Tutti sappiamo quale sia la differenza tra una affermazione falsa ritenuta vera e una menzogna. Qual è il motivo per cui nella nostra società si dà, almeno apparentemente, così tanta importanza alla verità? E questo sembra innegabile quando si assistono a varie polemiche tra individui nei quali il motivo del contendere poggia sul determinare la verità di un fatto. A complicarci le cose interviene che molte nostre affermazioni, da altri ritenute false, non possano essere confutate sul piano logico. Sarà vero? Cosa può suggerire tutto ciò? La domanda che pongo infine è questa: Quale sarebbe il peso della falsità, quand'anche della menzogna, nel determinare le forme della nostra attuale realtà sociale?
Citazione di: daniele22 il 13 Gennaio 2022, 12:23:44 PM
Tutti sappiamo quale sia la differenza tra una affermazione falsa ritenuta vera e una menzogna. Qual è il motivo per cui nella nostra società si dà, almeno apparentemente, così tanta importanza alla verità? E questo sembra innegabile quando si assistono a varie polemiche tra individui nei quali il motivo del contendere poggia sul determinare la verità di un fatto. A complicarci le cose interviene che molte nostre affermazioni, da altri ritenute false, non possano essere confutate sul piano logico. Sarà vero? Cosa può suggerire tutto ciò? La domanda che pongo infine è questa: Quale sarebbe il peso della falsità, quand'anche della menzogna, nel determinare le forme della nostra attuale realtà sociale?
Salve daniele22. L'uomo cerca la verità poichè pensa che - se quella certa tal cosa è vera - aumentino le probabilità che egli uomo trovi il modo di usare quella certa tal cosa VERA per risolvere i propri problemi, obbiettivo che non può essere raggiunto nel caso la medesima cosa venga considerata falsa.
Ad esempio - ma cuò vale per OGNI E QUASIASI UTILIZZO DI CIO' CHE SI CREDE ESSERE VERO - il credera vera la vita eterna risolve IL PROBLEMA massimo dell'uomo, mentre il crederla falsa gli genera spesso dei fastidiosissimi e talvolta dolorosi pruriti spirituali.Per quanto riguarda
la falsità - ovviamente e con infantile evidenza - il suo ruolo sociale è semplicemente quello di usarla a proprio individuale vantaggio all'interno del rapporto con gli altri. Saluti.
Citazione di: daniele22 il 13 Gennaio 2022, 12:23:44 PM
... La domanda che pongo infine è questa: Quale sarebbe il peso della falsità, quand'anche della menzogna, nel determinare le forme della nostra attuale realtà sociale?
Enorme. La civiltà umana è stata costruita bufala su bufala e la falsa coscienza regna sovrana. Classismo e sessismo si reggono su menzogne ideologiche millenarie. E la religione, pure.
"Ripetete una menzogna cento, mille, un milione di volte, e diventerà una verità " disse uno che di "realtà sociale" se ne intendeva.
Citazione di: daniele22 il 13 Gennaio 2022, 12:23:44 PM
A complicarci le cose interviene che molte nostre affermazioni, da altri ritenute false, non possano essere confutate sul piano logico. Sarà vero?
È vero.
Direi che una buona definizione di verità è " ciò che non si può confutare", ma la conseguenza di questa definizione sarebbe che ogni verità sia gratuita, cioè non c'è alcun buon motivo per cui la verità sia tale, e per questo non si trova un motivo per falsificarla.
Però ammetto che spiegare cosa sia la menzogna a partire da questa definizione di verità non sembra cosa facile.
Però mi sembra che possa mentire solo chi creda in qualche verità.
Chi mente quindi tradisce la propria fede.
Citazione di: viator il 13 Gennaio 2022, 13:43:20 PM
Citazione di: daniele22 il 13 Gennaio 2022, 12:23:44 PM
Tutti sappiamo quale sia la differenza tra una affermazione falsa ritenuta vera e una menzogna. Qual è il motivo per cui nella nostra società si dà, almeno apparentemente, così tanta importanza alla verità? E questo sembra innegabile quando si assistono a varie polemiche tra individui nei quali il motivo del contendere poggia sul determinare la verità di un fatto. A complicarci le cose interviene che molte nostre affermazioni, da altri ritenute false, non possano essere confutate sul piano logico. Sarà vero? Cosa può suggerire tutto ciò? La domanda che pongo infine è questa: Quale sarebbe il peso della falsità, quand'anche della menzogna, nel determinare le forme della nostra attuale realtà sociale?
Salve daniele22. L'uomo cerca la verità poichè pensa che - se quella certa tal cosa è vera - aumentino le probabilità che egli uomo trovi il modo di usare quella certa tal cosa VERA per risolvere i propri problemi, obbiettivo che non può essere raggiunto nel caso la medesima cosa venga considerata falsa.
Ad esempio - ma cuò vale per OGNI E QUASIASI UTILIZZO DI CIO' CHE SI CREDE ESSERE VERO - il credera vera la vita eterna risolve IL PROBLEMA massimo dell'uomo, men tre il crederla falsa gli genera spesso dei fastidiosissimi e talvolta dolorosi pruriti spirituali.
Per quanto riguarda la falsità - ovviamente e con infantile evidenza - il suo ruolo sociale è semplicemente quello di usarla a proprio individuale vantaggio all'interno del rapporto con gli altri. Saluti.
Salve illustre viator ... da un po' non ci si sente, è sempre un piacere. Penso che un buon cristiano forse non sarebbe proprio d'accordo, ma volevo chiederti per quali motivi il crederla falsa (la vita eterna) gli genera spesso dei problemi
Volevo fare una disambiguazione. Quando parlo di falsità, sia che si tratti di falsità linguistiche o di costume, parlo di falsità inconsapevoli. Nel momento in cui ci si rende conto della falsità si penetra nei territori della menzogna. Come disse qualcuno : "E' difficile sapere una cosa e far finta di non saperla", però se si fa finta di non saperla ...
Citazione di: daniele22 il 13 Gennaio 2022, 12:23:44 PM
Cosa può suggerire tutto ciò? La domanda che pongo infine è questa: Quale sarebbe il peso della falsità, quand'anche della menzogna, nel determinare le forme della nostra attuale realtà sociale?
Sono rimasto sorpreso da questa domanda, perché mi aspettavo chiedessi il peso della verità nel determinare le società, da cui poi si sarebbe potuto dedurre il peso della menzogna.
Per rispondere parto da una mia soggettiva opinione, che se da un lato posso criticare chi afferma di possedere la verità, dall'altro il fatto che la gente crede di possedere la verità mi rassicura, non nel senso che da essi mi aspetto del ben, ma nel senso che posso immaginare cosa aspettarmi, e quindi tenere in relazione a loro un comportamento consequenziale.
Chi crede di possedere una verità è più prevedibile, quindi potenzialmente meno pericoloso, così che è meno pericoloso un masso che rotola se esso possiede la verità gravitazionale di dove andrà a rotolare.
Le conseguenze sociali di una verità condivisa è quindi che gli individui rotolano insieme come fossero parti dello stesso masso.
Però ogni tanto una parte del masso tradisce la propria verità, per vedere che effetto fa' rotolare altrove.
La menzogna quindi è un espediente che ti fa' uscire dal solito tran tran, destabilizzando l'ordine sociale.
I giovani ad esempio non hanno altro modo di pesare l'importanza dell'ordine sociale se non derogandovi.
Penso che chi viva di menzogne sia un uomo camaleonte , che per difendersi rinuncia a una propria definita riconoscibile personalità. Mente l'uomo che non ha la forza di sostenere le proprie verità , o il giovane che ancora non le ha.
Saluti e salute a te, caro daniele22. Citandoti : "Salve illustre viator ... da un po' non ci si sente, è sempre un piacere. Penso che un buon cristiano forse non sarebbe proprio d'accordo, ma volevo chiederti per quali motivi il crederla falsa (la vita eterna) gli genera spesso dei problemi".
I "problemi" generati all'uomo (fatti salvi alcuni casi individuali che rappresentano soltanto l'eccezione destinata a confermare la regola) dal credere falsa la speranza in una vita eterna.............consistono semplicemente nel veder cadere la speranza umana fondamentale (appunto il voler essere eterni(**)) e di constatarla sostituita da una nichilistica disperazione.
(**) l'uomo (TUTTI GLI UOMINI) nascendo risulta affetto da una sindrome psichica quasi inspiegabile : L'INCAPACITA' DI CONCEPIRE IL MONDO PRIVO DI SE' STESSI. Saluti.
Citazione di: daniele22 il 13 Gennaio 2022, 21:16:04 PM
Volevo fare una disambiguazione. Quando parlo di falsità, sia che si tratti di falsità linguistiche o di costume, parlo di falsità inconsapevoli. Nel momento in cui ci si rende conto della falsità si penetra nei territori della menzogna. Come disse qualcuno : "E' difficile sapere una cosa e far finta di non saperla", però se si fa finta di non saperla ...
Nel momento in cui ci si rende conto della falsità inconsapevole, si è sostituita una presunta verità con una verità assoluta. Ma da cosa dovremmo riconoscere che quella nuova verità non sia un altra inconsapevole falsità?
Inconsapevole falsità sarebbe una buona definizione di sincera fede nella verità.
La verità è figlia dell'ignoranza, in un certo senso, perché se è vero ciò che non si può falsificare, non si può falsificare solo ciò che si ignora.
Noi quindi siamo fatti di molteplici verità inconsapevoli, che hanno conseguenze sociali forti quando altrettanto inconsapevolmente condivise.
La verità ha una forte conseguenza sociale. Senza verità condivise non vi sarebbe società, ma l'anarchia totale, non sapendo ognuno mai cosa aspettarsi dagli altri.
In una società così ordinata la menzogna serve a renderci imprevedibili.
Non è tanto che mentendo stiamo affermando una falsità, ma stiamo cercando di confondere le aspettative che gli altri hanno su di noi.
Citazione di: daniele22 il 13 Gennaio 2022, 12:23:44 PM
Qual è il motivo per cui nella nostra società si dà, almeno apparentemente, così tanta importanza alla verità? E questo sembra innegabile quando si assistono a varie polemiche tra individui nei quali il motivo del contendere poggia sul determinare la verità di un fatto.
