LOGOS

LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: Apeiron il 09 Gennaio 2017, 14:23:37 PM

Titolo: Tempo ed eternità
Inserito da: Apeiron il 09 Gennaio 2017, 14:23:37 PM
Forse l'impulso "basico" che ci spinge più di ogni altro a ricercare le risposte esistenziali è quello di fuggire dalla morte. Non c'è davvero nessuna filosofia o religione "seria" che guarda positivamente alla morte e al cambiamento. Perchè? Semplice: tutti gli esseri viventi mirano alla conservazione del proprio essere e purtroppo ben sappiamo che questo nostro desiderio non potrà venire soddisfatto. Il problema è che mentre per gli animali tutto ciò avviene nella loro inconsapevolezza (o almeno credo...) nell'uomo che è dotato di auto-coscienza la cosa è molto più penosa. Ognuno di noi è infatti una sorta di "microcosmo", tuttavia è un microcosmo transiente. Prima o poi quello che avverrà è che si disgregherà. Ma a ben guardare la disgregazione e la morte sono ben connaturate al tempo, o meglio al suo cosiddetto "scorrere". Ogni momento che passa in sostanza non è altro che: una morte del passato e una nascita effimera di un nuovo istante il quale soccomberà a sua volta. Capito ciò ci rendiamo conto per cosa nasce questo nostro anelito alla ricerca del permanente e dell'eterno. Questa incostanza della vita è dunque la natura del tempo, è la natura di questo nostro mondo. E per la nostra conformazione quello che facciamo è cercare un attaccamento: ma questo attaccamento lo dirigiamo continuamente alle "cose incostanti di questo mondo". E dunque continuiamo ad etichettare con termini "mio", "me stesso" e così via cose che sono destinate a "disgregarsi". Nelle forme più estreme si arriva a schiavizzare l'altro essere umano a noi e da qui notiamo come ogni religione seria ci consiglia di "lasciar andare".

Dunque se la morte, la disgregazione ci spaventano lo fanno per la loro irreversibilità. Eppure se questo mondo fosse ciclico e quindi noi fossimo "eterni" il tutto ci apparirebbe come una prigione. Allo stesso modo ci appare problematica vita di durata infinita come quella che svolgiamo qua una prigione perchè sicuramente ad un certo punto ci sentiremmo intrappolati. Tutto questo "preambolo" per dire che a mio giudizio noi non abbiamo idea di cosa questa "eternità" che aneliamo dovrebbe essere. Atemporalità? Ma allora saremmo come dire "congelati". Durata infinita della vita? SI rivela essere una prigione! Eterno ciclo? Altra prigione. D'altro canto la nostra vita finita è "dukkha": il tempo, il suo continuo scorrere è una tragedia proprio perchè come ho già detto "flusso del tempo=continua morte". Dunque secondo voi cos'è l'eternità? E la desiderate?

Una qualsiasi vita eterna secondo me deve essere una vita in cui non c'è passaggio nel tempo ma a differenza dell'atemporalità in qualche modo quel "congelamento" deve essere qualcosa di piacevole. Secondo me il tempo è il segno dell'imperfezione della nostra esistenza, della sua non completa realtà, il tempo è una sorta di "caduta". Per questo motivo la natura temporale è di per sé insoddisfacente. Secondo voi c'è qualcuno che davvero non desidera l'eternità? Ma questa eternità noi non possiamo comprenderla e per questo motivo ogni nostra concezione di eternità ci spaventa e questa paura per così dire è una "tentazione" di questa nostra esistenza, un ostacolo alla ricerca della perfezione.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Angelo Cannata il 09 Gennaio 2017, 16:23:13 PM
Ho già dato una mia risposta pochi giorni fa, quando dicevo che la nostra ossessione nei confronti del male si può considerare un problema nato con il modo greco di filosofare, che pretende di procedere per assolutizzazioni, astrazioni, universalizzazioni:
http://www.riflessioni.it/logos/tematiche-spirituali/mi-bolle-l'inferno!/msg7393/#msg7393
Mi sembra che la stessa identica cosa si possa dire riguardo all'ossessione nei confronti del tempo: anch'essa si può considerare nient'altro che un problema di mentalità greca che ancora portiamo addosso.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Sariputra il 09 Gennaio 2017, 16:42:40 PM
Citazione di: Apeiron il 09 Gennaio 2017, 14:23:37 PMForse l'impulso "basico" che ci spinge più di ogni altro a ricercare le risposte esistenziali è quello di fuggire dalla morte. Non c'è davvero nessuna filosofia o religione "seria" che guarda positivamente alla morte e al cambiamento. Perchè? Semplice: tutti gli esseri viventi mirano alla conservazione del proprio essere e purtroppo ben sappiamo che questo nostro desiderio non potrà venire soddisfatto. Il problema è che mentre per gli animali tutto ciò avviene nella loro inconsapevolezza (o almeno credo...) nell'uomo che è dotato di auto-coscienza la cosa è molto più penosa. Ognuno di noi è infatti una sorta di "microcosmo", tuttavia è un microcosmo transiente. Prima o poi quello che avverrà è che si disgregherà. Ma a ben guardare la disgregazione e la morte sono ben connaturate al tempo, o meglio al suo cosiddetto "scorrere". Ogni momento che passa in sostanza non è altro che: una morte del passato e una nascita effimera di un nuovo istante il quale soccomberà a sua volta. Capito ciò ci rendiamo conto per cosa nasce questo nostro anelito alla ricerca del permanente e dell'eterno. Questa incostanza della vita è dunque la natura del tempo, è la natura di questo nostro mondo. E per la nostra conformazione quello che facciamo è cercare un attaccamento: ma questo attaccamento lo dirigiamo continuamente alle "cose incostanti di questo mondo". E dunque continuiamo ad etichettare con termini "mio", "me stesso" e così via cose che sono destinate a "disgregarsi". Nelle forme più estreme si arriva a schiavizzare l'altro essere umano a noi e da qui notiamo come ogni religione seria ci consiglia di "lasciar andare". Dunque se la morte, la disgregazione ci spaventano lo fanno per la loro irreversibilità. Eppure se questo mondo fosse ciclico e quindi noi fossimo "eterni" il tutto ci apparirebbe come una prigione. Allo stesso modo ci appare problematica vita di durata infinita come quella che svolgiamo qua una prigione perchè sicuramente ad un certo punto ci sentiremmo intrappolati. Tutto questo "preambolo" per dire che a mio giudizio noi non abbiamo idea di cosa questa "eternità" che aneliamo dovrebbe essere. Atemporalità? Ma allora saremmo come dire "congelati". Durata infinita della vita? SI rivela essere una prigione! Eterno ciclo? Altra prigione. D'altro canto la nostra vita finita è "dukkha": il tempo, il suo continuo scorrere è una tragedia proprio perchè come ho già detto "flusso del tempo=continua morte". Dunque secondo voi cos'è l'eternità? E la desiderate? Una qualsiasi vita eterna secondo me deve essere una vita in cui non c'è passaggio nel tempo ma a differenza dell'atemporalità in qualche modo quel "congelamento" deve essere qualcosa di piacevole. Secondo me il tempo è il segno dell'imperfezione della nostra esistenza, della sua non completa realtà, il tempo è una sorta di "caduta". Per questo motivo la natura temporale è di per sé insoddisfacente. Secondo voi c'è qualcuno che davvero non desidera l'eternità? Ma questa eternità noi non possiamo comprenderla e per questo motivo ogni nostra concezione di eternità ci spaventa e questa paura per così dire è una "tentazione" di questa nostra esistenza, un ostacolo alla ricerca della perfezione.

Apeiron, può esserci vita senza tempo? Qualunque cosa abbia vita ha bisogno del tempo per dispiegarsi, giungere a maturazione e poi dissolversi. E' il nostro sentirci separati da questo divenire che causa sofferenza e paura. Sofferenza comune a tutte le forme di vita in questo universo in divenire ( o che appare in divenire...il che non cambia il problema visto che solo di quel divenire facciamo esperienza con i nostri sensi e con il senso interno, definito coscienza). Persino per aver timore della fine, della disgregazione abbiamo bisogno della disgregazione stessa, del tempo. Noi siamo il tempo e il tempo è (anche) noi. Con i nostri sensi e con il pensiero non siamo in grado di percepirlo, ma noi cambiamo attimo dopo attimo. Osservi una vecchia foto e , sbigottito, esclami:" Mio Dio, come sono diventato?" Ti sforzi di ricordare gli attimi vissuti, ma la maggior parte sono già andati, morti e qualche altro lo devi ridipingere per fermarlo, illudendosi che possa, in questo modo, sfuggire almeno lui alla disgregazione. Niente dura, né esteriormente né  interiormente. E siccome tutto passa e si disgrega, cosa può sostenere questo se non un grande Vuoto? Proprio perché sono vuote di sostanza propria tutte le cose passano, si trasformano continuamente seguendo la loro natura vuota. Se le cose disponessero di una realtà propria ( di una sostanza intrinseca al loro esserci) come potrebbero cambiare restando se stesse?  Sarebbe contradditorio in termini. Anche postulando un sé mutevole, per aggirare la contraddizione, creeremmo un'ulteriore contraddizione. Come può una cosa che è se stessa mutare in un'altra? Poiché tutte le cose sono vuote nel loro proprio essere, possono tutte esistere. Se possedessero un proprio essere, nessuna di esse esisterebbe. A tutta  prima tutto ciò suona assurdo, però... Parmenide non poteva accettare il non-essere; pertanto non poteva accettare il cambiamento. Ma il vuoto non è nulla, non più di quanto lo sia il numero zero. Poiché lo zero non contiene nulla, può denotare qualsiasi cosa. Per es., se diciamo che un uomo vale sei cifre, non ci impegniamo a definire esattamente il suo conto in banca. La somma di sei cifre, rappresentata da sei zeri, è assai flessibile, estremamente non-essere ( non-svabhava si direbbe nella filosofia buddhista...), così che qualunque numero esatto può essere ad esse sostituito( Come 753.128 Euro per es.). Poichè zero è non-essere, ha enormi possibilità; può diventare ( ovvero funzionare) come un qualsiasi essere. Allo stesso modo, poiché tutte le cose sono prive di sostanza autonoma ( Io-autonomo) , sono dinamiche e piene di possibilità di cambiare, di divenire per l'appunto. La vacuità di sostanza intrinseca, pertanto, non distrugge o demolisce la realtà delle cose; al contrario, a mio parere, è il fattore che rende stabili tutte le cose. 
L'unica cosa che distrugge, nella sua comprensione, sono i desideri e gli attaccamenti degli uomini per una vita eterna, per l'illusorio concetto di eternità nato dal considerare le cose, come giustamente scrivi, fisse e dotate di una propria esistenza intrinseca.

I due modi di pensare:

Il modo svabhava ( essere)                                                  Il modo Nihsvabhava ( non-essere , vacuità)
___________________________________________________________________________________________________________________________
Indipendente                                                                      Interdipendente
unitario                                                                              strutturale
entità-sostanza                                                                   eventi e azioni
statico                                                                                dinamico
fisso                                                                                   fluido
limitato                                                                               libero
definitamente restrittivo                                                       infinite possibilità
costrizione e attaccamento                                                  liberazione e distacco
essere                                                                               non-essere
medesimezza                                                                     sicceità
(da Garma C.C. Chang-filosofia Hwa yen)
Il primo è l'approccio "Aristotelico", il secondo trova qualcosa di simile in occidente nella semantica generale di Korzybski.
Ma , vuoto o non vuoto di esistenza intrinseca, alla sera, Apeiron, il cuore "muore d'amore" :'( ...
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: maral il 09 Gennaio 2017, 21:58:49 PM
Citazione di: Apeiron il 09 Gennaio 2017, 14:23:37 PM
Forse l'impulso "basico" che ci spinge più di ogni altro a ricercare le risposte esistenziali è quello di fuggire dalla morte. Non c'è davvero nessuna filosofia o religione "seria" che guarda positivamente alla morte e al cambiamento...
Non è propriamente così. Ad esempio tra le maggiori religioni vi è l'Induismo per il quale la potenza divorante e disgregante del tempo che agisce a livello cosmico è ciò che permette la liberazione dal sogno doloroso dell'esistenza e dal karma delle reincarnazioni per pervenire a quello stato di profonda beatitudine che è proprio del sonno profondo, dato dalla originaria imperturbata non esistenza. La Potenza del Tempo è la legge dell'esistenza ove tutto divora e viene divorato, è rappresentata da una dea di aspetto terribile, Kali, che danza su Shiva dormiente e la sua raffigurazione più paurosa è Tara, la Stella (Potenza della Fame e Notte della collera)  che danza calpestando un cadavere, ma esse sono terrificanti solo dal punto di vista del sogno dell'esistente che rimane attaccato al desiderio e quindi all'io. Paradossalmente, entrambe, nella loro danza terrificante, compiono, tra gli altri, il gesto che allontana la paura e sono venerate nel loro aspetto benefico che porta alla gioia suprema della non esistenza. Anche nel buddismo che nasce dall'induismo credo ci sia la stessa concezione liberatoria e gioiosa della non esistenza (e qui Sariputra potrà illuminarci in merito), è l'Occidente che resta dalle sue origini attaccato alla concezione centrale di un Io a cui la divinità onnipotente garantisce eterna esistenza personale.
In ambito filosofico, oltre alla posizione esistenzialista e piuttosto anomala di Cioran, nel '900 si è sviluppata una corrente di pensiero che, in termini ben più teoretici, pone l'assoluto nella potenza trasformativa di un continuo Divenire anziché nel permanere dell'Essere e nega qualsiasi realtà ontologica sia all'oggetto che al soggetto, tenendo solo la relazione in sé. E' una corrente che fa capo a Bergson, Whitehead, Simondon (di cui mi pare di ricordare abbiamo precedentemente parlato) e attualmente in Italia è rappresentata soprattutto da Rocco Ronchi (in questo video e nel successivo per chi volesse approfondire: https://www.youtube.com/watch?v=r1ZyZBT9mfM&t=2s)



Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Apeiron il 09 Gennaio 2017, 22:31:22 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 09 Gennaio 2017, 16:23:13 PMHo già dato una mia risposta pochi giorni fa, quando dicevo che la nostra ossessione nei confronti del male si può considerare un problema nato con il modo greco di filosofare, che pretende di procedere per assolutizzazioni, astrazioni, universalizzazioni: http://www.riflessioni.it/logos/tematiche-spirituali/mi-bolle-l'inferno!/msg7393/#msg7393 Mi sembra che la stessa identica cosa si possa dire riguardo all'ossessione nei confronti del tempo: anch'essa si può considerare nient'altro che un problema di mentalità greca che ancora portiamo addosso.

Sì credo che noi siamo stati in effetti condizionati un po' troppo dai greci e ragioniamo troppo in logica aristotelica. Il concetto stesso di divenire è contraddittorio. Io sono e non sono quello di un giorno fa e quello che sono oggi è condizionato da quello che ero (e non ero). Sì concordo con te che la logica aristotelica si applica male alla realtà. La ritengo utile però per definiri i concetti in modo non-ambiguo. Quindi ritengo i concetti di "disgregazione", "creazione" dei momenti temporali come concetti ben definiti che tuttavia non possono cogliere in toto la realtà. Non a caso il problema di chi si affida troppo alla matematica è quello di "cristallizzare" il mondo. Comunque tu che ne pensi dell'eternità?

Citazione di: Sariputra il 09 Gennaio 2017, 16:42:40 PMApeiron, può esserci vita senza tempo? Qualunque cosa abbia vita ha bisogno del tempo per dispiegarsi, giungere a maturazione e poi dissolversi. E' il nostro sentirci separati da questo divenire che causa sofferenza e paura. Sofferenza comune a tutte le forme di vita in questo universo in divenire ( o che appare in divenire...il che non cambia il problema visto che solo di quel divenire facciamo esperienza con i nostri sensi e con il senso interno, definito coscienza). Persino per aver timore della fine, della disgregazione abbiamo bisogno della disgregazione stessa, del tempo. Noi siamo il tempo e il tempo è (anche) noi. Con i nostri sensi e con il pensiero non siamo in grado di percepirlo, ma noi cambiamo attimo dopo attimo. Osservi una vecchia foto e , sbigottito, esclami:" Mio Dio, come sono diventato?" Ti sforzi di ricordare gli attimi vissuti, ma la maggior parte sono già andati, morti e qualche altro lo devi ridipingere per fermarlo, illudendosi che possa, in questo modo, sfuggire almeno lui alla disgregazione. Niente dura, né esteriormente né interiormente. E siccome tutto passa e si disgrega, cosa può sostenere questo se non un grande Vuoto? Proprio perché sono vuote di sostanza propria tutte le cose passano, si trasformano continuamente seguendo la loro natura vuota. Se le cose disponessero di una realtà propria ( di una sostanza intrinseca al loro esserci) come potrebbero cambiare restando se stesse? Sarebbe contradditorio in termini. Anche postulando un sé mutevole, per aggirare la contraddizione, creeremmo un'ulteriore contraddizione. Come può una cosa che è se stessa mutare in un'altra? Poiché tutte le cose sono vuote nel loro proprio essere, possono tutte esistere. Se possedessero un proprio essere, nessuna di esse esisterebbe. A tutta prima tutto ciò suona assurdo, però... Parmenide non poteva accettare il non-essere; pertanto non poteva accettare il cambiamento. Ma il vuoto non è nulla, non più di quanto lo sia il numero zero. Poiché lo zero non contiene nulla, può denotare qualsiasi cosa. Per es., se diciamo che un uomo vale sei cifre, non ci impegniamo a definire esattamente il suo conto in banca. La somma di sei cifre, rappresentata da sei zeri, è assai flessibile, estremamente non-essere ( non-svabhava si direbbe nella filosofia buddhista...), così che qualunque numero esatto può essere ad esse sostituito( Come 753.128 Euro per es.). Poichè zero è non-essere, ha enormi possibilità; può diventare ( ovvero funzionare) come un qualsiasi essere. Allo stesso modo, poiché tutte le cose sono prive di sostanza autonoma ( Io-autonomo) , sono dinamiche e piene di possibilità di cambiare, di divenire per l'appunto. La vacuità di sostanza intrinseca, pertanto, non distrugge o demolisce la realtà delle cose; al contrario, a mio parere, è il fattore che rende stabili tutte le cose. L'unica cosa che distrugge, nella sua comprensione, sono i desideri e gli attaccamenti degli uomini per una vita eterna, per l'illusorio concetto di eternità nato dal considerare le cose, come giustamente scrivi, fisse e dotate di una propria esistenza intrinseca. I due modi di pensare: Il modo svabhava ( essere) Il modo Nihsvabhava ( non-essere , vacuità) ___________________________________________________________________________________________________________________________ Indipendente Interdipendente unitario strutturale entità-sostanza eventi e azioni statico dinamico fisso fluido limitato libero definitamente restrittivo infinite possibilità costrizione e attaccamento liberazione e distacco essere non-essere medesimezza sicceità (da Garma C.C. Chang-filosofia Hwa yen) Il primo è l'approccio "Aristotelico", il secondo trova qualcosa di simile in occidente nella semantica generale di Korzybski. Ma , vuoto o non vuoto di esistenza intrinseca, alla sera, Apeiron, il cuore "muore d'amore" :'( ...

Il buddismo come tu ben dici è unico. Nessuna cosa è veramente reale e da qui ne segue appunto che la trasformazione è possibile proprio perchè nulla ha una vera sostanza. L'anatta non è contraddittoria come dottrina appunto perchènon assume che ci siano sostanze nel mondo ma nega proprio questo assioma. Siccome l'esistenza condizionata è dolorosa (perchè appunto soggetta alla disgregazione) si ricerca la liberazione. E qui però lo stesso Nirvana pur essendo "non nato, al di là del cambiamento" non è un atman (per ragioni a me oscure  ;D ).
Però mi fai notare una cosa interessante: "noi siamo il tempo".  O forse: la vita è il tempo! Che l'eternità sia il tempo (d'altronde si può parlare di "temporalità del tempo" ? ;D ). Il tempo d'altronde è l'unica cosa a-temporale. Esso crea e distrugge senza nessuna malizia, in modo imparziale. Che la soluzione sia abbandonarsi al tempo?

