Ripropongo questo thread fiducioso che possa essere oggetto di ulteriori sviluppi.
L'incipit iniziale era questo:
La tesi di questo thread è che i credenti e i non credenti sono sullo stesso piano per quello che riguarda la probabilità che essi abbiano ragione.
Più che tesi a me sembra di tutta evidenza, tuttavia, ci sono molte persone che contraddicono questa affermazione. Queste ultime sostengono, pur non avendone l'assoluta certezza, che Dio non si percepisce dunque non c'è. E questa posizione è maggiormente veritiera di coloro i quali sostengono che (Dio c'è/Dio non c'è) stanno alla pari.
Qual è la vostra opinione?
Lo sviluppo è questo:
http://www.riflessioni.it/forum/spiritualita/14736-credere-o-non-credere-sono-due-ipotesi-con-uguale-probabilita-ma-di-segno-contrario.html
La direzione verso la quale mi piacerebbe approfondire è quella indicata dall'amico Giuseppe dove "il credere" è qualcosa di più di una idea, qualcosa di più di un convincimento....
Scrive Giuseppe:
Che dire?
Da quando mi sono registrato sto dicendo che per credere occorre avere lo Spirito, che la fede non è un sapere ma un sentire, che chi non crede non crede perché non può credere, che al credere non si arriva attraverso i libri, che la dimora della fede non è il cervello ma il cuore, che la fede alla quale si arriva con il ragionamento è fede mentale cioè non stabile ecc...., ma ancora argomentiamo su l'esistenza del Signore Dio facendo ricorso al metodo scientifico, razionale ecc.
A riguardo delle probabilità di concludere che il Signore Dio esista o no, che in ogni caso non ha nessuna relazione con Fede vera o con la non fede trattandosi solo di elucubrazione mentale, non è un fatto probatorio di tipo incondizionato, ma è una conclusione che dipende dallo stato psicospirituale della persona.
Il credere/la fede è come l'appetito chi è vivo lo sente chi non è vivo non può sentirlo.
Chi non può sentire si diletta a produrre tesi che non stanno ne in cielo ne in terra.
La fede è come l'amore, anzi è l'amore, che non si spiega, ma si sente.
Ciao a tutti - Giuseppe
Ritengo che sostenere che Dio non c'è perché non lo si percepisce denoti un voler dare un significato riduttivo del percepire.
Percepire non è soltanto ricevere una sensazione o una dimostrazione razionale, recepire è anche intuire, sentire; ed è questo l'unico modo per avere Fede aldilà di elucubrazioni mentali come ben dice Giuseppe.
Per ricollegarmi a quanto detto da Giuseppe, l'apostolo Paolo mosso dallo Spirito disse:
Citazione20 infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle opere sue; perciò essi sono inescusabili, 21 perché, pur avendo conosciuto Dio, non l'hanno glorificato come Dio, né l'hanno ringraziato; ma si sono dati a vani ragionamenti e il loro cuore privo d'intelligenza si è ottenebrato. 22 Benché si dichiarino sapienti, sono diventati stolti, (Romani 1:20-22)
L'apostolo Paolo ,ovviamente, tira acqua al proprio mulino ( il cristianesimo, come corpo dottrinale , è la religione di Paolo). Noi percepiamo le opere, ma non possiamo percepire il presunto creatore delle stesse. Le opere (il mondo) hanno evidenza ai nostri sensi, il creatore no. E osservando proprio le opere come potremmo descrivere il presunto creatore? Amorevole ? E' molto difficile scorgere una mano oltremodo benevola dietro una massa simile di sofferenze e di necessità, di totale impermanenza di ogni cosa, di spietate leggi/necessità di natura. Quindi ritengo che le povere creature sono sicuramente scusabili se vacillano davanti ad un'evidenza così poco evidente. Siamo di fronte ad un "Deus absconditus", che si cela dietro la nube dell'inconoscenza, che forse trova casa nell'intimo dell'uomo, ma l'uomo non lo conosce se non ipotizzando che alcuni sentimenti che si provano ( a loro volta passeggeri) siano una sua manifestazione. La ragione non può che interrogarsi su questo ( è la sua natura) e non ci vedo nulla di vano. Vanità è accettare una cosa solo per sentito dire, per tradizione, per paura, perchè è scritto in qualche antico libro, perchè così fanno gli altri, per la presunta "autorità" spirituale di qualcuno (il guru, il sacerdote,l 'imam ecc.). La ragione non ottenebra, in quanto la ragione comprende il suo limite e il suo campo. Purtroppo, mille volte, abbiamo visto come, nel corso dei secoli, siano state le religioni organizzate ad ottenebrare i cuori di coloro che non usano ragione e di usarli , nel nome di un dio nascosto, per il loro potere mondano di sopraffazione. Con tutta la sofferenza che ne è scaturita...
Se la fede può dirsi adesione dell'intelletto sotto l'influsso della grazia, per cui "credere est cum assensione cogitare", essa non è mai un atto contro ragione ma ad essa conforme entro i propri limiti. Quali sarebbero tali limiti? Quelli connaturati alla finitezza della ragione, alla creaturalità come tale, rispetto la quale ciò che è per essenza infinito non può, di per sé, che esorbitare totalmente. La grazia (della fede) significa quindi una partecipazione gratuita dell'essenza divina - come tale un dono divino - limitatamente recepibile alla maniera delle capacità del recepente. Dono che non toglie la differenza tra finito ed infinito, ma ordina il finito all'infinito nel senso di una partecipazione conforme. Se prendiamo per buona una tale considerazione, dovremmo necessariamente anche ammettere come eccessiva l'idea di una ragione che, nel suo retto utilizzo, possa legittimamente escludere la fede, ma piuttosto riconoscerne l'ambito di sviluppo maggiore proprio nel campo dei cosiddetti preambula fidei. Dimostrata cioè razionalmente l'esistenza di Dio, è del tutto conforme alla ragione che egli si possa anche rivelare nella sua essenza, e che una tale rivelazione possa essere accolta in virtù dell'autorità di colui che si rivela e venire comprovata nella storia (motivi di credibilità). Di certo, ciò obbliga ad una differenziazione tra le varie accezioni di "ragione" : quella che pretenderebbe p. es. di escludere la dimostrabilità dell'esistenza di Dio, non lo sarebbe realmente ma figurerebbe piuttosto come un suo smarrimento. Una ragione che pretenderebbe di escludere la fede, cioè la credibilità della rivelazione divina, non solo sarebbe meno probabile, ma del tutto erronea. In ambito teologico credere è quindi conforme a ragione, il non credere è contrario alla ragione.
"Ripropongo questo thread fiducioso che possa essere oggetto di ulteriori sviluppi.
L'incipit iniziale era questo:
La tesi di questo thread è che i credenti e i non credenti sono sullo stesso piano per quello che riguarda la probabilità che essi abbiano ragione.
Più che tesi a me sembra di tutta evidenza, tuttavia, ci sono molte persone che contraddicono questa affermazione. Queste ultime sostengono, pur non avendone l'assoluta certezza, che Dio non si percepisce dunque non c'è. E questa posizione è maggiormente veritiera di coloro i quali sostengono che (Dio c'è/Dio non c'è) stanno alla pari."
Intanto ben ritrovati a tutti. A proposito del tema, partirei da una considerazione critica sulla costruzione del tema stesso. Ovvero la contrapposizione netta fra credenti e non credenti, come se fossero due fazioni, due armate che combattono per avere ragione. I partecipanti dei due partiti devono in qualche modo adeguarsi all'impossibilità di dimostrare la verità della loro "ideologia", ma ciò non toglie che comunque "credono" fermamente o ad una divinità o al fatto che non esista una divinità. Sono due schieramenti contrapposti, che firmano una tregua temporanea, finché non sopravvenga la prova che il loro partito era nel "giusto".
Ebbene tutto questo mi sembra molto cattolico e lontano dalla mia sensibilità. Il non credente "ideale" è invece a mio parere, quello che dubita anche della sua infedeltà e che è sempre pronto a mettere tutto in discussione e quindi non ha bisogno di sentirsi superiore a chi crede, perché così facendo perderebbe quella capacità critica che lo rende non superiore ma differente da chi invece "crede" (indipendentemente da cosa).
Se c'è una cosa che bisogna riconoscere ai non credenti è che la loro scelta è sicuramente una scelta libera, senza seconde finalità, mentre talvolta credere, in Italia, nasconde interessi e ipocrisie note. Il contrario accadeva ovviamente, ad esempio, negli ex paesi comunisti.
In uno dei primi interventi nel vecchio forum, Sariputra parlava proprio di questo binomio come di un vincolo e di un limite alla libertà di sentire il proprio senso religioso.
Il binomio credere/non credere fa forse parte di uno strumentario per l'ortodossia e la rieducazione spirituale, per il quale gli eretici vengono malvisti e redarguiti attraverso gli scritti della tradizione?
Citazione di: johannes il 04 Aprile 2016, 16:04:22 PM
Se la fede può dirsi adesione dell'intelletto sotto l'influsso della grazia, per cui "credere est cum assensione cogitare", essa non è mai un atto contro ragione ma ad essa conforme entro i propri limiti. Quali sarebbero tali limiti? Quelli connaturati alla finitezza della ragione, ...
Dimostrata cioè razionalmente l'esistenza di Dio, è del tutto conforme alla ragione che egli si possa anche rivelare nella sua essenza, e che una tale rivelazione possa essere accolta in virtù dell'autorità di colui che si rivela e venire comprovata nella storia (motivi di credibilità). Di certo, ciò obbliga ad una differenziazione tra le varie accezioni di "ragione" : quella che pretenderebbe p. es. di escludere la dimostrabilità dell'esistenza di Dio, non lo sarebbe realmente ma figurerebbe piuttosto come un suo smarrimento. Una ragione che pretenderebbe di escludere la fede, cioè la credibilità della rivelazione divina, non solo sarebbe meno probabile, ma del tutto erronea. In ambito teologico credere è quindi conforme a ragione, il non credere è contrario alla ragione.
Quando mi capita di leggere sulla razionalità della fede il mio cervello inizia automaticamente a pensare: "I morti non risorgono, gli arcangeli non rivelano presunti disegni divini a gente chiusa nelle grotte (mi riferisco a Maometto)" ecc.
D'accordo che Kant ci ha insegnato che la ragione ha dei limiti, ci mancherebbe, ma questo non significa "liberi tutti!"Dico questo perché non bisogna perdere di vista che il Cristianesimo e l'Islam si basano su due episodi che contraddicono completamente la nostra esperienza, rispettivamente la Resurrezione e l'apparizione del messaggero di Dio a Maometto. Non voglio parlare di probabilità perché non ne ho le competenze, ma di plausibilità.
Ora, visto che gli storici si scannano per molto meno, e per avvenimenti relativamente recenti (tipo Seconda Guerra mondiale), chi, a mio avviso, cerca di dare una sorta di razionalità (come mi pare che anche tu stia facendo) a presunti avvenimenti, non solo avvenuti tantissimo tempo fa, ma che hanno, in maniera intrinseca
, secondo la tradizione, elementi soprannaturali, non può che fallire. Non vedo come potrei rimanere serio, e lo dico senza intento polemico, di fronte a racconti che non sfigurerebbero all'interno di un libro fantasy. Invece resiste per la religione questa sospensione dell'incredulità che ha dell'incredibile. Per tagliare la testa al toro, basterebbe poco; basterebbe che Gesù o Allah si palesassero ora in maniera incontrovertibile, dando un segno inequivocabile della loro esistenza (non come le "apparizioni" della Madonna o i "miracoli" di gente guarita).Se poi si vuole discutere di religiosità/spiritualità a prescindere da un'apparato gerarchizzato e dogmatico, se ne può parlare.
** scritto da Koli:
CitazionePer tagliare la testa al toro, basterebbe poco; basterebbe che Gesù o Allah si palesassero ora in maniera incontrovertibile, dando un segno inequivocabile della loro esistenza (non come le "apparizioni" della Madonna o i "miracoli" di gente guarita).
Troppo comodo così. La fede non può avere una prova sicura, ma solo la speranza certa ...altrimenti che fede è?!?!
CitazioneSe poi si vuole discutere di religiosità/spiritualità a prescindere da un'apparato gerarchizzato e dogmatico, se ne può parlare.
E dove esisterebbe questa religiosità/spiritualità senza dogmi?
Pace&Bene
L'argomento sembra una rilettura di quella scaltra e disonesta scommessa che ebbe a pronunciare Pascal e che tanti ancora oggi ripropongono a se stessi.
Perchè dal punto di vista puramente probabilistico (che non mi sembra un buon modo di affrontare il tema, ma ben venga la discussione) è ovvia la risposta.
L'ateismo è un lusso, che tuttavia ha una un'infinità di probabilità in più di esser vero, di quanto non lo sia il credo.
Se ci pensate bene, siete tutti atei, nei confronti di circa un migliaio di divinità (la stima degli studiosi si suppone a ribasso per mancanza di dati) nate cresciute e dimenticate su questo pianeta.
Siete atei nei confronti di Thor e Zeus, atei nei confronti di Baphomet e Shiva, atei nei confronti di circa mille altri dei sepolti dalla scienza.
Quindi dal punto di vista puramente probabilistico, la possibilità che un cattolico (per dire) ci azzecchi, è circa 1\1000. Dove gli altri 999 erano illusioni non solo per un ateo, ma anche per lui stesso credente.
Citazione di: Mariano il 03 Aprile 2016, 22:21:20 PM
Percepire non è soltanto ricevere una sensazione o una dimostrazione razionale, recepire è anche intuire, sentire; ed è questo l'unico modo per avere Fede aldilà di elucubrazioni mentali come ben dice Giuseppe.
Credo sia proprio ciò che ci voleva trasmettere Giuseppe.
Citazione di: johannes il 04 Aprile 2016, 16:04:22 PM
Se la fede può dirsi adesione dell'intelletto sotto l'influsso della grazia, per cui "credere est cum assensione cogitare", essa non è mai un atto contro ragione ma ad essa conforme entro i propri limiti. Quali sarebbero tali limiti? Quelli connaturati alla finitezza della ragione, alla creaturalità come tale, rispetto la quale ciò che è per essenza infinito non può, di per sé, che esorbitare totalmente. La grazia (della fede) significa quindi una partecipazione gratuita dell'essenza divina - come tale un dono divino - limitatamente recepibile alla maniera delle capacità del recepente.
Sì. Credere, come efficacemente sintetizzi tu, significa fare un salto verso il cielo ma "usando la testa".
Citazione di: Jacopus il 05 Aprile 2016, 01:39:35 AM
la contrapposizione netta fra credenti e non credenti, come se fossero due fazioni, due armate che combattono per avere ragione. I partecipanti dei due partiti devono in qualche modo adeguarsi all'impossibilità di dimostrare la verità della loro "ideologia", ma ciò non toglie che comunque "credono" fermamente o ad una divinità o al fatto che non esista una divinità. Sono due schieramenti contrapposti, che firmano una tregua temporanea, finché non sopravvenga la prova che il loro partito era nel "giusto".
Ebbene tutto questo mi sembra molto cattolico e lontano dalla mia sensibilità.
Non so cosa intendi per "molto cattolico" ma, visto che sono l'autore dell'incipit, voglio dirti cosa mi ha animato nel farlo.
Non la contrapposizione che giustamente stigmatizzi come negativa e lontana dalla tua sensibilità (anche dalla mia) bensì il suo contrario.
Mi sono infatti ispirato alla massima tolleranza e comprensione che dovrebbe instaurarsi tra il credente e il non credente.
Purtroppo così non è ed il credente viene visto come un credulone da tanti (non tutti per fortuna) non credenti. Ora, questo abito mentale così diffuso (almeno nella mia esperienza) trova ANCHE la sua ragion d'essere nella malcelata antipatia che suscitano i credenti. Vuoi per ragioni storiche, vuoi per l'intolleranza (talvolta addirittura fanatismo) verso tanti temi di attualità sociale, vuoi per gli scandali (ahimè meritati!) suscitati da diversi appartenenti alla gerarchia; ecco che i cattolici scatenano questi sentimenti negativi.
Ebbene, se il cattolico deve, in qualche modo, farsi carico di queste problematiche e dunque subirne, per la sua sola appartenenza alla Chiesa, le conseguenze; bisogna altresì riconoscere che quando si parla di Fede il rispetto verso chi ce l'ha (o presume di averla) deve essere assolutamente UGUALE al rispetto dovuto a chi non ce l'ha.
Spero di aver chiarito esaustivamente la ratio iniziale del thread. Il proseguo che mi piacerebbe prendesse è quello suggerito all'inizio del Topic.
Citazione di: InVerno il 06 Aprile 2016, 14:28:23 PM
L'argomento sembra una rilettura di quella scaltra e disonesta scommessa che ebbe a pronunciare Pascal e che tanti ancora oggi ripropongono a se stessi.
Spero, nelle parole spese per rispondere a Jacopus, di aver dato una soddisfacente risposta anche a te. Per quanto riguarda Pascal se ne è parlato ma solo nell'articolazione del Topic, non era il punto centrale.
Non conosco Summe Teologiche che eludano il problema di natura e ragione quando descrivono la fede.
La prima cosa che ci mostra la natura del sensibile è una sua potenza interna autorganizzata a prescindere dall'uomo.
L'Opera nella natura si mostra nella sua potenza attraverso il mondo sensibile.
L'uomo vi inserisce la ragione, l'atto che legge l'opera naturale.La fede è ciò che lega l'opera naturale al suo creatore Dio.
Non può esistere una mente umana che non legga l'autoorganizzazione della natura, ciò che la scienza chiama leggi.
O questa organizzazione è autopoietica o esiste una"mano" creatrice che ha determinato un ordine.
Ma ancora di più, quale è il significato della nostra singola esistenza dentro un vettore spazio/temporale.
Tutto finisce in polvere come gioe e sofferenze o rimangono da qualche parte?
La fede è la relazione fra uomo-natura-Dio, per dare un significato eterno ad ogni singola esistenza,che va oltre alla potenza del mondo sensibile naturale. E' illusione o tutto finisce in nulla? Domanda insolvibile, ma non per questo ineludibile,torna nei frangenti di ogni esistenza prima o poi. Sono i significati le chavi di lettura,i tentativi di risposta che costituiscono il credente e il non credente e sono importanti perchè determinano una cultura.
Citazione di: Freedom il 06 Aprile 2016, 21:37:59 PM
Ebbene, se il cattolico deve, in qualche modo, farsi carico di queste problematiche e dunque subirne, per la sua sola appartenenza alla Chiesa, le conseguenze; bisogna altresì riconoscere che quando si parla di Fede il rispetto verso chi ce l'ha (o presume di averla) deve essere assolutamente UGUALE al rispetto dovuto a chi non ce l'ha.
Mi permetto, se me lo si consente, di non essere d'accordo con questa affermazione. Il cosiddetto "credente" (definizione che trovo assai impropria perchè ormai troppo degenerata negli ultimi decenni) crede che ciò in cui crede sia la Verità. e la Verità non può avere la stessa dignità del suo opposto, la menzogna, per cui il "credente" non può (se crede davvero) parificare la sua credenza con quella dei "non credenti". Il rispetto nei confronti delle persone è certamente dovuto, ma quello nei confronti delle idee (che non sono proprietà di nessuno e sono di per sè neutre) non lo è affatto. Allo stesso modo il "non credente", se ritiene che quello a cui "non crede" sia la verità non potrà conferire dignità a quella che egli considera una menzogna: potrà al massimo tollerarla, sopportarla, ma non certo rispettarla e porla al pari della verità, o di quella che lui considera tale.
Quando però questo accade, ovvero quando capita che ognuna delle parti in causa ritenga ugualmente rispettabile la propria visione e quella altrui, non è certamente prova di "maturità intellettuale" oppure di "civiltà" dei diversi interlocutori, ma solo dimostrazione di una estrema superficialità e leggerezza nell'analisi degli argomenti di cui si tratta, che poi si ripercuote pari pari in una "credenza" o in una "non credenza" altrettanto superficiali e annacquate che non sono in grado di argomentare sufficientemente perchè loro stessi per primi non ne sono sufficientemente convinti.
Citazione di: donquixote il 06 Aprile 2016, 22:57:09 PM
Citazione di: Freedom il 06 Aprile 2016, 21:37:59 PM
Ebbene, se il cattolico deve, in qualche modo, farsi carico di queste problematiche e dunque subirne, per la sua sola appartenenza alla Chiesa, le conseguenze; bisogna altresì riconoscere che quando si parla di Fede il rispetto verso chi ce l'ha (o presume di averla) deve essere assolutamente UGUALE al rispetto dovuto a chi non ce l'ha.
Mi permetto, se me lo si consente, di non essere d'accordo con questa affermazione. Il cosiddetto "credente" (definizione che trovo assai impropria perchè ormai troppo degenerata negli ultimi decenni) crede che ciò in cui crede sia la Verità. e la Verità non può avere la stessa dignità del suo opposto, la menzogna, per cui il "credente" non può (se crede davvero) parificare la sua credenza con quella dei "non credenti". Il rispetto nei confronti delle persone è certamente dovuto, ma quello nei confronti delle idee (che non sono proprietà di nessuno e sono di per sè neutre) non lo è affatto. Allo stesso modo il "non credente", se ritiene che quello a cui "non crede" sia la verità non potrà conferire dignità a quella che egli considera una menzogna: potrà al massimo tollerarla, sopportarla, ma non certo rispettarla e porla al pari della verità, o di quella che lui considera tale.
Quando però questo accade, ovvero quando capita che ognuna delle parti in causa ritenga ugualmente rispettabile la propria visione e quella altrui, non è certamente prova di "maturità intellettuale" oppure di "civiltà" dei diversi interlocutori, ma solo dimostrazione di una estrema superficialità e leggerezza nell'analisi degli argomenti di cui si tratta, che poi si ripercuote pari pari in una "credenza" o in una "non credenza" altrettanto superficiali e annacquate che non sono in grado di argomentare sufficientemente perchè loro stessi per primi non ne sono sufficientemente convinti.
Io la penso diversamente :
Il mio credere ( indipendentemente da quello che credo ) non ritengo che sia la Verità, è intendere/sentire quello che razionalmente non è definibile.
Tornando quindi al nocciolo della domanda penso che da un punto di vista statistico si possa affermare che la probabilità tra le due ipotesi sia la stessa; se poi si entra nel merito, rimane l'eterna domanda: cosa è la verità? e la risposta a questa domanda non può essere valutata statisticamente.
Sono decisamente d'accordo con Mariano, poiché il tema riguardava prettamente la probabilità che le ipotesi fossero nella medesima percentuale. Dunque ritengo che si, certamente si può pensare (ma rimane una ipotesi) che al 50% le persone credano! In cosa? In una qualsivoglia ideologia religiosa, purchè vi credano fermamente.
Solo dopo si può dare, o tentare di dare, definizioni di fede, percezione, intuizione od altro.
Citazione di: donquixote il 06 Aprile 2016, 22:57:09 PMMi permetto, se me lo si consente, di non essere d'accordo con questa affermazione. Il cosiddetto "credente" (definizione che trovo assai impropria perchè ormai troppo degenerata negli ultimi decenni) crede che ciò in cui crede sia la Verità. e la Verità non può avere la stessa dignità del suo opposto, la menzogna, per cui il "credente" non può (se crede davvero) parificare la sua credenza con quella dei "non credenti". Il rispetto nei confronti delle persone è certamente dovuto, ma quello nei confronti delle idee (che non sono proprietà di nessuno e sono di per sè neutre) non lo è affatto. Allo stesso modo il "non credente", se ritiene che quello a cui "non crede" sia la verità non potrà conferire dignità a quella che egli considera una menzogna: potrà al massimo tollerarla, sopportarla, ma non certo rispettarla e porla al pari della verità, o di quella che lui considera tale.
Quando però questo accade, ovvero quando capita che ognuna delle parti in causa ritenga ugualmente rispettabile la propria visione e quella altrui, non è certamente prova di "maturità intellettuale" oppure di "civiltà" dei diversi interlocutori, ma solo dimostrazione di una estrema superficialità e leggerezza nell'analisi degli argomenti di cui si tratta, che poi si ripercuote pari pari in una "credenza" o in una "non credenza" altrettanto superficiali e annacquate che non sono in grado di argomentare sufficientemente perchè loro stessi per primi non ne sono sufficientemente convinti.
Buona sera, Donquixote. Penso che tu abbia toccato un punto fondamentale di questa discussione. Ho provato a pensare la mia posizione personale attuale rispetto ai credenti, comprese persone a me molto vicine. Credo di rispettare le loro persone e anche le loro idee, anche perché mi risulta difficile fare una separazione ed anche perché il loro essere credenti non li identifica in modo assoluto. Fortunatamente rivestono anche altri ruoli oltre a quello di "credenti".
Teoricamente si può pensare di scindere le due posizioni: idee e persone, ma di fatto se non si rispettano le idee delle persone, al massimo le si guarda come dei soggetti da educare, oppure dei bambinoni o anche degli esseri che nascondono qualche malvagità. Le nostre idee sono una parte così intima e fortemente identitaria che probabilmente preferiremmo vederci amputata una mano ma conservare la nostra capacità di pensare "liberamente" alle nostre idee e ai nostri sistemi concettuali. Questo significa quindi che non sono maturo intellettualmente o sono superficiale e leggero negli argomenti? Non so e veramente non ritengo ciò. Il fatto di non essere sufficientemente convinto di un argomento non lo vedo come un difetto, anzi, se ci pensi un attimo è il meccanismo che ha fondato la filosofia della Grecia antica, da Socrate in poi. Ed è proprio per questo motivo, tra l'altro che non posso accettare il concetto di "verità religiosa", così come di qualunque altra verità imposta per dogma, per tradizione, per autorità. Anch'io ovviamente, come tutti, ho i miei riferimenti, quella sorta di mappa culturale che mi permette di orientarmi e di stabilire decisioni, fare ragionamenti e prendere posizioni ma non è scritta sulla pietra della verità ma sull'argilla del verosimile, del presumere e questo mi fa sentire più libero, più in grado di mettermi nei panni degli altri e di non giudicare nessuno.
Ed in fondo questo relativismo, che è anche alla base di una società aperta e laica, lo hai assorbito anche tu proprio quando distingui fra persone ed idee. In altri tempi ed in altre latitudini succedeva e succede che le idee contrarie venissero/vengano tagliate insieme alla testa che le esprime.
Concludo l'excursus e rientro sul tema caro a Freedom. Io piuttosto che parlare di probabilità, formulerei la domanda nel seguente modo: credere o non credere sono due ipotesi con uguale dignità? A questa domanda non si può che rispondere: sì.
non penso che il credere o meno si possa ridurre ad una semplice opinione,più o meno personale e individuale..
la Verita non proviene e non può essere richiusa dalla sua idea relativa che l'uomo può farsene,e stando così le cose questo alla fine non può avere nulla a che vedere con la fede,appunto intesa come semplice riduzione delle proprie opinioni
Citazione di: Freedom il 06 Aprile 2016, 21:37:59 PMSpero, nelle parole spese per rispondere a Jacopus, di aver dato una soddisfacente risposta anche a te.
No in realtà. Innanzitutto la questione primaria, è perchè parlare di probabilità (una branca ben precisa dello scibile umane, che segue specifici metodi di studio) quando invece si vuol fare retorica e sofismo? In tal caso sembra piu opportuno parlare di opportunità, casualità, sensibilità. Sembra una scelta capziosa per ammantare il quesito di un rigore di analisi, in realtà disatteso. Probabilità "fa rima" con statistica, per questo la mia risposta è stata numerica (per quanto abbia specificato non sia certamente un buon approccio alla materia).Il credente etichettato "credulone" è una vittima di una contraddizione antica, quella che vede contrapposta la disonestà intellettuale di chi tiene le redini teologiche della religione, e l'onestà intellettuale che il credente invece assume di possedere, ascrivendo la fede a un mero fatto sensibile, percettivo, intimistico, e perciò imperscrutabile da quell'analisi razionale che sottolinea la disonestà' intellettuale teologica. La teologia "purtroppo" non è un fatto intimo e sensibile, è un lungo elenco di asserzioni che vengono proposte con la stessa veemenza di un argomento razionale, e che a quel campo di analisi si ascrivono. E che sono imprescindibili per la fede, che altrimenti non avrebbe alcun fondamento e possibilità di esistere, perlomeno non nella forma in cui i diversi credi moderni si identificano. Trovo personalmente questione abbastanza puerile, il voler parlare di fede come un fatto intimo lontano dal raziocinio. O meglio ancora, un estremizzazione di quel concetto che in inglese si esprime in "God of the gaps", il Dio dei buchi, posizionato sempre dove la ragione non è ancora (e sottolineo ancora) riuscita ad arrivare, e spostato di volta in volta in spazi sempre più eterei. Dal cespuglio in fiamme al cielo, dal cielo allo spazio aperto, dallo spazio aperto all'inizio dell'universo, dall'inizio dell'universo ad un altra dimensione, da un altra dimensione ad un fatto intimo ed imperscrutabile. Quanto ancora dovrà fuggire, per trovare pace? Una pratica deleterea per la reputazione del credente stesso, ed in gran parte responsabile della sua fama di credulità. Credere a qualsiasi riposizionamento della fede purchè si ci allontani dalla ratio il più possibile, sembra una fuga intellettuale, più che una soluzione. Ed è una fuga testimoniata, verificabile, nella storia, perchè le fughe lasciano le impronte dei piedi nei testi, negli affreschi, nelle preghiere.
Cerco di rispondere agli interessanti interventi con un unico post che spero sia esaustivo e soddisfacente.
donquixote parla del "credere" argomentato da Giuseppe. Secondo quest'ultimo il vero "credere" cioè la vera fede è l'assoluta certezza, in quanto frutto di percezione incontrovertibile, dell'esistenza di Dio. In questo senso il credente va oltre il significato comunemente attribuito al credere dalla vulgata popolare. In questa prospettiva è dunque vero che non si può discutere la propria fede: non si può negare ciò che si percepisce. Anche se qualcuno potrebbe obiettare che bisogna dimostrarla a terzi altrimenti potrebbe essere frutto di autosuggestione.
E ciò che anima il mio intento (dall'intervento di Giuseppe in poi) è appunto esplorare a tutto tondo questo aspetto della fede.
E vorrei quindi "andare avanti" in questa direzione.
Pur tuttavia non mi sottraggo a quanto affermato nell'incipit e nei post successivi per onestà intellettuale e rispetto dei miei interlocutori.
Ed il problema, a mio avviso, nasce dal fatto che ci sono differenti gradi di fede. E non è facile esplorarli tutti. E poi bisogna anche distinguere: fede in cosa? Nel senso che io ho trattato la fede in Dio inteso come "architetto" della realtà ma poi, su iniziativa di diversi utenti, abbiamo allargato il campo alla fede cattolica. Comprensibile visto che siamo in Italia, ma non del tutto....come dire.....in topic.
Cercando dunque di rimanere al semplice credere in Dio o meno e assumendo questo credere come qualcosa che va dal semplice ragionamento logico al percepire, più o meno indefinitamente ma senza certezza alcuna, io penso che la posizione di chi crede sia sullo stesso piano di dignità intellettuale di chi non crede. E do per scontato che entrambe le convinzioni debbano essere considerate politicamente, socialmente insomma umanamente a 360° sullo stesso identico piano.
Citazione di: Jacopus il 07 Aprile 2016, 00:25:45 AM
Buona sera, Donquixote. Penso che tu abbia toccato un punto fondamentale di questa discussione. Ho provato a pensare la mia posizione personale attuale rispetto ai credenti, comprese persone a me molto vicine. Credo di rispettare le loro persone e anche le loro idee, anche perché mi risulta difficile fare una separazione ed anche perché il loro essere credenti non li identifica in modo assoluto. Fortunatamente rivestono anche altri ruoli oltre a quello di "credenti".
Teoricamente si può pensare di scindere le due posizioni: idee e persone, ma di fatto se non si rispettano le idee delle persone, al massimo le si guarda come dei soggetti da educare, oppure dei bambinoni o anche degli esseri che nascondono qualche malvagità. Le nostre idee sono una parte così intima e fortemente identitaria che probabilmente preferiremmo vederci amputata una mano ma conservare la nostra capacità di pensare "liberamente" alle nostre idee e ai nostri sistemi concettuali. Questo significa quindi che non sono maturo intellettualmente o sono superficiale e leggero negli argomenti? Non so e veramente non ritengo ciò. Il fatto di non essere sufficientemente convinto di un argomento non lo vedo come un difetto, anzi, se ci pensi un attimo è il meccanismo che ha fondato la filosofia della Grecia antica, da Socrate in poi. Ed è proprio per questo motivo, tra l'altro che non posso accettare il concetto di "verità religiosa", così come di qualunque altra verità imposta per dogma, per tradizione, per autorità. Anch'io ovviamente, come tutti, ho i miei riferimenti, quella sorta di mappa culturale che mi permette di orientarmi e di stabilire decisioni, fare ragionamenti e prendere posizioni ma non è scritta sulla pietra della verità ma sull'argilla del verosimile, del presumere e questo mi fa sentire più libero, più in grado di mettermi nei panni degli altri e di non giudicare nessuno.
Ed in fondo questo relativismo, che è anche alla base di una società aperta e laica, lo hai assorbito anche tu proprio quando distingui fra persone ed idee. In altri tempi ed in altre latitudini succedeva e succede che le idee contrarie venissero/vengano tagliate insieme alla testa che le esprime.
Concludo l'excursus e rientro sul tema caro a Freedom. Io piuttosto che parlare di probabilità, formulerei la domanda nel seguente modo: credere o non credere sono due ipotesi con uguale dignità? A questa domanda non si può che rispondere: sì.
Innanzitutto, per rispondere a Mariano e Paola, bisogna evitare di applicare il "credere" a qualunque affermazione altrimenti ci si perde e non si arriva da nessuna parte. Il "credere" di cui si parla qui (vedere anche le precisazioni sullo stesso thread nel vecchio forum) è riferito al credere che vi sia un ente creatore e governatore dell'universo oppure che questo non vi sia e quindi l'universo (che nessuno, credo, metta in dubbio che esiste) sia governato dal "caso". Quindi si tratta, rigorosamente, non di "credere" o "non credere" ma di credere in una affermazione oppure in un'altra, anche se in ultima analisi entrambe le posizioni, nonostante l'apparente contrasto, sono molto simili poiché ritengono che vi sia "qualcosa" che dà vita all'universo, solo che lo chiamano in due modi differenti: basta mettersi d'accordo su che nome dargli e il problema pare risolto.
Per quanto riguarda invece il messaggio che ho citato, è un portato dell'illuminismo, dell'individualismo e della cosiddetta "libertà di pensiero", quindi tutto sommato una convinzione molto moderna, il ritenere che le idee siano inscindibili dalle persone che le esprimono, e quindi legare il rispetto delle persone a quello delle sue idee (che sono cosa diversa dalle opinioni) e tale convinzione è, contrariamente a quanto afferma Jacopus, esattamente l'opposto delle idee che portarono alla nascita della filosofia, che era indirizzata alla ricerca dell'archè, del principio primo, e quindi della verità fondamentale. La nascita dello scetticismo con i concetti di epochè e afasia, ovvero della "filosofia" che ritiene sensata (o, allo stesso modo, insensata) qualunque idea, fu la morte della filosofia greca, che si ridusse poi ad un banale moralismo. Ma questo è ovviamente un altro tema, come un altro tema che se si vuole si può discutere altrove è il relativismo (culturale) che condivido ma che è a mio avviso affatto diverso da quello descritto qui sopra.
Citazione di: donquixote il 07 Aprile 2016, 10:30:39 AMInnanzitutto, per rispondere a Mariano e Paola, bisogna evitare di applicare il "credere" a qualunque affermazione altrimenti ci si perde e non si arriva da nessuna parte. Il "credere" di cui si parla qui (vedere anche le precisazioni sullo stesso thread nel vecchio forum) è riferito al credere che vi sia un ente creatore e governatore dell'universo oppure che questo non vi sia e quindi l'universo (che nessuno, credo, metta in dubbio che esiste) sia governato dal "caso".
io intendo diversamente il "credere " di cui si parla.
ritengo che la maggior parte di noi, forse per retaggio culturale, dia per scontato che "credere" è riferito al credere che ci sia un ente creatore e governatore dell'universo (assimilabile quindi al nostro umano concetto di essere che guida, decide, agisce,..).
è solo una provocazione, ma non potrebbe essere l'universo stesso ad autogovernarsi?
nel post iniziale della discussione facendo riferimento a quanto sosterrebbe Giuseppe "il sentire" non equivarrebbe al sapere.
E' vero che coscienza e conoscenza non sono la stessa cosa, per cui quel sentire apparterrebbe alla coscienza.
C'è per chi ha letto "fenomenologia dello spirito" di Hegel un passaggio che Giorgio Gaber riprese in un suo spettacolo che è illuminate:
"La coscienza è come lì'organo sessuale, o da la vita o fa pisciare".
Hegel divide la conoscenza astratta da quella concreta, ponendo il movimento dialettico in cui la coscienza è l'origine che muove la conoscenza che si esplica nel mondo fenomenico fisico, per poi ritornare alla coscienza e diventare concetto nell'autocoscienza..
Pensare che la verità, tipico della scienza, sia la dimostrazione del fenomenico fisico, significa obnulare la coscienza originaria che muove la conoscenza. Ritenere che esista un'oggettività come se le sintassi e semantiche fossero là fuori in sè e per sè, significa prendere cantonate(per dirla in breve).
Il secondo aspetto è il concetto di verità.
Il problema che fu al nocciolo prima nella filosofia e poi nella teologia è che senza uno statuto ontologico dell'Essere tutto diventa opinione e opinabile. Detto in parole povere, o esiste un concetto fermo ed eterno da cui dipartono tutti gli altri concetti a lui relazionati e quindi è un paradigma fondamentale, oppure si passa agli enunciati e assiomi che di volta in volta possono essere modificati mutando le sintassi relazionali di un modello conoscitivo.(che è il modello matematico-geometrico e scientifico di almeno un secolo a questa parte).
Si potrebbe pensare all'autocreazione della materia, autopoiesi, ma daccapo o gli si da uno statuto ontologico divenendo panteismo nelle sue varie forme oppure non muta nulla rispetto al non crederci.
Perchè l'aspetto sostanziale del Dio,Verità, paradigma logico, è che le stesse relazioni sono forti(ad esempio la morale) ,per cui o la conoscenza ridiventa coscienza nella fermezza, o nessun concetto essendo opinione potrà costruire fermezza nella coscienza e di nuovo la stessa esistenza diventa opinione e i significati perdono senso :questa è infatti la cultura attuale; dove più conoscenza non genera più coscienza , ma frastorno, ridondanza, rumore di fondo ,confusione i che nulla toccano e aggiungono l'inane esistenza.
** scritto da InVerno:
CitazioneL'ateismo è un lusso, che tuttavia ha una un'infinità di probabilità in più di esser vero, di quanto non lo sia il credo.
Forse non si è compreso il punto fondamentale della discussione: il dichiararsi ateo, agnostico, credente o quel che si voglia, è già, sempre e inevitabilmente, un
"Io Credo in..."E siccome nessuno dei dogmi irrazionali, su cui si poggiano i differenti
"Io Credo in...", ha una probabilità in più degli altri (poiché non esistono prove né che Dio esista e né che Dio non esista) di essere davvero vero (pardon!), di essere il giusto o la verità assoluta,
il lusso resta soltanto la facoltà arcana di poter decidere, obbligatoriamente, in cosa credere o quale sia l'ipotesi più credibile per uno, assecondando le proprie esperienze.
** scritto da donquixote:
CitazioneQuando però questo accade, ovvero quando capita che ognuna delle parti in causa ritenga ugualmente rispettabile la propria visione e quella altrui, non è certamente prova di "maturità intellettuale" oppure di "civiltà" dei diversi interlocutori, ma solo dimostrazione di una estrema superficialità e leggerezza nell'analisi degli argomenti di cui si tratta, che poi si ripercuote pari pari in una "credenza" o in una "non credenza" altrettanto superficiali e annacquate che non sono in grado di argomentare sufficientemente perchè loro stessi per primi non ne sono sufficientemente convinti
Infatti, Gesù si è lasciato crocifiggere per rispettare la visione altrui.
** scritto da mariano:
CitazioneIl mio credere ( indipendentemente da quello che credo ) non ritengo che sia la Verità...
Ma alla Verità non importa che tu ritenga questo, giacché ciò in cui credi (indipendentemente da quello che credi) l'hai deciso solo e solamente tu.
Cioè: se tu credi che Dio non esiste, e se davvero Dio non esistesse, anche se tu ritenessi che questa non sia la Verità, nel frattempo essa è, involontariamente, la Verità. Se, invece, tu credi che Dio non esiste, e Dio esistesse per davvero, il tuo ritenere che non sia la Verità sarebbe sbagliato, con le conseguenze che la tua scelta libera potrà produrre. E così di seguito...
Dunque, ed il quesito del Forum è molto chiaro in questo, indipendentemente da quello in cui crediamo, dobbiamo sforzarci di farci una ragione che credere o non credere è una decisione per Fede, ossia, senza ragione comprovata. Quindi con le stesse probabilità di essere la Verità delle altre, e convivere con questa unica e oggettiva prova empirica ..e poi sperare che abbiamo azzeccato!! ;D
Pace&Bene
Credere in qualcosa non ha lo stesso significato che diamo al credere ( avere fede ) in una divinità.
Per esempio posso dire: - Credo che presto pioverà- con una valutazione di tutta una serie di segni che mi fanno ritenere questo ( il cielo che rannuvola, il vento leggero che si alza, il volo degli uccelli, ecc.).
In questo credere opera la ragione, la memoria e l'osservazione dei fenomeni. E difatti posso ben dire:- Penso che presto pioverà- oppure: -Ritengo che presto pioverà- ecc.
Nel credere in una divinità non possiamo applicare questa metodica. Intanto dire :-Credo che Dio esista- non ha lo stesso significato di -Penso che Dio esista- e nemmeno di- Ritengo che Dio esista-.
Il credere, nel senso di "avere fede", presuppone la mancanza dell'oggetto di osservazione. Yeoshwa stesso lo afferma:"Beati quelli che, pur senza VEDERE, crederanno..."
In mancanza dell'oggetto di osservazione ( Dio), su cosa poggia, si fonda la fede ? Alcuni direbbero sull'osservare le parole di un libro antico ma , privata dell'esperienza personale, una simile fede presto vacilla. E' nell'esperienza stessa del vivere che possiamo/tentiamo di trovare tracce di questa divinità nascosta. Il vedere allora assume un significato più completo. Non è più un semplice osservare al di fuori di noi, ma bensì un cercare sia internamente che esternamente a noi. La domanda vera , a mio avviso, non è : "Esiste o non esiste Dio?" e se le due proposizioni hanno uguale dignità, ma bensì: "Credo/Penso/Ritengo o no che il Tutto sia una teofania di un Dio?". Questo è molto più creativo, mi interroga, mi spinge all'osservazione ( sia interiore che esteriore), coinvolge tutte le nostre facoltà (in questo senso anche la ragione, la memoria, l'osservazione dei fenomeni). Un credere astratto, privato di questo lavoro quotidiano del vivere, non ha alcun significato. E' foriero di settarismi, divisioni e violenze. E' causa di dolore e perciò, in essenza, anti-spirituale.
** scritto da Jacopus:
Citazionecredere o non credere sono due ipotesi con uguale dignità? A questa domanda non si può che rispondere: sì.
Anche in questo caso rispondere sì non è oggettivo, ma ragione di Fede.
Infatti, bisogna crederci, senza averne prove, che ogni dimensione di Fede (credere, non credere, non pervenuto, astensione, menefreghismo) possa donare uguale dignità.
Io, ad esempio, al contrario, non solo rispondo
no alla domanda, ma rilancio sostenendo che non c'è niente di mera provenienza terrestre, che possa donare dignità all'esistenza umana, senza l'intervento del trascendente.
Non penso si possano attribuire uguale dignità a Madre Teresa di Calcutta od a un terrorista; a Gino Strada o a un cattolico farisaico; ecc. ecc.
Pace&Bene
** scritto da mariano:
Citazioneè solo una provocazione, ma non potrebbe essere l'universo stesso ad autogovernarsi?
Forse, perché no, ma è sempre e solamente per Fede che si può dare come certa questa ipotesi, che ha, nella realtà nostra terrestre, la stessa probabilità che l'universo sia l'hobby di Dio.
** scritto da acquario69:Citazionela Verita non proviene e non può essere richiusa dalla sua idea relativa che l'uomo può farsene,e stando così le cose questo alla fine non può avere nulla a che vedere con la fede,appunto intesa come semplice riduzione delle proprie opinioni
Come non può avere nulla a che vedere con la Fede?
L'idea può sembrare relativa per gli altri, ma per il soggetto è ragione di Fede, poiché agiamo solo grazie ed in funzione ad essa.
Se ho un'idea che Dio esiste, anche se relativa per gli altri, saranno consequenziali a ciò le mie opere, le mie relazione, il chi sono Io.
Se ho un'idea che Dio esiste, anche se non troppo convinto (quindi relativa addirittura per me :o ), le scelte tergiversanti derivanti, identificheranno il mio carattere e la mia posizione nella società.
Se ho un'idea che Dio non esiste, nella stessa maniera, anche se relativa per me o per gli altri, dirigerà il costrutto del chi ho deciso di essere come individuo tra gli altri, e nel pianeta.
** scritto da Freedom:
Citazionedonquixote parla del "credere" argomentato da Giuseppe. Secondo quest'ultimo il vero "credere" cioè la vera fede è l'assoluta certezza, in quanto frutto di percezione incontrovertibile, dell'esistenza di Dio. In questo senso il credente va oltre il significato comunemente attribuito al credere dalla vulgata popolare. In questa prospettiva è dunque vero che non si può discutere la propria fede: non si può negare ciò che si percepisce. Anche se qualcuno potrebbe obiettare che bisogna dimostrarla a terzi altrimenti potrebbe essere frutto di autosuggestione.
La Fede, per molti teologi, è come un termometro che sale e scende; come il guardare la lancetta del contachilometri mentre si conduce un'auto, non è sempre alla stessa temperatura, non coinvolge sempre con la stessa velocità.
Però ciò che non cambia, inevitabilmente in ogni persona, è l'obiettivo della Fede: donare pace e serenità.
Quindi la Fede, in ognuno, è sempre vera, anche quando la trattiamo con negligenza o superficialità o indifferenza, giacché essa è direttamente variabile dal nostro libero arbitrio e per la nostra forza di volontà.
