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LOGOS - Argomenti => Tematiche Spirituali => Discussione aperta da: Angelo Cannata il 08 Maggio 2017, 11:46:48 AM

Titolo: Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 08 Maggio 2017, 11:46:48 AM
Un problema fondamentale di cui soffre la spiritualità è la difficoltà a trovare una definizione del termine che rispetti sia le sue origini, nella filosofia e nel Cristianesimo, sia la molteplicità di sensi in cui viene intesa oggi in tutto il mondo. Una definizione che tempo fa ho individuato intuitivamente per mia passione di ricerca è stata quella di "vita interiore". Questa definizione, in realtà, ha dei riscontri che consentono di considerarla sufficientemente oggettiva; intendo oggettiva non in senso metafisico, ma nel senso di condivisa o condivisibile.

Se proviamo a cercare nello Zingarelli il termine "interiore", troviamo "Che appartiene alla sfera dello spirito, della coscienza, dei sentimenti". Possiamo trarne la conseguenza che "vita interiore" si definisce come "vita che appartiene alla sfera dello spirito, della coscienza, dei sentimenti".

Se cerchiamo "interiorità" nel vocabolario d'inglese Ragazzini, troviamo come traduzione "inner life", cioè "vita interiore", preceduta in parentesi dalla specificazione, in italiano, "vita spirituale".

Dunque, se partiamo da una ricerca centrata su "interiorità", "vita interiore", veniamo rinviati a "spirito", "spirituale", mentre non avviene il contrario: se cerchiamo "spirito", "spirituale", "spiritualità", i vocabolari non ci guidano verso "interiore", "interiorità". Ciò avviene, presumibilmente, perché i vocabolari si sforzano, per quanto è possibile, di esprimere il significato delle parole cercando di mantenere un riferimento anche alla loro etimologia. Se cerchiamo un po' più a fondo, notiamo però che nello Zingarelli, alla voce "spirituale", viene citata come esempio d'uso l'espressione "Padre, direttore spirituale", la cui definizione è "il sacerdote che assume la cura personale della vita religiosa di un fedele; nella vita monastica e regolare, chi è preposto alla direzione della vita interiore dei novizi, dei postulanti e degli studenti".

Questi elementi consentono di considerare la definizione di "spiritualità" come "vita interiore" abbastanza oggettiva, cioè rispettosa sia delle sue origini che dei suoi usi attuali. L'individuazione di una definizione che possieda un minimo di chiarezza e condivisibilità consente non solo di portare avanti in proposito discussioni più proficue, ma anche di lavorare collettivamente, non importa in quale credo o non credo, filosofia o non filosofia, ci si riconosca, per valorizzare quest'aspetto che è senza dubbio parte dell'esistenza di ogni uomo di questo mondo, ma solitamente è trascurato, oppure trattato male, e quindi non ci si avvale delle risorse che può dare.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: green demetr il 09 Maggio 2017, 13:52:53 PM
Interessante.

Per vita spirituale io ho sempre inteso qualcosa di aristorcratico, un disprezzo per le cose materiali, un vivere fuori dal mondo.
Invece intendo diversamente con la parola spiritualità. (me ne accorgo mentre ci sto pensando)
Intendo come lo zingarelli intende alla voce interiore, come qualcosa legato al mondo dello spirito.
Ma lo spirito per me si è manifestato come alterità totale, come qualcosa che mi sottende.
E' una sensazione decisiva anche per alcune scelte della indagine filosofica.
Spiritualità per me è dunque questa comprensione del mondo "altro".
Rispetto alle grandi narrazioni religiose, infatti per esempio, quello che cerco è dove cade il momento di questa alterità.
Qualcosa che insomma metta in parole una sensazione che dagli 8 anni non mi ha più lasciato.
Quale è la differenza con la filosofia? che la filosofia la ritiene qualcosa di materno, e invece per me non ha mai avuto questa valenza, probabilmente una volta era più paterno (d'altronde anche la religione induista ha divintà maschili).
Ad oggi caro Angelo invece è come se non avesse "gender".
La spiritualità come Nulla, è una sensazione che si acuisce sempre di più.
(un nulla che accompagna sempre, che conforta non so come dire).

La spiritualità come sfera della coscienza o come sfera del sentimento, invece devo amettere che non ha eco nel mio cuore (e nemmeno nel mio intelletto.)

Sarebbe interessante vedere lo Zingarelli cosa scrive (compreso il significato della radice, unico dizionario a farlo).
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: anthonyi il 09 Maggio 2017, 14:35:58 PM
Mi trovo concorde con il titolo. Ciascun essere umano vive due categorie di esperienza, quella esteriore, tendenzialmente oggettiva, e quella interiore, soggettiva. La soggettività fa si che molte delle esperienze interiori che viviamo siano non codificate e razionalizzate perché non sono parte del sistema comunicativo e noi tendiamo ad interpretarle come extrafisiche.
E' in un secondo momento che queste esperienze si oggettivizzano, perché evidentemente queste esperienze, pur essendo soggettive, hanno contenuti comuni che favoriscono la nascita di un linguaggio appunto spirituale, teologico.
L'esempio più rappresentativo di questo processo sono i concetti di bene e male, che oggettivizzano le sensazioni interiori di felicità e sofferenza.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: myfriend il 09 Maggio 2017, 18:20:35 PM
@angelo

Possiamo trarne la conseguenza che "vita interiore" si definisce come "vita che appartiene alla sfera dello spirito, della coscienza, dei sentimenti".

E la sfera dello spirito che sarebbe?
Non per smorzare il tuo entusiasmo...ma quella definizione non è per nulla chiara.

Ancor meno chiara è la sfera dei "sentimenti".
Conosco diverse persone che, deluse dalle esperienze umane, hanno cancellato i "sentimenti per gli umani" e si concedono solo ai "sentimenti per gli animali".
Cosa significa la "sfera dei sentimenti"?

E' una definizione che dice tutto e non dice niente.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 10 Maggio 2017, 00:37:52 AM
Citazione di: green demetr il 09 Maggio 2017, 13:52:53 PM
Interessante.

Per vita spirituale io ho sempre inteso qualcosa di aristorcratico, un disprezzo per le cose materiali, un vivere fuori dal mondo.
Invece intendo diversamente con la parola spiritualità. (me ne accorgo mentre ci sto pensando)
Intendo come lo zingarelli intende alla voce interiore, come qualcosa legato al mondo dello spirito.
Ma lo spirito per me si è manifestato come alterità totale, come qualcosa che mi sottende.
E' una sensazione decisiva anche per alcune scelte della indagine filosofica.
Spiritualità per me è dunque questa comprensione del mondo "altro".
Rispetto alle grandi narrazioni religiose, infatti per esempio, quello che cerco è dove cade il momento di questa alterità.
Qualcosa che insomma metta in parole una sensazione che dagli 8 anni non mi ha più lasciato.
Quale è la differenza con la filosofia? che la filosofia la ritiene qualcosa di materno, e invece per me non ha mai avuto questa valenza, probabilmente una volta era più paterno (d'altronde anche la religione induista ha divintà maschili).
Ad oggi caro Angelo invece è come se non avesse "gender".
La spiritualità come Nulla, è una sensazione che si acuisce sempre di più.
(un nulla che accompagna sempre, che conforta non so come dire).

La spiritualità come sfera della coscienza o come sfera del sentimento, invece devo amettere che non ha eco nel mio cuore (e nemmeno nel mio intelletto.)

Sarebbe interessante vedere lo Zingarelli cosa scrive (compreso il significato della radice, unico dizionario a farlo).
Hai usato diverse volte la parola "sensazione". Io trovo significativo definire la spiritualità come vita interiore, poiché chiamarla vita rinvia al tempo, a esperienze vissute, un decorso di fatti, uno scorrere di eventi, un procedere, divenire. È questo che secondo me può guidare a scoprire la profondità della spiritualità. Parlare di sensazioni è anch'esso profondo, ma si scontra facilmente col problema dell'inesprimibilità di tante sensazioni.

Lo Zingarelli dice questo alla voce spiritualità:

spiritualità o †spiritualitade, †spiritualitate
[dal lat. tardo (eccl.) spiritualitate(m), da spiritualis 'spirituale'; sec. XIV]
s. f.
1 Condizione di ciò che è spirituale: quello che m'innamora del corpo è una certa spiritualità che veggiamo in esso (BRUNO).
2 Attitudine a vivere secondo le esigenze dello spirito e a dare loro preminenza: è un uomo di grande spiritualità.
3 Insieme di valori spirituali che caratterizzano una religione, una nazione, un ambiente e sim.: la spiritualità dell'Islam, del Buddhismo, della Compagnia di Gesù; la spiritualità nella cultura contemporanea.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 10 Maggio 2017, 00:45:44 AM
Citazione di: anthonyi il 09 Maggio 2017, 14:35:58 PM
Mi trovo concorde con il titolo. Ciascun essere umano vive due categorie di esperienza, quella esteriore, tendenzialmente oggettiva, e quella interiore, soggettiva. La soggettività fa si che molte delle esperienze interiori che viviamo siano non codificate e razionalizzate perché non sono parte del sistema comunicativo e noi tendiamo ad interpretarle come extrafisiche.
E' in un secondo momento che queste esperienze si oggettivizzano, perché evidentemente queste esperienze, pur essendo soggettive, hanno contenuti comuni che favoriscono la nascita di un linguaggio appunto spirituale, teologico.
L'esempio più rappresentativo di questo processo sono i concetti di bene e male, che oggettivizzano le sensazioni interiori di felicità e sofferenza.
Proprio ultimamente mi sono trovato a riflettere sul nostro oggettivizzare nel momento in cui ci facciamo un'idea delle cose e la esprimiamo. Oggettivizzare ci consente di padroneggiare i contenuti, poterli esprimere. Chi invece soggettivizza è l'artista, il quale dipinge un paesaggio non com'è, ma come sembra a lui; il problema è che se devo scendere delle scale, non ho tanta libertà di immaginarle come sembra a me, perché corro il rischio di cadere a terra e farmi male: devo sforzarmi di mettere da parte la mia soggettività e fare spazio all'imporsi a me dell'oggettività. Questo col tempo uccide la nostra spiritualità ed è per questo che non è facile essere artisti, cioè saper ascoltare la nostra soggettività. Eppure far spazio alla soggettività, alla spiritualità, penso che ci possa aiutare molto ad affrontare i mali della vita, che s'impongono a noi con la forza invincibile dell'oggettività.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 10 Maggio 2017, 01:06:33 AM
Citazione di: myfriend il 09 Maggio 2017, 18:20:35 PM
@angelo

Possiamo trarne la conseguenza che "vita interiore" si definisce come "vita che appartiene alla sfera dello spirito, della coscienza, dei sentimenti".

E la sfera dello spirito che sarebbe?
Non per smorzare il tuo entusiasmo...ma quella definizione non è per nulla chiara.

Ancor meno chiara è la sfera dei "sentimenti".
Conosco diverse persone che, deluse dalle esperienze umane, hanno cancellato i "sentimenti per gli umani" e si concedono solo ai "sentimenti per gli animali".
Cosa significa la "sfera dei sentimenti"?

E' una definizione che dice tutto e non dice niente.
Sì, è vero, dire che la spiritualità è vita interiore non è che apra immediatamente le porte del paradiso. Tuttavia credo che questa definizione apra strade di approfondimento che si fanno intravedere fruttuose, oltre che corrette:

- dire che la spiritualità è vita conduce ad andare a cercarla del decorrere del tempo, dell'esistenza, nel formarsi graduale della storia personale di ognuno di noi; è lo scorrere della vita che crea spiritualità; poi ci si potrebbe chiedere se e come si potrebbe pensare anche il contrario, cioè che la spiritualità possiede la capacità di creare decorsi di vita specifici, capaci di farsi apprezzare;

- se la spiritualità è vita, ci si può chiedere se anche gli animali abbiano una spiritualità, a modo loro; su questo però trovo inutile intraprendere strade di sospetti inutili: trovo infruttuoso sospettare che gli animali possiedano in proposito chissà quali capacità super, soprannaturali, misteriose o esoteriche; trovo fruttuoso piuttosto apprezzare la capacità che tanti mammiferi, come per esempio i leoni, hanno di manifestare tenerezza e affetto, oppure la loro capacità di avvertire il nostro stato d'animo; non, anche qui, per qualche loro capacità super, ma semplicemente perché spesso sono più sensibili di noi nel cogliere movimenti microscopici di un muscolo del volto, o di un braccio; oppure la capacità di un pulcino di suscitare, col suo modo di muoversi, di comportarsi e di pigolare, una simpatia infinita. O la spiritualità del serpente, che senza zampe, né artigli, né denti, riesce a intimidirmi anche quando non è velenoso. Eccetera, eccetera, si potrebbero fare esempi all'infinito;

- dire che la spiritualità è qualcosa di interiore significa non implicare la necessità di riferirsi a religioni, filosofie, credenze, schemi mentali, né di escludere tutto ciò; in questo senso la definizione apre una via di indagine a cercare profondità anche nelle persone normali, quelle che ti stanno accanto; non c'è bisogno di grandi sistemi di pensiero con architetture complicate.

Non aggiungo altro per non dilungarmi troppo: avendo parlato di vita ci sarebbe poi da esaminare la morte e qui non la finiremmo più di aggiungere approfondimenti.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: anthonyi il 10 Maggio 2017, 07:44:37 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 10 Maggio 2017, 00:45:44 AM
Citazione di: anthonyi il 09 Maggio 2017, 14:35:58 PM
Mi trovo concorde con il titolo. Ciascun essere umano vive due categorie di esperienza, quella esteriore, tendenzialmente oggettiva, e quella interiore, soggettiva. La soggettività fa si che molte delle esperienze interiori che viviamo siano non codificate e razionalizzate perché non sono parte del sistema comunicativo e noi tendiamo ad interpretarle come extrafisiche.
E' in un secondo momento che queste esperienze si oggettivizzano, perché evidentemente queste esperienze, pur essendo soggettive, hanno contenuti comuni che favoriscono la nascita di un linguaggio appunto spirituale, teologico.
L'esempio più rappresentativo di questo processo sono i concetti di bene e male, che oggettivizzano le sensazioni interiori di felicità e sofferenza.
Proprio ultimamente mi sono trovato a riflettere sul nostro oggettivizzare nel momento in cui ci facciamo un'idea delle cose e la esprimiamo. Oggettivizzare ci consente di padroneggiare i contenuti, poterli esprimere. Chi invece soggettivizza è l'artista, il quale dipinge un paesaggio non com'è, ma come sembra a lui; il problema è che se devo scendere delle scale, non ho tanta libertà di immaginarle come sembra a me, perché corro il rischio di cadere a terra e farmi male: devo sforzarmi di mettere da parte la mia soggettività e fare spazio all'imporsi a me dell'oggettività. Questo col tempo uccide la nostra spiritualità ed è per questo che non è facile essere artisti, cioè saper ascoltare la nostra soggettività. Eppure far spazio alla soggettività, alla spiritualità, penso che ci possa aiutare molto ad affrontare i mali della vita, che s'impongono a noi con la forza invincibile dell'oggettività.