Citazione di: maral il 09 Gennaio 2017, 21:58:49 PM
Citazione di: Apeiron il 09 Gennaio 2017, 14:23:37 PMForse l'impulso "basico" che ci spinge più di ogni altro a ricercare le risposte esistenziali è quello di fuggire dalla morte. Non c'è davvero nessuna filosofia o religione "seria" che guarda positivamente alla morte e al cambiamento...
Non è propriamente così. Ad esempio tra le maggiori religioni vi è l'Induismo per il quale la potenza divorante e disgregante del tempo che agisce a livello cosmico è ciò che permette la liberazione dal sogno doloroso dell'esistenza e dal karma delle reincarnazioni per pervenire a quello stato di profonda beatitudine che è proprio del sonno profondo, dato dalla originaria imperturbata non esistenza. La Potenza del Tempo è la legge dell'esistenza ove tutto divora e viene divorato, è rappresentata da una dea di aspetto terribile, Kali, che danza su Shiva dormiente e la sua raffigurazione più paurosa è Tara, la Stella (Potenza della Fame e Notte della collera) che danza calpestando un cadavere, ma esse sono terrificanti solo dal punto di vista del sogno dell'esistente che rimane attaccato al desiderio e quindi all'io. Paradossalmente, entrambe, nella loro danza terrificante, compiono, tra gli altri, il gesto che allontana la paura e sono venerate nel loro aspetto benefico che porta alla gioia suprema della non esistenza. Anche nel buddismo che nasce dall'induismo credo ci sia la stessa concezione liberatoria e gioiosa della non esistenza (e qui Sariputra potrà illuminarci in merito), è l'Occidente che resta dalle sue origini attaccato alla concezione centrale di un Io a cui la divinità onnipotente garantisce eterna esistenza personale. In ambito filosofico, oltre alla posizione esistenzialista e piuttosto anomala di Cioran, nel '900 si è sviluppata una corrente di pensiero che, in termini ben più teoretici, pone l'assoluto nella potenza trasformativa di un continuo Divenire anziché nel permanere dell'Essere e nega qualsiasi realtà ontologica sia all'oggetto che al soggetto, tenendo solo la relazione in sé. E' una corrente che fa capo a Bergson, Whitehead, Simondon (di cui mi pare di ricordare abbiamo precedentemente parlato) e attualmente in Italia è rappresentata soprattutto da Rocco Ronchi (in questo video e nel successivo per chi volesse approfondire: https://www.youtube.com/watch?v=r1ZyZBT9mfM&t=2s)

In verità noto anche io una ambivalenza sul tempo nelle religioni dell'induismo (la quale non è una propriamente una religione visto che non si basa su una dottrina e infatti gli indù possono ad esempio essere atei, panteisti, teisti...) e del buddismo quasi che il tempo sia un "male" solo per chi non è "illuminato". Tuttavia anche per il cristianesimo le cose temporali "sono di questo mondo" (e il suo principe è proprio lui...) e la morte è "il nemico" eppure con la prospettiva della vita eterna la morte cessa di essere un nemico. In entrambi i casi quindi in sostanza la morte e la temporalità sono "nemici" per chi non è "illuminato" e "non sono più nemici" per chi è risvegliato.  Forse perchè chi ha una prospettiva eterna vede l'eternità anche nel tempo? In ogni caso l'"inganno" è sempre lo stesso: trattiamo le cose non-eterne come eterne.

E la soluzione qual è?  Forse come dicono i processualisti è abbandonare la sostanzialità e abbracciare l'unica cosa eterna ossia il tempo, il divenire. Il vivere un tempo di durata infinita? Chiaramente noi aneliamo all'eterno ma secondo me l'oggetto del nostro anelito è "oltre la nostra comprensione" visto che ogni "eternità" che ci immaginiamo alla fine non ci soddisfa (o ci sentiamo prigionieri o "congelati" o "inesistenti"...)
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Angelo Cannata il 09 Gennaio 2017, 23:01:29 PM
Citazione di: Apeiron il 09 Gennaio 2017, 22:31:22 PM
Comunque tu che ne pensi dell'eternità?
Boh, è una parola che non mi dice niente.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: paul11 il 09 Gennaio 2017, 23:41:56 PM
Trovo che invece quasi tutte le spiritualità abbiano una struttura simile, una sintassi, dove anche le filosofie si differenziano nelle semantiche.

Il tempo non è il problema, e nemmeno il divenire e l'eternità,
Il tempo è vuoto, ma è l'esistenza che viene permessa dal tempo e la sostanza e le essenze vengono conosciute dall'esperienza. Allora il tempo diventa destino in cui il problema è il senso dell'esistenza nel processo del conoscere, dell'acquisizione delle sostanze. L'eternità più che un tempo è lo  "stato"  in cui la coscienza che esiste, vale a dire l'autocoscienza diventa coscienza di un "tutto", l'acquisizione della "pienezza" è il culmine del processo esistenza che conosce.
A me pare quindi che il conoscere e l'esistere, si relazionano nell'esperienza attraverso il mezzo temporale che permette l'acquisizione.
A questo punto il problematico è il significato dell'esistere, (che ci facciamo nel mondo)
e se e quale conoscenza permette quell'eterno stato finale, ammesso che ci possa essere, in cui l'esistenza
prende coscienza di un sapere assoluto, sempre ammesso che sia possible.

E ognuno, più o meno coscientemente o schiavo del tempo, sceglie una sua strada, una sua filosofia, una sua scienza o spiritualità, insomma  un suo destino.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: davintro il 10 Gennaio 2017, 00:23:16 AM
credo che tutti aspirino all'eternità, se questo assunto lo si interpreta come il fatto che ciascuno di noi è intenzionalmente rivolto a raggiungere una condizione caratterizzata dalla sospensione del tempo. Ogni agire diretto dalla volontà e dalla razionalità presuppone sempre un dinamismo, un mutamento che non è mai fine a se stesso ma mirante al raggiungimento di un fine, un acquietamento nel quale il fine è stato raggiunto, e il mutamento perde la sua ragion d'essere. Contro tale assunto può muoversi l'obiezione che in molti casi l'uomo tragga piacere non nel raggiungimento di una meta statica, ma nel divenire stesso. Quante volte si gode nel viaggio, nel percorso intermedio tra l'inizio e la fine, nello sforzo stesso tendente al fine più che nel raggiungimento del fine stesso? Tuttavia anche in questi casi l'eternità non viene scalzata dalla sua posizione di oggetto delle aspirazioni, a costo però di operare una formalizzazione, una generalizzazione del concetto. Quando il divenire diviene oggetto di per sè di godimento, si vorrebbe che ciò che si sta facendo lo si continui a fare PER SEMPRE. Il divenire diviene il fine a cui tende il desiderio a condizione che sia un "eterno divenire". Il concetto di "durata" è una declinazione di quello di "eternità", qualcosa tanto più dura quanto più si approssima all'ideale di "eternità". Insomma intesa in un'accezione più formale, intesa cioè a prescindere dalla determinatezza del contenuto, del quid che costituisce la realtà che dura senza più finitezza temporale,  l'eternità è la prospettiva che le nostre inclinazioni mirano a raggiungere, insita nella struttura teleologica di tutto ciò che accade. Dunque l'orizzonte finalistico dell'eternità è un dato universale al di là delle differenti tradizioni religiose, mitiche, intellettuali che cercano di "riempire" l'indeterminatezza dell'idea di eternità con certi sistemi di rappresentazioni, di dogmi, di concetti filosofici. Non solo nel modello teista cristiano lineare dove l'eternità coincide con la eterna durata dalla beata contemplazione della visione divina da parte delle anime, ma anche in quello ciclico come nell' Amor fati nicciano dove, se ben interpreto, l'uomo, divenuto ora  Oltreuomo, rinuncia alla speranza di un'escatologia trascendente il mondo e gode dell'idea dell'Eterno ritorno, l'oggetto verso cui si rivolgono i nostri desideri, il valore sommo, è qualcosa che dura eternamente, sia esso un ente trascendente il mondo, Dio, o lo stesso susseguirsi degli eventi mondani. Anche se non è poi da sottovalutare il fatto che nel modello lineare il valore dell'eternità è da considerarsi più accentuato, in quanto l' eterno non sarebbe solo la forma della realtà, ma anche il contenuto finale, il godimento dell'eternità divina, un'eternità ipostatizzata, che si costituisce come realtà per sè, mentre nel modello ciclico l'eterno resta presente in modo formale, l'ordine delle successioni di un contenuto che però si identifica con ildivenire, con la molteplicità di enti ciascuno dei quali, preso in se stesso non è eterno, ma diveniente e finito. E questa riduzione all'accezione formale comporta a mio avviso anche un certo depotenziamento valoriale dell'eternità

Trovo un pò ambigua l'idea di "comprensione dell'eternità". Cosa si intende per "comprendere" in questo contesto? Se si intende omprendere un concetto  come un coglierne il senso generale, definirlo, utilizzandolo per collocarlo in un'analisi, in una discussione come ora stiamo facendo, allora si può dire che l'eternità è comprensibile, o quantomeno ci proviamo a comprenderla. Tuttavia, vivendo  nella storia, nella temporalità, non avendo un'esperienza concreta di qualcosa di eterno, questa comprensione resta per noi qualcosa di astratto, generico, intellettualista, ma di non vissuto. Sintentizzando, vivendo nel mondano, l'eternità la possiamo comprenderla ma non viverla. E tuttavia proprio tale scarto tra vita e comprensione può essere vista come la manifestazione della non riducibilità della nostra coscienza intellettale alla contingenza temporale del mondo...
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Sariputra il 10 Gennaio 2017, 01:03:45 AM
@ Apeiron scrive:

Però mi fai notare una cosa interessante: "noi siamo il tempo".  O forse: la vita è il tempo! Che l'eternità sia il tempo (d'altronde si può parlare di "temporalità del tempo" ? (http://www.riflessioni.it.cloud.seeweb.it/logos/Smileys/default/grin.gif) ). Il tempo d'altronde è l'unica cosa a-temporale. Esso crea e distrugge senza nessuna malizia, in modo imparziale. Che la soluzione sia abbandonarsi al tempo?


Se noi siamo il tempo e il tempo è (anche) noi, l'eternità del tempo che è l'eternità del divenire è pure la nostra (anche la nostra) eternità. Noi, essendo parte del tempo/divenire, partecipiamo dell'eternità del tempo/divenire. Possiamo definirci un "meccanismo" dell'eternità ? Quando diciamo "noi" però lo usiamo in senso convenzionale, nel senso cioè della verità convenzionale, che non è falsa ma non è nemmeno la verità ultima. Se togliamo quel "noi" in cui ci identifichiamo come esseri sostanziali ( esseri in sé) tutto ciò che ci compone è diverso dal tempo/divenire? Se siamo solo una goccia del fiume che scorre in divenire, non siamo anche noi quel fiume? Forse è perché riteniamo erroneamente che non-siamo una goccia del fiume, ma bensì una cosa in sé, distinta dal fiume del divenire, cha aspiriamo a qualcosa di irrealistico che chiamiamo eternità-del-nostro-essere-un'entità-in sé?  La sensazione di essere un'entità in sé è molto profonda, forse la natura stessa della coscienza( e dell'attaccamento). Se dico 'Apeiron è" esprimo con forza una sensazione di essere in sé di Apeiron;  se dico invece "Apeiron è giovane" parlo della realtà esistenziale di Apeiron. Maritain scriveva:
Così, la primordiale intuizione di essere è l'intuizione della solidità e inesorabilità dell'esistenza...E' un ragionare senza parole, che non può essere espresso in modo articolato senza sacrificare la sua vitale concentrazione. Qui ogni cosa dipende dalla naturale intuizione dell'essere-dall'intuizione di quell'atto di esistere che è l'atto di ogni atto e la perfezione di ogni perfezione..."
Questa sensazione però non ci dice niente sull'esistenza. E' semplicemente la diretta e vivida esperienza di vivere prima del sorgere degli attributi della vita stessa; forse prima della spaccatura soggetto-oggetto. Nelle Upanishad abbiamo così la formula:
Essenza= pura esistenza=la realtà di una cosa= l'atto di esistere= fondamento divino= substrato universale= Brahman= Essere di esseri.
La presa di posizione buddhista nei confronti di questa sensazione intuitiva dell'Essere, ossia dell'essenza, è diametralmente opposta. Invece di glorificarla e di argomentare i suoi significati a livello teologico e soteriologico, il Buddhismo ritiene che tale intuitiva comprensione dell'essere non è altro che una espressione del profondo legame e attaccamento degli uomini. Essa è la vera radice di tutte le sofferenze e di tutte le illusioni umane. La Liberazione ( ossia l'Illuminazione) è il risultato di un annientamento totale di tale innato, radicato attaccamento all'"essenza".
Questo è il motivo per cui la Vacuità ( vuoto di essenza) ha un ruolo così importante , decisivo nel pensiero e nella pratica buddhista.
L'intuizione primordiale di essere è priva di attributi, però l'attaccamento a questa intuizione proietta su di essa attributi nati dal desiderio: desiderio di durare, desiderio di significato, desiderio di non-essere nel divenire.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: maral il 10 Gennaio 2017, 11:34:14 AM
Ecco, la differenza fondamentale tra induismo e buddismo da un lato e Cristianesimo o le altre religioni del Libro credo stia proprio in questo annientamento totale che rappresenta per i primi la suprema gioia. L'annientamento totale coinvolge pure gli dei, anche Brahma (l'essere immenso in cui si realizza il creato e l'illusione), Visnù (la divinità immanente dell'aggregazione, presente in ogni forma esistente) e Shiva (la divinità trascendente della disgregazione) vengono infine annientati. E' qui esattamente l'opposto dell'idea cristiana di un'eternità in cui l'Essere supremo (inteso anche qui in senso trinitario) è eterno e conserva in eterno presso di Sè le anime meritevoli rendendole partecipi della Sua eternità in essere. Questo trattenersi in eterno delle anime individuali, per l'Induismo è al contrario l'essenza stessa della pena e del dolore.
E' interessante notare che ad esempio anche la reincarnazione, la trasmigrazione delle anime da una vita all'altra, per l'Occidente assume il significato positivo di un poter in qualche modo ripetere se stessi indefinitamente, mentre per l'Oriente è l'effetto di un karma negativo che potrà risolversi solamente nell'annientamento in cui solo può consistere la vera gioia. 
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Apeiron il 10 Gennaio 2017, 12:44:51 PM
Citazione di: Sariputra il 10 Gennaio 2017, 01:03:45 AM@ Apeiron scrive: Però mi fai notare una cosa interessante: "noi siamo il tempo". O forse: la vita è il tempo! Che l'eternità sia il tempo (d'altronde si può parlare di "temporalità del tempo" ? (http://www.riflessioni.it.cloud.seeweb.it/logos/Smileys/default/grin.gif) ). Il tempo d'altronde è l'unica cosa a-temporale. Esso crea e distrugge senza nessuna malizia, in modo imparziale. Che la soluzione sia abbandonarsi al tempo? Se noi siamo il tempo e il tempo è (anche) noi, l'eternità del tempo che è l'eternità del divenire è pure la nostra (anche la nostra) eternità. Noi, essendo parte del tempo/divenire, partecipiamo dell'eternità del tempo/divenire. Possiamo definirci un "meccanismo" dell'eternità ? Quando diciamo "noi" però lo usiamo in senso convenzionale, nel senso cioè della verità convenzionale, che non è falsa ma non è nemmeno la verità ultima. Se togliamo quel "noi" in cui ci identifichiamo come esseri sostanziali ( esseri in sé) tutto ciò che ci compone è diverso dal tempo/divenire? Se siamo solo una goccia del fiume che scorre in divenire, non siamo anche noi quel fiume? Forse è perché riteniamo erroneamente che non-siamo una goccia del fiume, ma bensì una cosa in sé, distinta dal fiume del divenire, cha aspiriamo a qualcosa di irrealistico che chiamiamo eternità-del-nostro-essere-un'entità-in sé? La sensazione di essere un'entità in sé è molto profonda, forse la natura stessa della coscienza( e dell'attaccamento). Se dico 'Apeiron è" esprimo con forza una sensazione di essere in sé di Apeiron; se dico invece "Apeiron è giovane" parlo della realtà esistenziale di Apeiron. Maritain scriveva: Così, la primordiale intuizione di essere è l'intuizione della solidità e inesorabilità dell'esistenza...E' un ragionare senza parole, che non può essere espresso in modo articolato senza sacrificare la sua vitale concentrazione. Qui ogni cosa dipende dalla naturale intuizione dell'essere-dall'intuizione di quell'atto di esistere che è l'atto di ogni atto e la perfezione di ogni perfezione..." Questa sensazione però non ci dice niente sull'esistenza. E' semplicemente la diretta e vivida esperienza di vivere prima del sorgere degli attributi della vita stessa; forse prima della spaccatura soggetto-oggetto. Nelle Upanishad abbiamo così la formula: Essenza= pura esistenza=la realtà di una cosa= l'atto di esistere= fondamento divino= substrato universale= Brahman= Essere di esseri. La presa di posizione buddhista nei confronti di questa sensazione intuitiva dell'Essere, ossia dell'essenza, è diametralmente opposta. Invece di glorificarla e di argomentare i suoi significati a livello teologico e soteriologico, il Buddhismo ritiene che tale intuitiva comprensione dell'essere non è altro che una espressione del profondo legame e attaccamento degli uomini. Essa è la vera radice di tutte le sofferenze e di tutte le illusioni umane. La Liberazione ( ossia l'Illuminazione) è il risultato di un annientamento totale di tale innato, radicato attaccamento all'"essenza". Questo è il motivo per cui la Vacuità ( vuoto di essenza) ha un ruolo così importante , decisivo nel pensiero e nella pratica buddhista. L'intuizione primordiale di essere è priva di attributi, però l'attaccamento a questa intuizione proietta su di essa attributi nati dal desiderio: desiderio di durare, desiderio di significato, desiderio di non-essere nel divenire.

Sulla prima parte è un pensiero che ogni tanto viene anche a me. Noi siamo per così dire momenti del tempo e la "beatitudine" è capire questo. Per quanto riguarda il buddhismo: sì il ragionamento che fai è che bisogna abbandonare i concetti perchè sono un attaccamento. Tuttavia io ragiono in modo molto concettuale per riuscire a "comprendere" davvero che non c'è bisogno del sostrato, motivo per cui su certe cose mi trovo più d'accordo con le Upanishads. Per quanto riguarda l'Advaita essa presuppone che il fondamento sia "senza attributi" e sinceramente la trovo molto simile al Buddismo (simile ma non uguale). D'altronde "anatta" e "neti-neti" sono molto simili come procedimenti d'indagine.
Detto questo il buddismo mi sembra troppo "insostanziale" (mi sembra un nichilismo mascherato). L'Advaita mi pare un nichilismo oppure un panteismo così estremo da dimenticarsi della realtà (troppo "acosmistico"...).

Credo invece che noi siamo finiti e che la nostra "anima" sia diversa da Brahman ma continua ad anelare tale realtà. Quello che non capisco è se tale anelito sia una "fregatura" che ci facciamo oppure se in realtà corrisponde alla realtà (se possediamo o no una "componente" eterna).

Citazione di: maral il 10 Gennaio 2017, 11:34:14 AMEcco, la differenza fondamentale tra induismo e buddismo da un lato e Cristianesimo o le altre religioni del Libro credo stia proprio in questo annientamento totale che rappresenta per i primi la suprema gioia. L'annientamento totale coinvolge pure gli dei, anche Brahma (l'essere immenso in cui si realizza il creato e l'illusione), Visnù (la divinità immanente dell'aggregazione, presente in ogni forma esistente) e Shiva (la divinità trascendente della disgregazione) vengono infine annientati. E' qui esattamente l'opposto dell'idea cristiana di un'eternità in cui l'Essere supremo (inteso anche qui in senso trinitario) è eterno e conserva in eterno presso di Sè le anime meritevoli rendendole partecipi della Sua eternità in essere. Questo trattenersi in eterno delle anime individuali, per l'Induismo è al contrario l'essenza stessa della pena e del dolore. E' interessante notare che ad esempio anche la reincarnazione, la trasmigrazione delle anime da una vita all'altra, per l'Occidente assume il significato positivo di un poter in qualche modo ripetere se stessi indefinitamente, mentre per l'Oriente è l'effetto di un karma negativo che potrà risolversi solamente nell'annientamento in cui solo può consistere la vera gioia.

Il punto è che buddhisti e indù (inteso come Advaita o simili) non dicono che la liberazione sia annientamento. Anzi entrambi condannano tale interpretazione della liberazione. Nel cristianesimo il Paradiso è eterno e libero dal dolore. Buddismo e simili negano proprio che il paradiso sia eterno e libero dal dolore proprio perchè o non hanno Dio o non hanno il concetto di Dio come quello cristiano.