Pure il denominato "a-teo" è nella convinzione che il suo credere che l'esistenza è senza-Dio sia certezza assoluta; anche senza quelle prove necessarie che qualcuno potrebbe chiedere come dimostrazione, per confutare che non si tratti di autosuggestione.
La Fede non la si discute con la ragione, la si attua, la si sperimenta, la si elargisce
.Pace&Bene
L'argomento è stato abbondantemente dibattuto nell'altro forum,ma il problema di fondo era e rimane lo stesso: quando si incontrano due posizioni cosi diverse e lontane la discussione tende a sfociare in un continuo tentativo di persuasione dell'una sull'altra. E la tesi portante del topic è uno fra questi. Mi limiterò perciò solo a esplicitare il "problema" dell'esistenza di Dio da una prospettiva atea. Io credo infatti (si ho usato il verbo credere,prego non strumentalizzate anche l'uso della lingua) che vedere nell'ateismo una fede,un certo dogmatismo,una convinzione faccia ancora parte di una visione religiosa delle dinamiche di pensiero,per cui sostanzialmente le premesse metafisiche (in questo caso l'esistenza di una divinità) divengono il fondamento e il criterio di valutazione di ogni affermazione. In sintesi questa prospettiva si difende sostenendo che,per quanto l'idea di Dio non possa essere più dimostrata,rimanga tuttavia un problema (è un assurdo,lo so,ma la religione esclude volontariamente ogni razionalità). Non voglio giudicare questo modo di vedere le cose,nè convincere nessuno,ma vorrei sottolineare la distanza del punto di vista ateo da questi preconcetti di origine religiosa. Innanzitutto l'ateismo non è una visione del mondo,ma un diverso approccio verso la realtà. La persona atea,areligiosa,non cerca e trova le ragioni da un mondo al di là (un mondo dietro un mondo,parafrasando Nietzsche),ma dalle cose e dai fenomeni di cui può fare esperienza. Il metodo scientifico può essere considerato nelle sue finalità una metodologia atea,forse la prima in assoluta,perché non ricerca la causa finale,il principio ultimo della realtà,bensì la causa efficiente che ha originato l'evento e che può osservare.
Cos'è l'ateismo? Capire che l'idea di Dio non è necessaria (probabilmente anche deleteria) per conoscere le forze che regolano la natura. E forse anche se stessi,per chi vuole osare a tanto. Bisogna specificare che l'ateismo si è evoluto e si sta evolvendo ancora,accoglie con sé qualsiasi tipo di filosofie,spesso contrastanti. E in questo senso si può condividere in parte ciò che dicono Duc e Freedom: l'ateo crede ancora. Ma non in un non-Dio (il nulla,il caso,etc),ma in certezze a cui si aggrappa per non vedersi travolto all'improvviso. Troppe contraddizioni si rivelano per chi non vede alcun Dio,ci si perdoni di essere un po' incoerenti e ipocriti a volte.
Per rispondere alla domanda del thread,assolutamente no,si fa un torto al non credente nel pensarlo credente. Il rispetto di due opinioni cosi divergenti si ottiene solo nel rispetto della loro irriducibile diversità.
Citazione di: acquario69 il 07 Aprile 2016, 03:06:48 AM
non penso che il credere o meno si possa ridurre ad una semplice opinione,più o meno personale e individuale..
la Verita non proviene e non può essere richiusa dalla sua idea relativa che l'uomo può farsene,e stando così le cose questo alla fine non può avere nulla a che vedere con la fede,appunto intesa come semplice riduzione delle proprie opinioni
Secondo me l'uguaglianza al 50% tra il credere o non credere non sta assolutamente in piedi almeno finché non ci si convinca (finalmente e sarebbe ora!.....) che il "non credere" semplicemente equivale a dire che
IO (cioè l'IO cosciente) metta in dubbio, niente meno che ME stesso anziché essere assolutamente certo di esistere (non importa dove e come) come autocoscienza e intelligenza. Ci mancherebbe che, magari, andassi ad assegnare un qualche percentuale a questa certezza assoluta della Vita che è assoluta.
Qualcuno potrebbe dire: . "ma cosa c'entra questa risposta riguardo alla questione di un sentimento religioso non primitivo", oso rispondere suggerendo di puntare la mente sull'evento evangelico dell'umanità terrena del Cristo che pare suggerire qualcosa di gigantesca importanza ma non ancora ben compresa, forse non siamo maturi abbastanza ma............................. ::) :-[ :o
Citazione di: Duc in altum! il 08 Aprile 2016, 07:23:14 AM
** scritto da InVerno:
CitazioneL'ateismo è un lusso, che tuttavia ha una un'infinità di probabilità in più di esser vero, di quanto non lo sia il credo.
Forse non si è compreso il punto fondamentale della discussione: il dichiararsi ateo, agnostico, credente o quel che si voglia, è già, sempre e inevitabilmente, un "Io Credo in..."
E siccome nessuno dei dogmi irrazionali, su cui si poggiano i differenti "Io Credo in...", ha una probabilità in più degli altri (poiché non esistono prove né che Dio esista e né che Dio non esista) di essere davvero vero (pardon!), di essere il giusto o la verità assoluta, il lusso resta soltanto la facoltà arcana di poter decidere, obbligatoriamente, in cosa credere o quale sia l'ipotesi più credibile per uno, assecondando le proprie esperienze.
Antica argomentazione fuorviante (perchè falsa) quella che l'ateismo o l'agnosticismo siano un credo a loro volta. L'onore della prova di tutte le teiere in orbita intorno a Giove spetta a chi asserisce di averle avvistate, la normale posizione di pensiero di tutti gli altri è quella della negazione della loro esistenza, per forza di cose, altrimenti si finisce in un circolo vizioso dove l'argomentum ad ignorantiam la fa da padrone e la logica viene demolita alla sua base. Credere che gli elfi o gli yeti non esistono dovrebbe essere un "credo", una posizione di fede? Credere che la limonata non cura il cancro dovrebbe essere una posizione di fede? Mi spiace accostare questi esempi a Dio perchè sono sicuro che qualcuno ne verrà offeso, però dal punto vista logico di questo si parla, negare un assunto non provato non è fede, è una posizione di cautela logica indispensabile.
Ciao a tutti, sono giuscip1946 che per ragioni tecniche di registrazione mi chiamo giona2068.
Nel precedente forum ho già parlato su questo argomento, ma pur sapendo di ripetermi ricordo che in tema di fede il credere non è frutto di una deduzione logica che, secondo come viene applicata porta al credere o al non credere. Il credere è un sentire non è un sapere.
Chi arriva al credere attraverso una deduzione logica è un non credente tanto quanto chi arriva alla deduzione opposta, cioè di non essere credente. Il credere appartiene al cuore , le elucubrazioni mentali appartengono per l'appunto alla mente e sono tutt'altra cosa rispetto al credere. Un po' come aderire o non aderire ad un partito, ad un circolo culturale ecc...-
Senza cambiare lo spirito del topic, possiamo allora parlare di come fare per accrescere la nostra fede. In ogni caso non possiamo ignorare che, per chi è cristiano o dice di esserlo, in San Giovanni è detto: "Nessuno può venire a me senza la volontà del padre mio".
Questo a conferma che con il ragionamento possiamo arrivare solo ad una fede mentale che non giova a nulla. La volontà del Padre Celeste è che tutti vadano a Lui, ma purtroppo chi è spiritualmente morto, non può sentire la chiamata e diventa colui che argomenta tanto per convincere se stesso ed altri che non esiste il mondo spirituale. Il Dio di costoro diventa il loro "io". Non sto giudicando, sto solo osservando e ripetendo ciò che in tanti anni ho visto accadere, sperando nel contempo che qualcuno che è in piedi faccia attenzione di non accadere. Il primo che cerco di avvisare è me stesso.
Buona notte - giuscip1946
Citazione di: Duc in altum! il 08 Aprile 2016, 10:33:03 AM
** scritto da acquario69:
Citazionela Verita non proviene e non può essere richiusa dalla sua idea relativa che l'uomo può farsene,e stando così le cose questo alla fine non può avere nulla a che vedere con la fede,appunto intesa come semplice riduzione delle proprie opinioni
Come non può avere nulla a che vedere con la Fede?
L'idea può sembrare relativa per gli altri, ma per il soggetto è ragione di Fede, poiché agiamo solo grazie ed in funzione ad essa.
Se ho un'idea che Dio esiste, anche se relativa per gli altri, saranno consequenziali a ciò le mie opere, le mie relazione, il chi sono Io.
Se ho un'idea che Dio esiste, anche se non troppo convinto (quindi relativa addirittura per me :o ), le scelte tergiversanti derivanti, identificheranno il mio carattere e la mia posizione nella società.
Se ho un'idea che Dio non esiste, nella stessa maniera, anche se relativa per me o per gli altri, dirigerà il costrutto del chi ho deciso di essere come individuo tra gli altri, e nel pianeta.
innanzitutto ho detto idee RELATIVE,che vengono appunto indicate come OPINIONI.la fede infatti non ha nulla a che vedere con la "testa" e i suoi ragionamenti (la definirei la gabbia dell'IO)Sariputra in buona parte del suo intervento sopra ha secondo me fornito ottimi spunti in questo senso e condivido pure quanto dice giona.
** scritto da invero:
CitazioneAntica argomentazione fuorviante (perchè falsa) quella che l'ateismo o l'agnosticismo siano un credo a loro volta.
Che sia falsa puoi "crederci" solo per fede, visto che non hai prove oggettive di quale sia la Verità Assoluta, quindi sei punto e accapo con uguale probabilità.
CitazioneCredere che gli elfi o gli yeti non esistono dovrebbe essere un "credo", una posizione di fede? Credere che la limonata non cura il cancro dovrebbe essere una posizione di fede?
Infatti, affinché tu possa riflettere che l'ateismo o l'agnosticismo siano un credo a loro volta, non devi far leva su cosa loro dissentono, ma su cosa loro asseriscono possa essere (per loro) la Verità Assoluta (dimostrato dal fatto che tu hai usato il termine "falsa", che di conseguenza suppone che tu sappia la verità su come possa esistere l'Universo e la vita terrestre).
Il non credere in un'eventuale presenza divina non esclude o permette di poter escludere il dover credere, obbligatoriamente, ad altro metafisicamente, tipo: il Caso o il Nulla.
CitazioneMi spiace accostare questi esempi a Dio perchè sono sicuro che qualcuno ne verrà offeso, però dal punto vista logico di questo si parla, negare un assunto non provato non è fede, è una posizione di cautela logica indispensabile.
Parlo per me: non c'è niente da dispiacerti, sono cattolico.
E' proprio questo l'errore di valutazione: pensare che il non credere in Dio comporti l'annullarsi del dover credere in qualcosa, che a sua volta potrebbe divenire idolatria, per l'assenza della prova veritiera.
Non è che credere che siamo nati per fortuna o per autodeterminazione sia differente dal credere che siamo stati creati a Dio.
In tutti i casi si necessita la Fede, poiché non ci sono prove.
CitazioneL'onore della prova di tutte le teiere in orbita intorno a Giove spetta a chi asserisce di averle avvistate, la normale posizione di pensiero di tutti gli altri è quella della negazione della loro esistenza, per forza di cose, altrimenti si finisce in un circolo vizioso dove l'argomentum ad ignorantiam la fa da padrone e la logica viene demolita alla sua base.
Lo stesso potrei chiederti l'onere della prova che il Big Bang si sia avuto senza che Dio premesse l'interruttore, o che dopo la morte ci sia il Nulla, o l'onere della prova di ciò che tu pensi sia la verità sul senso e sul fine dell'esistenza umana, cosa che dirige le tue scelte e di cui non hai nessuna certezza, se non speranze e fede.
Tu asserisci che Do non esiste, benissimo, ma devi dimostrarmi che esista il Caso o il Nulla, probabili ipotesi alternative con la stessa percentuale a che Dio esiste.
Pace&Bene
** scritto da acquario69:
Citazioneinnanzitutto ho detto idee RELATIVE,che vengono appunto indicate come OPINIONI.
la fede infatti non ha nulla a che vedere con la "testa" e i suoi ragionamenti (la definirei la gabbia dell'IO)
Sariputra in buona parte del suo intervento sopra ha secondo me fornito ottimi spunti in questo senso e condivido pure quanto dice giona.
Ho capito che parlavi di idee relative, ma se si prendesse una sola scelta "nella pratica", che dipendesse da una opinione personale, anche in quel caso non si farebbe altro che decidere per fede: quella determinata idea relativa.
Come la fede non ha nulla a che vedere con la testa e i suoi ragionamenti?
Quindi siamo tutti assolti per incapacità d'intendere e di volere?!?!
E' proprio questa la follia e la bellezza: nessuno può esistere senza decidere per una logica (quindi ragionata e pensata e voluta) di Fede, che infine non ha la ragione certa, sennò speranza di riflessione.
@Sariputra, che tu chiami in causa, discute sulla fede metereologica: domani piove od esce il sole? ...qui, in questa discussione, bisogna far quadrato alla Fede soggettiva, come ha ben sottolineato
@donquixote, nella Risposta #18:
CitazioneInnanzitutto, per rispondere a Mariano e Paola, bisogna evitare di applicare il "credere" a qualunque affermazione altrimenti ci si perde e non si arriva da nessuna parte. Il "credere" di cui si parla qui (vedere anche le precisazioni sullo stesso thread nel vecchio forum) è riferito al credere che vi sia un ente creatore e governatore dell'universo oppure che questo non vi sia e quindi l'universo (che nessuno, credo, metta in dubbio che esiste) sia governato dal "caso".
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** scritto da memento:
CitazioneInnanzitutto l'ateismo non è una visione del mondo,ma un diverso approccio verso la realtà
Potresti anche dire che l'ateismo è un'ipotetica verità alternativa a Dio, con uguali probabilità di essere davvero la giusta.
Infatti, l'approccio di cui parli è una scelta soggettiva e non una Verità oggettiva.
Anch'io, cattolico, posso sostenere d'avere un approccio verso la realtà diverso da quello di mio fratello che si autoproclama ateo, o mio cugino che è buddista praticante.
Siamo sempre allo stesso punto, si pensa (o ci s'illude) che
"l'Io Credo in..." è solo rivolto presso Dio.
Bisogna confrontarsi lealmente e francamente con noi stessi per riflettere che è possibile rimpiazzare Gesù, Maometto o Manitù, con l'Ego, il Lavoro, il Caso, il Nulla, il Danaro, il Vizio, lo Studio, ecc. ecc. :-\
E' che questo processo umano è inevitabile.
L'approccio verso la realtà sono azioni fisiche e spirituali (o sentimentali per capirci), quindi chi decide quali siano quelle corrette? L'Ateismo? E da quando l'ateismo è sinonimo di Verità incontrovertibile? ???
CitazioneLa persona atea,areligiosa,non cerca e trova le ragioni da un mondo al di là (un mondo dietro un mondo,parafrasando Nietzsche),ma dalle cose e dai fenomeni di cui può fare esperienza. Il metodo scientifico può essere considerato nelle sue finalità una metodologia atea,forse la prima in assoluta,perché non ricerca la causa finale,il principio ultimo della realtà,bensì la causa efficiente che ha originato l'evento e che può osservare.
Belle parole, ma che possono essere credute per certe solo grazie alla Fede in esse, giacché esse, e nei concetti, opinioni, o idee relative in esse contenuti, non c'è verità oggettiva certa.
Se uno desidera incontrare le ragioni del Mistero nell'aldiquà, benvenuto, ma non è che fino ad oggi questa "Scienza" abbia potuto affermare incontrovertibilmente che c'è una ragione certa di come è nato Saturno o Maradona.
Può dirci, inconfutabilmente, di che sono composti e quali sono le loro funzioni materiali, ma non può "sapere" qual è la loro vera ragione d'esistere.
CitazioneCos'è l'ateismo? Capire che l'idea di Dio non è necessaria (probabilmente anche deleteria) per conoscere le forze che regolano la natura.
Certamente, può darsi, ma per distinguere le forze che regolano la tua esistenza impossibile. Ma se vuoi fidarti di essa, è solo per fede, con la "religione" che ne consegue.
Pace&Bene
Citazione di: Duc in altum! il 09 Aprile 2016, 12:37:19 PM
** scritto da memento:
CitazioneInnanzitutto l'ateismo non è una visione del mondo,ma un diverso approccio verso la realtà
Potresti anche dire che l'ateismo è un'ipotetica verità alternativa a Dio, con uguali probabilità di essere davvero la giusta.
Infatti, l'approccio di cui parli è una scelta soggettiva e non una Verità oggettiva.
Anch'io, cattolico, posso sostenere d'avere un approccio verso la realtà diverso da quello di mio fratello che si autoproclama ateo, o mio cugino che è buddista praticante.
Siamo sempre allo stesso punto, si pensa (o ci s'illude) che "l'Io Credo in..." è solo rivolto presso Dio.
Bisogna confrontarsi lealmente e francamente con noi stessi per riflettere che è possibile rimpiazzare Gesù, Maometto o Manitù, con l'Ego, il Lavoro, il Caso, il Nulla, il Danaro, il Vizio, lo Studio, ecc. ecc. :-\
E' che questo processo umano è inevitabile.
L'approccio verso la realtà sono azioni fisiche e spirituali (o sentimentali per capirci), quindi chi decide quali siano quelle corrette? L'Ateismo? E da quando l'ateismo è sinonimo di Verità incontrovertibile? ???
CitazioneLa persona atea,areligiosa,non cerca e trova le ragioni da un mondo al di là (un mondo dietro un mondo,parafrasando Nietzsche),ma dalle cose e dai fenomeni di cui può fare esperienza. Il metodo scientifico può essere considerato nelle sue finalità una metodologia atea,forse la prima in assoluta,perché non ricerca la causa finale,il principio ultimo della realtà,bensì la causa efficiente che ha originato l'evento e che può osservare.
Belle parole, ma che possono essere credute per certe solo grazie alla Fede in esse, giacché esse, e nei concetti, opinioni, o idee relative in esse contenuti, non c'è verità oggettiva certa.
Se uno desidera incontrare le ragioni del Mistero nell'aldiquà, benvenuto, ma non è che fino ad oggi questa "Scienza" abbia potuto affermare incontrovertibilmente che c'è una ragione certa di come è nato Saturno o Maradona.
Può dirci, inconfutabilmente, di che sono composti e quali sono le loro funzioni materiali, ma non può "sapere" qual è la loro vera ragione d'esistere.
CitazioneCos'è l'ateismo? Capire che l'idea di Dio non è necessaria (probabilmente anche deleteria) per conoscere le forze che regolano la natura.
Certamente, può darsi, ma per distinguere le forze che regolano la tua esistenza impossibile. Ma se vuoi fidarti di essa, è solo per fede, con la "religione" che ne consegue.Pace&Bene
Pensavo fosse implicito nella parola "approccio" la soggettività della scelta atea. L'ateismo non può costituire in nessun modo verità alternative alle religioni perché appunto non ha alternative metafisiche e non è intenzionato a crearne di nuove. Il non credente non ha interesse a discutere di teorie da cui non può trarre esperienza,è questo il diverso "approccio" nei confronti della realtà. Non ho escluso che possa credere in altre cose,dopotutto l'ateismo non è un sistema di pensiero unitario come quello religioso,ma include un'insieme di istanze a volte molto diverse fra loro. Anche la parola "ate-ismo" è abbastanza fuorviante,non esiste alcuna dottrina.
Volevo fare un'altra distinzione,tra credere e avere fede. La fede,cosi come la si intende religiosamente,non può essere discussa e smentita,si caratterizza come un atteggiamento miope nei confronti della realtà; è possibile invece che il non credente possa cambiare opinione su un argomento,se gli sarà mostrata una ragione per farlo,o semplicemente per convincimento personale. È possibile,dico,perché l'ateismo non è esente dalla tentazione di credere in maniera assoluta,dall'avere fede in altri idoli.
Dice MEMENTO:
È possibile, dico, perché l'ateismo non è esente dalla tentazione di credere in maniera assoluta, dall'avere fede in altri idoli.
L'ateismo è il frutto della fede in qualche idolo. Se l'essere umano non adorasse gli idoli non potrebbe essere ateo perché normalmente gli umani nascono con il Signore Dio nel loro cuore e questo Spirito li induce a credere in Spirito è verità. Lo spirito è vita, rende quindi l'uomo vivo e credente spontaneamente. Se questi si attacca ad un qualche idolo, l'idolo prende il posto dello Spirito di vita e la persona non può più credere perché rimane senza vita! Diventa come una lampada spenta alla quale è impossibile far credere che la corrente esiste. Qui cominciano le elucubrazioni mentali che non finiranno mai e non approderanno a nulla. Dietro a questa trappola c'è satana, ma l'ateo non può crederlo perché sotto il di lui dominio!
In ogni caso è vero che l'ateo può cambiare idolo, ma è come passare da una tomba all'altra.
Attenzione: Non tutti quelli che dicono di credere credono e non tutti quelli che e dicono di essere atei lo sono in verità. A nessuno è dato di scoprire cosa c'è nel cuore altrui, ma a tutti è dato di scoprire cosa c'è nel proprio cuore.
Giuseppe
Citazione di: memento il 09 Aprile 2016, 14:30:27 PMIl non credente non ha interesse a discutere di teorie da cui non può trarre esperienza,è questo il diverso "approccio" nei confronti della realtà. Non ho escluso che possa credere in altre cose,dopotutto l'ateismo non è un sistema di pensiero unitario come quello religioso,ma include un'insieme di istanze a volte molto diverse fra loro. Anche la parola "ate-ismo" è abbastanza fuorviante,non esiste alcuna dottrina.
Volevo fare un'altra distinzione,tra credere e avere fede. La fede,cosi come la si intende religiosamente,non può essere discussa e smentita,si caratterizza come un atteggiamento miope nei confronti della realtà; è possibile invece che il non credente possa cambiare opinione su un argomento,se gli sarà mostrata una ragione per farlo,o semplicemente per convincimento personale. È possibile,dico,perché l'ateismo non è esente dalla tentazione di credere in maniera assoluta,dall'avere fede in altri idoli.
Se fosse vero quello che affermi nella prima frase allora dovresti spiegare il senso di tutto quel proliferare di siti internet, di letteratura e di saggistica attraverso cui autori (scienziati, professori, giornalisti) che si dichiarano atei o quantomeno agnostici discutono eccome di queste "teorie", e tentano di convincere in tutti i modi i cosiddetti "credenti" che il loro "credere" è un atteggiamento da poveri idioti.
E la fede è esattamente il contrario di un atteggiamento miope, per il semplice fatto che è fede in qualcosa di universale, ovvero in qualcosa che più grande non si può, mentre l'atteggiamento del non credente, che si rivolge a ciò che può vedere e quindi a ciò che a lui è più prossimo, è invece rigorosamente miope (miopia= capacità di vedere chiaramente solo gli oggetti vicini, e contestuale incapacita di vedere quelli lontani).
E infine, tanto per la precisione, la parola ateismo si scompone in a-teismo con "a" privativo, ovvero "senza" e teos, ovvero dio; l'ateismo è quindi la dottrina dei senza dio.
DICE donquixote:
Se fosse vero quello che affermi nella prima frase allora dovresti spiegare il senso di tutto quel proliferare di siti internet, di letteratura e di saggistica attraverso cui autori (scienziati, professori, giornalisti) che si dichiarano atei o quantomeno agnostici discutono eccome di queste "teorie", e tentano di convincere in tutti i modi i cosiddetti "credenti" che il loro "credere" è un atteggiamento da poveri idioti.
E la fede è esattamente il contrario di un atteggiamento miope, per il semplice fatto che è fede in qualcosa di universale, ovvero in qualcosa che più grande non si può, mentre l'atteggiamento del non credente, che si rivolge a ciò che può vedere e quindi a ciò che a lui è più prossimo, è invece rigorosamente miope (miopia= capacità di vedere chiaramente solo gli oggetti vicini, e contestuale incapacita di vedere quelli lontani).
E infine, tanto per la precisione, la parola ateismo si scompone in a-teismo con "a" privativo, ovvero "senza" e teos, ovvero dio; l'ateismo è quindi la dottrina dei senza dio.
Caro mio, dove non credere non cioè Dio e dove non c'è Dio c'è satana che tramite i suoi fa di tutto per convincere il mondo che lui non esiste e che oltretutto non esiste il Signore DIO, perché in questo modo distrugge l'intera umanità, della quale è nemico per invidia, che in buona parte è già caduta in questo inganno.
Ateo vuol dire senza Dio a-teo, l'ateismo è il modus pensandi dei senza Dio, ma poiché Dio è sapienza chi è senza Dio è senza sapienza....... il resto aggiungilo tu!
Citazione di: giona2068 il 09 Aprile 2016, 00:24:25 AMCiao a tutti, sono giuscip1946 che per ragioni tecniche di registrazione mi chiamo giona2068.
Caro giona2068,alias guscip1946 (alias Giuseppe?), nel dialogo, oltre al piacere di riuscire ad esprimere la propria opinione, c'è anche il piacere di condividere quella di altri.
E la tua risposta #28 è proprio questo che mi genera.
Insisto però nel chiedere: perché chi parla di fede considera scontato che esista un essere creatore e governatore dell'universo assimilabile al nostro concetto di essere così come lo sperimentiamo?
Senza cambiare lo spirito del topic, possiamo allora approfondire il concetto che abbiamo di Dio?
Faccio una premessa dovuta visto che si è parlato di fazioni contrapposte che vogliono convincersi a vicenda. Per quanto riguarda me, la volontà di convincere altri è fuori dallo spettro di discussione. Per due motivi molto semplici, innanzitutto per esperienza di vita so che le persone nel 90% dei casi cambiano idea solo motu proprio, quindi è già tempo perso nella maggior parte dei casi. Nei dialoghi riguardo la religione poi, la possibilità di convincere l'altro è ancor di più recondita per un motivo molto semplice, quella che a volte viene chiamata "sindrome di Concorde". Quando si investe cosi tanto in un progetto, in un idea, come si fa nella religione (o si fece su quell'aeromobile) cambiare idea richiede un coraggio e un energia che credo appartengano solo a rarissimi e preziosi individui che non credo di aver mai avuto la fortuna di incontrare. In definitiva, mi sentirei un allocco, a dialogare per perseguire uno scopo che ha una percentuale infinitesimale di successo.
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Lo stesso potrei chiederti l'onere della prova che il Big Bang si sia avuto senza che Dio premesse l'interruttore, o che dopo la morte ci sia il Nulla, o l'onere della prova di ciò che tu pensi sia la verità sul senso e sul fine dell'esistenza umana, cosa che dirige le tue scelte e di cui non hai nessuna certezza, se non speranze e fede.
Tu asserisci che Do non esiste, benissimo, ma devi dimostrarmi che esista il Caso o il Nulla, probabili ipotesi alternative con la stessa percentuale a che Dio esiste.
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Che l'universo e la fisica funzionino senza necessità di chiamare in causa Dio "architetto" è cosa nota dai tempi di Laplace e la sua famosa risposta a Napoleone. Peraltro io non asserisco che Dio non esiste, asserisco più semplicemente che non ci sono prove per affermarlo e che grandi ipotesi (in questo caso immense) necessitino di grandi prove (in questo caso immense). Tendo all'ateismo nel caso si parli di deismo, perchè a quel punto posso vedere la teologia particolare di cui si parla e riguardo a quella sono ateo, ma non ho nulla da dire riguardo varie forme di cui panteismo, se non "aspetto le prove". Peraltro non capisco perchè dovrei dimostrare l'esistenza del Caos o del Nulla? L'universo, per come lo abbiamo visto fino ad oggi, è un insieme di materia privo di valori, coscienza e morale. Caos e Nulla sono due concetti valoriali umani, la fisica non c'entra nulla con loro. Quello che posso dimostrarti è che la fisica "funziona", nel senso che è un interpretazione della realtà tangente la stessa, perchè riesce ad interagire con essa nei modi supposti ed ipotizzati. Sapresti fare lo stesso con la fede?
Voglio però fare una domanda, perchè checchè se ne pensi discuto per imparare non per convincere. Si dice che l'esistenza di Dio non è una questione di deduzione logica. Perfetto, non mi crea problemi di sorta accettarlo. Però vorrei capire, nel momento in cui Dio viene percepito dal credente, non sono le suddette percezioni passive di logica? E' l'uomo a entrare nel territorio del trascendentale quando percepisce Dio, o Dio a entrare nel mondo logico e fenomenico? Voglio supporre che sia il primo caso, e che sia una forma di misticismo per la quale la percezione trascende la materia. E da questo punto in poi dovremmo tranquillamente parlare di narcisismo e di egocentrismo. Le percezioni sono quanto di più inaffidabile l'uomo abbia a disposizione, sacralizzarle al punto da renderle "prove" per se stessi o per gli altri, è sintomo di infinito narcisismo. Faccio un esempio veloce, esiste una sindrome molto rara a seguito della perdita della vista, il cieco non ha alcuna percezione visiva, sbatte contro le porte e contro i muri, ma è assolutamente convinto di non essere cieco e di vederci perfettamente. E' una condizione clinica che può durare dalla settimana al mese, e non c'è verso di far capire a queste persone che sono cieche, sono incontrovertibilmente convinte di vederci perfettamente. Sarebbero queste le percezioni di cui dovremmo fidarci ciecamente nell'asserire l'esistenza o meno di architetti universali? Bene..
Citazione di: giona2068 il 09 Aprile 2016, 16:14:40 PM
Dice MEMENTO:
È possibile, dico, perché l'ateismo non è esente dalla tentazione di credere in maniera assoluta, dall'avere fede in altri idoli.
L'ateismo è il frutto della fede in qualche idolo. Se l'essere umano non adorasse gli idoli non potrebbe essere ateo perché normalmente gli umani nascono con il Signore Dio nel loro cuore e questo Spirito li induce a credere in Spirito è verità. Lo spirito è vita, rende quindi l'uomo vivo e credente spontaneamente. Se questi si attacca ad un qualche idolo, l'idolo prende il posto dello Spirito di vita e la persona non può più credere perché rimane senza vita! Diventa come una lampada spenta alla quale è impossibile far credere che la corrente esiste. Qui cominciano le elucubrazioni mentali che non finiranno mai e non approderanno a nulla. Dietro a questa trappola c'è satana, ma l'ateo non può crederlo perché sotto il di lui dominio!
In ogni caso è vero che l'ateo può cambiare idolo, ma è come passare da una tomba all'altra.
Attenzione: Non tutti quelli che dicono di credere credono e non tutti quelli che e dicono di essere atei lo sono in verità. A nessuno è dato di scoprire cosa c'è nel cuore altrui, ma a tutti è dato di scoprire cosa c'è nel proprio cuore.
Giuseppe
Davvero nelle argomentazioni di una persona istruita c'è Satana? Si è mai chiesto perchè non lo sente menzionare più spesso dal Papa o da alti prelati (nel senso di persone teologicamente istruite)? E' un argomentazione teologica cosi debole, ma cosi debole, che penso che abbiano paura persino loro di essere derisi da una platea peraltro tutt'altro che critica.. Questa idea di Satana che fa lo sgambetto ai provetti cristiani è insostenibile da ogni punto di vista, perchè delle due l'una: O Satana è a sua volta una creatura di Dio (e quindi il responsabile delle azioni sataniche è comunque Dio che lo governa) o Satana è al di fuori del governo di Dio, e quindi lo equivale, e in questo caso lei avrebbe cessato di essere monoteista. Comunque tutto un bel logico argomentare, per chi aveva detto che "Dio è al di fuori delle deduzioni logiche" .. mi dispiaccio solo non abbia memoria di tutti quegli uomini nati e morti per 200.000 anni prima delle rivelazioni messianiche del medio-oriente per dire che "nessun uomo è mai nato senza Dio".
Citazione di: donquixote il 09 Aprile 2016, 16:52:02 PM
Se fosse vero quello che affermi nella prima frase allora dovresti spiegare il senso di tutto quel proliferare di siti internet, di letteratura e di saggistica attraverso cui autori (scienziati, professori, giornalisti) che si dichiarano atei o quantomeno agnostici discutono eccome di queste "teorie", e tentano di convincere in tutti i modi i cosiddetti "credenti" che il loro "credere" è un atteggiamento da poveri idioti.
E la fede è esattamente il contrario di un atteggiamento miope, per il semplice fatto che è fede in qualcosa di universale, ovvero in qualcosa che più grande non si può, mentre l'atteggiamento del non credente, che si rivolge a ciò che può vedere e quindi a ciò che a lui è più prossimo, è invece rigorosamente miope (miopia= capacità di vedere chiaramente solo gli oggetti vicini, e contestuale incapacita di vedere quelli lontani).
E infine, tanto per la precisione, la parola ateismo si scompone in a-teismo con "a" privativo, ovvero "senza" e teos, ovvero dio; l'ateismo è quindi la dottrina dei senza dio.
Effettivamente il lavoro di questi scienziati,professori,giornalisti,eccetera,tende a sminuire la posizione atea più che a rafforzarla,se la si intende come reazione e antitesi alla fede religosa. D'altra parte va sempre sottolineato come la fede sia un errore che la ragione non può permettersi. Perciò non ho alcun dubbio che la maggior parte di questi autori abbiano affrontato il problema scientificamente e razionalmente,e che,in mancanza di prove in sostegno dell'esistenza di Dio,ne abbiano decretato la non validità. Quindi,per rispondere alla tua domanda,in alcun modo si è usciti dal campo dell'esperienza come criterio di valutazione di una teoria.
La fede è un atteggiamento miope nel momento in cui non vede la contraddittorietà delle proprie ipotesi. L'occhio miope quando guarda da lontano semplifica e sfuma le forme esattamente come il credente in Dio elimina tutte le irregolarità e le contraddizioni universali. Colui che ha un'ottima vista invece sa cogliere il particolare e l'eterogeneità delle forme che osserva. Fondamentalmente la metafora voleva essere questa.
Sulla scomposizione della parola ateismo volevo evidenziare il suffisso -ismo,che indica come tu stesso hai detto una dottrina,inesistente fra gli atei.
Citazione di: InVerno il 09 Aprile 2016, 17:54:53 PM
Che l'universo e la fisica funzionino senza necessità di chiamare in causa Dio "architetto" è cosa nota dai tempi di Laplace e la sua famosa risposta a Napoleone. Peraltro io non asserisco che Dio non esiste, asserisco più semplicemente che non ci sono prove per affermarlo e che grandi ipotesi (in questo caso immense) necessitino di grandi prove (in questo caso immense). Tendo all'ateismo nel caso si parli di deismo, perchè a quel punto posso vedere la teologia particolare di cui si parla e riguardo a quella sono ateo, ma non ho nulla da dire riguardo varie forme di cui panteismo, se non "aspetto le prove". Peraltro non capisco perchè dovrei dimostrare l'esistenza del Caos o del Nulla? L'universo, per come lo abbiamo visto fino ad oggi, è un insieme di materia privo di valori, coscienza e morale. Caos e Nulla sono due concetti valoriali umani, la fisica non c'entra nulla con loro. Quello che posso dimostrarti è che la fisica "funziona", nel senso che è un interpretazione della realtà tangente la stessa, perchè riesce ad interagire con essa nei modi supposti ed ipotizzati. Sapresti fare lo stesso con la fede?
Voglio però fare una domanda, perchè checchè se ne pensi discuto per imparare non per convincere. Si dice che l'esistenza di Dio non è una questione di deduzione logica. Perfetto, non mi crea problemi di sorta accettarlo. Però vorrei capire, nel momento in cui Dio viene percepito dal credente, non sono le suddette percezioni passive di logica? E' l'uomo a entrare nel territorio del trascendentale quando percepisce Dio, o Dio a entrare nel mondo logico e fenomenico? Voglio supporre che sia il primo caso, e che sia una forma di misticismo per la quale la percezione trascende la materia. E da questo punto in poi dovremmo tranquillamente parlare di narcisismo e di egocentrismo. Le percezioni sono quanto di più inaffidabile l'uomo abbia a disposizione, sacralizzarle al punto da renderle "prove" per se stessi o per gli altri, è sintomo di infinito narcisismo. Faccio un esempio veloce, esiste una sindrome molto rara a seguito della perdita della vista, il cieco non ha alcuna percezione visiva, sbatte contro le porte e contro i muri, ma è assolutamente convinto di non essere cieco e di vederci perfettamente. E' una condizione clinica che può durare dalla settimana al mese, e non c'è verso di far capire a queste persone che sono cieche, sono incontrovertibilmente convinte di vederci perfettamente. Sarebbero queste le percezioni di cui dovremmo fidarci ciecamente nell'asserire l'esistenza o meno di architetti universali? Bene..
Il grande antropologo Levi Strauss, in uno dei suoi scritti, racconta la storia di un piccolo popolo di una sperduta isola dell'emisfero australe che rimase incantato dal "grande uccello" che una volta al mese portava i viveri alla colonia di "bianchi" che si erano stabiliti su quell'isola. Gli indigeni, che non avevano mai visto un aeroplano, credettero ovviamente che fosse un animale particolare e in un certo senso miracoloso, e se fra loro vi fosse stato un ateo e razionalista come Laplace l'avrebbe probabilmente analizzato e avrebbe potuto spiegare al Napoleone della situazione come "funzionava", senza minimamente ipotizzare che a monte di quell'oggetto vi potesse essere un "architetto" che l'aveva progettato, mentre invece evidentemente c'era. Il fatto quindi di fornire spiegazioni logiche e razionali del funzionamento di qualcosa non spiega, ad esempio, l'esistenza stessa di quel qualcosa. Per spiegare il movimento dei pianeti bisogna che ci siano perlomeno i pianeti e anche il movimento: e questo come lo si spiega?
Esiste poi una ragione logica e una ontologica per pensare necessariamente ad un qualcosa che trascende l'universo fisico: il nostro è il mondo del divenire, ma ogni divenire ha, sia logicamente che ontologicamente, un inizio e una fine; il divenire (e il suo sistema di misura che è il tempo) è ciò che sta appunto fra l'inizio e la fine (di un moscerino come di una stella o di una galassia). È quindi perlomeno necessario qualcosa che non sia "diveniente" che possa giustificare e rendere ragione del divenire: quello che Platone chiamava "motore immobile".
Per quanto riguarda le prove dell'affermazione dell'esistenza di Dio queste sono richieste e pretese sempre da coloro che nel 100% dei casi non sanno che cosa si intende con Dio, tanto è vero che a volte lo si assimila ad un'isola meravigliosa come Gaunilone o ad un mucchietto di talleri come Kant o ad una teiera orbitante da qualche parte come Russel. Se coloro, come i tre citati, che chiedono prove studiassero prima chi è Dio si risparmierebbero domande ed esempi senza senso. Poi certo nemmeno quelli che ci credono sanno che cosa si intende con Dio, che si può dimostrare solo sul piano logico e della necessità come tentò di fare, a mio avviso un po' maldestramente, Anselmo di Aosta, e questa è la ragione per cui questa questione rimarrà insoluta ancora per un pezzo. Se l'esistenza di Dio dovesse essere dimostrata come quella dell'isola di Gaunilone o dei talleri di Kant allora non si potrebbe dimostrare nemmeno l'esistenza del pensiero, dell'amore, dell'amicizia, della coscienza e di tutto ciò che vi è di astratto e che però condiziona pesantemente la vita "concreta". La geometria viene usata quotidianamente per condizionare la "realtà": ma c'è qualcuno che può dimostrare l'esistenza di un punto, di una retta o di una qualsiasi delle innumerevoli figure geometriche? Forse qualcuno ha mai visto un triangolo? ovvero un oggetto con tre lati perfettamente dritti che non occupa spazio e non ha peso?
E riguardo la seconda parte dell'intervento citato è ben vero che le percezioni sono ingannevoli, ma le percezioni sono prerogativa dei sensi e quindi Dio (che non si può cogliere con i sensi) non si può "percepire" ma solo "intuire" (intuizione è prerogativa dell'intelletto, il nous degli antichi greci che era contrapposto alla dianoiae alla doxa). Se però le percezioni sono ingannevoli bisogna considerare che tutta la scienza si basa solo su quelle: certo non su quelle di uno solo ma su quelle di tanti, che però non si vede perchè il numero più elevato di percezioni dovrebbe renderle meno ingannevoli.
Citazione di: memento il 09 Aprile 2016, 19:00:56 PM
Effettivamente il lavoro di questi scienziati,professori,giornalisti,eccetera,tende a sminuire la posizione atea più che a rafforzarla,se la si intende come reazione e antitesi alla fede religosa. D'altra parte va sempre sottolineato come la fede sia un errore che la ragione non può permettersi. Perciò non ho alcun dubbio che la maggior parte di questi autori abbiano affrontato il problema scientificamente e razionalmente,e che,in mancanza di prove in sostegno dell'esistenza di Dio,ne abbiano decretato la non validità. Quindi,per rispondere alla tua domanda,in alcun modo si è usciti dal campo dell'esperienza come criterio di valutazione di una teoria.
La fede è un atteggiamento miope nel momento in cui non vede la contraddittorietà delle proprie ipotesi. L'occhio miope quando guarda da lontano semplifica e sfuma le forme esattamente come il credente in Dio elimina tutte le irregolarità e le contraddizioni universali. Colui che ha un'ottima vista invece sa cogliere il particolare e l'eterogeneità delle forme che osserva. Fondamentalmente la metafora voleva essere questa.
Sulla scomposizione della parola ateismo volevo evidenziare il suffisso -ismo,che indica come tu stesso hai detto una dottrina,inesistente fra gli atei.
La questione basilare è sempre la stessa: l'incapacità di comprendere che cosa si intende con Dio. Oltre ovviamente a tutti i testi sacri e i loro commentari, qualunque studioso, qualunque teologo (anche fra i più ignoranti e ormai lo sono quasi tutti) e addirittura qualunque prete (o monaco) oltre ad una pletora di persone mediamente acculturate, pur non conoscendo Dio saprebbero perlomeno dire che è "spirito", e quindi impossibile da percepire con i sensi. Siccome tutte le "prove" pretese da costoro sono basate sul metodo scientifico e quindi sulla percezione sensoriale è ovviamente impossibile averne. Ma continuano ad insistere sul medesimo tasto: sarà anche affrontare il problema in modo scientifico e razionale, ma sicuramente non intelligente e totalmente inutile.
Per quanto riguarda la dottrina dell'ateismo che tu affermi non esistere io ho in casa il "Trattato di ateologia" di Michel Onfray, filosofo francese che è uno dei più autorevoli pensatori in questo campo, e addirittura il "Catechismo di ateologia" (sottotitolo: in cosa crede chi non crede) di Paul Desalmand, scrittore e docente universitario, sempre francese. Ma secondo me se vai su IBS e digiti ateismo troverai diversi volumi che trattano di questa dottrina (e anche se per evitare gli "ismi" usano il suffisso "logia" il risultato è il medesimo)
** scritto da memento:
CitazioneL'ateismo non può costituire in nessun modo verità alternative alle religioni perché appunto non ha alternative metafisiche e non è intenzionato a crearne di nuove.
Ma non c'è
il bisogno che l'ateismo dica quale sia la propria alternativa metafisica, è consequenziale del suo essere senza Dio.
Il gioco è perfetto e non concede sbavature alle quali uno ci si possa aggrappare. Almeno che non si voglia credere per fede che "chi zittisce
non acconsente".
Se al prossimo referendum mi astengo dal voto, senza che io dica o costituisca un'alternativa al Si o al No, automaticamente sto favorendo il No, quindi per la Verità del Si, casomai dovesse essere quella giusta e vera, sei un complice dell'eresia del No.
Allo stesso modo se dovesse vincere il Si, e il No risulterebbe l'alternativa vera e giusta, saresti una causa volontaria dell'abrogazione, quindi colpevole né più né meno dei blasfemi del Si.
Nei due casi, senza costituire alternativa alle religioni del Si e del No, sei reprensibile quanto uno che abbia creato una nuova setta.
Se fosse come tu sostieni, e per caso, accidentalmente, Dio davvero esistesse, non potrebbe giudicare l'indifferenza o il menefreghismo. Quindi esisterebbe una possibile scappatoia al doversi pronunciare obbligatoriamente sul Dio dell'amore; dichiarando così imperfetto il Suo progetto.
Al contrario, uno può credere nel Ni, ma nei fatti è un pro-Si o pro-No.
Pace&Bene
** scritto da InVerno:
CitazioneChe l'universo e la fisica funzionino senza necessità di chiamare in causa Dio "architetto" è cosa nota dai tempi di Laplace e la sua famosa risposta a Napoleone.
Che l'Universo funzioni senza necessità di Dio significa che funziona per caso o per fortuna, benvenuto nel mondo dei credenti e aventi Fede in qualcosa di non probabile.
CitazioneDavvero nelle argomentazioni di una persona istruita c'è Satana?
Perché tu hai la prova certa istruita che non esista?
Anche l'ipotesi di Satana ha uguale probabilità di esistere.
Il fatto di non crederci non esenta il soggetto, nel caso in cui esistesse davvero, dall'esservi tentato; anzi c'è un'ipotesi che sostiene che se nel diavolo non si crede più, lui è contentissimo.
In sintesi per andare all'Inferno non è necessario crederci.
Citazione di: donquixote il 09 Aprile 2016, 20:13:49 PMLa questione basilare è sempre la stessa: l'incapacità di comprendere che cosa si intende con Dio. Oltre ovviamente a tutti i testi sacri e i loro commentari, qualunque studioso, qualunque teologo (anche fra i più ignoranti e ormai lo sono quasi tutti) e addirittura qualunque prete (o monaco) oltre ad una pletora di persone mediamente acculturate, pur non conoscendo Dio saprebbero perlomeno dire che è "spirito", e quindi impossibile da percepire con i sensi. Siccome tutte le "prove" pretese da costoro sono basate sul metodo scientifico e quindi sulla percezione sensoriale è ovviamente impossibile averne. Ma continuano ad insistere sul medesimo tasto: sarà anche affrontare il problema in modo scientifico e razionale, ma sicuramente non intelligente e totalmente inutile.
Per quanto riguarda la dottrina dell'ateismo che tu affermi non esistere io ho in casa il "Trattato di ateologia" di Michel Onfray, filosofo francese che è uno dei più autorevoli pensatori in questo campo, e addirittura il "Catechismo di ateologia" (sottotitolo: in cosa crede chi non crede) di Paul Desalmand, scrittore e docente universitario, sempre francese. Ma secondo me se vai su IBS e digiti ateismo troverai diversi volumi che trattano di questa dottrina (e anche se per evitare gli "ismi" usano il suffisso "logia" il risultato è il medesimo)
Sono d'accordo,non è necessario esplicitare che l'idea di un Dio sia completamente irrazionale. Anche se questo puro spirito assomiglia sempre più ad un puro nulla..
