Partiamo da questa osservazione di Bobmax in risposta a Claudia.:
-''L'esempio della forza di gravità è calzante.
È stato ormai appurato che non esiste alcuna forza.
Cioè le masse non agiscono tra loro a distanza. Ma vi è una deformazione spazio-temporale.
Questa deformazione è stata descritta dalla relatività generale. Una nuova legge che ha scalzato la precedente newtoniana.
Ma sarebbe un grave errore credere che quest'ultima sia la Legge!
Perché la faremmo diventare un idolo.
È sempre e soltanto una interpretazione, che sarà un domani sostituta da un'altra.'' -
--------------------------------------
Un professore di fisica mi chiese una volta:
-Come fai a dire che la forza non esiste se tu la senti?-
Al momento, barando un pò, risposi che le cose non esistono per il motivo che io le sento.
Una risposta buttata giù al momento lì per lì per darmi un contegno.
Oggi però ne sono più convinto di allora, anche se la questione è più complicata di così.
Voi cosa ne pensate?
La forza è un concetto. Basta dire che la deformazione spazio temporale genera (gli effetti de) la forza di gravità e anche la verità logica post relativistica è rispettata.
E con essa tutte le formule (valide) della meccanica newtoniana con cui si costruiscono dighe, ponti, case, aerei, ascensori, navi, etc. perfettamente funzionanti.
Citazione di: iano il 14 Gennaio 2023, 23:20:20 PMPartiamo da questa osservazione di Bobmax in risposta a Claudia.:
-''L'esempio della forza di gravità è calzante.
È stato ormai appurato che non esiste alcuna forza.
Cioè le masse non agiscono tra loro a distanza. Ma vi è una deformazione spazio-temporale.
Questa deformazione è stata descritta dalla relatività generale. Una nuova legge che ha scalzato la precedente newtoniana.
Ma sarebbe un grave errore credere che quest'ultima sia la Legge!
Perché la faremmo diventare un idolo.
È sempre e soltanto una interpretazione, che sarà un domani sostituta da un'altra.'' -
--------------------------------------
Un professore di fisica mi chiese una volta:
-Come fai a dire che la forza non esiste se tu la senti?-
Al momento, barando un pò, risposi che le cose non esistono per il motivo che io le sento.
Una risposta buttata giù al momento lì per lì per darmi un contegno.
Oggi però ne sono più convinto di allora, anche se la questione è più complicata di così.
Voi cosa ne pensate?
Ciao iano, io so solo che quando vado in salita faccio fatica, sento quindi una forza che non sento quando vado in piano; mi vien quindi da pensare che ci sarà un motivo ... ovviamente essendo inesperto di fisica forse qualcuno potrà spiegarmelo dicendo quello che mi deve dire al proposito
Ciao Daniele.
Quella di un corpo su cui non agiscono forze è una condizione ideale.
Cioè di fatto non esiste.
Paradossalmente quindi quando non senti alcuna forza il motivo è che vi sono almeno due forze applicate su di te, che però, essendo uguali e contrarie, si annullano.
il motivo , per dirla al modo di Newton, è che la terra è bella e attraente, ma tu non sei da meno. Anzi, siete proprio attraenti uguale. ;D
Questo dice la teoria estetica di Newton, stante l'elegante simmetria della sua legge di gravità.
La fisica è un tripudio di simmetrie a ben pensarci, dove ogni cosa, se inventata è, nasce sempre col suo opposto, per dire che sembra esserci una logica che vincola anche le libere invenzioni, che del tutto libere non sono mai quindi.
Possiamo scrivere la legge in diverse forme, Newton, Einstein, ma tutte sembrano sottostare agli stessi vincoli formali di simmetria.
Questo significa che la realtà è simmetrica?
Simmetrico di sicuro è il nostro linguaggio dove ad ogni termine corrisponde il suo opposto, e noi con quegli opposti descriviamo la realtà.
Ad ogni invenzione corrisponde una invenzione uguale e contraria, che Newton traduce con ''ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria''.
Sì Iano, penso proprio che tu veda oltre le tante ovvietà che ci offuscano lo sguardo.
E così il normalizzato insegnamento non può che andarti stretto...
Ritengo che anche in questo argomento, come un po' in ogni nostra conoscenza, l'offuscamento dipenda dalla ambiguità dei concetti che fondano il nostro stesso conoscere.
Qui abbiamo il concetto di "esistere".
Che andrebbe approfondito, distinguendone i possibili diversi e incompatibili significati.
Ma è difficile, perché l'uso comune è radicato. Anch'io mi ritrovo, per evitare tanti distinguo che complicherebbero l'esposizione, a utilizzare il termine esistere dandolo per scontato. Mentre non lo è affatto!
Perciò ci ritroviamo a constatare che nessuna forza esiste!
Epperò... pure esiste...
Ma è proprio l'idea dell'esistere a dover essere chiarita una volta per tutte!
Per prima cosa bisogna osservare che l'esistenza è la compresenza di oggetto e soggetto.
Mentre l'essere è ciò che fonda l'esistenza.
Essendo il fondamento, l'essere non esiste.
Tuttavia, la esistenza è pure questa stessa consapevolezza dell'essere.
Essere, che alla esistenza appare come nulla.
Per questo duplice significato della esistenza, penso sarebbe meglio nel primo caso sostituire l'esistere con l'esser-ci.
Ciò che c'è (esserci) è ciò che è oggetto per noi che siamo soggetto.
È ciò che, sentendo, viene interpretato da noi come oggetto.
Quindi la forza c'è.
Tuttavia la esistenza, che noi siamo, ha consapevolezza dell'essere. Che appare come nulla.
E questa consapevolezza ci fa osservare che la forza non esiste per davvero. Cioè la nostra interpretazione non è vera.
Non è vera perché la forza è esserci, ma non essere.
Citazione di: iano il 14 Gennaio 2023, 23:20:20 PMUn professore di fisica mi chiese una volta:
-Come fai a dire che la forza non esiste se tu la senti?-
Al momento, barando un pò, risposi che le cose non esistono per il motivo che io le sento.
Una risposta buttata giù al momento lì per lì per darmi un contegno.
Oggi però ne sono più convinto di allora, anche se la questione è più complicata di così.
Voi cosa ne pensate?
Ma infatti non mi verrebbe mai da pensare che una forza esista perchè io "la sento" o non esista perchè "non la sento".
(Avremmo la perfetta parodia della scienza, se ci si basasse sul "sentire", a cominciare dal "sentire" connesso a gravi patologie psichiatriche).
Citazione di: Claudia K il 15 Gennaio 2023, 11:53:26 AMMa infatti non mi verrebbe mai da pensare che una forza esista perchè io "la sento" o non esista perchè "non la sento".
(Avremmo la perfetta parodia della scienza, se ci si basasse sul "sentire", a cominciare dal "sentire" connesso a gravi patologie psichiatriche).
Però questo è il normale sentire.
Quello da cui siamo partiti, ricordando che non è un viaggio riservato a pochi, perchè il nostro sentire, attuale o futuro, ha senso solo quando condiviso sulla lunga distanza, e diversamente diventa patologico.
Ma con il concetto di forza, inteso come ente matematico (vettore), credo sia iniziato un viaggio umano in cui ciò che esiste si svincola dal nostro sentire attuale. La meta però non può che essere un ''diversamente sentire '', cioè una futura nuova sensibilità che oggi giudicheremmo patologica, come tu che sei già proiettata nel futuro giudichi patologica l'attuale.
Non credo invece possa esistere un ''diversamente esistere'' e questa transizione fra vecchie e nuove sensibilità mi sembra l'occasione giusta per sviscerare cosa sia l'esistenza.
Secondo me l'esistente nasce come interfaccia fra osservatore e osservato, non essendo quindi né l'uno né l'altro, ed essendo qualcosa che nasce da un rapporto che muta, parimenti muta.
Oggi esistono le forze e domani non esistono più.
Ci sarà un diverso sentire?
Continueremo a sentire ciò che di nuovo esisterà?
Sentire è primitivo rispetto ad esistere.
Possiamo dire ovvia l'esistenza delle cose senza conoscere a fondo il processo del sentire?
Di solito ci si appella ai fatti come fossero indipendenti da noi.
Sarà vero?
@iano
In effetti non ho la sensazione che sto viaggiando a migliaia di kilometri al secondo attorno a chissà che cosa. Partendo da Ipazia che parla di forza come un concetto e ribadendo che la nostra lingua è fatta più che altro per gli usi quotidiani che per considerazioni specialistiche, penso allora che si tratti di una deformazione del termine "forza". La fisica l'ho studiata non molto al liceo, ma mi ricordo che il concetto di forza era inquadrato dai parametri: intensità, direzione e verso. Da Newton a Einstein è cambiato il parametro "direzione"? Giacché ... ripeto ... quando vado in salita faccio fatica.
Per quel che riguarda le simmetrie del nostro linguaggio, penso che per un determinato fatto possa determinarsi un'opinione contraria ad una precedente, ma per quel che riguarda i termini della lingua penso che quel che dici sia valido per lo più negli aggettivi pittosto che nei sostantivi
L'esistere, o l'esser-ci, se preferite, è fondato nel tempo di vita di ogni ente indipendentemente dal rapporto soggetto-oggetto, osservatore-osservato. La montagna, sequoia, umano, gatto, hanno un tempo di vita che resiste a qualsiasi sofisma, che al massimo può attaccare il significante loro attribuito da un intelletto umano. Laddove il reale si fa razionale e comunicabile.
Citazione di: Claudia K il 15 Gennaio 2023, 11:53:26 AMMa infatti non mi verrebbe mai da pensare che una forza esista perchè io "la sento" o non esista perchè "non la sento".
(Avremmo la perfetta parodia della scienza, se ci si basasse sul "sentire", a cominciare dal "sentire" connesso a gravi patologie psichiatriche).
Ma senza "sentire" , cioè percepire, non vi potrebbe essere alcuna scienza.
Perché l'esserci sarebbe impossibile.
Il mondo c'è perché lo sentiamo.
E sulla base di questo sentire nascono ipotesi
Infatti ciò che davvero c'è è relazione, ossia pura comunicazione e nient'altro.
Il semplice è sempre difficile da cogliere...
Così si inventano particelle messaggere, per spiegare come avviene la comunicazione da materia a materia.
Mentre... vi è solo pura comunicazione.
Citazione di: daniele22 il 15 Gennaio 2023, 14:02:46 PMDa Newton a Einstein è cambiato il parametro "direzione"? Giacché ... ripeto ... quando vado in salita faccio fatica.
Fai fatica perchè acquisisci energia potenziale spendendo energia chimica e producendo calore, ma senti la fatica solo se non sei abituato a farla.
Se porti un sacco di cemento fai fatica perchè di solito non porti sacchi di cemento, ma sopporti il peso di kilometri di aria sopra di te senza pensarci.
Fai fatica anche da fermo ma non la senti.
Da Newton ad Einstein è cambiato qualcosa?
Da un punto di vista filosofico potremmo dire che il ''rivoluzionario'' Einstein ha messo in atto una restaurazione in effetti, ripristinando l'azione locale che Newton aveva abolito.
Azione locale significa che la forza non si trasmette attraverso il vuoto, ma per contatto diretto fra i corpi, o indirettamente attraverso un intermediario.
Nessuno si rassegnava inizialmente all'azione non locale di Newton, senza per questo voler rinnegare la sua mirabile teoria.
Si è cercato allora per tanto tempo un intermediario, l'etere, finché non ci si è arresi e si ammesso che non vi era nessun intermediario.
Nel sentire comune tutti hanno accettato alla fine, e ancor oggi accettiamo (anzi non ci poniamo proprio più il problema) la mancanza di un intermediario.
Ma quel rivoluzionario di Einstein, che in effetti era un gran reazionario, trova un nuovo intermediario, lo spazio-tempo, col quale ripristina il vecchio regime dell'azione locale.
Dobbiamo quindi riportare indietro il nostro sentire, per riadattarlo alla presenza di un intermediario?
Ma quanto deve andare avanti sto giochino? :))
Citazione di: bobmax il 15 Gennaio 2023, 17:10:57 PMMa senza "sentire" , cioè percepire, non vi potrebbe essere alcuna scienza.
Perché l'esserci sarebbe impossibile.
Il mondo c'è perché lo sentiamo.
E sulla base di questo sentire nascono ipotesi
Francamente non riesco a seguirti.
Torno alla povera forza di gravità del mio esempiucolo : in milioni di anni di umanoidi e poi umani...costoro non "sentivano" nessuno forza che li tenesse in piedi sulla Terra, piuttosto che svolazzare come sulla Luna... Vivevano la questione per quel che era, dato che era (come è).
Poi nel tempo dovrebbero aver imparato che, sempre sulla Terra, se avessero lasciato la presa di un masso di pietra in perpendicolare ai propri piedi...di sarebbero rotti i piedi...perchè il masso sarebbe finito su quelli, con risultati assai diversi dalla caduta sui propri piedi di una massa di piume...
Dopo milioni di anni di vita sulla Terra qualcuno si pose il problema (molto filosofico, volendo) del "perchè?", e non fu Newton il primo.
Fu soltanto il primo a tradurre in linguaggio matematico una relazione esistente e dimostrabile.
Assoluta e universalmente valida?
No.
Solo la classica "soluzione" che è comunque conquista, e rispetto alla quale MAI prescindere dal considerarla un inizio di spiegazione, che - come sempre - risolve un primo quesito mentre ne genera infiniti altri.
Credo che dovremo rassegnarci a questo gioco, ma non è poi un dramma se di gioco davvero si tratta.
Giochiamo a costruire e deostruire le nostre sensibilità, consci ormai che non esista una sensibilità univoca, come fino a un certo punto abbiamo creduto, consci quindi che non esista più nulla di ovvio, di evidente, in quanto derivante dalla nostra percezione.
Come sta cambiando o come dovrebbe essere cambiata la nostra sensibilità, posto che sia normale una inerzia al cambiamento?
Ma vale la pena adattarla ad una teoria che per quanto mirabile domani cambierà?
O deve cambiare proprio il nostro atteggiamento al riguardo?
A dirla tutta lo spazio tempo come intermediario non è proprio una restaurazione, come ho detto per fare un pò di scena, perchè se l'etere manteneva una parvenza di materialità, lo spazio tempo è geometria pura, più vuota del vuoto di Newton.
Quello che dovremmo sviluppare è dunque una sensibilità alla geometria, senza la quale Platone manco ti faceva entrare a casa sua.
Dovremmo sviluppare una sensibilità a qualcosa che fra tutte meno sentiamo come nostra, e il motivo per cui ci manca questa sensibilità credo sia perchè la matematica sta alla base di ogni possibile sensibilità quando lavora nell'ombra, ma rende superflua ogni possibile sensibilità quando emerge, come sta facendo prepotentemente negli ultimi millenni.
La matematica non è fatta di simboli, ma simboli sono i vermi coi quali l'abbiamo pescata dal mare dell'inconscio, ed esplicitata con la teoria dei simboli.
Non esiste essere vivente che non usi la matematica senza saperlo. Noi dovremmo saperlo.
Citazione di: Claudia K il 15 Gennaio 2023, 18:14:16 PMFrancamente non riesco a seguirti.
Torno alla povera forza di gravità del mio esempiucolo : in milioni di anni di umanoidi e poi umani...costoro non "sentivano" nessuno forza che li tenesse in piedi sulla Terra, piuttosto che svolazzare come sulla Luna... Vivevano la questione per quel che era, dato che era (come è).
Poi nel tempo dovrebbero aver imparato che, sempre sulla Terra, se avessero lasciato la presa di un masso di pietra in perpendicolare ai propri piedi...di sarebbero rotti i piedi...perchè il masso sarebbe finito su quelli, con risultati assai diversi dalla caduta sui propri piedi di una massa di piume...
Dopo milioni di anni di vita sulla Terra qualcuno si pose il problema (molto filosofico, volendo) del "perchè?", e non fu Newton il primo.
Fu soltanto il primo a tradurre in linguaggio matematico una relazione esistente e dimostrabile.
Assoluta e universalmente valida?
No.
Solo la classica "soluzione" che è comunque conquista, e rispetto alla quale MAI prescindere dal considerarla un inizio di spiegazione, che - come sempre - risolve un primo quesito mentre ne genera infiniti altri.
Sentire in quanto incontrare attraverso i sensi.
Non importa se direttamente o indirettamente, sempre il sentire è necessario.
Dopo, solo dopo, è possibile fare un ragionamento. Che sarà "sempre" fatto sulla base di ciò che si è sentito.
La forza, la posso sentire direttamente attraverso il mio corpo. Oppure attraverso i sensi posso ricevere altre informazioni, le quali potranno poi essere interpretate fino a stabilire la esistenza di una forza.
Ma sempre sulla base del sentire.
Non mi pare possa esservi alcun dubbio a riguardo.
@ Claudia K
''Il mondo c'è perché lo sentiamo.''
Scrive Bombax, che è entrato perfettamente in sintonia con questa discussione, che non vuol essere però per nulla assertiva, profetica, professorale, trattandosi di pensieri in corso.
L'affermazione di Bob max andrebbe dunque sviluppata.
Credo voglia dire che non si può capire l'esistenza se non si comprende il sentire.
l'esistenza appare ovvia solo nell'ignoranza del sentire.
Quindi la comprensione del sentire e la sua eventuale rimodulazione ridefinisce l'esistente.
Non sono le cose ad essere sentite , ma è il sentire che crea le cose, e se il sentire non è univoco, diverse sono el cose create.
Ciò non incrina l'unicità della realtà, ma l'univocità del nostro rapporto con essa, che tale può apparire solo finché il suo meccanismo non muta, come fosse univoco.
Ci accorgiamo del suo mutamento quando ciò che appariva ovvio, tale più inizia a non apparire.
Appariva ovvio che le forze si trasmettessero per contatto.
Oggi non appare più ovvio. e andando a ritroso non è ovvio neanche cosa sia un contatto.
Citazione di: iano il 15 Gennaio 2023, 18:41:31 PMDovremmo sviluppare una sensibilità a qualcosa che fra tutte meno sentiamo come nostra, e il motivo per cui ci manca questa sensibilità credo sia perchè la matematica sta alla base di ogni possibile sensibilità quando lavora nell'ombra, ma rende superflua ogni possibile sensibilità quando emerge, come sta facendo prepotentemente negli ultimi millenni.
Ma il focus è probabilmente tutto qui, con mia visuale opposta alla tua.
La matematica è un linguaggio, nonchè l'unico universale tra tutti i linguaggi.
Non "lavora" motu proprio da nessuna parte e resta un mezzo, ma resta anche l'unico mezzo che consenta di decodificare la realtà (parzialmente quanto vogliamo). Non è che la "costruisca"!
Mutuando i termini di Bobmax : la matematica è il linguaggio che fa la differenza tra l'Intuizione dimostrabile e, invece, quella che è fantasia (o follìa) indimostrabile. E che può restare suggestivo e anche sublime, ma che resta Intuizione indimostrabile, nonchè fonte di infinite diatribe in prosa.
Ma anche se la matematica fosse un linguaggio unico e universale, e noi ci limitassimo a scoprirlo, la sua conoscenza sarà sempre parziale, e l'esistente risentirà sempre di questa parzialità, se l'esistente è tale in quanto descrivibile.
Ma alla fine ciò che cambia fra il mio atteggiamento e il tuo opposto è solo la nostra predisposizione psicologica, e quindi il nostro modo di agire, senza che cambi molto la sostanza,
nel senso che in un modo o nell'altro la scienza và dove deve andare. cambia solo il come ci và..
Si tratta solo di decidere se descriviamo, anche in modo parziale e aggiornabile, la realtà, come di solito crediamo, o se descriviamo una ineliminabile interfaccia fra noi e la realtà, fatta di esistenti aggiornabili.
Io non credo che la matematica stia fuori di noi, ma che noi siamo la matematica, e che l'esistente coincida con la descrizione matematica che facciamo della realtà e che questo esistente dunque muti al nostro mutare.
Ti sento quindi esisti vuole essere l'estensione del ''penso quindi sono''.
L'alternativa è ''sei quindi ti sento'' che pone un essere immutabile che non dà conto della nostra mutevole sensibilità.
Ti sento ( coi sensi o con la scienza) dunque sei, mi sembra una prosperttiva più coerente coi fatti.
Tuttavia Iano, il credere che da qualche parte vi sia la matematica e la nostra non sia che una sua scoperta... è un diffuso e fuorviante convincimento.
Direi davvero pernicioso!
Perché segue l'idea dell'iperuranio platonico. Che altro non è che un rimedio alla angoscia nichilista.
Angoscia che deriva, in ultima analisi, dal credere l'esserci Verità assoluta.
Siamo arrivati al punto di credere che i numeri esistano da qualche parte!
A prescindere dalla mente che li pensa...
Persino l'infinito è considerato esistente. E perciò utilizzabile come cosa tra le cose...
Questa sì è davvero follia, follia nichilista.
Citazione di: iano il 15 Gennaio 2023, 18:02:54 PMFai fatica perchè acquisisci energia potenziale spendendo energia chimica e producendo calore, ma senti la fatica solo se non sei abituato a farla.
Se porti un sacco di cemento fai fatica perchè di solito non porti sacchi di cemento, ma sopporti il peso di kilometri di aria sopra di te senza pensarci.
Fai fatica anche da fermo ma non la senti.
Scusa iano, ma il tuo discorso non mi quadra proprio. Io sono uno che in montagna ci va, e la differenza nella percezione della fatica la fa solo la potenza dei miei muscoli. In ogni caso io
non acquisisco energia potenziale andando in salita, bensì
la spendo cineticamente in forma di energia chimica. Stesso dicasi per il sacco di cemento. Non so quanto pesi un'atmosfera, ma sono nato che già c'era.
Non mi interessava tanto sapere il punto di vista filosofico, bensì il punto di vista fisico. Il vettore io me l'immagino normalmente rettilineo come direzione, ma se la direzione fosse curva? Cioè, la quantità di moto, così come viene definita, non mi sembra che esprima la direzione. La direzione la deduci dagli istanti in cui fotografi la posizione del corpo. Ma resta sempre rettilinea. E se invece appunto fosse curva?
Mi piacerebbe infine sapere se ti riferisci a qualche opposizione tra i fisici quando chiedi: "
Dobbiamo quindi riportare indietro il nostro sentire, per riadattarlo alla presenza di un intermediario?
Ma quanto deve andare avanti sto giochino?"
Un saluto
Citazione di: daniele22 il 15 Gennaio 2023, 21:52:45 PMScusa iano, ma il tuo discorso non mi quadra proprio. Io sono uno che in montagna ci va, e la differenza nella percezione della fatica la fa solo la potenza dei miei muscoli. In ogni caso io non acquisisco energia potenziale andando in salita, bensì la spendo cineticamente in forma di energia chimica. Stesso dicasi per il sacco di cemento. Non so quanto pesi un'atmosfera, ma sono nato che già c'era.
Non mi interessava tanto sapere il punto di vista filosofico, bensì il punto di vista fisico. Il vettore io me l'immagino normalmente rettilineo come direzione, ma se la direzione fosse curva? Cioè, la quantità di moto, così come viene definita, non mi sembra che esprima la direzione. La direzione la deduci dagli istanti in cui fotografi la posizione del corpo. Ma resta sempre rettilinea. E se invece appunto fosse curva?
Mi piacerebbe infine sapere se ti riferisci a qualche opposizione tra i fisici quando chiedi: "Dobbiamo quindi riportare indietro il nostro sentire, per riadattarlo alla presenza di un intermediario?
Ma quanto deve andare avanti sto giochino?"
Un saluto
L'energia chimica si trasforma in calore e in energia cinetica che si trasforma a sua volta in energia potenziale.
Se sei in piano la forza di reazione annulla la forza di azione della gravità.
Sei se in salita invece si divide in due componenti secondo la legge del parallelogramma, e per salire devi vincere la componente che vorrebbe riportarti a valle.
Vale la pena aggiungere che se riesci a salire sulle tue montagne molto devi all'attrito, che è una forza elettrica.
Non mi riferisco a nessuna disputa fra fisici che io sappia.
Il mio è un punto di vista di non fisico che dopo essere riuscito a immaginare alla perfezione un mondo Newtoniano, avendo l'impressione di viverci dentro, si chiede se vale la pena di immaginarsi un mondo Einsteniano, e reputa forse non ne valga la pena.
Reputo invece valga la pena di capire come si costruiscono questi mondi e per far questo bisogna riconoscere il contributo della matematica.
Il fatto è che in un modo o nell'altro non dovremmo stare del tutto fuori da questi mondi se vogliamo ancora far parte dell'umanità, perchè secondo me far parte dell'umanità significa possedere una percezione condivisa, come fino a un certo punto l'abbiamo avuta.
Ma non c'è più nessun mondo in particolare in cui viverre perchè ve ne sono diversi contemporanei.
Per stare insieme in tutti questi mondi dobbiamo andare a ciò che hanno in comune, e ciò che hanno in comune è che sono una astrazione matematica, compreso quello in cui viviamo per abitudine tutti i giorni, la cui ultima versione è appunto quella Newtoniana.
Credo che la distinzione fra astratto e concreto abbia fatto il suo sporco lavoro, e sarebbe da pensionare.
Ma questo lo dico io, non i fisici.
Citazione di: bobmax il 15 Gennaio 2023, 20:37:57 PMPersino l'infinito è considerato esistente. E perciò utilizzabile come cosa tra le cose...
Questa sì è davvero follia, follia nichilista.
questo mi sembra un buon argomento per una matematica dentro di noi, ma più in generale dentro gli esseri viventi.
Se l'infinito è parte della matematica allora è dentro di noi, però si tratta dell'infinito formalizzato dai matematici (criticabile se si vuole) e non quello immaginato da noi, anche se quello formalizzato ha origine in quello immaginato.
Quello che voglio dire è che se riusciamo a formalizzare l'infinito con una espressione matematica finita, che sta dentro un foglio, allora può ben stare dentro di noi.
E se riusciamo ad ottenere formalizzazioni diverse dell'infinito allora esistono più infiniti, e possiamo metterli a confronto fra loro, perchè si tratta di mettere a confronto espressioni matematiche, il che è sempre possibile fare.
Al ''ti sento'' occorre giocoforza, causa il moltiplicarsi dei mondi in cui ''vivere'', sostituire la consapevolezza del ruolo comune che vi ha la matematica, portando fuori ciò che è dentro di noi.
Se invece pensiamo che la matematica è altro da noi, del tutto fuori da noi, ogni tentativo di vivere nei mondi che la scienza ci propone sarà visto come volontà nichilista, cioè volontà di distruggere il mondo univoco in cui crediamo di vivere, senza proporre alternative che sembrino parimenti vivibili.
Smascherare la non ovvietà dell'ovvio, e la non evidenza dell'evidente significa annichilire il mondo in cui viviamo, ma chi potrebbe affermare che questo smascheramento sarebbe in sè una azione scellerata?
Scellerate sarebbero le sue conseguenze, a meno che non si tratti di svuotare casa perchè stiamo traslocando, e come quando traslochi ti accorgi di tante cose che erano lì, ma che ti erano celate dall'abitudine ad esse.
L'origine delle cose ovvie sta nell'abitudine.
Ovvio poi che ogni trasloco sia un piccolo dramma e che si gridi al nichilismo.
Se poi si tratta della casa in cui sei nato il melodramma è servito, e proprio di quella casa si tratta, la cui ultima ristrutturazione data a Newton, e non se ne prevedono altre.
Citazione di: iano il 16 Gennaio 2023, 01:11:13 AML'energia chimica si trasforma in calore e in energia cinetica che si trasforma a sua volta in energia potenziale.
Se sei in piano la forza di reazione annulla la forza di azione della gravità.
Sei se in salita invece si divide in due componenti secondo la legge del parallelogramma, e per salire devi vincere la componente che vorrebbe riportarti a valle.
Vale la pena aggiungere che se riesci a salire sulle tue montagne molto devi all'attrito, che è una forza elettrica.
Non mi riferisco a nessuna disputa fra fisici che io sappia.
Il mio è un punto di vista di non fisico che dopo essere riuscito a immaginare alla perfezione un mondo Newtoniano, avendo l'impressione di viverci dentro, si chiede se vale la pena di immaginarsi un mondo Einsteniano, e reputa forse non ne valga la pena.
Reputo invece valga la pena di capire come si costruiscono questi mondi e per far questo bisogna riconoscere il contributo della matematica.
Il fatto è che in un modo o nell'altro non dovremmo stare del tutto fuori da questi mondi se vogliamo ancora far parte dell'umanità, perchè secondo me far parte dell'umanità significa possedere una percezione condivisa, come fino a un certo punto l'abbiamo avuta.
Ma non c'è più nessun mondo in particolare in cui viverre perchè ve ne sono diversi contemporanei.
Per stare insieme in tutti questi mondi dobbiamo andare a ciò che hanno in comune, e ciò che hanno in comune è che sono una astrazione matematica, compreso quello in cui viviamo per abitudine tutti i giorni, la cui ultima versione è appunto quella Newtoniana.
Credo che la distinzione fra astratto e concreto abbia fatto il suo sporco lavoro, e sarebbe da pensionare.
Ma questo lo dico io, non i fisici.
Se considero il sistema acquedotto in relazione al rubinetto di casa mia rilevo che l'energia potenziale del sistema acquedotto è tale per cui se apro il rubinetto di casa ne fluirà l'acqua con una determinata energia cinetica che viene attinta dall'energia potenziale dell'acquedotto. Ma se l'acquedotto non viene compensato da altra acqua prima o dopo il rubinetto non erogherà più nulla.
Che io cammini in pianura o in salita la forza di gravità agisce comunque, ma io la percepisco solo se vado in salita, o anche in discesa, dove cioè noto differenza in termini di fatica rispetto a quando viaggio in pianura. Se vado in salita, è pur vero che acquisto energia potenziale, ma non sarebbe questa un'energia disponibile fintanto che salgo, dato che si riferirebbe al fatto che camminando in salita alimento particolarmente la muscolatura della gamba e l'energia potenziale che ne deriva dovrebbe pertanto riferirsi quantomeno alla prossima salita che farò, non tanto a quella in corso. Non capisco infine la rilevanza dell'attrito in tutto ciò.
Passando alle tue considerazioni: ti chiedi se vale la pena di vivere in un mondo einsteiniano reputando che forse non ne valga la pena. Beh, è una considerazione molto singolare la tua. Se la formulazione matematica delle speculazioni di Einstein è per noi approssimativamente esatta non vedo per quale motivo non dovremmo accettarla. Per quel che riguarda la contemporaneità di diversi mondi, che tu dai per certa, mi sembra invece che questa corrisponda ad una forzatura della nostra mente, non la mia di sicuro, almeno fintanto che non venga certificata tale esistenza. Per concludere: se percepisci qualcosa, a meno che tu non menta, significa certamente che esiste qualcosa che genera la tua sensazione. Si tratta solo di vedere quanto sia esatta l'identificazione della causa che la genera giacché a prender fischi per fiaschi è un attimo. Un saluto
Citazione di: daniele22 il 16 Gennaio 2023, 08:59:56 AMChe io cammini in pianura o in salita la forza di gravità agisce comunque, ma io la percepisco solo se vado in salita, o anche in discesa, dove cioè noto differenza in termini di fatica rispetto a quando viaggio in pianura. Se vado in salita, è pur vero che acquisto energia potenziale, ma non sarebbe questa un'energia disponibile fintanto che salgo, dato che si riferirebbe al fatto che camminando in salita alimento particolarmente la muscolatura della gamba e l'energia potenziale che ne deriva dovrebbe pertanto riferirsi quantomeno alla prossima salita che farò, non tanto a quella in corso. Non capisco infine la rilevanza dell'attrito in tutto ciò.
Non percepisci la forza di gravità in pianura perchè nessuna forza agisce su di te, o meglio ne agiscono due, quella di gravità e quella di reazione alla gravità, secondo la legge che dice che ad ogni azione (gravità che agisce su di te nel nostro caso) corrisponde un azione uguale e contraria (chiamiamola forza vincolare).
Il vincolo, la superficie terrestre, ti trattiene REAGENDO alla forza di gravità che agisce su di te, che diversamente ti farebbe accelerare verso il basso.
Se invece non sei in piano, la forza vincolare non ti controbilancia più perfettamente, per cui la componente non bilanciata tenderebbe ad accelerarti verso valle.
Se questo non avviene allora vuol dire che un altra forza, diversa da quella vincolare, sta controbilanciando la componente di cui sopra.
Si tratta di una forza elettrica presente fra superfici in contatto fra loro, più volgarmente detta attrito.
Ma quando tu sollevi uno scarpone per fare un passo avanti viene a mancare il contatto fra superfici e viene a mancare quindi la forza elettrica, per cui quello che viene a mancare devi aggiungerlo tu con la tua forza muscolare, volgarmente detta fatica.
L'energia potenziale non si accumula nei tuoi muscoli in quanto è un energia funzione della posizione, e aumenta tanto più quanto la tua posizione si sposta verso l'alto.
Quando scendi poi a valle dovresti fare meno fatica (in teoria) meno fatica, perchè hai energia potenziale da spendere, che può trasformarsi in movimento (energia cinetica) senza ausilio dei muscoli.
Dico in teoria, perchè se tu ti abbandoni del tutto alla componente non bilanciata della forza di gravità questa tende ad accelerarti, volgarmente detto scendere a rotta di collo.
Non volendoti rompere il collo si rischia in tal modo, dovendo contrastare la componente non bilanciata in discesa non meno che in salita, di far più fatica a scendere che a salire.
Anche per me è stata una fatica risalire fino alle mie vecchie e malferme nozioni di fisica, ma comunque come tutte le passeggiate, comprese quelle mentali, fanno bene alla salute.
Grazie maledetto Daniele. :))
Mi sembra che tu meni il can per l'aia iano, ma non è la prima volta che con te mi accade di percepire questa sensazione. I tuoi discorsi non stanno in piedi a livello proprio della realtà che si vive, oltre che a spericolatissime attribuzioni di responsabilità che tu adduci all'attrito. Tanto per prenderne uno a caso, quando vado in salita tengo conto del fatto che poi c'è la discesa, perché in discesa continuo a spendere forza muscolare proprio per frenare la forza di gravità. Ed è così che quando ti approssimi alla fine della discesa puoi pure trovarti pericolosamente stremato nelle forze. Forse vi è una percezione minore di fatica perché i polmoni sono impiegati maggiormente in salita piuttosto che in discesa. Il mondo, quello che più si compenetra in noi tramite i fenomeni è uno. Basta con le chiacchiere da bar. Un saluto
Citazione di: daniele22 il 16 Gennaio 2023, 08:59:56 AMPassando alle tue considerazioni: ti chiedi se vale la pena di vivere in un mondo einsteiniano reputando che forse non ne valga la pena. Beh, è una considerazione molto singolare la tua. Se la formulazione matematica delle speculazioni di Einstein è per noi approssimativamente esatta non vedo per quale motivo non dovremmo accettarla. Per quel che riguarda la contemporaneità di diversi mondi, che tu dai per certa, mi sembra invece che questa corrisponda ad una forzatura della nostra mente, non la mia di sicuro, almeno fintanto che non venga certificata tale esistenza. Per concludere: se percepisci qualcosa, a meno che tu non menta, significa certamente che esiste qualcosa che genera la tua sensazione. Si tratta solo di vedere quanto sia esatta l'identificazione della causa che la genera giacché a prender fischi per fiaschi è un attimo. Un saluto
Ha senso chiedersi se si voglia vivere in un nuovo mondo E se si vive già in un mondo N.
E' sottinteso quindi che tu abbia la ''sensazione'' di vivere in un mondo Newtoniano, e ti chiedi quindi se vale la pena di modificare la tua sensazione traslocando in un mondo E.
Un alternativa è provare a vivere nei due mondi contemporaneamente.
Non avrebbe molto senso andare a vivere in un mondo E, perchè per le nostre necessità spicciole è sufficiente vivere nel mondo N.
Oppure invece si?
Le teorie fisiche sono mappe con le quali ci muoviamo nel mondo, alcune delle quali possiamo non portare con noi, perchè le abbiamo mandate giù a memoria.
La mappa del mondo Newtoniano, il nostro mondo, quello che sentiamo come nostro, lo sentiamo come nostro perchè abbiamo incorporato la sua mappa, divenuta carne della nostra carne, neuroni dei nostri neuroni.
Le mappe degli altri mondi (relatività, meccanica quantistica) non vale la pena incorporarle (andare a vivere in quei mondi ai quali le mappe rimandano) ma conviene comunque non lasciarle a casa e portarle con noi, per consultarle alla bisogna, ma anche per prendere l'abitudine a farlo, per evitare che separandosi del tutto questi mondi essi valgano come nicchie ecologiche separate che specino diverse razze di uomini.
