Salve. In passati interventi ho già avuto occasione di ribadire un concetto a me caro circa la presunta contraddizione tra il Bene ed il Male, cioè tra i due concetti addirittura basilari sui quali è fondata - sembra proprio - ogni etica individuale ed ogni morale collettiva.
Più ancora che di contraddizione, conflitto o compensazione tra tali due concetti, la mia visione parte dalla negazione dell'esistenza del male, cioè dalla convinzione che esso è privo di consistenza.
Facciamo che il male sia il buio ed il bene la luce. L'allegoria, che non mi sembra fuori luogo, dovrebbe mostrarci che dei due termini ne può esistere solo uno.
La luce c'è (mi sembra che tale affermazione - pur se filosoficamente indimostrabile - sia largamente condivisa sia dal punto di vista del senso comune che da quello scientifico e persino (in senso figurato) da quello fideistico-religioso.
Il buio consiste nella MANCANZA di luce. Ciò però è quanto viene affermato unicamente in sede di senso comune.
Dal punto di vista scientifico il buio non è certo una grandezza fisica misurabile e nemmeno teorizzabile.
Per la scienza esiste la luce, grandezza relativa connessa alle manifestazioni dell'energia. Come l'energia la luce è localmente presente in diversa intensità. Come l'energia essa è onnipresente, indipendentemente dalla capacità dei nostri occhi di percepirla e dei nostri strumenti di misurarla. L'assenza totale di luce (cioè il buio) è da escludere ovunque. Niente luce=niente energia=niente calore=zero termico assoluto, inesistente all'interno dell'universo.
Perciò per la scienza ovunque devono esistere quantità - non importa quanto minime - di luce.
Dal punto di vista fideistico-spiritualistico-metafisico, per quanto si ricorra spesso a parole come "buio" e "tenebre" (e solo per affermare una carenza di "illuminazione"), dovrebbe essere chiaro che la "luce" è la semplice condizione esistenziale di qualsiasi fede.
Perciò sia per la scienza che per la metafisica e la fede il "buio" in sé non esiste se non inteso come relativa CARENZA, LIMITATEZZA, RELATIVITA' di presenza luminosa.
Naturalmente a livello dialettico qualcuno potrebbe ribaltare quanto ho scritto sin qui, affermando che è invece la luce a rappresentare la mancanza o carenza di buio. A tal punto mi limiterei ad osservare che, per logica, verrebbe comunque dimostrata l'impossibilità della coesistenza dei termini luce/buio.
Naturalmente incontreremo chi sostenga che male e bene sono cose diverse da buio/luce.
Male e bene non sono grandezze fisiche bensì concetti astratti. Ma come si fa a sostenere che il male non esiste quanto tanti lo sperimentano ?.
Ma il fatto è che io il male, a livello - ripeto - di senso comune ed esistenziale - lo sto solo rinominando, non negando o cancellando.
Il MALE non è altro che relativa CARENZA, IMPERFEZIONE, di quel principio che regna da sempre sul mondo (includendo sia i suoi contenuti materiali che quelli immateriali, spirituali) e che consiste nel BENE (dovrei parlare del significato cosmico dell'AMORE ma non voglio/posso dilungarmi).
Poiché però a questo punto non avrò convinto quasi nessuno di voi, per chiudere farò ora anche l'"avvocato del diavolo" sostenendo ciò che fin qui ho tentato di negare, cioè l'esistenza sia del male che del bene.
Se esistono sia il male che il bene, essi non potranno che risultare relativi. Assoluti no certamente poiché
l'esistenza di un assoluto non può che escludere l'esistenza di altri....no ?? (la metà della gente però purtroppo ignora il concetto di "assoluto").
Se tali due ambiti (bene/male) coesistono e sono addirittura l'uno il contrario dell'altro, ci sarà certo una netta distinzione tra loro Esisterà certo un confine individuabile ai due lati del quale stanno - distintamente - bene e male.
Qual è il punto od il momento in cui qualcosa si trasforma nel proprio opposto, annullandosi sino ad esprimere la negazione di sé ?. Non esiste.
Gli opposti nella realtà non possono esistere. E' la nostra mente a concepirli grazie unicamente alla intrinseca limitatezza con cui essa funziona. Alla nostra mente basta concentrarsi sul concetto di luce (concentrarsi significa "limitarsi a ....." dopodiché - con un semplice cambio di connessioni neuronali - si smette di pensare alla luce e ci si concentra sul concetto di buio. Oplà, eccoci con due opposti beatamente commutabili come se azionassimo l'INTERRUTTORE DELLA MENTE pardon, della LUCE !. Salutoni.
Concordo, il male non può avere una sua autonoma realtà. Il suo esserci consiste esclusivamente in una carenza di bene.
Tuttavia, così come nel nostro "esserci" il vero si impone proprio in quanto negazione di ogni possibile falso, pure il bene si manifesta come antitesi di ogni possibile male.
È il male a permettere la consapevolezza del bene.
Se non vi fosse alcun male, neppure come possibilità, potrebbe "esserci " il bene?
Inoltre è proprio il male che mi ritrovo ad essere, a far brillare il bene come non mai.
L'inferno rende certo il paradiso, come ciò che assolutamente è.
E penso che lo stesso valga per la luce. Se non vi fosse carenza, se non vi fosse il buio, potrebbe esservi ancora la luce?
In fondo, si tratta di dare i voti a ciò che accade: sotto il 6 è "male", sopra o uguale a 6 è "bene".
Purtroppo non è però un compito di matematica, ma un tema: professori differenti danno voti differenti; ad alcuni professori non sfugge nulla, ad altri sfugge molto; alcuni apprezzano certi contenuti, altri ne prediligono di diversi...
Citazione di: Phil il 30 Settembre 2018, 23:59:57 PM
In fondo, si tratta di dare i voti a ciò che accade: sotto il 6 è "male", sopra o uguale a 6 è "bene".
Purtroppo non è però un compito di matematica, ma un tema: professori differenti danno voti differenti; ad alcuni professori non sfugge nulla, ad altri sfugge molto; alcuni apprezzano certi contenuti, altri ne prediligono di diversi...
CARLO
Certo, ma se consegni il compito in bianco non ci sarà nessun professore che ti darà 6. ...Spero!
Con "dare i voti a ciò che accade" intendevo che ciò che accade è "il compito" e noi che lo valutiamo siamo i professori (con abilità, competenze, gusti differenti); "compito in bianco" significherebbe che non accade nulla, quindi non c'è nulla da valutare...
Citazione di: Phil il 01 Ottobre 2018, 10:18:27 AM
Con "dare i voti a ciò che accade" intendevo che ciò che accade è "il compito" e noi che lo valutiamo siamo i professori (con abilità, competenze, gusti differenti); "compito in bianco" significherebbe che non accade nulla, quindi non c'è nulla da valutare...
CARLO
...E io intendevo dire che l'etica non è una questione solo soggettiva, arbitraria, convenzionale, ma che possiede una componente per così dire oggettiva (oggettività metafisica). E non è un caso che i sistemi giudiziari più evoluti siano essenzialmente equivalenti.
Consegnare il compito in bianco significa metaforicamente non aver fatto nulla di
bene, è il
male assoluto.
Ma è proprio la carenza di cui parli ciò che viene detto il male....mi sembri molto confuso!
Comunque questa è la genealogia di come viene visto il bene ed il male. (salvo che tu non vedi il male, il che è bizzarro!)
Comunque sia ho cambiato idea. La luce non è determinata dall'energia, ma è la causa dell'energia. In quanto l'energia è sprigionata dal decadimento cinetico dell'"atomo" eterico.
Salve Green Demetr. Vedo che hai capito tutto sia dello stato della mia mente sia di ciò che ho scritto. Salutoni.
Non credo che sia esatto, credo che il male sia una realtà diversa ed autonoma rispetto al bene. Infatti esso non solo rappresenta una privazione di una capacità, di qualcosa che dovrebbe esserci, ma produce anche effetti proprio opposti e differenti rispetto al bene: per intenderci un pugno che ti colpisce al volto e ti fa male lesionandoti oppure un insulto che ti fa provare dolore morale e ti umilia non sono affatto una semplice mancanza di bene, ma sono qualcosa di negativo opposto al bene di una carezza o di un sorriso, di una lode disinteressata. In fondo un cancro è qualcosa di presente nell'organismo, non una mancanza di qualcosa, eppure produce un male assoluto proprio per la sua natura patologica, cattiva. Sono proprie realtà diverse, appartenenti a mondi di realtà differenti. Per effettuare un paragone con la realtà, se si considera che tutto in fondo è energia si può considerare il bene come una precisa vibrazione su determinate frequenze, mentre il male sarebbe una vibrazione a frequenze differenti, ma NON una mancanza di energia, semplicemente una vibrazione diversa a cui sono associati sentimenti e pensieri negativi.
Citazione di: viator il 01 Ottobre 2018, 18:03:36 PM
Salve Green Demetr. Vedo che hai capito tutto sia dello stato della mia mente sia di ciò che ho scritto. Salutoni.
Non tu, intendevo quello che hai scritto. Voglio dire perchè tutto bene e niente male? in base a che la carenza di cui andavi parlando sarebbe ancora bene?
E' come dire che la carenza di cibo e di lavoro è ancora bene, perchè stiamo parlando comunque di cibo e lavoro......
La domanda era onesta, non volevo offendere!
Citazione di: Socrate78 il 01 Ottobre 2018, 18:07:32 PM
Non credo che sia esatto, credo che il male sia una realtà diversa ed autonoma rispetto al bene. Infatti esso non solo rappresenta una privazione di una capacità, di qualcosa che dovrebbe esserci, ma produce anche effetti proprio opposti e differenti rispetto al bene: per intenderci un pugno che ti colpisce al volto e ti fa male lesionandoti oppure un insulto che ti fa provare dolore morale e ti umilia non sono affatto una semplice mancanza di bene, ma sono qualcosa di negativo opposto al bene di una carezza o di un sorriso, di una lode disinteressata. In fondo un cancro è qualcosa di presente nell'organismo, non una mancanza di qualcosa, eppure produce un male assoluto proprio per la sua natura patologica, cattiva. Sono proprie realtà diverse, appartenenti a mondi di realtà differenti. Per effettuare un paragone con la realtà, se si considera che tutto in fondo è energia si può considerare il bene come una precisa vibrazione su determinate frequenze, mentre il male sarebbe una vibrazione a frequenze differenti, ma NON una mancanza di energia, semplicemente una vibrazione diversa a cui sono associati sentimenti e pensieri negativi.
Se fossero a frequenze diverse, il pugno non ti arriverebbe nemmeno...
Comunque al di là di questo manca tutto il contesto. Se qualcuno fa del male a te, o alla tua famiglia per limitarci alla morale comune, perchè il pugno dovrebbe essere considerato negativo??
Da chi?
Forse tu intendi chi ha scagliato quel pugno. Ma l'atto di violenza è sempre dovuto ad una carenza di sentimenti, di cibo, di lavoro. In realtà la storia della carenza è messa giù bene. Solo che non si capisce come si fa a chiamarla bene!
Non ho afferrato bene il senso del discorso di Viator. "Il male non esiste" è la tesi iniziale ma in realtà la tesi è "il male è un deficit di bene", una carenza: come se l'agente malefico debba essere educato a riscoprire il bene. Però in seguito si dice anche che non fare niente (compito in bianco) è il male assoluto...
Sul bene e il male è stato detto tanto, anche in questo forum.
Mi limito ad osservare che sono fra i fautori di un'etica né metafisica né soggettivo/convenzionale. L'etica è a mio parere sempre intersoggettiva e intersoggettivamente variabile. Tizio, ad esempio, può ritenere buono sfruttare gli immigrati perché intersoggettivamente ha condiviso con altri questo principio etico. Se Però c'è un immigrato fra i tifosi della sua squadra, prevarrà un diverso rapporto etico, fondato su valori, che in questa situazione sono confliggenti e che la creatività del singolo cercherà di risolvere.
La complessità della società attuale ci pone spesso di fronte a questi dilemmi etici ai quali talvolta si è tentati di rispondere con soluzioni assolute, che sono però sostanzialmente illusorie.
La mia etica pertanto è connessa al percorso storico dell'uomo, non dissimile a quello teorizzato da Elias e da Freud, con la consapevolezza che esso non procede a senso unico, ma può recedere, prendere altre vie, anche involutive, come già accaduto.
La credenza in un bene onnipresente e assoluto può essere consolatorio oppure un movente per cercare il bene sempre e comunque. Quindi anche questa tesi non sfugge all'ambivalenza della condizione umana.
Salve. Per Green Demeter. Ok. C'è stato allora un malinteso. Noto che le repliche al mio intervento iniziale sono quasi tutte incentrate su obiezioni relative agli effetti fisici del cosiddetto male.
Siamo in forum di filosofia e voglio far notare che IL CONCETTO di male non ha nulla a che vedere con quello che i bimbi chiamano "la bua" e gli adulti "dolore".
Al di là della sua esistenza od inesistenza, la definizione di male secondo me sarebbe "ciò che produce una perdita diversamente evitabile". Naturalmente un simile concetto non verrà compreso da molti. Non ho la pazienza di spiegarlo.
Il male quindi non è di per sé "ciò che dispiace o danneggia qualcuno". Questa è invece la definizione degli egoisti e dei semplici di spirito.
Infatti tumori e pugni in faccia corrispondono a tale seconda definizione.
La CARENZA di cibo e lavoro non è un bene. il BENE sono IL CIBO ed IL LAVORO. Se ce n'e poco, ci sarà in circolazione poco bene. Cioè ci sarà una quantità di BENE che continuerà però a consistere nel BENE. Il MALE sarà quindi solo la CARENZA di essi.
In estrema sintesi, e limitandosi all'ambito umano, il BENE è ciò di cui possiamo comprendere l'utilità (naturalmente a livelli soggettivi anche molto, molto, molto diversi......si va dall'utilità del denaro all'utilità dell'avere una fede religiosa !) mentre il MALE è ciò di cui possiamo comprendere la negatività (sempre all'interno dei medesimi estremi soggettivi). Salutoni.
La tua, Viator è una concezione di bene/male in qualche modo quantitativa. Come se fosse una risorsa scarsa, possibilmente da incrementare attraverso la scoperta di nuovi giacimenti di bene. Ma la carenza di aggressività è un bene o un male? La carenza/abbondanza di giustizia? La carenza/abbondanza di controllo poliziesco? La carenza/abbondanza di amore? Sesso? Ricchezza? Lunghezza della vita (Il massimo del bene sarebbe quindi l'immortalità?). E anche il lavoro e il cibo, in che senso sono un bene? Il fatto che ve ne sia in gran quantità ma che si tratti di lavoro da schiavi è la stessa cosa di professioni rare ma ben pagate? Che vi sia tanto cibo spazzatura è meglio di una quantità inferiore ma più genuina?
A mio giudizio il male, se vogliamo oltrepassare il discorso etico che ho posto prima, è una condizione umana sempre possibile ed è il male che osserviamo scaturire dalla natura e dai nostri simili. Il male è la morte che ci priva del senso della vita. Ma il male sarebbe anche l'immortalità che ci renderebbe esseri viventi inutili, privi di un disegno e di un destino, per via di un orizzonte infinito.
In estrema sintesi, il Male è l'Altro.
Ossia il 2, la scissione, l'esserci come soggetto/oggetto.
Mentre il Bene è l'Uno.
Tuttavia è solo tramite l'Altro che si può cercare l'Unità.
Sono convinto che la luce sia messaggera di questa intrinseca unità.
Per il fotone, infatti, tutto il tempo è un semplice istante senza durata, mentre tutto lo spazio non è che un punto (un nulla).
ciao Viator,
senza uno statuto ontologico del bene e del male, ogni etica e morale perde consistenza essendo soggette al pensiero storico dei tempi e delle diverse latitudini.si relativizza fin sparire in "convenienza" e giustificazione delle proprie pratiche.
Onestamente non so darti una risposta "assoluta", le cosmogonie antiche ci dicono del dio in cui si crede , direi in tutte le culture e tradizioni, che è sempre bene, ma c'è sempre un contraltare.
Perchè la vita è felicità e dolore, è numeri positivi e negativi, è polo nord e sud di un magnete, è differenza di potenziale che permette le dinamiche. Sembrerebbe che l'imperfezione determini i movimenti mentre l'armonia sia la quiete assoluta.
Se la terra è il male, il cielo è il bene.
Sostengo che sia fondamentale più di quello che si pensi il fatto di credere che vi siano attribuzioni fino alle essenze del bene e del male, perchè è la dialettica della negazione che costringe l'uomo a vivere il negativo della contraddittorietà, ed è un poco la dialettica severiniana.
Il male non può essere interpretato come mera carenza, se la conoscenza, la dinamica epistemologica è colei che illumina il buio e rende evidente ora ill conosciuto, vi si troveranno costanti contraddizioni che sono originarie e si propagano "nell'eterno divenire dei movimenti"
Trovo quindi che il bene e il male siano essenze originarie attribuibili all''archè primitivo, al fondamento costitutivo dell'universo,che fa nascere come apparire, che fa morire come sparire, che provoca gioia e dolore, che assomma e che toglie.........
Perchè ,daccapo, senza uno statuto ontologico, vale a dire il bene e il male esistono, perdono consistenza e tutte le etiche e morali.
Ma è possibile anche pensare al contrario,e riecco una complementarietà dialogica, vale a dire pensare che non esistano morali e quindi non necessitiamo del bene e del male,che l'essente sia verità, il fatto che si esista e si accetti le regole dell'esistenza. tipicamente del pensiero di Nietzsche. Ma trovo quest'ultima più...........contraddittoria, ma altrettanto interessante.
Da quì la mia......incertezza
Il male non può essere inteso, a mio modo di vedere, se non nelle relazioni e negli atti, in special modo negli atti intenzionali. Il "male" come danno nella relazione e come costruzione , attraverso l'agire, di un rapporto con le cose e le persone 'malato', insano e disarmonico. Operare per il 'male' significa quindi operare a danno di se stessi e degli altri.
Il danno procuratomi si ripercuote sull'altro e il danno cagionato all'altro si ripercute su me stesso. Non esiste qualcosa come 'il male' , se non come definizione convenzionale,se non cogliamo che esso è essenzialmente un processo, una costruzione in divenire di sofferenza. Se questo 'processo' che alimentiamo costantemente con la nostra bramosìa rappresenta il danno, ciò che non costruisce questo processo è quello che comunemente viene definito come 'bene'. Già non alimentare questa fiamma distruttiva è bene, ma questo bene per dispiegarsi ha bisogno di costruire l'opposto del danno, ossia tendere , nelle relazioni e negli atti, in special modo negli atti intenzionali, a costruire rapporti con le cose e le persone sani ed armonici. Non esiste qualcosa come 'il bene', se non come definizione convenzionale, se non cogliamo che esso è essenzialmente un processo, una costruzione in divenire salutare.
Il 'bene' procuratomi giova anche all'altro e il bene verso l'altro giova anche a me stesso.
La 'mente' è la costruttrice di tutto ciò che è male e connesso al male, ma è pure la costruttrice di tutto ciò che è bene e connesso al bene.
Il 'bene' è anche un processo estetico. E' il momento in cui la mente sa cogliere la bellezza di un luogo o di una persona. Il 'male' è anche un processo di costruzione di bruttura e di imperfezione disarmonica. E' il momento in cui la mente non sa più cogliere la bellezza di un luogo o di una persona.
Naturalmente questi due processi mentali coesistono nella persona, a volte rafforzandosi il 'bene' s'indebolisce il 'male', a volte succede il contrario, in relazione a come la mente reagisce o non reagisce all'insorgere dei vari stati mentali di desiderio o di avversione verso le cose o le persone.
Anche il dolore e la morte, comunemente ritenuti come un male, non sfuggono al processo di costruzione di ciò che è dannoso o viceversa salutare che opera la mente.
Un dolore che mi spinge a prendere consapevolezza della mia condizione esistenziale limitata e di quanto sia illusorio credermi autosufficiente, mostrandomi la mia dipendenza dall'altro, è salutare.
Un dolore viceversa vissuto nella rabbia e nell'odio per la mia condizione esistenziale limitata e per la mia dipendenza dall'altro è dannoso per me stesso e per le relazioni che creo con gli altri.
ma c'è una controindicazione a mio parere Sariputra, quando si entra nelle prassi a discapito della teoretica, il bene e il male le morali si segue il concetto aristotelico e non più platonico e allora si passa al domino umano disancorato da quello naturale e divino.
Accade come è accaduto, che dal nomos si cala alla domus domestica fino a far diventare il principio morale una questione economica.
Non diventerà più è bene o male , ma se è utile o conveniente per entrambi.
Non avendo più l'agire riferimenti sul come agiscono l'ordine naturale e quello divino ,ciò che è bene diventa pura ermeneutica, interpretazione nei processi storici fino costruire l'edonismo utilitaristico
Citazione di: paul11 il 02 Ottobre 2018, 11:07:44 AMma c'è una controindicazione a mio parere Sariputra, quando si entra nelle prassi a discapito della teoretica, il bene e il male le morali si segue il concetto aristotelico e non più platonico e allora si passa al domino umano disancorato da quello naturale e divino. Accade come è accaduto, che dal nomos si cala alla domus domestica fino a far diventare il principio morale una questione economica. Non diventerà più è bene o male , ma se è utile o conveniente per entrambi. Non avendo più l'agire riferimenti sul come agiscono l'ordine naturale e quello divino ,ciò che è bene diventa pura ermeneutica, interpretazione nei processi storici fino costruire l'edonismo utilitaristico
Sì, comprendo l'obiezione, ma la mia intenzione era quella soprattutto di dare una consistenza sperimentabile a quello che rischia di essere un concetto astratto. Legare il concetto di bene e male solo ad una teoria o una dottrina, oltre ad essere sentito spesso come imposizione dall'alto, non fa comprendere in profondità, a mio parere, quanto sia il nostro agire, determinato dai nostri stati mentali, a condizionare la nostra esistenza e quella degli altri; in una continua relazione di cause ed effetti, spesso con risultati deleteri. Comprendere che siamo la causa del bene e del male, e del suo dispiegarsi nel mondo, è diverso che ritenere che questa causa sia esterna a noi, molto più responsabilizzante, privo di 'alibi' (non ero io, era il diavolo...) e , in definitiva, realmente etico, nella misura in cui diventiamo consapevoli che siamo noi la possibilità di un'etica e di una morale realmente sentita. Solo in questo modo si può evitare il pericolo dell'edonismo utilitaristico, proprio per la percezione e consapevolezza di questa rete di relazioni con le cose e le persone di cui siamo intessuti, che ci permette così di non 'usarle" riducendo quella spinta dell'ego a sentirsi al "centro" del mondo. Questo appare, a mio parere, particolarmente importante per quelle persone che fanno riferimento a rivelazioni riguardanti un ordine divino, chiamate proprio dalla responsabilità e consapevolezza dell'agire per ciò che è salutare, a realizzare quell'unità del 'Bene' da cui si sentono 'chiamate'...la famosa frase:"Dio non ha altre mani che le nostre mani"...Ciao
Sull'edonismo utilitaristico (@paul11 e @Sariputra): fatico un po' a pensare il bene (o il Bene ontologizzato) fuori dalla dinamica utilitaristica premio/castigo (faccio il bene per convenienza personale, per ottenere l'approvazione altrui e il paradiso o altri benefici spirituali, insomma perché devo farlo) e fuori dall'edonismo (potenzialmente volubile) del "bene fine a se stesso" (faccio il bene perché mi piace farlo, voglio farlo).
Intendo dire che il concetto di "bene" forse esige edonismo utilitarista (oppure utilitarismo edonista) anche se ha le sue radici nella trascendenza di una divinità: se nel piano metafisico vige la legge causale, la divinità reagirà in base alla nostra condotta, facendoci a sua volta del bene o del male (almeno secondo il nostro punto di vista) e sapendo questo possiamo quindi volgerci verso ciò che la divinità ci ha suggerito come "bene", perché ci sarà utile a ricevere il piacere della ricompensa.
Se usciamo dal piano metafisico, in fondo, ciò che cambia è solo il tipo di utilità (esclusivamente terrena) e/o di piacere (sensoriale o psicologico o altro).
Un terzo movente per il bene potrebbe essere il "senso del dovere" (a prescindere dall'utile e dal piacevole), tuttavia ciò significherebbe incentrare il bene sul proprio, per dirlo con Freud, "super-io" (generato da influenze parentali, culturali, etc.) e quindi si spalancherebbero le porte alla contingenza, al relativismo, etc. lasciando il concetto di "bene" alla mercé del pluralismo de-ontologizzante (salvo interpretare tale "senso del dovere" come richiamo mistico-interiore ad un Bene trascendentale, come se ci fosse sopra la nostra spalla il piccolo angioletto che ci bisbiglia all'orecchio, in perenne competizione con l'inquilino dell'altra spalla...).
Sariputra ha scritto:
Un dolore viceversa vissuto nella rabbia e nell'odio per la mia condizione esistenziale limitata e per la mia dipendenza dall'altro è dannoso per me stesso e per le relazioni che creo con gli altri..........
Però forse proprio questo dolore rabbioso è più VERO, infatti dipendere da un altro anche per i bisogni fisiologici, non potersi muovere, essere in una condizione di handicap è indubbiamente un MALE e di schiavitù e se non si ha una qualche fede che ti permette di dare ad esso un senso la malattia diventa appunto una condanna. Non è vero che l'autosufficienza è qualcosa di illusorio, è un'illusione l'autosufficienza ASSOLUTA, ma non quella relativa, ad esempio se io ho gli occhi sani non ho bisogno di occhiali, e quella è un'autosufficienza relativa.
Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2018, 15:00:13 PMSull'edonismo utilitaristico (@paul11 e @Sariputra): fatico un po' a pensare il bene (o il Bene ontologizzato) fuori dalla dinamica utilitaristica premio/castigo (faccio il bene per convenienza personale, per ottenere l'approvazione altrui e il paradiso o altri benefici spirituali, insomma perché devo farlo) e fuori dall'edonismo (potenzialmente volubile) del "bene fine a se stesso" (faccio il bene perché mi piace farlo, voglio farlo). Intendo dire che il concetto di "bene" forse esige edonismo utilitarista (oppure utilitarismo edonista) anche se ha le sue radici nella trascendenza di una divinità: se nel piano metafisico vige la legge causale, la divinità reagirà in base alla nostra condotta, facendoci a sua volta del bene o del male (almeno secondo il nostro punto di vista) e sapendo questo possiamo quindi volgerci verso ciò che la divinità ci ha suggerito come "bene", perché ci sarà utile a ricevere il piacere della ricompensa. Se usciamo dal piano metafisico, in fondo, ciò che cambia è solo il tipo di utilità (esclusivamente terrena) e/o di piacere (sensoriale o psicologico o altro). Un terzo movente per il bene potrebbe essere il "senso del dovere" (a prescindere dall'utile e dal piacevole), tuttavia ciò significherebbe incentrare il bene sul proprio, per dirlo con Freud, "super-io" (generato da influenze parentali, culturali, etc.) e quindi si spalancherebbero le porte alla contingenza, al relativismo, etc. lasciando il concetto di "bene" alla mercé del pluralismo de-ontologizzante (salvo interpretare tale "senso del dovere" come richiamo mistico-interiore ad un Bene trascendentale, come se ci fosse sopra la nostra spalla il piccolo angioletto che ci bisbiglia all'orecchio, in perenne competizione con l'inquilino dell'altra spalla...).
Basta intendersi sul significato che diamo al termine "utilità". Se ne facciamo un uso in senso economico ( premi. ricompense, castighi, ecc.da parte di divinità o società), come mi sembra intendi tu, o se lo intendiamo come 'funzionalità', ossia come lo intendo io. Faccio il 'bene' perchè è funzionale a realizzare l'esigenza che sento insopprimibile in me di realizzare questo 'bene' ( al mio desiderare di non recare sofferenza all'altro). Faccio il 'male' perché è funzionale all'esigenza che sento in me, determinata dalla mia bramosìa e dalle mie avversioni, di realizzare questo 'male' che ritengo possa darmi soddisfazione (al mio desiderare cose che possono provocare sofferenza all'altro).Il bene non dà 'piacere', il termine è improprio. perchè fare il bene non produce alcun tipo di sensazione fisica o mentale di tipo piacevole,anzi spesso ricevi sputi in faccia come 'ricompensa', assai poco piacevoli devo dire: è semplicemente un'esigenza interiore data dal 'distacco'. Direi una cosa 'naturale', che vien da sé. E' la natura stessa della mente quando non è attaccata all'abitudine di usare in senso 'economico' gli altri...nulla di metafisico quindi. Provare per credere! ;D Se si provasse 'piacere' nel fare il bene, sensazioni meravigliose, ecc. nascerebbe inevitabilmente un sottile attaccamento a questo piacere e passeremmo alla fase 'economica', che non è più 'bene' in senso non-ipocrita...Ciao
Citazione di: Socrate78 il 02 Ottobre 2018, 15:30:02 PMSariputra ha scritto: Un dolore viceversa vissuto nella rabbia e nell'odio per la mia condizione esistenziale limitata e per la mia dipendenza dall'altro è dannoso per me stesso e per le relazioni che creo con gli altri.......... Però forse proprio questo dolore rabbioso è più VERO, infatti dipendere da un altro anche per i bisogni fisiologici, non potersi muovere, essere in una condizione di handicap è indubbiamente un MALE e di schiavitù e se non si ha una qualche fede che ti permette di dare ad esso un senso la malattia diventa appunto una condanna. Non è vero che l'autosufficienza è qualcosa di illusorio, è un'illusione l'autosufficienza ASSOLUTA, ma non quella relativa, ad esempio se io ho gli occhi sani non ho bisogno di occhiali, e quella è un'autosufficienza relativa.
E cosa si ottiene dalla propria rabbia in quel momento? Nient'altro che dolore che va a sommarsi a quello inevitabile dato dal fatto che siamo esseri soggetti a vecchiaia, malattia e morte e non possiamo sfuggire a questa condizione. Allora si comincia ad insultare il vicino di letto, anche lui nella sofferenza, ad insultare i famigliari che non sono responsabile della nostra malattia, ecc.In poche parole alla nostra tristissima condizione fisica andiamo a sommare un'infinità di stati mentali negativi, di rabbia e di odio, che ci rendono ancora più infelici. L'autosufficienza è sempre relativa: anche mantenere gli occhi sani necessità di cibo adeguato, di corretta illuminazione, di igiene, ecc.
Il sentimento della rabbia è perfettamente naturale, in certe situazioni, il problema è quando la mente s'identifica con questa rabbia... :( Ciao
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 15:36:37 PM
Faccio il 'bene' perchè è funzionale a realizzare l'esigenza che sento insopprimibile in me di realizzare questo 'bene' ( al mio desiderare di non recare sofferenza all'altro).
Eppure se il bene è
utile funzionale a realizzare tale "esigenza insopprimibile", non costituisce comunque un piacere, in termini di piacevole appagamento/realizzazione di un'esigenza?
Il mio "desiderare di non recare sofferenza all'altro"(cit.) non è un
desiderio che, in quanto tale, una volta appagato, dà piacere?
Chiaramente non è un piacere fisico-libidinoso, forse potremmo definirlo piacere psicologico... tuttavia, secondo me, può rientrare fra le forme di edonismo: fare qualcosa perché ne ricaviamo appagamento/piacere.
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 15:36:37 PM
Il bene non dà 'piacere', il termine è improprio. perchè fare il bene non produce alcun tipo di sensazione fisica o mentale di tipo piacevole,anzi spesso ricevi sputi in faccia come 'ricompensa'
Davvero quando fai il bene non provi nulla di positivo/piacevole a livello "mentale" (pur ricevendo metaforicamente "sputi")?
Se non lo fai per piacere (in tutte le sue sfumature), né per utilità, mi viene in mente solo la terza via del "senso del dovere" (v. sopra).
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 15:36:37 PM
è semplicemente un'esigenza interiore data dal 'distacco'.
Se c'è distacco, non c'è esigenza; se c'è
esigenza (di relazione), allora c'è
attaccamento (all'esigenza e alla relazione); se c'è attaccamento, c'è di mezzo piacere o utilità o dovere... anche in ottica buddista; sbaglio?
cit.Phil
Eppure se il bene è utile funzionale a realizzare tale "esigenza insopprimibile", non costituisce comunque un piacere, in termini di piacevole appagamento/realizzazione di un'esigenza?
Il mio "desiderare di non recare sofferenza all'altro"(cit.) non è un desiderio che, in quanto tale, una volta appagato, dà piacere?
Chiaramente non è un piacere fisico-libidinoso, forse potremmo definirlo piacere psicologico... tuttavia, secondo me, può rientrare fra le forme di edonismo: fare qualcosa perché ne ricaviamo appagamento/piacere.
Credo sia difficile inquadrare il 'bene' all'interno di questo tipo di dialettica piacere/appagamento che porti avanti. Il 'bene' perde qualunque significato se non lo riferiamo a qualcosa e, nel mio caso, quel qualcosa è l'esigenza di non arrecare sofferenza all'altro. Dire che è un piacere/appagamento riuscire a non provocare sofferenza all'altro è come dire "gioire della gioia". Quindi gioisco nel fare il bene perché è la natura della mente che sperimenta il bene il gioire (il 'bene' è gioia , altrimenti detto...).
Non si tratta di 'appagare' la mente con una sensazione estranea ad essa e che si ricerca, pertanto. E' l'appagamento della mente nella realizzazione del suo stato naturale di 'mente compassionevole".
Quindi secondo me ti sbagli quando lo paragoni all'edonismo, perché l'edonismo essenzialmente identifica la morale col piacere, mentre qui c'è gioia spontanea (premio a se stessa) nel fare il bene.
Davvero quando fai il bene non provi nulla di positivo/piacevole a livello "mentale" (pur ricevendo metaforicamente "sputi")?
Se non lo fai per piacere (in tutte le sue sfumature), né per utilità, mi viene in mente solo la terza via del "senso del dovere" (v. sopra).
Vedi la risposta sopra se ti chiarisce il significato che intendo.
Se c'è distacco, non c'è esigenza; se c'è esigenza (di relazione), allora c'è attaccamento (all'esigenza e alla relazione); se c'è attaccamento, c'è di mezzo piacere o utilità o dovere... anche in ottica buddista; sbaglio?
Esigenza s'intende come esigenza di rispettare lo stato di compassione e benevolenza che prova naturalmente la mente, quando non è aggrappata ai suoi desideri e alle sue avversioni. Contariamente a molti stereotipi il Buddhismo non predica una sorta di alienazione dagli stati mentali: non fare il male, fare il bene , purificare la mente, questo è il Buddhismo (non-attaccamento è sempre riferito agli stati mentali e non alle qualità della mente non aggrappata alla brama, all'avversione e all'ignoranza...infatti si insegna a 'coltivare' la compassione e la benevolenza proprio per liberarsi da questi "condizionamenti negativi").
Abbracci ed auguri per tutti.
Questo Forum (sezione Filosofia) è frequentato da tre precise categorie di utenti :
1- coloro che possiedono una formazione filosofica od almeno umanistica e magari sono stati o sono tuttora studiosi di argomenti immateriali, concettuali (i "cultori").
2 - quelli come me, privi di una specifica o persino generica formazione culturale ma interessati e curiosi verso tematiche non contingenti. Costoro possono portare alle discussioni solo quesiti o contributi di (augurabile) buonsenso (i "profani").
3 - quelli - istruiti o meno - privi di interesse particolare per la filosofia e l'astrazione ma che comunque possono farsi coinvolgere dalle singole questioni e da singoli interrogativi ( i "lettori").
Esistono i concetti (impercepibili ai sensi) ed esistono le percezioni ed esperienze.
I concetti rappresentano delle sintesi. Come tali, essi hanno la caratteristica di interpretare ciò che descrivono cercandone l'essenza meno superficiale e meno soggettiva. Il concetto deve cercare il COS'E' indipendente dalla forma esteriore - quasi sempre mutevole e provvisoria e spesso addiritura mistificante - del COM'E' quella data "cosa".
Perciò il concetto dovrebbe riguardare l'insieme delle manifestazioni di una certa cosa SENZA CONSISTERE IN NESSUNA DI ESSE.
Il tipo di interventi che leggo qui dentro mi invogliano spesso ad attribuire (chissà se ci prendo !) l'utente ad una delle tre categorie descritte sopra.
A proposito di BENE e di MALE vedo che l'aspetto concettuale viene spesso assai mal digerito.
Ma come si fa a sostenere che il male esiste adducendo argomentazioni del tipo "perchè negli ultimi tre giorni ho avuto il mal di denti" oppure "settimana scorsa hanno scippato mia moglie" ?
I concetti solo - appunto - concezioni, escogitazioni tipicamente ed esclusivamente umane. Nel mondo inanimato non hanno alcuna cittadinanza. Siamo solo noi ad attribuire beneficità o maleficità a ciò che è fuori di noi.
Il BENE è unicamente ciò che ci giova, quindi che ci piace. Quindi è concetto AFFERMATIVO.
Il MALE è unicamente ciò che non ci giova, quindi che non ci piace. Quindi è concetto NEGATIVO.
E allora, cosa viene NEGATO dal concetto di male ? Non l'esistenza del bene, bensì l'esistenza di ciò che vorremmo veder affermato intorno a noi. Lamentarsi del MALE significa quindi lamentarsi della carenza, latitanza, insufficienza di ciò che unicamente dovrebbe esistere.......appunto il BENE.
Citazione di: viator il 02 Ottobre 2018, 17:25:22 PM
Il BENE è unicamente ciò che ci giova, quindi che ci piace. Quindi è concetto AFFERMATIVO.
Il MALE è unicamente ciò che non ci giova, quindi che non ci piace. Quindi è concetto NEGATIVO.
Queste sono le definizioni non di "bene" e di "male" ma invece di "soddisfazione (appagamento, piacere, gioia, felicità, ecc.)" e di "insoddisfazione (frustrazione, dolore, pena, tristezza, infelicità, ecc.)".
Si può essere soddisfatti, felici, ecc. se si riesce a fare il bene desiderato o anche -allo stesso modo- se si riesce a fare il male desiderato (a seconda che si sia buoni o cattivi).
Ed esattamente nello stesso senso si può essere insoddisfatti, infelici, ecc. se non si riesce a fare il bene desiderato o anche se non si riesce a fare il male desiderato (a seconda che si sia buoni o cattivi).
Altrimenti si sprofonda nell' hegeliana "notte in cui tutte le vacche sembrano nere".
Per esempio non si coglie alcuna differenza fra il "fatto A" costituito della soddisfazione del mafioso che delinque efficacemente e proficuamente e il "fatto B" costituito dalla per certi versi similissima" -licenza "poetica"- soddisfazione del generoso che dona o magari il "fatto C" costituito dalla
per certi versi similissima" -a-ri-licenza "poetica"- soddisfazione dell' eroe che si sacrifica per il bene altrui: fatti la "differenza qualitativa" fra i quali é quanto di più "enormemente evidente"(per chi non sia così cieco da non vederla, ovviamente)!
@Sariputra @Phil @Viator
È pressoché impossibile definire il Bene.
Possiamo solo provare a tendere verso il Bene, senza però conoscerlo davvero.
Questo perché il Bene è il fondamento della realtà. Quindi di ogni possibile pensiero logico/razionale.
Abbiamo perciò un bel pari nel cercare di inquadrarlo...
Anche se può sembrare assurdo. È l'Etica che regge la logica! Non viceversa...
sono sostanzialmente d'accordo con Sariputra ,tranne che il bene sia finalizzato a far del bene all'altrui.
Ma se l'altrui ha un concetto di bene diverso dal tuo?
quello che io temo è che se il bene non fosse un concetto formatosi fuori dall'uomo, inteso come osservazione del mondo, delle regole che governano il mondo delle sue essenze, ci troveremmo, come in fondo oggi, è, con ognuno una sua morale e con troppi malintesi, fraintesi.
ad esempio, compio un azione che a mio parere è a fin di bene verso qualcuno, ma quel qualcuno mi fraintende e addirittura ritene che sia il contrario che io abbia avuto un "piano" per raggirarlo.
Capita in famiglia, capita fra amici e conoscenti.
La via di comunicazione comune passa per le nostre coscienze e seppur parliamo un linguaggio comune ,spesso non ci capiamo.
Abbiamo un ordine interiore diverso e,a mio parere ,ma son a tutt'orecchi ad ascoltare chiunque perchè so che è difficle l'argomento, la fortuna delle religioni, o delle spiritualità animistiche, panteiste, ecc, non è stato tanto se quell'ordine fosse giusto o sbagliato, ma fosse accettato come linguaggio di riferimento in modo tale che le azioni dei singoli avessero una regola comune.Nel mondo civile le regole comuni sono le legislazioni che limitano l'azione e costruisce la responsabilità ,la conseguenza dell'agire.
Oggi nel nostro mondo è già difficile trovare persone coerenti con la propria morale personale, perchè si sa "come trattarla" e questo può togliere i malintesi; è molto più facile che seguano utilità personali, per cui sono incoerenti se un giorno sono sul pero e l'altro sul melo.
cit.Paul11:
sono sostanzialmente d'accordo con Sariputra ,tranne che il bene sia finalizzato a far del bene all'altrui.
Ma se l'altrui ha un concetto di bene diverso dal tuo?
E' lì che prendi gli sputi in faccia... :(! C'è sempre una forte avversione quando si parla del 'bene'....
Infatti io non sostengo che il bene sia finalizzato solo a far del bene all'altro, ma che puoi realizzare quello stato di 'bene' interiore (privo cioè di bramosìa, avversione, rabbia, ecc.) per cui puoi diventare un 'bene' per l'altro, oltre che per te stesso.
quello che io temo è che se il bene non fosse un concetto formatosi fuori dall'uomo, inteso come osservazione del mondo, delle regole che governano il mondo delle sue essenze, ci troveremmo, come in fondo oggi, è, con ognuno una sua morale e con troppi malintesi, fraintesi.
Purtroppo anche far riferimento ad un Principio 'esterno' non ci mette al riparo dalle radici del male (vedi sopra) ,secondo me infatti, l'ingiustizia , la sopraffazione, ecc. erano ben presenti anche quando vigeva una morale per così dire 'assoluta'...si aderiva, ma ci si guardava bene dal cambiare, per così dire...
Oggi nel nostro mondo è già difficile trovare persone coerenti con la propria morale personale, perchè si sa "come trattarla" e questo può togliere i malintesi; è molto più facile che seguano utilità personali, per cui sono incoerenti se un giorno sono sul pero e l'altro sul melo.
Concordo. La coerenza è un enorme problema dell'uomo ( avendo ben presente che, per il solo fatto di esisetre in questo mondo condizionato, la coerenza assoluta è illusione...) e dove s'incontrano le più grandi difficoltà, qualunque strada di 'bene' s'intenda perseguire...Personalmente lavoro molto su questa, non senza amari insuccessi... :(
@Bobmax: Io non credo affatto che sia l'etica che sorregga la logica. Ciò che è logico può anche essere errato per la morale, e viceversa. Immagina, per fare un esempio estremo, di essere il comandante di una nave in viaggio da lungo tempo che per una bonaccia si è quasi bloccata e sta perdendo le scorte di cibo, con il rischio che l'equipaggiamento muoia di fame: allora il comandante decide ripetutamente di uccidere buttando in mare alcuni uomini ed ecco che grazie a questa soluzione estrema la nave alla fine raggiunge il porto senza che ci sia altra gente che muoia. Ora, la soluzione del comandante è logica? La risposta è SI, è una soluzione razionale che sacrifica alcune persone per evitare una strage nell'equipaggio, la ragione dice che meno persone ci sono tanto più le scorte di cibo basteranno. Ma questa decisione è anche etica? Non direi, visto che non rispetta il valore di ogni singola vita umana, anzi, la calpesta.
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 19:12:04 PMConcordo. La coerenza è un enorme problema dell'uomo ( avendo ben presente che, per il solo fatto di esisetre in questo mondo condizionato, la coerenza assoluta è illusione...) e dove s'incontrano le più grandi difficoltà, qualunque strada di 'bene' s'intenda perseguire...Personalmente lavoro molto su questa, non senza amari insuccessi... :(
Molto vero anche secondo me.
Credo che se ne debba (dovrebbe?) far conseguire una certa indulgenza (non illimitata, naturalmente, non eccessiva: come tutto ciò che é bene, in generale, non dovrebbe presentare "eccessi"), una certa attitudine e disponibilità al perdono (di chi sia autenticamente pentito; e dunque non pretenda "sconti di pena" ma casomai sia disponibile a eventuali inasprimenti); che é ciò che di buono mi sembra di poter "salvare" nel cristianesimo che mi fu insegnato da bambino e poi abbandonai.
A proposito di "sconti di pena", che se pretesi escludono secondo me un autentico pentimento, credo invece che il concetto di "espiazione" (oltre che ovviamente quello di "riparazione per quanto possibile"), anzi la disponibilità a prestarvisi, sia intrinseco al pentimento (autentico) stesso.
Ovviamente nel rispetto del principio per il quale
tutto ciò che é bene, in generale, non dovrebbe presentare "eccessi".Non ho nostalgia di quando ero credente (ma casomai di quando ero giovane e anche bambino, anche se le due cose di fatto coincidono) e non ho dubbi circa il mio ateismo, ma ricordo che del sacramento della "confessione", o "pentimento" che dir si voglia, era parte integrante (oltre ovviamente ai buoni propositi per il futuro, anche) la "penitenza".
@SariputraGrazie per i chiarimenti; tuttavia c'è ancora qualcosa che non ho capito:
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 17:20:49 PM
Non si tratta di 'appagare' la mente con una sensazione estranea ad essa e che si ricerca
Eppure, andando nel concreto, nel momento in cui devo compiere una scelta di tipo etico, l'interazione con l'esterno della mente è inevitabile (pur non essendo cercata). Certo, la gioia viene esperita "dentro la mente", ma la causa è "fuori" ed è la scelta che compio (oltre alle sue conseguenze...): se oriento la scelta verso il bene, con quali criteri lo scelgo? Perché è "bene"? Se lo è perché mi dà gioia, questa è, per me, una forma di edonismo.
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 17:20:49 PM
E' l'appagamento della mente nella realizzazione del suo stato naturale di 'mente compassionevole".
Intendi che la mente
per sua natura tende a ciò che chiamiamo "bene"? Per cui se facciamo il "male" è perché contrastiamo tale stato naturale della nostra "mente compassionevole", oppure è un discorso personale (tale natura è della
tua mente)?
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 17:20:49 PM
Quindi secondo me ti sbagli quando lo paragoni all'edonismo, perché l'edonismo essenzialmente identifica la morale col piacere, mentre qui c'è gioia spontanea (premio a se stessa) nel fare il bene.
Se mi trovo a
dover fare una scelta (in cui è coinvolto qualcun'altro) e
scelgo la gioia spontanea del fare il "bene", uso come criterio di scelta proprio la
previsione che ciò mi darà spontaneamente gioia (questo intendo per "edonismo"!): se so (per
esperienza vissuta) che fare ciò che reputo "bene" mi rende spontaneamente contento, ad ogni scelta cercherò di fare il bene (perché ciò mi renderà piacevolmente contento...).
Oppure opterò per ciò che la mia "mente compassionevole" mi spinge a fare (questo intendo come "senso del dovere", in questo caso dovuto magari al mio "lavoro spirituale" su me stesso) oppure ciò che mi sembra utile fare (per eventuali scopi personali). Per ora, non vedo alternative...
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 17:20:49 PM
non fare il male, fare il bene , purificare la mente, questo è il Buddhismo
I tre precetti universali non sono "non fare il male, fare il bene, aiutare tutti gli esseri"? La domanda è:
perché (non "se") indicano il "bene"?
Se faccio "il bene" per rispettare tali precetti (che me lo indicano) è una forma di utilitarismo (con conseguenze propizie: cessazione delle rinascite, karma positivo, etc.); se lo faccio perché ho introiettato tali precetti, è "senso del dovere" (dimentico persino i precetti perché fanno ormai parte della mia spontaneità); se lo faccio perché so che il bene (mi) comporta il piacere della gioia, è edonismo (secondo me).
P.s.
Condivido il passaggio da questa visione atarassica del bene
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 17:20:49 PM
fare il bene non produce alcun tipo di sensazione fisica o mentale di tipo piacevole
a questa più... edonistica?
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 17:20:49 PM
Quindi gioisco nel fare il bene perché è la natura della mente che sperimenta il bene il gioire (il 'bene' è gioia , altrimenti detto...).[...] qui c'è gioia spontanea (premio a se stessa) nel fare il bene.
Citazione di: Socrate78 il 02 Ottobre 2018, 19:24:03 PM
@Bobmax: Io non credo affatto che sia l'etica che sorregga la logica. Ciò che è logico può anche essere errato per la morale, e viceversa. Immagina, per fare un esempio estremo, di essere il comandante di una nave in viaggio da lungo tempo che per una bonaccia si è quasi bloccata e sta perdendo le scorte di cibo, con il rischio che l'equipaggiamento muoia di fame: allora il comandante decide ripetutamente di uccidere buttando in mare alcuni uomini ed ecco che grazie a questa soluzione estrema la nave alla fine raggiunge il porto senza che ci sia altra gente che muoia. Ora, la soluzione del comandante è logica? La risposta è SI, è una soluzione razionale che sacrifica alcune persone per evitare una strage nell'equipaggio, la ragione dice che meno persone ci sono tanto più le scorte di cibo basteranno. Ma questa decisione è anche etica? Non direi, visto che non rispetta il valore di ogni singola vita umana, anzi, la calpesta.
Questione drammaticissimamente difficile da risolversi (fortunatamente non si dovrebbe porre troppo di frequente).
Confesso che dubito che potesse trattarsi perfino di una decisione eticamente buona (se equa, ovviamente: fra l' altro il comandante -a meno che non fosse insostituibile nel portare la nave in porto: ulteriore drammaticissima questione!!!- dovrebbe far tirare a sorte chi sacrificare, includendo se ste
sso alla pari di tutti gli altri fra i "candidati"; salvo eventuali eroici volontari che contribuirebbero potentissimamente alla soluzione).E ne dubito perfino se oltre ad ucciderli servissero come viveri per gli auspicabili superstiti, se ragionevolmente ritenuto necessario (non so se in tale deprecabilissima circostanza personalmente mi sentirei di mangiarli; come non so se avrei il coraggio e la forza d' animo di offrirmi "volontario"; so che di ciò, ***se ci riuscissi*** sarei estremamente fiero e felice).
Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2018, 21:07:26 PMGrazie per i chiarimenti; tuttavia c'è ancora qualcosa che non ho capito:
Citazione da: Sariputra - Oggi alle 17:20:49
CitazioneNon si tratta di 'appagare' la mente con una sensazione estranea ad essa e che si ricerca
Eppure, andando nel concreto, nel momento in cui devo compiere una scelta di tipo etico, l'interazione con l'esterno della mente è inevitabile (pur non essendo cercata). Certo, la gioia viene esperita "dentro la mente", ma la causa è "fuori" ed è la scelta che compio (oltre alle sue conseguenze...): se oriento la scelta verso il bene, con quali criteri lo scelgo? Perché è "bene"? Se lo è perché mi dà gioia, questa è, per me, una forma di edonismo.
CitazioneE se invece mi da gioia perché é bene questa é, per me, una sorta di comportamento eticamente buono.
Citazione da: Sariputra - Oggi alle 17:20:49
CitazioneQuindi secondo me ti sbagli quando lo paragoni all'edonismo, perché l'edonismo essenzialmente identifica la morale col piacere, mentre qui c'è gioia spontanea (premio a se stessa) nel fare il bene.
Se mi trovo a dover fare una scelta (in cui è coinvolto qualcun'altro) e scelgo la gioia spontanea del fare il "bene", uso come criterio di scelta proprio la previsione che ciò mi darà spontaneamente gioia (questo intendo per "edonismo"!): se so (per esperienza vissuta) che fare ciò che reputo "bene" mi rende spontaneamente contento, ad ogni scelta cercherò di fare il bene (perché ciò mi renderà piacevolmente contento...).
Oppure opterò per ciò che la mia "mente compassionevole" mi spinge a fare (questo intendo come "senso del dovere", in questo caso dovuto magari al mio "lavoro spirituale" su me stesso) oppure ciò che mi sembra utile fare (per eventuali scopi personali). Per ora, non vedo alternative...
CitazioneIl fatto é che i desideri, le aspirazioni sono molti e (questa é l' insuperabile drammaticità della condizione umana; altrimenti sarebbe una condizione "divina") spesso inconciliabili gli uni con gli altri: si deve cercare di valutare quale "combinazione ragionevolmente possibile" di aspirazioni é più appagante.
(Per chi usi i vocaboli nel significato che ad essi attribuisco io) Trovare più appagante, fonte di maggior felicità rendere generosamente il più possibile felici gli altri significa "essere buoni"; invece trovare più appagante, fonte di maggior felicità fare egoisticamente i miei gretti e meschini interessi fregandomene degli altri significa "essere malvagi".
Citazione da: Sariputra - Oggi alle 17:20:49
Citazionenon fare il male, fare il bene , purificare la mente, questo è il Buddhismo
I tre precetti universali non sono "non fare il male, fare il bene, aiutare tutti gli esseri"? La domanda è: perché (non "se") indicano il "bene"?
Se faccio "il bene" per rispettare tali precetti (che me lo indicano) è una forma di utilitarismo (con conseguenze propizie: cessazione delle rinascite, karma positivo, etc.); se lo faccio perché ho introiettato tali precetti, è "senso del dovere" (dimentico persino i precetti perché fanno ormai parte della mia spontaneità); se lo faccio perché so che il bene (mi) comporta il piacere della gioia, è edonismo (secondo me).
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 17:20:49 PMSe invece trovo il piacere della gioia perché faccio il bene, secondo me é "magnanimità", "generosità", "bontà", ecc.
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 19:12:04 PM
cit.Paul11:
quello che io temo è che se il bene non fosse un concetto formatosi fuori dall'uomo, inteso come osservazione del mondo, delle regole che governano il mondo delle sue essenze, ci troveremmo, come in fondo oggi, è, con ognuno una sua morale e con troppi malintesi, fraintesi.
Purtroppo anche far riferimento ad un Principio 'esterno' non ci mette al riparo dalle radici del male (vedi sopra) ,secondo me infatti, l'ingiustizia , la sopraffazione, ecc. erano ben presenti anche quando vigeva una morale per così dire 'assoluta'...si aderiva, ma ci si guardava bene dal cambiare, per così dire...
certo non è che un codice morale esterno sia la panacea assoluta sulla natura ambigua dell'uomo, ma costruisce la remora morale e la base del cemento sociale identificativo.O ci si riconosce e identifica solo in ciò a cui apparteniamo, ad es. la famiglia, trincerandosi nell'individualismo o atomismo sociale, o la morale costruisce il sistema di codificazione fondamentale nelle relazioni prima di tutto umane
cit Phil
Sull'edonismo utilitaristico (
@paul11 e
@Sariputra): fatico un po' a pensare il bene (o il Bene ontologizzato) fuori dalla dinamica utilitaristica premio/castigo (faccio il bene per convenienza personale, per ottenere l'approvazione altrui e il paradiso o altri benefici spirituali, insomma perché
devo farlo) e fuori dall'edonismo (potenzialmente volubile) del "bene fine a se stesso" (faccio il bene perché mi piace farlo,
voglio farlo).
Intendo dire che il concetto di "bene" forse esige edonismo utilitarista (oppure utilitarismo edonista) anche se ha le sue radici nella trascendenza di una divinità:
se nel piano metafisico vige la legge causale, la divinità reagirà in base alla nostra condotta, facendoci a sua volta del bene o del male (almeno secondo il nostro punto di vista) e sapendo questo possiamo quindi volgerci verso ciò che la divinità ci ha suggerito come "bene", perché ci sarà
utile a ricevere il
piacere della ricompensa.
Se usciamo dal piano metafisico, in fondo, ciò che cambia è solo il tipo di utilità (esclusivamente terrena) e/o di piacere (sensoriale o psicologico o altro).
