglio mi rendo conto che era solo un sogno ... e finita lì. Ma se mi sognassi degli amici che mi dicono delle cose sul fuoco, sulla mano che si brucia o non si brucia, sognando quindi cose in cui interviene il logos di altri, e poi mi svegliassi, forse potrei anche chiedermi a chi si debba attribuire la paternità di quei logos intervenuti nel sogno. In ogni caso io sogno sempre dei fenomeni, e che questi siano frutto della mia mente onirica non vi sarebbe alcun dubbio, visto che il sognatore sarei io. Però nel sogno accade che tali fenomeni subiscano a volte delle deformazioni che non sono illogiche in senso stretto, ma solo poco conformi alla realtà come ci appare in stato di veglia. Ad esempio, a volte sogno che precipito da una montagna, ma non provo paura, o meglio la provo, ma solo quando inizio a cadere perché poi precipito senza accelerazione e ad una velocità talmente ridicola che certamente non mi arrecherebbe danno alcuno. Un'amica mi raccontava inoltre che uno psicologo le disse che la persona che le diceva quelle cose in sogno non era quella persona che lei pensava che fosse, bensì suo padre. Mi disse che fu vivamente toccata dal dire dello psicologo riconoscendo subito come vero quel che diceva. Allora, daniele22, cioè io, non mi sono fatto alcuna idea di quanto l'io possa intervenire sul sé. Immagino solo che possa in certa misura comprenderlo e strumentalizzarlo, però prima dovrebbe comprenderlo qualora intenda strumentalizzarlo a fini socialmente utili. Altrimenti che continui pure a strumentalizzarlo per i cavoli suoi. Ma come si fa a rendersene conto a livello razionale? Innanzitutto criticando. Criticando cosa? Immagino vi siano varie vie, io ne butto qui una a caso, visto pure che mi sto contraddicendo avendone parlato precedentemente come cose distinte. Secondo me, il noumeno e il fenomeno sono sostanzialmente la stessa cosa. Anzi, direi che a esistere sia il fenomeno, mentre il noumeno sarebbe una spiritosa invenzione
Ciao Pio. :)
Commento molto acuto, complimenti!
Scusami per averti risposto in ritardo.
***
Però, almeno secondo la concezione Vedanta:
- quando muore il "proiettore mentale individuale", non si spegne affatto l'autentica "realtà", ma solo l'illusoria "realtà" che "appare" alla "mente individuale";
- quando muore il "proiettore mentale individuale", invece, si accede all'autentica "realtà" della "mente universale" (ovvero dell'Essere, del Sè, dell'Uno o di Dio, come preferisci chiamarla).
***
Un giorno scopriremo se tutto questo è vero o no!
***
Un saluto! :)
***
Ciao Daniele22.
L'informazione che l' "io" viene strutturato dal "sé", ovvero dalla personalità, è assolutamente corretta a livello psicologico; ma non c'entra assolutamente niente con la contrapposizione Vedanta tra l'"io individuale" ed il "sè universale".
Si tratta di approcci completamente diversi.
***
Ed infatti:
a)
Secondo la concezione psicologica, quando muore l'"io individuale", muore anche il "sè individuale"; il che è esattissimo, perchè anche secondo me nessuno dei due sopravvive alla nostra morte.
b)
Secondo la concezione Vedanta, invece:
- quando muore l'"io individuale", non si spegne affatto l'autentica "realtà", ma solo l'illusoria "realtà" che "appare" alla "mente individuale";
- quando muore l'"io individuale", invece, si accede all'autentica "realtà" della "mente universale" (ovvero dell'Essere, del Sè, dell'Uno o di Dio, come preferisci chiamarla).
***
Solo una volta morti sapremo se tutto questo è vero o no; ma, finchè siamo vivi, hai ragione nello scrivere che tale questione è ininfluente ai fini pratici.
***
Il tuo seguente ragionamento sui sogni è interessantissimo, molto intrigante, ed in gran parte condivisibile.