Mi sembra che hai colto un punto importante, cioè il rapporto tra spiritualità ed espressione artistica. Potremmo dire che la spiritualità è l'esercizio del leggere la nostra realtà interiore, e l'arte è l'esercizio del trasmettere la stessa agli altri.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 10 Maggio 2017, 10:08:14 AM
La spiritualità è anche esercizio del leggere la nostra realtà interiore, ma non solo: dire "leggere" significa limitare la spiritualità ad un semplice prendere coscienza di ciò che già c'è, mentre invece spiritualità significa anche coltivare di proposito qualcosa che ancora non c'è o non c'è abbastanza, come per esempio l'amore per il prossimo, oppure la meditazione, o l'attenzione ai problemi sociali e politici, ecc. In questo senso la definizione "vita interiore" è più completa perché è in grado di includere anche quest'aspetto, come pure l'attività, intesa come arte, arte di comunicare spiritualità agli altri.

D'altra parte, anche la definizione di arte che hai proposto sarebbe da discutere, perché tanti artisti pongono come scopo primario della loro arte non tanto il comunicarla ad altri, ma il dare espressione a un'esperienza interiore. Cioè, un pittore, per esempio, non è detto che crei un quadro anzitutto perché altri lo vedano: può anche crearlo, come impulso iniziale, primario, solo perché sente dentro il bisogno di far uscire la sua percezione di qualcosa, come un vulcano che ha dentro un fuoco e questo fuoco non riesce a rimanere chiuso dentro. Che poi questo fuoco diventi visibile ad altri, per certi artisti può anche risultare un aspetto presente, apprezzato, ma secondario, rispetto al bisogno primario di far uscire fuori una forza che si sente dentro.
Un fatto esemplificativo che mi sembra confermare questo è l'enorme quantità di tempo richiesta dallo studio della musica classica a livello professionale: il solo fare concerti non può assolutamente bastare a compensare tutto questo lavoro; l'unica cosa che giustifica tanti sforzi può essere solo il fatto che il musicista trova la sua prima soddisfazione nel praticare la musica già mentre la studia; la soddisfazione di fare il concerto è poi bella, importante, ma da sola non basterebbe. Anche questo è spiritualità.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: green demetr il 10 Maggio 2017, 22:49:39 PM
Hai ragione Angelo!  :-[

Ancora una volta mi hai fatto pensare del perchè ho ignorato la parola "vita interiore"! 

Ma immagino che forse questa cosa non richieda chissà quali analisi:

E' perchè da tempo non ho più una "vita interiore". (ma ti ringrazio tantissimo, è sempre importante riesumare domande dimenticate).

1 - Una storia personale.

La mia crisi non è mai stata come la tua di tipo fenomenologico (Dio esiste o meno? ed esiste come lo possiamo intendere o in altro modo da intendere? ), bensì legato al sospetto, che fosse una narrazione per sottrarre soldi alla gente, per configurarsi come potere  per avere accesso al femminile tramite una co-optazione.

Un sospetto eminentemente politico, dietro cui ogni singolo "DEVI" delle religioni (sì anche quella indiana) si risolveva facilmente, in un "tu DEVI a ME", principio cardine di ogni gerarchia.

Ma questo non ha mai intaccato il mio sentire interiore. Forse all'improvviso mi piace leggerti proprio perchè anche tu seppur per vie diverse, ti stai ponendo il modo di ri-affronare la vita, prima che la teoria.
Riaffrontarla tentando di mantenere un filo rosso con "un vecchio amore".

Come si evince dalla radice però spiritualità è un termine compromesso, nato nel 1300, ossia molto avanti con il processo di secolarizzazione della ecclesia. (a proposito grazie, ho smarrito il mio zanichelli!!!)

Purtroppo questo nella mia vita ha inciso e tutt'ora incide, visto che la morale è ancora ampiamente sotto l'ala cattolica.

Ora per me nel tentativo di riconcilarmi con un sentire (che ovviamente col passare degli anni acuisce il senso dello svanimento, in quanto il tempo in gioventù è promessa e in eta matura è rimpianto) sto tentando di unire il messaggio metafisco con quello pratico.

2 - In effetti a mio parere se la filosofia è in crisi, la religione lo è ancora di più.

A meno che di non cambiare il quadro antropologico, che per esempio continua a resistere (ma ha subito colpi durissimi dal capitalismo) in India. Dove la sacralità si respira ad ogni piè sospinto.
Noi viviamo in tempi Buj, totalmente addentro ad una immanenza sorda (meglio sarebbe dire, che non sa ascoltare).
Se uno non riesce più ad ascoltare e ad ascoltarsi (ossia a intepretare le proprie trascendenze): come fa ad esistere una vita interiore?
Sopratutto ragioniamo: ma la sacralità riesce ancora a legare la socialità? (domanda mia, non tua, lo so).
E comunque in cosa consiste la vita interiore, seppure sia del tutto individualista? Quale il cammino solitario vissuto?

Perchè se è vero che la scala è reale, anche i vincoli sociali sono reali. (come conciliare un Dio che si fa immanenza, con i vincoli sociali? più che la scala, che voglio dire non so bene cosa c'entri con la divinità, con il sacro).

3 - Alcune Osservazioni

Ecco io non riesco a vivere una vita spirituale, forse è per questo che a me ispira la imitatio christi, e a te spaventa.
Perchè di fatto è una via, praticamente impossibile.

Come nella serie tv del "premio oscar" Sorrentino, il Papa Giovane, immagina: i fedeli sarebbero scossi, impauriti e si allontanerebbero dal credo.
Se veramente la vita coincidesse con lo spirito.
E' per questo che sono un debole, anch'io come tutti i miei fratelli cristiani. (noi possiamo solo "sentire", ma vivere.... quello è un rompicapo difficile!)

Ma questa era solo la mia di narrazione.


4-Le mie Domande per Angelo

Nella tua (narrazione) mi sembra che invece sia più legato ad un discorso di conoscenza.

E allora la tua vita spirituale in cosa consisterebbe : forse in un tentativo di trovare Dio, nel flusso stesso della vita?
(è una tesi di un altro mio vecchio amico, tra l'altro).

Certamente può essere, ma a me non torna mai, il quotidiano uccide qualsiasi tentativo di arte.

La violenza, l'ipocrisia, la superbia, l'individualismo cinico sono ad ogni svolta del "nostro tempo". Come può esserci Dio in tutto ciò?
No! la strada deve essere diversa, non può essere quella conoscitiva.

L'arte...l'arte come diceva sempre Carmelo Bene al massimo è una consolazione. Non ha nulla dei trasporti di un frate Cupertino.
Non ha nulla della vita reale. E in me Dio è reale. Non è una consolazione.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 11 Maggio 2017, 00:53:02 AM
Probabilmente mi sbaglio, ma ho la sensazione che in te ci sia un errore che da prete vedevo commettere a tante persone, che mi dicevano di sentirsi lontane da Dio; e io chiedevo loro come facessero a ritenere di essere lontane da Dio; la loro risposta riguardava il sentire, la sensazione: "Sono lontano da Dio perché non lo sento, non lo sento dentro di me, non sento niente in me".

Mi sembra che ci sia qualcosa di questo genere quando tu dici che non riesci a vivere una vita spirituale: infatti nella mia risposta precedente avevo già osservato il tuo uso della parola "sensazione".

Credo che sia bene chiarire che, se spiritualità significa "vita interiore", ne consegue che la presenza in una persona di una vita spirituale non può essere stabilita in base al fatto se quella persona sperimenta o no sensazioni particolari. La vita interiore non è una sensazione, ma un dato di fatto che è in te anche quando non senti niente. È come la vita: la vita è in te, fin quando sei vivo, anche quando non senti in te assolutamente niente, perché magari stai pensando ad altro, oppure stai dormendo. Avere sensazioni non è il sintomo chiave per stabilire se c'è una vita spirituale.

Riguardo a questo, per me sono state preziose due categorie di concetti offerte dalla Bibbia.

La prima è il concetto di deserto: Dio chiamò Israele ad incontrarlo nel deserto, e il deserto è proprio il luogo non si prova niente, è il deserto dell'anima; ma è lì che Dio volle essere incontrato, non nel vivere sensazioni speciali, affascinanti o romantiche, o misteriose, strane, esoteriche, ecc. Anche Gesù stette simbolicamente (a parte la critica storica, che sarebbe tutta un'altra questione) 40 giorni nel deserto, per dire che la sua spiritualità si basava proprio nel saper affrontare l'assenza di sensazioni confortanti.

La seconda categoria è quella del Getsemani: lì Gesù visse un'esperienza di preghiera disturbata, nervosa, agitata, andava e veniva in continuazione dai suoi apostoli, una volta dice loro di dormire, poi dice loro di alzarsi; eppure quella fu preghiera autentica, vera, preghiera piena. E invece tanti mi dicevano che avevano difficoltà a pregare, perché nella preghiera non sentivano la presenza di Gesù. Non ho mai capito in cosa dovrebbe consistere questo sentire la presenza di Gesù nella preghiera e sono orgoglioso di non averlo mai capito.

Con questo discorso non intendo abolire il sentire, intendo solo chiarire che esso non è la base, né della vita di fede, né della spiritualità intesa come semplice vita interiore. Se capita di avere belle sensazioni, ok, bello, interessante, è capitato anche a me, penso che più o meno capiti a tutti, purché non ci si convinca che esse siano l'essenza, la sostanza della spiritualità, il criterio per valutare se c'è esperienza spirituale oppure no.

La spiritualità non è, nella sua essenza, sentire qualcosa; essa è "vita interiore" e la vita interiore, per esserci, non necessita che si "senta qualcosa". Necessita piuttosto che ci sia un cammino in corso, quello sì; magari non è necessario al mille per mille, ma è molto più importante del provare sensazioni dentro.

Comunque, può anche darsi che questa non sia una questione che ti riguarda, in tal caso ignora tranquillamente questo post che ho scritto.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Sariputra il 11 Maggio 2017, 09:18:51 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 11 Maggio 2017, 00:53:02 AMProbabilmente mi sbaglio, ma ho la sensazione che in te ci sia un errore che da prete vedevo commettere a tante persone, che mi dicevano di sentirsi lontane da Dio; e io chiedevo loro come facessero a ritenere di essere lontane da Dio; la loro risposta riguardava il sentire, la sensazione: "Sono lontano da Dio perché non lo sento, non lo sento dentro di me, non sento niente in me". Mi sembra che ci sia qualcosa di questo genere quando tu dici che non riesci a vivere una vita spirituale: infatti nella mia risposta precedente avevo già osservato il tuo uso della parola "sensazione". Credo che sia bene chiarire che, se spiritualità significa "vita interiore", ne consegue che la presenza in una persona di una vita spirituale non può essere stabilita in base al fatto se quella persona sperimenta o no sensazioni particolari. La vita interiore non è una sensazione, ma un dato di fatto che è in te anche quando non senti niente. È come la vita: la vita è in te, fin quando sei vivo, anche quando non senti in te assolutamente niente, perché magari stai pensando ad altro, oppure stai dormendo. Avere sensazioni non è il sintomo chiave per stabilire se c'è una vita spirituale. Riguardo a questo, per me sono state preziose due categorie di concetti offerte dalla Bibbia. La prima è il concetto di deserto: Dio chiamò Israele ad incontrarlo nel deserto, e il deserto è proprio il luogo non si prova niente, è il deserto dell'anima; ma è lì che Dio volle essere incontrato, non nel vivere sensazioni speciali, affascinanti o romantiche, o misteriose, strane, esoteriche, ecc. Anche Gesù stette simbolicamente (a parte la critica storica, che sarebbe tutta un'altra questione) 40 giorni nel deserto, per dire che la sua spiritualità si basava proprio nel saper affrontare l'assenza di sensazioni confortanti. La seconda categoria è quella del Getsemani: lì Gesù visse un'esperienza di preghiera disturbata, nervosa, agitata, andava e veniva in continuazione dai suoi apostoli, una volta dice loro di dormire, poi dice loro di alzarsi; eppure quella fu preghiera autentica, vera, preghiera piena. E invece tanti mi dicevano che avevano difficoltà a pregare, perché nella preghiera non sentivano la presenza di Gesù. Non ho mai capito in cosa dovrebbe consistere questo sentire la presenza di Gesù nella preghiera e sono orgoglioso di non averlo mai capito. Con questo discorso non intendo abolire il sentire, intendo solo chiarire che esso non è la base, né della vita di fede, né della spiritualità intesa come semplice vita interiore. Se capita di avere belle sensazioni, ok, bello, interessante, è capitato anche a me, penso che più o meno capiti a tutti, purché non ci si convinca che esse siano l'essenza, la sostanza della spiritualità, il criterio per valutare se c'è esperienza spirituale oppure no. La spiritualità non è, nella sua essenza, sentire qualcosa; essa è "vita interiore" e la vita interiore, per esserci, non necessita che si "senta qualcosa". Necessita piuttosto che ci sia un cammino in corso, quello sì; magari non è necessario al mille per mille, ma è molto più importante del provare sensazioni dentro. Comunque, può anche darsi che questa non sia una questione che ti riguarda, in tal caso ignora tranquillamente questo post che ho scritto.

Sono molto d'accordo con la critica che fai della spiritualità come ricerca di "sensazioni".  Proprio l'incontro con il 'deserto' ci mostra la spiritualità come 'nudità', come uno spogliarsi di sovrastrutture concettuali romantiche. Anche Yeoshwa viene appeso nudo alla croce... In realtà sembra che la spiritualità esiga un togliere, un levar via, piuttosto che un accumulare, un coprire ed è qui che , la maggior parte delle persone, sono portate a rifiutare la vita spirituale; proprio perché va contro la naturale tendenza del pensiero ad accumulare , a crescere in continuazione, ad arrovellarsi in se stesso, a 'coprirsi' ( per paura) con abiti sempre più raffinati . Se guardo la 'vita esteriore' non mi fermo troppo a guardare quella 'interiore' e così non vedo la mia paura...
Poi ci sono quelli che passano di esperienza spirituale in esperienza spirituale, proprio cercando nuove emozioni e sensazioni, questi sono detti incurabili...
Il cercare il deserto è cercare quello spazio in cui s'impara a morire ( che è, a parer mio, il fine ultimo della vita interiore: imparare a morire...). Qui s'intende l'imparare a morire anche come "attimo per attimo", per ri-nascere sempre nuovi...infatti è l'esperienza del deserto che ti insegna il valore di quell'"acqua che disseta veramente"...
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Freedom il 11 Maggio 2017, 09:28:57 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 08 Maggio 2017, 11:46:48 AM
Questi elementi consentono di considerare la definizione di "spiritualità" come "vita interiore" abbastanza oggettiva, cioè rispettosa sia delle sue origini che dei suoi usi attuali.
Cos'è la vita interiore? I pensieri, le sensazioni, i sentimenti? Oppure cosa?
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: green demetr il 11 Maggio 2017, 12:16:31 PM
No è vero, hai ragione di nuovo!  :-[

Non credevo potessi andare così a fondo del problema.

Ed allora approfondisco questa questione.

Anche se il mio problema è dovuto proprio al fatto che quella sensazione la ho. (e al contrario dei tuoi ex-parrochiano sento la presenza di Dio, e mentre sto leggendo il vangelo di Giovanni, sento la presenza della trascendenza del Cristo).

Ma come dici tu è nel reale, che vorrei trovare come risultato la trascendenza.

Il punto probabilmente è legato a quello: che se suppongo di sentire una trascendenza poi mi aspetto di trovarla nel reale.

Ma forse come dici tu, è uno sbaglio, e il reale è come un deserto. 

Questa è una cosa che lego molto alla filosofia, come teologia negativa. Eppure pur intendendola razionalmente, non mi soddisfa!

Per questo sento la necessità di trovare una nuova metafisica!