Ad ogni mappa io ho associato una sensibilità, e la mia preoccupazione è che queste sensibilità rimangano condivise, come condivisa è stata la nostra sensibilità finché abbiamo avuto la possibilità di vivere in uno solo di questi mondi.
Aggiungo che quando si possiede un unica mappa, e per di più incorporata, si può non avere la coscienza di seguirla.
La consultimamo cioè senza sapere di farlo.
Il merito o demerito, a piacere, di aver esplicitato questa mappa sepolta, portandola alla nostra coscienza, lo dobbiamo a grandi uomini come Euclide, Platone fino a giungere a Newton.
Da Newton in poi avviene una nuova svolta, laddove consultare una mappa, sapendolo di fare, ha fatto la sua differenza.
Abbiamo iniziato a chiederci se era possibile compilare mappe del tutto nuove fino ad averne una inflazione, con i suoi pro e i suoi contro.
C'è chi dice che così abbiamo annichilito il nostro vecchio mondo, ma non è vero perchè nessuno ci impedisce di tenercelo ancora caro, a condizione di non credere più che sia l'unico possibile.
Se uno continua a credere che sia l'unico possibile, e se lo vede criticare nelle sue fondamenta metafisiche col timore che possano cedere, comprensibilmente griderà al nichilismo.
sono persone che comprensibilmente non accettano che venga messa in discussione la loro ''sensibilità'' a senso unico.
Persone non disposte a credere che la tecnologia e la scienza, compresa la matematica, siano parte di noi, ma preferiscono pensarle fuori di loro, per poterle additare come colpevoli della distruzione del loro mondo unico e solo, senza alternative.
Ma io credo che il vecchio mondo in cui ancora di fatto viviamo sia l'ultimo di una lunga successione di mondi in cui abbiamo vissuto e di cui non è rimasta cosciente memoria.
Ma perchè ora dovremmo fermarci a questo?
Citazione di: daniele22 il 16 Gennaio 2023, 10:00:48 AM Tanto per prenderne uno a caso, quando vado in salita tengo conto del fatto che poi c'è la discesa, perché in discesa continuo a spendere forza muscolare proprio per frenare la forza di gravità. Ed è così che quando ti approssimi alla fine della discesa puoi pure trovarti pericolosamente stremato nelle forze. Forse vi è una percezione minore di fatica perché i polmoni sono impiegati maggiormente in salita piuttosto che in discesa.
Incredibile la tua critica, perchè se leggi bene è quello che ho scritto io, evitando oltretutto di usare troppi termini
tecnici.Concordo inoltre che si faccia più fatica a scendere che a salire, per mia esperienza personale, ma immagino che le fatiche si equivarrebbero se impiegassimo lo stesso tempo a salire come a scendere, mentre di solito ci impieghiamo meno tempo a scendere.Comunque leggi anche i miei successivi post se vuoi, per rinnovare magari le tue critiche in modo più circostanziato.
Però leggili bene senza fare il bastian contrario per partito preso.
Che poi questo avvenga in un forum o in un bar, che oltretutto non frequento, che differenza fà?
Citazione di: iano il 16 Gennaio 2023, 10:19:29 AMHa senso chiedersi se si voglia vivere in un nuovo mondo E se si vive già in un mondo N.
E' sottinteso quindi che tu abbia la ''sensazione'' di vivere in un mondo Newtoniano, e ti chiedi quindi se vale la pena di modificare la tua sensazione traslocando in un mondo E.
Un alternativa è provare a vivere nei due mondi contemporaneamente.
Non avrebbe molto senso andare a vivere in un mondo E, perchè per le nostre necessità spicciole è sufficiente vivere nel mondo N.
Oppure invece si?
Le teorie fisiche sono mappe con le quali ci muoviamo nel mondo, alcune delle quali possiamo non portare con noi, perchè le abbiamo mandate giù a memoria.
La mappa del mondo Newtoniano, il nostro mondo, quello che sentiamo come nostro, lo sentiamo come nostro perchè abbiamo incorporato la sua mappa, divenuta carne della nostra carne, neuroni dei nostri neuroni.
Le mappe degli altri mondi (relatività, meccanica quantistica) non vale la pena incorporarle (andare a vivere in quei mondi ai quali le mappe rimandano) ma conviene comunque non lasciarle a casa e portarle con noi, per consultarle alla bisogna, ma anche per prendere l'abitudine a farlo, per evitare che separandosi del tutto questi mondi essi valgano come nicchie ecologiche separate che specino diverse razze di uomini.
Ad ogni mappa io ho associato una sensibilità, e la mia preoccupazione è che queste sensibilità rimangano condivise, come condivisa è stata la nostra sensibilità finché abbiamo avuto la possibilità di vivere in uno solo di questi mondi.
A) Diciamo che non ho letto gli altri due post che hai fatto in successione ;D. Il mondo nuovo esiste già. Ma non è che lo decido io se esiste già. In me è solo la volontà di trascinare a comprendere filosoficamente il mondo di
Einstein. Newton viene prima di Hegel, ma Hegel lo comprende. Einstein viene dopo di Hegel, ma nessun filosofo comprende il mondo di Einstein. La fisica arriva prima della filosofia. Il fatto è però, e da qui la mia esigenza di voler esprimere anche con forza la mia volontà, che vi sono individui, enti o entità che manipolano altrettanti gruppi di individui per scopi a me poco noti. E lo fanno utilizzando parti del mondo di E; evidentemente quelle che fanno loro più comodo. In ogni caso, il mondo di Newton è il paradiso dei ciarlatani, gente che mi ha stufato oltremisura.
B) Io ci vivo di sicuro fin dal primo giorno in cui entrai nel forum con un piede qua e uno là. E costa. E infatti, ho iniziato a stare e ad agire assecondando il mondo di E e delle meccanica quantistica.
C) Non uso fare promesse, se ricordi però a suo tempo ho fatto una profezia, un monito.
Ho visto poi che ti preoccupi per eventuali speciazioni in seno al gruppo umano. L'ho pensato anch'io tempo fa come ipotesi sul futuro, ma, almeno dal mio punto di vista, non vedo alcun motivo per preoccuparsene più di tanto. Un saluto
Secondo me ha ragione Ipazia, quando ha parlato contro i sofismi dell'esserci...
Esiste la materia come equivalente concettuale del "noumeno" rispetto al fenomeno/percezione, e la via, diciamo cosi', berkeleyana (ma anche heideggeriana) di collegare l'esserci alla soggettivita' e' abbastanza fallimentare: i pini esistono solo se qualcuno li guarda?
Solo se qualcuno li immaggina?
Solo se qualcuno di relativamente intelligente a un certo punto del tempo ha concretamente visto un pino, e allora egli fa galoppare la fantasia (o al limite la logica) e immaggina che, nell'immensita' del tempo e dello spazio, vi possano essere altri pini, anche da lui non visti?
Suvvia...
Le forze dipendono dalla relazione tra i corpi, relazione che genera anche la loro posizione, perche' si e' in posizione solo se si e' in relazione, e il concetto di campo le spiega.
Se proprio devo assumere un punto di vista non materialistico, allora ne assumo uno vitalistico:
I pini esistono solo se qualcuno vive, gode e soffre, e deve in qualche modo concettualizzare i pini come parte di un proggetto utile alla vita, alla sua propria vita.
Chi ama i pini, e ne gode, ne invochera' il ritorno; chi non li ama, e ne soffre, la trasfigurazione in altro.
E c'e' il tempo, con le sue due facce, il grande flusso che tutto ripropone e tutto trasfigura, pronto ad accontentare le istanze di tutt'eddue.
Ma, se non avesse amanti e non amanti da accontentare, dei pini come di qualsiasi altra cosa, forse il tempo non scorrerebbe.
Questa e' l'unica concessione che faccio, al soggettivismo.
Citazione di: bobmax il 15 Gennaio 2023, 20:37:57 PMTuttavia Iano, il credere che da qualche parte vi sia la matematica e la nostra non sia che una sua scoperta... è un diffuso e fuorviante convincimento.
Direi davvero pernicioso!
Perché segue l'idea dell'iperuranio platonico. Che altro non è che un rimedio alla angoscia nichilista.
Angoscia che deriva, in ultima analisi, dal credere l'esserci Verità assoluta.
Siamo arrivati al punto di credere che i numeri esistano da qualche parte!
A prescindere dalla mente che li pensa...
Persino l'infinito è considerato esistente. E perciò utilizzabile come cosa tra le cose...
Questa sì è davvero follia, follia nichilista.
Almeno su questo concordiamo. La mathesis universalis è solo un feticcio, messo in moto da Platone, rilanciato da Galileo e approdato ai giorni nostri come motore elevato della visione del mondo scientista, di cui la matematica costituisce il saluto massonico tra gli iniziati della sedicente "comunità scientifica".
In realtà la matematica è solo un dispositivo tecnico che permette di asseverare la riproducibilità dei fenomeni
naturali. Niente più che un attrezzo dell'operare scientifico che laddove non riesce ad asseverare decade a statistica e algoritmo.
Non scomoderei il nichilismo per questa feticizzazione, a meno che non intendiamo, niccianamente, nichilista ogni feticcio prodotto dall'immaginazione umana, incluso il Dio di Abramo e della metafisica teista.
Cosa su cui sarei pure d'accordo, considerato che l'iperuranio matematizzante si accoppia perfettamente col "mondo dietro il mondo" delle mitologie religiose.
Citazione di: niko il 16 Gennaio 2023, 15:13:45 PMSecondo me ha ragione Ipazia, quando ha parlato contro i sofismi dell'esserci...
Esiste la materia come equivalente concettuale del "noumeno" rispetto al fenomeno/percezione, e la via, diciamo cosi', berkeleyana (ma anche heideggeriana) di collegare l'esserci alla soggettivita' e' abbastanza fallimentare: i pini esistono solo se qualcuno li guarda?
Solo se qualcuno li immaggina?
Solo se qualcuno di relativamente intelligente a un certo punto del tempo ha concretamente visto un pino, e allora egli fa galoppare la fantasia (o al limite la logica) e immaggina che, nell'immensita' del tempo e dello spazio, vi possano essere altri pini, anche da lui non visti?
Suvvia...
Le forze dipendono dalla relazione tra i corpi, relazione che genera anche la loro posizione, perche' si e' in posizione solo se si e' in relazione, e il concetto di campo le spiega.
Se proprio devo assumere un punto di vista non materialistico, allora ne assumo uno vitalistico:
I pini esistono solo se qualcuno vive, gode e soffre, e deve in qualche modo concettualizzare i pini come parte di un proggetto utile alla vita, alla sua propria vita.
Chi ama i pini, e ne gode, ne invochera' il ritorno; chi non li ama, e ne soffre, la trasfigurazione in altro.
E c'e' il tempo, con le sue due facce, il grande flusso che tutto ripropone e tutto trasfigura, pronto ad accontentare le istanze di tutt'eddue.
Ma, se non avesse amanti e non amanti da accontentare, dei pini come di qualsiasi altra cosa, forse il tempo non scorrerebbe.
Questa e' l'unica concessione che faccio, al soggettivismo.
Non so a chi tu voglia riferirti con questo tuo esordio niko ... sei spesso ambiguo in certi tuoi interventi e tendi pure a glissare o a non rispondere quando ti chiedo qualcosa. Mi sembra di avere già sconfessato il noumeno come feticcio per le proprie fuorviate convinzioni personali. Nel fenomeno c'è tutta la materia di questo mondo parole comprese ... non vi sono i pensieri, anche se la loro esistenza è ammessa da tutti. Quindi, la pietra che ti arriva sul piede produce un immagine tattile, oltre al dolore. Un cavallo che corre produce immagini visive. Il sole, se lo guardi ti brucia la retina. Un colpo di mortaio può assordarti. Le parole, se le ascolti troppo ti fanno fare quello che vogliono loro. Ti preoccupa il fatto che io non consideri gli altri (individui e cose). Gli altri sono fenomeni e io quando vivo mi occupo dei fenomeni. Ma nei fenomeni c'è pure un'affettività a questi, e questo vale tanto per le cose, quanto per le persone, quanto per le idee delle persone. Ci si cura delle immagini nel tempo, fenomeni ... quella è l'unica realtà agibile. Non v'è nessun'altra realtà oltre questa, a meno che tu non la cerchi in modo casuale, sempre ammesso che esista il caso, cosa sulla quale ho fortissimi dubbi. Del caso mosso dagli umani diffido proprio. Ribadisco infine per l'ennesima volta il primato della sensazione nella conoscenza. Qualora ti degnassi di dare una risposta te ne sarei grato. Un saluto
Citazione di: niko il 16 Gennaio 2023, 15:13:45 PMSecondo me ha ragione Ipazia, quando ha parlato contro i sofismi dell'esserci...
i pini esistono solo se qualcuno li guarda?
Solo se qualcuno li immaggina?
Solo se qualcuno di relativamente intelligente a un certo punto del tempo ha concretamente visto un pino, e allora egli fa galoppare la fantasia (o al limite la logica) e immaggina che, nell'immensita' del tempo e dello spazio, vi possano essere altri pini, anche da lui non visti?
Suvvia...
Che i pini esistano solo se qualcuno li guarda è sostenibile, ma a patto di non sostenere l'esistenza come cosa in sè.
Sarebbe comunque un'esistenza poco interessante, se non condivisa, dal genio quanto dallo stolto, ma non nel senso che la condivisione diventi veritativa, come ingenuamente si sostiene, ma nel senso che i pini diventino una relazione fra individui.
Inboccare questa strada è secondo me l'inizio del superamento dell'opposizione fra materialismo e idealismo, che io credo abbia fatto il suo tempo.
Non esiste un pino in sè, come non esiste una idea in sè, ma un rapporto fra l'umanità e la realtà che genera il pino e l'idea i quali entrano a far parte di quel mondo in cui viviamo insieme, come nicchia culturale che abbiamo costruito insieme.
Come le idee i pini possono mutare nella nostra percezione condivisa.
Gli atomi quando li vai ad indagare da vicino diventano sfuggenti non meno di un idea, e di atomi è fatto il pino.
Citazione di: daniele22 il 16 Gennaio 2023, 17:32:23 PMNon so a chi tu voglia riferirti con questo tuo esordio niko ... sei spesso ambiguo in certi tuoi interventi e tendi pure a glissare o a non rispondere quando ti chiedo qualcosa. Mi sembra di avere già sconfessato il noumeno come feticcio per le proprie fuorviate convinzioni personali. Nel fenomeno c'è tutta la materia di questo mondo parole comprese ... non vi sono i pensieri, anche se la loro esistenza è ammessa da tutti. Quindi, la pietra che ti arriva sul piede produce un immagine tattile, oltre al dolore. Un cavallo che corre produce immagini visive. Il sole, se lo guardi ti brucia la retina. Un colpo di mortaio può assordarti. Le parole, se le ascolti troppo ti fanno fare quello che vogliono loro. Ti preoccupa il fatto che io non consideri gli altri (individui e cose). Gli altri sono fenomeni e io quando vivo mi occupo dei fenomeni. Ma nei fenomeni c'è pure un'affettività a questi, e questo vale tanto per le cose, quanto per le persone, quanto per le idee delle persone. Ci si cura delle immagini nel tempo, fenomeni ... quella è l'unica realtà agibile. Non v'è nessun'altra realtà oltre questa, a meno che tu non la cerchi in modo casuale, sempre ammesso che esista il caso, cosa sulla quale ho fortissimi dubbi. Del caso mosso dagli umani diffido proprio. Ribadisco infine per l'ennesima volta il primato della sensazione nella conoscenza. Qualora ti degnassi di dare una risposta te ne sarei grato. Un saluto
Non e' il rapporto tra soggetto e oggetto che produce l'esserci, ma la materia e le leggi della fisica.
La vita e' una conseguenza prevista dall'ordine naturale e cosmico, non lo trascende.
Il destino di ogni cosa, vivente e non, e' assolutamente determinato, seppure ignoto.
Possibilita', caso, secondo me non e':
"cio' che potrebbe anche non essere,"
ma cio' che -disponendo dell'infinito inteso come infinita' di tempo, spazio e materia- e' ripetibile.
Insomma secondo me non esistono al mondo possibilita' uniche, neanche la vita intendo, nel suo volerlo essere, lo e'.
In generale non amo i solipsismi, anche se qui, in questa discussione NON sei stato tu a farli, e infatti NON rispondevo a te.
Citazione di: niko il 16 Gennaio 2023, 17:53:13 PMNon e' il rapporto tra soggetto e oggetto che produce l'esserci, ma la materia e le leggi della fisica.
La vita e' una conseguenza prevista dall'ordine naturale e cosmico, non lo trascende.
Perdona niko, e il soggetto non si rapporta con nessuno?, a meno che tu non ti intenda come facente parte della materia, ma spero proprio di no.
Mi sembra che tu non ti dia proprio conto che la nostra lingua e l'uso che noi se ne fa è compresa nell'ordine naturale delle cose alle quali noi dedichiamo la nostra attenzione. C'è gente che vorrebbe trascenderlo con le proprie circonvoluzioni letterarie, ma è impossibile poterlo fare. In questo caso si può proprio dire che non ci si può alzare da terra tirandosi per i capelli. Comunque, il discorso che fai tu, eliminando la lingua e i testi dall'indagine sul reale, l'ho già fatto sia con Paul11 e con Green Demetr l'anno scorso nel tema filosofico sulla fenomenologia dello spirito. E c'eri anche tu che ogni tanto intervenivi, ma non con me, né io con te. E nessuno dei due ha replicato alla fine; io aspetto sempre comunque. Se vuoi lo riprendiamo io e te. Scegli tu il punto dove intervenire, anche se sai benissimo qual è
Citazione di: daniele22 il 16 Gennaio 2023, 18:40:44 PMPerdona niko, e il soggetto non si rapporta con nessuno?, a meno che tu non ti intenda come facente parte della materia, ma spero proprio di no.
Mi sembra che tu non ti dia proprio conto che la nostra lingua e l'uso che noi se ne fa è compresa nell'ordine naturale delle cose alle quali noi dedichiamo la nostra attenzione. C'è gente che vorrebbe trascenderlo con le proprie circonvoluzioni letterarie, ma è impossibile poterlo fare. In questo caso si può proprio dire che non ci si può alzare da terra tirandosi per i capelli. Comunque, il discorso che fai tu, eliminando la lingua e i testi dall'indagine sul reale, l'ho già fatto sia con Paul11 e con Green Demetr l'anno scorso nel tema filosofico sulla fenomenologia dello spirito. E c'eri anche tu che ogni tanto intervenivi, ma non con me, né io con te. E nessuno dei due ha replicato alla fine; io aspetto sempre comunque. Se vuoi lo riprendiamo io e te. Scegli tu il punto dove intervenire, anche se sai benissimo qual è
Noi, incatenati all'unita' della nostra autocoscienza, ci rapportiamo al mondo, degli oggetti inanimati, e degli altri viventi, con cui non ci potremo mai fino in fondo identificare, tramite quello che con il resto del mondo, e con il resto degli altri vivi, abbiamo in comune: la materia.
Si fa un gran parlare, di comunicazione, ma per essere, qualcosa in comune con X, bisogna avere, qualcosa in comune con X.
E questo qualcosa, e' la materia.
Lo avevano capito gli antichi Greci, nell'era omerica e presocratica, con la loro teoria degli effluvi.
Contro cui si scaglio' Platone. Con esiti non proprio felici.
Certo, che siamo materia e apparteniamo alla materia.
La condizione umana non e' :
"sapere di non sapere"
ma e':
"non sapere se si sa o se non si sa".
Citazione di: niko il 16 Gennaio 2023, 20:08:31 PMNoi, incatenati all'unita' della nostra autocoscienza, ci rapportiamo al mondo, degli oggetti inanimati, e degli altri viventi, con cui non ci potremo mai fino in fondo identificare, tramite quello che con il resto del mondo, e con il resto degli altri vivi, abbiamo in comune: la materia.
Si fa un gran parlare, di comunicazione, ma per essere, qualcosa in comune con X, bisogna avere, qualcosa in comune con X.
E questo qualcosa, e' la materia.
Lo avevano capito gli antichi Greci, nell'era omerica e presocratica, con la loro teoria degli effluvi.
Contro cui si scaglio' Platone. Con esiti non proprio felici.
Certo, che siamo materia e apparteniamo alla materia.
La condizione umana non e' :
"sapere di non sapere"
ma e':
"non sapere se si sa o se non si sa".
Il primo pensiero non lo considero, perché poco chiaro a meno di qualche errore che hai fatto.
Siamo materia e apparteniamo alla materia ... bene ... io mi accontentavo di essere un animale, ma se vuoi andiamo pure oltre. Beh, a questo punto dovrei chiederti se sei d'accordo che, per quanto riguarda la propria esistenza, io posso disporre di un gioco superiore di tecniche per sopravvivere rispetto a un pezzo di ferro. Lui dipende moltissimo dalla temperatura, o anche da qualcosa di potente che lo possa spezzare, ma anche da un acido. Noi disponiamo delle mani, dei piedi, delle parole, nonostante tu continui a fare orecchie da mercante, e della possibilità di uccidere il pezzo di ferro in misura di molto superiore a quella che ha lui per uccidere noi. Andiamo avanti? Vorresti portarmi a dire che tutto è scritto e che noi siamo un film dove Atropo taglia il nastro quando vuole? Per me va benissimo, tanto cambia nulla saperlo o non saperlo.
La condizione umana non è "sapere di non sapere", dici tu.
Giusto dico io, semmai sarebbe "presumere di non sapere".
Ma sapere cosa? Allora dico che "presumere" è sostituito a "sapere" poiché io non riconosco propriamente come sapere il sapere appunto che Marte ha due satelliti, tanto per dire.
Allora tu dici che la condizione umana sarebbe quella di non sapere se si sa o non si sa.
Ma sapere cosa? Io riconosco come unico sapere quello che ci dice chi siamo, o almeno questa è sempre stata la mia domanda.
Allora, dal mio punto di vista tu ti trovi nella condizione di sapere e non ti rendi conto di saperlo ... oppure menti spudoratamente.
Facendo poi finta di essere te, che è il punto di vista di quasi tutti, direi che la nostra condizione è quella di non sapere, anche se ci verrebbe da pensare che sappiamo. E ci sarà pure un motivo se ci viene da pensare che sappiamo. Il motivo salta fuori dal fatto che sapere serve e di sicuro tu "sai" che se vuoi attraversare la strada devi prima sapere che non possano investirti
Un saluto
Citazione di: bobmax il 15 Gennaio 2023, 20:37:57 PMTuttavia Iano, il credere che da qualche parte vi sia la matematica e la nostra non sia che una sua scoperta... è un diffuso e fuorviante convincimento.
Direi davvero pernicioso!
Perché segue l'idea dell'iperuranio platonico. Che altro non è che un rimedio alla angoscia nichilista.
Angoscia che deriva, in ultima analisi, dal credere l'esserci Verità assoluta.
Siamo arrivati al punto di credere che i numeri esistano da qualche parte!
Non colgo dove tu abbia potuto attingere questa visuale, e (pure) attribuirla ad altri...
Consentimi però di osservare che qualche forma (pseudo) "iperuranica" (con corredo di profondo nichilismo alla disperata riscossa) personalmente mi riuscirebbe più palmare da osservare in chi inseguisse verità da raggiungere "sentendo" e "col cuore" (o "con la mente", nel migliore dei casi).
Non si tratta di "credere che i numeri esistano da qualche parte".
Si tratta solo di prendere atto che l'universo è relazione tra enti e loro eventi, i quali esistono e si producono anche quando non se ne abbia alcun "sentire" (qualunque virus, ad esempio, e anche se non vogliamo spingerci fino al butterfly effect).
E altrettanto prendere atto che le relazioni tra enti (e loro eventi) rispondono a precise regole che soltanto il linguaggio matematico è in grado di decodificare, e sempre con tutte le relatività del caso, tutto essendo così sistemico che al variare di qualunque condizione...cambia il sistema (ferma restando la valenza del linguaggio di decodifica in sè).
La Matematica è dentro, è fuori, è in qualche interfaccia tra il dentro e il fuori?
La Matematica è il linguaggio delle relazioni tra gli enti e loro eventi.
E neanche comprendo l'insistenza sulla metafisica in "braccio di ferro" con la fisica. Tanto quanto (per le stesse ragioni) non comprendo un'accezione di Filosofia come "ricerca della felicità", laddove (anche etimologicamente) mi è sempre risultato che Essa fosse "amore per la sapienza".
E la Sapienza non va di fantasia. E cerca ciò che è vero, non ciò che fa piacere. (L'Intuizione è Altro, ma non si spaccia mai per verità, e cerca conferme...senza le quali sa o deve sapere di restare "favola bella").
Nel leggere parecchie dissertazioni (anche su questo Forum) mi torna alla mente lo stesso rapporto che su scala ridotta è attualmente esistente tra psicologia e neuroscienze.
La psicologia (anch'essa costola della filosofia) ha meritoriamente ipotizzato e tentato di intuire le ragioni dei disagi psichi e di curarli.
Nulla di migliore si sarebbe potuto fare in tempi in cui le possibilità di studiare l'organo cervello e le sue interazioni con l'organismo umano erano pressochè nulle.
Grandi teorie e grandi diatribe di stampo metafisico tra addetti ai lavori...e poi ecco che in un solo secolo o poco più...le quotidiane acquisizioni delle neuroscienze erodono interi continenti al territorio della psicologia...ancora una volta dimostrando nessi biochimico-fisici che ben poco hanno a che fare con i "traumi infantili e dintorni" o più in genere col "comparto esperienziale".
Citazione di: Claudia K il 17 Gennaio 2023, 00:14:05 AMNon colgo dove tu abbia potuto attingere questa visuale, e (pure) attribuirla ad altri...
Consentimi però di osservare che qualche forma (pseudo) "iperuranica" (con corredo di profondo nichilismo alla disperata riscossa) personalmente mi riuscirebbe più palmare da osservare in chi inseguisse verità da raggiungere "sentendo" e "col cuore" (o "con la mente", nel migliore dei casi).
Non si tratta di "credere che i numeri esistano da qualche parte".
Si tratta solo di prendere atto che l'universo è relazione tra enti e loro eventi, i quali esistono e si producono anche quando non se ne abbia alcun "sentire" (qualunque virus, ad esempio, e anche se non vogliamo spingerci fino al butterfly effect).
E altrettanto prendere atto che le relazioni tra enti (e loro eventi) rispondono a precise regole che soltanto il linguaggio matematico è in grado di decodificare, e sempre con tutte le relatività del caso, tutto essendo così sistemico che al variare di qualunque condizione...cambia il sistema (ferma restando la valenza del linguaggio di decodifica in sè).
La Matematica è dentro, è fuori, è in qualche interfaccia tra il dentro e il fuori?
La Matematica è il linguaggio delle relazioni tra gli enti e loro eventi.
E neanche comprendo l'insistenza sulla metafisica in "braccio di ferro" con la fisica. Tanto quanto (per le stesse ragioni) non comprendo un'accezione di Filosofia come "ricerca della felicità", laddove (anche etimologicamente) mi è sempre risultato che Essa fosse "amore per la sapienza".
E la Sapienza non va di fantasia. E cerca ciò che è vero, non ciò che fa piacere. (L'Intuizione è Altro, ma non si spaccia mai per verità, e cerca conferme...senza le quali sa o deve sapere di restare "favola bella").
Nel leggere parecchie dissertazioni (anche su questo Forum) mi torna alla mente lo stesso rapporto che su scala ridotta è attualmente esistente tra psicologia e neuroscienze.
La psicologia (anch'essa costola della filosofia) ha meritoriamente ipotizzato e tentato di intuire le ragioni dei disagi psichi e di curarli.
Nulla di migliore si sarebbe potuto fare in tempi in cui le possibilità di studiare l'organo cervello e le sue interazioni con l'organismo umano erano pressochè nulle.
Grandi teorie e grandi diatribe di stampo metafisico tra addetti ai lavori...e poi ecco che in un solo secolo o poco più...le quotidiane acquisizioni delle neuroscienze erodono interi continenti al territorio della psicologia...ancora una volta dimostrando nessi biochimico-fisici che ben poco hanno a che fare con i "traumi infantili e dintorni" o più in genere col "comparto esperienziale".
Senza tirare in ballo Hadot che non so chi lo conosca e chi no, se la filosofia e' amore per la sapienza, si suppone che la sapienza serva a qualcosa, se essa e' degna di "amore".
E questo qualcosa e' la felicita'; una vita degna, e una prospettiva sulla vita, degna.
Cura dell'anima in greco e' EPIMELEIA TEN PSUCHE, in cui c'e' ancora il suono, e il gioco di parole etimologico, che non c'e' in italiano, di "mettere il miele sopra l'anima", epi-meleia, cura dell'anima nel senso di mettere il miele sopra l'anima.
ll miele, che unisce il buon sapore alla trasparenza.
La trasparenza di per se' non sarebbe nulla, senza il buon sapore.
Il gioco di parole sapere/sapore, vive ancora nel latino SAPIENTIA e nel greco NOUS.
Dal mangiare per vivere, al gustarsi il sapore.
la tecnica, e con essa la virtu', che ci rende umani, ha molto a che fare con il procacciarsi il piacere oltre la frontiera "animale" del nutrimento e della riproduzione, e del piacere istintuale connesso con il nutrimento e la riproduzione.
Prima del cristianesimo (viva Dio...) in generale si ama cio' che vale e non si ha l'idea balzana che l'amore in se' conferisca valore (prima del cristianesimo l'amore e' eros, e non agape).
Quindi se si AMA la sapienza, e' perche' la sapienza VALE.
Non perche' il nostro amore bulimico valorizzi una sapienza di per se' indifferente.
Psicagogia. Conversione. Non c'e' dubbio alcuno che la filosofia ANTICA sia un qualcosa di essenzialmente pratico.
Farla diventare un elenco di nozioni idiote e' l'esercizio, appunto, dei peggiori moderni.
Citazione di: Claudia K il 17 Gennaio 2023, 00:14:05 AMNon colgo dove tu abbia potuto attingere questa visuale, e (pure) attribuirla ad altri...
Consentimi però di osservare che qualche forma (pseudo) "iperuranica" (con corredo di profondo nichilismo alla disperata riscossa) personalmente mi riuscirebbe più palmare da osservare in chi inseguisse verità da raggiungere "sentendo" e "col cuore" (o "con la mente", nel migliore dei casi).
Sto solo descrivendo come è attualmente intesa la matematica.
L'argomento della diagonale di Cantor ti dice niente?
Tanto per fare un esempio.
Ho la forte impressione che qui si parli per sentito dire.
La matematica bisogna prima averla vissuta, usata, sofferta.
Solo allora si può forse intuire quali siano le devastanti e nichilistiche attuali sue interpretazioni.
Questa critica che vorrebbe essere "aristotelica" non mi convince.
Citazione di: niko il 16 Gennaio 2023, 17:53:13 PMIn generale non amo i solipsismi, anche se qui, in questa discussione NON sei stato tu a farli, e infatti NON rispondevo a te.
E quindi a chi rispondevi se di solipsismi in questa discussione non vi è traccia, come però, è vero, potrebbe sembrare, limitandosi a leggere il titolo?
Qui si ipotizza che il sentire sia fondamentale rispetto all'essere, diversamente dall'opinione corrente, ma non che ci si stia inventando l'essere chiudendosi fuori dalla realtà, credendosi esso nasca comunque da un rapporto fra noi e la realtà.
Dico noi perchè questo essere è significativo solo se condiviso, e se condiviso, azzardo, indistinguibile da un essere comunemente inteso, indipendente dal nostro sentire comune.
Ma se questo tipo di essere è indistinguibile dall'altro, a che serve ipotizzarlo?
La speranza è che esso serva meglio a spiegare le nostre esperienze e le nostre sensazioni nella loro evoluzione storica, da quelle che hanno come oggetto la solida materia fino all'eterea idea, cercando una fertile continuità fra i due, contemplando ogni ibrido intermedio, piuttosto che una sterile divisione per due della realtà.
Rendere quindi conto della ricchezza di sfumature con cui si dipanano le nostre sensazioni, che non sono mai tutto nero o tutto bianco, ciò che innesca poi uno sterile tifo filosofico per il bianco o per il nero.
Si capisce la necessità di dover semplificare, ma senza dimenticare mai che si sta semplificando, senza arrivare mai a scambiare la realtà con le nostre semplificazioni.
Si capisce che diventa impossibile descrivere la realtà introducendo tutti i termini intermedi mancanti, che rendano conto delle infinite sfumature intermedie, ma almeno che si eviti il ridicolo prendendo parte per uno dei termini della semplificazione o per l'altro, mettendo su una partita fra materialisti e idealisti.
Senza dunque voler complicare la descrizione della realtà, rendendola di fatto inservibile, rendere flessibile la corrispondenza fra il nostro rapporto con la realtà e le sue descrizioni, a cui osta un granitico essere immutabile e inamovibile.
Citazione di: Ipazia il 15 Gennaio 2023, 16:03:45 PML'esistere, o l'esser-ci, se preferite, è fondato nel tempo di vita di ogni ente indipendentemente dal rapporto soggetto-oggetto, osservatore-osservato. La montagna, sequoia, umano, gatto, hanno un tempo di vita che resiste a qualsiasi sofisma, che al massimo può attaccare il significante loro attribuito da un intelletto umano. Laddove il reale si fa razionale e comunicabile.
Io rispondevo a questo...
E se vengono espresse posizioni, diciamo cosi', estremamente spiritualuste, (e non da Ipazia, che qui da' solo una risposta a bobmax) posizioni al limite del solipsismo, appunto che l'esserci dipenda dal rapporto tra soggetto e oggetto, io mi sento autorizzato ad esprimere posizioni estremamente materialiste, come, appunto, le mie.
La posizione che l'esserci dipenda da un rapporto tra soggetto e oggetto si accenna con le dovute cautele in Kant, raggiunge la sua acritica completezza in Heghel e la sua apoteosi in Berkeley.
Anche se ha illustri precedenti, a me non piace.
Piace l'idea che il "noumeno" il non ulteriormente indagabile del fenomeno, siano la materia e le leggi della fisica.
Siccome la vita e' autocoservantesi, e noi non possiamo uscire dal punto di osservazione -per noi vincolante- interno alla vita, sull' "essere" prevale semmai, in senso lato "volere", (l'impulso e il conato), non la percezione, che e' a sua volta un derivato del volere, del proggetto istintuale della vita.
Noi non siamo vincolati al volersi autoconoscere dello Spirito, individuale o assoluto che sia, siamo vincolati al volersi autoconservare della particolare forma che ha assunto la nostra materia, che, in quanto forma della vita, e' una forma in cui incidentalmente il volersi autoconservare "vale", ed emerge, come eterea, non veritativa, liminarmente falsa, autocoscienza.
Citazione di: niko il 17 Gennaio 2023, 12:02:01 PM...
Noi non siamo vincolati al volersi autoconoscere dello Spirito, individuale o assoluto che sia, siamo vincolati al volersi autoconservare della particolare forma che ha assunto la nostra materia, che, in quanto forma della vita, e' una forma in cui incidentalmente il volersi autoconservare "vale", ed emerge, come eterea, non veritativa, liminarmente falsa, autocoscienza.
Tutto bene ciò che precede, ma perchè l'autocoscienza dovrebbe costituire qualcosa di - vada per l'etereo - liminalmente falso e non veritativo ?
Citazione di: Ipazia il 17 Gennaio 2023, 21:17:37 PMTutto bene ciò che precede, ma perchè l'autocoscienza dovrebbe costituire qualcosa di - vada per l'etereo - liminalmente falso e non veritativo ?
Perche' la SCELTA di identificarsi con l'autocoscienza e' l'uomo.
Appagamento nel dominare sul proprio stesso corpo, appagamento continente, appagamento
auto-aggressivo.
Ma la nostra volonta', che da' l'assenso a questa scelta, puo' in ogni momento cambiare.
Ad esempio, tanto per dirne una, rivalutando il cieco istinto.
Cosa resta a Nietzsche, dopo che ha distrutto il mondo della verita' e pure quello delle apparenze?
Qualcosa evidentemente che non e' ne' verita' ne' apparenza: la volonta' come impulso, la volonta' di potenza, la volonta' che puo' giungere a negare l'uomo.
Ma non e' neanche necessario che l'istinto sia cieco.
Puo' ben essere pieno di tutto.
Basta non dare un assenza identificativo ai colori, ai suoni, ai pensieri che ad esso scorrono contemporanei.
Il divenire deve essere affermato oltre l'unita' psicosomatica, oltre l'unita' dell'autocoscienza.
Possibilmente, prima della morte.
Nella forma del dubbio.
Penso, dunque non sono.
Questo pensiero e' una generica possibita' della natura. Questo pensiero e' l'effetto di una, o piu', cause, come lo sono il soffio del vento o il cadere della pioggia, non mi distingue trascendentalmente dall'inorganico, ne' tantomeno dagli animali.