P.S. Per la scuola Dvaita Vedanta indù c'è un Dio personale e ci sono Paradiso (eterna pace con Dio) e Inferno (eterna condanna) e anime predestinate. Questo per dire che l'induismo non è una religione ma ogni scuola indù si fa la propria.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: bluemax il 10 Gennaio 2017, 12:48:17 PM
Citazione di: maral il 10 Gennaio 2017, 11:34:14 AM
Ecco, la differenza fondamentale tra induismo e buddismo da un lato e Cristianesimo o le altre religioni del Libro credo stia proprio in questo annientamento totale che rappresenta per i primi la suprema gioia. L'annientamento totale coinvolge pure gli dei, anche Brahma (l'essere immenso in cui si realizza il creato e l'illusione), Visnù (la divinità immanente dell'aggregazione, presente in ogni forma esistente) e Shiva (la divinità trascendente della disgregazione) vengono infine annientati. E' qui esattamente l'opposto dell'idea cristiana di un'eternità in cui l'Essere supremo (inteso anche qui in senso trinitario) è eterno e conserva in eterno presso di Sè le anime meritevoli rendendole partecipi della Sua eternità in essere. Questo trattenersi in eterno delle anime individuali, per l'Induismo è al contrario l'essenza stessa della pena e del dolore.
E' interessante notare che ad esempio anche la reincarnazione, la trasmigrazione delle anime da una vita all'altra, per l'Occidente assume il significato positivo di un poter in qualche modo ripetere se stessi indefinitamente, mentre per l'Oriente è l'effetto di un karma negativo che potrà risolversi solamente nell'annientamento in cui solo può consistere la vera gioia.
Attenzione ad usare il termine "annientamento". Tale termine non ha nulla a che fare con il "terminare" ma molto piu' simile alla "fusione". 
In poche parole... "IO" sono un semplice risultato di cause ed effetti a cui partecipa l'intero universo... io e l'universo siamo la stessa "mescolanza", ne faccio parte. Siamo lo stesso mare e l'onda che diviene "io" e non vuole essere "mare", IGNORA di farne parte, presume di essere differente dal mare creandosi un "io" indipendente e quindi sofferenza. 

:) ciao
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Apeiron il 10 Gennaio 2017, 14:40:59 PM
Citazione di: davintro il 10 Gennaio 2017, 00:23:16 AMcredo che tutti aspirino all'eternità, se questo assunto lo si interpreta come il fatto che ciascuno di noi è intenzionalmente rivolto a raggiungere una condizione caratterizzata dalla sospensione del tempo. Ogni agire diretto dalla volontà e dalla razionalità presuppone sempre un dinamismo, un mutamento che non è mai fine a se stesso ma mirante al raggiungimento di un fine, un acquietamento nel quale il fine è stato raggiunto, e il mutamento perde la sua ragion d'essere. Contro tale assunto può muoversi l'obiezione che in molti casi l'uomo tragga piacere non nel raggiungimento di una meta statica, ma nel divenire stesso. Quante volte si gode nel viaggio, nel percorso intermedio tra l'inizio e la fine, nello sforzo stesso tendente al fine più che nel raggiungimento del fine stesso? Tuttavia anche in questi casi l'eternità non viene scalzata dalla sua posizione di oggetto delle aspirazioni, a costo però di operare una formalizzazione, una generalizzazione del concetto. Quando il divenire diviene oggetto di per sè di godimento, si vorrebbe che ciò che si sta facendo lo si continui a fare PER SEMPRE. Il divenire diviene il fine a cui tende il desiderio a condizione che sia un "eterno divenire". Il concetto di "durata" è una declinazione di quello di "eternità", qualcosa tanto più dura quanto più si approssima all'ideale di "eternità". Insomma intesa in un'accezione più formale, intesa cioè a prescindere dalla determinatezza del contenuto, del quid che costituisce la realtà che dura senza più finitezza temporale, l'eternità è la prospettiva che le nostre inclinazioni mirano a raggiungere, insita nella struttura teleologica di tutto ciò che accade. Dunque l'orizzonte finalistico dell'eternità è un dato universale al di là delle differenti tradizioni religiose, mitiche, intellettuali che cercano di "riempire" l'indeterminatezza dell'idea di eternità con certi sistemi di rappresentazioni, di dogmi, di concetti filosofici. Non solo nel modello teista cristiano lineare dove l'eternità coincide con la eterna durata dalla beata contemplazione della visione divina da parte delle anime, ma anche in quello ciclico come nell' Amor fati nicciano dove, se ben interpreto, l'uomo, divenuto ora Oltreuomo, rinuncia alla speranza di un'escatologia trascendente il mondo e gode dell'idea dell'Eterno ritorno, l'oggetto verso cui si rivolgono i nostri desideri, il valore sommo, è qualcosa che dura eternamente, sia esso un ente trascendente il mondo, Dio, o lo stesso susseguirsi degli eventi mondani. Anche se non è poi da sottovalutare il fatto che nel modello lineare il valore dell'eternità è da considerarsi più accentuato, in quanto l' eterno non sarebbe solo la forma della realtà, ma anche il contenuto finale, il godimento dell'eternità divina, un'eternità ipostatizzata, che si costituisce come realtà per sè, mentre nel modello ciclico l'eterno resta presente in modo formale, l'ordine delle successioni di un contenuto che però si identifica con ildivenire, con la molteplicità di enti ciascuno dei quali, preso in se stesso non è eterno, ma diveniente e finito. E questa riduzione all'accezione formale comporta a mio avviso anche un certo depotenziamento valoriale dell'eternità Trovo un pò ambigua l'idea di "comprensione dell'eternità". Cosa si intende per "comprendere" in questo contesto? Se si intende omprendere un concetto come un coglierne il senso generale, definirlo, utilizzandolo per collocarlo in un'analisi, in una discussione come ora stiamo facendo, allora si può dire che l'eternità è comprensibile, o quantomeno ci proviamo a comprenderla. Tuttavia, vivendo nella storia, nella temporalità, non avendo un'esperienza concreta di qualcosa di eterno, questa comprensione resta per noi qualcosa di astratto, generico, intellettualista, ma di non vissuto. Sintentizzando, vivendo nel mondano, l'eternità la possiamo comprenderla ma non viverla. E tuttavia proprio tale scarto tra vita e comprensione può essere vista come la manifestazione della non riducibilità della nostra coscienza intellettale alla contingenza temporale del mondo...

Bel post. Concordo con te che l'anelito sia il più "profondo" dei nostri desideri. Tu però sostieni che noi comprendiamo l'eternità. Non sono d'accordo: l'eternità che aneliamo è una eternità "da vivere" e non un concetto. Motivo per cui secondo me i concetti che ci facciamo di eternità sono tutti insoddisfacenti ma ciò è dovuto al fatto che non parliamo di cose che non possiamo comprendere.

Citazione di: Angelo Cannata il 09 Gennaio 2017, 23:01:29 PM
Citazione di: Apeiron il 09 Gennaio 2017, 22:31:22 PMComunque tu che ne pensi dell'eternità?
Boh, è una parola che non mi dice niente.

Trovo interessante questa tua posizione. In sostanza stai abbracciando un "finitismo" radicale, che per me come ti avevo già detto è nichilismo. Quindi secondo te il nostro desiderio di "trascendere" è un auto-inganno?

Citazione di: paul11 il 09 Gennaio 2017, 23:41:56 PMTrovo che invece quasi tutte le spiritualità abbiano una struttura simile, una sintassi, dove anche le filosofie si differenziano nelle semantiche. Il tempo non è il problema, e nemmeno il divenire e l'eternità, Il tempo è vuoto, ma è l'esistenza che viene permessa dal tempo e la sostanza e le essenze vengono conosciute dall'esperienza. Allora il tempo diventa destino in cui il problema è il senso dell'esistenza nel processo del conoscere, dell'acquisizione delle sostanze. L'eternità più che un tempo è lo "stato" in cui la coscienza che esiste, vale a dire l'autocoscienza diventa coscienza di un "tutto", l'acquisizione della "pienezza" è il culmine del processo esistenza che conosce. A me pare quindi che il conoscere e l'esistere, si relazionano nell'esperienza attraverso il mezzo temporale che permette l'acquisizione. A questo punto il problematico è il significato dell'esistere, (che ci facciamo nel mondo) e se e quale conoscenza permette quell'eterno stato finale, ammesso che ci possa essere, in cui l'esistenza prende coscienza di un sapere assoluto, sempre ammesso che sia possible. E ognuno, più o meno coscientemente o schiavo del tempo, sceglie una sua strada, una sua filosofia, una sua scienza o spiritualità, insomma un suo destino.

Concordo con te che ci sono affinità tra le varie forme di spiriualità e l'affinità è appunto la divisione tra per così dire "le alte e le basse sfere". Ogni religione e ogni spiritualità è trascendenza e d'altronde tutte nascono dal desiderio di "andare oltre...". In sostanza l'uomo dotato di auto-coscienza è il primo a immmaginare qualcosa di "più alto" della sua condizione.
Ma se tutte le forme di spiritualità hanno questa radice esse si differenziano secondo me non solo per la semantica. D'altronde come si può ritenere compatibili per esempio le citate scuole indù Dvaita e Advaita (il fondatore della prima, Madhva, riteneva che i secondi erano "demoni ingannatori"). Tra di esse pratica e dottrina sono troppo diverse per dire che cambia solo il significato. Anzi la (così marcata) differenza tra le varie religioni è uno dei più grandi misteri per me.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Apeiron il 10 Gennaio 2017, 14:49:49 PM
Citazione di: bluemax il 10 Gennaio 2017, 12:48:17 PM
Citazione di: maral il 10 Gennaio 2017, 11:34:14 AMEcco, la differenza fondamentale tra induismo e buddismo da un lato e Cristianesimo o le altre religioni del Libro credo stia proprio in questo annientamento totale che rappresenta per i primi la suprema gioia. L'annientamento totale coinvolge pure gli dei, anche Brahma (l'essere immenso in cui si realizza il creato e l'illusione), Visnù (la divinità immanente dell'aggregazione, presente in ogni forma esistente) e Shiva (la divinità trascendente della disgregazione) vengono infine annientati. E' qui esattamente l'opposto dell'idea cristiana di un'eternità in cui l'Essere supremo (inteso anche qui in senso trinitario) è eterno e conserva in eterno presso di Sè le anime meritevoli rendendole partecipi della Sua eternità in essere. Questo trattenersi in eterno delle anime individuali, per l'Induismo è al contrario l'essenza stessa della pena e del dolore. E' interessante notare che ad esempio anche la reincarnazione, la trasmigrazione delle anime da una vita all'altra, per l'Occidente assume il significato positivo di un poter in qualche modo ripetere se stessi indefinitamente, mentre per l'Oriente è l'effetto di un karma negativo che potrà risolversi solamente nell'annientamento in cui solo può consistere la vera gioia.
Attenzione ad usare il termine "annientamento". Tale termine non ha nulla a che fare con il "terminare" ma molto piu' simile alla "fusione". In poche parole... "IO" sono un semplice risultato di cause ed effetti a cui partecipa l'intero universo... io e l'universo siamo la stessa "mescolanza", ne faccio parte. Siamo lo stesso mare e l'onda che diviene "io" e non vuole essere "mare", IGNORA di farne parte, presume di essere differente dal mare creandosi un "io" indipendente e quindi sofferenza. :) ciao

Bluemax ciò è vero solo per (alcune) tradizioni che seguono le Upanishads. Già per l'Advaita parlare di "unione" è problematico. Per il buddismo è errato. Infatti per l'Advaita quello che devi riconoscere è che "la natura profonda del tuo essere" è Narguna Brahman dopo aver "distrutto" le illusioni tramite la procedura del Neti-Neti. Motivo per cui non credo che si possa parlare di unione nella tradizione dell'advaita. Per il Buddismo quello che si cercava di fare è tirare via ogni idea del e non unirsi a un "Sé più grande".
In entrambi i casi per "ottenere l'eternità" è quello di "abbandonare l'ego". Non solo però abbandonare il proprio ma tutti gli ego. Fatto ciò si trascendono le distinzioni e rimangono per il buddismo il Nirvana mentre per l'Adviata un "Essere" ma tale essere è per così dire "vuoto", senza attributi.
La cosa interessante è che in queste filosofie la mancanza di eternità è dovuta all'ignoranza mentre per cristianesimo e dvaita al peccato.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Sariputra il 10 Gennaio 2017, 15:00:07 PM
@ bluemax e Apeiron
Quando si parla di annientamento totale, s'intende annientamento totale dell'attaccamento alla falsa concezione di un sé immutabile, eterno e sostanziale.  Non deve intendersi come annientamento della vita e nemmeno come annientamento del sé convenzionale, empirico; quel sé necessario che tutti "noi" usiamo. Altrimenti il buddhismo sarebbe una forma di nichilismo...cosa che evidentemente non è.
Apeiron, c'è una differenza sostanziale tra il neti, neti ( né questo né quello) di matrice vedantina e la Vacuità buddhista. L'induismo è profondamente centrato sul concetto di Essere. In Brahman tutte le cose trovano la loro radice e unità; in questo senso il Brahman appare come il substrato di tutte le cose. Tutte le cose, nonostante le loro forme e nature differenti, hanno nell'Essere (Sat) la loro radice senza alcuna eccezione:
"Come tutti i raggi sono tenuti assieme dal mozzo e dal cerchione di una ruota, proprio così da questo Brahman, tutti gli esseri, tutti gli dei, tutti i mondi, tutte le creature respiranti, tutti questi io sono tenuti assieme..."
(Brhadaranyaka Upanishad)
"Tutte queste creature...hanno la loro radice nell'Essere. hanno l'Essere come loro dimora, L'Essere come loro supporto" (Chandokya Upanishad)
Le Upanishad sottilineano sempre la primaria importanza dell'Essere. L'Essere era al principio, è nel mezzo e si trova alla fine di ogni cosa. L'affermazione negativa concernente il nirguna brahman ( cioè il Brahman privo di attributi), suggerisce solo che il Brahman è non questo, non quello (neti,neti), ma non suggerisce che questo Brahman sia privo di un proprio essere o Io-autonomo.
La vacuità buddhista, al contrario, afferma sia l'aspetto non-è che quello non-c'è; ossia la Vacuità assoluta é, da una parte, non-questo e non-quello,e dall'altra non ha io-autonomo. E' essa stessa completamente vuota; non c'è assolutamente neppure un essere di qualche sorta ( se non come mera designazione mentale convenzionale...).
L'atman vedico è Puro Essere, mentre leggiamo cosa si spinge a dire Subhuti ( discepolo del Buddha) :
"...Io affermo che anche il Nirvana è simile a un sogno e a un'illusione magica".
Chiesero allora:" O Subhuti, stai davvero dicendo che persino il Nirvana è simile ad un sogno e a un'illusione magica?"
Subhuti rispose:" Miei cari, se ci fosse qualcosa di superiore persino al Nirvana, io direi ancora che tal cosa è simile a un sogno e a un'illusione magica. Miei cari, non esiste la benchè minima differenza tra il Nirvana e i sogni e le illusioni magiche".
La dottrina della Vacuità assoluta viene qui chiaramente pronunciata.
Subhuti non era un pazzo. Era un autentico discepolo di Siddharta al quale fu chiesto , una volta, se poteva condensare in una frase il sua Insegnamento. La risposta fu:
"Nulla a cui aggrapparsi". (Nemmeno quindi al concetto di Nirvana...)

P.S. Questa discussione forse era più opportuno inserirla nelle tematiche spirituali. Perché abbiamo abbandonato l'aspetto puramente filosofico per approfondire le differenze filosofiche delle varie religioni... :-\
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Angelo Cannata il 10 Gennaio 2017, 15:07:41 PM
Citazione di: Apeiron il 10 Gennaio 2017, 14:40:59 PM
Trovo interessante questa tua posizione. In sostanza stai abbracciando un "finitismo" radicale, che per me come ti avevo già detto è nichilismo. Quindi secondo te il nostro desiderio di "trascendere" è un auto-inganno?
Secondo me una filosofia che voglia sforzarsi di essere buona filosofia deve sforzarsi di aderire per quanto è possibile all'esperienza umana fisica, materiale, irriflessa. La parola eternità mi sembra quanto di più lontano si possa immaginare dall'esperienza umana, è come parlare di asini che volano, pura, purissima immaginazione.
Io mi ritengo nichilista e mi sembra che quanti accusano il nichilismo di essere troppo negativo, distruttivo, nullificante, in realtà ciò che temono annullato sono proprio concetti ultrateorici e ultraimmaginari come appunto quello di eternità, che essi invece considerano irrinunciabili.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Sariputra il 10 Gennaio 2017, 15:46:20 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 10 Gennaio 2017, 15:07:41 PM
Citazione di: Apeiron il 10 Gennaio 2017, 14:40:59 PMTrovo interessante questa tua posizione. In sostanza stai abbracciando un "finitismo" radicale, che per me come ti avevo già detto è nichilismo. Quindi secondo te il nostro desiderio di "trascendere" è un auto-inganno?
Secondo me una filosofia che voglia sforzarsi di essere buona filosofia deve sforzarsi di aderire per quanto è possibile all'esperienza umana fisica, materiale, irriflessa. La parola eternità mi sembra quanto di più lontano si possa immaginare dall'esperienza umana, è come parlare di asini che volano, pura, purissima immaginazione. Io mi ritengo nichilista e mi sembra che quanti accusano il nichilismo di essere troppo negativo, distruttivo, nullificante, in realtà ciò che temono annullato sono proprio concetti ultrateorici e ultraimmaginari come appunto quello di eternità, che essi invece considerano irrinunciabili.

Il termine "nichilismo" ( dal latino nihil, niente), non gode di buona reputazione perché viene comunemente , a torto ma anche a ragione, ritenuto evidenziare comportamenti rinunciatari, rivolti alla distruzione di qualsivoglia istituzione e di qualsiasi sistema di valori , sia sociali che morali. Dostoevskij, nei Dèmoni, ne trae  un'efficace ritratto nella figura di Nikolaj Stavrogin; un essere che appare impermeabile a qualsivoglia emozione, inumano, distaccato e distante, afflitto da una specie di noia esistenziale che lo spingerà ad uccidere, per vedere quello che si prova...infliggere sofferenza ( di solito all'altro... ;D) per dimostrare l'affrancamento da qualsiasi falsa ( ritenuta falsa dal nichilista...) morale. Personalmente lo vedo un sistema di pensiero dogmatico: è l'esatto contrario del Tutto-esiste, altro dogmatismo...
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Angelo Cannata il 10 Gennaio 2017, 16:13:37 PM
Citazione di: Sariputra il 10 Gennaio 2017, 15:46:20 PM
Personalmente lo vedo un sistema di pensiero dogmatico: è l'esatto contrario del Tutto-esiste, altro dogmatismo...
Sicuramente esistono molte versioni di nichilismo, come di relativismo ecc. Un criterio che io cerco di usare è quello di applicare ogni metodo anzitutto a se stesso. Così sono uno che dubita, ma ogni dubitare che si rispetti deve dubitare anzitutto di se stesso; e così ogni nichilismo e ogni relativismo. Il mio nichilismo è rinuncia ad assumere posizioni certe, rinuncia ad ogni verità, rinuncia alla rinuncia, considerando che nell'esistenza può anche accadere che si trovi preferibile parteggiare per qualcosa. Il tempo mi permette tutto questo: a volte rinuncio, a volte parteggio. Penso che una buona filosofia debba anche prendere atto che non potrà sottrarsi alla necessità di esprimersi in un linguaggio umano e il linguaggio umano è capace di mille tradimenti e ambiguità; un "probabilmente" detto mille volte può diventare più forte di una certezza. Non ha senso pensare che una certezza sia diventata tale nella nostra mente solo perché filosoficamente vi abbiamo aderito. Siamo tutti capaci di essere infedeli alle nostre stesse convinzioni, non c'è problema a trovare giustificazioni a tutto.
Ora, in questo mio contesto mentale, il concetto di eternità mi viene a risultare troppo lontano da questo essere contaminato di ciò che è umano. Il concetto di eternità non può essere contaminato, non è possibile pensare che esistano cose "un po' eterne". E allora il concetto di eterno mi risulta falso, alieno dalla natura umana. Invece il dubitare, il relativismo, il nichilismo, mi sembrano più disponibili ad essere inquinati, distorti, relativizzati, quindi più vicini all'umano. Quest'amore per la contaminazione, l'imperfezione, potrebbe apparire amore per la disonestà mentale, ma penso che disonesto sia ciò che viene tenuto nascosto, ciò che non si vuole ammettere. Io non nascondo questo parteggiare per il contaminato, lavoro per giocare a carte scoperte, anzitutto con me stesso, pur sapendo che anche ciò è ben lungi dall'essere una meta definibile.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: baylham il 10 Gennaio 2017, 19:08:07 PM
Il desiderio, la gioia di vivere, è la forza più potente, non la paura della morte, che rimane sullo sfondo.