Un terzo movente per il bene potrebbe essere il "senso del dovere" (a prescindere dall'utile e dal piacevole), tuttavia ciò significherebbe incentrare il bene sul proprio, per dirlo con Freud, "super-io" (generato da influenze parentali, culturali, etc.) e quindi si spalancherebbero le porte alla contingenza, al relativismo, etc. lasciando il concetto di "bene" alla mercé del pluralismo de-ontologizzante (salvo interpretare tale "senso del dovere" come richiamo mistico-interiore ad un Bene trascendentale, come se ci fosse sopra la nostra spalla il piccolo angioletto che ci bisbiglia all'orecchio, in perenne competizione con l'inquilino dell'altra spalla...).
La morale non può fondarsi sul'istinto premio/castigo.
Sostengo che la morale è un fondamento codificante sociale, non ha nulla a che fare con le teorie delle scelte o dei giochi utilizzati in economia.Il diritto come è venuto a costituirsi storicamente è proprio togliere la parte umana intrinseca ed esporre invece la parte materiale delle transazioni economiche e dei rapporti interpersonali e sociali
@Socrate78
La vicenda che proponi descrive una situazione tragica, dove nessuna scelta potrà mai essere davvero "giusta".
Questa è la nostra normale situazione di vita: non abbiamo quasi mai la certezza di quale sia la buona scelta da fare.
La logica non può dare alcun aiuto, perché è solo uno strumento.
Ciò che conta nella vita non ha mai a che fare con la logica. Il pensiero logico/razionale ci permette solo di orientarci, di chiarire i termini della situazione.
Il valore da attribuire, la scelta da fare spetta sempre e solo all'etica.
E l'etica non si limita neppure a questo!
Lo stesso pensiero razionale può svilupparsi solo per la forza etica che lo alimenta.
Tutta la realtà, esiste soltanto a causa del Bene, che in ogni istante fa sì che essa sia.
Salve Bobmax. Tu riesci talvolta ad essere più sintetico di me. Infatti il Bene rappresenta sia l'Essere che l' "assoluta eticità". Il Male la negazione dell'Essere e la "relativa diseticità".
Sì Viator,
di modo che noi "siamo" quando seguiamo il bene, quando viceversa non lo seguiamo... "non siamo"
Cribbio! Il web si è divorato l'intera risposta, con relativa fatica, che avevo scritto per Phil... non c'è n'è più traccia...avevo messo così tanto impegno...passa proprio la voglia di scrivere:'(
Proverò a riassumere:
Eppure, andando nel concreto, nel momento in cui devo compiere una scelta di tipo etico, l'interazione con l'esterno della mente è inevitabile (pur non essendo cercata). Certo, la gioia viene esperita "dentro la mente", ma la causa è "fuori" ed è la scelta che compio (oltre alle sue conseguenze...): se oriento la scelta verso il bene, con quali criteri lo scelgo? Perché è "bene"? Se lo è perché mi dà gioia, questa è, per me, una forma di edonismo.(Phil)
Non è una forma di edonismo, perché la gioia (serenità) è il risultato di fare il 'bene', non il movente. La gioia è più profonda della felicità data dal piacere.
E' bene perché lo scelgo secondo il criterio di non arrecare sofferenza: a me stesso, agli altri, a entrambi. Se non è possibile in senso assoluto, allora nel recar la minor sofferenza possibile. La base è sempre la comprensione della profondità e vastità della sofferenza in cui versano tutti gli esseri senzienti e che fa sorgere nella mente compassione e benevolenza.
Intendi che la mente per sua natura tende a ciò che chiamiamo "bene"? Per cui se facciamo il "male" è perché contrastiamo tale stato naturale della nostra "mente compassionevole", oppure è un discorso personale (tale natura è della tua mente)?
Sì, intendo che la mente per sua 'natura' è "luminosa" e che, quando realizza questo, tende spontaneamente a ciò che chiamiamo 'bene'. Ma la 'mente', sopraffatta dal contatto, è tormentata; dice che la malattia è se stessa. Tormentata dal 'divenire' , diventando continuamente altro, si compiace nel divenire.
E' la natura della 'mente', non della 'mia' o della 'tua'...
Se mi trovo a dover fare una scelta (in cui è coinvolto qualcun'altro) e scelgo la gioia spontanea del fare il "bene", uso come criterio di scelta proprio la previsione che ciò mi darà spontaneamente gioia (questo intendo per "edonismo"!): se so (per esperienza vissuta) che fare ciò che reputo "bene" mi rende spontaneamente contento, ad ogni scelta cercherò di fare il bene (perché ciò mi renderà piacevolmente contento...).
Oppure opterò per ciò che la mia "mente compassionevole" mi spinge a fare (questo intendo come "senso del dovere", in questo caso dovuto magari al mio "lavoro spirituale" su me stesso) oppure ciò che mi sembra utile fare (per eventuali scopi personali). Per ora, non vedo alternative...
Non scelgo come criterio la previsione che ciò mi darà gioia, ma agisco spontaneamente in base al criterio dato dalla compassione e benevolenza che provo.
Sarebbe un 'dovere' se io, invece di provare compassione, fossi del tutto indifferente alla sofferenza, non la comprendessi e agissi solo per rispetto di questo che sento come dovere.
I tre precetti universali non sono "non fare il male, fare il bene, aiutare tutti gli esseri"? La domanda è: perché (non "se") indicano il "bene"?
Se faccio "il bene" per rispettare tali precetti (che me lo indicano) è una forma di utilitarismo (con conseguenze propizie: cessazione delle rinascite, karma positivo, etc.); se lo faccio perché ho introiettato tali precetti, è "senso del dovere" (dimentico persino i precetti perché fanno ormai parte della mia spontaneità); se lo faccio perché so che il bene (mi) comporta il piacere della gioia, è edonismo (secondo me).
Senza entrare nello specifico della concezione buddhista, non essendo attinente alla discussione,non si può scambiare effetto con causa. L'effetto (uno degli effetti...) di operare il 'bene' è gioia (serenità) profonda ma la causa motivante all'agire è la comprensione della sofferenza, che genera compassione e benevolenza .
Perché è 'bene'? Perché una persona che è avida, che odia e che si illude, che è sopraffatta da questi, i cui pensieri sono controllati da questi agisce, parla e pensa in modo malvagio; non conosce il suo vero vantaggio, né quello degli altri. E' resa cieca dal 'male', da ciò che non è salutare.
Vedendo e comprendendo che seguire ciò è di proprio danno e di danno altrui e non porta a compassione e saggezza, né a benevolenza, lo si abbandona.
Questo abbandonare ( le radici di ciò che viene detto 'male') è ciò che comunemente viene detto 'bene'.
Questo non è edonismo (secondo me... :)).
cit.Paul11:
Certo non è che un codice morale esterno sia la panacea assoluta sulla natura ambigua dell'uomo, ma costruisce la remora morale e la base del cemento sociale identificativo.O ci si riconosce e identifica solo in ciò a cui apparteniamo, ad es. la famiglia, trincerandosi nell'individualismo o atomismo sociale, o la morale costruisce il sistema di codificazione fondamentale nelle relazioni prima di tutto umane.
Se prendiamo come assunto ( e lo prendo...) che non tutti gli esseri umani sono portati a investigare cos'è 'bene' e cos'è 'male', cosa salutare e cosa dannoso per se stessi egli altri, allora una morale condivisa appare importante per costruire relazioni che siano almeno di "tolleranza" reciproca. Oltre a questo una morale esterna è importante, a mio parere, nella misura in cui interroga la bontà delle tue scelte etiche, ti dà strumenti di riflessione a cui magari non saresti pervenuto autonomamente. Ti spinge a chiederti:"Perché si dice che questo è bene? E questo, perché si dice che è 'male'?". Diventa uno strumento per cercar di evitare gli ignobili 'alibi' che la mente si confeziona senza sosta, pur di non uscire dalle proprie egoistiche posizioni.
Krishnamurti, personaggio per molti aspetti controverso, ma ricco di intuizioni profonde, parlò, intorno agli anni trenta, della necessità di un 'fondamento autonomo' della morale.
Non essendo ormai possibile riproporre le morali tradizionali che la gente rigetta perchè sentite come 'imposizioni' e non potendo certo ridurci a delle moralità "atomizzate", come le hai definite, una per ognuno, a proprio uso e consumo e a uso e consumo del proprio relativo egoismo, s'imponeva, a suo dire, il trovare questa sorta di autonoma fonte di moralità. A tutt'oggi non credo esista risposta ...spesso me lo chiedo anch'io e mi dico: cosa può esserci di più condiviso e tangibile che non l'esperienza della sofferenza? Si può forse partire da questa?... :-\
Citazione di: Socrate78 il 02 Ottobre 2018, 19:24:03 PM@Bobmax: Io non credo affatto che sia l'etica che sorregga la logica. Ciò che è logico può anche essere errato per la morale, e viceversa. Immagina, per fare un esempio estremo, di essere il comandante di una nave in viaggio da lungo tempo che per una bonaccia si è quasi bloccata e sta perdendo le scorte di cibo, con il rischio che l'equipaggiamento muoia di fame: allora il comandante decide ripetutamente di uccidere buttando in mare alcuni uomini ed ecco che grazie a questa soluzione estrema la nave alla fine raggiunge il porto senza che ci sia altra gente che muoia. Ora, la soluzione del comandante è logica? La risposta è SI, è una soluzione razionale che sacrifica alcune persone per evitare una strage nell'equipaggio, la ragione dice che meno persone ci sono tanto più le scorte di cibo basteranno. Ma questa decisione è anche etica? Non direi, visto che non rispetta il valore di ogni singola vita umana, anzi, la calpesta.
Se nell'equipaggio esiste una persona che ha un senso dell'etica così elevato da farsi 'carne' per sfamare gli altri, verso cui prova pena, afflizione e compassione... un essere solo, taciturno, senza una donna e dei bimbi che lo aspettano al porto con le lacrime agli occhi, e per questo pieno d'amore da dare, senza magari averne ricevuto; un uomo 'eroico' nel vero senso della parola, un 'nobile' d'animo, quello che gli indiani chiamano un ariya, ecco che l'etica fornisce una risposta logica e una soluzione al problema.Certo, se la bonaccia dura a lungo...servono molti 'nobili'! ;D
@SariputraOra credo di aver capito meglio (grazie per le pazienti spiegazioni :) ).
Il passaggio che mi mancava è questo:
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 23:30:54 PM
La base è sempre la comprensione della profondità e vastità della sofferenza in cui versano tutti gli esseri senzienti e che fa sorgere nella mente compassione e benevolenza. [...] Non scelgo come criterio la previsione che ciò mi darà gioia, ma agisco spontaneamente in base al criterio dato dalla compassione e benevolenza che provo.
quindi, se non ho frainteso, il bene si radica sulla "vocazione" a ridurre il dolore degli altri, e che ciò sia "bene" a sua volta si basa, non sul piacere di farlo (l'edonismo su cui ti avevo frainteso), ma piuttosto su quella introiezione di alcuni valori (che accostavo al "senso del dovere"), ovvero il
sentire che si deve fare qualcosa (ritenuto bene) e non qualcos'altro.
La bene-volenza (per me) è indotta dal suddetto "super-io" e da meditazioni personali che consolidano una certa empatia (che poi scatta spontaneamente); per te invece è innata, ma, al di là della differenza, avevo comunque frainteso il suo ruolo, fondamentale nella tua prospettiva.
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 23:30:54 PM
Vedendo e comprendendo che seguire ciò è di proprio danno e di danno altrui e non porta a compassione e saggezza, né a benevolenza, lo si abbandona.
Qui emerge l'introiezione soggettiva dei suddetti valori: non credo che tutti anelino per natura a compassione, saggezza e benevolenza senza danneggiare il prossimo; eppure non scommetterei che tali "dissidenti" vivano la loro condizione come connotata dal "male".
Non comprendono a fondo la loro situazione e il male in cui sono invischiati? Loro potrebbero dire lo stesso di chi li critica e (giurisprudenza a parte) non avrebbe senso logico argomentare citando "abitudini delle maggioranze" e "conservazione della specie"... credo che in fondo quasi nessuno faccia del male solo per il saperlo tale (ma ci vede sempre un po' di bene, magari egoistico) e sostenere che "il bene secondo qualcuno" sia "il Bene assoluto" è una delle maggiori cause di morte nella storia dell'uomo (non che la morte sia
oggettivamente un male, intendiamoci ;) ).
P.s.
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 23:30:54 PM
Cribbio! Il web si è divorato l'intera risposta, con relativa fatica, che avevo scritto per Phil... non c'è n'è più traccia...avevo messo così tanto impegno...passa proprio la voglia di scrivere:'(
Per evitare tali imprevisti o simili (come la rete che "salta" proprio al momento dell'invio messaggio), scrivo la gran parte dei post sul "
notepad" (il
Word dei poveri ;D ), poi lo copio e incollo nella casella di invio post (così, se ci sono problemi tecnici, posso comunque ripartire dalla bozza sul
notepad).
Citazione di: paul11 il 02 Ottobre 2018, 22:15:19 PM
farlo).
Intendo dire che il concetto di "bene" forse esige edonismo utilitarista (oppure utilitarismo edonista) anche se ha le sue radici nella trascendenza di una divinità
CitazioneIn che senso?
"Storico di fatto"?
Cioé nel senso che di fatto le più antiche morali si fondavano si "comandamenti" dettati dalle divinità?
Ho qualche dubbio anche su questo, in quanto penso che già prima dell' invenzione delle religioni, ai tempi remotissimi del "passaggio dalla storia naturale -la specie umana primitivissima non ancora dotata di linguaggio e di autocoscienza- alla storia umana", esistesse qualche "elemento comportamentale di moralità" o per lo meno e per così dire di "pre-moralità" (come ne esistono in varie specie di mammiferi e uccelli, certamente non fondati su alcuna credenza in divinità).
Ancor meno credo che il concetto di "bene" abbia "di diritto" nella divinità le sue "radici fondative" o "probative", le ragioni che lo giustificano o che lo impongono tendenzialmente alla coscienza e al comportamento umano (mi scuso per l' inelegantissimo abuso delle virgolette, ma si tratta di concetti molto difficili da definire)
: se nel piano metafisico vige la legge causale, la divinità reagirà in base alla nostra condotta, facendoci a sua volta del bene o del male (almeno secondo il nostro punto di vista) e sapendo questo possiamo quindi volgerci verso ciò che la divinità ci ha suggerito come "bene", perché ci sarà utile a ricevere il piacere della ricompensa.
Se usciamo dal piano metafisico, in fondo, ciò che cambia è solo il tipo di utilità (esclusivamente terrena) e/o di piacere (sensoriale o psicologico o altro).
CitazioneDissento dall' avverbio "solo".
per me c' é una differenza enorme fra l' edonistico-utilitaristico (sia pure, se così lo vogliamo chiamare) piacere psicologico di riuscire a truffare un onesto concittadino e l' edonistico-utilitaristico (sia pure, se così lo vogliamo chiamare) piacere psicologico di aiutare chi ne ha bisogno, o di compiere diligentemente quello che si sente come il proprio dovere (per obiettare a quanto scrivi più sotto), e quello di sacrificarsi -in qualche misura- per il bene degli altri o magari dell' umanità intera.
Un terzo movente per il bene potrebbe essere il "senso del dovere" (a prescindere dall'utile e dal piacevole), tuttavia ciò significherebbe incentrare il bene sul proprio, per dirlo con Freud, "super-io" (generato da influenze parentali, culturali, etc.) e quindi si spalancherebbero le porte alla contingenza, al relativismo, etc. lasciando il concetto di "bene" alla mercé del pluralismo de-ontologizzante (salvo interpretare tale "senso del dovere" come richiamo mistico-interiore ad un Bene trascendentale, come se ci fosse sopra la nostra spalla il piccolo angioletto che ci bisbiglia all'orecchio, in perenne competizione con l'inquilino dell'altra spalla...).
La morale non può fondarsi sul'istinto premio/castigo.
Sostengo che la morale è un fondamento codificante sociale, non ha nulla a che fare con le teorie delle scelte o dei giochi utilizzati in economia.Il diritto come è venuto a costituirsi storicamente è proprio togliere la parte umana intrinseca ed esporre invece la parte materiale delle transazioni economiche e dei rapporti interpersonali e sociali
CitazioneConcordo.
@Phil
Grazie per il consiglio tecnico. In effetti è proprio nel momento dell'invio che spesso salta la connessione, portandosi con sé tempo e fatica...
cit.
Qui emerge l'introiezione soggettiva dei suddetti valori: non credo che tutti anelino per natura a compassione, saggezza e benevolenza senza danneggiare il prossimo; eppure non scommetterei che tali "dissidenti" vivano la loro condizione come connotata dal "male".
Non comprendono a fondo la loro situazione e il male in cui sono invischiati? Loro potrebbero dire lo stesso di chi li critica e (giurisprudenza a parte) non avrebbe senso logico argomentare citando "abitudini delle maggioranze" e "conservazione della specie"... credo che in fondo quasi nessuno faccia del male solo per il saperlo tale (ma ci vede sempre un po' di bene, magari egoistico) e sostenere che "il bene secondo qualcuno" sia "il Bene assoluto" è una delle maggiori cause di morte nella storia dell'uomo (non che la morte sia oggettivamente un male, intendiamoci.
Neanch'io penso che , tutti quelli che non anelano a compassione e benevolenza, vivano la loro situazione come 'male'. Nemmeno coloro che anelano alla benevolenza riescono a vivere sempre questa condizione, ma spesso la obliano, irretiti continuamente dal correre di qua e di là con la mente. Questo "tormento" fa sì che non si comprenda a fondo la situazione e il male in cui ci invischiamo. Sicuramente "loro" (e noi...) dicono lo stesso di chi li critica, in primo luogo per trovare giustificazione al desiderio di continuare a seguire la loro condizione che ritengono 'piacevole', seppur spesso malvagia, e così non iniziare nemmeno a provare a vedere se l'alternativa proposta funziona...
Credo che "far la morale" serva a poco o addirittura, come vediamo, ottenga l'effetto contrario. Sono tra quelli che pensano che sia più efficace la testimonianza e la coerenza...Cosa serve, per esempio, dire: "Aiutate i sofferenti" e poi personalmente non metter mai piede in un ospedale, anche solo per scambiare quattro chiacchere con questi?...
Non credo che il "bene" sia una causa di morte, sarebbe contraddittorio, ma è l'incoerenza rispetto al bene professato la causa di morte (anche di tutte quelle avvenute nella storia in nome del 'bene', dichiarato ma non vissuto...). Cioè, in sintesi, l'uomo 'predica' bene, ma spessissimo razzola male...è notoriamente molto più facile parlare che fare...( questo vale anche per i religiosi, ovviamente, anzi, per l'ufficio che svolgono si palesa maggiormente l'incoerenza...) :(.
Citazione di: bobmax il 02 Ottobre 2018, 22:55:11 PM
@Socrate78
La vicenda che proponi descrive una situazione tragica, dove nessuna scelta potrà mai essere davvero "giusta".
Questa è la nostra normale situazione di vita: non abbiamo quasi mai la certezza di quale sia la buona scelta da fare.
La logica non può dare alcun aiuto, perché è solo uno strumento.
Ciò che conta nella vita non ha mai a che fare con la logica. Il pensiero logico/razionale ci permette solo di orientarci, di chiarire i termini della situazione.
Il valore da attribuire, la scelta da fare spetta sempre e solo all'etica.
CitazioneNon sottovaluterei l' importanza anche della logica, del raziocinio; anche perché non é conseguentemente etico, non é un comportamento etico conseguente, fino in fondo, limitarsi a proporsi uno scopo buono e giusto trascurando di impegnarsi (spesso faticosamente) a conoscere i modi necessari a realizzarlo effettivamente.
inoltre logica e raziocinio sono indispensabili (oltre, ribadisco, a trovare i mezzi efficaci per realizzare il bene) anche per valutare le alternative realistiche chi si propongono al comportamento umano.
Perché il bene assoluto non esiste e non é umanamente realizzabile e solo il bene relativo può essere perseguito e (in ulteriormente limitata misura) realizzato effettivamente; e spesso ciò finisce per identificarsi con la ricerca del male minore.
E logica e raziocinio (ma anche forza d' animo e coraggio) servono per cercare di valutare per quanto possibile ciò di buono cui é preferibile rinunciare per realizzare un bene maggiore, il massimo di bene realisticamente possibile.
Nell' esempio proposto da Bobmax si impone la difficilissima valutazione se il comportamento migliore realisticamente possibile sia non uccidere (V° comandamento) nessuno o uccidere una parte dei passeggeri per salvarne almeno un' altra parte, limitando il numero delle morti "premature".
E qui raziocinio e logica servono non meno che sentimenti e scale di valori.
Personalmente, con qualche dubbio tormentosamente ineliminabile, credo che opterei, dopo una analisi razionale il più possibile fredda e ponderata, senza cedere al "primo impulso emotivo", alla propensione più immediatamente e prepotentemente avvertita, per la seconda opzione (che richiede anche non poco coraggio e forza d' animo per essere eseguita).
Tutta la realtà, esiste soltanto a causa del Bene, che in ogni istante fa sì che essa sia.
CitazioneMI sembra che questo sarebbe tutto da dimostrare (e invero indimostrabile: non vedi quanto male, quanta terribile, ingiusta sofferenza ci circonda?)
Citazione di: Sariputra il 03 Ottobre 2018, 09:02:58 AM
Non credo che il "bene" sia una causa di morte, sarebbe contraddittorio, ma è l'incoerenza rispetto al bene professato la causa di morte (anche di tutte quelle avvenute nella storia in nome del 'bene', dichiarato ma non vissuto...).
Quando dicevo che far assurgere il "bene secondo me" a "Bene assoluto" ha fatto e fa vittime in grande quantità, pensavo banalmente a chi ha pensato che fosse bene istituire i campi di concentramento, o sia sommo bene farsi saltare in aria uccidendo più persone possibili, o sia un bene speculare sui soldi altrui, o si senta bene ad abusare degli altri in vari modi, etc.
Certo, sono tutti "beni" egoistici, utilitaristici, edonistici, etc. ma in gran parte dei casi, per chi pratica tali "beni" (scommetterei) non c'è incoerenza fra il "sentire" che ciò è bene e il farlo (purtroppo).
Tuttavia ogni comunità (politica e non) necessita di presentare il
suo bene come bene universale, per questioni di solidità e autotutela (ed è un
bluff che riesce sempre a fare proseliti, proprio in virtù della sua funzionalità autoreferenziale).
@Phil
Sì, avevo capito in che senso lo intendevi: credo che la risposta sia già contenuta in quello che scrivi:
sono tutti "beni" egoistici, utilitaristici, edonistici, etc. ma in gran parte dei casi, per chi pratica tali "beni" (scommetterei) non c'è incoerenza fra il "sentire" che ciò è bene e il farlo (purtroppo).
Per questo sopra scrivevo dell'importanza di comprendere la profondità delle radici del 'male' in noi. Chi non le comprende inevitabilmente ritiene che il 'bene' sia solo il "mio tornaconto" e non rileverà alcuna incoerenza nel suo agire, partendo da questa premessa.
Che una comunità abbia bisogna di alcune regole morali per coesistere mi sembra evidente (la Legge sorge per questo). La libertà assoluta dell'individuo, come la coerenza assoluta, sono pie illusioni...
Citazione di: Sariputra il 03 Ottobre 2018, 11:48:40 AM
Che una comunità abbia bisogna di alcune regole morali per coesistere mi sembra evidente (la Legge sorge per questo). La libertà assoluta dell'individuo, come la coerenza assoluta, sono pie illusioni...
Concordo. Il
bluff (dimostratosi storicamente vincente) è proprio il travestire l'inaggirabile necessità sociale di una legge umana (ovvero di un Bene condiviso) nei panni metafisici di Legge Etica sovra-umana (quindi anapodittica); è un po' come se il venditore di aspirapolveri (senza offesa per la categoria) dicesse "So che hai bisogno di pulire, è inevitabile, e questo aspirapolvere succhia via persino i peccati della tua anima e li vaporizza aromatizzandoli al gusto lavanda... e non ti fidare della concorrenza, è un nostro brevetto
esclusivo! Non vorrai mica spendere delle ore a spazzare con la tua umile scopa per poi restare comunque con l'anima lercia?" ;D
Citazione di: Phil il 03 Ottobre 2018, 12:19:23 PM
Citazione di: Sariputra il 03 Ottobre 2018, 11:48:40 AMChe una comunità abbia bisogna di alcune regole morali per coesistere mi sembra evidente (la Legge sorge per questo). La libertà assoluta dell'individuo, come la coerenza assoluta, sono pie illusioni...
Concordo. Il bluff (dimostratosi storicamente vincente) è proprio il travestire l'inaggirabile necessità sociale di una legge umana (ovvero di un Bene condiviso) nei panni metafisici di Legge Etica sovra-umana (quindi anapodittica); è un po' come se il venditore di aspirapolveri (senza offesa per la categoria) dicesse "So che hai bisogno di pulire, è inevitabile, e questo aspirapolvere succhia via persino i peccati della tua anima e li vaporizza aromatizzandoli al gusto lavanda... e non ti fidare della concorrenza, è un nostro brevetto esclusivo! Non vorrai mica spendere delle ore a spazzare con la tua umile scopa per poi restare comunque con l'anima lercia?" ;D
Beh!...Non è che tutto il 'male' sia imputabile alla volontà d'imposizione di un 'bene' sovra-mondano e sovrumano da parte del pensiero religioso fondamentalista. Pensiamo solo a quante morti hanno causato le varie ideologie umane non religiose e non metafisiche dalla fine dell'Ottocento ad ora: 55 milioni di morti solo la II Guerra mondiale, più di tutte le guerre 'religiose' combattute in venti secoli... non possiamo imputare alla morale in sé l'incoerenza dei suoi falsi e ipocriti sostenitori. Il pensare che l'essere umano, miracolosamente, diventi 'buono' e altruista se non ci fosse alcuna morale...credo rientri anche questo nel libro delle pie illusioni (per dirla come @Sgiombo... :) ).
Error
Potrebbe benissimo essere che la realtà in cui viviamo provenga come origine dal Bene, ma abbia perso o allentato il legame con la sua fonte e origine, al punto da abbruttirsi. In fondo anche all'inferno, ammettendo che esso esistesse, Dio sarebbe comunque presente (è ovunque), ma la realtà sarebbe talmente corrotta da annullare gli effetti della presenza stessa del bene.
Citazione di: Sariputra il 03 Ottobre 2018, 15:58:05 PM
Beh!...Non è che tutto il 'male' sia imputabile alla volontà d'imposizione di un 'bene' sovra-mondano e sovrumano da parte del pensiero religioso fondamentalista.
Per sovra-umano non intendevo soltanto religioso (altrimenti l'avrei specificato :) ), ma semplicemente eccedente l'umana contingenza e la umane opinioni, ovvero il Bene con la maiuscola (dunque anche gran parte degli ideali politici e dei sistemi metafisici in genere si presentano come sovra-umani).
Citazione di: Sariputra il 03 Ottobre 2018, 15:58:05 PM
Il pensare che l'essere umano, miracolosamente, diventi 'buono' e altruista se non ci fosse alcuna morale...credo rientri anche questo nel libro delle pie illusioni (per dirla come @Sgiombo... :) ).
Ri-concordo, e proprio per questo invece non concordo con te quando sostieni che
per natura la mente dell'uomo "contenga" compassione e benevolenza e tenda
spontaneamente al "bene"...
@Sgiombo
Che il Bene sia il fondamento non può certo essere dimostrato. Come sarebbe mai possibile "mostrare" ciò che regge il Tutto?
Siamo solo noi, in perfetta solitudine, di fronte al Male nel mondo, a dover dire se il Bene è oppure no.
È il grido dell'anima, che sola può far sì che Dio sia.
È l'assurdo che io devo abbracciare nonostante ogni evidenza contraria!
Perché tutto dipende da me. E forse questa è l'unica reale mia libertà: far in modo che il Bene sia.
L'Etica non è qualcosa di oggettivo, che si possa "conoscere".
Sì può solo esserlo, il Bene.
Di più... solo questo davvero noi siamo.
Il male, come ben dice Viator, è semplicemente non essere.
Citazione di: Socrate78 il 03 Ottobre 2018, 20:43:06 PM
Potrebbe benissimo essere che la realtà in cui viviamo provenga come origine dal Bene, ma abbia perso o allentato il legame con la sua fonte e origine, al punto da abbruttirsi. In fondo anche all'inferno, ammettendo che esso esistesse, Dio sarebbe comunque presente (è ovunque), ma la realtà sarebbe talmente corrotta da annullare gli effetti della presenza stessa del bene.
La corruzione, il male, hanno una sola origine: Dio.
Perché esiste una sola volontà, la Sua.
Noi nulla possiamo nel mondo, neppure peccare.
Siamo chiamati però a compiere la scelta per l'eternità: diventare ciò che siamo (Dio).
E questa è l'unica nostra effettiva libertà.
@Phil
Concordo che non concordiamo... :)
Ti lascio una frase che ho trovato molto bella e che è un estratto di una lettera di Nagarjuna ad un amico. E' datata intorno al II sec. d.C.:
"Non pensi che ciò che è fatto con intonaco di gesso, possa diventare ancora più bianco sotto la luce della Luna piena?"
Citazione di: Socrate78 il 03 Ottobre 2018, 20:43:06 PM
Potrebbe benissimo essere che la realtà in cui viviamo provenga come origine dal Bene, ma abbia perso o allentato il legame con la sua fonte e origine, al punto da abbruttirsi. In fondo anche all'inferno, ammettendo che esso esistesse, Dio sarebbe comunque presente (è ovunque), ma la realtà sarebbe talmente corrotta da annullare gli effetti della presenza stessa del bene.
Non vorrei rilanciare una discussione vecchia di secoli e già ripetutamente ripresa nel forum, ma l' inferno (e ingenerale il male) é logicamente incompatibile con (l' esistenza di) un Dio (che sia) onnipotente e immensamente buono.
Citazione di: bobmax il 03 Ottobre 2018, 23:01:08 PM
@Sgiombo
Che il Bene sia il fondamento non può certo essere dimostrato. Come sarebbe mai possibile "mostrare" ciò che regge il Tutto?
(Omissis)
È l'assurdo che io devo abbracciare nonostante ogni evidenza contraria!
CitazioneLe premesse dalle quali trarre inferenze non possono essere dimostrati (infatti si definiscono o si postulano).
Ma "mostrare" empiricamente é ben diverso da "dimostrare logicamente", e se davvero, come sostieni, Tutta la realtà, esistesse soltanto a causa del Bene, che in ogni istante fa sì che essa sia, ciò dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti.
Mentre mi sembra che sotto gli occhi di tutti vi sia, non dico l' esatto contrario (esiste tanto il bene quanto il male; anche perché non potrebbe essere altrimenti: "omnis determinatio est negatio" - Spinoza), ma comunque ben altro!
Perché tutto dipende da me. E forse questa è l'unica reale mia libertà: far in modo che il Bene sia.
CitazioneLibertà estremamente limitata, ché altrimenti non ci sarebbe più da un bel pezzo la grande quantità di male che é sotto gli occhi di tutti.
L'Etica non è qualcosa di oggettivo, che si possa "conoscere".
Sì può solo esserlo, il Bene.
CitazioneForse qui concordo.
Cioé se intendi dire che il bene non si può dimostrare ma si sente di fatto interiormente (non so se ho bene inteso queste tue parole per me un po' criptiche).
Di più... solo questo davvero noi siamo.
Il male, come ben dice Viator, è semplicemente non essere.
CitazioneScusate la franchezza, ma mi sembra solo un banale gioco di parole che vorrebbe essere consolante (ma non lo é) di fronte alla realtà del male (negativa relativamente al bene, ovviamente, dato che "onìminis determinatio est negatio").
Citazione di: viator il 30 Settembre 2018, 21:22:18 PM
Il MALE non è altro che relativa CARENZA, IMPERFEZIONE, di quel principio che regna da sempre sul mondo (includendo sia i suoi contenuti materiali che quelli immateriali, spirituali) e che consiste nel BENE (dovrei parlare del significato cosmico dell'AMORE ma non voglio/posso dilungarmi).
Vedo che tutta la discussione si è imperniata intorno a questo concetto che non è nient'altro che la riproposizione, mediata da Platone, del parmenideo "l'essere è, il non essere non è". Ripresa poi dal cristianesimo e elaborata pure dalle filosofie orientali. (Siddharta è contemporaneo di Parmenide). Forse è arrivato il momento di sganciarsi da questo ottimistico dualismo responsabile di pessimi fatti storici.
Citazione di: Sariputra il 04 Ottobre 2018, 00:32:27 AM
"Non pensi che ciò che è fatto con intonaco di gesso, possa diventare ancora più bianco sotto la luce della Luna piena?"
Bella... la questione è cosa c'è
sotto l'intonaco che riflette la luce lunare: l'intonaco è artificio che copre, colora, traveste ("in-tonaco": mettere dentro una tunica).
Si può credere che sia tutto intonaco oppure che sotto ci sia altro materiale, il problema è che per saperlo con certezza dovremmo violare "la cosa", compromettendo il candido riflesso della luce lunare e, forse, sarebbe un peccato (sacrificare l'estetica per la conoscenza è spesso scelta mortificante...).
Citazione di: Ipazia il 04 Ottobre 2018, 08:51:14 AM
Citazione di: viator il 30 Settembre 2018, 21:22:18 PM
Il MALE non è altro che relativa CARENZA, IMPERFEZIONE, di quel principio che regna da sempre sul mondo (includendo sia i suoi contenuti materiali che quelli immateriali, spirituali) e che consiste nel BENE (dovrei parlare del significato cosmico dell'AMORE ma non voglio/posso dilungarmi).
Vedo che tutta la discussione si è imperniata intorno a questo concetto che non è nient'altro che la riproposizione, mediata da Platone, del parmenideo "l'essere è, il non essere non è". Ripresa poi dal cristianesimo e elaborata pure dalle filosofie orientali. (Siddharta è contemporaneo di Parmenide). Forse è arrivato il momento di sganciarsi da questo ottimistico dualismo responsabile di pessimi fatti storici.
Parmenide - dualismo?
Platone e Siddharta responsabili di "pessimi fatti storici"????
@Bobmax: No invece, secondo me ti sbagli di brutto, la corruzione e il male non derivano da Dio, ma da qualcos'altro di corrotto, qualcosa di simile al concetto di "demonio" o di essere malefico. Io credo che le antiche filosofie dualistiche che vedevano due principi alla base della realtà, il bene opposto al male, siano molto più vere, autentiche, rispetto alla visione agostiniana che di fatto riduce tutto al bene con gradazioni diverse, per cui il male sarebbe assenza di bene. Qualcosa della visione dualistica esiste in fondo anche nel cattolicesimo e nell'islamismo, poiché queste due religioni monoteistiche ammettono l'esistenza del demonio, come essere che si è ribellato a Dio e ha provocato il male. Dire che davvero tutto è bene mi sembra insomma edulcorare la realtà autentica delle cose.
@Sgiombo: Non è vero che il male è incompatibile con l'esistenza di una divinità onnipotente e sommamente buona: infatti Dio, proprio perché è veramente buono, rispetta il nostro libero arbitrio anche quando si orienta il male, potrebbe impedirci di commettere qualsiasi azione malvagia, ma allora paradossalmente sarebbe ancora immensamente buono? La mia risposta, contrariamente ai comuni criteri etici, è NO, poiché in quel caso farebbe violenza alla nostra stessa libertà e finiremmo per essere solo delle pedine nelle sue mani. Quindi credo che la bontà di Dio sia molto diversa dal comune modo umano di giudicare la bontà stessa.
Citazione di: Socrate78 il 04 Ottobre 2018, 17:01:29 PM
@Bobmax: No invece, secondo me ti sbagli di brutto, la corruzione e il male non derivano da Dio, ma da qualcos'altro di corrotto, qualcosa di simile al concetto di "demonio" o di essere malefico. Io credo che le antiche filosofie dualistiche che vedevano due principi alla base della realtà, il bene opposto al male, siano molto più vere, autentiche, rispetto alla visione agostiniana che di fatto riduce tutto al bene con gradazioni diverse, per cui il male sarebbe assenza di bene. Qualcosa della visione dualistica esiste in fondo anche nel cattolicesimo e nell'islamismo, poiché queste due religioni monoteistiche ammettono l'esistenza del demonio, come essere che si è ribellato a Dio e ha provocato il male. Dire che davvero tutto è bene mi sembra insomma edulcorare la realtà autentica delle cose.
@Sgiombo: Non è vero che il male è incompatibile con l'esistenza di una divinità onnipotente e sommamente buona: infatti Dio, proprio perché è veramente buono, rispetta il nostro libero arbitrio anche quando si orienta il male, potrebbe impedirci di commettere qualsiasi azione malvagia, ma allora paradossalmente sarebbe ancora immensamente buono? La mia risposta, contrariamente ai comuni criteri etici, è NO, poiché in quel caso farebbe violenza alla nostra stessa libertà e finiremmo per essere solo delle pedine nelle sue mani. Quindi credo che la bontà di Dio sia molto diversa dal comune modo umano di giudicare la bontà stessa.
Ma come si fa a considerare "bene" la libertà di fare del male?
Che se ne fa della "libertà" (degli altri) un bimbo nato con una terribile malattia che gli impedisce di camminare, lo fa soffrire atroci dolori e lo porta a morte in pochi anni?
Non credi che preferirebbe di gran lunga essere condizionato deterministicamente (ammesso e non concesso da parte mia che non lo sia già) ad agire ed essere sano?
Se ci fosse un uomo armato di mitra che stesse facendo una strage in una piazza affollata e tu avessi un fucile con cui ucciderlo mettendo fine alla carneficina, ti asterresti forse dal farlo per non ledere la libertà (ergo: "fare del male", se la libertà fosse un bene tale da superare qualsiasi male...) di uccidere dell' assassino stragista?
Inoltre se Ci ha creato un Dio credo che i casi siano due.
O ci ha creati fatti in un certo modo (più o meno buono oppure malvagio) in conseguenza del quale agiamo (e allora siamo "liberi" di fare ciò che lui. a sua completa discrezione ed arbitrio, ci fa fare avendoci fatto tali da farlo).
Oppure ci ha fatto tali da agire non conseguentemente a come siamo (a come ci ha fatti).
Ma allora il nostro agire sarebbe del tutto casuale ("libero" nel senso in cui sono "liberi" di dare qualsiasi risultato compreso fra "2" e "12", se lanciati, due dadi non truccati).
Tertium non datur.
Citazione di: bobmax il 04 Ottobre 2018, 16:26:11 PM
Parmenide - dualismo?
Sì, malgrado la sua inconsapevolezza. Rileggendo Spinoza: omnis negatio est determinatio
Bene/Male; Positivo/Negativo: DUALISMO
Citazione di: bobmax il 04 Ottobre 2018, 16:26:11 PM
Platone e Siddharta responsabili di "pessimi fatti storici"????
Non personalmente, ma attraverso il dualismo Bene/Male. Tipo: Imperi del Male, Grandi Satana, e via manicheando.
@Sgiombo: La nostra logica secondo me serve per comprendere, e nemmeno sempre bene, il mondo sensibile che ci circonda, ma non vale più se vogliamo indagare realtà metafisiche. Le stesse leggi della fisica classica iniziano a non valere più se si pone lo sguardo nel mondo della fisica dei quanti, quindi come vedi la nostra ragione è molto limitata. Di conseguenza anche i nostri comuni criteri di giusto e ingiusto, espressione della ragione, potrebbero non valere più se si cerca di indagare una realtà che va oltre le cose materiali. Se Dio è onnipotente, egli saprà ricavare in modo misterioso il bene anche dal male, ad esempio la morte (obiettivamente il massimo male) potrà diventare il passaggio verso una vita in cui l'uomo appunto sarà in contatto con Dio e quindi il male della morte viene superato in un bene più grande.
Lo stesso potrà dirsi per un bambino che nasce gravemente malato, ad esempio la malattia potrà diventare il mezzo con cui le persone che gli sono accanto dedicandosi a lui miglioreranno la loro capacità di amore, quindi si avvicineranno al bene molto di più se non ci fosse stato nessun problema: potrà sembrarti assurdo, ma secondo me ha un suo senso, nonostante non sia affatto il "senso" comune.
Salve, Socrate78. Ben detto. Indipendentemente dal taglio fideistico che non condivido, il tuo ragionamento conduce verso la radice del significato di bene e di male.
Essi, fuori dalle nostre interpretazioni contingenti che derivano SEMPRE dalle nostre egoistiche, miopi, relative umane attese (è bene arrivare a casa dal negozio con le uova che non si sono rotte...è male che se ne siano rotte due......ma qui si dovrebbe parlare di massimi sistemi, vivaddio !!), fuori dalle nostre interpretazioni - dicevo, il bene funge per vie imperscrutabili.
La morte sarebbe il male supremo : Interpretazione umana.
La morte è il bene supremo : Interpretazione naturalistica.
La morte è il transito tra il male ed il bene : Interpretazione fideistica.
La morte è l'eliminazione del vecchio dopo che questo si è riprodotto avendo quindi generato il nuovo basato sui contenuti trasmessi dal vecchio ma selezionati non da chi si è riprodotto, bensì da ciò che non né vecchio né nuovo ma tendenzialmente eterno : gli schemi ed i meccanismi della vita.
Niente morte, niente nuovo. Niente morte = eterno invecchiamento del vecchio.
Naturalmente noi, che siamo furbi, vorremmo l'immortalità da giovani. L'eternità del piacere, della vigoria, della salute, dei denti senza carie.
Non ditemi che c'è qualcuno, tra coloro che sperano e credono nell'immortalità, che accetterebbe una vita eterna fatta di bastoni e di dentiere. Queste cose (il male incarnato da bastoni e dentiere) vanno lasciate ai fessi che sono rimasti in vita !
Citazione di: Socrate78 il 04 Ottobre 2018, 20:38:57 PM
@Sgiombo: La nostra logica secondo me serve per comprendere, e nemmeno sempre bene, il mondo sensibile che ci circonda, ma non vale più se vogliamo indagare realtà metafisiche. Le stesse leggi della fisica classica iniziano a non valere più se si pone lo sguardo nel mondo della fisica dei quanti, quindi come vedi la nostra ragione è molto limitata. Di conseguenza anche i nostri comuni criteri di giusto e ingiusto, espressione della ragione, potrebbero non valere più se si cerca di indagare una realtà che va oltre le cose materiali. Se Dio è onnipotente, egli saprà ricavare in modo misterioso il bene anche dal male, ad esempio la morte (obiettivamente il massimo male) potrà diventare il passaggio verso una vita in cui l'uomo appunto sarà in contatto con Dio e quindi il male della morte viene superato in un bene più grande.
Lo stesso potrà dirsi per un bambino che nasce gravemente malato, ad esempio la malattia potrà diventare il mezzo con cui le persone che gli sono accanto dedicandosi a lui miglioreranno la loro capacità di amore, quindi si avvicineranno al bene molto di più se non ci fosse stato nessun problema: potrà sembrarti assurdo, ma secondo me ha un suo senso, nonostante non sia affatto il "senso" comune.
Beh, allora per prima cosa dovresti dimostrarmi che esistono realtà metafisiche e come sono.
Inoltre mi sembra pacifico che in ambito quantistico vigano le leggi quantistiche e non quelle della fisica classica (con le quali si integrano complementarmente), così come in ambito biologico vigono le leggi biologiche.
Ovvia anche la limitatezza della nostra ragione.
Ma questo non elimina la realtà del male, logicamente incompatibile con l' onnipotenza e l' infinita bontà divina (non é che perché possiamo sbagliarci, allora anche quel poco che ci é possibile sapere con certezza -la certezza logica propria dei giudizi analitici a priori- non é più certo).
Se Dio fosse onnipotente e infinitamente buono non sarebbe costretto a ricavare il bene dal male (che comunque in qualche misura esisterebbe, contro le premesse del ragionamento (
onnipotente,
infinitamente buono).
Prova a raccontarlo al povero bimbo in preda ad atroci sofferenze, che queste servirebbero a migliorare chi gli sta intorno (ma anche a questi ultimi, che soffrono anch' essi terribilmente, che sicuramente preferirebbero essere un po' meno "buoni" -ma secondo quale criterio?- e vedere il loro figlio, nipote o fratello sano e felice)!
Anzi, no: immagina soltanto di raccontarglielo, che farlo davvero sarebbe di una crudeltà mostruosa!
Citazione di: viator il 04 Ottobre 2018, 21:39:14 PM
La morte sarebbe il male supremo : Interpretazione umana.
La morte è il bene supremo : Interpretazione naturalistica.
La morte è il transito tra il male ed il bene : Interpretazione fideistica.
Senza morte non ci sarebbe vita, così come senza vita non ci sarebbe morte.
Infatti la morte non é il contrario della vita, bensì della nascita; ed entrambe sono inevitabilmente "parti integranti" della vita.
Invece il contrario della vita é la "non-vita" ovvero la "mineraltà"
(Interpretazione di Sgiombo)
Ogni uomo cerca di fare il bene e di non fare il male.
Ma perché cerca di fare il bene, che cosa lo costringe a fare e come definire la condizione di partenza, prima di fare il bene, bene o male?
Spesso o sempre fare il bene implica anche fare del male. Questa ambivalenza dell'agire spiega la condizione tragica dell'uomo, il dilemma della scelta.
Quindi esiste il bene e il male relativo, il Bene e il Male assoluti non hanno alcuna esistenza, realtà.
Salve. Per Baylham. Certamente non esistono bene o male assoluti. I due concetti sono tipicamente ed esclusivamente umani. Perfetta relatività. Ho già detto che, in via essenziale, il bene è ciò che ci giova ed il male ciò che ci nuoce o ci impedisce di ottenere ciò che ci giova.
Definizione del tutto cinica che spoglia il bene del suo significato trascendente ed il male della sua tragicità. Per questa ragione verrà mal digerita dalla maggioranza, la quale (per inconsapevole abitudine mentale) fa di questi due concetti dei principi etici al semplice scopo di avallare la propria personale ricerca di un'affermazione delle proprie speranze.
Di qui l'intreccio culturale tra etica, morale e soddisfazione dei propri bisogni psichici.
Nel mio esordio circa questa tematica citavo l'analogia luce/buio per affermare che quando confrontiamo tra loro due aspetti contradditori, antagonistici in realtà stiamo esaminando una situazione che non contiene una duplicità, ma sempre consiste nella necessaria constatazione dell'esistenza di uno solo dei due termini opposta alla mancanza di esso, mancanza che invece semplicisticamente noi chiamiamo con nome diverso attribuendogli complementarietà od opposizione nei confronti del primo termine.
Ma perchè la nostra mente è come costretta ad immaginare e trattare l'esistenza di due termini quando la logica dimostrerebbe che dobbiamo analizzarne uno solo?.
Perchè la nostra mente può funzionare solamente attraverso le RELAZIONI tra due o più termini !.
Ciò accade poichè qualsiasi attività della nostra mente è basata inesorabilmente sulla necessaria, inevitabile relazione tra il soggettivo (la mia mente) e l'oggettivo (la famosa "cosa in sè", direi).
Noi possiamo concepire l'unicità ma non possiamo ragionarne. Ci occorrono almeno due termini. Perciò siamo costretti ad "inventare" l'esistenza di opposti per trasferire ogni discorso al livello minimo che ci permette di parlarne. La Duplicità.
Per luce/buio e bene/male vedo che molti non hanno assimilato il concetto. Appunto, per essi è difficilissimo concepire come il bene, la luce, il calore, l'amore e tutto un mare di altri termini possano esistere di vita indipendente dai loro "opposti" che consistono semplicemente nella loro negazione. Saluti.
Citazione di: viator il 05 Ottobre 2018, 23:10:25 PM
quando confrontiamo tra loro due aspetti contradditori, antagonistici in realtà stiamo esaminando una situazione che non contiene una duplicità, ma sempre consiste nella necessaria constatazione dell'esistenza di uno solo dei due termini opposta alla mancanza di esso, mancanza che invece semplicisticamente noi chiamiamo con nome diverso attribuendogli complementarietà od opposizione nei confronti del primo termine.
Se assumiamo uno sguardo interpretativo del reale, giudicante-valutante, la "duplicità binaria" è logica: posto "a", è inevitabile avere logicamente "non a", negazione di "a"; questa negazione possiamo identificarla con "b", così che "non b" equivale ad "a" (al posto di "a" e "b", puoi porre vero/falso, bello/brutto, buono/cattivo, etc.).
Questo funziona sia parlando di giudizi, sia di enti, di proposizioni, etc.
Talvolta possiamo quantificare "a" o "b", utilizzando "molto", "poco", etc. ma dare la priorità logica ad "a" o "b" è arbitrario: nel nostro caso, si potrebbe dire che il punto di partenza sia il male, e il bene soltanto una sua mancanza-carenza (magari affermatasi tramite inibizioni psicologiche e compromessi civili finalizzati a giovarsi dei vantaggi del vivere in società).
Ripeto il banale esempio del voto scolastico: dire che nel compito ci sono molte risposte giuste equivale a dire che ci sono pochi errori; possiamo contare indifferentemente le une o gli altri, ma un errore resta di fatto diverso da una risposta giusta e, alla fine, un giudizio positivo (maggiore o uguale a 6) è diverso da un voto negativo (inferiore a 6); parimenti, ciò che giudichiamo "bene" (o "non male") resta distinto da ciò che giudichiamo "male"(o "non bene"), sebbene ognuno possa avere la sua personale "soglia di sufficienza".
P.s.
Nel famigerato bicchiere mezzo pieno/mezzo vuoto, l'acqua è una mancanza d'aria o l'aria una mancanza d'acqua?
Salve Phil. Nel bicchiere c'è posto per aria ed acqua. Si tratta di elementi fisici la cui esistenza non genera la reciproca contraddizione. Siamo al di fuori del dualismo esistenza/inesistenza della cosa. Possiamo dire che per metà c'è acqua mentre l'altra metà è priva di acqua e di ogni e qualsiasi altro contenuto tranne l'aria. E viceversa.
Bene/male è contrapposizione che riempie il mondo (così come luce/buio etc.). Inutile sostenere che esistono voti e gradazioni intermedie. Stiamo parlando di dualismo di ciò che è essenziale, non della variegatezza del colore di un tessuto. Quando l'alternativa è tra l'esistere ed il non esistere, occore scegliere tra l'affermazione o la negazione dell'esistenza di uno dei due termini. Saluti.
Ma noi veniamo al mondo per amore o uccisione?
Se identifico il bios,la vita, come bene, ciò che le appartiene e la propaga sarà il bene.
Se il, coito animale, l'impollinazione vegetale, sono atti all'interno della regola generale naturale, che portano la vita è altrettanto tautologico aspettarsi l'identifcazione col bene.Persino le cosmogonie, le creazioni religiose nascono da un Dio.
E'quì l'identificazione della regola naturale con quella divina.E' bene assecondare la vita, è male uccidere la vita, con tutto ciò che ne consegue nelle morali e nelle etiche
Citazione di: viator il 05 Ottobre 2018, 23:10:25 PM
Per luce/buio e bene/male vedo che molti non hanno assimilato il concetto. Appunto, per essi è difficilissimo concepire come il bene, la luce, il calore, l'amore e tutto un mare di altri termini possano esistere di vita indipendente dai loro "opposti" che consistono semplicemente nella loro negazione. Saluti.
Esattamente allo stesso modo si potrebbe (pretendere di) dire che
è difficilissimo concepire (ma andrebbe concepito, senonché molti non hanno assimilato il concetto) come il male, il buio, il freddo, l' odio e tutto un mare di altri termini (in realtà "cose reali" significate da termini verbali) possano esistere di vita indipendente dai loro "opposti" che consistono semplicemente nella loro negazione (in realtà a consistere nella negazione di termini verbali -e non di cose reali- sono altri termini verbali, e non altre cose reali: le cose reali esistono, accadono e basta; sono i concetti, o meglio i predicati costituiti di concetti, che affermano o negano)".Come ha già evidenziato anche Phil, si tratta semplicemente di usare altri termini, altri simboli verbali per dire le stesse cose (non molto diversaente che se le si dicessero in francese o in cinese o magari con la lingua dei segni dei sordomuti anziché in italiano).Il nocciolo della questione é che "omnis deterninatio est negatio" (Spinoza) e cioé che possiamo parlare (e pensare verbalmente, linguisticamente), dando significati a parole, solo "per opposti", solo mettendo in relazione fra loro diversi concetti in varia misura reciprocamente negantisi.L' indebita confusione fra "bene" e "soddisfazione" e fra "male" e "insoddisfazione" l' ho già evidenziata tantissime volte nel forum (per ultimo nella risposta #26 di questa discussione), e mi sembra inutile ripetere un' altra volta ancora le stesse argomentazioni: non é che la verità o la certezza di una tesi sia proporzionale al numero di volte che la si ripete.
@Sgiombo: Il freddo è assenza di calore, non ha vita indipendente, questo è un principio fisico. Infatti non esiste una realtà indipendente che si può chiamare freddo, 0 gradi è semplicemente solo molto meno calore di 40, ma non è un qualcosa di QUALITATIVAMENTE diverso o no?......
Citazione di: Socrate78 il 06 Ottobre 2018, 10:32:32 AM
@Sgiombo: Il freddo è assenza di calore, non ha vita indipendente, questo è un principio fisico. Infatti non esiste una realtà indipendente che si può chiamare freddo, 0 gradi è semplicemente solo molto meno calore di 40, ma non è un qualcosa di QUALITATIVAMENTE diverso o no?......
Non capisco il senso dell' obiezione.Allo stesso modo si potrebbe ben dire che il caldo é assenza di freddezza. Infatti
non esiste una realtà indipendente che si può chiamare calore, 40 gradi è semplicemente solo molto meno freddezza di 0, ma non è un qualcosa di QUALITATIVAMENTE diverso.Le cose
sono quel che sono, non sono quel che non sono, ma si possono
dire (pensare linquisticamente) tanto in positivo (ho caldo; ho freddo. Qualcosa é grande; qualcosa é piccolo) quanto in negativo (rispettivamente: non ho freddo; non ho caldo. Qualcosa non é piccolo; qualcosa non é grande).
E questo per l' intrinseco relativismo del linguaggio, per il fatto che mentre ciascuna cosa reale é ciò che é e non é ciò che non é indipendentemente dal resto della realtà (per così dire "in
assoluto", "assolutamente"), invece i concetti si stabiliscono (definiscono) mettendo in determinate
relazioni fra loro altri concetti; e con i concetti si parla, si pensa, si immagina, si predica, si dubita, ecc.).
realtà =/= pensiero circa la realtà
Citazione di: viator il 06 Ottobre 2018, 01:10:07 AM
Quando l'alternativa è tra l'esistere ed il non esistere, occore scegliere tra l'affermazione o la negazione dell'esistenza di uno dei due termini.
Eppure i due termini non si escludono, né logicamente (v. sopra), né sul piano interpretativo (v. dualismi vari).
Il mio discorso sulle graduazioni di bene e male partiva non a caso dal presupposto:
Citazione di: Phil il 06 Ottobre 2018, 00:51:01 AM
Se assumiamo uno sguardo interpretativo del reale, giudicante-valutante, la "duplicità binaria" è logica
se invece crediamo che il male e il bene appartengano al piano ontologico, ovvero esistano non come valutazione/interpretazione, ma come fatti(?) o addirittura sostanze(??), allora chiamiamo in causa l'epistemologia che dovrebbe indagarne le modalità di esistenza, oppure la fede che ci fornirà qualche testo sacro contenente le "istruzioni per l'uso" del bene.
La terza via, come sempre, è quella personalista del "paradigma fai-da-te", che tuttavia è un'interpretazione, e così si torna alla prima riga del post... ;)
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 01:15:55 AM
Se identifico il bios,la vita, come bene, ciò che le appartiene e la propaga sarà il bene.
[...] E'quì l'identificazione della regola naturale con quella divina.E' bene assecondare la vita, è male uccidere la vita, con tutto ciò che ne consegue nelle morali e nelle etiche
Esatto, e questo è il "
bluff ermeneutico-culturale" (di cui parlavo con Sariputra): proiettare dissimulatamente il fisico (istinto di sopravvivenza, pulsione alla riproduzione, etc.) sul piano metafisico (Bene/Male, l'Etica, etc.), costruendo un orizzonte di senso in cui il
nomos biologico (la "programmazione genetica" dell'auto-tutela
individuale) assurge a
nomos civile (difesa della vita, etc. nella
comunità).