Sul secondo punto: intendevo una dottrina di tutti gli atei. Non ho mai letto i libri che tu hai citato,eppure mi ritengo un non credente a tutti gli effetti. Accostare l'ateismo ad una religione non ha molto senso.
L'essere umano ha un disperato bisogno di credere. Tale è l'incertezza, la vulnerabilità, la pochezza, la contraddizione del vivere che (tutti) ci rifugiamo in un credo. Questa necessità , a volte, supera di gran lunga la ragionevolezza di quello in cui riponiamo il nostro bisogno. In Esodo il popolo ebraico sente la lunga assenza dell'uomo in cui ha riposto la sua fede, Mosè. Il profeta da molti giorni è impegnato nella stesura della Legge, perduto sulla cima del Sinai. Allora si recano alla tenda di Aronne e gli chiedono di potersi creare un'immagine di Dio "da poter pregare". Aronne fa portare l'oro disponibile, lo fondono e costruiscono un'immagine di Dio a forma di vitello. Aronne costruisce un altare dinanzi al vitello e poi...iniziano i sacrifici, le preghiere, il banchetto propiziatorio.
In questa immagine si condensa, folgorante, il dramma del credere umano. Dio è lontano, silenzioso, invisibile, sulla vetta dei monti. Parla a qualcuno ma...non parla a me , non parla a te. Io però ho Paura, vivo nel deserto, la mia casa è una tenda, la mia vita è scossa come il telo di una tenda. Allora , per placare questa Paura, non posso che costruirmi un Dio rassicurante, la mia ricchezza (interiore ed esteriore) è impegnata nell'opera. Per un popolo antico, rassicurante è un vitello, un bovino che è simbolo di prosperità, di mitezza, di benessere. La nascita degli dei, a forma di bisogno umano, lungi dal negare o affermare l'esistenza di ciò che è Vero e Santo, sono specchio dell'umana paura. Dal nostro inappagabile bisogno d'amore nasce l'immagine di un Dio che è Tutto amore, come dalla fame di un popolo sperduto nel deserto nasce un Dio di generosa fecondità e appagamento. Ma chi è veramente Colui che se ne sta nascosto sul Sinai ?
Affermare che Dio esiste o non esiste, non sposta la nostra posizione al centro del deserto e il nostro bisogno di costruirci un vitello d'oro personale. Ecco perchè l'affermazione "Dio esiste" o quella "Dio non esiste" non avendo che immagini e simboli da noi costruiti si risolve miseramente in quella "Il vitello d'oro esiste o non esiste?"
Questa impasse l'abbiamo già vissuta nello svolgimento del tema sul vecchio forum. Per questo nel mio post precedente , generosamente bollato come "previsione metereologica", ho cercato di spostare l'attenzione dal quesito all'operato. Intendiamo restare nel deserto, rassicurati o divertiti (credenti o non credenti), in contemplazione della nostra creatura d'oro? O intendiamo salire quel Sinai, caricandoci sulle spalle la nostra pesante tenda, per vedere se la vetta è veramente abitata dal Mistero?
Per Mariano ed altri.
Chi ha fede da per scontato che il Signore Dio perché LO sente dentro se stesso. Esempio: Chi ha fede sente di amare/rispettare chiunque perché sente che in ogni persona c'è lo stesso Spirito che c'è in se stesso. Molte volte questo avviene anche in qualcuno che dice di non aver fede. Tante altre volte invece non avviene in chi dice di aver fede. In quest'ultimo caso trattasi di fede mentale, mentre nel caso di chi ama e dice di non aver fede trattasi di fede non cosciente. Come vedi quando il Signore Dio non è uscito dal cuore dell'uomo si manifesta a prescindere da quello che la bocca proferisce.
E' vero ciò che dice InVerno, cioè che è impossibile far cambiare idea alle persone servendosi delle parole, perché il cambiamento avviene solo motu proprio, ma è sempre opportuno parlare per testimoniare ciò che il Signore Dio ha fatto con noi. Il motu proprio è la conclusione di un viaggio dentro di noi per scoprire la nostra verità. Un discorso potrebbe essere una tappa di questo viaggio, ma non dimentichiamo che è scritto: Nessuno può venire a me senza la volontà del padre mio. Quando c'è la Sua volontà per andare a Lui, noi abbiamo il compito di facilitare questo viaggio.
Vorrei poi dire a InVerno che innanzitutto è opportuno scrivere satana in minuscolo perché la maiuscola serve per esaltare, mentre questo maledetto va umiliato. In ogni caso satana è anch'esso una creatura del Signore Dio, ma non è stato creato per fare l'ingannatore che porta il popolo fuori strada, bensì per essere un animale come tutti gli altri. Lui ha scelto di essere il male.
La cultura e la scienza non sono sataniche, anzi la scienza è una parte della sapienza divina, ma bisogna vedere che fine persegue chi le usa. Se usate a fin di male di sicuro chi lo fa è guidato da satana se non è satana incarnato nell'uomo!
Per quanto attiene ai religiosi le cose non cambiano a riguardo della fede come sopra descritta. Dalle loro opere possiamo sapere da che parte sono. Atternzione perché vale anche per noi, dalle nostre opere possiamo scoprire, se lo vogliamo, chi siamo. Per fare un esempio: Caifa e tutto il sinedrio, con la collaborazione degli scribi e farise, pur conoscendo la legge hanno voluto che il Signore Gesù fosse crocifisso. Lasciamo stare la Sua natura divina, ma umanamente costoro non sapevano che uccidere è vietato dal comandamento? LO sapevano tanto bene da chiedere a Ponzio Pilato di ucciderLo lui perché la loro legge non glielo permetteva. Alla fine l'hanno fatto uccidere ma è come l'avessero ucciso loro. Vedi anche Saul diventato poi S. Paolo.
In questo caso chi 'era dietro costoro, se non satana?
In conclusione quando nel cuore dell'uomo c'è ancora il Signore Dio lo si vede dalle opere e questa è la vera fede e non frutto di un ragionamento né di una cultura teologica.
Buona notte - giuseppe
Caro Sariputra, mi dispiace contraddirti ma non ne posso fare a meno.
Che il bisogno di credere sia insito nella natura umana è cosa largamente sperimentata ed appartiene alla nostra stessa natura, ma non giustifica ASSOLUTAMENTE la creazione del vitello o idoli di questo tempo.
Il Signore Dio non solo non è lontano o sulla cima del monte, è nei nostri cuori anche se Lo abbiamo soffocato con la nostra poca fede.
Non adduciamo scuse per giustificare il ricorso agli idoli che satana, visto il nostro naturale bisogno di credere, ci propone.
Citazione di: giona2068 il 10 Aprile 2016, 00:05:29 AMCaro Sariputra, mi dispiace contraddirti ma non ne posso fare a meno. Che il bisogno di credere sia insito nella natura umana è cosa largamente sperimentata ed appartiene alla nostra stessa natura, ma non giustifica ASSOLUTAMENTE la creazione del vitello o idoli di questo tempo. Il Signore Dio non solo non è lontano o sulla cima del monte, è nei nostri cuori anche se Lo abbiamo soffocato con la nostra poca fede. Non adduciamo scuse per giustificare il ricorso agli idoli che satana, visto il nostro naturale bisogno di credere, ci propone.
Se provo fame e ho necessità di saziarla, la ricerca del cibo non è una giustificazione ma una necessità. Se provo paura e non riesco a conviverci , la costruzione di un vitello dorato non è una giustificazione ma una necessità. Da quale abisso proviene questa paura? Indagarla significa trovare risposte a quello che tu chiami Satana, questo sì comoda giustificazione per illuderci che il male sia esterno a noi e non invece una nostra creatura, creata dalla nostra illusione di essere sostanzialmente "buoni". Spesso, quando diciamo che Dio ci è vicino, è nel nostro cuore, siamo simili a bimbi rincuorati dall'idea che dormiamo nel lettone con la mamma. Allora ogni paura si dileguava e, abbracciati stretti al suo corpo caldo, solo sogni di giochi visitavano le nostre notti...
Citazione di: Duc in altum! il 08 Aprile 2016, 09:46:15 AM
** scritto da Jacopus:
Citazionecredere o non credere sono due ipotesi con uguale dignità? A questa domanda non si può che rispondere: sì.
Anche in questo caso rispondere sì non è oggettivo, ma ragione di Fede.
Infatti, bisogna crederci, senza averne prove, che ogni dimensione di Fede (credere, non credere, non pervenuto, astensione, menefreghismo) possa donare uguale dignità.
Io, ad esempio, al contrario, non solo rispondo no alla domanda, ma rilancio sostenendo che non c'è niente di mera provenienza terrestre, che possa donare dignità all'esistenza umana, senza l'intervento del trascendente.
Non penso si possano attribuire uguale dignità a Madre Teresa di Calcutta od a un terrorista; a Gino Strada o a un cattolico farisaico; ecc. ecc.
Pace&Bene
Buonasera Duc. Fra i tanti interventi, penso che questo riassuma esattamente il motivo per cui rifiuto ogni tipo di religione. Se la dignità umana proviene dal trascendente è facile giungere anche alla conclusione che quella dignità possiamo calpestarla in nome del trascendente, cosa che è accaduta ripetutamente nella storia dell'uomo. Una cosa molto simile è avvenuta nel mondo del socialismo reale, allorquando la fede nel comunismo aveva le sue chiese, i suoi sacerdoti e la sua Santa Inquizione, i suoi martiri e i suoi dannati che potevano essere appunto calpestati in nome del Comunismo.
Al contrario di te e in accordo con la Costituzione tedesca penso che la dignità umana sia intangibile anche se si tratta di quella di un terrorista o di un cattolico farisaico. Chi sono io per degradare a essere non dignitoso un terrorista o un cattolico farisaico? Che ne so della sua vita, del perché è diventato terrorista o farisaico? La sua dignità umana resta intangibile. Questo non significa che "allora siamo tutti uguali". Ognuno già su questa terra deve sentirsi responsabile di quello che fa e renderne conto alla giustizia umana ma resta un appartenente dell'umanità e se è diventato terrorista ci potrà essere una storia interessante su quella sua scelta che ci chiama in causa tutti.
Dalla mia posizione di non credente non mi permetto di giudicare i credenti come dei poveri scimuniti a cui ha dato di volta il cervello e non mi sento di dire che la posizione del credente non è dignitosa (come tu invece fai intendere per i soggetti non credenti). D'altronde non tutti i credenti, fortunatamente, la pensano come te. Direi che l'argomento avviato da Freedom in effetti tocca un atteggiamento che riguarda entrambi i membri dei due schieramenti. Vi è una fazione "hard" da entrambe le parti, incapace di pensare all'outgroup come ad un gruppo con pari valore e una fazione "soft", in grado di convivere tranquillamente con chi la pensa in un altro modo e a cui riconosce appunto "pari dignità".
A me pare che in società multietniche e complesse come le nostre converrebbe promuovere una visione "accettante" delle visioni altrui.
Mentre scrivo mi viene in mente che in altri post del vecchio forum avevo anche argomentato sulla natura psicopatologica delle religioni monoteistiche e questo potrebbe essere considerato in contraddizione con quanto sto dicendo. Eppure quella psicopatologia fa parte dell'umanità, ammesso che sia così, e va compresa, interpretata, discussa, con ragionamenti umani, non con ragionamenti trascendenti. Come dire, la dignità umana va tutelata nell'ambito della vita terrena, di quello che siamo noi ora, esseri biologici e culturali allo stesso tempo. Se vogliamo ascrivere a qualcosa di esterno al nostro vivere, le regole per giudicare gli altri e per pesarli, allora si giunge inevitabilmente nel territorio dell'autoritarismo e dell'ipse dixit e si chiude ogni possibilità di discussione fra chi la pensa in modo diverso.
Al territorio della religione sembra in qualche modo connaturato questo confine, che diventa poi anche un confine mentale, un modo per categorizzare le persone e le vicende umane. Non a caso religo e relegare hanno la stessa origine etimologica.
E alla fine di questi miei pensieri notturni, mi rendo conto di come sia difficile coniugare il rispetto per le idee altrui e la inevitabile necessità di affermare le proprie.
** scritto da Jacopus:
Buongiorno Jacopus
CitazioneChi sono io per degradare a essere non dignitoso un terrorista o un cattolico farisaico?
Ma nessuno dovrebbe degradare un'altra persona, men che meno un cattolico, io solo ti ho fatto un esempio che siamo noi stessi a renderci indegni dell'umanità riposta in noi, è uno stesso, attraverso delle azioni scelte e volute, a degradarsi.
Non dimenticare che io sono cattolico, quindi io credo in:
"non giudicare per non essere giudicato, ma allo stesso tempo non dare le perle ai porci".CitazioneChe ne so della sua vita, del perché è diventato terrorista o farisaico?
E' proprio questo che propone il messaggio evangelico: non ci sono scusanti (men che meno oggi, nel 2016) per commettere violenza o ipocrisia su altri. Uno ha la libertà di poterlo fare, ma nello stesso momento si auto-disonora.
Il fine non giustifica i mezzi, altrimenti W Fidel e Alessandro VI, ma senza Dio tutto è lecito ...altro che costituzione tedesca!
CitazioneLa sua dignità umana resta intangibile
E chi glie la tocca, ripeto siamo noi stessi a decidere di divenire ignobili.
Così come sempre noi stessi decidiamo di rialzarci da quella condizione biasimevole. Non tutti i detenuti ritornano in carcere, c'è anche chi cambia completamente la propria condotta o scelta di vita.
Un esempio su tutti, per chiarirci, anche Papa Francesco ha detto chi sono io per giudicare (quindi degradare) un omosex, ma nel frattempo, proprio l'altro ieri ha ribadito che non esistono, per la Chiesa, gli stessi diritti per i matrimoni etero od omosex.
Il fatto di rispettare la dignità altrui: il non giudicare, il non fare violenza su altri, il non offendere gli altri, va di pari passo con il legittimare la propria Fede, ecco perché insisto, e basta guardarsi intorno, che non ci sono eccezioni su questo fenomeno, la differenza sta soltanto nel fatto che qualcuno uccide o inganna il suo prossimo per giustificare le sue ragioni di Fede, mentre altri si fanno uccidere pur di non ledere la libertà di decisione degli altri: vedi Gesù.
Buona domenica.
Dice Sariputra:
Se provo fame e ho necessità di saziarla, la ricerca del cibo non è una giustificazione ma una necessità. Se provo paura e non riesco a conviverci , la costruzione di un vitello dorato non è una giustificazione ma una necessità. Da quale abisso proviene questa paura? Indagarla significa trovare risposte a quello che tu chiami Satana, questo sì comoda giustificazione per illuderci che il male sia esterno a noi e non invece una nostra creatura, creata dalla nostra illusione di essere sostanzialmente "buoni". Spesso, quando diciamo che Dio ci è vicino, è nel nostro cuore, siamo simili a bimbi rincuorati dall'idea che dormiamo nel lettone con la mamma. Allora ogni paura si dileguava e, abbracciati stretti al suo corpo caldo, solo sogni di giochi visitavano le nostre notti...
D'accordo, se ho fame la ricerca del cibo è una necessità, ma al topo capita che nel cercare il cibo senza sapere che cibo sia finisce per mangiare un cibo avvelenato.
Se la costruzione di un vitello doro o dorato che sia, per poi chiamarlo "dio", è cosa giusta per te, vuol dire che tu sei più sapiente di Mosè che quando lo vide s'infuriò!
Non dimentichiamo che il popolo che costruì il vitello d'oro è lo stesso che ha camminato sull'asciutto in mezzo al mare e quello che ha mangiato la manna piovuta dal cielo!
In ogni caso noi non siamo meglio di loro, se loro hanno costruito un vitello d'oro noi ne abbiamo costruito una mandria!
La paura nasce dalla mancanza di fede e dal momento che non esiste una terra di nessuno, chi non ha fede nel Signore Dio Onnipotente è sotto il dominio di satana (se non sei un suo adoratore, come io credo, ti conviene scriverlo con la minuscola). Il serpente non ha potere sull'uomo fino a quando questi non cede alla sua tentazione, quindi nessuna giustificazione, cioè nessun pensare che sia colpa solo di satana.
Che tu ci creda o no, il Signore Dio è lo spazio e noi viviamo nel in questo spazio, cioè nel Suo cuore, e un raggio del di Lui Spirito vive nel nostro anche se Lo abbiamo soffocato e con questo Gli portiamo solo sofferenza.
Chi perde completamente questo raggio di vita cade nella disperazione o si attacca anima e corpo alle cose del mondo, vive da morto. Il morto non può credere neanche se lo vuole perché è morto.
Buona giornata - giuseppe
Citazione di: giona2068 il 10 Aprile 2016, 09:40:09 AMDice Sariputra: Se provo fame e ho necessità di saziarla, la ricerca del cibo non è una giustificazione ma una necessità. Se provo paura e non riesco a conviverci , la costruzione di un vitello dorato non è una giustificazione ma una necessità. Da quale abisso proviene questa paura? Indagarla significa trovare risposte a quello che tu chiami Satana, questo sì comoda giustificazione per illuderci che il male sia esterno a noi e non invece una nostra creatura, creata dalla nostra illusione di essere sostanzialmente "buoni". Spesso, quando diciamo che Dio ci è vicino, è nel nostro cuore, siamo simili a bimbi rincuorati dall'idea che dormiamo nel lettone con la mamma. Allora ogni paura si dileguava e, abbracciati stretti al suo corpo caldo, solo sogni di giochi visitavano le nostre notti... D'accordo, se ho fame la ricerca del cibo è una necessità, ma al topo capita che nel cercare il cibo senza sapere che cibo sia finisce per mangiare un cibo avvelenato. Se la costruzione di un vitello doro o dorato che sia, per poi chiamarlo "dio", è cosa giusta per te, vuol dire che tu sei più sapiente di Mosè che quando lo vide s'infuriò! Non dimentichiamo che il popolo che costruì il vitello d'oro è lo stesso che ha camminato sull'asciutto in mezzo al mare e quello che ha mangiato la manna piovuta dal cielo! In ogni caso noi non siamo meglio di loro, se loro hanno costruito un vitello d'oro noi ne abbiamo costruito una mandria! La paura nasce dalla mancanza di fede e dal momento che non esiste una terra di nessuno, chi non ha fede nel Signore Dio Onnipotente è sotto il dominio di satana (se non sei un suo adoratore, come io credo, ti conviene scriverlo con la minuscola). Il serpente non ha potere sull'uomo fino a quando questi non cede alla sua tentazione, quindi nessuna giustificazione, cioè nessun pensare che sia colpa solo di satana. Che tu ci creda o no, il Signore Dio è lo spazio e noi viviamo nel in questo spazio, cioè nel Suo cuore, e un raggio del di Lui Spirito vive nel nostro anche se Lo abbiamo soffocato e con questo Gli portiamo solo sofferenza. Chi perde completamente questo raggio di vita cade nella disperazione o si attacca anima e corpo alle cose del mondo, vive da morto. Il morto non può credere neanche se lo vuole perché è morto. Buona giornata - giuseppe
Se hai letto attentamente i miei post precedenti, io non invito nessuno ad abbandonare la propria fede. Infatti scrivo che bisogna caricarsi sulle proprie spalle il peso della tenda ( la propria vita) e salire il monte Sinai fino alla vetta per accertarsi se è veramente abitato dal Mistero. E' l'atteggiamento del ricercatore. Colui che cerca non deve partire con in testa , già ben costruita, l'idea e l'immagine di quello che può trovare. Altrimenti, giunto sulla cima, non potrà far altro che costruirsi un nuovo vitello da adorare. Questo mio modo di intendere la spiritualità capisco possa entrare in conflitto con il tuo che, mi par di capire, poggia invece sull'idea che non dobbiamo cercare nulla, che la "Verità" è già stata rivelata, è scritta in un libro, viene predicata e meditata da moltissimi anni, si deve solo accettare o rifiutare.
E' come trovarsi all'interno di un recinto ben delimitato ( dogmi, insegnamenti, vite vissute da altri, ecc.) e convincersi che è perfettamente inutile uscire dallo spazio di questo recinto e la ricerca s'intende come un liberare il cuore per far posto al contenuto del recinto, affinchè il creatore/abitatore del recinto si riveli a noi. Io, timidamente, ho obiettato che ho l'impressione sia la Paura il creatore/abitatore del recinto e che dobbiamo investigare su questo. In questa affermazione non c'è alcun rifiuto dell'idea del Sacro e del Vero anzi, c'è lo sforzo di capire se può esserci uno spazio in noi per qualcosa di "Veramente" Sacro e non la presenza di un ulteriore, più raffinato, vitello d'oro. Tieni in conto che tutti noi disponiamo di sensibilità diverse, di storie di vita diverse, di visioni del reale diverse.
p.s. Non capisco perchè dovrei scrivere Satana in minuscolo. E' un nome proprio e la mia maestra me lo segnerebbe come errore se lo facessi... :)
Buona domenica
Per SARIPUTRA
Strano, hai spostato il dialogo su altri argomenti che francamente faccio fatica a capire dove vuoi arrivare.
In ogni caso satana, se la cosa non ti offende, è opportuno scriverlo con la minuscola.
Se il tuo maestro ti ha insegnato, come il mio lo ha insegnato a me, che i nomi propri si scrivono con la maiuscola perché individuano una persona che come tale va esaltata, devi sapere che satana non è una persona, anzi è il contrario dell'uomo e il suo nemico dichiarato.
Io intendo umiliarlo come merita e per questo lo scrivo con la minuscola prescindendo dalla grammatica, ma se a qualcuno fa piacere esaltarlo, consideralo a mo di persona o suo "dio" lo scriva pure con la maiuscola.
Chi considera cosa buona il vitello d'oro e si crede più sapiente di Mosè che s'infurio nel vederlo, non desta meraviglia se poi usa la maiuscola per scrivere satana!
Ciao - Giona
Per DUC IN ALTUM E CHIUNQUE NE FOSSE INTERESSATO.
Il versetto che dice di non giudicare attiene al non emettere una sentenza di condanna o di assoluzione nei confronti di chicchessia. Non esiste giudizio se non sfocia in una sentenza. Questo è certo ed accettato come principio. La sentenza in ogni caso riguarderebbe la persona, ma se vedo un'opera sbagliata perché non conforme alla legge divina, ho il dovere, non solo il diritto d'intervenire per ammonire, cosa diversa dal sentenziare, chi ha fatto quell'opera. Se vedo che uno bestemmia ho il dovere di dirgli smettila! Quello che maggiormente distingue il giudizio dall'ammonimento e quella voce del cuore che ci avvisa del perché lo stiamo facendo. Se nel mio cuore c'è l'amore, che comprende il voler bene, il mio intervento è un sano ammonimento, ma se nel mio cuore c'è il disprezzo anche se faccio notare una cosa sbagliata nel mio intervento passa il giudizio.
Se così non fosse come potrebbe essere messo in pratica quanto dice Geremia: Vi ho chiamati per essere sentinella e come potrebbe essere messo in pratica il versetto del S. Vangelo che dice: Se uno sbaglia ammoniscilo, se non ti ascolta ammoniscilo davanti a due testimoni ecc....
In definitiva se il mio scopo è recuperare non è giudizio, ma lo diventa quando il mio scopo è umiliare, disprezzare ecc...
Essere cristiani non vuol dire rimbambirsi per non vedere e non sentire, essere cristiani vuol dire amare e l'amore è correzione. La correzione non è giudizio.
Quanto all'affermazione del Papa: Chi sono io per giudicare gli omosessuali, è stata l'uscita più infelice di tutto il suo pontificato. Infatti non deve giudicare gli omosex ma deve aiutarli a rendersi conto che in Levitico 20/13 è scritto che l'omosessualità è un abominio, il comandamento dice di non commettere atti impuri e San Paolo dice che il ns corpo non è l'impudicizia! Com'è possibile che colui che dice di essere il vicario del Signore Gesù sulla terra non dica queste cose e si gira dall'altra parte a mo di Pilato!
Questa infelice affermazione ha fatto cadere il velo che frenava il dilagare dell'omosessualità. Infatti nel giro di poco tempo la cattolicissima Irlanda ha indetto il referendum che ha lecitato il matrimonio fra persone dello stesso sesso. La corte suprema Americana ha sentenziato che i matrimoni omosex sono un diritto, Obama li chiamati conquista dell'umanità, la corte europea ha multato l'Italia per non aver legiferato su questo tipo di unioni e per finire abbiamo approvato la legge che non veniva approvata perché si temeva la reazione della chiesa!
Il credente non è indifferente e l'indifferenza è un male peggiore del giudicare.
Ciao - Giuseppe
Citazione di: giona2068 il 09 Aprile 2016, 23:53:11 PM
Vorrei poi dire a InVerno che innanzitutto è opportuno scrivere satana in minuscolo perché la maiuscola serve per esaltare, mentre questo maledetto va umiliato. In ogni caso satana è anch'esso una creatura del Signore Dio, ma non è stato creato per fare l'ingannatore che porta il popolo fuori strada, bensì per essere un animale come tutti gli altri. Lui ha scelto di essere il male.
Le consiglio invece di scrivere Satana in maiuscolo (io uso il maiuscolo per rispettare tutti i credenti, e ci sono anche i credenti in Satana. E chi le dice che la loro intuizione non sia quella giusta visto che la logica non conta?). Le consiglio di usare la maiuscola perchè se Satana "ha scelto" e questa scelta è al di fuori del disegno di Dio e del suo potere di cambiarla, ci troviamo a tutti gli effetti davanti a una divinità, le cui "scelte" sono al di fuori dell'onnipotenza di Dio (che in questo caso non è più onnipotente, visto che non può influenzare le azioni sataniche). Io vedo una conferma al narcisismo che vi ho addebitato il post precedente. Perchè gli ultimi due papi prima di Francesco (accompagnati dai teologi dell'ultimo secolo), si sono arrovelati per centinaia di pagine per spiegare il male nel mondo, e paradossalmente sono giunti a due conclusioni (parlo dei papi) non dico opposte, ma molto, molto diverse (e nessuno dei due ha ovviamente citato Satana come nrisposta, se ne son ben visti credo). Ora se due papi (peraltro, sopratutto Benedetto, molto eruditi) non sono giunti a risposta.. bastava un colpo di telefono a Giona, gli avrebbe spiegato che Satana è la causa di un cancro alle ossa in un bimbo di due anni. Perchè questo è il punto teologico di impossibile soluzione per le monoteiste, la sintesi di 3 dogmi incompatibili tra loro
1) Dio è infinitamente buono
2) Dio governa il mondo
3) Esiste il male nel mondo, anzi, va per la maggiore.
Tutti e tre insieme non ci stanno, alcuni teologi hanno suggerito che l'unica delle tre realmente sacrificabile è la 2, e quindi immaginano un mondo creato e poi abbandonato a se stesso..Purtroppo questa visione sarebbe traumatica per tutte quelle persone che hanno bisogno di aiuto perchè disperate, e si appoggiano all'idea di una miracolandia le cui chiavi stanno nella preghiera. Forse il cattolicesimo perderebbe il 90% dei credenti (o clienti?), meglio non risolvere la questione e farsi un profilo twitter (l'ultima papa credo l'abbia capito, in un certo senso ha risolto l'arcano meglio dei predecessori).
Ringrazio donchixote per l'interessante risposta, ci sarebbe da spiegare di preciso cosa sia l'intuizione e quanto realmente sia slegata dalle percezioni, al di la delle nomenclatura classica. Trovo tuttavia abbastanza irritante che si giustifichi la presenza di architetti dicendo "ma allora cos'è il movimento?". O che si parli dell'interruttore del Big Bang, quando chi ha "inventato" la teoria del BigBang si è ben visto dal parlare di divinità e interruttori, perchè non sono ipotesi necessarie alla validità della teoria ma superfetazioni che confermano l'idea del "God of the gaps". Senza offesa,ma come disse Medawar, "la fantafilosofia attrae spesso moltissime persone, con gusti letterari ben sviluppati, la cui istruzione è andata molto al di la della loro capacità di pensiero analitico". Chiudo citando Hitchens, che per anni ha girato le platee del mondo chiedendo se qualcuno sapesse dirgli un solo atto che una persona di fede potesse fare e che un ateo non potesse (un cosiddetto "vantaggio morale") e non ha mai ricevuto risposta. Alla domanda opposta però, se qualcuno potesse nominargli un atto che solo una persona di fede potrebbe fare e un ateo no, la lista è sempre stata molto cospicua. D'altro canto, se l'intuizione è "sacra" e veritiera, che cosa potreste dire di avverso contro un kamikaze islamico? O contro quella donna che annegò i suoi 4 figli nella vasca perchè glielo aveva detto dio? O contro quella badante in mosca che ha sgozzato un bambino perchè glielo ha detto Allah? Nulla, le vostre obiezioni sarebbero di ordine morale e logico, ma non avreste assolutamente nessun argomento contro le loro "intuizioni". Il che purtroppo, lascia questo mondo, in una posizione piuttosto squallida. Io preferisco vedere queste persone in psichiatria, proprio perchè non do valore alle loro intuizioni.
Buona continuazione di discussione.
Per InVerno
Se ti facessi vedere come satana urla e si dispera quando durante l'esorcismo, da me filmato, viene schiacciato dello Spirito del Signore Dio, ti renderesti conto di quello che scrivi, ma non cambieresti comunque!
Rispondo solo per impedirti di ingannare altri, il mio prossimo.
Citazione di: giona2068 il 11 Aprile 2016, 14:44:51 PM
Per InVerno
Se ti facessi vedere come satana urla e si dispera quando durante l'esorcismo, da me filmato, viene schiacciato dello Spirito del Signore Dio, ti renderesti conto di quello che scrivi, ma non cambieresti comunque!
Rispondo solo per impedirti di ingannare altri, il mio prossimo.
Non le chiederò di visionare il filmato per il semplice fatto che sono sicuro la privacy di parecchie persone verrebbe messa in pericolo e probabilmente mi sentirei l'obbligo di denunciare il fatto alle autorità competenti. Fortunatamente sono abbastanza certo questo materiale non esista, la invito tuttavia qualora fosse vero, a suggerire alla famiglia dell' "esorcizzato" di accompagnare al più presto questa persona verso cure mediche convenzionali. Le ricordo che l'aggravarsi della situazione clinica di questa persona potrebbe vederla accusata di concorso in circonvenzione di incapace, abuso di credulità popolare, detenzione di materiale illecito, e altre cose che la nostra "satanica" società secolare ha elaborato per difendersi da suddette pratiche che non possono in alcun modo sostituire cure convenzionali. Si preoccupi della salute delle persone, prima che di confermare le proprie convinzioni tramite filmati posticci.
Citazione di: Mariano il 03 Aprile 2016, 22:21:20 PM
Ritengo che sostenere che Dio non c'è perché non lo si percepisce denoti un voler dare un significato riduttivo del percepire.
Percepire non è soltanto ricevere una sensazione o una dimostrazione razionale, recepire è anche intuire, sentire; ed è questo l'unico modo per avere Fede aldilà di elucubrazioni mentali come ben dice Giuseppe.
.
Dio è nell'IO sicché sostenere, come si usa dire, "non credente" equivale a dire che non credo, nientemeno, in ME> medesimo cioè nel mio IO cosciente!
Bell'affare!!!!!!!!..
Le due situazioni non sono simmetriche, non credere è un concetto univoco, credere invece può assumere grandi dimensionalità, credere nell'aldilà, nelle entità spirituali, credere in Dio, credere nell'esistenza del Demonio ... e potrei continuare. Io comunque non parlerei di probabilità, spesso le persone si autoconvincono di qualcosa e iniziano a vedere la realtà in funzione di quello che credono, è il relativismo kantiano. Giorni fa ho visto Boncinelli che, a mio parere semplicisticamente, liquidava la ricerca sulle esperienze NDE con gli stessi argomenti con i quali erano state liquidate quelle esperienze all'inizio della ricerca. Per lui quelle situazioni particolari nelle quali è inspiegabile come il soggetto della NDE abbia acquisito certe informazioni semplicemente non esistono.
Vorrei rispondere a InVerno n. 57, io non ho filmati ma ho l'esperienza della mia vita perché, purtroppo, sono una persona soggetta ad infestazione malefica. Oggi ho trovato una sorta di serenità interiore ma in passato ho vissuto veramente brutti periodi. Sono una persona molto razionale, per cui lo shock di sentire tutte le sensazioni interiori che ho sentito è stato molto forte al punto da mettere in crisi la mia fede per la razionalità. Anche io ho vissuto e vivo situazioni di reazioni improvvise, e da me non volute in particolare durante la recita del S. Rosario.
Nei momenti delle manifestazioni malefiche bisogna ricordare che davanti al Signore che dimora in noi, ogni ginocchia si piega in cielo (santi), in terra (umani viventi) e sotto la terra(demoni). Credere questo aiuta a superare il momento difficile, specialmente se accompagnato dal digiuno dal cibo e dalle cose che ci piacciono le quali sono la causa di ogni ns problema spirituale.
Rispondo a Giona2068. La mia esperienza mi permette di dirti che a volte il linguaggio della Chiesa opera delle semplificazioni. Il Maligno a volte china il capo di fronte al Signore, altre volte non lo fa, magari lo guarda in atto di sfida. Quello che è certo è che il male viene indebolito dagli atti sacrali, in particolare dalla preghiera. Tale indebolimento è però un processo lento, io sono stato esorcizzato nel 2007, tre preghiere di liberazione ed un esorcismo, ma da allora è solo iniziato un itinerario di graduale distruzione di quello che era infettato, e costruzione di una personalità libera dal male, un itinerario che non ha fine come possiamo desumere anche dalla parabola del grano e della gramigna.
Per Anthony.
Bisogna vedere com'è la situazione e cioè se trattasi di impossessione o di d'incarnazione o addirittura di impossessione e incarnazione insieme. L'impossessione consiste nel maligno che s'impossessa senza la volontà della persona, es. tramite un malificio. L'incarnazione consiste nel peccato che entra nella persona la quale acconsente a peccare consapevolmente o inconsapevolmente, in ogni caso c'è la volontà della persona. Esempio: droga, fumo, alcool, violenza, sesso x il sesso, superbia, orgoglio ecc. L'impossessione è facile da risolvere, mentre l'incarnazione richiede un impegno serio. Il maligno non abbassa mai la testa se non è costretto a farlo, occorre che l'esorcista abbia la potenza per schiacciarlo e quando viene scacciato, se nella persona non entra la fede vera, ritorna. Anzi è scritto che dove ce n'era uno ne ritornano sette. Occorre quindi diventare esorcisti di se stessi e la cosa è possibile perché in ogni battezzato c'è lo Spirito del Signore Gesù che è potenza illimitata, se lo crediamo.
Per Giona 2068
Mi hai tolto le parole di bocca: "bisogna diventare esorcisti di se stessi". Per la mia esperienza il ruolo del prete esorcista è stata fondamentale all'inizio, ma poi, come mi è stato consigliato dallo stesso, ho dovuto fare da solo soprattutto con la preghiera.
Io comunque cerco di stare lontano nei ragionamenti da categorie istituzionali perché cerco di interpretare la verità sulla base della mia esperienza. Tu parli di incarnazione e possessione, io posso dirti che il confine tra i due concetti, sulla base della mia esperienza, è labile. La nostra volontà è fragile e può venir captata dalle forze del male. Come dice Gesù: "Chi opera il male diventa schiavo del male" a sottolineare la fragilità della nostra volontà. Si tratta di un concetto che in parte contrasta con il principio di libero arbitrio che in effetti io reputo una sistematizzazione troppo semplificata del problema della scelta individuale.
Quello però che ho notato è che con gli anni, sempre grazie alla preghiera, la mia forza interiore è progressivamente aumentata, sia in confronto alle pressioni interne del male, sia in confronto a fonti di tensione che la realtà esterna mi trasmette.
La nostra volontà diventa debole quando il peccato s'incarna nella persona. Ti faccio un esempio: Io una volta fumavo e non potevo stare senza sigarette, ma prima di cominciare a fumare non c'era niente che poteva costringermi a farlo. Quando ho deciso di provare ho fumato la prima sigaretta, che fra l'altro non mi era piaciuto, e successivamente un'altra e poi un'altra fino a quando lo spirito del fumo è entrato in me arrivando al punto da obbligarmi a fumare anche quando avrei preferito smettere. (L'aspetto fisiologico della nicotina incide al 10% max). Questo vale anche l'alcool, la droga, il cibo, il sesso, la pigrizia, l'orgoglio, la superbia, la violenza, il dominio e per quant'altro crea nella persona quella falsa sensazione di piacere. In altri termini voglio dire che fino a quando rimaniamo puri da questo mondo abbiamo ogni potere sul nostro volere. L'importante ora è scoprire quale desiderio carnale ha preso il sopravvento sulla nostra volontà incarnandosi in noi. Se non lo scopriamo non potremo combattere l'incarnazione e oltretutto nella nostra preghiera non possiamo chiederne la liberazione. La speranza c'è se crediamo che il Signore Gesù è la potenza divina di fronte alla quale si piega ogni ginocchia ed è nascosta in noi per ridarci il potere sul nostro volere.
Citazione di: Freedom il 01 Aprile 2016, 16:11:34 PM
Ripropongo questo thread fiducioso che possa essere oggetto di ulteriori sviluppi.
L'incipit iniziale era questo:
La tesi di questo thread è che i credenti e i non credenti sono sullo stesso piano per quello che riguarda la probabilità che essi abbiano ragione.
Più che tesi a me sembra di tutta evidenza, tuttavia, ci sono molte persone che contraddicono questa affermazione. Queste ultime sostengono, pur non avendone l'assoluta certezza, che Dio non si percepisce dunque non c'è. E questa posizione è maggiormente veritiera di coloro i quali sostengono che (Dio c'è/Dio non c'è) stanno alla pari.
Qual è la vostra opinione?
E' il mio primo post e non ho letto tutto lo svolgimento del thread nel vecchio forum, spero quindi di non dire cose già osservate da altri.
Io credo sia fuorviante parlare di probabilità in merito alla fede. La probabilità è un concetto preciso che ha senso in un ambito di misurazione scientifica. Qui mancano i presupposti di una qualunque forma di misurazione.
Parlare di piani razionali, di ragione, di probabilità implica il considerare la posizione del credere o meno al pari di una teoria, in questo caso occorre ricordare che una teoria scientifica non si può dimostrare ma soltanto falsificare (Popper).
Citazione di: HollyFabius il 23 Aprile 2016, 16:49:26 PM
Citazione di: Freedom il 01 Aprile 2016, 16:11:34 PM
Ripropongo questo thread fiducioso che possa essere oggetto di ulteriori sviluppi.
L'incipit iniziale era questo:
La tesi di questo thread è che i credenti e i non credenti sono sullo stesso piano per quello che riguarda la probabilità che essi abbiano ragione.
Più che tesi a me sembra di tutta evidenza, tuttavia, ci sono molte persone che contraddicono questa affermazione. Queste ultime sostengono, pur non avendone l'assoluta certezza, che Dio non si percepisce dunque non c'è. E questa posizione è maggiormente veritiera di coloro i quali sostengono che (Dio c'è/Dio non c'è) stanno alla pari.
Qual è la vostra opinione?
E' il mio primo post e non ho letto tutto lo svolgimento del thread nel vecchio forum, spero quindi di non dire cose già osservate da altri.
Io credo sia fuorviante parlare di probabilità in merito alla fede. La probabilità è un concetto preciso che ha senso in un ambito di misurazione scientifica. Qui mancano i presupposti di una qualunque forma di misurazione.
Parlare di piani razionali, di ragione, di probabilità implica il considerare la posizione del credere o meno al pari di una teoria, in questo caso occorre ricordare che una teoria scientifica non si può dimostrare ma soltanto falsificare (Popper).
condivido.
Anche questo puo essere un esempio dove la "quantita" si e' sostituita alla "qualita" Che nel caso sarebbe il suo presupposto fondamentale
Ripropongo questo thread fiducioso che possa essere oggetto di ulteriori sviluppi.
L'incipit iniziale era questo:
La tesi di questo thread è che i credenti e i non credenti sono sullo stesso piano per quello che riguarda la probabilità che essi abbiano ragione.
Più che tesi a me sembra di tutta evidenza, tuttavia, ci sono molte persone che contraddicono questa affermazione. Queste ultime sostengono, pur non avendone l'assoluta certezza, che Dio non si percepisce dunque non c'è. E questa posizione è maggiormente veritiera di coloro i quali sostengono che (Dio c'è/Dio non c'è) stanno alla pari.
Qual è la vostra opinione?
E' il mio primo post e non ho letto tutto lo svolgimento del thread nel vecchio forum, spero quindi di non dire cose già osservate da altri.
Io credo sia fuorviante parlare di probabilità in merito alla fede. La probabilità è un concetto preciso che ha senso in un ambito di misurazione scientifica. Qui mancano i presupposti di una qualunque forma di misurazione.
Parlare di piani razionali, di ragione, di probabilità implica il considerare la posizione del credere o meno al pari di una teoria, in questo caso occorre ricordare che una teoria scientifica non si può dimostrare ma soltanto falsificare (Popper).
condivido.
Anche questo puo essere un esempio dove la "quantita" si e' sostituita alla "qualita" Che nel caso sarebbe il suo presupposto fondamentale
///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////
Restando su piano probabilistico, vediamo, dopo non so quanti secoli, cosa è successo nel mondo. I credenti veri sono i santi, se andiamo a contarli in questo tempo, sono molto ma molto ma molto meno dei non santi! Ergo la legge delle pari probabilità non ha trovato applicazione e ancora di più non ha trovato applicazione in un universo dei grandi numeri.
E' vero che l'uomo quando viene al mondo, diventando adulto, ha due vie: Credere o non credere, ma la maggior parte di loro alla fine non crede. Questo però non vuol dire che il Signore Dio non esiste, vuol dire solo che il mondo è seduttivo. Noi umani viviamo il visibile e l'invisibile e finiamo per scegliere il visibile perché satana riesce ad ingannare quelli che si lasciano sedurre dal visibile. A riguardo del percepire, tutti nasciamo con la capacità di percepirLo, ma questa facoltà sparisce nel momento che scopriamo il primo "mi piace". Chi non Lo percepisce ha manomesso il dispositivo per percepirLo. Beati coloro che lo percepiscono perché vivranno da vivi per l'eternità.
Citazione di: giona2068 il 23 Aprile 2016, 19:05:30 PM
Ripropongo questo thread fiducioso che possa essere oggetto di ulteriori sviluppi.
L'incipit iniziale era questo:
La tesi di questo thread è che i credenti e i non credenti sono sullo stesso piano per quello che riguarda la probabilità che essi abbiano ragione.
Più che tesi a me sembra di tutta evidenza, tuttavia, ci sono molte persone che contraddicono questa affermazione. Queste ultime sostengono, pur non avendone l'assoluta certezza, che Dio non si percepisce dunque non c'è. E questa posizione è maggiormente veritiera di coloro i quali sostengono che (Dio c'è/Dio non c'è) stanno alla pari.
Qual è la vostra opinione?
E' il mio primo post e non ho letto tutto lo svolgimento del thread nel vecchio forum, spero quindi di non dire cose già osservate da altri.
Io credo sia fuorviante parlare di probabilità in merito alla fede. La probabilità è un concetto preciso che ha senso in un ambito di misurazione scientifica. Qui mancano i presupposti di una qualunque forma di misurazione.
Parlare di piani razionali, di ragione, di probabilità implica il considerare la posizione del credere o meno al pari di una teoria, in questo caso occorre ricordare che una teoria scientifica non si può dimostrare ma soltanto falsificare (Popper).
condivido.
Anche questo puo essere un esempio dove la "quantita" si e' sostituita alla "qualita" Che nel caso sarebbe il suo presupposto fondamentale
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Restando su piano probabilistico, vediamo, dopo non so quanti secoli, cosa è successo nel mondo. I credenti veri sono i santi, se andiamo a contarli in questo tempo, sono molto ma molto ma molto meno dei non santi! Ergo la legge delle pari probabilità non ha trovato applicazione e ancora di più non ha trovato applicazione in un universo dei grandi numeri.
E' vero che l'uomo quando viene al mondo, diventando adulto, ha due vie: Credere o non credere, ma la maggior parte di loro alla fine non crede. Questo però non vuol dire che il Signore Dio non esiste, vuol dire solo che il mondo è seduttivo. Noi umani viviamo il visibile e l'invisibile e finiamo per scegliere il visibile perché satana riesce ad ingannare quelli che si lasciano sedurre dal visibile. A riguardo del percepire, tutti nasciamo con la capacità di percepirLo, ma questa facoltà sparisce nel momento che scopriamo il primo "mi piace". Chi non Lo percepisce ha manomesso il dispositivo per percepirLo. Beati coloro che lo percepiscono perché vivranno da vivi per l'eternità.
Come è vero che per dialogare (e tendere ad una conclusione) è necessario approfondire il significato che i dialoganti danno alle parole ed il senso della frase.
Io, e mi pare anche altri, ho letto la domanda di Freedom con un significato matematico e da un punto di vista laico: non potendo l'uomo razionalmente provare l'esistenza di ciò in cui crede o non crede, la probabilità che sia vera l'una o l'altra ipotesi è la stessa.
Altri hanno letto la domanda come probabilità che esista Dio (ed ovviamente il discorso si è allargato a macchia d'olio).
Ritengo che HollyFabius ha giustamente detto che in tal caso non è possibile parlare di probabilità.
In ultimo giona2068 è tornato sul secondo modo di lettura, e la mia opinione è che in tal caso non si potrà mai giungere ad una condivisione razionale.
Scusate, ho letto qualche risposta ma non tutte e quindi, forse, sarò ripetitivo.
A prescindere dal fatto che la consapevolezza spirituale, chi non la ha è ben lontano dal valutare qualcosa di invisibile e apparentemente insensato com la figura di DIO, vorrei sottolineare il fatto che ultimamente qualcosa è cambiato. Visto che chi ha la capacità di sentire Dio non ha bisogno delle mie parole cercherò di parlare a chi non sente in se questa abilità.
Dicevo, ultimamente la scienza e per la precisione la fisica quantistica ha fatto delle scoperte rivoluzionarie. Ovviamente se qualcosa esiste per d'avvero, una traccia di se deve pur lasciarla, o quantomeno una parvenza di plausibilità.