Senza luogo, senza tempo.
Ogni volta che ci sara' la causa, ci sara' l'effetto.
La mia mente e il mio corpo non sono in rapporto uno a uno, ma N a N, numero indefinito a numero indefinito.
Citazione di: Ipazia il 15 Gennaio 2023, 16:03:45 PML'esistere, o l'esser-ci, se preferite, è fondato nel tempo di vita di ogni ente indipendentemente dal rapporto soggetto-oggetto, osservatore-osservato. La montagna, sequoia, umano, gatto, hanno un tempo di vita che resiste a qualsiasi sofisma, che al massimo può attaccare il significante loro attribuito da un intelletto umano. Laddove il reale si fa razionale e comunicabile.
Scusa Ipazia, questa me l'ero persa e l'ho notata solo perché l'ha ripresa niko. Vorresti spiegare meglio cosa intendi dicendo che "l'esserci" è fondato nel tempo di vita di ogni ente indipendentemente dal rapporto soggetto-oggetto, osservatore osservato? Infatti io avevo ripreso il tema buttandolo sul ridicolo con niko, essendo per me al limite dell'assurdo. Visto però che la metti pure tu in questi termini ribadisco che tale pensiero corrisponda a pura follia ... e pensare che io mi sono autocertificato folle
Perchè follia ? L'Everest (la montagna cui abbiamo attribuito quel significante condiviso) esiste solo quando qualcuno l'osserva ? Prima non esisteva (i giochini sul significante non valgono come risposta) ?
Citazione di: Ipazia il 18 Gennaio 2023, 08:03:00 AMPerchè follia ? L'Everest (la montagna cui abbiamo attribuito quel significante condiviso) esiste solo quando qualcuno l'osserva ? Prima non esisteva (i giochini sul significante non valgono come risposta) ?
io propongo di considerare che esista quando l'osservazione e' condivisa, e non perchè l'unanimità osservativa diventa prova della sua esistenza. La prova della sua esistenza infatti dovrebbe passare per una sua definizione precisa, e invitando gli osservatori a darne ognuno una sua non ne troveremmo due uguali.
E quando tutti pur converremo di condividere una di quelle definizioni, questa esistenza convenzionale non corrisponde ad una esistenza indipendente dagli osservatori.
Però io, con questa che sembra una questione di lana caprina, non voglio demolire l'oggetto della percezione umana o di quella scientifica, ma il contrario, rafforzarne le fondamenta precisandolo meglio.
Il problema non è se così rischiamo di trovarci di fronte ad una illusione , perchè che sia una illusione il prodotto della nostra percezione ( classica o scientifica) lo assumiamo a priori.
La differenza la fanno le conseguenze funzionali dell'illusione che si rafforzano ad esempio quando condivisa.
Ciò che conta sono cioè le conseguenze della illusione, che possono andare dall'ottenere il premio Nobel al guadagnarsi l'esilio dalla comunità umana.
Assumere l'esistenza delle cose in sè o rifiutarla, per me, che sono portato a non fidarmi di ciò che mi appare evidente se non so perchè evidente mi appare, ha solo il valore di una ipotesi di lavoro, e quello che mi interessa in definitiva sono le conseguenze di questa ipotesi.
L'ipotesi della esistenza in sè non manca di conseguenze positive, perchè mi consente di mettere in un ordine coerente tutte le mie esperienze passate, ma ha lo svantaggio di condizionare, zavorrandole, le mie esperienze future.
L'esistenza in sè è cioè una ipotesi conservativa, che si sarebbe mostrata perfetta se, come tutti credevano alla fine del novecento, fossimo giunti a sapere tutto quello che c'era da sapere, ma diventa un impedimento se quel che c'è da sapere non sembra aver fine, e quindi in sostanza non c'è propriamente qualcosa di preciso da sapere (verità), né tantomeno c'è un immutabile osservatore al quale manchi solo di colmare appena qualche sua lacuna per guadagnarsi uno status definitivo.
Il punto, ribadisco, è che io non mi fido delle apparenze, neanche di quelle formalizzate dalla scienza, non perchè non sia giusto e utile farlo, ma perchè non è sufficiente farlo se pensiamo che il nostro percorso non abbia una meta definita.
Certo dietro la mia posizione incombe il rischio nichilista, perché assumere questa posizione significa scommettere sull'uomo, un uomo che non non decida, seppur stremato, di fare l'ultimo miglio perchè lì forse è la fine del percorso col cartello ''verità''. Ma un uomo che trovi dentro sè i motivi per andare avanti. Un essere vivente fra tanti in relazione con tutti gli altri, ma che è un individuo relazionale in quanto spinto da una motivazione che è dentro, e non fuori di sè.
Quale altro senso dovremmo dare sennò all'individualità?
Come potremmo diversamente giustificarla?
Citazione di: Ipazia il 18 Gennaio 2023, 08:03:00 AMPerchè follia ? L'Everest (la montagna cui abbiamo attribuito quel significante condiviso) esiste solo quando qualcuno l'osserva ? Prima non esisteva (i giochini sul significante non valgono come risposta) ?
Quando la gente mi dice che la luna esiste anche se non la guardo io sorrido tra me e me e lascio perdere. Ma quando me lo dice una persona che si dice sensibile alle questioni filosofiche un po' mi fa innervosire. Intanto, per come la vedo io, avresti forse dovuto dire che è l'essere ad esistere a prescindere dal rapporto osservatore-osservato e non l'esserci, ma non sarebbe sostenibile ugualmente. In ogni caso l'essere sarebbe comunque un conio umano dovuto all'osservazione che compie l'esserci. Quindi dimentichiamoci di esistenze a prescindere dagli osservatori osservanti. Quello che poi queste persone esperte non intendono comprendere, dimostrandosi anzi assai ostinate al riguardo, sarebbe che è vero che l'Everest esiste anche se non lo guardo, ma fatalità io non l'ho mai visto. Io però non ho alcun dubbio sul fatto che l'Everest esista, ma quel che cerco di spiegare a costoro che mi fanno innervosire sarebbe che non è importante il fatto che l'Everest esista anche se non lo guardo, bensì che l'Everest esista comunque nella mia testa. E questo accade perché qualcuno mi ha detto che esiste l'Everest e io gli credo. Siccome me l'ha detto il libro di scuola diciamo che son così propenso a fidarmi. Resta il fatto che l'Everest, per quel che mi riguarda, esiste solo nella mia testa, dato appunto che non l'ho mai visto. A questo punto, siccome in questo forum da parte di qualcuno c'è molta maleducazione e poco rispetto per il tempo che uno dedica al dialogo gradirei che tu rispondessi e non che ti dileguassi come fanno tanti che gettano il sasso e poi li rivedi che si dedicano ad altro senza curarsi minimamente del tuo tempo sprecato, perché a 'sto punto è proprio sprecato, a parlare con loro. Dopo poco che entrai nel forum mi hai detto al proposito che forse si vergognavano a farlo data la pochezza del mio pensare. A parte che questo non sarebbe secondo me un motivo sufficiente per non rispondere, puoi benissimo dirmelo ancora una volta se è questo che devi dire, mica mi offendo. Un saluto
Possiamo immaginare la percezione condivisa come una scienza praticata secondo natura, dove la condivisione ha il ruolo ausiliario di essere un rafforzativo della percezione, e la scienza propriamente detta come una pratica innaturale, un peccato da emendare per tornare allo stato naturale.
Ma questa tensione del ritorno allo stato naturale nella sua dinamica circolare equivale a un immobilismo statico, dove possiamo avere di noi finalmente una considerazione definitiva, dunque genuina, dunque vera, che renda conto di come possiamo autoconcepirci , seppur in apparente mutazione, per cui questa mutazione deve essere appunto una vuota apparenza, una prova cui qualcuno ci sottopone, che, se superata, avrà come premio l'essere finalmente pienamente ciò che percepiamo, essere noi stessi.
L'alternativa è accettarsi per quel che si è, come condizione necessaria per poter stare dentro una esistenza condivisa, dove la condivisione ha il maggior valore, e l'individualità ha il solo valore ausiliario di renderla possibile.
@ Daniele.
la mancata puntualità che sempre più insistentemente lamenti di risposte ai tuoi post temo preluda ad una tua fuoriuscita dal forum, cosa che considero come un impoverimento del forum, e quindi un impoverimento personale facendone parte.
Lascia quindi che faccia un tentativo di scongiurare ciò, dicendo che non credo ci sia qualcuno che si sentirebbe di darti torto, perchè non credo che vi sia alcuno in questo forum che non si sia trovato a modo suo, e continui trovarsi, nel frangente che lamenti.
Io mi ci trovo una volta si e una volta no.
Mi sembra a volte di parlare da solo, ma alla fine ho dovuto realizzare, non cedendo al nervosismo, che questo parlarsi da soli a cui a volte si riduce la comunicazione ha comunque un suo valore, se quando raramente mi succede di rileggere qualche mio post, specie se molto vecchio, mi sembra sia stato scritto da un altro.
Anzi giuro che, se sopra non leggessi Iano, difficilmente lo riconoscerei per mio, e non riconoscendolo come mio potrei decidere di ''rispondermi'', ma anche no.
A volte così mi chiedo se vale davvero la pena di continuare a parlare con un me stesso che non sempre mi risponde.
Ma tu potresti davvero giurare di essere nella posizione di quello che non riceve risposte, e non anche nella condizione di quello che non ne dà?
Non sempre di risposte ne abbiamo, a volte facciamo solo Rock 'n' Roll. Sono solo canzonette Daniele, non metterci alle strette.
Vogliaci dunqueperdonare in anticipo e a prescindere, come noi ti perdoniamo, per le risposte che non ci daremo. :)
Magari è solo che a volte lasciamo talmente maturare le nostre risposte che alla fine cadono.
Magari se ne riparla poi alla prossima fioritura e alle prossime mele, che sembrano le stesse dell'anno prima, ma che non sono mai uguali.
A volte le cogliamo, a volte cadono.
I pazzi per quanto mi riguarda sono i solipsisti e gli spiritualisti...
Basta con questo giochetto del confondere la parola con la cosa, il significante con il significato.
La materia esiste al di fuori della parola che la dice e dell'intelligenza che la pensa.
Volete fare i relativisti della conoscenza, i posapiano noOlogici, e il bello e' che lo volete fare senza accettare la realta' naturale e naturalistica dell'ignoto, che sola potrebbe giustificare il CORRETTO relativismo della coscienza e della conoscenza, ovvero la materia/tempo/spazio che si estende liberamente entro e oltre i limitati campi di osservazione dei viventi.
Vera liberta' fondamentale fondante, questa della materia di poter entrare e uscire dai nostri piccolissimi e mediocrissimi campi di osservazione rimanendo se stessa, altroche' arbitrio, altroche' liberta' dello Spirito.
Gli prende un colpo, a Daniele, se qualcuno gli spiega che, oltre all'Everest, che lui ha studiato sul libro di scuola ed esso e' nella sua testa, anche il MONTE SENZA NOME del pianeta senza nome della stella senza nome nella galassia senza nome esiste benissimo in virtu' dello spazio, del tempo, della materia e delle loro possibili, viventi e non, COMBINAZIONI, anche se lui, quel monte lontano tremila anni luce proprio "non lo conosce", ed esso non e' "nella sua testa"?
E che il MONTE SENZA NOME sul pianeta lontanissimo, mai guardato da occhi e pensato da teste esisterebbe ugualmente e beatissimamente di suo addirittura se tra tutti i viventi presenti, passati e futuri del cosmo non lo conoscesse mai nessuno, e se esso non transitasse mai "nelle teste" e sotto gli occhi di nessuno?
Perche' esistere non significa "esistere per qualcuno", non significa "essere osservati"....
Esistere significa esistere....
I nevrotici, pensano che la realta' stia dentro la loro testa...
E mi meraviglio qui anche di Iano, che, avendo una formazione o quantomeno una forte curiosita' scientifica, non ha pensato subito alla meccanica quantistica, che permette di inquadrare correttamente la questione dell'osservatore "realizzante" la realta' senza cadere nel solipsismo o nello spiritualismo: e' ben vero che l'urto/osservazione/collasso della funzione d'onda "realizza" la realta' e costringe quello che era sovrapposto a collocarsi in uno stato preciso, ma e' ben falso, che l'urto/osservazione/collasso della funzione d'onda implichi necessariamente una azione umana o tantomeno un'azione intelligente, cosciente.
Due enti a-vitali e a-coscienti, come per esempio due particelle o aggregati di particelle, possono "osservarsi", (cioe' fuor di metafora urtarsi, come nella miglior tradizione atomistica antica) tra di loro realizzando il nesso tra realta' e "osservazione" (ma meglio si dovrebbe dire: tra realta' e interazione!) che si vorrebbe falsamente attribuire allo spirito (nello spiritualismo) o all'ego (nel solipsismo).
La realta' dipende dall'osservazione e tutto e' interconnesso, ma non e' uno scienziato col camice bianco o uno studente che studia l'Everest sui libri di scuola, a creare DAL NULLA, (altro maldigerito e inconsapevole nichilismo della china che sta prendendo l'occidente) la realta'.
Se il SACRO e' radicato nel riconoscimento di cio' che trascende e limita la nostra volonta', il MATERIALISMO e' radicato nel riconoscimento di cio' che trascende e limita le proprieta' cosmogoniche e realizzative della nostra coscienza e conoscenza, quindi ben lungi dall'opporsi al sacro, gli e' cugino.
Scusate per i toni un po' focosi, ma io ritengo che l'ovvio sia che i pini esistono quando nessuno li guarda, la contraddizione all'ovvio che esistono solo se guardati, ed e' chi contraddice l'ovvio che ha l'onere della prova.
E invece che prove, finora, dei pini divinamente realizzati dall'osservazione, finora qui ho letto solo chiacchiere.
Niko hai fatto una tirata enciclopedica apprezzabilissima per ribadire (e io sono pienamente con Te , si vedano i miei interventi a proposito , certo meno eruditi , ma sostanzialmente consonanti) che molte delle fantasiose elucubrazioni che ci vengono propinate sono in realta' onanismo mentale ( poco utile ) che , inoltre , a chi lo pratica ha buone possibilita' di generare ( questo si' ) cecita'.
Citazione di: iano il 18 Gennaio 2023, 10:29:19 AM@ Daniele.
la mancata puntualità che sempre più insistentemente lamenti di risposte ai tuoi post temo preluda ad una tua fuoriuscita dal forum, cosa che considero come un impoverimento del forum, e quindi un impoverimento personale facendone parte.
Lascia quindi che faccia un tentativo di scongiurare ciò, dicendo che non credo ci sia qualcuno che si sentirebbe di darti torto, perchè non credo che vi sia alcuno in questo forum che non si sia trovato a modo suo, e continui trovarsi, nel frangente che lamenti.
Io mi ci trovo una volta si e una volta no.
Mi sembra a volte di parlare da solo, ma alla fine ho dovuto realizzare, non cedendo al nervosismo, che questo parlarsi da soli a cui a volte si riduce la comunicazione ha comunque un suo valore, se quando raramente mi succede di rileggere qualche mio post, specie se molto vecchio, mi sembra sia stato scritto da un altro.
Anzi giuro che, se sopra non leggessi Iano, difficilmente lo riconoscerei per mio, e non riconoscendolo come mio potrei decidere di ''rispondermi'', ma anche no.
A volte così mi chiedo se vale davvero la pena di continuare a parlare con un me stesso che non sempre mi risponde.
Ma tu potresti davvero giurare di essere nella posizione di quello che non riceve risposte, e non anche nella condizione di quello che non ne dà?
Non sempre di risposte ne abbiamo, a volte facciamo solo Rock 'n' Roll. Sono solo canzonette Daniele, non metterci alle strette.
Vogliaci dunqueperdonare in anticipo e a prescindere, come noi ti perdoniamo, per le risposte che non ci daremo. :)
Magari è solo che a volte lasciamo talmente maturare le nostre risposte che alla fine cadono.
Magari se ne riparla poi alla prossima fioritura e alle prossime mele, che sembrano le stesse dell'anno prima, ma che non sono mai uguali.
A volte le cogliamo, a volte cadono.
Non preoccuparti iano, ti ringrazio per il messaggio, ma non so proprio come ti sia venuta questa idea ... sei un bel diavoletto pure tu. Non me ne vado proprio dal forum, ma come? non hai ancora capito che sono in missione per conto di io?, o Dio, decidi tu. Quello che dico sulle mancate risposte è solo un invito ad una serietà che qualora manchi in un sito dedicato alla cultura lo farebbe cadere di molto, relegandolo alle categorie più basse dei cosiddetti social. Va ben che questa è la sbobba che ci dobbiamo mangiare quotidianamente, ma almeno ho il coraggio di dirlo chiaro e forte. Soprattutto perché è un invito anche al dovuto rispetto che si deve alle persone, nonostante queste stesse persone a cui manca tale rispetto si ergano poi a paladini della giustizia sociale. Belle facce di bronzo! ... E magari ti tacciano di essere un venditore di fumo, ma scartando sempre il dialogo sul piano logico razionale. Iano non è a te che imputo in particolare queste non risposte, comunque pur non giurando che non si sa mai, da quando son qui le risposte le do sempre a meno di non avvisare prima. Dopo, più o meno da quando andossene l'illustrissimo, la buona sorte sia sempre con lui, ho cambiato registro, son divenuto un po' più aggressivo e ora come ora proprio non considero più certe figure a meno che non si presentino loro a me e in panni almeno decenti. Ciao
Citazione di: niko il 18 Gennaio 2023, 13:35:29 PME mi meraviglio qui anche di Iano, che, avendo una formazione o quantomeno una forte curiosita' scientifica, non ha pensato subito alla meccanica quantistica, che permette di inquadrare correttamente la questione dell'osservatore "realizzante" la realta' senza cadere nel solipsismo o nello spiritualismo: e' ben vero che l'urto/osservazione/collasso della funzione d'onda "realizza" la realta' e costringe quello che era sovrapposto a collocarsi in uno stato preciso, ma e' ben falso, che l'urto/osservazione/collasso della funzione d'onda implichi necessariamente una azione umana o tantomeno un'azione intelligente, cosciente.
Io mi meraviglio di te che continui a darmi del solipsista nostante i miei argomenti contro. Nel mio caso, ho provato ad argomentare dovrebbe trattarsi semmai di un solipsismo relativo all'umanità, cioè condiviso dagli individui umani, e in quanto tale non-solipsismo.
Mentre ho dichiarato un solipsismo individuale possibile quanto privo di interesse per me.
Per quanto riguarda la meccanica quantistica non l'ho tirata in ballo perchè non mi piace vincere facile, ma visto che mi passi incautamente l'assist, come la mettiamo con l'esistenza duale della particella-onda che non è dunque in sè materia, né non-materia, perchè essere contemporaneamente le due cose significa non essere alcuna delle due.
Non è Everest né spirito che aleggia sulle montagne. Allora quale esistenza possiede in sè?
Facciamo entrare tutte le nuove entità che bussano alle porte del regno delle cose in sè, senza chiedergli la parola d'ordine?
Io direi di si, però poi non possiamo più chiamarlo regno delle cose in sè.
In alternativa potremmo dire con Einstein che la teoria funziona, ma non è completa, sottintendendo che lo scopo delle teorie è duale, di funzionare e contemporaneamente dirci la verità.
Gli scienziati però, dopo averci ragionato a lungo hanno deciso che la verità non è affar loro, ma dei filosofi, e la teoria sta bene così.
Io non sono scienziato, ma sopratutto non sono filosofo, nel senso che non posseggo l'armamentario culturale per potermi così fregiare, ma forse proprio per questo, non portando il peso di una cultura specifica, accetto agevolmente ogni novità che contro quella cultura possa andare , ma non certo per odio verso di essa, anzi, verso la quale mi sento invece manchevole.
Però non tutto il male vien per nuocere.
Da non filosofo però dico, insieme a Bobmax, che non può esistere una nuova filosofia slegata dall'esperienza umana, e in particolare quella scientifica, e che rimastichi perciò sterilmente sempre lo stesso cibo.
Perciò, visto che condividiamo lo stesso interesse per la scienza, mi aspetterei che di questa nuova filosofia fossi tu portatore sano.
Citazione di: iano il 18 Gennaio 2023, 15:33:43 PMIo mi meraviglio di te che continui a darmi del solipsista nostante i miei argomenti contro. Nel mio caso, ho provato ad argomentare dovrebbe trattarsi semmai di un solipsismo relativo all'umanità, cioè condiviso dagli individui umani, e in quanto tale non-solipsismo.
Mentre ho dichiarato un solipsismo individuale possibile quanto privo di interesse per me.
Per quanto riguarda la meccanica quantistica non l'ho tirata in ballo perchè non mi piace vincere facile, ma visto che mi passi incautamente l'assist, come la mettiamo con l'esistenza duale della particella-onda che non è dunque in sè materia, né non-materia, perchè essere contemporaneamente le due cose significa non essere alcuna delle due.
Non è Everest né spirito che aleggia sulle montagne. Allora quale esistenza possiede in sè?
Facciamo entrare tutte le nuove entità che bussano alle porte del regno delle cose in sè, senza chiedergli la parola d'ordine?
Io direi di si, però poi non possiamo più chiamarlo regno delle cose in sè.
In alternativa potremmo dire con Einstein che la teoria funziona, ma non è completa, sottintendendo che lo scopo delle teorie è duale, di funzionare e contemporaneamente dirci la verità.
Gli scienziati però, dopo averci ragionato a lungo hanno deciso che la verità non è affar loro, ma dei filosofi, e la teoria sta bene così.
Io non sono scienziato, ma sopratutto non sono filosofo, nel senso che non posseggo l'armamentario culturale per potermi così fregiare, ma forse proprio per questo, non portando il peso di una cultura specifica, accetto agevolmente ogni novità che contro quella cultura possa andare , ma non certo per odio verso di essa, anzi, verso la quale mi sento invece manchevole.
Però non tutto il male vien per nuocere.
Da non filosofo però dico, insieme a Bobmax, che non può esistere una nuova filosofia slegata dall'esperienza umana, e in particolare quella scientifica, e che rimastichi perciò sterilmente sempre lo stesso cibo.
Perciò, visto che condividiamo lo stesso interesse per la scienza, mi aspetterei che di questa nuova filosofia fossi tu portatore sano.
L'esistenza non e' fondata ne' sull'io ne' sull'umanita' / intersoggettivita'.
Ne' sull'io ne' sul noi.
E' fondata sulla complessita' , e quindi su una sorta di inter-oggettivita'.
Su un "noi" dato, che e' interazione, automatismo molto piu' spesso di quanto non sia conoscenza.
La conoscenza, vale perche' e' rara.
L'amore, vale perche' e' raro.
Tu puoi "vedere" in senso lato, quindi anche: pensare e percepire, delle "cose" entro un certo "campo".
Se prendiamo l'intera umanita', il campo aumenta di tanto, rispetto al tuo, ma rimane sempre minimissimo, esiguo, rispetto al mondo, rispetto a quello che davvero esiste.
Per quel che mi riguarda, l'umanita' puo' essere ignorante quanto un singolo uomo.
Ma non e' la conoscenza, che ha il potere di fondare la realta', e' la realta' che non solo, fonda la conoscenza, ma puo' fare infinite altre cose, oltre che fondare la conoscenza.
Essa puo' lavorare per se stessa, oltreche' per noi.
Fondare la conoscenza e' una -singola- potenzialita' della realta', ma non la esaurisce.
Quindi esistono pini non visti da nessuno.
Non ricordo chi ha scritto qui, credo Bobmax, che la complessità è l'idolo alla moda della scienza, che segue all'informazione, e così via passando da un idolo all'altro .
Cosa proporrà la nuova collezione primavera- estate?
Un coordinato- interoggetivo?
Sono curioso.
Citazione di: iano il 18 Gennaio 2023, 18:43:04 PMNon ricordo chi ha scritto qui, credo Bobmax, che la complessità è l'idolo alla moda della scienza, che segue all'informazione, e così via passando da un idolo all'altro .
Cosa proporrà la nuova collezione primavera- estate?
Un coordinato- interoggetivo?
Sono curioso.
Sempre meglio del ridicolo, di fondare l'esistenza su solipsismi individuali o collettivi.
Sempre meglio del banale, di interpretare il dualismo onda/particella come il dualismo spirito/materia.
Mentre a logica esso dovrebbe essere il dualismo:
Materia 1/ materia2. E spirito non pervenuto.
Ma prima bisognerebbe fare lo sforzo di capire.
E aspetto ancora le prove di come l'umanita' possa rendere reale la realta'.
I fossili di dinosauro?
Quelli esistevano, e ruggivano, pure senza uomini a guardarli.
Più che la complessità il problema è la "risoluzione". E la risoluzione fisica e metafisica della problematica opposta da jano sulla onda-particella è che siamo ai limiti delle nostre tecnologie di indagine sui fenomeni naturali, per cui dobbiamo accontentarci della loro scarsa risoluzione e dobbiamo rassegnarci ad assemblare fotografie discontinue del fenomeno, non essendo in grado di fotografarlo tutto istantaneamente.
Che le cose esistano indipendentemente dall'essere osservate è una banalità dal punto di vista empirico di cui anche la metafisica deve farsene una ragione, dopo tutti i fallimenti della sofistica nel prospettare una realtà altra da quella empiricamente riscontrabile.
La quale può essere falsificata, ma solo da strumentazioni empiriche, osservazioni, e calcoli più sofisticati, aumentando la risoluzione del fenomeno, non certo da argomentazioni metafisiche.
Il noumeno è altra cosa e lo sganciarsi della verità scientifica da esso è un progresso epistemico. Una volta che noi diamo significato e significante ad un referente e ne specifichiamo i limiti del campo di esistenza non lo abbiamo cristallizzato in una verità noumenica, ma poniamo una verità per noi, fenomenica, funzionale alla nostra transeunte intellezione dell'universo. Il realismo si limita a questa operazione asseverativa di cui riconosce e accetta la falsificabilità.
Citazione di: Ipazia il 18 Gennaio 2023, 21:41:46 PMPiù che la complessità il problema è la "risoluzione". E la risoluzione fisica e metafisica della problematica opposta da jano sulla onda-particella è che siamo ai limiti delle nostre tecnologie di indagine sui fenomeni naturali, per cui dobbiamo accontentarci della loro scarsa risoluzione e dobbiamo rassegnarci ad assemblare fotografie discontinue del fenomeno, non essendo in grado di fotografarlo tutto istantaneamente.
Che le cose esistano indipendentemente dall'essere osservate è una banalità dal punto di vista empirico di cui anche la metafisica deve farsene una ragione, dopo tutti i fallimenti della sofistica nel prospettare una realtà altra da quella empiricamente riscontrabile.
La quale può essere falsificata, ma solo da strumentazioni empiriche, osservazioni, e calcoli più sofisticati, aumentando la risoluzione del fenomeno, non certo da argomentazioni metafisiche.
Il noumeno è altra cosa e lo sganciarsi della verità scientifica da esso è un progresso epistemico. Una volta che noi diamo significato e significante ad un referente e ne specifichiamo i limiti del campo di esistenza non lo abbiamo cristallizzato in una verità noumenica, ma poniamo una verità per noi, fenomenica, funzionale alla nostra transeunte intellezione dell'universo. Il realismo si limita a questa operazione asseverativa di cui riconosce e accetta la falsificabilità.
A me pare che qui c'e' gente che continua a confondere interconnessione, e quindi "vacuita'" nel senso orientale del termine, inesistenza della singola cosa, con spiritualismo e solipsismo.
E non sono io, che cado in questo equivoco.
Il reale non e' razionale perche' ci sono istanze, realta' , volonta', destini, desideri, che vanno oltre la nostra ragione, cosi' come c'e' materia che non ricade entro il nostro orizzonte percettivo, cosi' come ci sono cose non viste.
La ragione che marcia orgogliosa verso se stessa e' una infima parte della realta', e non il tutto.
Identificarsi con l'autocoscienza e' l'uomo, e' la scelta dell'uomo, e io sono un baluardo contro l'antropomorfismo del dire che l'uomo sia il tutto.
Se quella umana e' una scelta, non sta in piedi da sola, ne' eticamente, ne' razionalmente, ne' fisicamente, ne' in nessun senso: sorge da una rosa di opzioni piu' ampia.
L'universo ha di meglio da fare, che identificarsi con la (nostra) autocoscienza, e anche la nostra autocoscienza, non e' che un riflesso, una conseguenza del nostro istinto, della nostra piu' basica volonta'.
Io ne ho -da dire- tanto per i solipsisti, quanto per gli spiritualisti.
Io non rinuncio al noumeno, e ritengo che il nuomeno sia la struttura, la struttura profonda della realta', quello che tutti sperimentiamo quando soffriamo e quando incespichiamo davanti all'oblio, quello che solidamente si oppone alla volonta' e alla coscienza/conoscenza, essendone oltre.
Di modo che la realta' ultima e' l'incompiuto, il fieri, che e' tale e per la conoscenza e per la volonta'.
Il Vero e' (una) parte, con buona pace di Hegel.
"Conosci te stesso" va inquadrato nel contesto di una morale delfica della misura, secondo me significa principalmente "Conosci i tuoi limiti", stai nel tuo.
Tanto per rispondere anche alla questione del Dio spirito uscita fuori in un'altro argomento.
Dio spirito che, se uno non sta nel suo, cioe' se non interpreta la massima delficamente, guardacaso richiede sempre l'ascesi , il distacco.
L'odio del mondo, l'odio di se stessi.
Cit. Ipazia:
"Che le cose esistano indipendentemente dall'essere osservate è una banalità dal punto di vista empirico di cui anche la metafisica deve farsene una ragione, dopo tutti i fallimenti della sofistica nel prospettare una realtà altra da quella empiricamente riscontrabile.
La quale può essere falsificata, ma solo da strumentazioni empiriche, osservazioni, e calcoli più sofisticati, aumentando la risoluzione del fenomeno, non certo da argomentazioni metafisiche."
Non so bene come personificare la sofistica comunque sono d'accordo.
E sono d'accordo anche per quello che dici dopo, ma non penso siamo deficitari di strumenti, bensì invece di osservazioni in merito ai fenomeni. E tutto, secondo me, ma lo sospettava quantomeno Majorana, perché non avremmo conoscenza sullo stato "inconoscibile", dice lui, del sistema prima che venga preparato per l'esperimento. E lo definiva un aspetto inquietante dei fondamenti della meccanica quantistica. Ma io non sono un fisico
Cit: Ipazia:
" Il noumeno è altra cosa e lo sganciarsi della verità scientifica da esso è un progresso epistemico. Una volta che noi diamo significato e significante ad un referente e ne specifichiamo i limiti del campo di esistenza non lo abbiamo cristallizzato in una verità noumenica, ma poniamo una verità per noi, fenomenica, funzionale alla nostra transeunte intellezione dell'universo. Il realismo si limita a questa operazione asseverativa di cui riconosce e accetta la falsificabilità"
Tralascio sul "noi diamo signif...etc" ... ma questa verità per noi fenomenica è sì fatta di dati empirici, ma è una verità in fondo metafisica, perché è fondata sullo stato inconoscibile del sistema antecedente all'esperimento. Si tratterebbe cioè di un comportamento messo in moto e guidato da uno stato inconoscibile, presumibile forse ma non del tutto chiaro. Infine, noto che lo sganciamento della verità scientifica dal noumeno non mi sembra abbia prodotto quello che avrebbe dovuto in fondo produrre, cioè il medesimo sganciamento della verità individuale dal noumeno. Che stranezze
Io credo che la verità non esiste, ma non posso limitarmi a negarla, perchè, se negandola la chiamo in causa, una idea di verità devo comunque avercela.
Azzardo allora che secondo me ha a che fare con una non aggirabile condizione psicologica che assumo nel momento in cui agisco in modo efficace, dove con modo efficace intendo, non relativamente ad una azione che và a buon fine, ma ad una azione che difficilmente andrebbe buon fine se non venisse condotta con convinzione, e una condizione di massima convinzione è qualcosa che si avvina alla verità.
Si avvicina alla verità perchè difficilmente cambierò idea, ma essendo una convinzione non posso comunque escludere di cambiarla.
Fin qui stiamo parlando di libere convinzioni, e in particolare quelle di massimo grado, ma se vogliamo ancora salire di un gradino possiamo parlare di convinzioni condizionate. Sono quelle convinzioni le quali, se dismesse, mi lasciano nudo. Quelle convinzioni il cui mantenimento è per me vitale, perchè ad esempio ad esse è legata il mio status sociale, e in generale le mie contingenti condizioni di vita.
Se poi non si tratta di condizioni contingenti, ma riguardano la sopravvivenza a lungo termine, dismettere certe convinzioni è come provare a suicidarsi. Il classico esempio che faceva il buon Viator a tal proposito è, prova a buttarti in un burrone, se pensi che non sia vero.
Si tratta di una convinzione che non solo ci si augura di non cambiare, ma per la quale sarebbe utile mettere in atto un atocondizionamento che mi impedisce letteralmente di cambiarla. L'ideale sarebbe eliminare la possibilità che io possa cambiare la mia convinzione.
Questa possiamo dire si avvicina, fino a coincidere con la condizione di verità, di qual cosa che non dipende cioè dalla mia volontà, di ciò che è di per sè , cioè indipendente da ogni altra esistenza e in particolare dalla mia.
La mia incolumità è garantita alla fine grazie ad un blocco specifico che io ho posto sulla mia volontà, un blocco di fatto irremovibile se riposto in un luogo irraggiungibile. L'inconscio.
Io adesso sono salvo, sono al sicuro, e vivo nel conforto che ci sono verità a questo mondo che vegliano su di me, rilassato, perchè il mondo non dipende tutto da me. Non sono io a portarlo sulle spalle, non del tutto almeno, e tutto và bene finché io sono io, perchè tutto questo meccanismo descritto non garantisce la sopravvivenza del mondo, ma la mia sopravvivenza, finché io sono io.
I problemi nascono quando io non sono più io, e non devo più garantire la sopravvivenza di ciò che ero, ma di ciò che sono e potrebbe essere necessario togliere il blocco, ma vallo trovare adesso dove è nascosto.
Difficile, difficile come lo è la ricerca scientifica, che è la ricerca di quel blocco, per rimuovere quella verità, per sostituirla con un altro blocco.
Daniele scrive:
''Infine, noto che lo sganciamento della verità scientifica dal noumeno non mi sembra abbia prodotto quello che avrebbe dovuto in fondo produrre, cioè il medesimo sganciamento della verità individuale dal noumeno. Che stranezze''
Stante la mia premessa, rispondo che si tolgono i blocchi che è necessario togliere, che lo scopo non è togliere i blocchi in generale. Ci saranno sempre cose la cui evidenza è bene non farsi sfuggire, ma non esiste niente di evidente in sè, niente la cui evidenza non possa essere declassata, per quanto sia difficile farlo .
La verità è un pò come un cervello di ricotta, si squaglia se prende sole. (Cit. riadattata di Totò.)
@niko
Condivido la critica all'antropo -morfismo e -centrismo, su cui si reggono le retoriche metafisiche, ma non fino al punto di demonizzare l'autocoscienza e le sue strategie epistemiche, dei cui limiti peraltro l'epistemologia tiene conto ed è giudice severo.
Il reale è razionale a livello fisico, non metafisico: è la dima che guida la nostra visione del mondo nel modo migliore possibile. Il rapporto reale-razionale non è hegelianamente biunivoco: quando il reale confligge col razionale "consolidato" è il razionale che si deve adeguare e ritarare le sue bussole.
L'universo avrà pure di meglio da fare, ma gli umani - autocoscienti - hanno le loro (buone) ragioni che l'universo non conosce. Vediamo di convivere in pace.
Concordo con l'interpretazione delfica sui limiti, che sono una parte (importante) del tutto di quel monito. La deificazione dell'umano è una fesseria quanto la sua demonizzazione. Al massimo possiamo dire che siamo un ben strano prodotto evolutivo (@daniele22), ma preso atto di ciò non possiamo cullarci sulla stranezza, ma illuminarla e razionalizzarla.
In attesa di maggiori certezze possiamo pure noumenizzare la fenomenologia naturale, ma mi pare un passaggio inutile, un tenere in vita, attaccato ad un respiratore, un cadavere metafisico che non ha futuro. Seppelliamolo e accontentiamoci di verità contingenti verificate. Come gli effetti, non falsificati, della cosiddetta "forza di gravità".
Citazione di: Ipazia il 19 Gennaio 2023, 12:24:32 PM@niko
Condivido la critica all'antropo -morfismo e -centrismo, su cui si reggono le retoriche metafisiche, ma non fino al punto di demonizzare l'autocoscienza e le sue strategie epistemiche, dei cui limiti peraltro l'epistemologia tiene conto ed è giudice severo.
