Secondo me esiste un problema.
Un grosso e forse inevitabile problema per colui che cerca la "pace" cercando di rimuovere l'origine di ogni male ossia la concezione errata del proprio EGO. Anzi a dire il vero, il cercare di perfezionarsi puo' portare proprio nella direzione opposta ossia generare un forte EGO SPIRITUALE:
i sintomi, secondo me, sono da ricercare nel fatto che tendiamo ad etichettarci come PERSONE SPIRITUALI: iniziamo a percepire noi stessi (e quel NOI la riassume già tutta) come "persone spirituali" e, di conseguenza, piu' "elevate", rispetto alla massa di "dormienti" che ci circonda. Questo secondo me il primo passo per ammalarci di "EGO SPIRITUALE".
tendiamo a tracciare un confine tra un "noi" e un "loro" creando la dualità illusoria, iniziamo a circondarci di persone che reputiamo (percepiamo) evolute come "noi", snobbiamo tutte le persone che dal nostro punto di vista illuminato, viaggiano a frequenze verso cui non abbiamo intenzione di "abbassarci".
L'ego, purtroppo immaturo, chiede a gran voce l'illuminazione.
L'ego per sopravvivere tende a ragionare in questo modo:
"NON SONO NESSUNO NELLA VITA NORMALE. MA SARO' QUALCUNO IN QUELLA SPIRITUALE".
La rinuncia al denaro, al sesso (non io) e al successo è una gratificazione ultima dell'ego.
L'incapacità di affermarsi come vincente nella vita materiale, mascherata da rinuncia alla vita materialie stessa.
Dipendesse da me metterei la regola che solo chi ha raggiunto la piena gratificazione nel mondo della materia puo' dedicarsi, poi, alla ricerca spirituale.
Solo un ego maturo e sano, che è stato capace di raggiungere obbiettivi concreti in campo lavorativo, artistico, sportivo piuttosto che politico o economico... insomma, solo un ego realizzato, contento di sé è davvero pronto per MORIRE.
Gli altri stanno fingendo... recitano una parte... proprio per non morire mai. Si tratta secondo me di "ego spirituale".
La patologica insoddisfazione di un ego immaturo lo indirizza verso una spasmodica ricerca in campo spirituale. Se l' EGO non è ancora maturo, autodeterminato, soddisfatto di sé, non potrà mai "rinunciare a sé"; inizierà quindi a cercare nelle "esperienze spirituali" quel completamento di sé che gli è mancato negli altri campi della vita.
Un ego abortito darà come risultato una ricerca spirituale deviata, ansiosa, competitiva, intrisa di esperienze mistiche allucinatorie. Questo è cio' che vedo accadere continuamente.
Solo a partire da un ego psicologicamente adulto (anche se falso) si puo' verificare una morte iniziatica e ottenere una comprensione diretta della "VERITA' ULTIMA".
Questo è il motivo per cui ad uno succede di riuscire ad eliminare l'ego (illuminazione) e a miliardi di persone per miliardi di anni no.
Se no, questa comprensione accadrebbe in tutte le persone del mondo che sono spirituali in questo stesso istante. Invece non accade.
"Tu" (notare le virgolette) hai capito perfettamente (ma non compreso) che il tuo "me" separato non esiste e non è mai esistito e per sopravvivere si crea Dei, problemi e tende a combattere con altri ego, ma non accade nulla!!!
ti senti sempre e comunque come qualcuno esistente dentro un corpo specifico.
Lo stesso concetto illusorio continua ora dopo ora, giorno dopo giorno, (il MIO braccio, la MIA voce, i MIEI pensieri, la MIA anima... ma... MIA DI CHI ? Ecco l'illusione)
Ovviamente, tutti noi, appasionati di spiritualità, siamo convinti di essere pronti per al "grande salto".
Oramai le gratificazioni dell' ego le abbiamo lasciate alle spalle. Non siamo piu' come gli altri comuni mortali che ancora compiono sforzi per "ricordarsi di sè" preoccupandosi di mettere i soldi da parte per l'auto nuova.
invece non è vero. Siamo come vergini che ciarlano di tantra!
dimostrare che non siamo ancora pronti a balzare nell'abisso è facile.
Non siamo printi... semplicemente perchè ancora ci sforziamo di proteggere ed alimentare questo EGO.
In realtà abbiamo ancora necessità di sentirci un INDIVIDUO, un "ME" dentro un corpo.
E il fatto che stiamo percorrendo un cammino verso qualcosa che invece si trova QUI e ADESSO, indica semplicemente che abbiamo ancora bisogno di muoverci attraverso l' ego.
Il fatto stesso che decidiamo di non fare piu' nulla, è ancora sempre un bisogno dell' EGO. Le nostre azioni ci tradiscono. Non c'è via d'uscita!
L' Ego ha spostato le sue aspettative dal mondo della finanza a quello dello spirito, cosi' da poter finalmente sperimentare la SUA beatitudine. Ma la beatitudine come traguardo di vita non ha piu' dignità di una carica politica, o una clericale poichè sono entrambi traguardi disposti lungo il tempo. Sono entrambe esperienze esperite da "QUALCUNO" dentro un corpo.
Finchè non siamo pronti per accettare la fine del senso di identità separata, cerchiamo l'illuminazione in maniera che secondo me ci impediscono di raggiungerla.
Desideriamo l'unità ma allo stesso tempo ci opponiamo ad essa ogni singolo istante della vostra vita.
Questo l'ho capito in un attimo grazie ad una ragazza durante un insegnamento... le ho fatto una domanda dicendo semplicemente "NON HO CAPITO"... lei semplicemente mi ha detto: "CHI" non ha capito ? Da dove nasce questo "pensiero" ? Ho capito che il pensiero è SORTO spontaneamente e poi mi ha fatto credere che ci sia un IO che ha deciso di creare quel pensiero... e da li una bellissima discussione con la ragazza (per altro molto carina :) )
Mi hai fatto ricordare una perplessità che ogni tanto mi ha attraversato la mente, riguardante il Buddhismo, il suo orientamento verso una fusione dell'io con l'unità dell'universo (non sono certo di esprimermi nei termini giusti, casomai sarò grato delle correzioni di altri più competenti in materia).
Mi chiedo: cosa c'è di male nell'ego, a tal punto da orientarsi verso il suo annullamento, verso un suo fondersi nel tutto? Una prima risposta sarebbe ovvia: è nell'esperienza di tutti che ego significa tendenza a egoismo, chi più chi meno, chi in una forma più o meno nascosta, chi in forme più o meno complesse. Su questo però osserverei che il problema dell'egoismo non consiste nel dedicare attenzioni a sé stessi; consiste nella carenza di attenzioni agli altri. Non è la stessa cosa. Se io dedico nella mia vita una buona misura di attenzioni agli altri, mi sembra naturale che essi non avranno nulla in contrario se ne dedicherò anche a me stesso. Di conseguenza l'orizzonte da perseguire non viene ad essere l'annullamento dell'ego, ma un'adeguata misura di attenzioni verso l'ego degli altri.
Un'altra osservazione in proposito sarebbe di tipo biologico. È il nostro DNA a portare con sé una forte attenzione per il singolo individuo; in altri esseri viventi le strategie di sopravvivenza sono orientate piuttosto alla collettività. Ad esempio, tra le formiche o tra le api il singolo non conta nulla; ciò che conta è il gruppo e la sopravvivenza fa molto affidamento sul moltiplicarsi in gran numero, fare moltissime uova. Invece tra i mammiferi il singolo individuo è più importante, perché ad esempio un gatto produce prole in misura molto inferiore al confronto di quante uova fa, per esempio, una rana. Di conseguenza tra i gatti si fa più attenzione al singolo individuo, rispetto a quanta ve ne dedichi una rana o una formica. Perché combattere questo meccanismo che la natura ha posto in noi? È una strategia di sopravvivenza come le altre, con i suoi pro e i suoi contro. Non sarebbe difficile criticare, ad esempio, l'eccessiva tendenza ad annullare l'ego, come parte di ideologie al servizio di un potere, come è stato ad esempio il comunismo, o per lo meno le sue deformazioni più schiavizzanti, in cui l'individuo è zero, ciò che conta è lo Stato, la collettività.
Ho trovato molto condivisibili in partenza le tue osservazioni in quanto critica contro l'ego. In gran parte ho sentito echi di Nietzsche, lì dove si smaschera la spiritualità come un modo nascosto per realizzare il proprio ego. Dove si fa critica c'è ricerca e di conseguenza c'è secondo me equilibrio, ambiente sano. Ma perché allora non criticare anche l'idea di "Verità ultima" a cui hai fatto riferimento? Trovo giusto criticare il fantomatico qualcosa verso cui si cammina, ma perché non criticare allora anche l'idea che questo qualcosa si trovi qui e adesso? Trovo giusto criticare l'idea di sentirci un ego, un io, un chi, ma allora perché non criticare anche l'idea del tutto in cui i singoli io dovrebbero fondersi, perché non criticare anche quest'idea di uno, di olismo, in cui tutti dovremmo fonderci: cosa sarebbe questa fantomatica unità? Non è forse un concetto altrettanto criticabile quanto quello dei singoli ego?
Citazione di: Angelo Cannata il 22 Febbraio 2018, 13:34:08 PM
Mi chiedo: cosa c'è di male nell'ego, a tal punto da orientarsi verso il suo annullamento
ciao e grazie per la risposta.
L'ego a cui mi riferisco è quella "sensazione" di sè che sorge piu' o meno ad un anno di vita e muore con la morte.
Il bambino, prima della nascita dell' EGO è sereno e felice in ogni momento. Esperisce la realtà per come è.
Inizialmente anche io ero scettico riguardo a questo EGO e non avevo ben compreso di cosa si trattasse. Lo relegavo ad un semplice vocabolo, una sorta di SENTITO DIRE;
Lo risolvevo pensando a concetti quali egoismo, altruismo, fare del bene, fare del male ecc... ecc... peccato che poi ho scoperto che trattasi di cosa estremamente piu' subdola e profonda; quasi tangibile ed estremamente orribile.
Quando l'ho scoperto la prima volta ero in meditazione. Difficile da descrivere ma ho avuto una sensazione orribile, simile al panico. Mi pareva di cadere per qualche frazione di secondo da un grattacielo. ho vissuto un momento di PANICO PURO. Giuro !
Prima di allora non avevo mai pensato che esistesse un EGO distinto dal mio "ME" ultimo, ma grazie a meditazioni ed esperienze prima logiche poi inferenziali ho capito chi è il grande nemico fonte di ogni male ossia questo fantomatico EGO che non è altro che la proiezione di un ME stesso illusorio sul mondo circostante.L'Ego a cui mi riferisco è quella sensazione che di fronte ad un semplice pezzo di vetro (semplice frutto di cause e condizioni che determinano una forma) che prima di un anno noi esperiamo in modo gioioso, pacifico, sublime con i sensi; con il nascere dell'EGO il pezzo di vetro diventa:
IL bicchiere, che serve per bere, bello e cristallino, elegante, che mi farebbe sentire meglio fosse mio (ossia l'ego deve identificarsi con l'oggetto, quindi EGO deve divenire e possedere TUTTO quel che circonda); se fosse mio potrei mostrarlo in giro e far vedere quanto sono bravo ad avere questo bicchiere, e questo bicchiere diviene la fonte della mia gioia, perchè approvazione di "me" è gioia. Avro' nuovi amici grazie a quel bicchiere e potro' invitarli a cena e mostrare loro il mio "me" ed avere adulazioni. Il bicchiere essendo "IO" guai a chi me lo tocca o peggio ruba. Cio' non è permesso; nessuno deve toccare il "mio" bicchiere.
Il bicchiere mi rende sicuro ed in quanto "mio" significa che "io" esisto.
Lui è il bicchiere, IO sono IO.
Se il bicchiere invece porta male all' EGO (un amico mi dice che brutto bicchiere) allora ecco che nasce il problema opposto, devo giustificare la grandezza del mio EGO, ossia mentire, dire che ho dovuto accettarlo per forza, e caricare quel fenomeno (bicchiere) di una quantità di caratteristiche che NON HA (del tipo è brutto, sgradevole, osceno, ecc... ecc..)
e quindi sofferenza...
in realtà (la scienza conferma) ogni cosa nell'universo è in relazione con altro. Ogni singolo atomo dipende da tutti gli atomi dell'universo. Io esisto grazie ANCHE a quel bicchiere. Quel FENOMENO (a cui diamo il nome convenzionale di "bicchiere") e semplicemente un RISULTATO (temporaneo) di cause e condizioni (che si trasformerà in altro) come OGNI altra cosa nell'universo che è causa e condizione di altro.