La fisica quantistica, rivoluzionando le leggi di base che riguardano la fisica classica, ci dice in contrasto con essa, che la materia non è isolabile. Che le particelle che compongono il nostro corpo sono tutte collegate tra loro tramite il vuoto quantistico e quindi ogni particella essendo circondata dal vuoto è in relazione tramite il vuoto stesso con tutte le altre particelle. La fisica quantistica, ci dice inoltre che il vuoto ha la capacità di mettere in fase o per meglio dire, ha la capacità far risuonare alcune molecole tra loro, ovvero di far si che più molecole inizino ad oscillare con la stessa frequenza. Quindi il vuoto è un veicolo tramite il quale si possono inviare comandi a determinate molecole. Cosi facendo, queste molecole tra loro risonanti creano un dominio di coerenza. Ciò, vuol dire che un gruppo definito di particelle si muovono o vibrano tra loro allo stesso ritmo e in quel momento vibrando alla stessa frequenza, sono coerenti tra loro.
Faccio un esempio grossolano e sicuramente sbagliato nel suo principio, ma che da l'idea di quello che voglio dire. Immaginate di avere una piastra piana attaccata ad uno strumento che gli trasmette vibrazione. Questo strumento che trasmette vibrazione è a sua volta collegato ad un computer che ha la capacità di selezionare una singola frequenza per volta. Adesso immaginate di mettere su questo piano del sale grosso, che essendo leggero si adatta bene allo scopo. Ad una certa frequenza selezionata con il computer, anche il piatto metallico vibra a quella frequenza. Si potrà notare che i chicchi di sale appoggiati casualmente sulla superfice si predisporranno assumendo una specifica forma fisica.
Cambiando frequenza anche la predisposizione quindi il disegno formato dai chicchi di sale cambia, dando forma ad un nuovo e diverso disegno. Questo esperimento è reale e potrete trovare qualche video in rete. Anche se come premesso, il principio scientifico di questo esperimento non calza alla perfezione con il vuoto quantistico, perché il sale si predispone in base ai punti di vibrazione del piano, questo serve a farci immaginare visivamente come una frequenza possa servire a creare agglomerati di particelle.
Ovviamente quello che succede nel nostro organismo è molto molto più complesso perché ad una certo comando, devono unirsi determinate particelle in una specifica sequenza non casuale ad un determinato punto del corpo per dare luogo ad una specifica reazione. In pratica, ballando allo stesso ritmo, le particelle come anche gli atomi che le compongono, si uniscono a svolgere un determinato compito che può servire per esempio a farci grattarci il naso come diceva Emilio del Giudice, oppure possono portare il cervello ad elaborare o a memorizzare una specifica informazione.
La fisica quantistica, ci da l'assoluta certezza che può esistere qualcosa che non si può ne misurare e ne pesare, questo è il vuoto quantistico.
Ma il vuoto quantico è solo uno strumento per portare alle particelle un comando. Questo vuol dire, e qui troviamo il nocciolo del discorso, che dietro il vuoto quantico c'è qualcuno che comanda. Che c'è un coordinatore, un direttore d'orchestra che fa in modo che il suono di ogni singolo elemento dell'orchestra risuonando con gli altri orchestrali dia luogo ad un suono disciplinato che trasforma il rumore in un tipo di musica piuttosto che in un'altra. Dove questo tipo di musica è funzionale ad una azione.
Parlando di domini di coerenza, si ha la certezza che esistono degli agglomerati di particelle risuonanti che a loro volta possono risuonare con altri domini di coerenza in una gerarchia verticale. Per esempio il polmone è un dominio di coerenza all'interno di un corpo con cui deve essere coerente. Se vediamo il polmone non troviamo una molecola che inspira e una che espira e una che sta senza fare nulla. Tutte seguono uno schema che gli permette di essere considerato un singolo organo. Quindi troviamo un dominio che forma il polmone che è all'interno di un individuo che è a sua volta un dominio coerente.
Ma chi comanda questo dominio coerente? La Spiritualità da una sua risposta, ma badate bene, anche la psicologia da una sua risposta e se credete che parlino di due cose diverse vi sbagliate. Ora sarebbe troppo lungo approfondire il discorso quindi sorvoliamo.
La nostra coscienza, che è la parte di noi che trae esperienza dalla vita, è influenzata da una coscienza collettiva. Cosa vuol dire. Ognuno di noi nasce in un determinato ambiente, e le persone o coscienze che compongono questo ambiente crea uno specifico dominio risonante e da questo il soggetto ne può essere influenzato. Un individuo che nasce nella periferia di Roma per esempio, potrà avere un imprinting diverso da chi nasce in un quartiere bene. Ma comunque è sempre Romano che è differente da un Milanese e quindi Roma diventa un dominio superiore che ingloba entrambi. Ma poi, tutti e due, Milanese e Romano sono Italiani che sono diversi dai Tedeschi e quindi L'Italia diventa anch'essa un ambiente risuonante più alto. Poi l'Italiano e il Tedesco sono europei che sono simili dagli Asiatici. Ma poi tutti e due sono terrestri che sicuramente saranno diversi dagli Extra terrestri.
A questo punto e concludo, si può presupporre che anche se non ne siamo coscienti, nella stessa maniera di come una singola cellula non è in grado di definire un corpo umano, che ci possano essere dei domini di coerenza più alti a governare i domini sottostanti. A questo punto DIO diventa plausibile.
Citazione di: Marco Dolivo il 28 Aprile 2016, 14:26:52 PM
Scusate, ho letto qualche risposta ma non tutte e quindi, forse, sarò ripetitivo.
A prescindere dal fatto che la consapevolezza spirituale, chi non la ha è ben lontano dal valutare qualcosa di invisibile e apparentemente insensato com la figura di DIO, vorrei sottolineare il fatto che ultimamente qualcosa è cambiato. Visto che chi ha la capacità di sentire Dio non ha bisogno delle mie parole cercherò di parlare a chi non sente in se questa abilità.
Dicevo, ultimamente la scienza e per la precisione la fisica quantistica ha fatto delle scoperte rivoluzionarie. Ovviamente se qualcosa esiste per d'avvero, una traccia di se deve pur lasciarla, o quantomeno una parvenza di plausibilità.
La fisica quantistica, rivoluzionando le leggi di base che riguardano la fisica classica, ci dice in contrasto con essa, che la materia non è isolabile. Che le particelle che compongono il nostro corpo sono tutte collegate tra loro tramite il vuoto quantistico e quindi ogni particella essendo circondata dal vuoto è in relazione tramite il vuoto stesso con tutte le altre particelle. La fisica quantistica, ci dice inoltre che il vuoto ha la capacità di mettere in fase o per meglio dire, ha la capacità far risuonare alcune molecole tra loro, ovvero di far si che più molecole inizino ad oscillare con la stessa frequenza. Quindi il vuoto è un veicolo tramite il quale si possono inviare comandi a determinate molecole. Cosi facendo, queste molecole tra loro risonanti creano un dominio di coerenza. Ciò, vuol dire che un gruppo definito di particelle si muovono o vibrano tra loro allo stesso ritmo e in quel momento vibrando alla stessa frequenza, sono coerenti tra loro.
Faccio un esempio grossolano e sicuramente sbagliato nel suo principio, ma che da l'idea di quello che voglio dire. Immaginate di avere una piastra piana attaccata ad uno strumento che gli trasmette vibrazione. Questo strumento che trasmette vibrazione è a sua volta collegato ad un computer che ha la capacità di selezionare una singola frequenza per volta. Adesso immaginate di mettere su questo piano del sale grosso, che essendo leggero si adatta bene allo scopo. Ad una certa frequenza selezionata con il computer, anche il piatto metallico vibra a quella frequenza. Si potrà notare che i chicchi di sale appoggiati casualmente sulla superfice si predisporranno assumendo una specifica forma fisica.
Cambiando frequenza anche la predisposizione quindi il disegno formato dai chicchi di sale cambia, dando forma ad un nuovo e diverso disegno. Questo esperimento è reale e potrete trovare qualche video in rete. Anche se come premesso, il principio scientifico di questo esperimento non calza alla perfezione con il vuoto quantistico, perché il sale si predispone in base ai punti di vibrazione del piano, questo serve a farci immaginare visivamente come una frequenza possa servire a creare agglomerati di particelle.
Ovviamente quello che succede nel nostro organismo è molto molto più complesso perché ad una certo comando, devono unirsi determinate particelle in una specifica sequenza non casuale ad un determinato punto del corpo per dare luogo ad una specifica reazione. In pratica, ballando allo stesso ritmo, le particelle come anche gli atomi che le compongono, si uniscono a svolgere un determinato compito che può servire per esempio a farci grattarci il naso come diceva Emilio del Giudice, oppure possono portare il cervello ad elaborare o a memorizzare una specifica informazione.
La fisica quantistica, ci da l'assoluta certezza che può esistere qualcosa che non si può ne misurare e ne pesare, questo è il vuoto quantistico.
Ma il vuoto quantico è solo uno strumento per portare alle particelle un comando. Questo vuol dire, e qui troviamo il nocciolo del discorso, che dietro il vuoto quantico c'è qualcuno che comanda. Che c'è un coordinatore, un direttore d'orchestra che fa in modo che il suono di ogni singolo elemento dell'orchestra risuonando con gli altri orchestrali dia luogo ad un suono disciplinato che trasforma il rumore in un tipo di musica piuttosto che in un'altra. Dove questo tipo di musica è funzionale ad una azione.
Parlando di domini di coerenza, si ha la certezza che esistono degli agglomerati di particelle risuonanti che a loro volta possono risuonare con altri domini di coerenza in una gerarchia verticale. Per esempio il polmone è un dominio di coerenza all'interno di un corpo con cui deve essere coerente. Se vediamo il polmone non troviamo una molecola che inspira e una che espira e una che sta senza fare nulla. Tutte seguono uno schema che gli permette di essere considerato un singolo organo. Quindi troviamo un dominio che forma il polmone che è all'interno di un individuo che è a sua volta un dominio coerente.
Ma chi comanda questo dominio coerente? La Spiritualità da una sua risposta, ma badate bene, anche la psicologia da una sua risposta e se credete che parlino di due cose diverse vi sbagliate. Ora sarebbe troppo lungo approfondire il discorso quindi sorvoliamo.
La nostra coscienza, che è la parte di noi che trae esperienza dalla vita, è influenzata da una coscienza collettiva. Cosa vuol dire. Ognuno di noi nasce in un determinato ambiente, e le persone o coscienze che compongono questo ambiente crea uno specifico dominio risonante e da questo il soggetto ne può essere influenzato. Un individuo che nasce nella periferia di Roma per esempio, potrà avere un imprinting diverso da chi nasce in un quartiere bene. Ma comunque è sempre Romano che è differente da un Milanese e quindi Roma diventa un dominio superiore che ingloba entrambi. Ma poi, tutti e due, Milanese e Romano sono Italiani che sono diversi dai Tedeschi e quindi L'Italia diventa anch'essa un ambiente risuonante più alto. Poi l'Italiano e il Tedesco sono europei che sono simili dagli Asiatici. Ma poi tutti e due sono terrestri che sicuramente saranno diversi dagli Extra terrestri.
A questo punto e concludo, si può presupporre che anche se non ne siamo coscienti, nella stessa maniera di come una singola cellula non è in grado di definire un corpo umano, che ci possano essere dei domini di coerenza più alti a governare i domini sottostanti. A questo punto DIO diventa plausibile.
Scusa la franchezza ma a me questo pare un discorso poco chiaro e con alcuni salti logici mancanti.
La fisica quantistica non ha rivoluzionato le leggi di base della fisica classica, ha semplicemente messo a disposizione un metodo matematico statistico più preciso dei modelli precedenti per predire il comportamento delle particelle, non dice che la materia non è isolabile ma dice che non è possibile determinare contemporaneamente posizione e quantità di moto.
Ti chiedi chi comanda il dominio coerente dando per scontato che il dominio coerente debba venire comandato, cosa tutt'altro che scontata: la risposta in questo caso è già nella domanda.
La sensazione è che il senso del tuo discorso sia equipollente al secondo principio della termodinamica.
L'idea che esistano gerarchie nella realtà non implica che vi sia una divinità razionale (come punta più alta della gerarchia).
Se la questione logica fosse così semplice non esisterebbe una tradizione filosofica millenaria (l'ontologia) che discute di questi argomenti.
Certo questa è anch'essa una affermazione non dimostrata ma insomma io preferisco non presupporre un passato collettivo di incapacità di afferrare principi decisivi ma semplicissimi.
"La fisica quantistica non ha rivoluzionato le leggi di base della fisica classica, ha semplicemente messo a disposizione un metodo matematico statistico più preciso dei modelli precedenti per predire il comportamento delle particelle, non dice che la materia non è isolabile ma dice che non è possibile determinare contemporaneamente posizione e quantità di moto."
Non sono un fisico, ma o hai ragione tu o hanno ragione i fisici.
https://www.youtube.com/watch?v=FP0-iLfFFN0
Citazione di: Marco Dolivo il 28 Aprile 2016, 17:37:34 PM
"La fisica quantistica non ha rivoluzionato le leggi di base della fisica classica, ha semplicemente messo a disposizione un metodo matematico statistico più preciso dei modelli precedenti per predire il comportamento delle particelle, non dice che la materia non è isolabile ma dice che non è possibile determinare contemporaneamente posizione e quantità di moto."
Non sono un fisico, ma o hai ragione tu o hanno ragione i fisici.
https://www.youtube.com/watch?v=FP0-iLfFFN0
Guarda che puoi arrivare ad essere un fisico delle particelle senza avere la benché minima cultura filosofica. L'essere fisico non è garanzia di comprensione dell'ontologia sottostante la disciplina.
Citazione di: Freedom il 01 Aprile 2016, 16:11:34 PM
Ripropongo questo thread fiducioso che possa essere oggetto di ulteriori sviluppi.
L'incipit iniziale era questo:
La tesi di questo thread è che i credenti e i non credenti sono sullo stesso piano per quello che riguarda la probabilità che essi abbiano ragione.
Più che tesi a me sembra di tutta evidenza, tuttavia, ci sono molte persone che contraddicono questa affermazione. Queste ultime sostengono, pur non avendone l'assoluta certezza, che Dio non si percepisce dunque non c'è. E questa posizione è maggiormente veritiera di coloro i quali sostengono che (Dio c'è/Dio non c'è) stanno alla pari.
Qual è la vostra opinione?
Lo sviluppo è questo:
http://www.riflessioni.it/forum/spiritualita/14736-credere-o-non-credere-sono-due-ipotesi-con-uguale-probabilita-ma-di-segno-contrario.html
La direzione verso la quale mi piacerebbe approfondire è quella indicata dall'amico Giuseppe dove "il credere" è qualcosa di più di una idea, qualcosa di più di un convincimento....
Scrive Giuseppe:
Che dire?
Da quando mi sono registrato sto dicendo che per credere occorre avere lo Spirito, che la fede non è un sapere ma un sentire, che chi non crede non crede perché non può credere, che al credere non si arriva attraverso i libri, che la dimora della fede non è il cervello ma il cuore, che la fede alla quale si arriva con il ragionamento è fede mentale cioè non stabile ecc...., ma ancora argomentiamo su l'esistenza del Signore Dio facendo ricorso al metodo scientifico, razionale ecc.
A riguardo delle probabilità di concludere che il Signore Dio esista o no, che in ogni caso non ha nessuna relazione con Fede vera o con la non fede trattandosi solo di elucubrazione mentale, non è un fatto probatorio di tipo incondizionato, ma è una conclusione che dipende dallo stato psicospirituale della persona.
Il credere/la fede è come l'appetito chi è vivo lo sente chi non è vivo non può sentirlo.
Chi non può sentire si diletta a produrre tesi che non stanno ne in cielo ne in terra.
La fede è come l'amore, anzi è l'amore, che non si spiega, ma si sente.
Ciao a tutti - Giuseppe
Citazione di: Mario Barbella il 01 Maggio 2016, 21:27:46 PM
Citazione di: Freedom il 01 Aprile 2016, 16:11:34 PM
Ripropongo questo thread fiducioso che possa essere oggetto di ulteriori sviluppi.
L'incipit iniziale era questo:
La tesi di questo thread è che i credenti e i non credenti sono sullo stesso piano per quello che riguarda la probabilità che essi abbiano ragione.
Più che tesi a me sembra di tutta evidenza, tuttavia, ci sono molte persone che contraddicono questa affermazione. Queste ultime sostengono, pur non avendone l'assoluta certezza, che Dio non si percepisce dunque non c'è. E questa posizione è maggiormente veritiera di coloro i quali sostengono che (Dio c'è/Dio non c'è) stanno alla pari.
Qual è la vostra opinione?
Lo sviluppo è questo:
http://www.riflessioni.it/forum/spiritualita/14736-credere-o-non-credere-sono-due-ipotesi-con-uguale-probabilita-ma-di-segno-contrario.html
La direzione verso la quale mi piacerebbe approfondire è quella indicata dall'amico Giuseppe dove "il credere" è qualcosa di più di una idea, qualcosa di più di un convincimento....
Scrive Giuseppe:
Che dire?
Da quando mi sono registrato sto dicendo che per credere occorre avere lo Spirito, che la fede non è un sapere ma un sentire, che chi non crede non crede perché non può credere, che al credere non si arriva attraverso i libri, che la dimora della fede non è il cervello ma il cuore, che la fede alla quale si arriva con il ragionamento è fede mentale cioè non stabile ecc...., ma ancora argomentiamo su l'esistenza del Signore Dio facendo ricorso al metodo scientifico, razionale ecc.
A riguardo delle probabilità di concludere che il Signore Dio esista o no, che in ogni caso non ha nessuna relazione con Fede vera o con la non fede trattandosi solo di elucubrazione mentale, non è un fatto probatorio di tipo incondizionato, ma è una conclusione che dipende dallo stato psicospirituale della persona.
Il credere/la fede è come l'appetito chi è vivo lo sente chi non è vivo non può sentirlo.
Chi non può sentire si diletta a produrre tesi che non stanno ne in cielo ne in terra.
La fede è come l'amore, anzi è l'amore, che non si spiega, ma si sente.
Ciao a tutti - Giuseppe
Questa è semplicemente una posizione intrisa di superbia. Da questa posizione la capacità di credere è dovuta ad una qualche qualità presente in chi crede e assente in chi non crede.
Si può avere una simile posizione di superbia anche dal lato di chi non crede, perché potrebbe sostenere che possiede la qualità di dubitare assente in chi crede.
Non credo che si possa partire da questo per un dialogo di qualunque tipo.
In ogni caso ho già scritto il mio pensiero che qui ribadisco, quando si parla di probabilità si intende una cosa che ha un significato non ambiguo e una sua valenza solo nell'ambito della misurazione sperimentale di eventi. La probabilità di avere ragione sostenendo una qualunque tesi è una domanda poco sana. La probabilità nell'ambito scientifico nel quale viene usato questo termine è calcolabile, la probabilità è legata ad una scienza che è la statistica e che offre metodi e supporto al concetto, il termine probabilità usato in un ambito diverso lontano dai metodi di calcoli legato agli eventi dei quali si vuole stabilire la probabilità stessa perde il suo senso originale, anzi
probabilmente :) perde proprio di senso.
** scritto da HollyFabius:
CitazioneQuesta è semplicemente una posizione intrisa di superbia. Da questa posizione la capacità di credere è dovuta ad una qualche qualità presente in chi crede e assente in chi non crede.
Si può avere una simile posizione di superbia anche dal lato di chi non crede, perché potrebbe sostenere che possiede la qualità di dubitare assente in chi crede.
Non credo che si possa partire da questo per un dialogo di qualunque tipo.
In ogni caso ho già scritto il mio pensiero che qui ribadisco, quando si parla di probabilità si intende una cosa che ha un significato non ambiguo e una sua valenza solo nell'ambito della misurazione sperimentale di eventi. La probabilità di avere ragione sostenendo una qualunque tesi è una domanda poco sana. La probabilità nell'ambito scientifico nel quale viene usato questo termine è calcolabile, la probabilità è legata ad una scienza che è la statistica e che offre metodi e supporto al concetto, il termine probabilità usato in un ambito diverso lontano dai metodi di calcoli legato agli eventi dei quali si vuole stabilire la probabilità stessa perde il suo senso originale, anzi probabilmente (http://www.riflessioni.it.cloud.seeweb.it/logos/Smileys/default/smiley.gif) perde proprio di senso.
Belle parole, ma la realtà su cui indaga la riflessione di questa discussione non cambia: la verità che Dio esista ha le stesse probabilità della verità che Dio non esiste. Quindi credere, cosa inevitabile, ad una di queste due premesse non è altro che una scommessa con uguali condizioni di vincere o di perdere, visto che l'una annulla completamente l'altra.
Citazione di: Duc in altum! il 03 Maggio 2016, 09:09:26 AM
Belle parole, ma la realtà su cui indaga la riflessione di questa discussione non cambia: la verità che Dio esista ha le stesse probabilità della verità che Dio non esiste. Quindi credere, cosa inevitabile, ad una di queste due premesse non è altro che una scommessa con uguali condizioni di vincere o di perdere, visto che l'una annulla completamente l'altra.
Messa in questi termini la questione cambia di prospettiva, l'uso che fai della probabilità non è quello disambiguo dell'ambito scientifico.
In questo caso ti dico che comunque sei in errore perché la questione è così ambigua che possono esistere anche la possibilità che Dio esista solo un po', che Dio sia esistito ma non esista più, che Dio esiste e non esista contemporaneamente e magari se ne possono trovare anche altre. Siamo nell'ambito del sofismo. Se non diamo al termine Dio dei valori qualitativi (Dio è razionale o irrazionale, Dio è buono o non buono, Dio è onnipresente, onnipotente, immortale o è locale, impotente, mortale, Dio soffre o non soffre, Dio vede o non vede) stiamo parlando del nulla. E parlando di nullità tutte le probabilità sono equivalenti, sino ad accertamento ulteriore.
** scritto da HollyFabius:
CitazioneMessa in questi termini la questione cambia di prospettiva, l'uso che fai della probabilità non è quello disambiguo dell'ambito scientifico
I termini non li pongo io, ma il testo:
La tesi di questo thread è che i credenti e i non credenti sono sullo stesso piano per quello che riguarda la probabilità che essi abbiano ragione.
Più che tesi a me sembra di tutta evidenza, tuttavia, ci sono molte persone che contraddicono questa affermazione. Queste ultime sostengono, pur non avendone l'assoluta certezza, che Dio non si percepisce dunque non c'è. E questa posizione è maggiormente veritiera di coloro i quali sostengono che (Dio c'è/Dio non c'è) stanno alla pari.CitazioneIn questo caso ti dico che comunque sei in errore perché la questione è così ambigua che possono esistere anche la possibilità che Dio esista solo un po', che Dio sia esistito ma non esista più, che Dio esiste e non esista contemporaneamente e magari se ne possono trovare anche altre.
Esatto, la puntata può essere qualsiasi, altrimenti il libero arbitrio sarebbe un merito della razza umana, una conquista della scienza, e non un "jolly" trascendente.
E' anche vero che il tuo proporre un Dio che esiste solo un po' o un Dio che sia esistito ma non esiste più, lascia i tempo che trova; giacché in ultima analisi sincera o Dio c'è o siamo figli della sorte.
CitazioneSiamo nell'ambito del sofismo.
No, siamo in quello obbligatorio della fede: uguali probabilità.
Citazione di: Duc in altum! il 03 Maggio 2016, 11:56:23 AM
E' anche vero che il tuo proporre un Dio che esiste solo un po' o un Dio che sia esistito ma non esiste più, lascia i tempo che trova; giacché in ultima analisi sincera o Dio c'è o siamo figli della sorte.
Commento solo questo. Il mio non era un proporre era un elencare per far capire l'ambiguità del termine probabilità e l'uso che ne è stato fatto in diversi post. A me pare che la morte di Dio sia una tesi filosofia piuttosto rilevante della filosofia contemporanea, diciamo da Nietzsche in poi. Il punto è che possiamo essere figli di una sorte irrazionale che è oltre la nostra comprensione o figli di una mente razionale afferrabile dalla nostra mente. In quest'ultimo caso non abbiamo certezza che questa mente sia ancora esistente o meno. Non è un mio proporre è semplicemente una lista di possibilità (che non è detto sia completa) sulla quale riflettere.
** scritto da Holly Fabius:
CitazioneIl mio non era un proporre era un elencare per far capire l'ambiguità del termine probabilità e l'uso che ne è stato fatto in diversi post.
Benissimo, ma ciò non cambia che qualsiasi posizione "si decida" prendere nei confronti di Dio ha le stesse probabilità, di essere veritiera, che qualunque altra.
E' su questo concetto oggettivo che in tanti inciampano. :-[
CitazioneA me pare che la morte di Dio sia una tesi filosofia piuttosto rilevante della filosofia contemporanea, diciamo da Nietzsche in poi.
Rilevante o meno, ha le stesse probabilità della tesi metafisica che Dio è vivo ed è più che all'opera !! ???
CitazioneIl punto è che possiamo essere figli di una sorte irrazionale che è oltre la nostra comprensione o figli di una mente razionale afferrabile dalla nostra mente. In quest'ultimo caso non abbiamo certezza che questa mente sia ancora esistente o meno.
Così come non abbiamo certezza che questa sorte irrazionale sia davvero "reperibile" !!
Non se ne esce, le probabilità, purtroppo o grazie a Dio, sono le stesse. Possiamo solo ed inevitabilmente scommettere ...e sperare che ci vada bene !! ;)
Citazione di: Duc in altum! il 03 Maggio 2016, 13:50:22 PM
** scritto da Holly Fabius:
CitazioneIl mio non era un proporre era un elencare per far capire l'ambiguità del termine probabilità e l'uso che ne è stato fatto in diversi post.
Benissimo, ma ciò non cambia che qualsiasi posizione "si decida" prendere nei confronti di Dio ha le stesse probabilità, di essere veritiera, che qualunque altra.
E' su questo concetto oggettivo che in tanti inciampano. :-[
CitazioneA me pare che la morte di Dio sia una tesi filosofia piuttosto rilevante della filosofia contemporanea, diciamo da Nietzsche in poi.
Rilevante o meno, ha le stesse probabilità della tesi metafisica che Dio è vivo ed è più che all'opera !! ???
CitazioneIl punto è che possiamo essere figli di una sorte irrazionale che è oltre la nostra comprensione o figli di una mente razionale afferrabile dalla nostra mente. In quest'ultimo caso non abbiamo certezza che questa mente sia ancora esistente o meno.
Così come non abbiamo certezza che questa sorte irrazionale sia davvero "reperibile" !!
Non se ne esce, le probabilità, purtroppo o grazie a Dio, sono le stesse. Possiamo solo ed inevitabilmente scommettere ...e sperare che ci vada bene !! ;)
Sinceramente ho evitato di rispondere perché non capisco il tuo uso del termine probabilità.
Con la stessa logica possiamo dire che credere o non credere hanno la stessa sonorità, oppure la stessa superficie, lo stesso colore, ecc. ecc.
** scritto da HollyFabius:
CitazioneSinceramente ho evitato di rispondere perché non capisco il tuo uso del termine probabilità.
Male, se non si capisce: bussate e vi sarà aperto (siamo - almeno io - in questo Forum, soprattutto per capire, comprendere, conoscere ;) !!)
Allora, la probabilità, non nell'uso che io do arbitrariamente, ma nell'accezione inconfutabile, unica, almeno in quel che va il testo della discussione, è la percentuale di centrare il bersaglio, azzeccare la scommessa, con la fede personale che si elegge, per tutto ciò che ha a che vedere con la Verità Assoluta, con la totale volontà soggettiva e nella piena facoltà del libro arbitrio oggettivo.
Credere che Dio esiste, o
credere che Dio non esiste (con tutte le varianti che l'essere umano si possa inventare), hanno la stessa probabilità di essere la Verità Assoluta per tutti. Ma siccome non ci sono prove lampanti sicure, indubbie (se non per
soggettiva fede irrazionale in principio, che poi si trasforma in ragione di fede personale sperimentata), che una delle due sia quella giusta, quella vera per davvero, la probabilità, che post-mortem avremo colpito nel segno sono uguali.
Quindi, da come puoi ben intuire, avere le stesse probabilità di riuscita, di aver ben scommesso in vita il proprio esistere (visto che poi il premio, per chi è nella Verità, per deduzione naturale, dovrebbe già essere goduto adesso), non è la stessa cosa di avere la stessa sonorità, lo stesso colore, la stessa superficie, altrimenti non ci sarebbe nessuna differenza tra
credere che Dio esiste, o
credere che Dio non esiste
Spero, con i miei limiti, di aver collaborato ad una tua più perspicace riflessione.
La pari probabilità, la probabilità al 50% corrisponde alla posizione dell'agnostico, che oscilla tra le due tesi dell'esistenza o no di Dio. Per un ateo estremo la probabilità dell'esistenza di Dio è pari a 0%, sicuramente no, mentre per un religioso estremo la probabilità è pari al 100%, sicuramente si.
Inoltre le due tesi non stanno affatto su un piano di parità: nella realtà, idealistica o realistica che sia, l'unico ambito in cui l'esistenza ha un significato, l'esistenza di Dio non è constatata, altrimenti non discuteremmo di probabilità. Pretendere la dimostrazione dell'esistenza di un ente che non esiste è assurdo. Spetta a chi rivendica l'esistenza di un ente dimostrarne l'esistenza. Dimostrazione che non può basarsi sulla logica, poiché l'esito della stessa è già contenuto nella premessa. Quindi è evidente che almeno sul piano della prova e della realtà le due tesi non hanno uguale legittimità.
Citazione di: Duc in altum! il 16 Maggio 2016, 23:54:46 PM
** scritto da HollyFabius:
CitazioneSinceramente ho evitato di rispondere perché non capisco il tuo uso del termine probabilità.
Male, se non si capisce: bussate e vi sarà aperto (siamo - almeno io - in questo Forum, soprattutto per capire, comprendere, conoscere ;) !!)
Allora, la probabilità, non nell'uso che io do arbitrariamente, ma nell'accezione inconfutabile, unica, almeno in quel che va il testo della discussione, è la percentuale di centrare il bersaglio, azzeccare la scommessa, con la fede personale che si elegge, per tutto ciò che ha a che vedere con la Verità Assoluta, con la totale volontà soggettiva e nella piena facoltà del libro arbitrio oggettivo.
Credere che Dio esiste, o credere che Dio non esiste (con tutte le varianti che l'essere umano si possa inventare), hanno la stessa probabilità di essere la Verità Assoluta per tutti. Ma siccome non ci sono prove lampanti sicure, indubbie (se non per soggettiva fede irrazionale in principio, che poi si trasforma in ragione di fede personale sperimentata), che una delle due sia quella giusta, quella vera per davvero, la probabilità, che post-mortem avremo colpito nel segno sono uguali.
Quindi, da come puoi ben intuire, avere le stesse probabilità di riuscita, di aver ben scommesso in vita il proprio esistere (visto che poi il premio, per chi è nella Verità, per deduzione naturale, dovrebbe già essere goduto adesso), non è la stessa cosa di avere la stessa sonorità, lo stesso colore, la stessa superficie, altrimenti non ci sarebbe nessuna differenza tra credere che Dio esiste, o credere che Dio non esiste
Spero, con i miei limiti, di aver collaborato ad una tua più perspicace riflessione.
Beh grazie, adesso mi è chiaro a quale accezione di probabilità ti riferisci.
La tua probabilità è quella del tipo: a quanto è quotata (che probabilità ha) la vittoria del Barcellona sul Liverpool?
In termini spero comprensibili (esistono definizioni precise che richiedono però qualche competenza matematica universitaria) la definizione di probabilità, nell'ambito della dialettica scientifica, è la possibilità MISURABILE di accadimenti all'interno della totalità di accadimento enumerabili, ovvero in uno STRETTO AMBITO SOTTOPONIBILE A MISURAZIONE.
Misurare la probabilità che Pinocchio fosse di metallo piuttosto che di legno non è un puro esercizio intellettuale, non abbiamo bisogno di chiedere a Collodi che peraltro ci direbbe legno, per capire che è proprio una cosa non decidibile, non logicamente significativa, non sensata. Spero di non sconvolgere nessuno rivelando che Pinocchio non è né di legno né di metallo, Pinocchio è fantasia.
Non servono decine di post per capirlo: la probabilità di accadimento di qualcosa sottoposto ad analisi postuma, deve poter essere misurata, altrimenti si sta usando il termine probabilità alla stregua di sentore, possibilità, scommessa.
Stai scommettendo, non dimostrando.
Spero sia chiaro.
** scritto da HollyFabius:
CitazioneStai scommettendo, non dimostrando.
Spero sia chiaro.
La dimostrazione è in quel che siamo, ecco perché siamo esseri simili ma ben differenti.
Certo che mi è chiaro, è da sempre che sostengo questo concetto. Il problema forse è più tuo che non hai chiaro che nessuno può esentarsi dallo scommettere.
Spero che almeno questo ti sia chiaro.
** scritto da baylham:
CitazioneInoltre le due tesi non stanno affatto su un piano di parità: nella realtà, idealistica o realistica che sia, l'unico ambito in cui l'esistenza ha un significato, l'esistenza di Dio non è constatata, altrimenti non discuteremmo di probabilità.
Così come non è constatata l'inesistenza di Dio. O hai delle prove inconfutabili che Dio non esista? Ecco perché si può anche parlare di probabilità, e di uguale percentuale di accertare.
CitazionePretendere la dimostrazione dell'esistenza di un ente che non esiste è assurdo
Così come pretendere, senza dimostrazione, l'inesistenza di un ente che esiste.
Non vedi che grazie o purtroppo alla Fede personale le probabilità si riducono ad un minimo comune multiplo?
CitazioneSpetta a chi rivendica l'esistenza di un ente dimostrarne l'esistenza.
Così come spetta, dimostrare che è certo e non un assurdo, a chi rivendica che esiste per fortuna e non per una "distrazione" di Dio, senza possedere nessuna prova empirica oggettiva.
Citazione di: Duc in altum! il 17 Maggio 2016, 13:31:18 PM
** scritto da HollyFabius:
CitazioneStai scommettendo, non dimostrando.
Spero sia chiaro.
La dimostrazione è in quel che siamo, ecco perché siamo esseri simili ma ben differenti.
Certo che mi è chiaro, è da sempre che sostengo questo concetto. Il problema forse è più tuo che non hai chiaro che nessuno può esentarsi dallo scommettere.
Spero che almeno questo ti sia chiaro.
E perché mai? Su questi argomenti io non scommetto mai.
Col precedente intervento ho ribadito la mia posizione espressa sul tema nel precedente forum, ci tenevo comparisse pubblicamente anche su questo.
Aggiungo in risposta a Duc in altum! e poi mi taccio sul tema (perché non ho nulla da aggiungere di originale) che la sua posizione per essere coerente implica che si creda egualmente, con la stessa probabilità, nell'esistenza delle fate, degli unicorni, di Giove e di Venere (non i pianeti, gli dei), di Nonna Papera.
La prova teleologica che Duc in altum! ripropone in ogni occasione ricasca in quelle dimostrazioni logiche che non hanno alcun valore. Alla combinazione successiva Dio e Universo di Duc in altum! sostituisco semplicemente l'unicità, la realtà dell'Universo, non c'è bisogno di altro, Dio è un ente inutile, superfluo, come Giove e Nonna Papera.
Infine faccio notare che la probabilità implica il caso, concetto che non ha nulla di contraddittorio, irreale, inconcepibile. Il caso si applica soprattutto all'esistenza di Dio: se Dio esiste è per caso, non per necessità.
** scritto da baylham:
CitazioneInfine faccio notare che la probabilità implica il caso, concetto che non ha nulla di contraddittorio, irreale, inconcepibile.
Certo che implica il caso, è ciò in cui ha bisogno di credere, volente o dolente, chiunque decida di scommettere sulla non esistenza di Dio. Se non è zuppa è pan bagnato.
Il problema non è se Dio esiste o meno, ma è che per sapere qual è la Verità Assoluta bisogna aspettare d'essere morti, nel frattempo, grazie al caso o a Dio, non ci sono prove, ma solo uguali probabilità di aver ben speso la propria esistenza.
CitazioneAlla combinazione successiva Dio e Universo di Duc in altum! sostituisco semplicemente l'unicità, la realtà dell'Universo, non c'è bisogno di altro, Dio è un ente inutile, superfluo, come Giove e Nonna Papera.
Esatto, ma siccome non possiedi prove che la realtà dell'Universo non si è data per volontà divina, puoi accettare che questa unicità sia davvero vera soltanto grazie alla tua fede personale, soggettiva quindi con le stesse mie probabilità che invece sostengo che Dio esiste e senza la conversione a lui è la nostra esistenza ad essere senza senso, superflua per il Suo progetto.
** scritto da HollyFabius:
CitazioneE perché mai? Su questi argomenti io non scommetto mai.
Come dire: E perché mai? Su questo pianeta io non respiro e mangio mai. Contento tu, felice tutti.
Citazione di: Duc in altum! il 17 Maggio 2016, 16:55:18 PM
** scritto da HollyFabius:
CitazioneE perché mai? Su questi argomenti io non scommetto mai.
Come dire: E perché mai? Su questo pianeta io non respiro e mangio mai. Contento tu, felice tutti.
Ecco qui hai espresso un'altra ambiguità tipica.
Ogni atto è una scommessa, esco di casa in scooter, cado e muoio. Respiro e un gas letale mi uccide. Mangio e un cibo avariato mi uccide. Vado a dormire e il cuore si ferma e muoio. Possiamo andare avanti per pagine e pagine.
Mi spiace per te che scommetti su queste cose, che vivi nel terrore che ciò che hai finisca, e che una volta finito tu debba scomparire. A questo rimedi con la speranza (toh ancora la probabilità) che esista un qualcosa oltre la tua fine che possa ridarti un nuovo inizio o una prosecuzione idilliaca.
Io assorbo tranquillo ma consapevole, respiro tranquillo ma consapevole, mangio tranquillo ma consapevole. Vado a dormire tranquillo ma consapevole. E si! Faccio tutto ciò consapevole che prima o poi, sperando sia in un attimo e non in un lungo e prolungato dolore, tutto il mio mondo finirà. Tutto ciò senza scommettere, la scommessa comporta una posta, io piano piano accumulo quello che tu al contrario ti giochi come posta, mi arricchisco, sempre consapevole di lasciare al fondo tutto. La contentezza, la felicità mio caro è vivere la vita non scommettere sulla sopravvivenza.
** scritto da HollyFabius:
CitazioneEcco qui hai espresso un'altra ambiguità tipica.
Ogni atto è una scommessa, esco di casa in scooter, cado e muoio. Respiro e un gas letale mi uccide. Mangio e un cibo avariato mi uccide. Vado a dormire e il cuore si ferma e muoio. Possiamo andare avanti per pagine e pagine
No, semplicemente, e non banalmente, va avanti l'esistenza di ogni singolo individuo.
Hai colto nel segno: bingo!! Siamo immersi costantemente in atti di fede. Tutta la nostra esistenza è Fede (non nel senso dell'oggetto a credere, ma di decidere o scegliere senza certezza).
E' da sempre che sostengo che è la fede, e non la ragione, a dirigere, controllare e determinare il "chi sono", e non il "chi vorrei essere".
Altro che ambiguità, noi non siamo ciò che pensiamo, ma quello in cui crediamo per fiducia senza nessuna prova.
CitazioneMi spiace per te che scommetti su queste cose, che vivi nel terrore che ciò che hai finisca, e che una volta finito tu debba scomparire.
Anche tu scommetti su tutte queste cose, solo che la differenza tra te e me è che tu t'illudi che le tue decisioni sono basate sulla ragione e non sulla fede.
Se hai deciso di lavorare o meno, il tipo di attività che hai preferito anziché l'altra, lo stile dell'abbigliamento che indossi, i libri che leggi, la relazione intima con il prossimo, la corrente politica che ti appassiona, tutte le tue scelte seguono una corrente che se analizzata francamente dal tuo sincero Io, ti conducono a scoprire un fondamento personale (e obbligatorio) di fede irrazionale e senza nessuna certezza, se non la quotidiana corrispondenza dell'essergli complice nell'alimentarla con le opere.
CitazioneIo assorbo tranquillo ma consapevole, respiro tranquillo ma consapevole, mangio tranquillo ma consapevole. Vado a dormire tranquillo ma consapevole. E si! Faccio tutto ciò consapevole che prima o poi, sperando sia in un attimo e non in un lungo e prolungato dolore, tutto il mio mondo finirà.
Consapevole?!?! ...e de che??!!!
Il tuo mondo finirà?!?! ...questo è ciò che alimenta la tua fede, ma sei tornato punto e accapo, stai scommettendo, ti piaccia o no, su che il tuo mondo finirà, ma non possiedi nessuna certezza logica che questa è la verità oggettiva.
Quindi, ripeto, consapevole de che?!?! Che sei obbligato a scommettere? Benvenuto nel pianeta dove le ipotesi sul che il mondo finirà o sarà eterno hanno uguale probabilità.
CitazioneLa contentezza, la felicità mio caro è vivere la vita non scommettere sulla sopravvivenza.
Quindi, secondo questo teorema, basta vivere la vita e, senza dargli un senso, oplà, si diventa contenti, felici ...e allora mi domando, come mai se ci guardiamo intorno non si percepisce tutta questa gioia, eppure ognuno afferma di vivere come meglio desidera la propria vita, o sarà perché tu sei l'unico che ha incontrato il senso vero, quello giusto per ottenere tutto ciò?
Come vedi, sei di nuovo contento per fede, così come colui che scarabocchia il gratta e vinci all'ingresso del tabaccaio. La tua è una formula senza ragione oggettiva, valida per tutti, quindi, posso benissimo confutare che al contrario, senza dare un senso oggettivo alla vita si può solo esistere o sopravvivere come tu dicevi.
Citazione di: Duc in altum! il 18 Maggio 2016, 23:47:36 PM** scritto da HollyFabius:
CitazioneEcco qui hai espresso un'altra ambiguità tipica. Ogni atto è una scommessa, esco di casa in scooter, cado e muoio. Respiro e un gas letale mi uccide. Mangio e un cibo avariato mi uccide. Vado a dormire e il cuore si ferma e muoio. Possiamo andare avanti per pagine e pagine
No, semplicemente, e non banalmente, va avanti l'esistenza di ogni singolo individuo. Hai colto nel segno: bingo!! Siamo immersi costantemente in atti di fede. Tutta la nostra esistenza è Fede (non nel senso dell'oggetto a credere, ma di decidere o scegliere senza certezza). E' da sempre che sostengo che è la fede, e non la ragione, a dirigere, controllare e determinare il "chi sono", e non il "chi vorrei essere". Altro che ambiguità, noi non siamo ciò che pensiamo, ma quello in cui crediamo per fiducia senza nessuna prova.
CitazioneMi spiace per te che scommetti su queste cose, che vivi nel terrore che ciò che hai finisca, e che una volta finito tu debba scomparire.
Anche tu scommetti su tutte queste cose, solo che la differenza tra te e me è che tu t'illudi che le tue decisioni sono basate sulla ragione e non sulla fede. Se hai deciso di lavorare o meno, il tipo di attività che hai preferito anziché l'altra, lo stile dell'abbigliamento che indossi, i libri che leggi, la relazione intima con il prossimo, la corrente politica che ti appassiona, tutte le tue scelte seguono una corrente che se analizzata francamente dal tuo sincero Io, ti conducono a scoprire un fondamento personale (e obbligatorio) di fede irrazionale e senza nessuna certezza, se non la quotidiana corrispondenza dell'essergli complice nell'alimentarla con le opere.
CitazioneIo assorbo tranquillo ma consapevole, respiro tranquillo ma consapevole, mangio tranquillo ma consapevole. Vado a dormire tranquillo ma consapevole. E si! Faccio tutto ciò consapevole che prima o poi, sperando sia in un attimo e non in un lungo e prolungato dolore, tutto il mio mondo finirà.
Consapevole?!?! ...e de che??!!! Il tuo mondo finirà?!?! ...questo è ciò che alimenta la tua fede, ma sei tornato punto e accapo, stai scommettendo, ti piaccia o no, su che il tuo mondo finirà, ma non possiedi nessuna certezza logica che questa è la verità oggettiva. Quindi, ripeto, consapevole de che?!?! Che sei obbligato a scommettere? Benvenuto nel pianeta dove le ipotesi sul che il mondo finirà o sarà eterno hanno uguale probabilità.
CitazioneLa contentezza, la felicità mio caro è vivere la vita non scommettere sulla sopravvivenza.
Quindi, secondo questo teorema, basta vivere la vita e, senza dargli un senso, oplà, si diventa contenti, felici ...e allora mi domando, come mai se ci guardiamo intorno non si percepisce tutta questa gioia, eppure ognuno afferma di vivere come meglio desidera la propria vita, o sarà perché tu sei l'unico che ha incontrato il senso vero, quello giusto per ottenere tutto ciò? Come vedi, sei di nuovo contento per fede, così come colui che scarabocchia il gratta e vinci all'ingresso del tabaccaio. La tua è una formula senza ragione oggettiva, valida per tutti, quindi, posso benissimo confutare che al contrario, senza dare un senso oggettivo alla vita si può solo esistere o sopravvivere come tu dicevi.
Ma...Duc...tu trasformi l'intera esistenza in una cieca scommessa. Il mondo sotto forma di gigantesco gratta-e-vinci. Paradossalmente il tentativo di dimostrare l'obbligatorietà della fede cieca in ogni scelta, anche la più infima, priva proprio la scelta fatta di qualunque valore. Che merito c'è nel pigliare l'asso? Credi forse che l'eventuale Onnipotente, al riceverti nei verdi pascoli, si preoccupi se avevi scelto ciecamente che Lui esisteva? Ti domanderà: "Caro Duc...figlio mio...cosa mi hai combinato ? Ti avevo chiesto di parlare del mio amore ai tuoi fratelli e tu...li hai invitati a scommettere su di Me, dentro una bisca!... Giù, nella Gehenna, dove è pianto e stridor di denti, a far compagnia a quel bischero del diavolaccio che...anche lui...aveva scommesso che non l'avrei preso a calci in c..o! :) :)
Con simpatia..eh...Duc!
@Sariputra
Sono d'accordo con quel che tu dici, ma se non tutti hanno ben compreso ( e accettato) che nessuno è esente dal doversi schierare per fede, come puoi parlargli dell'amore di Dio?
Solo dopo aver riflettuto che volenti o nolenti tutti "scommettiamo" su una probabile divinità, è possibile il processo di distinguere il pensiero: ma la mia fede è il riflesso del vero amore? Qual è il modello che io adoro con la mia fede per apprendere ad amare per davvero? Dio o l'Io?