Il reale è razionale a livello fisico, non metafisico: è la dima che guida la nostra visione del mondo nel modo migliore possibile. Il rapporto reale-razionale non è hegelianamente biunivoco: quando il reale confligge col razionale "consolidato" è il razionale che si deve adeguare e ritarare le sue bussole.
L'universo avrà pure di meglio da fare, ma gli umani - autocoscienti - hanno le loro (buone) ragioni che l'universo non conosce. Vediamo di convivere in pace.
Concordo con l'interpretazione delfica sui limiti, che sono una parte (importante) del tutto di quel monito. La deificazione dell'umano è una fesseria quanto la sua demonizzazione. Al massimo possiamo dire che siamo un ben strano prodotto evolutivo (@daniele22), ma preso atto di ciò non possiamo cullarci sulla stranezza, ma illuminarla e razionalizzarla.
In attesa di maggiori certezze possiamo pure noumenizzare la fenomenologia naturale, ma mi pare un passaggio inutile, un tenere in vita, attaccato ad un respiratore, un cadavere metafisico che non ha futuro. Seppelliamolo e accontentiamoci di verità contingenti verificate. Come gli effetti, non falsificati, della cosiddetta "forza di gravità".
Io demonizzo la "componente" identitaria/identificativa dell'autocoscienza, (dunque l'autocoscienza come realta' dell'etnia e della radice egoica ed umana) e non quella riflessiva e immaginifica che e' intangibile, al di la' del bene e del male: l'autocoscienza c'e', come parte tra le parti, ma non e' ne' l'io ne' il sum cartesiano.
Non ci dobbiamo identificare con l' "auto" dell'autocoscienza, perche' l'autocoscienza e' fenomeno naturalistico e cosmico, ha delle cause, che ci producono come uomo-effettuale.
Se ci identifichiamo con essa, ne siamo dominati.
E appunto l'autocoscienza, se creduta "vera", vale solo come proggetto di dominio sul corpo da parte di una mente alienata dal corpo, quindi come fonte di continua, e per giunta inespressa, sofferenza.
L'uomo dell'autocoscienza e' fenomenico, e' un uomo-fenomeno, e pensare che tutto il mondo sia fenomenico, pensare che tutto il mondo sia COME l'uomo, o PER l'uomo, attuale ed attualista nelle sue scelte identitarie ed identificative, rinunciare al noumeno, e' il delirio di onnipotenza (se non di riferimento) dell'uomo/effetto, dell'uomo/autocoscienza.
Sono i nostri limiti, in una morale delfica della misura, che ci fanno incontrare la phisis, la natura.
Per superarli, bisogna comprenderli, se non addirittura amarli.
Citazione di: niko il 19 Gennaio 2023, 14:10:20 PMIo demonizzo la "componente" identitaria/identificativa dell'autocoscienza, (dunque l'autocoscienza come realta' dell'etnia e della radice egoica ed umana) e non quella riflessiva e immaginifica che e' intangibile, al di la' del bene e del male: l'autocoscienza c'e', come parte tra le parti, ma non e' ne' l'io ne' il sum cartesiano.
Non ci dobbiamo identificare con l' "auto" dell'autocoscienza, perche' l'autocoscienza e' fenomeno naturalistico e cosmico, ha delle cause, che ci producono come uomo-effettuale.
Se ci identifichiamo con essa, ne siamo dominati.
Non necessariamente. Se siamo consapevoli di essere una unità psicosomatica ...
CitazioneE appunto l'autocoscienza, se creduta "vera", vale solo come proggetto di dominio sul corpo da parte di una mente alienata dal corpo, quindi come fonte di continua, e per giunta inespressa, sofferenza.
... che sottostà a leggi naturali, in cui il corpo solitamente fa lui da padrone e le cui ragioni sa ben far valere contro ogni illusione integralisticamente "spirituale"
CitazioneL'uomo dell'autocoscienza e' fenomenico, e' un uomo-fenomeno, e pensare che tutto il mondo sia fenomenico, pensare che tutto il mondo sia COME l'uomo, o PER l'uomo, attuale ed attualista nelle sue scelte identitarie ed identificative, rinunciare al noumeno, e' il delirio di onnipotenza (se non di riferimento) dell'uomo/effetto, dell'uomo/autocoscienza.
Purtroppo per il povero noumeno, l'unica verifica della sua esistenza non può essere che fenomenica. E se non esistesse non se ne accorgerebbe nessuno. Altra cosa sono i fondamenti, l'archè: cosmogonici (physis) ed etici (ethos). I primi si affermano da soli, ma per i secondi non si ottiene nulla senza (auto)coscienza, collettiva e individuale.
CitazioneSono i nostri limiti, in una morale delfica della misura, che ci fanno incontrare la phisis, la natura.
Mai affermato il contrario. Fossimo puri spiriti potremmo nutrirci di cibo celeste.
CitazionePer superarli, bisogna comprenderli, se non addirittura amarli.
Certamente. La ricerca è un atto d'amore verso la vita e la consapevolezza dei propri limiti salva dall'hybris. Da quella degli autoproclamati padroni del mondo e da quella dei tamarri di borgata.
Citazione di: Ipazia il 19 Gennaio 2023, 22:34:55 PMNon necessariamente. Se siamo consapevoli di essere una unità psicosomatica ...
... che sottostà a leggi naturali, in cui il corpo solitamente fa lui da padrone e le cui ragioni sa ben far valere contro ogni illusione integralisticamente "spirituale"
Purtroppo per il povero noumeno, l'unica verifica della sua esistenza non può essere che fenomenica. E se non esistesse non se ne accorgerebbe nessuno. Altra cosa sono i fondamenti, l'archè: cosmogonici (physis) ed etici (ethos). I primi si affermano da soli, ma per i secondi non si ottiene nulla senza (auto)coscienza, collettiva e individuale.
Mai affermato il contrario. Fossimo puri spiriti potremmo nutrirci di cibo celeste.
Certamente. La ricerca è un atto d'amore verso la vita e la consapevolezza dei propri limiti salva dall'hybris. Da quella degli autoproclamati padroni del mondo e da quella dei tamarri di borgata.
Se non esistesse il nuomeno non se ne accorgerebbe nessuno, perché non esisterebbe, nessuno.
E guarda che nel dire questo ho illustri precedenti almeno quanto i tuoi.
----------------------------------------------------------
L'unità psicosomatica è sospetta.
E' sospetta nel tempo, e non solo nell'eternità.
E' sospetta nella relazione.
E' sospetta praticamente in tutto.
Citazione di: iano il 14 Gennaio 2023, 23:20:20 PMPartiamo da questa osservazione di Bobmax in risposta a Claudia.:
-''L'esempio della forza di gravità è calzante.
È stato ormai appurato che non esiste alcuna forza.
Cioè le masse non agiscono tra loro a distanza. Ma vi è una deformazione spazio-temporale.
Questa deformazione è stata descritta dalla relatività generale. Una nuova legge che ha scalzato la precedente newtoniana.
Ma sarebbe un grave errore credere che quest'ultima sia la Legge!
Perché la faremmo diventare un idolo.
È sempre e soltanto una interpretazione, che sarà un domani sostituta da un'altra.'' -
--------------------------------------
Un professore di fisica mi chiese una volta:
-Come fai a dire che la forza non esiste se tu la senti?-
Al momento, barando un pò, risposi che le cose non esistono per il motivo che io le sento.
Una risposta buttata giù al momento lì per lì per darmi un contegno.
Oggi però ne sono più convinto di allora, anche se la questione è più complicata di così.
Voi cosa ne pensate?
Alla fine dell'800 si pensava che la fisica non avesse piu niente da dire, nel primo novecento sono nate cosmogonie nuove (e a mio avviso fuori di testa).
Il punto non è tanto che la scienza si rinnovi, perchè lo farà sempre, il problema è oggi la museruola che hanno messo alla scienza i cani dell'impero.
Quindi per aspettare nuovi rinnovamenti dovrà cadere l'impero americano, e io credo che prima di vole cadere quello ci manda tutti al cimitero. perciò no! la scienza è oggi arrivata al fine ultimo.
Anch'io credevo ad einstein, filosofo sublime, peccato che il buon nereo villa a furia di cannonate me lo ha distrutto, lui e tutta la cricca quantistica.
Mi pare che la realtà sia quella che tocco piuttosto che no. E come diceva il mio prof, si ok la quantistica si usa in alcuni campi, ma nella stragrande maggioranza dei campi, dall'ingegneria, alla botanica, si usa
ancora la cara vecchia forza di gravità ossia newton.
Citazione di: iano il 15 Gennaio 2023, 18:02:54 PMFai fatica perchè acquisisci energia potenziale spendendo energia chimica e producendo calore, ma senti la fatica solo se non sei abituato a farla.
Se porti un sacco di cemento fai fatica perchè di solito non porti sacchi di cemento, ma sopporti il peso di kilometri di aria sopra di te senza pensarci.
Fai fatica anche da fermo ma non la senti.
Da Newton ad Einstein è cambiato qualcosa?
Da un punto di vista filosofico potremmo dire che il ''rivoluzionario'' Einstein ha messo in atto una restaurazione in effetti, ripristinando l'azione locale che Newton aveva abolito.
Azione locale significa che la forza non si trasmette attraverso il vuoto, ma per contatto diretto fra i corpi, o indirettamente attraverso un intermediario.
Nessuno si rassegnava inizialmente all'azione non locale di Newton, senza per questo voler rinnegare la sua mirabile teoria.
Si è cercato allora per tanto tempo un intermediario, l'etere, finché non ci si è arresi e si ammesso che non vi era nessun intermediario.
Nel sentire comune tutti hanno accettato alla fine, e ancor oggi accettiamo (anzi non ci poniamo proprio più il problema) la mancanza di un intermediario.
Ma quel rivoluzionario di Einstein, che in effetti era un gran reazionario, trova un nuovo intermediario, lo spazio-tempo, col quale ripristina il vecchio regime dell'azione locale.
Dobbiamo quindi riportare indietro il nostro sentire, per riadattarlo alla presenza di un intermediario?
Ma quanto deve andare avanti sto giochino? :))
Faccio fatica a seguirti, ma di quale spazio locale stai parlando?
Einstein parla all'interno di un sistema dove viga l'accellerazione costante.
Ora non ricordo la parola corretta. Ma non certo di spazio locale.
Infatti proprio a partire da Galileo che guarda la mosca viaggiare con la nave da terra, si accorge che chi rimane sulla nave la vede ferma.
Lo spazio da einstein in poi diventa relativo (lasciando da parte i calcoli errati per via del fatto che non calcola l'etere).
Poi chiaro che all'interno di uno spazio prossimo (locale) come quello che tu dici, le leggi newtoniane sia valide ancora oggi.
Insomma non capisco ancora bene quale sia la tua polemica.
Citazione di: iano il 15 Gennaio 2023, 12:08:35 PMPerò questo è il normale sentire.
Quello da cui siamo partiti, ricordando che non è un viaggio riservato a pochi, perchè il nostro sentire, attuale o futuro, ha senso solo quando condiviso sulla lunga distanza, e diversamente diventa patologico.
Ma con il concetto di forza, inteso come ente matematico (vettore), credo sia iniziato un viaggio umano in cui ciò che esiste si svincola dal nostro sentire attuale. La meta però non può che essere un ''diversamente sentire '', cioè una futura nuova sensibilità che oggi giudicheremmo patologica, come tu che sei già proiettata nel futuro giudichi patologica l'attuale.
Non credo invece possa esistere un ''diversamente esistere'' e questa transizione fra vecchie e nuove sensibilità mi sembra l'occasione giusta per sviscerare cosa sia l'esistenza.
Secondo me l'esistente nasce come interfaccia fra osservatore e osservato, non essendo quindi né l'uno né l'altro, ed essendo qualcosa che nasce da un rapporto che muta, parimenti muta.
Oggi esistono le forze e domani non esistono più.
Ci sarà un diverso sentire?
Continueremo a sentire ciò che di nuovo esisterà?
Sentire è primitivo rispetto ad esistere.
Possiamo dire ovvia l'esistenza delle cose senza conoscere a fondo il processo del sentire?
Di solito ci si appella ai fatti come fossero indipendenti da noi.
Sarà vero?
Ma il vettore parte da un origine quindi non è indipendente da noi, che sia uno spazio locale fisico o relativo, dipende infatti proprio dall'osservatore.
Parimenti sulla strada dell'io (dissento sul fatto che tu lo chiami "essere" o "esistenza") che sfugge dal rapporto tra spazio locale dove vige un ossevatore e un osservato, che scambiano neo-kantianamente come "io" e "il mio oggetto", ci troviamo d'accordo.
Salvo che avendo conoscenze dell'analisi, so bene che anche questo io è chiuso all'interno di spazi psichichi, che sembrano avere caratteristiche simili a quelle figure geometriche che l'inventore delle figure toroidali, il massimo genio matematico non ancora riconosciuto come dovrebbe, ci ha regalato.
Quindi come dice anche Bitbol l'uomo vive all'interno di spazi, sia interni che esterni.
La differenza fra quelli esterni è il movimento, il movimento non può essere percepito all'interno degli spazi interni.
Questi sono solo appunti per i futuri fisici del futuro.
Citazione di: bobmax il 15 Gennaio 2023, 18:56:59 PMSentire in quanto incontrare attraverso i sensi.
Non importa se direttamente o indirettamente, sempre il sentire è necessario.
Dopo, solo dopo, è possibile fare un ragionamento. Che sarà "sempre" fatto sulla base di ciò che si è sentito.
La forza, la posso sentire direttamente attraverso il mio corpo. Oppure attraverso i sensi posso ricevere altre informazioni, le quali potranno poi essere interpretate fino a stabilire la esistenza di una forza.
Ma sempre sulla base del sentire.
Non mi pare possa esservi alcun dubbio a riguardo.
Ti sbagli gravemente, tu la forza elettromagnetica non la senti, eppure esiste.
Citazione di: Claudia K il 15 Gennaio 2023, 19:42:31 PMMa il focus è probabilmente tutto qui, con mia visuale opposta alla tua.
La matematica è un linguaggio, nonchè l'unico universale tra tutti i linguaggi.
Non "lavora" motu proprio da nessuna parte e resta un mezzo, ma resta anche l'unico mezzo che consenta di decodificare la realtà (parzialmente quanto vogliamo). Non è che la "costruisca"!
Mutuando i termini di Bobmax : la matematica è il linguaggio che fa la differenza tra l'Intuizione dimostrabile e, invece, quella che è fantasia (o follìa) indimostrabile. E che può restare suggestivo e anche sublime, ma che resta Intuizione indimostrabile, nonchè fonte di infinite diatribe in prosa.
Non sono d'accordo Claudia, tu la casa non la decodifichi, la costruisci.
Il sistema cartesiano è quella costruzione matematica che ci permette di costruire la casa.
Senza Cartesio non esistono vettori, che mi pare, ma forse sbaglio, il punto focale dell'esperimento di Iano.
Citazione di: iano il 16 Gennaio 2023, 01:11:13 AML'energia chimica si trasforma in calore e in energia cinetica che si trasforma a sua volta in energia potenziale.
Se sei in piano la forza di reazione annulla la forza di azione della gravità.
Sei se in salita invece si divide in due componenti secondo la legge del parallelogramma, e per salire devi vincere la componente che vorrebbe riportarti a valle.
Vale la pena aggiungere che se riesci a salire sulle tue montagne molto devi all'attrito, che è una forza elettrica.
Non mi riferisco a nessuna disputa fra fisici che io sappia.
Il mio è un punto di vista di non fisico che dopo essere riuscito a immaginare alla perfezione un mondo Newtoniano, avendo l'impressione di viverci dentro, si chiede se vale la pena di immaginarsi un mondo Einsteniano, e reputa forse non ne valga la pena.
Reputo invece valga la pena di capire come si costruiscono questi mondi e per far questo bisogna riconoscere il contributo della matematica.
Il fatto è che in un modo o nell'altro non dovremmo stare del tutto fuori da questi mondi se vogliamo ancora far parte dell'umanità, perchè secondo me far parte dell'umanità significa possedere una percezione condivisa, come fino a un certo punto l'abbiamo avuta.
Ma non c'è più nessun mondo in particolare in cui viverre perchè ve ne sono diversi contemporanei.
Per stare insieme in tutti questi mondi dobbiamo andare a ciò che hanno in comune, e ciò che hanno in comune è che sono una astrazione matematica, compreso quello in cui viviamo per abitudine tutti i giorni, la cui ultima versione è appunto quella Newtoniana.
Credo che la distinzione fra astratto e concreto abbia fatto il suo sporco lavoro, e sarebbe da pensionare.
Ma questo lo dico io, non i fisici.
Si d'accordo, ma non è che creiamo mondi matematici a caso, ma a partire dalle nostre esperienze, a cui fino al punto in cui sto leggendo, non pari prestare attenzione.
Poi certo esistono i geni che creano figure toroidali a partire da se stessi, ma appunto, questo figure coincidono con apparati psichici, e quindi esistenti e indagabili.
Citazione di: iano il 16 Gennaio 2023, 10:19:29 AMHa senso chiedersi se si voglia vivere in un nuovo mondo E se si vive già in un mondo N.
E' sottinteso quindi che tu abbia la ''sensazione'' di vivere in un mondo Newtoniano, e ti chiedi quindi se vale la pena di modificare la tua sensazione traslocando in un mondo E.
Un alternativa è provare a vivere nei due mondi contemporaneamente.
Non avrebbe molto senso andare a vivere in un mondo E, perchè per le nostre necessità spicciole è sufficiente vivere nel mondo N.
Oppure invece si?
Le teorie fisiche sono mappe con le quali ci muoviamo nel mondo, alcune delle quali possiamo non portare con noi, perchè le abbiamo mandate giù a memoria.
La mappa del mondo Newtoniano, il nostro mondo, quello che sentiamo come nostro, lo sentiamo come nostro perchè abbiamo incorporato la sua mappa, divenuta carne della nostra carne, neuroni dei nostri neuroni.
Le mappe degli altri mondi (relatività, meccanica quantistica) non vale la pena incorporarle (andare a vivere in quei mondi ai quali le mappe rimandano) ma conviene comunque non lasciarle a casa e portarle con noi, per consultarle alla bisogna, ma anche per prendere l'abitudine a farlo, per evitare che separandosi del tutto questi mondi essi valgano come nicchie ecologiche separate che specino diverse razze di uomini.
Ad ogni mappa io ho associato una sensibilità, e la mia preoccupazione è che queste sensibilità rimangano condivise, come condivisa è stata la nostra sensibilità finché abbiamo avuto la possibilità di vivere in uno solo di questi mondi.
Penso che la condivisione riguarda appunto l'esperienza, io non posseggo la potenzialità energetica di raggiungere la velocità della luce, mica sono superman, che però asserisce di essere piu veloce della luce, tra le altre cose.
Quindi della presunzione di einstein e della prosopopea che viene consumata in suo nome, proprio a partire dalle università (e non è un caso, l'industria culturale non vige solo nelle ideologie politiche).
Noi rimarremmo per sempre nel mondo newtoniano. a me pare ovvio e di buon senso.
Ma questo non vuol dire che non esistano infinite cosmogonie, seguendo nereo villa, o il matematico bartozzi (di cui caso vuole avevo il libro liceale di scuola) non ricordo bene, mi misero all'attenzione una collana di fisici "alternativi".
Ricordo oggi come ieri la mia sorpresa nel vedere quanti modelli e quanti autori sconosciuti si siano già cimentati in questa ricerca.
Chissà Iano forse un giorno ti puoi accodare a loro.
Il problema di questi autori, di cui come al solito ascoltavo le lagnanze, è la mancanza di fondi per poter dimostrare le loro teorie.
Come vedi si possono creare infinite teorie ma poi umanamente troppo umanamente alla fine tutti vogliono solo i soldi.
No amico a me basta newon! ;)
Citazione di: Ipazia il 16 Gennaio 2023, 15:38:48 PMAlmeno su questo concordiamo. La mathesis universalis è solo un feticcio, messo in moto da Platone, rilanciato da Galileo e approdato ai giorni nostri come motore elevato della visione del mondo scientista, di cui la matematica costituisce il saluto massonico tra gli iniziati della sedicente "comunità scientifica".
In realtà la matematica è solo un dispositivo tecnico che permette di asseverare la riproducibilità dei fenomeni
naturali. Niente più che un attrezzo dell'operare scientifico che laddove non riesce ad asseverare decade a statistica e algoritmo.
Non scomoderei il nichilismo per questa feticizzazione, a meno che non intendiamo, niccianamente, nichilista ogni feticcio prodotto dall'immaginazione umana, incluso il Dio di Abramo e della metafisica teista.
Cosa su cui sarei pure d'accordo, considerato che l'iperuranio matematizzante si accoppia perfettamente col "mondo dietro il mondo" delle mitologie religiose.
La statistica è la vera regina della matematica, l'algoritmo non c'entra nulla, infatti sono solo una serie di informazioni intermediate a delle domande a cui è previsto la direzione diversa: si, no.
Roba che con la metafisica, non quella che tu disprezzi, non c'entra nulla, concordo.
Mi pare però che non hai letto una istanza piu fine del domandare di iano, che riguarda appunto la costituzione del soggetto, di hegeliana memoria, con buona pace della matesi kantiana (la filosofia dei 2 talleri :D ). naturalmente iano ne da una idea appitattita ma nondimeno condivisibile nella sostanza.
L'uomo è creante, come e concordiamo il buon nice affermava, non senza interrogarsi ulteriormente. ;)
Citazione di: niko il 17 Gennaio 2023, 12:02:01 PMIo rispondevo a questo...
E se vengono espresse posizioni, diciamo cosi', estremamente spiritualuste, (e non da Ipazia, che qui da' solo una risposta a bobmax) posizioni al limite del solipsismo, appunto che l'esserci dipenda dal rapporto tra soggetto e oggetto, io mi sento autorizzato ad esprimere posizioni estremamente materialiste, come, appunto, le mie.
La posizione che l'esserci dipenda da un rapporto tra soggetto e oggetto si accenna con le dovute cautele in Kant, raggiunge la sua acritica completezza in Heghel e la sua apoteosi in Berkeley.
Anche se ha illustri precedenti, a me non piace.
Piace l'idea che il "noumeno" il non ulteriormente indagabile del fenomeno, siano la materia e le leggi della fisica.
Siccome la vita e' autocoservantesi, e noi non possiamo uscire dal punto di osservazione -per noi vincolante- interno alla vita, sull' "essere" prevale semmai, in senso lato "volere", (l'impulso e il conato), non la percezione, che e' a sua volta un derivato del volere, del proggetto istintuale della vita.
Noi non siamo vincolati al volersi autoconoscere dello Spirito, individuale o assoluto che sia, siamo vincolati al volersi autoconservare della particolare forma che ha assunto la nostra materia, che, in quanto forma della vita, e' una forma in cui incidentalmente il volersi autoconservare "vale", ed emerge, come eterea, non veritativa, liminarmente falsa, autocoscienza.
A me pare che ti contraddici, se sei solo materia perchè poi citi hadot e il miele dell'esistenza?
La posizione idealista si concentra sulle sfere alte del conoscere, ma non nega in alcuna maniera quelle inferiori della materia.
Giusto per stemperare un po la polemica, che nemmeno ho capito da dove scaturisca.
Citazione di: niko il 17 Gennaio 2023, 22:28:51 PMPerche' la SCELTA di identificarsi con l'autocoscienza e' l'uomo.
Appagamento nel dominare sul proprio stesso corpo, appagamento continente, appagamento
auto-aggressivo.
Ma la nostra volonta', che da' l'assenso a questa scelta, puo' in ogni momento cambiare.
Ad esempio, tanto per dirne una, rivalutando il cieco istinto.
Cosa resta a Nietzsche, dopo che ha distrutto il mondo della verita' e pure quello delle apparenze?
Qualcosa evidentemente che non e' ne' verita' ne' apparenza: la volonta' come impulso, la volonta' di potenza, la volonta' che puo' giungere a negare l'uomo.
Ma non e' neanche necessario che l'istinto sia cieco.
Puo' ben essere pieno di tutto.
Basta non dare un assenza identificativo ai colori, ai suoni, ai pensieri che ad esso scorrono contemporanei.
Il divenire deve essere affermato oltre l'unita' psicosomatica, oltre l'unita' dell'autocoscienza.
Possibilmente, prima della morte.
Nella forma del dubbio.
Penso, dunque non sono.
Questo pensiero e' una generica possibita' della natura. Questo pensiero e' l'effetto di una, o piu', cause, come lo sono il soffio del vento o il cadere della pioggia, non mi distingue trascendentalmente dall'inorganico, ne' tantomeno dagli animali.
Senza luogo, senza tempo.
Ogni volta che ci sara' la causa, ci sara' l'effetto.
La mia mente e il mio corpo non sono in rapporto uno a uno, ma N a N, numero indefinito a numero indefinito.
Queste posizioni non mi sembrano argomentate, io non ciò capito nulla.
Chiarifico alcune cose di Hegel e di Nietzche.
Per Hegel l'autocoscienza è la riflessione sull'altro, non ho capito perchè l'ha chiamata così o perchè l'hanno tradotta così, sta di fatto che con l'egoità di cui mi sembra tu stia parlando è fuorviante rispetto al discorso hegeliano, che evidentemente punta al suo opposto.
Su nietzche, non è che neghi la materia, egli nega la neutralità della conoscenza umana (è un fatto etico ed estetico, piu che scientifico).Che mi pare sia anche il discorso nascosto di Iano.
Citazione di: iano il 18 Gennaio 2023, 08:50:52 AMio propongo di considerare che esista quando l'osservazione e' condivisa, e non perchè l'unanimità osservativa diventa prova della sua esistenza. La prova della sua esistenza infatti dovrebbe passare per una sua definizione precisa, e invitando gli osservatori a darne ognuno una sua non ne troveremmo due uguali.
E quando tutti pur converremo di condividere una di quelle definizioni, questa esistenza convenzionale non corrisponde ad una esistenza indipendente dagli osservatori.
Però io, con questa che sembra una questione di lana caprina, non voglio demolire l'oggetto della percezione umana o di quella scientifica, ma il contrario, rafforzarne le fondamenta precisandolo meglio.
Il problema non è se così rischiamo di trovarci di fronte ad una illusione , perchè che sia una illusione il prodotto della nostra percezione ( classica o scientifica) lo assumiamo a priori.
La differenza la fanno le conseguenze funzionali dell'illusione che si rafforzano ad esempio quando condivisa.
Ciò che conta sono cioè le conseguenze della illusione, che possono andare dall'ottenere il premio Nobel al guadagnarsi l'esilio dalla comunità umana.
Non ho capito caro, presupponendo (magari mi sbaglio) che visto l'epoca in cui viviamo la filosofia è diventata una moda sulla conoscenza ontologica dell'oggetto, sia anche tu un neo-kantiano (incosapevole o meno) non puoi svincolarti dal fatto che per quanto ogni cosa sia condivisione sociale dell'osservato-osservatore, debba esistere un noumeno.
Senza oggetto della conoscenza l'intero tuo esperimento verrebbe a cadere.
Una sottigliezza forse, ma se persa di vista, si può cadere nel solipsismo che sempre (e a torto) si riferisce a kant.
Esistendo il numeno, non esiste solipsismo e dunque puoi procedere nella tua analisi della socialità, nelle dinamiche dell'osservato-osservatore.
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 00:05:15 AMFaccio fatica a seguirti, ma di quale spazio locale stai parlando?
Einstein parla all'interno di un sistema dove viga l'accellerazione costante.
Ora non ricordo la parola corretta. Ma non certo di spazio locale.
Infatti proprio a partire da Galileo che guarda la mosca viaggiare con la nave da terra, si accorge che chi rimane sulla nave la vede ferma.
Lo spazio da einstein in poi diventa relativo (lasciando da parte i calcoli errati per via del fatto che non calcola l'etere).
Poi chiaro che all'interno di uno spazio prossimo (locale) come quello che tu dici, le leggi newtoniane sia valide ancora oggi.
Insomma non capisco ancora bene quale sia la tua polemica.
Azione locale, non spazio locale.
Azione locale significa che la forza si trasmette per contatto, che prima di Newton era il solo tipo forza ammessa, per cui ciò che faceva cadere i corpi a terra non si riteva fosse una forza,non intervenendo alcun contatto, ma la simpatia che le masse avevano per le masse, per cui ogni cosa tendeva a congiungersi naturalmente ai suoi simili.
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 00:59:50 AMA me pare che ti contraddici, se sei solo materia perchè poi citi hadot e il miele dell'esistenza?
La posizione idealista si concentra sulle sfere alte del conoscere, ma non nega in alcuna maniera quelle inferiori della materia.
Giusto per stemperare un po la polemica, che nemmeno ho capito da dove scaturisca.
Perché altrove mi veniva chiesto della natura e dello scopo della filosofia.
Sul conoscere prevale il volere, e la filosofia deriva da una istanza volitiva, non da una conoscitiva.
E sul conoscere prevale il volere perché io sono solo materia, e se la mia materia costituente un bel giorno si preoccupasse "disinteressatamente" di conoscere, io mi preoccuperei, e tanto, per "Lei"
-personificata-.
Citazione di: daniele22 il 18 Gennaio 2023, 09:28:27 AMQuando la gente mi dice che la luna esiste anche se non la guardo io sorrido tra me e me e lascio perdere. Ma quando me lo dice una persona che si dice sensibile alle questioni filosofiche un po' mi fa innervosire. Intanto, per come la vedo io, avresti forse dovuto dire che è l'essere ad esistere a prescindere dal rapporto osservatore-osservato e non l'esserci, ma non sarebbe sostenibile ugualmente. In ogni caso l'essere sarebbe comunque un conio umano dovuto all'osservazione che compie l'esserci. Quindi dimentichiamoci di esistenze a prescindere dagli osservatori osservanti. Quello che poi queste persone esperte non intendono comprendere, dimostrandosi anzi assai ostinate al riguardo, sarebbe che è vero che l'Everest esiste anche se non lo guardo, ma fatalità io non l'ho mai visto. Io però non ho alcun dubbio sul fatto che l'Everest esista, ma quel che cerco di spiegare a costoro che mi fanno innervosire sarebbe che non è importante il fatto che l'Everest esista anche se non lo guardo, bensì che l'Everest esista comunque nella mia testa. E questo accade perché qualcuno mi ha detto che esiste l'Everest e io gli credo. Siccome me l'ha detto il libro di scuola diciamo che son così propenso a fidarmi. Resta il fatto che l'Everest, per quel che mi riguarda, esiste solo nella mia testa, dato appunto che non l'ho mai visto. A questo punto, siccome in questo forum da parte di qualcuno c'è molta maleducazione e poco rispetto per il tempo che uno dedica al dialogo gradirei che tu rispondessi e non che ti dileguassi come fanno tanti che gettano il sasso e poi li rivedi che si dedicano ad altro senza curarsi minimamente del tuo tempo sprecato, perché a 'sto punto è proprio sprecato, a parlare con loro. Dopo poco che entrai nel forum mi hai detto al proposito che forse si vergognavano a farlo data la pochezza del mio pensare. A parte che questo non sarebbe secondo me un motivo sufficiente per non rispondere, puoi benissimo dirmelo ancora una volta se è questo che devi dire, mica mi offendo. Un saluto
ciao daniele, provo a fare un pò d'ordine nel caso ipazia non ti risponda in seguito, sto leggendo post per post ;).
allora con esserci ipazia credo intendesse dire essere come correggi molto bene in alto al tuo discorso.
poi però tu parli proprio di esserci, ossia nell'accezione del sommo heidegger.
parlare dell'esserci ha però un senso in seno ad un discorso sul senso dell'io del soggetto che dir si voglia.
ma qui l'indagine di iano si sposta invece sui modi di conoscenza dell'oggetto.
Dunque iano non è interessato al senso dell'io (come invece la filosofia di hegel di nice e di heidegger fanno).
siccome sappiamo già che questa è una discussione neo-kantiana, dobbiamo usare termini kantiani.
in questo senso il noumeno non è uno qualsiasi degli oggetti (nel tuo caso l'everest), ma il Noumeno, con la maiuscola, ossia l'oggetto generale della conoscenza che Apriori dobbiamo amettere, se vogliamo dire di poter conoscere qualcosa.
Ossia appunto l'essere di cui dicevi tu prima in alto.
ps
non mi pare il tuo pensiero sia di poco conto. ;)
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 00:24:53 AMSi d'accordo, ma non è che creiamo mondi matematici a caso, ma a partire dalle nostre esperienze, a cui fino al punto in cui sto leggendo, non pari prestare attenzione.
Presto attenzione si.
A partire dalle nostre esperienze e sottolineo NOSTRE.
Questo è il punto focale.
Le pubblicazioni accademiche sono piene di teorie matematiche inapplicate che sembrano nascere per caso.
Quando Einstein si è accinto a scrivere la propria teoria si è reso conto che la matematica disponibile a lui nota non era adatta a farlo, quindi avrebbe dovuto inventarla, ma il caso vuole che un suo caro amico matematico italiano cui chiese aiuto l'avesse già inventata.
Però hai ragione tu, non può essere solo un caso.
Perchè si può certo dire che Einstein e il suo amico avessero lavorato in modo indipendente, ma si può parlare di una completa indipendenza se entrambi dipendevano dallo stesso clima culturale?
Citazione di: iano il 18 Gennaio 2023, 10:00:44 AMPossiamo immaginare la percezione condivisa come una scienza praticata secondo natura, dove la condivisione ha il ruolo ausiliario di essere un rafforzativo della percezione, e la scienza propriamente detta come una pratica innaturale, un peccato da emendare per tornare allo stato naturale.
Ma questa tensione del ritorno allo stato naturale nella sua dinamica circolare equivale a un immobilismo statico, dove possiamo avere di noi finalmente una considerazione definitiva, dunque genuina, dunque vera, che renda conto di come possiamo autoconcepirci , seppur in apparente mutazione, per cui questa mutazione deve essere appunto una vuota apparenza, una prova cui qualcuno ci sottopone, che, se superata, avrà come premio l'essere finalmente pienamente ciò che percepiamo, essere noi stessi.
L'alternativa è accettarsi per quel che si è, come condizione necessaria per poter stare dentro una esistenza condivisa, dove la condivisione ha il maggior valore, e l'individualità ha il solo valore ausiliario di renderla possibile.
questo post, mi pare vada un passo avanti a quanto ci siamo già detti, e su cui in teoria possiamo ancora dialettizzare.
anche qui però vi sono molti punti sospesi che inevitabilmente portano ad una resa di conti fra un neo-kantinao ed un idealista.
Infatti anche se fossimo qualcosa che si da come conoscente delle forze opposte, questo qualcosa lo potremmo ancora chiamare uomo?
Tu dai per scontato un noi, che scontato non è mai.
In generale è proprio il processo di conoscenza che dovrebbe rilevare che noi non siamo materia (figuriamoci animali).
Ma di questo noi che si dice NON essere materia (ma puro pensiero), si sa soltanto quanto il percetto ci renda possibile la cosa.
Il pensiero puro è in grado di riflettersi e con una torsione ad U può dirsi IO e non piu soggetto, questa è la posizione se vuoi politica dell'idealismo.
Ma conosce benissimo kant, perchè la filosofia di kant è una filosofia del soggetto che si dice essere io.
Per l'idealismo questo è un falso io.
Non è tanto il kant che poi si corregge leggendo la filosofia estetica, o l'ultimo kant che a detta di agamben ragiona sullo spazio come categoria fondamentale dell'uomo.
Io dico proprio il kant della ragione pura, quello scisso dal kant pensatore a tutto tondo, e che ha dato poi il via alla stagione del neo-kantismo, ancora in auge, purtroppo.
Il pensarsi cosa universale che vive come illusione dentro un sapere condiviso è molto bella, e sono sicuro che un giorno sarà indagato. Basta vedere come anche Nereo Villa si batte a favore di una scienza che sia finalmente scienza antroposofica.
Una ricerca di cosa sia REALMENTE l'uomo, ossia materialmente e spiritualmente.
A me sta benissimo, ma l'idealismo già conosce che quel spiritualmente è in realtà sinonimo di mentalmente.
La mente è solo uno spazio in cui si muove il pensiero.
Il pensiero può conoscere il suo spazio (sia con le neuroscienze che con la psichiatria topologica).
Ma il pensiero non può conoscersi oltre se stesso.
E' questo il nodo di cappio a cui la scienza del futuro andrà incontro.