Noi stessi siamo cause e condizioni, la nostra carne (basti solo il pensare a cosa mangiamo e beviamo), la nostra mente (i pensieri) ecc... ecc... ma l' EGO questo lo nasconde non vuole farlo notare vuole sentirsi A SE STANTE, UNICO, INDIPENDENTE.
tutto questo avviene in una frazione di secondo, ed avviene per ogni oggetto esperito dai sensi. Questa è la fonte di ogni male in quanto un inganno.
Il sè non esiste come viene percepito; e viene percepito come un qualcosa di STATICO, UNICO, DIFFERENTE da cio' che lo circonda, ed inquina ogni cosa che vede, sente, tocca... esperisce.
Questo l' EGO a cui mi riferisco.
ciao :)
Nella tua invettiva (un po caotica) vedi e descrivi uno scollamento tra la volontà e l'atto (atto, non azione), tra il desiderio e il ricevuto, tra il significato e il significante, tra maestro e discepolo, tra soggetto e oggetto (in definitiva). Se invece di concentrarti cosi tanto su questo parolone tanto in voga (parlo di "ego") ti concetrassi su una parola un po in disuso ma che fornisce una chiave di lettura più ampia.. "ipocrisia" Tu vedi ipocrisia, e la detesti.. Perchè in definitiva, io penso, un vero percorso spirituale sia proprio questo, un indomita lotta senza quartiere contro l'ipocrisia, contro lo scollamento tra l'atto e la parola, la materia e la phonè, la verità e la conoscenza. Una lotta che non può essere risolta nel logos perchè dal logos è generata, ma nel silenzio assoluto dell'assenza di significato. Per farla breve, penso che l'ego non possa essere affrontato faccia a faccia, lottare contro se stessi come dei novelli Dorian Gray mi pare un duello estetico (e un gatto che si morde la coda, come descrivi tu stesso) di riflessi generati ad hoc tramite parole proprio per immaginarsi abili spadaccini (con tanto di pubblico) in una lotta che andrebbe affrontata alla radice, la dove tutti i significati sono generati, l'ego non se ne va se non insieme a tutto, se stessi e l'universo. Certo questa prospettiva diminuirebbe di non poco le iscrizioni ai corsi serali di *inserire tradizione religiosa*, bello sarebbe invece rimanere ultimi sulla terra con le chiavi per accedere ad ogni lusso "spirituale", essere gli "illuminati", cosi si che le iscrizioni salgono. L'idea di una rimozione chirurgica che lascia intatto il mondo metafisico (o addirittura un sistema linguistico-religioso), mi pare un idea tanto romantica quanto puramente estetica (e perciò ipocrita) ed egoistica. Noi siamo relazione, pertanto finchè vi sarà parola l'ego ritornerà sotto forma di relazione con essa.
Citazione di: bluemax il 22 Febbraio 2018, 12:17:47 PM
Dipendesse da me metterei la regola che solo chi ha raggiunto la piena gratificazione nel mondo della materia puo' dedicarsi, poi, alla ricerca spirituale.
Più o meno questo è il lavoro fatto da S. Agostino, solamente che lui diceva che quando cercava la gratificazione fisica in realtà era alla ricerca dell'elevazione spirituale.
Il problema poi è che per la spiritualità l'uomo non può raggiungere la gratificazione nella materia perché questa si rivela sempre come un'illusione.
saluti
bluemax, definisci questo ego "il grande nemico fonte di ogni male".
Poi fai degli esempi:
"potro' invitarli a cena e mostrare loro il mio "me" ed avere adulazioni"
Perché ricevere espressioni di piacere dovrebbe essere considerato un male? Per esempio Gesù amava farsi invitare a cena, qualche volta si autoinvitò da sé, amava il buon bere e il buon mangiare: perché demonizzare queste cose?
"Il bicchiere essendo "IO" guai a chi me lo tocca o peggio ruba"
Perché demonizzare l'istinto di autoprotezione che la natura ci ha dato? È un male demoniaco, una deformazione mentale, aver paura dei ladri, tenere alle proprie cose?
"Il bicchiere mi rende sicuro ed in quanto "mio" significa che "io" esisto"
Certo, sono meccanismi di autosicurezza che tutti abbiamo, perché demonizzarli?
"Se il bicchiere invece porta male all' EGO (un amico mi dice che brutto bicchiere) allora ecco che nasce il problema opposto, devo giustificare la grandezza del mio EGO, ossia mentire"
Ci sono modi e modi di difendere e giustificare il proprio ego. Non è sempre necessario mentire, anche se a volte le situazioni lo richiedono. La difesa del proprio io può anche divenire occasione di amicizie, scoperte, aperture. La via per una buona esistenza non può essere quella di rifiutare la natura di cui siamo fatti; si tratta piuttosto di lavorare per gestire queste cose in modi sempre migliori, sempre più arricchenti, aprenti.
Sono in parte d'accordo con il discorso sull'ipocrisia di InVerno: tutti siamo ipocriti, non se ne esce, perché tutti interpretiamo e non esistono interpretazioni fedeli, ogni interpretazione è sempre una distorsione. Ma non penso che la soluzione sia da cercare in luoghi in cui non esista interpretazione: anche nel silenzio assoluto non c'è assenza di significati: ci siamo pur sempre noi che stiamo continuando ad interpretare: il nostro essere è tutto un interpretare, anche quando non traduciamo in parole o neppure in pensieri. La soluzione per me è piuttosto, visto che non se ne esce, nel lavorare sulla gestione delle ipocrisie, delle falsità. Questo è ciò che c'insegnano gli artisti: l'artista sa che non può dipingere un albero senza deformarlo: perfino una foto è già una distorsione; allora l'artista cosa fa? Assume le proprie distorsioni, se ne fa carico, ci lavora e le trasforma in distorsioni artistiche. Insomma, non ha senso voler fuggire dalla gabbia, perché non è che siamo dentro una gabbia: il fatto è che proprio noi stessi siamo gabbia. Una gabbia non può fuggire dal suo essere gabbia; però può fare un'altra cosa: può tentare di essere una gabbia artistica e allora si aprono universi di meraviglie, come l'arte di ogni tempo ha sempre dimostrato.
Citazione di: Angelo Cannata il 22 Febbraio 2018, 16:45:38 PM
bluemax, definisci questo ego "il grande nemico fonte di ogni male".
Poi fai degli esempi:
"potro' invitarli a cena e mostrare loro il mio "me" ed avere adulazioni"
Perché ricevere espressioni di piacere dovrebbe essere considerato un male? Per esempio Gesù amava farsi invitare a cena, qualche volta si autoinvitò da sé, amava il buon bere e il buon mangiare: perché demonizzare queste cose?
"Il bicchiere essendo "IO" guai a chi me lo tocca o peggio ruba"
Perché demonizzare l'istinto di autoprotezione che la natura ci ha dato? È un male demoniaco, una deformazione mentale, aver paura dei ladri, tenere alle proprie cose?
"Il bicchiere mi rende sicuro ed in quanto "mio" significa che "io" esisto"
Certo, sono meccanismi di autosicurezza che tutti abbiamo, perché demonizzarli?
"Se il bicchiere invece porta male all' EGO (un amico mi dice che brutto bicchiere) allora ecco che nasce il problema opposto, devo giustificare la grandezza del mio EGO, ossia mentire"
Ci sono modi e modi di difendere e giustificare il proprio ego. Non è sempre necessario mentire, anche se a volte le situazioni lo richiedono. La difesa del proprio io può anche divenire occasione di amicizie, scoperte, aperture. La via per una buona esistenza non può essere quella di rifiutare la natura di cui siamo fatti; si tratta piuttosto di lavorare per gestire queste cose in modi sempre migliori, sempre più arricchenti, aprenti.
Sono in parte d'accordo con il discorso sull'ipocrisia di InVerno: tutti siamo ipocriti, non se ne esce, perché tutti interpretiamo e non esistono interpretazioni fedeli, ogni interpretazione è sempre una distorsione. Ma non penso che la soluzione sia da cercare in luoghi in cui non esista interpretazione: anche nel silenzio assoluto non c'è assenza di significati: ci siamo pur sempre noi che stiamo continuando ad interpretare: il nostro essere è tutto un interpretare, anche quando non traduciamo in parole o neppure in pensieri. La soluzione per me è piuttosto, visto che non se ne esce, nel lavorare sulla gestione delle ipocrisie, delle falsità. Questo è ciò che c'insegnano gli artisti: l'artista sa che non può dipingere un albero senza deformarlo: perfino una foto è già una distorsione; allora l'artista cosa fa? Assume le proprie distorsioni, se ne fa carico, ci lavora e le trasforma in distorsioni artistiche. Insomma, non ha senso voler fuggire dalla gabbia, perché non è che siamo dentro una gabbia: il fatto è che proprio noi stessi siamo gabbia. Una gabbia non può fuggire dal suo essere gabbia; però può fare un'altra cosa: può tentare di essere una gabbia artistica e allora si aprono universi di meraviglie, come l'arte di ogni tempo ha sempre dimostrato.
La risposta è semplice: Perchè l'ego vede, (sente, tocca, gusta ecc... ecc...) una realtà illusoria. Attacca ad ogni oggetto esperito qualità che non esistono in realtà (ultima) e questo è origine di ogni sofferenza.
Il bicchiere (come ogni altro oggetto esperito, anche il suono delle parole) non è BELLO, BUONO, UTILE, MIO ecc... ecc... quelle sono illusioni attaccate ad esso che l'oggetto non ha.
L'ignoranza (creata dall'ego) genera Attaccamento (per l'illusione) e l'attaccamento genera Odio (per tutto cio' che non è IO)
detto in poche parole...
ciao :)
PS. Ricevere espressioni di piacere, come tu dici, non è male. Assolutamente. Nulla è male e nulla è bene... è la Brama di ricevere il piacere in COSE che non hanno la caratteristica (qualità) di dare piacere che genera sofferenza. Non esiste alcun oggetto, alcuna persona, alcun atomo in grado di "GENERARE" piacere. Altrimenti potremmo dare questo fantomatico oggetto ad ogni persona per dare lui piacere. Invece non esiste. :) e continuaiamo a cercare il piacere in COSE o SITUAZIONI che non hanno la caratteristica di "dare" piacere ma semplicemente ILLUDERCI di aver piacere da esse...
(naturalmente detto in pochissimissime parole visto che l'argomento sarebbe vastissimo e si dovrebbe analizzare in toto come esperisce la mente e soprattutto cosa è la mente visto che molti associano la mente al "pensiero" )
Riciao :D :D :D
Sono d'accordo. Il problema è che anche qualsiasi altro modo di considerare la cosiddetta "realtà" sarà anch'esso illusorio.
Per andare meglio al nocciolo: così come giustamente hai smascherato il fatto che la spiritualità potrebbe essere nient'altro che un sistema per affermare l'ego, allo stesso modo anche qualsiasi tentativo di fuggire dall'ego o di annullarlo può essere sospettato o considerato come nient'altro che un ulteriore sistema per affermare ancora una volta l'ego stesso. Cioè, l'affermazione dell'ego può nascondersi perfino nel tentativo di annientarlo o annullarlo. Mi pare che Nietzsche abbia detto che gli atti di carità non sono altro che affermazioni del nostro egoismo. Ottimo. Però Nietzsche fu coerente: egli sostenne a chiare lettere la necessità di affermare l'io, sotto forma di superuomo, o oltreuomo, che si gode i piaceri della vita e afferma in continuazione il suo andare oltre. Cioè, Nietzsche smascherò le spiritualità, ma non si rifugiò in un tentativo di annullare l'ego; al contrario, lo esaltò al massimo, in una maniera che a mio parere di può davvero dire artistica.
Salve. Trovo mal collocato l'argomento che secondo me è di taglio psicofilosofico e non fideistico o spiritualistico. Comunque a mio parere il nostro ego è - secondo una interpretazione così radicale da risultare impersonale - null'altro che la combinazione del nostro istinto di sopravvivenza e della nostra coscienza, cioè da una parte l'origine e dall'altra il prodotto della psiche umana.