Però devi tenere presente che un conto è come ragioni da sveglio, ed un conto è come ragioni mentre sogni; in entrambi i casi, infatti, sei convinto di essere sveglio, sebbene, una volta desto, poi ti sembra che il sogno si era svolto in modo irrazionale e insensato.
***
Ad esempio, mi è accaduto di sognare che, accingendomi a radermi, pur avendo soltanto 23 anni, vedevo molto realisticamente nello specchio un volto da settantenne; terrorizzato dalla cosa, mi sono svegliato urlando nel letto, a fianco della mia ragazza.
Una volta raccontatole l'orribile sogno, lei cercò di tranquillizzarmi facendomi vedere nel suo specchietto della cipria che avevo soltanto 23 anni, e che il mio era stato soltanto un incubo.
Poi, mentre mi specchiavo guardando rassicurato il mio volto giovanile, mi sono svegliato di nuovo, anche da quel sogno; e mi sono accorto che ho effettivamente più di settanta anni, e che la mia ragazza è morta di leucemia più di quaranta anni fa, a 21 anni. :'(
L'ho sognato la settimana scorsa!
***
Spesso mi capita di svegliarmi da un sogno in un altro sogno; una volta anche per la terza volta!
***
Tu ti chiedi: "Di cosa sono fatti i sogni?"
Io mi chiedo: "Di cosa siamo fatti noi?".
E Shakespeare risponde: "Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e la nostra breve vita è circondata dal sonno!" (SHAKESPEARE, da La tempesta, atto IV, scena 1).
***
Un saluto! :)
***
Il sognare di risvegliarsi e poi ci si risveglia dal sogno di risvegliarsi è terrificante e destabilizzante. L'ho provato anch'io. Devo dire che quelle esperienze mi hanno fatto perdere la fiducia nell'assoluta SOLIDITÀ della realtà. Io concepisco il "proiettore" non come l' io individuale che si auto proietta il film della realtà, ma come il proiettore UNIVERSALE che proietta (anche) i vari se' personali che, a loro volta, proiettano le loro realtà personali, variamente coincidenti fra loro (oggettività dell'esperienza comune della cosiddetta REALTÀ). Sé individuali che però sono dinamici e misteriosi , cangianti e della stessa natura del sogno, come scrive Shakespeare.
Citazione di: Ipazia il 15 Dicembre 2022, 07:55:07 AMCurioso questo sè universale che continua ad agire (anche qui) come io individuale. Non poteva restarsene nel suo sè universale senza complicare la vita agli io individuali ?
E' quello che dico pure!!! >:(
Ciao Pio. :)
Hai ragione: "il sognare di risvegliarsi e poi ci si risveglia dal sogno di risvegliarsi è terrificante e destabilizzante".
Però può essere anche fonte di riflessioni illuminanti; come quella di Shakespeare.
Un saluto! :)
Citazione di: Eutidemo il 16 Dicembre 2022, 05:47:53 AMCiao Daniele22.
L'informazione che l' "io" viene strutturato dal "sé", ovvero dalla personalità, è assolutamente corretta a livello psicologico; ma non c'entra assolutamente niente con la contrapposizione Vedanta tra l'"io individuale" ed il "sè universale".
Si tratta di approcci completamente diversi.
***
Ed infatti:
a)
Secondo la concezione psicologica, quando muore l'"io individuale", muore anche il "sè individuale"; il che è esattissimo, perchè anche secondo me nessuno dei due sopravvive alla nostra morte.
b)
Secondo la concezione Vedanta, invece:
- quando muore l'"io individuale", non si spegne affatto l'autentica "realtà", ma solo l'illusoria "realtà" che "appare" alla "mente individuale";
- quando muore l'"io individuale", invece, si accede all'autentica "realtà" della "mente universale" (ovvero dell'Essere, del Sè, dell'Uno o di Dio, come preferisci chiamarla).
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Solo una volta morti sapremo se tutto questo è vero o no; ma, finchè siamo vivi, hai ragione nello scrivere che tale questione è ininfluente ai fini pratici.
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Il tuo seguente ragionamento sui sogni è interessantissimo, molto intrigante, ed in gran parte condivisibile.