Il desiderio, la curiosità, sono la spinta all'avventura, all'esplorazione, al cambiamento. La conservazione riguarda ciò che è positivo, buono, bello, giusto della realtà, che è normalmente ambivalente.

Sebbene con schemi interpretativi diversi, mi trovo d'accordo con Severino che ogni ente sia eterno. Ogni cosa è parte di un essere infinito ed eterno, è essa stessa eterna, incancellabile, infinita.

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.

L'infinito di Leopardi.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Apeiron il 10 Gennaio 2017, 22:37:07 PM
@Sariputra,
Lo terrei qui per due motivi: possiamo considerare la "deviazione religiosa" come il solito off-topic e tornare a parlare in termini filosofici. Se i moderatori pensano che il danno è fatto, non mi oppongo a spostarla, riconoscendo la mia colpa nella divagazione! In ogni caso grazie della lezione sulle Upanishads. Comunque il mio topic era pensato come una libera riflessione sulla questione "tempo vs eternità", non volevo discutere una particolare idea di essa e quindi ritengo che comprendere le posizioni di tradizioni religiose su questa questione sia ancora una riflessione filosofica.

Citazione di: baylham il 10 Gennaio 2017, 19:08:07 PMIl desiderio, la gioia di vivere, è la forza più potente, non la paura della morte, che rimane sullo sfondo. Il desiderio, la curiosità, sono la spinta all'avventura, all'esplorazione, al cambiamento. La conservazione riguarda ciò che è positivo, buono, bello, giusto della realtà, che è normalmente ambivalente. Sebbene con schemi interpretativi diversi, mi trovo d'accordo con Severino che ogni ente sia eterno. Ogni cosa è parte di un essere infinito ed eterno, è essa stessa eterna, incancellabile, infinita. Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quïete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare. L'infinito di Leopardi.

Bellissimo l'infinito  :D  Comunque se esiste una visione delle cose sub specie aeternitatis allora certamente ogni ente è eterno. Anzi ogni momento è eterno. Spinoza riteneva che il modo giusto di vedere le cose era come "modi" della Sostanza.  Nel suo caso visto che tutto era necessario allora il tempo era illusorio, una distorsione della nostra natura finita. Quello che bisognava fare era comprendere che l'Esistenza è Necessità. La pluralità perciò era in modo analogo all'Advaita una distorsione, esattamente come il tempo. Tuttavia secondo me il problema di questa visione è che non spiega il motivo per cui noi siamo inconsapevoli di ciò e inoltre non spiega veramente il molteplice, lo deve "assumere" dall'esperienza. Inoltre questa visione non lascia scampo al libero arbitrio.
Nella mia visione l'eternità e tempo sono due realtà diverse. Questo mondo è temporale, imperfetto e quindi "insoddisfacente". La temporalità denota dunque il fatto che gli "enti" di questo mondo sono dipendenti, non sono sostanziali ecc. L'eternità invece coincide con la realtà perfetta che è aldilà di ogni disgregazione, distruzione ecc. Noi non possiamo però comprenderla visto che siamo nel tempo. Il fatto che la aneliamo a mio giudizio denota tuttavia che questa "realtà perfetta" c'è. E non appena riusciamo a "contattarla" (perdonate il termine, non so trovarne uno migliore) "trascendiamo" la temporalità per il fatto che vivivamo in un altro modo. Quello che avviene cioè è un cambiamento di prospettiva che cambia il modo di vedere le cose. Ogni concettualizzazione però di questo "oltre" è però a sua volta imperfetta e a mio giudizio è bene scegliere quella che per noi è la migliore.

Pensiamo ad esempio a un libro. Dal punto di vista dei personaggi il loro mondo è tutta la loro realtà. Lo scrittore vuole però conferire alla sua storia un carattere "elevato" nel senso che la sua storia non è una mera collezione di fatti ma ha un messaggio, una trama che non sono note ai personaggi. Il personaggio magari si può immaginare di essere in un libro tuttavia non conoscendo la trama se tenterà di spiegare agli altri personaggi la sua intuizione lo prenderanno poco sul serio proprio perchè la sua descrizione della trama farà acqua da tutte le parti. Quindi se la sua intuizione è giusta quello che sbaglia è "attaccarsi" troppo alla sua versione della trama. Chiaramente un personaggio che sa di essere in una trama, che la sua storia ha un senso ecc vivrà in modo diverso da uno che non si pone il problema.

Dunque a mio giudizio l'eternità è (anche) un modo diverso di vedere il mondo ma non nel senso spinozistico.

Sono però convinto che fare un sistema filosofico su questa questione sia impossibile. Ogni tentativo di formalizzare questi concetti si rivela ahimé in una chimera!
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Sariputra il 11 Gennaio 2017, 09:45:36 AM
"Ah! Se avessi tempo farei un bel viaggio"; ci diciamo spessso. "Se avessi un pò più di tempo risolverei quel problema che ho con mia moglie"..."Vorrei avere più tempo per seguire mio figlio"..."Mi manca il tempo per dedicarmi agli altri"...In noi c'è sempre questa fame di tempo; il tempo sembra non bastare mai. Questo desiderio di tempo diventa una sorta di contenitore illusorio dentro cui, ci immaginiamo, poter soddisfare gli inesauribili altri desideri. Purtroppo disponiamo di un tempo limitato: chi due anni, chi venti, chi cento, alcuni pochi giorni soltanto. "Era così giovane!" Esclamiamo davanti alla morte di un bimbo; oppure :"Aveva ancora così tanto da vivere!". Questo sentimento della durata è potentissimo in noi e mi sembra non sia distinguibile dal quel famoso primo sentire di esistere di cui parlava Maritain, che ho già citato. Nel momento in cui sentiamo di esistere come qualcosa in se stessa fondata, appare anche la sensazione della durata. Essere diventa così "essere nel tempo" o anche "durare nel tempo". In effetti sembra proprio che abbiamo bisogno di tempo per sentire d'essere o, per meglio dire, quando sentiamo di essere creiamo il nostro tempo. Quale durata di tempo crea un feto nell'utero materno, quando ancora non sa di essere e non sa di dover cessare d'essere? Non vi è alcun tempo psicologico, eppure c'è vita. Se il sentimento di essere ( o coscienza d'essere) è così inestricabilmente intrecciato con il sentimento della durata ( che è la costruzione psicologica di un tempo d'essere) ne consegue che è inconcepibile per l'Essere il sentimento della cessazione del tempo psicologico, da se stesso creato e che crea il proprio essere stesso. La morte, che è sostanzialmente la cessazione del proprio tempo psicologico e quindi del proprio "essere nella durata del tempo",  diventa non solo il Grande Nemico di questa creatura formatasi dalla coscienza di essere nella durata del tempo da se stessa creato, ma necessariamente la porta per un'ulteriore durata di tempo. Questa porta , immaginata sull'apoteosi di tutti i desideri dell'essere nel tempo ( e quindi "paradiso" in quanto ho finalmente tutto il tempo che mi serve), oltre che dimostrare il profondo attaccamento della sensazione d'essere alla propria durata, non apre solamente ma anche funge da barriera, da porta sbarrata davanti al pensiero di non-essere che l'osservazione e la ragione sembrano voler insinuare alla coscienza stessa. Se la ragione sussurra alla coscienza d'essere." Osserva la vita! Guarda come tutto si trasforma in continuazione da sempre. Perché non l'accetti? Perché ti opponi alla tua trasformazione?" Questa sensazione di essere in una durata di tempo chiude gli occhi ( metaforicamente parlando...) all'evidenza o si ribella a questo ineluttabile passare, a questa perdita del proprio tempo interiore e , prendendo la ragione sotto braccio, obietta:" Cara mia, tu vedi che tutto si trasforma, ma io non sono una parte di quel tutto che vedi. Io sono diversa, non ne faccio parte, io l'osservo soltanto questa trasformazione. Io sono lo spettatore che se ne sta seduto con i pop-corn in mano a guardare il film della trasformazione, così interessante"...
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Apeiron il 11 Gennaio 2017, 12:35:17 PM
Sariputra, il problema che ho col buddismo è il seguente. Buddha dice in sostanza che ogni rinascita, perfino nei paradisi è impermanente cioè non è eterna. Buddha in sostanza ti dice: guarda per quanto ti possa andare bene arriverai in uno stato paradisiaco il quale è certamente pieno di gioia ma è in ultima analisi pericoloso perchè non è di durata infinita. Il buddismo "crolla" se ci fosse uno stato di eternità "gioiosa". E di fatto ci piazza "il suo", il Nirvana (so che tu mi dirai che il Nirvana non è una "vita eterna" e lo so anche io). Non mi puoi negare che dopotutto Buddha diceva che "la vita è sofferenza" per via dell'impermanenza, ossia che ad esempio gustarsi una buonissima torta è "dukkha" proprio perchè è "anicca". Infatti Buddha afferma chiaramente che il problema delle rinascite nel paradiso tra i deva è che gli stessi deva hanno una vita finita, ma lunghissima.

Il vero problema che volevo porre è: se anche vivessimo in eterno (quindi assumendo se vogliamo una "rinascita in un mondo permanente e non soggetto a malattia, vecchiaia e morte") questa "vita eterna" sarebbe veramente soddisfacente per noi? A mio giudizio questo crea un "paradosso" (anzi a mio giudizio è il Mistero centrale della vita) che condiziona tutta la vita umana. Noi desideriamo l'eternità eppure non appena cominciamo ad immaginarcela seriamente questa ci terrorizza perchè ci sentiamo imprigionati. Come risolvere cio? O sperando che l'eternità non sia una prigione (sperando che l'eternità non è quello che riusciamo ad immaginarci...), o togliendoci il desiderio di vita oppure perdere l'identità.

I greci speravano nella fama, per loro la vita eterna era anche l'essere ricordati tra i posteri. Forse che l'eternità come dice baylham è la memoria che imprimiamo sul mondo. Sì se il mondo fosse eterno...
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Sariputra il 11 Gennaio 2017, 16:04:39 PM
Citazione di: Apeiron il 11 Gennaio 2017, 12:35:17 PMSariputra, il problema che ho col buddismo è il seguente. Buddha dice in sostanza che ogni rinascita, perfino nei paradisi è impermanente cioè non è eterna. Buddha in sostanza ti dice: guarda per quanto ti possa andare bene arriverai in uno stato paradisiaco il quale è certamente pieno di gioia ma è in ultima analisi pericoloso perchè non è di durata infinita. Il buddismo "crolla" se ci fosse uno stato di eternità "gioiosa". E di fatto ci piazza "il suo", il Nirvana (so che tu mi dirai che il Nirvana non è una "vita eterna" e lo so anche io). Non mi puoi negare che dopotutto Buddha diceva che "la vita è sofferenza" per via dell'impermanenza, ossia che ad esempio gustarsi una buonissima torta è "dukkha" proprio perchè è "anicca". Infatti Buddha afferma chiaramente che il problema delle rinascite nel paradiso tra i deva è che gli stessi deva hanno una vita finita, ma lunghissima. Il vero problema che volevo porre è: se anche vivessimo in eterno (quindi assumendo se vogliamo una "rinascita in un mondo permanente e non soggetto a malattia, vecchiaia e morte") questa "vita eterna" sarebbe veramente soddisfacente per noi? A mio giudizio questo crea un "paradosso" (anzi a mio giudizio è il Mistero centrale della vita) che condiziona tutta la vita umana. Noi desideriamo l'eternità eppure non appena cominciamo ad immaginarcela seriamente questa ci terrorizza perchè ci sentiamo imprigionati. Come risolvere cio? O sperando che l'eternità non sia una prigione (sperando che l'eternità non è quello che riusciamo ad immaginarci...), o togliendoci il desiderio di vita oppure perdere l'identità. I greci speravano nella fama, per loro la vita eterna era anche l'essere ricordati tra i posteri. Forse che l'eternità come dice baylham è la memoria che imprimiamo sul mondo. Sì se il mondo fosse eterno...

Beh, quello di sperare nella fama e negli onori del mondo, come aspiravano i greci, mi sembra il più inconsistente dei "paradisi".  Dove sei per gustarti questa fama? Ridicolo...tra l'altro poi tutti quanti ti reinterpreteranno a loro uso e consumo e in base alle loro visioni del mondo...E quello che hai prodotto o lasciato ti rappresenta veramente? Quello che Sari, per es., scrive sul forum esaurisce Sari? ...
Per rispondere alla tua domanda, direi : se la vita eterna ( ma sarebbe più esatto dire "la vita perpetua" come ha fatto notare Donquixote nel topic di spiritualità...) significa che questo mio senso dell'Io-autonomo sopravvive alla trasformazione del corpo nella morte e finisce in altro luogo dove dura un tempo senza fine, non potrebbe gustare vera beatitudine perché l'Io è una creatura dell'attaccamento e che vive  e si nutre del senso di separazione da ciò che non è Io. Una vera beatitudine potrebbe manifestarsi solo nell'annullamento dell'Io personale nella totalità dell' eventuale divinità che ha creato il tutto. Annullandosi l'io personale però verrebbe a mancare il soggetto che può pensare."Ecco, sono beato come un riccio! ;D...che bella questa perpetua beatitudine!".
In realtà quello che le religioni teiste sostengono è che proprio questo Io personale, questo Sari di Sotto il Monte, con i suoi ricordi, con i suoi affetti e con la sua infinita collezione di peccati , legati per sempre dietro di lui come le lattine colorate alla marmitta dell'auto degli sposi, entra, dopo opportuna valutazione, in questo regno di gioia perpetua.
Il problema grosso, a mio modesto avviso, che qui si pone è quello di definire cos'è esattamente quell'Io personale, quel Sari di Sotto il Monte che eventualmente si presenta alle porte della dimora divina. Essendo il Sari, come qualunque cosa, un processo causato e condizionato in divenire, qual'è il "vero Sari" che merita di entrare nel convito dei santi?  Questo svela l'interpretazione lineare del tempo che ci immaginiamo come una linea con un inizio e una fine e con un processo di sviluppo che dovrebbe culminare con il "vero me stesso" . Osservando la vita però notiamo che così non è. Molti muoiono prima di sviluppare alcun senso di un Io-autonomo, altri prima ancora di vedere la Luce di questo mondo, altri perdono il loro senso dell'Io-autonomo nello sfacelo della demenza. Per ovviare al problema si è inventato lo "spirito"; ma nessuno sa quali sono gli attributi dello spirito, ossia quali sono gli attributi di una cosa non soggetta al divenire. la coscienza? Ma la coscienza non esiste intrinsecamente, è sempre coscienza di qualcosa, e quel qualcosa di cui si nutre la coscienza è sempre in divenire. Pertanto, se anche la coscienza sopravvive alla morte, ha sempre bisogno per essere di un oggetto di coscienza, ha bisogno di vedere "davanti a sé " qualcosa, ha bisogno di "vedersi" separata da Dio per riconoscerlo. Ma la coscienza non è memoria e quindi non saremmo "noi stessi" come comunemente ci intendiamo a gustare questa separazione e questa visione. Dovrebbe essere qualcosa di totalmente altro da "noi stessi". E l'Io-autonomo sarebbe spacciato lo stesso..."noi" saremmo ( io sostengo che siamo...) spacciati! ( il che non lo vedo come una maledizione, anzi...non mi potrei sopportare per l'eternità/perpetua...già faccio fatica adesso :-[). Perderemmo la nostra tanto amata identità, che è fatta di memoria e costruita sulla memoria...( e i peccati dove vanno? L'è dura da mandar giù questa idea, ha troppe ombre e poche luci...).

Su dukkha...il piacere non è sofferenza . E' l'attaccamento alle sensazioni di piacere che genera la sofferenza, perché ci spinge continuamente a reiterare questo attaccamento. Per questo si insegna a vedere anche il piacere come possibile fonte di sofferenza. Infatti viene detto che la gioia più vera è data dal non attaccarsi al desiderio di provare gioia... ;D ;D ;D
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Apeiron il 11 Gennaio 2017, 17:20:27 PM
@Sariputra
Concordo che quello greco sia il più inconsistente dei "paradisi" perchè appunto si basa solo sulle nostre aspirazioni e sulle aspirazioni dei posteri. Inoltre se l'umanità si estingue l'eternità va a farsi friggere.

L'eternità a mio giudizio diventa sopportabile se e solo se appunto tutto ciò che caratterizza la vita "terrena" cambia. Se anche rimanessi "io" non potrei sopportarmi all'infinito. Quindi a questo punto dovremo pensare che la presenza dell'eventuale Dio attiri per così dire la mia mente completamente, la svuoti da pensieri auto-referenziali e mi dia un senso di "pace infinita". Oppure questa eternità si risolve con l'abbandono dell'io. Se l'eternità non è così allora è disperazione pura!

Concordo con te poi sulla questione dello spirito, del "vero io" che è oscurissima e per nulla evidente. Ad esempio se il vero io fosse la coscienza essa sarebbe diversa di quella di un neonato Quindi anche nel dopo-la-morte se incontrassi tale neonato come potrei parlargli, mi capirebbe? C'è ovviamente qualcosa di impreciso in tutto questo...

Sulla questione di dukkha comunque non hai risposto :) pensa ad uno stato in cui puoi mangiare all'infinito una buonissima torta senza aver "problemi". In questo caso l'attaccamento non costituisce sofferenza. Costituisce sofferenza solo se ci si attacca ad un piacere che è di durata finita :)
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: maral il 11 Gennaio 2017, 19:54:36 PM
Mah... non sono un esperto di Induismo o di Buddismo e delle varie articolazioni di queste religioni e dubito che un Occidentale possa davvero comprenderne il pensiero che le regge, ma nella versione interpretativa di Alain Danielou sull'Induismo è proprio di annientamento come stato supremo che si parla. Annientamento che non è una fusione del Sé con un universo o una totalità che continua a essere, ma è annientamento del Sé e annientamento della intera totalità cosmica, Dei compresi. E' un reale stato di sonno profondo da cui ogni sogno è finalmente assente.
Non so se questo possa considerarsi nichilismo, nichilismo è un termine Occidentale, un modo di vedere e di sentire dell'Occidente, sempre venato da un esistenzialismo che credo sconosciuto in Oriente. Può essere comunque che Danielou, anche se ha vissuto molti anni in Oriente a studiare i testi sacri induisti ne sia influenzato. La coesione e quindi la fusione, lui dice, è data da Visnù che rappresenta il principio immanente, presente in ogni cosa, la disgregazione da Shiva che rappresenta sia l'aspetto distruttivo che la pace suprema della non esistenza cosmica ed è trascendente, Mentre Brahma è il principio dell'equilibrio che appare nella Totalità (Brahaman) come un movimento vorticante determinante quello spazio solo nel quale le cose possono esistere. Ma anche questi tre principi sono destinati a disgregarsi, anche Brahama con tutto il suo spazio vorticante creatore, dunque non resta proprio nulla. E questo è ben rappresentato dalla dea Kali (Potenza suprema e invincibile del Tempo), terrificante, ma allo stesso tempo vera portatrice della suprema gioia del totale annientamento finale.
Temo peraltro che anche i termini di Essere e Non Essere siano troppo legati a un modo di intenderli Occidentale.
Resta il fatto che sia in termini religiosi che filosofici c'è chi vuole rimanere a tutti i costi e c'è chi non vuole rimanere per nulla, nel senso più radicale del termine.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Sariputra il 11 Gennaio 2017, 21:57:27 PM
Citazione di: Apeiron il 11 Gennaio 2017, 17:20:27 PM@Sariputra Concordo che quello greco sia il più inconsistente dei "paradisi" perchè appunto si basa solo sulle nostre aspirazioni e sulle aspirazioni dei posteri. Inoltre se l'umanità si estingue l'eternità va a farsi friggere. L'eternità a mio giudizio diventa sopportabile se e solo se appunto tutto ciò che caratterizza la vita "terrena" cambia. Se anche rimanessi "io" non potrei sopportarmi all'infinito. Quindi a questo punto dovremo pensare che la presenza dell'eventuale Dio attiri per così dire la mia mente completamente, la svuoti da pensieri auto-referenziali e mi dia un senso di "pace infinita". Oppure questa eternità si risolve con l'abbandono dell'io. Se l'eternità non è così allora è disperazione pura! Concordo con te poi sulla questione dello spirito, del "vero io" che è oscurissima e per nulla evidente. Ad esempio se il vero io fosse la coscienza essa sarebbe diversa di quella di un neonato Quindi anche nel dopo-la-morte se incontrassi tale neonato come potrei parlargli, mi capirebbe? C'è ovviamente qualcosa di impreciso in tutto questo... Sulla questione di dukkha comunque non hai risposto :) pensa ad uno stato in cui puoi mangiare all'infinito una buonissima torta senza aver "problemi". In questo caso l'attaccamento non costituisce sofferenza. Costituisce sofferenza solo se ci si attacca ad un piacere che è di durata finita :)

Apeiron , se si potesse mangiare all'infinito una buonissima torta ( io preferirei dei cesti infiniti di cannoli siciliani... :P ) senza aver alcun problema di attaccamento e di glicemia...io farei il pasticcere ;D ! Ma siamo sicuri che, dopo  2 miliardi di anni di abbuffate, saremo felici di continuare a farlo?  A me sembra che l'io umano si stanchi velocemente di tutto e, curioso come una scimmia, si avventi sempre sulla novità, che spera dia una felicità ancora maggiore. Se ci fosse un "paradiso" per questo nostro io, dovrebbe per forza cambiare in continuazione, perché noi non siamo esseri capaci di stare in pace e soddisfatti. Noi vogliamo sempre qualcos'altro...ci stancheremmo persino di Dio stesso ! Nel caso del buddhismo è evidente che, se realmente esistesse uno stato di completa soddisfazione senza conseguenze spiacevoli, non ci sarebbe alcun Dharma e non sarebbe apparso alcun Buddha...