Ci sarebbe in proposito un problema molto più complesso e profondo. Cioè, se vogliamo parlare in generale degli "io", tutti gli "io", non sarà tutto sommato difficile indagare in proposito, in maniere che sono tutto sommato oggettivizzanti.
C'è però un tipo di esperienza dell'"io" che immagino chiunque viva come la vivo io. Cioè, nel momento io cui io considero tutto gli "io" e considero anche il mio "io", non posso fare a meno di sperimentare, sentire, una differenza fondamentale e irriducibile: il mio "io" lo sperimento, gli altri "io" non li sperimento, o per lo meno li sperimento in maniera completamente diversa.
Mi va bene l'esistenza di tutti gli altri "io", ma come mai in mezzo a tutti questi "io" ci sono anch'io? Come mai quest"io" è toccato proprio a me, in maniera tale che non posso fare a meno di sentirmici dentro, poiché solo io vedo le cose dall'interno di questi occhi? Nessun altro può mettersi al posto mio e così io non posso entrare nel di dentro degli occhi di altri. C'è un solo "io" in tutto il mondo che percepisco come mio e questo mi costringe a percepirlo in maniera completamente diversa da come percepisco gli altri "io": in questo "io" io ci sono dentro, mi ci sento dentro, ho l'impressione di poterlo comandare; negli altri "io" io non sono dentro, mi accorgo di non poter comandare le loro braccia come comando le mie.
Da un punto di vista oggettivo tutto mi dice che il mio "io" è uguale a tutti gli altri "io"; ma perché io mi sento dentro quest'"io" preciso, perché mi è toccato proprio questo e non un altro "io" qualsiasi?
Credo che a questa domanda sia del tutto impossibile rispondere, per chiunque, perché mancano totalmente i riferimenti, i punti di paragone: siccome di mio "io" percepisco solo il mio, non posso confrontarlo con nessun altro, perché di queste esperienze a mia disposizione ne ho una soltanto. Posso paragonare il tuo io con quello di un altro, perché entrambi siete per me altri; ma con chi paragonerò il mio "io", visto che di mio "io" ne percepisco uno solo?
Manca del tutto un linguaggio disponibile, perché le parole di ogni linguaggio indicano le percezioni comuni; ma il mio "io", come lo percepisco esclusivamente io, non è una percezione comune, ma solo di me; perciò è impossibile trovare parole per dirlo, qualunque sforzo si faccia.
Trattandosi di un problema assolutamente impossibile da affrontare, e tanto meno risolvere, con metodi oggettivizzanti di qualsiasi genere, siano essi di impostazione scientifica oppure filosofica, credo che l'unica cosa da fare rimanga solo quella di assumere quest'io e porlo in atto rinunciando a capirlo. È come trovarsi dentro un'automobile: la sola cosa che ci rimane da fare è metterla in moto e guidarla, perché non c'è verso di poterla guardare da alcun punto di vista esterno. Io non ho nessuna possibilità di uscire dai miei occhi. Anche se mi guardo allo specchio, ciò che vedo non è il mio "io": il mio "io" rimane il mio essere "io", che percepisco dentro di me, mentre mi guardo allo specchio.
Credo siano maturi i tempi per sfatare il mito che sottende la più grande fregatura della ricerca spirituale: arrivare da qualche parte sulla base degli sforzi personali. Spaccarsi schiena, cervello e tutto il resto per trionfare su....su che cosa? Sul male? Sulla morte? Va bè, al di là del fatto che nessuno sa dove vuole andare (per forza siamo ciechi nati!) la consapevolezza decisiva è relativa al fatto che, da soli, non si arriva da nessuna parte.
Al contrario incaponirsi porta certamente fuori strada.
Bisognerà pur accettare la realtà!
In effetti intendere la ricerca spirituale in questo modo significa banalizzarla, è un fraintendimento tipico di quanti tentano di fregiarsi di spiritualità, ma non fanno ricerca.
La ricerca è seria se assume come punto di arrivo la ricerca stessa:
come disse il biblista Jean Louis Ska in un'intervista, la meta è la strada: se stai camminando su strada allora sei già arrivato, perché sei già nella meta.
Al contrario, se ti fermi, per scoraggiamento o perché pensi di essere arrivato, non sei più nella meta, perché hai smesso di fare strada.
A questo punto potrebbe nascere l'obiezione di quale senso possa avere camminare su strada senza una meta che sia un fermarsi: si può perfino sospettare che si tratterebbe di un girare in tondo, o comunque un andare a zonzo. Ma la ricerca spirituale non è andare a zonzo. Le mete ci sono, ma sono e devono sempre essere provvisorie, temporanee, devono essere sempre tappe di passaggio, affinché ogni meta sia sempre seguita da un ulteriore crescere.
In un crescere umano è comprensibile che ci siano anche soste, momenti di ristoro e di festa, ma appunto soste, in quanto tali temporanee, non punti di arrivo finali, conclusivi, definitivi.
Se ci facciamo caso, i modi di pensare oggettivi, oggettivanti, sono tali proprio perché mirano a conclusioni definitive e pensano di poter, o comunque dover, giungere a conclusioni definitive. Per questo essi presteranno sempre il fianco alla critica. Invece i modi di pensare che si fanno carico della soggettività si caratterizzano proprio per essere infiniti. Infiniti non in senso statico: in realtà la parola infinito è un verbo: indica un'attività che è in corso e che non smetterà mai il suo essere in corso.
Soggettività significa esplorazione dell'io, dell'ego, e mi sembra che il miglior modo di esplorarlo sia tener conto che si tratta di un io umano, predisposto a realizzare il massimo delle sue capacità nel relazionarsi con altri io umani. Ecco il camminare infinito, la cui infinitezza non dispiace affatto, perché consente un continuo crescere e arricchirsi. Tutto l'opposto del tentare di annullare l'io: piuttosto che tentare di annullarlo, di fonderlo in una fantomatica unità universale, non è infinitamente più arricchente porlo in un cammino di esplorazione delle migliori e più arricchenti possibilità di relazioni con gli altri io, le cui possibilità positive sono peraltro sostenute dall'esperienza?
Citazione di: Angelo Cannata il 23 Febbraio 2018, 11:32:35 AM
In effetti intendere la ricerca spirituale in questo modo significa banalizzarla, è un fraintendimento tipico di quanti tentano di fregiarsi di spiritualità, ma non fanno ricerca.
La ricerca è seria se assume come punto di arrivo la ricerca stessa: come disse il biblista Jean Louis Ska in un'intervista, la meta è la strada: se stai camminando su strada allora sei già arrivato, perché sei già nella meta.
Al contrario, se ti fermi, per scoraggiamento o perché pensi di essere arrivato, non sei più nella meta, perché hai smesso di fare strada.
A questo punto potrebbe nascere l'obiezione di quale senso possa avere camminare su strada senza una meta che sia un fermarsi: si può perfino sospettare che si tratterebbe di un girare in tondo, o comunque un andare a zonzo. Ma la ricerca spirituale non è andare a zonzo. Le mete ci sono, ma sono e devono sempre essere provvisorie, temporanee, devono essere sempre tappe di passaggio, affinché ogni meta sia sempre seguita da un ulteriore crescere.
In un crescere umano è comprensibile che ci siano anche soste, momenti di ristoro e di festa, ma appunto soste, in quanto tali temporanee, non punti di arrivo finali, conclusivi, definitivi.
Se ci facciamo caso, i modi di pensare oggettivi, oggettivanti, sono tali proprio perché mirano a conclusioni definitive e pensano di poter, o comunque dover, giungere a conclusioni definitive. Per questo essi presteranno sempre il fianco alla critica. Invece i modi di pensare che si fanno carico della soggettività si caratterizzano proprio per essere infiniti. Infiniti non in senso statico: in realtà la parola infinito è un verbo: indica un'attività che è in corso e che non smetterà mai il suo essere in corso.
Soggettività significa esplorazione dell'io, dell'ego, e mi sembra che il miglior modo di esplorarlo sia tener conto che si tratta di un io umano, predisposto a realizzare il massimo delle sue capacità nel relazionarsi con altri io umani. Ecco il camminare infinito, la cui infinitezza non dispiace affatto, perché consente un continuo crescere e arricchirsi. Tutto l'opposto del tentare di annullare l'io: piuttosto che tentare di annullarlo, di fonderlo in una fantomatica unità universale, non è infinitamente più arricchente porlo in un cammino di esplorazione delle migliori e più arricchenti possibilità di relazioni con gli altri io, le cui possibilità positive sono peraltro sostenute dall'esperienza?
Pazzesco. Hai espresso ciò che io, per eccesso di sintesi (e mancanza di tempo!) avevo in animo. E che, rileggendo il mio post, ho compreso che solo una persona dotata di una sensibilità e di una capacità penetrativa fuori dal comune, poteva afferrare.
Chiedo scusa per l'OT ma sono stupito e ammirato!
Grazie, l'apprezzamento mi fa molto piacere, non penso però di avere doti fuori dal comune. Credo che si tratti solo del fatto che ogni tanto succede di intendersi tra persone che su qualcosa la pensano in maniere più o meno simili.
Ciò che ho scritto potrebbe essere criticato in mille modi, ma l'ho scritto lo stesso perché se ci facciamo bloccare dalla criticabilità dovremmo stare tutta la vita in silenzio, dovremmo rinunciare a vivere.
colgo l'occasione per segnalare questi 4 video che spiegano (effettivamente tramite disegnino :-X ) cosa si intende per EGO nel buddismo
detto questo rimane il dubbio che l'ego trovi una "salvezza" e "sopravvivenza" in coloro che cercano invece (anche in buona fede ammetto) di annullarlo...
ciao :)
https://www.youtube.com/watch?v=AASvZI2LAlk&t=2shttps://www.youtube.com/watch?v=KGnieshKIg4&t=2shttps://www.youtube.com/watch?v=ierljzjY8e4&t=3shttps://www.youtube.com/watch?v=VhEi_Sc8Pl8&t=2s
Argomento molto interessante. :) :) :)
Centralissimo nel mio mondo filosofico. 8)
Io credo che il problemo dell'ego esista, e credo anche che esista un problema delle relazioni ego-Dio.
L'ego è il sè, e il soggetto è il sè che si riconosce tale. O meglio come dice Hegel che si PONE tale. Autocoscienza.
Parola da me odiata, perchè l'ho riconosciuta come l'origine di ogni mistificazione.
Ora potrei stare qui a perdere tempo a dimostrare che l'ego spirituale coincide con l'autocoscienza.
Non lo faccio.
Il punto che si perde nella discussione è che però benchè vi sia mistificazione, la mistificazione è del soggetto che la pone o di chi la accetta: Ma la spiritualità è altra cosa rispetto al soggetto!
Figuriamoci rispetto all'ego spirituale, che si costruisce, che si pone, che si autoproclama a capo del sè. Ossia come meta del sè.
Si giustifica come meta, ma esso è il prodotto delirante del sè. Non è "causa sui" ma conseguenza degli errori inferenziali del sè.
Problema filosofico per eccellenza: causa infinita di mali che perdurano sin dentro le nostre vite quotidiane.
Torniamo però ai mali di questo ego-sprituale.
bluemax
"Prima di allora non avevo mai pensato che esistesse un EGO distinto dal mio "ME" ultimo, ma grazie a meditazioni ed esperienze prima logiche poi inferenziali ho capito chi è il grande nemico fonte di ogni male ossia questo fantomatico EGO che non è altro che la proiezione di un ME stesso illusorio sul mondo circostante."
Esattamente! io quel "me ultimo", come lo chiami, lo chiamo trascendenza del Dio, nel sè.
Coincide esattamente nell'esserci di heidegeriana memoria. Ossia dell'esserci che non c'è, in quanto avviene un attimo prima dello stare nel mondo. Sarebbe il tema della lichtung. Della lucentezza, dell'io che è trasceso e che implode nel suo auto-da-fè che è l'io stesso formale, posto, sensibile.
Il passaggio che manca nel tuo ragionare-meditare è che questo me ultimo, il sè originario potremmo chiamarlo, non esiste nel reale.