Sulle differenti modalità con cui tale
nomos comunitario difende il Bene (= la Vita, solitamente della maggioranza) si apre il dibattito pluralista che svela tacitamente il
bluff di partenza.
Citazione di: Phil il 06 Ottobre 2018, 11:20:44 AM
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 01:15:55 AM
Se identifico il bios,la vita, come bene, ciò che le appartiene e la propaga sarà il bene.
[...] E'quì l'identificazione della regola naturale con quella divina.E' bene assecondare la vita, è male uccidere la vita, con tutto ciò che ne consegue nelle morali e nelle etiche
Esatto, e questo è il "bluff ermeneutico-culturale" (di cui parlavo con Sariputra): proiettare dissimulatamente il fisico (istinto di sopravvivenza, pulsione alla riproduzione, etc.) sul piano metafisico (Bene/Male, l'Etica, etc.), costruendo un orizzonte di senso in cui il nomos biologico (la "programmazione genetica" dell'auto-tutela individuale) assurge a nomos civile (difesa della vita, etc. nella comunità).
Sulle differenti modalità con cui tale nomos comunitario difende il Bene (= la Vita, solitamente della maggioranza) si apre il dibattito pluralista che svela tacitamente il bluff di partenza.
Noto che il termine
"bluff ermeneutico-culturale" é qui usato tra virgolette.Dunque potrebbe essere una metafora, e comunque con ogni probabilità (salvo fraintendimenti) non va inteso alla lettera.Infatti non vedo come possa costituire letteralmente un inganno o un imbroglio il fatto che, per una conseguenza del tutto ovvia a parer mio dell' evoluzione biologica (correttamente intesa, non ideologicamente e antiscientificamente millantata come pretesa lotta egoistica di tutti contro tutti, come peraltro di fatto spesso accade da parte di non pochi), nella specie umana esistono tendenze comportamentali universalmente diffuse (ma ovviamente, per la peculiarità propria della specie "homo sapiens" di avere -per lo meno a un elevato grado si sviluppo incomparabile con quanto accade in poche altre specie animali- una "cultura" oltre che -e coerentemente, non contraddittoriamente a- una "natura", in varia misura "storicamente declinate") ad agire in determinati modi complessivamente consoni alla salvaguardia e alla diffusione della vita (della specie sessa e in qualche misura in generale) e a valutare (più o meno come bene e/o come male: eticamente) l' agire proprio e altrui in relazione alla salvaguardia e alla diffusione della vita (propria, dei conspecifici, della specie, dalla quale oggettivamente dipende anche la vita degli individui , della vita in generale e di quella per lo meno di tantissime delle altre specie, dalla quale oggettivamente dipende anche la vita della specie propria, quella umana). Forse, se ben capisco (e sarei d' accordo in tal caso), in un certo senso é un bluff il fatto che spesso nella storia (e per ragioni ben comprensibili) si ascrivono tali naturalissime tendenze comportamentali a eventi "soprannaturali" (come comandamenti divini) o comunque "metafisici", "preternaturali".. MI scuso per l' "ingarbugliamento sintattico" mostruoso del mio argomentare, cui non riesco a sfuggire quando cerco di esporre in estrema sintesi concetti complessi (almeno me ne rendo conto: l' Alzheimer non é ancora troppo avanzato!).
Citazione di: Phil il 06 Ottobre 2018, 11:20:44 AM
Esatto, e questo è il "bluff ermeneutico-culturale" (di cui parlavo con Sariputra): proiettare dissimulatamente il fisico (istinto di sopravvivenza, pulsione alla riproduzione, etc.) sul piano metafisico (Bene/Male, l'Etica, etc.), costruendo un orizzonte di senso in cui il nomos biologico (la "programmazione genetica" dell'auto-tutela individuale) assurge a nomos civile (difesa della vita, etc. nella comunità).
Sulle differenti modalità con cui tale nomos comunitario difende il Bene (= la Vita, solitamente della maggioranza) si apre il dibattito pluralista che svela tacitamente il bluff di partenza.
Concordo pienamente. Per quanto la vita sia il nomos ontologico assoluto di ogni vivente - anche per il teista che aspira alla
vita eterna - il nomos civile deve tener conto dei conflitti che contrappongono i viventi e quindi sta su un piano totalmente diverso (intersoggettivo) e assai più complesso.
Salve. Per Sgiombo e - a margine - Phil. "il caldo può essere assenza di freddezza". Questa è una piccola perla da incorniciare.
Esistono le scale di temperatura. Verso l'alto non esiste un limite. Verso il basso - si dice - il limite è -273°C, cioè lo zero assoluto, il quale - sempre si dice - non può venir raggiunto all'interno del mondo fisico.
Quindi lo zero assoluto rappresenterebbe la MAGGIOR QUANTITA' di freddezza alla quale le temperature possono tendere. Rappresenta anche la condizione al cui interno cessa l'esistenza dell'energia.
Veramente singolare il fatto che lo zero e la mancanza di energia possano anche rappresentare la massima quantità di qualcosa (il freddo).
Data una coppia di grandezze o concetti al cui interno una delle due rappresenta la carenza o mancanza dell'altra (bene/male - luce/buio - caldo/freddo - movimento/immobilità - essere/nulla - pieno/vuoto - vita/morte........................................) si tratta di stabilire quale dei due termini sia l'esistente-l'affermante e quale invece l'inesistente-negante.
Voglio essere pedante : lasciando perdere la coppia bene/male (della quale si è già parlato addietro), occorre notare che i primi termini di ciascuna delle coppie citate sopra risultano tutti quantificabili all'interno della "realtà". Ciascun secondo termine invece, rappresentando la totale mancanza del primo, non può mai venir quantificato, semplicemente perchè risulta pari a zero.
Tutto ciò che è quantificabile è anche percepibile. Impossibile quantificare l'impercepibile, cioè - in soldoni - IL CONCEPIBILE NON PERCEPIBILE incarnato da ciascuno dei secondi termini.
La chiave del riconoscimento di ciò che esiste è tutta qui.
Il percepibile E-SISTE, il concepibile (almeno finchè non avremo la fortuna o la disgrazia di incontrarne la percezione) NON E-SISTE (non è fuori di noi bensì solo dentro di noi !) poichè si limita appunto ad IN-SISTERE dentro di noi.
Il problema che impedisce a molti di discernere tra il percepibile ed il concepibile è semplice : il percebibile sta fuori di noi (E') ma deve entrare in noi attraverso i sensi per poter creare la nostra consapevolezza di esso. Deve passare dalle nostre psiche e coscienza. Tali due "filtri" interpretano e "soggettivizzano" almeno in parte i contenuti del percepito.
Giunto alla mente (sede della ragione e della consapevolezza), questa riconosce la provenienza sensoriale del percepito, quindi lo classifica come e-sistente.
Una mente aperta è in grado di distinguere tra origine percettiva (dall'esterno del corpo), endopsichica (prodotti della psiche), informativa (da ciò che si è imparato) o ideativa (cioè di creazione della stessa mente).
Purtroppo esistono menti non abbastanza allenate che fanno fatica a distinguere la provenienza di ciò che le alimenta. Non sono formate alla distinzione tra messaggi e nozioni di origine sensoriale piuttosto che psichica, culturale od autogena.
Per questo fanno talvolta minestrone tra percepibile e concepibile, tra e-sistente ed in-sistente, considerano il nulla come un qualcosa in cui ci si possa imbattere, il tempo come una dimensione fisica (anzichè psichica), il termometro come uno strumento per misurare il freddo (e non il calore)....................
Citazione di: sgiombo il 06 Ottobre 2018, 12:06:35 PM
Forse, se ben capisco (e sarei d' accordo in tal caso), in un certo senso é un bluff il fatto che spesso nella storia (e per ragioni ben comprensibili) si ascrivono tali naturalissime tendenze comportamentali a eventi "soprannaturali" (come comandamenti divini) o comunque "metafisici", "preternaturali"..
Si, per "
bluff" intendevo questo slittamento di contesto (dal fisico al metafisico); ho usato le virgolette perché il
bluff nel poker è sempre stratagemma voluto, mentre quello in questione è talvolta fatto in buona fede e/o inconsciamente (comunque corroborato nei fatti dalla sua funzionalità di collante comunitario, al netto dei conflitti fra le differenti comunità e prospettive).
Citazione di: viator il 06 Ottobre 2018, 13:32:25 PM
La chiave del riconoscimento di ciò che esiste è tutta qui.
Il percepibile E-SISTE, il concepibile (almeno finchè non avremo la fortuna o la disgrazia di incontrarne la percezione) NON E-SISTE (non è fuori di noi bensì solo dentro di noi !) poichè si limita appunto ad IN-SISTERE dentro di noi.
L'esser
morta di una pianta o l'esser
vuoto di un vaso non sono forse percepibili?
Direi almeno tanto quanto l'esser
viva di una pianta o l'essere
pieno di un vaso...
Il fatto che il vaso non sia realmente vuoto ma pieno di molecole, atomi, etc. è percepibile o solo concepibile (salvo avere un laboratorio in casa)?
Mi pare che il percepibile esista
sempre come concepibile (Kant, neuroscienze, etc.
docent ;) ): abbiamo una mente/cervello/altro che identifica e concettualizza
istantaneamente il percepito.
Il bene, il caldo, il pieno, la luce, etc. sono
identità concettuali (concepite), mai
solo percezioni; lo sarebbero forse in un corpo che percepisse senza elaborare cognitivamente tali percezioni (tuttavia non è il nostro caso...).
Citazione di: viator il 05 Ottobre 2018, 23:10:25 PM
Ma perchè la nostra mente è come costretta ad immaginare e trattare l'esistenza di due termini quando la logica dimostrerebbe che dobbiamo analizzarne uno solo?.
Perchè la nostra mente può funzionare solamente attraverso le RELAZIONI tra due o più termini !.
Ciò accade poichè qualsiasi attività della nostra mente è basata inesorabilmente sulla necessaria, inevitabile relazione tra il soggettivo (la mia mente) e l'oggettivo (la famosa "cosa in sè", direi).
Noi possiamo concepire l'unicità ma non possiamo ragionarne. Ci occorrono almeno due termini. Perciò siamo costretti ad "inventare" l'esistenza di opposti per trasferire ogni discorso al livello minimo che ci permette di parlarne. La Duplicità.
Non sono d'accordo, ragioniamo in termini di dualismo perché effettivamente il bene e il male sono diversi, non sono gradazioni opposte di una stessa variabile. Come il dolore o la gioia, l'amore e l'odio, anche il male e il bene hanno cause, origini, processi autonomi, distinti: il pianto o la nascita sono processi biologicamente diversi dal riso o dalla morte. La temperatura esterna può essere considerata una singola variabile, ma non i processi biologici omeostatici indotti dal caldo o dal freddo sui viventi. Il bene non è l'assenza del male e viceversa.
Citazione di: Ipazia il 06 Ottobre 2018, 12:40:01 PM
Citazione di: Phil il 06 Ottobre 2018, 11:20:44 AM
Esatto, e questo è il "bluff ermeneutico-culturale" (di cui parlavo con Sariputra): proiettare dissimulatamente il fisico (istinto di sopravvivenza, pulsione alla riproduzione, etc.) sul piano metafisico (Bene/Male, l'Etica, etc.), costruendo un orizzonte di senso in cui il nomos biologico (la "programmazione genetica" dell'auto-tutela individuale) assurge a nomos civile (difesa della vita, etc. nella comunità).
Sulle differenti modalità con cui tale nomos comunitario difende il Bene (= la Vita, solitamente della maggioranza) si apre il dibattito pluralista che svela tacitamente il bluff di partenza.
Concordo pienamente. Per quanto la vita sia il nomos ontologico assoluto di ogni vivente - anche per il teista che aspira alla vita eterna - il nomos civile deve tener conto dei conflitti che contrappongono i viventi e quindi sta su un piano totalmente diverso (intersoggettivo) e assai più complesso.
così prendo due piccioni con una fava.
Ciò che scrivi Phil ha fondamenti istintivi nell'uomo, o meglio tu ritieni l'uomo un animale con qualche intellettività.
Io ritengo l'uomo qualcosa di più autentico, un essere naturale, riconducibile all'animale, ma qualcosa di ontologicamente più complesso e non riducibile agli istinti, desideri soltanto .Semmai l'uomo confligge interiormente ed anche esteriormente questa sua, diciamo così, doppia natura.
Mi pare ovvio che se il fondativo è diverso, le argomentazioni lo saranno altrettanto.
Il nomos di Pindaro non è rivolto, focalizzato agli nteressi domestici e quindi privati, pur ovviamente dovendo viverci con i suoi problemi, le sue gioie e dolori.La regola a cui attenersi non è nelle convenzioni umane, nel diritto romano che ha percorso tutto l'Occidente storico fino agli usi e costumi delle costituzioni tedesche.
C'è stato quindi uno spostamento del "focus", dalle regole interpretate sulla natura e sul governo degli dei, agli interessi reali in campo giuridico,salvaguardo alcuni principi, quali la proprietà privata.
Il bene non era ciò che mi conviene o ciò che il sovrano mi dona, era ancora in una regola che poi era nella pratica la morale che accompagnava l'uomo in tutte le sue azioni sociali intersoggettive. E' un modo di essere ,non di avere, quindi è qualità e non quantità che si cerca.
Non penso Ipazia che l'ontologia del nomos stia su un piano diverso.Mi viene in mente Hegel (pur non essendo il sottoscritto inquadrabile nell'idealismo o in qualunque categoria filosofica), quando la coscienza media il concreto della realtà naturale e l'astratto dell'intelletto.L'uomo sbaglia quando ritine di raggiungere la verità guardando SOLO all'astratto, così come sbaglia quando guarda SOLO al concreto. E' la coscienza che deve razionalizzare i due domini fra mondo fisico naturale e pensiero in cui ritine moralmente di essere AUTENTICO , e quindi nella società il vivere civile ,il compiere azioni è ricondotto ad un principio morale di autocoscienza.
Il bluff di partenza phil è una modernità che ha spostato la verità nell'evidenza del sensibile e nell'economia dell'interesse privato, pur mantenendo istituti metafisici fondamentali, come "il bene comune", come "lo Stato", come i valori morali divenuti prinicipi delle Costituzioni.
Perchè nessuna comunità sta in piedi senza un principio metafisico che la unisce, alla faccia degli anti metafisici.
Sarebbe guerra di ognuno contro tutti finchè ne rimarrà uno solo.
Quelle figure metafisiche sono "imago" che hanno loro solo la forza di pacificare il mondo civile, è la coscienza che non fa andare oltre un limite e che le leggi non riescono a sostituire se non armando lo stato di polizia.
Per Viator
Non colgo alcuna ironia (che mi pare tu vorresti conferirle) nell' affermazione "il caldo può essere [espresso come] assenza di freddezza": é proprio così.
Non vedo che ci azzecchi l' esistenza di un limite inferiore alla temperatura e non di un limite superiore con la relatività "intrinseca", ineludibile del linguaggio per cui qualsiasi predicato espresso positivamente può essere "tradotto fedelissimamente" in un predicato negativo dello stesso, identico significato (sia come intensione o connotazione, sia come estensione o denotazione reale dei concetti.
In particolare non vedo nulla di singolare (anzi!) nel fatto che il fatto della quantità minima possibile di caldo (o di presenza di energia termica) possa benissimo essere espresso come quantità massima possibile di freddo (o come il massimo possibile di assenza di energia termica).
Si può del tutto indifferentemente (arbitrariamente) considerare (impiegare parlandone come) positivi i concetti di bene - luce - caldo - movimento – essere qualcosa – pieno - vita e negativi quelli di male - buio - freddo - immobilità – essere nulla - vuoto – mineralità ovvero non-vita (e non morte, la quale non é il contrario della vita ma invece ne é un aspetto essenziale, necessario esattamente come la nascita, della quale é invece il contrario).
Oppure, del tutto indifferentemente, il contrario.
Infatti male, buio, freddo, immobilità, non esserci di qualsiasi cosa (in qualche posto e tempo), vuoto, mineralità sono di fatto altrettanto reali, né più né meno, dei contrari; e quelli i cui contrari sono quantificabili (non tutti: essere di qualcosa, vita) lo sono esattamente altrettanto.
Il concepibile esiste come tale; e potrebbe benissimo esistere qualcosa di non percepibile (purché non autocontraddittorio): non é possibile provarlo ma nemmeno confutarlo empiricamente (il solito "estremo rifugio inespugnabile" dei credenti in Dio).
Per quanto mi riguarda non sono certo fra i "molti" (secondo re) che non discernono fra percepibile e concepibile, né tra origine percettiva (dall'esterno del corpo), endopsichica (prodotti della psiche), informativa (da ciò che si è imparato) o ideativa (cioè di creazione della stessa mente): a questo proposito (e nelle reiterazioni con altri termini del medesimo concetto che seguono le tue parole da me qui sopra riportate stai del tutto evidentemente parlando di qualcun altro e non di me!
Ma considerare il tempo come una dimensione fisica (oltre che psichica) e il termometro come uno strumento per misurare il freddo o assenza di calore, oltre al caldo o presenza di calore (ovvero semplicemente il calore, o meglio la temperatura: quanto di temeratura é reale -la misura rilevata- e quanto non é reale: di più e di meno della misura rilevata) non é affatto cadere in siffatta confusione!
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 17:07:33 PM
Il bluff di partenza phil è una modernità che ha spostato la verità nell'evidenza del sensibile e nell'economia dell'interesse privato, pur mantenendo istituti metafisici fondamentali, come "il bene comune", come "lo Stato", come i valori morali divenuti prinicipi delle Costituzioni.
Esattamente per questo, secondo me, il
bluff della modernità è un contro-
bluff: spostare il
focus sul sensibile, sul contingente, sulla volatilità dell'economia, etc. è il modo inevitabile di alimentare il
bluff metafisico asservendolo però ad altri fini (magari non troppo metafisici), proprio partendo da e strumentalizzando la nitida consapevolezza che
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 17:07:33 PM
nessuna comunità sta in piedi senza un principio metafisico che la unisce
Il fatto che
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 17:07:33 PM
è la coscienza che non fa andare oltre un limite
contrasta un po' con la constatazione che proprio il non affidarsi alla coscienza originaria è il motivo per cui sono necessarie leggi e metafisiche normative (v. poco sopra) e perché senza di esse (senza alcuni "
idola" baconiani)
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 17:07:33 PM
Sarebbe guerra di ognuno contro tutti finchè ne rimarrà uno solo.
La questione dell'uomo che non è solo animalità ma ha Coscienza e tensioni etiche innate (verso il cosiddetto "bene"), a prescindere da sovrastrutture culturali, è quasi una contraddizione, altrimenti non si dovrebbe temere l'"
homo homini lupus".
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 17:07:33 PM
Quelle figure metafisiche sono "imago" che hanno loro solo la forza di pacificare il mondo civile
Sul "pacificare" il mondo civile sono piuttosto titubante (dipende cosa si intende per "pace"); sul "regolamentarlo" non ho molti dubbi.
P.s.
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 17:07:33 PM
Mi pare ovvio che se il fondativo è diverso, le argomentazioni lo saranno altrettanto.
Non posso che concordare; ad esempio, personalmente non scomoderei la visione hegeliana di "coscienza" (né di "spirito"), altrimenti si torna indietro a filosofie della storia adatte alla storia della filosofia, ma forse un po' meno all'attualità ;)
Citazione di: baylham il 06 Ottobre 2018, 14:36:08 PM
Citazione di: viator il 05 Ottobre 2018, 23:10:25 PMMa perchè la nostra mente è come costretta ad immaginare e trattare l'esistenza di due termini quando la logica dimostrerebbe che dobbiamo analizzarne uno solo?. Perchè la nostra mente può funzionare solamente attraverso le RELAZIONI tra due o più termini !. Ciò accade poichè qualsiasi attività della nostra mente è basata inesorabilmente sulla necessaria, inevitabile relazione tra il soggettivo (la mia mente) e l'oggettivo (la famosa "cosa in sè", direi). Noi possiamo concepire l'unicità ma non possiamo ragionarne. Ci occorrono almeno due termini. Perciò siamo costretti ad "inventare" l'esistenza di opposti per trasferire ogni discorso al livello minimo che ci permette di parlarne. La Duplicità.
Non sono d'accordo, ragioniamo in termini di dualismo perché effettivamente il bene e il male sono diversi, non sono gradazioni opposte di una stessa variabile. Come il dolore o la gioia, l'amore e l'odio, anche il male e il bene hanno cause, origini, processi autonomi, distinti: il pianto o la nascita sono processi biologicamente diversi dal riso o dalla morte. La temperatura esterna può essere considerata una singola variabile, ma non i processi biologici omeostatici indotti dal caldo o dal freddo sui viventi. Il bene non è l'assenza del male e viceversa.
Concordo.Se c'è qualcosa come il 'bene' ci deve essere ciò che appartiene al bene.
Se c'è qualcosa come il 'male' ci deve essere ciò che appartiene al male.
Cosa appartiene al 'bene'? La compassione appartiene al bene, la benevolenza, l'altruismo, la tolleranza,ecc. appartengono al 'bene'.
Cosa appartiene al 'male'? L'avidità appartiene al male, l'avversione, l'odio, l'illusione, l'egoismo, l'intolleranza, ecc. appartengono al 'male'.
Perchè la compassione, la benevolenza, l'altruismo, ecc. sono 'bene'?
Perché non causano un aumento del dolore, della sofferenza, dell'angoscia, della violenza,ecc.
Perché l'avidità, l'avversione, l'odio, ecc. sono 'male'?
Perché causano un aumento del dolore, della sofferenza, dell'angoscia, della violenza, ecc.
Non possiamo semplicemente dire che il 'male' è assenza di 'bene'. Sono stati mentali esperienziali diversi. Possiamo invece dire che l'assenza di avidità, odio,ecc. favorisce l'insorgere di stati mentali salutari e non causa di ulteriore sofferenza.
I termini 'bene' e 'male' sono solo concetti astratti (definizioni 'contenitore'...)
Gli stati mentali salutari ( e non recanti sofferenza) e quelli insalubri (e recanti sofferenza) sono invece esperienze esistenziali.
Fu chiesto ad un anziano nativo americano (un pellerossa...) di spiegare cos'erano, secondo lui, il bene e il male.
Rispose: "Il bene e il male sono come due cani che lottano continuamente dentro di noi."
"E chi vince alla fine?"- Gi fu chiesto
"Quello che sfamiamo di più"...
Citazione di: Phil il 06 Ottobre 2018, 21:32:05 PM
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 17:07:33 PM
Il bluff di partenza phil è una modernità che ha spostato la verità nell'evidenza del sensibile e nell'economia dell'interesse privato, pur mantenendo istituti metafisici fondamentali, come "il bene comune", come "lo Stato", come i valori morali divenuti prinicipi delle Costituzioni.
Esattamente per questo, secondo me, il bluff della modernità è un contro-bluff: spostare il focus sul sensibile, sul contingente, sulla volatilità dell'economia, etc. è il modo inevitabile di alimentare il bluff metafisico asservendolo però ad altri fini (magari non troppo metafisici), proprio partendo da e strumentalizzando la nitida consapevolezza che
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 17:07:33 PM
nessuna comunità sta in piedi senza un principio metafisico che la unisce
Il fatto che
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 17:07:33 PM
è la coscienza che non fa andare oltre un limite
contrasta un po' con la constatazione che proprio il non affidarsi alla coscienza originaria è il motivo per cui sono necessarie leggi e metafisiche normative (v. poco sopra) e perché senza di esse (senza alcuni "idola" baconiani)
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 17:07:33 PM
Sarebbe guerra di ognuno contro tutti finchè ne rimarrà uno solo.
La questione dell'uomo che non è solo animalità ma ha Coscienza e tensioni etiche innate (verso il cosiddetto "bene"), a prescindere da sovrastrutture culturali, è quasi una contraddizione, altrimenti non si dovrebbe temere l'"homo homini lupus".
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 17:07:33 PM
Quelle figure metafisiche sono "imago" che hanno loro solo la forza di pacificare il mondo civile
Sul "pacificare" il mondo civile sono piuttosto titubante (dipende cosa si intende per "pace"); sul "regolamentarlo" non ho molti dubbi.
P.s.
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 17:07:33 PM
Mi pare ovvio che se il fondativo è diverso, le argomentazioni lo saranno altrettanto.
Non posso che concordare; ad esempio, personalmente non scomoderei la visione hegeliana di "coscienza" (né di "spirito"), altrimenti si torna indietro a filosofie della storia adatte alla storia della filosofia, ma forse un po' meno all'attualità ;)
Il cosiddetto "bluff"come pensi tu, se resiste come fondativo ed è quindi premessa metafisica,potrebbe dimostrare che invece il pensiero occidentale è entrato in contraddizione quando ha pensato di focalizzarsi sui propri interessi economici, su ciò che è opportuno e convenite al momento.
Se togli i l fondativo ognuno non percepirebbe più intimamente il legame morale che lega l'individuo al sociale, cadrebbe la maschera, per cui non ci sarebbe legge comunitaria sociale, ma solo coercizione del più forte verso il più debole per pacificare il conflitto latente.
Ma devi chiederti perchè culturalmente resiste,nonostante la modernità l'abbia sostanzialmente obnulata e abiurata, e ha necessità di esistere a prescindere dal bluff, il fondativo metafisico.,La mia risposta è la sua innatezza nell'uomo,fa parte della natura umana che non è la parte animale e se la modernità lo ha mascherata è solo perchè non può farla scomparire, ma solo strumentalizzarla.
La legge giuridica sostituisce in parte la morale, pur non riuscendovi, poichè la legge non tiene conto della coscienza morale, ma daccapo, il suo focus e sull'interesse economico, non certo sulla morale, anche se da lei deriva come fondativo e che rimane come "bluff" moderno e contemporaneo.
La pace nella modernità la ottieni in due modi, utilizzando strumentalmente la morale e usando l alegge che utilizza la polizia armata e la sanzione civile e penale.
Le due cose convivono confliggendosi: morale e legge. Perchè le morali delle religioni e delle spiritualità, le morali dei valori delle codificazioni legislative contrastano fra di loro apertamente nelle pratiche sociali.
L'uomo vive fisicamente nelle regole naturali da cui emerge l'uomo animale.La sua sopravvivenza fisica è nel dominio fisico.
ma la sua autenticità umana non è nel dominio fisico. necessariamente ne scaturisce il conflitto fra i due domini: ed è la storia della nascita "del male"nelle cosmogonie.C' è sempre un vaso di Pandora oltre alla conoscenza di Prometeo.
Ma se seguissi le tesi secondo cui in fondo siamo SOLO animali con qualità intellettive e che le costruzioni metafisiche fossero illusioni, per cui l'uomo ha necessità di leggi coercitive grazie ad una classe dirigente che incarni la sovranità, tutto è lecito al di sopra della legge e non al disotto della legge, sarebbe solo e semplicemente un rapporto di forza e di poteri e domini.
Quindi sarebbe giusto, perchè sarebbe solo e soltanto la realtà fisica a decidere il vero, perchè la storia la fa il vincitore e mai il perdente, non ha senso la ragione più vera, vince chi è più forte.
A cosa ci servirebbe allora la cultura, nel momento in cui il bene e il male, la morale e le etiche fossero solo illusioni?
Attenzione, io non scarto affatto questa tesi, perchè esce anche dal "bluff", il mondo diventa trasparente, ma dovremmo accettare i lager, stermini di massa, poteri finanziari che mandano in miseria persone e tutto ciò che oggi viene definito "male",sparirebbe.
Senza remore ,senza sguardi al passato procederemmo in futuro dove uno solo vivrà: il più cinico, il più furbo .
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 17:07:33 PM
così prendo due piccioni con una fava...
Non penso Ipazia che l'ontologia del nomos stia su un piano diverso.Mi viene in mente Hegel (pur non essendo il sottoscritto inquadrabile nell'idealismo o in qualunque categoria filosofica), quando la coscienza media il concreto della realtà naturale e l'astratto dell'intelletto.L'uomo sbaglia quando ritine di raggiungere la verità guardando SOLO all'astratto, così come sbaglia quando guarda SOLO al concreto. E' la coscienza che deve razionalizzare i due domini fra mondo fisico naturale e pensiero in cui ritine moralmente di essere AUTENTICO , e quindi nella società il vivere civile ,il compiere azioni è ricondotto ad un principio morale di autocoscienza.
Il bluff di partenza phil è una modernità che ha spostato la verità nell'evidenza del sensibile e nell'economia dell'interesse privato, pur mantenendo istituti metafisici fondamentali, come "il bene comune", come "lo Stato", come i valori morali divenuti prinicipi delle Costituzioni.
Perchè nessuna comunità sta in piedi senza un principio metafisico che la unisce, alla faccia degli anti metafisici.
Sarebbe guerra di ognuno contro tutti finchè ne rimarrà uno solo.
Quelle figure metafisiche sono "imago" che hanno loro solo la forza di pacificare il mondo civile, è la coscienza che non fa andare oltre un limite e che le leggi non riescono a sostituire se non armando lo stato di polizia.
Prendiamone pure tre di piccioni: il modello dualistico Bene-Male è sbagliato. Se ne accorse Aristotele e lo fecero proprio gli epicurei: in medio stat virtus. L'eccesso di cibo è male tanto quanto la sua assenza, si muore di eccesso di lavoro tanto quanto di disoccupazione. Quindi il nomos si gioca su una triade in cui ogni contesto fenomenologico ha il suo miglior equilibrio (il bene) tra essere e non essere. Bene precario e transitorio come tutte le cose umane, perchè l'equilibrio è dinamico: sotto una certa soglia una specie rischia l'estinzione; ma anche un eccesso riproduttivo è devastante per quella specie. Il nomos etico e civile trova il suo equilibrio quando i due ambiti si parlano e riescono a condividere ermeneutiche comuni. E quello è il Bene; che la dialettica hegheliana pose in termini di sintesi.
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 01:36:28 AM
Il cosiddetto "bluff"come pensi tu, se resiste come fondativo ed è quindi premessa metafisica,potrebbe dimostrare che invece il pensiero occidentale è entrato in contraddizione quando ha pensato di focalizzarsi sui propri interessi economici, su ciò che è opportuno e convenite al momento.
Se togli i l fondativo ognuno non percepirebbe più intimamente il legame morale che lega l'individuo al sociale, cadrebbe la maschera, per cui non ci sarebbe legge comunitaria sociale, ma solo coercizione del più forte verso il più debole per pacificare il conflitto latente.
Ma devi chiederti perchè culturalmente resiste,nonostante la modernità l'abbia sostanzialmente obnulata e abiurata, e ha necessità di esistere a prescindere dal bluff, il fondativo metafisico.,La mia risposta è la sua innatezza nell'uomo,fa parte della natura umana che non è la parte animale e se la modernità lo ha mascherata è solo perchè non può farla scomparire, ma solo strumentalizzarla.
Forse perchè vi sono più fondativi metafisici e il capitalismo che egemonizza la modernità è solo uno di essi. Con contraddizioni enormi che gli impediscono di diventare fondamento metafisico condiviso.
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 01:36:28 AM
La legge giuridica sostituisce in parte la morale, pur non riuscendovi, poichè la legge non tiene conto della coscienza morale, ma daccapo, il suo focus e sull'interesse economico, non certo sulla morale, anche se da lei deriva come fondativo e che rimane come "bluff" moderno e contemporaneo.
Questo vale quando "hanno fatto un deserto e l'hanno chiamato legge". Ma non è sempre così. Nelle epoche di rivoluzioni sociali vincenti c'è un punto in cui legge e morale coincidono. E i fondativi comuni diventano legge.
Penso che tanto l'assolutismo che il relativismo etico siano posizioni ideologiche sbagliate. Esistono dei valori comuni più fondamentali di altri, riconosciuti in tutte le tavole della legge da Mosè e Hammurabi in poi. Poi esistono gli interessi materiali di parte che si sviluppano e divergono aumentando la complessità sociale. Entrambi questi elementi sono produttivi di metafisiche e relative norme, praticate e/o scritte. La sintesi finale di ogni epoca - umana, inumana o oltreumana - la fa la storia.
Citazione di: Sariputra il 06 Ottobre 2018, 23:31:38 PM
Fu chiesto ad un anziano nativo americano (un pellerossa...) di spiegare cos'erano, secondo lui, il bene e il male.
Rispose: "Il bene e il male sono come due cani che lottano continuamente dentro di noi."
"E chi vince alla fine?"- Gi fu chiesto
"Quello che sfamiamo di più"...
La grande saggezza dei nativi americani !
When the last tree has been cut down, the last fish caught, the last river poisoned, only then will we realize that one cannot eat money.
Citazione di: Ipazia il 07 Ottobre 2018, 07:59:22 AM
Citazione di: paul11 il 06 Ottobre 2018, 17:07:33 PM
così prendo due piccioni con una fava...
Non penso Ipazia che l'ontologia del nomos stia su un piano diverso.Mi viene in mente Hegel (pur non essendo il sottoscritto inquadrabile nell'idealismo o in qualunque categoria filosofica), quando la coscienza media il concreto della realtà naturale e l'astratto dell'intelletto.L'uomo sbaglia quando ritine di raggiungere la verità guardando SOLO all'astratto, così come sbaglia quando guarda SOLO al concreto. E' la coscienza che deve razionalizzare i due domini fra mondo fisico naturale e pensiero in cui ritine moralmente di essere AUTENTICO , e quindi nella società il vivere civile ,il compiere azioni è ricondotto ad un principio morale di autocoscienza.
Il bluff di partenza phil è una modernità che ha spostato la verità nell'evidenza del sensibile e nell'economia dell'interesse privato, pur mantenendo istituti metafisici fondamentali, come "il bene comune", come "lo Stato", come i valori morali divenuti prinicipi delle Costituzioni.
Perchè nessuna comunità sta in piedi senza un principio metafisico che la unisce, alla faccia degli anti metafisici.
Sarebbe guerra di ognuno contro tutti finchè ne rimarrà uno solo.
Quelle figure metafisiche sono "imago" che hanno loro solo la forza di pacificare il mondo civile, è la coscienza che non fa andare oltre un limite e che le leggi non riescono a sostituire se non armando lo stato di polizia.
Prendiamone pure tre di piccioni: il modello dualistico Bene-Male è sbagliato. Se ne accorse Aristotele e lo fecero proprio gli epicurei: in medio stat virtus. L'eccesso di cibo è male tanto quanto la sua assenza, si muore di eccesso di lavoro tanto quanto di disoccupazione. Quindi il nomos si gioca su una triade in cui ogni contesto fenomenologico ha il suo miglior equilibrio (il bene) tra essere e non essere. Bene precario e transitorio come tutte le cose umane, perchè l'equilibrio è dinamico: sotto una certa soglia una specie rischia l'estinzione; ma anche un eccesso riproduttivo è devastante per quella specie. Il nomos etico e civile trova il suo equilibrio quando i due ambiti si parlano e riescono a condividere ermeneutiche comuni. E quello è il Bene; che la dialettica hegheliana pose in termini di sintesi.
sono d'accordo con alcune precisazioni.
Aristotele non mi convince, essendo orientato più alle prassi e in quanto tale ha allontanato dal nomos di Pindaro la cultura.
Per certi versi Aristotele è iniziatore del seme della modernità, con le sue contraddizioni.
il bene è ontologico ed è o principio universale e dentro la creazione dell'universo, come la trimurti indiana, come le cosmogonie dove solo dopo la creazione appare il male, quindi è conseguente, oppure è nulla e allora solo opinione senza fondativo.
E' chiaramente il parametro e indice di riferimento , se ritenuto ontologico, della quotidianità umana.
Citazione di: Ipazia il 07 Ottobre 2018, 10:21:54 AM
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 01:36:28 AM
Il cosiddetto "bluff"come pensi tu, se resiste come fondativo ed è quindi premessa metafisica,potrebbe dimostrare che invece il pensiero occidentale è entrato in contraddizione quando ha pensato di focalizzarsi sui propri interessi economici, su ciò che è opportuno e convenite al momento.
Se togli i l fondativo ognuno non percepirebbe più intimamente il legame morale che lega l'individuo al sociale, cadrebbe la maschera, per cui non ci sarebbe legge comunitaria sociale, ma solo coercizione del più forte verso il più debole per pacificare il conflitto latente.
Ma devi chiederti perchè culturalmente resiste,nonostante la modernità l'abbia sostanzialmente obnulata e abiurata, e ha necessità di esistere a prescindere dal bluff, il fondativo metafisico.,La mia risposta è la sua innatezza nell'uomo,fa parte della natura umana che non è la parte animale e se la modernità lo ha mascherata è solo perchè non può farla scomparire, ma solo strumentalizzarla.
Forse perchè vi sono più fondativi metafisici e il capitalismo che egemonizza la modernità è solo uno di essi. Con contraddizioni enormi che gli impediscono di diventare fondamento metafisico condiviso.
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 01:36:28 AM
La legge giuridica sostituisce in parte la morale, pur non riuscendovi, poichè la legge non tiene conto della coscienza morale, ma daccapo, il suo focus e sull'interesse economico, non certo sulla morale, anche se da lei deriva come fondativo e che rimane come "bluff" moderno e contemporaneo.
Questo vale quando "hanno fatto un deserto e l'hanno chiamato legge". Ma non è sempre così. Nelle epoche di rivoluzioni sociali vincenti c'è un punto in cui legge e morale coincidono. E i fondativi comuni diventano legge.
Penso che tanto l'assolutismo che il relativismo etico siano posizioni ideologiche sbagliate. Esistono dei valori comuni più fondamentali di altri, riconosciuti in tutte le tavole della legge da Mosè e Hammurabi in poi. Poi esistono gli interessi materiali di parte che si sviluppano e divergono aumentando la complessità sociale. Entrambi questi elementi sono produttivi di metafisiche e relative norme, praticate e/o scritte. La sintesi finale di ogni epoca - umana, inumana o oltreumana - la fa la storia.
.....va a finire che argomentando abbiamo più vicinanze che "lontananze".
Il "bluff" di Phil, ed ha delle ragioni a sostenerlo, sono quelle che chiamo da tempo nel forum "dispositivi culturali", discussi da Foucault, Benjamin, Agamben e altri.
Mantenere un principio metafisico teorico per esercitare nelle prassi subdolamente la contraddizione.
E' potente nella misura in cui il popolo si ancora al principio metafisico come ad esempio la "nuda vita" o il concetto di "Sovranità".Ad esempio il ruolo delle religioni spesso "è consolatorio passivo" di accettazione sacrificale nei cospetti di un turbocapitalismo selvaggio che miete miserie e diseguaglianze insostenibili.
Questo non va bene nemmeno al sottoscritto se i principi metafisici sono lì per farci ingoiare medicine amare e dire "va bene così, tanto la vita è sopportazione". E intanto i nuovi dei capitalisti se la ridono.
Il principio morale diventa potente quando l'uomo mette in gioco il suo sacrifico, la sua vita.E non c'è legge precostituita che tenga.Quando l'uomo identifica i significati della propria esistenza nei principi morali
E quì ci vuole la vocazione al martirio.Il bene non è detto che vinca nella regola della terra, anche se un uomo non cercasse come fine potere e denaro, ma solo pace e serenità per sè e per gli altri.Ma proprio perchè il pacifico perde nel duello con il guerriero,essendo regola della terra.La passività umana perde a favore dell'attività umana
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 01:36:28 AM
Il cosiddetto "bluff"come pensi tu, se resiste come fondativo ed è quindi premessa metafisica,potrebbe dimostrare che invece il pensiero occidentale è entrato in contraddizione quando ha pensato di focalizzarsi sui propri interessi economici, su ciò che è opportuno e convenite al momento.
Non è contraddizione, è cambio di paradigma: la premessa metafisica è stata decostruita, "hackerata" e ricontestualizzata in un palcoscenico differente (non si poteva semplicemente abbandonarla, perché funziona
ancora troppo bene).
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 01:36:28 AM
Se togli i l fondativo ognuno non percepirebbe più intimamente il legame morale che lega l'individuo al sociale,
Lo percepisce intimamente perché è innato oppure è acquisito con educazione sin da piccoli, dal contesto culturale, etc.?
Ognuno può fare la sua scommessa, per ora non credo ci sia risposta certa (anche se una delle due proposte ha il vantaggio di essere quasi infalsificabile...).
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 01:36:28 AM
Ma devi chiederti perchè culturalmente resiste,nonostante la modernità l'abbia sostanzialmente obnulata e abiurata, e ha necessità di esistere a prescindere dal bluff, il fondativo metafisico.
Perché sbarazzarsi di ciò che ha dimostrato (storicamente) di poter funzionare
ancora su larga scala?
La modernità l'ha capito e (disincantata anche in questa scelta) l'ha infatti strumentalizzata con il contro-
bluff: laico e globalista, ma formalmente identico come (auto)giustificazionismo.
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 01:36:28 AM
La mia risposta è la sua innatezza nell'uomo,fa parte della natura umana che non è la parte animale e se la modernità lo ha mascherata è solo perchè non può farla scomparire, ma solo strumentalizzarla.
Tentare di farla scomparire (come forse avevano in mente alcuni nel '900) è fallimentare perché comporterebbe la disgregazione della società e una sua rifondazione radicale (scenario piuttosto utopico), strumentalizzarla è l'unica (cinica) scelta percorribile
in itinere.
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 01:36:28 AM
l'uomo ha necessità di leggi coercitive grazie ad una classe dirigente che incarni la sovranità, [...] sarebbe solo e semplicemente un rapporto di forza e di poteri e domini.
Questa mi sembra una descrizione ben calibrata sul mondo "reale" (per quanto possa suonare forse sconsolante...).
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 01:36:28 AM
A cosa ci servirebbe allora la cultura, nel momento in cui il bene e il male, la morale e le etiche fossero solo illusioni?
L'indicibile e l'inammissibile è esattamente questo: (se) sono illusioni, la massa non ci può/deve/sa credere davvero (sarebbe il caos a discapito di tutti), e non a caso chi lo afferma viene spesso ostracizzato o non creduto (non-accettazione, tipico meccanismo di difesa e autotutela psicologica).
Per questo serve la copertura del
bluff di matrice metafisica, e la cultura (in larga parte) non può che reggere il gioco (più o meno consciamente) di ciò che ha ereditato e in cui, in gran parte, essa stesse crede (e deve crederci per autogiustificarsi e darsi un senso, per non restare annichilita...).
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 01:36:28 AM
Attenzione, io non scarto affatto questa tesi, perchè esce anche dal "bluff", il mondo diventa trasparente, ma dovremmo accettare i lager, stermini di massa, poteri finanziari che mandano in miseria persone e tutto ciò che oggi viene definito "male",sparirebbe.
Sparirebbe solo l'etichetta, non ciò a cui si riferisce... questo è uno dei classici fraintendimenti (non mi riferisco a te, parlo in generale) riguardo il
relativismo "pluralismo debole": in assenza di un fondamento maestoso e metafisico, si resta talvolta spaesati al punto da disconoscere anche i piccoli fondamenti fattuali e i giudizi contingenti che gli si possono applicare. Come dire "o esiste il Bene, oppure tutto è indifferente"; semplificazione smentita quotidianamente sia dall'esistenza del diritto (con il suo
bluff: trasvalutare il bene in Bene), sia, soprattutto, dai vissuti quotidiani di ognuno di noi, che non abbiamo mai rapporti reali con il sommo Bene, ma ci giostriamo fra un dedalo di mille "beni" (con la minuscola e al plurale) incerti e problematici (e proprio per questo il
bluff del Bene ci ammalia, ci solleva e ci irretisce facilmente). Si tratta di ricordarsi la distinzione fra i fatti e le interpretazioni (come ci ammoniva qualcuno), distinzione che per l'etica è inaudita e scandalosa.
Accettare il passato è ovviamente inevitabile (al di là della retorica, storicamente ingenua per quanto condivisibile, del "mai più!" e simili), tuttavia non avrebbe senso negare all'uomo la rincuorante possibilità di dire "ciò è male!" (tradotto: "spero non capiti mai a me e alla mia tribù"): l'uomo necessita di consolazione (passato) e di speranza (futuro), proprio come chi bluffa perché ha carte deludenti, ma sotto sotto spera
ancora di poter vincere...
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 11:42:36 AMIl principio morale diventa potente quando l'uomo mette in gioco il suo sacrifico, la sua vita.E non c'è legge precostituita che tenga.Quando l'uomo identifica i significati della propria esistenza nei principi morali
E quì ci vuole la vocazione al martirio.Il bene non è detto che vinca nella regola della terra, anche se un uomo non cercasse come fine potere e denaro, ma solo pace e serenità per sè e per gli altri.Ma proprio perchè il pacifico perde nel duello con il guerriero,essendo regola della terra.La passività umana perde a favore dell'attività umana
L'uomo mette in gioco il suo sacrificio e la sua vita quando crede fermamente che da quel sacrificio nascerà una nuova legge. L'etica non è un prodotto dell'iperuranio, ma è terrena e contingente come la legge. Talvolta, ma non sempre, ha una visione della realtà superiore all'angolatura angusta della legge, come nel caso di Antigone. Ma più spesso restiamo nel campo, per usare una tua espressione, dei bluff e contro bluff. Basti pensare a come il cristianesimo ha sconfitto le religioni rivali, paganesimo ed ebraismo, del tempo. E c'erano pure i martiri. Da entrambe le parti, anche se celebriamo solo quelli dei vincitori.
ciao Phil,
rispondo cronologicamente, perchè se faccio citazioni su citazioni rischiamo l'illeggibilità.
Il paradigma è stato svuotato del concetto del nomos, hanno mantenuto l'involucro metafisico.
Sì, poi è stato diciamo deviato e ricontestualizzato storicamente:sono d'accordo.
Sono convinto che è impossibile educare un qualcosa che non sia già in noi all'atto della nascita.
Puoi farlo su un codice sorgente di un automa, ma il nostro codice(che non penso sia solo il DNA,,,ma non so)
è una predisposizione a.........
Comunque è altrettanto vero che l'educazione e la morale di un popolo incidono eccome.
Ti dirò onestamente che come sai propendo per un archè originario che mi dice"bene".
Ma non scarto nessuna ipotesi sempre per onestà intellettuale.
E'contraddittorio nella modernità mantenere un principio fondativo metafisico, seppur svuotato, e predicare che la verità è nella "musa" veritativa delle scienze sperimentali fisiche e naturali.Questo è opportunismo è appunto il tuo "bluff" e il mio "dispositivo culturale".Dov'è la coerenza se vige la convenienza?E dove starebbe di casa una morale, in un principio metafisico svuotato oppure nello studio di un alveare,magari compiuto da un economista ?
Capisco che hai capito, ma tu vedi coerenza?E' come se io te argomentando dovessimo intendere l'uno con l'altro per paradossi e mai per trasparenza e chiarezza. Come facciamo a comprenderci? dove finisce la fiducia?
Ribadisco Phil, le ipotesi che ti ho scritto nel post precedente potrebbero davvero esserci.
In fondo potrei dire: io sono sicuro solo della mia esistenza e delle proprietà e caratteristica che il bios mi ha dato come corredo genetico evolutivo.Adesso penso solo alla mia potenza e alla mia volontà, assecondando miei desideri, piaceri e gioie e allontanando il più possibile mie costrizioni e condizioni che generino dolore e sofferenza.
E imparo ad usare la mia intelligenza per manipolare la natura e poi gli uomini.
Per manipolare gli uomini ,seguendo anche il tuo discorso che ha una sua logica, mi invento il "grande bluff" su cui costruisco una morale "consolatoria, un antiansiolitico, un antidepressivo":ci stà,
Ma non ci credo per archè e principio universale e perchè a me non dà piacere ,nè gioia. Non vedo bellezza.
Chi è nella condizione di potere e denaro si serve del bluff, ma se davvero fosse innata la morale come da mia tesi,
lo smascherare il dispositivo culturale sarebbe la missione per mettere a nudo il re.
Phil a mio parere, e lo scrissi anni fa nel vecchio forum ,è fondamentale in quello che noi crediamo e non è detto che sia vero.
Ma l 'importante è che ci crediamo.
Un fanatico religioso con una cintura di bombe è più vero e forte di un capitalista in una piscina di Beverly Hills?
Citazione di: Ipazia il 07 Ottobre 2018, 13:21:19 PM
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 11:42:36 AMIl principio morale diventa potente quando l'uomo mette in gioco il suo sacrifico, la sua vita.E non c'è legge precostituita che tenga.Quando l'uomo identifica i significati della propria esistenza nei principi morali
E quì ci vuole la vocazione al martirio.Il bene non è detto che vinca nella regola della terra, anche se un uomo non cercasse come fine potere e denaro, ma solo pace e serenità per sè e per gli altri.Ma proprio perchè il pacifico perde nel duello con il guerriero,essendo regola della terra.La passività umana perde a favore dell'attività umana
L'uomo mette in gioco il suo sacrificio e la sua vita quando crede fermamente che da quel sacrificio nascerà una nuova legge. L'etica non è un prodotto dell'iperuranio, ma è terrena e contingente come la legge. Talvolta, ma non sempre, ha una visione della realtà superiore all'angolatura angusta della legge, come nel caso di Antigone. Ma più spesso restiamo nel campo, per usare una tua espressione, dei bluff e contro bluff. Basti pensare a come il cristianesimo ha sconfitto le religioni rivali, paganesimo ed ebraismo, del tempo. E c'erano pure i martiri. Da entrambe le parti, anche se celebriamo solo quelli dei vincitori.
ciao Ipazia,
dipende su cosa fonda la nuova legge.
Personalmente invece ritengo che la morale, o meglio la propensione ad essere morali, sia innata e sia all'interno della regola universale E il nomos era proprio il principio dell'archè dei domini del sacro universale e creativo della natura e dell'uomo a cui l'uomo doveva sempre riferirsi per non cadere nella sua "bestialità"
Il cristianesimo lo intendo come principio originario. e appunto l'adattamento, la secolarizzazione che ha allontanato la Chiesa dai suoi principi originari e costitutivi che spesso sono contraddittori alla sua stessa storia.
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 16:11:02 PM
ciao Ipazia,
dipende su cosa fonda la nuova legge.
Per il martire è indifferente. Lui ci crede ed è disposto a sacrificare la sua vita. Tipo kamikaze e shaid.
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 16:11:02 PM
Personalmente invece ritengo che la morale, o meglio la propensione ad essere morali, sia innata e sia all'interno della regola universale E il nomos era proprio il principio dell'archè dei domini del sacro universale e creativo della natura e dell'uomo a cui l'uomo doveva sempre riferirsi per non cadere nella sua "bestialità"
E qui si afferma la radicale differenza di fronte al problema morale tra atei e variamente teisti. D'accordo che esista una specie di ethos universale in una specie sociale (che, per inciso, deriva proprio dalla comune "bestialità" specista) ma su tutto il resto proprio non ci siamo perchè per un ateo l'evoluzione morale è contingente alle circostanze storiche della civilizzazione, ovvero convivenza civile, e non esiste alcun sacro primigenio a cui attingere, ma solo l'esperienza evolutiva razionale.
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 16:11:02 PM
Il cristianesimo lo intendo come principio originario. e appunto l'adattamento, la secolarizzazione che ha allontanato la Chiesa dai suoi principi originari e costitutivi che spesso sono contraddittori alla sua stessa storia.
Non crucciarti. E' il destino di tutte le ideologie, comprese le più nobili e umanitarie, appena scendono dal cielo e toccano terra: Menschliches, Allzumenschliches
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 16:00:49 PM
Capisco che hai capito, ma tu vedi coerenza?
L'assenza di coerenza è l'essenza del
bluff (e del contro-
bluff); se ci fosse coerenza non sarebbe un
bluff, semmai un fidarsi in buona
fede (come per tutti quelli che, non avendo visto le carte, credono davvero che il perpetuo rilanciare la posta in gioco sia indice di carte forti... mentre invece si rilancia solo perché altrimenti il gioco finisce).
Intendiamoci, prendere atto di tale
bluff non comporta affatto l'esserne entusiasti o voler collaborare felicemente alla sua riuscita. Una volta intuite le regole del gioco e convinti che il
bluff ci sia (opinione personale, quindi con dignitoso margine d'errore) non resta che continuare la partita, ognuno con la sua strategia (chi bluffando, chi sperando di poter cambiare carte, chi usando assi nella manica, chi "passando", chi ritirandosi...).
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 16:00:49 PM
Chi è nella condizione di potere e denaro si serve del bluff, ma se davvero fosse innata la morale come da mia tesi,
lo smascherare il dispositivo culturale sarebbe la missione per mettere a nudo il re.
E sarebbe persino un bene impegnarsi in tale missione, poiché tale
bluff sarebbe (se ho ben inteso) un male, sebbene non il peggiore.
Tuttavia, se invece la morale non è innata (ipotesi in cui mi sento più a casa), che il re sia nudo o vestito non fa molta differenza, l'importante è che egli riesca efficacemente a scongiurare la barbarie dell'anarchia primordiale (almeno per chi è convinto che in tale "inciviltà" si troverebbe davvero male, come il sottoscritto).
Ciò significa che una morale vale l'altra? Assolutamente no; significa che una morale aggregante (non una qualsiasi) è necessaria per una comunità, fintanto che la maggioranza la condivide e, soprattutto,
a differenza di altre possibili, funziona e viene accettata.
Se poi questa morale venga dichiarata fondata sui dettami di un re nudo e con il vizio del poker, oppure su quelli di un illuminato pastore di uomini o addirittura di una divinità benevola, dipenderà da quanto si vuole rendere tale morale intoccabile e "ben commerciabile" fra i proseliti (e quanto si vuole essere onesti in rapporto alla posta in gioco; d'altro canto, si sa, più questa aumenta, più si riducono le persone che giocano solo per partecipare...).
Citazione di: paul11 il 07 Ottobre 2018, 16:00:49 PM
Phil a mio parere, e lo scrissi anni fa nel vecchio forum ,è fondamentale in quello che noi crediamo e non è detto che sia vero.
Ma l 'importante è che ci crediamo.
Un fanatico religioso con una cintura di bombe è più vero e forte di un capitalista in una piscina di Beverly Hills?
Eppure, magari sbaglio, proprio questa inclinazione al credere fermamente in qualcosa è la condizione necessaria e sufficiente per rendere credibile ogni
bluff (ed eventuale contro-
bluff): si tratta di distinguere fra il credere al sistema biecamente umano che ci circonda o il lasciare aperta la porta ad un'alterità eccedente le contingenze terrene... è poi possibile un vivere senza credo, ma con un pensiero tendenzialmente plastico, un'attitudine distaccatamente adattativa, con valori malleati dai vissuti più di quanto condizionino
a priori la lettura del mondo?
@Phil
Penso che sarebbe molto pericoloso trovarsi in trincea con te. C'è il rischio concreto che mi spareresti alle spalle non appena hai il sentore che la battaglia volge al peggio e che è conveniente , nel caso, non"trovarsi male"...e quindi passare alla morale vincente del nemico. Dopo tutto...perché no? Sarebbe molto 'razionale'... molto 'plastico" direi. ;D ;D
Citazione di: Ipazia il 07 Ottobre 2018, 13:21:19 PM
L'uomo mette in gioco il suo sacrificio e la sua vita quando crede fermamente che da quel sacrificio nascerà una nuova legge. L'etica non è un prodotto dell'iperuranio, ma è terrena e contingente come la legge. Talvolta, ma non sempre, ha una visione della realtà superiore all'angolatura angusta della legge, come nel caso di Antigone. Ma più spesso restiamo nel campo, per usare una tua espressione, dei bluff e contro bluff. Basti pensare a come il cristianesimo ha sconfitto le religioni rivali, paganesimo ed ebraismo, del tempo. E c'erano pure i martiri. Da entrambe le parti, anche se celebriamo solo quelli dei vincitori.
Nomen (anzi, niknomen) omen.
(concordo).
@Sariputra
Capisco che è una battuta :) ... tuttavia, essendo ghiotto di input, provo, per gioco, anche a prenderti sul serio: direi che se finissi con lo spararti, non sarebbe per ideali metafisici, né di bandiera o per mera convenienza, ma probabilmente perché sul momento mi parrebbe sensato farlo (anche se faccio fatica ad immaginarmi a premere un grilletto, considerando che mi mette a disagio uccidere una zanzara...).