Con affetto.
Citazione di: Duc in altum! il 19 Maggio 2016, 07:10:13 AM@Sariputra Sono d'accordo con quel che tu dici, ma se non tutti hanno ben compreso ( e accettato) che nessuno è esente dal doversi schierare per fede, come puoi parlargli dell'amore di Dio? Solo dopo aver riflettuto che volenti o nolenti tutti "scommettiamo" su una probabile divinità, è possibile il processo di distinguere il pensiero: ma la mia fede è il riflesso del vero amore? Qual è il modello che io adoro con la mia fede per apprendere ad amare per davvero? Dio o l'Io? Con affetto.
Si dovrebbe porre la domanda in questi termini, per me: "Amare o non-amare hanno le stesse probabilità di essere la scelta giusta?". Qui ci poniamo su un livello superiore, cominciamo a ragionare di spiritualità e non di fedi cieche. Di un Dio-persona non abbiamo esperienza diretta; dell'amore possiamo avere esperienza diretta. Sta poi al cammino personale di ognuno identificare o meno questo amore con una particolare devozione ad un'entità sovrannaturale. Si può rimanere semplicemente sul piano dell'esperienza o avvertire la necessità di strutturare questa esperienza in una fede nel trascendente. Si può ragionare se l'amore sia un assoluto o sia anch'esso relativo e soggetto all'impermanenza, ecc.
Citazione di: Duc in altum! il 19 Maggio 2016, 07:10:13 AM
@Sariputra
Sono d'accordo con quel che tu dici, ma se non tutti hanno ben compreso ( e accettato) che nessuno è esente dal doversi schierare per fede, come puoi parlargli dell'amore di Dio?
Solo dopo aver riflettuto che volenti o nolenti tutti "scommettiamo" su una probabile divinità, è possibile il processo di distinguere il pensiero: ma la mia fede è il riflesso del vero amore? Qual è il modello che io adoro con la mia fede per apprendere ad amare per davvero? Dio o l'Io?
Con affetto.
L'errore di fondo è credere che l'azione e l'inazione siano gli estremi necessari di una dicotomia. Non è così.
Ad ogni azione corrisponde una azione uguale e contraria o ad ogni azione corrisponde una inazione? L'opposto di un desiderio è un non desiderio? L'opposto dell'amore di dio è l'odio di dio? Dio è razionale oppure irrazionale? Noi siamo razionali oppure irrazionali? La mela è alta o bassa? Scommetti che il rosso è vicino o lontano?
Dimmi quale è la tua fede, la tua scommessa, rispetto al colore dei pensieri.
** scritto da HollyFabius:
CitazioneL'opposto dell'amore di dio è l'odio di dio?
L'opposto dell'amore "a" Dio è l'amore per l'"Io".
Ecco perché non esiste l'inazione, c'è solo fede attiva, altrimenti ci sarebbe un alibi più che giustificato ad un eventuale giudizio del nostro operato, razionale.
Citazione di: Duc in altum! il 20 Maggio 2016, 20:32:41 PM
** scritto da HollyFabius:
CitazioneL'opposto dell'amore di dio è l'odio di dio?
L'opposto dell'amore "a" Dio è l'amore per l'"Io".
Ecco perché non esiste l'inazione, c'è solo fede attiva, altrimenti ci sarebbe un alibi più che giustificato ad un eventuale giudizio del nostro operato, razionale.
Chi non odia il mondo, non può venire dietro di me, dice la scrittura.
L'odio del quale il Signore sta parlando, non è quello che noi uomini conosciamo molto bene e che consiste nel rancore, nella vendetta, nel ripudio e, perché no, nel distruggere, ma di quello divino che consiste nella divisione o/e nel non aprire il cuore. In definitiva esiste l'odio dell'amore/Dio che serve a proteggere l'uomo dagli attaccamenti mondani. Uno di questi l'"amore" per il proprio "io" quando esso non è la fierezza di essere figlio del Signore Dio. Per completezza è bene ricordare che esiste anche l'amore dell'odio, cioè ti amo, ti voglio bene perché mi servi. Questo falso amore finisce quando finisce la convenienza.
Bona giornata.
Citazione di: Duc in altum! il 20 Maggio 2016, 20:32:41 PM
** scritto da HollyFabius:
CitazioneL'opposto dell'amore di dio è l'odio di dio?
L'opposto dell'amore "a" Dio è l'amore per l'"Io".
Ecco perché non esiste l'inazione, c'è solo fede attiva, altrimenti ci sarebbe un alibi più che giustificato ad un eventuale giudizio del nostro operato, razionale.
Premesso che non ho parlato io dell'amore di dio ma ho solo riporta quanto scritto da altri, voglio comunque commentare questa tua frase perché è esemplare (ma purtroppo di un atteggiamento fasullo).
L'opposto dell'amore "a" Dio non è affatto l'amore per l'"Io", bensì l'amore per gli altri.
Probabilmente la tua convinzione è che l'amore per gli altri e l'amore "a" dio siano sinonimi ma non è affatto così.
Spero che la tua sia solo una battuta perché se fosse convinzione vera ti potrei far notare che è più semplice (e comodo) amare un'entità astratta che altri uomini.
Citazione di: HollyFabius il 21 Maggio 2016, 22:11:36 PM
Citazione di: Duc in altum! il 20 Maggio 2016, 20:32:41 PM
** scritto da HollyFabius:
CitazioneL'opposto dell'amore di dio è l'odio di dio?
L'opposto dell'amore "a" Dio è l'amore per l'"Io".
Ecco perché non esiste l'inazione, c'è solo fede attiva, altrimenti ci sarebbe un alibi più che giustificato ad un eventuale giudizio del nostro operato, razionale.
Premesso che non ho parlato io dell'amore di dio ma ho solo riporta quanto scritto da altri, voglio comunque commentare questa tua frase perché è esemplare (ma purtroppo di un atteggiamento fasullo).
L'opposto dell'amore "a" Dio non è affatto l'amore per l'"Io", bensì l'amore per gli altri.
Probabilmente la tua convinzione è che l'amore per gli altri e l'amore "a" dio siano sinonimi ma non è affatto così.
Spero che la tua sia solo una battuta perché se fosse convinzione vera ti potrei far notare che è più semplice (e comodo) amare un'entità astratta che altri uomini.
L'opposto dell'amore per il Signore Dio è esattamente l'amore per se stessi, l'io, anche se è un falso modo di volersi bene perché non fondato sulla nostra fierezza di essere figli del Signore Dio. L'io è superbia ed orgoglio, cioè satana in persona. Chi adora il proprio "io", adora satana in persona.
Quando chiedono al Signore Gesù quale fosse il comandamento più importante, Lui risponde: Ama il Signore Dio tuo ed ama il prossimo tuo come te stesso. L'amore per il Signore Dio e quello per il prossimo sono la stessa cosa perché nel prossimo amiamo sempre Lui. Anche l'amore per noi stessi, quello giusto, è la stessa cosa. Noi il prossimo e il Signore Dio siamo una cosa sola:
Citazione di: giona2068 il 21 Maggio 2016, 22:58:50 PM
L'opposto dell'amore per il Signore Dio è esattamente l'amore per se stessi, l'io, anche se è un falso modo di volersi bene perché non fondato sulla nostra fierezza di essere figli del Signore Dio. L'io è superbia ed orgoglio, cioè satana in persona. Chi adora il proprio "io", adora satana in persona.
Quando chiedono al Signore Gesù quale fosse il comandamento più importante, Lui risponde: Ama il Signore Dio tuo ed ama il prossimo tuo come te stesso. L'amore per il Signore Dio e quello per il prossimo sono la stessa cosa perché nel prossimo amiamo sempre Lui. Anche l'amore per noi stessi, quello giusto, è la stessa cosa. Noi il prossimo e il Signore Dio siamo una cosa sola:
L'alternativa all'egoismo è l'altruismo. Punto.
Credere è nella natura umana, siamo portati a farlo per vivere, è nel nostro dna. Crediamo in molte cose o in persone spesso senza esserne consapevoli. C'è anche un bel libro sull'argomento, "Nati per credere", appunto.
** scritto da HollYFabius:
CitazioneL'opposto dell'amore "a" Dio non è affatto l'amore per l'"Io", bensì l'amore per gli altri.
No, poiché sarebbe l'Io che insegnerebbe come amare gli altri, quindi, è questo il principio che rende non facoltativo il "credere per fede", staresti elevando l'Io al livello di Dio.
Per amare gli altri, senza Dio, prima dovrei considerare che il sentimento amore si sarebbe dato per caso, quindi potrebbe anche essere una fortuna non avere niente a che fare con esso, oltre a poter non essere l'elemento fondamentale del senso compiuto dell'esistenza, e secondo che qualcuno o qualcosa dovrebbe pur diventare il mio modello di come si amano gli altri, e siccome nessuno è perfetto, sarebbe logico pensare per fede che il mio Io è colui che sa amare davvero e che m'insegna ad amare il mio prossimo.
Come vedi, se no si ama Dio si adora l'Io.
Citazione di: Duc in altum! il 22 Maggio 2016, 19:28:10 PMNo, poiché sarebbe l'Io che insegnerebbe come amare gli altri, quindi, è questo il principio che rende non facoltativo il "credere per fede", staresti elevando l'Io al livello di Dio [...] qualcuno o qualcosa dovrebbe pur diventare il mio modello di come si amano gli altri, e siccome nessuno è perfetto, sarebbe logico pensare per fede che il mio Io è colui che sa amare davvero e che m'insegna ad amare il mio prossimo. Come vedi, se no si ama Dio si adora l'Io.
Ridurre il discorso al dualismo Dio/Io mi sembra troppo sterile, perché esclude un terzo polo indispensabile: gli altri Io. Non è corretto sostenere che un'attitudine in genere o deriva da Dio o è una mia creazione (fallibile), perché intorno a me c'è una comunità con cui interagisco, con cui scambio stimoli ed idee (altrimenti dovrei anche concludere, con un esempio sciocco, che o Dio è il mio esempio di pazienza o dovrei essere io stesso il mio esempio di pazienza... per cui se sono ateo e di natura impaziente, sono condannato ad esserlo a vita; il che non rende affatto giustizia alla apodittica capacità dell'Io di modificarsi fluidamente, anche senza modelli divini).
Passando al piano etico o esistenziale: se vedo qualcuno compiere un bel gesto posso esserne sinceramente ispirato e decidere di emularlo (la "buona prassi" non è stata impartita né da Dio né dall'Io, ma dal mondo esterno e l'Io, come può scegliere di orientarsi a Dio, può anche scegliere di apprendere dagli altri).
L'adorazione poi non mi sembra affatto inevitabile o costitutiva del pensare-agire umano, per qualcuno è un plus-valore, per altri un'attività non adeguata alla propria visione del mondo (conosco bene persone che non adorano nulla, tantomeno sé stessi...). Si può non amare Dio (non credendoci) e al contempo non adorare l'Io (e magari sforzarsi di imparare dagli altri), e soprattutto, si possono amare gli altri senza bisogno di influssi divini (se poi qualcuno crede che gli atei, in quanto tali, siano costitutivamente incapaci di amare il prossimo, ammetto di non essere in grado di portare avanti la conversazione per eccessiva divergenza di presupposti).
** sritto da Phil:
CitazioneRidurre il discorso al dualismo Dio/Io mi sembra troppo sterile, perché esclude un terzo polo indispensabile: gli altri Io.
Ma qui non si discute sulle indagini della doxa, ma su chi crediamo (o eleggiamo) che diriga il nostro personale apprendistato per amare il prossimo.
Gli altri "Io" sono indispensabili per sperimentare se i dati e i suggerimenti dell'insegnante (l'Io o Dio) sono giusti o fallaci, ma non hanno nessun merito nel mio modo (o scelta) di amare il prossimo, giacché anch'essi a loro volta non possono scappare al dualismo, altro che sterile visto che è inevitabile, Dio/Io.
CitazioneNon è corretto sostenere che un'attitudine in genere o deriva da Dio o è una mia creazione (fallibile), perché intorno a me c'è una comunità con cui interagisco, con cui scambio stimoli ed idee
Non si tratta di essere corretti per piacere, ma sforzarsi di essere leali con se stessi per meglio riflettere.
La comunità con cui interagisci non può essere colpevolizzata per le tue decisioni attitudinali ...sarebbe comodo eh?!?!
Uno scambia idee, stimoli, ma poi la scelta è personale per quel che riguarda l'agire empatico verso gli altri.
Citazione(altrimenti dovrei anche concludere, con un esempio sciocco, che o Dio è il mio esempio di pazienza o dovrei essere io stesso il mio esempio di pazienza... per cui se sono ateo e di natura impaziente, sono condannato ad esserlo a vita; il che non rende affatto giustizia alla apodittica capacità dell'Io di modificarsi fluidamente, anche senza modelli divini).
Sei condannato ad esserlo a vita se tu deciderai così, nessuno ti obbliga se non il tuo Io.
Se sei impaziente e non "vuoi" credere nella possibilità del cambiamento per grazia ricevuta dal modello divino, non è colpa degli altri Io.
La giustizia di modificare l'Io risiede nel libero arbitrio, nella volontà. Mi sembra non solo difficile ma contraddittorio che il modello Io possa trasformare lo stesso mio Io.
CitazionePassando al piano etico o esistenziale: se vedo qualcuno compiere un bel gesto posso esserne sinceramente ispirato e decidere di emularlo (la "buona prassi" non è stata impartita né da Dio né dall'Io, ma dal mondo esterno e l'Io, come può scegliere di orientarsi a Dio, può anche scegliere di apprendere dagli altri).
Certo che si apprende dagli altri: si può insegnare anche in silenzio, si chiama esempio; ma come ho già detto sopra, l'esempio del "mondo esterno " umano è anch'esso riducibile a Dio/Io. Quindi se si analizza bene, e non solo una buona prassi da boy-scout quotidiano, si scorge rapidamente qual è la fonte morale dell'individuo scelto quale prototipo di etica caritatevole autentica.
Cosa ben determinata dal Vangelo (se può servirti):
Uso del nome di Gesù
Giovanni gli disse: "Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri". Ma Gesù disse: "Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi".
L'esorcista, secondo la novella, non era credente del modello divino, eppure, il modello di perfezione umana dice ai suoi di non permettersi di criticarlo o ammonirlo, proprio per rispetto della scelta di quell'Io.
CitazioneSi può non amare Dio (non credendoci) e al contempo non adorare l'Io
Certo, ma per questo si necessita non esistere ...purtroppo o grazie al divino noi ci siamo.
Citazione di: Duc in altum! il 22 Maggio 2016, 19:28:10 PM
No, poiché sarebbe l'Io che insegnerebbe come amare gli altri, quindi, è questo il principio che rende non facoltativo il "credere per fede", staresti elevando l'Io al livello di Dio.
Per amare gli altri, senza Dio, prima dovrei considerare che il sentimento amore si sarebbe dato per caso, quindi potrebbe anche essere una fortuna non avere niente a che fare con esso, oltre a poter non essere l'elemento fondamentale del senso compiuto dell'esistenza, e secondo che qualcuno o qualcosa dovrebbe pur diventare il mio modello di come si amano gli altri, e siccome nessuno è perfetto, sarebbe logico pensare per fede che il mio Io è colui che sa amare davvero e che m'insegna ad amare il mio prossimo.
Come vedi, se no si ama Dio si adora l'Io.
Mah, rinuncio. Troppi sofismi. Troppa la distanza per arrivare a qualche riflessione che abbia senso. Cordialità
Citazione di: Duc in altum! il 22 Maggio 2016, 23:50:44 PMMa qui non si discute sulle indagini della doxa, ma su chi crediamo (o eleggiamo) che diriga il nostro personale apprendistato per amare il prossimo. Gli altri "Io" sono indispensabili per sperimentare se i dati e i suggerimenti dell'insegnante (l'Io o Dio) sono giusti o fallaci, ma non hanno nessun merito nel mio modo (o scelta) di amare il prossimo, giacché anch'essi a loro volta non possono scappare al dualismo, altro che sterile visto che è inevitabile, Dio/Io.
Il "nostro personale apprendistato per amare il prossimo" (cit.) non ha come unici maestri possibili l'Io o Dio (almeno per me; magari per te, si) e gli altri non sono solo un'occasione di verifica del proprio agire (almeno per chi è disposto ad imparare anche dal prossimo...): alcune persone sono state riconosciute come buon esempio da molti che non condividevano la loro stessa religione...
Citazione di: Duc in altum! il 22 Maggio 2016, 23:50:44 PMLa comunità con cui interagisci non può essere colpevolizzata per le tue decisioni attitudinali ...sarebbe comodo eh?!?! Uno scambia idee, stimoli, ma poi la scelta è personale per quel che riguarda l'agire empatico verso gli altri.
Non ho mai parlato di colpevolizzare gli altri, anzi, ho ricordato come possano essere d'ispirazione, in positivo... la scelta dell'agire empatico verso gli altri non dovrebbe poi precludere la possibilità di imparare anche da loro (altrimenti si rischia di credersi superiori e di considerarli solo come strumento per poter ben figurare agli occhi del cielo, il che significa non amarli davvero... giusto? ;) ) Citazione di: Duc in altum! il 22 Maggio 2016, 23:50:44 PMMi sembra non solo difficile ma contraddittorio che il modello Io possa trasformare lo stesso mio Io.
Lo è solo se ti assumi come modello, ragionando staticamente... se invece ti consideri in modo mutevole, puoi (riflettendo ed ispirandoti a ciò che consideri buoni esempi concreti) cambiare e modificare te stesso, senza bisogno di "grazia ricevuta" (cit.); in molti l'hanno fatto, basta dirigere lo sguardo anche fuori dal proprio "gruppo"...Citazione di: Duc in altum! il 22 Maggio 2016, 23:50:44 PMCerto che si apprende dagli altri: si può insegnare anche in silenzio, si chiama esempio; ma come ho già detto sopra, l'esempio del "mondo esterno " umano è anch'esso riducibile a Dio/Io. Quindi se si analizza bene, e non solo una buona prassi da boy-scout quotidiano, si scorge rapidamente qual è la fonte morale dell'individuo scelto quale prototipo di etica caritatevole autentica.
Non mi pare sia sempre così facile, e nemmeno rilevante: se vedo qualcuno che fa qualcosa che ritengo encomiabile, non ho bisogno di interrogarmi su chi/cosa lo abbia ispirato (e non è detto che lo si possa individuare così facilmente, salvo avere pregiudizi accecanti), ma posso decidere comunque di emularlo... Citazione di: Duc in altum! il 22 Maggio 2016, 23:50:44 PMChi non è contro di noi è per noi
Dualismo assolutistico che, come sempre, non rende giustizia alle altre legittime e percorribili possibilità;
tertium datur, e ormai non è più un segreto per nessuno (credo...).
Avendo apprezzato la buona fede con cui mi hai segnalato una citazione per spiegare la tua posizione, cerco di ricambiare, sperando di chiarire meglio la mia prospettiva:
"
Se Dio tenesse chiusa nella sua destra tutta la verità e nella sua sinistra l'unico, sempre vivo impulso verso la verità, sebbene con l'aggiunta di errare per sempre in eterno e mi dicesse - Scegli! - io mi getterei umilmente verso la sua sinistra" (Lessing).
Per questo quando qualcuno usa l'espressione "io credo che" non nell'accezione di "la mia opinione è...", ma con il senso di "la Verità è...", concludo che non possa più cercare, perché ha già trovato, e se ciò che ha trovato non è ciò che cercavo, allora non può aiutarmi nella ricerca...
Citazione di: Duc in altum! il 22 Maggio 2016, 23:50:44 PM
CitazioneSi può non amare Dio (non credendoci) e al contempo non adorare l'Io
Certo, ma per questo si necessita non esistere ...purtroppo o grazie al divino noi ci siamo.
E così mi accorgo di non esistere... svanisco...
puff!
** scritto da HollyFabius:
CitazioneMah, rinuncio. Troppi sofismi. Troppa la distanza per arrivare a qualche riflessione che abbia senso. Cordialità
Se per te non ha senso riflettere sul fatto che per amare gli altri c'è bisogno di una scuola di carità, e che eliminando la scuola divina non resta nient'altro che l'accademia del "faidate", posso solo replicare:
Quando la volpe non arriva all'uva, dice che acerba.Un abbraccio.
** scritto da Phil:
CitazioneIl "nostro personale apprendistato per amare il prossimo" (cit.) non ha come unici maestri possibili l'Io o Dio (almeno per me; magari per te, si) e gli altri non sono solo un'occasione di verifica del proprio agire (almeno per chi è disposto ad imparare anche dal prossimo...): alcune persone sono state riconosciute come buon esempio da molti che non condividevano la loro stessa religione...
Certissimo, sono d'accordo, ma risali a verificare quale fosse il "maestro" di queste persone e ti ritroverai o con un dio o con un io.
CitazionePer questo quando qualcuno usa l'espressione "io credo che" non nell'accezione di "la mia opinione è...", ma con il senso di "la Verità è...", concludo che non possa più cercare, perché ha già trovato, e se ciò che ha trovato non è ciò che cercavo, allora non può aiutarmi nella ricerca...
Ma dire io credo come opinione lascia il tempo che trova, giacché quell'opinione poi diviene azione, e l'azione è figlia di quel che credo sia la Verità, anche se assoluta fino a questo momento, per adesso.
Esempio = Non esiste l'opinione se la/il mia/o fidanzata/o vuole abortire mio figlio. La decisione che prenderò è per me, in quel momento, casomai l'indomani morissi, il testamento di quale fosse secondo me la Verità, trovata o non cercata.
Citazione di: Duc in altum! il 23 Maggio 2016, 20:01:11 PMrisali a verificare quale fosse il "maestro" di queste persone e ti ritroverai o con un dio o con un io.
Esatto, ma se si tratta di un
altro Io, va riconosciuto che, per il
mio Io, lui/lei è un Altro; quindi, come accennavo, posso imparare da un Dio (se ci credo), dal mio Io (dai miei errori, ad esempio), ma anche da un Altro Io (senza sapere da chi abbia imparato e, quando lo apprezzo per lo spunto, non importa nemmeno...). La mia premura era proprio distinguere fra l'Io
mio e gli Io degli
altri, ed aggiungere al discorso quello che chiamavo il "terzo polo"
("triangolando" il dualismo Io/Dio), quello degli "altri Io" (che non comporta venerazione). Citazione di: Duc in altum! il 23 Maggio 2016, 20:01:11 PMdire io credo come opinione lascia il tempo che trova, giacché quell'opinione poi diviene azione, e l'azione è figlia di quel che credo sia la Verità, anche se assoluta fino a questo momento, per adesso
A volte è proprio una questione di tempo: non sono sicuro di cosa sia giusto fare, ma non ho più tempo per pensare, per cui faccio ciò che credo (opinabilmente)
più giusto (o meno sbagliato, ma non Giusto in assoluto), non perché lo ritenga la Verità, o il Bene o null'altro di maiuscolo, ma solo perché,
secondo me,
potrebbe essere la scelta giusta, eppure nel compierla posso comunque avere i miei dubbi (insomma, a volte si sceglie l'opzione "meno peggio",
sperando di non sbagliarsi, e anche se la si mette in atto, non la si ritiene inconfutabile...). Oltre al "credere forte" (dogmatico-fideistico), c'è anche un "credere debole" (opinabile-sperimentale).
Citazione di: Duc in altum! il 23 Maggio 2016, 19:46:29 PM
** scritto da HollyFabius:
CitazioneMah, rinuncio. Troppi sofismi. Troppa la distanza per arrivare a qualche riflessione che abbia senso. Cordialità
Se per te non ha senso riflettere sul fatto che per amare gli altri c'è bisogno di una scuola di carità, e che eliminando la scuola divina non resta nient'altro che l'accademia del "faidate", posso solo replicare: Quando la volpe non arriva all'uva, dice che acerba.
Un abbraccio.
Duc, non è che per riflettere su una cosa devi necessariamente introdurre continuamente temi nuovi, questo è un atteggiamento che rifuggo perché sterile e inutile. Tu cerchi di riportare i concetti all'interno della tua visione dogmatica che è l'unica ad avere la verità in tasca. Per te la realtà è bianca o nera, ami il bianco e rifiuti il nero.
Io non ho una visione dogmatica, sono scettico di ogni verità, appena ne avvicino una la metto subito in dubbio. La mia realtà è piena di grigio che combina fuso parte di bianco e parte di nero.
Per te l'alternativa che a dio sia solo l'io è un dogma, un principio. Per me questo principio è una stupidata immane, che dialogo possiamo avere? Peraltro io non amo disquisire con persone dogmatiche perché sono restie al confronto, sono sempre asciutti anche in mezzo al mare, ripetono sempre la loro verità rivelata che a me è nota e non soddisfa. Aggiungo che il dogmatismo non è indice di forza morale ed intellettuale, anzi direi che è una forma di debolezza e insicurezza. Non mettere in discussione i propri principi è una barriera verso l'ignoto, la casa è all'interno del recinto ed uscire dal portone è considerata un'avventura (una scommessa pericolosa).
** scritto da HollyFabius:
CitazioneTu cerchi di riportare i concetti all'interno della tua visione dogmatica che è l'unica ad avere la verità in tasca.
...perché questo concetto è apertura non dogmatica?!?!:
CitazioneSono scettico di ogni verità, appena ne avvicino una la metto subito in dubbio. La mia realtà è piena di grigio che combina fuso parte di bianco e parte di nero.
CitazioneAggiungo che il dogmatismo non è indice di forza morale ed intellettuale, anzi direi che è una forma di debolezza e insicurezza.
Davvero pensi che sostenere queste teorie (dogmi, visto che dirigono il tuo essere) non siano la tua verità in tasca?
Non esiste il confronto tra il dogmatico e un non dogmatico, poiché dire: sono scettico di ogni verità, è affermare: questa è la mia verità, il mio dogma. Esiste solo il dibattito tra persone con dogmi differenti, ognuno esiste in funzione e in schiavitù alla propria verità.
Se fosse possibile esistere senza dogmi (quindi vivere conoscendo la ragione di tutto), cadrebbe l'oggettività dell'uguale probabilità.
CitazioneNon mettere in discussione i propri principi è una barriera verso l'ignoto, la casa è all'interno del recinto ed uscire dal portone è considerata un'avventura (una scommessa pericolosa).
E come potrei non mettere in discussione i miei principi quando mi confesso ogni settimana?!?!
La questione è che io già vivo l'ignoto, non tento più (perdendo del tempo e dei sentimenti preziosi) di svelarlo.
Ma per questo c'è bisogno dell'esperienza personale, così come la tua ti sta conducendo ad esistere nello scetticismo, senza nessuna certezza, forse qualche speranza.
Non so se questa considerazione
Citazione di: HollyFabius il 25 Maggio 2016, 16:51:20 PMil dogmatismo non è indice di forza morale ed intellettuale, anzi direi che è una forma di debolezza e insicurezza
è riferita al mio messaggio che la precede
Citazione di: Phil il 23 Maggio 2016, 22:29:41 PMOltre al "credere forte" (dogmatico-fideistico), c'è anche un "credere debole" (opinabile-sperimentale).
probabilmente no, ma, a scanso di equivoci: quando parlavo di "debole" alludevo al "pensiero debole" postmoderno opposto al "pensiero forte" metafisico: per cui "forte" non è un pregio e "debole" non è un difetto, o quantomeno non sono intesi in senso morale o logico, ma solo "strutturale" (il rigido
vs il fluido...).
Citazione di: Duc in altum! il 25 Maggio 2016, 20:07:08 PMNon esiste il confronto tra il dogmatico e un non dogmatico, [...] Esiste solo il dibattito tra persone con dogmi differenti,
Non sarei così radicale; secondo me, l'atteggiamento non-dogmatico esiste e non è contraddittorio: è quello in cui l'individuo ha il lusso sconsolante e la libertà di poter dire "non lo so", oppure "
forse è così", o anche "
per adesso mi sembra che"... i dogmi, invece, in quanto risposte ritenute certe e definitive, non consentono il non-sapere, il dubbio o la provvisorietà (e quando le risposte non sono verificabili, sono legittimate dalla fede nei dogmi, che giustifica ogni inverificabilità... per cui l'ignoto autentico viene rimosso "per fede": l'imperscrutabilità del disegno divino, ad esempio, è comunque posto come risposta, non come domanda...).
Per questo, quando un non-dogmatico dialoga con un dogmatico, il discorso è asimmetrico: il primo indaga e cerca di dimostrare una verità plausibile (ma sempre "aggiornabile" e confutabile), il secondo dichiara e mostra quella che ritiene la Verità (assoluta, chiusa ad ogni dubbio).P.s. Secondo me, lo "scetticismo funzionale" è quello che viene usato come banco di prova delle presunte verità che si trovano, un momento critico per sondarne la veridicità, una sana diffidenza che predispone ad un'analisi intellettualmente onesta...
Citazione di: Phil il 25 Maggio 2016, 22:48:40 PM
Non so se questa considerazione
Citazione di: HollyFabius il 25 Maggio 2016, 16:51:20 PMil dogmatismo non è indice di forza morale ed intellettuale, anzi direi che è una forma di debolezza e insicurezza
è riferita al mio messaggio che la precede
Citazione di: Phil il 23 Maggio 2016, 22:29:41 PMOltre al "credere forte" (dogmatico-fideistico), c'è anche un "credere debole" (opinabile-sperimentale).
probabilmente no, ma, a scanso di equivoci: quando parlavo di "debole" alludevo al "pensiero debole" postmoderno opposto al "pensiero forte" metafisico: per cui "forte" non è un pregio e "debole" non è un difetto, o quantomeno non sono intesi in senso morale o logico, ma solo "strutturale" (il rigido vs il fluido...).
No no non era riferito alla tua frase, ma all'atteggiamento dialettico di duc.
Citazione di: Duc in altum! il 25 Maggio 2016, 20:07:08 PM
** scritto da HollyFabius:
CitazioneTu cerchi di riportare i concetti all'interno della tua visione dogmatica che è l'unica ad avere la verità in tasca.
...perché questo concetto è apertura non dogmatica?!?!:
Affatto, è un giudizio personale. Può essere vero o sbagliato ma è un giudizio non un pre-giudizio.
Citazione
Davvero pensi che sostenere queste teorie (dogmi, visto che dirigono il tuo essere) non siano la tua verità in tasca?
Qui potrei semplicemente risponderti che no, non ne ho certezza proprio perché non ho certezze. Consapevole che sostenere che l'unica certezza è non avere certezze è anch'essa una certezza e che può sembrare contradditorio ad una analisi superficiale, ma lo è solo in apparenza, e lo dico esattamente nel senso della teoria degli insiemi.
Citazione
Non esiste il confronto tra il dogmatico e un non dogmatico, poiché dire: sono scettico di ogni verità, è affermare: questa è la mia verità, il mio dogma. Esiste solo il dibattito tra persone con dogmi differenti, ognuno esiste in funzione e in schiavitù alla propria verità.
Se fosse possibile esistere senza dogmi (quindi vivere conoscendo la ragione di tutto), cadrebbe l'oggettività dell'uguale probabilità.
Sofismi, duc, sofismi. Esiste il dogmatico che pre-giudica gli eventi basandosi su un modello, ed esiste chi non ha un giudizio precostituito e se lo forma confrontandosi e riflettendo, con l'apertura ad un possibile cambiamento delle sue conclusioni, formandosi un giudizio che però non diventerà pre-giudizio, avendo la disponibilità a cambiarlo.
Certo invecchiando sarò sempre meno flessibile ma il tuo credere che non esista un atteggiamento diverso da quello dogmatico è solo una posizione di comodo, semplice perché poco problematica.
CitazioneCitazioneNon mettere in discussione i propri principi è una barriera verso l'ignoto, la casa è all'interno del recinto ed uscire dal portone è considerata un'avventura (una scommessa pericolosa).
E come potrei non mettere in discussione i miei principi quando mi confesso ogni settimana?!?!
La questione è che io già vivo l'ignoto, non tento più (perdendo del tempo e dei sentimenti preziosi) di svelarlo.
Ma per questo c'è bisogno dell'esperienza personale, così come la tua ti sta conducendo ad esistere nello scetticismo, senza nessuna certezza, forse qualche speranza.
Confessarsi significa mettere in discussione i principi? boh! Se lo dici tu sarà così per te. A me la confessione pare solo una pratica cattolica un poco ipocrita organizzata dalla chiesa tradizionale allo scopo di sottoporre al controllo la popolazione, conoscendone i vizi e i comportamenti privati.
http://www.treccani.it/enciclopedia/dubbio/
http://www.treccani.it/vocabolario/dogma/
Rivolgersi al vocabolario della lingua italiana trovo sia un esercizio di chiarificazione importante.
Citazione di: Freedom il 26 Maggio 2016, 00:15:43 AM
http://www.treccani.it/enciclopedia/dubbio/
http://www.treccani.it/vocabolario/dogma/
Rivolgersi al vocabolario della lingua italiana trovo sia un esercizio di chiarificazione importante.
Scusa ma io non ho capito, se è rivolto a me mi dici dove avrei usato questi termini con una accezione non corretta?
Citazione di: HollyFabius il 26 Maggio 2016, 11:43:20 AM
Citazione di: Freedom il 26 Maggio 2016, 00:15:43 AM
http://www.treccani.it/enciclopedia/dubbio/
http://www.treccani.it/vocabolario/dogma/
Rivolgersi al vocabolario della lingua italiana trovo sia un esercizio di chiarificazione importante.
Scusa ma io non ho capito, se è rivolto a me mi dici dove avrei usato questi termini con una accezione non corretta?
Se volevo rivolgermi a te ti quotavo.
Tanto ti dovevo.
** scritto da HollyFabius::
CitazioneAffatto, è un giudizio personale. Può essere vero o sbagliato ma è un giudizio non un pre-giudizio.
Chiamalo giudizio personale, ma il fatto che tu creda che Dio non esiste seleziona e riduce il tuo margine di scelta/decisione, ecco perché è un dogma, una verità certa anche se non provata.
CitazioneQui potrei semplicemente risponderti che no, non ne ho certezza proprio perché non ho certezze.
Intanto, che tu esisti (non puoi evitarlo), quella che tu ritieni incertezza, definisce la tua etica, la tua moralità, quindi pre-giudizio.
Sarebbe differente se fossi incerto e non dovresti esistere, ossia, scegliere e decidere. E' l'obbligatorietà ontologica della scelta umana che rende l'incertezza azione decisiva.
Es.: non so se Dio esiste o meno, e, sinceramente, non me ne importa per niente, però sono favorevole all'aborto, però sono contrario all'utero in affitto ...però,.. ...però... ecc. ecc.; ecco come l'incertezza si trasforma pre-giudizio/dogma, ed è giudicabile giacché diviene opera empirica volontaria, libera e ragionata.
CitazioneSofismi, duc, sofismi. Esiste il dogmatico che pre-giudica gli eventi basandosi su un modello, ed esiste chi non ha un giudizio precostituito e se lo forma confrontandosi e riflettendo, con l'apertura ad un possibile cambiamento delle sue conclusioni, formandosi un giudizio che però non diventerà pre-giudizio, avendo la disponibilità a cambiarlo.
Va bene, se lo forma confrontandosi e riflettendo (come se fosse differente, come se esistesse un'alternativa, per un cristiano o per un'estremista comunista), quindi decide ed attua con il dogma che ha prodotto, con ciò che si è sviluppato da quei confronti e riflessioni, ma pur sempre dogma sarà, poiché non c'è prova certa della Verità, e men che meno razionalità di Essa, quindi tutto ciò che nasce dalla fede, fiduciosa della personale conoscenza, e filtrata dalla propria esperienza è dogma.
CitazioneCerto invecchiando sarò sempre meno flessibile ma il tuo credere che non esista un atteggiamento diverso da quello dogmatico è solo una posizione di comodo, semplice perché poco problematica.
E no, caro HollyFabius, è proprio quello il problema, cercare di dissimulare di non avere pre-giudizi, generati da ciò che si crede vero per fede senza averne nessuna prova.
Quando ami qualcuno non sei più incerto, ma vivi a sua volta il problema dell'insicurezza che potrebbe risultare da quel dogma ...altro che atteggiamento differente!!
Credere che lavorare sia un dovere è un dogma, giacché può darsi anche che la verità, forse, nel frattempo, sia di oziare per dovere, quindi un dogma differente.
Qualunque decisione, nei fatti non nel bla, bla, bla, bla, tu prenda in riguardo a questa mia opinione sarà un dogma, perché non puoi fare a meno, a secondo dei casi, di avere un pre-giudizio verso chi è staconavista o scansafatiche.
La posizione di comodo è quella di chi sostiene che non ha "dogmi", ossia verità non provate, pensando di evitare così di essere catalogato o giudicato.
CitazioneConfessarsi significa mettere in discussione i principi? boh! Se lo dici tu sarà così per te. A me la confessione pare solo una pratica cattolica un poco ipocrita organizzata dalla chiesa tradizionale allo scopo di sottoporre al controllo la popolazione, conoscendone i vizi e i comportamenti privati.
Quel "pare", non solo è già un pre-giudizio
("...quindi chi si confessa è bigotto e non ha capito niente della vita, mentre io sì che ho ben compreso l'ipocrisia organizzata dalla Chiesa..."), ma fa sì, nei fatti (che poi è ciò che a noi interessa) che tu eviti totalmente di confessarti, quindi fa divenire la tua opinione un dogma, perché credi per fede (quindi potrebbe anche essere una menzogna questa tua tesi), che davvero sia una pratica ipocrita la confessione.
Per fare un pò di chiarezza, come invita Freedom, sul termine "dogma" diamo la definizione che si trova sul vocabolario Devoto-Oli:
DOGMA (o domma) . Principio che si accoglie per vero o per giusto, senza esame critico o discussione. Nella teologia cattolica, verità rivelata da Dio e definita dalla Chiesa, imposta come articolo di fede.
DOGMATISMO. Ogni posizione filosofica che partendo da principi sui quali non si ammette dubbio, ricava da questi un insiema di verità, INDIPENDENTEMENTE dai fatti e dalle esperienze.
Qualsiasi atteggiamento di intransigente imposizione di principi.
DOGMATIZZARE. Enunciare in tono dogmatico, proclamare come dogma indiscutibile.
Ora mi sembra che la posizione di Duc forzi il termine "dogma" estendendolo a QUALUNQUE scelta che l'essere umano possa compiere. Mi sembra una forzatura impropria. Perchè:
- NON TUTTE le scelte sono prive di esame critico o discussione. Es.: Io vorrei abortire ma, dopo lunga discussione, mi convingo di non farlo. Oppure: Io voglio imporre la mia scelta ma, dopo dibattito, capisco che è una posizione errata e accetto altri punti di vista.
-Non pretendo di possedere una posizione filosofica assoluta, sulla quale non ammetto dubbi, da parte di me stesso o di altri, da cui ricavare un insieme di verità (posizione NON DOGMATICA).
-NON PROCLAMO, o enuncio, in tono indiscutibile i miei principi e , soprattutto, NON LI IMPONGO agli altri.
Ora, nello specifico della discussione in atto, il voler imporre il principio che OGNI scelta è un dogma è , per l'appunto e per logica conseguente, DOGMATISMO.
Tutte le scelte operate con esame critico, dopo dibattito e discussione, senza volontà di imposizione, con rispetto dell'altrui scelte è, per l'appunto e per logica conseguente, NON DOGMATICO.
Riassumendo, mi sembra che tutte le scelte che inevitabilmente siamo chiamati a fare nella vita, se compiute dopo esame critico o riflessione, siano da definire correttamente NON DOGMATCHE.
Viceversa tutte le scelte compiute sulla base di un principio, accolto come vero o giusto, senza esame critico o discussione/riflessione sia da definire correttamente come DOGMATICO (in special modo se non si ammette il DUBBIO su queste stesse scelte).
Se io Credo in Dio ma ho pure molti dubbi sulla sua esistenza, questa è una posizione non dogmatica.
Se io Credo in Dio , non ho nessun dubbio al riguardo, nonostante la non verificabilità empirica del mio credere, lo impongo agli altri come articolo di fede, ne faccio un insieme di verità e al riguardo divento intransigente. questa è una posizione dogmatica.
Se io opero la mia scelta, ma su di questa ho dei dubbi e cerco la verifica, la critica, la riflessione, non sono dogmatico.
Se io opero la mia scelta e su questa non ammetto dubbi (nemmeno da parte di me stesso), sono dogmatico.
Sono d'accordo con freedom sull'importanza di dare il giusto significato ai termini. Altrimenti diventa difficile comprenderci. Come se parlassimo lingue diverse.
** scritto da Sariputra:
CitazioneSe io opero la mia scelta, ma su di questa ho dei dubbi e cerco la verifica, la critica, la riflessione, non sono dogmatico.
E no, una volta che hai scelto senza certezza, senza sicurezza, senza prova sei dogmatico, perché quella indecisione teoretica, quella fede titubante, prima di diventare un'azione effettiva, (dunque qualcosa che può produrre direttamente la felicità o tristezza altrui)
è stata accolta per vera, altrimenti non la si farebbe, resterebbe solo un'ipotesi.
Ma, e questo è il punto, l'essere umano, individualmente, è chiamato, obbligatoriamente, a credere per agire e quindi essere in base a quell'agire, e quell'agire deve contenere la probabilità dogmatica di essere per forza giudicato, altrimenti la probabilità di un Dio giudice e salvatore non avrebbe chance, e quindi non ci sarebbero le stesse condizioni per la scommessa.
La questione di non condividere che anche il credere nel nulla, o il credere di non credere siano fonti e sorgenti dogmatiche, è solo un marchingegno per tentare di dissimulare la personale appartenenza all'intramontabile bigottismo religioso anche da parte degli atei, degli scettici e degli agnostici.
Citazione di: Duc in altum! il 28 Maggio 2016, 20:14:05 PM** scritto da Sariputra:
CitazioneSe io opero la mia scelta, ma su di questa ho dei dubbi e cerco la verifica, la critica, la riflessione, non sono dogmatico.
E no, una volta che hai scelto senza certezza, senza sicurezza, senza prova sei dogmatico, perché quella indecisione teoretica, quella fede titubante, prima di diventare un'azione effettiva, (dunque qualcosa che può produrre direttamente la felicità o tristezza altrui) è stata accolta per vera, altrimenti non la si farebbe, resterebbe solo un'ipotesi. Ma, e questo è il punto, l'essere umano, individualmente, è chiamato, obbligatoriamente, a credere per agire e quindi essere in base a quell'agire, e quell'agire deve contenere la probabilità dogmatica di essere per forza giudicato, altrimenti la probabilità di un Dio giudice e salvatore non avrebbe chance, e quindi non ci sarebbero le stesse condizioni per la scommessa. La questione di non condividere che anche il credere nel nulla, o il credere di non credere siano fonti e sorgenti dogmatiche, è solo un marchingegno per tentare di dissimulare la personale appartenenza all'intramontabile bigottismo religioso anche da parte degli atei, degli scettici e degli agnostici.
Mi sembra che stai miscelando un pò di tutto per ottenere un minestrone incomprensibile. Bigottismo religioso dell'ateo o dell'agnostico?...Mah...frasi come questa mi portano a ribadire , come ben ha fatto il nostro moderatore freedom, l'importanza di usare i termini in modo appropriato e non contaddittorio. Altrimenti dovresti scrivere il nuovo vocabolario della lingua italiana,,,secondo Duc in Altum! :)
La differenza tra posizione dogmatica e non dogmatica non consiste nel fare le scelte, o sui risultati delle scelte fatte ma, come ho cercato invano di spiegare sopra, nell'atteggiamento mentale che differenzia le due posizioni. L'atteggiamento del dogmatico è privo di dubbi e tendente ad assolutizzare e imporre la sua visione. L'atteggiamento del non dogmatico è aperto alla critica, alla riflessione, al dubbio.
Purtroppo non posso farci niente se , a te, sembrano essere la stessa, identica cosa. Anzi , se continuassi imperterrito a tentare di convincerti della MIA posizione non sfuggirei anch'io alla tentazione del dogmatismo privo di dubbi. E' una trappola sottile ma che al momento mi appare nella sua evidenza.
Infinite scelte si compiono nella vita senza sapere se produrranno felicità o sofferenza ( pensiamo anche solo a quella di decidere di mettere al mondo dei figli...), senza conoscere l'esito, senza sapere se sono appropriate o meno , a causa della nostra ignoranza delle cause del nostro agire e degli effetti che quelle cause possono produrre. Il fatto che questo ignorare possa entrare in conflitto con la fede in un Dio che giudica le azioni dell'uomo è un problema di natura teologica e che va approfondito in quel senso, ma credo che nel pensiero post-conciliare si sia tentato di superare l'immagine del Dio giustiziere con la bilancia in mano, a pesare torti e meriti per avvicinarsi alla visione di un Dio-Padre che cerca l'incontro e l'abbraccio proprio con i perduti ( al Suo amore).
Il problema dell'atteggiamento dogmatico non è riconducibile solo all'uomo di fede religiosa (di qualunque religione) ma a chiunque ritenga indiscutibile il proprio ragionamento, lo elevi a riferimento , a sistema di valori, lo renda un assoluto.
Se Duc dicesse: "Penso, ma potrei sbagliarmi, che ogni decisione che prendiamo implica una certa fede" sarebbe una posizione non dogmatica.
Se Duc invece dicesse (come in effetti dice): "Ogni decisione che prendiamo implica obbligatoriamente una certa fede, su questo non si discute, questa è la sola verità" sarebbe ( e lo è) una posizione dogmatica.
Spero di essermi spiegato...Ma ho come la netta sensazione che non sarai d'accordo...chissà perchè... :)
Ti auguro una buona domenica.
Prima di rispondere scrivo una nota di carattere generale.
Una lettura che mi permette di sospettare di trovarmi in presenza di un atteggiamento dogmatico è riferita all'uso distorto sino al ribaltamento del significato delle parole. Le parole non sono scritte nella pietra, il loro uso condiviso permette la comunicazione, la trasmissione delle idee e non solo delle idee. Se io scrivo "persona buona" tutti intendono una cosa simile: una persona che per i miei criteri giudico positiva verso gli altri. Se io scrivo "persona cattiva" tutti intendono una cosa simile: una persona che per i miei criteri giudico negativa verso gli altri.
A chi dico che Oscar è "persona buona" potrà avere un giudizio su Oscar in funzione di come giudica il mio giudicare. Se mi crede una persona obiettiva e infallibile sui giudizi delle persone crederà e penserà che Oscar è buono. Se mi crede una persona non obiettiva e incapace di giudicare le persone non si farà guidare nel giudizio di Oscar. Se poi mi crederà capace di sbagliare sistematicamente il giudizio sulle persone potrebbe persino pensare che Oscar sia cattivo.