Ossia nel sensibile. Come dici tu, già nei primi anni di vita, ma ormai la scienza può dire con certezza, che già nelle fasi pre-natali, il sè viene formato.
L'esserci al mondo (di memoria heidegeriana) è l'inevitabile inautenticità, a cui siamo destinati.
Siamo destinati ad essere ciò che NON siamo.
Quindi è esattamente in ciò che non siamo che si annida il me originario.
cit MONTALE ( l'EUSEBIO NAZIONALE ovviamente)
Ah l'uomo che se ne va sicuro,/agli altri ed a se stesso amico,/e l'ombra sua non cura che la canicola/stampa sopra uno scalcinato muro! Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,/sì qualche storta sillaba e secca come un ramo./codestosolo oggi possiamo dirti,/ciò che non siamo, ciò che non vogliamo."
cit Inverno
"Se invece di concentrarti cosi tanto su questo parolone tanto in voga (parlo di "ego") ti concetrassi su una parola un po in disuso ma che fornisce una chiave di lettura più ampia.. "ipocrisia" Tu vedi ipocrisia, e la detesti.. Perchè in definitiva, io penso, un vero percorso spirituale sia proprio questo, un indomita lotta senza quartiere contro l'ipocrisia"
Certo ma per poter andare avanti nella discussione, e quindi per poter trattare di nuovo dell'io e del sè in maniera produttiva, avrei bisogno che mi spiegassi come la spiritualità possa far guerra all'ipocrisia.
Nelle mie note di lettura a questa tua ipotesi, c'è il solito "non visto": ossia che non ci si pone MAI il problema del perchè si è ipocriti. (potrei citare Focault, ma su Youtube ho visto il video di Valentina Nappi, al festival di Pop-Sophia...l'imbarazzo della moderatrice e del pubblico dice già tutto quelle che c'è da dire! ossia che NESSUNO ha da dire qualcosa...questo ci porterebbe ASSAI lontani dalle nostre analisi....già chi vuole fare quelle analisi?)
cit anthonyi
"Più o meno questo è il lavoro fatto da S. Agostino, solamente che lui diceva che quando cercava la gratificazione fisica in realtà era alla ricerca dell'elevazione spirituale.
Il problema poi è che per la spiritualità l'uomo non può raggiungere la gratificazione nella materia perché questa si rivela sempre come un'illusione.
saluti"
Mi sembra che di danni Agostino nella sua vita ne abbia fatti davvero troppi per poterlo prendere a modello.
Dal mandare in carcere gente innocente, al trattar male la moglie, fino all'abbandono della stessa e del figlio per far carriera da vescovo, e continuare a fare danni probabilmente (mi sono fermato a lì tanto mi disgusta il santo).
Sì ecco me ne sono ricordato un altro: proiettare sul figlio i suoi principi etici deliranti, ed elaborare il lutto vedendolo come un santo....mi chiedo se il figlio abbia mai avuto un padre.
Se la relazione è il principio etico su cui lavorare, agostino è la sua nemesi.
cit angelo cannata
"Perché ricevere espressioni di piacere dovrebbe essere considerato un male? Per esempio Gesù amava farsi invitare a cena, qualche volta si autoinvitò da sé, amava il buon bere e il buon mangiare: perché demonizzare queste cose?"
Perchè Gesù non aveva il concetto di "MIO".
cit angelo cannata
"La via per una buona esistenza non può essere quella di rifiutare la natura di cui siamo fatti; si tratta piuttosto di lavorare per gestire queste cose in modi sempre migliori, sempre più arricchenti, aprenti."
Certo ma per avere modi aprenti, è necessario abbassare le difese del proprio io.
Se ci si innalzano mura troppo alte, si finisce prigionieri di se stessi.
In un senso meno etico, e più originario, è esattamente quello che si scopre nella tenciche di meditazione indiane.
E non riguarda le relazioni con gli altri, a cui giustamente, per carità, tu ti riferisci, ma alla relazione con Dio.
Anche se bluemax non l'ha ancora sviluppata. Per ora parla di "io più vero" e di "io meno vero".
cit angelo cannata
"Sono in parte d'accordo con il discorso sull'ipocrisia di InVerno: tutti siamo ipocriti, non se ne esce, perché tutti interpretiamo e non esistono interpretazioni fedeli, ogni interpretazione è sempre una distorsione. "
Si questo discorso va bene a livello di ricerca formale su cosa sia o non sia "io".
Ma a livello reale, è un grande errore: vedere Valentina Nappi come ho suggerito a Inverno.
Vi sono interpretazione che ci alienano ed altre che sono più vicine a quelle che dovremmo essere in quanto uomini.
(in questo il critianesimo non finirà mai di pagare l'enorme debito che ha creato, sempre che MAI lo paghi, visto l'andazzo).
Rifugiarsi nell'estetico, arte borghese per eccellenza, è proprio NEGARE qualsiasi lavoro sull'io. Vedi alla voce Carmelo Bene.
(quattro discorsi sul nulla).
cit angelo cannata
Cioè, Nietzsche smascherò le spiritualità, ma non si rifugiò in un tentativo di annullare l'ego; al contrario, lo esaltò al massimo, in una maniera che a mio parere di può davvero dire artistica.
Sì questo è corretto, sebbene non mi piace leggere Nietzche come artista.
cit viator
"Salve. Trovo mal collocato l'argomento che secondo me è di taglio psicofilosofico e non fideistico o spiritualistico. Comunque a mio parere il nostro ego è - secondo una interpretazione così radicale da risultare impersonale - null'altro che la combinazione del nostro istinto di sopravvivenza e della nostra coscienza, cioè da una parte l'origine e dall'altra il prodotto della psiche umana."
E dove si trova questa origine? nella mente? e chi ha generato la mente in quel caso?
E cosa è la psiche umana? un prodotto della mente? e come la puoi dimostrare questa produzione?
Sono d'accordo che il taglio non è fideistico, ma grazie al cielo non di solo cristianesimo si vive, nel mondo spirituale.
cit angelo cannata
"Trattandosi di un problema assolutamente impossibile da affrontare, e tanto meno risolvere, con metodi oggettivizzanti di qualsiasi genere, siano essi di impostazione scientifica oppure filosofica, credo che l'unica cosa da fare rimanga solo quella di assumere quest'io e porlo in atto rinunciando a capirlo."
Ma era proprio questo il punto da cui era partito bluemax! evidentemente non presti attenzione.
Non sei addentro al discorso di come si formi un "io".
Se tu prendi per buono che esista un io, e il tuo per giunta! siamo lontanissimi dal punto di attracco da cui secondo me il 3d ambisce disormeggiare.
Qua il problema è stabilire se vi sia una gerarchia di "io".
Nel linguaggio dell'india, che in parte è arrivato anche in occidente, si tratta di capire il livello di coscienza (o autocoscienza se proprio volete farmi uscire dagli stracci).
Il punto appunto è se esiste questo "io" e se sì come si forma.
E' proprio dalla problematizzazione dell'incipit, che poi si riesce a capire il problema dell'altro.
La formazione dell'io che è poi la politica dell'avere di memoria di From, del feticcio memoria di Freud, di feticizzazione di Marx, di vendetta di Nietzche. E' sempre la politica di negazione dell'altro.
Ossia di negazione dell'io che si relaziona. E' appunto l'io che si crede Io, l'io senza finestre di Leibniz, e di Cartesio.
Su su fino all'io senza finestre di Kant.
E' allora che la filosofia diventa una controstoria, ossia storia dell'io, storia delle relazioni dell'io, e cioè superamento dei deliri dell'io come Dio. (Dell'io che è senza Dio, e orfano di quello si crede Dio. Ha fede in Dio, e cioè ha fede solo in sè stesso.
Si autopone, decide che esiste solo lui, e crea politiche contro gli altri.Fino al delirio dello Stato, lo Stato come Dio.Il leviatano memoria di Hobbes.)
Diventa cioè vera filosofia. Prima era solo un sogno.
Non è affatto vero che non conosco l'altro, perchè è solo a contatto con l'altro che riconosco me stesso, e dunque per logica è vero anche l'inverso, che l'altro conosce se stesso, tramite me.
cit Freedom
"Credo siano maturi i tempi per sfatare il mito che sottende la più grande fregatura della ricerca spirituale: arrivare da qualche parte sulla base degli sforzi personali. Spaccarsi schiena, cervello e tutto il resto per trionfare su....su che cosa? Sul male? Sulla morte? Va bè, al di là del fatto che nessuno sa dove vuole andare (per forza siamo ciechi nati!) la consapevolezza decisiva è relativa al fatto che, da soli, non si arriva da nessuna parte.
Al contrario incaponirsi porta certamente fuori strada.
Bisognerà pur accettare la realtà!"
Ma forse i tempi erano più maturi nell'antichità, dove era chiaro che il problema principale era la salvezza dalla morte.
Oggi la morte è bandita da qualsiasi discorso sulla modernità. Il problema del nostro tempo è dunque più nel trovare nuove forme del lutto. In una parola sola: Hollywood, grazie al cielo! Ma questo è veramente un altro discorso.
cit angelo cannata
"Soggettività significa esplorazione dell'io, dell'ego, e mi sembra che il miglior modo di esplorarlo sia tener conto che si tratta di un io umano, predisposto a realizzare il massimo delle sue capacità nel relazionarsi con altri io umani. Ecco il camminare infinito, la cui infinitezza non dispiace affatto, perché consente un continuo crescere e arricchirsi. Tutto l'opposto del tentare di annullare l'io: piuttosto che tentare di annullarlo, di fonderlo in una fantomatica unità universale, non è infinitamente più arricchente porlo in un cammino di esplorazione delle migliori e più arricchenti possibilità di relazioni con gli altri io, le cui possibilità positive sono peraltro sostenute dall'esperienza?"
E no! Poichè in cosa consiste questa esplorazione umana senza Dio, se non in un cammino di progressiva distruzione della natura?
FINE PARTE 1 :(
parte 2 ...sommando a tutto quanto detto in parte 1. :(
andiamo al netto del problema. (ossia all'apertura dei veri problemi)
IMPORTANTE PER TUTTI! 8) ;D
MANIFESTO DELLE DUE VIE DEL NON-IO (occidentale, spiegato a fondo, e orientale, con un parallelo con l'ccidentale)
Se l'uomo non ha un Dio, egli distruggerà (per spirito di vendetta, vendetta contro se stesso però), tutto ciò che voglia negare il suo diritto alla vita. Ossia ad esistere solo con se stesso, in sè e per sè.
E' vero che esiste la fantasmatica della religione, ma è una fantasmatica attraversabile, per conoscerci in quanto "tramite", e non "fine".
Invece la fantasmatica del soggetto (senza finestre) ha come fine, e dunque è un fine, ci riconosce come fine, il destino di distruggere l'altro.
Se siamo abbastanza illuminati, notiamo che entrambe sono funzioni di annullamento dell'io reale, e cioè di quello che ha relazioni.
Sia chiaro come per Heidegger, penso siamo destinalmente portati a quello. Ossia tecnicamente l'io si dà proprio come "non-io".
Io NON sono l'altro. Dovrebbe suonare familiare visto il dilagante razzismo italiano.
Ma anche nel caso illuminato delle religioni, l'io si pretende come se fosse relazione ad un Dio.
Ma questo Dio non esiste. Dunque la pretesa è veramente un fantasma. E relazionarsi con il fantasma crea un io fantasmatico, di uguale portata distruttrice. Perchè pretende la distruzione dell'io a favore dell'io reale (che in realtà è un fantasma) che è la propria relazione con il Dio stesso posto. E' quindi un delirio maniacale di grandezza. E' l'io che si dice IO, senza dare possibilità all'incotro con l'altro reale, gli infiniti io che non sono me, ma solo con l'altro presupposto, il Dio appunto.
L'induismo per evitare queste inevitabili stagnazioni, ha creato dunque direttamente il NON-IO.
Non gli serve passare delle secche, dalle paludi del discorso apodittico, che comunque voglio dire approdano per vie negativa, lo steso ormeggio da cui partono gli orientali.
Se l'io è contraddizione dice l'occidentale, allora l'io è un non-io. L'io è illusione.
Nell'occidente però così facendo si perde di vista proprio il Dio che l'aveva iniziata al suo destino ontologico.
E cioè al suo destino di tecnica, di presa in consegna e di distruzione della Natura.