Essere "plastici" non significa necessariamente, assecondando uno scadente pregiudizio, essere mercenari e subdoli (come si potrebbe anche pensare in cattiva fede); significa solo avere un paradigma scritto a matita, una visione del mondo dinamica, così come è dinamica la vita (e ciò, se ci pensiamo, è un modo per destreggiarsi nel classico conflitto fra il mutare degli eventi e la presunta stabilità dei valori universali).
Certo, non a tutti piace navigare a vista sotto un cielo senza stelle fisse, mentre altri marinai sfrecciano sicuri della loro rotta e sanno sempre dove andare e cosa fare perché è già tutto scritto nelle loro mappe sacre, che li guideranno in fine al tesoro promesso; per me invece, la terra è tonda e non c'è un premio per chi riesce a fare più giri del globo prima di colare a picco e non c'è nessun tesoro mitologico da rincorrere (e, in fondo, se anche ci fosse, per me non ne varrebbe la pena).
Quando ho detto che mi troverei male nella "barbarie dell'anarchia primordiale"(autocit.) è ad esempio perché non sono violento né fisicamente prestante, quindi molto probabilmente farei una finaccia ;D non ho problemi ad ammettere che mi fa molto comodo non dover duellare fisicamente con altri pretendenti per una donna (finirei molto prima sottoterra che a letto con qualcuna) o per il cibo (morirei presto di fame). Riconosco gli indubbi vantaggi del vivere in società, ma farne una questione di valori etici metafisici (universali, assoluti, trascendenti, etc.) significa, secondo me, credere ad un bluff (necessario per chi ha bisogno di vedere un piatto ricco di fiches sul tavolo; irrilevante per chi sa che lo scopo del gioco è giocare e crede, magari sbagliando, che nessuno cambierà mai quelle fiches in altro...).
rispondo sia a Ipazia che Phil,
perchè in fondo la pensate allo stesso modo.
vale a dire non ho ancora capito in cosa credete.
la morale è ontologica? E' plastica è liquida, è un vestito da indossare al pret a porter?
Se foste coerenti dovreste accettare o un marxismo, rosso, nero, di destra o sinistra o se avete soldi e potere alimentate pure il grande "bluff" perchè conviene opportunisticamente,
oppure accettare il guerriero di Nietzsche; uccidere il nemico amandolo.
ma è più facile vivacchiare con la mentalità da piccolo borghese opportunista con un ombrello che ripari dai fatali destini,sperando di non trovarsi con il sedere per terra.
N.b. Non è personale, ma non vedo in cos'altro credete perchè in fondo accettate ciò che "antropologicamente" il "progresso" vi propina.
Phil in realtà il grande bluff ti è funzionale, ringrazia che c'è.
Marxismo nero? Di destra?
Bombacci? (Ma era una specie di tragicomica caricatura vivente!).
cit.Phil:Essere "plastici" non significa necessariamente, assecondando uno scadente pregiudizio, essere mercenari e subdoli (come si potrebbe anche pensare in cattiva fede); significa solo avere un paradigma scritto a matita, una visione del mondo dinamica, così come è dinamica la vita (e ciò, se ci pensiamo, è un modo per destreggiarsi nel classico conflitto fra il mutare degli eventi e la presunta stabilità dei valori universali).
Più che 'destreggiarsi' io lo definirei un 'assecondare' il mutare degli eventi, simile alla famosa canna che si piega sempre nella direzione in cui soffia il vento...in questo concordo con Paul11 che trattasi della solita filosofia tornacontista piccolo borghese dell'uomo del 'sottosuolo', che va così di moda nell'occidente opulento e opportunista. Si "scrive a matita" per cancellare velocemente e senza lasciar tracce... ;)
Infatti tu stesso ammetti che, se fossi per caso alto, grosso e prestante la tua filosofia...potrebbe essere del tutto diversa! Potresti forse perfino accettare la "barbarie dell'anarchia primordiale", perché questa , in quel caso, tornerebbe a tuo vantaggio. Forse ti fornirebbe delle "opportunità"...
Ma non parlavi di bluff? Di insincerità, ecc.? Mah!...Perplesso... :(
Citazione di: paul11 il 08 Ottobre 2018, 00:32:37 AM
rispondo sia a Ipazia che Phil,
perchè in fondo la pensate allo stesso modo.
vale a dire non ho ancora capito in cosa credete.
la morale è ontologica? E' plastica è liquida, è un vestito da indossare al pret a porter?...
Tralascio il resto che mi pare solo incenso bruciato al signore di Eraclito, Polemos
Rispondo per me. L'istinto morale è ontologico e si affina diventando cosciente fin dalle prime cure parentali. Lo è anche in molte specie di animali sociali. Le morali/etiche (la distinzione la lascio agli azzeccagarbugli)
pratiche sono prodotti empirici dell'evoluzione ed etimologicamente si rifanno ai mores ed ethos in cui una comunità si trova immersa. In quanto prodotti empirici sono trasformabili razionalmente venendosi a determinare situazioni diverse dalle precedenti. Personalmente ho una mia fissa opinabile: ritengo che la tutela e gratificazione della vita umana sia un centro di gravità permanente del processo evolutivo etico, siano un
fondamentale etico (Non intendo la vita ideologicamente strumentalizzata degli embrioni e dei cadaveri appesi al filo, ma quella reale degli umani fatti, formati e senzienti). Ritengo ciò da atea, consapevole che la vita è l'unica ricchezza
effettiva di ogni essere vivente, umani compresi. Ovviamente vi sono situazioni in cui la vita umana può essere sacrificata. Ma sono eccezioni alla regola, non altre regole. Infatti, ad un'analisi approfondita, queste eccezioni si incardinano perfettamente nella regola. Perchè la vita umana è anche la sua qualità e i suoi principi, che ne costituiscono il corredo etico ineliminabile senza distorcere il senso stesso di quella vita storicamente determinata.
Citazione di: Ipazia il 08 Ottobre 2018, 09:07:18 AM
Citazione di: paul11 il 08 Ottobre 2018, 00:32:37 AM
rispondo sia a Ipazia che Phil,
perchè in fondo la pensate allo stesso modo.
vale a dire non ho ancora capito in cosa credete.
la morale è ontologica? E' plastica è liquida, è un vestito da indossare al pret a porter?...
Tralascio il resto che mi pare solo incenso bruciato al signore di Eraclito, Polemos
Rispondo per me. L'istinto morale è ontologico e si affina diventando cosciente fin dalle prime cure parentali. Lo è anche in molte specie di animali sociali. Le morali/etiche (la distinzione la lascio agli azzeccagarbugli) pratiche sono prodotti empirici dell'evoluzione ed etimologicamente si rifanno ai mores ed ethos in cui una comunità si trova immersa. In quanto prodotti empirici sono trasformabili razionalmente venendosi a determinare situazioni diverse dalle precedenti. Personalmente ho una mia fissa opinabile: ritengo che la tutela e gratificazione della vita umana sia un centro di gravità permanente del processo evolutivo etico, siano un fondamentale etico (Non intendo la vita ideologicamente strumentalizzata degli embrioni e dei cadaveri appesi al filo, ma quella reale degli umani fatti, formati e senzienti). Ritengo ciò da atea, consapevole che la vita è l'unica ricchezza effettiva di ogni essere vivente, umani compresi. Ovviamente vi sono situazioni in cui la vita umana può essere sacrificata. Ma sono eccezioni alla regola, non altre regole. Infatti, ad un'analisi approfondita, queste eccezioni si incardinano perfettamente nella regola. Perchè la vita umana è anche la sua qualità e i suoi principi, che ne costituiscono il corredo etico ineliminabile senza distorcere il senso stesso di quella vita storicamente determinata.
il polemos è il sale delle discussioni, l'importante è mantenere il rispetto e nella nostro dialogo e vedo che c'è
ma come spiegare che i grandi saggi e sapienti erano di due, tremila anni fa. I Gesù, i Buddha, i Lao Tze, i Confucio
le scritture vediche, le stesse sacre scritture religiose e poi...............il nulla.
Siamo eticamente e moralmente progrediti rispetto a quegli antichi saggi? lascerei da parte l'aspetto religioso in sè e per sè, prendiamo solo l'aspetto morale ed etico.
ma chi determina la tutela e la gratificazione della vita umana?
Con rispetto ed onestà, Ipazia, mi pare alquanto nebbioso, credere ontologicamente, ma darne un senso evolutivo storico per accettare che la fenomenologia della storia sia il progresso delle coscienze?
Questa storia ha prodotto lager e due guerre mondiali , massacri di massa, nel tempo in cui la tecnica dava aerei e automobili
Non si accompagna la coscienza morale con la storia umana, l'una non progredisce con l'altra
Citazione di: paul11 il 08 Ottobre 2018, 10:05:20 AM
ma come spiegare che i grandi saggi e sapienti erano di due, tremila anni fa. I Gesù, i Buddha, i Lao Tze, i Confucio
le scritture vediche, le stesse sacre scritture religiose e poi...............il nulla.
Siamo eticamente e moralmente progrediti rispetto a quegli antichi saggi? lascerei da parte l'aspetto religioso in sè e per sè, prendiamo solo l'aspetto morale ed etico.
Mettiamoci pure Maometto e completiamo la storia delle grandi religioni. Perchè è appunto una storia di religioni che hanno ingessato il pensiero per oltre mille anni. Lo hanno fatto, e continuano a farlo, anche con la violenza, contro chi al pensiero religioso ha cominciato a porre la questione della nullità dei numi. Lasciandoci pure i suoi bravi martiri sul campo. Quando, a gran fatica, il gesso è stato rimosso, si è cominciato a macinare un discorso etico esente dai numi. Lo ha fatto il marxismo (e continua a farlo in Cina pur nel mutato spirito dei tempi) con un esito catastrofico in Europa. Lo ha fatto Nietzsche, con tante caselle vuote da riempire ancora tutte lì davanti a noi. Lo ha fatto il capitalismo cannibalizzando il pensiero ateo. E qui concordo.... il nulla. Un nulla che ha rispalancato la storia al peggior nulla teistico. Insomma la partita è ancora aperta e gli antichi saggi, teisti o atei (ne abbiamo anche noi lungo il filone scientifico-filosofico), restano lì con le loro perle di saggezza, benvenute a prescindere. Magari utili a riempire le caselle lasciate vacanti da FN, Wittgenstein, Marx e altri.
Citazione di: paul11 il 08 Ottobre 2018, 10:05:20 AM
ma chi determina la tutela e la gratificazione della vita umana?
Con rispetto ed onestà, Ipazia, mi pare alquanto nebbioso, credere ontologicamente, ma darne un senso evolutivo storico per accettare che la fenomenologia della storia sia il progresso delle coscienze?
Questa storia ha prodotto lager e due guerre mondiali , massacri di massa, nel tempo in cui la tecnica dava aerei e automobili
Non si accompagna la coscienza morale con la storia umana, l'una non progredisce con l'altra
Mi spiace: tertium non datur. Abbiamo solo la storia come possibilità maieutica. Non è che ai tempi della vita di Dio le cose andassero molto meglio, quindi, anche dopo la sua morte è possibile progredire eticamente. Vi sono molti indicatori che vanno in questa direzione: speranza e tenore di vita, cure mediche, istruzione, alimentazione, emancipazione della donna e rispetto della sessualità "eretica". Il problema etico contingente è l'inumanità del mercato capitalistico e il suo imponente apparato ideologico-sacerdotale di supporto
etico-propagandistico. Subito dopo, ma strettamente connessi: i limiti dello sviluppo minacciati dal cattivo infinito economico e demografico (supportati ideologicamente anche dall'illusoria
provvidenza divina) Non è una bazzecola, ma prima o poi, probabilisticamente, seppelliremo anche l'Ultimo Uomo e gli ultimi shaid.
Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2018, 08:46:40 AM
Si "scrive a matita" per cancellare velocemente e senza lasciar tracce... ;)
Esatto, ed è inevitabile che ciò che verrà riscritto sarà guidato
necessariamente solo dal tornaconto e dall'opportunismo? In assenza di un Bene metafisico, non si può proorio cercare un'altra forma di bene (che non sia egoistica)?
La spontaneità con cui si crede che l'abbandono di una metafisica comporti
necessariamente cinismo e tornacontismo (con buona pace della "compassionevole natura umana che tende spontaneamente al bene", direi ;) ), è sintomo eloquente di quanto alcuni sentano davvero il bisogno "analgesico" del
bluff... mentre se si prova a sospettare che il
bluff sia tale, allora si è automaticamente banderuole e "piccolo borghesi" (adoro il fascino
vintage delle categorie tardo novecentesche ;D ).
Secondo me, in questo caso,
tertium datur (sebbene alla cattiva fede non ci sia sempre rimedio...).
Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2018, 08:46:40 AM
Infatti tu stesso ammetti che, se fossi per caso alto, grosso e prestante la tua filosofia...potrebbe essere del tutto diversa! Potresti forse perfino accettare la "barbarie dell'anarchia primordiale", perché questa , in quel caso, tornerebbe a tuo vantaggio. Forse ti fornirebbe delle "opportunità"...
Ma non parlavi di bluff? Di insincerità, ecc.? Mah!...Perplesso... :(
[Fallacie rilevate:
non sequitur, spaventapasseri/uomo di paglia, pendio scivoloso (tracce di
ad hominem e
ad popolum).]
Affermare che in contrasti fisici sono/sarei in difficoltà (ho scritto solo questo, il resto è un'aggiunta gratuita dell'esegeta ;) ), non comporta affatto che se fossi grosso e muscoloso sarei ben contento di vivere fra mazzate e colpi di clava (le fallacie logiche sono spesso indice di... v. sopra).
Citazione di: paul11 il 08 Ottobre 2018, 00:32:37 AM
vale a dire non ho ancora capito in cosa credete.
la morale è ontologica? E' plastica è liquida, è un vestito da indossare al pret a porter?
Personalmente, vedo la morale come una
rielaborazione personale di ciò che si è ricevuto (dalla famiglia, dal contesto culturale, etc.) e di ciò che si è vissuto (di come sono state assimilate e interpretate alcune esperienze significative).
Essendo le (mie) esperienze di vita non ancora concluse, la (mia) morale si evolve tuttora
in itinere, è costantemente
in fieri come la riflessione che accompagna la vita; ovvero non ci sono dogmi, ideali, valori che do per certi e intoccabili, fondati in una tradizione "migliore", in un culto "vero", in un'ideologia "giusta".
Se mi chiedi dunque in cosa credo moralmente (domanda la cui forma rivela molto dei presupposti sottesi), non posso indirizzarti ad alcun "ismo", né a testi (sacri o meno) di riferimento; posso solo darti la mia opinione personale, di volta in volta che mi presenti una questione etica. Magari sarà per te una risposta deludente o evasiva, ma (se mi credi) è la più onesta che ho (e ovviamente ognuno è libero di etichettarla come vuole, in buona o cattiva fede).
Questa morale personale "abbozzata a matita" è necessariamente sinonimo di opportunismo, di genuflessa accettazione dell'attualità, di incapacità di vedere le differenze fra le altre morali, di mancanza di criteri con cui valutare la realtà? Secondo me, decisamente no; semmai è sinonimo di una visione tanto personale quanto debole delle varie possibilità... tuttavia, in fondo, sono di parte (e dall'esterno può ben sembrare tutt'altro).
Citazione di: paul11 il 08 Ottobre 2018, 00:32:37 AM
Phil in realtà il grande bluff ti è funzionale, ringrazia che c'è.
Indubbiamente! Come già scrivevo a
Sariputra, il
bluff metafisico (e il contro-
bluff moderno) che tiene coesi i popoli, compreso quello di cui faccio parte, è una bella fortuna per me (solo per me?), e il riconoscerlo come
bluff (narrazione affabulatrice per le genti) non significa minimamente volerne sminuire la funzionalità civile e il ruolo di perno della coesione sociale (su cui mi sembra di aver già insistito molto).
Rilevare che qualcosa è una convenzione immanente, storicizzata e plurale, non significa
necessariamente leggerla come insignificante o volersene emancipare; pensiamo al linguaggio: non ci è stato dato dagli dei, non ha nulla di perfetto o assoluto, combina spesso casini intercontinentali (come diceva qualcuno, talvolta ne uccide più la penna che la spada), eppure per fortuna che c'è!
P.s.
Avevo già scritto sinteticamente: "valori malleati dai vissuti più di quanto [tali valori, n.d.r.] condizionino a priori la lettura del mondo" ed effettivamente era una frase troppo ermetica (che poteva fuorviare verso l'opportunismo selvaggio), grazie per avermi chiesto di disambiguare.
Esatto, ed è inevitabile che ciò che verrà riscritto sarà guidato necessariamente solo dal tornaconto e dall'opportunismo? In assenza di un Bene metafisico, non si può proorio cercare un'altra forma di bene (che non sia egoistica)?
Perché continui a parlare di un bene metafisico? Se io parlo di un bene esistenziale innato da scoprire dentro di noi? Mi sembri ossessionato, e te l'ho già rilevato, da questa benedetta (maledetta per te, evidentemente... :) ) "metafisica". La tua avversione è palese. Lavora su questa avversione e forse vedrai che non tutte le vacche sono nere... :)
mentre se si prova a sospettare che il bluff sia tale, allora si è automaticamente banderuole e "piccolo borghesi"
Ma , per non essere "piccolo borghese", penso che si debba mettere in discussione anche il proprio di 'bluff'...cosa che non vedo fare in questo caso. Hai già trovato i 'colpevoli' e non ti senti parte di questi
Siccome però questa discussione sta generando uno stato di avversione reciproca , sentimento certo non da coltivare, personalmente la pianto qui. Vedi un pò tu... ;D
Ciao
Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2018, 11:30:38 AM
Esatto, ed è inevitabile che ciò che verrà riscritto sarà guidato necessariamente solo dal tornaconto e dall'opportunismo? In assenza di un Bene metafisico, non si può proorio cercare un'altra forma di bene (che non sia egoistica)?
Perché continui a parlare di un bene metafisico? Se io parlo di un bene esistenziale innato da scoprire dentro di noi? Mi sembri ossessionato, e te l'ho già rilevato, da questa benedetta (maledetta per te, evidentemente... :) ) "metafisica". La tua avversione è palese. Lavora su questa avversione e forse vedrai che non tutte le vacche sono nere... :)
mentre se si prova a sospettare che il bluff sia tale, allora si è automaticamente banderuole e "piccolo borghesi"
Ma , per non essere "piccolo borghese", penso che si debba mettere in discussione anche il proprio di 'bluff'...cosa che non vedo fare in questo caso. Hai già trovato i 'colpevoli' e non ti senti parte di questi
Siccome però questa discussione sta generando uno stato di avversione reciproca , sentimento certo non da coltivare, personalmente la pianto qui. Vedi un pò tu... ;D
Ciao
Sari,
personalmente ho usato il termine "bene metafisico" nelle mie disquisizioni sull'etica. Anche se mi riferivo a qualcosa di molto simile (o identico? ;D ) a quanto dici tu sul "bene innato". il problema che "metafisica" è un termine che è usato secondo significati diversi e per molti la "metafisica" è il "male". Forse si riferisce anche a quanto dicevo io nelle mie critiche al relativismo.
Per fare un esempio, Platone riteneva che era possibile "conoscere" le idee Platoniche in modo "esperienziale". Ma le "idee platoniche" sono l'"archetipo" della metafisica. Il punto è che per Platone le "idee" non erano "meri concetti" postulati là "nel nulla" senza alcun significato esistenziale (come molti vedono la metafisica). Per lui erano realtà esperienziali, da "scoprire" (o da "ricordare"). Forse, lui per "bene metafisico" include anche il tuo concetto di "bene innato", visto che (per esempio) non è scientificamente osservabile.
Consiglierei ad essere meno "avversi" alla parola stessa. Nella mia accezione significa anche solamente "non indagabile scientificamente", cosa che credo che l'etica è.
Molti criticano nozioni come "bene innato" o "bene metafisico" perché, secondo me, non pensano che possa essere qualcosa di rilevanza esistenziale, da "scoprire". Non ho nessun problema io a credere in un "bene innato" e a chiamarlo "metafisico" e a dire che è alla base dell'etica. Ma ovviamente, ho imparato che la mia opinione è minoritaria e discuterne crea solo equivoci e "litigate"...Ovviamente, se parli di essere convinto dell'esistenza di un "bene innato da scoprire" passi per "dogmatico" per alcuni.
Come già ho detto e ridetto, secondo me su diverse cose i "critici della morale" non hanno torto e, secondo me, su altre cose hanno torto, ma concordo che discutere su questo tema finisce per creare equivoci e lunghissime polemiche ho deciso di non partecipare più a tali discussioni...
(non lo dico per far polemica, ma era solo per dire che a volte è frustrante...)
Modifica: ovvero io sono "convinto" che tale bene ci sia. È una mia ipotesi nata da miei ragionamenti che ritengo corretti. Non nasce da un indottrinamento. Un conto è credere dopo un libero ragionamento, un altro per indottrinamento o qualsivoglia imposizione esterna. Platone è arrivato a parlare di Forme dopo dei suoi ragionamenti liberi. Non ci vedo nulla di dogmatico (così come non vedo nulla di sbagliato a scegliere una religione o a credere in cose indimostrabili per libera scelta)
Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2018, 11:30:38 AM
Perché continui a parlare di un bene metafisico? Se io parlo di un bene esistenziale innato da scoprire dentro di noi?
Con bene "metafisico" (ammetto che il termine è un po' vago) intendo in generale ogni Bene concettualizzato come esistenzialmente o spiritualmente innato o trascendente o assoluto; nei miei discorsi non mi riferivo esclusivamente a te, ma parlavo anche più in generale.
Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2018, 11:30:38 AM
Mi sembri ossessionato, e te l'ho già rilevato, da questa benedetta (maledetta per te, evidentemente... :) ) "metafisica".
Se parliamo di morale, bene/male, etc. mi concederai che parlare
anche di metafisica non è un'ossessione, ma piuttosto una necessità argomentativa (e guarda come finisce chi prova ad uscirne... ;D ).
Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2018, 11:30:38 AM
La tua avversione è palese. Lavora su questa avversione e forse vedrai che non tutte le vacche sono nere... :)
Perché "avversione"? Negazione, non-fede-in ("a" non è "anti", ricordi? ;) ).
Ho detto e ripetuto che il discorso metafisico funziona, tiene coesi i popoli e mi fa decisamente comodo perché mi risparmia colpi di clava; non direi che questa è avversione ;D
Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2018, 11:30:38 AM
Ma , per non essere "piccolo borghese", penso che si debba mettere in discussione anche il proprio di 'bluff'...cosa che non vedo fare in questo caso.
Quale è il
bluff di una
personale morale-
bricolage, del tipo "lavori in corso"?
Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2018, 11:30:38 AM
Hai già trovato i 'colpevoli' e non ti senti parte di questi
Colpevoli? Chi? Di cosa? In base a quale morale? ;D
Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2018, 11:30:38 AM
Siccome però questa discussione sta generando uno stato di avversione reciproca , sentimento certo non da coltivare, personalmente la pianto qui. Vedi un pò tu... ;D
Nessuna avversione, cerco solo di chiarirmi (in entrambi i sensi del termine...).
Citazione di: Ipazia il 08 Ottobre 2018, 11:04:08 AM
Citazione di: paul11 il 08 Ottobre 2018, 10:05:20 AM
ma come spiegare che i grandi saggi e sapienti erano di due, tremila anni fa. I Gesù, i Buddha, i Lao Tze, i Confucio
le scritture vediche, le stesse sacre scritture religiose e poi...............il nulla.
Siamo eticamente e moralmente progrediti rispetto a quegli antichi saggi? lascerei da parte l'aspetto religioso in sè e per sè, prendiamo solo l'aspetto morale ed etico.
Mettiamoci pure Maometto e completiamo la storia delle grandi religioni. Perchè è appunto una storia di religioni che hanno ingessato il pensiero per oltre mille anni. Lo hanno fatto, e continuano a farlo, anche con la violenza, contro chi al pensiero religioso ha cominciato a porre la questione della nullità dei numi. Lasciandoci pure i suoi bravi martiri sul campo. Quando, a gran fatica, il gesso è stato rimosso, si è cominciato a macinare un discorso etico esente dai numi. Lo ha fatto il marxismo (e continua a farlo in Cina pur nel mutato spirito dei tempi) con un esito catastrofico in Europa. Lo ha fatto Nietzsche, con tante caselle vuote da riempire ancora tutte lì davanti a noi. Lo ha fatto il capitalismo cannibalizzando il pensiero ateo. E qui concordo.... il nulla. Un nulla che ha rispalancato la storia al peggior nulla teistico. Insomma la partita è ancora aperta e gli antichi saggi, teisti o atei (ne abbiamo anche noi lungo il filone scientifico-filosofico), restano lì con le loro perle di saggezza, benvenute a prescindere. Magari utili a riempire le caselle lasciate vacanti da FN, Wittgenstein, Marx e altri.
Citazione di: paul11 il 08 Ottobre 2018, 10:05:20 AM
ma chi determina la tutela e la gratificazione della vita umana?
Con rispetto ed onestà, Ipazia, mi pare alquanto nebbioso, credere ontologicamente, ma darne un senso evolutivo storico per accettare che la fenomenologia della storia sia il progresso delle coscienze?
Questa storia ha prodotto lager e due guerre mondiali , massacri di massa, nel tempo in cui la tecnica dava aerei e automobili
Non si accompagna la coscienza morale con la storia umana, l'una non progredisce con l'altra
Mi spiace: tertium non datur. Abbiamo solo la storia come possibilità maieutica. Non è che ai tempi della vita di Dio le cose andassero molto meglio, quindi, anche dopo la sua morte è possibile progredire eticamente. Vi sono molti indicatori che vanno in questa direzione: speranza e tenore di vita, cure mediche, istruzione, alimentazione, emancipazione della donna e rispetto della sessualità "eretica". Il problema etico contingente è l'inumanità del mercato capitalistico e il suo imponente apparato ideologico-sacerdotale di supporto etico-propagandistico. Subito dopo, ma strettamente connessi: i limiti dello sviluppo minacciati dal cattivo infinito economico e demografico (supportati ideologicamente anche dall'illusoria provvidenza divina) Non è una bazzecola, ma prima o poi, probabilisticamente, seppelliremo anche l'Ultimo Uomo e gli ultimi shaid.
ciao Ipazia,
vedo che il tuo esercizio è il ping pong, non rispondi ,i e cerchi falle nell'altrui, mio, pensiero.
Non penso ad un Dio in particolare, ma ad un principio filosofico, ad un archè originario ciò che ha creato il mondo
e che le religioni chiamano Dio: non è la stessa cosa. Perchè sia la cosmologia scientifica moderna, sia le cosmogonie spiritualii
pongono dei livelli e delle origini.
Ne discende, che l'uomo non è osservabile ,descrivibile, razionalizzabile, a prescindere dai principi universali, in quanto sottostà ad un ordine universale.
Se l'uomo ha una morale ,non può come intende la scienza moderna venire dal nulla e sparire nel nulla, come si ritene della vita, senza senso e significati, in quanto rispondono al livello superiore dell'archè, del principio originario .
Coloro che ritengono che la vita venga dal nulla e finisca nel nulla è coerente che non vi sia una morale a cui rispondere, in quanto priva di ontologia .Invece penso che sia ontologica e se è e in quanto esiste significa che risponde al principio di un ordine superiore, l'archè.
E' contraddittorio fidarsi di un determinismo fenomenico per le cose, e non pensare che se è riconosciuta una morale anch'essa abbia una causa originaria.
la storia insegna semmai una dualità, la doppia natura umana. la prima che l'uomo continuamente replica i medesimi errori e in quanto tale l'esperienza storica non fa testo, la seconda che l'uomo probo, giusto fisicamente è assoggettato alla regola naturale corporea, perde con il più forte. ma se l amorale fosse ritenuta causazione del principio originario, archè, e in quanto tale significazione dell e proprie esistenze, se l'uomo fisicamente muore, l amorale e in questo caso la coscienza umana, non può seguire il corpo fisico.
ciao Phil,
apprezzo la tua onestà, dico davvero. Sono ovviamente su posizioni contrarie.
Che umani utilizzino strumentalmente i concetti religiosi e filosofici per mimetizzarli e utilizzarli ai loro scopi di potere e ricchezze è un dato di fatto.
Ma ciò non nega anzi proprio perchè continuino a sussistere, che l'uomo non è vocato solo all'animale egoistico, ma ha qualcosa di intimo a cui, per me, è legato al principio originario universale, l'archè.
Citazione di: paul11 il 08 Ottobre 2018, 14:07:04 PM
ciao Ipazia,
vedo che il tuo esercizio è il ping pong, non rispondi ,i e cerchi falle nell'altrui, mio, pensiero.
Ho risposto, infatti sotto tu obbietti alla mia risposta che posso sviluppare
Citazione di: paul11 il 08 Ottobre 2018, 14:07:04 PM
Non penso ad un Dio in particolare, ma ad un principio filosofico, ad un archè originario ciò che ha creato il mondo
e che le religioni chiamano Dio: non è la stessa cosa. Perchè sia la cosmologia scientifica moderna, sia le cosmogonie spiritualii
pongono dei livelli e delle origini.
Ne discende, che l'uomo non è osservabile ,descrivibile, razionalizzabile, a prescindere dai principi universali, in quanto sottostà ad un ordine universale.
Disordine universale, piuttosto
Citazione di: paul11 il 08 Ottobre 2018, 14:07:04 PM
Se l'uomo ha una morale ,non può come intende la scienza moderna venire dal nulla e sparire nel nulla, come si ritene della vita, senza senso e significati, in quanto rispondono al livello superiore dell'archè, del principio originario .
Coloro che ritengono che la vita venga dal nulla e finisca nel nulla è coerente che non vi sia una morale a cui rispondere, in quanto priva di ontologia .Invece penso che sia ontologica e se è e in quanto esiste significa che risponde al principio di un ordine superiore, l'archè.
E' contraddittorio fidarsi di un determinismo fenomenico per le cose, e non pensare che se è riconosciuta una morale anch'essa abbia una causa originaria.
L'archè é fantasia metafisica di scarsa consistenza filosofica. Homo sapiens proviene da un'evoluzione di miliardi di anni e tale evoluzione l'ha fornito anche di uno strumento essenziale per un animale sociale, ovvero un istinto o pulsione morale, necessaria per la sua sopravvivenza tanto quanto le zanne e gli artigli. Quanto sopra vale per ogni specie di animali sociali con complessità "etiche" diverse.
I contenuti di questa pulsione si adeguano alle condizioni ambientali (ethos) e ai costumi (mores) che via via storicamente si affermano. Non vi è altro che la storia umana come materiale su cui rimodellare le etiche del presente e progettare quelle del futuro.
cit.Apeiron:
Come già ho detto e ridetto, secondo me su diverse cose i "critici della morale" non hanno torto e, secondo me, su altre cose hanno torto, ma concordo che discutere su questo tema finisce per creare equivoci e lunghissime polemiche ho deciso di non partecipare più a tali discussioni...
...e penso che hai fatto bene! ;D
(non lo dico per far polemica, ma era solo per dire che a volte è frustrante...)
Molto! Vediamola così però: prendiamo consapevolezza della frustrazione...è un buon esercizio, dopo tutto... :)
Citazione di: paul11 il 08 Ottobre 2018, 14:07:04 PM
... la seconda che l'uomo probo, giusto fisicamente è assoggettato alla regola naturale corporea, perde con il più forte. ..
Ma anche no:
https://www.youtube.com/watch?v=7YyBtMxZgQsLa tecnologia, almeno su questo, la
legge del più forte l'ha riscritta e modificata. E tutta un'etica con essa.
Salve. Per Paul11: Ti cito : "Se l'uomo ha una morale ,non può come intende la scienza moderna venire dal nulla e sparire nel nulla, come si ritene della vita, senza senso e significati, in quanto rispondono al livello superiore dell'archè, del principio originario .
Coloro che ritengono che la vita venga dal nulla e finisca nel nulla è coerente che non vi sia una morale a cui rispondere, in quanto priva di ontologia .Invece penso che sia ontologica e se è e in quanto esiste significa che risponde al principio di un ordine superiore, l'archè.".
Secondo la mia ignoranza l'archè è individuabile in quello che io chiamo "il principio naturale del bene" e che si esprime con "nessuno distrugga o sottragga ciò che non sarà in grado di rigenerare o restituire".
Esso da una parte descrive il funzionamento del mondo (se si preferisce, della natura) il quale è l'unico ente che lo può trasgredire senza conseguenze negative o neganti il senso della propria esistenza.
Infatti la natura-mondo è ciò che può distruggere e sottrarre poiché è sempre perfettamente in grado di rigenerare e restituire.
Da altra parte (mi accorgo che moltissimi non afferrano proprio dei ragionamenti che non partano dalla sfera umana o che non includano punti di vista umani, possibilmente immediati e terra-terra) d'altra parte, dicevo, tale principio fungerebbe anche egregiamente per regolare le condotte umane, persino quelle di chi non crede che l'uomo non sia figlio della natura bensì di Dio.
Che l'etica e quindi poi la morale umana discendano forse dal funzionamento (cioè da una bieca ed impersonale sequenza di cause-effetti) del mondo ? Orrenda e scoraggiante ipotesi materialistica !! No, non possiamo svilire il vertice della (creazione od evoluzione, a seconda delle credenze) fino a questo punto !!. Saluti.
Citazione di: viator il 08 Ottobre 2018, 21:19:36 PM
Secondo la mia ignoranza l'archè è individuabile in quello che io chiamo "il principio naturale del bene" e che si esprime con "nessuno distrugga o sottragga ciò che non sarà in grado di rigenerare o restituire".
La vedo dura. Quanto riciclabile è il tuo pc ? il petrolio che alimenta la centrale elettrica che lo alimenta ?
Citazione di: viator il 08 Ottobre 2018, 21:19:36 PM
Esso da una parte descrive il funzionamento del mondo (se si preferisce, della natura) il quale è l'unico ente che lo può trasgredire senza conseguenze negative o neganti il senso della propria esistenza.
Infatti la natura-mondo è ciò che può distruggere e sottrarre poiché è sempre perfettamente in grado di rigenerare e restituire.
Temo che i dinosauri non siano d'accordo con questa affermazione.
Citazione di: viator il 08 Ottobre 2018, 21:19:36 PM
Da altra parte (mi accorgo che moltissimi non afferrano proprio dei ragionamenti che non partano dalla sfera umana o che non includano punti di vista umani, possibilmente immediati e terra-terra) d'altra parte, dicevo, tale principio fungerebbe anche egregiamente per regolare le condotte umane, persino quelle di chi non crede che l'uomo non sia figlio della natura bensì di Dio.
Mi piacerebbe moltissimo afferrare ragionamenti che partano dalla sfera marziana o del mio cane, ma purtroppo non ci riesco. Anche se col secondo qualcosa di terra-terra riusciamo anche a comunicarcelo.
Citazione di: viator il 08 Ottobre 2018, 21:19:36 PM
Che l'etica e quindi poi la morale umana discendano forse dal funzionamento (cioè da una bieca ed impersonale sequenza di cause-effetti) del mondo ? Orrenda e scoraggiante ipotesi materialistica !! No, non possiamo svilire il vertice della (creazione od evoluzione, a seconda delle credenze) fino a questo punto !!. Saluti.
Se è uno scherzo, ritiro tutto :D
Salve Ipazia. Mi sembri assai ricettiva, portata alla astrazione, e soprattutto vedo che - nonostante la tua modestia a proposito dei ragionamenti terra-terra - hai invece capito tutto al volo.
P.S. - La sorte dei dinosauri (della quale sono dispiaciuto) c'entra come i cavoli a merenda. Io ho affermato che la natura è in grado di-, non che è costretta a fare quello che giova ai dinosauri (evidentemente all'epoca erano di troppo, sai mai che in futuro ce ne sia ancora bisogno e la natura li faccia ricomparire magari grazie alla manipolazione genetica degli umani - ti ricordo che anche noi siamo parte della natura). Siamo ripiombati a terra.
Comunque io parlo sempre dal fondo della mia ignoranza (sigh! non possiedo altro!) Saluti e buonanotte.
Citazione di: viator il 08 Ottobre 2018, 21:19:36 PM
Salve. Per Paul11: Ti cito : "Se l'uomo ha una morale ,non può come intende la scienza moderna venire dal nulla e sparire nel nulla, come si ritene della vita, senza senso e significati, in quanto rispondono al livello superiore dell'archè, del principio originario .
Coloro che ritengono che la vita venga dal nulla e finisca nel nulla è coerente che non vi sia una morale a cui rispondere, in quanto priva di ontologia .Invece penso che sia ontologica e se è e in quanto esiste significa che risponde al principio di un ordine superiore, l'archè.".
Secondo la mia ignoranza l'archè è individuabile in quello che io chiamo "il principio naturale del bene" e che si esprime con "nessuno distrugga o sottragga ciò che non sarà in grado di rigenerare o restituire".
Esso da una parte descrive il funzionamento del mondo (se si preferisce, della natura) il quale è l'unico ente che lo può trasgredire senza conseguenze negative o neganti il senso della propria esistenza.
Infatti la natura-mondo è ciò che può distruggere e sottrarre poiché è sempre perfettamente in grado di rigenerare e restituire.
Da altra parte (mi accorgo che moltissimi non afferrano proprio dei ragionamenti che non partano dalla sfera umana o che non includano punti di vista umani, possibilmente immediati e terra-terra) d'altra parte, dicevo, tale principio fungerebbe anche egregiamente per regolare le condotte umane, persino quelle di chi non crede che l'uomo non sia figlio della natura bensì di Dio.
Che l'etica e quindi poi la morale umana discendano forse dal funzionamento (cioè da una bieca ed impersonale sequenza di cause-effetti) del mondo ? Orrenda e scoraggiante ipotesi materialistica !! No, non possiamo svilire il vertice della (creazione od evoluzione, a seconda delle credenze) fino a questo punto !!. Saluti.
Essendo abbastanza nuova del forum Ipazia, non mi conosce ,dicamo così.
Sono interdisciplinare e lo dimostra come sia terra-terra in politica ed economia.
Uno legge ch credo all'archè e pensa che sono matto(chissà.......)
Vengo da un periodo di ateismo. Ma non trovavo le risposte su alcuni perchè.
Cerco un pensiero "globale" il così detto "Tutto" dove i vari concetti, come bene/male, determinismo/indeterminismo,
astratto/ concreto, cosmologia scientifca/cosmogoniespirtuali, materiale/immateriale, fisica/metafisca sono tessere di un mosaico che devono combaciare per avere il disegno globale.
Non penso in via razionale che l'uomo venga al mondo e sparisca nel nulla.
Ritengo più consona piuttosta l'argomentazione di Severino che ogni cosa, evento è un eterno e in quanto tale nulla è inutile.
la mia non vuole essere una sottile arroganza intellettuale per nobilitare l'esistenza umana al di sopra di ogni cosa, o ente come si dice in filosofia.ma proprio perchè la scienza moderna ci mostra che dal virus alla balenottera azzurra, tutti sono perfettamente armonicamente, persino un apparente caos, dentro un ordine.
Non penso al darwinismo come strumentale utilizzo delle scienze moderne, L'uomo è al di fuori dalle evoluzioni animali.
I virus sono rimasti virus e uccidono più l'uomo loro che i leoni.Non è vero che la spinta evolutiva sia parallela al concetto di un "progresso".invece ognuno degli esseri viventi si è come fermato dentro un ordine armonico diversamente le scimmie sarebbero tutte umani ,così non è.
Pensare ad uomo,come la nostra cultura basi le sue verità in ciò che i suoi sensi gli mostrano è come dire ad un cieco ed un sordo che non può più "sentire" il mondo:è una menzogna.Abbiamo focalizzato la nostra cultura fidandoci di noi stessi umani e delle nostre organizzazioni, come se l'universo con miliardi di galassie fossero semplici lampadine natalizie.
Eppure vediamo similitudini, le stessi leggi fisiche sono universali ci siamo accorti che oltre i nostri parametri sensitivi esistono teorie della relatività e meccanica quantistica che vanno contro i nostri sensi comuni.
Mi è insomma, impossible razionalmente pensare che l'uomo non risponda, nel senso di relazionarsi ad un ordine superiore in cui lui stesso è parte per cui le vere chiavi di lettura non risiedono dentro le organizzazioni umane ma dai confronti di piani e livelli diversi, che spesso definisco domini.Ho già scritto altrove che i nostri strumenti intellettivi e linguisti ,analogici al mondo sono metafisici, come la matematica,sono forme che ci aiutano a descrivere il mondo ,quindi un numero metafisico si relaziona ad una cosa concreta del mondo, come un sasso e lo relaziona.Il concreto fisico e l'astratto metafisico.
Per farla breve, la morale non è esente dai diversi livelli e risponde ad un ordine "globale" non può essere il sentimento una cassaforte, e il cuore un portafoglio.Ci sono elementi in noi naturali he certamente sono anche istinti animali, ma che linguisticamente , come poc'anzi descritto, costruiscono l'ambito appunto morale dove una cosa concreta del mondo viene relazionata con l'astratto in un concetto logico razionale.ma quì l'astratto ,nella morale, non è il calcolo matematico, c'è un altro dominio di sentimenti, emozioni, psiche, spirito che non è affatto di minore importanza del mondo politico ed economico
Potrebbe essere che il principio originario sia il bene.
ma di fatto esiste anche il male, in quanto possiamo agire l'opposto di ciò che dichiariamo come bene, e questo deve avere un significato. Se ontologicamente esiste il bene, altrettanto lo è il male.Ma bene e male appartengono al dominio umano, non a quello naturale che segue regole, magari crudeli, ma non morali.
A me sembra, che il tutto sia un immenso orologio, dove ogni sistema, ogni dominio è un cerchio dentellato che si incastra l'un con l'altro e determina le dinamiche di ognuno e insieme del tutto.
La cultura moderna ha lobotomizzato la mente umana.si è presa quella parte della metafisica, come la logica e la matematica,strumentalmente per creare leggi (di nuovo metafisica) che analogicamente descrivono i fenomeni fisici.
ora se utilizzo la parte lobotomizzata che la modernità qualcuno l'ha chiamato noumeno per non descriverlo, ma solo per dire che c'è, altri credono solo in ciò che vedono come dei S. Tommaso altri credono solo in ciò che li giustifichi come pensiero e di nuovo lobotomizzano la mente ,comincio a intravvedere sensi e significati.
Può essere che il bene discenda da un vivi e lascia vivere e la vita sorge da un atto copulativo non di distruzione e questo ha un senso e significato.Gli animali uccidono solo per nutrirsi e non usano banche per accumulare selvaggina., sono dentro equilibri di ecosistema, che persino le società tribali, non uccidendo la femmina gravida, o i cuccioli, uccidevano solo il necessario.
Noi abbiamo perso il senso della misura,che la natura ci mostrava, da uomini che cadenzavano la nostra vita con l'agricoltura, passando ai ritmi industriali e ora quelli finanziari siamo h24, trascinati dagli eventi, persi.
Citazione di: viator il 08 Ottobre 2018, 22:20:13 PM
P.S. - La sorte dei dinosauri (della quale sono dispiaciuto) c'entra come i cavoli a merenda. Io ho affermato che la natura è in grado di-, non che è costretta a fare quello che giova ai dinosauri (evidentemente all'epoca erano di troppo, sai mai che in futuro ce ne sia ancora bisogno e la natura li faccia ricomparire magari grazie alla manipolazione genetica degli umani - ti ricordo che anche noi siamo parte della natura). Siamo ripiombati a terra.
Eggià, proprio non ci avevo mai pensato. Ma se siamo anche noi parte della natura, anche noi possiamo fare, disfare, riaggiustare per conto di mamma Natura e in quanto sua parte. Perchè noi no ? Rifare i dinosauri e magari, fra qualche milione di anni, i dinosauri rifare noi manipolando i nostri geni. Perchè mamma Natura, contrariamente a quanto pensava nonno Einstein, giocherellona lo è assai e a dadi ci gioca. Eccome se ci gioca.
Per Paul 11
Il mio atteggiamento di fronte alla vita e alla realtà é profondamente diverso dal tuo (del quale ultimo ho la presunzione di comprendere almeno alcuni aspetti).
Tu postuli (indimostrabilmente) a un "arché" o "principio originario" metafisico, senza il quale nulla avrebbe senso: non l' etica, non la stessa nostra esistenza, non la realtà in generale (se posso permettermi questa considerazione -senza alcuna intenzione presuntuosa o altezzosa: spero non mi fraintenda- mi sembri la versione più "laica" e "moderna" possibile del credente teista; non deista, in quanto il tuo principio originario metafisico non é e non può essere -se ho ben capito- indifferente alle sorti umane).
Per parte mia ritengo che ci si possa (e si debba, se si vuole accettare la verità di ciò che é, di ciò che siamo) accontentare di constatare che:
1) La realtà (nostre vite comprese) é senza senso. O meglio: non ha senso chieresi se la realtà ha un senso.
E questo per diversi motivi.
Perché solo ciò che é intenzionalmente prodotto da un' agente cosciente che si ponga dei fini (e magari goda di libero arbitrio) può essere considerato "significativo", rispondente a determinate finalità o meno.
Invece ciò che semplicemente é/accade non per deliberazione di alcun agente cosciente non può essere mai considerato finalizzato ad alcunché o significativo di alcunché.
Dunque senza una preventiva dimostrazione che siamo (noi umani e la realtà generale) frutto di una scelta intenzionale consapevole non v' é motivo di credere che vi sia un senso in tutto ciò.
Ma non vedo motivi validi per ritenere che "tutto ciò" debba necessariamente avere un senso, e dunque per dedurre da questa necessità quella di un creatore intenzionale (mi sembra perfettamente logico, non autocontraddittorio, pensabile, ipotizzabile del tutto correttamente, e dunque possibile, che la realtà é/accada non per deliberazione di alcun agente cosciente).
Invece l' ipotesi contraria che la realtà (in toto) abbia un senso in quanto é/accade per deliberazione di un qualche agente cosciente intenzionale é autocontraddittoria, senza senso, non correttamente ipotizzabile e dunque impossibile perché rimanda inevitabilmente a un regresso all' infinito: un' agente cosciente intenzionale può spiegare (dare un senso) a ciò che produce ma non a se stesso (a meno che a sua volta non sia prodotto di un altro agente cosciente intenzionale e così via senza fine), ovvero può spiegare (dare un senso) solo a una parte della realtà (quella che lo eccede) e non a tutta.
E poiché tutta dipende dall' agente cosciente intenzionale il quale é senza senso, allora la realtà in toto, complessivamente considerata, é in quanto tale senza senso.
Più in generale nell' ambito di un divenire ordinato secondo o modalità o "regole" o "leggi" universali e costanti (come di fatto "sembrerebbe accadere" e tendiamo di fatto a credere ma non é dimostrabile né tantomeno mostrabile con certezza -Hume!- senza alcun bisogno di un agente cosciente intenzionale che l' abbia deciso: perché "le cose" non dovrebbero "stare così" di fatto, indipendentemente dalla volontà di chichessia?), si può dare ragione di, o spiegare, qualche ente/evento particolare ma non "il tutto": qualsiasi evento particolare concreto nell' ambito del tutto accade, date determinate condizioni determinate concrete, concrete, per effetto delle modalità generali del divenire in tali circostanze). Ma oltre al tutto, con le sue regole del divenire ordinato, per definizione non può esservi altro; dunque in particolare non può esservi altro, nell' ambito del cui divenire ordinato, regolare sia possibile dedurre o calcolare, ovvero spiegare (attribuire un senso a) il tutto stesso.
2)Ciò non pone però alcun problema dal punto di vista del' etica.
Infatti di fatto (senza bisogno di alcuna intenzione da parte di alcun agente cosciente che si ponga scopi) l' evoluzione biologica (correttamente intesa, non nelle maniere ideologiche reazionarie antiscientifiche che "da sempre" pretendono indebitamente, falsamente di fondarsi sugli insegnamenti di Darwin: dall' ottocentesco "darwinismo sociale" ai novecenteschi e ancora vivi e vegeti -purtroppo- "sociobiologia", "egoismo dei geni", ecc.) ha fatto sì che esistano tendenze comportamentali (e tendenze a valutare come buoni o cattivi i comportamenti propri e altrui) per lo meno nella specie umana (e forse non solo in quella, ameno "embrionalmente"); tendenze comportamentali in parte condizionate socialmente nel corso della storia umana o culturale (e dunque variabili da tempo a tempo -in qualche misura transeunti- e da luogo a luogo -in qualche altra misura reciprocamente contrarie), ma comunque fondate appunto su una base del tutto naturale (storicamente non negata ma solo variamente sviluppata o per così dire "declinata" alla maniera della declinazione dei sostantivi nelle rispettive desinenze in latino) di fatto universalmente diffusa (anche se non universale "di diritto": non perché si tratterebbe di regole scritte da Dio su qualche tavola di pietra o dettate a qualche profeta, come si é creduto a si crede, e nemmeno perché dimostrabili razionalmente essere vere, come si é sperato e ci si é illusi: per esempio il grande Spinoza; ma comunque di fatto realmente operanti in tutti gli uomini, universalmente).
L' attuale situazione pessima, "catastrofica" in termini di etica la spiego non con la perdita di credenze soprannaturali o metafisiche che ritengo false (e dunque la loro perdita complessivamente, sostanzialmente, tendenzialmente positiva; salvo inevitabili "imperfezioni", "eccezioni che confermano la regola", ecc.), né con il preteso (da Heidegger, Severino, ecc.) "prometeico strapotere della tecnica sull' uomo" (che non ritengo affatto un destino ineluttabile), ma invece, da seguace del materialismo storico, con il persistere di rapporti di produzione da gran tempo oggettivamente superati dallo sviluppo delle forze produttive e dunque forieri di un ingravescente imputridimento, decadenza, imbarbarimento sociale: "Socialismo o Barbarie", Rosa Luxemburg (ma oggi dobbiamo correggerlo in "socialismo o estinzione prematura e di sua propria mano dell' umanità", Sebastiano Timpanaro).
Precisazione pleonastica: ovviamente non sono così ingenuo da credere di convincere te o qualcun altro di questo, semplicemente l' ho esposto come le mie proprie convinzioni, accanto alle tue, come eventuale motivo ri riflessione per te e per gli altri amici del forum, esattamente come ritengo siano da considerare le tue e quelle di ciascun altro.
ciao Sgiombo,
Io vedo senso e significato in un granello di sabbia quanto nella formazione di una galassia.
Se tu hai argomentato è perchè ti sei fatto un'idea di come funziona il "mondo", il mondo là fuori lo hai letto con la tua intelligenza e ti sei creato un modello rappresentativo che ora hai argomentato. E tu dici che tutto questo non ha senso?
Io dico invece che solo per il fatto che hai culturalmente razionalizzato un mondo fisco e naturale hai dato un senso, anche se riteni che non ha senso. E per me è già dialettica della coscienza(inteso come agente conoscitivo)
Hai razionalizzato utilizzando fisica e metafisica.
La dimostrabilità di un agente intenzionale, che io definisco principio originario o archè, è dimostrabile razionalmente.
E' come chiedere la dimostrazione dell'esistenza di Dio, ma vale anche che è impossibile dimostrare il contrario ,che Dio non esista.
Persino le teorie delle scienze moderne sulla cosmologia, seguono logiche simili alle antiche cosmogonie.
La differenza è che le spirtualità e i miti inserivano personaggi mitologici , metafore umane. la scienza utilizza forze di interazione.
Poco importa se vi sia stato un punto zero e tempo zero in cui è nato l'universo o vi sia una regressione all'infinito, da qualche parte c'è sempre un inizio e arrivo anche a dirti che pau11 sgiombo erano già previsti al punto zero del tempo zero.
Perchè tutto era già all'inizio soprattutto per chi crede che tutto funzioni in termini deterministici, noi eravamo già tutti nella causa originaria .Trovo paradossale chi pensa che ciascuna vita venga dal nulla e sparisca nel nulla, tanto più che non conosciamo la teoria della vita, l'abiogenesi.
Così come uno scienziato osserva la traiettoria vettoriale di un evento e un fenomeno e lo codifica in una legge (metafisica), tu pensi che l''uomo sia esentato da una lettura? L'uomo è all'interno delle regole unìversali quanto il granello di sabbia e non può rispondere a se medesimo ,bensì a quelle leggi generali che lo sovraintendono,dove ogni vita è significazione all'interno di uno spazio tempo enorme, che noi chiamo storia personale di ciascuno di noi dentro la storia umana, dentro la storia del pianeta Terra,dentro la storia dell'Universo.
L'errore è separare e obnulare, dimenticare.
Daccapo, perchè mai ha questo ordine e non un altro ordine questo universo? Io dico che sarebbe possibile altri universi costruiti in altri modi e quindi con altri ordini. basta anche solo mutare il raggio d'azione delle quatto forze di interazione
E' tutto da dimostrare che l'uomo venga dalla scimmia, chissà perchè non sono usciti altri ominidi dalle scimmie, i virus sono ancora lì, come i protozoi e amebe. Nessuno ha avuto spinte evolutive, tutti si sono adattati, conformati all'ambiente per sopravvivere.
Non ci sarebbe a questo punto nessun essere inferiore, tutti spinti evolutivamente ad avere una mente intelligente, e intanto ci uccide un essere stupido come un virus, piuttosto che un leone.
daccapo tu pensi che il solo fatto che hai un modello rappresentativo del mondo quanto lo io, anche se diversi, non includa un'etica?
Tu pensi davvero che quando scriviamo argomentazioni come queste non influisca il nostro "mondo interiore"?
quando parliamo con le persone, quando interagiamo socialmente, ma anche quando autoriflettiamo"?
Ribadisco,uno dei grandissimi errori delle scienze moderne è avere diviso, settato le conoscenze ,lobotomizzato la nostra mente in quanto tale. Noi parliamo con il corpo ,oltre che con la voce, ci esprimiamo con tutto di noi anche quando discutiamo di cose banali o semplici.
La nostra parte animale segue regole di comportamento che possono essere egoistiche e sociali, la stessa cosa accade nella caratteristica solo umana,quella del ragionamento che può assecondare o meno l'istinto che gli viene dalla parte animale
Ma essendo l'uomo intelligente e quindi razionale, l'istinto lo formalizza in una cultura: ed ecco la morale.
ma la morale è dentro il ragionamento, il modello rappresentativo che una cultura si è data , lo ha formalizzato nel senso e significati, non solo comportamentali, ma addirittura nelle essenze tanto da poter diventare "ragion di vita".
Il materialismo storico è una chiave importantissima per la lettura della strutturazione delle organizzazioni umane.
ma a mio parere non basta, nel senso che rimarrà sempre valida, ma ci sono anche altri dispositivi culturali da disinnescare.
ti ringrazio del dialogo e rispetto il tuo pensiero
Citazione di: paul11 il 09 Ottobre 2018, 14:26:28 PM
ciao Sgiombo,
Io vedo senso e significato in un granello di sabbia quanto nella formazione di una galassia.
Se tu hai argomentato è perchè ti sei fatto un'idea di come funziona il "mondo", il mondo là fuori lo hai letto con la tua intelligenza e ti sei creato un modello rappresentativo che ora hai argomentato. E tu dici che tutto questo non ha senso?
Io dico invece che solo per il fatto che hai culturalmente razionalizzato un mondo fisco e naturale hai dato un senso, anche se riteni che non ha senso. E per me è già dialettica della coscienza(inteso come agente conoscitivo)
Hai razionalizzato utilizzando fisica e metafisica.
CitazioneMa che la realtà si possa cercare razionalmente di capirla (cioé ci conoscere come di fatto "funziona"), per quanto possibile, non significa necessariamente che abbia un fondamento metafisico che le conferisca un senso.
E ancor meno che vi si possa trovare empiricamente o dimostrare razionalmente ciò che é bene e ciò che é male (tutto questo si può solo avvertirlo dentro di séi in conseguenza di come l' evoluzione biologica (la storia naturale) ci ha "abbozzati" e di come l' evoluzione culturale (la storia umana) ci ha "rifiniti".
La dimostrabilità di un agente intenzionale, che io definisco principio originario o archè, è dimostrabile razionalmente.
E' come chiedere la dimostrazione dell'esistenza di Dio, ma vale anche che è impossibile dimostrare il contrario ,che Dio non esista.