Maral, da quel che so Alain Danielou era un fervente shivaita , ossia adoratore del dio Shiva ( ex-Rudra), una divinità pre-vedica, ma che è poi diventata una delle principali divinità dela pantheon hindu. Shiva è una divinità che noi occidentali ( e hai perfettamente ragione sul fatto che noi non riusciamo veramente ad entrare nel significato hindu della spiritualità...) definiremmo "contraddittoria". Contradditoria per i nostri parametri e per il nostro bisogno di sviluppo logico anche della spiritualià. Shiva-Rudra a volte viene adorato come il disgregatore/distruttore del cosmo, ma poi diventa anche il rigeneratore ( il Lingam, simbolo fallico che rappresenta la fecondità rigenerativa di Shiva ne è il tipico simbolo). Nella sua danza cosmica nascita e morte vanno a braccetto e Shiva, scatenato danzatore nudo e sensuale tenta le mogli dei sacerdoti e degli asceti. Una divinità dal doppio volto, dissoluto ma nello stesso tempo signore di tutti gli yogin, il supremo asceta. Credo che abbia una trentina di nomi diversi che indicano altrettante qualità e attributi... :( ( non mi sono dato pena di studiarli tutti, lo confesso, e recito un cristiano e occidentale mea-culpa...).
Sul fatto che l'Induismo sia un sistema atta(cioè basato sull'idea del Braham assoluto, dell'Essere puro) credo ci siano pochi dubbi. Però, come nel buddhismo, c'è l'obiettivo spirituale della liberazione dal mondo, che si dissolve e si rigenera nella lila , nel gioco, di Brahman. Per ottenere questa Liberazione (moksha) è necessario l'annientamento totale del sé personale, ma l'annientamento avviene nella comprensione dell'unità dell'atman con il Brahman, l'Assoluto impersonale o sovrapersonale.
Cito, come sempre, il grande santo hindu Ramakrishna per spiegare questo concetto di Brahman:
L'Assoluto è l'Essere non condizionato da nulla; né dal tempo, né dallo spazio,né dalla causalità. Come potrebbero le parole riuscire ad esprimerlo? L' Assoluto è insondabile come l'oceano. Non se ne può predicare cosa alcuna. L'Essere al di là dei limiti della relatività, di ogni esistenza. L'ultimo e timido tentativo fatto per descriverlo è quello dei Veda, che lo chiamano Beatitudine ( ananda) eterna...
Brahman è senza attributi. E' immutabile, inalterabile e fermo come il Monte Meru. Il Suo nome è Intelligenza ( chinmaya). La Sua Dimora è Intelligenza e lui, il Signore, è tutto Intelligenza...ecc."
Direi che non ci sono dubbi che sia un sistema Atta ( quello che noi occidentali chiamiamo Essere...)
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: maral il 11 Gennaio 2017, 23:01:01 PM
Non so, ma ci sento una differenza tra ciò di cui mi parli come Atta e ciò che noi occidentali chiamiamo Essere. Perché l'Essere, che è concepito come tale in Occidente da Parmenide nel suo poema (ed è da lì che nasce la filosofia dell'Occidente) è figura del Logos, mentre non mi pare che possa considerarsi così per Atta, per come me lo dici, esso infatti trascende in partenenza ogni possibilità del Logos. E' Parmenide infatti che facendo parlare la Dea (quindi, se si vuole, il pensiero mitico) le fa dire di non credere a ciò che essa dice perché lo dice, ma in virtù di un giudizio raziocinante, ossia del Logos e così dicendo la dea distrugge il pensiero mitico che incarna. Il pensiero orientale invece non mi sembra che abbia mai vissuto questa contrapposizione così escludente tra pensiero mitico e razionalità, nel pensiero orientale l'ancoraggio al mito resta e per questo l'essenza è non essenza, è del tutto inesprimibile, è illuminazione completamente paradossale a cui il pensiero logico che astrattamente e definitivamente separa Essere e Non essere (o anche Ente e Niente)  non può giungere in alcun modo.
Forse qualcosa di più simile che non l'Essere parmenideo, potrebbe essere l'Infinito (Apeiron) di Anassimandro. Nel frammento di Anassimandro c'è scritto che « principio degli esseri è l'infinito (ápeiron)....da dove infatti gli esseri hanno l'origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità, poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo. » Dove l'ingiustizia è proprio quella che commette ogni essere venendo a esistere, ossia separandosi dall'infinito e l'espiazione che ristabilisce la giustizia è il karma delle reincarnazioni.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Apeiron il 11 Gennaio 2017, 23:15:16 PM
Sariputra, scusa se insisto col mio argomento ma secondo me non hai capito il punto. Devi supporre che tutta la vita "di durata infinita" la passi a mangiarti e gustarti quella torta e provi piacere ininiterrotto nel farlo. Cioè non hai noia, altri desideri ecc. In questo caso avresti una vita infinita, non avresti problemi di vecchiaia, malattia e morte. Se vuoi è un "paradiso dei piaceri" (mi pare che un tale reame di esistenza sia presente nella cosmologia buddista) che non finisce mai. In questo caso non hai il problema dell'impermanenza. Quindi se ti attacchi anche a questi piaceri non soffrirai mai. Eppure a mio giudizio questo "paradiso" non lo vedrei come un'elevazione della mia condizione ma come una sorta di "declassamento". Ecco quello che mi fa strano del buddismo (e qui ti chiedo di illuminarmi se sbaglio) è che l'attaccamento ai piaceri è visto come una cosa negativa solo perchè tali piaceri sono impermanenti. Non mi sembra che l'unica cosa per cui decidere se una cosa è negativa è se non porta piacere o se è transitoria. Mi pare che al Buddha gli sia venuto il trasalimento (samvega) proprio perchè ha intuito che ognuno dei 31 piani di esistenza era impermanente. E infatti per questo motivo ha cercato il "senza-morte" (amrita). Mi chiedo dunque la seguente cosa: se Siddharta Gotama Buddha avesse scoperto che uno dei livelli dei deva fosse "senza-morte" avrebbe comunque cercato di uscire dalla "prigione" del samsara (ritenendola possibile anche in questo scenario, ovviamente...)? Infatti Buddha mi sembra che dica: guarda smettila di desiderare l'eternità perchè invece dell'eternità ti ritroverai sempre ad abitare mondi soggetti alla disgregazione.
Un'eternià di edonismo sinceramente non mi sembra soddisfacente perchè pur dando piacere non darebbe l'elevazione necessaria a mio giudizio a distinguere l'eternità propriamente detta ("eternità" è una parola che a mio giudizio da un'idea di elevazione rispetto alla temporalità, anche se essa è infinita...) con la "perpetuità". Io vedrei l'eternità a compiacermi della torta in modo simile ad un effetto di una droga: un piacere illusorio perpetuo.

Maral, le Liberazioni dell'Adviata e del Buddismo hanno una descrizione metafisica (come giustamente osserva Sariputra) completamente diversa però come "esperienze" vengono descritte in modo simile. Moksha nell'Advaita è pensata come una Pace Assoluta ancora più tranquilla di un sogno senza sogni mentre il Nirvana è la Cessazione di tutti i condizionamenti e viene descritto in modo simile all'estinzione di una fiamma. In entrambi i casi abbiamo quindi una cessazione, uno spegnimento. Io stesso non vedo altro che il Nulla in queste parole. Eppure loro (e anche Sariputra  ;D ) insistono che la liberazione non è il Nulla, ma forse siamo troppo occidentali (o comunque troppo lontani dal Risveglio) per capire la differenza. In ogni caso per entrambe le filosofie citate la Liberazione è data dalla completa liberazione dall'ignoranza (un po' come la pulizia che si fa dell'acqua per renderla limpida) e dall'ottenimento di uno stato di Coscienza diverso da quello normale (per l'Advaita la coscienza di Brahman è più profonda di quella dello stato di sonno senza sogni mentre per il Buddismo la coscienza del Nirvana  è "assoluta, ultima, senza confini". Ripeto dal punto di vista esperienziale non vedo molta differenza nelle due filosofie...).
Ma ripeto un sogno senza sogni non mi sembra nemmeno a me una vita eterna ma la morte, l'annientamento completo.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Apeiron il 11 Gennaio 2017, 23:22:16 PM
Citazione di: maral il 11 Gennaio 2017, 23:01:01 PMNon so, ma ci sento una differenza tra ciò di cui mi parli come Atta e ciò che noi occidentali chiamiamo Essere. Perché l'Essere, che è concepito come tale in Occidente da Parmenide nel suo poema (ed è da lì che nasce la filosofia dell'Occidente) è figura del Logos, mentre non mi pare che possa considerarsi così per Atta, per come me lo dici, esso infatti trascende in partenenza ogni possibilità del Logos. E' Parmenide infatti che facendo parlare la Dea (quindi, se si vuole, il pensiero mitico) le fa dire di non credere a ciò che essa dice perché lo dice, ma in virtù di un giudizio raziocinante, ossia del Logos e così dicendo la dea distrugge il pensiero mitico che incarna. Il pensiero orientale invece non mi sembra che abbia mai vissuto questa contrapposizione così escludente tra pensiero mitico e razionalità, nel pensiero orientale l'ancoraggio al mito resta e per questo l'essenza è non essenza, è del tutto inesprimibile, è illuminazione completamente paradossale a cui il pensiero logico che astrattamente e definitivamente separa Essere e Non essere (o anche Ente e Niente) non può giungere in alcun modo. Forse qualcosa di più simile che non l'Essere parmenideo, potrebbe essere l'Infinito (Apeiron) di Anassimandro. Nel frammento di Anassimandro c'è scritto che « principio degli esseri è l'infinito (ápeiron)....da dove infatti gli esseri hanno l'origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità, poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo. » Dove l'ingiustizia è proprio quella che commette ogni essere venendo a esistere, ossia separandosi dall'infinito e l'espiazione che ristabilisce la giustizia è il karma delle reincarnazioni.

Da come interpreto io Anassimandro l'apeiron è eterno proprio perchè non ha confini ed è privo di determinazioni. Tutta l'esistenza finita e determinata è costretta a commettere ingiustizie l'una contro l'altra e queste ingiustizie vengono espiate con la morte (non so se l'ingiustizia si possa intepretare come la "caduta" dall'apeiron, una sorta di peccato originale. Interpretazione interessante che sottoscrivo ma che non è evidente dal testo). Perciò da una parte abbiamo un elemento eterno "orientale" e dall'altro un giudizio morale sul mondo: il mondo finito si trova a dover fare i conti col peccato perchè è una sorta di "stato caduto" rispetto all'apeiron!
Secondo quindi Anassimandro l'esistenza finita necessariamente conduce al peccato contro gli altri esseri. La liberazione avviene con l'espiazione di tutti i peccati e ciò permette il ritorno nell'apeiron e alla "vita eterna".
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: maral il 11 Gennaio 2017, 23:33:37 PM
CitazionePerciò da una parte abbiamo un elemento eterno "orientale" e dall'altro un giudizio morale sul mondo: il mondo finito si trova a dover fare i conti col peccato perchè è una sorta di "stato caduto" rispetto all'apeiron!
Se l'interpretazione è corretta la caduta è l'esistenza degli enti (di ogni ente come tale), ossia l'esistenza stessa.
Comunque Severino ci ha scritto una buona metà del suo ultimo libro teoretico in merito proprio al frammento di Anassimandro e direi che è tra i suoi libri migliori.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AM
Citazione di: maral il 11 Gennaio 2017, 23:01:01 PMNon so, ma ci sento una differenza tra ciò di cui mi parli come Atta e ciò che noi occidentali chiamiamo Essere. Perché l'Essere, che è concepito come tale in Occidente da Parmenide nel suo poema (ed è da lì che nasce la filosofia dell'Occidente) è figura del Logos, mentre non mi pare che possa considerarsi così per Atta, per come me lo dici, esso infatti trascende in partenenza ogni possibilità del Logos. E' Parmenide infatti che facendo parlare la Dea (quindi, se si vuole, il pensiero mitico) le fa dire di non credere a ciò che essa dice perché lo dice, ma in virtù di un giudizio raziocinante, ossia del Logos e così dicendo la dea distrugge il pensiero mitico che incarna. Il pensiero orientale invece non mi sembra che abbia mai vissuto questa contrapposizione così escludente tra pensiero mitico e razionalità, nel pensiero orientale l'ancoraggio al mito resta e per questo l'essenza è non essenza, è del tutto inesprimibile, è illuminazione completamente paradossale a cui il pensiero logico che astrattamente e definitivamente separa Essere e Non essere (o anche Ente e Niente) non può giungere in alcun modo. Forse qualcosa di più simile che non l'Essere parmenideo, potrebbe essere l'Infinito (Apeiron) di Anassimandro. Nel frammento di Anassimandro c'è scritto che « principio degli esseri è l'infinito (ápeiron)....da dove infatti gli esseri hanno l'origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità, poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo. » Dove l'ingiustizia è proprio quella che commette ogni essere venendo a esistere, ossia separandosi dall'infinito e l'espiazione che ristabilisce la giustizia è il karma delle reincarnazioni.

Non conoscendo la filosofia occidentale dò per scontato che alcuni termini filosofici orientali abbiano esatta analogia con il significato che hanno nella nostra cultura... :(
Per chiarire meglio:
Sistema atta ( o atma-vada)  è la teoria secondo cui il reale è sostanza, permanente ed eterna, e ha una natura propria. L'atman si potrebbe tradurre con Sè, Anima, Sostanza.
Infatti è equiparato a dravya (sostanza), a nitya (permanente, eterno), a svabhava ( natura), a sara( essenza) e a vastu (reale).
Sistema anatta (tipico del buddhismo) ( o anatma-vada) è la teoria dell'assenza del sé (anima), per cui tutte le cose  sono prive di sostanza o di realtà permanente e identica;  tutto è impermanente, mutevole, momentaneo ( anitya), non-essere, negazione, assenza (abhava).
Essere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente.

Apeiron, se gustando in eterno quella torta non provi noia, ma solo un piacere infinito, ecc...non puoi essere "tu" a gustartela, ma "qualcos'altro" che non è un Io come comunemente lo intendiamo!
Questo tentavo di dire. A parer mio è impossibile per l'Io umano  vivere un simile stato. E' come dire."Se fossi come un pesce proverei piacere a nuotare in eterno"...ma non lo siamo! L'Io, che è tempo( e che crea il suo tempo), non può vivere in una dimensione senza tempo.
Il problema, se di problema si può parlare, Apeiron è che tu non parti dall'esperienza per poi riflettere su di essa , ma ritieni che la riflessione in sé sia sufficiente a spiegare l'esperienza. Nella cultura indiana , dai Veda in poi, la filosofia è al servizio della pratica meditativa e i trattati filosofici sono sostanzialmente delle guide all'esperienza da vivere. In Occidente invece la filosofia è pura astrazione, non è richiesto ad un filosofo di vivere la sua convinzione o riflessione filosofica ( mi viene in mente Schopenhauer che amava la vita e le donne, "Chi non ama le donne il vino e il canto, è solo un matto e non un santo", e poi teorizzava l'ascetismo ...).  Per questo, riflettendo solo sui termini, non vedi differenze tra moksha e Nibbana, per es., che ti appaiono entrambi un bel Nulla.Si può spiegare dettagliamente all'infinito come si fa a pescare, ma se poi non provi l'esperienza del pescare, come puoi sapere se quella guida è corretta?... :)
Sicuramente hai letto , nel canone pali, l'esempio che fa il Buddha dell'uomo colpito da una freccia...
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: paul11 il 12 Gennaio 2017, 01:25:05 AM
e molto prima del buddhismo c'è il kalpa, il giorno di Brahma e la cicilcità temporale,simile all'eone dello gnosticismo.
I capi degli Anunnaki si radunavano con il simbolo dell'anello che sigillava la loro unione,
L'anello è circolare come certe tavole, la corona è circolare, si bacia l'anello e il sigillo è nell'anello.
Il cerchio, lìuroboro è il simbolo.
I Veda degli Arya, o arii o ariani, quella razza caucasica bianca, "quella bestia bionda germanica" di Nietzsche che lega l'asse finnico-tibetano  probabilemnte erano i mitici iperborei.

Permettetimi un 'esercizio di sanscrito solo per riflettere.
Atta= in alto o secco
Atma= auto
Atman= spirito
Vadha= assassino
Atman-vada= parlare dello spirito
ma... atma-vadha= suicidio
dravya=liquido spirituale
ma seè aggettivo è un derivato dall'albero (l'albero come simbolo?)
anatman= non spirtuale
anitya= impermanente

Non è un contraddittorio Sariputra, solo per riflettere i termini orignari
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 04:47:53 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AM
Essere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente.

secondo me le cose stanno un po al contrario..

nel Non-essere non può esserci manifestazione,quindi il divenire ("non essendo" cioè non manifestandosi) 
..semmai e' l'essere il principio di tutta la manifestazione e del suo divenire.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 09:03:39 AM
Citazione di: paul11 il 12 Gennaio 2017, 01:25:05 AMe molto prima del buddhismo c'è il kalpa, il giorno di Brahma e la cicilcità temporale,simile all'eone dello gnosticismo. I capi degli Anunnaki si radunavano con il simbolo dell'anello che sigillava la loro unione, L'anello è circolare come certe tavole, la corona è circolare, si bacia l'anello e il sigillo è nell'anello. Il cerchio, lìuroboro è il simbolo. I Veda degli Arya, o arii o ariani, quella razza caucasica bianca, "quella bestia bionda germanica" di Nietzsche che lega l'asse finnico-tibetano probabilemnte erano i mitici iperborei. Permettetimi un 'esercizio di sanscrito solo per riflettere. Atta= in alto o secco Atma= auto Atman= spirito Vadha= assassino Atman-vada= parlare dello spirito ma... atma-vadha= suicidio dravya=liquido spirituale ma seè aggettivo è un derivato dall'albero (l'albero come simbolo?) anatman= non spirtuale anitya= impermanente Non è un contraddittorio Sariputra, solo per riflettere i termini orignari

Sono d'accordo su tutto... ;D.
La mia fonte è "The central philosophy of buddhism" di T.R.V.Murti , trad. Fabrizio Pregadio 1983. Ci sono ovviamente leggere variazioni da traduzione a traduzione...
I termini atta e anatta però non sono Sanscrito. Sono termini in lingua Pali.
atta=Atman
anatta=anatman
Atta in sanscrito ha giustamente un altro significato.
Per es. Anitya in sanscrito (impermanente) diventa anicca in Pali...
Quindi una teoria atman (atta) riguarda lo Spirito, la Sostanza. Una teoria anatman (anatta) è la sua negazione.
Non avevo specificato che si trattava di Pali... :-[
Ho trovato un'interessante traduzione dei termini fatta da una giovane traduttrice che trovo molto brava, Genevienne Pecunia, che ha tradotto il Dhammapada per Feltrinelli( consigliato per i neofiti):
Atta (sanscrito:atman): il Sè. L'atman nella filosofia delle Upanishad è l'anima individuale. Il buddhismo, invece, non ammette alcuna anima individuale e atta, nelle strofe del Dhammapada (Dharmapada), ha principalmente il valore di pronome riflessivo ed è di volta in volta tradotto con "se stesso", "se stessi" e, quando ha funzione genitivale, con "suo" e "proprio".
In seguito questa parola compare nel composto negativo anatta (sansc:anatman), "privo di un sè", caratteristica di ogni fenomeno, insieme a impermanenza e dolore.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 09:19:24 AM
Citazione di: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 04:47:53 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AMEssere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente.
secondo me le cose stanno un po al contrario.. nel Non-essere non può esserci manifestazione,quindi il divenire ("non essendo" cioè non manifestandosi) ..semmai e' l'essere il principio di tutta la manifestazione e del suo divenire.