Però devi tenere presente che un conto è come ragioni da sveglio, ed un conto è come ragioni mentre sogni; in entrambi i casi, infatti, sei convinto di essere sveglio, sebbene, una volta desto, poi ti sembra che il sogno si era svolto in modo irrazionale e insensato.
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Ad esempio, mi è accaduto di sognare che, accingendomi a radermi, pur avendo soltanto 23 anni, vedevo molto realisticamente nello specchio un volto da settantenne; terrorizzato dalla cosa, mi sono svegliato urlando nel letto, a fianco della mia ragazza.
Una volta raccontatole l'orribile sogno, lei cercò di tranquillizzarmi facendomi vedere nel suo specchietto della cipria che avevo soltanto 23 anni, e che il mio era stato soltanto un incubo.
Poi, mentre mi specchiavo guardando rassicurato il mio volto giovanile, mi sono svegliato di nuovo, anche da quel sogno; e mi sono accorto che ho effettivamente più di settanta anni, e che la mia ragazza è morta di leucemia più di quaranta anni fa, a 21 anni. :'(
L'ho sognato la settimana scorsa!
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Spesso mi capita di svegliarmi da un sogno in un altro sogno; una volta anche per la terza volta!
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Tu ti chiedi: "Di cosa sono fatti i sogni?"
Io mi chiedo: "Di cosa siamo fatti noi?".
E Shakespeare risponde: "Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e la nostra breve vita è circondata dal sonno!" (SHAKESPEARE, da La tempesta, atto IV, scena 1).
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Un saluto! :)
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Ciao Eutidemo, proprio bello il riferimento alla Tempesta, ma da sensato solipsista agnostico, e infine fondamentalmente pratico, cosa vuoi che possa fare se non accompagnarti alla realtà molto più terra terra della scommessa e della sconfitta accusata da Shylock nel Mercante di Venezia ... doge o chi per esso permettendo.
Circa i sogni ti dirò che ho esperienza di doppio, forse a volte anche triplo sogno, ma in un incubo che avevo, quasi sicuramente abbandonandomi, cioè senza più oppormi ad esso, mi è capitato di riuscire ad intervenire nel sogno così da svelarlo. E dopo essersi svelato ogni qualvolta che l'incubo tornava intervenivo ogni volta svelandolo, e poi nel giro di breve tempo l'incubo scomparve. Comunque, a parte questo, da buon pragmatico, penso sempre che in qualche modo, di riffa o di raffa, mi adeguo al sogno in cui mi trovo
Sarebbe interessante aprire un TOPIC sui "sogni lucidi"; che, da qualche tempo, mi riesce sempre meglio di fare.
E' un tema molto complesso ed elusivo, ma penso che prima o poi lo affronterò in questo FORUM; tanto più che già l'ho fatto in sogno, ricevendo molte repliche oniriche! ;)
Citazione di: Eutidemo il 17 Dicembre 2022, 05:05:48 AMSarebbe interessante aprire un TOPIC sui "sogni lucidi"; che, da qualche tempo, mi riesce sempre meglio di fare.
E' un tema molto complesso ed elusivo, ma penso che prima o poi lo affronterò in questo FORUM; tanto più che già l'ho fatto in sogno, ricevendo molte repliche oniriche! ;)
Sarebbe a mio avviso un TOPIC molto interessante
magari si riuscirà a capire, come mai la sfera onirica è anche all'origine di grandi scoperte quali: l'elicottero, l'insulina, la penicillina, la struttura dell'atomo, il DNA, ed altre ancora.
O almeno così si legge da altre parti.