Ma cosa succede se dopo aver detto che Oscar è persona buona comincio a descrivere il concetto di buono come a qualcosa da evitare assolutamente, e la generica persona buona a un maniaco pluriassassino? La comunicazione e il passaggio della conoscenza è basato sulla condivisione del significato delle parole. L'analisi e la dialettica spesso impongono una fase preliminare di descrizione del significato usato dei termini, quando questo significato si ritiene ambiguo, le parole non sono equazioni matematiche, se lo fossero perderebbero espressività ma acquisterebbero precisione informativa.
Chi è che posto di fronte ad un problema contradditorio usa la scorciatoia di ribaltare il senso comune di un termine? E parlo proprio di ribaltare non di cambiare leggermente nel significato.
Lo fa chi è idealista sino al midollo, convinto che la realtà sia solo rappresentazione nella sua mente e che la condivisione con altre menti sia così illusoria da non necessitare di corretta trasmissione bidirezionale. Se la rappresentazione della realtà espressa dalle parole non mi piace, non cambio la mia rappresentazione della realtà bensì il significato delle parole che esprimono il modello di realtà, sino ad invertirne il senso: cambio la realtà che non mi piace adeguandola al mio pregiudizio.
Qui ne abbiamo una evidente dimostrazione sull'uso del termine dogma.
Citazione di: Duc in altum! il 28 Maggio 2016, 13:42:23 PM
** scritto da HollyFabius::
CitazioneAffatto, è un giudizio personale. Può essere vero o sbagliato ma è un giudizio non un pre-giudizio.
Chiamalo giudizio personale, ma il fatto che tu creda che Dio non esiste seleziona e riduce il tuo margine di scelta/decisione, ecco perché è un dogma, una verità certa anche se non provata.
ehm, non riduce proprio nulla. Toglie solo la credenza non giustificata in una visione particolare di un dio rappresentato nella tua mente e solo in quella. Non credo neppure al cerchio con gli spigoli e al raggio del quadrato nella geometria euclidea ma questo non mi limita in nulla se non in quelle attuali mie convinzioni. Ma attenzione, al primo cerchio che mostri una qualsiasi similitudine ad uno spigolo la mia curiosità si attiverebbe, la mia natura dubbiosa vale anche nella direzione del sostanziare, non sono in quella del negare.
Citazione di: Duc in altum! il 28 Maggio 2016, 13:42:23 PM
CitazioneQui potrei semplicemente risponderti che no, non ne ho certezza proprio perché non ho certezze.
Intanto, che tu esisti (non puoi evitarlo), quella che tu ritieni incertezza, definisce la tua etica, la tua moralità, quindi pre-giudizio.
Sarebbe differente se fossi incerto e non dovresti esistere, ossia, scegliere e decidere. E' l'obbligatorietà ontologica della scelta umana che rende l'incertezza azione decisiva.
Es.: non so se Dio esiste o meno, e, sinceramente, non me ne importa per niente, però sono favorevole all'aborto, però sono contrario all'utero in affitto ...però,.. ...però... ecc. ecc.; ecco come l'incertezza si trasforma pre-giudizio/dogma, ed è giudicabile giacché diviene opera empirica volontaria, libera e ragionata.
la mia incertezza non è pre-giudizio è semplicemente atteggiamento. Il giudizio per me arriva sempre e solo dopo e il pregiudizio (formato da riflessioni e memoria del giudizio) non è tendenzialmente definitivo, è sempre in divenire.
Attenzione che questo non implica una indecisione permanente e per capirlo fornisco l'esempio impreciso del limite di una funzione, dove il valore non è mai quello certo ma la tendenza è evidente e l'arrivo ad un valore mai ben definito è chiara. L'esempio è impreciso perché la realtà è complessa molto più di un limite di funzione e la possibilità di incontrare esperienze problematiche è sempre possibile. Tutto nella nostra rappresentazione mentale della realtà è in maturazione permanente.
Citazione di: Duc in altum! il 28 Maggio 2016, 13:42:23 PM
CitazioneSofismi, duc, sofismi. Esiste il dogmatico che pre-giudica gli eventi basandosi su un modello, ed esiste chi non ha un giudizio precostituito e se lo forma confrontandosi e riflettendo, con l'apertura ad un possibile cambiamento delle sue conclusioni, formandosi un giudizio che però non diventerà pre-giudizio, avendo la disponibilità a cambiarlo.
Va bene, se lo forma confrontandosi e riflettendo (come se fosse differente, come se esistesse un'alternativa, per un cristiano o per un'estremista comunista), quindi decide ed attua con il dogma che ha prodotto, con ciò che si è sviluppato da quei confronti e riflessioni, ma pur sempre dogma sarà, poiché non c'è prova certa della Verità, e men che meno razionalità di Essa, quindi tutto ciò che nasce dalla fede, fiduciosa della personale conoscenza, e filtrata dalla propria esperienza è dogma.
il processo di formazione del dogma non è interno, è esterno. Il dogma si forma nell'accettazione di una visione data da altri, da un testo sacro, da una cultura inculcata in età prerazionale, ecc.
La convinzione personale, il modello di realtà espresso da una mente originale prodotto da una riflessione durata anni diventa dogma per altri che se lo accetteranno senza riflessione critica. Posso credere che Kant abbia espresso una visione corretta della realtà e difenderne in modo dogmatico le idee, ma non posso esprimere una riflessione critica e meditata sulla realtà e difenderla in modo dogmatico perché questo rappresenterebbe una atteggiamento acritico e non meditato. Kant stesso per arrivare al suo sistema lo ha messo sistematicamente in discussione con se stesso e con i filosofi a lui precedenti e contemporanei.
Ma naturalmente la realtà non è bianca o nera ed esistono infinite tonalità di grigio e di atteggiamenti intermedi, basta essere coscienti che la realtà rappresentata dai nostri modelli di parole non è la realtà ma è sono un modello di realtà.
Citazione di: Duc in altum! il 28 Maggio 2016, 13:42:23 PM
CitazioneCerto invecchiando sarò sempre meno flessibile ma il tuo credere che non esista un atteggiamento diverso da quello dogmatico è solo una posizione di comodo, semplice perché poco problematica.
E no, caro HollyFabius, è proprio quello il problema, cercare di dissimulare di non avere pre-giudizi, generati da ciò che si crede vero per fede senza averne nessuna prova.
Quando ami qualcuno non sei più incerto, ma vivi a sua volta il problema dell'insicurezza che potrebbe risultare da quel dogma ...altro che atteggiamento differente!!
Credere che lavorare sia un dovere è un dogma, giacché può darsi anche che la verità, forse, nel frattempo, sia di oziare per dovere, quindi un dogma differente.
Qualunque decisione, nei fatti non nel bla, bla, bla, bla, tu prenda in riguardo a questa mia opinione sarà un dogma, perché non puoi fare a meno, a secondo dei casi, di avere un pre-giudizio verso chi è staconavista o scansafatiche.
La posizione di comodo è quella di chi sostiene che non ha "dogmi", ossia verità non provate, pensando di evitare così di essere catalogato o giudicato.
Qui parli di credere vero e prove. Io parlo di convinzioni e indizi. Io posso prendere una decisione incerto e non convinto solo perché una decisione va presa. Di fronte a un bivio temporale una direzione va presa e la scelta è presa sulla base non solo e soltanto di un giudizio o valutazione razionale ma anche sulla base di sentimenti e valutazioni inconsce. Non è detto che per la scelta io abbia già maturato delle convinzioni certe che, riproponendo lo stesso bivio, mi facciano prendere la stessa decisione.
Citazione di: Duc in altum! il 28 Maggio 2016, 13:42:23 PM
CitazioneConfessarsi significa mettere in discussione i principi? boh! Se lo dici tu sarà così per te. A me la confessione pare solo una pratica cattolica un poco ipocrita organizzata dalla chiesa tradizionale allo scopo di sottoporre al controllo la popolazione, conoscendone i vizi e i comportamenti privati.
Quel "pare", non solo è già un pre-giudizio ("...quindi chi si confessa è bigotto e non ha capito niente della vita, mentre io sì che ho ben compreso l'ipocrisia organizzata dalla Chiesa..."), ma fa sì, nei fatti (che poi è ciò che a noi interessa) che tu eviti totalmente di confessarti, quindi fa divenire la tua opinione un dogma, perché credi per fede (quindi potrebbe anche essere una menzogna questa tua tesi), che davvero sia una pratica ipocrita la confessione.
Il parere non è pregiudizio, così come il grigio non è né bianco né nero ma un po' bianco e un po' nero; peraltro senza neppure indicare se più bianco o più nero. Io non mi confesso ma non ho detto di non averlo mai fatto, la mia tradizione familiare può avermi portato a sperimentare tutte le pratiche cattoliche ma la mia maturazione a rifiutarle, sulla base di un giudizio formatosi nel tempo. L'ipocrisia ai miei occhi si è disvelata nel tempo, non ho assorbito il giudizio espresso da qualcuno.
** scritto da HollyFabius:
CitazioneIl parere non è pregiudizio, così come il grigio non è né bianco né nero ma un po' bianco e un po' nero; peraltro senza neppure indicare se più bianco o più nero.
Ma io non confuto il tuo credere nel grigio, questa è una tua decisione, è "il/un" tuo problema, ma sostengo che quel credere nel grigio, così come il credere nel bianco o nel nero, istituisce dei dogma. Tutto qui.
Le scelte, prese secondo parere, dubbioso, esitante, mutevole o incostante, infliggono un effetto, determinano una realtà che nei fatti non è più dubbiosa, incerta, perplessa o indecisa, giacché ben ovvia materialmente. Queste sensazioni o sentimenti di titubanza restano solo nello stato intimo:
"...avrò scelto bene? ...che il fato me la mandi buona!..." - ma per quel che riguarda la verità che esse includono avendola espressa, visto che ormai sono tangibili nell'opera da esse creata, sono suscettibili a giudizio, per quanto uno voglia giustificarle con il soggettivo comodo contraddittorio:
"...eeeh io non avevo ancora maturato delle convinzioni certe!...". La legge non ammette ignoranza ...anche se:
un Dio che si limitasse, che si fermasse, alla sola giustizia cesserebbe di essere Dio, sarebbe come tutti gli uomini che invocano il rispetto della Legge (P. Bergoglio).
La probabilità che questo benedetto Dio esista è uguale a che questo santo Dio non esista, ed è in funzione di questa eventualità che si fonda il mio pensiero, la mia teoria, che se un individuo, uno soltanto, potesse divincolarsi dall'oggettività di decidere secondo i dogma imposti dalla propria fede inevitabile, la ragionevolezza di questa ipotesi non avrebbe senso, così come una Sua eventuale misericordia alle nostre scelte.
Pace&Bene
** scritto da Sariputra:
CitazioneSe Duc dicesse: "Penso, ma potrei sbagliarmi, che ogni decisione che prendiamo implica una certa fede" sarebbe una posizione non dogmatica.
Se Duc invece dicesse (come in effetti dice): "Ogni decisione che prendiamo implica obbligatoriamente una certa fede, su questo non si discute, questa è la sola verità" sarebbe ( e lo è) una posizione dogmatica.
Spero di essermi spiegato...Ma ho come la netta sensazione che non sarai d'accordo...chissà perchè... (http://www.riflessioni.it.cloud.seeweb.it/logos/Smileys/default/smiley.gif)
Ti auguro una buona domenica.
Ti sei spiegato più che bene
@Sariputra, e consentimi solo di cambiare "ogni decisione che prendiamo" con
ogni decisione che prendiamo che dipenda dal nostro soggettivo credere che Dio esiste o credere che Dio non esiste. Così divento 'meno dogmatico' ::) e affermo che per quel che riguarda "ogni decisione" (cosa che io credo per vera) posso anche essere in errore, mi sbaglio, potrei sbagliarmi, ma non per ciò che deriva dalla fede inevitabile: Dio esiste/Dio non esiste, che contiene uguali probabilità di essere quella vera, quella giusta.
Pace&Bene
Citazione di: Duc in altum! il 30 Maggio 2016, 10:09:17 AM** scritto da Sariputra: CitazioneSe Duc dicesse: "Penso, ma potrei sbagliarmi, che ogni decisione che prendiamo implica una certa fede" sarebbe una posizione non dogmatica. Se Duc invece dicesse (come in effetti dice): "Ogni decisione che prendiamo implica obbligatoriamente una certa fede, su questo non si discute, questa è la sola verità" sarebbe ( e lo è) una posizione dogmatica. Spero di essermi spiegato...Ma ho come la netta sensazione che non sarai d'accordo...chissà perchè... (http://www.riflessioni.it.cloud.seeweb.it/logos/Smileys/default/smiley.gif) Ti auguro una buona domenica.
Ti sei spiegato più che bene @Sariputra, e consentimi solo di cambiare "ogni decisione che prendiamo" con ogni decisione che prendiamo che dipenda dal nostro soggettivo credere che Dio esiste o credere che Dio non esiste. Così divento 'meno dogmatico' ::) e affermo che per quel che riguarda "ogni decisione" (cosa che io credo per vera) posso anche essere in errore, mi sbaglio, potrei sbagliarmi, ma non per ciò che deriva dalla fede inevitabile: Dio esiste/Dio non esiste, che contiene uguali probabilità di essere quella vera, quella giusta. Pace&Bene
Ne abbiamo già discusso molto sul vecchio forum. Si deve dare sostanza a quel credere ( se no ricadiamo nel concetto di scommessa, di bisca, di gratta e vinci). Proprio il sottolineare il nostro
soggettivo credere nell'esistenza di un Dio, posto come ragionamento non evitabile da parte di tutti, chiamati a prendere una decisione. è a mio parere una posizione dogmatica. Infatti tu NON PUOI conoscere l'intimo di altre persone e quindi rendi assoluta un'esigenza che senti personalmente, ma non puoi essere certo riguardi gli altri. Come potremmo conoscere le motivazioni e le cause dell'agire di infiniti altri (da noi) esseri? Personalmente, per esempio, non prendo mai una decisione, anche importantissima, chiedendomi prima se Dio esiste oppure no e come verrei giudicato da Lui. A volte la prendo con il ragionamento, a volte con l'istinto, altre con rabbia o frustrazione, altre volte inconsciamente, rare volte con amore sincero, spesso per paura. Sono i sentimenti che ci spingono ( anche credere o no in una divinità è una forma di sentimento). Poi tu hai riportato il fatto di credere o no all'interno del concetto di Dio espresso dalla nostra cultura ( giudaico-cristiana), ma ci sono forme diverse di credere in Dio che non presuppongono l'attività di giustiziere da parte del medesimo Il concetto di
ricompensa o di
castigo, per le nostre azioni, ha portato , soprattutto nei secoli scorsi, ad una falsa fede, fondata solo sulla Paura e non sulla ricerca sincera di quel puro amore di cui abbiamo disperatamente bisogno.
Vorrei mettere in guardia dal rischio di con
fondere fede e fiducia, dogma e ragionamento. Quando si usa il ragionamento c'è sempre un perché (magari fallace, insicuro ed opinabile) di cui ci si fida; invece, quando si è nella fede non c'è un perché ragionevole, ma solo la risposta della fede che, in quanto tale, non richiede argomentazioni.
La
fiducia nella propria scelta non implica che venga fatta sempre per
fede, anzi, se è una scelta
ragionata non c'è dogma che
predetermini cosa scegliere, ma solo un plausibile "perché..." argomentato (ma non per questo infallibile). Banalizzando: non si crede ad un sillogismo per fede, ma al limite si ha fiducia razionale nella logica; se invece si crede nel peccato, lo si fa per fede, non per argomentazione o come conclusione di un ragionamento verificato.
Aggiungerei, semplificando molto, che la fiducia può essere "tradita", quindi portare di riflesso ad una modifica nelle proprie attitudini o comportamenti (esempio: ho ragionato e ho deciso di prestare l'auto ad un amico, costui me la riporta rigata, con noncuranza e senza scusarsi, riconosco allora che la mia fiducia nel mio ragionamento era malposta; conseguenza: non gli ripresterò l'auto facilmente...). Mentre la fede, finché creduta, non può dare esiti che la falsifichino, che la smentiscano e che consentano di modificarne "retroattivamente" i dogmi (se la mia fede richiede d'aiutare il prossimo, gli presterò l'auto finché ne avrà davvero bisogno e finché potrò farlo, magari chiedendogli di trattarla meglio, ma non importa quali saranno le conseguenze, non ci saranno mai "
feedback" che comprometteranno il dogma in sé: sarà sempre dogmaticamente giusto "prestare l'auto per aiutare
ogni mio prossimo bisognoso").
Questo non significa che la fede sia deprecabile e la fiducia segno di pregevole raziocinio, ma solo che, secondo me, confonderle può produrre confusione nel discorso.
Citazione di: Duc in altum! il 30 Maggio 2016, 10:09:17 AMfede inevitabile: Dio esiste/Dio non esiste, che contiene uguali probabilità di essere quella vera, quella giusta
In base a quanto precisato prima, se "Dio esiste" è per fede, se "Dio non esiste" è per assenza di fede, e magari per fiducia nelle argomentazioni che ne negano l'esistenza (in genere, negare l'esistenza di una divinità comporta fiducia in un ragionamento, mentre per affermarla l'unica condizione necessaria e sufficiente è la fede).
Sull'uguale probabilità dell'esistenza/inesistenza di Dio sono piuttosto scettico: non trattandosi di scienza oggettiva, c'è inevitabilmente un singolo che valuta tale probabilità e solo nel caso dell'agnostico siamo al 50% "si", 50% "no" (che si risolve in un "non so!"). Nel caso del non-credente c'è almeno un 51% "no", altrimenti non sarebbe tale, mentre nel caso del credente autentico dovrebbe esserci un 100% "si", altrimenti si tratta di un "credente probabilista" (che non so se possa essere inteso come credente vero e proprio).
P.s. Ringrazio "Duc" per gli spunti di riflessione "eterodossa".
** scritto da Phil:
CitazioneQuando si usa il ragionamento c'è sempre un perché (magari fallace, insicuro ed opinabile) di cui ci si fida; invece, quando si è nella fede non c'è un perché ragionevole, ma solo la risposta della fede che, in quanto tale, non richiede argomentazioni.
...e siccome è inevitabile doverti dare una risposta per fede (mentre esisti in questo pianeta, mentre sei sottoposto ogni giorno a delle scelte indispensabili per determinare chi sei, cosa vuoi e come ami), per "questioni" etiche e morali, ecco che il ragionamento, come tu ben sottolinei, non può argomentare un bel niente di ragionevole se non una fiducia nel mistero.
CitazioneIn base a quanto precisato prima, se "Dio esiste" è per fede, se "Dio non esiste" è per assenza di fede, e magari per fiducia nelle argomentazioni che ne negano l'esistenza (in genere, negare l'esistenza di una divinità comporta fiducia in un ragionamento, mentre per affermarla l'unica condizione necessaria e sufficiente è la fede).
No, se Dio non esiste non è una conclusione per assenza di fede, ma bensì, il risultato di una fede in qualcos'altro, solitamente il nulla, il caso o la sorte determinista.
La fede è un gettone che dobbiamo, per forza di cose a noi ancora misteriose, puntare per esistere.
Il ragionamento che comporta la fiducia nella non esistenza di Dio è privo di una prova empirica che lo rendi valido e valido oggettivamente. Ci si può credere a quel ragionamento solo per fede, e per fiducia soggettiva (né più Né meno di un guru), poiché le argomentazioni che ne negano l'esistenza sono, fino ad oggi (e per sempre secondo me), solo ipotesi, teorie, quindi probabili illusioni, tanto quanto la chimera della presenza di un Dio onnipotente.
Prendo l'argomento da un altro angolo. Accetto la tesi di Duc. Credere o non credere sono entrambe posizioni fondate su una fede. Quella fede ci fa agire in un certo modo e comunque è impossibile agire senza una qualunque fede. Però credere in un Dio onnipotente, vendicativo e geloso, che comunque ci preserva dallo sbagliare perché basta credere in lui è un presupposto per operare azioni "avventate". Provo a spiegarmi meglio, ma sto pensando quasi in diretta.
Si può immaginare il credere come una scala graduata, dove ad un estremo vi è il massimo della fede e all'opposto il massimo del nichilismo. All'estremo della fede vi sono i campioni dell'integralismo, religioso e non, coloro che "credono" in modo forte e assoluto, possono credere anche nella Lazio o nello stalinismo, ma per loro quella è la ragione di vita. Hanno una energia invidiabile e raggiungono clamorosi obiettivi, ma spesso lo fanno lordandosi le mani di sangue innocente. Sull'altro estremo, come giustamente sottolinea Duc, non c'è azione ma stasi, morte del pensiero e forse dell'umanità. Più o meno al centro c'è una umanità ondivaga, che un pò crede, un pò non crede (nella Lazio o nello stalinismo) ma che difficilmente si macchierà di grandi crimini. Insomma nei tanti discorsi di questo topic rieccheggia quello che diceva Manzoni nei Promessi Sposi che "a far troppo bene a volte si rischia di far del male".
In questo senso credo che non vi sia simmetria, come professa Duc, fra credere e non credere, ammesso che si consideri il non credere in quella fascia tollerante, dubbiosa e relativista, che magari ti fa agire in modo incoerente ma salva dalla violenza cieca di ogni integralismo. In questo senso credere in Hitler è esattamente identico al credere nell'Allah del Daesh.
Citazione di: Duc in altum! il 30 Maggio 2016, 19:28:48 PM...e siccome è inevitabile doverti dare una risposta per fede [...] La fede è un gettone che dobbiamo, per forza di cose a noi ancora misteriose, puntare per esistere
Ho capito il tuo dogma, ma per ora ho ancora fiducia nel mio ragionamento (esposto in precedenza) sulla possibilità del non-dogmatico e della non-fede; per cui non ho (nuovi) commenti in merito.Citazione di: Duc in altum! il 30 Maggio 2016, 19:28:48 PMNo, se Dio non esiste non è una conclusione per assenza di fede, ma bensì, il risultato di una fede in qualcos'altro, solitamente il nulla, il caso o la sorte determinista
[corsivo mio]"Fede" o "fiducia"? Se non erro, ci sono delle argomentazioni (opinabili) in gioco... ;) Citazione di: Duc in altum! il 30 Maggio 2016, 19:28:48 PMIl ragionamento che comporta la fiducia nella non esistenza di Dio è privo di una prova empirica che lo rendi valido e valido oggettivamente [...] poiché le argomentazioni che ne negano l'esistenza sono, fino ad oggi (e per sempre secondo me), solo ipotesi, teorie, quindi probabili illusioni
Non vorrei entrare nell'ambito della fede personale... la non-esistenza di Dio non ha prove empiriche: quali possono essere le prove
empiriche di una non-esistenza? Non dovrebbe essere l'esistenza di qualcosa ad essere supportata da prove empiriche da verificare?
P.s. La via della fede sterilizza qualunque discorso di matrice empirica, ribadendo ulteriormente la differenza fra "fede" e "fiducia", "dogmatismo" ed "epistemologia", etc....
** scritto da Phil:
CitazioneNon vorrei entrare nell'ambito della fede personale... la non-esistenza di Dio non ha prove empiriche: quali possono essere le prove empiriche di una non-esistenza? Non dovrebbe essere l'esistenza di qualcosa ad essere supportata da prove empiriche da verificare?
Questo concetto sarebbe giusto e valido se non si dovesse sostituire, inevitabilmente, quel Dio non esistente, con ciò che la fiducia ci suggerisce sia stata la causa della nascita della vita terrestre, il senso di questa vita e se al decesso della vita non succede un'ulteriore esistenza.
Il "videogioco", per accidente o per disegno divino, è perfetto.
Quindi se Dio non esiste è più che logico, anzi è ovvio che non necessitiamo nessuna prova empirica per dimostrare ciò, ma il problema sorge quando per dimostrare, di conseguenza, che sia stato qualcos'altro, differente da una Mente Onnipotente, a generare il Tutto, manca lo stesso la prova empirica, facendo sì, a sua volta, di dare uguale probabilità a che forse sia stato proprio Dio a dare il via al Tutto, conosciuto e misterioso ancora.
Capisci, la probabilità che la fede in Dio sia giusta e vera, la conferisce proprio la fiducia umana (per ragionamento, ma come la fede, senza riscontro oggettivo) nelle alternative ad Esso, inconsistenti e fantasiose.
CitazioneP.s. La via della fede sterilizza qualunque discorso di matrice empirica, ribadendo ulteriormente la differenza fra "fede" e "fiducia",
Ma scusa Phil, quando una ragazza ti dice ti amo, tu hai fiducia o fede in quel sentimento non comprovato?!?!
Ecco dimostrato come non esiste nessuna differenza tra l'avere fede in Dio o l'avere fiducia nel Caso, giacché in tutte e due le manifestazioni non conta se Dio o il Caso esistano (o se la ragazza ci ami per davvero!), ma che l'individuo consegna tutto se stesso a Dio o al Caso, fiduciosamente (alla ragazza un po' meno ;D !!)
** scritto da Jacopus:
CitazionePerò credere in un Dio onnipotente, vendicativo e geloso, che comunque ci preserva dallo sbagliare perché basta credere in lui è un presupposto per operare azioni "avventate".
Credere in una divinità vendicativa e gelosa è ben differente dall'avere fiducia nel Dio dell'amore. Le azioni restano sempre avventate in entrambi i casi, ma nel secondo la volontà di potenza non è dell'uomo (come nel primo caso), ma dello Spirito Santo.
CitazioneInsomma nei tanti discorsi di questo topic rieccheggia quello che diceva Manzoni nei Promessi Sposi che "a far troppo bene a volte si rischia di far del male".
Ecco perché si necessita l'esempio vivente
del giusto mezzo tra due estremi (cit. Aristotele), il guru, il santone, il Maestro. Da solo l'uomo può solo avere fiducia in se stesso, diventando il dio di se stesso, forse, facendo proprio il proposito e il fondamento del male.
Ma per uguale probabilità potrei anche essere in equivoco.
Citazione di: Duc in altum! il 31 Maggio 2016, 12:54:53 PMQuesto concetto sarebbe giusto e valido se non si dovesse sostituire, inevitabilmente, quel Dio non esistente, con ciò che la fiducia ci suggerisce sia stata la causa della nascita della vita terrestre [...] il problema sorge quando per dimostrare, di conseguenza, che sia stato qualcos'altro, differente da una Mente Onnipotente, a generare il Tutto, manca lo stesso la prova empirica [...] la probabilità che la fede in Dio sia giusta e vera, la conferisce proprio la fiducia umana (per ragionamento, ma come la fede, senza riscontro oggettivo) nelle alternative ad Esso, inconsistenti e fantasiose
Non c'è inevitabile necessità di rispondere per forza (o per dogma) a tutte le domande ponibili (limiti dell'universo,
post-mortem, uovo o gallina, etc.); è lecito cercare una risposta, così come è lecito riconoscere l'impossibilità di rispondere: si può ammettere serenamente di non poter sapere tutto, senza per questo dover credere per fede a qualcosa che
possa fungere da risposta... talvolta, la risposta più sincera è anche la più scomoda: "non lo so e, probabilmente, non lo potrò sapere" (personalmente, la tollero piuttosto bene :) ).
Citazione di: Duc in altum! il 31 Maggio 2016, 12:54:53 PM Ma scusa Phil, quando una ragazza ti dice ti amo, tu hai fiducia o fede in quel sentimento non comprovato?!?!
Fiducia, non fede: quella sua dichiarazione sarà sicuramente inserita in un contesto, in cui cercherò gli elementi per ragionare e decidere se fidarmi o meno (il modo in cui lo dice, i nostri incontri precedenti, la possibilità di un non-detto implicito, etc.).
P.s. Ovviamente non sto cercando di "venderti" la mia distinzione fra "fede" e "fiducia", se per te è solo un sofisma, non ci sono problemi!
** scritto da Phil:
CitazioneNon c'è inevitabile necessità di rispondere per forza (o per dogma) a tutte le domande ponibili (limiti dell'universo, post-mortem, uovo o gallina, etc.); è lecito cercare una risposta, così come è lecito riconoscere l'impossibilità di rispondere: si può ammettere serenamente di non poter sapere tutto, senza per questo dover credere per fede a qualcosa che possa fungere da risposta... talvolta, la risposta più sincera è anche la più scomoda: "non lo so e, probabilmente, non lo potrò sapere" (personalmente, la tollero piuttosto bene (http://www.riflessioni.it.cloud.seeweb.it/logos/Smileys/default/smiley.gif) ).
Questo potrebbe anche essere una buona motivazione se la risposta da dare fosse solo in chiacchiere, ma, purtroppo o grazie a Dio, c'è l'inevitabilità della risposta data e confermata (certo per il momento, poi domani si potrà anche cambiare opinione e quindi gesta) dalle nostre azioni, dalle nostre opere: operari sequitur esse.
Innanzi alle tematiche socio-morali o etico-politiche, non si può rispondere non lo so e non lo potrò sapere, perché quella nostra risposta, nei fatti, diviene o indifferenza, verso chi potrebbe subire una discriminazione, o complicità, nei confronti di un'apparente perbenismo maggioritario disonesto.
Non lo so equivale a porre il gettone della fede/fiducia (le due facce) sullo 0, né pari né dispari, ma sempre un numero su cui scommettere senza nessuna ragione certa.
Citazione.s. Ovviamente non sto cercando di "venderti" la mia distinzione fra "fede" e "fiducia", se per te è solo un sofisma, non ci sono problemi!
Sinceramente non mi permetto di pensare che sia un sofisma, è soltanto convenienza ...ma questo è un/il tuo problema, e nessuno può rispondergli se non tu.
Nel seguire questa interessante discussione man mano qualcosa non mi tornava e credetemi, o abbiate fiducia, ora che lo dirò non è per introdurre elementi fuorvianti, bensì, se lo riterrete, per ampliarla.
In tutti gli interventi non è stato considerato che gli individui son ben diversi l'un dall'altro: per questioni genetiche, per malattia o problemi psichici... per traumi subiti, per appartenenza a comunità che abbiano ancora da sviluppare ragionamenti quali noi occidentali siamo avvezzi... o perché proprio non li hanno sviluppati e magari neppur si sognano dal farlo in futuro e magari ancora ne hanno sviluppati di completamente diversi dai nostri.
Tolti tutti questi individui che neppur se costretti potrebbero dar conto di una eventuale scelta – tra credere o meno e in che percentuale – rimangono quelli, come voi, che ne hanno la capacità, di ragionare e disquisire, partendo dalle basi su cui si fonda un linguaggio condiviso... ma proprio laddove dovrebbe avviarsi la discussione sorgono i problemi, seri, di interpretazione dei mattoni del linguaggio, le parole.
A significare che l'enorme potere del linguaggio è tuttavia impotente se le "macchine" (uomo) non elaborano l'informazione secondo un programma comune. Il programma comune è l'educazione, la cultura che abbiamo ricevuto e poi continuato a sviluppare per nostro conto mentre ci accadeva di viver la vita con tutte le sue sensazioni ed emozioni... e così facendo ci allontaniamo l'un dall'altro (differenti output per il medesimo input), ognuno ritenendo corretto il percorso della propria elaborazione.
Tutti hanno ragione in se stessi e nessuno l'ha rispetto all'altro, ci saranno per quanto minime delle differenze, il credere di Duc non è il credere di Giona, di paul11 ecc., come è differente dall'altra parte il non-credere.
Ma per una gran numero di individui la questione neppur si pone come qui vien posta e questo dà il senso della limitata valenza di qualsivoglia conclusione.
All'interno dei limiti, dell'atmosfera ad esempio, si può volare, come gli uccelli o gli aerei... stupenda sensazione, immagino (mai salito su un aereo, chissà se avrò tempo...), ma ad andar troppo in alto la rarefazione dell'aria non sostien più il volo.
Oltre si può solo immaginare... e come l'uomo è andato sulla luna chissà che prima o poi anche all'unico nostro strumento, il pensiero, non accada un salto evolutivo (se c'è per esso un'evoluzione) che permetta di ragionar come si discute di matematica... nel caso rimpiangeremo queste belle discussioni e la passione dei partecipanti, considerato che la matematica è un po' fredda... per chi non sia un matematico, naturalmente.
Cordialmente
Jean
Citazione di: Duc in altum! il 31 Maggio 2016, 17:03:05 PMInnanzi alle tematiche socio-morali o etico-politiche, non si può rispondere non lo so e non lo potrò sapere, perché quella nostra risposta, nei fatti, diviene o indifferenza, verso chi potrebbe subire una discriminazione, o complicità, nei confronti di un'apparente perbenismo maggioritario disonesto
Mi scuso se sono risultato poco esplicito: il "non lo so" è una carta che può essere giocata ragionevolmente sui "domandoni imperscrutabili" ("cosa c'è dopo la morte?", "l'universo dove finisce?", etc.) che non hanno rilevanti conseguenze etiche o pragmatiche... per le domande morali-decisionali, ci si può servire invece anche della fiducia o della fede, come già accennavo in precedenza, a seconda del proprio orientamento. Talvolta si confonde l'indifferenza con la messa in pratica del "non lo so", ed entrambe, opinione mia, hanno la loro piena dignità, sebbene socialmente non credo godano di buona reputazione... esempio: c'è un referendum sull'aborto, non riesco a decidere chiaramente se sono favorevole o no; non andando a votare esprimo il mio "non lo so"; alcuni sicuramente mi etichetteranno come "civilmente irresponsabile", come "indifferente" (o anche di peggio), ma ho solo seguito l'onestà intellettuale del mio "non sapere" decidere... e se poi, altro scenario, fossi invece davvero indifferente? Ne avrei tutto il diritto e sarei coerente a comportarmi di conseguenza... insomma, non sono solo fede e fiducia a guidare il nostro agire, ma, sembrerebbe stando ai fatti, anche indecisione (fiducia/fede non trovata) e indifferenza (fiducia/fede non cercata).Citazione di: Duc in altum! il 31 Maggio 2016, 17:03:05 PMSinceramente non mi permetto di pensare che sia un sofisma, è soltanto convenienza ...ma questo è un/il tuo problema, e nessuno può rispondergli se non tu.
"Convenienza"? "Problema"? Sicuro di aver letto bene nel mio inconscio (perché la mia consapevolezza mi dice altro)? Magari hai ragione, ma non voglio portare il discorso sul personale, su me e te... comunque, per quel che vale, avrei preferito "sofisma"!
Citazione di: Jean il 31 Maggio 2016, 20:58:30 PMper una gran numero di individui la questione neppur si pone come qui vien posta e questo dà il senso della limitata valenza di qualsivoglia conclusione
Concordo, il valore è perlopiù individuale: non risolveremo misteri e magari non troveremo soluzioni condivise, ma il confronto con posizioni differenti è sempre un hobby stimolante, se non addirittura utile...
Se questo topic fosse stato attivato prima della creazione da "Qualcuno" che già esisteva ma non avesse avuto la "capacità" di vedere cosa sarebbe successo fra gli uomini che stavano per essere creati forse avrebbe avuto una maggiore utilità, nel senso che si sarebbe potuto predisporre le cose in un altro modo. Oggi come oggi - cioè a posteriori, ha senso elucubrare quante possibilità ci sono che l'uomo creda e quante sono le possibilità che non creda? Se oggi volessi ipotizzare che domani pioverà, ammesso che non ci siano le previsioni meteo, o che non pioverà potrei dire che sono due ipotesi con uguale probabilità, ma domani non ha senso chiudere porte e finestre per indovinare se piove o no, è meglio guardar fuori e vedere come stanno le cose. Voglio dire dopo milioni di anni che l'uomo è su questa terra, anziché ipotizzare quante sono le possibilità che l'uomo creda oppure no, non è più semplice andare nel mondo e contare quanti hanno creduto e quanti non hanno creduto? Sembra che i cristiani o presunti tali siano un miliardo e mezzo, i musulmani idem, ebrei, induisti e buddisti ed altre religioni poco note, grosso modo un miliardo e mezzo anche loro. Totale 4/5 miliardi di credenti su circa 7 di uomini. Ergo il risultato - non più la probabilità, è che il 75% degli umani crede, mentre il 25% - agnostici compresi, non crede. Ma è proprio vero? Per rispondere a questa domanda bisogna vedere cosa intendiamo per credere. Se per credere intendiamo ammettere che esiste un "dio" idea che non tocca la tasca, il cuore e la volontà dell'individuo, allora è vero che ci sono 4/5 miliardi di "credenti" (75%), ma se per credenti intendiamo le persone sante, secondo le opere, scopriamo che i credenti si contano sulle dita di una mano! Chi c'è allora dietro questo inganno? C'è satana al quale vanno bene sia quelli che non credono e lo proclamano sia quelli che dicono di credere senza credere perché in ogni caso non credono.
Allora volendo riformulare la domanda, dobbiamo chiederci: In che percentuale le persone che s'inganno dicendo di credere senza credere e in che percentuale le persone s'ingannano dicendo che nulla esiste?
"Allora volendo riformulare la domanda, dobbiamo chiederci: In che percentuale le persone che s'inganno dicendo di credere senza credere e in che percentuale le persone s'ingannano dicendo che nulla esiste?".
Piuttosto mi domando come faccia Giona ad avere un pensiero così totalitario, adatto ad un teorico della guerra santa, piuttosto che ad una persona che si professa cristiana. Ma tant'è...Anzi lo ringrazio, perchè conferma la mia idea che credere in Dio in questo modo sia qualcosa di estremamente pericoloso e violento.
Alcune riflessioni sparse
Citazione di: Jacopus il 30 Maggio 2016, 22:56:18 PM
(...)Accetto la tesi di Duc. Credere o non credere sono entrambe posizioni fondate su una fede. Quella fede ci fa agire in un certo modo e comunque è impossibile agire senza una qualunque fede. (...)
Esiste un errore di fondo che non è corretto seguire: non si agisce per fede o solo per fede.
Proviamo per fede a rimanere eternamente in piedi.
Dopo dieci ore comparirà un po' di stanchezza, dopo venti ore cadremo a terra sfiniti. E se non sono venti saranno quaranta ma siamo consapevoli che accadrà in qualche decina di ore.
E' la fede che ci ha fatto cadere a terra? E' la fede che ci ha fatto tentare di rimanere in piedi in eterno?
No quello che ci ha fatto tentare di rimanere eternamente in piedi è la volontà, quello che poi ci ha fatto cadere è la debolezza della nostra condizione umana e animale. Nulla di
questo nostro agire è dovuto alla fede.
Ma se di
questo agire nulla è dovuto alla fede questo implica che ne esiste almeno uno di agire senza fede (quello descritto sopra). E questo significa che non si può costruire un corretto modello di realtà che sia basato sulla
necessità di agire per fede; si può solo crearne uno basato sulla
possibilità di agire per fede. L'agire per fede è possibile, non necessario.
Su fede e fiducia
Non si può confondere il fĭdes con il fidĕre (fidare, confidare). La fiducia è frutto di processo debole, la fede è espressione di un atteggiamento forte. Il kamikaze non va incontro alla morte per fiducia della patria, bensì per fede nella patria.
La fiducia passa da un processo di avvicinamento, da un progressivo confidare. La fede si fonda su un processo di piena accettazione. Vi è un limite al parallelismo tra questi concetti che sfocia nella confusione; Einstein diceva che occorre rendere ogni cosa più semplice possibile, ma non ulteriormente semplice.
Sul dogma
Il dogma non ammette incertezze, la sua negazione è una eresia. Il dogma è una posizione teologica. Nella dialettica non esiste dogma, esistono dei postulati, esistono degli assiomi -volendo dei principi razionali e perfino dei principi irrazionali- ma pur sempre mutevoli. Dogma ed eresia sono il bianco e il nero, il resto la scala di grigi.
Sulla pari probabilità
La probabilità si basa su un conteggio, proviamo a contare le varie possibilità:
1 Esiste Dio.
2 Non esiste Dio.
3 Esisteva Dio.
4 Esiste una volontà irrazionale.
5 Esiste una civiltà superiore che ci ha creati.
Ecco che la probabilità che esista Dio si è ridotta al 20%.
Ma proseguiamo:
6 Esistono due forze eterne contrapposte.
7 Esistono tre forze eterne in perenne lotta/armonia.
8 Esistono quattro forze eterne in perenne lotta/armonia.
..
..
..
x Esistono (enne) forze eterne in perenne lotta/armonia.
Ecco che la probabilità di esistenza di una volontà razionale creatrice e amorevole si riduce a piacere.
Citazione di: Jacopus il 01 Giugno 2016, 00:01:10 AM
"Allora volendo riformulare la domanda, dobbiamo chiederci: In che percentuale le persone che s'inganno dicendo di credere senza credere e in che percentuale le persone s'ingannano dicendo che nulla esiste?".
Piuttosto mi domando come faccia Giona ad avere un pensiero così totalitario, adatto ad un teorico della guerra santa, piuttosto che ad una persona che si professa cristiana. Ma tant'è...Anzi lo ringrazio, perchè conferma la mia idea che credere in Dio in questo modo sia qualcosa di estremamente pericoloso e violento.
Scusa, ma dov'è la violenza e il totalitarismo nel contare quante sono le persona che dicono di credere e quante sono quelli che dicono di non credere?
Non è per caso che la persona violenta vede la SUA violenza dappertutto senza accorgersi che è la sua?
Citazione di: giona2068 il 31 Maggio 2016, 23:47:20 PM
Se questo topic fosse stato attivato prima della creazione da "Qualcuno" che già esisteva ma non avesse avuto la "capacità" di vedere cosa sarebbe successo fra gli uomini che stavano per essere creati forse avrebbe avuto una maggiore utilità, nel senso che si sarebbe potuto predisporre le cose in un altro modo. Oggi come oggi - cioè a posteriori, ha senso elucubrare quante possibilità ci sono che l'uomo creda e quante sono le possibilità che non creda? Se oggi volessi ipotizzare che domani pioverà, ammesso che non ci siano le previsioni meteo, o che non pioverà potrei dire che sono due ipotesi con uguale probabilità, ma domani non ha senso chiudere porte e finestre per indovinare se piove o no, è meglio guardar fuori e vedere come stanno le cose. Voglio dire dopo milioni di anni che l'uomo è su questa terra, anziché ipotizzare quante sono le possibilità che l'uomo creda oppure no, non è più semplice andare nel mondo e contare quanti hanno creduto e quanti non hanno creduto? Sembra che i cristiani o presunti tali siano un miliardo e mezzo, i musulmani idem, ebrei, induisti e buddisti ed altre religioni poco note, grosso modo un miliardo e mezzo anche loro. Totale 4/5 miliardi di credenti su circa 7 di uomini. Ergo il risultato - non più la probabilità, è che il 75% degli umani crede, mentre il 25% - agnostici compresi, non crede. Ma è proprio vero? Per rispondere a questa domanda bisogna vedere cosa intendiamo per credere. Se per credere intendiamo ammettere che esiste un "dio" idea che non tocca la tasca, il cuore e la volontà dell'individuo, allora è vero che ci sono 4/5 miliardi di "credenti" (75%), ma se per credenti intendiamo le persone sante, secondo le opere, scopriamo che i credenti si contano sulle dita di una mano! Chi c'è allora dietro questo inganno? C'è satana al quale vanno bene sia quelli che non credono e lo proclamano sia quelli che dicono di credere senza credere perché in ogni caso non credono.
Allora volendo riformulare la domanda, dobbiamo chiederci: In che percentuale le persone che s'inganno dicendo di credere senza credere e in che percentuale le persone s'ingannano dicendo che nulla esiste?
Parlo un'ultima volta di probabilità e poi mi taccio perché non sembri un inutile desiderio di polemizzare.
Anche ci fossero 50 milioni di italiani a desiderare il 63 sulla ruota di Bari questo non aumenterebbe la probabilità che esca alla prossima estrazione. I numeri sono 90, il 63 è uno dei novanta numero, la probabilità è una su novanta.
Centinaia di anni fa la quasi totalità degli uomini pensava che la terra fosse piatta, pochi eretici supponevano fosse rotonda, la probabilità che sia piatta è 0, quella che sia tondeggiante è 1.
Citazione di: HollyFabius il 01 Giugno 2016, 01:04:08 AM
Citazione di: giona2068 il 31 Maggio 2016, 23:47:20 PM
Se questo topic fosse stato attivato prima della creazione da "Qualcuno" che già esisteva ma non avesse avuto la "capacità" di vedere cosa sarebbe successo fra gli uomini che stavano per essere creati forse avrebbe avuto una maggiore utilità, nel senso che si sarebbe potuto predisporre le cose in un altro modo. Oggi come oggi - cioè a posteriori, ha senso elucubrare quante possibilità ci sono che l'uomo creda e quante sono le possibilità che non creda? Se oggi volessi ipotizzare che domani pioverà, ammesso che non ci siano le previsioni meteo, o che non pioverà potrei dire che sono due ipotesi con uguale probabilità, ma domani non ha senso chiudere porte e finestre per indovinare se piove o no, è meglio guardar fuori e vedere come stanno le cose. Voglio dire dopo milioni di anni che l'uomo è su questa terra, anziché ipotizzare quante sono le possibilità che l'uomo creda oppure no, non è più semplice andare nel mondo e contare quanti hanno creduto e quanti non hanno creduto? Sembra che i cristiani o presunti tali siano un miliardo e mezzo, i musulmani idem, ebrei, induisti e buddisti ed altre religioni poco note, grosso modo un miliardo e mezzo anche loro. Totale 4/5 miliardi di credenti su circa 7 di uomini. Ergo il risultato - non più la probabilità, è che il 75% degli umani crede, mentre il 25% - agnostici compresi, non crede. Ma è proprio vero? Per rispondere a questa domanda bisogna vedere cosa intendiamo per credere. Se per credere intendiamo ammettere che esiste un "dio" idea che non tocca la tasca, il cuore e la volontà dell'individuo, allora è vero che ci sono 4/5 miliardi di "credenti" (75%), ma se per credenti intendiamo le persone sante, secondo le opere, scopriamo che i credenti si contano sulle dita di una mano! Chi c'è allora dietro questo inganno? C'è satana al quale vanno bene sia quelli che non credono e lo proclamano sia quelli che dicono di credere senza credere perché in ogni caso non credono.
Allora volendo riformulare la domanda, dobbiamo chiederci: In che percentuale le persone che s'inganno dicendo di credere senza credere e in che percentuale le persone s'ingannano dicendo che nulla esiste?
Parlo un'ultima volta di probabilità e poi mi taccio perché non sembri un inutile desiderio di polemizzare.