Certamente la spiacevole conseguenza, l'errore come dici tu, risulta nelle aspettative che ci metto.(in questo commetto l'errore stesso dei tuoi parrocchiani, che pretendono di sentire. Ma il sentire è una grazia.)

Ma come sempre dico nei miei scritti filosofici, purtroppo quello è un errore condizionato dal pensiero paranoico, in cui siamo immersi.(io e i tuoi ex-parrocchiani, in questo senso fai bene a essere orgoglioso, è difficilissimo stare fuori dal discorso paranoico!).
Infatti scherzosamente mi hanno chiamato l'ultimo dei cristiani romantici. In quanto pretendo una Salvezza e non ne vedo l'orizzonte.

Si tratterebbe perciò di sottrarsi a questa attesa, cosa che tento di fare (oscillo dentro e fuori dal paranoico).

Ma il risultato non cambia, non sento di vivere una vita spirituale. (se infatti l'attesa svanisce, rimane un'arida consocenza filosofica.)

Molto immaginifiche le 2 scene, la seconda non la conoscevo per niente grazie!


D'altronde aggiungo io l'esodo biblico è anche teologicamente parlando 
il passaggio arduo, stretto per cui conoscere Dio.
Tra 2 lembi minacciosi di acque. Una narrazione altamente simbolica.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: green demetr il 11 Maggio 2017, 12:25:53 PM
sari In qualche maniera approfondisci quello che ha detto Angelo.

E quindi può darsi che si vittima di un processo che vuole accumulare piuttosto che spogliarsi di.

Ma il punto è questo: l'uomo è feticisita. (marx)

E'insita in lui questo sovraccarico di cose. Come dice Heidegger, l'uomo che vede una pietra la usa, come la usa l'animale, ma la differenza è che l'uomo la ricorda, e la tiene per sè.
La accumula.

D'altronde anche il viaggio è una accumulazione di esperienza. (come dice ligabue, un viaggio in cui si decide cosa prendere e cosa lasciare)

Non credo sia tanto quello il punto negativo, quanto appunto l'attesa che diventa una pretesa.

Il deserto è quella capacità di ascolto, di saper ascoltare (la voce di Dio) fra i 2 lembi di acque del Mar Rosso, nella paura persino dunque.

Non sono d'accordo che la spiritualità sia un saper morire.

Anche perchè in cosa consisterebbe questo saper morire?

Io direi come la teologia negativa insegna (credo eh!  ;)  ) invece importante il saper ascoltare, la dimensione dell'accoglienza.






Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 11 Maggio 2017, 12:33:30 PM
Citazione di: Freedom il 11 Maggio 2017, 09:28:57 AM
Cos'è la vita interiore? I pensieri, le sensazioni, i sentimenti? Oppure cosa?
Per questo interrogativo credo utile un procedimento che vada per restringimento progressivo degli orizzonti. Quindi partire dagli orizzonti più vasti e poi restringere l'interesse, senza per questo escludere il resto in maniera categorica, fanatica.

Un punto di partenza con orizzonte abbastanza vasto può essere questo: vita interiore è tutto ciò che avviene dentro il tuo cervello, il quale è connesso anche con il corpo e con il mondo esterno. Da questo punto di vista anche bere un bicchier d'acqua è vita interiore; in questa fase non interessano le sensazioni profonde che anche un bicchier d'acqua è in grado di dare, ma l'esperienza pura e semplice del sentire il bicchiere alle labbra, sentire l'acqua, pensare che ti stai dissetando e così via: tutto semplicissimo.

A questo punto si pone la domanda: che criterio usare per restringere l'orizzonte della vita interiore, per non disperdersi nel mare di vita mentale che c'è in ogni persona? Su questa domanda abbiamo il conforto della ricerca già effettuata in tutto il mondo da persone prima di noi. La domanda si può tradurre in questi termini: quali sono le cose più importanti di cui interessarsi nella vita? E come farò a valutare i criteri per rispondere alla domanda stessa?

È chiaro che non ci sono garanzie per la risposta: qualunque criterio rischia di farci perdere l'attenzione verso esperienze che potrebbero essere importanti; il problema è che ci troviamo in questo mondo, in questa vita e qualche scelta bisognerà pur farla. A questo punto io ritengo utile usare il criterio del progettista, cioè sedersi a tavolino, con carta e penna, oppure il computer, prendersi tempo e cominciare a riflettere. È quello che io chiamo cammino.

Un esempio di questo è già la scuola e un criterio di base che io ho usato per me è stato quello di farmi un cammino personale consolidando la cultura datami dalla scuola e cercando di supplire a tutte le lacune che essa mi ha lasciato. Poi c'è anche da mettere in conto la propria continua crescita psicologica.

Si fa un progetto e si passa il tempo a correggerlo, oppure buttarlo nella spazzatura e ricominciare da capo. Io ormai faccio questo lavoro su di me da oltre trent'anni. Durante questo lavoro cerco anche di tenere le antenne accese, cercando di recepire da ogni direzione elementi che mi dicano su che cosa è bene che io oggi mi concentri per il miglioramento di me stesso, per la mia crescita.

Ho visto che molti, riguardo a questo progettare, temono una perdita della spontaneità, ma qui sarebbe facile usare un po' di senso critico e osservare che spesso le persone che si ritengono più libere e spontanee sono in realtà le più spersonalizzate e omologate.

Una volta che in questo modo parte un cammino di vita, il risultato è che si forma anche un'esperienza interiore. Con il seguito intendo rispondere anche agli ultimi messaggi di green demetr.

Una volta chiarito che il "sentire" non è il termometro per la vita spirituale, possiamo fare un passo avanti e osservare che c'è un sentire più raffinato che non è il sentire comunemente inteso. Penso che quest'esperienza si possa chiarire bene con l'esempio delle acquisizioni scolastiche.

Dopo che nella tua vita hai imparato a leggere, tu non senti dentro di te nessuna sensazione speciale; però ti accorgi che quando hai un libro davanti, esso non è più "arabo", ma vedi che ti parla. Oppure, se hai ricevuto qualche tipo di educazione all'ascolto della musica, non provi dentro di te nessuna sensazione, ma ti accorgi che quando ascolti un concerto riesci a godere di più i singoli strumenti, i forte e piano, le espressioni interpretative ecc. Insomma, non senti niente di speciale dentro di te, ma ti accorgi che il tuo modo di sperimentare la vita sta cambiando, hai l'impressione di star vivendo di più.

Naturalmente c'è anche un risultato di chiusura: saper leggere può anche significare perdere certe sensibilità possedute dal bambino che non sa leggere; Picasso diceva di aver impiegato anni di studio per imparare a disegnare come disegna un bambino. Questo però non conduce a negare la validità di un cammino di spiritualità, ma semmai a raffinarlo e cercare soprattutto le vie più congeniali per la propria personalità esclusiva.

Mi sembra che questo dia una buona idea di cosa intendere con "vita interiore": direi, in poche parole, l'attività di crearsi propri percorsi di crescita e curarli.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: green demetr il 11 Maggio 2017, 12:50:28 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 11 Maggio 2017, 12:33:30 PM
Citazione di: Freedom il 11 Maggio 2017, 09:28:57 AM
Cos'è la vita interiore? I pensieri, le sensazioni, i sentimenti? Oppure cosa?
Per questo interrogativo credo utile un procedimento che vada per restringimento progressivo degli orizzonti. Quindi partire dagli orizzonti più vasti e poi restringere l'interesse, senza per questo escludere il resto in maniera categorica, fanatica.

Un punto di partenza con orizzonte abbastanza vasto può essere questo: vita interiore è tutto ciò che avviene dentro il tuo cervello, il quale è connesso anche con il corpo e con il mondo esterno. Da questo punto di vista anche bere un bicchier d'acqua è vita interiore; in questa fase non interessano le sensazioni profonde che anche un bicchier d'acqua è in grado di dare, ma l'esperienza pura e semplice del sentire il bicchiere alle labbra, sentire l'acqua, pensare che ti stai dissetando e così via: tutto semplicissimo.

A questo punto si pone la domanda: che criterio usare per restringere l'orizzonte della vita interiore, per non disperdersi nel mare di vita mentale che c'è in ogni persona? Su questa domanda abbiamo il conforto della ricerca già effettuata in tutto il mondo da persone prima di noi. La domanda si può tradurre in questi termini: quali sono le cose più importanti di cui interessarsi nella vita? E come farò a valutare i criteri per rispondere alla domanda stessa?

È chiaro che non ci sono garanzie per la risposta: qualunque criterio rischia di farci perdere l'attenzione verso esperienze che potrebbero essere importanti; il problema è che ci troviamo in questo mondo, in questa vita e qualche scelta bisognerà pur farla. A questo punto io ritengo utile usare il criterio del progettista, cioè sedersi a tavolino, con carta e penna, oppure il computer, prendersi tempo e cominciare a riflettere. È quello che io chiamo cammino.

Un esempio di questo è già la scuola e un criterio di base che io ho usato per me è stato quello di farmi un cammino personale consolidando la cultura datami dalla scuola e cercando di supplire a tutte le lacune che essa mi ha lasciato. Poi c'è anche da mettere in conto la propria continua crescita psicologica.

Si fa un progetto e si passa il tempo a correggerlo, oppure buttarlo nella spazzatura e ricominciare da capo. Io ormai faccio questo lavoro su di me da oltre trent'anni. Durante questo lavoro cerco anche di tenere le antenne accese, cercando di recepire da ogni direzione elementi che mi dicano su che cosa è bene che io oggi mi concentri per il miglioramento di me stesso, per la mia crescita.

Ho visto che molti, riguardo a questo progettare, temono una perdita della spontaneità, ma qui sarebbe facile usare un po' di senso critico e osservare che spesso le persone che si ritengono più libere e spontanee sono in realtà le più spersonalizzate e omologate.

Una volta che in questo modo parte un cammino di vita, il risultato è che si forma anche un'esperienza interiore. Con il seguito intendo rispondere anche agli ultimi messaggi di green demetr.

Una volta chiarito che il "sentire" non è il termometro per la vita spirituale, possiamo fare un passo avanti e osservare che c'è un sentire più raffinato che non è il sentire comunemente inteso. Penso che quest'esperienza si possa chiarire bene con l'esempio delle acquisizioni scolastiche.

Dopo che nella tua vita hai imparato a leggere, tu non senti dentro di te nessuna sensazione speciale; però ti accorgi che quando hai un libro davanti, esso non è più "arabo", ma vedi che ti parla. Oppure, se hai ricevuto qualche tipo di educazione all'ascolto della musica, non provi dentro di te nessuna sensazione, ma ti accorgi che quando ascolti un concerto riesci a godere di più i singoli strumenti, i forte e piano, le espressioni interpretative ecc. Insomma, non senti niente di speciale dentro di te, ma ti accorgi che il tuo modo di sperimentare la vita sta cambiando, hai l'impressione di star vivendo di più.

Naturalmente c'è anche un risultato di chiusura: saper leggere può anche significare perdere certe sensibilità possedute dal bambino che non sa leggere; Picasso diceva di aver impiegato anni di studio per imparare a disegnare come disegna un bambino. Questo però non conduce a negare la validità di un cammino di spiritualità, ma semmai a raffinarlo e cercare soprattutto le vie più congeniali per la propria personalità esclusiva.

Mi sembra che questo dia una buona idea di cosa intendere con "vita interiore": direi, in poche parole, l'attività di crearsi propri percorsi di crescita e curarli.


Non critico tanto il fatto che il cammino sia da curare o da creare.
Anch'io lo sto facendo da 30 anni a questa parte.

Il punto è però quello del bambino o quello della musica.
La sensazione non è forse la questione più importante.

Quale è la differenza fra ascoltare Mozart o Salieri, se non nella loro capacità comunicativa che ve ben oltre alle loro capacità compositive.

C'è qualcosa che accomuna, qualcosa che abbraccia, e che la psicanalisi descrive molto bene, come spirito materno.
E' qualcosa di radicalmente originario.
E su cui si apre la trascendenza.

Fare della spiritualità un fatto meramente mentale, non mi convince.
Perchè se mi chiedo cosa sia più importante per me, dal solo lato mentale, non capirò mai cosa significa veramente il trascendente.

Certo vi sono persone come i riduzionisti, che appunto sono i campioni della omologazione, che pretendono, che le attese scientifiche del mentale si riflettano sull'esistente. E che puntualmente rigettano il trascendente.

Ma il trascendente esiste, come hai avuto modo anche tu di raccontarmi.
Questa sensazione esiste, e non vedo come poterla risolvere, con un raffreddamento mentale, del mentalismo, riduzionista etc....

Concordo che per evitare la pretesa della sensazione, del sensazionalismo, della pubblicità della propaganda, della ipocrisia necessitiamo di un allontamento da quella trascendenza.
Ma è importante che quella distanza non diventi un abisso.
Cioè è importante cercare di relazionarsi a quel sentire.
(che poi quella relazione consista di abissi, questa è un altra storia).
L'abisso va guardato non fuggito.

Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 11 Maggio 2017, 13:02:04 PM
Secondo me, al punto in cui siamo della discussione, ciò che serve a te è la tua via specifica, mentre ciò di cui ho parlato io finora è cio che va bene per tutti.

Se ci fai caso, tutto ciò che ho detto finora come vita spirituale può essere accolto da atei, cristiani, musulmani, buddhisti, superstiziosi, materialisti, filosofi, non filosofi, insomma tutti proprio tutti.

Ma una persona non può impostare la propria vita spirituale solamente su ciò che va bene per tutti: è indispensabile aggiungere ciò che è richiesto dalla tua specifica personalità.

Da ciò consegue che, se adesso io provassi a indicarti qualche idea, qualcun altro me la criticherebbe subito con estrema facilità, perché in realtà sarebbe il tentativo di venire incontro alle tue specifiche esigenze, quindi con criteri che non sono più quelli che ho descritto finora, adottabili da tutti.

Comunque è solo una mia impressione del momento, magari sbagliata.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Freedom il 11 Maggio 2017, 15:04:33 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 11 Maggio 2017, 12:33:30 PM
Mi sembra che questo dia una buona idea di cosa intendere con "vita interiore": direi, in poche parole, l'attività di crearsi propri percorsi di crescita e curarli.
Ho letto il tuo post e mi è piaciuto. E, tutto sommato, questa definizione che quoto mi pare condivisibile. Ma non esaustiva. A mio giudizio la peculiarità più significativa e significante della vita interiore è la ricerca di un Ente Supremo che governa la vita e l'universo. E, detto fra noi ;) , è anche il senso dell'esistenza umana.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: green demetr il 11 Maggio 2017, 18:21:10 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 11 Maggio 2017, 13:02:04 PM
Secondo me, al punto in cui siamo della discussione, ciò che serve a te è la tua via specifica, mentre ciò di cui ho parlato io finora è cio che va bene per tutti.

Se ci fai caso, tutto ciò che ho detto finora come vita spirituale può essere accolto da atei, cristiani, musulmani, buddhisti, superstiziosi, materialisti, filosofi, non filosofi, insomma tutti proprio tutti.

Ma una persona non può impostare la propria vita spirituale solamente su ciò che va bene per tutti: è indispensabile aggiungere ciò che è richiesto dalla tua specifica personalità.

Da ciò consegue che, se adesso io provassi a indicarti qualche idea, qualcun altro me la criticherebbe subito con estrema facilità, perché in realtà sarebbe il tentativo di venire incontro alle tue specifiche esigenze, quindi con criteri che non sono più quelli che ho descritto finora, adottabili da tutti.