Questa idea del trovare spazi al di là dell'unico possibile, ossia quello mentale, è purtroppo il limite dell'uomo neo-kantiano.
naturalmente l'indagine dello spazio materiale esterno, ossia del Noumeno, e di quello interno ossia il mentale, troverà modo tramite infinite matematiche di trovare modo di portare avanti il divino intelletto umano.
eh già perchè il pensiero rispecchiandosi, conosce automaticamente, che vi è un archè che lo precede. questo archè si chiama dio o inconscio, è la stessa cosa.
per questo è divino, e per questo esisteranno infinite matematiche, tante quante dio le permetterà.
il caso dell'inventore dei toroidali è un enigma, inspiegabile senza dio.
egli non ha condiviso alcunchè di niente semplicemente ha creato dal nulla.
in sintesi l'appunto che ti faccio è che quel noi che dici essere noi, non esiste in quanto tale.
l'altro appunto costruttivo è invece sul fatto che si la condivisione sarà un grande tema del futuro.
Io non lo vedo come un problema, infatti il noi è deciso della condivisione più che da un noi.
Naturalmente il discrimine sarà l'uso, se per l'inventore dei toroidali era questione interiore (la geometria di dio) cosi il toroidale per la psicanalisi è invece uno strumento dell'analisi del soggetto.
dunque la condivisione in fin dei conti non è poi nemmeno cosi necessaria.
La tua riflessione è piena di possibilità e di problematiche insieme. Seguo.
Citazione di: niko il 18 Gennaio 2023, 13:35:29 PMI pazzi per quanto mi riguarda sono i solipsisti e gli spiritualisti...
Basta con questo giochetto del confondere la parola con la cosa, il significante con il significato.
La materia esiste al di fuori della parola che la dice e dell'intelligenza che la pensa.
Volete fare i relativisti della conoscenza, i posapiano noOlogici, e il bello e' che lo volete fare senza accettare la realta' naturale e naturalistica dell'ignoto, che sola potrebbe giustificare il CORRETTO relativismo della coscienza e della conoscenza, ovvero la materia/tempo/spazio che si estende liberamente entro e oltre i limitati campi di osservazione dei viventi.
Vera liberta' fondamentale fondante, questa della materia di poter entrare e uscire dai nostri piccolissimi e mediocrissimi campi di osservazione rimanendo se stessa, altroche' arbitrio, altroche' liberta' dello Spirito.
Gli prende un colpo, a Daniele, se qualcuno gli spiega che, oltre all'Everest, che lui ha studiato sul libro di scuola ed esso e' nella sua testa, anche il MONTE SENZA NOME del pianeta senza nome della stella senza nome nella galassia senza nome esiste benissimo in virtu' dello spazio, del tempo, della materia e delle loro possibili, viventi e non, COMBINAZIONI, anche se lui, quel monte lontano tremila anni luce proprio "non lo conosce", ed esso non e' "nella sua testa"?
E che il MONTE SENZA NOME sul pianeta lontanissimo, mai guardato da occhi e pensato da teste esisterebbe ugualmente e beatissimamente di suo addirittura se tra tutti i viventi presenti, passati e futuri del cosmo non lo conoscesse mai nessuno, e se esso non transitasse mai "nelle teste" e sotto gli occhi di nessuno?
Perche' esistere non significa "esistere per qualcuno", non significa "essere osservati"....
Esistere significa esistere....
I nevrotici, pensano che la realta' stia dentro la loro testa...
E mi meraviglio qui anche di Iano, che, avendo una formazione o quantomeno una forte curiosita' scientifica, non ha pensato subito alla meccanica quantistica, che permette di inquadrare correttamente la questione dell'osservatore "realizzante" la realta' senza cadere nel solipsismo o nello spiritualismo: e' ben vero che l'urto/osservazione/collasso della funzione d'onda "realizza" la realta' e costringe quello che era sovrapposto a collocarsi in uno stato preciso, ma e' ben falso, che l'urto/osservazione/collasso della funzione d'onda implichi necessariamente una azione umana o tantomeno un'azione intelligente, cosciente.
Due enti a-vitali e a-coscienti, come per esempio due particelle o aggregati di particelle, possono "osservarsi", (cioe' fuor di metafora urtarsi, come nella miglior tradizione atomistica antica) tra di loro realizzando il nesso tra realta' e "osservazione" (ma meglio si dovrebbe dire: tra realta' e interazione!) che si vorrebbe falsamente attribuire allo spirito (nello spiritualismo) o all'ego (nel solipsismo).
La realta' dipende dall'osservazione e tutto e' interconnesso, ma non e' uno scienziato col camice bianco o uno studente che studia l'Everest sui libri di scuola, a creare DAL NULLA, (altro maldigerito e inconsapevole nichilismo della china che sta prendendo l'occidente) la realta'.
Se il SACRO e' radicato nel riconoscimento di cio' che trascende e limita la nostra volonta', il MATERIALISMO e' radicato nel riconoscimento di cio' che trascende e limita le proprieta' cosmogoniche e realizzative della nostra coscienza e conoscenza, quindi ben lungi dall'opporsi al sacro, gli e' cugino.
Scusate per i toni un po' focosi, ma io ritengo che l'ovvio sia che i pini esistono quando nessuno li guarda, la contraddizione all'ovvio che esistono solo se guardati, ed e' chi contraddice l'ovvio che ha l'onere della prova.
E invece che prove, finora, dei pini divinamente realizzati dall'osservazione, finora qui ho letto solo chiacchiere.
Caro niko, non capisco proprio questa polemica verso lo spiritualismo.
Lo spiritualista non nega la realtà, semplicemente dà valore a qualcosa che sta piu in alto.
Se tu ti senti felice a vedere il tuo pino, bene così.
(non per fare il pignolo: il nevrotico pensa che quello che gli succeda nella testa sia in reltà, nel quotidiano e non il contrario come tu affermi).
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 01:17:04 AMNon ho capito caro, presupponendo (magari mi sbaglio) che visto l'epoca in cui viviamo la filosofia è diventata una moda sulla conoscenza ontologica dell'oggetto, sia anche tu un neo-kantiano (incosapevole o meno) non puoi svincolarti dal fatto che per quanto ogni cosa sia condivisione sociale dell'osservato-osservatore, debba esistere un noumeno.
Senza oggetto della conoscenza l'intero tuo esperimento verrebbe a cadere.
Una sottigliezza forse, ma se persa di vista, si può cadere nel solipsismo che sempre (e a torto) si riferisce a kant.
Esistendo il numeno, non esiste solipsismo e dunque puoi procedere nella tua analisi della socialità, nelle dinamiche dell'osservato-osservatore.
A me basta sostuire al noumeno una realtà che sta dietro le quinte e che non entra mai a far parte della rappresentazione.
A far parte della rappresentazione entrano i prodotti del nostro rapporto con la realtà, ciò a cui siamo soliti attribuire una esistenza.
Chiamiamola pure esistenza, non propongo di cambiargli nome, ma non è una esistenza in sè, ma relativa allo sperimentatore non meno che all'esperito inteso come noumeno unico , ipotetico se vuoi, ma al quale non ho alcun motivo di non porre fiducia, senza bisogno di prove, se non necessariamente indirette.
Capisco l'accusa di solipsismo, che già mi ha fatto Niko, ma sono costretto a ripetermi : no grazie, non sono interessato all'articolo.
Citazione di: niko il 18 Gennaio 2023, 22:52:00 PMA me pare che qui c'e' gente che continua a confondere interconnessione, e quindi "vacuita'" nel senso orientale del termine, inesistenza della singola cosa, con spiritualismo e solipsismo.
E non sono io, che cado in questo equivoco.
Il reale non e' razionale perche' ci sono istanze, realta' , volonta', destini, desideri, che vanno oltre la nostra ragione, cosi' come c'e' materia che non ricade entro il nostro orizzonte percettivo, cosi' come ci sono cose non viste.
La ragione che marcia orgogliosa verso se stessa e' una infima parte della realta', e non il tutto.
Identificarsi con l'autocoscienza e' l'uomo, e' la scelta dell'uomo, e io sono un baluardo contro l'antropomorfismo del dire che l'uomo sia il tutto.
Se quella umana e' una scelta, non sta in piedi da sola, ne' eticamente, ne' razionalmente, ne' fisicamente, ne' in nessun senso: sorge da una rosa di opzioni piu' ampia.
L'universo ha di meglio da fare, che identificarsi con la (nostra) autocoscienza, e anche la nostra autocoscienza, non e' che un riflesso, una conseguenza del nostro istinto, della nostra piu' basica volonta'.
Io ne ho -da dire- tanto per i solipsisti, quanto per gli spiritualisti.
Io non rinuncio al noumeno, e ritengo che il nuomeno sia la struttura, la struttura profonda della realta', quello che tutti sperimentiamo quando soffriamo e quando incespichiamo davanti all'oblio, quello che solidamente si oppone alla volonta' e alla coscienza/conoscenza, essendone oltre.
Di modo che la realta' ultima e' l'incompiuto, il fieri, che e' tale e per la conoscenza e per la volonta'.
Il Vero e' (una) parte, con buona pace di Hegel.
"Conosci te stesso" va inquadrato nel contesto di una morale delfica della misura, secondo me significa principalmente "Conosci i tuoi limiti", stai nel tuo.
Tanto per rispondere anche alla questione del Dio spirito uscita fuori in un'altro argomento.
Dio spirito che, se uno non sta nel suo, cioe' se non interpreta la massima delficamente, guardacaso richiede sempre l'ascesi , il distacco.
L'odio del mondo, l'odio di se stessi.
francamente stai facendo una macedonia mal digeribile, e poco intellegibile da chiunque provi a leggere.
ti consiglio di restringere la tua argomentazione a qualcosa su cui si possa aprire una dibattito o una discussione, cosi rimanendo mi paiono solo degli sfoghi, per quel che mi riguarda non mi infastidiscono, e li ho fatti anch'io, ma è veramente difficile starti addietro.
Citazione di: iano il 20 Gennaio 2023, 01:17:11 AMAzione locale, non spazio locale.
Azione locale significa che la forza si trasmette per contatto, che prima di Newton era il solo tipo forza ammessa, per cui ciò che faceva cadere i corpi a terra non si riteva fosse una forza,non intervenendo alcun contatto, ma la simpatia che le masse avevano per le masse, per cui ogni cosa tendeva a congiungersi naturalmente ai suoi simili.
E allora? dopo Newton parliamo infatti di forze. La forza unificata ancora non l'hanno trovata. Ma la mia domanda rispetto alla prima parte del thread, è quale fosse la polemica rispetto a newton, cioè parevi dire che la forza di gravità non sia uno dei fattori del calcolo della resistenza all'azione locale.
Naturalmente insieme all'atrito etc...
Citazione di: iano il 20 Gennaio 2023, 01:44:54 AMPresto attenzione si.
A partire dalle nostre esperienze e sottolineo NOSTRE.
Questo è il punto focale.
Le pubblicazioni accademiche sono piene di teorie matematiche inapplicate che sembrano nascere per caso.
Quando Einstein si è accinto a scrivere la propria teoria si è reso conto che la matematica disponibile a lui nota non era adatta a farlo, quindi avrebbe dovuto inventarla, ma il caso vuole che un suo caro amico matematico italiano cui chiese aiuto l'avesse già inventata.
Però hai ragione tu, non può essere solo un caso.
Perchè si può certo dire che Einstein e il suo amico avessero lavorato in modo indipendente, ma si può parlare di una completa indipendenza se entrambi dipendevano dallo stesso clima culturale?
Ma guarda prima dell'uccisione di majorana, i fisici si conoscevano tutti e collaboravano tutti in grande libertà, è stata un epoca d'oro, credo altresi per motivi politici irripetibile. Peccato che non c'eri nell'altro forum ora chiuso su forumfree, c'era un utente killingbuddha, che era un giovane matematico geniale, allora curioso di filosofia e che ci metteva sempre nell'angolino.
Ricordo un memorabile post contro husserl, facendo riferimento all'universalità dello spin dei diamanti (mi sembra) che è sempre da sinsitra a destra, e dunque in natura esiste un destra e sinistra (ma non un alto basso per esempio) che inficiava completamente le sciocchezze di husserl.
Scusate per la digressione. Ah bei tempi! quegli utenti hanno lasciato in massa...bah! evvica la discussione eh! ;)
Mi rallegrava parlando di quanto eistein c'avesse capito poco della sua stessa teoria, e che solo un matematico puro (quale era lui, chissà che fine ha fatto) poteva capire.
Ricordo anche che ripresi, su suo ammonimento di quanto siamo capre noi filosofi di matematica, gli studi di matematica....e niente mi arenai sulla equazione che descriva il passaggio di una retta da un punto. :D ovvero dall'inizio.
Citazione di: iano il 20 Gennaio 2023, 02:11:01 AMA me basta sostuire al noumeno una realtà che sta dietro le quinte e che non entra mai a far parte della rappresentazione.
A far parte della rappresentazione entrano i prodotti del nostro rapporto con la realtà, ciò a cui siamo soliti attribuire una esistenza.
Chiamiamola pure esistenza, non propongo di cambiargli nome, ma non è una esistenza in sè, ma relativa allo sperimentatore non meno che all'esperito inteso come noumeno unico , ipotetico se vuoi, ma al quale non ho alcun motivo di non porre fiducia, senza bisogno di prove, se non necessariamente indirette.
Capisco l'accusa di solipsismo, che già mi ha fatto Niko, ma sono costretto a ripetermi : no grazie, non sono interessato all'articolo.
:D ma no c'è un fraintendimento, il noumeno è proprio quella realtà che sta dietro il fenomeno.
dunque sei molto interessato all'argomento, anche quando dici che questo essere, ossia l'essere del fenomeno, non è un vero essere, che infatti è l'essere del noumeno!!!
dici di non essere un filosofo, ma citando questa tua realtà, in realtà stai proprio parlando del noumeno! Ottimo! per tacciare chi ti da del solipsista, basterà questa breve considerazione. ;)
Comunque ho capito il tuo discorso, quello che aggiungo e mi pare l'abbia detto anche ipazia, è che dobbiamo ricordarci che esiste un limite al conoscere umano (non foss'altro nella strumentazione, che ci costringe a calcoli statistici, appunto quantisitici rispetto alle posizioni nello spazio delle particelle subatomiche).
Nella sostanza accolgo la tua proposta, e la trovo anche futuribile.
Come si è trovata una matematica che descrive gli spazi mentali, cosi si inventerà qualcosa che descrive gli spazi dell'archè rispetto al pensiero puro (se parlerai mai ad un idelista ;) )
Anche se credo tu preferiari sempre qualcosa che descriva matematicamente gli spazi fisici.
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 01:53:47 AMin sintesi l'appunto che ti faccio è che quel noi che dici essere noi, non esiste in quanto tale.
Grazie, questa tua critica mi porge il tassello che mancava.
Provo quindi ad aggiungerlo.
E' vero, noi non esistiamo in quanto tali se non allo stesso modo in cui esiste la realtà, esistenza di cui possiamo avere prova indiretta.
Se ho ammesso la realtà come solo possibile noumeno, devo aggiungere un altro candidato, un NOI maiuscolo, che nel rapporto con la realtà produce fra gli altri esistenti un noi minuscolo.
A dirla così suona male, come si trattasse della solita autocelebrazione antropocentrica, però questo mi è venuto da scrivere.
Tu come lo riscriveresti?
Comunque davvero grazie.
Citazione di: iano il 20 Gennaio 2023, 02:56:07 AMGrazie, questa tua critica mi porge il tassello che mancava.
Provo quindi ad aggiungerlo.
E' vero, noi non esistiamo in quanto tali se non allo stesso modo in cui esiste la realtà, esistenza di cui possiamo avere prova indiretta.
Se ho ammesso la realtà come solo possibile noumeno, devo aggiungere un altro candidato, un NOI maiuscolo, che nel rapporto con la realtà produce fra gli altri esistenti un noi minuscolo.
A dirla così suona male, come si trattasse della solita autocelebrazione antropocentrica, però questo mi è venuto da scrivere.
Tu come lo riscriveresti?
Comunque davvero grazie.
Si mi pare anche che fosse la teoria di niko, cioè noi siamo un x tale quanti sono gli y che ci corrispondo.
Tu la allarghi dicendo noi siamo una relazione (o un futuro funtore matematico che dobbiamo ancora scoprire, o ragionare) tra tutte le possibili x (che noi conosciamo indirettamente e a cui noi diamo nome "io") e tutte le possibile y che ci corrispondo (e a cui noi diamo nome "oggetto").
sarebbe appunto noumeno uguale a tutte le x che corrispondo alle y.
Sicuramente c'è una formula matematica che la possa descrivere. Purtroppo sono un asino e non riesco a scrivertela.
A partire da quella scrittura generale naturalmente vanno indagati tutti i singoli casi utilizzando un numero libero di matematiche diverse, da quella newtoniana a quella quantistica, e chissà quante ce ne sono ancora, killing buddha si riferiva sopratutto agli spazi di rienmann..per dirne una.
Come si diceva al liceo scientifico, si tratta di risolvere l'uguaglianza essendovi un numero di incognite ed essendo superiore a due (o al numero massimo consentito forse 4) mi pare si parla di sistema complesso, nella matematica superiore, quindi in analisi algebrica, che qualcuno non ricordo piu aveva tirato in ballo, forse lo stesso niko, correttamente.
Questo non vuol dire che se uno non è un matematico non possa avere intuizioni, che un giorno qualche matematico saprà far fruttare.
Interessate il tuo abbrivio Iano! complimenti!
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 02:55:47 AMAnche se credo tu preferiari sempre qualcosa che descriva matematicamente gli spazi fisici.
Mi spiace non poterti fare da spalla dialettica, perchè sono ignorante in filosofia come una capra. Mi limito a fare filosofia senza usare termini che non capisco, e avrei fatto bene a non usare neanche noumeno.
Per quanto riguarda invece argomenti verso i quali ho un minimo di confidenza, dico che secondo me la relazione fra spazi matematici e spazi fisici è una relazione di identità.
Sono la stessa cosa, e questa secondo me è una delle tante lezioni di Einstein, magari una delle tante che non intendeva dare, ma che ha dato suo malgrado.
L'esistente come prodotto della nostra relazione con la realtà in effetti secondo me coincide con la sua descrizione, e questo è il motivo per cui non possiamo parlare di esistenza in sè , perchè diverse sono le possibili descrizioni funzionalmente equivalenti.
Le teorie fisiche diventano sempre più astratte e questo destino viene sempre più condiviso dagli oggetti della loro trattazione.
Il punto non tanto se si tratti di invenzioni gratuite o meno,
ma se , non essendo gratuite, perciò la loro forma sia talmente vincolata alla realtà da essere quella forma univoca.
Se mai troveremo una verità quella verità non potrà non avere per noi che la forma di una relazione matematica definitiva, ma trattandosi di una relazione fra tante, con l'aspetto di una relazione qualunque, come potrebbe essere quella la verità?
Prima di andare alla ricerca di quella forma precisa, non dovremmo per onestà intellettuale di dire almeno cosa ci aspettiamo noi di così illuminate da una forma, sia pure precisa, ma sempre una forma fra tante?
Quale aspetto avrà quella forma da potersi escludere che abbia lo stesso aspetto di una forma pescata a caso?
In altri termini, se ci passasse per caso la verità sotto il naso, come faremmo a riconoscerla dal suo aspetto se non abbiamo la più pallida idea di che aspetto debba avere?
Se và bene la verità dunque non ha forma matematica, ma magari l'aspetto di un non aggirabile (al momento) atteggiamento psicologico, ma comunque qualcosa cui non possa attribuirsi una forma, né tantomeno univoca.
Citazione di: niko il 20 Gennaio 2023, 01:22:18 AMPerché altrove mi veniva chiesto della natura e dello scopo della filosofia.
Sul conoscere prevale il volere, e la filosofia deriva da una istanza volitiva, non da una conoscitiva.
E sul conoscere prevale il volere perché io sono solo materia, e se la mia materia costituente un bel giorno si preoccupasse "disinteressatamente" di conoscere, io mi preoccuperei, e tanto, per "Lei"
-personificata-.
Diciamolo meglio, la filosofia nasce da una istanza conoscitiva, che schopenauer e nietzche correggono in volitiva.
Ok ora è intellegibile. Rimane la questione dell'"odio" per la spiritualità, infatti questa volizione, non è forse evidentemente di un soggetto che non è materiale?
Citazione di: iano il 20 Gennaio 2023, 03:12:14 AMMi spiace non poterti fare da spalla dialettica, perchè sono ignorante in filosofia come una capra. Mi limito a fare filosofia senza usare termini che non capisco, e avrei fatto bene a non usare neanche noumeno.
Per quanto riguarda invece argomenti verso i quali ho un minimo di confidenza, dico che secondo me la relazione fra spazi matematici e spazi fisici è una relazione di identità.
Sono la stessa cosa, e questa secondo me è una delle tante lezioni di Einstein, magari una delle tante che non intendeva dare, ma che ha dato suo malgrado.
Si nell'ultimo libro di Agamben, si sfiora questo argomento che parrebbe essere stato l'ultima "preoccupazione" di Kant. Ossia appunto l'identità tra spazio e io puro (io che sono idealista, lo chiamo invece pensiero, ossia identità del pensiero con lo spazio, o forse meglio, ma lo scrivo di getto, lo spazio è la modalità con cui il pensiero si conosce).
Iano pur non usando termini filosofici sembri proprio un giovane filosofo rivoluzionario. Complimenti!
Ma se ti avanza tempo nei prossimi giorni, riesci a trovare dove Einstein dica questa cosa? Sarebbe clamoroso! ;)
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 00:16:34 AMTi sbagli gravemente, tu la forza elettromagnetica non la senti, eppure esiste.
Tutto ciò che esiste, esiste perché lo senti.
Direttamente o indirettamente non importa.
La base è sempre il sentire.
Tra parentesi, la forza elettromagnetica si sente direttamente eccome!
Gran parte del nostro sentire è dovuto proprio a questa forza.
Prima di parlarne bisognerebbe informarsi.
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 03:23:02 AMSi nell'ultimo libro di Agamben, si sfiora questo argomento che parrebbe essere stato l'ultima "preoccupazione" di Kant. Ossia appunto l'identità tra spazio e io puro (io che sono idealista, lo chiamo invece pensiero, ossia identità del pensiero con lo spazio, o forse meglio, ma lo scrivo di getto, lo spazio è la modalità con cui il pensiero si conosce).
Iano pur non usando termini filosofici sembri proprio un giovane filosofo rivoluzionario. Complimenti!
Ma se ti avanza tempo nei prossimi giorni, riesci a trovare dove Einstein dica questa cosa? Sarebbe clamoroso! ;)
Dubito molto che lo dica, infatti parlo di lezione involontaria. Stiamo parlando di uno dei padri fondatori della meccanica quantistica, cioè di ciò che lui stesso più avversava. e cos'è alla fine il genio se non un esempio spinto di onestà intellettuale che può portarti ad andare contro tutto e contro tutti, compreso se stesso?
Quello che è certo è che costruisce il suo spazio tempo con l'intento di ripristinare l'azione locale, dove lo spazio tempo si pone come il mezzo che intermedia fra le masse nella trasmissione della forza.
Ma si può veramente spacciare per mezzo intermediario un mezzo che ha sola sostanza matematica?
Di fatto ha trovato l'etere che si cercava ai tempi di Newton, una sostanza talmente sottile, ma così sottile, che in pratica è come se non ci fosse, però c'è.
Non c'è, punto è basta, a meno che... non si voglia attribuire sostanza materiale ad una astrazione matematica, che poi è quello che sto cercando di fare io, ma estendendo l'operazione alla materia intera.
Secondo me la pur fruttuosa opposizione fra materialismo e idealismo ha dato tutto quello che poteva, e io proporrei di archiviarla.
Si è andati finora alla ricerca del supporto materiale di un idea, ma si può fare benissimo anche il contrario, cercando il supporto ideale della materia.
Ma cos'è allora la realtà e cosa siamo noi, noi nel senso di coloro che con la realtà si rapportano,
spirito, materia o entrambe?
Nessuna di queste, perchè queste sono relative per certo, nel mix che si vuole, ai soli prodotti di quella interazione.
Noi e la realtà restiamo pure ipotesi, di cui però esiste prova indiretta attraverso spirito e materia, cioè dai prodotti della loro interazione, prodotti che da qualche parte dovranno pur saltare fuori.
Ma se così stanno le cose predisponiamoci pure serenamente a veder mutare questi prodotti, che non sono prodotti unici e irripetibili, ma mutano perchè muta l'interazione che li produce.
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 02:03:09 AMCaro niko, non capisco proprio questa polemica verso lo spiritualismo.
Lo spiritualista non nega la realtà, semplicemente dà valore a qualcosa che sta piu in alto.
Se tu ti senti felice a vedere il tuo pino, bene così.
(non per fare il pignolo: il nevrotico pensa che quello che gli succeda nella testa sia in reltà, nel quotidiano e non il contrario come tu affermi).
Non c'è niente, che stia più in alto della realtà.
Lo spiritualista è un nichilista, perché da valore al niente, che secondo lui STAREBBE più in alto della realtà.
La PERCEZIONE/PENSABILITA' della realtà dipende da un rapporto tra soggetto e oggetto.
Non la realtà in se', che del rapporto tra soggetto e oggetto se ne infischia.
Il reale non è razionale.
Se si preferisce asimmetricamente il soggetto, come fa lo spiritualista, ecco che il rapporto tra soggetto e oggetto CREEREBBE la realtà.
E qui ognuno sceglie che pillola prendere. A proposito di nevrotici.
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 03:16:44 AMDiciamolo meglio, la filosofia nasce da una istanza conoscitiva, che schopenauer e nietzche correggono in volitiva.
Ok ora è intellegibile. Rimane la questione dell'"odio" per la spiritualità, infatti questa volizione, non è forse evidentemente di un soggetto che non è materiale?
Il protagonista della storia è sempre materiale.
Del soggetto io non mi occupo.
La buona filosofia non corregge, persuade e motiva.
Migliorare la vita è volizione, quindi la filosofia è volitiva da sempre.
Arte del vivere.
Hadot, senza fronzoli spiritualisti.
Citazione di: niko il 20 Gennaio 2023, 12:00:10 PMNon c'è niente, che stia più in alto della realtà.
Lo spiritualista è un nichilista, perché da valore al niente, che secondo lui STAREBBE più in alto della realtà.
La PERCEZIONE/PENSABILITA' della realtà dipende da un rapporto tra soggetto e oggetto.
Non la realtà in se', che del rapporto tra soggetto e oggetto se ne infischia.
Il reale non è razionale.
Se si preferisce asimmetricamente il soggetto, come fa lo spiritualista, ecco che il rapporto tra soggetto e oggetto CREEREBBE la realtà.
E qui ognuno sceglie che pillola prendere. A proposito di nevrotici.
Non direi che se ne infischia se il soggetto è parte della realtà.
Il mistero rimane, e possiamo lasciare tranquillamente che lo sia, questa divisione della realtà in osservatore ed osservato.
Giusto che ognuno scelga la sua pillola , ciò che equivale a prescriversela da solo, però poi sul bugiardino dovremmo trovare il perchè di quella scelta.
La medicina è il mistero che ognuno può decidere di mandare giù turandosi il naso.
Però alla fine quello che a me interessa è il confronto fra le conseguenze di ogni scelta.
Capire qual'è quel mistero che seppur tale rimarrà, non ne aggiunga di altri artificiosamente, come effetti collaterali indesiderati.
Non si può non partire da un mistero di fede, e ognuno si scelga il suo, ma non si può andare avanti a prendere pillole per ovviare agli inconvenienti di altre pillole prese.
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 01:07:06 AMQueste posizioni non mi sembrano argomentate, io non ciò capito nulla.
Chiarifico alcune cose di Hegel e di Nietzche.
Per Hegel l'autocoscienza è la riflessione sull'altro, non ho capito perchè l'ha chiamata così o perchè l'hanno tradotta così, sta di fatto che con l'egoità di cui mi sembra tu stia parlando è fuorviante rispetto al discorso hegeliano, che evidentemente punta al suo opposto.
Su nietzche, non è che neghi la materia, egli nega la neutralità della conoscenza umana (è un fatto etico ed estetico, piu che scientifico).Che mi pare sia anche il discorso nascosto di Iano.
Beh l'eliminazione del mondo vero e del mondo apparente è la parte intitolata "storia di un errore", all'interno del Crepuscolo Degli Idoli, un passo di Nietzsche molto famoso.
A me l'hanno spiegata all'università nel senso che eliminato il mondo vero e il mondo delle apparenza non rimane "il nulla" ma gli istinti, una sorta di "mondo degli istinti", e della volontà di potenza, e io sono abbastanza d'accordo, con quello che mi è stato spiegato, intendo.
La non neutralità della conoscenza umana, è la radice volitiva, e pulsionale della coscienza umana.
Su Hegel e la riflessione sull'altro... appunto tutto parte dal soggetto, da un nucleo non istintuale e
auto-trasparente dell'uomo, e infine si giunge ad una conclusione "gloriosa" in cui l'auto-trasparenza dell'uomo è l'auto-trasparenza della realtà.
Tutte le nubi, sono diradate.
Riflessione. E non rifrazione. L'interiorità dell'uomo in Hegel è micro-cosmica e non microfisica, un contenimento rispecchiante e non uno parziale, o casuale.
Per chi ci crede.
Citazione di: iano il 20 Gennaio 2023, 12:30:52 PMNon direi che se ne infischia se il soggetto è parte della realtà.
Il rapporto tra soggetto e oggetto non è un rapporto tra due differenti, in realtà.
Non c'è differenza, tra soggetto e oggetto.
Ma non nel senso di un rispecchiamento o di un Uno mistico.
Nel senso di una complessità o inter-oggettivita'.
Cieca.
Su cui si innesta la visione e il pensiero come fenomeno derivato.
Quindi pure io vedo in tutto cio' una asimmetria, ma una asimmetria in cui è preminente e dominante l'oggetto. Il caso. Il dato.
Il soggetto non è parte della realtà.
E' parte della costruzione sociale del feticcio dell'individuo.
E la "quota" variabile di realtà inconoscibile vista la fallibilità e l'incompletezza della conoscenza umana secondo me è (già) il noumeno, non un altro strano concetto che tu vorresti mettere in sostituzione del noumeno.
Ci saranno sempre limiti alla volizione e alla conoscibilità, quindi ci sarà sempre noumeno.
Correttamente inteso.
Magari a un certo punto ho detto che sei solipsista semplicemente perché neanche il tuo "solipsismo dell'umanità " mi ha convinto.
Io credo che un certo grado di realtà oggettiva esista, e si mostri, tanto al singolo quanto all'umanità.
Proprio perché tutto è interconnesso, le cose esistono indipendentemente, non solo dalla nostra volontà, ma anche dalle nostre facoltà conoscitive.
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 02:15:38 AMfrancamente stai facendo una macedonia mal digeribile, e poco intellegibile da chiunque provi a leggere.
ti consiglio di restringere la tua argomentazione a qualcosa su cui si possa aprire una dibattito o una discussione, cosi rimanendo mi paiono solo degli sfoghi, per quel che mi riguarda non mi infastidiscono, e li ho fatti anch'io, ma è veramente difficile starti addietro.
Si', il Conosci Te stesso e il Dio Spirito erano usciti fuori altrove, in un argomento sulla differenza tra fede e fiducia aperto da Eutidemo e poi andato di suo (e non per colpa mia se posso dire) tantissimo fuori tema, ma quello che anche qui volevo dire è che il reale non è razionale, non è intelligibile se non in minima parte, e quindi non deriva da un rapporto tra soggetto e oggetto.
Citazione di: niko il 20 Gennaio 2023, 13:01:09 PME la "quota" variabile di realtà inconoscibile vista la fallibilità e l'incompletezza della conoscenza umana secondo me è (già) il noumeno, non un altro strano concetto che tu vorresti mettere in sostituzione del noumeno.
cercando di condividere il tuo pensiero, rilevo quantomeno qualcosa di troppo che lo inquina.
Riprendendo incautamente il concetto di noumeno, per fare l'ennesima magra, mi convince caratterizzare l'inconoscibile come noumeno, e così io l'ho caratterizzato quando l'ho identificato con la realtà.
Ma ripeto, a me non interessa correre a vuoto dietro alle mie intuizioni o a quelle di chiunque altro, per quanto suggestive,
ma valutare se il quadro che attraverso la logica possiamo derivarne sembra aderire meglio alla nostra esperienza ''fatta di fatti'', se mi aiuti cioè a darne una interpretazione più semplice e per quanto possibile comprensiva, e quindi potenzialmente più condivisibile, dove la condivisione è per me valore fondante, e la molteplicità di individui (il noi) il sottovalore che la rende possibile.
Questo significa che all'accumularsi dei fatti la difficoltà di comprenderli vari, per cui è ammissibile spostare la nostra attenzione sulle fonti inconoscibili da cui far derivare il nostro quadro , quadro che è di fatto il mondo in cui viviamo e che non è perciò l'unico possibile, ponendosi come interfaccia del variabile rapporto fra noi e la realtà.
Poi ognuno di noi ha le sue spiccate antipatie.
Tu il solipsismo, che non piace neanche a me se dò il massimo valore alla condivisione, a meno che anche qui non abbia frainteso il suo significato.
Io ho in antipatia il fatto che le descrizioni necessariamente discontinue della ''realtà'' vengano scambiate per la realtà escludendo la continuità da cui quelle descrizioni hanno preso avvio.
Se la realtà può dividersi in diversi modi nessuno di questi modi ha il privilegio di rappresentarla in pianta stabile, ne tantomeno i risultati di questa divisione sono da considerare inconoscibili, ma semmai virtuali.
Non possiamo dire di non conoscere ciò che noi stessi abbiamo creato condizionati dalla realtà, se non nel senso che la nostra costruzione sia andata in deposito nell'inconscio.
E se è in deposito difficilmente emergerà perchè la si possa cambiare, e se non si può cambiare è come se non dipendesse da noi, come avesse una esistenza in sè.
Il modo in cui valutiamo ciò che ha una esistenza in sè non può non essere condiviso, ma ti invito a considerare che ciò che viene condiviso può ben sembrarci che abbia una esistenza in sè, senza però avercela.
Si tratta di idealizzazioni , benché rifiuti di caratterizzarmi come idealista non meno che come materialista, perchè poi non sono idealizzazioni vuote, perchè senza non potremmo rapportarci con al realtà, e anzi sono così necessarie che più le usiamo, più tendiamo a darle per scontate, finché non si solidificano divenendo materia.
lo spazio tempo di Einstein è materia o idea?
Può essere entrambe le cose in momenti diversi, a seconda della fase di digestione della realtà in cui ci troviamo.
Buon appetito.
Citazione di: iano il 20 Gennaio 2023, 14:39:25 PMcercando di condividere il tuo pensiero, rilevo quantomeno qualcosa di troppo che lo inquina.
Riprendendo incautamente il concetto di noumeno, per fare l'ennesima magra, mi convince caratterizzare l'inconoscibile come noumeno, e così io l'ho caratterizzato quando l'ho identificato con la realtà.
Ma ripeto, a me non interessa correre a vuoto dietro alle mie intuizioni o a quelle di chiunque altro, per quanto suggestive,
ma valutare se il quadro che attraverso la logica possiamo derivarne sembra aderire meglio alla nostra esperienza ''fatta di fatti'', se mi aiuti cioè a darne una interpretazione più semplice e per quanto possibile comprensiva, e quindi potenzialmente più condivisibile, dove la condivisione è per me valore fondante, e la molteplicità di individui (il noi) il sottovalore che la rende possibile.
Questo significa che all'accumularsi dei fatti la difficoltà di comprenderli vari, per cui è ammissibile spostare la nostra attenzione sulle fonti inconoscibili da cui far derivare il nostro quadro , quadro che è di fatto il mondo in cui viviamo e che non è perciò l'unico possibile, ponendosi come interfaccia del variabile rapporto fra noi e la realtà.
Poi ognuno di noi ha le sue spiccate antipatie.
Tu il solipsismo, che non piace neanche a me se dò il massimo valore alla condivisione, a meno che anche qui non abbia frainteso il suo significato.
Io ho in antipatia il fatto che le descrizioni necessariamente discontinue della ''realtà'' vengano scambiate per la realtà escludendo la continuità da cui quelle descrizioni hanno preso avvio.
Se la realtà può dividersi in diversi modi nessuno di questi modi ha il privilegio di rappresentarla in pianta stabile, ne tantomeno i risultati di questa divisione sono da considerare inconoscibili, ma semmai virtuali.
Non possiamo dire di non conoscere ciò che noi stessi abbiamo creato condizionati dalla realtà, se non nel senso che la nostra costruzione sia andata in deposito nell'inconscio.
E se è in deposito difficilmente emergerà perchè la si possa cambiare, e se non si può cambiare è come se non dipendesse da noi, come avesse una esistenza in sè.
Il modo in cui valutiamo ciò che ha una esistenza in sè non può non essere condiviso, ma ti invito a considerare che ciò che viene condiviso può ben sembrarci che abbia una esistenza in sè, senza però avercela.