Diciamo che se la personalità di un individuo poggia sulle sue verità , è comprensibile che discutendo di verità quando questa personalità si sta formando, il far prevalere una verità sull'altra diventa una questione di affermazione personale.
Faccio un'osservazione. Io sostengo di essere agnostico, da un punto di vista mentale. Di fatto però mi comporto da ateo. Ma il mio essere mentalmente agnostico dipende dalla mia fede nella ragione. La mia fede nella ragione però non mi permette di confutare l'idea di Dio. Iano ha detto che una buona definizione di verità è "ciò che non si può confutare". Nulla toglie però al fatto che una grande verità affermata (sistema tolemaico) sia stata in certo senso confutata. Amplierei quindi l'affermazione di Iano dicendo che la verità può venir confutata solo dal suo oblìo nelle nostre menti.
Viator ... Vorrei chiederti se hai mai considerato che la speranza fondamentale umana crollata con l'assenza di Dio, non sia, in aggiunta alla perdita dell'eternità, la perdita di una sicurezza che è quella dataci dal sentirsi nel giusto?
Ipazia ... Sai benissimo che condivido la tua idea. Quello che non so è se tu intenda precipitare l'essere umano a specie biologica che ineluttabilmente debba impegnarsi anche in guerra mortale col suo simile per ragioni non strettamente necessarie
Citazione di: daniele22 il 14 Gennaio 2022, 10:49:00 AM
Iano ha detto che una buona definizione di verità è "ciò che non si può confutare". Nulla toglie però al fatto che una grande verità affermata (sistema tolemaico) sia stata in certo senso confutata. Amplierei quindi l'affermazione di Iano dicendo che la verità può venir confutata solo dal suo oblìo nelle nostre menti.
In effetti il sistema tolemaico è confutabile ,ma solo per sostituirlo con qualcosa di altrettanto confutabile.
Esso stesso si è affermato come confutazione di altro sistema, e per lo stesso motivo può essere confutato.
Dire che il sole sta al centro, oppure la terra , sono due non verità .
Si tratta di pure esigenze descrittive, per cui necessariamente bisogna scegliere un inizio del racconto, o un punto su cui centrarlo, restringendo arbitrariamente il numero dei protagonisti, scegliendoli fra i tanti possibili.
Il vero oblio interviene quando ci convinciamo che solo uno dei due può essere vero, perché dei due ci appare evidente quale sia quello vero.
Quello che hanno in comune i due sistemi è che ognuno vale come la confutazione dell'altro.
Vero è che una descrizione può mostrarsi più utile di un altra, ma allora la verità avrebbe a che fare con l'utilità di qualcuno. Sarebbe proprio quello il tipo di verità che tanti lutti addusse agli Achei, e a quelli che vennero dopo.
Ciò che non possiamo confutare sono le convinzioni sedimentate dentro di noi, e non possiamo confutarle solo perché non le conosciamo.
Chiediti quale convinzione è sepolta dentro di te da farti dire che il sistema tolemaico è vero, perché se ci rifletti bene tu non sai dire il perché.
Sono questi i casi in cui per salvarci facciamo richiamo all'autorita' di altri : Tolomeo, Galilei dixit.
In sostanza Daniele io credo che le verità sepolte dentro noi smettono di essere tali quando riusciamo a farle emergere, perché solo così le possiamo confutare.
Quando però le verità portate fuori di noi, dandogli un colore, magari nero su bianco, pretendiamo che restino tali, che ancora siano cioè inconfutabili, questo è il tipo di verità che lascia morti sul campo, rivolgendo la nostra ira funesta a chi volesse confutarle.
Se è pur vero che ci tocca prender partito, che a volte ci viene semplicemente assegnato, come quando nasciamo, occorre però sapere che può essere cambiato, e questo ci consente sempre di metterci nei panni dei nostri avversari, sapendo che l'appartenenza è un fatto convenzionale.
Pensare che la pace possa realizzarsi se si dimostra che siamo tutti uguali è una strada impraticabile, perché non è vero che siamo tutti uguali. È vero che ognuno possa anche solo momentaneamente "confutarsi" cosciente della relatività del proprio essere e diventare l'altro, il diverso da se'.
La diversità in se' è una ricchezza, quindi non va' annullata.
Discuto con gli altri non per farmi le mie ragioni, ma per potermi immedesimare negli altri, e affermo me nella discussione perché gli altri in me possano immedesimarsi.
I cristiani questo, almeno a scritti e a parole, lo hanno capito, se pure Dio negli altri, cioè in noi , si è immedesimato.
Citazione di: daniele22 il 14 Gennaio 2022, 10:49:00 AM
...
Ipazia ... Sai benissimo che condivido la tua idea. Quello che non so è se tu intenda precipitare l'essere umano a specie biologica che ineluttabilmente debba impegnarsi anche in guerra mortale col suo simile per ragioni non strettamente necessarie
Non siamo una qualunque "specie biologica" e non abbiamo bisogno di verità fittizie (rammento lo "hypotheses non fingo" di Newton) per convivere e produrre episteme.
I greci, della cui sapienza siamo tutti debitori, con un guizzo di infinita saggezza declinarono la verità al negativo: a-letheia. La verità è disvelamento del mistero, uscita dalla caverna, negazione dell'ignoranza originaria e delle falsificazioni a seguire.
Questo è il cammino per rifondare il mondo nella veridicità. Oggetto centrale pure della riflessione nicciana.
Nel topic da me proposto pongo una contrapposizione tra falsità e menzogna. Nella lingua italiana il termine falsità ha due accezioni per cui a volte può significare errore e altre volte menzogna. Il distinguo che voglio fare è tra errore e menzogna. L'errore quindi, in questo caso, rappresenterebbe l'inconsapevolezza di compierlo, mentre la menzogna la consapevolezza di compierlo.
Iano ... mi sembra che tu mi prenda proprio per un dilettante allo sbaraglio con le tue istanze sulla verità. Pertanto, avvalorandole, anche se confesso che alcune cose che dici mi sono poco chiare (di sicuro, per tranquillizzarti, Non quella su copernico che mi è chiarissima), ti chiedo se hai mai pensato invece da dove nasca l'esigenza del metodo scientifico nel pretendere la falsificabilità di una teoria scientifica
Io sono un dilettante allo sbaraglio., Daniele.
La falsificabilita' presuppone che vi sia una verità, ma io vedo più le teorie fisiche in parallela evoluzione con l'uomo, dove l'evoluzione si adatta agli ambienti accidentali, o modificati, laddove l'uomo prova ad adattare gli ambienti a se' stesso.
Il tuo discorso presuppone che vi sia una verità.
Quindi posso chiudere qui la mia partecipazione al discorso dicendo che non esiste alcuna verità.
Al massimo posso provare , come ho fatto, a delineare l'origine del concetto di verità, che io al pari di tutti posseggo., a partire dal concetto di evidenza, ma nel farlo evidentemente sono andato fuori argomento. :D
Abbandono quindi la discussione , ma non senza averti regalato uno spunto di riflessione.
Una volta che tu fossi giunto alla verità come faresti ad accorgertene?
Nel momento in cui ciò mi fosse chiaro, allora anch'io mi metterei a cercarla, per tacere del fatto che una volta trovatala non ho al momento idea di cosa ci dovrei fare.
Non escludo che un giorno io possa sopprimere un mio simile, ma escludo che possa farlo in nome di una verità.
E se domani qualcuno decidesse di sopprimermi in nome della verità, lo prego di non dirmelo, perché mi ucciderebbe due volte.
Se poi la maggior causa di soppressione della vita fosse la verità , pensa che fortuna se tutti si convincessero che non esiste.
Confesso che temo tutti quelli che credono di possedere una verità, perché so' cosa possono fare in suo nome, come da tema della discussione.
L'unico modo in cui riesco a giustificare il loro agire e' che credono di agire per legittima difesa, perché credono che mettendo in dubbio quelle verità si metta indubbio la loro stessa
esistenza che loro credono fondata su quelle verità.
Con questa chiave possiamo leggere l'intera storia passata fatta di massacri, ma è triste che ancora lo si possa fare.
È evidente che a chiunque creda di possedere una verità, non avendone prove, altro non gli resta di fare che costruirle provando a sopprimere "la realtà " se quella mostra di non essere prova della sua verità.
C'un solo modo di costruire una società umana basta su una verità Daniele, per esclusione.
Tanto l'errore che la menzogna lasciano dietro di sé scie di morte e crudeltà. L'errore è eticamente più scusabile. La $cienza non ha scusante alcuna.
Citazione di: Ipazia il 15 Gennaio 2022, 13:58:33 PM
Tanto l'errore che la menzogna lasciano dietro di sé scie di morte e crudeltà. L'errore è eticamente più scusabile. La $cienza non ha scusante alcuna.
Se la scienza non ha scusanti allora l'uomo non ne ha, se la scienza e l'uomo, ma tu evidentemente pensi che sia altro da lui.
Si può falsificare solo ciò che si può porre, e non c'è cosa che si possa porre che non si possa falsificare, ma allora porre sarebbe un errore?
Ho detto $cienza, non scienza. Per quanto, in questi tempi in cui gli dei hanno accecato coloro che vogliono perdere, la distinzione sia così sottile da apparire inesistente.
Io appunto non la vedo la differenza, Ipazia.
Per me la scienza è una cosa umana che non sento il bisogno di scrivere se non con la esse minuscola. C'è la siamo sudata. Nessuno c'è l'ha data.
Sono fiero di questa impresa e vedo l'unico suo possibile fallimento nella non condivisione dell'impresa., e non certo nella sua impossibilità di giungere alla verità, possibilità che era nelle mie aspettative iniziali, ma che ho abbandonato per strada, senza aver perso interesse all'impresa, ma anzi il contrario.
Ti ripropongo Ipazia il quesito già' posto.
Come facciamo a riconoscere la verità una volta raggiunta?
Cosa c'è ne facciamo una volta che l'avremo?
Posso credere anche niente e mi va pure bene.
Ma da cosa dovrei riconoscerla una volta trovata?
Se a questa domanda non sappiamo rispondere e' evidente allora che non sappiamo di cosa parliamo, o meglio che stiamo parlando d'altro, e questo altro io ho provato a immaginare e a proporvi.