CitazioneCredo vi sia qualche errore di stampa o lapsus: la dimostrabilità é indimostrabile? L' indimostrabilità é dimostrabile (ma mi sembrerebbe di averlo dimostrato)? L' indimostrabilità é indimostrabile?
Perché se letteralmente intendevi scrivere che la dimostrabilità di un agente intenzionale é dimostrabile, molto più interessante di questa affermazione sarebbe l' esposizione di una effettiva dimostrazione dell' agente intenzionale stesso.
Che non esista un Dio onnipotente e immensamente buono (e una Provvidenza Divina) é dimostrabile e dimostrato di fatto, data l' innegabile presenza reale del male.
Ma dell' ipotesi indimostrabile-inconfutabile di un Dio come quello del deismo, indifferente ai destini umani, al bene e al male (un po' come gli "dei negli intermondi" creduti o più probabilmente asseriti, millantati essere creduti per un veniale e giustificato opportunismo dagli Epicurei), non vedo che cosa potremmo farcene; un po' come dire che non sono dimostrabili esistere o non esistere da qualche parte Pippo, Pluto e Paperino, Biancaneve e i sette nani, la teiera interplanetaria di Russell, ecc.: cose la cui eventuale improbabile -indimostrabile-inconfutabile- esistenza non avrebbe per noi alcuna importanza: perchè mai dovremmo crederci?).
Persino le teorie delle scienze moderne sulla cosmologia, seguono logiche simili alle antiche cosmogonie.
CitazioneQuesto é uno dei motivi per i quali non ci credo, come accennavo discutendo con Apeiron nell' argomento "Perché il materialismo basta".
La differenza è che le spirtualità e i miti inserivano personaggi mitologici , metafore umane. la scienza utilizza forze di interazione.
Poco importa se vi sia stato un punto zero e tempo zero in cui è nato l'universo o vi sia una regressione all'infinito, da qualche parte c'è sempre un inizio e arrivo anche a dirti che pau11 sgiombo erano già previsti al punto zero del tempo zero.
CitazioneBeh se l' universo é infinito nel tempo e nello spazio non ha un inizio in nessun momento e in nessun luogo.
Ma da chi eravamo previsti (ammesso e non concesso da parte mia il "punto zero")?
Perchè tutto era già all'inizio soprattutto per chi crede che tutto funzioni in termini deterministici, noi eravamo già tutti nella causa originaria .Trovo paradossale chi pensa che ciascuna vita venga dal nulla e sparisca nel nulla, tanto più che non conosciamo la teoria della vita, l'abiogenesi.
CitazioneNon c'é bisogno di avere una conoscenza (scientifica) dettagliata dell' abiogenesi originaria per ammettere (in sede filosofica) che non può essere avvenuta che in conseguenza del divenire naturale secondo le leggi della fisica-chimica a partire dalla condizione prebiotica della terra, senza alcun ingrediente sopra- o preter-naturale.
Ma dal determinismo fisico non consegue affatto necessariamente che l' universo (ma casomai l' "universo tranne il suo realizzatore la cui esistenza é priva di scopo", e dunque non l' universo in toto) sia intenzionalmente realizzato per qualche scopo.
Così come uno scienziato osserva la traiettoria vettoriale di un evento e un fenomeno e lo codifica in una legge (metafisica), tu pensi che l''uomo sia esentato da una lettura? L'uomo è all'interno delle regole unìversali quanto il granello di sabbia e non può rispondere a se medesimo ,bensì a quelle leggi generali che lo sovraintendono,dove ogni vita è significazione all'interno di uno spazio tempo enorme, che noi chiamo storia personale di ciascuno di noi dentro la storia umana, dentro la storia del pianeta Terra,dentro la storia dell'Universo.
L'errore è separare e obnulare, dimenticare.
CitazioneNon mi sembra di obnubilare o dimenticare qualcosa: dal determinismo non consegue affatto alcuna significazione.
E lo scienziato spiega (attraverso leggi fisiche, e non metafisiche!) particolari fenomeni, ma non "il tutto" con le sue leggi fisiche, dal momento che per definizione oltre al tutto non può esiste alcunché d' altro, e dunque a maggior ragione alcunché che lo possa spiegare.
Daccapo, perchè mai ha questo ordine e non un altro ordine questo universo? Io dico che sarebbe possibile altri universi costruiti in altri modi e quindi con altri ordini. basta anche solo mutare il raggio d'azione delle quatto forze di interazione
CitazioneQui bisogna analizzare il concetto di "possibile".
E giungere a mio parere alla conclusione che significa puramente e semplicemente "pensabile" (sensatamente, non assurdamente, non autocontraddittoriamente; precisazioni pleonastiche) mentre il "reale" coincide col "necessario" (é questo una "superdeterminismo"? Almeno in un certo senso credo di sì).
Per il principio di non contraddizione (absit Severinum verbis! Per le definizioni di essere, non essere, realtà, negazione, ecc.) ciò che é/accade non può (anche, nelle medesime circostanze) non essere/non accadere (ovvero: in ogni e ciascuna circostanza in cui é/accade é/ accade necessariamente, é necessario nella sua realtà) e ciò che non é/non accade non può (anche, nelle medesime circostanze) essere/accadere (ovvero: in ogni e ciascuna circostanza in cui non é/non accade non é/non accade necessariamente, é necessario nella sua irrealtà).
"Possibile" significa semplicemente "pensabile" correttamente, logicamente, non autocontraddittoriamente, non insensatamente: é pensabile correttamente che dei due giocatori di una partita a scacchi vinca il primo, che vinca il secondo (in alternativa), che la partita finisca pari, che sia sospesa o annullata (in ulteriori alternative); ma nella realtà o realmente vince il primo giocatore e allora non é possibile che realmente vinca il secondo o che finisca pari o sia annullata (che il primo giocatore perda comunque), oppure il primo non vince (per vittoria del secondo oppure per pareggio o per sospensione o annullamento della partita) e allora non é possibile che egli realmente vinca.
Di conseguenza non ha senso porsi domande "leibniziane" sul "perché", il "senso" o la "ragione" di ciò che esiste/accade: che ciò che esiste/accade non esista/non accada ma invece esista accada qualcos' altro (compreso il nulla) é bensì pensabile (correttamente, logicamente, non autocontraddittoriamente, sensatamente), ma non é affatto realmente possibile, ed é semplicemente per questo motivo che esiste/accade ciò che esiste/accade e non altro, senza (sensato bisogno di) alcun altra spiegazione o ragione che i significati (stabiliti convenzionalmente per definizione) di "essere", "accadere", negazione".
E' solo nell' ambito del pensiero (del "pensabile", degli "oggetti di pensiero"; e non del reale, non nella realtà, non degli enti ed eventi reali) che ci si può porre la questione del "perché", dalla "ragione", del "motivo" di ciò che é/accade (= é pensato-pensabile correttamente essere/accadere, e non: realmente é/accade) e di ciò che non é/non accade (= é pensato-pensabile correttamente non essere/non accadere, e non: realmente non é/non accade).
Cioé ci si può sensatamente chiedere "perché é pensato (e perché é pensato che sia possibile che accada realmente o meno) qualcosa anzìché qualcos' altro, ma non perché é/accade realmente qualcosa anziché qualocos' altro, dal momento che l' essere/accadere stesso di tale qualcosa é un motivo più che sufficiente perché non sia/accada (anche) qualcos' altro, é ciò che (di per sé, senza bisogno di alcun altro motivo) rende impossibile l' essere/accadere (anche) di alcunché d' altro.
E' tutto da dimostrare che l'uomo venga dalla scimmia, chissà perchè non sono usciti altri ominidi dalle scimmie, i virus sono ancora lì, come i protozoi e amebe. Nessuno ha avuto spinte evolutive, tutti si sono adattati, conformati all'ambiente per sopravvivere.
Non ci sarebbe a questo punto nessun essere inferiore, tutti spinti evolutivamente ad avere una mente intelligente, e intanto ci uccide un essere stupido come un virus, piuttosto che un leone.
CitazioneQui proprio non capisco.
L' evoluzione biologica non é, come pretenderebbero le deformazioni ideologiche reazionarie, antiscientifiche (e spesso razzistiche) del darwinismo, "un' egoistica lotta all' ultimo sangue di tutti contro tutti per la sopravvivenza"; la selezione naturale agisce "in negativo" eliminando solo "i troppo inadatti, oltre un certo limite" e non "in positivo", non consentendo la sopravvivenza solo dei "superadatti" e di nessun altro (adattamento che non é mai assoluto, ma sempre realtivo ad ad un ambiente, il quale muta continuamente, cosicché un eccessivo adattamento oggi tende inesorabilmente a diventare un non-adattamento domani).
daccapo tu pensi che il solo fatto che hai un modello rappresentativo del mondo quanto lo io, anche se diversi, non includa un'etica?
Tu pensi davvero che quando scriviamo argomentazioni come queste non influisca il nostro "mondo interiore"?
quando parliamo con le persone, quando interagiamo socialmente, ma anche quando autoriflettiamo"?
CitazioneMa come puoi pensare cose simili?
Mi sembra di aver chiaramente sostenuto esattamente il contrario!
Ribadisco,uno dei grandissimi errori delle scienze moderne è avere diviso, settato le conoscenze ,lobotomizzato la nostra mente in quanto tale. Noi parliamo con il corpo ,oltre che con la voce, ci esprimiamo con tutto di noi anche quando discutiamo di cose banali o semplici.
CitazioneAnch' io detesto cordialmente, valuto molto negativamente l' iperspecialismo dominante nella scienza odierna (e non solo).
Ma non é tanto un' errore propriamente "scientifico", quanto "metodologico", epistemologico, o forse piuttosto euristico, comunque più filosofico che scientifico.
La nostra parte animale segue regole di comportamento che possono essere egoistiche e sociali, la stessa cosa accade nella caratteristica solo umana,quella del ragionamento che può assecondare o meno l'istinto che gli viene dalla parte animale
Ma essendo l'uomo intelligente e quindi razionale, l'istinto lo formalizza in una cultura: ed ecco la morale.
ma la morale è dentro il ragionamento, il modello rappresentativo che una cultura si è data , lo ha formalizzato nel senso e significati, non solo comportamentali, ma addirittura nelle essenze tanto da poter diventare "ragion di vita".
CitazioneSecondo me la morale si avverte (in conseguenza della selezione naturale e della storia umana, della natura e della cultura; universalmente e immutabilmente di fatto nella misura in cui é effetto del primo genere, naturale, di cause, variabilmente e anche contraddittoriamente nel tempo e nello spazio nella misura in cui é effetto del secondo genere, culturale) e non si dimostra razionalmente.
La morale irrazionalmente, "sentimentalmente" indica i fini dell' azione, la ragione indica i mezzi (oltre a soppesare fini che spesso sono reciprocamente contraddittori: non possiamo aspirare al bene assoluto ma solo a beni relativi, che sempre, inevitabilmente difettano cdi qualcosa che li renderebbe potenzialmente migliori, che sempre, inevitabilmente sono "contaminati da qualcosa di male": bisogna sporcarsi le mani per agire eticamente! Chi si limita a predicare da un pulpito é un immorale, per sublimi e inappuntabili che siano le sue prediche!).
Il materialismo storico è una chiave importantissima per la lettura della strutturazione delle organizzazioni umane.
ma a mio parere non basta, nel senso che rimarrà sempre valida, ma ci sono anche altri dispositivi culturali da disinnescare.
CitazioneCerto, non basta neanche a me.
ti ringrazio del dialogo e rispetto il tuo pensiero
CitazioneRicambio di cuore!
ciao Sgiombo,
chiarisco alcuni punti soltanto, diversamente usciamo dal contesto della discussione che è sul bene e male, quindi etica e morale.
mia citazione
La dimostrabilità di un agente intenzionale, che io definisco principio originario o archè, è dimostrabile razionalmente.
E' come chiedere la dimostrazione dell'esistenza di Dio, ma vale anche che è impossibile dimostrare il contrario ,che Dio non esista.
l'archè o principio originario è dimostrabile per via deduttiva. Diversamente tu puoi dire noumeno, altri il nulla, vale a dire che per coloro che non vi credono il sistema umano è :
?-vita umana-? dove il punto interrogativo è nulla, vale a dire anche la vita è nulla., in quanto è preceduta dal nulla e dopo vi è ancora il nulla.
E intanto l'energia e la materia inorganica hanno spinto per chissà quale ragione a organizzarsi per creare la vita organica.
Se la vita è nulla, non varrebbe alcun codice razionale e questo è contraddittorio, per il fatto che esiste una razionalità a prescindere che conduca alle interrogazioni.
Diversamente non si capirebbe del perchè la stessa scienza ha dedotto teoremi che hanno origine ,come strumento, dalla razionalità, dal segno che definisce i fenomeni fisici.
Tu dici che è un indimostrabile l'archè, e io dico che è anche indimostrabile l'assenza dell'archè.
la vera e non stereotipata volutamente, differenza fra fisica e metafisica è il pensare che le scienze empiriche naturali non utilizzino strumenti metafisici per "intelligerla", così come è falso ritenere che la metafisica non sia nata dall'osservazione della natura.
nella realtà noi usiamo doppi strumenti, i sensi e la ragione che la cultura ha diviso in domini separati sbagliando.In un tempo ha focalizzato l'astrazione e oggi focalizza la materia fisica
Chiudo dicendo che il codice etico è implicito in ogni tradizione culturale.
tu dici che sono i comportamenti sociali istintivi a portare all'etica, io dico che anche un'ameba o un protozoo si muovono istintivamente a cercare cibo, ma solo per sopravvivenza, il sociale animale è il gruppo, il branco, che protegge dai nemici e organizza migliori strategie nella caccia:non è morale
L'etica e la morale nascono dalla ragione che educa gli istinti, o meglio nell'uomo la psiche, i sentimenti, le emozioni,così come la cultura inscrive nei suoi codici i segni e simboli del dominio naturale e fisico e li trascende in concetti logico razionali.
ne discendono codici legislativi e codici educativi famigliari, che non hanno che fare con i più semplici comportamenti e strategie di sopravvivenza.
Citazione di: paul11 il 10 Ottobre 2018, 00:02:48 AM
Chiudo dicendo che il codice etico è implicito in ogni tradizione culturale.
tu dici che sono i comportamenti sociali istintivi a portare all'etica, io dico che anche un'ameba o un protozoo si muovono istintivamente a cercare cibo, ma solo per sopravvivenza, il sociale animale è il gruppo, il branco, che protegge dai nemici e organizza migliori strategie nella caccia:non è morale
L'etica e la morale nascono dalla ragione che educa gli istinti, o meglio nell'uomo la psiche, i sentimenti, le emozioni,così come la cultura inscrive nei suoi codici i segni e simboli del dominio naturale e fisico e li trascende in concetti logico razionali.
ne discendono codici legislativi e codici educativi famigliari, che non hanno che fare con i più semplici comportamenti e strategie di sopravvivenza.
E invece sì. Tutti i più nobili sentimenti che arricchiscono i nostri codici e catechismi sono spiegabili etologicamente in una specie sociale. La sopravvivenza non è un banale fatto utilitaristico: è l'archè di ogni vivente. Nei mammiferi, che prevedono lunghe cure parentali, troviamo altruismo, affettività, spirito di cooperazione anche nelle specie non umane. Troviamo perfino il pacifismo: i piccoli branchi hanno scarsa possibilità di sopravvivere se continuano a farsi la guerra l'un con l'altro. Ciascuno, finchè è possibile, si prende il suo territorio, ed evita di invadere quello degli altri. Poi, crescendo, le cose cambiano.
Nell'homo sapiens questo corredo etologico naturale ha raggiunto la dimensione di un'elaborazione razionale, sempre più complessa man mano che l'evoluzione inventava modi di sopravvivenza non previsti dalla semplice genetica animale. Per dirla con Marx: è la quantità che si fa qualità. O, con Cartesio: res cogitans in divenire. Qualità significa nuovi, inediti, enti da decifrare e regolamentare: la proprietà, il lavoro, il baratto, il commercio, inedite figure sociali, la favolistica, l'arte, il diritto sui nuovi enti e le problematiche etiche che essi comportano.
In definitiva: tutto il processo è spiegabile etologicamente, senza scomodare la metafisica. Che a ben guardarla è esattamente quello che fu fin dalla sua nascita: i libri di Aristotele che venivano dopo la fisica. Ovvero i primi tentativi per mettere ordine in quello che si veniva configurando come un mondo con sue regole a parte, che io amo definire universo antropologico. Non altro, ma che viene dopo l'universo fisico: che ne innova e arricchisce il contenuto.
Citazione di: Ipazia il 10 Ottobre 2018, 09:01:52 AM
Citazione di: paul11 il 10 Ottobre 2018, 00:02:48 AM
Chiudo dicendo che il codice etico è implicito in ogni tradizione culturale.
tu dici che sono i comportamenti sociali istintivi a portare all'etica, io dico che anche un'ameba o un protozoo si muovono istintivamente a cercare cibo, ma solo per sopravvivenza, il sociale animale è il gruppo, il branco, che protegge dai nemici e organizza migliori strategie nella caccia:non è morale
L'etica e la morale nascono dalla ragione che educa gli istinti, o meglio nell'uomo la psiche, i sentimenti, le emozioni,così come la cultura inscrive nei suoi codici i segni e simboli del dominio naturale e fisico e li trascende in concetti logico razionali.
ne discendono codici legislativi e codici educativi famigliari, che non hanno che fare con i più semplici comportamenti e strategie di sopravvivenza.
E invece sì. Tutti i più nobili sentimenti che arricchiscono i nostri codici e catechismi sono spiegabili etologicamente in una specie sociale. La sopravvivenza non è un banale fatto utilitaristico: è l'archè di ogni vivente. Nei mammiferi, che prevedono lunghe cure parentali, troviamo altruismo, affettività, spirito di cooperazione anche nelle specie non umane. Troviamo perfino il pacifismo: i piccoli branchi hanno scarsa possibilità di sopravvivere se continuano a farsi la guerra l'un con l'altro. Ciascuno, finchè è possibile, si prende il suo territorio, ed evita di invadere quello degli altri. Poi, crescendo, le cose cambiano.
Nell'homo sapiens questo corredo etologico naturale ha raggiunto la dimensione di un'elaborazione razionale, sempre più complessa man mano che l'evoluzione inventava modi di sopravvivenza non previsti dalla semplice genetica animale. Per dirla con Marx: è la quantità che si fa qualità. O, con Cartesio: res cogitans in divenire. Qualità significa nuovi, inediti, enti da decifrare e regolamentare: la proprietà, il lavoro, il baratto, il commercio, inedite figure sociali, la favolistica, l'arte, il diritto sui nuovi enti e le problematiche etiche che essi comportano.
In definitiva: tutto il processo è spiegabile etologicamente, senza scomodare la metafisica. Che a ben guardarla è esattamente quello che fu fin dalla sua nascita: i libri di Aristotele che venivano dopo la fisica. Ovvero i primi tentativi per mettere ordine in quello che si veniva configurando come un mondo con sue regole a parte, che io amo definire universo antropologico. Non altro, ma che viene dopo l'universo fisico: che ne innova e arricchisce il contenuto.
ciao Ipazia,
questa appunto è la tesi antropologica moderna di ricondurre il passato ad un sua idea ,che piaccia o no, metafisica in quanto idea di progressione evolutiva.
E' contraddittoria nella misura in cui, ad una caratteristica,diciamo superiore, quale quella linguistica intellettiva umana, a cui non penso affatto che la scienza spieghi come una scimmia diventi uomo, si contrapponga la possibilità inferiore, di diventare una bestia.
Ed è quì che nasce la contrapposizione bene-male.
Se la natura è crudele, l'uomo è un "bastardo" feroce e criminale quanto può essere un mistico, pio e pacifico fino al martirio.
Tanto la qualità è sopra,diciamo così e a titolo esemplificativo, il livello animale, e tanto va sotto il livello animale da diventare ,"ferocia bestiale.
Gli animali non sterminano.L'uomo crea lager e stermini di massa e addirittura può crearsi una ideologia per giustificarlo e autogiustificarsi.
Perchè, daccapo, il pericolo umano è come utilizza la sua intelligenza.La sua qualità superiore lo può portare ad essere moralmente inferiore o superiore alla natura.
Non ho mai affermato che allo sviluppo delle facoltà cognitive si accompagni uno sviluppo degli aspetti altruistici, empatici e razionali dell'etica. Purtroppo si sviluppano anche i motivi egoistici, classisti e gli usi strumentali dell'irrazionalismo. Per cui alla fine ci ritroviamo il capitalismo e non il sol dell'avvenir o la città di Dio. Qualunque cosa esse fossero. Ma possiamo sempre progredire anche in senso etico. Si chiama libero arbitrio. Di cui io, atea eretica, sono una fervente credente.
P.S. Mi spiace: il terra-terra continua e prende pure il volo. Ma sempre terra-terra.
Citazione di: Ipazia il 10 Ottobre 2018, 10:33:52 AM
Non ho mai affermato che allo sviluppo delle facoltà cognitive si accompagni uno sviluppo degli aspetti altruistici, empatici e razionali dell'etica. Purtroppo si sviluppano anche i motivi egoistici, classisti e gli usi strumentali dell'irrazionalismo. Per cui alla fine ci ritroviamo il capitalismo e non il sol dell'avvenir o la città di Dio. Qualunque cosa esse fossero. Ma possiamo sempre progredire anche in senso etico. Si chiama libero arbitrio. Di cui io, atea eretica, sono una fervente credente.
P.S. Mi spiace: il terra-terra continua e prende pure il volo. Ma sempre terra-terra.
ciao Ipazia,
ma guarda che sono nel forum proprio per confrontarmi e riflettere.
mi piace avere "antagonisti", mi aiuta a riflettere e perfezionare ciò che penso (almeno spero...)
Il problema del razionalismo e irrazionalismo......... è razionalismo il metafisico, è razionalismo l'empirico, è razionalista il capitalista, è razionalista il comunista...............è irrazionale forse la morale?
E' una riflessione ,a voce alta come si suol dire, nello specifico non rivolta a te.
Tutte le culture sono razionali e poi ci comportiamo come"bestie"?
Sono un fautore della libertà, ma da qualche tempo comincio a crederci meno.
A proposito della critica metafisica di Sgiombo a Paul, sono d'accordo.
Il punto da un punto di vista metafisico, perchè tale io mi ritengo, è quello di non continuare nell'errore di rendere giuridico ciò che si propone come legge naturale.
Giuridico, è la parola giusta a cui Paul non sembra mai arrivare, e questo me lo rende l'utente più vicino in quanto a sensibilità generale.
Ma perchè arrivare a quella infausta frase? Il motivo è semplice, perchè esiste la volontà di potenza. Non esiste in quanto forza attiva indagabile biologicamente, ma in quanto forza psichica, o generalmente letta tale.
Consiste ossia nel tentativo tutto umano di indirizzare la formazione del soggetto, a ridosso e all'eliminazione per i pensatori più arditi (alias Heidegger e Severino) dell'oggetto (oggetto di indagine).
In questo senso la critica di Sgiombo sulla presunzione del tema della Tecnica, certifica anche che il suo materialismo rischia di essere cieco dei meccanismi sociali che lo determinano. Non è solo una questione di produzione.
Il soggetto forte, o che crede di esserlo, è il tema del post-modernismo, ossia la sua esclusione critica, dando per scontata l'impossibilità della stessa, certificata a livello storico, come morte della filosofia.
Il soggetto che indaga la sua forza, senza indagare le sue intenzioni, è di nuovo il problema della Tecnica.
Il problema della tecnica non è solo la questione meramente Tecnina (iper-specializzazione, inadeguatezza dell'uomo rispetto al suo prodotto).
Il problema della Tecnica spiega poi anche lo scientismo e le teorie eugenetiche che già a inizio novecento, e poi con il nazismo, ma finalmente grazie alla protezione delle BIG PHARMA sta conducendo a scoperte sempre più pericolose in termini di liberazione dal dogma riduzionista.
La cui formula l'uomo è una macchina, è già e diventerà sempre più così. il leit motiv del prossimo secolo. (dei prossimi secoli).
Bisogna dire che Sgiombo su questo lato è in realtà un alleato della critica alla Tecnica, anche se non ne capisce gli orizzonti più ampi.
Che la BIG PHARMA fa quello che fa, è anche perchè la critica della intenzionalità umana è venuta meno.
Appiattire la questione al materialismo storico è quantomeno limitante. Perchè diverrebbe una guerra di voti, e non di pensiero. La sinistra smarrita è figlia delle politiche del materialismo storico, quando in nome di marx, si sono attivate formule politiche diplomatiche anzichè fieramente oppositrici
E questo perchè l'uomo vuole il potere immediato, e chiede soluzioni materiali immediate.
Dunque alla base del fallimento delle politiche di sinistra sta proprio la dimenticanza della critica del soggetto.
E dunque dopo aver appurato che la tematica della tecnica è superiore alla tematica del materialismo, come proposta da Sgiombo.
Rientriamo nel discorso principale. Perchè la critica del soggetto, è sempre stata fatta in modo da applicare valori universali. Questi valori universali si sono rivelati falsi. In quanto la gente non agisce per dogma divino, ma per utilità.
Si potrebbe anche dire con Dio non esiste.
Al giorno d'oggi Dio non esiste, ma esiste il nuovo DIO che è la scienza.
A me pare che il discorso di Paul rientri in questo nuovo paradigma, nuovo, ma che replica i problemi di prima.
Grazie al cielo nonostante Paul si muova in questo dominio pericolosissimo,la sua critica al soggetto lo tiene al riparo (per ora) dalle inevitabili conseguenze che questo dominio porta con sè, e che Sgiombo ha fatto benissimo a far presente.
Ma allora arrivo alla mia proposta. La quale mantiene la critica del soggetto, e lo fa proprio su basi metafisiche, essendo però il meta-fisico, qualcosa che non è legato alle res extensa, ma ai progressivi spostamenti di desiderio di sembianti.
Sono le narrazioni la chiave di volta di questa nuova metafisica, che dovrebbe rileggere la sua tradizione, come desiderio di dare forma ai propri sogni, incubi, emozioni.
E' una metafisica che è meta-Metafisica. E cioè riflette sui suoi sogni di impersonificazione di associazione libera, di senso, come si sono dati, e come sempre si daranno nella storia.
Dio è dunque questo caleidoscopio di senso. E' Dio stesso il senso.
Laddove DIO rimane al di là della fenomenologia. Non può mai essere natura.(e dunqe legge).
Ma il senso non è la legge. Come invece da Platone e Aristotele fino a Nietzche (Nietzche escluso).
In questo senso o la lettura di Paul rimane seria, nei limiti del sapere umano, sapere che è un senso, un indirizzamento, non una legge. Oppure a livello base, quella di Sgiombo rimane una lettura sebbene disperata di senso, di senso critico intendo, migliore delle sirene metafisiche.
Rimane il problema della legge come sfondo, in questo senso la domanda del 3d è in realtà una domanda di sfondo, un domandare che in realtà è figlio di una decisione presa in precedenza. Ossia ognuno sceglie la propria visione del Mondo, e da essa ne trae la sua legge (e bene e male sono solo parole senza senso, se non vi è una costrizione che le imponga).
Citazione di: paul11 il 10 Ottobre 2018, 15:13:06 PM
Tutte le culture sono razionali e poi ci comportiamo come"bestie"?
Sono un fautore della libertà, ma da qualche tempo comincio a crederci meno.
Mi sono salvata in un file denominato "catalogo della mente.pdf" (con qualche reminiscenza mozartiana) la "
gerarchia evolutiva (e poi quindi anche funzionale) dei contenuti cerebrali" proposta dal promotore di questa discussione, che ho trovato oltremodo convincente.
Quando entra in ballo il
razionale trovo scritto:
ragione (capacità di selezionare i comportamenti in base alla loro utilità) In un missile intelligente c'è molta razionalità, ma assai poca animalità. Restringere la libertà non avrebbe alcun effetto benefico perchè a farlo sarebbe la stessa razionalità che ha inventato e usa i missili intelligenti in base alla sua utilità.
Citazione di: paul11 il 10 Ottobre 2018, 00:02:48 AM
ciao Sgiombo,
chiarisco alcuni punti soltanto, diversamente usciamo dal contesto della discussione che è sul bene e male, quindi etica e morale.
mia citazione
La dimostrabilità di un agente intenzionale, che io definisco principio originario o archè, è dimostrabile razionalmente.
E' come chiedere la dimostrazione dell'esistenza di Dio, ma vale anche che è impossibile dimostrare il contrario ,che Dio non esista.
l'archè o principio originario è dimostrabile per via deduttiva. Diversamente tu puoi dire noumeno, altri il nulla, vale a dire che per coloro che non vi credono il sistema umano è :
?-vita umana-? dove il punto interrogativo è nulla, vale a dire anche la vita è nulla., in quanto è preceduta dal nulla e dopo vi è ancora il nulla.
E intanto l'energia e la materia inorganica hanno spinto per chissà quale ragione a organizzarsi per creare la vita organica.
Se la vita è nulla, non varrebbe alcun codice razionale e questo è contraddittorio, per il fatto che esiste una razionalità a prescindere che conduca alle interrogazioni.
Diversamente non si capirebbe del perchè la stessa scienza ha dedotto teoremi che hanno origine ,come strumento, dalla razionalità, dal segno che definisce i fenomeni fisici.
Tu dici che è un indimostrabile l'archè, e io dico che è anche indimostrabile l'assenza dell'archè.
la vera e non stereotipata volutamente, differenza fra fisica e metafisica è il pensare che le scienze empiriche naturali non utilizzino strumenti metafisici per "intelligerla", così come è falso ritenere che la metafisica non sia nata dall'osservazione della natura.
nella realtà noi usiamo doppi strumenti, i sensi e la ragione che la cultura ha diviso in domini separati sbagliando.In un tempo ha focalizzato l'astrazione e oggi focalizza la materia fisica
Chiudo dicendo che il codice etico è implicito in ogni tradizione culturale.
tu dici che sono i comportamenti sociali istintivi a portare all'etica, io dico che anche un'ameba o un protozoo si muovono istintivamente a cercare cibo, ma solo per sopravvivenza, il sociale animale è il gruppo, il branco, che protegge dai nemici e organizza migliori strategie nella caccia:non è morale
L'etica e la morale nascono dalla ragione che educa gli istinti, o meglio nell'uomo la psiche, i sentimenti, le emozioni,così come la cultura inscrive nei suoi codici i segni e simboli del dominio naturale e fisico e li trascende in concetti logico razionali.
ne discendono codici legislativi e codici educativi famigliari, che non hanno che fare con i più semplici comportamenti e strategie di sopravvivenza.
Ma non pensi che questa etica legislativa, questo stato etico, abbia già fatto abbastanza danni?
Sono d'accordo ma penso lo sia anche Sgiombo, che si possa partire dall'idea di archetipo.
Come sai per me l'archetipo è un modo relazionante la cosa in sè delle res cogitans e il soggetto effettivamente pensante.
Credo che però Sgiombo visto i fallimenti dogmatici della metafisica, abbia scelto un altra via. E ti inviti semplicemente a fare attenzione agli errori di quest'ultima.
A mio parere la critica di Sgiombo è molto utile proprio per stare attenti a non finire con il "voglio questa legge" chè tanto ve ne saranno altri che ne vogliono altre.
Diverrebbe un discorso meramente politico, ma di una politica cieca!
Capisco benissimo il tuo intento di avere una politica critica. Ma per quanto critica, rimarrà una politica. Non un archetipo!
PS e a quel punto avrebbe ragione sgiombo a bypassare l'archetipo ed arrivare dritto al sodo, ossia alla sua politica!
@Green demetr
Anche se sono spesso in disaccordo su varie questioni che sollevi, voglio farti i complimenti per la passione e il disincanto che traspaiono dai tuoi scritti. A volte ho quasi l'impressione di un tono 'profetico', che mi piace molto. E' originale. Non sto scherzando o facendo ironia; lo penso davvero.
C'è a volte un bel problema di punteggiatura (la punteggiatura grammaticale è importantissima! E' uno dei fondamentali... ;D).
Ho ripreso questa tua frase:
La cui formula l'uomo è una macchina, è già e diventerà sempre più così. il leit motiv del prossimo secolo. (dei prossimi secoli).
Bisogna dire che Sgiombo su questo lato è in realtà un alleato della critica alla Tecnica, anche se non ne capisce gli orizzonti più ampi.
E , quando sento parlare di uomo ormai ridotto a macchina, mi viene in mente il celebre racconto di Harlan Ellison "Pentiti Arlecchino disse l'Uomo del Tic Tac", che non so se conosci. Quindi posto questo commento interessante, a mio parere, trovato nel web:
La società distopica di Ellison vede l'intera umanità resa schiava dal Tempo, incarnato dall'Uomo del Tic-Tac, che governa la stanza dei bottoni attraverso cui può ordinare la morte immediata di un essere umano allorquando questi accumuli un eccessivo ritardo sulla propria tabella oraria. Così, la produttività che nella nostra epoca è valutata in denaro ora è valutata in tempo, e il plusvalore diventa "plustempo", anche questo – come nella teoria marxiana – sottratto ai lavoratori dal Sistema alienante. Contro il Sistema opera invece Arlecchino, un uomo come tanti che però è sempre stato in ritardo nella sua vita e decide di costruirsi un'identità mascherata per sottrarsi all'egemonia dell'Uomo del Tic-Tac e ribellarsi. Con la sua rivolta fa accumulare all'intero Sistema ritardi di ore, fa saltare intere tabelle di marcia, mette in crisi il sistema produttivo e quello repressivo. Quando infine l'Uomo del Tic-Tac, facendo leva sul potere di un'organizzazione ferrea e indistruttibile, acciuffa Arlecchino mettendo fine alla sua rivolta, egli decide di non ucciderlo ma di riconvertire la sua personalità e di farlo pentire pubblicamente attraverso un lavaggio del cervello.
Ellison cita più volte i modelli classici delle opere distopiche: la produzione massificata de Il Mondo Nuovo, le masse di lavoratori che a lento passo di marcia si recano a lavoro o tornano a casa tipiche di Metropolis, il tema del leader mondiale che agisce dietro le quinte e quello della guerra eterna che giustifica la dittatura di 1984, esplicitamente citato poi nel finale in cui il lavaggio del cervello di Arlecchino è paragonato a quello di Winston nel romanzo di Orwell. La forza del racconto di Ellison sta però soprattutto nell'immaginare una società totalitaria la cui perdita di libertà è imputabile a un elemento che già oggi ci schiavizza tutti: l'inesorabile trascorrere del tempo. L'evolversi della civiltà e la sua sempre maggiore complessità necessità di tempi sempre più certi, scanditi, inderogabili. Tanto che, quando il 31 dicembre 2000 tutta la civiltà occidentale trattenne il fiato temendo una nuova apocalisse, non temeva l'avverarsi delle profezie evangeliche ma il millennium bug che avrebbe mandato in tilt gli orologi dei computer, dai quali si decide la vita o la morte di una società asservita alla virtualità. Se così Thoreau, anticipando la Arendt della Vita Activa, sostiene l'importanza di riconquistare il proprio tempo libero, la sfera dell'oikos, del privato, sottratta al pubblico che non è più lo spazio della libertà politica ma dell'asservimento produttivo, Ellison affida ad Arlecchino la sfida di realizzare quella che già oggi ci appare un'utopia. Perché "Arlecchino"? Perché egli tradizionalmente impersona la ribellione del 'servo sciocco' che rovescia il suo padrone, la rivolta dell'individualità contro l'omologazione, rappresentata esplicitamente dai suoi bizzarri vestiti, un pugno nell'occhio della convenzionalità borghese. Un po' come il divino briccone citato da Farmer, o l'elettricista clandestino di Brazil di Gilliam. Anche quando, alla fine del racconto, Arlecchino è sconfitto e il Sistema sembra trionfante, è evidente che il processo di cambiamento è messo in moto ed è inarrestabile, tanto più che l'Uomo del Tic-Tac e Arlecchino – ai due poli opposti – sono assimilati da quella "maschera" che vuole sottolinearne la somiglianza. Somiglianza che però ne acuisce la differenza, contraria a quell'omologazione a cui l'inesorabile, sempre uguale scorrere del tempo (il "tic-tac" dei nostri orologi) sembra volerci sottomettere.
Ciao
Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2018, 17:13:53 PM
@Green demetr
Anche se sono spesso in disaccordo su varie questioni che sollevi, voglio farti i complimenti per la passione e il disincanto che traspaiono dai tuoi scritti. A volte ho quasi l'impressione di un tono 'profetico', che mi piace molto. E' originale. Non sto scherzando o facendo ironia; lo penso davvero.
C'è a volte un bel problema di punteggiatura (la punteggiatura grammaticale è importantissima! E' uno dei fondamentali... ;D).
Ho ripreso questa tua frase:
La cui formula l'uomo è una macchina, è già e diventerà sempre più così. il leit motiv del prossimo secolo. (dei prossimi secoli).
Bisogna dire che Sgiombo su questo lato è in realtà un alleato della critica alla Tecnica, anche se non ne capisce gli orizzonti più ampi.
E , quando sento parlare di uomo ormai ridotto a macchina, mi viene in mente il celebre racconto di Harlan Ellison "Pentiti Arlecchino disse l'Uomo del Tic Tac", che non so se conosci. Quindi posto questo commento interessante, a mio parere, trovato nel web:
La società distopica di Ellison vede l'intera umanità resa schiava dal Tempo, incarnato dall'Uomo del Tic-Tac, che governa la stanza dei bottoni attraverso cui può ordinare la morte immediata di un essere umano allorquando questi accumuli un eccessivo ritardo sulla propria tabella oraria. Così, la produttività che nella nostra epoca è valutata in denaro ora è valutata in tempo, e il plusvalore diventa "plustempo", anche questo – come nella teoria marxiana – sottratto ai lavoratori dal Sistema alienante. Contro il Sistema opera invece Arlecchino, un uomo come tanti che però è sempre stato in ritardo nella sua vita e decide di costruirsi un'identità mascherata per sottrarsi all'egemonia dell'Uomo del Tic-Tac e ribellarsi. Con la sua rivolta fa accumulare all'intero Sistema ritardi di ore, fa saltare intere tabelle di marcia, mette in crisi il sistema produttivo e quello repressivo. Quando infine l'Uomo del Tic-Tac, facendo leva sul potere di un'organizzazione ferrea e indistruttibile, acciuffa Arlecchino mettendo fine alla sua rivolta, egli decide di non ucciderlo ma di riconvertire la sua personalità e di farlo pentire pubblicamente attraverso un lavaggio del cervello.
Ellison cita più volte i modelli classici delle opere distopiche: la produzione massificata de Il Mondo Nuovo, le masse di lavoratori che a lento passo di marcia si recano a lavoro o tornano a casa tipiche di Metropolis, il tema del leader mondiale che agisce dietro le quinte e quello della guerra eterna che giustifica la dittatura di 1984, esplicitamente citato poi nel finale in cui il lavaggio del cervello di Arlecchino è paragonato a quello di Winston nel romanzo di Orwell. La forza del racconto di Ellison sta però soprattutto nell'immaginare una società totalitaria la cui perdita di libertà è imputabile a un elemento che già oggi ci schiavizza tutti: l'inesorabile trascorrere del tempo. L'evolversi della civiltà e la sua sempre maggiore complessità necessità di tempi sempre più certi, scanditi, inderogabili. Tanto che, quando il 31 dicembre 2000 tutta la civiltà occidentale trattenne il fiato temendo una nuova apocalisse, non temeva l'avverarsi delle profezie evangeliche ma il millennium bug che avrebbe mandato in tilt gli orologi dei computer, dai quali si decide la vita o la morte di una società asservita alla virtualità. Se così Thoreau, anticipando la Arendt della Vita Activa, sostiene l'importanza di riconquistare il proprio tempo libero, la sfera dell'oikos, del privato, sottratta al pubblico che non è più lo spazio della libertà politica ma dell'asservimento produttivo, Ellison affida ad Arlecchino la sfida di realizzare quella che già oggi ci appare un'utopia. Perché "Arlecchino"? Perché egli tradizionalmente impersona la ribellione del 'servo sciocco' che rovescia il suo padrone, la rivolta dell'individualità contro l'omologazione, rappresentata esplicitamente dai suoi bizzarri vestiti, un pugno nell'occhio della convenzionalità borghese. Un po' come il divino briccone citato da Farmer, o l'elettricista clandestino di Brazil di Gilliam. Anche quando, alla fine del racconto, Arlecchino è sconfitto e il Sistema sembra trionfante, è evidente che il processo di cambiamento è messo in moto ed è inarrestabile, tanto più che l'Uomo del Tic-Tac e Arlecchino – ai due poli opposti – sono assimilati da quella "maschera" che vuole sottolinearne la somiglianza. Somiglianza che però ne acuisce la differenza, contraria a quell'omologazione a cui l'inesorabile, sempre uguale scorrere del tempo (il "tic-tac" dei nostri orologi) sembra volerci sottomettere.
Ciao
Ciao Sari, lo so che mi apprezzi ;) e tu lo sai che non so scrivere. ;)
Sappi che ho fatto una magra figura in un gruppo wicca di facebook, ho asserito che non esistono divinità nel buddismo...ma mi sono accorto che non è così...ecco questo non me lo spiego! ma è un altro discorso.
Non conosco il tipo del racconto, ma la critica fatta da anonimo mi è piaciuta.
Certo usa il tempo, come tempo in termini di agenda. Nella visione psicanalitica di Verdiglione però si avanza l'ipotesi del tempo come nuova forma della teologia politica, della gerarchia appunto, quelle orwelliane certo, anche.
Molto dovuto anche alle sue vicissitudini giudiziari, per cui, il tempo viene sottratto in nome della produzione di tempo. Il tempo giudiziario irrompe in quello intellettuale.
Devo ancora leggere il suo ultimo libro, è che lui non si fa capire, gioca a non farsi capire, e a me non piace, aspetto delucidazioni da uno dei suoi discepoli tale Calciolari, che credo spesso ho citato.
A ben vedere è proprio così, il tempo del lavoro crea un tempo, lo quantifica, lo prezzola.
Si perde completmanente la mediocritas latina, giusto per ricordare alcuni temi liceali.
Nella società turbo-capitalista, sembra sian proprio il tema del "tempo", oppure del "dramma dell'agenda" come lo ha chiamato Cacciari ad emergere dall'intellighenzia avanzata.
Quindi certo! sicuramente il tempo come distribuzione, ma aggiungo per elucubrazioni intellettuali ultra avanzate, anche il tempo come produzione del tempo. (ma in fin dei conti anche la banca del tempo, al suo apparire, fece presagire qualcosa di poco buono nell'aria).
Grazie e complimenti per la aggiunta ad hoc!!!!
Citazione di: paul11 il 10 Ottobre 2018, 00:02:48 AM
CitazioneCercherò di seguire gli interventi nella discussione, che si é infoltita di molte proposte interessanti che fatico a seguire anche per il limitato tempo di cui dispongo.
Premetto che a una prima occhiata stento molto a comprendere GreenDmetr; non é una novità, ma "mi sbilanciano" molto le sue affermazioni (anche in altre discussioni) circa una pur relativa, parziale concordanza fra noi (fra me e lui) che non riesco a cogliere con chiarezza.
Farò del mio meglio per cercare di comprenderlo, ma gli chiedo pazienza perché non mi é per niente facile (più che un certo impegno nel cercare di seguirlo non posso promettere, ovviamente).
ciao Sgiombo,
chiarisco alcuni punti soltanto, diversamente usciamo dal contesto della discussione che è sul bene e male, quindi etica e morale.
mia citazione
La dimostrabilità di un agente intenzionale, che io definisco principio originario o archè, è dimostrabile razionalmente.
E' come chiedere la dimostrazione dell'esistenza di Dio, ma vale anche che è impossibile dimostrare il contrario ,che Dio non esista.
l'archè o principio originario è dimostrabile per via deduttiva. Diversamente tu puoi dire noumeno, altri il nulla, vale a dire che per coloro che non vi credono il sistema umano è :
?-vita umana-? dove il punto interrogativo è nulla, vale a dire anche la vita è nulla., in quanto è preceduta dal nulla e dopo vi è ancora il nulla.
E intanto l'energia e la materia inorganica hanno spinto per chissà quale ragione a organizzarsi per creare la vita organica.
Se la vita è nulla, non varrebbe alcun codice razionale e questo è contraddittorio, per il fatto che esiste una razionalità a prescindere che conduca alle interrogazioni.
Diversamente non si capirebbe del perchè la stessa scienza ha dedotto teoremi che hanno origine ,come strumento, dalla razionalità, dal segno che definisce i fenomeni fisici.
CitazioneMa il noumeno mica lo dimostro per via deduttiva (per me é impossibile, anche se ancor più impossibile -per definizione!- é il constatarlo-mostrarlo, il "coglierlo" empiricamente).
Inoltre per me (e credo per Kant; almeno per il Kant della Critica della ragion pura) il noumeno non é l' agente intenzionale che (si prenderebbe; erroneamente a mio parere) dia un significato alla realtà (ma casomai solo alla realtà ad esso eccedente e non alla realtà in toto).
Ipotizzo e credo per fede che il noumeno sia soltanto ciò che é reale anche se e quando i fenomeni non lo sono: per esempio il soggetto e gli oggetti della esperienza cosciente che i fenomeni costituiscono, reali anche se e quando l' esperienza cosciente e i suoi fenomeni non lo sono.: "io" e "il mondo eccedente la mia esperienza fenomenica cosciente, e non un arché (o una divinità) che conferisca sensatezza alla realtà.
Sì effettivamente credo che "?-vita umana-?", ma non vedo nulla di strano nel fatto che intanto l'energia e la materia inorganica sono evolute senza alcuna ragione (e senza alcun antropomorfico intento ("per") fino adorganizzarsi al punto di creare la vita organica.
La vita é qualcosa fra due nulla, ma non vedo nessuna "razionalità a prescindere" e dunque nessuna contraddizione con la "pochezza ontologica" (la limitatezza) della vita.
E nemmeno vedo alcunché di problematico nel fatto che la razionalità e l' empiria umana consentono di conoscere ("comprendere" forse é pretendere troppo; anzi lo é senz' altro se inteso come "rilevamento di un -inesistente; e anzi assurdo- senso" o "ragione" o "arché" che dir si voglia) la realtà dei fenomeni fisici (e non solo, anche di quelli mentali, sia pure non scientificamente in senso stretto, in qualche limitata misura)
Tu dici che è un indimostrabile l'archè, e io dico che è anche indimostrabile l'assenza dell'archè.
la vera e non stereotipata volutamente, differenza fra fisica e metafisica è il pensare che le scienze empiriche naturali non utilizzino strumenti metafisici per "intelligerla", così come è falso ritenere che la metafisica non sia nata dall'osservazione della natura.
nella realtà noi usiamo doppi strumenti, i sensi e la ragione che la cultura ha diviso in domini separati sbagliando.In un tempo ha focalizzato l'astrazione e oggi focalizza la materia fisica
CitazioneVeramente credo di aver dimostrato logicamente che un "arché" come spiegazione della totalità é un concetto autocontraddittorio, assurdo: 1 - oltre alla totalità (reale) per definizione non può esistere/accadere realmente altro che possa spiegarla. 2 - Altro, oltre ciò che é reale, é pensabile ma non realmente possibile, e dunque ciò che é reale non necessità di alcun motivo per esserlo oltre il e diverso dal mero fatto di esserlo. 3 - Nel' ambito del divenire ordinato del tutto i fatti particolari si possono spiegare, ma non c' é nulla per definizione oltre al tutto nell' ambito del quale il tutto possa essere spiegato.
Quello fra "razionalità" (umana, nel cercare di conoscere la natura, a integrazione degli strumenti empirici e da cui é distinguibile ma non separabile nella pratica conoscitiva) e "metafisica" mi sembra un indebito fraintendimento: la razionalità é solo una caratteristica e uno strumento conoscitivo umano, e non una pretesa e impossibile "intenzionalità metafisica" a spiegazione della natura.
Chiudo dicendo che il codice etico è implicito in ogni tradizione culturale.
tu dici che sono i comportamenti sociali istintivi a portare all'etica, io dico che anche un'ameba o un protozoo si muovono istintivamente a cercare cibo, ma solo per sopravvivenza, il sociale animale è il gruppo, il branco, che protegge dai nemici e organizza migliori strategie nella caccia:non è morale
L'etica e la morale nascono dalla ragione che educa gli istinti, o meglio nell'uomo la psiche, i sentimenti, le emozioni,così come la cultura inscrive nei suoi codici i segni e simboli del dominio naturale e fisico e li trascende in concetti logico razionali.
ne discendono codici legislativi e codici educativi famigliari, che non hanno che fare con i più semplici comportamenti e strategie di sopravvivenza.
CitazioneMa l' etica umana non é per me che uno sviluppo, sia pur "spettacolare" nella sua plasticità, di tendenze comportamentali naturalissime, presenti embrionalmente (e a vari gradi di evoluzione) anche nelle altre forme di vita animale; e per di più soggetta all' evoluzione culturale, come peculiare sviluppo dell' evoluzione biologica, alla cultura come peculiare aspetto della natura umana non in contraddizione col resto della natura (un po' come la vita -la natira vivete- é un ambito peculiare della materia in generale, che ha caratteristiche sue proprie ma che non ne contraddice il divenire secondo le leggi della fisica, cui sono "perfettamente" riducibili quelle della biologia).
Concordo che L'etica e la morale nascono dalla ragione che educa gli istinti, (lascerei in sospeso la psiche, concetto troppo complesso da esaminare in poche righe), i sentimenti, le emozioni, così come la cultura consente di conoscere (limitatamente: absit scietismum verbis!) naturale e fisico razionalmente.
Dalla cultura discendono codici legislativi e codici educativi famigliari (ma non solo), che hanno molto a che fare, secondo me, con i più semplici comportamenti e strategie di sopravvivenza, anche se ne costituiscono sviluppi di straordinaria complessità: non li contraddicono ma per così dire li sviluppano straordinariamente.
P.S.: Dopo aver letto il successivo intervento di Ipazia ho tirato un sospiro di sollievo (pensando al "dovere morale", o almeno "di cortesia", di cercare di rispondere alle obiezioni di tutti, comprese quelle a me molto ostiche da comprendere di GreenDemetr): per fortuna concordo in pieno!
Citazione di: Ipazia il 10 Ottobre 2018, 10:33:52 AM
Non ho mai affermato che allo sviluppo delle facoltà cognitive si accompagni uno sviluppo degli aspetti altruistici, empatici e razionali dell'etica. Purtroppo si sviluppano anche i motivi egoistici, classisti e gli usi strumentali dell'irrazionalismo. Per cui alla fine ci ritroviamo il capitalismo e non il sol dell'avvenir o la città di Dio. Qualunque cosa esse fossero. Ma possiamo sempre progredire anche in senso etico. Si chiama libero arbitrio. Di cui io, atea eretica, sono una fervente credente.
P.S. Mi spiace: il terra-terra continua e prende pure il volo. Ma sempre terra-terra.
MI compiaccio di aver trovato un profondo motivo di dissenso anche da Ipazia (sono istintivamente un Bastian contrario).
Infatti non credo al libero arbitrio; e soprattutto credo che il libero arbitrio sia incompatibile con la possibilità di dare sensate valutazioni etiche (dell' agire umano), che invece secondo me necessitano come di una conditio sine qua non del determinismo (almeno in una sia forma "debole", probabilistica - statistica).
Per il resto mi sento di "parassitare" la sua risposta a Paul11
Aggiungo che secondo me le spiegazioni biologiche dell' agire umano e del senso morale non sono affatto metafisiche ma invece del tutto naturalistiche.La "progressione -concetto ambiguo e furoviante- evolutiva" é qualcosa di in ultima analisi causale, per niente "direzionata univocamente" ma invece "pluridirezionata alla cazzo di cane", se mi si concede l' espressione colorita.
Come ben ci ha insegnato il grande Stephen Jay Gould, non c'é nessun "albero evolutivo" con rami sempre più alti e maestosi e (men che meno alcuna "scala" unilineare!), ma solo un disordinato, disarmonico (ovvio, in assenza di un Giardiniere!) "cespuglio"!
E l' uomo, con la sua notevolissima, eccezionalissima (licenza poetica) plasticità di comportamenti e la sua capacità di e tendenza a valutare anche "con distacco teorico" dall' azione immediatamente in atto i comportamenti propri e altrui, e con la sua storia culturale ne é una naturalissima conseguenza fra le altre (speciale solo soggettivamente per noi uomini).
E trovo abbastanza ovvio che la nostra grandissima intelligenza (incomparabile con quella di qualsiasi altra specie animale) renda grandissimi, incomparabili con quelle di qualsiasi altra specie animale, le nostre potenziali (e anche quelle attuali) realizzazioni, tanto nel bene quanto nel male.
Citazione di: paul11 il 10 Ottobre 2018, 15:13:06 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Ottobre 2018, 10:33:52 AM
Non ho mai affermato che allo sviluppo delle facoltà cognitive si accompagni uno sviluppo degli aspetti altruistici, empatici e razionali dell'etica. Purtroppo si sviluppano anche i motivi egoistici, classisti e gli usi strumentali dell'irrazionalismo. Per cui alla fine ci ritroviamo il capitalismo e non il sol dell'avvenir o la città di Dio. Qualunque cosa esse fossero. Ma possiamo sempre progredire anche in senso etico. Si chiama libero arbitrio. Di cui io, atea eretica, sono una fervente credente.
P.S. Mi spiace: il terra-terra continua e prende pure il volo. Ma sempre terra-terra.
ciao Ipazia,
ma guarda che sono nel forum proprio per confrontarmi e riflettere.
mi piace avere "antagonisti", mi aiuta a riflettere e perfezionare ciò che penso (almeno spero...)
Il problema del razionalismo e irrazionalismo......... è razionalismo il metafisico, è razionalismo l'empirico, è razionalista il capitalista, è razionalista il comunista...............è irrazionale forse la morale?
E' una riflessione ,a voce alta come si suol dire, nello specifico non rivolta a te.
Tutte le culture sono razionali e poi ci comportiamo come"bestie"?
Sono un fautore della libertà, ma da qualche tempo comincio a crederci meno.
Credo che nell' uomo razionalità e istintività (pulsioni sentimentali) coesistano complementarmente integrandosi ...più o meno armonicamente a seconda dei casi (mai perfettamente, é ovvio!).
Ma secondo me l' etica é soprattutto finalità (avvertita e non razionalmente dimostrabile né mostrabile), volontà ("di non potenza", tanto per polemizzare) mentre la ragione é indispensabile per valutare cosa sacrificare perché meno importante del voluto per poter conseguire che cosa d' altro più importante, e con che mezzi raggiungere ciò che si ritiene irrinunciabile.
Citazione di: sgiombo il 10 Ottobre 2018, 22:26:51 PM
MI compiaccio di aver trovato un profondo motivo di dissenso anche da Ipazia (sono istintivamente un Bastian contrario).
Infatti non credo al libero arbitrio; e soprattutto credo che il libero arbitrio sia incompatibile con la possibilità di dare sensate valutazioni etiche (dell' agire umano), che invece secondo me necessitano come di una conditio sine qua non del determinismo (almeno in una sia forma "debole", probabilistica - statistica).
Ma anche forte. Certo che siamo socialmente determinati. Ma esiste sempre un range, più o meno grande, di libertà individuale che riempie di senso etico, ovvero responsabilità individuale, la nostra vita. In assenza di questo range di libertà individuale non vi sarebbe alcuna etica, ma soltanto normalizzazione paradigmatica. Un po' come l'uomo-macchina (nasci-produci-consuma-crepa) che, ben più efficacemente delle dittature più scientifiche e inesorabili, l'impersonale dittatura del Mercato ci vuole fare diventare. E pare ci stia riuscendo assai bene.
ciao Green,
dovresti chiarire meglio le tue argomentazioni che hanno spunti interni interessanti.
La metafisica, se potessi banalmente definirla, la spiegherei come il polo Nord di una bussola.
mi serve per orientarmi non necessariamente per raggiungerlo fisicamente, quindi come esistenza.
Il punto fondamentale è l'uomo e la sua natura.Se ritieni che possa diventare il superuomo di Nietzsche o rimarrà un homo lupus.