Anche ci fossero 50 milioni di italiani a desiderare il 63 sulla ruota di Bari questo non aumenterebbe la probabilità che esca alla prossima estrazione. I numeri sono 90, il 63 è uno dei novanta numero, la probabilità è una su novanta.
Centinaia di anni fa la quasi totalità degli uomini pensava che la terra fosse piatta, pochi eretici supponevano fosse rotonda, la probabilità che sia piatta è 0, quella che sia tondeggiante è 1.
Forse non sono stato chiaro, cerco di spiegarmi meglio.
Sto semplicemente dicendo che stiamo parlando di probabilità ad estrazione avvenuta perché quanti crederanno e quanti non crederanno non appartiene al futuro, è un evento che si è già verificato. Se vogliamo dilettarci a scoprire il rapporto credenti e non credenti, ci basta contarli nel mondo. Da parte mia ho già detto che non credenti e credenti come idea sono la stessa cosa.
Citazione di: giona2068 il 01 Giugno 2016, 01:14:37 AM
Forse non sono stato chiaro, cerco di spiegarmi meglio.
Sto semplicemente dicendo che stiamo parlando di probabilità ad estrazione avvenuta perché quanti crederanno e quanti non crederanno non appartiene al futuro, è un evento che si è già verificato. Se vogliamo dilettarci a scoprire il rapporto credenti e non credenti, ci basta contarli nel mondo. Da parte mia ho già detto che non credenti e credenti come idea sono la stessa cosa.
La cosa è chiarissima. Parlando di probabilità e di estrazione già avvenuta occorre tenere conto del paradosso del gatto di Schrödinger.
Citazione da: Duc in altum! - 31 Maggio 2016, 12:54:53 pmCitazioneMa scusa Phil, quando una ragazza ti dice ti amo, tu hai fiducia o fede in quel sentimento non comprovato?!?!
** scritto da Phil:
CitazioneFiducia, non fede: quella sua dichiarazione sarà sicuramente inserita in un contesto, in cui cercherò gli elementi per ragionare e decidere se fidarmi o meno (il modo in cui lo dice, i nostri incontri precedenti, la possibilità di un non-detto implicito, etc.).
Sì, ma poi te la sposi o no?!? :-\
Quindi supponendo (è solo per esempio, non ha nulla a che vedere con la vita privata di nessuno, sia ben chiaro!) che gli elementi per ragionare ti abbiano condotto a sposarti con questa fanciulla che ti dice ti amo, quindi ad avere fiducia che quel ti amo è vero e sincero, e che, come succede tristemente ogni giorno sempre di più, improvvisamente nell'arco del primo anno di nozze scopri che ti ha tradito e che quindi quel ti amo non solo era falso, ma che hai avuto fiducia in un'ingannatrice, ossia, hai preso fischio per fiasco, ti rendi conto che tutto il ragionare per decidere se Dio esiste o se Dio non esiste, con qualsiasi elemento tu voglia chiamare in causa a sostenere la tua passione, non potrà e non può darti una fiducia certa, se non per fede irrazionale (lei mi ha detto mi ama ...e quel modo come me l'ha detto ...tutti i nostri incontri precedenti così intensi e teneri ...etc. etc.)?
Dacché questa fiducia, così come la fede, alla fine, inevitabilmente, diviene un fatto reale, un'azione decisiva, un'opera giudicabile.
CitazioneMi scuso se sono risultato poco esplicito: il "non lo so" è una carta che può essere giocata ragionevolmente sui "domandoni imperscrutabili" ("cosa c'è dopo la morte?", "l'universo dove finisce?", etc.) che non hanno rilevanti conseguenze etiche o pragmatiche...
E no, se io rispondo non lo so cosa ci sia dopo la morte, e nel frattempo sono pro-aborto o a favore che ogni desiderio umano venga rilegato come diritto civile, io, anche involontariamente, invio, pragmaticamente, eticamente, un messaggio al prossimo e un'indicazione alle generazioni future che dopo non c'è nulla e che in vita fai quel che ti pare, poiché non devi dare conto a nessuno delle tue azioni, se non alla costituzione se sei così fesso da farti beccare.
Mi dispiace Phil, continui con il politichese, con la convenienza di non esporti più di tanto:
non lo so cosa ci sia dopo la morte, illudendoti di farla franca in un eventuale giudizio alle tue decisioni etico-morali.
Cosa c'è di ragionevole nel dire:
non lo so cosa ci sia dopo la morte, e poi vivere per lavorare o sacrificarsi per i figli o scoprire la volontà per smettere di fumare?
Siamo di nuovo punto e accapo. Anche inconsciamente, anche involontariamente, facciamo delle cose che non hanno bisogno dell'autorizzazione delle parole che escono dalla bocca, per segnalare, soggettivamente, in che cosa crediamo ci sia dopo la morte e per fede o per fiducia, come tu preferisci.
Citazionenon andando a votare esprimo il mio "non lo so";
No, non andando a votare comunichi la personale complicità con chi vince il referendum (o col candidato eletto), quindi più che giudicabile sotto il profilo etico-morale.
---------------------
** scritto da Jean:
CitazioneTutti hanno ragione in se stessi e nessuno l'ha rispetto all'altro,
Infatti:
Credere o non credere: sono due ipotesi con uguale probabilità?CitazioneMa per una gran numero di individui la questione neppur si pone come qui vien posta e questo dà il senso della limitata valenza di qualsivoglia conclusione.
Ma la conclusione del credere è personale, è ciò che ci permette, volenti o nolenti, di essere per forza di volontà prima di essere per ragione.
E' questa la bellezza del dono della fede.
Io non sto a preoccuparmi se un gran numero di individui si pongono o meno la questione che credere o non credere sono due ipotesi con la stessa probabilità, però sento il dovere di preoccuparmi di interagire con colui che il fato porrà innanzi a me a discutere su questo argomento.
La valenza è il riconoscere, nella franchezza interiore, nell'onestà intellettuale e nella trasformazione del mio agire, dopo il dibattito, la mia rinascita, ossia la lotta per debellare i difetti del mio credere (la mia Fede).
Io non mi preoccupo che un gran numero di individui votino perché ricevano 80 euro, anche se il problema si riversa su tutto il popolo, io rispondo per il mio voto, la mia fede, la mia fiducia, però mi preoccupo (per la mia consapevolezza di coscienza) di confutare lealmente e garbatamente a mia mamma 80enne (o a chi interagisce con me), che questo suo votare non è stato coerente con l'onestà sociale e l'educazione politica che mi ha amministrato da sempre, anche se mia madre mi ha poi riparlato dopo sei mesi, riconoscendo che era stata opportunista e non fiduciosa nei suoi ideali e valori.
Benvenuto nel pianeta Terra.
CitazioneOltre si può solo immaginare... e come l'uomo è andato sulla luna chissà che prima o poi anche all'unico nostro strumento, il pensiero, non accada un salto evolutivo (se c'è per esso un'evoluzione) che permetta di ragionar come si discute di matematica... nel caso rimpiangeremo queste belle discussioni e la passione dei partecipanti, considerato che la matematica è un po' fredda... per chi non sia un matematico, naturalmente.
La filosofia è il pensiero fattosi coscienza, la spiritualità è il verbo fattosi carne.
Per adesso non c'è nessun salto evolutivo che possa confutare, se non per fede, questa realtà.
Pace&Bene
Citazione di: Duc in altum! il 01 Giugno 2016, 10:51:49 AMsupponendo (è solo per esempio, non ha nulla a che vedere con la vita privata di nessuno, sia ben chiaro!) che gli elementi per ragionare ti abbiano condotto a sposarti con questa fanciulla che ti dice ti amo, quindi ad avere fiducia che quel ti amo è vero e sincero, e che, come succede tristemente ogni giorno sempre di più, improvvisamente nell'arco del primo anno di nozze scopri che ti ha tradito e che quindi quel ti amo non solo era falso, ma che hai avuto fiducia in un'ingannatrice, ossia, hai preso fischio per fiasco, ti rendi conto che tutto il ragionare per decidere se Dio esiste o se Dio non esiste, con qualsiasi elemento tu voglia chiamare in causa a sostenere la tua passione, non potrà e non può darti una fiducia certa, se non per fede irrazionale (lei mi ha detto mi ama ...e quel modo come me l'ha detto ...tutti i nostri incontri precedenti così intensi e teneri ...etc. etc.)? Dacché questa fiducia, così come la fede, alla fine, inevitabilmente, diviene un fatto reale, un'azione decisiva, un'opera giudicabile.
Per come la vedo, quella storia non comporta fede: mi fido di lei (supponiamo), mi ritrovo deluso e ammetto che ho valutato male la relazione, quindi ci lasciamo (ragiono-agisco-verifico-aggiorno la mia posizione). Oppure, cambiando tema: mi sembra che Dio non esista, qualcosa/qualcuno mi fa cambiare idea, quindi la cambio volentieri. Tutto molto ragionevole, dinamico e privo di dogmi...La fiducia è costitutivamente aperta a questi cambiamenti, accenavo già in precedenza a come possa essere malposta e comportare di conseguenza una revisione della propria posizione (si può vivere senza fede, ma solo con fiducia, accettando di cambiare i propri paradigmi; credo proprio di conoscere almeno una persona che lo fa...).Citazione di: Duc in altum! il 01 Giugno 2016, 10:51:49 AME no, se io rispondo non lo so cosa ci sia dopo la morte, e nel frattempo sono pro-aborto o a favore che ogni desiderio umano venga rilegato come diritto civile, io, anche involontariamente, invio, pragmaticamente, eticamente, un messaggio al prossimo e un'indicazione alle generazioni future che dopo non c'è nulla e che in vita fai quel che ti pare, poiché non devi dare conto a nessuno delle tue azioni, se non alla costituzione se sei così fesso da farti beccare.
[corsivo mio]Dire "non so cosa c'è dopo la morte" implica necessariamente tutto ciò? Non è possibile non saperlo, ma non avere le posizioni che descrivi riguardo quelle tematiche (ad esempio, non saperlo ed essere contro l'aborto?)? Quel "non so" non può essere sinceramente solo una risposta a quella domanda? Citazione di: Duc in altum! il 01 Giugno 2016, 10:51:49 AMMi dispiace Phil, continui con il politichese, con la convenienza di non esporti più di tanto: non lo so cosa ci sia dopo la morte, illudendoti di farla franca in un eventuale giudizio alle tue decisioni etico-morali
E se non lo sapessi davvero? Se ti sembra impossibile, non prendertela...Per quanto riguarda il "giudizio altrui" (degli altri, dello stato, degli dei, dei figli, etc.), non ho mai sostenuto che agire per fiducia sia un modo per sottrarvisi, anzi: è una assunzione estremamente individuale della propria responsabilità, perché significa dire "ciò che faccio, nel bene e nel male, è tutta una mia idea", non c'è l'attenuante del culto, della tradizione, della comunità, dei dogmi, etc. agire per fiducia significa proprio non avere alibi o scuse!Citazione di: Duc in altum! il 01 Giugno 2016, 10:51:49 AMCosa c'è di ragionevole nel dire: non lo so cosa ci sia dopo la morte, e poi vivere per lavorare o sacrificarsi per i figli o scoprire la volontà per smettere di fumare? Siamo di nuovo punto e accapo. Anche inconsciamente, anche involontariamente, facciamo delle cose che non hanno bisogno dell'autorizzazione delle parole che escono dalla bocca, per segnalare, soggettivamente, in che cosa crediamo ci sia dopo la morte e per fede o per fiducia, come tu preferisci.
Anche qui non colgo il legame fra il non credere e certe azioni, ma temo di leggere fra le righe un preconcetto stereotipato di cosa comporti non credere in una divinità (e anche in questo caso, potrei citarti almeno una persona a cui quello stereotipo non si applica...).
Citazione di: Duc in altum! il 01 Giugno 2016, 10:51:49 AMNo, non andando a votare comunichi la personale complicità con chi vince il referendum (o col candidato eletto), quindi più che giudicabile sotto il profilo etico-morale
Quindi se "non lo so" davvero cosa dovrei votare? Pare che la coerenza con i propri limiti sia spesso fraintesa o malvista, in molti non riescono a concedere all'altro il beneficio del dubbio o dell'indecisione, perché questo li destabilizza, non ponendo un contrasto netto fra "noi" e "contro-di-noi", contrasto che fonda tutte le identità forti e dogmatiche; un certo pensiero occidentale "granitico" fa fatica a concepire "il fluido" (sto descrivendo, non giudicando...).
** scritto da Phil:
CitazionePer come la vedo, quella storia non comporta fede: mi fido di lei (supponiamo), mi ritrovo deluso e ammetto che ho valutato male la relazione, quindi ci lasciamo (ragiono-agisco-verifico-aggiorno la mia posizione).
Come non comporta la fede?
"...mi fido di lei, mi ritrovo deluso, ho valutato male la relazione..."
Hai avuto fiducia di cagioni irrazionali, ti sei fidato del tuo istinto e della tua esperienza, hai consegnato tutto te stesso (l'azione della Fede oggettiva) fallendo il bersaglio, non raggiungendo l'obiettivo: la pace esistenziale nell'amore.
L'unica differenza con la fiducia/fede nel io credo che Dio esiste o io credo che Dio non esiste giacché esistiamo per quest'altra ragione senza prove, è che non sempre si ha il tempo per andare a prendere un caffè con un'altra ragazza.
Anzi, pensandoci bene, anche per quest'ultima circostanza ci vuole fede/fiducia nella speranza (quindi senza riscontro certo) di poter avere un'altra opportunità.
CitazioneOppure, cambiando tema: mi sembra che Dio non esista, qualcosa/qualcuno mi fa cambiare idea, quindi la cambio volentieri. Tutto molto ragionevole, dinamico e privo di dogmi...
Come privo di dogmi?
Ma se tu stesso hai affermato che per credere in Dio si diviene dogmatici!! :o
Continui a perseverare nella convinzione che con la ragione riesci ad incontrare la serenità di pensiero:
tutto molto ragionevole, saltando il passo importante, questo sì molto logico, che mentre credevi che Dio non esistevi, la tua quotidianità era ben differente da quella dove poi credi che Dio esiste, quindi ciò che cambi non è solo la fiducia del soggetto metafisico, ma i dogmi (verità accettate senza prova certa se non per quella della fiducia cieca) che esso comporta.
Citazione di: Duc in altum! il 02 Giugno 2016, 09:12:20 AMtu stesso hai affermato che per credere in Dio si diviene dogmatici!! :o
[corsivo mio]
Esatto, quel passaggio dal non-credere al credere, per come l'avevo prospettato ("qualcuno/qualcosa mi fa cambiare idea" ovvero modifica il mio ragionare) è ancora ragionevole e privo di dogmi. Poi, il vivere la fede
dall'interno è certamente dogmatico.
Scegliere d'accantonare la ragione quando si trattano certe tematiche, o meglio, la ragione che sceglie d'accantonarsi o di autolimitarsi, può essere una scelta ragionevole (al suo confine) anche se la conseguenza non lo è...
Penso che credere e non credere siano assolutamente due posizioni di pari probabilità e dignità, nessuna delle due può dimostrare nulla di concreto e indiscutibile a suo favore. Di base si tratta di un qualcosa che viene da dentro o credi o non credi, quando poi avviene l'incontro tra le due ideologie, ci si confronta con uno che dirà perché la o le divinità ha/hanno voluto così e l'altro farà notare tutto quanto per lui non ha senso o dovrebbe essere diverso. Allargando il discorso penso sia opportuno notare due cose:
- in questo ambito, ma non solo, bisogna ricordarsi che si ci trova in un "la mia parola contro la tua" e che ognuno dei partecipanti al confronto sarà convinto di aver ragione, ma dovrà allo stesso tempo essere cosciente che lo stesso varrà per chi è dall'altra parte, per questo non si può discutere la dignità e rispettabilità dell'idea altrui. O meglio si può ma non porta da nessuna parte, son fermamente convinto che il confronto abbia un senso quando è costruttivo, se manca questa base non so come possa esserlo.
- affrontando il discorso credere o non credere ho l'impressione che ci si stia scordando di una terza opzione, la quale volendo sarebbe anche la più razionale, l'agnosticismo. A probabilità di certo perde sia dal credere che dal non, ma a ragionevolezza è sicuramente un passo avanti alle altre due.
Citazione di: Gasacchino il 02 Giugno 2016, 22:36:42 PMaffrontando il discorso credere o non credere ho l'impressione che ci si stia scordando di una terza opzione, la quale volendo sarebbe anche la più razionale, l'agnosticismo
In precedenza ho cercato di allargare il discorso a quattro poli: fede dogmatica (nell'esistenza di Dio), fiducia razionale (nella non-esistenza), indecidibilità del "non lo so" (agnosticismo) e indifferenza (non porsi la domanda):
Citazione di: Phil il 31 Maggio 2016, 21:51:13 PMnon sono solo fede e fiducia a guidare il nostro agire, ma, sembrerebbe stando ai fatti, anche indecisione (fiducia/fede non trovata) e indifferenza (fiducia/fede non cercata)
Ammetto di non essere esperto di agnosticismo (nonostante la mia apologia del "non-sapere"), ma, concretamente, la prassi di un agnostico non è la stessa prassi di un ateo? La differenza fra i due non è tutta solo nella risposta a quella specifica domanda? Non voglio ridurre gli agnostici ad "atei non dichiarati", ma, se non sbaglio, entrambi hanno una "visione del mondo" senza dogmi, entrambi fondano la propria morale su principi "terreni", entrambi non praticano culti, etc. insomma, l'unico modo per distinguerli è fargli la fatidica domanda... o
forse non ho ben chiaro cosa significhi essere agnostico?
** scritto da Phil:
CitazioneEsatto, quel passaggio dal non-credere al credere, per come l'avevo prospettato ("qualcuno/qualcosa mi fa cambiare idea" ovvero modifica il mio ragionare) è ancora ragionevole e privo di dogmi. Poi, il vivere la fede dall'interno è certamente dogmatico.
Secondo me il malinteso è questo: non c'è un passaggio dal non-credere al credere, ma dal credere in qualcosa (un'idolatria definita poi dallo stesso convertito) al credere in Dio. E' questo il sottile ma profondo concetto a cui io sollecito di considerare.
Non è che prima di "cambiare idea" il soggetto non adorava niente, era privo di dogmi, non doveva prendere decisioni che, anche involontariamente (io ho vissuto così, "felicemente", fino ai 40 anni), lo riconducessero alla metafisica, alla trascendenza ontologica.
Il cambiamento (questa è la principale accezione di convertirsi) non è una modifica del ragionare (, ma una trasformazione graduale dell'essere responsabile nei confronti della verità che questa dimensione divina ci suggerisce. Il mutamento non è che comporta l'essere migliori, ma l'essere veri, è un'autentica relazione con l'essere davvero noi stessi; cosa che "l'idolatria" impediva, giacché invece di donare vita, ci succhia la vita.
Gli idoli, le false passioni, succhiano la vita, rendendoci indifferenti ad essa.
CitazioneScegliere d'accantonare la ragione quando si trattano certe tematiche, o meglio, la ragione che sceglie d'accantonarsi o di autolimitarsi, può essere una scelta ragionevole (al suo confine) anche se la conseguenza non lo è...
Sarà ragionevole individualmente (e la verità non è determinata da un voto di maggioranza), ma sempre scelta (scegliere conduce a preferire, inevitabilmente, i personali dogmi di fede ...siamo sempre là), quindi riconducibile ad una fiducia piena senza certezza, senza cagione, dunque giudicabile.
Citazione di: Phil il 02 Giugno 2016, 23:44:37 PMIn precedenza ho cercato di allargare il discorso a quattro poli: fede dogmatica (nell'esistenza di Dio), fiducia razionale (nella non-esistenza), indecidibilità del "non lo so" (agnosticismo) e indifferenza (non porsi la domanda)
Sono pienamente d'accordo con questa tua suddivisione, e condivido nel suddividere ulteriormente il concetto di agnostico in
indecidibilità ed
indifferenza, non è scontato per tutti.
Citazione di: Phil il 02 Giugno 2016, 23:44:37 PM
Citazione di: Phil il 31 Maggio 2016, 21:51:13 PMnon sono solo fede e fiducia a guidare il nostro agire, ma, sembrerebbe stando ai fatti, anche indecisione (fiducia/fede non trovata) e indifferenza (fiducia/fede non cercata)
Ammetto di non essere esperto di agnosticismo (nonostante la mia apologia del "non-sapere"), ma, concretamente, la prassi di un agnostico non è la stessa prassi di un ateo? La differenza fra i due non è tutta solo nella risposta a quella specifica domanda? Non voglio ridurre gli agnostici ad "atei non dichiarati", ma, se non sbaglio, entrambi hanno una "visione del mondo" senza dogmi, entrambi fondano la propria morale su principi "terreni", entrambi non praticano culti, etc. insomma, l'unico modo per distinguerli è fargli la fatidica domanda... o forse non ho ben chiaro cosa significhi essere agnostico?
Per quanto concerne il tuo assimilare così tanto atei ed agnostici credo che non sia totalmente corretto per due semplici ragioni:
- io personalmente sono credente quindi mi esprimo per ipotesi, ma istintivamente mi verrebbe da dire che un agnostico, almeno secondo la logica dell'indecidibilità, potrebbe porsi il problema del se ci fosse qualcosa di "divino" che potrebbe giudicarmi per il mio operato? Credo non sia così improbabile che qualcuno possa affrontare il dubbio con cautela, senza al contempo negare che altri possano avere una condotta molto più serena avvicinandosi più all'indifferenza.
- non mi allontano più di tanto dal primo punto, ma credo sia una sottolineatura doveroso: di base ognuno agisce in quanto individuo a sé stante, anche all'interno di una realtà dogmatica come quella cattolica si possono vedere modi di approcciarsi e di vivere la fede molto differenti (io faccio riferimento all'ambiente cattolico per esperienza personale, ma non credo sia l'unico esempio possibile). Tornando quindi al nocciolo della questione: ci sarà l'agnostico che dimostrerà più o meno preoccupazione per il suo operato in base alla propria soggettività, magari dimostrando più "cristianità" di uno che invece professa di avere fede.
Infine una piccola osservazione che è sorta mentre scrivevo il punto 2 e si allaccia al tuo discorso: alla fine dei valori più o meno generali per tutta l'umanità ci sono, c'è chi li attuerà in un modo chi nell'altro, ma una base è rintracciabile. Quindi non è poi così facile individuare un credente in qualsiasi cosa (sopratutto in Italia) da un non credente, pochi sono gli indizi che lo testimoniano: andare in un luogo di culto (non è una pratica poi così frequente nemmeno tra chi crede); bestemmiare, generalmente i credenti tenderebbero ad evitarlo (non sempre, sorprende il numero di quanti lo fanno), inoltre non mancano le persone che o per rispetto o coscienti nell'inutilità del farlo, anche se non credenti, evitano; professare apertamente, alle volte anche fastidiosamente, ciò che si pensa (bigotti, fanatici vari, ecc.).
Citazione di: Gasacchino il 08 Giugno 2016, 00:02:08 AMistintivamente mi verrebbe da dire che un agnostico, almeno secondo la logica dell'indecidibilità, potrebbe porsi il problema del se ci fosse qualcosa di "divino" che potrebbe giudicarmi per il mio operato? Credo non sia così improbabile che qualcuno possa affrontare il dubbio con cautela
Si, e per i dettagli sarebbe propizio l'intervento di un agnostico... credo comunque che l'indecisione agnostica possa essere vissuta come fase di passaggio (percorribile in molte direzioni), e, a lungo termine, quel "non so" forse si stringe sempre più intorno alla specifica domanda, perdendo presa sempre più sul vivere quotidiano: quel "non so" può diventare magari un malinconico "chissà..." che accompagna una vita pratica ed auto-regolata da non-credente o una vita da "credente inerziale" (intorno a me, la "mia comunità" crede, o almeno, pratica, allora credo, o almeno pratico, anch'io...).
Ma i due esiti non sono simmetrici: se il "non so" si coniuga con l'ateismo, il soggetto deve improvvisare la
sua morale strada facendo (giacché non esistono i "Comandamenti dell'ateismo" da rispettare; per cui non ci sono dogmi o implicazioni necessarie); se invece si opta per il culto, quel "non so" si traduce in un "intanto seguo queste regole..." e quindi c'è un'adesione di comodo (non per fede autentica) ad un "prontuario etico" già stabilito.
Ma il problema cruciale del "se c'è una divinità" è che ciò contiene fra le righe la questione più spinosa del "quale divinità? quale culto? quali comandamenti?"; per cui non si tratterebbe, anche volendo, di lanciare semplicemente una moneta (credo/non-credo), ma semmai un dado (non-credo/credo-x/credo-y/credo-z/ etc.).
Nell'indecisione, ci si può scoprire sempre più indifferenti al tema del divino, o sempre più asintoticamente non-credenti (magari limitandosi ad un 99% di ateismo, lasciando un minimo spiraglio al dubbio "forse, però, mi sbaglio...") oppure accostarsi ad una religione individuata come risposta (e le modalità di questa individuazione credo siano profondamente soggettive...)
Citazione di: Gasacchino il 08 Giugno 2016, 00:02:08 AMdi base ognuno agisce in quanto individuo a sé stante
Osservazione doverosa ed inappuntabile. Infatti, per "eterogenesi dei fini", ci sono atei che si comportano da buoni credenti e viceversa, così come ci sono non-credenti e credenti moderati, e non-credenti e credenti estremisti, etc. ...
** scritto da Phil:
CitazioneMa i due esiti non sono simmetrici: se il "non so" si coniuga con l'ateismo, il soggetto deve improvvisare la sua morale strada facendo (giacché non esistono i "Comandamenti dell'ateismo" da rispettare; per cui non ci sono dogmi o implicazioni necessarie);
E che differenza c'è tra un dogma (Comandamenti) accettato per fiducia in Dio, e tra un dogma (morale improvvisata) accettato per fede in se sessi?
CitazioneMa il problema cruciale del "se c'è una divinità" è che ciò contiene fra le righe la questione più spinosa del "quale divinità? quale culto? quali comandamenti?"; per cui non si tratterebbe, anche volendo, di lanciare semplicemente una moneta (credo/non-credo), ma semmai un dado (non-credo/credo-x/credo-y/credo-z/ etc.).
Monetina o dado non cambia mica l'uguale probabilità?
Infatti ciò che conta, ciò che da valore alla puntata è il senso e il merito dell'esistenza stessa di ogni individuo.
CitazioneNell'indecisione, ci si può scoprire sempre più indifferenti al tema del divino,
...innalzando a divino il proprio Ego, ossia credere che l'uomo sia il dio di Sé stesso.
Citazione di: Duc in altum! il 08 Giugno 2016, 18:57:29 PME che differenza c'è tra un dogma (Comandamenti) accettato per fiducia in Dio, e tra un dogma (morale improvvisata) accettato per fede in se sessi?
La differenza principale, ma non unica, è che il dogma per fede in Dio a priori non possiamo cambiarlo (e se non lo rispettiamo, pecchiamo...), mentre la "morale improvvisata" può essere modificata a posteriori a seguito delle esperienze vissute, delle riflessioni che ne seguono e magari anche da qualche buon esempio concretizzato da altre persone... "Fede in sé stessi", stando a ciò che intendo per "fede" (vs "fiducia"; ricordi?) è quasi un'espressione priva di senso logico (ma mi hai già spiegato che per te non è così...). Citazione di: Duc in altum! il 08 Giugno 2016, 18:57:29 PMMonetina o dado non cambia mica l'uguale probabilità?
Credo cambi non solo la probabilità (un dado a due facce non è un dado... e in un dado classico ogni faccia ha un sesto di possibilità, non il 50%) ma anche, fuor di metafora, l'importanza della scelta della religione, perché il credere, correggimi pure se sbaglio, non è mai indeterminato, ovvero in una divinità generica (ma si crede sempre in una specifica divinità, anche se imperscrutabile o oggetto di "teologia negativa"...).
Citazione di: Duc in altum! il 08 Giugno 2016, 18:57:29 PMInfatti ciò che conta, ciò che da valore alla puntata è il senso e il merito dell'esistenza stessa di ogni individuo.
"Senso" e "merito" dell'esistenza individuale... il discorso sarebbe lungo e partirebbe già da due prospettive molto differenti...Citazione di: Duc in altum! il 08 Giugno 2016, 18:57:29 PM...innalzando a divino il proprio Ego, ossia credere che l'uomo sia il dio di Sé stesso.
Implicazione che vale forse per qualcuno, ma di certo non per tutti; esiste gente che non ha "dio" nel proprio orizzonte concettuale, almeno per quello che ho notato...
P.s. I nostri paradigmi (e forse anche i nostri vocabolari), probabilmente, sono "incommensurabili"...
** scritto da Phil:
CitazioneLa differenza principale, ma non unica, è che il dogma per fede in Dio a priori non possiamo cambiarlo (e se non lo rispettiamo, pecchiamo...), mentre la "morale improvvisata" può essere modificata a posteriori a seguito delle esperienze vissute, delle riflessioni che ne seguono e magari anche da qualche buon esempio concretizzato da altre persone...
A priori ?????!!! ..vedi che hai già creato dei pre-giudizi, derivanti da dogmi personali di fede :-[ ? Ti faccio presente che nel pianeta Terra ci sono esseri umani che si convertono al trascendente anche a 70 e più anni. ::)
La morale improvvisata, proprio perché improvvisata, è definibile anche come il
diofaidate, ecco perché, "comandamenti" arrangiati o dettati, nessuno può esentarsi dal rispondere alla propria fede, anzi, si risponde moralmente con la propria fede, nei dogmi suscitati da essa.
CitazioneCredo cambi non solo la probabilità (un dado a due facce non è un dado... e in un dado classico ogni faccia ha un sesto di possibilità, non il 50%)
Sì, ma la probabilità è uguale per tutti, fossero anche un milione le facce di quel dado. Ed è questo il punto cruciale della discussione: credere che Dio esista o credere che Dio non esista hanno pari legittimità.
Citazione"Senso" e "merito" dell'esistenza individuale... il discorso sarebbe lungo e partirebbe già da due prospettive molto differenti...
Fedi, fiducie, dogmi differenti, molto differenti, non prospettive, giacché l'aspettativa sorge dalla speranza che è, a sua volta, sorretta dalla fede.
CitazioneImplicazione che vale forse per qualcuno, ma di certo non per tutti; esiste gente che non ha "dio" nel proprio orizzonte concettuale, almeno per quello che ho notato...
Infatti, hanno l'Io, come potrebbero concettualizzare Dio?!?!
Citazione di: Duc in altum! il 09 Giugno 2016, 10:15:30 AMA priori ?????!!! ..vedi che hai già creato dei pre-giudizi, derivanti da dogmi personali di fede :-[ ?
"A priori" nel senso che quando ho fede
già so che quei dogmi sono e saranno
sempre intoccabili... se non erro, è la definizione comune di dogma, non un mio pre-giudizio...
Citazione di: Duc in altum! il 09 Giugno 2016, 10:15:30 AMLa morale improvvisata, proprio perché improvvisata, è definibile anche come il diofaidate,
Se è "improvvisata", nel senso che accennavo, non solo non ha nulla di divino o pseudo-divino, ma è anche aperta agli altri, quindi è l'antitesi del fai-da-te (già ti ho spiegato come, secondo me, i "maestri", con la "m" minuscola, sono tanti ed intorno a noi...)
Citazione di: Duc in altum! il 09 Giugno 2016, 10:15:30 AMcredere che Dio esista o credere che Dio non esista hanno pari legittimità
Pari legittimità etica sicuramente (almeno per me...).
Citazione di: Duc in altum! il 09 Giugno 2016, 10:15:30 AMInfatti, hanno l'Io, come potrebbero concettualizzare Dio?!?!
L'Io ce l'abbiamo tutti, suppongo, e l'assenza della fede nel concetto di Dio non è vissuta come una carenza da tutti (constatazione); senza voler
giudicare come ognuno viva tale non-fede...
Citazione di: Duc in altum! il 09 Giugno 2016, 10:15:30 AMFedi, fiducie, dogmi differenti, molto differenti, non prospettive, giacché l'aspettativa sorge dalla speranza che è, a sua volta, sorretta dalla fede
Nel complesso direi che, per alcune questioni (im)portanti (ma non tutte) l'atteggiamento dogmatico non può dialogare davvero, ma solo presentarsi e raccontarsi, senza (per definizione) sbagliarsi o modificarsi (eventualità invece proprie di ogni dialogo autentico...). Avendo capito (almeno credo) la tua posizione, e sapendo che probabilmente ritieni dogmatica anche la mia (e non voglio dissuaderti dal pensarlo, ho solo tentato di chiarirtela), ribadisco che, secondo me:
Citazione di: Phil il 08 Giugno 2016, 22:10:54 PMI nostri paradigmi (e forse anche i nostri vocabolari), probabilmente, sono "incommensurabili"...
senza nulla togliere all'utilità del tentativo di chiarimento reciproco che abbiamo messo in atto nella conversazione.
** scritto da Phil:
Citazione"A priori" nel senso che quando ho fede già so che quei dogmi sono e saranno sempre intoccabili... se non erro, è la definizione comune di dogma, non un mio pre-giudizio...
...così come quando decidi con una "morale improvvisata", anche in quel caso hai già optato, hai fede, per dei dogmi intoccabili ...per il momento!!
Il punto è che sia con la morale improvvisata o con una morale divina, le scelte di vita deriveranno da alcuni dogmi presi per fiducia in quella morale pre-stabilita per fede.
Il priori non esiste. E' un tuo dogma. Diventa a priori, quella morale decisa in coscienza personale, dopo il posteriori della scelta di fede o fiducia presa in concomitanza con l'esperienza e la conoscenza acquisita fino a quel momento.
Per comprendere ancora meglio il tuo vocabolario, vorrei chiederti:
a) qual'è la tua definizione di "dogma"?
b) qual'è, secondo te, la differenza più rilevante fra i dogmi di una "morale improvvisata" e quelli di una morale religiosa?
@Phil
a) = Articolo di fede, convinzione alla base della personale filosofia di vita.
b) = Nessuna, poiché in entrambi i casi quella morale è oggettivamente vera e benefica solo per fiducia senza nessuna prova.
;)
Citazione di: Duc in altum! il 10 Giugno 2016, 09:17:00 AM@Phil a) = Articolo di fede, convinzione alla base della personale filosofia di vita. b) = Nessuna, poiché in entrambi i casi quella morale è oggettivamente vera e benefica solo per fiducia senza nessuna prova. ;)
a) Un dogma non può essere una convinzione personale, ma è sempre un' "imposizione" di un'autorità esterna , religiosa, che stabilisce e definisce il dogma a cui il credente in quella particolare fede si deve adeguare e non deve essere messo in discussione, salvo che dall'autorità religiosa stessa . E' una cosa esterna alla riflessione e convincimento personale. L'uso che ne fai tu non è corretto, ma bensì un'interpretazione personale del termine.
b) non è vero che ogni morale è benefica solo per fiducia e senza nessuna prova. L'amore , l'affetto, l'amicizia, ecc. che posso offrire ad un altro essere spesso viene ricambiata con altro amore, affetto o amicizia e questo prova la bontà della mia morale INDIPENDENTEMENTE dalla mia fiducia in quell'amore.
Non voglio ripetermi dicendo che la fede è un sentire e non un sapere alla quale non si arriva né tramite cultura religiosa ne tramite elucubrazione mentale e né tantomeno per via filosofica.
In ogni caso quando riguarda il prox non è fede ma fiducia, la fede è solo quella verso il Signore Dio Onnipotente.
Chi ne parla dicendo che sia un dogma e resti tale nel tempo vuol dire che sta parlando di un qualcosa che non ha sperimentato, per costui è solo un'idea che non si traduce mai in realtà, anche se ne parla per il piacere di leggersi o ascoltarsi.
Chi ha fede perché sente che dentro di se c'è una potenza che lo aiuta in tutto e guida i suoi passi, giorno dopo giorno esperisce questa verità trovando conferma al suo sentire e nel tempo la sua fede diventa credere che lo fa sentire vivo, amante, paciere, coraggioso, umile, mite. dolce e buono di cuore. Luce del mondo e sale della terra.
In altri termini chi crede in spirito e verità non crede per dogma ma per esperienza, cioè il suo sentire trova conferma nel suo operare.
@Duc
Grazie per i chiarimenti!
@Sariputra
Avevo chiesto a Duc le
sue definizioni, proprio perché il suo vocabolario è spesso molto "personale" nelle interpretazioni dei significati...
Citazione di: giona2068 il 10 Giugno 2016, 11:05:42 AMIn altri termini chi crede in spirito e verità non crede per dogma ma per esperienza, cioè il suo sentire trova conferma nel suo operare.
Questo sentire (o credere-di-sentire) è l'esperienza
individuale di ogni spiritismo/misticismo.
Quando poi tale sentire si coniuga con una determinata
tradizione religiosa, entrano inevitabilmente in gioco i dogmi di quello specifico culto, in veste di
interpretazione fidata: si individua un presunto "autore" di quel sentire (divinità X), si incontra una morale "ufficiale" (comandamenti e buone prassi), si scoprono spiegazioni teologiche per domande esistenziali, etc. tutto ciò è un'aggiunta accessoria, ma estremamente condizionante, a quel sentire personale (e originario del credere).
Una religione senza dogmi non è religione, ma al massimo spiritismo, perché sono i dogmi
che consentono di istituire e regolare una comunità religiosa, e quindi permettono di identificare un "praticante" (che può parlare di "spirito e verità" solo grazie ai suddetti dogmi... e così il cerchio si chiude...).
** scritto da Sariputra:
Citazionea) Un dogma non può essere una convinzione personale, ma è sempre un' "imposizione" di un'autorità esterna , religiosa, che stabilisce e definisce il dogma a cui il credente in quella particolare fede si deve adeguare e non deve essere messo in discussione, salvo che dall'autorità religiosa stessa . E' una cosa esterna alla riflessione e convincimento personale. L'uso che ne fai tu non è corretto, ma bensì un'interpretazione personale del termine.
Sarà forse un'imposizione per quel che riguarda il tuo credo, ma la Santissima Trinità cristiana propone
("...il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo..." - Mc 1,15) e mai impone (infatti l'adesione degli apostoli fu libera, gratuita e ben ragionata sulle opere che Cristo compiva), visto che la fede non comporta solo sapere delle cose sul Redentore, ma insegna un modo di vivere con Lui giorno dopo giorno.
Il dogma presentatoti dall'autorità religiosa può divenire tuo per fede (e qui trovo congrua la riflessine di
@giona: "...chi crede in spirito e verità non crede per dogma ma per esperienza, cioè il suo sentire trova conferma nel suo operare...") e non per intimidazione, altrimenti siamo rimasti all'inquisizione.
Forse può apparirti una personale interpretazione del termine, ma nella realtà dei fatti non c'è nessuna visione soggettiva, giacché il dogma è per tutti la persuasione (visto che convinto è chi è stato vinto nella mente, mentre persuaso è chi è vinto non solo nella mente, ma anche nel cuore, nella coscienza) momentanea o perenne che quel che si crede con fiducia o per fede è la verità assoluta ...e quindi si ritorna all'eguale probabilità.
Citazioneb) non è vero che ogni morale è benefica solo per fiducia e senza nessuna prova. L'amore , l'affetto, l'amicizia, ecc. che posso offrire ad un altro essere spesso viene ricambiata con altro amore, affetto o amicizia e questo prova la bontà della mia morale INDIPENDENTEMENTE dalla mia fiducia in quell'amore.
Benissimo, ma questo amore, affetto ed amicizia che offri chi li ha inventati, da dove li hai presi?
Questa prova che tu proponi conferma solo il fatto che c'è un'oggettività, un punto di partenza e arrivo per tutti, nella comune condivisione dell'amore, dell'affetto, dell'amicizia, ma poi bisogna tornare ad essere convinti o persuasi dei dogmi che la nostra soggettiva fede ci designa.
"La carità senza verità è puro sentimentalismo". - Papa Benedetto XVI
** scritto da Phil:
CitazioneUna religione senza dogmi non è religione, ma al massimo spiritismo, perché sono i dogmi che consentono di istituire e regolare una comunità religiosa, e quindi permettono di identificare un "praticante" (che può parlare di "spirito e verità" solo grazie ai suddetti dogmi... e così il cerchio si chiude...).
Esatto.
Idem anche per la "religione" inevitabile che una morale improvvisata fa sorgere nell'individuo.
Citazione di: Duc in altum! il 10 Giugno 2016, 14:54:19 PMIdem anche per la "religione" inevitabile che una morale improvvisata fa sorgere nell'individuo.
Può esserci una religione che non ha una divinità trascendente e/o extra-umana?
Può esserci una religione con un solo praticante,
senza comandamenti, rituali, preghiere e "ministri"?Può esserci una religione che da un giorno all'altro può cambiare radicalmente la propria visione-del-mondo, pur restando la medesima?
Se la risposta a
tutte queste domande, per te, è "si", potresti parlare della religione della morale improvvisata... salvo poi dover precisare che la
tua definizione di "religione" non è quella condivisa nella lingua italiana (ed hai tutta la libertà di farlo... ma non te ne dimenticare, altrimenti rischi di confondere!).
Citazione di: Duc in altum! il 10 Giugno 2016, 14:38:53 PM** scritto da Sariputra:
Citazionea) Un dogma non può essere una convinzione personale, ma è sempre un' "imposizione" di un'autorità esterna , religiosa, che stabilisce e definisce il dogma a cui il credente in quella particolare fede si deve adeguare e non deve essere messo in discussione, salvo che dall'autorità religiosa stessa . E' una cosa esterna alla riflessione e convincimento personale. L'uso che ne fai tu non è corretto, ma bensì un'interpretazione personale del termine.
Sarà forse un'imposizione per quel che riguarda il tuo credo, ma la Santissima Trinità cristiana propone ("...il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo..." - Mc 1,15) e mai impone (infatti l'adesione degli apostoli fu libera, gratuita e ben ragionata sulle opere che Cristo compiva), visto che la fede non comporta solo sapere delle cose sul Redentore, ma insegna un modo di vivere con Lui giorno dopo giorno. Il dogma presentatoti dall'autorità religiosa può divenire tuo per fede (e qui trovo congrua la riflessine di @giona: "...chi crede in spirito e verità non crede per dogma ma per esperienza, cioè il suo sentire trova conferma nel suo operare...") e non per intimidazione, altrimenti siamo rimasti all'inquisizione. Forse può apparirti una personale interpretazione del termine, ma nella realtà dei fatti non c'è nessuna visione soggettiva, giacché il dogma è per tutti la persuasione (visto che convinto è chi è stato vinto nella mente, mentre persuaso è chi è vinto non solo nella mente, ma anche nel cuore, nella coscienza) momentanea o perenne che quel che si crede con fiducia o per fede è la verità assoluta ...e quindi si ritorna all'eguale probabilità.
Citazioneb) non è vero che ogni morale è benefica solo per fiducia e senza nessuna prova. L'amore , l'affetto, l'amicizia, ecc. che posso offrire ad un altro essere spesso viene ricambiata con altro amore, affetto o amicizia e questo prova la bontà della mia morale INDIPENDENTEMENTE dalla mia fiducia in quell'amore.
Benissimo, ma questo amore, affetto ed amicizia che offri chi li ha inventati, da dove li hai presi? Questa prova che tu proponi conferma solo il fatto che c'è un'oggettività, un punto di partenza e arrivo per tutti, nella comune condivisione dell'amore, dell'affetto, dell'amicizia, ma poi bisogna tornare ad essere convinti o persuasi dei dogmi che la nostra soggettiva fede ci designa. "La carità senza verità è puro sentimentalismo". - Papa Benedetto XVI
DOGMA è un termine del linguaggio ecclesiastico usato per indicare un principio certo e una verità inconfutabile ( dal greco per specificare una "dottrina comunemente accettata", un "decreto"). E' una verità contenuta nella rivelazione divina e manifestata nelle sacre scritture. Un dogma viene proclamato da un concilio o dal papa in persona e impegna tutti i cristiani a credervi per fede. I dogmi vengono fissati per difendere la dottrina dalle "eresie". I più importanti per la fede cattolica sono: Unità e trinità di Dio (Costantinopoli 381)- Gesù Cristo è il figlio unigenito di Dio, generato ma non creato della stessa sostanza del Padre, eterno e immutabile (Nicea 325)- Maria è Madre di Dio (essendo madre di Gesù-concilio di Efeso 431)-Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo (Calcedonia 451)- Maria è sempre vergine (Costantinopoli 553)-Il Purgatorio esiste (Firenze 1439- Trento 1545)- Transustanziazione (conversione in pane e vino del corpo di Cristo( Laterano 1215)- Immacolata concezione (Pio IX 1854)- Infallibilità papale (Vaticano I 1870)- Assunzione di Maria in anima e corpo al fianco Del Padre e del Figlio (Ultimo dogma di Pio XII 1950).
Non vuole sembrare una lezione ma una specificazione del tema che stiamo trattando, per capire il significato vero del termine "dogma". E' un termine ecclesiastico, non puoi usarlo per indicare qualunque decisione, scelta, convincimento che nasce nella mente di ognuno. Per un cattolico, per es.; non accettare quei dogmi, o anche solo uno di essi, significa essere "eretico" rispetto all'ortodossia della fede.
Il dogma impegna a credere in esso anche senza convincimento, riflessione, scelta personale. Impone (dall'esterno) il contenuto della fede personale. Mentre una scelta, un convincimento personale che nasce dalla propria riflessione , NON viene imposto dall'esterno, quindi non si può parlare di dogma (sarebbe senza senso) ma piuttosto proprio di ...scelta, riflessione, convincimento personale, ecc...
Le probabilità matematiche su questioni simili sono senza significato ( come discutere del sesso degli angeli). Come si può parlare di uguale dignità su una riflessione senza significato? La dignità spetta alla persona e non ha nulla a che fare con la matematica.
La carità è verità a se stessa. Non esiste una carità che non sia vera ( sarebbe un'altra cosa ,che avrebbe a che fare con l'egoismo). La carità che è vera non può venirci "imposta" dai nostri dogmi ( non sarebbe vera carità). La carità che è vera è un vero sentimento ( quindi non sentimentalismo). La carità che è vera è puro amore e sgorga spontanea in un cuore puro e vero, senza alcun bisogno di dogmi, fedi o convincimenti imposti dall'autorità esterna o interna. Quando la mente cessa di desiderare la propria soddisfazione, sorge spontanea la carità-che-è-vera.
La frase del papa emerito è rivolta ai credenti e intende che è necessario aver fede nella verità di Cristo per amare veramente.