Ho immaginato questo altro come ciò che agisce in noi, ma in noi è sepolto.
Non possiamo confutarlo perché non ne abbiamo coscienza, e questo somiglia bene ad una possibile definizione di verità come la intendiamo.,come ciò che non possiamo confutare.
La scienza altro non è che la presa di coscienza di ciò che siamo e che di conseguenza facciamo.
Non è nulla di sostanzialmente nuovo se non una sua esplicitazione.
È una cacciata dal paradiso che non è mai terminata.
Significa dover pensare a ciò che si fa', quando nel paradiso siamo beatamente liberi da ogni pensiero e non c'è nulla da fare in particolare, e qualunque cosa accada avviene senza bisogno di esser pensata.
Ciò che rende l'umanità tale e' ciò che gli uomini condividono senza averlo scelto.
Ciò che fa' nuova l'umanità è ciò che gli uomini provano liberamente a condividere con la loro scienza.
Paradossalmente credo che i problemi che viviamo oggi con la pandemia abbiano causa in un tentativo di acquisire maggior capacità di condivisione.
C'è una differenza sostanziale tra scienza e $cienza. La prima è disinteressata: può errare, ma non mentire. La seconda è mossa da interessi estranei alla ricerca della verità possibile e non esita a mentire. Sconfinando nella ciarlataneria e nella corruzione.
Se la scienza è un tempio, la $cienza è il tempio occupato dai mercanti. Che, come sostenava un antico profeta, vanno cacciati senza tanti complimenti e sofismi.
"E allora disse ... la verità era che non solo non sapeva, ma nemmeno immaginava di essere stato tradito."
Iano ... Questo è il valore che attribuisco alla verità sia in termini colloquiali da bar che filosofici. Visto che lo chiedi pure a Ipazia e mi sembra che per te abbia importanza, visto che chiedi di capire almeno da cosa uno dovrebbe riconoscere una qualsiasi verità, ti suggerisco allora lo stupore. Caspita! Non ti è mai successo durante la vita?
Ipazia, grazie per il tuo piccolo inciso su "aletheia". Mi spiace di non conoscere il pensiero di Nietzche
Citazione di: Ipazia il 15 Gennaio 2022, 17:14:58 PM
C'è una differenza sostanziale tra scienza e $cienza. La prima è disinteressata: può errare, ma non mentire. La seconda è mossa da interessi estranei alla ricerca della verità possibile e non esita a mentire. Sconfinando nella ciarlataneria e nella corruzione.
Se la scienza è un tempio, la $cienza è il tempio occupato dai mercanti. Che, come sostenava un antico profeta, vanno cacciati senza tanti complimenti e sofismi.
Mi sembra evidente che non concordiamo perché vediamo la stessa cosa da due prospettive diverse, ma tu mi confermi che stiamo vedendo la stessa cosa.
Sarei felice di dire che concordo pienamente con te, se non fosse che dalla mia prospettiva vedo ciò che a te appare in primo piano come un dettaglio.
Citazione di: daniele22 il 15 Gennaio 2022, 17:56:49 PM
"E allora disse ... la verità era che non solo non sapeva, ma nemmeno immaginava di essere stato tradito."
Iano ... Questo è il valore che attribuisco alla verità sia in termini colloquiali da bar che filosofici. Visto che lo chiedi pure a Ipazia e mi sembra che per te abbia importanza, visto che chiedi di capire almeno da cosa uno dovrebbe riconoscere una qualsiasi verità, ti suggerisco allora lo stupore. Caspita! Non ti è mai successo durante la vita?
Ipazia, grazie per il tuo piccolo inciso su "aletheia". Mi spiace di non conoscere il pensiero di Nietzche
Caspita, come no?
Solo che lo stupore è come lo stimolo della fame, ma la sostanza è il mangiare.
Non hai ancora detto come farai a riconoscere la verità una volta che ne venissi in possesso, mentre Ipazia considerando la prospettiva da cui lei guarda le cose, ne ha dato una soddisfacente.
Potrei considerare soddisfacente anche la tua se riuscìssi a immedesimarmi nella tua prospettiva.
Dentro a quella di Ipazia nin faccio fatica a starci, perché è una prospettiva che ho praticato, quando credevo la verità esistesse, anche se non raggiungibile.
Come ho già' scritto immedesimarsi è meglio che concordare, perché ci si riesce a capire senza dover rinunciare alla propria diversità, che è cosa buona se si crede che essa sola possa produrre ricchezza.
Sono qui appunto per provare a immedesimarmi in te, ma ancora non ci sono riuscito.
Hai mai considerato che allo stupore segue sempre un senso di ovvietà, come allo stimolo della fame , quando tutto va' a buon fine, quello di sazietà ?
La verità non esiste, ma solo eventualmente un suo surrogato.
Ipazia pone l'accento non su quel che si fa', e che ammette errori, ma sulle intenzioni riguardo a quel che si fa'.
Io pongo l'accento sul fatto che non sempre ben si sa' quel che si fa', al di la' delle intenzioni volutamente taciute o dichiarate, e che anzi le nostre intenzioni a noi appaiono per quello che sono sola alla fine dell'opera.
Intendo con ciò che le intenzioni sono fondamentali, e che agiscono dentro di noi, ma che non faccio molto affidamento su quelle più o meno dichiarate, che a volte hanno solo il valore di una convenienza sociale e si espongono a volte inconsapevolmente come un riflesso condizionato.
Iano. Ti ho risposto dicendo che la riconosco dallo stupore che una nuova verità provoca nel constatare una cosa assolutamente inaspettata. La fame vien da dentro e immagino che solo raramente possa destar stupore, lo stupore vien da fuori ed è stupore mentale. Quel tizio non sarà rimasto stupito dall'apprendere che caio l'aveva tradito?
Che la realtà obbedisca sovente all'eterogenesi dei fini sono l'ultima a negarlo. Ancor più spesso è generata da un'eterogenesi dei casi, inclusiva di chi non ha nemmeno la possibilità di possedere dei fini.
Ma ciò non vale nella ricerca scientifica, sia essa disinteressata o sponsorizzata. Semmai saranno i risultati della ricerca a seguire strade impreviste. Ma l'intenzionalità c'è, pesa, e condiziona il mondo del sapere. E la verità, possibile e transeunte, a cui attingiamo la nostra visione del mondo.
Citazione di: daniele22 il 13 Gennaio 2022, 12:23:44 PM
Tutti sappiamo quale sia la differenza tra una affermazione falsa ritenuta vera e una menzogna. Qual è il motivo per cui nella nostra società si dà, almeno apparentemente, così tanta importanza alla verità? E questo sembra innegabile quando si assistono a varie polemiche tra individui nei quali il motivo del contendere poggia sul determinare la verità di un fatto. A complicarci le cose interviene che molte nostre affermazioni, da altri ritenute false, non possano essere confutate sul piano logico. Sarà vero? Cosa può suggerire tutto ciò? La domanda che pongo infine è questa: Quale sarebbe il peso della falsità, quand'anche della menzogna, nel determinare le forme della nostra attuale realtà sociale?
La menzogna ha un peso rilevante nella nostra società poichè come insegna Macchiavelli, nasconde il vero obiettivo del politico.
Se io mento su un tema, non ho paura delle reazione del popolo, sia che il popolo la accetti, sia che non la accetti, l'importante è che non si accorga del vero intento del politico.
Poichè il popolo è distratto, il politico raduna l'esercito verso il luogo particolare da attaccare.
Dunque la menzogna è tattica, e la strategia è l'attacco militare (qui non è importante la distinzione se l'attacco sia interno o esterno).
Dunque al menzogna è una questione con cui si fa politica. Il politico che non mente, è uno sprovveduto.
Per quanto riguarda il tema della formalità della proposizione vera (o falsa) è legata alla questione giuridica, infatti la legge svia la realtà non tanto sui fatti avvenuti, bensì sulla loro interpretazione, di modo che i ricchi la fanno franca e i poveri no.
Basta che una proposizione sia indecidibile e il malvagio la fa franca.
La verità del fatto naturalmente è importante perchè riguarda l'utilità che ad essa si da priorità.
Se dunque è vero che il mio albero sconfina nel tuo giardino, ecco che il fatto che la parte dell'albero stia dentro il tuo giardino, vuol dire che l'albero è tuo.
E questo giuridicamente è vero.
Eppure è un fatto che l'albero è tuo e contemporaneamente mio.
Ma per evitare inutile spargimenti di sangue, la società ha bisogno di dare al fatto un grado di fatticità unilaterale.
In questo caso il fatto però esiste, comunque si tratta di un albero.
Chi invece mente dicendo che l'albero non è un albero Bè se uno non è scemo capiamo che siamo nell'ambito politico.
Dunque abbiamo un livello societario-unilaterale (giuridico), un livello giuridico-formale(politico) ed uno politico strategico (politico).
Dunque possiamo ben dire che la nostra società si basa sulla menzogna.
Ma la menzogna ha bisogno della verità.
Per questo la verità è così importante. Se non vi fosse verità, nessuno userebbe la menzogna per dominare.
Grazie degli elementi di riflessione, sono soddisfatto della mia risposta. (no non è una menzogna ;) )
Citazione di: Ipazia il 15 Gennaio 2022, 21:45:04 PM
Che la realtà obbedisca sovente all'eterogenesi dei fini sono l'ultima a negarlo. Ancor più spesso è generata da un'eterogenesi dei casi, inclusiva di chi non ha nemmeno la possibilità di possedere dei fini.
Ma ciò non vale nella ricerca scientifica, sia essa disinteressata o sponsorizzata. Semmai saranno i risultati della ricerca a seguire strade impreviste. Ma l'intenzionalità c'è, pesa, e condiziona il mondo del sapere. E la verità, possibile e transeunte, a cui attingiamo la nostra visione del mondo.
Ciao Ipazia, potremmo ben dire che però nell'eterogenesi dei fini si ha bisogno proprio della capacità tecnica di piegare l'opinione altrui.
In questo senso la scienza è di per se l'arma più potente. Non capisco perchè leggerlo come una questione impersonale sia tanto un problema (sto leggendo Preve).