Comunque è solo una mia impressione del momento, magari sbagliata.

Certo il tuo discorso va bene per tutti.
Ma tu non sei tutti.
A mio parere ognuno adotta una soluzione ad hoc.
E' evidente che la mia è pesonale.
Ma in effetti credo di averci messo molto del mio.

Il perchè lo faccio? E' che credo che la testimonianza di ogni testa, sia in grado di influenzare in qualche maniera quella degli altri.
Magari rafforzando convinzioni altrui, magari ideando paralleli, e magari incrociando esperienze.

Capisco che però in questo momento della tua vita, la distanza che vai descrivendo, coincide con questa di idea di viaggio conoscitivo più che relazionale.

Certo che può essere valida per tutti. A maggior ragione in tempi buj e scientisti in cui A MIO PARERE versiamo.

Cioè è qualcosa di ambiguo e che potrei solo capire se ci fossimo mai incontrati nel reale.

Per questo assolutamente accetto la tua narrazione (e che differenza rispetto ai nostri primi incontri scritti, ho proprio cambiato opinione su di te  ;)   :D  ).
E ovviamente di pari continuo con la mia narrazione.

Non credo che dobbiamo farlo diventare qualcosa di valoriale in assoluto.

Non certo in questo 3d.

Saluti di stima ciao!!
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 12 Maggio 2017, 00:26:15 AM
Penso di poter dare una risposta comune a Freedom e green demetr.

Il discorso che ho fatto sulla spiritualità non può e non deve risultare esaustivo, per tanti motivi, ma in particolare perché io ho parlato della spiritualità, trascurando completamente le spiritualità. Questa differenza tra significato del plurale e significato del singolare esiste in molte attività umane. Per esempio, se ci mettiamo a parlare di musica, trascurando del tutto i vari musicisti, gli stili musicali, gli strumenti, potremmo parlarne per secoli senza aver neanche sfiorato ciò che ne costituisce la sostanza e la bellezza. Un concerto di violino contiene sostanza rispetto a un discorso astratto sulla musica, però quel concerto non è la musica, esso è solo una musica.

Il problema è che in altri campi un discorso generale, contrapposto alle manifestazioni particolari, è stato portato avanti, studiato, approfondito e non è oggetto di particolari discordie sul significato. Invece, per quanto riguarda la spiritualità, in tutto il mondo si sono sviluppate tante spiritualità, ma si può dire che fino ad oggi nessuno ha portato avanti un discorso di approfondimento serio sulla spiritualità; tutt'al più, l'unica cosa che è successa, riguardo al singolare, è che ognuno ha cercato di rivendicare la propria spiritualità come se essa fosse non una spiritualità, ma la spiritualità. Ciò non ha fatto altro che creare disorientamento, confusione e soprattutto mancanza della possibilità di far tesoro di esperienze spirituali al di fuori di qualche credenza o schema di idee a cui aderire.

A livello personale ritengo che la spiritualità, considerata nella sua accezione più universale, abbia molto da poter dare agli uomini d'oggi come arricchimento dell'esperienza del vivere; inoltre, il suo approfondimento potrebbe essere un'occasione per aprirsi di più, e credo con atteggiamenti più corretti e fruttuosi, all'interesse verso i tesori costituiti dalle varie spiritualità che esistono nel mondo.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: giona2068 il 12 Maggio 2017, 19:01:58 PM
La spiritualità è una vita interiore? Sì, lo è.
L'uomo per vivere ha bisogno di confidare.
Oltre ad avere fiducia in se stesso, autostima/fierezza, ha bisogno di alleanza per poter vivere da vivo.
E' cioè necessario che, come una penna la quale potrà scrivere solo se una mano la guida e nello stesso tempo crede che in mano ad uno scrittore può fare grandi cose, l'uomo creda di poter essere vivo/gioioso se ha fiducia in se stesso  e che potrà fare grandi cose con l'aiuto del Signore Dio della Vita.
Questa fiducia nel Signore Dio è la spiritualità come vita interiore che si manifesta all'esterno ed in particolare nel suo volto in cui traspare l'immagine del Signore Dio in persona.
Diventa con la sua fede esattamente come una lampada che si accende perché collegata alla rete elettrica.
Questa fiducia genera vita e oltretutto amore verso il Signore Dio nel quale confida e verso il prossimo che riconosce figlio dello stesso suo padre.
E' impossibile infatti non amare quando c'è fiducia.
Questo è un processo spontaneo nell'uomo puro, cioè nell'uomo che non confida nelle cose del mondo che gli tolgono la spiritualità trasformandolo da lampada collegata al generatore in lampada collegata ad una piccola batteria(idoli).
Purtroppo il più delle volte capita che una persona la quale si sente giovane e forte venga convinto dal maligno, che non vede, di poter fare tutto da solo.
La fiducia in se stesso e il bisogno di confidare si fondono in lui privandolo della sua spiritualità e vita interiore lasciando posto alla superbia ed all'orgoglio che, oltre ad essere un inganno, man mano che perde il suo "capitale" lo abbandonano.
Qui cominciano le malattie mentali e psichiatriche che i psichiatri una volta curavano con la camicia di forza mentre oggi le curano, senza risultato permanente, con i psicofarmaci.
Possiamo quindi dire che la spiritualità oltre ad essere vita interiore è vita secondo verità.
Parlare di spiritualità confidando in se stessi o nelle cose del mondo è come parlare del miele senza averlo mai assaggiato.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: anthonyi il 13 Maggio 2017, 17:09:33 PM
Citazione di: giona2068 il 12 Maggio 2017, 19:01:58 PM
La spiritualità è una vita interiore? Sì, lo è.
L'uomo per vivere ha bisogno di confidare.
Oltre ad avere fiducia in se stesso, autostima/fierezza, ha bisogno di alleanza per poter vivere da vivo.
E' cioè necessario che, come una penna la quale potrà scrivere solo se una mano la guida e nello stesso tempo crede che in mano ad uno scrittore può fare grandi cose, l'uomo creda di poter essere vivo/gioioso se ha fiducia in se stesso  e che potrà fare grandi cose con l'aiuto del Signore Dio della Vita.
Questa fiducia nel Signore Dio è la spiritualità come vita interiore che si manifesta all'esterno ed in particolare nel suo volto in cui traspare l'immagine del Signore Dio in persona.
Diventa con la sua fede esattamente come una lampada che si accende perché collegata alla rete elettrica.
Questa fiducia genera vita e oltretutto amore verso il Signore Dio nel quale confida e verso il prossimo che riconosce figlio dello stesso suo padre.
E' impossibile infatti non amare quando c'è fiducia.
Questo è un processo spontaneo nell'uomo puro, cioè nell'uomo che non confida nelle cose del mondo che gli tolgono la spiritualità trasformandolo da lampada collegata al generatore in lampada collegata ad una piccola batteria(idoli).
Purtroppo il più delle volte capita che una persona la quale si sente giovane e forte venga convinto dal maligno, che non vede, di poter fare tutto da solo.
La fiducia in se stesso e il bisogno di confidare si fondono in lui privandolo della sua spiritualità e vita interiore lasciando posto alla superbia ed all'orgoglio che, oltre ad essere un inganno, man mano che perde il suo "capitale" lo abbandonano.
Qui cominciano le malattie mentali e psichiatriche che i psichiatri una volta curavano con la camicia di forza mentre oggi le curano, senza risultato permanente, con i psicofarmaci.
Possiamo quindi dire che la spiritualità oltre ad essere vita interiore è vita secondo verità.
Parlare di spiritualità confidando in se stessi o nelle cose del mondo è come parlare del miele senza averlo mai assaggiato.

In gran parte condivido il discorso, anche se devo evidenziare la presenza di una sovrapposizione tra l'idea di interiorità e l'idea di messaggio cristiano. Il messaggio cristiano, ha la sua struttura di messaggio religioso che  proviene all'individuo dall'esterno, anche se ad esso  si affianca l'impercettibile voce dello Spirito Santo questa si interiore.
Per me il problema principale si evidenzia appunto nel confronto tra la "spiritualità interiore" e una religiosità esterna, spesso intessuta di convenzioni sociali. Al riguardo mi sembra che il Vangelo non presenti dubbi, il messaggio di Gesù è un messaggio indirizzato all'interiorità.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 18:18:21 PM
Citazione di: anthonyi il 13 Maggio 2017, 17:09:33 PM
mi sembra che il Vangelo non presenti dubbi, il messaggio di Gesù è un messaggio indirizzato all'interiorità.
Quest'osservazione rinvierebbe alla dialettica tra fede e opere, intendendo con opere non solo gli atti di amore verso il prossimo, ma anche i riti. È classica nel Cristianesimo la contrapposizione tra visione della lettera di Giacomo, che sottolinea l'importanza delle opere, e quella di san Paolo che pone l'accento sulla fede.

Nel Cristianesimo, però, esiste anche un'intuizione che va oltre questa sterile contrapposizione e che ritengo fondamentale per una fruttuosa comprensione della spiritualità. Si tratta dell'intuizione che la spiritualità, intesa come vita interiore, è in realtà già una vera e propria pratica; essa è radice di tutte le pratiche, ma è già pratica essa stessa.

Che sia radice di tutte le pratiche è facile da mostrare: basti pensare che ogni nostra azione ha sempre origine, già a livello meccanico, in impulsi nervosi interni; ancor più le azioni che riteniamo più significative nella nostra esistenza, le quali hanno origine nella vita interiore che abbiamo scelto di coltivare.

Da qui consegue che coltivare una buona vita interiore è il primo passo per ottenere buoni comportamenti: se voglio amare il prossimo non basta buttarsi a compiere buone azioni: mi sembra condiviso che la coscienza non ci chiede di diventare macchine, automi produttori di beneficenza. Il nostro essere umani ci chiede una partecipazione attiva al senso della beneficenza, attraverso una cura della nostra spiritualità. D'altra parte, la presenza o meno di azioni concrete è senz'altro un importante luogo di verifica per valutare criticamente la propria vita interiore; salvo il fatto che ognuno ha vie diverse per dare frutti nella propria vita, secondo la propria specifica personalità.

Potremmo aggiungere un'osservazione di critica sociale: fare rivoluzioni e creare benessere viene a risultare abbastanza limitato se tali rivoluzioni non sono accompagnate da un progresso delle coscienze; non sto dicendo che creare benessere esteriore sia vano, ma solo che il puro benessere esteriore non risponde certo alla nostra esigenza umana di progredire in tutto il nostro essere e non solo nella sensazione di stare bene.

Questo punto della spiritualità come concretezza credo che consenta di individuare una differenza di fondo tra la via presa dalla filosofia, per lo meno a mio parere, e quella presa dal Cristianesimo. A me sembra che oggi la filosofia, ormai alquanto stanca e annoiata del puro teorizzare e rimacinare idee astratte, trite e ritrite, si butti sempre più nell'interesse verso i problemi sociali e politici e in questo modo cerchi di essere concreta, pratica, vicina al vissuto umano. Questa concretezza, però, dopo quanto ho detto, rischia di risultare vuota di vita interiore, rischia di essere solo un cercare di aiutare la gente a risolvere i problemi esteriori di benessere economico e sociale. Per il Cristianesimo, invece, la via della spiritualità è una via di autentica concretezza, sempre per il fatto che una vera spiritualità si avvale anche del confronto con la presenza di impegni esteriori. Ciò che a mio avviso manca invece al Cristianesimo è la pratica di un senso critico intenso e spregiudicato, di cui invece la filosofia si avvale senza problemi. Nel Cristianesimo un senso critico troppo radicale è visto con timore, perché pone in crisi i suoi dogmi e la sua teologia, cioè le radici stesse della fede.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: giona2068 il 13 Maggio 2017, 22:45:39 PM
Caro Angelo Cannata,
spero che tu non te la prenda per quello che sto per dirti.
Nel tuo profilo ho letto che sei un ex prete e per giunta ateo, la domanda che sorge spontanea è questa: Perché  una persona che dichiara di non credere all'esistenza di un mondo spirituale e conseguentemente rinuncia a fare il prete poi apre un 3d per parlare di spiritualità?
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 00:04:37 AM
giona2068, mi sembra male non risponderti, ma hai mai dato segni di interesse a sentire davvero il parere degli altri, prenderlo in considerazione, renderti conto delle loro ragioni, ammettere che anche gli altri hanno le loro motivazioni serie e rispettabili per ciò che pensano? È questo il problema: mi hai fatto una domanda, ma già nella domanda stessa mi stai dicendo che il mio parere non t'interessa per niente. E allora perché dovrei risponderti? Dimostrami che sei davvero interessato alla mia risposta e ti risponderò. Trovami un solo tuo messaggio in cui ammetti che anche chi la pensa diversamente da te ha le sue ragioni serie e rispettabili e ti risponderò.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:36:53 AM
cit angelo
"Da qui consegue che coltivare una buona vita interiore è il primo passo per ottenere buoni comportamenti: se voglio amare il prossimo non basta buttarsi a compiere buone azioni: mi sembra condiviso che la coscienza non ci chiede di diventare macchine, automi produttori di beneficenza. Il nostro essere umani ci chiede una partecipazione attiva al senso della beneficenza, attraverso una cura della nostra spiritualità."

assolutamente sì angelo.  :D
ma infatti quando avrei voluto parlare con te della parrocchia, avrei voluto parlare proprio di quello.
come le vite spirituali possano decidere di quelle sociali.

cit angelo cannata
"Nel Cristianesimo, però, esiste anche un'intuizione che va oltre questa sterile contrapposizione e che ritengo fondamentale per una fruttuosa comprensione della spiritualità. Si tratta dell'intuizione che la spiritualità, intesa come vita interiore, è in realtà già una vera e propria pratica; essa è radice di tutte le pratiche, ma è già pratica essa stessa."

magari se ne parlasse! ;) in cosa consiste, o quale comportamento insegna o altro.... non saprei.


cit giona2068
Questa fiducia nel Signore Dio è la spiritualità come vita interiore che si manifesta all'esterno ed in particolare nel suo volto in cui traspare l'immagine del Signore Dio in persona. 
Diventa con la sua fede esattamente come una lampada che si accende perché collegata alla rete elettrica.

sicuramente è una riserva di energia da cui attingere. (sia metaforicamente, ma a volte anche proprio fisicamente).

Ma in cosa consiste poi l'agire? In un esorcismo? Mi sembra che insisti moltissimo su questo punto.
(se non ricordo male)


cit antony
"Al riguardo mi sembra che il Vangelo non presenti dubbi, il messaggio di Gesù è un messaggio indirizzato all'interiorità."

è vero!:) ma perchè poi si declina nei vari racconti? per esempio in luca, gesù è sopratutto un esorcista, in giovanni invece sembra conoscere una dottrina segreta(che mi fa scorrere brividi di estasi). Angelo aggiunge Giacomo le opere e S.Paolo la fede.
quanto mi piacerebbe parlare di queste cose!

okkei luca l'ho letto velocemente, e giovanni sono fermo alla scena della meretrice. (ma ho deciso che prima o poi lo riprendo).
Magari attenendomi ad un linguaggio dolce come suggerito da freedom. Vedremo.


ps

cit angelo
"A livello personale ritengo che la spiritualità, considerata nella sua accezione più universale, abbia molto da poter dare agli uomini d'oggi come arricchimento dell'esperienza del vivere; inoltre, il suo approfondimento potrebbe essere un'occasione per aprirsi di più, e credo con atteggiamenti più corretti e fruttuosi, all'interesse verso i tesori costituiti dalle varie spiritualità che esistono nel mondo."