Questo è un sistema atta... ;D
Il molteplice ( fenomeni) sono solo apparenza, manifestazione dell'Uno.
Un sistema anatta ritiene che non ci sia alcun Uno, ma solo i fenomeni.
Non-essere è diverso dal termine Nulla. Anatta è negazione di atta, negazione del sé, non dei fenomeni.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: baylham il 12 Gennaio 2017, 09:35:01 AM
Cambiando ancora prospettiva: come si conosce se la vita sia finita o eterna?
Finora la questione è stata posta da un punto di vista ipotetico, logico, ma realmente come si fa a sapere se la vita sia eterna?
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Apeiron il 12 Gennaio 2017, 09:49:13 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AM
Citazione di: maral il 11 Gennaio 2017, 23:01:01 PMNon so, ma ci sento una differenza tra ciò di cui mi parli come Atta e ciò che noi occidentali chiamiamo Essere. Perché l'Essere, che è concepito come tale in Occidente da Parmenide nel suo poema (ed è da lì che nasce la filosofia dell'Occidente) è figura del Logos, mentre non mi pare che possa considerarsi così per Atta, per come me lo dici, esso infatti trascende in partenenza ogni possibilità del Logos. E' Parmenide infatti che facendo parlare la Dea (quindi, se si vuole, il pensiero mitico) le fa dire di non credere a ciò che essa dice perché lo dice, ma in virtù di un giudizio raziocinante, ossia del Logos e così dicendo la dea distrugge il pensiero mitico che incarna. Il pensiero orientale invece non mi sembra che abbia mai vissuto questa contrapposizione così escludente tra pensiero mitico e razionalità, nel pensiero orientale l'ancoraggio al mito resta e per questo l'essenza è non essenza, è del tutto inesprimibile, è illuminazione completamente paradossale a cui il pensiero logico che astrattamente e definitivamente separa Essere e Non essere (o anche Ente e Niente) non può giungere in alcun modo. Forse qualcosa di più simile che non l'Essere parmenideo, potrebbe essere l'Infinito (Apeiron) di Anassimandro. Nel frammento di Anassimandro c'è scritto che « principio degli esseri è l'infinito (ápeiron)....da dove infatti gli esseri hanno l'origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità, poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo. » Dove l'ingiustizia è proprio quella che commette ogni essere venendo a esistere, ossia separandosi dall'infinito e l'espiazione che ristabilisce la giustizia è il karma delle reincarnazioni.
Non conoscendo la filosofia occidentale dò per scontato che alcuni termini filosofici orientali abbiano esatta analogia con il significato che hanno nella nostra cultura... :( Per chiarire meglio: Sistema atta ( o atma-vada) è la teoria secondo cui il reale è sostanza, permanente ed eterna, e ha una natura propria. L'atman si potrebbe tradurre con Sè, Anima, Sostanza. Infatti è equiparato a dravya (sostanza), a nitya (permanente, eterno), a svabhava ( natura), a sara( essenza) e a vastu (reale). Sistema anatta (tipico del buddhismo) ( o anatma-vada) è la teoria dell'assenza del sé (anima), per cui tutte le cose sono prive di sostanza o di realtà permanente e identica; tutto è impermanente, mutevole, momentaneo ( anitya), non-essere, negazione, assenza (abhava). Essere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente. Apeiron, se gustando in eterno quella torta non provi noia, ma solo un piacere infinito, ecc...non puoi essere "tu" a gustartela, ma "qualcos'altro" che non è un Io come comunemente lo intendiamo! Questo tentavo di dire. A parer mio è impossibile per l'Io umano vivere un simile stato. E' come dire."Se fossi come un pesce proverei piacere a nuotare in eterno"...ma non lo siamo! L'Io, che è tempo( e che crea il suo tempo), non può vivere in una dimensione senza tempo. Il problema, se di problema si può parlare, Apeiron è che tu non parti dall'esperienza per poi riflettere su di essa , ma ritieni che la riflessione in sé sia sufficiente a spiegare l'esperienza. Nella cultura indiana , dai Veda in poi, la filosofia è al servizio della pratica meditativa e i trattati filosofici sono sostanzialmente delle guide all'esperienza da vivere. In Occidente invece la filosofia è pura astrazione, non è richiesto ad un filosofo di vivere la sua convinzione o riflessione filosofica ( mi viene in mente Schopenhauer che amava la vita e le donne, "Chi non ama le donne il vino e il canto, è solo un matto e non un santo", e poi teorizzava l'ascetismo ...). Per questo, riflettendo solo sui termini, non vedi differenze tra moksha e Nibbana, per es., che ti appaiono entrambi un bel Nulla.Si può spiegare dettagliamente all'infinito come si fa a pescare, ma se poi non provi l'esperienza del pescare, come puoi sapere se quella guida è corretta?... :) Sicuramente hai letto , nel canone pali, l'esempio che fa il Buddha dell'uomo colpito da una freccia...

Il motivo per cui credo non potremo comprendere le filosofie indiane è appunto il fatto per noi inconcepibile che la filosofia è in servizio alla meditazione e non viceversa. Nella nostra mentalità occidentale noi siamo portati prima a comprendere e poi a fare. Questo metodo è usato moltissimo nella scienza e in particolare nei "Gedankenexperiment" (esperimento mentale) di Einstein. Anzi più o meno tutta la filosofia occidentale è un "Gedankenexperiment": prima ci costruiamo il modello e poi tentiamo di applicarlo alla realtà. Motivo per cui qui in occidenti vedi tantissime teorie filosofiche che non portano a nessuna "salvezza" ma semplicemente si cerca la verità in sé stessa senza preoccuparsi della condizione del "ricercatore". Nel Gedankenexperiment della torta dici bene che l'io che si gusta la torta non è un io umano comunemente inteso perchè l'io umano comunemente inteso certamente è più sensibile alle condizioni esterne. Tuttavia nemmeno un deva è un io umano e nemmeno lo è un animale. Ora se io rinascessi deva e riuscissi a stare felice per l'eternità nel mio "paradiso" contrariamente a quanto dice Buddha allora credo che in tal caso avrei raggiunto la liberazione da malattia-vecchiaia-morte. Ebbene l'obiezione che si può fare al buddismo è: chi te lo dice che nessun mondo di rinascita è eterno? E la risposta: Buddha che conosce i "lavori del karma" lo sa, fidati! Il punto è che finchè si fa filosofia o scienza bisogna indagare e essere (metodologicamente) senza fede. Dunque se per assurdo esistesse un tale mondo deva permanente la ricerca del Nirvana buddista avrebbe senso? La risposta è "no" se si ritiene che la "negatività" della vita sia l'attaccamento a stati impermanenti. La risposta viceversa è "sì" se si ritiene che l'eternità della liberazione è "migliore" di quella del (presunto) mondo deva eterno. Il mio "io" del paradiso cristiano chiaramente è diverso dal mio "io" terreno e la cosa si mostra per il fatto che immaginandomi di restare per sempre in un posto per come sono fatto io oggi mi terrorizzerebbe. Rimane di capire prima di iniziare un percorso se l'obbiettivo promesso è migliore o no di un altro (per noi).  
Conosco la sutta dell'uomo colpito dalla freccia ma la ritengo utile solo dopo aver scelto il percorso non quando uno si deve decidere.
Comunque le descrizioni "esperienziali" di Moksha e Nirvana mi paiono molto simili. Credo che bene o male l'obbiettivo è lo stesso ma il modo con cui lo si raggiunge fa in modo che concettualmente siano descritti in modo diverso.
Schopenhauer era un tipico filosofo occidentale esposto all'oriente e infatti l'analogia tra la sua filosofia e l'oriente è meramente concettuale.

Tornando ad immaginarci l'eternità:
1) proseguimento infinito della vita terrena - insoddisfacente perchè conduce a noia e disperazione;
2) conservazione del sé nelle memorie altrui - inconsistente perchè appunto l'io ormai non c'è più;
3) edonismo puro - insoddisfacente perchè invece di elevarci ci abbassa;
4) visione estetica della vita - vedere tutto "sub specie aeternitatis" alla Spinoza, tempo rimosso dal mondo. Problema: congelare tutto causa un senso di prigione;
5) eterno ritorno di Nietzsche - prigione;
6) eterno samsara - prigione;
7) diventare uno col mondo (panteismo, taoismo ecc) - davvero è un bene diventare un tutt'uno con questo mondo di malattie, morte ecc?
8 ) paradiso Cristiano- Dvaita e simili. Visione beatifica di Dio di cerrto è un'elevazione ammesso che siano vere (ma i dubbi sono troppi...)
9) Liberazione buddhista-Advaita. Pace assoluta. Ma non è uguale alla morte?
10) nichilismo/eterno oblio. A meno che uno non sia amorale non può che ritenere che la vita in questo scenario è tragica...
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Apeiron il 12 Gennaio 2017, 09:53:20 AM
Citazione di: baylham il 12 Gennaio 2017, 09:35:01 AM
Cambiando ancora prospettiva: come si conosce se la vita sia finita o eterna?
Finora la questione è stata posta da un punto di vista ipotetico, logico, ma realmente come si fa a sapere se la vita sia eterna?

Boh per fede  ;D  In teoria l'introspezione ci dovrebbe svelare il mistero ma finora non lo ha fatto per me.

Oppure come direbbe Wittgenstein il fatto che la vita dei "bruti fatti" non ci soddisfa è la "vera prova" del fatto che ci deve essere una dimensione eterna. Ossia come dice Pessoa l'arte è la confessione che la vita impermanente/terrena non basta. Se bastasse dovremo essere contenti di noi, invece...
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 09:57:57 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 09:19:24 AM
Citazione di: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 04:47:53 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AMEssere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente.
secondo me le cose stanno un po al contrario.. nel Non-essere non può esserci manifestazione,quindi il divenire ("non essendo" cioè non manifestandosi) ..semmai e' l'essere il principio di tutta la manifestazione e del suo divenire.

Questo è un sistema atta... ;D
Il molteplice ( fenomeni) sono solo apparenza, manifestazione dell'Uno.
Un sistema anatta ritiene che non ci sia alcun Uno, ma solo i fenomeni.
Non-essere è diverso dal termine Nulla. Anatta è negazione di atta, negazione del sé, non dei fenomeni.

in realtà ho provato a spiegare che l'Uno (l'essere) e' l'affermazione del Non-essere,che ne sarebbe così la causa prima...ma tu appunto mi pare che neghi il Non essere.
infatti il Non-essere non e' affatto il nulla.
 
ad ogni modo non mi sembra che dai spiegazioni su cio che tu intendi per anatta ma ti limiti soltanto a dire che e' la negazione di atta
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: paul11 il 12 Gennaio 2017, 10:02:42 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 09:03:39 AM
Citazione di: paul11 il 12 Gennaio 2017, 01:25:05 AMe molto prima del buddhismo c'è il kalpa, il giorno di Brahma e la cicilcità temporale,simile all'eone dello gnosticismo. I capi degli Anunnaki si radunavano con il simbolo dell'anello che sigillava la loro unione, L'anello è circolare come certe tavole, la corona è circolare, si bacia l'anello e il sigillo è nell'anello. Il cerchio, lìuroboro è il simbolo. I Veda degli Arya, o arii o ariani, quella razza caucasica bianca, "quella bestia bionda germanica" di Nietzsche che lega l'asse finnico-tibetano probabilemnte erano i mitici iperborei. Permettetimi un 'esercizio di sanscrito solo per riflettere. Atta= in alto o secco Atma= auto Atman= spirito Vadha= assassino Atman-vada= parlare dello spirito ma... atma-vadha= suicidio dravya=liquido spirituale ma seè aggettivo è un derivato dall'albero (l'albero come simbolo?) anatman= non spirtuale anitya= impermanente Non è un contraddittorio Sariputra, solo per riflettere i termini orignari

Sono d'accordo su tutto... ;D.
La mia fonte è "The central philosophy of buddhism" di T.R.V.Murti , trad. Fabrizio Pregadio 1983. Ci sono ovviamente leggere variazioni da traduzione a traduzione...
I termini atta e anatta però non sono Sanscrito. Sono termini in lingua Pali.
atta=Atman
anatta=anatman
Atta in sanscrito ha giustamente un altro significato.
Per es. Anitya in sanscrito (impermanente) diventa anicca in Pali...
Quindi una teoria atman (atta) riguarda lo Spirito, la Sostanza. Una teoria anatman (anatta) è la sua negazione.
Non avevo specificato che si trattava di Pali... :-[
Ho trovato un'interessante traduzione dei termini fatta da una giovane traduttrice che trovo molto brava, Genevienne Pecunia, che ha tradotto il Dhammapada per Feltrinelli( consigliato per i neofiti):
Atta (sanscrito:atman): il Sè. L'atman nella filosofia delle Upanishad è l'anima individuale. Il buddhismo, invece, non ammette alcuna anima individuale e atta, nelle strofe del Dhammapada (Dharmapada), ha principalmente il valore di pronome riflessivo ed è di volta in volta tradotto con "se stesso", "se stessi" e, quando ha funzione genitivale, con "suo" e "proprio".
In seguito questa parola compare nel composto negativo anatta (sansc:anatman), "privo di un sè", caratteristica di ogni fenomeno, insieme a impermanenza e dolore.
Quello che mi interessava dire è che non esiste in origine il concetto di eterno, non è nella cultura vedica degli arii, non è nella cultura sumerica.
E sono da loro , e per me erano comunque la stessa origine vedico-sumerico a loro volta, che nasceranno "le spiritualità" orientali e occidentali.
Se chiedete ad un ebreo il significato del termine "olam" ebraico(provate a fare una ricerca....), vedrete alla fine che sono in origine molto simili se non identici.

Il kalpa ,il giorno di Brahama, ( e lo dice persino wikipedia....) a ritroso ha esattamente il tempo originario che la scienza contemporanea occidentale ha dato al pianeta terra, circa 4,5 miliardi di anni.  E' casuale?.......

Una differenza sostanziale fra l'orientale e l'occidentale è il mantenere il proprio Sè distaccato nel procedimento gnoseologico, conoscitivo. L'acquisizione di esperienza, di conoscenza, non altera il Sè che viene mantenuto nel distacco.
L'occidentale altera il Sè nell'esperienza e nella conoscenza, rendendo fragile il Sè che si manifesta nell'alterazione psichica.

Perchè l'orientale rimane più legato e collegato a quella tradizione originaria,che mantiene il distacco da qualunque fenomeno, anche dal tempo che scorre a cui noi invece pensiamo troppo esistenzialmente
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: maral il 12 Gennaio 2017, 10:43:45 AM
Citazione di: paul11 il 12 Gennaio 2017, 10:02:42 AM

Il kalpa ,il giorno di Brahama, ( e lo dice persino wikipedia....) a ritroso ha esattamente il tempo originario che la scienza contemporanea occidentale ha dato al pianeta terra, circa 4,5 miliardi di anni.  E' casuale?.......
Danielou in proposito alla durata dell'universo scrive ("Miti e dei dell'India", BUR, p.286): "La vita di Brahma dura cento anni" (Markandeya Purana 46,21). Una volta creato il mondo resta immutato per un giorno di Brahma che è un periodo di 2.160.000.000 anni Il mondo e tutto ciò che contiene è in seguito consumato dal fuoco, ma i saggi, gli dei e i principi degli elementi sopravvivono. Durante la notte Brahma dorme. Quando si risveglia ristabilisce la creazione e il processo si ripete fino a quando non è completato il centesimo anno, un numero che richiede 15 cifre per esprimerlo in anni umani...
Mille cicli dei quattro Yuga (età del mondo) sono un giorno di Brahma. Trecentosessanta di questi giorni formano un anno. La vita di Brahma dura 100 anni. Quando tale periodo è terminato, Brahma stesso cessa di esistere.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Duc in altum! il 12 Gennaio 2017, 11:11:13 AM
**  scritto da baylham:
CitazioneCambiando ancora prospettiva: come si conosce se la vita sia finita o eterna?
Finora la questione è stata posta da un punto di vista ipotetico, logico, ma realmente come si fa a sapere se la vita sia eterna?
Se si potesse realmente conoscere, lo scommettere la propria esistenza perderebbe senso, logica e vigore. Per non parlare della purezza e bellezza del libero arbitrio.  ;)
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 11:22:53 AM
Citazione di: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 09:57:57 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 09:19:24 AM
Citazione di: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 04:47:53 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AMEssere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente.
secondo me le cose stanno un po al contrario.. nel Non-essere non può esserci manifestazione,quindi il divenire ("non essendo" cioè non manifestandosi) ..semmai e' l'essere il principio di tutta la manifestazione e del suo divenire.
Questo è un sistema atta... ;D Il molteplice ( fenomeni) sono solo apparenza, manifestazione dell'Uno. Un sistema anatta ritiene che non ci sia alcun Uno, ma solo i fenomeni. Non-essere è diverso dal termine Nulla. Anatta è negazione di atta, negazione del sé, non dei fenomeni.
in realtà ho provato a spiegare che l'Uno (l'essere) e' l'affermazione del Non-essere,che ne sarebbe così la causa prima...ma tu appunto mi pare che neghi il Non essere. infatti il Non-essere non e' affatto il nulla.  ad ogni modo non mi sembra che dai spiegazioni su cio che tu intendi per anatta ma ti limiti soltanto a dire che e' la negazione di atta