In questo senso la tecnica usata politicamente (per il bene o il male che sia) ha comunque un effetto prevaricante, e questa prevaricazione crea un cortocircuito impazzito per cui poi qualsiasi comunismo decade.
Mi pare che la tua fede nella scienza (benefica o positiva che sia) manchi del buon senso di capire questa cosa (ossia come giustamente nota daniele, che la scienza è automaticamente una questione di prevaricazione umana, la scienza essendo fatta da uomini: che è una cosa storica tra l'altro!!!
???
Mi interessa tantissimo questo crocevia interessantissimo tra pensiero di sinistra e quello di destra.
Infatti in parte riconosco che l'accettazione passiva di un tale assunto, appunto la tecnica come destino del male sia una forma ideologica propria della borghesia imbolsita e incapace di dialogare col proletariato.
Dico in parte perchè non necessariamente l'accettazione porta ad un pensiero passivo (ma indubbiamente è giusta la critica previana).
Quante cose interessanti di cui parlare, è un peccato che forse ci fanno fuori :D .
Citazione di: green demetr il 15 Gennaio 2022, 21:59:44 PM
Mi pare che la tua fede nella scienza (benefica o positiva che sia) manchi del buon senso di capire questa cosa (ossia come giustamente nota daniele, che la scienza è automaticamente una questione di prevaricazione umana, la scienza essendo fatta da uomini: che è una cosa storica tra l'altro!!!
???
Mi interessa tantissimo questo crocevia interessantissimo tra pensiero di sinistra e quello di destra.
Ciao Green, un leggero fuori tema, per curiosità. Ho tratto questo pezzo dal tuo dialogo con Ipazia. Dove hai letto questo che mi attribuisci e che non ricordo? Oppure è solo una deduzione che fai?. Tra l'altro lo riconosco come mio possibile. Se è a quella espressione poi che ti riferisci nel crocevia tra dx e sx, non mi sentirei portatore di un pensiero di dx, anzi, le posizioni conservatrici della dx mi sono antipaticissime
Citazione di: daniele22 il 15 Gennaio 2022, 22:54:16 PM
Citazione di: green demetr il 15 Gennaio 2022, 21:59:44 PM
Mi pare che la tua fede nella scienza (benefica o positiva che sia) manchi del buon senso di capire questa cosa (ossia come giustamente nota daniele, che la scienza è automaticamente una questione di prevaricazione umana, la scienza essendo fatta da uomini: che è una cosa storica tra l'altro!!!
???
Mi interessa tantissimo questo crocevia interessantissimo tra pensiero di sinistra e quello di destra.
Ciao Green, un leggero fuori tema, per curiosità. Ho tratto questo pezzo dal tuo dialogo con Ipazia. Dove hai letto questo che mi attribuisci e che non ricordo? Oppure è solo una deduzione che fai?. Tra l'altro lo riconosco come mio possibile. Se è a quella espressione poi che ti riferisci nel crocevia tra dx e sx, non mi sentirei portatore di un pensiero di dx, anzi, le posizioni conservatrici della dx mi sono antipaticissime
e c'hai ragione pure tu.
infatti era iano :-* cit "Se la scienza non ha scusanti allora l'uomo non ne ha, se la scienza e' l'uomo, ma tu evidentemente pensi che sia altro da lui.
Si può falsificare solo ciò che si può porre, e non c'è cosa che si possa porre che non si possa falsificare, ma allora porre sarebbe un errore?"
però come anche tu ammetti forse c'entri pure tu quando infatti affermi:
cit "Iano ... ti chiedo se hai mai pensato invece da dove nasca l'esigenza del metodo scientifico nel pretendere la falsificabilità di una teoria scientifica"
Come a dire che vi è una pretesa! (e lo condivido in maniera affermativa, mentre tu lo poni dubitativamente, ma vi è davvero differenza?) , cosa che Iano d'altronde non accoglie nella sua critica a Ipazia (che condivido nella prima parte), a mia volta come te, colgo in Iano una necessità che non è necessaria, il desiderio di voler porre qualcosa a tutti i costi (o almeno così leggo la sua istanza di pensiero).
Insomma due critiche ne valgono una, la mia appunto: che la menzogna è una questione politica.
ah ah pure io sono di sinistra ma oggi è ormai impossibile non essere di destra, pena un triste travisamento dei fatti costante e pericoloso. Meglio la sana grossolanità di destra che distingue
in maniera rozza tra bene e male, ma nel bene ci mette la democrazia e nel male il comunismo (a questo siamo dopo il socialismo di hitler che diventa nazismo e che dire del comunismo stalianiano, o dei suoi prodromi ancora più violenti, cina e pol pot, caro amico la storia si ripete ancora ed ancora ed ancora ??? :o :D )
@Green.
Ma è veramente necessario chiamare menzogna,,e quindi presupporre ci sia una verità, ciò con cui proviamo a depistare le aspettative degli altri sulle nostre intenzioni ?
Questa menzogna somiglia più a un miracolo con cui si ingannano le leggi naturali, più che gli uomini.
Magari è sufficiente creare negli altri false aspettative su di noi.
Ma già questo facciamo quando per quieto vivere, e non per primeggiare nella società , ci conformiamo alle convenzioni.
Si potrebbe dire che il lusso dei potenti sia invece una condotta coerente col proprio sentire, mentre al povero tocca dissimulare la propria natura. E dunque cosa c'entrano menzogna e verità?
Il camaleonte e la seppia mentono quando cambiano colore?
Citazione di: iano il 16 Gennaio 2022, 01:51:38 AM
@Green.
Ma è veramente necessario chiamare menzogna,,e quindi presupporre ci sia una verità, ciò con cui proviamo a depistare le aspettative degli altri sulle nostre intenzioni ?
Questa menzogna somiglia più a un miracolo con cui si ingannano le leggi naturali, più che gli uomini.
Magari è sufficiente creare negli altri false aspettative su di noi.
Ma già questo facciamo quando per quieto vivere, e non per primeggiare nella società , ci conformiamo alle convenzioni.
Si potrebbe dire che il lusso dei potenti sia invece una condotta coerente col proprio sentire, mentre al povero tocca dissimulare la propria natura. E dunque cosa c'entrano menzogna e verità?
Il camaleonte e la seppia mentono quando cambiano colore?
ciao Iano, no ovviamente non è una necessità la menzogna, ma ci facevamo la domanda a livello sociale, quanto essa conti.
E di nuovo rispondi molto bene a te stesso quando dici che il popolo è costretto a dissimulare la propria natura, in ordine al quieto vivere.
E dunque la menzogna del polpo e del granchio che si fingono di essere roccia marina o fondale marino, è solo per mangiare il popolo dei pesciolini. ;)
Come vedi la natura ci offre potenti metafore su quelle astrazioni che da soli siamo in grado di fare, eco di una realtà mostruosa.
Certo grazie a Dio non necessaria, necessaria per la sopravvivenza del polpo e del granchio, l'uomo può fare meglio che ammazzarsi gli uni cogli altri, e che vuoi forse un giorno succederà!
Citazione di: green demetr il 16 Gennaio 2022, 00:03:06 AM
Citazione di: daniele22 il 15 Gennaio 2022, 22:54:16 PM
Citazione di: green demetr il 15 Gennaio 2022, 21:59:44 PM
Mi pare che la tua fede nella scienza (benefica o positiva che sia) manchi del buon senso di capire questa cosa (ossia come giustamente nota daniele, che la scienza è automaticamente una questione di prevaricazione umana, la scienza essendo fatta da uomini: che è una cosa storica tra l'altro!!!
???
Mi interessa tantissimo questo crocevia interessantissimo tra pensiero di sinistra e quello di destra.
Ciao Green, un leggero fuori tema, per curiosità. Ho tratto questo pezzo dal tuo dialogo con Ipazia. Dove hai letto questo che mi attribuisci e che non ricordo? Oppure è solo una deduzione che fai?. Tra l'altro lo riconosco come mio possibile. Se è a quella espressione poi che ti riferisci nel crocevia tra dx e sx, non mi sentirei portatore di un pensiero di dx, anzi, le posizioni conservatrici della dx mi sono antipaticissime
e c'hai ragione pure tu.
infatti era iano :-* cit "Se la scienza non ha scusanti allora l'uomo non ne ha, se la scienza e' l'uomo, ma tu evidentemente pensi che sia altro da lui.
Si può falsificare solo ciò che si può porre, e non c'è cosa che si possa porre che non si possa falsificare, ma allora porre sarebbe un errore?"
però come anche tu ammetti forse c'entri pure tu quando infatti affermi:
cit "Iano ... ti chiedo se hai mai pensato invece da dove nasca l'esigenza del metodo scientifico nel pretendere la falsificabilità di una teoria scientifica"
Come a dire che vi è una pretesa! (e lo condivido in maniera affermativa, mentre tu lo poni dubitativamente, ma vi è davvero differenza?) , cosa che Iano d'altronde non accoglie nella sua critica a Ipazia (che condivido nella prima parte), a mia volta come te, colgo in Iano una necessità che non è necessaria, il desiderio di voler porre qualcosa a tutti i costi (o almeno così leggo la sua istanza di pensiero).
Insomma due critiche ne valgono una, la mia appunto: che la menzogna è una questione politica.
ah ah pure io sono di sinistra ma oggi è ormai impossibile non essere di destra, pena un triste travisamento dei fatti costante e pericoloso. Meglio la sana grossolanità di destra che distingue
in maniera rozza tra bene e male, ma nel bene ci mette la democrazia e nel male il comunismo (a questo siamo dopo il socialismo di hitler che diventa nazismo e che dire del comunismo stalianiano, o dei suoi prodromi ancora più violenti, cina e pol pot, caro amico la storia si ripete ancora ed ancora ed ancora ??? :o :D )
Fatalità l'ho detto anch'io Green, mi è venuto in mente poi, ma da qualche parte mi ricordo di avere detto che consideravo la scoperta scientifica come una provocazione. Non ho cercato dove lo dissi, ma mi ricordo che sottolineavo inoltre che trovavo contradditorio il mio voler persistere a provocare ancora cercando di volermi affermare con la nuova e grande provocazione dell'errore mentale nella mente umana. E proseguivo poi dicendo ambiguamente che dev'esserci ben un motivo valido per cui mi contraddicevo. E qui entriamo nel regno dello scopo, della politica se vuoi. Certo è che la mia ricerca personale non era mossa da intenti economici. Ho poi accarezzato l'idea della fama, ma l'ho sacrificata, poiché ritenevo infine che fosse più importante l'idea che il suo produttore.