Non sono d'accordo per i motivi di cui sopra.
** scritto da Sariputra:
CitazioneNon vuole sembrare una lezione ma una specificazione del tema che stiamo trattando, per capire il significato vero del termine "dogma". E' un termine ecclesiastico, non puoi usarlo per indicare qualunque decisione, scelta, convincimento che nasce nella mente di ognuno.
E invece è proprio questo che propongo: che siccome il dogma è, esiste, per determinare una fede, e visto che nessuno può esentarsi dal credere con fede, nessuno decide senza avvalersi dei dogmi costituiti dalla propria improvvisazione mistica.
Così come esiste una morale improvvisata (cit.
@Phil), esistono i dogmi improvvisati, altrimenti che cosa strutturerebbe quella morale?
Poi se tu ci tieni a che bisogna chiamare col termine dogma solo la sempreverginità della Madonna è un tuo dilemma, non mio. Io sostengo che anche chi crede nella non esistenza del trascendente, di conseguenza, deve credere obbligatoriamente in qualcosa che sostituisca oggettivamente il mistero metafisico, producendo nel costrutto della sua fiducia personale un diofaidate, improvvisato, che partorisce, a sua volta, dogmi di fede.
CitazionePer un cattolico, per es.; non accettare quei dogmi, o anche solo uno di essi, significa essere "eretico" rispetto all'ortodossia della fede.
Ma come può un essere umano accettare a primo acchito, senza la pratica costante e vissuta, il dogma della transustanziazione?!?!
Quindi che facciamo bolliamo di eretica una vecchietta di 80 anni che dopo averne trascorsi 65 la domenica a Messa mi ha riferito:
"...sarà poi vero che in quel pane c'è Gesù?..."Come vedi i dogmi, in particolare per quelli della Chiesa, sono proposte di verità assoluta e non imposizioni. Ed io credo che più che essere accettati senza se e senza ma, vanno accolti sì come parola e rivelazione divina, ma per poi essere inseriti nel contesto della personale esperienza umana.
Da ciò che anche per i dogmi a-tei o agnostici, derivanti dalla religione della morale improvvisata sulla divinità dell'Io, vale la stessa teoria.
CitazioneLa frase del papa emerito è rivolta ai credenti e intende che è necessario aver fede nella verità di Cristo per amare veramente.
Sì, ma è per fede che tu credi che così non è.
Mentre se così fosse, tutti i gesti di amore, di affetto e di amicizia senza quella verità, sarebbero solo illusioni di vera carità, di autentico amore, poiché risulterebbero nient'altro che sentimentalismo in senso lato, perbenismo auto-consolatore.
Citazione di: Phil il 10 Giugno 2016, 11:41:44 AM
@Duc
Grazie per i chiarimenti!
@Sariputra
Avevo chiesto a Duc le sue definizioni, proprio perché il suo vocabolario è spesso molto "personale" nelle interpretazioni dei significati...
Citazione di: giona2068 il 10 Giugno 2016, 11:05:42 AMIn altri termini chi crede in spirito e verità non crede per dogma ma per esperienza, cioè il suo sentire trova conferma nel suo operare.
Dice PHIL
Questo sentire (o credere-di-sentire) è l'esperienza individuale di ogni spiritismo/misticismo.
Quando poi tale sentire si coniuga con una determinata tradizione religiosa, entrano inevitabilmente in gioco i dogmi di quello specifico culto, in veste di interpretazione fidata: si individua un presunto "autore" di quel sentire (divinità X), si incontra una morale "ufficiale" (comandamenti e buone prassi), si scoprono spiegazioni teologiche per domande esistenziali, etc. tutto ciò è un'aggiunta accessoria, ma estremamente condizionante, a quel sentire personale (e originario del credere).
Una religione senza dogmi non è religione, ma al massimo spiritismo, perché sono i dogmi che consentono di istituire e regolare una comunità religiosa, e quindi permettono di identificare un "praticante" (che può parlare di "spirito e verità" solo grazie ai suddetti dogmi... e così il cerchio si chiude...).
Risposta.
Mi vuoi spiegare perché ti comporti come colui che non ha mai assaggiato il miele e vuole spiegare ad altri che ne fanno uso quotidiano che sapore ha?
Lascia stare le chiese, le religioni e il religionismo che vengono dopo e possono anche non entrare nel discorso, ma parliamo di fede pura che prescinde dalle tue fobie religiose e, se vuoi, anche dalle mie. I lupi vestiti di agnello prosperano ovunque.
Se vuoi sapere cos'è la fede devi resettare la tua mente, consentimi questo termine niente spirituale, ma chiaro per chi vuol capire, e dopo ne riparleremo.
La fede è una cosa spontanea nell'uomo ed ogni uomo crede in qualcosa altrimenti è senza vita e senza falsa vita.
Quelli che questo qualcosa ce l'hanno vivono/vegetano una falsa vita quando non è il Signore Dio, mentre quelli che questo qualcosa non ce l'hanno sono frustrati perché la cosa che vorrebbero avere e nella quale ripongono la loro fiducia non possono averla. Entrambi confidano/sperano in qualcosa secondo il bisogno naturale dell'anima.
Di qui le malattie mentali.
Invece quelli che confidano nel Signore Dio vivono da vivi perché amano e sono in pace.
Se il Signore non esistesse costoro non sarebbero così!
Di quale altra prova c'è bisogna per credere in Lui?
Se proviamo a scardinare la fiducia mal riposta di chicchessia si scatena la guerra perché in quel momento viene messa in crisi la falsa vita che ne deriva, perché tocca l"io" che tiene in piedi la persona.
Se vuoi la conferma guarda come in questo forum si combatte per affermare il proprio "io" anche se appoggiato su pensieri privi di fondamenti e oltretutto privi di esperito!
Tu ne sei un esempio lapalissiano!
Se non considerassi fratello ogni essere umano non parlerei con parole così crude!
Buona serata.
Citazione di: giona2068 il 10 Giugno 2016, 19:15:10 PM
Mi vuoi spiegare perché ti comporti come colui che non ha mai assaggiato il miele e vuole spiegare ad altri che ne fanno uso quotidiano che sapore ha?
Sei sicuro che io non abbia mai
assaggiato il miele? Forse adesso non lo uso perché prima ho esagerato e m'è venuto il diabete (scherzi a parte, non mi piace andare sul personale, ma, se ti fidi, in passato ho conosciuto il miele... magari non come lo conoscono gli intenditori, ma direi almeno "un po'"...)
Citazione di: giona2068 il 10 Giugno 2016, 19:15:10 PMLascia stare le chiese, le religioni e il religionismo che vengono dopo e possono anche non entrare nel discorso, ma parliamo di fede pura [...]
Invece quelli che confidano nel Signore Dio vivono da vivi perché amano e sono in pace.
Mettiamoci d'accordo: parliamo di "fede pura" senza religioni o scomodiamo il "Signore Dio"? Il tuo sentire, la tua fede esperita, ti hanno parlato spontaneamente, intimamente ed esplicitamente del Signore (con tutte le sue caratteristiche) o qualche "apicoltore" ti ha suggerito qualcosa, magari come
interpretare quello che sentivi (dandogli un nome, una storia, etc.)? Altrove quest'impulso naturale di fede ha avuto altre risposte; si equivalgono tutte, secondo te?
Citazione di: giona2068 il 10 Giugno 2016, 19:15:10 PMSe vuoi la conferma guarda come in questo forum si combatte per affermare il proprio "io" anche se appoggiato su pensieri privi di fondamenti e oltretutto privi di esperito!
Tu ne sei un esempio lapalissiano!
Ad esempio, parlando con Duc ho cercato di affermare il mio Io oppure ho provato a spiegare al meglio (pur nei miei limiti) le mie ragioni, cercando di comprendere le sue (al punto da chiedergli cosa intendesse con alcune parole)?
Mi pare di aver sempre parlato delle sue
argomentazioni, e credo (magari sbaglio) che questa sia una buona prassi in un forum: discutere delle argomentazioni proposte, senza fare illazioni su chi le propone o rispondere citando ciecamente i propri dogmi... se vuoi, i miei ragionamenti li trovi in giro su queste pagine, e sei ovviamente libero di commentarli (anche se li hai già inquadrati come, cito, "privi di fondamento", frutto di una "falsa vita", di "fobie religiose" o di "frustrazione"; per cui suppongo non ci perderai altro tempo... grazie comunque per le spiegazioni, so che hai parlato, anzi, scritto in
buona fede...).
Citazione di: Duc in altum! il 10 Giugno 2016, 16:30:04 PM** scritto da Sariputra:
CitazioneNon vuole sembrare una lezione ma una specificazione del tema che stiamo trattando, per capire il significato vero del termine "dogma". E' un termine ecclesiastico, non puoi usarlo per indicare qualunque decisione, scelta, convincimento che nasce nella mente di ognuno.
E invece è proprio questo che propongo: che siccome il dogma è, esiste, per determinare una fede, e visto che nessuno può esentarsi dal credere con fede, nessuno decide senza avvalersi dei dogmi costituiti dalla propria improvvisazione mistica. Così come esiste una morale improvvisata (cit. @Phil), esistono i dogmi improvvisati, altrimenti che cosa strutturerebbe quella morale? Poi se tu ci tieni a che bisogna chiamare col termine dogma solo la sempreverginità della Madonna è un tuo dilemma, non mio. Io sostengo che anche chi crede nella non esistenza del trascendente, di conseguenza, deve credere obbligatoriamente in qualcosa che sostituisca oggettivamente il mistero metafisico, producendo nel costrutto della sua fiducia personale un diofaidate, improvvisato, che partorisce, a sua volta, dogmi di fede.
CitazionePer un cattolico, per es.; non accettare quei dogmi, o anche solo uno di essi, significa essere "eretico" rispetto all'ortodossia della fede.
Ma come può un essere umano accettare a primo acchito, senza la pratica costante e vissuta, il dogma della transustanziazione?!?! Quindi che facciamo bolliamo di eretica una vecchietta di 80 anni che dopo averne trascorsi 65 la domenica a Messa mi ha riferito: "...sarà poi vero che in quel pane c'è Gesù?..." Come vedi i dogmi, in particolare per quelli della Chiesa, sono proposte di verità assoluta e non imposizioni. Ed io credo che più che essere accettati senza se e senza ma, vanno accolti sì come parola e rivelazione divina, ma per poi essere inseriti nel contesto della personale esperienza umana. Da ciò che anche per i dogmi a-tei o agnostici, derivanti dalla religione della morale improvvisata sulla divinità dell'Io, vale la stessa teoria.
CitazioneLa frase del papa emerito è rivolta ai credenti e intende che è necessario aver fede nella verità di Cristo per amare veramente.
Sì, ma è per fede che tu credi che così non è. Mentre se così fosse, tutti i gesti di amore, di affetto e di amicizia senza quella verità, sarebbero solo illusioni di vera carità, di autentico amore, poiché risulterebbero nient'altro che sentimentalismo in senso lato, perbenismo auto-consolatore.
Bisogna dare alle parole il significato corretto , se no è impossibile comunicare veramente tra di noi. Il significato della parola dogma è chiaro, universalmente accettato e base per discussione. Non puoi stabilire il suo significato ad uso e consumo personale. Come potremmo intenderci se le parole perdessero il loro senso comune? Se dico "gatto" , io e te dobbiamo pensare allo stesso animale; non posso io intendere con la parola gatto una tartaruga e tu un cane. Il fatto che tu lo proponga con un significato diverso dal comunemente accettato, non vincola gli altri ad accettare questa nuova, personale, interpretazione. Al massimo si potrà dire:" Il significato del termine dogma secondo Duc in Altum" e lo dovresti specificare e rendere comprensibile a tutti. Un termine non è mai un assoluto, ma bensì una convenzione atta al comunicare tra di noi. Noto che sei spesso (o sempre? :) ) sulla difensiva, quasi ti sentissi minacciato dalle opinioni altrui. E quindi sorge la tendenza a non accettare posizioni dialettiche, quasi un usare "armi non convenzionali" (cambiare il significato dei termini) per affermare la supremazia della propria posizione. Ma , anche se in alcuni può esserci, in me non c'è alcuna intenzione di screditare , ridicolizzare, sminuire la tua fede , o quella di qualsiasi altro. Non credo nemmeno di aver mai dato questa impressione nelle stupidaggini che scrivo. La mia ricerca spirituale ( a 360 gradi) si inserisce ANCHE all'interno delle fedi e delle tradizioni , verso cui nutro un grande rispetto, come tentativi dell'uomo di trovare un senso al proprio soffrire su questa terra.
Questo però non mi vincola ad accettare imposizioni spirituali esterne alla mia esperienza e al mio vissuto e non mi fa chiudere gli occhi davanti agli errori commessi da queste fedi e tradizioni.
E' chiaro che la vecchietta, nel 2016, non verrà mai bollata come "eretica" dalla Chiesa ( ma diverso è il caso se, per esempio, un vescovo o un sacerdote, un bel mattino, si svegliano ed iniziano a predicare che Maria non è la madre di Dio e nemmeno vergine...) La vecchietta non dà fastidio a nessuno, le sue domande vengono prese con un sorriso ( un terribile sorriso in cui si manifesta tutta la presunzione umana di sapere cos'è la verità, un sorriso che è "in essenza" antispirituale e rivela che la pretesa fede manifesta in sostanza, in questo caso, una volontà di autorità sugli altri). I dogmi vengono proposti e non imposti, tu dici, certo è che non si possono mutare, adattare o interpretare in senso personale, impongono l'accettazione o il rifiuto. Il fatto di poter essere un vero cristiano senza sentirsi vincolato da tutti i dogmi, o parte di essi, che l'autorità ecclesiastica pronuncia, sarebbe motivo, per me, di una nuova interessante discussione.
La vita è fatta di scelte e decisioni (molte contradditorie tra di loro all'interno della stessa identica persona) ma restano scelte e decisioni, non dogmi.
Il "dogma" è un'altra cosa, che non dipende da noi, ma è pensato e sentito da altri (ecclesiastici) e poi imposto ( fino a non molto tempo fa) e ora proposto a coloro che ritengono di accettare l'autorità spirituale costituita. Questa accettazione è una scelta personale. Stop. Nessun giudizio da parte mia sulla bontà di questa scelta.
Il fatto poi che ritieni che, senza la fede in Dio, l'amore non può essere vero ma solo sentimentalismo e perbenismo auto-consolatore ti dovrei far notare che non può esistere amore vero senza sofferenza e sappiamo bene come, ai sentimentali e ai perbenisti, la sofferenza risulti indigesta...
Si può anzi capovolgere la frase:" Senza amore vero, che è anche sofferenza, la fede in Dio è un sentimentalismo e un perbenismo auto-consolatore.
"La verità senza carità è puro sentimentalismo" Sari II :) :)
** scritto da Sariputra:
CitazioneAl massimo si potrà dire:" Il significato del termine dogma secondo Duc in Altum" e lo dovresti specificare e rendere comprensibile a tutti.
Hai ragione, a volte si danno le cose per scontato.
Dunque, per chiarire maggiormente, io definisco col termine dogma anche quelle verità inconfutabili (anche se poi senza prove empiriche se non nell'esperienza della coscienza soggettiva), o principi dati per certi, che determinano qualsiasi scelta fatta in nome della fede personale, qualunque essa sia.
Es. = Un individuo che crede nell'ipotesi che il Big Bang si sia dato per una successione di combinazioni accidentali, miste con eventi fortuiti inevitabili, sta creando, anche se non è cosciente pienamente di ciò, il dogma della coincidenza o della buona sorte o del carpe diem o di quel che diventa caposaldo della sua fiducia irrazionale.
CitazioneLa vita è fatta di scelte e decisioni (molte contradditorie tra di loro all'interno della stessa identica persona) ma restano scelte e decisioni, non dogmi.
Rispetto il tuo punto di vista, ma il dogma, secondo me, è la buona ragione che, anche senza essere provata al 100%, viene accettata con fiducia per fede, per poi divenire la sottigliezza recondita del nostro agire e operare.
Che poi col tempo questi "dogmi", dettatici da rivelazioni estranee o partoriti dalla personale improvvisazione intuitiva, possano essere cambiati, è la prova che le scelte e le decisioni variano con essi. Prima il dogma per fiducia e poi la scelta, mai al contrario.
Es. = Dai 15 ai 40 anni un dogma per me era, anzi è stato:
"sesso, droga e rock and roll", con le scelte e decisioni conseguenti; poi un giorno ho avuto fiducia in un altro dogma:
"pizza, amore e cha-cha-cha", e le scelte e le decisioni sono puntualmente coincise (certo la perfezione non è umana, ma adesso mi conosco meglio) con immensi cambiamenti contraddittori all'interno della stessa identica persona.
CitazioneIl fatto poi che ritieni che, senza la fede in Dio, l'amore non può essere vero ma solo sentimentalismo e perbenismo auto-consolatore ti dovrei far notare che non può esistere amore vero senza sofferenza e sappiamo bene come, ai sentimentali e ai perbenisti, la sofferenza risulti indigesta...
No, io non ritengo un bel niente, io ho "fede" che l'amore non è di produzione umana, ma un dono trascendente da produrre quotidianamente nell'esistenza e nell'esperienza umana
CitazioneSi può anzi capovolgere la frase:" Senza amore vero, che è anche sofferenza, la fede in Dio è un sentimentalismo e un perbenismo auto-consolatore.
"La verità senza carità è puro sentimentalismo" Sari II
Siamo sempre là: qual è la verità secondo te? Chi determina e convalida l'amore vero?
Eccoci innanzi all'uguale probabilità.
@duc
Se sostituiamo il termine dogma con il termine convinzione otteniamo una migliore comprensione.
Per esempio: Un individuo convinto dell'ipotesi che il Big Bang si sia dato,ecc....avrà una fiducia irrazionale, o da lui ritenuta razionale, in questa convinzione.
Il dogma non possiamo cambiarlo DA NOI STESSI , la convinzione invece sì.
Il dogma necessita che un'autorità religiosa istituita intervenga per proclamarlo, stabilirlo, eventualmente cambiarlo, farne oggetto di fede.
Mentre non abbiamo bisogno di un'autorità religiosa esterna a noi per mutare le nostre convinzioni.
Mi sembra una differenza fondamentale.
"Chi determina e convalida l'amore vero?" chiedi. La mia risposta è : nessuno lo convalida perchè l'amore vero non necessita di alcuna convalida esterna a sè stesso. Sarebbe come chiedersi: chi convalida che Dio è Dio?
E quando l'amore può dirsi vero? Quando non c'è traccia in esso dell'egoismo, dell'avversione e dell'illusione.
** scritto da Sariputra:
CitazioneIl dogma necessita che un'autorità religiosa istituita intervenga per proclamarlo, stabilirlo, eventualmente cambiarlo, farne oggetto di fede.
Mentre non abbiamo bisogno di un'autorità religiosa esterna a noi per mutare le nostre convinzioni.
Esatto, quando si decide di sostituire Dio con l'Io, quindi di credere che Dio non esiste, l'autorità religiosa (grazie per avermi dato questo bellissimo spunto di riflessione ;) ) istituita, che proclama e stabilisce, inconsciamente o intuitivamente, i dogma, è l'Ego, l'autodeterminazione prima di tutto, la morale improvvisata per regolarizzarsi nella società, ecc. ecc.
Quello che per me cattolico è stabilito dal Papa (per esempio), per un altro è sancito dalla natura incorporea cosciente e pensante, ma sempre valenza di dogma resterà.
Infatti il Vangelo accenna:
"...poi riunita la folla disse: «Ascoltate e intendete! Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l'uomo!» [...] Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l'uomo..." - (Mt 15,10.18)
Citazione di: Duc in altum! il 13 Giugno 2016, 13:02:05 PM
** scritto da Sariputra:
CitazioneIl dogma necessita che un'autorità religiosa istituita intervenga per proclamarlo, stabilirlo, eventualmente cambiarlo, farne oggetto di fede.
Mentre non abbiamo bisogno di un'autorità religiosa esterna a noi per mutare le nostre convinzioni.
Esatto, quando si decide di sostituire Dio con l'Io, quindi di credere che Dio non esiste, l'autorità religiosa (grazie per avermi dato questo bellissimo spunto di riflessione ;) ) istituita, che proclama e stabilisce, inconsciamente o intuitivamente, i dogma, è l'Ego, l'autodeterminazione prima di tutto, la morale improvvisata per regolarizzarsi nella società, ecc. ecc.
Quello che per me cattolico è stabilito dal Papa (per esempio), per un altro è sancito dalla natura incorporea cosciente e pensante, ma sempre valenza di dogma resterà.
Infatti il Vangelo accenna: "...poi riunita la folla disse: «Ascoltate e intendete! Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l'uomo!» [...] Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l'uomo..." - (Mt 15,10.18)
Duc, ti stai incartando :)
** scritto da Sariputra:
Citazione"Chi determina e convalida l'amore vero?" chiedi. La mia risposta è : nessuno lo convalida perchè l'amore vero non necessita di alcuna convalida esterna a sè stesso. Sarebbe come chiedersi: chi convalida che Dio è Dio?
Quindi vedi che, secondo questa tesi, ognuno può auto-convalidarsi che il suo operare è sì amore vero?
E' proprio questo il problema: ogni convalida che il proprio amore sia vero è data dall'Io.
La fede invece, secondo me, convalida che Dio è Dio, così come sempre la fede è quel sentimento che convalida che l'uomo può amare senza apprendere da Dio.
Dunque due ipotesi con uguale probabilità di essere vere ...siamo sempre lì!
CitazioneE quando l'amore può dirsi vero? Quando non c'è traccia in esso dell'egoismo, dell'avversione e dell'illusione.
E come non può esserci traccia di egoismo se l'autorità religiosa è lo stesso Io?!?!
-------------------
** scritto da HollyFabius:
CitazioneDuc, ti stai incartando (http://www.riflessioni.it.cloud.seeweb.it/logos/Smileys/default/smiley.gif)
Grazie per il suggerimento, ma penso che questo ci può stare quando si scommette lealmente, quando si riflette senza barare. ;D
Citazione di: Duc in altum! il 13 Giugno 2016, 19:54:57 PM** scritto da Sariputra: Citazione"Chi determina e convalida l'amore vero?" chiedi. La mia risposta è : nessuno lo convalida perchè l'amore vero non necessita di alcuna convalida esterna a sè stesso. Sarebbe come chiedersi: chi convalida che Dio è Dio?
Quindi vedi che, secondo questa tesi, ognuno può auto-convalidarsi che il suo operare è sì amore vero? E' proprio questo il problema: ogni convalida che il proprio amore sia vero è data dall'Io. La fede invece, secondo me, convalida che Dio è Dio, così come sempre la fede è quel sentimento che convalida che l'uomo può amare senza apprendere da Dio. Dunque due ipotesi con uguale probabilità di essere vere ...siamo sempre lì! CitazioneE quando l'amore può dirsi vero? Quando non c'è traccia in esso dell'egoismo, dell'avversione e dell'illusione.
E come non può esserci traccia di egoismo se l'autorità religiosa è lo stesso Io?!?! ------------------- ** scritto da HollyFabius: CitazioneDuc, ti stai incartando (http://www.riflessioni.it.cloud.seeweb.it/logos/Smileys/default/smiley.gif)
Grazie per il suggerimento, ma penso che questo ci può stare quando si scommette lealmente, quando si riflette senza barare. ;D
Come può l'Ego convalidare l'amore vero che è privo di qualsiasi egoità? L'amore è un sentire non un pensare. Proprio quando l'Io perde la sua presa si manifesta l'amore vero. L'amore non è una conquista dell'Io/ego ma il manifestarsi di una realtà che è priva di qualunque senso di possesso e che trascende l'Io. C'è una purezza che sboccia al di là di qualunque dualità soggetto-oggetto.
Pertanto l' Io non può essere l'"autorità religiosa", come lo definisci, di un puro sentire che si trasforma in un puro operare. Non c'è più un ego che giudica, ma una consapevolezza priva di giudizio. Nel momento che scivolo nel giudicare, l'amore vero svanisce, per trasformarsi nel particolare amore che darà soddisfazione all'ego. Realizzare questa purezza di cuore è realizzare il sacro in noi. In questo stato non c'è alcun bisogno di fedi, religiose o mentali,siamo al di là di qualsiasi rappresentazione illusoria che l'Io partorisce di continuo. E' un processo di spoliazione , non di accumulo. Simbolicamente, visto che sei credente in Cristo, è la spoliazione di Yeoshwa, la sua nudità sulla Croce. Non voglio certo tirare la sorte sulle sue vesti, come i legionari romani, per stabilire una teoria delle probabilità sulla sua esistenza, che mi appare del tutto priva di senso mentre incombe su di me l'ombra della Croce.
Nell'amore c'è il voler bene, se quello che faccio, che sento, che spero è per il bene altrui, l'amore è autentico. Il sommo bene per il prossimo è aiutarlo con l'esempio, con la parola e con la testimonianza di ciò che il Signore Dio ha fatto per me, a cercare la salvezza della propria anima. L'amore per il prossimo non può essere mai superiore all'amore per se stessi, per cui se voglio aiutare altri a salvarsi devo prima io stesso essere interessato alla mia salvezza.
Fino a quando non sento l'importanza della mia salvezza, non posso amare nessuno perché darei ad altri lo stesso inganno in cui io sto vivendo.
Ogni vaso offre quello che ha.
** scritto da Sariputra:
CitazioneCome può l'Ego convalidare l'amore vero che è privo di qualsiasi egoità? L'amore è un sentire non un pensare.
E chi convalida al soggetto che quel che sta
sentendo come amore è davvero amore vero, dopo che (un esempio per tutti) Hitler sterminava il genere umano per amore alla razza ariana?
Ecco perché senza un autorevole legislatore esterno all'uomo, che ci detti le coordinate per "sentire" il vero amore, ogni tentativo improvvisato personale di amare ha come principale garante l'Ego, inteso
come amor proprio e non amor di sé (cit. Rousseau).
CitazioneL'amore non è una conquista dell'Io/ego ma il manifestarsi di una realtà che è priva di qualunque senso di possesso e che trascende l'Io.
Benissimo, sono d'accordo con te, ma ci sei arrivato da solo o Qualcuno te l'ha rivelato?
E se ci sei arrivato da solo chi convalida che tutto ciò sia vero?
CitazioneC'è una purezza che sboccia al di là di qualunque dualità soggetto-oggetto.
Pertanto l' Io non può essere l'"autorità religiosa", come lo definisci, di un puro sentire che si trasforma in un puro operare. Non c'è più un ego che giudica, ma una consapevolezza priva di giudizio. Nel momento che scivolo nel giudicare, l'amore vero svanisce, per trasformarsi nel particolare amore che darà soddisfazione all'ego. Realizzare questa purezza di cuore è realizzare il sacro in noi.
Sarà pure, ma fin quando siamo presenti e vegeti nel pianeta Terra è inevitabile non esprimere giudizi, siano anch'essi vivi solo nel colloquio con la nostra coscienza. Quindi stai scivolando in un dogma di fede, ossia, tu credi che questa sia una verità inconfutabile, così come il mio mi indica che non può esistere purezza di cuore, e per di più sacra, prodotta per solo merito umano.
Due ipotesi con uguale probabilità di essere quella giusta.
Dixit DUC IN ALTUM
E chi convalida al soggetto che quel che sta sentendo come amore è davvero amore vero, dopo che (un esempio per tutti) Hitler sterminava il genere umano per amore alla razza ariana?
Ecco perché senza un autorevole legislatore esterno all'uomo, che ci detti le coordinate per "sentire" il vero amore, ogni tentativo improvvisato personale di amare ha come principale garante l'Ego, inteso come amor proprio e non amor di sé (cit. Rousseau).
Il soggetto al quale fare riferimento operando il bene o pensando di operarlo non è, come si suol dire, l'utilizzatore finale, ma il diretto destinatario dell'opera. Nel caso da lui citato non dev'essere presa in considerazione la razza ariana, ma gli ebrei che vennero uccisi. Uccidere è il male in persona, quindi Hitler fece solo male all'umanità.
In ogni caso la coscienza sa sempre se ciò che facciamo è bene o male, a meno che non l'abbiamo persa e/o sostituita con una falsa coscienza che giustifica ogni cosa.
Chi ha perso la coscienza può sempre far riferimento ai comandamenti nei quali c'è la certezza assoluta di poter scoprire se è bene o male ciò che facciamo, perché chi li rispetta vive in pace.
Il problema è aver voglia di scoprirlo.
Se non abbiamo la certezza di saper distinguere l'amore dal male/odio, non sarebbe il caso di meditare su noi stessi anziché parlare del Signore Dio.
E' saggio un uomo che pretende di sapere chi è il Signore Dio e magari predicare ad altri, quando non sa chi è lui?
Citazione di: Duc in altum! il 14 Giugno 2016, 09:45:13 AM** scritto da Sariputra: CitazioneCome può l'Ego convalidare l'amore vero che è privo di qualsiasi egoità? L'amore è un sentire non un pensare.
E chi convalida al soggetto che quel che sta sentendo come amore è davvero amore vero, dopo che (un esempio per tutti) Hitler sterminava il genere umano per amore alla razza ariana? Ecco perché senza un autorevole legislatore esterno all'uomo, che ci detti le coordinate per "sentire" il vero amore, ogni tentativo improvvisato personale di amare ha come principale garante l'Ego, inteso come amor proprio e non amor di sé (cit. Rousseau). Citazione
Chi convalida al soggetto che sta provando mal di pancia? Chi convalida al soggetto che prova dolore? E chi può convalidare al soggetto che sta provando vero amore? Nessuno ! Sarà l'operare che dimostrerà se si tratta di vero amore. Si avrà perciò, in ragione di questo vero amore, un agire privo di egoismo, di odio e di illusione. Se, così operando, il soggetto sperimenterà un aumento del senso di equanimità verso tutte le cose, un senso di distacco dalla volontà di possesso delle persone e delle cose, una profonda comprensione del comune soffrire, una compassione verso tutte le creature senzienti, questo sarà testimonianza della verità dell'amore che sta provando. Così come un assetato, dopo essersi dissetato con una piacevole bevanda, prova un senso di benessere, così il soggetto, sperimentando amore vero, dimora in un benessere interiore e in una pace equanime. Chi dovrebbe convalidare che cosa a questo punto? Il problema della canvalida è solo un inganno del pensiero discorsivo.
L'amore non è una conquista dell'Io/ego ma il manifestarsi di una realtà che è priva di qualunque senso di possesso e che trascende l'Io.
Benissimo, sono d'accordo con te, ma ci sei arrivato da solo o Qualcuno te l'ha rivelato? E se ci sei arrivato da solo chi convalida che tutto ciò sia vero? Citazione
Direi che ci sono arrivato da solo e penso che tutti dobbiamo arrivarci da soli. Qualcuno può indicarci la strada, ma i passi dobbiamo farli da soli.
Nessuno convalida che quello che scrivo è vero. Non cerco nessuna convalida, da nessuno.
C'è una purezza che sboccia al di là di qualunque dualità soggetto-oggetto. Pertanto l' Io non può essere l'"autorità religiosa", come lo definisci, di un puro sentire che si trasforma in un puro operare. Non c'è più un ego che giudica, ma una consapevolezza priva di giudizio. Nel momento che scivolo nel giudicare, l'amore vero svanisce, per trasformarsi nel particolare amore che darà soddisfazione all'ego. Realizzare questa purezza di cuore è realizzare il sacro in noi.
Sarà pure, ma fin quando siamo presenti e vegeti nel pianeta Terra è inevitabile non esprimere giudizi, siano anch'essi vivi solo nel colloquio con la nostra coscienza. Quindi stai scivolando in un dogma di fede, ossia, tu credi che questa sia una verità inconfutabile, così come il mio mi indica che non può esistere purezza di cuore, e per di più sacra, prodotta per solo merito umano. Due ipotesi con uguale probabilità di essere quella giusta.
Io non credo che quello che scrivo sia una verità inconfutabile e non ho nessuna pretesa che gli altri la prendano per vera. Non è inconfutabile nemmeno per me stesso ma, semplicemente, avendo fatto esperienza dei continui inganni della nostra mente, mi tengo "saggiamente" lontano da simili quesiti che non hanno nessuna possibilità di aumentare il mio comprendere e il mio vivere la realtà. In questo sono molto pragmatico., molto contadino. La passione per il calcolo delle probabilità la lascio volentieri agli altri... :)
** scritto da Sariputra:
CitazioneChi convalida al soggetto che sta provando mal di pancia? Chi convalida al soggetto che prova dolore? E chi può convalidare al soggetto che sta provando vero amore? Nessuno !
E no, il mal di pancia è studiabile, per non parlare del dolore ormai di dominio scientifico. Stai confondendo i sintomi. Io non ti parlo del sentire che sei innamorato, ma che quell'operare in nome dell'amore corrisponda a che sia amore vero oggettivamente.
Che tu sia innamorato e di conseguenza compri delle rose all'amata non è differente dal gesto di colui che si taglia le vene per amore.
Vaglielo a spiegare al suicida che quello non è vero amore. Ti dirà: e chi sei tu per convalidare o meno che questa mia opera non sia amore?
Ecco perché da solo l'uomo potrà solo e sempre avere una visione dell'amore vero limitata, soggettiva, egoistica. Solo un suggerimento da parte di enti trascendenti possono indicarci il giusto operare dell'amore.
Ma anche per questo, così come per la tua tesi: Nessuno!, c'è bisogno di fede.
Citazione di: Duc in altum! il 16 Giugno 2016, 07:11:23 AM** scritto da Sariputra: CitazioneChi convalida al soggetto che sta provando mal di pancia? Chi convalida al soggetto che prova dolore? E chi può convalidare al soggetto che sta provando vero amore? Nessuno !
E no, il mal di pancia è studiabile, per non parlare del dolore ormai di dominio scientifico. Stai confondendo i sintomi. Io non ti parlo del sentire che sei innamorato, ma che quell'operare in nome dell'amore corrisponda a che sia amore vero oggettivamente. Che tu sia innamorato e di conseguenza compri delle rose all'amata non è differente dal gesto di colui che si taglia le vene per amore. Vaglielo a spiegare al suicida che quello non è vero amore. Ti dirà: e chi sei tu per convalidare o meno che questa mia opera non sia amore? Ecco perché da solo l'uomo potrà solo e sempre avere una visione dell'amore vero limitata, soggettiva, egoistica. Solo un suggerimento da parte di enti trascendenti possono indicarci il giusto operare dell'amore. Ma anche per questo, così come per la tua tesi: Nessuno!, c'è bisogno di fede.
Caro Duc tu forse non leggi tutto quello che scrivo, ma solo una parte. Infatti è nell'operare che l'amore si rivela vero, sia verso l'esterno di sè che verso l'interno. Come può essere vero l'amore del suicida che provoca dolore e violenza verso se stesso e causa dolore alle persone care che gli stanno attorno? E come può essere vero l'amore dell'innamorato che regala delle rose per "conquistare" le grazie dell'amata ( nella speranza di soddisfare magari i propri desideri sensuali) e non si preoccupa invece di capire la sofferenza della persona vicina?
Quando parlo di amore vero non sto parlando di innamoramento o di sentirsi innamorato. Queste cose le lascio a Nicolas Sparks...
Stiamo parlando di amore in senso spirituale, o no?
Anche avendo fede in "enti trascendenti" non puoi sottrarti alla ricerca di questo amore vero ( se desideri veramente conoscerlo...). Altrimenti avrai solo un manuale di regole da seguire e finirai per compiere il bene solamente per paura ( e non per amore vero) nel castigo dell'ente trascendente e nella speranza egoistica di un "paradiso" da conquistare accumulando più meriti possibili , ma dentro il cuore sarai più arido di un deserto perchè non ti sarai dissetato alla fonte dell'amore, ma avrai passato la vita correndo dietro all'acqua e gridando a tutti: "E' questo l'amore, è questo l'amore!..."
Posso solo terminare questa snervante disquisizione ( assai surreale...)invitando all'uso ( come nel caso di "dogma") corretto del termine "fede".
Se può farti sentire meglio scriverò: Ho fede che nessuno convalida che quello che scrivo è vero. :)
Ma potevo anche scrivere: Penso che nessuno convalida che quello che scrivo è vero.
Oppure: Ritengo che nessuno convalida che quello che scrivo è vero.
Altro ancora: Son convinto che nessuno convalida che quello che scrivo è vero.
Una domanda per finire: ma perchè è così importante per te che ogni essere vivente dell'universo ammetta che tutto quello che fa ( compreso l'andare in bagno al mattino) sia determinato da un atto di fede totale, inequivocabile, assoluta ed eterna? Che cosa ti cala se lo ammette o no ? ;D
Se si afferma che ogni atto è un atto di fede, implicitamente si nega ogni specificità alla fede stessa.
** scritto da Sariputra:
CitazioneUna domanda per finire: ma perchè è così importante per te che ogni essere vivente dell'universo ammetta che tutto quello che fa ( compreso l'andare in bagno al mattino) sia determinato da un atto di fede totale, inequivocabile, assoluta ed eterna? Che cosa ti cala se lo ammette o no ?
Personalmente non mi cala niente, dacché il fine della mia riflessione non è far ammettere che è inevitabile credere o credere (differente dal credere e non credere), ma di dimostrare che è così evidente questa condizione ontologica e che in molti neanche ci fanno caso, o pensano, illudendosi, di poter evitare di essere diretti, in un certo qual modo, dalla fede nell'irrazionale. Ossia che il credere riguardi solo i "credenti", ovviando che tutti siamo "credenti".
Per me non è importante che lo si ammetta, ma che forse qualcuno leggendo la mia ipotesi, e riflettendoci sopra, possa accumulare maggior consapevolezza che ognuno esiste e decide chi desidera essere per fede. Per poi, discernendo che non c'è differenza tra credere negli angeli o credere nell'oroscopo, confermare affermativamente l'enigma della discussione in atto.
CitazioneAnche avendo fede in "enti trascendenti" non puoi sottrarti alla ricerca di questo amore vero ( se desideri veramente conoscerlo...).
E no, è qui l'inganno, giacché è la fede a determinare che la ricerca è finita, l'amore vero l'hai incontrato, il problema non è giungere alla pace ma è mantenersi in quell'amore vero, quella è la vera difficoltà.
Quando io ero innamorato dei quattrini non dovevo ricercare un bel niente, io già mi ero sottratto da quell'indagine, era problema degli altri, io ero felice e sereno perché avevo l'oggetto e il soggetto tanto amato. Per non parlare di quando tradivo, con altre femmine, la mia donna, io guardavo gli altri pensando:
"... ma che cercano ancora questi quando questo è il vero amore?..."; il mio desiderio di conoscerlo davvero era allora più che appagato. Ti dirò di più, se fossi morto in quei momenti, non avrei dubitato minimamente di aver fatto qualcosa di grave o di non meritare il Paradiso. Ma non sono morto, e mi è stata concessa la grazia di distinguere che io non solo non sapevo amare, non solo che l'uomo da solo non potrà mai davvero amare, ma di essere amato per davvero e in un modo totale e incondizionato.
Dunque la mia ricerca già è a un livello superiore, se mi è concesso così dire: non più la ricerca dell'amore vero, quello l'ho sperimentato, l'ho conosciuto, ma la considerazione di abnegare me stesso per rivelare in altri quel vero amore che desiderano conoscere veramente.
E' così che funziona da 1983 anni nel cattolicesimo. Non l'ho inventato io.
CitazioneAltrimenti avrai solo un manuale di regole da seguire e finirai per compiere il bene solamente per paura ( e non per amore vero) nel castigo dell'ente trascendente e nella speranza egoistica di un "paradiso" da conquistare accumulando più meriti possibili , ma dentro il cuore sarai più arido di un deserto perchè non ti sarai dissetato alla fonte dell'amore, ma avrai passato la vita correndo dietro all'acqua e gridando a tutti: "E' questo l'amore, è questo l'amore!..."
Ma l'ente non castiga niente e nessuno, siamo noi che ci auto-condanniamo, primo. Poi il biglietto del Paradiso se fosse possibile acquisirlo per soli meriti umani, allora viva lo stoicismo, ma non è così, il Paradiso si riceve solo per il merito del Redentore:
ut in omnibus glorificetur Deus, affinché in tutto sia glorificato Dio, e non grazie all'uomo senza Dio, da solo, perché bello, intelligente e capace.
Quindi compiere il bene per la Sua gloria, per il Suo beneficio, e non per paura, l'evangelista Giovanni in questo non ammette interpretazioni ambigue: "...
Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore..." (1Gv 4,18)
Citazione di: Duc in altum! il 17 Giugno 2016, 11:11:48 AM** scritto da Sariputra: CitazioneUna domanda per finire: ma perchè è così importante per te che ogni essere vivente dell'universo ammetta che tutto quello che fa ( compreso l'andare in bagno al mattino) sia determinato da un atto di fede totale, inequivocabile, assoluta ed eterna? Che cosa ti cala se lo ammette o no ?
Personalmente non mi cala niente, dacché il fine della mia riflessione non è far ammettere che è inevitabile credere o credere (differente dal credere e non credere), ma di dimostrare che è così evidente questa condizione ontologica e che in molti neanche ci fanno caso, o pensano, illudendosi, di poter evitare di essere diretti, in un certo qual modo, dalla fede nell'irrazionale. Ossia che il credere riguardi solo i "credenti", ovviando che tutti siamo "credenti". Per me non è importante che lo si ammetta, ma che forse qualcuno leggendo la mia ipotesi, e riflettendoci sopra, possa accumulare maggior consapevolezza che ognuno esiste e decide chi desidera essere per fede. Per poi, discernendo che non c'è differenza tra credere negli angeli o credere nell'oroscopo, confermare affermativamente l'enigma della discussione in atto. Citazione
Come non tutti i cibi si possono equiparare e non tutti hanno la stessa qualità o sapore, così non tutti i credo si possono equiparare tra loro. Pertanto affermare che credere nelle fede cristiana ( o negli angeli) è lo stesso che credere nell'oroscopo, essendo ambedue totalmente irrazionali, mi sembra una forzatura. Posso aver fiducia( non fede che è un passaggio successivo) che la bistecca sia ben cotta, ma poi, assaggiandola, trovarla disgustosa e gettare di lato il piatto. La scelta della bistecca non è irrazionale, in quanto ho fatto spesso esperienza che si possono mangiare ben cotte, salvo ricredermi nella nuova esperienza disgustosa. L'enigma di cui parli si pone se si formula una domanda. Se non si formula alcuna domanda, l'enigma non esiste ( per il soggetto, ma può esistere per una moltitudine di altri). La fede di cui parli, e che io chiamo fiducia o convinzione, si basa sull'esperienza e sui ricordi. Il nostro agire si basa sull'esperienza maturata e non è un agire per fede irrazionale. L'esperienza fatta che il fuoco scotta mi fa tenere lontano la mano, non la fede irrazionale che il fuoco scotti. Già questo semplice esempio porta a rifiutare l'idea che ogni atto o decisione della nostra vita si basa su scelte fatte per fede irrazionale.
Anche avendo fede in "enti trascendenti" non puoi sottrarti alla ricerca di questo amore vero ( se desideri veramente conoscerlo...).
E no, è qui l'inganno, giacché è la fede a determinare che la ricerca è finita, l'amore vero l'hai incontrato, il problema non è giungere alla pace ma è mantenersi in quell'amore vero, quella è la vera difficoltà. Quando io ero innamorato dei quattrini non dovevo ricercare un bel niente, io già mi ero sottratto da quell'indagine, era problema degli altri, io ero felice e sereno perché avevo l'oggetto e il soggetto tanto amato. Per non parlare di quando tradivo, con altre femmine, la mia donna, io guardavo gli altri pensando: "... ma che cercano ancora questi quando questo è il vero amore?..."; il mio desiderio di conoscerlo davvero era allora più che appagato. Ti dirò di più, se fossi morto in quei momenti, non avrei dubitato minimamente di aver fatto qualcosa di grave o di non meritare il Paradiso. Ma non sono morto, e mi è stata concessa la grazia di distinguere che io non solo non sapevo amare, non solo che l'uomo da solo non potrà mai davvero amare, ma di essere amato per davvero e in un modo totale e incondizionato. Dunque la mia ricerca già è a un livello superiore, se mi è concesso così dire: non più la ricerca dell'amore vero, quello l'ho sperimentato, l'ho conosciuto, ma la considerazione di abnegare me stesso per rivelare in altri quel vero amore che desiderano conoscere veramente. E' così che funziona da 1983 anni nel cattolicesimo. Non l'ho inventato io. Citazione
Ma io non metto affatto in dubbio che per te la fede raggiunta sia espressione dell'amore vero. Se questa fede si manifesta nella tua vita ordinaria con opere che portano giovamento a te stesso e alle persone che ti stanno accanto, se è priva di egoismo, priva di avversione verso ciò che non è espressione della tua fede, priva di illusioni dannose a te stesso o agli altri, perchè dovrei metterla in dubbio?
Sta solo a te considerare la bontà della meta che pensi di aver raggiunto e soprattutto se questa meta è un porto definitivo. Diverso è il discorso se si vuol imporre questa meta agli altri.
Altrimenti avrai solo un manuale di regole da seguire e finirai per compiere il bene solamente per paura ( e non per amore vero) nel castigo dell'ente trascendente e nella speranza egoistica di un "paradiso" da conquistare accumulando più meriti possibili , ma dentro il cuore sarai più arido di un deserto perchè non ti sarai dissetato alla fonte dell'amore, ma avrai passato la vita correndo dietro all'acqua e gridando a tutti: "E' questo l'amore, è questo l'amore!..."
Ma l'ente non castiga niente e nessuno, siamo noi che ci auto-condanniamo, primo. Poi il biglietto del Paradiso se fosse possibile acquisirlo per soli meriti umani, allora viva lo stoicismo, ma non è così, il Paradiso si riceve solo per il merito del Redentore: ut in omnibus glorificetur Deus, affinché in tutto sia glorificato Dio, e non grazie all'uomo senza Dio, da solo, perché bello, intelligente e capace. Quindi compiere il bene per la Sua gloria, per il Suo beneficio, e non per paura, l'evangelista Giovanni in questo non ammette interpretazioni ambigue: "...Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore..." (1Gv 4,18)
Non esprimo opinioni su questa parte perchè rientra nel tuo convincimento interiore, che io non posso e non ritengo giusto valutare. Sono affermazione che nascono da un presupposto di fede ben definito.
Credere o non credere sono scelte che una persona fa nella vita, almeno secondo me, chi crede sa che ha un punto di riferimento importante nella sua vita, mentre chi non crede ha sì una vita ma magari crede solo in se stesso. :)