Anatta= assenza di sostanza, assenza di "anima" nelle cose, assenza di Dio, assenza di un Principio e di una Fine, assenza di qualsiasi visione sostanziale dell'intera esistenza fenomenica. I fenomeni esistono ma non hanno sostanza propria essendo interdipendenti ( formati da infiniti altri fenomeni, a loro volta formati da infiniti altri fenomeni, e così via...tutti formati da cause e condizioni a loro volte formate da cause e condizioni). Nessuna Causa in Principio, nessun Uno da cui provengono tutte le cause. Flusso eterno, senza inizio e senza fine. Mondi superiori e inferiori ( se esistenti e popolati da altri fenomeni) anch'essi soggetti a cause e condizioni e pertanto impermanenti e dolorosi... il Nirvana non è né immanente né trascendente, è indicibile e indescrivibile, se ne può fare solo esperienza diretta , ma non è Dio, nè un Principio nè la Causa né la Distruzione delle cause...Non sorge né tramonta...Non è il Nulla né il Tutto...la sua "funzione" è dare pace... :)
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: maral il 12 Gennaio 2017, 11:36:59 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AM
Sistema anatta (tipico del buddhismo) ( o anatma-vada) è la teoria dell'assenza del sé (anima), per cui tutte le cose  sono prive di sostanza o di realtà permanente e identica;  tutto è impermanente, mutevole, momentaneo ( anitya), non-essere, negazione, assenza (abhava).
Essere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente.
Interessante, trovo che richiami quello che dice Ronchi quando parla, in termini filosofici occidentali, di un "Divenire assoluto". E' come se Oriente e Occidente, pur nella loro diversità, si richiamassero costantemente. Nel video, Ronchi (un po' ingarbugliandosi con le parole) dice anche che all'origine del pensiero non c'è l'Essere, "l'Essere è" non è una preposizione semplice e originaria, ma estremamente problematica, è quella che con la sua problematicità irrisolvibile porta alla  fine della filosofia ("perché mai l'ente anziché il niente?" o "l'Essere anziché il Non essere?" si chiedono Heidegger e Leibniz, il primo da un punto di vista esistenziale-fenomenologico, il secondo da quello logico-ontologico). La preposizione semplice, non problematica, elementare e assolutamente indubitabile nel pensiero occidentale (ma a questo punto si potrebbe anche dire in quello orientale) è il "Non essere non è", per cui è del tutto evidente che "il Non essere che non è è", ossia che "il Non essere è". E questa evidenza originaria la rileva anche Severino, e la traduce nell'evidenza assoluta del Divenire (nient'altro che un continuo essere del Non essere) che lui considera come la follia estrema che sta alla base del pensiero stesso.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 11:51:43 AM
Citazione di: Apeiron il 12 Gennaio 2017, 09:49:13 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AM
Citazione di: maral il 11 Gennaio 2017, 23:01:01 PMNon so, ma ci sento una differenza tra ciò di cui mi parli come Atta e ciò che noi occidentali chiamiamo Essere. Perché l'Essere, che è concepito come tale in Occidente da Parmenide nel suo poema (ed è da lì che nasce la filosofia dell'Occidente) è figura del Logos, mentre non mi pare che possa considerarsi così per Atta, per come me lo dici, esso infatti trascende in partenenza ogni possibilità del Logos. E' Parmenide infatti che facendo parlare la Dea (quindi, se si vuole, il pensiero mitico) le fa dire di non credere a ciò che essa dice perché lo dice, ma in virtù di un giudizio raziocinante, ossia del Logos e così dicendo la dea distrugge il pensiero mitico che incarna. Il pensiero orientale invece non mi sembra che abbia mai vissuto questa contrapposizione così escludente tra pensiero mitico e razionalità, nel pensiero orientale l'ancoraggio al mito resta e per questo l'essenza è non essenza, è del tutto inesprimibile, è illuminazione completamente paradossale a cui il pensiero logico che astrattamente e definitivamente separa Essere e Non essere (o anche Ente e Niente) non può giungere in alcun modo. Forse qualcosa di più simile che non l'Essere parmenideo, potrebbe essere l'Infinito (Apeiron) di Anassimandro. Nel frammento di Anassimandro c'è scritto che « principio degli esseri è l'infinito (ápeiron)....da dove infatti gli esseri hanno l'origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità, poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo. » Dove l'ingiustizia è proprio quella che commette ogni essere venendo a esistere, ossia separandosi dall'infinito e l'espiazione che ristabilisce la giustizia è il karma delle reincarnazioni.
Non conoscendo la filosofia occidentale dò per scontato che alcuni termini filosofici orientali abbiano esatta analogia con il significato che hanno nella nostra cultura... :( Per chiarire meglio: Sistema atta ( o atma-vada) è la teoria secondo cui il reale è sostanza, permanente ed eterna, e ha una natura propria. L'atman si potrebbe tradurre con Sè, Anima, Sostanza. Infatti è equiparato a dravya (sostanza), a nitya (permanente, eterno), a svabhava ( natura), a sara( essenza) e a vastu (reale). Sistema anatta (tipico del buddhismo) ( o anatma-vada) è la teoria dell'assenza del sé (anima), per cui tutte le cose sono prive di sostanza o di realtà permanente e identica; tutto è impermanente, mutevole, momentaneo ( anitya), non-essere, negazione, assenza (abhava). Essere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente. Apeiron, se gustando in eterno quella torta non provi noia, ma solo un piacere infinito, ecc...non puoi essere "tu" a gustartela, ma "qualcos'altro" che non è un Io come comunemente lo intendiamo! Questo tentavo di dire. A parer mio è impossibile per l'Io umano vivere un simile stato. E' come dire."Se fossi come un pesce proverei piacere a nuotare in eterno"...ma non lo siamo! L'Io, che è tempo( e che crea il suo tempo), non può vivere in una dimensione senza tempo. Il problema, se di problema si può parlare, Apeiron è che tu non parti dall'esperienza per poi riflettere su di essa , ma ritieni che la riflessione in sé sia sufficiente a spiegare l'esperienza. Nella cultura indiana , dai Veda in poi, la filosofia è al servizio della pratica meditativa e i trattati filosofici sono sostanzialmente delle guide all'esperienza da vivere. In Occidente invece la filosofia è pura astrazione, non è richiesto ad un filosofo di vivere la sua convinzione o riflessione filosofica ( mi viene in mente Schopenhauer che amava la vita e le donne, "Chi non ama le donne il vino e il canto, è solo un matto e non un santo", e poi teorizzava l'ascetismo ...). Per questo, riflettendo solo sui termini, non vedi differenze tra moksha e Nibbana, per es., che ti appaiono entrambi un bel Nulla.Si può spiegare dettagliamente all'infinito come si fa a pescare, ma se poi non provi l'esperienza del pescare, come puoi sapere se quella guida è corretta?... :) Sicuramente hai letto , nel canone pali, l'esempio che fa il Buddha dell'uomo colpito da una freccia...
Il motivo per cui credo non potremo comprendere le filosofie indiane è appunto il fatto per noi inconcepibile che la filosofia è in servizio alla meditazione e non viceversa. Nella nostra mentalità occidentale noi siamo portati prima a comprendere e poi a fare. Questo metodo è usato moltissimo nella scienza e in particolare nei "Gedankenexperiment" (esperimento mentale) di Einstein. Anzi più o meno tutta la filosofia occidentale è un "Gedankenexperiment": prima ci costruiamo il modello e poi tentiamo di applicarlo alla realtà. Motivo per cui qui in occidenti vedi tantissime teorie filosofiche che non portano a nessuna "salvezza" ma semplicemente si cerca la verità in sé stessa senza preoccuparsi della condizione del "ricercatore". Nel Gedankenexperiment della torta dici bene che l'io che si gusta la torta non è un io umano comunemente inteso perchè l'io umano comunemente inteso certamente è più sensibile alle condizioni esterne. Tuttavia nemmeno un deva è un io umano e nemmeno lo è un animale. Ora se io rinascessi deva e riuscissi a stare felice per l'eternità nel mio "paradiso" contrariamente a quanto dice Buddha allora credo che in tal caso avrei raggiunto la liberazione da malattia-vecchiaia-morte. Ebbene l'obiezione che si può fare al buddismo è: chi te lo dice che nessun mondo di rinascita è eterno? E la risposta: Buddha che conosce i "lavori del karma" lo sa, fidati! Il punto è che finchè si fa filosofia o scienza bisogna indagare e essere (metodologicamente) senza fede. Dunque se per assurdo esistesse un tale mondo deva permanente la ricerca del Nirvana buddista avrebbe senso? La risposta è "no" se si ritiene che la "negatività" della vita sia l'attaccamento a stati impermanenti. La risposta viceversa è "sì" se si ritiene che l'eternità della liberazione è "migliore" di quella del (presunto) mondo deva eterno. Il mio "io" del paradiso cristiano chiaramente è diverso dal mio "io" terreno e la cosa si mostra per il fatto che immaginandomi di restare per sempre in un posto per come sono fatto io oggi mi terrorizzerebbe. Rimane di capire prima di iniziare un percorso se l'obbiettivo promesso è migliore o no di un altro (per noi). Conosco la sutta dell'uomo colpito dalla freccia ma la ritengo utile solo dopo aver scelto il percorso non quando uno si deve decidere. Comunque le descrizioni "esperienziali" di Moksha e Nirvana mi paiono molto simili. Credo che bene o male l'obbiettivo è lo stesso ma il modo con cui lo si raggiunge fa in modo che concettualmente siano descritti in modo diverso. Schopenhauer era un tipico filosofo occidentale esposto all'oriente e infatti l'analogia tra la sua filosofia e l'oriente è meramente concettuale. Tornando ad immaginarci l'eternità: 1) proseguimento infinito della vita terrena - insoddisfacente perchè conduce a noia e disperazione; 2) conservazione del sé nelle memorie altrui - inconsistente perchè appunto l'io ormai non c'è più; 3) edonismo puro - insoddisfacente perchè invece di elevarci ci abbassa; 4) visione estetica della vita - vedere tutto "sub specie aeternitatis" alla Spinoza, tempo rimosso dal mondo. Problema: congelare tutto causa un senso di prigione; 5) eterno ritorno di Nietzsche - prigione; 6) eterno samsara - prigione; 7) diventare uno col mondo (panteismo, taoismo ecc) - davvero è un bene diventare un tutt'uno con questo mondo di malattie, morte ecc? 8 ) paradiso Cristiano- Dvaita e simili. Visione beatifica di Dio di cerrto è un'elevazione ammesso che siano vere (ma i dubbi sono troppi...) 9) Liberazione buddhista-Advaita. Pace assoluta. Ma non è uguale alla morte? 10) nichilismo/eterno oblio. A meno che uno non sia amorale non può che ritenere che la vita in questo scenario è tragica...

L'eventuale deva godereccio però dovrebbe vivere in un "paradiso" permanente...Siddharta sostiene , in base alla Sua pratica meditativa, che non esiste nulla di permanente. A questo ci si può credere o non credere, ma non cambia il fatto che solo di impermanenza noi facciamo , come Io, esperienza e con questa impermanenza abbiamo a che fare. Immaginare "come" potrebbe essere un mondo permanente popolato di deva permanenti è immaginazione, fare ipotesi affascinanti...però indimostrabili, a cui ci si può credere solo per fede. Visto che la meta che si prefigge il Buddha è raggiungere la Liberazione qui, nel presente aggregato, le fantasiose speculazioni sui mondi superiori e inferiori, così care alla tradizione indiana, servono per rafforzare l'importanza etica dell'agire qui e ora e con questa motivazione vengono narrate nei sutra. Penso che bisogna tener presente che, nella visione indiana, gli infiniti mondi, sono un tutt'uno; non vengono visti come "trascendenti" nel senso del paradiso trascendente dell'islam e del cristianesimo...è un pò diversa qui la storia... Comunque non è mia intenzione "convertire" nessuno... ;D io ritengo che l'esperienza sia fondamentale , tu che sia più importante la comprensione intellettuale ed eventualmente poi la pratica. Sono due approcci diversi, entrambi legittimi...
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 12:12:47 PM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 11:22:53 AM
 il Nirvana non è né immanente né trascendente, è indicibile e indescrivibile, se ne può fare solo esperienza diretta , ma non è Dio, nè un Principio nè la Causa né la Distruzione delle cause...Non sorge né tramonta...Non è il Nulla né il Tutto...la sua "funzione" è dare pace... :)

capisco...quindi il nichilismo assoluto,che dovrebbe poi dare la pace..terminale! 

questa sarà (se non lo e'gia) la nuova "religione" del nuovo ordine mondiale -post umano/iper relativista-...in effetti coincide alla perfezione
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 12:29:04 PM
Citazione di: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 12:12:47 PM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 11:22:53 AMil Nirvana non è né immanente né trascendente, è indicibile e indescrivibile, se ne può fare solo esperienza diretta , ma non è Dio, nè un Principio nè la Causa né la Distruzione delle cause...Non sorge né tramonta...Non è il Nulla né il Tutto...la sua "funzione" è dare pace... :)
capisco...quindi il nichilismo assoluto,che dovrebbe poi dare la pace..terminale! questa sarà (se non lo e'gia) la nuova "religione" del nuovo ordine mondiale -post umano/iper relativista-...in effetti coincide alla perfezione

Acquario, sarebbe un nichilismo se non fosse presente come meta da raggiungere il Nirvana...e sarebbe una forma di teismo se il nirvana fosse considerato trascendente. Il Dharma buddhista sta lontano da questi due estremi ( che vengono definiti come l'estremo positivo della metafisica e l'estremo negativo del nichilismo) e si propone come autentica "via di mezzo" (madyamika) lontana da ogni estremo...
Tieni presente poi che il buddhismo è fortemente etico. :)
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 12:47:17 PM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 12:29:04 PM
Citazione di: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 12:12:47 PM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 11:22:53 AMil Nirvana non è né immanente né trascendente, è indicibile e indescrivibile, se ne può fare solo esperienza diretta , ma non è Dio, nè un Principio nè la Causa né la Distruzione delle cause...Non sorge né tramonta...Non è il Nulla né il Tutto...la sua "funzione" è dare pace... :)
capisco...quindi il nichilismo assoluto,che dovrebbe poi dare la pace..terminale! questa sarà (se non lo e'gia) la nuova "religione" del nuovo ordine mondiale -post umano/iper relativista-...in effetti coincide alla perfezione

Acquario, sarebbe un nichilismo se non fosse presente come meta da raggiungere il Nirvana...e sarebbe una forma di teismo se il nirvana fosse considerato trascendente. Il Dharma buddhista sta lontano da questi due estremi ( che vengono definiti come l'estremo positivo della metafisica e l'estremo negativo del nichilismo) e si propone come autentica "via di mezzo" (madyamika) lontana da ogni estremo...
Tieni presente poi che il buddhismo è fortemente etico. :)


per Nirvana si intende liberazione dal dolore (la sua funzione e' dare pace,come dicevi prima) ...giusto ?!?

se e' così,allora perché se per il buddismo che predichi tu,dove alla fine mi pare di capire che e' un assenza di tutto..nessuna causa,nessun niente di niente,allora emerge l'aspirazione a tale pace e liberazione?!
...liberazione e pace di (e da) che,se poi e' di per se tutto effimero e inesistente?
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 15:11:14 PM
Citazione di: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 12:47:17 PM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 12:29:04 PM
Citazione di: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 12:12:47 PM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 11:22:53 AMil Nirvana non è né immanente né trascendente, è indicibile e indescrivibile, se ne può fare solo esperienza diretta , ma non è Dio, nè un Principio nè la Causa né la Distruzione delle cause...Non sorge né tramonta...Non è il Nulla né il Tutto...la sua "funzione" è dare pace... :)
capisco...quindi il nichilismo assoluto,che dovrebbe poi dare la pace..terminale! questa sarà (se non lo e'gia) la nuova "religione" del nuovo ordine mondiale -post umano/iper relativista-...in effetti coincide alla perfezione
Acquario, sarebbe un nichilismo se non fosse presente come meta da raggiungere il Nirvana...e sarebbe una forma di teismo se il nirvana fosse considerato trascendente. Il Dharma buddhista sta lontano da questi due estremi ( che vengono definiti come l'estremo positivo della metafisica e l'estremo negativo del nichilismo) e si propone come autentica "via di mezzo" (madyamika) lontana da ogni estremo... Tieni presente poi che il buddhismo è fortemente etico. :)
per Nirvana si intende liberazione dal dolore (la sua funzione e' dare pace,come dicevi prima) ...giusto ?!? se e' così,allora perché se per il buddismo che predichi tu,dove alla fine mi pare di capire che e' un assenza di tutto..nessuna causa,nessun niente di niente,allora emerge l'aspirazione a tale pace e liberazione?! ...liberazione e pace di (e da) che,se poi e' di per se tutto effimero e inesistente?

Non mi sembra di usare un tono predicatorio. Se ti sembra così , mi dispiace veramente..
L'aspirazione alla pace nasce dall'aspetto impermanente di ogni cosa, che alla fine rivela il suo vuoto e il suo carattere insoddisfacente ( magari non tutti sentono la vita insoddisfacente, ma questo è un altro discorso...). Quindi pace intesa come cessazione del desiderio incessante, dell'avversione e dell'ignoranza della vera natura impermanente di ogni cosa. Ottenere questa pace, secondo il Buddha, è possibile; è possibile in questa vita e non in un ipotetico "aldilà". Per raggiungere questa pace ha insegnato un sentiero di Liberazione dalla brama, dall'odio/avversione e dall'ignoranza/illusione. Questo sentiero è stato da Lui chiamato il Nobile Ottuplice sentiero.
Liberazione intesa quindi non come annichilimento ma come fruizione di questo stato di pace da brama, avversione, illusione. Infatti il termine pali Nibbana (Nirvana) significa estinzione ( per la scuola theravada anche come libertà dal desiderio: nir+vana ).Si libera la mente non più irretita dall'idea di un sè personale, durevole, eterno e sostanziale e che quindi vede tutti i fenomeni per quello che sono: impermanenti, insoddisfacenti e privi di qualunque sé/sostanza.
La realtà per il Buddhismo non è inesistente (se fosse così sarebbe inesistente anche il dolore in ultima analisi), è ben presente. Inesistente è il nostro modo di concepirla come permanente, sostanziale e dotata di esistenza intrinseca ( ossia dotata di un "anima" o sostanza). La natura della mente che ottiene la Liberazione è inconcepibile, indescrivibile e non è l'Io o sé autonomo, non è una divinità e non è la Causa o il substrato del Tutto. E' semplicemente...il nirvana  :) :) :)  
I
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: paul11 il 12 Gennaio 2017, 15:17:24 PM
Citazione di: maral il 12 Gennaio 2017, 10:43:45 AM
Citazione di: paul11 il 12 Gennaio 2017, 10:02:42 AM

Il kalpa ,il giorno di Brahama, ( e lo dice persino wikipedia....) a ritroso ha esattamente il tempo originario che la scienza contemporanea occidentale ha dato al pianeta terra, circa 4,5 miliardi di anni.  E' casuale?.......
Danielou in proposito alla durata dell'universo scrive ("Miti e dei dell'India", BUR, p.286): "La vita di Brahma dura cento anni" (Markandeya Purana 46,21). Una volta creato il mondo resta immutato per un giorno di Brahma che è un periodo di 2.160.000.000 anni Il mondo e tutto ciò che contiene è in seguito consumato dal fuoco, ma i saggi, gli dei e i principi degli elementi sopravvivono. Durante la notte Brahma dorme. Quando si risveglia ristabilisce la creazione e il processo si ripete fino a quando non è completato il centesimo anno, un numero che richiede 15 cifre per esprimerlo in anni umani...
Mille cicli dei quattro Yuga (età del mondo) sono un giorno di Brahma. Trecentosessanta di questi giorni formano un anno. La vita di Brahma dura 100 anni. Quando tale periodo è terminato, Brahma stesso cessa di esistere.
Già la voce kalpa in wikipedia presenta uno schema temporale. da cui si intuiscono varie cosette.

Uno schema invece ancora più definito dovrebbe   dare sul grande ciclo tutti i cicli interni (yuga).
Risulterebbe un grande insieme ciclico con al suo interno altri piccoli cicli, una sorta di sistema planetario e non è detto che il riferimento sia proprio questo.

Ma i libri Veda descrivono anche  la nascita di MANU il primo uomo(L'Adamo biblico) in un sotto ciclo del kalpa, che è il manvantara e risultano 7 MANU ( Man= uomo in inglese, ma anche i sistemi di misura anglosassoni hanno preso dall'antica cultura vedica)).
MANU in sanscrito equivale al pensiero.