Detto questo, volevo dire che la pretesa di falsifabilità del metodo scientifico poggerebbe a mio giudizio sul fatto (che forse ignoro per mia ignoranza filosofica in termini accademici) che la scienza si rende conto che ogni mappa venga alla luce dalla doxa, ovvero dal credo. Ogni mappa è retta da un credo. E su cosa poggia questo credo?
La verità dev'esser vista come qualcosa che si attesta di fronte ai nostri sensi, così come il magazzino Amazon che si è attestato ad una ventina di km da casa mia. Quello costituisce una verità la cui influenza grava in determinati ambiti spazio temporali. Trovare una banconota da cinquanta euro per terra costituisce una verità che grava in un determinato ambito spazio temporale. Poi subentrano i media che estendono questo ambito spazio temporale in cui grava la verità di cui si narra. Green, la via c'è per venirne a capo, ma dipende dalle pretese che ciascuno ha
Magari è possibile Daniele che tu credi in un magazzino Amazon e perciò questo ti si para davanti.
Intendo dire con questa battuta che se sono perlopiu' espliciti i credi su cui si basa la falsificabile scienza, e solo per questo sono falsificabili, cioè negabili per lo stesso motivo che li si afferma, non si può falsificare invece un credo sepolto in noi, ma che non perciò ha conseguenze nel costruire le evidenze.
L'evidenza è appunto ciò che non si può negare, ma succede poi che essendo essa legata alla nostra percezione, la quale appunto agisce in noi a partire da premesse nascoste, riusciamo a negarla nella misura in cui riusciamo ad esplicitare queste premesse, svelando i suoi meccanismi, il suo essere a sua volta mappa.
Che le cose vadano così lo dimostra il fatto che nella storia della scienza non sempre i suoi credi sono stati immediatamente espliciti, e ogni mappa si caratterizza per essere prodotta da un mix di consapevolezza e inconsapevolezza.
L'esempio classico è la geometria di Euclide che parte da evidenze che i matematici di oggi non considerano più tali, declassandoli a credi e la sua geometria a una delle tante possibili mappe.
La nostra percezione è come un GPS che contiene la mappa di Euclide, e che non viene aggiornato da qualche migliaio di anni.
Quando vogliamo fare un esempio di verità, chiamiamo in ballo ciò la cui evidenza non si può negare.
Ma che fine fa' la verità quando riuscissimo a negare l'evidenza esplicitando i meccanismi che la generano?
Riusciremmo per tenerla in piedi a trovare ulteriori esempi che la illustrino?
Il rischio è che c'è la dovremo tenere come un credo come in effetti per pro forma hanno fatto i matematici, i quali dimostrano che se è vera una tale cosa allora è vera la tal'altra, ma che potrebbero dire la stessa cosa senza chiamare in ballo la verità, dicendo cosa segue da cosa.
Citazione di: daniele22 il 13 Gennaio 2022, 12:23:44 PM
Quale sarebbe il peso della falsità, quand'anche della menzogna, nel determinare le forme della nostra attuale realtà sociale?
La domanda che fenomenologicamente precede quella sul ruolo della falsità, è quella sul ruolo della verità: perché parliamo di «verità», qual è la necessità (psico)logica della verità? Per ragionare prima di agire abbiamo bisogno di sapere di cosa possiamo fidarci, quali punti d'appoggio per la nostra azione e il nostro pensiero ci danno garanzia di tenuta, di supporto, il famoso punto d'appoggio archimedeo su cui sollevare (la nostra visione de) il mondo. La verità, se intesa come coerenza fra descrizione e suo oggetto (poiché non c'è verità se non nel discorso che ne parla, nemmeno quando la si ipostatizza in Verità metafisica o altro), è dunque solitamente un'informazione che serve, utilitaristicamente parlando, a comprendere la realtà o a prendere decisioni basandosi su tale verità (sempre tenendo ben ferma la distinzione fra verità ed esistenza, ossia fra discorso ed oggetto del discorso).
Socialmente parlando, non è tuttavia necessario che la verità sia vera (come dimostra tutto il fenomeno, non certo recente, della cosiddetta "postverità"): se un'informazione o un complesso di notizie sono creduti veri, potranno avere ripercussioni sociali persino epocali, senza che la verità si faccia giustizia da sola (storicamente non mancano i casi di
leader che hanno movimentato masse o sconvolto il pianeta propugnando una "tesi di verità" tutt'altro che vera, così come, d'altro canto, ogni genitore/governo sa che a volte è "bene" non dire tutta la verità al proprio figlio/popolo, anche se questi si ritiene, controfattualmente, in grado di badare bene a se stesso).
Per cui, secondo me, diventa fondamentale distinguere la verità della scienza, quella che è tale solo se può essere falsificata (l'infalsificabile è alieno alla verità, più di quanto lo sia la falsità che ne è la nemesi sullo stesso "piano"), dalla verità della credenza o, ancor "peggio", dalla verità applicata a ciò che non ha a che fare con la verità ontologica, ma solo con la convenzione sociale, la cultura, un certo orizzonte di senso o paradigma, etc. senza nessi necessari e univoci con la realtà: la "vera" giustizia, la "vera" bellezza, la "vera" fede, la "vera" filosofia, i "veri" valori, etc. dove "vero" (qui inteso come "autentico", se non come "migliore") non ha alcun rapporto cogente con la realtà, ma solo con una determinata narrazione (autoreferenziale), spesso tutt'altro che epistemica,
interpretante la realtà sociale, non quella "ontologica".
Tutto ciò premesso, direi che «il peso della falsità» dipende molto dal "peso statistico" delle persone che la ritengono una verità, soprattutto considerando come in ambito sociale e culturale non è sempre possibile un esperimento che dimostri "oggettivamente" quale sia la verità, specialmente se per "verità" intendiamo in realtà, più o meno dissimulatamente, un valore o un ideale fra i molti possibili.
Citazione di: Phil il 16 Gennaio 2022, 13:37:34 PM
Citazione di: daniele22 il 13 Gennaio 2022, 12:23:44 PM
Quale sarebbe il peso della falsità, quand'anche della menzogna, nel determinare le forme della nostra attuale realtà sociale?
La domanda che fenomenologicamente precede quella sul ruolo della falsità, è quella sul ruolo della verità: perché parliamo di «verità», qual è la necessità (psico)logica della verità? Per ragionare prima di agire abbiamo bisogno di sapere di cosa possiamo fidarci, quali punti d'appoggio per la nostra azione e il nostro pensiero ci danno garanzia di tenuta, di supporto, il famoso punto d'appoggio archimedeo su cui sollevare (la nostra visione de) il mondo. La verità, se intesa come coerenza fra descrizione e suo oggetto (poiché non c'è verità se non nel discorso che ne parla, nemmeno quando la si ipostatizza in Verità metafisica o altro), è dunque solitamente un'informazione che serve, utilitaristicamente parlando, a comprendere la realtà o a prendere decisioni basandosi su tale verità (sempre tenendo ben ferma la distinzione fra verità ed esistenza, ossia fra discorso ed oggetto del discorso).
Socialmente parlando, non è tuttavia necessario che la verità sia vera (come dimostra tutto il fenomeno, non certo recente, della cosiddetta "postverità"): se un'informazione o un complesso di notizie sono creduti veri, potranno avere ripercussioni sociali persino epocali, senza che la verità si faccia giustizia da sola (storicamente non mancano i casi di leader che hanno movimentato masse o sconvolto il pianeta propugnando una "tesi di verità" tutt'altro che vera, così come, d'altro canto, ogni genitore/governo sa che a volte è "bene" non dire tutta la verità al proprio figlio/popolo, anche se questi si ritiene, controfattualmente, in grado di badare bene a se stesso).
Per cui, secondo me, diventa fondamentale distinguere la verità della scienza, quella che è tale solo se può essere falsificata (l'infalsificabile è alieno alla verità, più di quanto lo sia la falsità che ne è la nemesi sullo stesso "piano"), dalla verità della credenza o, ancor "peggio", dalla verità applicata a ciò che non ha a che fare con la verità ontologica, ma solo con la convenzione sociale, la cultura, un certo orizzonte di senso o paradigma, etc. senza nessi necessari e univoci con la realtà: la "vera" giustizia, la "vera" bellezza, la "vera" fede, la "vera" filosofia, i "veri" valori, etc. dove "vero" (qui inteso come "autentico", se non come "migliore") non ha alcun rapporto cogente con la realtà, ma solo con una determinata narrazione (autoreferenziale), spesso tutt'altro che epistemica, interpretante la realtà sociale, non quella "ontologica".
Tutto ciò premesso, direi che «il peso della falsità» dipende molto dal "peso statistico" delle persone che la ritengono una verità, soprattutto considerando come in ambito sociale e culturale non è sempre possibile un esperimento che dimostri "oggettivamente" quale sia la verità, specialmente se per "verità" intendiamo in realtà, più o meno dissimulatamente, un valore o un ideale fra i molti possibili.
Ciao Phil, grazie per il contributo. Se mi risulta chiaro il termine "fenomenologìa", tra la domanda che precede il ruolo della falsità rispetto a quella della verità esisterebbe pure la pausa che poi determinerà l'azione. In tale pausa, chiamiamola riflessiva, non sta solo la verità su cui si poggia, quella di cui fidarci, bensì pure la motivazione e l'intenzione dell'azione che poi si esprimerà (vista dall'osservatore) in termini di ragionevolezza d'azione. Mi rendo quindi ben conto che quel che dici dopo si sia realizzato, e si realizzi tutt'ora.
Dopodiché, dissentendo in parte da te, ritengo fondamentale distinguere le verità della scienza dalle verità della ragione umana che critica se stessa sotto le bandiere della scienza, ma qui occorre dialogo
Chiosando il post di Phil:
A differenza del falsificazionismo metafisico (religione e sistemoni) e di quello politico (Goebbels ed epigoni contemporanei) il falsificazionismo scientifico si applica a sistemi chiusi rigorosamente de-finiti.