Il problema della mistificazione e della ipocrisia, è la questione ideologica.
Zizek nel suo film "cosa è ideologia", spiega magistralmente, che è il segreto della chiesa.
Ossia negare il desiderio (mistificazione - ipocrisia) (in senso filosofico attenzione è desiderio di distruzione) è dare i presupposti all'io (che è un non-io) di godere, di appagarsi. (ok questa è la lezione lacaniana, spero non sia trumatica per molti di voi, se non la capite, smettete ORA di leggere): Ossia l'occidente ha scoperto che l'unica maniera di godere senza rinunciare all'io che si crede DIO, è di affermare che esista, che sia reale, che sia reale l'avere, il feticcio, lo stato, di modo che il sovvertire questa cosa, ossia la distruzione dell'altro, distruzione a livello fisico, sessuale, politico, è riproporre il gusto della perversione, la mania di grandezza, la volontà di potenza, di credersi DIO, nell'annullamento del io che si stava relazionando con l'altro. Ossia la negazione del proprio io reale, quello che si relaziona, ha come effetto il piacere dissimulato, protratto.
Che continua a collezionare corpi e oggetti, come se li fagocitasse.
Il problema dello Zombie, che aleggia come fantasma su tutto il globo e che è finalmente esploso con tutta la sua virulenza come spettacolarizzazione dei riti cannibalici. (dai femminicidi, agli f-35).
Ossia nel piacere che non c'è.
L'intera società che dunque si diletta in ciò che non c'è che non esiste, e anzi lo pretende.
E' il motivo delle forma schizoidi, dell'ateismo e dell'odio.
Ossia nelle celebrazioni del NON IO.
Il non-io si scopre gaudente, nel porsi come tale, IN NOME DEL FATTO DI ESSERE QUALCOSA, appunto un IO. (che sia Dio o la Scienza non cambia niente, Nietzche docet).
L'oriente invece non ha scoperto questa gaudiosità, esso vive ancora all'ombra delle sue gerarchie, anche se ormai la scoperta dell'occidente, nella sua gaudiosità, e dunque nella sua potenza di dare piacere, ha ormai invaso la sacralità di qualsiasi tradizione.
Non l'ha scoperta, perchè è rimasta fedele a Dio.
Se infatti l'io è un non-io, per impedire all'io di fagocitare il proprio Dio, ossia di assumerlo alle forme dell'io.
E quindi di un NON DIO.
Ha dovuto partire dal negare anzitutto se stesso.
Qualsiasi religione orientale, sa benissimo questo.
Non esiste fantasmatica dell'io, e fantasmatica del Dio che che è un IO, della LEGGE o del DIO fattosi UOMO che sia. (pur sempre una legge porta in sè).
Non esiste legge nel mondo orientale, se non quella che ricostruisce la gerarchia della formazione dell'io illusorio.
La legge indiana, è legge cosmica, e non della storia.
Ma questa legge, è infine per il più saggio dei saggi, o per il più consapevole NECESSARIAMENTE illusoria.
In questo senso mi pare il BUDDISMO una frangia estremista, sono d'accordo con Apeiron, che ha usato queste parole provocatorie, dell'INDUISMO.
Il buddimo smette di essere religione nel momento stesso che individua nel fatto che l'io NON é reale, dunque qualsiasi DIo non è Reale!
Ossia che l'IO Che si crede Dio, NON è reale. (ogni Dio è una mistificazione dell'io della classe sacerdotale)
Non esiste legge. E dunque non esiste gaudenza nell'infrazione della legge stessa.
Il buddismo è un gradino sopra tutte le religioni.
Molti dicono che è una religione senza DIO.
Ma non è vero!! E' proprio perchè mantiene DIO (il DIO reale non quello mistificatorio) nel suo discorso che è la religione più autentica.
Il nibbana, la cessazione del piacere, ossia dell'io che si crede DIO, è esattamente la meta gloriosa da cui in fin dei conti parte.
(ossia si parte giò con il chiaro intento, saggio, di dover arrivare a quella meta, perchè è solo l'inizio del cammino).
E' solo nel NON IO che si Riconosce come NON IO, ossia come cessazione di credere di essere DIO, ossia come armonia tra esseri consenzienti, e cioè nel mare del samsara della legge cosmica, che li determina come agenti l'uno per l'altro.
Qualsiasi cosa questa cosa voglia dire.
Spazzare il tempio del monastero o pregare insieme le divinità, è la stessa cosa. Purchè si rinunzi a credere che si possa fare a meno di spazzare la strada per il tempio, se non per amore di relazione a questo mondo, e cioè a livello di illusione.
Il buddismo ha capito che non può esservi un DIO, senza cadere nel desiderio di sopraffazione dell'altro.
La cosa bizzarra è che tutta questa saggezza viene data per scontata.
Non è spiegata bene, è incomprensibile per un occidentale, che ha bisogno di "testare" la qualità della proposta.
Io ci sono arrivato più applicando l'occidente all'oriente che non partendo dall'oriente.
Quando vedo che l'occidente partire dall'oriente senza passare per l'occidente stesso, trovo che quell'oriente sia solo NEW AGE.
Ossia cattivo occidente applicato a oriente.
Il NON IO, non è una posa del pensiero, è una acquisizione di un lungo processo di etica umana.
E' lo strumento che impedisce all'io di credersi monade, e che permette allo stesso momento di mantenere aperto il problema, o meglio come dico io, il mistero di Dio. (non della fede...che mi pare una chiara mistificazione...ma va bè sto andando contro un pensiero millenario...sto cercando di coprire il gap, per produttivi discorsi futuri, sono già al lavoro).
Citazione di: bluemax il 23 Febbraio 2018, 14:44:50 PM
colgo l'occasione per segnalare questi 4 video che spiegano (effettivamente tramite disegnino :-X ) cosa si intende per EGO nel buddismo
detto questo rimane il dubbio che l'ego trovi una "salvezza" e "sopravvivenza" in coloro che cercano invece (anche in buona fede ammetto) di annullarlo...
ciao :)
https://www.youtube.com/watch?v=AASvZI2LAlk&t=2s
https://www.youtube.com/watch?v=KGnieshKIg4&t=2s
https://www.youtube.com/watch?v=ierljzjY8e4&t=3s
https://www.youtube.com/watch?v=VhEi_Sc8Pl8&t=2s
Poi ascolto i video se ho tempo.
A mio parere l'io non trova sopravvivenza in termini di "salvezza".
Nel senso che per salvarsi, o meglio farsi salvare da Dio, deve seguire la via del NON-IO
Ma in termini di sopravvivenza nel mondo, trova armonia nella profonda necessità di quella salvezza.
Ossia nell'accettazione che se qualcosa deve essere salvato allora vi è un basso, da coltivare nella giusta maniera.
ossia nella direzione della salvezza futura.
E quindi nel rispetto degli altri e delle cose financo.
Citazione di: bluemax il 23 Febbraio 2018, 14:44:50 PM
colgo l'occasione per segnalare questi 4 video che spiegano (effettivamente tramite disegnino :-X ) cosa si intende per EGO nel buddismo
detto questo rimane il dubbio che l'ego trovi una "salvezza" e "sopravvivenza" in coloro che cercano invece (anche in buona fede ammetto) di annullarlo...
ciao :)
https://www.youtube.com/watch?v=AASvZI2LAlk&t=2s
https://www.youtube.com/watch?v=KGnieshKIg4&t=2s
https://www.youtube.com/watch?v=ierljzjY8e4&t=3s
https://www.youtube.com/watch?v=VhEi_Sc8Pl8&t=2s
C'è un errore di fondo nel discorso che viene fatto in tutti e quattro i video: si trascura di applicare la critica a sé stessi. È giusto quando dice che tante cose che riteniamo reali sono in realtà solo nella nostra mente, ma dimentica di applicare ciò a sé stesso, e quindi già allo stesso discorso di dire che si tratta di concetti mentali.
È l'errore classico presente in ogni sistema di pensiero, che alla fin fine si risolve in un oggettivizzare: oggettivizzare significa dimenticare la propria soggettività nel fare quel discorso.
Mi sembra che la stessa cosa si possa dire anche di tutto ciò che ha scritto green demetr: manca l'autocritica.
Citazione di: Angelo Cannata il 23 Febbraio 2018, 17:57:12 PM
Mi sembra che la stessa cosa si possa dire anche di tutto ciò che ha scritto green demetr: manca l'autocritica.
Certo ma io l'ho sottolineato che l'oriente parte direttamente dal non-io.
Questo gli ha permesso di andare oltre la continua autocritica occidentale, che sfocia in un frigido e mortuario discorso sul paradosso.
C'è molta più vita in oriente che in occidente. Ma poi ognuno segue certo la propria strada.
A me non sembra che parlare di non-io sia un'autocritica: può risultare una critica dell'io, ma essa andrebbe a sua volta criticata.
Sono d'accordo sul fatto che l'occidente, di fronte all'autocritica, rimane in stallo, come se dicesse: "E ora che facciamo, una volta che abbiamo capito che qualunque cosa pensiamo dobbiamo anzitutto noi stessi criticarla e quindi autodemolircela già in partenza noi stessi da soli?".
Ma la via per uscire da questo stallo non mi sembra essere quella dell'oriente: mi sembra che l'oriente faccia finta di risolvere il problema, ma questa finta può andar bene solo per chi non si accorge del fatto che l'oriente trascura proprio l'autocritica.
Dallo stallo non si esce ignorando l'autocritica, perché quello dell'autocritica per me è un passaggio ormai storico che non può essere ignorato. Bisogna andare oltre, ma senza ignorare ciò che è successo. Secondo me (e non solo secondo me: non si tratta di idee mie totalmente originali) si esce dallo stallo dell'autocritica orientandosi al provvisorio, al particolare, al modesto, al piccolo; orientandosi a prendersi carico della soggettività in contrapposizione all'oggettività; orientandosi al raccontare in contrapposizione all'esporre concetti astratti.
Citazione di: Angelo Cannata il 23 Febbraio 2018, 20:16:34 PM
A me non sembra che parlare di non-io sia un'autocritica: può risultare una critica dell'io, ma essa andrebbe a sua volta criticata.
Sono d'accordo sul fatto che l'occidente, di fronte all'autocritica, rimane in stallo, come se dicesse: "E ora che facciamo, una volta che abbiamo capito che qualunque cosa pensiamo dobbiamo anzitutto noi stessi criticarla e quindi autodemolircela già in partenza noi stessi da soli?".
Ma la via per uscire da questo stallo non mi sembra essere quella dell'oriente: mi sembra che l'oriente faccia finta di risolvere il problema, ma questa finta può andar bene solo per chi non si accorge del fatto che l'oriente trascura proprio l'autocritica.
Dallo stallo non si esce ignorando l'autocritica, perché quello dell'autocritica per me è un passaggio ormai storico che non può essere ignorato. Bisogna andare oltre, ma senza ignorare ciò che è successo. Secondo me (e non solo secondo me: non si tratta di idee mie totalmente originali) si esce dallo stallo dell'autocritica orientandosi al provvisorio, al particolare, al modesto, al piccolo; orientandosi a prendersi carico della soggettività in contrapposizione all'oggettività; orientandosi al raccontare in contrapposizione all'esporre concetti astratti.
Ma questo è il problema dell'occidente, non dell'oriente.
Porsi la questione che vi sia un problema, significa problematizzare ciò che non è problematizzabile per un orientale.
In quanto tutto è illusione.
L'autocritica è il delirio dell'occidente per un orientale.
Inoltre affermare che l'autocritica raggiunge il paradosso, senza per questo smettere di continuare, non ha alcun senso!
Perchè la continuazione crea lo stesso paradosso da cui si era iniziata ad avvitare.
Questa posizione del serpente che si mangia la coda, è la posizione paranoica.
Volersi porre fuori dal paradosso, come vorrebbe la regola linguistica, significherebbe di per sè, smettere di fare critica, e di affidarsi alla regola che decide della forma linguistica stessa.
Che è poi la forma delirante della posizione paranoica. La volontà di potenza.
Caro Angelo mi spiace, ma la metafisica raggiunge solo il suo paradosso di essere indecidibile.
Se vogliamo continuare a fare filosofia dobbiamo aprire all'altro da me, ossia alle forme di relazione, e non di autocritica. Di critica delle relazioni, e non di autocritica del sè.