Se lo lasci libero dai condizionamenti e si perderà in quanto finalmente libero ma privo di orientamento, o si ritine che assumerà una vera emancipazione.
Io non vedo nella storia nessuna qualità umana, perchè diquesto si tratta. che mi mostri che l'insieme dell'umanità non possa ancora ricadere nei soliti errori secolari e millenari.Abbiamo davvero imparato dagli errori storici? E mi dici di seguire l'utilità?
La volontà di potenza nietzscheana o arriva a vette assolute o si inabissa nella bestialità e sinora è accaduto quest'ultimo.
Non credere che questi non mi costi; il giovane paul11 era anarchico e libertario ( e intimamente lo è ancora) ma è la vita, la storia, l'esperienza, la conoscenza, vale a dire proprio questa realtà reclamata e invocata in antitesi alla metafisica, che mi insegna che non è nella prassi priva di un senso relazionato a un principio, la soluzione morale, intesa come evoluzione culturale come miglioramento.
Ma tu pensi che le mie reminiscenze anarchiche invochino l'etica di uno Stato? Pericle o Nerone, il Re sole o Caligola?
Non ho mai creduto alla politica culturale imposta dall'alto, soprattutto da quando la sovranità non ha più nulla di morale, ma è occupazione di un potere, di un'autorità spesso autoreferenziale.Ma questo è il dispositivo culturale dal diritto romano ad oggi,
via via è scemato dalla legge il principio morale, divenuto astrazione, diventa fondam4ntale l'utilità economica e infatti le leggi parlano di proprietà, di res, intesa come cosa materiale priva di ogni significazione che non siano egoica.
Quando l'umanità si divide nella priorità di ciò che è mio diviso da ciò che è tuo, prova a trovare un'identità culturale che ci ritrovi in una comunità.E finiremo dopo la morte di Dio, in "Così parlò Zarathustra"ad adorare un asino al posto di Dio, perchè semplicemente non abbiamo superato le nostre contraddizioni e più che una storia lineare si continuano a vedere cicli, loop, avviluppati, solo la tecnica aumenta stritolandoci.
Daccapo, il padre rispetto al figlio, non ha solo un ruolo fisico o emotivo, è il principio che il figlio accetta osi scontra.
Se togli il padre il figlio con chi si confronta?
I principi metafisici svolgono questo ruolo fondamentale. L'importanza di Platone non è l'iperuranio, ma il confronto he possiamo fare con il suo pensiero, poi lo accettiamo o meno e scegliamo o meno altre strade.
Ma altre strade che si fidano delle prassi umane hanno portato a due mila anni di storia a chiederci oggi cosa sia divenuta la democrazia di Pericle cosa sia la libertà, cosa sia la dignità umana.
Da se mi è concesso conoscitore di economia e politica, si vede oggi, che vincono gli interessi economici, sopra gli argomenti culturali sopra argomenti morali, Di cosa oggi possiamo comunicare quando il clima è daccapo lo scontro, mai l'incontro?
Se la politica è esaltare l'atomo umano e non vedere l'universo, ho già fatto la mia scelta di campo.
Citazione di: green demetr il 10 Ottobre 2018, 16:10:25 PM
A proposito della critica metafisica di Sgiombo a Paul, sono d'accordo.
Il punto da un punto di vista metafisico, perchè tale io mi ritengo, è quello di non continuare nell'errore di rendere giuridico ciò che si propone come legge naturale.
CitazioneE perché mai (visto che c' é chi vi contravviene; e vi contravverrebbe di più e peggio senza sanzioni giuridiche)?
In questo senso la critica di Sgiombo sulla presunzione del tema della Tecnica, certifica anche che il suo materialismo rischia di essere cieco dei meccanismi sociali che lo determinano. Non è solo una questione di produzione.
CitazioneNon per fare l' offeso (lungi da me!), ma innanzitutto mi considero un dualista dei fenomeni - monista del noumeno e non un monista materialista.
E poi da seguace del materialismo storico ho la presunzione di conoscere quali sono i meccanismi sociali "strutturali" determinanti (in ultima analisi, attraverso molteplici, complesse mediazioni dialettiche) le "sovrastrutture" ideologiche e teoriche.
Il soggetto forte, o che crede di esserlo, è il tema del post-modernismo, ossia la sua esclusione critica, dando per scontata l'impossibilità della stessa, certificata a livello storico, come morte della filosofia.
Il soggetto che indaga la sua forza, senza indagare le sue intenzioni, è di nuovo il problema della Tecnica.
Il problema della tecnica non è solo la questione meramente Tecnina (iper-specializzazione, inadeguatezza dell'uomo rispetto al suo prodotto).
Il problema della Tecnica spiega poi anche lo scientismo e le teorie eugenetiche che già a inizio novecento, e poi con il nazismo, ma finalmente grazie alla protezione delle BIG PHARMA sta conducendo a scoperte sempre più pericolose in termini di liberazione dal dogma riduzionista.
La cui formula l'uomo è una macchina, è già e diventerà sempre più così. il leit motiv del prossimo secolo. (dei prossimi secoli).
Bisogna dire che Sgiombo su questo lato è in realtà un alleato della critica alla Tecnica, anche se non ne capisce gli orizzonti più ampi.
CitazionePiuttosto direi che non capisco molto di queste tue affermazioni; fra l' altro L' homme machine di La Mettrie risale al 1747 ("albori" della tecnica: eravamo ben ontani dalla computazione artifìciale odierna!).
Presumo di comprendere i pericoli derivati all' umanità dalla tecnica odierna molto meglio degli Heidegger e dei Severino, come conseguenze non di un fato ineluttabile, ma invece del persistere dei rapporti di produzione capitalistici in una fase in cui sono ampiamente superati oggettivamente dallo sviluppo delle forse produttive (vivi e vegeti ma putrefatti, come degli zombi): Ogni fase della lotta di classe si conclude o con la realizzazione di "superiori" rapporti di produzione adeguati allo sviluppo delle forze produttive oppure con la rovina comune delle classi in lotta (Marx e Engels, Manifesto del Partitio Comunista, 1847).
Che la BIG PHARMA fa quello che fa, è anche perchè la critica della intenzionalità umana è venuta meno.
Appiattire la questione al materialismo storico è quantomeno limitante. Perchè diverrebbe una guerra di voti, e non di pensiero. La sinistra smarrita è figlia delle politiche del materialismo storico, quando in nome di marx, si sono attivate formule politiche diplomatiche anzichè fieramente oppositrici
CitazioneLa sedicente "sinistra" odierna é per me figlia del tradimento delle ragioni degli oppressi (in generale, nemmeno del proletariato: semplicemente sono diventati i peggiori nemici del popolo e reazionari, "da trattamento alla Robespierre - Stalin", come mi piace di dire), e ovviamente dell' abbandono del materialismo storico (mai stato loro, ma al massimo, dei loro padri o dei loro nonni).
E questo perchè l'uomo vuole il potere immediato, e chiede soluzioni materiali immediate.
CitazioneNon l' "uomo", ma il proletariato come classe in sé ben lungi dall' essere diventato classe per sé ("l' ideologia spontanea del proletariato é l' ideologia delle calssi dominanti borghesi" Lenin, Che fare?).
Dunque alla base del fallimento delle politiche di sinistra sta proprio la dimenticanza della critica del soggetto.
E dunque dopo aver appurato che la tematica della tecnica è superiore alla tematica del materialismo, come proposta da Sgiombo.
CitazioneIo propongo che la "tematica" dei rapporti di produzione é "superiore" (condizionante) la "tematica" della tecnica (che non é una sorta di mostruoso Leviatano indomabile, come credono Severino, Haidegger e compagnia cantante).
Rientriamo nel discorso principale. Perchè la critica del soggetto, è sempre stata fatta in modo da applicare valori universali. Questi valori universali si sono rivelati falsi. In quanto la gente non agisce per dogma divino, ma per utilità.
CitazioneDissento.
Molti hanno agito e molti tutt' ora agiscono "per dogma divino".
E il concetto di "utilità" lo trovo molto povero, impreciso, poco chiarificatore circa il comportamento umano.
Si potrebbe anche dire con Dio non esiste.
Al giorno d'oggi Dio non esiste, ma esiste il nuovo DIO che è la scienza.
CitazionePer me é il capitale (che usa anche la scienza, la quale non prescrive ma descrive, non dà ordini, non suggerisce finalità ma invece dà mezzi utilizzabili per i fini più disparati).
A me pare che il discorso di Paul rientri in questo nuovo paradigma, nuovo, ma che replica i problemi di prima.
Grazie al cielo nonostante Paul si muova in questo dominio pericolosissimo,la sua critica al soggetto lo tiene al riparo (per ora) dalle inevitabili conseguenze che questo dominio porta con sè, e che Sgiombo ha fatto benissimo a far presente.
CitazioneFrancamente non vedo minimamente Paul correre il rischio di cadere sotto il dominio (per me preteso) della "tecnica"; piuttosto (se mi é concessa questa valutazione) mi sembra inclinare verso l' "irrazionalismo inane alla Heidegger - Severino", un po' l' "estremo opposto").
Ma allora arrivo alla mia proposta. La quale mantiene la critica del soggetto, e lo fa proprio su basi metafisiche, essendo però il meta-fisico, qualcosa che non è legato alle res extensa, ma ai progressivi spostamenti di desiderio di sembianti.
Sono le narrazioni la chiave di volta di questa nuova metafisica, che dovrebbe rileggere la sua tradizione, come desiderio di dare forma ai propri sogni, incubi, emozioni.
E' una metafisica che è meta-Metafisica. E cioè riflette sui suoi sogni di impersonificazione di associazione libera, di senso, come si sono dati, e come sempre si daranno nella storia.
Dio è dunque questo caleidoscopio di senso. E' Dio stesso il senso.
Laddove DIO rimane al di là della fenomenologia. Non può mai essere natura.(e dunqe legge).
Ma il senso non è la legge. Come invece da Platone e Aristotele fino a Nietzche (Nietzche escluso).
CitazioneQui francamente non riesco a seguirti (eccessiva disparità di atteggiamento di fronte alla vita?)
In questo senso o la lettura di Paul rimane seria, nei limiti del sapere umano, sapere che è un senso, un indirizzamento, non una legge. Oppure a livello base, quella di Sgiombo rimane una lettura sebbene disperata di senso, di senso critico intendo, migliore delle sirene metafisiche.
CitazioneLontano dalle sirene metafisiche credo (e spero) di esserlo.
Disperato per niente anche se pessimista (della ragione ...ma con quel che segue).
Rimane il problema della legge come sfondo, in questo senso la domanda del 3d è in realtà una domanda di sfondo, un domandare che in realtà è figlio di una decisione presa in precedenza. Ossia ognuno sceglie la propria visione del Mondo, e da essa ne trae la sua legge (e bene e male sono solo parole senza senso, se non vi è una costrizione che le imponga).
CitazionePurtroppo continuo a non capire.
Citazione di: Ipazia il 10 Ottobre 2018, 22:45:34 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Ottobre 2018, 22:26:51 PM
MI compiaccio di aver trovato un profondo motivo di dissenso anche da Ipazia (sono istintivamente un Bastian contrario).
Infatti non credo al libero arbitrio; e soprattutto credo che il libero arbitrio sia incompatibile con la possibilità di dare sensate valutazioni etiche (dell' agire umano), che invece secondo me necessitano come di una conditio sine qua non del determinismo (almeno in una sia forma "debole", probabilistica - statistica).
Ma anche forte. Certo che siamo socialmente determinati. Ma esiste sempre un range, più o meno grande, di libertà individuale che riempie di senso etico, ovvero responsabilità individuale, la nostra vita. In assenza di questo range di libertà individuale non vi sarebbe alcuna etica, ma soltanto normalizzazione paradigmatica. Un po' come l'uomo-macchina (nasci-produci-consuma-crepa) che, ben più efficacemente delle dittature più scientifiche e inesorabili, l'impersonale dittatura del Mercato ci vuole fare diventare. E pare ci stia riuscendo assai bene.
La questione é diversa e ci porterebbe furori tema (é già stata affrontata in parecchie altre discussioni nel forum; e comunque sempre attuale).
Non intendo il materialismo storico in maniera così mostruosamente deformata in senso "oggettivistico" (i vecchi compagni, seguaci del materialismo dialettico, che mi accolsero da ragazzo nel PCI mezzo secolo fa, persone splendide dalle quali molto ho imparato, avrebbero detto "meccanicistico") da pensare che la dialettica rapporti di produzione-sviluppo delle forze produttive condiziona ogni scelta individuale di ciascuno!
Piuttosto credo che non vada confuso il condizionamento estrinseco da "cause di forza maggiore" (se uno minacciandomi con un mitra mi impone di rubare, il ladro é lui, non io!) dal condizionamento intrinseco da parte delle proprie qualità morali (più o meno buone), senza il quale (ovvero: con il libero arbitrio così come é comunemente inteso) non si agisce eticamente (più o meno bene a seconda delle propri intrinseche qualità morali più o meno buone che per l' appunto le scelte condizionano, determinano), ma fortuitamente, a casaccio (casomai più o meno
apparentemente bene a seconda della propria sorte più o meno fausta, e dunque
realmente in maniera più o meno fortunata, come se ogni nostra scelta fosse decisa in base al lancio di una moneta: pseudo-"buona" se esce "testa", pseudo-"cattiva" se esce "croce"): tertium non datur.
Citazione di: sgiombo il 11 Ottobre 2018, 09:21:30 AM
Citazione di: Ipazia il 10 Ottobre 2018, 22:45:34 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Ottobre 2018, 22:26:51 PM
MI compiaccio di aver trovato un profondo motivo di dissenso anche da Ipazia (sono istintivamente un Bastian contrario).
Infatti non credo al libero arbitrio; e soprattutto credo che il libero arbitrio sia incompatibile con la possibilità di dare sensate valutazioni etiche (dell' agire umano), che invece secondo me necessitano come di una conditio sine qua non del determinismo (almeno in una sia forma "debole", probabilistica - statistica).
Ma anche forte. Certo che siamo socialmente determinati. Ma esiste sempre un range, più o meno grande, di libertà individuale che riempie di senso etico, ovvero responsabilità individuale, la nostra vita. In assenza di questo range di libertà individuale non vi sarebbe alcuna etica, ma soltanto normalizzazione paradigmatica. Un po' come l'uomo-macchina (nasci-produci-consuma-crepa) che, ben più efficacemente delle dittature più scientifiche e inesorabili, l'impersonale dittatura del Mercato ci vuole fare diventare. E pare ci stia riuscendo assai bene.
La questione é diversa e ci porterebbe furori tema (é già stata affrontata in parecchie altre discussioni nel forum; e comunque sempre attuale).
Non intendo il materialismo storico in maniera così mostruosamente deformata in senso "oggettivistico" (i vecchi compagni, seguaci del materialismo dialettico, che mi accolsero da ragazzo nel PCI mezzo secolo fa, persone splendide dalle quali molto ho imparato, avrebbero detto "meccanicistico") da pensare che la dialettica rapporti di produzione-sviluppo delle forze produttive condiziona ogni scelta individuale di ciascuno!
Piuttosto credo che non vada confuso il condizionamento estrinseco da "cause di forza maggiore" (se uno minacciandomi con un mitra mi impone di rubare, il ladro é lui, non io!) dal condizionamento intrinseco da parte delle proprie qualità morali (più o meno buone), senza il quale (ovvero: con il libero arbitrio così come é comunemente inteso) non si agisce eticamente (più o meno bene a seconda delle propri intrinseche qualità morali più o meno buone che per l' appunto le scelte condizionano, determinano), ma fortuitamente, a casaccio (casomai più o meno apparentemente bene a seconda della propria sorte più o meno fausta, e dunque realmente in maniera più o meno fortunata, come se ogni nostra scelta fosse decisa in base al lancio di una moneta: pseudo-"buona" se esce "testa", pseudo-"cattiva" se esce "croce"): tertium non datur.
ciao Sgiombo,
adatto che ho letto parecchio di Engels e Marx, formidabile un'analisi sulla coscienza di classe del lavoratore delle Trade Union inglesi, nell'epoca della rivoluzione industriali, ci sarebbero a mio parere tre "piani":
le condizioni oggettive
una morale intenzionale del soggetto
una morale pratica del soggetto
Tanto più le condizioni oggettive "schiacciano" il soggetto e tanto meno vi è possibilità diciamo di scelta da parte del soggetto
La morale intenzionale( termini che quì è vasto e generale costruito sulla propria educazione avuta sulla propria indole, sulle proprie prese di coscienza,ecc), quello che è il soggetto ,se così potrei dire, a sua volta entra dialetticamente con le condizioni oggettive e la volontà o non volontà di praticare un azione.
a sua volta il soggetto individuale si rende conto che qualcosa è possible praticare per togliere o alleggerire alcune condizioni oggettive, altre a necessità di costruire insieme ad altre persone un insieme che abbia "peso sociale" per poter quanto meno provare a togliere le costrizioni e condizioni oggettive.
si tratta di capire, per rientrare in tema con a la discussione quanto vi è di coscienza morale affinchè sussista la coscienza di classe,
e se tutto questo è veramente un dispositivo culturale che supera la condizione oggettiva di sfruttamento,
o invece, ed è questo che temo lo replica ,anche se in modalità diverse.
Citazione di: sgiombo il 11 Ottobre 2018, 09:21:30 AM
La questione é diversa e ci porterebbe furori tema (é già stata affrontata in parecchie altre discussioni nel forum; e comunque sempre attuale).
Non intendo il materialismo storico in maniera così mostruosamente deformata in senso "oggettivistico" (i vecchi compagni, seguaci del materialismo dialettico, che mi accolsero da ragazzo nel PCI mezzo secolo fa, persone splendide dalle quali molto ho imparato, avrebbero detto "meccanicistico") da pensare che la dialettica rapporti di produzione-sviluppo delle forze produttive condiziona ogni scelta individuale di ciascuno!
Piuttosto credo che non vada confuso il condizionamento estrinseco da "cause di forza maggiore" (se uno minacciandomi con un mitra mi impone di rubare, il ladro é lui, non io!) dal condizionamento intrinseco da parte delle proprie qualità morali (più o meno buone), senza il quale (ovvero: con il libero arbitrio così come é comunemente inteso) non si agisce eticamente (più o meno bene a seconda delle propri intrinseche qualità morali più o meno buone che per l' appunto le scelte condizionano, determinano), ma fortuitamente, a casaccio (casomai più o meno apparentemente bene a seconda della propria sorte più o meno fausta, e dunque realmente in maniera più o meno fortunata, come se ogni nostra scelta fosse decisa in base al lancio di una moneta: pseudo-"buona" se esce "testa", pseudo-"cattiva" se esce "croce"): tertium non datur.
No che non ci porta fuori tema, perchè se non c'è libertà di agire non c'è neppure etica e quindi neppure la relazione bene-male. Già nella tua risposta, prevedendo anche un surplus di
condizionamento estrinseco, implichi una condizione di maggiore libertà in assenza di quel condizionamento. Noi marxisti siamo dialettici, non manichei: non possiamo ragionare in termini di "tutta libertà o nessuna libertà". In ogni società vi sono dei codici di comportamento più costanti e replicabili di altri. Sono dei fondamentali etici a livello antropologico. Li troviamo, tralasciando i numi, incisi sulla pietra fin dai tempi di Mosè. Quei fondamentali etici sono incisi sulla pietra perchè siamo perfino
liberi di violarli. Se eravamo così
totalmente "socialmente determinati" che senso aveva dare loro tanta importanza ? E porre pure dei divieti ?
Tornando alla tesi originale del male come assenza di bene, mi trova perfettamente d'accordo:
il pane è un
bene, la sua assenza è un
male (se non c'è nient'altro da mangiare). Anche la filosofia terra-terra ha le sue ragioni, che la Metafisica non conosce.
"Prima della morale viene il cibo." Diceva un drammaturgo tedesco dello scorso secolo. A proposito di filosofia terra-terra.
Citazione di: paul11 il 11 Ottobre 2018, 11:39:11 AM
ciao Sgiombo,
adatto che ho letto parecchio di Engels e Marx, formidabile un'analisi sulla coscienza di classe del lavoratore delle Trade Union inglesi, nell'epoca della rivoluzione industriali, ci sarebbero a mio parere tre "piani":
le condizioni oggettive
una morale intenzionale del soggetto
una morale pratica del soggetto
Tanto più le condizioni oggettive "schiacciano" il soggetto e tanto meno vi è possibilità diciamo di scelta da parte del soggetto
La morale intenzionale( termini che quì è vasto e generale costruito sulla propria educazione avuta sulla propria indole, sulle proprie prese di coscienza,ecc), quello che è il soggetto ,se così potrei dire, a sua volta entra dialetticamente con le condizioni oggettive e la volontà o non volontà di praticare un azione.
a sua volta il soggetto individuale si rende conto che qualcosa è possible praticare per togliere o alleggerire alcune condizioni oggettive, altre a necessità di costruire insieme ad altre persone un insieme che abbia "peso sociale" per poter quanto meno provare a togliere le costrizioni e condizioni oggettive.
si tratta di capire, per rientrare in tema con a la discussione quanto vi è di coscienza morale affinchè sussista la coscienza di classe,
e se tutto questo è veramente un dispositivo culturale che supera la condizione oggettiva di sfruttamento,
o invece, ed è questo che temo lo replica ,anche se in modalità diverse.
Secondo me l' acquisizione e lo sviluppo (mai necessario, sempre possibile) di una coscienza di classe più o meno matura é un fatto sociale che relativamente poco ha a che vedere con l' etica individuale dei singoli appartenenti alla classe in questione (quest' ultima, per lo meno nelle sue caratteristiche propriamente personali, "private" piuttosto che sociali o "pubbliche", più che dai rapporti di produzione e dallo sviluppo delle forze produttive é condizionata appunto dalle esperienze individuali - personali: in famiglia, fra gli amici e compagni di giochi, a scuola, nelle associazioni frequentate nel tempo libero, ecc.).Concordo convintamente che Tanto più le condizioni oggettive "schiacciano" il soggetto e tanto meno vi è possibilità diciamo di scelta da parte del soggetto (e infatti Marx ed Engels spesso identificano il comunismo con la (potenziale) condizione in cui " il libero sviluppo di ciascuno è condizione del libero sviluppo di tutti".Circa l' ultima osservazione ritengo una corretta interpretazione del materialismo storico (al di là di qualche eccesso polemico qua e là presente perfino talora nei suoi fondatori) quella per la quale nulla garantisce mai a priori come inevitabilmente necessaria la maturazione di un' adeguata coscienza di classe (e socialista - Lenin; ed egemonica - Gramsci), ma un esito possibile della lotta di classe é sempre, in alternativa alla realizzazione di "superiori" rapporti di produzione, anche "la rovina comune delle classi in lotta" (Manifesto, 1847).Solo che fino alla prima metà circa del XX° secolo lo sviluppo raggiunto dalle forze di produzione stesse era tanto lontano dai limiti fisici delle risorse naturali realisticamente (e non: fantascientificamente; o ideologicamente: secondo la falsa coscienza reazionaria e in ultima analisi irrazionalistica dello scientismo) disponibili che era ragionevole pensare che "il tempo lavorava a favore del comunismo", dal momento che prima o poi una coscienza di classe, socialista ed egemonica sufficiente al definitivo sovvertimento rivoluzionario dello stato di cose presenti si sarebbe comunque inevitabilmente realizzata (all' infinito tutto il possibile prima o poi accade).Ora invece, dato lo sviluppo ormai raggiunto dalla capacità dell' uomo di trasformare la natura (limitatamente; e obbedendo ineluttabilmente alle di lei leggi nell' applicarle a scopi coscienti, purché realistici), sia costruttivamente sia distruttivamente, la limitatezza delle risorse naturali stesse é sotto gli occhi di tutti (coloro che deliberatamente non vogliano foderarsi gli occhi di mortadella) e dunque il tempo gioca a favore dell' "estinzione prematura e di sua propria mano dell' umanità" (oltre che di tante altre specie viventi) come diceva il mio amico e venerato maestro Sebastiano Timpanaro.
Citazione di: paul11 il 10 Ottobre 2018, 23:03:43 PM
ciao Green,
dovresti chiarire meglio le tue argomentazioni che hanno spunti interni interessanti.
La metafisica, se potessi banalmente definirla, la spiegherei come il polo Nord di una bussola.
mi serve per orientarmi non necessariamente per raggiungerlo fisicamente, quindi come esistenza.
Il punto fondamentale è l'uomo e la sua natura.Se ritieni che possa diventare il superuomo di Nietzsche o rimarrà un homo lupus.
Se lo lasci libero dai condizionamenti e si perderà in quanto finalmente libero ma privo di orientamento, o si ritine che assumerà una vera emancipazione.
Io non vedo nella storia nessuna qualità umana, perchè diquesto si tratta. che mi mostri che l'insieme dell'umanità non possa ancora ricadere nei soliti errori secolari e millenari.Abbiamo davvero imparato dagli errori storici? E mi dici di seguire l'utilità?
La volontà di potenza nietzscheana o arriva a vette assolute o si inabissa nella bestialità e sinora è accaduto quest'ultimo.
Non credere che questi non mi costi; il giovane paul11 era anarchico e libertario ( e intimamente lo è ancora) ma è la vita, la storia, l'esperienza, la conoscenza, vale a dire proprio questa realtà reclamata e invocata in antitesi alla metafisica, che mi insegna che non è nella prassi priva di un senso relazionato a un principio, la soluzione morale, intesa come evoluzione culturale come miglioramento.
Ma tu pensi che le mie reminiscenze anarchiche invochino l'etica di uno Stato? Pericle o Nerone, il Re sole o Caligola?
Non ho mai creduto alla politica culturale imposta dall'alto, soprattutto da quando la sovranità non ha più nulla di morale, ma è occupazione di un potere, di un'autorità spesso autoreferenziale.Ma questo è il dispositivo culturale dal diritto romano ad oggi,
via via è scemato dalla legge il principio morale, divenuto astrazione, diventa fondam4ntale l'utilità economica e infatti le leggi parlano di proprietà, di res, intesa come cosa materiale priva di ogni significazione che non siano egoica.
Quando l'umanità si divide nella priorità di ciò che è mio diviso da ciò che è tuo, prova a trovare un'identità culturale che ci ritrovi in una comunità.E finiremo dopo la morte di Dio, in "Così parlò Zarathustra"ad adorare un asino al posto di Dio, perchè semplicemente non abbiamo superato le nostre contraddizioni e più che una storia lineare si continuano a vedere cicli, loop, avviluppati, solo la tecnica aumenta stritolandoci.
Daccapo, il padre rispetto al figlio, non ha solo un ruolo fisico o emotivo, è il principio che il figlio accetta osi scontra.
Se togli il padre il figlio con chi si confronta?
I principi metafisici svolgono questo ruolo fondamentale. L'importanza di Platone non è l'iperuranio, ma il confronto he possiamo fare con il suo pensiero, poi lo accettiamo o meno e scegliamo o meno altre strade.
Ma altre strade che si fidano delle prassi umane hanno portato a due mila anni di storia a chiederci oggi cosa sia divenuta la democrazia di Pericle cosa sia la libertà, cosa sia la dignità umana.
Da se mi è concesso conoscitore di economia e politica, si vede oggi, che vincono gli interessi economici, sopra gli argomenti culturali sopra argomenti morali, Di cosa oggi possiamo comunicare quando il clima è daccapo lo scontro, mai l'incontro?
Se la politica è esaltare l'atomo umano e non vedere l'universo, ho già fatto la mia scelta di campo.
Paul sono 10 anni ormai che seguo Sini. E'ovvio per me che le pratiche (anche quelle economiche) determino l'uomo.
Però Sini ha insistito tutta la vita a distinguere tra pratiche e linguaggio.
Il linguaggio è solo una delle pratiche.
La filosofia etica invece continua a credere che sia il linguaggio a determinare l'uomo.
Il punto è che vi è un uomo tecnico, il cui destino è quello delle prassi.
E vi è un uomo spirituale, il cui destino è la metafisica.
Forse il secondo si nutre di solo linguaggio, come Heidegger sbagliò a dire.
Non è vero, anche lo spirito si plasma tramite le pratiche.
Però certo, se leggo una poesia, mi sento più a contatto con la metafisica.
La metafisica è per me ben più di una semplice bussola.
E' esattamente come ha detto Heidegger, c'è l'Essere, e c'è l'Esistente che ad esso si conforma, è quello spazio psichico, inconscio, mentale (se proprio vogliamo dire), che apre sul soggetto stesso, nelle idee di MONDO ANIMA E DIO.
Poichè Essere dà l'idea di essere qualcosa, ossia dà proprio l'idea di DIO.
Heidegger ha corretto quella parola con l'ESSERE SBARRATO, risolvendolo a livello grafico.
Ovviamente è impossibile darne tutto il valore concettuale, perchè in realtà si tratta semplicemente della NEGATIVITA'. Quella di Hegel e di Marx.
E' passata per la storia della filosofia che questa idea di negatività fosse il preambolo agli stati etici.
Non si è ancora capito che è la negatività stessa a formare l'eticità, non il suo resto, la sua traccia (come Sini brillantemento nomina questi passaggi di concetto).
L'uomo che non si occupa dei resti continui della negatività, è un uomo morto.
Come un uomo è costretto ad occuparsi di se stesso per l'eternità. Come Nietzche sin da giovane capisce.
Non c'è possibilità di sapere se vi sarà futuro. Come Sini l'anno scorso pesantemente invocava è la morte a decidere della vita e non viceversa.
Siamo dunque doppi, costretti a non far perdere la traccia di noi stessi (crisi del soggetto) e aperti a questa negatività diffusa, a questo DIO (metafisica delle idee ANIMA MONDO E APPUNTO DIO, ossia IL SENSO DELLA FILOSOFIA).
Ora il fatto di essere doppi, significa che siamo originariamente nevrotici.
I deliri di onnipotenza, con le loro esplicazioni nelle idee di MONDO, che sono di volta in vota politiche, o scientifiche, o ideali, sono le forme con cui la nevrosi tenta di farci rimanere in vita. Sono i sintomi.
Parlare di politica senza sapere ciò è grave. Per questo il problema etico, rimarrà a lungo un dura barriera per il filosofo politico. Ovviamente è questo il problema comunitario di cui vado parlando da 10 anni (ok 9 per ora).
Nietzche è su questo fronte. Lo associo all'idea di MONDO.
La metafisica più strettamente speciale, riguarda invece cose individuali, le nostre idee di Anima e Dio, fondamentalmente.
La tua ultima analisi ha virato molto sull'idea di MONDO.
Forse mi sto confondendo, forse in effetti, anche la tua idea di NATURA, è ancora legata, a quelle idee politiche. Forse questo tuo bisogno di capire la parte strutturale del mondo è legata alla politica. Più che a DIO. O mi sbaglio amico?
Citazione di: Ipazia il 11 Ottobre 2018, 12:56:45 PM
No che non ci porta fuori tema, perchè se non c'è libertà di agire non c'è neppure etica e quindi neppure la relazione bene-male. Già nella tua risposta, prevedendo anche un surplus di condizionamento estrinseco, implichi una condizione di maggiore libertà in assenza di quel condizionamento. Noi marxisti siamo dialettici, non manichei: non possiamo ragionare in termini di "tutta libertà o nessuna libertà". In ogni società vi sono dei codici di comportamento più costanti e replicabili di altri. Sono dei fondamentali etici a livello antropologico. Li troviamo, tralasciando i numi, incisi sulla pietra fin dai tempi di Mosè.
CitazioneTutto questo mi sembra di non averlo mai negato, e anzi di averlo spesso affermato.
Quei fondamentali etici sono incisi sulla pietra perchè siamo perfino liberi di violarli. Se eravamo così totalmente "socialmente determinati" che senso aveva dare loro tanta importanza ? E porre pure dei divieti ?
Citazione
Perché siamo intrinsecamente determinati, a seconda dei casi, o a rispettarli o a violarli.
Unica alternativa (tertium non datur, secondo me) sarebbe l' agire a casaccio, eticamente del tutto irrilevante (che per me é il significato autentico di "libertà da determinazioni intrinseche" ovvero "libero arbitrio" come vene comunemente inteso).
All' essere determinati e all' essere consapevoli di essere determinati nell' agire (per quanto auspicabile liberamente da costrizioni o impedimenti estrinseci ma non dai condizionamenti intrinseci della nostra propria natura o "modo di essere") non consegue affatto necessariamente il fatalismo inerte, e nemmeno il ben che minimo indebolimento di una volontà di agire, magari ferrea, eroica, come dimostra l' esperienza di tanti rivoluzionari francesi e di tanti socialisti e comunisti "delle prime ore" che spesso cadevano in un ingenuo determinismo (di fatto in qualche misura inevitabile e anche utile in quelle fasi storiche. e da superare al più presto possibile, come notava Gramsci) e non per questo lottavano con minor determinazione ed eroismo, anzi!
Per passare dal sociale al personale, che ci siano stati ineluttabili condizionamenti nel fatto che Matteo Renzi o la Fornero o il Monti fanno quel che fanno non mi impedirebbe certo, se (devo purtroppo realisticamente dire: per assurdo) scoppiasse una rivoluzione prima della mia morte, di battermi (deterministicamente, per come mi trovo ad essere) per infliggere loro lo strameritato trattamento "alla Robespierre - Stalin": a loro scelta, ghigliottina o plotone di esecuzione.
(Aggiunta delle 17, 45: anche se il mio amico e venerato maestro Sebastiano Timpanaro disapproverebbe).
cit Sgiombo
@SGIOMBO
"E poi da seguace del materialismo storico ho la presunzione di conoscere quali sono i meccanismi sociali "strutturali" determinanti (in ultima analisi, attraverso molteplici, complesse mediazioni dialettiche) le "sovrastrutture" ideologiche e teoriche."
Appunto presumi, non ho mai letto di critiche al soggetto, in quanto soggetto.
Le tue sono critiche ad personam, che vanno ad indagare nelle politiche altrui, non nelle loro presunzioni.Come invece dovresti.(anche, dico).
"Presumo di comprendere i pericoli derivati all' umanità dalla tecnica odierna molto meglio degli Heidegger e dei Severino, come conseguenze non di un fato ineluttabile, ma invece del persistere dei rapporti di produzione capitalistici in una fase in cui sono ampiamente superati oggettivamente dallo sviluppo delle forse produttive (vivi e vegeti ma putrefatti, come degli zombi): Ogni fase della lotta di classe si conclude o con la realizzazione di "superiori" rapporti di produzione adeguati allo sviluppo delle forze produttive oppure con la rovina comune delle classi in lotta (Marx e Engels, Manifesto del Partitio Comunista, 1847)."
Si sono d'accordo, ma come prima: Bisogna anche fare una critica del soggetto in quanto tale! Ti voglio ricordare che Marx, comincio' proprio dall'idea di alienazione.
Ossia quando il prodotto decide della vita altrui.
Queste cose forse le dai per scontate ma non lo sono.
Perchè il problema è "come mai l'uomo si comporta così?"
Tu ne fai sempre, a quanto poco ho letto, ad una questione politica individuale.
Morale. Ma la morale è figlia delle prassi. E se le prassi sono quelle della corruzione. Allora uno si adegua? o continua ad andare dritto come un prete delirante le fiamme dell'inferno per i peccatori? Spero la metafora valga!
"Io propongo che la "tematica" dei rapporti di produzione é "superiore" (condizionante) la "tematica" della tecnica (che non é una sorta di mostruoso Leviatano indomabile, come credono Severino, Heidegger e compagnia cantante)."
Dirlo nell'epoca del pensiero unico, è paradossale. Andiamo Sgiombo!
Se leggi Severino e Heidegger ti spiegano che l'uomo tecnico, è un destino.
Non hanno mai scritto che è una cosa negativa. Il punto sono le azioni per mediare tra quello che siamo, e la nostra sopravvivenza in quanto uomini pensanti.
"Dissento.
Molti hanno agito e molti tutt' ora agiscono "per dogma divino".
E il concetto di "utilità" lo trovo molto povero, impreciso, poco chiarificatore circa il comportamento umano."
Non posso stare qui a spiegarti i moralisti francesi e Nietzche!
Utile per se stessi. Mai utile per gli altri. Non è colpa mia se ti mancano le basi rudimentali della filosofia. Quando dal medioevo si passò all'età moderna! Per chiarirci ancora meglio. Per dare qualche spiraglio di chiarificazione.
"Per me é il capitale (che usa anche la scienza, la quale non prescrive ma descrive, non dà ordini, non suggerisce finalità ma invece dà mezzi utilizzabili per i fini più disparati)."
Il capitale vuole la scienza. Per potersi ampliare.(si anche) Ma non dipingiamo lo scienziato come un monaco penitente dedito alla sola osservazione. Sono uomini come noi, con le loro idee, e le loro passioni carnali.
"Francamente non vedo minimamente Paul correre il rischio di cadere sotto il dominio (per me preteso) della "tecnica"; piuttosto (se mi é concessa questa valutazione) mi sembra inclinare verso l' "irrazionalismo inane alla Heidegger - Severino", un po' l' "estremo opposto")."
Non vi sopporto più amici miei, ok anch'io fatico a capire Paul, ma irrazionale proprio no!!!!! :(
"Qui francamente non riesco a seguirti (eccessiva disparità di atteggiamento di fronte alla vita?)"
non credo, semplice diversità di vocabolario. il mio lo desumo dalla psicanalisi e dalla metafisica idealista, che a te non interessa.
"Lontano dalle sirene metafisiche credo (e spero) di esserlo.
Disperato per niente anche se pessimista (della ragione ...ma con quel che segue)."
Ah sono contento, a volte penso che il tuo sia un pessimismo assoluto.
"Purtroppo continuo a non capire."
Mi sono riletto, in effetti l'ultimo pezzo è illegibile sorry.
Il problema della legge è legato al discorso sulla natura, di Paul.
L'ultima frase è per Paul. Volevo farla diventare per tutti....ma non si può me ne accorgo solo ora. sorry-
Non mi sembra di ritrovarlo nel tuo discorso metodologico. Non me la sento di portelo come critica.
Al massimo forse se mai un giorno riusciremo a parlare di politica, potrebbe emergere come tema.
ciao
Citazione di: green demetr il 11 Ottobre 2018, 18:18:58 PM
cit Sgiombo
@SGIOMBO
"E poi da seguace del materialismo storico ho la presunzione di conoscere quali sono i meccanismi sociali "strutturali" determinanti (in ultima analisi, attraverso molteplici, complesse mediazioni dialettiche) le "sovrastrutture" ideologiche e teoriche."
Appunto presumi, non ho mai letto di critiche al soggetto, in quanto soggetto.
Le tue sono critiche ad personam, che vanno ad indagare nelle politiche altrui, non nelle loro presunzioni.Come invece dovresti.(anche, dico).
CitazioneBeh francamente (immodestamente? E sia!) mi sento la coscienza "abbastanza a posto" quanto a vaglio critico delle mie convinzioni e confronto con convinzioni diverse ed opposte.
"Presumo di comprendere i pericoli derivati all' umanità dalla tecnica odierna molto meglio degli Heidegger e dei Severino, come conseguenze non di un fato ineluttabile, ma invece del persistere dei rapporti di produzione capitalistici in una fase in cui sono ampiamente superati oggettivamente dallo sviluppo delle forse produttive (vivi e vegeti ma putrefatti, come degli zombi): Ogni fase della lotta di classe si conclude o con la realizzazione di "superiori" rapporti di produzione adeguati allo sviluppo delle forze produttive oppure con la rovina comune delle classi in lotta (Marx e Engels, Manifesto del Partitio Comunista, 1847)."
Si sono d'accordo, ma come prima: Bisogna anche fare una critica del soggetto in quanto tale! Ti voglio ricordare che Marx, comincio' proprio dall'idea di alienazione.
Ossia quando il prodotto decide della vita altrui.
Queste cose forse le dai per scontate ma non lo sono.
Perchè il problema è "come mai l'uomo si comporta così?"
Tu ne fai sempre, a quanto poco ho letto, ad una questione politica individuale.
Morale. Ma la morale è figlia delle prassi. E se le prassi sono quelle della corruzione. Allora uno si adegua? o continua ad andare dritto come un prete delirante le fiamme dell'inferno per i peccatori? Spero la metafora valga!
CitazioneNon sono sicuro di aver capito, ma preferirei (non sono ovviamente affatto certo che ci riuscirei!) affrontare l' "inferno" per le mie convinzioni che adeguarmi a quelle che profondissimamente disprezzo.
"Io propongo che la "tematica" dei rapporti di produzione é "superiore" (condizionante) la "tematica" della tecnica (che non é una sorta di mostruoso Leviatano indomabile, come credono Severino, Heidegger e compagnia cantante)."
Dirlo nell'epoca del pensiero unico, è paradossale. Andiamo Sgiombo!
Se leggi Severino e Heidegger ti spiegano che l'uomo tecnico, è un destino.
Non hanno mai scritto che è una cosa negativa. Il punto sono le azioni per mediare tra quello che siamo, e la nostra sopravvivenza in quanto uomini pensanti.
CitazioneMa infatti io invece non credo ad alcun più o meno metafisico "destino" ma invece al condizionamento in ultima analisi della struttura economica sulle sovrastrutture ideologiche, politiche, culturali, ecc.
E trovo che questo spieghi egregiamente la schifezza del mondo attuale; molto più di qualunque preteso "destino metafisico".
"Dissento.
Molti hanno agito e molti tutt' ora agiscono "per dogma divino".
E il concetto di "utilità" lo trovo molto povero, impreciso, poco chiarificatore circa il comportamento umano."
Non posso stare qui a spiegarti i moralisti francesi e Nietzche!
Utile per se stessi. Mai utile per gli altri. Non è colpa mia se ti mancano le basi rudimentali della filosofia. Quando dal medioevo si passò all'età moderna! Per chiarirci ancora meglio. Per dare qualche spiraglio di chiarificazione.
CitazioneCome diceva Ippocrate "la scienza é lunga e vita é breve", e sono molto contento di aver letto Hume piuttosto che Freud e Friederich Engels piuttosto che Friederich Nietzche.
"Per me é il capitale (che usa anche la scienza, la quale non prescrive ma descrive, non dà ordini, non suggerisce finalità ma invece dà mezzi utilizzabili per i fini più disparati)."
Il capitale vuole la scienza. Per potersi ampliare.(si anche) Ma non dipingiamo lo scienziato come un monaco penitente dedito alla sola osservazione. Sono uomini come noi, con le loro idee, e le loro passioni carnali.
CitazioneMi piacerebbe sapere a chi mai sia rivolta questa obiezione.
Ovviissimamente di certissimo non a me!
"Francamente non vedo minimamente Paul correre il rischio di cadere sotto il dominio (per me preteso) della "tecnica"; piuttosto (se mi é concessa questa valutazione) mi sembra inclinare verso l' "irrazionalismo inane alla Heidegger - Severino", un po' l' "estremo opposto")."
Non vi sopporto più amici miei, ok anch'io fatico a capire Paul, ma irrazionale proprio no!!!!! :(
CitazioneChiaramente non per chi ritenga razionali Severino, Heidegger e magari Nietzche!
"Qui francamente non riesco a seguirti (eccessiva disparità di atteggiamento di fronte alla vita?)"
non credo, semplice diversità di vocabolario. il mio lo desumo dalla psicanalisi e dalla metafisica idealista, che a te non interessa.
CitazioneInfatti non mi interessa punto (se é così l' impresa di intenderci é pressocché disperata).
Il problema della legge è legato al discorso sulla natura, di Paul.
L'ultima frase è per Paul. Volevo farla diventare per tutti....ma non si può me ne accorgo solo ora. sorry-
Non mi sembra di ritrovarlo nel tuo discorso metodologico. Non me la sento di portelo come critica.
Al massimo forse se mai un giorno riusciremo a parlare di politica, potrebbe emergere come tema.
ciao
Citazione...Pericoloso parlare di politica fra noi due (conto sul fatto che prenderai la battuta nel verso giusto).
cit Sgiombo
@Sgiombo
"Ma infatti io invece non credo ad alcun più o meno metafisico "destino" ma invece al condizionamento in ultima analisi della struttura economica sulle sovrastrutture ideologiche, politiche, culturali, ecc."
Ma è un errore banale, il materialismo storico non credo possa arrivare a dire una cosa del genere, sarebbe il ribaltamento di Marx. (lo ribaltano lo stesso, ma credo sopratutto a livello politico, o almeno mi auguro).
Sono le sovrastrutture che decidono dell'economia.
"Come diceva Ippocrate "la scienza é lunga e vita é breve", e sono molto contento di aver letto Hume piuttosto che Freud e Friederich Engels piuttosto che Friederich Nietzche."
E va bene così.
"Mi piacerebbe sapere a chi mai sia rivolta questa obiezione.
Ovviissimamente di certissimo non a me!!"
;D è vero! era una notazione generale.
"Chiaramente non per chi ritenga razionali Severino, Heidegger e magari Nietzche!"
;D Nietzche è una delle persone più brillanti a livello razionale. Hai ragione, dimentico da che posizione guardi le cose.
"Infatti non mi interessa punto (se é così l' impresa di intenderci é pressocché disperata)"
Si quando parlo generalmente io uso una visione del mondo che non ti interessa, non ha senso volersi intendere in quello.
Rimane comunque il lavoro di intendersi su cose molto più pratiche e politiche.
Forse altrettanto disperato, ma non possiamo saperlo prima ;)
Il progetto Marx, viene dopo il progetto Hegel. Ci vuole pazienza.
"...Pericoloso parlare di politica fra noi due (conto sul fatto che prenderai la battuta nel verso giusto)."
Al massimo parte qualche innocua invettiva verso altri (si spera ;) )
Si c'è una cosa che proprio non possiamo intenderci, ma ho capito, e la lascio perdere.
(lgbt etc)
Citazione di: green demetr il 11 Ottobre 2018, 17:37:24 PM
Citazione di: paul11 il 10 Ottobre 2018, 23:03:43 PM
ciao Green,
dovresti chiarire meglio le tue argomentazioni che hanno spunti interni interessanti.
La metafisica, se potessi banalmente definirla, la spiegherei come il polo Nord di una bussola.
mi serve per orientarmi non necessariamente per raggiungerlo fisicamente, quindi come esistenza.
Il punto fondamentale è l'uomo e la sua natura.Se ritieni che possa diventare il superuomo di Nietzsche o rimarrà un homo lupus.
Se lo lasci libero dai condizionamenti e si perderà in quanto finalmente libero ma privo di orientamento, o si ritine che assumerà una vera emancipazione.
Io non vedo nella storia nessuna qualità umana, perchè diquesto si tratta. che mi mostri che l'insieme dell'umanità non possa ancora ricadere nei soliti errori secolari e millenari.Abbiamo davvero imparato dagli errori storici? E mi dici di seguire l'utilità?
La volontà di potenza nietzscheana o arriva a vette assolute o si inabissa nella bestialità e sinora è accaduto quest'ultimo.
Non credere che questi non mi costi; il giovane paul11 era anarchico e libertario ( e intimamente lo è ancora) ma è la vita, la storia, l'esperienza, la conoscenza, vale a dire proprio questa realtà reclamata e invocata in antitesi alla metafisica, che mi insegna che non è nella prassi priva di un senso relazionato a un principio, la soluzione morale, intesa come evoluzione culturale come miglioramento.
Ma tu pensi che le mie reminiscenze anarchiche invochino l'etica di uno Stato? Pericle o Nerone, il Re sole o Caligola?
Non ho mai creduto alla politica culturale imposta dall'alto, soprattutto da quando la sovranità non ha più nulla di morale, ma è occupazione di un potere, di un'autorità spesso autoreferenziale.Ma questo è il dispositivo culturale dal diritto romano ad oggi,
via via è scemato dalla legge il principio morale, divenuto astrazione, diventa fondam4ntale l'utilità economica e infatti le leggi parlano di proprietà, di res, intesa come cosa materiale priva di ogni significazione che non siano egoica.
Quando l'umanità si divide nella priorità di ciò che è mio diviso da ciò che è tuo, prova a trovare un'identità culturale che ci ritrovi in una comunità.E finiremo dopo la morte di Dio, in "Così parlò Zarathustra"ad adorare un asino al posto di Dio, perchè semplicemente non abbiamo superato le nostre contraddizioni e più che una storia lineare si continuano a vedere cicli, loop, avviluppati, solo la tecnica aumenta stritolandoci.
Daccapo, il padre rispetto al figlio, non ha solo un ruolo fisico o emotivo, è il principio che il figlio accetta osi scontra.
Se togli il padre il figlio con chi si confronta?
I principi metafisici svolgono questo ruolo fondamentale. L'importanza di Platone non è l'iperuranio, ma il confronto he possiamo fare con il suo pensiero, poi lo accettiamo o meno e scegliamo o meno altre strade.
Ma altre strade che si fidano delle prassi umane hanno portato a due mila anni di storia a chiederci oggi cosa sia divenuta la democrazia di Pericle cosa sia la libertà, cosa sia la dignità umana.
Da se mi è concesso conoscitore di economia e politica, si vede oggi, che vincono gli interessi economici, sopra gli argomenti culturali sopra argomenti morali, Di cosa oggi possiamo comunicare quando il clima è daccapo lo scontro, mai l'incontro?
Se la politica è esaltare l'atomo umano e non vedere l'universo, ho già fatto la mia scelta di campo.
Paul sono 10 anni ormai che seguo Sini. E'ovvio per me che le pratiche (anche quelle economiche) determino l'uomo.
Però Sini ha insistito tutta la vita a distinguere tra pratiche e linguaggio.
Il linguaggio è solo una delle pratiche.
La filosofia etica invece continua a credere che sia il linguaggio a determinare l'uomo.
Il punto è che vi è un uomo tecnico, il cui destino è quello delle prassi.
E vi è un uomo spirituale, il cui destino è la metafisica.
Forse il secondo si nutre di solo linguaggio, come Heidegger sbagliò a dire.
Non è vero, anche lo spirito si plasma tramite le pratiche.
Però certo, se leggo una poesia, mi sento più a contatto con la metafisica.
La metafisica è per me ben più di una semplice bussola.
E' esattamente come ha detto Heidegger, c'è l'Essere, e c'è l'Esistente che ad esso si conforma, è quello spazio psichico, inconscio, mentale (se proprio vogliamo dire), che apre sul soggetto stesso, nelle idee di MONDO ANIMA E DIO.
Poichè Essere dà l'idea di essere qualcosa, ossia dà proprio l'idea di DIO.
Heidegger ha corretto quella parola con l'ESSERE SBARRATO, risolvendolo a livello grafico.
Ovviamente è impossibile darne tutto il valore concettuale, perchè in realtà si tratta semplicemente della NEGATIVITA'. Quella di Hegel e di Marx.
E' passata per la storia della filosofia che questa idea di negatività fosse il preambolo agli stati etici.
Non si è ancora capito che è la negatività stessa a formare l'eticità, non il suo resto, la sua traccia (come Sini brillantemento nomina questi passaggi di concetto).
L'uomo che non si occupa dei resti continui della negatività, è un uomo morto.
Come un uomo è costretto ad occuparsi di se stesso per l'eternità. Come Nietzche sin da giovane capisce.
Non c'è possibilità di sapere se vi sarà futuro. Come Sini l'anno scorso pesantemente invocava è la morte a decidere della vita e non viceversa.
Siamo dunque doppi, costretti a non far perdere la traccia di noi stessi (crisi del soggetto) e aperti a questa negatività diffusa, a questo DIO (metafisica delle idee ANIMA MONDO E APPUNTO DIO, ossia IL SENSO DELLA FILOSOFIA).
Ora il fatto di essere doppi, significa che siamo originariamente nevrotici.
I deliri di onnipotenza, con le loro esplicazioni nelle idee di MONDO, che sono di volta in vota politiche, o scientifiche, o ideali, sono le forme con cui la nevrosi tenta di farci rimanere in vita. Sono i sintomi.
Parlare di politica senza sapere ciò è grave. Per questo il problema etico, rimarrà a lungo un dura barriera per il filosofo politico. Ovviamente è questo il problema comunitario di cui vado parlando da 10 anni (ok 9 per ora).
Nietzche è su questo fronte. Lo associo all'idea di MONDO.
La metafisica più strettamente speciale, riguarda invece cose individuali, le nostre idee di Anima e Dio, fondamentalmente.
La tua ultima analisi ha virato molto sull'idea di MONDO.
Forse mi sto confondendo, forse in effetti, anche la tua idea di NATURA, è ancora legata, a quelle idee politiche. Forse questo tuo bisogno di capire la parte strutturale del mondo è legata alla politica. Più che a DIO. O mi sbaglio amico?
se dividi i sistemi, fai errori come fanno tutti.
Ritenere che l'uomo faccia senza pensare o pensi senza contare la sua espereinza pratica è un errore.
E' un errore dividere la pratica, ridurre la filosofia a scienza moderna.
Sini viene dalla fenomenologia e dal pragmatismo, Heidegger sceglie Aristotele perchè pratico e meno metafisicc,
Nietzsche non sopporta la metafisica..................e cosa hanno trovato ?
L'economia aleggia fra la pratica della sopravvivenza e la metafisica dei suoi principi, perchè oggi la moneta è metafisica, la finanza il mercato sono enti metafisici tremendamente reali, impalpabili eppure reali, poteri eppure nascosti.
mai come oggi la prassi è metafisica, neppure nell'antichità. Dire popolo sovrano o Stato è dire niente, è identifcare enti impalpabili eppure tutto ciò condiziona le esistenze. Questi meccanismi, dispositivi culturali, sono molto potenti, perchè irreali eppure pratici, quindi inafferrabili.Quando è il mercato che fa la giustizia di uno Stato su un debito pubblico è come invocare la grazia divina ,il fato e il destino. Questa è metamorfosi kafkiana, è mimesi storica della cultura occidentale.
Pochissimi sono in grado di serie analisi, proprio perchè le scienze divise hanno diviso i saperi, come le specializzazioni del microcosmo umano, individualizzando, separando.
Così Cacciari che da giovane dava i volantini comunisti davanti ai cancelli di porto Marghera, oggi non capisce nulla ,ma è un filosfo. Sono fuori, sono out, i Sini e compagnia briscola o del tresette con il morto.
Trovami un filosofo che inizi un analisi seria di economia dai suoi fondativi alla micro e macroeconomia e la riconduca in una sintesi filosofica e quasi mi commuovo di aver visto il sacro Graal.
la morale si è persa fra un ansiolitico, una seduta degli alcolisti anonimi, l'utilità economica e il mors tua vita mea.
Commenti in
brain storming.
Citazione di: Ipazia il 10 Ottobre 2018, 22:45:34 PM
In assenza di questo range di libertà individuale non vi sarebbe alcuna etica, ma soltanto normalizzazione paradigmatica. Un po' come l'uomo-macchina (nasci-produci-consuma-crepa) che [...] l'impersonale dittatura del Mercato ci vuole fare diventare.
Aggiungerei anche l'uomo-animale (nasci-cresci-invecchia-muori) dell'impersonale dittatura della Natura; l'uomo-
fedele (nasci-pecca-prega-muori) dell'impersonale dittatura della Religione; l'uomo-utente (nasci-lika/condividi/invia/ricevi/posta/aggiorna-muori) dell'impersonale dittatura dei Social; l'uomo-fruitore (nasci-usa-butta-muori) dell'impersonale dittatura della Tecnologia; l'uomo-votante (nasci-vota-lamentati-muori) dell'impersonale dittatura della Democrazia; l'uomo-teoreta (nasci-postula-deduci-muori) dell'impersonale dittatura della Metafisica, l'uomo-edonista (nasci-desidera-godi-muori) dell'impersonale dittatura della Libidine; l'uomo-esistenzialista (nasci-interpreta-significa-muori) dell'impersonale dittatura dell'Ermeneutica; l'uomo-morale (nasci-giudica-vieni giudicato-muori) dell'impersonale dittatura dell'Etica, etc.
Questo rapporto dialettico fra le dittature che governano (con le dovute differenze di intensità) i vari "uomini" che coabitano l'individuo e gli individui stessi che alimentano tali dittature, può essere letto in molti modi (e su più piani), ma di fatto la risultante prassi umana dell'individuo è il verdetto del "parlamento" di tutti quei dittatori (paradossale, no?), anche se ogni individuo avrà le sue preferenze (per cui forse sottovaluterà l'impatto di alcuni "dittatori" latenti) che imporranno, per necessità di convivenza, di cercare rapporti diplomatici che siano vivibili con il prossimo (essendo l'uomo animale da branco).