Naturalmente hai ragione anche su questo.

Ma il famoso incontro fra le religioni, fino ad oggi, poichè consisteva appunto nel trovare punti in comune.
Non è forse sempre fallito?

In poche parole in cosa consiste la universalità?

Indubbiamente fai bene ad aver messo in risalto anche questa ulteriore domanda, non credo di essere in grado di rispondere benissimo, infatti io so qualcosa dell'induismo, ma per esempio nulla sulle altre religioni.

Ma volentieri se riesci a condurlo avanti tu, posso dare degli spunti di riflessione.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 01:21:46 AM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:36:53 AM
... quando avrei voluto parlare con te della parrocchia, avrei voluto parlare proprio di quello.
...
magari se ne parlasse!
...
quanto mi piacerebbe parlare di queste cose!

Il tuo entusiasmo è bello, ma penso che sia bene renderlo forte di critica, altrimenti sarà facile a spegnersi come lo è ad accendersi.

Parlare, parlare, sì, è una cosa meravigliosa, ma a volte può succedere che non ci si capisca proprio perché si parla. Comunicare è importantissimo, ma si comunica anche prendendosi pause di riflessione. In questo senso si può notare che parlare e comunicare non sono la stessa identica cosa.

Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:36:53 AMNaturalmente hai ragione anche su questo.
Quel "naturalmente" mi fa paura: ti sei persuaso che io abbia sempre ragione? Come sopra: l'entusiasmo è una cosa meravigliosa, ma è necessario anche crescere, altrimenti basterà un niente a trasformarci in esseri disperati.

Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:36:53 AM
In poche parole in cosa consiste la universalità?
Anche la parola "universalità" mi fa paura, mi fa intravedere dittature, imposizioni. Quando mi sono riferito all'accezione più universale della spiritualità, mi riferivo alla spiritualità considerata in ciò che tutti riescono a condividere di essa, non intendevo certo far affacciare l'idea che esista qualcosa di universale, da sfruttare per imporre a tutti un modo di pensare.

Per quanto riguarda il dialogo tra le religioni, mi sembra che esso fallisca nella misura in cui è fallimentare già l'essere per conto proprio. Cioè, il problema è, a mio parere, che c'è qualcosa di sbagliato nelle religioni già prima che esse si mettano in dialogo, e questa cosa sbagliata non può essere il dialogo a risolverla: se la devono risolvere prima di mettersi in dialogo. Questo qualcosa di sbagliato, a mio parere, è il non essere disposti a morire per chi riteniamo nel torto.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: giona2068 il 14 Maggio 2017, 02:12:01 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 00:04:37 AM
giona2068, mi sembra male non risponderti, ma hai mai dato segni di interesse a sentire davvero il parere degli altri, prenderlo in considerazione, renderti conto delle loro ragioni, ammettere che anche gli altri hanno le loro motivazioni serie e rispettabili per ciò che pensano? È questo il problema: mi hai fatto una domanda, ma già nella domanda stessa mi stai dicendo che il mio parere non t'interessa per niente. E allora perché dovrei risponderti? Dimostrami che sei davvero interessato alla mia risposta e ti risponderò. Trovami un solo tuo messaggio in cui ammetti che anche chi la pensa diversamente da te ha le sue ragioni serie e rispettabili e ti risponderò.
Beh, speriamo che tu non mi abbia risposto non perché non hai la risposta  bensì per rimandare a dopo, anche se non sembra.
 A riguardo delle ragioni di altri, ti faccio notare che nel mondo spirituale, al quale non credi, codeste ragioni non esistono. L'unica verità e la parola del Signore Dio, le ragioni degli umani sono giustificazioni esattamente come quelle di Adamo che diede la colpa ad Eva ed Eva al serpente guadagnando entrambi l'inferno.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: green demetr il 14 Maggio 2017, 02:14:09 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 01:21:46 AM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:36:53 AM
... quando avrei voluto parlare con te della parrocchia, avrei voluto parlare proprio di quello.
...
magari se ne parlasse!
...
quanto mi piacerebbe parlare di queste cose!

Il tuo entusiasmo è bello, ma penso che sia bene renderlo forte di critica, altrimenti sarà facile a spegnersi come lo è ad accendersi.

Parlare, parlare, sì, è una cosa meravigliosa, ma a volte può succedere che non ci si capisca proprio perché si parla. Comunicare è importantissimo, ma si comunica anche prendendosi pause di riflessione. In questo senso si può notare che parlare e comunicare non sono la stessa identica cosa.

Assolutamente sì, ma in tempi di crisi intellettuale, religiosa e quant'altro, qualche parola detta con sincerità non fa male di certo.

Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 01:21:46 AM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:36:53 AMNaturalmente hai ragione anche su questo.
Quel "naturalmente" mi fa paura: ti sei persuaso che io abbia sempre ragione? Come sopra: l'entusiasmo è una cosa meravigliosa, ma è necessario anche crescere, altrimenti basterà un niente a trasformarci in esseri disperati.

Mi fa piacere semplicemente che vi siano punti di contatto.
Mettere l'accento sulle cose positive piuttosto che quelle negative.
Il mio entusiasmo non è quello di un 20enne tranquillo!

Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 01:21:46 AM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:36:53 AM
In poche parole in cosa consiste la universalità?
Anche la parola "universalità" mi fa paura, mi fa intravedere dittature, imposizioni. Quando mi sono riferito all'accezione più universale della spiritualità, mi riferivo alla spiritualità considerata in ciò che tutti riescono a condividere di essa, non intendevo certo far affacciare l'idea che esista qualcosa di universale, da sfruttare per imporre a tutti un modo di pensare.

Basta intendersi, di certo niente è più lontano da me dell'universale etico.

Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 01:21:46 AM
Per quanto riguarda il dialogo tra le religioni, mi sembra che esso fallisca nella misura in cui è fallimentare già l'essere per conto proprio. Cioè, il problema è, a mio parere, che c'è qualcosa di sbagliato nelle religioni già prima che esse si mettano in dialogo, e questa cosa sbagliata non può essere il dialogo a risolverla: se la devono risolvere prima di mettersi in dialogo. Questo qualcosa di sbagliato, a mio parere, è il non essere disposti a morire per chi riteniamo nel torto.

Sull'ultima frase devo meditare a lungo. Così sul momento mi sembra una frase forte.

Sul fatto che c'è un errore a monte, sarei tentato di darti ragione.

In questo senso dunque anche il termine spiritualità andrebbe ri-compreso, ri-meditato.

Riformulato. (i mix non servono a nessuno)

complimenti ancora angelo!
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: green demetr il 14 Maggio 2017, 02:20:24 AM
Citazione di: giona2068 il 14 Maggio 2017, 02:12:01 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 00:04:37 AM
giona2068, mi sembra male non risponderti, ma hai mai dato segni di interesse a sentire davvero il parere degli altri, prenderlo in considerazione, renderti conto delle loro ragioni, ammettere che anche gli altri hanno le loro motivazioni serie e rispettabili per ciò che pensano? È questo il problema: mi hai fatto una domanda, ma già nella domanda stessa mi stai dicendo che il mio parere non t'interessa per niente. E allora perché dovrei risponderti? Dimostrami che sei davvero interessato alla mia risposta e ti risponderò. Trovami un solo tuo messaggio in cui ammetti che anche chi la pensa diversamente da te ha le sue ragioni serie e rispettabili e ti risponderò.
Beh, speriamo che tu non mi abbia risposto non perché non hai la risposta  bensì per rimandare a dopo, anche se non sembra.
A riguardo delle ragioni di altri, ti faccio notare che nel mondo spirituale, al quale non credi, codeste ragioni non esistono. L'unica verità e la parola del Signore Dio, le ragioni degli umani sono giustificazioni esattamente come quelle di Adamo che diede la colpa ad Eva ed Eva al serpente guadagnando entrambi l'inferno.

Le altre ragioni non esistono, ma nella parola del signore non c'è anche ama il prossimo tuo come te stesso?

L'amore non è forse una forma di apertura all'altro?

E Il signore disse, scagli la prima pietra chi non ha peccato.

Bisogna saper ascoltare.

O no? In cosa consiste l'amore?

ciao!
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 12:09:26 PM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 02:14:09 AMIn questo senso dunque anche il termine spiritualità andrebbe ri-compreso, ri-meditato.
Riformulato. (i mix non servono a nessuno)
È proprio il lavoro che sto cercando di fare da qualche anno: ri-comprendere, ri-meditare, riformulare la spiritualità, perché essa oggi è esattamente un mix confusionario, in preda al primo che si alza la mattina e tenta di appropriarsi del termine spacciando le proprie idee non tanto come spiritualità, che sarebbe una cosa ammissibile, ma come la spiritualità.

Anche ciò che scrivo io sono idee in gran parte mie, ma io almeno lo ammetto e mi mantengo sempre mirato all'obiettivo di individuare ciò che è condiviso e condivisibile da chiunque.

L'interessante che sto trovando in questo lavoro di ricerca è che la spiritualità, intesa nel senso implicato dall'articolo determinativo, cioè in ciò che essa ha di comune tra tutti gli uomini di questo mondo, dovrebbe in teoria risultare abbastanza vuota, astratta, minima, perché, in quanto minimo comune denominatore, si astiene dall'entrare nei contenuti particolari delle esperienze concrete vissute dalle religioni e dai singoli individui;  e invece nel cammino mi sembra di scoprire man mano sempre di più che essa è ricchissima già senza entrare nelle esperienze particolari; se poi aggiungiamo quelle particolari diventa quindi davvero un universo in cui perdersi, ancora più infinito dell'universo fisico.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: giona2068 il 14 Maggio 2017, 12:31:45 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 12:09:26 PM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 02:14:09 AMIn questo senso dunque anche il termine spiritualità andrebbe ri-compreso, ri-meditato.
Riformulato. (i mix non servono a nessuno)
È proprio il lavoro che sto cercando di fare da qualche anno: ri-comprendere, ri-meditare, riformulare la spiritualità, perché essa oggi è esattamente un mix confusionario, in preda al primo che si alza la mattina e tenta di appropriarsi del termine spacciando le proprie idee non tanto come spiritualità, che sarebbe una cosa ammissibile, ma come la spiritualità.

Anche ciò che scrivo io sono idee in gran parte mie, ma io almeno lo ammetto e mi mantengo sempre mirato all'obiettivo di individuare ciò che è condiviso e condivisibile da chiunque.

L'interessante che sto trovando in questo lavoro di ricerca è che la spiritualità, intesa nel senso implicato dall'articolo determinativo, cioè in ciò che essa ha di comune tra tutti gli uomini di questo mondo, dovrebbe in teoria risultare abbastanza vuota, astratta, minima, perché, in quanto minimo comune denominatore, si astiene dall'entrare nei contenuti particolari delle esperienze concrete vissute dalle religioni e dai singoli individui;  e invece nel cammino mi sembra di scoprire man mano sempre di più che essa è ricchissima già senza entrare nelle esperienze particolari; se poi aggiungiamo quelle particolari diventa quindi davvero un universo in cui perdersi, ancora più infinito dell'universo fisico.
In verità parli discretamente, ma non riesco a capire se menti con quello scritto nel tuo profilo o se menti in quello che dici, non nel senso che non sia vero ma nel senso che non credi a quello che dici. In ogni caso la tua ricerca è apprezzabile, tieni però presente che nel momento in cui ci accingiamo ad iniziare un cammino, il maligno cercherà di ingannarci. Lui non ha il  potere di dissuaderci ma, poiché agisce nell'invisibile, ci dirotta verso una via che non porta al cuore del Signore Dio. In altri termini ci fa credere che stiamo camminando quando in verità stiamo andando verso la cultura, la teologia e quant'altro non giova alla nostra ricerca. L'antidoto a questo inganno è la conoscenza che solo scoprendo e rinunciando a ciò che ci tiene lontano dal Signore Dio ci avvicina a Lui. Volendo possiamo dire che scoprire e liberarsi dei propri idoli è la giusta via.
Per camminare verso il Signore Dio occorre però la chiamata: Nessuno può venire a me senza la volontà del padre mio - Giovanni. Visto che sei stato sacerdote penso che non ti manchi la vocazione anche se l'hai rinnegata/rifiutata, ma il Signore è lento a l'ira e ricco di grazia, tenerezza per ogni creatura..
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 13:19:47 PM
Citazione di: giona2068 il 14 Maggio 2017, 12:31:45 PM... non riesco a capire ...
E ti meravigli? Per te
Citazione di: giona2068 il 14 Maggio 2017, 02:12:01 AM... le ragioni di altri ... non esistono
e pretenderesti pure di capire?
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: giona2068 il 14 Maggio 2017, 13:46:40 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 13:19:47 PM
Citazione di: giona2068 il 14 Maggio 2017, 12:31:45 PM... non riesco a capire ...
E ti meravigli? Per te
Citazione di: giona2068 il 14 Maggio 2017, 02:12:01 AM... le ragioni di altri ... non esistono
e pretenderesti pure di capire?
Caro Angelo, tu ci sei o ci fai? 

Perchè mi metti in bocca cosa che non ho  mai detto?

Io non ho detto che che le ragioni altri non esistono, ho detto che le ragioni di noi umani nel mondo dello Spirito non esistono e ti ho portato l'esempio di Adamo ed Eva.
 Per tua opportuna conoscenza  ti riporto il brano:  A riguardo delle ragioni di altri, ti faccio notare che nel mondo spirituale, al quale non credi, codeste ragioni non esistono. L'unica verità e la parola del Signore Dio, le ragioni degli umani sono giustificazioni esattamente come quelle di Adamo che diede la colpa ad Eva ed Eva al serpente guadagnando entrambi l'inferno. 

Forse un po' d'irruenza in meno, nel momento in cui rispondi, non sarebbe male.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: anthonyi il 14 Maggio 2017, 18:22:52 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 18:18:21 PM
Citazione di: anthonyi il 13 Maggio 2017, 17:09:33 PM
mi sembra che il Vangelo non presenti dubbi, il messaggio di Gesù è un messaggio indirizzato all'interiorità.
Quest'osservazione rinvierebbe alla dialettica tra fede e opere, intendendo con opere non solo gli atti di amore verso il prossimo, ma anche i riti. È classica nel Cristianesimo la contrapposizione tra visione della lettera di Giacomo, che sottolinea l'importanza delle opere, e quella di san Paolo che pone l'accento sulla fede.

Nel Cristianesimo, però, esiste anche un'intuizione che va oltre questa sterile contrapposizione e che ritengo fondamentale per una fruttuosa comprensione della spiritualità. Si tratta dell'intuizione che la spiritualità, intesa come vita interiore, è in realtà già una vera e propria pratica; essa è radice di tutte le pratiche, ma è già pratica essa stessa.

Che sia radice di tutte le pratiche è facile da mostrare: basti pensare che ogni nostra azione ha sempre origine, già a livello meccanico, in impulsi nervosi interni; ancor più le azioni che riteniamo più significative nella nostra esistenza, le quali hanno origine nella vita interiore che abbiamo scelto di coltivare.

Da qui consegue che coltivare una buona vita interiore è il primo passo per ottenere buoni comportamenti: se voglio amare il prossimo non basta buttarsi a compiere buone azioni: mi sembra condiviso che la coscienza non ci chiede di diventare macchine, automi produttori di beneficenza. Il nostro essere umani ci chiede una partecipazione attiva al senso della beneficenza, attraverso una cura della nostra spiritualità. D'altra parte, la presenza o meno di azioni concrete è senz'altro un importante luogo di verifica per valutare criticamente la propria vita interiore; salvo il fatto che ognuno ha vie diverse per dare frutti nella propria vita, secondo la propria specifica personalità.