Poco di personale e molto di ideologico Ipazia: questo in riferimento al mio ultimo intervento a te diretto. Anarchismo e comunismo. A parte il fatto che poco o nulla so della loro dottrina, immagino ben che l'anarchico fosse percepito come la peste nera per quelli che sarebbero poi divenuti l'Unione Sovietica. Questo soprattutto perché la Russia doveva per forza di cose fronteggiare altre nazioni che non erano certamente inclini al comunismo. E l'accesa disputa che vede addirittura il POUM, spaccatosi dai filo bolscevichi, agire contro questi ultimi alleandosi più o meno con gli anarchici, tale disputa appunto emerge ancora nell'estate del '37 a Barcelona ed è ben descritta da Orwell nel suo "Omaggio alla Catalogna". Ma oggi, di fronte alla necessità di pensare ad un ordine mondiale, e dato pure che qualche Re sembra averlo già bello e pronto, dico, dobbiamo tirarla ancora per le lunghe? Ti preoccupa l'etica? Io, daniele, posso dirti della mia etica: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Non posso costituirmi come ordine per un altro, altrimenti che anarchico sarei? Siccome poi succede pure che magari uno voglia farti del bene e invece tu lo percepisci come male, starebbe a te dirglielo per l'intanto. E a niko dico che io ce l'ho tanto col capitalismo, ma di fatto lo sostengo proprio come te. Fatti una ragione pertanto sulle tue responsabilità, almeno come individuo indefinito, perché quelle sono, né più, né meno.
Abbandonando ora il misto personale-ideologico sarebbe da segnalare che l'anarchico, tra l'altro, ha una particolare sensibilità nei confronti del Re , e ne ha ben pieno diritto dato che corrisponde alla sua perfetta antitesi. Balzo quindi al tema posto da Eutidemo sulle congetture di Vero Tarca nel quale io diedi ragione ad Eutidemo (vedi: tematiche filosofiche – Negazione e differenza, secondo la concezione di Vero Tarca – aperto da Eutidemo il 4 marzo 2022 – Post numero 19). Visto che Eutidemo giudicò un po' complesso il mio ragionamento lo spiegherò allora qui a tutti. Da anarchico quale mi ritengo essere mi identifico come l'antitesi al Re, anche senza ben sapere quello che sarebbe nei desideri del Re, ma son certo che di promesse si tratta. Però, al tempo stesso, da eretico, avendo espresso la validità della tesi di Eutidemo contro le congetture di Vero Tarca, mi insedio nei mondi delle menti umancelesti proponendomi come sintesi alla tesi di Eraclito, che considero la prima tesi filosofica mondana (affermazione, positivo, verità), e all'antitesi di Parmenide (negazione, negativo, falsità) e i suoi derivati. Volevo cioè dire nel mio intervento di allora che in senso temporale il positivo (la verità), il logos viene prima del negativo che vuole negarla, cioè l'essere. Mettendo un attimo da parte Vero Tarca e ritornando a noi, significo che non accetto in senso filosofico quel che venne dopo Parmenide. Per altre vie mi sembra di averne parlato sconfessando il noumeno a favore del fenomeno. E in questo senso sconfesso anche la concezione del marxismo, ovvero ribaltandola, sostenendo cioè che il fenomeno corrisponda alla materia, mentre il noumeno corrisponda all'ideologia. Cioè, la sensazione prodotta dal fenomeno produce l'ideologia, così come ne ho parlato con Green Demetr nell'ultimo post che ho fatto in: Tematiche filosofiche – Fenomenologia dello Spirito di Hegel – aperto da Green Demetr il 30 novembre 2021 – Post numero 117 e successivi. Lì parlavo appunto di fede in qualcosa, e un'ideologia è senz'altro qualcosa. A titolo di precisazione quando parlo di una cosa o di qualcosa io intendo qualsiasi cosa che la nostra mente possa imbrigliare tanto da poterne parlare, anche a vanvera. Lasciando così Zenone alle sue pretese di negare lo spazio quando invece, con lo stesso ragionamento poteva dedicarsi a negare il tempo, giungo quindi alla sintesi già esposta a Ipazia nel topic "La realtà e la percezione del tempo" , e che mi ha fatto perdere la pazienza:
l'essere è fatto della stessa sostanza del divenire, solo che l'essere non si mostra e il divenire è invece percepibile (dal corpo-mente). Se è vero che tutto quel che la nostra mente può realizzare può farlo solo se ciò che realizza riesce ad inquadrarlo in qualche misura nel divenire, questo significa pure implicitamente che la mente ha realizzato l'esistenza di una causa che sarebbe quella che l'oggetto realizzato produce nei confronti nostri e/o di altre cose. Allora, visto che l'essere è comunque un oggetto mentale (una parola, un sintagma, un qualcosa di cui si può parlare anche a vanvera) e quindi per forza di cose realizzato dalla nostra mente, questo significherà per quanto detto prima che la nostra mente, o forse la prima mente che lo espresse in forma di parola, tale mente appunto avrebbe colto in qualche misura il suo divenire. Allora, quale sarebbe 'sto benedetto divenire dell'essere? Il divenire dell'essere sta nel considerarlo come la sua possibilità di percepire una causa e, assimilandone l'effetto, in successione temporale produrre vari effetti che a loro volta, nel proseguire del divenire diverranno altre cause. Questo marchio invisibile, che si potrebbe chiamare il logos dell'essere, è lo stesso marchio che sta in ciascuna cosa, noi stessi compresi, che è percepibile dalla mente tramite i sensi nel suo divenire, e che noi enti umani esterniamo tramite il nostro logos umano: il verbo, la parola, il discorso.