Potrebbe essere che la trasmigrazione delle anime e/o reincarnazione applicata alla spiritualità e portata dal giainismo ( e appare la famosa croce uncinata ,ma rispetto alla svastica nazista cambiano gli orientamenti dei "bracci) abbiano ascendenze culturali con i 7 Manu, che dovrebbero corrispondere alle sette razze umane via via comparse di cui noi siamo ovviamente la settima ..... ma non finirebbe con noi
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Apeiron il 12 Gennaio 2017, 19:29:29 PM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 11:51:43 AM
Citazione di: Apeiron il 12 Gennaio 2017, 09:49:13 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AM
Citazione di: maral il 11 Gennaio 2017, 23:01:01 PMNon so, ma ci sento una differenza tra ciò di cui mi parli come Atta e ciò che noi occidentali chiamiamo Essere. Perché l'Essere, che è concepito come tale in Occidente da Parmenide nel suo poema (ed è da lì che nasce la filosofia dell'Occidente) è figura del Logos, mentre non mi pare che possa considerarsi così per Atta, per come me lo dici, esso infatti trascende in partenenza ogni possibilità del Logos. E' Parmenide infatti che facendo parlare la Dea (quindi, se si vuole, il pensiero mitico) le fa dire di non credere a ciò che essa dice perché lo dice, ma in virtù di un giudizio raziocinante, ossia del Logos e così dicendo la dea distrugge il pensiero mitico che incarna. Il pensiero orientale invece non mi sembra che abbia mai vissuto questa contrapposizione così escludente tra pensiero mitico e razionalità, nel pensiero orientale l'ancoraggio al mito resta e per questo l'essenza è non essenza, è del tutto inesprimibile, è illuminazione completamente paradossale a cui il pensiero logico che astrattamente e definitivamente separa Essere e Non essere (o anche Ente e Niente) non può giungere in alcun modo. Forse qualcosa di più simile che non l'Essere parmenideo, potrebbe essere l'Infinito (Apeiron) di Anassimandro. Nel frammento di Anassimandro c'è scritto che « principio degli esseri è l'infinito (ápeiron)....da dove infatti gli esseri hanno l'origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità, poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo. » Dove l'ingiustizia è proprio quella che commette ogni essere venendo a esistere, ossia separandosi dall'infinito e l'espiazione che ristabilisce la giustizia è il karma delle reincarnazioni.
Non conoscendo la filosofia occidentale dò per scontato che alcuni termini filosofici orientali abbiano esatta analogia con il significato che hanno nella nostra cultura... :( Per chiarire meglio: Sistema atta ( o atma-vada) è la teoria secondo cui il reale è sostanza, permanente ed eterna, e ha una natura propria. L'atman si potrebbe tradurre con Sè, Anima, Sostanza. Infatti è equiparato a dravya (sostanza), a nitya (permanente, eterno), a svabhava ( natura), a sara( essenza) e a vastu (reale). Sistema anatta (tipico del buddhismo) ( o anatma-vada) è la teoria dell'assenza del sé (anima), per cui tutte le cose sono prive di sostanza o di realtà permanente e identica; tutto è impermanente, mutevole, momentaneo ( anitya), non-essere, negazione, assenza (abhava). Essere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente. Apeiron, se gustando in eterno quella torta non provi noia, ma solo un piacere infinito, ecc...non puoi essere "tu" a gustartela, ma "qualcos'altro" che non è un Io come comunemente lo intendiamo! Questo tentavo di dire. A parer mio è impossibile per l'Io umano vivere un simile stato. E' come dire."Se fossi come un pesce proverei piacere a nuotare in eterno"...ma non lo siamo! L'Io, che è tempo( e che crea il suo tempo), non può vivere in una dimensione senza tempo. Il problema, se di problema si può parlare, Apeiron è che tu non parti dall'esperienza per poi riflettere su di essa , ma ritieni che la riflessione in sé sia sufficiente a spiegare l'esperienza. Nella cultura indiana , dai Veda in poi, la filosofia è al servizio della pratica meditativa e i trattati filosofici sono sostanzialmente delle guide all'esperienza da vivere. In Occidente invece la filosofia è pura astrazione, non è richiesto ad un filosofo di vivere la sua convinzione o riflessione filosofica ( mi viene in mente Schopenhauer che amava la vita e le donne, "Chi non ama le donne il vino e il canto, è solo un matto e non un santo", e poi teorizzava l'ascetismo ...). Per questo, riflettendo solo sui termini, non vedi differenze tra moksha e Nibbana, per es., che ti appaiono entrambi un bel Nulla.Si può spiegare dettagliamente all'infinito come si fa a pescare, ma se poi non provi l'esperienza del pescare, come puoi sapere se quella guida è corretta?... :) Sicuramente hai letto , nel canone pali, l'esempio che fa il Buddha dell'uomo colpito da una freccia...
Il motivo per cui credo non potremo comprendere le filosofie indiane è appunto il fatto per noi inconcepibile che la filosofia è in servizio alla meditazione e non viceversa. Nella nostra mentalità occidentale noi siamo portati prima a comprendere e poi a fare. Questo metodo è usato moltissimo nella scienza e in particolare nei "Gedankenexperiment" (esperimento mentale) di Einstein. Anzi più o meno tutta la filosofia occidentale è un "Gedankenexperiment": prima ci costruiamo il modello e poi tentiamo di applicarlo alla realtà. Motivo per cui qui in occidenti vedi tantissime teorie filosofiche che non portano a nessuna "salvezza" ma semplicemente si cerca la verità in sé stessa senza preoccuparsi della condizione del "ricercatore". Nel Gedankenexperiment della torta dici bene che l'io che si gusta la torta non è un io umano comunemente inteso perchè l'io umano comunemente inteso certamente è più sensibile alle condizioni esterne. Tuttavia nemmeno un deva è un io umano e nemmeno lo è un animale. Ora se io rinascessi deva e riuscissi a stare felice per l'eternità nel mio "paradiso" contrariamente a quanto dice Buddha allora credo che in tal caso avrei raggiunto la liberazione da malattia-vecchiaia-morte. Ebbene l'obiezione che si può fare al buddismo è: chi te lo dice che nessun mondo di rinascita è eterno? E la risposta: Buddha che conosce i "lavori del karma" lo sa, fidati! Il punto è che finchè si fa filosofia o scienza bisogna indagare e essere (metodologicamente) senza fede. Dunque se per assurdo esistesse un tale mondo deva permanente la ricerca del Nirvana buddista avrebbe senso? La risposta è "no" se si ritiene che la "negatività" della vita sia l'attaccamento a stati impermanenti. La risposta viceversa è "sì" se si ritiene che l'eternità della liberazione è "migliore" di quella del (presunto) mondo deva eterno. Il mio "io" del paradiso cristiano chiaramente è diverso dal mio "io" terreno e la cosa si mostra per il fatto che immaginandomi di restare per sempre in un posto per come sono fatto io oggi mi terrorizzerebbe. Rimane di capire prima di iniziare un percorso se l'obbiettivo promesso è migliore o no di un altro (per noi). Conosco la sutta dell'uomo colpito dalla freccia ma la ritengo utile solo dopo aver scelto il percorso non quando uno si deve decidere. Comunque le descrizioni "esperienziali" di Moksha e Nirvana mi paiono molto simili. Credo che bene o male l'obbiettivo è lo stesso ma il modo con cui lo si raggiunge fa in modo che concettualmente siano descritti in modo diverso. Schopenhauer era un tipico filosofo occidentale esposto all'oriente e infatti l'analogia tra la sua filosofia e l'oriente è meramente concettuale. Tornando ad immaginarci l'eternità: 1) proseguimento infinito della vita terrena - insoddisfacente perchè conduce a noia e disperazione; 2) conservazione del sé nelle memorie altrui - inconsistente perchè appunto l'io ormai non c'è più; 3) edonismo puro - insoddisfacente perchè invece di elevarci ci abbassa; 4) visione estetica della vita - vedere tutto "sub specie aeternitatis" alla Spinoza, tempo rimosso dal mondo. Problema: congelare tutto causa un senso di prigione; 5) eterno ritorno di Nietzsche - prigione; 6) eterno samsara - prigione; 7) diventare uno col mondo (panteismo, taoismo ecc) - davvero è un bene diventare un tutt'uno con questo mondo di malattie, morte ecc? 8 ) paradiso Cristiano- Dvaita e simili. Visione beatifica di Dio di cerrto è un'elevazione ammesso che siano vere (ma i dubbi sono troppi...) 9) Liberazione buddhista-Advaita. Pace assoluta. Ma non è uguale alla morte? 10) nichilismo/eterno oblio. A meno che uno non sia amorale non può che ritenere che la vita in questo scenario è tragica...
L'eventuale deva godereccio però dovrebbe vivere in un "paradiso" permanente...Siddharta sostiene , in base alla Sua pratica meditativa, che non esiste nulla di permanente. A questo ci si può credere o non credere, ma non cambia il fatto che solo di impermanenza noi facciamo , come Io, esperienza e con questa impermanenza abbiamo a che fare. Immaginare "come" potrebbe essere un mondo permanente popolato di deva permanenti è immaginazione, fare ipotesi affascinanti...però indimostrabili, a cui ci si può credere solo per fede. Visto che la meta che si prefigge il Buddha è raggiungere la Liberazione qui, nel presente aggregato, le fantasiose speculazioni sui mondi superiori e inferiori, così care alla tradizione indiana, servono per rafforzare l'importanza etica dell'agire qui e ora e con questa motivazione vengono narrate nei sutra. Penso che bisogna tener presente che, nella visione indiana, gli infiniti mondi, sono un tutt'uno; non vengono visti come "trascendenti" nel senso del paradiso trascendente dell'islam e del cristianesimo...è un pò diversa qui la storia... Comunque non è mia intenzione "convertire" nessuno... ;D io ritengo che l'esperienza sia fondamentale , tu che sia più importante la comprensione intellettuale ed eventualmente poi la pratica. Sono due approcci diversi, entrambi legittimi...

No mi sono spiegato male :) so benissimo che non intendi "convertire" nessuno e ritengo il buddismo tra le (poche) vere eccellenze mai prodotte dall'umanità. E anzi ammiro la fortissima pragmatica del buddismo e l'idea che l'importante è l'esperienza (spero che almeno questo si sia capito da vari miei post sul buddismo in altri threads). Volevo però far notare che in una discussione filosofica bisogna essere pronti a mettere in discussione tutto, impermanenza compresa. Siamo bombardati da visioni di eternità tra loro diversissime (ho fatto un elenco che non era per nulla esaustivo...) e lo scopo del thread era valutarle tutte e vedere quale era la migliore facendo un'analisi onesta e senza pregiudizi. Se vogliamo fare una discussione filosofica dobbiamo essere pronti a discutere pregi e difetti delle nostre credenze. Quindi chiaramente in una discussione filosofica si pretende la comprensione intellettuale o almeno una "dotta ignoranza", cioè capire che non si può capire.

La mia obiezione non era sulla veridicità del buddismo ma semplicemente sul fatto che  la concezione del rapporto dukkha-anicca mi pare un po' troppo "esagerata", dove con dukkha si intende da quello che ho capito "stato negativo". Ebbene supponi per assurdo che quel "paradiso deva" ci sia. A mio giudizio sarebbe ancora insoddisfacente per motivi diversi da quello che il Sublime dice. Chiaramente lo stato di piacere infinito ci farebbe stare bene eppure sarebbe a mio giudizio un "salto all'indietro" rispetto alla nostra condizione. Sarebbe uno sprofondamento in piaceri "umani, troppo umani" che ci renderebbero più simili a "animali perpetui" che a esseri "perfezionati". Se vuoi sto dicendo che il buddismo è troppo fissato con l'impermanenza mentre a mio giudizio bisogna anche vedere la "purezza" di un piacere. Un po' come dire che si dovrebbe scegliere un'eternità rispetto all'altra in base al (purtroppo mal definito) "valore" di tale eternità. Così come nella vita terrena a volte ci si sacrifica per la libertà e per il bene altrui rinunciando a piaceri troppo "edonistici" e di poco valore.

P.S. Il paradiso cristiano non è completamente "trascendente" è più che altro "invisibile" cioè non comprensibile e percepibile da noi. Qui non vedo così tanta differenza con gli altri mondi della rinascita buddista :)
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Apeiron il 12 Gennaio 2017, 19:36:30 PM
Mi sono dimenticato di dire inserire l'eternità neoplatonica.
11) Ritorno all'Uno trascendente o unione con Dio creatore. La differenza con la visione cristiana-dvaita ecc è che qui l'individuo si "riassorbe" in Dio mentre nel Paradiso gode della Sua presenza. (mi pare che sia simile alla concezione di paul11 - chiedo a lui conferma)
Gli altri 10:
1) proseguimento infinito della vita terrena - insoddisfacente perchè conduce a noia e disperazione; 2) conservazione del sé nelle memorie altrui - inconsistente perchè appunto l'io ormai non c'è più; 3) edonismo puro - insoddisfacente perchè invece di elevarci ci abbassa; 4) visione estetica della vita - vedere tutto "sub specie aeternitatis" alla Spinoza, tempo rimosso dal mondo. Problema: congelare tutto causa un senso di prigione; 5) eterno ritorno di Nietzsche - prigione; 6) eterno samsara - prigione; 7) diventare uno col mondo (panteismo, taoismo ecc) - davvero è un bene diventare un tutt'uno con questo mondo di malattie, morte ecc? 8 ) paradiso Cristiano- Dvaita e simili. Visione beatifica di Dio di cerrto è un'elevazione ammesso che siano vere (ma i dubbi sono troppi...) 9) Liberazione buddhista-Advaita. Pace assoluta. Ma non è uguale alla morte? 10) nichilismo/eterno oblio.

Se avete voglia potreste dirmi che ne pensate di ciascuna di queste eternità?

Detto questo tutta l'arte è un tentativo di "afferrare l'eternità". Un libro tenta di "elevare" la sua storia da una semplice raccolta di fatti (anche immaginari) ad un mondo a sé, dotato di significato e di valore. A mio giudizio vedere le cose sub specie aeternitatis (in senso generale, non in senso usato da Spinoza)è vederle in modo da ritenere che abbiano un valore e/o un significato magari sconosciuto.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: paul11 il 12 Gennaio 2017, 23:12:25 PM
Aperion,
-La reincarnazione/trasmigrazione delle anime, non comporta memoria delle passate vite nel corpo fisico "nuovo".
Paradossalmente noi stessi potremmo essere reincarnati, ma inconsapevoli.

-la visione estetica/estatica è già una forma di distacco mondano.

-L'eterno ritorno di Nietzsche presuppone la conoscenza dei cicli periodici temporali delle scienze degli "Arya",dei libri Veda e potrebbe essere davvero così.

-Fisicamente, chimicamente un corpo umano morto si decompone, si dissolve in molecola toranndo a disposizione del pianeta.Questo è un dato di fatto, una tautologia.Altro se c'è un'anima/spirito.

-Diventare tutt'uno con il pianeta forse è un modo di rientrare nei cicli vedici

-Non credo all'oblio, se tutto ebbe un 'origine fisica cosmologica astronomica, oppure divina-spirituale-fisica ed esiste un'intelliggibilità dentro un ordine che ci appare nel divenire temporale ,in cui il tempo è metronomo dei fenomeni proprio per costruire sequenze intellegibili, deve avere un senso.

-Non credo al Dio sensibile percettivo con il barbone biancovestito,
Semmai credo ad un ritorno all'Uno.

-Veniamo alla problematica Nirvana/buddhismo e cristianesimo (parusia,escatologia)- paradiso-eterno
Il discorso sarebbe lungo e complesso, per cui detto in breve  penso che lo"stato" di Nirvana corrisponda ad uno "stato/eterno".
Lì si è fuori dalle schiavitù fisiche dentro e fuori di sè,non c'è dimensione temporale seppure il metronomo batte ,non esiste nel Sè che è in un'altra dimensione e riunisce in sè gli ordini e quindi è talmente armonico che tutto è allo stesso tempo negativo e positivo, per cui si dissolvono.Chi riesce a toccare un simile stadio da vivente ha riordinato il mondo dentro di sè E' il massimo per un vivente .Ci sono famosi rabbini durante la storia che studiavano il modo di ritornare all'origine di Genesi,E' un processo che ha lo stesso fine.
Quando nei testi cristiani si parla di giudizio universale, di Rivelazioni(o Apocalisse di S.Giovanni),degli ultimi giorni, c'è una serie di fatti cronologici che dovrebbero avvenire poichè profetizzati.
Quì vi sono alcune incongruenze, perchè appiono contraddittoriamente due impostazioni di nuovo(ccome ai tempi di S,Paolo) la sconfitta del male, fine del giudizio e tutti si torna ora felici e contenti in una nuova umanità fisica in un corpo fisico. Oppure il "Padre che è nei cieli" è stato interpretato ellenisticamente come trascendente 
il dominio naturale, oltre il mondo fisico, fuori dal tempo fisico e dalla vita fisica,Come si "viva" da spiriti, nell'eterno  è fuori dalla nostra portata mentale, linguistica, potremmo dire cosa non è, ma dire cosa sia ritengo di no.

Quella fine ultima dove i morti risorgono e tutto è giudicato, attenzione perchè è vicina alla storia dei sette Manu.
Ogni Manu finisce e risorge dopo un diluvio, una catastrofe e di nuovo il ciclo.
E se il cristianesimo ci apparisse lineare solo perchè ha descritto un solo ciclo?
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Apeiron il 13 Gennaio 2017, 14:50:16 PM
Citazione di: paul11 il 12 Gennaio 2017, 23:12:25 PMAperion, -La reincarnazione/trasmigrazione delle anime, non comporta memoria delle passate vite nel corpo fisico "nuovo". Paradossalmente noi stessi potremmo essere reincarnati, ma inconsapevoli. -la visione estetica/estatica è già una forma di distacco mondano. -L'eterno ritorno di Nietzsche presuppone la conoscenza dei cicli periodici temporali delle scienze degli "Arya",dei libri Veda e potrebbe essere davvero così. -Fisicamente, chimicamente un corpo umano morto si decompone, si dissolve in molecola toranndo a disposizione del pianeta.Questo è un dato di fatto, una tautologia.Altro se c'è un'anima/spirito. -Diventare tutt'uno con il pianeta forse è un modo di rientrare nei cicli vedici -Non credo all'oblio, se tutto ebbe un 'origine fisica cosmologica astronomica, oppure divina-spirituale-fisica ed esiste un'intelliggibilità dentro un ordine che ci appare nel divenire temporale ,in cui il tempo è metronomo dei fenomeni proprio per costruire sequenze intellegibili, deve avere un senso. -Non credo al Dio sensibile percettivo con il barbone biancovestito, Semmai credo ad un ritorno all'Uno. -Veniamo alla problematica Nirvana/buddhismo e cristianesimo (parusia,escatologia)- paradiso-eterno Il discorso sarebbe lungo e complesso, per cui detto in breve penso che lo"stato" di Nirvana corrisponda ad uno "stato/eterno". Lì si è fuori dalle schiavitù fisiche dentro e fuori di sè,non c'è dimensione temporale seppure il metronomo batte ,non esiste nel Sè che è in un'altra dimensione e riunisce in sè gli ordini e quindi è talmente armonico che tutto è allo stesso tempo negativo e positivo, per cui si dissolvono.Chi riesce a toccare un simile stadio da vivente ha riordinato il mondo dentro di sè E' il massimo per un vivente .Ci sono famosi rabbini durante la storia che studiavano il modo di ritornare all'origine di Genesi,E' un processo che ha lo stesso fine. Quando nei testi cristiani si parla di giudizio universale, di Rivelazioni(o Apocalisse di S.Giovanni),degli ultimi giorni, c'è una serie di fatti cronologici che dovrebbero avvenire poichè profetizzati. Quì vi sono alcune incongruenze, perchè appiono contraddittoriamente due impostazioni di nuovo(ccome ai tempi di S,Paolo) la sconfitta del male, fine del giudizio e tutti si torna ora felici e contenti in una nuova umanità fisica in un corpo fisico. Oppure il "Padre che è nei cieli" è stato interpretato ellenisticamente come trascendente il dominio naturale, oltre il mondo fisico, fuori dal tempo fisico e dalla vita fisica,Come si "viva" da spiriti, nell'eterno è fuori dalla nostra portata mentale, linguistica, potremmo dire cosa non è, ma dire cosa sia ritengo di no. Quella fine ultima dove i morti risorgono e tutto è giudicato, attenzione perchè è vicina alla storia dei sette Manu. Ogni Manu finisce e risorge dopo un diluvio, una catastrofe e di nuovo il ciclo. E se il cristianesimo ci apparisse lineare solo perchè ha descritto un solo ciclo?

So benissimo che la reincarnazione non comporta necessariamente la memoria ma è anche vero che non mi ricordo un tubo di quando avevo un anno, tuttavia ero comunque io (e non ero io per un certo punto di vista  ;D ). Il discorso è che un eterno samsara non è proprio il massimo perchè per necessità i cicli sono limitati nel tempo e chi abita nel samsara per vivere si deve attaccare a qualcosa di impermanente. E anche se uno fosse sempre contento nel samsara il ciclo nascita-morte-rinascita-rimorte sarebbe comunque una vita perpetua e non una vita eterna, ergo sarebbe sempre incompleta e senza senso.
Nel cristianesimo da quanto io posso capire Dio non è antropomorfo, è "personale" ossia ha proprietà condivise con noi. Non è quindi né totalmente diverso da noi ma non è uguale a noi e quindi è ineffabile. La salvezza cristiana in sostanza è il "completamento" che si ha con la "visione beatifica". A differenza del neoplatonismo questo "ritorno a Dio" non sarebbe un riassorbimento nell'Uno ma una "elevazione" dell'io - in sostanza anche noi saremo trasformati in qualcosa che è simile a noi ma non è uguale.
Chiaramente poi se il cosmo è ciclico il cristianesimo descriverebbe a modo suo un ciclo.
Titolo: Re:Tempo ed eternità
Inserito da: Sariputra il 14 Gennaio 2017, 11:53:20 AM
Citazione di: Apeiron il 13 Gennaio 2017, 14:50:16 PM
Citazione di: paul11 il 12 Gennaio 2017, 23:12:25 PMLa salvezza cristiana in sostanza è il "completamento" che si ha con la "visione beatifica". A differenza del neoplatonismo questo "ritorno a Dio" non sarebbe un riassorbimento nell'Uno ma una "elevazione" dell'io - in sostanza anche noi saremo trasformati in qualcosa che è simile a noi ma non è uguale. Chiaramente poi se il cosmo è ciclico il cristianesimo descriverebbe a modo suo un ciclo.

E' il sogno profondo dell'Io quello di assumere infine una dimensione eterna ( che però non può che immaginare come una vita perpetua) e lasciarsi alle spalle quella fastidiosa sensazione di fragilità e incompletezza che lo attanaglia. Quindi è proprio di "elevazione" dell'Io, come scrivi, che si parla nel cristianesimo ( e ancor di più nell'Islam ). Un Io che è simile al nostro Io attuale ( che però non riusciamo a definire  chiaramente cos'è questo senso di "Io") che, da impermanente e corruttibile, diventa permanente e incorruttibile.