Si tratta di idealizzazioni , benché rifiuti di caratterizzarmi come idealista non meno che come materialista, perchè poi non sono idealizzazioni vuote, perchè senza non potremmo rapportarci con al realtà, e anzi sono così necessarie che più le usiamo, più tendiamo a darle per scontate, finché non si solidificano divenendo materia.
lo spazio tempo di Einstein è materia o idea?
Può essere entrambe le cose in momenti diversi, a seconda della fase di digestione della realtà in cui ci troviamo.
Buon appetito.
La realtà non è completamente conoscibile, è conoscibile sono in minima parte, poiché la conoscenza stessa è un rapporto tra conoscenza ed ignoto (e non tra soggetto e oggetto, rispecchiamento con cui si vorrebbe delineare un rapporto, secondo me impossibile, tra noto e noto).
La coscienza è una finestra, una cornice, una sovrapposizione del piccolo sul grande. Un orizzonte.
La conoscenza è il deposito, la selezione e la scrematura delle attività della coscienza, la coscienza nel suo guadagnare continuità temporale, e dunque "spessore", una dimensione in più.
Quindi il noumeno non è la realtà nella sua totalità in quanto inconoscibile, il noumeno è la quoto di mistero e di violenza "sacra" che noi sperimentiamo nella realtà, un limite vivo, immanente.
Il noumeno interroga, il noumeno fa male.
Lo spaziotempo quando non è materia è energia. Difficilmente è idea.
Sarà per la mia formazione di chimica ma io sulla materia non ho dubbi, nè filosofemi, come non ne ha bobmax sull'elettromagnatismo.
Continuo a pensare che mischiare metafisicamente psiche e soma porti agli Holzwege, ai sentieri interrotti di Heidegger.
Uno, nessuno, centomila. Vabbè mettiamo in discussione anche l'autocoscienza formata denominata io. Altro sentiero interrotto ogni volta che ci diamo una martellata sulle dita. Nessun io plurale, nessun noi, che se ne faccia minimamente carico: soltanto io.
Bisogna dire che le vostre argomentazioni sono tutte molto profonde. Ho letto cose che hanno catturato la mia attenzione e su queste risuonerò . A me pare che si sia messo ( almeno all inizio) su una bilancia soggettività e obbiettività empirica.
E poi si è parlato della cosa in sè e dell idea che noi abbiamo delle cose. Io vorrei chiedere che valore date all idea nei confronti della realtà quando essa è congrua all esperienza in senso collettivo.
Sappiamo che possiamo parlare della realtà soltanto come essa ci appare (fenomelogia) . E sappiamo che non arriveremo mai a una conoscenza certa per via dei limiti della nostra natura terrena.
L'uomo è in grado di conoscere solo ciò che è conforme ai propri sensi . L'uomo non può andare oltre il fenomeno. Il noumeno è propio quel limite, è la X ignota che per via della nostra stessa conformazione non è dato conoscere. La metafisica è propio quella filosofia del limite. Ma la conoscenza va comunque costruita , in un modo o nell altro. Io penso che l idea non è la realtà , ma piuttosto trascende la realtà , trascende l oggetto conosciuto attraverso i sensi dell esperienza e trascende anche il soggetto mente che la svilippata. L idea che si è formata nella mia mente riguarda la realtà , non è fantasia. Ma l'idea è diversa dall'oggetto. Non sta nello spazio, non ha peso, è appunto un idea.
Non è ne uno ne l'altro ma senza di essi non potrebbe venire alla luce. l'idea dell oggetto è trascendentale ad entrambi.
Citazione di: iano il 20 Gennaio 2023, 03:12:14 AMMi spiace non poterti fare da spalla dialettica, perchè sono ignorante in filosofia come una capra. Mi limito a fare filosofia senza usare termini che non capisco, e avrei fatto bene a non usare neanche noumeno.
Per quanto riguarda invece argomenti verso i quali ho un minimo di confidenza, dico che secondo me la relazione fra spazi matematici e spazi fisici è una relazione di identità.
Sono la stessa cosa, e questa secondo me è una delle tante lezioni di Einstein, magari una delle tante che non intendeva dare, ma che ha dato suo malgrado.
L'esistente come prodotto della nostra relazione con la realtà in effetti secondo me coincide con la sua descrizione, e questo è il motivo per cui non possiamo parlare di esistenza in sè , perchè diverse sono le possibili descrizioni funzionalmente equivalenti.
Le teorie fisiche diventano sempre più astratte e questo destino viene sempre più condiviso dagli oggetti della loro trattazione.
Il punto non tanto se si tratti di invenzioni gratuite o meno,
ma se , non essendo gratuite, perciò la loro forma sia talmente vincolata alla realtà da essere quella forma univoca.
Se mai troveremo una verità quella verità non potrà non avere per noi che la forma di una relazione matematica definitiva, ma trattandosi di una relazione fra tante, con l'aspetto di una relazione qualunque, come potrebbe essere quella la verità?
Prima di andare alla ricerca di quella forma precisa, non dovremmo per onestà intellettuale di dire almeno cosa ci aspettiamo noi di così illuminate da una forma, sia pure precisa, ma sempre una forma fra tante?
Quale aspetto avrà quella forma da potersi escludere che abbia lo stesso aspetto di una forma pescata a caso?
In altri termini, se ci passasse per caso la verità sotto il naso, come faremmo a riconoscerla dal suo aspetto se non abbiamo la più pallida idea di che aspetto debba avere?
Se và bene la verità dunque non ha forma matematica, ma magari l'aspetto di un non aggirabile (al momento) atteggiamento psicologico, ma comunque qualcosa cui non possa attribuirsi una forma, né tantomeno univoca.
Col metodo scientifico naturalmente. Che questa formula corrisponda ad una effettiva realtà come giustamente dici non si può dire, non rimane che avanzare il maggiorn numero di assiomatiche.
E' per questo che il calcolo (complesso) rivesta una parte fondamentale di tutta la matematica teorica.
Questo d'altronde potrebbe essere irrilevante, vi sono parti della matematica che non hanno una parte di calcolo.
Le matematiche cioè sono infinite: come paventi anche tu, può essere che già vi sia stata una matematica che risolvesse la realtà noumenica. Oppure no, dipende dalla capacità di ripetibilità sperimentale.
Lo stesso killingbuddha lamentava la difficoltà di coniugare gli spazi di rienmann alla realtà fisica. Per fare solo un esempio.
E quindi hai perfettamente ragione!
Citazione di: bobmax il 20 Gennaio 2023, 09:18:30 AMTutto ciò che esiste, esiste perché lo senti.
Direttamente o indirettamente non importa.
La base è sempre il sentire.
Tra parentesi, la forza elettromagnetica si sente direttamente eccome!
Gran parte del nostro sentire è dovuto proprio a questa forza.
Prima di parlarne bisognerebbe informarsi.
Pensavo ti riferissi ad un pensiero diretto, se invece è inferito, siamo d'accordo.
Citazione di: niko il 20 Gennaio 2023, 12:00:10 PMNon c'è niente, che stia più in alto della realtà.
Lo spiritualista è un nichilista, perché da valore al niente, che secondo lui STAREBBE più in alto della realtà.
La PERCEZIONE/PENSABILITA' della realtà dipende da un rapporto tra soggetto e oggetto.
Non la realtà in se', che del rapporto tra soggetto e oggetto se ne infischia.
Il reale non è razionale.
Se si preferisce asimmetricamente il soggetto, come fa lo spiritualista, ecco che il rapporto tra soggetto e oggetto CREEREBBE la realtà.
E qui ognuno sceglie che pillola prendere. A proposito di nevrotici.
Come già detto il noumeno o realtà come tu la chiami è inconoscibile, come ha già spiegato kant, se vuoi rimanere in una filosofia pre-critica fai pure.
Citazione di: niko il 20 Gennaio 2023, 12:20:24 PMIl protagonista della storia è sempre materiale.
Del soggetto io non mi occupo.
La buona filosofia non corregge, persuade e motiva.
Migliorare la vita è volizione, quindi la filosofia è volitiva da sempre.
Arte del vivere.
Hadot, senza fronzoli spiritualisti.
A me non devi persuadere di niente, mi basta che argomenti.
"Il protagonista della storia è sempre materiale"...non so di che stai parlando, ripeto.
Citazione di: niko il 20 Gennaio 2023, 13:16:36 PMSi', il Conosci Te stesso e il Dio Spirito erano usciti fuori altrove, in un argomento sulla differenza tra fede e fiducia aperto da Eutidemo e poi andato di suo (e non per colpa mia se posso dire) tantissimo fuori tema, ma quello che anche qui volevo dire è che il reale non è razionale, non è intelligibile se non in minima parte, e quindi non deriva da un rapporto tra soggetto e oggetto.
Ascolta, se stai studiando filosofia, dovresti saper che questa è una frase apodittica.
Devi argomentare quale sarebbe questa realtà, e non semoplicemente negare quella costruita da altri.
Citazione di: Alberto Knox il 20 Gennaio 2023, 20:50:09 PMBisogna dire che le vostre argomentazioni sono tutte molto profonde. Ho letto cose che hanno catturato la mia attenzione e su queste risuonerò . A me pare che si sia messo ( almeno all inizio) su una bilancia soggettività e obbiettività empirica.
E poi si è parlato della cosa in sè e dell idea che noi abbiamo delle cose. Io vorrei chiedere che valore date all idea nei confronti della realtà quando essa è congrua all esperienza in senso collettivo.
Sappiamo che possiamo parlare della realtà soltanto come essa ci appare (fenomelogia) . E sappiamo che non arriveremo mai a una conoscenza certa per via dei limiti della nostra natura terrena.
L'uomo è in grado di conoscere solo ciò che è conforme ai propri sensi . L'uomo non può andare oltre il fenomeno. Il noumeno è propio quel limite, è la X ignota che per via della nostra stessa conformazione non è dato conoscere. La metafisica è propio quella filosofia del limite. Ma la conoscenza va comunque costruita , in un modo o nell altro. Io penso che l idea non è la realtà , ma piuttosto trascende la realtà , trascende l oggetto conosciuto attraverso i sensi dell esperienza e trascende anche il soggetto mente che la svilippata. L idea che si è formata nella mia mente riguarda la realtà , non è fantasia. Ma l'idea è diversa dall'oggetto. Non sta nello spazio, non ha peso, è appunto un idea.
Non è ne uno ne l'altro ma senza di essi non potrebbe venire alla luce. l'idea dell oggetto è trascendentale ad entrambi.
La realtà è tale perchè è conforme alla razionalità dell'inferenza fenomenica indagata, che sia diretta o indiretta.
Galileo stabili che è la terra a girare attorno al sole e non il contrario sulla base di un calcolo matematico razionale.
Socialmente invece è il sole che gira intorno alla terra, e quasi ci lasciava la pelle.
La realtà è la razionalità, che la socialità lo accetti o meno.
La realtà è la fonte primaria della razionalità. Irrazionale è sputare contro il vento.
Citazione di: Ipazia il 20 Gennaio 2023, 21:41:16 PMLa realtà è la fonte primaria della razionalità. Irrazionale è sputare contro il vento.
Che ogni cosa che esiste sia razionale è una condizione necessaria.
Se così non fosse la vita sarebbe una presa in giro.
Tuttavia, è altrettanto necessario che la razionalità, e quindi l'esistenza, abbiano un fondamento che razionale non è.
In caso contrario l'ultima realtà non sarebbe che deserto.
Citazione di: Ipazia il 20 Gennaio 2023, 19:57:07 PMSarà per la mia formazione di chimica ma io sulla materia non ho dubbi, nè filosofemi, come non ne ha bobmax sull'elettromagnatismo.
Continuo a pensare che mischiare metafisicamente psiche e soma porti agli Holzwege, ai sentieri interrotti di Heidegger.
Uno, nessuno, centomila. Vabbè mettiamo in discussione anche l'autocoscienza formata denominata io. Altro sentiero interrotto ogni volta che ci diamo una martellata sulle dita. Nessun io plurale, nessun noi, che se ne faccia minimamente carico: soltanto io.
Io però non mischio psiche e soma, perchè mi riferisco a un soggetto inconoscibile al pari della realtà che sperimenta, sperimentazione produttrice di tutto ciò che diciamo esistente, indipendentemente dalla solidità che gli attribuiamo, compresivo di psiche e soma.
Noi non siamo psiche e soma come la realtà non e fatta di esistenti, ma ci vediamo come psiche e soma e vediamo il mondo fatto di esistenti.
Le idee hanno lo stesso diritto di esistere della materia in quanto fatti della stesa sostanza, la sostanza di essere tutti prodotti che emergono dallo stesso processo, laddove l'apparente differenziazione è spia dell'uso/abuso funzionale che ne facciamo e della relativa fede che siamo portati a porvi, per cui dubitare delle idee non ha necessariamente serie conseguenze, mentre non porre fede nell'esistenza di un burrone (esempio amato da Viator) sembra avere conseguenze serie.
ecco perchè materia e idee sembrano avere consistenze diverse.
La materia è un post it applicato all'esistente diversamente indistinto, dove sta scritto: attenzione materia, qui si inciampa per certo, liberi di avere dubbi su ciò, ma poi non dite che non vi avevamo avvertiti. ;D
Ma tutti questi discorsi non sono volti a creare scandalo, ma a risolvere problemi cui io dò importanza ed altri possono non dargliela.
Chi non vi dà importanza risponde che lui sta bene a vivere nel suo mondo N (Newtoniano) e non vede motivo di dover traslocare, come se si trattasse di decidere se espatriare , e non di essere costretti a emigrare.
Cercare il supporto ideale della materia non è meno assurdo che cercare il supporto materiale di una idea, ma più che assurdo suggerisco che sia ridondante, come voler fondare qualcosa su se stessa.
Questa non è una filosofia nichilista, perchè non ci cambia la vita, ma vuole essere un vadecum su come traslocare da un mondo a un altro nel caso dovesse verificarsi questa eventualità indipendentemente dalla nostra volontà.
Altro poi è credere che questo trasloco sia già adesso una necessità, come io credo, e sul camion del trasloco non c'è scritto scienza, ma filosofia.
Ma a sfrattarci è la scienza.
Non serve dire annullate lo sfratto, fermate la tecnologia.
Nessuno è mai riuscito a fermarla e non succederà neanche adesso.
Citazione di: bobmax il 20 Gennaio 2023, 22:08:14 PMChe ogni cosa che esiste sia razionale è una condizione necessaria.
Se così non fosse la vita sarebbe una presa in giro.
Tuttavia, è altrettanto necessario che la razionalità, e quindi l'esistenza, abbiano un fondamento che razionale non è.
In caso contrario l'ultima realtà non sarebbe che deserto.
Non esiste l'ultima realtà, come già detto allo sfinimento, ma solo la realtà intesa come noumeno.
Interpreto lo sforzo di Iano una costruzione razionale della realtà, che utilizzi il concetto di razionale a livello di matematica, o meglio di matematiche.
Naturalmente la sperimentabilità è la base di tutta la filosofia razionalista.
Il criticismo kantiano e l'idealismo hegeliano si confrontano inoltre, e quindi non sono anti-razionaliste, con il dato dell'esistenza.
Che è impossibile ridurre a mera realtà, per poterlo dimostrare serve naturalmente un confronte serrato con questi due autori.
Ma nella filosofia contemporanea, l'esistenza è considerata mera fantasia antro-pocentrica, è per questo che si concentra su una ontologia razionalista di stampo neo-kantiano, e transumanista, nel senso decentrata rispetto all'uomo e quindi di conseguenza al soggetto.
Una filosofia che in fin dei conti è pre-critica come ho tentato di far notare a Niko.
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 21:34:05 PMLa realtà è tale perchè è conforme alla razionalità dell'inferenza fenomenica indagata, che sia diretta o indiretta.
Galileo stabili che è la terra a girare attorno al sole e non il contrario sulla base di un calcolo matematico razionale.
Socialmente invece è il sole che gira intorno alla terra, e quasi ci lasciava la pelle.
La realtà è la razionalità, che la socialità lo accetti o meno.
L'istanza Galileana e quella sociale poggiano su calcoli matematici diversi, ma poggiando su calcoli matematici sono parimenti razionali.
Le affermazioni che la terra giri attorno al sole o viceversa, corrispondono a due calcoli diversi che derivano dalla scelta arbitraria di dove porre l'origine del sistema cartesiano di riferimento.
Quindi non può essere una vera a scapito dell'altra.
Vero è che siamo liberi di scegliere dove porre l'origine del sistema di riferimento, e se lo porremo sul sole diremo che stiamo descrivendo un sistema eliocentrico, e diversamente terra-centrico.
Vero è che inizialmente quella di porre il centro del sistema sulla terra non è stata una scelta consapevole, ma ciò non cambia la questione.
Quindi anche qui io parlerei, come ho fatto riferendomi prima ad Einstein, di una lezione che ci ha dato Galileo senza sapere di darcela, e la lezione è che si può porre il centro sulla terra, ma che non vi è nessuna necessità di farlo.
Tutto ciò equivale all'aver preso coscienza di aver posto inizialmente il centro sulla terra senza sapere di farlo, e una volta che hai preso coscienza di ciò capisci che puoi metterlo dove ti pare, e di solito lo mettiamo, essendo liberi di farlo, dove meglio ci conviene di volta in volta, e di solito decidiamo di metterlo sul sole, per cui dire che la terra gira attorno al sole non equivale a una verità, ma a un espressione gercale, con cui manifestiamo la scelta funzionale che abbiamo fatto , che possiamo considerare ormai una scelta di default, cioè è la scelta che facciamo quando non la precisiamo, precisando solo scelte alternative.
Ma la scelta sociale e quella Galileiana sono due esempi molto semplici di cosa intendo per vivere in mondi alternativi, laddove un mondo coincide con la sua descrizione.
Noi però di fatto nella vita di tutti i giorni continuiamo a vivere nel mondo sociale, ma non perciò viviamo dentro una falsità, solo perchè non è più la scelta di default, come a lungo è stata, seppur scelta di fatto, non immaginando possibili alternative.
I problemi che ha avuto Galileo sono dovuti al fatto, che senza volere, spostando il centro fisico, ha dato il via libera allo spostamento del centro politico.
Il risultato è stato che oggi centro sociale e centro politico non coincidono più.
Questo purtroppo ha significato però anche uno scollamento fra società e cosmologia corrente, che oggi è uno scollamento fra scienza e società..
Purtroppo la realtà qualche limite assoluto ce l'ha, tipo la velocità della luce, che nol consente il geocentrismo.
Possiamo spostare tutti gli assi cartesiani che vogliamo, ma resta sempre una bufala matematica. Una hybris del soggetto idealistico su un oggetto materiale che non ci sta.
Citazione di: Ipazia il 20 Gennaio 2023, 23:44:05 PMPurtroppo la realtà qualche limite assoluto ce l'ha, tipo la velocità della luce, che nol consente il geocentrismo.
Possiamo spostare tutti gli assi cartesiani che vogliamo, ma resta sempre una bufala matematica. Una hybris del soggetto idealistico su un oggetto materiale che non ci sta.
interessante osservazione che meriterebbe meno stringatezza. :)
La risposta data a Green Demetr , sulla iniziale ''scelta inconsapevole'' (perchè non si fà una scelta quando non si immaginano neanche alternative possibili) dell'istanza sociale, mi dà l'occasione di fare un paragone con ciò che intendo dire con questa discussione.
Immaginiamo dunque che la realtà sia un continuo sul quale abbiamo operato una divisione in parti senza sapere di farlo, perchè inconsapevoli della relatività di questa operazione che ammette operazioni simili, ma alternative.
Ci apparirà allora naturale che quelle parti abbiano una esistenza in sè, come ci appariva naturale che la terra stesse al centro del mondo.
Le lezioni da trarre dalla relatività di Einstein non sono dunque diverse da quelle che possiamo trarre dalla cosmologia galileiana.
E' lo stesso meccanismo che si ripete, e continuerà a ripetersi, che è quello di esplicitare il nostro inconscio per constatare che esso effettua scelte di default in automatico, che possiamo quindi coscientemente diversificare. Esistono dunque mondi alternativi al ''mondo sociale'', secondo la terminologia proposta da Green Demetr, nei quali è parimenti possibile vivere, ma basta anche solo, dico io, almeno portarsene dietro una mappa, per non restare del tutto esclusi da questi mondi alternativi che si sono palesati come dal nulla, ma che in effetti nascono, al pari di quello la cui mappa abbiamo mandato a memoria, il mondo sociale, da una interazione con la realtà che non è una ''dinamica statica'', come un ciclo che si ripete, ma in continua evoluzione, come noi lo siamo.
Citazione di: iano il 20 Gennaio 2023, 23:33:00 PMQuesto purtroppo ha significato però anche uno scollamento fra società e cosmologia corrente, che oggi è uno scollamento fra scienza e società..
Che è quello che tentavo di dire brevemente.
Citazione di: iano il 21 Gennaio 2023, 00:28:22 AME' lo stesso meccanismo che si ripete, e continuerà a ripetersi, che è quello di esplicitare il nostro inconscio per constare che esso attua scelte di default in automatico, che possiamo quindi coscientemente diversificare.
Basta che questo "coscientemente" sia razionale, altrimenti torniamo al problema sociale.
Se questo è valido per le scienze psicologiche, dovrebbe essere ancora più valido per quelle "dure".
Citazione di: green demetr il 21 Gennaio 2023, 00:38:48 AMBasta che questo "coscientemente" sia razionale, altrimenti torniamo al problema sociale.
Se questo è valido per le scienze psicologiche, dovrebbe essere ancora più valido per quelle "dure".
Non confonderei scelta razionale con scelta giusta.
Una scelta razionale è una scelta messa in forma matematica, ciò che gli consente di essere condivisa, perchè comunicabile.
Ma come si fà a dire qual'è quella giusta?
A priori non lo sappiamo.
Prima di dirlo bisognerebbe poterne provare tante, e più ne proviamo meglio è, il che equivale a dire che più siamo meglio è, se è vero come credo che, alla bisogna provvede il libero arbitrio che a tutti gli effetti equivale a un distributore di scelte casuali fra gli individui, la cui funzione è proprio questa, di garantire diversità , diversità come ricchezza di soluzioni possibili da mettere alla prova e poi condividere, per continuare un percorso comune nella diversità.
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 21:13:26 PMCome già detto il noumeno o realtà come tu la chiami è inconoscibile, come ha già spiegato kant, se vuoi rimanere in una filosofia pre-critica fai pure.
Sei tu che hai detto che vi sarebbe qualcosa "piu' in alto" della realta'; affermazione secondo me nichilista, perche' nome c'e' niente, piu' in alto della realta', quindi affermazione che non fa che riferirsi alla nullita' del suo referente.
O comunque, non si puo' provare che ci sia, qualcosa piu' in alto della realta' (onere della prova...).
Il noumeno non e' l'intera realta' in quanto inconoscibile, e' l'inconoscibile DENTRO la realta', la quota/parte inconoscibile necessaria e ineliminabile, il limite alla conoscenza (e a cio' che la causa, e da cui deriva).
Di per se' "realta' intesa come noumeno" non significa niente, non tiene conto del "passare" del noumeno attraverso la realta'.
Affermare che l'intera realta' sia inconoscibile, e' sempre un modo di svalutare la realta' in nome di quanto sarebbe ad essa superiore, errore nel quale non c'e' motivo di cadere.
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 21:16:32 PMA me non devi persuadere di niente, mi basta che argomenti.
"Il protagonista della storia è sempre materiale"...non so di che stai parlando, ripeto.
Il corpo... il protagonista della storia e' sempre il corpo.
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 21:22:08 PMAscolta, se stai studiando filosofia, dovresti saper che questa è una frase apodittica.
Devi argomentare quale sarebbe questa realtà, e non semoplicemente negare quella costruita da altri.
Argomentare che cosa?
Che il reale non sia razionale?
A me pare evidente, dal momento che la ragione e' solo cosa, o meglio facolta', umana.
E che l'uomo non e' il tutto.
Citazione di: green demetr il 20 Gennaio 2023, 22:20:00 PMNon esiste l'ultima realtà, come già detto allo sfinimento, ma solo la realtà intesa come noumeno.
Interpreto lo sforzo di Iano una costruzione razionale della realtà, che utilizzi il concetto di razionale a livello di matematica, o meglio di matematiche.
Naturalmente la sperimentabilità è la base di tutta la filosofia razionalista.
Il criticismo kantiano e l'idealismo hegeliano si confrontano inoltre, e quindi non sono anti-razionaliste, con il dato dell'esistenza.
Che è impossibile ridurre a mera realtà, per poterlo dimostrare serve naturalmente un confronte serrato con questi due autori.
Ma nella filosofia contemporanea, l'esistenza è considerata mera fantasia antro-pocentrica, è per questo che si concentra su una ontologia razionalista di stampo neo-kantiano, e transumanista, nel senso decentrata rispetto all'uomo e quindi di conseguenza al soggetto.
Una filosofia che in fin dei conti è pre-critica come ho tentato di far notare a Niko.
La realtà non è l'esistenza.
Vi è una incommensurabilità tra esistere e essere.
La realtà è essere.
Mentre l'esistere è lo stare di fronte.
Esistere è scissione originaria soggetto-oggetto.
Essere è ciò che rende possibile l'esistere, ma sua volta non esiste. Come potrebbe...?
Kant mostra l'impossibilità di cogliere l'Essere, perché l' Essere non esiste.
Seppur paradossalmente, ma solo al pensiero ingenuo, l'Essere è Nulla.
Essere = Nulla
Infatti il Nulla è la origine di infinite possibilità di esistenza.
La realtà è la fonte originaria della razionalità.
Se proprio vogliamo flogistizzarla con l'etere noumenico, dobbiamo ammettere che è una cosa in sé "mobile" che va di pari passo con il procedere della conoscenza della realtà secondo il modello delle rivoluzioni scientifiche delineato da T.Kuhn.
Nel momento in cui si relativizza, l'essenza stessa del concetto di "cosa in sé" scompare. La "cosa in sé" atomo, che funziona perfettamente in chimica, non è più tale in fisica, dove rimanda ad altro da sé.
Qui ci sta bene pure L.Wittg (@green) che imposta la realtà sui fatti, non sulle cose. I fatti sono "cose in divenire" laddove Eraclito la vince alla grande su Kant e su Hegel.
Ma il divenire (@niko) ha le sue radure assolate (Heidegger) dove si riposa e dà origine ad epistemi provvisorie, ben funzionanti, che ci permettono di respirare un attimo - se va bene: dalla nascita alla morte - limitando la sua furia distruttiva e permettendoci di convivere con esso.
La filosofia è il luogo di quel respiro. Quasi una trascendenza. Dalla terra al cielo, dopo aver imparato a camminare (@green).
Il noumeno con la n maiuscola o minuscola, cambia niente, è un'ottima scusa per non conoscere se stessi
Tutta quanta la conoscenza è conoscenza umana. E quando dite che ciò che è reale è anche razionale non fate altro che trasportare una categoria umana (la razionalità) al mondo fenomenico senza spiegare perchè le cose devono stare così. Gli esseri razionali che nascono da un qualsiasi tipo di realtà rispecchiano quel tipo di ordine che fa sorgere quel particolare tipo di razionalità. Sto dicendo che se la realtà fosse del tutto diversa da come la conosciamo ora , continueremmo a dire che è razionale e conforme alle nostre facoltà conoscitive. È la realtà che genera gli esseri senzienti ed è quindi inevitabile che tali esseri rispecchino tale ordine nelle loro facoltà conosvitive . Dire che la realtà è razionale significa quindi dire che la razionalità umana si conforma alla realtà. Ma continuerà ad essere prerogativa umana perchè la realtà genera ordine e organizzazione che noi continuiamo a chiamare cosa razionale.
Citazione di: Alberto Knox il 21 Gennaio 2023, 14:26:06 PMTutta quanta la conoscenza è conoscenza umana. E quando dite che ciò che è reale è anche razionale non fate altro che trasportare una categoria umana (la razionalità) al mondo fenomenico senza spiegare perchè le cose devono stare così. Gli esseri razionali che nascono da un qualsiasi tipo di realtà rispecchiano quel tipo di ordine che fa sorgere quel particolare tipo di razionalità. Sto dicendo che se la realtà fosse del tutto diversa da come la conosciamo ora , continueremmo a dire che è razionale e conforme alle nostre facoltà conoscitive. È la realtà che genera gli esseri senzienti ed è quindi inevitabile che tali esseri rispecchino tale ordine nelle loro facoltà conosvitive . Dire che la realtà è razionale significa quindi dire che la razionalità umana si conforma alla realtà. Ma continuerà ad essere prerogativa umana perchè la realtà genera ordine e organizzazione che noi continuiamo a chiamare cosa razionale.
Non penso che la razionalità sia una prerogativa umana. Perché la vedo ovunque.
Basta osservare con attenzione un animale per notarvi la razionalità.
Anche i cosiddetti istinti altro non sono che il consolidamento di elaborazioni razionali.
Probabilmente in noi la razionalità si è sviluppata maggiormente a causa delle nostre corde vocali e le mani prensili con il pollice opponibile.
Ma la differenza rispetto a qualunque altro essere è sempre e solo quantitativa, mai qualitativa.
Non può infatti esservi nessuna differenza veramente qualitativa tra nessuna cosa.
Vi sono sempre soltanto differenze quantitative.
Ciò è richiesto dall'Uno.
La razionalità è ovunque nel mondo.
In quanto la razionalità è caratteristica peculiare del molteplice. Che è in sostanza divisione.
Infatti la razionalità è fondata sulla negazione.
Ma l'Uno è negazione della negazione.
Citazione di: bobmax il 21 Gennaio 2023, 14:54:16 PMNon penso che la razionalità sia una prerogativa umana. Perché la vedo ovunque.
Basta osservare con attenzione un animale per notarvi la razionalità.
Anche i cosiddetti istinti altro non sono che il consolidamento di elaborazioni razionali.
Probabilmente in noi la razionalità si è sviluppata maggiormente a causa delle nostre corde vocali e le mani prensili con il pollice opponibile....
Un attimo bob, ho detto che è una prerogativa umana dire che la realtà è razionale non che la razionalità sia prerogativa umana e non anche degli animali ecc.
La questione è un altra bob , attenzione ora, i nostri processi mentali che noi definiamo raziocinio, si sono evoluti nel modo in cui si sono evoluti precisamente perchè riflettono qualcosa del mondo fisico in cui viviamo. È interessante o no , a questo punto, chiedersi se esseri alieni evoluti in circostanze totalmente diverse condividerebbero il nostro concetto di senso comune , o qualunque altro modello di pensiero? È possibile che il concetto di razionalità sia così differente dal nostro che un tale essere non sarebbe affatto persuaso da quella che noi consideriamo un argomentazione razionale? Questa è la questione di fondo che ho presentato prima.
La realtà è la sorgente di ordine e organizzazione da cui poi deriva ( noi siamo l unica testimoniaza) la vita di esseri senzienti. Il fatto che troviamo regolarità nella natura indica tale ordine. Un universo senza ordine è un universo privo di vita . la razionalità è esemplificazione e conseguenza negli esseri senzienti di un certo tipo di ordine e organizzazione senza la quale sarebbe impossibile essere. Quindi l affermazione che il mondo è razionale è connessa al fatto che è ordinato.
Il mondo è ordinato sì, ma nel senso di comandato, da processi che il nostro sapere ha "ordinato" in ambiti fisici, chimici, biologici e psichici.
Tali interazioni sono la realtà, che è opportuno conoscere e assecondare secondo ragione, sfruttando i processi e introducendo in essi il piccolo margine di libertà che la nostra evoluzione specifica ci ha concesso.
Il razionale non emerge da un ordine metafisico, ma dalla realtà (empirica) così com'è, spesso in rotta di collisione coi nostri bisogni e desideri. Tale collisione aguzza l'ingegno e stimola le nostre facoltà a rispondere razionalmente al reale, aggirando o superando l'ostacolo.
L'idealistica biunivocità posta da Hegel arriva soltanto a giustificare l'adesione forzata del razionale al reale, camuffandolo da movimento autonomo dell'idea.
Varianti dell'idealismo hegeliano sono la mathesis universalis e l'ordine del cosmo, sovraccarichi metafisici su fenomeni naturali che non ne hanno bisogno e sono di nessuna utilità. Eccetto l'uso retorico, che può avere pure un tornaconto economico, ma nessun valore epistemico.
Citazione di: Alberto Knox il 21 Gennaio 2023, 16:11:15 PMLa realtà è la sorgente di ordine e organizzazione da cui poi deriva ( noi siamo l unica testimoniaza) la vita di esseri senzienti. Il fatto che troviamo regolarità nella natura indica tale ordine. Un universo senza ordine è un universo privo di vita . la razionalità è esemplificazione e conseguenza negli esseri senzienti di un certo tipo di ordine e organizzazione senza la quale sarebbe impossibile essere. Quindi l affermazione che il mondo è razionale è connessa al fatto che è ordinato.
Penso anch'io che la razionalità sia coerente con questo mondo perché è una sua espressione.
Non vi è perciò nulla di cui stupirci se la matematica, che è a mio parere una tra le più pure manifestazioni della razionalità, descriva così bene il mondo.
E giustamente tu ti chiedi fino a che punto questa nostra razionalità sia davvero l'unica possibile. Differenti mondi non comporterebbero differenti razionalità...?
In effetti...
Sì, vi è la vita, come osservi, perché il mondo è ordinato. Questa sua regolarità ci permette non solo di vivere, pure di inoltrarci cercando di capire come questo mondo funziona.
Ma è proprio questa regolarità, questo ordine, questo poter contare sul nostro pensiero razionale... che dovrebbe farci insospettire.
Perché avrebbe potuto non essere così.
Il mondo avrebbe potuto benissimo essere caotico, incomprensibile.
Come mai questo non lo è?
O almeno, ci fa sperare che non lo sia.
Nonostante... in alcuni momenti questa nostra fede sia messa a dura prova.
Perché il Caos sembra a tratti riesplodere, come sotterranea onnipresente autentica realtà.
Parrebbe, che questo mondo ordinato sia solo una delle infinite possibilità. Forse l'unica che presenta una qual regolarità. E neppure questa è detto che sarà sempre confermata.
Il Caos potrebbe in qualunque istante imporsi nuovamente.
Quale caos ? Se lo intendiamo in senso antropocentrico ormai dovremmo esserci abituati. Se lo intendiamo come un evento naturale dovrebbe scavalcare l'ordine naturale indagato da millenni: la vedo difficile.
Se cerco l'autentica libertà... ecco il Caos!
Se penso cosa sia il vero amore... di nuovo il Caos!
Se immagino un possibile creatore... ancora il Caos.
Il Caos, di fronte al quale il tempo e lo spazio non hanno più alcuna effettiva realtà.
Perché tutto il passato e il futuro sono qui, ora, creati nell'istante senza tempo. E subito annullati, dal Caos.
E con essi ogni regola, ogni legge, ogni necessità, è creata e distrutta.
È la libertà dell'amore.
Citazione di: bobmax il 21 Gennaio 2023, 14:54:16 PMNon penso che la razionalità sia una prerogativa umana. Perché la vedo ovunque.
Basta osservare con attenzione un animale per notarvi la razionalità.
Anche i cosiddetti istinti altro non sono che il consolidamento di elaborazioni razionali.
Probabilmente in noi la razionalità si è sviluppata maggiormente a causa delle nostre corde vocali e le mani prensili con il pollice opponibile.
Ma la differenza rispetto a qualunque altro essere è sempre e solo quantitativa, mai qualitativa.
Non può infatti esservi nessuna differenza veramente qualitativa tra nessuna cosa.
Vi sono sempre soltanto differenze quantitative.
Ciò è richiesto dall'Uno.
La razionalità è ovunque nel mondo.
In quanto la razionalità è caratteristica peculiare del molteplice. Che è in sostanza divisione.
Infatti la razionalità è fondata sulla negazione.
Ma l'Uno è negazione della negazione.
Tutte considerazioni particolarmente interessanti le vostre, che chiamano in causa la razionalità, fra le quali a questa mi sento di meglio aderire.
Certo sarebbe meglio che ognuno precisasse il''suo'' concetto di razionalità...
Mi sembra particolarmente interessante questo concetto di bobmax:
''Anche i cosiddetti istinti altro non sono che il consolidamento di elaborazioni razionali.''
anche perchè è quello che ha sempre guidato i miei ragionamenti, insieme a quest'altro:
''Ma la differenza rispetto a qualunque altro essere è sempre e solo quantitativa, mai qualitativa.'',
perchè mi sembrano ipotesi che, se accettate, semplificano la comprensione di molte cose.
Sono cioè ipotesi che senza voler negare le necessità metafisiche ne limitino l'inopportuno moltiplicarsi.
Scrive ancora Bobmax:
''La razionalità è ovunque nel mondo.
In quanto la razionalità è caratteristica peculiare del molteplice. Che è in sostanza divisione.''