Potremmo aggiungere un'osservazione di critica sociale: fare rivoluzioni e creare benessere viene a risultare abbastanza limitato se tali rivoluzioni non sono accompagnate da un progresso delle coscienze; non sto dicendo che creare benessere esteriore sia vano, ma solo che il puro benessere esteriore non risponde certo alla nostra esigenza umana di progredire in tutto il nostro essere e non solo nella sensazione di stare bene.

Questo punto della spiritualità come concretezza credo che consenta di individuare una differenza di fondo tra la via presa dalla filosofia, per lo meno a mio parere, e quella presa dal Cristianesimo. A me sembra che oggi la filosofia, ormai alquanto stanca e annoiata del puro teorizzare e rimacinare idee astratte, trite e ritrite, si butti sempre più nell'interesse verso i problemi sociali e politici e in questo modo cerchi di essere concreta, pratica, vicina al vissuto umano. Questa concretezza, però, dopo quanto ho detto, rischia di risultare vuota di vita interiore, rischia di essere solo un cercare di aiutare la gente a risolvere i problemi esteriori di benessere economico e sociale. Per il Cristianesimo, invece, la via della spiritualità è una via di autentica concretezza, sempre per il fatto che una vera spiritualità si avvale anche del confronto con la presenza di impegni esteriori. Ciò che a mio avviso manca invece al Cristianesimo è la pratica di un senso critico intenso e spregiudicato, di cui invece la filosofia si avvale senza problemi. Nel Cristianesimo un senso critico troppo radicale è visto con timore, perché pone in crisi i suoi dogmi e la sua teologia, cioè le radici stesse della fede.

Da qualche parte nel nuovo testamento è scritto: "Mostrami le tue opere, affinchè io possa vedere la tua fede". Ora questo ragionamento, chiaramente funzionale alla catechesi, non mette a mio parere in discussione il riferimento interiore della fede.
Potremmo dire, esiste un tempo per riflettere, ed un tempo per agire. L'azione si muove in funzione della riflessione e della fede e su questo siamo d'accordo.
Quello che per me è problematico è il primo tempo, nel quale si vive un rapporto con la realtà esteriore, gli altri. Questo rapporto evidenzia un modo diverso di approcciare queste cose, di stampo coercitivo che potrebbe essere riassunto dalla frase: "Fai le opere che ti dico, per dimostrarmi che la tua fede è uguale alla mia, altrimenti ..."
Questo ultimo modo di fare mette direttamente in secondo piano l'interiorità e la rinchiude in un'esteriorità ipocrita.
Poi vi è la questione dei riti religiosi, che sono fatto sociale e fatto interiore con proporzionalità diversa. Io ad esempio, dopo una esperienza religiosa travagliata, preferisco seguire la messa in televisione. Naturalmente non manca chi mi fa notare che "non vale", con una visione molto contabilistica ed esteriore di Nostro Signore.

Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 18:56:25 PM
Il passo che hai citato è Giacomo 2,18: "Tu hai la fede ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede". Come giustamente dici, in realtà tra Giacomo e Paolo non si può fare una contrapposizione pura e semplice: nessuno dei due era ingenuo al punto tale da esagerare un solo aspetto e perdere di vista l'altro.

Per la questione "Fai le opere che ti dico...", si è sempre trattato della polemica storica tra istituzione e carisma, riscontrabile sia nella tradizione ebraica che in quella cristiana. L'istituzione dice "Fai le opere che ti dico, per dimostrarmi che la tua fede è uguale alla mia"; viene il carismatico (o il profeta) e ribatte: "Io invece ti faccio vedere opere nuove, che ti dimostrano che la tua fede è sbagliata". Insomma, le polemiche che c'erano tra Gesù e i sacerdoti del tempio. Il problema è che ogni carismatico che proponga una fede nuova, attraverso opere nuove, una volta affermatosi si trasforma a sua volta in istituzione: questo è diventato il Cristianesimo dopo Gesù. Questo succedersi infinito di dialettica, tensioni e polemiche è in realtà fruttuoso perché porta a un continuo rinnovarsi della spiritualità, solo che il prezzo è abbastanza alto, ci scappano anche i morti. Basterebbe rendersi conto che questa dialettica va vissuta già all'interno del singolo, in modo che ci sia un camminare, un crescere continuo. Cioè, io devo abituarmi ad essere in disaccordo con me stesso, perché mentre cammino si vanno formando dentro di me la parte istituzionalizzata, che tende a stabilizzarsi, e la parte carismatica che desidera il rinnovamento. In questo senso siamo tutti ipocriti e tutti in un cammino continuo dall'ipocrisia a qualche migliore coerenza, un cammino che non si finisce mai.

Per quanto riguarda la Messa in TV, il problema non è che non vale, è che a Messa si va anche per incontrare la gente: Gesù non lo incontri solo nell'ostia consacrata o nella Parola di Dio, ma anche nel fratello che in chiesa ti siede accanto e magari ha un brutto carattere e ci sono incomprensioni. Se guardi la Messa in TV non capirai mai che il Signore va incontrato anche nel peccatore. Comunque, non voglio dilungarmi su questo: in queste cose succede che una frase tira l'altra e non la finirei più, visto che per vent'anni sono state la mia vita.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: giona2068 il 14 Maggio 2017, 19:56:44 PM
Dice S.  Paolo: Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito, si conoscono e si amano. Quando un carismatico, come dice Cannata,  fa opere nuove e propone una fede nuova non è dal Signore Dio. Non c'è e non può esserci niente di nuovo sotto il cielo. Cannata dice che il problema è  che a volte  ci scappa il morto ed è vero. Vedi Gesuiti e Domenicani in sud america e i crociati stessi. Ma vi sembra possibile che i seguaci di Colui che ha insegnato di amare il proprio fratello come se stessi finiscano per ammazzarsi fra loro o ammazzare altri?
Il problema è che non tutti quelli che si professano cristiani lo sono e,  senza pericolo di smentita, osservando le opere, possiamo dire che raramente lo sono anche se sono iscritti sul libro dei battezzati e/o hanno un grado nella gerarchia  dei religiosi. Le opere dei credenti/uomini di fede  sono sempre le stesse perché consistono nel salvare chi è sulla via della perdizione anche se il modo varia.
Il credente/l' uomo spirituale è colui che ha rinnegato se stesso per lasciar lo spazio all'uomo nuovo e  ha sciolto la propria volontà nello Spirito che guida i suoi passi. Se chi guida è lo stesso Spirito in ogni credente il contrasto, le diatribe, le guerre e quant'altro non possono esistere e se esistono si risolvono in fretta e senza lasciare il segno. Il contrario avviene quando chi guida è il maligno il quale ha lo scopo di creare guerre , discordie e/o divisione. 
Questo, volendo, è uno specchio per scoprire da chi siamo guidati.
Quanto all'ascolto della messa, in verità vi dico, che non si alla Santa Messa per ascoltare o  assistere come se il celebrante fosse un attore o uno show man, alla Santa Messa si va per partecipare al Sacrificio di Gesù che si immola per salvarci., ma bisogna vedere se il sacerdote è del Signore Dio oppure no. 
In quel tempo in Gerusalemme ed a Roma c'erano due teatri: IL Golgota e il colosseo dove si assisteva al martirio di esseri umani. Il giorno in cui nostro Signore si lasciò crocifiggere c'era chi guardava da indifferente, chi si ingioiva nel vedere la Sua sofferenza e c'era chi piangeva anche se pochi. Quando si partecipa alla Santa Messa la storia si ripete, l'importante è scoprire se siamo indifferenti, ridenti o affranti.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: green demetr il 14 Maggio 2017, 22:33:02 PM
Citazione di: giona2068 il 14 Maggio 2017, 19:56:44 PM
Dice S.  Paolo: Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito, si conoscono e si amano. Quando un carismatico, come dice Cannata,  fa opere nuove e propone una fede nuova non è dal Signore Dio. Non c'è e non può esserci niente di nuovo sotto il cielo. Cannata dice che il problema è  che a volte  ci scappa il morto ed è vero. Vedi Gesuiti e Domenicani in sud america e i crociati stessi. Ma vi sembra possibile che i seguaci di Colui che ha insegnato di amare il proprio fratello come se stessi finiscano per ammazzarsi fra loro o ammazzare altri?
Il problema è che non tutti quelli che si professano cristiani lo sono e,  senza pericolo di smentita, osservando le opere, possiamo dire che raramente lo sono anche se sono iscritti sul libro dei battezzati e/o hanno un grado nella gerarchia  dei religiosi. Le opere dei credenti/uomini di fede  sono sempre le stesse perché consistono nel salvare chi è sulla via della perdizione anche se il modo varia.
Il credente/l' uomo spirituale è colui che ha rinnegato se stesso per lasciar lo spazio all'uomo nuovo e  ha sciolto la propria volontà nello Spirito che guida i suoi passi. Se chi guida è lo stesso Spirito in ogni credente il contrasto, le diatribe, le guerre e quant'altro non possono esistere e se esistono si risolvono in fretta e senza lasciare il segno. Il contrario avviene quando chi guida è il maligno il quale ha lo scopo di creare guerre , discordie e/o divisione.
Questo, volendo, è uno specchio per scoprire da chi siamo guidati.
Quanto all'ascolto della messa, in verità vi dico, che non si alla Santa Messa per ascoltare o  assistere come se il celebrante fosse un attore o uno show man, alla Santa Messa si va per partecipare al Sacrificio di Gesù che si immola per salvarci., ma bisogna vedere se il sacerdote è del Signore Dio oppure no.
In quel tempo in Gerusalemme ed a Roma c'erano due teatri: IL Golgota e il colosseo dove si assisteva al martirio di esseri umani. Il giorno in cui nostro Signore si lasciò crocifiggere c'era chi guardava da indifferente, chi si ingioiva nel vedere la Sua sofferenza e c'era chi piangeva anche se pochi. Quando si partecipa alla Santa Messa la storia si ripete, l'importante è scoprire se siamo indifferenti, ridenti o affranti.

Non ho capito, ma a messa non si va per ricordare quello che ha fatto nostro signore.
Da che mi ricordo Giona, in chiesa non si va per essere affranti, ma per trovare serenità e gioia che il nostro signore chi ha donato. O sbaglio?

Ma dicevamo dell'ascolto, come puoi essere sicuro delle parole del signore, se non ti fai aiutare dalla santa chiesa?
Come facciamo a capire che è il maligno che ci conduce e non la parola del signore?

E' un tema affascinante, lo chiedo a te Giona, perchè è evidente che per te è molto importante. Io non riesco a capirne bene le sfumature.

Sulla grazia siamo comunque abbastanza d'accordo.

Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: green demetr il 14 Maggio 2017, 22:41:42 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 18:56:25 PM
Il passo che hai citato è Giacomo 2,18: "Tu hai la fede ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede". Come giustamente dici, in realtà tra Giacomo e Paolo non si può fare una contrapposizione pura e semplice: nessuno dei due era ingenuo al punto tale da esagerare un solo aspetto e perdere di vista l'altro.

Per la questione "Fai le opere che ti dico...", si è sempre trattato della polemica storica tra istituzione e carisma, riscontrabile sia nella tradizione ebraica che in quella cristiana. L'istituzione dice "Fai le opere che ti dico, per dimostrarmi che la tua fede è uguale alla mia"; viene il carismatico (o il profeta) e ribatte: "Io invece ti faccio vedere opere nuove, che ti dimostrano che la tua fede è sbagliata". Insomma, le polemiche che c'erano tra Gesù e i sacerdoti del tempio. Il problema è che ogni carismatico che proponga una fede nuova, attraverso opere nuove, una volta affermatosi si trasforma a sua volta in istituzione: questo è diventato il Cristianesimo dopo Gesù. Questo succedersi infinito di dialettica, tensioni e polemiche è in realtà fruttuoso perché porta a un continuo rinnovarsi della spiritualità, solo che il prezzo è abbastanza alto, ci scappano anche i morti. Basterebbe rendersi conto che questa dialettica va vissuta già all'interno del singolo, in modo che ci sia un camminare, un crescere continuo. Cioè, io devo abituarmi ad essere in disaccordo con me stesso, perché mentre cammino si vanno formando dentro di me la parte istituzionalizzata, che tende a stabilizzarsi, e la parte carismatica che desidera il rinnovamento. In questo senso siamo tutti ipocriti e tutti in un cammino continuo dall'ipocrisia a qualche migliore coerenza, un cammino che non si finisce mai.

Per quanto riguarda la Messa in TV, il problema non è che non vale, è che a Messa si va anche per incontrare la gente: Gesù non lo incontri solo nell'ostia consacrata o nella Parola di Dio, ma anche nel fratello che in chiesa ti siede accanto e magari ha un brutto carattere e ci sono incomprensioni. Se guardi la Messa in TV non capirai mai che il Signore va incontrato anche nel peccatore. Comunque, non voglio dilungarmi su questo: in queste cose succede che una frase tira l'altra e non la finirei più, visto che per vent'anni sono state la mia vita.

Indubitabilmente le istituzioni sono cambiate, ma al di là dei nuovi carismi vi era in essi la spiritualità o veramente cedevano alle tentazione del maligno (direbbe un Giona).

Questo non è un punto secondario a mio parere, perchè se esiste un carattere medio in tuttle le religioni, deve esistere anche a livello storico.

Ovviamente la nostra missione sarà quello di riformurarlo all'altezza dei dubbi e timori contemporanei.

Come se nel flusso storico vi fosse un file rouge che si svela in piccole cose, ieri oggi e forse domani.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: green demetr il 14 Maggio 2017, 22:44:24 PM
Ecco però nel mentre mi è venuta la domanda.

Ma non è forse per quanto antica, una vecchia questione se gli dei debbano essere molti o uno?

Oggi la abbiamo dimenticata, ma nel passato ha avuto un peso schiacciante, credo (anche se non saprei dirlo ora) anche nelle coscienze, e quindi non posso non credere che non  lo fosse anche nella spiritualità.

Come facciamo? (da pensare)
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: giona2068 il 14 Maggio 2017, 23:56:50 PM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 22:33:02 PM


Non ho capito, ma a messa non si va per ricordare quello che ha fatto nostro signore.
Da che mi ricordo Giona, in chiesa non si va per essere affranti, ma per trovare serenità e gioia che il nostro signore chi ha donato. O sbaglio?
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La Santa messa  non è una cerimonia per ricordare quanto avvenuto 2000 anni, ma è il calvario di nostro Signore che viene rivissuto ed è per questo che si riceve veramente  il corpo di Cristo Gesù tramite il pane/corpo (il corpo è la materia nella quale s'incarna lo Spirito) il quale veicola in noi lo Spirito di vita. Per ricevere degnamente il Suo corpo bisogna aver riconosciuto  i propri peccati con pianto e lacrime partecipando al Suo calvario che in verità dovrebbe essere il nostro. Questo vuol dire far morire l'uomo vecchio per dar vita all'uomo nuovo tramite il perdono il quale genera gioia. In ogni caso occorre che il sacerdote sia in comunione con il Signore Dio altrimenti si riceve maledizione (vedi Malachia )
Purtroppo ci hanno convinto a scanso di equivoci che il Signore sempre passa, ma non è vero.