Venendo meno il rigore della definizione (riscontro sperimentale) si passa nelle altre due forme di falsificazionismo anche nella comunità scientifica.
La covidemia, come l'economics, la fanno fuori dal vaso sistematicamente e consapevolmente. Le "scienze umane" ne sono continuamente tentate. E le invenzioni di paradigmi farlocchi, e spesso malvagi, si sprecano.
A green direi che oggi siamo oltre la decostruzione critica della verità borghese operata dai maestri della concezione materialistica della storia. Oggi la verità procede trasversalmente (ricordo A-traverso nel crepuscolo della verità di sx di qualche decennio fa) in un magma sociale che il Capitale controlla urbi et orbi. Una melassa che ha inghiottito pure i crocicchi della storia umana.
Forse è per questo che a-letheia è tornata così attuale e arcana come un tesoro in bitcoin coniato in persona dal supercalcolatore degli autostoppisti galattici. Lui che (forse) la sa.
Citazione di: iano il 16 Gennaio 2022, 12:39:16 PM
Magari è possibile Daniele che tu credi in un magazzino Amazon e perciò questo ti si para davanti.
Perdona Iano, ma mi dedico brevemente a questa tua battuta.
E' proprio questo il punto. Se io rivolgessi la mia vita prevalentemente allo studio dei tardigradi, una volta ho provato con scarso successo di individuarne almeno uno esaminando il muschio del muretto di casa, probabilmente la gravità spazio temporale del magazzino Amazon potrebbe anche scomparire, ma la grande mano gravitazionale si è potuta vedere anche in occasione dell'ultima verità del covid e pure in sinergia: sportello tampone dedicato.
@daniele22Interessante il "rimbalzo" dell'esigenza di distinzione fra «diventa fondamentale distinguere la verità della scienza, quella che è tale solo se può essere falsificata [...] dalla verità della credenza o, ancor "peggio", dalla verità applicata a ciò che non ha a che fare con la verità ontologica, ma solo con la convenzione sociale, la cultura, un certo orizzonte di senso o paradigma, etc.»(autocit.) e
Citazione di: daniele22 il 16 Gennaio 2022, 15:40:14 PM
dissentendo in parte da te, ritengo fondamentale distinguere le verità della scienza dalle verità della ragione umana che critica se stessa sotto le bandiere della scienza
Non sono certo su quale sia il parziale dissenso e mi incuriosisce il concetto di «verità della ragione umana che critica se stessa sotto le bandiere della scienza»(cit.), soprattutto se con quest'ultima non alludi alle neuroscienze, in cui la ragione umana si imbatte nell'empiria del proprio funzionamento, che essendo tendenzialmente oggettivo non può prestarsi a critiche "di concetto".
Credo che la scienza, essenzialmente, non dia basi per criticare la ragione umana, essendone "distillata" applicazione: la scienza analizza, studia, sperimenta, etc. si occupa di verità fattuali (quindi incompatibili con le "verità" ideologiche e prospettiche di cui si nutre la società nel suo strutturarsi); al massimo è la ragione che critica se stessa mettendosi alla prova nell'applicarsi alla scienza. Chiaramente, la scienza (come le sue verità) può essere strumentalizzata, ostracizzata, deturpata in narrazioni faziose, etc. ma ciò non è "difetto" della scienza quanto piuttosto un suo uso improprio da parte di ideologie politiche o sociali, o comunque non scientifiche, quindi non strettamente pertinenti (per quanto "comunicanti" con la scienza). Sicuramente ci sono zone di intersezione fra scienza e riflessione sulla scienza (epistemologie, bioetiche, etc.), tuttavia, sempre a proposito di distinzioni, non va confuso quale sia l'apporto della scienza (dati, procedure, dimostrazioni, etc.) e l'apporto ideologico (scopi, utilizzi, applicazioni, etc.).
Le «verità della ragione umana che critica se stessa sotto le bandiere della scienza»(cit.) sono a
rischio (dipende dai casi) di "confusione di ruolo" tanto quanto lo sono/sarebbero le "verità della scienza che critica se stessa sotto le bandiere della ragione umana"; affinché ci sia una "sana" dialettica fra le due bisogna distinguerne i ruoli e le responsabilità (così come è sano distinguere il ruolo e la responsabilità dello scienziato da quelli del politico).
So che toccando questo tema c'è un elefante nella stanza, ma preferirei non "covidizzare" anche questo topic.
Citazione di: Phil il 16 Gennaio 2022, 21:57:44 PM
@daniele22
Interessante il "rimbalzo" dell'esigenza di distinzione fra «diventa fondamentale distinguere la verità della scienza, quella che è tale solo se può essere falsificata [...] dalla verità della credenza o, ancor "peggio", dalla verità applicata a ciò che non ha a che fare con la verità ontologica, ma solo con la convenzione sociale, la cultura, un certo orizzonte di senso o paradigma, etc.»(autocit.) e
Citazione di: daniele22 il 16 Gennaio 2022, 15:40:14 PM
dissentendo in parte da te, ritengo fondamentale distinguere le verità della scienza dalle verità della ragione umana che critica se stessa sotto le bandiere della scienza
Non sono certo su quale sia il parziale dissenso e mi incuriosisce il concetto di «verità della ragione umana che critica se stessa sotto le bandiere della scienza»(cit.), soprattutto se con quest'ultima non alludi alle neuroscienze, in cui la ragione umana si imbatte nell'empiria del proprio funzionamento, che essendo tendenzialmente oggettivo non può prestarsi a critiche "di concetto".
Credo che la scienza, essenzialmente, non dia basi per criticare la ragione umana, essendone "distillata" applicazione: la scienza analizza, studia, sperimenta, etc. si occupa di verità fattuali (quindi incompatibili con le "verità" ideologiche e prospettiche di cui si nutre la società nel suo strutturarsi); al massimo è la ragione che critica se stessa mettendosi alla prova nell'applicarsi alla scienza. Chiaramente, la scienza (come le sue verità) può essere strumentalizzata, ostracizzata, deturpata in narrazioni faziose, etc. ma ciò non è "difetto" della scienza quanto piuttosto un suo uso improprio da parte di ideologie politiche o sociali, o comunque non scientifiche, quindi non strettamente pertinenti (per quanto "comunicanti" con la scienza). Sicuramente ci sono zone di intersezione fra scienza e riflessione sulla scienza (epistemologie, bioetiche, etc.), tuttavia, sempre a proposito di distinzioni, non va confuso quale sia l'apporto della scienza (dati, procedure, dimostrazioni, etc.) e l'apporto ideologico (scopi, utilizzi, applicazioni, etc.).
Le «verità della ragione umana che critica se stessa sotto le bandiere della scienza»(cit.) sono a rischio (dipende dai casi) di "confusione di ruolo" tanto quanto lo sono/sarebbero le "verità della scienza che critica se stessa sotto le bandiere della ragione umana"; affinché ci sia una "sana" dialettica fra le due bisogna distinguerne i ruoli e le responsabilità (così come è sano distinguere il ruolo e la responsabilità dello scienziato da quelli del politico).
So che toccando questo tema c'è un elefante nella stanza, ma preferirei non "covidizzare" anche questo topic.
Tu tiri in ballo giustamente il ruolo che compete a ciascuna scienza. Personalmente io non mi trovo in una situazione di studente, poiché ritengo concluso il mio studio il cui oggetto era il pensiero. Motivazione dello studio? Curiosità a fronte di un certo disgusto, ma pure divertimento ti assicuro, nei confronti di quelle che io reputavo, e che reputo tutt'ora, le evidenti menzogne umane. Menzogne in quanto consapevolmente menzogne.
La scienza che dovrebbere svolgere il ruolo di criticare la propria sapienza doveva essere la filosofia, a mio giudizio, ma sono abbastanza ignorante sul campo di azione in carico a ciascuna disciplina umana. Il professor Carlo Sini, sostenendo che la filosofia abbia concluso il suo compito (da qualche parte su youtube), e non metto certo in dubbio le sue ragioni dato che lo ritengo un buon pensatore, dava tuttavia grande peso alla domanda ancora inevasa (la più importante a sua detta), e che evidentemente pesa, di cosa sia ciò che fonda tutta questa mole di conoscenza, ma che fonda pure altre espressioni umane, comprese le tradizioni di ciascun popolo. Riferendosi al linguaggio il professore opinava che dovesse attribuirsi ad una mancanza di dialogo tra discipline come la psicologia o altre e la filosofia l'importante deficienza di tale risposta (Mi viene in mente il topic aperto da Aspirante Filosofo).
La congerie di teorie sul significato e sul linguaggio mettono in evidenza tale deficienza.
Può essere dunque interessante come dici la distinzione che ho proposto ponendo l'attenzione al fatto che io mi senta legittimato a dire che sono menzogne consapevoli solo per il fatto che tutti siamo consapevoli che di menzogne si tratta. Ma allora anche la scienza lo è? No, si dirà, semmai lo sono gli scienziati, i quali possono individualmente esser anche predisposti a mentire per forza di cose dato che già reggono mentendo l'impalco della teatralità sociale.
A questo punto, sempre mosso da urgenze personali, esercito quella che dovrebbe essere una competenza filosofica, ovvero l'esercizio del dubbio. Ciò che fonda la scienza, che ha creato la scienza, è vero o è falso? E' certo facile dire che è vero, dato che sono sotto gli occhi di tutti le produzioni della scienza, ma ciò che è sotto gli occhi di tutti fa parte del passato e non del presente, e il presente si evolve e si evolve in ragione dell'influenza del passato. Per quel attiene il campo dell'azione filosofica, nel dialogo volto a chiarire, e contraddicendo in parte il professor Sini, posso sentirmi legittimato a reintegrare nella filosofia la ricerca del fondamento della ragione? Se la risposta è sì, allora la scienza in questione è la filosofia
Salve. Citando da chi lo afferma : "Se la risposta è sì, allora la scienza in questione è la filosofia".
Oh bella ! E da quando la filosofia risulterebbe essere una scienza ? Una disciplina (scienza) esatta sarebbe assai arduo il considerarla, mentre corretto sarebbe il trovarla un insieme di conoscenze concettuali soggettive. Saluti.