Che io correggerei cosi:
''''La ''razionabilità'' della realtà è sempre possibile e attraverso la razionalizzazione, che è divisione dell'uno , uno in quanto continuo, si ottiene una discontinuità , quindi un molteplice, ordinabile in quanto molteplice, e non ordinabile perchè contiene in sè un ordine, ordinabile in quanto non uno perchè l'uno non è ordinabile, ma contiene al suo interno tutti gli ordini possibili, che si attualizzano a partire dalla sua ''arbitraria'' divisione, divisione che in sostanza coincide con l'atto osservativo.''
Arbitraria non in quanto derivante da una scelta dell'osservatore, ma in quanto arbitrario è l'osservatore , o meglio indefinibile, perchè deriva esso stesso da una scissione del continuo reale non indagabile in assenza di un indagatore..
Misterioso rimane l'indagatore quanto, l'indagabile, ma i misteri se possibile dovrebbero arrestarsi qui, senza aggiungerne di artificiosi, per dissimulare la nostra difficoltà a partire da quei misteri di ricavare tutto il resto che ci appare, cioè tutto ciò che deriva dal rapporto possibile, che se vogliamo è il terzo mistero (ma poi basta , eh....) fra indagatore e indagato.
Non si può evitare la metafisica, ma se ne può evitare tanta.
La metafisica deve restare fondante e non divenire dilagante.
Sostituire il ''ti sento dunque esisti'' all' ''esisti dunque ti sento'' non ha un valore in s'è, ma se può semplificare le nostre razionalizzazioni , e quindi una comprensione della realtà non vuota, non veritativa (cosa mai significherà?), perchè nessuna verità si può ricavare dalle ipotesi attraverso la ragione che nelle ipotesi non sia già contenuta.
Il nostro non negabile anelito alla verità è in effetti il desiderio di trovare forme equivalenti, ma diverse formalmente delle ipotesi di partenza, che per noi valgono come una spiegazione.
Dire che la forma è sostanza è falso, ma una equivalenza fra forme inizia a dare una idea di sostanza.
Perchè la sostanza deve derivare dalla forma che abbiamo dato alla realtà ''dividendola /osservandola'', perchè tutto ciò che diciamo di conoscere non può che derivare da quell'atto potenzialmente arbitrario, e la sostanziazione è l'operazione di ricucitura della realtà, operazione inversa sempre ammessa a quella di averla messa, osservandola, in condizioni di essere razionalizzata.
È la correlazione di eventi che genera il concetto di causalità. Il vetro della finestra si rompe perchè è colpito da un sasso. L invariabile concomitanza di eventi causalmente collegati diventa molto familiare nella vita di tutti i giorni così qualcuno è stato tentato di attribuire un potere causale agli oggetti stessi; il sasso ha rotto il vetro. Ma questo significa attribuire poteri attivi a oggetti materiali che di fatto non ne posseggono. E quando leggo ripetutamente che la realtà è la sorgente della razionalità mi viene in mente il sasso ha rotto la finestra. Si può affermare che esiste una correlazione tra i sassi lanciati contro le finestre e il vetro rotto. Gli eventi che formano tale sequenza non sono, dunque, indipendenti.
È la scoperta di regolarità , che sono poi i "collegamenti causali" che ci dice che l esistenza stessa di tali regolarità è la manifestazione dell ordine razionale del mondo. Questo tanto per chiarire cosa si intende nel dire ciò che è reale è anche razionale .
Citazione di: Alberto Knox il 22 Gennaio 2023, 10:28:03 AMÈ la correlazione di eventi che genera il concetto di causalità. Il vetro della finestra si rompe perchè è colpito da un sasso. L invariabile concomitanza di eventi causalmente collegati diventa molto familiare nella vita di tutti i giorni così qualcuno è stato tentato di attribuire un potere causale agli oggetti stessi; il sasso ha rotto il vetro. Ma questo significa attribuire poteri attivi a oggetti materiali che di fatto non ne posseggono. E quando leggo ripetutamente che la realtà è la sorgente della razionalità mi viene in mente il sasso ha rotto la finestra. Si può affermare che esiste una correlazione tra i sassi lanciati contro le finestre e il vetro rotto. Gli eventi che formano tale sequenza non sono, dunque, indipendenti.
È la scoperta di regolarità , che sono poi i "collegamenti causali" che ci dice che l esistenza stessa di tali regolarità è la manifestazione dell ordine razionale del mondo. Questo tanto per chiarire cosa si intende nel dire ciò che è reale è anche razionale .
Gli eventuali poteri attivi attribuibili agli oggetti sono una possibile conseguenza di una descrizione conveniente della loro dinamica, quanto falsa, perchè quantomeno parziale. Mi spiego meglio.
Se isoliamo l'evento descritto come ''sasso che rompe il vetro'' e lo ingrandiamo, possiamo vedere un sasso che ''rompendo il vetro'' si scheggia, per cui ci renderemo conto che dovremo scegliere fra ''sasso che rompe il vetro'' e ''vetro che scheggia il sasso'', prima di poter introdurre una causa nella descrizione dell'evento, e solo poi eventualmente una intenzionalità, rendendoci inoltre conto che la scelta della descrizione , non sempre appare come tale, se è il punto di vista adottato a condizionarla, punto di vista a sua volta non scelto.
Quindi non possiamo dire con faciloneria che la realtà è una sequenza di cause ed effetti, perchè tale sequenza è parte della sua descrizione che, non essendo univoca, non possiamo fare coincidere con la realtà.
Possiamo invece indagare se tutte le descrizioni che abbiamo ottenuto variando il punto di vista possano trasformarsi una nell'altra applicando precise regole stabilite, per cui ad esempio applicando queste regole di trasformazione il sasso che colpisce il vetro si trasforma nel vetro che colpisce il sasso.
Questo significa che eventi che ci appaiono diversi, facendone una distinta descrizione, potrebbero essere lo stesso evento secondo una precisa regola di trasformazione. La regola di trasformazione allora diventa a sua volta occhi dei nostri occhi, perchè potremo così vedere lo stesso evento dietro descrizioni che mai avremmo accomunato a prima vista, neanche ingrandendo gli eventi.
Al minimo ad ogni descrizione corrisponde una descrizione equivalente, ma opposta, che si ottiene scambiando fra loro i termini della descrizione, e le cause con gli effetti.
Se andiamo a guardare le leggi della fisica potremmo sorprenderci della loro immancabile simmetria, simmetria che quindi desumeremo essere presente nella realtà che descrivono.
Ma potremmo anche pensare che la simmetria delle leggi fisiche derivi da un limite del linguaggio descrittivo stesso, che di ogni suo termine contiene l'opposto, per cui quelle che chiamiamo leggi simmetriche universali del mondo sono del tutto tali solo se includiamo a pieno titolo come parte del mondo il linguaggio che dovrebbe descriverlo, entrando nel cortocircuito logico di un mondo che descrive se stesso.
Posto quindi che abbiamo dimostrato che il sasso condiziona attivamente il vetro quanto il vetro condiziona attivamente il sasso, avremmo condizionamenti attivi a somma zero, e quindi alcun condizionamento.
Potremmo allora iniziare a sospettare che ogni qualvolta scovassimo quella che a buona ragione sembri essere una asimmetria in natura, potremmo usare questa asimmetria per distinguere la vita dalla non vita nella dinamica della realtà, e attribuire la causa di questa asimmetria al fatto che di due oggetti che entrano in questa dinamica asimmetrica uno incorpora in sè una possibile descrizione dell'altro che l'altro non possiede, curando di fare attenzione che il possedere una descrizione dell'altro oggetto non significa comprenderlo, perchè quantomeno la descrizione posseduta non sarà mai univoca, ma una fra tante possibili, che sono certamente più di una, perchè che al minimo contengono anche la descrizione simmetrica.
Quindi forse la dinamica del mondo in termini di ''oggetti che rompono altri oggetti'' oltre che perfettibile è anche incompleta, dovendosi aggiungere oggetti che impattandone altri li arricchiscono lasciando traccia di sè.
Allora si potremmo dire che il mondo contenga la sua descrizione, che ha diritto di entrarne a far parte quindi, se parte resta, mai univoca e sempre incompleta, e non pretenda di sostituirsi al mondo, diventando il tutto.
Posso lanciare il vetro contro il sasso e viceversa ma questi non si romperà e non si scheggierà prima che gli eventi consequenzali si siano verificati. Questa è l invariabile concomitanza di eventi causali . Non importa se a rompersi è il vetro o il sasso che si scheggia per via dell urto. Importa se tali eventi erano correlati fra loro producendo i vari effetti, il vetro rotto e il sasso scheggiato.
Cosa succede quando queste regolarità fatte di correlazioni di eventi causali assumono forma di legge fisica?
Implica che la natura ( laddove gli effetti su scala quantustica sono generalmente trascurabili) sembra conformarsi a leggi deterministiche . A tale assunto si oppone l indeterminismo o il caso.il caso spiega risultato del lancio di una moneta come cosa accidentale o indeterminato , ma è propio così?
Ma se il mondo è rigidamente deterministico tutti gli eventi sono imprigionati in uno schema di causa ed effetto e il cosmo intero diventa un gigantesco meccanismo a orologeria che segue fedelmente uno schema di cambiamento già fissato fin dall inizio del tempo. E poi ci siamo noi con il nostro libero pensare...
Citazione di: Alberto Knox il 22 Gennaio 2023, 13:18:58 PMMa se il mondo è rigidamente deterministico tutti gli eventi sono imprigionati in uno schema di causa ed effetto e il cosmo intero diventa un gigantesco meccanismo a orologeria che segue fedelmente uno schema di cambiamento già fissato fin dall inizio del tempo. E poi ci siamo noi con il nostro libero pensare...
Il mondo è rigidamente deterministico nella sua descrizione, e neanche tanto e neanche tutto se dobbiamo dividerlo artificiosamente in due, micro e macro, per poterlo affermare, ma solo fino ieri non avevamo descrizioni alternative a quello di uno sconsolante (per me) meccanismo ad orologeria, finché non son venuti i quanti a salvarci da quello che era diventato un incubo, o una consolazione, a seconda dell'indole di ognuno.
Ma nel momento in cui ''determiniamo'' che il determinismo esiste certamente solo dentro ad una descrizione del mondo, e per di più con pari diritto del caso, parimenti possiamo dubitare che il caso esista fuori dalle descrizioni del mondo.
Se poi trasformiamo il nostro sospetto nell'ipotesi che determinismo e caso non esistono davvero proprio fuori dalla nostra rastrelliera concettuale, e consci al contempo dell'utilità degli attrezzi che contiene, possiamo con disinvoltura differenziare il loro uso , cosa che sembra più accettabile del dover differenziare il mondo spezzandone l'unità.
Dio non gioca a dadi, ma noi si.
L'universo è il tavolo su cui lanciamo i dadi, non il gioco.
È vero che l indeterminazione di heisemberg liquida l idea che il presente determini esattamente il futuro ma questo è valido solo su scala quantistica e inoltre benchè in genere non vi sia certezza sugli stati futuri di un sistema quantistico , le probabilità relative dei diversi stati possibili sono pur sempre determinate. Per fare un anologia comprensibile alla nostra esperienza è come lanciare un dado e non sapere con certezza che numero uscirà ma sappiamo con certezza che sarà un numero dall uno al sei.
E comunque c è una bella differenza tra il ruolo del caso nella m.q. e un universo privo di leggi .
Ricordo che il compito del fisico è quello di scoprire le regolarità nella natura e cercare di adattarle a semplici regole matematiche. Chiedersi il perchè o se vi sia un modo alternativo o come mai uno schema matematico piuttosto che un altro esula dal dominio della fisica e appartiene a una disciplina chiamata metafisica o , al limite , speculazioni senza fondamento.
Bisogna prima rendere chiara e distinta la conoscenza offerta dalla fisica e poi , solo dopo, scavare in profondità e fare emergere qualcosa che abbia valore filosofico. Motivo per il quale mi ritiro dalla discussione in quanto devo ancora render chiara e distinta la superfice.
Citazione di: iano il 21 Gennaio 2023, 22:54:38 PMTutte considerazioni particolarmente interessanti le vostre, che chiamano in causa la razionalità, fra le quali a questa mi sento di meglio aderire.
Certo sarebbe meglio che ognuno precisasse il''suo'' concetto di razionalità...
La razionalità è "adaequatio rei et intellectus". Più corretto mettere il fatti al posto delle cose, ma è solo una sfumatura epistemologica e la sostanza della celebre sintesi tomista resta valida.
L'adaequatio funziona attraverso il principio di causa effetto che il metodo scientifico ha perfezionato in "riproducibilità" (induzione+deduzione).
La quale riproducibilità ha pure il merito di porre un argine al debordare metafisico del caos, oltre i limiti della, indubbiamente caotica, psiche umana.
Citazione di: Ipazia il 22 Gennaio 2023, 15:03:09 PMLa razionalità è "adaequatio rei et intellectus". Più corretto mettere il fatti al posto delle cose, ma è solo una sfumatura epistemologica e la sostanza della celebre sintesi tomista resta valida.
Tommaso D Aquino non fece altro che attingere da quello che aveva già detto Avicenna già a partire dall anno mille.
Un altro appunto è che la formula filosofica non riguarda le cose , riguarda la corrispondenza tra la realtà e l intelletto nella sua descrizione fenomenica e epistemologica . in altri termini il sistema concettuale nella descrizione è in accordo con l esperienza e con l osservazione.
La realta è il luogo delle cose (res). Semanticamente ed etimologicamente. La sintesi tomistica è tratta da altre fonti, ma resta la più essenziale.
Citazione di: Ipazia il 22 Gennaio 2023, 21:55:33 PMLa realta è il luogo delle cose (res). Semanticamente ed etimologicamente.
Ma non ontologicamente visto che è luogo anche dell essere (res cogitans)e dei fenomeni naturali . A meno che tu sostenga che l essere e i fenomeni sono entrambi cose la formula che hai presentato riguarda il rapporto concettuale (quindi dell essere) con la realtà fenomenica. E si , anche le cose vanno contestustualizzate e descritte ma è la natura dei fenomi che ci interessa di più. non i duri oggetti, almeno per quanto mi riguarda.
Nell'ontologia rientrano tutti i fatti (stati di cose) del mondo, inclusi noi e la nostra attività psichica. La realtà, i ta onta, sono tutto il mondo.
Citazione di: iano il 21 Gennaio 2023, 01:09:57 AMNon confonderei scelta razionale con scelta giusta.
Una scelta razionale è una scelta messa in forma matematica, ciò che gli consente di essere condivisa, perchè comunicabile.
Ma come si fà a dire qual'è quella giusta?
A priori non lo sappiamo.
Prima di dirlo bisognerebbe poterne provare tante, e più ne proviamo meglio è, il che equivale a dire che più siamo meglio è, se è vero come credo che, alla bisogna provvede il libero arbitrio che a tutti gli effetti equivale a un distributore di scelte casuali fra gli individui, la cui funzione è proprio questa, di garantire diversità , diversità come ricchezza di soluzioni possibili da mettere alla prova e poi condividere, per continuare un percorso comune nella diversita
E' la razionalità giusta perchè è cosciente, non esiste coscienza senza razionalità, ma una razionalità senza coscienza è pura formalità.
Citazione di: niko il 21 Gennaio 2023, 03:22:44 AMSei tu che hai detto che vi sarebbe qualcosa "piu' in alto" della realta'; affermazione secondo me nichilista, perche' nome c'e' niente, piu' in alto della realta', quindi affermazione che non fa che riferirsi alla nullita' del suo referente.
O comunque, non si puo' provare che ci sia, qualcosa piu' in alto della realta' (onere della prova...).
Il noumeno non e' l'intera realta' in quanto inconoscibile, e' l'inconoscibile DENTRO la realta', la quota/parte inconoscibile necessaria e ineliminabile, il limite alla conoscenza (e a cio' che la causa, e da cui deriva).
Di per se' "realta' intesa come noumeno" non significa niente, non tiene conto del "passare" del noumeno attraverso la realta'.
Affermare che l'intera realta' sia inconoscibile, e' sempre un modo di svalutare la realta' in nome di quanto sarebbe ad essa superiore, errore nel quale non c'e' motivo di cadere.
Come ho già detto la tua è una filosofia pre-critica.
La realtà infatti non ha alcun referente se non il noumeno.
La coscienza ha invece il suo referente nel suo conoscersi riflessivo, e nella domanda sull'archè, sull'origine da cui dipende.
La realtà non ha niente da offrire alla coscienza in sè, per questo dico che c'è qualcosa di più alto, ossia trascendente.
Se vuoi rimanere nel positivimo, ossia facendomi accettare i tuoi termini apodittici del discorso, difficilmente ti posso seguire, infatti prima di essere idealista, sono ovviamente criticista o razionalista che dir si voglia.
Citazione di: green demetr il 23 Gennaio 2023, 22:47:14 PME' la razionalità giusta perchè è cosciente, non esiste coscienza senza razionalità, ma una razionalità senza coscienza è pura formalità.
Ma allora non è giusta la razionalità, ma eventualmente il posto dove sta, e la coscienza secondo te è il posto giusto.
Secondo me il posto dove sta la forma ne modifica solo la funzione, e funzionalità diverse possono essere complementari, e non necessariamente esclusive da dover preferire l'una all'altra.
La coscienza è solo uno dei tanti strumenti di cui la vita dispone, che si differenzia per l'uso che ne fà.
La conoscenza non è un fine ma un mezzo che caratterizza la vita umana.
Ma ci saranno sempre processi razionali inconsci, istinti, se serve, e anche questi al pari sono strumenti a disposizione della vita che si differenzia parimenti per l'uso che ne fà.
Che l'uomo evolva verso un uso della coscienza sempre più spinto non è necessariamente né un bene , né un male, ma un dato di fatto.
Però capisco che si è tentati di dire che sia un bene, quando questa spinta alla conoscenza la si avverte pienamente come parte di sè, come noi la sentiamo.
Anzi il mio filosofare promuove il portare alla luce i processi razionali inconsci, ma non posso giurare che ciò sia sempre un bene.
Diciamo che lo ''faccio istintivamente''. :))
''Sò di non sapere'' esprimere una tensione a sapere, ma partendo dalla piena accettazione di quel che si è.
Citazione di: niko il 21 Gennaio 2023, 03:23:47 AMIl corpo... il protagonista della storia e' sempre il corpo.
Non so che dire, è una frase talmente apodittica, che non spiega nè le premesse per cui pensi di poter partire da una simile affermazione, nè dove si vuol parare.
E cioè ancora cosa intendi per protagonista? cosa intendi per storia? e cosa intendi per corpo?
Per me è una frase senza senso, i tre termini mi sembrano completamente irrelati.
E trovo bizzarro che li relativizzi senza almeno darci qualche indizio di discorso.
Citazione di: niko il 21 Gennaio 2023, 03:38:47 AMArgomentare che cosa?
Che il reale non sia razionale?
A me pare evidente, dal momento che la ragione e' solo cosa, o meglio facolta', umana.
E che l'uomo non e' il tutto.
E come fai a indicare il reale senza un razionale? visto che l'indicare comporta automaticamente per definizione un razionale, una separazione della parte dal tutto.
E infatti di che tutto stai parlando etc.
Vedi mancano veramente tutte le componenti per un discorso filosofico,da studente a studente per lo meno.
Ti ripeto poi uno può non sapere di filosofia, ma almeno ci si sforza di spiegare il proprio discorso.
Citazione di: bobmax il 21 Gennaio 2023, 06:22:13 AMLa realtà non è l'esistenza.
Vi è una incommensurabilità tra esistere e essere.
La realtà è essere.
Mentre l'esistere è lo stare di fronte.
Esistere è scissione originaria soggetto-oggetto.
Essere è ciò che rende possibile l'esistere, ma sua volta non esiste. Come potrebbe...?
Kant mostra l'impossibilità di cogliere l'Essere, perché l' Essere non esiste.
Seppur paradossalmente, ma solo al pensiero ingenuo, l'Essere è Nulla.
Essere = Nulla
Infatti il Nulla è la origine di infinite possibilità di esistenza.
1.
No, questo è un nichilismo dovuto all'errore di partenza e quindi alle inferenze che partono da quello.
L'essere non è l'oggetto come affermi, e l'esistere non è ciò che sta davanti l'oggetto.
Anche in una visione transumanista questo discorso non tiene botta alle obiezioni,
2.
L'essere nella tradizione filosofica si divide in ontologia ossia l'essere dell'oggetto, e metafisica ossia l'essere originario da cui scaturisce (o si conosce come detto da hegel) il soggetto, ossia l'esistente che sta davanti all'oggetto.
L'essere dell'oggetto ha delle proprietà, o accidenti, all'interno di uno spazio-tempo.
Ma l'essere che sta davanti condivide con quell'oggetto il fatto di essere puro, ovvera mera esistenza di un oggetto.
Questo oggetto viene infine chiamato noumeno (da kant che chiude il razionalismo che parte da hume prosegue con cartesio).
Ma il noumeno è esattamente l'essere puro dell'oggetto, e dunque non può essere nulla! La critica che si fa a kant di solipsismo è una critica dettata dagl'ignoranza dei termini usati.
Questo uso, però prevede per necessità la presenza di qualcuno che guarda.
E anche questo qualcuno che guarda è esistente.
Ma costui che guarda e che è esistente come si può riconoscere come tale?
Da questa domanda il razionalismo parte per costruire una teoria del soggetto.
Dal soggetto si passa poi alla coscienza di essere quel soggetto, che per necessità bisogna ammettere, per ammetere la conoscenza di questo osservatore dell'oggetto stesso.
E' in questo momento che subentra la seconda forma dell'Essere che è quella che riguarda il trascendente, il senso del vivere che poi porta all'idea dell'esistere inteso in forma ampia dell'uomo, o dell'esser uomo (tra Dio e oggetto volgarizzando).
Il transumanesimo nega, e sempre più violentemente emargina (tramite i soldi di chi usa questo filone della filosofia per suoi fini politici) un discorso che si rifaccia a questa seconda verità.
ll transumanesimo dunque non è nichilista, o almeno non nell'ecezione che ne fai tu bobmax ;) .
Naturalmente non sto dicendo che tu volessi essere transumanista, era solo per dare un quadro un po piu ampio del discorso attuale della filosofia (a cui non aderisco).
Citazione di: iano il 23 Gennaio 2023, 22:58:11 PMMa allora non è giusta la razionalità, ma eventualmente il posto dove sta, e la coscienza secondo te è il posto giusto.
Secondo me il posto dove sta la forma ne modifica solo la funzione, e funzionalità diverse possono essere complementari, e non necessariamente esclusive da dover preferire l'una all'altra.
La coscienza è solo uno dei tanti strumenti di cui la vita dispone, che si differenzia per l'uso che ne fà.
La conoscenza non è un fine ma un mezzo che caratterizza la vita umana.
Ma ci saranno sempre processi razionali inconsci, istinti, se serve, e anche questi al pari sono strumenti a disposizione della vita che si differenzia parimenti per l'uso che ne fà.
Che l'uomo evolva verso un uso della coscienza sempre più spinto non è necessariamente né un bene , né un male, ma un dato di fatto.
Però capisco che si è tentati di dire che sia un bene, quando questa spinta alla conoscenza la si avverte pienamente come parte di sè, come noi la sentiamo.
Anzi il mio filosofare promuove il portare alla luce i processi razionali inconsci, ma non posso giurare che ciò sia sempre un bene.
Diciamo che lo ''faccio istintivamente''. :))
''Sò di non sapere'' esprimere una tensione a sapere, ma partendo dalla piena accettazione di quel che si è.
Se vi è un concetto di giusto, questo non può che essere nella coscienza.
Sono d'accordo che la funzione razionale è una delle tante a disposizione se intendiamo la vita come qualcosa che riguarda anche forme inanimate.
Infatti penso che Iano intenda proprio quello.
Citazione di: green demetr il 23 Gennaio 2023, 22:53:34 PMCome ho già detto la tua è una filosofia pre-critica.
La realtà infatti non ha alcun referente se non il noumeno.
La coscienza ha invece il suo referente nel suo conoscersi riflessivo, e nella domanda sull'archè, sull'origine da cui dipende.
La realtà non ha niente da offrire alla coscienza in sè, per questo dico che c'è qualcosa di più alto, ossia trascendente.
Se vuoi rimanere nel positivimo, ossia facendomi accettare i tuoi termini apodittici del discorso, difficilmente ti posso seguire, infatti prima di essere idealista, sono ovviamente criticista o razionalista che dir si voglia.
Se la realta' non ha niente da offrire alla coscienza in se', di cosa parliamo e cosa parliamo a fare...
Ridicolo.
Citazione di: green demetr il 23 Gennaio 2023, 22:59:05 PMNon so che dire, è una frase talmente apodittica, che non spiega nè le premesse per cui pensi di poter partire da una simile affermazione, nè dove si vuol parare.
E cioè ancora cosa intendi per protagonista? cosa intendi per storia? e cosa intendi per corpo?
Per me è una frase senza senso, i tre termini mi sembrano completamente irrelati.
E trovo bizzarro che li relativizzi senza almeno darci qualche indizio di discorso.
Il corpo e' anche noumeno, come nella filosofia di Schopenahuer.
Immediatezza, quindi non categorizzabilira' della conoscenza.
La noumenicita' del corpo (la volonta') puo' essere la noumenicita' del tutto solo attraverso un argomentare che passi per interlocutori predisposti, quindi non te.
Citazione di: green demetr il 23 Gennaio 2023, 23:02:51 PME come fai a indicare il reale senza un razionale? visto che l'indicare comporta automaticamente per definizione un razionale, una separazione della parte dal tutto.
E infatti di che tutto stai parlando etc.
Vedi mancano veramente tutte le componenti per un discorso filosofico,da studente a studente per lo meno.
Ti ripeto poi uno può non sapere di filosofia, ma almeno ci si sforza di spiegare il proprio discorso.
L'unita' della separazione e' ricomposta solo dalla volonta' e dal tempo, quindi non a chiacchiere: il tempo esclude la simultaneita' degli eventi nello stesso spazio e allo stesso tempo non si puo' volere tutto contemporaneamente, quindi esistono vie per tornare all'uno, che pero' non sono razionali.
Colui che vorra' cio' che ora non si puo' volere.
La mia liberta' di essere aforistico non e' limitata dalla saccenza di chi crede di sapere.
Torna a occuparti di astrologia.
Non voglio parlare in nome di Niko, ma l'importanza del corpo come protagonista della storia è il contrario del transumanesimo. Potrei apoditticamente sentenziare che il corpo è l'antitesi della tradizione filosofica da Platone a Cartesio, fino a giungere agli ultimi epigoni transumani.
Per capire i limiti della ragione, dell indagine razionale e della ricerca empirica sulla conoscenza del reale basti pensare che nessun filosofo o nessun scienziato ha mai conosciuto in modo completo la natura di una singola mosca. Come posso conoscere la natura di una mosca se non posso avere accesso al mondo che vive la mosca? Posso studiare la mosca nelle sue particolarità fisiologiche ma non posso sapere cosa si prova ad essere una mosca e nemmeno il mondo che vive la mosca di conseguenza non conosco , in modo completo , la natura di una piccola mosca come posso sperare di conoscere la natura nelle sue più svariate modi di esistere con l ausilio del cucchiaino della ragione? La metafisica tenta di fare un salto che non si può fare, ovvero parte da un idea e giunge ad una conclusione senza passare per l esperienza. Ma il fatto di non poter conoscere una realtà che trascende la realtà fisica (per via dei nostri limiti) non significa che essa non esista.
Citazione di: Alberto Knox il 24 Gennaio 2023, 12:16:08 PMMa il fatto di non poter conoscere una realtà che trascende la realtà fisica (per via dei nostri limiti) non significa che essa non esista.
Dipende da che valore diamo al nostro sentire e da che valore diamo all'esistenza.
Ma qualunque valore vi diamo, con questa discussione si vuol proporre come esercizio di provare a mutare quei valori per vedere l'effetto che fà, e siccome tutti danno più valore all'esistenza che al sentire, da qui la mia provocazione del, ''ti sento quindi esisti'' da sostituire al ''esisti, perciò ti sento'', provando a mettere da parte i propri pregiudizi.
L'effetto che fà a me è che l'immanente mi sembra meno immanente e il trascendente meno trascendente.
A voi invece che effetto fà, oltre a quello prevedibile di far ancor più arroccare alcuni sui loro pregiudizi?
Ok, all inizio di questo esercizio che hai proposto c è stata una disputa riguardo alla forza di gravità e sui modi o meno che essa sia sentita e descritta ma la forza di gravità , come le onde radio sono un osservabile, non importa se le vediamo con gli occhi oppure con degli strumenti specifici. È un osservabile ciò che si rivela alla coscienza e quindi materiale di studio . Si studiano buchi neri perchè nel cielo si sono rivelati la presenza di buchi neri se avessimo rivelato la presenza di un branco di zebre che litiga per un parcheggio studieremmo anche quello.
Altra cosa è parlare di astrazione di un osservabile.
interpretazioni, teorie, modelli, tutti artefici della mente dei fisici. diciamo che per ogni volta che si pensa ad una analogia gia esiste nella nostra mente un modello astratto della realta che poi cerchiamo di rappresentare con un modello. Quando cerchiamo di ideare un modello di una realtà fisica dobbiamo fare una attivita di astrazione. Il lavoro di astrazione significa dunque la creazione di qualcosa di nuovo che prima non c era e che si chiama modello. L importante è che il modello sia in accordo con le osservazioni . Se due modelli differenti sono entrambi in accordo con le oseervazioni non è possibile affermare che uno rifletta la realtà più dell altro.
Si, ma il modello di solito và oltre le osservazioni, e viene ritenuto valido quando nuove osservazioni sono in accordo col ''di più'' contenuto del modello.
I buchi neri non sono stati studiati perchè sono stati ossevati, ma si è andati alla loro ricerca per verificare il modello che li prevedeva.
Ma siamo riusciti ad osservarli solo perchè avevamo un idea di cosa cercare.
Se li avessimo osservati per caso li avremmo forse scambiati per altro, o non avrebbero magari comunque attirato la nostra attenzione.
Questo vuol dire che il meccanismo della percezione si è messo in moto prima che avvenisse la pura osservazione, e anche dopo averli osservati la loro natura continua a ''trascendere'' le nostre attuali capacità di indagine fisica.
Quindi siamo partiti da osservazioni che hanno portato ad astrazioni che hanno portato ad osservazioni, che potrebbero portare ad altre astrazioni, e così via.
Come si fà a semplificare tutto ciò con un noumeno senza peccare di ingenuità?
Si può fare solo ignorando i fatti sopra descritti, come li ignorava chi ha teorizzato il noumeno.
I buchi neri non erano una percezione di Einstein ma erano le conseguenze di alcune nozioni della relatività generale che ne prevedeva l esistenza come del resto anche la possibiltà teorica di wormool erano derivati dalla stessa teoria.
Questa discussione si sta trasfornando in "discorso sul noumeno" forse sarebbe meglio aprirne uno apposito a sto punto.
Citazione di: Alberto Knox il 24 Gennaio 2023, 16:07:59 PMI buchi neri non erano una percezione di Einstein ma erano le conseguenze di alcune nozioni della relatività generale che ne prevedeva l esistenza come del resto anche la possibiltà teorica di wormool erano derivati dalla stessa teoria.
Sei tu che hai scritto :''
Si studiano buchi neri perchè nel cielo si sono rivelati la presenza di buchi neri se avessimo rivelato la presenza di un branco di zebre che litiga per un parcheggio studieremmo anche quello. ''
Ma infatti non ho detto nulla su quel punto . La previsione in questo caso si è dimostrata reale come si è dimostrato reale il predetto bosone di Higgs nella teoria di Higgs e la teoria delle stringhe e sopratutto la teoria quantomeccanica di Corbucci sono andate a cadere . La teoria prende forza nelle conferme sperimentali , non nelle intuizioni.
Citazione di: Jacopus il 24 Gennaio 2023, 08:08:52 AMNon voglio parlare in nome di Niko, ma l'importanza del corpo come protagonista della storia è il contrario del transumanesimo. Potrei apoditticamente sentenziare che il corpo è l'antitesi della tradizione filosofica da Platone a Cartesio, fino a giungere agli ultimi epigoni transumani.
Non capisco come fai a dire una cosa del genere: il transumanesimo non è un andare oltre il corpo, ma oltre l'uomo come unione di spirito e carne.
Quando parlano di controllo di corpi, del nuovo essere umano cibernetico, della necessità di fare dell'umanità un enorme massa da cannone, a cosa pensi alludano: a Platone? Non capisco.
https://www.youtube.com/watch?v=DdA2B4CBPQw
https://www.youtube.com/watch?v=-rQaCkukeMQ
Citazione di: iano il 24 Gennaio 2023, 13:09:39 PMDipende da che valore diamo al nostro sentire e da che valore diamo all'esistenza.
Ma qualunque valore vi diamo, con questa discussione si vuol proporre come esercizio di provare a mutare quei valori per vedere l'effetto che fà, e siccome tutti danno più valore all'esistenza che al sentire, da qui la mia provocazione del, ''ti sento quindi esisti'' da sostituire al ''esisti, perciò ti sento'', provando a mettere da parte i propri pregiudizi.
L'effetto che fà a me è che l'immanente mi sembra meno immanente e il trascendente meno trascendente.
A voi invece che effetto fà, oltre a quello prevedibile di far ancor più arroccare alcuni sui loro pregiudizi?
Sono d'accordo sul fatto che l'immanente non è poi così immanente, d'altronde è quello che sentirono i fisici del primo novecento.
Sul trascendente inteso come teoria formale anche. Il mio "arrocco" è semplicemente sulla natura metafisica dell'essere uomo.
L'essere uomo, non è l'essere del cane. E se qualcuno volesse raggiungere l'essere del cane tramite una qualsiasi formulazione trascendente, per me lo può fare tranquillamente, ma se vuole dire a me quale sia la mia natura lo ritengo un attacco alla mia persona e alla mia umanità.
Citazione di: iano il 24 Gennaio 2023, 14:57:38 PMSi, ma il modello di solito và oltre le osservazioni, e viene ritenuto valido quando nuove osservazioni sono in accordo col ''di più'' contenuto del modello.
I buchi neri non sono stati studiati perchè sono stati ossevati, ma si è andati alla loro ricerca per verificare il modello che li prevedeva.
Ma siamo riusciti ad osservarli solo perchè avevamo un idea di cosa cercare.
Se li avessimo osservati per caso li avremmo forse scambiati per altro, o non avrebbero magari comunque attirato la nostra attenzione.
Questo vuol dire che il meccanismo della percezione si è messo in moto prima che avvenisse la pura osservazione, e anche dopo averli osservati la loro natura continua a ''trascendere'' le nostre attuali capacità di indagine fisica.
Quindi siamo partiti da osservazioni che hanno portato ad astrazioni che hanno portato ad osservazioni, che potrebbero portare ad altre astrazioni, e così via.
Come si fà a semplificare tutto ciò con un noumeno senza peccare di ingenuità?
Si può fare solo ignorando i fatti sopra descritti, come li ignorava chi ha teorizzato il noumeno.
Ok torniamo a parlare di realtà e non di noumeno se no knox s'arrabbia.
Il tuo punto non torna, io posso fare astrazione solo avendo presente che esiste una realtà che prima o poi la prevederà (o meno).
Ossia che questa realtà esista o meno è irrilevante, ma non può essere irrilevante la ratio, ossia quella facoltà dell'intelletto che separa l'astrazione (che poi studia un modello) dalla realtà (che rimane da indagare a livello inferente).
Ma la realtà inferente che il mondo è più vuoto che pieno (un atomo è una mela dentro ad uno stadio dove come anelli stanno gli elettroni, che sono praticamente senza massa) non vale la realtà del sensibile del sole che ci scalda e che invece è immediata.
Per questo la domanda d'inizio è ovviamente provocatoria.
Credo Iano che tu ti riferisca ad un sensibile inferente, e perciò matematico in fin dei conti.
Citazione di: Alberto Knox il 24 Gennaio 2023, 18:00:47 PMMa infatti non ho detto nulla su quel punto . La previsione in questo caso si è dimostrata reale come si è dimostrato reale il predetto bosone di Higgs nella teoria di Higgs e la teoria delle stringhe e sopratutto la teoria quantomeccanica di Corbucci sono andate a cadere . La teoria prende forza nelle conferme sperimentali , non nelle intuizioni.
A parte che sul campo di Higgs ho forti sospetti, ma anche se fosse, la teoria delle stringhe e quell'altra che non conosco, non possono cadere, per il semplice fatto che attendono di essere risolte.
Nessuna teoria può cadere veramente, perchè necessita di un correlativo futuro o presente, ma mal calcolato etc..
Tu non calcoli il percorso milano-parigi con il calcolo quantistico ma con quello newtoniano, eppure lo fai per calcolare l'elettrone.