Ma dicevamo dell'ascolto, come puoi essere sicuro delle parole del signore, se non ti fai aiutare dalla santa chiesa?
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Sì, dovrebbe essere così, ma  una   chiesa che da spazio al denaro, potere, sesso, adulteri, pedofilia ecc...., può aiutare chi cerca l'aiuto?
Non resta che chiedere l'aiuto diretto del Signore il quale ci parla tramite la coscienza e se noi chiediamo il Suo aiuto, Lui non ce lo farà mancare. Dopo tutto non è così complicato. Basta scoprire cosa stiamo adorando al Suo posto e credere che in verità non è vero che ci serve ciò che adoriamo al di fuori di Lui. Man mano che facciamo questo troveremo conferma che sia sulla via giusta perché cominciamo a sentire l'amore e daremo valore a noi e ad ogni altro essere umano.
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Come facciamo a capire che è il maligno che ci conduce e non la parola del signore?
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Se siamo attratti dalle cose del mondo, qualunque esse siano, ivi compresi i nostri piaceri carnali, idoli umani ecc.., siamo nell'inganno e chi vive nell'inganno è guidato da satana alla cui esistenza non crede quasi mai !
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 15 Maggio 2017, 15:50:37 PM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 22:44:24 PM
se gli dei debbano essere molti o uno?
Cosa cambia?
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: green demetr il 16 Maggio 2017, 01:06:56 AM
Citazione di: giona2068 il 14 Maggio 2017, 23:56:50 PM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 22:33:02 PM


Non ho capito, ma a messa non si va per ricordare quello che ha fatto nostro signore.
Da che mi ricordo Giona, in chiesa non si va per essere affranti, ma per trovare serenità e gioia che il nostro signore chi ha donato. O sbaglio?
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La Santa messa  non è una cerimonia per ricordare quanto avvenuto 2000 anni, ma è il calvario di nostro Signore che viene rivissuto ed è per questo che si riceve veramente  il corpo di Cristo Gesù tramite il pane/corpo (il corpo è la materia nella quale s'incarna lo Spirito) il quale veicola in noi lo Spirito di vita. Per ricevere degnamente il Suo corpo bisogna aver riconosciuto  i propri peccati con pianto e lacrime partecipando al Suo calvario che in verità dovrebbe essere il nostro. Questo vuol dire far morire l'uomo vecchio per dar vita all'uomo nuovo tramite il perdono il quale genera gioia. In ogni caso occorre che il sacerdote sia in comunione con il Signore Dio altrimenti si riceve maledizione (vedi Malachia )
Purtroppo ci hanno convinto a scanso di equivoci che il Signore sempre passa, ma non è vero.

Ma dicevamo dell'ascolto, come puoi essere sicuro delle parole del signore, se non ti fai aiutare dalla santa chiesa?
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Sì, dovrebbe essere così, ma  una   chiesa che da spazio al denaro, potere, sesso, adulteri, pedofilia ecc...., può aiutare chi cerca l'aiuto?
Non resta che chiedere l'aiuto diretto del Signore il quale ci parla tramite la coscienza e se noi chiediamo il Suo aiuto, Lui non ce lo farà mancare. Dopo tutto non è così complicato. Basta scoprire cosa stiamo adorando al Suo posto e credere che in verità non è vero che ci serve ciò che adoriamo al di fuori di Lui. Man mano che facciamo questo troveremo conferma che sia sulla via giusta perché cominciamo a sentire l'amore e daremo valore a noi e ad ogni altro essere umano.
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Come facciamo a capire che è il maligno che ci conduce e non la parola del signore?
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Se siamo attratti dalle cose del mondo, qualunque esse siano, ivi compresi i nostri piaceri carnali, idoli umani ecc.., siamo nell'inganno e chi vive nell'inganno è guidato da satana alla cui esistenza non crede quasi mai !

E' molto interessante la tua risposta, la trovo molto vicina alle posizioni gnostiche, con l'ovvio cambio della salvezza dataci dalla passione del Cristo rispetto alla "Luce" degli altri.
Di difficile soluzione, tra l'altro. Perchè al contrario dello gnostico tu credi si possa resistere al malvagio.
La salvezza tua consisterebbe nel dare ascolto alla voce di DIO come VENUTA del FIGLIO.
giusto?
Si tratta di rimanere sintonizzati sul vangelo sempre e comunque corretto?
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: green demetr il 16 Maggio 2017, 01:08:59 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Maggio 2017, 15:50:37 PM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 22:44:24 PM
se gli dei debbano essere molti o uno?
Cosa cambia?

Non ne ho idea.

Comunque mi sembra che tu abbia in parte già risposto, cioè la spiritualità comune, dovrebbe essere libera dalla sua esplicitazione.
E mi sento piuttosto d'accordo.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: davintro il 16 Maggio 2017, 12:52:57 PM
condivido con convinzione l'identificazione della spiritualità con la vita interiore. La spiritualità è proprio questa componente di libertà della persona che porta il soggetto ad agire, pensare, sentire alla luce di sé stesso, in autonomia. Ma perché l'identità spiritualità-libertà-vita interiore conservi il suo senso e valore è necessario svincolare il concetto di "interiorità" dalle accezioni con cui spesso viene inteso nel senso comune, nel senso nel quale "interiorità viene identificata unicamente con il complesso degli stati d'animo soggettivi, passioni, impulsi più o meno irrazionali che movimentano la vita dell'anima. Ma nella misura in cui l'Io si lascia passivamente travolgere da tali impulsi e stati d'animo, aderendo ad essi ciecamente, non si può parlare davvero di libertà, dunque neanche di spiritualità. Vita interiore è sinonimo di spiritualità quando diviene razionalità, dominio di sé, autocoscienza. In questo caso l'Io non si lascia più trascinare passivamente dagli impulsi, bensì li oggettiva, li valuta alla luce di modelli, criteri regolativi di ordine teoretico, estetico o morale cui attribuisce un valore di universalità, in relazione a cui dare significato alla molteplicità delle situazioni contingenti della nostra vita, e ricondurre gli aspetti della nostra personalità ad un "nucleo" stabile, che l'Io elegge come il proprio autentico sé. Spiritualità è questo interrogarsi  attivo dell'Io riguardo le proprie tendenze che porta a chiedersi " quanto seguire questo impulso è coerente con i miei valori, con la mia autentica identità? Quanto questa percezione delle cose si armonizza con il modello di visione di verità oggettiva a cui aderisco? Cioè spiritualità vuol dire capacità di oggettivazione, e per questo è necessario che la vita interiore sia intenzionalmente rivolta al trascendimento del proprio particolarismo soggettivo, e sempre in correlazione con l'oggettività. L'interiorità non è mero soggettivismo, ma direbbe Sciacca, "interiorità oggettiva", luogo di partenza da cui l'Io si apre all'ulteriorità del reale
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: Angelo Cannata il 16 Maggio 2017, 16:01:49 PM
Purtroppo è facile che la spiritualità, essendo tutt'oggi un campo alla mercé di chiunque, venga trascinata da ognuno verso la direzione che più gli va a genio. Io stesso riconosco di essere alquanto condizionato dal mio relativismo nel pensare cos'è la spiritualità, il che fa sì che per tanti versi ciò di cui io parlo non sia la spiritualità, ma soltanto la mia spiritualità.

Per quanto riguarda la definizione come "vita interiore", ormai mi sembra che ci sia poco da condividere o non condividere: ho mostrato che sono i vocabolari a contenere di fatto questa definizione; ovviamente anche i vocabolari possono essere oggetto di critica e di non condivisione, ma in generale mi sembra di poter dire che, una volta che è contenuta in essi, la definizione come "vita interiore" si possa considerare di fatto condivisa dalla maggior parte delle persone che intendono pensare ala spiritualità con attenzione, ricerca, serietà, insomma gli atteggiamenti tipici degli ambienti in cui si fa dello studiare una professione, come sono per esempio le università, le accademie, le scuole. Tutt'al più osserverei che non c'è ancora sufficiente consapevolezza sul fatto che questa sia effettivamente una definizione condivisa: è condivisa, ma non tutti se ne accorgono.

Nel messaggio che hai espresso qui sopra, mi sembra che tu, nonostante ammetta il soggettivo e l'oggettivo, l'irrazionale e il razionale, dia priorità all'oggettivo e al razionale. Mi sembra che questo faccia sì che il tuo discorso, come anche molti dei miei discorsi, non descriva la spiritualità, ma la tua spiritualità, o per lo meno il tuo modo di intenderla.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: giona2068 il 16 Maggio 2017, 18:53:23 PM
Citazione di: green demetr il 16 Maggio 2017, 01:06:56 AM
Citazione di: giona2068 il 14 Maggio 2017, 23:56:50 PM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 22:33:02 PM


E' molto interessante la tua risposta, la trovo molto vicina alle posizioni gnostiche, con l'ovvio cambio della salvezza dataci dalla passione del Cristo rispetto alla "Luce" degli altri.
Di difficile soluzione, tra l'altro. Perchè al contrario dello gnostico tu credi si possa resistere al malvagio.

Non credo che l'uomo possa resistere al malvagio, nel malvagio c'è lo spirito del male il quale è più forte dell'uomo senza fede. Se l'uomo ha fede il maligno  o il malvagio che è nelle sue mani non possono neanche avvicinarsi perché la fede - quella vera - non è un'idea bensì apertura del cuore allo Spirito del Signore Dio che entra ed opera con potenza per distruggere il maligno e fare altri prodigi.
 
La salvezza tua consisterebbe nel dare ascolto alla voce di DIO come VENUTA del FIGLIO.
giusto?  
No non è giusto, a meno che per ascolto tu non intenda mettere in pratica la Sua parola.
La salvezza è riconoscersi peccatori, se non siamo santi, chiedere il perdono per il male fatto a noi stessi es a Lui che dimora in noi.
Lui ci libera dallo spirito del male e ci da il Suo Santo Spirito di vita che ci consente di ritornare la Sua immagine e somiglianza.


Si tratta di rimanere sintonizzati sul vangelo sempre e comunque corretto?

Si tratta di diventare un Santo Vangelo vivente.
Per le idee non c'è spazio.

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Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: giona2068 il 16 Maggio 2017, 19:05:42 PM
Citazione di: davintro il 16 Maggio 2017, 12:52:57 PM
condivido con convinzione l'identificazione della spiritualità con la vita interiore. La spiritualità è proprio questa componente di libertà della persona che porta il soggetto ad agire, pensare, sentire alla luce di sé stesso, in autonomia. Ma perché l'identità spiritualità-libertà-vita interiore conservi il suo senso e valore è necessario svincolare il concetto di "interiorità" dalle accezioni con cui spesso viene inteso nel senso comune, nel senso nel quale "interiorità viene identificata unicamente con il complesso degli stati d'animo soggettivi, passioni, impulsi più o meno irrazionali che movimentano la vita dell'anima. Ma nella misura in cui l'Io si lascia passivamente travolgere da tali impulsi e stati d'animo, aderendo ad essi ciecamente, non si può parlare davvero di libertà, dunque neanche di spiritualità. Vita interiore è sinonimo di spiritualità quando diviene razionalità, dominio di sé, autocoscienza. In questo caso l'Io non si lascia più trascinare passivamente dagli impulsi, bensì li oggettiva, li valuta alla luce di modelli, criteri regolativi di ordine teoretico, estetico o morale cui attribuisce un valore di universalità, in relazione a cui dare significato alla molteplicità delle situazioni contingenti della nostra vita, e ricondurre gli aspetti della nostra personalità ad un "nucleo" stabile, che l'Io elegge come il proprio autentico sé. Spiritualità è questo interrogarsi  attivo dell'Io riguardo le proprie tendenze che porta a chiedersi " quanto seguire questo impulso è coerente con i miei valori, con la mia autentica identità? Quanto questa percezione delle cose si armonizza con il modello di visione di verità oggettiva a cui aderisco? Cioè spiritualità vuol dire capacità di oggettivazione, e per questo è necessario che la vita interiore sia intenzionalmente rivolta al trascendimento del proprio particolarismo soggettivo, e sempre in correlazione con l'oggettività. L'interiorità non è mero soggettivismo, ma direbbe Sciacca, "interiorità oggettiva", luogo di partenza da cui l'Io si apre all'ulteriorità del reale


Mi dispiace contraddirti ma non posso non farlo.
Il tuo sarebbe un bel discorso se anziché essere fondato sull'io fosse fondato sulla negazione di esso.
L'Io, escludendo l'io fondato sulla fierezza di essere figli del Signore Dio che guida i nostri passi, è l'anticristo nell'uomo, per cui dove c'è l'io, tanto caro a molti, non c'è posto per il Signore Dio. Esso diventa  il "dio" dell'uomo stesso e genera superbia, orgoglio, egoismo, violenza e desideri he lo nutrono.
Infatti quando il Signore incontra il giovane ricco che voleva seguirlo gli dice: Rinnega te stesso(rinuncia al tuo IO) vendi tutto e seguimi...
Anche nel Pater nostro diciamo: ...sia fatto la Tua volontà.
Se l'io è forte è impossibile fare la Sua volontà.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: anthonyi il 17 Maggio 2017, 17:54:33 PM
Citazione di: giona2068 il 16 Maggio 2017, 19:05:42 PM
Citazione di: davintro il 16 Maggio 2017, 12:52:57 PM
condivido con convinzione l'identificazione della spiritualità con la vita interiore. La spiritualità è proprio questa componente di libertà della persona che porta il soggetto ad agire, pensare, sentire alla luce di sé stesso, in autonomia. Ma perché l'identità spiritualità-libertà-vita interiore conservi il suo senso e valore è necessario svincolare il concetto di "interiorità" dalle accezioni con cui spesso viene inteso nel senso comune, nel senso nel quale "interiorità viene identificata unicamente con il complesso degli stati d'animo soggettivi, passioni, impulsi più o meno irrazionali che movimentano la vita dell'anima. Ma nella misura in cui l'Io si lascia passivamente travolgere da tali impulsi e stati d'animo, aderendo ad essi ciecamente, non si può parlare davvero di libertà, dunque neanche di spiritualità. Vita interiore è sinonimo di spiritualità quando diviene razionalità, dominio di sé, autocoscienza. In questo caso l'Io non si lascia più trascinare passivamente dagli impulsi, bensì li oggettiva, li valuta alla luce di modelli, criteri regolativi di ordine teoretico, estetico o morale cui attribuisce un valore di universalità, in relazione a cui dare significato alla molteplicità delle situazioni contingenti della nostra vita, e ricondurre gli aspetti della nostra personalità ad un "nucleo" stabile, che l'Io elegge come il proprio autentico sé. Spiritualità è questo interrogarsi  attivo dell'Io riguardo le proprie tendenze che porta a chiedersi " quanto seguire questo impulso è coerente con i miei valori, con la mia autentica identità? Quanto questa percezione delle cose si armonizza con il modello di visione di verità oggettiva a cui aderisco? Cioè spiritualità vuol dire capacità di oggettivazione, e per questo è necessario che la vita interiore sia intenzionalmente rivolta al trascendimento del proprio particolarismo soggettivo, e sempre in correlazione con l'oggettività. L'interiorità non è mero soggettivismo, ma direbbe Sciacca, "interiorità oggettiva", luogo di partenza da cui l'Io si apre all'ulteriorità del reale


Mi dispiace contraddirti ma non posso non farlo.
Il tuo sarebbe un bel discorso se anziché essere fondato sull'io fosse fondato sulla negazione di esso.
L'Io, escludendo l'io fondato sulla fierezza di essere figli del Signore Dio che guida i nostri passi, è l'anticristo nell'uomo, per cui dove c'è l'io, tanto caro a molti, non c'è posto per il Signore Dio. Esso diventa  il "dio" dell'uomo stesso e genera superbia, orgoglio, egoismo, violenza e desideri he lo nutrono.
Infatti quando il Signore incontra il giovane ricco che voleva seguirlo gli dice: Rinnega te stesso(rinuncia al tuo IO) vendi tutto e seguimi...
Anche nel Pater nostro diciamo: ...sia fatto la Tua volontà.
Se l'io è forte è impossibile fare la Sua volontà.