Critica alle relazioni significa di per sè porsi fuori dalle proprie certezze, ma non per crearne nuove, bensì per testarle nel reale.
Per rendersi conto del resto, oltre le maschere.
Il non-io non è un vero "non-io", è un io che ospita l'altro. (e per questo è in grado di ospitare anche Dio). E' un io che ha smesso di auto-crearsi e di auto-celebrarsi, e ha deciso finalmente di mettersi nel fiume della vita.
@bluemax,
il problema che tu metti in luce in realtà è molto importante e al contempo molto subdolo. Esso è ben noto a molte tradizioni. Non solo quelle dove è presente una grande tradizione rinunciante, come le religioni indiane e il cristianesimo, ma anche tradizioni più "affermative" come il daoismo (nel DaoDeJing e nello Zhaungzi per esempio).
DIco la mia.
In sostanza l'avversione al mondo spesso o è una forma di "vanagloria" oppure di "risentimento". Vanagloria perchè qualcuno tramite la pratica spirituale comincia a credere di essere "superiore" a chi invece non la fa. Uno comincia a seguire regole etiche molto "rigide", a meditare o pregare per molto tempo al giorno, a ridurre i suoi desideri "mondani" ecc e comincia a inorgoglirsi sempre di più. Comincia a vedere gli altri, come dicevo, "inferiori" e comincia dunque a "disprezzarli". In sostanza finisce per diventare l'esatto opposto di ciò che dovrebbe con la pratica, ovvero ben poco umile. In sostanza se uno comincia ad "attaccarsi al rito" finisce per auto-glorificarsi. Viceversa uno può "rinchiudersi" in sé stesso, può usare la pratica spirituale come "fuga" dalla realtà perchè è troppo "difficile" per lui. In questo caso questa "fuga" poi si trasforma in una condanna al mondo. In ambo questi casi si finisce magari per distorcere la pratica stessa verso in una direzione che è "appetibile", comoda e così via (ovvero si preferisce un cammino "adatto a noi", piuttosto di quello che ci serve veramente). E queste cose non le vedono solo i buddhisti o gli "orientali". L'idea è ben presente nel cristianesimo stesso, senza andare troppo "lontano". Dicevo che poi è una tendenza molto subdola perchè effettivamente si tengono dei comportamenti che esternamente sono "virtuosi" ma la motivazione interna a volte può non essere così virtuosa (motivo per cui una sana autocritica è sempre utile).
L'umiltà non deve essere presa come auto-mortificazione (che in un certo senso è anch'essa una forma di vanagloria). L'umiltà secondo me è certamente talvolta "dolorosa", richiede disciplina ecc ma deve essere anche "liberante". La vera umiltà rende più sereni, più felici e più liberi. Tuttavia riuscire ad essere umili è difficile perchè la nostra mente tende ad estremizzare sia la "brama" (e quindi a "voler controllare tutto"), l'infinito desiderio di piacere ecc ma anche l'avversione, la repulsione verso le cose. L'umiltà si mette in mezzo a queste due tendenze riducendo la nostra bramosia di controllo senza però farci condizionare dall'avversione o dal rimpianto.
Non c'è una vera condanna dei piaceri dei sensi. La "condanna" è rivolta verso la bramosia incontrollata che ci rende prigionieri di essi. E infatti persino una tradizione "ascetica" come il buddhismo per i laici non mette il veto sulla "vita sensuale". Mette certamente dei paletti ma questi paletti sono rivolti a diminuire la sofferenza che verrebbe causata dalla sregolatezza.
@green demetr,
la mia attuale posizione è che solo una interpretazione del buddhismo è "nichilista". Interpretazione sostenuta nell'antichità dalla scuola Sautrantika (forse) e sostenuta oggi da una porzione minoritaria ma significativa della scuola "Theravada".
All'infuori di questa interpretazione minoritaria, la posizione classica della scuola Theravada ritiene il Nibbana una "realtà esistente", l'Incondizionato - su cui però non si può dire niente (la spiegazione del @Sari nel topic del "Dubbio mentale" è quella classica della scuola Theravada).
Oggi ci sono altre "sottoscuole" all'interno del Theravada che la pensano diversamente. Una di queste è quella "nichilista". Un'altra invece eguaglia il Nirvana con una forma di "coscienza" molto particolare: "coscienza non manifesta, senza fine, ovunque risplendente" (Majjhima Nikaya 49).
Poi c'è il Mahayana. Ma qui concetti come "Buddhità", libertà da estremi ecc escludono il nichilismo.
cit.Bluemax:
Dipendesse da me metterei la regola che solo chi ha raggiunto la piena gratificazione nel mondo della materia puo' dedicarsi, poi, alla ricerca spirituale.
Solo un ego maturo e sano, che è stato capace di raggiungere obbiettivi concreti in campo lavorativo, artistico, sportivo piuttosto che politico o economico... insomma, solo un ego realizzato, contento di sé è davvero pronto per MORIRE.
Gli altri stanno fingendo... recitano una parte... proprio per non morire mai. Si tratta secondo me di "ego spirituale".
Sarebbe come voler curare l'eccesso di colesterolo mediante grandi abbuffate di cotechino... ;D ;)
Se l'ego non è che un fantasma costruito dall'attaccamento, come si può parlare di "ego realizzato" ? E gli "obiettivi concreti" in campo lavorativo, artistico, sportivo piuttosto che politico o economico sono forse altro rispetto a metodi ingegnosi che il fantasma ha ideato per sfuggire allo specchio tanto temuto? Quello in cui nulla si riflette? Di fronte al quale non vede alcun volto? Non esiste qualcosa come un "fantasma spirituale"...può esistere, ed esiste, un fantasma che si serve della spiritualità per alimentarsi.
Se la spiritualità è qualcosa che ci dà soddisfazione possiamo esser sicuri che non è altro che l'ennesima abbuffata del fantasma. Una spiritualità seria fa male...non è una cosa piacevole. Infatti lo si nota nella bulimia di esperienze "spirituali" di cui l'ego di moltissime persone fa collezione. Si assaggia un pò di Cristo, ma quando parla di cambiare...ce ne andiamo...si gusta un pochino di Buddha, ma quando parla di lasciare...ce ne andiamo...teniamo per un pò il bastone di Osho...ma quando si avvicina un povero cane...lo usiamo per bastonarlo! Ecco all'opera un fantasma che vuol "realizzarsi". Saltella di qua...e saltella di là. Pensa di esistere e non è che un sankhara , un condizionamento a cercare piacere e , subdolamente, trarre dalla sensazione piacevole provata la conferma del proprio esistere.
Siccome poi la sensazione sfuma, sparisce più o meno velocemente ( a volte il fantasma si stufa in pochi giorni, altre volte ci vogliono anni...) occorre andare in cerca di un'altra, di un altro condizionamento, a cui aggrapparsi per sentirci "realizzati"...non sia mai che percepiamo per un attimo quel senso di vuoto tra un piacere e l'altro...dobbiamo riempirlo il più in fretta possibile!...Questo è il problema delle condizioni, dei fattori condizionanti. Le cose che ci determinano, che determinano le nostre menti, sono insoddisfacenti e impermanenti. Per insoddisfacenti s'intende la loro impossibilità di darci una soddisfazione duratura.
Se usiamo la spiritualità per non provare quel vuoto non facciamo che mettere all'opera un altro condizionamento. E poco importa se lo riteniamo più "nobile", o elevato, di un altro...sempre di cotechini si sta parlando!
Se noi impariamo a guardare, a esaminare le condizioni invece di sostituirle una con l'altra, allora noi potremo trovare una via di uscita dalle condizioni stesse. Arrivare a riconoscere che in realtà non c'è nessuno che sta nelle condizioni, nessun ego reale, solo un fantasma, cioè che le condizioni non hanno un sé, non sono il sé. Possono essere prigioni, scatole, determinanti, però non c'è nessuno dentro queste scatole e quindi non c'è nessuno che deve uscirne, nessuno che debba essere liberato da queste prigioni.
cit.Green demetr
Molti dicono che è una religione senza DIO. Ma non è vero!! E' proprio perchè mantiene DIO (il DIO reale non quello mistificatorio) nel suo discorso che è la religione più autentica.
Soprattutto perché non ne parla, Green...soprattutto perché non ne parla!
Come ho già scritto: prima bisogna curare la ferita...che è profonda e infetta...strati senza fine di condizionamenti.
A tutte le domande su Dio, Siddhartha oppose il Silenzio. Comprendeva che ogni cosa che avrebbe potuto dire sarebbe stata l'ennesima preda del fantasma, il suo nuovo sankhara, il suo piacevole condizionamento...da mettere per un pò al posto di quello piacevole precedente.
L'oriente invece non ha scoperto questa gaudiosità, esso vive ancora all'ombra delle sue gerarchie, anche se ormai la scoperta dell'occidente, nella sua gaudiosità, e dunque nella sua potenza di dare piacere, ha ormai invaso la sacralità di qualsiasi tradizione. Non l'ha scoperta, perchè è rimasta fedele a Dio.
Condivido. Si potrebbe quasi dire che non è uscita dal cerchio di fuoco, o che lotta ormai per non uscirne...Il cerchio di fuoco dell'accordo con la sacralità vera dell'esistere. Il cerchio dove, stretti gli uni agli altri, ci possiamo scaldare con lo sguardo sulla fiamma che divampa..Il fuoco purificatore di Agni, signore del luogo della cremazione, della morte , e signore dell'oscura impenetrabile foresta...
cit.Apeiron:
In sostanza l'avversione al mondo spesso o è una forma di "vanagloria" oppure di "risentimento".
C'è anche una terzo motivo, molto profondo e interessante da investigare: una forma di "stanchezza" verso il mondo. In questa stanchezza non è presente la radice nociva dell'avversione, ma solamente il desiderio inspiegabile di "passare all'altra riva"...tipica della percezione del koko , l'elegante bellezza della decadenza, dell'impermanenza delle cose belle che ci circondano...
Molto vicino al significato della parola zen sabi, koko pone l'accento sul fatto che il fascino di ciò che è annoso e maturo risiede nel suo essere diventato secco, cioè essenziale, ascetico, ruvido, esperto, severo, lontanissimo dalla sensualità tipica della giovinezza. In questa secchezza del koko compare l'aspettativa spirituale dell' "andarsene"...per sempre.
Citazione di: Sariputra il 24 Febbraio 2018, 01:06:57 AMcit.Bluemax: Dipendesse da me metterei la regola che solo chi ha raggiunto la piena gratificazione nel mondo della materia puo' dedicarsi, poi, alla ricerca spirituale. Solo un ego maturo e sano, che è stato capace di raggiungere obbiettivi concreti in campo lavorativo, artistico, sportivo piuttosto che politico o economico... insomma, solo un ego realizzato, contento di sé è davvero pronto per MORIRE. Gli altri stanno fingendo... recitano una parte... proprio per non morire mai. Si tratta secondo me di "ego spirituale". Sarebbe come voler curare l'eccesso di colesterolo mediante grandi abbuffate di cotechino... ;D ;) Se l'ego non è che un fantasma costruito dall'attaccamento, come si può parlare di "ego realizzato" ? E gli "obiettivi concreti" in campo lavorativo, artistico, sportivo piuttosto che politico o economico sono forse altro rispetto a metodi ingegnosi che il fantasma ha ideato per sfuggire allo specchio tanto temuto? Quello in cui nulla si riflette? Di fronte al quale non vede alcun volto? Non esiste qualcosa come un "fantasma spirituale"...può esistere, ed esiste, un fantasma che si serve della spiritualità per alimentarsi. Se la spiritualità è qualcosa che ci dà soddisfazione possiamo esser sicuri che non è altro che l'ennesima abbuffata del fantasma. Una spiritualità seria fa male...non è una cosa piacevole. Infatti lo si nota nella bulimia di esperienze "spirituali" di cui l'ego di moltissime persone fa collezione. Si assaggia un pò di Cristo, ma quando parla di cambiare...ce ne andiamo...si gusta un pochino di Buddha, ma quando parla di lasciare...ce ne andiamo...teniamo per un pò il bastone di Osho...ma quando si avvicina un povero cane...lo usiamo per bastonarlo! Ecco all'opera un fantasma che vuol "realizzarsi". Saltella di qua...e saltella di là. Pensa di esistere e non è che un sankhara , un condizionamento a cercare piacere e , subdolamente, trarre dalla sensazione piacevole provata la conferma del proprio esistere. Siccome poi la sensazione sfuma, sparisce più o meno velocemente ( a volte il fantasma si stufa in pochi giorni, altre volte ci vogliono anni...) occorre andare in cerca di un'altra, di un altro condizionamento, a cui aggrapparsi per sentirci "realizzati"...non sia mai che percepiamo per un attimo quel senso di vuoto tra un piacere e l'altro...dobbiamo riempirlo il più in fretta possibile!...Questo è il problema delle condizioni, dei fattori condizionanti. Le cose che ci determinano, che determinano le nostre menti, sono insoddisfacenti e impermanenti. Per insoddisfacenti s'intende la loro impossibilità di darci una soddisfazione duratura. Se usiamo la spiritualità per non provare quel vuoto non facciamo che mettere all'opera un altro condizionamento. E poco importa se lo riteniamo più "nobile", o elevato, di un altro...sempre di cotechini si sta parlando!