Eppure i 2 modelli sono incompatibili.
Citazione di: green demetr il 24 Gennaio 2023, 22:30:13 PMSono d'accordo sul fatto che l'immanente non è poi così immanente, d'altronde è quello che sentirono i fisici del primo novecento.
Sul trascendente inteso come teoria formale anche. Il mio "arrocco" è semplicemente sulla natura metafisica dell'essere uomo.
L'essere uomo, non è l'essere del cane. E se qualcuno volesse raggiungere l'essere del cane tramite una qualsiasi formulazione trascendente, per me lo può fare tranquillamente, ma se vuole dire a me quale sia la mia natura lo ritengo un attacco alla mia persona e alla mia umanità.
Se devo essere sincero, che l'essere dell'uomo sia quello del cane, oppure no, nessuno si senta offeso, non me ne pò frega' de meno, in assoluto.
Mi interessa invece molto soppesare in modo relativo le due possibilità in quanto possibili ipotesi, per scegliere quella che aiuti meglio a rispondere alle nostre domande, esistenziali e non, e quindi in definitiva a quella che ci semplifichi la vita, semplificazione che però ognuno può vedere a modo suo e il mio modo è una semplificazione al fine della comprensione.
Non è che io pretenda così di dare una risposta ad ogni domanda, e anzi dubito di poter trovare anche una sola risposta.
Ma non sopporto proprio le non domande camuffate da domande che si innescano quando le metafisiche si moltiplicano senza freno.
Ho inoltre la sensazione agrodolce che spesso ci rifiutiamo di smascherare le non domande, pur essendo in grado di farlo, per il piacere che possono darci, per quella adrenalina che produce il mistero portandoci all' estasi.
Citazione di: iano il 24 Gennaio 2023, 22:52:53 PMSe devo essere sincero, che l'essere dell'uomo sia quello del cane, oppure no, nessuno si senta offeso, non me ne pò frega' de meno, in assoluto.
Mi interessa invece molto soppesare in modo relativo le due possibilità in quanto possibili ipotesi, per scegliere quella che aiuti meglio a rispondere alle nostre domande, esistenziali e non, e quindi in definitiva a quella che ci semplifichi la vita, semplificazione che però ognuno può vedere a modo suo e il mio modo è una semplificazione al fine della comprensione.
Non è che io pretenda così di dare una risposta ad ogni domanda, e anzi dubito di poter trovare anche una sola risposta.
Ma non sopporto proprio le non domande camuffate da domande che si innescano quando le metafisiche si moltiplicano senza freno.
La metafisica è una sola ;) , quella della tradizione occidentale.
Se invece ti riferisci alle varie ideologie e teologie, occidentali o orientali che siano, sono d'accordo.
La comprensione dell'oggetto è però proprio antropologicamente destinata ad avere l'aiuto di mille matematiche, perciò bisogna stare sull'attenti e non mandare godel nel macero solo perchè è esistito wittgenstein ;)
Citazione di: green demetr il 24 Gennaio 2023, 22:44:49 PMA parte che sul campo di Higgs ho forti sospetti, ma anche se fosse, la teoria delle stringhe e quell'altra che non conosco, non possono cadere, per il semplice fatto che attendono di essere risolte.
Nessuna teoria può cadere veramente, perchè necessita di un correlativo futuro o presente, ma mal calcolato etc..
Tu non calcoli il percorso milano-parigi con il calcolo quantistico ma con quello newtoniano, eppure lo fai per calcolare l'elettrone.
Eppure i 2 modelli sono incompatibili.
Il vuoto quantomeccanico di Massimo Corbucci era noto fino Ha che il cern a rilevato il bosone ricercato da Piter Higgs dopo di che non se ne è più sentita notizia .
Non so dire se la teoria fosse errata, so che non ha trovato riscontro alle verifiche sperimentali.
Le conferme sperimentali permettono aquistare fiducia sulla teoria. Qualora si riscontrassero dati sperimentali che la contraddicono la teoria va semplicemente riveduta e a volte cambiata anche in maniera radicale. O al limite, implementata in una nuova teoria. Ma non siamo qui per parlare di teorie. Preferirei invece capire cosa intendete voi per noumeno e metafisica.
CitazioneNon capisco come fai a dire una cosa del genere: il transumanesimo non è un andare oltre il corpo, ma oltre l'uomo come unione di spirito e carne.
Quando parlano di controllo di corpi, del nuovo essere umano cibernetico, della necessità di fare dell'umanità un enorme massa da cannone, a cosa pensi alludano: a Platone? Non capisco.
Penso a Platone come primo esponente più autorevole (con i dovuti distinguo e ambiguità per evitare una categorizzazione troppo netta a proposito di un gigante come Platone) della tradizione della separazione corpo-mente e quindi anima-corpo e di tutte le dualità polarizzanti su cui si è costruita la realtà filosofica occidentale almeno fino a Schopenhauer. La riscoperta del corpo come Leib contrapposto a Körper della filosofia di Husserl. In realtà pensavo a questo. Ma sono solo pensieri fuggevoli, non sistematici che andrebbero approfonditi. La fonte di questi pensieri è il mio interesse per il sè incarnato, ovvero per la coscienza che lungi dall'essere nel cervello, nella mente o nell'anima è nel corpo e nell'Unione dei corpi, considerati nel loro insieme di cellule, indifferenziate e non gerarchizzate, come invece pretendeva Menenio Agrippa. Ti ripeto però sono solo pensieri che si aggirano pigri nella mia mente, ed essendo pigri non ho voglia di renderli più chiari. E magari sono semplicemente fragili.
Citazione di: Jacopus il 24 Gennaio 2023, 08:08:52 AMNon voglio parlare in nome di Niko, ma l'importanza del corpo come protagonista della storia è il contrario del transumanesimo. Potrei apoditticamente sentenziare che il corpo è l'antitesi della tradizione filosofica da Platone a Cartesio, fino a giungere agli ultimi epigoni transumani.
Io non sono a priori contro il transumanesimo (come potrei esserlo?), ma penso che solo una societa' politicamente e socialmente liberata, potra' implementare le tecnologie postumane in modo -bio- etico.
Quindi non quella attuale e presente.
L'unico vero oltreuomo e' colui che esprime la potenzialita' -continuativamente disponibile alla sua propria scelta- di volere l'uomo (anche, eventualmente, non volendolo e volendo altro) non l'odio o il rifiuto dell'umanita'.
Proprio perche' memorialmente e consapevolmente egli, rispetto all'uomo, vuole (ormai) altro, l'oltreuomo PUO'-VOLERE l'uomo.
E quindi realizza la VOLONTA'-DI-POTENZA.
Che e' la differenza tra il non il volere qualcosa per odio e il non volere quella stessa cosa perche' la si e' gia', ormai, compiutamente voluta.
Di piu', proprio sapendo di essere effetto dell'uomo secondo l'ordine emergente del tempo, l'oltreumo volendo-si, volendo se stesso, non potra' che volere l'uomo; se non come valore o come fine... quantomeno come causa di se stesso.
Facendo quello che l'uomo non fa, realizzando quello che l'uomo non realizza.
Le lagne e i fiumi di lacrime (Fusaro e compagnia) versati sul transumanesimo si risolvono realizzando la rivoluzione bioetica (e non solo) che rendera' umanamente compatibili, e dignitose, le tecnologie postumane, non demonizzando le tecnologie postumane per principio.
Chi demonizza, ha i demoni dentro.
Porre prioritariamente il problema della noia (desiderio del desiderio) e non quello del dolore (frustrazione, e quindi attualita', del desiderio) e' l'evoluzione spirituale della specie umana che mostra perfettamente il nesso con l'evoluzione materiale, e, quindi, con il primum vivere e con l'avere la pancia piena.
Non c'entra niente, con l'essere tracotanti o col rompere tutti i limiti.
E' che noi evolviamo quando la noia ci fa piu' male del dolore.
L'uomo e' postumano da quando Gilgamesh lottava contro la morte, quattromila anni fa.
Da quando l'angelo apparve a Maria.
Il passaggio all'atto di certe tecnologie e certe pratiche ad oggi eticamente considerate "estreme", generera' la noia, e dunque l'evoluzione, dell'oltreuomo, situazione che a sua volta (ri)generera' l'uomo.
Sorge e tramonta il sole su di noi, noi e passiamo dall'essere un volente, all'essere un voluto, e poi ancora un volente, e poi ancora un voluto, e poi ancora, e ancora, e ancora, senza motivo e senza senso, come ci passano al giusto ritmo tutte le cose.
E' in gioco il rapporto stesso di forze che ci generera' a partire dal passato.
E per me esso conta molto di piu' della nostra storia passata reale per come crediamo di conoscerla. Per questo non potrei che saltare nel buio del futuro.
Io non ho paura.
Almeno non di questi temi eticamente sensibili e di queste "nuove" tecnologie.
Non ho paura di perdere l'uomo, non ho paura di perdermi.
Ho paura molto di piu' dei desideri frustrati a cui certe tecnologie promettono di rispondodere: vecchiaia, sterilita' , morte, demenza, limitatezza delle stesse possibilita' materiali e relazionali.
I quali sono anche i miei desideri. Le quali sono anche le mie paure. Nel mio essere attualmente uomo, e nel mio non nasconderlo.
Spero che il passaggio avvenga il piu' eticamente e il piu' illuministicamente possibile, ma comunque vada, non ho paura.
Se non riusciremo a utilizzare certe tecnologie eticamente, al limite, avremo la distopia e l'ucronia che ci saremo meritati.
E avanti un altro, e avanti un'altra specie.
Citazione di: Alberto Knox il 24 Gennaio 2023, 23:38:43 PMIl vuoto quantomeccanico di Massimo Corbucci era noto fino Ha che il cern a rilevato il bosone ricercato da Piter Higgs dopo di che non se ne è più sentita notizia .
Non so dire se la teoria fosse errata, so che non ha trovato riscontro alle verifiche sperimentali.
Le conferme sperimentali permettono aquistare fiducia sulla teoria. Qualora si riscontrassero dati sperimentali che la contraddicono la teoria va semplicemente riveduta e a volte cambiata anche in maniera radicale. O al limite, implementata in una nuova teoria. Ma non siamo qui per parlare di teorie. Preferirei invece capire cosa intendete voi per noumeno e metafisica.
Per noumeno sia io che iano intendiamo la realtà.
Per metafisica io intendo una comprensione duale del mondo fatta di realtà e spirito, dove il termine "medio" è l'uomo, ossia il pensiero che riflette il fatto di essere "soggetto", ossia preda del mondo materiale (conosciuto) e preda del mondo invisibile (non conosciuto o inconscio).
La discussione ragiona sul reale inteso come somma radicalmente interpretabile e quindi infinitamente interpretabile, (aggiungo io partendo da una visione metafisica) dell'io penso rispetto al soggetto che invece accetta supino le regole e le visioni del suo mondo attuale.
Mi pare che anche se Iano non ragioni sulla differenza tra io penso e soggetto passivo, di fatto siamo d'accordo nella possibilità, che lui ritiene importante per la verità (su questo dissento) in generale, che riguarda in fin dei conti l'uomo.
Spero di aver fatto uno schemino intendibile. Naturalmente Iano stesso potrà chiarire meglio la sua posizione.
Citazione di: niko il 25 Gennaio 2023, 12:23:25 PMIo non sono a priori contro il transumanesimo (come potrei esserlo?), ma penso che solo una societa' politicamente e socialmente liberata....
Liberata da che? Dal suo vincolo di essere mortale?
Citazione di: green demetr il 25 Gennaio 2023, 18:58:48 PMPer noumeno sia io che iano intendiamo la realtà.
Per metafisica io intendo una comprensione duale del mondo fatta di realtà e spirito, dove il termine "medio" è l'uomo, ossia il pensiero che riflette il fatto di essere "soggetto", ossia preda del mondo materiale (conosciuto) e preda del mondo invisibile (non conosciuto o inconscio).
La discussione ragiona sul reale inteso come somma radicalmente interpretabile e quindi infinitamente interpretabile, (aggiungo io partendo da una visione metafisica) dell'io penso rispetto al soggetto che invece accetta supino le regole e le visioni del suo mondo attuale.
Mi pare che anche se Iano non ragioni sulla differenza tra io penso e soggetto passivo, di fatto siamo d'accordo nella possibilità, che lui ritiene importante per la verità (su questo dissento) in generale, che riguarda in fin dei conti l'uomo.
Spero di aver fatto uno schemino intendibile. Naturalmente Iano stesso potrà chiarire meglio la sua posizione.
Ci provo, perchè non ho capito bene la tua griglia semplificativa.
Penso che il dovere degli individui pensanti sia quello di creare differenze, e in effetti lo fanno senza sentirlo come un dovere, allargando possibilmente il concetto di individuo rispetto a quello comunemente percepito come confinamento spaziale.
Il loro cosiddetto libero arbitrio, non importa se ve veramente libero o meno, crea una distribuzione di pensieri a tutti gli effetti casuale, e quindi un ventaglio di soluzioni fra le quali c'è sempre quella che soddisfa le contingenti esigenze umane.
Non esiste caso senza intenzione secondo questa mia visione, e non esiste caso quindi nella materia, che è l'altra faccia del mondo.
Ipotizzo una realtà esistente, come unico esistente, descrivibile in infiniti modi attraverso un elenco ragionato di cosiddetti esistenti, la cui potenziale impermanenza meriterebbe quindi di indicarli con altro nome.
Questa impermamenza è secondo me un dato di fatto che la scienza ci ha regalato ultimamente, e la filosofia non può che andare dietro alla scienza per poterla poi anticipare, come in effetti fà.
Competono, ma quando uno si attarda, l'altro si ferma ad aspettarlo.
Sono i Don Camillo e Don Peppone della situazione.
No potrebbero fare a meno uno dell'altro.
Il punto di partenza della gara è sempre metafisico comunque, che lo si voglia o no, che lo si sappia o no.
E' il saperlo oppure no che innesca infinite, ma mai sterili, diatribe.
@Green Demetr
societa' LIBERATA DA COSA?!
Dall'oppressione di classe, che renderebbe l'immortalita' una noia per alcuni e un inferno per altri.
Poi io personalmente tutti sti "fenomeni"
(nel senso, stavolta, di individui spacconi e fanfaroni, non di eterei e filosoficissimi contrari del noumeno, intendiamoci)
i quali se avessero anche solo la remotissima possibilita' tecnologica di essere immortali, o anche volando piu' basso di non andare in menopausa ed evitare la forfora e gli acufeni rifiuterebbero in nome delle buone radici cristiane, di Cristina d'Avena e dei video di Fusaro, in giro, non ne vedo.
Tu?
Citazione di: niko il 25 Gennaio 2023, 19:42:08 PM@Green Demetr
societa' LIBERATA DA COSA?!
Dall'oppressione di classe, che renderebbe l'immortalita' una noia per alcuni e un inferno per altri.
Poi io personalmente tutti sti "fenomeni"
(nel senso, stavolta, di individui spacconi e fanfaroni, non di eterei e filosoficissimi contrari del noumeno, intendiamoci)
i quali se avessero anche solo la remotissima possibilita' tecnologica di essere immortali, o anche volando piu' basso di non andare in menopausa ed evitare la forfora e gli acufeni rifiuterebbero in nome delle buone radici cristiane, di Cristina d'Avena e dei video di Fusaro, in giro, non ne vedo.
Tu?
Stavo tentando di dare una mini-panoramica sulla filosofia attuale e come si ponga rispetto ad una questione metafisica, come correttamente annota lo Iano.
La tua posizione mi sembra molto ibrida e non riesco a razionalizzarla. Non rimane che attendere che le tue posizioni mi si chiariscano.
Citazione di: green demetr il 25 Gennaio 2023, 21:15:41 PMStavo tentando di dare una mini-panoramica sulla filosofia attuale e come si ponga rispetto ad una questione metafisica, come correttamente annota lo Iano.
La tua posizione mi sembra molto ibrida e non riesco a razionalizzarla. Non rimane che attendere che le tue posizioni mi si chiariscano.
L'arroccamento sulla natura umana, piu' che altro, impedisce una filosofia, e una prassi, del divenire.
Io preferirei cento volte che mi si desse del cane, piuttosto che del cristallo statico nel tempo.
I cani sono simpatici.
I creazionisti e i disegnointelligentisti no.
Citazione di: niko il 25 Gennaio 2023, 21:47:29 PML'arroccamento sulla natura umana, piu' che altro, impedisce una filosofia, e una prassi, del divenire.
Io preferirei cento volte che mi si desse del cane, piuttosto che del cristallo statico nel tempo.
I cani sono simpatici.
I creazionisti e i disegnointelligentisti no.
Mm comincio a capire, bastava semplicemente che dicessi: per via della mia visione anti-metafisica, qualsiasi tipo di visione dinamica, persino quella transumanista è preferibile allo status quo che etc...etc...
Purtroppo non riesci proprio a mettere in dubbio che questa idea di una metafisica dogmatica è esattamente il prodotto di una cultura liberale che ci vuole, si ok tutto quello che vuoi, dinamici, ambiziosi, comunisti, immortali etc..etcc.ma ricercatori del vero sè proprio mai.
Cosa vuoi condividiamo un certo tipo di critica ma da piattaforme e modi di pensare completamente avversi.
Citazione di: green demetr il 25 Gennaio 2023, 21:53:45 PMMm comincio a capire, bastava semplicemente che dicessi: per via della mia visione anti-metafisica, qualsiasi tipo di visione dinamica, persino quella transumanista è preferibile allo status quo che etc...etc...
Purtroppo non riesci proprio a mettere in dubbio che questa idea di una metafisica dogmatica è esattamente il prodotto di una cultura liberale che ci vuole, si ok tutto quello che vuoi, dinamici, ambiziosi, comunisti, immortali etc..etcc.ma ricercatori del vero sè proprio mai.
Cosa vuoi condividiamo un certo tipo di critica ma da piattaforme e modi di pensare completamente avversi.
Prego l'uomo perche' mi liberi dall'uomo...
Citazione di: green demetr il 25 Gennaio 2023, 18:58:48 PMPer noumeno sia io che iano intendiamo la realtà.
Mi pare che Kant la intendesse diversamente. E, anche la intendesse così,
quale realtà ?
Citazione di: green demetr il 25 Gennaio 2023, 18:58:48 PMPer noumeno sia io che iano intendiamo la realtà.
Per metafisica io intendo una comprensione duale del mondo fatta di realtà e spirito, dove il termine "medio" è l'uomo, ossia il pensiero che riflette il fatto di essere "soggetto", ossia preda del mondo materiale (conosciuto) e preda del mondo invisibile (non conosciuto o inconscio).
Ma certo, ora capisco. Parli del velo di Maya che copre l illusoria realtà fenomenica ,la cosa in sè. Intendete quindi il noumeno come lo concepiva Shopenauher . Per lui l essenza delle cose sono nascoste dall esperienza sensibile . Compito del filosofo è quindi scoperchiare , togliere il velo.
Per hegel vi sono due cose in sè non una. La cosa in sè noumenica non ha valore empirico perchè deriva dalle idee ma non è reale. La cosa in sè fenomenica ha valore empirico, concreto.
Per kant oltre la realtà fenomenica non vi è nessuna conoscenza. Tutto ciò che sta nello spazio e nel tempo , scrive, noi lo possiamo conoscere . quello che oltre lo spazio e il tempo non lo possiamo conoscere. Io aggiungerei che non possiamo conoscere e non è mai stata conosciuta nemmeno una piccola singola formica.
Citazione di: Ipazia il 25 Gennaio 2023, 23:08:22 PMMi pare che Kant la intendesse diversamente. E, anche la intendesse così, quale realtà ?
Non credo di usare il termine realtà in modo corretto.
In alternativa uso in modo altrettanto scorretto, mondo o universo.
Diciamo che per iniziare una storia da qualche parte bisogna cominciare e a me che non credo nella verità non sembra scandaloso partire da un mistero che tale resterà, un inizio metafisico che è un rapporto fra sperimentatore e sperimentato, che produce ciò cui noi attribuiamo solitamente esistenza.
Io però riservo l'esistenza, e pure ipotetica, in modo esclusivo ai due soggetti metafisici di cui sopra, ma essendo ipotesi è più un ''porre in essere'', e la ''realtà'' finirebbe con essi se non fosse per i prodotti della loro interazione, ciò che io dico l'essere impropriamente detto.
Ma per quanto cervellotica la mia storia è solo un tentativo , magari goffo, di render conto da un lato delle contraddizioni dell'essere classico, con tutti i suoi gradi di esistenza sui quali di solito si sorvola, e dall'altro di creare un ambiente mentale accogliente per tutti i nuovi esseri che la scienza nuova ci propone, senza la complicazione di doverli considerare possibili tappe di avvicinamento alla verità, perchè la ''verità'' è legata mani piedi alla nostra naturale percezione, e passa per l'evidente e l'ovvio, dai quali i nuovi esseri fisici si allontanano sempre più, perchè la ''percezione scientifica'' che li produce si allontana sempre più da quella naturale.
Non sono percezioni fatte di diversa sostanza, ma quella scientifica si differenzia per il grado crescente di uso della coscienza.
In questo quadro filosofico, gli scienziati sono liberi, anche se non hanno chiesto aiuto ai filosofi per essere liberati, di introdurre tutti gli enti fisici nuovi che ritengono opportuni, che possono avere gradi di esistenza a piacere, senza dover provare alcun imbarazzo a introdurli, senza più timidezze, senza più ''qui lo dico e qui lo nego''.
La verità è quella cosa che nessuno può negare perchè nessuno l'ha mai affermata, legata indissolubilmente alla percezione naturale, la quale non ha mai fatto alcuna affermazione che noi si sappia.
E' in breve l'anello evolutivo di congiunzione fra vecchia e nuova percezione, che inizia quando della vecchia percezione abbiamo preso coscienza.
vecchia percezione che non occorre dismettere, così come nuove teorie non dismettono le vecchie, affiancandole.
Vecchi e nuovi esseri sono in contraddizione fra loro, per cui bisogna capire quale sia l'esame da superare pre prendere la patente di esistente?
No, perchè sono tutti figli legittimi del nostro rapporto con la impropriamente detta ''realtà'',e non c'è da fare figli e figliastri, perchè il problema non esiste se non si confonde la realtà con la sua descrizione.
Noi non abbiamo alcun limite conoscitivo insuperabile, ma poi in effetti non vi è nulla da conoscere, ma c'è solo da considerare e mettere ordine fra i prodotti della nostra interazione con al realtà, perchè l'essere in sè è inconoscibile, e se abbiamo creduto di poterlo conoscere è perchè lo abbiamo confuso con altro.
Ma alla fine tutta la storia che vi ho raccontato, non cambia molto le cose nella nostra vita, o forse cambia tutto, perchè cambia il nostro atteggiamento nel rapportarci con la ''realtà'', e si propone come possibile descrizione di un nuovo step della coscienza.
E' un nuovo oroscopo se volete, dove non subiamo più l'influenza delle sole stelle, ma dell'universo intero, che fà nuove previsioni su ciò che troveremo cercando,
e che dipende da noi non meno che dalle stelle.
Ma esattamente, che cosa stiamo cercando iano. ..
@ Alberto.
Cosa abbiamo cercato finora?
Quello cui tende l'asino che, inseguendo la carota, in qualcosa alla fine incappa, cercando di configurarlo come una tappa del cammino che continua per giungere alla carota.
Io sto cercando di proporre di liberarci del meccanismo della carota, la verità, trovando motivo di continuare il percorso per il valore che le tappe hanno mostrato di avere in sè.
Di alleggerire la ricerca da ciò che ha svolto finora una importante funzione psicologica, prendendo coscienza della sua non necessità.
Il nichilismo paventa che senza la carota il percorso si arresterà.
E' una paura fondata.
Ma la scommessa è di trovare per strada altre possibili motivazioni che rendano al contempo più agile il passo, alleggeriti dal peso della verità, trovando dentro di noi strumenti nuovi di cui la verità è stato finora virtuoso esempio.
Un nuovo meccanismo in fine che renda meglio conto di ciò che siamo oggi, come la verità ha reso conto di ciò che eravamo ieri, uscendo dal trip dell'uomo da eternare cercando di legarlo in qualche astruso e improbabile modo all'essere in sè, inamovibile, inscafibile, all'uomo ''vero'', e non più all'uomo che appare, come se si potesse uscire dalle apparenze.
Il nuovo meccanismo, qualunque sia, deve essere in grado di gestire in modo più consapevole e quindi più efficace le apparenze dalle quali comunque non usciremo mai.
Se accettiamo questo limite il nostro rapporto con la realtà diventa una strada in discesa, se ci limitiamo a cercare ciò che si può trovare, e la cui sostanza non è diversa da ciò che finora abbiamo trovato.
Nel gioco siamo capaci di mettere una passione tale da dedicarvi la vita intera, come se la vita valesse un gioco.
E se fosse proprio così?
Se fosse che siamo noi quelli che giocano a dadi...?
Il caso è nel lancio, non nel dado.
In noi, non nella materia.
Caso a tuttì gli effetti, ma non sostanzialmente tale, si dice, non conoscendo tutte le cause.
Come se si potessero conoscere cause che potenzialmente includo l'universo intero.
Il gioco sta nell'isolare le cause, ma appunto è un gioco, che però vale una vita.
Un nuovo meccanismo di comprensione è per me lo smettere di guardare alle cose (stati di cose) ma il vedere ciò che rende possibile lo stato di cose come una rete relazionale (invisibile) che tesse la realtà . Per quanto concerne la ricerca della verità sono propio le vere possibilità , di cui verifico le proposizioni, che chiamo il vero terreno.
Lascia stare che poi la verità sia o meno una chimera irraggiungibile ma è il metodo di indagine il quale Non riesco a concepire un altro sistema diverso da questo.
A me pare che tutto questo esercizio che hai proposto si riduca infine a guardare verso una realtà più profonda dell apparenza , che va al di là del fenomeno e di trarne una personale teoria in base al propio sentire , sensibilità e intuizione . in tal modo sì che diveneta un esperimento , un esercizio interessante. Liberati dalle ideologie dei grandi filosofi e da tutto il resto , tu! Cosa vedi al di là dei fenomeni? Mi pare possa essere anche fatto con gioco e senza la pretesa di dover dire qualcosa di esatto o di sensato ma per me rimane appunto un gioco .
Citazione di: Alberto Knox il 26 Gennaio 2023, 12:41:25 PMtu! Cosa vedi al di là dei fenomeni?
Non vedo niente oltre ciò che produce il nostro rapporto con la realtà, tenendomi cari i misteri che siamo noi e la realtà.
Poi naturalmente si è liberi di cercare di svelare i misteri a partire dai fenomeni, ma temo che la cosa non abbia un senso, o quantomeno non ne farei la priorità ufficiale, come abbiamo finora fatto.
Non ho niente contro la verità, perchè non ho niente contro di me, e la verità fà parte di me se la sento, ma la sento sempre meno, segno che la mia sensibilità sta cambiando con me, e dalla verità mi sento sempre meno rappresentato.
Una volta verificato che essa non si nasconde al livello basilare dell'esistenza, quello dell'evidenza, e neanche ai piani alti dell'astrazione più spinta, non ha senso cercarla altrove.
Dietro al velo si può immaginare che vi siano solo un tessitore e un filo di cotone..
Citazione di: Ipazia il 25 Gennaio 2023, 23:08:22 PMMi pare che Kant la intendesse diversamente. E, anche la intendesse così, quale realtà ?
Argomentare grazie.
La realtà intesa è quella che nella discussione abbiamo deciso sia quella sensibile (sia diretta che inferenziale, per esempio dei campi magnetici, attraverso una strumentazione).
Citazione di: iano il 26 Gennaio 2023, 13:09:59 PMNon vedo niente oltre ciò che produce il nostro rapporto con la realtà, tenendomi cari i misteri che siamo noi e la realtà.
Poi naturalmente si è liberi di cercare di svelare i misteri a partire dai fenomeni, ma temo che la cosa non abbia un senso, o quantomeno non ne farei la priorità ufficiale, come abbiamo finora fatto.
Non ho niente contro la verità, perchè non ho niente contro di me, e la verità fà parte di me se la sento, ma la sento sempre meno, segno che la mia sensibilità sta cambiando con me, e dalla verità mi sento sempre meno rappresentato.
Una volta verificato che essa non si nasconde al livello basilare dell'esistenza, quello dell'evidenza, e neanche ai piani alti dell'astrazione più spinta, non ha senso cercarla altrove.
Dietro al velo si può immaginare che vi siano solo un tessitore e un filo di cotone..
Credo che la verità la senti sempre di meno perchè tendi a vederla nel mondo fenomenico, ma guardando dentro di te scopri altri mondi, da quello estetico a quello etico, passando per il religioso, e sono tutti paesaggi singolari, non bisogna pensare sempre all'ordinamento datoci da organizzazioni esterne, come possono essere le università, le chiese, le istituzioni etc..
Se si riuscisse a trovare un pensiero come quello che ci hai consegnato dove lo scienziato ha la massima libertà di introdurre nuovi oggetti ontologici (ossia come hai detto relazionati tra soggetto e suo oggetto), con cui avremo a che fare, e che però aggiugnerei, a loro volta ci costituiranno diversamente come uomini del presente, e del futuro, e allo stesso tempo un pensiero che invece sia riflettente del nostro vero io, avremmo una nuova complessità molto interessante.
Purtroppo io credo stiamo assistendo ad una inversione a U di quelle pesanti, lo scienziato è sempre più istituzionalizzato e il pensiero che riflette è sempre più tabù.
Citazione di: green demetr il 26 Gennaio 2023, 13:50:17 PMArgomentare grazie.
La realtà intesa è quella che nella discussione abbiamo deciso sia quella sensibile (sia diretta che inferenziale, per esempio dei campi magnetici, attraverso una strumentazione).
Bene, ma che ci azzecca un ferro vecchio metafisico come la "cosa in sè" o noumeno con una realtà di cui è già tanto se riusciamo a comprendere e relare i suoi fenomeni, che sono gli unici fatti che possiamo esperire.
Qui ha davvero ragione bobmax: se cerchi la Maia, tolto l'ultimo velo, trovi nulla. Ancor meno del Nulla metafisico.
Citazione di: Ipazia il 26 Gennaio 2023, 19:31:52 PMBene, ma che ci azzecca un ferro vecchio metafisico come la "cosa in sè" o noumeno con una realtà di cui è già tanto se riusciamo a comprendere e relare i suoi fenomeni, che sono gli unici fatti che possiamo esperire.
Qui ha davvero ragione bobmax: se cerchi la Maia, tolto l'ultimo velo, trovi nulla. Ancor meno del Nulla metafisico.
Serve a mantenere alta l'attenzione sul fatto che la relazione che abbiamo trovato tra fenomeni, non sia in realtà la relazione corretta. Almeno questo era lo scopo di Iano che io ho colto. Risponderà meglio lui se ritiene.
Rispetto alla critica di bobmax e kobayashi ho già risposto prima, lo trovo un nichilismo, come nichilistica è la non-dualità di matrice induista.
Citazione di: green demetr il 26 Gennaio 2023, 22:30:39 PMServe a mantenere alta l'attenzione sul fatto che la relazione che abbiamo trovato tra fenomeni, non sia in realtà la relazione corretta. Almeno questo era lo scopo di Iano che io ho colto. Risponderà meglio lui se ritiene.
Rispetto alla critica di bobmax e kobayashi ho già risposto prima, lo trovo un nichilismo, come nichilistica è la non-dualità di matrice induista.
Penso che le cose siano prodotte dal nostro rapporto con la realtà insieme alle loro relazioni.
Le masse nascono con le loro relazioni spaziali.
Credo comunque che nella fisica sia celata sempre più metafisica di quel che vorremmo, e questo mix la rende filosoficamente più interessante di qualunque metafisica pura, perchè comunque questa metafisica di troppo non ne pregiudica l'applicazione.
Possiamo andare sulla luna con la fisica di Newton, e l'aver scoperto che lo spazio e il tempo di Newton non sono assoluti non ha fatto si che non potessimo più andarci.
Se cambiamo lo spazio in cui insistono le masse, se cambiamo quindi le loro relazioni, le masse rimangono uguali?
Se la risposta è si questo confermerebbe che hanno una esistenza in sè, e che restano se stesse indipendentemente dalle relazioni che vi attribuiamo.
Ma è veramente così? Ho i miei dubbi.
Questa è una bella cosa su cui riflettere.
Quando parliamo di masse contenute in uno spazio (Newton) piuttosto che di masse che creano uno spazio, come se le masse contenessero lo spazio (Einstein) parliamo delle stesse masse?
Gli enti della matematica sono definiti dalle loro relazioni. Sono le relazioni ad elevarli dalla condizione iniziale di simboli privi di significato.
Questi simboli privi di significato in matematica, avrebbero come corrispondente in fisica le cose in sè, alla quale natura le relative relazioni non toglierebbe ne aggiungerebbe nulla.
Ma la domanda più attinente a questa discussione è la seguente?
E' proprio vero che non esistono lo spazio e tempo assoluti di Newton, perchè scalzati dallo spazio tempo di Einstein?
Oppure esistono entrambi gli spazi perchè nascono da distinte nostre interazioni con la realtà?
Si potrebbe dire che la fisica di Newton sia stata inglobata da quella Einstein.
Ma per far ciò abbiamo dovuto negare le metafisiche di Newton, per cui non si può più dire che la fisica di Einstein con le sue proprie metafisiche includa quella di Newton.
Ma allora perchè in certi casi troviamo utile continuare ad applicare la fisica di Newton comprensiva delle sue metafisiche?
La risposta è che dipende da che tipo di interazione vogliamo avere con la realtà, essendo nate quelle diverse teorie da diverse interazioni trattenute con la realtà.
Come da etimo, la metafisica, e la dimensione trascendentale umana, non possono avere fondamenta solide altro che radicandosi in physis.
Citazione di: Ipazia il 27 Gennaio 2023, 09:08:01 AMCome da etimo, la metafisica, e la dimensione trascendentale umana, non possono avere fondamenta solide altro che radicandosi in physis.
Dico che la fisica non può fare a meno della metafisica.
No so se diciamo la stessa cosa.
Trascendentale, ma trascendente cosa?
Trascendente la fisica?
Si, da etimologia sta oltre la fisica.
Ma se poi non li si può staccare, al minimo saranno separati in casa.
Ma se fisica e metafisica rappresentano solo diversi gradi dell'essere che diversamente si mescolano a formare diverse teorie, o diverse sensibilità percettive, la loro coesistenza perde la sua problematicità.
E fosse anche una questione psicologica non è comunque poco, perchè decide l'efficacia del nostro agire, le nostre modalità di ricerca, e quindi influenza il nostro rapporto con la realtà.
Le filosofie cambiano, ma le loro conseguenze restano consegnate alla storia, richiamabili quindi come cause del presente.
Si potrebbe dire parimenti che la fisica trascende la metafisica, se non fosse che per il loro diverso grado di esistenza, la fisica si presenta prima alla nostra attenzione.
La mia vorrebbe essere una semplificazione che parte dalla ipotesi che tutto ciò con cui abbiamo a che fare deriva dal nostro rapporto con la realtà, per cui non vi è fra queste cose una gerarchia in sè, se non fosse che certi gradi di esistenza si palesano a noi con più facilità, e sono gradi dell'evidente e dell'ovvio, da essere considerati perciò per primi, e ciò che appare prima nasconde ciò che sta dietro, creando l'illusione di uno spazio tridimensionale in cui si pongono gli esistenti, dove sappiamo che ciò che non si vede non perciò non esiste, se rimane nascosto alla vista da ciò che è posto prima e vi rimane finché non cambiamo prospettiva.
E' lo spazio della nostra attenzione se volete, dove le distanze si misurano col metro della coscienza.
Citazione di: iano il 27 Gennaio 2023, 12:17:52 PME' lo spazio della nostra attenzione se volete, dove le distanze si misurano col metro della coscienza.
Esiste una metafisica trascendente che cioè pensa a Dio, e una metafisica trascendentale ossia che pensa alla realtà ultima.
In questo senso la seconda è in grado di essere assai più affascinante perchè è in grado di relazionarsi con enti sensibili (direttamente o indirittemante).
In questo senso la metafisica newtoniana è più diretta di quella eisteniana e della scuola danese che si occupano di spazi molto vasti (la prima) e molto piccoli (la seconda).
Sarà almeno un ventennio che sento gli scienziati criticare i filosofi di aver occupato lo spazio pubblico di interesse.
Sembra che l'uomo sia più appassionato di chimere o metafore, piuttosto che di cose reali.
Sono d'accordo con loro, in linea di massima, la fisica dovrebbe avere un seguito molto maggiore.
Grazie alla presa del potere dei tecnocrati però nel futuro qualcosa si dovrebbe sgelare.