Citazione di: paul11 il 10 Ottobre 2018, 23:03:43 PM
Da se mi è concesso conoscitore di economia e politica, si vede oggi, che vincono gli interessi economici, sopra gli argomenti culturali sopra argomenti morali, Di cosa oggi possiamo comunicare quando il clima è daccapo lo scontro, mai l'incontro?
Ciò connota solo la società attuale? Si tratta di una considerazione di buon auspicio per un futuro più empatico ed "etico", oppure di nostalgismo di un'epoca (culturalmente e moralmente) d'oro che, se non erro, non ha lasciato attendibili tracce storiche?
Citazione di: paul11 il 12 Ottobre 2018, 00:55:30 AM
la morale si è persa fra un ansiolitico, una seduta degli alcolisti anonimi, l'utilità economica e il mors tua vita mea.
Interessante l'espressione "si è persa": intendi che lei stessa (metaforicamente) ha perso l'orientamento, oppure che è stata persa (nello scenario attuale)?
Sai già che, personalmente, scriverei piuttosto "si è rivelata come" (alludendo a ciò che intendevo come lo svelare il "
bluff", senza voler sottovalutare la funzione "positiva" del dis
positivo), ma capisco che nella tua prospettiva si tratta (correggimi se sbaglio) di anelare a riappropriarsi di una morale (matrice originaria) dopo aver vissuto il suo momento hegelianamente "negativo".
Citazione di: green demetr il 11 Ottobre 2018, 19:14:45 PM
"...Pericoloso parlare di politica fra noi due (conto sul fatto che prenderai la battuta nel verso giusto)."
Al massimo parte qualche innocua invettiva verso altri (si spera ;) )
Si c'è una cosa che proprio non possiamo intenderci, ma ho capito, e la lascio perdere.
(lgbt etc)
Non credo di avere compreso quanto intendi con "(lgtb ecc.).
Ci tengo però a chiarire che circa le largamente correnti narrazioni "gender e affini", contrariamente che su altre questioni, concordo in pieno con Diego Fusaro e il suo compianto maestro Costanzo Preve che si tratti di pessima ideologia molto reazionaria.
Ci si può giocare con gli imperativi ma non tutti si equivalgono. Alcuni sono inevitabili: Natura, sviluppo scientifico-tecnologico. Su altri, come quello da me posto, la testa dentro il cappio ce la mettiamo quotidianamente con le nostre mani. In ogni caso le dittature sono aggirabili e nei loro interstizi e impotenze un piccolo spazio di libertà si trova sempre. Anche in quella più etica, la Natura. Usando la scienza. Su quelle parodistiche mi auguro non si faccia male nessuno. ;D Per quanto anche tra i consessi metafisici, soprattutto se c'è qualche nume di mezzo, le legnate non sono state meramente teoriche nel corso della storia.
Citazione di: Phil il 12 Ottobre 2018, 12:11:05 PM
Commenti in brain storming.
Citazione di: Ipazia il 10 Ottobre 2018, 22:45:34 PM
In assenza di questo range di libertà individuale non vi sarebbe alcuna etica, ma soltanto normalizzazione paradigmatica. Un po' come l'uomo-macchina (nasci-produci-consuma-crepa) che [...] l'impersonale dittatura del Mercato ci vuole fare diventare.
Aggiungerei anche l'uomo-animale (nasci-cresci-invecchia-muori) dell'impersonale dittatura della Natura; l'uomo-fedele (nasci-pecca-prega-muori) dell'impersonale dittatura della Religione; l'uomo-utente (nasci-lika/condividi/invia/ricevi/posta/aggiorna-muori) dell'impersonale dittatura dei Social; l'uomo-fruitore (nasci-usa-butta-muori) dell'impersonale dittatura della Tecnologia; l'uomo-votante (nasci-vota-lamentati-muori) dell'impersonale dittatura della Democrazia; l'uomo-teoreta (nasci-postula-deduci-muori) dell'impersonale dittatura della Metafisica, l'uomo-edonista (nasci-desidera-godi-muori) dell'impersonale dittatura della Libidine; l'uomo-esistenzialista (nasci-interpreta-significa-muori) dell'impersonale dittatura dell'Ermeneutica; l'uomo-morale (nasci-giudica-vieni giudicato-muori) dell'impersonale dittatura dell'Etica, etc.
Questo rapporto dialettico fra le dittature che governano (con le dovute differenze di intensità) i vari "uomini" che coabitano l'individuo e gli individui stessi che alimentano tali dittature, può essere letto in molti modi (e su più piani), ma di fatto la risultante prassi umana dell'individuo è il verdetto del "parlamento" di tutti quei dittatori (paradossale, no?), anche se ogni individuo avrà le sue preferenze (per cui forse sottovaluterà l'impatto di alcuni "dittatori" latenti) che imporranno, per necessità di convivenza, di cercare rapporti diplomatici che siano vivibili con il prossimo (essendo l'uomo animale da branco).
L'individuo quale esito e risultante di e dal parlamentare di una pluralità di dittature, dotate di un passo processuale invariante nella forma e variabile nei contenuti, è una descrizione che trovo interessante. Occorrerebbe però stabilire se questa parlamentarietà non sia in ultima analisi una determinazione di una volontà di una dittatura sulle altre o, di converso, non sia il terreno, la premessa entro cui ogni dittatura può aver voce.
Citazione di: Phil il 12 Ottobre 2018, 12:11:05 PM
Commenti in brain storming.
Citazione di: paul11 il 10 Ottobre 2018, 23:03:43 PM
Da se mi è concesso conoscitore di economia e politica, si vede oggi, che vincono gli interessi economici, sopra gli argomenti culturali sopra argomenti morali, Di cosa oggi possiamo comunicare quando il clima è daccapo lo scontro, mai l'incontro?
Ciò connota solo la società attuale? Si tratta di una considerazione di buon auspicio per un futuro più empatico ed "etico", oppure di nostalgismo di un'epoca (culturalmente e moralmente) d'oro che, se non erro, non ha lasciato attendibili tracce storiche?
Citazione di: paul11 il 12 Ottobre 2018, 00:55:30 AM
la morale si è persa fra un ansiolitico, una seduta degli alcolisti anonimi, l'utilità economica e il mors tua vita mea.
Interessante l'espressione "si è persa": intendi che lei stessa (metaforicamente) ha perso l'orientamento, oppure che è stata persa (nello scenario attuale)?
Sai già che, personalmente, scriverei piuttosto "si è rivelata come" (alludendo a ciò che intendevo come lo svelare il "bluff", senza voler sottovalutare la funzione "positiva" del dispositivo), ma capisco che nella tua prospettiva si tratta (correggimi se sbaglio) di anelare a riappropriarsi di una morale (matrice originaria) dopo aver vissuto il suo momento hegelianamente "negativo".
la natura umana non è mutata è non aumenta nè all'aumentare della cultura e neppure della tecnica.
Non credo più alle correlazioni progressive e progressiste, da giovane ci credevo.
Abbiamo avuto due strade maestre, cristianesimo e buddismo, che lavorano uno sul sociale l'altro sull'individuale che avrebbero potuto dare ,come lo danno, all'uomo delle strade di soddisfazione non solo materiali.
Sono passati due mila anni e l'ultimo secolo è stato quello più micidiale, con due guerre mondiali.
Non connota solo la storia attuale ,ma si sa che l'uomo in determinate circostanze "ambientali" dà il peggio o il meglio di sè.
Il vero dominio umano non è sopra qualcuno o qualcosa, ma su di sè.
Un uomo morale non ha bisogno di leggi esterne imposte da qualcuno,sa cercarle dentro di sè.
Ma proprio perchè so che l'uomo ha questa potenza, mi fa....arrabbiare...... potremmo davvero vivere meglio e serenamente tutti quanti e rimane come potenziale possibilità.
Storicamente le religioni appaiono laddove bisognava codificare una morale identificativa che unisse tribù fra loro anchelitigiose,
come le 12 tribù ebree, come il nomadismo arabo.L'india fa storia a sè, ha indole diversa.
Prima erano le epopee, le grandi narrazioni al cui interno vi era una morale.il romanzo classico moderno segue questo codice narrativo, per questo sono "educativi" anche perchè non sono impositivi.
La morale/etica unisce e identifica.Qualunque dichiarazione di unificazione di un popolo, di costituzione legislativa , nei primi articoli richiama valori morali condivisi su cui si fonda.
Se si rompe il "giocattolo"morale, non c'è nessuna legge che tenga unita una comunità. Diventa un dispositivo culturale vuoto come forma poichè privo di sostanza.
ma adatto che sono altrettanto convinto che l'uomo sia morale( perchè la morale è ontologica quanto l'archè), l'uomo puà deviare, spostare surrogare il sistema valoriale morale ad esempio nel valore economico.Soddisfa compulsivamente all'esterno le sue difficoltà interiore.Quindi per me morale comprende la sfera affettiva. il desiderio di amare e essere amato, di comunicare di essere capito, compreso e in quanto tale di far parte con altri umani di una comunità.La differenza con l'animale è che in questi ultimi manca l'aspetto "mentale" che lavora su piani diversi, molto più complessi
Il problema è che alcune scienze, comunicazione, marketing, psicologia applicata, hanno capito come veicolare morale-desiderio-compulsione, instupidendo l'uomo.Il potere si serve dei mezzi più "furbi" per aggirare gli ostacoli pur di rimanere al potere
Citazione di: paul11 il 12 Ottobre 2018, 22:21:22 PM
Storicamente le religioni appaiono laddove bisognava codificare una morale identificativa che unisse tribù fra loro anchelitigiose,
come le 12 tribù ebree, come il nomadismo arabo.L'india fa storia a sè, ha indole diversa.
Prima erano le epopee, le grandi narrazioni al cui interno vi era una morale.il romanzo classico moderno segue questo codice narrativo, per questo sono "educativi" anche perchè non sono impositivi.
La morale/etica unisce e identifica.Qualunque dichiarazione di unificazione di un popolo, di costituzione legislativa , nei primi articoli richiama valori morali condivisi su cui si fonda.
Se si rompe il "giocattolo"morale, non c'è nessuna legge che tenga unita una comunità. Diventa un dispositivo culturale vuoto come forma poichè privo di sostanza.
ma adatto che sono altrettanto convinto che l'uomo sia morale( perchè la morale è ontologica quanto l'archè), l'uomo puà deviare, spostare surrogare il sistema valoriale morale ad esempio nel valore economico.Soddisfa compulsivamente all'esterno le sue difficoltà interiore.Quindi per me morale comprende la sfera affettiva. il desiderio di amare e essere amato, di comunicare di essere capito, compreso e in quanto tale di far parte con altri umani di una comunità.La differenza con l'animale è che in questi ultimi manca l'aspetto "mentale" che lavora su piani diversi, molto più complessi
CitazioneMa se sei veramente convinto (come me; salvo l' accenno all' arché, per me essendo invece la conseguenza naturalissima dell' evoluzione biologica) che "l'uomo sia morale (perchè la morale è ontologica quanto l'archè)" non cedo dovresti concludere che dopo la "more di Dio" necessariamente uomo debba "deviare, spostare surrogare il sistema valoriale morale ad esempio nel valore economico": può benissimo, almeno in linea teorica, di principio, riconoscere (grazie anche all' "aspetto "mentale" che lavora su piani diversi, molto più complessi") una più avanzata, più autentica, più adeguata ai tempi declinazione del "nucleo immutabile" della "costellazione valoriale universale".
Il problema è che alcune scienze, comunicazione, marketing, psicologia applicata, hanno capito come veicolare morale-desiderio-compulsione, instupidendo l'uomo.Il potere si serve dei mezzi più "furbi" per aggirare gli ostacoli pur di rimanere al potere
CitazioneMa il potere non é invincibile.
Coraggio!
Ottimismo della volontà!
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 09:30:39 AM
Ma se sei veramente convinto (come me; salvo l' accenno all' arché, per me essendo invece la conseguenza naturalissima dell' evoluzione biologica) che "l'uomo sia morale (perchè la morale è ontologica quanto l'archè)" non cedo dovresti concludere che dopo la "more di Dio" necessariamente uomo debba "deviare, spostare surrogare il sistema valoriale morale ad esempio nel valore economico": può benissimo, almeno in linea teorica, di principio, riconoscere (grazie anche all' "aspetto "mentale" che lavora su piani diversi, molto più complessi") una più avanzata, più autentica, più adeguata ai tempi declinazione del "nucleo immutabile" della "costellazione valoriale universale".
Concordo sulla replica, esclusa l'evoluzione "biologica". Si tratta di evoluzione "culturale". La pulsione morale è biologica, ma la sua interpretazione del reale, evoluzione, sviluppo, no.
CitazioneMa il potere non é invincibile.
Coraggio!
Ottimismo della volontà!
Quindi, da qualche parte, la libertà di agire, detta anche vituperatamente
libero arbitrio, esiste :P
Citazione di: Ipazia il 13 Ottobre 2018, 10:31:50 AM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 09:30:39 AM
Ma se sei veramente convinto (come me; salvo l' accenno all' arché, per me essendo invece la conseguenza naturalissima dell' evoluzione biologica) che "l'uomo sia morale (perchè la morale è ontologica quanto l'archè)" non cedo dovresti concludere che dopo la "more di Dio" necessariamente uomo debba "deviare, spostare surrogare il sistema valoriale morale ad esempio nel valore economico": può benissimo, almeno in linea teorica, di principio, riconoscere (grazie anche all' "aspetto "mentale" che lavora su piani diversi, molto più complessi") una più avanzata, più autentica, più adeguata ai tempi declinazione del "nucleo immutabile" della "costellazione valoriale universale".
Concordo sulla replica, esclusa l'evoluzione "biologica". Si tratta di evoluzione "culturale". La pulsione morale è biologica, ma la sua interpretazione del reale, evoluzione, sviluppo, no.
Citazione
Concordo a mia volta sulla precisazione (l'avevo lasciata sottintesa, stavolta, ma ne sono convintissimo).
CitazioneMa il potere non é invincibile.
Coraggio!
Ottimismo della volontà!
Quindi, da qualche parte, la libertà di agire, detta anche vituperatamente libero arbitrio, esiste :P
Quindi spesso (purtroppo non sempre!) si dà la libertà da impedimenti estrinseci nell' agire deterministicamente (in quanto intrinsecamente determinati dalle proprie qualità morali: che é il contrario del libero arbitrio; almeno per come é comunemente inteso): la libertà da impedimenti estrinseci nell' agire deterministicamente (non posso trattenere -d' altra parte sono fieramente determinista!- questa pleonastica, ripetitiva precisazione).Sono veramente stupito della diffusione di questo per me evidentissimo paralogismo per il quale l' essere deterministi (consapevoli del proprio agire deterministico) dovrebbe per forza diminuire la determinazione nel proprio agire:E perché mai ? ? ?La storia é piena di deterministi "accanitamentissimamente" dediti alle più svariate cause.
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 14:28:45 PM
Citazione di: Ipazia il 13 Ottobre 2018, 10:31:50 AM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 09:30:39 AM
Ma se sei veramente convinto (come me; salvo l' accenno all' arché, per me essendo invece la conseguenza naturalissima dell' evoluzione biologica) che "l'uomo sia morale (perchè la morale è ontologica quanto l'archè)" non cedo dovresti concludere che dopo la "more di Dio" necessariamente uomo debba "deviare, spostare surrogare il sistema valoriale morale ad esempio nel valore economico": può benissimo, almeno in linea teorica, di principio, riconoscere (grazie anche all' "aspetto "mentale" che lavora su piani diversi, molto più complessi") una più avanzata, più autentica, più adeguata ai tempi declinazione del "nucleo immutabile" della "costellazione valoriale universale".
Concordo sulla replica, esclusa l'evoluzione "biologica". Si tratta di evoluzione "culturale". La pulsione morale è biologica, ma la sua interpretazione del reale, evoluzione, sviluppo, no.
Citazione
Concordo a mia volta sulla precisazione (l'avevo lasciata sottintesa, stavolta, ma ne sono convintissimo).
CitazioneMa il potere non é invincibile.
Coraggio!
Ottimismo della volontà!
Quindi, da qualche parte, la libertà di agire, detta anche vituperatamente libero arbitrio, esiste :P
Quindi spesso (purtroppo non sempre!) si dà la libertà da impedimenti estrinseci nell' agire deterministicamente (in quanto intrinsecamente determinati dalle proprie qualità morali: che é il contrario del libero arbitrio; almeno per come é comunemente inteso): la libertà da impedimenti estrinseci nell' agire deterministicamente (non posso trattenere -d' altra parte sono fieramente determinista!- questa pleonastica, ripetitiva precisazione).
Sono veramente stupito della diffusione di questo per me evidentissimo paralogismo per il quale l' essere deterministi (consapevoli del proprio agire deterministico) dovrebbe per forza diminuire la determinazione nel proprio agire:
E perché mai ? ? ?
La storia é piena di deterministi "accanitamentissimamente" dediti alle più svariate cause.
ciao Sgiombo,
perchè si pone un momento contraddittorio molto forte.
Nella regola della tera se vuoi cambiare le regole del gioco nell'organizzazione umana bisogna imbracciare un fucile e chiedersi chi è amico e chi è nemico.Sono molto più realista di quanto si possa pensare ; le civiltà non mutano pacificamente dove una decade e dà il testimone alla staffetta della futura civiltà, accadono guerre dove il vincitore riscrive la storia giustificando il proprio potere.Se avesse vinto Hitler sarebbe un'altra storia..............se avesse vinto Annibale...........ci sono guerre epocali e battaglie storiche.Il potere umano inebria il narcisismo e la megalomania, ci si sente dio perchè si ha in mano il destino dei sudditi.Non è cambiato con le repubbliche e le democrazie moderne.
E per quello che sono e che credo non riuscirei mai a sparare ad un umano.
Il dilemma morale è che non vince la verità, ma la forza.
Sulla biologia e cultura.
Non credo affatto, per quello che è testimoniato dalle culture antiche, che l'uomo sia nato evolutivamente dalle scimmie,
E' stato ibridato.
Jung sull archetipo ha ragione, come avevo dato ragione a suo tempo su questo fondamentale concetto a Carlo Pierini.
Non viene dall'esperienza , bensì è parte dell'uomo e risiede nell'inconscio è nella natura umana e la interpreto non in quella animale, bensì in quella superiore intellettiva relazionata al principio originario.
Quindi tutti gli umani hanno gli archetipi da sempre, se poi invece dell'inconscio qualcuno lo vuol inserire, nell'anima, nello spirito, nella mente, non cambia la forma mutando le semantiche.
E guarda caso viene da esperti conoscitori delle "scienze antiche".
Io la chiamo come Platone: reminiscenza., che nella metempsicosi era il ricordo di vite antecedenti.
Ma quì usciamo dalla discussione..............
Citazione di: paul11 il 13 Ottobre 2018, 16:04:58 PM
ciao Sgiombo,
perchè si pone un momento contraddittorio molto forte.
Nella regola della tera se vuoi cambiare le regole del gioco nell'organizzazione umana bisogna imbracciare un fucile e chiedersi chi è amico e chi è nemico.Sono molto più realista di quanto si possa pensare ; le civiltà non mutano pacificamente dove una decade e dà il testimone alla staffetta della futura civiltà, accadono guerre dove il vincitore riscrive la storia giustificando il proprio potere.Se avesse vinto Hitler sarebbe un'altra storia..............se avesse vinto Annibale...........ci sono guerre epocali e battaglie storiche.Il potere umano inebria il narcisismo e la megalomania, ci si sente dio perchè si ha in mano il destino dei sudditi.Non è cambiato con le repubbliche e le democrazie moderne.
E per quello che sono e che credo non riuscirei mai a sparare ad un umano.
Il dilemma morale è che non vince la verità, ma la forza.
CitazioneCaro amico, la "virtù", per dirlo con gli Stoici, richiede non solo bontà d' animo, ma anche forza, coraggio, consapevolezza dell' ineliminabile relatività e limitatezza sia del bene che del male e conseguente virile (absit maschilismum verbis!) disponibilità a sporcarsi le mani.
https://www.youtube.com/watch?v=l0_EktOEb4I (in realtà da Brecht).
Sulla biologia e cultura.
Non credo affatto, per quello che è testimoniato dalle culture antiche, che l'uomo sia nato evolutivamente dalle scimmie,
E' stato ibridato.
CitazioneLe testimonianze delle culture antiche non mi sembrano molto scientificamente attendibili.
D' altra parte l' ibridazione é un processo naturalissimo, che ben si inquadra nella moderna biologia evoluzionistica.
Jung sull archetipo ha ragione, come avevo dato ragione a suo tempo su questo fondamentale concetto a Carlo Pierini.
Non viene dall'esperienza , bensì è parte dell'uomo e risiede nell'inconscio è nella natura umana e la interpreto non in quella animale, bensì in quella superiore intellettiva relazionata al principio originario.
Quindi tutti gli umani hanno gli archetipi da sempre, se poi invece dell'inconscio qualcuno lo vuol inserire, nell'anima, nello spirito, nella mente, non cambia la forma mutando le semantiche.
E guarda caso viene da esperti conoscitori delle "scienze antiche".
Io la chiamo come Platone: reminiscenza., che nella metempsicosi era il ricordo di vite antecedenti.
Ma quì usciamo dalla discussione..............
CitazioneE io non posso che constatare (e ovviamente rispettare) le divergenze di opinione.
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 22:04:28 PM
Citazione di: paul11 il 13 Ottobre 2018, 16:04:58 PM
ciao Sgiombo,
perchè si pone un momento contraddittorio molto forte.
Nella regola della tera se vuoi cambiare le regole del gioco nell'organizzazione umana bisogna imbracciare un fucile e chiedersi chi è amico e chi è nemico.Sono molto più realista di quanto si possa pensare ; le civiltà non mutano pacificamente dove una decade e dà il testimone alla staffetta della futura civiltà, accadono guerre dove il vincitore riscrive la storia giustificando il proprio potere.Se avesse vinto Hitler sarebbe un'altra storia..............se avesse vinto Annibale...........ci sono guerre epocali e battaglie storiche.Il potere umano inebria il narcisismo e la megalomania, ci si sente dio perchè si ha in mano il destino dei sudditi.Non è cambiato con le repubbliche e le democrazie moderne.
E per quello che sono e che credo non riuscirei mai a sparare ad un umano.
Il dilemma morale è che non vince la verità, ma la forza.
CitazioneCaro amico, la "virtù", per dirlo con gli Stoici, richiede non solo bontà d' animo, ma anche forza, coraggio, consapevolezza dell' ineliminabile relatività e limitatezza sia del bene che del male e conseguente virile (absit maschilismum verbis!) disponibilità a sporcarsi le mani.
https://www.youtube.com/watch?v=l0_EktOEb4I (in realtà da Brecht).
Sulla biologia e cultura.
Non credo affatto, per quello che è testimoniato dalle culture antiche, che l'uomo sia nato evolutivamente dalle scimmie,
E' stato ibridato.
CitazioneLe testimonianze delle culture antiche non mi sembrano molto scientificamente attendibili.
D' altra parte l' ibridazione é un processo naturalissimo, che ben si inquadra nella moderna biologia evoluzionistica.
Jung sull archetipo ha ragione, come avevo dato ragione a suo tempo su questo fondamentale concetto a Carlo Pierini.
Non viene dall'esperienza , bensì è parte dell'uomo e risiede nell'inconscio è nella natura umana e la interpreto non in quella animale, bensì in quella superiore intellettiva relazionata al principio originario.
Quindi tutti gli umani hanno gli archetipi da sempre, se poi invece dell'inconscio qualcuno lo vuol inserire, nell'anima, nello spirito, nella mente, non cambia la forma mutando le semantiche.
E guarda caso viene da esperti conoscitori delle "scienze antiche".
Io la chiamo come Platone: reminiscenza., che nella metempsicosi era il ricordo di vite antecedenti.
Ma quì usciamo dalla discussione..............
CitazioneE io non posso che constatare (e ovviamente rispettare) le divergenze di opinione.
ciao Sgiombo,
hai un attacco di buonismo.Sai benissimo che l'analisi materialista marxista porta alla lotta di classe e per dirla francamente
il riformismo socialista parlamentare si è concluso con la scomparsa attuale della sinistra storica ovunque con il trasformismo e il centralismo democratico.Sono tutti partiti borghesi e interclassisti, per utilizzare un linguaggio classista.
Ammiro gli stoici, ma anche loro purtroppo sono una testimonianza importante, come tanti, ma non incidono sulla realtà della regola della terra che è regola di guerra.
Forse ha ragione Nietzsche............
Non mi ha mai convinto la teoria evoluzionista in alcune sue parti fondamentali e spesso ho scritto perchè.
E' impossibile che una sola scimmia chissà come e perchè, nell'intera storia del pianeta terra sviluppi nel suo cervello delle aree linguistiche e l'apparato per la fonazione con una laringe modulabile.
le conosci le regole genetiche della dominanza, recessione e indipendenza dei caratteri.
E' praticamente impossibile che da genitori a figli una mutazione di questo genere diventi persistente ed ereditaria fino addirittura ad evolversi.
il paradosso è credere che sia potuto non solo accadere , ma solo per una coppia di scimmie.
Ci sono delle falle enormi nella biologia molecolare nelle teorie evolutive.
Nessuno sa dimostrare la teoria dell' abiogenesi per via sperimentale.
nessuno sa dire come si sia mai potuta costituire una cellula e tanto meno costruire una strategia riproduttiva.
il rispetto ci sarà sempre.
....mi tocca resistere........
Citazione di: paul11 il 13 Ottobre 2018, 23:56:22 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 22:04:28 PM
Citazione di: paul11 il 13 Ottobre 2018, 16:04:58 PM
CitazioneE io non posso che constatare (e ovviamente rispettare) le divergenze di opinione.
ciao Sgiombo,
hai un attacco di buonismo.
Citazione
Ohibò!
Dove ho mai sbagliato ? !
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Sai benissimo che l'analisi materialista marxista porta alla lotta di classe e per dirla francamente
il riformismo socialista parlamentare si è concluso con la scomparsa attuale della sinistra storica ovunque con il trasformismo e il centralismo democratico.Sono tutti partiti borghesi e interclassisti, per utilizzare un linguaggio classista.
Ammiro gli stoici, ma anche loro purtroppo sono una testimonianza importante, come tanti, ma non incidono sulla realtà della regola della terra che è regola di guerra.
Forse ha ragione Nietzsche............
Citazione
La storia ha visto (e spero vedrà) anche tempi migliori (se prima l' umanità non verrà definitvamente eliminata dalla faccia della terra dal preteso illimitato sviluppo capitalistico in un ambente finito. Sono pessimista -della ragione- in proposito, ma questo non mi impedisce di sentire il dovere di lottare per l' unico possibile futuro, che é un futuro migliore del presente, coltivando "disperatamente" l' ottimismo della ragione; di questi tempi sono in vena di ossimori).
E Nietzche lo lascio volentieri ai malvagi reazionari, ritenendolo la massima espressione (la più conseguente) del capitalismo nella sua fase "discendente" sempre più decisamente reazionaria, irrazionalistica, barbarica, incivile, disumana, umanicida.
Fra l' altro trovo (in ultima analisi religiosamente? forse, ma la cosa non mi fa paura) confortante la considerazione che ***se*** anche la conclusione del' odierna "suprema" fase della lotta di classe sarà l' estinzione prematura e di sua propria mano dell' umanità, comunque da qualche parte nell' universo infinito specie animali "similumane" supereranno invece il loro "similcapitalismo" e conseguiranno una superiore civiltà "similcomunistica" (come altrove nell' universo la vita non é nata, o si é arrestata alle cellule precariortiche, o in altri pianeti agli eucarioti monocellulari, o ai pluricellulari non dotati di autocoscienza: così sarebbe accaduto anche "qui da noi" se con i dinosauri si fossero estinte anche tutte le altre specie animali, così da noi potrebbe fermarsi alla fase capitalistica della storia umana).
E che quei fortunati che altrove nell' universo avranno superato le "strettoie evolutive", ma storiche culturali o "similtali", del loro "similcapitalismo" penseranno con stima e ammirazione a noi che altrove ci siamo battuti per un analogo scopo e siamo stati sconfitti, un po' come noi pensiamo a Spartaco, fra Dolcino, Hus, Pisacane, ecc.).
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Non mi ha mai convinto la teoria evoluzionista in alcune sue parti fondamentali e spesso ho scritto perchè.
E' impossibile che una sola scimmia chissà come e perchè, nell'intera storia del pianeta terra sviluppi nel suo cervello delle aree linguistiche e l'apparato per la fonazione con una laringe modulabile.
le conosci le regole genetiche della dominanza, recessione e indipendenza dei caratteri.
E' praticamente impossibile che da genitori a figli una mutazione di questo genere diventi persistente ed ereditaria fino addirittura ad evolversi.
il paradosso è credere che sia potuto non solo accadere , ma solo per una coppia di scimmie.
Ci sono delle falle enormi nella biologia molecolare nelle teorie evolutive.
Nessuno sa dimostrare la teoria dell' abiogenesi per via sperimentale.
nessuno sa dire come si sia mai potuta costituire una cellula e tanto meno costruire una strategia riproduttiva.
il rispetto ci sarà sempre.
....mi tocca resistere........
Queste, con tutto il rispetto, le ritengo sciocchezze antisicientifiche.
(E qui nemmeno io posso materialmente partire dall' ABC della biologia scientifica per smontarle, posso solo limitarmi ad affermarlo, così come tu non hai potuto che limitarti ad esporle).
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 14:28:45 PM
Sono veramente stupito della diffusione di questo per me evidentissimo paralogismo per il quale l' essere deterministi (consapevoli del proprio agire deterministico) dovrebbe per forza diminuire la determinazione nel proprio agire:
E perché mai ? ? ?
La storia é piena di deterministi "accanitamentissimamente" dediti alle più svariate cause.
Non mi riferisco al libero arbitrio in salsa cristiana, e considero pseudologismo l'argomento di un'etica proprietà privata dei numi. I deterministi sono accanitamente determinati a perseguire le finalità della loro volontà deterministicamente orientata, ma indeterministicamente interpretata, in quanto
volontà.
Un sistema è deterministico quando date le condizioni iniziali è possibile prevedere quelle finali per puro calcolo. La sonda che atterra su Marte. Se sbaglia bersaglio è solo un errore di calcolo. Ma se la sonda potesse decidere di atterrare sulla Luna, tutto l'ambaradan deterministico fallirebbe. Dove esiste un ente definibile come
volontà, per quanto essa sia deterministicamente costituita dagli elementi "intrinseci" del suo universo evolutivo, il determinismo cessa di far valere le sue leggi.
Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2018, 09:20:23 AM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 14:28:45 PM
Sono veramente stupito della diffusione di questo per me evidentissimo paralogismo per il quale l' essere deterministi (consapevoli del proprio agire deterministico) dovrebbe per forza diminuire la determinazione nel proprio agire:
E perché mai ? ? ?
La storia é piena di deterministi "accanitamentissimamente" dediti alle più svariate cause.
Non mi riferisco al libero arbitrio in salsa cristiana (utile a bypassare lo scolio della assoluta-bontà-di-dio), e considero pseudologismo l'argomento di un'etica proprietà privata dei numi. I deterministi sono accanitamente determinati a perseguire le finalità della loro volontà deterministicamente orientata, ma indeterministicamente interpretata, in quanto volontà. Un sistema è deterministico quando date le condizioni iniziali è possibile prevedere quelle finali per puro calcolo. La sonda che atterra su Marte. Se sbaglia bersaglio è solo un errore di calcolo. Ma se la sonda potesse decidere di atterrare sulla Luna, tutto l'ambaradan deterministico fallirebbe. Dove esiste un ente definibile come volontà, per quanto essa sia deterministicamente costituita dagli elementi "intrinseci" del suo universo evolutivo, il determinismo cessa di far valere le sue leggi.
Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2018, 09:20:23 AM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 14:28:45 PM
Sono veramente stupito della diffusione di questo per me evidentissimo paralogismo per il quale l' essere deterministi (consapevoli del proprio agire deterministico) dovrebbe per forza diminuire la determinazione nel proprio agire:
E perché mai ? ? ?
La storia é piena di deterministi "accanitamentissimamente" dediti alle più svariate cause.
Non mi riferisco al libero arbitrio in salsa cristiana, e considero pseudologismo l'argomento di un'etica proprietà privata dei numi. I deterministi sono accanitamente determinati a perseguire le finalità della loro volontà deterministicamente orientata, ma indeterministicamente interpretata, in quanto volontà. Un sistema è deterministico quando date le condizioni iniziali è possibile prevedere quelle finali per puro calcolo. La sonda che atterra su Marte. Se sbaglia bersaglio è solo un errore di calcolo. Ma se la sonda potesse decidere di atterrare sulla Luna, tutto l'ambaradan deterministico fallirebbe. Dove esiste un ente definibile come volontà, per quanto essa sia deterministicamente costituita dagli elementi "intrinseci" del suo universo evolutivo, il determinismo cessa di far valere le sue leggi.
Mi sembra evidente che ci siano difficoltà ad intendersi e cerco di chiarire i termini della questione (o forse piuttosto delle questioni) dal mio punto di vista.
Che non sei credente nel cristianesimo o in altre religioni (come anch' io) e che come me credi che l' etica
non si fondi su nessuna rivelazione divina ma invece abbia un' origine e una spiegazione naturalistica per importatissimi aspetti culturalmente, storicamente declinata l' avevo capito.Secondo me non é possibile, non ha senso un determinismo che non sia "integralmente tale" (sia pure eventualmente in una forma debole, probabilistica - statistica): non sono possibili deroghe dalle leggi (meccanicistiche o probabilistiche che siano) del divenire deterministico, ovvero "miracoli", ovvero "libero arbitrio": determinismo aut indeterminismo, tertium non datur.Un reale determinismo ontologico, oggettivo può essere "interpretato" (cioé conosciuto: non vedo altri sensi possibili di questo termine) soggettivamente, epistemicamente in modo relativamente indeterministico (per esempio un determinismo ontologico meccanicistico conosciuto probabilisticamente statisticamente) oppure non conosciuto per niente, ma questo oggettivamente non lo rende meno deterministico: il fatto che uno può credere che la sua volontà sia indeterministica (libero arbitrio) perché non conosce i meccanismi che la determinano non significa che oggettivamente la sua volontà non sia deterministicamente condizionata. Un sistema è deterministico quando date le condizioni iniziali è in linea teorica, di principio (non necessariamente di fatto) possibile prevedere quelle finali per puro calcolo.Per esempio non é di fatto possibile prevedere il singolo risultato del lancio di due dadi o di una moneta non truccati o le conseguenze in italia di un battito d' ali di farfalla in Nuova Zelanda perché di fatto non si può avere una conoscenza sufficientemente completa e precisa dei fattori in gioco; ma in linea di principio, se si avesse una tale conoscenza, tali eventi sarebbero prevedibilissimi.E il comportamento umano, a un livello ancor maggiore di complessità e dunque di imprevedibilità di fatto é di analoga natura.Dunque secondo me Dove esiste un ente definibile come volontà costituita dagli elementi "intrinseci" del suo universo evolutivo, per quanto essa sia di fatto non calcolabile nel suo determinismo, il determinismo reale, oggettivo, ontologico non cessa comunque affatto di far valere le sue leggi.Cessa solo la nostra capacità di conoscerle e di conoscere le situazioni concrete del comportamento umano volontario (in cui le leggi deterministiche del divenire vigono perfettamente, inderogabilmente) con completezza e precisione sufficienti per applicarle a calcoli e deduzioni certe.
viator:
CitazioneIl MALE non è altro che relativa CARENZA, IMPERFEZIONE, di quel principio che regna da sempre sul mondo (includendo sia i suoi contenuti materiali che quelli immateriali, spirituali) e che consiste nel BENE (dovrei parlare del significato cosmico dell'AMORE ma non voglio/posso dilungarmi).
Purtroppo senza "dilungarsi" a spiegare cosa sarebbe questo "bene" che regnerebbe sul mondo l'intera idea è del tutto priva di senso. Un'idea comunque già sentita (io l'ho letta almeno in qualche libro di Osho) che non mi ha mai convinto.
Tutto sta ad indicare che il
male esista come
forza psichica (o spirituale che dir si voglia)
attiva. Il
sado-masochismo, che pervade
tutte le nostre società fino a costituirne la vera e propria ossatura, ne è, secondo me, la dimostrazione più evidente. Il sadico gode della distruzione, della sofferenza altrui e il masochista (ma le due tendenze sono spesso compresenti nello stesso individuo) gode della distruzione e della sofferenza propria. La maggior parte dei criminali e delle persone "cattive" non si limitano a desiderare il proprio bene, ma desiderano appassionatamente il male altrui, del quale si nutrono come di un delizioso cibo.
L'idea che mi son fatto è che il
bene (e l'amore, espressione di esso) sia in sostanza il
principio costruttivo, aggregante, armonizzante e il
male l'opposto: il
principio distruttivo, disgregante, conflittuale, destrutturante. In fisica il male è rappresentato dall'
entropia e il bene dalla
sintropia o neghentropia (termini non inclusi nella fisica mainstream) alla base, tra l'altro, della vita. E, nell'ambito della vita, bene e male hanno i loro rappresentanti in anabolismo e catabolismo.
A questo, per evitare grossolani fraintendimenti, bisogna aggiungere che bene e male, positivo e negativo, attrazione e repulsione, costruzione e distruzione, sono
inestricabilmente legati e formano il tessuto stesso della realtà, come ben rappresentato dal simbolo del
Tao. E questo rende bene e male inevitabilmente presenti in ogni ogni entità esistente, quantomeno allo stato potenziale.
CitazioneSe tali due ambiti (bene/male) coesistono e sono addirittura l'uno il contrario dell'altro, ci sarà certo una netta distinzione tra loro Esisterà certo un confine individuabile ai due lati del quale stanno - distintamente - bene e male.
Gli opposti nella realtà non possono esistere. E' la nostra mente a concepirli grazie unicamente alla intrinseca limitatezza con cui essa funziona....
Ma perchè la nostra mente è come costretta ad immaginare e trattare l'esistenza di due termini quando la logica dimostrerebbe che dobbiamo analizzarne uno solo?.
Perchè la nostra mente può funzionare solamente attraverso le RELAZIONI tra due o più termini !.
Ciò accade poichè qualsiasi attività della nostra mente è basata inesorabilmente sulla necessaria, inevitabile relazione tra il soggettivo (la mia mente) e l'oggettivo (la famosa "cosa in sè", direi).
Noi possiamo concepire l'unicità ma non possiamo ragionarne. Ci occorrono almeno due termini. Perciò siamo costretti ad "inventare" l'esistenza di opposti per trasferire ogni discorso al livello minimo che ci permette di parlarne. La Duplicità.
A parte il fatto che con ragionamenti del genere si arriva a negare la differenza tra
polo positivo e negativo di un magnete o tra i due poli di una presa di corrente, cadendo nell'assurdo, non capisco che significato possa mai avere la parola "esistenza" al di fuori della relazione.
Senza la dualità, senza la relazione, ogni cosa perde qualunque traccia di significato. Parole come realtà, esistenza, non esistenza, uno tutto, nulla, insieme a tutte le altre parole del vocabolario, diventano solo suoni o segni senza significato.
L'esistenza presuppone la relazione perché senza un soggetto che percepisce l'esistenza non c'è alcun modo di definire l'esistenza stessa, esistenza e non esistenza, tutto e nulla coincidono in un'universale assenza. Non esiste alcun modo di prescindere dalla relazione, se non nei giochi di parole che ci portano, o meglio alludono, ai limiti delle possibilità della nostra mente. Ma presumere che cose che non possiamo né definire né concepire possano avere qualche forma di "esistenza" (al di là di quella puramente astratta data dalla loro formulazione) è semplicemente un nonsenso.
Anche il fatto che si possa parlare di "esistenza" prescindendo dalla mente mi sembra un'altra supposizione gratuita. Tutto quello di cui possiamo parlare è racchiuso nella mente, non si dà, per quanto possiamo sapere o concepire, nessuna realtà senza mente (intesa come centro di coscienza, di soggettività), dato che la realtà è definita dalla mente stessa. Non smetto mai di stupirmi di come si continui ad ignorare questa semplice evidenza.
CitazioneLa chiave del riconoscimento di ciò che esiste è tutta qui.
Il percepibile E-SISTE, il concepibile (almeno finchè non avremo la fortuna o la disgrazia di incontrarne la percezione) NON E-SISTE (non è fuori di noi bensì solo dentro di noi !) poichè si limita appunto ad IN-SISTERE dentro di noi.
Qui arrivi vicino al cuore del problema.
Non vedo proprio in base a che cosa si debba considerare il mondo interiore come non oggettivo. Lo è in tutto e per tutto. La "concezione" di cui parli è solo un'altra forma di percezione. Percepiamo pensieri, sensazioni, visioni, sogni, sentimenti, ogni genere di entità psiche come oggetti, appunto, della percezione della coscienza, esattamente come gli oggetti esterni, con la sola differenza della loro minore persistenza e della maggiore mutabilità, oltre la limitata condivisibilità. Ma niente ci autorizza a dire che il mondo interiore è "parte di noi". Noi chi? Della
coscienza no di sicuro, perché è essa come
unica entità soggettiva, che
percepisce le entità psichiche e le può percepire solo perché sono separate da essa, sono qualcosa di diverso da essa. Il mondo interiore si presenta alla coscienza così come si presenta quello esteriore. Con caratteristiche diverse e molto meno nitido di quello esterno, certo, ma bisogna anche dire che dell'esplorazione del mondo interiore la nostra cultura si è sempre allegramente disinteressata sostituendo l'esplorazione con i miti delle religioni, con le metafore e le vaghe intuizioni della filosofia e della psicologia (ibrida disciplina ai confino tra filosofia e scienza) e con quell'esile speculazione che la scienza può realizzare basandosi sulle tracce esteriori del mondo interiore.
Comunque sia che si parli di "esistenza" o "insistenza" (si parla comunque di un modo di "essere"), non si può prescindere dalla dualità (se qualcosa "insiste" c'è quello che insiste su qualcosa e quel qualcosa su quell'altra cosa insiste) e dalla relazione.
L'origine logica dell'essere è la dualità stessa, la relazione stessa, al di fuori della quale "c'è" solo un impossibile e inconcepibile nulla o non-essere.
Citazione di: sgiombo il 14 Ottobre 2018, 10:49:23 AM
Per esempio non é di fatto possibile prevedere il singolo risultato del lancio di due dadi o di una moneta non truccati
Certo che sappiamo il risultato: 1) compreso tra 2 e 12 2)testa o croce. Il risultato del lancio di un umano è invece incalcolabile: Mozart o Hitler, Ipazia o sgiombo, più qualche altro miliardo di risultati. Difficile renderli tutti deducibili anche per Big Brother ;D Scienza e politica ci provano continuamente a programmare gli umani, ma risulta difficile anche con un cane o un delfino. L'autocoscienza continua a produrre cigni neri e l'opera di sbiancamento si riduce alle mitologiche, sterili, fatiche di Sisifo e Tantalo. Meglio trattarla come una variabile indipendente e, piuttosto che calcolarla, cercare di persuaderla. La persuasione razionale è l'unico comportamento deterministico possibile nell'universo antropologico, barcamenandosi tra le diverse pulsioni sempre in bilico tra razionale e irrazionale.
Salve DonaldDuck. Il tuo recente intervento oppone numerose obiezioni alle mie precedenti considerazioni. Cito anzitutto : "Anche il fatto che si possa parlare di "esistenza" prescindendo dalla mente mi sembra un'altra supposizione gratuita. Tutto quello di cui possiamo parlare è racchiuso nella mente, non si dà, per quanto possiamo sapere o concepire, nessuna realtà senza mente (intesa come centro di coscienza, di soggettività), dato che la realtà è definita dalla mente stessa. Non smetto mai di stupirmi di come si continui ad ignorare questa semplice evidenza.".
Circa tale aspetto, risultante oltretutto pesante ed OT, decido di trattarlo a parte come nuovo argomento titolato "Solipsismo" che farrò apparire prossimamente.
Venendo al tema bene/male, ricito : "In fisica il male è rappresentato dall'entropia e il bene dalla sintropia o neghentropia (termini non inclusi nella fisica mainstream) alla base, tra l'altro, della vita. E, nell'ambito della vita, bene e male hanno i loro rappresentanti in anabolismo e catabolismo.".
Apprezzo il tuo riferimento all'entropia, anche se non comprendo cosa sarebbe la "sintropia-neghentropia" (forse l'andamento opposto all'entropia, cioè che tende alla concentrazione energetica contrapposta alla dispersione entropica ?).
Non sono comunque d'accordo nell'incarnare il male (fisico e cosmico) nell'entropia stessa.
Da un punto di vista fisico e cosmico non esistono bene e male, concetti relativi utilizzati a piene mani in ambito umano (esistenziale-etico-morale-spiritualistico) la cui definizione in via essenziale e radicale è, per il bene : "ciò che giova", mentre per il male : "ciò che nuoce o che impedisce un giovamento". Naturalmente per giovamento si intende un effetto da noi giudicato tale, con tutti i nostri limiti nel comprendere cosa possa esserci veramente utile tra tutto ciò che possiamo considerare giovevole.
Dal punto di vista fisico-cosmico esiste solamente la necessità, intesa in senso filosofico. Ricordo che questo non è il migliore od il peggiore dei mondi possibili : questo è l'unico mondo possibile.
Interpretando UMANAMENTE (quindi relativamente) l'esistenza dell'entropia, in che modo possiamo trovare che essa ci giova (bene) o ci nuoce (male) ?.
L'entropia consiste in un andamento che provvede a distribuire inesorabilmente l'energia trasportandola da dove ce n'è di più a dove ce n'è di meno. L'energia è il carburante dell'esistenza del mondo visto che anima ogni trasformazione fisica. E' un carburante indistruttibile la cui riserva non viene mai intaccata ("Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma).
La conseguenza ed il senso (andamento) dell'entropia è quella di raggiungere la completa uniformità energetica ovunque nel cosmo. Ma un cosmo in cui tutto abbia la medesima temperatura (la temperatura è la misura del contenuto di energia di un corpo o di un ambito fisico) presenterebbe un piccolissimo problema : in esso cesserebbero gli scambi, gli spostamenti, la diffusione dell'energia, quindi cesserebbero i fenomeni fisici, nulla più accadrebbe, cesserebbero gli eventi e quindi svanirebbe persino il significato del verbo essere = "la condizione per la quale le cause procucono degli effetti". Basta cause, basta effetti, basta tempo.
Quindi l'entropia non rappresenta altro che la tendeza alla morte dell'universo e dell'esistente. Perciò avresti ragione nell'incarnarla nel male.
Quella descritta sopra però è solo una tendenza che fortunatamente non riuscirà mai a perfezionarsi. La realtà dell'effetto entropico è esattamente l'opposto della sua tendenza !!
Infatti è proprio nel tendere all'uniformità energetica che l'entropia genera la permanente diversificazione del contenuti del mondo ! Quindi abbiamo una simile stupefacente contraddizione : L'entropia tende alla morte del mondo facendolo vivere ! Perciò avresti torto nell'incarnarla nel male !.
Ecco la ragione per la quale contraddizioni, bene, male sono concetti ridicolmente relativi con i quali possiamo trastulallarci finchè vogliamo ma che non hanno senso fuori dalle nostre esistenze.
Ed eccoci all' amore : Ricito : "L'idea che mi son fatto è che il bene (e l'amore, espressione di esso) sia in sostanza il principio costruttivo, aggregante, armonizzante e il male l'opposto: il principio distruttivo, disgregante, conflittuale, destrutturante".
Per l'amore, secondo me, vale la seguente definizione "L'amore è - indistinguibilmente - la pulsione a completarsi attraverso l'inclusione, l'incorporazione (comprensione di....!) di ciò che ci è esterno e/o attraverso il nostro sciogliersi, venir incorporati (comprensione da ....!) da ciò che ci è esterno".
Quindi l'essenza dell'amore consiste (a seconda delle circostanze e dell'indole di chi ama o vuole essere amato) nel COMPRENDERE e/o nel VENIR COMPRESI (comprendere, come dico sopra, nel duplice significato di INCLUDERE e CAPIRE).
Anche qui non sono d'accordo con te : l'espressione "al di là del bene e del male" secondo mè è quella che più di ogni altra caratterizza la valenza etica dell'amore. Esso è superiore ed ESTRANEO a qualsiasi ETICA, MORALE, FILOSOFIA, SCIENZA E RELIGIONE.
Infatti l'amore può ugualmente manifestarsi attraverso lo sfrenato egoismo della ricerca del piacere come attraverso l'abnegazione del più completo sacrificio di sè.
E se proprio all'amore vogliamo attribuire una valenza etica, essa è abbinabile al concetto appunto di comprensione. E' per questo che il male non esiste. Esso è generabile solamente dalla relativa carenza del CAPIRE-COMPRENDERE (ecco la luce ed il calore). AMORE-COMPRENSIONE-ENTROPIA-LUCE rappresentano l'AFFERMAZIONE di qualcosa .....MALE-ODIO-INCOMPRENSIONE-MORTE-BUIO sono la NEGAZIONE o l'INCOMPLETEZZA di ciò che esiste. Salutoni.
Il bene in effetti può essere paragonato al calore del sole, esso c'è sempre, illumina e riscalda, ma a volte capita che faccia freddo oppure gelo, quindi esso pur presente non riesce a scaldare bene, ma questo non significa necessariamente che il male sia più forte del bene o addirittura che il bene (simboleggiato dal sole) sia illusorio. Non so se la metafora sia appropriata, ma mi sembra l'unica idonea a descrivere qual è secondo me il rapporto male/bene.
Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2018, 23:23:37 PM
Citazione di: sgiombo il 14 Ottobre 2018, 10:49:23 AM
Per esempio non é di fatto possibile prevedere il singolo risultato del lancio di due dadi o di una moneta non truccati
Certo che sappiamo il risultato: 1) compreso tra 2 e 12 2)testa o croce. Il risultato del lancio di un umano è invece incalcolabile: Mozart o Hitler, Ipazia o sgiombo, più qualche altro miliardo di risultati. Difficile renderli tutti deducibili anche per Big Brother ;D
Scienza e politica ci provano continuamente a programmare gli umani, ma risulta difficile anche con un cane o un delfino. L'autocoscienza continua a produrre cigni neri e l'opera di sbiancamento si riduce alle mitologiche, sterili, fatiche di Sisifo e Tantalo. Meglio trattarla come una variabile indipendente e, piuttosto che calcolarla, cercare di persuaderla. La persuasione razionale è l'unico comportamento deterministico possibile nell'universo antropologico, barcamenandosi tra le diverse pulsioni sempre in bilico tra razionale e irrazionale.
Mi sembra di poter concordare (perché, se ben comprendo, non neghi il determinismo ontologico - oggettivo anche in quei fenomeni complessi -in primis il comportamento animale e soprattutto umano- che sono di fatto inconoscibili non nel loro determinismo ma invece solo -e tanto più per tutti gli scopi pratici- indeterministicamente, in quanto indeterminati gnoseologicamente -soggettivamente).
@sgiombo
;), lasciamo spazio al bene e al male. Se ne riparlerà nelle appropriate discussioni.
viator:
CitazioneCirca tale aspetto, risultante oltretutto pesante ed OT, decido di trattarlo a parte come nuovo argomento titolato "Solipsismo" che farrò apparire prossimamente.
Non mi piace per nulla questo modo di affrontare le discussioni. La considerazione è tutt'altro che fuori tema. Sei stato tu a mettere in ballo il concetto di esistenza, collegato col tema della relazione e degli opposti, in un modo che per me è contradditorio e fuorviate e che di conseguenza inficia tutto il discorso, ed è per questo motivo che ne ho parlato. In estrema sintesi tu sembri negare l'esistenza degli opposti , io tendo a considerare gli opposti (o più in generale la differenziazione, di cui la dualità è prototipo) come fondamento stesso dell'esistenza. Preciso che la mia posizione non ha nulla a che fare col solipsismo. Se cercassi di capire quello che dico pittosto che respingerlo a priori, forse la discussione potrebbe risultare proficua per entrambi.
La sintropia o neghentropia sono concetti sviluppati da alcuni studiosi in riferimento a una tendenza attiva all'ordine alla differenziazione, all'organizzazione contrapposta all'entropia, che tende al disordine e all'omogeneità.
CitazioneDa un punto di vista fisico e cosmico non esistono bene e male, concetti relativi utilizzati a piene mani in ambito umano
I concetti, prima di tutto, sono sempre relativi anche in ambito scientifico e cosmico (almeno nella mia concezione che ho tentato di spiegare), poi la tua restrizione all'ambito, come si potrebbe definire? etico-psicologico? non vedo proprio che giustificazione possa avere. E' vero che nel tuo intervento iniziale sembri voler restringere l'ambito parlando dei "due concetti addirittura basilari sui quali è fondata - sembra proprio - ogni etica individuale ed ogni morale collettiva". Ma poi sei tu stesso ad uscire dal campo dell'etica e del peculiarmente umano affermando che "Il MALE non è altro che relativa CARENZA, IMPERFEZIONE, di quel principio che regna da sempre sul mondo (includendo sia i suoi contenuti materiali che quelli immateriali, spirituali) e che consiste nel BENE", e ad assegnare a bene e male una dimensione cosmica. Per cui la tua affermazione citata appare smaccatamente incongrua.
Io ho esposto una linea di pensiero in base alla quale faccio risalire i concetti di bene e male (anche quelli della morale) a qualche sorta di forze o tendenze primordiali, basilari, fondamentali, due "principi", per usare le tue stesse parole. La differenza è che tu parli di un solo principio che chiami, senza ulteriori spiegazioni, "bene", mentre io ho cercato di dare spiegazione e giustificazione dei due principi. E per tutta risposta mi neghi in toto, contraddicendo anche te stesso, la pertinenza di principi generali, riducendo l'ambito al peculiarmente umano-psicologico, sempre senza dare spiegazioni.
Quanto ai concetti di relativo e assoluto, che citi di frequente, ho più volte avuto modo di esporre il mio pensiero in proposito. Per me la relazione, lo ribadisco, è la genesi stessa dell'esistenza, non si dà esistenza senza relazione. Di conseguenza l'assoluto per me coincide col nulla (che ovviamente non esiste), è incompatibile con qualunque forma concepibile di esistenza. Perché si possa parlare di esistenza è necessario che ci sia quantomeno un soggetto e un oggetto in relazione tra loro. Sfido chiunque a dare una definizione sensata e non contradditoria dell'esistente-in sé, senza nessuna relazione con nulla. In cosa mai dovrebbe consistere quest'attributo di "esistente", contrapposto a "non esistente", quale sarebba la differenza tra esistente e non esistente, se si esce dal relativo per entrare (o pretendere di entrare) nell'assoluto?
CitazioneInfatti è proprio nel tendere all'uniformità energetica che l'entropia genera la permanente diversificazione del contenuti del mondo !
detta così non ci vedo alcun senso, forse con una spiegazione...
CitazioneL'amore è - indistinguibilmente - la pulsione a completarsi attraverso l'inclusione, l'incorporazione (comprensione di....!) di ciò che ci è esterno e/o attraverso il nostro sciogliersi, venir incorporati (comprensione da ....!) da ciò che ci è esterno
A parte che non riesci a deciderti tra la dimensione cosmica e quella peculiarmente umana (è una pulsione o un principio cosmico? mi sembra che ci sia una bella differenza tra i due...), ti sembra una definizione che possa portare a qualche forma di rappresentazione razionale utile? Non nego che dia qualche suggestione, a me evoca il sadomasochismo di cui parlavo, ma non mi sembra che porti da nessuna parte, mi sembra quasi una sorta di tottofabrodo che non qualifica nulla in alcun modo. E perché lo chiami "amore"? Cos'ha a che fare con i significati attribuiti dal vocabolario a questo termine? E soprattutto cos'ha a che fare col significato che il vocabolario attribuisce al termine "bene"?