Credo che il centro della diatriba sia insito nel concetto di io. L'io è una costruzione mentale, il risultato di un equilibrio tra spinte alternative, istinti, emozioni e ragione. Gesù certamente diceva: "Rinnega te stesso" ma proprio perché era pronto ad offrire un'alternativa, un modello di riferimento pronto a gestire nella maniera migliore tutte queste spinte. E la proposta di Gesù era rivolta ad un io, il quale avrebbe dovuto scegliere di rinnegarsi, ed in questo avrebbe compiuto un forte atto di autoaffermazione.
D'altronde noi sappiamo che molti degli errori umani dipendono da una debolezza interiore, molti drogati diventano tali perché sono deboli e potrei continuare...
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: giona2068 il 17 Maggio 2017, 21:57:41 PM
L'Io può essere  più o meno forte, allora la domanda che sorge spontanea è: E' meglio un io forte o debole? Siccome è fattore negativo è meglio debole. E' vero che molte volte l'io debole è la causa di scelte sbagliate, ma resta il fatto che un io debole, se non canalizzato in modo erroneo, è più facile da sciogliere rispetto ad uno forte.  Quindi nell'uomo che ha un io debole c'è più speranza che in uomo dall'io forte che si combina sempre con superbia ed orgoglio i quali sono il peggio del peggio. In ogni caso l'io ha per fondamento l'autostima che è un elemento temporaneo. Quando comincia ad attenuarsi iniziano il blocco mentale ed altre malattie psichiche, se la persona non scopre la fierezza in quanto figlio del Signore e Sua immagine e somiglianza.
 Non  possiamo però ignorare che una a persona senza autostima è un malato psichico, ma neanche dobbiamo illuderci pensando che l'autostima sia una casa costruita sulla roccia, anche se questo avviene spesso ed è  causa tanti suicidi,oltre al resto.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: anthonyi il 18 Maggio 2017, 11:27:38 AM
Citazione di: giona2068 il 17 Maggio 2017, 21:57:41 PM
  Quindi nell'uomo che ha un io debole c'è più speranza che in uomo dall'io forte che si combina sempre con superbia ed orgoglio i quali sono il peggio del peggio.

Sei proprio sicuro che sia così, spesso l'orgoglio si combina alle sicurezze interiori. L'uomo debole è colui che esprime un'aggressività preventiva perché teme altrimenti di essere messo sotto. L'uomo forte, sicuro di se, non ha bisogno di esprimere disprezzo nei confronti degli altri.
La verità è che l'uomo debole è percepito positivamente da chi ha una visione impositiva, perché vede l'opportunità di poterlo controllare.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: giona2068 il 18 Maggio 2017, 12:31:09 PM
Citazione di: anthonyi il 18 Maggio 2017, 11:27:38 AM
Citazione di: giona2068 il 17 Maggio 2017, 21:57:41 PM
 Quindi nell'uomo che ha un io debole c'è più speranza che in uomo dall'io forte che si combina sempre con superbia ed orgoglio i quali sono il peggio del peggio.

Sei proprio sicuro che sia così, spesso l'orgoglio si combina alle sicurezze interiori. L'uomo debole è colui che esprime un'aggressività preventiva perché teme altrimenti di essere messo sotto. L'uomo forte, sicuro di se, non ha bisogno di esprimere disprezzo nei confronti degli altri.
La verità è che l'uomo debole è percepito positivamente da chi ha una visione impositiva, perché vede l'opportunità di poterlo controllare.




Sarebbe vero quello che dici e  lo si riscontra nel giornaliero. ma  solo se  l'uomo forte e sicuro  lo fosse veramente. In verità più forte e sicuro  di se è, a meno che la sua sicurezza non sia fondata sul credere,  più è fuori strada e più la sua caduta, prima o poi, sarà devastante.  In pratica  le persone falsamente sicure vengono scambiate per persone dalla forte personalità quando in verità sono solo dei testardi incapaci di mettersi in discussione.
E' vero che l'uomo forte non esprime disprezzo verso gli altri, ma nel cuor suo pensa che nessuno sia come lui. Questo non è disprezzo espresso ma  latente  che quando viene toccato si esprime abbondantemente.
Dopo tutto,  visto  che l'uomo  falsamente sicuro, cioè sicuro senza credere nel Signore Dio,  vive nell'inganno,  cosa ci si può aspettare da chi vive nell'inganno?
L'uomo veramente sicuro di se  è amante, paciere, umile, mite ,  dolce e buono di cuore e oltretutto sorridente con un sorriso divino e con un volto pieno di luce.
L'uomo per amare deve  trovare nell'altro un valore uguale a quello che attribuisce a se stesso, se si sente sicuro perché il suo io è alimentato dalla sua condizione di superiorità, quantunque non espressa, non può amare né se stesso negli altri e,  anziché sorridere, ride o ghigna.
Per questo nel mio primo post di questo topic  ho scritto che l'io è l'anticristo nell'uomo. Più è forte l'io più l'anticristo è incarnato nella persona.
 E' anche vero che l'uomo dall'io debole viene percepito  positivamente, nel senso di terreno di conquista, da chi ha una visione impositiva, ma è anche vero che non tutti abbiamo  questa visione. Ringraziando il Signore Dio ci sono persone che vogliono aiutare e si rivolgono ai deboli perché c'è più speranza che  questi ultimi accolgano l'aiuto.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: anthonyi il 18 Maggio 2017, 18:03:01 PM
Citazione di: giona2068 il 18 Maggio 2017, 12:31:09 PM
Citazione di: anthonyi il 18 Maggio 2017, 11:27:38 AM
Citazione di: giona2068 il 17 Maggio 2017, 21:57:41 PM
  Quindi nell'uomo che ha un io debole c'è più speranza che in uomo dall'io forte che si combina sempre con superbia ed orgoglio i quali sono il peggio del peggio.

Sei proprio sicuro che sia così, spesso l'orgoglio si combina alle sicurezze interiori. L'uomo debole è colui che esprime un'aggressività preventiva perché teme altrimenti di essere messo sotto. L'uomo forte, sicuro di se, non ha bisogno di esprimere disprezzo nei confronti degli altri.
La verità è che l'uomo debole è percepito positivamente da chi ha una visione impositiva, perché vede l'opportunità di poterlo controllare.




Sarebbe vero quello che dici e  lo si riscontra nel giornaliero. ma  solo se  l'uomo forte e sicuro  lo fosse veramente. In verità più forte e sicuro  di se è, a meno che la sua sicurezza non sia fondata sul credere,  più è fuori strada e più la sua caduta, prima o poi, sarà devastante.  In pratica  le persone falsamente sicure vengono scambiate per persone dalla forte personalità quando in verità sono solo dei testardi incapaci di mettersi in discussione.
E' vero che l'uomo forte non esprime disprezzo verso gli altri, ma nel cuor suo pensa che nessuno sia come lui. Questo non è disprezzo espresso ma  latente  che quando viene toccato si esprime abbondantemente.
Dopo tutto,  visto  che l'uomo  falsamente sicuro, cioè sicuro senza credere nel Signore Dio,  vive nell'inganno,  cosa ci si può aspettare da chi vive nell'inganno?
L'uomo veramente sicuro di se  è amante, paciere, umile, mite ,  dolce e buono di cuore e oltretutto sorridente con un sorriso divino e con un volto pieno di luce.
L'uomo per amare deve  trovare nell'altro un valore uguale a quello che attribuisce a se stesso, se si sente sicuro perché il suo io è alimentato dalla sua condizione di superiorità, quantunque non espressa, non può amare né se stesso negli altri e,  anziché sorridere, ride o ghigna.
Per questo nel mio primo post di questo topic  ho scritto che l'io è l'anticristo nell'uomo. Più è forte l'io più l'anticristo è incarnato nella persona.
E' anche vero che l'uomo dall'io debole viene percepito  positivamente, nel senso di terreno di conquista, da chi ha una visione impositiva, ma è anche vero che non tutti abbiamo  questa visione. Ringraziando il Signore Dio ci sono persone che vogliono aiutare e si rivolgono ai deboli perché c'è più speranza che  questi ultimi accolgano l'aiuto.

Nella Bibbia, e nella cultura ebraica c'è un concetto, quello di uomo giusto, tale concetto è indipendente dalla religione infatti è spesso applicato a soggetti di altre religioni, questo per me è il concetto di uomo forte, un uomo forte nella giustizia, al di là delle attribuzioni a simboli religiosi che a volte possono anche essere feticci.
Titolo: Re:Definire la spiritualità come vita interiore
Inserito da: giona2068 il 18 Maggio 2017, 20:16:52 PM
Citazione di: giona2068 il 18 Maggio 2017, 12:31:09 PM
Citazione di: anthonyi il 18 Maggio 2017, 11:27:38 AM
Citazione di: giona2068 il 17 Maggio 2017, 21:57:41 PMQuindi nell'uomo che ha un io debole c'è più speranza che in uomo dall'io forte che si combina sempre con superbia ed orgoglio i quali sono il peggio del peggio.
Sei proprio sicuro che sia così, spesso l'orgoglio si combina alle sicurezze interiori. L'uomo debole è colui che esprime un'aggressività preventiva perché teme altrimenti di essere messo sotto. L'uomo forte, sicuro di se, non ha bisogno di esprimere disprezzo nei confronti degli altri. La verità è che l'uomo debole è percepito positivamente da chi ha una visione impositiva, perché vede l'opportunità di poterlo controllare.
Sarebbe vero quello che dici e lo si riscontra nel giornaliero. ma solo se l'uomo forte e sicuro lo fosse veramente. In verità più forte e sicuro di se è, a meno che la sua sicurezza non sia fondata sul credere, più è fuori strada e più la sua caduta, prima o poi, sarà devastante. In pratica le persone falsamente sicure vengono scambiate per persone dalla forte personalità quando in verità sono solo dei testardi incapaci di mettersi in discussione. E' vero che l'uomo forte non esprime disprezzo verso gli altri, ma nel cuor suo pensa che nessuno sia come lui. Questo non è disprezzo espresso ma latente che quando viene toccato si esprime abbondantemente. Dopo tutto, visto che l'uomo falsamente sicuro, cioè sicuro senza credere nel Signore Dio, vive nell'inganno, cosa ci si può aspettare da chi vive nell'inganno? L'uomo veramente sicuro di se è amante, paciere, umile, mite , dolce e buono di cuore e oltretutto sorridente con un sorriso divino e con un volto pieno di luce. L'uomo per amare deve trovare nell'altro un valore uguale a quello che attribuisce a se stesso, se si sente sicuro perché il suo io è alimentato dalla sua condizione di superiorità, quantunque non espressa, non può amare né se stesso negli altri e, anziché sorridere, ride o ghigna. Per questo nel mio primo post di questo topic ho scritto che l'io è l'anticristo nell'uomo. Più è forte l'io più l'anticristo è incarnato nella persona. E' anche vero che l'uomo dall'io debole viene percepito positivamente, nel senso di terreno di conquista, da chi ha una visione impositiva, ma è anche vero che non tutti abbiamo questa visione. Ringraziando il Signore Dio ci sono persone che vogliono aiutare e si rivolgono ai deboli perché c'è più speranza che questi ultimi accolgano l'aiuto.
Citazione di: anthonyi il 18 Maggio 2017, 18:03:01 PM
Citazione di: giona2068 il 18 Maggio 2017, 12:31:09 PM
Citazione di: anthonyi il 18 Maggio 2017, 11:27:38 AM
Citazione di: giona2068 il 17 Maggio 2017, 21:57:41 PM
 Quindi nell'uomo che ha un io debole c'è più speranza che in uomo dall'io forte che si combina sempre con superbia ed orgoglio i quali sono il peggio del peggio.

Sei proprio sicuro che sia così, spesso l'orgoglio si combina alle sicurezze interiori. L'uomo debole è colui che esprime un'aggressività preventiva perché teme altrimenti di essere messo sotto. L'uomo forte, sicuro di se, non ha bisogno di esprimere disprezzo nei confronti degli altri.
La verità è che l'uomo debole è percepito positivamente da chi ha una visione impositiva, perché vede l'opportunità di poterlo controllare.




Sarebbe vero quello che dici e  lo si riscontra nel giornaliero. ma  solo se  l'uomo forte e sicuro  lo fosse veramente. In verità più forte e sicuro  di se è, a meno che la sua sicurezza non sia fondata sul credere,  più è fuori strada e più la sua caduta, prima o poi, sarà devastante.  In pratica  le persone falsamente sicure vengono scambiate per persone dalla forte personalità quando in verità sono solo dei testardi incapaci di mettersi in discussione.
E' vero che l'uomo forte non esprime disprezzo verso gli altri, ma nel cuor suo pensa che nessuno sia come lui. Questo non è disprezzo espresso ma  latente  che quando viene toccato si esprime abbondantemente.
Dopo tutto,  visto  che l'uomo  falsamente sicuro, cioè sicuro senza credere nel Signore Dio,  vive nell'inganno,  cosa ci si può aspettare da chi vive nell'inganno?
L'uomo veramente sicuro di se  è amante, paciere, umile, mite ,  dolce e buono di cuore e oltretutto sorridente con un sorriso divino e con un volto pieno di luce.
L'uomo per amare deve  trovare nell'altro un valore uguale a quello che attribuisce a se stesso, se si sente sicuro perché il suo io è alimentato dalla sua condizione di superiorità, quantunque non espressa, non può amare né se stesso negli altri e,  anziché sorridere, ride o ghigna.
Per questo nel mio primo post di questo topic  ho scritto che l'io è l'anticristo nell'uomo. Più è forte l'io più l'anticristo è incarnato nella persona.
E' anche vero che l'uomo dall'io debole viene percepito  positivamente, nel senso di terreno di conquista, da chi ha una visione impositiva, ma è anche vero che non tutti abbiamo  questa visione. Ringraziando il Signore Dio ci sono persone che vogliono aiutare e si rivolgono ai deboli perché c'è più speranza che  questi ultimi accolgano l'aiuto.

Nella Bibbia, e nella cultura ebraica c'è un concetto, quello di uomo giusto, tale concetto è indipendente dalla religione infatti è spesso applicato a soggetti di altre religioni, questo per me è il concetto di uomo forte, un uomo forte nella giustizia, al di là delle attribuzioni a simboli religiosi che a volte possono anche essere feticci.














Siamo perfettamente d'accordo l'uomo giusto è onnicomprensivo,  l'ingiustizia procede sempre  dal bisogno di accontentare il proprio io malformato. Per questo parlando di io forte e/o debole ho precisato che in assenza dell'io della fierezza,  sia l'uomo dall'io forte che quello dall'io debole sono da disistrutturare  affinché non si formi l'io della fierezza divina che è l'io dell'uomo giusto. Il processo di disistrutturizzazione è più probabile che lo cerchi l'uomo dcall'io debole. Ben inteso, non sta a noi puntare il dito su altri per indurli a cambbiare anche perché i primi che devono cambiare siamo noi.