Citazione di: viator il 17 Gennaio 2022, 14:56:26 PM
Salve. Citando da chi lo afferma : "Se la risposta è sì, allora la scienza in questione è la filosofia".
Oh bella ! E da quando la filosofia risulterebbe essere una scienza ? Una disciplina (scienza) esatta sarebbe assai arduo il considerarla, mentre corretto sarebbe il trovarla un insieme di conoscenze concettuali soggettive. Saluti.
Ciao viator ... sempre un piacere ... Diciamo che la filosofia nasce ponendosi come scienza, ma il punto è che se neghi tale cosa si pone un bivio per te, che trascina magari anche me. O inneschiamo un batti e ribatti ognuno a giustificazione della propria opinione, oppure si torna indietro e si cerca di fornire una risposta che consideri il precedente scambio tra me e Phil. Felice serata
Esiste un sapere a metà strada tra filosofia pura e filosofia naturale (scienza) che si chiama epistemologia. Tocca all'epistemologia l'arduo compito di saggiare i fondamenti dei paradigmi scientifici. I quali, è opportuno ripeterlo, non esprimono verita assolute, ma isolano una sezione di realtà entro la quale ricercano conferme sperimentali a teorie che attraverso tali conferme diventano sapere.
Sapere che ha elaborato al suo interno un metodo di verifica che garantisce, fino a falsificazione sperimentale, la veridicità dei postulati.
Le bufale della $cienza possono essere sbufalate solo dalla scienza, non da costrutti metafisici.
Spero di non abbassare il livello della discussione ma non riesco a trattenere il mio punto di vista. La mia......come dire......verità :D
Mi faccio una domanda molto semplice e, forse, la troverete banale, grezza e utilitaristica: "a cosa serve la verità"? Non è forse sinonimo di: "come funziona"? "qual è lo scopo"? E andando su per gradi, dalle verità più semplici a quelle più complesse, non si arriva forse alla domanda delle domande: "quella esistenziale"? Cioè, visto che siamo nel Forum di filosofia: "qual è il senso dell'essere e dell'esistenza umana"?
Salve freedom. Citandoti : "Mi faccio una domanda molto semplice e, forse, la troverete banale, grezza e utilitaristica: "a cosa serve la verità"?".
La tua è una domanda sensatissima, e tu sai che ciò è vero.
La verità (la soddisfazione del creder trovato ciò che sia vero) serve appunto solamente a placare momentaneamente (se si è persone sensate) o permanentemente (se si è dei manichei, dei fanatici) il bisogno di sicurezze interiori.
Dal punto di vista esistenziale non esiste alcuna differenza tra verità ed illusione. Se crediamo in una illusione, l'effetto esistenziale dell'illusione (finchè si creda in essa) è perfettamente indistinguibile da una qualsiasi verità.
Se poi troviamo che si era trattato di una illusione.................beh, prenderemo a trovare vero qualcos'altro......ma mai potremo sapere se stavolta si starà trattando della agognata verità oppure di una nuova (ed augurabilmente più duratura ed efficiente) e diversa illusione.
Le presenti considerazioni valgono pure a proposito della pretesa o presunta "scientificità" della filosofia. Saluti.
Molto appropriato il tuo intervento Freedom. La verità è il tentativo di spiegare il mondo secondo una sorta di vortice concentrico che ci conduce dalle verità funzionali a quelle sostanziali, che si intrecciano con le grandi domande esistenziali.
È interessante quello che dice l'etimologo Benveniste quando collega il termine verità alla radice indoeuropea "vir" che significa o che è collegata all'insieme dei termini connessi alla famiglia etimologica della "fede". La verità come fede o addirittura come fedeltà. Un relitto di questo legame è tuttora presente nella lingua italiana, secondo la quale la "fede" e la "vera" sono sinonimi per indicare l'anello nuziale. Gli studi etimologici non sono ovviamente probanti dal punto di vista logico/deduttivo o epistemologico, ma sono interessanti perché aprono il discorso rispetto alle radici del nostro pensare che è qualcosa di precedente ad ogni apprendimento logico, perché basato sulle connessioni linguistiche storiche, capaci di forgiare o, comunque, di condizionare il pensiero stesso, attraverso un apprendimento quasi inconsapevole e archetipico.
Salve daniele22. Citandoti : "Diciamo che la filosofia nasce ponendosi come scienza, ma il punto è che se neghi tale cosa...............".
Ora capisco (oddio.......!!....almeno credo!). Stai parlando delle origini, cioè del fatto che la filosofia E' NATA (l'uovo) come CONOSCENZA, non come scienza. Poi, al maturar dei tempi, la filosofia si è via via sviluppata acquistando un sacco di piume e pure cresta e bargigli, diventando quella che è attualmente : UNA GALLINA. E' sempre un piacere sentirti, anche attraverso dei minimi malintesi. Saluti.
La Verità è lo stesso Essere.
Infatti Essere = Esser Vero.
Chiedersi il senso della Verità equivale perciò a chiedersi il senso dell'Essere.
Una domanda circolare che include se stessa nel proprio circolo.
Che equivale al voler conoscere ciò che fonda il conoscere stesso.
Di modo che la Verità non la si conosce, la si è.
Non conoscendola è Nulla.
Essere = Verità = Nulla
L'Essere di ogni cosa è perciò Verità. Ma è pure Nulla, in quanto non conoscibile.
Perciò quando si disquisisce su delle verità, queste non sono la Verità. Ne sono soltanto una manifestazione, così come d'altronde lo sono pure le falsità.
Difatti, nell'esserci, la verità è tale solo in quanto nega ogni possibile falsità.
Mentre la Verità è negazione della negazione.
Il limite della verità nell'esserci lo si può cogliere andando all'inferno.
Estrema negazione del Male in nome del Bene.
Citazione di: Freedom il 17 Gennaio 2022, 19:00:27 PM
Spero di non abbassare il livello della discussione ma non riesco a trattenere il mio punto di vista. La mia......come dire......verità :D
Mi faccio una domanda molto semplice e, forse, la troverete banale, grezza e utilitaristica: "a cosa serve la verità"? Non è forse sinonimo di: "come funziona"? "qual è lo scopo"? E andando su per gradi, dalle verità più semplici a quelle più complesse, non si arriva forse alla domanda delle domande: "quella esistenziale"? Cioè, visto che siamo nel Forum di filosofia: "qual è il senso dell'essere e dell'esistenza umana"?
Il vero è una irrinunciabile funzione del reale. Ogni vivente impara a sue spese la distinzione tra vero e falso. Questione di sopravvivenza.
Dall'ethos all'etica il passo è breve e la convivenza sociale ne tiene conto coi suoi comandamenti religiosi e civili.
La verità metafisica è un'ulteriore complicazione del concetto. Essa dilaga come un diluvio quando associa il concetto di verità a quello dei fini ultimi. Quando ricerca verità escatologiche grondanti di significati, appunto metafisici.
Tante verità, nessuna Verità.
Citazione di: Jacopus il 17 Gennaio 2022, 19:26:54 PM
Molto appropriato il tuo intervento Freedom. La verità è il tentativo di spiegare il mondo secondo una sorta di vortice concentrico che ci conduce dalle verità funzionali a quelle sostanziali, che si intrecciano con le grandi domande esistenziali.
È interessante quello che dice l'etimologo Benveniste quando collega il termine verità alla radice indoeuropea "vir" che significa o che è collegata all'insieme dei termini connessi alla famiglia etimologica della "fede". La verità come fede o addirittura come fedeltà. Un relitto di questo legame è tuttora presente nella lingua italiana, secondo la quale la "fede" e la "vera" sono sinonimi per indicare l'anello nuziale. Gli studi etimologici non sono ovviamente probanti dal punto di vista logico/deduttivo o epistemologico, ma sono interessanti perché aprono il discorso rispetto alle radici del nostro pensare che è qualcosa di precedente ad ogni apprendimento logico, perché basato sulle connessioni linguistiche storiche, capaci di forgiare o, comunque, di condizionare il pensiero stesso, attraverso un apprendimento quasi inconsapevole e archetipico.
Andare a ritroso cercando l'origine del concetto di verità mi sembra la cosa più sensata, è quello che scrivi è illuminante.
C'è una domanda per la quale non abbiamo risposta : come faremo a riconoscere la verità quando la troveremo?
Pure in mancanza di questa risposta andiamo aventi a cercare...non sappiamo cosa.
E al presente non possediamo neanche un solo esempio di verità che ci aiuti a riconoscere per analogia una nuova verità una volta trovata.
Oppure forse si?
Nel passato, e forse per alcuni ancora nel presente, un esempio di verità si trovava in ciò che era evidente.
Quindi se vogliamo conoscere l'origine del concetto di verità occorre capire come nasca l'evidenza, e in tal senso mi chiedo quanto il porre fede nasca da volontà .
L'evidenza di certo non poggia su una fede, a meno che non si tratti di fedi assunte al di la' della nostra volontà, e comunque poste fuori dalla nostra coscienza.
Io credo che l'evidenza, esempio forse considerabile ancora attuale di ciò che intendiamo per vero, poggi su una fede posseduta, ma non in modo cosciente.
Il compito della scienza è tutto il contrario della ricerca della verità , ma sta nell'esplicitare quelle fedi nascoste su cui si basa l'evidenza.
L'evidenza si basa sulla fede nascosta che noi stiamo al centro del mondo.
La scienza ha esplicitato questa fede, ma ciò non ha mutato la nostra percezione, perché quella fede non può rimuoversi con la volontà, perché volontariamente non è stata assunta.
Noi lamentiamo la difficoltà a comprendere le teorie fisiche che nel loro progredire si fanno sempre più astratte e astruse, ma allo stesso tempo più efficaci, e tale aumentata efficacia potrebbe essere dovuta alla progressiva espulsione delle scorie fideistiche sulle quali si basa la nostra percezione.
La verità della scienza è una fede volontariamente assunta, e non può perciò trovare in ciò la sua assenza.
La sua essenza sta in qualcosa che condivide con la percezione, ed è proprio la condivisione, il suo voluto o non voluto carattere sociale.
Ognuno di noi è capace di compiere azioni senza pensare , ma se vogliamo condividerle non limitandoci all'esempio che si può imitare localmente, ma vogliamo condividere senza il limite della località, possiamo condividere solo attraverso la conoscenza, la quale altro non è che sapere che cosa cavolostiamo davvero facendo.