Ottimo intervento! Nel mio intervento mi sono dimenticato proprio di accennare a questa tendenza a saltellare.
@green,
purtroppo oggi l'occidente cerca di "impossessarsi" dell'oriente rendendolo "appagante". Si fa un po' di meditazione per rilassarsi, si legge la poesia di Tagore' o il libro di Osho oppure le parole belle di un maestro Zen. Facendo questa selezione sembra che, per esempio, il Nirvana sia semplicemente "essere rilassati" e vivere una vita "normale". Quello che ci si dimentica è che per l'oriente la "normalità" è un ciclo senza inizio e possibilmente senza fine di rinascita e ri-morte. Si legge per esempio Pirsig che dice che le differenze dottrinali tra daoismo, induismo e buddhismo sono per gli orientali meno importanti che le differenze tra le tre religioni abramitiche in occidente. Ma questo è vero fino ad un certo punto. In realtà a noi occidentali ci sembrano "molto simili". Per un indiano le differenze sono sottili ma importantissime, visto che l'idea è che solo la "retta visione" possa far
cessare la Ruota del Samsara. Il New Age invece si dimentica di ciò. Si dimentica che per un indiano, come dici spesso, la storia in ultima analisi è una sorta di illusione. Che tutte le "imprese" che vengono fatte dagli uomini in realtà non sono niente di speciale. E in una società che si basa proprio sul "successo individuale" questo tipo di insegnamenti non vengono compresi. Così si dice che il buddhismo è molto meno "duro" del cristianesimo ecc.
Non a caso, gli insegnamenti sulla "rinascita", la tendenza a far cessare ogni attività non vengono mai evidenziate da molti occidentali. Il loro messaggio autentico non viene mai veramente detto e in effetti si evidenza nel buddhismo solo ciò che fa comodo: Buddha diceva di non essere un dio, diceva di rendere sé stessi un'isola, di non seguire l'autorità dei "brahmini" ecc tuttavia allo stesso tempo il Buddha vedeva l'intera esistenza come una tragica ripetizione di esistenze che davano molta più insoddisfazione che altro. In sostanza è facile dire di essere "interessati all'oriente" come fanno certi e "dimenticarsi" degli aspetti più duri, meno appetibili. Si costruisce una spiritualità che si adatta alle nostre esigenze.
cit. Sariputra
C'è anche una terzo motivo, molto profondo e interessante da investigare: una forma di "stanchezza" verso il mondo. In questa stanchezza non è presente la radice nociva dell'avversione, ma solamente il desiderio inspiegabile di "passare all'altra riva"...tipica della percezione del koko , l'elegante bellezza della decadenza, dell'impermanenza delle cose belle che ci circondano...
Molto vicino al significato della parola zen sabi, koko pone l'accento sul fatto che il fascino di ciò che è annoso e maturo risiede nel suo essere diventato secco, cioè essenziale, ascetico, ruvido, esperto, severo, lontanissimo dalla sensualità tipica della giovinezza. In questa secchezza del koko compare l'aspettativa spirituale dell' "andarsene"...per sempre.
Vero anche questo!
cit sariputra
Soprattutto perché non ne parla, Green...soprattutto perché non ne parla!
Come ho già scritto: prima bisogna curare la ferita...che è profonda e infetta...strati senza fine di condizionamenti.
A tutte le domande su Dio, Siddhartha oppose il Silenzio. Comprendeva che ogni cosa che avrebbe potuto dire sarebbe stata l'ennesima preda del fantasma, il suo nuovo sankhara, il suo piacevole condizionamento...da mettere per un pò al posto di quello piacevole precedente.
E' vero! mi pare un importante approfondimento. Non posso che concordare. :)
cit sariputra
Si potrebbe quasi dire che non è uscita dal cerchio di fuoco, o che lotta ormai per non uscirne...Il cerchio di fuoco dell'accordo con la sacralità vera dell'esistere. Il cerchio dove, stretti gli uni agli altri, ci possiamo scaldare con lo sguardo sulla fiamma che divampa..Il fuoco purificatore di Agni, signore del luogo della cremazione, della morte , e signore dell'oscura impenetrabile foresta...
Ah! ci addentriamo ad audaci interpretazioni degli scritti vedici! :-[
Non posso che concordare. ;) :)
cit sariputra
Se usiamo la spiritualità per non provare quel vuoto non facciamo che mettere all'opera un altro condizionamento. E poco importa se lo riteniamo più "nobile", o elevato, di un altro...sempre di cotechini si sta parlando!Vedo che su questo punto continuiamo ad essere in disaccordo.
Voler provare quel vuoto, è la prima causa del risentimento.
Mi pare di capire invece, che l'etica buddista moderata, consista nell'armonizzare, la propria necessaria particolarità di essere nel mondo, e cioè nel samsara, con la necessità di accettare, e non di fuggire la sofferenza.
Tramite le tecniche di meditazione, ma anche semplicemente pulendo il tempio, noi prendiamo consapevolezza, che questa sofferenza non ci appartiene.
Nelle tecniche di
mindfulness, propostami dalla mia professoressa di psichiatria per la specializzazione di aiuto infermiere, si tratta di applicare nella maniera corretta le premesse del buddismo: i risultati sono eccezionali.Come è evidente dalla spiegazione scientifica il nocciolo dell'armonia buddista è capire di essere all'interno del mondo del samsara. Ma come dice Bluemax che ha sperimentato la meditazone vi è un sè più vero.Ma il sesso non è sofferenza. E' bizzarro che le religioni di tutto il mondo sovvertano una cosa così naturale, e praticata da tutti.
Diverso è il caso della bulimia o anoressia dei piaceri. Con i loro fantasmi e le lora coazioni a ripetere (ma qui appunto deviamo decisamente nel filosofico e nello psicologico).
Credo che una distinzione sarebbe utile anche all'interno dei mondi pastorali.
cit apeiron
purtroppo oggi l'occidente cerca di "impossessarsi" dell'oriente rendendolo "appagante". Si fa un po' di meditazione per rilassarsi, si legge la poesia di Tagore' o il libro di Osho oppure le parole belle di un maestro Zen. Facendo questa selezione sembra che, per esempio, il Nirvana sia semplicemente "essere rilassati" e vivere una vita "normale". Quello che ci si dimentica è che per l'oriente la "normalità" è un ciclo senza inizio e possibilmente senza fine di rinascita e ri-morte. Si legge per esempio Pirsig che dice che le differenze dottrinali tra daoismo, induismo e buddhismo sono per gli orientali meno importanti che le differenze tra le tre religioni abramitiche in occidente. Ma questo è vero fino ad un certo punto. In realtà a noi occidentali ci sembrano "molto simili". Per un indiano le differenze sono sottili ma importantissime, visto che l'idea è che solo la "retta visione" possa far cessare la Ruota del Samsara. Il New Age invece si dimentica di ciò. Si dimentica che per un indiano, come dici spesso, la storia in ultima analisi è una sorta di illusione. Che tutte le "imprese" che vengono fatte dagli uomini in realtà non sono niente di speciale. E in una società che si basa proprio sul "successo individuale" questo tipo di insegnamenti non vengono compresi. Così si dice che il buddhismo è molto meno "duro" del cristianesimo ecc.
Mi sa che sto facendo un pò di casino, in questo mese mi sono dedicato, ho tentato di dedicarmi, alla teologia contemporanea.
Quindi intendere le varie diramazioni e differenze dottrinali, non è nella lista delle cose importanti, per ora.
Sono d'accordo che in realtà vi è un nocciolo irriducibile dottrinario, che non può che cozzare prima o poi con la gaudenza occidentale.
Ma c'è una cosa che forse è il caso di non sottovalutare, e cioè che la guadenza ha potere.
In questo caso le domande irriducibili che per esempio Cacciari fa riguardo il dialogo religioso, è se vogliamo continuare a mantenere il succo delle religioni, o se invece voltiamo pagina, e decidiamo di vararne delle forme leggere, che spezzano definitivamente con la tradizione.
Mi pare domanda legittima, e attualissima.
Il potere tecnico della gaudenza ( ossia quella differita dell'eterno compratore, di oggetti ed esperienze, senza che quegli oggetti o esperienze incidano veramente nella propria vita) consiste proprio nella sua ripetizione.
Laddove la religione chiede lo strappo, l'ideologia capitalista chiede l'annacquamento.
Laddove la religione chiede il non-io, l'ideologia forma l'io.
L'ideologia può fare quello che la religione semplicemente chiede di fare...il vincitore è chiaro per me.
cit.Green demetr
Voler provare quel vuoto, è la prima causa del risentimento.
Non si tratta di "volerlo provare", si tratta piuttosto di esserne consapevoli. Essere consapevoli della nostra paura di scoprire di essere quel vuoto. Paura che ci sospinge continuamente alla ricerca del piacere per "riempire" quel vuoto, quello spazio che potrebbe essere di libertà dentro di noi, ma che invece rifiutiamo di cogliere, per consegnarci ai sankhara, ai condizionamenti del piacere che formano l'io-illusorio.
cit.
Come è evidente dalla spiegazione scientifica il nocciolo dell'armonia buddista è capire di essere all'interno del mondo del samsara. Ma come dice Bluemax che ha sperimentato la meditazone vi è un sè più vero.
Credo che sia molto importante, durante la meditazione, non scambiare la coscienza/spettatore/vinnana con un ipotetico vero-sé. Non esiste nessun vero-sé nell'interpretazione buddhista. Questo attiene più all'esperienza hindu classica e dell'advaita vedanta in particolare, come forma massima di questa interpretazione ("Chi sono Io?"...).
Ci sono alcune forme "spurie" di Buddhismo tibetano, che a volte danno questo tipo di interpretazione ( molte volte anche per difetti di traduzioni, però...), Nell'interpretazione corretta e generalmente accettata buddhista la coscienza è all'interno del paticcasamuppada, come qualsiasi altro elemento del samsara e sorge sempre in dipendenza del contatto, della sensazione, ecc.
L'"armonia" buddhista è del tipo "disincantato"... :)
cit.
Ma il sesso non è sofferenza. E' bizzarro che le religioni di tutto il mondo sovvertano una cosa così naturale, e praticata da tutti.
Il sesso "non è sempre sofferenza" mi sembra più corretto, a mio parere. Non è sofferenza quelle (rare purtroppo direi...) volte in cui c'è intesa e armonia, ma molte volte è il luogo del dominio e della violenza sottile o aperta, del godimento dell'uno fatto sulla sofferenza dell'altro, dell'impossibilità di trovare reale appagamento, della frustrazione dell'immaginario dell'uno che non coincide con quello dell'altro, del suo decadimento con l'inevitabile ( e a volte patetica...) corsa ad ogni sorta di tecnica per farlo sopravvivere il più a lungo possibile...
In tutti i casi, se a volte non è sofferenza, è sempre un condizionamento a cercarne continuamente la ripetizione...e visto che bisogna buttare nel letamaio ogni condizionamento, sorge la critica spirituale al sesso..."niente di personale", direbbe Siddhartha, "caro sesso, ne ho praticato molto anch'io con tutte quelle belle gnocche che mio padre mi metteva a disposizione perchè non mettessi la testa sopra le mura a guardare fuori. ma visto che sei anche tu un sankhara come tutti gli altri ( e un sankhara bello grosso , per giunta...)...mi devo sbarazzare anche di te! "(Questo caro @Apeiron è decisamente poco New Age e molto poco "umano", per così dire...la medicina è veramente aspra...meglio prenderne una piccola dose ;D ).