A questo punto, seguendo il filo del mio pensiero relativo a Vero Tarca, la sintesi avrebbe aggiustato la tesi in quanto il divenire che è in me non può rinunciare ad una fede sul divenire dell'essere poiché il divenire dell' "essere individuo" soggiace al divenire dell' "essere del genere umano" almeno in prima battuta ed essendo io daniele un mondano. Ridimensiona pure l'antitesi nella sua pretesa che l'essere non sia assoggettato al tempo, che sia cioè immoto e sola causa. A questo punto, riferendomi al pensiero sul tema della concezione di Vero Tarca, la sintesi diventa nuova tesi affermando a sua volta che:
Qui si entra nei terreni del solipsismo andando innanzitutto a rilevare che Heidegger sulla scia di Hegel si è inventato "l'esserci" tirando fuori di fatto dall'indagine sul reale "l'essere dell'individuo" e qui compie l'errore, il quale si manifesta eclatante tanto in questo forum, quanto nelle piazzole degli autogrill in autostrada dove, oltre a Re-Enzi, c'è chi ancora appronta tavoli clandestini per il gioco delle tre carte. E non parliamo di altri luoghi, non ce n'è proprio bisogno. Mica sono scemo!! Ma voi pensate che un sito internet dove in teoria si dovrebbe parlare di cultura non sia in qualche modo monitorato quand'anche usato da persone asservite da qualche interesse di cui noi nulla si sa? Io lo pensavo, prima di entrare nel forum, da buon ingenuo. Mi pareva proprio impensabile che in uno dei tempietti della cultura potesse esservi corruzione, anche se mai mi si è svelata finora in modi palesi. Mi sono reso conto infine di quello che mai potrò sapere almeno fintanto che non sia disposto a tirare la corda fino alle estreme conseguenze. Mi son reso conto che la personalità, in combutta con l'io che ne modula l'onestà o la disonestà governa il mondo intero. E io dovrei tenere fuori dalla disamina del mondo in cui vivo il problema di come e quanto il conoscitore possa influenzare i campi di indagine del conosciuto? In tutta sincerità mi sembrerebbe una cosa da fuori di testa. L'ho già detto, il metodo scientifico funziona, ma ci è dato di sapere chi c'è dietro i selezionatori delle ricerche che sono da farsi o non farsi?
In fondo si tratta solo di capire che noi individui non dovremmo stare più di tanto attenti al fatto che la Terra gira attorno al Sole, questo già lo sappiamo e lo abbiamo indagato assai, questo accade da sempre anche in astronomia. Dovremmo invece renderci conto che le cose che accadono dentro di noi sono rovesciate rispetto al mondo presunto là fuori, e giustamente pretenderemmo che fosse il Sole a girare intorno a noi, ma tutti noi, non una parte.
Pertanto, se qualcuno ha qualcosa da chiedere o contestare ... dica pure
P.s.: Ovvio che la concezione in voga per quel che attiene l'evoluzione viene messa in discussione affermando che il caso non esiste e che l'evoluzione sia direzionata