In definitiva quindi la fede mi sembra la chiave giusta per spiegare la verità, a patto che si ammetta che non sempre sappiamo in cosa crediamo, e che tanto meno lo sappiamo tanto più profonda è la fede, e tanto più saranno evidenti i suoi prodotti.
Parafrasando Lucio Dalla...come è profondo il mare dove ci sono pesci che non si possono pescare.
Citazione di: Ipazia il 17 Gennaio 2022, 18:28:30 PM
Esiste un sapere a metà strada tra filosofia pura e filosofia naturale (scienza) che si chiama epistemologia. Tocca all'epistemologia l'arduo compito di saggiare i fondamenti dei paradigmi scientifici. I quali, è opportuno ripeterlo, non esprimono verita assolute, ma isolano una sezione di realtà entro la quale ricercano conferme sperimentali a teorie che attraverso tali conferme diventano sapere.
Sapere che ha elaborato al suo interno un metodo di verifica che garantisce, fino a falsificazione sperimentale, la veridicità dei postulati.
Le bufale della $cienza possono essere sbufalate solo dalla scienza, non da costrutti metafisici.
No Ipazia, forse hai letto male. Io ho posto il dubbio sul fatto che ciò che fonda la scienza, ma anche la cultura sia falsificabile. Oggi ho dato un'occhiata a Kant che ai tempi di scuola come mio solito mi aveva solo sfiorato. La gnoseologia semmai la branca, ma sempre di filosofia si tratta. E infatti Kant ne parla. Anche se non significa nulla è interessante come Chomsky abbia parlato di esistenze a priori per giustificare la manifestazione della lingua. Mette però in secondo piano il valore dell'esperienza
Questo post lo replico in due topic diversi (il vaccino obbligatorio), soprattutto poiché offre un quadro che manifesta l'importanza della menzogna (più che della verità) in cui si trova a vivere un cittadino. Premetto che sono una persona non favorevole in linea teorica alla somministrazione del vaccino contro il covid (mancanza di fiducia nelle istituzioni). Pur tuttavia, per ragioni diverse dalla mia ragione (e qui interviene una falsificazione della mia ragione) a metà settembre ero vaccinato con doppia dose. Stamane andai per la terza dose, però (per quel che mi riguarda) in regime di obbligo vaccinale. Il mio obiettivo era quello di uscire vaccinato in ragione del fatto che già avevo mentito a me stesso vaccinandomi quando non ero obbligato a farlo. Pur tuttavia intendevo recitare una commedia (mentire nel vero e proprio senso del termine) in tema di eventuali autorizzazioni da concedere.
Guardo il modulo che non firmo in quanto vi era scritto "Acconsento e autorizzo etc. etc.". La giovane dottoressa mi dice che senza firma non poteva vaccinarmi. Entra pure nella discussione l'infermiera che mi spiega che acconsentire è come autorizzare dando anche buone giustificazioni. Io ribattevo che non è proprio proprio la stessa cosa, che è lo stato ad autorizzare, non io. Dopo un batti e ribatti ottengo ragione. La dottoressa però insisteva che purtroppo non poteva ugualmente farmi il vaccino, insomma che dovevo firmare. A quel punto mi si aprivano varie vie per proseguire, ma non avevo alcuna voglia di continuare. Stop. Battaglia persa. Però col lampo dell'improvvisazione, nell'attimo in cui iniziavo la firma feci una firma che forse nessun esperto calligrafo potrebbe certificare come mia (o almeno è quello che penso). A questo punto può pendere un reato commesso da me, ma anche un reato commesso da ignoti qualora qualcuno dovesse contestarmi l'autorizzazione concessa dalla mia firma e io denunciassi di non aver mai posto quella firma. Ecco come siamo messi
Citazione di: daniele22 il 20 Gennaio 2022, 10:49:21 AM
Questo post lo replico in due topic diversi (il vaccino obbligatorio), soprattutto poiché offre un quadro che manifesta l'importanza della menzogna (più che della verità) in cui si trova a vivere un cittadino. Premetto che sono una persona non favorevole in linea teorica alla somministrazione del vaccino contro il covid (mancanza di fiducia nelle istituzioni). Pur tuttavia, per ragioni diverse dalla mia ragione (e qui interviene una falsificazione della mia ragione) a metà settembre ero vaccinato con doppia dose. Stamane andai per la terza dose, però (per quel che mi riguarda) in regime di obbligo vaccinale. Il mio obiettivo era quello di uscire vaccinato in ragione del fatto che già avevo mentito a me stesso vaccinandomi quando non ero obbligato a farlo. Pur tuttavia intendevo recitare una commedia (mentire nel vero e proprio senso del termine) in tema di eventuali autorizzazioni da concedere.
Guardo il modulo che non firmo in quanto vi era scritto "Acconsento e autorizzo etc. etc.". La giovane dottoressa mi dice che senza firma non poteva vaccinarmi. Entra pure nella discussione l'infermiera che mi spiega che acconsentire è come autorizzare dando anche buone giustificazioni. Io ribattevo che non è proprio proprio la stessa cosa, che è lo stato ad autorizzare, non io. Dopo un batti e ribatti ottengo ragione. La dottoressa però insisteva che purtroppo non poteva ugualmente farmi il vaccino, insomma che dovevo firmare. A quel punto mi si aprivano varie vie per proseguire, ma non avevo alcuna voglia di continuare. Stop. Battaglia persa. Però col lampo dell'improvvisazione, nell'attimo in cui iniziavo la firma feci una firma che forse nessun esperto calligrafo potrebbe certificare come mia (o almeno è quello che penso). A questo punto può pendere un reato commesso da me, ma anche un reato commesso da ignoti qualora qualcuno dovesse contestarmi l'autorizzazione concessa dalla mia firma e io denunciassi di non aver mai posto quella firma. Ecco come siamo messi
Essendo intervenute le forze gravitazionali di un certo languore allo stomaco ho interrotto le comunicazioni che invece avrei dovuto continuare. Proseguo quindi. In questi sei mesi della mia vita si assiste alla fenomenologia della menzogna.
1) Partenza. Prima della prima dose la mia ragione e il mio comportamento erano allineati. No al vaccino.
2) Intervento di una realtà che mi induce al vaccino. Ricevo la prima dose e la seconda dose volontariamente.
3) Ingresso nel mondo della falsità. Il comportamento ha falsato la ragione.
4) Vi è d'ora innanzi disallineamento tra ragione e comportamento.
5) Intervento nella mia realtà dell'obbligo vaccinale.
6) Ininfluente, se non per quel che riguarda la famosa autorizzazione.
7) Partenza per ottenere la terza dose a tutti i costi (in senso machiavellico).
8) Lettura del foglio da firmare. A parte che già lo sapevo, la vista ha confermato che ero di fronte ad una pretesa illogica.
9) Rimostranze da parte mia ed ottenimento di una ragione mentale.
10) A questo punto loro entrano in possesso della mia consapevolezza. Pertanto comprovando l'illogicità della richiesta entrano in un conflitto sull'azione da intraprendere.
11) Ribatto a quel punto che sono disposto a firmare solo cancellando la parola "autorizzo".
12) La dottoressa mi dice che non si può.
13) A questo punto della faccenda comincio a recitare.
14) La mia menzogna, si fonda su due cose. Primo, sulla falsità iniziale che mi aveva condotto a vaccinarmi per la prima volta, e secondo, sul fatto che il mio scopo in quell'istante era quello di ottenere la vaccinazione.
15) Per vedere la reazione faccio finta di prendere le mie cose e andar via, al che interviene l'infermiera che mi dice "Ma facendo così si ritrova il problema".
16) Mosso un po' da compassione per l'atteggiamento a mio vedere sincero, posi fine alla breve recita.
17) Sconfitto e vaccinato.
18) Colpo di scena finale ed ingresso nel mondo della menzogna.
19) Tutto si riallinea. Si ritorna al punto 1) dove la ragione è allineata al comportamento
Salve. Son commosso sin quasi alle lacrime nel leggere i VERI effetti della VERA libertà garantita dalla nostra VERAMENTE esemplare Costituzione VERAMENTE democratica..................in un'occasione VERAMENTE seria come quella descrittaci dal caro Daniele22.
Ad majora, dunque ! Nessun luminoso futuro a questo punto ci sarà precluso !.Saluti.
Grazie Viator, ero certo che una persona concreta come te avrebbe apprezzato.
Non conosco il pensiero di Nietzche, ma conosco senz'altro il mio.
Con questo circolo della menzogna, chiamiamolo così, penso possa darsi l'idea di riappropriamento del proprio passato espressa dal filosofo, e qui emerge anche la necessità dell'umiltà di riconoscere se stessi come agenti nella perpetuazione del circolo.
Ho recuperato poi nel forum un brandello di discorso su Nietzche fatto da Paul11:
"Nietsche ritiene la morale un artificio cultuale di potere ed è qui il suo errore.
Un filologo come lui doveva sapere la relazione fra cosmos-nomos- sovranità-legislazione.
Non c'è cultura piccola o grande apparsa sulla storia del pianeta Terra, che fossero cinesi delle antiche dinastie o pellerosse americani, che interpretarono i movimenti del cosmos come forme di costruzione sociale, persino di sacrificio umano per tenere l'ordine del cosmos nel nomos sociale, poiché la sovranità veniva dagli ordini universali del cosmos.Non fu invenzione religiosa particolare dei monoteismi o dei vari olimpi deistici a determinare la morale, c'erano già, semmai furono riconfigurate. Basta leggersi i Veda indiani , la trimurti induista.".
Se così fosse, condivido il giudizio. A mio vedere l'errore risiede nel modo in cui consideriamo che ciò che si riconosce come causa determini un effetto. Cioè, se noi vediamo cause che determinano effetti tutto questo sarebbe dovuto al fatto che noi bypassiamo la nostra responsabilità in modo arbitrario scaricandola sul colpevole di turno non riconoscendo il fatto che l'effetto della causa ritenuta tale si trova in realtà tutto all'interno della nostra pausa riflessiva di fronte alla causa, pausa riflessiva che a sua volta determinerà altra causa nel produrre una nostra azione, linguistica o fattuale che sia