Questo ovviamente è la motivazione del bhikkhu (monaco) ...il "laico" come noi prende solo un banale tachidol...
@green,
sono d'accordo che le religioni sono state usate come "veicolo" del potere. Tuttavia già Schopenhauer ha notato la fortissima analogia tra la visione dell'esistenza "ordinaria" come qualcosa di terribilmente "imperfetto" sia nel cristianesimo che nelle religioni indiane. Gli si può rimproverare una conoscenza superficiale delle tradizioni orientali, ma se devo essere sincero il buddhismo mi pare che assomiglia molto di più al "pessimismo" di Schopenhauer che di quello presentato dai circoli "new age". Leggere le "suttas" è un'esperienza spesso disturbante: anche la minima tendenza di identificazione viene considerata una causa di un enorme quantità di sofferenza. Se poi consideriamo che il samsara "non ha inizio" e tende a "non ha fine" se uno non si libera, che la "liberazione" nasce da un lungo processo di lavoro interiore che culmina con il "risveglio" e che tale "risveglio" secondo le suttas è possibile solo nel contesto del buddhismo (quindi per quanto le altre pratiche spirituali possano essere serie, secondo il buddhismo, non portano al "risultato sperato") - capisci che non è proprio "conforme alla mentalità comune occidentale" ;D ovviamente lo stesso si può dire di molte forme di induismo. Nel cristianesimo questo mondo è corrotto, il peccato dilaga ecc. Forse le uniche religioni che non vedono la comune esistenza in toni così "pessimisti" sono quelle cinesi e parte della filosofia greca. L'idea che siamo in uno stato di grave mancanza non è mai enfatizzata nella società moderna e chiaramente la spiritualità viene adattata a quest'idea che "tutto va bene". Anche l'idea di "progresso" in realtà è un'idea nuova, abbastanza poco comune al pensiero antico. Nelle religioni indiane il progresso è illusorio visto che l'universo è ciclico (e per esempio nel buddhismo viene chiaramente detto che "siamo estremamente fortunati" a poter incontrare il buddhismo, ovviamente immagino che con l'induismo l'idea sia simile). Nel cristianesimo anche se la storia non è ciclica, ma lineare, non c'è davvero un'idea che in futuro l'umanità sia migliore (anzi se non ricordo male si sottolinea il timore che si tenda ad un peggioramento). Perfino l'affermatrice religione daoista parla di una "ferita" al Dao (in entrambe le opere principali). Visto che l'idea è diffusissima non saprei nemmeno quanto sia così "influente" il "potere" di cui parli.
cit.Green demetr
Voler provare quel vuoto, è la prima causa del risentimento.
No. In molte scuole buddhiste il desiderio del "risveglio" o di "vedere la vacuità" è l'ultimo desiderio da abbandonare.
cit. green
Come è evidente dalla spiegazione scientifica il nocciolo dell'armonia buddista è capire di essere all'interno del mondo del samsara. Ma come dice Bluemax che ha sperimentato la meditazone vi è un sè più vero.
Nuovamente no. Come dice il @Sari, al massimo il "sé più vero" è uno step intermedio. Si mira alla cessazione del processo di identificazione e possesso (pensieri "io" e "mio"). L'idea è che della natura ultima della realtà non si possa dire niente. Parlare di un "sé" è (anche) imporre un concetto sulla realtà...
cit. green
Ma il sesso non è sofferenza. E' bizzarro che le religioni di tutto il mondo sovvertano una cosa così naturale, e praticata da tutti.
L'idea non è condannare i "piaceri sensoriali". L'idea è che se parti dalla presa di coscienza che (1) la realtà va ben oltre i nostri sensi, (2) siamo in una situazione molto "brutta", (3) i piaceri sensoriali non possono risolvere tutti i nostri problemi, allora capisci come nelle varie religioni la ricerca naturale dei piaceri può essere una "distrazione" alle "verità" (1) e (2). :(
Personalmente mi fa riflettere molto che praticamente tutte le tradizioni mettono in luce questa "profonda problematica" di cui noi non siamo nemmeno consapevoli. Secondo me questo significa che la spiritualità è un "lotta", non è "user-friendly" :(
cit. SARI
Il sesso "non è sempre sofferenza" mi sembra più corretto, a mio parere. Non è sofferenza quelle (rare purtroppo direi...) volte in cui c'è intesa e armonia, ma molte volte è il luogo del dominio e della violenza sottile o aperta, del godimento dell'uno fatto sulla sofferenza dell'altro, dell'impossibilità di trovare reale appagamento, della frustrazione dell'immaginario dell'uno che non coincide con quello dell'altro, del suo decadimento con l'inevitabile ( e a volte patetica...) corsa ad ogni sorta di tecnica per farlo sopravvivere il più a lungo possibile...
In tutti i casi, se a volte non è sofferenza, è sempre un condizionamento a cercarne continuamente la ripetizione...e visto che bisogna buttare nel letamaio ogni condizionamento, sorge la critica spirituale al sesso..."niente di personale", direbbe Siddhartha, "caro sesso, ne ho praticato molto anch'io con tutte quelle belle gnocche che mio padre mi metteva a disposizione perchè non mettessi la testa sopra le mura a guardare fuori. ma visto che sei anche tu un sankhara come tutti gli altri ( e un sankhara bello grosso , per giunta...)...mi devo sbarazzare anche di te! "(Questo caro @Apeiron è decisamente poco New Age e molto poco "umano", per così dire...la medicina è veramente aspra...meglio prenderne una piccola dose (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif) ).
Questo ovviamente è la motivazione del bhikkhu (monaco) ...il "laico" come noi prende solo un banale tachidol...
Ehm, diciamo che hai colto nel segno :( la medicina è davvero aspra, comunque :( :( :( :( ::) ::) ma in fin dei conti considerando che nelle stesse "suttas" c'è scritto che samsara non ha inizio, che non ha fine se non attraverso una pratica molto rigorosa che si basa sull'unica possibile "retta visione", si capisce anche il motivo per cui lo è :( devo dire che è veramente deprimente il messaggio!
se si prende la medicina a "grandi dosi" si finisce per avere il sovradosaggio, forse :(
cit.@Apeiron:
Ehm, diciamo che hai colto nel segno (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) la medicina è davvero aspra, comunque (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/rolleyes.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/rolleyes.gif) ma in fin dei conti considerando che nelle stesse "suttas" c'è scritto che samsara non ha inizio, che non ha fine se non attraverso una pratica molto rigorosa che si basa sull'unica possibile "retta visione", si capisce anche il motivo per cui lo è (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) devo dire che è veramente deprimente il messaggio!
se si prende la medicina a "grandi dosi" si finisce per avere il sovradosaggio, forse (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif)
Beh...diciamo che , tra la scelta di vivere nudo e in perenne meditazione dentro una caverna, in compagnia magari di un orso, e quella di vivere nudo, dentro un morbido letto, e perennemente "abbracciato" ;D a una bella donna, scommetto che il 99,9% periodico degli uomini sceglierebbe la seconda opzione...
Tutto questo però perché non sono mai stati effettivamente abbracciati ad una bella donna per più di qualche decina di minuti :o ...altrimenti il sorriso dell'orso apparirebbe abbagliante al confronto!... ;D ;D ;D
Citazione di: Sariputra il 24 Febbraio 2018, 23:17:24 PMcit.@Apeiron: Ehm, diciamo che hai colto nel segno (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) la medicina è davvero aspra, comunque (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/rolleyes.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/rolleyes.gif) ma in fin dei conti considerando che nelle stesse "suttas" c'è scritto che samsara non ha inizio, che non ha fine se non attraverso una pratica molto rigorosa che si basa sull'unica possibile "retta visione", si capisce anche il motivo per cui lo è (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) devo dire che è veramente deprimente il messaggio! se si prende la medicina a "grandi dosi" si finisce per avere il sovradosaggio, forse (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) Beh...diciamo che , tra la scelta di vivere nudo e in perenne meditazione dentro una caverna, in compagnia magari di un orso, e quella di vivere nudo, dentro un morbido letto, e perennemente "abbracciato" ;D a una bella donna, scommetto che il 99,9% periodico degli uomini sceglierebbe la seconda opzione... Tutto questo però perché non sono mai stati effettivamente abbracciati ad una bella donna per più di qualche decina di minuti :o ...altrimenti il sorriso dell'orso apparirebbe abbagliante al confronto!... ;D ;D ;D
Sempre simpatico Sari!! ;D ;D ;D
Ad ogni modo per completezza nel delineare questa "deprimente" situazione mi ero dimenticato di dire che nella "lotta" ovviamente il successo non è garantito :(
Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 12:09:54 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Febbraio 2018, 23:17:24 PMcit.@Apeiron: Ehm, diciamo che hai colto nel segno (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) la medicina è davvero aspra, comunque (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/rolleyes.gif) (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/rolleyes.gif) ma in fin dei conti considerando che nelle stesse "suttas" c'è scritto che samsara non ha inizio, che non ha fine se non attraverso una pratica molto rigorosa che si basa sull'unica possibile "retta visione", si capisce anche il motivo per cui lo è (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) devo dire che è veramente deprimente il messaggio! se si prende la medicina a "grandi dosi" si finisce per avere il sovradosaggio, forse (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) Beh...diciamo che , tra la scelta di vivere nudo e in perenne meditazione dentro una caverna, in compagnia magari di un orso, e quella di vivere nudo, dentro un morbido letto, e perennemente "abbracciato" ;D a una bella donna, scommetto che il 99,9% periodico degli uomini sceglierebbe la seconda opzione... Tutto questo però perché non sono mai stati effettivamente abbracciati ad una bella donna per più di qualche decina di minuti :o ...altrimenti il sorriso dell'orso apparirebbe abbagliante al confronto!... ;D ;D ;D
Sempre simpatico Sari!! ;D ;D ;D Ad ogni modo per completezza nel delineare questa "deprimente" situazione mi ero dimenticato di dire che nella "lotta" ovviamente il successo non è garantito :(
Scarse probabilità di successo...certezza di morte...cosa stiamo aspettando?...(Gimli ne "Il Signore degli Anelli" ) ;D
Citazione di: Sariputra il 25 Febbraio 2018, 12:20:46 PMScarse probabilità di successo...certezza di morte...cosa stiamo aspettando?...(Gimli ne "Il Signore degli Anelli" ) ;D
Bella domanda !!! ;D ;D ;D ;D ;D ;D
Complimenti per la domanda, davvero bella, interessante e fatta senza offendere nessun punto di vista; intanto mi scuso per la grande assenza ma ho avuto problemi con la password ( è la seconda volta.)
Comunque, quello che dici tu potrebbe avere una svolta di verità; mi metto in primo piano: non ho avuto soddisfazioni a livello sentimentale nè lavorative ne è a livello di studio o musicale (che è la mia passione).
Potrei scegliere di dire che sono un tipo spirituale perchè magari nella vita non ho concluso niente di che, però ti dò il mio punto di vista (da cristiano).
Avere un successo "materiale" non è una cosa così brutta da desiderare a meno che la materia non copra lo spirito, dobbiamo ricordarci che siamo di passaggio, a tal proposito anche Gesù disse : "[font="Helvetica Neue", Verdana, Helvetica, Arial, sans-serif]Non ti chiedo di toglierli dal mondo, ma di proteggerli dal potere di Satana. [/font][font="Helvetica Neue", Verdana, Helvetica, Arial, sans-serif] Essi non fanno parte di questo mondo più di quanto non ne faccia parte io. [/font][font="Helvetica Neue", Verdana, Helvetica, Arial, sans-serif] Rendili puri e santi, insegnando loro le tue parole di verità" (Giovanni 17;15-17)[/font]
[font="Helvetica Neue", Verdana, Helvetica, Arial, sans-serif]Ogni giorno cerco di lottare personalmente per una rivincita personale ma cercando di mettere in primo piano anche l'amore per gli altri, il mio lato spirituale e tutto quello che funge da equilibrio tra il me fisico e il me spirituale.[/font]