PS - Niente di personale nei miei toni un po' bruschi e polemici. Considero molto importante coltivare un'"etica del confronto delle idee" la cui quasi totale mancanza nella nostra cultura rende estremamente difficile ogni tipo di discussione e ogni reale confronto costruttivo, consentendo solo uno sbandieramento delle proprie opinioni, senza nessuna reale relazione tra i discorsi, che spesso finiscono col diventare soliloqui affiancati. Ovviamente ci sono anche ambiti di confronto in cui si può restare nel vago, nell'ambiguo, nell'allusivo (l'arte è il regno di tutto questo), ma qui, mi pare, si cerca di confrontare argomenti razionali.
Salve Donald. Grazie per il tuo intervento. Mi rendo conto che il mio modo di esprimermi può risultare poco chiaro per via della mia propensione alla sintesi che può pure apparire apodittica. E' dovuto anche al fatto che io scrivo in tempo reale, di getto. D'altra parte odio la prolissità. Cercherò di rispondere per punti :
"In estrema sintesi tu sembri negare l'esistenza degli opposti , io tendo a considerare gli opposti (o più in generale la differenziazione, di cui la dualità è prototipo) come fondamento stesso dell'esistenza".
Io non nego l'esistenza degli opposti, ma li considero tanto antitetici quanto coincidenti poichè essi secondo me giacciono sempre lungo una circonferenza in cui ciascun punto rappresenta sempre sia un inizio che una fine ed inoltre è anche sia quello più distante che quello più vicino al punto successivo o precedente. Ricordo che una retta di lunghezza infinita non è in alcun modo distinguibile da una circonferenza di raggio infinito, quindi potrebbe essere che mentre noi crediamo di allontanarci da qualcosa in reltà (e magari solo tendenzialmente) potremmo star ritornando a quella cosa. Quando ho parlato di entropia, dicendo che essa incarna una stupefacente contraddizione intendevo anche una simile chiave di lettura.
L'entropia tende all'ordine (la morte termica dell'universo). Tendere significa essere animati da un sequenza di cause-effetti che - interpretata ed estrapolata - mostra quale dovrebbe essere - in via logica - l'effetto "ultimo" dell'andamento che stiamo esaminando.
Ma l'entropia, pur tendendo all'ordine, genera nella realtà fisica attuale proprio il suo contrario, cioè il disordine (la diversificazione, evoluzione e complicazione dei contenuti del mondo). Essa quindi fa vivere il mondo beffandosi ed opponendosi continuamente a ciò a cui - secondo la nostra logica - sta innegabilmente tendendo.
Che il vivere consista nel tendere alla morte è concetto ovvio. Ciò vale per ciascuna persona e persino - in senso figurato - per ciascun esistente. Ma l'entropia (che funziona facendo interagire i componenti del DUALISMO fondamentale (materia ed energia), il quale rappresenta la base della nostra percezione del mondo) agisce in un ambiente che è contemporaneamente chiuso ed illimitato (infatti una circonferenza di raggio infinito consiste proprio in ciò) e che pur contenendo ciascuna cosa (anzi, proprio per questo) consiste in realtà nel TUTTO. Ed il TUTTO è ciò che - in base al primo principio della termodinamica - beffa la morte poichè non può sparire-morire.
Detta in questo modo forse potremmo risultare meno in disaccordo.
".........Il MALE non è altro che relativa CARENZA, IMPERFEZIONE, di quel principio che regna da sempre sul mondo (includendo sia i suoi contenuti materiali che quelli immateriali, spirituali) e che consiste nel BENE", e ad assegnare a bene e male una dimensione cosmica. Per cui la tua affermazione citata appare smaccatamente incongrua".Io ho assegnato una dimensione cosmica per potermi-poteci chiedere se all'interno dei contenuti fondamentali del mondo, si potrebbe trovare - secondo un punto di vista umano e relativo - quello che permetta di caratterizzare come fondamentalmente benefico o malefico l'insieme del mondo stesso. Naturalmente si conferma che qualsiasi di tali contenuti resta in sè solo "necessario" e quindi privo di valore etico.
Il "principio del bene", cioè la regola valida sia in ambito cosmico che di etica umana, secondo me esiste ed è così formulabile : "
Nulla e nessuno sottragga o distrugga ciò che (esso o egli) non sia in grado di restituire o rigenerare". La sua applicazione è la norma da parte del mondo-natura (i quali hanno ed usano la capacità di sottrarre e restituire, di distruggere e rigenerare), mentre se venisse applicata in ambito umano (utopia) impedirebbe di rubare, uccidere, infliggere sofferenza inutile etc. etc.).
"Di conseguenza l'assoluto per me coincide col nulla (che ovviamente non esiste), è incompatibile con qualunque forma concepibile di esistenza".Una delle mie definizioni di Assoluto sarebbe : "Ciò che contiene senza essere contenuto da altro più grande di sè". Cioè sinonimo di TUTTO. Se il Tutto secondo tè non esiste, sarà soltanto perchè nessuno può percepirlo nella sua intierezza. Alcuni, tuttavia, riescono a concepirlo. Anche se il concepirlo potrebbe essere solamente la prova della IN-SISTENZA e non della E-SISTENZA del Tutto, io propendo per la sua e-sistenza poichè trovo che esso SIA. Poichè io definisco il verbo Essere come "la condizione per la quale le cause producono degli effetti", trovo che il Tutto SIA generando e contenendo sia le une che gli altri.
CitazioneInfatti è proprio nel tendere all'uniformità energetica che l'entropia genera la permanente diversificazione del contenuti del mondo !
detta così non ci vedo alcun senso, forse con una spiegazione...Mia breve trattazione di ciò si trova al primo punto della presente.
A parte che non riesci a deciderti tra la dimensione cosmica e quella peculiarmente umana (è una pulsione o un principio cosmico? mi sembra che ci sia una bella differenza tra i due...)
In effetti non decido nulla in quanto il concetto di amore come da me descritto regna secondo me sia in ambito cosmico che (ovviamente) in quella parte del cosmo che sono le persone.
Certo stiamo parlando di pulsioni, tendenze, concetti e principi (non ti annoio con l'analisi filosofico-lessicale di tali termini) per cui può risultare impegnativo riuscire a collegare tutto ciò ai messaggi dei Baci Perugina. Dico solo che quando una stella esplode si realizza una
pulsione fisica all'
es-pulsione verso l'esterno dei suoi contenuti fisici.
perché lo chiami "amore"? Cos'ha a che fare con i significati attribuiti dal vocabolario a questo termine? E soprattutto cos'ha a che fare col significato che il vocabolario attribuisce al termine "bene"?
Per carità ! Non parlatemi di vocabolari ! Li avrò aperti forse dieci volte in vita mia (mai durante l'attività scolastica). I vocabolari sono degli utili repertori per trovare il significato convenzionale dei termini che non si conoscono. Io cerco di parlare e scrivere usando solo termini che credo di conoscere avendoli tratti da scritti e discorsi, esperienza personale, qualche atomo di indipendenza di giudizio e di buonsenso.
Il filosofo (anche dilettante come me) che li usi diventerebbe solo un forzato della convenzionalità !.
Ovviamente ci sono anche ambiti di confronto in cui si può restare nel vago, nell'ambiguo, nell'allusivo (l'arte è il regno di tutto questo), ma qui, mi pare, si cerca di confrontare argomenti razionali.
Vedi, la razionalità è un bene prezioso ma il suo limite risulta nella sua applicabilità al solo mondo del percepibile (argomenti fisici, pratici, di utilità).
Mano a mano che ci si sposta verso il mondo concettuale, quello del concepibile, essa perde via via efficacia. Ciò tra l'altro genera le differenze tra il modo di ragionare del filosofo e quello dello scienziato.
Io attribuisco uguale dignità sia al mondo del razione che a quello dell'irrazionale.
Se ci affidiamo solo al razionale succederà ciò che molti già predicono : l'intelligenza artificiale finirà per superare quella umana. Ma io credo che per fortuna ciò non avverrà mai.
La razionalità si nutre di dati. L'irrazionalità (che altro non sarebbe che una specie di intelligenza psichica generata dall'istinto di sopravvivenza) si nutre di percezioni che, una volta giunte dentro di noi, si trasformano in sensazioni. Cioè di ciò che qualsiasi elaboratore scarterebbe. Sbagliando.
Grande assente in questa trattazione, la monade. Ma non si può esagerare. Salutoni.
Effettivamente il bene e il male si presentano come forze assolutamente incompatibili, ma solo fin quando il processo dialettico di confronto tra i due non si sia completato e non abbia messo in luce la vera essenza di ciò che, volta per volta, chiamiamo "bene" e "male".
Dando uno sguardo alla storia del pensiero umano, risulta evidente che con il termine "male" non abbiamo mai individuato qualcosa di chiaramente definito, ma è sempre stato usato per indicare delle cause più o meno ignote i cui effetti erano, comunque, distruttivi, disarmonici, destabilizzanti, negativi, o apparivano tali agli occhi del "bene". In altre parole, "male" è sempre stato un termine provvisorio, approssimativo con cui abbiamo designato qualcosa di origine sconosciuta, incompresa, a cui non eravamo, o non eravamo ancora, in grado di dare un vero nome. Non è un caso, infatti, che l'uso di tale disgraziatissimo termine non è mai stato di alcuna utilità in nessun vero processo di approfondimento e di analisi conoscitiva; al contrario, ha sempre contribuito alla confusione e all'irrigidimento delle situazioni di conflittualità.
Non si può certo pretendere che venga bandito dal nostro linguaggio perché, malgrado tutto, rimane sempre quanto di più efficace e di immediato possediamo per esprimere le nostre preoccupazioni etiche. Ma dobbiamo anche cominciare a renderci conto che è sempre un errore fatale impostare i problemi nei termini di "conflitto tra bene e male", come si trattasse di due forze opposte, imprescindibili, connaturate all'esistenza stessa. Ogni volta che l'uomo è riuscito a sostituire "male" con il termine adeguato ha scoperto che dietro ad esso c'era solo una causa, un'energia originariamente utile e benefica, anzi indispensabile all'esistenza, ma erroneamente deviata, orientata verso fini distruttivi. Il processo dialettico, cioè, un efficace confronto tra le due forze naturali in conflitto, disciplinatamente prolungato fino al suo compimento definitivo, giunge sempre a trasformare entrambe e riportarle verso i loro scopi originari; in tale processo i "fantasmi" del bene e del male scompaiono per lasciare il posto a due principi senz'altro distinti, ma riconducibili ad una armonica complementarità.
Dobbiamo cioè sfuggire a due opposte tentazioni d'errore: quella agnostica, secondo cui non esistono in sé né bene né male, e quella cattolico-manichea, secondo cui il male è addirittura uno spirito cosmico eterno, un dio implacabilmente e assolutamente separato e nemico del dio del bene.
Solo se si pongono nella cornice dialettica adeguata "bene" e "male" possono essere epistemologicamente domati e ricondotti all'ordine che è loro proprio, e il male riportato al suo status di forza originariamente "provvidenziale" dell'esistenza, ma deviata verso fini improri.
Finché continueremo pigramente a non saper, o a non voler, distinguere una forza vitale dalle sue varianti patologhiche o degradate, cadremo dalla padella del suo rifiuto totale, come se si trattasse di un principio maligno assoluto e ineliminabile, alla brace di una accettazione vile e rinunciataria, come se il nostro destino fosse quello di doverci rassegnare a convivere in eterno, impotenti, con mali di ogni genere. Per essere vinto definitivamente, cioè, il male deve essere pienamente conosciuto.
E non è un caso se il mito ci suggerisce che il mostro distruttore (dal Minotauro al Demonio al Vampiro) è implacabile e invincibile solo con il favore delle tenebre o della segretezza, ma che si dissolve e muore non appena è investito dalla luce del giorno o affrontato coraggiosamente dall'eroe. Così come non è casuale che, nel mito dell'Eden, l'atto primordiale che segna il passaggio dell'uomo dalla condizione originaria di incoscienza-innocenza alla condizione propriamente umana di consapevolezza e di responsabilità morale è simbolizzato dall'incontro con l'Albero della Conoscenza del Bene e del Male.
Origene, Erasmo e Giordano Bruno insegnavano che la misericordia divina avrebbe redento persino i demoni.
Salve Carlo. Non abbiamo la medesima mentalità e gli stessi modi di esprimersi ma condivido profondamente il tuo intervento. Io sono radicale, persino estremistico nel negare l'esistenza del male oggettivo, tu spieghi la modulazione con la quale va trattato il suo concetto. Saluti.
viator:
CitazionePer carità ! Non parlatemi di vocabolari ! Li avrò aperti forse dieci volte in vita mia (mai durante l'attività scolastica). I vocabolari sono degli utili repertori per trovare il significato convenzionale dei termini che non si conoscono.
Le parole trovano la loro ragione di esistere solo nella convenzione. Sono convenzionali per intrinseca natura, senza convenzionalità perdono completamente ogni significato e ogni funzione. E senza convenzione è impossibile ogni confronto di idee.
CitazioneVedi, la razionalità è un bene prezioso ma il suo limite risulta nella sua applicabilità al solo mondo del percepibile (argomenti fisici, pratici, di utilità).
Mano a mano che ci si sposta verso il mondo concettuale, quello del concepibile, essa perde via via efficacia. Ciò tra l'altro genera le differenze tra il modo di ragionare del filosofo e quello dello scienziato.
Io attribuisco uguale dignità sia al mondo del razione che a quello dell'irrazionale.
No, la filosofia è eminentemente razionale, non c'è posto in essa per l'irrazionalità. E applica la razionalità nei campi irraggiungibili dalla scienza. L'irrazionale ha altri ambiti: tutte le forme di misticismo e d'arte. E l'irrazionale non può essere discusso, può solo essere enunciato o evocato. La dignità non è in discussione, si tratta di non mischiare le due cose ottenendo un minestrone in cui niente è chiaro e tutto è gratuito. In cui nulla e dimostrabile o smentibile, ma solo dichiarabile.
La razionalità ha i suoi limiti, ma la filosofia è da una parte individuare questi limiti, dall'altra analizzare la realtà dal punto di vista razionale, fermandosi dove mancano gli strumenti per andare oltre.
Nella tua ottica, se si può fare a meno di razionalità, di vocabolari, di argomentazioni si potrebbe dire con altrettanta plausibilità che il bene non è altro che assenza di male e che quest'ultimo è espressione di ciò che governa tutte le cose: l'odio universale che può essere definito come il principio in base al quale ogni cosa che viene costruita deve essere distrutta.
Il senso di una discussione non è una serie di dichiarazioni, una semplice esposizione di idee, ma un confronto e una valutazione delle idee. E per confrontare le idee una cosa fondamentale è far capire da dove arrivano queste idee, o meglio come si è arrivati a quelle idee, quali sono le motivazioni che hanno portato a pensare in quel modo e non in un'altro. Altrimenti diventa una sorta di fiera in cui ognuno ha il suo spazio in cui espone le sue idee senza alcun confronto con quelle altrui.
Salve Donalduck.
CitazioneLe parole trovano la loro ragione di esistere solo nella convenzione. Sono convenzionali per intrinseca natura, senza convenzionalità perdono completamente ogni significato e ogni funzione. E senza convenzione è impossibile ogni confronto di idee.
Naturale. Ma esse vengono utilizzate per costruire - talvolta - dei concetti, i quali possono avere (hanno) un significato in sè diverso da quello dei termini con cui viene costruito il concetto stesso.
Le parole non possono fornire alcuna somma aritmetica. Quindi il convenzionale può e dovrebbe venir utilizzato per costruire il nuovo, cioè l'anticonvenzionale il quale, una volta accettato e diffusosi, potrà anche diventare a sua volta nuova convenzione.
Ma dimmi una cosa : il mio linguaggio, così poco attento ai significati convenzionali, risulta di difficile comprensione ?.
CitazioneNo, la filosofia è eminentemente razionale, non c'è posto in essa per l'irrazionalità.
Certo, esclude l'irrazionale in quanto non sta a discuterne. Non ne avrebbe neppure tempo, presa com'è dall'esame del
le possibili origini e cause razionali dell'esistenza dell'irrazionale, cioè di ciò che ha generato ogni razionalità. Ovviamente senza poter giungere a conclusioni razionali.
Razionale ed irrazionale rappresentano un viluppo dal quale, una volta entrati, è impossibile uscire.
Il filosofo - in nome appunto della filosofia - dovrebbe capire che l'unico senso del proprio filosofare consiste nel personale piacere di rigirarvisi.
Io mi ricreo abbastanza nel parlare di certe cose, sai ?
CitazioneNella tua ottica, se si può fare a meno di razionalità, di vocabolari, di argomentazioni si potrebbe dire con altrettanta plausibilità che il bene non è altro che assenza di male e che quest'ultimo è espressione di ciò che governa tutte le cose: l'odio universale che può essere definito come il principio in base al quale ogni cosa che viene costruita deve essere distrutta.
Certo. Stabilito che il bene dovrebbe essere "ciò che giova (a me, a tutti, al mondo, dipende dall'ottica di chi parla)" ed il male "ciò che nuoce o si oppone al giovamento.......)..........
......... e che giovare e giovamento dovrebbero voler dire "consistere od agire nel favorire (essere utile al...) la persistenza di qualcosa o la sopravvivenza o il godimento da parte di qualcuno" (giuro di non aver consultato il vocabolario !!)........se si accettano tali "incomprensibili e non convenzionali" significati - dicevo - ciascuno veda se l'esistenza del mondo dovrebbe ragionevolmente consistere e basarsi sul bene o sul male.
Infatti - finchè il mondo continuerà ad esistere - la sua e nostra esistenza saranno garantite appunto dal giovamento generato dal bene come descritto sopra.
Cessato il bene ed il giovamento, cesserà il mondo e quindi "trionferà" la condizione di assenza di bene, cioè si "instaurerà" (dove, visto che il mondo non ci sarà più ?) il male quale sinonimo di "nulla".
Ma la mia non è filosofia, vero ? ........io non ho spiegato da dove vengano certe mie convinzioni......... ho solo fatto un pò di metafisica !. Salutoni.
viator:
CitazioneMa dimmi una cosa : il mio linguaggio, così poco attento ai significati convenzionali, risulta di difficile comprensione ?
Non il linguaggio, ma appunto i concetti che esponi, che mi appaiono sostanzialmente campati in aria (pur non essendo nuovi per me).
CitazioneIl filosofo - in nome appunto della filosofia - dovrebbe capire che l'unico senso del proprio filosofare consiste nel personale piacere di rigirarvisi.
Io mi ricreo abbastanza nel parlare di certe cose, sai ?
Il nostro modo di vedere le cose sul senso e il valore della filosofia non potrebbe essere più diverso. Per me è un modo per capire le cose sempre più a fondo, aumentare la consapevolezza, trovare un retto modo di pensare e immaginare soluzioni ai problemi che affliggono da sempre l'umanità. Tutt'altro che ricreazione, se non nel senso di rigenerazione del pensiero.
CitazioneMa la mia non è filosofia, vero ? ........io non ho spiegato da dove vengano certe mie convinzioni......... ho solo fatto un pò di metafisica
Hai fatto un po' di metafisica? Mah... Comunque sia il fatto è che non mi hai comunicato nulla. Ricambio i saluti, che a quanto pare sono l'unica cosa che abbiamo da scambiarci.
Salve Donalduck. Grazie del tuo intervento. Ottimo esempio di franchezza. Saluti.
Salve. un ultimo intervento da parte circa questo argomento che ho visto svilupparsi in modo per me deludente.
L'incomprensione ed il dissenso circa la mia tesi originaria "inesistenza del male al di fuori della sfera umana" mi sono sembrate ampiamente dovute al'incapacità di molti di separare - all'interno di una discussione - i significati logici e rigorosi da quelli discorsivi, convenzionali, personalistici, pregiudiziali.
Insomma, dal non sapere separare la filosofia dai "modi di dire".
Tipico è stato il richiamo di alcuni all'esistenza del male confermata dall'esistenza del dolore fisico, di quello emozionale e sentimentale, dell'ingiustizia, dall'incomprensibilità di certe crudeltà e certe sofferenze.
Non si è compresa la differenza tra il male e le manifestazioni elencate qui sopra.
Ripeto, per l'ultima volta, che la mia definizione di bene e di male è, per il bene : "ciò che giova a qualcuno a qualcosa" e, per il male "ciò che nuoce a qualcuno o che ostacola il giovamento".
Giovare significa essere utile, servire a qualcosa.
Lasciamo perdere ora il perché il bene possa riguardare, oltre al qualcuno, anche il qualcosa. Un cenno in proposito compare al termine della mia ultima replica all'amico Donalduck.
Parlando del male, che secondo me può riguardare solamente l'ambito umano, volevo far notare che dolore fisico, dolore psichico, ingiustizia, sofferenza non identificano affatto il male in sé. Identificano solamente condizioni spiacevoli o dolorose ma non necessariamente "malefiche". Caso per caso abbinabili al male ma non connaturate ad esso.
La dimostrazione è semplice quanto comprensibile (spero) da chiunque:
Per i masochisti il dolore fisico è soddisfacente, mentre per chi si sta scottando il dolore è benefico in quanto permette loro di tutelarsi dall'assai peggior "male" di andare interamente arrosto.
Il dolore psichico (sofferenza psichica) ha origine ampiamente soggettiva e quindi non eticamente qualificabile. Comunque in alcuni casi ha effetti benefici in quanto può generare nella persona maturazione ed esperienza.
Nel caso dell'ingiustizia è impossibile giudicare di bene e di male in quanto occorrerebbe preliminarmente stabilire quali siano i parametri sui quali basarsi per discernere tra giusto ed ingiusto.
La sofferenza rientra nella categoria dei dolori fisici o psichici.
E' incredibile come il concetto di bene astratto manchi completamente dalla mente della maggioranza !
Citazione di: viator il 23 Ottobre 2018, 21:56:23 PM
argomento che ho visto svilupparsi in modo per me deludente [...]
Ripeto, per l'ultima volta, che la mia definizione di bene e di male è, per il bene : "ciò che giova a qualcuno a qualcosa" e, per il male "ciò che nuoce a qualcuno o che ostacola il giovamento".
Giovare significa essere utile, servire a qualcosa.
Per tentare di alleviare la tua delusione, provo a seguirti usando le tue definizioni: se il "bene" è "ciò che giova" e "giovare significa essere utile", allora il bene è l'utile. Viceversa il male è il nocivo/inutile.
Il titolo del topic diventa allora "tutto giova e niente nuoce" e/o "tutto è utile e niente è inutile"... tuttavia ho il sospetto che a questo punto rischiamo di
Citazione di: viator il 23 Ottobre 2018, 21:56:23 PM
non sapere separare la filosofia dai "modi di dire".
:)
Citazione di: viator il 23 Ottobre 2018, 21:56:23 PM
E' incredibile come il concetto di bene astratto manchi completamente dalla mente della maggioranza !
Ma anche no. E' credibilissimo perchè il concetto di bene può essere (e)(a)stratto solo dal bene concreto a cui rimanda rispecchiandosi. La tua definizione va bene finchè non si definisce qualcuno insieme a qualcun altro. Il leone insieme alla gazzella. In quel momento ogni astrazione sul concetto di bene ha il fiato corto e rimane solo il gioco metafisico. Utile pure lui, perchè rende trasparente il suo carattere "astratto" al di là di ogni velleità filo-sofica.
Salve Phil. Deduzione impeccabile, la tua.
Una precisazione marginale : il testo esatto della mia definizione di bene doveva risultare "Ciò che giova a qualcuno o (non a) qualcosa".
Poi mi accorgo di aver sbagliato titolazione dell'argomento. Avrebbe dovuto essere "Il significato cosmico del bene", poichè la mia intenzione era argomentare che - dal nostro punto di vista - l'esistenza del cosmo rappresenterebbe un bene.
"Tutto bene niente male" invece non permette di distinguere tra l'ambito umano (in cui esistono sia il bene che il male) e quello cosmico (in sè estraneo a qualsiasi etica anche se eticamente valutabile da parte nostra). Lasciando spazio alle tue obiezioni.
Comunque la tua giusta deduzione - alla luce di quanto qui sopra - risulta anche facilmente generalizzabile a favore delle mie tesi, potendola far diventare "IL tutto giova, IL nulla nuoce" (la nocività del nulla consiste nel fatto che la sua inesistenza è ostacolo alla realizzazione di un qualsiasi giovamento). Saluti.
Citazione di: viator il 24 Ottobre 2018, 15:20:24 PM
argomentare che - dal nostro punto di vista - l'esistenza del cosmo rappresenterebbe un bene.
[...] distinguere tra l'ambito umano (in cui esistono sia il bene che il male) e quello cosmico (in sè estraneo a qualsiasi etica anche se eticamente valutabile da parte nostra).
Ho segnato in corsivo ciò che mi lascia perplesso (se non l'ho frainteso). Distinguerei infatti l'ontologia dalla morale: la morale presuppone l'esistenza dei suoi protagonisti, ma l'esistenza non comporta sempre una morale.
L'esistenza del cosmo non può essere intesa come un bene morale, né è "eticamente valutabile"(cit.) perché l'etica e la morale presuppongono l'esistenza di esseri viventi (soprattutto il genere umano, direi) e si applica all'interazione fra loro. Tra un vivente e un sasso non c'è rapporto etico.
Il cosmo, come osservi, "è estraneo a qualsiasi etica"(cit.) e lo è anche dal nostro punto di vista umano: è forse un bene
morale che esista la penisola italica? C'è un rapporto etico fra me e quella propaggine di terra sul mare?
Chiaramente potremmo dare una definizione di etica che abbracci tutto l'esistente in tutte le sue forme (minerali compresi), come credo già facciano i panteisti, panpsichisti, animisti, etc. ma poi dovremmo comunque fare i conti con millenni di storia della filosofia occidentale in cui "etica" e "morale" hanno sempre avuto pressoché lo stesso significato concettuale (al di là delle differenti correnti di pensiero).
D'altronde il rapporto etico è solitamente inteso come biunivoco: io posso essere "etico"(?) con il sasso, ma lui può esserlo con me? Forse nel rapporto uomo/mondo ci conviene parlare di "ecologia" più che di "etica"... e allora la categoria di "bene" assume altri connotati.
Citazione di: viator il 24 Ottobre 2018, 15:20:24 PM
(la nocività del nulla consiste nel fatto che la sua inesistenza è ostacolo alla realizzazione di un qualsiasi giovamento).
Tuttavia si potrebbe anche dire che il nulla (che non esiste) non può essere ostacolo, perché sarebbe un ostacolo inesistente, ovvero un non-ostacolo.
Un maestro zen ti chiederebbe "dov'eri prima di esistere?" ;)
Citazione di: viator il 24 Ottobre 2018, 15:20:24 PM
"Tutto bene niente male" invece non permette di distinguere tra l'ambito umano (in cui esistono sia il bene che il male) e quello cosmico (in sè estraneo a qualsiasi etica anche se eticamente valutabile da parte nostra). Lasciando spazio alle tue obiezioni.
sono d'accordo su questa affermazione. almeno penso, non essendo stata sviluppata.
Diversamente non si capirebbe dove "piove" il principio morale.
O si teorizza una sorta di 'autopoiesi in cui la materia e l'energia in sè e per sè già intrinseci, potenziali, delle forme che la complessità di un organismo fa "emergere" , oppure si crede (razionalmente) a un principio originario che anch'esso nel suo sviluppo della creazione universale ha intrinsecamente i potenziali capacitativi di poter sviluppare il principio morale.
Quindi se l'uomo non esiste, e non c'è etica, ma c'è il potenziale etico nella creazione universale.
Tutto era già nell'origine, dove torneremo. Il problema è capire il senso e i significati, come la nostra esistenza o meno, il principio morale, ecc. ma deve esserci per forza una teorizzazione"cosmologica" che sappia rappresentare attraverso una interpretazione il più possibile razionale dal principio originario al granello di sabbia e viceversa.Il doppio movimento concreto/astratto,
induzione /deduzione
Citazione di: Phil il 25 Ottobre 2018, 11:35:25 AM
D'altronde il rapporto etico è solitamente inteso come biunivoco: io posso essere "etico"(?) con il sasso, ma lui può esserlo con me? Forse nel rapporto uomo/mondo ci conviene parlare di "ecologia" più che di "etica"... e allora la categoria di "bene" assume altri connotati.
Citazione
Condivido (per quel che può valere la mia opinione).
Citazione di: viator il 24 Ottobre 2018, 15:20:24 PM
(la nocività del nulla consiste nel fatto che la sua inesistenza è ostacolo alla realizzazione di un qualsiasi giovamento).
Tuttavia si potrebbe anche dire che il nulla (che non esiste) non può essere ostacolo, perché sarebbe un ostacolo inesistente, ovvero un non-ostacolo.
Un maestro zen ti chiederebbe "dov'eri prima di esistere?" ;)
Citazione
Inoltre si potrebbe dire che la sua inesistenza [del nulla] è ostacolo alla realizzazione di un qualsiasi nocumento, il che mi sembrerebbe eticamente alquanto rilevante e buono (se é vero che quasi tutte le etiche prevedono esplicitamente, e credo tutte per lo meno implicitamente, il "non fare agli altri ciò che non si vorrebbe gli altri facessero a noi").
Salve Phil. Che dici ? Vale ancora la pena di andare avanti ?
Dunque, il principio fondamentale che anima il cosmo sarebbe (per chi ci crede) quello dell'entropia.
Cioè lo svolgersi delle incessanti relazioni e trasformazioni tra la materia e l'energia.
L'entropia TENDE a realizzare l'uniformità del cosmo attraverso la distribuzione (democratica ed ubiquitaria) dell'energia. Tale tendenza, se realizzata, produrrebbe la morte termica ed energetica del cosmo (dicendo cosmo io intendo mondo, uomo compreso) in quanto verrebbero a cessare tutte le interazioni, le cause e gli effetti poichè tutto si troverebbe in definitivo ed irreversibile equilibrio che da dinamico (l'attualità) diventerebbe statico.
Tutto ciò secondo la logica. Umana. Il cosmo non conosce la logica.
Infatti esso può benissimo beffarsi della nostra logica e, attraverso una tendenza che non si realizzerà mai, esistere e consistere nell'opposto di ciò a cui tende.
Perciò il cosmo vive di ciò che dovrebbe condurlo alla morte (ohibò, che un simile andamento abbia forse una similitudine con la condizione umana ?) poichè cause ed effetti agenti in veste materiale/energetica producono una continua diversificazione dei contenuti del mondo (i fisici la chiamano "disordine", ma i filosofi potrebbero obiettare qualcosa).
La diversificazione a sua volta consiste nella complicazione dei contenuti.
Se abbiamo chiamato "tendenza alla morte" l'andamento potenziale dell'entropia, come potremmo chiamare il suo effetto invece attuale ? Semplice : "tendenza alla persistenza".
Quindi la "sopravvivenza" del cosmo-mondo si realizza attraverso la sua "complicazione", la quale è appunto l'opposto della uniformità e della "semplificazione" tendenziale apparentemente voluta dall'entropia.
Ma nella pratica ("in soldoni") quale è il senso di tale "strategia di sopravvivenza" del mondo ?
La diversificazione e la complicazione hanno lo scopo - secondo me - di produrre continuamente copie - non importa quanto minime ed approssimative - del mondo stesso e di ogni suo singolo contenuto.
Cos'è l'apparizione della vita ? Una stupefacente complicazione autodiversificantesi la cui esistenza - sempre basata su ciò di più semplice che l'ha generata e la sostiene - rappresenta la base di ulteriore diversificazione e complicazione.
Cos'è l'apparizione della riproduzione sessuata ? (perchè mai è sorta? non basatava continuare a dividersi in due come i batteri?). La risposta è la stessa.
Cos'è l'apparizione dell'uomo ? (ma non bastavano gli animali, i quali anzi prosperebbero meglio senza l'uomo e non annoierebbero il mondo con i prodotti della coscienza, della conoscenza, dell'etica, dello spirito, della immortalità individuale etc,, prodotti tutti che - anzichè risultare utili al mondo - guarda caso sembra gli nuocciano, vedere attuale ecologia del pianeta......?).
La risposta è la stessa.
Ma forse che un cervello umano non rappresenta forse il tentativo di riprodurre in una scatola cranica i contenuti di ciò che gli sta al di fuori ?
Ma forse che l'Intelligenza Artificiale non rappresenta il tentativo di riprodurre - fuori della scatola cranica - ciò che si trova al suo interno ?.
Ma l'astratto, l'immateriale, il trascendente, il concettuale, il bene ed il male.......dove stanno, all'interno di questa mia visione del mondo ?
Stanno nella prossima puntata, se ti interessa, perchè adesso devo dedicarmi ad altro.
"Il bene è ciò che giova (risulta utile) a qualcuno o qualcosa". L'entropia giova ?
A risentirci.
Salve Phil. Eravamo rimasti all'evoluzione degli effetti entropici a livello materiale.
A livello di quel tentativo di copia del mondo che è l'encefalo esiste una gerarchia di contenuti. L'argomento in sè sarebbe ovviamente ciclopico.
Un rozzo estratto è qui, in grassetto :
SOSTANZA-MATERIA-FORMA-STRUTTURA-FUNZIONE-PROGRESSIVA EVOLUZIONE DELLA QUANTITA' E COMPLESSITA' DELLE FUNZIONI - VITA - TESSUTI - ORGANI - SISTEMA NERVOSO - ISTINTO DI SOPRAVVIVENZA - PSICHE - MEMORIA - COMPARSA DELL'UOMO - COSCIENZA - IO - MENTE - INTELLETTO - CAPACITA' DI ASTRAZIONE - TRASCENDENZA - SPIRITUALITA'.
Soffermiamoci sulla coscienza.
La coscienza è secondo me la funzione-ponte tra l'animalità e l'umanità.
Ciò perchè essa risulta sdoppiata in auto- ed eterocoscienza. La consapevolezza del sè (come individuo – presente anche nei primati) e la consapevolezza relazionale dell'esistenza dell'alterità (cioè dei propri simili) attraverso l'io, esclusiva - sempre secondo me – degli umani.
Chiarisco la diversità tra il concetto di "sè" e quello di "io" :
Il "sè" consiste nel proprio corpo, i propri bisogni ed i propri istinti e ci qualifica come individui (animali od umani)..
L'"io" consiste nelle facoltà mentali chiamate a confrontarsi con il "sè" e ci qualifica come persone umane.
L'animale possiede un sè ma non un "io".
Quindi solo l'uomo possiede entrambe le "versioni" della coscienza.
Ciò gli procura inestimabili vantaggi oltre ad un sacco di quesiti e di problemi.
I vantaggi sono rappresentati dalla possibilità di evoluzione, attraverso, l'"io" ed il suo relazionarsi con altri "io", di tutte le facoltà ulteriori e "superiori" citate sopra.
Gli svantaggi, dallo stabilirsi di insolubili contraddizioni e conflitti con l'alterità (amore-odio, egoismo-altruismo, competitività, etc.) e di altrettanti conflitti tra il sè e l'io (primo fra tutti l'incapacità di concepire l'esistenza di un mondo privo di noi stessi, cioè di un io privo del sè che l'ha generato – di qui la nostra tendenza a considerarci immortali, quindi la nostra visione fideistica), per proseguire attraverso ogni genere di conflittualità psichica individuale od interpersonale.
Con tutto ciò siamo giunti appena ad affacciarci sul mondo dell'immateriale-psichico-sentimentale-spirituale.
Il quale è generato appunto dal nostro possedere una (anzi due) coscienze.
Naturalmente non mi ci posso addentrare.
A questo punto, secondo me, o si crede in Dio o si crede nell'entropia.
E se , spogliando l'entropia da tutte le sue complicazioni e Dio da tutte le dottrine, i dogmi e le tradizioni, si rivelassero la stessa cosa ?
Quanti mondi ci sono a questo mondo, e la gente non li conosce, e continua a carcare altri mondi fuori da questo !! Salutoni.
Credo di aver capito il tuo discorso che descrive "in soldoni" la vita del cosmo... ma "vita" è qui una metafora (così come il parlare del "mutamento" chiamandolo "morte"): ovviamente il cosmo non è in realtà
un essere vivente (altrimenti non lo saremmo io e te); è un'identità astratta che comprende miliardi di forme di vita e, soprattutto, di non vita (il famoso sasso di cui parlavo prima); salvo dare differenti definizioni di "vita", il che è sempre possibile e non costituisce reato... :)
Citazione di: viator il 25 Ottobre 2018, 17:44:12 PM
Ma l'astratto, l'immateriale, il trascendente, il concettuale, il bene ed il male.......dove stanno, all'interno di questa mia visione del mondo ?
Se
descriviamo il mondo esclusivamente con le conoscenze della fisica e le spiegazioni meccanicistiche delle altre scienze, chiaramente il bene e il male non sono pertinenti: si tratta infatti di arbitrarie e convenzionali interpretazioni proposte dalla mente umana (come bello/brutto, divertente/noioso, etc.).
Citazione di: viator il 25 Ottobre 2018, 17:44:12 PM
"Il bene è ciò che giova (risulta utile) a qualcuno o qualcosa". L'entropia giova ?
L'entropia non giova e non nuoce, accade. Fisicamente. Possiamo poi dire che il cosmo sia "in debito" con l'entropia o l'entropia sia la "migliore amica" del cosmo, ma stiamo umanizzando poeticamente la materia, i processi, i fatti, etc.
Il bene che giova a qualcuno
/qualcosa non è il bene
morale-etico, è il bene utilitaristico (con cui l'etica
può certamente condividere istanze comuni, a seconda dell'orientamento etico). La coincidenza di "bene" ed "utile" è la tua prospettiva, tuttavia mi sono permesso di suggerire che il termine "morale" è allora inadatto o quantomeno ambiguo (data la storia di quel termine) nel descrivere ogni "utile" che prescinda dalla relazione fra uomo e uomo (non a caso, dalla morale è derivato il diritto, che di ciò si occupa).
Banalizzando: il cibo è
per me un bene, l'ossigeno è
per me un bene, uno stipendio è
per me un bene, ma non direi che fra loro e me ci sia un
rapporto etico... almeno finché non entra in gioco un altro uomo: se rubo il cibo a
qualcuno, se tolgo l'ossigeno a
qualcuno, se dono il mio stipendio a
qualcuno, etc. allora la morale può di certo dire la sua in merito (tanto per fare un'altra metafora di "umanizzazione").
Se però adotto il tuo vocabolario, per cui il bene è il giovare, finisco con l'impantanarmi nel relativismo (ancora più del solito ;D ): una foglia che cade è un bene per l'albero (gli giova non doverla più nutrire) ma il fatto che l'albero si liberi della foglia è per lei un male (praticamente la uccide), allora il cadere della foglia è un bene o un male?
Se a ciò aggiungo una visione meccanicistica del cosmo, il topic mi suona adesso come "né bene né male" :)
Salve Phil. Vedi ora che la SECONDA parte del mio intervento odierno risulta pubblicata PRIMA della tua risposta alla PRIMA parte del mio. Saluti.
Avevo notato la seconda parte; l'ho trovata molto "personale", molto tua (nel senso di originale e autosussistente), al punto che non sapevo se commentarla o fermarmi alle considerazioni sulla prima parte.
Cercherò comunque di essere breve.
Citazione di: viator il 25 Ottobre 2018, 22:19:56 PM
A livello di quel tentativo di copia del mondo che è l'encefalo esiste una gerarchia di contenuti. L'argomento in sè sarebbe ovviamente ciclopico.
Un rozzo estratto è qui, in grassetto :
SOSTANZA-MATERIA-FORMA-STRUTTURA-FUNZIONE-PROGRESSIVA EVOLUZIONE DELLA QUANTITA' E COMPLESSITA' DELLE FUNZIONI - VITA - TESSUTI - ORGANI - SISTEMA NERVOSO - ISTINTO DI SOPRAVVIVENZA - PSICHE - MEMORIA - COMPARSA DELL'UOMO - COSCIENZA - IO - MENTE - INTELLETTO - CAPACITA' DI ASTRAZIONE - TRASCENDENZA - SPIRITUALITA'.
In questa "gerarchia" ritrovo un coacervo di concetti astratti (forma, struttura) e pragmatici (funzione), elementi materiali (sostanza, materia, tessuti, etc.), fasi storiche (evoluzione, comparsa dell'uomo), facoltà (capacità d'astrazione), condizioni (vita), elementi genetici (istinto di sopravvivenza) e neurologici (memoria), concetti metafisici (trascendenza, spiritualità) e psicologici (psiche, io)... anche l'ordine di sequenza mi lascia piuttosto perplesso (senza voler entrare nel dettaglio e chiederti la tua personale definizione di ogni termine).
Al cospetto di questo affresco psichedelico ho una reazione più estetica che filosofica.
Citazione di: viator il 25 Ottobre 2018, 22:19:56 PM
la consapevolezza relazionale dell'esistenza dell'alterità (cioè dei propri simili) attraverso l'io, esclusiva - sempre secondo me – degli umani.
Intendi che gli animali non hanno "consapevolezza relazionale dell'esistenza dell'alterità (cioè dei propri simili)" quando vivono in branco, si accoppiano, collaborano, cacciano, etc.? Non sono un etologo, però... a volte anche il "secondo me" ha i suoi limiti. :)
Citazione di: viator il 25 Ottobre 2018, 22:19:56 PM
L'animale possiede un sè ma non un "io".
Quindi solo l'uomo possiede entrambe le "versioni" della coscienza.
Platone e Aristotele avevano una visione tripartita (con le dovute differenze), ma da allora lo studio fisiologico degli animali ne ha messo un po' in crisi la rigida tassonomia.
Citazione di: viator il 25 Ottobre 2018, 22:19:56 PM
A questo punto, secondo me, o si crede in Dio o si crede nell'entropia.
Non credo in nessuno dei due...
secondo te, sono grave? ;D
Citazione di: viator il 25 Ottobre 2018, 22:19:56 PM
E se , spogliando l'entropia da tutte le sue complicazioni e Dio da tutte le dottrine, i dogmi e le tradizioni, si rivelassero la stessa cosa ?
Il nichilismo esistenziale è nato così: entrambi si sono rivelati "la stessa cosa"... il nulla.
Volendo percorrere altre strade, va tenuto presente che uno funge da
guida all'agire umano (Dio) mentre l'altra
spiega i meccanismi del cosmo (l'entropia); per renderli simili bisognerebbe prescindere dalla loro "funzione" che è anche la loro identità... un prezzo piuttosto caro da pagare.
Citazione di: viator il 25 Ottobre 2018, 22:19:56 PM
Quanti mondi ci sono a questo mondo, e la gente non li conosce, e continua a carcare altri mondi fuori da questo !!
Huxley è illuminante al riguardo ;)
Salve Phil. Il "coacervo" della mia "gerarchia" consiste in una sequenza di tipo cronologico-evoluzionistico al cui interno si può concettualmente procedere da un "inizio" costituito da fondamentali "semplicità" verso i successivi e - nei fatti - consequenziali stadi di diversificazione e complicazione. Saranno pure mie personali fantasie, ma io non trovo illogico - ad esempio - che la sostanza includa la materia la quale è dotata di forma.......oppure che l'istinto di sopravvivenza abbia generato la sfera psichica alla quale si è affiancata prima la coscienza poi la mente.
D'altra il coacervo è tale per chi è abituato a riflettere per compartimenti, Siamo noi ad aver creato limiti e distinzioni tra categorie, ambiti, concetti, enti, strutture, funzioni etc. Il Mondo non conosce alcuna soluzione di continuità nelle sue manifestazioni.
Gli animali possono avere una vita sociale, come no !? Il fatto è che i loro comportamenti sociali sono regolati unicamente dagli istinti che ne tutelano il "sè" biologico. Essi sono come in ostaggio della specie cui appartengono.
Il libero arbitrio consentito dal possesso di un !"io" permette invece all'uomo di agire anche in eventuale contrasto con la sopravvivenza sia propria che della specie e ciò - sommandosi magari all'esercizio dell'egoismo consapevole - genera ben altra estensione dei rapporti con gli altri viventi.
No Phil, non sei affatto grave.
Non afferro il riferimento al nichilismo. Io sarei per la monade inconoscibile che convive tranquillamente con la duplicità (che è il livello minimo dal quale può partire la nostra percezione del mondo), la molteplicità e la totalità (la quale ultima, stranamente, è un concetto unificante che riconduce appunto all'unicità della monade).
Credere in Dio quale principio originario esclude secondo me la possibilità di credere nell'entropia quale principio originario.
Infine, un applauso per Huxley. Salutoni.
Citazione di: viator il 26 Ottobre 2018, 21:47:27 PM
Il "coacervo" della mia "gerarchia" consiste in una sequenza di tipo cronologico-evoluzionistico al cui interno si può concettualmente procedere da un "inizio" costituito da fondamentali "semplicità" verso i successivi e - nei fatti - consequenziali stadi di diversificazione e complicazione.
Il mio modesto appunto (che vuole essere solo un appello al rigore, proprio perché secondo me il tuo discorso lo merita) è che la gerarchia è solitamente tale fra elementi di una medesima classe tematica, e quando la gerarchia viene scandita si presuppone che il tipo di rapporto di (sub)ordine fra i vari elementi sia circa il medesimo (di valore crescente o decrescente). Inoltre, l'ordine cronologico non è in sé gerarchico, nel senso che non sempre ciò che viene prima/dopo fa parte di un graduale diminuendo/crescendo di valore o rilevanza.
La lista della spesa, la formazione di una squadra, l'elenco delle nostre bollette, etc. non sono ognuno una gerarchia, pur essendo costituiti da elementi affini razionalmente ordinati per reparto alimentare, ruolo tattico o sequenza temporale.
Per spiegarmi meglio:
Citazione di: viator il 26 Ottobre 2018, 21:47:27 PM
non trovo illogico - ad esempio - che la sostanza includa la materia la quale è dotata di forma
Stando alla tua proposta, la sostanza
include ciò che la segue nella gerarchia (la materia) che a sua volta
è dotata di ciò che la segue nella gerarchia... fra i primi due elementi c'è inclusione, poi subentra l'esser-dotati-di, poi magari ancora un altro criterio che lega gli elementi successivi, con il risultato che quei trattini che di volta in volta scandiscono la gerarchia, hanno ogni volta un significato differente, pur essendo graficamente identici. Così facendo (anzi "scrivendo"), secondo me, la gerarchia non si presenta con coerenza e non risulta facilmente decifrabile (magari è un limite mio...).
Proseguiamo:
Citazione di: viator il 26 Ottobre 2018, 21:47:27 PM
oppure che l'istinto di sopravvivenza abbia generato la sfera psichica alla quale si è affiancata prima la coscienza poi la mente.
Come sopra: qualcosa
genera qualcosa a cui
si affianca qualcos'altro, etc. due tipi di rapporto differenti, che seguono quelli già citati (e già differenti fra loro) nella medesima gerarchia.
Per questo la trovo un
potpourri: bella, ma poco sistematica nel suo (di)spiegarsi. Più che una gerarchia si presterebbe a diventare una mappa concettuale, o forse un organigramma...
C'è poi la questione delle definizioni: come accennato in precedenza, quando si usano parole (stra)cariche di storia, non è prudente (se si vuole essere ben compresi) cancellarne l'ingombrante passato, affermando spensieratamente: per me "x" significa "y"... la cura per le definizioni è fondamentale per un discorso solido e chiaro, ma è ancora più importante che le definizioni non si sovrappongano troppo a quelle già esistenti e comunemente accettate (per questo alcuni teorizzatori ricorrono a neologismi).
Ad esempio, che l'istinto di sopravvivenza generi la sfera psichica e solo dopo entri in scena la coscienza e ancor dopo la mente, è un'interpretazione che probabilmente lascia perplessi molti psicologi, antropologi, filosofi, etologi, neurologi, forumisti, etc. non perché abbiano ragione loro, ma solo perché la storia culturale di quelle parole suggerisce altro (e per rivisitarne credibilmente il senso occorrono
dimostrazioni molto solide).
Citazione di: viator il 26 Ottobre 2018, 21:47:27 PM
Credere in Dio quale principio originario esclude secondo me la possibilità di credere nell'entropia quale principio originario.
Qualcuno ti potrebbe dire che l'entropia è stata creata da Dio, poiché una è "solo" un principio fisico, l'altro è l'origine di tutto, compreso quel principio (che quindi non è originario, ma solo convenzionalmente esplicativo). Nel "
regressus ad infinitum" i teisti sono praticamente invincibili ;D
Salve Phil. "
la gerarchia è solitamente tale fra elementi di una medesima classe tematica".
.....ehm....dunque......ma come faccio a replicare senza perdere la pazienza ?....quel che dici è verissimo.....ma la "classe tematica" riguardata dalla mia "gerarchia" in questo caso è il mondo fisico al completo !!.
"Inoltre, l'ordine cronologico non è in sé gerarchico, nel senso che non sempre ciò che viene prima/dopo fa parte di un graduale diminuendo/crescendo di valore o rilevanza.
Gerarchia, etimologicamente, significa "struttura di comando basata sull'anzianità".
Ciò che è più vecchio è più importante perchè rigorosamente necessario all'apparizione di ciò che ssso genera ! E' questo il significato sia di gerarchia che di cronologia !
"Stando alla tua proposta, la sostanza include ciò che la segue nella gerarchia (la materia) che a sua volta è dotata di ciò che la segue nella gerarchia... fra i primi due elementi c'è inclusione, poi subentra l'esser-dotati-di, poi magari ancora un altro criterio che lega gli elementi successivi, con il risultato che quei trattini che di volta in volta scandiscono la gerarchia, hanno ogni volta un significato differente, pur essendo graficamente identici. Così facendo (anzi "scrivendo"), secondo me, la gerarchia non si presenta con coerenza e non risulta facilmente decifrabile (magari è un limite mio...)."La sostanza consiste nel binomio materia-energia. Quindi include anche la materia. La quale è dotata di forma (la quale consiste in un assetto strutturale che genera la forma di qualsiasi oggetto materiale). Mi dispiace che tale relazione ti sia oscura.
"C'è poi la questione delle definizioni: come accennato in precedenza, quando si usano parole (stra)cariche di storia, non è prudente (se si vuole essere ben compresi) cancellarne l'ingombrante passato, affermando spensieratamente: per me "x" significa "y"... la cura per le definizioni è fondamentale" Certo, per essere completamente (chiaro ?) dovrei dilungarmi, cioè scrivere un piccolo saggio. Nè lo desidero nè lo trovo possibile. La mia definizione ultrasintetica di alcuni termini, se lo vorrai, la potrai leggere qui :
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/perche-il-materialismo-basta/msg24196/#msg24196,o anche :
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/l'immateriale/msg24166/#msg24166"Qualcuno ti potrebbe dire che l'entropia è stata creata da Dio, poiché una è "solo" un principio fisico, l'altro è l'origine di tutto, compreso quel principio (che quindi non è originario, ma solo convenzionalmente esplicativo). Nel "regressus ad infinitum" i teisti sono praticamente invincibili" Per carità ! Se qualcuno vuol sostenere che l'immateriale abbia creato il materiale, si accomodi pure. Qualcun altro potrebbe sostenere che Dio ed entropia siano sinonimi. Oppure che l'entropia ha generato tra le altre cose l'uomo, il quale - per esorcizzare la consapevolezza della propria mortalità acquisita attraverso la coscienza (la consapevolezza, non la morte!) - ha dovuto escogitare un principio che gli permettesse di sperare o credere nella propria immortalità individuale.
Infatti una delle conseguenze del possesso della coscienza consiste in una strana sindrome epidemica : la nostra incapacità di immaginare il mondo privo di noi stessi.
D'altra parte è naturale che ciascuno di noi creda in ciò che spera e speri vero ciò in cui crede
Salutoni.
Citazione di: viator il 27 Ottobre 2018, 14:36:47 PM
.....ehm....dunque......ma come faccio a replicare senza perdere la pazienza ?
Non temere, è solo un effetto collaterale della maieutica... non capita solo a te :)
Citazione di: viator il 27 Ottobre 2018, 14:36:47 PM
la "classe tematica" riguardata dalla mia "gerarchia" in questo caso è il mondo fisico al completo !!.
Intendi che anche gli elementi della parte finale della gerarchia, "INTELLETTO - CAPACITA' DI ASTRAZIONE - TRASCENDENZA - SPIRITUALITA'" (cit.) fanno parte del mondo fisico?
Citazione di: viator il 27 Ottobre 2018, 14:36:47 PM
Ciò che è più vecchio è più importante perchè rigorosamente necessario all'apparizione di ciò che ssso genera ! E' questo il significato sia di gerarchia che di cronologia !
Quindi se il più importante è il più vecchio, man mano che si avanza nel tempo l'importanza diminuisce? Che futuro triste, allora! ;D
Non è forse il caso di fare ordine fra l'ordine causale, l'ordine gerarchico, l'ordine logico e l'ordine cronologico?
Citazione di: viator il 27 Ottobre 2018, 14:36:47 PM
La sostanza consiste nel binomio materia-energia. Quindi include anche la materia. La quale è dotata di forma (la quale consiste in un assetto strutturale che genera la forma di qualsiasi oggetto materiale). Mi dispiace che tale relazione ti sia oscura.
Il mio appunto era metodologico, non contenutistico (e volendo... ;) ): il fatto che quei trattini che scandiscono la gerarchia abbiano significati spesso diversi (inclusione, dotazione, generazione, derivazione, successione, etc.) non ostacola un po' la comprensione, secondo te?
Salve Phil : "Intendi che anche gli elementi della parte finale della gerarchia, "INTELLETTO - CAPACITA' DI ASTRAZIONE - TRASCENDENZA - SPIRITUALITA'" (cit.) fanno parte del mondo fisico?"
Intendo che essi sono generati dal mondo fisico e ne hanno bisogno per esistere (pardon, in-sistere), anche se non consistono in enti materiali.
Ripeto : o l'immateriale ha generato il materiale oppure è l'inverso.
Tu come spieghi che al decesso tali "funzioni" svaniscano ? Saluti.
Citazione di: viator il 27 Ottobre 2018, 17:41:48 PM
Phil : "Intendi che anche gli elementi della parte finale della gerarchia, "INTELLETTO - CAPACITA' DI ASTRAZIONE - TRASCENDENZA - SPIRITUALITA'" (cit.) fanno parte del mondo fisico?"
Intendo che essi sono generati dal mondo fisico e ne hanno bisogno per esistere (pardon, in-sistere), anche se non consistono in enti materiali.
Se sono generati dal mondo fisico ma non vi appartengono, una gerarchia che spieghi "il mondo fisico al completo"(cit.) non dovrebbe escluderli, in quanto esterni?
Se un colonnello "genera" un figlio, allora la moglie e il figlio entrano per questo motivo a far parte delle gerarchie militari o di una spiegazione delle gerarchie militari?
Citazione di: viator il 27 Ottobre 2018, 17:41:48 PM
Tu come spieghi che al decesso tali "funzioni" svaniscano ?
Non avendo ancora "vissuto la (mia) morte" ;D non posso garantirti che svaniscano o gli accada altro (prima del "perché" bisognerebbe rispondere al "se").
Inoltre, non li considero quattro "funzioni"... comunque, dovendo/volendo proprio scommettere, direi che morendo il corpo, si spegne ogni sua attività cerebrale, il che mi fa supporre che i morti non abbiano intelletto né capacità d'astrazione e, ancor più probabilmente, non speculino su trascendenza e spiritualità (sono sicuramente più materialista che spiritualista ;) ).
Salve Phil."Se sono generati dal mondo fisico ma non vi appartengono, una gerarchia che spieghi "il mondo fisico al completo"(cit.) non dovrebbe escluderli, in quanto esterni?"
Io ho affermato che tali "funzioni" sono generate dal mondo fisico, non che appartengono ad esso.
Hai fornito l'esempio della famiglia di un militare.
Appunto. Nelle gerarchie familiari (civili o militari) i figli sono generati dai genitori. Essi non fanno parte dei genitori (i figli nascono generati da ciò che la preceduti per realizzare la diversità da ciò che li ha generati).Genitori e figli mantengono la propria distinta individualità.
I figli appartengono invece - nel senso di fare parte - alla famiglia (cioè, in senso figurato, il mondo che li ha generati), della quale continueranno a fare parte anche una volta che abbiano formato una eventuale ulteriore propria famiglia.
Sono convinto che in un futuro piuttosto lontano altre stupefacenti funzioni si manifesteranno dall'interno della nostra scatola cranica. O verranno installate da Dio o saranno il frutto di nuove intricatissime trame neuronali. Saluti.